Life Roads

di rox_sole
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Casa: Stabio, CH ***
Capitolo 2: *** Caliente! Zurich, CH ***
Capitolo 3: *** Tende: Zurich, CH ***
Capitolo 4: *** Il würstel ambulante e gli amici svedesi: Berlin, DE ***
Capitolo 5: *** un concerto folk: Berlin, DE ***



Capitolo 1
*** Casa: Stabio, CH ***


1-casa

1-CASA: Stabio, CH

Lanciai il borsone sul tappeto rossiccio dell’ingresso, ci legai il sacco a pelo e poi feci un rapido giro della casa per vedere cos’avevo scordato: ero sicura che ci fosse qualcosa.

Dopo aver raccattato tutto ciò che pensavo potesse servirmi (medicinali, telefono, soldi, abbonamento dell’autobus, giornale, i-pod, documento… ma avevo preso qualcosa a parte le mutande?) e averlo cacciato nella borsa andai nella mia stanza. Salutai Timmy Salvatore con un bacetto sul suo peloso naso di stoffa: -Spiacente tesoro, ma stavolta resti qui.-

Timmy, il mio cagnolino di peluche che dormiva con me tutte le notti e mi aveva sempre accompagnata ovunque, fino a quel momento, sembrò guardarmi male con le biglie nere che aveva al posto degli occhi, ma decisi di ignorarlo: in tenda c’era posto solo per me e Matt, proprio non potevo portarmelo.

Diedi un’ultima volta dell’acqua al mio povero cactus semi-morto, spingendo con i polpastrelli un po’ di terra attorno al suo “tronchetto” verde e spinoso. –Ma si, che magari mentre sto via ti riprendi pure!- gli dissi, ammiccandogli.

“Ok”, pensai, “sto facendo l’occhiolino a una pianta. Ho proprio bisogno di questo viaggio; il Liceo fa male, l’ho sempre detto io!”   Diedi un’ultima occhiata alle foto appese contro l’armadio: me da piccola, con mamma e papà, abbracciata al mio “adorabile” fratello (chissà quanto mi avevano pagata per poter scattare quella foto!), io a tre anni mentre addento una gigantesca fetta d’anguria con i miei due unici ed enormi dentoni, una foto di classe e una con gli amici, fuori dal LiMe*, sorridenti e felici dopo il riuscito (o meno) esame di maturità.

“Aaah, le mie amiche. Chissà come se la prenderanno: parto da sola con Matt dopo che abbiamo tanto progettato di girare il mondo insieme!” pensavo. “Dopotutto però Zoe deve ancora finire il liceo, così come Iris; Alba non può venire comunque, o sua mamma la sventra e ne cucina le budella. Joyce invece… beh, non sarebbe mai venuta, nonostante tutti i buoni propositi ha troppa paura di quel che non conosce! Per fortuna c’è Eric, che speriamo se la porti a Ginevra a studiare la loro amata musica insieme.

Mi accorsi allora di essermi incantata a guardare in aria, cosa che capita -purtroppo- molto spesso. A confermare i miei timori ci pensò il rombo di un motore: Matt era già arrivato! Mi affacciai sorridendo alla finestra che dà sul piazzale. –Arrivo subito tesoro, tu intanto puoi entrare a salutare i miei? Così stanno più tranquilli e non ci telefonano ogni due ore!- Lui annuì, sfoderando quel suo sorriso sghembo di cui mi ero innamorata, un po’ più di un anno prima, e io schizzai in bagno con una manciata di mollettine colorate in mano.

Due minuti più tardi ne uscii con la mia strana pettinatura piena di fermagli multi color e i due piccoli rasta che mi ballonzolavano sulla spalla. Entrai in cucina, dove mamma stava versando il caffè in cinque piccole tazzine, e seduti intorno al tavolo stavano Matt, papà, con una strana espressione nostalgica nascosta sotto l’espressione impassibile di sempre e il mio fratellino Giò, che più tanto piccolo non era.

Mi sedetti con loro e addentai un biscotto, ma subito sentii una palla pelosa schiantarsi con il suo musetto bagnato contro la mia pancia, facendomi strozzare con il boccone che stavo mandando giù. -Hei Leo, piano!- gli urlai, ma poi mi intenerii grattandogli un po’ la testa: mi sarebbe mancato molto il mio adorabile gatto. Chiacchierammo del più e del meno, della meteo, delle tappe del viaggio, dei fusi orari, di quando potevamo chiamare… circa un’oretta più tardi ci dirigemmo alla porta: se avessimo avuto una tabella di marcia si sarebbe già sballata, ma fortunatamente non l’avevamo.

Sbaciucchiai il mio fratellone che anche se faceva finta di niente, era triste della mia partenza, come ogni volta, poi fu la volta dei miei genitori, che mi riempirono di raccomandazioni. Io li stetti ad ascoltare con un bel sorriso stampato in faccia, rassicurando ogni loro obbiezione: sapevo che lasciarmi partire era stata dura e già mi immaginavo mia mamma seduta in cucina a sospirare: ha solo diciannove anni...-

Alla fine riuscimmo ad uscire di casa e a salire, bagagli alla mano, sulla Twingo gialla del mio ragazzo (era anche per la sua macchina che mi ero innamorata di lui, io adoro le Twingo!) Mentre già stavamo partendo mia nonna si affacciò al balcone, ancora in vestaglia, e urlò: -Mi raccomando Matthew, prenditi cura di lei!- e lui di rimando: -Non si preoccupi signora Angela, sua nipote è in buone mani!- e, ammiccandole, mise in moto e lanciò l’auto giù per il vialetto assolato.

Appoggiò la mano sul cambio e io vi misi sopra la mia: fu così, tenendoci per mano, che vedemmo sfilare campi e paesini noti e ci infilammo in autostrada; quella domenica d’inizio estate il nostro grande viaggio attorno al mondo ebbe inizio.

 

 

*Liceo di Mendrisio

 

Ringrazio LukaC per aver aggiunto puntine al mio mondo personale, e spero che questa nuova storia vi piaccia. Qualsiasi cosa vi venga in mente RECENSITE! :D

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Capitolo 2
*** Caliente! Zurich, CH ***


2-Caaliente!

MODIFICATO!

2-Caliente! Zurich, CH

Dopo tre ore di viaggio e due pause in autogrill arrivammo nei pressi di Zurigo. In teoria saremmo dovuti andare direttamente fino alla Germania, ma Matt aveva proposto di fare tappa anche lì, e a me era sembrata un’idea carina, perciò avevamo deciso di fermarci lì per la notte. Parcheggiammo nei pressi di un boschetto semideserto che poteva fungere da campo per le tende e, montata la nostra tenda, prendemmo un autobus per passare la serata in centro.

Già nell’avvicinarci notai l’atmosfera esotica che aleggiava nell’aria, ma io mancavo da Zurigo da qualche anno, e si sa che la globalizzazione fa miracoli. Eppure, appena prima di scendere dal bus all’angolo con Langstrasse capimmo: il “Caliente! Tropical Festival” era in corso!

Solo io posso entrare in una città con un festival di questo tipo in corso senza accorgermene, ma sono una con la testa tra le nuvole, che ci posso fare? Avevamo visto i cartelloni, avvicinandoci al centro, ma entrambi eravamo troppo pigri per leggere la data; ci ritrovammo così immersi senza preavviso in una moltitudine di suoni, colori e profumi direttamente dal sud America.

Langstrasse si era trasformata completamente: il Mercado Mundial occupava entrambi i lati della strada con le sue grandi e piccole bancarelle, in cui vari esponenti dei popoli sudamericani vendevano cibi, bevande e oggetti vari del proprio lontano paese d’origine, e a ogni angolo erano stati montati dei piccoli palchi su cui si esibivano gruppi multietnici; camminando per la strada le varie musiche si fondevano, dando vita a quella che io e Matt definimmo “la canzone del mondo”.

Erano già le 7, quindi ci avviammo alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Il mio naso fino fiutò un odorino davvero invitante, così ci avviammo in quella direzione e nonostante tutto, quella sera, fosse latino americano, girando l’angolo ci trovammo davanti a una bancarella su cui troneggiava la scritta: “Thai-food saves the world!” Dietro il bancone, una giovane dagli occhi a mandorla ci sorrise, e ci chiese in un tedesco un po’ balbettante cosa volevamo ordinare. Sul piano di quella cucina improvvisata c’erano diversi cibi, e sembravano tutti buonissimi, perciò Matt mi chiese,con già l’acquolina in bocca: - Jamie, tu che prendi? A me ispira quella cosa laggiù rossiccia.-     -Ma quale, quella lì con il sughetto?-

Matt stava per aprir bocca di nuovo, quando sentimmo dietro di noi una voce familiare: - Naa, non prendete quello lì! L’abbiamo lasciato un po’ crudo. Agli zucchini piace così, ma per i nostri gusti… puah! Prendete questo, è molto meglio! (e soprattutto, non l’ho fatto io!)-

Io mi girai di scatto verso la mia amica che ci stava tendendo due coppette piene di una cosa verdolina dall’aspetto molto appetitoso. –Laila! Ma che bella sorpresa trovarti qui! Ma quindi questa è la bancarella di tuo padre! Non l’avevo riconosciuta subito, sono venuta qui seguendo un buon odorino che sentivo nell’aria. -    - Ah. Uffa. Pensavo avessi sentito un odoceronte! OdoRINO, odoCERONTE, l’avete capita? Ahahahah!-

Il mio ragazzo scoppiò a ridere (per quanto era terribile la battuta credo), ed io esclamai: -Ma anche finito il liceo continui a fare battutacce?- poi però scoppio a ridere anch’io con loro.

Alle nostre risate se ne aggiunse anche una più acuta e cristallina, e da dietro il bancone sbucò un’altra faccia conosciuta.  –Hei Jam hai visto? Lalla non cambierà mai!-   - Irene! Ma ci sei anche tu? Che bello! E il bel Ciro dove l’hai lasciato?- Laila come al solito non lasciò tempo ala sua migliore amica di rispondere e, guardandoci con aria misteriosa, disse: - È con fede a sbrigare una “commissione”.-

- UUh! Non vedo l’ora di scoprire quale!- risposi sorridendo alle due ragazze che solo una settimana prima vedevo tutti i giorni al LiMe. In quel momento il cellulare di Matthew squillò, e lui si allontanò per rispondere alla chiamata. –Ma ragazze insomma cosa ci fate qui?-  Laila stava già rispondendo – Beh sai… il tuo…- ma stavolta Irene fu più rapida: - La vera domanda è che ci fai TU qui! -

-Beh, sai io e Matt… stiamo partendo per girare l’Europa e… o insomma ragazze, mi dispiace non avervelo detto, ma…-  -Stai tranquilla, sappiamo già tutto.- confessò Lalla quando vide un sorridente Matt di ritorno dalla stradina laterale in cui stava telefonando. Lui (molto misteriosamente) fece degli strani gesti di cui non capivo il senso alle due ragazze con cui stavo parlando, che gli sorrisero di rimando. Si guardarono intorno per un po’, poi Irene si decise ad aprir bocca: - Sai, Jam, il tuo tenerissimo e straffigo ragazzo,- disse, ammiccando in direzione di Matt – ha deciso di prepararti una sorpresa. Sapeva che durante questo viaggio noi tutte ti saremmo mancate (anche se io non ne sono altrettanto sicura) e così ha deciso di mettersi un po’ d’accordo con noi e… TADAAA! –

All’improvviso dalla stradina da cui era appena tornato Matt sbucò una folla di gente: erano tutti i miei amici! C’erano davvero tutti, Zoe, Joyce, Samantha, Jessica e Dora, Alba, Iris, Charles, Dack e Lollo…

Dalla felicità cominciai a saltellare, corsi ad abbracciare tutti e poi andai (sempre saltellando) a sbaciucchiare il mio E SOLO MIO stupendamente meraviglioso fidanzato. Non me l’aspettavo per niente, e questa sorpresa inaspettata mi riempì davvero il cuore; così quando gli dissi: - Ti amo davvero tanto!- non potevo essere più sincera.

-Grazie a tutti di essere venuti, ragazzi!- urlai commossa, sovrastando dalle spalle del mio ragazzo il vociare della folla e le varie musiche caraibiche che arrivavano dalla strada. –E ora facciamo vedere a questi zucchini* come ci si diverte!!-

Proprio in quel momento arrivò una macchina dalla stradina, che chissà come era riuscita a superare le barriere per fermare il traffico attorno alla zona del Mercado Mundial. –Qualcuno ha parlato di festa?- chiese una voce dall’interno dell’abitacolo. Le portiere della monovolume si aprirono e in strada si riversò una nuova ondata di gente: Ciro, Fede, Chris, Andrew, Eric, James, ma soprattutto con loro se ne scesero due enormi scatoloni. –Belle dame e bei damerini;- esclamò Fede agitando il braccio perennemente bendato, - qui abbiamo copri capi con le piume e ghirlande di fiori, e qui… TADÀ! Cocktail di ogni tipo direttamente dai caraibi! Chi vuole un Pampero?!? –

 

 

 

Mezz’oretta entravamo in Helvetiaplatz, pieni di piume e già un po’ allegri. Al centro della piazza era stato allestito un grande palco, da cui degli enormi amplificatori diffondevano un reggae bello pompato ad altissimo volume e tutt’attorno, tra bancarelle e tendoni, la folla si scatenava al ritmo della musica. Sotto il palco alcuni giovani e muscolosissimi brasiliani si esibivano nella capoeira, e un gruppo di ballerine vestite quasi esclusivamente di piume ancheggiavano in quella calda notte zurighese. C’era gente vestita normalmente, ma erano pochi: la maggior parte come loro aveva cercato le cose più buffe e colorate che aveva nell’armadio: la piazza infatti brulicava come se fosse piena di formichine colorate.

“chi l’avrebbe mai detto: Zurigo è una città caliente!” pensai. Poi il mio sguardo finì sui miei meravigliosi amici, che Matt aveva convinto a venire fin lì per festeggiare un po’ insieme prima della nostra partenza e per augurarci buon viaggio.

“aaah, Matthew. Anche con quella ridicola coroncina di sgargianti fiori di plastica sei sempre il più figo** .” mi dissi, mentre lo osservavo muoversi tra la folla con il fisico scolpito seminascosto dalla maglietta e i suoi bellissimi occhi verdi, splendenti anche nel buio da sotto i capelli sempre scompigliati.

Vedendo che lo stavo fissando mi si avvicinò, estrasse da non so bene dove un gigantesco fiore e me lo sistemò tra i capelli, baciandomi. Poi mi strizzò l’occhio e si avviò con i suoi degni compagni verso una bancarella che vendeva strani frutti trasformati in cocktail.

Io corsi dalle mie amiche saltellando come una pazza sulle note di quella musica: loro come al solito non poterono far altro che seguirmi in quella danza sfrenata.

 

 

*Non è mia intenzione offendere nessuno, zucchini è solo un modo un po’ scherzoso per chiamare gli svizzeri tedeschi. Ho un sacco di amici cosiddetti “zucchini” ma non credo che se la prenderanno. J

** Il pc voleva correggermelo con frigo. XD

 

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto la mia storia e mi hanno aiutata a fare le ricerche ( soprattutto Sofia94, che sopporta pazientemente le mie domande), e grazie a tutti voi su cui ho modellato i personaggi! (che nel prossimo capitolo verranno descritti meglio… :D  )

Ho già pronto il capitolo 3, che faceva anticamente parte del 2 ma risultava troppo lungo, perciò prossimamente lo posterò. Baci a tutti, e mi raccomando, recensite!

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Capitolo 3
*** Tende: Zurich, CH ***


3-Tende

Campo tende: Zurich, CH

 

Quando, verso le 4 della mattina seguente, o, Matt e tutti i nostri amici tornammo alla zona del campeggio, la nostra tenda era circondata da un sacco di altre,tutte variopinte come la nostra: i nostri amici si erano aggiunti a noi, e sorrisi al ricordo di quante tendate avevamo trascorso in quel modo! Dopo aver steso i sacchi a peli sul prato, Matthew tirò fuori la sua chitarra sgangherata e cominciò a suonare le solite cose... Passammo così, tra un cocktail e l'altro, la notte, cantando a squarcia gola parole inventate su melodie stonate.
Restammo svegli a guardare il sorgere del sole, l'aurora dalle rosee dita, come diceva sempre il mio vecchio prof. di latino, e quando il rosa e l'arancione lasciarono il posto a un tenue azzurrino ci addormentammo tutti insieme, sfiniti.
Qualche ora dopo ci alzammo, e fu il momento dei saluti.
Mentre tutti quanti smontavano le loro tende (devo dire molto molto usate) io passavo tra le varie coppie, salutando i miei amici, mentre il caro Matt metteva via le nostre cose. Era incredibile pensare che appena due anni prima eravamo tutte delle Forever Alone (tranne Valeria e Massimo, che poi si erano trasferiti insieme in Svizzera interna) e ora eccoci qui, tutte " accoppiate".
Mentre ancora rimuginavo su questo pensiero mi avvicinai alla mia doppietta preferita: la mia cara amica Joyce e il suo Eric.
Che bella storia avevano quei due! In un qualche strano modo era merito mio se si erano messi insieme, quasi due anni prima.
Andavamo in giro sempre insieme io e Joy, e tutte le volte che incontravamo Eric, di cui era già perdutamente innamorata, lei arrossiva fino alla punta dei capelli e io scoppiavo a ridere: proprio per questo motivo ogni sacrosanta volta lui mi fissava con il suo sguardo a metà tra il divertito e lo scocciato,e tutti ( o quasi ) erano convinti che fossi io a corrergli dietro, e non Joy.
Se da un lato trovavo tutto ciò abbastanza divertente ( mi dispiace per Joyce ma all'epoca era proprio brutto! Per fortuna il tempo e qualche consiglio spassionato della mia amica l'avevano migliorato. ) d'altro canto trovavo questa faccenda irritante, alla lunga, perciò un giorno decisi di andare a parlargli.
- Senti, - ricordo di avergli detto, - so quello che pensano tutti, ma non c’è bisogno di fare quella faccia ogni volta che mi vedi! Sei davvero l’ultima persona di cui potrei innamorarmi.-

Eric scoppiò a ridere di gusto, e non la smetteva! Già mi dava sui nervi normalmente, ma ora stava proprio oltrepassando la soglia critica: fu solo al pensiero di Joyce, arrabbiata a morte con me, nascosta da qualche parte (forse dietro la macchinetta del caffè) a prendere nota di ogni nostra parola, mi trattenni dall’urlargli addosso.

-Come ma ridi, Eric?- chiesi, con tutta la cortesia che avevo in quel momento. Lui ci mise un po’, ma alla fine si riprese: -In verità non avevo idea delle voci che girano- “e te pareva, è un uomo! Mai che si accorgano di niente, st’idioti.” –ma se ti riferivi al fatto che ti guardo male…- continuò lui, - beh, è perché.. si insomma, mi chiedevo, come fate tu e Joyce a non separarvi mai mai mai? Si, ecco.. ci sono un paio di cose che vorrei dirle e.. ad essere sinceri tu sei sempre tra le palle!-

Quando lentamente cominciai a capire, notai che gli luccicavano gli occhi, ed era persino arrossito: incredibile: lui la amava!

-Ah.- dissi, cercando di trattenere le risate (per la comicità della scena, devo ammettere, ma anche di felicità per la mia amica) –Beh, allora scusa di tutto, davvero. Joy la trovi là alle macchinette, e secondo me sarebbe felice di fare quattro chiacchiere con te .-

Poi mi girai e me ne andai ridacchiando, appostandomi al piano di sopra, tenendo d’occhio la situazione. Dal mio punto d’osservazione vidi la mia amica che quasi svenne quando lui le rivolse la parola, e lui che gesticolava di fronte a lei (tra l’altro impedendo a mezzo liceo di riempirsi di caffeina nella pausa), ma non seppi mai quel che si dissero quel giorno: sta di fatto che entrambi riuscirono a vincere la propria timidezza e da allora non si sono mai separati.

Anche ora, dopo quasi due anni in cui sono cambiato molto entrambi, osservarli aiutarsi a mettere in ordine le loro cose mette tenerezza.

-Ciaao piccioncini!- dissi loro, avvicinandomi.

-Hei Jam! Tutto bene?- chiese Eric, che dopo essersi fidanzato con una delle mie migliori amiche mi aveva perdonato, ed eravamo diventati amici. Inoltre grazie a lui Joyce aveva cominciato ad uscire la sera, e questo, conoscendola, era incredibile.

Insomma, dopo qualche minuto di chiacchiere abbracciai entrambi e promisi loro che li avrei chiamati presto; poi passai alla tenda affianco dove, come al solito, Samantha e Charles litigavano.

-Samy, te l’ho già detto mille volte, le tende si smontano togliendo prima i paletti! Io, che sono un esperto, queste cose le so!-   -Ok Charlie, allora sistematela da solo sta cavolo di tenda!- esclamò Samantha lanciandogli un’occhiataccia raggelante e scuotendo i suoi capelli neri riccissimi e zeppi di perline. –Ok, dai non mi guardare così! Vieni qui!- disse lui, baciandola.

Nonostante passassero le loro giornate bisticciando erano una bella coppia, e se nella storia di Eric e Joy avevo avuto un ruolo marginale, questa tra i miei due amici era  quasi interamente opera mia.

Samy era mia amica dai tempi delle elementari, e abitando vicine eravamo riuscite a non perderci mai di vista; Charlie invece lo incontrai a una colonia estiva, e dopo tre giorni era già il mio migliore amico. Purtroppo i due già si conoscevano, e nonostante io avessi pensato fin da subito che sarebbero stati benissimo insieme, si odiavano: quella situazione non mi piaceva nemmeno un po’, perciò decisi di intervenire.

Invitai entrambi al cinema, e quando arrivarono convinti di trovare solo me, io non c’ero: dovettero passare la serata insieme quasi per forza, e non oso immaginare quanto sia stato difficile, ma alla fine quella notte entrambi mi telefonarono, dicendo di essersi innamorati.

Lottai con il loro orgoglio a lungo, ma alla fine (anche se non bisognerebbe mai fare da agenzia matrimoniale ai propri amici, pena l’odio eterno) si misero insieme e dopo essersi mollati e ripresi un tot di volte, erano ancora lì.

Quando finirono di baciarsi (e ce ne misero di tempo!) mi avvicina ai due e li abbracciai.

- Vi manderò una cartolina, ma una soltanto, e dovrete dividervela!- esclamai: entrambi le collezionavano, e per quel che ne so lo fanno ancor’oggi.

Passai a salutare Iris, che si era portata la sua nuova conquista: dopo essere stata con un discreto numero di ragazzi (come tutti del resto, tranne Joy…) era finalmente riuscita a conquistare il ragazzo per cui si era presa una cotta già 3 anni prima, e di cui si era dimenticata, all’apparenza. Lui, un bel giorno, mentre cavalcava la sua moto da cross prese male una curva e finì fuori strada, lei, che stava camminando sulla stessa via lo portò a casa sua e lo medicò: da allora aveva sempre cercato i suoi splendenti occhi blu in quelli degli altri ragazzi, ma non l’aveva più trovato, fino a qualche mese prima, in cui (da non crederci) lui era sbandato di nuovo nello stesso punto. Verrebbe quasi da pensare che lei avesse disseminato la strada di bucce di banana!

Dopo aver abbracciato anche loro, passai alla tenda di Zoe, anche se lei non si vedeva da nessuna parte.

-Ei nanetta? Passami quella cosa lì nell’angolo!-  - Agli ordini, mr. palma! –

-Zoe? Chris?- chiamai. Dalla tenda vidi spuntare una massa di indomabili ricci biondi, e dietro di loro apparve la mia amica Zoe: 1 metro e 60 di pepe! Dietro di lei uscì anche Chris: la massa di capelli era più o meno la stessa, ma i suoi si trovavano mezzo metro più in alto! Non appena Zoe aveva deciso di lasciar perdere il ragazzo che l’aveva fatta soffrire per quasi 2 anni, Chris aveva lasciato la sua fidanzata del momento per mettersi con lei, e insieme erano fantastici!

-Ciao Jamie!- esclamò lei, saltellando verso di me e investendomi in uno dei suoi abbracci, che come al solito mi spappolò una tetta. –Ciao Zoe!-  -Ma come farai durante il viaggio, visto che abbiamo un neurone in due? Lo spacchiamo?-  -Eh,- le dissi, -per stavolta tienilo tu, dai. Usalo per studiare così l’anno prossimo passi gli esami anche tu e partiamo insieme per un nuovo giro!-  -Ci conto!-  -promesso. Dai che vado a salutare gli altri. Ciao Chris!-  -Bella!- rispose lui, molleggiandosi sulle gambe (come sempre, del resto.) E così mi allontanai verso le altre tende. Salutai Jessica, che in James aveva trovato l’anima gemella, Dora, che dopo tanti piani malvagi escogitati per conquistare Lollo era riuscita a farlo suo, Irene e Ciro, Laila e Fede (che mi regalarono degli strani frutti esotici per il viaggio) e infine Dack e Alba, che dopo lunga e travagliata ricerca dell’anima gemella (lei in un tizio che la filava solo i giorni dispari, lui nelle ochette di turno) si erano trovati, e dalla loro amicizia era sbocciato l’amore. –Ciao Alba, buona estate! Salutami Lily quando la vedi, ci sentiamo presto!- -Ciao cara, buon viaggio!- -Ciao Jam, fai la brava!- mi salutarono lei e Dack.

“chissà che figlio intelligente nascerà da quei due, con i cervelli che hanno!” pensavo, mentre mi dirigevo verso Matt.

Gli cinsi le ampie spalle con le braccia, scompigliandogli i capelli, e dopo avergli dato un bel bacio insieme chiudemmo gli zaini in cui eravamo riusciti a farci stare di tutto, e le caricammo sulla Twingo. Qualche minuto dopo, sistemate le ultime faccende, eravamo pronti a ripartire: il viaggio continuava!

 

 

 

Come al solito devo ringraziare tutti quelli che leggono le mie cose, ma in questo capitolo un grande grazie va alle mie fantastiche amiche che mi hanno permesso questa violazione della loro privacy a fini creativi. Vorrei dire solo un'altra cosa, a parte il solito “recensite!”, ed è cioè che (forse per questo capitolo di meno, ma a partire dai prossimi…) ho fatto, sto facendo e farò un grande lavoro di documentazione sui luoghi in cui si svolgerà la storia, perciò grazie di cuore a internet, alle guide cartacee (sempre le migliori) e a google earth che trovo magico. A presto! J

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Capitolo 4
*** Il würstel ambulante e gli amici svedesi: Berlin, DE ***


würstel ambulante

Il würstel ambulante e gli amici svedesi: Berlin, DE

 

 

Dopo circa 2 ore dalla partenza, alle 14.00, ci venne fame e, aggiungendola al sonno accumulato il giorno prima, costrinse me e Matt a fare una pausa.  Scegliemmo un punto lungo la strada in cui ci fosse un bel prato, parcheggiammo sulla corsia d’emergenza e ci sdraiammo a una ventina di metri dalla nostra bella Twingo, addentando gli strani frutti che ci avevano regalato Laila e Fede.

Dopo esserci riposati un po’ ci rimettemmo in viaggio, e sei ore più tardi a Berlino, nella radura del campeggio. Alle 18.30 scendevamo dal treno alla stazione centrale, posto veramente agghiacciante. Devo dire però che tutta l’inquietudine che mi avevano indotto le sue strutture rigide, illuminate dalla luce fredda dei neon, si dissolse non appena misi piede in strada: Berlino era davvero quella splendida città che tutti dicevano. Stili architettonici diversi coesistevano in una continua evoluzione, mentre alti palazzi luminosi si alternavano armoniosamente agli antichi palazzi storici; il fiume che scorreva in mezzo rendeva il tutto ancora più magico.

Ci avviammo camminando lungo l’Unter Den Linden, la grande strada pedonale che attraversa il centro, un po’ come gli Chemps Élysée a Parigi, mentre io leggiucchiavo la mini-guida che avevo stampato: due paginette per ogni tappa del nostro viaggio in giro per l’Europa.

-Berlino è suddiviso in 12 distretti, che sono a loro volta suddivisi in quartieri. Il “Mitte” è il quartiere del centro storico, se vi trovate qui dovete assolutamente vedere… Ei! Achtung mit diese heisse… Kosen!*- urlai, rivolta a un ometto alto e magro che avanzava tra la folla con una specie di griglia portatile allacciata al collo, su cui arrostivano allegramente dei Brätwurst. E così, ecco uno dei famosi venditori di Würstel ambulanti! Se solo non mi avesse appena scottato una mano…

-Entschuldigung, señeorita!**- disse lui, con un accento molto spagnolo. Mentre tentavo di fargli capire che non mi ero fatta davvero male, intravidi gli occhi di Matt che luccicavano alla vista delle salsicce, così approfittai della situazione e dissi all’omino della griglia, nel mio tedesco zoppicante: -So, machen wir das. Du gibst mir ein Würstel mit Ketchup und ich gehe ohne dir töten weg. - ***

Mi sforzai di fare una faccia cattiva senza ridere (sforzo vano, naturalmente), e incredibilmente il ragazzo accettò questo “equo compromesso”. Mi consegnò il panino con un gran sorriso e poi se ne andò per la sua strada, urlando: - Würstel! Hot Dog! –

Appena si fu allontanato abbastanza scoppiai in un fragorosa risata, e consegnai il panino a Matthew, che dopo avermi abbracciato ridendo azzannò il panino. Aveva da tempo capito che era per lui: nonostante io avessi già da tempo all’epoca rinunciato a essere vegetariana, salsicce e affini non riuscivo ancora a sopportarle.

Camminammo per un po’ “sotto i tigli” , ma a un certo punto vedemmo sopra di noi una torre immensa: la torre dell’antenna TV! Con le sue luci sovrastava tutta Berlino, e sembrava avere una vista spettacolare: visto che mancava ancora un po’ all’ora di cena decidemmo di salirci a ammirare la città dall’alto. Dopo qualche minuto ci ritrovammo lassù, a godere della vista strepitosa su tutta la città che si srotolava ai nostri piedi, e rimanemmo lì per più di un’ora senza accorgercene, a scattare fotografie e a osservare meravigliati le bellezze di Berlino dall’alto, mentre la luce del giorno pieno piano sbiadiva e le luci della città si accendevano.

- Guarda! Quello lì di fianco al fiume, deve essere il duomo!

- E quell’edificio orribile? Davvero orrendo. Secondo te cos’è?-

- Mmm, qui sulla cartina dice che dovrebbe essere il Rotes Rathaus. ****-

- Ah, ecco! Ora si spiega tutto… è la casa dei ratti!- esclamò scoppiando a ridere.

- Hahah! Ma che scemo che sei. Quant’è che non fai tedesco tu? - Gli risposi, facendo la finta seria.

- Ahahahahah! Vieni qui bella topolina!- disse, abbracciandomi. Rimanemmo così ancora per un po’, a spiare la città dall’alto mentre potevo sentire il suo cuore battere attraverso la stoffa leggera della sua inseparabile camicia a quadretti.

 

 

Quando scendemmo erano le nove meno un quarto: ora di mettere qualcosa sotto i denti!

Camminammo per un po’ senza una meta, poi mi giunse un’improvvisa ispirazione: mi venne in mente il sorriso caldo del ragazzo dei Würstel e il suo accento…

- Ei Matt! Potremmo mangiare spagnolo stasera, ti va?-

- Ottima idea! -

- Dobbiamo ricordare l’uomo salsiccia bollente di oggi, per avermelo fatto venire in mente! - gli risposi ridacchiando.

Così tra una battuta e l’altra ci trovammo davanti a un bel ristorantino, che come diceva l’insegna di legno sulla porta era: “Atame, cucina spagnola” , e ancora ridendo ci infilammo insieme nel locale.

A giudicare dalla quantità di gente già riunita all’interno era un posto alla moda, e le piastrellino colorate alle pareti davano un tocco allegro e familiare all’atmosfera. Ci accolse un cameriere dal volto solare che profondendo sorrisi a destra e a manca ci fece accomodare a un tavolino nell’angolo, vicino alle vetrate.

 

-Ah, Svizzera, eh señeorita? Yo ha amigos lì. - mi disse il cameriere, mentre prendeva le ordinazioni.

-Tu mi è sympa. Yo prepara por tigo boquerones fritos.- concluse, dopo un po’ di chiacchiere in una lingua inventata tra spagnolo, tedesco e italiano. Io mi fidai e accettai quello che mi consigliava Juan, il buffo cameriere con i baffetti che si occupava di noi, anche se non avevo idea di cosa fosse; Matt si decise invece per una zuppa di pesce con fagioli che aveva sbirciato dai vicini.

Mentre aspettavamo di mangiare attaccammo un po’ bottone con loro, una coppia svedese che come noi era lì in gita per un paio di giorni. Chiacchierando un po’ insieme li trovammo simpatici, e così dovettero aver fatto anche loro, perché quando finimmo di mangiare ci invitarono a passare con loro la serata, e visto il programma non potemmo proprio rifiutare: tappa in una birreria di culto nel centro di Berlino e poi grande concerto all’aperto!

Non avendo nessun impegno per la serata accettammo volentieri e poco dopo ce ne andammo insieme dall’Atame, alla volta della notte berlinese.

 

Eravamo un bel gruppetto, noi 4.

Steven, lo svedese (che in realtà aveva un nome lungo e impronunciabile che nessuno ricordava mai) aveva una mole da body guard, lunghi capelli neri in contrasto con la fisionomia nordica e occhi verde mare; in testa portava uno splendido cappello a cilindro. La sua compagna Anthönia invece esibiva degli splendidi capelli pieni di treccine, a stento contenuti da una fascia coloratissima simile alla mia; il sorriso simpatico le illuminava il viso. Erano davvero una bella coppia: mai quanto me e Matthew chiaramente, ma era piacevole girare con loro. Quanto a noi, avevamo scelto entrambi una camicia a quadretti e facevamo pendant.

Ridendo allegri per la strada arrivammo al “cinema café” una buia birreria che, come giustamente dice il nome, era arredata a tema cinema. Quando aprimmo la porta una nuvola di fumo ci investì, ed entrammo nel buio ambiente del bar. Era davvero bellissimo, anche stracolmo di gente com’era: le vecchie foto in bianco e nero delle passate stelle del cinema sembravano osservarti benevolenti dai tavoli, dalle pareti, dal bancone, persino dal soffitto.

Marylin Monroe ammiccava da dietro il robusto barista, che ci servì immediatamente 4 birre scure, mentre Audrey Hepburn sbirciava attraverso i suoi occhialetti da un immenso poster sulla parete. Gli avventori del pub erano per lo più giovani, come noi, ma negli angoli c’erano alcuni personaggi che sembravano usciti dai poster alle pareti, con la loro aria malinconica alla James Dean. Quel locale mi piacque proprio, ma dopo una mezz’oretta passata a mettere in pratica le nostre conoscenze di inglese ci dovemmo comunque avviare verso Gendarmenmarkt, dove il Classic Open Air stava per avere inizio. Mentre camminavamo verso la Konzerthaus, di fronte alla quale si sarebbe svolto il concerto, estrassi dalla borsa la mia miniguida e cercai l’evento verso cui eravamo diretti.

“Non avete il biglietto?” lessi ad alta voce quando lo trovai, “nessun problema! Basta prendersi una birra e sistemarsi a portata d’orecchio appena fuori dal recinto!”                   -Fantastisch!- esclamò Anthönia, che un po’ di italiano lo capiva, traducendo poi per Steven.

Così, dieci minuti dopo eravamo accomodati sull’erba, e il concerto iniziava.

 

 

*Ei! Attenzione con questa calda… Kosen!

** Scusa, señeorita!

*** Allora, facciamo così. Tu mi dai una salsiccia al Ketchup e io vado via senza ucciderti.

**** Municipio rosso: così si chiama quello di Berlino.

 

 

Come al solito mi devo scusare per l’attesa, stavolta tra la scuola e il resto ne è passato dal mio ultimo aggiornamento! In parte spero però di scusarmi dicendovi che per questo capitolo ho dovuto documentarmi massicciamente, non essendo mai stata a Berlino.

Grazie di cuore comunque a tutti quelli che leggono la mia storia, con uno speciale ringraziamento a un’amica che mi ha incoraggiato nel riprendere in mano la penna. J alla prossima!

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Capitolo 5
*** un concerto folk: Berlin, DE ***


5-un concerto folk

5- Un concerto folk : Berlin, DE

 

- Damen und Herren!*- proclamava un piccolo presentatore pelato al centro del palco, - Heute Abend haben wir, hier in Berlin, einen wunderbaren Beispiel des… **- dopodiché partiva com’era prevedibile con un lungo discorso sui nobili fini della manifestazione, sull’internazionalità, lo scambio di culture e tante cose belle a cui non prestammo particolare attenzione.

Cinque minuti e molte nostre risate più tardi l’ometto, vedendo che più nessuno lo ascoltava si decise a lanciare il primo gruppo:

- Die kommen mit ihren Folkmusic aus der Schweiz… sie sind die… BIFOLKI!***-

A quelle parole sia io che Matt ci alzammo in piedi, sbalorditi. “può essere veramente!?” mi chiesi, con la bocca spalancata dallo stupore.

Quando li vedemmo salire sul palco ogni possibile dubbio evaporò, e il mio amico Ramon prese il microfono.  - Guten Abend, Berlin! – urlò, e sistematosi i capelli unticci sulla fronte fece segno a Big Head di cominciare a suonare.

“Eccoli là, i miei amici musicisti. Ne hanno fatta di strada!” mi dissi, ripensando agli esordi dei cosiddetti Bifolki… qualche minuto dopo tuttavia cessai ogni tentativo di pensare, travolta dalla folla che misteriosamente era riuscita a levare di torno le barriere e che saltellava a destra e a sinistra, invadendo il prato in preda al ritmo (e all’alcool).

Alcune ore più tardi, finito il concerto, andai con Matt e i due svedesi a salutare i Bifolki, e la scena che ci si presentò mi fece sorridere: Ramon stava sdraiato nel prato accanto al suo famoso drink (di cui nessuno conosceva il vero tasso alcolico); in piedi poco distante c’era Nicho Big Brain che metteva via il suo basso, riponendolo con cura nella custodia, mentre di fianco a lui Damian Big Head si guardava attorno. James Big Nose che seduto a gambe incrociate tamburellava a occhi chiusi contro due lattine vuote.

- Hi guys!- esclamai avvicinandomi.

- Jam! – saltò su Ramon, che aveva il cervello un po’ fuso dall’adrenalina del concerto (e noooon dal mix magico, come sostenne lui a più riprese!). Cominciò a saltellare qua e là piroettando su sé stesso e sollevandomi, e si calmò solo quando vide la faccia del mio ragazzo…

-Fantastico concerto ragazzi! Credo che al Classic Open Air non abbiano mai visto niente di simile! Ma cosa gli è saltato in mente a quelli di chiamare voi? E soprattutto, perché non mi avete detto niente!? Sono capitata qui per puro caso!- esclamai, andando ad abbracciare anche gli altri.

- Beh, che ne sapevamo che eri anche tu qua?- rispose Damian con il suo tipico tatto da rinoceronte.

- In ogni caso – aggiunse James fermando per un momento le dita frenetiche che non avevano smesso un secondo di picchiettare sulle lattine –non volevamo informare nessuno, prevedevamo una catastrofe! Se avessimo saputo che avremmo avuto questo successo…- fece un sorrisone a 42 denti, poi tornò alla sua sperimentazione di nuovi ritmi.

Matthew si girò verso Big Brain, che in quel momento era il più tranquillo, dovendo scartare Big Head che si strozzava con una caramella, e chiese: - dove dormite stanotte? -         -Mah,- fece Nicho, -veramente pensavamo di riposarci un po’ nel furgoncino e poi ripartire, ma in queste condizioni…- e indicò con un cenno della testa i tre alle sue spalle, che in quel momento stavano improvvisando un coretto di “Anima mia”****               -Venite a dormire con noi in tenda, dai!- esclamai io a quel punto; caricati tutti, compresi Steven e Anthönia, sul furgone ci avviammo verso “l’accampamento” cantando a gran voce “anima mia” attraverso i finestrini aperti: ancora oggi a Berlino si ricordano di noi come “quel gruppo di pazzi bifolchi canori”.

 

*Signore e signori! **Stasera abbiamo, qui a Berlino, un magnifico esempio di… ***Vengono con la loro musica folk dalla Svizzera, loro sono i… BIFOLKI! ****una canzone di musica leggera italiana, dei cugini di campagna

Ovviamente anche stavolta mi scuso per il ritardo con cui pubblico, ma stavolta la causa sono le vacanze estive, quindi... non ci potevo fare granché! Questo capitolo è un po’ più corto del solito ma sappiate che durante le ferie non sono rimasta inattiva: ho una serie di altri capitoli che aspettano solo di essere trascritti! Mi auguro di risentirvi presto, e di riuscire a pubblicare entro agosto altri 2 capitoli, ma non vi prometto niente… però vi auguro buona fine vacanze di tutto cuore, e se vorrete commentare, eventualmente anche correggendomi gli errorucci che mi saranno sfuggiti… GRAZIE!       A presto (spero), Rox.

 

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