Voce
Gli
anni passarono…
Il
profumo dei fiori aleggiava nell’aria, dolce e gradevole. Sedevo sul prato, con in grembo un coltellino e un bastoncino dove stavo
delineando una civetta, quasi senza pensarci. Ormai la scultura era così
presente nelle mie dita che scalpellavo qualunque cosa
avessi fra le mani, traendo dal legno e dalla pietra le figure che immaginavo e
vedevo.
Avevo
camminato a lungo, giungendo in quella radura stupenda, il luogo che amavo di
più in Aman. Andavo là per pensare e restare da sola, là erano nate le idee per
tutte le mie sculture più belle. Senza quasi accorgermene iniziai a cantare
un’antica melodia che mio padre intonava quando
aspettava che la fornace fosse abbastanza calda per sciogliere il metallo. Le
parole si intrecciavano e volteggiavano per aria,
narrando di braci e carboni incandescenti. Ma presto
un’altra voce si aggiunse alla mia, una voce ben più adatta a cantare di fuoco,
perché era essa stessa una fiamma ardente.
“Splendido
canto, non è vero, figlia di Mahtan?”
“Fëanor!”
esclamai, sorpresa. “Mio signore, come siete voi giunto fin qui?”
“Nella
stessa maniera in cui ci siete giunta voi” rispose “girovagando in cerca di ispirazione”. La sua voce era calda e affascinante,
perfino in quelle poche parole. “O forse, in cerca di
qualcuno che cerca l’ispirazione”. Io non risposi, temendo il significato della
frase di Fëanor. Il giovane si sedette con grazia accanto a me e osservò la
piccola figura di legno che stavo intagliando. “Si dice che le vostre statue
siano tanto realistiche che, prima di scoprire la loro essenza di pietra o
legno, si debba loro rivolgere la parola per non averne risposta alcuna.”
“E’
un bel complimento quello che mi fate, mio signore
Fëanor”. Mio malgrado, ero lusingata dalla stima che quel grande
principe dei Noldor sembrava portarmi. “Cerco sempre di infondere nelle mie
sculture la vita che anima i soggetti che scelgo, per preservare imperitura la
bellezza dell’attimo che ho colto”. Nemmeno mentre parlavo alzai gli occhi cul
viso di Fëanor, per tema del suo sguardo terribile.
“Siete
una vera artista, Nerdanel figlia di Mahatan, lo si
capisce dalle vostre parole come dalle vostre statue. Ma perché” la sua voce si
fece improvvisamente imperiosa e rovente “non guardate in viso colui che vi parla? Non è un buon segno
fra gli Eldar, si potrebbe pensare che state nascondendo qualcosa.
Guardatemi!” come resistere a quella voce? Anelavo a sentirlo parlare ancora,
eppure odiavo il modo in cui mi manipolava. Quasi contro la mia volonta, spinta a forza dalle sue parole, sollevai gli occhi su di
lui. Ed eccoli, bruciare nel suo viso perfetto, crudeli e
splendidi occhi di luce nera. Ma chi era questo
principe? Non sembrava un normale Noldo. Troppo bello, troppo
potente, troppo terribile per essere solo un Eldar, pur se di stirpe regale.
Sembrava il Maia Ossë quando scatenava le tempeste che
ruggivano lontane dalle sponde di Valinor, troppo feroci per il nostro reame
beato. Anche lui, Fëanor, mi pareva troppo violento e
orgoglioso per Aman: d’un tratto compresi appieno quello che mi aveva detto mio
padre su di lui e sul destino.
Fëanor
mi si fece più vicino. “Cosa avete, Nerdanel? Vi ha
forse turbato qualcosa nel mio viso?” sapevo che
mentre lo chiedeva conosceva perfettamente la risposta, potevo sentire il
sarcasmo appena dietro quelle parole all’apparenza gentili.
“Cosa volete da me, Fëanor Curufinwë?” gridai, scostandomi da
lui. “Perchè siete venuto qui, perché vi prendete
gioco di me con la vostra voce crudele e i vostri occhi terrificanti?”
“I miei occhi terrificanti?” ripetè con un sorriso di cortese
scherno sulle labbra. “Raramente sono stati chiamati così” disse “spesso belli e
affascinanti, anche pericolosi, ma terrificanti…non ho
mica gli occhi di una fiera”.
“Avete
occhi di fuoco e voce di fiamma” ribattei, riacquistato un po’ di controllo. “E non avete risposto alle mie domande”.
“Accuse,
vorrete dire”.
“Chiamatele
come vi pare”.
“Vedi,
Nerdanel figlia di Mahtan, tu mi interessi. Le tue
statue hanno un qualcosa di speciale che mi ricorda la luce che vorrei
imprigionare nelle mie gemme. Come fai, Nerdanel? Vorrei sapere questo da te”.
L’abbandono del ‘voi’ coincise con un rinnovato ardore
nella sua voce incredibile.
“Mi
sforzo di compredere ciò che desidero rappresentare. Mio padre mi ha insegnato
che con la comprensione, non con il dominio, si rende propria l’essenza delle
cose, e così si può raffigurare quest’essenza nelle opere che si realizza. Non
si tratta di catturare, bensì di riprodurre”.
Fëanor rimase in silenzio a lungo, con gli occhi
fissi a terra, liberandomi per poco dalla malia che mi
aveva gettato addosso.
“Grazie, Nerdanel” disse infine, alzandosi con un
movimento forte e fluido. “Le tue parole sono state illuminanti, anche se non
credo che il mio spirito si adatterà ai tuoi consigli. Addio”.
“Addio, Fëanor Curufinwë” risposi, sollevata. Il
Noldo si allontanò verso il sentiero, ma giunto alla
prima curva si voltò e gridò, prima di sparire:
“I tuoi capelli rossi come il fuoco sono caldi, lo sai, Nerdanel Elvëainde?”
Cosa aveva inteso dire Fëanor
con la sua ultima frase? Era per me incomprensibile. Mi allontanai dalla radura
solo molto più tardi, per paura di incontrarlo di nuovo. Era straordinario come
mi avesse fatto impressione, sebbene l’avessi visto
solo due volte. Mi sentivo ancora bruciare i suoi occhi addosso e la sua voce nelle orecchie. E avevo notato, mio malgrado, come
mi guardava, con un misto di ironia e desiderio. Ma perché proprio io? L’unica qualità speciale che avevo era
il mio talento di scultrice e un’indole tranquilla che però lui aveva
sconvolto. Elvëainde…mi aveva chiamato ‘chioma stellata’. Rividi il suo viso
bellissimo, l’espressione ironica con cui aveva commentato le mie grida.
“Vattene” mormorai mentre
varcavo la soglia di casa. “Vattene da me, Spirito di Fuoco”. Un mormorio lontano ma deciso, un caldo vento che mi sfiorava.
“Credi di potermi mandare via?”
“Cos’ha tua sorella, Telemmaitë? Perché
è così persa e distratta? In questi giorni non mi sembrava neanche la mia
saggia Nerdanel! Ne sai qualcosa?”
“Poco, padre. Ma forse…?”
“Cosa, Telemmaitë? Parla”
“Qualche giorno fa ha accennato al fatto che ha
incontrato Fëanor figlio di Finwë come per caso. Lì per lì non ci ho fatto
molto caso, non è raro ormai trovarlo all’opicificio di zio Teilianaur, ma
adesso che ci ripenso, era pallida e alterata quando
me lo ha raccontato”.
“Ricordo quando si sono visti la prima volta, non
molti anni fa. In effetti, Nerdanel mi sembrò impressionata anche quella volta.
Possibile…?”
“Cosa, padre? Cos’è
possibile?”
“Niente, Telemmaitë. Torna pure ai tuoi giochi”. Ma
Mahtan aggiunse a fra sé e sé: “Possibile che sia
Nerdanel, la sposa destinata dai Valar a Fëanor? Altrimenti, non si spiega come
lei, in genere così tranquilla, ne subisca così tanto
l’influsso, anche se Fëanor è di gran lunga il più strano e affascinante di
tutti gli Eldar ad Aman…”
…………………………………………………………………………………………
Ciao!
Mi dispiace
di avervi fatto aspettare a lungo, mellyn nin, ma ho avuto e sto avendo
settimane faticosissime a scuola, con cinque interrogazioni eo compiti al giorno, e non ho avuto tempo neanche per dormire
(letteralmente) figuramoci per scrivere.
Godetevi
questo capitolo conversativo, perché il prossimo sarà molto più noioso e
riflessivo.
Domanda: a
voi questo soggetto (Feanor) piacerebbe o no se foste Nerdanel? Insomma, sono
indecisa se dovrebbe odiarlo o amarlo. (Tanto si sa
già come va a finire, però…)
Grazie a
coloro che mi recensiscono e a tutti coloro che si
interessano in qualche modo alla mia storia.
Un bacio,
a presto
Elothiriel