Kill'Em All

di lilla5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prima long-fic, cercherò di aggiornare in modo regolare, ispirazione permettendo XD

Kill'Em All

Prologo

Quando il Presidente Daitenji disse ai Bladebreakers che in Russia non avevamo tanti fan come nel resto del mondo, non si sorpresero più di tanto.
Quello che li sorprese di più, fu la sua decisione di mandarli a Mosca per rappresentare la BBA. Cercarono di convincerlo dell'inutilità della cosa.
In fondo, la squadra nazionale era formata da Sergej, Boris, Yuri e Kei. Chi, sano di mente, avrebbe mai fatto cambio con loro?
Ma non volle sentire ragioni. Aveva sempre detto che per lui questo sport era tutto, superava perfino il desiderio di denaro.
- Però, ragazzi, il business è business, e non dimenticatevi che in qualche modo dovrò pagare i miei dipendenti...-
In realtà i Bladebreakers non c'entravano nemmeno più tanto, dato che avevano smesso di praticarlo agonisticamente da tanto tempo, avendo già diciassette anni. Ma la cosa importante, secondo il Presidente, era che avevano vinto per tre volte il titolo mondiale, e avrebbe attirato più l'attenzione.
Fu così che si ritrovarono su un aereo diretto a Mosca, pronti per un viaggio di rappresentanza che si prospettava noioso e normalissimo.
Solo che era ben lontano dall'esserlo.

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Capitolo 2
*** Primo Capitolo ***


Premetto che devo ancora migliorare nella descrizione di certi tipi di scene d'azione, e spero proprio di riuscirci grazie a questa fanfiction. Nel frattempo vi ringrazio se deciderete anche solo di leggere.

Primo Capitolo

L'aereo atterrò a Mosca dopo diverse ore di volo. I ragazzi si stiracchiarono e uscirono un po' assonnati. Il Presidente Daitenji aveva deciso di organizzare tutto, in modo da non tenerli occupati ulteriormente, dato che dovevano stare al passo con la scuola.
Così era già tutto prenotato, e addirittura trovarono all'uscita dell'aeroporto un uomo con un'uniforme da autista che reggeva un cartello con i loro nomi scritti sopra.
- Caspita! Il Presidente ha fatto le cose alla grande! - si sorprese Takao.
- Takao, era ovvio che avesse chiamato qualcuno per trasportarci. Non possiamo arrivare all'hotel a piedi, e immagino che dovremo spostarci spesso durante il soggiorno. - Hilary si coprì la faccia con la mano per la stupidità dell'amico.
Però anche lei rimase a bocca aperta quando vide che l'uomo li stava conducendo ad una limousine.
- Ah, allora non era poi tutto così ovvio, eh? - la schernì il ragazzo.
Rei allungò un braccio per dare un pizzicotto sul braccio a Takao - Smettete di punzecchiarvi, voi due! -
- Cosa? Ma perché io sì e lei no? - piagnucolò Takao massaggiandosi il braccio.
- Perché lei è una donna, chiaro. Si vede proprio che non sei stato cresciuto come un vero gentleman inglese. - commentò Max.
- Intanto tu chiudi il becco, che sei americano! - si intromise Daichi.
Il Professor K. si limitò ad alzare gli occhi al cielo e a sistemare la valigia nel bagliaio dell'auto con l'aiuto dell'autista. Quando finalmente si furono tutti accomodati, l'auto partì e viaggiarono per all'incirca venti minuti per le vie più trafficate di Mosca.
Grazie al cielo, il Presidente Daitenji sembrava essersi ricordato che il troppo lusso metteva un po' a disagio i ragazzi, che accolsero con sollievo la vista del loro hotel.
Era carino, e si trovava vicino al centro della città, senza però essere troppo appariscente. Si riusciva a cogliere un'atmosfera intima all'interno della hall, dove tutto l'ambiente sembrava voler abbracciare l'ospite. Le tinte chiare illuminavano l'ambiente. I ragazzi si fecero dare le chiavi, constatando allegramente, una volta arrivati alle camere, di essere tutti sullo stesso piano. Ovviamente Hilary era costretta a dormire da sola, mentre Rei avrebbe diviso la stanza con il Prof K.
Daichi, Max e Takao erano tutti insieme. Per il Prof. K. fu un bel sollievo, perché tremava alla sola idea di dover rimanere da solo con uno qualsiasi di quei tre.
Dopo aver messo a posto le loro cose, si riunirono tutti quanti nella camera di Hilary, solo perché Takao sperava di darle fastidio un altro po'.
- Sai, non credo che continuando così inizierai a piacerle... - commentò Daichi.
- Ma di che ti impicci, tu? - gli rispose piccato Takao, anche se stava arrossendo vistosamente.
Una volta entrati nella camera, Rei si avvicinò alla finestra. Non faceva freddo, dato che l'estate stava per arrivare. Nonostante tutto, il cielo cominciava a farsi scuro e sembrava sul punto di scoppiare un bel temporale.
Chiacchierarono per un po', fino a quando scesero per la cena, e dopo aver mangiato, decisero di rimanere in hotel per riposarsi.
In fondo, il Presidente aveva concesso loro questa giornata di riposo perché si potessero rilassare. Perciò decisero di andare a letto presto, in parte già stanchi solo pensando a quello che avrebbero dovuto fare la mattina dopo.
Dormirono molto bene, ma il giorno seguente, come era facilmente intuibile, cominciò a piovere. Ovviamente era anche a questo che doveva servire l'auto, ad agevolare gli spostamenti in caso di cattivo tempo, quindi non persero tempo per chiamare l'autista.
- Insomma, vi sbrigate? Abbiamo un'intervista in poco meno di venti minuti! - il Prof K. era sempre stato un tipo pignolo, e la trascuratezza di Daichi e Takao certe volte lo irritava. Anche quella volta i due non si erano svegliati in tempo.
Finalmente riuscirono ad arrivare allo stadio, dove era stata messa a disposizione per loro una sala conferenze. Guardandosi intorno, Takao si accorse che nessuno dei presenti, né giornalisti né ragazzi, sembrava particolarmente colpito dal loro arrivo, e nemmeno lontanamente entusiasti. Erano venuti lì per semplice curiosità, ed erano pure in pochi.
Vennero poste le solite domande di routine, con scarso interesse, e con altrettanta noncuranza vennero accolte le risposte.
Alla fine dell'intervista, Hilary se ne uscì indignata dalla porta. - Non è possibile! Non ci provano nemmeno, a sembrare attenti! Io non riesco a capire...-
Invece tutto il resto della squadra se lo era immaginato, e ovviamente Hilary fu molto sorpresa dalla loro totale mancanza di reazioni e sdegno.
- Beh, che vi prende? Non mi dite niente? -
- Hilary, sul serio... Credevi davvero che decidessero di tifare per la nostra squadra quando hanno i Neoborg? Kei? - Takao guardò Hilary come se si stesse chiedendo se fosse impazzita.
- Non è questo, lo sapete. Dovrebbero avere almeno un po' di rispetto... - La ragazza era ancora arrabbiata, ma le frasi erano un po' meno coerenti mentre continuava a parlare, e i ragazzi la videro arrossire intensamente. Sapevano perché, e non era un caso che Takao avesse portato in ballo Kei. Ma questo sembrava aver fatto irritare Hilary ancora di più.
- Su, Hil... Dai, non ci pensare. Anzi, sai che ti dico? Dato che abbiamo fatto presto andiamo a vedere i negozi, ti va?- propose Takao.
- Ma che razza di idee ti vengono in mente? - Max lo guardò abbastanza sbalordito: a nessuno di loro piaceva fare shopping, men che meno al loro capitano.
- Ho sentito dire che le donne andando a fare spese si calmano e si sentono in pace con il mondo. - sussurrò Takao agli altri con fare furbo.
- Ma non vale con tutte le donne! E poi chi diavolo te l'ha detta, questa stupidaggine? - ribatté Rei.
Ma Hilary parve felicissima di quella proposta, e non perse tempo, una volta salita in macchina, a chiedere all'autista di portarli in centro.
Fu un'esperienza devastante per i ragazzi. Non avevano mai camminato così tanto in vita loro, e sinceramente cominciavano a preoccuparsi per la mancanza di stanchezza e di appetito di Hilary, dato che era anche ora di pranzo. Questo lo si poteva capire anche vedendo Takao, che aveva un aspetto comatoso e continuava a maledirsi per aver proposto lo shopping.
Daichi iniziava addirittura a sragionare, rispondendo alle domande qualche minuto dopo che gli erano state poste.
Verso le due del pomeriggio però cominciò di nuovo a piovere e i ragazzi, ringraziando il cielo, chiesero a Hilary se le andava di mangiare qualcosa, e andarono a prendersi un panino ad un bar vicino.
Il posto era carino, pieno di gente, con un soffitto a vetri attraverso il quale si poteva vedere il cielo ora temporalesco, ma l'atmosfera era calda e accogliente, rispetto all'aria fresca dell'esterno.
In qualche modo, e grazie all'inglese di Max, riuscirono a farsi capire dal cameriere, ordinando dei semplici panini e dell'acqua. Mangiarono tutto molto lentamente, dato che si erano accorti che il tempo era peggiorato ancora, e per poter uscire avrebbero almeno dovuto aspettare che la pioggia si calmasse.
Mentre chiacchieravano tranquillamente, un uomo con un lungo impermeabile nero entrò, e si diresse con passo sicuro verso il bancone. La ragazza alla cassa sorrise, e gli chiese che cosa volesse.
L'unica cosa che Takao si ricordò con precisione, fu il sorriso che le morì sulle labbra quando l'uomo, estratta una pistola, le sparò al petto. La paura non ebbe nemmeno il tempo di espandersi agli occhi, che già stava cadendo all'indietro, finendo sul pavimento accompagnata da un rumore di cocci infranti, a causa del bicchiere che aveva in mano.
Takao continuò a guardare sbalordito gli occhi ora sbarrati della ragazza, il cervello aveva registrato cosa aveva visto, ma si rifiutava di comprenderlo. La più veloce a riaversi fu Hilary, che cominciò a tremare leggermente, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Poi Rei iniziò a darle dei colpetti affettuosi sulle spalle, per confortarla, anche se sapeva che in questa situazione non sarebbero stati sufficienti. Temeva però che, se Hilary avesse attirato l'attenzione dell'uomo, sarebbe potuta finire nei guai anche lei, dato che sembrava non avere scrupoli. Inoltre, data la situazione, non si sentiva in grado di fare nient'altro. Aveva la gola chiusa, come se qualcuno stesse cercando di soffocarlo, e non era sicuro che se avesse cercato di parlare le parole sarebbero uscite. Il terrore si impossessò di lui e sembrò scivolargli lungo la schiena come un secchio d'acqua gelata, provocandogli brividi.
Come aveva previsto, l'uomo cominciò a guardarsi intorno con un'espressione strana, come se non vedesse l'ora che qualcuno cercasse di intralciarlo, per poter far fuori anche lui. Aveva un aspetto anonimo: sulla trentina, con la solita pelle diafana tipica dei russi, e capelli e occhi scuri. Il genere di persona sulla quale non poseresti gli occhi due volte per strada.
Ma ora la sua faccia non mostrava altro che un'insana voglia di uccidere. Per un istante i suoi occhi vagarono bramosi per tutto il locale, poi disse, con voce roca e leggermente affannata:
- Nessuno osi muoversi, ovviamente. Anche se non posso assicurarvi che, anche se starete fermi, non vi farò niente. -
Detto questo sorrise, e si passò la punta della lingua sulle labbra screpolate.
I ragazzi si guardarono terrorizzati. In una situazione come quella, loro potevano essere i campioni del mondo di tutto quello che volevano, ma niente li avrebbe aiutati contro un uomo armato. Anche se erano più numerosi. Senza contare il pericolo di poter ferire altre persone innocenti nella collutazione.
Perciò si limitarono a restare fermi, come era stato loro chiesto, anche se l'uomo continuava ad aggirarsi intorno ai tavoli come un predatore alla ricerca della sua prossima preda.
Rei notò che non sembrava avere un piano preciso. Dopo aver girovagato un po', aggirò il bancone, si prese una birra e si sedette lì di fronte, sorseggiandola piano. Finalmente, un uomo sulla cinquantina, con un'espressione determinata, si alzò dal tavolo e guardò l'assassino negli occhi, ignorando il grido di spavento di quella che probabilmente era sua moglie, al suo fianco.
- E ora? - La domanda era ovviamente rivolta all'uomo con l'impermeabile, che sorrise mentre giocherellava con la pistola.
- E ora niente. Starò qui finché non mi annoio e poi vi ucciderò, quando mi sarò stufato. - Disse questo con la maggior calma possibile, persino in tono amabile.
Poi però guardò meglio l'uomo in piedi, e i presenti poterono avvertire il pericolo luccicare negli occhi neri. Trattennero il fiato, un po' per la rivelazione appena data loro, un po' per il presagio di qualcosa di brutto che stava per accadere. Naturalmente il fatto di sapere che non avevano molto più da vivere sembrò aumentare la loro disperazione, ma nessuno di loro osò fare nulla. D'altronde, la consapevolezza di quello che avrebbero passato, li rendeva attaccati alla vita con le unghie e con i denti, desiderando di prolungarla anche solo di un singolo secondo.
- Tu, però, - continuò l'uomo dopo una pausa, inclinando leggermente la testa da un lato, - tu mi sembri pronto ad accogliere la morte, oggi, e d'altronde il tuo coraggio deve essere premiato, quindi perché non farlo con un bel titolone riportante il tuo gesto sul giornale di domani? -
Puntò la pistola contro la testa dell'uomo stavolta, e sparò. Il sangue schizzò sulla parete, mentre l'uomo cadeva su un fianco. Le grida dei presenti si fusero fino a sembrarne uno solo, e se prima c'era ancora qualcuno che si stava facendo coraggio per prendere la parola, ora nessuno osava anche solo respirare più forte del normale.
Nella stanza rimaneva soltanto il rumore dei singhiozzi disperati della moglie, china sul corpo esanime del marito.
- Scusatemi, odio dare false speranze alle persone. - disse l'uomo, ora ridendo apertamente, - parlando della sua morte riportata sul giornale, non intendevo dire che qualcuno di voi sopravvivrà per andarlo a raccontare, ma che se sono di umore abbastanza buono potrei lasciare due parole per la polizia, quando arriverà qui. -
Ora al singhiozzare della donna si era aggiunto anche quello di altre persone, ma quello più forte era quello di Hilary, e come aveva temuto Rei, finì per attirare l'attenzione dell'uomo. Il ragazzo si accorse del suo sguardo che inchiodava Hilary dall'altra parte della stanza, e non sapeva cosa fare. In quel momento era completamente paralizzato dal terrore.
L'uomo si avvicinò lentamente:
- Beh, ma guarda tu che bella signorina abbiamo qui... Lo sai che stai facendo un po' troppo rumore, però? - Afferrò la ragazza per i capelli, e le puntò la pistola alla tempia. - E voi state zitti, se non volete che poi passi anche da voi! -
Immediatamente, il resto dei presenti trattenne il fiato, e nonostante molte persone continuassero a piangere, il loro era un pianto silenzioso, disperato. L'uomo sorrise di nuovo ad Hilary, giocherellando con la punta della pistola con i suoi capelli.
- Che altro dire... è stato un onore averti qui, tu e i tuoi amichetti... - disse indicando con la testa il resto dei ragazzi, ancora seduti al tavolo.
In quel momento i ragazzi non avevano la più pallida idea di che fare. E in realtà se ne vergognavano molto. In situazioni normali e tranquille, erano soliti pensare che se mai fosse successo qualcosa di brutto, avrebbero dato qualsiasi cosa per aiutare coloro che erano in pericolo.
Ma ora che il momento di farsi avanti si era presentato, erano completamente paralizzati dal terrore, come degli stupidi fantocci che non hanno capacità di ragionare. Ma forse non erano ancora pronti ad ammettere che negli essere umani l'istinto di conservazione è più forte di qualsiasi altra cosa. E la loro amica stava per morire davanti ai loro occhi, senza che loro alzassero nemmeno un dito per fermare tutto. Oltre al terrore, ora c'era anche il disgusto di loro stessi a fermarli, e la consapevolezza, che con il loro inguaribile ottimismo non avevano mai voluto accettare, che il mondo non fosse sempre dorato, e non sempre tutto quanto possa essere sistemato.
La mano dell'uomo sembrò muoversi al rallentatore, o forse era solo la tensione del momento, mentre rafforzava la presa sui capelli di Hilary, puntava la pistola con maggior precisione contro la sua tempia e cominciava a spingere sul grilletto, che si spostava indietro lentamente... Quasi non avesse voglia di fare un'altra vittima...
E poi l'uomo fu spinto violentemente all'indietro. No, non spinto. Non l'aveva toccato nessuno. Non qualcuno, ma qualcosa. Quasi nello stesso istante, si udì un gran fracasso, e una pioggia di vetri insieme ad una sagoma scura caddero in mezzo alla stanza, proprio sotto a quella che prima era stata una vetrata.
Takao si avvicinò come intontito all'assassino steso a terra, e vide che c'era un piccolo forellino scuro proprio sulla fronte. Non riusciva a capacitarsi di nulla. Il Prof. K e Daichi aiutarono Hilary, ancora sconvolta, ad alzarsi.
Rei esaminò il soffitto. Qualcuno doveva aver sparato dalla vetrata, per avere una migliore visuale. Ma quando il proiettile aveva sfondato il vetro, questo non aveva retto il peso dell'uomo che ci stava sopra, essendo gravemente incrinato. E così era caduto tutto, vetro e uomo compreso. Ora che il momento di tensione era sparito, la mente sembrò voler registrare tutto quello che aveva fino a prima ignorato. Il ritorno di lucidità fu quasi doloroso.
Lo stesso uomo che era caduto si stava riprendendo sotto lo sguardo attonito di Takao. 
- Porca puttana, che male! - Nonostante si fosse lamentato, si alzò con calma e cominciò a scuotersi il maglione per liberarlo dalla polvere, anche se a causa della pioggia gli si era praticamente appiccicata addosso.
Takao spalancò la bocca. Non era un uomo, ma un ragazzo. Lo riconosceva dalla voce, anche se gli stava voltando le spalle. Ma quando si girò verso di lui, lo riconobbe definitivamente.
- Yuri...? -

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo ***


Secondo Capitolo

La squadra russa e quella giapponese non erano andate d'accordo per un lungo periodo di tempo. Anzi, era chiaro che non potevano proprio sopportarsi, all'inizio. Nonostante la facilità con cui i Bladebreakers sembravano riuscire a fare amicizia, furono fin dal primo momento ricacciati indietro dall'alterigia e dall'aurea diversa e strana emanate dall'altra squadra.
Oltretutto, il fatto che a quell'epoca i Demolition Boys li volessero morti non aveva aiutato la causa.
Takao e gli altri ci avevano messo un po' a sentirsi meno in soggezione quando erano presenti anche loro, con scarsi risultati. L'unico che sembrava essere abbastanza a suo agio era Kei, ma in seguito poterono spiegarsi il perché: conosceva già i russi. In effetti quel po' di tempo passato ad osservarli mentre si trovavano nella stessa stanza aveva portato alla conclusione che il loro atteggiamento era molto simile.
Tuttavia, dopo averli sconfitti durante il primo torneo, sembrò che i ragazzi russi desiderassero più di ogni altra cosa far perdere le proprie tracce, e per un po' non si ebbero più loro notizie.
La gente pensava che fossero impegnati a compiangere il loro orgoglio ferito, schiacciati dalla vergogna di una sconfitta così palese. Per un certo periodo, complice il disprezzo che sentivano per i Demolition Boys, anche i Bladebreakers avevano appoggiato questa tesi.
Ma si dovettero ricredere. Quando finalmente Rei, nel suo modo di indagare curioso ma gentile, trovò il coraggio di chiedere a Kei che fine avessero fatto i russi, scoprirono che non erano affatto andati a nascondersi.
Kei rispose, come al suo solito, con un tono annoiato e seccato allo stesso tempo, come se parlare gli costasse un grosso sforzo, e certamente gli altri non lo dubitavano, poco propenso a chiacchierare com'era. Ovviamente fece un discorso molto breve, riportando solo l'essenziale, ed evitando inutili giri di parole.
Disse che attualmente i ragazzi stavano provando, cercando lavoro e ricorrendo forse ad altri stratagemmi a cui Kei non accennò, a cambiare le cose al Monastero, perlomeno per il bene di tutti i bambini più piccoli, se per loro era già troppo tardi. Disse che avevano intenzione di rilevare tutto quanto, senza però mettere troppo in vista la cosa, per paura di un interessamento eccessivo dei giornalisti. In effetti, da come la cosa veniva loro raccontata, sembrava che tutto stesse andando molto bene, e i ragazzi non poterono fare a meno di lasciare che questo fatto influenzasse un po' il loro giudizio sui russi.
Inoltre, come ben poche altre volte era successo, la fine del discorso fu accompagnato da un raro mezzo sorriso di Kei, che probabilmente si sentiva fiero dell'operato degli altri in Russia. Questo fece in modo che l'aumento di ammirazione per i Demolition Boys fosse molto accentuato in due persone in particolar modo: Takao e Hilary. Erano sempre stati così speranzosi di piacere a Kei, che stranamente ogni cosa che lui apprezzasse riusciva in ugual modo gradita anche a loro. Rei e Max li avevano anche presi in giro per questa loro fissazione.
In ogni caso, dopo questo primo iniziale riavvicinamento, almeno dalla parte dei Bladebreakers, ne seguirono altri. In effetti, durante gli altri campionati del mondo, i russi sorpresero molto le altre squadre, schierandosi apertamente contro Vorkof e dimostrando di avere coraggio da vendere.
Grazie a questo, dopo che soprattutto ognuno di loro aveva visto le ferite di Yuri causate dallo scontro con la BEGA, gli altri ragazzi cominciarono a rispettarli veramente e, anche se era ancora difficile che si lasciassero avvicinare, ci furono comunque dei progressi importanti.
Tanto per cominciare, non solo Yuri fu molto riconoscente a Takao per aver dato il colpo finale a Brooklyn, determinando la fine della disputa, ma in più iniziò anche a sentirsi molto più a suo agio intorno agli altri bladers, tanto da passare molto più tempo con loro, e di conseguenza anche i suoi compagni di squadra.
Non parlavano molto, a dire la verità, ma la loro presenza in qualche modo non passava mai inosservata. Perlopiù scambiavano alcune parole con Kei, anche se non riuscirono mai a capire di che parlassero, perché chiacchieravano in russo. Ogni tanto però l'ombra di alcune loro risate soffocate riecheggiava nell'aria. E dal tono che avevano, si riusciva a capire che erano vere risate, risate gentili, non quelle sprezzanti nei confronti di altre persone.
In più, quando il torneo fu concluso e furono fatti i preparativi per le partenze di tutti quanti, Yuri promise a Takao, in segno di riconoscenza, di fargli visitare il suo paese, se mai fosse passato da quelle parti. Takao ne fu subito entusiasta, e con lui anche gli altri membri della squadra, anche se Boris, Sergej e Kei riconobbero che il loro capitano probabilmente non lo faceva per mera riconoscenza, ma solo perché la compagnia dei giapponesi cominciava a piacergli. Kei decise che, almeno per un certo periodo, fosse stato meglio anche per lui tornare in Russia. Aveva detto qualcosa a proposito di "andare a trovare la famiglia", e i ragazzi ne rimasero molto sconvolti perché a parte suo nonno non pensavano avesse nessun altro al mondo, dato che abitava in un monastero, prima.
Ma alla fine avevano cercato di non lasciarsi intristire troppo e li avevano visti partire. A causa della scuola, Takao non era ancora mai riuscito a mantenere la promessa fatta a Yuri di andare a trovarlo. Ma la loro "amicizia" era così tanto migliorata da fargli desiderare di poter partire.
Probabilmente fu per queste ragioni che, quando Yuri si voltò e i suoi occhi incontrarono quelli spalancati dallo stupore del giapponese, fosse a sua volta più stupito che arrabbiato che avesse visto la scena. Per un momento sembrò anche imbarazzato, come se si vergognasse di se stesso.
Poi notò Hilary che si reggeva ancora alle braccia dei suoi amici, e riuscì a dire, con una voce nervosa e tremante che gli altri non gli avevano mai sentito:
- Le hanno fatto del male? -
- Non è ferita, - rispose Rei a fatica, dato che Takao sembrava aver perso la facoltà di parola, e anche lui si sentiva piuttosto a disagio. Non era passato molto tempo da quando avevano completamente cambiato il loro parere sui russi, e il fatto che il loro capitano avesse ucciso un uomo proprio davanti ai loro occhi non aiutava. - Però è scioccata, ovviamente. -
- Sì, certo, è ovvio, - ribatté Yuri, sempre con quel tono tremante, le parole che si accavallavano le une sulle altre.
- Dovremmo portarla fuori da qui... E anche gli altri - continuò, guardandosi intorno e sembrando scorgere solo in quel momento tutte le persone che lo circondavano. - Ecco, - seguitò, molto a disagio, - la prima cosa che faremo, non appena... Ecco, dovrei occuparmi del... del cadavere. -
Deglutì, si guardò un'altra volta intorno con fare dubbioso, e poi parve felice di potersi abbassare sul corpo dell'uomo morto tanto per poter fare qualcosa, anche se era un compito abbastanza ingrato.
I ragazzi lo videro infilare le mani nelle tasche dell'impermeabile dell'uomo, per poi tirarne fuori dei documenti, dopo che ebbe cercato un po', che lesse attentamente. Il Prof. K. lo sentì mormorare. - Proprio come avevo pensato. -
Continuò a tastare le tasche in cerca di altre cose, ma non trovando niente, si limitò a prendere l'uomo per le braccia e a cominciare a tirarlo dietro il bancone.
Improvvisamente, mentre lo stava trascinando, il braccio sinistro gli sfuggì di mano, e cadde mollemente sul pavimento. La cosa era raccapricciante, certo, ma non fu quello il motivo per cui Yuri sembrò gelarsi sul posto.
Non appena il braccio era atterrato sul pavimento, si era sentito un forte crack, causando l'immobilità di Yuri, che durò qualche secondo, mentre il ragazzo impallidiva, assumendo un aspetto quasi spettrale.
Poi tutto accadde come se qualcuno avesse deciso di velocizzare la scena. I Bladebreakers guardavano il russo confusi, senza capire che cosa stesse succedendo, e a dire la verità troppo sconvolti anche solo per cercare di capirlo.
Ma un momento dopo, Yuri era già inginocchiato vicino alla testa dell'uomo, gli aveva sollevato la manica e stava guardando qualcosa che non appariva comunque più funzionante.
Il Professor K, con le gambe tremolanti, si avvicinò piano, deglutì rumorosamente e chiese: - Una... una telecamera? -
- Sì, dannazione! - rispose Yuri, con un livello di voce così potente che parve un ruggito.
- Ma... Non funziona, giusto? -
- Sono sicuro che funzionasse fino ad un secondo fa... - ribatté Yuri, masticando con rabbia ogni parola. Prese la piccola telecamera, e la frantumò contro il pavimento. - Come sospettavo. Non c'è nessun chip. Stava inviando le immagini a qualcun altro. -
- Qualcun altro ha visto tutto quello che è successo? Accidenti, è un problema! - Il Prof. K cominciò ad agitarsi enormemente.
- Cosa è un problema? Perché? - mormorò Takao, perplesso. Le espressioni di Rei, Max e Daichi, ancora attorno ad Hilary, che era riuscita a tranquillizzarsi un po', mostravano la sua stessa confusione.
- Ma non capite? - esclamò il Prof. K, - Se qualcun altro ha visto quello che è successo, Yuri sarà accusato di omicidio! -
- Ma lo ha fatto per difenderci! - I ragazzi non avevano ancora deciso quale reazione precisa avere a proposito dei fatti che erano appena avvenuti. Era vero che quello che Yuri aveva fatto era grave, e il loro primo istinto era stato di disgusto e paura, ma in fin dei conti lui li voleva aiutare, e in questo modo era riuscito a evitare che fossero uccisi. Per il momento, quindi, volevano solo lasciarsi l'episodio alle spalle, per poi decidere quando lo shock fosse passato del tutto.
- Sinceramente, - disse il diretto interessato, - non è questo che mi preoccupa. Il fatto è che questa persona, che non ha certamente buone intenzioni, per essere stato complice di questo tipo, ha visto voi e con ogni probabilità anche riconosciuto.- - E allora, qual è il problema? - chiese Daichi meravigliato.
- Il problema è che non vorrei che altre situazioni come questa si verificassero ancora, ma con voi come obiettivo finale. Ormai questa persona sa che mi conoscete... -
Tutti i ragazzi impallidirono notevolmente, e Hilary sembrò lì lì per svenire. Rei le avvolse un braccio attorno alle spalle per sostenerla. Seguì un silenzio terrorizzato e teso. Yuri percorreva il locale a grandi passi, con fare nervoso.
Per i ragazzi l'attesa fu straziante. Non sapevano di preciso che cosa stesse succedendo, come mai Yuri avesse ucciso così a sangue freddo un uomo (perché era chiaro come non provasse alcun rimorso di quello che aveva appena fatto), e che cosa il capitano della squadra russa stesse nascondendo loro.
Perché almeno questo lo avevano chiaro: c'era qualcosa che il ragazzo non aveva detto, e qualunque fosse la situazione in cui si erano andati a cacciare, ormai ci erano dentro fino al collo.
Quindi cercarono il più possibile di trattenersi dal fare domande fastidiose, e di non disturbare l'amico, concentrandosi a fondo sulla respirazione per rimanere calmi.
Dopo alcuni minuti passati in questo modo, Yuri raddrizzò le spalle, si volse verso la gente che era rimasta stupita ai tavoli, probabilmente troppo sconvolta dall'arrivo di un secondo killer per muoversi, e disse loro:
- Ora chiamerò qualcuno che vi aiuti a tornare sani e salvi a casa vostra. Non dovrebbero esserci problemi per voi. Chiunque ci stesse spiando avrà capito che non ci conosciamo, e che non trarrebbe alcun profitto dall'infastidirvi in qualsivoglia modo. -
La gente si rilassò in modo evidente alla notizia che nessuno voleva far loro del male, e che sarebbero potuti tornare tutti a casa.
Max guardò Yuri con confusione: - Perché chiami questo tuo amico? Dove te ne vai? -
Yuri lo osservò pensieroso per qualche istante.
- Dove ce ne andiamo, piuttosto. -

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo ***


Vi chiedo scusa per il ritardo.

Fin dal momento in cui Yuri aveva sparato all’uomo con l’impermeabile, né Takao né i suoi compagni di squadra avevano capito con certezza quello che avrebbero dovuto fare. Ovviamente la ragione diceva loro di non fidarsi.

Yuri era un assassino. In realtà la persona con più buon senso di tutti loro, Hilary, era troppo scioccata anche per poter stare in piedi, figurarsi parlare. Quindi non potevano contare sulla sua logica.

Però, non appena Yuri aveva detto che coloro che avevano organizzato l’attacco li stavano guardando e ora sapevano del loro collegamento con lui, era scattato l’istinto di sopravvivenza.

All’improvviso non stavano più considerando cosa potesse essere giusto o sbagliato, ma quale sarebbe stato il male minore.

Forse per la prima volta nella sua vita, Takao poteva dire di aver capito sul serio una persona solo guardandola negli occhi. Ma questo solamente perché i loro pensieri erano gli stessi.

Accetta. Forse è il nostro unico modo di salvarci. Forse dopo tanto tempo passato a combattere lo stesso uomo non ci ucciderà.

In realtà, nonostante Takao fosse da tutti considerato un tipo piuttosto ottuso, il suo istinto al momento gli stava urlando forte e chiaro che Yuri non aveva alcuna intenzione di far loro del male.

E dopo tanto tempo passato ad usare molto l’istinto e poco l’intelligenza, lui non poteva far altro che fidarsi.

Tra l’altro, quella di Yuri non era stata nemmeno una domanda, ma più un ordine secco, irreversibile.

Quindi, girandosi verso di lui, non poté far altro che accennargli un sorriso incerto, facendogli capire che lo avrebbero seguito.

Yuri non diede alcun accenno di risposta, ma rimase lì in piedi ad aspettare. A quel punto Takao si girò per occuparsi di Hilary, che era rimasta seduta ad un tavolo con tutti gli altri attorno a lei, senza dire una parola.

Il silenzio spettrale del locale, interrotto solo ogni tanto da un mormorio o dai singhiozzi della vecchia signora, sembrava solenne, fin troppo per essere interrotto.

- Hilary… - mormorò Takao avvicinandosi piano, - ora noi dobbiamo andare con Yuri, che ci porterà in un posto più sicuro. Capisci? -

E sembrò strano che per una volta fosse stato lui a farle quella domanda, e non viceversa. Ma Hilary annuì semplicemente.

- Ottimo. E… Pensi di riuscire ad alzarti? -

Hilary annuì di nuovo, e si fece aiutare da Max e Rei per tirarsi su in piedi. Daichi, che non perdeva mai occasione di prenderla in giro, questa volta rimase in lugubre silenzio.

Alla fine Rei riuscì a riscuotersi, e fissando le gambe tremanti di Hilary chiese:

- Yuri, potremmo farle bere dell’acqua? Penso la aiuterebbe… -

Sentendo quella domanda, Yuri parve un po’ imbarazzato. Esclamò un “Certo!”, poi si chinò dietro il bancone, e lo sentirono mormorare: “Ma come ho fatto a non pensarci prima?”.

Il russo pareva aver capito, almeno in parte, i pensieri della squadra giapponese, perché lasciò il bicchiere sul bancone e aspettò che fosse Max a porgerlo a Hilary, che bevve con mani tremanti.

La ragazza posò il bicchiere sopra il tavolo, e mormorò un “Grazie”. Da quel momento in poi restarono tutti in religioso silenzio, i BladeBreakers con le loro emozioni contrastanti, e Yuri con i suoi pensieri incomprensibili.

Ad un tratto, sobbalzarono tutti quando udirono un colpo alla porta. Girandosi, si accorsero con stupore che si trattava di Sergay. Certo, era molto più alto e robusto da quando lo avevano visto l’ultima volta, ma il suo cipiglio era inconfondibile. Entrando, li fissò con fare indagatore, aggrottando le sopracciglia.

Fece un cenno di saluto a Yuri, poi si diresse verso le persone assiepate in fondo al locale, circa una diecina.

- Voi dovete venire con me. Ci penserò io a riportarvi a casa. - Disse con autorità. Non sembrava avere l’aria di aspettarsi un rifiuto. E con grande sorpresa dei ragazzi, tutte le persone lo seguirono uscendo, senza fare alcuna domanda.

Cosa ancora più strana, passando davanti a Yuri, si fermarono uno ad uno e lo ringraziarono chiamandolo per nome. Sergay stava aiutando la signora anziana a portare via il marito e anche la commessa. Alcuni degli ostaggi si fermarono a guardare la scena, e poi si rivolsero al ragazzo:

- Davvero Yuri, grazie. Anche se avremmo preferito che tu arrivassi prima, sai… Solo per quel poveretto. -

- Credetemi, lo avrei preferito anche io. Ma purtroppo solo nei film si riesce ad arrivare con perfetto tempismo. – Replicò Yuri con un sorriso triste.

Poi avvertì i BladeBreakers che sarebbero usciti anche loro. Fuori dal negozio c’era parcheggiato un pullman giallo per la scuola. Yuri alzò un sopracciglio, voltandosi verso Sergay:

- Sul serio? –

- È la cosa più pratica che sono riuscito a trovare… - Rispose l’altro scrollando le spalle.

Yuri parve non avere altro da aggiungere, fece salire la gente velocemente, e chiuse la porta. Il Prof. K non riusciva a non fissare con la coda dell’occhio i due corpi senza vita. L’uomo con l’impermeabile era stato lasciato dietro al bancone.

- Forza sbrighiamoci! La polizia dovrebbe essere qui fra poco. -

- Fra poco? - Chiese Hilary intontita. Improvvisamente sembrò rendersi conto che quegli eventi che nella sua mente parevano aver occupato anni, in realtà si erano svolti in pochi, frettolosi minuti, mentre il silenzio aveva contribuito a farli passare più lentamente.

Yuri le lanciò un’occhiata, ma a parte questo, nessuno ebbe voglia di risponderle. Mentre sfrecciavano lungo la strada, indisturbati grazie all’apparente normalità del loro mezzo, il Prof K assimilò piano le informazioni.

- La polizia sta arrivando? Ma allora troveranno l’uomo! È ridicolo! Dobbiamo immediatamente tornare indietro e prend… -

Si interruppe, guardando indietro attraverso il vetro posteriore. Dal quartiere che avevano lasciato cinque minuti prima al massimo, provenivano delle alte fiamme, e non ci volle molto ad immaginare che la loro origine dovesse essere proprio il bar.

I ragazzi si voltarono a fissare Yuri, sconvolti.

  

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Capitolo 5
*** Quarto Capitolo ***


Ringrazio tutte le persone che hanno commentato, quelle che hanno messo la storia fra le preferite o le seguite, e anche quelle che hanno semplicemente letto.

Mi scuso ancora per il ritardo.

Quarto Capitolo

Sembrava che il silenzio fosse diventato improvvisamente l’elemento più evidente del loro viaggio in Russia.
Piano piano, l’autobus si andava svuotando, e la gente non parlava molto, se non per dare a Sergay le indicazioni per tornare a casa. E Rei notò che nemmeno tutti ne avevano bisogno. Alcuni venivano portati esattamente nella loro strada senza che venisse mormorata una parola. La cosa diventava sempre più strana.
I ragazzi si erano accoccolati tutti insieme sui posti in fondo al mezzo, tranne Yuri, seduto dietro a Sergay, che guidava.
Da quando si era seduta, Hilary aveva fissato lo sguardo sui suoi capelli biondo pallido, che sembravano quasi bianchi alla luce dei lampioni che passavano. In qualche modo, Sergay l’aveva sempre inquietata un po’ più degli altri Russi.
Il fatto che lui non avesse spiccicato parola per tutto il tempo non aveva contribuito a migliorare l’atmosfera tesa.
Anche Yuri era rimasto silenzioso; tra l’altro, questa volta i BladeBreakers non avevano domandato niente. C’era una sola spiegazione che sembrava possibile: il locale era stato bruciato per cancellare le tracce. Qualcuno dei Russi doveva essere rimasto indietro e poi aver dato fuoco a tutto, una volta che loro erano usciti.
Quella era l’unica cosa certa. Ma poi, il resto della storia era un ammasso confuso di “se” e di “forse” che nessuno sembrava in grado di sgarbugliare.
Perché Yuri aveva sparato a quell’uomo attraverso il tetto? Non avrebbe potuto chiamare la polizia? Anche se, dopo averlo visto all’opera, i ragazzi non erano più sicuri di chi sarebbe stato più efficiente e letale, se un ufficiale o Yuri.
Persino adesso, con la postura rilassata sul sedile e la guancia mollemente appoggiata al finestrino, le occhiate che ogni tanto volgeva tutto intorno e il fucile appoggiato lì vicino, recuperato poco prima dai detriti di vetro, tradivano le apparenze per mostrare quale fosse la realtà.
A poco a poco i ragazzi si accorsero che al buio della notte si aggiungeva anche quello della strada, mentre percorrevano una zona della città poco illuminata ed evidentemente trascurata. C’erano persone agli angoli delle strade, alcune raccolte attorno ad un fuoco acceso in un cassonetto, ciascuna di loro persa nella propria disperazione. Se il fatiscente minibus scolastico li sorprese, non lo diedero certo a vedere.
A Max ricordarono un po’ le persone nei quartieri con più delinquenti delle città americane. Notavano tutto, ma si poteva star certi che non avrebbero detto niente anzi, avrebbero girato alla larga. Quando li si incontrava per strada, la paura di trovarsi davanti qualcuno di indesiderato era tangibile. E la stessa cosa sembrava accadere in quello sperduto sobborgo di Mosca.
Ma di cosa avevano paura? Dei delinquenti in zona in generale? Oppure si erano accorti di Yuri e Sergay? Erano loro i più pericolosi in circolazione?
Tutte queste domande vennero interrotte quando il pullman si fermò nei pressi di un vicolo deserto, spento e trascurato come il resto del quartiere. Il genere di posto da cui un gruppo di ragazzi per bene sarebbero dovuti scappare, urlando aiuto.
O almeno, il vicolo sembrava vuoto. Dal buio, una figura si avvicinò e si fermò vicino al mezzo. I ragazzi trattennero rumorosamente il fiato, il cuore che batteva all’impazzata.
Il primo dettaglio che riuscirono a cogliere all’inizio era il colore dei capelli, corti e di un colore simile all’argento. Takao spinse le mani contro il finestrino, mentre tutti gli altri affilavano lo sguardo per tentare di vedere oltre il buio. Ma quell’idea che era venuta in mente a tutti quanti alla prima impressione svanì immediatamente, non appena la persona passò sotto un lampione che irradiava debolmente luce alla fine del vicolo, per raggiungerli. Non era Kei. Era Boris.
Takao si accasciò si nuovo contro il sedile, deluso. Hilary invece pareva sollevata che non fosse chi pensavano loro. Non avrebbe mai voluto che Kei si aggirasse per certi posti, anche se credeva che la cosa non lo avrebbe certo spaventato come spaventava loro.
Yuri e Sergay evidentemente stavano aspettando proprio Boris, perché non furono affatto sorpresi di vederlo, e lo fecero subito salire.
Yuri si alzò e lo condusse davanti ai corpi senza vita ancora dentro al pullman. La signora era rimasta accanto al marito, e subito il ragazzo cominciò a spiegarle che era necessario spostare il corpo. Lo avrebbero sepolto in un posto più distante dalla città, per evitare collegamenti scomodi. I ragazzi si domandarono se fosse per il benestare della signora, che non doveva essere rintracciata, o dei Russi.
In entrambi i casi le domande si affollavano le une sulle altre.
Avrebbero spostato anche la cassiera, per poi rintracciare la sua famiglia e farle sapere della sua sorte, anche se sarebbe stato più difficile identificarla.
Per lo meno, questo fu quello che Yuri e Boris decisero insieme mentre discutevano. La signora fu invitata a seguirli, cosa che questa non ebbe problemi a fare.
Rei e il Prof. K si chiesero se conoscesse già i Demolition Boys. Non poteva essere così tranquilla (lutto permettendo), andando in giro con degli estranei.
Non appena la signora rispose loro affermativamente, i Russi cominciarono a spostare i corpi giù dal pullman. Anche Sergay aiutò a trasportarli in un luogo più appartato, e non appena fatto questo, fece un cenno a Yuri, che nel frattempo si era messo alla guida del mezzo.
Probabilmente aspettavano che se ne andassero per poter finire il lavoro, perché Yuri ripartì subito.
Boris accennò loro un saluto, mentre si muovevano, mentre Sergay si limitò ad una sola occhiata penetrante, cosa che fece rizzare i capelli sulla nuca di Hilary.
Il pullman continuò sulle strade buie, sempre più fuori città, e mettendo sempre più in agitazione i Blade Breakers.
Non erano ancora sicuri se fidarsi di Yuri o meno, e ora si trovavano soli con lui, al buio, diretti chissà dove.
Max aprì la bocca due o tre volte per domandare qualcosa, ma la richiuse subito dopo con aria sconfitta.
Daichi invece era seduto con le braccia ad abbracciare le ginocchia, e in quella posizione sembrava molto più piccolo del solito. Nonostante la sua consueta esuberanza, gli eventi del giorno parevano averlo scosso troppo per poter anche solo trovare la forza di fare altro.
Takao guardava fuori del finestrino con aria depressa, e Rei, seduto vicino a Hilary, non sapeva esattamente che fare.
Il silenzio all’interno del mezzo scoraggiava qualsiasi tipo di conversazione, e d’altronde non era molto sicuro se parlare avrebbe fatto piacere a Hilary oppure no.
La sua faccia non lasciava trapelare alcuna emozione mentre i suoi occhi castani fissavano il vuoto.
Yuri, dal posto di guida, pareva assorto nei suoi pensieri, mentre guardava la notte al di là del parabrezza.
Dopo una curva, finalmente i ragazzi percepirono una differenza. La strada che stavano percorrendo in quel momento non era asfaltata, quindi dovevano essersi addentrati di un bel po’ nella campagna.
In effetti, facendoci caso solamente allora, si accorsero di essere circondati da campi.
I loro pensieri erano angosciosi, ed erano convinti che Yuri li avesse portati là per ucciderli indisturbato, e poi abbandonarli in qualche fosso, dove non sarebbe passata anima viva per un bel po’ di tempo.
Sconvolti dalla lunga giornata, nessuno di loro accennò qualche mossa. Rimasero assolutamente immobili, pietrificati sui loro sedili, pensando che cercare di scappare avrebbe solo accelerato la loro morte.
Yuri scoccò loro uno sguardo indefinibile, attraverso lo specchietto retrovisore, e loro si sentirono ghiacciare.
Però Rei pensò che stranamente quegli occhi erano sembrati solo indagatori ed estremamente nervosi, come se Yuri stesse per fare qualcosa che non era sicuro loro avrebbero approvato.
L’enigma si risolse un attimo più tardi, quando nel buio fitto cominciarono a definirsi alcune luci in lontananza, e poterono distinguere la sagoma di un edificio che Hilary non conosceva, ma che gli altri avevano già visto un’altra volta.
Yuri li aveva portati al Monastero.

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Capitolo 6
*** Quinto Capitolo ***


Quinto Capitolo

Salve! Intanto ringrazio chi ha recensito, chi ha messo tra seguite e preferite e anche chi legge solamente. Mi rendo conto che finora la storia possa essere stata noiosa, ma conto di farla movimentare in poco tempo. Fra poco entrerà in scena anche un certo Kei, per coprire la sua grave assenza in questi primi 5 capitoli XD
Mi dispiace molto di aver postato dopo così tanto tempo.

Quinto Capitolo

Takao sentiva il sangue pulsargli nelle tempie, spinto dal battito sempre più forte e irregolare del suo cuore. I palmi delle mani erano sudati, li costrinse a flettersi e poi stringersi in pugni per riguadagnare la calma. Sapeva che avrebbe avuto poche chances di parlare in seguito, forse addirittura nulle.
Sapeva anche che forse ci erano già tutti troppo dentro per poter riuscire ad uscirne. Erano al monastero di Vorkov, e quella non era proprio una cosa positiva. Scoccò uno sguardo preoccupato a Hilary. Nessuno le aveva ancora detto niente, ma le loro espressioni preoccupate erano bastate a farle capire che qualcosa non andava.
Il motivo dell’ansia di Takao era abbastanza semplice: non c’erano ragazze nei Demolition Boys. Da quello che si ricordava, non gli sembrava di averne viste nemmeno al monastero, quella volta che si erano infiltrati. Forse non le prendevano proprio, pensando che fossero più deboli.
Ma la cosa non gli tirava su il morale. Non l’avrebbero certo lasciata libera, se pensavano di trattenere loro. E cominciò ad aver paura di quello che le sarebbe potuto accadere là dentro.
Cosa ne sarebbe stato di lei? L’avrebbero liberata? No, sarebbe stato da stupidi. Ovviamente con un’intera squadra di beyblade scomparsa, non potevano permettersi di lasciarla gironzolare per i fatti propri.
Probabilmente lì in Russia nessuno si sarebbe dato la pena di cercarli, non erano considerati così tanto famosi. Ma di sicuro qualcuno dal Giappone si sarebbe preoccupato. O le loro famiglie, se non avessero avuto loro notizie presto.
Quindi, questo era il momento per parlare. Doveva provarci, anche se probabilmente era già troppo tardi. Il pullman era già entrato nel cortile del Monastero, e il cancello si era chiuso dietro di loro, che si erano sentiti imprigionati come in una gabbia.
Sì alzò e camminò lentamente lungo il breve corridoio del pullman. Takao era conosciuto per essere una persona impulsiva e coraggiosa, ed era per questo che era il capitano. Faceva cose che gli altri non avrebbero mai avuto la forza di fare, anche in situazioni critiche. Come quella. Ma il suo problema era anche la poca capacità riflessiva. Aveva già esaurito la sua pazienza decidendo se parlare o no, accantonando per una volta la sua impulsività. Quindi non ne voleva proprio sapere di scegliere con cura le parole da dire a Yuri. Lo avrebbe affrontato e basta. Avrebbe cercato di farlo ragionare.
- Yuri, - cominciò, la voce tremante suo malgrado, - io non capisco perché tu ora voglia fare una cosa simile! Pensavo ne fossi uscito… -
Il ragazzo si limitò a guardarlo confuso.
- Insomma, - continuò Takao, - prima sembri tanto riconoscente del fatto che ti abbiamo liberato da Vorkov, poi tu steso ci riporti da lui? - Il suo discorso poteva sembrare coraggioso, se non fosse che era pallido e sudaticcio, e tremava.
L’espressione di Yuri si riempì di comprensione, poi alzò un sopracciglio, e nei suoi occhi apparve un lampo di rabbia, che fece sembrare l’azzurro dei suoi occhi ghiaccio solido. Takao fece istintivamente un passo indietro, e nessuno avrebbe potuto rimproverarlo. Quando Yuri si arrabbiava faceva venire davvero i brividi.
La sua voce era bassa e tremante, mentre si rivolgeva a Takao:
- Tu pensi… Pensi che io ti voglia consegnare a Vorkov? -
- Non… non è così? - Ora era il turno dell’altro per essere confuso.
Yuri inchiodò, premendo con forza il piede sopra il freno, in uno scatto di rabbia. Poi si girò verso gli ultimi sedili, dove gli altri se ne stavano accoccolati, ascoltando con timore la conversazione.
- Lo pensate anche voi? – urlò poi nella loro direzione, e gli altri sobbalzarono quando la sua voce sembrò esplodere nello spazio limitato.
Il loro silenzio dovette essere una risposta abbastanza chiara per Yuri, perché si rimise in marcia e guidò fino al porticato, dove si fermò e aprì la porta.
- Scendete. - Il tono era talmente freddo che la parola suonò come un ordine minaccioso, che tutti si apprestarono a seguire. Nessuno era contento di rimanere con Yuri in uno spazio chiuso, dove non c’era modo di scappare.
Dopo che tutti furono scesi, Yuri richiuse la porta e li raggiunse fuori. I ragazzi lo guardarono esitanti, incerti sul da farsi.
- Seguitemi. - Continuò con lo stesso tono. Camminarono in silenzio per un po’, i Bladebreakers trascinandosi sulle gambe che sembravano intorpidite, per il troppo stare seduti oppure per la paura.
L’unica cosa udibile erano i respiri profondi che Yuri continuava a prendere, come se ne avesse bisogno per calmarsi. Per il resto, l’edificio sembrava disabitato. Il silenzio era l’unica cosa che li circondava.
- Non vi sto consegnando a Vorkov. - Disse Yuri. Quest’esclamazione improvvisa li fece sussultare. Non pensavano avrebbe cercato di spiegarsi.
- Non lo farei mai, - continuò Yuri con aria disgustata, - ma vi avevo detto che dovevamo nascondervi. Beh, l’unico posto sicuro in grado di contenere molte persone di cui sono a conoscenza è questo. Noi non abbiamo una casa, lo sapete. - L’ultima parte venne sibilata tra i denti.
Takao arrossì, e abbassò lo sguardo a terra. Il russo lo degnò di un’unica occhiata, prima di riprendere a parlare.
- Ad ogni modo, il Monastero non è più di Vorkov. Kei non ve l’ha mai detto? - 
- Detto cosa? -
- Come immaginavo. Beh, quando Vorkov è stato catturato, gli agenti non sapevano proprio come avrebbero potuto sistemare un così vasto gruppo di orfani. Non c’erano abbastanza famiglie. E gli altri orfanotrofi non volevano prenderci con loro. Abbastanza comprensibile, dato che siamo conosciuti come un branco di perversi psicopatici. – L’ultima frase fu detta con un velo di ironia, - È stato così che io e Sergay, che abbiamo raggiunto la maggiore età, abbiamo ottenuto la direzione del Monastero e la custodia dei più piccoli. Ovviamente la polizia ogni tanto torna a fare dei controlli. Non si fidano molto, ma era l’unica soluzione. -
Mentre parlavano avevano continuato a camminare. Si fermarono davanti ad una porta alla fine del porticato, che Yuri aprì con una chiave che si era sfilato di tasca.
Si ritrovarono in un corridoio buio che, nonostante la spiegazione di Yuri, mise loro i brividi. Era spoglio, e tutto sembrava disabitato. Ma da una porta alla loro sinistra, si intravedeva uno spiraglio di luce, segno che qualcuno c’era davvero.
Yuri la spinse da parte, e si ritrovarono in un’ampia stanza che doveva servire da salotto. Vi erano raggruppati una decina di ragazzi, di età svariata, ma dall’aspetto tutti dalle soglie dell’adolescenza in su.
Non appena entrarono, i ragazzi si affollarono intorno a Yuri chiedendo notizie. Da quello che poterono capire, il veder partire Boris e Sergay così all’improvviso li aveva messi in allarme. Yuri spiegò loro la situazione, mentre i Russi rivolgevano occhiate ai Bladebreakers.
Ascoltando la storia, i loro sguardi si facevano sempre più preoccupati, mentre i Giapponesi cominciarono a pensare che magari non stavano prendendo la loro situazione abbastanza sul serio. Dalle facce ansiose dei ragazzi potevano capire di essersi messi in un bel guaio.
Non si fidavano del tutto di Yuri, ma aveva detto che non avrebbe fatto loro del male, e d’altronde cominciavano a realizzare che andare in giro da soli non fosse la migliore delle idee.
Speravano soltanto che lui fosse sincero.

 

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