Dark, creepy and... sweet? di Fiamma Drakon (/viewuser.php?uid=64926)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Halloween Time ♥ ***
Capitolo 2: *** Ritrovamento sconcertante ***
Capitolo 3: *** In ritardo ***
Capitolo 4: *** Una festa tesa, praticamente rovinata ***
Capitolo 1 *** Halloween Time ♥ ***
1_Halloween Time
1. Halloween Time ♥
«Manca poco! Manca poco!».
Il fermento in città era un qualcosa di palpabile, come un velo
invisibile che tappezzava ogni cosa. Per ogni dove si percepivano
un’eccitazione ed un’euforia strabilianti, molto maggiori
rispetto alle altre ricorrenze dell’anno.
Ragnatele erano state sparse con attenzione ovunque, agli angoli delle
strade, negli anfratti sotto i balconi, attorno alle appariscenti,
complesse e macabre strutture dei lampioni. Il tocco finale era stato
dato cospargendo quest’ultime addirittura con gocce di sangue e
di rugiada, la quale dava ai fili delle tele l’apparenza di
filamenti intessuti con fibre di vero cristallo.
I pipistrelli erano stati liberati dalle loro gabbie e svolazzavano nel
cielo, passando in grossi gruppi davanti alla luna piena.
Gli scheletri più anziani camminavano per strada canticchiando
nenie lugubri, mentre i più piccoli si rincorrevano lungo le
strade, perdendo qualche arto qua e là, ridendo e scherzando.
Tutta la popolazione si stava recando alla piazza centrale di Leverru,
dove si sarebbero tenute le celebrazioni per la festa più
importante di tutto l’anno: Halloween.
Uno zombie dai capelli biondi scarmigliati e la carnagione grigio tenue
correva attraverso la folla, eccitato fuor di maniera: non si sarebbe
perso lo spettacolo principale di suo cugino per niente al mondo.
Quell’anno gli aveva promesso qualcosa di strabiliante, e se Jack
gli aveva dato la sua parola che sarebbe stato così, allora non
aveva alcun dubbio in merito.
Ad un certo punto il ragazzo si fermò e si volse indietro, scuotendo una mano in aria.
«Ada sbrigati! Jack ci aspetta!!!» esclamò, impaziente.
Una ragazzina di circa dodici anni si fece largo timidamente nella folla, raggiungendolo.
«Fratellone, vai piano, per favore: non riesco a tenere il tuo
passo... e Jack non andrà via, di questo puoi star sicuro»
replicò paziente lei, sorridendo dell’eccitazione
tutt’altro che matura del maggiore.
Nonostante la notevole differenza di età - correvano infatti
dieci anni tra loro - sembrava che fosse lei la più matura dei
due, e non il contrario: di solito era Oz a far la parte del bambino.
«Uffa...! Ma se non ci sbrighiamo non...».
Il biondo s’interruppe nello scorgere tra la gente una figura a lui ben familiare.
Senza perdere neppure un attimo, superò sua sorella con uno
scatto fin troppo energico e si diresse verso il suo nuovo obiettivo,
al quale arrivò proprio alle spalle, sulle quali si
appoggiò con forza.
«Ehi...!» esclamò la sua sfortunata vittima,
voltandosi indignato ed esibendo una smagliante dentatura dai canini
acuminati, ma la sua espressione mutò nel notare chi
l’avesse “urtato”.
«Oz?» fece, perplesso.
«Ehilà, Gilbert!» lo salutò cordialmente il
biondino, sorridendogli a sua volta con fare allegro, guardandolo dal
basso.
Gilbert era più alto di lui di una decina di centimetri,
nonostante fosse più giovane di lui di un anno. Per
l’occasione aveva raccolto i capelli in un codino alla base del
capo con un nastrino blu scuro, lasciando fuori solo quei ciuffi
più corti che solitamente gli stavano sopra ed attorno alla
fronte.
Indosso portava il suo consueto, elegante completo nero con tanto di
mantello allacciato attorno al collo con una piccola catenina
d’argento.
I suoi occhi dorati apparivano ancora più sfavillanti nel
crepuscolo che incalzava sempre più, così come i suoi
canini, le cui punte apparivano, timide, sulle sue labbra, diafane come
la sua carnagione.
Be’, come poterlo biasimare per ciò? Certamente i vampiri
non potevano abbronzarsi - a meno che non volessero divenire di un bel
grigio scuro e trasformarsi in cenere.
«Fratellone!».
La voce di Ada raggiunse Oz un momento prima che gli occhi del vampiro,
nel vagare sulla figura di quest’ultimo, si fermassero sulle sue
gambe con cipiglio perplesso, per poi esprimersi in un confuso:
«Oz... la tua gamba...?».
«Eh...?».
Il biondo, nell’abbassare a sua volta gli occhi, notò che
mancava effettivamente di parte della gamba sinistra. Una cosa tutto
sommato comune per uno zombie, o almeno, era quel che aveva sempre
creduto.
«Oh...» mormorò, poi rialzò la testa,
grattandosi la nuca e assumendo un’espressione colpevole
«Mi sarà caduta da qualche parte...» si
giustificò con sufficienza, come se la mancanza di un pezzo del
proprio corpo non fosse qualcosa di rilevante.
«Fratellone!».
Sentì la voce della sorellina, trafelata, arrivargli non da
lontano, bensì da vicino, molto vicino, esattamente da dietro di
sé, come puntualizzò ulteriormente la mano che
sentì posarsi sulla sua spalla.
Al voltarsi incrociò gli occhi di Ada, corrugati in
un’espressione di paziente rimprovero il cui significato in un
primo momento gli sfuggì.
Solo quando le vide sollevare la sua gamba mancante - e comprese il suo
sguardo - il biondo si esibì nella sua miglior espressione da
pentito.
«Mi è caduta per sbaglio...» asserì.
«Fratellone, dovresti prestare più attenzione a come e quanto ti muovi...» sospirò la ragazza.
«Ada ha ragione» intervenne una voce familiare, proveniente
dalla direzione di Gilbert, il quale aveva spostato gli occhi sulla
figura che gli camminava accanto - fino ad un attimo prima in religioso
silenzio.
Suo fratello Vincent pareva essere uscito solo allora dal silenzio in
cui era caduto non appena usciti di casa - subito dopo aver consumato
una lauta cena a base di sangue. Il moro si era astenuto da ciò,
dato che si era già nutrito nel pomeriggio.
«A pensarci bene, Vince è sempre taciturno nei minuti a seguito dei pasti...» commentò tra sé e sé Gilbert «... o forse non aveva niente da dire fino ad ora...»
aggiunse dopo, come se la prima spiegazione che si era dato riguardo il
suo improvviso “risveglio” non lo soddisfacesse fino in
fondo.
«Un giorno o l’altro finirai con il rimanere solo una
misera testa di zombie...» riprese Vincent, sorridendo
all’indirizzo di Oz con fare vagamente inquietante. Tra le sue
parole, il giovane zombie riuscì a carpire un velato desiderio
che quanto ipotizzato avvenisse sul serio, ma non vi badò molto:
in fondo, sapeva bene che Vincent Nightray era fatto così.
Preannunciare disgrazie e godere nell’immaginarle in atto era una
cosa che gli piaceva fare fin da giovane, un diletto che, con il tempo,
gli era divenuto sempre più piacevole e congeniale.
Talvolta, addirittura, le sue “premonizioni” si erano pure avverate, con sommo dispiacere delle sfortunate vittime.
«Uff, non è colpa mia se gambe e braccia sono attaccate in
modo così debole...!» si lamentò Oz, mentre,
saltellando sull’unica gamba rimastagli, si riattaccava
l’altra.
Era una scena buffa e raccapricciante al tempo stesso: il suo cercare
di risistemarsi l’arto senza perciò fermarsi e la sua
espressione concentrata erano qualcosa di tenero e divertente, ma
dall’altra parte c’era il fatto che stava, appunto,
cercando di rincastrare due giunture di una gamba - che, tanto per cominciare, in un essere teoricamente morto ma praticamente “vivo” non avrebbero dovuto separarsi.
I suoi tre compagni lo lasciarono fare: ciascuno di loro sapeva che
cercare di convincerlo ad agevolare la cosa fermandosi sarebbe stato un
tentativo inutile.
«Elliot non è venuto con voi?» chiese Ada,
guardandosi intorno: solo allora aveva notato l’effettiva assenza
del terzo dei fratelli Nightray.
Non che intercorresse un roseo rapporto tra lui e la famiglia
della ragazza, i Bezarius, ma Ada si interessava comunque di sapere
notizie anche su di lui, o meglio ancora vederlo: in fondo, lei
personalmente non aveva alcun tipo di problema col ragazzo,
bensì quest’ultimo con la sua casata - e lei non poteva
farci niente.
«Tsk! Se ne sarà rimasto a casa a strimpellare quel suo
dannato violino» sbottò Oz, poggiando a terra la gamba
appena ricongiunta.
Lui non aveva molta simpatia
per Elliot, ma la cosa era reciproca: fin dal loro primo incontro -
avvenuto anni prima - non si erano mai piaciuti e la situazione era
rimasta tale e quale da allora.
«No, è uscito con noi» obiettò Vincent,
probabilmente per godere dell’espressione contrariata che
balenò per qualche attimo sul viso del suo interlocutore
«Solo che ha preferito avviarsi da solo con Reo».
«Come sempre...» aggiunse tra sé Gilbert: il loro fratellino passava decisamente più tempo con il suo servitore che con loro.
«Tanto meglio» commentò semplicemente Oz «Voi
che dite, come sarà lo spettacolo di Jack?» cambiò
subito argomento l’attimo dopo, assieme al tono.
«Dovresti essere te il più informato, fratellone»
gli fece notare Ada «Hai passato così tanto tempo con lui
dall’inizio dei preparativi...».
«Sì, è vero...» confessò Oz, giungendo
le dita e abbassando su queste gli occhi, l’espressione colpevole
e dispiaciuta a un tempo «... però non sono riuscito a
cavargli di bocca nemmeno una parola!».
Pareva irrimediabilmente frustrato.
«Allora dovrai aspettare» concluse Vincent con
semplicità, sfoggiando uno dei suoi sorrisetti malvagi. Pareva
quasi aver deciso di giocare e divertirsi con le reazioni del ragazzo,
almeno per quella sera.
«Uffa...!» sbuffò il Bezarius, spazientito.
«Guarda, ormai siamo quasi arrivati» intervenne Gilbert,
indicandogli con un dito il fondo della strada: si cominciavano ad
intravedere le luci arancioni delle lanterne appese in piazza.
Com’era prevedibile, Oz iniziò ad entusiasmarsi con nuova forza.
«Sì! Non vedo l’ora!! Jack sarà incredibile, me lo sento!!!».
Il tragitto che li separava dal centro città fu percorso in un
tempo brevissimo, anche grazie ai continui richiami ed incitamenti del
maggiore dei due biondi, ormai completamente assorbito non solo
dall’entusiasmo, ma anche dallo spirito della festa.
Se non avesse avuto i suoi bravi ventidue anni, Ada - e con lei anche
Gilbert - avrebbe scommesso che si sarebbe messo a correre insieme ai
più piccoli, che sfrecciavano per ogni dove come animati da
adrenalina pura.
Quando finalmente giunsero nella piazza, i suoi occhi smeraldini
ardevano d’incontenibile fervore mentre si lasciava alle spalle
il gruppetto per insinuarsi tra la folla.
«Chissà se lo zio è già qui: deve
presenziare la cerimonia d’apertura...» mormorò Ada,
preoccupata.
«Sarà senz’altro arrivato» la rassicurò
il maggiore dei due Nightray, posandole una mano sulla spalla.
«Andiamo più avanti, Gil?» domandò Vincent, con tono stranamente gentile e affabile.
Senza replicare, gli altri due lo seguirono attraverso la folla,
diretti nelle vicinanze del palco che era stato montato al centro della
piazza.
L’impalcatura pareva esser fatta di grosse lastre di marmo nero
posizionate a mo’ di piramide con la sommità ampia e
spianata adornata con veli di ragnatele bagnate di sangue ed una grossa
croce poggiata trasversalmente sui grossi gradini sul lato destro.
Vincent e Gilbert dovettero fermarsi ad una certa distanza da essa: non
avevano niente di male contro quella croce, ma quella ne aveva eccome
contro di loro.
La loro natura non permetteva di avvicinarsi più di tanto a
certi simboli sacri, a maggior ragione se così grandi, a meno
che il vampiro di turno non avesse insani istinti suicidi.
Ada decise di rimanere vicina a loro, non trovando più suo fratello tra la gente.
«Chissà dove sarà andato a cacciarsi...».
Cercando di star tranquilla e pensando che ormai era un adulto che
sapeva badare a sé stesso - benché avesse ancora strani
impulsi fanciulleschi - la zombie rivolse la sua attenzione al palco.
Un dolce sorriso si dipinse sulle sue labbra quando vide la familiare
figura di suo zio guadagnarsi il centro del “palcoscenico”.
La sua famiglia era una delle più importanti di tutto il paese -
assieme a quella di Gilbert e Vincent - e suo zio attualmente ricopriva
la carica di sindaco, fatto che lo portava direttamente là,
sotto gli occhi di tutta la cittadinanza, ad annunciare l’evento
più atteso dell’anno, il cui protagonista, tra
l’altro, sarebbe stato proprio suo nipote.
Perché proprio lui?
La spiegazione era semplice e banale: perché era Jack.
Uno dei figli delle quattro più importanti casate, a turno,
veniva chiamato Jack alla morte del precedente omonimo, e spettava a
lui condurre “i giochi” della festa di Halloween.
Era un’usanza che, in verità, Ada non aveva mai capito, ma
doveva comunque attenercisi: dopotutto, le regole erano quelle.
Ascoltò suo zio mentre, per interi minuti, parlava delle vecchie
tradizioni, delle passate celebrazioni di Halloween e di altri
argomenti affini, finché finalmente...
«... e adesso, che la festa abbia inizio!!!».
Nell’ovazione generale che seguì si udì
distintamente il rumore tipico delle ruote che cigolavano sotto un peso
eccessivo.
L’attenzione di Ada - e non solo la sua - fu attirata da un
grosso cavallo impagliato sul cui dorso era conficcata una croce di
legno alla quale era legato suo cugino.
Nonostante fosse una zombie, per cui per definizione “un cadavere
ambulante”, Ada vantava una discreta vista che le permise di
scorgere, persino da quella gran distanza, le corde avvinghiate attorno
ai polsi e alle caviglie di Jack, il cui capo ciondolava inerte sul
petto, gli occhi chiusi e l’espressione tipica di chi sta
sopportando un gran dolore.
Ovviamente, la ragazza lo comprendeva: essere legato a quella maniera
comportava tutta una serie di complicazioni a livello respiratorio che
rendevano ogni suo sospiro simile ad una coltellata netta ai polmoni.
Man mano che il cavallo avanzava la folla faceva ala per permettergli
il passaggio, osservando intanto il biondo immolato sulla croce.
C’era chi applaudiva, chi lo chiamava a gran voce, chi addirittura sembrava spaventato dalla scena.
Gilbert e Vincent, alle spalle della giovane Bezarius, erano
impalliditi più di quel che già erano alla vista di
quella croce immensa.
Quando si avvicinò al punto dove si trovavano, indietreggiarono
di qualche passo per non finire scaraventati via dall’aura sacra
che la circondava e che percepivano già nell’aria sotto
forma d’intenso calore.
Il carro raggiunse in breve il palco e lì accanto si fermò, in modo che tutti potessero guardare.
Un silenzio a dir poco tombale si fece largo tra la folla, mentre tutti
osservavano col fiato sospeso Oscar mentre appiccava il fuoco al
cavallo impagliato.
Le fiamme iniziarono immediatamente a consumare la paglia del pupazzo, per poi salire a lambire di lontano i piedi di Jack.
Nonostante fosse assolutamente certa che l’incolumità di
suo cugino non sarebbe stata intaccata, Ada non poté fare a meno
di temere che potesse bruciarsi.
Tuttavia, anche se le fiamme salivano, Jack rimaneva immobile.
Quando il fuoco giunse a sfiorargli le punte dei piedi, finalmente si
rianimò all’improvviso, raddrizzandosi - anche se con
difficoltà - sulla croce.
Con un’abile torsione del polso, il biondo estrasse dalla manica
destra un coltellino, con il quale liberò la mano, per poi
tagliare le altre corde.
Libero che fu, Jack s’inerpicò fin sui bracci della croce, gli occhi accesi di un sincero, profondo entusiasmo.
Un’ovazione s’alzò dalla folla mentre il Bezarius si
portava due dita alle labbra e lanciava un lungo, penetrante fischio
che riecheggiò nel cielo, disperdendosi in lontananza.
Dopo appena alcuni istanti la notte fu squarciata dal verso simultaneo
e bestiale di più creature, le cui sagome alate si stagliarono
in breve nella volta celeste, nero liquido contro nero cenere,
disegnando gli innegabili profili di tre grossi pipistrelli provvisti
di ali ampie circa tre metri.
Le creature planarono sulla folla, passando pochi metri sopra di essa, dirette verso il palco.
Il pipistrello al centro del trio si abbassò quando fu sopra il
Bezarius, che si aggrappò alla catena che pendeva dal suo
collare borchiato, lasciandosi trasportare in alto.
Una volta a mezz’aria, il biondo si dondolò sulla catena
cui era appeso finché non riuscì a saltare sul dorso del
pipistrello alla sua destra, che aveva nel frattanto abbassato
l’altezza di volo.
Il giovane rimase in piedi con le gambe leggermente divaricate,
tenendosi ben saldo alla sua catena mentre la bestia si esibiva in
circoli aerei e piroette.
Da dietro gli edifici s’innalzarono i pennacchi luminosi di
fuochi d’artificio rossi, azzurri, verdi e di mille altri colori,
che esplosero nel cielo in una pioggia di schegge colorate.
Grida entusiaste si levarono dal basso, mentre Jack saltava con
acrobazie complesse e particolari da un pipistrello all’altro.
«È bravo...» commentò pacato Vincent, quasi
casualmente, le labbra stirate in un mite sorriso e le sopracciglia
inarcate in un’innocente espressione perplessa.
«Si è esercitato tanto per arrivare a questo giorno»
intervenne timidamente Ada, guardando negli occhi il vampiro,
ricordando con ammirazione l’impegno profuso senza requie dal
cugino nel periodo antecedente quello spettacolo, talvolta perdendo
anche ore ed ore di sonno - ed ovviamente senza rivelare mai per che
sorta di spettacolo stesse lavorando tanto assiduamente.
Il risultato, come poteva ben vedere non solo lei, ma anche tutto il resto della città, era semplicemente stupefacente.
Con l’ultimo fuoco d’artificio - che esplose creando un
magnifico e macabro teschio color del ghiaccio - si concluse
l’esibizione e Jack saltò giù dal suo pipistrello,
che era planato nel frattempo a meno di cinque metri dalla superficie
del palco.
Atterrò senza nemmeno un graffio accanto ad Oscar, un sorriso
smagliante ed entusiasta sul viso, quindi declamò a gran voce:
«Buon Halloween!».
Fu accolto da un disarmonico coro di grida, esulti e sospiri di giovani
spasimanti che smaniavano pur di vederlo anche da lontano - era un
giovanotto molto ambito, Jack Bezarius.
Mentre la folla si disperdeva, diretta verso la hall del municipio, il
biondo si ritirò in un angolo del palco, sedendosi sul bordo
dell’impalcatura, sospirando sollevato: era finita ed era andata
bene.
Lasciò dondolare le gambe nel vuoto per qualche momento, mentre
l’adrenalina e la tensione che l’avevano animato durante
tutto lo spettacolo allentavano la presa sui suoi muscoli, lasciandolo
un po’ a corto d’energie.
Non che si aspettasse di essere fresco come una rosa dopo quel che
aveva appena fatto, tuttavia la stanchezza improvvisa che l’aveva
assalito lo lasciò un momento spiazzato.
Solo un momento, dato che l’attimo successivo fu aggredito alle spalle da qualcosa di ben più piacevole e concreto.
«Jack, sei stato assolutamente fantastico!».
Voltò la testa, sorridendo, guardando dal basso suo cugino Oz,
chino accanto a lui con un’espressione estatica in viso.
«Lieto che ti sia divertito» commentò, allungando
una mano a scompigliargli affettuosamente i capelli, così simili
ai suoi, eccetto per la lunghezza.
Il minore si sedette accanto a lui, dondolando energeticamente le gambe.
«Perché non vai ad unirti agli altri?» chiese,
spostando la propria attenzione dalle sue scarpe per rivolgerla al
cugino.
In quel momento una delle gambe di quest’ultimo si staccò e cadde a terra, ma lui non parve accorgersene.
Jack sospirò, fingendosi esausto - o almeno, manifestando apertamente la stanchezza che sentiva davvero.
«E allora andiamo...!» esclamò, in tono rassegnato ma sereno, alzandosi.
«Fratellone, la tua gamba!!».
I due ragazzi volsero in contemporanea lo sguardo verso il basso,
incrociando l’espressione severa ma dolce tipica di Ada, che
reggeva in una mano la gamba sinistra di Oz. Quest’ultimo
arrossì e si chinò a raccoglierla.
«Uff, queste gambe...!» borbottò, mentre si riagganciava l’arto alla rotula con un piccolo schiocco.
«Ehilà, Gilbert! Vincent!» salutò Jack,
sorridendo all’indirizzo dei due vampiri alle spalle della
ragazza, che ricambiarono il saluto con un cenno del capo.
«Bella performance» si congratulò il maggiore, stirando le labbra, scoprendo appena le zanne.
«Ehi, Gil! Quei denti cominciano ad ingrandirsi un po’
troppo...!» ridacchiò Oz, saltando giù dal palco e
affiancandosi al vampiro, che allungò una mano a toccarsi i
denti, a disagio e perplesso.
«Mmh...? Dii già...?» si chiese ad alta voce: non
era mai un buon segno quando i canini iniziavano ad allungarsi.
Significava che aveva sete e se non avesse risolto in fretta il
problema si sarebbe trovato al cosiddetto “punto di non
ritorno”: la brama di sangue gli avrebbe fatto fare qualche
stupidaggine - e di quelle grosse.
«Gil ha sete...!» esclamò Oz in tono scherzoso, con
l’intenzione quasi ovvia di prenderlo per i fondelli.
«Allora andiamo ad unirci agli altri» decise Jack, scendendo anche lui dal palco.
Si avviarono così lungo la strada principale, diretti al municipio.
Dato che tutti gli altri cittadini erano già andati, non
trovarono alcuna difficoltà nel percorrere la strada ormai
deserta.
Quando giunsero nei pressi del municipio, tuttavia, Vincent rallentò lentamente, fino a fermarsi in mezzo alla strada.
Tutti gli altri si voltarono a guardarlo.
«Che succede Vince?» domandò suo fratello,
incuriosito e preoccupato dall’espressione seria e sospettosa che
si era fatta strada sul suo viso.
Il biondo rimase immobile in silenzio per qualche momento, poi disse:
«Nell’aria c’è una strana tensione...».
«Tensione...?» ripeté Jack, inarcando le sopracciglia.
«Guardate! Sono tutti raggruppati davanti all’edificio!
Sarà... successo qualcosa?» esclamò Ada, incerta.
In effetti, a guardar bene, in fondo al selciato si vedeva il profilo
della folla, anche se nessuno di loro sapeva per quale motivo fossero
là fuori e non all’interno a festeggiare.
L’espressione di tutti si fece più buia tutto d’un
tratto, come se qualcuno avesse premuto un interruttore, spegnendo una
qualche luce.
«Non lo so Ada... ma credo sia meglio andare a controllare» disse Jack, muovendosi e precedendoli.
Angolino autrice
E finalmente, dopo due mesi quasi che lavoro su questa... cosa
- per non usare altri termini XD - riesco a postarla *O* anche se
è completamente fuori tempo, ma l'ho iniziata dopo Halloween e
di aspettare il prossimo non ci penso nemmeno èwé
Altra fanfic misteriosa, ma se io
non ci metto qualcosa del genere ormai non riesco più a scrivere
long XD per cui accettatemi così come sono o sopprimetemi
ùwù
Ah, il "genere" dei personaggi - nel
senso del loro essere mostri - l'ho volutamente scopiazzato dal film
d'animazione di Tim Burton "Nightmare Before Christmas" - perché
m'ispiravano troppo ùwù
Well, sperando di non aver scritto un obbrobrio mi eclisso.
Al prossimo chappy!
F.D.
|
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Capitolo 2 *** Ritrovamento sconcertante ***
2_Ritrovamento sconcertante
2. Ritrovamento sconcertante
L’assiepamento di persone davanti al municipio era a dir poco
mostruoso: ogni singolo spiraglio o pertugio che avrebbe potuto lasciar
passare qualcuno era completamente ostruito, anche se c’era
un’area libera notevole attorno all’oggetto
dell’attenzione di tutti.
Pareva quasi che la folla fosse schiacciata contro una cupola invisibile da una forza inesistente.
Jack e gli altri, preoccupati dalla cosa - ed in effetti non era un
qualcosa di normale che i cittadini preferissero rimanere fuori in
strada anziché entrare per festeggiare Halloween come si doveva
- affrettarono il passo per raggiungerli.
Quando infine arrivarono, Jack picchiettò sulla spalla di una
donna in ultima fila, che si volse verso di lui con
un’espressione carica di costernazione e spavento.
«Possiamo passare?» domandò il biondo con estremo garbo.
La sua interlocutrice, non appena ebbe riconosciuto chi aveva davanti,
si ritrasse ed annuì con una sorta di timore reverenziale, come
se temesse che da un momento all’altro Jack la fulminasse con lo
sguardo.
I vicini della donna, che avevano assistito alla breve scena, sparsero
subito la voce che Jack Bezarius era lì e che voleva vedere. Fu
così che lentamente il mare di persone si allargò, poi si
aprì al passaggio del giovane, che incedeva incurante della
posizione che rivestiva quel giorno: in quel momento era solamente
preoccupato.
Occorsero dei minuti affinché lui e la silente comitiva che
l’accompagnava arrivassero in prima fila, ma quando vi furono
giunti desiderarono ardentemente di non averlo mai fatto.
Innanzi ai loro occhi si presentava il corpo di una donna - una
bambola, a giudicare dalla ragnatela di cuciture che si intrecciavano
sul suo viso - immobile con gli occhi viola vitrei, fissi su un vuoto
dal quale non avrebbe mai più potuto distogliere lo sguardo.
Con un certo orrore intrinseco, Oz constatò che era stata
pietrificata. Il busto era leggermente piegato in avanti, le braccia
alzate a far scudo al viso, come se avesse voluto proteggersi
dall’attacco di qualcosa, anche se, considerata la fine che aveva
fatto, non vi era riuscita.
Solo la sottile patina d’un grigio tenue che l’avvolgeva
completamente dava l’idea di una rigidità obbligata,
eterna.
Per il resto, la donna era “adorna” in svariate parti del
corpo da un velo piuttosto spesso di un liquido rosso scuro che
somigliava incredibilmente a...
«Sangue» sentenziò Gilbert in tono greve, affiancandosi ad Oz.
Vincent annusò l’aria, poi annuì in conferma:
«È sintetico ma è sangue e l’odore è
quello tipico di quello di bambola. Ed è ancora fresco...».
«È... raccapricciante»
sussurrò Oz con un filo di voce, mentre Ada gli si stringeva al
petto in cerca di sostegno, gli occhi sgranati e vinti
dall’orrore più puro, che era perfettamente giustificato:
il sangue la ricopriva praticamente ovunque.
Il suo corpo era avvolto da strisce di sangue che salivano concentriche
dal fondo del suo abito fino alla base del collo. Sugli occhi erano
state apposte due grosse chiazze di linfa, che erano colate lungo le
guance in righe tremule e macabre. Le labbra erano state perfettamente
dipinte di rosso e non c’era neppure una goccia che scivolava da
esse, come se l’assassino si fosse preoccupato particolarmente di
stenderlo in maniera tale che almeno quello rimanesse tutto
dov’era.
Il sangue sulla bocca, notò Gilbert, era già in avanzato
stato di coagulazione, come si poteva evincere dal colore, più
scuro rispetto a quello delle restanti macchie.
Pareva che chiunque avesse ucciso quella donna si fosse poi divertito
a decorarla con il suo stesso sangue. Al solo pensarci, molte persone -
tra cui la giovane Ada - si sentirono scosse da un brivido.
Chi poteva essere l’artefice di una tale mostruosità?
Fu quella la prima domanda che balenò nella mente di Jack e non solo.
I suoi occhi continuavano ad esaminare la scena, senza volersene
staccare, nonostante il suo cervello quasi gli urlasse concretamente di
distogliere l’attenzione da quel macabro spettacolo, prima che ne
rimanesse traumatizzato.
«Certamente non una creatura comune» si rispose un momento dopo, continuando a contemplare il corpo della vittima.
«Il sangue dev’esser stato estratto dal suo organismo
proprio pochi momenti prima che venisse pietrificata»
commentò Vincent.
«E poi cosparso con meticolosa cura sul suo corpo ormai divenuto
pietra» continuò Gilbert in tono freddo, orripilato dalla
scena nonostante per sua stessa natura fosse avvezzo agli spargimenti
di sangue «A giudicare dallo stato di coagulazione, direi che il
fatto non è avvenuto molto tempo fa» terminò.
Il sospetto che serpeggiava implicito nelle sue parole era chiaro ai
suoi ascoltatori: l’assassinio era stato compiuto durante i
festeggiamenti.
L’accortezza di non dirlo ad alta voce salvò Jack dal
dover placare un panico generale che avrebbe senz’altro portato
al pandemonio.
«Chiunque abbia fatto una cosa del genere dev’essere
senz’altro un pazzo» asserì il più grande dei
due Bezarius, cingendo sua sorella in un abbraccio consolatore
«Perché una cura dei dettagli tanto scrupolosa per una
cosa del genere non è normale».
«Ah, Jack... finalmente!».
La familiare voce di Oscar Bezarius li raggiunse un momento prima che
l’uomo comparisse fisicamente alle loro spalle, trafelato ed un
po’ scosso.
«Jack aiutami a portare tutti dentro! Tra poco arriveranno gli
ufficiali e dobbiamo sgombrare l’area! Non voglio che i cittadini
assistano oltre a questo scempio!» spiegò dopo, guardando
il nipote quasi con supplica.
Il suo desiderio era giusto e sensato, in fin dei conti.
Il biondo annuì con vigore, serio, quindi si girò a fronteggiare la folla alle sue spalle.
«Gente!» esclamò a gran voce, agitando in aria le
mani per attirare l’attenzione di tutti «Entrate in
municipio! Non c’è più niente da vedere! Tra poco
arriveranno gli addetti ai rilevamenti, per cui dovete liberare la
strada!» continuò.
Un mormorio soffuso percorse tutta la folla.
Per un momento Oz temette che si rifiutassero di ascoltare
l’esortazione del cugino, poi però vide le persone alla
periferia della calca dirigersi verso l’interno del municipio,
seguiti dai vicini.
Lentamente tutti i cittadini sgomberarono l’area, lasciandoli soli in mezzo alla strada, nei pressi del cadavere.
«Fratellone...».
Il giovane Bezarius sentì la testa della sorella posarsi sulla
sua spalla, in cerca di attenzione e protezione. Il ragazzo le strinse
le spalle con un po’ più di forza, voltandosi a lei e
sussurrandole con un sorriso: «Ada non preoccuparti. Forse
è meglio se anche tu entri...».
«Ci penso io».
I due fratelli sobbalzarono assieme nell’udire la suadente e pacata voce di Vincent Nightray.
Il vampiro era in piedi dietro di loro e sorrideva alla più
giovane dei due con fare gentile e rassicurante, come se la stesse
invitando a ballare, anziché a seguirlo lontano dalla scena di
un delitto.
Oz lo squadrò qualche attimo, poi sciolse l’abbraccio
attorno alle spalle della sorella e la spinse verso il Nightray.
«Vai con lui. Io ti raggiungerò poi» esclamò, mentre la ragazza si fermava innanzi al vampiro.
Quest’ultimo le prese la mano destra e si chinò a baciarne
il dorso, quindi con modi garbati e tono persuasivo, disse: «Se
mi vuol seguire, miss Bezarius...».
Ada annuì timidamente, vinta dalle sue maniere galanti, quindi lo seguì.
Se qualsiasi altra persona li avesse visti assieme in quel momento,
probabilmente avrebbe pensato che fossero fidanzati, se non addirittura
promessi sposi.
Oz osservò il profilo dei due mentre si allontanavano in
direzione del municipio, quindi emise un sospiro affranto, alzando gli
occhi a guardare il cielo.
«C’è qualcosa che ti turba particolarmente...?».
Il biondo volse all’indietro il busto, incrociando la figura di
Gilbert, avvolto nel suo mantello nero, gli occhi simili a scintillanti
pietre d’oro racchiuse nelle palpebre pallide.
«Ah, Gilbert sei tu...» esclamò, sorridendogli
mesto, per poi voltarsi di nuovo e tornare a contemplare il cielo.
Il Nightray gli si avvicinò silente, simile ad un’ombra
che prende forma dalle tenebre circostanti, posizionandosi al suo
fianco.
Osservò il viso di Oz senza dire niente, in attesa: lo conosceva
abbastanza bene da sapere che quel che reputava in grado di essere
rivelato, a lui lo diceva sempre.
Infatti, di lì a pochi minuti, lo sentì dire: «Perché doveva succedere proprio stanotte?».
Era palese che fosse dispiaciuto perché il fatto era accaduto
nella notte che più preferiva e attendeva nel corso di tutto
l’anno: Gilbert l’aveva carpito distintamente anche dalla
luce malinconica che animava i suoi occhi smeraldini.
Più di tutto, però, il vampiro s’immaginava che
fosse dispiaciuto perché quella doveva essere la notte speciale
di suo cugino.
Avrebbe voluto dire qualcosa per cercare di consolarlo, magari
sdrammatizzare un po’ il momento, ma tutto quel che gli venne in
mente fu un greve: «L’assassino ha approfittato della
festività per compiere indisturbato il delitto».
Finalmente quelle parole presero forma dalle sue labbra, riempiendo il vuoto che li circondava.
Il Bezarius assentì con un lento gesto del capo.
«Sì, hai ragione. Ma comunque è ingiusto...»
«Pensa a quanto sia ingiusto per la vittima».
Oz a quel punto si girò a guardarlo con un’intensità ed un’innocenza fuori del comune.
«C-che c’è?» domandò Gilbert, colto alla sprovvista dalla sua espressione.
«Queste uscite così tetre non sono da te...»
commentò, protendendosi verso il suo viso, scrutandolo come in
cerca di una spiegazione.
Se avesse potuto, Gilbert sarebbe arrossito fino alla punta dei
capelli. Disgraziatamente, la vita non albergava in lui e sangue non
gliene rimaneva quasi più.
Tutto ciò che riuscì quindi a fare fu assumere un’espressione di profondo imbarazzo.
«E-ecco io...»
«Ah! Ho trovato!» esclamò il biondo, illuminandosi all’improvviso.
Senza alcun preavviso piegò la testa esponendo la giugulare, avvicinandogliela.
Le polle dorate di Gilbert individuarono senza alcuno sforzo il vivo
pulsare delle arterie sotto la pelle e percepì un familiare
formicolio ai canini - i quali si erano allungati ancora e adesso
facevano bella mostra di sé anche dalle sue labbra chiuse.
«Che stai...?»
«Avanti, bevi»
«Ti pare il momento?»
«Mi sembri ancor più pallido di prima!» esclamò Oz, abbozzando un sorriso provocatorio.
Il Nightray ammutolì e fissò il suo collo per qualche
minuto, indeciso se assecondarlo o rifiutare, magari rimandare a dopo;
infine il desiderio di sangue lo spinse a chinarsi su di lui e
affondare delicatamente i canini nel suo collo.
Il Bezarius non ebbe alcuna reazione, come se fosse stato un comunissimo cadavere morto sul serio.
«Non importa che tu ci vada così piano. A letto vai
tranquillamente più a fondo...» gli sussurrò, la
voce densa di malizia e complicità.
Sapeva che si stava trattenendo perché non voleva farsi vedere
dagli altri mentre lo mordeva: l’aveva sempre visto come
un’azione da svolgersi in intimità, lontano da sguardi
indiscreti.
Lui semplicemente credeva fosse una scusa per cercare di nascondere il suo essere estremamente timido.
Gilbert allora, in parte sopraffatto dalla sete di sangue,
affondò maggiormente i denti, arrivando a succhiare più
in profondità sotto la pelle, nella carne viva e pervasa di vene
e capillari.
«Come siete carini ♥! Ma queste sono cose da farsi in ben
altri luoghi che vicino ad un cadavere. Così non è per
niente romantico ~ ♪».
Il vampiro si sollevò, le zanne sporche di sangue, e si volse in
contemporanea con il Bezarius, incrociando una figura ad ambedue ben
familiare in piedi alle loro spalle, piegata leggermente in avanti.
Il suo sorriso affettato ed incredibilmente lezioso ad un tempo dava
loro profondamente sui nervi, ma non era una novità ed il
soggetto pareva far loro quel sorriso ogni volta che gliene capitava
l’occasione quasi per dispetto.
Dietro di lui c’era un’altra persona in piedi ed in una
posizione di netta superiorità, gli occhi dal taglio allungato
socchiusi e rivolti verso i due ragazzi, che sentirono tutto il peso di
quell’espressione seria e composta come fosse stato un macigno
apposto sulle loro spalle.
Era uno sguardo nobile e pretenzioso, tipico di chi è abituato a far domande ed ottenere risposte senza tante storie.
«Sapreste dirmi qualcosa di quel che è successo qui?».
Angolino autrice
Finalmente riesco ad aggiornare questa fanfic *si sente potente*
Chiedo scusa ai lettori per
l'attesa, ma l'Ispirazione mi aveva abbandonata çOç ma
adesso è tornata *ride sadica*
Anyway, ringrazio Ely_Van Baust per la recensione allo scorso capitolo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
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Capitolo 3 *** In ritardo ***
3_In ritardo
3. In ritardo
Il suo padrone camminava
senza posa avanti e indietro davanti alla finestra, nel piccolo andito
che il tavolo del buffet aveva creato con la parete.
Più lo guardava
camminare, più aveva la sensazione che non riuscisse a trovare
un poco di pace interiore, cosa che si ripercuoteva inequivocabilmente
anche sul suo atteggiamento.
I suoi occhi azzurri erano
corrugati in un’espressione stizzita e contrariata, la sottile
linea delle sue labbra piegata in una smorfia colma di disappunto. In
mano stringeva un calice colmo di un liquido scarlatto e denso
dall’odore misto di ferro e vita.
Il mantello nero frusciava
attorno al suo corpo, frustandogli debolmente le gambe un momento,
allargandosi e svolazzando nell’aria l’attimo dopo. Il
fatto che fosse vestito di nero - come era consuetudine per le
occasioni speciali nella sua famiglia - contribuiva a dargli un aspetto
se possibile ancor più minaccioso.
In effetti, l’occhio esperto del suo servitore era riuscito a carpire esattamente il genere di sentimento che gli si agitava nel petto, simile al montare di una tempesta ormai prossima.
«Sono
in ritardo. Perché ci stanno mettendo così tanto?
Sarà successo qualcosa? Tsk...! Quel Jack Bezarius ne
avrà pensata qualcun’altra delle sue...!».
«Elliot, calmati. Stai rompendo il bicchiere...».
Il ragazzo alzò gli
occhi verso il servo, quasi infuriato per l’aver osato
riprenderlo, poi li abbassò sul calice che stringeva in mano -
notando che effettivamente presentava qualche sottile crepa vicino al
punto in cui lo stava stringendo - e ne tracannò il contenuto in
un solo breve sorso.
«Sono in ritardo,
Reo!» esclamò con veemenza, posando sul tavolo il
bicchiere con forza, fronteggiando a viso aperto il suo interlocutore.
Quest’ultimo inclinò da un lato il capo, ritirandosi nelle spalle.
«Ti sta colando del sangue dalla bocca...» esclamò, alzandosi e avvicinandoglisi per tergerlo con un dito.
Elliot orientò da tutt’altra parte lo sguardo, imbarazzato per la ripresa.
«Non è questo
il punto...» commentò, improvvisamente mansueto, spostando
di nuovo gli occhi e fermandoli sul dito di Reo, sporco di rosso.
Lo leccò facendo attenzione a non ferirlo coi canini ancora sproporzionati a causa della sete.
«Staranno per
arrivare. Comunque, sei tu che hai insistito per precederli qui»
lo rimproverò pacatamente il servitore, ignorando il gesto poco
signorile del suo padrone.
Elliot continuò ad
infischiarsene di tutte quelle che erano etichettate sotto il nome di
"buone maniere" e proseguì nel leccargli il dito.
Sentire la carne viva e
pulsante tra le sue labbra, così vicina ai suoi canini
sproporzionati, lo rendeva smanioso di lacerarla per far sgorgare
ancora altro sangue. Reo parve accorgersi della sua brama crescente,
poiché tolse la mano dalla sua stretta e schioccò le
dita, facendo apparire nelle mani del vampiro un altro calice di sangue.
«Bevi quello» esclamò, accennando al calice.
Elliot fissò il
liquido rosso, poi lo tracannò con un moto di stizza,
appoggiandolo sul tavolo assieme all'altro bicchiere che aveva
precedentemente già svuotato un paio di volte.
In quel momento la gente cominciò ad entrare lentamente dall'ingresso principale.
Il vampiro si sorprese di vedere che sembravano traumatizzati, tristi, in netto contrasto con lo spirito della festa.
«Elliot...»
«L'hai notato anche tu?» domandò il Nightray, serio.
Reo assentì, cupo.
«Sembra che sia
successo qualcosa» disse, ma l'attenzione del vampiro era stata
catturata da un altro particolare: tra la folla che fluiva dalla soglia
non riusciva a scorgere i suoi fratelli, né tantomeno a vedere i
Bezarius - Jack in particolare.
«Dove sono tutti?».
«Allora, signor Nightray?».
Gilbert si alzò in piedi per fronteggiare dirimpetto i due personaggi appena materializzatisi dietro di lui.
Anche Oz si alzò, ma
squadrò il sopravvenuto con un certo divertimento negli occhi,
anziché diffidenza, come il vampiro.
«Break... è da
tanto che non ci vedevamo!» lo salutò allegramente,
piegando leggermente di lato la testa, sorridendogli.
Xerxes gli sorrise a propria volta, assumendo un cipiglio leggermente infastidito.
«Sei rimasto il solito fastidioso bambino, Oz» replicò.
Nel suo tono era debolmente percepibile una nota d'affetto.
Gilbert osservava Break, guardingo: non riusciva a dimenticare "l'incidente" dell'ultima luna piena.
Anche adesso Xerxes dava l'impressione di essere in uno stato che di umano aveva solo l'apparenza.
Il suo colorito era cereo e
l'unico occhio visibile era di un rosso che ricordava decisamente
quello del sangue. Sotto la palpebra inferiore l'acuta vista di Gilbert
riusciva a distinguere un sottile strato più scuro, sintomo di
qualche notte d'insonnia - anche se la sua natura faceva sì che
la perdita di sonno non costituisse una rinuncia così grande per
il suo organismo.
I corti capelli bianchi erano leggermente arruffati, come il pelo scompigliato dal vento.
Indossava - come suo solito
- una camicia viola scuro, un paio di pantaloncini neri che gli
arrivavano alle ginocchia ed un paio di stivaletti bianchi aperti lungo
tutto il polpaccio, coordinati con la giacca bianca che rivestiva il
suo esile profilo dai gomiti in giù.
La luce lunare illuminava
la sua figura solo in parte, donandogli un delicato e mistico
equilibrio tra luce ed oscurità: i capelli risplendevano come
argento, per poi sfumare nel buio, così come il suo viso - la
metà coperta in parte da un ciuffo di capelli era ben visibile,
ma l'altra era buia, cosa che rendeva l'occhio uno sfavillante rubino
racchiuso nelle tenebre.
Il suo sorriso era uno scintillare quasi abbagliante di denti perfettamente bianchi, simili a zanne.
«Non ho intenzione di
morderti, Gil. Non mi piace la carne di vampiro: è povera di
sangue» esclamò con voce densa di scherno.
Gilbert corrugò lo sguardo.
«A cuccia, Xerxes. Non è questo il momento per i tuoi inutili giochetti».
Glaciale e diretto, l'uomo
alle spalle dell'albino avanzò, portandosi in prima linea, in
modo che tutta l'attenzione fosse rivolta a lui.
I capelli rossi frusciavano
ad ogni suo minimo movimento, così come il lungo mantello scuro
che gli copriva le spalle e che arrivava fin quasi a terra.
Il completo nero era elegante e formale e gli scendeva, aderente, fino alle ginocchia.
«È arrivato, finalmente, duca Barma. La stavamo aspettando».
Jack si affiancò a Oz e Gilbert, seguito da Oscar.
«Da questa parte» esclamò Jack, voltandosi e guidando Barma e Break verso la scena del delitto.
I due uomini lo seguirono
senza emettere un fiato, lasciando indietro il Nightray ed il Bezarius
più giovane, i quali, dopo un momento di incertezza, li
seguirono.
Il duca Barma si
avvicinò per primo alla donna, esaminandola da una distanza
estremamente ravvicinata, percorrendo con lo sguardo tutto il suo
corpo, come in cerca di un dettaglio che gli era sfuggito.
«Pietrificata ~
♥» constatò quasi allegramente Xerxes, saltellando
attorno alla vittima, piegandosi e spostandosi per osservarla da varie
angolazioni.
«Con tanto di
servizio make up gratuito ♪» aggiunse nell’osservarle il
viso tinto di rosso, come se si stesse divertendo.
«Piantala Xerxes, sii
serio» lo riprese gelidamente il duca dai capelli rossi,
scoccandogli un’occhiataccia di sbieco, per poi rivolgere la
propria attenzione a Jack e lo zio, in silente attesa assieme ad Oz e
Gilbert.
«È stata
pietrificata da una magia potente ed irreversibile. Non si può
fare più niente per lei» sentenziò senza la minima
traccia emotiva nella voce.
Sembrava che la questione non lo riguardasse minimamente, che non gli facesse né caldo né freddo.
«Barma è così distante da tutto...»
commentò Gilbert tra sé, fissando il nobile con una punta
d’astio: non gli piaceva il suo estraniarsi da tutte le emozioni.
Glielo rendeva più antipatico.
Oz notò con la coda dell’occhio il mutare dell’espressione del vampiro ma non disse niente.
Jack fece un passo avanti, lo sguardo serio.
«Chi può essere stato?» domandò.
Rufus rimase un momento in
silenzio, come se dovesse rifletterci. I due si scrutarono negli occhi
in modo penetrante, quasi volessero infiltrarsi l’uno nella mente
dell’altro.
Infine, Barma si decise a
pronunciarsi: «Non una creatura comune, questo è certo.
Escludi anche noi stregoni: nessuno è capace di creare un
incantesimo del genere».
Jack sussultò lievemente alla notizia, che gli piovve addosso come una cascata d’acqua gelida.
«Non ha proprio nessuna idea di chi possa essere stato?» chiese di nuovo.
«Non amo ripetermi,
signor Bezarius» controbatté il duca, la voce simile ad
una raffica di stilettate di ghiaccio «Non riesco ad individuare
nessuna categoria di mostri capace di fare una cosa del genere.
Continua a chiedermelo perché non capisce o perché cerca
di farmi riconoscere la lacuna nelle mie conoscenze? Perché in
tal caso sappia che la mia pazienza non è illimitata».
Era arrabbiato ed era
palese. Gilbert riusciva a percepire l’aria attorno a sé
vibrare delle onde emanate dal duca, sintomo concreto della sua rabbia:
quando uno stregone provava emozioni particolarmente intense, la sua
aura tendeva ad emetterle sottoforma di onde d’urto.
Oz non l’aveva mai
visto arrabbiato sul serio, ma dalle voci che aveva sentito circolare
in proposito era meglio tenerlo buono e tranquillo: le vittime delle
sue sfuriate avevano cambiato tutte quante paese, per essere
assolutamente certe di non incrociarlo più in giro nemmeno per
errore.
Suo cugino irrigidì la postura ma mitigò lo sguardo.
«Scusi la mia insistenza, duca».
«Indagherò in
merito a quanto accaduto. Se esiste un mostro capace di una cosa
simile, senz’altro riuscirò a reperire informazioni su di
lui» annunciò Barma, girandosi a dar le spalle ai
Bezarius, allontanandosi con un frusciare del mantello.
Break si attardò presso gli altri.
«Per il momento
portate via il corpo, neh?» esclamò, stucchevole, poi il
suo sguardo assunse repentinamente un cipiglio serio e inquietante.
«Cercate di limitare
le voci. Intralcerebbero le indagini» sentenziò,
l’occhio che sfavillava di una luce pericolosa.
«Andiamo, Xerxes!» lo richiamò all’ordine Rufus, già lontano.
«A presto. Bye bye ~
♪» si congedò l’albino agitando una mano, ogni
traccia di minaccia svanita completamente dal suo viso.
Si affrettò quindi a seguire lo stregone.
Oz e Gilbert sbatterono le palpebre, stupiti.
«Ogni volta che lo
vedo è sempre più strano...» commentò il
giovane zombie «... sicuri che non si è perso qualche
rotella per la strada?».
«Non è un
cadavere semovente...» gli fece notare il vampiro, suscitando nel
suo interlocutore un indignato “ehi!”.
«Però è comunque inquietante...» continuò il moro.
Jack sospirò, deluso
e affranto: nemmeno il duca Barma era riuscito a fornirgli alcun
dettaglio utile a scoprire l’assassino. Se nemmeno lui aveva idea
di chi potesse essere stato, allora non sapeva proprio a chi altro
chiedere.
Sentì una mano posarglisi sulla spalla, al che lui si voltò.
«Ehi, vai dentro con gli altri. Qui ci penso io» gli disse suo zio, sorridendogli consolatorio.
Il ragazzo lo guardò
un attimo, poi annuì, quindi si rivolse agli altri due:
«Oz, Gil! Andiamo dentro anche noi. Ci staranno
aspettando!».
«Bezarius?!».
Elliot finalmente era
riuscito ad individuare uno dei suoi fratelli tra la gente e si era
affrettato a raggiungerlo per lamentarsi del suo ritardo e mettere in
luce la propria puntualità, ma quando gli si era avvicinato non
era riuscito a trattenersi al vedere chi teneva per mano.
«Buonasera, Elliot...» salutò cortesemente la giovane Ada Bezarius, accennando un inchino imbarazzato.
Il Nightray le rivolse un’occhiata iniettata d’odio puro, per poi spostare la propria attenzione sul fratello.
«Sei in
ritardo» puntualizzò, severo, poi lanciò uno
sguardo di sbieco alla ragazza bionda al suo fianco e aggiunse:
«Tsk...! Di certo è colpa sua».
Il suo servitore apparve alle sue spalle, un’ombra silente che osservava la scena.
Vincent stirò le labbra in un sorriso velenoso.
«No, non è stata colpa sua. Mi sono offerto io di portarla qui, al sicuro» spiegò in tono criptico e vagamente divertito.
«Al sicuro?» ripeté il più giovane, senza riuscire a capire.
Reo riuscì a scorgere Ada tremare, cosa che lo mise in allerta.
«È successo qualcosa?» chiese.
«Oh, guarda chi c’è. Elliot, finalmente ti sei deciso a farti vedere...!».
Il vampiro voltò le spalle a Vincent al suono di quella voce a lui tanto familiare quanto odiosa.
«Oz... Bezarius...!».
Angolino autrice
Et voilà! Finalmente riesco a scrivere e pubblicare il terzo capitolo! *W* Sperando che sia gradito <3
La fatica di riuscire a trovare una razza di mostro che si adattasse a Rufus e Break °-° non avete idea XD
Anyway, ringrazio Ely_Van Baust per la recensione allo scorso capitolo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
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Capitolo 4 *** Una festa tesa, praticamente rovinata ***
4_Una festa tesa, praticamente rovinata
4. Una festa tesa, praticamente rovinata
Oz Bezarius era in piedi
dietro Elliot, le braccia incrociate sul petto e l’espressione
così impertinente che il vampiro per un momento provò
l’istinto di saltargli addosso ed azzannarlo alla gola; tuttavia,
l’idea di sporcarsi del sangue di un Bezarius non lo allettava
così tanto.
Sorrise in modo nervoso, tirando le labbra forzatamente, lasciando scoperti i canini in maniera minacciosa.
Era dura lottare contro l’impulso di picchiarlo fino a cancellargli quell’espressione dalla faccia.
«Per la verità sei tu che sei in ritardo» controbatté il Nightray.
«Abbiamo avuto un
contrattempo qui fuori, Elly» rispose cupa la voce di Gilbert,
mentre la sua alta figura avvolta in abiti neri si materializzava alle
spalle del biondo.
«Un
contrattempo?» chiese Reo, in cerca di delucidazioni, piuttosto
che di una rissa, come invece il suo padrone pareva desiderare con
tanto ardore.
«Sì, uno spiacevole contrattempo...» puntualizzò Oz annuendo, lo sguardo velato di dispiacere.
«Di che genere?» insistette il servitore, al quale nessuno stava prestando particolari attenzioni.
«È stato ritrovato il cadavere di una donna, qui fuori».
La voce di Jack interruppe la discussione, facendo calare un gelo profondo sul gruppetto di mostri.
Elliot parve abbandonare
ogni suo proposito di accapigliarsi con il Bezarius più giovane,
concentrando invece la propria attenzione su quello più grande.
«Un cadavere?» ripeté, inarcando sorpreso entrambe le sopracciglia.
«Come è stata uccisa?» volle sapere invece Reo.
«È stata
privata del sangue e poi pietrificata» spiegò Jack senza
dilungarsi troppo in particolari scabrosi che lo avrebbero agitato
ancor più di quanto già era.
Elliot sgranò gli
occhi, sorpreso e sconcertato al tempo stesso dalla notizia: un
cadavere in quella notte di festa era l’ultima cosa che si
aspettava.
«C’è
qualche indizio su chi possa essere l’assassino?»
domandò ancora Reo, catturato totalmente dalla notizia.
«No» rispose Gilbert.
«Non si riesce neppure a capire che cosa sia» puntualizzò Jack, affranto.
Era strano: di solito - se
Elliot non ricordava male - era il duca Rufus Barma ad occuparsi dei
rilevamenti immediati riguardanti gli omicidi - che erano occasionali
solo nella loro città, per fortuna, altrimenti il duca Barma
sarebbe stato sopraffatto dalla quantità di omicidi e non
sarebbe stato utile a nessuno.
Quell’uomo vantava la
più grande conoscenza di tutte le razze dell’intera
nazione, eppure non era riuscito a riconoscere gli effetti di un
potere...?
Il colpevole doveva essere
una creatura veramente bizzarra, unica e soprattutto rara,
perché il nobile stregone non riuscisse ad identificarla.
Un brivido freddo
s’arrampicò lungo la spina dorsale del Nightray,
scuotendolo: il fatto che s’aggirasse per la città un
mostro simile lo metteva un po’ in ansia.
«Comunque, per il
momento non possiamo fare niente eccetto aspettare che il duca Barma ci
fornisca eventuali informazioni dalla sua biblioteca»
proseguì il più grande dei tre giovani Bezarius,
spostando la lunghissima treccia di capelli dorati dietro la spalla
destra.
Si guardò intorno,
preoccupato: si era dato tanta pena per far sì che anche
quell’Halloween fosse all’altezza di quello degli altri
“Jack” che l’avevano preceduto e adesso era tutto
rovinato.
Sapeva di doversi angustiare maggiormente - anzi, unicamente - del ritrovamento del cadavere, eppure non riusciva a sostenere un’atmosfera così lugubre.
I mormorii che percorrevano
la gente e le espressioni cupe lo convincevano del fatto di dover
intervenire in qualche modo. Dopotutto, il Jack era lui: era suo
compito assicurarsi di riuscire a risollevare un po’ la festa.
Non spettava agli abitanti
attendere a questo genere di ansie, bensì a loro, i componenti
delle Quattro Grandi Casate di Duchi.
«Con permesso, devo
andare» si congedò Jack con un lieve inchino del capo ed
un sorriso falso ma rassicurante.
«A più tardi».
Si volse e si allontanò attraverso la folla, seguito dagli sguardi del resto del gruppetto.
«Tsk!» sbuffò Elliot all’improvviso, dando le spalle agli altri.
Si allontanò anche lui, diretto verso il tavolo del rinfresco.
Reo, rimasto indietro, s’inchinò rapidamente verso gli astanti.
«Scusatelo, stasera è un po' nervoso» disse in tono di rammarico, voltandosi per seguirlo.
«Difficile che non lo sia» replicò sostenuto Oz, incrociando le braccia sul petto.
«Se non ci fosse
sempre Reo con lui a calmarlo a quest’ora forse Elliot non
sarebbe stato più tra noi» commentò malignamente
Vincent, con uno strano luccichio negli occhi bicromi.
Gilbert non riprese il fratello per la battuta tutt’altro che gentile.
Semplicemente tacque,
seguendo con gli occhi il profilo di Reo che si allontanava: a tratti
il suo corpo scompariva, sbiadendo fino a divenire solo un’ombra
biancastra, per poi riapparire nitido e solido.
Di solito non esplicitava
in pubblico la sua natura di fantasma: lui stesso l’aveva
scoperta accidentalmente quando una mattina, nella biblioteca della
magione Nightray, si era imbattuto nel fratello ed il suo servitore.
Probabilmente era debole e
non riusciva a mantenere l’apparenza di un corpo concreto, oppure
si stava avvicinando l’alba.
Delle due ipotesi la prima
era la più probabile: se fosse stato imminente il sorgere del
sole, avrebbe avvertito lui stesso un forte senso di accaloramento
delle gengive accompagnato da dolore alla testa.
A quel punto il flusso dei
suoi pensieri fu interrotto dall’improvviso inizio di una musica
lenta che riempì l’aria della sala, alterando
l’atmosfera cupa e opprimente che si era creata.
Vincent si rivolse ad Ada, prendendole la mano, avvicinandosi il dorso alle labbra e baciandolo molto galantemente.
«Posso avere l’onore di un ballo?» domandò.
La bionda lo fissò
per qualche momento, colpita dalle sue maniere raffinate. Le sue guance
s’imporporarono mentre annuiva e si lasciava condurre verso la
pista da ballo al centro della stanza.
«Jack sta cercando di ravvivare la festa» constatò Gilbert, ormai rimasto solo con Oz.
«Già, anche se
è difficile» replicò il biondo, osservando la folla
attorno a sé «Quel ritrovamento ha messo paura a
tutti».
«Speriamo di trovare presto il colpevole» sospirò il vampiro, voltando lo sguardo verso la porta.
«Ce la farà?» chiese un momento dopo, alludendo all’altro Bezarius.
«È Jack. È la sua festa» rispose Oz, come se ciò potesse bastare.
Il biondo si volse verso il più alto, guardandolo negli occhi.
«Dov’eravamo
rimasti...?» chiese, sorridendogli con un che di malizioso
«Ah, già...» continuò, prima che
l’altro potesse dire qualcosa.
Allungò un dito verso la sua bocca, sfiorando i canini che ancora in parte sporgevano dalle sue labbra.
«Hai ancora sete» asserì il Bezarius tranquillamente.
Il Nightray avrebbe voluto
replicare, ma non gli fu data l’occasione: lo zombie aveva
già premuto l’indice contro la punta di un dente,
ferendosi.
L’inebriante odore di rame che arrivò alle narici di Gilbert lo mandò in estasi: era così vicino...
«No, basta. Ho già bevuto a sufficienza» esclamò, risoluto.
... però non poteva permetterselo. Non due volte dalla stessa persona - specialmente se quella persona era Oz.
«Non fare il difficile, lo so che lo vuoi» lo tentò il Bezarius, reclinando di lato il capo.
«Ho detto no»
«Sai, Gil, hai un rivolo di saliva che ti scende dalla bocca...».
Il vampiro s’irrigidì per l’imbarazzo e si affrettò a tergersi.
Oz approfittò di
quel momento di distrazione per tirarlo verso il basso, poi lo
baciò senza alcun preavviso, leccandogli i denti, soffermandosi
con particolare cura sui canini.
Gilbert per un momento si
sentì debole e facile vittima dell’istinto: i denti erano
la parte del suo corpo più sensibile. Essere solleticati a
quella maniera, in modo così deliberatamente provocante, lo
stuzzicava indescrivibilmente.
Infine, cedette:
staccò le sue labbra da quelle di Oz e, presagli la mano,
allargò la ferita puntiforme sul suo polpastrello con un canino,
trasformandola in una striscia da cui zampillava invitante sangue
fresco.
Spalancò le fauci
grondanti saliva e leccò il sangue lentamente, avvolgendo il
dito con la lingua. Oz sentì la bava scivolargli lungo il palmo
aperto; poi il vampiro chiuse la bocca come una morsa d’acciaio
sul dito, succhiando avidamente. Per sua fortuna, Gilbert fece
attenzione a non conficcargli i canini nel dito, altrimenti Oz non era
certo che avrebbe potuto resistere a lungo.
Il biondo
l’attirò a sé, verso il basso, e gli baciò
la fronte senza essere visto da nessuno, data la folla.
Gilbert succhiò altro sangue ancora, finché non fu sazio.
A quel punto il moro si
sollevò ed il Bezarius si sporse verso di lui, leccandogli il
sangue che gli stava per scivolare lungo il mento.
«Hai voglia di ballare, Gil? O preferisci rimanere da soli, in disparte...?».
Angolino autrice
Finalmente dopo una lunga assenza
torno a postare per questi lidi. Mi spiace per la lunga attesa, ma il
fatto è che ho un po' trascurato il fandom di Pandora Hearts in
favore di altri. Cercherò di aggiornare questa longfic un po'
più spesso, ma non prometto niente a causa dell'Ispirazione che
va e viene.
Ringrazio comunque chi segue questa fanfiction e l'ha aggiunta all'elenco delle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo capitolo! (spero)
F.D.
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