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di Harmonia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Nel covo del nemico ***
Capitolo 3: *** La telefonata ***
Capitolo 4: *** Chris Vineyard ***
Capitolo 5: *** Paure e lacrime ***
Capitolo 6: *** AVVISO ***
Capitolo 7: *** Puoi credermi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Durante una gita con i detective boys, Conan viene ferito gravemente all’addome da un criminale e viene ricoverato in ospedale

Durante una gita con i detective boys, Conan viene ferito gravemente all’addome da un criminale e viene ricoverato in ospedale; necessita di una trasfusione, ma in ospedale hanno finito le scorte. Lo salva l’intervento di Ran, che si presta a donare il suo sangue sostenendo di avere lo stesso gruppo sanguigno di Conan. Ma come può sapere il gruppo sanguigno del bambino? La vita di Conan è salva, ma non il suo segreto: Ran è ormai convinta che Shinichi e Conan siano la stessa persona. Anche grazie all’intervento di Hattori, Conan si decide a rivelare alla ragazza la verità, ma, una notte, Ai entra nella camera d'ospedale di Conan e gli punta una pistola alla testa. Gli dice che l'organizzazione l'ha trovata e le ha offerto una nuova possibilità, ma che per rientrare deve ucciderlo.

 

Alla fine quello di Ai si rivela solo uno scherzo, ma se non fosse stato così? Se l'organizzazione l'avesse davvero trovata e costretta a tornare?

 

 

 

-Sono spiacente… A quanto pare, nelle mie vene scorre ancora sangue freddo e nero.

 

Ai che gli puntava contro un’arma…Conan era sconvolto, non riusciva a pensare.

 

-Cosa?!

 

-Ma come, non lo capisci?- lo canzonò la ragazza, avvicinando ulteriormente la pistola alla sua tempia -Hanno scoperto la mia vera identità… Quelli che tu chiami gli uomini in nero.

 

A quelle parole, Conan cominciò a sudare freddo. Cercò negli dell’amica una scintilla di ironia, il segnale di un suo ennesimo, stupido scherzo, ma non la trovò. Il suo sguardo era freddo come il ghiaccio.

 

-In occasione di quel caso del Haido City Hotel , quando ci siamo imbattuti in loro, non avrei mai immaginato che in quel luogo, oltre a Pisco, ci fosse un altro dei loro compagni.

 

Per un attimo, la parte razionale di Conan ebbe il sopravvento sulla paura. Ricordava benissimo quel caso e i suoi sospetto sul fatto che Pisco avesse un complice. In effetti, era stato davvero troppo ottimista a pensare di potersela cavare tanto facilmente.

 

-Ha messo la pulce nell’orecchio di quelli dell’organizzazione, che forse potevo essere tornata piccola con la sostanza…- continuò Ai -Si sono insospettiti, ed ecco che questa mattina hanno trovato dove mi nascondevo.

 

Conan sentì il terrore attanagliargli le viscere… se le cose stavano davvero così, non avevano più scampo, nessuno di loro.

 

-Pensavo che mi avrebbero ammazzata subito ma, invece, mi hanno offerto di chiudere un occhio sul mio tradimento, a patto che tornassi nell’organizzazione. Hanno fretta di portare avanti le ricerche sull’APTX4869, ferme da quando non ci sono più io.

 

-E allora?- disse Conan, ritrovando finalmente la voce -Per questo sei venuta a uccidere me che so dell’organizzazione?

 

-Sì, è la condizione che hanno posto per riprendermi tra loro. Ovviamente, pare che anche i tuoi genitori e il giovane detective di Osaka verranno eliminati…

 

Ecco la frase che più temeva… non solo lui, tutti coloro che gli erano stati vicini erano condannati a morte. Gli si mozzò il respiro al solo pensiero.

 

-Scusami, hanno il professore in ostaggio; adesso aiutare lui è tutto quello che io posso fare. Però devi essermi grato… Perché tu non veda la morte dei tuoi genitori e amici…

 

Conan era tentato di chiudere gli occhi, ma si sforzò di tenerli ben fissi in quelli di Ai, nel disperato tentativo di risvegliare in lei l’amica di un tempo. Sentì la bambina caricare la pistola, e capì che non c’erano più speranze. La sua mente si svuotò di ogni pensiero razionale; riusciva solo a pensare a dei nomi, nomi di persone che amava e che aveva messo in pericolo.

 

“Mamma, papà, dott.Agasa, Heiji

 

Ran”

 

-… ti ucciderò per primo!

 

All’improvviso, Conan sentì un forte dolore alla testa, e poi tutto si fece buio.

 

 

 

 

 

 

 

NDA: Ho ripostato il prologo perché lo avevo cancellato per errore. Ovviamente è solo un introduzione quasi totalmente presa dal manga (le parti in corsivo sono citazioni dirette).

 

 

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Capitolo 2
*** Nel covo del nemico ***


Finalmente, dopo una ventina di minuti di viaggio, il taxi si fermò davanti all’ospedale di Beika. Era ormai notte inoltrata, e i lampeggianti delle volanti della polizia parcheggiate davanti al policlinico spiccavano nel buio. Senza nemmeno aspettare che il veicolo si fermasse del tutto, Heiji estrasse i soldi dal portafogli e per la fretta li gettò addosso al conducente, poi, senza badare al resto, si catapultò fuori dall’auto.

-Ehi, aspetta!- disse Kazuha arrabbiata, cercando di stare al suo passo -possibile che tu sia così agitato? Che bisogno c’era di venire qui di corsa da Osaka?

-Kazuha, te l’ho già detto mi pare, Ran mi ha telefonato qualche ora fa e mi ha detto che Conan è scomparso! Non ti sembra un motivo sufficiente?!- sbottò Heiji, correndo verso l’ingresso dell’edificio.

-Ho capito, ma perché tutta questa fretta?! Sicuramente lo staranno già cercando, anzi, lo avranno già trovato. Conan è pur sempre un bambino, magari ha avuto paura di un medico e si è andato a nascondere da qualche parte no?

 

Non sai quanto vorrei poterti dare ragione Kazuha, ma purtroppo temo che sia qualcosa di ben più grave

 

Heiji accelerò ulteriormente il passo, tanto che Kazuha dovette mettersi a correre per stargli dietro. Attraversarono i corridoi quasi deserti dell'ospedale di corsa, attirandosi non pochi sguardi indispettiti delle infermiere di turno. Kazuha fissò il viso di Heiji e, pur non comprendendo il motivo, capì dall'ansia e dal nervosismo che il ragazzo lasciava trasparire che era successo realmente qualcosa di cui avere paura. Tuttavia preferì rimanere in silenzio, sapendo che con altre domande l'avrebbe solamente reso più nervoso. Finalmente trovarono il corridoio dove si trovava la stanza di Conan. Il ristretto spazio della corsia pullulava di agenti di polizia, che evidentemente stavano setacciando la camera in cerca di indizi, e di medici, infermiere o semplici pazienti curiosi, che cercavano di carpire qualche informazione in più sull'accaduto. Heiji scorse in mezzo al folto gruppo di persone i genitori di Ran e i bambini, che stavano conversando con gli agenti. Con il cuore in gola, il ragazzo cercò con lo sguardo due persone che avrebbero dovuto per forza essere lì, che avrebbero significato qualche timore in meno... ma inutilmente. Come temeva, Ai e il dott.Agasa non c'erano.

Finalmente, facendosi largo tra i curiosi, arrivò ad una piccola saletta d'attesa: Ran era seduta su una delle poltroncine, con la testa fra le mani, immobile.

Kazuha le si avvicinò cauta e le mise una mano sulla spalla.

-Ran…

Lei a quel contatto ebbe un piccolo sobbalzo, poi alzò gli occhi, lucidi di lacrime, e li vide.

-Kazuha, Heiji, grazie per essere venuti. Scusate per la telefonata improvvisa ma non sapevo più che fare…

-Figurati, non c’è problema- intervenne Heiji -piuttosto, c’è qualche indizio? La polizia sa già cosa può essere successo- chiese Heiji, anche se aveva ben poche speranze.

Ran non rispose, ma lo fulminò con lo sguardo. Heiji, che non se l’era aspettato, quasi indietreggiò.

-Scusa Kazuha- disse Ran, senza staccare gli occhi dal detective -potrei parlare un attimo con Heiji… da sola?

Aveva pronunciato le ultime parole con un po’ di timore, conoscendo il carattere estremamente geloso e possessivo dell’amica. Infatti lei li guardò con sospetto, lanciò un’occhiata minacciosa al ragazzo e se ne andò indispettita.

Heiji non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi il motivo dello strano comportamento di Ran che subito lei lo inchiodò di nuovo con lo sguardo. Le lacrime erano sparite e i suoi occhi scintillavano di rabbia.

-Allora, Hattori, non ti sembra il caso di vuotare il sacco? Direi che ormai vi siete divertiti abbastanza…

-C-che cosa?- balbettò Heiji, che però cominciava a capire dove volesse arrivare la ragazza.

 

Cavolo, ci mancava solo questa

 

-Credete davvero che io sia stupida? Tu e Shinichi? Pensavate davvero che non me ne sarei accorta?

-Non capisco di cosa stai parlando…- tentò Heiji -e comunque ora non mi sembra il caso di discutere Ran, bisogna pensare a ritrovare Conan!

-Basta, finiscila!- urlò Ran, tanto forte che molti si girarono verso di loro -ormai l’ho capito! So che Conan in realtà è Shinichi, e ora voglio sapere dov’è andato e perché! State ancora giocando a prendermi in giro?

Se solo pochi giorni prima Ran si sarebbe sentita un po’ fuori di testa a pronunciare quelle parole, in quel momento no di certo. Era assolutamente certa di quello che diceva, e per quanto sovrannaturale potesse sembrare non aveva più dubbi.

 

Conan è Shinichi... Shinichi è Conan... Mi ha solo preso in giro, per tutto questo tempo mi ha guardato impassibile mentre io piangevo per lui... Perchè l'hai fatto Shinichi, perchè?! Ora voglio la verità...

 

Dallo sguardo determinato della ragazza, Heiji capì che negare e tentare di convincerla del contrario sarebbe stato inutile, anzi, l’avrebbe fatta arrabbiare ancora di più.

-Ascolta Ran- cominciò, cercando di scegliere le parole giuste -quello che hai intuito è giusto, ma per ora non posso rivelarti molto di più. Posso dirti solo che se Kudo è scomparso non è stato certo per farti uno scherzo, su questo puoi contarci. Lo conosci, no?

-Ormai non lo so più- sussurrò Ran, abbassando gli occhi velati di lacrime di amarezza.

 

_______________________________________________________________________________________________________________

 

 

Shinichi avvertiva solo un forte dolore alla testa, un continuo, insistente susseguirsi di fitte alle tempie che gli impediva di fare un po’ di luce nel buio in cui si trovava. Così, nell’oscurità delle sue palpebre chiuse, cercò di dare un minimo di ordine ai suoi pensieri. Lo scontro con i tre criminali durante il campeggio, il proiettile che lo aveva colpito all’addome, la corsa in ospedale, Ran che si offriva di donargli il suo sangue, Ran che aveva intuito la verità… E poi c’era qualcos’altro, qualcosa che gli sfuggiva, o magari qualcosa che non voleva ricordare… Una pistola puntata alla tempia, uno sguardo freddo e spietato…

D’istinto spalancò gli occhi, mentre l’immagine di Ai Haibara lampeggiava chiara ed inequivocabile nella sua mente. Era stata lei a minacciarlo, a dire che avrebbe ucciso lui e tutti i suoi cari. Non era la Ai che conosceva, no, ma Sherry, il membro dell’organizzazione, la spietata scienziata ideatrice di veleni mortali, imprigionata in un corpo da bambina.

Però una cosa è certa, Ai non mi ha ucciso. Perché? E dove mi trovo ora?

Spostò lo sguardo dal soffitto e, alzando il capo quel poco che il dolore alla testa gli consentiva, osservò l’ambiente che lo circondava. Era una piccola stanza buia e polverosa, piena di armadi e scaffali. Su un grande bancone erano appoggiate file e file di provette contenenti strani liquidi. Shinichi si accorse che era straiato su un lettino bianco che avrebbe potuto essere di uno studio medico, se non fosse stato per le cinghie che gli circondavano saldamente gambe, braccia e torace, costringendolo a stare sdraiato.

Su una sedia vide il pigiama che indossava in ospedale, e solo allora si accorse che indossava una maglia e un paio di pantaloni neri come i corvi... come loro. Ma chi poteva averlo cambiato?

Non sarà mica stata...

Subito si sentì arrossire per ciò a cui stava pensando.

Andiamo Shinichi, hai perso del tutto il cervello? Ora ti metti pure a pensare scemenze del genere quando potresti essere ammazzato da un momento all'altro?

Fissò gli abiti che indossava, disgustato dal fatto che probabilmente erano appartenuti a qualcuno dei loro. Gli stavano anche troppo stretti...

Troppo stretti?

Sentiva che c’era qualcosa di strano. Le sue braccia erano lunghe e muscolose, le sue gambe arrivavano al limite del lettino…

Shinichi rimase sbalordito: era tornato nel suo corpo da adulto.

Non poteva essere successo certo per caso, qualcuno doveva per forza avergli somministrato un antidoto...

L'antidoto...L'ho desiderato per tanto tempo e ora torno nel mio corpo quando probabilmente da qui a qualche ora sarò morto...  O forse c'è qualche motivo per cui hanno deciso di non uccidermi?

Il suo sguardo si spostò rapido sulle provette in vetro piene di strani liquidi, indugiò sulle siringhe ancora impacchettate poste sul bancone e infine si posò sulle cinghie che lo tenevano saldamente legato al lettino.

Le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro, mentre realizzava all'improvviso cosa lo aspettava.

E più che evidente, mi sa che stai perdendo colpi Shin...

Era la loro cavia. Il loro perfetto topo da laboratorio. Solo su di lui e su Ai il veleno aveva avuto quell'effetto imprevisto, e ora avevano intenzione di sfruttarlo per capirne i segreti, per poi eliminarlo non appena non sarebbe più servito loro.

Sempre che non muoia prima per qualche esperimento sbagliato...

La paura cominciò prepotentemente a farsi strada in lui, per quanto cercasse di rimanere lucido. Forse era meglio morire subito, poche ore prima all'ospedale, con un colpo di pistola...

Cercò di non pensarci, e di concentrarsi sugli aspetti positivi. Era ancora vivo, innanzitutto. E il fatto che servisse all'organizzazione gli dava perlomeno del tempo in più. Doveva trovare al più presto un modo per andarsene.

Mentre scrutava, per quanto gli era possibile, la stanza, in cerca di possibili vie di fuga, ad un tratto sentì delle voci provenire dalla stanza vicina; tese le orecchie, per carpire più informazioni possibili.

-Sono mesi che la cerco e ora che ce l’ho fra le mani dovrei rinunciare ad ammazzarla? Non se ne parla!

-Parla piano Gin, o sveglierai il ragazzo.

-Non mi interessa Vermouth, non capisco perché non farla fuori! Abbiamo centinaia di scienziati in gamba nell’organizzazione, non c’è bisogno di affidare il lavoro proprio a lei!

-Purtroppo quella ragazzina è stata furba, ha sempre lavorato da sola al progetto e nessun altro è a conoscenza dei segreti dell’APTX4869. Non c’è tempo per ricominciare da capo, il veleno va perfezionato. Il capo sta perdendo la pazienza.

Si sentì un rumore, come di vetri infranti.

-E va bene, proverò a pazientare, ma quanto questo stramaledetto veleno sarà finito, la soddisfazione di toglierla di mezzo dovete darla a me. Vi assicuro che soffrirà quanto merita.

-Mettiti in coda, Gin, non sei l’unico a volere la testa di Sherry.

-E come la mettiamo con i conoscenti del ragazzo? Ormai molto saranno a conoscenza del nostro segreto…

-Non ti preoccupare, abbiamo già stilato una lista delle persone più vicine a Kudo, verranno eliminate nelle prossime ore.

Il cuore di Shinichi accelerò i battiti, mentre veniva preso da un senso di nausea. I suoi peggiori timori erano confermati, se non faceva qualcosa al più presto le persone che lo avrebbero aiutato sarebbero state uccise… E poi lei…

 

Ran…

 

La conversazione finì, e Shinichi sentì dei passi allontanarsi e una porta sbattere.

Le parole dei due erano state ben chiare, e ormai aveva la conferma del motivo per cui si trovava in quel luogo. Uno dei due interlocutori era Gin, che già ben conosceva, ma l'altro... Vermouth, sicuramente una donna, dalla voce suadente e allo stesso tempo spietata... aveva l'impressione di averla già sentita da qualche parte. Sicuramente, per qualche motivo, odiava profondamente Shiho; lo aveva capito dal tono di disprezzo con cui aveva pronunciato il suo nome in codice.

Inoltre aveva la conferma che in realtà non avevano dato una seconda possibilità a Shiho, bensì volevano sfruttarla per poi toglierla di mezzo appena possibile. Nonostante fosse stata proprio la ragazza a cacciarlo in quel guaio, Shinichi pensò soltanto che doveva assolutamente riuscire a salvarla. Dopo tutto ciò che avevano passato insieme non riusciva a concepire l’idea di vederla come una nemica.

In quel momento la porta della stanza si aprì ed entrò lei, Shiho. Shiho, non Ai. Anche lei era tornata nel suo corpo adulto.

-Ah, sei sveglio- constatò semplicemente lei, distogliendo in fretta lo sguardo.Senza aggiungere altro, si accostò al bancone e si mise ad armeggiare con alcune provette in vetro.

-Shiho- disse piano Shinichi -è tutto inutile, lo sai vero? Ti uccideranno, l’ho sentito...

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi lei si decise a rispondere, con voce atona:

-Al momento non ho altra scelta, hanno il prof.Agasa, e poi…

-E poi cosa?

-Per ora è l’unico modo per salvarti Shinichi…tu gli servi.

Shinichi tacque, in cerca delle parole giuste. Decide di andare più sul duro, sull'arrabbiato, per tentare di scuoterla.

-Secondo te è questo che avrebbe voluto tua sorella? Lei ha sacrificato la sua vita per liberarti dall'organizzazione e tu che fai? Ti unisci di nuovo a loro! Non posso credere che tu sia scesa a patti con gli assassini di Akemi... Avrei preferito morire piuttosto che vederti così!

In quel momento Shiho si voltò verso di lui. Fu solo un attimo, perchè subito tornò a guardare a terra, ma a Shinichi i suoi occhi non sfuggirono. la freddezza, la sicurezza, la crudeltà che ostentavano solo poche ore prima erano scomparse, lasciando il posto ad una vera, profonda disperazione. Già parecchie volte Shinichi aveva potuto cogliere nello sguardo della ragazza una punta di tristezza che incrivava la maschera d'indifferenza che indossava abitualmente, ma mai vi aveva visto un dolore così profondo.

Quella vista lo sconvolse, e decise di mandare immediatamente all'aria la tecnica dell'arrabbiatura e del disprezzo. In quel momento l'aveva vista così fragile, così provata che aveva l'impressione che una parole sbagliata avrebbe potuto disintegrarla e spazzarla via come polvere nel vento.

-Ascolta- disse, molto più calmo -loro hanno una lista delle persone che ci sono state vicine. Li uccideranno, capisci? Non solo i miei genitori, Heiji, anche Ran, Kogoro, i bambini verranno ammazzati. Ayumi, Genta, Mitsuiko… loro non c’entrano nulla. Così otterrai solo la loro morte, e anche noi li raggiungeremo presto.

La ragazza non rispose. Prese una siringa vuota, si avvicinò a Shinichi e gli girò il braccio.

-Scusa Kudo- disse, prima di infilargli l’ago nella carne.

Quando la siringa fu piena del sangue del ragazzo, Shiho si allontanò nuovamente, sempre in silenzio, e sigillò il campione in una provetta.

-Shiho…- tentò nuovamente Shinichi -allora è vero che sei tornata come loro? E’ vero che non ti importa più niente di tutte le persone innocenti a cui hai voluto bene?

La ragazza restò immobile per qualche secondo. Fece un sospiro, come per decidere qualcosa di importante, poi estrasse qualcosa dalla tasca. Tornò accanto al lettino di Shinichi e gli consegnò ciò che aveva in mano. Il suo telefono ad orecchino.

-Ora io esco per qualche minuto per tenerli lontani di qui- sussurrò lei, nervosa -hai cinque minuti, usali bene.

Poi, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza.

Shinichi si sentiva sollevato: potevano anche averla costretta a tornare, ma aveva la conferma che il cuore della piccola Ai Haibara batteva ancora nel suo corpo adulto.

Ma non era il momento di riflettere, aveva poco tempo. Raccolse in fretta le idee, prese un bel respiro e compose rapidamente il numero di cellulare di Heiji Hattori.

 

______________________________________________________________________________________________________________

 

 

-Allora, Heiji Hattori, ti decidi a dirmi cosa diavolo vi è saltato in testa e perchè? Rispondi?

Ran si faceva sempre più vicina, sempre più minacciosa, e il detective dell'ovest era nel panico più totale. Non sapeva più che fare, si sentiva con le spalle al muro. Cosa poteva dirle? Da una parte voleva difendere l’amico, ma dall’altra cominciava a pensare che per Ran fosse meglio credere che fosse tutto uno scherzo.

Non c’è tempo per discutere, il tuo migliore amico potrebbe morire da un momento all’altro! Dannazione Heiji inventati qualcosa!

Prima che potesse decidere quale linea seguire, sentì la suoneria del suo cellulare. Lo estrasse in fretta e, appena vide il numero sul display, sgranò gli occhi. Ran si avvicinò subito, e Heiji premette immediatamente il pulsante di chiamata.

-Kudo, sei tu?!






Eccomi qua con il capitolo 2! Ringrazio tanto feferica e _Diane_ che hanno recensito, spero che questo capitolo vi piaccia! Grazie anche a chi ha letto e continuerà a leggere.

Tornando alla storia, da questo capitolo comincia a delinearsi la trama, spero che vi prenda almeno un po’. Mi raccomando aspetto le vostre recensioni!

 

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Capitolo 3
*** La telefonata ***


-Kudo, sei tu?!

 

-Shinichi!

 

Ran si avvicinò a Heiji e tentò di prendergli il cellulare, ma il detective dell’ovest lo tenne ben stretto in mano.

 

-Dove sei?!

 

- Ascolta, non ho tempo per spiegare. Siete tutti in pericolo. Dov…

 

-Ti hanno trovato? Dove sei?

 

-No, ora non pensare a m…

 

- Dammi un indizio, vengo a cercar…

 

-Cazzo Hattori, vuoi starmi a sentire!!?? Ti ho detto che non c’è tempo!

 

Heiji ammutolì e aspettò che l’amico riprendesse a parlare, mentre Ran attaccava l’orecchio al suo per sentire.

 

-Sì, mi hanno trovato, e ora sono sulle vostre tracce. Hanno fatto una lista di miei conoscenti da eliminare. Prendi Ran, i suoi genitori, i bambini e Kazuha e portali alla polizia. Chiedi la protezione, racconta tutto se è necessario, l’importante è che non si muovano dalla centrale. Poi chiama i miei genitori e dì loro di farsi proteggere dall’FBI, mio padre conosce parecchi membri.

 

-Sì ho capito, ma tu dove sei? Dammi uno straccio d’indicazione, accidenti!!!

 

-Non pensare a me ora, l’importante è che voi riusciate a mettervi in salvo. Vi stanno cercando, Hattori, e non hai idea di quanto possano essere veloci!

 

-No, Kudo, non posso lasciarti lì nelle loro mani, ti uccideranno di sicuro!

 

-Lo so, ma non importa ora. Per favore Hattori, per una volta, fa come ti di…

 

-No!!!

 

Ran strappò di mano il cellulare a Heiji, che questa volta non poté fare niente per fermarla.

 

-Shinichi, qualsiasi cosa sia successa non ti abbandonerò, hai capito? Non puoi morire, non ora! Ci sono ancora… troppe cose che mi devi dire… Ti prego, dicci dove sei, ti veniamo a prendere!

 

-Ran…

 

Ci fu un attimo di silenzio, rotto solo dai singhiozzi di Ran, poi Shinichi disse con un sospiro:

 

-Non ho idea di dove mi trovi, tentare di salvare me è inutile. Farò tutto il possibile per tornare da te e dirti tutto quello che vuoi sapere, ma in cambio devi promettere che non farai sciocchezze e che penserai solo a salvarti.

 

Ran continuò a singhiozzare, ma non rispose.

 

-Ti prego, Ran, prometti…

 

-Non posso.

Shinichi sospirò di nuovo, come rassegnato, poi si rivolse a Heiji.

 

-Ora devo andare. Hattori?

 

-Dimmi Kudo!- esclamò Heiji riprendendosi la cornetta, mentre Ran si lasciava cadere in ginocchio.

 

-Ti prego- sussurrò Shinichi con la voce incrinata dall’emozione -non lasciare che le accada qualcosa.

 

-No, Kudo, non riatt…

 

TU TU TU TU

 

Ran smise di piangere, e sul suo volto rimase solo il puro terrore. Risentire la voce del suo amico d’infanzia, piena della determinazione di sempre, l’aveva scossa tantissimo. Non riusciva a smettere di tremare. Non poteva pensare che non l’avrebbe più rivisto, no, la sua mente proprio non riusciva a concepirlo. Shinichi era nelle mani, da quel poco che aveva capito, di pericolosi criminali. Per la prima volta era lui ad essere in pericolo, lui ad avere bisogno di aiuto: del suo aiuto. E lei non gliel’avrebbe certo fatto mancare.

 

Lentamente alzò il capo verso Heiji, e gli chiese, tremante:

 

-Hattori, loro chi sono? Chi ha rapito Shinichi?!

 

Heiji, ancora sconvolto per le parole dell’amico, le tese la mano per aiutarla ad alzarsi.

 

-Andiamo a prendere gli altri, poi ti racconterò tutto. Kudo ha ragione, se sono sulle nostre tracce non c’è un momento da perdere, devo mettervi al sicuro prima di tutto!

 

-No!- gridò Ran -io a nascondermi in centrale mentre Shinichi si trova nelle mani di quei criminali non ci vado!

 

-Mouri, cerca di ragionare, tu non puoi fare niente. E poi Kudo ti ha affidata a me, non posso deluderlo.

 

-Allora vuoi abbandonarlo?!

 

Heiji la guardò, mentre lacrime silenziose rigavano le sue guance, poi pensò all’amico, al fatto che lui l’avrebbe aiutato in qualunque situazione senza pensarci due volte.

 

-No- disse infine- non mi interessa se lui vuole sacrificarsi, non lo lascerò morire, quello stupido!

 

A quelle parole Ran abbozzò un sorriso, leggermente rincuorata, e si lasciò condurre dal detective di Osaka dagli altri.

 

 

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Quando il telefono tacque, Shinichi sentì il suo cuore appesantirsi improvvisamente. Era felice di essere riuscito ad avvertirli e che ora si trovassero nelle mani di Hattori, di cui si fidava, ma sentire la voce di Ran, singhiozzante e preoccupata, sapendo che molto probabilmente non l’avrebbe più rivista, gli aveva procurato una forte stretta al petto.

 

 

Mentre si sforzava di abbandonare quei pensieri e concentrarsi sulla sua situazione, Shiho rientrò nella stanza. Non disse niente, ma lo guardò con aria interrogativa, e quando lui annuì in risposta, i suoi occhi spenti si illuminarono, anche se quasi impercettibilmente. Si avvicinò, gli prese il telefono di mano e lo nascose di nuovo nella tasca del camice.

 

-Ora sono tutti qui, nell’altra stanza- sussurrò -non possiamo più usare il telefono, sarebbe un suicidio.

 

-Comunque, ora che sono tutti al sicuro, possiamo cominciare a pensare a noi. Dobbiamo trovare un modo di andarcene d qui.

 

Shiho non disse nulla, ma gli riservò uno sguardo così pieno di incredulità, ma anche di tenerezza e compatimento che non aveva certo bisogno di parole.

 

Shinichi, che di sguardi di quel genere ne aveva ricevuti fin troppi quando era nei panni di Conan, ne fu molto seccato, e fu tentato di rispondere qualcosa di tagliente, ma si trattenne. Ora che era tornato nel suo corpo adulto non aveva più nessuna scusa per comportarsi in maniera infantile.

 

-Dov’è il professore?- chiese allora -è qui, in questo edificio?

 

-Purtroppo non lo so- rispose lei -me l’hanno fatto vedere solo quando ho deciso di accettare le loro condizioni. Era piuttosto spaventato- la sua voce tremò appena -ma stava bene. Non so dove possa essere ora…

 

-Dobbiamo pensare ad un modo per fuggire di qui, e poi riuscire a trovare lui…- disse piano Shinichi, più a se stesso che alla ragazza.

 

-E’ inutile, non ci sono vie d’uscita. Ci troviamo in un laboratorio dell’organizzazione, a prima vista sembra davvero un ambulatorio medico ma, come puoi ben immaginare, le uscite sono ben sorvegliate da uomini armati. Provare a scappare è un suicidio.

 

Leggendo la rassegnazione nei suoi occhi, Shinichi capì che aveva deciso di farla finita, che non le interessava più sopravvivere o meno, non voleva più la libertà.

 

Sentì che si stava scaldando e fu tentato di alzarsi, prenderla per le spalle e scuoterla, ma si sforzò di mantenere la calma; non che fosse necessario in realtà, dato che le grosse cinghie che lo tenevano attaccato al lettino non gliel’avrebbero comunque permesso.

 

-Non devi arrenderti, Shiho. Siamo riusciti a tirarci fuori da situazioni terribili, ce la faremo anche questa volta. Abbiamo il telefono, possiamo chiamare la polizia e farci venire a prendere; basta solo che tu mi dica dove ci troviamo precisamente.

 

-No, non possiamo. Nella cantina, sotto di noi, si trova una bella quantità di esplosivo. Basta che vedano una volante della polizia, o comunque persone sospette, avvicinarsi, e ci faranno saltare tutti in aria per stare sul sicuro. E ora sta zitto, per favore, se dovessero sentirci parlare si insospettirebbero.

 

Shinichi tacque e ricominciò a riflettere. Se le cose stavano così, l’unico aiuto sul quale poteva contare era quello di Hattori che, ne era certo, lo avrebbe cercato. Ma come avrebbe fatto a trovarli? C’era qualcosa che potesse portarli a loro?

 

Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?!

 

-Il mio orologio- sussurrò -Shiho, dov’è il mio orologio?

 

La scienziata lo guardò, sorpresa, e indicò un tavolino dove erano appoggiati i suoi effetti personali.

 

-Ma non te ne farai niente- disse, accorgendosi che lo sguardo del detective si era illuminato alla vista dell’oggetto -hanno tolto tutti gli aghi, è completamente inutile.

 

-Ti sbagli Shiho, non è affatto inutile… Il professore aveva installato un microchip nel mio orologio, collegato ai miei occhiali da pedinamento. Quelli sono rimasti in ospedale. Se Heiji li troverà saprà con precisione dove trovarci.

 

La scienziata lo guardò, e a Shinichi parve di scorgere un lampo di speranza nei suoi occhi. Fu solo un attimo, però, perché lei disse:

 

-Anche se riuscisse a trovarci, non potrebbe fare niente per salvarci, finirebbe solo per essere ucciso anche lui.

 

Nonostante il suo pessimismo, il cuore di Shinichi si era risollevato: avevano ancora una speranza.

 

In quel momento la porta si aprì ed entrò una giovane donna molto bella, alta e bionda, dagli occhi di ghiaccio.

 

Shinichi ne riconobbe i lineamenti, li aveva visti poco più di un anno prima, con Ran, a New York. Ma la donna era troppo giovane per essere lei… a meno che…

 

La donna lo guardò, un ghigno perfido stampato sul volto, mentre lui la fissava con gli occhi spalancati.

 

-Chris Vineyard…

 

 

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Heiji uscì dalla centrale un po’ sollevato. Aveva fatto esattamente quello che gli aveva detto Kudo e ora tutti si trovavano al sicuro. Non era stato facile convincere tutto il gruppo a lasciare l’ospedale per andare alla polizia senza raccontare loro nulla. Anche all’ispettore aveva raccontato solo molto brevemente che erano tutti in pericolo, ma non aveva detto nient’altro: avrebbe solo significato perdere tempo prezioso.

 

Aveva promesso a Mouri, e anche a se stesso, che avrebbe trovato Kudo e che l’avrebbe salvato, ma in quel momento non sapeva proprio da che parte cominciare. Si impose di mantenere la calma e provare a ragionare.

 

Quelli dell’organizzazione avevano scoperto e rapito l’amico, eppure l’avevano mantenuto in vita, e il motivo poteva essere solo uno: volevano studiare il veleno che aveva in corpo. Miyano aveva accennato che, quando faceva ancora parte dell’organizzazione, lavorava in laboratori segreti, che però dopo il suo tradimento erano stati tutti bruciati.

 

Non avendo ulteriori indizi, Heiji decise di tornare all’ospedale e ispezionare la stanza in cui era ricoverato Conan, sperando di trovarvi qualcosa di utile. Fermò un taxi e salì, nel posto a fianco a quello del conduttore.

 

-Mi porti all’ospedale di Beika, per fav…

 

Si interruppe, perché sentì qualcuno salire sull’auto nei posti dietro e chiudere con forza la portiera. Si girò e vide Ran, ancora molto pallida ma con un’espressione determinata sul volto.

 

-Vengo con te- disse semplicemente, davanti alla sua espressione che si divideva fra lo stupito e l’arrabbiato.

 

-Non se ne parla neanche!- sbottò lui facendo trasalire l’autista -hai sentito quello che ti ho detto? Lo cercherò, ma tu non puoi venire, è pericoloso!

 

-Prova a impedirmelo, allora- disse Ran, senza scomporsi, fissandolo dritto negli occhi con sicurezza. Il messaggio era chiaro: dovresti uccidermi

 

Si guardarono per qualche secondo, lei determinata, lui stupefatto.

 

Alla fine Heiji distolse lo sguardo, sospirò e si passò una mano fra i capelli, sbuffando. Gli toccava una decisione davvero dura: consentire a Ran di venire con lui avrebbe voluto dire tradire la fiducia di Shinichi, ma soprattutto esporre la ragazza ad un rischio enorme. Se fosse morta, Kudo non glielo avrebbe mai perdonato, lui stesso soprattutto non se lo sarebbe mai perdonato. Ma d’altronde che poteva fare? Ran era determinata come non mai, dubitava che persino usando la forza sarebbe riuscito a farla scendere dal taxi. Senza contare che stava perdendo tempo, ogni minuto, ogni secondo poteva essere fondamentale.

 

Si voltò a guardare il conducente.

 

-All’ospedale di Beika- ripetè.

 

Vide l’espressione soddisfatta di Ran nello specchietto retrovisore mentre sprofondava nel suo sedile.

 

-Kudo mi ucciderà per questo- borbottò poi, mentre l’auto metteva in moto e partiva.

 

 

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Kazuha guardò il taxi partire divisa fra rabbia e curiosità. Dove andavano Heiji e Ran da soli? Cosa potevano avere di tanto importante da dirsi che non potessero riferire anche a lei?

 

Sentì montare la gelosia dentro di sé. Senza neanche capire cosa stesse facendo, uscì dalla centrale e fermò il primo taxi che passò.

 

-Segua il taxi davanti a lei- disse decisa all’autista, sentendosi molto James Bond.

 

 

 

 

Ecco il terzo capitolo! Ringrazio ancora tantissimo feferica e _Diane per aver recensito!

Ci tengo a dire anche che se non potete recensire perché non siete iscritti oppure volete semplicemente scambiare quattro chiacchiere, potete liberamente contattarmi per email con la funzione contatta del mio profilo (si trova ciccando sul mio nick), ne sarei molto felice!

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Capitolo 4
*** Chris Vineyard ***


Mentre il taxi sfrecciava verso l’ospedale, Ran si sforzava di concentrarsi sulla città che scorreva veloce sotto i suoi occhi

Mentre il taxi sfrecciava verso l’ospedale, Ran si sforzava di concentrarsi sulla città che scorreva veloce sotto i suoi occhi dietro al finestrino, senza però riuscire realmente a distrarsi dai suoi pensieri.

 

O meglio, dal suo pensiero.

 

Shinichi…

 

Erano successe tante cose nelle ultime ore: aveva avuto la conferma al suo sospetto, e dentro di sé si era sentita umiliata, offesa, perché sentiva di essere stata ingannata. Avrebbe dovuto capire subito che se Shinichi aveva fatto quello che aveva fatto doveva esserci stato un motivo più che serio, che era veramente in pericolo…

 

Hattori le aveva spiegato brevemente la storia durante la corsa verso la centrale, e così la sua mente veniva continuamente attraversata da inquietanti immagini di uomini vestiti di nero, e di Shinichi, solo in mezzo a loro.

 

Aveva terribilmente bisogno di parlargli, di sentire la sua voce, di poterlo guardare negli occhi… Non riusciva nemmeno pensare all’idea di non poterlo vedere mai più.

 

Schiacciò la fronte contro il vetro freddo del finestrino, cercando di impedire alle lacrime di affiorarle agli occhi. Non era il momento, doveva pensare solo a ritrovare Shinichi. C’era ancora una speranza, e lei avrebbe fatto di tutto, avrebbe dato anche la sua vita pur di rivederlo.

 

Pregava che l’auto arrivasse a destinazione il più presto possibile, perché restare semplicemente seduta senza fare niente mentre sapeva che il ragazzo che amava poteva essere torturato o peggio ucciso in qualsiasi momento rendeva insopportabile ogni secondo passato senza agire.

 

Anche Hattori, che cercava di ostentare una certa calma, tradiva la sua preoccupazione intimando ad un autista sempre più spaventato di andare più veloce o gettando occhiate nervose agli specchietti retrovisori.

 

Aveva notato da un po’ che un altro taxi aveva preso la loro stessa strada, ma inizialmente non vi aveva fatto molto caso: dopotutto poteva essere semplicemente qualcuno che aveva bisogno di andare in ospedale.

 

Fu solo quando la loro vettura inchiodò davanti all’ingresso dell’edificio che cominciò seriamente a preoccuparsi: l’altra auto aveva svoltato in un vicolo laterale e lì l’aveva sentita fermarsi. Fu tentato di andare a vedere chi c’era a bordo, ma si trattenne cercando di convincersi che stava diventando paranoico.

 

Scese dal taxi, seguito a ruota da Ran, e chiese all’autista di aspettarli lì fuori.

 

I due entrarono nell’ospedale e si diressero velocemente verso la stanza di Conan, ancora attorniata da medici e poliziotti. Entrarono, guardandosi intorno nella speranza che ci fosse davvero qualcosa che li avrebbe potuti aiutare nella ricerca: se non ci fosse stato nulla, non avrebbero avuto nessun indizio da cui partire.

 

Ran si avvicinò al letto e vide le lenzuola ancora spiegazzate, il cuscino tutto storto e gli occhiali di Conan ancora appoggiati sul comodino. O meglio, gli occhiali che Shinichi aveva usato per nasconderle la sua identità.

 

Ma perché l’hai fatto? Perché mi hai ingannata così a lungo? Voglio vederti, Shinichi…

 

Di nuovo si ritrovò a lottare contro le lacrime prepotenti, che minacciavano di scorrerle sulle guance, e di nuovo si intimò di calmarsi, dicendosi che piangere non sarebbe servito ad aiutare Shinichi.

 

Ma quando istintivamente si piegò per sistemare il cuscino e lo sentì ancora così caldo, così impregnato del suo odore, sentì la macella tremare e capì che non ce l’avrebbe fatta.

 

Scoppiò in lacrime e affondò il viso nella federa, inspirando il suo profumo, cercando di calmare i singhiozzi che però non accennavano a diminuire.

 

Sentì i passi di Hattori alle sue spalle e un istante dopo si trovò circondata dalle braccia dell’amico.

 

-Non perderti d’animo, lo troveremo- le sussurrò lui.

 

Ran sussultò: era un gesto insolito, molto insolito, per il detective di Osaka, sempre così scherzoso e ironico, ma lo apprezzò tantissimo, perché era quello di cui aveva bisogno.

 

Si abbandonò fra le braccia di Heiji, che tanto le ricordavano quelle di Shinichi, e per l’ennesima volta in quella terribile notte si chiese se avrebbe mai potuto riabbracciare il suo amico d’infanzia.

 

Heiji stesso si era stupito di quello che aveva fatto: non aveva mai abbracciato nessuna così, nemmeno Kazuha, ma vedendo la ragazza, distrutta, le spalle tremanti, stringere forte il cuscino dove Shinichi aveva poggiato la testa fino a poco tempo prima, come in cerca di sicurezza, non aveva potuto fare a meno di cercare di consolarla.

 

Nonostante la situazione disperata in cui si trovavano, guardando Ran che gli singhiozzava sulla spalla, accarezzando i suoi morbidi capelli lunghi e sentendo il corpo di lei contro il suo, Heiji non poté fare a meno di pensare che l’amico aveva davvero scelto bene.

 

Appena si rese conto delle immagini la sua mente aveva creato, si sforzò di cancellarle immediatamente.

 

Ma bravo Heiji, Kudo rischia la vita per telefonarti e dirti di mettere assolutamente in salvo la sua ragazza e tu che fai? Non solo la trascini in un pericolo più grande di quello che riesce ad immaginare, ma fai pure pensieri del genere. Se Kudo sopravvive questa volta ti uccide, garantito.

 

Era talmente preso dai suoi pensieri che non si accorse subito che una ragazza con la coda di cavallo li fissava inorridita sul ciglio della porta.

 

 

 

___________________________________________________________________________

 

 

 

-Chris Vineyard

 

La donna si limitò a sorridere, avvicinandosi al suo lettino.

 

- I prefere Vermouth… (Preferisco Vemouth)- sibilò.

 

Poi si voltò verso Shiho, che ebbe un fremito quando incrociò lo sguardo della donna.

 

-Gin ti aspetta di là, Sherry- le disse, fredda e perfida, e un’espressione di puro terrore si dipinse sul viso della scienziata.

 

Shinichi lo notò, ma si sarebbe soffermato a pensarci solo più tardi: mentre la ragazza usciva dalla stanza tremando, tutta la sua attenzione era concentrata sulla donna che si trovava davanti a lui.

 

Chris Vineyard, la famigerata figlia di Sharon, l’amica di mia madre. Anche lei era presente quella sera all’hotel, quindi era lei il complice di Pisco

 

-Bene Kudo, ci rivediamo…- disse lei -spero che tu non abbia dimenticato i nostri precedenti incontri…

 

A Shinichi, ancora un po’ intontito, servì qualche istante per elaborare quello che aveva detto…

 

-I nostri incontri? Io ne ricordo solo uno, qualche sera fa, all’Haido City Hotel, quando ci ha scoperti… o forse non è così?

 

Vermouth si limitò di nuovo a sorridere, con l’aria di aver detto qualcosa che non doveva lasciarsi sfuggire.

 

-E così la figlia della famosa Sharon Vineyard è un membro dell’organizzazione…- disse Shinichi, cercando di farla parlare. Quella donna continuava solo a fissarlo, senza dare l’impressione di dover dire qualcosa, e il detective proprio non riusciva a capire il motivo della sua presenza.

 

-Sì, diciamo che in un certo senso è così…

 

Dopo averlo guardato ancora per un po’, si avvicinò alla porta.

 

-Bene Kudo, ora sono venuta solo a controllare di persona la situazione, ma ho l’impressione che tu mi sarai molto utile…

 

Detto questo, uscì dalla stanza.

 

Shinichi restò a lungo a fissare la porta, dopo che si fu chiusa alle spalle della donna, immerso nei suoi pensieri.

 

A turbarlo non era stata tanto la frase che gli aveva rivolto alla fine della conversazione quanto il suo sguardo: non solo pieno di odio o di cattiveria come quello degli altri membri dell’organizzazione… l’avrebbe piuttosto definito… interessato.

 

Che cosa vuole da me?

 

Pochi minuti dopo, le grida di Shiho echeggiarono in tutto l’edificio.

 

 

 

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Kazuha restò a fissare Ran e Heiji che si abbracciavano, stordita.

 

Allora avevo ragione, avevano davvero qualcosa da nascondere… e io che mi fidavo di Ran!

 

Tossicchiò, e i due sussultarono, accorgendosi della sua presenza. Kazuha provò una sorta di cupa soddisfazione vedendo l’espressione sconvolta del suo amico d’infanzia.

 

-Ran, come hai potuto…- sibilò cercando di mascherare con un tono infuriato il profondo sconforto che provava -e tu Heiji, ti odio, ti odio, ti odio!

 

Detto questo scappò fuori dalla stanza, senza che i due potessero replicare, e s’incamminò velocemente per il corridoio, cercando l’uscita, arrabbiata ma soprattutto distrutta.

 

Quando sentì Heiji urlare -Fermati Kazuha!- dietro di lei si mise a correre.

 

Ma perché mi insegue, dopotutto non ha proprio niente da spiegarmi!

 

Si asciugò le lacrime dalle guance, perché se l’avesse raggiunta non voleva certo farsi vedere piangere.

 

Piangere…

 

Istintivamente rallentò. Presa dalla foga, non aveva fatto molto caso al fatto che Ran stesse piangendo.

 

Che Heiji la stesse solo consolando per la scomparsa di Conan? Ma no, allora perché erano andati da soli?

 

L’amico d’infanzia la afferrò per il polso e la costrinse a voltarsi.

 

-Kazuha, ti prego, non fare la stupida, non è il momento.

 

-Che vuol dire non è il momento? La stavi abbracciando, ti ho visto!- replicò Kazuha indicando Ran, che, gli occhi ancora rossi e un po’ gonfi, li aveva seguiti.

 

-E’ distrutta! Conan è sparito e tu ti metti pure…

 

-Non prendermi per scema! Che bisogno c’era di venire qui da soli, eh? Ora basta, me ne vado.

 

Cercò di divincolarsi, ma il detective la tenne ben stretta, riflettendo rapidamente.

 

Non posso lasciarla andare, soprattutto non ora che è così sconvolta, l’organizzazione potrebbe anche essere sulle sue tracce.

 

Sospirò, innervosito dalla perdita di tempo, e le spiegò brevemente quello che lui e Ran  stavano facendo a Kazuha.

 

La ragazza rimase sconvolta quando le rivelò la vera identità di Conan e che Shinichi era stato rapito.

 

Sentendosi molto stupida, si avvicinò a Ran e l’abbracciò, sentendo che l’amica tremava.

 

-Scusami Ran, davvero, scusami!

 

In quel momento Heiji notò che dalla tasca dei pantaloni di Ran spuntavano i grandi occhiali di Conan, così si avvicinò a lei e li prese in mano.

 

-Li ho presi d’istinto, in fondo sono l’unica cosa che mi rimane- sussurrò lei a mo’ di scusa, ma Hattori non la stava ascoltando. Fissava gli occhiali con evidente curiosità.

 

Aveva visto molte volte Conan utilizzare quel gadget costruito dal dott.Agasa nei modi più disparati, e aveva la sensazione che potesse servire anche a loro.

 

Premette un pulsantino sulla montatura e finalmente gli occhiali si illuminarono, rivelando le tante stradine della città. A Nord-Est, verso la periferia, un puntino rosso lampeggiante segnalava la presenza di qualcosa, o qualcuno… Shinichi…

 

-Penso di sapere cosa c’è in quel punto- disse Ran pensierosa -ho sentito parlare di un vecchio laboratorio dove studiavano famosi ricercatori, ma penso che sia stato abbandonato…

 

Lo sguardo di Hattori si illuminò.

 

-Presto, Mouri, dobbiamo andarci in fretta! Probabilmente è lì che hanno portato Shinichi!- urlò, correndo verso l’uscita, con le due ragazze che arrancavano dietro di lui.

 

-Aspettami Heiji- ansimò Kazuha -voglio venire anch’io con voi!

 

Il detective si voltò a guardarla.

 

-No, no e poi no! Ma perché volete a tutti i costi andare a cacciarvi nei guai! C’è un motivo per cui Kudo vi ha tenuto all’oscuro di tutta questa faccenda, e il motivo è precisamente questo! Sono un’organizzazione criminale, killer spietati, lo volete capire?!

 

-Voglio aiutare Shinichi, e poi più si è più ci sono possibilità, no?

 

Heiji riflettè: l’ultima cosa che voleva era trascinare anche Kazuha in quella pericolosissima avventura, ma d’altronde non poteva neanche rimandarla in centrale da sola, visto il pericolo che correva, e di certo non c’era tempo per accompagnarla. E poi, conoscendo molto bene l’amica, sapeva che non l’avrebbe mai convinta a restare senza fare niente.

 

Arrabbiato, sbottò:

 

-E va bene, ma muoviamoci ora!

 

 

 

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Shiho tornò da Shinichi solo mezz’ora dopo, facendo del suo meglio per nascondere gli occhi rossi, i vestiti mal messi e i tremiti del suo corpo.

 

-Shiho…- sussurrò Shinichi. Avrebbe voluto abbracciarla, cercare di consolarla in qualche modo, ma le cinghie che ancora lo tenevano saldamente legato al lettino glielo impedirono, così le chiese semplicemente:

 

-Da quanto va avanti?

 

Shiho soffocò un singhiozzo e rispose piano:

 

-Da quando i miei genitori sono morti.

 

Shinichi fissò la scienziata e si chiese quanti altri dolori aveva dovuto sopportare nella sua vita. Non si era mai sentito tanto vicino a lei come in quel momento.

 

Non sapeva proprio cosa dirle, e lei non sembrava avere la minima voglia di parlarne, così fra loro calò il silenzio, rotto da Shiho solo qualche minuto dopo.

 

-Vogliono che presenti i primi dati della mia ricerca, cioè devo fare il primo esperimento. In realtà il nuovo veleno è già pronto.

-E a che cosa dovrebbe servire il nuovo veleno?

 

-E’ il progetto a cui l’organizzazione lavora da anni, il motivo per cui è nata: l’eterna giovinezza.

 

Shinichi rimase a bocca aperta: sembravano discorsi da film fantasy, e sul momento non ci credette, ma poi ricordò che lui era vissuto per quasi un anno nel corpo di un bambino delle elementari.

 

-E secondo te è possibile?- CHIESE TREMANTE.

 

Shiho alzò le spalle.

 

-Sono convinta che per la scienza quasi nulla sia possibile… per ora però si accontentano di avere una sostanza che, presa continuamente, mantenga il corpo giovane. Non si sa quanto possa durare, né se e per quanto tempo il corpo di un essere umano possa resistere.

 

-E io sarei la cavia- disse Shinichi, e lei annuì.

 

-Beh, se hai già trovato la formula- riprese lui -non devi assolutamente consegnarla. Ci ucciderebbero tutti immediatamente.

 

-Lo so, per questo ho dato una versione appositamente sbagliata, in dosi non sufficienti a raggiungere lo scopo. Però loro l’hanno realizzata e ora vogliono che la provi- disse lei, inserendo in una siringa una sostanza trasparente.

 

Shinichi sospirò: aveva provato tanto dolore a causa dei veleni di Shiho da non desiderare di sentirlo mai più, ma era l’unica via, così tese il braccio.

 

-Questo veleno non avrà effetti sul tuo aspetto fisico come l’APTX4869, perché la formula è sbagliata, ma non so se il tuo fisico sia ancora in grado di reggere altre sostanze. Potrebbe ucciderti, Shinichi…- sussurrò lei con voce spezzata.

 

-Non c’è altra scelta, dobbiamo prendere tempo.

 

Vide Shiho avvicinarsi e fissò i suoi profondi occhi blu velati di lacrime mentre, con tutta la delicatezza possibile, gli infilava l’ago nel braccio.

 

 

 

 

 

 

 

Non so se ci sia ancora qualcuno che si ricorda di questa fanfiction XD L’ho cominciata un po’ di tempo fa, poi l’ho lasciata in sospeso (ogni tanto perdo misteriosamente fiducia in quello che faccio^^).

Questo capitolo era già pronto da un bel po’, spero di riuscire a scrivere al più presto il prossimo. Intanto ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito, e tutti quelli che avranno voglia di farlo ancora nonostante il mio clamoroso ritardo ^//^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Paure e lacrime ***


Il laboratorio sembrava decisamente abbandonato. Le finestre erano chiuse, le persiane abbassate e la vernice scrostata. A Ran pareva quantomeno improbabile che Shinichi fosse tenuto prigioniero lì dentro, ma Hattori ne sembrava assolutamente certo. Prima di avvicinarsi troppo infilò una mano all’interno della giacca e ne estrasse una pistola nera munita di silenziatore.

-E’ di mio padre- precisò, vedendo che Ran e Kazuha fissavano l’arma con un misto di sorpresa e timore -l’ho presa prima di venire qui, immaginavo che fosse successo qualcosa del genere.

-Come faremo ad entrare?- chiese Ran, guardando il portone sprangato.

-Proviamo a vedere se ce n’è una di lato, ci sono più probabilità che non sia sorvegliata- suggerì Heiji.

Effettivamente nella parte della costruzione non visibile dalla strada c’era un’altra porta d’ingresso decisamente più piccola e dall’aria molto meno resistente: probabilmente un’uscita di emergenza. Heiji si avvicinò con circospezione, puntò la pistola contro la serratura e sparò. Il silenziatore fece bene il suo dovere e il colpo risuonò molto ridotto, ma se ci fosse stato qualcuno dall’altra parte dell’uscio avrebbe comunque sentito. Il ragazzo si ritrasse in fretta, pronto a nascondersi o a scappare alla prima traccia di reazione dall’interno, che però non vi fu. Così appoggiò la mano sulla maniglia della porta e spinse piano, pregando che non cigolasse. Diede una rapida occhiata attraverso la fessura: nella prima stanza non c’era nessuno.

Fece segno a Ran e Kazuha di avvicinarsi a loro volta. Lesse nei loro occhi la paura che, ne era sicuro, anche il suo sguardo tradiva, ma anche, soprattutto in Ran, la decisione di voler entrare a tutti i costi. Ancora una volta si maledisse per averle coinvolte in quella pericolosissima avventura, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. I tre ragazzi si guardarono in segno d’intesa, poi, uno ad uno, varcarono la soglia del laboratorio dell’organizzazione.

 

Shiho bagnò di nuovo il suo fazzoletto bianco e lo passò sulla fronte di Shinichi per levare il sudore, sperando che servisse anche ad abbassargli  la temperatura.

Gli era rimasta accanto tutto il tempo mentre, in preda alla febbre, si agitava per gli effetti del veleno che lei aveva creato, gridando e delirando, finché i suoi lamenti erano diminuiti fino a fermarsi e non si era più mosso. Spaventata, la scienziata si era affrettata a tastargli il polso, constatando con grande sollievo che il suo cuore batteva ancora, anche se ancora troppo veloce.

Quando si fu accertata che le condizioni del ragazzo fossero stabili, decise che era il momento di riferire a quelli dell’organizzazione che l’esperimento non aveva funzionato, anche se probabilmente non l’avrebbero presa affatto bene. Scoprì che non le importava più di tanto: la paura di Gin e Vermouth non era paragonabile a quella di perdere Shinichi.

Guardò il volto del ragazzo che, dopo la morte di sua sorella, aveva rappresentato la sua unica certezza, il suo porto sicuro, che le aveva concesso fiducia nonostante il suo passato, che l’aveva protetta in tante occasioni… e che lei aveva tradito.

Scosse la testa con rabbia, mentre nella sua coscienza si accendeva una lotta furiosa. Non hai avuto scelta! si ripeteva, disperatamente, ma un’altra voce, più lontana ma più forte, ribatteva: sì che l’avevi, e hai fatto quella sbagliata.

Confusa e spaventata, Shiho uscì dal piccolo ambulatorio, percorse in fretta il corridoio e salì le scale. Gin e Vermouth l’aspettavano al piano superiore

-Allora Sherry, il tentativo ha funzionato?- esordì Vermouth, glaciale. Shiho prese un respiro profondo prima di rispondere.

-Purtroppo il primo esperimento non ha dato alcun risultato, il soggetto ha accusato forti dolori e una grave tachicardia, ma nessun segno di ringiovanimento.

-Come sarebbe a dire ancora nessun risultato?- sbottò Gin -ti avviso Sherry, il capo sta cominciando a perdere la pazienza, e io con lui. E ora muoviti e prova un’altra soluzione! E questa volta non voglio scuse…

-Non posso- disse subito la scienziata, senza riflettere -il soggetto è in condizioni critiche, un’altra dose sarebbe…

Senza nemmeno farle finire la frase, Gin la afferrò per il camice e la mandò a sbattere violentemente contro il muro.

-Forse non hai capito bene- disse l’uomo. Si avvicinò alla figura tremante di Shiho e le sussurrò all’orecchio -Voglio quell’antidoto, adesso, e non me ne importa un accidente se il tuo amichetto tira le cuoia. E’ la tua ultima possibilità, Sherry. Sprecala, e io ti taglio la testa.

-Calmati Gin- intervenne Vermouth -il ragazzo è prezioso, abbiamo bisogno di lui per sviluppare questo dannato farmaco. Hai ventiquattro ore di tempo- aggiunse, rivolgendosi a Shiho- poi dovrai testare il farmaco, e sarà meglio per te che funzioni, è chiaro?

Shiho annuì, ancora accasciata contro la parete.

-Ventiquattro ore?! Non ho intenzione di aspettare tutto questo tempo!- sbottò Gin, e diede un calcio ad una sedia mandandola a sbattere a pochi centimetri da dove era seduta Shiho.

-Vai a farti una passeggiata, Gin- disse la donna, melliflua. Gin si precipitò fuori dalla stanza, furibondo. Sembrava stranamente rassegnato a perdere contro le decisioni di Vermouth.

Shiho si alzò e, senza indugiare oltre, uscì a sua volta e si precipitò verso l’ambulatorio. Ventiquattro ore. Ventiquattro ore e poi erano finiti, comunque andasse. Se avesse presentato il veleno sbagliato, Shinichi probabilmente sarebbe morto e Gin e Vermouth avrebbero ucciso anche lei, in modi che preferiva evitare di immaginare. Se invece avesse dato la formula giusta, avrebbero ucciso Shinichi. Magari avrebbero risparmiato lei, per sfruttarla in altri lavori, ma ci credeva poco: e comunque, morto il ragazzo, lei non avrebbe avuto nessun motivo per sopravvivere.

Shinichi era ancora svenuto: sembrava respirasse regolarmente, ma stava di nuovo sudando. Shiho gli si avvicinò e prese a scuoterlo disperatamente, cercando di svegliarlo.

Shinichi! Shinichi! Ti prego...

Di solito era lui che quando Shiho si lasciava andare, in preda allo sconforto, la aiutava, con il suo ottimismo e la sua razionalità, e le dava nuove speranze. La ragazza avvertiva un bisogno urgente di parlargli, di guardarlo negli occhi, di sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene...

Ma ora Shinichi era lì, pallido come non mai, con un veleno potenzialmente letale che gli scorreva nelle vene. Per colpa sua.

La verità si presentò davanti ai suoi occhi, nuda e dura. Non aveva scuse: lei e il professor Agasa sarebbero morti comunque, e pur sapendolo, nella sua codardia, aveva voluto coinvolgere anche Shinichi. Perché in fondo non aveva mai perso la speranza di sopravvivere, e si era convinta che lui avrebbe potuto aiutarla, esattamente come qualche mese prima quando, debole e inerme, aveva deciso di strisciare fino a casa sua. Se solo avesse accettato prima il suo destino, se solo avesse dato ascolto alla parte più razionale di sé, che le diceva che non c'era nulla ad fare... lei sarebbe già stata uccisa, liberata da quel tormento, e Shinichi sarebbe stato al sicuro, insieme a tutte le persone che lo amavano.

-Shin- lo chiamò, disperata. Poi si appoggiò sul suo petto e prese a piangere a dirotto.

 

Il piano terra era costituito per la maggior parte da un'enorme, unica stanza, suddivisa in regolari moduli quadrati da pannelli di legno. Ognuno di questi era un piccolo ufficio, fornito di scrivania e computer. La porta di servizio che i tre ragazzi avevano usato si apriva esattamente sul centro della stanza.

-Dividiamoci e cerchiamo- bisbigliò Heiji.

Kazuha si occupò del settore più vicino alla porta principale, Ran di quello più in fondo mentre Heiji rimase al centro, in modo da poter rimanere vicino ad entrambe.

Ran aveva i brividi nel separarsi anche solo di pochi metri dai suoi amici, ma si fece forza certa com'era che, per quanto quel luogo le facesse paura, se davvero Shinichi era lì non esisteva nessun altro posto in cui lei avrebbe desiderato stare. Si chiese come facesse Kazuha, con Shinichi non aveva nessun tipo di legame, a sopportare una tale paura. Sorrise. Ma certo, lo faceva per Heiji: nemmeno l'amica avrebbe sopportato di sapere la persona che più amava in pericolo mentre lei era lontana.

Forte di quelle convinzioni, si sforzò di aguzzare la vista e prese a perlustrare ogni angolo, sobbalzando ogni volta che, nell'oscurità, scorgeva qualcosa che potesse somigliare ad una sagoma umana. Niente, concluse, Shinichi non era lì.

Quando alzò lo sguardo, per orientarsi, davanti a sè, a pochi metri, vide una rampa di scale. Il cartello posto vicino a queste recitava:

 

PRIMO PIANO -> AMBULATORI

SECONDO PIANO -> LABORATORI

 

Immediatamente, Ran ripensò alla storia gli aveva raccontato Heiji, al farmaco che aveva trasformato Shinichi... il collegamento fu evidente. Eccitata, fece per girarsi ed avvisare i suoi amici, ma non fece nemmeno in tempo a muoversi che udì un rumore di passi: vicino, troppo vicino. Qualcuno stava scendendo le scale.

Agì più prontamente di quanto si sarebbe mai aspettata: si gettò sotto una scrivania, protetta da un pannello, e trattenne il respiro. I passi la raggiunsero e la superarono, senza esitare. Liberò il fiato, e pregò che anche i suoi amici si fossero nascosti bene. Dopo qualche secondo, sentì quell'individuo, chiunque fosse, armeggiare con una serratura... la serratura che loro avevano fatto saltare. Il sollievo iniziale si trasformò in orrore, non appena realizzò cosa stava per succedere.

Gettando all'aria ogni prudenza, si sporse dal pannello e incrociò lo sguardo di Heiji, anche lui nascosto sotto una scrivania. Le faceva dei cenni, che non riusciva a cogliere. Si sforzò di aguzzare la vista e, in un battito di cuore, capì. Il ragazzo le stava indicando le scale. Lui forse avrebbe anche potuto raggiungerle, ma non poteva abbandonare Kazuha, troppo lontana. Era l'unica in grado di proseguire la ricerca.

Il volto di Shinichi le balenò davanti al viso, e nulla ebbe più importanza. Si tolse le scarpe e scattò verso le scale, che prese a salire due gradini alla volta. Udì un rumore alle sue spalle, e un uomo urlare "Chi c'è qui? Esci subito!". Si girò, presa dal panico: Heiji! Di sicuro lo aveva fatto per permetterle di salire... restò per un attimo immobile, combattuta, poi, odiandosi per ciò che stava facendo, voltò le spalle ai suoi amici e presto si ritrovò al piano superiore.

Le si parò davanti un lungo corridoio, su cui si affacciavano una decina di porte, ognuna contrassegnata da una scritta: ambulatorio uno, ambulatorio due ecc... Decisa a non perdere quella determinazione che aveva trovato, provò a non pensare a ciò che avrebbe potuto trovare, e si accinse a cominciare ad esplorarli, uno ad uno.

Si era appena avvicinata alla prima porta quando udì uno strano rumore. Avanzò lungo il corridoio, cauta... sembrava che qualcuno stesse piangendo. Shinichi? No, sembra più una ragazza... Si fermò davanti al quinto ambulatorio, certa che, chiunque fosse, si trovasse lì dentro. Sì, era decisamente un pianto... Cercò di sbirciare dalla serratura, ma era talmente sporca che riuscì a scorgere solo alcune sagome indistinguibili. I singhiozzi si fecero ancora più frequenti e disperati. D'istinto, appoggiò la mano sulla maniglia della porta.

Sciocca, ingenua! le urlò il cervello sicuramente è una di loro, non devi farlo...

Ma il suo istinto le diceva che, chiunque fosse, aveva bisogno di aiuto. Prese un bel respiro e abbassò la maniglia con decisione.

 

 

 

Lo so, lo so, non sono in ritardo, di più XD E per di più vi propino un capitoletto corto corto… Che ci devo fare, questa storia va così, spero di riuscire a finirla però. Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno recensito, spero che continueranno a farlo perché è solo grazie a loro che mi è tornata la voglia di scrivere questo racconto. Quindi grazie a: SuperC18, _Diane_, Saetta Zaoldyeck, Lilla95, dolcekagome, shinichikudo, EroSennin425, _Irene_Adler_.  Aspetto le opinioni di tutti, mi raccomando!

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Capitolo 6
*** AVVISO ***


Sì lo so, è un po' assurdo tornare dopo più di un anno a scrivere una fanfiction e pretendere che ci sia ancora qualcuno interessato a seguirla...
Tuttavia, avevo scritto tempo fa (tanto tempo fa) che tenevo davvero a completare questa fic, ed è ancora così.
Se davvero c'è ancora qualcuno che ha voglia di leggerla, a breve questo avviso sarà sostituito dal prossimo capitolo. Se ci siete, miei ex pazientissimi e amatissimi lettori, o magari anche nuovi lettori interessati, fatemi un fischio^^

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Capitolo 7
*** Puoi credermi ***



Shinichi era lì. Sdraiato su un lettino, pallido, privo di conoscenza, ma finalmente reale, davanti ai suoi occhi. Si precipitò accanto a lui, gli toccò il viso, le spalle, cercando di scuoterlo.
-Svegliati, Shinichi svegliati!
-Non muoverlo!
Ran si bloccò di scatto. Rivolse finalmente la sua attenzione verso la ragazza che aveva parlato, di cui aveva distrattamente registrato la presenza pochi secondi prima. Era lei che piangeva.
-Non muoverlo- ripeté lei- ha del veleno in corpo, rischi di peggiorare la situazione.
Era bionda, alta, affascinante, anche con il viso ancora rigato di lacrime. Ran la guardava dritto negli occhi, quegli occhi azzurri e freddi come il ghiaccio che, ne era sicura, già in passato l’avevano scrutata allo stesso modo. D’un tratto Ran capì, e le parve di averla riconosciuta sin dal primo istante.
-Ai…


Shiho si irrigidì e istintivamente si allontanò di qualche passo.
-Ai che cosa è successo? Perché tu sei qui? E perché lui non…- le mancò la voce –perché non si sveglia?
Shiho gettò uno sguardo a Ran, visibilmente terrorizzata. Si chiese se avrebbe dovuto provare ad esserle di conforto in qualche modo. Dopotutto, fino a pochi momenti prima era lei stessa la ragazza disperata che scuoteva il corpo inerme di Shinichi, che piangeva sulla sua spalla. Ma ora che Ran era lì presente, sentiva che in qualche modo quel ruolo non le apparteneva più.
-Ho dovuto somministrargli una sostanza pericolosa, non resta che sperare che il suo corpo riesca a contrastarla- rispose freddamente. Si fece avanti per tastare il polso di Shinichi. Ancora troppo veloce.
La voce di Ran si fece d’improvviso tagliente.
-Cosa significa che hai dovuto somministrargli una sostanza?
Shiho rimase in silenzio diversi secondi, non trovando lei stessa risposta a quella domanda.
-Credo che tu mi debba delle spiegazioni- disse, la voce che tremava.
-A te non devo proprio nulla.
-Hattori mi ha spiegato che tu eri una di loro, che hai collaborato con Shinichi… e ora…- non si accorse nemmeno di alzare il tono della voce.
-Mouri parla piano!
-L’hai tradito.
Quella di Ran non era una domanda, ma un’affermazione, un’accusa. Incapace di reggerla, Shiho si allontanò ancora di più.
-L’ho tradito.
Le sue parole furono poco più di un sussurro, ma Ran le comprese perfettamente.
-L’ho tradito, sì, è vero. L’ho trascinato in questo maledetto posto per cercare di salvarmi la pelle… Ed è stato inutile, sapevo già che lo sarebbe stato. Sei contenta ora?
Ran non la perse di vista, mentre si dirigeva verso il bancone e afferrava una provetta.
-Come hai potuto?- chiese, dopo lunghi istanti di silenzio -Dopo tutto quello che lui ha fatto per te…
-MA COSA NE SAI TU!
La rabbia di Shiho esplose, la provetta si frantumò sul pavimento della stanza.
-Che cosa vuoi saperne! Tu non puoi nemmeno immaginare cosa ho passato io… Amata, coccolata da tutti… La dolce e gentile Ran…
Shiho si rendeva perfettamente conto di come le sue parole suonassero inopportune, ingiuste, assurde, ma era da troppo tempo che premevano per uscire, e lei non era più in grado di fermarle.
-Tu… tu non sai niente- concluse.
Per un lungo istante le due ragazze si squadrarono, Shiho con il respiro affannato, Ran apparentemente tranquilla. Fu la seconda a prendere la parola.
-Hai ragione Shiho, io non so niente. Per mesi ho aspettato, ho sofferto senza sapere niente, e sono anche pronta a continuare a farlo…
Lo sguardo di Ran si fece più deciso, la voce più dura.
-…Ma mai, per nessuna ragione, lo metterei in pericolo, mai e poi mai lo tradirei. Morirei mille volte piuttosto. Puoi credermi.
E Shiho le credeva. Le credeva perché la fierezza e l’amore che tracimavano da quegli occhi non potevano mentire. Le credeva, e questo le fece ancora più male.
Il silenzio che calò dopo le parole di Ran fu interrotto solo diversi secondi dopo, da un gemito.  Shinichi mosse lievemente una mano e gemette di nuovo. Le due ragazze gli furono subito accanto.


-Shinichi…- sussurrò Ran, stringendogli delicatamente un braccio.
Il ragazzo sollevò lentamente le palpebre, e per un lungo istante lui e Ran rimasero in silenzio, guardandosi negli occhi. Shiho non poté fare a meno di chiudere i suoi.
Shinichi batté le palpebre più volte e scosse leggermente la testa.
-Ran…
La voce gli uscì debole e roca, come se non l’avesse usata per giorni interi.
Provò subito a sollevare i busto puntellandosi sui gomiti, sostenuto da Ran e Shiho. Guardò prima l’una e poi l’altra, confuso e spaventato come Ran non l’aveva mai visto.
-Ma cosa… che cosa ci fai qui?
-Aspetta, resta tranquillo ancora un po’- intervenne Shiho, sfiorandogli la fronte. –Scotti- sentenziò, e il suo viso assunse un’espressione preoccupata. Gettò un’occhiata a Ran. –E ora?- chiese, più a sé stessa che alla ragazza.
Shinichi si mise lentamente seduto e subito divenne ancora più pallido. Ran fece per parlare, ma lui scosse il capo.
-Sto bene- disse, con voce un po’ più ferma. La guardò dritto negli occhi con un’espressione molto seria, poi scosse di nuovo la testa e sbuffò.
-Tanto è inutile, potevo anche risparmiarmi la telefonata… Tu non cambi mai- sospirò.
Le rivolse un sorriso stanco, e a Ran sembrò la cosa più bella che avesse mai visto. Fece per ricambiare, ma le sue labbra si incrinarono in un modo diverso, mentre le lacrime le appannavano la vista. Un attimo dopo era tra le sue braccia, dove aveva desiderato stare per mesi, dove voleva rimanere per sempre.

 

Kazuha aveva visto con sollievo Ran salire le scale e rifugiarsi al piano superiore, e sperava con tutte le sue forze che Shinichi fosse davvero lassù ad attenderla. I passi di un uomo, a poca distanza da lei, la riportarono bruscamente alla realtà.
-Hai deciso di giocare a nascondino, eh?- l’uomo rideva, mentre si aggirava fra i pannelli della stanza. La sua voce la faceva rabbrividire. –Bene, anch’io ne ho voglia. Chiusi qui dentro, soli, abbiamo tutto il tempo che ci serve.
I passi si avvicinavano e il panico di Kazuha crebbe a dismisura, fino a mozzarle il fiato. In testa aveva un unico pensiero, un’unica speranza di salvezza. Raggiungere Heiji.
Più silenziosamente possibile, si sdraiò a terra e prese a strisciare sotto alle scrivanie, protetta solo dal buio della stanza. Vedeva il fascio di luce della torcia dell’uomo muoversi in ogni direzione, e più di una volta temette che l’avesse colpita. Quando fu lontano a sufficienza, uscì dal suo riparo e si gettò oltre il pannello. Con le pupille dilatate dall’oscurità riuscì finalmente a scorgere Heiji, nascosto due uffici più in là rispetto a lei, con la pistola fra le mani che seguiva i movimenti della luce. Se fosse stata più fredda, più in sé, si sarebbe sicuramente chiesta cosa avrebbe fatto Heiji al posto suo, e avrebbe sicuramente capito che doveva solo rimanere ferma e aspettare che il ragazzo eliminasse il pericolo. Ma, in quel momento, il suo sollievo nel vederlo fu tale che seguì il suo primo istinto. Si lanciò verso di lui, ma a metà percorso urtò qualcosa con il piede. Quel piccolo rumore risuonò nel silenzio innaturale della stanza più forte di uno sparo. Heiji si voltò e, quando la vide, sul suo volto spuntò il panico. Poi la luce le ferì gli occhi e non riuscì a vedere più nulla. Solo uno scoppio assordante, poi il dolore.

 

 

 

Allora, come promesso eccomi qui (avevo detto presto, ma il mio concetto di presto è relativo, ormai lo sapete XD ). E’ innanzitutto doveroso partire con i ringraziamenti: e allora mille grazie a chi, nella notte dei tempi, aveva commentato il capitolo 5, ovvero Prostitute, EroSennin425, _Irene_Adler_, Mimiana, Lilla95, Roe, deda91, sara95, ale_db95, charliotta e baby91. E poi ovviamente un grazie di cuore a tutti coloro che hanno commentato il mio avviso, spronandomi a continuare: Conan, zapotec, Cipotta91, apotoxin4869, OliviaRan, Stefy Pan e a Roe (che mi ha scritto), EroSennin425 e Lilla95 che mi leggevano anche nella famosa notte dei tempi XD Grazie veramente, se ho dimenticato qualcuno o sbagliato qualcosa ditemelo per favore (è più che probabile). Ah, alla fine ho deciso di non cancellare l’avviso, altrimenti tutti i commenti sarebbero sembrati un po’ privi di senso^^

Che dire, spero che la storia interessi e piaccia ancora. Questo è un capitolo importante, seppur breve (non so essere prolissa, ma ormai sapete anche questo), in cui gli eventi subiscono finalmente una svolta e tanti nodi si preparano per venire al pettine. Vi anticipo già che non mancano molti capitoli alla conclusione, del resto questa è una storia nata per essere breve. Tuttavia non è esclusa l’idea di un seguito (sì, lo so cosa state pensando… vabbè, al limite lo leggerete ai vostri nipotini XD).
Mi raccomando, aspetto i vostri commenti^^ Ditemi che vi piace, che vi fa schifo, che dovrei vergognarmi ad aggiornare una volta al millennio… quello che volete XD Sono sempre felice di sentirvi anche tramite la funzione contatta, se avete voglia di fare due chiacchiere ;)

Un bacio!

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