Kill'Em All di lilla5 (/viewuser.php?uid=53011)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prima
long-fic, cercherò di aggiornare in modo regolare,
ispirazione permettendo XD
Kill'Em All
Prologo
Quando il Presidente Daitenji disse ai Bladebreakers che in Russia non
avevamo tanti fan come nel resto del mondo, non si sorpresero
più di tanto.
Quello che li sorprese di più, fu la sua decisione di
mandarli a Mosca per rappresentare la BBA. Cercarono di convincerlo
dell'inutilità della cosa.
In fondo, la squadra nazionale era formata da Sergej, Boris, Yuri e Kei. Chi, sano di
mente, avrebbe mai fatto cambio con loro?
Ma non volle sentire ragioni. Aveva sempre detto che per lui questo
sport era tutto, superava perfino il desiderio di denaro.
- Però, ragazzi, il business è business, e non
dimenticatevi che in qualche modo dovrò pagare i miei
dipendenti...-
In realtà i Bladebreakers non c'entravano nemmeno
più tanto, dato che avevano smesso di praticarlo
agonisticamente da tanto tempo, avendo già diciassette anni.
Ma la cosa importante, secondo il Presidente, era che avevano vinto per
tre volte il titolo mondiale, e avrebbe attirato più
l'attenzione.
Fu così che si ritrovarono su un aereo diretto a Mosca,
pronti per un viaggio di rappresentanza che si prospettava noioso e
normalissimo.
Solo che era ben lontano dall'esserlo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Primo Capitolo ***
Premetto che devo ancora
migliorare nella descrizione di certi tipi di scene d'azione, e spero
proprio di riuscirci grazie a questa fanfiction. Nel frattempo vi
ringrazio se deciderete anche solo di leggere.
Primo Capitolo
L'aereo atterrò a Mosca dopo diverse ore di volo. I ragazzi
si stiracchiarono e uscirono un po' assonnati. Il Presidente Daitenji
aveva deciso di organizzare tutto, in modo da non tenerli occupati
ulteriormente, dato che dovevano stare al passo con la scuola.
Così era già tutto prenotato, e addirittura
trovarono all'uscita dell'aeroporto un uomo con un'uniforme da autista
che reggeva un cartello con i loro nomi scritti sopra.
- Caspita! Il Presidente ha fatto le cose alla grande! - si sorprese
Takao.
- Takao, era ovvio che avesse chiamato qualcuno per trasportarci. Non
possiamo arrivare all'hotel a piedi, e immagino che dovremo spostarci
spesso durante il soggiorno. - Hilary si coprì la faccia con
la mano per la stupidità dell'amico.
Però anche lei rimase a bocca aperta quando vide che l'uomo
li stava conducendo ad una limousine.
- Ah, allora non era poi tutto così ovvio, eh? - la
schernì il ragazzo.
Rei allungò un braccio per dare un pizzicotto sul braccio a
Takao - Smettete di punzecchiarvi, voi due! -
- Cosa? Ma perché io sì e lei no? -
piagnucolò Takao massaggiandosi il braccio.
- Perché lei è una donna, chiaro. Si vede proprio
che non sei stato cresciuto come un vero gentleman inglese. -
commentò Max.
- Intanto tu chiudi il becco, che sei americano! - si intromise Daichi.
Il Professor K. si limitò ad alzare gli occhi al cielo e a
sistemare la valigia nel bagliaio dell'auto con l'aiuto dell'autista.
Quando finalmente si furono tutti accomodati, l'auto partì e
viaggiarono per all'incirca venti minuti per le vie più
trafficate di Mosca.
Grazie al cielo, il Presidente Daitenji sembrava essersi ricordato che
il troppo lusso metteva un po' a disagio i ragazzi, che accolsero con
sollievo la vista del loro hotel.
Era carino, e si trovava vicino al centro della città, senza
però essere troppo appariscente. Si riusciva a cogliere
un'atmosfera intima all'interno della hall, dove tutto l'ambiente
sembrava voler abbracciare l'ospite. Le tinte chiare illuminavano
l'ambiente. I ragazzi si fecero dare le chiavi, constatando
allegramente, una volta arrivati alle camere, di essere tutti sullo
stesso piano. Ovviamente Hilary era costretta a dormire da sola, mentre
Rei avrebbe diviso la stanza con il Prof K.
Daichi, Max e Takao erano tutti insieme. Per il Prof. K. fu un bel
sollievo, perché tremava alla sola idea di dover rimanere da
solo con uno qualsiasi di quei tre.
Dopo aver messo a posto le loro cose, si riunirono tutti quanti nella
camera di Hilary, solo perché Takao sperava di darle
fastidio un altro po'.
- Sai, non credo che continuando così inizierai a
piacerle... - commentò Daichi.
- Ma di che ti impicci, tu? - gli rispose piccato Takao, anche se stava
arrossendo vistosamente.
Una volta entrati nella camera, Rei si avvicinò alla
finestra. Non faceva freddo, dato che l'estate stava per arrivare.
Nonostante tutto, il cielo cominciava a farsi scuro e sembrava sul
punto di scoppiare un bel temporale.
Chiacchierarono per un po', fino a quando scesero per la cena, e dopo
aver mangiato, decisero di rimanere in hotel per riposarsi.
In fondo, il Presidente aveva concesso loro questa giornata di riposo
perché si potessero rilassare. Perciò decisero di
andare a letto presto, in parte già stanchi solo pensando a
quello che avrebbero dovuto fare la mattina dopo.
Dormirono molto bene, ma il giorno seguente, come era facilmente
intuibile, cominciò a piovere. Ovviamente era anche a questo
che doveva servire l'auto, ad agevolare gli spostamenti in caso di
cattivo tempo, quindi non persero tempo per chiamare l'autista.
- Insomma, vi sbrigate? Abbiamo un'intervista in poco meno di venti
minuti! - il Prof K. era sempre stato un tipo pignolo, e la
trascuratezza di Daichi e Takao certe volte lo irritava. Anche quella
volta i due non si erano svegliati in tempo.
Finalmente riuscirono ad arrivare allo stadio, dove era stata messa a
disposizione per loro una sala conferenze. Guardandosi intorno, Takao
si accorse che nessuno dei presenti, né giornalisti
né ragazzi, sembrava particolarmente colpito dal loro
arrivo, e nemmeno lontanamente entusiasti. Erano venuti lì
per semplice curiosità, ed erano pure in pochi.
Vennero poste le solite domande di routine, con scarso interesse, e con
altrettanta noncuranza vennero accolte le risposte.
Alla fine dell'intervista, Hilary se ne uscì indignata dalla
porta. - Non è possibile! Non ci provano nemmeno, a sembrare
attenti! Io non riesco a capire...-
Invece tutto il resto della squadra se lo era immaginato, e ovviamente
Hilary fu molto sorpresa dalla loro totale mancanza di reazioni e
sdegno.
- Beh, che vi prende? Non mi dite niente? -
- Hilary, sul serio... Credevi davvero che decidessero di tifare per la
nostra squadra quando hanno i Neoborg?
Kei? -
Takao guardò Hilary come se si stesse chiedendo se fosse
impazzita.
- Non è questo, lo sapete. Dovrebbero avere almeno un po' di
rispetto... - La ragazza era ancora arrabbiata, ma le frasi erano un
po' meno coerenti mentre continuava a parlare, e i ragazzi la videro
arrossire intensamente. Sapevano perché, e non era un caso
che Takao avesse portato in ballo Kei. Ma questo sembrava aver fatto
irritare Hilary ancora di più.
- Su, Hil... Dai, non ci pensare. Anzi, sai che ti dico? Dato che
abbiamo fatto presto andiamo a vedere i negozi, ti va?- propose Takao.
- Ma che razza di idee ti vengono in mente? - Max lo guardò
abbastanza sbalordito: a nessuno di loro piaceva fare shopping, men che
meno al loro capitano.
- Ho sentito dire che le donne andando a fare spese si calmano e si
sentono in pace con il mondo. - sussurrò Takao agli altri
con fare furbo.
- Ma non vale con tutte le donne! E poi chi diavolo te l'ha detta,
questa stupidaggine? - ribatté Rei.
Ma Hilary parve felicissima di quella proposta, e non perse tempo, una
volta salita in macchina, a chiedere all'autista di portarli in centro.
Fu un'esperienza devastante per i ragazzi. Non avevano mai camminato
così tanto in vita loro, e sinceramente cominciavano a
preoccuparsi per la mancanza di stanchezza e di appetito di Hilary,
dato che era anche ora di pranzo. Questo lo si poteva capire anche
vedendo Takao, che aveva un aspetto comatoso e continuava a maledirsi
per aver proposto lo shopping.
Daichi iniziava addirittura a sragionare, rispondendo alle domande
qualche minuto dopo che gli erano state poste.
Verso le due del pomeriggio però cominciò di
nuovo a piovere e i ragazzi, ringraziando il cielo, chiesero a Hilary
se le andava di mangiare qualcosa, e andarono a prendersi un panino ad
un bar vicino.
Il posto era carino, pieno di gente, con un soffitto a vetri attraverso
il quale si poteva vedere il cielo ora temporalesco, ma l'atmosfera era
calda e accogliente, rispetto all'aria fresca dell'esterno.
In qualche modo, e grazie all'inglese di Max, riuscirono a farsi capire
dal cameriere, ordinando dei semplici panini e dell'acqua. Mangiarono
tutto molto lentamente, dato che si erano accorti che il tempo era
peggiorato ancora, e per poter uscire avrebbero almeno dovuto aspettare
che la pioggia si calmasse.
Mentre chiacchieravano tranquillamente, un uomo con un lungo
impermeabile nero entrò, e si diresse con passo sicuro verso
il bancone. La ragazza alla cassa sorrise, e gli chiese che cosa
volesse.
L'unica cosa che Takao si ricordò con precisione, fu il
sorriso che le morì sulle labbra quando l'uomo, estratta una
pistola, le sparò al petto. La paura non ebbe nemmeno il
tempo di espandersi agli occhi, che già stava cadendo
all'indietro, finendo sul pavimento accompagnata da un rumore di cocci
infranti, a causa del bicchiere che aveva in mano.
Takao continuò a guardare sbalordito gli occhi ora sbarrati
della ragazza, il cervello aveva registrato cosa aveva visto, ma si
rifiutava di comprenderlo. La più veloce a riaversi fu
Hilary, che cominciò a tremare leggermente, mentre gli occhi
le si riempivano di lacrime.
Poi Rei iniziò a darle dei colpetti affettuosi sulle spalle,
per confortarla, anche se sapeva che in questa situazione non sarebbero
stati sufficienti. Temeva però che, se Hilary avesse
attirato l'attenzione dell'uomo, sarebbe potuta finire nei guai anche
lei, dato che sembrava non avere scrupoli. Inoltre, data la situazione,
non si sentiva in grado di fare nient'altro. Aveva la gola chiusa, come
se qualcuno stesse cercando di soffocarlo, e non era sicuro che se
avesse cercato di parlare le parole sarebbero uscite. Il terrore si
impossessò di lui e sembrò scivolargli lungo la
schiena come un secchio d'acqua gelata, provocandogli brividi.
Come aveva previsto, l'uomo cominciò a guardarsi intorno con
un'espressione strana, come se non vedesse l'ora che qualcuno cercasse
di intralciarlo, per poter far fuori anche lui. Aveva un aspetto
anonimo: sulla trentina, con la solita pelle diafana tipica dei russi,
e capelli e occhi scuri. Il genere di persona sulla quale non poseresti
gli occhi due volte per strada.
Ma ora la sua faccia non mostrava altro che un'insana voglia di
uccidere. Per un istante i suoi occhi vagarono bramosi per tutto il
locale, poi disse, con voce roca e leggermente affannata:
- Nessuno osi muoversi, ovviamente. Anche se non posso assicurarvi che,
anche se starete fermi, non vi farò niente. -
Detto questo sorrise, e si passò la punta della lingua sulle
labbra screpolate.
I ragazzi si guardarono terrorizzati. In una situazione come quella,
loro potevano essere i campioni del mondo di tutto quello che volevano,
ma niente li avrebbe aiutati contro un uomo armato. Anche se erano
più numerosi. Senza contare il pericolo di poter ferire
altre persone innocenti nella collutazione.
Perciò si limitarono a restare fermi, come era stato loro
chiesto, anche se l'uomo continuava ad aggirarsi intorno ai tavoli come
un predatore alla ricerca della sua prossima preda.
Rei notò che non sembrava avere un piano preciso. Dopo aver
girovagato un po', aggirò il bancone, si prese una birra e
si sedette lì di fronte, sorseggiandola piano. Finalmente,
un uomo sulla cinquantina, con un'espressione determinata, si
alzò dal tavolo e guardò l'assassino negli occhi,
ignorando il grido di spavento di quella che probabilmente era sua
moglie, al suo fianco.
- E ora? - La domanda era ovviamente rivolta all'uomo con
l'impermeabile, che sorrise mentre giocherellava con la pistola.
- E ora niente. Starò qui finché non mi annoio e
poi vi ucciderò, quando mi sarò stufato. - Disse
questo con la maggior calma possibile, persino in tono amabile.
Poi però guardò meglio l'uomo in piedi, e i
presenti poterono avvertire il pericolo luccicare negli occhi neri.
Trattennero il fiato, un po' per la rivelazione appena data loro, un
po' per il presagio di qualcosa di brutto che stava per accadere.
Naturalmente il fatto di sapere che non avevano molto più da
vivere sembrò aumentare la loro disperazione, ma nessuno di
loro osò fare nulla. D'altronde, la consapevolezza di quello
che avrebbero passato, li rendeva attaccati alla vita con le unghie e
con i denti, desiderando di prolungarla anche solo di un singolo
secondo.
- Tu, però, - continuò l'uomo dopo una pausa,
inclinando leggermente la testa da un lato, - tu mi sembri pronto ad
accogliere la morte, oggi, e d'altronde il tuo coraggio deve essere
premiato, quindi perché non farlo con un bel titolone
riportante il tuo gesto sul giornale di domani? -
Puntò la pistola contro la testa dell'uomo stavolta, e
sparò. Il sangue schizzò sulla parete, mentre
l'uomo cadeva su un fianco. Le grida dei presenti si fusero fino a
sembrarne uno solo, e se prima c'era ancora qualcuno che si stava
facendo coraggio per prendere la parola, ora nessuno osava anche solo
respirare più forte del normale.
Nella stanza rimaneva soltanto il rumore dei singhiozzi disperati della
moglie, china sul corpo esanime del marito.
- Scusatemi, odio dare false speranze alle persone. - disse l'uomo, ora
ridendo apertamente, - parlando della sua morte riportata sul giornale,
non intendevo dire che qualcuno di voi sopravvivrà per
andarlo a raccontare, ma che se sono di umore abbastanza buono potrei
lasciare due parole per la polizia, quando arriverà qui. -
Ora al singhiozzare della donna si era aggiunto anche quello di altre
persone, ma quello più forte era quello di Hilary, e come
aveva temuto Rei, finì per attirare l'attenzione dell'uomo.
Il ragazzo si accorse del suo sguardo che inchiodava Hilary dall'altra
parte della stanza, e non sapeva cosa fare. In quel momento era
completamente paralizzato dal terrore.
L'uomo si avvicinò lentamente:
- Beh, ma guarda tu che bella signorina abbiamo qui... Lo sai che stai
facendo un po' troppo rumore, però? - Afferrò la
ragazza per i capelli, e le puntò la pistola alla tempia. -
E voi state zitti, se non volete che poi passi anche da voi! -
Immediatamente, il resto dei presenti trattenne il fiato, e nonostante
molte persone continuassero a piangere, il loro era un pianto
silenzioso, disperato. L'uomo sorrise di nuovo ad Hilary,
giocherellando con la punta della pistola con i suoi capelli.
- Che altro dire... è stato un onore averti qui, tu e i tuoi
amichetti... - disse indicando con la testa il resto dei ragazzi,
ancora seduti al tavolo.
In quel momento i ragazzi non avevano la più pallida idea di
che fare. E in realtà se ne vergognavano molto. In
situazioni normali e tranquille, erano soliti pensare che se mai fosse
successo qualcosa di brutto, avrebbero dato qualsiasi cosa per aiutare
coloro che erano in pericolo.
Ma ora che il momento di farsi avanti si era presentato, erano
completamente paralizzati dal terrore, come degli stupidi fantocci che
non hanno capacità di ragionare. Ma forse non erano ancora
pronti ad ammettere che negli essere umani l'istinto di conservazione
è più forte di qualsiasi altra cosa. E la loro
amica stava per morire davanti ai loro occhi, senza che loro alzassero
nemmeno un dito per fermare tutto. Oltre al terrore, ora c'era anche il
disgusto di loro stessi a fermarli, e la consapevolezza, che con il
loro inguaribile ottimismo non avevano mai voluto accettare, che il
mondo non fosse sempre dorato, e non sempre tutto quanto possa essere
sistemato.
La mano dell'uomo sembrò muoversi al rallentatore, o forse
era solo la tensione del momento, mentre rafforzava la presa sui
capelli di Hilary, puntava la pistola con maggior precisione contro la
sua tempia e cominciava a spingere sul grilletto, che si spostava
indietro lentamente... Quasi non avesse voglia di fare un'altra
vittima...
E poi l'uomo fu spinto violentemente all'indietro. No, non spinto. Non
l'aveva toccato nessuno. Non qualcuno, ma qualcosa. Quasi
nello stesso istante, si udì un gran fracasso, e una pioggia
di vetri insieme ad una sagoma scura caddero in mezzo alla stanza,
proprio sotto a quella che prima era stata una vetrata.
Takao si avvicinò come intontito all'assassino steso a
terra, e vide che c'era un piccolo forellino scuro proprio sulla
fronte. Non riusciva a capacitarsi di nulla. Il Prof. K e Daichi
aiutarono Hilary, ancora sconvolta, ad alzarsi.
Rei esaminò il soffitto. Qualcuno doveva aver sparato dalla
vetrata, per avere una migliore visuale. Ma quando il proiettile aveva
sfondato il vetro, questo non aveva retto il peso dell'uomo che ci
stava sopra, essendo gravemente incrinato. E così era caduto
tutto, vetro e uomo compreso. Ora che il momento di tensione era
sparito, la mente sembrò voler registrare tutto quello che
aveva fino a prima ignorato. Il ritorno di lucidità fu quasi
doloroso.
Lo stesso uomo che era caduto si stava riprendendo sotto lo
sguardo attonito di Takao.
- Porca puttana, che male! - Nonostante si fosse lamentato, si
alzò con calma e cominciò a scuotersi il maglione
per liberarlo dalla polvere, anche se a causa della pioggia gli si era
praticamente appiccicata addosso.
Takao spalancò la bocca. Non era un uomo, ma un ragazzo. Lo
riconosceva dalla voce, anche se gli stava voltando le spalle. Ma
quando si girò verso di lui, lo riconobbe definitivamente.
- Yuri...? -
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Secondo Capitolo ***
Secondo Capitolo
La squadra
russa e quella giapponese non erano andate d'accordo per un lungo
periodo di tempo. Anzi, era chiaro che non potevano proprio
sopportarsi, all'inizio. Nonostante la facilità con cui i
Bladebreakers sembravano riuscire a fare amicizia, furono fin dal primo
momento ricacciati indietro dall'alterigia e dall'aurea diversa e
strana emanate dall'altra squadra.
Oltretutto, il
fatto che a quell'epoca i Demolition Boys li volessero morti non aveva
aiutato la causa.
Takao e gli
altri ci avevano messo un po' a sentirsi meno in soggezione quando
erano presenti anche loro, con scarsi risultati. L'unico che sembrava
essere abbastanza a suo agio era Kei, ma in seguito poterono spiegarsi
il perché: conosceva già i russi. In effetti quel
po' di tempo passato ad osservarli mentre si trovavano nella stessa
stanza aveva portato alla conclusione che il loro atteggiamento era
molto simile.
Tuttavia, dopo
averli sconfitti durante il primo torneo, sembrò che i
ragazzi russi desiderassero più di ogni altra cosa far
perdere le proprie tracce, e per un po' non si ebbero più
loro notizie.
La gente
pensava che fossero impegnati a compiangere il loro orgoglio ferito,
schiacciati dalla vergogna di una sconfitta così palese. Per
un certo periodo, complice il disprezzo che sentivano per i Demolition
Boys, anche i Bladebreakers avevano appoggiato questa tesi.
Ma si
dovettero ricredere. Quando finalmente Rei, nel suo modo di indagare
curioso ma gentile, trovò il coraggio di chiedere a Kei che
fine avessero fatto i russi, scoprirono che non erano affatto andati a
nascondersi.
Kei rispose,
come al suo solito, con un tono annoiato e seccato allo stesso tempo,
come se parlare gli costasse un grosso sforzo, e certamente gli altri
non lo dubitavano, poco propenso a chiacchierare com'era. Ovviamente
fece un discorso molto breve, riportando solo l'essenziale, ed evitando
inutili giri di parole.
Disse che
attualmente i ragazzi stavano provando, cercando lavoro e ricorrendo
forse ad altri stratagemmi a cui Kei non accennò, a cambiare
le cose al Monastero, perlomeno per il bene di tutti i bambini
più piccoli, se per loro era già troppo tardi.
Disse che avevano intenzione di rilevare tutto quanto, senza
però mettere troppo in vista la cosa, per paura di un
interessamento eccessivo dei giornalisti. In effetti, da come la cosa
veniva loro raccontata, sembrava che tutto stesse andando molto bene, e
i ragazzi non poterono fare a meno di lasciare che questo fatto
influenzasse un po' il loro giudizio sui russi.
Inoltre, come
ben poche altre volte era successo, la fine del discorso fu
accompagnato da un raro mezzo sorriso di Kei, che probabilmente si
sentiva fiero dell'operato degli altri in Russia. Questo fece in modo
che l'aumento di ammirazione per i Demolition Boys fosse molto
accentuato in due persone in particolar modo: Takao e Hilary. Erano
sempre stati così speranzosi di piacere a Kei, che
stranamente ogni cosa che lui apprezzasse riusciva in ugual modo
gradita anche a loro. Rei e Max li avevano anche presi in giro per
questa loro fissazione.
In ogni caso,
dopo questo primo iniziale riavvicinamento, almeno dalla parte dei
Bladebreakers, ne seguirono altri. In effetti, durante gli altri
campionati del mondo, i russi sorpresero molto le altre squadre,
schierandosi apertamente contro Vorkof e dimostrando di avere coraggio
da vendere.
Grazie a
questo, dopo che soprattutto ognuno di loro aveva visto le ferite di
Yuri causate dallo scontro con la BEGA, gli altri ragazzi cominciarono
a rispettarli veramente e, anche se era ancora difficile che si
lasciassero avvicinare, ci furono comunque dei progressi importanti.
Tanto per
cominciare, non solo Yuri fu molto riconoscente a Takao per aver dato
il colpo finale a Brooklyn, determinando la fine della disputa, ma in
più iniziò anche a sentirsi molto più
a suo agio intorno agli altri bladers, tanto da passare molto
più tempo con loro, e di conseguenza anche i suoi compagni
di squadra.
Non parlavano
molto, a dire la verità, ma la loro presenza in qualche modo
non passava mai inosservata. Perlopiù scambiavano alcune
parole con Kei, anche se non riuscirono mai a capire di che parlassero,
perché chiacchieravano in russo. Ogni tanto però
l'ombra di alcune loro risate soffocate riecheggiava nell'aria. E dal
tono che avevano, si riusciva a capire che erano vere risate, risate
gentili, non quelle sprezzanti nei confronti di altre persone.
In
più, quando il torneo fu concluso e furono fatti i
preparativi per le partenze di tutti quanti, Yuri promise a Takao, in
segno di riconoscenza, di fargli visitare il suo paese, se mai fosse
passato da quelle parti. Takao ne fu subito entusiasta, e con lui anche
gli altri membri della squadra, anche se Boris, Sergej e Kei
riconobbero che il loro capitano probabilmente non lo faceva per mera
riconoscenza, ma solo perché la compagnia dei giapponesi
cominciava a piacergli. Kei decise che, almeno per un certo periodo,
fosse stato meglio anche per lui tornare in Russia. Aveva detto
qualcosa a proposito di "andare a trovare la famiglia", e i ragazzi ne
rimasero molto sconvolti perché a parte suo nonno non
pensavano avesse nessun altro al mondo, dato che abitava in un
monastero, prima.
Ma alla fine
avevano cercato di non lasciarsi intristire troppo e li avevano visti
partire. A causa della scuola, Takao non era ancora mai riuscito a
mantenere la promessa fatta a Yuri di andare a trovarlo. Ma la loro
"amicizia" era così tanto migliorata da fargli desiderare di
poter partire.
Probabilmente
fu per queste ragioni che, quando Yuri si voltò e i suoi
occhi incontrarono quelli spalancati dallo stupore del giapponese,
fosse a sua volta più stupito che arrabbiato che avesse
visto la scena. Per un momento sembrò anche imbarazzato,
come se si vergognasse di se stesso.
Poi
notò Hilary che si reggeva ancora alle braccia dei suoi
amici, e riuscì a dire, con una voce nervosa e tremante che
gli altri non gli avevano mai sentito:
- Le hanno
fatto del male? -
- Non
è ferita, - rispose Rei a fatica, dato che Takao sembrava
aver perso la facoltà di parola, e anche lui si sentiva
piuttosto a disagio. Non era passato molto tempo da quando avevano
completamente cambiato il loro parere sui russi, e il fatto che il loro
capitano avesse ucciso un uomo proprio davanti ai loro occhi non
aiutava. - Però è scioccata, ovviamente. -
-
Sì, certo, è ovvio, - ribatté Yuri,
sempre con quel tono tremante, le parole che si accavallavano le une
sulle altre.
- Dovremmo
portarla fuori da qui... E anche gli altri - continuò,
guardandosi intorno e sembrando scorgere solo in quel momento tutte le
persone che lo circondavano. - Ecco, - seguitò, molto a
disagio, - la prima cosa che faremo, non appena... Ecco, dovrei
occuparmi del... del cadavere. -
Deglutì,
si guardò un'altra volta intorno con fare dubbioso, e poi
parve felice di potersi abbassare sul corpo dell'uomo morto tanto per
poter fare qualcosa, anche se era un compito abbastanza ingrato.
I ragazzi lo
videro infilare le mani nelle tasche dell'impermeabile dell'uomo, per
poi tirarne fuori dei documenti, dopo che ebbe cercato un po', che
lesse attentamente. Il Prof. K. lo sentì mormorare. -
Proprio come avevo pensato. -
Continuò
a tastare le tasche in cerca di altre cose, ma non trovando niente, si
limitò a prendere l'uomo per le braccia e a cominciare a
tirarlo dietro il bancone.
Improvvisamente,
mentre lo stava trascinando, il braccio sinistro gli sfuggì
di mano, e cadde mollemente sul pavimento. La cosa era raccapricciante,
certo, ma non fu quello il motivo per cui Yuri sembrò
gelarsi sul posto.
Non appena il
braccio era atterrato sul pavimento, si era sentito un forte crack, causando
l'immobilità di Yuri, che durò qualche secondo,
mentre il ragazzo impallidiva, assumendo un aspetto quasi spettrale.
Poi tutto
accadde come se qualcuno avesse deciso di velocizzare la scena. I
Bladebreakers guardavano il russo confusi, senza capire che cosa stesse
succedendo, e a dire la verità troppo sconvolti anche solo
per cercare di capirlo.
Ma un momento
dopo, Yuri era già inginocchiato vicino alla testa
dell'uomo, gli aveva sollevato la manica e stava guardando qualcosa che
non appariva comunque più funzionante.
Il Professor
K, con le gambe tremolanti, si avvicinò piano,
deglutì rumorosamente e chiese: - Una... una telecamera? -
-
Sì, dannazione! - rispose Yuri, con un livello di voce
così potente che parve un ruggito.
- Ma... Non
funziona, giusto? -
- Sono sicuro
che funzionasse fino ad un secondo fa... - ribatté Yuri,
masticando con rabbia ogni parola. Prese la piccola telecamera, e la
frantumò contro il pavimento. - Come sospettavo. Non
c'è nessun chip. Stava inviando le immagini a qualcun altro.
-
- Qualcun
altro ha visto tutto quello che è successo? Accidenti,
è un problema! - Il Prof. K cominciò ad agitarsi
enormemente.
- Cosa
è un problema? Perché? - mormorò
Takao, perplesso. Le espressioni di Rei, Max e Daichi, ancora attorno
ad Hilary, che era riuscita a tranquillizzarsi un po', mostravano la
sua stessa confusione.
- Ma non
capite? - esclamò il Prof. K, - Se qualcun altro ha visto
quello che è successo, Yuri sarà accusato di
omicidio! -
- Ma lo ha
fatto per difenderci! - I ragazzi non avevano ancora deciso quale
reazione precisa avere a proposito dei fatti che erano appena avvenuti.
Era vero che quello che Yuri aveva fatto era grave, e il loro primo
istinto era stato di disgusto e paura, ma in fin dei conti lui li
voleva aiutare, e in questo modo era riuscito a evitare che fossero
uccisi. Per il momento, quindi, volevano solo lasciarsi l'episodio alle
spalle, per poi decidere quando lo shock fosse passato del tutto.
-
Sinceramente, - disse il diretto interessato, - non è questo
che mi preoccupa. Il fatto è che questa persona, che non ha
certamente buone intenzioni, per essere stato complice di questo tipo,
ha visto voi e con ogni probabilità anche riconosciuto.- - E
allora, qual è il problema? - chiese Daichi meravigliato.
- Il problema
è che non vorrei che altre situazioni come questa si
verificassero ancora, ma con voi come obiettivo finale. Ormai questa
persona sa che mi conoscete... -
Tutti i
ragazzi impallidirono notevolmente, e Hilary sembrò
lì lì per svenire. Rei le avvolse un braccio
attorno alle spalle per sostenerla. Seguì un silenzio
terrorizzato e teso. Yuri percorreva il locale a grandi passi, con fare
nervoso.
Per i ragazzi
l'attesa fu straziante. Non sapevano di preciso che cosa stesse
succedendo, come mai Yuri avesse ucciso così a sangue freddo
un uomo (perché era chiaro come non provasse alcun rimorso
di quello che aveva appena fatto), e che cosa il capitano della squadra
russa stesse nascondendo loro.
Perché
almeno questo lo avevano chiaro: c'era qualcosa che il ragazzo non
aveva detto, e qualunque fosse la situazione in cui si erano andati a
cacciare, ormai ci erano dentro fino al collo.
Quindi
cercarono il più possibile di trattenersi dal fare domande
fastidiose, e di non disturbare l'amico, concentrandosi a fondo sulla
respirazione per rimanere calmi.
Dopo alcuni
minuti passati in questo modo, Yuri raddrizzò le spalle, si
volse verso la gente che era rimasta stupita ai tavoli, probabilmente
troppo sconvolta dall'arrivo di un secondo killer per muoversi, e disse
loro:
- Ora
chiamerò qualcuno che vi aiuti a tornare sani e salvi a casa
vostra. Non dovrebbero esserci problemi per voi. Chiunque ci stesse
spiando avrà capito che non ci conosciamo, e che non
trarrebbe alcun profitto dall'infastidirvi in qualsivoglia modo. -
La gente si
rilassò in modo evidente alla notizia che nessuno voleva far
loro del male, e che sarebbero potuti tornare tutti a casa.
Max
guardò Yuri con confusione: - Perché chiami
questo tuo amico? Dove te ne vai? -
Yuri lo
osservò pensieroso per qualche istante.
- Dove ce ne
andiamo, piuttosto. -
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Terzo Capitolo ***
Vi chiedo scusa per il
ritardo.
Fin dal momento in cui Yuri
aveva sparato all’uomo con l’impermeabile,
né Takao né i suoi compagni di squadra avevano
capito con certezza quello che avrebbero dovuto fare. Ovviamente la
ragione diceva loro di non fidarsi.
Yuri era un assassino.
In realtà la persona con più buon senso di tutti
loro, Hilary, era troppo scioccata anche per poter stare in piedi,
figurarsi parlare. Quindi non potevano contare sulla sua logica.
Però, non appena
Yuri aveva detto che coloro che avevano organizzato l’attacco
li stavano guardando e ora sapevano del loro collegamento con lui, era
scattato l’istinto di sopravvivenza.
All’improvviso non
stavano più considerando cosa potesse essere giusto o
sbagliato, ma quale sarebbe stato il male minore.
Forse per la prima volta nella
sua vita, Takao poteva dire di aver capito sul serio una persona solo
guardandola negli occhi. Ma questo solamente perché i loro
pensieri erano gli stessi.
Accetta. Forse
è il nostro unico modo di salvarci. Forse dopo tanto tempo
passato a combattere lo stesso uomo non ci ucciderà.
In realtà,
nonostante Takao fosse da tutti considerato un tipo piuttosto ottuso,
il suo istinto al momento gli stava urlando forte e chiaro che Yuri non
aveva alcuna intenzione di far loro del male.
E dopo tanto tempo passato ad
usare molto l’istinto e poco l’intelligenza, lui
non poteva far altro che fidarsi.
Tra l’altro, quella
di Yuri non era stata nemmeno una domanda, ma più un ordine
secco, irreversibile.
Quindi, girandosi verso di lui,
non poté far altro che accennargli un sorriso incerto,
facendogli capire che lo avrebbero seguito.
Yuri non diede alcun accenno di
risposta, ma rimase lì in piedi ad aspettare. A quel punto
Takao si girò per occuparsi di Hilary, che era rimasta
seduta ad un tavolo con tutti gli altri attorno a lei, senza dire una
parola.
Il silenzio spettrale del
locale, interrotto solo ogni tanto da un mormorio o dai singhiozzi
della vecchia signora, sembrava solenne, fin troppo per essere
interrotto.
- Hilary… -
mormorò Takao avvicinandosi piano, - ora noi dobbiamo andare
con Yuri, che ci porterà in un posto più sicuro.
Capisci? -
E sembrò strano che
per una volta fosse stato lui a farle quella domanda, e non viceversa.
Ma Hilary annuì semplicemente.
- Ottimo. E… Pensi
di riuscire ad alzarti? -
Hilary annuì di
nuovo, e si fece aiutare da Max e Rei per tirarsi su in piedi. Daichi,
che non perdeva mai occasione di prenderla in giro, questa volta rimase
in lugubre silenzio.
Alla fine Rei riuscì
a riscuotersi, e fissando le gambe tremanti di Hilary chiese:
- Yuri, potremmo farle bere
dell’acqua? Penso la aiuterebbe… -
Sentendo quella domanda, Yuri
parve un po’ imbarazzato. Esclamò un
“Certo!”, poi si chinò dietro il
bancone, e lo sentirono mormorare: “Ma come ho fatto a non
pensarci prima?”.
Il russo pareva aver capito,
almeno in parte, i pensieri della squadra giapponese, perché
lasciò il bicchiere sul bancone e aspettò che
fosse Max a porgerlo a Hilary, che bevve con mani tremanti.
La ragazza posò il
bicchiere sopra il tavolo, e mormorò un
“Grazie”. Da quel momento in poi restarono tutti in
religioso silenzio, i BladeBreakers con le loro emozioni contrastanti,
e Yuri con i suoi pensieri incomprensibili.
Ad un tratto, sobbalzarono
tutti quando udirono un colpo alla porta. Girandosi, si accorsero con
stupore che si trattava di Sergay. Certo, era molto più alto
e robusto da quando lo avevano visto l’ultima volta, ma il
suo cipiglio era inconfondibile. Entrando, li fissò con fare
indagatore, aggrottando le sopracciglia.
Fece un cenno di saluto a Yuri,
poi si diresse verso le persone assiepate in fondo al locale, circa una
diecina.
- Voi dovete venire con me. Ci
penserò io a riportarvi a casa. - Disse con
autorità. Non sembrava avere l’aria di aspettarsi
un rifiuto. E con grande sorpresa dei ragazzi, tutte le persone lo
seguirono uscendo, senza fare alcuna domanda.
Cosa ancora più
strana, passando davanti a Yuri, si fermarono uno ad uno e lo
ringraziarono chiamandolo per nome. Sergay stava aiutando la signora
anziana a portare via il marito e anche la commessa. Alcuni degli
ostaggi si fermarono a guardare la scena, e poi si rivolsero al ragazzo:
- Davvero Yuri, grazie. Anche
se avremmo preferito che tu arrivassi prima, sai… Solo per
quel poveretto. -
- Credetemi, lo avrei preferito
anche io. Ma purtroppo solo nei film si riesce ad arrivare con perfetto
tempismo. – Replicò Yuri con un sorriso triste.
Poi avvertì i
BladeBreakers che sarebbero usciti anche loro. Fuori dal negozio
c’era parcheggiato un pullman giallo per la scuola. Yuri
alzò un sopracciglio, voltandosi verso Sergay:
- Sul serio? –
- È la cosa
più pratica che sono riuscito a trovare… -
Rispose l’altro scrollando le spalle.
Yuri parve non avere altro da
aggiungere, fece salire la gente velocemente, e chiuse la porta. Il
Prof. K non riusciva a non fissare con la coda dell’occhio i
due corpi senza vita. L’uomo con l’impermeabile era
stato lasciato dietro al bancone.
- Forza sbrighiamoci! La
polizia dovrebbe essere qui fra poco. -
- Fra poco? - Chiese Hilary
intontita. Improvvisamente sembrò rendersi conto che quegli
eventi che nella sua mente parevano aver occupato anni, in
realtà si erano svolti in pochi, frettolosi minuti, mentre
il silenzio aveva contribuito a farli passare più lentamente.
Yuri le lanciò
un’occhiata, ma a parte questo, nessuno ebbe voglia di
risponderle. Mentre sfrecciavano lungo la strada, indisturbati grazie
all’apparente normalità del loro mezzo, il Prof K
assimilò piano le informazioni.
- La polizia sta arrivando? Ma
allora troveranno l’uomo! È ridicolo! Dobbiamo
immediatamente tornare indietro e prend… -
Si interruppe, guardando
indietro attraverso il vetro posteriore. Dal quartiere che avevano
lasciato cinque minuti prima al massimo, provenivano delle alte fiamme,
e non ci volle molto ad immaginare che la loro origine dovesse essere
proprio il bar.
I ragazzi si voltarono a
fissare Yuri, sconvolti.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Quarto Capitolo ***
Ringrazio tutte le persone
che hanno commentato, quelle che hanno messo la storia fra le preferite
o le seguite, e anche quelle che hanno semplicemente letto.
Mi scuso ancora per il
ritardo.
Quarto Capitolo
Sembrava che il silenzio
fosse diventato improvvisamente l’elemento più
evidente del loro viaggio in Russia.
Piano piano, l’autobus si andava svuotando, e la gente non
parlava molto, se non per dare a Sergay le indicazioni per tornare a
casa. E Rei notò che nemmeno tutti ne avevano bisogno.
Alcuni venivano portati esattamente nella loro strada senza che venisse
mormorata una parola. La cosa diventava sempre più strana.
I ragazzi si erano accoccolati tutti insieme sui posti in fondo al
mezzo, tranne Yuri, seduto dietro a Sergay, che guidava.
Da quando si era seduta, Hilary aveva fissato lo sguardo sui suoi
capelli biondo pallido, che sembravano quasi bianchi alla luce dei
lampioni che passavano. In qualche modo, Sergay l’aveva
sempre inquietata un po’ più degli altri Russi.
Il fatto che lui non avesse spiccicato parola per tutto il tempo non
aveva contribuito a migliorare l’atmosfera tesa.
Anche Yuri era rimasto silenzioso; tra l’altro, questa volta
i BladeBreakers non avevano domandato niente. C’era una sola
spiegazione che sembrava possibile: il locale era stato bruciato per
cancellare le tracce. Qualcuno dei Russi doveva essere rimasto indietro
e poi aver dato fuoco a tutto, una volta che loro erano usciti.
Quella era l’unica cosa certa. Ma poi, il resto della storia
era un ammasso confuso di “se” e di
“forse” che nessuno sembrava in grado di
sgarbugliare.
Perché Yuri aveva sparato a quell’uomo attraverso
il tetto? Non avrebbe potuto chiamare la polizia? Anche se, dopo averlo
visto all’opera, i ragazzi non erano più sicuri di
chi sarebbe stato più efficiente e letale, se un ufficiale o
Yuri.
Persino adesso, con la postura rilassata sul sedile e la guancia
mollemente appoggiata al finestrino, le occhiate che ogni tanto volgeva
tutto intorno e il fucile appoggiato lì vicino, recuperato
poco prima dai detriti di vetro, tradivano le apparenze per mostrare
quale fosse la realtà.
A poco a poco i ragazzi si accorsero che al buio della notte si
aggiungeva anche quello della strada, mentre percorrevano una zona
della città poco illuminata ed evidentemente trascurata.
C’erano persone agli angoli delle strade, alcune raccolte
attorno ad un fuoco acceso in un cassonetto, ciascuna di loro persa
nella propria disperazione. Se il fatiscente minibus scolastico li
sorprese, non lo diedero certo a vedere.
A Max ricordarono un po’ le persone nei quartieri con
più delinquenti delle città americane. Notavano
tutto, ma si poteva star certi che non avrebbero detto niente anzi,
avrebbero girato alla larga. Quando li si incontrava per strada, la
paura di trovarsi davanti qualcuno di indesiderato era tangibile. E la
stessa cosa sembrava accadere in quello sperduto sobborgo di Mosca.
Ma di cosa avevano paura? Dei delinquenti in zona in generale? Oppure
si erano accorti di Yuri e Sergay? Erano loro i più
pericolosi in circolazione?
Tutte queste domande vennero interrotte quando il pullman si
fermò nei pressi di un vicolo deserto, spento e trascurato
come il resto del quartiere. Il genere di posto da cui un gruppo di
ragazzi per bene sarebbero dovuti scappare, urlando aiuto.
O almeno, il vicolo sembrava vuoto. Dal buio, una
figura si avvicinò e si fermò vicino al mezzo. I
ragazzi trattennero rumorosamente il fiato, il cuore che batteva
all’impazzata.
Il primo dettaglio che riuscirono a cogliere all’inizio era
il colore dei capelli, corti e di un colore simile
all’argento. Takao spinse le mani contro il finestrino,
mentre tutti gli altri affilavano lo sguardo per tentare di vedere
oltre il buio. Ma quell’idea che era venuta in mente a tutti
quanti alla prima impressione svanì immediatamente, non
appena la persona passò sotto un lampione che irradiava
debolmente luce alla fine del vicolo, per raggiungerli. Non
era Kei. Era Boris.
Takao si accasciò si nuovo contro il sedile, deluso. Hilary
invece pareva sollevata che non fosse chi pensavano loro. Non avrebbe
mai voluto che Kei si aggirasse per certi posti, anche se credeva che
la cosa non lo avrebbe certo spaventato come spaventava loro.
Yuri e Sergay evidentemente stavano aspettando proprio Boris,
perché non furono affatto sorpresi di vederlo, e lo fecero
subito salire.
Yuri si alzò e lo condusse davanti ai corpi senza vita
ancora dentro al pullman. La signora era rimasta accanto al marito, e
subito il ragazzo cominciò a spiegarle che era necessario
spostare il corpo. Lo avrebbero sepolto in un posto più
distante dalla città, per evitare collegamenti scomodi. I
ragazzi si domandarono se fosse per il benestare della signora, che non
doveva essere rintracciata, o dei Russi.
In entrambi i casi le domande si affollavano le une sulle altre.
Avrebbero spostato anche la cassiera, per poi rintracciare la sua
famiglia e farle sapere della sua sorte, anche se sarebbe stato
più difficile identificarla.
Per lo meno, questo fu quello che Yuri e Boris decisero insieme mentre
discutevano. La signora fu invitata a seguirli, cosa che questa non
ebbe problemi a fare.
Rei e il Prof. K si chiesero se conoscesse già i Demolition
Boys. Non poteva essere così tranquilla (lutto permettendo),
andando in giro con degli estranei.
Non appena la signora rispose loro affermativamente, i Russi
cominciarono a spostare i corpi giù dal pullman. Anche
Sergay aiutò a trasportarli in un luogo più
appartato, e non appena fatto questo, fece un cenno a Yuri, che nel
frattempo si era messo alla guida del mezzo.
Probabilmente aspettavano che se ne andassero per poter finire il
lavoro, perché Yuri ripartì subito.
Boris accennò loro un saluto, mentre si muovevano, mentre
Sergay si limitò ad una sola occhiata penetrante, cosa che
fece rizzare i capelli sulla nuca di Hilary.
Il pullman continuò sulle strade buie, sempre più
fuori città, e mettendo sempre più in agitazione
i Blade Breakers.
Non erano ancora sicuri se fidarsi di Yuri o meno, e ora si trovavano
soli con lui, al buio, diretti chissà dove.
Max aprì la bocca due o tre volte per domandare qualcosa, ma
la richiuse subito dopo con aria sconfitta.
Daichi invece era seduto con le braccia ad abbracciare le ginocchia, e
in quella posizione sembrava molto più piccolo del solito.
Nonostante la sua consueta esuberanza, gli eventi del giorno parevano
averlo scosso troppo per poter anche solo trovare la forza di fare
altro.
Takao guardava fuori del finestrino con aria depressa, e Rei, seduto
vicino a Hilary, non sapeva esattamente che fare.
Il silenzio all’interno del mezzo scoraggiava qualsiasi tipo
di conversazione, e d’altronde non era molto sicuro se
parlare avrebbe fatto piacere a Hilary oppure no.
La sua faccia non lasciava trapelare alcuna emozione mentre i suoi
occhi castani fissavano il vuoto.
Yuri, dal posto di guida, pareva assorto nei suoi pensieri, mentre
guardava la notte al di là del parabrezza.
Dopo una curva, finalmente i ragazzi percepirono una differenza. La
strada che stavano percorrendo in quel momento non era asfaltata,
quindi dovevano essersi addentrati di un bel po’ nella
campagna.
In effetti, facendoci caso solamente allora, si accorsero di essere
circondati da campi.
I loro pensieri erano angosciosi, ed erano convinti che Yuri li avesse
portati là per ucciderli indisturbato, e poi abbandonarli in
qualche fosso, dove non sarebbe passata anima viva per un bel
po’ di tempo.
Sconvolti dalla lunga giornata, nessuno di loro accennò
qualche mossa. Rimasero assolutamente immobili, pietrificati sui loro
sedili, pensando che cercare di scappare avrebbe solo accelerato la
loro morte.
Yuri scoccò loro uno sguardo indefinibile, attraverso lo
specchietto retrovisore, e loro si sentirono ghiacciare.
Però Rei pensò che stranamente quegli occhi erano
sembrati solo indagatori ed estremamente nervosi, come se Yuri stesse
per fare qualcosa che non era sicuro loro avrebbero approvato.
L’enigma si risolse un attimo più tardi, quando
nel buio fitto cominciarono a definirsi alcune luci in lontananza, e
poterono distinguere la sagoma di un edificio che Hilary non conosceva,
ma che gli altri avevano già visto un’altra volta.
Yuri li aveva portati al Monastero.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Quinto Capitolo ***
Quinto Capitolo
Salve! Intanto ringrazio
chi ha recensito, chi ha messo tra seguite e preferite e anche chi
legge solamente. Mi rendo conto che finora la storia possa essere stata
noiosa, ma conto di farla movimentare in poco tempo. Fra poco
entrerà in scena anche un certo Kei, per coprire la sua
grave assenza in questi primi 5 capitoli XD
Mi dispiace molto di aver postato dopo così tanto tempo.
Quinto Capitolo
Takao
sentiva
il sangue pulsargli nelle tempie, spinto dal battito sempre
più forte e
irregolare del suo cuore. I palmi delle mani erano sudati, li costrinse
a
flettersi e poi stringersi in pugni per riguadagnare la calma. Sapeva
che
avrebbe avuto poche chances di parlare in seguito, forse addirittura
nulle.
Sapeva anche
che forse ci erano già tutti troppo dentro per poter
riuscire ad uscirne. Erano
al monastero di Vorkov, e quella non era proprio una cosa positiva.
Scoccò uno
sguardo preoccupato a Hilary. Nessuno le aveva ancora detto niente, ma
le loro
espressioni preoccupate erano bastate a farle capire che qualcosa non
andava.
Il motivo
dell’ansia di Takao era abbastanza semplice: non
c’erano ragazze nei Demolition
Boys. Da quello che si ricordava, non gli sembrava di averne viste
nemmeno al
monastero, quella volta che si erano infiltrati. Forse non le
prendevano
proprio, pensando che fossero più deboli.
Ma la cosa
non gli tirava su il morale. Non l’avrebbero certo lasciata
libera, se
pensavano di trattenere loro. E cominciò ad aver paura di
quello che le sarebbe
potuto accadere là dentro.
Cosa ne
sarebbe stato di lei? L’avrebbero liberata? No, sarebbe stato
da stupidi.
Ovviamente con un’intera squadra di beyblade scomparsa, non
potevano
permettersi di lasciarla gironzolare per i fatti propri.
Probabilmente
lì in Russia nessuno si sarebbe dato la pena di cercarli,
non erano considerati
così tanto famosi. Ma di sicuro qualcuno dal Giappone si
sarebbe preoccupato. O
le loro famiglie, se non avessero avuto loro notizie presto.
Quindi,
questo era il momento per parlare. Doveva provarci, anche se
probabilmente era
già troppo tardi. Il pullman era già entrato nel
cortile del Monastero, e il
cancello si era chiuso dietro di loro, che si erano sentiti
imprigionati come
in una gabbia.
Sì alzò e
camminò lentamente lungo il breve corridoio del pullman.
Takao era conosciuto
per essere una persona impulsiva e coraggiosa, ed era per questo che
era il
capitano. Faceva cose che gli altri non avrebbero mai avuto la forza di
fare,
anche in situazioni critiche. Come quella. Ma il suo problema era anche
la poca
capacità riflessiva. Aveva già esaurito la sua
pazienza decidendo se parlare o
no, accantonando per una volta la sua impulsività. Quindi
non ne voleva proprio
sapere di scegliere con cura le parole da dire a Yuri. Lo avrebbe
affrontato e
basta. Avrebbe cercato di farlo ragionare.
- Yuri, -
cominciò, la voce tremante suo malgrado, - io non capisco
perché tu ora voglia
fare una cosa simile! Pensavo ne fossi uscito… -
Il ragazzo
si limitò a guardarlo confuso.
- Insomma, -
continuò Takao, - prima sembri tanto riconoscente del fatto
che ti abbiamo
liberato da Vorkov, poi tu steso ci riporti da lui? - Il suo discorso
poteva
sembrare coraggioso, se non fosse che era pallido e sudaticcio, e
tremava.
L’espressione
di Yuri si riempì di comprensione, poi alzò un
sopracciglio, e nei suoi occhi
apparve un lampo di rabbia, che fece sembrare l’azzurro dei
suoi occhi ghiaccio
solido. Takao fece istintivamente un passo indietro, e nessuno avrebbe
potuto
rimproverarlo. Quando Yuri si arrabbiava faceva venire davvero i
brividi.
La sua voce
era bassa e tremante, mentre si rivolgeva a Takao:
- Tu pensi…
Pensi che io ti voglia consegnare a Vorkov? -
- Non… non è
così? - Ora era il turno dell’altro per essere
confuso.
Yuri
inchiodò, premendo con forza il piede sopra il freno, in uno
scatto di rabbia.
Poi si girò verso gli ultimi sedili, dove gli altri se ne
stavano accoccolati,
ascoltando con timore la conversazione.
- Lo pensate
anche voi? – urlò poi nella loro direzione, e gli
altri sobbalzarono quando la
sua voce sembrò esplodere nello spazio limitato.
Il loro
silenzio dovette essere una risposta abbastanza chiara per Yuri,
perché si
rimise in marcia e guidò fino al porticato, dove si
fermò e aprì la porta.
- Scendete.
- Il tono era talmente freddo che la parola suonò come un
ordine minaccioso,
che tutti si apprestarono a seguire. Nessuno era contento di rimanere
con Yuri
in uno spazio chiuso, dove non c’era modo di scappare.
Dopo che
tutti furono scesi, Yuri richiuse la porta e li raggiunse fuori. I
ragazzi lo
guardarono esitanti, incerti sul da farsi.
- Seguitemi.
- Continuò con lo stesso tono. Camminarono in silenzio per
un po’, i
Bladebreakers trascinandosi sulle gambe che sembravano intorpidite, per
il
troppo stare seduti oppure per la paura.
L’unica cosa
udibile erano i respiri profondi che Yuri continuava a prendere, come
se ne
avesse bisogno per calmarsi. Per il resto, l’edificio
sembrava disabitato. Il
silenzio era l’unica cosa che li circondava.
- Non vi sto
consegnando a Vorkov. - Disse Yuri. Quest’esclamazione
improvvisa li fece
sussultare. Non pensavano avrebbe cercato di spiegarsi.
- Non lo
farei mai, - continuò Yuri con aria disgustata, - ma vi
avevo detto che
dovevamo nascondervi. Beh, l’unico posto sicuro in grado di
contenere molte
persone di cui sono a conoscenza è questo. Noi non abbiamo
una casa, lo sapete.
- L’ultima parte venne sibilata tra i denti.
Takao
arrossì, e abbassò lo sguardo a terra. Il russo
lo degnò di un’unica occhiata,
prima di riprendere a parlare.
- Ad ogni
modo, il Monastero non è più di Vorkov. Kei non
ve l’ha mai detto? -
- Detto
cosa? -
- Come
immaginavo. Beh, quando Vorkov è stato catturato, gli agenti
non sapevano
proprio come avrebbero potuto sistemare un così vasto gruppo
di orfani. Non
c’erano abbastanza famiglie. E gli altri orfanotrofi non
volevano prenderci con
loro. Abbastanza comprensibile, dato che siamo conosciuti come un
branco di
perversi psicopatici. – L’ultima frase fu detta con
un velo di ironia, - È stato
così che io e Sergay, che abbiamo raggiunto la maggiore
età, abbiamo ottenuto
la direzione del Monastero e la custodia dei più piccoli.
Ovviamente la polizia
ogni tanto torna a fare dei controlli. Non si fidano molto, ma era
l’unica
soluzione. -
Mentre
parlavano avevano continuato a camminare. Si fermarono davanti ad una
porta
alla fine del porticato, che Yuri aprì con una chiave che si
era sfilato di
tasca.
Si
ritrovarono in un corridoio buio che, nonostante la spiegazione di
Yuri, mise
loro i brividi. Era spoglio, e tutto sembrava disabitato. Ma da una
porta alla
loro sinistra, si intravedeva uno spiraglio di luce, segno che qualcuno
c’era
davvero.
Yuri la
spinse da parte, e si ritrovarono in un’ampia stanza che
doveva servire da
salotto. Vi erano raggruppati una decina di ragazzi, di età
svariata, ma dall’aspetto
tutti dalle soglie dell’adolescenza in su.
Non appena
entrarono, i ragazzi si affollarono intorno a Yuri chiedendo notizie.
Da quello
che poterono capire, il veder partire Boris e Sergay così
all’improvviso li
aveva messi in allarme. Yuri spiegò loro la situazione,
mentre i Russi rivolgevano
occhiate ai Bladebreakers.
Ascoltando
la storia, i loro sguardi si facevano sempre più
preoccupati, mentre i
Giapponesi cominciarono a pensare che magari non stavano prendendo la
loro
situazione abbastanza sul serio. Dalle facce ansiose dei ragazzi
potevano
capire di essersi messi in un bel guaio.
Non si
fidavano del tutto di Yuri, ma aveva detto che non avrebbe fatto loro
del male,
e d’altronde cominciavano a realizzare che andare in giro da
soli non fosse la
migliore delle idee.
Speravano soltanto
che lui fosse sincero.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=635796
|