L'ultimo nemico

di ladymisteria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio, di nuovo ***
Capitolo 2: *** Un problema ***
Capitolo 3: *** Il nemico si mostra ***
Capitolo 4: *** Nemico... o amico? ***
Capitolo 5: *** Uno spiraglio di luce ***
Capitolo 6: *** L'incontro con un vecchio triste ***
Capitolo 7: *** L'insediamento dei lupi mannari ***
Capitolo 8: *** L'errore del nemico ***
Capitolo 9: *** L'ultimo duello ***
Capitolo 10: *** Nuovamente insieme ***
Capitolo 11: *** Il racconto di Remus ***
Capitolo 12: *** Un lieto fine ***
Capitolo 13: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** L'inizio, di nuovo ***


Harry gettò lontano il giornale con un gesto di stizza.

Di nuovo bugie, di nuovo storie... Non sarebbe mai finita?

Quella dannata Rita Skeeter!

Lanciò un'occhiataccia al giornale che aveva appena buttato, pensando che quel giorno avessero proprio esagerato.

Un titolo spiccava in prima pagina, a caratteri cubitali, con una sua foto risalente alla battaglia al Ministero.

"Harry Potter: Tutta la verità sul leggendario Ragazzo - che - è - sopravvissuto e sulla sua infanzia, segretamente trascorsa in una scuola per futuri duellanti esperti."

Di tutte le sciocchezze che quella donna si era inventata nel corso degli anni, e che ancora sicuramente sarebbe riuscita ad inventarsi, prima della fine della sua pseudo-carriera giornalistica...!

Harry guardò la foto dei Malandrini, appesa al muro con un Incantesimo di Adesione Permanente dal padrino.

Loro erano dei veri duellanti esperti. Erano stati loro, in fondo, ad aver dedicato interi anni a forgiare la loro abilità in combattimento, non avendo altro modo di testarla, che nei molti ed efferati scontri avuti con i Mangiamorte nel corso della prima guerra magica - se non addirittura di entrambe. Loro, insieme a tutti quelli che avevano perso la vita combattendo o opponendosi all'oppressione, erano gli unici meritevoli di essere costantemente oggetto dell'attenzione dei giornali - non lui.

Lui, che per quasi un intero anno si era tenuto ben lontano dalla guerra - nascondendosi un po' qui e un po' là, senza preoccuparsi di nulla che non fossero gli Horcrux e il modo di distruggerli; che si era limitato a seguire ciecamente il percorso stabilito per lui da altri, e che non era nemmeno stato in grado di lanciare fisicamente l'incantesimo che aveva posto fine alla guerra, e che lo aveva innalzato al ruolo di eroe...

I suoi occhi percorsero nuovamente la foto: suo padre, il suo padrino, il suo mentore...

Per quest'ultimo Harry soffriva ancora - la ferita era ancora troppo fresca per essere altrimenti.

«Manchi tantissimo a Teddy. E come te, anche Tonks. Mancate a tutti noi» sospirò piano, maledicendosi nuovamente per le ingiurie lanciate al licantropo quasi un anno prima.

Codardo.

Come aveva anche solo potuto pensare che Remus Lupin fosse un codardo? Quale codardo sceglieva, di propria iniziativa, di rinunciare a tutto ciò che amava per aiutare qualcuno che aveva avuto l'ardire di giudicarlo in base ad un unico momento di umana paura? Avrebbe potuto ignorare la convocazione, quella notte; ricoprire il ruolo ingiustamente attribuitogli... Invece era corso immediatamente a Hogwarts, per proteggere i suoi occupanti e per combattere per un futuro migliore per tutti loro - e per suo figlio soprattutto.

Harry sentì una stretta al petto.

Sapeva esattamente quello che il piccolo Teddy Lupin avrebbe sofferto: una vita senza genitori; una vita senza nessuno da chiamare 'mamma e papà'... 

Ah, quanto avrebbe voluto stare un po’ con il suo figlioccio, in quel momento! Ma per quanto fosse grande il suo desiderio, non aveva cuore di togliere tempo prezioso ad Andromeda.

Povera donna... La guerra aveva proprio giocato con i suoi sentimenti, privandola del marito, della figlia, del genero, e persino di una sorella - perché, per quanto fosse stata una tra i Mangiamorte più spietati, tra quelli al servizio di Voldemort, Bellatrix era stata pur sempre sua sorella; una parte di lei.

Ora ad Andromeda non restava che il suo nipotino - con tutta probabilità il suo unico nipote, dato che era convinto che la famiglia Malfoy non avrebbe certo iniziato a far parte della vita della donna...

Il ragazzo sospirò, e dopo essersi vestito scese in cucina, pronto ad andare al lavoro.

Nonostante la giovanissima età - e la mancanza di M.A.G.O. - era infatti diventato a tutti gli effetti un Auror, così come Ron e diversi loro compagni. Era stato lo stesso Kingsley, divenuto nel frattempo Ministro della Magia, a decidere di permettere di intraprendere tale carriera a tutti coloro che - avendo combattuto nella Battaglia di Hogwarts - si fossero dimostrati interessati a farlo.

Hermione, invece, aveva deciso di terminare, riuscendo a farlo persino con alcuni mesi d'anticipo, il suo percorso di studi - rimandando in tal modo il suo ingresso al Ministero - e ora aveva un'ottima posizione all'interno del Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche, dove - tra le altre cose - continuava il suo lavoro con il C.R.E.P.A. e a lottare per i diritti delle creature più svantaggiate.

Entrato in cucina, Harry venne immediatamente raggiunto da Kreacher - l'elfo domestico lasciatogli in eredità dal padrino Sirius Black alla propria morte - che gli corse incontro, felice di aver preparato la colazione.

Il giovane si stupì ancora una volta da quanto quell'elfo, un tempo rancoroso, fosse cambiato.

«Buongiorno padrone»

«Buongiorno a te, Kreacher» rispose, preoccupandosi poi di mangiare ogni cosa che l'elfo aveva preparato - senza dimenticare di fargli i complimenti per la sua abilità in cucina - prima di recarsi al ministero.

[*]

«Pare che stamane la Umbridge sia particolarmente odiosa» gli disse Ron Weasley, a mo’ di saluto, quando raggiunse l'amico nell'ascensore che avrebbe condotto entrambi al reparto Auror.

«E suppongo che il fatto che oggi sia il primo anniversario della fine della guerra non sia un caso, vero?» sospirò Harry, osservando l'amico stringersi nelle spalle.

«Probabilmente no. Ma potrebbe semplicemente avercela ancora con noi perchè non siamo stati sbattuti ad Azkaban, come invece è capitato a lei. Onestamente non mi sono interrogato molto sulle sue motivazioni... Ho ben altre cose per la testa, in questo periodo: prima su tutte la nascita di mia nipote» ammise con orgoglio. 

«Ginny aveva ragione, allora, a pensare che sarebbe nata oggi!» rise Harry, battendo una mano sulla spalla dell'amico. «Immagino che le congratulazioni siano d'obbligo».

La risposta di Ron venne tacitata dal rumore delle porte dell'ascensore che si aprivano per fare salire - con non poco fastidio da parte dei due giovani - Dolores Umbridge.

La donna aveva scontato qualche tempo ad Azkaban, subito dopo la fine della guerra. Ma con il ministero purtroppo ancora fortemente indebolito da quanto accaduto, e bisognoso di quante più risorse possibili, Kingsley aveva dovuto a malincuore permetterle di fare ritorno - benché fosse stato sin da subito chiaro sulla brevità e sulle condizioni di quella libera uscita...

Alla strega, infatti, era stato reso noto che quella che la vedeva come protagonista era una situazione puramente temporanea; che i suoi movimenti all'interno - e all'esterno - del ministero sarebbero stati costantemente monitorati, e soprattutto che l'uso di una bacchetta sarebbe stato limitato al suo impiego.

Dolores Umbridge si tolse un po’ di polvere dallo sgualcito cardigan rosa che indossava, per poi squadrare Harry e Ron, borbottando una flebile critica al fatto che avessero potuto diventare Auror.

«Evidentemente il Ministro ci ha ritenuto all'altezza del ruolo» sbottò Ron.

«Il giudizio dell'attuale Ministro potrebbe essere stato offuscato dal rapporto di amicizia che vi lega...»

«Vuol dire com'era offuscato quello di due suoi predecessori, dato che - se la memoria non mi inganna - rientravano nella sua lista di amici?» soffiò Harry, maligno. «O forse questo piccolo particolare le è sfuggito?».

Il volto della donna si contrasse in una smorfia.

«Mi pare di aver sentito della nuova aggiunta alla famiglia Weasley... Una lieta notizia» disse, rivolgendo poi un sorrisetto maligno ad Harry. «Parlando di famiglia... Come sta il suo figlioccio, signor Potter?».

Ron vide distintamente il pugno di Harry serrarsi, e sbottò: «Come crede che possa stare un bambino che ha perso entrambi i genitori appena pochi giorni dopo essere venuto al mondo?».

La strega osò esibirsi in un risolino.

«Tutto dipende dai genitori in questione...».

«Vorrei ricordarle che i genitori in questione avevano più coraggio, capacità, onore e spirito di sacrificio in un dito, di quanto lei possiede in tutta la sua persona; così come le ricordo che per i loro molti meriti sono stati ufficialmente - e giustamente - riconosciuti come eroi di guerra» ringhiò Harry, i denti stretti.

«L'Ordine di Merlino viene dato troppo facilmente, di questi tempi. Assegnarne uno persino ad un ibrido pericoloso... E di Prima Classe!» rabbrividì la Umbridge, la voce piena di disgusto.

Per Harry fu troppo, e immediatamente le si avvicinò - sovrastandola facilmente.

«Mi ascolti bene...» sibilò, furente. «Se la sentirò nuovamente parlare in simili termini di Remus Lupin, stia pur certa che farò in modo che il prossimo rapporto su di lei le garantisca un immediato rientro alla sua cella».

«Mi sta forse minacciando?!» squittì la donna, scioccata.

«La sto avvisando, rammentandole che lei ha una spada di Damocle grossa quanto un troll sulla testa. Se davvero volessi minacciarla, infatti, le ricorderei che è in mio potere suggerire a chi di dovere di destinarla ad un lavoro sul campo - magari nella Foresta Proibita, nel territorio riservato ai centauri. In fin dei conti, con la conoscenza che ha del luogo e dei suoi abitanti, lei sarebbe la candidata perfetta».

Il viso bianco gesso e la bocca che si apriva e si chiudeva, senza emettere alcun suono, furono l'ultima cosa che sia Ron che Harry videro della Umbridge, prima di scendere dall'ascensore - ancora non del tutto fermo.

«Se solo penso che Fred ha perso la vita per permettere anche a persone come lei di… di...» sibilò Ron, fuori di sé, non riuscendo nemmeno a terminare la propria invettiva. «In momenti come questi, non lo negherò, mi chiedo davvero come facesse Lupin a sopportare l'esistenza di una simile... megera!».

Sospirò, osservando poi l'amico con aria quasi sofferente.

«Se solo fosse possibile trovare un modo per riaverli tutti indietro… Tu non puoi immaginare mia madre, mio padre, George... Ancora non riusciamo a darci pace. Persino in un momento come questo, quando dovremmo festeggiare, non possiamo fare a meno di pensare a quante cose sarebbero state - e sarebbero ancora - diverse, se Fred fosse ancora in noi» confessò.

Harry annuì con fare sinceramente comprensivo.

Sapeva perfettamente come ci si sentiva, quando si perdevano persone care - soprattutto quando quelle persone erano membri della propria famiglia. Il costante desiderio di riaverle accanto, magari per condividere con loro una bella notizia, o per cercare in loro conforto quando qualcosa di brutto succedeva; il rimpianto di non aver detto loro tante cose, perché date per scontate...

Non si scambiarono altre parole, e una volta raggiunti i propri cubicoli si immersero entrambi nel lavoro - l'unica cosa che non lasciava loro tempo per pensare a quanto avevano perso.

Pur non trattandosi di un periodo altamente impegnativo, per gli Auror - i Mangiamorte ancora in libertà erano notevolmente diminuiti, rispetto ad un anno prima - c'era infatti sempre qualcuno disposto a mandare un gufo per segnalare una figura incappucciata nei pressi della propria casa - un chiaro sintomo, secondo entrambi, di come ancora troppe persone fossero convinte che quella pace fosse solo un effimero sogno...

[*]

Nonostante si trattasse di un'occasione gioiosa, e nonostante sia Harry che Hermione - entrambi invitati da Ron - tentassero di animarla un po' con chiacchiere leggere sulla giornata appena trascorsa, la cena alla Tana non fu nemmeno lontanamente simile a quelle che si facevano una volta a casa Weasley.

Benché fosse stata organizzata per festeggiare la nascita della piccola Victoire Weasley, infatti, l'umore generale dei commensali la faceva somigliare più ad un'ennesima commemorazione funebre - al punto che Harry, Ron ed Hermione preferirono trascorrere il resto della serata immersi nella quiete del giardino.

«Da come sorridi sembrerebbe che tu abbia avuto una giornata migliore della nostra, Hermione» disse Harry.

«In effetti ho avuto una splendida giornata» replicò la giovane. «Ma preferisco dirvi di più una volta saputo il motivo delle vostre espressioni: sembra che abbiate ingoiato un'intera confezione di Scarafaggi a Grappolo...»

«Oh, solo la Umbridge» scrollò le spalle Ron, raccontandole brevemente quanto avvenuto quella mattina.

Hermione scosse il capo con una smorfia sdegnata.

«Per quanto il Ministero necessiti ancora di tutto l'aiuto possibile, non posso davvero credere che la scelta sia ricaduta su di lei...» confessò, posando poi lo sguardo su entrambi. «Qualcos'altro?».

«Solo le solite segnalazioni di streghe anziane, che sostengono di aver visto "una figura incappucciata" passare vicino le loro case nelle notti scorse» replicò Harry.

La giovane sgranò gli occhi.

«Avete controllato, vero?! In fondo, in giro ci sono ancora dei Mangiamorte; potrebbe benissimo essere...»

«Stai tranquilla: abbiamo controllato ogni volta. Il tuo Grattastinchi non sarebbe felice di sapere che abbiamo pietrificato quelli che potrebbero benissimo essere dodici suoi amici» sbottò Ron. «E tu?»

«Anche io, come voi, ho trascorso un po' di tempo con una megera - anche se, nel mio caso, si è trattato di un'autentica rappresentante della categoria. Non sono affatto cattive persone, sapete? Anzi, quella con cui ho parlato si è detta a tal punto soddisfatta dal modo in cui l'ho trattata, da volermi... aiutare a far tornare quelli che abbiamo perso, regalandomi questo» confidò Hermione, estraendo dalla propria borsa un voluminoso libro con una consunta copertina nera - sulla quale, in lettere d'argento ormai consumate, si leggeva "Pharsalia" - ed aprendolo in corrispondenza di un segnalibro, passandolo poi ai due ragazzi.

«Leggete».

Ron ed Harry si guardarono un istante confusi, chinandosi poi entrambi sulla pagina.

"...Il mago degenere si recò dunque da Erichto - la quale abitava nelle tombe abbandonate, dopo averne cacciato le ombre grazie ai favori concessole in virtù del suo essere la strega più potente della regione.

Egli la implorò di ricongiungerlo all'amato padre, perduto l'anno precedente in seguito ad un duello, dicendosi disposto a pagare qualunque prezzo.

Preso il suo oscuro e incancellabile compenso, Erichto esaudì la supplica del mago, facendogli poi dono di un amuleto avrebbe permesso ai suoi discendenti di assolvere in totale autonomia ad una simile richiesta - a patto, tuttavia, di pagare un oneroso prezzo."

Sotto al testo vi era una dettagliata illustrazione magica di una strega, impegnata nel porgere ad un mago dall'aria chiaramente malaticcia una pietra di colore rosa acceso. 

Quella, indovinarono Ron ed Harry, doveva essere Erichto; in assoluto - secondo entrambi - la strega più raccapricciante che avessero mai visto: abiti di vari colori e di strana foggia, irti capelli stretti da nastri simili a vipere, ed un volto mortalmente pallido e spaventosamente magro - animato da palese crudeltà.

I due giovani tornarono a guardarsi - questa volta trovando negli occhi dell'altro la medesima preoccupazione.

«Hermione... Certo non siamo gli unici a trovare questa storia un po'... Come dire... poco chiara, vero? Voglio dire... chiunque se ne renderebbe conto, leggendo quello che c'è scritto! Non puoi dirmi che non ti sei accorta che si parla chiaramente di Arte Oscura!» esclamò Ron, guardandosi intorno nervosamente. «Senza contare che non sappiamo neppure se si tratti o meno di un resoconto autentico, e…».

«Certo che è autentico!» replicò lei, piccata.

«Come lo sai, scusa? Solo perché una megera ti dice che lo e?» controbatté il giovane mago dai capelli rossi.

Hermione parve volerlo incenerire con lo sguardo.

«Dovresti sapere bene che non è mia abitudine credere in ciò che non mi è possibile dimostrare, Ron! No, se dico che è autentico, è perché tutti e tre noi abbiamo veduto quell'amuleto. Non ricordate la nostra prima permanenza a Grimmauld Place? Avete dimenticato l'album mostratoci da Sirius, raffigurante i suoi anni ad Hogwarts? Ebbene, in quelle foto non appariva quasi sempre un oggetto dotato di una piccola pietra rosa?».

Harry sgranò gli occhi, ricordando - come aveva detto Hermione - quelle foto con estrema chiarezza.

«Lo ricordo, infatti! Così come ricordo che Sirius, quando gli chiedemmo che cosa fosse, ci rispose che si trattava soltanto di un gingillo che avevano trovato da un venditore di strada a Diagon Alley. Ora che ci penso, però, mi è sempre sembrato che ci avesse risposto un po' troppo in fretta - quasi come se stesse mentendo...».

Ron scosse il capo, le braccia strette al petto.

«Anche se fosse la medesima pietra, non possiamo dimenticare - lo ripeto - che su quel tuo libro si parla di Arti Oscure... Peggio ancora, di necromanzia!» sbottò, nascondendo a malapena un brivido all'idea. «Non so voi, ma io non ho alcuna intenzione di iniziare a praticarle, dopo tutti gli anni passati a combatterle!».

Hermione esitò, non potendo negare che il giovane avesse ragione.

«Ma se davvero la pietra è la medesima che era in mano a Sirius, a mio padre e a Remus, significa che non è completamente oscura, Ron! Pensa se, alla fine, avessimo scoperto il modo di riportare indietro i propri cari! Non si tratterebbe, per il momento, che di indagare sulla possibilità di una simile eventualità: nessuno ci impedisce di fermarci e dimenticare ogni cosa, se il prezzo e le conseguenze dovessero essere eccessivi. In fondo, che abbiamo da perdere?» si intromise Harry, riuscendo finalmente a convincere l'amico.

[*]

«Direi di iniziare dall'album, che dovrebbe ancora essere da qualche parte a Grimmauld Place. Una volta che lo avremo in mano, potremo confrontare le foto con l'immagine della pietra contenuta nel libro e capire se effettivamente è la stessa» suggerì Harry, non appena la cena fu conclusa.

«Suggerirei di metterci avanti, consultando la biblioteca di Hogwarts - o quantomeno ciò che ne rimane - in cerca di altre informazioni sull'argomento. Dubito, infatti, che quello in mio possesso sia l'unico riferimento alla pietra» aggiunse Hermione, elettrizzata dall'idea di imbarcarsi in un'impresa tanto rivoluzionaria.

«Sono d'accordo con Hermione, in merito al pensare alle mosse successive. Per questo pensavo di parlare a Kingsley, chiedendo il consenso di lavorare a questa cosa da soli - anche se penso che sia meglio non dargli troppi dettagli, così da evitare problemi. Non sappiamo, in fondo, come potrebbe reagire...» concluse Ron, ricevendo immediatamente un cenno di assenso dagli altri due.

I tre, poi, sorrisero - scambiandosi uno sguardo fiducioso. 

Non sapevano come si sarebbe conclusa quella vicenda, ma non avrebbero permesso a niente e nessuno di intromettersi in quella loro nuova e grandiosa avventura.

 

 

 

ECCOMI DI NUOVO QUI, CON UNA STORIA NUOVA, SCRITTA INSIEME ALLA MIA SORELLONA ANGELOBLUE :D

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Capitolo 2
*** Un problema ***


Il giorno successivo Hermione, Ron ed Harry - aiutati da Kreacher - si immersero in una lunga ed estenuante ricerca, decisi a trovare l’album di foto che Sirius aveva mostrato loro anni prima.

Ci riuscirono, alla fine - impiegando buona parte della mattinata, prima di scoprirlo abbandonato sopra una delle alte librerie della biblioteca di Grimmauld Place. Trovare la foto di cui avevano parlato la sera prima, invece, fu assai semplice, e appena pochi minuti dopo i tre osservavano una foto che mostrava i Malandrini, allegramente riuniti davanti al Lago Nero.

«Ecco qui. Proprio come ricordavo, anche ad un'occhiata superficiale è impossibile negare che la somiglianza tra le due pietre sia fin troppo straordinaria, per essere un caso...» mormorò Hermione, prima di indicare ai due giovani l'orecchino che brillava all'orecchio di Sirius e le due collane con ciondolo che cingevano il collo di Lupin - tutte e tre mostranti un palese riflesso luminoso dovuto ad una piccola pietra rosa incastonata in essi.

«Non è strano, però, che solo loro due sembrino possederla?» domandò Ron, ancora scettico. «Inoltre, è altrettanto impossibile negare che, sebbene l'aspetto sia il medesimo, le dimensioni siano completamente diverse. Infatti, anche unendo questi tre frammenti non...»

«Quattro» lo interruppe Harry, alzando finalmente gli occhi dalla foto. 

«Come dici, scusa?»

«Stavo notando come mio padre, anche in questa foto, avesse il Boccino con cui giocherellava di continuo» rispose il giovane, mostrandolo ad Hermione. «E, ancora una volta, non ho potuto fare a meno di chiedermi per quale motivo un Cacciatore avesse avuto il bisogno di... sgraffignare uno di quelli, anziché una pluffa».

Hermione si fece pensierosa per qualche istante, poi parve capire cosa sospettasse Harry.

«Tu credi... Pensi che gli servisse un nascondiglio sicuro dove nascondere il suo frammento?».

Harry annuì, voltando poi velocemente le pagine dell'album - apparentemente in cerca di un'altra foto.

«Esattamente. Così come penso che nemmeno contando questo ipotetico quarto frammento, riusciremmo a trovare tutto l'amuleto di Erictho. Infatti, penso che ne mancherebbe ancora un pezzo - che, se non mi sbaglio di grosso, dovrebbe essere stato affidato... Proprio come pensavo».

Restituì l'album alla giovane donna, che - insieme a Ron - osservò una nuova immagine, ritraente la futura signora Potter con indosso una collana il cui ciondolo era riconoscibilmente un ulteriore frammento.

I tre si guardarono, per un po' in silenzio, poi Hermione chiuse l'album e lo ripose al sicuro nella borsetta che aveva con sé - e che già conteneva il volume regalatole il giorno prima.

«Bene...» disse Ron, schiarendosi la gola. «Quindi, facendo il punto della situazione attuale... Abbiamo stabilito che il misterioso amuleto di questa Erictho esiste e che, in qualche modo, è finito nelle mani del padre di Harry e dei suoi amici. Non sappiamo, tuttavia, se il suo trovarsi - al momento - in pezzi possa modificare quegli stessi poteri di cui non conosciamo con esattezza la natura. C'è poi da considerare la reperibilità dei pezzi...».

«È un punto di partenza, Ron» tagliò corto Hermione, sospirando. «Direi di affrontare una cosa alla volta, cominciando proprio dalla reperibilità dei frammenti - che come avevi certamente intenzione di sottolineare, si tratta già di per sé di una sfida non indifferente. Al momento, infatti, l'unico che potremo facilmente reperire è uno di quelli un tempo posseduti da Remus. Ricordo, infatti, Andromeda dirmi di come Tonks avesse lasciato a Teddy la collana regalatole da Remus, prima di... di...».

Si zittì improvvisamente, e Ron le strinse significativamente la mano.

Harry annuì in silenzio, cercando di non ripensare alla Battaglia di Hogwarts e alle sue troppe vittime.

«Sono certo che Kreacher riuscirà a trovare l'orecchino, dato che l'idea di farlo noi è semplicemente folle. Dubito, infatti, che si trovi qui a Grimmauld Place: Sirius aveva abbandonato questo posto quando non era ancora maggiorenne, e al nostro incontro nella Stamberga Strillante già non lo indossava più. In quanto agli altri frammenti... Potremmo cercare quelli appartenuti ai miei genitori in ciò che resta della nostra casa a Godrick's Hollow, e dopo visitare Andromeda e Teddy. Che ne dite?» propose, guardandoli entrambi.

«Penso che sarebbe una buona idea»

«Concordo».

Chiedere a Kreacher di aiutarli si rivelò essere un'idea ottima. L'elfo, infatti, confessò di sapere perfettamente dove si trovasse l'appartamento, ormai abbandonato, in cui Sirius aveva vissuto fino alla sua cattura - dato che una volta Regulus, all'insaputa dei genitori, gli aveva chiesto di seguire il fratello - e dopo appena due ore dalla sua partenza, era di ritorno con il prezioso gioiello.

[*]

«Perchè non servirsi di Kreacher anche per recuperare la collana di tua madre e il Boccino di tuo padre?» domandò Ron, quando quello che doveva essere il centesimo abitante di Godrick's Hollow si fu allontanato - dopo aver stretto la mano ad Harry, ed averlo ringraziato per aver sconfitto definitivamente Voldemort.

I tre - una volta messo al sicuro l'orecchino - erano infatti partiti immediatamente per Godrick's Hollow, ricevendo ben presto un caloroso benvenuto da ogni mago o strega del posto.

«Sarebbe stata indubbiamente la scelta migliore, sì. Ma... Ebbene, sono dell'idea che nessuno, a parte me, debba entrare dove loro sono stati uccisi. È una forma di rispetto, capite?» rispose Harry in tono esitante.

Hermione e Ron non risposero subito, scambiandosi un tacito sguardo di assenso.

«Molto bene. Noi saremo qui fuori, se dovessi aver bisogno di noi» acconsentì la giovane.

[*]

«Dimmi la verità, Hermione... Credi davvero che questo fantomatico amuleto possa riportare indietro quelli che abbiamo perduto?» domandò Ron con aria seria, una volta che lui e la ragazza rimasero soli. «Non per offenderti, ma sei famosa per aver negato l'esistenza di diverse cose che poi si sono rivelate fin troppo reali: il basilisco, i thestral, i Doni della Morte... Eppure ora, davanti ad una cosa realmente ritenuta impossibile sia nel nostro mondo che in quello babbano, sei la prima a difenderne a spada tratta l'autenticità».

Hermione abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe per un istante, emettendo un piccolo sospiro sconfitto.

«A costo di ripetermi... Sì, ci credo. Proprio perché in passato, mostrandomi eccessivamente scettica, ho permesso a me stessa di commettere gravi errori. Situazioni inizialmente gestibili - seppur con le dovute precauzioni - evolutesi poi nelle tremende battaglie tra la vita e la morte che abbiamo dovuto affrontare in tutti questi anni. Questa volta voglio mettere a tacere questa mia limitazione, e provare a dare una seconda possibilità all'amuleto di Erictho. E se dovessi sbagliarmi, e si rivelasse solo un semplice mito... Beh, forse mi sentirò meno in colpa; forse non potrà accusarmi di aver volutamente ignorato una possibilità» confessò.

Ron non rispose - cosa avrebbe potuto dirle, in fondo? - preferendo renderle noto il proprio completo supporto con una breve ma inequivocabile stretta di mano, prima di spazzare con lo sguardo ciò che li circondava.

Corrugò la fronte, e si sfregò brevemente gli occhi, volendo essere certo che ciò che vedeva fosse ciò che sembrava: un Boccino d'oro, abbandonato tra l'erba alta di quello che anni prima era il vialetto dei Potter.

«Hermione... Non ero con voi, l'ultima volta... Ma non credo che quello fosse lì, vero?» mormorò, rifiutandosi di distogliere lo sguardo, per timore che la preziosa pallina dorata svanisse nel nulla.

Sentì la ragazza trattenere bruscamente il fiato, ed ebbe la sua risposta ancor prima che lei parlasse.

«Beh, quando sono stata qui con Harry era Natale: c'era la neve, era sera... Inoltre eravamo in incognito, sul chi vive... Non abbiamo certo pensato di osservare il vialetto!» mormorò, mettendo il preziosissimo ricordo materiale del padre dell'amico nella sua borsetta, insieme all'orecchino e ai libri. «Ma trovarlo praticamente in bella vista - dopo diciassette anni! - senza una foglia o un granello di polvere che lo coprisse...».

Si interruppe con il ritorno di Harry, il volto chiaramente tirato per aver varcato la soglia del luogo in cui la vita dei suoi genitori era stata brutalmente spezzata, e la sua era cambiata tanto drasticamente.

Il giovane disse loro che trovare la collana della madre non era stato affatto difficile - dato che il prezioso cimelio si trovava nel vecchio portagioie della donna, nella camera da letto principale della casa.

«Sembra che la fortuna ci sorrida, allora» disse Ron, raccontandogli brevemente della loro recente scoperta.

Come Hermione, tuttavia, anche Harry sembrò disturbato dalla notizia.

«Non si può dire che sia una cosa normale, ecco tutto» confessò, quando gli venne chiesto il motivo della sua reazione. «Verrebbe quasi da pensare che qualcuno abbia cercato di rubarlo di recente, ma che non ci sia riuscito perché interrotto dall'arrivo di qualcuno. Se notate ci sono diverse impronte, oltre alle nostre e... Oh!».

«Miseriaccia...» fece eco Ron, studiando a sua volta alcune impronte a terra.

Hermione li osservò entrambi, infastidita dal loro rifiuto a spiegarsi con maggior chiarezza.

«Si può sapere che cosa c'è che non va?!» sbuffò alla fine, le braccia strette al petto.

Harry non rispose, indicandole solamente il terreno - sul quale la giovane vedeva chiaramente spiccare una serie di impronte che dal piccolo cancello arrivava fino a loro. Quello che aveva sorpreso sfavorevolmente Harry e Ron, tuttavia, era che a metà percorso le impronte cambiavano da animali ad umane. Un Animagus, forse? Oppure un lupo mannaro? O, banalmente, si trattava di una sovrapposizione di impronte? 

Su una cosa, ad ogni modo, erano tutti e tre d'accordo: chiunque fosse il responsabile delle impronte, molto probabilmente era interessato al Boccino. Ma per quale motivo? Perché appartenuto alla famiglia di Harry, o perché attratto dalla possibilità di tenere e usare la pietra?

«Credi sia possibile che qualcuno sappia della pietra?» domandò Ron, guardandosi nervosamente intorno.

«Beh, come ho già detto, immagino che esistano altri riferimenti ad essa...» scrollò le spalle Hermione. «Anche se non spiega come questo qualcuno potesse sapere che era in possesso dei Malandrini - né dove cercarlo...».

«Magari è solo una coincidenza» disse Harry, cercando di convincere più se stesso che gli amici. «Ma, quale che sia la risposta, credo dovremmo trovare velocemente questa pietra. Tanto per sicurezza».

[*]

Come concordato la sera prima, Ron ed Hermione si occuparono rispettivamente di ottenere carta bianca da Kingsley, e di cercare altre informazioni sull'amuleto nella biblioteca di Hogwarts - prima di riunirsi con Harry e di raggiungere con lui la casa di Andromeda Tonks, dove avrebbero potuto recuperare un altro frammento.

Ma una volta giunti a destinazione, ricevettero una notizia che li sconvolse profondamente.

«Che vuol dire “rubata”?!?» esclamò Harry, guardando scioccato la donna.

«Vuol dire che la notte scorsa qualcuno si è introdotto qui e l'ha rubata dalla stanza di Teddy» rispose Andromeda, ovviamente molto scossa dall'idea di qualcuno che si introduceva nella stanza del suo nipotino.

«Com'è possibile che tu non ti sia minimamente accorta di una persona che girovaga per casa, alla ricerca della cameretta di un bambino di un anno? Per quanto silenzioso e attento...».

Andromeda scosse il capo, interrompendolo.

«Non ha affatto "girovagato"! È entrato in casa, è andato dritto in camera di Teddy, e una volta ottenuto quello che voleva è uscito come se niente fosse - lasciando porta e finestre ben chiuse» puntualizzò stizzita.

Hermione, di ritorno con il tè che si era offerta di preparare, la guardò sorpresa.

«Come fa ad esserne tanto sicura?»

«Perché la notte scorsa sono rimasta sveglia, incapace di dormire al pensiero di come - esattamente un anno fa - piangevo la perdita della mia unica figlia e di suo marito».

Harry si passò una mano sugli occhi.

«Porta e finestre ben chiuse... Supporta la nostra teoria che si tratti di un mago» mormorò tetro, condividendo con la donna non solo il loro folle progetto, ma anche i timori che animavano lui e gli amici sin dalla scoperta del mancato furto del Boccino d'oro. «Se, come temo, il ladro è il medesimo, è probabile che si tratti di un nuovo mago oscuro, intenzionato ad utilizzare il potere dell'amuleto - sempre che esista - per i suoi scopi».

Andromeda impallidì a tal punto, che Ron ritenne necessario farla sedere e porgerle una nuova tazza di tè.

Il pensiero di un nuovo mago oscuro fece scuotere il capo, con aria grave, ad Hermione. Voldemort era stato sconfitto da appena un anno! Era dunque impossibile avere una pace che fosse realmente duratura?

«Povero Teddy... Chissà quanto dev'essere traumatizzato» sospirò. 

«Affatto» la corresse Andromeda con un filo di voce. «Questa mattina era allegro come sempre. E prima che possiate suggerire l'utilizzo di un incantesimo per tenerlo tranquillo, sappiate che nessun estraneo può avvicinarglisi a sua insaputa. È già successo, in passato, che qualche nuova vicina venisse a trovarci mentre lui dormiva, ed ogni volta lui si svegliava immediatamente - agitandosi ed arrivando persino a piangere».

«Non ha senso...» disse Ron. «Senta, possiamo vederlo? Magari riusciremo a capirci qualcosa».

«Certo. Teddy sarà felice di vedervi».

[*]

Il bambino fu felicissimo di vedere il padrino, e gorgogliò felice non appena Harry lo prese in braccio - sporgendosi poi verso quello che sembrava essere un carillon d'argento, posato su un piccolo tavolino.

Subito Ron lo raccolse, caricandone il meccanismo e permettendo ad una lenta melodia di riempire la stanza.

«Non ne ho mai visti di simili, prima. Pensi sia un regalo di compleanno da parte di Andromeda?» domandò Harry, rimettendo il figlioccio - addormentatosi non appena la musica era iniziata - nel suo lettino.

«Vado a chiedere. In effetti sono curioso anche io...» confessò, prendendo il carillon ed uscendo.

Rimasto solo con Teddy, Harry decise di provare a simulare il furto; così, stando bene attento a non svegliare il figlioccio, uscì a propria volta dalla stanza - dove venne presto raggiunto da Ron.

«Sto provando a vedere se è possibile introdursi nella stanza di Teddy, senza che lui se ne accorga» spiegò sottovoce, posandosi un dito sulle labbra. «Allora? È suo?».

Ron scosse il capo.

«Andromeda non l’ha mai visto. Anzi, mi ha persino assicurato che ieri sera - quando ha messo a letto Teddy - il carillon non c'era. Inutile dirti che adesso è ancora più agitata... Meno male che Hermione è rimasta con lei».

Harry prese il delicato oggetto, studiandolo attentamente.

«Sai? Inizio a credere che sia stato questo, a permettere al ladro di distrarre Teddy...».

Posandosi nuovamente un dito sulle labbra, entrò piano nella stanza - cercando di avvicinarsi al lettino senza svegliare il bambino. Ma non c'era nulla da fare: non appena gli si avvicinava, Teddy si riscuoteva all'istante.

Deciso a verificare la propria teoria, Harry azionò allora il carillon: subito il bambino tornò a dormire beato, e con la melodia a riempire la stanza, fu assai semplice privarlo di un'immaginaria collanina e svanire.

Ottenute oramai tutte le informazioni che gli servivano, il giovane raggiunse quindi gli amici ed Andromeda.

«Come pensavo, la persona che si è introdotta qui ieri notte ha distratto Teddy con il carillon che io e Ron abbiamo trovato nella sua cameretta. Ha un effetto straordinariamente soporifero, su di lui» spiegò, quando gli venne chiesto se avesse scoperto qualcosa. «Finché è in funzione, niente sembra riuscire a svegliarlo».

Hermione diede qualche colpetto sul braccio alla donna con fare rassicurante.

«Lei non ha notato nulla, ieri notte? Qualcosa di strano, o…» le chiese.

«Beh, ora che mi ci fate pensare… C'era una figura incappucciata, che gironzolava qui intorno. Data la stagione, l'ho trovato un po' insolito, ma non vi ho dato eccessivamente peso. In fondo, la gente ormai si veste nei modi più strani...» confessò la strega, guardando alternativamente i tre ragazzi. «Pensate si tratti del ladro?».

Harry esitò per un momento, prima di rispondere.

«Non lo so. Quello che so, però, è che non sei la prima a riferire di aver visto "una figura incappucciata" intorno alla tua abitazione... Sono mesi, infatti, che giù al Ministero arrivano segnalazioni simili»

«Oh, santo cielo!» esalò Andromeda.

Harry si alzò in piedi, immediatamente imitato da Ron ed Hermione - giunti alla sua medesima conclusione: era arrivato il momento di dare un'altra occhiata a quelle segnalazioni...

[*]

«Queste sono tutte le segnalazioni arrivate al reparto Auror in merito alla nostra misteriosa figura incappucciata. Forse, confrontandole, riusciremo a farci una seppur vaga idea di chi sia - o quantomeno di che cosa voglia» spiegò Ron, posando diversi fascicoli sul lungo tavolo della cucina di Grimmauld Place.

«Dodici fascicoli…» mormorò Hermione pensierosa, scorrendoli rapidamente. «Esattamente una segnalazione al mese, dalla fine della guerra. Sono l'unica a trovarlo strano?».

«Anche volendo supporre che questo tizio abbia voluto aspettare che il mondo magico fosse debole, è impossibile negare che sia piuttosto strano, sì» replicò Ron, cauto.

Harry si passò una mano fra i capelli ribelli, osservando gli amici.

«Un mago - o una strega - che da un anno a questa parte compare, una volta al mese, in un punto diverso del Regno Unito; che potrebbe - o non potrebbe - essere un Animagus o un lupo mannaro; che è a conoscenza non solo della storia di Erictho e del suo amuleto, ma anche che è stato diviso tra i Malandrini - conoscendo persino il destino toccato ad ogni frammento... E tutto questo prima di noi» snocciolò, lanciando una veloce occhiata alle lettere di segnalazioni davanti a loro, prima di tornare a concentrarsi con aria seria su Ron ed Hermione. «Non so se questo può essere considerato strano o meno; ma di certo non è una buon notizia...».

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Capitolo 3
*** Il nemico si mostra ***


«Io non ci capisco nulla» sbottò Ron, studiando per l'ennesima volta le lettere di segnalazione. «E quello che sappiamo - o per meglio dire che sospettiamo - non ci porta da nessuna parte!».

Harry sospirò, passandosi una mano sul viso e rivolgendosi ad Hermione.

«Quanti frammenti rimangono, da trovare?»

«Considerando che quello contenuto nel boccino di tuo padre, quello incastonato nell'orecchino di Sirius e quello nella collana di tua madre sono in mano nostra, mentre quello nel ciondolo di Tonks è in mano al nostro ladro misterioso… Solo quello che portava al collo Remus» elencò Hermione, inviando un altro silenzioso ringraziamento a Kreacher che, riuscendo ad aprire - senza danneggiarlo - il cimelio un tempo appartenuto a James Potter, aveva permesso loro di recuperare il frammento - effettivamente custodito al suo interno.

Il giovane annuì, precedendo gli amici fuori dalla loro tenda - intenzionati, come lui, a raggiungere il piccolo chioschetto che avevano incontrato mentre cercavano il posto migliore dove accamparsi.

La scelta di tornare a servirsi di quel riparo - abbandonato con il termine della guerra - era stata dettata dalla necessità di avere un luogo privato, facilmente accessibile e occultabile, una volta che si fosse reso perentorio recuperare il frammento rubato. Per quanto sicuro Grimmauld Place fosse, infatti, abbandonare un'attenta sorveglianza per farvi ritorno avrebbe potuto facilmente tradursi con un'indisturbata fuga da parte del loro avversario - se e quando fossero riusciti in qualche modo a rintracciarlo...

«Sapete? Non sono sicura si tratti davvero di un nuovo mago oscuro...» disse Hermione all'improvviso, mentre lasciavano l'area delimitata dagli incantesimi difensivi. «Voglio dire... Avrebbe potuto uccidere Teddy, eppure ha scelto di addormentarlo soltanto. Per fortuna».

«È molto probabile che il ladro sapesse che Andromeda era sveglia, Hermione: uccidere Teddy avrebbe certamente attirato l'attenzione» le fece notare Ron.

«Più di un carillon?».

«Sono più interessato a capire come abbia fatto a trovare subito la stanza giusta, in realtà» sbottò Harry stizzito, rifiutando con forza il pensiero del pericolo corso dal proprio figlioccio. «Così come sono interessato a capire come sia possibile che - dopo un intero anno a brancolare nel buio, al punto da vagare per tutto il Regno Unito - improvvisamente sappia con tanta precisione dove trovare l'amuleto. Sembra quasi...».

Improvvisamente si zittì, facendosi pensieroso.

«Harry, che succede?» chiese Hermione, notando il suo turbamento.

«Sto pensando che, con tutta probabilità, la persona con cui abbiamo a che fare non è così ignara come vuole farci credere» rispose finalmente Harry. «Ascoltate, e ditemi se non sembra anche a voi che le cose stiano effettivamente così... Il nostro ladro vuole l'amuleto di Erictho, ma sa che se andasse direttamente nei luoghi legati ai suoi ultimi proprietari - con il clima vigile in cui riversa al momento il nostro mondo - sarebbe immediatamente fermato. Quindi cosa decide? Di farsi vedere per un anno in luoghi apparentemente a caso, così che - quando inizierà ad apparire nei posti giusti - nessuno potrà sospettare nulla...».

«...Poi però anche noi iniziamo a cercare l'amuleto, e lui si trova a dover abbandonare la sua cautela, in favore di un approccio più rapido e proficuo» terminò Ron, non potendo negare, che - proprio come aveva supposto l'amico - quella teoria era molto più che credibile.

Hermione scosse il capo, non del tutto convinta.

«Ma per considerarci una minaccia, dovrebbe conoscerci abbastanza da sapere come agiamo di fronte a un certo tipo di situazioni, e... Harry!» esclamò confusa, vedendolo scattare verso il punto in cui si ergeva la tenda.

Lei e Ron si uniscono a lui in un secondo, cercando di ottenere una risposta per il suo strano comportamento.

«Sono stato uno stupido, a non averci pensato subito! Come hai detto tu, l'unico motivo per cui questo tizio ci considera una seria minaccia è perché conosce i nostri metodi: sa come ragioniamo e come ci comportiamo - soprattutto quando pensiamo di essere al sicuro» li accontentò Harry, senza rallentare la propria corsa. «È come per la spada di Grifondoro, ricordate? Facevamo così tanto affidamento sugli incantesimi difensivi che circondavano la nostra tenda, che non prendemmo altre precauzioni per impedirne il furto».

L'arrivo al loro accampamento improvvisato tra gli alberi di quella piccola foresta - che era stato chiaramente violato nel corso della loro assenza - terminò bruscamente quella conversazione.

Ron si permette di rilasciare una colorita maledizione.

«Come faceva a sapere dov'era la tenda?!» chiese, fuori di sé.

«Deve averci visto uscire dal perimetro di protezione, come accadde a te nella foresta di Dean, la notte che distruggesti il medaglione» rispose Harry a denti stretti, continuando a darsi mentalmente dello stupido per l'imperdonabile leggerezza che avevano dimostrato in quell'occasione. 

Pur ritenendolo uno sforzo inutile, si misero a cercare i vari frammenti della pietra - non stupendosi tuttavia affatto, quando non ne trovarono nemmeno uno. 

«Accidenti!» sbottò Ron, calciando con forza un sassolino. «Ci ha presi in giro! Noi credevamo… Accidenti!».

«Ora non gli resta che recuperare l'ultimo frammento, e poi l'amuleto sarà suo» gli fece eco Harry, abbattuto.

«Forse no...».

I due giovani si voltarono verso Hermione - che mostrò loro la collana di Lily, al sicuro intorno al suo collo.

«L'idea di custodire tutti i frammenti in un unico posto non mi convinceva un granché, perciò...».

Ron premiò la sua brillante decisione stampandole un grosso bacio sulle labbra.

«Meglio lasciare le effusioni a più tardi» disse Harry, raccogliendo un piccolo pezzo di pergamena da terra e leggendo ciò che vi era stato scritto in una grafia chiara e leggermente incurvata:

"23 aprile 1998"

«A costo di ripetere un concetto che ho già espresso, oggi... Non ci capisco niente» confessò Ron, esasperato.

«Non sei l'unico, credimi» lo rassicurò Harry, iniziando a sistemare le loro cose e notando - con un ulteriore moto di stizza - come il loro misterioso avversario avesse rubato anche il libro dato ad Hermione dalla megera.

Resistette appena all'impulso di sfogare la propria frustrazione rimettendo a soqquadro ogni cosa. Avevano conservato un frammento, era vero; ma oltre a quello non avevano praticamente nulla, se non una data e un mucchio di segnalazioni delle quali avevano già stabilito la quasi completa inutilità...

«Potrebbe essere il giorno in cui iniziato la sua ricerca - la sua nascita, se volete. Con tutto quello che stava accadendo con Voldemort, chi mai avrebbe fatto caso a un'altra figura losca in giro per le strade?» ipotizzò Ron, studiando la data riportata sulla pergamena.

«Hai già dimenticato, Ron, come nessuno fosse realmente libero di muoversi, senza che i Mangiamorte, il Ministero o persino i Ghermidori lo sapessero? Credi davvero che, in un clima simile, questo tizio potesse andarsene in giro tranquillo, senza essere subito catturato?» chiese Hermione, con un cipiglio severo.

«Temo che Ron abbia ragione, in merito alla nascita...» mormorò Harry, improvvisamente pallido in viso.

Hermione sbuffò incredula, le braccia strette al petto.

«Se pensi che crederò che il nostro avversario abbia poco più di un anno, Harry, ho paura che... Aspetta un momento!» esalò, vedendo negli occhi di Ron farsi strada la sua medesima, scioccante conclusione. «Teddy?!».

«Magari si tratta di una coincidenza. Voglio dire... Teddy non sarà certo l'unico bambino nato quel giorno, no?» suggerì Ron, cercando di credere lui stesso alle proprie parole.

«Certo che no. Ma è l'unico bambino - per il momento - per il quale il ladro sembra nutrire un particolare interesse» replicò Harry, sembrando essere sul punto di vomitare, mentre metteva il pezzo di pergamena insieme alle segnalazioni. «La data di nascita, come impedirgli di avvertire altri della presenza di un estraneo, l'esatta ubicazione della sua camera... Penso sia perentorio dire ad Andromeda di stare attenta».

Così, mentre Hermione inviava un patronus ad Andromeda - in cui le spiegava le loro ultime scoperte e la metteva in guardia sui possibili pericoli corsi non solo da Teddy, ma anche da lei in quanto sua tutrice - Harry e Ron provarono a mettere per iscritto quello che sapevano: 

  1. "Potrebbe essere un Animagus, un lupo mannaro o un mago comune;
  2. Conosce benissimo la storia dei Malandrini;
  3. Conosce la storia dell'amuleto;
  4. Conosce noi: come ragioniamo e agiamo;
  5. Conosce molti particolari del piccolo Teddy - data di nascita, stanza dove dorme, come calmarlo, ecc."

«L'unica cosa possiamo fare, ora, è cercare di arrivare all'ultimo frammento prima del nostro avversario» borbottò Ron, osservando la lista - tristemente ancora troppo vaga - e cercando di fingere - purtroppo senza avere successo - di non sapere con esattezza quale fosse il passo successivo...

Violare la tomba di Remus Lupin.

[*]

Fu Hermione, non sorprendentemente, a fornire una soluzione che avrebbe permesso al loro ex insegnante di seguitare a riposare in pace: un incantesimo, inventato nei suoi primi giorni all'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, che combinava l'Incantesimo d'Appello con l'Incantesimo di Evocazione.

«Non riesco ad immaginare per quale motivo tu abbia ritenuto necessario inventare un incantesimo simile, ma non posso negare che al momento si dimostra incredibilmente utile» confessò Ron, sollevato.

Il buonumore del giovane, tuttavia, svanì all'istante quando - giunti nel cimitero e lanciato l'incantesimo - scoprirono che il frammento un tempo appartenuto a Remus era sparito.

«Non è possibile! Non c'è una sola traccia che la tomba sia stata violata in qualche modo - e nemmeno un mago potrebbe farlo senza lasciare qualche segno del suo passaggio!» esclamò Harry al colmo dell'esasperazione. «Giuro: più proseguiamo, e più ogni cosa perde senso!».

«Avremo la nostra occasione di riprendere gli altri frammenti. In fondo, così come noi, il nostro avversario non può far nulla, senza possedere tutto l'amuleto...» sospirò Hermione, sfiorando la collana che portava al collo. «E chissà, forse stiamo traendo le conclusioni sbagliate, e il ciondolo di Remus è andato perduto durante la battaglia. Non abbiamo modo di saperlo con certezza».

Harry scosse il capo, la mascella stretta al ricordo.

«No. L'ho visto personalmente al collo di Remus, quella notte in Sala Grande. E se gli fosse stato tolto, Andromeda lo avrebbe saputo e ce lo avrebbe detto, quando siamo andati da lei» mormorò, guardando la liscia lapide di fronte a lui, sulla quale una scritta dorata recitava:

"Remus John Lupin 

Combattente leale e coraggioso,

Amico presente, Ultimo Malandrino.

10 MARZO 1960 - 02 MAGGIO 1998"

Sorrise triste, gettando quasi immediatamente uno sguardo anche all'iscrizione sulla lapide accanto:

"Ninfadora Tonks

Auror ineccepibile, Figlia insostituibile.

Non chiamatela Ninfadora.

23 SETTEMBRE 1973 - 02  MAGGIO 1998"

«E' ora di andare» disse Ron, posandogli brevemente una mano sulla spalla, prima di voltarsi e incamminarsi insieme a lui ed ad Hermione verso i cancelli del cimitero.

Non avevano fatto che pochi passi in quella direzione, tuttavia, quand'ecco un suono giungere loro alle orecchie - un rumore simile a quello prodotto da un ramo che veniva spezzato sotto un peso improvviso.

Abituati a doversi difendere, e a combattere per mantenersi in vita, Harry, Ron ed Hermione estrassero immediatamente le bacchette, voltandosi poi ognuno in una direzione differente - così da avere una visione completa dell'ambiente circostante - le orecchie e gli occhi ben aperti.

Ma non si udì più alcun rumore, e nulla parve muoversi - a parte le foglie sui rami degli alberi, scosse dal leggero vento - così i tre si convinsero di avere i nervi tesi a causa degli ultimi avvenimenti, e - dopo aver rimesso via le bacchette - raggiunsero e superarono l'ingresso del cimitero.

[*]

All'ombra di un grosso salice - i cui rami si estendevano fin sopra le tombe appena visitate dal terzetto - una misteriosa figura incappucciata rilasciò il sospiro di sollievo che aveva trattenendo per diversi istanti.

Maledetto ramo secco!

Era salvo, ma ci era mancato davvero poco... Oh, non che avesse paura di affrontare i tre giovani! Conosceva alla perfezione il loro modo di combattere: aveva avuto tutto il tempo di studiarlo e impararlo. Ma non aveva alcuna intenzione di far loro del male, se non ce ne fosse stato il reale bisogno.

Si assicurò che il trio fosse ormai fuori dai cancelli - posizione che avrebbe reso loro praticamente impossibile vederlo - poi abbandonò il proprio rifugio per andare a posare un piccolo pezzo di pergamena, tenuto in posizione da un piccolo ma corposo mazzo di rose blu, nello spazio tra le due lapidi.

Un paio di occhi verdi tornarono a studiare i tre amici.

«Presto questa storia giungerà al termine, è una promessa che faccio a tutti e tre voi. E quando sarà finita... Quando ciò che mi appartiene sarà nuovamente mio... Allora tutto sarà come avrebbe sempre dovuto essere».

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Capitolo 4
*** Nemico... o amico? ***


Harry, incapace di fare altrimenti, si voltò verso il cimitero. La sensazione di essere osservato non lo aveva abbandonato un solo istante, da quando - un paio di giorni prima - la loro avventura era iniziata; eppure solo quella sera era diventata a tal punto fastidiosa, da costringerlo ad agire di conseguenza. 

«Oh, cavolo…» mormorò, vedendo qualcuno muoversi accanto alle tombe che avevano appena lasciato.

«Che succede, Harry?» chiese Ron.

«Non siamo soli» rispose piano. «C'è un individuo, nel cimitero: qualcuno che sembra rispecchiare in modo impressionante ognuna delle descrizioni che abbiamo del nostro ladro misterioso».

«Che cosa?!» esclamò Hermione, turbata. «Credi ci abbia visti?». 

«Credo non abbia smesso un solo istante di "vederci"...» puntualizzò Harry, ben attento a non perdere di vista - nemmeno per un istante - il loro avversario, finalmente mostratosi.

«Penso sia meglio pensare ad un buon piano di difesa. Potremo anche essere in tre, di cui due Auror, ma non abbiamo ancora idea se lui sia o meno un licantropo...» replicò Ron, piano. «Senza contare che ha già dimostrato di conoscerci meglio di quanto facciamo noi nei suoi confronti».

La figura sembrò chinarsi per un momento su una delle due tombe, prima di rialzarsi ed iniziare a dirigersi inequivocabilmente nella loro direzione a passo lento ma sicuro.

«Magie difensive?» suggerì Hermione.

I due giovani non se lo fecero ripetere due volte, ed insieme a lei si circondarono di magie difensive - proprio mentre il loro misterioso avversario lasciava dietro di sé gli alberi.

«Un altro momento non poteva sceglierlo, vero? Magari una mattina afosa…»

«Ron!» sibilò Hermione.

«Stavo solo cercando di sdrammatizzare...».

Un nuovo soffio di vento spostò alcune nubi nel cielo, scoprendo un luminoso plenilunio - la cui luce bagnò rapidamente il prato, fino ad arrivare a pochi passi dalla figura, che si immobilizzò immediatamente.

Sorpreso da quel gesto, Harry guardò alternativamente la luna piena e il loro avversario - nel frattempo arretrato ancora una volta tra gli alberi e poi svanito completamente nel nulla.

I tre giovani, tuttavia, non si fidarono di quell'improvvisa ritirata, e per evitare un attacco improvviso non lasciarono cadere le difese per un'altra ora - in un'attesa estenuante, durante la quale non osarono muoversi.

[*]

Il ragazzo dai capelli corvini si inginocchiò tra le due tombe, sollevando con cautela il piccolo mazzo di fiori e raccogliendo il piccolo foglio di pergamena rimasto sul terreno.

«Guardate qui» disse in tono monocorde, mostrandolo agli amici.

"18 giugno 1996"

«Un'altra data» borbottò la ragazza, sconfortata.

«Non una qualsiasi...» la corresse Harry, il volto bianco come il marmo. «È il giorno in cui è morto Sirius».

Quell'affermazione cadde nel silenzio più completo, rotto solo - diversi minuti più tardi - da Ron.

«Verrebbe da pensare che questo tizio conosca entrambi gli avvenimenti... Ma come? Le opzioni sono solo due: o era presente, o gli sono stati rivelati. Sinceramente escluderei la prima - dato che ritengo impossibile che alla nascita di Teddy fossero presenti estranei... Quindi non resta che capire chi, con un comportamento come quello mostrato fino ad ora, potrebbe conoscere queste date. Bellatrix Lestrange, ad esempio, le conosceva - avendo ucciso Sirius, e ritenendo ogni cosa legata a Tonks un vero e proprio abominio...».

«Abbiamo capito, Ron» tagliò corto Harry, la voce ancora carica di rancore nei confronti della strega - nonostante fossero ormai trascorsi anni dalla Battaglia all'Ufficio Misteri. «Resta il fatto che Bellatrix è morta».

«Vero, ma Rabastan e Rodolphus sono entrambi ancora vivi. E ad Azkaban» aggiunse Hermione, voltandosi poi verso Ron, quando lo vide scuotere brevemente il capo.

«Lo erano anche in passato, eppure...».

Harry emise uno sbuffo.

«Le cose ora sono cambiate, Ron - e lo sai tanto quanto me. I prigionieri sono costantemente sorvegliati da maghi e streghe altamente qualificati, anziché da Dissennatori. Individui che vengono continuamente sostituiti, in modo che il rischio di essere... convinti a partecipare ad una nuova evasione sia praticamente nullo» ricordò all'amico, prima di scrollare le spalle e gettare una nuova occhiata alla data. «Resta da capire, adesso, perché il nostro amico abbia deciso di andarsene, quando sembrava chiaramente intenzionato a raggiungerci...».

«Forse temeva che lo avremmo riconosciuto - soprattutto grazie alla luce della luna» tentò Hermione. «Ad ogni modo, sappiamo che i Mangiamorte non si sono mai fatti problemi ad uccidere chi intralciava i loro piani - quindi escluderei comunque uno qualsiasi degli attuali prigionieri di Azkaban».

I tre si scambiarono un'occhiata - colti dal medesimo pensiero: i Mangiamorte catturati potevano anche essere innocenti di quell'accusa, ma non significava che non potessero fornire loro informazioni utili. E benché come nuovo punto di partenza fosse piuttosto fragile, era pur sempre meglio di niente...

[*]

«Un sogno?» domandò Ron, non appena Harry mostrò a lui e ad Hermione la pergamena sulla quale aveva annotato tutto ciò che ricordava del sogno fatto la notte precedente.

«Una luna piena d'argento faceva da spettatrice ad una fenice che - appollaiata su un enorme albero, coperto di iscrizioni, e i cui rami continuavano a moltiplicarsi - cantava la melodia del carillon» ripeté pazientemente il giovane dai capelli corvini. «Data la sua stranezza, ho pensato fosse meglio prendere appunti, così che - in caso - sarebbe stato più semplice provare a decifrarne l'eventuale significato».

«E... Che cos'hai concluso, fino ad ora?» chiese Hermione, come sempre scettica nei confronti di tutto ciò che riguardava - anche solo lontanamente - la Divinazione.

«Purtroppo solo l'albero genealogico. E prima che possiate chiederlo, sì: un enorme albero, coperto di iscrizioni e con rami che si moltiplicano non può essere altro che un albero genealogico» li anticipò Harry.

Ron emise un verso a metà tra l'incredulo e lo stupefatto.

«Esisteranno milioni di famiglie!».

«Se davvero il sogno di Harry ha una valenza effettiva, Ron, la famiglia che cerchiamo dev'essere davvero estesa. Il che fa immediatamente pensare ai Black... Ma ero convinta che avessimo escluso Rodolphus o Rabastan!» obiettò la giovane, nascondendo a stento il proprio fastidio alla realizzazione di come Harry avesse ancora la spiacevole tendenza a 'fissarsi' su un'unica spiegazione - escludendone a priori ogni altra.

«È così! Ma sai anche tu che potrebbero comunque essere coinvolti - in tal modo spiegando, con la loro appartenenza alla famiglia Black, l'albero del mio sogno. Come fatto notare ieri da Ron, inoltre, entrambi potrebbero benissimo essere a conoscenza delle due date grazie a Bellatrix...».

«E come sarebbero venuti a conoscenza dei Malandrini e del loro legame con l'amuleto? Dubito, infatti, che Sirius avrebbe mai rivelato loro informazioni di quel genere - anche se erano imparentati!» sbottò Hermione.

«Forse non Sirius...» s'intromise Ron, indicando lo spazio vuoto in una delle foto contenute nell'album - dopo averlo estratto dalla borsa della giovane. «Ma che mi dici di Peter?».

[*]

«Immagina come dovesse essere questo posto, quando i Dissennatori lo infestavano... Anzi, no. È meglio non pensarci affatto!» rabbrividì Ron, guardandosi intorno nel silenzioso e solitario corridoio che avrebbe condotto lui ed Harry alle celle di Rodolphus e Rabastan Lestrange.

Entrambi erano stati d'accordo sulla necessità di incontrare i due ex Mangiamorte, e - lasciata Hermione al compito di raccogliere altre informazioni, e ottenuto il via libera del loro superiore - si erano diretti ad Azkaban.

«In effetti non è un pensiero su cui abbia particolarmente voglia di soffermarmi» confermò Harry, zittendosi immediatamente non appena arrivarono davanti alla prima delle due celle.

«Bene, bene, bene... Guarda un po' chi abbiamo qui» ghignò Rabastan Lestrange, alzandosi dalla propria brandina e avvicinandosi ai due giovani Aurors. «Ditemi, signori... Cosa vi porta nella mia umile dimora?».

«Hai parlato con qualcuno, da quando sei tornato qui dentro?» chiese, senza preamboli, Ron.

L'ex Mangiamorte scoppiò a ridere in maniera sinistra.

«Ma certo! Giusto ieri sono andato a Nocturne Alley a bermi qualcosa e a scambiare quattro chiacchiere con i membri di spicco della società...» ghignò nuovamente, prima di incupirsi. «Potete stare certi che se mi fosse permesso di comunicare con altri, al di fuori di questa prigione, voi dormireste sogni ben poco tranquilli!».

Ron lo ignorò, rivolgendosi invece ad una dei due Auror di guardia.

«Ha ricevuto visite, dal suo arresto?»

«Nessuna, a parte quelle degli altri funzionari del Ministero» rispose la strega.

Sconfortati, i due giovani si lasciarono alle spalle la cella - e le risate - di Rabastan. 

[*]

«Lestrange» disse Harry a mo’ di saluto, non appena giunsero alla cella - ben sorvegliata - dell’uomo.

«Non ricordo di aver chiesto di vedere due mocciosi» replicò per tutta risposta questi dalla sua brandina, i denti stretti per il fastidio, voltando ostinatamente loro le spalle.

«Cerchiamo informazioni» continuò Harry, deciso a non lasciarsi innervosire. «Vogliamo sapere se hai avuto occasione di parlare con altre persone, dal tuo ultimo arresto».

Improvvisamente interessato, Rodolphus si mise seduto - studiandoli con un luccichio malvagio negli occhi.

«Perchè questa domanda?» si informò, quasi pregustando una risposta che sembrava già conoscere.

«Non siamo noi a dover rispondere alle tue domande, ma tu alle nostre» gli ricordò Harry, infastidito.

Di nuovo, l'ex Mangiamorte sembrò molto più interessato a quello che il giovane Auror non stava dicendo.

«Questo è tutto da vedere. Dovete ancora imparare che il mondo è tutta una questione di dare e avere: un'informazione per un'altra... o forse per qualcosa di più» replicò, il viso che si apriva in un ghigno sinistro. «Perciò ripeto: perché, improvvisamente, vi interessano le mie pubbliche relazioni?».

Harry serrò la mascella, non volendo dare a Rodolphus la soddisfazione di una risposta, ma comprendendo facilmente come - con tutta probabilità - assecondare l'uomo dietro le sbarre fosse l'unica opportunità di scoprire se effettivamente egli fosse o meno coinvolto negli ultimi avvenimenti.

«Temo non otterrai mai la risposta che cerchi. La nostra visita si conclude qui» s'intromise Ron, che nel frattempo aveva ottenuto tutte le informazioni che cercavano dai due Auror di guardia. «Ti direi "arrivederci"; ma sappiamo entrambi che trascorrerai gli anni che ti rimango nella più completa solitudine».

Non aggiunse altro, salutando rispettosamente i due colleghi addetti al controllo della porta della cella e iniziando ad allontanarsi con l'amico - che tuttavia venne richiamato da Rodolphus.

«Ehi, Potter!» lo apostrofò questi. «C'è un motivo per la tua venuta e per le tue domande, ed è facile indovinare quale sia: c'è qualcuno, là fuori, che ha iniziato - o ha il potere di iniziare - un nuovo regno del terrore. Qualcuno che nè tu nè i tuoi amichetti conoscete - e speravi che io sapessi qualcosa in più. Beh, ti è andata male: non so niente. Ma chiunque sia questo tizio, e qualunque sia il suo fine ultimo, mi auguro che tu e i tuoi amichetti siate i primi a farne le spese - magari rimettendoci la pelle una volta per tutte».

[*]

Harry, Ron ed Hermione - riunitasi con gli amici poco dopo il loro ritorno a Londra - si incamminarono a testa bassa e in silenzio verso Grimmuald Place, sconfitti.

Non avevano più niente: nessun sospetto concreto, nessun indizio di dove e quando il loro avversario avrebbe fatto la propria comparsa... A che sarebbe servito, in simili condizioni, continuare a viaggiare in tenda? No, avevano deciso, avrebbero continuato le loro indagini dall'edificio recante il n°12.

Ed era proprio all'interno dell'ex quartier generale dell'Ordine della Fenice che erano appena entrati, quando vennero raggiunti da un Kreacher dall'aria oltremodo scossa.

«Kreacher, che succede?» domandò Harry, stupito.

«Sì è introdotto qui! Si è introdotto qui per cercare una collana e il gioiello del vecchio padrone; ma Kreacher non ne sapeva nulla, così lui se ne è andato!» esclamò l’elfo velocemente.

Udendolo, Hermione iniziò immediatamente a trafficare nella propria borsetta - avendo facilmente compreso il significato delle sue parole, all'apparenza sconclusionate.

«Non capisco perché dovrebbe cercare qualcosa che è già in suo... Harry! Ron!» esclamò, dopo che - aiutandosi con la bacchetta - si ritrovò sul palmo l’orecchino di Sirius, che brillava beffardo. «Non mi ero accorta... Doveva essersi impigliato da qualche parte, all'interno della borsetta, e quando il nostro avversario ha distrutto il nostro accampamento non è stato in grado di trovarlo».

Ron, euforico, si trattenne a stento dal saltare su e giù - come avrebbe fatto un bambino la mattina di Natale.

«Ora anche noi abbiamo due frammenti: è una buona cosa!» disse, vittorioso.

Harry, invece, preferì rimandare ad un secondo momento l'euforia - e potersi così meglio concentrarsi su Kreacher. L"elfo, infatti, si trovava ad essere in una posizione pressoché unica: aveva con tutta probabilità visto il ladro in faccia, e con un po' di fortuna sarebbe stato in grado di identificarlo.

«Pensi di essere in grado di descriverci l'uomo che è entrato qui, Kreacher? O, se lo conosci, di dircene il nome?» chiese, elettrizzato dalla possibilità di un secondo - ed enorme - colpo di fortuna.

Kreacher, tuttavia, scosse con forza il capo - lo orecchie da pipistrello che sbatacchiavano a destra e a sinistra.

«Kreacher non può dirlo!» rivelò, quasi come se quella confessione gli costasse un'enorme fatica. «Appartiene alla nobile e antichissima casata dei Black, padrone!».

Harry sospirò, ricordando come anche Dobby, una volta liberato, avesse comunque mantenuto sempre una qualche forma di rispetto - nel suo caso più terrore - nei confronti dei suoi precedenti padroni... Per quanto avrebbe potuto insistere, sapeva che non sarebbe mai riuscito ad ottenere un granché, da Kreacher.

«Era già stato qui?» domandò allora Harry, sperando di ottenere almeno qualche nuova informazione.

«Sì, padrone: tante volte! Ha persino vissuto, qui!» rispose l'elfo. 

«Grazie, Kreacher. Hai fatto un ottimo lavoro» mormorò il giovane dai capelli corvini, grato.

Rimasto solo con gli amici - una volta che Kreacher scese in cucina - Harry si diresse in salotto.

«Non avremo ottenuto un nome, forse, ma quantomeno abbiamo la conferma che la famiglia che cerchiamo è proprio quella dei Black. Ora abbiamo solo bisogno di trovare una copia dell'intero albero genealogico; una in cui compaiano i nomi che sono stati bruciati da quello presente in questa casa» disse, osservando Ron ed Hermione. «Una volta che l'avremo in mano nostra, potremo procedere ad escluderne i membri che non corrispondono alle informazioni in nostro possesso. Che ne dite?».

Hermione e Ron si scambiarono un'occhiata, annuendo poi entrambi - più che convinti.

«Facciamolo».

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Capitolo 5
*** Uno spiraglio di luce ***


Minerva McGranitt osservò per qualche istante la giovane seduta davanti alla sua scrivania, riflettendo accuratamente su quanto le aveva detto da quando - ormai un'ora prima - aveva fatto il proprio ingresso nell'ufficio riservato al Preside di Hogwarts.

«Speravo che lei potesse venirci in aiuto in qualche modo» premette Hermione, vedendo che il silenzio della donna si protraeva. «Magari dicendomi se la descrizione - estremamente vaga, me ne rendo conto - che le ho fornito le fa venire in mente qualcosa, o ancora meglio qualcuno».

La donna sospirò, scuotendo brevemente la testa e prendendosi altro tempo, prima di rispondere. Non dubitava minimamente delle buone intenzioni dei suoi tre ex studenti; ma la strada che avevano scelto di percorrere - oltre che disperata e rinomatamente rasente la completa impossibilità - si addentrava in branche della magia che - seppur suadenti - erano notoriamente pericolose... 

«Vorrei davvero potervi assistere, signorina Granger, ma…» iniziò alla fine, solo per interrompersi alla vista del gioiello che circondava il collo della giovane. «Non avevo compreso che portassi fisicamente la collana...».

«Dopo che Harry l'ha trovata a Godric's Hollow, come le dicevo, non ho ritenuto sicuro lasciarla incustodita - e il furto subito, così come l'irruzione a Grimmauld Place, hanno dimostrato la sensatezza di un simile proposito» ammise Hermione, sfiorando il prezioso monile. «Ma, se posso chiederlo, perché appare tanto sorpresa?».

«Dalla tua risposta deduco che tu non conosca i simboli fisici dei Giuramenti» replicò la McGranitt, sistemandosi con un piccolo gesto gli occhiali sul naso.

La strega più giovane non fece alcun tentativo di nascondere la propria confusione.

«Simboli fisici... Mi scusi, ma di cosa sta parlando?».

«Sto parlando degli oggetti che un tempo James Potter, Sirius Black e Remus Lupin incantarono perché simboleggiassero il giuramento fatto, in totale segretezza, insieme alle giovani scelte quali loro compagne: James donò la collana che indossi a Lily, Black donò un bracciale a una ragazza di nome Lidia - salvo poi distruggerlo, a quanto sembra, quando lei venne meno alle promesse fatte - ed infine Remus donò a sua volta una collana a Tonks» spiegò la McGranitt, prima di alzare una mano per interrompere sul nascere la domanda di Hermione. «So che questo non giustifica la mia perplessità, ma ti invito a prendere coscienza del fatto che si trattava di tre maghi eccezionalmente dotati, le cui capacità superavano facilmente quelle dei normali studenti della loro età, e che furono in grado di creare impressionanti oggetti magici - e non mi riferisco soltanto a quella mappa della quale ora so anche tu e i tuoi amici vi siete serviti, di quando in quando...».

Si mise più comoda sulla propria poltrona, fingendo di non notare l'imbarazzo tingere le guance di Hermione.

«Mi riferisco, infatti, ai medesimi artefatti a cui accennavo poc'anzi - uniti alle loro controparti, che rimasero in possesso dei tre giovani: un orecchino, un Boccino d'oro, e una collana. Sì, signorina Granger: gli oggetti di cui tu stessa mi hai parlato» anticipò nuovamente la ragazza. «Hai domandato il motivo per cui sono apparsa sorpresa... Perché furono incantati, tra le altre cose, affinché potessero essere indossati esclusivamente dai rispettivi proprietari o da coloro a cui essi li avessero personalmente affidati - e dato che dubito che James o Lily Potter ti abbiano concesso suddetto privilegio...».

Hermione non ebbe bisogno che la donna terminasse la frase - comprendendo finalmente la sua reazione.

«Oggetti all'apparenza così normali... Sarebbe interessante sapere quali incantesimi sono stati utilizzati su di essi» mormorò Hermione, sinceramente affascinata dalle diverse cose apprese.

Minerva McGranitt s'impensierì per un momento, cercando di ricordare.

«Una risposta esaustiva è impossibile, purtroppo. Quei tre hanno sempre custodito gelosamente i loro segreti - spesso per interi anni! - rifiutandosi di condividerli con chiunque fosse esterno alla loro piccola banda... Posso però dirti che l'incantesimo che ne scoraggiava il furto non era dissimile da quello che - a quanto ho sentito - qualche anno fa una strega di mia conoscenza ha posto su una pergamena di nomi...».

Hermione tossicchiò, rifiutandosi di guardare la strega seduta innanzi a lei.

«Quello che li rendeva i simboli fisici dei Giuramenti - il loro scopo principale, presumo - invece... Ebbene, dopo molte insistenze riuscii a strappare a Black qualche vaga parola su un incantesimo simile ad un Voto Infrangibile - uno che non causasse danni mortali a chi avesse infranto il Giuramento. Ma nulla di più preciso».

La strega più giovane annuì con aria estremamente abbattuta. L'idea di apprendere incantesimi chiaramente tanto particolari, non poteva negarlo, l'aveva attratta come una falena ad una luce; e il saperli perduti per sempre - l'accenno della professoressa McGranitt alla radicata tendenza dei tre maghi alla segretezza, infatti, lasciava ben poca speranza - la riempiva ora di un palpabile sconforto.

«Ad ogni modo, pare che gli incantesimi abbiano perso il loro effetto - anche se non so spiegarmi come... È innegabile, infatti, che tu non sia stata colpita dalla fattura riservata ai ladri...»

«Una vera fortuna, per me!» replicò Hermione con sollievo, corrucciandosi immediatamente dopo. «Per quanto riguarda l'inspiegabile malfunzionamento degli incantesimi... Lei pensa ad un danno subito dagli artefatti, o ad una scelta dei loro creatori? Voglio dire, una volta costretti ad approcciarsi personalmente con la guerra...».

La donna si sistemò nuovamente gli occhiali, prima di rispondere.

«Conoscendo la loro abilità, penso che una scelta volontaria sia l'unica risposta possibile».

Le due rimasero in silenzio per un po', poi Hermione si sporse leggermente sulla poltrona - improvvisamente resasi conto di un particolare fino a quel momento sfuggitole: la completa assenza di riferimenti a Minus.

«Mi perdoni, professoressa McGranitt, ma che mi dice di Peter Minus? Credevo che anche lui fosse un Malandrino, eppure lei ha continuato a parlare esclusivamente del padre di Harry, di Sirius e del professor Lupin. Persino in merito agli artefatti, ha accennato solo a due coppie da tre...» notò, cauta.

Se, come sembrava risultare dalle parole della McGranitt, gli artefatti erano legati indissolubilmente ai frammenti - ognuno di essi, a parte il bracciale, ne custodiva infatti uno - diventava perentorio reperire quello un tempo appartenuto a Peter Minus, prima che lo facesse il loro avversario.

«Ti garantisco, signorina Granger, che se non ho accennato a Peter Minus è semplicemente perché all'epoca della creazione degli artefatti, egli non era ancora solito intrattenersi con quelli che per anni chiamò - se sinceramente o meno, non è possibile dirlo con certezza - suoi amici» rispose pacatamente la donna, ed Hermione non nascose un piccolo sospiro di sollievo.

La sola idea di dover cercare, insieme a Ron ed Harry, un altro oggetto - questa volta uno di cui non sapevano assolutamente nulla - per un momento le aveva procurato uno sgradevole brivido lungo la spina dorsale.

«Penso sia il momento, per me, di prendere congedo» disse infine, alzandosi in piedi. «La ringrazio infinitamente per le informazioni che ha condiviso con me».

Minerva McGranitt si alzò in piedi a propria volta, rivolgendo alla giovane strega uno sguardo attento.

«Mi auguro, signorina Granger, che tutti e tre sappiate la pericolosità di quello che state facendo - e non mi riferisco solo al mago con cui, vostro malgrado, vi trovate ad incrociare le bacchette...».

Hermione non perse tempo, rassicurando immediatamente la propria ex professoressa di Trasfigurazione in merito alle loro intenzioni tutt'altro che protendenti alle Arti Oscure - lasciando poi l'ufficio alle proprie spalle con un unico proposito: parlare con Harry e Ron, e riferire loro quanto scoperto.

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Capitolo 6
*** L'incontro con un vecchio triste ***


«Il Ghirigoro ha trovato i libri che avevamo richiesto?» chiese Harry, alzando gli occhi su Ron - appena entrato nel salotto di Grimmauld Place con un voluminoso pacco sotto al braccio.

«Giudica tu stesso» replicò questi, aprendolo e mostrando all'amico due volumi: "Grandi famiglie del mondo magico" e "Pharsalia". «Sai? Devo confessare che l'espressione del proprietario, al momento di richiederli, mi aveva convinto dell'impossibilità di ottenerli...».

Harry sorrise, prendendo il primo libro ed iniziando a sfogliarlo con attenzione - dandovi una rapida occhiata.

«È stata una vera fortuna trovarli entrambi; Hermione ne sarà felice» mormorò poi.

Ron si limitò ad annuire, già concentrato nell'escludere dall'albero genealogico riportato sul libro aperto davanti a sé i nomi di tutti coloro che non potevano - per i motivi più disparati - essere il loro avversario. 

Fu un lavoro lungo e noioso, e più di una volta il giovane soffocò uno sbadiglio o si strofinò gli occhi stanchi 

«Sai qualcosa di Hermione, a proposito?» si informò quasi due ore dopo - finalmente chiudendo il volume. «Tutto ciò che so è che voleva provare a coinvolgere la McGranitt - se ho ben capito informandola delle nostre intenzioni e dei nostri progressi, e chiedendole di condividere con noi quante più informazioni possibili...».

«È più o meno quello che so anche io. Ma non penso che dovrebbe tardare ancora molto...» replicò Harry, stiracchiandosi e mettendo a propria volta da parte il libro che stava studiando.

«Hai scoperto qualcosa di nuovo?» chiese il giovane dai capelli rossi.

«Nulla che non sapessimo già. Pensavo che in altre parti del libro ci fosse qualcosa per giustificarne il furto da parte del nostro caro ladro, ma... niente. Nessun incantesimo, nessun rituale da seguire...».

Ron sospirò sconfitto.

«Non che io abbia avuto maggiore fortuna... Nonostante abbia eliminato decine e decine di nomi, infatti, praticamente tutti quelli rimasti rientrano in qualche modo tra i sospettati » scrollò le spalle. «Guardiamo in faccia la realtà, Harry: siamo a un punto morto. Non ci resta che sperare in Hermione».

Quasi che avesse sentito fare il proprio nome, la ragazza raggiunse i due amici nel salotto.

«Qualche novità?» chiese a mò di saluto.

«Non quante avremmo voluto, purtroppo. Tu? Hai scoperto qualcosa di utile?» rispose Harry, ascoltandola poi interessato - così come fece Ron - narrare per filo e per segno il colloquio avuto con la McGranitt 

«Beh, per quanto interessanti, non vedo come informazioni di questo genere possano esserci utili...» sbottò Ron alla fine. «Certo, se scoprissimo che uno degli incantesimi posti sopra a questi artefatti permette di rintracciarli - o se anche solo quello che ne preclude il furto fosse ancora attivo... Quantomeno, forse, il nostro avversario sarebbe più facilmente riconoscibile...».

Hermione non rispose, pur trovandosi perfettamente d'accordo con le parole del proprio ragazzo. Chiese, invece, di essere messa a propria volta al corrente degli eventuali progressi fatti in sua assenza.

«Non mi sento di definirli così disastrosi, in realtà...» mormorò poi, dopo aver lungamente pensato a quanto dettole dai due giovani. «E quel tuo sogno, Harry? Hai trovato una spiegazione alla fenice e alla luna?».

Il giovane dai capelli corvini annuì, recuperando una pergamena dall'aria stropicciata e passandogliela.

«Inizialmente avevo pensato ad una persona legata alle fenici, come un allevatore» confessò. «Ma poi Ron mi ha fatto notare che le fenici non sono creature che possono essere allevate come gli ippogrifi, così mi sono detto che poteva benissimo simboleggiare qualcuno legato o persino fedele ad una di esse».

La strega lo osservò con aria critica.

«Stai pensando ad un membro dell'Ordine?»

«Non necessariamente: potrebbe essere semplicemente una persona che credeva in Silente - il numero dei "sospetti” individuabili sull'albero genealogico dei Black si abbasserebbe non poco... Tuttavia, se questo è il caso, non spiega per quale motivo ci combatte, anziché aiutarci» replicò Ron.

«E se fosse quello che sta facendo?» mormorò tra sé e sé la ragazza, pensierosa.

Guardò nuovamente Harry e Ron, che la fissavano come se avesse perso completamente il senno.

«Pensateci: ci lascia indizi, pur avendone l'opportunità non ci colpisce...» continuò, concentrandosi sulla dicitura "luna piena" riportata sulla pergamena stesa sul tavolo. «Magari, pur essendo dalla nostra parte, non si mostra perché teme la nostra reazione al suo essere un lupo mannaro...».

Ron si esibì in uno sbuffo incredulo, ma Harry si fece immediatamente attento.

«Non è una teoria così strampalata, lo sai? Sappiamo che, durante la guerra, Remus era stato inviato tra i lupi mannari per parlamentare con loro - così come Hagrid e Madame Maxime avevano fatto con i giganti... E se fosse riuscito a convincerne qualcuno a passare dalla parte dell'Ordine, rimanendo successivamente in contatto con loro, e condividendo alcune date significative per dimostrare che anche i licantropi possono avere una famiglia, degli amici e una vita più o meno normale?» suppose, convincendosene a propria volta.

I suoi due amici si scambiarono un'occhiata esitante, prima di essere costretti ad ammettere che - in effetti - la sua spiegazione aveva la sua buona dose di senso.

«Per quanto riguarda i Black... Ebbene, potrà sembrare folle, ma si tratta di una famiglia enorme, tra i cui membri vi sono diverse persone legate a filo doppio alle Arti Oscure. Se qualcuno fosse stato "sacrificato" ai licantropi - magari come incentivo ad essere lasciati in pace da loro? Non dimentichiamo che i Malfoy offrivano ospitalità e vittime a Greyback… È così impensabile che altri abbiano offerto qualcosa di più?».

Il trio era entusiasta di quella nuova, possibile, pista da seguire - ma ben presto l'amara realtà li travolse: nessuno di loro aveva la benché minima idea di dove fosse stato mandato Lupin all'epoca. Ma se anche in qualche modo lo avessero scoperto, sarebbe stato sicuro indagare?

«Potremmo sempre chiedere alla McGranitt, o meglio ancora al ritratto di Silente...» tentò Hermione.

«Credi davvero ce lo direbbe?» sbuffò Ron, memore di quanto restio a fornire indicazioni chiare fosse sempre stato l'ex preside di Hogwarts - persino in merito a qualcosa di importante come la ricerca degli horcrux.

Hermione fece per rispondere, ma si zittì alla vista delle espressioni poco convinte dei due giovani. 

«Bene, vorrà dire che proveremo prima a cercare qualche informazione per nostro conto» sospirò nuovamente.

[*]

«Per fortuna Andromeda sapeva dove vivevano Remus e Tonks» disse Ron di buonumore, rigirandosi tra le mani il pezzo di pergamena sul quale la donna aveva scarabocchiato "Cayton Bay".

«Non capisco la tua sorpresa, Ron: Tonks era sua figlia, in fondo...» pensò bene di ricordargli Hermione, non facendo nulla per nascondere la propria esasperazione.

«Auguriamoci solo che Remus abbia lasciato una seppur minima traccia della propria missione. Se così non fosse, le nostre possibilità di proseguire nelle nostre indagini si ridurrebbero a zero» borbottò invece Harry, immerso nei propri pensieri e solo per metà concentrato su ciò che circondava lui e i suoi amici.

Hermione e Ron non risposero alla sua preoccupazione, non volendo ammettere di condividerla a loro volta - dicendosi invece pronti a partire quando lo fosse stato lui.

«Sì... È meglio andare. Prima arriveremo, prima potremo stabilire il corretto modo di agire» sospirò Harry.

[*]

Si ritrovarono su una spiaggia dall'aria serena e all'apparenza incontaminata dello Yorkshire - bagnata dalle impetuose acque del Mare del Nord, e protetta a sud-ovest da antichissime scogliere.

«Avrei dovuto immaginare che non saremmo arrivati direttamente a casa di Lupin... Sarebbe stato troppo facile, chiaramente!» sbottò Ron, guardandosi intorno con fare desolato.

«Beh, quanto potrà essere difficile trovarla?» gli fece eco Harry, imitandolo. «E potremmo sempre chiedere... Voglio dire, non credo che vivano molte persone, qui intorno - una di loro lo saprà, no?».

Hermione esitò, non completamente d'accordo con l'amico. Chi poteva dire, infatti, che Lupin non avesse - a causa della propria condizione - mantenuto il più massimo riserbo, in merito all'esatta ubicazione di casa sua? 

«Cerchiamo di trovare qualcuno, intanto» disse alla fine, avviandosi insieme ai due amici lungo un sentiero che, dalla spiaggia, saliva ripido lungo la scogliera fin sulla strada.

Furono accolti dalla vista di un locale a poca distanza, nel quale entrarono con un certo grado di anticipazione.

«Salve. Scusi il disturbo, ma avremmo davvero bisogno di un'informazione...» iniziò Hermione, cercando di apparire disinteressata, non appena individuò il gioviale proprietario del pub. «Oggi dovevamo incontrarci con un paio di amici a casa loro, ma l'unico riferimento che ci hanno fornito è stato "Cayton Bay"... Ci chiedevamo se, per caso, lei potesse esserci maggiormente d'aiuto...». 

L'uomo, posato lo strofinaccio con cui stava asciugando alcuni bicchieri, sorrise loro con aria bendisposta.

«Se mi è possibile, vi aiuterò molto volentieri. Ditemi, come si chiamano i vostri amici?».

«Lupin» rispose Ron, non notando l'uomo - seduto in un angolo - alzare gli occhi su di lui e sui suoi due amici. 

Il proprietario sorrise nuovamente, ma Harry giurò che questa volta lo avesse fatto con un accenno d'ansia.

«No... No, non mi dice nulla. Mi dispiace» si scusò l'uomo, in un tono che certo sarebbe sembrato sincero, se solo Harry non avesse nuovamente visto un'ombra offuscarne gli occhi scuri.

Non volendo insistere oltre, per non attirare ulteriormente l'attenzione su di loro, i tre ringraziarono ed uscirono nuovamente dal locale - fermandosi un momento nel parcheggio per riordinare le idee.

«Che facciamo, adesso?» domandò Hermione, mordicchiandosi nervosamente un'unghia. «Dubito, in tutta onestà, che riusciremmo a trovare la casa da soli. Quindi... Cerchiamo qualcun altro a cui chiedere, oppure...?».

«Scoprireste che nessuno vi risponderebbe sinceramente».

I tre si voltarono verso la porta del locale, scoprendo l'uomo che solo pochi minuti prima sembrava essersi animato nell'udire Ron fare il nome 'Lupin' al proprietario. Sembrava piuttosto anziano, con i capelli grigi e gli occhi stanchi di una persona che ha visto più cose negative di quante possa in realtà sopportarne.

«E... Perché i locali dovrebbero mentire?» domandò Harry, sfacciatamente.

«Perché ho personalmente chiesto loro di farlo».

I tre giovani si scambiarono una rapida occhiata, mettendo di comune accordo mano alle bacchette.

«Mantenere segreta l'ubicazione di una casa che non le appartiene...» chiese Hermione, cauta. «Per quale motivo farebbe una cosa del genere?».

L'uomo la osservò a lungo, prima di rispondere - un'espressione intrisa di dolore impressa sul volto.

«Per proteggere la memoria di un figlio che ho amato, amo ancora, e amerò per sempre».

I ragazzi si fissarono sconcertati.

«Vuole dire che...» esalarono, prima di essere interrotti dal cenno di assenso dell'uomo.

«Esattamente: Remus era mio figlio».

[*]

«Allora... Per quale motivo - veramente - voi tre cercate la casa di mio figlio?» chiese Lyall Lupin, una volta che ebbe accolto Harry, Ron ed Hermione in una piccola - ma comunque molto accogliente - casetta sulla medesima spiaggia su cui i giovani erano arrivati solamente un'ora prima.

Hermione - che da quando aveva saputo di trovarsi in presenza del mago che era riuscito a intrappolare l'Urlante Uomo Nero di Strathtully in una scatola di fiammiferi, sembrava quasi essere incapace di stare più di un paio d'istanti senza fargli le domande più disparate sui suoi anni come membro del Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche - narrò immediatamente quanto stessero cercando di fare lei e i due amici, vedendo il viso dell'uomo illuminarsi con ogni parola.

«È... È davvero possibile?» chiese questi alla fine, non tradendo la flebile speranza che ora lo animava.

«Noi speriamo di sì, signor Lupin. Ma non lo sapremo con certezza finché non avremo provato» confessò Harry, non volendolo illudere inutilmente. «Tuttavia, come Hermione le ha raccontato, al momento ci troviamo di fronte ad un ostacolo che - se saremo fortunati - potrebbe essere superato una volta che avremo scoperto dove, esattamente, due anni fa suo figlio fu mandato a svolgere la propria missione per conto di Silente».

Lyall sospirò, scuotendo il capo con fare sinceramente desolato.

«Vorrei davvero potervi rispondere in modo differente, ma se lo facessi vi mentirei solamente... Sfortunatamente non trovereste nulla, a casa sua: Remus era sempre fin troppo riservato, in merito ai suoi compiti per l'Ordine. Un'abitudine, come dissi anche a lui più di una volta, che in passato gli aveva creato non pochi problemi con gli altri...» confessò, prima di corrucciarsi per un istante. «Mi chiedo se...».

Pregò i tre di mettersi comodi, sparendo poi in un piccolo studio - dal quale uscì poco dopo, portando con sé una piccola cartelletta dall'aria vissuta e piena di fogli di pergamena ingialliti, che consegnò ad Harry.

«Badate, potrebbe essere una falsa pista...» li avvertì, mentre il giovane ne estraeva un vecchio ritaglio.

«"Elsdon sterminata"?» lesse Hermione, guardando il mago più anziano con aria confusa.

«La notte dell'11 ottobre 1964 un gruppo di lupi mannari, capeggiati da un ancora sconosciuto Fenrir Greyback, attaccò la cittadina di Elsdon. Fu un autentico massacro. Quelli di noi che furono mandati ad affiancare gli Auror, la mattina successiva, scoprirono che dei duecentoquaranta abitanti, solo venticinque erano sopravvissuti a quel selvaggio attacco. Furono, ovviamente, condotti immediatamente al San Mungo; ma non servì a nulla: meno di ventiquattro ore dopo morirono a loro volta a causa delle ferite. E i bambini...» Lyall non poté trattenere un brivido. «Tredici bambini, di età compresa tra i tre e i cinque anni, non furono mai trovati. Ora non fatico a concludere che siano stati portati via perché si unissero al branco. Quell'incursione - la prima di molte altre - formò pesantemente l'opinione che il nostro mondo ha ancora oggi sui lupi mannari. Un'opinione che io stesso condividevo, all'epoca - e che mio figlio pagò ingiustamente con la propria libertà».

Il mago si sedette - scuotendo il capo con aria dolorosamente colpevole - di fronte ai tre giovani, che lo ascoltavano come se fossero stati pietrificati. Harry, in special modo, non sembrava nemmeno essere in grado di respirare correttamente. Ricordava ancora Remus accennare vagamente alle vicende che avevano portato al suo contagio, ma ora si domandava quanto - esattamente - l'uomo avesse gentilmente deciso di omettere...

«Ma sto divagando, perdonatemi. Vi ho mostrato quel fascicolo perché - nonostante il Ministero non abbia mai scoperto l'esatta ubicazione dell'insediamento dei lupi mannari - nel corso degli anni la maggior parte degli attacchi si sono verificati proprio a meno di un giorno dall'ormai città fantasma di Elsdon» spiegò. «Magari la vicinanza con il luogo del loro primo vero attacco come gruppo coeso non è un caso - chi può saperlo?».

Harry, Ron ed Hermione lo ringraziarono profusamente, assicurandogli che avrebbero comunque proceduto con la massima cautela, ben consapevoli che l'assenza di Greyback non significava necessariamente una completa assenza di pericoli, per chi - come loro - non era un lupo mannaro.

«Mi perdoni, signor Lupin... Lei sapeva che nel corso dell'ultimo anno di guerra suo figlio… Insomma...» iniziò Harry, deciso a cambiare argomento ma insicuro di come farlo nel modo più corretto.

«Si era sposato? Era diventato padre? Sì» sorrise con fare incoraggiante il mago più anziano. «Ci siamo sempre tenuti in contatto - tranne quando era troppo pericoloso per entrambi - e fu lui stesso a darmi entrambe le notizie. Della gravidanza di sua moglie, in particolare, mi parlò la sera del vostro... diverbio - come lo definì lui. Ovviamente gli chiesi per quale motivo ti avesse colpito, considerando quanto a cuore gli stessi, ma dopo alcune frasi sconnesse ammise di non averne idea: "È successo", disse. Parlammo a lungo, quel giorno, e alla fine riuscii a strappargli la promessa che avrebbe quantomeno valutato la possibilità di un suo ripensamento. Fu un'enorme sollievo vederlo apparire, mesi dopo, alla mia soglia per annunciarmi la nascita di Edward».

Il sorriso orgoglioso di Lyall si spense.

«Credevo davvero che finalmente la vita avrebbe mostrato al mio Remus il suo lato più gentile. Invece…».

La voce gli si spezzò, impedendogli di proseguire e lasciando che sul piccolo salotto cadesse un silenzio quasi palpabile. Nemmeno i tre giovani riuscivano a parlare - non avendo la benché minima idea di cosa dire.

Fu Ron, alla fine, ad alzarsi e stringere significativamente il braccio dell'uomo - assicurandogli con voce ferma che non nè lui nè i suoi amici si sarebbero fermati fino a quando non fossero riusciti a ristabilire tutto. 

«Avrà nuovamente la sua famiglia, signor Lupin» promise.

[*]

«Non avesti dovuto promettergli quelle cose, Ron. Non eri tu a dire che non sappiamo nemmeno se tutta questa storia è vera, o se è l'ennesima leggenda priva di reale fondamento?» sospirò Harry con aria desolata, quando lui e i due amici furono tornati a Grimmauld Place.

Ron si guardò intorno, ricordando i giorni in cui quel luogo era il quartier generale dell'Ordine della Fenice.

«Forse non avrei dovuto, Harry, è vero. Ma non ho davvero potuto farne a meno. Dopo tutto quello che suo figlio, come tanti altri, ha fatto per permetterci di essere qui oggi... Non lo so: ho semplicemente pensato che dargli un po' di speranza fosse il minimo che potessimo fare - ecco tutto».

Hermione sospirò a propria volta.

«La speranza è pericolosa, Ron... Ma sono d'accordo con te: glielo dovevamo» acconsentì. «Ora che ne dite di organizzare la visita ad Elsdon? Qualcosa mi dice, infatti, che il nostro non sarà affatto un viaggio di piacere...».

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Capitolo 7
*** L'insediamento dei lupi mannari ***


La prima cosa che Hermione vide, la mattina successiva in cucina, fu l'espressione quasi dolorosa di Harry.

«Che succede Harry?» gli chiese allora, preoccupata.

«Non ho fatto altro che pensare a Lyall Lupin, ieri notte; a come anche lui - esattamente come Andromeda e innumerevoli altre persone - ha perso tutto quello che aveva per colpa della battaglia...».

La ragazza sospirò, già sapendo dove quella linea di pensiero avrebbe condotto.

«Non sei responsabile per quelle morti, Harry. Chi scese in campo lo fece di propria iniziativa; nessuno fu obbligato in alcun modo - e lo sai anche tu» mormorò, costringendolo a sedersi al tavolo.

«Se non avessi rivelato la mia presenza, nella sala comune dei Corvonero, o se mi fossi consegnato immediatamente, senza spingere Voldemort ei suoi a venire fisicamente a cercarmi... Avrei comunque sconfitto Voldemort, e molta gente non sarebbe morta» replicò il giovane di rimando, fissandosi le mani.

Hermione scosse il capo, risoluta.

«Non potevi saperlo, allora! Nessuno poteva. Ma siamo onesti: credi davvero che, potendo rivivere quella notte, agiresti diversamente? No, ti conosco da troppo tempo... E so che nemmeno volendolo riusciresti a rimanere a guardare, mentre la McGranitt viene insultata - o rinunceresti ad affrontare volontariamente Voldemort, senza alcuna intenzione di difenderti da morte certa, pur di tentare di salvare tutto il mondo magico!».

Harry sospirò, un'aria tutt'altro che allegra sul viso.

«Non lo sapremo mai, Hermione...» mormorò, salutando con un piccolo cenno del capo l'ingresso di Ron. «Ad ogni modo, ora che siamo tutti qui, penso sia il caso di metterci in viaggio verso Elsdon. E a proposito di questo... Ho pensato che per noi sia meglio mantenere un basso profilo - comportandoci più come Babbani, che come maghi. Con un po' di fortuna, questo impedirà al nostro avversario di seguirci».

«Senza senso! Se limiteremo l'uso della magia - presumendo che sia questo che tu intenda, quando parli di mantenere un basso profilo - non faremo altro che rendergli più facile il tenerci d'occhio!» protestò Ron.

«Non se progettiamo tutto con cura, raccogliendo informazioni ben precise» replicò pazientemente Hermione.

«Perché non Smaterializzarci direttamente da qui, scusate?» si rifiutò di arrendersi il giovane dai capelli rossi.

«Perché, Ron, quel tizio ha già dimostrato di poter entrare qui ogni volta che vuole, e di beneficiare del senso del dovere che Kreacher nutre ancora per qualche motivo nei confronti dei suoi vecchi padroni. Per questo è di vitale importanza non parlare più apertamente dei nostri progetti - specialmente mentre siamo qui, dove possiamo essere sentiti da chi può essere in qualche modo costretto a tradirci» continuò allora la strega - tremando al pensiero che l'elfo domestico poteva essere vittima di una simile eventualità.

Per ancora qualche istante Ron sembrò deciso a protestare, ma alla fine rinunciò - facendo spallucce con aria scontrosa.

«Molto bene, avete vinto. Ma non dite che non vi avevo avvertito!».

[*]

Pochi metri sopra di loro, nella vecchia biblioteca del n°12 di Grimmauld Place, un uomo misterioso non poté evitare di sorridere ammirato alla conversazione appena conclusasi.

"Quei tre non deludono mai le aspettative..." pensava, rimanendo in ascolto ancora per qualche istante - ma non udendo più nulla, se non i passi strascicati di Kreacher, chiaramente intenzionato a raggiungere la medesima stanza ch'egli aveva momentaneamente scelto come proprio nascondiglio. 

Sospirò, sollevando rapidamente l'incantesimo silenziante che lo aveva protetto fino a quel momento. Avrebbe voluto rimanere un altro po', in tutta onestà; ma le circostanze non sembravano essere per nulla intenzionate a permetterglielo...

"Pare che anche questa volta io non abbia scelta... Ebbene, così sia: si va a Elsdon".

E con un guizzo svanì nel nulla, senza lasciare alcuna traccia della propria presenza.

[*]

Alcuni giorni più tardi, mentre osservavano le finestre - impolverate, piene di ragnatele o persino inchiodate con assi ormai macerate dallo scorrere del tempo - delle case della piccola cittadina di Elsdon, Harry, Hermione e Ron non potevano negare che il loro piano aveva una severa falla...

«Sapete? Non abbiamo minimamente pensato a come avremmo fatto ad individuare l'insediamento, una volta che fossimo arrivati qui. Voglio dire, non mi aspettavo certo un cartello con delle chiare indicazioni stradali, ma nemmeno... Beh... Questo!» confessò Harry, guardandosi intorno nella via deserta.

«Se pensassi che servire a qualcosa, lancerei un incantesimo di localizzazione. Ma dubito che se fosse così facile, il Ministero sarebbe ancora all'oscuro dell'esatta posizione...» gli fece eco Ron, non nascondendo tutta la sua frustrazione per quella che - di nuovo - sembrava essere destinata ad essere più un'inutile scarpinata, piuttosto che una missione fatta e finita. 

Hermione annuì il proprio accordo.

«Ho letto e riletto il fascicolo datoci dal signor Lupin, negli ultimi giorni. Da quello che sono riuscito a ricavarne, penso che dovremmo spostarci verso la foresta che costeggia il confine nord. Secondo i vari rapporti, l'attacco di quella notte - così come altri che lo succedettero - ebbe inizio proprio in quella parte della città» li mise al corrente in un maldestro tentativo di nascondere l'opprimente silenzio di quel luogo.

Non trovando nulla da ridire contro una simile supposizione, sia Harry che Ron acconsentirono a seguirla.

Superata da pochi minuti la piazza principale della cittadina fantasma, tuttavia, i tre giovani udirono chiaramente una serie di piagnucolii - misti a mezze maledizioni - provenire da un vicolo poco più avanti.

«Stiamo attenti: è probabile che si tratti di un lupo mannaro» mormorò Harry, cauto.

«A costo di apparire pazzo, quasi ci spero: vorrebbe dire che siamo nel posto giusto» sbottò Ron.

Abbandonando la loro reticenza ad usare la magia, nella previsione di un incontro potenzialmente molto pericoloso, si assicurarono tutti e tre di avere le loro bacchette a portata di mano, e si infilarono con estrema cautela nel vicolo - rimanendo interdetti nel trovarlo in apparenza deserto, esattamente come il resto della città. 

«Che accidenti...?» iniziò Ron, prima che Hermione gli facesse subito cenno di tacere, indicando poi a lui ed Harry l'angolo più lontano dello stretto passaggio - che, a differenza di ciò che avevano pensato inizialmente, non sbucava su una seconda strada, ma terminava invece in quella che senza alcun dubbio era l'ingresso di una metropolitana babbana in disuso.

Non servirono loro gli altri borbottii stizziti che riempirono l'aria pochi istanti più tardi, per comprendere che chiunque fosse a produrli dovesse trovarsi proprio là sotto...

[*]

«Stai... stai bene?» chiese Hermione quando - scendendo con il cuore che batteva a mille i gradini che li avrebbero condotti nella metropolitana - lei ei suoi due amici videro un ragazzo, poco più giovane di loro, seduto a terra a pochi passi da loro e intendo a borbottare mezze maledizioni .

Di certo, pensò Harry dandogli una rapida occhiata, a scatenare il malumore del giovane doveva essere la ferita al polso - chiaramente piegato in un'angolatura del tutto sbagliata.

Il ragazzo sussultò visibilmente, alzandosi di scatto e arretrando un po' più in profondità nel tunnel buio.

«Chi siete?» domandò a propria volta, ed Hermione non fu l'unica ad udire il chiaro tremore nella sua voce.

«Mi chiamo Hermione, e loro sono Ron ed Harry. Tu come ti chiami, invece?» rispose lei con gentilezza, avvicinandosi un po' al giovane - che questa volta non si allontanò.

«Io... Neuri. Mi chiamano Neuri» borbottò questi, dopo un paio di istanti di esitazione.

«Molto piacere, Neuri. Posso chiederti che hai fatto al polso? Sembra essere molto doloroso...» continuò Hermione, sorvolando momentaneamente sul fatto che il ragazzo aveva lasciato quasi sottintendere che 'Neuri' non fosse esattamente il proprio nome.

All'accenno alla propria ferita, Neuri fece un ulteriore passo indietro - guardandoli tutti e tre con chiara diffidenza.

«Che fate qui?» domandò, cauto. «Non potete essere turisti: nessuno viene mai da queste parti - nemmeno per caso. Elsdon è una città fantasma...» 

Harry, Ron ed Hermione si scambiarono un'occhiata.

«Non siamo turisti, è vero; ed è vero che non siamo finiti qui per caso. Stiamo cercando un gruppo di lupi mannari che dovrebbero essere insediati da queste parti. Pensiamo che possano aiutarci con una domanda...» disse Harry, preferendo essere diretto - anziché seguire a girare intorno al problema. 

Neuri - apparentemente pronto a svanire nell'oscurità - cercò, senza successo, di ridere.

«Lupi mannari? Voi dovete aver bevuto un po' troppo, credete a me. Lo sanno tutti che quei cosi non esistono!»

«È strano... Vedi, mio fratello è stato attaccato proprio da uno di quelli che tu affermi non esistere, una manciata di anni fa. E le sue ferite erano parecchio simili a quella che - anche da qui, e con questa poca luce - posso vedere fare bella mostra di sé sul tuo polso...» disse Ron, già spazientito dall'atteggiamento del giovane.

A quelle parole il linguaggio del corpo di Neuri passò rapidamente da cauto a chiaramente difensivo.

«Siete dell'Unità di Cattura? Oppure, peggio ancora, Cacciatori di creature oscure? Ebbene, sappiate che non mi farò prendere facilmente! Lotterò e mi difenderò, quindi non dite di non essere stati avvertiti!» ringhiò.

Hermione reagì subito, alzando le mani per dimostrare a Neuri il proprio rifiuto ad attaccarlo.

«Sarò onesta, con te: lavoriamo effettivamente per il Ministero; ma non in quel Dipartimento. Anzi, siamo qui "fuori dal servizio". Come ha detto Harry, abbiamo solo bisogno dell'aiuto dei lupi mannari che vivono qui. Tra loro potrebbe esserci una persona che conosceva un nostro amico» spiegò.

Neuri storse il naso, non ancora del tutto convinto.

«Un amico?».

Harry annuì.

«Un lupo mannaro di nome Remus Lupin».

Il giovane sussultò, mormorando flebilmente: «Versipellis...».

Senza ulteriori spiegazioni, poi, indicò ai tre giovani il tunnel alle proprie spalle.

«Seguitemi».

[*]

«Che significa "Versipellis"?» chiese Hermione, incuriosita.

«Quando arriviamo qui lasciamo il nostro nome alle spalle, così ce ne viene dato uno nuovo. Sta a simboleggiare l'addio alla nostra vita passata» confidò Neuri, ruotando - ancora affascinato - il polso che Hermione aveva rapidamente curato con un colpo della propria bacchetta.

La replica di Ron gli morì sulle labbra, perché nel frattempo erano giunti - dopo mezz'ora di cammino - in quello che senza alcun dubbio era un vero e proprio accampamento ospitante non meno di un centinaio di persone.

Harry si guardò rapidamente intorno, mentre proseguivano, notando numerosi occhi - colmi non di odio, ma di diffidenza mista a palpabile timore - seguire lui ei suoi amici. Quella vista, in realtà, lo confondeva non poco, dato che ben poco si sposava con l'idea che si era fatto dei feroci responsabili di un attacco che aveva causato la desertificazione di un'intera città...

«Aspettate qui» disse Neuri, una volta che arrivarono nei pressi di una nicchia più grande delle altre - nella quale il giovane entrò, uscendone pochi minuti più tardi per invitare i tre a raggiungerlo.

All'interno Harry, Ron ed Hermione scoprirono un uomo incredibilmente anziano - ma non per questo meno imponente - che li studiò a lungo e con estrema attenzione da una brandina dall'aria vissuta.

«Cercate solo informazioni?» chiese loro, con voce graffiante.

«Riguardanti una persona che potrebbe aver conosciuto un nostro amico, sì» rispose Harry.

Il vecchio annuì lentamente, quasi fosse soddisfatto di quanto sentito.

«Versipellis, certo...» mormorò con un piccolo sospiro rassegnato. «Ma immagino che questo nome non significhi assolutamente nulla, per voi. Preferite certamente Remus...».

Sospirò di nuovo, alzandosi in piedi e iniziando a camminare avanti e indietro, pensieroso.

«Oh, ricordo bene quando il vostro amico è arrivato a Elsdon... Un tipo sveglio, indubbiamente - ma, se volete il mio parere, matto come un cavallo, o quantomeno avente forti istinti suicidi. Scendere qui sotto, iniziare immediatamente a proclamare che dovevamo discostarci da Greyback per evitare di essere considerati dei mostri a nostra volta - e farlo in un periodo in cui lo stesso Fenrir mandava di frequente molti dei suoi, o persino si presentava lui stesso, per convincerci ad unirsi a lui...!» sbottò, scuotendo il capo incredulo. «Se c'era uno che aveva bisogno di un nome nuovo, quello era di certo lui. Con Greyback perfettamente a conoscenza della presenza di una spia di Albus Silente tra le nostre fila...».

Ron sembrò confuso, ma esitò a parlare - temendo di dire qualcosa di sbagliato.

«Dunque voi... Voglio dire, le persone che abbiamo visto venendo qui... Non eravate - e non siete tuttora - affiliati al gruppo di Greyback?» domandò alla fine, in modo cauto.

L'anziano tornò a sedersi sulla propria brandina.

«Un tempo, qualche decennio fa, non esisteva che un unico gruppo. Ma l'arrivo di Fenrir... Quel tipo aveva qualcosa di sbagliato, nella testa. Un piantagrane, sempre impegnato ad organizzare rivolte e proteste, o a cercare di convincere gli altri che la nostra maledizione fosse un dono che ci avrebbe permesso di essere i padroni indiscussi del nostro mondo e di quello babbano! "Ci cacciano ed emarginano perché hanno paura del nostro potere! Un potere che neanche il più forte dei maghi potrà mai sperare di ottenere! Potranno strapparci via la carne e rinchiuderci nelle loro gabbie più resistenti, ma noi guariremo e riusciremo a scappare - trovandoli e rimettendoli al posto che spetta loro!"» ricordò, scuotendo ancora una volta il capo. «E poi, poco prima della luna piena di trentacinque anni fa, lui e alcuni di quelli che era riuscito a convincere sparirono. Pensammo tutti che avessero deciso di abbandonare il nostro insediamento dell'epoca perché in disaccordo con le nostre idee, invece... Invece ricomparvero, alcuni giorni dopo, scortando una dozzina di bambini in lacrime e ricoperti di sangue. Ci dissero di aver iniziato, per conto nostro, l'opera di conquista - sterminando completamente la popolazione di questa stessa cittadina che ora ci fa da casa, e aumentando le fila dell'esercito che ci avrebbe permesso di portarla a compimento».

L'uomo si zittì, apparentemente perso nei ricordi di quegli eventi, ed Harry, Ron ed Hermione non poterono che imitarlo - profondamente disturbati da ciò che avevano udito fino a quel momento. Fin da subito, quando ancora la guerra contro Voldemort imperversava, avevano compreso quanto Fenrir Greyback fosse malato, ma mai avrebbero immaginato...

«Ovviamente, ciò portò ad una radicale scissione. Molti, come me, si discostarono completamente dalle azioni compiute da quei folli; ma altri... Altri si convinsero che forse il mondo promesso loro da Greyback fosse non solo possibile, ma anche a portata di mano. Le due comunità neonate presero strade differenti: noi qui in ciò che resta di Elsdon, e quella capeggiata da Fenrir... Onestamente non lo so con precisione. Non abbastanza lontano, comunque, perché alcuni scontri tra noi non avvengano ancora, di tanto in tanto» continuò l'anziano licantropo, accennando a Neuri - ancora fermo silenziosamente vicino all'ingresso della nicchia.

Harry non nascose il proprio stupore.

«Mi perdoni, ma se l'intendo di Greyback e dei suoi era - e ancora è, a quanto pare - creare una società prevalentemente composta da lupi mannari, per quale motivo attaccarvi?».

Fu Neuri a rispondere, questa volta.

«Perché noi ci opponiamo! Siete qui ed illesi, no? Eppure siete maghi normali!» sbottò. «A noi non interessa governarvi. Vogliamo solo essere trattati a nostra volta come esseri umani! E se questo non fosse già un motivo sufficiente per scatenare degli scontri, il fatto che - di tutti - proprio Versipellis fosse qui...».

«Basta così, Neuri: adesso puoi andare. Sono certo che avrai altre cose da fare» lo interruppe con voce ferma il licantropo più anziano, facendogli un breve cenno affinché uscisse e li lasciasse soli. «Scusatelo. È ancora molto giovane, lo avrete notato anche voi. A volte parla troppo e senza pensare».

«Può darsi, ma non è detto che ciò che dice sia privo di importanza... Che correlazione c'è, ad esempio, tra il periodo che Remus Lupin ha trascorso qui con gli scontri di cui parlava? Da quello che ci ha detto, la divergenza di opinioni tra le due comunità è nata parecchi anni prima del suo arrivo ad Elsdon...» lo interrogò Hermione, decisa ad avere risposta.

Per moltissimi minuti sembrò che il licantropo non avrebbe soddisfatto la sua curiosità - troppo impegnato, apparentemente, a studiare la strega con interesse mal celato - ma, alla fine, scrollò le spalle e si mise maggiormente comodo sulla propria brandina.

«Le due cose sono assai più correlate di quanto tu creda, signorina... L'imperdonabile azione di Greyback e i suoi, all'epoca, portò a ben più di una semplice scissione nella nostra comunità - come persino voi potrete comprendere. Molti di noi subirono destini peggiori della morte, da quel momento in poi. Venimmo cacciati e torturati dai Cacciatori di creature oscure, le persone normali ci trattarono come criminali, come mostri e come assassini indiscriminatamente dalle nostre azioni... Ma soprattutto il Ministero della Magia focalizzò la propria attenzione su di noi - e ben poche sue iniziative furono a nostro favore!» sbottò a denti stretti, perdendo per un istante la pacatezza che lo aveva contraddistinto fino a quel momento. «Fu grazie a quella particolare attenzione sulle possibili azioni ad opera dei lupi mannari che, mesi dopo il massacro della città, Greyback venne portato al Ministero per essere interrogato sulla morte di due bambini babbani - dove riuscì, sfruttando il suo ancora per poco anonimato, a convincere gli agenti di essere solo un senzatetto Babbano. Tuttavia il suo piano non riuscì completamente: uno dei maghi del comitato di valutazione, infatti, riconobbe alcuni dei tratti distintivi della nostra gente, e suggerì - per precauzione - che venisse tenuto in custodia fino alla luna piena che avrebbe avuto luogo solamente la notte successiva. Non solo non venne ascoltato, ma venne persino deriso dai suoi colleghi, e nella discussione che ne seguì, l'uomo ci descrisse come esseri privi di anima, malvagi e meritevoli di nient'altro che la morte».

Harry sentì un immediato brivido corrergli lungo la schiena, a quelle parole. Greyback, un mago appartenente al Ministero della Magia che lo offendeva, i primi anni Sessanta... Improvvisamente si convinse di sapere esattamente come quella storia sarebbe proseguita, e quale attinenza avesse con le perplessità di Hermione...

«Il mago venne allontanato, Greyback venne rilasciato, e ai due compagni che lo attendevano raccontò dell'offesa subita - offesa che portò ad una vendetta rapida e terribile... Il mago del Ministero aveva un figlio: un bambino di nemmeno cinque anni. Quando Fenrir lo scoprì, attese la luna piena nei pressi della loro casa, poi forzò la finestra della camera in cui il bambino dormiva e lo attaccò. Ma, ancora una volta, le cose non andarono come sperava. Il mago - a differenza di molti della sua gente - non esitò un istante ad affrontarlo, anche nel suo stato trasformato, e a cacciarlo utilizzando una serie di potenti incantesimi prima che potesse portare il bambino via con sé - com'era ormai sua consuetudine» continuò il licantropo, ignaro del turbamento interiore del giovane. «Greyback non riuscì mai ad accettare che qualcosa che ormai riteneva suo gli fosse stato tolto; né che la sua proprietà vivesse la vita di un mago normale, con tutti i privilegi che essa comporta. E quando Stubbe - il suo più feroce sostenitore - scoprì, e gli disse, che quello stesso bambino, nel frattempo divenuto adulto, stava cercando - e persino riuscendo! - di convincere altri a seguire il suo esempio, lasciando la vita da reietti per inseguirne una - seppur difficile - alla luce del sole...».

Hermione e Ron erano entrambi pallidi come cenci, e lo stesso Harry dovette ammettere di essere preda della nausea, nel sentire i propri sospetti essere definitivamente confermati.

«Lei... Lei parla di queste cose come se fosse stato presente» riuscì a dire Ron, alla fine.

«Quando simili rarità avvengono, giovanotto, queste diventano famose» replicò l'uomo pacatamente, lanciando un'occhiata - nemmeno troppo velata - alla cicatrice di Harry, che immediatamente cercò di coprirla con l'aiuto dei capelli.

Ron annuì la propria comprensione, schiarendosi poi la gola per chiedere finalmente ciò che aveva spinto lui, Harry ed Hermione a seguire Neuri fino a quell'insediamento sotterraneo.

«Se ho ben capito, volete sapere se di recente qualcuno si è allontanato da questi tunnel. Ebbene, temo di non potervi rispondere con esaustività. Diversi di noi escono saltuariamente - per procurarsi di che vivere, soprattutto - senza fare poi più ritorno per le cause più disparate: perché sono rimasti coinvolti - purtroppo fatalmente - negli scontri di cui vi parlavo, perché il riconoscimento concesso al vostro amico li ha convinti definitivamente che ciò che affermava era vero... Altri, persino, perché alla fine decidono di cambiare schieramento. Perciò non me la sento di indicarvi nomi che potrebbero non essere quelli che cercate, e che potrebbero costarvi tempo ed energie inutilmente. Mi spiace» rispose l'uomo, con tono così sinceramente contrito che nessuno di loro ebbe motivo di dubitare delle sue parole.

Harry, Ron ed Hermione si guardarono l'un l'altro, colpiti dalla medesima realizzazione: era stato solo un altro buco nell'acqua.

Un gran vociare nel tunnel li riscosse dai loro pensieri, e seguiti dall'anziano licantropo uscirono dalla nicchia - trovandosi di fronte una scena che li lasciò senza fiato per lo shock.

Il loro avversario li aveva trovati.

 

 

***Note dell'Autrice***
♦ I Neuri erano un'antica popolazione del nord Europa citati per la prima volta da Erodoto, famosi perché si credeva che - oltre ad essere sciamani - si trasformassero in licantropi una volta all'anno.
♦️ Versipellis era il nome che i Romani davano dai lupi mannari - in base alla credenza che questi individui nascondessero la pelle di lupo all’interno del corpo, in attesa di "rivoltarla" durante la trasformazione.
♦️ Peter Stubbe fu protagonista del più famoso caso di licantropia avvenuto nel XVI secolo in Germania. Considerato uno dei primi serial killer conosciuti della storia, l'uomo fu accusato di aver ucciso due donne incinte e tredici bambini (compresi i propri figli) - tagliando o mordendo loro la gola, e portando poi i cadaveri in un posto isolato per poterne bere il sangue ed estrarne le viscere con l'ausilio di un coltello.

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Capitolo 8
*** L'errore del nemico ***


Harry si strofinò gli occhi, volendo assicurarsi che ciò che vedeva fosse realmente ciò che stava avvenendo. Non cambiò nulla: l'individuo che li aveva accompagnati sin dall'inizio di quell'assurda caccia al tesoro era proprio lì, sinistramente protetto da un pesante mantello nero con un cappuccio che gli nascondeva il viso.

Ron si lasciò sfuggire una maledizione, ed Harry non poté biasimarlo: anche lui, in fondo, non aveva mancato di notare - al collo del loro avversario - l'amuleto nuovamente riunito, sebbene ancora visibilmente incompleto.

In un gesto puramente istintivo, a quell'angosciante vista, Hermione sfiorò la collana che portava al collo - ritraendone immediatamente le dita con un udibile grido di dolore.

«Mi ha bruciata!» esclamò la giovane, fissandosi la mano arrossata con aria scossa, quando Ron ed Harry si voltarono verso di lei - richiamati dal suo strillo sofferente.

Il prezioso cimelio, infatti, sembrava improvvisamente aver preso vita - muovendosi, brillando ed emettendo un tangibile calore. Se non fosse suonato del tutto folle, Ron avrebbe quasi giurato che la collana stessa stesse cercando attivamente di fuggire dal collo di Hermione, rispondendo ad un qualche richiamo silenzioso.

Decisi a interrompere quell'inspiegabile tentativo di fuga, sia lui che Harry estrassero immediatamente le loro bacchette. Un gesto, il loro, che causò un improvviso e inspiegabile fuggi fuggi generale tra i licantropi - quasi che avessero iniziato a lanciare incantesimi alla cieca.

«Mettete subito via quelle bacchette! Non capite che hanno paura che siate venuti per portarli via?» li ammonì severamente l'anziano licantropo al loro fianco, osservando i volti agitati degli altri abitanti del tunnel.

Resisi conto della fraintendibilità del loro gesto, Harry e Ron rinfoderarono le loro bacchette e guardarono l'insediamento riguadagnare pian piano la propria calma - anche grazie alla sparizione del loro avversario. Confusi da quell'ultimo incontro, poi, i due si avvicinarono ad Hermione - ancora impegnata a studiare alternativamente la propria mano bruciata e una collana finalmente tornata inerte.

«Crede che potremo usare la bacchetta, solo per un istante? La mano di Hermione va curata» domandò Harry a bassa voce, rivolgendosi al licantropo ancora fermo accanto a loro.

«Molto bene. Ma fatelo nella nicchia, così da non scatenare nuovamente il caos».

[*]

«La sua breve permanenza e la confusione creatasi ha reso impossibile capire se sia un ex appartenente alla comunità - o almeno, questo è quello che mi è stato detto mentre voi eravate all'interno della nicchia» riferì Harry, lasciandosi poi andare ad un sospiro sconfortato.

Sia Ron che Hermione non risposero immediatamente - perdendosi nell'osservazione del paesaggio che scorreva oltre il finestrino del treno che in pochi minuti li avrebbe riportati a Londra.

«In tutta onestà, in questo momento sono più interessata a scoprire per quale motivo, all'improvviso, la collana si sia comportata in modo così strano. Se non avessimo già praticamente accertato - senza alcuna prova effettiva, è vero - la loro perdita di efficacia, penserei quasi che la motivazione sia da ricercare in uno degli incantesimi di cui mi ha parlato la McGranitt...» replicò Hermione, pensierosa.

Ron scosse la testa, sospirando a propria volta con aria sconfitta.

«Io invece mi chiedo come sapesse dove saremmo andati. Abbiamo preso ogni precauzione, ci siamo assicurati che non fossimo seguiti in ogni fase del nostro viaggio, o che qualcuno fosse nelle nostre vicinanze quando ne parlavamo... Ah, mi sembra di avere di nuova la Traccia!» sbottò alla fine, di malumore.

«E che dire del fatto che l'amuleto fosse chiaramente stato riunito?» aggiunse Harry. «Abbiamo - tutti e tre - letto e riletto il testo, no? Eppure nessuno di noi ha trovato una sola formula per riuscire ad ottenere un simile risultato. Quindi ora dobbiamo anche chiederci chi può conoscere questo incantesimo, e soprattutto come...».

Hermione scrollò le spalle, passandosi una mano tra i capelli. 

«Chissà, forse sul libro che ci è stato rubato era annotata, da qualche parte, la formula. Onestamente non ricordo di aver prestato molta attenzione alle pagine che non trattavano dell'amuleto...».

Né Harry né Ron se la sentirono di replicare, così il silenzio li accompagnò sino a Londra.

[*]

«Tu sei sicura che sia stata una buona idea?» insistette Ron, guardandosi alle spalle per l'ennesima volta.

«Sicurissima» lo tranquillizzò nuovamente Hermione. «Non vorrete attirare l'attenzione su di noi, se per qualche motivo dovesse ripetersi il medesimo, spiacevole, incidente!».

«No, certo che no...» s'intromise Harry, preferendo comunque tenere per sé ciò che realmente pensava dell'idea della strega di togliersi la collana e di nasconderla in fondo ad una credenza nella cucina di Grimmauld Place.

Era perfettamente d'accordo con l'amica in merito alla necessità di una pausa nel pub più vicino, ma lasciare un oggetto tanto conteso senza alcuna protezione effettiva...

Sospirò, augurandosi soltanto che tutto andasse per il meglio.

[*]

L'uomo osservò, con un piccolo sospiro di apprezzamento, i tre giovani svoltare l'angolo della strada.

Non aveva visto la collana al collo della giovane e, con un po' di fortuna, ciò poteva significare che la strega avesse deciso di lasciarlo all'interno della dimora un tempo appartenuta alla famiglia Black - insieme, verosimilmente, all'orecchino in cui era incastonato uno degli ultimi frammenti dell'amuleto.

Forte di quella convinzione, girò su se stesso e svanì con un guizzo nel nulla, riapparendo quasi istantaneamente nella vecchia biblioteca del n°12 - dove si fermò per un momento a raccogliere le idee.

Dove potevano essere stati nascosti la collana e l'orecchino? Certo non poteva chiederlo a Kreacher: per quanto mostrasse ancora un forte rispetto nei confronti della famiglia della quale anche lui faceva parte, la sua fedeltà - ovviamente - andava principalmente al nuovo padrone. No, molto meglio fare da solo...

Uscì cauto sulle scale, puntò una bacchetta magica estratta dalla cintura davanti a sé, e compì un rapido movimento. Immediatamente udì il rumore di qualcosa - dalle parti della cucina - che si infrangeva, e appena pochi istanti più tardi sia la collana che l'orecchino atterrarono sul palmo della sua mano. 

Sorridendo alla propria fortuna, a quel punto, si tolse dal collo una sottile catena da cui pendeva l'amuleto, la posò sul proprio palmo, accanto ai due frammenti - già liberi dai gioielli che li custodivano - e puntò su di essi la bacchetta, sussurrando: «Colligentes».

Rispondendo all'arcaica formula, l'amuleto recuperò la forma originaria - tornando intero e illuminandosi per un brevissimo momento di uno scintillio rosato.

Permettendosi un nuovo sorriso soddisfatto, l'uomo rimise la bacchetta in cintura e tolse da una delle proprie tasche un piccolo pezzo di pergamena - avviandosi di soppiatto in direzione della cucina, con l'intento di lasciarlo là dove i tre giovani, al loro ritorno, lo avrebbero trovato facilmente. 

Giunto nell'ingresso, tuttavia, venne sorpreso da Kreacher - apparentemente appena uscito dal salotto.

«Kreacher non permetterà all'intruso di derubare ancora il suo padrone ei suoi amici! Kreacher proteggerà la casa del suo padrone!» esclamò l'elfo domestico, saltandogli al collo in un tentativo di fermarlo così platealmente comico - nonché inutile - che l'uomo dovette trattenersi dal ridere.

Il rumore, alle proprie spalle, della porta d'ingresso che iniziava ad aprirsi fece comunque sparire ogni sua ilarità latente, e senza un secondo pensiero si scrollò di dosso Kreacher e svanì nuovamente.

[*]

Entrando al n°12 di Grimmauld Place Harry, Ron ed Hermione giurarono di aver sentito il rumore di qualcuno che si Smaterializzava, e colti dal medesimo pensiero si avvicinarono a Kreacher - che per qualche motivo se ne stava seduto, borbottando di pessimo umore, per terra davanti alle scale.

«Kreacher, che è successo?» si informò immediatamente Harry.

Riscuotendosi dalla trance nella quale sembrava essere caduto, l'elfo domestico iniziò a spiegare febbrilmente ciò che era avvenuto fino a pochi istanti prima - mentre i tre giovani erano assenti.

Harry, Ron ed Hermione si scambiarono un'occhiata, e quasi avrebbero letto uno nella mente dell'altro corsero in cucina - trovando il barattolo in frantumi a terra e il suo contenuto svanito nel nulla.

«Dannazione!» esclamò rabbiosamente Harry, sedendosi e battendo un pugno sul tavolo. «Ecco fatto: è finita. Ora lui ha gli ultimi due frammenti, la formula per riunirli agli altri e completare così definitivamente l'amuleto... E noi? Noi rimaniamo con un palmo di naso! Accidenti!».

Kreacher - che, non visto, aveva seguito i tre giovani - gli si avvicinò, incurante del suo sfogo.

«Kreacher non sa se è importante, ma ha trovato questi, nell'ingresso. Kreacher non voleva nasconderli, ma il padrone non gli ha dato il tempo di darglili, prima!» aggiunse rapidamente, quasi temesse di essere punito, porgendo ad Harry una collana strappata e un piccolo pezzo di pergamena piegato.

Harry, Ron ed Hermione, del tutto increduli, rimasero ad osservare per diversi istanti quello che senza alcuna ombra di dubbio era l'amuleto nella propria interezza. 

«Non preoccuparti, Kreacher: non hai fatto nulla di male. Anzi, ti ringrazio! Questo tuo... ritrovamento è estremamente importante, in questo momento» esalò Harry, riconoscente.

Visibilmente sollevato dalle parole del giovane, Kreacher lo lasciò a studiare non solo l'amuleto, ma anche il piccolo pezzo di pergamena - sul quale Ron trovò annotata una serie di rune: 

ᛚᛁᚴᛅᚾᛏᚱᚬᛒᚬᚴᛋᛁᛁᛁᛚᚴᛋ

«Hai una qualche idea sul significato, Hermione?» chiese Harry, dopo aver osservato la strega aggrottare la fronte con aria concentrata per diverse decine di minuti.

Hermione esitò, prima di rispondere - e quando infine lo fece, sembrò essere tremendamente a disagio.

«Ne ho cercato a lungo uno differente, ma non esiste: questo è e resterà sempre uno dei numeri identificativi che - grazie alla Umbridge - venivano fisicamente posti su quelli che lei riteneva necessario controllare...» esalò, con l'aria di chi stesse per dare violentemente di stomaco. «Sapevo che era sua intenzione rendere tale pratica effettiva, ma non credevo... Speravo che qualcuno si sarebbe opposto ad una simile barbaria!».

Ron sgranò gli occhi, a quelle parole.

«Vuoi dire che in giro ci sono dei disgraziati che sono stati marchiati come animali?!» esclamò, impallidendo.

Hermione annuì lentamente, facendo qualche respiro per calmare la nausea.

«Maridi, Mezzo giganti, Centauri... Ma soprattutto lupi mannari - come in questo caso. Quella laida gargoyle riuscì a convincere Caramell e buona parte del Ministero dell'assoluta necessità di riconoscerli!» esclamò, furente. «E ho recentemente scoperto come fosse sua intenzione ripetersi con i Nati Babbani!».

Harry non osò replicare, troppo colpito da quell'ennesima prova della malvagità spietata di Dolores Umbridge.

«Per quanto orribile, questa decisione forse può tornarci utile» mormorò Ron con un sospiro. «Non ci resta, infatti, che andare al Ministero e cercare tra i registri a chi corrisponde questo identificativo».

La strega scosse il capo, desolata.

«Purtroppo quei documenti sono stati distrutti con la fine della guerra, per evitare che qualcuno potesse servirsene per rintracciare e successivamente colpire le persone in essi registrate» rivelò, tornando a studiare la pergamena. «Ad ogni modo, questa sembra un'altra conferma del fatto che questo tizio non sia davvero nostro nemico. Perché darci un modo tanto palese per risalire alla sua identità, altrimenti?».

Sia Harry che Ron scrollarono le spalle.

«Chi può saperlo… Può aver lasciato quel numero perché sa che non è più possibile associarlo ad un nome» suggerì Harry, facendo spallucce. «Ciò che conta è che ora abbiamo raggiunto il nostro obiettivo: l'amuleto è in mano nostra - completo e pronto ad essere utilizzato. In quanto all'identità del nostro avversario... Ci penseremo una volta che avremo definitivamente concluso il nostro progetto».

Hermione annuì il proprio accordo, senza alzare gli occhi da "Pharsalia" - che nel frattempo aveva estratto dalla propria borsa e aveva iniziato a sfogliare con l'intento di capire come procedere dal punto in cui si trovavano.

«Devo darti ragione, Harry: non c'è alcuna traccia di un incantesimo o di una formula» mormorò, perplessa. «Si parla solo di un "oscuro, incancellabile ed oneroso prezzo" da pagare...».

Ron borbottò a mezza voce qualcosa che somigliava tremendamente a: "Ve lo avevo detto", ma nessuno dei due lo ascoltò. Né Harry né Hermione, infatti, erano realmente disposti a gettare al vento tutto ciò che loro tre avevano faticosamente ottenuto sin dall'inizio di quella loro impresa. Certo, come avevano già avuto modo di sospettare in precedenza, il ricorso alle Arti Oscure sembrava pressoché inevitabile... Eppure non volevano credere che non esistesse un metodo alternativo!

«Quindi che facciamo?» sospirò Ron, rassegnato come sempre a seguire gli amici nei loro piani.

«Per il momento direi di trovare un luogo al quale tutti coloro che siamo intenzionati a richiamare erano legati. Secondo il libro, infatti, trovare il posto giusto facilita in qualche modo il ritorno. E poi... Vedremo. Piccoli passi» replicò la giovane strega, riponendo il volume nella borsa e legandosi l'amuleto al collo. 

«Non riesco a pensare che ad Hogwarts. Presto o tardi sono passati tutti da lì, in fondo» suggerì a quel punto il mago, venendo ricompensato da un silenzioso cenno d'assenso da parte di entrambi. «Perfetto. Suggerisco, se posso esprimere la mia opinione, di attendere domani mattina per tentare questa follia. Abbiamo, credo, tutti e tre bisogno di dormire almeno una notte intera».

[*]

Molto lontano da Londra, un uomo maledì l'imperdonabile disattenzione che lo aveva caratterizzato mentre si trovava a Grimmauld Place. Se fosse stato più attento a ciò che lo circondava, infatti, non si sarebbe lasciato sorprendere dall'elfo domestico, e nemmeno gli sarebbe sfuggita la perdita della preziosa collana che indossava - certamente già ritrovata dai tre giovani.

Una nuova maledizione fiorì sulle sue labbra. Tutti gli sforzi fatti per recuperare i vari frammenti, e solamente pochi istanti per mandare completamente in fumo la sua missione!

Sospirò, sperando solo che l'amuleto avrebbe rifiutato di servire la persona sbagliata...

 

 

 

 

CI STIAMO AVVICINANDO ALL'EPILOGO DI QUESTA FIC :) VI RINGRAZIO ANCORA PER L'ENORME PAZIENZA E DEDIZIONE CHE DEDICATE A ME E A QUESTA STORIA ^^"

UN ENORME GRAZIE A CHI TIENE QUESTA FIC NELLE PREFERITE, NELLE SEGUITE, A CHI HA RECENSITO E A CHI L'HA INSERITA NELLE FIC DA RICORDARE.

GRAZIE!

 

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Capitolo 9
*** L'ultimo duello ***


Il mattino successivo Harry, Hermione e Ron inviarono un gufo a Kingsley Shacklebolt, nel quale - finalmente - lo misero esaustivamente al corrente di ogni cosa in merito all'amuleto, alle loro tribolazioni nel recuperare ogni frammento, e soprattutto alle loro intenzioni con esso.

Come avevano immaginato, il Ministro inizialmente non fu affatto contento - anzi li raggiunse a Grimmauld Place per poter così esprimere di persona il proprio malcontento, suggerendo poi loro di affidare l'amuleto all'Ufficio Misteri, dove gli Indicibili avrebbero potuto studiarlo per comprenderne appieno i poteri.

Ma dopo un'ora di discussione - nonché dopo aver studiato attentamente lui stesso il misterioso manufatto - il mago più anziano acconsentì che i tre giovani procedessero con il loro piano - purché lo facessero in presenza di altre persone, che avrebbero potuto fungere da cuscinetto protettivo in caso qualcosa fosse andato storto.

Harry, Ron ed Hermione si dissero subito perfettamente d'accordo, purché tali persone fossero coloro che avevano contribuito, seppur in minima parte, alla riuscita della loro impresa.

«Molto bene. Penserò personalmente a contattare la Professoressa McGranitt e le chiederò di fare in modo che il vostro tentativo non venga interrotto da qualche studente eccessivamente curioso» sospirò Kingsley.

Scosse poi il capo, non credendo nemmeno lui a quanto stava per dire.

«E se questo miracolo dovesse realmente avvenire - senza conseguenze catastrofiche...» precisò, fissando i tre giovani con uno sguardo che non ammetteva repliche, «Ebbene, in tal caso diffonderò immediatamente un comunicato per mettere al corrente il mondo magico di un' opportunità tanto incredibili. Quanto a ciò che ne sarà dell'amuleto, una volta che avrà adempiuto al suo scopo... Se ne parlerà in una sede più adatta».

[*]

«Eccoci qui, alla fine» disse Hermione, eccitata, ma anche timorosa, all'idea di essere - con tutta probabilità - prossima ad assistere ad una magia fino a quel momento ritenuta del tutto impossibile.

Lei, Ron ed Harry si guardarono intorno, osservando per un momento il gruppetto di persone che quel pomeriggio li avevano raggiunto sui prati - deserti, grazie alla McGranitt - di Hogwarts: i Weasley insieme a Fleur e alla piccola Victorie, Andromeda con Teddy, Lyall Lupin... Se fossero riusciti nell'intento, si resero conto, un numero straordinario di maghi e streghe - compresi loro - avrebbero ritrovato quella gioia e quella serenità che la guerra aveva loro strappato tanto crudelmente.

«Già, ma continuiamo a non avere idea di come portare effettivamente a termine questa storia» borbottò Ron. «Nessuna formula, nessun indizio di come lanciare correttamente questo incantesimo sconosciuto...».

«Lo so, Ron!» sbottò Hermione, una nota di esasperazione nella voce.

«Scusa, scusa... » mormorò il ragazzo, alzando le mani in segno di resa, ma sapendo di aver ragione.

La strega lo guardò come se avesse voluto incenerirlo - tornando poi a studiare l'amuleto stretto nel suo pugno, in cerca di un qualche indizio che potesse darle una seppur minima idea di come usarlo correttamente. Ma nonostante tutti i suoi sforzi, non ne trovò nessuno - cedendo di conseguenza ad uno sconforto quasi palpabile, che la portò quasi alle lacrime. Tutta quella fatica, i viaggi, le promesse, le ricerche... Per non parlare delle persone che a causa loro nutrivano la speranza di riabbracciare i loro cari! 

La strega alzò lo sguardo sui due amici, pronta a metterli al corrente del clamoroso fallimento, ma il respiro le si mozzò in gola alla vista della figura - coperta da un mantello con cappuccio che rendeva impossibile scoprirne l'identità - che si stagliava contro il castello e che si stava avvicinando a loro con passo sicuro.

Immediatamente estrasse la bacchetta, imitata da Harry, Ron e - purtroppo - anche dal loro avversario.

«Niente panico, siamo comunque in tre. E se non dovessimo comunque bastare, potremo contare sulle bacchette di tutte le persone presenti oggi» sussurrò Harry.

«A questo proposito... Come mai nessuno sembra accorgersi di quello che sta succedendo?» disse Ron, lanciando una rapida occhiata all'immobilità dei presenti.

Anche Harry ed Hermione notarono la stessa cosa, stupendosene a loro volta. Ma non ebbero tempo di domandarsene il motivo - poiché il loro avversario, nel frattempo, si era fermato ad una decina di metri da loro.

«Qualunque sia la motivazione, finché resteranno ignare, queste persone devono essere protette» asserì Hermione, e di comune accordo con Harry, lei e Ron lo lasciarono ad affrontare il misterioso rivale - mentre loro si affrettavano al fianco degli ignari presenti, per difenderli da eventuali attacchi.

Vi fu poi un breve momento in cui i due maghi si squadrarono in silenzio, al termine del quale iniziarono un duello che - sorprendentemente, dato il totale rifiuto da ambo le parti di utilizzare incantesimi realmente offensivi - vide Harry venire disarmato con eccezionale rapidità. 

Il giovane Auror, con il fiato corto, si domandò come avrebbe potuto prevalere - se mai fosse riuscito a recuperare la propria bacchetta, scagliata lontano da un incantesimo che non aveva mai sentito prima - contro il suo avversario, quando questi sembrava conoscere alla perfezione il suo metodo di combattimento... 

Immerso com'era in quei pensieri, impiegò qualche istante a rendersi conto che il mago di fronte a lui non stava facendo nulla per continuare ad attaccarlo, e quel singolare comportamento - unito a tutti quelli tenuti fino a quel momento - lo confuse oltre ogni misura. Perché si comportava in quel modo? 

La risposta gli giunse, come un fulmine a ciel sereno, sotto forma di gorgoglio.

Immediatamente, ma comunque con cautela, arretrò allora fino a dove Hermione e Ron stavano cercando di capire - insieme a Bill - come spezzare l'incantesimo che avevano scoperto nascondere, agli occhi delle persone raccolte in quel luogo, ciò che avveniva ad appena pochi passi da loro.

«Andromeda, in questo momento ho bisogno della tua più completa fiducia...» disse alla donna, non appena l'ebbe raggiunta, prendendo Teddy in braccio. «Non devi preoccuparti: so quello che faccio».

O almeno spero..." evitò accuratamente di aggiungere, tornando sui propri passi con il bambino fra le braccia e percependo - più che sentirle effettivamente - le giustificate proteste veementi di Andromeda.

La verità era che quella di aver infine compreso ogni cosa non era - per il momento - altro che una speranza. Un'intuizione nata - probabilmente - da un momento di follia, e supportata in modo fin troppo perfetto da quelli che Hermione aveva sempre riconosciuto come indizi.

Harry notò brevemente che il suo avversario aveva abbassato la bacchetta e sembrava studiarlo in silenzio.

«Riconosci questo bambino, vero? È lo stesso che poco tempo fa hai fatto addormentare con quel carillon» domando il giovane, accennando al bambino, ancora intento a gorgogliare felice. «Anche se entrambi sappiamo che non è per questo motivo che sai chi è...».

Esitò per un momento, pregando in cuor suo di non aver tratto la conclusione sbagliata - perché se così fosse stato, avrebbe significato mettere deliberatamente in pericolo la vita del suo figlioccio e di tutti i presenti.

«I messaggi, il rifiuto ad attaccare, la conoscenza dell'amuleto e dei luoghi dove reperirne i frammenti, il riuscire quasi a prevedere ogni nostra mossa... Devo ammettere che - una volta capito - non mi sarei aspettato niente di meno. Ho solo una domanda: perché non rivelare semplicemente la tua identità? È forse una limitazione imposta per il corretto funzionamento dell'amuleto?» domandò, non ricevendo tuttavia alcun tipo di risposta dal mago ancora immobile di fronte a lui.

Un'immobilità che parve perdere soltanto quando Teddy - rimasto calmo fino a quel momento - percepì inevitabilmente la tensione presente nell'aria, iniziando di conseguenza a piagnucolare agitato. Davanti a quello spettacolo, infatti, il mago più anziano fece il più piccolo dei movimenti - quasi come se avesse voluto farsi avanti, ma si fosse fermato prima di portare a compimento quel proposito.

Harry, avendolo notato, lo considerò come un'ulteriore prova della correttezza della propria intuizione.

«Posso non essere un esperto dell'argomento, ma sono più che sicuro che il padrino non sia la persona migliore per tranquillizzare un bambino che piange, quando è presente qualcuno che ha più diritti di farlo - nonché maggiori probabilità di riuscirci» disse, il cuore a mille.

La ragione gli diceva che non poteva essere possibile, ma al tempo stesso la vita che aveva vissuto fino a quel momento e quella stessa avventura gli avevano insegnato che la definizione di "impossibile" poteva mutare completamente, in presenza di determinate circostanze...

L'individuo osservò ancora per qualche istante il bambino piangere, poi chiuse la distanza che li separava e lo raccolse dalle braccia del giovane - resosi conto, nel frattempo, della sparizione dell'incantesimo che li nascondeva agli occhi delle persone presenti grazie al grido sconvolto che Andromeda lanciò a quella vista.

Qualunque panico, comunque, venne messo a tacere dalla risata che immediatamente proruppe dal bambino, non appena si trovò circondato dall'amorevole abbraccio di quel misterioso figuro - il quale, dopo aver rilasciato un udibile sospiro, abbassò finalmente il cappuccio che per tanto tempo l'aveva nascosto agli altri.

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Capitolo 10
*** Nuovamente insieme ***


Era Remus.

Lo stupore generale fu tale, che per diversi istanti nessuno dei presenti osò fiatare o fare il minimo rumore. Ben presto, però, iniziarono le domande sussurrate, le esclamazioni confuse, la commozione...

Ma il licantropo non sembrò udire nulla, anzi - dopo aver posato con attenzione il bambino a terra, ed aver estratto nuovamente la propria bacchetta dalla cintura - tese la mano ad Harry, chiedendo silenziosamente l'amuleto. E mentre glielo passava, Harry ripercorse mentalmente quell'incredibile avventura, stupendosi della propria lentezza nel comprendere il significato di indizi che ora gli apparivano non meno che cristallini. 

Era ovvio che il licantropo conoscesse le date che aveva lasciato perché loro le trovassero, i luoghi in cui trovare i frammenti, o persino l'esatta ubicazione dell'insediamento di Elsdon. Per quanto riguardava Teddy... Certo non era una sorpresa che non avesse avuto alcun problema nel trovare e nell'entrare nella sua camera! Probabilmente, anzi, non aveva nemmeno avuto bisogno di usare il carillon - portato, quindi, solo come regalo. E come poteva, dopo essere stato loro insegnante e averli visti nel corso della guerra, non conoscere il suo stile di combattimento - così pure come quello di Ron ed Hermione?

Harry ripensò al suo sogno, che ora gli sembrava fin troppo chiaro: la fenice, simbolo per eccellenza di chi aveva piena fiducia in Silente e aveva fatto parte dell'Ordine; l'albero genealogico dei Black, una famiglia alla quale l'uomo apparteneva sin dal suo matrimonio con Tonks; la luna piena... Ed infine quel numero identificativo - identico, era pronto a scommetterlo, a quello assegnato al licantropo.

Il giovane stava per chiedere al mago come pensava di portare a compimento l'incantesimo, se non sembrava esistere una precisa formula, quando Remus lo fermò - accennando brevemente a come ci sarebbe stato tutto il tempo per parlare, quando tutto fosse stato finalmente compiuto.

Sotto i suoi occhi attoniti il licantropo si aprì una piccola - ma ugualmente profonda - ferita sul palmo della mano, al centro della quale posò l'amuleto - dopo averlo curiosamente tenuto in bocca per non più di un istante - puntandovi poi sopra la bacchetta e mormorando: «Da Hecate».

Immediatamente il cimelio brillò come se un raggio di sole ne fosse stato sprigionato, illuminando i prati del castello e impedendo nuovamente ai presenti di vedere oltre il proprio naso. Quell'insolito abbagliamento durò tuttavia appena un istante - e quando si dissolse tutti non poterono che rimanere ancora una volta esterrefatti.

Il cielo era attraversato da decine e decine di quelle che Hermione inizialmente ritenne essere stelle cadenti, che puntavano in tutte le direzioni, e che solo quando iniziarono ad approcciarsi a loro e ad atterrare dolcemente sul prato si scoprirono essere - incredibilmente - coloro che avevano tragicamente perso la vita nel corso di entrambe le guerre contro Voldemort e i suoi Mangiamorte.

Subito ognuno dei presenti fu al loro fianco, stringendoli in abbracci increduli e al contempo affettuosi; nessuno sembrava riuscire a separarsi nuovamente dai propri cari - in una scena alla quale, con ogni probabilità, né Hogwarts né qualunque altro luogo avrebbero mai più assistito.

Sirius, ancora vagamente sorpreso, fu il primo ad allontanarsi da chi lo aveva riaccolto nel mondo dei vivi. Più che felice di avere finalmente la possibilità di rimanere accanto al proprio figlioccio da uomo legalmente libero, infatti, non poté non distaccarsene quando i suoi occhi si posarono sul fratello minore Regulus - morto nel tentativo di distruggere uno degli horcrux di Voldemort.

Fu una riunione sinceramente toccante, e Andromeda - stretta all'amato marito e alla figlia - non fu la sola ad asciugarsi di nascosto una lacrima, nel vedere i due maghi stringersi in un imbarazzato abbraccio.

Lo stesso Harry sorrise, felice della meritata gioia del proprio padrino, fino a quando sentì qualcuno toccargli delicatamente le spalle per richiamare la sua attenzione - e voltandosi per conoscerne l’identità, il suo cuore mancò un prezioso battito, perché davanti a lui c’erano James e Lily Potter.

«Mamma… Papà» mormorò, incredulo.

Una parte di lui sapeva che anche loro sarebbero potuti tornare, certo. Ma vederli lì, in carne ed ossa... Non perse tempo ad interrogarsi su come quel fatto lo facesse sentire, preferendo invece circondarli con le braccia - mentre la risata piena di vita di Teddy, riunito finalmente con i propri genitori, gli risuonava nelle orecchie.

Guardandosi brevemente intorno, nel frattempo, Ron giurò di vedere un'espressione serena anche sul viso dell'ex preside Severus Piton - fermo in un angolo del prato - e del sempre serio Malocchio Moody, e gli bastò un'occhiata a Kingsley per capire che doveva averla notata a sua volta.

Il Ministro, tuttavia, non commentò la cosa - preferendo andare a parlare con coloro che erano tornati, ma che non avevano ancora potuto beneficiare del "bentornato" dei loro cari - banalmente perché non presenti. 

«Vi chiedo di portare un po' di pazienza, signori. Il tempo necessario per avvertire il nostro mondo di questo autentico miracolo, e poi risponderò a tutte le vostre domande» promise loro. «Nel frattempo sono sicuro che la Professoressa McGranitt sarà più che disposta ad... ospitarvi al castello».

Nessuno si oppose alla richiesta di Kingsley, e ben presto iniziarono ad avviarsi verso il castello - senza dimenticarsi di ringraziare sia Harry, Ron ed Hermione, che Remus Lupin.

Quando infine quelli che erano stati coinvolti in quell'avventura - finita nel migliore dei modi - rimasero soli nel parco della scuola, era ormai sera; e tutti non avevano occhi che per il licantropo - che dopo aver posato un bacio sulla fronte del figlio, si schiarì la voce e iniziò a raccontare.

 

 

Ed eccoci qui, in prossimità oramai dell'ultimo (o degli ultimi due) capitolo/i di questa storia....

Se con questo capitolo vi ho deluso siete pure liberi di tirarmi delle uova (basta che non siano sode perchè fanno male :S), ho cercato di far combaciare tutto e di "risolvere" gli ultimi dubbi nel prossimo cappy.

Ancora tantissime grazie a chiunque abbia scelto di leggere, commentare o comunque tenere in considerazione questa fic.

Ma soprattutto un enorme grazie alla mia sorellona Sonny, con cui ho ideato e scritto questa ombrosa Fanfiction sull'orlo della tachicardia XD; senza il suo aiuto questo capitolo non ci sarebbe (l'ha ideato interamente lei ^^" ).

GRAZIE.

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Capitolo 11
*** Il racconto di Remus ***


«Potreste domandarvi per quale motivo io non mi sia rivelato sin da subito - ne avreste tutte le ragioni. Ma, come Harry, Ron ed Hermione hanno potuto constatare, rendere noto l'essere in possesso dell'amuleto è un autentico invito al furto... Penso, tuttavia, che sia meglio iniziare dalla notte in cui avrei dovuto lasciare questo mondo. Quando Harry ci ha... richiamati al suo fianco...» iniziò Lupin, venendo tuttavia interrotto da Kingsley.

«Che vorrebbe dire? Chi ha richiamato, e come?» chiese, voltandosi verso Harry con aria sospettosa. 

«E’ una storia lunga... Temo dovrà attendere a sua volta di essere discussa in una sede più appropriata» minimizzò il giovane, non volendo nominare la pietra della resurrezione e il luogo in cui era caduta.

«Quando le nostre eco sono svanite, la mia è rimasta come bloccata in quello che non posso fare a meno di ritenere una sorta di limbo tra la vita e la morte» riprese il licantropo, ed Harry non faticò minimamente a credere ad ognuna delle sue parole - avendo vissuto un'esperienza simile a propria volta.

«In quel luogo sono stato avvicinato dalla stessa Erichto, di cui conoscevo l'identità grazie alle ricerche fatte a sedici anni - quando io e i miei amici scoprimmo per caso, in un dubbio negozio di Nocturne Alley, l'amuleto. Dato che ne indossavo un frammento, mi disse, potevo - se era mio desiderio - riunire la pietra e utilizzarne il potere. Dovevo solo essere disposto a pagarne il prezzo. Ovviamente sapevo, dalle molte informazioni raccolte anni prima, di quale si trattava... Ma non ero minimamente preoccupato - così accettai» raccontò il mago più anziano, richiamando alla memoria quei momenti. «Fui inviato indietro, trovandomi nel cimitero dove - così scoprii con un senso di nausea - appena un paio d'ore prima erano stati celebrati i funerali mio e di Dora».

Scosse il capo come se avesse voluto scrollarsi di dosso una sensazione tanto sgradevole.

«Le ricerche compiute insieme ai miei amici mi tornarono nuovamente utili, nell'elaborazione del corretto piano d'azione. Le clausole per la buona riuscita di quella che ormai era diventata la mia missione, dovete sapere, sono numerose e - inevitabilmente, data la natura dell'incantesimo - molto limitanti: pur sapendo, ad esempio, perfettamente dove trovare i restanti frammenti, non potevo agire prima di un anno. Decisi allora di rimanere nell'ombra, e di usare il tempo a mia disposizione per... sondare il terreno - assicurandomi che non vi fossero maghi o streghe disposti a tutto, pur di riportare la situazione ai giorni della guerra» spiegò. «Una volta accertatomene e trascorso il tempo richiesto, poi, iniziai la mia raccolta - recandomi a Godric's Hollow».

Hermione sgranò gli occhi, ricordando le misteriose impronte viste sul vialetto dei Potter e il fatto che gli avvistamenti fossero stati sempre uno al mese... Improvvisamente si trovò a chiedersi se le segnalazioni corrispondessero ai giorni di luna piena, o se si fosse trattata solamente di una coincidenza...

«I tuoi avvistamenti, in questo anno... Non posso fare a meno di chiedermi se il loro essere stati una volta al mese...» iniziò, quando non riuscì più a trattenersi. «Era un'altra clausola, oppure...?».

Il licantropo si grattò un'orecchio, visibilmente in imbarazzo.

«Dovendo condurre le mie indagini nei momenti nei quali era più difficile essere notato - spesso prima dell'alba, o dopo il tramonto - ho preferito agire quando i miei sensi erano al meglio» confessò. «Ad ogni modo, ben presto mi accorsi che anche voi tre eravate sulle tracce dell'amuleto. Conoscendo, come già accennato, il prezzo richiesto, decisi immediatamente di sottrarre i frammenti in vostro possesso - lasciando dietro di me piccole prove della mia buona fede. Non molto chiare, forse, ma non impossibili da decifrare - seppur con la dovuta pazienza. Il resto è facilmente riassumibile in poche parole: tenendovi d'occhio sono riuscito a recuperare tutti i frammenti, ma una colluttazione imprevista con Kreacher mi ha privato dell'amuleto che avevo appena unificato nuovamente - portandomi a decidere di affrontarvi apertamente, oggi. La mia identità avrebbe con ogni probabilità potuto essere scoperta, ma ciò avrebbe avuto davvero poca importanza, a fronte della consapevolezza di aver evitato a uno qualsiasi di voi il peggio...».

Ron fu il primo a parlare, una volta che il racconto giunse al termine.

«Si può conoscere questo fantomatico prezzo? Da quando questa faccenda è cominciata non facciamo che sentire o leggere di quanto sia terribile, ma nessuno sembra sapere in cosa consista effettivamente!» sbottò.

«Se Lunastorta me lo permette, vorrei essere io a rispondere a questa domanda - dato che sono stato colui ad averlo scoperto in primo luogo, tanti anni fa» disse Sirius, proseguendo quando l'amico annuì il proprio assenso. «Erichto non avrebbe mai concesso con leggerezza un simile potere ad un altra persona. Ideò quindi un pedaggio tale da spingere i possibili utilizzatori del suo amuleto a rinunciare, o ad essere dannati a vita».

L'Animagus porse al giovane un libro - intitolato 'Fabulae' - che Lupin aveva appena fatto apparire.

«Questo risponderà a tutte le domande che, sono sicuro, ancora vi animano» continuò, aprendo il volume in corrispondenza di un segnalibro consunto e mostrandolo a Ron.

"...Ma la dannazione di Licaone per il patto stipulato con Erichto non era che all'inizio.

Provò a parlare, ma la sua voce si spezzò in un ululato che echeggiò in ogni luogo, la sua anima - divenuta ora famelica - gli infettò le mascelle, desideri omicidi si rivolsero improvvisamente ai suoi simili, un'implacabile brama di sangue lo possedette, le ossa gli si allungarono e si spezzarono, pelo arruffato coprì le sue braccia e le sue gambe, artigli sostituirono le sue unghie e zanne maledette crebbero al posto dei suoi denti.

Non più uomo, non completamente lupo, ma qualcosa di nuovo e demoniaco: il progenitore di una stirpe sanguinaria e portatrice d i morte.

Un licantropo."

Hermione - sportasi, come Harry, per leggere a sua volta - alzò lo sguardo, scioccata.

«Licaone, che - secondo le leggende - una notte cambiò inspiegabilmente, trasformandosi da buono e saggio, a crudele e immorale... Il mago universalmente ritenuto essere il primo lupo mannaro ad aver fatto la propria comparsa nel nostro mondo...» esalò, incredula. «Credevo fosse solo un mito!».

«Non lo è. Licaone fu davvero il primo licantropo della storia - anche se pochi, se non nessuno, sono a conoscenza del suo esserlo diventato in seguito al patto stipulato con Erichto» replicò l'Animagus. «La biblioteca di Grimmauld Place è piena dei vari resoconti della vicenda. È in quei volumi che scoprimmo ogni cosa sull'amuleto, quando ne venimmo in possesso - decidendo poi di dividerlo tra noi, per tenerlo al sicuro ed evitare che qualcuno se ne impadronisse per i motivi sbagliati...».

Ron resistette al forte impulso di colpirsi ripetutamente con il libro che teneva ancora tra le mani. Avevano avuto le tutte risposte che cercavano sotto il naso per tutto il tempo, e non lo sapevano - anzi, avevano persino speso giorni interi vagabondando senza una vera idea di cosa fare!

«Immagino che in essi sia presente anche la formula che manca completamente nel Pharsalia...» mormorò Harry, condividendo apertamente l'umore dell'amico.

Lupin annuì.

«Esattamente. Anche se, in realtà, non esiste una vera e propria formula - quanto, piuttosto, il medesimo rituale che mi hai visto eseguire poco fa, e che richiede che l'amuleto entri in contatto diretto con il sangue fresco di chi intende utilizzarlo, e con il veleno di un lupo mannaro. Una volta avvenuto ciò, non serve altro che rivolgere un'invocazione ad Ecate - un tempo creduta una potente dea, associata ai cicli lunari e protettrice dei morti, dei demoni e della notte» gli spiegò. «Com'è ovvio, mischiare il veleno di un licantropo al sangue del richiedente porterebbe inevitabilmente quest'ultimo a pagare il prezzo richiesto, e a trasformarsi a propria volta in un lupo mannaro - in un autentico discendente di Licaone, per essere esatti».

«Ma se, come hai appena detto tu, sul Pharsalia non c'è alcuna traccia del rituale, per quale motivo hai deciso di sottrarcelo?» s'informò Ron, sinceramente incuriosito dalle motivazioni del mago.

«Perchè in esso c'è un chiaro rimando al Fabulae - se uno sa cosa cercare - e conoscendo l'attenzione che solitamente Hermione riserva ai libri, sapevo che presto o tardi l'avrebbe trovato e decifrato. A quel punto procurarsi una copia non sarebbe stato affatto difficile, per voi» replicò il licantropo.

Fred - miracolosamente liberatosi dall'abbraccio della madre - si fece avanti.

«Giusto per chiarire... Non ci troveremo di nuovo Voldemort e i suoi tra i piedi, giusto? Perché non mi piacerebbe affatto dover avere ancora una volta a che fare con Mr. Non - ho - il - naso...» chiese, sospettoso.

«Non c'è pericolo: vengono richiamate esclusivamente le persone volute dal richiedente» lo rassicurò Lupin.

Quella risposta concluse definitivamente la conversazione, permettendo a James e Sirius di trascinare l'amico da parte per, così dissero, "aggiornarsi in merito alle novità" - cosa che, il licantropo lo sapeva bene, era un modo più elegante per indicare un vero e proprio interrogatorio. 

I presenti lo presero come un chiaro, seppur tacito, segnale a raggiungere i cancelli, superati i quali ognuno di loro avrebbe finalmente potuto tornare a vivere - nel vero senso della parola - la propria vita. Tuttavia non tutti abbandonarono i prati del castello: una strega dai lunghi capelli rossi e gli occhi verdi, infatti, si avvicinò a quello che per molti anni era stato il professore di Pozioni - ancora fermo in un angolo. 

«Hai protetto mio figlio, Severus» mormorò la donna, grata.

«Una richiesta di Silente, tutto qui. E solo per onorare la tua memoria. Se avessi dovuto farlo per Potter...» sbuffò Piton, evitando lo sguardo di Lily e lanciando un'occhiataccia al mago in questione - che ora rideva dell'imbarazzo perfettamente visibile sul viso di Lupin. 

Lily sorrise, decidendo di non commentare l'astio che Piton chiaramente ancora provava per suo marito.

«Mi domandavo... È troppo tardi per accettare quelle scuse?» gli domandò invece con una punta di timore, ricordando i lontani giorni che lui aveva speso tentando di scusarsi per l'orribile nome con cui le si era rivolto. «Quello che voglio dire è... Pensi che potremo mai tornare ad essere amici?».

Piton, sorpreso, non le rispose; ma - forse per la prima volta in anni - un sincero sorriso comparve sul suo volto.

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Capitolo 12
*** Un lieto fine ***


Erano trascorse ormai sei settimane dal miracoloso ritorno di tutti, e la vita aveva ripreso a scorrere serena, seppur con qualche incertezza iniziale. Come James Potter confidò ai signori Weasley in occasione di un loro invito a cena alla Tana - appena un paio di sere dopo il loro incredibile incontro - infatti, lui e Lily avrebbero avuto bisogno di qualche tempo in più per abituarsi "ad essere nuovamente vivi".

Un compito, aveva poi continuato l'Animagus, in cui fortunatamente erano aiutati da Harry, deciso a trasferirsi ancora una volta a Godric's Hollow insieme a loro, lasciando che Regulus Black prendesse nuovamente possesso, e con estremo piacere, del n° 12 di Grimmauld Place - così come di un più che entusiasta Kreacher. Per quanto riguardava Sirius, invece, aveva fatto ritorno all'abitazione che anni addietro aveva acquistato grazie all'eredità lasciatogli dal proprio zio Alphard.

«Ammetto, però, che anche il nuovo lavoro ha contribuito non poco» aveva concluso, riferendosi all'offerta di un incarico all'interno del ministero che Kingsley aveva fatto a lui, Sirius e Remus - al quale, inoltre, aveva conferito uno speciale encomio per i servigi resi al mondo magico.

Anche Lily aveva ottenuto un lavoro, offertole da Minerva McGranitt in persona: insegnante di Babbanologia ad Hogwarts. Un incarico, quello, che l'avrebbe riavvicinata a Piton - che, sempre grazie alla Preside, aveva ottenuto nuovamente la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure.

[*]

«Una cosa, ancora, non mi è chiara...» confessò James, attraversando l'Atrio in direzione degli ascensori.

«Che io abbia scelto una carriera nel medesimo Ufficio in cui sono morto, anziché una da Auror come invece hai fatto tu?» domandò Sirius, al suo fianco, sbadigliando.

L'altro Animagus parve interdetto per un momento, esibendosi poi in uno sbuffo.

«Molto bene, allora sono due le cose che non capisco. Il tuo voler diventare Indicibile è piuttosto inspiegabile, certo, ma d'altronde hai sempre avuto qualcosa di storto, nella testa...» si corresse, evitando abilmente la gomitata offesa che Sirius direzionò alle sue costole, e indicando con un cenno del capo la Umbridge, ferma nell'Atrio. «No, quello che davvero vorrei sapere è per quale motivo, nonostante il ministero abbia nuovamente impiegati più che a sufficienza, Kingsley accetti che quel botolo rosa continui a gironzolare qui intorno».

Sirius fece spallucce, infilandosi nell'ascensore insieme all'amico.

«Beh, potremmo sempre... favorire il suo rientro ad Azkaban» suggerì con un sorrisetto consapevole.

«Devo essere nel mio cubicolo tra dieci minuti, e tu al nono livello tra un quarto d'ora, quindi che ne dici di saltare direttamente a quando mi riveli quello a cui stai pensando?» rispose James, guardando l'orologio.

Sirius alzò le mani con fare innocente.

«Ehi! Penso semplicemente che la Umbridge abbia una conoscenza tale, della struttura interna del ministero, da non aver alcun genere di problema nell'accogliere un nuovo impiegato, ecco tutto».

«E si dà il caso che Lunastorta inizi oggi, giù al quarto livello…» lo interruppe l'Animagus, capendo al volo l'intenzione dell'amico. «Immagino che, come dici tu, una guida esperta potrebbe essergli d'aiuto - e certo tale guida non può essere Tonks, dato che l'ho vista scendere insieme ad Harry e al nipote di Fabian e Gideon...»

«Esattamente come non può esserlo Hermione. Dopo che ha dovuto rinunciare a tutti quei giorni per cercare l'amuleto, chiederle di sacrificare altro tempo per una cosa del genere sarebbe chiaramente impensabile - non quando c'è qualcuno di così perfetto per tale compito!» confermò Sirius, mentre l'ascensore si fermava.

«Effettivamente...» mormorò James, grattandosi il mento aria falsamente pensierosa. «Sai che ti dico? Che dovremmo proprio tornare nell'Atrio per avvertire immediatamente Madama Umbridge del nuovo incarico affidatole. Ritengo inutile, infatti, perdere tempo prezioso chiedendo il parere di Kingsley. Tanto più che - personalmente - ho ancora qualche minuto, prima di prendere servizio...».

[*]

Quando l'ascensore si fermò al quarto livello, Remus stava ancora ripensando al breve messaggio ricevuto da Sirius quella mattina - proprio mentre stava uscendo dalla casa di suo padre, dove aveva lasciato Teddy:

"Io e Ramoso abbiamo pensato che potesse servirti aiuto nel comprendere il tuo nuovo incarico, pertanto una guida esperta aspetta il tuo arrivo al quarto livello.

Buon lavoro,

Felpato."

Il licantropo si ripromise di inviare un paio di Promemoria Interuffici agli amici per chiedere loro chiarimenti, non appena avesse raggiunto il suo ufficio. In tutta onestà, infatti, non riusciva a capire per quale motivo i due Animagi avessero pensato che potesse servirgli una guida, quando avrebbe potuto benissimo rivolgersi a suo padre - se mai avesse avuto bisogno di delucidazioni in merito al proprio incarico a quel particolare livello...

«Lei... LEI CHE CI FA QUI?!» esclamò una voce scandalizzata e dal piglio chiaramente isterico.

Remus alzò lo sguardo, trovandosi di fronte - con suo grande dispiacere - Dolores Umbridge. Gli bastò una rapida occhiata intorno per capire che qualcuno, la cui identità era pressoché certo di conoscere, doveva aver convinto la strega a ricoprire il ruolo di sua guida - probabilmente a sua insaputa, a giudicare dalla sua faccia...

«Sono stato messo a capo dei Servizi di Supporto ai Lupi Mannari» rispose, preferendo essere diretto.

L'espressione della Umbridge mostrò appieno il suo orrore.

«I Servizi... I Servizi di Supporto ai Lupi Mannari?!» pigolò. «Credevo che quell'ufficio fosse stato chiuso!».

«Ha ragione: lo era, infatti. Il Ministro stava pensando, da settimane, di riaprirlo - ed è per questo motivo che sono qui quest'oggi, e per cui sarò qui ogni giorno» spiegò pacatamente, nascondendo appena la propria soddisfazione allo sguardo carico di shock della strega.

A quella risposta la donna ondeggiò momentaneamente sul posto, poi - senza proferire altre parole - superò il licantropo, infilandosi nell'ascensore e sparendo ai livelli più alti.

[*]

«Allora, che mi dici della guida che io e Sirius abbiamo ingaggiato per aiutarti? Hai trovato le sue spiegazioni esaurienti?» chiese James, divertito, allontanando da sé il piatto vuoto.

La cena organizzata dai Weasley era ormai giunta al termine, e i molti commensali - riuniti in gruppetti più o meno numerosi - avevano iniziato a conversare allegramente fra loro.

«Gli epiteti con cui tali spiegazioni sarebbero state accompagnate - conoscendo l'opinione generale che la suddetta guida ha dei possibili futuri utilizzatori dei Servizi, nonché del sottoscritto - certo le avrebbe rese esilaranti...» iniziò il licantropo in tono sarcastico. «Peccato, però, che io non abbia goduto del piacere di sentirle. Come, sono sicuro, sia tu che Sirius avevate fortemente sperato, infatti, non appena ci siamo incontrati Dolores Umbridge è corsa nell'ufficio di Kingsley per pregarlo di rimandarla immediatamente ad Azkaban».

«Secondo Kingsley, la Umbridge avrebbe detto di preferire mille volte una vita trascorsa in carcere, piuttosto che anche un solo giorno nel medesimo posto in cui lavora Remus» rivelò Tonks divertita, seduta accanto al marito - un Teddy chiaramente prossimo ad addormentarsi tra le braccia.

Sirius, James e buona parte dei presenti scoppiarono a ridere.

«Ah, non avertela a male, Lunastorta! Pensa, piuttosto, che ora puoi aggiungere: "Definitivo responsabile della fine del regno di terrore di una megera" alla tua lunga lista di meriti!» esclamò Sirius, vedendo l'espressione corrucciata dell'amico. «Inoltre, adesso né tu né le persone che sceglieranno di rivolgersi al tuo ufficio dovrete preoccuparvi di imbattervi per caso in una strega pronta a sputare odiose sentenze».

Ron, Hermione, Harry e Ginny che si alzavano in piedi - tutti e quattro nello stesso momento - a qualche posto di distanza frenò sul nascere qualunque risposta da parte del licantropo.

«Scusate» esordì Hermione, dopo essersi schiarita la voce, nascondendo a malapena il proprio nervosismo. «Noi quattro vorremmo condividere con voi tutti la decisione che abbiamo preso».

La giovane si interruppe, scambiando un'occhiata con gli amici, prima di continuare.

«Vogliamo sposarci» confessò, mentre Harry, Ron e Ginny, al suo fianco, annuivano. «Non abbiamo ancora stabilito un giorno preciso, ma sappiamo che è un passo che vogliamo compiere nel prossimo futuro».

Lungo il tavolo corse per alcuni istanti un silenzio innaturale, poi tutti iniziarono a congratularsi con loro, primi su tutti i signori Weasley e Lily e James - anche se questi aveva perso parecchio colore, con l'annuncio.

«Beh» disse Tonks, radiosa. «Questo sì, che è un lieto fine!».

 

 

 

Allora prima di tutto grazie mille a chiunque sia arrivato a leggere fino alla fine di questa fic. E' stato alquanto complicato trovare un finale che "chiudesse" tutto al meglio. Spero vivamente di non aver deluso nessuno con questo ultimo capitolo e di avervi fatto passare un po’ di tempo "sereno" leggendo questa storia.

Grazie ancora tantissime :D

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Capitolo 13
*** Ringraziamenti ***


Volevo ringraziare personalmente:
- millyray
- Niki_Black
- mirta_malfoy
- LadySaika
- Vale Lovegood
- Charme
- Melody Potter
- _ChiaIFP
- Dita magiche
- MaCcO
Per aver recensito;

- ale146
- Anne_Potter
- Grace98
- helly96
- Lil_chan
- lunadistruggi
- Melody Potter
- misselisabeth
- Nena96
- sweet_a21
- tribalspirit9
- Vale Lovegood
- _Kia_Smile_
Per aver inserito la fic nelle preferite;

- BlackGirl97
- debby15
- Grace98
- Keira Lestrange
- LadySaika
- millyray
- muryhana
- Nena96
- shinyespeon
- vicky_principessa
Per averla inserito in quelle da ricordare;

- akyse
- BlackFra92
- Charme
- cori71
- DANINO
- Dark_Harry
- Dita magiche
- Elfosnape
- fay90
- Flamara
- Grace98
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- kiry95
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- Lars Black
- Leonard87
- Lily80
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- mirta_malfoy
- Niki_Black
- Phoebhe76
- sawakochan
- stefania881
- terryborry
- _ChiaIFP
Per averla seguita :)

E un enorme grazie anche a tutti i lettori silenziosi e anonimi :)

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