I'm not your Dinner, Stupid Boaster!

di Falling_Thalia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Lavoro Scomodo ***
Capitolo 2: *** Prima Notte: L’incontro con il “Signorino” ***
Capitolo 3: *** Identità Rivelata ***
Capitolo 4: *** Was it Only a Dream?! ***
Capitolo 5: *** Contesa. ***
Capitolo 6: *** Missing Moment: Alec e Clementine. ***
Capitolo 7: *** Un disastro di Week-End ***
Capitolo 8: *** Lovely, Little Brat. ***



Capitolo 1
*** Un Lavoro Scomodo ***


Saaaaaaaalve ^^ Questo qui è il terzo progetto aperto che ho ma sapete com'è...quando l'ispirazione chiama....mi è venuta questa idea e non potevo lasciarla solo un'idea...per cui ecco la mia nuova storia!! Buona Lettura =)

 
Josephine Lacroix, instancabile lavoratrice e pigra casalinga. I suoi colleghi la definiscono “Stacanovista” ma non sanno che a casa sua, un elegante appartamento nel centro di Parigi, regna sovrano il caos. 
Ma Josy non ha tempo di fare le pulizie o di sistemare negli armadi i vestiti puliti: l’unica cosa che fa è leggere e correggere i manoscritti che si accumulano sull’unica superficie pulita della casa, la sua scrivania.
Per lei quella era la vita perfetta: niente impegni, solo lei e i manoscritti.
Non aveva un uomo ma saziava i suoi bisogni saltuariamente con emeriti sconosciuti. In pratica avventure di una sera. Niente di più.
Questo la rendeva libera e indipendente.
Tutto le sembrava perfetto e impeccabile.
Seguire i giovani esordienti le piaceva, si sentiva a suo agio, infondo non era mica una vecchia! Aveva solo venticinque anni!
Ma, come spesso accade, la vita perfetta non dura a lungo.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Quella che era cominciata come una semplice e normale mattina negli uffici della H.P.L si stava lentamente trasformando in una giornata che Josy avrebbe ricordato come il giorno in cui si era auto-gettata negli inferi….filosoficamente parlando, ovviamente.
Erano le 9.30, era appena entrata nel suo piccolo ufficio e già il telefono aveva squillato. Aveva lasciato rispondere la segreteria, in fondo si stava ancora godendo il suo Frappuccino mattiniero!
<< Josy, sono Matthew. Ho un nuovo incarico per te. Appena senti il messaggio vieni nel mio ufficio. Ti aspetto. >>
Josephine posò il Frappuccino sulla scrivania e uscì dal piccolo locale.
Era ancora di buon umore quando si sedette davanti a Matthew…
- Eccomi, di cosa devi parlarmi –
- Ho un nuovo incarico per te. –
Sorrise pensando si trattasse di un nuovo manoscritto da aggiungere alla lista.
- Bene, non vedo l’ora di aggiungerlo alla lista. –
L’uomo scosse la testa e la fissò seriamente.
- No, questo avrà la priorità su tutto. I manoscritti che stai correggendo li darò a qualcun altro. Tu devi seguire solamente questo. –
Era rimasta un po’ perplessa…perché avrebbe dovuto lasciare tutti gli altri progetti?
- Ma…io voglio finirli! –
- Josy, quella che ti si è presentata davanti è un’occasione che non puoi permetterti di perdere. –
Sospirò rassegnata.
- Di cosa si tratta? –
Matthew tirò fuori da un cassetto della scrivania un fascicolo e lo porse alla donna.
- Lui è Alec Sougrént. È il figlio del presidente della Sougrént Corp. È uno scrittore brillante. Suo padre ci ha offerto una somma piuttosto alta perché gli venisse affiancato il miglior redattore. E tu sei la migliore che ho. –
Josy aprì il fascicolo e lo esaminò velocemente.
Alec Sougrént, ventotto anni, primogenito. Single,laureato presso L’Accademia delle Belle Arti di Londra. Ha difficoltà a esporsi alla luce del sole.
Lesse le informazioni e si soffermò sulla foto pinzata in alto.
Vi era raffigurato un uomo dai capelli corvini e gli occhi cobalto. Sul volto un’espressione di pura superiorità.
Non poteva negare che non fosse affascinante ma le sembrava…
- Un Egocentrico Cazzone. –
Sentenziò secca.
- Come? –
- Ho detto che mi sembra un egocentrico cazzone. –
Sospirò di nuovo e lanciò il fascicolo sul tavolo.
- Mi dispiace Matthew ma non posso lavorare con tipo così. Non ne sarei capace. –
Matthew si tolse gli occhiali e si lasciò andare sullo schienale della poltrona.
- Josy…te lo chiedo per il bene della Compagnia. Abbiamo tanta gente da pagare e quei soldi……ma se non vuoi non posso forzarti….chiederò a Jean. –
Josephine si alzò dalla sedia. Dopo l’ennesimo sospiro disse:
- Dimmi dove e quando. –
L’uomo scribacchiò velocemente su un foglietto e glielo porse.
- Grazie mille Josy…non saprei come fare senza di te. –
- lo faccio solo perché questo luogo è la mia seconda casa. Sarebbe un peccato doversene andare. –
Così dicendo uscì dall’ufficio del suo capo e si diresse verso il suo.
Ancora non sapeva con esattezza a cosa stava andando in contro.
 
A prestissimo con il prossimo capitolo!!!
E lo prometto sarà meglio del primo visto che Alec farà la sua trionfante entrata ^^
Continuate a seguirmi per sapere come si svilupperà la storia!! =)

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Capitolo 2
*** Prima Notte: L’incontro con il “Signorino” ***


Erano le 19.35, il sole stava calando all’orizzonte e Josephine si trovava puntuale davanti al cancello d’ingresso della villa di Sougrént. Abbassò il finestrino e digitò sul tastierino il codice numerico che Matthew le aveva fornito. Un cigolio sordo e il cancello si aprì. Rimise in moto la sua Peugeot 107 e attraversò il lungo viale che portava all’abitazione.
 La prima cosa che attirò la sua attenzione fu la fitta vegetazione che faceva filtrare pochissima luce.Sulla porta d’ingresso un uomo aspettava pazientemente. Quando Josy gli si avvicinò lui sussultò.
- Oh mi dispiace. Non volevo spaventarla! –
Si scusò prontamente.
- Non si preoccupi Signorina Lacroix. Ero assorto nei miei pensieri. –
Josy lo guardò incuriosita…
- Mi stavate aspettando? –
L’uomo sconosciuto sorrise.
- Certamente. Ah, ma mi permetta di presentarmi! Sono Claude l’autista del Signorino Alec. –
Josephine sorrise tra se e se. 
“Signorino Alec”. Me l’aspettavo.
- Piacere di conoscerla Claude. Io sono Josephine Lacroix…anche se questo già lo sa… -
In quello stesso istante il grande portone di mogano si aprì e ne uscirono due donne: una doveva essere la cameriera visti gli abiti che indossava, l’altra sembrava essere una donna dell’alta società Parigina, tutta ingioiellata. Nel secondo in cui Josy rimase a fissarla non si lasciò sfuggire le sue condizioni fisiche. Era pallida e si reggeva a malapena in piedi.
Qualunque cosa fosse successa non era affare suo. Inarcò un sopracciglio e fece finta di niente.
Claude sollevò prontamente la donna e la fece accomodare nell’elegante Mercedes nera parcheggiata a fianco della sua piccola Peugeot verde.
- Mi dispiace non potermi trattenere oltre Signorina Lacroix. Chloe le mostrerà la sua stanza e il resto della casa mentre il Signorino si prepara a riceverla. –
Così si congedò salendo in macchina e sparendo per il vialetto “ombroso”.
Chloe la giudò all’interno della casa.
- Prego Signorina Lacroix, la sua stanza è da questa parte. –
Josy si irrigidì sulle scale.
- …Veramente io non mi sono presa la briga di preparare un bagaglio…pensavo di tornare a casa per la not-… -
La donna sorrise.
- Potrà discuterne con il Signorino più tardi. Per ora si accomodi nel salone, sarà da lei da un momento all’altro Signorina Lacroix. –
- Josephine. Chiamami solo così. –
- Certamente. –
Sorrise e l’accompagnò nell’enorme salone.
Josy notò subito che le finestre erano coperte da pesanti tende scarlatte e la luce serale penetrava a fatica.
Un divano ad angolo era posizionato al centro della stanza insieme a due poltrone. In un angolo spiccava un pianoforte a coda e nell’altro un camino. Le pareti erano spoglie fatta eccezione per un enorme ritratto “del Signorino” che troneggiava imperterrito sulla stanza.
Josephine ringraziò Chloe e si mise a sedere sul divano.
- Bhe, almeno è comodo. –
Disse pensando ad alta voce.
- É quello che dicono tutte. –
Una voce proveniente dal fondo della stanza le rispose.
Josy si alzò e osservò la figura emergere dal’oscurità.
Era alto. I suoi capelli corvini si confondevano con le pareti, l’unica cosa che risaltava erano i suoi occhi cobalto.
Il suo abbigliamento era semplice ed elegante: camicia bianca e jeans scuri.
Dopo un secondo d’esitazione Josephine si presentò.
- Non ne dubito. Comunque io sono Josephine Lacroix. Sei stato avvisato del mio arrivo no? –
Gli occhi di Alec scintillarono divertiti.
- Certo ma… -
Con aria pensierosa le si avvicinò e le si mise di fronte.
Era davvero alto! Doveva alzare la testa per guardarlo in faccia!
- Ma cosa? –
- Sinceramente mi aspettavo di meglio. –
Josephine incassò il colpo. Sapeva bene di non essere una bellezza ma sentirselo dire così direttamente era davvero brutto!
Sentirselo dire da un Cazzone Egocentrico lo era ancora di più.
- Bhe mi dispiace per te. Questo c’era e questo ti hanno mandato. –
Fece su e giù con la mano per il suo corpo per sottolineare la sua affermazione.
Ma Alec parve ignorarla.
- Sei sicura di essere maggiorenne? Sembri una studentessa delle medie! –
Ora si stava arrabbiando. Essere schernita da uno sconosciuto non era divertente! Ancora meno se era sulla sua altezza che scherzava!
Josy non era mai stata alta, con i tacchi arrivava giusto a un metro e sessantaquattro.
Lo guardò accigliata.
- Scusami se sono bassa… -
Se doveva lavorare insieme a quel tipo doveva almeno cercare di andarci d’accordo.
- Ok “Piccola J” ti perdono. –
…Ok Josy, stai calma…
- Senti…non sono qui per perdere tempo. Ho bisogno delle informazioni di base del tuo lavoro. E dobbiamo discutere della questione della stanza… -
Alec si mise a sedere sul divano e lei lo imitò posizionandosi sulla poltrona.
- Non ti è stata mostrata la tua stanza? –
- Sì però preferirei tornare a casa per la notte. –
- Non se ne parla. Non te ne puoi andare nel bel mezzo dell’orario lavorativo. –
Josephine sgranò gli occhi.
Se non aveva sentito male Alec aveva appena detto che doveva lavorare di notte.
- …Quale sarebbe l’orario? Illuminami…. –
- Dalle 12.30 alle 23.30 –
Lo disse seriamente. Come se fosse una cosa scontata.
- Stai scherzando, vero?! È una cosa assurda! –
- Non riesco a lavorare prima di mezzogiorno. La luce mi disturba parecchio. –
- ….Che diavolo sei? Un Vampiro? –
Uno scintillio attraversò gli occhi cobalto dell’uomo ma Josy non se ne accorse, troppo impegnata a maledire se stessa per aver accettato quell’incarico.
- …Probabile. –
Fu solo un sussurro ma lei lo colse al volo. Sospirò e fece finta di nulla, di nuovo.
- Ok, tanto ormai ho già accettato questo lavoro. E per quanto riguarda la stanza? –
- Non vedo altra scelta. Rimarrai qui. –
Sospirò amaramente.
Quindi le cose stavano così: doveva stargli dietro tutto il giorno.
- Sta sera me ne torno a casa. Non ho preso niente con me. Domani sarò qui per mezzogiorno e mezzo. Sarò puntuale. –
Si alzò dalla poltrona intenta a recuperare il cappotto e la borsa prima di andarsene. Alec la bloccò per un braccio prima che potesse passare oltre e la strattonò facendola cadere esattamente sopra di lui.
Stava quasi morendo dall’imbarazzo quando lui spezzò il silenzio con una fragorosa risata.
- Piccola J vista così mi verrebbe voglia di mangiarti! –
Alec rise di nuovo leccandosi le labbra per enfatizzare la sua affermazione.
Ma Josy non era lì per giocare, e nemmeno per flirtare: era lì per lavorare e basta.
Facendo forza con le gambe rimaste penzoloni oltre il bracciolo del divano si rialzò in piedi sistemandosi la gonna e la camicetta.
- Senti Alec. Io non sono qui per giocare con te. Sei e quando vuoi lavorare seriamente sai dove trovarmi. –
Prese le sue cose che erano cadute e fece per uscire dalla casa.
- No, veramente no. –
Josy si fermò davanti alla porta.
- No, cosa? –
- No, non so dove trovarti. –
- …Chiama in ufficio e fatti dare il mio numero personale. –
Alec la guardò curioso.
- Non puoi darmelo tu? –
Josephine sorrise, compiaciuta.
- Non ci penso nemmeno. –
Aprì la porta e uscì.
Quando salì in macchina si accorse che qualcosa non andava. Non voleva partire.
Ci provò più volte ma niente, era inutile.
Josy cominciò a sbattere la testa contro il volante facendo suonare ripetutamente il clacson.
Dopo due minuti di testate a suon di clacson la porta principale si aprì.
Alec si avvicinò alla macchina e picchiò due colpi al finestrino. Josy se ne accorse e lo abbassò.
- Che diavolo stai combinando? –
- Non parte. Non vuole partire. –
Lui sorrise, compiaciuto.
- Ho il presentimento che questa notte la passerai qui. –
- …Già…lo penso anche io…. –
Scese dalla macchina rassegnata dalla macchina e la chiuse mettendo le chiavi nella borsa.
Alec la fece entrare in casa e la portò nella sua stanza.
Per tutto il tempo aveva mantenuto la stessa espressione: quel ghigno sulle labbra non lo abbandonava mai.
La stanza da letto era notevole: quadri antichi su tutte le pareti scarlatte, il letto a baldacchino era enorme e maestoso, un bellissimo segreter in mogano era posizionato davanti al letto mentre sull’altro lato della stanza c’era una cassettiera enorme, avrebbe potuto metterci dentro tutti i cai del suo armadio!
In poche era davvero splendida.
- …È bellissima… -
- Sono contento che ti piaccia. È la camera delle amanti. –
Josy lo fulminò con lo sguardo. Non era divertente.
Guardò l’ora: aveva perso abbastanza tempo, erano già le dieci.
Non aveva appetito per cui cacciò Alec e si mise comoda. Era maggio e il caldo cominciava a farsi sentire.
Si tolse la gonna e la camicetta e li sistemò sulla cassettiera. Rimase in mutande e canottiera.
Prese la bora e ne tirò fuori un manoscritto: aveva insistito affinché Matthew le facesse terminare almeno il lavoro che aveva iniziato.
Si mise a leggere e le ore passarono. Prima una, poi due…
Era mezzanotte quando si decise ad andare a letto.
Mentre risistemava i fogli si tagliò il palmo della mano.
Corse in bagno e tamponò la ferita con l’asciugamano. Non c’erano cerotti quindi si sciacquò la mano e ci mise sopra una benda: l’unica cosa che era riuscita a raccattare.
Se la legò intorno alla mano e si infilò sotto le coperte leggere attenta a non sporcarle.
 
----------------------------------------------------------------------Alec Pov-----------------------------------------------
Era appena passata la mezzanotte quando Alec sentì l’odore del sangue.
A quell’odore sentì fremere ogni cellula del suo corpo.
Aveva Fame.
Durante “l’incontro” con Marie – Anne non si era saziato per nulla.
Si alzò dalla scrivania e seguì quella piacevole fragranza.
Si rese conto che proveniva dalla stanza di Josephine solo quando ci fu dentro.
L’aria era piacevolmente impregnata del dolce odore del sangue.
Solo annusando l’aria poteva capire che doveva essere davvero delizioso.
Si avvicinò a letto e notò la mano bendata ora mai impregnata di rosso.
Lentamente alzò la mano, tolse la benda e leccò la ferita.
Il corpo di Josy ebbe un fremito inconsapevole.
Ma Alec non si fermò, era affamato.
Cominciò a bere il sangue che sgorgava dalla ferita che si era riaperta a contatto con la sua saliva.
Il sangue di Josephine era squisito. Prelibato.
Ci sarebbe voluta molta forza di volontà per rinunciarvi.  

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Capitolo 3
*** Identità Rivelata ***


Ciaoooo!! =) Eccomi con il terzo capitolo!!! 
Mi scuso con tutti quelli che mi hanno seguita fino ad adesso per il ritardo ma sono in punizione e ho dovuto trascrivere tutto a computer mooolto lentamente e di nascosto =)
Ma ora...leggete e divertitevi!!

Josy si svegliò insolitamente debole. Riusciva a malapena a stare in piedi…
La mano le faceva malissimo e continuava a pulsare nel punto in cui si era tagliata.
- Dio che dolore!! –
Alzò la mano e se la portò davanti agli occhi per constatare lo stato della ferita ma…
- È sparita! Come è possibile?! –
Si guardò anche l’altra per essere sicura di non essersi confusa ma niente, non c’era nessun taglio o traccia di una cicatrice.
Che strano…eppure sono sicura di essermi tagliata…
Andò in bagno: l’asciugamano sporco di sangue era scomparso.
Tornò in camera e vide la garza per terra.
- …Ci sono un po’ di cose che non mi tornano… -
Si rivestì e si mise seduta sul letto. Recuperò la borsa e ne estrasse il cellulare, lo riaccese e guardò l’ora: le nove e mezza.
Aprì la rubrica e chiamò Matthew.
<< Buongiorno Josy. >>
<< ‘Giorno… >>
<< Che c’è? Perché quel tono di voce? >>
Josephine alzò gli occhi al cielo consapevole di non essere vista.
<< Egocentrico Cazzone. >>
<< Ancora con questa storia?! >>
<< È davvero un Egocentrico Cazzone! Casa sua sarà pure bella ma lui resta un Cazzone. >>
Matthew sospirò.
<< Fossi in te aspetterei di vederlo lavorare prima di continuare a definirlo in quel modo. >>
<< ….. >>
<< Che c’è ancora? >>
<< …Questo posto…è strano. >>
<< Quale posto? Non sei a casa tua? >>
Questa volta toccò a lei sospirare.
<< Vorrei tanto essere a casa mia…ma purtroppo sono ancora a casa di Sougrént. >>
<< ….Josy….>>
<< Che c’è?! >>
<< Non eri tu che dicevi che non ti saresti fatta coinvolgere in una relazione con uno scrittore sotto le tue cure?! >>
<< Cosa- Ah! Matthew non fraintendere! Non sono mica andata a letto con quel tizio!! >>
<< E allora che ci fai lì? Non è un po’ presto? >>
<< Allora…uno sono già le nove passate quindi non  presto, secondo sono qui solo perché la mia macchina ieri sera non partiva e il suo autista non c’era quindi non potevo tornare a casa mia…>>
<< Fiu~~ Non so cosa avrei fatto se la mia editor di punta avesse infranto uno dei suoi principi più ferrei! >>
<< ….Grazie per la fiducia…Comunque sia: questo tizio è davvero fuori! Insiste perché io rimanga a vivere qui finché il suo lavoro non sarà terminato. In più ha degli orari assurdi! >>
<< Josy… >>
<< Si? >>
<< Fa tutto quello che vuole. >>
<< COME?! >>
<< Ti prego Josy resisti fino alla fine. >>
<< Cosa? Ma- >>
<< Devo andare. Buon lavoro.>>
Matthew riattaccò e Josephine si ritrovò a fissare inebetita a fissare il display del cellulare.
- Io…devo fare tutto quello…tutto quello… -
Fece un sospiro rumoroso e si lasciò cadere sul letto.
Dopo qualche minuto il suo stomacò brontolò: reclamava un pasto degno di quel nome.
Uscì dalla stanza e scese al piano inferiore. Dovette girare un po’ prima di accorgersi che la cucina era collegata con la sala da pranzo…
La sala da pranzo era stranamente illuminata: le pesanti tende erano state aperte. Solo dopo aver analizzato tutte le pareti si accorse che nella stanza adiacente Chloe e Claude stavano facendo colazione. La cucina era moderna e luminosa: un bagliore di modernità in quella casa arredata in vecchio stile.
- Posso unirmi a voi? –
Entrambi si voltarono a guardarla e le sorrisero.
- Certo si accomodi Josephine. –
- Grazie mille Chloe. –
Sorrise a sua volta e si accomodò al tavolo.
- Ha dormito bene Signorina Lacroix? –
- Mi chiami Josephine, Claude. E sì, ho dormito bene grazie. –
- Sono contento? –
Sorrise di nuovo.
- Ha fame? –
Lo stomaco di Josy brontolò rumorosamente risultando molto chiaro. Chloe ridacchiò e le porse una tazza e un croissant.
- Grazie. –
Dopo aver fatto colazione si rimise a correggere la bozza.
Nonostante avesse fatto una buona colazione si sentiva ancora stanca e la testa le faceva parecchio male.
Lasciò la bozza sul divano e prese le chiavi dell’auto dalla borsa che aveva lasciato lì prima di entrare in cucina.
Si incamminò verso l’uscita e una volta fuori salì in macchina e provò a metterla in moto. Questa si accese miracolosamente. Josy non perse un secondo. Tornò dentro velocemente, prese la borsa e uscì di nuovo. Nel giro di cinque minuti era fuori da quella casa.
Appena lasciò il vialetto buio la luce la colpì in pieno: una giornata dentro quella casa le era bastata per disabituarla alla luce del sole.
Contenta di avere un po’ di libertà si fece un giro nel centro di Parigi e tornò a casa solo alle undici.
- Casa dolce casa! –
Era stata fuori solo una notte ma le era bastata per farle sentire la mancanza del suo disordinato appartamento.
La prima cosa che fece fu fiondarsi in bagno. Si fece una doccia fredda: aveva un assurdo bisogno di lavarsi i lunghi capelli castani.
Era quasi mezzogiorno quando uscì lavata e cambiata dal bagno.
- …Rischio di fare tardi se non mi muovo!! –
Corse nella sua stanza, tirò fuori il suo trolley da sotto il letto e lo riempì di abiti vari e biancheria. Lo chiuse in fretta aggiungendoci il beauty con gli oggetti per la toletta. Poi presa la borsa per il portatile e ci infilò il computer. Recuperò anche alcuni medicinali essenziali e se li mise in borsa.
Raccattò tutto e si fermò sulla porta: sarebbe tornata non appena avesse potuto.
Uscì e mise in moto la macchina.
Cercò di fare il più in fretta possibile ma il traffico parigino di mezzogiorno la fecero arrivare in ritardo. Erano le dodici e quarantacinque quando varcò il grande cancello della villa. Entrò in casa in fretta e furia sperando che Alec non si fosse accorto del suo ritardo ma lui era già lì ad aspettarla.
Josy lasciò tutte le sue cose vicino alla scala ed entrò nel salone.
Alec aveva in mano il manoscritto che aveva dimenticato e lo stava leggendo con aria schifata e superiore. Si accorse di lei ancora prima che potesse muovere un passo nella casa.
- Devo farti i miei complimenti. È solo il primo giorno e sei già in ritardo. –
Disse senza alzare gli occhi dai fogli.
- Sono solo andata a casa a prendere alcune cose e sono rimasta imbottigliata nel traffico. –
Come al solito ignorò le sue giustificazioni e proseguì con il suo monologo.
- E questo? Non ti avevo forse detto che dovevi seguire solo il mio di libro? –
Josephine alzò gli occhi al cielo.
- Ero già arrivata a metà e ci tenevo a finirlo. –
- Non se ne parla. –
Chiuse la bozza e lanciò contro il muro.
Non fu un gesto di stizza o di rabbia, sembrava semplicemente annoiato.
Josy contò fino a venti prima di fare o dire qualcosa.
Lentamente andò verso il piccolo mucchio di fogli e lo raccolse.
- Non dovresti trattare così qualcosa che non ti appartiene… -
Lo disse in modo vago, senza lasciare intendere se parlava di se stessa o del manoscritto.
Alec si alzò dalla poltrona dove si era appena accomodato e le si avvicinò. Josephine era spalle al muro e pur un momento temette per la sua incolumità. Ma lui si limitò a sbattere la mano aperta contro al muro proprio di fianco alla sua faccia.
La sua espressione era facilmente decifrabile ed esprimeva un concetto molto chiaro che si sforzò perfino di sussurrarle all’orecchio:
- Io ti ho comprata: per i prossimi mesi tu sei mia. –
Josy sgranò gli occhi e il respiro le si fece veloce e scostante.
Il che era dovuto sia alla scioccante rivelazione appena ricevuta sia al respiro di Alec sul collo che le provocò un brivido che contenne a fatica.
- E, tanto per la cronaca, quel ragazzino non ha la minima idea di come sia una vera scena di sesso! –
All’improvviso una vampata di calore la investì e sentì il sangue confluire verso le guance.
Oddio! Sto arrossendo peggio di un’adolescente! Che pena, cazzo!
Josephine scivolò via velocemente andandosi a rifugiare dall’altra parte della stanza, sullo sgabello del pianoforte.
- Siamo già in ritardo sulla tabella. È meglio cominciare. –
Alec riacquistò il suo ghigno e asserì.
- Il mio studio è da questa parte. –
Si incamminò verso un corridoio buio e Josy si precipitò dietro di lui per non perdersi.
Lo studio era una stanza enorme dipinta di blu notte con un lungo divano che occupava due pareti. Poco distante da questo c’era un maxi schermo da 50’’ con attaccata una console. Su una parete c’era una libreria ad alveare piena di libri. Sulla parete rimanente c’era una finestra coperta dalla solita tenda scarlatta affiancata da una scrivania con un portatile aperto.
- Tu lavori qui dentro? –
Era una bella stanza arredata in modo sobrio, ma fin troppo buia per lavorarci.
- Sì, perché? –
- Nulla, è solo che è insolitamente buia. –
- Ricordi? La luce mi da molto fastidio… -
- …Già…la luce. –
Si mise a sedere sul divano.
- Hai già una bozza pronta? –
- Certo. –
Prese una pila di fogli dalla scrivania e gliela porse. Josy la prese e cominciò a leggere la trama…
La storia si intitolava “Love like Cash” e parlava di un giovane uomo d’affari che comprava l’amore delle donne non essendo in grado di innamorarsene e di farle innamorare. Un giorno però va a letto con la donna sbagliata e da li hanno inizio i suoi problemi.
Sembrava interessante. Non era il genere che trattava di solito ma si sarebbe adeguata ben volentieri.
- La trama è ok. È abbastanza intrigante da incuriosire il lettore e indurlo a leggere il resto. Ora vediamo com’è il contenuto. –
Sfogliò rapidamente le pagine.
- Quanti capitoli hai già scritto? –
- Quattro, il quinto lo devo ancora finire. –
Josy annuì pensierosa.
- Ti spiace aspettare che legga questi prima di continuare? –
Alec asserì.
- Certo. Fai pure. –
Josephine inarcò un sopracciglio. Forse Matthew aveva ragione, forse era davvero bravo nel suo lavoro. Forse.
Alzò i fogli davanti agli occhi e cominciò a leggere. Quelle cento pagine le corsero nella mente e fra le mani molto più velocemente di quanto si sarebbe aspettata. Aveva solo qualche appunto da fare ad Alec, il resto era tutto perfetto.
Fece per rimettere in ordine i fogli quando si tagliò, di nuovo.
Josy sbuffò rumorosamente attirando l’attenzione di Alec che nel voltarsi si accorse immediatamente del rivolo sottile di sangue che le scorreva sul dito. Non resistette. L’odore era tropo invitante. Come attratto da una forza misteriosa si spostò rapidamente e con leggerezza verso di lei,le sollevò la mano e leccò la piccola ferita.
Josephine rimase pietrificata di fronte a una simile scena, ma lo stupore lasciò presto il posto a un’effimera eccitazione che le strappò un gemito non appena la lingua di Alec leccò il sangue dal dito.
Ci furono secondi di silenzio che parvero ore durante i quali la voce eccitata di Josy risuonava nel’aria.
Fu lei a interrompere quel silenzio fin tropo imbarazzante ritraendo velocemente la mano e alzandosi in piedi.
- Hai…Hai fatto u-un buon lavoro…dovresti solo rendere il protagonista un po’ meno effeminato...ecco tutto… -
Alec si rimise a sedere sulla sua poltrona e si girò verso il computer.
- Certo. Provvederò. –
Nel frattempo Josephine si era portata sulla soglia della stanza.
- Vado al bagno. –
- Ok. –
Uscì dalla stanza quasi correndo e percorse la distanza dallo studio al bagno con altrettanta velocità, facendo i gradini delle scale a due a due.
Arrivata al piano superiore si chiuse a chiave nel bagno e si sedette sul water. Il dito le pulsava dolorosamente e, quando lo osservò notò con stupore che la piccola ferita si era già rimarginata.
Rimase a rimuginare immersa nei suoi pensieri per un bel po’ fin quando qualcuno non bussò alla porta.
Josy si alzò e andò ad aprire. Era Chloe.
- Josephine, il Signorino Alec ha lasciato detto che ha ultimato il quinto capitolo e ha apportato le modifiche richieste. Ora sta “riposando” nello studio e ha chiesto di non essere disturbato. –
Josephine asserì distratta.
Per quanto tempo era rimasta la dentro?
Ringraziò Chloe e uscì dal bagno ritornando nel salone; avrebbe aspettato continuando con l’altro manoscritto. Si rese presto conto di averlo lasciato nello studio.
Se entro piano e non faccio rumore non si accorgerà nemmeno.
Così silenziosamente si diresse verso lo studio e quando aprì la porta quello che vide la lasciò senza parole.
Alec si stava “intrattenendo” con una donna. Quello che la scioccò non fu tanto l’atto sessuale in se già molto spinto ma bensì il vedere i canini di Alec affondare nel collo della donna e il sangue che cominciava a uscire mentre lui lo beveva.
In quell’attimo fuggente la mente di Josy mise insieme i pezzi: la casa buia, l’allergia alla luce, i solo due domestici, la donna stanca e pallida che usciva dalla casa la sera prima e…
Josephine cacciò un urlo che soffocò immediatamente. Chiuse la porta di scatto e per la seconda volta nel giro di poche ore si chiuse in bagno.
Erano troppo le coincidenze per credere che non fosse avvenuto ciò che pensava.
Quella stessa mattina si era svegliata stanca e pallida, come la donna che aveva visto il girono prima.
La cosa era più chiara che mai: Alec aveva bevuto il suo sangue. Per questo si era sentita come uno straccio per tutta la mattina e la ferita si era rimarginata così velocemente.
All’improvviso una parola corse a interrompere tutti i ragionamenti che stava facendo!
VAMPIRO!!! Alec è un Vampiro!

SPAZIO ALL'AUTRICE!
Allora??? Come vi è sembrato????
Devo confessare che mentre scrivevo la fine di questo capitolo mi sono messa a prendere in giro Josy!!
Continuavo a dire: Noooo, brava, finalmente l'hai capito che è un Vampiro!! XD
bhe logicamente voi al'avevate già capito, non vero?!
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e inserito la storia tra le seguite o le preferite.
Spero che continuerete a seguirmi!! ^^

Ah...ecco un piccolo regalino!!
AL PROSSIMO CAPITOLO!!
_Akana_

Per maggiori approfondimeti sulla storia passate nel mio nuovo Blog dedicato interamente alla storia e ai suoi personaggi!!! [http://thequeenoffantasy.myblog.it/]

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Capitolo 4
*** Was it Only a Dream?! ***


Ehi Gente!!!!
Sono Tornata =3 Scusate il ritardo ma tra l'influenza, le continue verifiche, le visite oculistiche e la mancanza di forze per scrivere ho ffatto un po' tardi XD
Coooomunque v.v
Ecco qui il Quarto capitolo [°-° Non pensavo di arrivare fin qui XD] spero vi piaccia, è un pochino più movimentato dell'altro.
Spero che la storia sia di vostro gradimetno ^-^
[Se avete dei suggerimetni su qualche possibile miglioramente fatemelo pure sapere, ci conto!! ]
Va bhe lo so, sono logorroica XD
Vi Lascio al 4° CApitolino........v.v
Ehi Gente!!!!Sono Tornata =3 Scusate il ritardo ma tra l'influenza, le continue verifiche, le visite oculistiche e la mancanza di forze per scrivere ho fatto un po' tardi XD
Coooomunque v.v
Ecco qui il Quarto capitolo [°-° Non pensavo di arrivare fin qui XD] spero vi piaccia, è un pochino più movimentato dell'altro.
Spero che la storia sia di vostro gradimetno ^-^
[Se avete dei suggerimetni su qualche possibile miglioramente fatemelo pure sapere, ci conto!! ]
Va bhe lo so, sono logorroica XDVi Lascio al 4° CApitolino........v.v
Josy rimase chiusa in bagno per pochissimo tempo. Uscì velocemente e si rinchiuse nella sua stanza dove Chloe aveva diligentemente sistemato le sue cose.
Aprì la valigia e ne estrasse una trousse dalla quale prese un piccolo blister bianco.
Erano ansiolitici.
Già, perché lei a volte era estremamente ansiosa e questo le causava attacchi saltuari ma pericolosi.
In quel caso decise che prevenire era meglio che curare così si mise in bocca due pillole e le ingerì. Gli effetti non tardarono ad arrivare: una calma e un senso di relax la invasero.
Certo che però non le avevano fatto dimenticare quello che aveva visto: Alec era un Vampiro e lo sarebbe stato per sempre, pillole o meno.
Ma Josephine si fece coraggio. Doveva soltanto fare finta di niente e tutto sarebbe tornato normale. Infondo loro dovevano solamente lavorare insieme, niente di più.
Con tutta la forza di volontà che aveva in corpo aprì la pota e scese le scale. Non fece in tempo a mettere un piede sul pianerottolo che lo vide: era lì in piedi che la fissava.
Josy si disse di fingere indifferenza e passò oltre.
Lui la prese per un braccio e la fece voltare. Sul suo volto il ghigno sempre presente aveva lasciato il posto ad un’espressione insolitamente seria.
- Cosa hai visto? –
La fissò dritta negli occhi in attesa di una risposta.
Josephine deglutì.
- A parte tu e una tizia avvinghiati come polipi in un atto di sesso molto spinto? –
Lui inarcò un sopracciglio. Evidentemente si aspettava una risposta e non un’ennesima domanda anche se retorica.
- Niente, a parte il sesso, niente. –
Disse senza spostare lo sguardo dal suo nella speranza di non aver lasciato dubbi.
Alec annuì e il ghigno ricomparve sulle sue labbra. Tuttavia non mollò la presa dal suo braccio.
- Bene. Spero tu non sia rimasta scandalizzata. Dovrai abituartici visto che succederà spesso. –
Sorrise, straffottente.
Josy alzò gli occhi al cielo pensando a dove avrebbe potuto essere in quel momento se non avesse accettato quel lavoro….anzi no, se Matthew non l’avesse “venduta” temporaneamente a quel tizio.
Sospirò rumorosamente e si divincolò dalla presa. Si voltò e fece per entrare nel salotto…
- ….Esistono anche i Motel… -
Lo sussurrò mentre andava a sdraiarsi sul comodo e fresco divano.
- Già, ma questa è casa mia. –
Anche quello di Alec fu solo un sussurro che a differenza del precedente non fu colto.
La seguì nella stanza e si mise al pianoforte. Lo aprì e cominciò a suonare.
La melodia si diffuse velocemente e Josephine la riconobbe dalle prime note.
“Quarta melodia di Beethoven, un classico.”
Sorrise al ricordo di lei da piccolina seduta davanti al piano a coda della nonna mentre cercava di imparare quella sinfonia.
I ricordi e la musica la trascinarono presto in uno stato di dormiveglia…
Era stanca. Ora sapeva anche il perché di quell’insolito stato. Ma era anche poco abituata a lavorare a quell’ora con un autore intorno.
Da sola era anche solita lavorare fino a tardi: ma a casa sua e per l’appunto sola.
E ora più del giorno prima doveva sforzarsi di apparire normale e sopportare la presenza di Alec. E questo era stressante, molto stressante.
Ma in quell’istante non le importava. In quell’istante Alec non era un Vampiro ma solo una presenza in distinta che suonava il piano.
I suoi pensieri vagavano tranquilli tra la dormiveglia e il sonno profondo, fin quando l’unica cosa che rimase fu il buio.
 
----------------------------------------------------------------------Alec Pov-----------------------------------
 
Stava suonando. Le sue mani si erano mosse involontariamente sul pianoforte.
Come aveva fatto? Lui non suonava!!
Era lei. Era perché stava suonando per lei.
“ No, è impossibile. Non mi sono ancora abbassato a tanto.”
Di colpo smise di suonare e guardò l’ora sull’orologio che portava al polso. Erano le undici e quaranta.
“ È andata come è andata.“
Pensò Alec alzandosi dallo sgabello e portandosi davanti a Josy che dormiva beata sul divano.
Doveva portarla in camera?
“….Chi me lo fa fare…la lascerò qui, tanto per una notte non si ammala di certo….”
Così se ne andò nel suo studio a lavorare.
Passati appena dieci minuti tornò nel salone. Josephine dormiva tranquilla, non si era mossa di un centimetro, sul viso un’espressione di chi sta sognando qualcosa di veramente bello.
La guardò mentre sorrideva serena e venne fulminato da un’idea.
Se non poteva nutrirsi del suo sangue squisito dal vivo l’avrebbe fatto entrando nei suoi sogni. Non era come bere direttamente dal suo collo ma almeno sarebbe resistito fino alla sera seguente. Si stava per buttare a capofitto nella sua mente quando capì che forse avrebbe dovuto almeno avere la decenza di farla stare comoda.
Così la prese tra le braccia e la portò nella sua stanza. La posò sul letto e frugò nella valigia in cerca di qualcosa che assomigliasse a un pigiama. Trovò solo una sottoveste leggera color malva.
Ora il problema era svestirla senza farla svegliare…
Lentamente le sfilò le scarpe alte e le posò per terra. Cominciò a slacciarle la camicetta e quando intravide il pizzo bianco del reggiseno si fermò.
Le sue dita erano bloccate sull’asola del bottone e sembravano non volersi muovere.
“Oh, l’ho fatto centinaia di volte, che c’è di diverso ora?! “.
Sentì l’imbarazzo crescere a ogni bottone che slacciava e la situazione non migliorò quando arrivò a doverle toglierle la gonna.
La cerniera continuava a bloccarsi e lui a imprecare contro di quella e contro se stesso.
“ Che cazz-!! Ma non è possibile, mi sento un perfetto coglione!”.
Dopo diversi minuti riuscì a sfilargliela. La appoggiò sulla sedia sopra alla camicetta.
Prima di farle indossare la sottoveste si fermò ad osservarla.
Era davvero piccola!! Se non avesse saputo la sua età non gli avrebbe di certo dato i suoi ventitré anni. Sembrava una scolaretta!
Anche le forme del suo corpo non erano poi così accentuate eppure c’era qualcosa in lei che lo ipnotizzava.
Il suo corpo si mosse involontariamente e gli si posizionò sopra cominciando a baciarle tutto l’addome arrivando appena sotto il reggiseno. Josy ebbe un fremito e fu quello a riportare Alec alla realtà. Si scostò da lei velocemente, come scottato.
Le infilò velocemente la sottoveste e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Preso dallo sconforto salì le scale fino alla mansarda.
Quel luogo, senza muri di mezzo, con una sola finestra enorme era un luogo sacro. Una sottospecie di santuario della sua persona.
Chiuse la porta a chiave e si diresse verso il piccolo frigobar che si trovava in un angolo della stanza. Lo aprì e ne estrasse un bicchiere da vino pieno di un liquido rosso che però vino non era. Era sangue. Alec lo prese e andò ad aprire la finestra lasciandosi illuminare dalla fredda luce della luna e accarezzare dalla brezza che saliva dalle acque della Senna.
Si abbandonò sul divano cercando di non pensare a nulla mentre sorseggiava la sua cena.
I suoi pensieri volarono via rivelando un unico chiodo fiso nella sua mente: Josephine. O meglio, il sangue delizioso di Josephine.
 
----------------------------------------------------------------------Josy Pov--------------------------------
 
Stava facendo un sogno bellissimo, era una vera full immersion nei suoi ricordi più belli. Il pianoforte, il primo bacio, la prima volta in costa azzurra con le amiche, il primo concorso vinto…gli anni passavano nella sua mente avvolti da un alone che li rendeva scintillanti e allegri.
E poi, all’improvviso una scena così reale da spaventare.
Alec era sopra di lei e la stava spogliando, bramava il suo corpo lasciando scie infuocate ogni qualvolta che spostava il tocco da una parte all’altra del suo corpo.
Quelle sensazioni erano talmente forti, talmente vere da far male.
Poi, come era venuta, quella visione scomparve facendo svegliare Josy di soprassalto appena in tempo per sentire la porta della stanza chiudersi e dei passi allontanarsi.
Dopo il silenzio.
Era ancora assonnata e tutti i suoi sensi erano ridotti al minimo, per questo credette di essersi immaginata tutto e tornò a dormire.
Fu solo l’indomani mattina che si accorse che forse non era stato solo un sogno.
L’ultima cosa che si ricordava era di essersi addormentata sul divano mentre Alec suonava il piano. Non si ricordava di essersi s vegliata se non una volta nel cuore della notte, quando già era in camera sua.
C’era solo un’unica soluzione: Alec l’aveva portata lì, l’aveva svestita e le aveva messo quella specie di sottoveste color malva che lei non avrebbe mai indossato di sua spontanea volontà.
“Impossibile, non l’avrebbe mai fatto!“
Rise di se stessa per aver formulato un simile pensiero.
Subito dopo un’altra idea si fece strada nella sua testa…
“E se l’avesse fatto per nutrirsi del mio sangue?”
Rabbrividì.
Però, per quanto potesse spaventarla una simile idea era da tenere in considerazione.
Per verificare se fosse davvero avvenuto si fermò un secondo a riflettere: non si sentiva stanca, nessuna parte del corpo le doleva o pulsava violentemente.
Fece la prova del nove. Si alzò dal letto. Riusciva a stare in piedi e la testa era ok, non girava. Non aveva nulla.
“Ma allora qui come ci sono finita?”
Per qual momento decise di lasciar perdere: era inutile torturare quel povero cervello innocente.
Si guardò intorno in cerca del suo cellulare. Non c’era. Doveva esserle caduto quando si era addormentata sul divano.
Uscì dalla stanza senza cambiarsi. Di sicuro non avrebbe incontrato Alec a quell’ora.
Scese le scale e entrò nel salone, andò verso il divano e si mise a cercare l’apparecchio. Lo trovò subito. Lo aprì e guardò l’ora: erano già le undici e mezza.
“Non pensavo di aver dormito così tanto…”
Guardò l’indicatore della batteria che aveva solo una tacca e pensò di chiamare Matthew prima di spegnerlo e metterlo in carica.
Il cellulare fu più svelto di lei e si spense. Provò a riaccenderlo ma con scarsi risultati: la batteria era definitivamente morta.
Guardò malissimo quel piccolo apparecchio metallico e per un secondo pensò di lanciarlo contro il muro e farla finita, poi si ricordò dei duecento euro spesi per comprarlo e cambiò idea.
Stava per rinunciare a chiamare il suo “capo” ( che non voleva definire più tale dopo quello che aveva scoperto) quando si ricordò di aver visto un Cordless in cucina.
Entrò in cucina attraversando la sala da pranzo buia. Arrivò in cucina e cercò tentoni l’interruttore della luce. Lo trovò dopo non pochi tentativi andati a vuoto. Quando la stanza fu illuminata riuscì a individuare il telefono e a digitare il numero interno dell’ufficio di Matthew.
Squillò solamente una volta prima che una voce femminile rispondesse.
<< Sì, Ufficio di Matthew Tolagè? >>
<< Samantha, sono Josephine. >>
<< Oh Signorina Lacroix! Le passo subito il Signor Tolagè! >>
<< Grazie mille. >>
Passò qualche secondo e Matthew rispose dall’altro capo.
<< Che c’è Josy? >>
<< Perché non me lo dici tu? >>
<< Di che stai parlando? C’è qualcosa che non va con Sougrént? >>
<< Cosa te lo fa pensare? >>
<< Ogni volta che mi chiami hai sempre da lamentarti….che c’è stavolta? >>
<< C’è che Alec mi ha svelato un piccolo particolare….Mr. vendo i miei editori! >>
Matthew tacque per un paio di minuti prima di riprendere a parlare.
<< Josephine…non è come pensi. >>
<< Ah no?! Perché a me sembra di aver capito bene….Tu mi hai venduta a questo tizio! Ma te ne rendi conto? >>
<< Non avresti mai accettato se te l’avessi detto dall’inizio! Già eri diffidente così figuriamoci se ti avessi detto che Sougrént Junior ti aveva “acquistata” a tempo indeterminato perché gli eri piaciuta in tutto e per tutta dalla prima volta che ti ha vista in agenzia! Senza contare che ha seguito alcuni tuoi scrittori e ha definito “Perfetto” il tuo modo di lavorare.>>
Questa volta toccò a Josy rimanere senza parole.
“Allora lui sapeva già dalla prima volta chi e come ero. Quel suo ironizzare sul mio aspetto…era solo una presa in giro!“
<< Brutto Stronzo! >>
Dall’altra parte Matthew sussultò.
<< Ehi! Non ti sembra di esagerare? >>
<< Non c’e l’ho con te. Per il momento ti perdono ma mi aspetto un aumento alla fine di tutto questo, sappilo. >>
<< Certo, certo… >>
<< No, a me “certo, certo” non lo dici. Dopo quello che hai fatto uno stipendio extra è il minimo che tu possa darmi. Ora vado. Devo dire due paroline a un certo Brutto stronzo d’un Cazzone Egocentrico! >>
Riattaccò il telefono senza aspettare una risposta, lo rimise a posto, spense la luce della cucina e corse di sopra come una furia.
Al piano superiore spalancò la porta della stanza da letto che le era stata indicata come quella di Alec nella speranza di picchiarlo nel sonno ma lui non era lì. Con la stesa furia corse giù per le scale e lo cercò nello studio ma non era nemmeno lì.
Ad un certo punto si ricordò di una certa soffitta che Chloe si era raccomandata di non farle vedere poiché era la “Stanza Personale del Signorino”.
Ma in quel momento era troppo incazzata per stare a rispettare la privacy altrui così corse al terzo piano della villa pronta a sfondare la porta di quella stanza. Purtroppo dovette arrestare il suo impeto davanti ad una porta prontamente chiusa a chiave.
Cominciò però a bussare freneticamente in attesa che quel Brutto Stronzo di un Egocentrico Cazzone le aprisse.
 
----------------------------------------------------------------------Alec Pov-------------------------------
 
Era presto. Era maledettamente presto. Perché diavolo qualcuno stava bussando così forte alla porta? Non ne aveva idea e non aveva la minima voglia di scoprirlo.
Si rigirò nelle lenzuola coprendosi fin sopra le orecchie in attesa che quel frastuono cessasse. Ma più tempo lasciava passare più quel bussare frenetico aumentava d’intensità.
Alla fine si arrese e si alzò. Barcollando si diresse verso la porta e girò la chiave nella toppa.
Lentamente aprì la porta ritrovandosi di fronte a una donna in sottoveste che lo guardava in malo modo. Ci mise qualche secondo a collegare quella facci al suo nome.
Josephine, la sua editor.
La fissò assonnato poi fissò l’orologio appeso alla parete e apprese che non era poi così presto come pensava: le lancette segnavano il mezzogiorno esatto.
“Ah…”
Questo però non giustificava la presenza di Josy sulla porta del suo piccolo tempio privato.
Lei era rimasta tutto il tempo a squadrarlo malamente da capo a piedi.
Alec fece altrettanto e notò con fastidio che quella mattina era ancora più accattivante della notte precedente. I suoi capelli erano più ricci e la sua pelle sembrava fresca e liscia come una pesca.
Quella sottoveste poi! Non faceva altro che risaltare e sue curve di solito non troppo accentuate.
Ma nonostante tutto, la cosa che lo attrasse di più fu una piccola vena che le pulsava ritmicamente alla base del collo.
Istintivamente allungò una mano per sfiorarla ma all’improvviso la stanza cominciò a ruotare vorticosamente. Forte. Sempre più forte. Alla fine rimase solo il buio.
 
----------------------------------------------------------------------Josy Pov--------------------------------
 
Era rimasta in silenzio a squadrarlo in malo modo per tutto il tempo.
Non aveva potuto però non notare il suo abbigliamento che, quella mattina, consisteva in un paio di boxer che non lasciavano nulla all’immaginazione.
Rimase per un po’ a fissare quel corpo scolpito, almeno finché lui non andò a sfiorarle la base del collo con due dita. Fu solo un attimo prima di vederlo indietreggiare fino a cadere privo di sensi sul divano.
Per un secondo fu presa dal panico: non era preparata al primo soccorso. Poi si riprese e lo foce sdraiare a fatica (era davvero pesante!!) sul divano lasciandogli le gambe sollevate. Prese a sventolare le mani a mo’ di ventaglio per fargli aria.
Passò qualche secondo ma non cambiò nulla.
Fu solo quando si alzò per andare a veder se Chloe era rientrata che lo notò: un bicchiere da vino macchiato di liquido rosso, troppo denso per essere vino. Lo sollevò e se lo portò al naso per annusarlo: un terribile odore ferroso le invase le narici.
Sangue. Era ovvio.
Si diede della scema per non averlo capito subito.
Ma se si era nutrito perché era in quelle condizioni?
All’improvviso un pensiero masochista la invase:
“Forse con il mio sangue si riprenderà…”
Non sapeva come quel pensiero si fosse creato nella sua testa ma il suo corpo, sotto il controllo degli ormoni, lo assecondò.
Prese dal tavolino un tagliacarte e si incise un taglio lungo l’indice destro.
Il sangue cominciò a scorrere e Josephine posò il dito sulle labbra socchiuse di Alec.
Non ci volle molto prima che il sangue facesse il suo effetto e la sua reazione non tardò ad arrivare. Subito afferrò la mano di Josy e se la premette ancora più forte sulle labbra per aumentare la pressione e accelerare la fuori uscita del liquido scarlatto che a contatto con la sua saliva scorreva sempre più veloce.
Come la volta precedente, quel primo dolore si trasformò in un’improvvisa ondata di piacere che lasciò a terra ansante con il braccio ancora sollevato verso la bocca di Alec.
Fu in quel momento, quando ormai credeva di essere arrivata al limite della sopportazione e delle forze che quella sensazione cessò.
Josephine si accasciò senza forze sul tappeto. Continuava a respirare velocemente e aveva la fronte imperlata di sudore.
Alec si mise seduto sul divano ormai in piena salute. Pochi secondi dopo la successione delle azioni appena compiute gli si materializzò davanti agli occhi e solo allora si accorse di lei, sdraiata a terra. Velocemente la prese tra le braccia e la mise a letto, coprendola col leggero copriletto. La lasciò lì e prese dal frigobar una bottiglia di acqua fredda.
Josy la prese e bevve lentamente recuperando un po’ delle energie perse. Dopo qualche minuto si sollevò e si mise seduta. Fissò Alec che a sua volta la stava guardando e arrossì. Si rese conto di non poter reggere quello sguardo così si coprì il viso con un braccio e si lasciò andare sulla spalliera.
Alec sospirò e le si avvicinò.
Era vicino. Pericolosamente vicino. Sentivo il suo respiro regolare sul collo.
- Come facevi a saperlo? –
Josephine pensò immediatamente se fosse davvero stupido. Davvero si era bevuto la balla del “ho visto solo sesso”?
- Ieri. Non sono stupida quanto te. Ho messo insieme i pezzi. –
Sentì Alec ridacchiare.
- Invece sei stupida. Nessuno sano di mente avrebbe fatto quello che hai appena fatto tu di tua spontanea volontà. –
- Zitto. Non farmene pentire. –
Rise di nuovo. Che c’era di comico in quella situazione?
- Bhe, quello che importa è che il tuo sangue è estremamente squisito, dovremmo farlo più spesso… -
Disse con una voce estremamente bassa e roca.
Josy si sentì arrossire di nuovo. Tutta quella storia era maledettamente imbarazzante!
Si ridestò dai suoi pensieri quando sentì Alec muoversi e portarsi cavalcioni sopra di lei.
Non ebbe il coraggio di spostare il braccio dal viso. Ma quello non fu un problema. Lui glielo spostò per riuscire ad avere libero accesso al suo collo che baciò ripetutamente cominciando a mordicchiarlo.
Josephine aveva gli occhi chiusi ma si rese conto in fretta delle intenzioni dell’uomo.
Velocemente si spostò verso il bordo del letto e cercò di scendere. Quando appoggiò i piedi per terra le gambe non la ressero e dovete aggrapparsi alla spalliera per non cadere di faccia.
Alec la trascinò di nuovo al centro del letto.
- Sei ancora debole, devi riposare. –
Josy lo guardò rassegnata ma accigliata.
- Io non sono la tua cena. –
Alec rise apertamente a quella affermazione.
- Certo, certo Piccola J. –
Scese dal letto e si mise addosso un paio di calzoni di una tuta.
- Vado a prendere il portatile. Tu non muoverti da qui. –
Josephine asserì pensierosa.
Lui lasciò la stanza scomparendo per le scale. Lei rimase lì ferma a fissare il soffitto.
Come si era cacciata in quella situazione?!
“Bhe, finché il lavoro avanza correttamene dovrebbe andare.”
Era quello che pensava, almeno quello che pensava la parte stacanovista di lei.
Allor??
Che ve ne pare???
Scusatemi se le scene che dovrebbero essere un po' "hot" non lo sono troppo ma il fatto è...è...è che non sono capace di scriverle bene!! ç____ç
Vogliate scusare la mia ignoranza v.v
Prometto di impegnarmi di più per fare diventare i nostri protagonisti due veri pervertiti XD

Grazie mille a tutti quelli che mi hanno seguita fino ad ora, continuate così!! Yeah >.
_Akana_

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Capitolo 5
*** Contesa. ***



Si era addormentata ancora prima che Alec tornasse con il portatile. Quando si svegliò era ancora in quel letto, in quella stanza. Nulla era cambiato. Si mise a sedere e notò che l’altro lato del letto era vuoto e freddo.
“Lo starà facendo con un’altra…”
Josephine si ritrovò a formulare quel pensiero tristemente, quasi fosse una moglie consapevole dei tradimenti del marito.
Si lasciò trasportare da quello stato mentale a lungo senza curarsi di niente e nessuno.
Fu richiamata alla realtà dal forte rumore prodotto dall’aprirsi improvviso della finestra dall’altro lato della stanza.
Una ventata d’aria gelida – insolita per la stagione – la fece rabbrividire.
Quando le tende scarlatte smisero di svolazzare Josy si accorse che una persona era entrata nella stanza. A causa del buio non riuscì a vederlo in viso ma si rese comunque conto che doveva essere di una bellezza inaudita.
Solo quando le luci della camera si accesero poté constatarlo con i suoi occhi.
Era alto, aveva le spalle larghe, i capelli erano lunghi e color del grano e…aveva un seno enorme.
Josephine lanciò un urlo. Aveva subito pensato ad un uomo. Non l’era passata per la mente l’eventualità che potesse essere una donna!
Di tutta risposta l’altra si accorse di lei che era praticamente rannicchiata sulla spalliera con il lenzuolo tirato fin sopra il naso.
- Ah! Guarda, guarda… -
Josy cercò invano di farsi ancora più piccola e di sparire nel materasso.
- …E tu chi saresti?... – disse la donna misteriosa – Fammi indovinare! Sei l’ultima cena di Alexandre…-
Non le diede il tempo di controbattere, non che in verità volesse farlo ma si fece la domanda e si rispose da sola.
E poi chi era Alexandre?
Nello stesso istante in cui trovò il coraggio per porgere quella domanda la porta si aprì e Alec entrò nella stanza.
Quando vide la donna non si stupì più di molto. Era come se la stesse aspettando.
- Clementine…guarda che esiste una porta d’ingresso… -
- Alexandre! –
“Ah…lui è Alexandre…Ovvio.“.
La donna di nome Clementine gli si gettò tra le braccia con foga posando le sue labbra carnose su quelle di lui.
- Mi sei mancato! Erano anni che non ci vedevamo! –
Alec le sorrise. Ma la sua espressione allegra mutò non appena si accorse di Josy che era ancora nel suo letto.
Velocemente la fece alzare e la mise alla porta senza troppi convenevoli.
Così barcollando era uscita dalla stanza ancora prima di rendersene conto.
Si sentiva stordita e l’unica cosa che riuscì a realizzare fu Alec che richiudeva la porta dicendole qualcosa del tipo “ Non venire per un po’.”
Scese lentamente le scale fino al piano inferiore. Entrò nella sua stanza e solo allora si fermò a pensare.
Accese il cervello con la speranza che riuscisse a riordinare tutta la serie degli eventi precedenti a pochi minuti prima. Con calma mise insieme i pezzi.
Aveva scoperto che Alec l’aveva apprezzata in tutto e per tutto dal primo giorno che l’aveva vista, si era arrabbiata perché non ne sapeva nulla e aveva fatto irruzione nella soffitta. Lui era svenuto e lei, in preda a qualche impulso masochista, gli aveva fatto bere il suo sangue. Poi, causa la debolezza, si era addormentata nel suo letto ma non prima di aver affrontato un discorso imbarazzante. Al suo risveglio una donna misteriosa di nome Clementine aveva fatto la sua comparsa e lei era stata letteralmente sbattuta fuori, liquidata con sei semplici parole.
Quando realizzò il tutto si sentì indignata.
Punto primo non poteva usufruire a piacimento del suo sangue e farla sentire “diversa” per poi metterla alla porta e fare lo stronzo.
Punto secondo non poteva dirgli di “non venire per un po’”, ovvero di tornarsene a casa sua per un paio di giorni quando era stato lui a insistere perché non lasciasse quella dannata villa.
Ma a parte quello Josy era arrabbiata con se stessa. Si era lasciata abbindolare troppo velocemente e non era da lei.
“ Maledizione! Sono proprio una scema! “
Si tirò mille accidenti prima di recuperare la sua roba e uscire da quella casa. Non si concesse nemmeno il lusso di una doccia.
Mentre entrava in macchina incrociò Chloe che le rivolse quello che agli occhi di Josephine parve uno sguardo di scuse a nome di quel cafone del suo “Signorino” .
Josy ricambiò il sorriso e mise in moto la piccola Peugeot.
 
Dopo nemmeno dieci minuti che si trovava in quel luogo già si era pentita di essere uscita.
Erano le sei di sera ma il sole era ancora abbastanza alto e faceva caldo. Molto caldo. Parigi era affollatissima e si sentì sollevata al pensiero che con tutta quella gente nessuno avrebbe fatto caso a lei.
Quando era arrivata a casa sua, nel suo appartamento perennemente disordinato erano solo le cinque del pomeriggio così le era venuta voglia di fare un giro per la sua adorata città e prendersi un aperitivo prima di andare a cena nel suo ristorante italiano preferito.
E ora si trovava lì, in uno dei bar più chic e alla moda di tutta Parigi a sorseggiare il suo Cuba Libre ghiacciato mentre schiere di pittori e critici gay le sfilavano davanti.
Non che avesse nulla contro i gay, anzi, solo in quel momento aveva bisogno di un uomo. Etero possibilmente. Uno qualsiasi da abbordare, da cui farsi pagare la cena e da portarsi a casa per una piacevole nottata di letto.
Stava per andarsene quando un uomo le si sedette accanto.
- Non è un po’ per i super alcolici? –
Josephine si voltò verso il suo interlocutore e si appoggiò con un braccio al bancone per osservarlo meglio. Era un uomo molto affascinante. Capelli corti e biondi con degli splendidi occhi smeraldo.
Aveva la ricrescita della barba e indossava un completo gessato che accentuava le spalle larghe.
Di sicuro non era gay.
- Non per i miei orari. –
Sorrise. Aveva deciso, le piaceva. Sarebbe stato il fortunato di quella sera.
Anche lui sorrise.
- Vuoi che te offra un altro? –
Disse ammiccando al bicchiere praticamente vuoto di Josy.
- Perché no. Jeremì, portamene un altro. Stavolta paga il signore. –
- Certo. –
- Adriàn –
- Come scusa? –
- mi chiamo Adriàn. –
- Ah si scusa, io sono Josephine. –
Si strinsero la mano e Adriàn sorrise ancora. Aveva davvero un sorriso accattivante.
Jeremì le portò il drink e lei ricominciò a bere.
- C’è un motivo particolare per il quale a quest’ora? A parte i tuoi orari ovviamente. –
- Il mio lavoro. Negli ultimi giorni ho accettato una nuova offerta e gli orari del nuovo cliente sono indicibili. –
Adriàn la fissò pensieroso.
- E che lavoro fai? –
- Sono un’Editor. –
- Wow. –
Sembrava sorpreso. Davvero.
- Non l’avrei mai detto. Comunque deve essere un bel lavoro. –
- Dipende dall’autore che ti tocca seguire. –
Sentenziò Josy storcendo la bocca in una smorfia pensando ad Alec.
“Non venire per un po’….Volentieri. “
- Ne hai trovato uno difficile? –
- No, solo egocentrico. Troppo egocentrico. –
Adriàn lasciò cadere il discorso percependone il peso e il fastidio con cui ne parlava la sua interlocutrice.
Josephine ne approfittò per cambiare argomento.
- E tu che lavoro fai? –
- Sono un ricettatore di opere d’arte. –
Lo disse flemmaticamente, come se fosse il lavoro più normale del mondo.
Di tutta risposta Josy sussultò a quell’affermazione. Quasi rovesciò il bicchiere sul bancone.
- Cosa?! Un ricettatore?! –
Adriàn rise divertito dalla sua reazione.
- Scherzo, scherzo! Sono solo un restauratore! –
Tirò un sospiro di sollievo. Ci mancava il ricettatore dopo il vampiro.
- Lavori al Louvre? –
L’uomo asserì.
- Ho appena iniziato il restauro della Gioconda. –
- Ah, quanto mi piacerebbe vederla da vicino!! –
- E a chi non piacerebbe. –
- A chi non interessa. –
- Ovvio. –
Si fermarono entrambi qualche secondo prima di scoppiare a ridere di nuovo.
Josephine guardò ‘ora sul suo cellulare e constatò che era quasi il momento di recarsi al ristorante.
- Bhe, io avrei una prenotazione da Marco’s che mi aspetta. È stato un piacere conoscerti. –
- Appuntamento galante? –
Scosse il capo.
- No, solo buon cibo. –
Sorrise.
- ti va un po’ di compagnia? Il cibo Italiano è più buono quando si è in compagnia. –
Josy fece fina di esitare un po’ ma poi acconsentì.
- Certo. –
Preso. Aveva abboccato. Funzionava sempre.
Si alzò dallo sgabello, pagò il conto e uscì dal locale seguita a ruota dalla sua recente conquista.
Lui era a piedi e lei anche così presero la Metro. Venti minuti dopo erano davanti al ristorante.
La serata passò con leggerezza tra una risata e un bicchiere di vino.
Anche l’invitarlo a casa sua si rivelò più semplice del previsto.
Arrivati davanti alla porta di casa sua Adriàn la attaccò al muro e la baciò. Josephine fece fatica ad aprire la porta ma una volta dentro andarono diretti in camera da letto.
Fu spontaneo e passionale. Lui era davvero esperto e lei si lasciò semplicemente trascinare.
La mattina seguente, quando si alzò e lo vide sdraiato nel suo letto non si sentì infastidita dalla sua presenza, non si mise nemmeno a pensare un pretesto o una scusa per liquidarlo e non vederlo mai più.
L’unica cosa che pensò fu che quando dormiva era ancora più bello.
Senza fare rumore andò in cucina a preparare la colazione.
- Buongiorno… -
Una figura ancora mezz’addormentata l’abbracciò baciandole il collo.
- ‘Giorno. –
Josy si sentiva particolarmente bene. Le sembrava così normale trovarsi quell’uomo in casa, anche se lo conosceva da neppure due giorni.
- Hai davvero preparato la colazione? –
- …Sì, perché? –
Adriàn sorrise compiaciuto e la guardò adorante.
- Dio, questo ti rende ancora più sexy… -
Arrossì di colpo.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che qualcuno le aveva fatto un complimento sincero?
- Ehi, oggi devo passare al museo per compilare alcuni moduli del restauro…ti andrebbe di dare una sbirciatina al quadro? –
Josephine andò in estasi come una bambina per quella proposta. Ovviamente accettò subito.
- Bene. Ah! Posso farmi una doccia prima? –
- Certo, il bagno è da quella parte. –
- Grazie. –
Adriàn uscì dalla cucina e lei si ritrovò a fissare l’orologio appeso alla parete.
Segnava le undici e trenta.
Scosse la testa. Non sarebbe tornata in quella casa per almeno una settimana.
Anzi, fosse stato per lei, non ci sarebbe tornata affatto.
Il resto della giornata passò meravigliosamente tra una visita gratuita al Louvre e al retroscena del museo, una passeggiata sotto la Tour Eiffel, una cena in pizzeria e una note di fantastico sesso.
Continuò in questo modo per sei giorni. Ormai avevano deciso di cominciare a frequentarsi e Josephine si sentì sollevata constatando che Alec non si era ancora fatto sentire.
Ma l’illusione di una settimana senza di lui svanì presto.
La sera del settimo giorno il suo cellulare squillò: sul display un numero sconosciuto.
Si scusò con Adriàn e, uscendo sul terrazzo rispose.
<< Pronto? >>
<< Dove sei? >>
Josy riconobbe quella voce in un secondo e si risentì sprofondare nella confusione e nell’irritazione che l’avevano avvolta fino ad una settimana prima.
<< Buona sera anche a te. >>
<< Dove sei. >>
<< A casa. >>
<< Allora vieni qui. Sei in ritardo di otto ore. >>
<< No. Ho ospiti. >>
<< Un uomo? >>
<< non penso siano affari tuoi. >>
<< Si invece. Piantalo in asso e vieni qui. Subito. >>
Sbuffò rumorosamente e alzò gli occhi al cielo.
<< No. Mi farò viva quando ne avrò voglia. >>
<< Vieni subito. Non accetto un altro no come risposta. >>
<< No. Sei stato tu a dirmi di “Non venire per un po’”. Puoi lavorare benissimo senza di me. >>
<< Piccola J stai oltrepassando il limite. Tu ora vieni qui, altrimenti vengo lì io. >>
<< Accomodati. >>
Riattaccò cercando di far diminuire la stretta del cerchio che in quel momento le stringeva la testa.
Tornò in cucina a finire di cenare.
- Eccomi scusa. –
- Niente. Ehi, sati bene? –
- Sì, è solo un po’ di mal di testa. –
- Mangia e poi prendi qualcosa ok? –
- Ok. –
Finì di mangiare pensando che almeno per quella sera poteva stare tranquilla. Alec sarebbe anche potuto andare a casa sua ma non ci avrebbe trovato nessuno visto che quella notte era ospite da Adriàn.
Passò la serata tranquilla e rilassata anche se il pensiero di dover tornare presto in quella villa l’accompagnò per tutto il tempo.
La mattina seguente le toccò svegliarsi prima di quanto avesse voluto visto che Adriàn doveva andare al lavoro.
- Mi dispiace di doverti lasciare così presto Phi… -
- Non fa niente. Ci vediamo domani ok? –
- Certo. –
Le diede un bacio e la lasciò andare.
Josy tornò a casa un po’ triste ma tutto sommato felice.
Quando entrò nel suo appartamento si ritrovò davanti una brutta sorpresa.
Le tapparelle erano completamente abbassate e le tende erano tirate su tutte le finestre.
Sulla poltrona del suo salotto Alec dormiva imperterrito.
“ Merda! Come diavolo è entrato qui?! “
Lentamente cominciò a indietreggiare verso l’ingresso.
- Non ci provare. Vieni qui. –
- Che ci fai in casa mia? –
- Vieni. Siediti. –
Le fece segno con la mano di sedersi sul bracciolo della poltrona. Josephine prese una sedia dal banco cucina e la portò in salotto.
- va bene. Come vuoi. –
- Non hai ancora risposto alla mia domanda. –
- Tanto per cominciare tu mi hai detto di “Accomodarmi” per il resto ho usato il mio charm. –
- Ah bhe, grazie per la visita. Puoi andare ora. –
- Solo se vieni con me. –
- Scordatelo. –
- Non posso continuare il mio lavoro se prima non lo revisioni. –
- Non ne ho voglia. Perché non credi alla tua amichetta? Magari sa fare anche quello. –
Si alzò dalla sedia e si portò davanti al guardaroba dove ritirò la borsa. Si tolse le scarpe alte e le ritirò nella scarpiera.
Intanto anche Alec si era alzato e la stava fissando.
- Che vuoi?! –
- Tu sei gelosa. –
Constatò lui facendola arrossire di colpo.
- Come? –
- Sei gelosa di Clementine. –
L’aveva colta completamente impreparata. Non pensava che a lui importasse qualcosa di quello che pensava o provava quindi non si era mai fatta troppi problemi a nascondere niente di tutto ciò. Anche quando era palese.
Josy girò i tacchi e entrò in camera sua. Alec la seguì continuando a tenere fisso su di lei il suo sguardo.
- La smetti di fissarmi?! –
Era tremendamente a disagio. Non sapeva che fare.
- Tu sei dannatamente gelosa. –
- Smettila! Non sai nemmeno come sono davvero, non mi consoci!! Smettila di dire cose non vere!! –
Lo aveva urlato. Era esasperata. Quell’uomo era stato capace di farle superare tutti i limiti di pazienza conosciuti in meno di tre giorni.
- Nemmeno il tizio con cui sei andata a letto per una settimana ti conosce, eppure… -
Alec si era fatto pericolosamente vicino a lei e lei pericolosamente vicina al bordo del letto.
Alzò una mano e le percorse tutto il collo con le dita, poi si spostò sul viso. Si soffermò sugli occhi e infine sulla bocca che catturò voracemente con la sua. Lentamente le schiuse le labbra con la lingua e andò cercare la sua.
Josephine cercò di resistergli ma l’effetto che il solo tocco di lui le provocava era una devastazione dei sensi.
Così lei si lasciò andare a quella devastazione.
Con una piccola spinta la fece cadere sul letto e si sistemò cavalcioni sopra di lei. Senza staccare le labbra dalle sue le tolse la camicetta e le sfilò la gonna.
Si fermò per un secondo a guardarla per poi scendere a esaminare con la bocca ogni angolo del suo corpo.
Lei lo lasciò fare, lasciandosi scappare innumerevoli gemiti. Persino quando si accorse che la stava per mordere continuò a lasciarlo fare.
Dopo quello una semplice frase.
- Ti toglierò l’odore di quel tizio di dosso. –
E poi, in quello stesso letto dopo qualche giorno prima era stata con Adriàn si lasciò completamente prendere da Alec.
 
La mattina dopo, quando si sveglio, non ricordava più assolutamente nulla.
_____________________________
Allor??
Come vi è sembrato??
Un nuovo personaggio ha fatto la sua comparsa...Adriàn...Che ne pensate di lui?
Va bhe...Josephine stà diventando un tantino promiscua...ma prometto che si darà una calmata v.v
bhe..io non ho molto da dire....ringrazio sempre chi ha seguito la storia fin qui eeeeeeeeeeeee....
Invito tutti ad aspettare con ansia [??] il sesto capitolo che parlerà dei Missing Moment di Alec e Clementine.
Bhe è davvero tutto.
_AKana_
 

Per maggiori approfondimeti sulla storia passate nel mio nuovo Blog dedicato interamente alla storia e ai suoi personaggi!!! [http://thequeenoffantasy.myblog.it/]

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Capitolo 6
*** Missing Moment: Alec e Clementine. ***


Josy uscì dalla stanza barcollando e Alec rimase a fissare Clementine che sorrideva compiaciuta.
- Carina la tua cenetta, come si chiama? –
Andò a sedersi sul divano in attesa di una risposta.
- Si chiama Josephine e non è la mia cenetta. –
- Ah no? A me è sembrato che fosse così. –
- No, è solo la mia Editor. E a volte è un po’ masochista. –
- Mmmh…come vuoi. Però…non eri tu quello che cent’anni fa diceva “ niente storie con i colleghi, è troppo pericoloso!” ? –
Alec sospirò, chiuse la finestra che era ancora aperta e si sedete di fianco a lei.
- Cent’anni sono tanti. Le cose possono cambiare. –
- Con questo mi vuoi dire che lei sa? –
- Sì. –
- Come ha fatto a scoprirlo? Pensavo che fossi almeno un po’ prudente! –
- Sono stato prudente. Solo che lei non è stupida e ha messo insieme i pezzi. –
Clementine lo fissò in malo modo.
- Quali pezzi? Non può di certo esserci arrivata così dal nulla! –
- Il problema con la luce, gli orari strani, la donna che usciva dalla villa pallida e stanca, la sua ferita rimarginata in una notte e/ -
La donna si era alzata e lo aveva preso per la camicia, sollevandolo.
- Mi stai dicendo che hai bevuto il suo sangue?! –
- Può darsi. –
Rispose lui distogliendo lo sguardo dagli occhi grigi di lei.
- Tu l’hai fatto! Ma ti rendi conto del rischio che corri? –
Lo lasciò andare e tornò a sedersi.
- Non corro alcun rischio. –
- Questo non puoi saperlo. –
- Invece lo so. Si rende benissimo conto che non le crederebbe nessuno. –
- …Alexandre. Se non glielo fai dimenticare tu ci penserà Il Consiglio. E sai che potrebbe essere spiacevole. Per entrambi. –
- Non preoccuparti di questo. Non lascerò che quei vecchiacci le si avvicinino. E poi lei non lascerà questa villa per un po’. –
- Lo spero per te. Davvero. –
Disse. Era poco convinta che fosse giusto così. Però si fidava cecamente di Alexandre quindi si sentì un po’ più sicura.
Dopo qualche minuto scesero al piano inferiore. Clementine voleva suonare il piano e lui voleva rimettersi al lavoro.
Nell’ingresso incontrarono Chloe che si fermò a parlare con Alec.
- Signorino Alec, la Signorina Josephine se né appena andata. È successo qualcosa? –
Alec e Clementine si fissarono.
- Cazzo. –
- Signorino, devo preoccuparmi? –
- No, no Chloe. La signorina Lacroix si assenterà per qualche giorno per motivi personali. –
- Ah, ok. –
Chloe scomparve al piano superiore mentre i due si accomodarono nel salone.
- Bene. È già sparita, complimenti. –
- Nessun problema. Quella donna on ha una vita sociale. Rimarrà nel suo appartamento. –
- Hai i sui numeri di casa e del cellulare? –
- Certo. –
- Allora chiamala tra qualche giorno. –
- Perché non subito? –
- Punto primo ancora non sarà arrivata a casa sua, punto secondo è una donna offesa. Non ti risponderà mai se la chiami adesso. –
Alec la fissò dubbioso.
- Perché dovrebbe essere offesa? –
- Alexandre…capisco che tu le donni le usi solo per nutrirti e farci sesso, ma hanno anche dei sentimenti! –
Alec continuò a non capire quale fosse il punto.
- …Non capisco dove vuoi arrivare. –
- Ascolta. Pensa a come si deve essere sentita quando la sbattuta fuori dalla mansarda…bhe io non posso dire niente a riguardo perché faccio più o meno la stessa cosa con gli uomini, ma a loro va bene cos! Le donne sono diverse! Specialmente quando capiscono tutto. –
- Ah. –
Clementine scosse la testa. Alexandre sarà pure stato un Don Giovanni ma quando si trattava di sentimenti erano duecento anni che non ci capiva niente.
- Va bhe, io vado. È quasi ora di cena. –
- Mmh. –
Uscì dalla villa lasciando Alec immerso nelle sue riflessioni.
Aveva conosciuto Josephine la prima volta che era andato alla H.P.I.
Aveva capito subito che non era chi diceva di essere. L’aura che la circondava non era umana. Apparteneva alla sua specie. Ma lei non pareva accorgersene. Sembrava vivere tranquillamente senza alcun problema. Probabilmente non si ricordava chi era stata. D’altronde il suo aspetto era diverso. Anche il suo comportamento. E non si ricordava nemmeno di lui.
Fu per questo che insistette con Matthew affinché venisse affidato alle sue cure. Gli fu detto che si chiamava Josephine Lacroix, che aveva ventitré anni e che di solito seguiva i giovani scrittori. Alec era già abbastanza affermato nell’ambiente ma fece pressione per averla per se. Voleva scoprire se era davvero lei. Se davvero era sopravvissuta. Se davvero non si ricordava più niente.
Non gli ci volle molto a capire che era proprio come pensava. Il suo sangue aveva parlato per lei.
Venne riscosso dalle sue riflessioni da Claude che senza proferire parola si piazzò davanti a lui e cominciò a fissarlo con insistenza.
- Che c’è? –
- Ho appena visto Josephine andarsene. Cos’è successo? –
- Claude, vecchio mio….hai così poca fiducia in me? –
- Non è la fiducia che mi manca. Ma la conosco fin troppo bene per sapere che ha combinato qualcosa che l’ha offesa. –
- …è così evidente? –
- Direi. –
Claude scosse la testa in segno di disapprovazione e Alec lo guardò malissimo ma la cosa non lo toccò minimamente.
- Sai benissimo che cosa voglio dirti. Non c’è bisogno che rivanghiamo questa storia, giusto? –
- Ho capito farò come ha detto Clementine. Aspetterò un po’ di tempo e poi le cancellerò la memoria. Alla fine non è un bene che ricordi. –
L’uomo asserì.
- Esatto. Meglio che non venga a sapere che il fatto che sia qui non è esattamente frutto dei tuoi capricci. –
Alec girò il viso, irritato. Non aveva voglia di ricominciare da capo quella discussione. Sapeva che lui disapprovava fortemente la presenza di Josephine ma sapeva anche che lo stava facendo per una buona causa. Finché la tenevano sottocontrollo avrebbero potuto evitare il Suo ritorno.
Per questo motivo si convinse una volta per tutte che era la scelta giusta. Così forse non si sarebbe ricordata di nulla. Così forse non sarebbe tornata. Forse.
Il giorno seguente, o meglio, la notte seguente Clementine si ripresentò a casa di Alec. Erano le undici e mezza quando il campanello aveva suonato. Chloe era andata ad aprire e aveva fatto accomodare la donna nel suo studio. Lui si era velocemente sistemato e l’aveva raggiunta. Appena varcata la soglia della stanza si era accorto della tensione e della rabbia che spiravano nell’aria.
- Perché non me l’hai detto subito?! Tu l’avevi già capito da un pezzo!! –
Alec prese un respiro profondo e si sedette sul divano chiudendo gli occhi.
- Sì. L’avevo capito dalla prima volta in cui l’ho vista. Poi ne ho avuto la con ferma.
- è in pericolo. Ora più di prima. Se gli anziani la trovano non sbaglieranno una seconda volta. E tu lo sai bene! –
- Ne sono consapevole. Per questo sono più intenzionato di prima nel cancellarle la memoria. Almeno così sarà al sicuro. –
Clementine lo fissò dritto negli occhi. A quel punto non pensava più che fosse una buona idea.
- No. Devi dirglielo. Deve riacquistare coscienza di sé. Deve sapere. Così avrebbe più possibilità di sopravvivere. –
- Non se ne parla! Gli anziani non la troveranno. È al sicuro. –
- E invece arriveranno sicuramente a lei alla fine! La troveranno e la uccideranno per sempre! Infondo lei è \ -
- Basta! –
Si alzò dal divano e le si parò davanti.
- Non dire più una parola! Non rivangare quella faccenda! Sono passati cent’ani ormai! Sono libero di fare quello che voglio!! –
La donna abbassò la testa intimidita. Quando Alec faceva così le metteva paura. Si conoscevano ormai da duecento anni e sapeva benissimo di cos’era capace.
- Va bene. Scusa. Fa come meglio credi. Sul serio solo… -
Gli si portò vicina e gli posò un leggero bacio sulla guancia.
- …Sta attento ok? –
Abbozzò un sorriso e uscì dalla stanza.
Lui la seguì.
- Aspetta! Scusami. Non volevo parlarti in quel modo è solo che… -
L’aveva raggiunta e ora le teneva una mano fra le sue.
- Non devi darmi spiegazioni, ok? Conosco la storia. –
- Ti aspetto domani. –
Le diede un bacio sulla guancia e la lasciò andare.
Alla fine tornò nel suo studio e si mise a lavorare.
Lettera dopo lettera, parola dopo parola, riga dopo riga, si accorse di aver scritto più di tre capitoli. L’orologio faceva le sette del mattino. Chiuse tutto e andò a dormire. Quando si alzò poté constatare che erano passate già dodici ore da quando si era coricato.
Scese al piano inferiore e trovò una lettera vicino alla porta d’ingresso.
Il timbro postale era quello di Parigi ma non c’era scritto chi fosse il mittente.
Quando l’aprì non ebbe più dubbi. La carta viola, l’inchiostro giallo e il profumo di vaniglia erano la caratteristica di Clementine fin da quando era una bambina.
 
Parigi, 24 giugno 2010
Alexandre…amico mio…
So che fa molto vecchio stile spedire lettere
ma a mio parere è molto più sicuro del spedire e-mail.
Volevo avvisarti che questa notte non potrò venire a trovarti,
ho urgenti impegni di lavoro che mi trattengono a Versailles fino a tardi.
Comunque…ho anche un’informazione da comunicarti.
Alcuni conoscenti hanno riconosciuto la tua Josephine in compagnia di un noto restauratore.
Erano al Louvre e dal loro comportamento si poteva notare una certa intimità.
Ho paura che possa essere troppo tardi.
Se non le cancelli la memoria potrebbe venirle “fame.”
Se non si risveglia da sola sarà quel tizio a fornirLe il pretesto.
Non c’è bisogno che ti spieghi altro.
Sai tutto meglio di me.
Sbrigati a farlo.
                                                                       Baci.
Tua Clementine.
 
Rilesse la lettera velocemente sperando di aver letto male.
Aveva capito benissimo.
Merda.
Doveva muoversi in fretta.
Non che gli importasse realmente della possibile orribile fine di quel tizio, ma non poteva rischiare che Lei tornasse.
Passò i successivi tre giorni a pensare a come fare per farla tornare. Il modo con cui si erano lasciati l’ultima volta non era dei migliori e lui si trovava spiazzato nel pensare a come comportarsi.
Duecento anni e aveva ancora di questi problemi!
Alla fine del settimo giorno provò a chiamarla ma il suo cellulare risultava spento e lui non aveva altri contatti telefonici.
Alla decima volta che ci provava il telefono squillò e Josephine rispose.
Decise di tenere la linea dello stronzo. In verità era l’unica maniera perché la sua rabbia e la sua agitazione non trapelassero.
La conversazione non fu delle più amabili. Si era rifiutata di tornare alla villa. E era con quell’uomo.
- Quell’insulso essere umano non può trattenerla! Lei è \-
Si fermò. Dirlo ad alta voce l’avrebbe reso reale.
Con tutti i luoghi in cui poteva scappare era tornata a Parigi.
Ma tanto non ricordava nulla. Del suo passato e tanto meno di chi ne aveva fatto parto.
Ad Alec il pensiero che non si ricordasse di lui lo faceva infuriare.
Reso da moti d’ira e gelosia uscì dalla villa, prese la sua Mercedes e si diresse a tutta velocità verso casa di Josephine.
________________________________________
Allor?
Un po' di Spoiler in questo capitolino eh?
Chi è in realtà la Piccola Josy??
Bho. Sono ancora confusa XD Sul serio!!
Però sono già a buon punto con il capitolo sette!!
Mi scuso per il ritardo ma tra punizioni, e il fatto che scrivo sempre tutto a mano ci metterò un po' ad aggiornare!!
Vogliate perdonarmi *fa inchino*
Grazie mille ancora a tutti e continuate  seguirnìmi!!!
_Akana_
 

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Capitolo 7
*** Un disastro di Week-End ***


Era già passato un mese da quando Alec le aveva cancellato la memoria.
Lei non ricordava assolutamente nulla su chi lui fosse realmente e lui non aveva più commesso errori che le permettessero di capire.
Più o meno ogni giorno, dopo aver finito di lavorare uscivano entrambi: Josephine si incontrava con Adriàn e Alec andava a rinchiudersi nell’hotel di fiducia insieme alla “cena” del giorno.
Tutto filava liscio, la routine si era ora mai instaurata e filava liscia giorno dopo giorno, indisturbata. Una sera arrivò a Villa Sougrént un invito. Si trattava di un ricevimento in onore dell’ultima importante pubblicazione di un noto giornalista parigino. Alec era stato invitato come ospite d’onore in quanto amico stretto dell’uomo e gli era stato richiesto di accompagnarsi ad una presenza femminile.
Ovviamente avrebbe obbligato Josy ad andare con lui.
- Domani mi accompagnerai a un ricevimento. –
Aveva esordito lui nel pieno della correzione di un nuovo capitolo. Lei aveva alzato lo sguardo dai fogli e lo aveva squadrato interamente, diffidente.
- è un ordine o un’offerta che posso declinare? –
- Indovina. –
- Ok. No grazie. Domani è sabato e vado con Adriàn in Costa Azzurra. –
Alec inarcò un sopracciglio.
“Appena un mese e già la Costa Azzurra?”
Ci sapeva fare. Ma quella era una sfida che non avrebbe perso.
- E se ti dicessi che dobbiamo andare a Versailles? –
Gli occhi della donna cominciarono a scintillare. Per qualche secondo parve combattuta e lui ne approfittò per assestare il colpo decisivo.
- Se dici di no ti trascino con la forza. Ho anche già mandato Chloe a prenderti un vestito adeguato. –
L’indecisione che la dominava scomparve in un nano secondo.
- Un vestito? Per me? –
Alec sorrise, vincitore
- Certo, infondo sarai la mia Dama. –
- In questo caso credo non si possa fare altro. Rimanderemo la partenza. –
Disse lei lasciando lo studio con il cellulare già alla mano. Rientrò dopo qualche secondo.
- Ma sia chiaro, questa è un’eccezione! –
- Va bene, va bene. –
 
La sera seguente Josephine si ritrovò a combattere contro il senso d colpa per aver dato buca ad Adriàn e contro i lacci del corsetto del suo vestito. Quando l’aveva indossato si era stupita della facilità con cui le aderiva, le entrava alla perfezione. Il corsetto era della giusta dimensione: ne troppo largo ne troppo stretto, l’orlo arrivava a sfiorare il pavimento. Persino le scarpe le calzavano a pennello.
In quel momento l’unico problema consisteva nell’allacciare i lacci che chiudevano il corsetto.
Sporgendosi leggermene dalla porta del bagno chiese aiuto a Chloe che era rimasta ad aspettare lì fuori.
Con una semplicità inaspettata sistemò il suo abito e Josy si abbandonò a lei lasciandosi truccare e sistemare i capelli come avrebbe fatto una bambina.
Venti minuti, un make-up e un’acconciatura dopo era pronta. Ringraziò la donna per il suo essenziale aiuto e si preparò a scendere di sotto. Fece appena in tempo a discendere i primi gradini che Alec si materializzò ai piedi della scalinata. Rimasero a guardarsi per interminabili e silenziosi minuti.
Lei, nel suo vestito blu come la notte, tempestato di pietre come fossero stelle che brillavano, appariva a suoi occhi come la più bella reincarnazione della notte stessa.
Lui, nel suo completo scuro le sembrava ancora più seducente. Le appariva come una fantastica creatura delle tenebre avvolta dal più denso dei misteri.
Fu Alec per primo ad interrompere quel contatto visivo sospeso nell’aria girandosi e andando verso un punto indefinito dell’ingresso a prendere un altrettanto oggetto indefinito. Josephine scese le scale e si fermò un po’ imbarazzata davanti a lui.
- Sei bellissima. –
Quelle parole inattese la colpirono alla sprovvista facendola arrossire violentemente. Era il primo complimento senza alcuno sfondo sessuale che riceveva in un mese e mezzo di collaborazione e convivenza.
Josy sorrise e si rallegrò ulteriormente constatando che anche il viso dell’atro si era aperto in un sorriso gentile e sincero.
- Grazie. –
Fu la sua risposta sussurrata. Aveva quasi paura di rompere quel momento parlando a voce alta.
Lui le rispose con un ulteriore sorriso e un’alzata di spalle. Poi, posandole lo scialle sulla schiena, la prese sotto braccio e uscirono entrambi dalla villa. Fuori Claude li stava aspettando a bordo della Mercedes. Una volta saliti la macchina partì alla volta di Versailles.
La reggia splendeva di luce propria. Agli occhi di Josephine era come un sogno. Non era la prima volta che la visitava ma ogni visita era carica di emozione. Quel posto era capace di trasmetterle le sensazioni e i ricordi di tutti coloro che vi erano vissuti.
Il ricevimento di quella sera si teneva nel giardino interno, il luogo più maestoso e poetico di tutti. L’uomo che li aveva invitati doveva avere un certo peso per essere riuscito ad utilizzare quel luogo per il suo ricevimento. Quando vi arrivarono Josy riuscì a riconoscere molti volti noti dell’alta società parigina e si limitò a sorridere cortesemente quando un po’ alla volta cominciarono a salutare e a scambiare due parole con Alec.
Lei fu ben felice di congedarsi per un po’ lasciandolo ai suoi conoscenti e cominciò a esplorare quel luogo carico di storia. Ad un certo punto mentre stava esaminando con interesse i disegni di una fontana scorse in lontananza Adriàn e poi Clementine.
“Dio, Dio, Dio! “
Presa alla sprovvista cercò con lo sguardo il suo accompagnatore e lo vide occupato a discutere con quello che le sembrò di riconoscere come il direttore di una delle case di moda più prestigiosa del paese.
Gli si avvicinò rapida, cercando di non attirare l’attenzione. Gli posò una mano sull’avambraccio e si sforzò per parlargli all’orecchio.
- Posso andarmene?! –
Alec rimase interdetto per qualche secondo prima di congedarsi dall’uomo e dare piena attenzione a lei.
- Perché te ne vuoi già andare? –
Josephine si guardò introno circospetta.
- Perché Adriàn è qui! –
Lui fece roteare gli occhi, visibilmente scocciato.
- E che problema c’è? –
- C’è che io gli ho detto che avevo da fare con il mio lavoro! Non che non sarei potuta partire perché dovevo partecipare a un evento mondano! –
Si fermò per riprendere fiato. Aveva esposto quel concetto velocemente e senza pause.
- Prima di tutto calmati. Secondo, se il tuo uomo ha qualcosa da ridire gli faremo notare che IO SONO il tuo lavoro. Terzo abbiamo un contratto secondo il quale sei alle mie “dipendenze”. O te ne sei già scordata? –
Le prese il viso tra le mani e incollò i suoi occhi a quelli di lei. Nel suo sguardo molte più parole andavano a completare il concetto che aveva appena espresso.
Era talmente vicino che poteva sentire il suo respiro sulla pelle.
All’improvviso una serie di immagini le si affollarono nella mente. Il suo corpo in balia di quello dell’uomo, sangue, due canini conficcati alla base del collo.
Velocemente interruppe il contatto e, spaventata fece un passo indietro.
- No…non me lo sono…dimenticata… -
Abbassò lo sguardo e cercò di dare un senso a quello che aveva appena visto nella sua mente. Non ne trovò alcuno. Diede la colpa alla suggestione e lasciò perdere.
Alec invece aveva preso a guardare la folla. Nessuno si era accorto di loro due tranne un uomo che lo stava fissando con insistenza e per lo più in malo modo. Non ci mise troppo a tirare le somme. Si trattava di Adriàn. Alec gli sorrise, sornione. Sapeva che stava rodendo dalla gelosia per quello che aveva appena visto, impotente. Ma, nonostante tutto quello in vantaggio non era lui. Questo perché l’altro poteva fare affidamento sull’amore della donna cosa che lui non avrebbe potuto riavere mai più.
Adriàn fissò il vuoto per qualche secondo prima di cominciare a dirigersi verso di loro a grandi passi.
Alec affiancò Josy sussurrandole due parole:
- Sta arrivando… -
Josephine alzò gli occhi e vide il suo uomo camminare verso di lei con uno sguardo truce dipinto sul volto.
- Cosa ci fai qui?! Non eri impegnata con il lavoro?! –
Il sorriso inespressivo di Alec si allargò, eloquente.
- Adriàn! Bhe…in effetti io…sono qui perché…perché… -
Si guardò intorno in cerca di una possibile scusa o mezza verità da propinare al compagno.
- Josephine è qui su mia personale richiesta. –
Adriàn spostò la sua attenzione dalla donna ad Alec. Senza cambiare la sua espressione, anzi.
- E lei sarebbe?! –
Chiese, visibilmente irato.
- Scusi la scortesia. Mi chiamo Alec Sougrént e bhe SONO il lavoro della sua ragazza. –
L’uomo rimase dubbioso per qualche secondo prima di collegare il suo cognome a ciò che realmente significava.
- Sougrént? Della Sougrént CORP. ? –
- Bhe mio padre. Io sono solo uno scrittore famoso e di bell’aspetto. –
“ Umile come al solito…”
Pensò Josy scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
- Comunque sia…Adriàn mi spiace non averti detto come stavano esattamente le cose…ma la mia presenza qui era necessaria, sul serio. –
Alec inarcò un sopracciglio, stupito. Ma nessuno dei due parve accorgersi del suo stupore.
- Non importa. Alla fine non era una bugia, no? –
Lei annuì convinta. Lui la baciò appassionatamente come segno di riappacificazione.
Nel frattempo, sulla fronte di Alec una vena pulsava ritmicamente accentuando la sua espressione leggermente schifata.
- Non fare quella faccia, ti fa sembrare vecchio. –
Clementine, spuntata dal nulla si trovava a fianco a lui e osservava la scena impassibile.
- Grazie… -
- Così è lui il famoso restauratore? –
Proseguì lei ignorando il commento apatico dell’amico.
- Già… -
Alexandre continuava a navigare nell’apatia nonostante la gelosia galoppasse dentro di lui.
Adriàn e Josephine si erano allontanati tenendosi per mano come due solo due sposini novelli avrebbero fatto e quella volta era toccato a lui stare li fermo, impotente.
- Bleah…tutto quello zucchero mi fa venire il diabete… -
- A chi lo dici… -
- Alexandre mi fai pena…se volevi far andare le cose diversamente non avresti dovuto cancellarle la memoria! –
Alec si ridestò in un secondo.
- Sei stata tu a dirmi di farlo! –
- Ma poi ho cambiato idea! –
- Vorresti davvero che quel poveretto finisca nelle sue mani?! –
- Non fare tanto il Buon Samaritano! Di lui non ti importa niente. Tu rivuoi lei. –
- Vuoi davvero che lo dica? –
- Si! –
- E va bene! La rivoglio! Che male c’è?! Infondo lei era mia! –
- Appunto, Era! Per caso hai dimenticato il motivo per cui è scappata?? Tu hai cercato di ucciderla! –
- Dopo che lei…\ -
Alec distolse lo sguardo dagli occhi smeraldo dell’amica senza concludere quella frase.
Entrambi si guardarono introno e capirono di non essere passati del tutto inosservati durante il loro piccolo litigio.
- Scusami. Questa conversazione era senza senso. –
- Niente affatto. Hai ragione tu. Cent’anni fa il nostro non era quello che si può definire un rapporto convenzionale. –
- Tienila al sicuro. Ora mai mi ci sono affezionata. Ok? –
- Certo. –
Un veloce bacio sulla guancia come dopo ogni litigio e la donna scomparve tra la folla degli invitata così come era arrivata.
Di nuovo solo Alec si sentì improvvisamente provato. Aveva fame ma non poteva di certo andarsene nel bel mezzo del ricevimento. Men che meno poteva abbordare una donna e nutrirsene in un bagno della reggia. Decise di resistere. Si sedette su una panchina e cercò di concentrare la sua attenzione su qualcos’altro. Ma, più passava il tempo, più il respiro gli si faceva irregolare e la vista appannata.
Josephine, che in quel momento lo stava cercando con lo sguardo, lo vide sdraiato su una panca e pensando che si fosse addormentato fece per andare a rimproverarlo. A qualche metro da lui si accorse che non era come sembrava. Prontamente estrasse il cellulare dalla pochette e digitò il numero delle emergenze che Claude le aveva fornito.
<< Pronto? Signorina Josephine?? >>
<< Claude, sono io! Alec sta male fai in fretta! >>
<< Arrivo subito! >>
Con fatica gli sollevò il busto per agevolare la respirazione e gli toccò la fronte.
- Scotta! Maledizione, come diavolo hai fatto ad ammalarti? –
Al suono della sua voce Alec socchiuse gli occhi. Constato che si  trattava di lei li richiuse senza dire una parola.
Josy invece rimase pietrificata alla vista di quegli occhi rossi come il sangue.
“ Com’è possibile?! Sono sicura al cento per cento che i suoi occhi sono blu! “
D’improvviso, com’era successo qualche ora prima, la mente le si riempì di immagini raccapriccianti raffiguranti sangue, sesso e morte. Immagini spaventose che le misero addosso un profondo senso d’inquietudine. Aveva l’impulso di mollare lì l’uomo e scappare il più lontano possibile. Fortunatamente tornò presto a ragionare e si sentì sollevata quando vide arrivare Claude. L’uomo a dispetto delle apparenze dimostrò di avere una forza fisica smisurata sollevando senza alcuna fatica Alec e portandolo fuori dalla Reggia in braccio. Velocemente lo fece salire in macchina e formò Josy quando tentò di salire dietro insieme a lui. Le diede invece le chiavi di un’altra auto dicendole che si trovava nel parcheggio adiacente e di tornare in Villa con quella. Non fece obbiezioni e obbedì.
Una volta tornata a casa rimase sveglia fino a che poté tenere gli occhi aperti, poi crollò addormentata sul letto.
Quando si fu svegliata il senso d’agitazione non l’aveva ancora lasciata. Era preoccupata per lo stato di salute dell’uomo ma anche per quelle immagini che la sera precedente le erano apparse più volte.
Uscì dalla stanza e fece un giro per la casa. Non c’era anima viva. Scostò la grande tenda dell’ingresso e constatò che oltre alla sua piccola Peugeot c’era solo l’auto con cui era tornata da Versailles. Un sospiro preoccupato spezzò il silenzio per una frazione di secondo.
Cercando di calmarsi tornò al piano superiore, prese dalla scrivania gli occhiali da vista che usava solo in mancanza delle lenti, tornò di sotto e prese un libro a caso dalla libreria. Nonostante la lettura fosse di rilevante interesse non riusciva a non pensare a che fine avessero fatto tutti.
Qualche ora più tardi, mentre armeggiava con i fornelli della cucina, un rumore assordante la fece spaventare. Chiuse il gas e uscì nel salotto. Davanti a lei, nell’ingresso, vi erano tre uomini imponenti vestiti di blu con gli occhiali scuri.
- Che diavolo?! –
I tre energumeni si voltarono a guardarla.
- Chi è lei? –
Chiese quello di mezzo con tono autorevole.
- Chi siete voi! –
- Risponda alla mia domanda. –
Josephine, intuendo che la sua posizione non era delle migliori decise di rispondere.
- Mi chiamo Josephine Lacroix. Sono l’Editor del Signor Sougrént. –
- Dov’è il Signor Alec? –
- Non ne ho idea. Non è tornato a casa la notte scorsa. –
- Bene. –
Disse toccandosi l’auricolare nell’orecchio e cominciando a parlare.
- Signore. Suo figlio non è in casa. –
Silenzio.
- Bene. Sì, c’è solo la sua Editor. –
Silenzio.
- Non lo so. Non penso. Ah, ok, certamente. –
Tolse la mano dall’auricolare e si rivolse all’uomo alla sua destra.
- Vai a prendere il Direttore. –
- Certamente. –
Il tizio uscì e l’altro riprese a rivolgersi a lei.
- Lei. –
- Si? –
- Il Signor Sougrént desidera parlarle. –
- Ah…con me? –
- Sì. –
- Ok. –
Dopo qualche secondo il boato assordante di poco prima riempì il silenzio. Guardò fuori dalla finestra e vide l’elicottero a meno di un metro dal giardino. Dal veicolo scese un uomo ch aveva al massimo quarantacinque anni. Aveva l’aria distinta e lo sguardo severo. Scortato dall’energumeno in blu entrò nella villa e fece capolino nel salone.
Con un semplice gesto della mano congedò i tre bestioni e si girò verso di lei stringendole calorosamente la mano e cominciando a sorridere.
- Ciao ragazzina! Chi sei? –
Josephine ci rimase malissimo. Com’era possibile che due membri su due della stessa famiglia la scambiassero per un’adolescente?
- Ehm…Signore…io sono l’Editor di suo figlio…e ho venticinque anni… -
- Ah! –
Rimase immobile per due secondi prima di scoppiare in una fragorosa risata.
- Hahaha che stupido! Come ho fatto a non arrivarci? Perdona la mia indiscrezione! Hahaha. –
La sua immagine da uomo serio e professionale era caduta in meno di due minuti.
- Si figuri… -
- Suvvia! Dammi del tu! Mi chiamo Dominic, sono il padre di quello scellerato che ti ha “assunta”. –
Disse senza smettere di sorridere.
- Piacere di conoscerti Dominic, sono Josephine! –
- Ah Josephine! Che nome incantevole! Degno di una donna raffinata ed elegante. –
- Lei è troppo gentile! –
- Si figuri! –
- Ma, dimmi. Come mai questa visita improvvisa? –
Josy ebbe l’impressione che, per una frazione di secondo, l’uomo avesse smesso di sorridere e si fosse rabbuiato.
- Avevo bisogno di parlare con il mio travagliato figlio ma a quanto vedo non è qui. –
- mi spiace. Ieri sera eravamo fuori e si è sentito poco bene. È andato via con Claude e non sono ancora tornati. –
Disse lei lasciando che tutta la sua preoccupazione riaffiorasse.
- Non preoccuparti, saranno presto d ritorno. –
- Lo spero. Questa casa è tropo grande per starci da sola. –
Si fermò un attimo poi asserì.
- Molto bene. È stato un vero piacere conoscerti Josephine. –
- Vale la stessa cosa per me Dominic. –
Sorrise. Alec e suo padre, seppur molto simile nell’aspetto e nel portamento avevano due caratteri completamente diversi.
L’uomo stava per uscire quando si fermò per dire un’ultima cosa.
- Ah, Josephine? –
- Si? –
- Stia attenta. E dì a quel fannullone di mio figlio di chiamarmi appena rientra. –
- Certamente. –
Uscì chiudendosi il grande portone di mogano alle spalle.
Josy rimasta sola andò a chiudersi nello studio a correggere gli ultimi capitoli scritti. Stanca per tutta l’ansia accumulata nel corso della giornata, si addormentò quasi subito. Nonostante la stanchezza si svegliò poche ore dopo, la casa ancora immersa nel silenzio più completo. Si alzò a fatica dal divano, fece un rapido giro per la Villa e poi si chiuse in camera sua.
Riuscì a prendere sonno solo diverso tempo dopo essersi coricata e, quando finalmente vi sprofondò, un visitatore inatteso accorse a disturbarla.
….
All’improvviso la porta e la finestra si spalancarono svegliando la donna di colpo. Josephine aprì gli occhi appena in tempo per vedere due uomini vestiti di bianco piombargli addosso. Con una prontezza che non credeva di avere riuscì a schivare il colpo diretto alla sua faccia che andò a colpire e a distruggere uno dei pali del baldacchino. In quell’istante in cui sentiva la sua vita in pericolo, il suo istinto di sopravvivenza prese il sopravvento.
Afferrò la pesante lampada in ottone dal comodino e con tutte le sue forze la scagliò addosso a uno dei suoi assalitori. Il colpo andò a segno ma con scarsi risultati. Quello non si era fatto assolutamente niente, nemmeno un graffio.
Evitò di rimanere stupita tropo a lungo. Doveva uscire da quella stanza ma si trovava spalle al muro.
Il suo sguardo corse verso le lenzuola e un’idea la fulminò. Velocemente le afferrò e le tirò verso i due. Quella distrazione di stoffa gli diede il tempo necessario per correre al piano inferiore, spalancare il portone d’ingresso e cominciare a correre verso il cancello principale. Corse il più velocemente possibile ma il sentiero sembrava allungarsi a dismisura, senza fine. Stanca e senza fiato si nascose dietro un albero.
- Tana!! –
L’avevano trovata!
Non ebbe nemmeno il tempo di ricominciare a correre. In due la imprigionarono legandola al grosso albero. In pochi secondi la cosparsero di un liquido freddo e puzzolente, accesero un fiammifero e glielo lanciarono addosso. Stava per morire bruciata.
….
Un urlo straziante squarciò il silenzio della casa.
- Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh~~~ -
Quello di Josephine era un urlo di puro terrore che la fece svegliare di soprassalto. Era sudata e aveva il fiato corto.
Dopo pochi secondi la porta della stanza si aprì facendola sussultare.
- Ehi Piccola J! Tutto bene?! –
Era Alec!
Ancora scossa da quel sogno dannatamente realistico scoppiò a piangere come una bambina e raccontò tra i singhiozzi ciò che aveva visto all’uomo che, seduto sul letto la ascoltava accarezzandole premurosamente i capelli.
Quando si fu calmata riuscì a raccontargli anche della visita del padre e li riferì quanto richiesto.
- Grazie mille. Ora riposa, oggi andrò avanti da solo. –
- Mh. –
Annuì obbediente.
Alec uscì dalla stanza, prese in mano il cellulare e digitò un numero e, quando dall’altro capo risposero, parlò senza preamboli.
- Sono arrivati. I cani del consiglio l’hanno trovata. –
______________________________
Waaa~~~~~~
Settimo Capitolo finito. Evvai!
Come sempre il prossimo è già in cantiere. Conto su una buona ispirazione del panorama Romano la settimana prossima v.v
Vabbuo non ho motlo da dire su questo capitolo...voi che dite???
Ringrazie tutti quelli che mi seguono e recensiscono v.v

Ah! Un'ultima cosa:
in questo capitolo come avrete notato sono riportate le descrizioni degli abiti da sera ma se realmente non avete una bella immagine di come sono fatti sono postati sul Blog a quest'indirizzo:
http://thequeenoffantasy.myblog.it/
Ah...vi aspetta anche una bella Preview di non so quale capitolo futuro ma era troppo bella e Piccante (v.v) per lasciarsela sfuggire di mente quiiindi, andetevela a leggere v.v

è davvero tutto.
_Akana_ 

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Capitolo 8
*** Lovely, Little Brat. ***


Saaaalveee ^^
Sono tornata con l'ottavo capitolo!! yeeee *____*
Che ne dite, era ora no??
Mi scuso moltissimo con tutti ma ho avuto qualche problemino con la mia ispirazione anche se alla fine il capitolo è venuto lungo più o meno sette pagine di word...XD
Ah, ho anche creato una nuova Cover per celebrare un evento che segnerà una svolta nella storia! Godetevela!




Agosto era alle porte e il romanzo quasi a metà.
La vita aveva ripreso a scorrere tranquilla, niente e nessuno turbava la quiete di Villa Sougrént.
Ma, nonostante la calma apparente, Josephine continuava a fare quell’incubo ricorrente che la sfiancava ogni notte. Alec le aveva dato un periodo di stacco per rilassarsi.
Un giorno, mentre era in piscina con Adriàn, ricevette una chiamata da una sua vecchia amica.
<< Pronto? >>
<< Josephine? Sono Amelì! >>
<< Amelì! Che piacere risentirti dopo tanto tempo! Come ti vanno le cose? >>
<< Bene grazie. E tu? Ho sentito che hai per le mani un lavoro importante! >>
<< Wow, le notizie corrono eh? >>
<< Già! Beata te che te ne stai tutto il giorno tutti i giorni in quella stupenda Villa con quell’uomo così affascinante… >>
<< Ehi, conosco quel tono di voce! Se proprio ti interessa saperlo la risposta è no. Non ci sono andata a letto! >>
<< Io non ho detto nulla! >>
<< Però l’hai pensato! Comunque sia sono già impegnata…>>
<< Sul serio?! Come si chiama?! >>
<< Adriàn Ma- >>
<< Oh Mio Dio! Ma allora se tu la sua nuova fiamma! >>
<< Eh?! >>
<< A Berlino è molto conosciuto e alcune mie colleghe seguono ogni gossip che lo riguarda! >>
<< Sul serio? >>
<< Certo! Hai fatto davvero un bel colpo piccola J! >>
<< Grazie, grazie. Ma dimmi…come mai questa improvvisa chiamata? Pensavo fossi ancora a Berlino. >>
<< Sono dovuta tornare per alcuni problemi familiari… >>
<< Non si tratta della piccola, vero?! >>
<< No, no. Lei sta anche troppo bene >>
<< Meno male. Comunque, perché mi hai chiamata? >>
<< Ci deve essere per forza una ragione? Non potevo aver solamente voglia di sentire la mia migliore amica? >>
<< Questo non lo nego ma ti conosco. Se mi hai chiamata così all’improvviso deve esserci una ragione. >>
Qualche secondo di silenzio e un sospiro poi Amelì riprese a parlare.
<< Ok, un motivo c’è. >>
<< Dimmi tutto. >>
<< La moglie di mio fratello maggiore ha avuto dei problemi di salute e adesso è ricoverata in ospedale e lui non si può più prendere cura di Janette. Mi chiedevo, visto che tu sei l’unica qui a Parigi oltre a mio fratello su cui posso contare, se ti potessi prendere cura di lei per qualche giorno…>>
<< Amelì tu sai bene che farei di tutto per te e per la piccola ma quella non è casa mia, non so se posso. >>
<< Ti prego!!! >>
Josephine sospirò. Non poteva dirle di no, non a lei.
<< Va bene. Chiederò oggi stesso ad Alec. >>
<< Grazie mille Josy, sei davvero la migliore. >
<< Questo e altro per te. >>
<< Ti voglio bene. >>
<< Te ne voglio anche io. >>
<< Au revoir Mademoiselle Josephine. >>
<< Auf Wiedersen Fräulin Amelì. >>
Una risata complice partì da entrambe le parti prima di riattaccare.
Qualche ora più tardi in Villa, ne discusse con Alec. L’uomo era riluttante all’idea di avere una “mocciosa” di dieci anni che girava per casa ma, un po’ di moine e occhi dolci bastarono a dissuaderlo. D’altronde lui avrebbe fatto qualunque cosa la rendesse felice. Tutto pur di averla sempre con se.
Il giorno seguente, dopo aver informato Amelì si recò a casa sua per prendere Janette. Al suo arrivo la bambina gli si gettò tra le braccia.
- Zia Josy!!! –
- Janette! Piccola mia, come stai? –
- Bene. Amelì mi ha detto che vivrò con te in un castello! –
Josephine alzò gli occhi verso l’amica che le fece spallucce.
- Bhe, è una villa ma è bella grande! –
Janette parve non notare la differenza tra le due definizioni, era contenta ugualmente.
Dopo saluti e salutini caricò le valigie sulla Peugeot verde e partirono alla volta di Villa Sougrént.
Arrivate al cancello d’ingresso Janette era già felice come una pasqua e non vedeva l’ora di scendere dall’auto e correre a esplorare ogni angolo dell’enorme parco.
Alec le stava aspettando nel salone, le tende semi scostate per l’occasione.
- Siamo arrivate! –
La voce di Josy echeggiò nell’atrio. L’uomo si alzò dal divano e le andò in contro. La donna era in piedi al centro della stanza mentre una bambina si guardava intorno curiosa.
- Bentornata. –
- Grazie. Comunque, lei è Janette. –
La bimba, sente dosi nominare sfoggiò un sorrisone infantile che li fece intenerire entrambi. I lunghi capelli castani erano attraversati da ciocche bionde. Gli occhioni azzurri scintillavano eccitati.
Janette, senza aspettare che l’uomo si presentasse, gli si avvicinò e prese a fissarlo dritto negli occhi.
- Tu sei il fidanzato di Zia Josy, vero? –
Josephine si sentì svenire mentre lui scoppiò a ridere.
Abbassandosi verso di lei, incollò il suo sguardo a quello cioccolato della donna.
- Piccolina, a te piacerebbe se io lo fossi? –
- Si!! Sei bellissimo come lei e quindi dovete stare insieme! –
Alec, che non aveva spostato il suo sguardo di un millimetro, sorrise malizioso e allusivo alla donna che lo stava guardando con fare omicida.
Ma, nonostante tutto, continuò a chiacchierare imperterrito con la piccola Janette.
- E dimmi piccola, cosa dovremmo fare io e la Zia Josy per sembrarti una vera coppia? –
La bimba sorrise, innocente.
- Il mio fratellone e sua moglie facevano tutto insieme. Cucinavano,mangiavano,pulivano insieme. Si coccolavano e dormivano nello stesso letto. –
Josephine sgranò gli occhi a quella risposta. Cercò di fermare quel discorso lanciando un’occhiataccia all’uomo ma lui scrollò le spalle e andò avanti.
- Capisco. Quindi vorresti dormire con noi? –
- Posso? Sul serio?! –
- Certo. Sarai la benvenuta nel nostro  letto ogni volta che vorrai. –
Alec sembrava ancora più entusiasta della bambina a quel pensiero.
Aveva anche calcato la voce sull’aggettivo possessivo e Josephine si innervosì parecchio all’idea di dover dormire con lui.
Ma come Alec non avrebbe deluso lei, lei non avrebbe deluso Janette. La piccola aveva bisogno di stabilità e, se fingere di fare coppia con Alec gliel’avesse fornita, l’avrebbe fatto. Cascasse il mondo.
- è tutto vero Zia Josy? –
Chiese la bambina entusiasta girandosi verso di lei. Josephine fissò prima Alec poi lei.
- Si, è tutto vero. –
Confermò sorridendo alla fine.
- Che bello! Finalmente una famiglia tutta per me! –
La donna a quelle parole si arrese definitivamente a ciò che l’aspettava. Se si trattava solo di dover dormire nello stesso letto ce l’avrebbe fatta, forse.
Come se avesse intuito il suo piccolo sollievo, Janette avanzò un’ultima richiesta.
- Vi date un bacio? –
Quella proposta, pronunciata da una bimba innocente, la faceva sembrare banale e cast ma lei sapeva di non poter contare troppo sulla “castità” di Alec.
Josephine si portò vicino all’uomo, gli mise le mani sulle spalle e gli sussurrò in un orecchio.
- Approfittane e sei morto. –
Lui si scostò e le stampò un sonoro bacio sulla bocca.
- Di certo non davanti alla piccola. –
Disse lui ancora a pochi millimetri dalle sue labbra. Lei lo guardò torva ma riprese a sorridere come se niente fosse.
- Contenta? –
- Si! –
- Bene, adesso lo zio Alec ti porta a vedere il giardino ok? -
- Ok! –
- Comincia pure ad andare, ti raggiunto subito! –
- Va bene! –
La piccola peste uscì dalla casa correndo verso l’enorme parco che circondava la villa.
- Approfittane per spostare le tue cose in camera mia. –
- Perché? –
Alec sospirò.
- Perché faremo stare Janette nella tua stanza e tu verrai da me. –
- …Forse avrei dovuto rifiutare…. –
Disse mentre saliva le scale. Alec rise e uscì in giardino.
La sera, nonostante di solito cenasse solo Josy, si trovarono tutti in sala da pranzo dove Chloe servì la cena allegramente. Sia lei che Claude erano rimasti colpiti dal modo in cui Alec si comportava con la piccola Janette ma erano anche tanto contenti di avere una bambina in giro per casa.
Verso le nove e mezza di sera la piccola cominciò a dare segni di cedimento.
- Hai sonno? –
Le chiese Josy da dietro un libro.
- Si… -
- Ok, aspetta qui un secondo. –
- Mmh… -
La donna andò a chiamare Alec.
- Janette ha sonno. La porto di sopra. Per evitarle preoccupazioni predi il PC e vieni in camera. –
- …Ok. –
Scomparve per il corridoio mentre Alec si ritrovò a pensare che sarebbe stata una madre terribilmente perfetta.
Qualche minuto più tardi la raggiunse al piano superiore. Stava dando la buona notte alla piccola.
- ‘Notte Piccolina. –
Si intrufolò nella stanza per salutare.
- Notte Piccola peste. Per qualsiasi cosa la nostra stanza è quella con la porta aperta, ok? –
Janette annuì.
- Notte Zia Josy, Notte Zio Alec. –
Entrambi uscirono lasciando la porta aperta.
Josy si fermò in bagno e Alec si diresse verso la camera da letto. Lei si cambiò indossando una camicia da notte blu con le spalline che arrivava giusto qualche centimetro sopra il ginocchio.
Uscì dal bagno e il cuore prese a batterle freneticamente.
“ Calma e sangue freddo…”
Nonostante tutto era nervosa. L’idea di dormire con Alec la tormentava. Non sapeva spiegarsi il perché ma sentiva che quell’uomo faceva uno strano effetto a tutto il suo corpo ogni volta che la toccava.
è perché ti eccita….♦
Una vocina che proveniva dalle profondità del suo cervello le rispose facendola arrossire violentemente.
Da qualche parte nel suo subconscio la risposta, scontata fin dall’inizio, tornò a galla prepotente.
A passo lento entrò nella camera da letto. Uno sguardo veloce le bastò per capire da chi era stata arredata.  La base del letto era rotonda ma il materasso era rettangolare. Una moltitudine di specchi erano montati dietro alla testata e riflettevano la luce dell’elegante lampadario. Le pareti, dipinte di rosso carminio, si intonavano alla perfezione con le pesanti tende appese alle finestre aperte. Alec era seduto sul letto e aveva il portatile sulle gambe. Gli occhi coperti da occhiali riposa - vista e i capelli legati in una piccola coda. In dosso solo una leggera maglietta di lino bianca e un paio di calzoncini di una qualche tuta.
In poche,semplici e concise parole era dannatamente eccitante.
- Vieni o hai intenzione di rimanere sulla porta? –
Disse senza nemmeno staccare gli occhi dal portatile.
- …Mmh… -
Ancora rossa in viso camminò verso il lato del letto lasciato libero. Il materasso sprofondò impercettibilmente sotto al suo esile peso.
Alec si voltò e vide Josephine avvolta nella camicia blu notte. Sgranò gli occhi. Non credeva che si presentasse solo con quella addosso. Sperare in un pigiama anti-stupro era già tanto.
Cercò di calmare i bollenti spiriti alla vista di quel corpo che trovava afrodisiaco.
Spense il computer e lo posò sulla scrivania.
Josy notando la pausa di silenzio, aprì gli occhi che erano rimasti chiusi, coperti dal braccio che aveva posato sopra il viso, e si trovò a fissare l’uomo che aveva lo sguardo fisso sul suo corpo.
Sostenne il suo sguardo per qualche secondo poi richiuse gli occhi, imbarazzata da quella situazione.
- …Vado a cambiarmi… -
Fece per alzarsi dal letto quando Alec la afferrò per un polso.
- …Devo cambiarmi…lasciami… -
Senza dire una parola la strattonò facendola cadere di schiena sul letto.
Le si accostò e rimase a fissarla per una frazione di secondo prima di alzare una mano e cominciare a percorrere con le dita il profilo del suo volto soffermandosi prima sulle labbra, poi sul collo, sulle spalle, sul ventre per poi risalire e soffermarsi sui seni.
Le sue labbra si posarono sul suo collo baciando e leccando ogni centimetro di pelle con cui venivano a contatto. Proseguì la sua tortura portandosi a pochi centimetri dalle labbra della donna che, sotto a quel tocco e a quei baci stava fremendo.
Quell’attimo in cui i loro sguardi si incrociarono rimase sospeso nell’aria. Gli occhi cioccolato di Josephine erano diventati lucidi e profondi e Alec si sentiva trascinato in un vortice senza ritorno.
Josy distolse lo sguardo. Per quanto non le dispiacesse essere toccata e guardata da lui, non era capace di reggere il suo sguardo per troppo tempo. Tutto il suo corpo si infiammava sotto i suoi occhi cobalto e perdeva ogni capacità di controllo.
Alec si mise cavalcioni sopra di lei e le rese il viso tra le mani costringendola a fa rincontrare i loro sguardi.
Lei aveva le gote arrossate, gli occhi lucidi e pieni di desiderio, il fiato corto.
Lui…bhe la sua eccitazione era piuttosto evidente.
Notando uno l’eccitazione dell’altra si lasciarono completamente trasportare.
Lui la baciò con urgenza, deciso a mettere fine a quella tortura quanto prima. Ma Josy non sembrava essere dello stesso avviso. Più i baci si approfondivano meno riusciva a essere razionale. Quella che prima era stata solo una vocina nel suo subconscio ora era diventata l’unica parte pensate di lei e pensava a una cosa sola: Fallo!
Senza pensarlo due volte inarcò la schiena cercando di far aderire il suo corpo a quello dell’uomo. Lui, intuendo le sue intenzioni non si lasciò sfuggire l’occasione. Si sdraiò sopra di lei facendo combaciare perfettamente i loro corpi. Le mani di Josy si aggrapparono alla sua maglietta e cercarono di sfilargliela; se la tolse facilitandole il lavoro. Quando le mani di Alec scesero con urgenza sul suo corpo Josephine si lasciò andare del tutto. Continuando ad inarcare la schiena per approfondire il contatto, si sfilò la camicia da notte rimanendo solo con addosso un paio di slip, il seno nudo. Alec alzò lo sguardo sul suo corpo e sorrise ammaliato. Stava per riprendere da dove si era fermato quando sentì la porta d’ingresso sbattere violentemente.
L’uomo, seppur restio ad alzarsi da quel letto, scese a controllare che fosse successo lasciando Josy stesa sul letto, seminuda un po’ spaventata ma ancora estremamente eccitata.
Dieci minuti dopo Alec non era ancora tornato e delle voci sempre più alte cominciavano a farsi sentire. Lentamente si rivestì e uscì dalla stanza. Si fermò nella camera di Janette e vide che la piccola stava ancora dormendo profondamente. Uscì e chiuse la porta per non disturbarla. Cercando di fare meno rumore possibile scese le scale, si fermò nell’atrio e tese l’orecchio. Nella stanza adiacente Alec discuteva animatamente con due sconosciuti.
- …è inutile, sappiamo che è qui! –
- Non tentare di nasconderla! La vogliamo! –
- è fuori discussione, andatevene! –
Alec pareva irritato e anche parecchio. Sembrava non aver gradito l’interruzione che quei due avevano costituito.
Ad un certo punto Josy si sentì mancare. Era riuscita a spiare nel salone e a vedere i due uomini in faccia riconoscendoli come quelli che, da un mese a quella parte, popolavano i suoi incubi.
Si appoggiò alla parete, la fronte imperlata di sudore e il respiro irregolare.
Intanto il dialogo nella stanza accanto continuava…
- Alexandre, non perdiamo tempo. Dacci la donna. –
- Lo ripeto per l’ultima volta. Uscite da casa mia o sarò costretto a farvi molto male. Se Jean la vuole morta che venga a sbrigarsela di persona! –
I due uomini in bianco si guardarono per un secondo poi sparirono velocemente come erano apparsi.
Alec uscì dal salone e trovò Josephine accasciata a terra con il fiatone.
- Ehi piccola! Va tutto bene, sono qui. Che succede? –
 - …Quei due…loro continuano a uccidermi… -
Era confusa e tremava. Negli occhi un’espressione di puro terrore.
- Shh~ Niente panico. Ora sei al sicuro. –
- Mmh… -
Annuì poco convinta. Non era così convinta di essere fuori pericolo.
- Riesci ad alzarti? –
Scosse la testa. Non se le sentiva nemmeno più le gambe!
La prese in braccio e lentamente salì le scale fino alla camera da letto. La fece stendere e si sdraiò al suo fianco. Ancora scossa si rannicchiò contro di lui e appoggiò la testa sul suo petto. Lui le cinse la vita con un braccio e si addormentarono in quella posizione.
Quando alle nove Josephine si alzò nulla era cambiato. Arrossì violentemente quando i ricordi della notte appena trascorsa l’avvolsero. Era anche pronta ad accogliere il senso di colpa per aver ceduto alla tentazione ma non arrivò.
Scosse leggermente il capo e si diede un leggero schiaffo per svegliarsi.
Scese di sotto senza nemmeno controllare la camera di Janette dando per scontato che dormisse ancora. Ma, al piano inferiore, vide la bambina parlare con un uomo che non aveva mai visto.
Spaventata allontanò la bambina.
- Chi è lei? Che ci fa qui?! –
- Oh~ quanta scortesia! Stavo solo parlando con la bambina! –
Josy si fermò qualche secondo ad osservarlo. Era relativamente giovane, doveva avere al massimo una trentina d’anni. I capelli rosso fuoco gli ricadevano sulle spalle, lisci e incorniciavano il viso sul quale spiccavano due occhi verdi smeraldo.
Il viso dell’uomo si aprì in un sorriso che fece venire i brividi a Josephine.
- Non ha risposto alla mia domanda. –
- Mi stai dicendo che non ti ricorsi di me? Mon cherì questo mi spezza il cuore… -
Josy non aveva mai visto quell’uomo in  tutta la sua vita e tutta quella confidenza la infastidiva parecchio.
- Non ho la più pallida idea di chi lei sia quindi se ne vada! –
Lo sconosciuto scosse la testa lentamente schioccando la lingua.
- Louren, Louren, Louren…vedo che nonostante tutto questo tempo il tuo caratteraccio non è cambiato… -
- Zia Josy…dov’è Zio Alec? –
Josephine si voltò vero la bambina.
- Perché non lo vai a svegliare? È in camera nostra, digli che abbiamo ospiti. –
La bimba scomparve per le scale e lei si sedette sul divano.
- È chiaro che lei non ha alcuna intenzione né di dirmi come si chiama né di andarsene. Quindi non le dispiacerà aspettare il padrone di casa… -
- Affatto. Sono qui giusto per lui… -
Un paio di minuti dopo una figura ancora addormentata fece la sua apparizione nella stanza.
Alec si svegliò completamente alla vista dell’uomo seduto sulla sua poltrona.
- Alla fine hai deciso di scomodarti… -
- Già….ora mai gli assistenti sono buoni solo a piantar grane… -
- Comunque sia, non sei un po’ troppo mattiniero? –
- In effetti…ma vedi mio caro Alexandre, certe cose non possono aspettare. –
L’uomo si voltò verso Josephine che si era seduta sullo sgabello del pianoforte dietro di lui e le lanciò un’occhiata veloce prima di riprendere il filo del discorso.
- Mi sorprende che Louren non si sia ancora fatta viva…sono passati già quanti? Tre mesi? –
- Sì. –
- è inutile che ti dica che è tutto a tuo rischio e pericolo… -
- Esatto, è inutile. Sono preparato a subire le conseguenze del suo ritorno. –
L’individuo che ancora non era stato identificato con nessun nome in particolare rise sotto i baffi.
- Oh, ne sono certo…ma non sarebbe meglio dare a me la fonte di tutti i tuoi problemi? Hai già fallito una volta e io non vorrei ritrovarmi di nuovo nella situazione di dover girare il mondo in cerca delle Nobili Famiglie per rifare da capo il Consiglio dopo che una donna assetata di vendetta ne ha dimezzato i membri. –
Lo sguardo di Alec si affilò e puntò i suoi occhi cobalto sulla donna. Sembrava un cerbiatto spaventato che cerca di apparire più forte di quello che è. Di certo non sembrava per niente la donna che, cent’anni prima, aveva sterminato senza fatica tre quarti degli uomini più forti dell’intera comunità.
- Sai bene che non è un mio problema. –
- Oh si che lo è. La colpa è solo tua. –
- Io non l’avrei mai toccata e tu questo lo sapevi benissimo anche all’epoca! –
- Ah è vero…tu l’amavi! Ma questo non mi sembra ti abbia messo qualche scrupolo nei confronti di suo fratello… -
Dolore e rabbia si dipinsero in successione sul volto di Alec. Per quanto detestasse ammetterlo Jean aveva ragione. Quella era la cosa peggiore di cui si era macchiato in tutta la sua lunga esistenza.
- …Ne sto ancora pagando le conseguenze. Il senso di colpa non è così facile da eliminare. –
- …Immaginò sia così. Ora però non ho tempo per i sentimentalismi. Sono qui per un motivo e pretendo che tu mi consegni quel che voglio. –
- in primo luogo non  parlare di lei come se fosse un oggetto. E poi, credi davvero che si lascerà eliminare senza opporre resistenza? –
Jean ruppe il silenzio della stanza con una fragorosa risata.
- Alexandre, tu mi stai sfidando. –
Alzò una mano e mosse un dito come per dire “vieni qui” e Josephine, completamente incapace di controllare le sue azioni, si alzò dallo sgabello dirigendosi verso Jean. Lui, che ancora aveva la mano alzata, fece segno alla donna di sedersi sulle sue gambe. Lei, senza poter fare nulla per impedire al proprio corpo di muoversi, ci si sedette sopra.
- Bene, bene. Siamo ubbidienti eh? –
Lo sguardo della donna era pieno di paura e confusione. Non capiva come potesse farle una cosa del genere. Era
orrendamente surreale.
- Jean! Che intenzioni hai?! –
L’uomo sorrise sornione.
- Visto che mi sto annoiando, la riporto indietro. –
Alec si immobilizzò.
- No, non farlo! –
- Oh sì. Sì che lo farò. –
Alexandre si alzò di scatto cercando di strappare Josephine dalle grinfie del capo del Consiglio ma fu respinto con un semplice gesto della mano.
- Alexandre, sta buono e goditi lo spettacolo. –
Provò ancora ad alzarsi ma i suoi piedi sembravano non essere interessati a muoversi dal pavimento.
- Torniamo a noi Madamoiselle Louren…perchè non cominciamo con un piccolo giochino di memoria? Dimmi, chi sono io? –
La donna, seduta sulle gambe di quello sconosciuto parve disorientata.
- Io…non lo so…non so chi lei sia… -
L’uomo assunse un finto broncio.
- Pensaci bene… -
Le sussurrò in un orecchio. Lentamente le scostò i capelli dal collo e cominciò a mordere lievemente ogni centimetro di pelle. Poi, in modo molto languido, succhiò dove prima aveva morso lasciando dei piccoli lividi ogni qual volta che si spostava.
Il terrore prese pieno possesso di Josephine scavando nella parte più recondita e buia della sua memoria.
{Una donna dai capelli mossi e neri giaceva nuda su un letto. Le labbra erano bagnate dal liquido scarlatto che le colava fin sopra la gola a lato della quale spuntavano due piccoli buchi. Sopra di lei un uomo, anch’esso nudo, giocava con il suo corpo strappandole ansiti sconnessi. Il suo collo riportava un morso dal quale il sangue usciva lentamente. La donna si alzò fino a saggiare quel nettare prelibato facendo gemere l’uomo in modo gutturale. }
Poi niente.
L’immagine del salotto di casa Sougrént le si parò davanti.
- …Jean…maledetto bastardo lasciami andare! –
_______
...Mmh...
Non so davvero come commentare questo capitolo, voi che dite??
Allora...Jean ha fatto la sua comparsa...bha che personaggio eh? XD
Josy si sta lasciando andare un po' troppo....e senza nemmeno avere sensi di colpa per aver praticamente quasi messo le corna al povero Adriàn...
Oddio "Povero" è un'esagerazione...non è proprio così buono come sembra e ve lo dimostrerà nel prossimo capitolo...
Cattivo cattivo Adriàn...ù.ù
E Alec?? 
Quanto non è tenero con Janette?
Poveretto anche lui...non riesce mai a concludere...l'unica volta che c'è riuscito ha dovuto cancellarle la memoria....
Mi sa tanto che andrà in bianco ancora per un bel po', almeno con la nostra Josy XD
Ok...basta se no escono troppi spoiler qui...v.v
Baci
_Akana_
{che tra poco diventerà .Tharya.}

 

 

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