Moonlight

di kyssy
(/viewuser.php?uid=110820)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Voglia di normalità part1 ***
Capitolo 3: *** Voglia di normalità part2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo2 part1 ***
Capitolo 5: *** Capitolo2 part2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Quegli intensi occhi rossi mi fissano minacciosi. Hanno sete, ma non del mio sangue misto ma di quello della persona più importante per me. La persona che mi tiene legata a se da miliardi di fili d'acciaio indistruttibili, forse anche di più del corpo immortale dei miei genitori.
Fissano me perché sono l'unica cosa che gli impedisce di avvicinarsi alla sua preda.
Mai avrei immaginato di dover scegliere in questo modo. E ho paura. Paura di perdere chi amo. Paura di perdere la mia vita perché ad essa ne sono legate altre ora. Devo scegliere prima che sia troppo tardi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Voglia di normalità part1 ***


Nota autrice:I primi capitoli sono già stati scritti, ma siccome ho intenzione (almeno spero) di aggiornare una volta alla settimana, almeno in questo periodo, dividerò i capitoli...grazie in anticipo a chiunque leggrà questa storia...Kyssy



CAPITOLO 1


VOGLIA DI NORMALITA'




Freddo e ghiaccio. Pioggia e neve. La mia vita oramai era diventata un susseguirsi di questi elementi che avevo iniziato ad odiare ormai da tempo. Gli unici periodi in cui non li vedevo erano quelle poche settimane all'anno che passavo con la mia famiglia nella piccola isola nel sud America che mio nonno aveva regalato a mia nonna. Niente di più romantico.

Di solito si regalano fiori, cioccolatini o al massimo gioielli, questo si che era normale, non regalare un'isola, ma la mia di famiglia non era di certo normale. Probabilmente non avevo mai c conosciuto il vero significato della parola normale, visto che nemmeno io lo ero. Potevo immaginare come ci si potesse sentire, ma di certo non sperare di diventarlo, non valeva nemmeno sperarci. Io ero tutto tranne che normale, come d'altronde tutto ciò che mi circondava.

Insomma chi avrebbe dei nonni che dimostrano al massimo trent'anni e genitori e zii che al massimo ne dimostrano venti, sempre andando per eccesso. Io li avevo. Avevo tutto ciò che potevo desiderare, o almeno così credeva la mia famiglia e io glielo lasciavo credere. Ma avevo voglia di normalità. Quale bambina di appena otto anni ne può dimostrare diciotto? Io. E non c'erano possibilità che tutto questo cambiasse. Perché anche se ora dimostravo più dell'età che avevo, ben presto il mio problema sarebbe stato opposto, perché anche se fossero passati altri cinquant'anni il mio corpo, il mio fisico non sarebbe più mutato, sarei rimasta una diciottenne per tutta la mia esistenza. Non si può dire sino alla mia morte, oh non di certo,visto che probabilmente la mia vita sarebbe durata in eterno. Come d'altronde come le vite dei miei familiari. Eternamente giovani ed irresistibili agli occhi umani. Impassibili allo scorrere continuo del tempo.

Ma almeno i componenti della mia famiglia avevano avuto una vera propria infanzia, sapevano cosa erano adesso. Io invece non avevo avuto niente di tutto questo.

Nella mia famiglia: i miei nonni, i miei genitori, i miei zii, erano tutti vampiri. E io? Io lo ero solo a metà, l'altra parte di me era umana, ma di umano io non ho mai avuto niente, forse nemmeno l'aspetto. La mia mente era continuamente confusa ed era molto strano visto che riuscivo a trasmettere i miei pensieri a chiunque, mi bastava sfiorarlo.

La mia mente era come un labirinto senza via d'uscita, e se ti perdevi li dentro eri finito.

Probabilmente niente mi avrebbe potuto salvare da quel baratro senza infinito che era la mia mente.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Voglia di normalità part2 ***


Chiedo scusa in anticipo per gli errori che di sicuro ci saranno e perchè non è stato scritto bene...grazie a chi leggerà comunque...

Voglia di normalità perte 2

Correvo senza sosta da qualche ora, ma non ero per niente stanca. Questo era uno dei vantaggi nell'essere metà vampira. La fatica, come il tempo, non ti sfiora. Almeno non per una corsa, nel mio caso.
Ero a caccia. Perché è questo ciò che ero una cacciatrice. E in quel momento come ogni predatrice che si rispetti ero a caccia della mia preda.
Poi le avvistai. Erano solo in sette, ma sarebbero bastate. Sette alci stavano mangiando la selva innevata ai loro piedi.
Dalla mia bocca uscì un leggero suono, impercettibile per fortuna alle orecchie di quegli animali. Di nuovo alce. Non è che non mi piacessero, ma era la decima volta in due mesi che mi nutrivo di alce, e il mio stomaco reclamava qualcosa di più succulento ed invitante di un semplice e misero erbivoro. E l'odore che emanava i loro sangue non è che aiutasse. Mio padre aveva ragione: il sangue dei carnivori si avvicinava di più a quello umano, e quindi per noi era più invitante. Ma di certo non potevo mettermi a rifiutare un pasto, anche perché l'alternativa sarebbe stata mangiare cibo umano e l'idea non è che mi andasse molto a genio visto che sarei dovuta andare in qualche ristorante, morendo di fame( o per meglio dire di sete) rischiando di saltare così al collo di qualcuno e compromettendo la copertura della mia famiglia.
Cercai di non pensarci. Anche per stavolta mi sarei dovuta accontentare. Pazienza.
Tentai di avvicinarmi il più possibile alle alci, cercando di non fare rumore, così che non scappassero ancora prima di potermi avventare su una di loro.
La neve favoriva l'acuirsi dei miei passi sul terreno. Una cosa positiva di una cosa che odiavo.
Mi dispiaceva un po per loro. Mi avrebbero vista arrivare ma non avrebbero potuto fare niente contro di me, ma l'alternativa era peggiore, e poi si sa è il cerchi della vita. Anche se probabilmente io non ne avrei mai fatto parte.
Chiusi un attimo gli occhi. Estraniai ogni cosa che mi stava intorno, concentrandomi solo ed esclusivamente sulla mia preda. C'eravamo solo io e lei, il mio pasto.
Respirai profondamente, memorizzando il suo odore. Riaprii gli occhi cercando di calcolare la distanza che mi separava da loro. La più vicina era a soli tre metri di distanza da me e non si era ancora accorta della mia presenza. Povera. Calcolai ogni possibile via di fuga, ma erano pressoché inesistenti, l'unica era una via interrotta da un tronco di pino caduto, e probabilmente sarebbe morta ancora prima di arrivarci. Bene ero pronta. Fissai di nuovo quell'alce tranquilla, e saltai fuori dal mio nascondiglio dietro la fitta boscaglia.
Prima che l'animale se ne accorgesse ero sul suo collo, dissetandomi del suo sangue erbivoro. Gli altri sei erano scappati appena mi ero avventata sul loro compagno. Ma non mi importava. Appena finii con la prima cercai la più vicina. Era poco distante, e faceva troppo rumore perché non mi accorgessi della sua presenza. Era come un invito per me, anche se mi sarebbe piaciuto che resistessero un po di più. Ma che ci potevo fare, in fondo erano delle semplici prede. Mi avventai anche sulla seconda e così sulla terza, prosciugandole interamente del loro sangue. Lasciai i loro corpi privi di vita a marcire sul terreno ricoperto di neve, che probabilmente ne avrebbe solo rallentato la decomposizione, se qualche altro predatore non li avesse trovati.
Sentii dei passi leggeri dietro di me. Avanzavano lentamente verso la mia posizione. Una ventata di vento mi mandò il profumi di chi appartenevano quei passi. Lo riconobbi immediatamente. Era lo stesso profumo della persona che mi aveva tenuta in braccio e mi aveva insegnato molte delle cose che sapevo. Mi voltai senza timore. “ Avevi molta fame stavolta tesoro”. Una figura alta e dalla voce suadente, quasi musicale parlò. I suoi occhi color oro fuso, che un tempo avevano avuto lo stesso color cioccolato dei miei, mi fissavano incuriositi e allo stesso tempo divertiti. I lunghi capelli castani sembravano quasi neri al contrasto con la pelle bianca e fredda. Le labbra di un rosso intenso mi sorridevano felici. Il corpo della donna che mi stava di fronte era perfetto anche nel più piccolo dettagli, sembrava una statua di marmo raffigurante una dea greca, anzi forse era anche più bella. Ogni parte di lei emanava sensualità e allo stesso tempo pericolo. Ma per me emanava semplicemente amore materno. “Mamma non dovresti comparirmi così alle spalle. Non quando sto cacciando, sai bene che posso diventare pericolosa”. Nonostante glielo avessi ripetuto un'infinità di volte, e lei riuscisse a ricordarsi ogni singolo dettaglio di quando glielo avevo detto, lei continuava sempre imperterrita ad arrivarmi alle spalle quando io stavo cacciando. Ecco perché preferivo andare a caccia senza di lei. Continuava a fare finta di niente, “Anche se mi attaccassi non è che mi faresti poi così male”. Lei sorrise, io sbuffai. “Non mi tentare”. Tanto sapevo che la volta successiva l'avrebbe rifatto. Tanto valeva non sprecare fiato.
Un altro paio di passi si avvicinò a noi. Sapevo già di chi erano. Nella mia visuale entrò una piccola figura che sembrava muoversi a passo di danza, come se si trovasse in una sala da ballo con il parquet per terra e non in un bosco innevato dell'Alaska. Uscì dall'ombra della fitta boscaglia senza emettere alcun suono, come se volasse, era incredibile con quanta naturalezza riuscisse a farlo dopo quasi un secolo di esercizio.
Anche lei sulle labbra rosate un sorrisetto malizioso e divertito. Era incredibile quanto le persone della mia famiglia prendessero alcune cose con molta leggerezza. Forse a loro sembravano futili.
Aveva dei lisci capelli neri che le arrivavano sin sotto le orecchie, dove portava due meravigliosi orecchini a diamante( uno dei tanti regali di mio zio per chissà quale motivo), anche lei aveva gli occhi di oro fuso, contornati da lunghissime ciglia nere. Ad ogni suo passo l'abito di seta nera che indossava si muoveva dolcemente. “Allora Nessie, sei sazia?”. Sbuffai di nuovo. Va bene ero la piccolina della famiglia, ma non gli sembrava di esagerare? Insomma a volte mi sembrava che fossero un tantino troppo, mmm come dire, ossessivi?
“Si zia Alice, ora possiamo andare?” Non chiesi se loro avevano già finito di cacciare, lo potevo vedere tranquillamente dai loro occhi che sino a poche ore prima erano quasi neri. “Va bene, staranno iniziando a preoccuparsi, siamo via da un po”. Disse mia madre con la sua voce musicale. A volte mi domandavo cosa avrebbe fatto la gente rivedendo mia madre dopo sette anni e scoprendo che non era invecchiata di una virgola. Probabilmente se fossimo rimasti in Alaska ancora qualche anno l'avrei scoperto, ma probabilmente alla fine di quell'anno non saremo stati più li. Cambiavamo residenza più o meno ogni anno, all'inizio anche di più perché crescevo troppo velocemente e avevano paura che la gente sospettasse di qualcosa, ma avevo smesso di crescere da un anno, e il problema presto sarebbe stato contrario. Guardai mia madre. Era diventata una vampira otto anni prima, quando io ero nata. Non che non lo volesse diventare, ma quando aveva scoperto di essere incinta aveva preferito aspettare. Eppure sapeva benissimo cosa l'aspettava, o per lo meno i presagi. Dopo solo un mese sembrava che fosse incinta da nove mesi, e ad ogni movimento che facevo le spezzavo qualche costola, alla fine le avevo spezzato anche la spina dorsale, e l'unica cosa che mio padre era riuscito a fare era stata quella di trasformarla in un vampiro. Perché sin dal primo istante io non ero stata normale. Praticamente ero stata la fine della vita umana di mia madre, e l'inizio della sua vita immortale. La cosa straordinaria era che io riuscivo a ricordarmi tutto, ogni istante scorreva nella mia memoria come una cassetta in replay. Però lei sembrava felice così, poteva stare accanto a mia padre per il resto dell'eternità. E io di certo non avevo speranze di non essere più figlia unica o le più piccola, visto che le vampire non potevano avere figli.
Respirai profondamente. Mentre pensavo era passato solo un istante.
L'aria stava iniziando a farsi pesante, e le nubi grige si stavano abbassando. Presto avrebbe nevicato o nel migliore dei casi piovuto.
“Muoviamoci”. Dissi semplicemente.
Iniziai a correre il più veloce possibile, ma sapevo che mia madre e mia zia sarebbero state comunque più veloci di me. Gli alberi scorrevano veloci accanto a me, come tutta la vegetazione che mi circondava, correvo veloce ma non mi sbattevo a niente, i sensi che avevo ereditato da papà erano incredibili, riuscivo a scansare gli ostacoli solo pochi istanti prima di andarci a sbattere. Mi era sempre piaciuta la velocità, mi faceva sentire libera.
Una goccia cadde sul mio viso. Se non ci fossimo sbrigate ci saremo bagnate completamente. Ma proprio mentre ci pensavo, stavo entrando nel vialetto di casa.
Un'enorme villa di legno e pietre si stagliava di fronte a me. Era la casa dove io avevo trascorso solo due anni ma dove i miei nonni c'erano da sette. Era incantevole per qualsiasi occhio e anche confortevole. Aveva persino un camino, peccato che non venisse mai utilizzato. La mia pelle era troppo calda per sentire il freddo e quella dei membri della mia famiglia troppo fredda per sentire il caldo.
Aveva delle enormi vetrate sul davanti coperte da tende rosse molto spessa in modo che da fuori non si potesse vedere cosa accadesse all'interno. Due rampe di scale conducevano alla porta di ingresso, fatta di frassino bianco. Era enorme, ma di certo non indistruttibile.
Una ventata mi portò un profumo familiare. Erano settimane che non lo sentivo, era incredibile quanto mi fosse mancato. Mi portò indietro di anni, alla prima volta che avevo visto la persona a cui apparteneva quel profumo, all'inizio non mi aveva notata, ma quando l'aveva fatto non aveva smesso di proteggermi. Mi ricordava il luogo in cui ero nata e che ora sembrava un luogo molto lontano. Respirai ancora profondamente.
“Che puzza di cane bagnato”. Ecco come l'avevano sempre definito, un cane. Ma di certo per me quella non era puzza.
Non stetti ad ascoltare la voce di mia zia. Sinceramente nemmeno quella di mia madre che stava cercando di dirmi qualcosa. La mia felicità era alle stelle. Era tornato.
Corsi le scale il più velocemente possibile e spalancai la porta di ingresso. Il suo profumo era ovunque, impercettibile a naso umano, ma io di fatto non lo ero. Mi ritrovai a pensare che probabilmente anche per lui non era piacevole l'odore che i miei familiari davano a quell'ambiente. Camminai verso il salotto dove il suo profumo conduceva. Lasciai la porta spalanca sapendo che qualcuno l'avrebbe richiusa al posto mio.
Non controllai il suono dei miei passi, ero troppo impaziente.
Entrai dell'enorme volte che era l'ingresso del soggiorno. E prima ancora di accorgermi dell'espressione divertita di mio padre e quella del resto della mia famiglia, vidi lui. La sua pelle scura tipica degli indiani, i suoi capelli neri corti, perché altrimenti anche il suo pelo sarebbe stato troppo lungo. Era impossibile che lo ignorassi. Era alto e incredibilmente muscoloso. La sua pelle emanava venticinque gradi di calore e lo sentivo nonostante fossi a qualche metro di distanza, i suoi occhi neri mi fissavano come se io fossi il suo sole e io lo fissavo allo stesso modo, perché non potevo ignorare i miliardi di fili indistruttibili che mi legavano indissolubilmente a lui. Era ciò che desideravo di più al mondo, senza cui niente avrebbe avuto più senso. Le sue labbra felici, mi attiravano a lui. “Ciao Nessie”. Il nomignolo che lui stesso mi aveva dato era musica per me e mi attirava come se ora fossi diventata io la preda. “Jacob”. Urlai annullando la distanza che ci separava e gli saltai al collo. Ero completamente bagnata, ma non gli importava, le sue braccia mi stringevano come se non mi volessero più farmi andare via ed io ero felice di questo, perché non l'avrei più voluto lasciare.
Alle mie spalle una finta voce preoccupata stava dicendo. “Jacob, non è che rimetteresti giù Reneesme, per favore, prima che si faccia male?”. Mia madre aveva l'abitudine di chiamarmi con il mio nome completo quando si rivolgeva a Jake, e sopratutto non le piaceva quando gli saltavo addosso così e lui ricambiava. Era stato così dal primo istante e non era mai finito. Aveva pure tentato di staccargli la testa quando l'aveva scoperto, solo per il fatto che io avevo appena tre giorni. Ma in realtà non era nemmeno stata colpa di Jacob, l'imprinting era qualcosa di imprevisto che capitava “ raramente” tra quelli come lui, ma era successo. Nell'istante in cui ci eravamo visti per la prima volta eravamo stati legati da qualcosa che probabilmente non ci avrebbe permesso di separarci, ed io al contrario della mia famiglia era contenta di questo, probabilmente era l'unica cosa di cui fossi del tutto certa. Ma mia madre odiava questa cosa, per lei ero ancora una bambina, e anagraficamente lo ero, ma fisicamente e mentalmente no, ero così e non potevo cambiare. Sapevo che anche lei voleva bene a Jacob, era il suo migliore amico, e quando mio padre l'aveva lasciata era stato lui a salvarla e lei aveva iniziato ad amarlo, ma mio padre era tornato e per lei era ciò che per me ora era Jake, la persona più importante. Alla mia nascita tutto quell'amore era finito per Jacob perché lo possedevo io, ma per lei era rimasto comunque importante, lo definiva il suo testimone di nozze. Sin dall'inizio voleva che ci considerassimo come una famiglia, ma non nel modo che di certo speravo io. E così ogni volta tentava di separarci, sperando invano che qualcosa sarebbe cambiata col tempo.
Jacob mi mise giù svogliatamente. Anche se non potevo leggergli nel pensiero sapevo che non avrebbe voluto lasciarmi, proprio come io non volevo lasciare lui. “Ehi, Bella, non sei cambiata per niente”. Disse scherzosamente rivolgendosi a mia madre. Si si chiamava Bella, per la precisione, Isabella Cullen, ma preferiva che la chiamassero con il suo diminutivo, tranne io. Io la dovevo chiamare solo mamma, ed era anche abbastanza imbarazzante quando eravamo in pubblico visto che dimostravamo la stessa età. Era incredibile quanto potesse essere cocciuta alle volte.
“Nemmeno tu, vedo che continui a trasformarti”. Jacob si poteva trasformare in un lupo, era un muta-forma. Nella sua famiglia tutti avevano quel gene, ma si attivava solo in presenza di vampiri, così quando alcuni anni prima i membri della mia famiglia erano comparsi vicino alla riserva indiana dove abitava, alcuni ragazzi avevano iniziato la loro mutazione, compreso Jake. Non che questo a lui ora desse fastidio, non più ormai. La mutazione gli permetteva di vivere quanto un vampiro e di rimanere sempre giovane, almeno sino a quando non decideva di smettere di trasformarsi per sempre, e riniziare ad invecchiare. Probabilmente lui avrebbe continuato ad avere quell'aspetto per sempre, e mamma lo sapeva bene.
Non lo vedevamo dalle nostre vacanze in sud America, dove era venuto anche lui, ma poi era dovuto ritornare, senza dirmi per quale motivo, e sinceramente avevo paura di saperlo. Non mi piaceva che le cose mi venissero tenute nascoste, ma dalla faccia che faceva alle volte mi passava la voglia di chiederglielo nel timore di sapere qualcosa che lo avrebbe allontanato da me.
Ora ero felice che fosse li e niente avrebbe potuto togliermi quella felicità, almeno così credevo.
“Come mai sei qua? E come hai fatto ad arrivare?”. Gli chiesi curiosa. Era vero non avevo visto la sua moto parcheggiata fuori, ma ancora prima che mi rispondesse sapevo già la risposta. “Ho corso sino a qui, e devo dire che è stato anche abbastanza divertente. E poi non posso venire a visitarti qualche volta?”. Mi fissava come un cieco che vede la luce per la prima volta. Non mi sfiorava ma avrebbe voluto farlo. Lo guardavo con la sua stessa espressione e sapevo che tutti in quella stanza se ne erano accorti. “Certo che puoi”. Il mio tono era dolce. Mi voltai a fissare la mia famiglia, sapevo che non avrebbero osato contraddirmi in quel momento. Poi vidi il volti da diciassettenne di mio padre. I capelli ramati erano in disordine sulla sua testa, gli occhi oro fuso mi guardavano attenti, sembrava un modello uscito da una rivista, ma non ne rimasi scioccata, ero abituata. Il volto da ragazzo era concentrato su qualcosa che nessuno avrebbe mai dovuto vedere o sentire. Una rabbia cieca si impossessò di me. Sapevo cosa stava facendo, e non mi era mai piaciuto, lo sapeva bene. Bloccai i miei pensieri, perché era questo che stava leggendo. Mio padre aveva delle capacità incredibili, come altri membri della mia famiglia compresa me, ma mi innervosiva che qualcuno leggesse i miei pensieri senza il mio consenso. Con il tempo avevo imparato a bloccarli in modo che non riuscisse a sentirli, avevo imparato a deviali in altre direzioni della mia immaginazione, eppure lui continuava ed intrufolarsi in qualcosa che era privato, off limits. Non osare leggermi nel pensiero, non intrufolarti nella mia mente senza il mio permesso, VATTENE. Gli urlai mentalmente. Ora il suo volto era offeso lo vedevo bene, ma io ero furiosa, se l'avesse fatto di nuovo, non mi sarebbe importato se era mio padre o no, avrei messo in pratica ciò che le amazzoni della foresta Amazzonica mi avevano insegnato l'anno precedente, sarei diventata il suo incubo peggiore. La sua espressione cambiò di nuovo, non era impaurita, ma pensierosa, sapeva che l'avrei fatto e non osava, ma probabilmente credeva che poi mi sarei pentita.
Cercai di fermare i miei pensieri su Jacob. Me ne sarei dovuta andare da qualche altra parte se avessi voluto pensarci, e di certo quello non era il momento.
“Per quanto tempo ti fermi?”. La voce di papà era impassibile. Era un ottimo attore,e di sicuro non voleva far sapere a tutti gli altri la minaccia che gli avevo fatto pochi istanti prima. Purtroppo sapeva anche cosa stava pensando Jake e questo non favoriva la situazione. “Ancora non lo so, per ora non ho impegni”. La voce di Jacob era divertita, gli piaceva stuzzicare mio padre, probabilmente stava pensando a qualcosa che non avrebbe dovuto, perché vedevo la faccia di papà cambiare espressione, ed improvvisamente sentii un ringhio salirgli dalla gola. Era un suono orribile e allo stesso tempo divertente, avrei dato qualsiasi cosa per avere il potere di mio padre in quel momento. “Jacob niente e nessuno ti da il permesso di pensare un cosa del genere e ti conviene non innervosirmi, perché anche se non ti posso tenere lontano da lei quanto vorrei, posso sempre buttarti fuori da questa casa, quindi non scherzare con il fuoco o te ne pentirai”. La voce di mio padre era minacciosa, pericolosamente minacciosa,ma il volto di Jake non era per niente impaurito. Certo lo ero io per tutte e due, sapevo che le minacce di mio padre erano reali quanto le mie, e un brivido freddo mi percorse la schiena facendomi tremare. “Stai bene?”. Mi chiese dolcemente la voce apprensiva di Jacob. Lo guardai. Era preoccupato per me. “Si, si stai tranquillo”. Gli risposi a voce bassa, anche se sapevo che tutti in quella stanza mi avrebbero potuta sentire.
Mi posò la sua mano calda sulla schiena come per tranquillizzarmi, ignorando il fatto che mia madre lo guardasse come se gli volesse staccare quella mano. Mi dovetti spostare di malavoglia prima di riniziare a tremare, stavolta non per la paura, ma per il piacere. Tentai di non pensarci. Avrei voluto rimanere da sola con lui, senza che nessuno potesse guardarci e pensare che non andava bene, o leggerci nel pensiero e minacciarci se facevamo qualche pensiero sconveniente. In quel momento avrei dato di tutto per essere normale, perché tutti fossimo normali, ma sfortunatamente non era così, e nessuno di certo ci avrebbe mai lasciati soli.
Gli sorrisi dolcemente. “Allora che vuoi fare?”.

Non so ancora quando riuscirò ad aggiornare perchè in questa settimana probabilmente non farò altro che studiare...cercherò comunque di fare il prima possibile

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo2 part1 ***


Il capitolo era troppo lungo quindi l'ho spezzato a metà...spero di poter aggiornare il prima possibile...

CAPITOLO 2





Jacob era con noi da poco più di una settimana. L'avevo accompagnato qualche volta a caccia. Entrambi come predatori. Come quando ero piccola e per farmi mangiare ci doveva essere lui che competesse con me. Probabilmente avrebbe mangiato più volentieri cibo umano, invece di doversi trasformare ogni volta in lupo, ma nella mia famiglia era impossibile trovare cibo di quel genere. Se aprivi il nostro frigo trovavi solo riserve di sangue di varie specie. Anche del sangue umano che mio nonno comprava in nero all'ospedale. Di certo niente che facesse al caso di Jake.

Era incredibile quando si trasformava. Non era un lupo normale. Il suo manto era dorato e soffice. E la sua stazza era enorme come quella di un orso. Ma era magnifico in tutta la sua maestosità. Quando ero piccola mi portava sulla sua schiena e correva veloce, in modo che il vento facesse volare i miei capelli, ma ora ero cresciuta, non che fossi pesante per lui, ma non mi permettevano di fare più giochi da bambina, almeno non da quando avevano scoperto cosa era successo due anni prima quando ero stata io ad andare a trovarlo alla riserva. Da allora non ci aveano più lasciati soli. E pensare che non era nemmeno stata colpa di Jacob, ma colpa mia. E non era nemmeno una cosa di cui si dovesse fare una tragedia.

Semplicemente l'avevo baciato. Gli avevo dato il mio primo bacio. Avevo sei anni e ne dimostravo quattordici. Ero andata da mio nonno che abitava a Forks la città vicino alla riserva dove stava Jake. Era da un po' che non ci vedevamo così nonno mi aveva portato da lui, ma invece di rimanere con me era andato a pesca con Billy il padre di Jacob, e ci avevano lasciati soli. Certo non è che credessero che a quell'età potessi fare chissà che cosa. Io e Jake non sapevamo cosa fare, non potevamo andare a caccia perché nella riserva era proibito così mi aveva portata a fare una passeggiata sulla spiaggia di La Push. Nonostante non ci fosse sole era una giornata abbastanza calda, non c'erano molte persone sulla spiaggia, più che altro persone della riserva e alcuni ragazzi che venivano da Forks. Per sbaglio mangiando un gelato mi ero sporcata il naso di panna, così Jake aveva preso un fazzoletto per pulirmi. Quando si era avvicinato a me avevo sentito il suo respiro bruciarmi la pelle che mi stava diventando incandescente man mano che mi si avvicinava, così avevo alzato la testa per dirglielo, ma l'avevo guardato negli occhi e mi ci ero persa completamente, avevo sentito qualcosa che mi attirava a lui. Avevo chiuso gli occhi e prima ancora che me ne accorgessi le mie labbra avevano sfiorato le sue. Una scossa elettrica aveva attraversato entrambi costringendoci a dischiudere le labbra, facendomi dare così il mio primo vero bacio alla persona che sino a qualche istante prima consideravo ancora come un fratello. Eravamo ritornati a casa di Jacob senza rivolgerci la parola, muti come se quel bacio non fosse mai esistito, e non avevamo detto niente nemmeno quando mio nonno era venuto a riprendermi. Così non c'eravamo visti per qualche giorno, e io avevo smesso di pensarci per paura di essere scoperta da mio padre che leggeva nella mente o da mio zio Jasper che poteva identificare immediatamente il mio umore. Poi però Jacob era venuto a casa, e nell'istante stesso in cui c'eravamo visti la sensazione e il ricordo di quel bacio erano riaffiorati senza che noi potessimo controllarli. E mio padre aveva visto quei ricordi attraverso le nostre menti, e in uno scatto d'ira aveva urlato a Jacob di fronte a parte della mia famiglia.

"Hai baciato mia figlia".

Prima ancora che me ne rendessi conto i miei genitori erano su Jacob tentando di staccargli quelle labbra che avevo baciato, e le mie zie mi tenevano ferma in modo che io non potessi intervenire. Ero arrabbiata, furiosa, perché lui stava pagando per qualcosa di cui non aveva colpa, senza accorgermene stavo trasmettendo quei pensieri alle mie zie che rimasero scioccate e mi lasciarono. Io corsi in soccorso di Jacob facendo allontanare i miei genitori da lui con una forza che nemmeno loro si aspettavano che io avessi.

Da quel giorno le visite tra me e Jacob si erano fatte meno frequenti, e ogni volta avevamo qualcuno che ci faceva da guardia, perché io ero troppo piccola e sia io che Jacob non sapevamo controllare i nostri impulsi quando eravamo da soli. Anche il contatto si era limitato al minimo, perché ogni volta che ci sfioravamo ci arrivava qualche occhiataccia che ci faceva separare subito. Ma più io crescevo più quell'impulso diventava forte e pressante tra di noi, e adesso che avevo completato la mia crescita era praticamente impossibile resistere.

Guardai Jacob afferrare la sua preda e affondare i suoi denti per staccargli la pelle, ancora prima che quella smettesse di dimenarsi. I suoi istinti animali erano molto simili ai miei durante la caccia, peccato che se mi avessero disturbata mentre io dissanguavo la mia preda sarei saltata immediatamente alla gola di chi mi stava disturbando. Forse ero più animale di quanto pensassi.

Era incredibile come Jake si adattasse alle esigenze da lupo quando era trasformato, se non avessi guardato i suoi occhi avrei immaginato che fosse semplicemente un lupo dalle proporzioni esagerate; riusciva a mangiare la carne cruda senza alcuna esitazione, a volte mi chiedevo come facesse: a me piaceva il sapore del sangue, forse anche più del lecito, ma quando mangiavo cibo umano che era ancora crudo mi veniva il voltastomaco.

Ora era il suo muso a ipnotizzarmi, era completamente sporco di sangue, e solo il colore mi fece venire sete, iniziavo ad avere fame. Forse avrei dovuto cacciare un po' prima di rischiare di perdere il controllo.

Mi voltai alla ricerca di qualche preda facile, non mi importava se era un'altra stupida erbivora alce, avevo sete e non volevo saltare al collo di Jacob dissanguandolo.

Chiusi gli occhi estraniando tutto. Aprii la mia mente e affinai i miei sensi. Stavo cercando un unico suono, quello di passi animali. Respirai profondamente l'aria pesante che mi circondava e avvertii che presto la pausa di ventiquattro ore della pioggia sarebbe finita.

Poi trovai un profumo che avevo sentito solo poche volte, e che nessuno mi aveva mai consentito di seguire. Era il profumo di un animale carnivoro.

Non mi importava che mia madre fosse a qualche metro di distanza e mi avrebbe potuto fermare, in quel momento ero una cacciatrice spietata che aveva trovato la sua preda e l'avrebbe seguita a qualsiasi costo. Niente mi avrebbe fermata. Ero diventata preda dei miei istinti selvaggi e probabilmente se avessi sentito sangue umano avrei puntato su quello, ma era improbabile che qualcuno quel giorno si addentrasse così all'interno della foresta, sopratutto visto che sarebbe arrivata una tempesta.

I miei sensi mi dicevano di puntare verso nord, e decisi di seguirli, mi dicevano anche che accanto a me c'era una preda più succulenta, ma era Jake e non volevo fare del male a chi volevo bene.

Riaprii gli occhi e sfrecciai verso la direzione da cui arrivava l'allettante profumo. Ero veloce, e non volevo che qualcuno mi seguisse, ma sfortunatamente alle calcagna avevo un enorme lupo e mia madre che mi stavano seguendo. Non sapevo se anche loro avevano sentito quel profumo, ma in ogni caso la preda era mia.

Corsi ancora più veloce tentando di seminarli, non volevo essere disturbata. I rami degli alberi tentavano di graffiarmi, ma le poche ferite che riuscivano a farmi si richiudevano immediatamente senza lasciare traccia sulla mia pelle perfetta. Il verde mi passava a fianco deforme a causa della mia velocità. Non importava.

Poi mi fermai. Ero arrivata in una piccola radura, dove il sangue del carnivoro mi aveva trascinata. E lui era li, enorme e del pelo scuro. Era un enorme orso grizzly, e a giudicare dall'odore era un maschi. Bene, mi serviva un po di movimento, ero stufa di alci o altri erbivori, avevo un succulento orso di fronte a me e sentivo il suo sangue pulsare nelle vene come se mi stesse invitando a bere. Era lì tranquillo, non si era nemmeno accorto della mia presenza e di sicuro appena mi avesse visto avrebbe pensato di essere già morto, stava finendo di mangiare una carcassa per me per niente invitante. Sarebbe stato ancora più nervoso, perché gli avrei interrotto il pasto, ma io avevo sete e ora era diventato lui la preda. Chissà se averebbe sentito che io ero pericolosa e che lui era in pericolo?

Mi avvicinai di più facendo il minimo rumore, poi quando calcolai che la distanza che ci separava poteva essere annullato da un mio balzo, capii che era il momento. Sentivo i miei muscoli fremere, l'adrenalina dentro di me cresceva, non mi ero mai scontrata realmente con un animale così grosso, sempre se non contavo l'addestramento che avevo fatto con mio zio Emmett che sembrava davvero un grizzly quando combatteva.

Ero pronta. Saltai in avanti cercando di afferrare la mia preda alla gola in modo da poter conficcare i miei denti nella sua giugulare e succhiare il suo sangue sino a quando non ce ne sarebbe più stata alcuna traccia.

L'enorme animale si voltò verso di me proprio quando gli ero sopra. Le mie braccia afferrarono la sua gola, ma era più pesante e forte di quanto mi fossi immaginata. Avevo sbagliato i miei calcoli. Non sarebbe stato facile come avevo immaginato all'inizio. L'enorme orso si dimenava con me sulla sua schiena, l'avevo interrotto nel suo pasto ed era molto nervoso. Prima che me ne potessi accorgere mi scaraventò a terra facendomi sbattere la testa a una pietra. Un dolore lancinante mi assalì e sentii il mio sangue scorrere. Questo non andava bene. Saltai in piedi in posizione di difesa, e fortunatamente riuscii a non farmi colpire da un'enorme zampata. Il grizzly si mise in posizione eretta e dalla sua bocca uscì un ringhio orribile, ma non mi spaventai ero abituata a certi versi di animale. Stavo iniziando ad avere davvero molta sete. La mia gola bruciava, era arsa, aveva bisogno di essere dissetata prima che mi facesse impazzire. Mi scansai prima che l'orso mi desse un'altra zampata, salii su un masso dietro di lui e gli saltai nuovamente addosso, ma stavolta gli affondai i miei canini nella gola e iniziai a succhiargli il sangue. Era qualcosa di inebriante, certo non come poteva esserlo il sangue umano, ma qualcosa che ci si avvicinava molto. La mia gola esultava di gioia, ma proprio quando credevo che si fosse arreso alla mia morsa, l'enorme animale si buttò di schiena tentando di schiacciarmi sotto il suo peso. Mollai la presa e sgusciai da sotto l'orso. Mi faceva male ovunque, i muscoli erano tesi tirati al massimo come mai prima d'allora e mi facevano un male cane. Tentai di muovere il braccio, ma iniziò a bruciarmi, quella cosa enorme mi aveva morsa anche abbastanza profondamente, e come se non bastasse mi aveva ridotto a brandelli i vestiti. Perfetto così ora chi l'avrebbe sentita zia Alice? Sbuffai concentrandomi sul mio obbiettivo, e attaccai di nuovo, stavolta frontalmente. L'orso si era rialzato un po' barcollando, dal suo collo ricoperto dei peli della sua pelliccia bruna colava il sangue della ferita che gli avevo inferto. Entrambi feriti, eravamo pari. La mia rabbia e la mia sete crescevano ogni secondo di più, dal profondo della mia gola uscì un suono che mi fece quasi spaventare, gli stavo ringhiando contro. Gli saltai alla gola prima che potesse fare qualsiasi cosa e gli affondai di nuovo i denti nella carne facendogli un'altra profonda ferita e succhiargli altro sangue. Di nuovo lui mi scaraventò a terra e stavolta la sua zampata riuscì a graffiarmi profondamente sulla pancia lacerando quel che rimaneva della mia maglietta. Sentii qualcuno che gridava e chiamava il mio nome.

"Renesmee".

Probabilmente era mia madre pensai di sfuggita. Mi rialzai a fatica pronta a riattaccare il grizzly, ma qualcuno fu più veloce di me. Un enorme lupo saltò addosso all'orso lacerandogli completamente la pelle. L'odore di sangue mi avvolse e non seppi più controllarmi, anch'io saltai sull'orso ormai in fin di vita e affondai per l'ultima volta i miei denti nel suo collo per succhiargli tutto il sangue da animale carnivoro che gli era rimasto in corpo, ma prima che io finissi la mia opera qualcuno mi staccò dalla carcassa da cui mi stavo nutrendo. Ringhiai nuovamente contro, ma appena vidi chi era mi rabbuiai. Jacob si era ritrasformato in essere umano e mi guardava con i suoi occhi profondi. Era perso come se stesse cercando qualcosa in me. Poi parlò.

"Cosa avevi intenzione di fare? Stavi cercando di farti ammazzare?". 

Non avevo mai sentito la sua voce così dura rivolta a me. Sinceramente non riuscivo a capire nemmeno il perché. Mi voltai, mia madre era immobile a qualche passo da me con la stessa espressione sul volto. Allora mi guardai e capii. I miei abiti erano praticamente inesistenti e io ero completamente ricoperta di sangue, dal fianco e dal braccio fuoriusciva il mio sangue da delle ferite che presto si sarebbero rimarginate, ma erano comunque molto dolorose; non riuscivo a muovere una caviglia, quindi probabilmente o me l'ero slogata o era rotta. Non mi ero mai ridotta così durante una caccia, veramente non mi ero mai ridotta così e basta, nemmeno combattendo, e si che alle volto ero riuscita a ridurmi davvero male.

Tentai di respirare, ma un dolore lancinante mi attraversò tutto il corpo, il mio fiato era corto e facevo fatica anche ad alzare il torace; la testa mi girava e pulsava troppo forte. Caddi in avanti perché le mie gambe non riuscivano più a reggermi, mi aspettavo di cadere a terra, ma qualcuno mi afferrò. La pelle di Jake era calda e in un certo senso per me rassicurante. Reggeva il mio peso come se fossi una piuma leggera, e qualcosa di molto fragile che avrebbe potuto rompersi da un momento all'altro. Guardai la sua pelle bruna, poi mi accorsi di qualcosa di strano e mi sentii immediatamente avvampare. Alzai lo sguardo sul suo viso preoccupato.

"Jake sei nudo".

Il mio era poco più di un sussurro, ma era vero Jacob mi stava sorreggendo, il mio corpo era a un nulla da lui, e lui era nudo. La mia vista si annebbiò, così anche la mia mente, non riuscii a vedere più nulla e poi nemmeno a sentire. Caddi svenuta tra le sue braccia.

Chiedo scusa per gli eventuali errori...al prossimo aggiornamento...

PS: ringrazio chiunque legge ciò che scrivo, so di non essere brava però mi fa piacere che qualcuno legga ciò che la mia mente malata immgina e inventa...

Kyssy

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo2 part2 ***


Chiedo scusa per l'enorme ritardo, ma sono state due settimane molto impegnative e ho avuto molto poco tempo. 

Questa è la seconda perte del secondo capitolo. Non è niente di così diciamo importante solo un'altra delle mie fantasie mentali che ultimamente sono orribili. Grazie 1000 a chiunque leggerà il capitolo e sopratutto a chi lo recensirà.

Kyssy

CAPITOLO 2 parte 2

Riaprii gli occhi ancora frastornata. In un primo momento credetti di essere ancora nella radura e che fossi stata messa KO da quell'orso, poi mi accorsi di trovarmi su qualcosa di morbido. Ero sul mio letto, ma non riuscivo a muovermi normalmente era come se qualcosa mi impedisse i miei normali movimenti. Capii cosa era, il braccio il fianco e gran parte del mio corpo era stato fasciato una gamba era stata legata in modo che fosse completamente rigida e dritta, probabilmente mi ero rotta la caviglia e non volevano che crescesse storta o mi avrebbero dovuto rompere di nuovo l'osso. Caspita mi ero ridotta davvero male, mi toccai la testa ancora dolorante. Okay avevo imparato la lezione: non fare più a botte con un grizzly enorme, potresti avere la peggio. Probabilmente tutto il sangue che avevo preso da quel bestione l'avevo perso dalle ferite.
Sospirai.Sentii un movimento al fianco del mio letto. Mi voltai. Jacob era sdraiato su una sedia con gli occhi chiusi, e sul suo volto potevo leggere dolore e preoccupazione. Aveva una mano appoggiata sul mio letto. Controllai che non ci fosse nessuno nella stanza, per mia fortuna era così. Be almeno non credono che gli possa saltare addosso mentre sto dormendo, o che possa succedere qualcosa tra di noi, non l'avrei mai detto. Sapevo che probabilmente mio padre aveva sentito i miei pensieri ma non me ne preoccupai. Presi la mano di Jacob lentamente e dolcemente in modo da non svegliarlo, l'avvicinai delicatamente alle mie labbra e la baciai. Il tocco mi infiammò nel profondo, era come se un fuoco si accendesse dentro di me ridandomi nuova energia. Guardai il suo volto, l'avevo svegliato."Mi dispiace di averti fatto preoccupare". Gli sussurrai, come se avessi paura di dirlo a voce troppo alta ed essere sentita."Ci hai fatto preoccupare tutti. A Bella stava per venire un colpo e credo che il cuore di Edward abbia riniziato a funzionare e poi si sia fermato nell'istante in cui ti ha vista arrivare in quelle condizioni.". Risi ma mi faceva male pure ridere. Era divertente, il cuore di mio padre aveva smesso di battere realmente più di un secolo prima e dubitavo che qualcosa lo facesse ripartire. Sapevo di averli fatti preoccupare tutti e mi dispiaceva. Leggevo l'angoscia sul volto di Jake, aveva paura che potessi rifarlo e probabilmente era la stessa cosa che credeva il resto della mia famiglia. Presi nuovamente la sua mano e stavolta gli inviai un messaggi dalla mia mente. Scusa non volevo farti preoccupare...non credevo che sarebbe finita così. Il mio pensiero era dispiaciuto, come d'altronde lo sarebbe stato anche la mia voce. Lo guardai in quegli occhi che mi avevano fatto perdere migliaia di volte e che probabilmente lo avrebbero fatto anche in futuro. Ero felice se lui era con me, sembrava potesse portare via i miei dubbi e tutti i miei perché, ero tranquilla e in pace con me stessa. Credevo che niente avrebbe mai potuto togliermi ciò.
Dei passi oltre la porta mi distolsero dai miei pensieri. Sapevo che non ci avrebbero lasciati soli per molto tempo, non si fidavano. Non bussarono nemmeno alla porta, aprirono e basta. Carlisle entrò prima lentamente squadrandoci dall'ingresso. Ci guardava con quei suoi occhi color oro tipici della mia famiglia, ma i suoi avevano visto il trascorrere del tempo e il mutare dell'uomo per molto più di un secolo. Mio nonno con quei suoi capelli di un biondo quasi bianco e la pelle diafana sembrava un dio greco, fiero e consapevole del mondo che lo circonda, e come un dio sceso dall'olimpo ci fissava cautamente cercando di identificare i nostri pensieri e capire da quanto mi ero svegliata. Aveva ventott'anni da quasi sei secoli, ma di certo non li dimostrava.
Sbuffai."Mi sono appena svegliata". Lo tranquillizzai, non mi andava che mi facessero molte domande. Sulle sue labbra comparve un piccolo sorriso tranquillo, scoprendo i suoi canini più lunghi del normale che avrebbero fatto insospettire chiunque."Bene, sono venuto solo per vedere come stavi...". E per controllare che non stessimo facendo nulla di male. Pensai. Cosa credevano potessi fare conciata in quelle condizioni? Gli sorrisi. Di sicuro mio padre stava sondando i miei pensieri, e per la prima volta questo non mi diede fastidio, speravo che mi sentisse; non perché capisse che erano esagerati, oramai avevo perso ogni speranza che potessero capire, ma che almeno sentisse la mia frustrazione. Poco dopo comparve sulla soglia della porta assieme a mia madre visibilmente preoccupata. "Allora Carlisle, come sta la nostra Reneesme?". Disse accentuando su quel “nostra” come se davvero fossi di loro proprietà. Mi davano sui nervi. E poi cosa glielo chiedeva a fare se lo leggeva chiaramente nella mente di mio nonno.
Carlisle si voltò verso di loro."Bene, credo che già da domani sarà come nuova". Vidi mia madre tirare un respiro di sollievo. Perché mi sembrava tutta una farsa? Lo sapevano tutti che il mio corpo guariva molto velocemente, no?!
Mio nonno uscì dalla stanza dicendomi semplicemente di riposare, lasciandomi con Jacob e i miei genitori che mi guardavano preoccupati."Che c'è? Non guardatemi a quel modo". Non riuscivo a capire il perché di quell'espressione. Nessuno dei miei parlò, come se avessero timore, come se ci fosse qualcosa che li potesse spaventare. Fu Jake a parlare, la sua voce era rauca come se non parlasse da molto."Cosa ti è preso con quell'orso?". Era la stessa cosa che mi aveva chiesto nella radura, almeno credevo che mi avesse chiesto questo; la mia mente era ancora annebbiata. Ma sapevo perfettamente di cosa avevano paura."Mi so controllare se è questo che vi state chiedendo, ma avevo fame e quando ho sentito l'odore del sangue di un animale carnivoro l'ho semplicemente seguito..."."Ma se sentissi il sangue umano ti sapresti controllare?". Mi interruppe mio padre prudente."Credi che sarei capace di bere il sangue di qualcuno che per metà è simile a me?". Avevamo affrontato quel discorso talmente tante volte che avevo perso il conto. Avevo assaggiato il sangue umano quando ero piccola, appena nata, ma non direttamente da un essere umano, era sangue che il nonno aveva preso dall'ospedale, e che tra l'altro veniva conservato dentro al frigo; ma non avevo mai attaccato un essere umano per bere direttamente il sangue dal suo corpo. Certo la tentazione a volte era tanta, ma per quale vampiro non lo era?! In fin dei conti per metà ero un sanguisuga ( come diceva Jake) e per l'altra metà un essere umano. Per me era come bere il sangue di un mio simile, se l'avessi fatto sarei stata una cannibale.
Papà lo sapeva bene. Mi leggeva nel pensiero, sapeva cosa stavo pensando, perché io gli stavo permettendo di leggermi. Sapeva perfettamente anche questo, se solo avessi voluto avrei potuto chiudere la mia mente completamente oppure filtrare i miei pensieri e permettergli di leggerne solo alcuni. Ma volevo che sapesse, che non si mettessero a controllarmi per una cosa del genere.
Nemmeno io sapevo cosa mi era preso. Forse la sete era diventata tale che alla sola vista del sangue la mia gola aveva iniziato a bruciare. O forse era una cosa normale per una mezza vampira, in fondo anche i migliori vampiri a volte non sapevano resistere. Chiunque può commettere degli errori, no? In fin dei conti pure mio padre aveva quasi dissanguato mia madre una volta, quando lei era ancora umana, e si era pure sentito in colpa sino a quando lei non era diventata una vampira senza un briciolo di sangue che le scorresse nelle vene. Ma probabilmente aveva paura che io non sapessi dire basta. Avevo solo attaccato un grizzly, non ammazzato una persona e loro ne stavano facendo una tragedia."Dubito che la smettereste di fare quelle facce anche se vi dicessi che non lo farò più, quindi meglio non sprecare fiato." Era vero i loro volti continuavano a essere preoccupati, ma io non ci potevo fare niente. "Forse hai solo bisogno di stare lontana per un po' dalla tentazione di sangue umano." La voce di mia madre sembrava musica anche se con il mio udito potevo percepire una nota di preoccupazione nella sua voce. E sapevo cosa significava quel tono. Quando uno di noi sbagliava, inevitabilmente ci trasferivamo in un altro luogo sempre più al freddo. Probabilmente avrei dovuto fare nuovamente i bagagli. Però non era questo a preoccuparmi. Non mi importava se ci trasferivamo di nuovo. In tutti i luoghi in cui ero stata negli ultimi anni non avevo conosciuto nessuno di nuovo, siccome non ero mai andata a scuola non avevo incontrato ragazzi con cui potessi fare amicizia, quindi non dovevo mai dire addio a qualcuno sapendo che probabilmente la volta successiva in cui l'avessi visto sarebbe stato vecchi o sotto terra. No non era questo a spaventarmi. Mia madre mentre parlava non guardava me, ma Jacob. E avevo timore di che cosa potesse significare. Mio padre percepì i miei pensieri. "Ragiona Nessie, è l'unica soluzione". La mia rabbia cresceva, e il mio auto controllo diminuiva pericolosamente. "No" gridai. Vidi Jake frapporsi tra me e i miei genitori. Aveva capito anche lui, ma sapeva che non avrei mai attaccato se lui era in mezzo e c'era il rischi che gli facessi del male. "Nessie calmati". La sua voce era tranquilla, e non riuscivo a capirne il motivo. "Calmarmi? Vogliono dividerci nuovamente Jacob, non posso sopportarlo""Lo so, ma forse per te sarebbe più semplice". Nemmeno lui era convinto di quello che diceva. Mi calmai un po'. Almeno non avevo più il desiderio di aggredire i miei genitori, cosa di cui probabilmente mi sarei pentita.
"Potrebbe mai una pianta vivere senza la sua acqua e il suo sole?". La domanda era rivolta ai miei genitori. "Che cosa vorresti intendere con questo?". Lo sapevano perfettamente, ma se proprio volevano sentirlo uscire dalla mia bocca li avrei accontentati. "Intendo dire, che nessuna pianta potrebbe sopravvivere al buio e senz'acqua. Così, allo stesso modo, io non posso stare senza Jake, perché anche se non vi piace, è così. Lui è il mio sole e la mia acqua. Se mi allontanaste da lui finirei per morire""Sei immortale, non puoi cambiare il tuo status". Sorrisi. Mio padre sapeva già la risposta alla sua domanda. "I Volturi non sarebbero della stessa opinione". Il sorriso che feci era tirato, ma sapevano tutti e tre cosa intendevo. I Volturi erano un gruppo di vampiri italiani che facevano rispettare le leggi a tutti i loro simili. E io ero un infrazione di gran parte delle loro regole. Avevano tentato di uccidermi quando avevo appena tre mesi e per poco non ci riuscivano. Aro, Marcus e Caius erano i capi di questo clan. Li avevo visti solo una volta molto tempo prima, ma i loro volti e le loro voci erano impressi nella mia mente. Aro con la sua curiosità per il nuovo avrebbe tanto voluto studiarmi, lo avevo pregato di non far del male alla mia famiglia, ma dubito che avrebbe mantenuto la promessa; Caius invece voleva a tutti i costi far rispettare la legge anche se lui era nel torto, per paura che ci fosse in tal modo qualcuno più forte di lui che avrebbe potuto farlo fuori; e poi Marcus, era perennemente annoiato e indifferente a tutto da quando Aro gli aveva ammazzato la moglie perché diceva che lo distraeva, non riuscivo a capire perché ancora non si fosse vendicato, in fin dei conti per i vampiri i propri compagni sono sacri. Ma anche la natura dei vampiri è complicata, forse anche più di quella umana.
Se mi avessero portato via Jacob, non averi esitato ad andare da loro. Avrei fatto come stava per fare mio padre quando credeva che mia madre fosse morta, e siccome ero figlia di mio padre, la cosa era molto probabile.
Presi la mano di Jake. No, non l'avrei lasciato per niente al mondo. Eravamo uniti da qualcosa di invisibile ma indissolubile, qualcosa che ci rendeva una cosa sola.
"Sta tranquilla, mai nessuno mi potrà separare da te, se non sarai tu a volerlo". Ricambiò la mia stretta. La sua mano era calda e così familiare da farmi sentire al sicuro. No, lui doveva stare con me.
Alzai lo sguardo, puntando i miei occhi color cioccolato su quelli dorati dei miei genitori. "Andiamo Bella, meglio non insistere, tanto lo so come andrebbe a finire." Avrei vinto io. Mio padre non sapeva resistere ai miei occhi, gli ricordavano quelli di mia madre quando ancora era umana. Mamma mi rivolse uno sguardo prima preoccupato e poi sereno. Quando uscì dalla stanza con mio padre avrei giurati di aver visto quasi un sorriso. Aspettai che i loro passi si fossero allontanati.
"Giurami che mai più nessuno tenterà di dividerci e che mai nessuno ci riuscirà". Lo guardai in quegli occhi di cui ero innamorata."Ne ho bisogno". Sorrise."E io ho bisogno di te. Te lo prometto Nessie, mia piccola e dolce Nessie, starò sempre al tuo fianco, il filo che ci unisce non verrà mai spezzato"."Jake, tu sei il mio sole"."Nessie, tu sei il mio chiaro di luna".

A volte non riesco nemmeno io a capire da dove vengano fuori certi obrobri. -.-'


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=639628