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Durante una gita con i detective boys, Conan viene ferito gravemente
all’addome da un criminale e viene ricoverato in ospedale
Durante una
gita con i detective boys, Conan viene
ferito gravemente all’addome da un criminale e viene ricoverato in ospedale;
necessita di una trasfusione, ma in ospedale hanno finito le scorte. Lo salva
l’intervento di Ran, che si presta a donare il suo sangue sostenendo di avere
lo stesso gruppo sanguigno di Conan. Ma come può
sapere il gruppo sanguigno del bambino? La vita di Conan è salva, ma non il suo
segreto: Ran è ormai convinta che Shinichi e Conan siano la stessa persona.
Anche grazie all’intervento di Hattori, Conan si
decide a rivelare alla ragazza la verità, ma, una notte, Ai entra
nella camera d'ospedale di Conan e gli punta una pistola alla testa. Gli dice
che l'organizzazione l'ha trovata e le ha offerto una
nuova possibilità, ma che per rientrare deve ucciderlo.
Alla fine quello di
Ai si rivela solo uno scherzo, ma se non fosse stato così? Se l'organizzazione l'avesse davvero trovata e costretta a
tornare?
-Sono spiacente… A
quanto pare, nelle mie vene scorre ancora sangue freddo e nero.
Ai che gli
puntava contro un’arma…Conan era sconvolto, non riusciva a pensare.
-Cosa?!
-Ma
come, non lo capisci?- lo
canzonò la ragazza, avvicinando ulteriormente la pistola alla sua tempia -Hanno scoperto la mia vera identità… Quelli
che tu chiami gli uomini in nero.
A quelle
parole, Conan cominciò a sudare freddo. Cercò negli dell’amica una scintilla di ironia, il segnale di un suo ennesimo, stupido scherzo,
ma non la trovò. Il suo sguardo era freddo come il ghiaccio.
-In occasione di quel caso del Haido City Hotel , quando ci
siamo imbattuti in loro, non avrei mai immaginato che in quel luogo, oltre a Pisco, ci fosse un altro dei loro compagni.
Per un attimo,
la parte razionale di Conan ebbe il sopravvento sulla paura. Ricordava
benissimo quel caso e i suoi sospetto sul fatto che Pisco avesse un complice. In effetti, era stato davvero
troppo ottimista a pensare di potersela cavare tanto facilmente.
-Ha messo la pulce nell’orecchio di
quelli dell’organizzazione, che forse potevo essere tornata piccola con la
sostanza…-continuò Ai -Si sono
insospettiti, ed ecco che questa mattina hanno trovato dove mi nascondevo.
Conan sentì il
terrore attanagliargli le viscere… se le cose stavano davvero così, non avevano
più scampo, nessuno di loro.
-Pensavo che mi avrebbero ammazzata subito ma, invece, mi hanno offerto di chiudere un
occhio sul mio tradimento, a patto che tornassi nell’organizzazione. Hanno
fretta di portare avanti le ricerche sull’APTX4869, ferme da quando non ci sono
più io.
-E allora?- disse Conan, ritrovando finalmente la
voce -Per questo sei venuta a uccidere me che so dell’organizzazione?
-Sì, è la condizione che hanno posto
per riprendermi tra loro. Ovviamente, pare che anche i tuoi genitori e il
giovane detective di Osaka verranno eliminati…
Ecco la frase
che più temeva… non solo lui, tutti coloro che gli
erano stati vicini erano condannati a morte. Gli si mozzò il respiro al solo
pensiero.
-Scusami, hanno il professore in
ostaggio; adesso aiutare lui è tutto quello che io posso fare. Però devi essermi grato… Perché tu non veda la morte dei
tuoi genitori e amici…
Conan era
tentato di chiudere gli occhi, ma si sforzò di tenerli ben fissi in quelli di Ai, nel disperato tentativo di risvegliare in lei l’amica
di un tempo. Sentì la bambina caricare la pistola, e capì che non c’erano più
speranze. La sua mente si svuotò di ogni pensiero
razionale; riusciva solo a pensare a dei nomi, nomi di persone che amava e che
aveva messo in pericolo.
“Mamma, papà, dott.Agasa,
Heiji…
Ran”
-… ti ucciderò
per primo!
All’improvviso,
Conan sentì un forte dolore alla testa, e poi tutto si fece buio.
NDA: Ho ripostato il prologo perché lo avevo
cancellato per errore. Ovviamente è solo un
introduzione quasi totalmente presa dal manga (le parti in corsivo sono citazioni dirette).
Finalmente,
dopo una ventina di minuti di viaggio, il taxi si fermò
davanti all’ospedale di
Beika. Era ormai notte inoltrata, e i lampeggianti delle volanti della
polizia
parcheggiate davanti al policlinico spiccavano nel buio. Senza nemmeno
aspettare che il veicolo si fermasse del tutto, Heiji estrasse i soldi
dal
portafogli e per la fretta li gettò addosso al conducente,
poi, senza badare al
resto, si catapultò fuori dall’auto.
-Ehi,
aspetta!- disse Kazuha arrabbiata, cercando di stare al suo passo
-possibile
che tu sia così agitato? Che bisogno c’era di
venire qui di corsa da Osaka?
-Kazuha,
te l’ho già detto mi pare, Ran mi ha telefonato
qualche ora fa e mi ha detto
che Conan è scomparso! Non ti sembra un motivo
sufficiente?!- sbottò Heiji,
correndo verso l’ingresso dell’edificio.
-Ho
capito, ma perché tutta questa fretta?! Sicuramente lo
staranno già cercando,
anzi, lo avranno già trovato. Conan è pur sempre
un bambino, magari ha avuto
paura di un medico e si è andato a nascondere da qualche
parte no?
Non sai
quanto vorrei poterti dare
ragione Kazuha, ma purtroppo temo che sia qualcosa di ben
più grave
Heiji
accelerò ulteriormente il passo, tanto che Kazuha dovette
mettersi a correre
per stargli dietro. Attraversarono i corridoi quasi deserti
dell'ospedale di
corsa, attirandosi non pochi sguardi indispettiti delle infermiere di
turno.
Kazuha fissò il viso di Heiji e, pur non comprendendo il
motivo, capì
dall'ansia e dal nervosismo che il ragazzo lasciava trasparire che era
successo
realmente qualcosa di cui avere paura. Tuttavia preferì
rimanere in silenzio,
sapendo che con altre domande l'avrebbe solamente reso più
nervoso. Finalmente
trovarono il corridoio dove si trovava la stanza di Conan. Il ristretto
spazio
della corsia pullulava di agenti di polizia, che evidentemente stavano
setacciando la camera in cerca di indizi, e di medici, infermiere o
semplici
pazienti curiosi, che cercavano di carpire qualche informazione in
più
sull'accaduto. Heiji scorse in mezzo al folto gruppo di persone i
genitori di
Ran e i bambini, che stavano conversando con gli agenti. Con il cuore
in gola,
il ragazzo cercò con lo sguardo due persone che avrebbero
dovuto per forza
essere lì, che avrebbero significato qualche timore in
meno... ma inutilmente.
Come temeva, Ai e il dott.Agasa non c'erano.
Finalmente,
facendosi largo tra i curiosi, arrivò ad una piccola saletta
d'attesa: Ran era
seduta su una delle poltroncine, con la testa fra le mani, immobile.
Kazuha le
si avvicinò cauta e le mise una mano sulla spalla.
-Ran…
Lei a
quel contatto ebbe un piccolo sobbalzo, poi alzò gli occhi,
lucidi di lacrime,
e li vide.
-Kazuha,
Heiji, grazie per essere venuti. Scusate per la telefonata improvvisa
ma non
sapevo più che fare…
-Figurati,
non c’è problema- intervenne Heiji -piuttosto,
c’è qualche indizio? La polizia
sa già cosa può essere successo- chiese Heiji,
anche se aveva ben poche
speranze.
Ran non
rispose, ma lo fulminò con lo sguardo. Heiji, che non se
l’era aspettato, quasi
indietreggiò.
-Scusa
Kazuha- disse Ran, senza staccare gli occhi dal detective -potrei
parlare un
attimo con Heiji… da sola?
Aveva
pronunciato le ultime parole con un po’ di timore, conoscendo
il carattere
estremamente geloso e possessivo dell’amica. Infatti lei li
guardò con
sospetto, lanciò un’occhiata minacciosa al ragazzo
e se ne andò indispettita.
Heiji non
ebbe nemmeno il tempo di chiedersi il motivo dello strano comportamento
di Ran
che subito lei lo inchiodò di nuovo con lo sguardo. Le
lacrime erano sparite e
i suoi occhi scintillavano di rabbia.
-Allora,
Hattori, non ti sembra il caso di vuotare il sacco? Direi che ormai vi
siete
divertiti abbastanza…
-C-che
cosa?- balbettò Heiji, che però cominciava a
capire dove volesse arrivare la
ragazza.
Cavolo, ci
mancava solo questa
-Credete
davvero che io sia stupida? Tu e Shinichi? Pensavate davvero che non me
ne
sarei accorta?
-Non
capisco di cosa stai parlando…- tentò Heiji -e
comunque ora non mi sembra il
caso di discutere Ran, bisogna pensare a ritrovare Conan!
-Basta,
finiscila!- urlò Ran, tanto forte che molti si girarono
verso di loro -ormai
l’ho capito! So che Conan in realtà è
Shinichi, e ora voglio sapere dov’è
andato e perché! State ancora giocando a prendermi in giro?
Se solo
pochi giorni prima Ran si sarebbe sentita un po’ fuori di
testa a pronunciare
quelle parole, in quel momento no di certo. Era assolutamente certa di
quello
che diceva, e per quanto sovrannaturale potesse sembrare non aveva
più dubbi.
Conan
è Shinichi... Shinichi è
Conan... Mi ha solo preso in giro, per tutto questo tempo mi ha
guardato
impassibile mentre io piangevo per lui... Perchè l'hai fatto
Shinichi, perchè?!
Ora voglio la verità...
Dallo
sguardo determinato della ragazza, Heiji capì che negare e
tentare di
convincerla del contrario sarebbe stato inutile, anzi,
l’avrebbe fatta
arrabbiare ancora di più.
-Ascolta
Ran- cominciò, cercando di scegliere le parole giuste
-quello che hai intuito è
giusto, ma per ora non posso rivelarti molto di più. Posso
dirti solo che se
Kudo è scomparso non è stato certo per farti uno
scherzo, su questo puoi
contarci. Lo conosci, no?
-Ormai
non lo so più- sussurrò Ran, abbassando gli occhi
velati di lacrime di
amarezza.
Shinichi
avvertiva solo un forte dolore alla testa, un continuo, insistente
susseguirsi
di fitte alle tempie che gli impediva di fare un po’ di luce
nel buio in cui si
trovava. Così, nell’oscurità delle sue
palpebre chiuse, cercò di dare un minimo
di ordine ai suoi pensieri. Lo scontro con i tre criminali durante il
campeggio, il proiettile che lo aveva colpito all’addome, la
corsa in ospedale,
Ran che si offriva di donargli il suo sangue, Ran che aveva intuito la
verità…
E poi c’era qualcos’altro, qualcosa che gli
sfuggiva, o magari qualcosa che non
voleva ricordare… Una pistola puntata alla tempia, uno
sguardo freddo e
spietato…
D’istinto
spalancò gli occhi, mentre l’immagine di Ai
Haibara lampeggiava chiara ed
inequivocabile nella sua mente. Era stata lei a minacciarlo, a dire che
avrebbe
ucciso lui e tutti i suoi cari. Non era la Ai che conosceva, no, ma
Sherry, il
membro dell’organizzazione, la spietata scienziata ideatrice
di veleni mortali,
imprigionata in un corpo da bambina.
Però
una cosa è certa, Ai non mi
ha ucciso. Perché? E dove mi trovo ora?
Spostò
lo
sguardo dal soffitto e, alzando il capo quel poco che il dolore alla
testa gli
consentiva, osservò l’ambiente che lo circondava.
Era una piccola stanza buia e
polverosa, piena di armadi e scaffali. Su un grande bancone erano
appoggiate
file e file di provette contenenti strani liquidi. Shinichi si accorse
che era
straiato su un lettino bianco che avrebbe potuto essere di uno studio
medico,
se non fosse stato per le cinghie che gli circondavano saldamente
gambe, braccia
e torace, costringendolo a stare sdraiato.
Su una
sedia vide il pigiama che indossava in ospedale, e solo allora si
accorse che
indossava una maglia e un paio di pantaloni neri come i corvi... come
loro. Ma
chi poteva averlo cambiato?
Non
sarà mica stata...
Subito si
sentì arrossire per ciò a cui stava pensando.
Andiamo
Shinichi, hai perso del
tutto il cervello? Ora ti metti pure a pensare scemenze del genere
quando
potresti essere ammazzato da un momento all'altro?
Fissò
gli
abiti che indossava, disgustato dal fatto che probabilmente erano
appartenuti a
qualcuno dei loro. Gli stavano anche troppo stretti...
Troppo
stretti?
Sentiva
che c’era qualcosa di strano. Le sue braccia erano lunghe e
muscolose, le sue
gambe arrivavano al limite del lettino…
Shinichi
rimase sbalordito: era tornato nel suo corpo da adulto.
Non
poteva essere successo certo per caso, qualcuno doveva per forza
avergli
somministrato un antidoto...
L'antidoto...L'ho
desiderato per
tanto tempo e ora torno nel mio corpo quando probabilmente da qui a
qualche ora
sarò morto...O
forse c'è qualche motivo
per cui hanno deciso di non uccidermi?
Il suo
sguardo si spostò rapido sulle provette in vetro piene di
strani liquidi,
indugiò sulle siringhe ancora impacchettate poste sul
bancone e infine si posò
sulle cinghie che lo tenevano saldamente legato al lettino.
Le sue
labbra si piegarono in un sorriso amaro, mentre realizzava
all'improvviso cosa
lo aspettava.
E
più che evidente, mi sa che stai
perdendo colpi Shin...
Era la
loro cavia. Il loro perfetto topo da laboratorio. Solo su di lui e su
Ai il
veleno aveva avuto quell'effetto imprevisto, e ora avevano intenzione
di
sfruttarlo per capirne i segreti, per poi eliminarlo non appena non
sarebbe più
servito loro.
Sempre che
non muoia prima per
qualche esperimento sbagliato...
La paura
cominciò prepotentemente a farsi strada in lui, per quanto
cercasse di rimanere
lucido. Forse era meglio morire subito, poche ore prima all'ospedale,
con un
colpo di pistola...
Cercò
di
non pensarci, e di concentrarsi sugli aspetti positivi. Era ancora
vivo,
innanzitutto. E il fatto che servisse all'organizzazione gli dava
perlomeno del
tempo in più. Doveva trovare al più presto un
modo per andarsene.
Mentre
scrutava, per quanto gli era possibile, la stanza, in cerca di
possibili vie di
fuga, ad un tratto sentì delle voci provenire dalla stanza
vicina; tese le
orecchie, per carpire più informazioni possibili.
-Sono
mesi che la cerco e ora che ce l’ho fra le mani dovrei
rinunciare ad
ammazzarla? Non se ne parla!
-Parla
piano Gin, o sveglierai il ragazzo.
-Non mi
interessa Vermouth, non capisco perché non farla fuori!
Abbiamo centinaia di
scienziati in gamba nell’organizzazione, non
c’è bisogno di affidare il lavoro
proprio a lei!
-Purtroppo
quella ragazzina è stata furba, ha sempre lavorato da sola
al progetto e nessun
altro è a conoscenza dei segreti dell’APTX4869.
Non c’è tempo per ricominciare
da capo, il veleno va perfezionato. Il capo sta perdendo la pazienza.
Si
sentì
un rumore, come di vetri infranti.
-E va
bene, proverò a pazientare, ma quanto questo stramaledetto
veleno sarà finito,
la soddisfazione di toglierla di mezzo dovete darla a me. Vi assicuro
che
soffrirà quanto merita.
-Mettiti
in coda, Gin, non sei l’unico a volere la testa di Sherry.
-E come
la mettiamo con i conoscenti del ragazzo? Ormai molto saranno a
conoscenza del
nostro segreto…
-Non ti
preoccupare, abbiamo già stilato una lista delle persone
più vicine a Kudo,
verranno eliminate nelle prossime ore.
Il cuore
di Shinichi accelerò i battiti, mentre veniva preso da un
senso di nausea. I
suoi peggiori timori erano confermati, se non faceva qualcosa al
più presto le
persone che lo avrebbero aiutato sarebbero state uccise… E
poi lei…
Ran…
La
conversazione finì, e Shinichi sentì dei passi
allontanarsi e una porta
sbattere.
Le parole
dei due erano state ben chiare, e ormai aveva la conferma del motivo
per cui si
trovava in quel luogo. Uno dei due interlocutori era Gin, che
già ben
conosceva, ma l'altro... Vermouth, sicuramente una donna, dalla voce
suadente e
allo stesso tempo spietata... aveva l'impressione di averla
già sentita da
qualche parte. Sicuramente, per qualche motivo, odiava profondamente
Shiho; lo
aveva capito dal tono di disprezzo con cui aveva pronunciato il suo
nome in
codice.
Inoltre
aveva la conferma che in realtà non avevano dato una seconda
possibilità a
Shiho, bensì volevano sfruttarla per poi toglierla di mezzo
appena possibile.
Nonostante fosse stata proprio la ragazza a cacciarlo in quel guaio,
Shinichi pensò
soltanto che doveva assolutamente riuscire a salvarla. Dopo tutto
ciò che
avevano passato insieme non riusciva a concepire l’idea di
vederla come una
nemica.
In quel
momento la porta della stanza si aprì ed entrò
lei, Shiho. Shiho, non Ai. Anche
lei era tornata nel suo corpo adulto.
-Ah, sei
sveglio- constatò semplicemente lei, distogliendo in fretta
lo sguardo.Senza
aggiungere altro, si accostò al bancone e si mise ad
armeggiare con alcune
provette in vetro.
-Shiho-
disse piano Shinichi -è tutto inutile, lo sai vero? Ti
uccideranno, l’ho
sentito...
Ci fu
qualche secondo di silenzio, poi lei si decise a rispondere, con voce
atona:
-Al
momento non ho altra scelta, hanno il prof.Agasa, e poi…
-E poi
cosa?
-Per ora
è l’unico modo per salvarti Shinichi…tu
gli servi.
Shinichi
tacque, in cerca delle parole giuste. Decide di andare più
sul duro,
sull'arrabbiato, per tentare di scuoterla.
-Secondo
te è questo che avrebbe voluto tua sorella? Lei ha
sacrificato la sua vita per
liberarti dall'organizzazione e tu che fai? Ti unisci di nuovo a loro!
Non
posso credere che tu sia scesa a patti con gli assassini di Akemi...
Avrei
preferito morire piuttosto che vederti così!
In quel
momento Shiho si voltò verso di lui. Fu solo un attimo,
perchè subito tornò a
guardare a terra, ma a Shinichi i suoi occhi non sfuggirono. la
freddezza, la
sicurezza, la crudeltà che ostentavano solo poche ore prima
erano scomparse,
lasciando il posto ad una vera, profonda disperazione. Già
parecchie volte
Shinichi aveva potuto cogliere nello sguardo della ragazza una punta di
tristezza che incrivava la maschera d'indifferenza che indossava
abitualmente,
ma mai vi aveva visto un dolore così profondo.
Quella
vista lo sconvolse, e decise di mandare immediatamente all'aria la
tecnica dell'arrabbiatura
e del disprezzo. In quel momento l'aveva vista così fragile,
così provata che
aveva l'impressione che una parole sbagliata avrebbe potuto
disintegrarla e
spazzarla via come polvere nel vento.
-Ascolta-
disse, molto più calmo -loro hanno una lista delle persone
che ci sono state
vicine. Li uccideranno, capisci? Non solo i miei genitori, Heiji, anche
Ran,
Kogoro, i bambini verranno ammazzati. Ayumi, Genta,
Mitsuiko… loro non
c’entrano nulla. Così otterrai solo la loro morte,
e anche noi li raggiungeremo
presto.
La
ragazza non rispose. Prese una siringa vuota, si avvicinò a
Shinichi e gli girò
il braccio.
-Scusa
Kudo- disse, prima di infilargli l’ago nella carne.
Quando la
siringa fu piena del sangue del ragazzo, Shiho si allontanò
nuovamente, sempre
in silenzio, e sigillò il campione in una provetta.
-Shiho…-
tentò nuovamente Shinichi -allora è vero che sei
tornata come loro? E’ vero che
non ti importa più niente di tutte le persone innocenti a
cui hai voluto bene?
La
ragazza restò immobile per qualche secondo. Fece un sospiro,
come per decidere
qualcosa di importante, poi estrasse qualcosa dalla tasca.
Tornò accanto al
lettino di Shinichi e gli consegnò ciò che aveva
in mano. Il suo telefono ad
orecchino.
-Ora io
esco per qualche minuto per tenerli lontani di qui- sussurrò
lei, nervosa -hai
cinque minuti, usali bene.
Poi,
senza aggiungere altro, uscì dalla stanza.
Shinichi
si sentiva sollevato: potevano anche averla costretta a tornare, ma
aveva la
conferma che il cuore della piccola Ai Haibara batteva ancora nel suo
corpo
adulto.
Ma non
era il momento di riflettere, aveva poco tempo. Raccolse in fretta le
idee,
prese un bel respiro e compose rapidamente il numero di cellulare di
Heiji
Hattori.
-Allora,
Heiji Hattori, ti decidi a dirmi cosa diavolo vi è saltato
in testa e perchè?
Rispondi?
Ran si
faceva sempre più vicina, sempre più minacciosa,
e il detective dell'ovest era
nel panico più totale. Non sapeva più che fare,
si sentiva con le spalle al
muro. Cosa poteva dirle? Da una parte voleva difendere
l’amico, ma dall’altra
cominciava a pensare che per Ran fosse meglio credere che fosse tutto
uno
scherzo.
Non
c’è tempo per discutere, il
tuo migliore amico potrebbe morire da un momento all’altro!
Dannazione Heiji
inventati qualcosa!
Prima che
potesse decidere quale linea seguire, sentì la suoneria del
suo cellulare. Lo
estrasse in fretta e, appena vide il numero sul display,
sgranò gli occhi. Ran
si avvicinò subito, e Heiji premette immediatamente il
pulsante di chiamata.
-Kudo,
sei tu?!
Eccomi
qua con il capitolo 2! Ringrazio tanto feferica e _Diane_ che hanno
recensito,
spero che questo capitolo vi piaccia! Grazie anche a chi ha letto e
continuerà
a leggere.
Tornando
alla storia, da questo capitolo comincia a delinearsi la trama, spero
che vi
prenda almeno un po’. Mi raccomando aspetto le vostre
recensioni!
Ran si
avvicinò a Heiji e tentò di prendergli il
cellulare, ma il detective dell’ovest
lo tenne ben stretto in mano.
-Dove
sei?!
-
Ascolta, non ho tempo per spiegare. Siete tutti in pericolo.
Dov…
-Ti hanno
trovato? Dove sei?
-No, ora
non pensare a m…
- Dammi
un indizio, vengo a cercar…
-Cazzo
Hattori, vuoi starmi a sentire!!?? Ti ho detto che non
c’è tempo!
Heiji
ammutolì e aspettò che l’amico
riprendesse a parlare, mentre Ran attaccava
l’orecchio al suo per sentire.
-Sì,
mi
hanno trovato, e ora sono sulle vostre tracce. Hanno fatto una lista di
miei
conoscenti da eliminare. Prendi Ran, i suoi genitori, i bambini e
Kazuha e
portali alla polizia. Chiedi la protezione, racconta tutto se
è necessario,
l’importante è che non si muovano dalla centrale.
Poi chiama i miei genitori e
dì loro di farsi proteggere dall’FBI, mio padre
conosce parecchi membri.
-Sì
ho
capito, ma tu dove sei? Dammi uno straccio d’indicazione,
accidenti!!!
-Non
pensare a me ora, l’importante è che voi riusciate
a mettervi in salvo. Vi
stanno cercando, Hattori, e non hai idea di quanto possano essere
veloci!
-No,
Kudo, non posso lasciarti lì nelle loro mani, ti uccideranno
di sicuro!
-Lo so,
ma non importa ora. Per favore Hattori, per una volta, fa come ti
di…
-No!!!
Ran
strappò di mano il cellulare a Heiji, che questa volta non
poté fare niente per
fermarla.
-Shinichi,
qualsiasi cosa sia successa non ti abbandonerò, hai capito?
Non puoi morire,
non ora! Ci sono ancora… troppe cose che mi devi
dire… Ti prego, dicci dove
sei, ti veniamo a prendere!
-Ran…
Ci fu un
attimo di silenzio, rotto solo dai singhiozzi di Ran, poi Shinichi
disse con un
sospiro:
-Non ho
idea di dove mi trovi, tentare di salvare me è inutile.
Farò tutto il possibile
per tornare da te e dirti tutto quello che vuoi sapere, ma in cambio
devi
promettere che non farai sciocchezze e che penserai solo a salvarti.
Ran
continuò a singhiozzare, ma non rispose.
-Ti
prego, Ran, prometti…
-Non
posso.
Shinichi
sospirò di nuovo, come rassegnato, poi si rivolse a Heiji.
-Ora devo
andare. Hattori?
-Dimmi
Kudo!- esclamò Heiji riprendendosi la cornetta, mentre Ran
si lasciava cadere
in ginocchio.
-Ti prego-
sussurrò Shinichi con la voce incrinata
dall’emozione -non lasciare che le
accada qualcosa.
-No, Kudo,
non riatt…
TU TU TU
TU
Ran smise
di piangere, e sul suo volto rimase solo il puro terrore. Risentire la
voce del
suo amico d’infanzia, piena della determinazione di sempre,
l’aveva scossa
tantissimo. Non riusciva a smettere di tremare. Non poteva pensare che
non
l’avrebbe più rivisto, no, la sua mente proprio
non riusciva a concepirlo.
Shinichi era nelle mani, da quel poco che aveva capito, di pericolosi
criminali. Per la prima volta era lui ad essere in pericolo, lui ad
avere
bisogno di aiuto: del suo aiuto. E lei non gliel’avrebbe
certo fatto mancare.
Lentamente
alzò il capo verso Heiji, e gli chiese, tremante:
-Hattori,
loro chi sono? Chi ha rapito
Shinichi?!
Heiji,
ancora sconvolto per le parole dell’amico, le tese la mano
per aiutarla ad
alzarsi.
-Andiamo
a prendere gli altri, poi ti racconterò tutto. Kudo ha
ragione, se sono sulle
nostre tracce non c’è un momento da perdere, devo
mettervi al sicuro prima di
tutto!
-No!-
gridò Ran -io a nascondermi in centrale mentre Shinichi si
trova nelle mani di
quei criminali non ci vado!
-Mouri,
cerca di ragionare, tu non puoi fare niente. E poi Kudo ti ha affidata
a me,
non posso deluderlo.
-Allora
vuoi abbandonarlo?!
Heiji la
guardò, mentre lacrime silenziose rigavano le sue guance,
poi pensò all’amico,
al fatto che lui l’avrebbe aiutato in qualunque situazione
senza pensarci due
volte.
-No-
disse infine- non mi interessa se lui vuole sacrificarsi, non lo
lascerò
morire, quello stupido!
A quelle
parole Ran abbozzò un sorriso, leggermente rincuorata, e si
lasciò condurre dal
detective di Osaka dagli altri.
Quando il
telefono tacque, Shinichi sentì il suo cuore appesantirsi
improvvisamente. Era
felice di essere riuscito ad avvertirli e che ora si trovassero nelle
mani di
Hattori, di cui si fidava, ma sentire la voce di Ran, singhiozzante e
preoccupata, sapendo che molto probabilmente non l’avrebbe
più rivista, gli
aveva procurato una forte stretta al petto.
Mentre si
sforzava di abbandonare quei pensieri e concentrarsi sulla sua
situazione,
Shiho rientrò nella stanza. Non disse niente, ma lo
guardò con aria
interrogativa, e quando lui annuì in risposta, i suoi occhi
spenti si
illuminarono, anche se quasi impercettibilmente. Si
avvicinò, gli prese il
telefono di mano e lo nascose di nuovo nella tasca del camice.
-Ora sono
tutti qui, nell’altra stanza- sussurrò -non
possiamo più usare il telefono,
sarebbe un suicidio.
-Comunque,
ora che sono tutti al sicuro, possiamo cominciare a pensare a noi.
Dobbiamo
trovare un modo di andarcene d qui.
Shiho non
disse nulla, ma gli riservò uno sguardo così
pieno di incredulità, ma anche di
tenerezza e compatimento che non aveva certo bisogno di parole.
Shinichi,
che di sguardi di quel genere ne aveva ricevuti fin troppi quando era
nei panni
di Conan, ne fu molto seccato, e fu tentato di rispondere qualcosa di
tagliente, ma si trattenne. Ora che era tornato nel suo corpo adulto
non aveva
più nessuna scusa per comportarsi in maniera infantile.
-Dov’è
il
professore?- chiese allora -è qui, in questo edificio?
-Purtroppo
non lo so- rispose lei -me l’hanno fatto vedere solo quando
ho deciso di
accettare le loro condizioni. Era piuttosto spaventato- la sua voce
tremò
appena -ma stava bene. Non so dove possa essere ora…
-Dobbiamo
pensare ad un modo per fuggire di qui, e poi riuscire a trovare
lui…- disse
piano Shinichi, più a se stesso che alla ragazza.
-E’
inutile, non ci sono vie d’uscita. Ci troviamo in un
laboratorio dell’organizzazione,
a prima vista sembra davvero un ambulatorio medico ma, come puoi ben
immaginare, le uscite sono ben sorvegliate da uomini armati. Provare a
scappare
è un suicidio.
Leggendo
la rassegnazione nei suoi occhi, Shinichi capì che aveva
deciso di farla
finita, che non le interessava più sopravvivere o meno, non
voleva più la
libertà.
Sentì
che
si stava scaldando e fu tentato di alzarsi, prenderla per le spalle e
scuoterla,
ma si sforzò di mantenere la calma; non che fosse necessario
in realtà, dato
che le grosse cinghie che lo tenevano attaccato al lettino non
gliel’avrebbero
comunque permesso.
-Non devi
arrenderti, Shiho. Siamo riusciti a tirarci fuori da situazioni
terribili, ce
la faremo anche questa volta. Abbiamo il telefono, possiamo chiamare la
polizia
e farci venire a prendere; basta solo che tu mi dica dove ci troviamo
precisamente.
-No, non
possiamo. Nella cantina, sotto di noi, si trova una bella
quantità di
esplosivo. Basta che vedano una volante della polizia, o comunque
persone sospette,
avvicinarsi, e ci faranno saltare tutti in aria per stare sul sicuro. E
ora sta
zitto, per favore, se dovessero sentirci parlare si insospettirebbero.
Shinichi
tacque e ricominciò a riflettere. Se le cose stavano
così, l’unico aiuto sul
quale poteva contare era quello di Hattori che, ne era certo, lo
avrebbe
cercato. Ma come avrebbe fatto a trovarli? C’era qualcosa che
potesse portarli
a loro?
Ma certo!
Come ho fatto a non
pensarci prima?!
-Il mio
orologio- sussurrò -Shiho, dov’è il mio
orologio?
La
scienziata lo guardò, sorpresa, e indicò un
tavolino dove erano appoggiati i
suoi effetti personali.
-Ma non
te ne farai niente- disse, accorgendosi che lo sguardo del detective si
era
illuminato alla vista dell’oggetto -hanno tolto tutti gli
aghi, è completamente
inutile.
-Ti
sbagli Shiho, non è affatto inutile… Il
professore aveva installato un
microchip nel mio orologio, collegato ai miei occhiali da pedinamento.
Quelli
sono rimasti in ospedale. Se Heiji li troverà
saprà con precisione dove trovarci.
La
scienziata lo guardò, e a Shinichi parve di scorgere un
lampo di speranza nei
suoi occhi. Fu solo un attimo, però, perché lei
disse:
-Anche se
riuscisse a trovarci, non potrebbe fare niente per salvarci, finirebbe
solo per
essere ucciso anche lui.
Nonostante
il suo pessimismo, il cuore di Shinichi si era risollevato: avevano
ancora una
speranza.
In quel
momento la porta si aprì ed entrò una giovane
donna molto bella, alta e bionda,
dagli occhi di ghiaccio.
Shinichi
ne riconobbe i lineamenti, li aveva visti poco più di un
anno prima, con Ran, a
New York. Ma la donna era troppo giovane per essere lei… a
meno che…
La donna
lo guardò, un ghigno perfido stampato sul volto, mentre lui
la fissava con gli
occhi spalancati.
Heiji
uscì dalla centrale un po’ sollevato. Aveva fatto
esattamente quello che gli
aveva detto Kudo e ora tutti si trovavano al sicuro. Non era stato
facile
convincere tutto il gruppo a lasciare l’ospedale per andare
alla polizia senza
raccontare loro nulla. Anche all’ispettore aveva raccontato
solo molto
brevemente che erano tutti in pericolo, ma non aveva detto
nient’altro: avrebbe
solo significato perdere tempo prezioso.
Aveva
promesso a Mouri, e anche a se stesso, che avrebbe trovato Kudo e che
l’avrebbe
salvato, ma in quel momento non sapeva proprio da che parte cominciare.
Si
impose di mantenere la calma e provare a ragionare.
Quelli
dell’organizzazione avevano scoperto e rapito
l’amico, eppure l’avevano
mantenuto in vita, e il motivo poteva essere solo uno: volevano
studiare il
veleno che aveva in corpo. Miyano aveva accennato che, quando faceva
ancora
parte dell’organizzazione, lavorava in laboratori segreti,
che però dopo il suo
tradimento erano stati tutti bruciati.
Non
avendo ulteriori indizi, Heiji decise di tornare all’ospedale
e ispezionare la
stanza in cui era ricoverato Conan, sperando di trovarvi qualcosa di
utile.
Fermò un taxi e salì, nel posto a fianco a quello
del conduttore.
-Mi porti
all’ospedale di Beika, per fav…
Si
interruppe, perché sentì qualcuno salire
sull’auto nei posti dietro e chiudere
con forza la portiera. Si girò e vide Ran, ancora molto
pallida ma con
un’espressione determinata sul volto.
-Vengo
con te- disse semplicemente, davanti alla sua espressione che si
divideva fra
lo stupito e l’arrabbiato.
-Non se
ne parla neanche!- sbottò lui facendo trasalire
l’autista -hai sentito quello
che ti ho detto? Lo cercherò, ma tu non puoi venire,
è pericoloso!
-Prova a
impedirmelo, allora- disse Ran, senza scomporsi, fissandolo dritto
negli occhi
con sicurezza. Il messaggio era chiaro: dovresti
uccidermi
Si
guardarono per qualche secondo, lei determinata, lui stupefatto.
Alla fine
Heiji distolse lo sguardo, sospirò e si passò una
mano fra i capelli,
sbuffando. Gli toccava una decisione davvero dura: consentire a Ran di
venire
con lui avrebbe voluto dire tradire la fiducia di Shinichi, ma
soprattutto
esporre la ragazza ad un rischio enorme. Se fosse morta, Kudo non
glielo
avrebbe mai perdonato, lui stesso soprattutto non se lo sarebbe mai
perdonato.
Ma d’altronde che poteva fare? Ran era determinata come non
mai, dubitava che
persino usando la forza sarebbe riuscito a farla scendere dal taxi.
Senza
contare che stava perdendo tempo, ogni minuto, ogni secondo poteva
essere
fondamentale.
Si
voltò
a guardare il conducente.
-All’ospedale
di Beika- ripetè.
Vide
l’espressione soddisfatta di Ran nello specchietto
retrovisore mentre
sprofondava nel suo sedile.
-Kudo mi
ucciderà
per questo- borbottò poi, mentre l’auto metteva in
moto e partiva.
Kazuha
guardò il taxi partire divisa fra rabbia e
curiosità. Dove andavano Heiji e Ran
da soli? Cosa potevano avere di tanto importante da dirsi che non
potessero
riferire anche a lei?
Sentì
montare la gelosia dentro di sé. Senza neanche capire cosa
stesse facendo, uscì
dalla centrale e fermò il primo taxi che passò.
-Segua il
taxi davanti a lei- disse decisa all’autista, sentendosi
molto James Bond.
Ecco il
terzo capitolo! Ringrazio ancora tantissimo feferica e _Diane per aver
recensito!
Ci tengo
a dire anche che se non potete recensire perché non siete
iscritti oppure
volete semplicemente scambiare quattro chiacchiere, potete liberamente
contattarmi per email con la funzione contatta del mio profilo (si
trova ciccando
sul mio nick), ne sarei molto felice!
Mentre il taxi sfrecciava verso l’ospedale, Ran si sforzava di
concentrarsi sulla città che scorreva veloce sotto i suoi occhi
Mentre il taxi sfrecciava verso l’ospedale, Ran si
sforzava di concentrarsi sulla città che scorreva veloce sotto i suoi occhi
dietro al finestrino, senza però riuscire realmente a distrarsi dai suoi
pensieri.
O meglio, dal suo pensiero.
Shinichi…
Erano successe tante cose
nelle ultime ore: aveva avuto la conferma al suo sospetto, e dentro di sé si
era sentita umiliata, offesa, perché sentiva di essere stata ingannata. Avrebbe
dovuto capire subito che se Shinichi aveva fatto quello
che aveva fatto doveva esserci stato un motivo più che serio, che era veramente
in pericolo…
Hattori le aveva spiegato brevemente la storia durante la
corsa verso la centrale, e così la sua mente veniva
continuamente attraversata da inquietanti immagini di uomini vestiti di nero, e
di Shinichi, solo in mezzo a loro.
Aveva
terribilmente bisogno di parlargli, di sentire la sua voce, di poterlo guardare
negli occhi… Non riusciva
nemmeno pensare all’idea di non poterlo vedere mai più.
Schiacciò la fronte contro
il vetro freddo del finestrino, cercando di impedire alle lacrime di affiorarle
agli occhi. Non era il momento, doveva pensare solo a
ritrovare Shinichi. C’era ancora una speranza, e lei avrebbe fatto di tutto, avrebbe dato anche la sua vita pur di rivederlo.
Pregava che l’auto
arrivasse a destinazione il più presto possibile, perché restare semplicemente
seduta senza fare niente mentre sapeva che il ragazzo che amava poteva essere
torturato o peggio ucciso in qualsiasi momento rendeva insopportabile ogni
secondo passato senza agire.
AncheHattori, che cercava di
ostentare una certa calma, tradiva la sua preoccupazione intimando ad un
autista sempre più spaventato di andare più veloce o gettando occhiate nervose
agli specchietti retrovisori.
Aveva notato da un po’ che
un altro taxi aveva preso la loro stessa strada, ma inizialmente non vi aveva
fatto molto caso: dopotutto poteva essere semplicemente qualcuno che aveva
bisogno di andare in ospedale.
Fu solo quando la loro
vettura inchiodò davanti all’ingresso dell’edificio che cominciò seriamente a
preoccuparsi: l’altra auto aveva svoltato in un vicolo laterale e lì l’aveva
sentita fermarsi. Fu tentato di andare a vedere chi c’era a bordo, ma si
trattenne cercando di convincersi che stava diventando paranoico.
Scese dal taxi, seguito a
ruota da Ran, e chiese all’autista di aspettarli lì fuori.
I due entrarono
nell’ospedale e si diressero velocemente verso la stanza di Conan, ancora
attorniata da medici e poliziotti. Entrarono, guardandosi intorno nella
speranza che ci fosse davvero qualcosa che li avrebbe potuti aiutare nella
ricerca: se non ci fosse stato nulla, non avrebbero avuto nessun indizio da cui
partire.
Ran si avvicinò al letto e
vide le lenzuola ancora spiegazzate, il cuscino tutto storto e gli occhiali di
Conan ancora appoggiati sul comodino. O meglio, gli occhiali che Shinichi aveva usato per nasconderle la sua identità.
Ma perché l’hai fatto? Perché mi hai ingannata così a lungo? Voglio vederti, Shinichi…
Di nuovo si ritrovò a lottare
contro le lacrime prepotenti, che minacciavano di scorrerle sulle guance, e di
nuovo si intimò di calmarsi, dicendosi che piangere
non sarebbe servito ad aiutare Shinichi.
Ma quando istintivamente
si piegò per sistemare il cuscino e lo sentì ancora così caldo, così impregnato
del suo odore, sentì la macella tremare e capì che non ce l’avrebbe
fatta.
Scoppiò in lacrime e
affondò il viso nella federa, inspirando il suo profumo, cercando di calmare i
singhiozzi che però non accennavano a diminuire.
Sentì i passi di Hattori alle sue spalle e un istante dopo si trovò
circondata dalle braccia dell’amico.
-Non perderti d’animo, lo troveremo- le sussurrò lui.
Ran sussultò: era un gesto
insolito, molto insolito, per il detective di Osaka,
sempre così scherzoso e ironico, ma lo apprezzò tantissimo, perché era quello
di cui aveva bisogno.
Si abbandonò fra le
braccia di Heiji, che tanto le ricordavano quelle di
Shinichi, e per l’ennesima volta in quella terribile notte si chiese se avrebbe
mai potuto riabbracciare il suo amico d’infanzia.
Heiji stesso si era stupito di quello che aveva fatto:
non aveva mai abbracciato nessuna così, nemmeno Kazuha,
ma vedendo la ragazza, distrutta, le spalle tremanti, stringere forte il cuscino
dove Shinichi aveva poggiato la testa fino a poco tempo prima, come in cerca di
sicurezza, non aveva potuto fare a meno di cercare di consolarla.
Nonostante la situazione disperata in cui si trovavano, guardando Ran che
gli singhiozzava sulla spalla, accarezzando i suoi morbidi capelli lunghi e
sentendo il corpo di lei contro il suo, Heiji non
poté fare a meno di pensare che l’amico aveva davvero scelto bene.
Appena si rese conto delle
immagini la sua mente aveva creato, si sforzò di
cancellarle immediatamente.
Ma bravo Heiji,
Kudo rischia la vita per telefonarti e dirti di
mettere assolutamente in salvo la sua ragazzae tu che fai? Non solo la
trascini in un pericolo più grande di quello che riesce ad immaginare, ma fai
pure pensieri del genere. SeKudo
sopravvive questa volta ti uccide, garantito.
Era talmente preso dai
suoi pensieri che non si accorse subito che una
ragazza con la coda di cavallo li fissava inorridita sul ciglio della porta.
La donna si limitò a
sorridere, avvicinandosi al suo lettino.
- I prefere
Vermouth… (Preferisco Vemouth)- sibilò.
Poi si voltò verso Shiho,
che ebbe un fremito quando incrociò lo sguardo della donna.
-Gin ti aspetta di là,
Sherry- le disse, fredda e perfida, e un’espressione
di puro terrore si dipinse sul viso della scienziata.
Shinichi lo notò, ma si sarebbe soffermato a pensarci solo più tardi: mentre la
ragazza usciva dalla stanza tremando, tutta la sua attenzione era concentrata
sulla donna che si trovava davanti a lui.
ChrisVineyard,
la famigerata figlia di Sharon, l’amica di mia madre.
Anche lei era presente quella sera all’hotel, quindi
era lei il complice di Pisco…
-Bene Kudo,
ci rivediamo…- disse lei -spero che tu non abbia
dimenticato i nostri precedenti incontri…
A Shinichi, ancora un po’
intontito, servì qualche istante per elaborare quello che aveva detto…
-I nostri incontri? Io ne
ricordo solo uno, qualche sera fa, all’Haido City Hotel, quando ci ha scoperti… o forse non è
così?
Vermouth si limitò di
nuovo a sorridere, con l’aria di aver detto qualcosa che non doveva lasciarsi
sfuggire.
-E così la figlia della famosa SharonVineyard è un membro dell’organizzazione…- disse
Shinichi, cercando di farla parlare. Quella donna continuava solo a fissarlo,
senza dare l’impressione di dover dire qualcosa, e il detective proprio non
riusciva a capire il motivo della sua presenza.
-Sì, diciamo che in un
certo senso è così…
Dopo averlo guardato ancora
per un po’, si avvicinò alla porta.
-Bene Kudo,
ora sono venuta solo a controllare di persona la situazione, ma ho
l’impressione che tu mi sarai molto utile…
Detto questo, uscì dalla
stanza.
Shinichi restò a lungo a
fissare la porta, dopo che si fu chiusa alle spalle della donna, immerso nei
suoi pensieri.
A turbarlo non era stata
tanto la frase che gli aveva rivolto alla fine della conversazione quanto il
suo sguardo: non solo pieno di odio o di cattiveria
come quello degli altri membri dell’organizzazione… l’avrebbe piuttosto
definito… interessato.
Che cosa vuole da me?
Pochi minuti dopo, le
grida di Shiho echeggiarono in tutto l’edificio.
Kazuha restò a fissare Ran e Heiji
che si abbracciavano, stordita.
Allora avevo ragione, avevano davvero qualcosa da
nascondere… e io che mi fidavo di Ran!
Tossicchiò, e i due
sussultarono, accorgendosi della sua presenza. Kazuha
provò una sorta di cupa soddisfazione vedendo l’espressione sconvolta del suo
amico d’infanzia.
-Ran, come hai potuto…-
sibilò cercando di mascherare con un tono infuriato il profondo sconforto che
provava -e tu Heiji, ti odio,
ti odio, ti odio!
Detto questo scappò fuori dalla stanza, senza che i due potessero replicare, e
s’incamminò velocemente per il corridoio, cercando l’uscita, arrabbiata ma
soprattutto distrutta.
Quando sentì Heiji urlare -Fermati Kazuha!-
dietro di lei si mise a correre.
Ma perché mi insegue,
dopotutto non ha proprio niente da spiegarmi!
Si asciugò le lacrime
dalle guance, perché se l’avesse raggiunta non voleva certo farsi vedere
piangere.
Piangere…
Istintivamente rallentò.
Presa dalla foga, non aveva fatto molto caso al fatto che Ran stesse piangendo.
CheHeiji la stesse solo
consolando per la scomparsa di Conan? Ma no, allora
perché erano andati da soli?
L’amico d’infanzia la
afferrò per il polso e la costrinse a voltarsi.
-Kazuha, ti prego, non fare la stupida,
non è il momento.
-Che vuol dire non è il momento? La stavi abbracciando,
ti ho visto!- replicò Kazuha indicando Ran, che, gli
occhi ancora rossi e un po’ gonfi, li aveva seguiti.
-E’ distrutta! Conan è sparito e tu ti metti pure…
-Non prendermi per scema!
Che bisogno c’era di venire qui da soli, eh? Ora
basta, me ne vado.
Cercò di divincolarsi, ma
il detective la tenne ben stretta, riflettendo rapidamente.
Non posso lasciarla andare, soprattutto non ora che
è così sconvolta, l’organizzazione potrebbe anche
essere sulle sue tracce.
Sospirò, innervosito dalla
perdita di tempo, e le spiegò brevemente quello che lui e Ranstavano facendo a Kazuha.
La ragazza rimase
sconvolta quando le rivelò la vera identità di Conan e che Shinichi era stato
rapito.
Sentendosi molto stupida, si avvicinò a Ran e l’abbracciò, sentendo che
l’amica tremava.
-Scusami Ran, davvero,
scusami!
In quel momento Heiji notò che dalla tasca dei pantaloni di Ran spuntavano
i grandi occhiali di Conan, così si avvicinò a lei e li prese in mano.
-Li ho presi d’istinto, in
fondo sono l’unica cosa che mi rimane- sussurrò lei a
mo’ di scusa, ma Hattori non la stava ascoltando.
Fissava gli occhiali con evidente curiosità.
Aveva visto molte volte
Conan utilizzare quel gadget costruito dal dott.Agasa
nei modi più disparati, e aveva la sensazione che potesse
servire anche a loro.
Premette un pulsantino sulla montatura e finalmente gli occhiali si illuminarono, rivelando le tante stradine della città. A
Nord-Est, verso la periferia, un puntino rosso lampeggiante segnalava la
presenza di qualcosa, o qualcuno… Shinichi…
-Penso di sapere cosa c’è
in quel punto- disse Ran pensierosa -ho sentito
parlare di un vecchio laboratorio dove studiavano famosi ricercatori, ma penso
che sia stato abbandonato…
Lo sguardo di Hattorisi illuminò.
-Presto, Mouri, dobbiamo andarci in fretta! Probabilmente è lì che
hanno portato Shinichi!- urlò, correndo verso
l’uscita, con le due ragazze che arrancavano dietro di lui.
-Aspettami
Heiji- ansimòKazuha -voglio venire anch’io con voi!
Il detective si voltò a
guardarla.
-No, no e poi no! Ma perché volete a tutti i costi andare a cacciarvi nei
guai! C’è un motivo per cuiKudo
vi ha tenuto all’oscuro di tutta questa faccenda, e il motivo è precisamente
questo! Sono un’organizzazione criminale, killer spietati, lo
volete capire?!
-Voglio aiutare Shinichi,
e poi più si è più ci sono possibilità, no?
Heijiriflettè: l’ultima cosa
che voleva era trascinare anche Kazuha in quella
pericolosissima avventura, ma d’altronde non poteva neanche rimandarla in
centrale da sola, visto il pericolo che correva, e di certo non c’era tempo per
accompagnarla. E poi, conoscendo molto bene l’amica,
sapeva che non l’avrebbe mai convinta a restare senza fare niente.
Shiho tornò da Shinichi
solo mezz’ora dopo, facendo del suo meglio per nascondere gli occhi rossi, i
vestiti mal messi e i tremiti del suo corpo.
-Shiho…- sussurrò
Shinichi. Avrebbe voluto abbracciarla, cercare di consolarla in qualche modo,
ma le cinghie che ancora lo tenevano saldamente legato al lettino glielo impedirono, così le chiese semplicemente:
-Da quanto va avanti?
Shiho soffocò un
singhiozzo e rispose piano:
-Da quando i miei genitori
sono morti.
Shinichi fissò la
scienziata e si chiese quanti altri dolori aveva
dovuto sopportare nella sua vita. Non si era mai sentito tanto vicino a lei
come in quel momento.
Non sapeva proprio cosa
dirle, e lei non sembrava avere la minima voglia di parlarne, così fra loro
calò il silenzio, rotto da Shiho solo qualche minuto dopo.
-Vogliono che presenti i
primi dati della mia ricerca, cioè devo fare il primo
esperimento. In realtà il nuovo veleno è già pronto.
-E a che cosa dovrebbe servire il nuovo veleno?
-E’ il progetto a cui l’organizzazione lavora da anni,
il motivo per cui è nata: l’eterna giovinezza.
Shinichi rimase a bocca
aperta: sembravano discorsi da film fantasy, e sul
momento non ci credette, ma poi ricordò che lui era
vissuto per quasi un anno nel corpo di un bambino delle elementari.
-E secondo te è possibile?- CHIESE TREMANTE.
Shiho alzò le spalle.
-Sono convinta che per la
scienza quasi nulla sia possibile… per ora però si
accontentano di avere una sostanza che, presa continuamente, mantenga il corpo
giovane. Non si sa quanto possa durare, né se e per
quanto tempo il corpo di un essere umano possa resistere.
-E io sarei la cavia- disse Shinichi, e lei annuì.
-Beh, se hai già trovato
la formula- riprese lui -non devi assolutamente
consegnarla. Ci ucciderebbero tutti immediatamente.
-Lo so,
per questo ho dato una versione appositamente sbagliata, in dosi non
sufficienti a raggiungere lo scopo. Però loro l’hanno
realizzata e ora vogliono che la provi- disse lei, inserendo in una siringa una
sostanza trasparente.
Shinichi sospirò: aveva
provato tanto dolore a causa dei veleni di Shiho da non desiderare di sentirlo mai più, ma era l’unica via, così tese il
braccio.
-Questo veleno non avrà effetti
sul tuo aspetto fisico come l’APTX4869, perché la formula è sbagliata, ma non so se il tuo fisico sia ancora in grado di reggere altre
sostanze. Potrebbe ucciderti, Shinichi…- sussurrò lei
con voce spezzata.
-Non c’è
altra scelta, dobbiamo prendere tempo.
Vide Shiho avvicinarsi e
fissò i suoi profondi occhi blu velati di lacrime mentre, con tutta la
delicatezza possibile, gli infilava l’ago nel braccio.
Non so se ci sia ancora
qualcuno che si ricorda di questa fanfiction XD L’ho
cominciata un po’ di tempo fa, poi l’ho lasciata in sospeso (ogni tanto perdo
misteriosamente fiducia in quello che faccio^^).
Questo capitolo era già pronto da un bel po’, spero di riuscire a scrivere
al più presto il prossimo. Intanto ringrazio tutti quelli che hanno letto e
recensito, e tutti quelli che avranno voglia di farlo ancora nonostante il mio
clamoroso ritardo ^//^
Il
laboratorio sembrava decisamente abbandonato. Le finestre erano chiuse,
le
persiane abbassate e la vernice scrostata. A Ran pareva quantomeno
improbabile
che Shinichi fosse tenuto prigioniero lì dentro, ma Hattori
ne sembrava
assolutamente certo. Prima di avvicinarsi troppo infilò una
mano all’interno
della giacca e ne estrasse una pistola nera munita di silenziatore.
-E’
di
mio padre- precisò, vedendo che Ran e Kazuha fissavano
l’arma con un misto di
sorpresa e timore -l’ho presa prima di venire qui, immaginavo
che fosse
successo qualcosa del genere.
-Come
faremo ad entrare?- chiese Ran, guardando il portone sprangato.
-Proviamo
a vedere se ce n’è una di lato, ci sono
più probabilità che non sia
sorvegliata- suggerì Heiji.
Effettivamente
nella parte della costruzione non visibile dalla strada c’era
un’altra porta
d’ingresso decisamente più piccola e
dall’aria molto meno resistente: probabilmente
un’uscita di emergenza. Heiji si avvicinò con
circospezione, puntò la pistola
contro la serratura e sparò. Il silenziatore fece bene il
suo dovere e il colpo
risuonò molto ridotto, ma se ci fosse stato qualcuno
dall’altra parte
dell’uscio avrebbe comunque sentito. Il ragazzo si ritrasse
in fretta, pronto a
nascondersi o a scappare alla prima traccia di reazione
dall’interno, che però
non vi fu. Così appoggiò la mano sulla maniglia
della porta e spinse piano,
pregando che non cigolasse. Diede una rapida occhiata attraverso la
fessura:
nella prima stanza non c’era nessuno.
Fece
segno a Ran e Kazuha di avvicinarsi a loro volta. Lesse nei loro occhi
la paura
che, ne era sicuro, anche il suo sguardo tradiva, ma anche, soprattutto
in Ran,
la decisione di voler entrare a tutti i costi. Ancora una volta si
maledisse
per averle coinvolte in quella pericolosissima avventura, ma ormai era
troppo
tardi per tornare indietro. I tre ragazzi si guardarono in segno
d’intesa, poi,
uno ad uno, varcarono la soglia del laboratorio
dell’organizzazione.
Shiho
bagnò di nuovo il suo fazzoletto bianco e lo
passò sulla fronte di Shinichi per
levare il sudore, sperando che servisse anche ad abbassarglila temperatura.
Gli era
rimasta accanto tutto il tempo mentre, in preda alla febbre, si agitava
per gli
effetti del veleno che lei aveva creato, gridando e delirando,
finché i suoi
lamenti erano diminuiti fino a fermarsi e non si era più
mosso. Spaventata, la
scienziata si era affrettata a tastargli il polso, constatando con
grande
sollievo che il suo cuore batteva ancora, anche se ancora troppo
veloce.
Quando si
fu accertata che le condizioni del ragazzo fossero stabili, decise che
era il
momento di riferire a quelli dell’organizzazione che
l’esperimento non aveva
funzionato, anche se probabilmente non l’avrebbero presa
affatto bene. Scoprì
che non le importava più di tanto: la paura di Gin e
Vermouth non era
paragonabile a quella di perdere Shinichi.
Guardò
il
volto del ragazzo che, dopo la morte di sua sorella, aveva
rappresentato la sua
unica certezza, il suo porto sicuro, che le aveva concesso fiducia
nonostante
il suo passato, che l’aveva protetta in tante
occasioni… e che lei aveva
tradito.
Scosse la
testa con rabbia, mentre nella sua coscienza si accendeva una lotta
furiosa. Non hai avuto scelta! si
ripeteva,
disperatamente, ma un’altra voce, più lontana ma
più forte, ribatteva: sì
che l’avevi, e hai fatto quella sbagliata.
Confusa e
spaventata, Shiho uscì dal piccolo ambulatorio, percorse in
fretta il corridoio
e salì le scale. Gin e Vermouth l’aspettavano al
piano superiore
-Allora
Sherry, il tentativo ha funzionato?- esordì Vermouth,
glaciale. Shiho prese un
respiro profondo prima di rispondere.
-Purtroppo
il primo esperimento non ha dato alcun risultato, il soggetto ha
accusato forti
dolori e una grave tachicardia, ma nessun segno di ringiovanimento.
-Come
sarebbe a dire ancora nessun risultato?- sbottò Gin -ti
avviso Sherry, il capo
sta cominciando a perdere la pazienza, e io con lui. E ora muoviti e
prova
un’altra soluzione! E questa volta non voglio
scuse…
-Non
posso- disse subito la scienziata, senza riflettere -il soggetto
è in
condizioni critiche, un’altra dose sarebbe…
Senza
nemmeno farle finire la frase, Gin la afferrò per il camice
e la mandò a
sbattere violentemente contro il muro.
-Forse
non hai capito bene- disse l’uomo. Si avvicinò
alla figura tremante di Shiho e
le sussurrò all’orecchio -Voglio
quell’antidoto, adesso, e non me ne importa un
accidente se il tuo amichetto tira le cuoia. E’ la tua ultima
possibilità,
Sherry. Sprecala, e io ti taglio la testa.
-Calmati
Gin- intervenne Vermouth -il ragazzo è prezioso, abbiamo
bisogno di lui per
sviluppare questo dannato farmaco. Hai ventiquattro ore di tempo-
aggiunse,
rivolgendosi a Shiho- poi dovrai testare il farmaco, e sarà
meglio per te che
funzioni, è chiaro?
Shiho
annuì, ancora accasciata contro la parete.
-Ventiquattro
ore?! Non ho intenzione di aspettare tutto questo tempo!-
sbottò Gin, e diede
un calcio ad una sedia mandandola a sbattere a pochi centimetri da dove
era
seduta Shiho.
-Vai a
farti una passeggiata, Gin- disse la donna, melliflua. Gin si
precipitò fuori
dalla stanza, furibondo. Sembrava stranamente rassegnato a perdere
contro le
decisioni di Vermouth.
Shiho si
alzò e, senza indugiare oltre, uscì a sua volta e
si precipitò verso
l’ambulatorio. Ventiquattro ore. Ventiquattro ore e poi erano
finiti, comunque
andasse. Se avesse presentato il veleno sbagliato, Shinichi
probabilmente
sarebbe morto e Gin e Vermouth avrebbero ucciso anche lei, in modi che
preferiva evitare di immaginare. Se invece avesse dato la formula
giusta,
avrebbero ucciso Shinichi. Magari avrebbero risparmiato lei, per
sfruttarla in
altri lavori, ma ci credeva poco: e comunque, morto il ragazzo, lei non
avrebbe
avuto nessun motivo per sopravvivere.
Shinichi era
ancora svenuto:
sembrava respirasse regolarmente, ma stava di nuovo sudando. Shiho gli
si
avvicinò e prese a scuoterlo disperatamente, cercando di
svegliarlo.
Shinichi!
Shinichi! Ti prego...
Di solito era
lui che quando Shiho
si lasciava andare, in preda allo sconforto, la aiutava, con il suo
ottimismo e
la sua razionalità, e le dava nuove speranze. La ragazza
avvertiva un bisogno
urgente di parlargli, di guardarlo negli occhi, di sentirsi dire che
sarebbe
andato tutto bene...
Ma ora
Shinichi era lì, pallido
come non mai, con un veleno potenzialmente letale che gli scorreva
nelle vene.
Per colpa sua.
La
verità si presentò davanti ai
suoi occhi, nuda e dura. Non aveva scuse: lei e il professor Agasa
sarebbero
morti comunque, e pur sapendolo, nella sua codardia, aveva voluto coinvolgere
anche
Shinichi. Perché in fondo non aveva mai perso la speranza di
sopravvivere, e si era convinta che lui avrebbe potuto aiutarla, esattamente come qualche
mese
prima quando, debole e inerme, aveva deciso di strisciare fino a casa
sua. Se
solo avesse accettato prima il suo destino, se solo avesse dato ascolto
alla
parte più razionale di sé, che le diceva che non
c'era nulla ad fare... lei
sarebbe già stata uccisa, liberata da quel tormento, e
Shinichi sarebbe stato
al sicuro, insieme a tutte le persone che lo amavano.
-Shin- lo
chiamò, disperata. Poi
si appoggiò sul suo petto e prese a piangere a dirotto.
Il piano
terra era costituito per
la maggior parte da un'enorme, unica stanza, suddivisa in regolari
moduli
quadrati da pannelli di legno. Ognuno di questi era un piccolo ufficio,
fornito
di scrivania e computer. La porta di servizio che i tre ragazzi avevano
usato
si apriva esattamente sul centro della stanza.
-Dividiamoci
e cerchiamo-
bisbigliò Heiji.
Kazuha si
occupò del settore più
vicino alla porta principale, Ran di quello più in fondo
mentre Heiji rimase al
centro, in modo da poter rimanere vicino ad entrambe.
Ran aveva i
brividi nel separarsi
anche solo di pochi metri dai suoi amici, ma si fece forza certa
com'era che,
per quanto quel luogo le facesse paura, se davvero Shinichi era
lì non esisteva
nessun altro posto in cui lei avrebbe desiderato stare. Si chiese come
facesse
Kazuha, con Shinichi non aveva nessun tipo di legame, a sopportare una
tale
paura. Sorrise. Ma certo, lo faceva per Heiji: nemmeno l'amica avrebbe
sopportato di sapere la persona che più amava in pericolo
mentre lei era
lontana.
Forte di
quelle convinzioni, si
sforzò di aguzzare la vista e prese a perlustrare ogni
angolo, sobbalzando ogni
volta che, nell'oscurità, scorgeva qualcosa che potesse
somigliare ad una
sagoma umana. Niente, concluse, Shinichi non era lì.
Quando
alzò lo sguardo, per
orientarsi, davanti a sè, a pochi metri, vide una rampa di
scale. Il cartello
posto vicino a queste recitava:
PRIMO PIANO
-> AMBULATORI
SECONDO PIANO
-> LABORATORI
Immediatamente,
Ran ripensò alla storia
gli aveva raccontato Heiji, al farmaco che aveva trasformato
Shinichi... il
collegamento fu evidente. Eccitata, fece per girarsi ed avvisare i suoi
amici,
ma non fece nemmeno in tempo a muoversi che udì un rumore di
passi: vicino,
troppo vicino. Qualcuno stava scendendo le scale.
Agì
più prontamente di quanto si
sarebbe mai aspettata: si gettò sotto una scrivania,
protetta da un pannello, e
trattenne il respiro. I passi la raggiunsero e la superarono, senza
esitare.
Liberò il fiato, e pregò che anche i suoi amici
si fossero nascosti bene. Dopo
qualche secondo, sentì quell'individuo, chiunque fosse,
armeggiare con una
serratura... la serratura che loro avevano fatto saltare. Il sollievo
iniziale
si trasformò in orrore, non appena realizzò cosa
stava per succedere.
Gettando
all'aria ogni prudenza,
si sporse dal pannello e incrociò lo sguardo di Heiji, anche
lui nascosto sotto
una scrivania. Le faceva dei cenni, che non riusciva a cogliere. Si
sforzò di
aguzzare la vista e, in un battito di cuore, capì. Il
ragazzo le stava
indicando le scale. Lui forse avrebbe anche potuto raggiungerle, ma non
poteva
abbandonare Kazuha, troppo lontana. Era l'unica in grado di proseguire
la
ricerca.
Il volto di
Shinichi le balenò
davanti al viso, e nulla ebbe più importanza. Si tolse le
scarpe e scattò verso
le scale, che prese a salire due gradini alla volta. Udì un
rumore alle sue
spalle, e un uomo urlare "Chi c'è qui? Esci subito!". Si
girò, presa
dal panico: Heiji! Di sicuro lo aveva fatto per permetterle di
salire... restò
per un attimo immobile, combattuta, poi, odiandosi per ciò
che stava facendo,
voltò le spalle ai suoi amici e presto si ritrovò
al piano superiore.
Le si
parò davanti un lungo
corridoio, su cui si affacciavano una decina di porte, ognuna
contrassegnata da
una scritta: ambulatorio uno, ambulatorio due ecc... Decisa a non
perdere
quella determinazione che aveva trovato, provò a non pensare
a ciò che avrebbe
potuto trovare, e si accinse a cominciare ad esplorarli, uno ad uno.
Si era appena
avvicinata alla
prima porta quando udì uno strano rumore. Avanzò
lungo il corridoio, cauta...
sembrava che qualcuno stesse piangendo. Shinichi? No, sembra
più una
ragazza... Si fermò davanti al quinto
ambulatorio, certa che, chiunque
fosse, si trovasse lì dentro. Sì, era decisamente
un pianto... Cercò di
sbirciare dalla serratura, ma era talmente sporca che riuscì
a scorgere solo
alcune sagome indistinguibili. I singhiozzi si fecero ancora
più frequenti e
disperati. D'istinto, appoggiò la mano sulla maniglia della
porta.
Sciocca,
ingenua! le
urlò il cervello sicuramente
è una di loro, non devi farlo...
Ma il suo
istinto le diceva che, chiunque fosse, aveva bisogno di aiuto. Prese un
bel
respiro e abbassò la maniglia con decisione.
Lo so, lo
so, non sono in ritardo, di più XD E per di più
vi propino un capitoletto corto
corto… Che ci devo fare, questa storia va così,
spero di riuscire a finirla
però. Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno recensito,
spero che
continueranno a farlo perché è solo grazie a loro
che mi è tornata la voglia di
scrivere questo racconto. Quindi grazie a: SuperC18,
_Diane_,
Saetta
Zaoldyeck, Lilla95,
dolcekagome,
shinichikudo,
EroSennin425,
_Irene_Adler_.
Aspetto
le
opinioni di tutti, mi raccomando!
Sì lo so, è un po' assurdo tornare dopo più di un anno a scrivere una fanfiction e pretendere che ci sia ancora qualcuno interessato a seguirla... Tuttavia, avevo scritto tempo fa (tanto tempo fa) che tenevo davvero a completare questa fic, ed è ancora così. Se davvero c'è ancora qualcuno che ha voglia di leggerla, a breve questo avviso sarà sostituito dal prossimo capitolo. Se ci siete, miei ex pazientissimi e amatissimi lettori, o magari anche nuovi lettori interessati, fatemi un fischio^^
Shinichi era
lì. Sdraiato su un lettino, pallido, privo di conoscenza, ma
finalmente reale, davanti ai suoi occhi. Si precipitò
accanto a lui, gli toccò il viso, le spalle, cercando di
scuoterlo.
-Svegliati, Shinichi svegliati!
-Non muoverlo!
Ran si bloccò di scatto. Rivolse finalmente la sua
attenzione verso la ragazza che aveva parlato, di cui aveva
distrattamente registrato la presenza pochi secondi prima. Era lei che
piangeva.
-Non muoverlo- ripeté lei- ha del veleno in corpo, rischi di
peggiorare la situazione.
Era bionda, alta, affascinante, anche con il viso ancora rigato di
lacrime. Ran la guardava dritto negli occhi, quegli occhi azzurri e
freddi come il ghiaccio che, ne era sicura, già in passato
l’avevano scrutata allo stesso modo. D’un tratto
Ran capì, e le parve di averla riconosciuta sin dal primo
istante.
-Ai…
Shiho si irrigidì e istintivamente si allontanò
di qualche passo.
-Ai che cosa è successo? Perché tu sei qui? E
perché lui non…- le mancò la voce
–perché non si sveglia?
Shiho gettò uno sguardo a Ran, visibilmente terrorizzata. Si
chiese se avrebbe dovuto provare ad esserle di conforto in qualche
modo. Dopotutto, fino a pochi momenti prima era lei stessa la ragazza
disperata che scuoteva il corpo inerme di Shinichi, che piangeva sulla
sua spalla. Ma ora che Ran era lì presente, sentiva che in
qualche modo quel ruolo non le apparteneva più.
-Ho dovuto somministrargli una sostanza pericolosa, non resta che
sperare che il suo corpo riesca a contrastarla- rispose freddamente. Si
fece avanti per tastare il polso di Shinichi. Ancora troppo veloce.
La voce di Ran si fece d’improvviso tagliente.
-Cosa significa che hai dovuto somministrargli una
sostanza?
Shiho rimase in silenzio diversi secondi, non trovando lei stessa
risposta a quella domanda.
-Credo che tu mi debba delle spiegazioni- disse, la voce che tremava.
-A te non devo proprio nulla.
-Hattori mi ha spiegato che tu eri una di loro, che hai collaborato con
Shinichi… e ora…- non si accorse nemmeno di
alzare il tono della voce.
-Mouri parla piano!
-L’hai tradito.
Quella di Ran non era una domanda, ma un’affermazione,
un’accusa. Incapace di reggerla, Shiho si
allontanò ancora di più.
-L’ho tradito.
Le sue parole furono poco più di un sussurro, ma Ran le
comprese perfettamente.
-L’ho tradito, sì, è vero.
L’ho trascinato in questo maledetto posto per cercare di
salvarmi la pelle… Ed è stato inutile, sapevo
già che lo sarebbe stato. Sei contenta ora?
Ran non la perse di vista, mentre si dirigeva verso il bancone e
afferrava una provetta.
-Come hai potuto?- chiese, dopo lunghi istanti di silenzio -Dopo tutto
quello che lui ha fatto per te…
-MA COSA NE SAI TU!
La rabbia di Shiho esplose, la provetta si frantumò sul
pavimento della stanza.
-Che cosa vuoi saperne! Tu non puoi nemmeno immaginare cosa ho passato
io… Amata, coccolata da tutti… La dolce e gentile
Ran…
Shiho si rendeva perfettamente conto di come le sue parole suonassero
inopportune, ingiuste, assurde, ma era da troppo tempo che premevano
per uscire, e lei non era più in grado di fermarle.
-Tu… tu non sai niente- concluse.
Per un lungo istante le due ragazze si squadrarono, Shiho con il
respiro affannato, Ran apparentemente tranquilla. Fu la seconda a
prendere la parola.
-Hai ragione Shiho, io non so niente. Per mesi ho aspettato, ho
sofferto senza sapere niente, e sono anche pronta a continuare a
farlo…
Lo sguardo di Ran si fece più deciso, la voce più
dura.
-…Ma mai, per nessuna ragione, lo metterei in pericolo, mai
e poi mai lo tradirei. Morirei mille volte piuttosto. Puoi credermi.
E Shiho le credeva. Le credeva perché la fierezza e
l’amore che tracimavano da quegli occhi non potevano mentire.
Le credeva, e questo le fece ancora più male.
Il silenzio che calò dopo le parole di Ran fu interrotto
solo diversi secondi dopo, da un gemito.Shinichi
mosse lievemente una mano e gemette di nuovo. Le due ragazze gli furono
subito accanto.
-Shinichi…- sussurrò Ran, stringendogli
delicatamente un braccio.
Il ragazzo sollevò lentamente le palpebre, e per un lungo
istante lui e Ran rimasero in silenzio, guardandosi negli occhi. Shiho
non poté fare a meno di chiudere i suoi. Shinichi batté le palpebre più volte
e scosse leggermente la testa.
-Ran…
La voce gli uscì debole e roca, come se non
l’avesse usata per giorni interi.
Provò subito a sollevare i busto puntellandosi sui gomiti,
sostenuto da Ran e Shiho. Guardò prima l’una e poi
l’altra, confuso e spaventato come Ran non l’aveva
mai visto.
-Ma cosa… che cosa ci fai qui?
-Aspetta, resta tranquillo ancora un po’- intervenne Shiho,
sfiorandogli la fronte. –Scotti- sentenziò, e il
suo viso assunse un’espressione preoccupata. Gettò
un’occhiata a Ran. –E ora?- chiese, più
a sé stessa che alla ragazza.
Shinichi si mise lentamente seduto e subito divenne ancora
più pallido. Ran fece per parlare, ma lui scosse il capo.
-Sto bene- disse, con voce un po’ più ferma. La
guardò dritto negli occhi con un’espressione molto
seria, poi scosse di nuovo la testa e sbuffò.
-Tanto è inutile, potevo anche risparmiarmi la
telefonata… Tu non cambi mai- sospirò.
Le rivolse un sorriso stanco, e a Ran sembrò la cosa
più bella che avesse mai visto. Fece per ricambiare, ma le
sue labbra si incrinarono in un modo diverso, mentre le lacrime le
appannavano la vista. Un attimo dopo era tra le sue braccia, dove aveva
desiderato stare per mesi, dove voleva rimanere per sempre.
Kazuha
aveva visto con sollievo Ran salire le scale e rifugiarsi al piano
superiore, e sperava con tutte le sue forze che Shinichi fosse davvero
lassù ad attenderla. I passi di un uomo, a poca distanza da
lei, la riportarono bruscamente alla realtà.
-Hai deciso di giocare a nascondino, eh?- l’uomo rideva,
mentre si aggirava fra i pannelli della stanza. La sua voce la faceva
rabbrividire. –Bene, anch’io ne ho voglia. Chiusi
qui dentro, soli, abbiamo tutto il tempo che ci serve.
I passi si avvicinavano e il panico di Kazuha crebbe a dismisura, fino
a mozzarle il fiato. In testa aveva un unico pensiero,
un’unica speranza di salvezza. Raggiungere Heiji.
Più silenziosamente possibile, si sdraiò a terra
e prese a strisciare sotto alle scrivanie, protetta solo dal buio della
stanza. Vedeva il fascio di luce della torcia dell’uomo
muoversi in ogni direzione, e più di una volta temette che
l’avesse colpita. Quando fu lontano a sufficienza,
uscì dal suo riparo e si gettò oltre il pannello.
Con le pupille dilatate dall’oscurità
riuscì finalmente a scorgere Heiji, nascosto due uffici
più in là rispetto a lei, con la pistola fra le
mani che seguiva i movimenti della luce. Se fosse stata più
fredda, più in sé, si sarebbe sicuramente chiesta
cosa avrebbe fatto Heiji al posto suo, e avrebbe sicuramente capito che
doveva solo rimanere ferma e aspettare che il ragazzo eliminasse il
pericolo. Ma, in quel momento, il suo sollievo nel vederlo fu tale che
seguì il suo primo istinto. Si lanciò verso di
lui, ma a metà percorso urtò qualcosa con il
piede. Quel piccolo rumore risuonò nel silenzio innaturale
della stanza più forte di uno sparo. Heiji si
voltò e, quando la vide, sul suo volto spuntò il
panico. Poi la luce le ferì gli occhi e non
riuscì a vedere più nulla. Solo uno scoppio
assordante, poi il dolore.
Allora, come
promesso eccomi qui (avevo detto presto, ma il mio concetto di presto
è relativo, ormai lo sapete XD ). E’ innanzitutto
doveroso partire con i ringraziamenti: e allora mille grazie a chi,
nella notte dei tempi, aveva commentato il capitolo 5, ovvero Prostitute,
EroSennin425,
_Irene_Adler_,
Mimiana,
Lilla95,
Roe,
deda91,
sara95,
ale_db95,
charliotta
e baby91.
E poi
ovviamente un grazie di cuore a tutti coloro che hanno commentato il
mio avviso, spronandomi a continuare: Conan,
zapotec,
Cipotta91,
apotoxin4869,
OliviaRan,
Stefy
PaneaRoe(che mi ha scritto), EroSennin425eLilla95che mi leggevano anche nella famosa notte dei tempi XD Grazie
veramente, se ho dimenticato qualcuno o sbagliato qualcosa ditemelo per
favore (è più che probabile). Ah, alla fine ho
deciso di non cancellare l’avviso, altrimenti tutti i
commenti sarebbero sembrati un po’ privi di senso^^
Che
dire, spero che la storia interessi e piaccia ancora. Questo
è un capitolo importante, seppur breve (non so essere
prolissa, ma ormai sapete anche questo), in cui gli eventi subiscono
finalmente una svolta e tanti nodi si preparano per venire al pettine.
Vi anticipo già che non mancano molti capitoli alla
conclusione, del resto questa è una storia nata per essere
breve. Tuttavia non è esclusa l’idea di un seguito
(sì, lo so cosa state pensando… vabbè,
al limite lo leggerete ai vostri nipotini XD). Mi
raccomando, aspetto i vostri commenti^^ Ditemi
che vi piace, che vi fa schifo, che dovrei vergognarmi ad aggiornare
una volta al millennio… quello che volete XD Sono sempre
felice di sentirvi anche tramite la funzione contatta, se avete voglia
di fare due chiacchiere ;)
Un bacio!