Oltre... di Sesshoumaru86 (/viewuser.php?uid=60494)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Orizzonte ***
Capitolo 2: *** Onde ***
Capitolo 3: *** Scontro ***
Capitolo 4: *** Luce ***
Capitolo 5: *** Sogno ***
Capitolo 6: *** La Signora ***
Capitolo 7: *** L'amico immaginario ***
Capitolo 8: *** Algiz ***
Capitolo 9: *** Rad ***
Capitolo 10: *** Sesshomaru ***
Capitolo 11: *** Normale ***
Capitolo 12: *** La tomba di spine ***
Capitolo 1 *** Orizzonte ***
Oltre 1° Capitolo
Oltre...
Seduto su uno scoglio, un faraglione lontano dalla riva,
osservava l’orizzonte, una linea che per l’umidità e la nebbia del giorno
appariva ai suoi occhi incerta sembrava fossero cielo e mare un’unica cosa.
Pensava, pensava a come era diverso dagli altri, a ciò che
era, cosa ancora doveva diventare e a come le persone che appartenevano alla
sua stessa specie erano lontani dal suo essere.
Lui si sentiva come quel faraglione, imponente, fiero e
forte, che domava quel mare in burrasca.
C’era arrivato a nuoto lì domando quelle potenti onde che
volevano sbatterlo sulla parete frastagliata di quella gigante presenza, e
scalando quelle imponenti rocce.
Era febbraio, l’aria era umida e fredda e lui si era tuffato
con tutti i vestiti in acqua, poteva prendersi un malanno come tutti gli uomini
ma sentiva che poteva in quell’istante superare la qualsiasi cosa.
Lui si chiama Aaron,
“alta montagna”, è un ragazzo alto come il significato del
suo nome, biondo con gli occhi color dell’oro, il suo volto esprime sempre
fierezza e una leggera malinconia, ma quel giorno i suoi occhi erano tristi ed
arrabbiati.
Guardava davanti a se lasciandosi alle spalle un luogo che
non era il suo, non sentiva che questo era il suo posto, la sua vita non
apparteneva a questo mondo pensava.
“Lui non doveva nascere!” pensava.
Non era adeguato, si sentiva superiore e sbagliato, forse
per la triste verità che solo all’età di 15 anni era andato a sbattere contro.
Mai aveva pensato a quel suo problema come adesso.
Voleva crescere spezzando i tempi, si sentiva un uomo,
voleva portare via la sua donna da un mondo che le faceva del male e
renderglielo migliore, ma non ha potuto, non poteva farlo.
Così sbatteva contro la sua natura umana e ancora più
fragile, il suo futuro era appeso a un filo di cristallo.
Rabbia, disprezzo e indignazione, gli bruciavano dentro
riscaldandogli le pupille facendole muovere velocemente tutte e due coordinate
senza una meta.
.
Aaron mette i piedi sulla roccia e si fa forza in uno scatto
alzandosi su i suoi piedi, sotto di lui l’acqua marina sbatteva impetuosa.
Guarda giù, con convinzione decide di saltare giù e farla
finita, non ha un futuro, non ha un avvenire si sente un pesce fuori dall’acqua
ed è in acqua che deve tornare.
Mi toglierò la vita, quanto vale vivere in un mondo che non ti merita?
Così saltò giù, abbandonandosi tra il soffio gelido e veloce
del vento che si spezzava per la caduta del suo corpo.
***
Tra le nuvole come un soffio di vento le divideva in un rapido
istante, un’entità fluttuava tra le nuvole, luccicante e veloce.
Lui guardava fisso davanti a se cercava la sua preda da
uccidere per sfamare la sua voglia di vittoria.
Un colpo solo di artigli e un essere scuro senza ormai una
forma definita si divise in tante parti e colorò di rosso le nuvole illuminate
da una luce verdastra.
Quella preda neppure ebbe il tempo di sapere cosa fosse
sfuggire alla morte, fu presa in pieno e abbattuta.
Il suo assassino era soddisfatto, si guardò le mani in volo,
leccò l’artiglio del suo dito pollice e sorrise malignamente.
***
Dall’asciutto al bagnato, oltrepassando il confine tra acqua
e aria con un tanfo un corpo entra in acqua, in un mare irrequieto e potente.
Nella sua mente osservava una scena che sapeva di Giappone
antico, un ragazzo della sua stessa età di cui non vede bene i tratti, sta
aspettando ritto su se stesso sulla sua perfetta postura, il padre.
Suo padre lo ha tradito, doveva assistere al suo successo
invece non era presente.
Il padre di Aaron era morto pochi mesi fa, ma aveva tradito
da tempo la sua fiducia e il suo rispetto. Il ragazzo della sua mente invece provava
verso il padre un forte senso di ammirazione e lo attendeva, ma sapeva che lui
non sarebbe venuto.
Ma lo attendeva sotto la neve, candida, un fiocco cade sulle
sue mani lui lo prende e lo guarda, questo non si scioglie ma resta intatto.
Com’è gelido il tocco della morte, com’è strano il corpo di
ogni essere si tende sempre a voler sopravvivere anche quando si decide di
farla finita.
Aaron riemerge, viene trasportato dalle onde verso riva.
"La vita è una sfida, che va vinta."
Questa frase come un soffio inaspettato su una lunga
candela, fa spegnere il fuoco del desiderio della morte e una nuova fiamma in
Aaron si riaccende.
Le forze della natura, vanno sfidate e domate, io non
abbandonerò la mia vita lotterò fino alla fine.
"Io vivrò a scapito di chi non mi vuole in questa vita."
Aaron nuota, si girà sull’acqua e si guarda dietro, vede una
stella, una luce fissa che l’osserva dal cielo che con un bagliore veloce
scompare cadendo.
Ha messo i piedi a terra sta camminando e uscendo dalla
forza del mare ma improvvisamente un’onda enorme lo travolge.
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Capitolo 2 *** Onde ***
Onde
Il ragazzo pensava agli uomini.
Lui, lui non era un uomo?
Lui non era umano?
Suo padre era stato con una donna. Gli esseri umani ciò che
toccano lo distruggono e poi... poi lo riportano a se, come le onde del
mare che sbattono sulle rocce.
Suo padre era stato sfiorato dal tocco di una umana e non sarebbe
tornato più lo stesso. Il ragazzo pensava che per suo padre non
c'era più niente da fare il suo destino era stato scritto e
adesso ciò che aspettava il suo genitore era la morte.
Cosa provava lui adesso?
Niente, non sentiva niente, dentro di lui esisteva solo
rassegnazione e voglia di proseguire con le sue capacità,
così come aveva ucciso, così come si era formato, un
grande e giovane guerriero che ne sostituisce un altro tanto grande e saggio.
Il ragazzo non è saggio, il ragazzo è giovane e
sente solo la sua voglia di andare oltre senza dare ascolto alla
ragione.
L'animo di un essere divino è robusto ma può essere
intaccato da un'onda umana che lo avvolge, lo bagna, ma lo trascina
verso di se, verso abissi oscuri e sconosciuti che soffocano e fanno
riemergere esseri diversi, morti.
***
Sentiva il tocco freddo dell'acqua, Aaron si sentiva trascinare
ma cercava di reagire e di trattenere il respiro per poi riemergere ed
arrivare a nuoto verso la riva, ma combatteva con una forza
impressionante, il mare si era ingrossato ancora di più e
un'onda sull'altra si susseguivano sopra di lui bloccandolo sott'acqua.
Stava morendo, non ce la faceva più doveva prendere aria, si
muoveva ma non riusciva a coordinarsi bene era in trappola, il suo
destino era adesso la morte, quella che lui aveva desiderato. Adesso
voleva vivere, è così infame la morte ti prende quando tu non vuoi?
A volte è infame, come lo era in quello stesso minuto.
Morte, la fine di tutto e l'inizio di altro. Nello stesso istante in
cui si muore, quel ragazzo voleva dimostrare di non essere un codardo
di non avere paura di lei, di quella signora che arriva e ci porta via
quando meno ce lo aspettiamo.
Lui conosceva la morte l'aveva vista tantissime volte, aveva assistito
al suo lavoro e lo aveva anche predetto e lei adesso, la signora si
stava vendicando.
Suo padre era morto in un incidente a cui lui stesso nella sua mente
aveva assistito. L'ultimo respiro di suo padre lo aveva sentito da
chilometri di distanza.
Ricorda quando disse a sua madre Aaron: "Mamma! Papà è
morto."
Con voce sottile e decisa, dopo aver visto lo schianto
dell'auto e sentito il suo spiro dalla sua stessa casa che il padre
aveva abbandonato prima fuggendo in un attimo di rabbia.
La rabbia è l'amica della morte...
La rabbia è un essere che sorride mentre gli uomini perdono il
senno della ragione, e la morte aspetta che le cose peggiorino per poi
intervenire e portare via come fa uno shinigami in Giappone, le sue
vittime.
Mentre annegava ringhiava contro di questa, pensava alla morte in
questo modo erano solo istanti ma la sua mente era veloce, ancora
più veloce del tempo stesso.
Dopo il nero lo avvolse.
***
Una femmina si avvicinò verso il ragazzo, un'immagine sfuocata,
doveva essere molto bella, era avvolta da qualcosa di bianco e di
candido e i suoi capelli come fili d'argento ondeggiavano seguendo il
proprio avanzare.
Teneva in mano una veste, sembrava fosse un Kimono, una stoffa bianca
con parti rosse e dei segni disegnati sopra, segni dinastici, degli
esagoni tracciati in bianco sul rosso.
Improvvisamente un soffio di vento gelido, il ragazzo lo sentì sussurrare al suo orecchio destro.
"Madre, mio padre è morto!"
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Capitolo 3 *** Scontro ***
Sogno
Il nero avvolge tutto e nasconde, ma non può oscurare un
bagliore di luce dorata che taglia in due l'oscurità e si fa
presente con due occhi felini.
Questi occhi brillavano sotto la luce della luna e lo guardavano.
Aaron sollevò lo sguardo, si sentiva qualcosa
addosso, il suo corpo era freddo, questo si manifestava nelle sue carni
come spilli che lo trafiggevano, voleva muoversi, ma non riusciva a
farlo.
Guardò davanti a se e vide una presenza chiara, somigliava a un
riflesso della luce del mare creato dal bagliore della luna.
Pensò il ragazzo all'attimo prima in cui si credeva morto, tutto
davanti a se sparì d'incanto, lui toccò la sabbia,
constatò che poteva muoversi e alzandosi guardò verso il
mare.
Era sulla spiaggia, era riuscito a sopravvivere, adesso ammirava
l'orizzonte con umore diverso, il cielo blu ricoperto di piccoli
puntini di luce fu tracciato da una linea, la scia di una stella che
cadendo lasciò il suo posto a una nuova che nasce.
Aaron tra l'oscurità si incammina verso la via di casa, sotto un
cielo pieno di stelle, tra l'aria gelida e nella notte, con un solo
pensiero che abitava adesso in lui, il dubbio di come possa essersi
salvato e chi era quell'immagine vera.
Lui non si faceva ingannare dalle allucinazioni sapeva bene che quella era un'immagine reale, troppo complessa per essere irreale, la sua mente non poteva creare qualcosa di così incantato.
***
La sua casa era appena illuminata dalla luce della luna, il cancello
chiuso a chiave, le luci spente facevano pensare a Aaron che nessuno lo
stava aspettando come succede spesso.
Quella donna che lo aveva messo al mondo aveva rovinato la sua vita,
gli era sbattuta contro come un auto in piena corsa quando lui aveva
scalato la marcia e stava voltando l'angolo della sua vita.
"Maledetta donna!" Pensò "Che tu sia maledetta".
Nel suo animo provava rancorae verso quella donna.
Con grande rabbia quel ragazzo di soli sedici anni prese un enorme
sasso e centrò in pieno una finestra del primo piano
dell'abitazione, una luce si accese subito, era la donna corsa a vedere
cosa era accaduto dopo aver sentito un rumore, che nel pieno della
notte aveva turbato il suo sonno.
Il ragazzo con una forte ira corse verso il cancello e agilmente lo
superò in velocemente, come nessun altro che lui conoscesse
potesse fare.
La signora del piano di sopra non scorse nessuno, ma conosceva il
figlio ribelle, scese allora giu' per le scale e gli aprì la
porta.
"Aaron sei tu?"
Spalancando la porta vide due occhi dorati che la guardavano con uno
sguardo poco amichevole, il ragazzo con grande irritazione la
strattonò e disse con grande voce: "Lasciami passare!"
La donna lo osservo', vide che aveva tutti i vestiti bagnati, si
appoggiò alla parete per evitare di cadere lateralmente e si
toccò la manica della vestaglia, era bagnata anch'essa per via
di quel tocco.
Era arrabbiata, ma non osò dire una parola, quel ragazzo
possedeva un carattere molto difficile e sicuramente se provava a
parlargli lui riusciva a sfuggire abilmente come faceva sempre, non
solo per lei, ma anche per tutti glialtri che osavano contraddire Aaron
era così.
Lui stava salendo i gradini della scala stretta, che stava di fronte
alla porta, da dove la donna richiudendo lo continuava ad osservare.
Stringeva i pugni Aaron, ma pensava di dover chiudere lui i cancelli di
una strada e di riprenderne un'alta strada diversa da quella imposta
dal destino e dalla donna, una strada che lo porti anche lontano, il
più possibile, da quella via che aveva scelto ancora prima.
Quella via ai suoi occhi, ripensandoci bene, la giudicava adesso
con grande superiorità, orgoglio, ma anche disprezzo verso se
stesso.
Lui aveva amato una donna, ciò che aveva sempre allontanato da
se era il pensiero di provare amore e sottomissione per qualcuno, si
sentiva stregato da quella femmina, nessuno poteva dominarlo, lui aveva
pensato con lei, aveva agito con lei, aveva condiviso dei momenti
splendidi con quel suo amore che adesso dopo lo scontro frontale con
sua madre si era ritirata in silenzio e insieme alla sua famiglia lo
aveva allontanato.
Non esistono fraintendimenti per Aaron, era tutto chiaro, lei non
poteva amare un ragazzo che possedeva una vita incerta, la sua famiglia
si era opposta al destino di un futuro figlio che possa portare lo
stesso fardello del padre, e allora con grande dignità adesso
Aaron riprendendo in mano il volante stava cambiando strada e
andatura.
Pensava a questo mentre saliva le scale a come si sentiva superiore a
tutta la gente che lo guardavano con dispiacere o disprezzo come quando
un essere immondo percorre una strada sotto gli occhi di tanti uomini,
e con forte superiorità e dignità, li fa fuori in un
istante, facendo cadere le loro teste a terra, facendoli sentire
ciò che sono, essere inferiori e indegni di giudicare chi
è superiore.
Una strada che si percorre davanti ad una belva che ti aspetta è
piena di dignità e rispetto, lui aveva un male che lo attendeva,
un demone pronto quando era il momento, a cibarsi dello sue carni.
Quegli esami parlavano chiaro, Aaron prima o poi avrebbe manifestato
una brutta malattia e così come era la sua strada, era la stessa
quella della madre che lo aveva messo al mondo nonostante avesse visto
con i suoi occhi, tempo addietro, quella bestia divorare le carni della
madre, la nonna di Aaron.
"Sciocca donna, sciocca come lo ero io!"
Pensò mentre si spogliava ed asciugava.
"Non per quella gente dovevo togliermi la vita, io ho dimenticato di essere diverso da tutti."
Aaron si era mescolato alla gente che fin da piccolo osservava con
distacco, aveva amato come loro, senza timore di cadere, questo
coraggio lo faceva sentire sempre se stesso, ma aveva abbassato la
guardia dimenticandosi che la missione che aveva sempre sentito, anche
se non la conosceva era un'altra, non quella di vivere accanto ad una
donna e crescere i proprio figli, come aveva desiderato.
Se questo era accaduto ora è perché lui, finalmente, ha
capito di essere diverso dagli altri, una differenza colma di superbia
e distacco.
Mentre si riveste ripensa a quell'immagine, fiero e felice si
addormenta pensando che solo lui ha avuto quel privilegio, pensando che
aveva deciso di morire ma che la sua strada era un'altra quella dove
alla fine lo attendeva una bestia da sconfiggere.
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Capitolo 4 *** Luce ***
Luce
Una belva, un gatto mostruoso dalle dimensioni enormi, correva nella
notte tra valli e pianure spezzando il vento che soffiava forte e
muoveva l'erba bagnata dalla brina notturna.
Ansimante, respirava velocemente e non riusciva ad prendere molto
ossigeno, gli mancava il fiato, era già da ore che correva, che
sfuggiva alla morte. Dietro di lui un fulmine argentato lo raggiungeva
velocemente, lo feriva ripetutamente, arretrava e lo colpiva ancora,
poi velocissimo lo osservava dall'alto.
L'intento del carnefice era quello di fare soffrire abbastanza
quell'essere prima di mettere fine alla sua esistenza, ammirava così lo
spettacolo come un pittore guarda il suo quadro mentre dipinge, un
quadro segnato col sangue.
Il ragazzo dai capelli argentati che si muovevano al vento, fluttuava
sopra le cime di spogli alberi, la sua capigliatura brillava sotto la
luce della luna.
Guardò le sue mani imbrattate del sangue della bestia e avvicinò il
pollice alle labbra carnose e perfette, dopo le dischiuse subito e
leccò il dito, così assaporando il dolore della sua preda sogghignò.
La bestia, simile a un'enorme felino scappava ancora sanguinante, stava
per sottomettersi al dolore e alla fatica, trascinava le sue gambe
posteriori gravemente ferite, con sofferenza, e rallentò la sua corsa.
Il carnefice osservò la sua preda, ormai era quasi soddisfatto, la bestia era lenta e sofferente.
Pensò che quel suo bottino era stato facile da ottenere, nessuno era
alla sua altezza, nessuno poteva eguagliarlo e superarlo negli scontri,
lui era il più forte. Così, irritato perché il suo svago era finito
molto presto, richiuse le dita e serrandole, emise una luce verdastra
dalla punta di queste. Con un gesto veloce della mano, generò una corda
verde che fece saltare via la testa dal collo della vittima e la sua
opera fu completata.
Fiumi di sangue caddero sull'erba bagnata.
***
Una musica, una melodia orientale, risate, chiacchiere di gente.
Al centro di una sala con delle pareti chiare Aaron guardava
l'obiettivo di una macchina fotografica, puntato verso di lui, pronto
ad immortalalo su in un'immagine di carta che durerà più di una vita
umana.
Era il suo compleanno, osservava tutti in quella sala, era un po'
irritato, non è il tipo socievole che ama stare tra la gente e non ama
le feste.
Il tempo con un flash si era fermato su di lui, e non solo, pensava
alla vista di quel bagliore a degli strani riverberi, la musica era
forte e gli provocava delle strane sensazioni, il suo corpo vibrava e
la sua mente si allacciava a delle reminiscenze lontane e sconosciute.
Cos'è che sono io?
Chi sono io?
Sono come loro?
Sentì un calore sulla fronte come un caldo spicchio di luna, un marchio
che gli bruciava la pelle, ma lui non provava dolore e non spiegava
cosa gli stava succedendo, sapeva solo che qualcosa in lui si stava
manifestando, qualcosa che una sua parte sepolta conosceva.
"Aaron! Un'altra?" Sua madre gli scattò un'alta foto, sorridendo.
Nella penombra della sua camera Aaron aprì appena le palpebre, scrutò
il comodino dove su di esso era poggiato una cornice con una foto
dentro.
In quella foto aveva lo sguardo rivolto verso avanti, sulla sua fronte
uno spicchio di luna, era una macchia di luce saltata fuori dopo lo
sviluppo della foto.
Guardò l'ora dalla sveglia posta vicino la cornice e vide che erano
ancora le quattro di mattina, sentiva che doveva riaddormentarsi, il
suo corpo stava cedendo ma la sua mente era ormai quasi sveglia.
Pensava a quel giorno, il giorno del suo ultimo compleanno, quando
avrebbe voluto mandare via tutta quella gente per lui insignificante
dalla sua abitazione e avrebbe voluto passare quel giorno da solo
leggendo magari o scrivendo poesie come faceva spesso.
La luna illuminava la stanza, la sua luce entrava da una finestra
attraversando i vetri, Aaron la guardò e si riaddormentò.
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Capitolo 5 *** Sogno ***
Sogno
Un ragazzo accende il computer, le luci sono basse, si strofina gli occhi, legge:
"L'adolescenza, un percorso compiuto da tutti i vivi dove è
possibile che col desiderio di percorrere prima del tempo i suoi
misteriosi sentieri, superbi e onnipotenti, si può andare anche oltre
le barriere umane attraversando strade piene di rovi e di trappole,
anche mortali. Alla fine si arriva a volte colmi di ferite e fratture,
le cui cicatrici si porteranno per tutto il resto della vita, altre, si
soccombe, o si diventa più forti."
"Sciocchezze! I soliti messaggini a catena che inviano!" dice.
Cancella e esce.
***
Demion è un giovane di diciannove anni che sta per uscire dal
tortuoso sentiero dei teenager, questa sera compirà a mezzanotte 20
anni, chissà se arriverà alla fine di questo tortuoso sentiero.
Adesso percorre le strade della sua città, attraversando il caos
giornaliero che incombe in tutte le strade delle metropoli.
Con uno zainetto sulle spalle e uno scatolino in mano, guarda le insegne e le vetrine dei negozi.
Lui era un ragazzo a cui piaceva molto giocare con cose pericolose, tutto ciò che era proibito gli piaceva molto.
Stava per salire le scale che stavano vicino l'uscio di casa sua,
sentì il rumore di un aspirapolvere spegnersi e le solite lamentele di
sua madre.
Entrò.
A casa sua madre come ogni giorno lottava
contro l'ansia e la paura, Demion teneva nella sua stanza delle bestie
che per molti erano esseri pericolosi, come serpenti e vedove nere,
alcune di queste erano dei souvenir animati che aveva portato dai vari
viaggi che aveva fatto con lo zio, un esploratore.
Nutriva le sue vittime dandogli piccoli ratti o ingenui insetti, il suo animale preferito era la formica myrmecia detta Bulldog.
Aveva preso quelle simpatiche bestioline durante un suo viaggio a Poochera, un minuscolo paesino dell'Australia meridionale.
Aveva soggiornato nell'altrettanto piccolo Poochera Hotel, dove ricorda
ancora la storia che una guida turistica gli aveva raccontato riguardo
quel luogo.
Un
esploratore aveva trovato un esemplare nella sua stanza e lo chiamò
formica dinosauro, per il fatto che osservandola costatò che aveva
delle abitudini tipiche delle speci primitive, così venne poi chiamata
volgalmente "fossile vivente".
L'esploratore si soffermò sul fatto che quella formica era la prova
vivente delle strette relazioni filogenetiche fra le vespe e le
formiche, infatti possedeva un aspetto fisico vespoidale, Demion ne fu
affascinato.
Per loro fortuna era una formica abbastanza rara da trovare Demion
fece la sua conoscenza durante un'escursione in una foresta di
eucalipti situata nella zona circostante Poochera.
In seguito ad
un guasto meccanico, l'equipe di cui faceva anche parte Demion e lo
zio, fu costretta a sostare un'altra notte a Poochera finché il guasto
non fosse l'indomani stato riparato.
Quella fredda notte, Demion si allontanò dal centro abitato per
esplorare la mirmecofauna notturna presente nella vicina foresta di
eucalipti, ricorda adesso l'ombra scura che aveva seguito, che si
confondeva appena con il buio della notte.
La seguì incuriosito fino a dove subito dopo vi trovò proprio
un'operaia bottinatrice della tanto ricercata formica, un vero e
proprio ritrovamento fortuito.
Sorrise nella stanza osservando il formicaio.
Era appena sceso dal suo negoziante di animali di fiducia per comprare
un bel ratto da far mangiare a quegli insetti giganti che aspettavano
il cibo che stava in quella stretta scatola di cartone.
Il
suo formicaio artificiale è diviso in diversi ambienti, Demion adesso
stava regolando la temperatura ideale per le bestioline, la luce, e
l'umidità simili a quelle australiane.
Al suo esterno le formiche si muovono alla ricerca dell'alimento era
come se avvertissero ciò che stava appena facendo il loro padrone,
alcune formiche depositavano nel frattempo i materiali di rifiuto.
L'esterno
del formicaio è isolato con un fossatello ripieno d'acqua, per impedire
alle formiche di fuggire e di andare a fare stragi per casa.
Teneva il tutto sul balcone, le altre bestioline lo osservavano
dall'altra stanza, la sua, mentre prendeva il ratto per la coda con i
guanti sterili e lo depositava fuori il formicaio.
lui dette l'animale vivo alle bestioline, legò prima però
la coda del ratto scalpitante per evitare che questo scappasse
Qui le formiche iniziarono a Saltare, correre, mordere, pungere ed inseguire il malcapitato entrato nel loro territorio.
Demion osservava la scena soddisfatto.
***
Luce...
una forte luce mi accecava gli occhi, non riuscivo a guardare ma mi
ostinavo. Sentivo il calore della luce penetrare nelle mie pupille e le
lacrime sgorgare dai miei occhi, sentì un rumore forte, uno
schianto.
Un'auto una fiat punto bianca del 2000 stava di fronte a me, la sua
forma non era più quella di un auto, potevo osservare i pezzi che la
componevano, le lamiere, la plastica, ognuno di questi pezzi del
veicolo avevano preso una forma propria data dalla velocità e dalla
resistenza del palo contro cui avevano sbattuto.
Dentro un uomo col volto insanguinato, intrappolato non aveva più
vita, su di esso un mostro, un essere mai visto lo teneva per le
spalle, voleva portarselo via, mi guardava con cattiveria.
Capì che quell'uomo che tratteneva su cui era appollaiato quel mostro nudo e deforme, era ...mio padre.
Così corsi verso di lui, e sentì il desiderio di dovrer sguainare
una spada, ma io non avevo con ma una spada, mi toccai il fianco
sinistro e non trovai lì niente.
"Maledetto!" gli dissi stringendo i denti.
"Maledetto! Non puoi portartelo!" Gridai.
L'acqua scorre
adesso sgocciola sul corpo di chi ha appena lasciato la vita, lui aveva
un volto chiaro, la sua testa penzolava, il suo sguardo era rivolto
verso l'infinito, le sue spalle erano poggiate sulle mie ginocchia, il
suo sangue macchiava i miei abiti.
Guardavo mio padre, sentivo il suo corpo spento e senza vita,
adesso io ero il guerriero, adesso io ero il maschio che portava lo
stemma della mia famiglia, dentro questo un fiore doveva segnare il mio
omaggio a chi mi ha lasciato troppo presto e non ha potuto guidarmi
fino alla fine di questo sentiero.
Posai il suo corpo sull'erba bagnata lo guardai.
Dei suoi capelli
colore dell'argento e dei suoi occhi pieni di saggi e severi non
restava quasi più nulla.
Il suo corpo si dissolveva al vento, una sabbia color della luce saliva in cielo e lui mi salutava.
"Addio Padre!"
Subito pensai che quell'essere che mi stava
salutando non era mio padre, non era umano, così una nuvola nera mi
avvolse, guardai le mie mani, erano le mie, terrore, provai terrore e
sprofondai nel vuoto.
Ancora quel rumore... l'acqua continuava a gocciolare, questa volta cadeva sulle labbra di qualcuno.
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Capitolo 6 *** La Signora ***
La signora
Le gocce cadevano e scivolavano bagnando le labbra semichiuse
di un corpo che sembrava fosse di cera, una statua di fronte a me con le
palpebre serrate e i capelli argentati intrecciati tra il rovo di spine che lo imprigionava.
Chi è? pensai.
Chi era quell'essere?
Le sue vesti bianche erano macchiate dal sangue che era uscito già da chissà
quanto tempo, che strappate mostravano il muscoloso e ferito torace.
Mi avvicinai a lui, su quella veste una particolare armatura semidistrutta
copriva una grande ferita.
Il suo viso era così simile al mio, mi impressionai guardandolo, stavo sognando
la mia fine?
Questo è un sogno?
Sfiorai con la mia mano destra il viso gelido di quel corpo.
E' irreale, tutto è da non credere, Aaron
non sa cos’è la paura, pensai, mi feci coraggio e mi avvicinai a lui.
Gli sfiorai ancora il viso, quel corpo era martoriato ma esprimeva forza e
dignità, non può essere morto! Pensai anche se era freddo.
Questo
è ciò che accade a chi non accetta il proprio destino, a chi continua a
combattere pur sapendo che un giorno dovrà sparire lasciando il posto agli
uomini.
S E S S H O U M A R U.
Una voce pungente e rauca mi penetrò nelle orecchie, io mi girai verso
il vuoto, non vidi niente, tutto attorno a noi era in semioscurità, una luce
debole irradiava l'ambiente grigio e soffocante.
Sesshoumaru? Chi è?
Sei
tu Sesshoumaru. Questa volta
sibilante.
Tu sei un demone?
Un'entità maligna? Avvertivo una certa
negatività in lui, non era il corpo a parlare ma qualcuno alle mie spalle che
pure se mi giravo non vedevo.
Lasciami in pace!
Ero vittima di un incubo e dovevo svegliarmi.
Guardai quella statua di fronte e me e pensai che dovevo svegliarmi, dovevo
ritornare nel mio posto, mi ero allontanato troppo dal mio corpo e adesso
dovevo tornarci, sentì questo, ne ero sicuro.
Non
interferire e vivrai la tua vita da ningen.
Poi tacque.
Non capii da dove veniva quella voce e chi fosse a parlare.
Non mi feci più domande ma mi avvicinai ancora quel colpo e toccai un’altra
volta il suo viso, dovevo convincermi che tutto non era un semplice sogno,
avvertivo un senso di pericolo.
Sembrava che fosse di realmente di cera, freddo e pallido,
la sua pelle era leggermente vellutata ma simile a quella di un morto, la mia
mente richiamò la visione del corpo di mio padre che toccai allo stesso modo,
era molto simile, io stavo lì vicino ad un corpo senza vita e non sapevo come
svegliarmi.
Guardai le sue mani, erano mostruose, lunghi artigli sostituivano le unghia di
un comune essere umano, sul suo viso erano disegnati dei simboli uno di questo
stava al centro della sua fronte era uno spicchio di luna. In quello stesso
attimo mentre mi accorsi di quei particolari una mezza luna si aprì su di me,
il corpo prese vita, si mosse, venne con grande velocità verso di me spezzando
i rami che lo tenevano prigioniero, sentì un soffio sul collo e immaginai
il peggio, ero pronto? pronto a morire?
Demion soddisfatto accende il pc. La sedia è troppo bassa
quindi la regola all’altezza giusta.
Che pacchia! Pensa,
muovendo il sedere sulla sedia.
Adesso deve controllare la posta, una decina di messaggi,
tutti auguri di compleanno, per quel giorno che è il suo.
Sorride, poi scendendo la pagina trova ancora uno di quei
messaggi a catena.
Lo legge…
Come un turbine di
vento oscuro, entra dentro la trachea a bruciare tutto, macera bronchi e
polmoni e chi ne è vittima non riesce a respirare.
Così arriva la morte, alle 24 in punto.
Morire, a sedici anni
si è pronti?
No, non sono pronto.
Quell’essere mi squarciò la gola, non sentivo dolore e non mi
potevo muovere, mi sentivo come legato, e così non potevo oppormi. Mi sentivo
impotente contro quella forza sovrumana.
Quella voce ha smesso
di parlare, adesso è il peggio che entra dentro la mia gola, lo sento entrare,
sento un alito di vento ghiacciato che mi congela il corpo, io, io non posso
fare nulla…
Solo morire.
Ma io non posso
morire.
Con uno scatto toccai quel vortice bianco, quella statua era
diventata questo e si era liberata per possedermi? Voleva questo.
Ma perché?
Notai che toccandolo si fermò…
E così fui sommerso da un fiume e sbattuto chissà dove, stavo
ancora in balie delle acque, ma questa volte il mare era rosso. Era sangue.
Sul faraglione una figura, tentavo di nuotare ma ero ancora
immobile.
La misi a fuoco ero io, io con una luna sulla fronte, provai
orrore, quello non ero io,
sprofondai.
Quando succedere qualcosa di spiacevole ai figli si dice che
le madri lo sentono, è come se un cordone ombelicale invisibile li lega ancora
ai figli.
Così in questa notte la madre di Demion, era ansiosa, non
riusciva a prendere sonno pensava che forse doveva fare qualcosa con Demion,
quel ragazzo stava sempre al pc e non aveva amici che non fossero virtuali.
Era preoccupata forse doveva insistere quando aveva parlato
col figlio dei preparativi di una festa di compleanno per quel suo giorno, lui
le aveva detto, i miei amici non verranno mai, eppure stavano a pochi
chilometri.
Chi li capirà mai i
giovani?
Preferivano restare o nascondersi dietro un pc, ai suoi
tempi non era così.
Pensò a quando da piccolo entrava nella sua camera per
sistemargli le coperte mentre dormiva e lui sorrideva, come era cambiato.
Decise di alzarsi e di rifarlo ancora una volta, come regalo
di compleanno, voleva dargli un bacio.
L’ultimo.
Così entro nella sua camera e … cadde a terra, priva di sensi.
Puoi salvarti!
Aaron.
Torna indietro!
Ti darò la
possibilità.
Sentì ancora quella
voce mentre stanco stavo per soccombere tra il rosso.
Pensai che non sarei mai tornato indietro, non mi sarei mai
voltato.
Allora muori!
Aaron.
E così la signora venne, mi prese e mi portò con se,
rubandomi alla vita.
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Capitolo 7 *** L'amico immaginario ***
L'amico immaginario
Nadia era solo una bambina, andava a scuola alle elementari, era sempre da sola.
Guardava i suoi compagni giocare, quei bambini dispettosi si
rincorrevano.
La evitavano sempre, lei si stava seduta su un muretto a
strappare le ali alle mosche che catturava, poi curiosa le guardava
correre.
Che fine facevano adesso quegli insetti?
Playground schoolbell rings, again
Rainclouds come to play, again
La campanella della scuola suona, ancora
nuvole di pioggia vengono per giocare, ancora
Suonava la campanella, doveva alzarsi e tornare in classe ma non le andava.
Continuava a piovere, le nuvole nel cielo grigie e minacciose si
inseguivano imponeti, gli esserini che aveva mutilato stavano per
morire anneggati nelle pozzanghere, lei li osservava.
I suoi boccoli rossicci pendolavano verso le pozze, prese un insetto e
provò a rianimarlo, si sentiva in colpa, lo aveva ucciso.
Has no one told you she's not breathing?
nessuno ti ha detto che non respira?
Una voce, le aveva detto che quell'esserino era morto, non respirava
più, così come un pugnale il dispiacere penetrò sul suo piccolo cuore
già triste.
Chi era? Chi era quella voce giovane maschile che aveva parlato?
Hello, I'm your mind, giving you someone to talk to...Hello...
Ciao, sono la tua mente, ti do qualcuno con cui parlare.. ciao
La bimba alzò gli occhi, davanti a lui un giovane dagli occhi ramati le
sorrideva, lei sapeva che non era vero, che in realtà non c'era nessuno
e quella voce la sentiva solo lei.
***
If I smile and don't believe
Soon I know I'll wake from this dream
Se sorrido e non ci credo
Presto saprò che mi sveglierò da questo sogno
***
Nadia aveva 18 anni, ascoltava una delle canzoni che suonavano il suo
gruppo preferito, gli evanescence, pensava a quando da bambina ha
conosciuto il suo max, prima il suo amico immaginario poi...
Chissà cos'era in realtà Max, se esisteva ancora e cos'era stato per lei, un aiuto o un diavolo?
Quella canzone glielo ricordava tanto, quello spirito che diceva che
era morto per via di un incidente stradale e che per mezzo di lei a
volte parlava con i suoi amici perchè lui era morto giovane e non era
arrivato a farseli degli amici.
Lui le aveva strappato tanto, ma lei non provava rabbia, pensava a volte che...
Don't try to fix me
I'm not broken
non provare a ripararmi,
non sono rotta
che aveva tutte le rotelle a posto.
Era una ragazza responsabile e matura per la sua età.
Quanto glielo ricordava quella canzone!
E chissà Max era stato inventato da me, chissà era una parte del mio
inconscio che turbato voleva nascondersi dalla gente e si era
rifuggiato dietro la figura di un...DEMONE.
Perchè Max era un demone?
Il fatto è che Max è sempre prensente anche adesso a volte ritorna a
farle visita e poi troppe cose sono accadute in passato, lui era vero.
Era questo che le faceva paura.
Hello, I'm the lie living for you so you can hide...
*Don't cry...*
Ciao, sono la bugia che vive per te così che tu possa nasconderti..
Non piangere
NO! Lui era vero, come sapeva che suo nonno era morto, prima che lei lo
sapesse, se lui era solo ciò che un psicologo potrebbe chiamare un amico
immaginario?
Era venuto per darle la notizia quando lei aveva solo 10 anni, due anni dopo la sua apparizione, a scuola.
Suddenly I know I'm not sleeping
Hello, I'm still here, all that's left
Of yesterday...
Improvvisamente so che non sto dormendo
Ciao, sono ancora qui
Tutto ciò che resta di ieri..
Gli ultimi versi le facevano paura, chissà se lui tornerà ancora si rifarà presente?
No lei ormai è grande.
Così dopo aver spento l'iPod, s'infilò le ciabbatte ed uscì.
***
Lui è nato per via delle tue paure Nadia, perchè sei una codarda, hai paura di vivere. Si diceva.
|
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Capitolo 8 *** Algiz ***
Algiz
Martedì 21
agosto
Caro Max,
Oggi ti ho pensato
come non facevo da tanto. Ho ascoltato la canzone degli Evanescence che
mi ricorda tanto te. Penso che tu proprio adesso sei l'unico dopo avermi
lasciato che potresti aiutarmi in questo momento, mi sento triste e non
dovrei esserlo forse.
Quest'anno ho finito la maturità, ho
terminato quella brutta scuola che mi avevano imposto i miei genitori.
Tu mi hai sempre dato forza e coraggio per ribellarmi, per seguire le
mie strade ma io ti ho sempre deluso, Max. Io non sono come te, tu hai
la forza di un guerriero, sei ribelle e penso che se tu fossi vivo a
quest'ora saresti riuscito a frequentare l'università che volevi e
laurearti, e poi forse io, se ti avessi conosciuto sicuramente mi sarei
innamorata di te.
Ma tu non ci sei più sei morto e non sei più
neanche qui, anche se ti penso, tu non ci sei. Sei andato via, lo hai
fatto per me e io lo capisco però non evito di scriverti nel mio diario,
è giusto che tu trovi la tua pace nell'altro mondo e io prego per te,
però tu sei il mio amico, diciamo immaginario, e io non ti dimentico.
Adesso basta parlare di queste cose, io ti conservo qui, e questo
mio diario è prezioso, perchè è qui che ci sei tu.
Sono
andata a vedere gli scutini, sono uscita con 66/100, ci sono rimasta
male soprattutto perchè la mia professoressa che era in commissione mi
odiava, era la prof. di ragioneria quella che mi ha messo un "2" a primo
trimestre, quando sapeva che io il giorno prima non avevo studiato
perchè stavo male. Mi ha chiamato di proposito per mettermi un brutto
voto dopo che le avevo parlato prima. Ma non mi interessa adesso ho
finito e vorrei scegliere una strada che mi piace, ma non ho buone basi
per le altre università a parte Economia e commercio o giurisprudenza.
Forse sceglierò Giurisprudenza anche perchè la mia famiglia è da quando
avevo 10 anni che si batte per cause lunghe e trova sempre avvocati
corrotti, forse se mi facessi io avvocato tutto cambierebbe.
Sai
devo dirti una cosa che non ti farà piacere, ho nascosto tutti i
disegni, tutti i ritratti che ti avevo fatto, non l'ho fatto perchè non
ti voglio bene ma, sono combattuta, penso che tu Max non sei per la mia
vita una presenza razionale e forse è ora che ti dimentichi e mi faccia
la mia strada, lontano da te e mi rassegni, così come hai voluto tu per
il mio bene, però ti tengo qui e non ti dimenticherò mai, sei una parte
della mia vita, o bella o brutta che sia stata.
La mia professoressa di italiano vuole che scelga lettere, a me piacerebbe molto ma non penso di farcela Max.
Se
poi tu fossi stato vivo, potevamo coronare il nostro sogno, ricordi?
Volevamo andare tutti e due a Scienze Motorie e Sportive e aprirci una
palestra, ma tu non ci sei e io sola non ce la faccio, e poi
giurisprudenza non mi dispiace anche perchè ho riallacciato un'amicizia
con la mia unica amica d'infanzia, quella con cui avevo perso i rapporti
alle medie. L'ho rincontrata e siamo tornate ad essere amiche.
Lei verrà con me, ci immatricoleremo in scienze giuridiche. Volendo è anche una bella strada.
Poi
sai oggi mi successa una cosa buffa, sono andata a vedere gli scrutini
con le ciabatte. Tu rideresti, mi sembra di sentirti ma sono io che ti
immagino. Ho completato l'elenco delle brutte figure, avevo fretta e ho
messo le scarpe sbagliate al posto dei miei infradito.
Di quella
scuola che ho terminato ho brutti ricordi, non sono riuscita ad
allacciare delle amicizie, i miei compagni in cinque anni sono riusciti
soltanto a farmi del male, e io mi sono sempre isolata.
Sai un
giorno, che avevo ragioneria, non sono andata a scuola e sono entrata in
quella villa settecentesca abbandonata vicino la stazione. Lì ti sembra
di sentire respirare le pareti, dicono che ci sono gli spettri, io ci
credo.
La notte ho sognato una donna anziana che voleva
possedermi, non c'e' riuscita per fortuna, mi teneva la gola e voleva
entrarmi dentro dalla bocca, poi mi ha detto "sei troppo forte!" e mi ha
lasciato andare io mi opponevo, con tutte le mie forze.
E' stato
tremendo mi avrà seguito da li' forse ho profanato la sua dimora o sono
entrata senza il suo permesso, però caro Max io li ci tornerò, mi piace
troppo, sembra una porta verso il passato, rimasta aperta per anni.
E' fantastica! Se tu fossi vivo la visiteremmo insieme.
Domani
sai? E' l'ultima gioranta di mare, ci vado con le mie amiche, Cinzia e
Mary, loro dopo partono due settimane per la Francia, vanno a trovare
una zia. Io dopo dovrò studiare con Rosy per il test di ammissione a
scienze giuridiche.
Adesso ti abbraccio, un bacione, ci risentiamo domani!
Ciao
La tua Nadia.
***
Era una bellissima
giornata, il sole scaldava le pietre roventi e le cicale cantavano
allegramente, eppure quello era l'ultimo giorno di mare per Nadia, lei e
le sue amiche stavano scendendo adesso le scale per arrivare sulla
bellissima e maestosa spiaggia della costa siciliana.
Il mare sembrava un piatto gigantesco di cristallo che lasciava vedere le sue ricchezze tanto era trasparente.
Bellissime pietre colorate di qualsiasi forma e dimesione si trovavano nelle acque fresche e cristalline.
La visione di quel posto placa ogni animo cattivo, rilassa, purifica.
Sembra un posto incantato dove gli angeli facecano il bagno e intonavano canzoni dalle melodie bellissime.
Sulla
spiaggia ci sono moltissime persone ma poche in acqua, soprattutto
perchè la mattina presto l'acqua è molto fresca e poi solo chi sa
nuotare molto bene, dato la profondità degli scogli del fondale, può
farsi il bagno.
Qualcosa però anche in quel posto turba
Nadia, neanche la felicità e la voglia di godersi il suo mare, quello
che ama tanto la quieta.
Le ragazza stendono le tovaglie,
preparano la colazione che gusteranno dopo il bagno e si dirigono verso
il bagnasciuga. L'acqua è freddissima ma la voglia di nuotare di Nadia è
più forte, lei si tuffa immmediatamente con uno scatto agile, tanto
prima o poi il corpo si abituerà alla temperatura.
Le
altre due ragazze entrano più lentamente nelle acque bellissime, Nadia
sta già nuotando, è avanti, qualche metro distante dalla spiaggia.
L'acqua è incantevole, la sentiva solleticare e sguizzare sulla sua
pelle come se fosse un pesce vivo trasparente e solido. Dalla sua
altezza guardava il fondo, lì poteva osservare tutto dalle alghe, alle
pietre variopinte, alla sabbia, ai pesci che nuotavano sotto di lei. E'
tutto fantastico.
"Dai ragazze venite!" disse allegramente.
"Si Nadia! Dacci il tempo di abituarci alle temperatura, brrr!" Le rispose Mary.
"Sbrigatevi! E' bellissimo qui!"
"Il mare è un posto dove l'uomo è quasi come un intruso,
lui non è una creatura marina, non fa parte di quel mondo incantato,
però l'uomo si immerge nelle acque e nuota, si adatta e ne fa parte
anche se non per tutta la sua vita, ma di fronte le creature marine, lui
è un estraneo ed è come un profanatore, anche quando non inuina e non
deturpa i fondali, quel posto magico gli è estraneo per la sua natura."
Pensava
Nadia, stava dimenticando quasi l'ansia dell'istante prima di rentrare
in acqua, ma adesso l'accompagnavano strani pensieri, perchè? Doveva
accadere qualcosa?
Qulacosa tocca i suoi piedi e la
trascina verso il fondo, accade tutto in un attimo, le due ragazze non
si accorgono neppure, sapevano che Nadia è una brava nuotatrice e che
sapeva nuotare anche bene sottacqua, non vedendola più pensavano che si
fosse immersa.
Il mare l'aveva inglobata, l'aveva portata
giù nel suo mondo, quello che non le appartiene, che le apparterrà
quando lei sarà morta.
Lui la vuole, lei non capisce il
perchè, prova a nuotare ma qualcosa di invisibile la spinge sotto. Non i
arrende, sente che non morirà adesso e non morirà così, ma quella forza
la vuole vedere, vuole capire chi è e cosa vuole da lei. Così
velocemente la spinge Oltre, il su corpo sbatte tra cogli e alghe sente
che è lontana sente che è nelle mani di qualcosa di mostruoso, che la
vuole morta, ma quello non è il mare. C'è qualcosa che non appartiene a
quel posto che lei ama e si trova li perchè la vuole morta.
Sta
per perdere i sensi, non riesce più a trattenere il respiro e non può
respirare, tra poco i suoi polmoni si riempiranno di acqua e per lei
sarà la fine.
***
Lui era un uomo
affascinate, vestito di nero con un abito formale, una giacca e dei
pantaloni di tinta unita. Stava li sulla spiaggia, la gente non poteva
vederlo, ma lui li osservava.
La spiaggia conservava una striscia
di sabbia tra le pietre colorate, l'uomo si china e col dito indice
segna un segno sulla sabbia.
Un bambino si accorge che qualcosa sulla sabbia stava tracciando delle linee, penso a un insetto che scavava da sotto.
Tracciò un segno, simile a una zampa di pavone, "Algiz" , disse l'uomo.
***
Gocce,
cadono sulle sue labbra carnose, scivolano e le bagnano le guance,
Nadia apre gli occhi, è viva, tossisce, Sente che ha bevuto molta acqua,
sente le orecchie tappate e il rumore di un linquido che le preme e le
ottura gli orifizi delle orecchie.
Prova a fare uscire l'acqua con
dei colpetti, abbassando di un lato la testa e poi dall'altro, si
accorge che gambe e braccia, da un forte bruciore, sono ricoperte da
molti graffi, li osserva, pensa alle sue amiche, la staranno cercando.
Quanto tempo era trascorso?
Non ne ha idea.
Con
lei sente che li, c'è qualcuno, ne è sicura, osserva il posto dove si
trova e vede che è in mezzo al mare, la riva è lontana, prova terrore.
"Come faccio a tornare a riva?"
"Ce la farò mai a nuotare così tanto?"
Pensa che è impossibile.
Quando
era piccola pensava sempre che ogni volta che doveva oltrepassare un
traguardo lontano, doveva dopo aver fatto dei passi fermarsi ed essere
contenta di essere andata, di essersi spinta sempre più oltre, ogni
passo l'avvicinava alla meta.
Ma questa volta è difficile, non pensa di avere tutta quella resistenza anche se a nuotare se la cava parecchio.
"Mi trovo in un guaio!"
"Passerà qualche barca da qui?" pensava.
Il
posto e' stupendo lo scruta, crede che è stata salvata dal mare, dal
suo mare e che quell'essere che l'aveva spinta a largo era una minaccia
che non faceva parte di esso.
"Una corda ancorata a un motoscafo?"
"No, non è possibile, non c'erano imbarcazioni li!"
Il
sole illumina qualcosa che si trova con lei su quel faraglione, il
vento alza i suoi capelli, sono argentati, ma la persona che si trova li
si nasconde dietro alle rocce.
"Chi sei? tu mi hai salvata?" Grida.
... ... ... ... solo vento.
Nessuna risposta, solo silenzio.
"Parla ti prego!"
Pensa
che chi è la con lei è la sua salvatrice, lei crede negli esseri
sovrannaturali, pensa che sia stata una sirena come la Ariel della
"Sirenetta" che ha salvato Eric.
Le dispiace, che lei non
le risponde, vedeva solo i capelli lunghissimi, ma è anche possibile che
si sbagliava, forse è sola ed è qualcosa che è stata abbandonata li da
qualche pescatore.
Una rete? Delle lenze per le esche?
Vuole avvicinarsi ma ha paura.
"Ce la farò anche se sono da sola! Me la sono sempre cavata perchè adesso non dovrei farcela?" disse.
"TACI NINGEN, LUI E' QUI, PER TE!"
Lo ha sentito, è un maschio, il suo timbro di voce è alto e maschile.
"Chi è per me? Parla!" risponde e di istinto alza la voce.
"MI CHIEDO COSA C'ENTRI TU COL NOSTRO MONDO?"
"Quale mondo?"
Nadia pensa che deve parlargli adesso che lui le ha dato un segno di vita.
"Guarda,
interrompiamo questi strani discorsi, io ti ringrazio per avermi
salvata, ma adesso dimmi, Come facciamo a tornare a riva?"
"Come farai a tornare." la corregge.
"Capisco,
tu abiti qui vero? Questo è il tuo posto, sei un tritone. un essere
fatato, anche egoista a quanto vedo, però mi hai anche salvata, non
chiedo aiuto, ma neanche un consiglio?"
"Ti ha portata qui da me, il mare." abbassa il tono, diventa pacato.
"Posso vederti? Neanche questo?"
"No!" secco.
"Non so cosa sei tu, ma io qui non posso abitare, mi staranno cercando, e moriro' di fame e di freddo qui."
"Sciocca ningen! non sai cacciarti il cibo, Tsk!"
"Che tipo!", pensa Nadia, "magari sto parlando con la mia coscenza o con qualche essere immaginato da me."
"O magari sono ancora incosciente in qualche altro posto e sto sognando tutto questo."
Lo sente ridere, lui capta i suoi pensieri?
"E' anche maleducato!" pensa.
Tutto
questo è assurdo, lei riesce a litigare oltre con gli spiriti e umani,
adesso anche con i tritoni, o gli eremiti, pensa che lo deve prendere
con le buone e non deve essere sgarbata, anche se lui le faceva perdere
la ragione con il suo modo di parlare particolare, cosa sono i ningen?
"Tra poco passerà una barca dei carabinieri e tu andrai con loro." disse.
"Ti chiedo scusa."
"Mi ha predetto il futuro?" penso'.
"Si!"
"Scusami,
ma tutto quello che è particolare mi affascina parecchio, io voglio
vederti, voglio vedere a chi appartiene la voce che mi parla."
"Ti ho già risposto."
"Ok! Va bene così come vuoi!"
E
si, quella voce aveva proprio ragione, in lontananza un motoscafo dei
carabinieri, la sta cercando, lei grida felice per farsi sentire.
Loro si avvicinano, l'essere che stava li era sparito, i suoi capelli non svolazzavano più da dietro la roccia.
"Che incontro strano!" pensò, adesso stava salendo sul motoscafo.
Adesso Nadia può ritornare a casa.
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Capitolo 9 *** Rad ***
RAD
"Sto annegando! Max! Muoio!"
Gridavo ma
lui non mi sentiva, lui era in un altra dimensione non poteva più
venire qui ad aiutarmi, io posso adesso morire, almeno Max così posso
starti accanto, posso vederti, posso stringerti ed abbracciarti come ho
sempre desiderato.
Guardo la superficie
dell'acqua, il limite col mio mondo, io stavo a fondo, legata da
qualcosa che mi blocca piedi e corpo, quel filo conduttore mi appare
così vicino e impossibile da raggiungere.
Penso.
Mi guardo.
Mi trattengono le alghe ma sono state mosse da qualcosa.
"Perchè ce l'hai con me? chi sei?" Dissi.
Non ebbi risposta.
"Algiz" dissi, pronunciai quella parola.
Cosa significava?
I
raggi filtrarono nell'acqua formando una figura che ricorda le corna di
un alce o una mano spianata come per fermare qualcosa, tra questa al
suo centro, dove si intersecavano le linee, spunta una mano di uomo che
si immerse, sto osservendo il braccio, che si allunga verso di me, da
questo appare lui, Max.
"Max in sogno mi prendesti per un braccio e mi riportasti su, sei stato tu allora a salvarmi?"
Nadia si svegliò.
"Grazie!" disse.
***
Mette
i piedi giù, fuori sembra ancora notte, si alza, la luce è spenta,
fuori i lampioni illuminavano la strad buia, li può osservare dalla sua
finestra.
Va verso questa, "si è ancora notte!" vede.
Era stata una brutta giornata per lei, aveva dormito tutto il pomeriggio fino a quell'ora, i suoi non si sentono.
Staranno dormendo?
Va verso la stanza da pranzo e oltrepassa l'uscio della sua.
Devono essere le due am, o le tre?
***
"AH!"
Un forte grido spezza il silenzio.
"Chi è che grida? Sembra la voce della mamma!" pensa.
Corre verso la stanza della madre in preda al panico, quegli istanti le sembrano infiniti.
"Che sta succedendo?" grida ancora.
No! non è possibile non può crederci.
Ai
piedi del letto della madre una formica dalle dimensioni enormi, alta
quanto un uomo, 1,70 cm circa, gigantesca, è sulle sue zampe inferiori e
sta divorando il suo cagnolino.
"Nooo!" grida "Billy!"
La
formica sposta la sua attenzione su di lei, la guarda minacciosamente e
la madre di Nadia per fermarla si tuffa verso una zampa dell'enorme
insetto, la afferra.
La formica imbestialita subito
afferra per il collo la signora e la strattona, la gettandola a terra
senza vita, la donna sbatte sulla parete macchiandola e cade, del sangue
le esce dalla bocca, è morta.
"MAMMAA!" grida Nadia, è
agitata ma non può lasciarsi andare, c'è ancora gente in pericolo nella
sua casa, deve salvare gli altri, quel mostro è arrivato li per
uccidere tutti.
"Maledetta!"
"Come hai potuto farlo, era il mio cane e mia... madre!"
Singhiozza
ma non si ferma a piangere, deve sbrigrsi o sarà troppo tardi anche per
lei e per quel che è rimasto della sua famiglia.
***
Da piccola si divertiva a bruciare le formiche sulla brace, quando suo padre e suo zio lo preparavano per arrostire la carne.
Le venne subito in mente quella scena, come un aiuto suggerito, adesso lo sa, pensa che può combatterla col fuoco.
Decide
di attirarla in cucina e prendere un bastone per poterle dare fuoco
prima che si dirigese al piano di sotto a fare altra carneficina.
Nadia
prese così una scopa e la avvicinò verso la cucina accese un fornello e
bruciò la scopa, poi veloce l'avvicino alla formica che con uno scatto
si stava precipitando su di lei.
Questa subito, si fermò e indietreggio'.
"Morirai tu! Bella!" gridò nadia guardando quell'essere mostruoso senza ... occhi?
Si, si accorse che era cieca, si muoveva secondo i segnali che le danno sue antenne.
Quell'essere adesso doveva morire.
"Allora mia cara ti brucerò le antenne e poi appiccherò il fuoco su di te!"
"Diventerai una torcia disumana!"
Così con uno scatto avvicino la scopa alle antenne e così le brucia.
L'essere dl dolore si getta a terra e viene atterrato.
"Devo completare la mia opera!" grida "muori!"
L'odore
che venne fuori era nauseante sa di carne cotta, e capelli umani
bruciati, il corpo di quell'essere fece troppo fumo, un fumo grigio
topo. Nadia così corse verso le finestre adesso le stava aprendo, non
respira evita di sentire quella puzza e di morire soffocata.
"Come mai? Questo odore?"
Le ricordava quello che veniva fuori quando da piccola per gioco si staccava i capelli e gli dava fuoco per divertimento.
Il
fumo usci' tutto, Nadia ha vinto, ma pensa che in quella battaglia h
perso la madre e il suo amato cagnolino, piange adesso e si avvicina al
posto dove giace il corpo carbonizzato di quell'essere per scrutarlo.
***
"Un uomo?"
Quello
che stava a terra era il corpo carbonizzato di un ragazzo di circa
diciannove anni, Nadia pensa a tutto quello che è accaduto.
"Non è possibile sto ancora sognando!"
Tocca
il corpo che giace a terra, come se lo velesse confortare anche se
questo le aveva portato via le persone che amava di più al mondo.
Doveva essere un'anima inquieta ma perchè si era manifestata in quel modo? E perchè aveva un corpo?
Cosa stava accadendo?
"Tua madre adesso dorme, ma per il cane non ho potuto fa nulla."
Quella voce, la voce del faraglione.
"Dove sei tu?"
Questa volta lo vedra'?
No.
Sparisce.
Il
corpo del giovane si trasforma in cenere, perde la sua forma e cade sul
pavimento, ricoprendolo di nero. Nadia, distratta da quel movimento si
accorge che nel posto dove giacevano le anche del giovane si intravedono
due sfere.
Queste hanno le dimesioni ognuna di un occhio umano.
Le guarda.
***
Un rumore di passi, una donna di media età apre una porta, entra in una stanza, vede il pc acceso, sul monitor:
"Come
un turbine di vento oscuro, entra dentro la trachea a bruciare e
sciogliere il tutto, macera bronchi e polmoni e chi ne è vittima non
riesce a respirare."
Abbassò gli occhi e vide quelli di suo figlio poggiati sulla sedia, del corpo del ragazzo, solo cenere.
Così cadde a terra, priva di sensi.
***
Si, Nadia stava dormendo. Tutto era stato solo un sogno.
Si alza dal letto, il cuore le batte forte, il suo animo è sollevato almeno sua madre e il suo cagnolino non erano morti.
"Nadia!"
La madre la chiama.
"Billy!" Billy... non si sveglia, è morto!"
Nadia balza dal letto esce veso la cucina e vede a terra una macchia
nera, l'impronta di un corpo carbonizzato, a terra un simbolo, una R.
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Capitolo 10 *** Sesshomaru ***
Sesshomaru
Nadia sconvolta, sa che nella vita ormai, tutto può accadare,
però quello che è successo ha oltrepassato il limite del
comprensibile, adesso pensa.
Quella
voce aveva ragione!
Il mio cane è morto, mentre mia madre no, lui ha
detto in sogno che lei dormiva, e questa mattina si è svegliata.
Quell'essere esiste davvero, tutto quello che era accaduto la sera prima in sogno si era manifestato.
Come mai?
Perchè succedeva tutto questo?
Qualcosa nell'aria stava cambiando, l'atmosfera era diversa e ogni giorno avvenivano fatti atroci in tutto il mondo.
Può un corpo umano prendere subito fuoco e diventare cenere nel giro di pochi secondi?
Un po' di ceneri, di ossa e molto fumo, è tutto quello che resta di un
essere umano dopo una combustione spontanea.
C'è una spiegazione scientifica del fenomeno?
A casa mia c'e' ancora la macchia sul pavimento, ma tutto è stato solo un sogno.
Di chi era quel corpo?
Era imprigionato dentro il corpo della formica, che cosa strana!
Nadia rinunciò ad andare dalla sua amica Rosy a studiare per cercare l'uomo del faraglione, lui sicuramente sa.
Deve
parlargli, deve capire cosa c'entra lei con tutto questo e perchè le
sono accaduti quegli spiacevoli avvenimenti, tutto questo è strano e
importante allo stesso tempo potrebbe accadere ancora qualcosa.
C'è un nesso tra la vita reale e un qualcosa di un'altra domensione.
Il
problema è come raggiungere quel faraglione.
Mentre cammina la ragazza pensa di prendere una barca o di affittare
un pedalò e raggiungere il faraglione, questa si è
l'unica soluzione. Lungo la strada pensava ancora all'accaduto il mare
distava a pochi chilometri da casa sua.
***
Arrivata sulla
spiaggia osservò il posto, quell'angolo di paradiso, come faceva sempre.
Vide che libere sull'asciutto c'erano solo delle canoe, i pedalò erano stati
tutti affittati, allora decise di prendere anche quello pure se non ne aveva mai
usato uno, sempre meglio di arrivarci a nuoto.
***
Il sole è forte, gli occhi sono appannati, la fatica delle braccia è immensa.
Nadia
senza sosta voga verso il mare piatto, non c'è nenche un filo di vento,
tutto è splendido e luminoso così tanto che quel posto le fa quasi
dimenticare il motivo per il quale lei adesso si trova li e sta cercando
di arrivare disperatamente al faraglione.
"Eccolo!" lo intravede.
Intravede quell'enorme scoglio roccioso a forma di torrione che emerge dall'acqua lontano dalla costa.
Ancora un ultimo sforzo e parlerà con quell'essere, questa volta non le importa se si fa vedere o meno, deve risponderle.
"Finalmente arrivata!"
Era
stata circa mezzora a remare e pensare che ieri c'era arrivata
misteriosamente, trascinata da qualcosa di sconosciuto, portata li in
pochissimi minuti.
"Dimmi che ci sei! ti prego!" disse.
Ha fatto tutto inutilmente?
Quell'essere non è più in quel magico e pittoresco posto?
Solo un gabbiano si sente, e la musica delle onde che sbattevano
sullo scoglio, l'uccello da caccia ai pesci, si tuffa verso un branco e
con le zampe ne afferra uno e lo porta su con lui.
C'e' un forte profumo di alghe, il mare quel giorno possiede anche un buon odore.
"Non c'è, inutile!" disse.
Si
gira e si dirige verso la canoa, sta per salire ma qualcosa la afferra
per il braccio sinistro. Una punta le lacera la pelle, sente entrare
dentro le sue carni qualcosa di gelido, come una pietra fredda dalla
punta accuminata.
Ha paura.
E' lui?
Si gira verso quella figura alta e pensa che adesso può vederlo.
Di
fronte a lei due occhi splendidi e felini, color oro, la pupilla
allungata quasi inestistente per via del forte rifesso della luce, lei
non prova paura anche se lui involontariamente l'ha ferita.
Gli
guarda la mano, possedeva degli artigli affilatissimi, color bianco
perla, i suoi capelli lisci e lunghi erano quelli che aveva visto ondeggiare da dietro la roccia, il
suo viso molto simile a quello del suo Max, ma sulla sua fronte un segno
color blu scuro, sembra che fosse un tatuaggio, uno spicchio di luna e
sulle guance due strisce rossastre.
"Fermati!"
"Tu dimmi sei max?"
Nadia gli dice, data la somiglianza che aveva all'immagine che ha sempre sognato e visto del suo amico.
"Si, sono io ma il mio nome vero non è Max, è Sesshomaru!".
Non è possbibile!
Chi
ha di fronte è davvero il suo Max?
Allora lui non è mai stato lo
spirito di un ragazzo, le ha sempre mentito, adesso è un qualcosa di
cui non sa la vera natura.
E' un demone?
"Max...! E'
importante, sono venuta fin qui per questo. Sttanno accadendo delle cose
incomprensibili che non capisco e sento che deve succedere ancora tanto
e ho paura. Voglio evitare tutto questo!" disse, gettando tutto quello
che aveva nell'animo turbato da quegli avvenimenti, tutto di un fiato come se si volesse liberare dal peso che ha dentro.
"Calmati! Insieme capiremo, e insieme lotteremo!"
Max
prende la mani della giovane, la guarda fissa neglio occhi, le mani di
Nadia tremano, sembra stranita, quell'essere che non si faceva
avvicinare adesso le sta così vicino, le accarezza i capelli e socchiude
gli occhi, si avvicina le sue labbra sensualmente al suo orecchio destro e le susurra
qualcosa.
"Prima pensiamo a noi Nadia! Quante volte hai desiderato di avermi, adesso sono qui e ho un corpo."
Non è possibile!
Non poteva essere Max lui non era così sfacciato, non va, non sentiva la presenza del suo amico, in lui c'e' qualcosa di estraneo.
"Io Max, non ho mai pensato di averti." la ragazza chiarì.
"E allora perchè non hai un ragazzo? Tu hai sempre pensato a me."
Ne era certa adesso.
"Tu
non sei Max! Lui sa perchè non ho un ragazzo." in parte quell'essere
aveva ragione ma voleva metterlo alla prova, voleva capire.
"Ma dai Nadia, tu ami me!" "Vero?" Sgranò gli occhi come se pretendeva che lei le dicesse si.
Max
adesso è ancora più vicino, l'afferra per la vita la tira a se con forza, si
avvicina alle sue labbra, vuole prenderla, vuole averla vuole...
***
Un
lampo azzurro divide quel colpo cadono brandelli di carne
putrefatta a terra e sulle braccia di Nadia, che non riesce ancora
capire cosa sia successo e chi era quella figura, e si tira indietro disgustata.
"Adesso ruba i resti del cimitero per creare le sue pedine!"
"Come sei caduto in basso Naraku!"
Rinfodera la spada e si gira, Sesshomaru da le spalle alla ragazza.
Nadia
guardando quei capelli capisce che era lui l'essere dell'altra volta.
Chi ha fatto finta di essere lui?
Chi ha fatto finta di essere il suo
Max e perchè?
"Tu ti chiami Sesshomaru? Ma non sei Max vero?"
"Si, io sono l'autentico e solo, Max non so chi sia."
"Chi è Naraku? perchè accade tutto questo?"
"E' ora che tu sappia, non so perchè lui mira a te, forse sei la nuova sacerdotessa?"
"Sacerdotessa? Io?"
"La
Miko, di quest'era."
"Tutto è tornato come prima, il passaggio si è
nuovamente aperto e noi siamo tornati in questa dimensione, Nadia."
"Voi chi?"
"Demoni,
anime dannate, larve, corpi astrali, vaga tutto sulla terra, si
ciberanno degli umani e delle loro anime. Io dovevo sorvegliare il
passaggio ma qualcosa che non ricordo bene è accaduta ed adesso, questa è
la situazione. E' compito mio riportare l'ordine, tu stai indietro,
ningen!"
"Ma io non posso stare indietro, non so perchè io, Sesshomaru ci sono dentro."
"Io non do spiegazioni agli umani ma è bene che stai allerta, non so perchè anche tu ci sei dentro."
"So che il nemico adesso è ancora debole e se lo elimino ora,
non accadrà nulla." " E' da qualche anno che lo aspetto e sono
pronto."
"Non posso aiutarti in nessun modo?"
"No, stammi solo lontana."
"Ok, ma se si farà vivo?"
"Io inseguo lui, non me lo lascerò scappare, se sono io a dargli la caccia non ha via d'uscita."
Quell'essere
ha fiducia nelle sue capacità, deve essere molto forte e deve possedere
dei poteri particolari, Nadia non sa se fidarsi non lo conosce ma
queste sue parole l'hanno rassicurata. Sente una forte e chiara energia
in lui, ma non sembra una creatura sovrannaturale.
Indossa dei jeans sguarciti e una maglietta azzurra, sembrano gli
abiti che indossava Max, ma perchè li porta se non è lui?
"Dopo ridarò la vita a Aaron, tutto deve tornare come prima."
"Aaron?" pensa Nadia.
"Chi è e perchè me lo nomina?"
"Aaron è il tuo Max!"
Nadia lo fissa.
"La sua anima vaga e penso che Naraku se lo trova lo userà come esca."
"Quindi lui è un ragazzo morto, davvero?"
"Io
sono in lui, lui non è vivo, l'ho ucciso io nove anni fa, dovevo farlo
per trovare un mezzo per riportare tutto nell'ordine."
"Qualcuno doveva
essere sacrificato."
"No! Tu lo hai ucciso? Ho davanti l'assassino di Max?"
Tacque.
"Perchè
proprio lui doveva pagare?"
Le lacrime, Nadia non fa in tempo a
fermarle, sgorgano dai suoi occhi senza che lei lo vuole.
"Se
io non l'avessi ucciso forse tu non l'avresti incontrato, e poi ho il
potere di riportarlo in vita, io sono un Kami, ragazzina!"
"Un kami?"
"Una divinità, vengo dal giappone e sono venuto qui perchè in questo posto si è aperto il portale."
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Capitolo 11 *** Normale ***
Normale
Caro Aaron,
so adesso chi sei. Penso a te ora come un estraneo. Sai in tutto questo
tempo ho voluto vivere la mia vita da umana o Ningen come mi ha
chiamata il tuo assassino. Non volevo più girarmi verso di te,
dopo che sono andata a cercarti, ma non come Max, come chi sei sul
serio. Sono indietro con gli studi, alla fine ho scelto Giurisprudenza
sul serio e mi sono iscritta. Non puoi immaginare quanto è
freddo e severo quell'edificio, io mi sento un pesce fuor d'acqua li ma
è ciò che posso fare. Ho calpestato i miei sogni per
credere nella giustizia quella che in questo mondo so che non si trova
e troverà mai, io lotterò pero' Max..., no Aaron.
Ho conosciuto la tua donna e tuo figlio che adesso ha nove anni,
somiglia a te a come ti vedevo io, ma non ha i tuoi occhi d'oro.
Ho cercato la tua tomba invano, non mi è stato facile ma siccome
eri di Palermo e il caso o tu, mi ha fatto incontrare quella donna,
penso proprio che anche il destino mi ha aiutata.
Tu eri un ragazzo un pò scontroso mi hanno detto, non conoscevo
questo lato di te e poco mi meraviglia. Quella donna ancora ti ama e
penso che se il signor Kami riuscisse a riportarti in vita magari vi
sposereste e dareste una famiglia a quel bimbo.
Ma il signor Kami era solo una visione, voglio pensare che tutto
ciò che ho vissuto è una mia idiozia e fantasticheria,
quella di una bambina che ancora a diciannove anni non vuole crescere.
Così adesso ti riscrivo anche per dirti che il mio affetto per
te non aveva senso, mi ha solo rubato anni della mia vita e fatto
perdere delle occasioni, adesso ho conosciuto un ragazzo che a quanto
pare ha interesse per me. Lui è un ragazzo reale e non vive
nella fantasia. Però qualcosa in lui mi turba, forse è il
fatto che sono ancora giovane in questo e l'amore o il pensare di avere
una storia reale mi fa paura.
Io ormai sono grande, volevo prima quando credevo che il mio paese e
l'ambiente in cui vivo fosse minacciato da qualcosa di incredibile,
dare la vita per salvarlo anche se quell'essere me lo ha impedito,
adesso stranamente sono passati mesi da quel giorno e sembra che tutto
sia scomparso.
Sembra che le mie fantasie siano scomparse e ne sono felice perchè sono cresciuta.
Addio mio Max, buona fortuna Aaron, e tutto è vero, ciò
che continuerò a fare sarà solo pregare per te. Io ti ho
voluto bene.
***
Questa volta Nadia non piange, resta fissa a guardare lo schermo del pc
prima di salvare e archiviare quel file, non ha il coraggio di metterlo
nel cestino, le è servito come uno sfogo, ripensa a tutto quello
che crede che sia una fantasia ma che mesi fa si è anche
manifestato.
"Non voglio più pensarci, ho una vita normale adesso!"
***
"Nadia, sono riuscito a tirarti fuori
da tutto, in questo maledetto corpo umano ancora riesco a usare i miei
poteri psichici. Ho mascherato ciò che l'uomo non deve vedere,
ma che avviene sotto i suoi occhi, giorno per giorno."
"Qualcuno ti da la caccia, l'ho
fiutato e l'ho visto, so che non è il solo, lui come sempre si
è nascosto e credo di sapere dove."
"Tu mi porterai da lui e io gli farò pagare tutto quello che ha fatto."
"Voi Ningen dovete vivere nell'ombra siamo noi a muoverci nell'ignoto."
Dal faragione con la mente Sesshomaru segue la figura della
ragazza che osserva quel vetro silenzioso e opaco, la segue spesso, sa
che lui la cercherà e che due volte ci ha già tentato in
questi mesi ma erano mosse false per seminare il curioso Youkai.
"Sciocco di un hanyou, crede che io
sia tanto stupido? Naraku non sai che c'è qualcosa di più
oscuro di te che ti sta usando."
"Il male, chi è messagero di odio è solo schiavo di sentimenti umani e disonorevoli."
"Io sono più grande e saggio di te, dannato! Eh si! Hai giocato la tua prima mossa, hai fatto centro per la tua morte."
***
Sotto gli occhi di Nadia, mentre lei pensa decisa di lasciarsi
tutto dietro e tornare alla sua vita rinunciando a dare impostanza ai
suoi particolari sensi, avviene qualcosa di inspiegabile con la ragione
umana.
"Sogno l’inverno oppresso dal mattino
Sogno la notte annientata dall’estate
Sogno l’aurora di un giorno che non verrà mai.
Mi ergo,
Vedo l’inferno che governa il paradiso terrestre.
Osservo una donna che piange per un bambino oramai morto.
Guardo l’odio che sovrasta l’amore.
Dentro me
un fiume in piena
Cresce.
Sbatte.
Gonfia.
Mi travolge!
Affogo,
ma sono io!
Mi aggrappo al mio scoglio e
sento che cieco posso ancora nuotare.
L’aurora sorge.
L’estate torna.
Quell’alba non verrà mai...
Io sono quell’alba che non viene ma che scalda.
Sfioro il vento
Io non sono materiale ma esisto.
Chi è umano è lontano dal letto di questo fiume,
io nuoto in queste acque
e osservo il paradiso che brucia tra le fiamme dell’inferno
alimentate da chi possiede quella carne tanto blanda."
Qualcosa di invisibile batte sulla sua testiera, sono parole
disperate, dette da chi è stato solo a guardare tutto e non ha
potuto muovere un dito. Frasi mescolate all'umano e non umano, come
quella figura che l'osserva dal faraglione.
Un contrasto che da vita a un vento forte che soffia adesso nella sua
stanza. Nadia guarda le finestre e la porta. Tutto chiuso. Non
c'è una spiegazione a tutto questo. Volano libri dalla libreria,
cadono a terra, abbassa gli occhi.
Sotto i suoi occhi il libro della divina commedia di Dante aperto, si gira la pagina, i suoi occhi verdi e sorpresi cadonosul Paradiso, canto XXII, verso 12.
La spada di qua sù non taglia in fretta
né tardo, ma' ch'al parer di colui
che disïando o temendo l'aspetta.
"Basta! Lasciatemi in pace!" Grida.
Si abbassa, mette le mani sugli occhi, non vuole guardare, non vuole capire. Vuole adesso solo vivere.
***
Sesshomaru ancora la osserva, capische che qualcuno o qualcosa di Aaron
si è manifestato, è più forte di prima, lo sente.
"Qualcosa sta avvenendo, la ragazza non doveva essere coinvolta!"
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Capitolo 12 *** La tomba di spine ***
La tomba di spine
Quando accade qualcosa nella luce del giorno, arriva la notte e morfeo
col suo sguardo deciso e occhi attenti, fissa le sue vittime che ignare
non possono far altro che addormentarsi.
Nadia dormiva.
"Ricorderò tutto come se fosse stato parte di un sogno!"
E' ostinata la ragazza.
Non sapeva che ciò che sta per accadere la spingerà tra la rupe dell'invisibile e la farà cadere oltre.
***
Oltre il tempo,
Oltre il corpo,
Oltre il visibile,
Oltre i confini del continente.
Lì vede un mare immenso e agitato, era notte, il tempo era
grigio e due figure sono illuminati dalla luce argentata della luna che
splende così incedibilmente tanto, come se fosse il sole della
notte, da schiarire l'oscurità delle nubi che la coprivano.
Quelle due figure emanano anch'esse luce, sono su di una spiaggia, di
due sessi diversi, una è una femmina, l'altro un maestoso e
superbo maschio.
Lei gli da le spalle, stanno discutendo e l'uomo la guarda severamente
con due occhi dorati felini e le sopracciglie in giù, come se
volesse rimproverarla.
"Tu non sopravviverai, devi stare al tuo posto!"
"So che ne uscirò sconfitta, ma devo difendere mio figlio Sesshomaru! Una madre deve provvedere al bene dei suoi figli"
"Sciocchezze! Hai osservato fin troppo gli umani, gli sei stata troppo
vicina, ciò che succederà al piccolo lo farà
crescere."
Lei adesso lo guarda con due occhi color oro luccicanti di
indignazione, è molto bella. I due non sono umani, hanno
qualcosa di diverso, lei si volta e va verso quell'individuo che Nadia
ha riconosciuto.
Ma perchè sta sognando tutto questo? Si domanda.
"Non ti importa se il sangue del tuo sangue morirà Sesshomaru?"
"Taci! Se è mio figlio non morirà!"
"Come fai ad essere così sicuro?"
"Ciò che accadrà riguarderà me e non lui, e se tu
vorrai sfuggire al tuo destino, devi tirarti indietro e farmi spazio."
"Non posso non lottare per mio figlio, Sesshomaru!"
Un lampo argentato spezza il grigio oscuro della notte, Nadia non vede
più la femmina, in cielo una figura argentata si muove
velocemente, sembra un cane gigantesco ma bellissimo e aggraziato. Lui
resta li a guardarla con rabbia, poi grigna e sussurra qualcosa.
"Sciocca!"
Dopo un altro lampo più grande, adesso un altra figura la segue
nel cielo, una più enorme e lucente, lascia una scia luminosa
che somiglia tanto alla via lattea quella da dove ci osservano le anime
degli angeli.
Qualcosa sta accadendo, Nadia deve assolutamente assistere, pensa di essere li per questo.
***
E' ormai quasi l'alba, qualcosa trasporta Nadia verso il posto dove la
femmina sta combattendo, lei intravede a terra un pozzo scoperto, un
buco enorme nel terreno e del fumo rosso che fuoriesce, la ragazza di
prima indossa una tutina nera con su una armatura dorata, lei posside
una lunga e biforcuta pelliccia bianca che le pende da dietro le spalle
e ondeggia insieme ai suoi capelli argentati seguendo i suoi
armoniosi e sinuosi movimenti.
E' bellissima, agile e tagliente, ma sembra che sta lottando con
qualcosa di tremendamente invincibile, non lo scalfisce neppure ma non
si da per vinta Nadia non riesce a vedere bene il suo avversario, lei
continua a balzare ma qualcosa la colpisce e adesso sanguina.
Devo fare qualcosa devo aiutarla! Sento che c'è qualcosa di oscuro in quello che lei sta combattendo. Nadia grida e avanza correndo.
Tu non puoi fare nulla, tutto si è ormai verificato.
E' Aaron che parla, è lui adesso che le appare accanto e la ferma la ragazza.
Lei morirà?
Si, Nadia lei morira'.
E' una madre! Che ne sarà del suo piccolo?
Al destino non importa.
Tutto scorre, il tempo è il medico più sadico che conosciamo.
Nadia ecco Sesshomaru, lui non arriverà a salvarla.
Sesshomaru vede la youkai balzare a terra, è ancora viva,
ma per poco. Scatta in avanti va verso di lei la afferra, qualcosa li
colpisce ma Sesshomaru balza.
"E' tutto intile Sesshomaru sembra fatto d'acciaio, è ancor più forte dello youkai che ha ucciso tuo padre."
Sesshomaru sente odore di umani e di youkai morti ma ciò che
aveva di fronte non era ne' demoniaco, ne' umano, era una figura enorme
di un diavolo nero, due lunghe e mostruose corna e due occhi vuoti.
"Ciò che abbiamo di fronte
è l'insieme di tutti i pensieri negativi, tutto ha di nuovo
inizio e io devo riportare l'ordine."
Lo colpisce ma si rende conto che non lo intacca, non può
credere ai suoi occhi! Li spalanca poco sorpreso. Ora userà Bakusaiga, si ricompone, Sesshomaru placherà gli
animi e tutto tornerà al suo posto.
"No."
La youkai muore, un soffio e un alito di vento.
"Lei come mio padre."
Non va così Sesshomaru, non
essere troppo sicuro, voi daiyoukai sparirete, vi trasferirete oltre,
questo mondo avrà due dimensioni, in una gli umani non vedranno
l'altra dove si muovono le ombre l'oltre.
E' Aaron che parla.
Io vedevo le ombre, come te Nadia,
lui mi ha strappato al mio corpo, è stata la sua voglia di
tornare e di sapere, ha scelto me che ho visto tutto questo, quello che lui non
ricorda più e che tu adesso con me sai.
Ora Sesshomaru sarà inglobato e riposerà in una tomba di
spine come lo vidi io tempo fa, l'ultima notte della mia vita, Nadia.
Aaron ha ragione, la figura assorbe Sesshomaru e lotrascina e poi richiude nel pozzo.
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