Moonlight di kyssy (/viewuser.php?uid=110820)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Voglia di normalità part1 ***
Capitolo 3: *** Voglia di normalità part2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo2 part1 ***
Capitolo 5: *** Capitolo2 part2 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
PROLOGO
Quegli
intensi occhi rossi mi fissano minacciosi. Hanno sete, ma non del mio
sangue misto ma di quello della persona più importante per
me. La persona che mi tiene legata a se da miliardi di fili d'acciaio
indistruttibili, forse anche di più del corpo immortale dei
miei genitori.
Fissano
me perché sono l'unica cosa che gli impedisce di avvicinarsi
alla sua preda.
Mai
avrei immaginato di dover scegliere in questo modo. E ho paura. Paura
di perdere chi amo. Paura di perdere la mia vita perché ad
essa ne sono legate altre ora. Devo scegliere prima che sia troppo
tardi.
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Capitolo 2 *** Voglia di normalità part1 ***
Nota autrice:I
primi capitoli sono già stati scritti, ma siccome ho
intenzione (almeno spero) di aggiornare una volta alla settimana,
almeno in questo periodo, dividerò i capitoli...grazie in
anticipo a chiunque leggrà questa storia...Kyssy
CAPITOLO
1
VOGLIA DI
NORMALITA'
Freddo e
ghiaccio.
Pioggia e neve. La mia vita oramai era diventata un susseguirsi di
questi elementi che avevo iniziato ad odiare ormai da tempo. Gli
unici periodi in cui non li vedevo erano quelle poche settimane
all'anno che passavo con la mia famiglia nella piccola isola nel sud
America che mio nonno aveva regalato a mia nonna. Niente di
più
romantico.
Di solito si
regalano
fiori, cioccolatini o al massimo gioielli, questo si che era normale,
non regalare un'isola, ma la mia di famiglia non era di certo
normale. Probabilmente non avevo mai c conosciuto il vero significato
della parola normale, visto che nemmeno io lo ero. Potevo immaginare
come ci si potesse sentire, ma di certo non sperare di diventarlo,
non valeva nemmeno sperarci. Io ero tutto tranne che normale, come
d'altronde tutto ciò che mi circondava.
Insomma chi
avrebbe dei
nonni che dimostrano al massimo trent'anni e genitori e zii che al
massimo ne dimostrano venti, sempre andando per eccesso. Io li avevo.
Avevo tutto ciò che potevo desiderare, o almeno
così credeva la mia
famiglia e io glielo lasciavo credere. Ma avevo voglia di
normalità.
Quale bambina di appena otto anni ne può dimostrare
diciotto? Io. E
non c'erano possibilità che tutto questo cambiasse.
Perché anche se
ora dimostravo più dell'età che avevo, ben presto
il mio problema
sarebbe stato opposto, perché anche se fossero passati altri
cinquant'anni il mio corpo, il mio fisico non sarebbe più
mutato,
sarei rimasta una diciottenne per tutta la mia esistenza. Non si
può
dire sino alla mia morte, oh non di certo,visto che probabilmente la
mia vita sarebbe durata in eterno. Come d'altronde come le vite dei
miei familiari. Eternamente giovani ed irresistibili agli occhi
umani. Impassibili allo scorrere continuo del tempo.
Ma almeno i
componenti
della mia famiglia avevano avuto una vera propria infanzia, sapevano
cosa erano adesso. Io invece non avevo avuto niente di tutto questo.
Nella mia
famiglia: i
miei nonni, i miei genitori, i miei zii, erano tutti vampiri. E io?
Io lo ero solo a metà, l'altra parte di me era umana, ma di
umano io
non ho mai avuto niente, forse nemmeno l'aspetto. La mia mente era
continuamente confusa ed era molto strano visto che riuscivo a
trasmettere i miei pensieri a chiunque, mi bastava sfiorarlo.
La mia mente
era come un
labirinto senza via d'uscita, e se ti perdevi li dentro eri finito.
Probabilmente
niente mi
avrebbe potuto salvare da quel baratro senza infinito che era la mia
mente.
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Capitolo 3 *** Voglia di normalità part2 ***
Chiedo
scusa in anticipo per gli errori che di sicuro ci saranno e
perchè non è stato scritto bene...grazie a chi
leggerà comunque...
Voglia di normalità perte 2
Correvo senza
sosta da
qualche ora, ma non ero per niente stanca. Questo era uno dei
vantaggi nell'essere metà vampira. La fatica, come il tempo,
non ti
sfiora. Almeno non per una corsa, nel mio caso.
Ero a caccia. Perché è
questo ciò che ero una cacciatrice. E in quel momento come
ogni
predatrice che si rispetti ero a caccia della mia preda.
Poi le avvistai. Erano
solo in sette, ma sarebbero bastate. Sette alci stavano mangiando la
selva innevata ai loro piedi.
Dalla mia bocca uscì un
leggero suono, impercettibile per fortuna alle orecchie di quegli
animali. Di nuovo alce. Non è che non mi piacessero, ma era
la
decima volta in due mesi che mi nutrivo di alce, e il mio stomaco
reclamava qualcosa di più succulento ed invitante di un
semplice e
misero erbivoro. E l'odore che emanava i loro sangue non è
che
aiutasse. Mio padre aveva ragione: il sangue dei carnivori si
avvicinava di più a quello umano, e quindi per noi era
più
invitante. Ma di certo non potevo mettermi a rifiutare un pasto,
anche perché l'alternativa sarebbe stata mangiare cibo umano
e
l'idea non è che mi andasse molto a genio visto che sarei
dovuta
andare in qualche ristorante, morendo di fame( o per meglio dire di
sete) rischiando di saltare così al collo di qualcuno e
compromettendo la copertura della mia famiglia.
Cercai di non pensarci.
Anche per stavolta mi sarei dovuta accontentare. Pazienza.
Tentai di avvicinarmi il
più possibile alle alci, cercando di non fare rumore,
così che non
scappassero ancora prima di potermi avventare su una di loro.
La neve favoriva
l'acuirsi dei miei passi sul terreno. Una cosa positiva di una cosa
che odiavo.
Mi dispiaceva un po per
loro. Mi avrebbero vista arrivare ma non avrebbero potuto fare niente
contro di me, ma l'alternativa era peggiore, e poi si sa è
il cerchi
della vita. Anche se probabilmente io non ne avrei mai fatto parte.
Chiusi un attimo gli
occhi. Estraniai ogni cosa che mi stava intorno, concentrandomi solo
ed esclusivamente sulla mia preda. C'eravamo solo io e lei, il mio
pasto.
Respirai profondamente,
memorizzando il suo odore. Riaprii gli occhi cercando di calcolare la
distanza che mi separava da loro. La più vicina era a soli
tre metri
di distanza da me e non si era ancora accorta della mia presenza.
Povera. Calcolai ogni possibile via di fuga, ma erano
pressoché
inesistenti, l'unica era una via interrotta da un tronco di pino
caduto, e probabilmente sarebbe morta ancora prima di arrivarci. Bene
ero pronta. Fissai di nuovo quell'alce tranquilla, e saltai fuori dal
mio nascondiglio dietro la fitta boscaglia.
Prima che l'animale se ne
accorgesse ero sul suo collo, dissetandomi del suo sangue erbivoro.
Gli altri sei erano scappati appena mi ero avventata sul loro
compagno. Ma non mi importava. Appena finii con la prima cercai la
più vicina. Era poco distante, e faceva troppo rumore
perché non mi
accorgessi della sua presenza. Era come un invito per me, anche se mi
sarebbe piaciuto che resistessero un po di più. Ma che ci
potevo
fare, in fondo erano delle semplici prede. Mi avventai anche sulla
seconda e così sulla terza, prosciugandole interamente del
loro
sangue. Lasciai i loro corpi privi di vita a marcire sul terreno
ricoperto di neve, che probabilmente ne avrebbe solo rallentato la
decomposizione, se qualche altro predatore non li avesse trovati.
Sentii dei passi leggeri
dietro di me. Avanzavano lentamente verso la mia posizione. Una
ventata di vento mi mandò il profumi di chi appartenevano
quei
passi. Lo riconobbi immediatamente. Era lo stesso profumo della
persona che mi aveva tenuta in braccio e mi aveva insegnato molte
delle cose che sapevo. Mi voltai senza timore. “ Avevi molta
fame
stavolta tesoro”. Una figura alta e dalla voce suadente,
quasi
musicale parlò. I suoi occhi color oro fuso, che un tempo
avevano
avuto lo stesso color cioccolato dei miei, mi fissavano incuriositi e
allo stesso tempo divertiti. I lunghi capelli castani sembravano
quasi neri al contrasto con la pelle bianca e fredda. Le labbra di un
rosso intenso mi sorridevano felici. Il corpo della donna che mi
stava di fronte era perfetto anche nel più piccolo dettagli,
sembrava una statua di marmo raffigurante una dea greca, anzi forse
era anche più bella. Ogni parte di lei emanava
sensualità e allo
stesso tempo pericolo. Ma per me emanava semplicemente amore materno.
“Mamma non dovresti comparirmi così alle spalle.
Non quando sto
cacciando, sai bene che posso diventare pericolosa”.
Nonostante
glielo avessi ripetuto un'infinità di volte, e lei riuscisse
a
ricordarsi ogni singolo dettaglio di quando glielo avevo detto, lei
continuava sempre imperterrita ad arrivarmi alle spalle quando io
stavo cacciando. Ecco perché preferivo andare a caccia senza
di lei.
Continuava a fare finta di niente, “Anche se mi attaccassi
non è
che mi faresti poi così male”. Lei sorrise, io
sbuffai. “Non mi
tentare”. Tanto sapevo che la volta successiva l'avrebbe
rifatto.
Tanto valeva non sprecare fiato.
Un altro paio di passi si
avvicinò a noi. Sapevo già di chi erano. Nella
mia visuale entrò
una piccola figura che sembrava muoversi a passo di danza, come se si
trovasse in una sala da ballo con il parquet per terra e non in un
bosco innevato dell'Alaska. Uscì dall'ombra della fitta
boscaglia
senza emettere alcun suono, come se volasse, era incredibile con
quanta naturalezza riuscisse a farlo dopo quasi un secolo di
esercizio.
Anche lei sulle labbra
rosate un sorrisetto malizioso e divertito. Era incredibile quanto le
persone della mia famiglia prendessero alcune cose con molta
leggerezza. Forse a loro sembravano futili.
Aveva dei lisci capelli
neri che le arrivavano sin sotto le orecchie, dove portava due
meravigliosi orecchini a diamante( uno dei tanti regali di mio zio
per chissà quale motivo), anche lei aveva gli occhi di oro
fuso,
contornati da lunghissime ciglia nere. Ad ogni suo passo l'abito di
seta nera che indossava si muoveva dolcemente. “Allora
Nessie, sei
sazia?”. Sbuffai di nuovo. Va bene ero la piccolina della
famiglia,
ma non gli sembrava di esagerare? Insomma a volte mi sembrava che
fossero un tantino troppo, mmm come dire, ossessivi?
“Si zia Alice, ora
possiamo andare?” Non chiesi se loro avevano già
finito di
cacciare, lo potevo vedere tranquillamente dai loro occhi che sino a
poche ore prima erano quasi neri. “Va bene, staranno
iniziando a
preoccuparsi, siamo via da un po”. Disse mia madre con la sua
voce
musicale. A volte mi domandavo cosa avrebbe fatto la gente rivedendo
mia madre dopo sette anni e scoprendo che non era invecchiata di una
virgola. Probabilmente se fossimo rimasti in Alaska ancora qualche
anno l'avrei scoperto, ma probabilmente alla fine di quell'anno non
saremo stati più li. Cambiavamo residenza più o
meno ogni anno,
all'inizio anche di più perché crescevo troppo
velocemente e
avevano paura che la gente sospettasse di qualcosa, ma avevo smesso
di crescere da un anno, e il problema presto sarebbe stato contrario.
Guardai mia madre. Era diventata una vampira otto anni prima, quando
io ero nata. Non che non lo volesse diventare, ma quando aveva
scoperto di essere incinta aveva preferito aspettare. Eppure sapeva
benissimo cosa l'aspettava, o per lo meno i presagi. Dopo solo un
mese sembrava che fosse incinta da nove mesi, e ad ogni movimento che
facevo le spezzavo qualche costola, alla fine le avevo spezzato anche
la spina dorsale, e l'unica cosa che mio padre era riuscito a fare
era stata quella di trasformarla in un vampiro. Perché sin
dal primo
istante io non ero stata normale. Praticamente ero stata la fine
della vita umana di mia madre, e l'inizio della sua vita immortale.
La cosa straordinaria era che io riuscivo a ricordarmi tutto, ogni
istante scorreva nella mia memoria come una cassetta in replay.
Però
lei sembrava felice così, poteva stare accanto a mia padre
per il
resto dell'eternità. E io di certo non avevo speranze di non
essere
più figlia unica o le più piccola, visto che le
vampire non
potevano avere figli.
Respirai profondamente.
Mentre pensavo era passato solo un istante.
L'aria stava iniziando a
farsi pesante, e le nubi grige si stavano abbassando. Presto avrebbe
nevicato o nel migliore dei casi piovuto.
“Muoviamoci”. Dissi
semplicemente.
Iniziai a correre il più
veloce possibile, ma sapevo che mia madre e mia zia sarebbero state
comunque più veloci di me. Gli alberi scorrevano veloci
accanto a
me, come tutta la vegetazione che mi circondava, correvo veloce ma
non mi sbattevo a niente, i sensi che avevo ereditato da
papà erano
incredibili, riuscivo a scansare gli ostacoli solo pochi istanti
prima di andarci a sbattere. Mi era sempre piaciuta la
velocità, mi
faceva sentire libera.
Una goccia cadde sul mio
viso. Se non ci fossimo sbrigate ci saremo bagnate completamente. Ma
proprio mentre ci pensavo, stavo entrando nel vialetto di casa.
Un'enorme villa di legno
e pietre si stagliava di fronte a me. Era la casa dove io avevo
trascorso solo due anni ma dove i miei nonni c'erano da sette. Era
incantevole per qualsiasi occhio e anche confortevole. Aveva persino
un camino, peccato che non venisse mai utilizzato. La mia pelle era
troppo calda per sentire il freddo e quella dei membri della mia
famiglia troppo fredda per sentire il caldo.
Aveva delle enormi
vetrate sul davanti coperte da tende rosse molto spessa in modo che
da fuori non si potesse vedere cosa accadesse all'interno. Due rampe
di scale conducevano alla porta di ingresso, fatta di frassino
bianco. Era enorme, ma di certo non indistruttibile.
Una ventata mi portò un
profumo familiare. Erano settimane che non lo sentivo, era
incredibile quanto mi fosse mancato. Mi portò indietro di
anni, alla
prima volta che avevo visto la persona a cui apparteneva quel
profumo, all'inizio non mi aveva notata, ma quando l'aveva fatto non
aveva smesso di proteggermi. Mi ricordava il luogo in cui ero nata e
che ora sembrava un luogo molto lontano. Respirai ancora
profondamente.
“Che puzza di cane
bagnato”. Ecco come l'avevano sempre definito, un cane. Ma di
certo
per me quella non era puzza.
Non stetti ad ascoltare
la voce di mia zia. Sinceramente nemmeno quella di mia madre che
stava cercando di dirmi qualcosa. La mia felicità era alle
stelle.
Era tornato.
Corsi le scale il più
velocemente possibile e spalancai la porta di ingresso. Il suo
profumo era ovunque, impercettibile a naso umano, ma io di fatto non
lo ero. Mi ritrovai a pensare che probabilmente anche per lui non era
piacevole l'odore che i miei familiari davano a quell'ambiente.
Camminai verso il salotto dove il suo profumo conduceva. Lasciai la
porta spalanca sapendo che qualcuno l'avrebbe richiusa al posto mio.
Non controllai il suono
dei miei passi, ero troppo impaziente.
Entrai dell'enorme volte
che era l'ingresso del soggiorno. E prima ancora di accorgermi
dell'espressione divertita di mio padre e quella del resto della mia
famiglia, vidi lui. La sua pelle scura tipica degli indiani, i suoi
capelli neri corti, perché altrimenti anche il suo pelo
sarebbe
stato troppo lungo. Era impossibile che lo ignorassi. Era alto e
incredibilmente muscoloso. La sua pelle emanava venticinque gradi di
calore e lo sentivo nonostante fossi a qualche metro di distanza, i
suoi occhi neri mi fissavano come se io fossi il suo sole e io lo
fissavo allo stesso modo, perché non potevo ignorare i
miliardi di
fili indistruttibili che mi legavano indissolubilmente a lui. Era
ciò
che desideravo di più al mondo, senza cui niente avrebbe
avuto più
senso. Le sue labbra felici, mi attiravano a lui. “Ciao
Nessie”.
Il nomignolo che lui stesso mi aveva dato era musica per me e mi
attirava come se ora fossi diventata io la preda.
“Jacob”. Urlai
annullando la distanza che ci separava e gli saltai al collo. Ero
completamente bagnata, ma non gli importava, le sue braccia mi
stringevano come se non mi volessero più farmi andare via ed
io ero
felice di questo, perché non l'avrei più voluto
lasciare.
Alle mie spalle una finta
voce preoccupata stava dicendo. “Jacob, non è che
rimetteresti giù
Reneesme, per favore, prima che si faccia male?”. Mia madre
aveva
l'abitudine di chiamarmi con il mio nome completo quando si rivolgeva
a Jake, e sopratutto non le piaceva quando gli saltavo addosso
così
e lui ricambiava. Era stato così dal primo istante e non era
mai
finito. Aveva pure tentato di staccargli la testa quando l'aveva
scoperto, solo per il fatto che io avevo appena tre giorni. Ma in
realtà non era nemmeno stata colpa di Jacob, l'imprinting
era
qualcosa di imprevisto che capitava “ raramente”
tra quelli come
lui, ma era successo. Nell'istante in cui ci eravamo visti per la
prima volta eravamo stati legati da qualcosa che probabilmente non ci
avrebbe permesso di separarci, ed io al contrario della mia famiglia
era contenta di questo, probabilmente era l'unica cosa di cui fossi
del tutto certa. Ma mia madre odiava questa cosa, per lei ero ancora
una bambina, e anagraficamente lo ero, ma fisicamente e mentalmente
no, ero così e non potevo cambiare. Sapevo che anche lei
voleva bene
a Jacob, era il suo migliore amico, e quando mio padre l'aveva
lasciata era stato lui a salvarla e lei aveva iniziato ad amarlo, ma
mio padre era tornato e per lei era ciò che per me ora era
Jake, la
persona più importante. Alla mia nascita tutto quell'amore
era
finito per Jacob perché lo possedevo io, ma per lei era
rimasto
comunque importante, lo definiva il suo testimone di nozze. Sin
dall'inizio voleva che ci considerassimo come una famiglia, ma non
nel modo che di certo speravo io. E così ogni volta tentava
di
separarci, sperando invano che qualcosa sarebbe cambiata col tempo.
Jacob mi mise giù
svogliatamente. Anche se non potevo leggergli nel pensiero sapevo che
non avrebbe voluto lasciarmi, proprio come io non volevo lasciare
lui. “Ehi, Bella, non sei cambiata per niente”.
Disse
scherzosamente rivolgendosi a mia madre. Si si chiamava Bella, per la
precisione, Isabella Cullen, ma preferiva che la chiamassero con il
suo diminutivo, tranne io. Io la dovevo chiamare solo mamma, ed era
anche abbastanza imbarazzante quando eravamo in pubblico visto che
dimostravamo la stessa età. Era incredibile quanto potesse
essere
cocciuta alle volte.
“Nemmeno tu, vedo che
continui a trasformarti”. Jacob si poteva trasformare in un
lupo,
era un muta-forma. Nella sua famiglia tutti avevano quel gene, ma si
attivava solo in presenza di vampiri, così quando alcuni
anni prima
i membri della mia famiglia erano comparsi vicino alla riserva
indiana dove abitava, alcuni ragazzi avevano iniziato la loro
mutazione, compreso Jake. Non che questo a lui ora desse fastidio,
non più ormai. La mutazione gli permetteva di vivere quanto
un
vampiro e di rimanere sempre giovane, almeno sino a quando non
decideva di smettere di trasformarsi per sempre, e riniziare ad
invecchiare. Probabilmente lui avrebbe continuato ad avere
quell'aspetto per sempre, e mamma lo sapeva bene.
Non lo vedevamo dalle
nostre vacanze in sud America, dove era venuto anche lui, ma poi era
dovuto ritornare, senza dirmi per quale motivo, e sinceramente avevo
paura di saperlo. Non mi piaceva che le cose mi venissero tenute
nascoste, ma dalla faccia che faceva alle volte mi passava la voglia
di chiederglielo nel timore di sapere qualcosa che lo avrebbe
allontanato da me.
Ora ero felice che fosse
li e niente avrebbe potuto togliermi quella felicità, almeno
così
credevo.
“Come mai sei qua? E
come hai fatto ad arrivare?”. Gli chiesi curiosa. Era vero
non
avevo visto la sua moto parcheggiata fuori, ma ancora prima che mi
rispondesse sapevo già la risposta. “Ho corso sino
a qui, e devo
dire che è stato anche abbastanza divertente. E poi non
posso venire
a visitarti qualche volta?”. Mi fissava come un cieco che
vede la
luce per la prima volta. Non mi sfiorava ma avrebbe voluto farlo. Lo
guardavo con la sua stessa espressione e sapevo che tutti in quella
stanza se ne erano accorti. “Certo che puoi”. Il
mio tono era
dolce. Mi voltai a fissare la mia famiglia, sapevo che non avrebbero
osato contraddirmi in quel momento. Poi vidi il volti da
diciassettenne di mio padre. I capelli ramati erano in disordine
sulla sua testa, gli occhi oro fuso mi guardavano attenti, sembrava
un modello uscito da una rivista, ma non ne rimasi scioccata, ero
abituata. Il volto da ragazzo era concentrato su qualcosa che nessuno
avrebbe mai dovuto vedere o sentire. Una rabbia cieca si
impossessò
di me. Sapevo cosa stava facendo, e non mi era mai piaciuto, lo
sapeva bene. Bloccai i miei pensieri, perché era questo che
stava
leggendo. Mio padre aveva delle capacità incredibili, come
altri
membri della mia famiglia compresa me, ma mi innervosiva che qualcuno
leggesse i miei pensieri senza il mio consenso. Con il tempo avevo
imparato a bloccarli in modo che non riuscisse a sentirli, avevo
imparato a deviali in altre direzioni della mia immaginazione, eppure
lui continuava ed intrufolarsi in qualcosa che era privato, off
limits. Non osare leggermi nel pensiero, non intrufolarti
nella
mia mente senza il mio permesso, VATTENE.
Gli urlai mentalmente. Ora il suo volto era offeso lo vedevo bene, ma
io ero furiosa, se l'avesse fatto di nuovo, non mi sarebbe importato
se era mio padre o no, avrei messo in pratica ciò che le
amazzoni
della foresta Amazzonica mi avevano insegnato l'anno precedente,
sarei diventata il suo incubo peggiore. La sua espressione
cambiò di
nuovo, non era impaurita, ma pensierosa, sapeva che l'avrei fatto e
non osava, ma probabilmente credeva che poi mi sarei pentita.
Cercai
di fermare i miei pensieri su Jacob. Me ne sarei dovuta andare da
qualche altra parte se avessi voluto pensarci, e di certo quello non
era il momento.
“Per
quanto tempo ti fermi?”. La voce di papà era
impassibile. Era un
ottimo attore,e di sicuro non voleva far sapere a tutti gli altri la
minaccia che gli avevo fatto pochi istanti prima. Purtroppo sapeva
anche cosa stava pensando Jake e questo non favoriva la situazione.
“Ancora non lo so, per ora non ho impegni”. La voce
di Jacob era
divertita, gli piaceva stuzzicare mio padre, probabilmente stava
pensando a qualcosa che non avrebbe dovuto, perché vedevo la
faccia
di papà cambiare espressione, ed improvvisamente sentii un
ringhio
salirgli dalla gola. Era un suono orribile e allo stesso tempo
divertente, avrei dato qualsiasi cosa per avere il potere di mio
padre in quel momento. “Jacob niente e nessuno ti da il
permesso di
pensare un cosa del genere e ti conviene non innervosirmi,
perché
anche se non ti posso tenere lontano da lei quanto vorrei, posso
sempre buttarti fuori da questa casa, quindi non scherzare con il
fuoco o te ne pentirai”. La voce di mio padre era minacciosa,
pericolosamente minacciosa,ma il volto di Jake non era per niente
impaurito. Certo lo ero io per tutte e due, sapevo che le minacce di
mio padre erano reali quanto le mie, e un brivido freddo mi percorse
la schiena facendomi tremare. “Stai bene?”. Mi
chiese dolcemente
la voce apprensiva di Jacob. Lo guardai. Era preoccupato per me.
“Si,
si stai tranquillo”. Gli risposi a voce bassa, anche se
sapevo che
tutti in quella stanza mi avrebbero potuta sentire.
Mi posò la sua mano
calda sulla schiena come per tranquillizzarmi, ignorando il fatto che
mia madre lo guardasse come se gli volesse staccare quella mano. Mi
dovetti spostare di malavoglia prima di riniziare a tremare, stavolta
non per la paura, ma per il piacere. Tentai di non pensarci. Avrei
voluto rimanere da sola con lui, senza che nessuno potesse guardarci
e pensare che non andava bene, o leggerci nel pensiero e minacciarci
se facevamo qualche pensiero sconveniente. In quel momento avrei dato
di tutto per essere normale, perché tutti fossimo normali,
ma
sfortunatamente non era così, e nessuno di certo ci avrebbe
mai
lasciati soli.
Gli sorrisi dolcemente.
“Allora che vuoi fare?”.
Non so
ancora quando riuscirò ad aggiornare perchè in
questa settimana probabilmente non farò altro che
studiare...cercherò comunque di fare il prima possibile
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Capitolo 4 *** Capitolo2 part1 ***
Il
capitolo era troppo lungo quindi l'ho spezzato a
metà...spero di poter aggiornare il prima possibile...
CAPITOLO
2
Jacob
era con noi da poco più di una settimana. L'avevo
accompagnato
qualche volta a caccia. Entrambi come predatori. Come quando ero
piccola e per farmi mangiare ci doveva essere lui che competesse con
me. Probabilmente avrebbe mangiato più volentieri cibo
umano, invece
di doversi trasformare ogni volta in lupo, ma nella mia famiglia era
impossibile trovare cibo di quel genere. Se aprivi il nostro frigo
trovavi solo riserve di sangue di varie specie. Anche del sangue
umano che mio nonno comprava in nero all'ospedale. Di certo niente
che facesse al caso di Jake.
Era
incredibile quando si trasformava. Non era un lupo normale. Il suo
manto era dorato e soffice. E la sua stazza era enorme come quella di
un orso. Ma era magnifico in tutta la sua maestosità. Quando
ero
piccola mi portava sulla sua schiena e correva veloce, in modo che il
vento facesse volare i miei capelli, ma ora ero cresciuta, non che
fossi pesante per lui, ma non mi permettevano di fare più
giochi da
bambina, almeno non da quando avevano scoperto cosa era successo due
anni prima quando ero stata io ad andare a trovarlo alla riserva. Da
allora non ci aveano più lasciati soli. E pensare che non
era
nemmeno stata colpa di Jacob, ma colpa mia. E non era nemmeno una
cosa di cui si dovesse fare una tragedia.
Semplicemente
l'avevo baciato. Gli avevo dato il mio primo bacio. Avevo sei anni e
ne dimostravo quattordici. Ero andata da mio nonno che abitava a
Forks la città vicino alla riserva dove stava Jake. Era da
un po'
che non ci vedevamo così nonno mi aveva portato da lui, ma
invece di
rimanere con me era andato a pesca con Billy il padre di Jacob, e ci
avevano lasciati soli. Certo non è che credessero che a
quell'età
potessi fare chissà che cosa. Io e Jake non sapevamo cosa
fare, non
potevamo andare a caccia perché nella riserva era proibito
così mi
aveva portata a fare una passeggiata sulla spiaggia di La Push.
Nonostante non ci fosse sole era una giornata abbastanza calda, non
c'erano molte persone sulla spiaggia, più che altro persone
della
riserva e alcuni ragazzi che venivano da Forks. Per sbaglio mangiando
un gelato mi ero sporcata il naso di panna, così Jake aveva
preso un
fazzoletto per pulirmi. Quando si era avvicinato a me avevo sentito
il suo respiro bruciarmi la pelle che mi stava diventando
incandescente man mano che mi si avvicinava, così avevo
alzato la
testa per dirglielo, ma l'avevo guardato negli occhi e mi ci ero
persa completamente, avevo sentito qualcosa che mi attirava a lui.
Avevo chiuso gli occhi e prima ancora che me ne accorgessi le mie
labbra avevano sfiorato le sue. Una scossa elettrica aveva
attraversato entrambi costringendoci a dischiudere le labbra,
facendomi dare così il mio primo vero bacio alla persona che
sino a
qualche istante prima consideravo ancora come un fratello. Eravamo
ritornati a casa di Jacob senza rivolgerci la parola, muti come se
quel bacio non fosse mai esistito, e non avevamo detto niente nemmeno
quando mio nonno era venuto a riprendermi. Così non
c'eravamo visti
per qualche giorno, e io avevo smesso di pensarci per paura di essere
scoperta da mio padre che leggeva nella mente o da mio zio Jasper che
poteva identificare immediatamente il mio umore. Poi però
Jacob era
venuto a casa, e nell'istante stesso in cui c'eravamo visti la
sensazione e il ricordo di quel bacio erano riaffiorati senza che noi
potessimo controllarli. E mio padre aveva visto quei ricordi
attraverso le nostre menti, e in uno scatto d'ira aveva urlato a
Jacob di fronte a parte della mia famiglia.
"Hai baciato
mia
figlia".
Prima ancora
che me ne rendessi conto i miei genitori
erano su Jacob tentando di staccargli quelle labbra che avevo
baciato, e le mie zie mi tenevano ferma in modo che io non potessi
intervenire. Ero arrabbiata, furiosa, perché lui stava
pagando per
qualcosa di cui non aveva colpa, senza accorgermene stavo
trasmettendo quei pensieri alle mie zie che rimasero scioccate e mi
lasciarono. Io corsi in soccorso di Jacob facendo allontanare i miei
genitori da lui con una forza che nemmeno loro si aspettavano che io
avessi.
Da
quel giorno le visite tra me e Jacob si erano fatte meno frequenti, e
ogni volta avevamo qualcuno che ci faceva da guardia, perché
io ero
troppo piccola e sia io che Jacob non sapevamo controllare i nostri
impulsi quando eravamo da soli. Anche il contatto si era limitato al
minimo, perché ogni volta che ci sfioravamo ci arrivava
qualche
occhiataccia che ci faceva separare subito. Ma più io
crescevo più
quell'impulso diventava forte e pressante tra di noi, e adesso che
avevo completato la mia crescita era praticamente impossibile
resistere.
Guardai
Jacob afferrare la sua preda e affondare i suoi denti per staccargli
la pelle, ancora prima che quella smettesse di dimenarsi. I suoi
istinti animali erano molto simili ai miei durante la caccia, peccato
che se mi avessero disturbata mentre io dissanguavo la mia preda
sarei saltata immediatamente alla gola di chi mi stava disturbando.
Forse ero più animale di quanto pensassi.
Era
incredibile come Jake si adattasse alle esigenze da lupo quando era
trasformato, se non avessi guardato i suoi occhi avrei immaginato che
fosse semplicemente un lupo dalle proporzioni esagerate; riusciva a
mangiare la carne cruda senza alcuna esitazione, a volte mi chiedevo
come facesse: a me piaceva il sapore del sangue, forse anche
più del
lecito, ma quando mangiavo cibo umano che era ancora crudo mi veniva
il voltastomaco.
Ora
era il suo muso a ipnotizzarmi, era completamente sporco di sangue, e
solo il colore mi fece venire sete, iniziavo ad avere fame. Forse
avrei dovuto cacciare un po' prima di rischiare di perdere il
controllo.
Mi
voltai alla ricerca di qualche preda facile, non mi importava se era
un'altra stupida erbivora alce, avevo sete e non volevo saltare al
collo di Jacob dissanguandolo.
Chiusi
gli occhi estraniando tutto. Aprii la mia mente e affinai i miei
sensi. Stavo cercando un unico suono, quello di passi animali.
Respirai profondamente l'aria pesante che mi circondava e avvertii
che presto la pausa di ventiquattro ore della pioggia sarebbe finita.
Poi
trovai un profumo che avevo sentito solo poche volte, e che nessuno
mi aveva mai consentito di seguire. Era il profumo di un animale
carnivoro.
Non
mi importava che mia madre fosse a qualche metro di distanza e mi
avrebbe potuto fermare, in quel momento ero una cacciatrice spietata
che aveva trovato la sua preda e l'avrebbe seguita a qualsiasi costo.
Niente mi avrebbe fermata. Ero diventata preda dei miei istinti
selvaggi e probabilmente se avessi sentito sangue umano avrei puntato
su quello, ma era improbabile che qualcuno quel giorno si addentrasse
così all'interno della foresta, sopratutto visto che sarebbe
arrivata una tempesta.
I
miei sensi mi dicevano di puntare verso nord, e decisi di seguirli,
mi dicevano anche che accanto a me c'era una preda più
succulenta,
ma era Jake e non volevo fare del male a chi volevo bene.
Riaprii
gli occhi e sfrecciai verso la direzione da cui arrivava l'allettante
profumo. Ero veloce, e non volevo che qualcuno mi seguisse, ma
sfortunatamente alle calcagna avevo un enorme lupo e mia madre che mi
stavano seguendo. Non sapevo se anche loro avevano sentito quel
profumo, ma in ogni caso la preda era mia.
Corsi
ancora più veloce tentando di seminarli, non volevo essere
disturbata. I rami degli alberi tentavano di graffiarmi, ma le poche
ferite che riuscivano a farmi si richiudevano immediatamente senza
lasciare traccia sulla mia pelle perfetta. Il verde mi passava a
fianco deforme a causa della mia velocità. Non importava.
Poi
mi fermai. Ero arrivata in una piccola radura, dove il sangue del
carnivoro mi aveva trascinata. E lui era li, enorme e del pelo scuro.
Era un enorme orso grizzly, e a giudicare dall'odore era un maschi.
Bene, mi serviva un po di movimento, ero stufa di alci o altri
erbivori, avevo un succulento orso di fronte a me e sentivo il suo
sangue pulsare nelle vene come se mi stesse invitando a bere. Era
lì
tranquillo, non si era nemmeno accorto della mia presenza e di sicuro
appena mi avesse visto avrebbe pensato di essere già morto,
stava
finendo di mangiare una carcassa per me per niente invitante. Sarebbe
stato ancora più nervoso, perché gli avrei
interrotto il pasto, ma
io avevo sete e ora era diventato lui la preda. Chissà se
averebbe
sentito che io ero pericolosa e che lui era in pericolo?
Mi
avvicinai di più facendo il minimo rumore, poi quando
calcolai che
la distanza che ci separava poteva essere annullato da un mio balzo,
capii che era il momento. Sentivo i miei muscoli fremere,
l'adrenalina dentro di me cresceva, non mi ero mai scontrata
realmente con un animale così grosso, sempre se non contavo
l'addestramento che avevo fatto con mio zio Emmett che sembrava
davvero un grizzly quando combatteva.
Ero
pronta. Saltai in avanti cercando di afferrare la mia preda alla gola
in modo da poter conficcare i miei denti nella sua giugulare e
succhiare il suo sangue sino a quando non ce ne sarebbe più
stata
alcuna traccia.
L'enorme
animale si voltò verso di me proprio quando gli ero sopra.
Le mie
braccia afferrarono la sua gola, ma era più pesante e forte
di
quanto mi fossi immaginata. Avevo sbagliato i miei calcoli. Non
sarebbe stato facile come avevo immaginato all'inizio. L'enorme orso
si dimenava con me sulla sua schiena, l'avevo interrotto nel suo
pasto ed era molto nervoso. Prima che me ne potessi accorgere mi
scaraventò a terra facendomi sbattere la testa a una pietra.
Un
dolore lancinante mi assalì e sentii il mio sangue scorrere.
Questo
non andava bene. Saltai in piedi in posizione di difesa, e
fortunatamente riuscii a non farmi colpire da un'enorme zampata. Il
grizzly si mise in posizione eretta e dalla sua bocca uscì
un
ringhio orribile, ma non mi spaventai ero abituata a certi versi di
animale. Stavo iniziando ad avere davvero molta sete. La mia gola
bruciava, era arsa, aveva bisogno di essere dissetata prima che mi
facesse impazzire. Mi scansai prima che l'orso mi desse un'altra
zampata, salii su un masso dietro di lui e gli saltai nuovamente
addosso, ma stavolta gli affondai i miei canini nella gola e iniziai
a succhiargli il sangue. Era qualcosa di inebriante, certo non come
poteva esserlo il sangue umano, ma qualcosa che ci si avvicinava
molto. La mia gola esultava di gioia, ma proprio quando credevo che
si fosse arreso alla mia morsa, l'enorme animale si buttò di
schiena
tentando di schiacciarmi sotto il suo peso. Mollai la presa e
sgusciai da sotto l'orso. Mi faceva male ovunque, i muscoli erano
tesi tirati al massimo come mai prima d'allora e mi facevano un male
cane. Tentai di muovere il braccio, ma iniziò a bruciarmi,
quella
cosa enorme mi aveva morsa anche abbastanza profondamente, e come se
non bastasse mi aveva ridotto a brandelli i vestiti. Perfetto
così
ora chi l'avrebbe sentita zia Alice? Sbuffai concentrandomi sul mio
obbiettivo, e attaccai di nuovo, stavolta frontalmente. L'orso si era
rialzato un po' barcollando, dal suo collo ricoperto dei peli della
sua pelliccia bruna colava il sangue della ferita che gli avevo
inferto. Entrambi feriti, eravamo pari. La mia rabbia e la mia sete
crescevano ogni secondo di più, dal profondo della mia gola
uscì un
suono che mi fece quasi spaventare, gli stavo ringhiando contro. Gli
saltai alla gola prima che potesse fare qualsiasi cosa e gli affondai
di nuovo i denti nella carne facendogli un'altra profonda ferita e
succhiargli altro sangue. Di nuovo lui mi scaraventò a terra
e
stavolta la sua zampata riuscì a graffiarmi profondamente
sulla
pancia lacerando quel che rimaneva della mia maglietta. Sentii
qualcuno che gridava e chiamava il mio nome.
"Renesmee".
Probabilmente
era mia madre pensai di sfuggita. Mi rialzai a fatica
pronta a riattaccare il grizzly, ma qualcuno fu più veloce
di me. Un
enorme lupo saltò addosso all'orso lacerandogli
completamente la
pelle. L'odore di sangue mi avvolse e non seppi più
controllarmi,
anch'io saltai sull'orso ormai in fin di vita e affondai per l'ultima
volta i miei denti nel suo collo per succhiargli tutto il sangue da
animale carnivoro che gli era rimasto in corpo, ma prima che io
finissi la mia opera qualcuno mi staccò dalla carcassa da
cui mi
stavo nutrendo. Ringhiai nuovamente contro, ma appena vidi chi era mi
rabbuiai. Jacob si era ritrasformato in essere umano e mi guardava
con i suoi occhi profondi. Era perso come se stesse cercando qualcosa
in me. Poi parlò.
"Cosa avevi
intenzione di fare? Stavi
cercando di farti ammazzare?".
Non avevo mai
sentito la sua
voce così dura rivolta a me. Sinceramente non riuscivo a
capire
nemmeno il perché. Mi voltai, mia madre era immobile a
qualche passo
da me con la stessa espressione sul volto. Allora mi guardai e capii.
I miei abiti erano praticamente inesistenti e io ero completamente
ricoperta di sangue, dal fianco e dal braccio fuoriusciva il mio
sangue da delle ferite che presto si sarebbero rimarginate, ma erano
comunque molto dolorose; non riuscivo a muovere una caviglia, quindi
probabilmente o me l'ero slogata o era rotta. Non mi ero mai ridotta
così durante una caccia, veramente non mi ero mai ridotta
così e
basta, nemmeno combattendo, e si che alle volto ero riuscita a
ridurmi davvero male.
Tentai
di respirare, ma un dolore lancinante mi attraversò tutto il
corpo,
il mio fiato era corto e facevo fatica anche ad alzare il torace; la
testa mi girava e pulsava troppo forte. Caddi in avanti
perché le
mie gambe non riuscivano più a reggermi, mi aspettavo di
cadere a
terra, ma qualcuno mi afferrò. La pelle di Jake era calda e
in un
certo senso per me rassicurante. Reggeva il mio peso come se fossi
una piuma leggera, e qualcosa di molto fragile che avrebbe potuto
rompersi da un momento all'altro. Guardai la sua pelle bruna, poi mi
accorsi di qualcosa di strano e mi sentii immediatamente avvampare.
Alzai lo sguardo sul suo viso preoccupato.
"Jake sei nudo".
Il mio era poco
più di un sussurro, ma era vero Jacob mi stava
sorreggendo, il mio corpo era a un nulla da lui, e lui era nudo. La
mia vista si annebbiò, così anche la mia mente,
non riuscii a
vedere più nulla e poi nemmeno a sentire. Caddi svenuta tra
le sue
braccia.
Chiedo
scusa per gli eventuali errori...al prossimo aggiornamento...
PS:
ringrazio chiunque legge ciò che scrivo, so di non essere
brava però mi fa piacere che qualcuno legga ciò
che la mia mente malata immgina e inventa...
Kyssy
|
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Capitolo 5 *** Capitolo2 part2 ***
Chiedo scusa per l'enorme ritardo, ma sono
state due settimane molto impegnative e ho avuto molto poco
tempo.
Questa è la seconda perte del
secondo capitolo. Non è niente di così diciamo
importante solo un'altra delle mie fantasie mentali che ultimamente
sono orribili. Grazie 1000 a chiunque leggerà il capitolo e
sopratutto a chi lo recensirà.
Kyssy
CAPITOLO 2 parte 2
Riaprii
gli occhi ancora frastornata. In un primo momento credetti di essere
ancora nella radura e che fossi stata messa KO da quell'orso, poi mi
accorsi di trovarmi su qualcosa di morbido. Ero sul mio letto, ma non
riuscivo a muovermi normalmente era come se qualcosa mi impedisse i
miei normali movimenti. Capii cosa era, il braccio il fianco e gran
parte del mio corpo era stato fasciato una gamba era stata legata in
modo che fosse completamente rigida e dritta, probabilmente mi ero
rotta la caviglia e non volevano che crescesse storta o mi avrebbero
dovuto rompere di nuovo l'osso. Caspita mi ero ridotta davvero male,
mi toccai la testa ancora dolorante. Okay avevo imparato la lezione:
non fare più a botte con un grizzly enorme, potresti avere
la
peggio. Probabilmente tutto il sangue che avevo preso da quel
bestione l'avevo perso dalle ferite.
Sospirai.Sentii
un movimento al fianco del mio letto. Mi voltai. Jacob era sdraiato
su una sedia con gli occhi chiusi, e sul suo volto potevo leggere
dolore e preoccupazione. Aveva una mano appoggiata sul mio letto.
Controllai che non ci fosse nessuno nella stanza, per mia fortuna era
così. Be almeno non credono che gli possa saltare
addosso mentre
sto dormendo, o che possa succedere qualcosa tra di noi, non l'avrei
mai detto. Sapevo
che
probabilmente mio padre aveva sentito i miei pensieri ma non me ne
preoccupai. Presi la mano di Jacob lentamente e dolcemente in modo da
non svegliarlo, l'avvicinai delicatamente alle mie labbra e la
baciai. Il tocco mi infiammò nel profondo, era come se un
fuoco si
accendesse dentro di me ridandomi nuova energia. Guardai il suo
volto, l'avevo svegliato."Mi dispiace di averti fatto
preoccupare". Gli sussurrai, come se avessi paura di dirlo a
voce troppo alta ed essere sentita."Ci hai fatto preoccupare
tutti. A Bella stava per venire un colpo e credo che il cuore di
Edward abbia riniziato a funzionare e poi si sia fermato nell'istante
in cui ti ha vista arrivare in quelle condizioni.". Risi ma mi
faceva male pure ridere. Era divertente, il cuore di mio padre aveva
smesso di battere realmente più di un secolo prima e
dubitavo che
qualcosa lo facesse ripartire. Sapevo di averli fatti preoccupare
tutti e mi dispiaceva. Leggevo l'angoscia sul volto di Jake, aveva
paura che potessi rifarlo e probabilmente era la stessa cosa che
credeva il resto della mia famiglia. Presi nuovamente la sua mano e
stavolta gli inviai un messaggi dalla mia mente. Scusa
non
volevo farti preoccupare...non credevo che sarebbe finita
così.
Il mio pensiero era dispiaciuto, come d'altronde lo sarebbe stato
anche la mia voce. Lo guardai in quegli occhi che mi avevano fatto
perdere migliaia di volte e che probabilmente lo avrebbero fatto
anche in futuro. Ero felice se lui era con me, sembrava potesse
portare via i miei dubbi e tutti i miei perché, ero
tranquilla e in
pace con me stessa. Credevo che niente avrebbe mai potuto togliermi
ciò.
Dei passi oltre la porta mi distolsero dai miei pensieri. Sapevo che
non ci avrebbero lasciati soli per molto tempo, non si fidavano. Non
bussarono nemmeno alla porta, aprirono e basta. Carlisle
entrò prima
lentamente squadrandoci dall'ingresso. Ci guardava con quei suoi
occhi color oro tipici della mia famiglia, ma i suoi avevano visto il
trascorrere del tempo e il mutare dell'uomo per molto più di
un
secolo. Mio nonno con quei suoi capelli di un biondo quasi bianco e
la pelle diafana sembrava un dio greco, fiero e consapevole del mondo
che lo circonda, e come un dio sceso dall'olimpo ci fissava
cautamente cercando di identificare i nostri pensieri e capire da
quanto mi ero svegliata. Aveva ventott'anni da quasi sei secoli, ma
di certo non li dimostrava.
Sbuffai."Mi
sono appena svegliata". Lo tranquillizzai, non mi andava che
mi facessero molte domande. Sulle sue labbra comparve un piccolo
sorriso tranquillo, scoprendo i suoi canini più lunghi del
normale
che avrebbero fatto insospettire chiunque."Bene, sono venuto
solo per vedere come stavi...". E per controllare
che non stessimo facendo nulla di male. Pensai.
Cosa credevano potessi fare conciata in quelle condizioni? Gli
sorrisi. Di sicuro mio padre stava sondando i miei pensieri, e per la
prima volta questo non mi diede fastidio, speravo che mi sentisse;
non perché capisse che erano esagerati, oramai avevo perso
ogni
speranza che potessero capire, ma che almeno sentisse la mia
frustrazione. Poco dopo comparve sulla soglia della porta assieme a
mia madre visibilmente preoccupata. "Allora Carlisle, come sta
la nostra Reneesme?". Disse accentuando su quel
“nostra”
come se davvero fossi di loro proprietà. Mi davano sui
nervi. E poi
cosa glielo chiedeva a fare se lo leggeva chiaramente nella mente di
mio nonno.
Carlisle si voltò verso di loro."Bene, credo che
già da
domani sarà come nuova". Vidi mia madre tirare un respiro di
sollievo. Perché mi sembrava tutta una farsa? Lo sapevano
tutti che
il mio corpo guariva molto velocemente, no?!
Mio nonno uscì dalla stanza dicendomi semplicemente di
riposare,
lasciandomi con Jacob e i miei genitori che mi guardavano
preoccupati."Che c'è? Non guardatemi a quel modo". Non
riuscivo a capire il perché di quell'espressione. Nessuno
dei miei
parlò, come se avessero timore, come se ci fosse qualcosa
che li
potesse spaventare. Fu Jake a parlare, la sua voce era rauca come se
non parlasse da molto."Cosa ti è preso con quell'orso?".
Era la stessa cosa che mi aveva chiesto nella radura, almeno credevo
che mi avesse chiesto questo; la mia mente era ancora annebbiata. Ma
sapevo perfettamente di cosa avevano paura."Mi so controllare
se è questo che vi state chiedendo, ma avevo fame e quando
ho
sentito l'odore del sangue di un animale carnivoro l'ho semplicemente
seguito..."."Ma se sentissi il sangue umano ti sapresti
controllare?". Mi interruppe mio padre prudente."Credi
che sarei capace di bere il sangue di qualcuno che per metà
è
simile a me?". Avevamo affrontato quel discorso talmente tante
volte che avevo perso il conto. Avevo assaggiato il sangue umano
quando ero piccola, appena nata, ma non direttamente da un essere
umano, era sangue che il nonno aveva preso dall'ospedale, e che tra
l'altro veniva conservato dentro al frigo; ma non avevo mai attaccato
un essere umano per bere direttamente il sangue dal suo corpo. Certo
la tentazione a volte era tanta, ma per quale vampiro non lo era?! In
fin dei conti per metà ero un sanguisuga ( come diceva Jake)
e per
l'altra metà un essere umano. Per me era come bere il sangue
di un
mio simile, se l'avessi fatto sarei stata una cannibale.
Papà lo sapeva bene. Mi leggeva nel pensiero, sapeva cosa
stavo
pensando, perché io gli stavo permettendo di leggermi.
Sapeva
perfettamente anche questo, se solo avessi voluto avrei potuto
chiudere la mia mente completamente oppure filtrare i miei pensieri e
permettergli di leggerne solo alcuni. Ma volevo che sapesse, che non
si mettessero a controllarmi per una cosa del genere.
Nemmeno io sapevo cosa mi era preso. Forse la sete era diventata tale
che alla sola vista del sangue la mia gola aveva iniziato a bruciare.
O forse era una cosa normale per una mezza vampira, in fondo anche i
migliori vampiri a volte non sapevano resistere. Chiunque
può
commettere degli errori, no? In fin dei conti pure mio padre aveva
quasi dissanguato mia madre una volta, quando lei era ancora umana, e
si era pure sentito in colpa sino a quando lei non era diventata una
vampira senza un briciolo di sangue che le scorresse nelle vene. Ma
probabilmente aveva paura che io non sapessi dire basta. Avevo solo
attaccato un grizzly, non ammazzato una persona e loro ne stavano
facendo una tragedia."Dubito che la smettereste di fare
quelle facce anche se vi dicessi che non lo farò
più, quindi meglio
non sprecare fiato." Era vero i loro volti continuavano a
essere preoccupati, ma io non ci potevo fare niente. "Forse
hai solo bisogno di stare lontana per un po' dalla tentazione di
sangue umano." La voce di mia madre sembrava musica anche se
con il mio udito potevo percepire una nota di preoccupazione nella
sua voce. E sapevo cosa significava quel tono. Quando uno di noi
sbagliava, inevitabilmente ci trasferivamo in un altro luogo sempre
più al freddo. Probabilmente avrei dovuto fare nuovamente i
bagagli.
Però non era questo a preoccuparmi. Non mi importava se ci
trasferivamo di nuovo. In tutti i luoghi in cui ero stata negli
ultimi anni non avevo conosciuto nessuno di nuovo, siccome non ero
mai andata a scuola non avevo incontrato ragazzi con cui potessi fare
amicizia, quindi non dovevo mai dire addio a qualcuno sapendo che
probabilmente la volta successiva in cui l'avessi visto sarebbe stato
vecchi o sotto terra. No non era questo a spaventarmi. Mia madre
mentre parlava non guardava me, ma Jacob. E avevo timore di che cosa
potesse significare. Mio padre percepì i miei pensieri.
"Ragiona
Nessie, è l'unica soluzione". La mia rabbia cresceva, e il
mio auto controllo diminuiva pericolosamente. "No"
gridai. Vidi Jake frapporsi tra me e i miei genitori. Aveva capito
anche lui, ma sapeva che non avrei mai attaccato se lui era in mezzo
e c'era il rischi che gli facessi del male. "Nessie calmati".
La sua voce era tranquilla, e non riuscivo a capirne il motivo.
"Calmarmi? Vogliono dividerci nuovamente Jacob, non posso
sopportarlo""Lo so, ma forse per te sarebbe più
semplice". Nemmeno lui era convinto di quello che diceva. Mi
calmai un po'. Almeno non avevo più il desiderio di
aggredire i miei
genitori, cosa di cui probabilmente mi sarei pentita.
"Potrebbe mai una pianta vivere senza la sua acqua e il suo
sole?". La domanda era rivolta ai miei genitori. "Che
cosa vorresti intendere con questo?". Lo sapevano
perfettamente, ma se proprio volevano sentirlo uscire dalla mia bocca
li avrei accontentati. "Intendo dire, che nessuna pianta
potrebbe sopravvivere al buio e senz'acqua. Così, allo
stesso modo,
io non posso stare senza Jake, perché anche se non vi piace,
è
così. Lui è il mio sole e la mia acqua. Se mi
allontanaste da lui
finirei per morire""Sei immortale, non puoi cambiare il
tuo status". Sorrisi. Mio padre sapeva già la risposta alla
sua domanda. "I Volturi non sarebbero della stessa opinione".
Il sorriso che feci era tirato, ma sapevano tutti e tre cosa
intendevo. I Volturi erano un gruppo di vampiri italiani che facevano
rispettare le leggi a tutti i loro simili. E io ero un infrazione di
gran parte delle loro regole. Avevano tentato di uccidermi quando
avevo appena tre mesi e per poco non ci riuscivano. Aro, Marcus e
Caius erano i capi di questo clan. Li avevo visti solo una volta
molto tempo prima, ma i loro volti e le loro voci erano impressi
nella mia mente. Aro con la sua curiosità per il nuovo
avrebbe tanto
voluto studiarmi, lo avevo pregato di non far del male alla mia
famiglia, ma dubito che avrebbe mantenuto la promessa; Caius invece
voleva a tutti i costi far rispettare la legge anche se lui era nel
torto, per paura che ci fosse in tal modo qualcuno più forte
di lui
che avrebbe potuto farlo fuori; e poi Marcus, era perennemente
annoiato e indifferente a tutto da quando Aro gli aveva ammazzato la
moglie perché diceva che lo distraeva, non riuscivo a capire
perché
ancora non si fosse vendicato, in fin dei conti per i vampiri i
propri compagni sono sacri. Ma anche la natura dei vampiri è
complicata, forse anche più di quella umana.
Se mi avessero portato via Jacob, non averi esitato ad andare da
loro. Avrei fatto come stava per fare mio padre quando credeva che
mia madre fosse morta, e siccome ero figlia di mio padre, la cosa era
molto probabile.
Presi la mano di Jake. No, non l'avrei lasciato per niente al mondo.
Eravamo uniti da qualcosa di invisibile ma indissolubile, qualcosa
che ci rendeva una cosa sola.
"Sta tranquilla, mai nessuno mi potrà separare da te, se non
sarai tu a volerlo". Ricambiò la mia stretta. La sua mano
era
calda e così familiare da farmi sentire al sicuro. No, lui
doveva
stare con me.
Alzai lo sguardo, puntando i miei occhi color cioccolato su quelli
dorati dei miei genitori. "Andiamo Bella, meglio non
insistere, tanto lo so come andrebbe a finire." Avrei vinto
io. Mio padre non sapeva resistere ai miei occhi, gli ricordavano
quelli di mia madre quando ancora era umana. Mamma mi rivolse uno
sguardo prima preoccupato e poi sereno. Quando uscì dalla
stanza con
mio padre avrei giurati di aver visto quasi un sorriso. Aspettai che
i loro passi si fossero allontanati.
"Giurami che mai più nessuno tenterà di dividerci
e che mai
nessuno ci riuscirà". Lo guardai in quegli occhi di cui ero
innamorata."Ne ho bisogno". Sorrise."E io ho
bisogno di te. Te lo prometto Nessie, mia piccola e dolce Nessie,
starò sempre al tuo fianco, il filo che ci unisce non
verrà mai
spezzato"."Jake, tu sei il mio sole"."Nessie,
tu sei il mio chiaro di luna".
A volte non
riesco nemmeno io a capire da dove vengano fuori certi obrobri. -.-'
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