Life Roads di rox_sole (/viewuser.php?uid=103787)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Casa: Stabio, CH ***
Capitolo 2: *** Caliente! Zurich, CH ***
Capitolo 3: *** Tende: Zurich, CH ***
Capitolo 4: *** Il würstel ambulante e gli amici svedesi: Berlin, DE ***
Capitolo 5: *** un concerto folk: Berlin, DE ***
Capitolo 1 *** Casa: Stabio, CH ***
1-casa
1-CASA: Stabio, CH
Lanciai il borsone sul
tappeto rossiccio dell’ingresso, ci legai il sacco a pelo e poi feci un rapido
giro della casa per vedere cos’avevo scordato: ero sicura che ci fosse
qualcosa.
Dopo aver raccattato
tutto ciò che pensavo potesse servirmi (medicinali, telefono, soldi,
abbonamento dell’autobus, giornale, i-pod, documento… ma avevo preso qualcosa a
parte le mutande?) e averlo cacciato nella borsa andai nella mia stanza.
Salutai Timmy Salvatore con un bacetto sul suo peloso naso di stoffa:
-Spiacente tesoro, ma stavolta resti qui.-
Timmy, il mio cagnolino
di peluche che dormiva con me tutte le notti e mi aveva sempre accompagnata
ovunque, fino a quel momento, sembrò guardarmi male con le biglie nere che
aveva al posto degli occhi, ma decisi di ignorarlo: in tenda c’era posto solo
per me e Matt, proprio non potevo portarmelo.
Diedi un’ultima volta
dell’acqua al mio povero cactus semi-morto, spingendo con i polpastrelli un po’
di terra attorno al suo “tronchetto” verde e spinoso. –Ma si, che magari mentre
sto via ti riprendi pure!- gli dissi, ammiccandogli.
“Ok”, pensai, “sto
facendo l’occhiolino a una pianta. Ho proprio bisogno di questo viaggio; il
Liceo fa male, l’ho sempre detto io!”
Diedi un’ultima occhiata alle foto appese contro l’armadio: me da
piccola, con mamma e papà, abbracciata al mio “adorabile” fratello (chissà
quanto mi avevano pagata per poter scattare quella foto!), io a tre anni mentre
addento una gigantesca fetta d’anguria con i miei due unici ed enormi dentoni,
una foto di classe e una con gli amici, fuori dal LiMe*, sorridenti e felici
dopo il riuscito (o meno) esame di maturità.
“Aaah, le mie amiche.
Chissà come se la prenderanno: parto da sola con Matt dopo che abbiamo tanto
progettato di girare il mondo insieme!” pensavo. “Dopotutto però Zoe deve
ancora finire il liceo, così come Iris; Alba non può venire comunque, o sua
mamma la sventra e ne cucina le budella. Joyce invece… beh, non sarebbe mai
venuta, nonostante tutti i buoni propositi ha troppa paura di quel che non
conosce! Per fortuna c’è Eric, che speriamo se la porti a Ginevra a studiare la
loro amata musica insieme.
Mi accorsi allora di
essermi incantata a guardare in aria, cosa che capita -purtroppo- molto spesso.
A confermare i miei timori ci pensò il rombo di un motore: Matt era già
arrivato! Mi affacciai sorridendo alla finestra che dà sul piazzale. –Arrivo
subito tesoro, tu intanto puoi entrare a salutare i miei? Così stanno più
tranquilli e non ci telefonano ogni due ore!- Lui annuì, sfoderando quel suo sorriso
sghembo di cui mi ero innamorata, un po’ più di un anno prima, e io schizzai in
bagno con una manciata di mollettine colorate in mano.
Due minuti più tardi ne
uscii con la mia strana pettinatura piena di fermagli multi color e i due
piccoli rasta che mi ballonzolavano sulla spalla. Entrai in cucina, dove mamma
stava versando il caffè in cinque piccole tazzine, e seduti intorno al tavolo
stavano Matt, papà, con una strana espressione nostalgica nascosta sotto
l’espressione impassibile di sempre e il mio fratellino Giò, che più tanto
piccolo non era.
Mi sedetti con loro e
addentai un biscotto, ma subito sentii una palla pelosa schiantarsi con il suo
musetto bagnato contro la mia pancia, facendomi strozzare con il boccone che
stavo mandando giù. -Hei Leo, piano!- gli urlai, ma poi mi intenerii
grattandogli un po’ la testa: mi sarebbe mancato molto il mio adorabile gatto.
Chiacchierammo del più e del meno, della meteo, delle tappe del viaggio, dei
fusi orari, di quando potevamo chiamare… circa un’oretta più tardi ci dirigemmo
alla porta: se avessimo avuto una tabella di marcia si sarebbe già sballata, ma
fortunatamente non l’avevamo.
Sbaciucchiai il mio
fratellone che anche se faceva finta di niente, era triste della mia partenza,
come ogni volta, poi fu la volta dei miei genitori, che mi riempirono di
raccomandazioni. Io li stetti ad ascoltare con un bel sorriso stampato in
faccia, rassicurando ogni loro obbiezione: sapevo che lasciarmi partire era
stata dura e già mi immaginavo mia mamma seduta in cucina a sospirare: ha solo
diciannove anni...-
Alla fine riuscimmo ad
uscire di casa e a salire, bagagli alla mano, sulla Twingo gialla del mio
ragazzo (era anche per la sua macchina che mi ero innamorata di lui, io adoro
le Twingo!) Mentre già stavamo partendo mia nonna si affacciò al balcone,
ancora in vestaglia, e urlò: -Mi raccomando Matthew, prenditi cura di lei!- e
lui di rimando: -Non si preoccupi signora Angela, sua nipote è in buone mani!-
e, ammiccandole, mise in moto e lanciò l’auto giù per il vialetto assolato.
Appoggiò la mano sul
cambio e io vi misi sopra la mia: fu così, tenendoci per mano, che vedemmo
sfilare campi e paesini noti e ci infilammo in autostrada; quella domenica
d’inizio estate il nostro grande viaggio attorno al mondo ebbe inizio.
*Liceo di Mendrisio
Ringrazio
LukaC per aver aggiunto puntine al mio mondo personale, e spero che questa
nuova storia vi piaccia. Qualsiasi cosa vi venga in mente RECENSITE! :D
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Capitolo 2 *** Caliente! Zurich, CH ***
2-Caaliente!
MODIFICATO!
2-Caliente! Zurich, CH
Dopo tre ore di viaggio e
due pause in autogrill arrivammo nei pressi di Zurigo. In teoria saremmo dovuti
andare direttamente fino alla Germania, ma Matt aveva proposto di fare tappa
anche lì, e a me era sembrata un’idea carina, perciò avevamo deciso di fermarci
lì per la notte. Parcheggiammo nei pressi di un boschetto semideserto che
poteva fungere da campo per le tende e, montata la nostra tenda, prendemmo un
autobus per passare la serata in centro.
Già nell’avvicinarci
notai l’atmosfera esotica che aleggiava nell’aria, ma io mancavo da Zurigo da
qualche anno, e si sa che la globalizzazione fa miracoli. Eppure, appena prima
di scendere dal bus all’angolo con Langstrasse capimmo: il “Caliente! Tropical
Festival” era in corso!
Solo io posso entrare in
una città con un festival di questo tipo in corso senza accorgermene, ma sono
una con la testa tra le nuvole, che ci posso fare? Avevamo visto i cartelloni,
avvicinandoci al centro, ma entrambi eravamo troppo pigri per leggere la data;
ci ritrovammo così immersi senza preavviso in una moltitudine di suoni, colori
e profumi direttamente dal sud America.
Langstrasse si era
trasformata completamente: il Mercado Mundial occupava entrambi i lati della strada
con le sue grandi e piccole bancarelle, in cui vari esponenti dei popoli
sudamericani vendevano cibi, bevande e oggetti vari del proprio lontano paese
d’origine, e a ogni angolo erano stati montati dei piccoli palchi su cui si
esibivano gruppi multietnici; camminando per la strada le varie musiche si
fondevano, dando vita a quella che io e Matt definimmo “la canzone del mondo”.
Erano già le 7, quindi ci
avviammo alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Il mio naso fino
fiutò un odorino davvero invitante, così ci avviammo in quella direzione e
nonostante tutto, quella sera, fosse latino americano, girando l’angolo ci
trovammo davanti a una bancarella su cui troneggiava la scritta: “Thai-food
saves the world!” Dietro il bancone, una giovane dagli occhi a mandorla ci
sorrise, e ci chiese in un tedesco un po’ balbettante cosa volevamo ordinare.
Sul piano di quella cucina improvvisata c’erano diversi cibi, e sembravano
tutti buonissimi, perciò Matt mi chiese,con già l’acquolina in bocca: - Jamie,
tu che prendi? A me ispira quella cosa laggiù rossiccia.- -Ma quale, quella lì con il sughetto?-
Matt stava per aprir
bocca di nuovo, quando sentimmo dietro di noi una voce familiare: - Naa, non
prendete quello lì! L’abbiamo lasciato un po’ crudo. Agli zucchini piace così,
ma per i nostri gusti… puah! Prendete questo, è molto meglio! (e soprattutto,
non l’ho fatto io!)-
Io mi girai di scatto
verso la mia amica che ci stava tendendo due coppette piene di una cosa
verdolina dall’aspetto molto appetitoso. –Laila! Ma che bella sorpresa trovarti
qui! Ma quindi questa è la bancarella di tuo padre! Non l’avevo riconosciuta
subito, sono venuta qui seguendo un buon odorino che sentivo nell’aria. - - Ah. Uffa. Pensavo avessi sentito un
odoceronte! OdoRINO, odoCERONTE, l’avete capita? Ahahahah!-
Il mio ragazzo scoppiò a
ridere (per quanto era terribile la battuta credo), ed io esclamai: -Ma anche
finito il liceo continui a fare battutacce?- poi però scoppio a ridere anch’io
con loro.
Alle nostre risate se ne
aggiunse anche una più acuta e cristallina, e da dietro il bancone sbucò
un’altra faccia conosciuta. –Hei Jam hai
visto? Lalla non cambierà mai!- -
Irene! Ma ci sei anche tu? Che bello! E il bel Ciro dove l’hai lasciato?- Laila
come al solito non lasciò tempo ala sua migliore amica di rispondere e,
guardandoci con aria misteriosa, disse: - È con fede a sbrigare una
“commissione”.-
- UUh! Non vedo l’ora di
scoprire quale!- risposi sorridendo alle due ragazze che solo una settimana
prima vedevo tutti i giorni al LiMe. In quel momento il cellulare di Matthew
squillò, e lui si allontanò per rispondere alla chiamata. –Ma ragazze insomma
cosa ci fate qui?- Laila stava già
rispondendo – Beh sai… il tuo…- ma stavolta Irene fu più rapida: - La vera
domanda è che ci fai TU qui! -
-Beh, sai io e Matt…
stiamo partendo per girare l’Europa e… o insomma ragazze, mi dispiace non
avervelo detto, ma…- -Stai tranquilla,
sappiamo già tutto.- confessò Lalla quando vide un sorridente Matt di ritorno
dalla stradina laterale in cui stava telefonando. Lui (molto misteriosamente)
fece degli strani gesti di cui non capivo il senso alle due ragazze con cui
stavo parlando, che gli sorrisero di rimando. Si guardarono intorno per un po’,
poi Irene si decise ad aprir bocca: - Sai, Jam, il tuo tenerissimo e straffigo
ragazzo,- disse, ammiccando in direzione di Matt – ha deciso di prepararti una
sorpresa. Sapeva che durante questo viaggio noi tutte ti saremmo mancate (anche
se io non ne sono altrettanto sicura) e così ha deciso di mettersi un po’
d’accordo con noi e… TADAAA! –
All’improvviso dalla
stradina da cui era appena tornato Matt sbucò una folla di gente: erano tutti i
miei amici! C’erano davvero tutti, Zoe, Joyce, Samantha, Jessica e Dora, Alba,
Iris, Charles, Dack e Lollo…
Dalla felicità cominciai
a saltellare, corsi ad abbracciare tutti e poi andai (sempre saltellando) a
sbaciucchiare il mio E SOLO MIO stupendamente meraviglioso fidanzato. Non me
l’aspettavo per niente, e questa sorpresa inaspettata mi riempì davvero il
cuore; così quando gli dissi: - Ti amo davvero tanto!- non potevo essere più
sincera.
-Grazie a tutti di essere
venuti, ragazzi!- urlai commossa, sovrastando dalle spalle del mio ragazzo il
vociare della folla e le varie musiche caraibiche che arrivavano dalla strada.
–E ora facciamo vedere a questi zucchini* come ci si diverte!!-
Proprio in quel momento
arrivò una macchina dalla stradina, che chissà come era riuscita a superare le
barriere per fermare il traffico attorno alla zona del Mercado Mundial.
–Qualcuno ha parlato di festa?- chiese una voce dall’interno dell’abitacolo. Le
portiere della monovolume si aprirono e in strada si riversò una nuova ondata
di gente: Ciro, Fede, Chris, Andrew, Eric, James, ma soprattutto con loro se ne
scesero due enormi scatoloni. –Belle dame e bei damerini;- esclamò Fede
agitando il braccio perennemente bendato, - qui abbiamo copri capi con le piume
e ghirlande di fiori, e qui… TADÀ! Cocktail di ogni tipo direttamente dai
caraibi! Chi vuole un Pampero?!? –
Mezz’oretta entravamo in
Helvetiaplatz, pieni di piume e già un po’ allegri. Al centro della piazza era
stato allestito un grande palco, da cui degli enormi amplificatori diffondevano
un reggae bello pompato ad altissimo volume e tutt’attorno, tra bancarelle e
tendoni, la folla si scatenava al ritmo della musica. Sotto il palco alcuni
giovani e muscolosissimi brasiliani si esibivano nella capoeira, e un gruppo di
ballerine vestite quasi esclusivamente di piume ancheggiavano in quella calda
notte zurighese. C’era gente vestita normalmente, ma erano pochi: la maggior
parte come loro aveva cercato le cose più buffe e colorate che aveva
nell’armadio: la piazza infatti brulicava come se fosse piena di formichine
colorate.
“chi l’avrebbe mai detto:
Zurigo è una città caliente!” pensai. Poi il mio sguardo finì sui miei
meravigliosi amici, che Matt aveva convinto a venire fin lì per festeggiare un
po’ insieme prima della nostra partenza e per augurarci buon viaggio.
“aaah, Matthew. Anche con
quella ridicola coroncina di sgargianti fiori di plastica sei sempre il più
figo** .” mi dissi, mentre lo osservavo muoversi tra la folla con il fisico
scolpito seminascosto dalla maglietta e i suoi bellissimi occhi verdi,
splendenti anche nel buio da sotto i capelli sempre scompigliati.
Vedendo che lo stavo fissando
mi si avvicinò, estrasse da non so bene dove un gigantesco fiore e me lo
sistemò tra i capelli, baciandomi. Poi mi strizzò l’occhio e si avviò con i
suoi degni compagni verso una bancarella che vendeva strani frutti trasformati
in cocktail.
Io corsi dalle mie amiche
saltellando come una pazza sulle note di quella musica: loro come al solito non
poterono far altro che seguirmi in quella danza sfrenata.
*Non è mia intenzione
offendere nessuno, zucchini è solo un modo un po’ scherzoso per chiamare gli
svizzeri tedeschi. Ho un sacco di amici cosiddetti “zucchini” ma non credo che
se la prenderanno. J
** Il pc voleva
correggermelo con frigo. XD
Grazie
a tutti quelli che hanno letto la mia storia e mi hanno aiutata a fare le
ricerche ( soprattutto Sofia94, che sopporta pazientemente le mie domande), e
grazie a tutti voi su cui ho modellato i personaggi! (che nel prossimo capitolo
verranno descritti meglio… :D )
Ho
già pronto il capitolo 3, che faceva anticamente parte del 2 ma risultava
troppo lungo, perciò prossimamente lo posterò. Baci a tutti, e mi raccomando,
recensite!
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Capitolo 3 *** Tende: Zurich, CH ***
3-Tende
Campo tende: Zurich, CH
Quando, verso le 4 della mattina seguente, o, Matt e tutti i
nostri amici tornammo alla zona del campeggio, la nostra tenda era circondata
da un sacco di altre,tutte variopinte come la nostra: i nostri amici si erano
aggiunti a noi, e sorrisi al ricordo di quante tendate avevamo trascorso in
quel modo! Dopo aver steso i sacchi a peli sul prato, Matthew tirò fuori la sua
chitarra sgangherata e cominciò a suonare le solite cose... Passammo così, tra
un cocktail e l'altro, la notte, cantando a squarcia gola parole inventate su
melodie stonate.
Restammo svegli a guardare il sorgere del sole, l'aurora dalle rosee dita, come
diceva sempre il mio vecchio prof. di latino, e quando il rosa e l'arancione
lasciarono il posto a un tenue azzurrino ci addormentammo tutti insieme,
sfiniti.
Qualche ora dopo ci alzammo, e fu il momento dei saluti.
Mentre tutti quanti smontavano le loro tende (devo dire molto molto usate) io
passavo tra le varie coppie, salutando i miei amici, mentre il caro Matt
metteva via le nostre cose. Era incredibile pensare che appena due anni prima
eravamo tutte delle Forever Alone (tranne Valeria e Massimo, che poi si erano
trasferiti insieme in Svizzera interna) e ora eccoci qui, tutte "
accoppiate".
Mentre ancora rimuginavo su questo pensiero mi avvicinai alla mia doppietta
preferita: la mia cara amica Joyce e il suo Eric.
Che bella storia avevano quei due! In un qualche strano modo era merito mio se
si erano messi insieme, quasi due anni prima.
Andavamo in giro sempre insieme io e Joy, e tutte le volte che incontravamo
Eric, di cui era già perdutamente innamorata, lei arrossiva fino alla punta dei
capelli e io scoppiavo a ridere: proprio per questo motivo ogni sacrosanta
volta lui mi fissava con il suo sguardo a metà tra il divertito e lo
scocciato,e tutti ( o quasi ) erano convinti che fossi io a corrergli dietro, e
non Joy.
Se da un lato trovavo tutto ciò abbastanza divertente ( mi dispiace per Joyce
ma all'epoca era proprio brutto! Per fortuna il tempo e qualche consiglio
spassionato della mia amica l'avevano migliorato. ) d'altro canto trovavo
questa faccenda irritante, alla lunga, perciò un giorno decisi di andare a
parlargli.
- Senti, - ricordo di avergli detto, - so quello che pensano tutti, ma non c’è
bisogno di fare quella faccia ogni volta che mi vedi! Sei davvero l’ultima
persona di cui potrei innamorarmi.-
Eric scoppiò a ridere di gusto, e non la smetteva! Già mi dava
sui nervi normalmente, ma ora stava proprio oltrepassando la soglia critica: fu
solo al pensiero di Joyce, arrabbiata a morte con me, nascosta da qualche parte
(forse dietro la macchinetta del caffè) a prendere nota di ogni nostra parola,
mi trattenni dall’urlargli addosso.
-Come ma ridi, Eric?- chiesi, con tutta la cortesia che avevo in
quel momento. Lui ci mise un po’, ma alla fine si riprese: -In verità non avevo
idea delle voci che girano- “e te pareva, è un uomo! Mai che si accorgano di
niente, st’idioti.” –ma se ti riferivi al fatto che ti guardo male…- continuò
lui, - beh, è perché.. si insomma, mi chiedevo, come fate tu e Joyce a non
separarvi mai mai mai? Si, ecco.. ci sono un paio di cose che vorrei dirle e..
ad essere sinceri tu sei sempre tra le palle!-
Quando lentamente cominciai a capire, notai che gli luccicavano
gli occhi, ed era persino arrossito: incredibile: lui la amava!
-Ah.- dissi, cercando di trattenere le risate (per la comicità
della scena, devo ammettere, ma anche di felicità per la mia amica) –Beh,
allora scusa di tutto, davvero. Joy la trovi là alle macchinette, e secondo me
sarebbe felice di fare quattro chiacchiere con te .-
Poi mi girai e me ne andai ridacchiando, appostandomi al piano
di sopra, tenendo d’occhio la situazione. Dal mio punto d’osservazione vidi la
mia amica che quasi svenne quando lui le rivolse la parola, e lui che
gesticolava di fronte a lei (tra l’altro impedendo a mezzo liceo di riempirsi
di caffeina nella pausa), ma non seppi mai quel che si dissero quel giorno: sta
di fatto che entrambi riuscirono a vincere la propria timidezza e da allora non
si sono mai separati.
Anche ora, dopo quasi due anni in cui sono cambiato molto
entrambi, osservarli aiutarsi a mettere in ordine le loro cose mette tenerezza.
-Ciaao piccioncini!- dissi loro, avvicinandomi.
-Hei Jam! Tutto bene?- chiese Eric, che dopo essersi fidanzato
con una delle mie migliori amiche mi aveva perdonato, ed eravamo diventati
amici. Inoltre grazie a lui Joyce aveva cominciato ad uscire la sera, e questo,
conoscendola, era incredibile.
Insomma, dopo qualche minuto di chiacchiere abbracciai entrambi
e promisi loro che li avrei chiamati presto; poi passai alla tenda affianco
dove, come al solito, Samantha e Charles litigavano.
-Samy, te l’ho già detto mille volte, le tende si smontano
togliendo prima i paletti! Io, che sono un esperto, queste cose le so!- -Ok Charlie, allora sistematela da solo sta
cavolo di tenda!- esclamò Samantha lanciandogli un’occhiataccia raggelante e
scuotendo i suoi capelli neri riccissimi e zeppi di perline. –Ok, dai non mi
guardare così! Vieni qui!- disse lui, baciandola.
Nonostante passassero le loro giornate bisticciando erano una
bella coppia, e se nella storia di Eric e Joy avevo avuto un ruolo marginale,
questa tra i miei due amici era quasi interamente
opera mia.
Samy era mia amica dai tempi delle elementari, e abitando vicine
eravamo riuscite a non perderci mai di vista; Charlie invece lo incontrai a una
colonia estiva, e dopo tre giorni era già il mio migliore amico. Purtroppo i
due già si conoscevano, e nonostante io avessi pensato fin da subito che
sarebbero stati benissimo insieme, si odiavano: quella situazione non mi
piaceva nemmeno un po’, perciò decisi di intervenire.
Invitai entrambi al cinema, e quando arrivarono convinti di
trovare solo me, io non c’ero: dovettero passare la serata insieme quasi per
forza, e non oso immaginare quanto sia stato difficile, ma alla fine quella
notte entrambi mi telefonarono, dicendo di essersi innamorati.
Lottai con il loro orgoglio a lungo, ma alla fine (anche se non
bisognerebbe mai fare da agenzia matrimoniale ai propri amici, pena l’odio
eterno) si misero insieme e dopo essersi mollati e ripresi un tot di volte,
erano ancora lì.
Quando finirono di baciarsi (e ce ne misero di tempo!) mi
avvicina ai due e li abbracciai.
- Vi manderò una cartolina, ma una soltanto, e dovrete
dividervela!- esclamai: entrambi le collezionavano, e per quel che ne so lo
fanno ancor’oggi.
Passai a salutare Iris, che si era portata la sua nuova
conquista: dopo essere stata con un discreto numero di ragazzi (come tutti del
resto, tranne Joy…) era finalmente riuscita a conquistare il ragazzo per cui si
era presa una cotta già 3 anni prima, e di cui si era dimenticata, all’apparenza.
Lui, un bel giorno, mentre cavalcava la sua moto da cross prese male una curva
e finì fuori strada, lei, che stava camminando sulla stessa via lo portò a casa
sua e lo medicò: da allora aveva sempre cercato i suoi splendenti occhi blu in
quelli degli altri ragazzi, ma non l’aveva più trovato, fino a qualche mese
prima, in cui (da non crederci) lui era sbandato di nuovo nello stesso punto. Verrebbe
quasi da pensare che lei avesse disseminato la strada di bucce di banana!
Dopo aver abbracciato anche loro, passai alla tenda di Zoe,
anche se lei non si vedeva da nessuna parte.
-Ei nanetta? Passami quella cosa lì nell’angolo!- - Agli ordini, mr. palma! –
-Zoe? Chris?- chiamai. Dalla tenda vidi spuntare una massa di
indomabili ricci biondi, e dietro di loro apparve la mia amica Zoe: 1 metro e 60 di pepe! Dietro
di lei uscì anche Chris: la massa di capelli era più o meno la stessa, ma i
suoi si trovavano mezzo metro più in alto! Non appena Zoe aveva deciso di
lasciar perdere il ragazzo che l’aveva fatta soffrire per quasi 2 anni, Chris
aveva lasciato la sua fidanzata del momento per mettersi con lei, e insieme
erano fantastici!
-Ciao Jamie!- esclamò lei, saltellando verso di me e
investendomi in uno dei suoi abbracci, che come al solito mi spappolò una
tetta. –Ciao Zoe!- -Ma come farai
durante il viaggio, visto che abbiamo un neurone in due? Lo spacchiamo?- -Eh,- le dissi, -per stavolta tienilo tu,
dai. Usalo per studiare così l’anno prossimo passi gli esami anche tu e
partiamo insieme per un nuovo giro!- -Ci
conto!- -promesso. Dai che vado a salutare
gli altri. Ciao Chris!- -Bella!- rispose
lui, molleggiandosi sulle gambe (come sempre, del resto.) E così mi allontanai verso
le altre tende. Salutai Jessica, che in James aveva trovato l’anima gemella, Dora,
che dopo tanti piani malvagi escogitati per conquistare Lollo era riuscita a farlo
suo, Irene e Ciro, Laila e Fede (che mi regalarono degli strani frutti esotici per
il viaggio) e infine Dack e Alba, che dopo lunga e travagliata ricerca dell’anima
gemella (lei in un tizio che la filava solo i giorni dispari, lui nelle ochette
di turno) si erano trovati, e dalla loro amicizia era sbocciato l’amore. –Ciao Alba,
buona estate! Salutami Lily quando la vedi, ci sentiamo presto!- -Ciao cara, buon
viaggio!- -Ciao Jam, fai la brava!- mi salutarono lei e Dack.
“chissà che figlio intelligente nascerà da quei due, con i
cervelli che hanno!” pensavo, mentre mi dirigevo verso Matt.
Gli cinsi le ampie spalle con le braccia, scompigliandogli i
capelli, e dopo avergli dato un bel bacio insieme chiudemmo gli zaini in cui
eravamo riusciti a farci stare di tutto, e le caricammo sulla Twingo. Qualche
minuto dopo, sistemate le ultime faccende, eravamo pronti a ripartire: il
viaggio continuava!
Come al solito devo ringraziare
tutti quelli che leggono le mie cose, ma in questo capitolo un grande grazie va
alle mie fantastiche amiche che mi hanno permesso questa violazione della loro
privacy a fini creativi. Vorrei dire solo un'altra cosa, a parte il solito “recensite!”,
ed è cioè che (forse per questo capitolo di meno, ma a partire dai prossimi…)
ho fatto, sto facendo e farò un grande lavoro di documentazione sui luoghi in
cui si svolgerà la storia, perciò grazie di cuore a internet, alle guide
cartacee (sempre le migliori) e a google earth che trovo magico. A presto! J
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Capitolo 4 *** Il würstel ambulante e gli amici svedesi: Berlin, DE ***
würstel ambulante
Il würstel ambulante e gli amici
svedesi: Berlin, DE
Dopo
circa 2 ore dalla partenza, alle 14.00, ci venne fame e, aggiungendola al sonno
accumulato il giorno prima, costrinse me e Matt a fare una pausa. Scegliemmo un punto lungo la strada in cui ci
fosse un bel prato, parcheggiammo sulla corsia d’emergenza e ci sdraiammo a una
ventina di metri dalla nostra bella Twingo, addentando gli strani frutti che ci
avevano regalato Laila e Fede.
Dopo
esserci riposati un po’ ci rimettemmo in viaggio, e sei ore più tardi a
Berlino, nella radura del campeggio. Alle 18.30 scendevamo dal treno alla
stazione centrale, posto veramente agghiacciante. Devo dire però che tutta
l’inquietudine che mi avevano indotto le sue strutture rigide, illuminate dalla
luce fredda dei neon, si dissolse non appena misi piede in strada: Berlino era
davvero quella splendida città che tutti dicevano. Stili architettonici diversi
coesistevano in una continua evoluzione, mentre alti palazzi luminosi si
alternavano armoniosamente agli antichi palazzi storici; il fiume che scorreva
in mezzo rendeva il tutto ancora più magico.
Ci
avviammo camminando lungo l’Unter Den Linden, la grande strada pedonale che
attraversa il centro, un po’ come gli Chemps Élysée a Parigi, mentre io
leggiucchiavo la mini-guida che avevo stampato: due paginette per ogni tappa
del nostro viaggio in giro per l’Europa.
-Berlino
è suddiviso in 12 distretti, che sono a loro volta suddivisi in quartieri. Il
“Mitte” è il quartiere del centro storico, se vi trovate qui dovete
assolutamente vedere… Ei! Achtung mit diese heisse… Kosen!*- urlai, rivolta a
un ometto alto e magro che avanzava tra la folla con una specie di griglia
portatile allacciata al collo, su cui arrostivano allegramente dei Brätwurst.
E così, ecco uno dei famosi venditori di Würstel ambulanti! Se solo non mi
avesse appena scottato una mano…
-Entschuldigung,
señeorita!**- disse lui, con un accento molto spagnolo. Mentre tentavo di
fargli capire che non mi ero fatta davvero male, intravidi gli occhi di Matt
che luccicavano alla vista delle salsicce, così approfittai della situazione e
dissi all’omino della griglia, nel mio tedesco zoppicante: -So, machen wir das.
Du gibst mir ein Würstel mit Ketchup und ich gehe ohne
dir töten weg. - ***
Mi
sforzai di fare una faccia cattiva senza ridere (sforzo vano, naturalmente), e
incredibilmente il ragazzo accettò questo “equo compromesso”. Mi consegnò il
panino con un gran sorriso e poi se ne andò per la sua strada, urlando: -
Würstel! Hot Dog! –
Appena
si fu allontanato abbastanza scoppiai in un fragorosa risata, e consegnai il
panino a Matthew, che dopo avermi abbracciato ridendo azzannò il panino. Aveva
da tempo capito che era per lui: nonostante io avessi già da tempo all’epoca
rinunciato a essere vegetariana, salsicce e affini non riuscivo ancora a
sopportarle.
Camminammo
per un po’ “sotto i tigli” , ma a un certo punto vedemmo sopra di noi una torre
immensa: la torre dell’antenna TV! Con le sue luci sovrastava tutta Berlino, e
sembrava avere una vista spettacolare: visto che mancava ancora un po’ all’ora
di cena decidemmo di salirci a ammirare la città dall’alto. Dopo qualche minuto
ci ritrovammo lassù, a godere della vista strepitosa su tutta la città che si
srotolava ai nostri piedi, e rimanemmo lì per più di un’ora senza accorgercene,
a scattare fotografie e a osservare meravigliati le bellezze di Berlino
dall’alto, mentre la luce del giorno pieno piano sbiadiva e le luci della città
si accendevano.
-
Guarda! Quello lì di fianco al fiume, deve essere il duomo!
- E
quell’edificio orribile? Davvero orrendo. Secondo te cos’è?-
-
Mmm, qui sulla cartina dice che dovrebbe essere il Rotes Rathaus. ****-
- Ah,
ecco! Ora si spiega tutto… è la casa dei ratti!- esclamò scoppiando a ridere.
-
Hahah! Ma che scemo che sei. Quant’è che non fai tedesco tu? - Gli risposi,
facendo la finta seria.
- Ahahahahah! Vieni qui bella topolina!- disse,
abbracciandomi. Rimanemmo così ancora per un po’, a spiare la città dall’alto
mentre potevo sentire il suo cuore battere attraverso la stoffa leggera della
sua inseparabile camicia a quadretti.
Quando
scendemmo erano le nove meno un quarto: ora di mettere qualcosa sotto i denti!
Camminammo
per un po’ senza una meta, poi mi giunse un’improvvisa ispirazione: mi venne in
mente il sorriso caldo del ragazzo dei Würstel e il suo accento…
- Ei
Matt! Potremmo mangiare spagnolo stasera, ti va?-
-
Ottima idea! -
-
Dobbiamo ricordare l’uomo salsiccia bollente di oggi, per avermelo fatto venire
in mente! - gli risposi ridacchiando.
Così
tra una battuta e l’altra ci trovammo davanti a un bel ristorantino, che come
diceva l’insegna di legno sulla porta era: “Atame, cucina spagnola” , e ancora
ridendo ci infilammo insieme nel locale.
A
giudicare dalla quantità di gente già riunita all’interno era un posto alla
moda, e le piastrellino colorate alle pareti davano un tocco allegro e
familiare all’atmosfera. Ci accolse un cameriere dal volto solare che
profondendo sorrisi a destra e a manca ci fece accomodare a un tavolino
nell’angolo, vicino alle vetrate.
-Ah, Svizzera, eh señeorita? Yo ha amigos lì. - mi disse il
cameriere, mentre prendeva le ordinazioni.
-Tu
mi è sympa. Yo prepara por tigo boquerones fritos.- concluse, dopo un po’ di
chiacchiere in una lingua inventata tra spagnolo, tedesco e italiano. Io mi
fidai e accettai quello che mi consigliava Juan, il buffo cameriere con i
baffetti che si occupava di noi, anche se non avevo idea di cosa fosse; Matt si
decise invece per una zuppa di pesce con fagioli che aveva sbirciato dai
vicini.
Mentre
aspettavamo di mangiare attaccammo un po’ bottone con loro, una coppia svedese
che come noi era lì in gita per un paio di giorni. Chiacchierando un po’
insieme li trovammo simpatici, e così dovettero aver fatto anche loro, perché
quando finimmo di mangiare ci invitarono a passare con loro la serata, e visto
il programma non potemmo proprio rifiutare: tappa in una birreria di culto nel
centro di Berlino e poi grande concerto all’aperto!
Non
avendo nessun impegno per la serata accettammo volentieri e poco dopo ce ne
andammo insieme dall’Atame, alla volta della notte berlinese.
Eravamo
un bel gruppetto, noi 4.
Steven,
lo svedese (che in realtà aveva un nome lungo e impronunciabile che nessuno
ricordava mai) aveva una mole da body guard, lunghi capelli neri in contrasto
con la fisionomia nordica e occhi verde mare; in testa portava uno splendido
cappello a cilindro. La sua compagna Anthönia invece esibiva degli splendidi
capelli pieni di treccine, a stento contenuti da una fascia coloratissima
simile alla mia; il sorriso simpatico le illuminava il viso. Erano davvero una
bella coppia: mai quanto me e Matthew chiaramente, ma era piacevole girare con
loro. Quanto a noi, avevamo scelto entrambi una camicia a quadretti e facevamo
pendant.
Ridendo
allegri per la strada arrivammo al “cinema café” una buia birreria che, come
giustamente dice il nome, era arredata a tema cinema. Quando aprimmo la porta
una nuvola di fumo ci investì, ed entrammo nel buio ambiente del bar. Era
davvero bellissimo, anche stracolmo di gente com’era: le vecchie foto in bianco
e nero delle passate stelle del cinema sembravano osservarti benevolenti dai
tavoli, dalle pareti, dal bancone, persino dal soffitto.
Marylin
Monroe ammiccava da dietro il robusto barista, che ci servì immediatamente 4
birre scure, mentre Audrey Hepburn sbirciava attraverso i suoi occhialetti da
un immenso poster sulla parete. Gli avventori del pub erano per lo più giovani,
come noi, ma negli angoli c’erano alcuni personaggi che sembravano usciti dai
poster alle pareti, con la loro aria malinconica alla James Dean. Quel locale
mi piacque proprio, ma dopo una mezz’oretta passata a mettere in pratica le
nostre conoscenze di inglese ci dovemmo comunque avviare verso Gendarmenmarkt,
dove il Classic Open Air stava per avere inizio. Mentre camminavamo verso la
Konzerthaus, di fronte alla quale si sarebbe svolto il concerto, estrassi dalla
borsa la mia miniguida e cercai l’evento verso cui eravamo diretti.
“Non
avete il biglietto?” lessi ad alta voce quando lo trovai, “nessun problema!
Basta prendersi una birra e sistemarsi a portata d’orecchio appena fuori dal
recinto!” -Fantastisch!-
esclamò Anthönia, che un po’ di italiano lo capiva, traducendo poi per Steven.
Così,
dieci minuti dopo eravamo accomodati sull’erba, e il concerto iniziava.
*Ei! Attenzione con questa
calda… Kosen!
**
Scusa, señeorita!
***
Allora, facciamo così. Tu mi dai una salsiccia al Ketchup e io vado via senza
ucciderti.
****
Municipio rosso: così si chiama quello di Berlino.
Come
al solito mi devo scusare per l’attesa, stavolta tra la scuola e il resto ne è
passato dal mio ultimo aggiornamento! In parte spero però di scusarmi dicendovi che per questo capitolo ho dovuto documentarmi massicciamente, non essendo mai stata a Berlino.
Grazie
di cuore comunque a tutti quelli che leggono la mia storia, con uno speciale
ringraziamento a un’amica che mi ha incoraggiato nel riprendere in mano la
penna. J alla prossima!
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Capitolo 5 *** un concerto folk: Berlin, DE ***
5-un concerto folk
5- Un
concerto folk : Berlin,
DE
-
Damen und Herren!*- proclamava
un piccolo presentatore pelato al centro del palco, - Heute Abend haben
wir,
hier in Berlin, einen wunderbaren Beispiel des… **-
dopodiché partiva com’era prevedibile con
un lungo discorso sui nobili fini della manifestazione,
sull’internazionalità,
lo scambio di culture e tante cose belle a cui non prestammo
particolare
attenzione.
Cinque
minuti e molte nostre risate più tardi l’ometto,
vedendo che più nessuno lo
ascoltava si decise a lanciare il primo gruppo:
-
Die kommen mit ihren Folkmusic aus der Schweiz… sie
sind die… BIFOLKI!***-
A
quelle parole sia io che Matt ci alzammo in piedi, sbalorditi.
“può essere
veramente!?” mi chiesi, con la bocca spalancata dallo stupore.
Quando
li vedemmo salire sul palco ogni possibile dubbio evaporò, e
il mio amico Ramon
prese il microfono. -
Guten Abend,
Berlin! – urlò, e sistematosi i capelli unticci
sulla fronte fece segno a Big
Head di cominciare a suonare.
“Eccoli
là, i miei amici musicisti. Ne hanno fatta di
strada!” mi dissi, ripensando
agli esordi dei cosiddetti Bifolki… qualche minuto dopo
tuttavia cessai ogni
tentativo di pensare, travolta dalla folla che misteriosamente era
riuscita a
levare di torno le barriere e che saltellava a destra e a sinistra,
invadendo
il prato in preda al ritmo (e all’alcool).
Alcune
ore più tardi, finito il concerto, andai con Matt e i due
svedesi a salutare i
Bifolki, e la scena che ci si presentò mi fece sorridere:
Ramon stava sdraiato
nel prato accanto al suo famoso drink (di cui nessuno conosceva il vero
tasso
alcolico); in piedi poco distante c’era Nicho Big Brain che
metteva via il suo
basso, riponendolo con cura nella custodia, mentre di fianco a lui
Damian Big
Head si guardava attorno. James Big Nose che seduto a gambe incrociate
tamburellava a occhi chiusi contro due lattine vuote.
- Hi
guys!- esclamai avvicinandomi.
-
Jam! – saltò su Ramon, che aveva il cervello un
po’ fuso dall’adrenalina del
concerto (e noooon dal mix magico, come sostenne lui a più
riprese!). Cominciò
a saltellare qua e là piroettando su sé stesso e
sollevandomi, e si calmò solo
quando vide la faccia del mio ragazzo…
-Fantastico
concerto ragazzi! Credo che al Classic Open Air non abbiano mai visto
niente di
simile! Ma cosa gli è saltato in mente a quelli di chiamare
voi? E soprattutto,
perché non mi avete detto niente!? Sono capitata qui per
puro caso!- esclamai,
andando ad abbracciare anche gli altri.
-
Beh, che ne sapevamo che eri anche tu qua?- rispose Damian con il suo
tipico tatto
da rinoceronte.
- In
ogni caso – aggiunse James fermando per un momento le dita
frenetiche che non
avevano smesso un secondo di picchiettare sulle lattine –non
volevamo informare
nessuno, prevedevamo una catastrofe! Se avessimo saputo che avremmo
avuto
questo successo…- fece un sorrisone a 42 denti, poi
tornò alla sua
sperimentazione di nuovi ritmi.
Matthew
si girò verso Big Brain, che in quel momento era il
più tranquillo, dovendo
scartare Big Head che si strozzava con una caramella, e chiese: - dove
dormite
stanotte? -
-Mah,- fece Nicho,
-veramente pensavamo di riposarci un po’ nel furgoncino e poi
ripartire, ma in
queste condizioni…- e indicò con un cenno della
testa i tre alle sue spalle,
che in quel momento stavano improvvisando un coretto di
“Anima mia”****
-Venite a dormire con noi in
tenda, dai!- esclamai io a quel punto; caricati tutti, compresi Steven
e
Anthönia, sul furgone ci avviammo verso
“l’accampamento” cantando a gran voce
“anima mia” attraverso i finestrini aperti: ancora
oggi a Berlino si ricordano
di noi come “quel gruppo di pazzi bifolchi canori”.
*Signore
e signori! **Stasera abbiamo, qui a Berlino, un magnifico esempio
di…
***Vengono con la loro musica folk dalla Svizzera, loro sono
i… BIFOLKI!
****una canzone di musica leggera italiana, dei cugini di campagna
Ovviamente
anche stavolta mi scuso per il ritardo con cui pubblico, ma stavolta la
causa
sono le vacanze estive, quindi... non ci potevo fare
granché! Questo capitolo è
un po’ più corto del solito ma sappiate che
durante le ferie non sono rimasta
inattiva: ho una serie di altri capitoli che aspettano solo di essere
trascritti! Mi auguro di risentirvi presto, e di riuscire a pubblicare
entro
agosto altri 2 capitoli, ma non vi prometto niente…
però vi auguro buona fine
vacanze di tutto cuore, e se vorrete commentare, eventualmente anche
correggendomi gli errorucci che mi saranno sfuggiti…
GRAZIE!
A presto (spero),
Rox.
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