Niente più che un ricordo

di Ekathle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La mia prima FF su Harry Potter! Spero di riuscire ad aggiornare velocemente. Ringrazio la mia fantastica Beta Reader Francesca per tutte le correzioni e i suggerimenti utilissimi e anche per la pazienza nel leggersi tutto ciò che mi passava per la testa!
Mi raccomando, recensite! Sono molto curiosa di sapere se la mia storia vi piace e di avere il vostro parere!

Grazie Perfidia per la tua recensione!! Mi ha fatto moltissimo piacere. Ho sostituito il capitolo e ho scritto più grande, hai ragione prima era decisamente troppo piccolo! =)
 
Capitolo 1
Severus Piton era un uomo puntuale. Che si trattasse di compiti da correggere, di punizioni da sorvegliare, di riunioni di vitale importanza, o anche solo della colazione in Sala Grande, egli arrivava sempre in perfetto orario, né un minuto prima, né un minuto dopo. Questa era una delle poche cose di se stesso di cui andava fiero.
Così anche quella sera, nonostante sferzasse un vento gelido e i primi fiocchi di neve fossero già caduti, come piccoli diamanti luccicanti sulle dita avvizzite degli alberi, Piton varcò il pesante portone in legno massiccio di casa Malfoy alle nove in punto, e si diresse nel grande salone al pianterreno, dove erano solite tenersi le riunioni mensili con i suoi colleghi Mangiamorte.
La sala era solitamente silenziosa, dato che la maggior parte degli adepti dell’Oscuro Signore, a meno che egli stesso non presenziasse alle riunioni, erano abituati ad arrivare in ritardo, alla rinfusa e facendo un gran chiasso. Tuttavia, quando Piton entrò, quasi tutti i Mangiamorte sedevano in silenzio ai loro posti, gli occhi puntati verso l’Oscuro Signore assiso sul suo trono personale, di fronte al camino. L’unica sedia vuota era la sua, alla sinistra dell’Oscuro Signore; un posto che tutti in quella stanza invidiavano, ma che Severus avrebbe scambiato in cuor suo con qualsiasi cosa, perfino con il secondo letto nella stanza di Gilderoy Allock al S.Mungo.
Si inchinò al suo signore e prese posto.
I Mangiamorte si guardavano l’un l’altro a disagio. Era caduto il silenzio, ma nessuno sembrava tanto coraggioso da ardire di empirlo di parole. Perfino Bellatrix Lestrange stava zitta, e sul suo viso era stampato un largo sorriso. Gli occhi di Piton incontrarono quelli di Bellatrix e, per un attimo, gli parve che ella ghignasse, come di soddisfazione e malizia.
L’imponente tavola da pranzo dei Malfoy era stata spostata in un angolo, e le sedie erano state riunite a formare un grande cerchio. Solitamente, questa singolare disposizione della mobilia era riservata ad occasioni molto speciali ed educative: le punizioni collettive. Piton sentì un brivido corrergli lungo la schiena; non era molto da che si era ripreso completamente dall’ultima volta che era toccato a lui, e non aveva intenzione di dover passare ancora notti insonni a gemere per il dolore. Senza contare, poi, il fatto di dover affrontare il suo lavoro di insegnante in maniera impeccabile, mascherando la sofferenza. Vedere per tre ore di fila la faccia di Potter, dopo aver passato la notte a rigirarsi nel letto dal dolore, era una delle esperienze più orrende che gli fossero mai capitate.
Eppure, benché non avesse fatto nulla per meritare una punizione di qualche tipo, Piton sapeva bene che non poteva dirsi del tutto in salvo fino a quando non fosse uscito dalla porta. Il Signore Oscuro era diventato estremamente imprevedibile da qualche tempo. Le punizioni fioccavano, ma a Piton pareva che fossero assegnate a casaccio, tanto per fare qualcosa di diverso dal proporre piani per uccidere Harry Potter.
I piani. Ecco un’altra cosa che non andava. Piton non l’avrebbe mai ammesso, ma aveva l’impressione - e, ne era sicuro, anche molti altri la pensavano come lui - che Lord Voldemort stesse, in un certo senso, perdendo colpi. Frustrato dai continui insuccessi, che fioccavano numerosi come la neve fuori dalle grandi vetrate, l’Oscuro Signore non si dava pace, e i piani che ideava diventavano sempre più astrusi, inutili, e anche decisamente stupidi. Nella confusione generale che regnava, dunque, Piton si metteva in un angolo e correggeva le pergamene piene di scempiaggini dei bambini del primo anno. Ogni mezz’ora circa, era solito affiancarsi al suo signore e alla sua protetta Bellatrix per congratularsi con loro dell’ottimo piano ideato, per poi tornare a correggere. Assurdità per assurdità, almeno correggendo si portava avanti col lavoro.
Quella sera, però, lord Voldemort non sembrava avere intenzione di punire.
“Finalmente sei arrivato, Severus. Non potevamo cominciare senza di te, mio più fedele servitore”. Bellatrix scoccò a Piton un’occhiata di fuoco.
“Miei fedeli, questa è una serata particolare. Una sedia in più verrà aggiunta fra voi - a quelle parole, una sedia volò sopra le teste dei Mangiamorte seduti e atterrò tra Bellatrix e Narcissa - e una nuova compagna ci darà il suo aiuto a portare a termine la nostra missione!”.
Detto questo, battè le mani e la porta della sala si spalancò.
Sulla soglia stava ritta una donna, che percorse con lo sguardo fiero e scevro da ogni sentimento di paura l’assemblea che le stava di fronte. Aveva lunghi capelli neri che le scendevano lungo la schiena, e nero era pure il suo vestiario, tranne che per un fiore rosso appuntato sopra un orecchio.
Avery, Mulciber e altri della combriccola si diedero subito a fischi e risatine di ogni genere, ma appena la ragazza si girò verso di loro, fissandoli con i suoi penetranti occhi neri, essi tacquero e smisero all’istante di scherzare. La ragazza tornò a volgere lo sguardo verso Voldemort che nel frattempo si era chinato verso  Bellatrix.
“Dato che è tua nipote, Bellatrix, introducila”
Bellatrix squittì di gioia all’onore che il suo Signore le faceva, e raggiunse la ragazza al centro del cerchio.
“Mio Signore, miei compagni, vi presento la nipote di mio marito, Corinne Westwood. È un grandissimo dono quello che voi le fate, mio Signore, poter lottare al vostro fianco, per una causa così nobile, è…è veramente…” la voce di Bellatrix emise un ultimo tremolio, ed ella si accasciò a terra, sopraffatta dall’emozione. La bontà dell’Oscuro Signore, che aveva accettato di ascoltare il suggerimento della sua umile serva e di accogliere la giovane nipote tra le fila dei Mangiamorte, era troppo per il suo cuore ardente d’amore.
“Vi ringrazio per la Vostra generosità, mio Signore. Non la tradirò. Spero di potervi servire nel miglior modo consentito dalle mie forze”. La voce bassa della donna chiamata Corinne era appena udibile al di sopra dei singulti di Bellatrix, eppure ella non fece nulla per sovrastarli. Tutti si erano sporti in avanti, le orecchie tirate, per riuscire ad afferrare ciò che diceva.
Prima che Voldemort dicesse qualcosa, Corinne si inchinò di fronte al trono, la testa abbassata e la manica sinistra dell’abito sollevata a mostrare l’avambraccio sinistro.
“Che impudenza!” pensò Piton tra sé e sé; lo stesso pensiero, notò, aveva attraversato  la mente di molti altri Mangiamorte. Nessuno aveva mai richiesto il Marchio Nero. Quello era un onore la cui concessione dipendeva dal Signore Oscuro, e bisognava meritarselo; solo esibendo un congruo numero di vittime uccise in nome dell’Oscurità, come una bella collezione di farfalle rare, il desiderato premio veniva accordato. Chi era quella donna, per poter pretendere una cosa che si guadagnava con così grande fatica?
Lord Voldemort, tuttavia, non si scompose, o almeno non lo diede a vedere. Le sue narici fremettero mentre si avvicinava alla donna inginocchiata, e una luce abbagliante empì per un attimo la stanza, ferendo gli occhi dei presenti. Quando Piton riuscì a vedere di nuovo in modo nitido, scorse la nuova Mangiamorte immobile nella stessa posizione. La sua pelle candida era adesso sfigurata da un teschio nero che si contorceva in maniera convulsa.
“Coraggiosa” pensò. Il momento della sua iniziazione era ancora stampato a fuoco nella memoria, un ricordo che, di tanto in tanto, nella solitudine delle sue notti a Hogwarts, tornava a tormentarlo. Quando le lunghe dita ancora umane di Voldemort avevano sfiorato la sua pelle, aveva provato la sensazione di aver appoggiato il braccio su una piastra per bistecche. L’odore di carne bruciata gli aveva provocato un conato di vomito, e non aveva avuto il coraggio di aprire subito gli occhi per guardare ciò che restava del suo braccio. Invece, la pelle era rimasta liscia e bianca, tranne che per lo stesso teschio che ora si agitava sul braccio della nuova Mangiamorte.
Un’altra vita al servizio della Morte. Un’altra anima distrutta, perduta. Quel Marchio, che ora guarda con evidente soddisfazione, la porterà alla rovina. Piano piano, quel veleno invisibile le penetrerà nella pelle, nel sangue, diventerà la sua linfa vitale; e il suo cuore sarà nero, morto eppur ancora pulsante, incapace di amare. E non ha importanza se un giorno ti pentirai di ciò che la tua innocenza, o forse la tua arroganza, ti hanno spinta a fare; potrai lavarti le mani fino a consumare la pelle una volta così candida e delicata, le macchie di sangue non verranno mai più via. E solo allora ti renderai conto che l’unica soluzione è gettarle via, come si fa con un abito irrimediabilmente rovinato. Buttare via il tuo corpo, quell’involucro che con le sue passioni e la sua propria, cieca volontà ti ha portato alla perdizione. Solamente la Morte potrà curare il tuo cuore ferito. Tutto ciò che avresti potuto dare, vivere, provare, sarà perduto per sempre.
Rumore di sedie: tutti si alzavano. La riunione doveva essere finita. Severus si diresse meccanicamente verso il suo tavolino sotto la finestra, le pergamene sui Mollicci del terzo anno strette in mano.
Corinne, in piedi al centro del cerchio, parlava con un gruppo di altri Mangiamorte attorno a lei; già non era più possibile distinguerla dagli altri, un mantello nero in mezzo a tanti. Piton abbassò la testa e tornò a correggere.
“Spiegazione insufficiente… No, questo è sbagliato, i Mollicci amano i luoghi oscuri, non i maghi oscuri…Desolante”. Piton scarabocchiò un’ enorme D rossa su un lato della pergamena di Trevor Donus, Tassorosso, e passò al successivo.
“Ancora i maghi oscuri… Ma sanno distinguere le lettere l’una dall’altra? Non dico comprenderne il significato, ma almeno ricopiarle uguali… Mollaccioso invece di Molliccio!” Piton si appoggiò allo schienale della sedia con aria sconfitta.
“L’ha riscritto anche qui”.
Piton fissò per un attimo l’unghia laccata di nero che gli indicava la pergamena; poi, il suo sguardo corse lungo il braccio per arrestarsi sul viso del suo interlocutore.
La nuova Mangiamorte, Corinne Westwood, era in piedi di fronte a lui. I capelli lunghi e neri e lo sguardo strano la facevano sembrare la bella copia di Bellatrix.
Piton la osservò con espressione indecifrabile mentre si sedeva accanto a lui.
“Piacere, Corinne Westwood”
Severus strinse appena la mano che gli veniva porta. “Severus Piton”.
“Non lo corregge?” gli domandò con un sorrisetto. Piton riprese in mano la piuma e tracciò un pesante segnaccio rosso; ma non fece in tempo a finire la riga successiva che di nuovo la mano bianca invase la pergamena, indicando uno sgorbio poco più in là.
“Anche qui, mi sembra.”
“Lo vedo da me” rispose Piton stizzito. “Ma sa, signorina Westwood, le parole devono anche avere un senso, oltre ad essere scritte nel modo esatto. Per quanto sia assolutamente certo che neppure mettendo assieme ciò che c’è scritto in questi ventisette temi otterrò qualcosa di vagamente corretto, è mio dovere controllare; per questo motivo spreco le mie serate in un lavoro così tedioso e poco gratificante, non limitandomi alle correzioni ortografiche”.
Corinne tacque, e Piton si rimise al lavoro. Quegli scritti erano talmente pieni di errori che in un’ora ne aveva corretti solo quattro, e nessuno meritevole della sufficienza.
“Bellatrix mi ha parlato voi. Il favorito dell’Oscuro signore, non è così?”.
“Mmm” mugugnò Piton in risposta.
“Un bell’onore, ma anche una grande responsabilità, dopo ciò che è successo - e abbassò la voce- ai Malfoy. Deve avere molto coraggio, per essere così tranquillo”.
Piton posò di nuovo la penna, l’ipotesi di terminare il lavoro prima della fine della riunione miseramente sfumata.
“Sì, ovviamente.”
“ Ma lei mi sembra molto diverso dal signor Malfoy. Di un’altra stoffa. Lucius è una persona troppo propensa a lasciarsi andare a sfoggi di ricchezza e prestigio per essere un servitore ideale, fidato, e silenzioso. Lei è proprio la persona adatta, invece. Taciturno, dimesso, servizievole… La persona perfetta, dico bene?”
Piton esitò un attimo prima di rispondere. Il suo tono, a metà tra l’affabile e l’inquisitorio, non gli piaceva, né tantomeno si sentiva di condividere i propri pensieri con una sconosciuta.
“Non è affar mio occuparmi dei pensieri dell’Oscuro Signore, né, essendo un servo ideale, come dite voi, mi permetterei di farlo” disse sarcastico.
Ribatti ora, se riesci. Che cosa vuoi da me?
Corinne fece un sorrisetto.
Ti ho battuta.
“Non mi sbagliavo, dunque. Proprio la persona ideale”.
Cadde il silenzio. Piton desiderava ardentemente che Corinne Westwood si alzasse e se ne andasse. Una sorta di istinto lo spingeva ad evitare qualsiasi contatto con lei. Non che temesse che ella potesse in qualche modo penetrare dietro la barriera che divideva la sua vera coscienza dalla maschera di indifferenza e obbedienza che ostentava; i suoi sentimenti, le sue speranze e i suoi pensieri giacevano riposti in un angolo così nascosto che talvolta riusciva difficile persino a lui riappropriarsene e tornare a vivere, per pochi, solitari attimi, la vita di un uomo normale. No, semplicemente, la sua presenza e la sua curiosità tanto ingiustificata quanto morbosa lo mettevano leggermente a disagio, e la cosa non gli piaceva affatto.
“Insegna pozioni, giusto?”
Piton si riscosse dai suoi pensieri.
“Fino all’anno scorso. Ora insegno Difesa contro le Arti Oscure”
“Ma le pozioni sono la sua passione, vero?”
Piton si limitò a fissarla con un sopracciglio alzato.
“Una materia affascinante, Pozioni. Di un livello molto superiore rispetto alle altre abilità magiche che vengono coltivate in una scuola, a mio parere. Un pozionista necessita di un qualcosa in più di un normale mago. Distillare la morte, tenere racchiuso in una minuscola ampolla di vetro il destino di una persona… Non è una faccenda per cuori deboli, anche se il nemico non è in carne ed ossa di fronte a noi”.
A quelle parole, Piton alzò di scatto la testa, i muscoli della schiena improvvisamente irrigiditi. Nei suoi occhi balenava la diffidenza. Un attimo, e il suo autocontrollo aveva ripreso il sopravvento.
“Sembra molto esperta”. Il tono era indecifrabile.
“Diciamo che me ne intendo. Non al suo livello, ovviamente. Ho trovato gli articoli che ha pubblicato su The Potionist davvero illuminanti.”
Severus sorrise dentro di sé. Segretamente, amava molto che la sua bravura fosse riconosciuta. Sin da bambino, aveva sempre cercato di distinguersi dalla massa indistinta di ragazzi concentrati solo sul loro aspetto fisico e sugli sguardi lanciati dalle ragazze. Tuttavia, non fece vedere alcun segno esteriore di ciò che provava.
“Purtroppo, non ho avuto l’opportunità di approfondire a sufficienza lo studio delle pozioni. Spero che sarà così gentile da elargirmi qualcuno dei suoi preziosi consigli, una volta”.
“Certamente. Il Signore Oscuro spesso richiede i miei servigi anche come pozionista.”
“Solo i migliori sono degni di servire l’Oscuro Sire, dico bene?”
Piton vide con la coda dell’occhio Bellatrix, circondata da tre alti Mangiamorte con cui Piton non ricordava di aver mai parlato, fare cenni in direzione di Corinne. La donna si alzò, lisciandosi l’abito.
“Mi perdoni, professore. Bellatrix mi sta chiamando. Non immaginavo ci fossero così tanti adepti del Signore Oscuro. Non riuscirò mai a ricordarmi tutti i nomi. Il suo non lo dimenticherò, comunque. Arrivederci, professor Piton. Spero di poter avere ancora una conversazione interessante come stasera”.
Gli rivolse un sorriso strano, che a Piton sembrò quasi ironico, e se ne andò.
Severus stese dolorante le gambe. Non si era accorto di averle tenute talmente in tensione da bloccare i muscoli in quella posizione scomoda che involontariamente aveva assunto.
Decisamente, Corinne Westwood non gli piaceva; non aveva idea di chi fosse né di cosa nascondesse, ma di una cosa era sicuro: avrebbe cercato di starle più lontano possibile.
 



Corinne appese il mantello al gancio dietro la porta e si avvicinò al caminetto. Sulla mensola, come tanti soldatini prima di una battaglia, c’erano barattoli e vasetti di porcellana di tutte le dimensioni, ordinati dal più piccolo al più grande con una precisione quasi maniacale. La sua mano pescò senza indugio da uno in mezzo alla fila e ne trasse un mucchietto di polvere.
“Zio!” disse la donna al fuoco che ora ardeva “Volevi parlarmi?”
Le ceneri presero la forma del volto di Rodolphus Lestrange.
“Allora, bambina? Ti è piaciuta la tua iniziazione? Mi dispiace di non poter essere stato presente”
“Si, niente male. Finalmente posso dare un volto al nome cui ho dedicato tutta la mia vita”.
“E spero che continuerai a farlo. L’onore di cui sei stata insignita oggi non ha prezzo”.
“Lo so, zio” replicò Corinne con voce paziente. “Sono venuta in contatto con l’uomo in questione, comunque.”
“Ah, perfetto. Bellatrix aveva ragione a chiedere il tuo aiuto. Che conclusioni hai tratto?”
“E’ ancora troppo presto. Sai che non amo lavorare di fretta. Tutto ciò che posso dirti è che, qualsiasi gioco stia giocando, lo fa molto bene. La sua mente è impenetrabile, e così il suo sguardo. Sarebbe più facile chiedere a Bellatrix di risparmiare uno sporco mezzosangue che ottenere qualche informazione direttamente da lui, anche involontariamente”.
Rodolphus rise, e il crepitio del fuoco fece sembrare il suono ancora più sgradevole e roco.
“Ci sarà bisogno di tempo, ma la vostra attesa non sarà vana. Se Severus Piton è un traditore, avrete le prove e sarà consegnato al Signore Oscuro”.
“Sei fantastica, nipote”.
“Tutto per l’Oscuro Signore e il suo trionfo”. Corinne flettè appena il busto con un gesto involontario, in un accenno d’inchino.
“Ora devo andare. Ad Azkaban non ci è permesso usare il camino, diciamo chemi sono concesso questo lusso da solo. Quando hai novità, riferiscile a Bellatrix”.
“Sei sicuro che sia una buona idea, zio? Bellatrix è un po’… impulsiva, ecco. Non vorrei che vanificasse ogni mio sforzo, parlando troppo e agendo a sproposito”.
“Ricordati che è a lei che devi il Marchio Nero, Corinne”.
La donna posò lo sguardo sull’avambraccio e sorrise soddisfatta.
“Sarà fatto.
  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ecco il secondo capitolo!! Spero che la storia vi piaccia. Mi raccomando recensite, sono curiosa della vostra opinione!! =)

Capitolo 2

Nonostante quella sera a cena ci fossero l’arrosto con le patate e la meringata, Severus Piton non aveva fame. Non aveva neanche voglia di stare seduto lì, al grande tavolo degli insegnanti, a sfoggiare un sorriso di circostanza.
No, sorriso non era la parola adatta. Smorfia, semmai. Severus Piton non sorride mai,pensò tra sé mentre si costringeva ad ingoiare un’altra forchettata.
Quella sera troppi pensieri gli affollavano la mente perché potesse riposarsi, o gustarsi la cena. Dopo essere tornato dalla riunione, una sensazione di inquietudine si era impadronita di lui, e da allora non lo aveva più lasciato, attanagliandogli lo stomaco e soffocandolo pian piano, come le spire di un enorme serpente.
Non vedeva l’ora di potersi ritirare nelle sue stanze. Non amava l’allegria e il frastuono della Sala Grande e degli studenti quando era in condizioni normali, in quel momento poi gli risultava addirittura intollerabile.
Tuttavia, si sentiva gli occhi di Silente puntati addosso.
Buffo si disse ha sempre un’aria così preoccupata ogni volta che torno da una riunione con i Mangiamorte, un’aria quasi paterna. Salvo poi guardarmi fisso con quei suoi penetranti occhi azzurri quando mostri anche il minimo segno di cedimento di fronte a ciò che ogni giorno mi chiede, e dirmi: “Ricordati di ciò che hai fatto, Severus. Ricordati i tuoi doveri. Pensa alle persone che hai ucciso”.
Salvo poi non ricordarsi che sta facendo esattamente come me tanti anni fa. Che si sta portando via la mia vita.

Accanto a lui, Sibilla Cooman urtò per la quarta volta il bicchiere nel tentativo di servirsi la cena, versando nuovamente tutto il vino sulla tavola. Severus seppe in quell’istante che non sarebbe riuscito a sopportare oltre la compagnia, quella sera. Mentre la professoressa si profondeva in scuse, senza far nulla per fermare il rivolo di vino che ora gocciolava dal lembo della tovaglia sul pavimento, Piton ripulì il tutto con un rapido movimento della bacchetta, poi nascose velocemente il resto della cena nel tovagliolo e, fingendo una forte emicrania, sgusciò via dalla sala senza che il vecchio preside se ne accorgesse.
“Ora sei davanti all’Oscuro Signore… Ti sta interrogando su ciò che succede a Hogwarts. Su quello che ha in mente Silente. Cosa gli dici? Devi nascondere ogni possibile traccia del colloquio dell’altro giorno col preside. Ma cosa gli mostro, al posto di quello?”
“Per la barba di Merlino, non ne ho idea!” sbottò all’improvviso Piton, tenendosi la testa tra le mani. Il capo gli pulsava dolorosamente, e l’idea che il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare un nuovo interrogatorio da parte dell’Oscuro Sire non migliorava certo la situazione.
Cosa gli avrebbe detto? Che giustificazione avrebbe trovato quella volta per il fatto che Silente era ancora vivo e vegeto, e che l’Ordine della Fenice sembrava conoscere in anticipo ogni loro mossa? Non gli veniva in mente un bel nulla, eppure da un ora stava seduto alla sua scrivania, gli occhi fissi sulla finestra di fronte a sé, a pensare. A proposito, avrebbe dovuto eliminare anche i ricordi di quelle ore spese a rimuginare.
Questo pensiero lo schiacciò definitivamente, tanto che si distese sul letto con gli occhi chiusi. Di solito non aveva neppure bisogno di pensare troppo alla bugia che avrebbe confezionato per il suo signore. Lo guardava dritto in quegli occhi rossi così poco umani, e parlava, i pensieri scomparivano da soli e ricordi mai vissuti ma perfetti fin nell’ultimo particolare si formavano nella sua mente.
Quella sera, però, le parole del preside gli turbinavano nella testa con la velocità di una trottola impazzita, rompevano le barriere che la pratica abituale dell’Occlumanzia aveva eretto tra il vero Severus e il mondo, facendo fuoriuscire la sue emozioni e i suoi pensieri, mescolandosi con essi fino a sovrapporsi ad ogni immagine e a rimbombare con un’eco assordante.
Non mi ucciderà Draco. Dovrai farlo tu. Tu.
Il viso di Silente era rimasto tranquillo e impassibile mentre dalle labbra uscivano parole di morte, che si condensavano nell’atmosfera gelida della stanza e rimanevano lì sospese, come piccoli fiocchi di neve. Poi l’orologio a cucù aveva cantato le sei, e Silente si era messo di nuovo a riordinare, con l’espressione seria e concentrata . Curvo su un cassetto pieno di calzini, con la mano avvizzita intenta ad accarezzare e piegare la morbida stoffa, Silente gli aveva fatto tenerezza. Era un’essenza delicata che dietro la forza apparente celava una fragilità estrema, fatta di sciocchezze tanto infantili quanto intrise di una profonda e malinconica tristezza. Era un gioco per lui, la vita; e per quanto sapesse che era destinato a perdere, aveva voluto partecipare alla partita, e giocare.
Un’ anima effimera e preziosa che presto sarebbe sparita per sempre.
Una lacrima cadde sul lenzuolo, ma Severus dormiva già. Stretto al cuscino, sognava di volare.


Quando si svegliò, il sole era appena visibile sopra le colline che circondavano il castello. Dovevano essere passate da poco le sette. Si accorse che aveva dormito vestito, addirittura con le scarpe ai piedi; ma, lungi dall’essere riposato, Severus si sentiva spossato, come se avesse appena affrontato un’intera giornata di lezione con Grifondoro e Serpeverde. O dieci minuti in compagnia di Potter.
Si diresse quindi, bacchetta alla mano, verso il Pensatoio. Il grande bacile di pietra era rimasto tutta la notte appoggiato sulla scrivania, e ora i riflessi dei pensieri argentei, illuminati dai primi timidi raggi del sole ballavano una danza impazzita sul soffitto della stanza ancora immersa nel buio.
Plin! Severus si sfilò un pensiero e lo spinse con delicatezza dentro il Pensatoio. Il viso di Silente lo fissò per un attimo dalla superficie, poi si sfaldò, inghiottito dall’acqua, mentre gli altri fili argentati si affollavano attorno al nuovo arrivato. Un attimo, e la terribile conversazione con il preside, nonché il futuro della sua stessa vita, giacevano in fondo a quelle acque tranquille.
Plin! La serata appena trascorsa e la notte tormentata si unirono agli altri ricordi, mentre la mente di Piton a poco a poco si distendeva.
Plin! Questa volta furono gli occhi di Corinne ad incontrare i suoi. Come una goccia d’olio in un bicchiere, il ricordo rimase nitido, solo appena increspato dal lento movimento dell’acqua. Parlava, e benché non udibili, le parole della sera prima risuonavano nella testa di Severus, forti e chiare come la campana che annunciava l’ora della cena in Sala Grande. Poi il viso di Corinne mutò, la bocca si storse in una smorfia che diventava sempre più beffarda e crudele man mano che l’immagine roteava e finalmente si dissolveva , precipitando verso il basso come un grosso, pesantissimo macigno.
Severus indietreggiò e crollò sulla sedia, le gambe improvvisamente diventate di legno. Chiuse gli occhi e respirò profondamente, cercando di calmare il battito frenetico del suo cuore.
Quegli occhi gli avevano fatto correre un brivido lungo la schiena. Non sembravano emanare alcuna emozione se non qualche lampo di una curiosità divertita, maliziosa e a tratti beffarda. Erano così freddi.
Come i tuoi, del resto. Il pensiero lo fece star male. Cosa esprimono i tuoi se non indifferenza, disprezzo, odio persino? Tu e Corinne siete molto simili, più di quanto tu possa pensare. Come puoi criticarla per le sue scelte, quando sono state anche le tue?
Forse è per questo che hai paura. Non temi per la tua vita, né per ciò che potrebbe farti. No, tu non sei un vigliacco, lo dimostri ogni giorno. Non è del futuro che hai timore. E’ il passato che ti spaventa. Agli occhi di tutti, lei è come te, non importa quanto tu possa lottare per dimostrare il contrario. Sarà per questo che non la sopporti. Perché guardando nei suoi occhi rivedi te stesso, la tua gioventù, le tue scelte sbagliate. Puoi contare i passi falsi che hai fatto, spinto dagli stessi folli sentimenti che ora animano lei. Rivedi ancora, tremulo ed effimero come l’arcobaleno dopo una lunga pioggia, lo spiraglio di una vita diversa; sei di nuovo lì, al centro di quella stanza, a diciannove anni, e ti volti verso la porta per andartene. Ma poi sei di nuovo tu, e la speranza che nutrivi, non sai neppure se per te o per lei, si è infranta ancora contro il duro scoglio della realtà. Lei è come te, quindici anni fa. E’ come tu non vorresti mai essere stato.

Severus guardò l’orologio. Erano quasi le otto, ora di colazione. Benchè sentisse lo stomaco sottosopra, decise di salire lo stesso; sarebbe stato più difficile spiegare la sua assenza che non sedersi là e far finta di mangiare. Si rimise a posto e uscì, sbattendosi la porta alle spalle.
Il viso di Corinne si agitava ancora frenetico nel Pensatoio. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Avanti col prossimo capitolo!! Da questo in poi aggiornerò più tardi, perché questi li avevo già scritti qualche settimana fa e sono in periodo di esami… Continuate a recensire! =)

   Capitolo 4
   
“Severus” sibilò l’Oscuro Signore con voce melliflua. “Quali novità dall’Ordine?”
Piton si alzò dalla sedia e si portò in mezzo al cerchio, il viso rivolto a Voldemort.
“Nessuna, mio Signore. Il reclutamento da parte dell’Ordine procede molto lentamente. Tutto fa supporre che la maggior parte della comunità magica rimasta ancora neutrale non voglia impegnarsi a sostenere la loro causa, mettendosi contro di voi.”
Un accenno di sorriso comparve sul volto serpentesco di Voldemort, tanto rapido da risultare impercettibile. Piton proseguì.
“Considerando il clima che regna durante le riunioni dell’Ordine, pare che i membri stessi abbiano perso la speranza. La morte di Black deve essere stato l’ultimo colpo ad una fiducia ormai in gran parte svanita. In più, ritengono che ci siamo infiltrati nel Ministero,  e che quasi tutti i collaboratori più stretti del Ministro siano dei nostri. Non oserebbero spingersi troppo oltre nel cercare rinforzi, né tantomeno tentare di estrometterci dal Ministero. Sono scoraggiati e demotivati, mio Signore, e privi di una guida. Una situazione per noi certamente vantaggiosa”.
“E tu ti mostrerai perfettamente in accordo con la sfiducia generale, non è vero, Severus?”
“Assolutamente” rispose Piton impassibile.
Gli occhi rossi di Voldemort si allacciarono a quelli di Piton, e tale era nell’aria la forza di quello sguardo che i Mangiamorte più vicini abbassarono la testa, fissandosi i piedi. Piton tuttavia rimase immobile, i muscoli rilassati.
Dopo un attimo, Voldemort gli fece un cenno di congedo con la testa e Piton, dopo un breve inchino, fece per tornare a sedersi.
“Privi di una guida, ha detto? Il professor Silente non può aver abbandonato l’ordine al suo destino. Fondò lui stesso l’organizzazione, dico bene?”
Corinne, come suo solito, parlò con voce molto bassa, quasi indistinguibile dal crepitio del fuoco nel caminetto in fondo alla sala. Piton si fermò a metà di un passo, e con studiata lentezza si voltò verso di lei.
“Dice bene, signorina Westwood. Tuttavia, non dimentichi che il professor Silente è un essere umano e, come tale, preda di temporanee debolezze e avvilimenti. Immagino che chiunque si perderebbe d’animo, vedendo come il proprio nemico stia guadagnando terreno e si stia preparando ad una vittoria schiacciante”. A queste parole, Piton si inchinò in direzione di Voldemort.
Che disgustoso servilismo. Mi faccio venire il voltastomaco da solo. Eppure, è necessario.
“Non dubito che questo sarebbe ciò che lei farebbe. Ma Silente, a mio parere, non è tipo da disertare il campo di battaglia, per quanto flebile possa essere la speranza. Per farlo, dovrebbe avere qualche altro pensiero per la testa, qualcosa di così importante da valere la pena di rischiare molte vite, e forse anche il destino dello stesso mondo magico. Qualcosa che renderebbe la sua vittoria così immediata e totale da permettergli il lusso di mettere a repentaglio tutto ciò che finora ha ottenuto” sussurrò lei.
“Qual è il punto, signorina Westwood?” chiese Piton in modo fin troppo brusco.
“Cosa passa per la mente geniale di Silente, professor Piton? Cosa lo ha spinto ad abbandonare l’ordine al suo destino?”
“E io cosa ne dovrei sapere?” si stizzì Piton. Colse gli sguardi degli altri Mangiamorte su di lui; riguadagnò presto il suo autocontrollo, e dopo un attimo la sua voce era bassa e priva di emozione come sempre.. “Il professor Silente è un eccellente mago, e di certo non sarei in grado di penetrare forzatamente i suoi pensieri, soprattutto se, come dice, è sua precisa volontà tenerli nascosti ai più”
Corinne sorrise.
“Non intendevo questo. So bene che la mente di Silente può essere impenetrabile anche al più versato Legilimens. Eppure, lo ha detto lei stesso poco fa, Silente non è immune dalla sfiducia e dall’abbattimento. Potrebbe aver bisogno di qualcuno con cui parlare, a cui aprire il proprio cuore e mostrare i suoi pensieri, le sue speranze, le sue paure. Qualcuno che si fidi di lui, che in un certo senso dipenda da lui, e che lo incoraggi, che lo aiuti a trovare una via d’uscita anche quando tutto sembra perduto. Capisce cosa intendo?”
“Francamente no.”
“Oh, andiamo. Quale miglior confidente di lei, la pecorella smarrita tornata all’ovile, l’assassino a sangue freddo divenuto difensore della giusta causa? Per quanto lei, mi permetta se lo dico, non inviti affatto alla confidenza, mi è parso di capire che la fiducia di Silente in lei non abbia mai vacillato in tutti questi anni. Anzi, è diventato il suo braccio destro”.
I Mangiamorte più in fondo si diedero a risate e moti di disgusto, ma Corinne rimase mortalmente seria.
“Immagini… Lei e Silente, seduti davanti ad una tazza di tè fumante, in una di queste sere piovose di gennaio. Silente è stanco, ma il liquido bollente gli scalda il cuore, e parla. I vecchi amano parlare, non importa se siano Babbani o i più potenti tra i maghi. Date loro qualcuno che li ascolti, ed essi si apriranno. Lei raccoglierà le sue confidenze, per poi portarle a noi. Lei è il solo che possa riuscirci”.
Sebbene suonasse come un complimento, il tono ironico di Corinne lasciava bene intendere il vero significato delle sue ultime parole. Severus, il volto già pallido divenuto ancora più cereo, stava per replicare quando Voldemort alzò gli occhi dal grosso serpente che giaceva sul suo grembo e li fissò. Di colpo le risatine e i commenti in fondo alla sala cessarono, e tutti rimasero immobili, come pietrificati.
“Molto azzardato da parte di una nuova adepta dare suggerimenti così espliciti, signorina Westwood. Molto coraggioso da parte sua”. Corinne si ritrasse con uno scatto. Piton sorrise dentro di sé al fremito di paura che aveva colto negli occhi della sua rivale.
“Ma io apprezzo le persone coraggiose, e so riconoscere un buon suggerimento. Severus - Piton si sentì gelare -  questo sarà il tuo compito. So che non mi deluderai, e che la fiducia che ripongo in te non sarà tradita”.
Poi, con un cenno del capo glabro, li congedò.
 
Quando Severus uscì da Villa Malfoy, era già calata la sera. Si strinse nel mantello per cercare di ripararsi dalle folate di vento che gli gelavano le ossa mentre percorreva a grandi passi il vialetto di pietra. Le ombre scure degli alberi scossi dal vento che si stagliavano sul terreno erboso assomigliavano ad enormi Dissennatori.
Ma non lo sono. Non c’è gioia in me, nessun ricordo felice che possa attirarli. Solo morte, e dolore.
Il grande giardino della villa, che alla luce del giorno esprimeva tutto il buon gusto e la raffinatezza della famiglia Malfoy, quella sera rispecchiava alla perfezione la malvagità che si annidava all’interno della casa, che cresceva come un’edera velenosa tra i vasi preziosi e i tappeti di broccato, espandendo i suoi rami in ogni direzione e stritolando qualunque cosa si trovasse sul suo cammino. Il cielo si stendeva sopra quel paesaggio spettrale come una pesante cupola, così nero all’orizzonte da far sembrare impossibile il sorgere di un nuovo giorno.
Severus camminava impassibile attraverso il tetro giardino, e i suoi passi veloci e regolari scandivano il frenetico lavoro della mente, impegnata a rimuginare sulla riunione appena trascorsa.
Tale era la sua concentrazione che non si accorse che un altro rumore  di passi, più soffici e leggeri, si era sommato a quello dei suoi. Continuò a camminare sepolto nel mantello e con la testa abbassata finché un soffio di vento non gli portò alle narici un lieve odore di vaniglia, del tutto insolito considerato dove si trovava.
Si girò di scatto, con la bacchetta stretta in pugno. Percorse con lo sguardo il selciato e scrutò tra gli alberi alla ricerca della fonte di quel delicato profumo, ma non vide altro che buio.
Fantasmi? No, non c’è nulla. Del resto, anche i fantasmi si tengono ben lontani da voi, e dalla malvagità di cui siete pervasi. Neppure loro sopportano la vostra vicinanza.
Severus respirò a fondo, esaminando per l’ultima volta il giardino immerso nell’oscurità. Poi si voltò di nuovo verso il cancello, ma il respiro gli morì in gola quando si trovò faccia a faccia con Corinne.
La donna stava ritta in fronte a lui; i loro visi erano vicinissimi, tanto che poteva sentire i suoi lunghi capelli solleticargli il collo. Rimasero per un momento così, gli occhi neri e impenetrabili di lui a fissare quelli altrettanto neri e beffardi di lei. Finalmente, Corinne parlò:
“E’ fuggito via presto, oggi. Si è perso la chiacchierata post riunione”.
“Ho parecchi faccende che mi attendono” rispose Piton sbrigativo.
“Gli altri sono ancora tutti là. Credo che Narcissa abbia preparato un rinfresco. Non desidera unirsi a noi?”. Più che un invito, suonava come un ordine.
“Come le ho detto, ho da fare. Sarà per la prossima volta. Arrivederci, signorina Westwood”.
“Come mai tanta fretta?” disse Corinne, bloccandogli ogni via di fuga.
“I compiti non si correggono da soli, signorina. Ora, se non le dispiace, la prego di spostarsi e di lasciarmi passare”.
“Deve essere una persona veramente impegnata per ridursi sempre all’ultimo con le correzioni” lo incalzò lei, senza muoversi di un millimetro. “Non mi dà l’impressione di trascurare il dovere per il piacere”.
“E’ così. Tuttavia, i miei impegni non sono affar suo. Il Signore Oscuro comprende la mia difficoltà ad essere sempre disponibile, e lo accetta. Non vedo dunque cosa interessi a lei.”
Corinne continuò come se Piton non avesse parlato. “Chissà, magari ha un doppio lavoro, o è membro di qualche…. società segreta di cui non ci vuole dire nulla. Sembra proprio il tipo, lo sa? Oh, naturalmente sto scherzando!”.  Il tono era affabile, ma gli occhi scintillavano pericolosamente.
La mente e il cuore di Piton vacillarono, colpiti dalla violenza di quella consapevolezza, ma non un muscolo si mosse nel suo corpo. Quando parlò, lo fece con la consueta indifferenza, soppesandole parole ad una ad una e marcandole con la nota di disprezzo usata per gli studenti particolarmente lenti.
“Non le suggerisco di esporre anche questa sua opinione al Signore Oscuro, signorina Westwood. Potrebbe non apprezzare il suo coraggio una seconda volta, soprattutto considerando che sta mettendo in dubbio la sua intelligenza e la sua abilità come Legilimens”.
“La ringrazio per il suo consiglio che, sono certa, viene dal cuore”disse Corinne melliflua. “Tuttavia, ha eluso la mia domanda. Dove corre il nostro misterioso professore alla fine di ogni riunione? Cosa nasconde, nel profondo del suo silenzio?”. Con la punta della bacchetta gli scostò i capelli che come una cortina gli nascondevano il viso. Il tocco era leggero e gentile, ma la malvagità che pervadeva il suo sorriso era talmente intensa da poter mandare in pezzi una roccia.
“Le ho già detto di non impicciarsi!” sibilò Piton facendo balenare la bacchetta e puntandola contro Corinne, che abbassò la sua con uno sguardo di sfida. “Nulla di ciò che faccio è ignoto al Signore Oscuro. Addio”.
Si voltò verso il cancello e riprese a camminare a passi più veloci di quanto non avesse voluto. Attraversò i pesanti battenti in ferro battuto, divenuti fumo alla sua presenza, e si diresse verso l’unico lampione che spandeva la sua luce fioca lungo la via deserta, quasi a voler trovare rifugio dall’oscurità che si stava lasciando alle spalle. Stette lì per un momento, appoggiato al palo di ferro, immobile eppure scosso dai tremiti della paura. Poi, spiccò il volo.
Destinazione, Grimmauld Place n. 12. Il secondo round del gioco.
Mentre passava sopra Villa Malfoy, Piton gettò uno sguardo fugace al giardino, debolmente illuminato dalla luce lunare. Corinne era ancora lì, in piedi, con i capelli neri che svolazzavano al vento.
 
Corinne si avvicinò al fuoco per riscaldarsi le mani intirizzite. La bocca si stirò in un sorrisetto soddisfatto, mentre i fiocchi di neve scivolavano giù dal vestito dissolvendosi in una piccola pozzanghera.
Sussultò e si ritrasse, quando d’un tratto il fuoco iniziò a scoppiettare violentemente e a sputacchiare cenere in ogni direzione. Mise la mano in tasca, alla ricerca della bacchetta, ma non appena riconobbe nei frammenti di legno bruciato i tratti rozzi dello zio, sorrise di se stessa e delle sue paure.
“Nipote! Novità?” Rodolphus parlava in modo concitato, per cui Corinne decise di andare subito al sodo.
“Molto presto. Ho ragione di credere che a breve commetterà un passo falso imperdonabile”.
“Ne sei sicura? Il vantaggio sulle mosse degli avversari è il nostro punto di forza più importante. Prima quella spia sarà cibo per vermi, meglio sarà per tutti.”
“Il Signore Oscuro si fida di lui più che di tutti gli altri messi assieme. Non ammetterà di aver sbagliato se non in presenza di prove schiaccianti. Comunque, oggi ho segnato un punto a nostro favore. L’Oscuro Sire gli ha affidato un compito che richiede la lealtà assoluta. Vedremo fino a che punto arriva la sua bravura”.
“Cerca di fare il più in fretta possibile. Devo andare!” e il fuoco era tornato a essere quello di sempre.
Corinnne rimase china accanto al camino ancora un po’, persa nei suoi pensieri. Poi, stiracchiandosi, andò in cucina a prepararsi una tazza di tè.


Perfidia: io adoro il personaggio di Severus Piton sin dal primo libro per cui la redenzione finale mi è piaciuta molto, diciamo che farti rivalutare Piton sarà la mia sfida! =)
Grazie a Veleno Psycho per la recensione! 

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