Sakura (Fiori di ciliegio)

di Return_to_Nibelheim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Wood (la cima dell'albero) ***
Capitolo 2: *** The Illusion (l'Illusione) ***
Capitolo 3: *** The Jump (il salto) ***
Capitolo 4: *** The Earthy (La Terra) ***



Capitolo 1
*** The Wood (la cima dell'albero) ***


SAKURA

(Fiori di Ciliegio)

Fiori di ciliegio, fiori di ciliegio,
per le campagne ed i villaggi
a perdita d’occhio
nebbia o nuvole
profumano nel sole del mattino.

Canzone giapponese

 

 

*Prologo*

THE WOOD

(La cima dell’albero)
 


La quiete che ammanta il palazzo in una tiepida coltre senza tempo, il silenzio materno e accogliente di secoli, si sgretola come sabbia asciutta nella forma di schiamazzi infantili: le suole di una bimba che indossa scarpine nuove che la mamma le ha regalato solo qualche ora fa in occasione della grande festa ondeggiano nell’aria in ampi oscillamenti, le suole si consumano ticchettando in schiocchi contro la superficie rugosa e il suono rimbalza crepitando tra i rami grandi e piani, la vernice lucida si è già strappata e graffiata in più punti. Una risata argentea fluisce tra lunghi capelli biondi, nelle pieghe di vesti sporche arricchite di bagliori rugiadosi d’oro e argento frullando contro il cielo di un celeste pallido ed esangue.

Sotto di lei le grida.

Suppliche mischiate a intimazioni.

Ordini uniti a vaghe implorazioni di scendere.

Promesse di sonore sculacciate assieme all’assicurazione che non le si torcerà un capello.

Quattro voci totalmente dissonanti ad accalcarsi in disordine come i vestiti nel suo armadio. Ci sarebbe di che restare perplessi sul da farsi se avesse intenzione di dar loro retta. Davvero, pensa lei, uno di questi giorni dovrebbero mettersi d’accordo sul modo di farmi obbedire. Non teme di essere raggiunta perché nonostante siano più grandi, corrano più veloci di lei e conoscano tutti i suoi nascondigli preferiti non sono amanti delle grandi altezze. Specialmente Mars, che però non lo ammetterà mai.

La principessina scoppia a ridere al pensiero.

C’è tanta pace qui

Non ha mai avuto una gran predilezione per il giardino del palazzo da che ha memoria. Pare gli si sia stato dato il nome di giardino per mera convenzione dal momento che non vi sono piante né fiori ma solo una distesa azzurrina uniforme percorsa da sottili sentieri bianchissimi costellati di luci flebili che danzano nell’aria come lucciole ma non sono vive. Tutto è tinto della tenue luminescenza cristallina della luna. Persino camminare tra quei viottoli deserti le invade l’animo di una sottile inquietudine. Dà l’idea d’esser sole.

Non le piace.

Poco fa poi s’è addirittura ripromessa di essere brava come regalo per la mamma e così dopo essersi lavata, pettinata e vestita senza che qualcuno dovesse trascinarcela a forza come di consueto, invece di bighellonare in cerca di avventure solitarie si è seduta alla finestra della sua camera con un libro che le aveva imprestato Mercury, fiera del suo proposito, per passare il tempo; ma quel romanzo era di una noia devastante – una storia d’amore tragico, nientemeno! - e dopo poche righe ha finito col tenerlo in grembo con aria inutile, scorrendo a tratti le pagine scritte fitte e senza figure per dare l’idea di essere immersa nella lettura in caso a qualcuno fosse venuto in mente di dare una sbirciata, ma la mente era persa in fantasticherie. Fuori c’era il giardino, e il grande albero sul lato sud. Veramente sulla luna gli alberi non crescono al di fuori delle serre reali ma quello, qualunque cosa fosse, vi somigliava abbastanza da meritare quel nome.

Un enorme fusto sterile si stagliava in alto fino a perdersi nell’omogeneità immota di flebile luce e sogno artificiale del cielo di Silver Millennium; un legno cobalto pallido striato di celeste in venature sottili e imperfezioni della corteccia. Così grande e ampio che le radici avrebbero potuto scavare il terreno sotto tutto il palazzo reale, che è la misura più grande che la sua mente riesce a concepire. E d’improvviso la principessa, da sempre atterrita dalle sue ombre decise e dalla sottigliezza scheletrica e immobile dei suoi rami, si sente invadere da una tenue, tiepida quietudine che la richiama a sé. Salirvi è stato null’altro che ispirazione del momento. Attratta da un’improvvisa percezione di bellezza tutta nuova ha scavalcato la finestra per non dare spiegazioni sospette alle guardiane di posta all’uscio - meglio chiedere il perdono che il permesso. Nel farlo ha strisciato contro il cornicione e le si è disfatta l’acconciatura la cui edificazione aveva portato via tanto tempo a Jupiter: i riccioli le sono cascati  flosci senza forma dalla nuca e davanti agli occhi. Le rose che ne fissavano le ciocche sono cadute o hanno subito gravi danni, una pioggia di petali bianchi è danzata verso il suolo come vittime di una contesa. Il tentativo di porvi rimedio senza l’ausilio di uno specchio ha solo peggiorato la situazione dando alla sua chioma una singolare forma a nido d’uccello che certamente non farà scalpore nella moda di Silver Millennium. Dal Palazzo giungeva un vociare indistinto e vago, e le prime note stonate delle concertiste reali intente ad accordare gli strumenti.

Archi, ottoni, un pianoforte, un’arpa d’argento.

Forse la mamma suonerà per deliziare gli ospiti o lo lascerà fare a me anche se non saprei tirar fuori più di una filastrocca stonata a due dita, pensa, ma tutti mi applaudirebbero lo stesso senza uno straccio di merito. Conquistare quell’albero invece sarebbe un’impresa quantomeno straordinaria.

Solo una volta all’inizio della scalata, in punta di piedi su una grossa radice ritorta ad allungare il braccio verso un grosso ramo più basso si è chiesta per quanto tempo sia riuscita a starsene buona e tranquilla. Molto poco, si è risposta distrattamente con una scrollata di spalle, ma la mamma apprezzerà comunque lo sforzo. E’ salita con un sentimento di crescente esaltazione a guidarne i passi verso le irregolarità del fusto, le mani in appigli, d’istinto. Non credeva d’esserne capace non avendo mai tentato, eppure si è resa conto di possedere un discreto talento! Alla fine s’è ritrovata a una ventina abbondante di metri dal suolo prima che un grido squarciasse il silenzio costringendola a tapparsi le orecchie a discapito della presa. Anche adesso, quanti strilli! La principessa non si sarebbe stupita di poterli sentire fino all’altro emisfero della luna. Venus ha sempre avuto una voce troppo squillante per i suoi gusti, infatti non a caso delle guardiane è l’addetta alle ramanzine.

Adesso mirano a rintronarla e a farla cadere, forse.

Jupiter ha i riflessi abbastanza pronti e la forza per afferrarla al volo.

Questo naturalmente senza contare la miriade di rami su cui si infrangerebbe la schiena prima di atterrare dolcemente tra le sue forti braccia, ma a questi particolari non ci si pensa mai nel momento dell’azione. Seduta a cavalcioni su un ramo senza alcuna intenzione di obbedire alle guardiane la principessina si domanda divertita chi tra loro si staccherà dal gruppo per andare ad avvertire la regina.

Mercury la esclude.

Per quanto puntigliosa non è una spia.

Venus è la più permissiva e a volte l’aiuta a trasgredire, quindi no.

Punta tutti i suoi spiccioli su Mars. Infatti poi è Jupiter. Fortuna che ha scommesso con se stessa.

La vede scomparire in un guizzo verde, inglobata dalle porte del palazzo che si staglia ai suoi piedi piccolo come un giocattolo, dunque immeritevole del benché minimo interesse. Adesso ha poco tempo per bearsi delle sensazioni che la invadono dal momento che quando arriverà la mamma non ci sarà spazio né tempo per i capricci, quindi tanto vale godersela. Si adagia all’indietro intrecciando le dita al petto. E’ come galleggiare su un mare d’aria immobile e senza vento: davanti a lei, grande e luminosa immersa nell’uniformità del cielo di casa, la Terra.

Non è niente di particolare, dapprincipio, solo qualcosa di diverso su cui posare gli occhi. Nulla di nuovo. L’ha vista tante volte appesa lassù come un palloncino iridescente: pallida, indifferente, silenziosa. Le guardiane le hanno sempre proibito d’andarci ma nemmeno saprebbe come fare o comunque non s’è mai interessata. Qualche volta ci sarebbe anche la tentazione, per dispetto o per sfida, ma se la mamma deve rivolgervi tante preghiere per assicurarne la pace e la prosperità, invocazioni al potere del Cristallo che immancabilmente la lasciano spossata al punto da non avere voglia di giocare deve essere davvero un posto orrendo e non può valere un castigo.

Ma adesso i colori la incantano.

Il verde, il giallo, il bianco delle nubi ad arabescarne l’intero globo in forme vive e cangianti. L’azzurro chiaro dei suoi occhi attoniti si riflette nel blu lustro e limpido di un mare che pare sconfinato. Non ha mai visto un azzurro tanto intenso, di certo non a Silver Millennium dove tutto è avvolto in una coltre d’argento.

La Terra è un gioiello prezioso.

Da rimirare da lontano quasi con soggezione.

Per questo quando la regina chiama non indugia nel distogliere lo sguardo.

Ne è quasi sollevata. Fa per scendere, dal momento che, pensa, non sarà più difficile che salirci, ma le viene intimato con una voce ferma e autoritaria a cui non è avvezza di non azzardarsi a muovere un’unghia mentre un giovane garzone chiamato d’urgenza si sarebbe adoperato per portarla giù. Lui è talmente veloce da lasciarla di stucco, questo tizio potrebbe fare invidia persino a Luna. E poco importa che non dia affatto l’aria di essere lusingato dalla fiducia accordatagli dalla Regina per quella delicatissima missione di salvataggio, che il suo sguardo sia seccato e astioso o che per correre in soccorso di una mocciosa viziata il suo lavoro subirà un ritardo mostruoso e sarà costretto a recuperare il tempo perduto. Quando l’afferra – con un braccio solo e senza nemmeno trovare un punto d’appoggio nel ramo che la principessa ha eletto a dimora provvisoria – la carica sulle spalle con malagrazia come un sacco di quelle verdure orripilanti che cercano sempre di farle mangiare. Ma non te l’ho mica chiesto io, pensa la principessa aggrappandoglisi al collo con forza. Stringe le labbra in una smorfia altera e stizzita tutto il tempo della discesa. Che è poco, comunque. Mi sarei potuta arrangiare da sola senza dar fastidio a nessuno, prenditela con mia madre se la cosa ti disturba tanto, accidenti!

 

 

La punizione la trascorrerà nella sua stanza con Mercury, dopo la festa perché - parole di sua madre - lasciare che la mia Serenity non presenzi alla festa sarebbe soltanto una punizione per la sottoscritta. Con la pancia ancora piena di torta e gelato e la musica allegra di valzer e minuetti nelle orecchie, dopo essersi preparata per la notte e messa a letto, si sorbirà uno degli interminabili trattati morali della guardiana sull’importanza dell’obbedire alle regole e sulle responsabilità che il suo ruolo di principessa le impone. A differenza del solito però la giovane principessa non recalcitrerà dopo poco né darà segni di impazienza. Non la distrarrà dal suo ruolo di moralizzatrice proponendole dei giochi e non fingerà d’assopirsi per poi mettersi a saltellare sul letto non appena sentirà i passi farsi sempre più lontani e la porta chiudersi con un cigolio. Non le farà il verso alle spalle né cercherà di impietosirla con uno sguardo lacrimevole.

Mercury lo vedrà come un buon segno.

La principessa resterà tutto il tempo seduta tra le coltri in un silenzio assorto.

Coi gomiti poggiati sulle ginocchia e le guance tra le mani a fissare il cielo di sottecchi.

Se fossi salita più in alto, pensa, fino a raggiungere la Terra, forse avrei potuto divertirmi un altro po’.


The Wood - La cima dell'albero
(FINE)



*


Note dell'autrice: Qualsiasi libertà io possa essermi presa sull'ambientazione è a fini di trama. Personalmente poi non ho memoria di una Silver Millennium immersa nel verde o nel grano dorato come alla Mulino Bianco! :D Ho sempre immaginato che sulla luna i fiori e gli alberi potessero crescere solo nelle serre, così come ho sempre immaginato Serenity come una bambina molto allegra e vivace ai limiti del pestifero piuttosto che una giovane posata e un po' timida. Nel manga si fa menzione del grande amore di Serenity per la Terra e la sua gente. Tuttavia non credo che questo sentimento sia nato dal nulla, a mo' di colpo di fulmine. Nemmeno con Mamoru, che pure dovrebbe essere il principe del suo destino, ha provato un colpo di fulmine, anzi, all'inizio gli stava proprio antipatico (non che lui facesse molto per rendersi gradevole)! :D All'inizio è un interesse vago, infantile e pure un po' egoistico che col tempo si trasformerà in un amore forte, quasi un'ossessione.
"La cima dell'albero" (The Wood) è una delle Clow Card e ogni capitolo di questa storia porterà come titolo il nome di una carta. Non c'è un vero e proprio motivo per questa scelta, è che mi piace un sacco Card Captor Sakura.

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Capitolo 2
*** The Illusion (l'Illusione) ***


L’angolo di Sansone il Cane in Mutande: Al di là del fatto che la mancanza di una beta le faccia compiere orrori grammaticali meritevoli di sberleffo la nostra non demorde e si corregge quanto può, distrazioni permettendo. Nella vana speranza di essere invogliata a scrivere qualcosa di un po’ più leggero rispetto al solito ammasso di emate l’autrice prende e modifica i generi di SAKURA a sua completa discrezione sostituendo INTROSPETTIVO con COMMEDIA.

 

«Tutto lavoro e niente divertimento rendono Jack pazzo furioso

 

 

 

1.

THE ILLUSION

(L’illusione)

 

 

Il simbolo a forma di spicchio di luna che raffigura l’appartenenza di un individuo alla famiglia reale compare sulla fronte del suddetto erede ad un’età imprecisata e, parrebbe, a seguito di un evento significativo di natura mistico-poetica. Nel mio caso parlerei piuttosto di circostanza imbarazzante. Mentre giocavo a lanciare una palla contro una parete ero stata chiamata a gran voce dalle guardiane che tanto per cambiare mi aveva persa di vista, mi ero distratta e quello che a causa della sua prepotenza avevo soprannominato “lancio proibito” (non tanto per la sua pericolosità quanto per il fatto che mi era vietato colpire forte la palla non essendo questo femminile o principesco, il che mi portava a farlo spesso per ripicca) mi si era schiantato dritto in faccia mandandomi a gambe all’aria. Portata in camera mia avevo rimediato un bernoccolo di dimensioni spropositate e un gelato. Tutto sommato un buon risultato. Bozzo a parte. Dopo quasi una settimana si erano accorti che quell’ammaccatura sulla fronte che non voleva proprio saperne di andar via aveva assunto la forma di uno spicchio di luna crescente di un biancore lattiginoso.

Erano tutti ebbri di contentezza.

A me invece per quanto lavorassi di fantasia continuava a sembrare un bozzo.

 

Nel Palazzo, la gente attorno a me era in preda a un insostenibile stupore festaiolo a seguito del lieto avvenimento. Si diedero anche dei balli. Dal canto mio credo di non aver mai avuto attorno un tale ammasso commosso e raggiante di perfetti estranei, cosa che a tratti non mancava d’irritarmi.– E’ assurdo! Assurdo, ti dico! – gridavo. – E’ come se nemmeno si aspettassero che questo coso dovesse saltar fuori prima o poi! – Mi sbracciavo rabbiosa per sfogare la frustrazione mentre la mamma tratteneva a stento le risate ed era costretta a nascondere signorilmente le labbra dietro il dorso della mano. Mi pareva insensato congratularsi per una cosa che a me sembrava naturale e inevitabile come la crescita dei capelli. L’unico vero cambiamento che avvertii fu un aumento esponenziale di regole e divieti. Ero grande adesso e dovevo comportarmi da adulta e prendermi le responsabilità che il mio ruolo d’erede m’imponeva. Non mi fu più permesso fare niente e ci si assicurava che obbedissi. Mi sentivo circondata, era inquietante. C’erano volte in cui bastava pensare di contravvenire a qualche divieto per essere scoperta e sgridata senza pietà.

Poi venivo indirizzata ad attività più consone.

Cominciai a credere che le guardiane avessero acquisito poteri psichici.

 

Giunsi al limite della sopportazione e la mamma decise di venirmi incontro spontaneamente nel modo strampalato che la contraddistingueva. La prima volta accadde nello studio dove adesso grazie alla mia nuova macchiolina mi toccava trascorrere ore intere. Mentre mi adoperavo faticosamente per nascondere un libro di favole dietro un noiosissimo testo di storia, la regina corse dentro tutta trafelata con una mano premuta al petto e l’aria colpevole di chi s’è appena pentito d’aver mangiato un barattolo intero di marmellata di prugne; si avvicinò a Mercury, la prese da parte e le disse: - Non è che hai visto in giro il Cristallo d’Argento? Mi sa che l’ho perso… – Non credevo che Mercury potesse diventare più pallida di quanto già non fosse ma in quel momento il suo viso assunse tonalità cadaveriche e neanch’io mi sentii tanto salda di nervi. Il libro mi cadde in terra con un tonfo aprendosi su una bella illustrazione di una bimba bionda e un coniglio ma la guardiana non si voltò nemmeno. Corse fuori, probabilmente a chiamare a raccolta le altre per organizzare una strana battuta di caccia. Quando fu scomparsa dalla porta (questione di nanosecondi) la mamma si guardò con un sorriso furbo sulle labbra.

- Questo dovrebbe tenerle impegnate per un po’ – disse. – Sei libera.

- … Mamma, dov’è il Cristallo d’Argento?

- Oh, non so. In giro.

 

A saperlo c’è gente che perderebbe il sonno o sceglierebbe la via dell’emigrazione, ma la mamma tratta spesso e volentieri lo Scettro Lunare alla stregua di un utensile da carpentiere. Ci rompe le noci, tiene il ritmo di un motivetto che le è venuto in mente picchiettandolo sul tavolo o sul bordo della sua sedia. Una volta l’ho visto persino piantato nel terriccio di una serra a far da sostegno a un giacinto rosa pallido. Scelta, si è costretti ad ammettere, dettata da un impeccabile gusto estetico dal momento che il fiore riprendeva quasi esattamente il colore del manico. Non si contano poi le volte in cui l’ha semplicemente dimenticato in giro, senza preoccuparsi nemmeno di mostrare un sollievo fittizio al ritrovamento. - Vedi, Serenity - mi aveva detto una volta. - La magia è soltanto uno strumento al servizio di chi ne fa uso, come può esserlo un martello, una forchetta o la tua bambola. In mano a una persona qualunque persino lo Scettro Lunare è poco più di un bastone. – e poi a mo’ di dimostrazione l’aveva battuto con forza un paio di volte contro il muro per poi sorridere serafica della mia espressione agghiacciata. – Però è comodo che tutti credano il contrario perché evita un sacco di scocciature, quindi non lo diremo a nessuno.

Tra le sue dita lo scettro scomparve in una luce d’argento abbagliante.

- D’accordo. Sarà il nostro segreto.

 

Naturalmente non mancano le basse insinuazioni sulla sottoscritta, e spesso e volentieri non ci si preoccupa nemmeno di bisbigliarle alle mie spalle. E’ nota in tutto il regno la mia forte antipatia per lo studio, così come la mia goffaggine e il mio scarso rispetto per le regole e i divieti, nonché la totale incapacità di nascondere simpatie e antipatie (cosa che non mi renderà una monarca molto diplomatica). L’idea che qualcuno possa pensare di mettere nelle mie mani l’immenso potere del Cristallo d’Argento riempie molti di terrore e c’è chi nutre la cieca convinzione che se la sottoscritta dovesse metterci le mani sopra userebbe il suo potere per trasformare i ragazzi antipatici in unicorni alati e le colonne della sala del trono in bastoncini di zucchero. Idee neanche tanto malvagie, in fondo. Secondo alcuni poi il modo assurdo in cui s’è manifestato su di me quel magico simbolo di regalità è un presagio infausto, il marchio maledetto di una principessa incapace che condurrà Silver Millennium alla rovina. E’ una cosa che mi farebbe riflettere se non fosse per il fatto che mia madre ha annientato tutte le mie ansie in proposito con sintesi invidiabile. - Sciocchezze.

Il fatto è che la mamma non crede in un destino prestabilito.

Sono cresciuta con l’idea che nel bene e nel male non esiste forza che esuli da ciò che è dentro di noi.

 

Non credo sia stato un motivo specifico a spingermi nelle stanze della regina quella sera lontana di tanti anni fa perché non ricordo il mio cuore in preda ai subbugli dell’ansia per via di un incubo e neppure le fitte pulsanti e brucianti di un dolore fisico o una caduta dal letto. Avevo l’età in cui non c’è bisogno di scuse per voler vedere la mamma, e non riuscivo ad addormentarmi. Feci capolino piano piano notando le luci accese e la trovai in piedi alla finestra, in un’aria di contemplazione estatica. Ma lì, ammantata dai tenui bagliori della notte, non fissava il cielo perdendosi in piacevoli fantasticherie lontane ma scrutava in muta ed estatica contemplazione il suo regno. Volgeva un sorriso lieve e incantato al giardino e al suo tripudio di luci che alla sera tingeva la prosperità di Silver Millennium delle mille sfaccettature dell’oro. Con la passione riservata a un amante, l’orgoglio con cui ha assistito ai miei piccoli successi. Gelosa le strattonai la gonna, ma quando si accorse di me mi sorrise con la stessa rapita dolcezza e io mi vergognai e piansi. Mia madre ama il suo regno al punto che sacrificherebbe se stessa allo stesso modo per me e per l’ultimo dei mattoni in strada.

Io no invece, ma per la mamma è del tutto normale.

Quand’era piccola odiava talmente stare qui che da giovane fece richiesta formale di asilo alla Terra.

 

Io non mi sento sola e non sono triste. Perché dovrei?

 

The Illusion - L'illusione
(FINE)

 

 

*

 

Note dell’autrice: Accantonato all’istante ogni tentativo di portare l’idea di Illusione a Elios/Pegasus, visioni e sogni vari. Lasciamo l’ippofilia a Chibiusa. Già la storia che ho in mente non è tra le più originali da raccontare se poi anche i collegamenti tra storia e titolo sono di quelli scontati vado a buttare il pc nel water e tanti ciao. In più c’è il non piccolo particolare del fatto che in originale Elios vive a Elysion e non a Illusion. E infine, last but not least, Elios non c’entra un kuku-più con la Luna e ancor meno c’entra con Silver Millennium! Mi pare di ricordare che nel manga (4° serie mi pare) Serenity abbia il simbolo lunare già da molto piccola. Nel caso, è libertà per esigenze di trama! Mi piace com’è saltata fuori Queen Serenity. Odio questo capitolo, l’ho dovuto riscrivere daccapo 6 volte perché mi faceva addormentare! :O

 

A riguardo della punteggiatura: apprezzo molto che me lo si sia fatto notare al punto che ho cercato di limitare il mio immenso amore per le virgole allo stretto necessario, ma alla fin fine non potrò mai soddisfare tutti perché la punteggiatura a meno di sonori strafalcioni è un qualcosa dettato dalla sensibilità personale e nei libri ho visto usarla in almeno 100 modi diversi, compreso il poco apprezzato punto esclamativo o di domanda subito prima di una virgola (che io adoro). Ma spero di non aver offeso nessuno con questa precisazione o si pensi che non tenga in conto le critiche o le precisazioni che mi vengono fatte. :D

 

Ringrazio e spero che continueranno ad apprezzare la storia fino alla fine (ovunque essa vorrà andare a parare visto che l’autrice di sicuro non ne ha idea): Maryusa (stile particolare e azzeccatissimo al contesto, wow! Grazie mille! *_*), Isa (Immaginare Serenity più simile a Usagi rende anche più divertente il personaggio, vero? Tu puoi capirmi! :D), Semplicementeme (ho già mandato una mail in cui rispondo più nello specifico alla tua lunga e bella recensione e non vorrei ripetermi perché ti risulterei noiosa! Ma non ti preoccupare se non avrai tempo di recensire, mi piacciono le recensioni ma devono essere un piacere e non un dovere. :D), luisina (decisamente lusingata dai complimenti, speriamo rimanga bella fino alla fine! :D Ma la sezione mi sembra ben fornita di belle storie.) ed ellephedre (il dramma dei piccoli errori post pubblicazione con me raggiunge livelli da analfabetismo visto che ho trovato anche dei maschili con l’apostrofo! XD Mi vergogno tanto ma rimuovo il pensiero con leggerezza, un po’ come Usagi.)

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Capitolo 3
*** The Jump (il salto) ***


L’angolo di Calcifer lo spirito del fuoco: Nel caso in cui qualcuno non se ne fosse accorto l’autrice ha preso e ha modificato l’ultima frase del capitolo precedente. Di poco, una sciocchezza, ma a suo dire quella minuzia rende la scrittina in rosa pregna di un ulteriore significato. Questo per pararsi il sedere con chi legge, in realtà la modifica le è stata suggerita in un sogno come accade al professor Farnsworth.

L’autrice adora le virgole perché sono puccine.

L’autrice adora scrivere i numeri in cifre perché ha l’animo della contabile.

Per concludere un ameno quiz-quizzone: Da quanti anni Sophie non legge Sailor Moon e, diciamocelo, si vede?

 

 

 

«Un oggetto cadrà sempre in modo

da produrre il maggior danno possibile»

Legge della gravità selettiva, dal Libro di Murphy

 

 

2.

THE JUMP

(Il Salto)

 

 

Venus si oppose fortemente al fatto che a una bambina a cui a malapena veniva permesso di mettere il naso fuori dal Palazzo venisse concesso di seguire la regina in quella sua prima e molto probabilmente ultima visita alla Terra, non importava quanto l’occasione fosse importante o ufficiale. Anche le altre guardiane non erano particolarmente contente della situazione e non avevano mancato di manifestarlo schiettamente nel momento in cui la regina aveva annunciato che sarebbero andate sole dal momento che non stavano partendo per la guerra ma si andava a una visita di piacere: si erano dovute ben presto arrendere all’idea dell’irremovibilità della sovrana. Anche loro in certe situazioni non avevano molta voce in capitolo.

C’era poco da fare.

La regina sapeva essere ostinata.

E quando persino Luna, di solito così prudente, prendeva le sue parti non c’era discussione, questo era risaputo. Venus invece continuò fino all’ultimo ad esprimere i suoi dubbi in proposito senza lasciarsi intimorire nemmeno dalle minacce di una regina ridotta allo sfinimento di destituirla dal suo incarico in pianta stabile se non l’avesse smessa immediatamente. Fu strano per tutti vederla tanto tenace in merito. Non s’era mai opposta a qualcosa con tanta veemenza, anzi, ad essere proprio precisi non si era mai opposta a nulla e punto. In genere il suo ruolo era quello di lasciar perdere, non sentire e non vedere. Lei era la tipa che lasciava correre, l’incoscienza che equilibrava il freddo raziocinio di Mercury. Lei era la sconsiderata, spesso e volentieri l’imprudente, quella che spingeva la principessa sempre troppo in alto sull’altalena per farle fare il giro della morte e le insegnava a calciare la palla come i maschi. Era la compagna di giochi preferita della principessa perché per certi versi si somigliavano in maniera inquietante.

Specie nella mancanza di giudizio.

In quei giorni invece non le riuscì di lasciar correre.

Aveva un brutto presentimento, disse. La guidava il suo istinto.

Ma tutti sapevano come la pensasse la regina a riguardo di queste cose e quei timori vennero accantonati senza con un sorriso triste che in altro tempo sarebbe stato velato di svagata ironia, unito a un placido e paziente scuotimento del capo. Non sarebbe accaduto nulla di più tragico di quanto stesse già avvenendo, aveva detto, per cui non c’era bisogno di preoccuparsi. - La morte di una regina – aggiunse – non è cosa da poco.

Serenity è stata sulla Terra una volta.

Tanti anni fa, troppi perché possa ricordarsene.

Anche perché Serenity, se non l’avesse attaccata al collo, scorderebbe persino la testa.

 

I fiori nella mia testa vorticano come uno di quei pensieri ossessivi su cui ci si deve arrovellare insistentemente anche a discapito del sonno. E’ quello che Mercury vorrebbe facessi con i problemi di matematica, ma prima dovrebbe spiegarmi a che dovrebbe servire la matematica a una principessa e di solito non va oltre la motivazione dell’amore per la cultura. Che con me non attacca ma se non l’ha capito in tanti anni che mi è accanto di sicuro non lo capirà adesso. Il sogno non è particolarmente dettagliato né avventuroso ma è di quelli che restano impressi per la vividezza delle impressioni e la bellezza delle immagini. E se non ricordi inventi perché tanto è così rilevante se i fiori dal gambo lungo che fanno capolino tra ciuffi d’erba sottile tremolando al vento sono gialli o celesti? A chi importa che siano rosa pallido i petali che cadono danzando dal cielo come fiocchi di neve leggeri o che sia loro il profumo trascinato dal vento?

A nessuno, ma se non riesco a rammentare impazzisco.

La sostanza si ripete assillante nel suo intreccio di fondo: io e lui, che è neppure un ragazzo, ai piedi di un gigantesco albero in boccio. I rami sottili e tinti di un nero dai riflessi vinaccia come velluto prezioso si stagliano così in alto e attorno a noi da non riuscire a scorgere quasi nulla al di fuori. Intravedo vagamente una porzione del muro nord del palazzo, e la fila di Danaidi di marmo bianco del sentiero principale. Lancio lunghe occhiate ansiose intorno a me seppur con la consapevolezza che nel mio sogno è come se fossimo soli al mondo e non accorrerà mai nessuno mentre lui è inginocchiato a terra tutto intento a studiare una tana che si fa strada tra le radici.

L’ho scoperta io, nascosta dall’erba.

E gliel’ho detto.

La cosa che più mi resta impressa, al di là della grande bellezza di un luogo che non mi è estraneo come dovrebbe, al di là della pace e del calore, al di là di lui, è che tra noi avverto un’incredibile sincronia, quell’intima vicinanza che si crea tra due persone che condividono un segreto e che dal sogno lascia flebili strascichi persino nella vita reale. E’ come se lo conoscessi da sempre e questo è sciocco a pensarci perché non è permesso agli uomini di varcare la soglia del Palazzo. Gironzolano tutt’intorno come spettri impegnati in lavori di fatica che non prevedano l’interazione con gli abitanti della reggia a meno di emergenze vitali. Al massimo si occupano della cura dei viali rastrellando il pulviscolo dei sentieri o occupandosi dei cavalli nelle stalle e della manutenzione delle carrozze. Questo deve rappresentare comunque una grossa evoluzione rispetto al passato perché sento spesso i commenti di qualche anziana domestica che ricorda quando ai maschi non era permesso neppure entrare nel campo visivo delle abitanti della reggia.

Questo perché la Luna è donna.

Almeno credo. Non ci ho mai pensato seriamente, anche perché a quel punto dovrei chiedere a qualcuno come sono nata e non ho attorno gente molto ansiosa di affrontare l’argomento. Mi hanno parlato di cavoli e cicogne ma una volta ho passato tutto il giorno vicino alle voliere a dare insalata agli uccelli ma non mi è mai arrivata quella sorellina che volevo.

Un sospiro stizzito mi distrae dalle mie contemplazioni. Lui solleva il viso in direzione del mio e dietro ciocche scure e scomposte uno sguardo di una durezza regale che brilla dei riflessi dell’anello di Tanzanite della mamma. Le sopracciglia aggrottate appena, le labbra tese in un lieve broncio dall’aria fiera. - Qui dentro non c’è niente. – sentenzia.

- Impossibile – obietto.

Mi sporgo in avanti coi capelli che ondeggiano pigri sospinti dalla brezza, arricciando appena il naso all’insù per affacciarmi in quel piccolo baratro senza luce dal quale, ne sono certa, ho visto far capolino un coniglio.

Non sono pazza, l’ho visto.

Aggrotto la fronte in un broncio pensoso.

- Sei proprio testarda, sai? Guarda. – sbotta con uno sbuffo. Mi prende il polso con la mano sporca di terra e mi tira a sé in uno strattone mandandomi ginocchioni nell’erba bagnata. - Non è più profonda di una mano – e mi guida deciso all’interno mentre io oppongo una resistenza che sembra niente a confronto della sua forza di ragazzo, col cuore che mi tamburella dentro al pensiero che so che sta mentendo; col la certezza che finirà sempre nello stesso modo, con la paura di venire risucchiata al suo interno e di venire sbalzata lontano, sola, dove non possa più raggiungermi questa luce gialla così viva e il profumo dei fiori che sembrano invadere lo spazio, l’anima e i pensieri. Non arrivo nemmeno a immergerci il polso che le mie dita si immergono nella terra morbida e fresca e non posso fare a meno di sentirmi, tutte le volte, abbastanza stupida.

La sento ancora sotto le unghie al risveglio. Mi sveglio di colpo in preda alla tristezza: nel rivedere la mia solita stanza e le sue solite cose della mia solita Luna la gola mi si serra in un magone denso e mi ritrovo a premere il viso contro il cuscino per soffocare le lacrime finché non mi viene in mente una bella scusa, di quelle classiche tipiche di quella “piagnucolona di Serenity”, ed è solo allora che vado in cerca di consolazione.

 

Al mattino alla principessa piace dormire fino a tardi, ma naturalmente non glielo lasciano fare. L’unica cosa su cui si trovano d’accordo tutte le guardiane è che il mattino dovrebbe avere in bocca dell’oro e farebbe prendere vermi grassi, ma lei personalmente preferisce l’argento e i vermi le fanno ribrezzo. Nelle serre una volta uno grosso verde e peloso le è caduto sulla testa mentre cercava di raccogliere delle mele ed è svenuta. Mentre è nel mezzo di un sogno beato e pacifico irrompono in camera sua gridando come se fosse scoppiata una guerra, le strappano di dosso le lenzuola e cominciano ad ingozzarla prima ancora che abbia sviluppato abbastanza presenza mentale da capire cosa farci, col cibo. Ma è una buona colazione, il che è una buona cosa. Deve cominciare i suoi impegni da principessa, cose che le spacciano come di vitale importanza per il regno e che nel pratico si traducono in lezioni noiosissime che la trovano nella condizione di spirito in cui al posto di visualizzare un problema di aritmetica si visualizza ancora a ronfare tra le coltri abbracciata al suo cuscino.

Se ne lamentava con sua madre a volte, l’unica disposta ad ascoltarla mentre gridava il suo sdegno sbracciandosi per la stanza con gli occhi febbrili e le guance porpora. - Questa è crudeltà! – sbottava. – Non dovrebbe essergli permesso di farmi questo!

- Non potresti semplicemente andare a dormire prima? – le suggeriva allora la regina con la consueta pacata saggezza.

La figlia la squadrava incredula.

- Non se ne parla neanche. La sera è il momento in cui stiamo insieme e non ci rinuncio! Piuttosto di’ alle guardiane di diminuirmi le ore di composizione in lingua. Tanto a che mi serve parlare nell’idioma della Terra?

- A tante cose.

- Dimmene una allora.

Lei ci rifletteva su un momento.

- … Oh beh, a qualcosa dovrà pur servire.

E scoppiavano a ridere entrambe facendo finire lì la discussione.

Tuttavia la regina si ingegnò per accontentare la figlia senza perdere quelle ore preziose da passare insieme e si arrivò a un compromesso abbastanza accettabile quando alla veneranda età di 10 anni alla principessa venne concesso il privilegio di dormire fino alle 10:30 il sabato. Da allora ogni venerdì sera è sua madre a metterla a letto. Le rimbocca le coperte, un bacio sulla fronte, un sorriso, un augurio di dormire bene. Poi si chiude la porta alle spalle, sparisce alla vista e allora la principessa sussurra nel buio le magiche parole:

– Domani posso dormire fino a tardi.

Questa frase ha più l’aria di un auto convincimento che d’altro perché naturalmente neanche a farlo apposta il giorno successivo all’alba è già sveglia. Per via di quell’assurdo carattere ribelle che la porta tra le altre cose a contraddire perfino se stessa, Serenity è fermamente convinta di non essere mai riuscita ad andare oltre le 7 il sabato mattina in 4 anni che le viene permesso di poltrire, ma se le guardiane avessero saputo le si sarebbero buttate addosso come avvoltoi coi loro temi e i loro quadrangoli, per cui fingeva.

Ma fingere era un lavoro stancante.

Nello specifico la obbligava a 3 ore di silenzio e immobilità assoluti, due cose che non sarebbe riuscita a fare neanche se ne fosse dipeso dell’esistenza, così sono iniziate le fughe. All’inizio scavalcava la finestra della sua camera che dava sul lato vicino alle serre: lì c’era da compiere un salto di nemmeno mezzo metro balzando nella polvere morbida per poi ritrovarsi nascosti da uno spesso strato di vegetazione e vetro: il delitto perfetto, salvo evitare con manovre degne dei guerriglieri nella giungla tutta la vasta schiera di giardinieri, domestiche, e di quando in quanto le peregrinazioni della mamma in quei piccoli angoli di paradiso che facevano la sua gioia, quando invece sarebbe stato molto più saggio usare la porta dal momento che se fosse stata scoperta in uno dei corridoi avrebbe sempre potuto fingere una corsa urgente al bagno per poi defilarsi alla chetichella una volta svoltato l’angolo. La cosa che le piace fare di più una volta fuori è recarsi al grande albero. In realtà lo chiama albero ma è più legna morta da ardere. Ma volendo essere proprio petulanti il legno è come cristallizzato e non potrebbe accendere un fuoco nemmeno con l’aiuto di tutta la magia del mondo. Rami che letteralmente tintinnano se battuti insieme per gioco.

Delicato clangore di cristallo.

La cosa davvero affascinante però stava a guardare in basso.

C’era un foro che si snodava tra le radici, un buco, un accesso. Una tana, se vogliamo trovare a tutti i costi delle corrispondenze col sogno ricorrente di una ragazzina piagnucolosa. Diametro venti centimetri o giù di lì, profondità: poche manate, l’indispensabile. L’aveva scavato lei stessa in preda a una cieca ispirazione. La principessa si sedeva lì e sporgendosi nel buio trascorreva il tempo in conversazioni; parlava del più e del meno, scherzava e si confidava nella segreta speranza che la sua voce raggiungesse qualcuno che, sentendosi solo, tendesse l’orecchio dall’altra parte e le rispondesse.

 

The Jump - Il Salto
(FINE)

 

 

Il cantuccio di Sophie: Mi piace molto, forse troppo, saggiare vie che fanno inesorabilmente scivolare la mia storia lungo la china della piena libertà espressiva anche se mi rifiuto di chiamare quello che faccio AU, la mia è sana sperimentazione di piccoli particolari e non detti in quanto sono dell’opinione – strapersonale - che se volessi leggere qualcosa di tirato fuori pari pari dall’opera originale leggerei il manga. :D

Che è mille volte più figo della mia storia.

Il mio libro preferito da piccola era Alice nel Paese delle Meraviglie.

Tra parentesi qui il sogno ce l’ho messo ed è la colonna portante del capitolo, ain’t I a stinker (chi coglie la citazione è un genio)?

 

 

Ringrazio doverosamente perché hai voglia a dire che uno non scrive per le recensioni ma quel numerino che si alza anche se di poco ti fa sempre venire la voglia di metterti al PC a smanettare: lagadema (Io sono uno spirito inquieto combattuto tra cacchiate e pippe mentali, un pendolo che oscilla tra commedia e introspezione emo! Non ho requie, non riuscirò MAI nemmeno se mi impegno una vita, a scrivere qualcosa di totalmente commedia, d’altronde anche le commedie hanno i loro picchi di serietà – sì, consoliamoci così, convinciamocene! Sono contentissima che ti abbia fatto ridere! *_* E le virgole sono la cosa più bella del mondo!) luisina (Finiresti per odiare anche tu un capitolo che hai dovuto riscrivere 6 volte dopo aver buttato giù già 2 o 3 pagine di scritto perché ti rendevi conto che la conclusione proprio non funzionava. :D Infatti l’ho cambiata ancora, vorrei piangere, per la disperazione mi sono messa a scrivere una yaoi! Grazie come sempre per i complimenti sei davvero carinissima, un baciùz a te! Ma veramente la trovi azzeccata, io mentre scrivo sto sempre lì a cercare di auto-convincermi che ci dovrebbe essere un limite sancito per legge alla libertà da prendersi sullo scritto originale, ha ha ha! Però concordo che è un fenomeno anche se a una mia amica sta fortemente antipatica, come tutti i personaggi di cui scrivo.), ellephedre (Ho contenuto il mio amore per le virgole e il mio animo ha sanguinato, almeno ne è valsa la pena! :P Ti dirò che mentre ero lì che stavo pensando a come far andare avanti questa storia ho pensato che, bah, quasi quasi do una letta al manga per rinfrescarmi un po’ la memoria, ma poi ho pensato che se mi fossi messa a vincolarmi troppo all’originale ne avrebbe risentito la freschezza. Perché insomma, di fresco e un po’ spiritoso c’è poco nell’opera originale, questi devono morire tutti! XD Ma non mi andava nemmeno di fare una cosa seria, insomma, sono 19 capitoli, se sono uno più triste dell’altro abbandono il mio villaggio e mi unisco a un ninja cattivo… Ah, no, questo l’hanno già fatto in Naruto. Con la regina mi sono spisciata. Ho cercato di farla più seria di Usagi ma la tentazione di farle perdere lo scettro è stata troppo potente! Dunque visto che ho cambiato bellamente l’ultima frase no, non conto di partire col concetto espresso là. Se non decido come al solito di cambiare tutto a seconda dei sogni che faccio la notte dovrei affrontare il concetto nel capitolo, fammi fare i conti… 5. Forse. E’ bello avere delle certezze! Ti ringrazio per i complimenti e mi scuso per la rispostona che ha ritardato il postaggio della fic di un’ora buona! :P) e maryusa (una volta in uno spettacolo a Lucca usarono lo scettro di Doremì per uccidere il cattivo… fracassandoglielo sulla testa, è stata un’immagine troppo potente per non adoperarla con una Queen Serenity che prende e ci spacca le noci. :D Io sarei inorridita. Grazie mille per i complimenti e, oh, speriamo di non diventare noiosi col passare dei capitoli! *_*

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Capitolo 4
*** The Earthy (La Terra) ***


L’angolo di Calcifer lo Spirito del Fuoco: Finalmente l’autrice riesce a dare un minimo di senso alla scheda personaggi nell’introduzione della fic, era anche un po’ ora visto che siamo già alla bellezza di 3 capitoli e 1 prologo. L’autrice, ancora turbata dalla morte di Sarah Essen-Gordon per mano del Joker in Batman, lascia indietro qualche apostrofo in segno di protesta. Se qualcuno non lo sapesse la Tanzanite nominata nel capitolo precedente è una pietra bellissima resa famosa da Tiffany di colore blu intenso con riflessi violetti (QUI). Le Danaidi sono statue di “portatrici d’acqua”, pregasi notare l’ironia di uno spirito del fuoco che parla di acqua. Il ritardo vergognoso con cui l’autrice posta questo capitolo, tra l’altro brevissimo, s’è davvero sprecata, è dovuto alla scomparsa (metaforica) della sua compagna di Brainstorming, attività dalla quale Essa traeva non solo un gran diletto ma anche le idee migliori e qualche correzione grammaticale.
Quindi immaginarsi adesso quanti apostrofi messi a caso troverete!



«Quando si agisce è segno che ci si aveva pensato prima;

l’azione è come il verde di certe piante

che spunta appena sopra la terra, ma provate a tirare

e vedrete che radici profonde.»

Alberto Moravia

3.

THE EARTHY

(La Terra)

 

L’ho incontrata che eravamo solo due bambini, fuori dai confini del palazzo. Mi ero affettato a defilarmi una volta adempiuto al mio dovere di far presenza a saluti e convenevoli, quando sapevo che non si sarebbe più badato alla mia assenza. Mi ero incamminato verso i giardini posteriori senza prestare particolare attenzione a che nessuno mi scorgesse e atteggiando l’espressione a quella neutra indifferenza che mi contraddistingueva con l’intenzione di trascorrervi l’intera giornata in compagnia di me stesso ma una volta lì, nauseato quell’esplosione profumi e colori, avevo preso la via della piccola uscita posteriore e poi fuori, attraverso prati che ai tempi si perdevano oltre l’orizzonte. Seguendo lo sfregio del piccolo sentiero bianco mi recai al ciliegio sulla collina su cui mi arrampicavo ogni volta che sentivo il bisogno di restare solo, passivamente, strascicando lento il passo come i muli. Non era come se avessi fretta.

Arrivai guidato dalla bellezza dei petali.

Vi era stata in quei giorni un’insolita fioritura fuori stagione, e a fine estate la pianta portava sui suoi rami un carico talmente gravoso che questa si curvava sotto il peso dei suoi stessi fiori, creando un rifugio di un color rosa pallido che tingeva dei suoi colori perfino l’ombra ai suoi piedi. Totalmente rapito da quello spettacolo non mi sarei mai accorto di non essere solo se non fosse stato per quel flebile singulto soffocato che tradì una presenza estranea. Volsi lo sguardo di scatto in direzione del suono, una mano già pronta sull’elsa della spada in caso si trattasse di un incontro spiacevole, ma tutto quello che trovai del feroce avversario che mi aspettavo fu un tremulo baluginio di bianco che cacciò uno sgrilletto acuto prima di sparire del tutto dietro il tronco. Abbandonando ogni intenzione bellicosa sporsi la testa di lato, incuriosito.

Trovai una bambina in piedi lì dietro.

Più giovane di me di non più di un paio d’anni ma tanto piccola da dimostrarne quasi la metà faceva capolino da dietro il tronco dell’albero che ne nascondeva l’intera figura a parte le piccole dita affusolate dei palmi con cui si aggrappava e il lembo di un abito di uno splendore abbacinante. Era talmente minuta da far sembrare grottescamente grande tutto quello che le stava attorno. Le guance erano colorate di un pallido vermiglio e la bocca era atteggiata a una “O” di meraviglia che pareva sul punto di schiudersi in un sorriso estatico; gli occhi parzialmente celati da ciocche di una chiarezza trasparente riflettevano l’azzurro pallido del cielo: erano spalancati all’inverosimile e brillavano d’eccitazione verso il basso.

Ma ai suoi piedi non c’era nulla a parte un buco.

Subito la bollai come pazza ma la curiosità fu più forte e mi avvicinai di qualche passo per controllare che non ci fosse effettivamente qualcosa di interessante da rimirare con tanta attenzione. Visto che non mi aveva neppure salutato né aveva sobbalzato al mio arrivo credevo fosse così concentrata che sarei riuscito ad avvicinarmi e ad andarmene senza farmi notare, invece appena fui a portata di mano mi afferrò per il polso con una forza che non proprio non le si sarebbe data e mi tirò a terra facendomi crollare in ginocchio nella fanghiglia fresca di pioggia. Il mio sguardo attonito incontrò il più luminoso dei sorrisi.

Gentile e complice.

Di quelli riservati a un vecchio amico.

- C’è un coniglio qui dentro! – strillò eccitata. – Guarda anche tu!

 

Una sera di tanti anni prima la regina Calyce attraversava nervosamente il piccolo giardino che rallegrava la vista del balcone delle sue stanze in passi lunghi e affettati. Col cuore oppresso da un’ansia crescente, sotto la vista delle sue dame più fidate e della nutrice di corte, cercava inutilmente di porre fine al pianto disperato del fagottino che stringeva tra le braccia. Le venne chiesto di rientrare in casa: nonostante fosse ormai primavera inoltrata le notti erano ancora troppo fredde per lei, già di salute cagionevole e come se non bastasse abbigliata troppo leggera, con le vesti sottili da notte e nemmeno una vestaglia a coprirle le spalle. Invano le avevano rivolto suppliche e accorate preghiere e nemmeno le minacce (non troppo convinte) di dire tutto al suo sposo aveva sortito alcun effetto sulla risolutezza della sovrana: con le guance imporporate graziosamente dal vento e gli occhi che brillavano come zaffiri alla luce tremula delle lampade, le labbra rosse tese un poco all’insù in un sorriso appena accennato, chiese loro di pazientare un poco, solo un po’, perché entro breve il suo povero bimbo si sarebbe di certo calmato. Quello, neanche a farlo apposta, scelse proprio quel momento per esibirsi in una serie di strilli che superarono i precedenti per intensità e disperazione. A nulla valsero neppure gli abbracci più teneri e i più dolci sussurri all’orecchio, le pacche sulla schiena e placide ninnate.

Non aveva fame e non era sporco.

Lei non sapeva che fare.

Di giorno, baciato dal sole, quel posto era un vero paradiso: al mattino, quando il cielo era rosa e grigio e l’aria frizzante i primi timidi raggi baciavano l’erba intrisa della rugiada della notte e tutto splendeva di riflessi smeraldini a cui confronto sfiguravano i gioielli più preziosi; basse aiuole e ruscelli artificiali ne arabescavano la superficie in un intrico di arzigogoli, ricolme di fiori in un tripudio di giallo, azzurro e lilla; sotto l’ombra degli alberi rigogliosi spiravano zefiri gentili che portavano nell’aria un dolce profumo e il molle mormorio dell’acqua. Persino le soffocanti mura di pietra erano ingentilite da rampicanti di rose bianchissime ed era impossibile persino per un bambino così piccolo non coglierne la bellezza incantevole nei momenti di crisi.

Di notte però era diverso.

Inutilmente la regina aveva stretto al petto il suo piccolo Endymion cercando di fargli riconoscere quei luoghi tanto amati. Lo aveva cullato tra le braccia e gli aveva parlato con la dolcezza del placido mormorio dei corsi d’acqua, col profumo di rose che le impregnava i capelli e la veste da notte ornata dei fiori più belli di quel giardino. Inconsolabile, il neonato continuava a piangere, le guance vermiglie rigate a più riprese di lacrimoni appiccicosi: stretto in coperte di lana pesante gonfiava il petto in ampi respiri e spalancata al massimo la bocca continuava a strillare disperato nel buio verso un cielo di un nero uniforme.

Poi d’improvviso, come rispondendo alle sue mute preghiere, quella perla d’argento sospesa là in alto aveva fatto capolino dalle nubi nere tingendo il cielo di un blu di velluto; ammantata di un’aureola di luce diafana e impercettibile in cui vagamente si potevano distinguere i toni di un arcobaleno, aveva scacciato le tenebre e tutto ciò che solo un istante prima era apparso come oscuro e spaventoso ora si tingeva di un azzurro lattiginoso abbacinante. Le forme cupe e nere di una notte senza luce si rivelarono in uno splendore di sogno e persino il vento parve ingentilirsi all’improvviso come nel più piacevole dei pomeriggi estivi. Il principe aveva smesso di piangere, rapito da quel piccolo miracolo. Le vennero in mente le parole di un vecchio racconto:

C’era una volta un bambino che s’innamorò della luna…

 

Io me ne stavo ritto in piedi e immobile contro il tronco dell’albero, a braccia conserte e labbra serrate tanto che, tutto vestito di nero com’ero, nell’ombra di fiori cullati dal vento mi si sarebbe potuto confondere col tronco del ciliegio. Lei stava poco distante, attendeva la madre che sarebbe venuta a prenderla di lì a poco immersa in una luce gialla a cui non sembrava avvezza e che la costringeva a stringere gli occhi nonostante si schermasse dal sole persino con le mani: perso interesse per quel coniglio che io non avevo visto aveva saltellato incespicando un po’ più in là e si era messa a raccogliere fiori per farne una ghirlanda che poi si era messa in testa. Si era pavoneggiata sentendosi molto carina, e quando in barba al galateo di palazzo le avevo risposto che secondo la mia modesta opinione quella più che una corona da regina sembrava il nido di un chiurlo era scoppiata a piangere. Poi mi aveva chiesto cosa fosse un chiurlo e quando gliel’avevo spiegato si era messa nuovamente a piangere.

Era uno strano, sciocco, tenero coniglietto piagnucolone, e sentì il bisogno improvviso di consolarla. Mi ero avvicinato a lei e senza pensarci un istante le avevo preso la mano nella mia baciandole il dorso come è d’uso tra gli adulti. Un gesto come un altro per farla sentire meglio. A quel punto aveva smesso di singhiozzare e tra i tuoi balbettii privi di senso, come se non fosse più in grado di esprimersi nella nostra lingua,  persino i suoi capelli sembrarono diventare rossi per l’imbarazzo e senza darmi il tempo di aggiungere qualche parola di studiata galanteria si strappò dalla mia presa e fuggì.

Dopo di che non la vidi mai più. Ne fui deluso.

Non doveva essere rimasta troppo colpita dalla mia galanteria dopotutto.

 

The Wood - La cima dell'albero
(FINE)

 

 

Il cantuccio di Sophie: Sono pessima per i seguenti motivi; 1) Ho di nuovo riscritto tutta la storia già che c’ero (fortuna che è breve quindi la cosa è stata indolore), specie la parte del sogno che a me personalmente faceva schifo ma nessuno mi ha detto nulla quindi forse sono molto strana io! :D 2) Mi ci è voluto una vita per fare questo capitolo perché c’era una cosa che proprio non riusciva a tornarmi e non capivo cosa senza l’aiuto della mia ex beta; ora ho sistemato ma non posso aggiungere altro perché conta come spoiler e voglio vedere se qualcuno se ne accorge. Io dico di no perché è una cosa che sta solo nella mia testa, ma non si sa mai! :D Ora pubblico prima di cambiare di nuovo idea, correggerò e sistemerò poi, scusatemi. 3) Ho reso il piccolo Endymion un playboy come Bruce Wayne! Ma non dimentichiamo che anche Mamoru-the-original nelle sue prime apparizioni dell’anime schiacciava la testa a Rei mentre camminava per strada (con lei che voleva offrirgli un caffè per farsi perdonare, ho provato a usare la stessa scusa per strada ma non funziona) e derideva Usagi per i suoi capelli e la sua faccia tonda, quindi non era un santo manco lui. Ma se proprio non accettate l’idea e dovete farmela pagare colpitemi qui, sul pancino, che sono più morbida. Io vorrei scrivere una storia su Mamoru un giorno. Anche se nel cuore mi è rimasto quel sensuale pseudo - ménage tra Usagi e Diamond, dovevano spingersi più oltre dico io anche se il mio cuore appartiene a Zaffiro, che è quello sfigato!

 

Calyce è, nella mitologia greca, la madre di Endymion (Endimione in italiano per chi volesse consultare wikipedia per assicurarsi che non racconto palle – ma fidatevi della mia onestà: se avessi dovuto inventarmi un nome di un OC ne avrei scelto uno che non mi avrebbe fatto venire in mente una stoviglia)

 

Distraggo la mente dalle torbide immagini di Usagi e Diamond che affollano i miei penZieri ringraziando le mie fedelissime e irriducibili: ellephedre (se è per questo di apostrofi ne ho scazzati ben due, ma non diciamolo a nessuno per carità! :P Io credevo che tu avessi sbagliato l’apostrofo per compensazione del mio errore, potevi inventarti una scusa del genere per fare bella figura, io personalmente ti avrei creduto, sono notoriamente una boccalona. Io e gli apostrofi non andiamo d’accordo. Oh, io adoro scrivere di particolari idioti di cui non scrive nessuno! Ho più libertà di creatività anche se sono comunque vincolata dalla storia. E’ il compromesso perfetto! Poi se piacciono e restano impressi mille volte meglio *_* Invece non sopporto i personaggi eterei sempre saggi e sempre perfetti. E’ un mio limite, devo s-perfezionarli! Da qui la mia regina e il mio Endy-Wayne. Ormai lo chiamo così. Il suo regno è terribile, i maschi stanno tutti fuori dalla porta! XD Sì mi sono ricondotta al prologhino, con l’albero che non ci crederai ma ha anche un senso! Tornerà ancora! Non ci credo, era nato giusto per dare un senso alla carta di Sakura, ho ha ha! Sono geniale! Sì sono 19 capitoli perché in tv le carte di Card Captor Sakura sono 19 e intendo metterle tutte per non fare favoritismi, poi si offendono! :D Grazie per la splendida recensione e per l’occhio di falco), maryusa (Beh era anche un po’ ora che si mettesse in mezzo l’idea di andare a passeggiare sulla Terra, altrimenti che l’ho messo a fare mamoru/Endymion nella lista personaggi? ;D Il salto di sicuro lo farà -nel sogno- ma non so ancora quando e non so cosa troverà dall’altra parte, io le cose me le invento sul momento. Anche la regina è nata così! :D Tremendo! Se piace sono tanto contenta ma anche un po’ stupita, ma ho paura che dopo questo capitolo le fan di Endymion vorranno la mia testa! Un baciùz!), luisina (la parte del sogno a me ha snervato, l’ho riscritta 8 volte! Non voglio più sentirne parlare finchè non deciderò cosa far trovare a Serenity dall’altra parte! Nel frattempo sono solo riuscita a rimediare una gran voglia di cantare le canzoni di Alice della Disney XD Sono contenta che ti diverta, io cerco sempre di scrivere in modo da non annoiarmi e conseguentemente non annoiare. Se mi riesce mi sento felice! Ciaoo!), lagadema (Se ti consola non lo so nemmeno io dove voglio andare a parare con questa storia! :D Ogni capitolo lo creo dal niente, ho giusto le mie card di Sakura da utilizzare e vaghe rimembranze del manga che mi rifiuto di rileggere perché per questa storia necessito di staccarmici un pochetto per amor di freschezza. Se mi rileggo di Endymion vero il mio Endy-Wayne ne esce demoralizzato! XD Se io vivessi per le recensioni morirei di stenti a parte che per questa storia, mai più di 2 per storia, ho ha ha! Ma è comunque bellissimo riceverne!), Selia (e non c’hai l’animo della contabile, siamo pochi eletti. Per come la vedo io una persona può prendersi tutte le libertà grammaticali che vuole, basta che sia consapevole di quando non sono corrette! ;D Insomma, quando ci si bea della propria voglia di sembrare ignoranti, hahaha! Che ragionamento alla Usagi, questa donna mi sta traviando… Serenity è MOLTO usagizzata, il che mi piace assai perché Usagi è simpatica e Serenity è solo seria. :3 Mi sa che sul piagnucoloso qui mi odierai, temo, ma in fondo anche questa è Usagi! :D Azzo, e qui mi serviva la mia beta che è fissata di Pratchett, io di lui ho letto solo due libri della saga di mondo disco, dovrò chiedere lumi su questo parallelismo, sono curiosa adesso! X3), Morea (Meno male che ci sono solo tre capitoli, per come la sto montando e smontando a mo’ di costruzione lego se fossero tanti capitoli, magari lunghi, mi suiciderei! XD Adesso vediamo a come gira l’ispirazione perché senza una beta e seguente brainstorming faccio un po’ fatica dal momento che non mi fido mai della bontà delle mie idee! :3) e Vale Lovegood (ce l’abbiamo fatta ad aggiornare ma che parto, era da mesi che non usciva niente poi mi sono messa oggi e l’ho riscritto tutto daccapo in 2 ore scarse. Questa è putenza! XD Sperando che la storia non abbia perso. :3)

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