Roses Are Red

di yukina_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Taverna ***
Capitolo 2: *** Il Fantasma ***
Capitolo 3: *** La Foresta Spinata ***
Capitolo 4: *** Le Tre Streghe della Rosa ***
Capitolo 5: *** Il Castello Invisibile ***
Capitolo 6: *** Silenziosi Colloqui con le Streghe ***
Capitolo 7: *** La Porta ***
Capitolo 8: *** Il Grande Gelo ***
Capitolo 9: *** Il Giardino dei Sussurri e il Dipinto di Hao ***
Capitolo 10: *** Il Tranello dell'Angelo Spinato ***
Capitolo 11: *** La Sala del Sogno di Musica ***
Capitolo 12: *** Le Rose Sono Rosse ***
Capitolo 13: *** Lieve salto temporale: Ritrovi delle Vittime del Maleficio ***
Capitolo 14: *** Ritrovi delle Vittime del Maleficio-2^Parte ***
Capitolo 15: *** Ritorno al Tempo Reale ***
Capitolo 16: *** Elisa ***
Capitolo 17: *** Il Villaggio di Namash ***
Capitolo 18: *** L'Inizio della Fine ***
Capitolo 19: *** Ritorno alla luce... ***
Capitolo 20: *** Due Fratelli ***
Capitolo 21: *** Cieco ***
Capitolo 22: *** Le Rose Sono Nere ***
Capitolo 23: *** Il Nostro Finale ***
Capitolo 24: *** The End ***



Capitolo 1
*** La Taverna ***


La loro vita, il loro destino, tutto era già stato scritto:

La loro vita, il loro destino, tutto era già stato scritto:

A levante stella,

lei, brillante e vivace,

riempirà il loro io

di innocente purezza

e la via della quiete

s’alzerà a grandi strade

nei loro occhi, allora, il riflesso

unico e solo

il calore dell’amore

Ma a ponente stella,

lei, dolce e mortuaria regina della notte,

quello stesso riflesso di azzurro cielo

tramuterà in riflesso di ramato rosso

spietato, crudele

e l’innocenza diverrà

muta solitudine

di mille corpi che si schiantano

nella cruenta carneficina del male

Ecco a voi la mia seconda fanfic su Shaman King. Una struggente storia d’amore e di morte, cupa e complessa… Non aspettatevi un lieto fine, perché non c’è…

**Starring§TrioHana&Hao**

ROSES ARE RED

§§**Don’t be afraid… I’m with you… I’ll not hurt you… This Time…**§§

Il fango schizzava da tutte le parti a ogni passo della bestia, i quali zoccoli colpivano le pozze di terra marcia del sentiero abbandonato, imputridendo di quel liquido vischioso l’aria bagnata di pioggia battente. Il temporale sembrava non cessare, il vento era sempre più insistente. Il giovane alzò gli occhi al cielo, sentendo le orbite riempirsi di sporca acqua piovana che cadeva inesorabile dalle cupe nuvole scure. Chiuse d’istinto gli occhi, strofinandoseli con la manica della giacca, perdendo la vista per qualche attimo, sbiadita dalla pioggia che continuava a cadere. “Ah! Maledetta pioggia!” esclamò tra sé, rimettendo a fuoco l’immagine della via che aveva di fronte ormai da numerose ore e che sembrava non cambiare, rimanere sempre la stessa… Lo stomaco brontolava, erano ormai circa due settimane che non toccava cibo se non per le estreme emergenze. Le provviste erano finite, ma d’altra parte non aveva quantificato che il suo viaggio si sarebbe rivelato così lungo e stancante. Doveva resistere, probabilmente entro poco avrebbe trovato un villaggio o un’osteria, e allora avrebbe potuto riconciliarsi e proseguire la sua missione. Perché è di una missione che si trattava.

Tormentato da tetri pensieri il giovane continuava per quella lunga strada, quel sentiero fangoso e nauseante, con la pioggia che non dava segni di dover smettere presto.

Passò un’ora, e poi un’altra ancora, fino a che il ragazzo sentì le forze abbandonarlo. Gli girava la testa dalla sete e dalla fame, era bagnato fradicio, cominciava a tossire insistentemente. Ma i guai sembravano perseguitarlo, visto che il cavallo decise proprio in quel momento di fermarsi a brucare. “Accidenti a te, anch’io ho fame, ma non possiamo fermarci adesso! Bah, stupida bestia…” Il ragazzo scese dall’animale visibilmente scocciato, tirandolo per le briglie a forza. Scivolò più volte sul terreno fangoso, fino a che non fu troppo stanco per rialzarsi. Chiuse gli occhi; le gocce di pioggia si posavano su di lui picchiettandogli la veste, ma ormai non le sentiva nemmeno più. Per un attimo credette di essere diventato cieco, muto e sordo, ignaro di tutto ciò che lo circondava. Voleva solo mangiare, bere a volontà e mettersi a dormire in un bel letto caldo e accogliente, cullato dal dolce suono del silenzio…

E il silenzio fu.

“E’ forse un cittadino del villaggio?” “Oh, no, parola mia, non ho mai visto questo giovane da queste parti!””Vuoi dire che abbiamo a che fare con un forestiero?” “Ho paura di sì” “In questo caso non siamo più al sicuro…” intervenne una voce. Le due ragazze intente a risvegliare il nostro eroe che avevano parlato fino ad allora si voltarono verso l’uomo entrato nella calda stanza. Il giovane sbattè più volte gli occhi tentando di mettere a fuoco la situazione, notando per prima cosa di trovarsi in una camera da letto illuminata da alcune candele. C’era un forte rumore di sottofondo, il che gli fece capire di essere finito in un’osteria lungo la strada. Forse era svenuto da parecchie ore, forse era passato addirittura un giorno. Ma una cosa era certa: la fame era così tanta che il ragazzo non riusciva più a inghiottire. “Cibo… Io… Perfavore…” riuscì a mormorare. Le due giovani si voltarono stupite verso di lui, affermando “Oh, si è svegliato!” “Sembra affamato…” aggiunse la più giovane delle due. L’uomo (se così lo si poteva chiamare) entrato prima si avvicinò scrutando il ragazzo con sospetto, per poi affermare “Credo che dovremmo andarci un po’ cauti, Tamao… Ricordate che è pur sempre uno straniero, e con i tempi che corrono la prudenza non è mai abbastanza…” non aveva un bell’aspetto. La pelle era di una leggera sfumatura verdastra e i capelli neri raccolti in un’unticcia coda giusto in cima alla testa. Aeveva l’aria di un bandito, e la voce era viscida e tagliente come quella di un rettile. La ragazza, la prima che aveva parlato, rispose stizzita “Sei sempre il solito, Tokageroh, sospettoso e rigido! Anche se vorresti con piacere soffiare il posto a Maestro Faust non sei ancora il capo qui dentro!” Il ragazzo era più stordito che mai. Ora però aveva messo bene a fuoco la stanza che aveva di fronte: la ragazza che aveva parlato era piuttosto carina, dai lunghi capelli turchesi raccolti in una coda di boccoli. Era vestita da servetta, il che fece capire al nostro eroe che lavorava nella Taverna dove era capitato. Anche l’altra portava lo stesso abito, ma aveva un‘aria molto più timida, e aveva i capelli corti e scalati, di un rosa intenso. La sottospecie di rettile che stava con loro fece una smorfia in direzione della ragazza rispondendo stizzito “Lo sai benissimo, Pilica, che quel posto lo avrò senz’altro un giorno! E comunque, la mia è pura e semplice prudenza!” Pilica mise le mani ai fianchi, ribattendo “Per te ormai sono Padrona Pilica, Tokageroh, mi dispiace che alla tua lingua costi così tanta fatica pronunciarlo…”L’altro rispose ancora e il ragazzo li sentì continuare a battibeccarsi per un po’, mentre la giovane Tamao si avvicinò a lui mormorando “Chi sei, straniero? Da dove vieni?” Lui si mise seduto sul letto di paglia dove era situato, guardandosi un po’ intorno prima di rispondere “Mi chiamo Hao. Provengo dal lontano paese di Namash”

La servetta sorrise dolcemente, porgendogli un bicchiere ricolmo d’acqua, che Hao afferrò senza troppi complimenti. “Devi provenire da molto lontano per essere così vorace…” intervenne Pilica che nel frattempo aveva smesso di litigare con Tokageroh. Hao si limitò ad annuire, mentre il rettile si avvicinava sibilando “E quale folle motivo ti ha spinto a giungere da così lontano fino alle Terre di Ròsedern?” Hao lo fissò per qualche secondo, ma non rispose. Tokageroh insistette “Di questi tempi, poi, solo i più audaci si avvicinano a questa zona del paese; i più saggi se ne vanno, e i più folli vi entrano…” Gli occhi di Hao erano fissi su quelli dell’uomo, e Pilica intervenne brusca con aria di rimprovero “Smettila con le tue paranoie, Tokageroh, non vedi che questo ragazzo ha fame? Su, aiutatemi a portarlo di sotto che gli preparo un po’ del mio piatto speciale” Tamao domandò con un fil di voce “Non domandiamo prima il permesso al Maestro Faust?” Pilica rispose mentre lei e Tokageroh afferravano da sotto le braccia Hao “Avvertilo tu, vedrai che lo accoglierà con un sorriso. Il nostro Maestro è buono come il pane, al giorno d’oggi di uomini come lui ne sono rimasti pochi…” Tokageroh emise un verso misto tra un grugnito e uno sbuffo, e con Hao si allontanarono tutti e due giù per una rampa di scale di pietra illuminate da torce traballanti. Tamao intanto corse verso una stanzetta in fondo al corridoio che avevano di fronte prima.

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Nella stanza del locale c’era una folla incredibile. Uomini e donne, mostri e umani di ogni forma e colore urlavano e bevevano a tutto andare, con camerieri e servette che andavano e venivano dai banconi portando cibi incredibilmente fantasiosi e curiosi. Ad Hao non importava: aveva bisogno di mangiare qualcosa; che cosa, era un dettaglio…aoH

Lo fecero sedere a un tavolo singolo, portandogli poco dopo un arrosto fumante di succulento tacchino. In più, tutt’attorno c’erano un corteo di patate e dell’insalata freschissima a coronare il tutto. Un bicchierone gigante di birra bionda di prima qualità fu l’ultima goccia per Hao: dimenticandosi completamente di tutto il resto, prese ad ingozzarsi come non aveva mai fatto.

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“Era buono, vero?” disse tutta orgogliosa Pilica nonappena il piatto fu vuoto. “Delizioso. Davvero” mormorò Hao beatamente, dopo aver terminato quello che gli parve il pasto più buono e gustato della sua vita. “E’ naturale, l’ho fatto io!” aggiunse Pilica ripulendo tutto. In quel momento arrivò dalle scale un uomo alto e magro, dai capelli biondi arruffati e l’aspetto piuttosto trasandato. Aveva una faccia stanca e inquietante, con un lieve sorriso tetro stampato sulle labbra. Dietro di lui c’era Tamao, con le mani giunte elegantemente dinnanzi a sé. Pilica subito si avvicinò all’uomo esclamando “Maestro Faust, meno male che sei arrivato. Ecco lo straniero” indicò con l’indice della mano sinistra Hao, mentre l’uomo gli si avvicinava sempre con il suo inquietante sorriso. “Benvenuto nelle Terre di Ròsedern… Sai, mi stupisce sapere che qualcuno si avventura ancora fino a qui. Molti di noi se ne sono andati da parecchio tempo, a causa della tragedia…” ci fu una pausa preoccupante, mentre il rumore assordante del resto della sala continuava a ruminare incessante. Hao finalmente si decise a domandare “Vorrei chiedervi per favore di fermarmi qui, stanotte. Non ho posto dove andare, e non so ancora di preciso quanto manchi alla destinazione che cerco…” Faust si sedette di fianco a lui, non distogliendo neanche per un istante lo sguardo dal suo. “E dove sei diretto, forestiero, se mi è lecito domandarlo?” Per un attimo Hao tacque, e in quel momento le grida di alcuni uomini a un altro tavolo li sovrastò “Sì, sì, ve lo giuro! Le ho viste l’altra notte, proprio come tutti le raccontano! Nere come la morte, belle come le rose e spietate come assassine!” Era un ragazzo sulla ventina a parlare, con una pettinatura a dir poco bizzarra e particolare. Era circondato da una banda di ragazzi ugualmente strani “Finiscila, Ryu, lo sai benissimo che nessuno le può vedere e poterlo poi raccontare!” disse qualcuno di loro. Ryu ribattè “Potete anche non credermi, ma io le ho viste, e stavano rapendo uno di quei tanti giovani che catturano nel cuore della notte, silenziose come la nebbia…”Ci furono molte altre voci di disapprovazione, ma altre piuttosto curiose e in parte allarmate. “Dove le hai viste esattamente?” “Non molto lontano da qui…” “Se è vero ciò che dici, allora si stanno estendendo sempre più anche ai confini delle nostre Terre!” disse uno dei ragazzi decisamente spaventato. Altri intervennero “Stai dicendo scempiaggini, amico, lo sanno tutti che le Tre Streghe della Rosa non possono agire oltre il territorio del loro Castello Invisibile!” “Se fosse così come potrebbero far sparire tutti quei giovani anche in paesi più lontani?” In quel momento Hao si fece avanti domandando “Scusate se mi intrometto, ma il vostro discorso mi ha incuriosito…” Tutti si girarono verso di lui osservandolo. “E tu chi sei?” domandò uno. Hao rispose deciso “Un forestiero che spera di non dover tornare al suo paese senza aver raggiunto lo scopo del suo viaggio… Per caso voi sapete dove si trova il Castello di cui parlavate poco fa? Il Castello Invisibile?” Per un attimo i ragazzi si volsero occhiate eloquenti, finchè Ryu non gli domandò con voce leggermente tremante “Perché ti interessa, amico?” Hao sbattè per qualche istante le ciglia, per poi affermare “E’ lì che sono diretto. Le Tre Streghe hanno rapito mio fratello, e la mia missione è riportarlo a casa”

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Nella sala cadde un silenzio di tomba. La musica proveniente dallo squillante pianoforte male accordato si fermò di colpo stonando violentemente, il continuo e attivo vociare si spense, tutte le teste dei presenti si erano voltate verso il giovane Hao, immobile con le labbra serrate e lo sguardo imperturbabile. Tamao emise un gemito di terrore nel portarsi le mani alle labbra. Tokageroh si immobilizzò nel gesto di riempire un bicchiere, facendo traboccare sul tavolo tutta la rispettiva bevanda, con la bocca spalancata. Pilica fece cadere il vassoio che trasportava, mentre Faust guardava impassibile Hao. Ma il sorrisino inquietante era sparito dal suo volto. Dopo numerosi secondi di questo silenzio assordante, uno dei ragazzi che circondavano Ryu affermò “Tu hai qualche problema, amico. Non ti rendi conto di quello che dici” Hao rimase immobile senza fiatare. Il silenzio si tramutò in numerosi bisbigli che esprimevano approvazione verso l’affermazione fatta dal ragazzo. Qualcuno disse “Forse sta scherzando, vuole mettersi in mostra…” Altri dissero con umorismo nero “E’ un suicida, vuole facilitarsi il compito mediante questa folle missione” Finchè Faust non si alzò, poggiando una mano sulla spalla di Hao che si voltò di scatto verso di lui. L’uomo ora sorrideva di nuovo, e con un gesto lo fece voltare in direzione delle scale guidandolo al piano di sopra. “Puoi fermarti qui per stanotte” Affermò intanto. La sua voce era paterna e compassionevole, ma dietro quelle parole Hao vi lesse una continuazione alla frase: ‘… visto che sarà l’ultima…’

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Capitolo 2
*** Il Fantasma ***


§§**Forget What You Believe… Nothing is More True then the Impossible Things…**§§

§§**Forget What You Believe… Nothing is More True then the Impossible Things…**§§

“Sembra in gamba…” mormorò la Terza, sfiorando con le fredde dita affusolate la sfera cristallina dinnanzi a sé. Dentro essa si potevano scorgere un concentrato di microscopiche lucine che parevano stelle, sfumando il resto dell’oggetto con colori tenui e innevati. La Prima disse saltellando entusiasta “Ha un grande coraggio ed è sicuro di sé!” La Seconda si leccò appena quelle labbra ancora nascoste nel buio, proprio come lo erano quelle delle altre due “E’ carino…” mormorò con voce sensuale, accarezzando la bambola di pezza che portava con sé. La Terza si mise a braccia conserte, socchiudendo le iridi color del ghiaccio che brillavano come fari nella buia stanza fatata. “Tsk… Non mi importa come è, ma CHI è. E noi sappiamo che non è come tutti gli altri che hanno provato nel suo intento, vero Sorelle?” La Seconda e la Prima ridacchiarono, soddisfate, compiaciute, mentre l’altra prendeva dolcemente tra le mani una rosa bellissima di un rosso ramato, accarezzandola come farebbe una madre con la propria figlia. “Mostriamo a quel di lui bel visino quante spine possono avere delle splendide e letali Rose come noi…” A un lieve e impercettibile gesto della fanciulla, i petali di quel bel fiore si staccarono dolcemente dal gambo, fluttuando come spirali nell’aria magica poggiandosi poi sul freddo vetro della sfera di cristallo, bagnandola di schizzi di sangue così rosso da abbagliare…

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I raggi del sole ancora non erano penetrati nella stanza di Hao, che nonostante questo era sveglio ormai da un bel po’. La sera, prima una volta entrato nella sua stanza era crollato in un sonno così profondo da sembrargli il più intenso della sua vita. Ma nemmeno per un istante era riuscito a goderne, tormentato da strani sogni e dolcissime voci che lo chiamavano… Così invitanti… Così cristalline e pure…

Presto sarebbe stata l’alba, e Hao decise che sarebbe partito prima che chiunque altro in quella bottega si fosse svegliato. Aveva dormito vestito, quindi gli bastò ripulirsi di tutta la paglia che si era intaccata alla sua veste per poi avviarsi all’uscita della stanza. Guardò bene a entrambi i lati del corridoio, per vedere se vi erano già candele accese in una qualsiasi stanza. Notando l’intenso buio premattutino, si avvicinò a piccoli e silenziosi passi alle scale, stando bene attento a non scricchiolare eccessivamente sul legno del pavimento. La sua stanza era in fondo al corridoio, e sarebbe dovuto passare davanti a quella del Maestro Faust, delle due servette e del rettile, quel certo Tokageroh. Avanzò senza respirare, fermandosi un istante notando una delle porte essere semiaperta. Era quella di Pilica e Tamao, perse in un profondo sonno. I capelli di una sparsi per il candido cuscino, dell’altra a coprirle il viso tanto che era raggomitolata su sé stessa. Probabilmente per il freddo, pensò il giovane, un attimo prima di chiudere la porta nella maniera più silenziosa possibile. Ineffetti faceva molto più freddo del solito, in quegli ultimi mesi, e nessuno si era saputo spiegare il perché…

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Raggiunte le scale di pietra, Hao le scese il più velocemente possibile, per ritrovarsi poi nel piano inferiore, la stessa sera prima così chiassoso e pieno di persone e adesso così vuoto e silenzioso. Passò oltre, diretto con decisione all’uscita, prima di udire un lieve, piccolo suono dalla stanza accanto. Si fermò di scatto, la mano immobile sulla maniglia della porta. Il suono continuava; era lo scorrere leggero di un po’ d’acqua. Tese le orecche, nervoso, sentendosi aggiungere allo scorrere d’acqua un secondo suono: il canticchiare di una fanciulla. Così lieve, impercettibile, eppure lo sentiva. Sentiva la mano tremargli. Un soffio di vento gelido oltrepassò la stanza soffiando la polvere negli angoli, dietro ai mobili di legno. La luce stava aumentando, l’alba era ormai vicina. E quel mormorio così angelico e allo stesso tempo così inquietante continuava. Il ragazzo sentiva di avere la pelle d’oca. Sia Pilica che Tamao erano nella stanza di sopra a dormire, e per quanto ne sapeva non c’erano altre donne in quel luogo. La ferita riprese a fargli male. Quella ferita che aveva da un mese esatto, e della quale non aveva parlato con nessuno, specialmente per l’inquietante maniera in cui se l’era fatta. Il sangue vi pulsava ripetutamente, mentre il cervello si sforzava di riprendere a ragionare con un minimo di sangue freddo. Tolse la mano dalla maniglia, e a lenti passi si avvicinò alla stanza vicina, dalla quale proveniva quel lento suono delicato. Aveva il fiato sospeso, mentre si accostava alla porta pronto a entrare. La voce smise di colpo. Lo scorrere d’acqua si spense. Hao indietreggiò di mezzo passo quasi di istinto, e non sentendo più alcun suono provenire dalla stanza iniziò a pensare che si trattasse solo della sua immaginazione. Tirò un lungo sospiro, chiuse gli occhi per un istante sentendo il dolore sparire. ‘Hao, sei uno stupido… Tu hai una missione da compiere e te ne stai qui a dare retta alle tue stupide visioni…’ pensò, mentre il buio delle palpebre abbassate gli ridonava la ragione. Si ricompose, facendo un rapido passo in avanti deciso a uscire da quel luogo il prima possibile. Aprì gli occhi, e un fulmine di paura gli spezzò il cranio per un secondo. Un viso pallido, lungo e inespressivo era di fronte a lui, incorniciato da una chioma di esili capelli biondi mossi dal vento. “AH!” esclamò il ragazzo cadendo all’indietro in mezzo a numerosi scatoloni. La ferita gli prese di nuovo a far male, gli occhi vuoti di quella donna erano puntati dritti sui suoi e lo fecero impallidire. “Ora basta!” esclamò la voce di un uomo appena arrivato, rompendo la stregoneria di quel secondo.

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Era Faust, che con entrambe le braccia cinse la vita della donna tirandola dolcemente a lato. “Non ti spaventare, straniero, è innocua…” mormorò, anche se sembrava più preoccupato per la pallida figura che per il povero Hao. Lui si rialzò, lentamente, incapace di parlare. Sul volto dell’uomo comparve di nuovo uno dei suoi tetri sorrisi, mentre diceva “Questa è Elisa. Mia moglie” Hao spalancò gli occhi incredulo, fissando il volto della donna, così inespressivo e inquietante. A dir la verità, gli pareva più morta che viva, ma trovò offensivo farlo notare. “Io… Non sapevo che ci fossero altre donne qui…” riuscì poi a mormorare, massaggiandosi l’avambraccio sinistro coperto dal guanto dove era ancora fresco il dolore provato pochi secondi prima. Faust ridacchiò appena, affermando “Elisa non esce quasi mai allo scoperto, rimane nella sua stanza fino a che non tramonta il sole, e allora si mette a pulire i piatti e gli oggetti utilizzati durante il giorno da noi dell’osteria” il suo sorrisino si fece un poco più ampio “Adora farlo, non mi sono mai spiegato il motivo ma è così” Hao domandò cercando di essere il più cortese possibile “Perché… Ehm… Ha quel viso così inespressivo? Ha subito per caso qualche… trauma?”Faust non fu scosso da quella domanda, ma rispose con un tono di voce leggermente tremante “A dir la verità, non è più sana di mente da 4 anni…” Hao si pentì subito di aver fatto quella domanda “Ha visto cose che non avrebbe dovuto vedere…” la voce di Faust ora era più simile a un sibilo, e per la terza volta, Hao sentì qualcosa di strano pervaderlo, come un’inquietudine da brivido nel fissare quegli occhi che fino ad allora gli erano parsi normali, ma che in quel momento rispecchiarono una profonda e segnata follia.

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“Che cosa è successo?!” esclamò preoccupata Pilica, comparendo dalle scale con i capelli arruffati e la candela tremante in mano. Tamao era dietro di lei, con espressione spaventata, e a chiudere il corteo c’era Tokageroh dall’aria più addormentata che sveglia. Faust volse loro un sorriso tranquillo “Nulla, amici miei… Il nostro forestiero era… inciampato…” Hao inarcò le sopracciglia. Gli altri non spaevano della presenza di Elisa in quel locale. Si voltò verso il punto dove poco prima c’era la donna, e notò con un brivido che ora non c’era più. Pilica disse in fretta “Oh, cielo, stavo per preoccuparmi seriamente… Beh, su, Tamao, vai a preparare il cavallo del giovincello, immagino che sarà ansioso di partire…” Tamao annuì in fretta correndo di sopra a vestirsi. Hao bofonchiò “Grazie” Pilica rispose sbadigliando, con notevole disinteresse “Ma ti pare…”Tokageroh la seguì di sopra bofonchiando qualcosa sull’essersi svegliato per il capitombolo di un ragazzino. Hao si voltò nuovamente verso Faust, il quale gli mormorò “Cinque miglia ad est da qui, segui sempre il sentiero fino alla Foresta Spinata. E’ lì che il Castello Invisibile si trova, ma nessuno che vi è entrato è mai riuscito poi ad uscirne, ti avverto…” Hao annuì deglutendo, mentre Faust gli sorrise dicendo “Sono 60 monete per la cena e altre 20 per l’alloggio, più 3 monete per l’informazione, grazie…”

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Hao montò sul cavallo, ringraziando la giovane Tamao a fianco a lui. “Sei molto coraggioso a fare quello che stai facendo…” mormorò lei. Il ragazzo la guardò, notando che aveva lo sguardo basso e teneva in mano qualcosa chiuso in un tessuto strappato e impolverato. “Sei mai stato fidanzato?” Hao rimase spiazzato da quella domanda, e rispose con un timido “No” Abbassò lo sguardo, aggiungendo “Mio fratello aveva una moglie, che lo sta aspettando ancora nel nostro villaggio…” Tamao alzò per la prima volta gli occhi, che mostravano un lieve rossore. Porse in direzione di egli l’oggetto che teneva tra le mani, mormorando “Il mio amato Ren è stato inghiottito dai petali letali di quelle Streghe Maledette… Se riuscirai a liberare tuo fratello, ti prego, libera anche lui e donagli questo! Lui capirà…” Hao la fissò per qualche istante in silenzio, poi allungò una mano prendendo l’oggetto. Tamao chinò di nuovo il capo, mormorando “Grazie. Grazie di cuore” Pilica si fece avanti salutando con una mano “Arrivederci, speriamo di rivederti di nuovo da queste parti” Tokageroh aggiunse “Ammesso che tornerai…” Hao salutò a sua volta “Che sia questo un addio o un arrivederci lo vedremo presto… Ma se riuscirò nel mio intento, non solo la vita di mio fratello sarà salvata” Tutti lo guardarono perplessi “Dicono che l’incanto delle Streghe cessi solo con la loro morte… Io le ucciderò, e tutte le persone che hanno provato sofferenza a causa loro ritroveranno finalmente sollievo…” Il suo sguardo cadde un istante su Faust, che sembrò sorpreso da quella sua affermazione, mentre Tamao lo fissava con gratitudine. Pilica serrò le labbra, sembrando per la prima volta presa da un attimo di tristezza. “Grazie per la vostra ospitalità. Ah!” al cenno del giovane, il cavallo prese a trottare lungo il sentiero, e voltandosi un’ultima volta Hao potè scorgere in lontananza, di fianco alla Taverna e nascosta dalle tenebre, una figura pallida e bionda, che lo fissava con quegli stessi occhi che avevano visto oltre ogni immaginario umano…

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Capitolo 3
*** La Foresta Spinata ***


§§**Hear My Voice… I’ll show you the Way to the Point of No Return…**§§

§§**Hear My Voice… I’ll show you the Way to the Point of No Return…**§§

L’aria si stava facendo incredibilmente fredda e umida… Hao cavalcava ormai da ore nella direzione indicatagli da Faust, e il ricordo della pallida figura di Elisa, così misteriosa e agghiacciante, ancora lo inquietava. La ferita non aveva smesso di bruciare; anzi, man mano che continuava per la sua strada pulsava sempre più dolorosamente. La Foresta Spinata non doveva essere lontana, e lo dimostrava il progressivo desertificamento dei villaggi attraversati: quasi tutti ormai avevano scelto di andarsene da quel luogo. Famiglie intere si allontanavano, fuggivano dall’Incanto Fatale delle tre Streghe, che ogni notte da mesi ormai uccidevano, rapivano i giovani maschi per portarli con loro nel Luogo dove Finisce la Vita, il leggendario Castello Invisibile. Nessuno aveva mai scoperto fino ad allora lo scopo di queste loro azioni. Giravano voci che narravano delle più brutali torture inflitte a quei poveri ragazzi, altri che li ritenevano già morti. Ma il nostro giovane eroe non aveva alcun dubbio: suo fratello era ancora vivo, lo sentiva, e finchè il suo respiro non fosse cessato non si sarebbe mai arreso. Mai.

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Venne la sera. Il cavallo del giovane era ormai esausto e Hao decise di proseguire per un po’ a piedi. Prendendo l’animale per le briglie, cominciò a marciare lungo il sentiero, mentre il sole lasciava pian piano posto alla dolce oscurità della notte. Il freddo si fece intenso. Temperatura bizzarra per quella stagione. D’istinto, il ragazzo si guardò intorno. L’unica presenza apparte lui e il suo fedele amico erano il soffiare del vento e la terra alzata per i passi. Eppure qualcosa non quadrava…

Fece scivolare una mano al vecchio arco impolverato che teneva sulle spalle, tenendolo pronto per sicurezza. Nulla s’avvicinava, ma la sensazione rimaneva la stessa. In lontananza, il ragazzo era quasi sicuro di sentire il mormorio di strane voci che lo chiamavano. Una lieve nebbia lo cominciò a circondare, lentamente, diffondendosi nell’atmosfera gelida del luogo. Hao non perse tempo: prese dalla sua sacca una lanterna e l’accese ponendola davanti a sé, perlomeno per individuare la strada. “Qui si mette male…” sussurrò tra sé Hao, sudando nonostante il freddo raggelante. Prese a camminare lentamente, ma la nebbiolina era diventata così fitta che era impossibile vedere oltre il proprio naso. Strinse i pugni e serrò le labbra, continuando imperterrito nel suo cammino, finchè una voce fine e lontana catturò la sua attenzione. “Eheheheheh…. Benvenuto, straniero, nella Foresta Spinata…” era la voce di una donna, simile a un sibilo, e proveniva dall’alto. “Chi c’è?!” esclamò il ragazzo, udendo l’echeggiare della sua voce tutt’intorno. La giovane donna ridacchiò ancora, mentre la sua voce si spostava in altre direzioni. Sembrava quasi che si fosse moltiplicata, come se ci fossero state oltre a lei altre cento donne. “Ahahahahah!! Non uscirai vivo di qui!” “Molti altri hanno tentato il tuo stesso gesto, ma senza successo”Hao si concentrò sulla provenienza di quel suono, chiudendo gli occhi e respirando lentamente. “Preparati a morire!!” Ora la voce era ben distinta, era dietro di lui. Nel tempo di un millisecondo, Hao afferrò una freccia puntandola contro quel punto nell’aria, facendola scattare nel vuoto. “Ah!” esclamò la voce, che probabilmente non se l’aspettava. Hao disse con un tono totalmente tranquillo “Risparmiami il discorso. Io non sono affatto come tutti gli altri. Non sono qui per curiosare, per vedere le 3 Streghe della Rosa in persona da vicino o per mettermi in mostra, sono qui per salvare la vita di mio fratello che le tue padrone mi hanno sottratto!” La giovane donna ridacchiò di nuovo. “Non sei male… Per essere umano…” La nebbia svanì diradandosi pian piano, e al suo posto comparve un groviglio tutt’attorno di alberi attorcigliati e confusi, ricoperti di spine e privi di foglie. Sul terreno vi era un’inquietante melma verdastra, e da ogni dove provenivano strani rumori e mormorii sinuosi. Il ragazzo tentò di afferrare la briglia del suo cavallo, quando si accorse che questi non c’era più. “Uh? Herym! Dove diavolo…” la voce riprese a ridacchiare, stavolta proprio di fronte al ragazzo, da sopra gli alberi “Eheh… Qui dentro nessuno è ben accetto se non è un esemplare maschio di giovane uomo, è ordine delle 3 Streghe. Ogni essere che non corrisponda, vaga per la Nebbia del Gelo senza via di scampo, e così continuerà a fare per sempre…” Hao la guardò con stupore: era una ragazza sui 20 anni, snella e agile, dai capelli sul verde raccolti in una bizzarra pettinatura piena di ramoscelli spinati, che le ricoprivano anche tutto il corpo altrimenti nudo; la pelle era di una sfumatura violacea, e gli occhi talmente verdi da poter accecare. Un sorrisetto maligno le stava stampato in volto. “Oh! Un momento… Sei davvero tu colui che le mie Padrone da tanto aspettavano?” Hao fece un’espressione perplessa “Ma di che diavolo stai parlando?” domandò brusco. La ragazza scivolo tra i rami svanendo all’istante, per ricomparire dopo un istante alle spalle di Hao. Il ragazzo sentì delle dita fredde sfiorargli il collo. “Non sei come ti immaginavo… “ dalle sue labbra uscì un’altra risatina, mentre Hao si voltava stavolta decisamente seccato. Ma la ragazza non era già più lì: era tornata sul ramo di fronte a lui. “Sei un ospite speciale, perciò ti farò l’onore di presentarmi… Il mio nome è Jun, e sono la custode della Foresta Spinata” Un corteo di mormorii riempì nuovamente il luogo, e da dietro gli alberi, centinaia di altre ragazze simili uscirono allo scoperto, con gli occhi inespressivi e i volti pallidi. Quando Hao le vide, gli parve di aver già visto dei volti simili. “Queste sono le mie fedeli Sorelle. Insieme ci accertiamo che tutti gli indesiderati tornino da dove sono venuti e che i preziosi ospiti superino le corrette prove prima di entrare nella nostra dimora…” Hao la fissò con occhi decisi “E di quali prove si tratta?”Jun ridacchiò compiaciuta. “Bene bene, sei uno che arriva subito al sodo, eh? Molto bene… Ho deciso che per te farò un’eccezione e ti porterò subito all’ultima prova…” “Perché questa preferenza?” “Perché le mie Tre Padrone hanno aspettato già per fin troppo tempo il tuo arrivo…” Hao rimase un attimo in silenzio, a osservare quei verdi occhi ipnotici. “Accetto la sfida” sibilò poi, mentre con un ghigno Jun alzava una mano di fronte a sé roteandola lentamente “Bene allora… Seguimi…” alle sue parole, una strana luce fece sparire i rovi tutt’attorno, mentre un nero cancello si parò di fronte al nostro eroe.

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Guardandosi intorno, Hao notò che la Foresta Spinata era giusto alle sue spalle, e il cancello enorme che si ergeva a un centinaio di metri di fronte a lui doveva essere l’ingresso per il Castello Invisibile. Perplesso, si domandò che cosa lo stesse aspettando, ma dopo alcuni minuti ancora non era successo niente. “Che significa?” mormorò il ragazzo aspettandosi un agguato mentre invece l’unica cosa che passava di fronte a lui era il vento ululante. Ancora un po’ incerto, mosse qualche passo in direzione del cancello, avanzando poi sempre più velocemente. Per un attimo credette che la storia delle prove era tutta una messa in scena, e preso da un improvvisa perdita di pazienza corse fino a giungere di fronte al cancello, sfiorandolo. E a quel punto, un’intensa energia lo respinse bruscamente nel punto dove era prima. “Acc… Maledizione, ma che era?” esclamò Hao nel rialzarsi. Come un fulmine a ciel sereno, di fronte a lui comparve come caduta dal cielo la bestia più enorme e orrenda che Hao avesse mai visto, con un sonoro tonfo seguito da una forte scossa del terreno. La bestia era un’enorme groviglio di piante e radici marcite, con tre corolle di rose nere che fungevano da teste ricolme di aguzze e sanguinanti zanne. Numerosi gambi spinati si ergevano come fruste colpendo ovunque attorno a sé. Hao si rialzò prendendo una freccia dalle sue spalle, puntandola contro la creatura cercando di mirare alle corolle. Ma un’enorme frusta si schiantò su di lui e per un soffio il ragazzo non venne squartato dalle sue spine. Mentre saltava in continuazione per evitare le fruste, sentì Jun essergli continuamente vicino, come un custode, dicendogli “La Bestia Guardiana delle Rose è astuta, straniero, non basteranno un paio di frecce a eliminarla…” Hao ricadde a terra sui piedi, esclamando “Perfetto! Qualche consiglio?!” Jun si allontanò da lui, mentre un’altra frusta ricadeva nel punto esatto tra loro. “Sta a te e alle tue capacità risolvere l’emblema della Bestia Guardiana… Il mio compito è solo quello di mostrartelo” Hao si concentrò, cercando di mantenere il sangue freddo mentre la creatura spariva all’improvviso. “Dov’è andata a finire?” si chiese guardandosi nervosamente intorno. Poggiò una mano sul freddo e arruginito metallo del cancello, e un colpo estremamente potente lo colpì in pieno viso. Il mostro era ricomparso, e al posto delle fruste spinate ora vorticava falci ricoperte di sangue arrugginito, come se avesse già provato l’effetto su molti altri prima di lui…

“Maledizione!” Questa volta la difficoltà per Hao di schivare i colpi fu ancora più alta. Grondava sudore, e si sforzava di capire di quale emblema stava parlando poco prima Jun. ‘Dunque… Rifletti, Hao… La creatura è comparsa appena hai toccato il cancello… Poi è scomparsa, e quando l’hai toccato una seconda volta è ricomparsa ancora più letale di prima…’ pensava. “Sei sulla buona strada…” affermò la voce di Jun vicino alle orecchie del ragazzo. “Maledizione, almeno un indizio!” esclamò Hao vedendo la creatura sparire di nuovo e stringendo i pugni. Jun fece un sorrisetto, e sussurrò “Una rosa è sempre dono più gradito di un’arma…" “Uh?” Hao vide che Jun era scomparsa di nuovo. Esasperato, urlò “E che diamine significherebbe?!”La voce della ragazza riecheggiò nell’aria “Più di così non posso dirti! Guarda dentro di te, Hao… La soluzione all’emblema si trova nella tua anima, la puoi ascoltare!” Il ragazzo cercò di concentrarsi. ‘Una rosa… è più gradita di un’arma… Ma che significa? Forse non devo più utilizzare queste?’ si guardò le frecce, poggiandole a terra, incerto, mentre con una mano tornava a toccare il metallo, scosso. La Bestia ricomparve, ancora più terrificante di prima, e con armi ancora più potenti. Hao era ormai stato colpito più volte, in alcune parti anche gravemente, e non riusciva ancora a trovare il modo di risolvere l’emblema. ‘…Una rosa… è più gradita di un’arma… Una rosa… è più gradita di un’arma…’ Di colpo, Hao aprì gli occhi, come preso da un’improvvisa ispirazione. ‘Non è delle armi concrete che parla… Ma della mia anima…’ Jun comparve dietro di lui, sogghignando, e gli sussurrò “Vedo che cominci a comprendere…”

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Nella mente del giovane Hao un ricordo balenò all’improvviso. Un ricordo semplice, cristallino, di suo fratello e lui in grembo a loro madre. Lei li guardava sorridente, e diceva loro con voce limpida e pura “Amare qualcuno è segno di grande potenza interiore, figli miei… Sembra una sciocchezza, ma mai nessuna arma sarà più potente dell’amore di una persona. Chiunque vive di solo odio verso gli altri, di odio si ricoprirà lui stesso… Ricordatelo sempre…” “Sì, madre…” rispondevano in coro i due bimbi.

Hao spalancò gli occhi. Ora era tutto chiaro: non sarebbe riuscito a entrare nel Castello Invisibile fino a che non fosse riuscito anche solo in minima parte ad amare le Tre Streghe della Rosa. “Io… Non posso… Come può questa prova pretendere da me una cosa simile?” mormorò Hao, mentre Jun si chianava verso di lui dicendo “Magari potresti per un istante pensare a loro non come a delle spietate Streghe ma come a delle semplici fanciulle tristi e sole… Perseguitate dal mondo intero e respinte dagli esseri umani, e poi…” Passò una mano sugli occhi del ragazzo, che d'un tratto si senì incredibilmente strano. Immagini gli vagavano nella mente, suoni e voci lontane... "Avresti il loro corpo a tua completa disposizione... Sono le ragazze più belle e desiderate dell'intero Pianeta, non vorrai certo fartele sfuggire..." Per un istante il ragazzo si sentì davvero tentato, ma capì che era tutto frutto di un incantesimo. Si scrollò bruscamento urlando pieno di ira “Ma sono anche le maledette che hanno rovinato la vita a migliaia e migliaia di persone, compreso me!! Come diavolo potrei mai provare amore per delle persone come loro?!! Gli altri giovani rapiti come hanno fatto?! Mi rifiuto di credere che ci siano riusciti!!” Jun abbassò lo sguardo, mentre una strana espressione mista tra il turbamento e il compiacimento le attraversava il violaceo volto. “Le Tre mie Padrone… Vorrebbero scendere con te a patti…” Hao la guardò stupito. “Patti? Ma di che parli?” “Gli altri giovani sono caduti nella trappola delle mie Padrone, il loro incanto ha avuto sulle anime lussuriose dei ragazzi la meglio, e per questo sono divenuti prigionieri… Tu invece ti sei opposto, perché hai dentro un’energia che è superiore” fece una breve pausa, per poi affermare “Sei degno dunque di stare al fianco delle mie Padrone come loro marito…” Hao trattenne il fiato sentendosi mancare. “In cambio della liberazione di tutti gli altri uomini rapiti in passato…”

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Capitolo 4
*** Le Tre Streghe della Rosa ***


§§**… In Richness and in Poverty… Until Death Will Separates Us…**§§

§§**… In Richness and in Poverty… Until Death Will Separates Us…**§§

“Gli altri giovani sono caduti nella trappola delle mie Padrone, il loro incanto ha avuto sulle anime lussuriose dei ragazzi la meglio, e per questo sono divenuti prigionieri… Tu invece ti sei opposto, perché hai dentro un’energia che è superiore. Sei degno dunque di stare al fianco delle mie Padrone come loro marito, in cambio della liberazione di tutti gli altri uomini rapiti in passato…”

Hao rimase pietrificato sul posto per qualche istante. Ancora non era sicuro di avere ben chiara la situazione. La ferita prese a fargli male, ma non nella maniera in cui aveva sempre fatto; ora era come se fremesse di gioia, come se qualcosa al di sotto della sua pelle infiammata scalpitasse per uscire allo scoperto… “Questa è un’assurdità…” riuscì a mormorare, gli occhi persi nel vuoto e le gambe tremanti. Jun fece spallucce “Puoi considerarla come ti pare, ma io ho molte faccende da sbrigare nella mia Foresta, e ho bisogno di una tua risposta subito. Nessuno di noi ha molto tempo da perdere, sai…” Quei suoi modi di fare indifferenti e provocatori cominciavano a irritare sul serio il ragazzo. “Per te sarà una questione di impegni, ma se non te ne sei accorta qui è in gioco la mia vita e quella di altre migliaia di ragazzi” sibilò, stringendo i pugni. Jun lo guardò adirata “Stammi bene a sentire, marmocchietto… Tu non hai idea di chi siano le mie padrone e delle pene che hanno dovuto sopportare nel corso dei secoli. Siete tutti sicuri di voi, vi piace pensare quello che vi fa comodo credere, ma di loro non sapete niente, capito? NIENTE. Quindi io fossi in te sarei grato a loro per la generosa offerta che ti stanno facendo, visto che con un tuo solo segno di acconsenso potresti finalmente cessare le pene di migliaia di ragazzi, le tue e quelle delle Mie Padrone! Se sei troppo egoista per rischiare la tua preziosa pelle per tutto questo, allora non farmi perdere tempo e dillo subito” Hao ribattè furioso “Ehi! Sono loro che hanno rapito tutti quei ragazzi per torturarli e divertirsi con essi!! Se vogliono pulirsi la coscienza io che posso farci ora?” Jun sprizzò per un istante energia maligna da tutti i pori, per poi rispondere ancora più furibonda “Ti ho detto di smetterla di essere sicuro di ciò che credi sia la verità, stupido umano! E adesso deciditi: la liberazione di tutti gli uomini, i giovani e le vittime dal maleficio, in cambio della tua promessa di rimanere fedele al fianco delle mie Padrone come loro sposo, di qui all’eternità!!!”

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Calò il silenzio. Per un attimo, nella mente di Hao comparvero tutti i volti dei poveri innocenti rapiti e estirpati alle proprie famiglie; pensò alle parole di Tamao e al suo sguardo mentre parlava dell’amato Ren… Al volto triste di Pilica, alla fredda e silenziosa agonia della moglie di suo fratello, chiusa nella sua stanza ad attendere il ritorno del suo amato marito… Suo fratello… E poi, pensò a sé stesso: cosa aveva, in fondo, da perdere? Non aveva fanciulle amate, non aveva più né padre né madre che penavano per lui, non aveva molti amici… Cos’era, in fin dei conti, la sua vita, se messa in confronto con quella di migliaia di esseri viventi? Tacque per numerosi secondi, con quelle immagini che gli riempivano la testa. Pensò al volto lungo e inespressivo di Elisa, ripensò al rassegnato e folle sguardo di Faust. Non avrebbe certo potuto salvare la moglie dell’Oste dalla pazzia, ma di sicuro avrebbe cancellato dai suoi occhi quel senso di vuoto e freddo nulla… Poi, con un fil di voce mormorò “Le persone che mi stanno vicino verrebbero a cercarmi… Mio fratello lo farebbe…” Jun rispose “Non ne sarei così sicura… Una volta stretto il patto nessuno si ricorderà più di te. Sarà come se non fossi mai nato e cresciuto…”La prospettiva di tutto ciò non migliorò di molto la situazione del povero Hao, che si trovava di fronte a una vera e propria battaglia psicologica con sé stesso.

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“Nessuno… Si ricorderà di me…” mormorò portandosi le mani alla testa. Si accovacciò su sé stesso, sperando di sprofondare all’istante in una qualche landa desolata lontana dal resto del mondo. Ma in quel momento gli venne da pensare che sarebbe accaduto proprio questo, in caso avesse accettato la proposta. “Mi sarebbe promesso che a nessun essere umano verrà più fatto del male?” Jun esitò un istante, prima di dire facendo ancora spallucce “Certo” Hao la squadrò sospettoso “E’ un giuramento solenne?” Jun rispose in fretta “Ehi, amico, non è a me che devi chiederlo! A me è stato detto di proporti l’offerta, e tu ora devi acettare o rifiutare, punto e basta!” Hao si morse un labbro troppo furioso per parlare. Volse lo sguardo al cancello nero e arrugginito che lo separava da una fittissima nebbia, l’entrata verso l’oblio del Castello Invisibile. Lì avrebbe dovuto passare il resto dei suoi giorni. La ferita tornò a pulsare violentemente, mentre una piccola vocina nella sua testa, quella che riconobbe come la sua coscienza, gli sussurrava di accettare l’offerta. Si inginocchiò a terra, stringendo i pugni e chiudendo forzatamente gli occhi, credendo di impazzire.

Fu un istante. Una piccola fiamma di calore fece breccia nel cuore del desolato ragazzo, facendogli sparire dalla mente per un solo attimo ogni suo problema. Nessuno si sa spiegare il perché, ma Hao sentì per un istante, dentro di sé, un calore immensamente grande e consolatorio. Come un barlume lontano, in mezzo all’oscurità, di speranza. E nessuno si sa spiegare perché, dopo questo magico istante di eternità, Hao accettò la condizione delle Streghe.

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Aprì stancamente gli occhi: il cancello era sparito. Jun era scomparsa e la Foresta Spinata pure. Senza sapere nemmeno il perché, Hao si ritrovò in piedi, con una mano tesa dinnanzi a sé come per aprire una porta, o un cancello…

“Che è successo?” mormorò guardandosi attorno. Era in una stanza fredda e buia, dalle mura di pietra gocciolanti di qualcosa che Hao interpretò come ghiaccio, forse per convincersi che non si trattasse di altro… La sala era enorme, come un atrio, e polverosi mobili di metallo arrugginito si mostravano in tutto il loro torpore, ricoperti di ragnatele e sporcizia. Alcune zone delle pareti erano coperte da enormi quadri, e tutti, dal primo all’ultimo, rappresentavano, per lo stupore di Hao, delle mani. Singole, in molte, raffigurate nelle ambientazioni più astratte e cupe immaginabili. Fu percosso da un brivido. Quella stanza lo aveva tanto turbato da non farlo accorgere della tetra rampa di scale di pietra di fronte a lui, in cima alla quale stavano in piedi a fissarlo incantate tre fanciulle diaboliche celate dall’oscurità.

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“Hao… Finalmente…” mormorò una di loro. Il ragazzo fece un salto sul posto tanto che fu colto di sorpresa. Sgranò gli occhi per concentrarsi su quelle figure sogghignanti ma coperte da un velo di buio intenso e insolcabile. Degli occhi splendidi, cristallini fecero capolino tra le tenebre, abbagliando il ragazzo tanto che erano brillanti. La ferita prese a fargli talmente male che credette di urlare, sperando di trovarsi in un incubo dal quale si sarebbe presto svegliato. Ma successe qualcosa…

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Una striscia di luce penetrò dalla stanza, ricoprendo progressivamente l’intera superficie della stanza e i suoi oggetti. Era l’alba. Il sole stava sorgendo.

Un mormorio lontano riempì la testa del giovane Hao, come se qualcuno stesse recitando un’antica profezia… Ma la voce era così flebile che non riuscì a comprenderne le parole.

Nello stesso istante in cui il sole toccò le tre figure, un soffio di vento frizzante e solare riempì la stanza, e quando Hao riuscì a riaprire gli occhi la sala che gli si presentava di fronte era completamente diversa dalla precedente: le pareti erano solcate da getti di vernice rosa, ed erano ricoperte interamente da radici e piante fiorite. Colonne perlacee si innalzavano ai lati dell’enorme sala, abbagliate dai riflessi solari. Perfino i quadri rappresentanti mani erano cambiati: ora erano ambientati in atmosfere fantasiose, lcuenti, rassicuranti. Il giovane rimase a lungo a bocca aperta, dimenticandosi delle tre ragazze. Finalmente si voltò verso la principesca rampa di scale rifinita d’oro, e vi potè vedere in cima tre fanciulle stupende, splendide, le più belle che avesse mai visto. Non sogghignavano, sorridevano felici in sua direzione, fissandolo come incantate. Una, la più minuta, aveva dei vispi occhi arancioni dai riflessi ramati, e capelli rosso chiari legati in due piccoli e fantasiosi codini circolari, ornati di rose gialle, mentre ciocche arancioni le incorniciavano il viso; portava un solare vestito che le terminava al ginocchio, e mostrava un sorriso largo e splendente. La ragazza dall’altro lato del trio era un po’ più alta di lei, e splendidi capelli biondi le ricadevano di fronte e di dietro al vestito, legati in certi punti in trecce e ornati di rose blu; la gonna di velluto bluette le finiva agli snelli polpacci, e sensuali occhi blu intenso erano posati sul giovane. In mezzo stava la più alta, con un brillante vestito bianco lungo fino alle caviglie, e capelli di un blu intenso ricadenti tutti su un lato, portati di fronte, mentre dall’altro trecce minuscole erano ornate di rose rosa. Erano suoi gli abbaglianti e cristallini occhi, color del ghiaccio, ma allo stesso tempo pieni di calore. Tutte e tre portavano un collarino con uno stemma raffigurante una splendida rosa rossa.

“Benvenuto nella nostra dimora, che da oggi, giovane Hao, sarà anche la tua…” disse raggiante la ragazza nel mezzo, mentre le altre due si inchinavano leggermente. “Noi siamo le Tre Sorelle della Rosa. Io sono la maggiore, Kanna” continuò. A quel punto si fece avanti la ragazza bionda “Io sono Marion, né la più piccola né la più grande, solo la più sfrontata” fece un sorrisino, mentre la più minuta diceva saltellante “E io sono la minore delle Tre Sorelle, il mio nome è Mathild!”

Hao non poteva credere ai suoi occhi. QUELLE erano le Tre Streghe della Rosa? Avevano dei volti così innocenti e puri… Ma il dolore alla ferita gli ricordò che erano anche coloro che avevano rapito suo fratello, rovinato la vita di centinaia e cetinaia di famiglie, e preteso la sua vita e la sua fedeltà, rubandogli per sempre la libertà e la gioia di vivere. Strinse i pugni sibilando con odio “Credete che un po’ di effetti speciali mi renderanno docile con voi?” Le Tre ragazze si guardarono stupite e al contempo lievemente turbate. “Credete che dei bei visini mi faranno dimenticare tutto il male che avete fatto, tutto il male che MI avete fatto?!” ora la voce era furibonda, e le 3, rimaste ammutolite, avevano indietreggiato di un passo. “Avete rubato il mio corpo, adesso mi avete! Non so il motivo della vostra costrizione né mi interessa, ma una cosa è certa e vi giuro solennemente: potrete anche possedermi fisicamente ma il mio cuore per voi non lo aprirò mai!! MAI!!!” Mathild si portò le mani alle labbra, mentre tute e tre fissavano in silenzio il giovane. “NE’ AMORE NE’ COMPASSIONE PER VOI! VOI CHE MI AVETE ROVINATO LA VITA!!” lacrime di rabbia sgorgavano dalle palpebre disperate del ragazzo, mentre con furia correva verso una porta aperta a fianco a lui, trovandosi a salire fin su a delle scale. Finì più volte di fronte a finestre che si aprivano al vuoto più totale, balconi circondati solo da fioca nebbia, e dopo aver capito di essere finito oramai in trappola, pensò che nulla più gli importava; dove stesse andando, quali stanze stesse attraversando o cosa gli sarebbe successo non lo riguardava minimamente: nulla sarebbe stato peggiore della prigione in cui le 3 Streghe lo avevano segregato, e per quanto gli riguardava, la morte sua e di tutto ciò in cui credeva era avvenuta nello stesso istante in cui era riuscito ad aprire il cancello penetrando nel più isolato, meraviglioso e dannato oblio terreno…

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Capitolo 5
*** Il Castello Invisibile ***


§§**Goodbye… My Dreams… My Certainties…**§§

§§**Goodbye… My Dreams… My Certainties…**§§

Castello Invisibile – Giorno 1

Ormai il giovane Hao aveva rinunciato al tentativo di guardare fuori dalle finestre: il panorama che gli si presentava era solo e sempre nebbia. Vuoto completo, il nulla che circondava il Castello Invisibile. Non poteva più fuggire, come aveva potuto anche solo sperarci? Aveva accettato la proposta delle Streghe consapevole delle sue azioni, e non c’era più via di scampo. Si sentiva un egoista a starsene sdraiato sul suo principesco letto, a piangere lacrime di rabbia e di frustrazione, quando aveva ottenuto ciò che voleva: la liberazione di suo fratello. Certo, lui ora era libero insieme a tutti gli altri giovani, ma lui non lo era. Se ne sarebbe dovuto stare per sempre lì, fedele a coloro che gli avevano sconvolto per sempre l’esistenza, i suoi sogni, le sue aspirazioni.

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Aprì gli occhi, cessando di piangere. Tanto non avrebbe variato la sua situazione. Ripensò a tutti i suoi progetti per il futuro: aveva una vera e propria passione per il disegno, l’arte, e quando aveva un foglio di fronte poteva raffigurare tutto ciò che voleva, con una fantasia innata. Avrebbe tanto voluto aprire una piccola bottega, magari con apprendisti al suo fianco, e avrebbe finalmente mostrato a chi volesse il suo modo di pensare, di raffigurare, i suoi sentimenti attraverso un semplice tratto di pennello…

Aveva già deciso l’esatto luogo in cui l’avrebbe aperto, perfino il suo nome. Una volta tornato dalla sua missione sarebbe riuscito a metter su abbastanza soldi per coronare il suo sogno, e anche suo fratello l’avrebbe aiutato. Già, suo fratello… Non l’avrebbe più rivisto, insieme a tutte le altre persone che conosceva…

Ma in fondo un pensiero lo rassicurò, al contempo turbandolo ancora di più: in fondo non avrebbero sofferto per lui, non era mai esistito. L’unico a piangersi addosso per aver perso qualcuno, sarebbe stato lui.

Qualcuno? Ma stiamo scherzando?! Lui non aveva perso QUALCUNO, non aveva perso qualcosa, aveva perso TUTTO! Tirò numerosi pugni al cuscino di cotone di fronte a lui, ricamato in seta purissima. E d’un tratto, frenò l’appannamento del cervello che la furia gli aveva provocato, ragionando con calma per un istante sulla sua situazione. Era il marito delle Tre Streghe della Rosa. Le quali avevano rinunciato a tutte le vittime catturate in precedenza pur di averlo. Questo doveva avere un significato. Un senso. Uno scopo, un piano, qualcosa! Di sicuro il loro era stato un gesto ragionato da tempo, non un colpo di testa.

Smise di flaggellare il povero cuscino mettendosi in piedi, cominiciando a camminare su e giù per la stanza, sforzandosi di capire il motivo di tale gesto. Avrebbe potuto chiederlo alle dirette interessate! In fondo ora erano sue mogli… Ma no, di sicuro nn avrebbero sputato il rospo facilmente, se avevano un piano non sarebbero state così stupide da rivelarlo! E comunque non a lui! Cercare di spiarle? E in che modo? Erano streghe, per diamine! Si risedette, tornando a pensare al vero problema: per quale motivo, lui, Hao Asakura si trovava lì?

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“Prova a chiedere a noi, forse risolveremo i tuoi dubbi!” Hao balzò in piedi tirando fuori una freccia allarmato. Si guardò nervoso intorno, esclamando “Chi c’è?!” Un risolino gli arrivò come tutta risposta, e abbassando lo sguardo vide un vaso di violette assolutamente normali… Peccato che le voci provenissero proprio da loro!

“Oddio! I fiori parlano! Ora le ho viste proprio tutte…” mormorò il ragazzo indietreggiando stupito. “Ehi, ehi, i ‘fiori’ qui presenti hanno un nome!” la violetta più a sinistra si mise a foglie conserte, facendo l’aria offesa. “Scusa… ehm… voi siete Violette, immagino” un’altra del gruppetto esclamò allegra “Oh, è fantastico, ragazze, ci ha riconosciute!” Altre corolle emisero versi eccitati e esultanti. Hao si grattò la testa perplesso “Cosa c’è di tanto straordinario nel riconoscere un fiore?” Una delle Violette esclamò “Ma come? Si vede che sei proprio poco informato, ragazzo! Non lo sai che riconoscere le Violette Veritiere del Castello Invisibile è un dono che spetta solo a pochi?” Hao era più confuso di prima “Okay… Ho dormito proprio poco in questi giorni… E’meglio se me ne vado a dormire” Le corolle emisero suoni di disapprovo, mentre una di loro lo pregò “Oh, no, ti prego, facci compagnia ancora un po’! Non vediamo mai nessuno da queste parti!” Hao disse con un filo di amarezza nella voce “Lo credo bene…” Un’altra viola continuò “Le Padrone non si fanno vedere molto spesso, di solito se ne stanno chiuse nella loro stanza o nel Giardino dei Sussurri, oppure… Beh, di recente se ne stanno quasi tutto il giorno nel Baratro del Cristallo delle Rose…” L’attenzione di Hao fu improvvisamente catturata dalle piccole piante. “Eh, aspetta un momento… Di che stanze si tratta?” La corolla stava per rispondere, quando un’altra le diede una gomitata “Stupida! Controlla il tuo potere, non possiamo rivelare segreti DEL GENERE a coloro che non siano le nostre Padrone. Vuoi forse farci finire tutte nel Teschio di Fuoco Smeraldo?” Hao domandò “Potere? Possedete un potere?” “Ebbene sì, noi Violette Veritiere apprendiamo tutto ciò che ci circonda, lo assimiliamo e non lo scordiamo mai, lungo i secoli. E perciò oramai sappiamo praticamente tutto del Palazzo, ma possiamo rivelare le nostre conoscenze solo a coloro che riescono a riconoscerci, ovvero che si dimostrano degni di mantenere tali segreti…” “Chi non lo è, al nostro posto vedrà primule, gelsomini, papaveri, ma mai noi Violette Veritiere, e perciò non potrà mai sapere nulla di ciò che vuol sapere da noi!” Le altre fecero segno di sì con la corolla, mentre Hao diceva perplesso “Ehm… Aspetta un secondo, alcune cose non mi sono ben chiare…” Tutte le Violette del vaso dissero con aria sognante all’unisono, sporgendosi verso il ragazzo “Chiedici tutto, caro!” “Ehm… Dunque… Prima cosa: avete detto che siete qui da secoli, ma come può essere possibile? Siete piante!” “Violette, prego… E comunque noi siamo fiori immortali. Le Padrone hanno fatto un incantesimo su tutti i fiori che popolano questo palazzo, al che una volta che uno di noi appassisce e muore, rinasce continuando il ciclo” tutte fecero cenno di sì allo stesso tempo, mentre Hao affermava “Cavoli… Una bella fortuna” una delle Violette disse un po’ malinconica “Beh, dipende, sai? E’ terribile non poter parlare più con nessuno. Un tempo c’erano molte persone qui, questa era la camera degli ospiti e ci facevamo con loro delle grandi chiacchierate! Ma da quando è iniziata la profezia…” “Quale profezia?” la interruppe Hao. Un altro fiore spintonò quello che aveva parlato, esclamando “A-ehm! Niente informazioni di questo tipo, ricordi?” Hao domandò allora “D’accordo, ehm… Seconda domanda: cos’è il Teschio di Fuoco Smeraldo di cui parlavate prima?” Molte piantine ‘impallidirono’a quella domanda, e molte si ritrassero stringendosi nel vaso. “Beh… Il Te-te-teschio del F-fuoco Smeraldo… è-è… il luogo che a-attende tutti i fio-fiori traditori…” Gli occhi di Hao si fecero due fessure “E cosa deve fare un fiore per diventare traditore?” Un’altra violetta rispose “Beh… Su tutti noi fiori regnano delle regole… Regole che nessuno si può permettere di infrangere” “E che cosa accade ai fiori che finiscono nel Teschio di Fuoco Smeraldo?” continuò Hao. “Vengono bruciati, naturalmente… E non vivranno mai più” concluse un’altra, come togliendosi finalmente un peso. Ma Hao volle continuare su quell’argomento “Ci è mai finito nessuno?” Le Violette sussultarono, mentre una rispose “Beh… Sì. Ma è stato molto tempo fa, e non ci è concesso parlarne…” “Perché no?” “E’ una delle regole che regna sulle Violette Veritiere!” “Ci sono domande a cui non è concessa una risposta, in ogni caso” Hao tacque, per poi dire “Ho capito. E suppongo che non possiate nemmeno dirmi le stanze a cui mi avete accennato prima di che cosa si trattino…” “Beh, possiamo dirti che sono le sole Tre Stanze riservate esclusivamente alle Padrone. Nessuno può entrarvi, pena la morte!” Hao riflettè un attimo, per poi dire “Come avete fatto prima a capire che avevo bisogno di informazioni? Non avevo aperto bocca! Potete forse leggere nel pensiero?” “Quando vogliamo sì, ma credici, lo riconosciamo un ragazzo disperato quando ne vediamo uno!” Hao abbassò lo sguardo, e dopo alcuni istanti domandò tetro la cosa che lo assillava da ore ormai “Perché le Tre Streghe mi hanno voluto con sé? Avevo un prezzo più alto forse di tutte le vite che hanno liberato? Che senso aveva perdere cento ragazzi in cambio di uno?” I fiori si lanciarono occhiate furtive, rimanendo in silenzio. Allora Hao disse in fretta “Va bene, va bene, ho capito. Non potete dirmelo! Ma allora concedetemi un’altra domanda…” Tutte le Violette esclamarono all’unisono “Sìììì?” Hao sorrise imbarazzato “Sapete dirmi dov’è che posso mangiare qualcosa?”

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Entrò pian piano nella stanza indicatagli dai piccoli fiori. Aveva dovuto scendere numerose rampe di scale che variavano di tanto in tanto a loro piacimento (spudorata imitazione di Harry Potteeeeeeeeeer!!!!!!!!!!!!!!!!! XD) e attraversare corridoi infiniti prima di ritrovarsi di fronte alla cucina più strana che avesse mai visto: minuscola, quasi a dimensione di nano, ricolma di forni e griglie in azione e l’atmosfera ricca di vapore acqueo continuo. Le pareti erano sporche, il pavimento ricoperto di macchie, e per lui fu praticamente impossibile muoversi perché i mobili riempivano il 90% del piccolo stanzino. E per di più era chinato abbastanza scomodamente. “Acc… Ma che avevano in testa le Violette? Dicevano che era la cucina più grande che si possa immaginare, e che vi avrei trovato tutto ciò che volevo! Mmh… E dov’è il cuoco di cui mi avevano parlato?” Qualcosa di basso e grossolano gli sbattè contro la gamba in quel preciso istante, e subito dopo emise un rulo terrorizzato facendo volare in aria i vassoi che teneva in mano. Hao saltò indietro per lo spavento, e vide di fronte a lui il ragazzino più piccoletto che avesse mai visto. Tutto ansioso, questo lo aiutò a rialzarsi, esclamando con tono soffocato e piagnucolante “Oh, perdonatemi, Signor Hao! Non sapevo che sareste venuto così presto! La vostra cena è quasi pronta, intanto accomodatevi al tavolo!” Hao lo seguì un po’ incerto, chiedendosi dove si sarebbe potuto sedere in quel luogo così minuscolo e appena valicabile tanto pieno zeppo di oggetti com’era. “Ehm… Tu devi essere il cuoco…” Il ragazzino esclamò emozionato “Oh, sì, sì! Manta Oyamada, capo cuoco del Castello Invisibile!” Hao disse ancora perplesso “Come facevi a sapere che stavo venendo qui?” “Beh, qui le voci girano veloci, e prima che arrivi a destinazione la tua richiesta è già preparata!” Hao pensò che quel Castello cominciava a piacergli, poi chiese un po’ imbarazzato “Ehm… Dov’è che devo sedermi?” Manta fece un salto sul posto come ricordandosi all’improvviso di una cosa “Oh, ma certo! Quanto sono sbadato! Chiudete gli occhi, Signore, e fate due giri su voi stesso…” Hao, non ancora del tutto convinto eseguì, e quando aprì gli occhi gli venne per poco un colpo. La stanza si era trasformata in una cucina immensa e lussuosa, con centinaia di scaffali pieni delle pietanze più gustose, e un tavolo lungo e apparecchiato per uno nel centro. “Oh, porca…” Manta ridacchiò compiaciuto dicendo subito “E’ un incantesimo messo in atto dalle Padrone! Se l’ospite che si presenta non è stato invitato, non riesce a entrare qui, in questo modo ci si libera di numerosi scocciatori” Hao non si fermò neanche a domandare di quali scocciatori parlasse, troppo preso a guardare a bocca aperta e l’aquolina in bocca ogni singolo piatto che lo attendeva fumante sugli scaffali. Non aveva mai visto tanto cibo in una volta sola! “E per me cosa è stato preparato?” domandò incantato. “Oh, beh, adesso vedrete!” Manta corse eccitato verso una altissima scala salendovici per numerosi gradini, scorrendo poi fino a fermarsi a una vetrina. Sotto di essa vi era un’insegna: Signor Hao Asakura, cena del giorno 27/03. Hao era sbalordito. Manta aprì il vetro che riparava il piatto, e tirandolo fuori mostrò agli occhi affamati del ragazzo un succulento piatto di carni e verdure. Dopo un istante, disse “Sì, direi che è pronto…” con un agile balzo scese dalla scala e servì il piatto sul tavolo, dove Hao si era seduto nelfrattempo. “Cavoli… E’…è incredibile…” mormorò il ragazzo. Manta fece un sorrisone di soddisfazione, dicendo “In qualunque momento foste affamati, sapete dove venire!” Hao prese a mangiare l’invitante cena a grossi bocconi, gustandosela al massimo. Ma in quel mentre avvenne qualcosa di strano. Tutto il rumoreggiare dei forni e degli apparecchi cessò, la temperatura si abbassò d’improvviso, la ferita di Hao cominciò a pulsare, Manta emise un verso di terrore e rimase sull’attenti con gli occhi sbarrati: erano entrate le Tre Streghe della Rosa.

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Hao le fissò in silenzio, mentre le tre ragazze gli sorridevano bonarie sulla soglia della stanza. Mathild domandò dolcemente “Com’è? Ti piace?”Hao non rispose, ma poggiò piano la forchetta sul piatto. “In caso contrario puniremo il cuoco stesso, caro” aggiunse Marion squadrando Manta, che impallidì di botto. Hao rabbrividì nel sentirsi chiamare in quel modo “La cena è più che buona, grazie” disse freddo. Le tre si avvicinarono lentamente, allo stesso tempo, quasi in modo meccanico. I loro abiti erano cambiati. Si sedettero tutte al lato opposto del tavolo, una a capotavola e le altre due al suo fianco, e in quell’istante Hao si alzò in piedi. Non voleva condividere con loro niente, nemmeno un mobile di legno.

Kanna fece cenno a Manta di andarsene, il quale sembrò eseguire con estremo piacere. Poi giunse le mani dinnanzi a sé e disse gentilmente verso il ragazzo “Abbiamo saputo che ti sei fatto due chiacchiere con le nostre amiche Violette…” Hao rimase immobile, nel rispondere “E’ proprio vero che le voci corrono, qui dentro al Castello…” Kanna poggiò delicatamente i gomiti sul tavolo, unendo le mani sotto al mento. “Sì, e devi sapere che qualunque cosa prima di passare da qualunque orecchio, passa dai nostri…” Hao rimase impassibile, fissandole con durezza. La ferita non aveva smesso di fargli male. “Quindi se proverai a scappare o a fare qualunque altra cosa contro le nostre regole, lo verremmo a sapere subito, tesoro” continuò Marion. Hao si irrigidì, e sibilò “Non sono né il vostro caro né il vostro tesoro, chiariamoci fin dal principio…” Le tre ragazze non mossero ciglio a quella risposta. Mathild affermò “Dal momento che dovremo passare molto molto tempo assieme, Hao, volevamo farti sapere subtio quali comportamenti da parte tua potrebbero essere per noi inacettabili…” Kanna aggiunse “Perché non vorremmo trovarci costrette a farti del male, Hao…” Marion concluse “E’ l’ultima cosa che vorremmo…” Hao si sentì ancora più adirato “Me ne avete già fatto abbatsanza, credetemi…” “Comportamento inaccettabile numero uno” lo interruppe Marion. “Gradiremmo essere trattate con meno arroganza da te, dal momento che ti offriamo una vita spensierata nella nostra dimora” Hao sentì il sangue pulsargli nelle tempie, e non solo di dolore per la ferita, ma anche di furia. Con un gesto del braccio, scaraventò giù dal tavolo quel che restava della sua cena. “NON VI HO CHIESTO IO DI STARE QUI A SOPPORTARE UNA CONVIVENZA CON VOI!! IO VI TRATTERO NEL MODO CON CUI MERITATE DI ESSERE TRATTATE!!” Mathild e Marion si alzarono brusche, con espressioni adirate, ma Kanna le fermò per le braccia calma, con gli occhi socchiusi; poi disse con assoluta tranquillità “Ferme, ragazze. Non agitatevi. Era prevedibile che in principio la sua reazione fosse stata questa…” Marion disse calmandosi “Hai ragione, Sorella… L’odio che prova nei nostri confronti è ancora troppo fresco…” Mathild concluse “Gli servirà un po’ di tempo prima di capire la verità…” Hao cercò di riprendere a respirare regolarmente, mentre la furia iniziava ad andarsene. “Verità? Quale verità?” Le tre gli sorrisero “Che come noi non potremmo vivere senza di te tu non potresti vivere senza di noi…” Calò il silenzio. Per un attimo la ferita di Hao smise di pulsare. Non ci sono parole per descrivere i sentimenti che attraversarono la mente di Hao in quel momento. Sorpresa, forse, o magari rabbia, ma no, c’era anche qualcosa di diverso… Strano e per sé stesso in un certo senso inquietante compiacimento… Finì un attimo dopo.

“Il secondo comportameno inaccettabile è il tentare di scoprire cose che non ti sono ancora concesse di sapere…” proseguì calma Kanna. “Come stavi facendo poco prima con le Violette…” continuò Mathild. “Col tempo capirai anche tu certe cose che adesso non ti sono chiare, ma quando ciò avverrà sarà perché noi l’avremo deciso” disse Marion pacata. “Ultimo comportamento inaccettabile…” affermò Kanna “E più importante di tutti” sottolineò Mathild “Durante la notte ti è vietato severamente uscire dalla tua stanza. Dal momento in cui il sole cala al momento in cui risorgerà, sulla tua porta vigilerà un incantesimo che ti impedirà di uscirne…” Hao fu sbalordito da questa ultima regola. Calò di nuovo il sienzio. Dopo numerosi minuti rimaste immobili a fissarlo con il loro sorriso benevolo, le Tre Streghe si alzarono e, sempre meccanicamente allo stesso tempo, si allontanarono dal tavolo, voltandosi poi sulla soglia della stanza “Ci auguriamo che vorrai seguire con rigidità queste nostre semplici richieste” disse Mathild. Marion affermò “Tra poco un campanellino incantato ti porterà alla tua stanza, e sarà così ogni giorno al tramontare del sole in caso tu non fossi andato nella tua stanza per conto tuo…” Hao le guardò ancora per un po’, fino a dire quasi con amaro scherno “Se non rispetto le regole a me assegnate finisco come le vostre piante nel Teschio del Fuoco Smeraldo?” Le tre ragazze non risposero, ma volsero al ragazzo uno strano sorriso “Dormi bene, maritino adorato… Sogna i tuoi più intensi desideri…”

Uscirono dalla stanza, e dopo qualche attimo Hao corse verso la sua ancor prima che apparisse un qualunque campanellino o simili.

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Capitolo 6
*** Silenziosi Colloqui con le Streghe ***


§§**… Are You There

§§**… Are You There? … I’ll Call You One More Time… then…**§§

Castello Invisibile – Giorno 2

Non aveva chiuso occhio.

Immobile a guardare nel vuoto era rimasto il giovane Hao, rigirato su un fianco con espressione assente. Per tutta la notte. Non aveva provato a uscire dalla sua stanza come il suo istinto in un primo momento gli aveva suggerito. Per prima cosa, l’incantesimo tanto gliel’avrebbe impedito. Ora che conosceva meglio i poteri delle Tre Streghe aveva smesso di sottovalutarli. E poi, non ci teneva affatto a conoscere la punizione che gli sarebbe stata inferta se avesse infranto una delle regole del Castello che ora regnavano su di lui…

Certo, nulla sarebbe stato peggiore della sua situazione attuale, ma ancora non era pronto per essere rinchiuso in una qualche gabbia o segregato in un camino di fuoco mortale: doveva scoprire il motivo per cui si trovava lì.

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Il buio e le tenebre erano calate sulla stanza, rendendola cupa e tetra come la prima volta che era entrato nell’atrio del Castello… Era un fatto piuttosto curioso, e Hao non l’aveva di certo preso sotto gamba… Al calare del sole l’intero palazzo, di giorno così splendente e rigolgioso, diventava mortuario e silenzioso, e, cosa più curiosa ancora, a lui era stato proibito severamente di uscire dalla sua stanza proprio in quelle buie ore. Coincidenza un po’ strana… Non vi pare?

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Il sole sorse, portandosi dietro tutto lo splendore della camera ora nuovamente brillante e colorata. Ma, e questa cosa colpì molto il giovane, non era più come il giorno prima. I mobili erano cambiati, il colore delle pareti, i quadri rappresentanti mani… Non corrispendevano affatto a quelli del giorno prima. Solo il vaso di violette era rimasto quello di sempre. Il ragazzo si alzò in piedi massaggiandosi la testa, morto di sonno, e confuso per lo strano cambiamento. “Succede così ogni mattina…” mormorò una voce flebile alle sue spalle. Si voltò: le piccole corolle delle Viole si erano rialzate come svegliate da un lungo e rigenerante sonno. “Vuoi dire che ogni giorno il Castello cambia?” chiese un sempre più stupito Hao, più addormentato che sveglio. “Beh, non proprio tutto… Alcune delle Stanze più importani e riservate alle Padrone rimangono sempre invariate” affermò una delle piantine. Hao si stiracchiò un poco, mormorando “Accidenti… Muoio di fame…” le Violette si gardarono un attimo, un po’ intimorite, mentre Hao stava per uscire dicendo “Farò un salto da quel simpatico piccoletto… Manta…” quando le Violette esclamarono parendo un po’ esitare “No!! Beh… Ecco… Il fatto è che… Abbiamo avuto l’ordine di dirti che…” “Le Tre Padrone vorrebbero invitarti a mangiare con loro, questa mattina…” disse in fretta un’altra. Hao si bloccò sulla porta. “Oh…” disse, parendo indifferente. “Beh, non credo di poter rifiutare, dico bene?” domandò freddo “No” risposero secche e un po’ amareggiate le Violette. “E qui al Castello quando si tratta delle Streghe un invito vale come un ordine, giusto?” “Sì” dissero nuovamente all’unisono le Violette, mentre Hao diceva con rassegnazione “E va bene… Dov’è che mi aspettano?”

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Dopo aver fatto una approfondita ricerca simile a quella del giorno prima per trovare la cucina, Hao si trovò davanti a una porta completamente bianca. Rimase lì fermo a osservarla per un po’, stringendo i pugni. Senza sapere bene perché, si aspettava che qualcosa di strano sarebbe presto successo… Aprì la porta…

“Buongiorno, mio caro Hao… Dormito bene?” erala voce di Mathild, e per un attimo Hao rimase incantato a osservare lei e la stanza che gli si presentava: una miriade di petali di ciliegio vorticavano nell’aria attorno a una splendente tettoia circolare, di colore bianco, floreale, sotto il quale era seduta graziosamente la ragazza, di fronte a un tavolino sul quale era poggiata una gustosa colazione. Aveva un vestito bianco, lungo, abbagliante in mezzo a quella luce, e i corti capelli rosso chiari sciolti in un elegante carrè spettinato; alcune rose gialle ornavano la pettinatura. “Vieni a sederti, prego…” Disse con tono allegro. Il ragazzo era rimasto tanto meravigliato che per un attimo sembrò rimanere immobile con un’espressione da pesce lesso in volto. Mathild ridacchiò, e disse pacata “Non essere sconvolto. Questa è la Stanza dei Pensieri, dove a me e alle mie sorelle piace fare tranquille riflessioni sotto la piacevole e fresca ombra di questo tetto…”Sorrise, e i petali che cadevano dal cielo le incorniciarono il volto. Il ragazzo esitò, ma dopo un attimo si avvicinò agli scalini che conducevano al tavolino e si sedette sulla sedia che gli spettava; senza dire una parola. “Bene! Sono contenta che sei venuto! Non che ne dubitassi, ma… Oh, insomma, Marion è continuamente preoccupata, Kanna cerca di mostrarsi pacata anche se freme solo all’idea di averti nel nostro Castello, ma io non la vedo come loro!” Hao la fissò per un secondo, distogliendo poi lo sguardo in fretta per concentrarlo sulla tazza di latte e i biscotti invitanti di fronte a lui. “Io sono ottimista nei tuoi confronti. Ci vorrà del tempo, lo so. Sei ancora molto arrabbiato nei nostri confronti, il tuo odio è una fiamma ardente che non si placherà molto presto, ma nonostante questo non perdo la speranza!”Il soffio lento del vento faceva da sottofondo a quel dialogo a uno, mentre gli occhi di Hao rimanevano immobili sulle leccornie di fronte a sé. Mathild non smise di sorridere “Siamo state sole per molto tempo… Ma ora ci sei tu e le cose cambieranno…” l’aria del di lei bel visino divenne per un istante malinconico, mentre le iridi del ragazzo ora erano posate su quelle di lei. “Io… Sognavo da tutta la vita questo momento. Il momento in cui un giovane davvero speciale sarebbe venuto da noi per stare al nostro fianco per sempre, al quale avremmo potuto finalmente mostrare tutto il nostro amore” Hao diede per la prima volta da diversi minuti un minimo segno di reazione: alzò piano il viso fissandolo verso quello della ragazza, che ora, come ad aver invertito i ruoli, era chino sul tavolo della colazione. “Hao… Le tue parole ieri… Mi hanno ferita… “ Hao inarcò poco le sopracciglia, vedendo per la prima volta di fronte a sé, una delle Tre Streghe della Rosa disarmata.

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“Ma non mi voglio perdere d’animo, perché so che il tempo aggiusterà tutto” ora Mathild tornò a sorridere, annuendo col capo come a voler convincere, prima di tutti, sé stessa. “Sì, sì è così. Il tempo rimargina sempre ogni ferita, il tempo aggiusta ogni cosa” Hao si toccò d’istinto l’avambraccio sinistro, sentendo lo stesso strano e inquietante senso di compiacimento che aveva provato la sera prima. Vide gli occhi di Mathild essere posati sullo stesso punto che lui era andato a toccare, e nelle piccole pupille della ragazzina vi lesse un macabro e tetro presagio di morte… Indietreggiò con la sedia di un centimetro, sentendo la ferita pulsare. Ma un secondo dopo, il volto della Strega era tornato sorridente, e si era alzato verso di lui. “Mangia, Hao…” mormorò dolcemente. Il ragazzo tolse bruscamente la mano dalla ferita, e dopo aver incrociato per la prima volta le iridi vispe della ragazza, si rinascose tra le ciocche brune dei suoi lunghi capelli per iniziare a sorseggiare piano il latte della tazza.

Mangiò tutto senza troppi complimenti. Anche se non osava guardare, sapeva che gli occhi della ragazza erano puntati su di sé. Quando ebbe finito, si alzò appena dalla sedia, e Mathild disse con un sorriso “Sei stato saggio a non tentare di fuggire dalla tua stanza questa notte…” Hao emise un lieve gemito di sorpresa. Forse non si aspettava che mettesse in mezzo l’argomento così bruscamente. “Perché devi sapere che non c’era alcun incantesimo sulla tua porta, e se avessi tentato di uscire, ci saresti riuscito…” un brivido percosse la schiena del ragazzo. Il volto della ragazza era stato oscurato da un lieve ghigno “E a quest’ora… Il tuo prezioso e bel cuore non starebbe più battendo…” Hao si morse un labbro, la ferita che faceva sempre più male. “Puoi andare, maritino adorato. Sono sicura che ci darai molte soddisfazioni” concluse la strega con uno smagliante e allegro sorriso. Hao si voltò turbato, avviandosi verso l’uscita. Proprio quando poggiò la mano sulla maniglia, Mathild gli disse “Ah, quasi dimenticavo… Mia sorella Marion ti aspetta questo pomeriggio a pranzo nella Stanza degli Addii… E’ così malinconica quella ragazza, ha scelto proprio quel posto per incontrarti! Ma d’altra parte questo è ciò che mi ha detto… Buona giornata!” Hao non si voltò, uscì dalla stanza silenzioso come vi era entrato. Non aveva detto una parola.

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Camminò a lungo senza guardare dove andava, con le mani in tasca, lo sguardo basso e concentrato. Ogni secondo che passava si sentiva più confuso di prima, e ogni volta che si avvicinava allo scoprire la verità si sentiva sempre più propenso a non volerla davvero conoscere. “Maledizione… Mi sento un uccellino in gabbia…” si bloccò un attimo guardando di fianco a sé: una finestra luccicava di sole e luce celeste… Un momento… Sole? Luce celeste? Era cielo quello che si vedeva dall’opaco vetro del Castello! Corse verso la finestra praticamente appicicandovisi, guardando fuori e appanando con il proprio respiro il sottile strato trasparente di fronte a sé. Fuori dal palazzo, gli si presentava il più bel paesaggio che avesse mai visto! Colline sconfinate si appisolavano sull’orizzonte che splendeva dei riflessi del sole, le nuvole come barche scivolavano solitarie e immense sul grande e intenso blu del cielo; alberi e fiori d’ogni colore si estendevano per le sconfinate praterie e un piccolo fiumiciattolo d’acqua tanto trasparente da assetare al solo guardarla serpeggiava in mezzo a tutto questo verde, dividendo in due la valle sconfinata…

“Mio Dio…” mormorò Hao senza trovare altre parole per descrivere la sua emozione. Ma allora non solo nebbia circondava il Castello Invisibile! Lui poteva fuggire… Lui… Forse aveva ancora una speranza! Aprì frenetico la finestra, quando una piccola vocina dentro di sé gli sibilò inquietante di non farlo. Di nuovo la sua coscienza. Il suo ‘sesto senso’. E per un attimo, rimase immobile a fissare quell’immenso paesaggio con occhi lucidi e smarriti. Perché quella sensazione?

Chiuse la finestra abbattuto, come se qualcuno gli avesse appena inflitto dodici bastonate a fila. Era silenzioso e inquieto, e pensò che quel Castello era fin troppo grande e pieno di sorprese per lui… Cose che forse ancora non avrebbe dovuto vedere… Tornò in fretta nella sua stanza percosso da continui brividi.

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Le ore passarono in fretta, e Hao le aveva utilizzate chiacchierando un po’ con le Violette Veritiere del più e del meno, senza toccare mai argomenti che avrebbero potuto essere sospetti. Erano le dodici in punto, e una delle Violette disse al ragazzo ansiosa “Dovresti recarti alla Stanza degli Addii… Maestra Marion ti starà aspettando…” Hao guardò un momento dritto di fronte a sé, per poi domandare flebile “Ma che cosa vogliono da me?” le Violette si ritrarrono facendo delle facce tristi, come a compatire il povero ragazzo ma al contempo frenare la lingua per non azzardarsi a dire qualcosa di proibito. “Non capisco perché continuano a essere nei miei confronti così… Così…” non riusciva nemmeno lui a trovare le parole. “Piene d’amore?” suggerì una delle piccole piantine viola. Hao la guardò annuendo. “Sì…” I fiori si guardarono scuotendo poi la testa. Una di loro però disse “Ci spiace, Hao, ci dispiace veramente, ma non possiamo dirti niente che riguardi le nostre Padrone e te, per il momento. Hanno parlato chiaro, non devi sapere niente fino a che non sarai pronto!” Hao strinse i pugni con rabbia. “E quanto ancora dovrò penare?! Per la miseria, sono qui da alcune ore e già mi sembra di essere in un incubo infinito senza via d’uscita…” poi alzò gli occhi, come colto da un’improvvisa ispirazione “Ma la finestra che ho visto… Lì c’era un paesaggio. C’era vita, c’era colore, c’era il mondo!” Le Violette si lanciarono delle altre occhiate molto eloquenti, e Hao sbattè i pugni contro la sua finestra. Attraverso la quale c’era solo nebbia. “Vorrei tanto poter volare via…” mormorò. Una delle Violette si tese verso di lui poggiandogli materna una foglia sulla spalla, e Hao le porse un mezzo sorriso “Non ce l’ho con voi, Violette… Forse non ce l’ho nemmeno con le Streghe… La verità è che ce l’ho solo con me stesso…” il suo sguardo divenne improvvisamente cupo, le iridi gli luccicarono “Perché da quando sono qui… In questo palazzo… Sto cambiando… E sto permettendo loro di farlo…”

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“Salve Hao” disse la voce di una ragazza in mezzo al turbine di neve candida che volava in quella stanza innevata ma tiepida. Il ragazzo mosse qualche passo in avanti, scorgendo in mezzo ai cristalli cadenti un tavolo di metallo argentato, dove stava seduta Marion, elegante, pacata, con indosso un vestito nero e lungo ornato di pizzo bianco qua e là. Aveva in mano un libro, e i lunghi capelli biondi legati in due alte code ornate di rose blu.Intorno a loro c’era solo foschia e malinconica neve. “Benvenuto nella mia stanza da pasto preferita: la Stanza degli Addii. Ti piace?” Hao non rispose, si guardò intorno per poi sedersi sulla sedia all’altro lato del tavolo dove era situata Marion. Un fumante pranzetto lo invitava a mangiarlo. Una cosa che doveva riconoscere, era che in quel palazzo si mangiava davvero con gusto.

“E’avvelenato…” mormorò tetra Marion mentre Hao mandava giù il primo boccone e per poco non si strozzava. La ragazza tornò con lo sguardo sulle pagine del libro con aria disinvolta “Ci cascano sempre tutti…” disse maliziosa, ma senza l’ombra di un sorriso. Hao tirò un sospiro di sollievo e continuò a mangiare, spiando ogni tanto di sottecchi la Strega tutta intenta a leggere il suo libro, e che quasi sembrava non averlo notato. A differenza di Mathild che sembrava voler esaurire tutte le parole del mondo durante un solo pasto, Marion dava l’idea di non volersi sciupare a sprecarne nemmeno una. Alla fine, Hao mise giù la forchetta emettendo un lieve tintinnìo, forse lo fece apposta, ma in quel momento Marion alzò gli occhi dal libro fissandolo senza batter ciglio. “Era buono?” Hao fece un impercettibile segno di acconsenso, e Marion chiuse il libro di scatto esclamando “Bene!” Hao fece un salto con la sedia tanto che fu colto di sorpresa. “Sai, io come ti ho già detto il primo giorno sono la più sfrontata delle Tre Sorelle della Rosa, ma chiariamoci fin da subito” Il ragazzo rimase immobile a fissarlo “Sono anche la più sensibile… Ferisco e vengo ferita, questa è la mia natura… Per cui se mi farai piangere io farò piangere altrettanto te…” Il ragazzo era immobile a fissare quella ragazza dalla voce tanto simile a quella di una bimba arrabbiata. “Non mi è piaciuto affatto il tuo comportamento di ieri… Ma sono sicura che ti farai perdonare in futuro…” aggiunse la Strega sventolandosi addosso il libro a mò di ventaglio (scena piuttosto insolita, se vista attraverso un morbido turbine di neve!). Hao non battè ciglio. Fissò la ragazza con strana freddezza, forse però in un certo senso anche di interesse. Strana la sensazione che gli ispirava. Marion gli volse un sorriso malizioso. “Ti prego di perdonarmi se in futuro sarò un po’ dura con te, ma non posso farne a meno. Ferisco e vengo ferita, te l’ho detto, è questa la mia natura… E tendo a ferire ancor di più le persone che amo…” i loro occhi si incrociarono per un istante, ma Hao sentì qualcosa che lo fece tornare a quella mattina: ciò che aveva provato nel fissare negli occhi Mathild, ora lo stava provando di nuovo fissando negli occhi Marion. Presagio di Morte… Oblio…

“La Maggiore delle tre Sorelle ti attende questa sera nella Stanza di Cera. Posto bizzarro per una cena, ma credo che lo troverai interessante…” disse sorridente Marion verso un incredulo Hao. Questi si alzò in piedi e si voltò verso l’uscita della stanza, ancora una volta in silenzio, ancora una volta non aveva fiatato…

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Il pomeriggio passò silenzioso, stavolta Hao non chiacchierò molto con le Violette. Non ne era in vena. Sentiva che qualcosa in lui stava veramente cambiando, e questo lo spaventava. Per un attimo, guardando i quadri che lo circondavano, si chiese come mai le Tre Streghe avessero questa passione per le mani. Un’altra domanda gli venne in mente: cosa facevano, quelle tre ragazze, durante tutto il giorno? E, cosa ancora più inquietante, cosa facevano durante la notte? Hao non sapeva trovare risposta a queste domande, e vide per qualche istante la vista appannarsi. Era proprio stanco. La notte passata in bianco gli pesava parecchio. Si addormentò.

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Erano le 8 e mezzo di sera quando Hao tornò in sé, e per poco non gli venne un colpo, quando si accorse che era seduto a capotavola di un lungo tavolo di legno nero; a capotavolo opposto, era seduta una elegantissima Kanna, coi capelli blu legati in uno chignon spettacolare ornato di rosa rosa. La stanza tutt’attorno era composta di mobili di legno nero, con uno stile di arredamento gotico e total dark. Enormi finestre verticali riflettevano una buia notte stellata. L’unica fonte di luce giungeva dalle due candele accese sul tavolo di fronte a ciascuno dei due seduti. “Una bella fortuna… Temevo non ti svegliassi più…” disse calma Kanna, mostrando un lieve sorriso. Hao balzò in piedi guardandosi attorno. “Sei nella Stanza di Cera… Benvenuto” continuò la ragazza. “Oh, che sgarbata… Non ti ho chiesto se ti piaceva l’arredamento… Forse preferisci qualcosa di più classico…” passò una mano sulla candela di fronte a sé, e il luogo cambiò di colpo. I muri sembrarono sciogliersi, mentre sotto di essi come uno strato inferiore si facevano largo mobili di totalmente diverso tipo. Hao osservò la mutazione incredulo. Dunque quella stanza era possibile modellarla come cera… Ecco spiegato il nome… Osservò Kanna, che lo stava fissando in modo strano. Sorrideva. Aveva di nuovo i gomiti appoggiati al tavolo e le mani giunte sotto al mento. Il ragazzo si accorse solo ora della cena che lo stava aspettando di fronte a lui. Non si mise a mangiare. Posò lo sguardo sulla candela che aveva di fronte. Il sorriso di Kanna divenne più ampio. Hao, senza sapere nemmeno perché, passò una mano sulla fiamma della candela come aveva fatto la ragazza, e per il suo stupore la camera variò nuovamente. Era un’umile stanzetta campagnola, con un piccolo tavolo di legno marcio e un camino acceso. LA SUA CASA.

Il sorriso di Kanna era sempre presente. Hao sentì gli occhi arrossarsi, passando esitante la mano nuovamente sulla fiamma. Era in un’Osteria, una vecchia Taverna a due piani sperduta lungo un sentiero della Valle di Ròsedern. Numerosi tavoli lo circondarono. Era proprio il luogo dove aveva sostato qualche giorno prima, ma mancava qualcosa. Poteva riprodurre qualunque stanza, certo, ma non la vita… Un momento… Qualunque stanza?

Le pupille di Hao si fecero un puntino. Il labbro gli tremò, mentre tentava di passare nuovamente la mano sulla candela, ma Kanna fu più veloce. A un suo gesto, la stanza tornò quella di prima. “Sapevo che questa stanza ti sarebbe piaciuta…” mormorò. Ha si alzò in piedi. Era turbato, e fissava Kanna dritto nelle iridi. La ragazza lo fissava a sua volta. Presagio… di Morte…

Si alzò in piedi, mentre Kanna gli diceva distogliendo lo sguardo da lui “Buona notte, caro, ti auguro di dormire, questa notte, al contrario della scorsa…” Il ragazzo la fissò ancora per qualche istante prima di voltarsi e uscire dalla stanza. Non aveva detto nulla neanche questa volta. E Kanna gli aveva detto tutto e niente con dei semplici gesti, senza aver bisogno delle parole. Si strinse l’avambraccio quasi stritolandolo tanto che gli faceva male. Il sole stava tramontando…

…PrEsAgIo Di MoRtE…

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Capitolo 7
*** La Porta ***


§§**… Sing With Me… Deads are Listening To Us… They Are Waiting…**§§

§§**… Sing With Me… Deads are Listening To Us… They Are Waiting…**§§

Ormai era molto buio e il sole stava cedendo il posto alla tenebra… Hao corse lontano dalla stanza di Cera tenendosi ben stretto l’avambraccio. Perché era rimasto così turbato? Forse era stato il vedere di nuovo quelle stanze, quei luoghi dove lui era stato e aveva vissuto… Non lo sapeva, era troppo confuso per saperlo. Correva soltanto. Senza pensare. E dopo numerosi minuti di corsa forsennata si accorse di essere finito in un corridoio a lui sconosciuto. Si guardò intorno esasperato. Ma quanto diavolo era grande quel Castello? Le pareti erano buie e ricoperte di ragnatele. Il corridoio era stretto, lunghissimo, sembrava non avere fine. Hao strinse gli occhi sforzandosi di vedere il più lontano possibile, ma il corridoio terminava parecchio più in là con una lieve foschìa. Si voltò dall’altra parte: il corridoio continuava anche in quella direzione verso l’infinito. “Oh, porc… Ma cosa…?” il ragazzo voltò più volte la testa da un lato all’altro per vedere i confini del corridoio: era sicuro che un attimo prima ci fosse dietro di lui la porta da dove era entrato…

“Miseriaccia… E adesso?” mormorò il giovane, con i denti battenti tanto che la temperatura stava scendendo. Fece un po’ di passi, non capendo più da che arte era venuto. Scosse la testa chiudendo gli occhi, cercando di concentrarsi, ma quando li riaprì il buio era calato ancor di più. Le mura intorno a lui riflettevano di una pallida luce violacea… Le fiamme delle torce appese alle pareti traballavano forsennate… Hao sentì una strana attrazione verso il termine di quel corridoio, verso quella stanza… Le iridi gli luccicarono, le pupille fu come se sparissero, e sempre stringendo il punto dove la ferita gli pulsava irrequieta cominciò a correre impaziente lungo lo stretto corridoio. Era lì, alla fine della foschia, lo sentiva! Ci stava arrivando! Ma… Le fiamme si spensero, ora nel tunnel regnava solo il buio più totale, mentre i riflessi violacei cambiavano in riflessi blu scurissimo. Una fioca luce però traspariva in lontananza, come da un vetro, illuminando a intermittenza la lieve foschia di fronte alla porta tanto attesa… La porta… Hao corse nella di lei direzione, mentre uno strano odore acre ma intenso gli perforava le narici. Non gli importava: di fronte a lui c’era La Stanza che stava cercando!! L’odore aumentò. Un odore rosso, un odore di morte… Dalla porta nera che Hao stava per raggiungere iniziò a sgorgare un liquido intenso, vischioso, rosso… L’odore proveniva da lì… Hao si bloccò pietrificato. Il sangue ramato che schizzava dalle fessure di quella porta ora si muoveva tumultuoso come un torrente verso di lui. Il cuore cominciò a pulsargli così veloce che neanche lo sentiva. Il dolore alla ferita gli stava perforando l’avambraccio. “E’ la fine…” mormorò terrorizzato. Stava succedendo… Sarebbe morto… Il sangue gli stava sporcando la faccia.

Nello stesso istante, una lucina azzurra gli si parò di fronte illuminandogli la vista e facendogli perdere i sensi…

*

Castello Invisibile – Giorno 3

Si svegliò nel suo letto, fresco e riposato, con la fioca luce dell’alba che penetrava dall’appannato vetro di fianco a lui… Si alzò seduto con gli occhi sbarrati. Il sole aveva iniziato a sorgere. Il buio era finito. La notte era finita. Hao si guardò nervosamente attorno, come a voler constatare dell’assenza di sangue lì nei dintorni. Si toccò il viso: neanche una macchia di quel liquido rosso. Fece un lunghissim sospiro, prima di cadere di nuovo sul letto rassicurato. Dunque era stato un incubo. Un semplice incubo. Ma sì, la sua paranoia lo stava facendo impazzire… Aprì di nuovo gi occhi. Una pallida lucina azzurra stava a fianco a lui, e con uno scatto si voltò a fissarla: era un campanellino. Una minuscola corolla di campanellino azzurro. La luce che emetteva era la stessa che aveva visto di fronte alla porta. “Ma allora… Non stavo sognando… Tu… Tu devi essere il campanellino che aveva l’ordine di riaccompagnarmi nella mia stanza al calare del sole, giusto?” il piccolo fiore annuì lievemente con un tintinnìo. Era sospeso nell’aria, dava l’idea di essere un angioletto. “Quella stanza… La stanza che stavo per raggiungere…Come ho fatto a finire là? Stavo correndo quando mi sono ritrovato in un lungo corridoio e poi… Tutto quel sangue… E’ questo che mi accade se esco dalla mia stanza di notte?” Il campanellino non rispose, ma si adagiò sul cuscino del ragazzo che iniziava ad essere colpito dai primi pallidi raggi solari. “Mah. Questo posto è proprio strano” mormorò tra sé Hao, e si rese conto in quel momento che era stato svestito: non portava più gli abiti del giorno prima. Si guardò attorno cercandoli, e il campanellino, con un altro fatato tintinnìo, glieli indicò, ripiegati su una elegante sedia, puliti e profumati, totalmente impeccabili. Hao fissò il fiorellino sorridendogli scherzoso “Sei stato tu? Grazie. Sei proprio un bravo fiorellino…” Il campanellino balzò in piedi facendo l’aria offesa. “Uh? Cosa c’è? Che ho detto?… Uhm… Ah, ho capito! Non sei un fiorellino, ma una fiorellina femmina!” Il campanellino fece numerosi giri su sé stesso, annuendo con il solito tintinno. “Bene, piacere Signorina Campanellino. Io sono Hao Asakura” disse il ragazzo tendendole la mano. Il campanellino emise un tintinno che ricordava una piccola risatina, e tese una minuscola fogliolina verso la mano di Hao. “Dal momento che mi hai salvato la vita, immagino che diventeremo ottimi amici!” esclamò Hao alzandosi e infilandosi i vestiti.

*

In quell’istante qualcuno bussò alla porta. Hao si voltò di scatto verso essa, e volgendo di nuovo lo sguardo nel punto dove prima c’era la pianta si accorse che era sparita con un lieve luccichìo. Non rispose al richiamo della porta. Era immobile a fissarla, mentre la mano bussava di nuovo sul suo legno. Non erano le Streghe, Hao lo capì fin da subito. Chiamiamolo istinto.

Il ragazzo prese una freccia e se la nascose dietro la schiena, mentre chiedeva “Sì?” la voce tutta allegra di un ragazzotto rispose “Ehilà! Buongiorno Signor Hao, dormito bene?” Il giovane fece uno sguardo piuttosto stupito, e aprì piano la porta per trovarsi davanti un ragazzo che poteva avere pressappoco la sua età. Era di colore, con una pettinatura afro e un nasone ingombrante. Aveva l’aria sorniona e allegra. “Oh, è un onore per me incontrarla di persona, Signore! Sono Chocolove, Spirito Supremo del Castello Invisibile!” Tese una mano verso Hao, il quale rimase per un po’ a bocca aperta. “Spi-spiri… Eh?!” esclamò. “Eheh! Su avanti! Afferri la mia mano!” lo invitò lui. Hao allungò incerto la mano verso la sua, e quando tentò di afferrarla vi passò attraverso. La ritrasse di scatto, sbalordito. L’altro si mise a ridere forte, e affermò “Ahahahah! Non avevi mai visto uno come me prima d’ora, vero?!” Hao scosse la testa. “Beh, non sai che ti sei perso, allora! Eheheh! Beh, vi porto un messaggio da parte delle Padrone: saranno assenti per tutta la giornata e forse anche per alcune prossime, quindi sarò io ad avere la responsabilità su ciò che accade nel Castello e su di voi! Ah! Non è divertente? Ahahah!” Hao fu percosso da un brivido. “Assenti? Che vuol dire assenti? Dove se ne sono andate?” domandò sentendo in fondo al cuore un lieve senso di paura. “Oh, non me l’hanno detto! Tipe misteriose, le Tre Padrone, non svelano mai i loro segreti! Ah! Non è divertente?” Il ragazzo rimase serio. Quello spirito non aveva l’aria molto furba. “Credo che andrò a fare colazione… Sir Chocolove…” Hao gli fece un lieve cenno della mano e cominciò a camminare verso la cucina di Manta, ma lo spirito lo chiamò. “Ah, un ultima cosa!”Hao si voltò verso di lui, al quale d’improvviso fu come se gli brillassero gli occhi. Uno strano tono di voce uscì dalla bocca di Chocolove, quasi seria. “Poggi pure la freccia, Signore… Sono la cosa meno pericolosa che potrete incontrare in questo Castello…” Il ragazzo si immobilizzò a quelle parole. Forse quello spirito non era poi così tonto come credeva. “Ah! La meno pericolosa! Ahahah! Non è divertente? Ahahah!” esclamò Chocolove mentre svaniva nel nulla.

*

Nella cucina di Manta Hao mangiò benissimo, e una volta finito esclamò “Accidenti! Ma come viene preparata tutta questa roba?! La cucini tutta tu?” Il ragazzino ridacchiò orgoglioso, mentre affermava “Beh, naturalmente non faccio tutto da solo, i forni e le padelle mi danno un ottimo aiuto!” Hao domandò perplesso “Non mi dire che hanno personalità propria” Manta esclamò sorridente “No! Sono i laboriosi gelsomini a farle funzionare! Mi danno sempre una mano, sono proprio utili!” Hao sbattè le palpebre stranito. “Ma… Io non ho mai visto alcun gelsomino qui” Il ragazzino rise di nuovo “Non potete vederli perché non siete abbastanza piccolo!” Hao sembrò confuso, e Manta rispose allegro “Lasciate perdere, Signore, sono piccole magie… Robe da nulla!” Hao gli sorrise, e un attimo dopo disse “Ehm… Per caso tu sai cosa sono andate a fare le Streghe fuori dal Castello? Ho incontrato quel tipo strano, lo Spirito, Chocolove… Mi ha detto che si dovranno assentare per un po’” Manta rovesciò l’olio che portava in mano, inciampandovici “Oh! Oh! Oh, beh, le Padrone…A-ehm… Loro… Ecco, veramente non ne ho idea” Hao tentò di aiutarlo a rialzarsi e a rimettere a posto l’olio, ma lui lo scostò gentilmente “No! Perfavore, non fatelo! Sono cose da servi… Voi non dovete piegarvi al mio livello” Il ragazzo lo guardò severo, esclamando “Toh! Questa è bella! Io fino a due giorni fa altro non ero che un semplice contadino, sai?” Manta non alzò lo sguardo, ma si bloccò un istante. Il giovane si mise a mettere a posto tutto il macello ignorando i tentativi di Manta di impedirglielo “Ecco fatto. Da solo ci avresti messo il doppio del tempo, no?” disse infine Hao. “Signor Hao… Voi siete una persona fantastica…” mormorò malinconico Manta. Hao stava per dirgli qualcosa, ma notò che sul volto del ragazzino si era palesata un’intensa vena di terrore. Mormorò con tono tetro “Non sarebbe dovuto succedere a voi…”

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Capitolo 8
*** Il Grande Gelo ***


§§**… Don’t Leave Me Alone… I’m your Son…My Mothers…**§§

§§**… Don’t Leave Me Alone… I’m your Son…My Mothers…**§§

Castello Invisibile – Giorno 7

Erano passati 4 giorni dall’inquietante frase di Manta, il quale divenne ottimo amico di Hao ma non volle più toccare l’argomento Padrone. Tutti i giorni il giovane ragazzo pranzava e cenava nella sua cucina, si divertivano un sacco a parlare delle numerose piante che abitavano il Castello. Hao ne conobbe molti altri durante quei giorni di assenza delle Streghe: i vanitosi Girasoli e le sagge Rampicanti, le gioiose Margherite e le timide Primule. Si stupì di quanti numerosi e svariati tipi di pianta esistessero in quel palazzo così immenso, e ognuna di esse era curata con il massimo amore e aveva un ruolo ben preciso da svolgere. Capacità, poteri, incantesimi, ormai Hao ci aveva fatto l’abitudine. E non gli dava nemmeno più molto fastidio il ritrovarsi tutte le mattine Chocolove sulle lenzuola a sorridergli come un ebete per dargli il buongiorno. Lo Spirito si era rivelato uno spassoso compagno da passatempo per il ragazzo: con lui come guida si fece un giro panoramico di (quasi) tutto il Castello, e come la guida la faceva Chocolove… non la faceva nessuno! Certo, le sue battute lasciavano un po’ a desiderare, ma in quei giorni quieti senza sangue sgorgante proveniente da buie porte e oscuri presagi di morte il ragazzo si può dire che si fosse quasi divertito all’interno della sua nuova dimora.

*

Eppure, mancava qualcosa. Ogni sera, quando andava a dormire fuggendo nella sua stanza il prima possibile (dalla notte trascorsa nello stretto corridoio tutti quei piccoli istinti che gli consigliavano di tentare di uscire dalla propria stanza al calare del sole erano spariti) Hao si rigirava nel letto e sospirava, inarcando le sopracciglia in un’espressione di dolore. Il Castello era vuoto. Mancava qualcuno di indispensabile. Che per lui era davvero importante… E, per il suo terrore, Hao si rese conto col passare delle ore che quelle stesse persone erano proprio le Tre Streghe della Rosa…

*

Castello Invisibile – Giorno 10

Quella mattina si svegliò presto, e si sentiva strano. Incredibilmente strano. Non sapeva spiegarsi il perché, ma era incredibilmente teso. Nervoso, distaccato, come se si aspettasse un agguato da un momento all’altro. La prima cosa strana fu che non trovò Chocolove a dargli il buongiorno. La seconda che le Violette non si erano svegliate. La terza che quando si avviò verso la cucina di Manta la trovò deserta. Il Castello era in silenzio. Niente piccole piante che mormoreggiavano al suo passare, niente stantuffi o vapori, niente risate, niente… Niente. Hao si guardò intorno chiamando l’amico, più e più volte, senza ricevere risposta. “Che diavolo è successo?” mormorò Hao, sempre più teso di quanto già non si sentisse. Corse per numerosi corridoi chiamando i vari fiori e le varie piante, ma quando ne trovava qualcuna quella era completamente addormentata. Quella mattina il sole era sorto ma era come se non l’avesse fatto. Nessuno si era svegliato. Il Castello, in parole povere, era come morto.

*

“MANTA! CHOCOLOVE!! FIORI!! C’E’ NESSUNO QUI CHE PUO’ RISPONDERMI?! MALEDIZIONE, RISPONDETE!!!!!” ormai il ragazzo aveva cominciato a urlare. Era terrorizzato, lo sentiva, perché se prima mancavano quell’elemento fondamentale del castello, se prima era scomparsa la gustosa polpa intorno al nocciolo del frutto, adesso era scomparso anche quello. Si fermò un istante, prendendo fiato, e si accorse che dalla sua bocca traspariva denso il suo respiro. La temperatura s’era abbassata. Alzò di nuovo lo sguardo, e vide sulla parete di fronte il suo riflesso opaco su uno strato lucido. Era ghiaccio. Hao fece qualche passo indietro, e scivolò su una lastra spessissima che si era creata sul pavimento. Finalmente comprendeva: il Castello si era ghiacciato.

*

“Cosa?!” esclamò guardandosi attorno, e vedendo l’intero palazzo ricoperto da sottili e spesse lastre ghiacciate, mentre i riflessi sui pavimenti si facevano sempre più invernali e gelidi. “Impossibile” disse tra sé il ragazzo, mentre il suo nervosismo saliva alle stelle. Corse ancora, ma stavolta con cautela per evitare di cadere e rompersi l’osso del collo. Stava ancora correndo, e sentì un rombo provenire dall’alto. Una forte scossa che colpì l’intero palazzo. Si fermò di colpo, scivolando per numerosi metri sul ghiaccio lucido sotto ai suoi piedi. Un'altra scossa. “Ma che…?” il ragazzo non fece a tempo a finire la frase, perché il soffitto sopra di lui crollò rumorosamente.

*

Si coprì il capo con i gomiti, sentendo nuemrose schegge ghiacciate colpirgli la veste semistrappandola. Una potente energia valicò il buco nella parete, echeggiando urla furiose e disperate. Il ragazzo si alzò in piedi all’istante: quella che aveva di fronte sembrava un’enorme e possente spirito grigio. Corpi si dibattevano all’interno di quella densa nuvola di persone dai visi sfuggenti, strillanti, accecati dall’ira. Hao non aveva mai visto niente di simile. Preso da una scossa di terrore, prese a correre a più non posso verso le altre stanze, scivolando spesso e volentieri sui pavimenti. Lo spirito dalle mille teste e voci lo seguiva echeggiando urla di dolore e di furia, facendo tremare ogni parete che attraversava. Hao corse fino alla sua stanza, dove cercò freneticamente un’arma che potesse ferire lo spirito. Ma delle vecchie frecce non sarebbero bastate per fermare quella cosa. Si voltò verso la porta appena aperta: la creatura era sulla soglia e i corpi che lo costituivano si dimenavano verso di lui, allungando le braccia, cercando di afferrarlo. Hao si strinse in un angolo, cercando di trovare una soluzione alla svelta. Ma ormai era tardi: era in trappola.

Proprio in quel momento, però, successe qualcosa che stupì Hao: la nuvola di spettri non riuscì a oltrepassare la porta della sua camera. Sentì di colpo la ferita pulsare: non era dolore, era gioia. Una luce intensa stava penetrando nelle finestre, qualcosa alle sue spalle spaccò il vetro apparendo di fronte a lui. La nuvola di spiriti indietreggiò visibilmente impaurita: erano arrivate coloro che temevano di più al mondo. Coloro che avevano dannato e dalle quali erano stati dannati… Non ci sono parole per descrivere a gioia di Hao: le Tre Streghe della rosa erano tornate.

*

“Fatti da parte, Hao!” urlò Mathild mettendosi in posizione insieme alle altre. Il ragazzo si alzò in piedi esclamando “Voglio combatterlo anch’io! Ditemi come posso fare!” Kanna si voltò verso di lui gridando “E’ inutile, non sei ancora pronto per dei nemici come loro, ti abbatterebbero!” Marion caricò un’intensa luce dalle mani “Pensa a metterti in salvo, ci pensiamo noi!” Hao abbassò lo sguardo, sentendosi ora veramente strano. Ma non ribattè, e rimase immobile a fissare nel vuoto. Le tre ragazze lanciarono un’energia di un’intenso colore rosso in direzione dello spirito, facendolo indietreggiare fino all’altro capo del corridoio. “Ve ne siete approfittati perché non c’era più nessuno a sorvegliare il Castello, vero?!” esclamò adirata Kanna. “Ora ve la faremo pagare!!” urlò Mathild. Tutte e tre unirono le braccia in un simbolo stregonesco che formò nell’aria un enorme timbro. I corpi si allontanarono visibilmente terrorizzati “Siete ancora vincolati dalla nostra Maledizione di Vendetta!!!!” urlarono in coro le Tre Streghe, mentre la nuvola di spiriti svaniva nel nulla portandosi dietro tutto il gelo e il dolore che avevano portato.

*

“Tutto bene, Hao?” chiese dolcemente Marion verso il ragazzo, ancora immobile a fissare la scena. Come svegliato di soprassalto, le fissò incredulo. Potè notare che non avevano più il loro bell’aspetto: numerose ferite e cicatrici ricoprivano loro i corpi. Rimase zitto, come incantato a fissarle. Mathild si avvicinò a lui mormorando “Ma tu sei ferito! Aspetta, ci penso io, non muoverti…” Hao la guardò concentrarsi per formumlare un incantesimo dolce e melodioso, e come incantato a guardare il suo viso, non si accorse che le ferite provocatagli dalle schegge ghiacciate erano sparite. “Ecco fatto” disse raggiante Mathild, indietreggiando di qualche passo. Le Tre lo guardarono sorridenti “Eravamo molto preoccupate, Hao. Siamo venute a sapere che il potere di quello spirito stava crescendo, avrebbe dovuto sigillarlo Chocolove ma nel tentativo deve essere stato imprigionato dal loro potere. Ci dispiace molto se hai corso un grave pericolo, Hao” affermò Marion. Il ragazzo le guardò ancora per un po’, non sapendosi spiegare quella bizzarra situazione: le tre donne, le tre Streghe, i tre esseri che più odiava sulla terra gli avevano salvato la vita. E per un attimo sentì in fondo al cuore quello stesso calore che aveva provato durante la prova di Jun, contro la Bestia Guardiana. Un barlume di speranza, lontano, ma che adesso sembrava più vicino.

“Oh, che disastro!” esclamò Marion guardandosi attorno. Kanna sibilò “Quei bastardi hanno congelato i nostri fiori e il nostro bel palazzo così che non potessero aiutarti…” Mathild si schioccò le dita sorridendo “Beh, su, sorelle, mettiamoci al lavoro!” Le tre si presero per mano chiudendo gli occhi, e illuminandosi di energia Hao vide progressivamente intorno a sé il ghiaccio sciogliersi, le pareti ripararsi, il tutto come rinato. Le Violette si svegliarono come se avessero soffocato fino ad allora “Oddio!! Ma che è successo?!” esclamarono appena presero i sensi. Le tre fanciulle si avvicinarono a loro abbracciandole “Oh, Violette care, come siamo contente che vi siete riprese!” I fiori sussultarono di gioia nel vedere le loro padrone così premurose. Hao le fissò sbalordito. Quelle non sembravano affatto le Streghe che aveva fino ad allora conosciuto. “Beh, ora è meglio se andiamo a liberare il povero Chocolove!” esclamò Mathild sorridente. “Mah, io non mi preoccuperei per questo, sa cavarsela, entro poco ci svolazzerà intorno ridacchiando” disse sicura di sé Marion. “E il piccolo Manta dove sarà finito?” si chise Mathild guardandosi intorno. Kanna disse tranquilla “Oh, sicuramente si sarà nascosto da qualche parte, conoscendo il suo carattere fifoncello!” “Beh, dovremmo andare a riparare meglio tutti gli altri danni tralasciati” affermò annuendo Marion. “Ci vediamo presto, Hao” dissero poi volgendosi in direzione del ragazzo, ancora con gli occhi bassi e coperti dalle brune ciocche di capelli. Le ragazze si guardarono e il sorriso scomparì dai loro volti. Si allontanarono come sconfitte, ma quando erano già sulla soglia della stanza Hao le chiamò a bassa voce “Non adatevene” Marion, Mathild e Kanna si voltarono decisamente sorprese, mentre il ragazzo alzava il viso rosso e rigato da lacrime. “Vi prego… Non andatevene un’altra volta” mormorò. Le Streghe erano rimaste così colpite che parevano non respirare più. Si lanciarono delle rapide occhiate, e dei larghi sorrisi si palesarono sui loro volti. “Stai… Stai dicendo sul serio?” mormorò raggiante Mathild. “Perfavore… Restate…” il volto di Hao si abbassò ancora, oscurato dalla massa di sottili capelli scuri. La voce di Kanna era dolce, materna, mentre diceva “D’accordo. Restiamo”

Il calore del sole entrò nuovamente a riscaldare i cuori, nel Castello Invisibile. I fiori ripresero i sensi mormorando stupiti, i quadri intorno a loro si rispecchiarono di riflessi solari. Il barlume di speranza in fondo al cuore di Hao ora era decisamente più vicino, sì…

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Capitolo 9
*** Il Giardino dei Sussurri e il Dipinto di Hao ***


§§**… Sun Is High in The Sky… Its Rays Are Lighting Up Your Perfect Profile… Kissed By Love… **§§

§§**… Sun Is High in The Sky… Its Rays Are Lighting Up Your Perfect Profile… Kissed By Love… **§§

Castello Invisibile – Giorno 14

Hao trascorse quelle che gli parvero tra le più belle giornate degli ultimi tempi. Col ritorno delle Tre Streghe, era tornato nell’anima del ragazzo anche quel senso di completezza, di soddisfazione interiore. Era una cosa veramente bizzarra… Fino a due settimane prima, erano le tre persone che Hao odiasse di più nell’intero universo. E ora, invece, aveva smesso di trattarle con arroganza, rivolgeva loro la parola, non più fredda e distaccata, ma calorosa e piena d’interesse, si può quasi dire che andassero d’accordo. Certo il ragazzo non aveva ancora dimenticato tutto l’odio provato verso di loro per averlo segregato lì per sempre, ma man mano che i giorni passavano quella storia diventava sempre più passata, più irrilevante, più trascurabile. Durante i giorni passati con Manta e Chocolove non era così. Si era divertito ugualmente, certo, ma gli mancava qualcosa di indispensabile e unico in tutto il mondo: Le sue Tre Mogli. Ora che erano tornate, il Castello sembrava più colorato, più luminoso, più brillante. Le pareti emanavano serenità, trasparivano armonia.

Ma non era stato tutto così semplice per il giovane Hao…

Si sentiva enormemente confuso, sembrava che tutto stesse avvenendo fin tropo in fretta. Non poteva certo pensare ora di essere così intensamente legato a quelle donne, visto che alcuni giorni prima gli avevano tolto la libertà e l’avevano privato dei suoi sogni più intensi… Certo, però, gli avevano salvato la vita. E quell’istante fu come illuminante per Hao: fu allora che era scoccata la scintilla che accese il fuoco della speranza in lui. Senza sapere perché, man mano che passavano i giorni aumentava in lui quella piccola fiamma di calore in fondo al cuore, e insieme ad essa anche la sua paura. Verso cosa, il ragazzo ancora lo doveva scoprire…

*

“Buongiorno, Signor Hao! Dormite bene anche questa notte?!” esclamò allegro Chocolove saltellante sulle coperte del ragazzo. Lui si rigirò su sé stesso sbuffando mezzo assonnato “Buongiorno, Chocolove… Sì, diciamo che ho dormito bene…” lo Spirito esclamò allegro “Bene!! Le Padrone hanno urgenza di vedervi, hanno fatto richiesta di voi questa mattina presto, e sarò io a dovervi accompagnare da loro! Ah! Non la trovate una cosa assolutamente divertente?!” Hao si alzò dal letto ridacchiando “Sì sì. Ma ti giuro che fanno più ridere le mie mutande” Lo Spirito prese a sghignazzare rumorosamente “Non darti troppe arie, le mutandine ricamate ottocentesce le ho soltanto io!! Ahah!”

Chocolove lo aveva fatto camminare per alcuni corridoi, fino a giungere a una porticina vetrata e illuminata dal sole. Proprio così: sole. E attraverso la cristallina superficie Hao notò con enorme stupore che era un’uscita dal Castello: di fronte a lui c’era un paesaggio meraviglioso! “Ma… Che significa?” mormorò verso Chocolove, che sorridendo sornione rispose “Hanno detto di accompagnarvi proprio qui, nel Giardino dei Sussurri. Sapete, siete incredibilmente fortunato, perché non a molti è concesso l’accesso a questa stanza… Anzi, da secoli ormai le uniche ad accedervi sono solo le Tre Padrone…” “Il Giardino dei Sussurri?! Ma è una delle stanze proibite! Una di quelle di cui le Violette non hanno potuto spiegarmi le proprietà!!” esclamò con voce tremante il ragazzo, improvvisamente inquieto. Chocolove gli poggiò (si fa per dire) una mano sulla spalla, e con un tono improvvisamente serio e tranquillo disse “Non dovete temere, Hao. Se siete baciato dalla Grazia delle Tre Streghe all’interno del Giardino non vi potrà accadere niente…” Hao lo fissò per qualche istante “E se non lo fossi? Cosa mi accadrebbe in quel caso?” Chocolove si fece cupo, volgendogli una rapida occhiata furtiva “Perché ti interessa saperlo?” La porticina davanti a loro si aprì con un leggero soffio di vento, e un meraviglioso paesaggio si presentava di fronte al ragazzo che scuotendo la testa mormorò “Niente. Lascia stare. Grazie, Chocolove, ci vediamo più tardi””Sempre un piacere, Signore!” detto questo, lo spirito scomparve con una risata nel nulla. Hao fece alcuni passi verso il luogo che lo aspettava dietro alla porta. Era da un po’ che non parlava con le Streghe. Come già detto, rivolgeva loro la parola in maniera calorosa, ma non era ancora stato capace di fare con loro grandi discorsi. Forse era troppo imbarazzato, o forse ancora troppo turbato per l’odio provato per loro, oppure molto semplicemente era troppo orgoglioso per ammettere che le tre ragazze gli avevano, almeno in piccola parte, toccato il cuore.

*

Camminò in mezzo a quella strana atmosfera rilassata, lungo una stradina di piastrelle bianche e a sovrastarlo archi di piante fiorite. C’era un che di inquietante in quell’ambientazione limpida ma immobile, fredda, come in un quadro che si può vedere ma non percepire. Non ne era sicuro al cento per cento, ma gli pareva proprio di aver udito in lontananza delle voci delicate che lo chiamavano. E fu così per il resto del tratto. Finchè il ‘corridoio’ di archi fioriti terminò per aprirsi in un’ampia ‘piazzòla’ con al suo centro una fontana sgargiante. Alcune panchine bianche vi stavano intorno. Su una di queste, le tre ragazze stavano sedute a chiacchierare, i volti sorridenti, di fronte a loro un’oggetto coperto da un telo giallognolo. Appena il ragazzo toccò con un piede il praticello della piazzòla, le tre si voltarono a guardarlo smaglianti. “Hao! Sei arrivato!” esclamarono. Il ragazzo rivolse loro un lieve sorriso. Mosse altri passi, impacciato, decisamente imbarazzato. Ricordava che le ultime parole dirette e profonde che aveva rivolto loro erano state “Vi prego… Restate…” In quelle parole, lui vi trovò una certa innaturalezza, come se in quel momento non fosse stato lui a dirle ma un’altra parte di sé che ancora non conosceva. Arrossì nel rammentare che le Tre Streghe avevano acconsentito a rimanere con lui nella stanza silenziosa, così, molto semplicemente, fino alla sera. Senza parlare né guardarsi in faccia. Hao non voleva dargliela vinta così facilmente. Aveva giurato che non avrebbe mai provato per loro né amore né compassione. Finse un’espressione di evidente durezza, mentre con il cuore pensava che stava solo scappando da una verità speriore

“Su, vieni, dobbiamo mostrarti una cosa” disse gentilmente Kanna, alzandosi verso l’oggetto ricoperto dal telo. Colto da un’improvvisa curiosità, Hao si avvicinò osservando quell’oggetto misterioso. “Lo abbiamo appena terminato… Volevamo sapere cosa ne pensi! Sai, un tuo parere per noi è prezioso…” disse Mathild giocherellando con una ciocca di capelli arancioni. Hao la fissò incredulo, ricordnandosi di ciò che aveva pensato poco prima: non doveva darla loro vinta così facilmente. Serrò le labbra, fissando con intensità l’oggetto che Kanna scopriva dal telo con un gesto della mano. Il ragazzo spalancò la bocca e rimase impietrito per un bel po’: era un quadro.

*

“Cosa c’è? Non ti piace?” disse con apprensione Marion, portandosi una mano alla bocca.

Hao era rimasto con lo sguardo perso in quella pittura così lineare e perfetta: rappresentava due mani in contatto, palmo a palmo, delicate, luminose, sembravano toccarsi con estrema dolcezza per paura di ferirsi l’un l’altra. Una leggermente più ruvida e forte, colorata in modo più intenso e scuro, e l’altra esile e pallida, affusolata, rosea, impaurita. L’Uomo e la Donna. Semplicemente due mani innamorate. Dunque erano loro a dipingere tutti quei quadri. Hao non aveva mai visto niente di più bello e poetico.“E’… Bellissimo… Voi… Voi dipingete?!” esclamò Hao fuori di sé dallo stupore e dalla gioia. D’un tratto, si era dimenticato che doveva odiarle.

Le tre ragazze gli sorrisero “Sì. Adoriamo farlo. Ne completiamo uno ogni settimana” affermò Marion. “Vi interessate dunque di pittura?” “Amiamo la storia dell’arte” disse piena di calore negli occhi Kanna. Hao credette di svenire dall’emozione “Quale stile preferite? Impressionismo? Romanticismo? Realismo? Pittura ottocentesca, Epoca dell’Illuminismo…?” le tre ragazze lo interruppero con una leggera e pacata risata “Allora anche tu hai una passione per i quadri” disse sorridendo Mathild. Ad Hao brillarono gli occhi “Io Vivo per i miei quadri…” Kanna sorrise ancora, e si alzò per muoversi dietro alle spalle del ragazzo, che stupito si voltò: era comparsa dietro di sé una tela da pittura. Kanna si rimise a sedere a fianco delle sue sorelle, e disse “Crea un quadro per noi, te ne preghiamo” Hao le fissò incredulo. Poteva pitturare! Poteva dipingere! Finalmente, dopo giorni di oblio interiore, il ragazzo si sentiva davvero felice! Guardò con gioia i pennelli ordinatamente riposti di fronte a sé. “Ma io… Non so cosa potrebbe piacervi di quello che dipingo io… Il mio stile è molto diverso dal vostro” Tutte e tre le Sorelle accavallarono una gamba allo stesso tempo, sempre nella loro maniera meccanica, e Marion mormorò “Rappresenta ciò che provi. Questo pomeriggio lo riporremo nei nostri oggetti più preziosi” Hao si voltò esclamando “Questo pomeriggio? Oh, no, è impossibile… Mi ci vogliono almeno un paio di settimane per completare una tavola decente, e poi c’è da ideare la bozza, va stesa un a prima e seconda passata, ci sono da fare le rifiniture…” Mathild affermò “Allora questa sera” Il ragazzo scosse il capo ribattendo “Non capite. E’ IMPOSSIBILE terminare un quadro in poche ore. A meno che non si voglia fare una cosa proprio grossolana…” “Grossolana sia”tagliò corto Kanna, sempre con il suo tono gentile e armonioso. Hao voleva ribattere, ma capì che era inutile. Si voltò verso il telo vuoto. Prese delicatamente con la destra la matita più fine.

Si morse un labbro sentendosi improvvisamente nervoso. Ciò che provava, eh? … Beh, nemmeno lui lo sapeva con certezza. Erano giorni che non sapeva più chi era, cosa voleva dalla vita, i sentimenti che provava. Da quando era entrato nel Castello Invisibile, era passato attraverso tutte le emozioni immaginabili. La prima di tutte era stato l’odio. Odio profondo e intenso. Con la mente tornò al suo primo giorno all’interno del palazzo, a come aveva insultato apertamente le Tre Streghe fuggendo poi via da loro, cercando una via di fuga. Tornò alle lacrime, alla disperazione più opprimente e alla depressione più totale. Il rimpianto, nel pensare a ciò che aveva perso oramai della dua vita terrena. Fino a sfociare nella triste resa, nella malinconica rassegnazione. Si sentiva di nuovo a pezzi, sfinito, come in quei primi giorni trascorsi entro le magiche mura del Castello. Credette di udire ancora voci e suoni lontani, bisbigli, mormorii, sussurri. La ferita sull’avambraccio stava cominciando nuovamente a pulsare, ma il giovane non ci fece caso. La sua mente era impegnata a tornare col ricordo a un terzo grande sentimento provato: l’indifferenza. Indifferenza e sprezzante distacco, freddo contatto con quelle tre donne che il suo orgoglio detestava tanto. I suoi silenzi, le sue furie improvvise. Una vera e propria battaglia con sé stesso e con le tre Streghe, quasi una prova di resistenza per chi veniva distrutto psicologicamente prima. Ma mentre loro tentavano l’arma dell’amore e della gentilezza, lui usava quella del silenzio, dell’indifferenza, appunto. Un sussulto. Un tuffo profondo al cuore. Ricordò le parole dell’emblema della Bestia Guardiana “Una rosa è sempre dono più gradito di un’arma”. L’amore sconfigge qualsiasi forma di resistenza. Gli si raggelarono le vene: quelle parole erano veritiere. L’avevano avuta vinta loro. Grazie all’amore. Ma ancora lui era troppo ingenuo per accorgersene. Era passato nella fase della paura, del terrore più puro. I suoi sospetti e i suoi tentativi di scoprire la verità… Quella inquietante finestra aperta verso il più bello dei paesaggi… Quell’oscuro e macabro presagio di morte… Lo stretto corridoio… La porta… Tutto quel sangue… La ferita gli pulsava dolorosamente, nel ripensare al terrore provato in quella buia stanza. Gli fece tornare alla mente che doveva ancora scoprire perché diamine si trovava lì, perché le Streghe avevano voluto prenderlo come loro Marito anche al prezzo di liberare tutte le altre vittime. Le Sreghe avevano un segreto, lo sapeva. E aveva intenzione di scoprirlo… L’aveva finchè non capitò nel macabro corridoio, il quale iniziò a fargli pensare che tutta quella faccenda era molto più complessa delle apparenze. Era ancora troppo immaturo. Non era pronto per sapere la verità. Proprio come gli avevano detto le Tre Ragazze durante la sua prima cena nella cucina di Manta. E da allora intervenne nel suo cuore il sentimento della rassicurazione. Apparente, perché dal momento che le Tre Streghe erano scomparse sentiva dentro un senso opprimente e disarmante di incompletezza. Era giunto nella fase della spensieratezza, in compagnia di tutti i suoi nuovi amici, e aveva fatto numerose conoscenze ormai. Ma nelfrattempo, qualcosa gli mancava. Un vuoto interiore che gli perforava il cervello tutte le notti. E si sarebbe placato solo se fosse stato ricolmato. Ciò avvenne, ma prima avrebbe fatto conoscenza di un macabro spirito di voci e corpi furiosi e ardenti d’odio. Uno spettro che aveva tentato di ucciderlo. E ci sarebbe riuscito, se non fossero intervenute le Tre Sorelle della Rosa, che con una strana maledizione avevano rispedito le anime in pena da dove erano venute e avevano reso sicuro il ragazzo. In quel preciso istante, subentrò nell’intricata ragnatela di sensazioni la gioia. Qualcosa in sé stesso e nel mondo che lo circondava era cambiato. Perfino nelle tre donne c’era una nuova luce, un riflesso di speranza nei loro occhi, che prima d’allora non v’era mai stato.

Tra tutti questi, qual’era il vero sentimento a padroneggiare nell’anima di Hao?

Cosa provava veramente? In che cosa credeva? Chi era diventato Hao Asakura del villaggio di Namash?

*

Nel Castello Invisibile era cambiato, su questo aveva ragione. Era l’unica cosa veramente certa nella confusione che s’era impadronita della sua mente. Lui era cambiato. Se questo lo avrebbe portato alla vita o alla morte lo avrebbe scoperto solo più avanti…

*

“E’ il quadro più fantastico e interessante che avessi mai visto!” esclamò eccitata Mathild, saltando in piedi e battendo le mani. Hao si voltò stranito. Di che parlava? Non aveva posato nemmeno la matita sul foglio! Si voltò di nuovo e non credette ai propri occhi: aveva terminato un quadro complesso e colorato, rappresentante gli oggetti più strani e vari e in posizioni assurde. Osservandole attentamente, Hao capì che si trattava veramente di ciò che provava. Tutto aveva, nella sua confusione apparente, un senso. Perso com’era nei suoi pensieri, non si era nemmeno accorto di aver pitturato. Spalancò la bocca, ma tutto ciò che ne uscì fu un balbettato “Incredibile… ” Marion guardò la tela con aria critica, per poi affermare con un mezzo sorrisino “Non c’è male…”Kanna esclamò “E’ un po’ strano. Ma mi piace! E’ un pezzo davvero interessante… Sarebbe curioso tentare di analizzare per bene tutte queste tue sensazioni rappresentate…” sfiorò appena con le dita la superficie del dipinto, e Hao potè vedere da vicino quelle iridi così cristalline. Credette di rimanere abbagliato. Lo sguardo di lei si posò su di lui e le loro iridi si incrociarono ancora una volta. Come tempo prima nella Stanza di Cera. Ma ora era diverso. Non percepì alcun presagio di morte. Solo un’intenso calore in fondo al cuore. “Prenderemo questo quadro con noi e lo conserveremo come un oggetto di rarità ineguagliabile” affermò Kanna afferrando con delicatezza la tela, dopo aver distolto lo sguardo da Hao. Tutte e tre presero il dipino arrotolandolo su sé stesso, e poi Marion esclamò “Accidenti! E’ già ora di cena! Il tempo trascorre incredibilmente veloce qui nel Giardino dei Sussurri…” Hao era ancora troppo tramortito per parlare. Ogni secondo che passava si sentiva più confuso. “E’ meglio se usciamo di qui, ora” affermò Mathild.

*

I quattro uscirono dalla stanza ritrovandosi in un corridoio del Castello, e in quel momento Hao si fermò di colpo con sguardo scuro in volto “A che gioco state giocando?” le tre si voltarono verso di lui sorprese dalla domanda improvvisa. Il ragazzo continuò con fermezza “Io non capisco più cosa mi stia accadendo. Prima vi odio, e poi sento di non poter vivere senza di voi. Sono costantemente adirato o rilassato, e ancora non sono riuscito a capire cosa mi stia accadendo intorno. Avverto che il pericolo si trova dietro ogni angolo e che potrei presto andare incontro alla morte, ma allo stesso tempo sento che non può accadermi nulla perché protetto da un’energia superiore. Ho paura di voi perché sento che un giorno verrò ucciso da voi e da ciò che rappresentate. E ho fiducia in voi perché so che sarete voi stesse a salvarmi da quella uguale entità. Tutto ciò non ha senso, ed è alquanto irritante per me. Perciò adesso vorrei tanto avere delle spiegazioni plausibili da voi, che mi dovrete spiegare innanzitutto perché accidenti mi trovo qui, e in secondo luogo cosa diamine succede qui nel Castello quando cala il sole”

Le ragazze lo fissarono vagamente turbate per un tempo interminabile. Il silenzio aleggiava tumultuoso e il ragazzo stava immobile a fissare le Streghe con decisione, sollevato finalmente di aver tirato fuori tutto il suo disagio di quei giorni. Kanna chiuse gli occhi pacata, mentre mormorava “E’ giusto che tu abbia dei dubbi, ma non sei ancora pronto per scoprire la verità” Hao si sentì mancare: ribolliva di rabbia per quella irritante risposta, ma non riuscì a trovare le parole per esporla in maniera realmente offensiva. Mathild abbassò lo sguardo senza fiatare, mentre Marion, visibilmente la più turbata di tutte, diceva in fretta “Questa sera ci ritireremo nella nostra stanza… E tu, Hao, faresti meglio a dimenticare queste tue curiosità” “Ma io…” “Cerca di capirci. Non saresti più al sicuro. Ora vai a cenare nella cucina di Manta e poi fila nella tua stanza prima che cali il sole” tagliò corto Kanna. Hao non aveva intenzione di essere trattato come un bambino capriccioso, e fremente d’ira esclamò “Bene! Perfetto! E questo è tutto ciò che sapete dirmi, vero?! Io rischio la vita e la mia identità e voi fate le indifferenti!! Che vi importa a voi?!! VOI SIETE LE REGINE QUA DENTRO E LE REGOLE LE DETTATE VOI, DICO BENE?!!” Kanna mormorò tranquilla “Ora calmati, per piacere” “NO CHE NON MI CALMO!! SIETE STATE FURBE, MI COMPLIMENTO CON VOI! CI ERO QUASI CASCATO… TUTTE QUELLE CARINERIE E QUELLE RASSICURAZIONI, SOLO PER DEVIARMI DAL VERO PROBLEMA, PER IMPEDIRMI DI CONCENTRARMI SU CIO’ CHE MI STAVA ACCADENDO INTORNO!! FORSE ALLORA ANCHE QUESTO INSPIEGABILE (PERCHE LO E’, POTETE GIURARCI) AMORE CHE PROVO PER VOI E’ SOLO FRUTTO DI UN VOSTRO INCANTESIMO! NON MI STUPIREBBE, SAPETE?? E NELFRATTEMPO CHISSA’ QUALE OSCURO PIANO STATE TRAMANDO, ALLE MIE SPALLE, SUL PESO DI MIGLIAIA DI INNOCENTI!! BEH, IO SONO STUFO DI QUESTA FALSA ATMOSFERA DI FELICITA’, PERCHE’ E’ FALSA, ORMAI QUESTO E’ CHIARO!! E’ FALSA E INGANNATRICE PROPRIO COME VOI CHE NON AVETE FATTO ALTRO PER TUTTA LA VITA!!!!” Un colpo secco e tagliente zittì Hao, che rosso in faccia e stordito dall’ira si trovò con il viso girato di lato, colpito da un sonoro schiaffo di Kanna. La Strega stava di fronte a lui e lo fissava negli occhi, severa, il volto inscurito da un’espressione di sdegno. E così era per le altre due, immobili a fissarlo visibilmente colpite nell’orgoglio e non solo quello. “Tu non sai nulla di noi e di cosa abbiamo fatto nella nostra vita, sciocco ragazzino. E ora vai a cenare per poi filare nella tua stanza, come ti avevo detto” affermò secca e fredda Kanna, come non lo era mai stata fino ad allora. Hao la fissò per numerosi secondi alquanto scosso, anche se ancora pieno di rabbia. Incrociò gli sguardi di tutte e tre per poi voltarsi bruscamente e avviarsi verso il termine del corridoio.

*

Ribolliva di rabbia e ormai sapeva che l’avrebbe fatto. Non potevano permettersi di trattarlo come un incosciente indegno di conoscere una verità che lo riguardava in prima persona. Aveva preso una decisione e ormai non tornava più indietro: quella notte avrebbe cercato nuovamente il corridoio della famosa Porta. E, a costo della vita, avrebbe fatto di tutto pur di penetrare in quella stanza.

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Capitolo 10
*** Il Tranello dell'Angelo Spinato ***


§§**…Life Without You… Is Chaos…**§§

§§**…Life Without You… Is Chaos…**§§

Il giovane era talmente infuriato che non volle nemmeno andare a mangiare nella cucina di Manta. Chocolove era enrato in camera sua sbucando da una parete, e con tono sorpreso aveva esclamato “Ma Signore! Le Padrone erano di pessimo umore questa sera, se venissero a sapere che non vi ho fatto mangiare di sicuro scatenerebbero la loro furia su di me!” Hao disse brusco “Allora dovrò dir loro che sono stato io a rifiutarmi, e che tu non avresti potuto fare altrimenti” Lo Spirito insistette “Suvvia, cosa vi costa? Solo cinque minutini, e poi sarete libero di stare per conto vostro quanto vorrete!” “Ho detto di no. Che vengano loro a punirmi di persona…” Un soffio di vento improvviso spalancò la porta, e le tre familiari figure entrarono nella stanza in riga, con espressioni scure e sinceramente depresse in volto. “Ora basta, Chocolove. Il tuo compito lo hai fatto, lasciaci soli” disse secca Kanna. Lo Spirito sembrò visibilmente preoccupato, e dopo aver lanciato una rapida occhiata a Hao, scomparì attraverso la parete. Un fruscìo di iantine alle sue spalle fu addocchiato dalle tre ragazze che dissero “Violette, dovete scomparire anche voi. Perdonateci…” I piccoli fiori rientrarono un po’ delusi nel vaso, come a inculcarsi nella terra, e pian piano sparirono anche loro dalla vista dei presenti. Il ragazzo stette immobile con gli occhi posati sulle tre donne, che al contrario avevano le iridi fisse sul pavimento. Hao lesse nei loro occhi qualcosa di strano, di dolce, di interiormente mortificato. Per un attimo uno strano tuffo al cuore lo fece indietreggiare di poco, e una strana pulsazione di sangue eccitato alla ferita gli fece pensare per un attimo di lasciar perdere l’odio che provava per loro. Ma poi scosse il capo violentemente, deciso a non volerci ricascare.

“Volevamo porti le nostre scuse” mormorò Marion spezzando il raggelante silenzio. Hao fece una lieve smorfia della bocca “E’ tardi. Non si torna più indietro…” Mathild disse con un lieve tono di supplica “Hao, come fai ad essere così cieco?! Lo capisci che se ti dicessimo veramente le cose come stanno saresti in grave pericolo?!” Hao sbottò “Cieco io?! Hai ragione, lo sono stato, ma per quell’attimo di vita in cui credevo che voi per me valeste qualcosa!” Le tre ragazze abbassarono lo sguardo mordendosi le labbra, stringendo forte i pugni. “Non eri sotto un nostro incantesimo… Non in questi ultimi giorni…” Hao sbarrò gli occhi “Che vuol dire ‘in questi ultimi giorni’?!! Oh, no… Non ditemelo, forse renderebbe le cose peggiori…” Il ragazzo si mise una mano alla fronte, improvvisamente sudata. Kanna disse con un lieve tremore nelle labbra “All’inizio, nei primi tempi, la tua personalità era nelle nostre mani e abbiamo creato in te un legame stretto, per assicurarci di poterti tenere d’occhio in qualsiasi occasione” “Probabilmente è per questo che quando ci siamo dovute assentare dal Castello hai sentito un’enorme senso di incompletezza interiore, e quando invece siamo tornate da te non avresti voluto più separarti da noi…” aveva aggiunto Marion. Hao non poteva credere alle proprie orecchie “C-cos… Cosa?!! Bene… Bene… BENE!!” ormai la collera era così impressa che c’era una nota stonata di isteria in lui, nel suo tono di voce, nei suoi movimenti. “Ma da quando hai detto quella frase, Hao, abbiamo deciso che ormai eri pronto per essere vincolato dal nostro potere, perché ci avevi infuso nell’anima una sicurezza profonda…” Kanna aggiunse alle parole di Mathild “Sei stato il primo dopo lunghi secoli di amarezza e solitudine a farci sentire così… Sapevamo che sarebbe successo ma non credavamo saresti stato davvero tu…O perlomeno, io non ne ero ancora convinta…” gli occhi della ragazza luccicavano del loro azzurro cristallino, la voce era diventata decisamente disperata. “Ma sei stato tu con quella tua richiesta di farci restare al tuo fianco che ci hai fatto prendere una decisione: da quel momento non avremmo più avuto alcun influsso su di te” affermò Marion. Hao ormai era nervoso al massimo, la ferita tuttavia stava smettendo di fare male. Si bloccò un istante dal suo irritante gironzolio per dire con voce balbettata e confusa “Sì… Oh, sì, certo… Ora… Ora voi volete convincermi che è così… Che ciò che ho provato in questi giorni era dettato dalla mia anima e non dal vostro incanto… Ma io non sarò così stupido da cascarci di nuovo…” Kanna chiuse solenne gli occhi “Libero di crederci o no…”fecero una lunga pausa, durante il quale sembrò che nessuno di loro respirasse. Hao ormai non sapeva più a cosa credere. “Beh… Apparte che per sconvolgermi nuovamente la vita per la seconda volta, cosa siete venute a fare qui?” Mathild disse improvvisamente cupa “Per impedirti di fare la più grande sciocchezza della tua vita…” Il giovane alzò di scatto gli occhi verso di loro “Se questa notte uscirai dalla tua stanza e tenterai di varcare la porta del Corridoio di Stella Ponente morirai… E con te l’intero Castello e le nostre anime immortali…”

*

Hao era rimasto impietrito di fronte alle tre Streghe, che con un tale sangue freddo gli avevano fatto una rivelazione così sconvolgente. Lo fissavano anche loro, e per la prima volta le iridi di tutti e quattro si incrociarono sprigionando le mille emozioni che trasparivano dai loro cuori. “Che significa…?” mormorò Hao con il respiro corto. “Tu sei una persona troppo importante per noi, Hao… Se farai ciò che hai intenzione di fare stanotte, ogni istante di vita che avremo dedicato solo e unicamente a questo momento, non varrebbe più nulla… E moriremmo in un’agonia di disperazione e sofferenza, trasportandoci dietro l’intero Castello e tutti i suoi abitanti…” Il ragazzo posò lo sguardo a terra, immobile, sconvolto “Io…non capisco…” “E’ naturale che per te sia difficile comprendere” disse Marion con lo sguardo coperto dalle ciocche bionde. Mathild esclamò brusca, quasi piangente, supplichevole “Ma tu devi assolutamente ascoltarci! Non devi uscire dalla tua stanza, non devi avvicinarti al Corridoio di Ponente Stella, non puoi morire, Hao!!! Non ora! Non ora che ci eravamo così vicini!!” Il ragazzo rialzò nuovamente lo sguardo, che per il suo stupore si era arrossato così tanto da fargli male “Vicini? A cosa? Dannazione, cosa?!!””Non possiamo dirtelo!!!” i toni di tutti si erano alzati, l’atmosfera si era fatta più tesa, i cuori soffrivano e si allontanavano, e in quel subbuglio di emozioni Hao lanciò un urlo scagliando un oggetto sul comodino contro un quadro sopra il suo letto, facendolo cadere a terra frantumandosi in miriadi di schegge vetrate. Le tre Streghe non si smossero di un millimetro, rimasero solo silenti a sguardo buio, coperto dalle spettinate ciocche di capelli di fronte ai loro perfetti visi. Hao era ormai prossimo alle lacrime, furioso, e fissò le ragazze a lungo coi denti digrignati, il fiatone. “Perché…?” riuscì a mormorare dalle labbra secche. “Perché avete voluto che mi succedesse?” continuò, stringendo gli occhi “PERCHE’ IO, DANNAZIONE??!! CHE COSA VOLETE DA ME??!!” Non attese risposta, si allontanò dalla stanza correndo a più non posso, gli occhi preoccupati dei fiori puntati tutti sopra di lui, Chocolove che lo cercò di fermare invano, Manta che dalla cucina lo osservava pieno d’ansia, mentre le tre esili fanciulle non proferirono parola, si misero composte a raccogliere ogni singolo pezzo di vetro, in silenzio.

*

Corse a più non posso, senza comprendere più nulla, la sua identità, il senso alla sua vita… Cosa gli era capitato? Sapeva che si trovava lì per un motivo, ma non lo conosceva ancora. Si strinse l’avambraccio sinistro ancora così dannatamente doloroso, desiderando di poter fuggire una volta per tutte da quel posto, poter buttarsi alle spalle tutto ciò che gli era successo dal momento che aveva accettato le condizioni delle tre fanciulle approvando la sua permanenza lì. Maledizione, che errore! Ma non avrebbe potuto fare altrimenti… D’un tratto ripensò a suo fratello, al suo villaggio, si ricordò tute quele cose della sua vita precedente che con quei giorni passati assieme alle Streghe aveva dimenticato. Tutte le persone conosciute, gli animali, le piante… E il mondo, il meraviglioso vecchio mondo! Il profumo degli alberi, dell’aria fresca delle campagne, il rumore dello scorrere dei fiumi! Si bloccò di colpo. Li sentiva. Quegli odori, quelle sensazioni, li poteva sentire. Era come immobilizzato, sapeva dove si trovava: voltandosi lievemente vide la finestra che aveva visto durante i suoi primi giorni al Castello. Quella finestra tanto inquietante. Vi si avvicinò a lento passo, e potè notare che il paesaggio era lo stesso che aveva visto la prima volta. Perfetto, intoccabile. Da quell’esatto istante, non capì più nulla.

*

Aveva aperto la finestra, colto dalla disperazione più totale, si era messo in piedi sul davanzale. Guardò in basso: distava dal terreno circa trenta metri. Forse di più. Sarebbero bastati. Cercò di calcolare la distanza da lui al piccolo torrente che scorreva in mezzo alla pianura, tentò di intravedere il punto dove vi erano più sassi e rocce appuntite. Ma sì, più comodo lasciare il lavoro sporco a loro. Il vento gli attraversava i lunghi capelli bruni, lo percepiva sulla pelle. La luce del sole che tramontava gli si poteva riflettere sulle scure iridi. Una lacrima gli attraversò il volto. Un angolo del labbro gli si incurvò in un amaro sorriso. “Sono fortunato a poter morire di fronte a un tale meraviglioso spettacolo…” mormorò. Una vocina isterica e supplichevole alle sue spalle lo fece sobbalzare “No!! Signor Hao, non potete farlo!!!” era Manta. Hao lo fermò con un gesto della mano, dicendo tranquillamente “Ormai la mia vita ha preso una piega che nemmeno io so spiegarmi. Un dolore che mi opprime, un’angoscia continua… Riflettendo, mi sono accorto che anche se ora tornassi al mio villaggio non sarei felice. Non lo potrò mai essere. Nemmeno tempo fa, quando mio fratello c’era ancora, mi sentivo veramente felice. Ogni mattina, appena sveglio, mi guardavo intorno e mi chiedevo ‘Perché io vivo? Qual è lo scopo della mia esistenza?’ e indovina un po’: non riuscivo mai a darmi risposta. Vedendo tutto ciò che il mio adorato fratello gemello dventava e guadagnava col tempo, mi amareggiavo nel pensare che io non lo avrei mai potuto possedere. Lui aveva una moglie, io no. Lui aveva tanti amici, io no. Nostra madre prima di morire aveva guardato negli occhi lui, non me. Era lui il vero favorito tra noi, in tutti i sensi. Dove lui aveva successo, io fallivo miseramente. Sono partito per questo viaggio nella speranza di dimostrare che anch’io valevo qualcosa… Lo volevo dimostrare a chiunque mi circondava, ma prima di tutti, a me stesso. E invece, guarda un po’ dove sono finito? In un inferno senza uscita dove mi trovo a odiare qualcuno che si ostina a proteggermi e amarmi. Non è questo che volevo, amico mio, non è questo. La vita può darmi molto di più, la vita che mi aspetta dall’altra parte forse potrà rendermi un uomo migliore… Per cui ho deciso che non mi fermerò… Devo farlo per il bene di tutti. Sono sicuro che le Streghe saranno abbastanza forti da resistere, Manta, mio speciale amico… Addio…E grazie per le cene…”

Lo aveva detto sorridendo scherzoso, come se non stesse per fare davvero ciò che stava per fare. Fu un attimo. Un silenzioso istante, in cui i suoi piedi si staccarono dolcemente dal davanzale per cedere al peso dell’aria, del corpo, che solenne si lasciava precipitare. Chiuse gli occhi, non disse nulla. Manta aveva urlato, ma lui non poteva più sentirlo. Il terreno si avvicinava a lui ogni millisecondo che passava. La lacrima che prima gli rigava il volto ora volava verso l’alto inesorabile, con il battito cardiaco sempre più affannato unico suono di sottofondo in mezzo a tutto quell’assordante silenzio. Era tutto finito. Un istante ancora, e tutto sarebbe finito. Era giusto così. Non aveva mai tirato fuori le sue angoscie interiori come aveva fatto poco prima con Manta. Ne era contento: perlomeno si era tolto questo peso. Diede il suo ultimo addio al mondo e alla vita, sorrise, compiaciuto del suo vigliacco gesto. Finalmente avrebbe scoperto come si viveva all’inferno…

*

Ma qualcosa non andò come lui aveva previsto.

*

Una mano.

Una mano si era levata verso di lui, dall’alto. Rosea, minuta, esile, aggraziata. Piccola mano di donna che afferrava la sua afferrandola con una stretta che gli parve di fuoco. Un’intensa luce a quel contatto si impadronì della sua pelle, propagandosi dalla mano al braccio e così lungo tutto il corpo. Per un attimo fece più male di qualunque altra cosa avesse provato. Poi, il dolore si trasformò in pura energia che interruppe il suo cadere. Il tempo parve essersi fermato. Alzando le iridi sconvolte, vide un’altra mano afferrarlo, mentre tre figure erano aggrappate le une alle altre per salvargli la vita. Pianse amare lacrime per alcuni secondi, chiedendosi il perché di quello stupido, insensato, maledetto gesto. Avrebbe potuto finirla lì, chiudere la aprtita, e invece erano intervenute quelle maledettissime ragazze a salvarlo, ancora una volta. E questo stupido, maledettissimo fatto gli infuse un’improvvisa gioia e entusiasmo di vivere.

*

Si aggrappò stretto alle mani che lo avevano afferrato, guardandosi bene dal mollare la presa, mentre sentiva il suo peso rialzarsi verso il davanzale della finestra aperta a uno scenario ormai buio e notturno. Quando fu in salvo, Hao si accorse di essere stretto in un abbraccio profondo da parte delle tre Streghe, e la cosa lo emozionò intensamente. In quei pochi attimi, era successo qualcosa di straordinario. Ma non sapeva ancora spiagarselo.

*

“Oh, mio Dio! Ci è mancato davvero incredibilmente poco! Signore… Oddio, se non fossimo arrivate in tempo, Hao!” le voci delle ragazze erano incredibilmente ansiose, e tutte e tre stavano piangendo, difficile dire se di gioia o disperazione. Manta era immobile a bocca aperta, ma visibilmente entusiasta. Hao era scombussolato e incredibilmente confuso, si guardò intorno vedendo che nonostante il sole fosse tramontato nulla nel Castello era variato. E le Tre Streghe della Rosa non si erano ancora staccate da lui. Quando finalmente si allontanarono, avevano i volti incredbilmente rossi e visibilmente distrutti, ma dei larghi sorrisi le illuminavano. “Quanto abbiamo avuto paura di perderti!” aveva mormorato Marion, coprendosi la bocca per soffocare un gemito di pianto. Il ragazzo non sapeva perché, ma si sentiva incredibilmente bene e in pace con sé stesso. “Ma… Io… Perché lo avete fatto? E come ci sono finitlo lì… Io… Cosa diamine è accaduto?” balbettò confuso, sentendo l’avambraccio sinistro finalmente riappacificato, con il sangue che scorreva tranquillo e regolare nelle vene. Kanna disse con voce rotta e sorniona “Il Tranello dell’Angelo Spinato, così è chiamato quel luogo…” Hao si voltò verso la finestra “Chiunque vi arrivi, se in un momento disperato della sua vita, altro non desidera che buttarvicisi, porre fine a tutto. Solo chi è veramente forte d’animo può sfuggirgli…” Il ragazzo la guardò incredulo. Notò che erano tutte incredibilmente emozionate, e si guardavano le mani felici “Ragazze, è successo! E’ successo!!” esclamò eccitata Mathild. Hao le fissò sbalordito, e Marion di tutta risposta gli spiegò emozionata “Il contatto fisico ci era stato privato ormai da secoli… Avevamo il divieto di toccare qualunque essere umano, se non con la violenza, e di conseguenza non abbiamo più sentito sulla nostra pelle il calore dell’affetto amorevole per molto tempo…” “Ma qualcosa in te e in ciò che stava per accaderti deve aver spezzato la condizione di questo maleficio!” aggiunse Mathild. “Perché il Castello non è cambiato?” mormorò Hao, con un filo di preoccupazione nel tono di voce. Le tre Streghe si guardarono attorno come accorgendosi improvvisamente di qualcosa di grandioso... Ma al contempo portatore di disgrazie... “Oddio… Ha ragione lui… Oh cielo, ragazze, che sia…” si fissarono, stavolta incredibilmente turbate. Notarono che Hao le squadrava tentando di capire, e si sforzarono di sorridere in sua direzione “Siamo contente di essere riuscite a salvarti, Hao…” Il ragazzo fissò a terra, per poi mormorare “E’ la seconda volta che mi rapite dalle mani della morte. Per quanto ella possa essere così attratta da me e dal mio animo in pena voi vi dimostrate sempre più forti di lei… E di me…” le ragazze lo guardarono illuminandosi. Hao fece un risolino divertito e al contempo sconvolto “Tsk… E’ buffo… Coloro che credevo odiare di più al mondo… Mi hanno salvato l’anima… Distruggendo il dolore che mi pervadeva…” Mathild, Marion e Kanna si guardarono piene di gioia, mentre Manta sorrideva da ebete nell’angolo della stanza. “Finalmente ho provato sulla mia pelle… L’amore di delle persone che tenevan veramente a me, nel bene e nel male. E per questo,mi sento in dovere di chiedervi scusa…” Il volto del ragazzo si alzò, mostrando un luminoso e raggiante sorriso “E vi dico grazie”

Di nuovo. Di nuovo quel calore. Quella meravigliosa scintilla di speranza in fondo al cuore. Mentre l’intera flora del Castello lo abbracciava esultante, con Manta e Chocolove in testa, Hao aveva sentito di nuovo quel barlume di fuoco che in lui si accendeva riscaldandogli il cuore. Era ancora più vicino dell’ultima volta.

Ma allora… perché…?

…perché questa paura così opprimente era aumentata sullo sfondo del suo cuore?

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Capitolo 11
*** La Sala del Sogno di Musica ***


§§**… Darkness doesn’t Scare Me… Is Light, now… That Frighten Me…

§§**… Darkness doesn’t Scare Me… Is Light, now… That Frighten Me….**§§

Castello Invisibile – Giorno 23

Non si era mai sentito così libero e felice. Ogni suo dubbio oramai era sparito nel nulla, le sue confusioni, le sue angoscie, tutto parve essere stato cancellato, come in un antico incubo ormai gettato alle spalle. Non pensava più nemmeno alla paura intensa che gli oscurava l’anima ogni giorno che passava, perché aveva dentro una tale energia positiva che nulla lo poteva distaccare dal suo innocente sentirsi bene. Aveva ricominciato a passarsi delle allegre giornate assieme ai suoi amici, Manta si era addirittura avventato su di lui piangente appena entrò a cenare da lui la sera dopo l’incidente al Tranello dell’Angelo Spinato. Le Streghe erano ugualmente felici, o almeno così dimostravano di essere, eppure celavano dietro allo sguardo delle strane e cupe espressioni di terrore.

Hao non ci faceva più molto caso, ormai passava con loro pomeriggi interi, faceva con le tre fanciulle lunghe chiacchierate sulla storia dell’arte e della pittura, mangiava con loro. Quel pomeriggio, si trovava nella cucina di Manta e le tre Streghe erano sedute dinnanzi a lui, come durante il primo giorno al Castello. Tutte portavano degli abiti lunghi ed elegantissimi. Mathild aveva i corti capelli rosso chiari legati in una pettinatura fantasiosa e raggiante, con le piccole rose gialle che vi si inculcavano armoniose come sempre. Marion aveva raccolto i lunghissimi capelli biondi in una treccia portata di fronte a sé, e le rose blu a farvi da contorno. Kanna aveva invece i lunghi e lisci crini blu sciolti, liberi, solcati da rose rosa favillanti e luminose. Hao si guardò il vecchio abito pulito nuovamente dalla campanellina, e pensò che in loro confronto era davvero messo maluccio. Mathild ridacchiò nel vedergli fare un simile gesto, e disse allegra “Non sentirti inferiore, mio caro Hao. L’abito non riflette la propria anima…” tutte fecero un’aria malinconica, e Hao decise finalmente di cogliere il silenzio per porre una domanda che lo incuriosiva da parecchi giorni.

“Le mani…” le tre fanciulle alzarono lo sguardo sorprese. “Le mani rappresentate nei quadri… Vanno a raffigurare il vostro desiderio di contatto umano. E’ per questo che ve ne sono per tutto il Castello, vero?” aveva lo sguardo basso sul piatto fumante che aveva di fronte. “sì, è così. Desideravamo da lunghi secoli molto ardentemente il contatto con qualcuno… Ma ci era impossibile… Noi… Il nostro destino… “ Marion strozzò le parole in un lieve gemito di tremore. Il ragazzo le fissò preoccupato “Non siamo nate per essere felici, Hao. Un giorno lo capirai anche tu…” disse infine Kanna, con gli occhi di ghiaccio posati sul legno del tavolo. Il giovane si era alzato in piedi. Le tre fanciulle lo videro avvicinarsi a loro a sguardo basso, non capendo il motivo di tale azione.

Quando giunse di fronte a loro, strinse i pugni lungo i fianchi e abbassò lo sguardo. “Hao, ma cosa…” Mathild non riuscì a terminare la frase, perché Hao aveva preso dolcemente la sua mano nella propria. La ragazza ebbe un sussulto, chiaro segno del non essere abituata a una tal cosa. Nella propria mano, il ragazzo prese anche quella di Marion, che con occhi lucidi si morse un labbro per non tremare. Una terza mano, quella di Kanna, venne afferrata con incredibile dolcezza dal giovane Hao, che sempre con sguardo basso e coperto dalle ciocche di bruni capelli strinse appena le esili mani affusolate nelle sue, avvertendo chiaramente i sussulti di tutte e tre. “Hao…” aveva mormorato con un gemito Kanna. Quella sensazione… Quel contatto a loro tanto sconosciuto le pervase… Hao lo poteva percepire a pelle. Non le aveva ancora guardate in faccia. Ma doveva farlo, doveva aiutarle a superare questo loro blocco. Come loro avevano salvato lui dall’eterna infelicità, lui ora doveva salvarle dall’eterna solitudine.

Si chinò verso le tre piccole mani, e con le labbra andò a sfiorare le fredde e pallide pelli, per un istante di fuoco che durò per un’eternità.

*

Delle lacrime lievi erano scese dalle palpebre delle tre donne, immobili a fissare increduli la scena. Inesperte e emozionate, come la prima notte di passione per delle giovani vergini, come un salto nel vuoto che prima d’ora non avevano mai osato fare. Hao allontanò il viso dalle tre piccole mani, riponendole con dolcezza e rialzandosi a sguardo sempre scuro. Non sapeva nemmeno lui spiegarsi bene il motivo del suo gesto, ma lo aveva fatto perché sapeva che era giusto farlo.

“… Hao…” mormorarono nuovamente, con un fil di voce. Il ragazzo sapeva di essere arrossito, ma non dava segno di voler alzare lo sguardo. “Grazie” disse infine Kanna, mentre tutte e tre stringevano a sé le mani appena toccate dal ragazzo, come un oggetto prezioso dal quale non avrebbero più voluto separarsi. Hao si voltò nervoso e imbarazzato, emettendo un borbottìo che doveva suonare come un ‘ma vi pare…’ Manta, dall’angolo della cucina, aveva osservato tutto in compagnia di Chocolove, e i due si diedero il cinque trionfanti.

*

“Vorremmo invitarti in un posto speciale, questa sera…” mormorarono le tre fanciulle quando furono fuori dalla stanza. Hao si voltò verso di loro ancora rosso in faccia. “Un posto speciale?” domandò incuriosito. Mathild sorrise appena, dicendo “Le Violette Veritiere ti indicheranno la via per la Grande Sala del Sogno di Musica, ti aspetteremo lì…”Il ragazzo sbattè le palpebre sbalordito “Sogno di Musica? Non sarà una specie di sala da ballo?” Le tre ridacchiarono appena, e con voce armoniosa annuirono dicendo “E’ così. Questa sera vedrai…”

Hao si allontanò per il corridoio diretto alla sua stanza. Aveva le mani portate dietro alla nuca e fischiettava allegro. Allegro come non era mai stato. Buffo. Non si era mai sentito tanto in pace. La ferita non gli pulsava più da molti giorni, e tutto pareva ormai chiaro e limpido. Aveva accettato di non essere ancora pronto a sapere la verità sulle Tre Streghe, perché aveva imparato a rispettarle e a fidarsi di loro. Proprio così. LUI SI FIDAVA DI LORO. Ancora quel calore…

*

“Oh, Signor Hao, è una notizia talmente eccitante!!” esclamarono le Violette nonappena Hao spiegò loro il luogo dove lo avrebbero aspettato le tre ragazze. “Di che stanza si tratta, con precisione?” chiese il ragazzo ancora nel mondo dei cieli, con sguardo vacuo e aria sognante “Oh, è una delle Stanze più romantiche del Castello! Vi entrano le anime innamorate e il loro amore prende forma in una musica celestiale che li accompagna in un ballo entusiasmante!” spiegò in fretta e emozionata una delle piantine. Hao non credette alle proprie orecchie “Ma io… Io non sono sicuro di essere innamorato di loro… Insomma, non ho mai fatto un’affermazione del genere…” era arrossito di nuovo. Le Violette ridacchiarono esclamando “Beh, in ogni caso questa sera lo scoprirai! Più un amore è puro e reale più la musica acquista bellezza e fantasia. Se invece l’affetto di una persona non è corrisposto, o i tipi di sentimenti provati sono totalmente differenti se non opposti gli uni agli altri, i suoni creati risultano un insieme di rumori senza senso, che mettono disagio, o addirittura aprensione…” Hao abbassò lo sguardo. Quella cosa lo innervosiva: cosa avrebbe fatto se avesse scoperto davvero di amare quelle tanto letali ma incredibilmente irresistibili dame, e cosa se avesse al contrario scoperto di non provare nulla per loro? Per la prima volta, dopo tanti giorni di serenità, si mise davvero paura.

E non era per misteriose porte o sangue colante da una parete, o strani sacrilegi… No. Era per un motivo molto più vicino a sé. L’amore che provava per quelle persone… Quella sera avrebbe finalmente ricevuto una risposta a tutte le sue domande riguardanti quei sentimenti… E la cosa lo sconvolgeva…

*

Era quasi ora, ormai. Il ragazzo gironzolava avanti e indietro nella sua stanza con mille pensieri che gli affollavano la mente. Non ci capiva più nulla. Odiava o amava quelle tre fanciulle? Voleva ucciderle o svestirle? No, no. Ciò che provava era qualcosa di diverso, di molto più complesso di un semplice desiderio carnale… Non vi erano parole per descriverlo.

Hao fissò la sua immagine nello specchio perfettamente limpido. Non si era preparato in alcuna maniera. Come poteva andare all’appuntamento in quelle condizioni? I capelli erano spettinati, il vestito sgualcito, la faccia sconvolta. Non si era nemmeno fatto un bagno. D’un tratto, vide entrare nella sua stanza la familiare lucina azzurra, e con un sorriso esclamò “Campanellino! Che fortuna, avevo giusto bisogno di te…” ma non riuscì a terminare la frase che il fiore si mise sull’attenti mostrando una tabella di marcia per renderlo un attimino più presentabile. Chocolove attraversò la parete annunciando “Servizio ‘Look Ultra Shic’ entra in azione, Signore. Scusate il ritardo, ora vi conceremo ben bene per le feste…” Hao deglutì ridacchiando. Si fece il bagno più rapido che avesse mai fatto in una principesca vasca rifinita d’oro. Si sciacquò ovunque, aiutato da laboriose piante acquatiche. Si diede una bella lavata ai capelli, e poi venne letteralmente trascinato fuori dalla vasca per essere asciugato per bene e vestito il più elegantemente possibile. Pantaloni lunghi neri, giacca scura e merletti d’ogni genere, mentre i capelli vennero raccolti in una lunga coda. “Signore, non avete mai pensato di tagliarveli corti? Potreste farveli afro come i miei!!” esclamò Chocolove con un sorrisone a 32 denti, mostrando la folta chioma nera. Hao scosse la testa “Neanche per sogno! I miei capelli non si toccano!”

Dopodichè fu ben ricoperto di profumo, e l’effetto fu di un Hao completamente a nuovo, lavato, asciugato, stirato, profumato e ricamato. Impeccabile. “Perfetto!” esclamarono le Violette con degli smaglianti sorrisi. Anche Chocolove annuì soddisfatto del lavoro svolto. La Campanula faceva numerose giravolte nell’aria emettendo numerosi tintinnii eccitati. Era venuto buio, e un orologio suonò. Lenti e lunghi rintocchi, prolungati e tremuli. “E’ ora!” esclamò lo Spirito saltellando sul posto. Hao sentì il cuore in gola. “Io… non so se me la sento…” mormorò impacciato. Ci fu un sussulto generale di disappunto “Non vogliamo sentire storie! Vi abbiamo avvinghiato in una tal maniera per nulla?!” “Scacciate via tutti i vostri dubbi, siate uomo!” lo incitarono le numerose piante. Il ragazzo abbassò lo sguardo “La verità fa male…” mormorò.

*

Qualche minuto dopo, era giunto di fronte a una porta enorme e ricoperta di oro puro. Il giovane rimase a fissarla incantato, a bocca aperta, con il cuore che batteva a mille. “Coraggio, entrate!” gli avevano mormorato dietro gli amici. Hao deglutì a fatica, e con un gesto delle mani spalancò i battenti entrando nella sala più enorme e lussuosa che avesse mai visto. Enormi finestre alte e strette lasciavano intrvedere il buio del cielo e le stelle che ne solcavano l’oscurità. Pareti d’oro e mobili luccicanti, lampadari cristallini e spettacolari, pavimento tanto lucido da potervisi specchiare. Per poco ad Hao non venne un lieve capogiro a fissare l’intera stanza nella sua enorme maestosità. Finchè si bloccò, a bocca spalancata, in direzione di tre figure in fondo alla larga camera, le più belle stelle che la notte potesse avere. Le più belle rose che potessero crescere in un giardino, la più melodiosa nota che potesse esser scritta su uno spartito. Rimase così incantato a fissarle, che credette di dimenticare tutto ciò che lo circondava. L’oro, i lampadari, le finestre, la luna e le stelle, tutto era diventato buio. Solo loro, loro e nessun altro. Non vedeva più nulla, non sentiva più nulla, non fiatava, camminava soltanto in direzione di quegli angeli dalle ali bruciate, inchinandosi a loro e invitandole a ballare.

*

Sentiva i loro corpi muoversi armoniosamente attorno a lui. Prima ne teneva per mano una, poi con una giravolta si ritrovava di fronte un’altra, poi con un braccio teneva in casqué un’altra ancora. I tre angeli volteggiavano attorno a lui in maniera non più meccanica come i giorni precedenti. Erano diventate loro stesse suono, pura musica che avvolgeva ogni cuore nella sala. Come un quadro, un dipinto perfetto, i pezzi di un puzzle che si uniscono a formare una figura di senso compiuto. 4 corpi fluttuanti nell’aria, una sola anima e un solo cuore. Un unico amore. La stanza non sembrava più tanto brillante, gli oggetti dorati non contavano più nulla. Perfino i riflessi sui vetri cristallini dei lampadari erano divenuti bui. E un’intensa luce invece a circondare quel quadretto sgargiante, unico, libero, sereno. Un’unica e melodiosa armonia. Il resto non contava più nulla. E continuarono, continuarono, fino a che l’ultima goccia di notte che li circondava non cessò di cadere nell’immenso blu della notte, per dare vita all’alba.

*

Castello Invisibile – Giorno 24

Quando si svegliò, Hao non era nella Stanza del Sogno di Musica. Era nel bel mezzo di un letto che non era il suo. Le lunghissime coperte azzurre ricadevano fino al pavimento circostante, il letto a baldacchino era circondato da un velo trasparente e luminoso sotto ai raggi del sole mattutino. Si guardò intorno, capendo di essere in una stanza mai vista. Guardò a terra, e vide i suoi abiti della sera prima sparsi un po’ ovunque. Si strinse nelle coperte sentendo sulla pelle il candido contatto, arrossendo visibilmente. A terra c’erano anche i vestiti di qualcun altro. Si voltò verso l’altro lato del letto, e vi vide le visibili orme di altri corpi che vi avevano dormito. Dormito… Hao cercò di schiarirsi per bene le idee, sforzandosi di ricordare cosa aveva fatto quella notte. La memoria tuttavia aveva smesso di funzionare da qualche ora ormai. Ricordava solo quel dolce suono musicale che gli riempiva la testa, tutta quella perfetta e intoccabile armonia… Quei corpi che si muovevano intorno a lui… Oddio…

No, no, non doveva pensarci. NON POTEVA essere successo. Non sarebbe stato così avventato… A meno che… Forse un qualche incantesimo lo aveva… Ma no, impossibile. Come avrebbero potuto le tre Streghe approfittare così di lui? Sicuramente c’era una qualche spiegazione plausibile. Si alzò dalle coperte infilandosi i vestiti lasciati a terra, e camminò per qualche passo uscendo dalla stanza. C’era un balcone aperto di fronte a lui. Il sole non si era ancora levato del tutto. L’alba era appena giunta. I freschi riflessi del sole mattutino si riflettevano sulle candide vestaglie di seta che ricoprivano i morbidi corpi delle tre fanciulle, intente a osservare la stella levarsi. I loro capelli si muovevano nell’aria come petali incantati, c’era un’aria davvero fresca e frizzante. Non le aveva ancora viste in faccia. Il ragazzo, nell’osservare il paesaggio, rimase sorpreso: si trovava di fronte a un altro di quei tranelli? Oppure era una delle Stanze proibite delle Streghe tipo il Giardino dei Sussurri? Tossicchiò lievemente, e le tre voltarono lievemente i visi per poi riportare le iridi sul paesaggio di fronte a loro. “Buongiorno, Hao” Il ragazzo mormorò scombussolato “Ma che è successo? Voglio dire… Stanotte…” arrossì un poco. Kanna esitò un istante, per poi dire tranquilla “Ti interessa davvero saperlo?” il giovane rimase in silenzio riflettendo su quella ambigua domanda “Beh, io…” “Vorresti davvero scoprirlo?” domandò malinconica Marion. Hao non sapeva più che rispondere. “Ma voi… Voi ricordate cos’è successo?” Mathild disse scherzosa “Beh, diciamo che non lo ricordiamo. Sarà molto più romantico così. Non sapremo mai cosa è successo questa notte…” Il ragazzo era alquanto confuso, ma sentì improvvisamente un brivido gelido solcargli la schiena.

Mosse una mano verso la spalla di una delle tre, ma tutte si scostarono dolcemente. Un nuovo brivido percosse il ragazzo. Le aveva viste in volto, e stavano piangendo lacrime amare. “Ma… Cosa…” le fanciulle si voltarono verso di lui sforzandosi di sorridere, mentre Mathild mormorava con voce rotta “E’ un’alba davvero meravigliosa…” abbassò lo sguardo con il volto rosso di pianto, mentre Marion si era coperta il volto per strozzare i singhiozzi. Hao non riusciva a capire. “Ragazze… Ma… Che è successo?” Kanna lo guardò con un amaro sorriso, e mormorò “Hao… Non possiamo più permettere che questa storia vada avanti… La cosa sta sfuggendoci di mano” Mathild esclamò piangente “Non pensavamo che saremmo arrivate a questo punto!! Non potevamo sapere, non immaginavamo…!!” Hao sbottò improvvisamente, confuso “Cosa?! Di che parlate, perfavore, spiegatemi!” Tutte e tre soffocarono un altro gemito di pianto, finchè non si guardarono con convinzione. “E’ il momento che tu sappia tutta la verità, Hao… Noi… Non possiamo più aspettare…” Il ragazzo sentì un enorme dolore improvviso solcargli l’avambraccio sinistro. Era ancora più forte di un mese prima. Sollevò il lembo della camicia: la ferita era peggiorata. Si era creata una cicatrice davvero spaventosa. Le ragazze a quella vista indietreggiarono esclamando gemiti di terrore. Hao le fissò spaventato. Eccola. La paura che aveva dimenticato. Ora era ancora più intensa. Tremava, lo sentiva. Le Tre Streghe distolsero lo sguardo dalla sanguinosa ferita, e dissero con voci soffocate “Seguici alla stanza del Corridoio di Ponente Stella, Hao… Nel Baratro del Cristallo delle Rose avrai finalmente le risposte a tutte le tue domande…” Hao serrò le labbra. Marion sussultò “Ma siamo in dovere di avvertirti…” mormorò con un fil di voce “Ti pentirai amaramente di averle sentite…”

*

E, nuovamente, lo sentì. Di nuovo quel presagio, di nuovo quel terrore… Gli occhi di tutte e tre mutarono espressione, diventando da angelici a demoniaci. Riflessi della morte vi si potevano leggere. E lo sentì arrivargli all’avambraccio come una lama tagliente, lo sentì perforargli le vene fino a penetrargli nel cervello:

*

…PrEsAgIo… Di MoRtE…

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Capitolo 12
*** Le Rose Sono Rosse ***


§§**… All My Doubt Now Are Cancelled… But Blood Is Falling Down My Loving Eyes…**§§

§§**… All My Doubt Now Are Cancelled… But Blood Is Falling Down My Loving Eyes…**§§

Camminava ma non pensava a nulla. Né a dove era poco prima, né a dove stava andando. Non voleva pensarci. Gli avrebbe fatto troppo male. Seguiva soltanto le tre fanciulle di fronte a sé, che con meccaniche movenze camminavano allo stesso tempo verso lunghi e interminabili corridoi. Durante il tragitto, Hao aveva incrociato gli sguardi di molti abitanti del Castello, che lo osservavano a denti stretti e occhi lucidi, lanciandogli quegli sguardi tipici di chi è l’ultima volta che ti vede. Anche Manta e Chocolove l’avevano guardato così. Gli si era stretto il cuore a guardare quegli occhi così languidi posati su di lui, che in silenzio gli davano il loro addio. Ma perché, poi, avrebbero dovuto dirgli addio? Stava forse per morire? O lo shock a causa di ciò che stava per vedere sarebbe stato tale da renderlo niente più di un vegetale? Non lo sapeva. Non lo sapeva e non voleva pensarci. Distoglieva ogni volta gli sguardi posati su di lui, solo e unicamente per convincersi che tutto ciò non stava realmente accadendo a lui, ma a qualcun altro. ‘Non guardatemi, vi prego. Non mi guardate! Non sono io che sto per entrare nella più Oscura Stanza del Castello perché deve essermi rivelata una verità che forse potrei non reggere! Non sono io che potreste non rivedere mai più! Perciò vi prego, non mi guardate!!’ Questo pensava Hao quando incrociava tali sguardi.

E ogni volta, tornava sui suoi passi. Pensando solo a seguire quelle tre ragazze tanto letali che lo guidavano lungo l’intricato percorso di sale, corridoi, grandi atrii e stanzette. Fino a che il suo senso dell’orientamento scomparve, smise di funzionare, e si ritrovò a socchiudere gli occhi a causa di un improvviso capogiro misto alla nausea. Non poteva sopportare oltre. Doveva entrare nella stanza subito!

Passarono i minuti, e finalmente la sentì di nuovo: la lieve foschia di fronte e dietro di sé. Il completo disorientamento. Il corridoio che avanzava sterminato da entrambe le parti. Le tre Streghe gli si strinsero contro “Stai attento, Hao. Da qui in poi non devi staccarti da noi, qualunque cosa succeda…” Il ragazzo deglutì a fatica. L’avambraccio era un bruciore unico. Nonostante cominciasse a sudare freddo, non aveva smesso di fidarsi delle tre dame. Annuì faticosamente. Camminarono per molti metri, fino a che in lontananza comparve nuovamente la famosa porta illuminata dalla lieve luce notturna di una finestra. Le ragazze si misero attorno ad Hao accerchiandolo letteralmente, mentre avanzavano decise. Ancora non lo avevano fissato negli occhi.

Il ragazzo guardò con apprensione il legno di quella porta scura, e il ricordo di tutto il sangue che aveva visto uscirne lo fece rabbrividire. Un altro capogiro… “Hao, no! Stai in piedi, resisti alle allucinazioni e al dolore! Ti prego, tieniti sveglio!!” gli aveva urlato Mathild. Poteva a malapena sentirla, la sua voce così indistinta in mezzo alla confusione che albergava nel suo cuore. Ma nonostane ciò, recepì il messaggio, e decise che doveva continuare ad avere fiducia in loro. Non poteva cedere proprio ora. E l’agonia del povero giovane finì solo quando la mano affusolata di Kanna si posò sulla maniglia abbassandola, e il nero legno si aprì con un sinistro scricchiolìo…

*

Era dentro. Era entrato in quella stanza che la sua ferita tanto bramava. Era decisamente la più tetra e la più angosciante, e il ragazzo tanto che tremava dovette stringersi ai lembi d’abito delle tre. Le pareti, il soffito, il pavimento, tutto sembrava fatto di roccia umida e gocciolante, come trovarsi in una caverna, e ogni facciata delle liscie insenature spigolose riflettevano di energia magica. Bagliori di luce oscura, tenebra più buia della tenebra stessa. La pallida luce che permetteva di vedere qualcosa proveniva da una sfera di cristallo galleggiante nell’aria, ad alcuni metri dal giovane. Luci microscopiche ne solcavano l’immensità… Come un universo di stelle… Sfumature viola ne solcavano la perlata superficie… Una stanza semplice. Vuota. Eppure Hao si sentiva ogni secondo più oppresso da una paura agghiacciante. E che cos’era? Cos’era tutto quell’odore così stantìo e intenso? Odore di rosso…

L’avambraccio sinistro di Hao era ormai tanto accecato dal dolore che il ragazzo non riusciva più a muoverlo. La sensibilità in quella zona era totalmente scomparsa. Percepì chiaramente che stava per accadere qualcosa di incredibilmente brutto…

…PrEsAgIo…

Scosse la testa con fermezza. Doveva smettere di pensarci. Tutto ciò non stava accadendo a lui.

“Ebbene, Hao, benvenuto nel Baratro del Cristallo delle Rose. L’Oblio del rosso e la fine della vita… Il luogo dove i morti cantano e piangono… Perché nessuno li vuole più cercare…“ mormorò con un sibilo Marion, mentre con una mano sfiorava la gelida superficie della sfera cristallina al centro della stanza. A quelle parole il ragazzo ebbe un ulteriore brivido. “Ho… Ho freddo…” aveva mormorato. Il suo respiro era diventato denso vapore che appariva e scompariva di fronte a lui a intermittenza, tremava come una foglia. “Lo sappiamo, Hao. Ci dispiace. Ma in questo luogo regna talmente tanta tristezza che non vi è calore neanche nei più scuri cunicoli. Noi riusciamo a resistervi perché siamo tutte noi tristezza e malinconia…” mormorò Kanna, le iridi fisse sul vetro della sfera. Hao strinse gli occhi per mettere a fuoco l’immagine di quell’oggetto tanto percepibilmente oscuro. Non ne era sicuro, ma credette per un attimo che vi stesse comparendo un’immagine opaca e lontana…

“Hao, tu sei venuto fin qui per un motivo ben preciso. Fin dall’inizio. Ma la tua necessità di permanenza qui al nostro Castello risale a molto tempo prima del tuo arrivo…” dichiarò Mathild caricando, nel palmo della mano posato poco sopra la superficie del cristallo, una curiosa energia luminosa. “Risale a numerosi secoli fa…” terminò Kanna, mentre nella mano di Mathild compariva, come uscita dal vetro e finendo tra le sue dita, una piccola pergamena scritta con inchiostro rosso. Hao fissò quel piccolo foglio con sguardo vitreo, mentre si sforzava di non gemere ai dolori della ferita. La Strega che lo teneva in mano si accerchiò con le altre due, e tutte e tre cominciarono a brillare di scura luce di tenebra. Il foglio era sospeso in aria in mezzo a loro, e brillava di luce propria. Delle voci, dei sussurri, echi lontani parvero recitare un’antica profezia… Come il primo giorno al Castello… Ma stavolta le voci erano ben distinte, le poteva capire, e ne percepì un messaggio molto chiaro:

*A levante stella,

lei, brillante e vivace,

riempirà il loro io

di innocente purezza

e la via della quiete

s’alzerà a grandi strade

nei loro occhi, allora, il riflesso

unico e solo

il calore dell’amore

Ma a ponente stella,

lei, dolce e mortuaria regina della notte,

quello stesso riflesso di azzurro cielo

tramuterà in riflesso di ramato rosso

spietato, crudele

e l’innocenza diverrà

muta solitudine

di mille corpi che si schiantano

nella cruenta carneficina del male

*

A quel punto le voci si interruppero di netto, fin troppo bruscamente per trattarsi della vera conclusione, e l’energia scomparì facendo cadere la pergamena sul freddo terreno. Le tre Streghe della Rosa si rilassarono per un attimo, facendo dei lunghi respiri. Finchè Marion non parlò “Il maleficio ci era stato imposto molto tempo fa… Un po’ per invidia, un po’ per paura, un po’ per semplice disprezzo” Kanna si avvicinò al ragazzo posando una mano luminosa di energia sulla sua fronte “Ma forse ti sarà tutto più chiaro vedendo coi tuoi occhi ciò che abbiamo passato…”

In quell’istante, un improvviso annebbiamento si impadronì del cervello di Hao che credette di impazzire. Si portò le mani alla testa, ma poi guardandosi intorno si accorse di non trovarsi più nel Baratro del Cristallo delle Rose. Era in un antichissimo villaggio, buio, sporco, frenetico, dove contadini urlanti portavano pollami e prodotti da una parte all’altra deila strada sterrata, tende approssimative e fumo aleggiante tutt’intorno. Una voce sembrò parlargli, in quell’esatto istante, come a poter vedere una storia raccontata.

Tutto ebbe inizio in quelle fredde giornate di inverno, lontano nei secoli, in uno di quei villaggi sperduti nelle campagne più isolate. Un luogo dove né speranza né calore erano concepiti, lavoro e solitudine per tutto il giorno, niente contatti fisici, niente confidenze, nessuno si fidava degli altri. Si aveva tanta paura delle persone che si avevano intorno che si finiva con il chiudersi in sé stessi, divenendo scorbutici e solitari, tristi, infelici… Non esisteva amore. Nessuno lo conosceva. Chiunque ne avesse anche solo parlato, sarebbe stato preso per pazzo. Alcun uomo, né alcuna donna, aveva mai provato sulla propria pelle il vero calore dell’amore. Fino a che…

… tre angeli caduti dal cielo e dalle ali bruciate…

… tre stelle così splendenti da essere state rifiutate dai cieli…

… tre magnifiche e letali rose tanto meravigliose e pure in apparenze ma così piene di spine nascoste…

Giunsero lì nel villaggio in una grigia giornata di pioggia. Non che gli altri giorni non fossero grigi, in quel luogo dannato, ma dall’esatto istante in cui quelle tre fanciulle sconosciute varcarono il confine delle terre di Ròsedern entrando in quel luogo tanto affranto e solo, un lontano barlume di speranza entrò in ogni singolo corpo abitante lì nei paraggi. La loro sola presenza, infondeva un profondo senso di completezza, di scurezza. Chi le guardava appena negli occhi, distoglieva subito lo sguardo, intimidito da tanta bellezza e perfezione, ma loro ricambiavano con dei sinceri sorrisi, con la stessa umiltà che veniva loro rivolta, e continuavano per la loro strada con grazia e discrezione.

Forestiere, sconosciute, probabilmente guardate male fin dal primo giorno, ma allo stesso tempo accettate senza possibilità di fare altrimenti, perché troppo pure, troppo innocenti, troppo indifees da poter essere lasciate sole in balìa del mondo selvaggio che le circondava. Venne offerta loro una casa, si crearono una vita lavorativa dandosi realmente da fare e guadagnando in maniera modesta. Molti chiedevano loro da dove provenissero, quali fossero le loro famiglie, ma loro rispondevano soltanto che non avevano né casa né legami. Solo un infinito bisogno di felicità che era stata lor negata fin dalla nascita. Oscuro passato si ergeva infatti alle spalle dell tre giovanissime sorelle, entrate in contatto con la morte fin da piccolissime, con la violenza, la distruzione, la guerra. Le avevano passate tutte, ogni singola disgrazia immaginabile era passata sulla loro pelle così perfetta. Nonostante questo, ciò che si portavano dietro quando partivano per trovare nuovamente casa altrove, non era odio, malinconia, tristezza, o rabbia. No, nonostante tutte le agonie passate e vissute apertamente erano rimaste delle magnifiche ragazzine piene d’amore da donare a tutti. E viaggiando lo portavano in giro per il mondo, cercando di rendere più fortunati coloro che potevano esserlo, al contrario di loro…

Purtroppo fu proprio questo loro amore a portarle alla rovina. Fu l’amore a portarle alla morte, il dolore, la solitudine eterna, il sangue più rosso… L’infelicità più opprimente…

Qualcuno aveva iniziato realmente ad affezionarsi a queste tre nuove angeliche ragazze, alcuni abitanti del vecchio, freddo villaggio, forse, stavano cominciando davvero a scoprire l’amore e il suo significato. Ma mentre alcuni l’avevano presa in questo modo, altri rodevano d’invidia e odio nei confronti di quelle dame tanto perfette e amate. Il loro così intenso aver paura della felicità portò alcuni abitanti del villaggio a far girare strane voci sul conto delle sorelle forestiere. Voci maligne, crudeli, che parlavano di loro come di donne che vendevano sé stesse o talvolta addirittura streghe. Le fanciulle non ci fecero molto caso, all’inizio, pensando che si trattava solo di persone infelici che avevano talmente paura della felicità da volerla condannare. Ma presto un terribile equivoco trasformò per sempre il loro destino.

Una donna le accusò di aver stregato il prorpio marito per condurlo all’adulterio, e molte altre si unirono a lei sostenendo la stessa tesi riguardo le loro famiglie. Alcune dissero che avevano stregato i padri, altri i coniugi, alcuni perfino i figli. Le tre povere fanciulle tentarono di spiegare che si trattava di falsità e null’altro, ma oramai era troppo tardi…

La fiducia che era stata riposta in loro non esisteva più. Anche coloro cui avevano donato un poco della loro felicità, voltarono loro le spalle. Forse per paura, forse per indifferenza. Non lo si sapeva. Ma nel giro di pochi giorni, le tre povere sorelle si ritrovarono sole, senza casa e senza lavoro, ma piene di nemici che le volevano morte. E il maledetto giorno arrivò.

Era una notte buia e senza stelle. I fuochi della rivolta erano accese minacciose sul villaggio, e su un piccolo falò un enorme tronco fissato alla quale erano destinate tre fanciulle. Un’esecuzione, una condanna. Gli atti di stregoneria compiuti dalle dame erano state ricnosciute ormai da tutti. Erano state legate, incatenate, e durante il tragitto verso la loro morte chiunque le batonava e le frustava, urlando loro insulti e malauguri. Finchè si fecero avanti le anziane del villaggio, coloro che avevano il potere santo e sorannaturale su tutti gli abitanti. Costrinsero le giovani ragazze a confessare ogni peccato da loro non commesso ma per il quale erano state condannate. Fecero loro una delle più antiche e oscure maledizioni: Divieto di Contatto, attraverso il quale il solo tocco con una persona umana avrebbe riportato loro danni bruciature mortali. La seconda maledizione fu per loro ancora più dolorosa: erano legate per sempre ai fiori e a ciò che rappresentavano, sarebbero state le schiave del Demone della Rosa, e per questo furono private violentemente dei loro abiti e avvolte nelle radici spinate, andando loro a coprire ogni centimetro del corpo, iniettando attraverso il sangue delle spine la maledizione istantanea. Ma per loro le disgrazie non finirono lì… Una pergamena venne scritta col loro stesso sangue, e attraverso questa era stato eternamente deciso così: A levante stella, lei, brillante e vivace, avrebbe riempito il loro io di innocente purezza, e la via della quiete si sarebbe alzata a grandi strade. Nei loro occhi, allora, il riflesso, unico e solo, era segnato dover essere il calore dell’amore. Ma a ponente stella, lei, dolce e mortuaria regina della notte, quello stesso riflesso di azzurro cielo sarebbe tramutato in riflesso di ramato rosso: spietato, crudele; e l’innocenza sarebbe divenuta muta solitudine di mille corpi che si schiantano nella cruenta carneficina del male. Così era stato scritto nel maleficio, e il foglio venne gettato nelle fiamme assieme alle stesse ragazze. Quella stessa maledizione fu la più terribile di tutte. Perché da quel momento, l’inferno per loro non sarebbe più bastato. Avrebbero continuato a esistere per l’eternità, vivendo sole e isolate da tutti durante il giorno ma divenendo spietate assassine durante la notte. Non avevano scelta. Era nella loro pelle, segnato da un marchio irrevocabile.

Ma per puro scherno, per pura cattiveria dell’animo un’anziana s’avvicinò a loro, alla fine delle fiamme e della notte, quando la piazza fu deserta con uniche presenti le ormai dannate fanciulle distese a terra, ancora grondanti di sangue intrappolate tra le radici spinate. Con falso tono amichevole proferì loro parola:

-Qual è il tipo di fiore che preferite, mie care?

-Non sappiamo il perché di questa vostra curiosità, ma sicuramente non ci porterà a nulla di buono… Perdonateci, madama…

-Suvvia, non siate scortesi. Se me lo direte farò in modo che possiate sempre vivere con uno di quei fiori con voi, come dei santi custodi;

-La vostra getilezza ci commuove, madama…

-Noi abbiamo sempre amato le rose rosse. Sono state l’unico fiore che abbiamo mai posseduto, ricordo di nostro padre caduto in guerra…

-Tsk… Le Rose Rosse, eh? Ahahah!!! Allora infliggo a voi una maledizione di Divieto! D’ora in avanti non potrete più toccare né avere con voi alcuna rosa rossa, potrete desiderarle e ammirarle, ma se solo proverete a possederle vi pungerete e le farete sparire prima di poterne ammirare la bellezza! AHAHAHAHAHAH!!!!

Per puro scherno e cattiveria dell’anima quell’anziana aveva portato via loro l’ultima speranza di poter sopravvivere. Lacrime amare caddero a quelle luci dell’alba, assieme al sangue, mentre il mondo conosceva e accoglieva tra le braccia delle nuove anime dannate. Da quell’esatto istante, la furia e la malvagità delle dame non ebbe più controllo. Dai loro corpi venne sprigionata un’energia stregonesca tanto potente da renderle invincibili. Richiamarono a loro le energie maligne delle piante e della terra, mentre con una potente maledizione operavano vendetta sull’intero villaggio: Maledizione di Vendetta era appunto chiamata, e da allora le anime di quegli uomini e di quelle donne sarebbero state loro prigionere vincolate e dannate. E quando il sole si oscurò, cominciò il vero maleficio per le tre ragazze, che si videro costrette a rapire giovani maschi per portarli nel loro Castello appena creatasi grazie ai loro poteri, ma si opposero con tutti gli sforzi e le agonie immaginabili a non far loro del male. Era l’inizio della fine. L’inizio delle paure e delle angoscie… l’inizio delle morti e delle disperazioni…

E nelle notti in cui le uniche rose di colore rosso che potevano vedere erano quelle sporcate del loro sangue, un urlo si levava apparendo a tutti come un sibilo metallico in un’arcaica lingua antica, ma che in realtà descriveva tutta la pena di quelle pvere ragazze… Ormai dannate e maledette… Odiate dal mondo che loro stesse avevano amato…

…Le RoSe SoNo RoSsE…

…lE rOsE sOnO rOsSe…

LE ROSE SONO ROSSE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hao spalancò gli occhi incapace di parlare. Non respirava nemmeno più. La ferita ormai faceva così male che non riusciva a sentirlo. Percepiva che il sangue colante si era propagato per tutta la spalla fino ad arrivare al petto. La pelle in superficie si era enormemente gonfiata. La fronte era imperlata di sudore fittissimo. Gli occhi vitrei e privi d’espressione. La bocca secca e incapace di inghiottire. Non si era mai sentito così male.

“Purtroppo la maledizione così come ci era stata inflitta non era completa…” disse improvvisamente la voce secca di Marion. Ma finito il momento di collera, trovammo questa…” aggiunse, facendo comparire una seconda pergamena dalla superficie della sfera. Anch’esso era scritto col rosso. “Così sarà fino a che un giovane uomo penetrerà nelle loro vite con dlcezza, facendo loro scoprire il vero senso dell’amore e facendo ricordare ai loro fragili cuori come si ama. Egli sarà loro maestro premuroso… e loro allievo fedele… Colui che sarà in grado di donare al loro io la più intensa delle felicità, e che quando finalmente accetterà di amarle, potrà porre fine alle loro agonie togliendo loro la vita, utilizzando la Sacra Spada ch’egli porta dentro di sé…” fu Kanna a leggere, con voce rauca, metallica. Il ragazzo non aveva più parole. “La Sacra Spada… Ch’egli porta dentro di sé?” aveva mormorato.

Come un fulmine a ciel sereno, ogni domanda che l’aveva assillato in quei giorni aveva ricevuto una risposta. D’un tratto, tutto aveva un senso. Ma forse, come le tre Streghe della Rosa avevano predetto, il giovane avrebbe preferito non conoscere tutte quelle orribili verità. Il viso sconvolto era stato rigato da sincere lacrime. Ora in ginocchio, il giovane Hao si era coperto il volto con le mani, singhiozzando con più disperazione di quanta non ne avesse mai provata. “Voi volevate solo insegnare al mondo ad amare!! Voi eravate pure e innocenti, ma vi hanno srappato la felicità e la gioia della vita per sempre!! Oddio… Come abbiamo potuto noi orrendi esseri umani odiarvi per tutti questi secoli?! Conosciute come spietate assassine dal sangue freddo! Malparlate da tutti! Odiate e isolate… Come ho potuto IO odiarvi anche solo per un istante??!!” le tre sorelle posarono le mani sul capo del giovane ragazzo, con voce leggermente tremante, mentre Mathild mormorava “Non potevi saperlo, Hao. Non hai alcuna colpa, come non l’hanno tutti coloro che ci hanno odiate per quello che abbiamo fatto…” Il ragazzo alzò il viso, mormorando “Io non voglio uccidervi, non posso farlo…” Le iridi di tutte luccicarono di amara tristezza, mentre si mordevano un labro come a sforzarsi di non voler rivelare un dettaglio trascurato ma decisamente rilevante. “Ecco, Hao, in verità… C’è un’ultima cosa che devi…” ma le parole di Kanna furono interrotte da Marion bruscamente “Per questo devi andartene immediatamente dal nostro Castello!” Hao alzò lo sguardo impietrito su ella, mentre le altre due sorelle le volgevano uno sguardo eloquente. “Vattene, Hao, non potremmo sopportare di morire dopo aver ricordato finalmente com’è amare! Ti prego, fuggi via, prima che la tua ferita si apra totalmente e giunga il fatidico momento! Il tuo posto non è qui, è nel tuo mondo, con la tua famiglia e i tuoi amici!! Torna da loro, Hao!” aveva continuato tra un singhiozzo e l’altro la ragazza. Il giovane non sapeva più che pensare. “Ma la mia vita… E’ con voi…” aveva mormorato con lo sguardo coperto dalle ciocche brune dei lunhi capelli. Mathild a quel punto intervenne “Se resterai, altro non troverai che morte e dolore. Ti prego, Hao, non fare sì che ciò accada…”

*

In un attimo, erano tornati sul balcone di fronte alla stanza delle Streghe, dove erano prima. Il sole si era ormai levato. Hao si voltò verso di loro non capendo cosa stesse succedendo, e a quel punto le tre affermarono “Questo che vedi non è un nostro incantesimo o un nostro tranello… E’ il mondo reale… Perciò ora tornaci, è giusto che sia così” Hao tentò di balbettare qualcosa, ma Kanna concluse fredda “Va’ via di qui e lasciaci morire di dolore in pace…”

Con un gesto della mano, spinsero il ragazzo già di per sé in bilico, fino a farlo precipitare giù dal balcone bianco e baciato dal sole accompagnato da un urlo straziante.

*

Cadendo a terra, gli parve di essersi appena svegliato da un sogno. Si alzò in piedi, e vide il suo fedele cavallo di fronte a lui, a tentare di svegliarlo con qualche leccata. Era nell’esatto punto in cui era entrato nella Foresta Spinata. I vestiti erano di nuovo quelli che aveva in quel momento. Si guardò nervosamente intorno. “Oh, no… No, no, no!! Non doveva finire così!” mormorò tra sé trattenendo la furia. Guardò dietro di sé il lungo e noioso sentiero che lo avrebbe riportato dopo lunghe settimane di viaggio a casa. E pensò che non avrebbe potuto più tornare alla vita di tutti i giorni con la vita di quelle tre ragazze innocenti sulla coscienza. “No. Non è ancora la fine…” disse deciso, smettendo improvvisamente di piangere per cominciare a sentire un furore interiore profondo. “Posso ancora rimediare… Ma avrò bisogno di aiuto…” sorrise, sapeva a chi si sarebbe rivolto. Volse lo sguardo nel punto del cielo in cui avrebbe dovuto esserci il Castello Invisibile.

“Mie amate Streghe della Rosa, c’è ancora una speranza… Non vi lascerò da sole proprio ora…”

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Capitolo 13
*** Lieve salto temporale: Ritrovi delle Vittime del Maleficio ***


§§**… Time Is Relative…**§§

§§**… Time Is Relative…**§§

Taverna della Valle di Ròsedern, 27/03

Tamao guardò intensamente il punto vuoto di sentiero di fronte a lei: s’era alzato un polverone proprio come se ci fosse appena passato qualcuno a cavallo… Eppure non ricordava d’aver visto nessuno. Era rimasta immobile e a occhi spalancati. Senza sapere perché, si sentì improvvisamente strana. Come se un ricordo che le apparteneva le fosse stato sottratto. Abbassò lo sguardo, il silenzio era calato. Portando una mano alla tasca, vi sentì all’interno un oggetto tenuto dentro a un tessuto sporco e strappato. Ebbe un brivido. Fino a che la voce squillante ma incredibilmente nervosa di Pilica non irruppe nella mente della giovane “Ehm… C’è molto lavoro da fare! Su, su, andiamo Tamao. Bisogna ancora mettere bene a posto tutto il resto della baracca, presto!” La ragazzina si voltò di scatto verso di lei, come a essere stata improvvisamente svegliata di colpo. “S-sì…” la seguì, mentre Tokageroh e Faust erano ancora immobili all’esterno locale, intenti a guardare il sentiero vuoto. Il ‘rettile’ rimase un attimo a bocca spalancata e balbettò “E-ehi! Non… Non vi sentite anche voi… Strani?” Tamao si bloccò un momento sulla porta voltandosi nuovamente verso il sentiero “Decisamente…” mormorò. Pilica intervenne ancora più nervosa di prima “Tamao! Err… Ti ho già detto che abbiamo molto da lavorare, quindi andiamo!” la damigella la seguì a razzo, mentre Tokageroh ripeteva “E’ davvero molto strano…” Faust era rimasto in silenzio con lo sguardo coperto dalla frangia spettinata. “Sarà meglio rientrare…” mormorò soltanto.

*

Mentre lavava i pavimenti con un pesante lavoro di stracci, Tamao non potè fare a meno di domandare un filo intimidita all’amica, in piedi a sistemare i conti alla cassa “Pilica… Volevo dire, Padrona… Mi è concesso domandarvi una cosa?” La fanciulla la guardò da sopra le monete, e disse con un misterioso tono di voce “Dipende dalla domanda, mia cara…” La servetta abbassò lo sguardo stando silente per un po’, finchè non mormorò lievemente turbata “Non sentite anche voi questa sensazione così strana pervadervi il corpo? Come se… Come se vi aspettaste da un istante all’altro l’avvento di qualcosa che però non avviene… O forse…Come se credeste di aver appena visto qualcosa che invece non è accaduto…”Pilica aveva un labbro tremante. Lo sguardo era perso nel vuoto. Per un attimo Tamao la guardò stupita, e vedendola prossima alle lacrime esclamò “Perdonatemi, Padrona, se ho detto qualcosa di inopportuno” La ragazza a quel punto si alzò in piedi bruscamente quasi urlando “Sì, la tua era una domanda abbastanza inopportuna, Tamao! E ora finisci il tuo lavoro…” detto questo, la dama uscì in tutta fretta dalla stanza diretta al piccolo cortile sul retro, mentre la ragazzina rimaneva a bocca aperta e sguardo mortificato a osservarla andare via in quel modo. Cosa aveva detto, in fin dei conti, di tanto grave?

*

Uscì fuori dalla Taverna raggiungendo il cortile, portandosi una mano alla bocca per strozzare i singhiozzi. Si sentiva estremamente male. Si piegò su sé stessa scompigliando i bei capelli pettinati, mentre tra un gemito di pianto e l’altro mormorava “Perché? … Streghe maledette… Perché non avete cancellato anche a me la memoria?!”

*

Quando aprì gli occhi si sentiva come appena svegliato da un sogno.

Si alzò in piedi freneticamente, confuso, nervoso, si guardò attorno con foga non capendo dove si trovava e perché era finito lì. Era nel bel mezzo di un sentiero lungo e noioso. Ma sì, aveva l’impressione di esserci già stato… Ma perché? “Che diavolo…?”aveva esclamato, vedendo avanzare verso di lui il suo fedele cavallo, che, per uno strano motivo, credeva di non vedere da mesi…

‘Cosa diamine mi è successo? Non capisco… E’ tutto così strano… Mi sembra di aver dormito per anni…’ pensò, sentendo di sudare. Gli occhi felini e indagatori vagavano all’erta nei paraggi, mentre una mano scivolava prudente alla lunga ascia che portava sempre con sé. “Non mi piace…” sibilò, ben attento a ogni minimo rumore nel raggio di cento metri. Chiuse gli occhi per concentrarsi: aveva udito uno scricchiolìo a circa 7 metri e mezzo dietro di lui, a ore 5, dietro a un cespuglio e probabilmente con indosso scarpe di tessuto robusto, suola alta, respiro affannato di quelli tipici di chi è stato appena terrorizzato a morte da qualcosa, maschio, giovane, non più di 17 anni, di statura medio alta. Si voltò, afferrando una balestra e puntandola nell’esatto punto in cui quel tizio aveva posato il piede, e se questi non l’avese titratto all’istante sarebbe stato colpito in pieno. “AH!!” esclamò un ragazzo cadendo all’indietro nel cespuglio di rovi. Lui si avvicinò lestamente, domandando autoritario “Tu chi sei?” l’altro si rialzò esclamando imprecazioni “Ma sei pazzo?!! Potevi staccarmi il piede, deficiente!! Menomale che ho i riflessi pronti, o a quest’ora…!” “Non hai risposto alla mia domanda…” insistette minaccioso il giovane, sempre con l’arma bene in mira “Ehi, amico, non so tu che problemi hai, ma io mi ritrovo in una situazione davvero penosa!” ribattè il nuovo, spolverandosi il vestito tutto ricoperto di terra. Lo osservò, capendo che doveva essersi appena svegliato. E tenendo conto che è difficile trovare passanti addormentati nel bel mezzo di un sentiero sperduto, capì che il compare si trovava nella sua stessa situazione. Abbassò l’arma, rimettendola nella sacca, mentre affermava “Fammi indovinare… Ti sei svegliato qui e non sai neanche tu il perché…” il ragazzo lo guardò con degli occhi davvero strani. Misti tra lo stupore e il turbamento. “Diciamo… Che è così…” mormorò, visibilmente scosso. L’altro alzò un sopracciglio domandando sempre con la sua voce profonda e intimidatoria “Cosa nascondi, amico?” il nuovo sogghignò appena, mormorando “Tu devi essere un acuto osservatore… Vediamo… Armi fino ai denti… Viso pitturato appena di nero… Pelli di ogni specie animale immaginabile… Occhi luminosi e pupille fini… Tu sei un Cacciatore, dico bene?” il ragazzo incurvò il labbro in un sorrisino, mormorando “Hai indovinato. Tu invece sei una razza molto rara di Drow…” il nuovo sorrise ancora, compiaciuto, mentre i luminosi e corti capelli azzurri spettinati al massimo venivano soffiati dal vento. I tratti del viso erano nordici, le orecchie appena a punta, gli occhi favillanti e osservatori. Entrambi, in quell’esatto istante, pensarono la stessa cosa ‘Finalmente qualcuno alla mia altezza…’

*

“Non ne avevo mai visti di così ben mascherati… Come fai a mantenere forma umana tanto a lungo?”aveva domandato il Cacciatore, mentre i due avanzavano lungo il sentiero. Il Drow ridacchiò, esclamando “Beh, non rivelo mai il mio segreto. Sarebbe troppo facile per i miei nemici scoprirmi” Il primo socchiuse gli occhi, mormorando “E’ comprensibile…” “Tu sei diretto a un posto non molto lontano da qui, vero?” disse l’altro con le mani in tasca. “Cosa te lo fa pensare?” “Beh, hai scarse provviste con te. Non mi sembri uno sprovveduto, e devi aver calcolato alla perfezione le ore di viaggio che avresti dovuto intraprendere” il ragazzo abbassò poco lo sguardo che si fece serio. Un vuoto. Per quale motivo lui era partito? Era un cervello sveglio, sempre attento, ed era la prima volta che gli capitava di dimenticare qualcosa. Decisamente irritante.

Passarono alcune ore, e senza sapere perché, i due non smisero di seguirsi. Avevano camminato per un lungo tratto. Il Cacciatore, aveva pensato per tutto il tempo al luogo dove era diretto: doveva rivederla, e chiederle cos’era successo. Forse lei lo avrebbe aiutato. O forse no… Ricordava bene l’ultima volta che si erano visti, avevano litigato pesantemente. Mentre lui ringhiava, lei piangeva. Si era subito pentito, ma d’altra parte tra loro era sempre stato così. Ci aveva fatto l’abitudine. Prima si amavano alla follia per tutta una notte, poi non si vedevano per mesi, soprattutto a causa sua. Era lui il vero problema. Era sempre in viaggio, uno spirito libero, mentre lei lo rimproverava sempre di non passare abbastanza tempo con lei nella modesta Taverna dove lavorava. Spesso questa cosa lo infastidiva, ma poi quel suo visino angelico e innocente lo addolciva, e il giovane riusciva sempre a trovare il modo di farsi perdonare. In fin dei conti l’amava, ma il giovane Ren aveva un modo tutto suo di amare… E poi quella volta era diverso. Era partito per una missione che lei lo aveva pregato di abbandonare. Qualcosa che aveva dimenticato… Più ci pensava, più si affaticava. Non riusciva a ricordarsi. Proprio non ci riusciva.

L’accompagnatore era forse ancora più teso del freddo Ren. Il Drow nordico, infatti, aveva alle spalle un passato molto più oscuro, nonostante le apparenze lo dimostrassero giocherellone e spensierato. Il socievole HoroHoro era legato a qualcosa di realmente tenebroso e macabro. Una maledizione che non si era fermata nel corso dei secoli… Pochi erano a conoscenza del suo vero passato. Lui e un’altra persona. Colei alla quale stava andando incontro.

Inconsciamente, entrambi i viaggiatori erano diretti allo stesso posto. Lo stesso luogo. E per lo stesso motivo. Avevano bisogno di risposte, di rassicurazioni, di ritrovamenti. Là stavano le uniche persone che tenessero veramente a loro. Un’amante e una sorella…

*

L’uomo era seduto nella sua stanza, alla scrivania che utilizzava per i suoi studi medici, e ogni tanto dava una sbirciatina alla finestra per vedere se Tamao svolgeva le pulizie in maniera corretta. I suoi occhi eternamente stanchi si riflettevano sul vetro sporco della camera. Li poteva osservare, e nel farlo non potè fare a meno di riflettere su quanto la sua vita si stesse lentamente ed inesorabilmente logorando. Un po’ colpa dell’età che avanzava, certo, ma c’era dell’altro. Vi era stato un momento della sua vita che aveva bloccato l’intero flusso di gioia e di entusiasmo nel vivere di sé stesso. Un momento che segnò la sua follìa e quella di qualcun altro di ancora più incoscente…

Aveva cercato in tutti i modi di dimenticare, e ci era riuscito per un periodo. Ma le disgrazie riaffiorano sempre nei momenti in cui il cuore si indebolisce un’altra volta. In cui la mente s’affolla di dubbi, di inquietudini. Ed è impossibile descrivere l’inquietudine del povero Faust, che poco prima aveva avvertito dentro di sé una sensazione d’angoscia profonda. Immagini, in un millesimo di secondo, avevano albergato la sua mente iniettandosi fin dentro alle sue orbite, mostrando cose che aveva creduto anche solo per un secondo di poter dimenticare per sempre… Tutti hanno dei segreti oscuri intorno al proprio io. Ognuno è continuamente oppresso da pensieri e memorie che vogliono loro ricordare quanto la vita può essere difficile e disarmante. Di fronte a certe memorie troppo dolorose, molte persone non reggono. Ma Faust VIII era ormai talmente abituato al dolore che lo guardava allora scherzoso, sorridendo, godendone quasi masochisticamente. E non aveva la minima idea, non ancora, che presto quelle orribili memorie dimenticate sarebbero riaffiorate inesorabilmente impedendogli per sempre di fuggire…

*

Un sogno. Altro non poteva essere stato. Quando aprì gli occhi, non era più nel Castello Invisibile. Era nel mondo reale. Ma la sua memoria gli impediva di farlo riflettere su cosa gli fosse successo prima. Si alzò in piedi, ritrovandosi lungo un sentiero che pareva interminabile. Scosse la testa poco convinto, troppo sconbussolato per parlare. Gli occhi dovevano ancora mettere bene a fuoco ciò che gli stava capitando: cosa ci faceva lì? L’unica cosa che ricordava era una notte buia e piena di stelle. Era uscito dlla sua capanna per vedere cosa stesse succedendo, perché un’aria misteriosa aleggiava tutt’intorno. Ma proprio in quell’istante, mentre osservava il cielo dai riflessi ramati, un intenso fischiare d’orecchi gli aveva impedito ogni movimento. Credette di non respirare più. Delle mani si allungavano verso di lui, diaboliche risate riempivano echeggianti l’aria circostante… E poi… Il nulla. Si era risvegliato lì, con i muscoli indolenziti, niente acqua né cibo, e in un sentiero sconosciuto ai confini della Valle. Gli sembrava di essere rimasto dormiente per giorni interi, e non aveva alcuna memoria di ciò che era successo nelfrattempo. Si alzò in piedi, decidendo che il modo migliore per risolvere la situazione non era quella di starsene lì a fissare il panorama. Si spolverò un attimo, riflettè un istante e pensò ‘Dunque… Questo sentiero porterà prima o poi a un qualche villaggio, o un’osteria, insomma, ci sarà forma di vita intelligente nel raggio di 5 miglia…’ Dopo essersi stiracchiato un altro po’, prese a camminare di buon passo, deciso a risolvere tutta quell’ambigua situazione il più presto possibile…

*

Il Drow e il Cacciatore erano ormai a pochissimo dalla Taverna, e per un lungo e interminabile tempo nessuno dei due aveva aperto bocca. Troppo assorti nei propri pensieri. A un certo punto, Ren notò un cartello che gli fece accellerare di molto il battito cardiaco. Diceva:

Taverna della Valle di Ròsedern

500 metri

“Tsk…” aveva mormorato tra sé. HoroHoro non disse nulla, ma a quel suo sbuffo sorrise appena squadrandolo di sottecchi. Dunque anche lui era diretto lì…

Il locale era ormai visibile sulla striscia dell’orizzonte. Ren accelerò il passo, e HoroHoro tenne per un po’ le mani dietro alla nuca sorridendo sempre sornione. “Chi ti aspetta lì?” domandò infine verso un Ren decisamente colto di sorpresa. “Uh? Di che parli?” “Alla Taverna lì al termine della strada… Chi ti sta aspettando?” “Se permetti sono affari miei” “Non c’è problema, amico”

Tamao era ancora intenta a togliere il fieno ammuffito dalla stalla nel cortile, e pensava all’amica Pilica e a cosa aveva potuto ferirla in tale maniera. Non le era parso di essere stata sgarbata, né eccessivamente invadente. Non lo capiva. E non aveva fatto in tempo a darsi una risposta che il secchio d’acqua che teneva in mano si rovesciò a terra. Le iridi posate sul punto del sentiero a cento metri circa dalla Taverna. Il cuore le battè fortissimo, all’improvviso. “Ren…?” mormorò, ma la voce non le uscì. Era rimasta troppo abbagliata dalla visione del ragazzo amato che si avvicinava a grandi passi verso il luogo dove lei si trovava. Quando anch’egli si accorse di lei, frenò di colpo il passo e il cavallo subito a seguito. HoroHoro smise di avere il suo solito sorriso da ebete in viso e si fece serio nel fissare la locanda di fronte a sé. Il Cacciatore aveva però lo sguardo fisso sulla figura immobile nel cortile, che con un attacco improvviso di pianto si avventò su di lui abbracciandolo e gridando il suo nome.

“Cos’è successo?” aveva domandato Faust affacciatosi alla finestra, e appena vide i due nuovi giunti fece un’aria divertita “Guarda guarda chi si rivede…” disse tra sé, mentre tranquillo si avviava alle scale per scendere al piano inferiore e accogliere i vecchi amici.

“Oh, porca…!!” aveva esclamato Tokageroh per lo stupore. “HoroHoro!!” “Ehilà. Amico! Come ti va la vita?” ricambiò il saluto il ragazzo. L’uomo gli diede una forte pacca sulla spalla entusiasta del ritorno del nordico, e aun certo punto chiese “Ma cosa hai fatto per tutti questo tempo?” HoroHoro abbassò lo sguardo. Lui non poteva sapere… Chiese con improvvisa amarezza “Dov’è Pilica?” Faust comparì dalle scale e esclamò “E’ andata a comprare del bestiame giù in città… Mi spiace, amico, non sarà di ritorno prima di 2 ore circa” Il ragazzo alla vista dell’oste fece un sorrisone a 32 denti, esclamando “Faust! Ne è passata di acqua sotto ai ponti, amico!” “Già! Già…”con un filo di amarezza nella voce aveva concluso l’uomo, mentre Tokageroh domandava “E Ren? Dove è andato a finire?” “Oh, l’ho visto andare sul retro assieme a quella ragazzina. Ma non sapevo che lo conosceste. Non l’ho mai visto da queste parti, ogni volta che venivo” “Oh, lui non è mai stato molto presente qui. Comunque avanti, prenditi un po’ di buon vino con noi, ne hai di cose da raccontarci!”

*

“E così… Sei tornato…” mormorò la ragazzina con lo sguardo basso, i minuti piedini intenti a calciare alcuni sassolini sul terreno. “Ne dubitavi, forse?” diede di rimando il ragazzo, voltato dall’altra parte e concentrato sul verde del prato. “Tu sparisci sempre all’improvviso… Sto malissimo a restare così sola” aveva proseguito malinconica la ragazzina, per uno sbuffo irritato del ragazzo. Poi, alzò lievemente le dolci iridi sulla di lui figura, per aggiungere “Ma alla fine mi sento sicura perché so che tornerai sempre da me…” A quelle parole il giovane cacciatore arrossì consapevolmente, sentendo la dolcezza di quella ragazza disarmarlo. Come sempre. Sorrise, nel mormorare “Ma stavolta c’è qualcosa di diverso… Dico bene?” il sorriso di Tamao si spense, mentre la vocina uscì delicata dalle minute labbra “Sta succedendo qualcosa di strano. E’ da stamattina che mi sento incredibilmente angosciata, non so da che cosa” Il ragazzo si voltò fissando per la prima volta Tamao negli occhi, e dopo un lungo silenzio annunciò “Vorrei fermarmi qui per un po’ questa volta. Ho bisogno di schiarirmi le idee. Un mese, credo basterà. Questo periodo per me è stato intricatissimo…” la ragazzina fece un salto sul posto trattenendo un gemito di gioia. “Davvero resterai così a lungo? Oh, Ren, sono così felice” Lui le sorrise appena, accarezzandole una guancia pulendola da uno sbaffo creatasi dal tanto lavoro. “Mi fa piacere” disse infine “Che tu sia felice, intendo” lo sguardo gli si fece cupo “A volte penso che tu non sia felice a causa mia” Tamao fece un’espressione quasi offesa “Non dirlo nemmeno per scherzo! Lo sai che per me sei importantissimo, Ren, non rinuncerei a te nemmeno se si trattasse di vendere tutta la mia felicità!” Il ragazzo scosse la testa “Non dovresti parlare così” Ma la servetta insistette “E invece è la verità. Perché io ti amo troppo, Ren! Ti amo!” Il ragazzo l’abbracciò. Risponderle con quelle parole non gli fu facile, anzi gli costò parecchia fatica, non del tutto abituato a simili dimostrazioni affettive “Ti amo anch’io”

*

Erano le 13.00, e alcuni clienti erano già entrati nell’osteria per ordinare il pranzo. Pilica non era ancora tornata, così fu Tamao a cucinare al posto suo. La ragazza tornò solo qualche minuto dopo, ancora con la faccia sconvolta oer via di quella mattina, e spiegò a Faust l’acquisto fatto. “Buon lavoro Pilica. Ma credo che ora ci sia qualcuno ansioso di rivederti” rispose l’uomo, facendo largo a HoroHoro e allontanandosi verso la sala della locanda. Il ragazo fissò la sorella per un tempo interminabile. Anche lei lo fissò, visibilmente turbata. Finchè il Drow fece una risatina divertita dicendo “Ciao sorellina. Ti vedo in forma, sei diventata una gran donna” Pilica scosse la testa rassegnata “Mio fratello rimane sempre mio fratello. Nemmeno il sacrilegio ti ha potuto fermare…” si guardarono ancora. “Mi sei mancato. Tantissimo” concluse la ragazza. I due caddero in un lunghissimo e intenso abbraccio, finchè il fratello maggiore le bisbigliò in un orechio per non farsi sentire “Credo che dobbiamo parlare” “Lo so””Allora sai già tutto… riguardo al prescelto e tutto il resto” “Naturale. L’ho avvertito chiaramente appena l’ho visto che sarebbe stato lui a liberarti e terminare la maledizione” “Ma c’è un problema. Qualcosa non è andato come avevamo previsto” “Che intendi dire?” “Sali di sopra, non posso parlare qui” “Lo so. Se scoprissero il nostro piano sarebbe la fine…” “Non è detto; dobbiamo ancora verificare se il nostro Hao sarà abbastanza convincente” “Lo sai benissimo che lo sarà”

*

Camminò a lungo, fino a che non giunse di fronte a una curiosa locanda. Finalmente il posto che cercava! Entrò con decisione, dopo aver ben controllato di possedere il denaro necessario. Volse dei veloci sguardi a tutto l’ambiente, per addocchiare il bancone, e vi vide una ragazzina intenta a prendere ordinazioni e comunicarle al cuoco, una sottospecie di rettile. Si avvicinò ad essi, e domandò “Scusate… Avrei bisogno di un aiuto; viaggio da molto e credo che ne avrò ancora per un bel po’, quindi dovrei rifornirmi al più presto di cibo e acqua…” Tamao nell’osservarlo negli occhi ebbe un fremito improvviso. Il bicchiere che teneva in mano cadde a terra infrangendosi rumorosamente. Il giovane la fissò incredulo, per mormorare “Ehm… va tutto bene?” La ragazzina annuì velocemente, per poi balbettare “S-sì. Che-che cos-cosa desidera i-in particolare?” Pilica giunse in quel momento per esclamare “Ehi! Cos’è tutto questo balbettare? Dovete scusarla, è un po’ nervosa in questo periodo. Dite pure a me, signor…” Il ragazzo fece un largo sorriso, per dire entusiasta “Yoh. Yoh Asakura”

Un brivido gelido percosse ogni presente nella sala.

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Capitolo 14
*** Ritrovi delle Vittime del Maleficio-2^Parte ***


§§**… But Time… Is Not Infinite…**§§

§§**… But Time… Is Not Infinite…**§§

Villaggio di Namash, Vicinanze, 12/04

Camminava e camminava senza sosta a cavallo dell’animale donatagli dai proprietari della Taverna. Non ne comprendeva il motivo, ma mentre lo facevano avevano tutti un’aria cupa, turbata, come se tutto ciò che stesse accadendo fosse già accaduto. Era lo stesso che aveva provato lui…

Yoh Asakura era sempre stato un ragazzo tranquillo. Pacifico, rilassato, socievole, un ragazzo pieno d’amicizie. Da sempre. Faceva favori a tutto il mondo, e il mondo gli restituiva i favori. Della serie, siamo quello che mangiamo… Era in perfetta armonia con il mondo circostante e il proprio animo. Eppure, quando accadeva una disgrazia, lo poteva percepire molto chiaramente. E ciò lo scuoteva non poco. In questo caso particolare della vita di Yoh, il giovane non poteva fare a meno di credere che tutto ciò che stava accadendo a lui non stava accadendo veramente alla sua persona ma a quella di qualcun altro. Era curioso, eppure si ritrovò all’improvviso a pensare al momento in cui era nato. Gli sfuggiva qualcosa…

Osservò più e più volte l’insegna a lato del sentiero, con un’enorme scritta sopra:

VILLAGGIO DI NAMASH

2 Miglia

Ebbe un improvviso balzo allo stomaco. Sapeva bene a chi stava pensando. “Anna…” mormorò impercettibilmente. Erano mesi che non rivedeva l’amata moglie. O almeno, quella era stata l’impressione. Ma la verità era che non capiva più come contare il tempo. Gli sembrava che fosse appena accaduto qualcosa di terribile, a una persona che gli era molto vicino, e all’istante aveva pensato a lei. Solo che qualcosa ancora non tornava. Ma decise che non era il momento di pensarci. Diede un paio di colpi al cavallo per fargli aumentare il passo. Una volta tornato a casa, si sarebbero risolte tutte le incomprensioni, lo sapeva.

*

L’odore meraviglioso del prato umido di pioggia lo pervase. Alcuni falò erano accesi per cucinarvi le più invitanti pietanze, il rumoreggiare continuo degli arnesi e degli oggetti artigianali di tutta la popolazione echeggiava nell’aria fresca e pulita così familiare al giovane. Fece alcuni passi col cavallo fino a fermarlo per toccare con i propri piedi quel familiare terreno. Mentre avanzava, sentiva i visi di tutti voltarsi verso di lui, illuminandosi di raggianti sorrisi “Yoh?” “E’ lui!” “E’ tornato!” “Yoh!!” “Yoh, che bello rivederti!” “Ma dove sei stato?!” “Vieni, amico, fatti annraciare!” Il giovane non aveva potuto fare a meno di sorridere, e fece come avevano chiesto. Abbracciò tutti cercando di rimanere sul vago quando gli chiedevano notizie, nella speranza che presto anche la tenda d’entrata alla sua casa si sarebbe scostata per far apparire alla sua soglia la più angelica delle visioni. Cercò di divinclarsi educatamente dall’ondata di amici che l’aveva travolto, e spiegò che doveva passare a casa per rivedere la giovane moglie. Così, anche se di malavoglia, lo lasciarono andare con la promessa che quella sera stessa si sarebbe festeggiato il suo ritorno.

Così, con il cuore in gola, Yoh camminò a passo svelto verso la sua capanna, la più alta e la più ampia, e quando giunse di fronte a tale meravigliosa visione si fermò un istante per gustarsi tale momento di dolce ritrovo. “Sono a casa…” affermò tra sé con un tremore nella voce, mentre una piccola lacrima di commozione lo scuoteva. Si asciugò in fretta e furia sapendo che Anna non gliel’avrebbe perdonato, e fece altri passi verso l’entrata. Ma un’altra visione, ancora più benefica di quella precedente, lo bloccò all’istante. Il familiare fruscìo della tenda che si scostava, la luce penetrare all’interno di quella casetta umile ma serena. Una giovane donna, una ragazza, sulla soglia a guardarlo inespressivamente, con i suoi naturali occhi di ghiaccio. Occhi di cristallo. Abito di nuvola. Capelli di granturco e pelle di luna. La sua Anna. Rimasero a fissarsi per un lunghissimo tempo.

“Un simile trambusto non poteva essere spiegato in altro modo se non con il ritorno di un povero scapestrato nullafacente come te…” aveva detto pacata la moglie, con un visibile tono di sollievo nella voce. Yoh sorrise. Non gli erano mai mancati tanto quei suoi modi di fare distaccati e indifferenti. “Già. Sono tornato” Il volto grigio della ragazza venne schiarito da un barlume di sorriso, nascosto a intermittenza dai biondi capelli soffiati dal vento. “Bentornato a casa, Yoh”

Erano rientrati in quelle umide ma accoglienti pareti. Per Yoh fu un’emozione indescrivibile. Tutti gli oggetti, gli utensili, le piccole cose messe in ordine quasi maniacale, perfetto, inpeccabile. Come si vedeva che mancava da parecchio l’uomo di casa…

“Eheh” aveva ridacchiato tra sé il ragazzo, trattenendo ancora una volta la commozione. “Non credere che in tua mancanza mi sia divertita troppo. Senza qualcuno che metteva disordine nella mia casa, che gusto c’era a rimettere a posto?” sentenziò subito Anna, aprendo le tendine della finestra lasciando penetrare ulteriori luci del sole. Yoh sapeva di sorridere. Lo sguardo della ragazza si era fatto vitreo “Certe sere, nella mia amara solitudine, sentivo di impazzire. Avevo voglia di distruggere tutto, scombussolare l’intera casa, buttare giù ogni mobile. Ma non potevo farlo senza pensare inevitabilmente a te. E pensare a te mi faceva male” Si portò una mano alla bocca per soffocare un gemito “Molto male” Il sorriso scomparì dal volto di Yoh. Si avvicinò al corpo voltato in direzione opposta della Sacerdotessa, poggiando delicatamente le proprie mani sulle sue spalle “Mi dispiace di essere mancato così a lungo” mormorò. “E’ un po’ tardi per scusarti” ribattè la ragazza. Si voltò con occhi vividi di rabbia e di pianto, mentre a denti stretti alzava una mano per poi scagliarla con violenza in direzione del marito.

Lui afferrò la sua mano bloccandola a mezz’aria, per le imprecazioni di rimando della ragazza, che cominciando a piangere lacrime furiose si ritrovò in una stretta dalla quale tentò di divincolarsi. Yoh non voleva saperne di lasciare andare l’amata ragazza lasciata sola per così tanto tempo. Troppo tempo… I due si accasciarono a terra, poggiati alla parete, tra le imprecazioni disperate di lei e il silenzio affettuoso di lui. Finchè Anna non cedette stringendosi con foga al corpo del marito, tenendolo a sé così stretto da non volerlo più far scappare via. “Mi dispiace” ripetè il ragazzo a occhi chiusi, il viso appoggiato alla spalla della ragazza. Lei soffocò il pianto furente per poi mormorare “Ti odio, Yoh! Ma mi è impossibile odiarti perché al contempo non riesco a non amarti!” Stavolta anche Yoh fece un enorme sforzo per trattenere le lacrime. Rimasero immobili a stringersi per tempo infinito…

*

Quella stessa sera, Anna stava portando all’esterno gli abiti indossati da Yoh, per sciacquarli nel laghetto vicino. Lo sguardo lucido, i capelli rimessi a posto in una qualche maniera. Ma un sorriso raggiante a illuminarle il giovane volto. “Anna! Accidenti, sono accorso il prima possibile! Dov’è Yoh?” Anna rivolse in direzione del ragazzino appena giunto un educato segno di tacere, mentre bisbigliava “Sii paziente, Lyserg. Mio marito sta dormendo. Ha appena terminato un viaggio molto lungo e faticoso” per un istante il sorriso scomparve dal suo volto. Ma poi tornò a sorridere in direzione del nuovo giunto “Ripassa tra qualche ora, forse si sarà svegliato” Lyserg fece un’espressione un po’ delusa, mentre rispondeva “Oh, beh, è un vero peccato! Avevo così urgenza di parlargli… Ma non importa, aspetterò. Grazie di tutto, Anna” la Sacerdotessa non potè fare a meno di notare un lieve turbamento nell’espressione di Lyserg. Gli occhi si fecero due fessure “Dì pure a me, Lyserg. Anche se già conosco il motivo della tua visita” Il ragazzino si voltò con occhi grandi e lucidi, mentre mmormorava “Io… Non so se…E’ una faccenda un po’ seria, Anna…” La ragazza ribattè “Non hai idea di quanto tutti noi siamo dentro fino al collo in questa seria faccenda, Lyserg. Su, seguimi, ne parliamo in un altro luogo…”

Le insenature metalliche delle rocce vicino al lago riflettevano dei riflessi della luna. Lyserg aveva le verdi iridi posate sull’acqua limpida, mentre Anna sciacquava con armoniosa lentezza gli abiti di Yoh. “Dunque… Cos’hai provato quando Yoh è tornato?” domandò d’improvviso la ragazza, spezzando il silenzio. Lyserg esitò un attimo prima di rispondere “Mi sono sentito strano. In un certo senso incompleto. Come se una parte della mia memoria fosse andata perduta nell’esatto istante in cui Yoh aveva fatto la sua ricomparsa” Anna annuì impercettibilmente, sempre voltata di spalle “Per me invece è stato diverso. E mi ha fatto molta paura…” Il labbro le iniziò a tremare “Io… L’ho odiato… Senza sapere nemmeno il perché… All’inizio pensavo fosse perché mi aveva lasciata sola per così tanto tempo, e la reazione del mio cervello è stata quella di incolparlo nonostante non fosse stata affatto colpa sua. Ma poi, ho capito che c’era dell’altro…”tirò fuori dal bianco kimono una piccola tela sbiadita, lanciandola in direzione di Lyserg. Il ragazzino la prese al volo sbalordito “Ma questo…” “Annche tu questa sensazione, vero?” mormorò Anna con sguardo scuro. Lyserg osservò meglio la vecchia tela che ritraeva l’amico Yoh a braccetto con qualcun altro… Qualcuno che era scomparso… Ed era impossibile capirne l’identità perché completamente sbiadito. Il cuore accelerò improvvisamente. “Già. Sensazione curiosa…” affermò Lyserg visibilmente turbato. Anna appese gli abiti su delle piccole funi, sistemandoli amorevolmente. “Lo so. Ho capito subito che c’è qualcosa di strano dietro tutta questa faccenda. Ma ancora non mi so spiegare cosa” Il ragazzino rimase silente a osservare il dipinto cancellato per metà “Anche la firma è stata cancellata…” mormorò dopo un silenzio tombale che fu seguito da un silenzio altrettanto teso. Anna non smise di stendere i panni silenziosamente. Gli occhi nascosti dalle ciocche bionde. Poi Lyserg alzò lo sguardo verso di lei e disse con un risolino “Durante la notte sarà difficile farli asciugare!” Anna sbuffò, ribattendo “Chi ha detto che voglio farli asciugare?”

Lyserg pave perplesso, e subito dopo vide la ragazza concentrarsi come prossima a fare uno dei suoi riti magici. E finalmente comprese. I raggi della luna illuminarono gli umidi vestiti e piccole perle bianche s’agitarono nell’aria fredda della sera. Anna aveva tirato fuori la sua collana, e la stava utilizzando per un Incantesimo di Memoria.

Ogni oggetto viene intriso di ricordi passati e talvolta dimenticati… Ogni oggetto e ogni minimo pezzetto di terra racchiude in sé la memoria di una vita intera… Oh, Luna Divina che illumini le nostre notti più buie, dammi il potere per venire a conoscenza di queste memorie!”

Lyserg si ritrasse nel vedere la collana illuminarsi di pallida energia, e così anche per gli abiti baciati dai raggi lunari. La ragazza chiuse gli occhi concentrata, e un alone di magia si diffuse tutt’attorno. Un istante dopo, Anna aveva spalancato gli occhi con espressione sconvolta e fronte intrisa di sudore. “Che è accaduto? Che cosa hai visto, Sacerdotessa Anna?!” esclamò Lyserg agitato. La fanciulla rimase impietrita, sul posto. Immobile. Silenziosa. Lo sguardo era basso. “Ti prego, dì qualcosa!!” Il ragazzo si era avvicinato a lei e l’aveva scossa un poco, e in quel momento la ragazza alzò lo sguardo con espressione truce spingendo lontano da sé l’altro.

“Ora è meglio rientrare… E l’argomento è chiuso…” furono le uniche parole espresse dalla Sacra Sacerdotessa, prima che prendesse i panni ancora umidi e si allontanasse in silenzio…

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Capitolo 15
*** Ritorno al Tempo Reale ***


§§**… We Have No Time Enough…**§§

§§**… We Have No Time Enough…**§§

Taverna della Valle di Ròsedern, 20/04

Il piccolo mulino ad acqua, composto di un legno cilindrico che si abbassava di colpo sotto il peso del lieve getto di torrente, lavorava silenzioso di fronte agli occhi di Tamao, con le iridi fisse sull’acqua limpida che scorreva ai suoi piedi. Il piccolo legno cilindrico venne riempito per l’ennesima volta, e si abbassò nuovamente provocando un tonfo che risvegliò Tamao all’istante dal piccolo paradiso terreno in cui si trovava. Un sorriso sornione le stava palesato in volto. Di colpo però quel rumore le aveva ricordato che aveva un lavoro da svolgere. Prese il secchio pesantissimo ricolmo d’acqua torrenziale e si avviò a grandi passi alla Taverna. Non era un lavoro poco faticoso, ma in quel momento la dolce ragazzina non vi prestava la minima preoccupazione.

Era ancora sorridente quando arrivò di fronte a uno stanco e sciupato Faust, che in piedi sulla soglia del locale l’attendeva con un tranquillo e pacato sorriso sulle labbra. “Bentornata, Tamao… Hai preso tutta l’acqua richiesta?” la servetta fece un veloce cenno di assenso col capo, non abbandonando la sua espressione sorniona. “Ho… Ho altri compiti da svolgere?” domandò la ragazzina, sapendo già, per la sua euforia, la risposta “Direi di no. Ti chiameremo all’ora di apertura” disse l’uomo con un sorriso stanco. Tamao fece un lieve inchino “Grazie, Sir” e a veloci passi si avviò allegra alla sua stanza, salendo le scale tre gradini per volta.

*

Le iridi di un giallo brillante erano fisse su un punto indeterminato dell’orizzonte. Le attente e osservatrici pupille ridotte a fessura, mentre il Cacciatore si perdeva nei suoi pensieri a braccia conserte. Erano passati 24 giorni dal suo arrivo alla Taverna, e ancora non aveva trovato una risposta al suo quesito più grande: cos’era successo precedentemente?

Nessuno all’interno del locale vi era riuscito (tranne un paio di eccezioni che non l’avevano mai realmente dimenticato…) e ognuno, a suo modo, stava diventando giorno dopo giorno più distante, chiuso, riservato. Era come aver perso una parte di sé, e il tutto era sconvolgente. Ma la notte prima, in un momento di assoluto desiderio Ren e la timida servetta avevano scelto di dimenticare momentaneamente quelle paure e insicurezze. Il giovane aveva ancora davanti agli occhi la piccola sagoma rosa che timida si addentrava nella sua stanza chiedendo se poteva restare. Lo scivolare del pigiama di tessuto sul pavimento freddo, mentre i pallidi raggi lunari illuminavano il corpo roseo della fanciulla fissa a guardarlo. Unno sguardo diverso dal solito. Non più l’incerta, timida, impacciata ragazzina. Una Tamao pronta ad assecondare ogni più segreto desiderio del giovane amante. Donna matura e senza regole, figlia di una notte fatta d’amore…

E ora, si potevano scorgere visibilmente le reazioni di entrambi. La ragazza era ormai in un altro pianeta, completamente in estasi corporea e mentale. Ren, seppure avesse accolto più che volentieri quel gesto inaspettato ma assolutamente gradito, sentiva una strana sensazione di vuoto. Una cupa espressione gli solcava il volto. Era come non sentirsi dalla parte del giusto. E non sapeva spiegarsi perché. Scrutò per molto tempo il paesaggio campagnolo che l’opaco vetro mostrava, finchè delle mani non gli si appoggiarono sulle spalle facendolo sussultare. “Maled…!! Oh, Tamao. Mi hai colto di sorpresa” borbottò dopo essersi voltato in posizione d’attacco e successivamente essersi rilassato. La ragazza ridacchiò divertita “Bene, bene. Adoro essere imprevedibile! Sono stata dunque capace di esserlo…?” aggiunse, giungendo timida le mani. Il ragazzo alzò un sopracciglio, cercando di capire se si stesse riferendo all’ “attacco a sorpresa” o alla notte precedente.

“…Sì. Sei stata brava…”Mormorò alla fine. Rimasero in silenzio a fissarsi, entrambi pensavano la stessa cosa.

“Ascoltami… E’ meglio di no, ora” mormorò Ren divincolandosi dolcemente dai tentativi di Tamao di stringerlo a sé. “Perché?” chiese un po’ delusa la dama, mentre dava dei velati baci sul viso al Cacciatore. “Ho detto di no, smettila” si fece improvvisamente brusco, il giovane, che con un veloce scatto delle mani bloccò Tamao fissandola negli occhi. “Vado a fare una passeggiata” disse dopo numerosi attmi di silenzio. L’espressione seria, dura, mentre quella di Tamao si faceva ogni secondo più sconvolta. Con occhi mortificati domandò a mezza voce, lo sguardo basso “Quando torni?” Ren andò alla porta, per fermarsi sulla soglia e dire sospirando “Non lo so. Ho bisogno di stare per conto mio… Tu comunque aspettami, ‘Mao…” La ragazza sorrise amaramente, mentre mormorava ormai lontana dalle orecchie dell’amante “E’ ciò che ho sempre fatto, mio Ren… Aspettarti…”

*

Il giovane Drow nordico si era svegliato con un’intensa adrenalina in corpo. Eppure, con questa euforia cresceva in lui anche una certa tensione, un nervosismo irrequieto. Il suo naturale sorrisetto beffardo lo nascondeva incredibilmente bene, ma percepiva una inquietante energia provenire da lontano. Qualcosa di pericoloso e al contempo essenziale si stava avvicinando. Si avviò alle scale, e vi incrociò Tokageroh “’Giorno, amico” esclamò in sua direzione, mentre quello gli rispondeva con un borbottato cenno di saluto. Stavano per sparire l’uno dalla vista dell’altro, quando il rettile si bloccò di colpo domandando irrequieto “Ti sei mai svegliato una mattina con la sensazione che proprio nelle ore che seguiranno verrà data un’essenziale svolta alla tua vita?”

HoroHoro inizialmente non rispose. Rimase immobile nell’intento di scendere i gradini a chiocciola. Poi, un largo sorriso gli si estese per l’intero diametro del volto “Continuamente”Sparì nell’ombra del corridoio di scale.

L’indaffarata e irrequieta Pilica era tutta concentrata su alcuni conti che non tornavano, e si passava stancamente una mano alla tempia. Faust le si avvicinò sorridente “Lascia fare a me, ti stai ammazzando di lavoro! Meriti qualche ora di riposo, ragazza mia” Lei gli sorrise con gratitudine mentre esclamava “Siete davvero un gentiluomo, grazie” con un balzo scese dalla sedia troppo alta per lei, e si avviò all’uscita del locale per assaporare l’aria fresca dell’aperta campagna lì intorno. Nell’atmosfera c’era qualcosa di frizzante, lo sentiva. Qualcosa di eccitante ma allertante allo stesso tempo. Tirò numerosi sospiri.

Una voce femminile le fece fare un balzo improvviso “Padrona, permettete?” la dama si voltò verso Tamao, umile e intimidita, probabilmente ancora per via della sfuriata della Capocameriera un mesetto prima. Da quel momento aveva cercato in tutti i modi di evitarla, troppo spaventata dal fatto che avrebbe potuto rivoltarle contro nuovamente. “Dimmi, Tamao” rispose Pilica, gentilmente “Ehm… Volevo porvi le mie scuse per il comportamento avuto nei vostri confronti l’altro giorno. Non era mia intenzione offendervi in alcun modo, e vi scongiuro di perdonarmi se l’ho fato” chinò il capo rammaricata, mentre l’altra l’osservava in silenzio. Dopo alcuni secondi, sorrise alzando con un piccolo gesto della mano il viso alla servetta. Con voce materna proferì verso ella “Non devi scusarti. Sono stata io un po’ troppo reattiva. Non avrei dovuto urlarti contro in quel modo” la fanciulla parve visibilmente sollevata “Oh, non dovete assumervi le colpe, Padrona” Pilica rise, mentre esclamava “Tamao, amica mia, quando non sei in servizio puoi anche chiamarmi per nome e darmi del tu!” Tamao aveva le iridi che le brillavano. “Grazie, Pilica”

*

Camminò a lungo per il monotono e omogeneo sentiero, sapendo molto bene dove doveva andare. E soprattutto, cosa doveva fare. Il sole splendeva radioso in mezzo al limpido cielo azzurro, ma al contempo delle minacciose nuvole si stavano insidiando serpeggiando lungo l’accecante blu dell’immensa atmosfera. I vestiti erano di nuovo quelli sporchi e consumati di 24 giorni prima, le armi erano poggiate sul dorso del cavallo che muoveva veloci passi, portando in groppa un giovane ferito, sconvolto, disperato. Ma anche determinato a portare a termine un compito. Un compito destinato a lui… Che era segnato gli appartenesse…

*

L’oste si sentiva molto più stanco e debole del solito. In quella ventina di giorni era invecchiato molto più di quanto non avesse fatto per 33 anni. Pur non avendo particolarmente faticato, né subito gravi sconvolgimenti o disgrazie. Era semplicemente passato troppo in fretta il tempo… Fece roteare un po’ di volte la penna, mentre distogliendo lo sguardo dalla cupa finestra poggiava la penna su un vecchio pezzo di carta ingiallito…

…Il tempo… E’ relativo…

…Ma il tempo… Non è infinito…

…Non abbiamo abbastanza tempo…

Interruppe bruscamente la scrittura, con un labbro tremante. Un improvviso colpo al cuore. Di nuovo. In quei lunghi giorni ne aveva avvertiti numerosi. Cominciavano a diventare troppi. Posò la penna e tornò a guardare fuori, il paesaggio immenso e sconfinato della Valle di Ròsedern. Strano… Gli vennero in mente all’improvviso le rose. Il nome di quella Valle derivava proprio dall’enorme presenza di fiori simili. E allora… perché non se ne vedevano più da numerosi secoli? … Un altro colpo al cuore. Si guardò le mani visibilmente tremanti. Strinse gli occhi pensando che non andava bene. Non andava bene affatto.

*

E mentre ognuno degli abitanti della Taverna passavano attraverso alle più strane e ambigue sensazioni, impressioni, e stati d’animo, alcuno di loro poteva immaginare che la risposta a ogni loro domanda si stava giusto avvicinando al loro locale in quell’esatto momento. Una figura maschile, giovane e circondata da speranza, speranza amara, perché oscurata da una vasta possibilità diu fallimento, avanzava a cavallo del suo fedele animale per raggiungere proprio quel luogo. Ove, se avesse avuto fortuna, avrebbe trovato l’aiuto che gli occorreva. Le brune iridi tremavano di preoccupazione, al solo pensiero che qualcosa durante la sua assenza sarebbe potuto andare storto, che forse anche se avesse avuto successo sarebbe arrivato troppo tardi, che il peggio fosse già avvenuto…

Ma per il momento non voleva pensarci, se ne era rifiutato. Riusciva solo a stringere i pugni e i denti, continuando di gran passo lungo il sentiero che lo avrebbe portato verso la sua, unica, sola, ultima speranza di riuscita.

… Ma ancora gli abitanti della Taverna non lo sapevano…

*

Le foglie degli alberi venivano spinte dall’aria ventilata di quella giornata solare ma annunciatrice di tempesta. Sì, concentrando la vista da acuto osservatore, Ren non potè fare a meno di notare che il vento soffiava a nord, e portava con sé le nere nuvole di pioggia dalla direzione opposta. Si sedette numerosi minuti sul masso sperduto in mezzo al prato ondeggiante, dalle morbide curve cullate dai soffi di vento. Chiuse gli occhi, udendo ogni minimo rumore lì nei dintorni. Il canto di un passero, di pochi giorni, di buona salute, appena spiccato il volo da un ramo a ore 4 da lui e a 5 metri d’altezza, il lento scivolare delle acque dal torrente a 100 metri da lui, più veloce del solito di qualche kilometro orario, il che dimostrava la grande potenza del vento in quel momento, il battito del cuore di un cervo appena fuggito a 25 metri dal masso dove stava seduto, anziano, corna ampie e larghe, non molto agile né veloce, sarebbe stata un ottima preda se in quel momento Ren avesse avuto voglia di cacciare. Riaprì gli occhi pensando che non stava risolvendo un bel niente rimanendo bloccato lì in quella locanda per così tanti giorni, e perdipiù Tamao voleva ad ogni costo consumare ogni pensiero romantico che le passava per la testa proprio nei momenti in cui non gli andava. Tranne che la notte prima. Era stata magica. Eppure continuava a pensare che qualcosa di vuoto albergasse nel suo cuore. Una paura di aver sbagliato qualcosa. Forse un ricordo dimenticato… Si concentrò di nuovo, e udì qualcosa che lo fece rabbrividire: un uomo, vent’anni, buona corporatura, in groppa a un cavallo robusto si stava avvicinando alla Taverna della Valle di Ròsedern, e intorno a lui un’inquietante aura di pericolo ma allo stesso tempo di irresistibile attrazione aleggiava…

Pilica ruppe un utensile che portava in mano, colta da un improvviso capogiro. Un afannoso respiro ne seguì, e poi una rapida vampata di calore. Intervenne, a coronare il tutto, un’improvviso senso di nausea, e la ragazza si trovò costretta a uscire di corsa nel cortile perché iniziava anche a mancarle l’aria. “Mio Dio… Che diavolo succede?” mormorò, percependo chiaramente una strana atmosfera cupa. Anche Faust si alzò in piedi di colpo, avvertendo un lontano richiamo verso un punto vicino… Tamao rimase a occhi spalancati con il sangue che cominciò a scorrergli veloce nelle vene, e il fragile cuore che batteva talmente veloce da farle male. HoroHoro rizzò le orecchie facendosi improvvisamente serio, lo sguardo più cupo che mai. Tokageroh per poco non scivolò sulle scale, cno un improvviso vuoto nella testa che lo fece rabbrividire. Ecco… Stava accadendo… Le risopste stavano arrivando, ed erano posate negli occhi neri del bruno forestiero che scendeva da cavallo proprio di fronte alla vecchia Taverna.

*

Le nuvole ormai erano prossime al coprire definitivamente i raggi solari. Il cielo da splendente e limpido si era fatto grigio e malinconico. I primi tuoni si potevano udire in lontananza. Il vento smise di soffiare, mentre il silenzio si impadroniva della sperduta campagna attorno alla locanda. Ove 6 personaggi sconvolti e immobili senza respirare fissavano pietrificati di fronte a sé. Il rumre di un paio di stivali rinforzati che toccavano terra. Il fruscìo dei lunghi crini bruni che andavano a ricoprire le robuste spalle. Li fissava, e loro fissavano lui. In mezzo a loro, l’immensità di una memoria che fa male…

“…Hao…” era stato mormorato da un’immobilizzata Tamao, nonostante il suono delle sue parole non fosse uscito dalle labbra secche. Il giovane sorrise. “Salve. Allora vi ricordate di me…”

*

In un lampo di luce, ogni cosa che era stata dimenticata riaffiorò nelle menti di ognuno dei tavernieri, scaglie di ricordi tanto confuse da apparire in un primo tempo prive di senso logico, ma alcontempo che colmarono tuto quel vuoto che la perdita di memoria aveva loro causato. Strinsero gli occhi, cercando di ammortizzare il doloroso processo, ma le immagini scorrevan furiose di fronte ai loro occhi, come un fulmine a ciel sereno. Durò un istante, e tutte le risposte che li avevano tormentati ricevettero una risposta. Pilica e suo fratello rimasero in silenzio, a sguardo basso coperto dagli azzurri capelli.

“Oddio…” sibilò Ren, sentendo un crampo al cuore nel rammentarsi della sua scelta di rimanere al Castello Invisibile pur di possedere i corpi delle più belle e mirate prede del pianeta. Volse lo sguardo a Tamao, e si sentì ancora più male nel pensare che era questa la sensazione che l’opprimeva da quella mattina, dopo la passioanle notte passata assieme. L’aveva fatto. Era un mostro. L’aveva tradita. E non in senso fisico, ma più profondo, psicologico. Aveva desiderato più ardentemente di lei delle altre donne. Non ebbe il coraggio di sostenere il suo sguardo.

“Le Streghe della Rosa… Hao… Oh, merda…!!” aveva esclamato Tokageroh, visibilmente shockato. “Evidentemente l’avermi rivisto ha riacceso in voi la scintilla della memoria. Bene, questo facilita il mio compito! Non c’è tempo da perdere, dobbiamo salvare le Tre Streghe dalla maledizione che le perseguita, perché succederà loro qualcosa di terribile se non interveniamo all’istante!” affermò il giovane, per lo sbigottimento di tutti. “Salvare? Le Tre Streghe?!” disse Tokageroh quasi urlando. “Di che cosa parli, Hao? Che significa tutto questo? Perché ci eravamo dimenticati di te e delle Streghe della Rosa? Che… che diavolo è successo?!!” esclamò semi isterica Tamao. Il ragazzo abbassò gli occhi “E’ troppo difficile da spiegare. E poi non comprendereste, finchè vi verrà spiegato tutto a parole non accetterete di aiutarmi a salvare le loro anime innocenti ma sporcate dei più disprezzabili aggettivi…” Gli ascoltatori erano visibilmente confusi, ma alcuni cominciavano a capire… Faust ebbe un fremito. “Perciò…” proseguì il giovane con occhi coperti dalle ciocche brune “Avrete bisogno di vederlo coi vostri occhi… Mediante quelli di qualcun altro…” a quelle parole, nella mente dell’oste un lampo di luce fece breccia. Fissò negli occhi il ragazzo, che proseguì fissandolo a sua volta “Tira fuori la tua Elisa, Faust. Stavolta avrò davvero bisogno di lei…”

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Capitolo 16
*** Elisa ***


§§**… She Saw Things … That she Couldn’t See… **§§

§§**… She Saw Things … That she Couldn’t See… **§§

Taverna della Valle di Ròsedern, 20/04

Il cielo era diventato più nero dell’oscurità. Barlumi di tuoni si facevano largo a intermittenza tra le piccole fesure delle nubi irrequiete. Il vento riprese a soffiare più lamentoso di prima. Le sconfinate campagne parevano deserte e immobili, silenziose, circondate da un’evidente quiete precedente alla catastrofe…

I contadini avevano ritirato le bestie scalpitanti, le donne avevano chiuso le finestre dopo aver lanciato nei dintorni occhiate sospettose e turbate. I bambini erano rientrati in casa in seguito ai richiami delle famiglie preoccupate. Preoccupate per qualcosa che sarebbe accaduto presto, preceduto da un’irritante e nervosa tensione placata dal silenzio, repressa dal vuoto. E adesso l’intera Valle taceva, sotto i richiami lontani di saette che avanzavano, e foglie soffiate lugubri sui vecchi cimiteri immobili. In mezzo a questo quadro apprensivo, faceva breccia tra tutte una larga locanda sperduta lungo un sentiero infinito e omogeneo. Vecchia Taverna solida ma antica, coi battenti che sbattevano all’entrata perché dondolati dall’incedere del vento. Una ragazza incredibilmente tesa e nervosa corse a chiudere con un gesto brusco quelle stesse porte, e il sonoro sbattere del legno fece sobbalzare il resto dei presenti nella fredda sala.

*

“Pilica…” mormorò Tamao, con occhi incredibilmente languidi “Non sono arrabiata, Tamao, non fare la bambina! Smettila di fissarmi stralunata, io sto benissimo…” replicò visibilmente irritata la stessa ragazza che aveva chiuso i battenti. Tamao abbassò lo sguardo rosso e sconvolto. Ren la fissò tremante, avrebbe voluto incoraggiarla con una lieve carezza, magari uno sguardo d’intesa, ma non aveva il coraggio di fare una cosa simile dopo ciò che aveva fatto. HoroHoro era seduto comodamente su una delle sedie, in bilico a braccia conserte, i piedi a sostenere il peso del corpo appoggiati al vertice della tavola. Lo sguardo era cupo, nascosto dai capelli spettinati, e sembrava non respirasse nemmeno tanto che era immobile. Tokageroh si stringeva nervosamente le mani rigirandole e contorcendole, gli occhi persi nel vuoto di fronte a sé e leggermente fuori dalle orbite. Faust era in piedi e volgeva le spalle al resto del gruppo, intento a osservare fuori dal vetro opaco di una finestra. L’espressione turbata, quasi inespressiva, le labbra serrate in una smorfia di dolore. Anche Hao era in piedi, ma con le braccia ferme lungo i fianchi e i pugni ben stretti, sguardo alto e deciso, espressione di sfida, rivolto verso l’oste. “E’ assurdo il tuo continuo affermare che esce solo durante le ore notturne, è sicuro che esiste un modo per vederla anche di giorno, solo che non vuoi dircelo per paura di farle correre un pericolo mortale…”L’uomo strinse gli occhi esclamando con un lieve tono di isteria nella voce “Anche se fosse?! Lei non è donna da vendersi a queste stupide messe in scena… Dici che le Streghe della Rosa sono povere innocenti e che dobbiamo salvarle, ma invece io so per esperienza personale che razza di demoni spietati sono… Non le perdonerò mai, MAI PER QUELLO CHE MI HANNO FATTO!!!”si era voltato, mostrando un volto folle d’ira, e con entrambe le mani era andato a scrollare violentemente il ragazzo di fronte a lui, afferrandolo per le spalle e poi rigettandolo qualche passo indietro. Ma Hao non battè ciglio. “Anch’io prima non ero in grado di comprendere… Le odiavo nello stesso modo in cui le odi tu ora, forse anche di più, perché mi avevano costretto ad abbandonare per sempre la mia vita e i miei sogni per rimanere segregato nel loro Castello per tutta l’eternità. Mi avevano cancellato dalla memoria del pianeta, nessuno mi avrebbe nemmeno mai incontrato! Ma poi, con il tempo trascorso in quelle fredde e delicate mura, ho imparato a comprendere la loro vera essenza, il loro meraviglioso io, il vero motivo per cui mi avevano fatto rimanere… Mi hanno mostrato una verità talmente brutale che avrei desiderato morire piuttosto che rendermene partecipe, e allora mi sono vergognato un sacco di aver potuto anche solo per un istante odiare quelle pelli così innocenti e sporcate di sangue loro, condannate a una realtà più brutale di qualsiasi immaginabile supplizio…” La sala divenne muta, con i nervosi sfregamenti di mani di Tokageroh a fare da sfondo. Una timida vocina ruppe il silenzio assordante “E tu… Che cosa pretendi da noi? Cosa… Cosa dovremmo fare noi per salvare quelle tre assassine, ammesso che accetteremo mai di farlo?” Tamao aveva alzato gli occhi rossi di pianto, mentre il ragazzo le volgeva un profondo sguardo scrutatore. “Non possono essere salvate. Non più, ormai…” si morse un labbro sentendo di tremare “Ma possiamo ancora tentare di alleviare le pene delle loro anime, facendo loro capire che il mondo ha smesso di odiarle” Il silenzio che ne seguì fu più opprimente del precedente. Tokageroh aveva smesso di scricchiolare le ossa, per fermarsi a fissare il vuoto, immobile. Pilica si alzò in piedi a braccia conserte, avvicinandosi a Hao girandogli intorno lentamente. La voce tagliente, sibilante “E cosa ti fa pensare… Che il mondo abbia smesso di farlo? Tutti gli uomini e le donne viventi su questo pianeta crescono con la paura continua di un loro qualche maleficio, abbiamo tutti paura di loro, e le odiamo perché ci hanno fatto da sempre del male. Troppo invidiose della razza umana, vanitose e avide di anime da possedere per farci ciò che volevano, non hanno mai rinunciato a farci del male. Mai. E mai smetteranno di farlo…” all’ultima frase, un’occhiata fugace era stata lanciata in direzione del fratello, ancora in bilico sulla sedia e a sguardo buio. “Capisco il tuo rancore. Ma io vi avevo avvertiti del fatto che inizialmente non sareste stati in grado di comprendere… Ad ogni modo so benissimo che attualmente il mondo continua ad odiarle come ha sempre fatto, ed è proprio su questo che ho assoluto bisogno di voi… e di Elisa” tutti si scambiarono occhiate rapide ed eloquenti “Saremo noi che gireremo per il mondo o una parte di esso per diffondere la verità. Noi cambieremo il corso delle cose e faremo imparare anche al resto della gente ad amarle…” ci fu un sussulto generale. “Sei pazzo. Nessuno ci ascolterebbe. E in giusto, perché nemmeno noi abbiamo intenzione di ascoltare te adesso” intervenne brusco Tokageroh. “E poi non capisco… Questa storia di Elisa… ma perché non abbiamo mai saputo che viveva un’altra persona oltre a noi in questa Taverna?” domandò intimidita Tamao. Faust fece un amaro sorrisetto “E come avreste reagito? L’avreste accolta a braccia aperte? Una donna folle è vista sempre come pericolosa, avreste tentato qualcosa contro di lei, e io non potevo permetterlo…” sentenziò. “E comunque non ho ancora capito a cosa ti servirebbe questa cosiddetta ‘donna’. In che modo potrebbe farci cambiare idea sul conto di quelle donnacce?” domandò freddo e sprezzante Ren, per uno sguardo truce da parte di Hao, che si avventò quasi su di lui arrivandogli a un centimetro dal naso “Non osare parlare di loro in questo modo, hai capito?!!””Parlo di loro nel modo che meritano!!” Il ragazzo si bloccò all’istante a quelle aprole, che gli fecero rammentare la sua stessa frase nei primi giorni della sua permanenza al Castello. ‘Io vi tratterò nel modo in cui meritate di essere trattate!!

Si allontanò piano, mentre Ren teneva le iridi brillanti posate intimidatorie su di lui. Si fissarono ancora per un po’, finchè Hao non disse rivolto a Faust senza distogliere le iridi dal Cacciatore “Faust, tira fuori Elisa, te lo dico per un ultima volta” L’oste sembrava non voler nemmeno sentire, e scosse violentemente la testa “No!! Non la porterai via da me!!” Hao si voltò in sua direzione “Se veramente la ami e tieni a lei, sappi che ha bisogno di me per terminare la Maledizione di Follia che da una vita intera l’opprime!! Quindi prima o dopo dovrai farla uscire allo scoperto, non hai scelta! O forse sei troppo egoista per rischiare di perdere una TUA risorsa di vita anche se alla condizione di salvare quella di qualcun altro?!”Faust per poco non si avventò sul ragazzo, ma in quell’esatto istante qualcosa di straordinario accadde.

*

Una luce intensa come quella di una stella si fece strada per la rampa di scale che portava al piano di sopra, avanzando verso la loro sala. Era incredibilmente forte, quasi accecante, e alcuni si strinsero ai vicini per il timore. Faust osservava come ipnotizzato quella luce, mentre Hao rimase serio e a sguardo deciso. Le scure iridi posate sulla figura bianca che stava scendendo spettralmente gli scalini di pietra. Un volto lungo e pallido, dagli occhi inespressivi e i lunghi crini biondi a incorniciarlo fece la sua comparsa davanti agli sguardi degli sconvolti presenti. Ora Hao ne era sicuro. Sapeva dove aveva già visto volti simili. “Elisa…” mormorò Faust quasi piangendo “Una delle Custodi della Foresta Spinata…” mormorò Hao per i sussulti sorpresi di molti. “Hai visto cose che ti erano state vietate vedere, e per punizione sei stata segregata sulla Terra accecata dalla pazzia e dall’amore per un uomo che avevi sposato alcuni anni prima” Faust gli diede una spinta zittendolo, la voce quasi rotta dal pianto “SMETTILA! Perché devi comparire all’improvviso e far riaffiorare antichi e crudeli ricordi ormai dimenticati?! PERCHE’??!”Hao lo fissò “Eravate uniti da un amore che era più forte di qualunque maleficio, e siete riusciti a rimanere uniti. Ma una vita così, che senso ha? Una vita priva di gioia e fatta solo di rimpianti? Di rimorsi per aver fatto qualcosa di puramente sbagliato?” Ren abbassò gli occhi turbato. Faust era fisso a osservare il vuoto di fronte a sé. Una delicata mano pallida e fredda si posò sulla sua spalla facendolo sussultare “Faust… Ora basta, smettila… Devi ascoltare questo ragazzo” l’uomo si voltò incredulo verso la donna, sempre più circondata di energia. “Ma… Elisa… Io…” La donna fece un lieve sorriso, pur rimanendo con lo sguardo fisso nel vuoto, inespressivo e mortuario. “Lascia che vi mostri… Ciò che è la verità…” continuò la candida voce femminile, mentre il getto di luce si faceva sempre più intenso. Il volto della fanciulla s’abbassò, posando il proprio sguardo su quello dei numerosi presenti. E il contatto di quelle iridi le une sulle altre fece scoccare nelle menti di ognuno una scintilla infuocata…

*

Un istante doloroso e accecante, in cui frammenti di immagini si intrecciavano formando quello che era stato il vero passato delle Tre Streghe. Hao si era voltato accovacciandosi di fianco al muro mentre ciò accadeva. Non aveva alcuna intenzione di rivedere e rivivere simili momenti. Era stato orribile vederli una volta, e lo tormentavano già abbastanza. Ancora li aveva davanti…

Quando tutto finì, la Taverna sembrava completamente diversa da come era prima. Non che fosse materialmente cambiata, in fatto di mobili eccetera, ma c’era un’atmosfera e un’aria respirata visibilmente differente. Gli occhi di tutti erano imperlati di lacrime. “Oh… Dio…” Tamao si era accasciata a terra, e singhiozzava in silenzio coprendosi il volto con una mano. Ren era visibilmente senza parole, e muoveva le labbra come a voler balbettare qualcosa ma non trovare parole da pronunciare. Tokageroh sembrava una statua di sale, non muoveva un muscolo, e Faust era in ginocchio con gli occhi posati sul pavimento. Singhiozzava amaramente, e aveva le mani tra i capelli. “Elisa… Tu hai dovuto convivere per tutta una vita con queste orribili, disgustose immagini di morte e tortura… Ingiustizie e cattiverie pure… Ma… Come è potuto succedere?!” Pilica e HoroHoro non avevano alzato lo sguardo verso Elisa, erano ancora immobili nelle loro posizioni di prima; questo non lasciò indifferente Hao, che scrutò attentamente i due fratelli, uno seduto coi piedi sul tavolo, l’altra in iedi di fianco a lui con i pugni stretti lungo i fianchi. Entrambi avevano in volto uno sguardo cupissimo. “Perché non avete guardato la verità?” mormorò Hao verso di loro, mentre Pilica faceva per rispondere; ma la mano di HoroHoro si posò sulla sua. “Ferma, Pilica” aveva sussurrato il Drow alzando per la prima volta lo sguardo. Era glaciale, con le pupille ridotte a fessure “Non abbiamo bisogno di vedere questa cosiddetta ‘verità’. Accettiamo di aiutarti… Perché ci fidiamo di te…” Pilica lo osservò stranita, ma il fratello tenne lo sguardo fisso su quello di Hao, immobile e in silenzio. Non capiva se doveva fidarsi oppure no. Ma alla fine fece un lieve cenno di assenso, e si voltò verso gli altri domandando “Allora… Chi è con me?”

*

Sentiero Esterno alla Taverna, poco dopo

Il gruppo era ormai pronto per il viaggio, ognuno aveva preso con sé il minimo indispensabile ed erano saliti in groppa a un cavallo. Hao stava di fronte a tutti, sul suo fedele Herym, Pilica e Tamao cavalcavano dei cavalli più giovani appartenenti alla Taverna, Faust portava dietro di sé la moglie in groppa al più anziano dei cavalli che possedevano, Ren cavalcava il proprio e HoroHoro era in piedi con le braccia portate alla nuca. Un sorrisetto beffardo stampato in volto. “Come puoi pensare di affrontare il viaggio privo di un cavallo? Non sarai in grado di stare al passo…” affermò Ren. Il Drow lo fissò con ironia affermando “Ragazzi, siete all’antica… Io viaggio con molto più stile…” con un fischio del nordico, un varco si aprì nell’aria facendone comparire un meraviglioso cervo bianco dalle corna argentate. Tutti erano rimasti a bocca aperta. Il ragazzo montò sull’animale con abilità, e affermò “Adesso sì che ragioniamo!”

Tamao abbassò lo sguardo, voltandosi verso la loro cara vecchia Taverna. Era triste vedere il malinconico cartello

Chiuso temporaneamente

fisso sulla porta. “E’ triste dover abbandonare le piccole cose di tutti i giorni in un modo così avventato e improvviso… Insomma, da oggi la nostra vita sarà completamente diversa, dico bene?” aveva un lieve tremore nel tono di voce. Ren si avvicinò a lei fissandola negli occhi “Un giorno torneremo, e vivremo come abbiamo sempre fatto. Tutto questo finirà, vedrai…” la ragazza gli rivolse un dolce sorriso. Hao in quel momento si ricordò di una cosa. Infilò una mano nella tasca, e sentì al tatto la stoffa sporca e rattoppata contenente qualcosa. Lo tirò fuori, rivolgendosi a Tamao “Tu… Mi avevi consegnato questo. Avevo il compito di consegnarlo a Ren se l’avessi incontrato, ma… Forse adesso è il caso che glielo dia tu…” Sorrise alla fanciulla, che osservando quell’oggetto fece una curiosa espressione stupita. Si guardò freneticamente nelle tasche. “Ma… Quello… L’avevo… Cos… Incredibile” disse infine, mentre porgeva il piccolo oggetto in direzione dell’amante “Non so se te lo ricordi ancora… Me lo avevi lasciato prima di partire per il tuo ultimo viaggio” Ren prese in mano la stoffa e sorrise in una maniera in cui non aveva mai fatto prima. Sembrava brillare di luce propria. “Non l’ho dimenticato. Grazie, Tamao” la ragazzina sorrise, mentre hao diceva “Non c’è tempo da perdere. Abbiamo molta strada da fare, e ben poco tempo. C’è un luogo in cui dovremo assolutamente andare, e direi di cominciare da quello…” si inscurì un istante in volto, ma poi rialzò lo sguardo deciso “In marcia, Compagni…”

Tutti annuirono, e cominciarono a trottare per avviarsi lungo il sentiero stretto e monotono sotto le nuvole che preannunciavano ormai tempesta…

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Capitolo 17
*** Il Villaggio di Namash ***


§§**… The War Is Coming… From The Darkest Clouds… **§§

§§**… The War Is Coming… From The Darkest Clouds… **§§

Villaggio di Namash, 1/05

La Sacra Sacerdotessa non aveva più voluto parlare della rivelazione notturna riguardo il Rito della Luna, accaduto ormai una ventina di giorni addietro. Lyserg, come tutti gli altri abitanti del Villiaggio, dal canto loro, avevano rinunciato ai tentativi di tirarle fuori la verità. La di lei risposta tanto era sempre la stessa… L’unico che non aveva mai provato a chiedere nulla al riguardo, era stato Yoh. Il giovane pareva più determinato a dimenticare il vuoto di memoria che lo assaliva a partire da alcuni mesi prima, come convinto che così facendo avrebbe potuto riprendere a vivere serenamente e privo di disturbi. Ogni tanto arrivava qualche suo compagno, a domandargli se non avesse nemmeno la minima curiosità di conoscere ciò che la Sacerdotessa Anna aveva visto nella memoria degli oggetti che aveva portato, ma il ragazzo rispondeva con semplicità, un sorriso spensierato stampato in volto “Sono sicuro che se ci fosse stato qualcosa di veramente importante da sapere mia moglie me l’avrebbe riferito. Se ha evitato fino ad ora di parlarmene, vuol dire che si tratta solo di inutili ricordi che è stato solo un bene dimenticare…”

Alcuno tentava di ribattere, e in fondo man mano che il tempo passava la strana sensazione di vuoto che avevano provato il giorno del ritorno di Asakura andava disperdendosi. I giorni scorrevano naturali, tranquilli, sereni, e anche la giovane Anna aveva smesso di comportarsi in maniera scostante e ricominciava a parlare normalmente col marito. Il grande vuoto di memoria era oramai un capitolo chiuso. Sul quale nessuno osava più ritornare.

*

“Credo che andrò a prendere un po’ di legna, la nostra è finita…” affermò Yoh mentre con il volto sbucava da dietro la porta d’ingresso della capanna. Anna era seduta sul tappeto al centro della stanza, a gambe incrociate e un’espressione d’intensa concentrazione palesata in volto “Non devi MAI interrompermi mentre pratico i miei riti di Predizione, quanto ancora dovrò rammentartelo?! Vai, vai, nessuno te lo impedisce!” aveva risposto seccata. Yoh, sorridendole, affermò “D’accordo, amore, allora ci vediamo più tardi!” Anna aprì gli occhi dicendo irritata “Sì, d’accordo, a dopo!” sbuffò, richiudendo gli occhi. Il marito, determinato a continuare, disse spassandosela sempre di più “Non ci vorrà molto, conto i secondi già da adesso e cesserò solo nel momento in cui ci riconcilieremo…” La ragazza riaprì gli occhi esclamando “Insomma, ho capito, ti ho detto di andare!”Yoh rise forte “Adoro quando fai la dura!” “Ciaoo!!” “Ti amo!” “Sparisci dalla mia vista, Yoh Asakura!” Il ragazzo uscì ridacchiando mentre l’altra gli tirava dietro un cuscino; il tono di voce di lei leggermente addolcito, velato di un risolino. Anna guardò per qualche istante la porta dalla quale era uscito l’amato ragazzo, e sorrise. Poi sospirò profondamente tornando a concentrarsi sul Rito da svolgere.

*

Hao e la sua compagnia erano in viaggio da numerosi giorni, e il luogo bramato non poteva essere molto lontano. “Propongo una pausa!” esclamò ansante Tokageroh, sfinito sul dorso del cavallo. “Oh, sei il solito pelandrone. Ormai non mancherà molto!” lo rimbeccò Pilica stizzita. Il rettile rispose “Ma il caldo di questo desertico sentiero mi sta distruggendo! Vi prego, solo cinque minuti, riprendiamo le forze!” Hao si voltò tranquillo “Solo appena raggiungeremo il Villaggio che ho intenzione di raggiungere. Prima di esso altro non troveremo che questa torrida strada di fronte ai nostri occhi… “ Tokageroh sembrò trattenere una volgare imprecazione, mentre Tamao faceva uno sforzo sovrumano per reggersi diritta sul cavallo. Aveva l’aria stanca e affranta, completamente sudata, le labbra ansanti e gli occhi socchiusi. Ren l’osservò preoccupato “Forse non resisteremo fino ad allora…” “Piuttosto, tu come fai a non patire minimamente questo caldo?!” esclamò Tokageroh verso Hao, che continuava a marciare imperterrito “Sono abituato a questo clima… Non mi fa effetto. Comunque non temete, se proprio non reggete questo clima oltre dovrebbe esserci nelle vicinanze una piccola oasi dove riposare per una notte… Per il momento, resistete…”

*

Alcune ore più tardi, il sole pallido era sfocato in una nube di oscurità, con gli stessi nuvoloni scuri delle giornate precedenti a ricoprire il cielo buio. Sembrava quasi che stessero inseguendo la compagnia come un’oscuro presagio sempre all’erta, in attesa di un passo falso da parte di uno di loro. I tuoni e i fulmini formavano echi lontani e minacciosi, le stelle e la luna oscurati da quella tenebrosa atmosfera che da migliaia di metri scrutava Hao e gli altri giungere nella tanto sperata oasi.

“Cerchiamo alloggio per una notte soltanto, siate così gentili da concedere a degli umili ma determinati viaggiatori come noi tale lusso…” disse Hao con estrema fermezza, chinando appena il capo in segno di rispetto verso i proprietari terrieri della piccola villeggiatura. Uno di loro li squadrò con noncuranza, e fece cenno ad alcuni servi di accompagnarli a uno degli alloggi. “Grazie. Infinite grazie” dissero i viaggiatori in coro.

*

“E’ pazzesco tutto questo…” mormorò Faust, seduto sull’ampio davanzale della finestra grossolana piazzata sulla parete della loro ampia stanza. Elisa stava seduta silenziosamente su una sediolina vicino all’uomo, le mani giunte e lo sguardo perso nel vuoto di fronte a sé. Horohoro si era disteso bello comodo sul letto principale, con Ren seduto sull’altro lato a braccia conserte e sguardo indagatore, l’aria critica. Tamao era posizionata vicino a lui, sul vertice del mobilio, la testa poggiata alle mani e l’aria distrutta. Pilica passeggiava ripetutamente per la stanza dando sui nervi a Tokageroh, accasciato su un altro letto a fianco a quello matrimoniale, mentre Hao era poggiato tranquillamente alla parete con lo sguardo assorto. “Hai ragione.Chi l’avrebbe detto che le Tre Streghe nascondessero tanti segreti?” domandò pensierosa Tamao verso l’oste. Tokageroh alzò il capo verso gli altri domandando “E poi perché non hanno mai pensato di far conoscere la verità? Forse qualcuno avrebbe potuto dar loro una mano, come stiamo facendo noi adesso…” Hao scosse il capo, mormorando solenne “Chi avrebbe loro creduto? E poi erano state tradite dal mondo che loro stesse avevano amato, oramai non ponevano in esso la minima fiducia. Avevano visto e provato sulla loro pelle lìodio degli esseri umani nei loro confronti, quindi come potevano sperare di vedere da essi un appoggio materiale?” Ren lo scrutò con attenzione, tacendo. Il Drow si stiracchiò sorridente, affermando “Beh, quel che è certo è che non peneranno più d’ora in poi…” tutti gli sguardi si posarono di scatto su di lui. Prima di tutti, quello di Pilica. Lui si alzò seduto con le iridi ridotte a fessura “Una volta che ci troveremo nei pressi del Castello e porteremo a termine la nostra missione, diranno addio per sempre a tutte le loro sofferenze ed agonie…” calò il silenzio, improvvisamente. La sorella del ragazzo non aveva ancora distolto gli occhi da lui, e gli lanciava uno sguardo di curioso rimprovero. Ma nessuno ci fece caso. Tranne Ren, che li guardò entrambi per un po’, lo sguardo felino, e Hao, che al contrario distolse gli occhi da loro per posarlo pensieroso sulla finestra e il paesaggio esterno. La luce stava cedendo completamente posto alla tenebra. Il vento soffiava più forte e ululava contro il vetro. Sembrava quasi una presenza malvagia che li perseguitava per cantar loro di oscuri incantesimi di malaugurio, mentre i tuoni ridevano del futuro che li avrebbe attesi ma che ancora non potevano minimamente immaginare, ciechi bambini nella loro ingenua incoscienza…

*

La ragazza dai crini cristallini era statica di fronte allo spettacolo di quella notte burrascosa eppure priva di acquazzone. Le braccia conserte, un po’ per la brezza fresca, un po’ per gli oscuri pensieri, un po’ per i sensi di colpa. ‘E se ciò che stiamo facendo non ci portasse da nessuna parte?… E se esistesse davvero un modo per cessare la maledizione senza dover necessariamente…’ ma dei silenziosi passi interruppero i suoi pensieri. Si voltò di scatto verso la figura scura del fratello, che dalla porta della camera le diceva sottovoce “Ti conviene rientrare, sorellina, ti prenderai un malanno…” aveva il suo solito tono di voce allegrotto e ironico, ma Pilica al contrario non aveva alcuna voglia di ridere. “Sai che il freddo non mi fa alcun effetto…” disse con noncuranza, voltandosi nuovamente e ricongiungendo le braccia. Il Drow si fece avanti affiancandosi a lei, e ammise “Okay okay, hai vinto tu, per stavolta. Ma adesso vorrei che mi spiegassi perché hai intenzione di farti degli scrupoli proprio ora che siamo così vicini al raggiungere il nostro scopo…”Pilica spalancò le palpebre con un improvviso salto al cuore. “E tu… Come fai a…” “Sei mia sorella. Il tuo cuore per me è un libro aperto. E poi te lo si legge chiaramente in faccia…” disse per tutta risposta l’altro, mettendosi le mani in tasca. Coperto solo da una leggera canottiera e dei pantaloni scuri. Anche la fanciulla era poco coperta. Abbassò gli occhi mordendosi il labbro inferiore “E’ che… Pensavo, ecco… Non potrebbe avere ragione lui?” HoroHoro la fissò accigliato “Toglitelo dalla testa! Lo sai che è impossibile. Anche se spinto dalla più buona volontà, il metodo che vuole adottare non lo porterà da nessuna parte, come non servirà a noi per realizzare finalmente il nostro sogno” Pilica distolse nuovamente lo sguardo, mentre HoroHoro si chinava di fronte a lei prendendole dolcemente le spalle e fissandola negli occhi “Il nostro sogno di essere liberi, non più vincolati da quell’oscura Maledizione, non l’hai dimenticato, vero? Quante volte abbiamo fantasticato su tutto ciò che avremmo potuto fare una volta liberi? I viaggi, metter su famiglia…” fece un occhiolino all’altra che sorrise in sua direzione “Poter finalmente dar sfogo a ogni nostra passione ed essere in grado di esaudire i nostri desideri… Non l’ho dimenticato, fratello mio…” Il Drow le sorrise fraterno rialzandosi. Retto in piedi mostrava circa 30 centimetri d’altezza in più rispetto ad ella “Bene, allora dimentica i sensi di colpa e tieni duro fino al momento opportuno. Vedrai, non falliremo, il nostro è un piano impeccabile, e una volta risolta tutta questa brutta faccenda ti sentirai una sciocca ad aver avuto dei dubbi!” la ragazza volse nuovamente lo sguardo al tetro paesaggio annunciatore di disgrazie. Le iridi le brillarono sotto ai riflessi di una saetta lontana “Spero solo che tu sappia quello che stai facendo…”

*

Villaggio di Namash, 2/05

Lyserg si sentiva stranamente eccitato quella mattina. Irrequieto e nervoso, proprio come la mattina di circa un mese prima, il giorno in cui Yoh era tornato lasciando in tutti coloro che l’osservavano uno strano senso di incompletezza interiore. Lo stesso valeva per tutti gli altri abitanti del Villaggio, che già di prima mattina non stettero fermi un istante. Anna era sulla soglia della capanna e osservava in silenzio gli indaffarati contadini e le irrequiete ricamatrici. Si lanciavano tutti delle rapide occhiate, per poi tornare a concentrarsi nervosamente sul proprio lavoro. La Sacra Sacerdotessa sapeva bene il motivo del loro comportamento, ma dentro di sé soffriva a doverlo ammettere. Dunque il terribile giorno era arrivato. Il giorno in cui tutti avrebbero trovato risposta alle domande che li assillavano da settimane. Il giorno in cui la memoria si sarebbe nuovamente riempita delle immagini della verità. Il giorno in cui un fratello mai esistito sarebbe tornato dall’aldilà delle anime perdute per portargli via l’amato Yoh. E questo, lei, Anna Kyoyama, non poteva permetterlo.

Si morse con forza il vertice del pollice tra la pelle e l’unghia, girandosi bruscamente e rientrando in casa chiudendosi dietro la porta. Ecco, lo sentiva: stava rrivando…

*

Il gruppetto avanzava in mezzo al silenzio che era calato nell’intero villaggio. Non un rumore, non un gemito né un tremore di fronte alle figure che scese da cavallo muovevano decisi passi in direzione della capanna principale. Gli sguardi increduli e ipnotizzati fissi su di loro, volti stupefatti e colti da una rivelazione alquanto inaspettata. Riconobbero d’un tratto una notevole familiarità con uno dei volti che aveva attraversato la soglia del confine. Un volto giovane e solcato da bruni crini. Occhi scuri e profondi, come quelli di un loro fidato amico. Lo stesso sguardo, lo stesso viso, lo stesso portamento.

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“Yoh?”

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Era stata una bambina a mormorare quella frase, uscita dalla folla laterale per piazzarsi di fronte ai viaggiatori che si fermarono di colpo. Hao era di fronte a lei, e le sorrideva “Ciao, Seyrarm” La bambina spalancò gli occhi rimanendo a bocca aperta, riconoscendo finalmente chi aveva davanti “Hao…” “Seyrarm! Aspetta, torna qui!” la chiamò un bambino uscendo dalla folla e afferrandola “Non devi avvicnarti così, sono degli scono…” ma poi anche lui osservò meglio il volto del giovane sorridente di fronte a loro occhi. “Ciao, Redseb” disse il giovane. I due bimbi avevan la stessa espressione sconvolta in volto, e lo stesso valeva per tutti gli altri abitanti. “Ma cosa…” “Perché all’improvviso tornano in mente un sacco di ricordi?””Che è successo?” “Il signor Hao è tornato…” “Ma era sparito dalla nostra mente” “Le Streghe della Rosa! E’ stata opera loro!” “Ma sì, era partito per andare a recuperare il signor Yoh!” “Dobbiamo avvertirlo subito!” un intenso vociare si era innalzato spezzando l’assordante silenzio di poco prima. Lyserg si fece largo tra la folla impietrendosi di fronte a un tranquillo Hao “Ma… Sei davvero tu. Come abbiamo potuto dimenticarci di ogni singolo ricordo legato a te? Perfino delle Tre Streghe… Avevamo dimenticato anche loro…” Hao gli posò una mano sulla spalla “Ci sarà tempo per le spiegazioni, Lyserg, amico mio. Ma non è adesso che avverrà ciò. Ora ho assoluto bisogno di vedere mio fratello. E avrò bisogno dell’aiuto di tutti voi…”

“Tu non vedrai proprio nessuno” una voce fredda e femminile aveva spezzato l’aria. Tutti si voltarono in sincrono verso la porta della Grande Capanna aperta, sulla soglia della quale stava statica una bionda ragazza di bellezza rara, ma con un’espressione che ispirava tutto tranne che dolcezza “Dimenticati dell’idea di mettere in mezzo mio marito, Hao. Non ti permetterò di portarlo alla morte assieme a te…”

*

“Anna… Vorrei parlarti in privato, se non ti dispiace” mormorò Hao con sguardo cupo. Ma la Sacerdotessa non si mosse di un millimetro “So già tutto di ciò che vuoi raccontarmi. E mi rifiuto di farne parte. Come te ne sei andato una volta, puoi andartene per una seconda…” molti iniziarono a parlare sottovoce, chiedendosi il perché di quel comportamento da parte della Sacerdotessa. “Sono sicuro che ti convincerai anche tu. Ma prima ho bisogno di vedere mio fratello. Non puoi impedirmi di rivederlo dopo che ho sacrificato la mia stessa vita per riportartelo a casa…” la voce di Hao si era fatta improvvisamente fredda e decisa. Anna lo scrutò con ira. “Hai fatto male i conti, mio caro. Se vuoi davvero portare a termine questo tuo folle piano, sappi che prima dovrai passare sul mio cadavere…” il corpo della ragazza s’illuminò d’energia incandescente, e con una velocità incredibile srotolò la collana milleottanta per brandirla in una mano emanante di energia. Ren cercò di farsi avanti, ma Hao lo fermò con un braccio. Mosse qualche passo in direzione di Anna, buttando a terra arco e frecce. Molti emisero dei mormorii di sorpresa. Anna fece una impercettibile smorfia della bocca. Il giovane alzò lo sguardo più determinato che mai, e affermò “Allora uccidimi”

*

“Tsk… Ucciderti? E a che scopo? Mi basta soltanto che tu tenga fuori Yoh da questa storia” Il ragazzo non mosse lo sguardo di un millimetro, e disse “Io entrerò in quella capanna e parlerò con mio fratello. E quando gli avrò spiegato come stanno le cose, mi aiuterà con gioia per far cessare finalmente tutto questo dolore…” Anna socchiuse gli occhi, non cessando di caricare l’energia “Non sai ciò che fai, Hao. Non lo capisci proprio che stai scherzando con il fuoco” “Il fuoco è la mia specialità” i due si fissarono a lungo, finchè il ragazzo non mormorò “Ma non ho intenzione di combattere contro di te. Quindi devi ascoltarmi e farmi passare, spiegherò anche a te, Elisa mostrerà a voi tutti gli occhi della verità, e allora potremo unirci per sconfiggere il male attorno a quelle povere ragazze innocenti” qualcuno dalla folla mormorò frasi del tipo “Ma di che ragazze parla?” ma Hao non vi prestò la minima attenzione. Lo stesso valeva per Anna. “Un giorno rimpiangerai la tua scelta, Hao. Da quel che vedo la tua vita oramai non è più salvabile, permettimi allora di salvare almeno quella di tuo fratello”

Hao rimase immobile per alcuni minuti, finchè non mosse dei lenti passi in direzione della capanna; quando toccò i gradini con le suole degli stivali, la Sacerdotesa sprigionò una barriera di forza che lo respinse di numerosi metri a una veocità impressionante. Le iridi di ghiaccio posate sulla giovane figura che si rialzava ansante ma neutra. Senza dire una parola, Hao si avvicinò nuovamente per essere respinto di nuovo, stavolta da un colpo diretto della collana. Di nuovo, si alzò molto semplicemente avvicinandosi alle scale un’altra volta, mentre la ragazza gli tirava un possente schiaffo. Il ragazzo rimase immobile con il volto girato di lato e la guancia arrossata dal duro colpo. Gli occhi coperti dalle brune ciocche. “Proprio non ce la fai ad arrenderti. E’ proprio vero che vivendo per un mese al Castello con le Streghe sei incredibilmente cambiato” mormorò la ragazza, fissa a squadrarlo con un’ombra di tremore nello sguardo. “Lo so. E’ in questo mese che ho imparato finalmente ad essere forte. Ho imparato ad amare e ad odiare. Ho acquistato fiducia in me stesso, e per questo so che andrò fino in fondo…” Voltò il viso verso la ragazza, mostrando gli stessi occhi determinati di prima “Ho conosciuto qualcuno che ha messo a repentaglio la sua vita per salvare la mia, e per questo so che non posso fallire…”

*

Anna digrignò i denti sentendosi improvvisamente turbata, col viso a pochi centimetri da quello del ragazzo. “Tu… Tu non puoi… NON POSSO PERMETTERE CHE ACCADA UNA COSA SIMILE!!” un nuovo getto di energia stava per essere sprigionato dal corpo della fanciulla, ma qualcosa interruppe quell’attimo facendo bloccare il tempo. Tutti si voltarno verso la nuova figura uscita dalla capanna, in piedi a osservare un volto che lo fissava a sua volta. I due fratelli. Per la prima volta ritrovati.

“Hao…” “Yoh…” Anna si voltò verso il ragazzo, esclamando “No! Questo no!” Il suo tono di voce si fece per la prima volta supplichevole, e afferrando la maglia del giovane di fronte a sé continuò disperata ”Ora basta, Hao, il tuo è un tentativo vano! Io ho visto cosa succederà, e non voglio che tutto questo accada!” Hao le poggiò una mano sulla spalla, scostandola dolcemente e sussurrandole in un orecchio “Qualunque cosa accadrà, desidero almeno aver ricevuto per la prima volta la tua fiducia…” la ragazza aveva le iridi tremanti che si arrossavano progressivamente, e si voltò piano verso il marito al quale Hao si stava avvicinando. I loro sguardi si incrociarono per un attimo che fu un’eternità. Lui sorrise verso ella, mentre quel sorriso veniva ricambiato da un silenzio di dolore che faceva male.

*

“Ti trovo bene” disse Hao verso l’altro, una volta soli nella capanna. Il fratello lo osservò a lungo, per affermare sorridendo “Non posso dire lo stesso di te! Da quant’è che viaggi?” Hao abbassò lo sguardo “Non so più dirlo nemmeno io…” calò il silenzio. Entrambi stavano tornando ai loro vecchi ricordi, alle esperienze passate assieme. Yoh, senza nemmeno sapere perché, tornò con la memoria a un vecchio disegno. Andò a un mobile tirando fuori la vecchia pergamena fino al giorno prima sbiadita per metà. Raffigurava i due fratelli, entrambi nell’intento di spintonarsi amichevolmente. Non ne comprendeva il motivo, ma mentre il giovane Yoh osservava quella foto, cominciò a ridere. Prima sottovoce, per poi propagare la voce in una chiassosa risata alla quale si unì anche il fratello. Hao passò scherzoso un braccio intorno alla spalla dell’altro, continuando a ridere, finchè le risate si trasformarono in gioioso pianto. “Quanto ti ho cercato, fratello!” “Alla fine sono tornato…” “O forse questo dovrei dirlo io?” e tornarono a ridere fragorosamente.

Quando smisero di ridere, Hao disse verso Yoh “Io lo so che in un primo momento mi prenderai per pazzo, ma ho intenzione di portare a termine una missione destinata a me. Ma non posso farcela da solo. Ho bisogno dell’appoggio di tutti voi, del mondo intero” Yoh sorrise “Beh, forse pretendi troppo, ma vedrò cosa posso fare!” Hao si incupì di colpo “E’ bello che tu ti senta così sereno. Ma non riderai più tra qualche minuto, dopo che avrete tutti visto la verità sulle Tre Streghe della Rosa…”

*

Villaggio di Namash, Quella Sera

Gli esili capelli biondi ricadevano sul kimono bianco della fanciulla, posata su uno dei piccoli scogli in riva al lago. I piccoli piedini affondati nell’acqua fresca della sera, il chiarore della luna oscurato dalle tenebre delle nuvole. Il dolore e la tristezza si erano impossessati di lei. Era successo. Non si tornava più indietro. Già soffriva nel pensare a ciò che il suo povero Yoh avrebbe dovuto passare più in là. Ma decise che non voleva rivelarlo. Né a lui, né ad Hao, né a tutti gli altri. Aveva fatto il possibile. E aveva fallito.

Una lacrima cristallina cadde unendosi al blu dell’acqua, che emise delle piccole e invisibili onde al contatto di quell’estranea. Una giovane mano di uomo si posò sulla spalla della sperduta ragazza.

“Lo sai che sei ancora in tempo per cambiare idea…” Anna si rifiutò di guardarlo negli occhi “Non voglio unirmi a voi, mi dispiace. So che Hao ci crede con tutto sé stesso, ma io resterò qui a badare al Villaggio. E’ questo il mio posto…” Yoh la fissò sorridendo appena. “Come sempre non puoi stare un giorno intero senza fare una delle tue sceneggiate” La dama chiuse gli occhi stizzita “Che impertinente! Quali sceneggiate?! Io ho solo cercato di salvarti la pelle, sai?” Dopo alcuni istanti, il ragazzo disse improvvisamente serio “Ho visto ciò che è accaduto alle Streghe. Ho compreso il loro dolore, e anche il loro odio. Ora capisco perché Hao è così determinato a volerle salvare… E io gli darò una mano” Anna sospirò, trattenendo una nuova lacrima “Liberissimo di decidere” affermò sottovoce. Il marito continuò a guardarla mentre lei aveva il volto girato dall’altra parte per evitare di esser vista piangente. “Mi mancherai. Tantissimo” ammise infine il ragazzo. Anna ridacchiò amaramente, per poi sussurrare “Anche tu. Quindi vedi di non intrattenerti troppo alungo, e non dimenticarti di me” “Questo non potrà mai succedere…”

Calò di nuovo il silenzio. I piedi della fanciulla emettevano dei lievi fruscii nell’acqua. I tuoni lontani echeggiavano nell’aria. Yoh la fissò ancora, e alzando un soracciglio mormorò “Perché non vuoi guardarmi?” Anna scosse il capo per evitare il più possibile i suoi occhi, credendo di non riuscire a trattenersi questa volta. Ma la voce dolce e calorosa del ragazzo parlò ancora “Ti sei sempre vergognata delle tue stesse lacrime”. Anna si voltò di scatto verso di lui per ribattere violentemente, ma proprio durante quel rapido movimento sentì sulle proprie labbra il contatto di un dolce, fugace bacio. Yoh si era sporto verso di lei lasciandola senza via di scampo. In un primo momento la ragazza rimase immobile e disorientata, ma nella profondità dell’oceano di dolore che inondava la sua anima, pensò che l’amore era l’unica via per la sua salvezza interiore, e che forse le avrebbe anche restituito la speranza ormai da tempo perduta. Così, con lento e dolcissimo desiderio, decise di ricambiare quel bacio.

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Capitolo 18
*** L'Inizio della Fine ***


§§**… It’s The Beginning… Of The End…**§§

§§**… It’s The Beginning… Of The End…**§§

Castello Invisibile – In un tempo buio e tempestoso

Le tre dame oramai non si facevano più vedere in giro per il castello, né la loro presenza veniva percepita. Le loro anime erano in uno stato ghiacciato, congelato, dormiente, e assieme a loro l’intero Castello e la sua rigogliosità sembrava esserlo. Le piante che tempo prima erano allegre e sfarzose, sgargianti, ribelli, chiacchierone, ognuna a proprio modo, ora erano fredde, statiche, silenziose, a malapena vive. Manta lo aveva notato già da parecchio tempo, ma non avrebbe mai pensato che la situazione sarebbe degenerata in una simile maniera. Camminò a lungo per i corridoi senza una meta precisa, lo sguardo basso, il passo lento, le labbra serrate e le sopracciglia inarcate in un’espressione di intensa preoccupazione. Non riusciva a darsi pace. La sua mente non ci riusciva. Da quando il Signor Hao aveva lasciato il luogo magico, niente era più stato come prima.

Al calare del sole non si era più attuata la maledizione, il Castello era rimasto quello luminoso di sempre, eppure c’era qualcosa nell’aria lì intorno che lo rendeva più grigio e buio che mai.

Il nulla che reprime il tutto.

*

“Manta…”perfino la voce di Chocolove, solitamente scherzosa e ottimista, sembrava in qualche modo invecchiata, più seria e cupa. Il piccolo cuoco si voltò verso la trasparente figura dello spettro, e tirò lievemente su col naso. “Non c’è più nulla ormai che valga la pena di essere vissuto, qua dentro…” mormorò trtattenendo i signhiozzi che lo stavano sopraffacendo. Chocolove non rispose, ma chiuse gli occhi solenne abbassando il capo. Manta strinse gli occhi per reprimere le lacrime, accasciandosi a terra tra i gemiti di pianto. Lo spettro si avvicinò a lui posandogli una mano sulla spalla, solidale.

“Se solo le Tre Padrone facessero qualcosa…” disse con un mormorio appena percettibile il giovane ragazzo, smettendo improvvisamente di piangere. Lo spettro abbassò gli occhi su di lui. “… Se solo ci provassero… Loro potrebbero fare qualcosa per risolvere questa situazione, lo so…” Chocolove continuò a tacere, ma lo sguardo venne posato sul fondo del corridoio dove si trovavano. Gli sembrava di vedere in lontananza le pareti stringersi in un minimo spazio, e una lieve foschia copriva quella che sembrava una nera porta.

Non aggiunse una parola.

*

La Prima inspirò lentamente e a lungo, tenendo le piccole palpebre socchiuse. La schiena era posata arrendevole alla parete ghiacciata e rocciosa, le esili gambe raccolte appena e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Le iridi vispe e osservatrici non davano il minimo segno di coscienza.

La Terza si trovava a pochi passi da lei, completamente accasciata a terra e raggomitolata su sé stessa. Gli arti privi di peso, i capelli sparsi sul pavimento attorno a lei, le labbra socchiuse come gli occhi cristallini. Dalla giovane bocca uscivano lievi e impercettibili respiri.

La Seconda sorella stava invece abbandonata sulla sfera cristallina al centro della buia sala. Le gambe accasciate sul ghiacciato pavimento, le braccia aggrappate all’oggetto come un modo per reggersi in minima parte. Ma il volto era coperto dalle bionde ciocche, in segno di resa per quella lotta inutile.

Tutta la stanza taceva. Non un rumore, non un gemito. Solo il sinistro gocciolare del ghiaccio lungo le increspate pareti. Era quella la peggiore condizione che potevano subire le tre sorelle, e che avrebbero continuato a subire fino alla morte. Il silenzio. Silente solitudine e dolore passivo. Nulla ormai dava loro ragione di vita, e presto la piccola e debole fiamma ferita della loro anima si sarebbe spenta per sempre, inesorabilmente. Era la cosa più giusta per tutti. Era la cosa che era destinata ad accadere. Oramai non aveva più senso per loro vivere. In un modo o nell’altro, la morte era segnata nel loro destino. Ma perlomeno seguendo la loro scelta avevano evitato la morte di qualcun altro…

Non avrebbero resistito ancora molto a lungo. Era questione di settimane, forse di mesi. Ma entro 100 giorni i loro poteri si sarebbero spenti per sempre.

*

In giro per il mondo, 19/06

Oramai i seguaci di Hao erano diventati molti.

Erano passate numerose settimane dall’inizio del loro viaggio per salvare le Streghe. Non era un tasso di tempo così lungo a pensarci, ma per il nostro impavido gruppetto era sembrata l’eternità più devastante. Molte delle persone che avevano visto e udito il passato delle tre Streghe erano quasi impazzite, altre cadute in un’improvvisa depressione, e comunque la maggior parte ne era rimasta piuttosto turbata. Con lieve soddisfazione del giovane Hao, però, una notevole percentuale delle persone a cui aveva richiesto aiuto aveva accettato con vigore di seguirlo. Tuttavia, non ancora tutti erano disposti a perdonare le Tre Streghe per le loro azioni passate…

All’interno del gruppo molte personalità erano cambiate. HoroHoro e Pilica rimanevano sempre sulle loro, divenivano di giorno in giorno più distanti e distaccati, e la prima ad accorgersene fu la timida Tamao, abituata da sempre a vedere il bel viso del’amica sempre attivo e chiacchierone, illuminato, sorridente. Non era più così. E lo stesso valeva per Faust. Era rincuorato dal fatto di poter stare molto più tempo assieme a sua moglie, ma nello stesso tempo un’ombra di oscura e a lui ignota paura gli segnava l’anima, rendendolo più rude e sciupato anche nell’aspetto.

Ren invece era cambiato nel senso contrario. Mentre per tutta una vita altro non aveva fatto che scappare dalle cose per lui davvero importanti ora sembrava aver trovato non si sa da dove una determinazione immensa. Forse, come è probabile che sia, il motivo di questa sua adrenalina era dettato dal fatto che aveva intenzione di espiare ogni sua colpa morale. Aveva fatto tanti errori, dal momento in cui aveva abbandonato la famiglia per puro disprezzo a quello in cui aveva tradito l’unica persona che l’avesse mai veramente amato.

Questa volta non avrebbe fallito. Voleva portare a termine la missione affidatagli, adesso ci credeva, sarebbe andato fino in fondo.

Il giovane fratello gemello del condottiero di quella comitiva guerriera aveva avuto da subito con i compagni un impatto piuttosto positivo, come era d’altra parte da aspettarsi: non esisteva situazione in cui Yoh Asakura perdesse la calma, mai un istante in cui l’ottimismo l’abbandonasse. E questo suo solare animo contagiava in qualche modo tutte le persone con cui aveva a che fare. Uno dei tanti motivi per cui Yoh fosse la persona da Hao più invidiata in tutto il mondo.

Lyserg era invece incredibilmente timoroso. Era diventato silenzioso e scostante, evidentemente impaurito da ciò che attendeva lor tutti. Era stato così anche per Tokageroh, il quale miracolosamente erano giorni che non apriva alcun batibecco con l’amica-nemica Pilica. Era costantemente nervoso, teso, sobbalzava per le sciocchezze e a volte sembrava perso in un mondo tutto suo.

Ma l’animo più turbato di tutti era quello del giovane Hao. Il ragazzo faceva ogni sforzo immaginabile per apparire tranquillo e sicuro di sé, ma man mano he passavano i giorni percepiva chiaramente un terrore opprimente sopraffarlo dal profondo dell’anima. Il sangue della ferita aveva formato una crosta orribile, dilagata ormai fino al petto e quasi al ventre, mentre un’inquietante fessura delimitata da acceso color rosso iniziava a formarsi nel punto dell’avambraccio sul quale originariamente si era creata la ferita.

Non riusciva a pensare a cosa volesse significare, forse per paura di ammetterlo a sé stesso. Si sforzava e si sforzava, ma era inutile tentare di dimenticarsene: aveva visto cose che gli avevano segnato l’esistenza e il destino, e prima o poi avrebbe dovuto affrontarle. E questo sarebbe accaduto molto più presto di quanto pensasse, con lo scoppiare della Guerra delle Rose per la liberazione delle Streghe, la quale avrebbe avuto dei risvolti a tutti sicuramente ignoti, e una conclusione che alcuno mai, questo è certo, si sarebbe aspettato…

*

Sentiero per la Foresta Spinata, 24/07

Perché?

Perché doveva decidere di fermare bruscamente il passo proprio ora?

Il piccolo esercito aveva arrestato il passo pian piano dietro di lui, incuriosito da quella sosta improvvisa e non prevista. Molti mormorarono perplessi, numerosi volti osservarono un Hao immobile e silenzioso, distante da tutto ciò che lo circondava, con gli occhi bassi e avvolti dalla bruna criniera. Yoh lo osservò a lungo con espressione corruciata. Infine gli poggiò una mano sulla spalla domandando “Tutto bene, fratello?” Hao scosse il capo impercettibilmente.

No.

Non stava bene.

Il dolore che provava al braccio e a tutta la parte del corpo devastata dalla ferita gli impediva di camminare. Aveva la nausea, vedeva sfocato, la testa gli girava vorticosamente. Non capiva più nulla. Era stata una cosa improvvisa, proprio nell’esatto istante in cui aveva posato la scarpa sinistra alla pari con quella destra. Che cosa voleva suggerirgli quell’improvviso malessere corporeo e spirituale? Era forse un avvertimento di lasciar perdere? Un altro presagio oscuro? Ormai il ragazzo aveva fatto talmente l’abitudine con quelle fitte dolorose al cuore che non dava loro molta importanza, eppure quella volta il dolore era molto più acuto delle altre. Numerosi brividi lo socssero, finchè riuscì a recuperare coscienza e si sgrullò un poco, alzando il volto pallido e scarno verso la via che li attendeva di fronte a loro. Doveva riprendersi. Non poteva perdere il controllo proprio ora che era così vicino al raggiungere il suo scopo. Forse non tutto era perduto. Se le Streghe della Rosa avevano resistito tanto a lungo, c’era ancora qualche speranza di poterle salvare, lo sentiva.

“Hao… Dobbiamo proseguire…” “Non arrenderti proprio ora” “Sei stato tu a guidarci fino a questo momento, e devi essere tu a continuare a farlo”Era di Tamao l’ultima voce aggiuntasi alle altre incitazioni d’incoraggiamento. Il ragazzo si voltò verso di lei sorridendole suo malgrado, trattenendo un gemito di dolore per un ulteriore, improvviso sbalzo di pressione. Strinse i pugni e i denti. Doveva lottare. Doveva continuare a farlo. Glielo doveva. Loro che gli avevano salvato la vita più volte da un destino che lo oprimeva e lo tormentava. Loro che gli avevano donato un amore più profondo e complesso di qualunque altro sentimento provato fino ad allora. Glielo doveva.

*

“Sto bene. Dobbiamo continuare. Manca poco ormai, da qui dovete armarvi e essere costantemente all’erta” A quelle parole il passoriprese, più lento e cauto di prima, verso quello che era stato mesi addietro l’entrata verso il Castello Invisibile. Ren, camminando a fianco del giovane Hao, mormorò a quest’ultimo “Sei sicuro che riusciremo a entrare? Siamo in molti, forse troppi, e poi dovremo superare le prove…” Hao scosse la testa con un risolino, e poi disse “Non sarei così in pena. Ho intenzione di rendere le cose molto più facili…”

Ren lo guardò perplesso, ma continuò a seguirlo, all’erta e con l’ascia ben pronta nella mano destra.

D’un tratto, una leggera foschìa iniziò a inondare gli impavidi visitatori, che con notevoli accelerazioni di battito cardiaco si trovarono ben presto sovrastati dalla ben nota Nebbia del Gelo. Quando il grigio torpore si fece enormemente intenso, si iniziarono a udire richiami impauriti di gente che si era persa, che non vedeva più i compagni, che sentiva troppo freddo per continuare. Ma i nostri amici non si fermarono. Hao si voltò per verificare la situazione, e vide che almeno la metà del gruppo si era disgregata. Ma a fianco a lui, tenendolo ben stretto per la veste e attenti a non perderlo, stavano fedeli la comitiva della Taverna, determinati a seguirlo fino alla fine. Molti avevano preso il loro esempio, formando una lunga catena di sostenimento reciproco. Il ragazzo incrociò lo sguardo con quello del fratello, che gli porse un sorriso così incoraggiante e pieno di speranza che il nostro giovane ragazzo credette di non temere più nulla. Continuarono a camminare. In lontananza si cominiciavano a udire le risate di scherno delle Custodi della Forseta Spinata…

*

“Elisa… Come osi tornare a noi in veste di traditrice?” “E perdipiù in alleanza con dei luridi esseri umani…” La pallida donna non ebbe alcun sussulto né alterazione di alcun tipo, si limitò a proseguire nel lento cammino con il suo sguardo vacuo. Faust strinse a sé la sua minuta mano d’istinto, volgendo un’espressione sprezzante verso le numerose direzioni da cui provenvano le voci. “Andatevene di qui…” “Avete rovinato la vita alle nostre Padrone e il Castello sta morendo a causa vostra” “Sparite, sciagure! Andate a seminare rancora altrove!” Hao fece una piccola smorfia della bocca, lo sguardo duro di fronte a sé. Le parole gli girarono numerose volte in testa ‘Il Castello sta morendo…’ La situazione era più grave di quanto pensasse…

“Jun… Ti prego, lascia che ti parli…” aveva affermato con tono sicuro e deciso il giovane. Un risolino beffardo ma allo stesso tempo debole e sciupato si diffuse nei dintorni. La voce per così tanto tempo dimenticata della Custode ricomparve nella mente di Hao “Hao… Ne è passato di tempo… “ la nebbia svanì, e ciò che del gruppo era rimasto si trovò di fronte al macabro scenario della Foresta Spinata, ora così lugubre e smorta rispetto alla prima visita del ragazzo. Anche la Custode era incredibilmente cambiata: la pelle prima di un viola acceso aveva preso una sfumatura di un lilla molto più pallido, le radici spinate più secche e l’espressione sconvolta mascherata da un ghigno divertito. La voce era già di per sé di gran lunga più flebile di quella udita in passato. “Non credevo che saresti tornato davvero” aggiunse, con un rapido sguardo dei favillanti occhi verdi su tutti. “Sono qui per pareggiare i conti. E’ a causa mia che regna ora questa depressione al Castello, ma ora posso aggiustare le cose” Jun scosse la testa quasi divertita “Ogni tentativo è inutile. Hao, è stato nobile da parte tua tornare e tentare questa specie di Rivolta, ma è a mio malincuore che ti devo annunciare una cosa: non ti orterà a nulla” Hao si guardò un attimo intorno. Le ragazze erano sparite. “Ti prego, devi permettere a tutti noi di entrare nel Castello Invisibile. Ti supplico, permettici di aiutare le Streghe della Rosa!”Jun lo fissò a lungo, per poi dire cupa “Se continuerai nel tuo intento, te ne pentirai, Hao. Puoi starne certo” la sua voce era leggermente alterata, ora lievemente isterica. Yoh intervenne “Tu devi sentirti fedele alle tue Padrone, di sicuro anche tu vuoi aiutarle! Allora permetti a noi perlomeno di provare!” La Custode si portò le mani alla fronte “No, no, no… Vi dico che non c’è nulla da fare!” Hao insistette “La speranza che ci ha permesso di giungere fino a qui ci permetterà in ugual maniera di continuare!” All’improvviso, Jun esclamò adirata e folle di rabbia come Hao non l’aveva mai vista “HAO, MALEDIZIOE, PERCHE’ VUOI FARTI DEL MALE?? PERCHE’ SEI COSI DETERMINATO A NON ABBANDONARE I RICORDI LEGATI ALLE STREGHE E NON TE NE TORNI ALLA VITA DI SEMPRE?!! PERCHE’ SEI COSI MALEDETTAMENTE ALTRUISTA NEI LORO CONFRONTI??!!!”

Le parole di Jun clpirono tutti gli ascoltatori. Hao compreso. “Io non posso abbandonarle…” mormorò lui con un leggero tremore nella voce, preso nuovamente dai dolori della ferita. Jun urlò come lacerata da dolori sconfinati, e illuminandosi di energia oscura urlò “NON POSSO PERMETTERLO!! NON POSSO!!!” In un lampo, tutte le altre Custodi erano comparse e circondarono il gruppetto scagliando loro addosso getti di energia maligna veramente distruttiva. A stento riuscirono a evitare i colpi, mentre Elisa concentrava la mente a recuperare i suoi antichi poteri.

“Jun!! Ti prego, fermati!” ma le urla di Hao vennero soffocate da un pugno netto scagliato da un’altra Custode. Hao per un pelo schivò il colpo, mentre molte ragazze Spinate si avventavano su di lui cercando di ferirlo. Lo stesso valeva per gli altri, mentre nella Foresta Spinata si consumava una battaglia che determinava l’inizio della disfatta. L’inizio della fine.

*

“Aiuto!… Ren! Hao!… Pilica, dove siete?”

“Tamao! Sei tu?”

“Pilica!!”

“Oddio, Tamao, perfortuna ti ho trovata!”

“Perché non ti vedo? La nebbia è tropppo fitta, non riesco nemmeno a muovermi!”

“Sii tranquilla, presto ci tireranno fuori, ne sono sicura”

“E se ciò non accadesse?!”

“Succederà, vedrai…Hai fede in Ren e negli altri, vero?”

“Ma certo!”

“Allora non devi agitarti. Fai dei lunghi respiri”

“Non ci riesco! Mi sforzo di non pensare a ciò che staranno passando in questo momento ma mi è impossibile”

“Ti capisco. Ma non dobbiamo perdere la speranza”

“Non sempre è così facile”

“Lo so…”

“Pilica…?”

“Sì, Tamao?”

“Cosa ci accadrà se non riusciranno a tirarci fuori di qui? Vagheremo per queste lande desolate per sempre?

“Sciocchezze. Io ho fede in mio fratello”

“Ma se…?”

“Presto convinceranno le Custodi a farci entrare nel loro mondo… Dovranno combattere, forse ci vorrà del tempo, ma alla fine l’avranno vinta loro. Abbi fede, ci tireranno fuori…”

*

Yoh fu scaraventato a terra così velocemente che non si era nemmeno acorto del colpo sferratagli. Rialzandosi appena, vide che era stata la Leader delle Custodi a colpirlo. Jun si stava nuovamente scagliando verso di lui tentando di colpirlo con veloci scatti. Yoh era stanco e malridotto, ma riuscì ugualmente a parare molti attacchi della ragazza. Altri andarono a segno duremente.

“Yoh!” Hao non ebbe il tempo di verificare come se la cavava il fratello, perché alcune delle Custodi avevano preso tra le mani delle lunghe radici spinate brandendole stile frusta. “Qui si mette male!” esclamò HoroHoro da un altro punto della Foresta. Ren gridò “Restiamo uniti! Ci stanno allontanando singolarmente di proposito!” Lyserg si guardò intorno preoccupato “Hai ragione! Presto, riavviciniamoci!” Ma le fruste delle Custodi entrarono in azione, con tutta la loro potenza.

*

La Terza aprì gli occhi con un sussulto feroce al cuore.

“Hao…”

Il capo era immobile e incapace di spostarsi, quasi come congelato al terreno tanto era il tempo che vi stava appoggiato. Era stato una scaglia di immagine a svegliarla dal coma interiore in cui si trovava, il viso dell’unico ragazzo che avesse mai amato storto in una smorfia di dolore. Un nome e delle sensazioni si erano legate a quell’immagine.

Kanna si alzò di scatto seduta sul terreno gelido della Stanza. Era cambiata così tanto anche essa… Le pareti erano diventate color del ghiaccio, la temperatura bassa come non lo er mai stata, e la Strega percepì sulla pelle una leggera brina ghiacciata. La sua stessa pelle aveva assunto una sfumatura azzurra, l’intero suo io pareva esser morto da tempo. Ma qualcosa in quel volto l’aveva riportata alla vita.

“Hao” mormorò di nuovo tra sé. Non riusciva a crederlo sul serio. Era davvero tornato. Perché? Perché rischiare il tutto e per tutto quando invece avrebbe finalmente potuto vivere serenamente e in pace lontano da loro? … Forse, la vera contraddizione era che il giovane Hao non avrebbe potuto vivere serenamente e in pace lontano da loro. Lo stesso valeva per le tre dame. Ma Kanna sapeva che era sbagliato fare ciò che iniziava a progettare di fare, sapeva che avrebbe portato solo a una misfatta più grande della peggior morte. No, non poteva. Si doveva dimenticare di quella visione e richiudere lentamente gli occhi, continuare il suo eterno riposo e cessare finalmente tutto quel folle dolore…

Perché?

Perché proprio in quel momento doveva percepire anche lui il risveglio della dama?

Perché, nella sua incoscienza delle relative conseguenze, aveva pensato di raggiungere il cuore e la mente della fanciulla per avvertirla che aveva trovato il modo di far continuare a vivere lei e le sue sorelle?

“Hao!”stavolta Kanna non riuscì proprio a rimanere impassibile. Di scatto balzò in piedi, ora sapeva cosa doveva fare. Strinse i pugni, decisa, finalmente, a fidarsi del ragazzo che amava…

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Capitolo 19
*** Ritorno alla luce... ***


§§**… The Flame Of Grudge… Burns Into the Darkest Curses…**§§

§§**… The Flame Of Grudge… Burns Into the Darkest Curses…**§§

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Tamao si toccava le mani nervosamente. Non riusciva a vedere nulla di fronte a sé, percepiva soltanto un immenso freddo…. E tutta quella nebbia, di fronte a lei…. La stava rendendo ceca, lo sentiva… Le palpebre erano pesanti, lo sguardo andava perdendosi, la testa vorticava come un tornado impazzito. L’unica cosa che riusciva a fare era continuare a toccarsi le mani, sempre più freneticamente, forse per aggrapparsi a qualcosa di sé che ancora rimaneva…

“Pilica!”

“Che succede, Tamao?!”

“Ho paura… E anche molto freddo! Non resisterò ancora per molto, mi sembra quasi di impazzire!”

“Non dire così, ti prego! Anch’io non sto bene, so che è un momento duro, ma passerà!”

“Ma continuo ad aver paura, è più forte di me!”

“Ascolta Tamao, tutte le cose brutte finiscono. Ricordi quando ci fu la crisi economica alla Taverna, e sfiorammo per un attimo l’idea di chiudere per sempre?”

“Sì, certo che me lo ricordo…. Furono dei mesi orribili”

“Beh, abbiamo tenuto duro, stringemmo i denti e alla fine tutto tornò a posto, ricordi anche questo? Non ci siamo arresi, e siamo riusciti ad andare avanti!”

“Sì…”

“Andrà allo stesso modo adesso. Te lo posso garantire!”

“Ma ora è tutto diverso… Qui ne va della nostra e della loro vita, della vita dei nostri compagni! Io… Io non voglio morire, non adesso che sono ancora così giovane e piena di progetti… No, no, non voglio! Non voglio rimanere qui… Non voglio rimanere in questa prigione di nebbia per sempre…”

“Tamao…. Non piangere, ti prego. Tamao…”

La ragazzina dai turchini crini si morse un labbro con gli occhi che si arrossavano. I singhiozzi dell’amica riempivano l’aria con un eco straziante che le faceva piangere l’anima. Ma non poteva cedere anche lei… Leiu sapeva che si sarebbero salvate, lei credeva in HoroHoro. Lui l’avrebbe tirata fuori di lì. Lui avrebbe sconfitto le Tre Streghe e insieme avrebbero riacquistato la libertà…

*

L’accerchiamento delle Custodi si faceva sempre più sfiancate. Hao e compagni non riuscivano più a difendersi, le sfidanti erano troppo numerose… “Hao!” Il giovane si voltò bruscamente in direzione della voce del fratello, gridando a sua volta “Yoh! Dove sei? Fatti sentire!” Ma il ragazzo non ebbe tempo di rispondere, perché dieci Custodi gli si erano sferrate contro spingendolo in un angolo. Non aveva scampo.

“Yoh!!!” Faust si voltò verso Hao urlandogli “Hao, attento alle spalle!” Ma il giovane non fece a tempo a voltarsi, perché un doloroso, possente colpo di frusta spinata gli trafisse la schiena. “AAAH!!” Si gettò di lato, mentre la feroce Custode strattonava la frusta verso di sé trascinando anche il povero ragazzo. Era Jun, che rideva istericamente e con tono di folle sadismo. Hao strinse i denti sforzandosi di non urlare, mentre osservando il volto della ragazza notò che era completamente cambiato: stava diventando mostruoso, pazzo. Non era più lei. La disperazione e l’ira l’avevano portata a perdere il senno. E lo stesso valeva per le altre Custodi.

Lyserg si lanciò con un urlo contro la ragazza, che perse la presa della frusta. Hao si trascinò dolorante per qualche metro, staccandosi di dosso la frusta e trattenendo i gemiti di dolore causati dalla ferita all’avambraccio. Ormai, lo sentiva, si era estesa fino alla pancia, e presto gli avrebbe ricoperto l’intero busto. Afferrò l’arma scagliatagli dalla Custode, e brandendola si voltò verso Lyserg, impegnato in una lotta corpo a corpo con Jun. “Lyserg, spostati!” Con un colpo di frusta a terra, fece indietreggiare la Custode urlante, gli occhi adirati e rossi di sangue. “Cosa le sta succedendo?” esclamò Lyserg col fiatone. “A quanto pare non è l’unica” aggiunse Ren, indicando centinaia di altre Custodi in balia della loro follia. Stavano aumentando, nonostante ne avessero messe già tante k.o.

HoroHoro comparve alle loro spalle, esclamando “E’ una lotta priva di finale! Ne arrivano in continuazione, e sono sempre di più! Non si fermeranno, continueranno finchè non ci avranno distrutti!” “E adesso che facciamo?!” Tutti gli sguardi si posarono sulla figura di Hao, che nervoso disse “Sto pensando, sto pensando!” Si morse un labbro non riuscendo a capire. Perché Kanna e le altre non erano ancora intervenute? Forse il suo tentativo di mettersi in contatto con loro era fallito miseramente… Forse era davvero tutto perduto… Sudava, la ferita era tutto un dolore, e altre Custodi si accingevano ad attaccarli instancabili. Avrebbero resistito ancora qualche ora, con un po’ di fortuna e molta tenacia. Ma dopo i loro fisici non avrebbero più resistito. Erano esausti, e anche se erano dotati di buona resistenza prima o poi avrebbero ceduto…

E’ dunque così che sarebbe andata a finire?

Hao osservò uno ad uno i suoi compagni. Anche nelle loro iridi traspariva una visibile stanchezza. Erano tutti esausti. Era dunque così che sarebbe andata a finire?…

Era questo il loro finale?

*

“Mathild! Marion! Svegliatevi, sorelle, non possiamo più permetterci di perdere del tempo! E’ finita l’era del grande sonno, dobbiamo recuperare le forze!” Kanna chiamava con frenesia le due sorelle, scuotendole un poco per riportarle alla realtà. Le due ci misero alcuni minuti a riaprire le iridi incantevoli, non più luminose e incantatrici come un tempo, ma pur sempre incantevoli. “…Kanna?…” aveva mormorato la Terza guardandosi attorno disorientata. “Da quanto tempo sostiamo in questa stanza addormentate?” domandò flebile la Seconda. “Parecchi mesi, mie amate sorelle. Ma adesso non è più tempo di arrendersi al dolce riposo della morte. Perché Lui è tornato…”

Le espressioni sconvolte delle due sorelle rimasero invariate per parecchio tempo. Non riuscivano a credere a ciò che la sorella maggiore stava dicendo loro. “Oddio… Hao… è tornato?” mormorò Mathild quasi piangendo. Kanna le fissò intensamente, facenno cenno di sì con la testa. Marion si accasciò a terra abbandonandosi. “Non doveva farlo… Non doveva…. Quel maledetto bastardo… Ha rovinato tutto!” Kanna la prese per le spalle scuotendola ancora “No, ti sbagli, sorella mia! Mi ha parlato, è riuscito a raggiungere la mia mente e mi ha detto che ha finalmente trovato il modo di liberarci!” Marion alzò lo sguardo verso di lei, truce. “Non esiste modo di liberarci. E tu dovresti essere la prima ad esserne consapevole!” “Anche io la pensavo come te, fino a qualche tempo fa… Ma dopo aver sentito la voce calda e profonda del nostro amato, dopo aver visto i suoi occhi… Io ho preso una decisione” Mathild la osservò con occhi lucidi e preoccupati. “Che cosa vuoi fare, sorella?” Kanna osservò entrambe, stringendo i pugni. “Voi amate Hao, non è vero?”Le altre due abbassarono lo sguardo, per poi accennare con i capi lentamente. “Anche io lo amo. Perdutamente. E amore significa anche fiducia. Io mi fido di Hao. E non voglio tornare indietro” Mathild e marion avevano lo sguardo fisso su di lei, mentre le guance venivano inesorabilmente rigate da umide e amare lacrime. “Se veramente amiamo Hao non lo dobbiamo per alcun motivo abbandonare. Non adesso”

Rimasero abbracciate per un tempo interminabile. Forse dovevano prendersi il tempo necessario a convincersi realmente di ciò che stavano facendo. Ma ormai erano andate troppo a fondo nel loro sentimento per quel giovane. Non c’era via di scampo, non potevano tornare indietro…

Nell’esatto istante in cui si alzarono in piedi, fu come se la stanza si risollevasse assieme a loro. La brina scomparì dalle pareti e dalle superfici dei loro corpi, il gelo se ne andò lasciando posto al calore di tre cuori innamorati. Mossero alcuni passi, uscendo finalmente da quella stanza infernale. Le pareti tremarono violentemente al loro arrivo, i numerosi strati di polvere che si erano accumulati su ogni centimetro del Castello scomparvero come per magia. Le Streghe stavano riacquistando potenza, e con loro l’intero Castello stava rinascendo, dopo un lungo e straziante periodo di morte.

*

Le Custodi si bloccarono di scatto urlando come colte da un improvviso dolore lancinante. Hao spalancò le palpebre avvertendo una forza a lui più che familiare. Ancora una volta quelì calore, quella magica sensazione di euforia s’impadronì dell’avambraccio pulsante, mentre il giovane volto si illuminava di una speranza.

“Che sta succedendo? Da dove proviene questa lontana energia?” domandò Faust guardandosi attorno. Tutti si sentivano strani, in qualche modo impauriti ma allo stesso tempo sollevati. Le Streghe stavano forse tornando?

Le Custodi si accasciarono a terra esauste, respirando a scatti. Hao si avvicinò lentamente a Jun posando una mano sulla sua spalla. “Jun…” La ragazza stava singhiozzando “No… No… Perché? Perché sta accadendo?” Il ragazzo le prese il volto con entrambe le mani, costringendola a guardarlo negli occhi “Jun, ti supplico, credimi: forse questo mio tentativo non porterà a nulla, ma io ci devo provare, non posso fare altrimenti. Perché io amo le tue padrone e se non andrò fino in fondo in questo mio tentativo me ne pentirò per tutta la vita!” La Custode osservò a lungo quegli occhi così scuri e profondi. Le tremavano le labbra. “Hao…”

“Elisa! Dov’eri finita? Ero così preoccupato!” Faust era corso verso la fanciulla bionda, comparsa all’improvviso dalla fitta piantagione della foresta. “Oh, ero molto presa dalla battaglia, tutto qui…” Disse lei con tono stranamente tranquillo. “L’importante è che ora stiamo tutti bene” sentenziò Yoh, riprendendosi dalla dura lotta. “Ma cos’è che ha fermato le Custodi?” mormorò Lyserg. “Ma come? Non le hai sentite anche tu?” disse Ren in sua direzione. Hao si alzò in piedi dicendo verso nessuno in particolare “Le Tre Streghe della Rosa si sono svegliate…”

*

Kanna, Marion e Mathild camminavano lente lungo i corridoi del Castello, come a doversi riabituare a quella ormai così lontana sensazione… Man mano che entravano in contatto con delle nuove stanze queste era come se riprendessero vita, rinsanite da una fresca ventata d’ossigeno. Anche le piante ripresero a fiorire. Ma nonostante questo il Castello non era di certo tornato sgargiante come sempre… I poteri delle Streghe si erano di gran lunga affievoliti rispetto a qualche mese prima… Ma non aveva importanza, ciò che contava era che le tre sorelle erano tornate a vivere.

“Signore…” Le tre Streghe si fermarono nell’udire quella voce a loro tanto familiare. Si trovavano di fronte al loro fedele fantasma, a un loro grande amico… “Chocolove…Ti sei ripreso anche tu” mormorò Mathild con un filo di emozione nella voce. Lo Spirito aveva lo sguardo basso, oscurato da un’ombra insolita. Una figura minuta e tozza si affiancò a lui. “Manta!” esclamarono all’unisono le tre sorelle. Ma anche il piccoletto non mostrava segno di voler alzare lo sguardo.

“Cari amici, che cosa vi prende? Cosa vi turba?” chiese stranita Marion in loro direzione. Manta strinse i pugni con rabbia visibile, mentre Chocolove continuava a rimanere statico, inquietantemente immobile. “Manta… Chocolove!” li chiamò nuovamente Mathild. Manta mormorò “Il Signor Hao non sarebbe dovuto tornare… E’ stato uno sbaglio, un terribile errore!” Kanna si avvicinò cauta, affermando decisa “Non è così. Lui forse ha davvero trovato la forza di cambiare le cose!” “Un terribile errore…” ripetè Manta. “Al quale ormai non possiamo porre rimedio…” “Ma c’è ancora una cosa che possiamo fare, prima che la vostra felicità venga messa irecuperabilmente in pericolo” continuò Chocolove sempre più cupo in volto.

Le tre Sorelle indietreggiarono turbate. “Voi non capite, noi abbiamo abbandonato i nostri timori” affermò sicura Kanna. “Lo sappiamo. E’ questo che ci spaventa!” esclamò Manta. “Ma non c’è nulla da temere, perché tanto voi non raggiungerete Hao. NOI NON VE LO PERMETTEREMO!”Gridò Chocolove. Un’improvvisa energia venne sprigionata dallo spettro, andando a colpire un’intera parete della stanza. Le fanciulle indietreggiarono rapidamente, non venendo minimamente scalfite. “Chocolove, no! Non puoi metteri contro il volere delle tue padrone, smettila subito!” Ma Chocolove non prestò attenzione all’urlo di Marion, e continuò a liberare energia assieme a Manta, mentre le Streghe continuavano a difendersi con le forze che stavano progressivamente riacquistando. “Smettetela! Vi ordiniamo di smetterla! Non potete opporvi!” Manta esclamò con occhi pieni di disperazione “Lo faremo privi di vergogna, se questo significherà la vostra salvezza e quella del Signor Hao!” “Se deciderete di fare come vi diciamo noi, cesseremo di attaccarvi, altrimenti ci ritroveremo costretti a continuare!” aggiunse Chocolove. Le fanciulle non erano disposte a cedere, ma i loro poteri erano ancora deboli, e vennero colpite alcune volte dalle energie dei due. “Perché non ci ascoltate? Smettetela con questa follia, o saremo costrette a punirvi!” disse cupa Marion. Manta impallidì. Marion si stava avvicinando a lui con occhi severi, dicendo “Non siate sciocchi. Sappiamo tutti che non è così che deve andare a finire” “Sapete quali sono le vostre regole e se le infrangerete dovremo comportarci di conseguenza!” affermò Kanna. “Non costringeteci a farlo…” mormorò con occhi lucidi e preoccupati Mathild. Manta strinse i pugni, e anche se tremando dalla testa ai piedi esclamò fiero “Allora puniteci! Spediteci dritti nel Teschio di Fuoco Smeraldo, io vi seguirò con gioia se lo avrò fatto per proteggere voi e la vita del Signor Hao! Abbiamo infranto le nostre regole? Me ne infischio altamente! Meglio crepare per aver combattuto per qualcosa piuttosto che continuare a vivere per semplice paura. No, io sono stato fifone anche fin troppo e ho sbagliato troppe cose a causa di questo. Ma ora sono cambiato, perché ho scoperto qualcosa che vale molto di più della devozione: l’amore. E questo sentimento non può essere oppresso da stupidissime regole. Mi rifiuto! Se morirò bruciato nel camino infernale del Teschio lo farò ridendo, ridendo di gioia perché vorrà dire che avrò superato le mie paure e avrò combattuto per un giusto ideale! E allora potrò urlarlo al mondo intero: io non ho più paura. NON HO PIU’ PAURA!!!” Le Streghe lo osservarono con occhi lucidi e immobili, mentre Manta aveva preso a singhiozzare silenziosamente. Chocolove aveva lo sguardo fisso sulle tre dame. “Hai ragione Manta. Basta con questa stupida paura… Anche noi ci abbiamo rinunciato per seguire qualcosa di molto più forte: l’amore. E la forza del nostro amore ci dice che dobbiamo credere in Hao e andare da lui. Dobbiamo appoggiarlo, avere fiducia in lui. E’ la cosa più bella che ci sia mai capitata… Non possiamo perderla proprio adesso!”

Le iridi delle tre fanciulle erano determinate e prive di paura. Immobili le dame permanevano di fronte ai fedeli compagni, tremanti nell’ascoltare le loro parole. Kanna si avvicinò a loro porgendo una mano in loro direzione. “Vi prego, se davvero tenete a noi, seguiteci e aiutateci a riconquistare la nostra libertà!”

Anche Chocolove si lasciò andare al pianto. I due abbracciarono forte le Padrone dicendo loro che senza la loro presenza il Castello non era più lo stesso.

A quel punto però lo dovevano fare. Dovevano raggiungere l’amato Hao, e ascoltare cosa aveva in mente di fare…

*

Il ragazzo alzò lo sguardo con uno scatto improvviso, mentre il calore dentro di sé si faceva più intenso. Da varie parti della foresta ricomparvero tutti gli uomini e i giovani della loro spedizione, e anche le fanciulle. “Tamao! Pilica!” esclamarono felici nel riabbracciare le due amiche. Tamao piangeva dalla gioia, e stringeva l’amato Ren a sé. “Mio caro Ren, non hai idea di quanta paura ho avuto!” “Ora è tutto finito… Sei al sicuro, non ti lascio più andare via…” mormorò lui con voce profonda accarezzandole la chioma protettivo. Pilica guardò il fratello negli occhi “Non ho smesso un solo secondo di credere in te…” Lui le sorrise, mentre i volti di ognuno si alzavano per unirsi in un’unica direzione. Le piante della foresta si stavano spostando, per lasciare posto a uno straordinario paesaggio al centro del quale si ergeva, in tutti il suo splendore, il Castello Invisibile.

Ci fu un sussulto generale, l’emozione di tutti era salita alle stelle. Il cuore di Hao batteva all’impazzata. Riconosceva il balcone che splendeva sotto i raggi del sole. E sentiva anche che stavano arrivando le uniche persone al mondo che gli donavano la più grande delle felicità. Erano lì, lo sentiva. Aspettavano solo a farsi vedere…

*

“Lo sentite anche voi, ragazze?” Marion e Kanna si lanciarono uno sguardo. La Prima, con voce un po’ tremante rispose “Sì, Mathild. E’ il rumore di una folla di persone…”Marion continuò la frase “là fuori c’è una parte del mondo… Una parte di coloro che ci hanno odiate per una vita” Chocolove e Manta si guardarono per un attimo: entrambi sapevano che una cosa che le loro padrone non avrebbero accettato tanto facilmente era proprio quella di rientrare in contatto con il resto del mondo, e le persone che lo abitavano. Questo complicava le cose…

“Oh, ragazze, io non sono pronta…. Non so se riuscirò a farmi vedere da tutte queste persone, dalle quali ci ha divise da sempre un odio profondo e reciproco!” Esclamò combattuta Mathild, rannicchiandosi con le mani portate alla testa. Kanna le si avvicinò poggiando una mano sulla sua chioma rossiccia “Io capisco ciò che provi, Mathild… Lo capisco perfettamente… Ma riflettiamo, se Hao le ha portate fino a qui avrà avuto i suoi motivi, giusto?“Si voltò verso Marion cercando nel suo sguardo un appoggio, ma lei lo distolse con espressione imbronciata. Mathild non fiatò. Kanna si fece scura in viso dicendo “Dunque non avete alcuna intenzione di andare là fuori… Gettate la spugna così…” Marion la guardò come sconcertata, esclamando d’un tratto “Kanna, per la miseria, sono coloro che ci hanno condannate per sempre e odiate per crimini che non abbiamo commesso, ritenendoci mostri e pazze assassine! Che ti aspettavi, che accettassimo di punto in bianco di comparire di fronte a loro, dopo secoli che viviamo nel più totale esilio fisico e morale?!” Kanna le andò di fronte esclamando a sua volta “E di Hao ti sei già dimenticata?!” Marion abbassò lo sguardo. La sorella le prese il volto tra le mani addolcendosi un poco “Abbiamo creduto in lui, finalmente eravamo pronte a fidarcene, e mandiamo tutto all’aria per dello stupido rancore?” Mathild si alzò guardandole “Kanna ha ragione… Dicevamo di non avere più paura, e invece al primo ostacolo già ci stiamo arrendendo!” Marion teneva lo sguardo basso. “Coraggio, Marion! Lo so che non sarà facile ma possiamo riuscirci! Pensa ad Hao, pensa a quanto poco fa hai creduto in lui” Mathild intervenne “Ci credi ancora, giusto?” Marion posò le iridi sulle sorelle. Annuì con la testa. “E lo ami con tutto il cuore?” La ragazza annuì nuovamente, mormorando “Con tutto il cuore, col corpo e con l’anima…” Kanna sorrise, affermando “E allora dimostralo anche a questa gentaglia…” La sorella sorrise in sua direzione, poi verso Mathild, e infine si voltarono tutte e tre verso idue amici, che le fissavano con un’espressione mista tra il timore e la sicurezza. “Voi avete avuto fiducia in Hao. Non perdetela proprio ora!” disse Manta con un sorriso. Chocolove aggiunse “Avete vinto una paura. Lo farete ancora” Le sorelle annuirono. Voltarono i capi verso la luce del balcone fuori dal quale avrebbero incontrato il loro futuro. Sarebbe stato felice o infelice? Non aveva importanza. Arrivate a quel punto, non si potevano tirare indietro… Si presero per mano, fecero dei lunghi respiri, e varcarono la soglia…

I raggi del sole baciarono quelle stesse pelli che dalle tenebre per troppi secoli erano state nascoste al mondo…

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Capitolo 20
*** Due Fratelli ***


§§**… Toward The End…**§§

§§**… Toward The End…**§§

Si tenevano le mani pallide ed esili strette come non lo erano mai state. Era incredibile pensarlo, ma mai le Tre Sorelle della Rosa erano state così unite. Nonostante il loro potere fosse decisamente affievolito rispetto al passato, il loro fisico ancora debole e le menti esauste dopo le numerose sofferenze psicologiche passate, i loro cuori si erano rafforzati perché uniti da uno stesso ideale. Ora ci credevano davvero. Perché se si accingevano davvero a ciò che stavano per fare, quella era già una prova che le loro paure erano state superate. Molti, troppi secoli erano passati dall’ultima volta che elle si erano mostrate a volti umani sotto la luce del sole. Al difuori di Hao, ovviamente. E continuando l’umanità a osservarle per come erano baciate dall’oscurità, avvolte dalla oscura dannazione del loro maleficio, essa non era mai stata in grado di vederle sotto un aspetto che non fosse collegato a morte o sofferenza. Ma adesso le cose sarebbero cambiate. Adesso una persona che per le Tre Streghe era più importante della loro esistenza aveva aperto gli occhi a quelle stesse persone che per tanto le avevano odiate e ripudiate. E le Streghe si sarebbero mostrate a quelle persone senza più paura né vergogna, perché strette da un sentimento che nella sua debolezza le rafforzava. Il sentimento dell’amore. Fragile, splendido, debole amore. A cosa le avrebbe portate? L’amore, non solo quello del loro amato Hao, ma quello di tutte le persone del mondo, le avrebbe davvero potute liberare? Lo avrebbero scoperto molto presto, perché oramai la pallida luce del giorno liberata dal diradarsi della nebbia si avvicinava pericolosamente alle loro palpebre socchiuse, il profumo dell’aria si faceva a ogni passo più intenso e il suono delle voci più vicino. Tremavano, non riuscendo a far altro che stringere ancor più la presa, mani unite in una stretta di fuoco. Proprio come era accaduto con Hao durante il Tranello dell’Angelo Spinato. Incredibile come il contatto tra due mani donava loro tante emozioni. Due mani che in un solo gesto potevano emanare la più intensa delle energie. Erano sempre rimaste affascinate da questa magia… Ma non poterono soffermarsi troppo su tali sensazioni. Per loro ora non era più tempo di sognare contatti sperati e mai avuti. Basta con i rimpianti, basta col rancore, basta con la paura. Ora dovevano combattere per qualcosa di molto più importante.

Erano giunte alla soglia. La varcarono. Un brivido le fece soffermare qualche istante. Pensavano tutte la stessa cosa, in quel momento: fino a qualche mese prima non avrebbero mai potuto nemmeno concepire di fare una cosa simile. Né avevano mai sperato che ci sarebbero riuscite. Questo era segno evidente che Hao oltre ad aver fatto loro riscoprire il sentimento dell’amore e della favolosa gioia di vivere le aveva fatte maturare. Erano cresciute molto, sì, proprio come i giovani passano dall’età dell’adolescenza a quella adulta. E questo valeva molto per loro. Era importante.

Il sole naturale era fastidioso ai loro occhi abituati alle tenebre, o al massimo a quei pallidi raggi del giorno a cui la nebbia permetteva di illuminare il palazzo. Inutile dire che il loro cuore aveva cominciato a battere in maniera affrettata, e che la loro emozione era salita a dismisura. Ma non potevano aspettare ancora per molto. Era tempo di cambiare le cose, e stavolta per sempre. Si guardarono, presero un respiro, e, stringendo forte le mani le une nelle altre, uscirono allo scoperto mostrandosi a tutti i presenti…

*

La folla di persone fu presa da un sussulto generale. Gli occhi fissi da numerosi minuti nel punto di bianco tra il balcone e la stanza facevano male al giovane Hao, che finalmente vide comparire sulla soglia quelle tre familiari, femminili figure… La ferita (ormai estesa su tutto il busto e in parte sul collo) bruciò del solito calore rassicurante. Fremeva, non resisteva più dopo tanti mesi di lunga marcia e di lotta per prepararsi a questo momento. Ma ora era pronto. Dentro di sé sapeva che la sua idea avrebbe funzionato. Ma sì, poteva farcela. E comunque ormai non aveva più importanza. Le Tre Streghe erano lì, e non c’era più tempo per i dubbi e le incertezze. Le Streghe avrebbero finalmente visto che il mondo non si era dimenticato di loro. Avrebbero constatato con i loro occhi che esisteva ancora qualcuno che provava pietà per loro, e non le odiava per questo. Il corso delle cose sarebbe cambiato. Le loro anime sarebbero state libere…

*

I numerosi mormorii che avevano riempito i minuti di attesa precedenti all’arrivo delle Streghe, ora erano totalmente svaniti. Tutt’attorno regnava il silenzio. Religioso silenzio che assordava. Le Sorelle aprirono piano gli occhi per volgerli in direzione di quella folla immensa di persone, persone umane, e ebbero un violento sussulto di paura. Rimasero immobili, pietrificate, non immaginandosi forse di trovare tanta gente.

Hao le fissava, e gli si arrossavano gli occhi. Il calore lo aveva ormai pervaso totalmente, e un’emozione indescrivibile gli attanagliò il corpo e l’anima. Non resisteva più. Quei tre divini corpi gli erano stati troppo a lungo lontani. Non capì più nulla…

Spintonando tutti i presenti di fronte ai quali passava, si faceva strada tra la folla correndo a perdifiato. Non si curava di coloro che si lamentavano al suo brusco passaggio, non li udiva nemmeno. Aveva solo uno scopo, rincontrarle. Rivederle da vicino, riabbracciarle. Troppo a lungo aveva dovuto accontentarsi delle loro sagome in sogno. Troppo a lungo… Corse senza guardare in faccia nessuno, perché il suo viso era posato su quelli delle tre dame che nelle iridi, con quelle loro brillanti e luminose gemme, lo stavano fissando immobili e in silenzio.

“Hao, fermati!” urlò Faust per tentare di fermarlo. Ma il ragazzo era sordo alle voci e i suoni che lo circondavano, e non si voltò. “Accidenti, ma che vorrà fare?!” esclamò Ren, mentre si chiedeva che fine avessero fatto HoroHoro e Pilica (…).

*

Nella Foresta Spinata, le Custodi erano ancora a terra, esauste dopo il momento di ira. Jun era rimasta immobile a fissare nel vuoto. Se ne stava seduta poggiata al tronco di un alto e spinoso albero, e non dava segno di coscienza. Gli occhi verde brillante erano statici, privi di vita. La sua mente era ancora sotto shock. Ma tra i pensieri annebbiati, una frase la tormentava …

“……….. Io Amo le tue padrone……… Per questo devo farlo………… Io le Amo……………”

“… Le Amo… “

Lo aveva detto, ma probabilmente non ancora ne era convinto. Altrimenti sarebbe successo… Forse non ci credeva ancora in pieno. Doveva accadere qualcosa che glielo facesse capire. Però se già quelle parole, se pur involontarie e non del tutto veritiere erano state pronunciate dalle giovani labbra di Hao, voleva dire che ormai era solo questione di tempo perché se ne verificassero le conseguenze…

Allora era già troppo tardi…

Mentre una lacrima solcava la violacea guancia, una vocina di autocoscienza si faceva udire nella mente della Custode…

“…Non sentirti in colpa proprio ora, Jun…. Hai fatto quel che hai potuto… Non sei riuscita a cambiare il corso delle cose, vorrà dire che era destino che il tuo e il loro finale fosse davvero questo… Peccato… Peccato davvero… Ma ormai è troppo tardi………………….”

La Foresta si rabbuiò. Il vento era totalmente calato.

*

Le Tre Fanciulle corsero a perdifiato verso l’entrata del palazzo, scesero scale, seguirono corridoi, dovevano trovarlo. Perché tutti e 4 sapevano bene che il dolore e il vuoto che li avevano soffocati per quel lungo e interminabile periodo di tempo, potevano essere ricolmati solo dal calore e il sentimento dell’altro. Hao non riusciva a vivere senza le Tre Streghe. E le Tre Streghe non riuscivano a vivere senza Hao.

Il giovane non aveva più fiato, ma il calore della ferita gli indicava che le sue amate fanciulle erano vicine, vicinissime. Correvano verso di lui perché, come lui, erano stanche di aspettare. Ma adesso l’attesa era finita. Hao svoltò l’angolo, Kanna, Marion e Mathild scesero l’ultimo gradino…

Un istante, e tutto cambiò. La ferita di Hao non faceva più male, non fremeva ma non esitava, era in uno stato di silenzio assoluto. I cuori non battevano all’impazzata, al contrario. Lente e profonde pulsazioni facevano vibrare i petti dei 4 giovani, immobili a fissarsi, persi come in un sogno. Il respiro, da corto e affannato che era, si stabilizzò. I volti erano neutri. I muscoli a riposo. Alcun tremore o fitta al cuore.

… Perché?

Perché, ora che le loro anime si erano ritrovate, tutto era tornato alla semplice normalità

“Hao…”uscì flebile come un suono indistinto, dalle labbra di quale delle tre fanciulle Hao non ci aveva fatto caso. Voleva solo correre verso di loro e stringerle, non lasciarle più.

E così fece.

“Kanna, Mathild, Marion!” Il giovane mosse rapidi passi in loro direzione, le tre fanciulle non furono da meno. “Hao, sei tornato!” “Quanto ci sei mancato!” Ecco, erano vicinissimi. Ancora un breve istante, e i loro corpi si sarebbero nuovamente compensati. Finalmente, di nuovo completi. Ma accadde qualcosa…

“Non osate muovere un solo altro passo”

La voce gelida proveniva dal corridoio alle spalle di Hao. Quella fredda e tagliente imposizione era stata seguita dall’inconfondibile suono di un’arma che si carica. Hao si bloccò all’istante, a pochi centimetri dalle tre dame. Una strana emozione attaversò la sua mente. Forse…. Era curiosa sorpresa… Mista a un inquietante senso di sollievo… Ma durò poco.

“Chi siete?” mormorò con occhi fatti a fessura Mathild. Hao tentò di voltarsi con movimenti lenti, ma la voce parlò di nuovo “Non voltarti, o le tue tre amiche fanno una bruttissima fine!” Ecco… Prima non era riuscito a capirlo, ma adesso ne era sicuro. “HoroHoro… Che stai facendo?” disse calmo il giovane, senza voltarsi. “Anche se ti spiegassi, tu non potresti capire… Sei troppo accecato dall’amore che provi per queste tre sgualdrine per comprendere la questione dal nostro punto di vista…” “Nostro?…” Hao socchiuse gli occhi, cercando di sembrare il più rilassato possibile. “Pilica… Anche tu…” La ragazza mormorò con voce talmente velenosa da non sembrare la sua “Ora basta con i buoni sentimenti, Hao… Il nostro viaggio termina qui… “Il ragazzo strinse i pugni con rabbia. “Voi non avevate intenzione di aiutarle fin dall’inizio… Era un’imboscata… “ La sorella del Drow emise una risatina cattiva “Eheheh… Ma che bravo, il nostro Hao. Oltre ad avere un grande coraggio e uin grande cuore, è anche incredibilmente perspicace! Peccato che sia giunto alla verità quando ormai è troppo tardi…” HoroHoro parlò con voce profonda e fredda “Fatti da parte. A uccidere te non guadagneremmo nulla, il nostro obiettivo sono quelle tre…” “Ditemi almeno perché…”

Calò un silenzio tombale. Soffiava un lieve venticello, probabilmente proveniente da piccole aperture delle finestre qua e là. Hao non si era ancora voltato. HoroHoro tirò un lungo sospiro, e alzando lo sguardo andò a incrociarlo con quello delle Streghe. In quell’esatto istante, Kanna, Mathild e marion ebbero la stessa visione di fronte agli occhi. Limpida, chiara, di una folla contadina che urlava contro di loro imprecazioni, i volti coperti a intermittenza dalle fiamme che circondavano il luogo. Quell’intenso odore di sangue… In mezzo alla folla, due individui, un uomo e una donna dai celesti crini le osservavano unendosi alla massa urlante contro di loro. Quegli stessi occhi pieni di odio li rividero nel blu intenso degli occhi di HoroHoro.

Spalancarono le palpebre fissando i due giovani.

“Quel giorno, durante l’esecuzione… Tu eri lì… Entrambi lo eravate! “ Pilica disse con voce che tremava di rabbia “No. Non è così. Noi non avevamo colpe. Noi non abbiamo mai partecipato a quegli assurdi atti di violenza e morte! Siamo giovani innocenti, privati dalla nascita della felicità che ci dovrebbe appartenere di diritto. E questo a causa di un egoistico maleficio messo in atto sui nostri antenati dalle folli menti di tre Streghe assassine”

*

Ecco, ora era chiaro. Come aveva fatto Hao a non capirlo subito? Quell’intenso freddo che aveva provato quando aveva avuto a che fare con la nuvola di anime condannate dalla maledizione delle Streghe lo sentiva in cuor suo ogni volta che fissava negli occhi quei due ragazzi tanto misteriosi. Ma non aveva mai capito cosa questo potesse significare. Ora lo sapeva. La maledizione delle Streghe non si era limitata a punire gli abitanti del villaggio per i loro mostruosi crimini. Il maleficio sarebbe continuato per sempre, colpendo anche le generazioni successive ai malfattori. E la morte sarebbe continuata. A meno che…

“Come vedi, Hao, le tue preziosissime streghe non sono così pure e innocenti come credevi tu. Hanno condannato senza motivo persone innocenti che tutte le notti si ritrovano a rivivere quelle stesse esperienze che avevano vissuto loro, nei propri sogni. Dannate per sempre, spinte a odiare il sonno” aveva detto HoroHoro acido. Le Tre Streghe si erano fatte scure in volto. “Sappiamo di essere state sciocche. Ma dovete anche cercare di comprendere la situazione in cui ci trovavamo… Non vedevamo intorno a noi altro che morte e dolore” Kanna aveva le iridi di cristallo coperte dalle ciocche ribelli color del mare “Volevamo solo fare quanto di più male ci era possibile. Volevamo far provare al mondo ciò che avevamo provato noi. Volevamo che pagaste, tutti quanti dovevano pagare” “Tutto il dannato genere umano… Ma non ci rendevamo conto in quel momento dei danni che avremmo potuto provocare…” aggiunse Marion mormorando. Pilica a quel punto esclamò con occhi rossi e prossimi alle lacrime “CERTO CHE NON VE NE RENDEVATE CONTO! Come avreste potuto?! Troppo prese da voi stesse e da ciò che vi circondava, povere stelle! Voi forse no, ma io ECCOME se me ne sono sempre resa conto!! Non ho mai fatto male a nessuno, volevo solo coronare i miei umili sogni ed essere felice!! Ma fin da bambina, quando andavo a dormire, piangevo e avevo paura di ciò che avrei visto, di ciò che avrei sentito, di ciò che avrei provato sulla mia pelle ma del quale al mio risveglio non potevo far parola a nessuno!! Avete idea, voi, di che cosa significhi per una bambina non poter sognare?! Vivere ogni maledetta notte solo incubi, morte, dolori lancinanti e che anche durante il giorno, sotto la pelle, invisibili, continuano a far male?!! Lo sapete voi?!! O ANCORA ADESSO NON VE NE RENDETE CONTO???”

*

La voce calma di Hao nterruppe la furia di Pilica raggelando i due fratelli. “Certo che lo sanno. A mio parere nessuno meglio di loro proverà mai cosa vuol dire avere paura della propria notte…”

Il silenzio che ne seguì era raggelante. Hao si voltò lentamente, con gli occhi fieri e privi totalmente di paura. Né HoroHoro né Pilica reagirono. Erano immobili a fissarlo. “…Aver paura di sé stessi… “

HoroHoro abbassò l’arma lentamente, gli occhi persi di fronte a sé. Pilica lo fissò incredula “Noo!! Fratello, non farti suggestionare proprio ora, il nostro futuro e quello dei nostri figli e nipoti può essere salvato solo con la morte di queste tre streghe, ricorda il motivo per cui siamo qui!!” HoroHoro sembrava non averla nemmeno sentita. Fissava Hao. E Hao fissava lui. La voce del giovane parlò di nuovo “Voi dite di essere innocenti, e avete forse ragione. Ma la situazione delle Tre Streghe non è molto diversa dalla vostra. Anche loro sono state vittime di un maleficio ingiusto e crudele, nonostante fossero le creature più pure e innocenti che esistessero. Se voi farete ciò che avete in mente di fare, non sarete più innocenti come sostenete di essere. C’è un’altra via oltre alla morte… Io sono sicuro che se vedranno come il mondo dall’odiarle è passato al comprenderle e amarle, la maledizione che le opprime cesserà, e di conseguenza anche la vostra. Proviamoci, almeno, se ci seguite troverete la pace che per tanto tempo avete cercato!” Pilica lo fissò con gli occhi ancora arrossati. Mormorò tremante “No… No, è impossibile! La maledizione parla chiaro, finchè avranno vita le Streghe, la Vendetta non cesserà mai. Già una volta mio fratello ha tentato di giungere al Castello per trovare un metodo alternativo, ma è stato intrappolato. Se non muoiono, rimarremo dannati per sempre, e non solo noi!”

A quel punto, le Streghe si fecero avanti. HoroHoro puntò d’istinto l’arma contro di loro, ma le fanciulle continuarono a camminare senza paura. Continuarono a camminare fino a che non si trovarono di fronte ai due giovani. Li fissarono dritti negli occhi. Kanna porse in loro direzione la mano.

“Se aiuterete Hao nel suo intento, che vada a buon fine o no, promettiamo che scioglieremo per sempre la vostra maledizione. Useremo quanto più è in nostro potere. Non ci daremo pace finchè non avremo liberato le vostre anime e quelle dei vostri futuri eredi…”

Pilica era a bocca aperta. HoroHoro lasciò cadere l’arma a terra, mentre le osservava con un’espressione indecifrabile. Kanna lo fissò dritto negli occhi, in cerca di un’emozione che lasciasse trapelare. Il Drow allungò la mano per andare ad afferrare quella della ragazza; Hao fece un mezzo sorriso, ma un istante dopo HoroHoro strattonò la ragazza tirandola per il polso e la colpì sulla nuca. Le due sorelle furono colte così di sorpresa che non si accorsero del potere che Pilica stava usando contro di loro per farle volare contro la parete. Hao urlò “Manta! Chocolove!” Lo spirito e il cuoco saltarono fuori da dietro la parete, erano pronti ad attaccare già da un bel pezzo. “Signor Hao, ci pensiamo noi!” Chocolove iniziò a creare campi energetici per spedirli poi contro i due fratelli battaglieri. Il Drow era molto veloce, e schivava ogni colpo infertagli. Le Tre Streghe unirono i loro poteri per produrre gran quantità di energia distruttiva, ma i loro poteri erano ancora troppo deboli, e l’energia scomparve di colpo. Pilica ne aprofittò per tirar fuori dalla lunga veste un lungo bastone di cristallo, con una meravigliosa gemma blu intenso al suo termine. Con un grido si lanciò sulle tre ragazze infierendo loro numerosi colpi. Alcuni vennero schivati, altri andarono dolorosamente a segno. Hao si scagliò intanto contro HoroHoro, gridando “Perché volete risolvere la questione con la violenza?! Non sarebbe più facile per tutti trovare un accordo?” L’avversario lo respinse con violenza, esclamando “Taci, umano!! Cosa ne sai tu di che cosa vuol dire dover provare sulla propria pelle tutte le notti pene inimmaginabili?! Cosa ne sai tu di che cosa vuol dire vivere nell’angoscia di ciò che sognerai?! Cosa sai tu??” Dalle dita crebbero lunghi artigli scuri, e con questi provocò una brutta ferita alla guancia del giovane. Ma un attimo dopo Hao riuscì a bloccare i colpi di HoroHoro tagliandogli la ritirata. Lo spinse in un angolo costringendolo a guardarlo negli occhi. Era molto alto rispetto a lui, ma non per questo più forte. “Ascoltami, io lo so che sono una nullità e che non posso dare giudizi, ma le Streghe della Rosa sono le cose più belle che mi siano capitate nella vita, e questo perché sono buone d’animo, nel profondo. So che tu provi troppo rancore nei loro confronti, ma se provassi anche solo in minima parte, dentro te stesso, ad amarle, e se rinunciassi per sempre a tutto il tuo rancore, verso di esse vivresti una vita più felice, devi credermi!””Non voglio nemmeno ascoltare le tue fandonie! Fatti da parte!!” HoroHoro spedì Hao lontano con un colpo a dir poco violento. Chocolove e Manta intervennero furiosi, ma il Drow era decisamente in vantaggio rispetto a loro, in quanto a potenza. “Pilica!” esclamò verso la sorella. Lei gli si mise di fianco “Sono qui, fratello” Le Streghe li osservarono per alcuni secondi e tentarono di avvicinarsi a loro per parlare. “HoroHoro… Pilica… Dovete ascoltarci! Noi vogliamo aiutarvi, non stiamo mentendo! Troveremo una contro maledizione e vi libereremo, ve lo possiamo giurare!” I due rimasero in silenzio. Pilica disse “Come possiamo fidarci di voi?! Voi che ci avete dannati? Come possiamo sapere che non ci state raccontando fandonie?” Marion mormorò con voce rauca ma profonda “Non abbiamo prove per convincervi… Dovete fidarci della nostra parola… “ “No, ci è impossibile!” “Allora uccideteci…”

*

Il Drow e la sorella osservarono a lungo le tre ragazze di fronte a loro. “Uccideteci, avanti… Fatelo. Tirate fuori tutta la vostra violenza. Scaricate l’odio e la tensione che avete tenuto dentro per tutti questi anni. Uccideteci…”

Entrambi puntarono le armi verso di loro, e si avvicinarono ai tre corpi pericolosamente. Ancora pochi millimetri, e le fanciulle sarebbero state trafitte dagli artigli e dalla gemma tagliente al termine del bastone. Ma non si mossero. E nemmeno i fratelli.

*

Hao stava per intervenire, ma capì che stava accadendo qualcosa. Fece segno a Chocolove e Manta di rimanere immobili. Le Streghe e i fratelli erano faccia a faccia, un attimo di morte in mezzo a loro. Un movimento minimo e l’attimo sarebbe diventato eterno. Ma HoroHoro e Pilica, quel movimento, non lo fecero.

“Perché?” mormorò il Drow con il volto scuro. Pilica stava singhiozzando silenziosamente. Hao, Chocolove e Manta osservarono la scena stupiti. Le Streghe sorrisero. “Voi non siete assassini. Proprio il fatto che abbiate provato tanta violenza su di voi vi impedisce di causarne a chi vi sta attorno. Non è così?” Entrambi si allontanarono di poco lasciando fuori pericolo le Streghe. “Già per questo meritate la libertà…” disse mathild con un sorriso smagliante.

“Ma finchè avrete vita voi… Noi… No, non posso permetterlo!” HoroHoro era prossimo al piangere. Strinse gli artigli con forza, le mani gli sanguinarono. Poi le armi scomparvero. “Dannazione! Ma perché?! Perché trasmettete così tanta purezza da impedirci perfino di uccidervi?!”Marion affermò calma “Non siamo noi le anime pure qui. Lo sono, prima di qualunque altra, le vostre” I due fratelli si inginocchiarono pieni di rabbia e frustrazione, piangendo forse di sollievo, forse di gratitudine.

Le tre dame si avvicinarono a loro, e Kanna porse nuovamente la mano al Drow. “Permetteteci di riparare al nostro danno… Ve ne preghiamo…” HoroHoro alzò lo sguardo verso di lei, e con un’espressione mista tra il sorriso e il pianto mosse la mano verso quella di ella afferrandola. Dopo la stretta, Kanna sollevò quella stessa mano mostrandone il palmo a HoroHoro “E’ un giuramento solenne…” La pelle chiara era segnata da un marchio profondo e rosso porpora.

I due fratelli erano senza parole. Pilica abbracciò HoroHoro dalla schiena continuando a singhozzare. Lui le strinse le minute braccia con una strana sensazione di serenità in corpo. Osservò le streghe, osservò Hao, osservò lo spirito e il cuoco.

“Grazie…”

*

Quando tornarono sul balcone, Pilica e il Drow avevano i volti illuminati da uno strano sorriso. Le Streghe si tenevano per mano e stavano tornando alla luce come avevano fatto in precedenza. Hao e gli altri erano dietro di loro, e le fanciulle si voltarono verso essi prima di varcare nuovamente la soglia.

*

“Ehi, eccole di nuovo lì, finalmente!” esclamò Lyserg inidcando il balcone. Yoh disse “Ci sono anche Hao, HoroHoro e Pilica!” “Finalmente! Ce l’hanno fatta!” gridò gioioso Faust. La folla intera cominciò a esultare felice, per dimostrare alle Streghe tutto il proprio appoggio. Le dame non credevano ai propri occhi. Di fronte a loro, erano a migliaia le persone che stavano gioendo per loro. Ora li sentivano, sentivano il loro perdono e la loro solidarietà. Si sentirono d’un tratto leggere come piume. La vita sembrò loro semplice e cristallina, l’amore che sentivano provenire dall’anima di Hao ora sembrava moltiplicata per cento, e proveniva da ogni singolo corpo lì presente. Non si erano mai sentite così prima d’allora. Iniziarono a piangere silenziosamente, piangevano mentre ridevano di gusto e di allegria, sentendo per la prima volta quella loro lontana speranza pervaderle completamente. Ora sapevano che si sarebbe tutto risolto. I secoli di morte erano terminati. La vita e l’amore avevano prevalso su di essa. Da quel momento niente più dolore, niente più rancore, niente più paura. Solo gioia, intensa gioia di vivere. Era così bello che non sembrava loro vero. Erano libere.

Erano librere…

Hao aveva ragione. Le aveva salvate…

Uno schizzo di sangue sporcò l’aria…

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Capitolo 21
*** Cieco ***


§§**… I’m Searching The Way Of Home… But I Can’t See It… I Was Blind…**§§

§§**… I’m Searching The Way Of Home… But I Can’t See It… Because I’m Blind…**§§

Il cuore di Hao, per un breve istante che durò una vita intera, smise di battere. Il fiato inesistente, lo sguardo vacuo, le iridi posate sulla scena che si parava di fronte a lui. Il sudore gli percosse la fronte e le guance, e sentì un’improvvisa, orribile fitta al cuore. Il sangue pulsava dolorosamente lungo tutto il suo corpo. Dopo il breve istante in cui l’emozione a pervaderlo fu la sorpresa, subentrò nel suo cuore un’angoscia opprimente, e in quell’unico, infinito istante già capì che era finita. Qualcosa era andato storto. Tutto era andato storto, fin dall’inizio. E lui non aveva capito nulla… Che razza di stupido… Come aveva potuto pensare di poter cambiare le cose? Presuntuoso, sciocco ragazzino senza speranze… Aveva fallito, se lo sentiva. Non sapendo nemmeno lui come, era riuscito a comprendere tutte quelle orrende verità in quell’unico istante.

L’istante in cui quelle tre lame comparse da chissà dove colpirono i tre splendidi, angelici petti delle dame… Trafiggendoli.

Uno schizzo di sangue sporcò l’aria…

“Cos…?” Riuscì a mormorare il piccolo Manta alle spalle del giovane, rimanendo ammutolito a quella vista. Chocolove emise un gemito di visibile sorpresa, e perfino Pilica e HoroHoro rimasero a bocca aperta non credendo a ciò che vedevano. Le ragazze barcollarono appena, colte del tutto alla sprovvista… “Cosa… Cosa è… successo? Io… Io non capisco…” mormorò Mathild tenendosi una mano nel punto dal quale fuoriusciva un rivolo di sangue rosso vivo. Hao corse verso di loro tentando di sorreggerle, aiutato dagli altri presenti. Il ragazzo era troppo sorpreso per parlare, forse troppo impaurito… “io… Non lo so… Io… Io non…” Non riuscendo a struttrare una frase a senso compiuto, il giovane si accovacciò di fianco a loro, dopo averle distese, cercando di rassicurarle con piccoli gesti… “Hao… Perché sentiamo così tanto freddo?” mormorò a fatica Marion, osservando con occhi inespressivi il giovane disperato. Hao si sentì raggelare le vene. “Ma no… E’ solo una cosa momentanea… Adesso passa tutto, siete solo molto stanche…” Kanna sorrise appena, e disse in sua direzione “Appena staremo meglio… Torneremo da tutti quegli uomini così valorosi e pieni di bontà che sono venuti a perdonarci… Vogiamo parlare con loro… Ci porterai da loro, vero Hao? Ce lo prometti?” Hao strinse le palpebre trattenendo un gemito di pianto, per poi annuire col capo. Tutt’attorno regnava un silenzio tombale.

“Ma che significa? Solo un’arma con un potere fuori del normale sarebbe in grado di uccidere le Tre Streghe, pensavamo di essere gli unici a essere in grado di detenere tale energia… “ mormorò HoroHoro, mentre Manta impallidiva tremando come una foglia. “Stanno… Morendo?” Chocolove sbottò d’improvviso “No!! Non puoi dire una cosa del genere, sai bene che le Streghe possono essere uccise soltanto da colui che ha ricordato loro come amare, o dagli Eredi Maledetti scelti tra tutti per vendicarsi sulle Streghe, e questi sono solo e unicamente Hao, HoroHoro e Pilica! Quindi non stanno morendo, piantatela tutti di dire cose assurde!” Aveva gli occhi rossi e il viso storto in una smorfia di dolore. Solo in quel momento Hao si alzò in piedi, lentamente e in silenzio. Nessuno osò fiatare. Il volto giovane era coperto dalle brune ciocche, e si voltò in direzione degli uomini e le donne presenti di fronte al bianco balcone. Con voce carica d’odio mormorò “Chi è stato?”

Nessuno fiatò. Stavolta Hao non si limitò a domandarlo semplicemente, lo urlò con quanta forza aveva in corpo “CHI E’ STATO???”

Ren, Faust, Yoh e gli altri si lanciarono occhiate interrogative, probabilmente nemmeno loro si aspettavano di assistere a una scena simile. L’Oste cercò d’istinto la mano pallida e minuta dell’amata Elisa, ma di fianco a sé, la fanciulla, non c’era più…

Una risatina cattiva si levò, sovrastando il silenzio che fino a un attimo prima era calato. Una risata di donna, una risata di Strega, che con un crescendo di goduria e soddisfazione maligna riempì l’aria immobile. Il suono malvagio proveniva da un punto ben preciso nell’aria, ove una sagoma femminile lievitava luccicando di energia Oscura…

“Ahahahahahah… Ahahah! AHAHAHAH!! Povero piccolo ingenuo ragazzino… Era tanto che aspettavo questo storico momento, il momento in cui avrei potuto finalmente distruggere tutte le tue assurde e infondate speranze! Quanta soddisfazione… Quale gioia!” Hao rimase immobile a osservare quella dannata figura, e ancora una volta, con una dolorosa fitta al cuore, capì che era finita… Era finita da sempre…

“Elisa…?” Faust aveva mormorato con occhi inespressivi il nome di quella fanciulla che tanto aveva amato. Quella fanciulla che ora si librava in aria come un nero angelo maledetto, a ridacchiare con tono cattivo; tutta lei infondeva un senso di pura cattiveria.

“Sei stata tu, maledetta. Perché? Perché lo hai fatto, ora che eravamo riusciti nella nostra tanto sperata vittoria?!”La donna ridacchiò ancora, con sempre più gusto. La sua voce era tagliente e sinistra come il suono di una lama arrugginita sul marmo. “Proprio non ci arrivi, vero?! Tu non sei riuscito proprio in niente Hao… Davvero credevi di aver convinto tutte le persone del mondo che le tue povere piccole principesse fossero brave persone, anime pure schiavizzate dal male?! Ah! Quanto mi fai ridere, piccolo Hao…”

Il ragazzo si sentì mancare. Yoh e gli altri compagni osservarono la scena che si parava di fronte a loro, sorpresi nel vedere che tutti i presenti avevano assunto un’aria piena di odio e furia. Lo sguardo fisso sul balcone ove stavano le Tre Sorelle della Rosa.

“Noi non abbiamo mai dimenticato tutto il dolore che ci hanno provocato quelle sgualdrine da quattro soldi!” urlò una donna anziana tra la folla di persone. “Noi vogliamo solo che paghino per il male che hanno fatto all’intera umanità!” “Vogliamo che muoiano!” “A morte le Streghe!” “Uccidetele!!” “A morte! A morte! A morte!”

Ora le voci erano diventate un coro d’ira e radicato odio. Ripetevano ossessivamente l’incitazione a uccidere quelle tre innocenti creature…

“A morte! A MORTE! A MORTE!!” Il giovane si coprì le orecchie con le mani, desiderando di morire, nient’altro.

Non aveva… capito… nulla…

*

Ren, Yoh e gli altri erano senza parole. “Che state dicendo?! Non potete fare sul serio!” esclamò Yoh incredulo. Nessuno gli rispose, continuarono soltanto a urlare insulti e imprecazioni. Si stavano mobilitando in massa verso il grande castello.

Tamao portò le mani alla bocca, quasi piangendo, Ren la strinse a sé con gli occhi sbarrati; Tokageroh era rimasto a bocca aperta, Faust non muoveva un solo muscolo, le iridi perse di fronte a sé. “La mia Elisa… Cosa ti è successo? Perché lo fai?” mormorava soltanto. La giovane e pallida donna si voltò verso di lui con un’espressione quasi di indifferenza. “Ah, tu… Perdonami, amore, ma dopo tutti questi anni passati a fingere di provare qualcosa per te mi hanno sfiancata indicibilmente!” Faust rimase immobile a fissarla, inespressivo.

“Essere stata maledetta dalle Tre Streghe non so dire se mi abbia facilitato il compito o meno… Certo, ero pazza, ma perlomeno potevo mascherare la mia vera identità senza dover compiere quelle assurde smancerie…” fece un’aria schifata, mentre Yoh si faceva avanti esclamando adirato “Sei un mostro, Elisa”Ren e Tamao si tenevano stretti, ascoltando quelle parole con occhi sbarrati. E loro che credevano il loro amore fosse sbagliato… Si guardarono, e perdendosi nelle iridi dell’uno e dell’altro si strinsero ancora di più…

Elisa squadrò Yoh con aria di sfida “Io mostro? E secondo chi lo sarei? Io ho combattuto per millenni per recuperare la mia libertà, ho usato mezzi spregevoli? Può darsi… Non mi interessa. Voi non avete la minima idea di che cosa voglia dire trovarsi nei miei panni…”

“Che motivo avevi di odiare così profondamente le Tre Streghe? Al punto di ingannare tutti noi?” sibilò Tokageroh con occhi sottili. Elisa lo squadrò, ridacchiando “Tze… Questo non vi riguarda…. Non vi riguarda minimamente. Invece di perdere tempo a farmi la seduta di psicanalisi, perché non vi occupate della strage che presto metteranno in atto tutti i vostri preziosi ‘alleati’?”

Effettivamente la massa di persone era prossima a raggiungere le porte del Castello, e in risposta Manta, Chocolove e i due fratelli stavano usando i loro poteri per bloccare ogni entrata. Se tutte quelle persone inferocite fossero riuscite ad entrare, sarebbe sicuramente stata la fine per le tre dame, sfiancate, a terra, ormai quasi prive di sensi… Come aveva potuto una comune arma ferirle mortalmente? Rimaneva un mistero… Ma per Hao quello fu l’ultimo dei problemi, in quel momento.

Cercava disperatamente una pozione, un qualche elemento curativo per bloccare la fuoriuscita di sangue, e non sapeva nemmeno se questo avrebbe cambiato le cose… Si avvicinò alle fanciulle, domandando loro con voce alterata dalla preoccupazione. “Ascoltatemi… Qui nel vostro castello… Deve esserci una stanza per le lozioni curative… Dovete dirmi dove, è importante!” Le ragazze sembrarono non averlo sentito; gli occhi persi di fronte a sé. La pelle pallida e fredda. Sembrava che fossero tornate allo stato di sonno perenne di quegli ultimi mesi… Il ragazzo le scrollò un po’, esclamando con voce rotta “Vi prego, rispondete!” Kanna mosse le labbra, sembrava voler dire qualcosa. Il ragazzo non ne era sicuro, ma sembrò che lo guardasse intensamente per poche frazioni di secondo, e con un impercettibile gesto della mano indicasse qualcosa… Forse era il suo avambraccio…

*

“All’assalto del Castello!” “Uccidiamo le Streghe!” “Liberiamocene, una volta per tutte!!” Inutile dire che, per quanti sforzi potessero fare i compagni di Hao per far tornare in sé le persone presenti, la folla continuasse imperterrita nel suo intento. Allora Yoh iniziò a sentire una rabbia intensa riempirgli il cuore, l’anima, l’intero corpo. Osservò la donna sospesa in aria, che lo fissava con aria di scherno, divertita dai suoi tentativi vani.

“Poverino… Il bravo fratellino vuole salvare la situazione! Peccato che ormai sia troppo tardi” “Non è mai troppo tardi per punire chi ha commesso azioni imperdonabili…” sibilò il ragazzo, con le iridi scintillanti di energia. Elisa sogghignò “Mi stai sfidando?”

Yoh, per tutta risposta, si mise in posizione di battaglia, sprizzando energia da tutti i pori. Ren gli andò incontro “Fermo, Yoh! Da solo potrebbe essere pericoloso!” “Non preoccupatevi per me… Questa strega non mi fa affatto paura… E poi mi sentirò meno in colpa se la prenderò a calci senza dover mettere in mezzo anche voi…” Elisa ridacchiò estremamente divertita, mentre sibilava con voce inquietante “Sappi che le mie simili non posseggono nemmeno un terzo dei poteri che detengo io…”

Yoh per tutta risposta mormorò “E io quando mi arrabbio sul serio posseggo più potere di tutte voi messe assieme… Vogliamo verificare?” La donna rise ancora, stavolta la risata non prometteva davvero nulla di buono. Le sue pupille sparirono completamente, gli cchi erano bianchi e vacui. Si poteva percepire a distanza che il suo potere stava aumentando…

Il cielo che poco prima era pitturato di un azzurro candido si macchiò di grigie nuvole nere, e tuoni lontani annunciarono l’arrivo di una tempesta furiosa… E forse non solo nei cieli…

*

Ren, Tamao, Tokageroh e Faust rimasero immobili a osservare i due sfidanti squadrarsi minacciosamente, con i poteri che stavano accrescendo a dismisura da entrambe le parti. Il Cacciatore fece una lieve smorfia, e mormorò “La vedo molto brutta; ho un terribile presentimento” La sua fanciulla amata disse flebilmente e con voce spenta “Hai ragione. Lo sento anch’io. E’ come uno spettro silenzioso e vorace che si muove nell’aria ingrandendo la propria stazza di minuto in minuto, di secondo in secondo… Ho freddo… Perché la temperatura è calata così di colpo?” Tokageroh le mise una viscida mano sulla spalla, mentre affermava con voce profonda “Ho paura che i guai veri non siano nemmeno cominciati, piccola Tamao”Faust non disse una sola parola, era pallido in viso, tremava e non dava segno di coscenza. Ren esclamò di colpo “Oh, adesso basta! Dobbiamo fare qualcosa, presto! Qualcuno fermi le masse impazzite, io aiuterò Yoh a sbarazzarci di questo demonio” fece per avvicinarsi al compagno, ma lui con un rapido gesto della mano gli fece cenno di rimanere immobile. Il Cacciatore esclamò sul punto dell’esasperazione “Yoh!! Cosa pensi di fare?! Sai bene che potrebbe avere dei poteri a te sconosciuti, non puoi essere così sciocco da affrontarla da solo!” Yoh non si voltò verso di lui, ma continuò solamente a fargli segno di stare lontano. Strana espressione sul suo giovane, concentrato volto. La donna schierata di fronte a lui stava sogghignando. Ancora quel sorriso malefico e ricco di presagio mortale… Finalmente le sue pallide labbra si schiusero, e con voce tagliente e inumana sibilò “Che la Battaglia delle Rose abbia inizio…”

Un fulmine spaccò il cielo percorrendolo in tutta la sua ampiezza. Nero ritratto della Guerra. E’ sulla terra sottostante, però, che si stava iniziando a consumare, proprio in quegli attimi, una delle più feroci battaglie mai viste da occhi umani.

La folla infuriata aveva acceso macabre torce di guerra, armi taglienti e luccicanti ai riflessi dei lampi si ergevano sulle loro teste minacciose, in procinto di assaltare l’Invisibile Castello. Lamenti e imprecazioni, urla e furiose incitazioni riempivano l’aria intorpidendola. Pochi individui riparavano le porte del Castello, tenendole ben chiuse, ma non per molto avrebbero resistito. Manta, Chocolove, HoroHoro e Pilica avevano dovuto ricorrere a tutti i loro poteri per fermare dietro al pregiato legno tante migliaia di cuori ricchi d’odio.

Le Tre Dame erano ancora a terra, ormai quasi prive di sensi, con gli occhi vacui e sognanti, i coloriti pallidi. Tremavano e dalle loro labbra trasparivano dense nuvolette di vapore, come era successo dentro al Baratro per tutti quei mesi. Accanto a loro, un giovane disperato, distrutto, avvilito, sconfitto: unico appiglio a cui esse potevano aggrapparsi. Hao le fissava con intensità mentre sembravano dir lui che ogni pozione era inutile ormai per loro. Il ragazzo aveva osservato ben da vicino le ferite: le punte erano bagnate di una sostanza velenosa a dir poco letale. Ma questo non sarebbe dovuto comunque bastare. Perché le Streghe si sentivano così male? Come aveva potuto un’arma mortale scalfirle, al punto di farle quasi morire? Il ragazzo non si dava pace, mentre con crescente nervosismo osservava dal balcone la folla sottostante avanzare verso il Castello, cercare ogni minima possibile entrata. Erano lì per loro. Non avrebbero avuto pietà…

Poi, il suo sguardo cadde su due figure luccicanti di energia, che stavano lottando senza tregua in mezzo al resto della gente. Una emanava straziante energia negativa, l’altro produceva l’inconfondibile energia di suo fratello…

“Yoh?” mormorò dapprima, nell’osservarlo scagliarsi sulla donna sospesa, colpirla con la sua immensa energia, prendere in pieno rapidi colpi assestati da lei. “Yoh!! Fermati, fratello!” urlò stavolta, la voce strozzata. L’aura di Yoh era senz’altro molto potente e intimidatoria, ma l’essenza della creatura contro cui stava battendosi in qull’istante era a dir poco agghiacciante. Sapeva che se la lotta fosse continuata sarebbe avvenuto il peggio…

“YOH!!” Il ragazzo a quella distanza non poteva sentirlo. Si voltò verso le tre Streghe. Erano ancora a terra, pallide e prive di forze. Come poteva lasciarle lì? Ma poi si voltò verso la battaglia che si consumava aldisotto di lui. No, doveva intervenire. Più osservava quel nero angelo del diavolo e più se ne convinceva. Yoh non poteva vincere, e per un semplice motivo:

lui era incredibilmente potente; Elisa era invincibile.

*

Ren e Tokageroh avevano utilizzato le loro energie per aprire un varco tra la folla inferocita, scaraventandoli lontani dall’entrata. In questo modo riuscirono a giungere di fronte alla porta. Ren si voltò ancora una volta verso l’amico in battaglia con la Custode. Tamao lo prese per mano “Te l’ha chiesto lui. Non sentirti in colpa. Ce la farà…” Il ragazzo annuì.

“Presto, aprite!! Siamo noi, lasciateci entrare!” urlò Tokageroh, mentre Manta apriva loro una piccola porta facendo segno di correre dentro. Il gruppetto corse per quell’entrata, Faust quasi trascinato dalla giovane Tamao. Ella lo spinse dentro rimanendo l’ultima a dover oltrepassare la porta, ma mentre metteva piede nella sala del Castello un intenso dolore le trafisse il polpaccio. “Aaah!!” urlò, e chinandosi potè scorgere un bambino dallo sguardo omicida e il volto disumano nell’atto di azzannarle la gamba. Lanciò un altro urlo, stavolta di terrore a quella vista spaventosa. Ren con un calcio respinse la vorace creatura, e trascinò la ragazza all’interno del palazzo. La porticina si chiuse con un tonfo.

“HoroHoro, Pilica! Che fine avevate fatto?” domandò Tokageroh alla vista degli amici. “Ora non c’è più tempo per le domande, dobbiamo trovare il modo di frenare tutto questo!” esclamò il Drow incredibilmente sudato per gli sforzi. “Solo le Tre Streghe potrebbero avere la forza di risolvere le cose” affermò Chocolove. “Le nostre Padrone hanno il potere di fare qualunque cosa” aggiunse manta fiero. Ren osservò “Sì ma nello stato in cui sono ora potranno fare ben poco…” “Hao! E’ lui la chiave!”suggerì Tamao, mentre Pilica interveniva “Non ho mai visto nulla che avesse sulle Tre Streghe della Rosa più potere di controllo di quel ragazzo. Lui può fare qualcosa” “Dobbiamo raggiungerlo, prima che accadda l’irreparabile!” “Solo così potremo sconfiggere Elisa e quindi portar fuori pericolo Yoh” Manta e Chocolove affermarono “Noi resteremo qui a tener viva la parete protettiva che impedisce alle persone di entrare” Anche Tokageroh, Ren e HoroHoro si offrirono. “Presto, vai, Tamao, tu e Pilica dovete trovare al più presto il modo di risolvere l’intera faccenda!” disse Ren osservando la ragazza negli occhi. Lei annuì, e insieme all'amica cominciò a salire le scale che le avrebbero portate ai piani superiori, verso la camera delle Streghe e quindi al loro balcone…

*

“Perché ho l’impressione che continui a contenerti con me?” domandò Yoh bloccando la sua lotta furiosa per pochi istanti. Aveva nelle mani un’arma astratta creata con la forza della sua energia. Elisa fece un mezzo sorriso “Non vorrei che la partita finisse tropo in fretta…. E’ divertente giocare con te!” “Non sto giocando” il ragazzo fece un’abile e studiata mossa di agilità, giungendo in pochi attimi alle spalle della ragazza, colpendola violentemente sulla schiena. Elisa fu presa in pieno, ma mentre veniva scaraventata verso il basso fece qualcosa che Yoh non si sarebbe mai aspettato: riprese l’equilibrio e in un millesimo di secondo si trovò nuovamente col viso rivolto in sua direzione, scagliando dalle mani un’intenso potere malefico. Yoh schivò l’attacco, ma era rimasto turbato dall’impressionante velocità e pronteza di riflessi della Custode. Ogni colpo che sferrava era un colpo a sorpresa, ogni colpo a sorpresa suo si trasformava a sua volta in una risposta a sorpresa di Elisa. Sembrava davvero che stesse giocando. Aspettava le sue mosse facendole quasi andare a segno, poi all’ultimo istante reagiva, come se per lei fosse tutto calcolato. E mentre il giovane rimaneva ogni minuto che passava sempre più esasuto, la ragazza non consumava quasi alcuna energia, rimanendo impassibile con quel suo sorrisetto malefico stampato sulle labbra. Più il tempo passava più la preoccupazione di Yoh aumentava. Si appoggiò al ginocchio destro per qualche secondo, recuperando fiato, mentre la donna lievitava sopra di lui osservandolo divertita. Yoh cominciava a stancarsi. “Ma come fai?” “A cosa ti riferisci?” “Le tue mosse, i tuoi contrattacchi. Non fai una mossa falsa, è tutto perfetto. Nulla può stupirti, è quasi come se riuscissi a vedere in anticipo e quindi prevedere ogni mia mossa” Elisa ridacchiò divertita, affermando “Beh, ci sei quasi arrivato… Vedi, una Custode come me ha il senso della vista molto ben sviluppato fin dalla nascita… Nel mio caso, la vista non è sviluppata solo nello spazio, ma anche nel tempo. E questo mio immenso potere l’ho appreso a causa della maledizione infertami dalle Tre Streghe” Yoh scrutò quelle cristaline iridi prive di sentimento, rimanendo in silenzio “I miei occhi, così segnati dal dolore e dalle più inumane visioni aldilà del tempo, aldilà dello spazio, si sono abituati a vedere cose che a occhio umano non sembrano rilevanti perché ignorate. Il futuro, la conoscenza di ciò che ci attende, non può essere compreso se non conosciamo, prima di tuto, il nostro passato. Io il mio passato e quello di altri l’ho visto, è rimasto impresso in queste piccole pupille di donna come un marchio irrevocabile, e in eterno vi rimarranno. E con poco sforzo riesco anche a intravedere ciò che mi serba il futuro alcuni secondi prima che accada…” Sorrise soddisfatta, mentre Yoh non aveva cessato nemmeno per un attimo di fissarla. “Beh, credo che ora il nostro gioco però sia durato abbastanza. Ho cose più importanti a cui badare, vecchie nemiche da ammazzare…” Mosse alcuni passi in direzione del Castello, ma Yoh si parò di fronte a lei con decisione, noonstante le numerose ferite e il fiatone, ancora circondato di visibile energia. Il sorriso scomparve dal volto della Custode “Ma ho come l’impressione che tu non mi lascerai passare, dico bene?” Yoh non rispose, rimase immobile a fissarla. Elisa, visibilmente infastidita, cercò nuovamente di avanzare, stavolta librandosi in aria, ma Yoh utilizzò la spada astratta per bloccarle la strada. La Custode lo osservò adirata. Digrignò i denti, sibilando “Bene. Mi dispiace per te, anche perché non sei male come avversario, ma… Questa faccenda è per me troppo importante per essere lasciata in sospeso. Per cui, mi dispiace per te ma se non ti sposterai di qui sarò costretta ad ucciderti…” Yoh la schernì “Perché non provi a captare con la mente cosa deciderò di fare?” “Cos…?””O forse prima dovresti conoscere il mio passato? Leggimi nel pensiero, c’è da divertirsi, credimi” Elisa si illuminò di furia, con le pupille che sparivano nuovamente per lasciare posto a un pallido biancore d’energia. “Non prendermi in giro, Asakura…””Fai progressi, hai già imparato il mio cognome?” La donna si avventò su di lui prendendolo per la maglia, gli occhi fissi sui suoi. Da vicino incutevano ancora più terrore. Nonostante tutto, Yoh rimase impassibile a guardarla. La Custode, dopo alcuni attimi, riprese a respirare regolarmente, e con una risatina mormorò “Sei scaltro, oltre che carino… Vuoi farmi perdere tempo per permettere ai tuoi amichetti di trovare una soluzione, non è così? Mi spiace, ma te l’ho detto che posso prevedere ogni tua mossa…” Yoh udì i rumori delle persone che riuscivano a sfondare il portone d’entrata. D’istinto si voltò per osservare l’immensa folla di uomini, donne e bambini che si addentrava come uno sciame impazzito nell’imponente dimora.

Non potè trattenere un gemito di terrore. Elisa sogghignò “Hai paura?” Il ragazzo l’osservò negli occhi con un’espressione disgustata. La donna rimase turbata, osservando che non si decideva a distogliere lo sguardo. Nessuno poteva fissarla negli occhi senza rimanerne turbato. Invece lui continuò a fissarla. Ora era Elisa ad aver paura.

Con un grido di furia sospinse il ragazzo fino in cima al palazzo, di fronte al balcone dove Pilica e Tamao avevano appena raggiunto Hao e le Streghe. Con un incredibile tonfo il ragazzo aterrò di fianco ai presenti, schiantandosi contro una parete che tremò e per certi punti iniziò a crollare.

“Yoh!!” Hao corse verso il fratello scuotendolo un po’. “Fratello mio, risvegliati! Sei ancora in te?” Yoh aprì gli occhi piano facendo un lieve cenno di acconsenso. Urla selvagge e furiose provenivano dai corridoi sottostanti. Esplosioni e rumori tipici di una lotta suggerirono a Hao e compagnia che le persone erano riuscite ormai a penetrare nel castello e si erano imbattute nei loro compagni.

Kanna, Mathild e Marion ebbero un sussulto. “Cos’è successo? Chi c’è qui?” Nell’udire quelle voci femminili flebili e melodiose, Elisa si drizzò in piedi facendosi incredibilmente seria. Una strana espressione le percosse il volto, mentre gli occhi si trasformavano ancora. Un ambiguo sorrisino le si poteva osservare sul viso. “Voi…” mormorò con voce metallica, ormai quasi mostruosa. Quasi da…. Anziana… Le Streghe, nell’udire quella voce, ebbero una simile reazione. Erano sorprese, sì, ma anche terrorizzate. Rabbrividirono di botto, con i labbri tremanti. Elisa mosse qualche passo verso di loro, ma Hao intervenne esclamando “Non ti avvicinare a loro, megera!!” Elisa, per tutta risposta, respinse tutti con un immenso getto di energia che li fece arrivare dall’altra parte della sala. Nei suoi occhi ora traspariva una lieve vena di follia…

“Le Tre Streghe… Le fanciulle che un tempo erano considerate le più sacre di questo pianeta…” la sua voce era ancora incredibilmente distorta, sembrava che al posto suo stesse parlando una vecchia. “Piccole principesse strappate dalle dolci braccia della vita… Povere stelline… Mi fate solo ridere” Kanna balbettò un confuso “T-tu… Non… Non puoi essere davvero…” “Perché, pensavate che non sarei tornata? Pensavate che non sarei riuscita a liberarmi della vostra maledizione della Pazzia?! Mi avete sottovalutata, carine…” Ormai la donna era a pochi passi dalle tre fanciulle. Adesso anche il suo aspetto si stava modificando, profonde rughe le segnavano il viso fino a un attimo prima giovane e bello.

“Ma noi… Siamo riuscite a convincere il mondo della verità… Loro adesso… Sono pronti a ricominciare ad amarci…” mormorò Mathild. Le voci della massa era però ormai molto vicina. Le Sorelle ebbero un fremito. “Loro… Loro ci amano ora… Hao ci ha liberate… Tutto si sistemerà” Elisa iniziò a ridere di gusto, una risata gracchiante e allo stesso tempo agghiacciante. “Poveri piccoli gambi spezzati… Povere piccole radici storte!! Ingenue ragazzine senza speranze! Avete creduto nella speranza e questa è stata la vostra rovina! Credevate che il mondo fosse riuscito a perdonarvi? Credevate che quello sciocco, inutile, stupido ragazzino avesse trovato davvero il modo di liberarvi??! Avete perso molti colpi, credevo che dopo secoli di torture aveste finalmente capito che la speranza per voi è morta da tempo!!” Le dame erano rimaste ammutolite. Leggere lacrime rigarono i loro volti bianchi e sofferenti. Uno strano vento penetrò da fuori. L’aria stava cambiando… Era l’aria del tramonto…

*

Gli uomini e le donne armati e pronti alla vendetta erano ormai alle porte. Hao si alzò a fatica, mormorando “No… Io… non devo permetterlo… Non posso” Si mosse verso l’entrata della stanza, aldifuori della quale erano giunti tutti. Con un tonfo sordo entrarono nella camera inondandola, i compagni di Hao privi di sensi, trasportati dalla massa come trofei di guerra. “Noo!” urlò il ragazzo sentendo quasi le lacrime agli occhi. Elisa ricominciò a ridere. “Eccolo qui, Streghe. Eccolo qui l’amore da voi tanto sognato, ecco a cosa vi hanno portato tutte le vostre speranze, questo è e vuole essere per sempre il vostro destino: dolore, dolore e ANCORA DOLORE!!”

Un attimo. Un breve istante. L’istante in cui la lacrima che solcava le guance delle Tre Streghe si trasformò in goccia di sangue. L’istante in cui il sole svanì dal cielo per lasciar posto all’oscurità. L’istante in cui l’intero palazzo tacque, per la prima volta, da alcune ore. L’istante in cui, Hao lo sentiva, era il vero inizio della fine. L’istante in cui il cuore delle Streghe cessò di battere.

*

Erano ferme, statiche, immobili sul freddo marmo del pavimento. Il sangue aveva creato intorno a loro una vasta pozza ancora fresca. Gli occhi inespressivi. Le lacrime sanguigne come immobilizzate nel tempo. Hao le fissò in silenzio. Piangendo in silenzio.

Dunque è così che dei bellissimi fiori appassiscono…

*

Ma l’istante che ne seguì, fu l’istante in cui cominciava il vero dolore. Il battito riprese, stavolta molto più veloce del normale, quasi come un ronzio. Le vene degli occhi pulsarono, il cielo si colorò di rosso, l‘intero palazzo si trasformò con un immenso rombo. Il terreno stava tremando. Hao e gli altri si guardarono perplessi, impauriti, confusi. Ma allo stesso tempo sapevano bene cosa stava accadendo.

Le Streghe che Hao aveva imparato a conoscere erano morte. Morte per sempre. Delle nuove Streghe della Rosa stavano nascendo. E avrebbero fatto una strage…

I corpi di Kanna, Mathild e Marion iniziarono a contorcersi pericolosamente, illuminandosi, sfigurandosi, trasformandosi. Tutti indietreggiarono terrorizzati, tutti tranne Elisa che aveva ripreso a ridere di gusto, le mani alzate al cielo in sengo di trionfo. Le tre figure vennero circondate da un'intensa luce rossa, turbinìo di energia repressa per secoli e che in un attimo si stavano sprigionando. Le ombre che ne uscirono erano completamente diverse da quelle che Hao conosceva. Nell’osservarle udì una profonda fitta al cuore. Era finita.

Delle risate maligne provenirono dall’energia che ora andava diradandosi. Delle voci, che erano inconfondibilmente quelle delle Tre Streghe, ma completamente diverse da sempre, parlarono: “Finalmente ci rincontriamo, comuni mortali…” “E’ stata dura reprimere i nostri istinti omicidi per tutti questi secoli, autoconvincerci di non far alcun male ai giovani che rapivamo…” “Ma ora che le parti buone di noi sono morte e sepolte per sempre, potremo dar voce a ogni nostro desiderio mortale… “

L’energia si diradò, tre fanculle si ergevano al loro posto. Gli sguardi carichi di malignità, i sorrisi cattivi. Perfino gli abiti erano cambiati, ora maestosi e ricoperti di piante oscure. Di rose Nere…
Hao cessò di respirare.

Le Streghe Della Rosa sono tornate…”

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Capitolo 22
*** Le Rose Sono Nere ***


§§**… The Final CountDown…**§§

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Erano sempre state delle fanciulle un pò strane.

Fin da piccolissime, avevano dei volti pallidi e infantili talmente belli e allettanti da mettere una certa soggezione a coloro che le osservavano o che vivevano attorno a loro. I morbidi crini adagiati sulle spalle, a incorniciare quegli angelici visi dagli occhi tanto profondi e un filo diabolici; i corpi paffutelli di bambine, ma comunque armoniosi e aggraziati; i sorrisi incantatori, capaci di sciogliere qualsiasi barriera nei cuori altrui. Le voci flebili, dolci, un poco timide. Erano sempre state abbastanza riservate e solitarie come bambine. Non davano confidenza tanto facilmente, ma quando si riusciva a stimolare le loro più nascoste curiosità e i loro vispi cervelli si poteva esser certi di scatenare in loro un immortale interesse.

Erano sempre così assettate di informazioni, così curiose verso il mondo, del quale volevano sapere ogni minimo dettaglio. Perchè lo amavano con tutte le loro forze.

Amavano il mondo più di quanto non avessero mai amato loro madre, morta poco dopo la loro nascita. Amavano il mondo più di loro padre, che non avevano nemmeno mai conosciuto.

Erano sempre state sole. Il mondo era ciò che dava loro forza, l’ultima certezza che avevano, oltre all’amore che coltivavano l’un per l’altra. Amavano il mondo e volevano donargli tutto di loro. Conoscenze, poteri, amore, tutte le ricchezze che possedevano desideravano donarle al mondo che le circondava, per arricchirlo e in qualche modo, magari, migliorarlo.

Crescendo divennero sempre più belle, sempre più ricche d’amore, sempre più… inquietanti.

Infatti è inutile negarlo: per quanto fossero belle e irresistibilmente innocenti, questa loro impeccabile bellezza e perfezione incuteva paura.

Le Tre Sorelle della Rosa, talvolta, erano capaci di terrorizzare.

Quando le guardavi negli occhi, di sfuggita, potevi scorgere in loro molta forza, molta purezza; ma dietro a questo fragile vetro perfetto si nascondeva una crepa di dolore e sofferenza che faceva star male al solo percepirlo. Forse è vero che chi vive per far del bene è destinato irrimediabilmente a soffrire…

Streghe della Rosa, in vita, voi, chi eravate davvero?

Angeli perfetti caduti sul mondo sbagliato? O splendidi demoni celati da una corazza d’amore e di innocenza?

Chi eravate, qual’era il vostro nome? Qual’era il nome della vostra anima e dei vostri pensieri? Che suono avrebbe fatto se lo si fosse urlato nel silenzio dell’aria?

Qual’era il vostro nome?

*

Ora come ora farsi queste domande poteva parere stupido. Ma spesso ci affanniamo a cercare risposte nel nostro presente mentre magari una spiegazione ai nostri dubbi, molto più semplice e chiara, si trova proprio nel nostro passato.

In quel momento, purtroppo, per Hao il passato era uno splendido, lontano, irraggiungibile ricordo ormai perduto. La situazione era stata stravolta. Non si tornava più indietro.

Le Streghe erano morte. Ed erano morte piangendo, non solo con le lacrime materiali ma col cuore. Era questa la cosa che faceva più male al giovane Hao. Se fossero riuscite a perdere prima i sensi, nella loro incoscenza sarebbero forse riuscite ad abbandonare questo mondo perlomeno con la speranza ancora in corpo che le cose sarebbero potute cambiare. Certo che non era vero. Ma l’incoscienza a volte è così dolce e rassicurante che riesce a cancellare ogni altro male. Lo maschera. Peccato che non fosse andata così… Le Streghe erano morte con l’immagine impressa nelle iridi della loro crudele, dannata, maledetta verità.

…fa male…

*

Erano rimaste tuttora bellissime. Ma la loro bellezza era cambiata. Ora da angeli bianchi si erano trasformate in demoni neri sporchi del loro stesso sangue. Le Rose Nere che ricoprivano il loro corpo emanavano tetre aure mortali. I loro occhi erano maligni, completamente diversi da come erano stati fino ad allora. La loro morte e successiva rinascita, lì, su quel bianco balcone, aveva suscitato non poco stupore tra i presenti. E non solo quello. Hao sentì una profonda fitta al torace nel vedere le sue splendide Streghe trasformate così. Le sue docili bambole… Angeli perfetti… Dove siete finiti, ora?

“Ma bene bene… I comuni mortali. Ci è voluto del tempo, ma alla fine, finalmente, ci rincontriamo” sibilò tagliente Kanna, squadrando i presenti con un ghigno cattivo stampato sulle labbra. “Era da tempo che desideravamo tornare tra voi, poter sfogare la nostra rabbia e la nostra fustrazione…” continuò Marion accarezzandosi un codino biondo quasi con indifferenza “Frustrazione e rabbia per aver ceduto alla nostra parte pura, all’amore, ai buoni sentimenti e a quello sciocco, stupido, disgustoso ragazzino che ci osserva da lì in fondo…” terminò Mathild con aria schifata, indicando il giovane con aria di visibile disprezzo. “Ma da ora le cose cambieranno radicalmente… Niente più tempo per i desideri, le speranze e gli amori. Solo morte, sangue, sangue e ancora sangue!” aggiunse Kanna, folle nello sguardo.

Hao, Yoh e compagnia erano senza parole, immobili a osservare la scena, sentendosi impotenti e maledettamente inutili… Elisa sorrideva soddisfatta e non aveva smesso nemmeno per un secondo di farlo.

“Sì… Finalmente! Le mie creature del male, le mie Streghe predilette, figlie mie! Io vi ho create e io vi ho permesso di tornare a vivere! Finalmente la vostra vera natura è ricomparsa!” esclamò con voce rauca e fredda. Assomigliava sempre più a quella di una vecchia, e incuteva paura.

Le Tre Streghe si voltarono verso Elisa, i loro ghigni scomparvero totalmente.

“Streghe della Rosa, ora che siete tornate –e stavolta per sempre- potremo finalmente mirare alla riconquista del nostro mondo, il mondo che abbiamo sempre desiderato e ammirato. I miei poteri misti ai vostri possono tutto, mie care, ormai. Nulla ci potrà fermare… Uomini, spiriti, angeli e demoni: li uccideremo tutti, se necessario! Ma potremo finalmente coronare il sogno di tutte noi da sempre: possedere il mondo e il suo immenso potere!”

Kanna, Mathild e Marion non fiatarono per un po’. Il loro sguardo era fisso sulla Custode, incredibilmente cambiata rispetto a poco prima. La pelle era ricoperta di rughe fittissime, gli occhi sbiaditi e vuoti, i capelli esili e il corpo raggrinzito. Osservandola, Hao non potè non provare una nausea profonda, fisica e morale.

Il silenzio che aleggiava era raggelante. Finchè una risatina non spezzò l’aria…

“Mpf…. Eheheh… Ahahahah!” mano a mano, le voci delle tre Streghe si trasformarono in una fragorosa risata cattiva.

Elisa tacque d’improvviso, stupita da tale comportamento. “Suonava come un accordo, un patto, dico bene ragazze?” disse tra una risata e l’altra Kanna verso le sorelle. “Eh già. La brava vecchietta ci sta proponendo un’alleanza!“esclamò Mathild in seguito. “Colei che ci ha reso l’esistenza un inferno ora ci crede così stupide da cascare nel suo tranello!”

Elisa mormorò tremante “Ma cosa dite? Io voglio aiutarvi… Sono le vostre anime pure che ho dannato, ma il mio scopo era quello di creare voi, voi nella vostra maligna perfezione, è a voi che ho donato la vita in quell’alba di sangue”

Le Streghe sprizzarono energia maligna da tutti i pori. “Ci fai solo ridere, tu! Tu, Sacerdotessa del Villaggio da noi maledetto, Cervello delle Anziane che ci hanno dannate, tu dici di averci create, di averci donato la vita?!” esclamò Mathild senza smettere di ridere. “Tu non ci hai donato la vita… Tu sei solo colei che ci ha fornito dei corpi, delle prigioni in cui vivere nell’agonia e nella repressione. Tu non ci hai dato proprio niente!” continuò fredda Marion.

Hao e gli altri osservarono la scena con sempre più stupore. Intanto la massa di persone presenti sembrava essersi immobilizzata, forse non capendo bene il significato di ciò che stava accadendo. L’avambraccio del giovane ricominciò a pulsare, mentre l’intero corpo ormai ricoperto di sangue fresco ribolliva di qualcosa di non ben definito, dormiente dentro di lui…

…Vuole uscire…

“E’ tempo di pareggiare un po’ di conti… Non è così, sorelle?” disse illuminandosi di tetro potere la Terza. “Siamo con te… Eliminiamo tutta questa gentaglia… Spargiamo sangue…” mormorò folle nelle ridi la Seconda. La Prima alzò le mani al cielo, che era diventato ormai un tornado di nera magia e tempesta furiosa. Un fulmine scattò spezzando il cielo e andando a colpire le pallide mani della giovane donna, percorrendo poi l’intero suo corpo. Un’intensa luce si sprigionò da essa, spazzando a qualche metro di distanza i presenti. Quando il potere finì, la ragazza era ricoperta di energia Nera, e con occhi freddi come non erano mai stati, mormorò ghignando: “Inizia da ora l’Epoca delle Rose Nere…”

*

“Ferme! Io voglio aiutarvi!” urlò furiosa la vecchia correndo verso di loro. Non ebbe il tempo di raggiungerle che Kanna gettò verso di lei un fulmine nero dal potere spaventoso. “Aaarghhh!!” per un istante, gli sguardi della donna e della Strega si incrociarono. Con aria schifata, la Prima storse la bocca e mormorò soltanto:

Le Rose sono rosse… Crepa, puttana”

Con un urlo straziante, la vecchia venne gettata lontano dalle Streghe fino a precipitare dal bianco balcone, ormai sporcato dall’atmosfera di morte che aleggiava…

*

A quel punto, la folla esplose in grida di terrore, e una fuga precipitosa e confusa cominciò nel Castello. “Hao!” urlò Yoh ancora ferito, mentre la folla lo scavalcava calpestandolo e spingendolo, e l’intero palazzo cominciava a tremare. “Yoh! Dove sei?!” urlò Ren mentre teneva stretta a sé la giovane Tamao. “Dobbiamo restare uniti!”affermò Tokageroh spintonando a lato le persone che gli venivano addosso violentemente. Lui, Ren, Tamao, HoroHoro e Pilica cercavano di tenersi il più stretti possibile, per evitare di essere travolti dalla folla impazzita. “Faust! Dov’è Faust?!” esclamò HoroHoro, ma non ricevette risposta. In quel mentre si ergevano aldisopra di tutti tre figure illuminate di energia incredibilmente potente, e un’esclamazione si levò nell’aria “La nostra Guerra comincia ora. La Guerra tra le Rose e il genere umano!” a quelle parole, ogni fiore, pianta e singolo arbusto presente nel Castello prese vita, muovendosi minacciosi e inquietanti come mostri deformi, tra le urla terrorizzate delle masse. Era il caos. Le voci continuarono a parlare, ridendo “Non insultate più, ora, uomini? Non sputate, non colpite, non bruciate?! Dov’è finita tutta la vostra arroganza?! Siete solo degli esseri piccoli e inutili. Il vostro tempo è finito! Condanniamo a morte l’intera umanità!!”

*

Hao era fermo contro un muro, in un angolo, con le persone che nel panico fuggivano via passandogli davanti, urlandogli contro, camminandogli addosso; ma lui non sentiva e non vedeva nulla. Ora riusciva finalmente a vedere ciò che l’odio e la cecità degli uomini, nella loro arrogante ignoranza possono causare. Ora sentiva la paura, ora sentiva l’odore del sangue intorno a lui, ora vedeva la guerra da vicino, per la prima volta. Una lacrima gli bagnò il viso, nel pensare che tutto ciò era stato causato anche da lui, nella sua dolce e ingenua incoscenza…

“Hao!” Yoh era riuscito a trascinarsi vicino al fratello, e lo scuoteva ora con furia e disperazione. “Dobbiamo andarcene di qui, è pericoloso!” gli urlò. Il giovane si voltò verso di lui, ancora piangendo, e affranto disse “Per che cosa vale ancora la pena di lottare? Guarda che cosa ho fatto…” Yoh si morse un labbro, ma poi esclamò “Non sei stato tu a causare questo. L’amore causa solo amore, e il dolore causa sempre più dolore. Ricordi le parole di nostra madre? Te le ricordi?” Hao annuì flebilmente. “Tu sei partito nella tua impresa per amore, fratello mio. Fin dal principio, fin dall’inizio di questo tuo viaggio sei stato spinto solo e soltanto dall’ideale dell’amore. Questo già ti rende innocente!” Hao non smise un attimo di fissarlo. “Ora però devi reagire, Hao. Perché nel bene e nel male, ciò che è stato fatto o detto non può essere cambiato. Al diavolo il passato, ora dobbiamo pensare al futuro! Quello si può ancora cambiare, Hao!” A quelle parole, incredulo del suo stesso gesto, Hao riuscì a trovare dentro di sé una forza sconosciuta. La ferita faceva così male che al minimo movimento sentiva la pelle dell’avambraccio lacerarsi. Tutto il suo corpo grondava sangue. Ma nonostante questo, continuò ad alzarsi…

“Yoh! Hao! Venite, svelti!” li chiamarono Ren e gli altri, mentre i due fratelli li raggiungevano correndo senza fiato, imbucandosi poi tutti in una scalinata laterale. C’erano aghi di pino che provenivano da ogni direzione, spezzando l’aria come lame, e ferendo più volte il gruppo di sventurati. Cercarono di trovare un posto riparato, ma ovunque c’era qualche piccola pianta omicida che riusciva a ferirli in qualche modo. Videro voraci piante carnivore fare strage di uomini e donne, e mostruosità simili per tutto il Castello. Per questo si sforzavano di correre a sguardo dritto, liberando la mente da quelle immagini, o avrebbero potuto perdere il controllo.

*

“Faust, Manta e Chocolove mancano all’appello” esclamò Hao d’un tratto. “Ora dobbiamo solo pensare a uscire di qui!”gridò Tokageroh per farsi sentire.

Dopo numerose scale e lotte per liberarsi dalle piante assassine, il gruppo si ritrovò fuori dalle mura maledette, e di fronte a loro un’immensa prateria di guerra si estendeva infinita. Piante sanguinarie di ogni forma e dimensione lottavano contro uomini, donne e bambini, con un cielo ora rosso sangue a fare da sfondo. Sembrava di assistere sul serio alla fine del mondo. Sì, quella doveva essere l’Apocalisse

*

Pilica sentì d’improvviso un dolore lancinante alla schiena, come se piccoli naimaletti l’avessero morsa in massa. “Ah!! Aiuto, qualcosa mi ha colpita!”il fratello tirò fuori i lunghi artigli, e con un colpo allontanò dalla schiena ferita della sorella delle piccole piantine viola… Hao le guardò con stupore “Violette…?” le piantine che si dimenavano a terra, con dentini aguzzi che spuntavano dalla corolla ricoperti di sangue, non erano le stesse amiche con cui aveva a lungo chiacchierato tutti quei pomeriggi. Nel vederle così, pensò che tutti gli altri ‘dipendenti’ delle Streghe si sarebbero trovati nella stessa situazione in quel momento. Tutti i fiori e le piante che si era fatto amiche. Anche Manta e Chocolove, forse, in quel mentre stavano ammazzando qualcuno. In che modo nemmeno voleva pensarci. Si sentì incredibilmente male, ma non aveva più tempo per queste sue debolezze.

“Presto, andiamocene di qui!” tutti corsero dietro a un enorme masso, dove la zona sembrava più tranquilla, e si sedettero esausti ma sempre all’erta, aspettandosi un agguato da un momento all’altro. “Questo è l’inferno… Dobbiamo trovarci per forza nel mondo degli inferi!” esclamò Tokageroh fuori di sé. Il Drow lo guardò con occhi di ghiaccio “Io e mia sorella questo inferno lo viviamo da sempre… Ora capisci finalmente, Hao, il motivo del nostro odio verso quelle tre donne?”il ragazzo annuì flebilmente. Gli altri chiesero non capendo “Odio? Di che parlate?” Pilica, a sguardo basso, mormorò “Siamo gli eredi di quella dannata Elisa. Coloro che hanno dannato quelle povere ragazze secoli fa sono i nostri antenati. Noi eravamo destinati dalla nascita a vivere ogni notte le stesse pene che avevano vissuto le Tre Streghe a causa loro. Il nostro destino era quello di giungere fino al loro Castello e eliminarle. Un Drow e un’Anziana. Gli Eredi Maledetti…”Tamao osservò l’amica con le lacrime agli occhi. La abbracciò mormorando “Oh, Pilica, amica mia… Non credevo covassi dentro di te tanta sofferenza”Tutti i presenti erano ammutoliti. Il Cacciatore si apoggiò alla roccia con un’aria un po’ seccata “Di recente i colpi di scena sono un po’ troppi per i miei gusti…”

Proprio mentre pronunciava quelle parole, una mano raggrinzita ma incredibilmente forte afferrarò di colpo il collo di Yoh, quasi soffocandolo. “Yoh!” urlarono gli altri. Alle sue spalle, si ergeva Elisa, ricoperta di sangue e con numerose fratture lungo tutto il corpo, le iridi luminose come fari nella notte. La sua voce non sembrava nemmeno più quella di una vecchia. Sembrava la voce del demonio. “Non ho ancora fallito… Mi ciberò delle vostre anime e riacquisterò potere, in questo modo sarò finalmente in grado di possedere le anime di quelle Tre maledette!” Hao strinse i pugni fremente d’ira, l’avambraccio che scalpitava. “Addio, fratello di Hao Asakura…”con un ghigno, Elisa serrò la presa pronta ad uccidere il ragazzo. Spalancò la bocca che sembrò trasformarsi in due enormi fauci.

Un istante, e tutto terminò.

*

Una giovane voce tranquilla di donna, alle loro spalle, spezzò il silenzio “Questo non lo avevi predetto, brutta stronza…?”Elisa cadde a terra mollando la presa. Una chiazza di sangue si spargeva intorno a lei. Tremava e sputava sangue, mentre il suo corpo di vecchia tornava quello bello e giovane di prima. Le iridi smisero di brillare, tornando finalmente normali. “I miei occhi… Io… Non vedo…” La donna alle sue spalle disse tranquilla “I tuoi occhi sono umani, ora. Ringraziami. Ti ho reso di nuovo libera” “Tsk… Maledizione… Proprio ora che andava tutto liscio…” Dei passi si avvicinarono a lei. Passi di uomo. “Chi sei? Non riesco a vederti… Non vedo… ” Una pistola si caricò. L’uomo che la impugnava la puntò verso la nuca della Custode distesa. Una voce fredda e folle parlò sopra di lei “Non mi hai mai visto veramente. Ti ho amata. Addio”

*

Faust gettò la pistola ora non più carica. Non pianse. Si sentiva strano. Finalmente libero. In pace. Anna gli passò vicino mettendogli una mano sulla spalla. “Hai fatto la cosa giusta…”

Yoh, incredulo, mormorò “Anna… Ma cosa… Che ci fai qui?” la Sacerdotessa si avvicinò a lui, dicendo “Tze! Lo dici come se ti dispiacesse” “Affatto. Sei la cosa più bella che potesse capitarmi in questo momento” “Sdolcinato come al solito” “Ti amo” “Forse mi facevo un favore a non intervenire…”Yoh abbracciò la giovane donna con sentimento, mentre anche lei si lasciava sfuggire un sorriso rincuorato. Ma un attimo dopo si distaccò dal marito affermando più seria che mai “Ora però non c’è tempo da perdere. La situazione è precipitata, per questo sono dovuta intervenire io stessa. Voi due non avete voluto darmi ascolto, e gli effetti sono stati quelli che sono, per cui dobbiamo trovare al più presto una soluzione. Se le Streghe non verranno fermate gli effetti saranno catastrofici non solo in questo mondo ma anche in quello che c’è fuori. Sono stata nella Foresta Spinata, le Custodi sono quasi prive di coscienza, non sono riuscita a strappar loro informazioni, ma per quello che ho percepito la Foresta si sta espandendo anche nel mondo degli uomini, perciò presto sarà invaso dalle piante assassine delle tre Streghe della Rosa”

Colto da un’improvvisa ispirazione, Hao esclamò “Le Custodi non sono impazzite come le altre piante e le creature di questo luogo?” “Per quello che ne so no” Il giovane iniziò a camminare a passo spedito verso la Foresta, mentre gli altri gli urlavano “Dove vai, Hao? Cos’hai in mente?!”Lui si voltò affermando “Devo parlare con lei. Non fermatemi” “Lei?”

*

Jun era immobile, abbandonata sotto quell’albero dalle infinite spine, lo sguardo vacuo e spento. La Foresta non era ancora stata colpita dalla battaglia, ma ben presto lo sarebbe stata. Le nuvole di tempesta si stavano muovendo anche verso quel luogo.

Non badava più al dolore che provava. Non badava più a nulla. Tanto ormai era finita. A che serviva combattere? Il loro destino era stato scritto da tempo… Nessuno sarebbe venuto a slavarli… O forse… Un giovane ragazzo. Del quale ora poteva scorgere la sagoma. Un suono indistinto. Una voce…

“Jun! Ti prego, rispondimi, so che sei ancora viva!” La Custode mosse le labbra in un gemito di sopresa, ma non ne uscì alcun suono. “Jun, sono io, Hao! Rispondimi, ti prego… Sono disperato” le aveva preso la nuca scuotendola un poco. La ragazza gli afferrò di colpo il polso riuscendo a mormorare “E’ troppo tardi…” “No, non è vero! Tu di sicuro conosci un altro modo per risolvere questa orrenda situazione, deve esserci una soluzione alternativa!” La Custode lo guardò incredula e un po’ seccata “Quale soluzione? La soluzione sarebbe stata quella di dimenticare le Streghe e scomparire per sempre, giovane Hao… E’ ciò che ti abbiamo detto tutti fin dall’inizio, ma tu non avevi orecchie per ascoltarci…” Il ragazzo si morse con violenza un labbro, carico di rabbia. “Lo so! Sono stato stupido, e solo ora riconosco il mio sbaglio… Ma agli sbagli si può anche rimediare, giusto?” La donna pianta storse le labbra in un sorriso triste. “Sì… Infatti…” “E allora dimmi, cosa posso fare?!”

La ragazza lo afferrò per il colletto avvicinandolo a sé, fino a raggiungere il suo orecchio. Strinse gli occhi con le lacrime che continuavano a bagnarle le guance, e dopo qualche attimo di esitazione gli sussurrò:

Così sarà fino a che un giovane uomo penetrerà nelle loro vite con dolcezza, facendo loro scoprire il vero senso dell’amore e facendo ricordare ai loro fragili cuori come si ama. Egli sarà loro maestro premuroso… e loro allievo fedele… Colui che sarà in grado di donare al loro io la più intensa delle felicità, e che quando finalmente accetterà di amarle, potrà porre fine alle loro agonie togliendo loro la vita, utilizzando la Sacra Spada ch’egli porta dentro di sé…”

Hao non potè trattenere un gemito di puro terrore. Solo ora aveva ben chiaro cosa avrebbe dovuto fare.

“Hao… Devi ucciderle”Jun aveva preso a singhiozzare.

Uccidile…”

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Capitolo 23
*** Il Nostro Finale ***


§§**… Our Ending…**§§

§§**… Our Ending…**§§

“Uccidile”

*

Fu l’ultima cosa che potè dire la Custode. D’improvviso, un intenso fuoco color dello smeraldo le infiammò le vene ricoprendole tutto il corpo. Urlò di dolore profondo, per un istante che sembrò durare per sempre. Intorno al suo volto, tra le fiamme, la figura di un Teschio aderì al suo volto orribilmente. Fissò Hao con sguardo di puro terrore. E subito dopo, scomparve…

“Noooo!” urlò Hao cercando di trattenere a sé quel corpo che non c’era più. Credette di impazzire. Era tropppo tardi. Il Teschio di Fuoco Smeraldo aveva agito su di lei. D’improvviso, un opprimente presentimento piombò su di lui ad avvertirlo di alcune nuove presenze giunte nel luogo… Un’intensa energia giunta da chissà dove cominciò a pervaderlo. Sentì il braccio scottargli.

“Ora hai visto anche tu cosa succede ai traditori delle Streghe della Rosa… Era da tempo che non ne uccidevamo nessuno secondo questo metodo. A dir la verità, l’ultima volta che è successo è stato molti secoli fa…” Hao si voltò verso le tre figure malefiche che si stavano avvicinando a lui dall’oscurità della Foresta. Non potè fare a meno di percepire qualcosa dentro di lui, verso quelle tre donne, che assomigliava molto a una furia profonda …

“Fu quando condannammo per sempre le rose rosse… Quale agonia fu per noi… Ma d’altra parte fu inevitabile. Nonostante fossero stati da sempre i nostri fiori preferiti l’imposizione infertaci di non poterle possedere o toccare ci era diventata insostenibile. Non tardammo a provare verso quei bellissimi e letali fiori una vera e propria ripugnanza, e cominciammo ad odiarli con tutte le nostre forze. Ma tu la storia la conosci già, dico bene?”Hao si alzò in piedi di fronte alle Streghe squadrandole con gli stessi occhi con cui le aveva guardate il suo primo giorno nel Castello Invisibile. Con puro odio.

“Mpf… Cos’è quello sguardo? Tutte le belle vicende passate assieme, ora non valgono più nulla?” domandò Marion acida. Hao tacque per numerosi secondi. Aveva le braccia distese lungo i fianchi, e non spostò le iridi dalle Streghe di fronte a lui neppure per un secondo.

Kanna iniziò a ridacchiare con gusto, esclamando “Che ti prende, tesoro? Tu sei il nostro adorato maritino, ricordi? Cosa c’è che non va, ora? Cosa è cambiato? Siamo sempre noi, no? Le tre donne più mirate dell’intero universo, le fanciulle che ogni uomo sulla terra vorrebbe scoparsi!” “Devi comprenderlo, sorella, lui ha già dato” intervenne Mathild con un luccicchio maligno nelle iridi. “E adesso si è stufato di noi…” concluse Marion.

Hao aveva il volto oscurato dal buio più impenetrabile. La voce nervosa, tremante, uscì dalle sue labbra “Perché dite queste cose?”

*

“Perché?…” mormorò Kanna quasi divertita. “Perché?! ‘PERCHE’ DICIAMO QUESTE COSE’, chiede lui!” “Poverino… Non gli avremo donato false speranze?”le Tre Streghe avevano cominciato ad avanzare verso di lui, e gli giravano attorno in un circolo continuo, meccanico, le voci tentatrici.

“Cosa credevi, che la nostra fosse una allegra e spensierata storia d’amore? Come hai potuto pensare anche solo per un attimo che avremmo potuto avere il nostro bel lieto fine? Qui non siamo in una favola, Hao. Solo le belle principesse hanno il lieto fine. Le Streghe non ce l’hanno il lieto fine!” la voce delle Streghe non era più ironica e malvagia. Stava diventando quasi drammatica, spezzata.

Il ragazzo sentiva i corpi delle Streghe muoversi attorno a lui, poteva percepire il loro odore spostarsi nell’aria, quell’intenso profumo di rose e dei fiori più intensi e sconosciuti. Era rimasto lo stesso del quale erano impregnate le sue tre amate. Chiuse gli occhi nel ripensare a quando molti mesi prima, nella stessa maniera, aveva sentito quei tre bellissimi corpi volteggiare attorno a lui in una armoniosa danza fatta di musica dell’anima. Ancora quel rumore di passi leggiadri, magici, quasi inumani delle tre ballerine del Cielo. Quella musica così impeccabile… Peccato che non ne ricordasse la melodia.

“Tu sei tornato fin qui di tua spontanea volontà. Quindi ora è inutile che ci chiedi ‘perché dite queste cose’. E’ stata una tua scelta, ora accettane le conseguenze” mormorò Mathild con voce metallica e fredda, una voce che non le apparteneva. Il giovane la fissò per numerosi istanti. Dov’era finita la Mathild gioiosa, chiacchierona, un po’ invadente e irrimediabilmente curiosa di sempre? La Mathild che voleva dire la sua, la Mathild che non riusciva ad aspettare che il silenzio prendesse posto di sé. La Terza delle tre sorelle (RETIFICA dei capitoli in cui veniva chiamata ‘la Prima’ e Kanna ‘la Terza’. In realtà è il contrario, scusate x questa mia sbadataggine! ^^”), la più giovane e la più estroversa… Dov’era?

*

“Smettila di guardarci in quel modo. Non lo sopporto” sibilò Kanna digrignando i denti. Ma Hao non distolse il suo sguardo. Continuò con convinzione a fissare le tre dame, finchè Marion, con gli occhi tremanti, non fu scossa da un brivido profondo che le diede la nausea. “Smettila, piantala subito dannato ragazzino!” la Seconda tirò un possente e rapidissimo schiaffo al ragazzo, che nonostante questo non battè ciglio. La guancia gli si arrossò visibilmente, ma il suo animo era rimasto imperturbato. Ora le iridi si erano concentrate sulla figura di Marion. La sfrontata, infantile, capricciosa Marion. Colei che non amava parlare. Ripudiava la parola in quanto più bugiarda di qualsiasi silenzio. Colei che feriva e che veniva ferita. Seducente, sensuale, giovane Marion, La Seconda delle Tre Sorelle. Gli mancava quel suo sorrisino così ribelle e un po’ triste all’angolo destro del labbro. Gli mancava il suo irresistibile fascino. Gli mancava tutto di lei…

*

“Perdonami… Come vedi non sono cambiata. La solita impulsiva Marion. Colei che ferisce…” la Strega storse le labbra in un sorriso amaro. “…E che viene ferita. Non l’hai dimenticato, vero?” Hao continuò a fissarla, il volto di pietra, le iridi luccicanti.

“Ed è colpa tua se in questi mesi siamo diventate ancora più fragili di quanto già non fossimo” intervenne Kanna con la sua voce profonda e fredda.

Hao la fissò intensamente. “Sei stato il nostro angelo, il nostro figlio e il nostro mante… Ma sei stato anche la nostra maledizione”. Gli occhi di ghiaccio della Prima Sorella erano diventati più scossi che mai. Erano sopraffatti da quelli caldi e intensi del giovane.

“Sei stato la nostra rovina” aggiunse poi la più grande delle Sorelle, mentre Hao osservava con interesse e fascino come il suo volto pallido e freddo era capace di mascherare ogni sentimento al suo retro. Come quegli occhi gelidi e disarmanti riuscissero a mascherarli. Era sempre stata così, la sua Kanna. Una donna di ghiaccio. Ma al suo interno, conteneva il più dolce e sensuale dei calori. Era capace di dire tutto con pochi gesti, con figure e suoni. Non aveva bisogno delle parole. Sofferente, bellissima, incomprensibile Kanna. La più complessa delle Sorelle, colei che l’aveva ammaliato per prima.

Nel guardarla attentamente nelle iridi di cristallo, Hao si iniziò a chiedere se qualcosa delle Tre Streghe che lui aveva imparato a conoscere si celasse ancora nel profondo abisso dei cuori delle fanciulle di fronte a sé.

*

Si era talmente perso negli occhi di quelle tre belle e maledette fanciulle che aveva quasi dimenticato ciò che erano diventate ora. Doveva tornare alla realtà. L’epoca di quelle Streghe era finita. Ora c’erano le tre perfide dame di fronte a lui al loro posto… Portò la mano all’avambraccio sinistro sentendo chiaramente, sotto il tessuto della mantella, il sangue fresco che gli si era incrostato sulla superficie della pelle. La profonda ferita aveva i lembi leggermente distaccati, e pulsava da far urlare. Ma Hao rimase zitto. Sentì solo una nuova ondata di odio sopraffarlo.

Quelle tre maledette avevano ucciso le sue amate streghe. Erano loro che le avevano uccise. La loro maledizione l’aveva fatto. Era colpa loro se non aveva potuto rimanere con quelle tre fanciulle per lui così preziose e insieme essere felici, per sempre.

Era colpa loro. E desiderava solo ucciderle…

*

Non poterono seguire Hao dentro la Foresta, perché gli enormi tronchi spinati che ne facevano parte tagliarono loro la strada nonappena il ragazzo fu passato precedendoli. Fu inutile provare con controincantesimi o colpi speciali. Il passaggio era bloccato.

“Maledizione, e ora che facciamo?” esclamò Lyserg ( ke NON era sparito! Scusate, è stata una dimenticanza mia! ^^”””””” che testa….. comunque grazie mille a MaoChan ke me l’ha fatto notare!!!! Ma si può essere + scemi? >.> perdonatemi, in questi giorni avevo gli esami e ho scritto i capitoli un po’ di fretta e con un raffreddore pazzesco, quindi in pratica una mezza rincoglionita! XP ma torniamo a noi…), mentre le fiamme della battaglia avanzavano anche verso di loro. Presto sarebbe stato inevitabile per tutti combattere nella Guerra delle Rose. Nessuno sarebbe stato risparmiato.

Anna scrutò con le iridi di ghiaccio la Foresta e la sua impenetrabile oscurità, percependo in lontananza un’energia incredibilmente potente provenire da chissà dove. Un’energia che non aveva mai percepito prima. Le dette i brividi. Forse stava già per avvenire…

“Non ci resta nulla da fare se non combattere e sopravvivere fino alla fine…” mormorò tranquillamente la Sacerdotessa per lo stupore generale tra i presenti.

“Ma… Anna, noi… Siamo ancora incredibilmente provati dalla Battaglia contro le Custodi, e tutta questa situazione delle Streghe, Hao, insomma, non ha migliorato granchè la nostra situazione, e poi…” ma le parole di Tokageroh furono interrotte dalla voce pacata e decisa di Anna, che si schierò di fronte ai suoi compagni iniziando a parlare con incredibile serietà.

“Ascoltatemi bene… Questa non è più la semplice scampagnata per la liberazione delle Streghe. Tutta questa faccenda è diventata più grande di noi. Ci troviamo nel bel mezzo di una guerra, e, è inutile che lo neghi, ci saranno dei morti. Numerosi, a decine, forse centinaia” Tamao non potè trattenere un lieve gemito di paura, e strinse a sé la mano del Cacciatore a fianco a sé, sentendo di tremare.

“Sarà dura. Sarà una lotta per la sopravvivenza. Tutte queste creature, questi mostri deformi che ci circondano, non esiteranno a farci a pezzi se ci troveranno sulla loro strada. Sono più numerosi, è evidentie ma insieme noi possediamo molto più potere. L’unica cosa a cui dobbiamo pensare, è rimanere uniti e resistere fino alla vittoria di Hao”

“Cosa vuol dire ‘la vittoria di Hao’? “domandò stranito Faust, mentre Anna sussultò appena. “Lui… Lui sta affrontando una dura lotta in questo momento. Una lotta che non sarà affatto facile da vincere per lui… “

“Contro le Tre Streghe? Lui da solo?!”disse preoccupato Lyserg, con lo sguardo che tremava lievemente. Anna lo osservò sentendo una profonda tristezza sopraffarla.

“No, Lyserg… Non è contro le Tre Streghe che Hao sta combattendo, ora…”

Quelle ambigue e oscure parole furono seguite da un disarmante silenzio, che nessuno osò spezzare finchè una gigantesca esplosione in lontananza non attirò l’attenzione di tutti. Il terreno tremò violentemente, alcuni pezzi di terreno si staccarono addirittura volando in aria. L’intero gruppo si ritrovò a terra, mentre un ruggito feroce e orribile riempiva l’aria. Gli sguardi di tutti si voltarono in direzione del Castello, che era ormai per gran parte crollato. Dal suo centro, un’enorme bestia si ergeva minacciosa e grondante di sangue. Tutti furono percossi da brividi gelidi.

“Ehi, io lo conosco quel mostro” esclamò Ren dopo uno sguardo più attento alla creatura che si accingeva a provocare una strage tra gli esseri umani più vicini ad essa.

“Sì, hai ragione Ren… Si tratta della Bestia Guardiana delle Rose”intervenne HoroHoro fissando inorridito quel mostro.

“Ci ucciderà tutti! Ci ammazzerà!” urlò terrorizzata Tamao, mentre Pilica la stringeva a sé tentando di tranquillizzarla. Anna intervenne brusca “Non possiamo più starcene qui a guardare. Una cosa possiamo ancora farla: evitare che queste orrende creature giungano anche sulla Terra! Andiamo, e combattiamo. Facciamolo per il mondo che adoriamo, facciamolo per le Streghe, facciamolo per Hao!”Tutti la fissarono mutando completamente espressione.

Yoh annuì deciso. Qualcosa cambiò nel suo sguardo. Concentrò le energie nella sua mano. Il Drow tirò fuori i lunghi artigli neri; l’Anziana fece comparire il lungo bastone da combattente; il Cacciatore armò la balaustra; L’Oste caricò la pistola; il rettile sguainò delle lunghe spade che portava con sé; Tamao strinse i pugni con sguardo deciso e ormai privo d’ogni paura; Lyserg fece apparire la sua arma segreta e si schierò a fianco agli altri.

Anna creò nel palmo della sua mano una fiamma d’energia. Si voltarono in gruppo verso la battaglia di fuoco e terra che stava aspettando ormai soltanto loro. Erano pronti a combattere. Lo avrebbero fatto fino alla fine.

.

“…Per Hao…”

.

*

La forte scossa provocata dall’attacco della Bestia Guardiana si fece sentire anche nella Foresta Spinata. Hao aveva barcollato sorpreso.

“Ahahah! Sì! Finalmente anche il nostro bell’animaletto domestico ha fatto la sua entrata nella battaglia! Quanto piacere… Quanta gioia!” Mathild era fuori di sé dalla felicità.

“La nostra Guerra continuerà in eterno, e investirà anche il mondo degli uomini. Li stermineremo tutti, dal primo all’ultimo. Così da ricominciare un nuovo mondo, nel quale saranno le piante a dominare, e non più avidi uomini dal solo desiderio di conquistare e distruggere ogni cosa che Madre Natura gli ha donato”continuò Kanna con una strana luminosità nelle iridi.

“E così… Siete contente di ciò che state per fare…” mormorò Hao sibilante. Il dolore accresceva man mano con la sua furia.

“Dov’è finita tutta la vostra devozione verso il mondo che vi circonda? Il vostro amore, la vostra purezza, i sorrisi che desideravate donare a tutti, se questi fossero serviti a renderli più felici? Dove sono finiti?” le dame rimasero zitte, e per la prima volta immobili. Lo osservarono con delle espressioni totalmente indecifrabili in volto. L’avambraccio di Hao chiedeva ormai pietà. Ma c’era qualcosa che lo bloccava, tremendamente.

*

“E’ così che finisce la storia delle Tre Streghe della Rosa? Con la distruzione del mondo che loro stesse avevano amato? Con sangue e morte e violenza causate dalla loro stessa volontà? E’ così che va a finire?”

*

.

Quale sarà il vostro finale?

.

A quel punto, il labbro di Kanna si incurvò lievemente. Sembrava un ghigno divertito. E presto quel ghigno si trasformò in una risata maligna da parte di tutte e tre le Sorelle della Rosa. Il giovane sentì le vene raggelarsi nell’udire quell’orribile suono. Non assomigliava nemmeno lontanamente alla risata innocente e benevola delle Streghe del passato…

“Ogni attimo che passa diventi sempre più divertente, Hao!! E secondo te come sarebbe potuta andare a finire altrimenti?! Ancora speravi in un lieto fine? Sei così maledettamente ottimista? Andiamo, Hao! Hai provato sulla tua stessa pelle che la speranza accompagna i cuori dei deboli! E’ per quelli come te che non ci sarà mai futuro! E’ per quelli come te che non ci sarà mai la felicità! Tu, che nella tua vita non sei mai riuscito a combinare nulla di buono! Ma guardati, Hao! Finora hai vissuto sempre la tua vita attraverso un vetro, non hai concluso nulla dei tuoi più aspirati desideri. Hai perso i genitori, hai perso i tuoi amici, hai perso le persone che amavi, e ora stai per perdere anche te stesso! E perché questo? Perché hai sempre continuato a credere in quella odiosa, stupida, insensata speranza! Non ti ha portato a nulla! A niente!”

Quella voce che ora somigliava tanto all’urlo del diavolo fece ribollire il sangue nelle vene di Hao. D’improvviso, sentiva che non poteva aspettare oltre. Nutriva il profondo desiderio di ferirle, di farle urlare, di vederle implorare. La sua anima era diventata cieca a qualsiasi altro richiamo.

E la risata crudele di quei demoni degli inferi continuò “Forse le tue amate Streghe senza il tuo ritorno si sarebbero riuscite a salvare, chissà… Ma nessuno può dirlo, ormai: sono morte! Morte per sempre, e mai più potranno tornare! Ed era ora, direi io. Non c’era più posto per loro, in questo mondo crudele e segnato dalla violenza. Hanno fatto un favore a tutti crepando. Finalmente quelle puttanelle ci hanno lasciato campo libero!”

Hao non ci vide più.

*

“Chiudete… quelle… boccacce…” il suo corpo si iluminò di pura energia. Il terreno attorno a loro tremò. Un’energia che nemmeno lui conosceva e credeva di possedere si sprigionò dal suo giovane cuore infuriato.

Le Streghe non sembrarono minimamente impressionate. Anzi, hao potè intravedere che i loro sorrisi si erano espansi ancora di più…

*

“Lo avete sentito anche voi?!” esclamò terrorizzato il Cacciatore dopo aver eliminato un mostro pianta dalle foglie tramutate in lame. Le pupille di Anna si erano ridotte a dei puntini semi invisibili. “Sta accadendo… Lui, sta trovando la forza…” Yoh colpì una pianta che la stava per colpire, distruggendola in aria. “Quale forza? Di che parli, Anna?” domandò ansioso nel vederla come in trans, ipnotizzata.

Vuole uscire…

mormorò lasciando confuso il marito, che l’osservava interrogativo. Poi lo sguardo della Sacerdotessa fu velato da un sottile senso di turbamento.

Ma qualcosa glielo impedisce…

*

“Oh, molto impressionante…” mormorò divertita Marion nell’osservare l’energia sprigionata da Hao. “Avanti, grande guerriero, colpiscici. Uccidici con la Sacra Spada che porti dentro di te… Ammazzaci, avanti!” Kanna intervenne sbeffeggiandolo “O forse non hai abbastanza fegato per farlo?”

“Taci. Morirete tutte, e non vi accorgerete nemmeno di come sia successo” “Fa pure il gradasso, ora! Beh, avanti, e dimostracelo. Vogliamo fatti, non parole” “Andate all’inferno!!”

Con una velocità pari a quella della luce, il giovane balzò verso le dame pronto a brandire la spada. L’avrebbe estratta dall’avambraccio come era stato predetto… Avrebbe ucciso le Tre Streghe.

Alla fin fine, la profezia aveva avuto ragione su tutto.

Ma la Spada non comparì.

“…Cos…?” Hao sentì piombargli in viso il colpo più potente che avesse mai ricevuto. Si ritrovò, nel giro di pochi attimi, a grande distanza dalle tre Streghe, che poi in un lampo si avvicinarono di nuovo al suo corpo sovrastandolo.

“Bella prova, complimenti, Hao. Ora però tocca a noi divertirci, ok?” Un altro pugno. Faceva male. Malissimo. Numerosi colpi furono scagliati sul corpo inerme del giovane, che non era in grado di rispondere alla sbalorditiva velocità di quelle tre ragazze malefiche.

Ma perché non era riuscito a farlo? Che cosa era andato storto? Avrebbe avuto la possibilità di riparare ad ogni suo errore, e invece… Forse avevano ragione le Streghe. Non era stato capace in niente…

“Piccolo, stupido Hao… Alla fin fine con te ci siamo anche divertite, lo sai?” Marion l’aveva preso per il colletto sollevandolo da terra. Gli sganciò un sinistro così potente da spedirlo contro un tronco. Le spine gli ferirono quasi mortalmente la schiena. Urlò di dolore. E non proveniva solo dal punto colpito, ma anche dall’avambraccio. Sentiva che qualcosa voleva chiaramente uscire all’esterno, ma una barriera invisibile glielo impediva… Ma cosa?

“Ma sì, in fin dei conti sei stato un piacevole passatempo. Hai avuto a tuo favore che sei un ragazzo incredibilmente carino” le Streghe avanzarono verso il suo corpo esausto, abbandonato ai piedi di quel tronco mortale. Si rialzò a fatica, tremante. Kanna lo afferrò per i capelli e con un violento colpo lo spedì a terra. Un rivolo di sangue cominciò a scorrere sulla fronte del giovane. Gli investì gli occhi. Digrignò i denti per trattenere i gemiti di dolore. Perlomeno, non voleva dar loro questa soddisfazione.

“Oh, Hao… Scusaci se ora ci comportiamo così… Siamo delle cattive bambine…” disse ironica e malefica Marion, con ua voce falsamente discpiaciuta. Tutte e tre le sorelle iniziarono a ridacchiare. Hao sentì una nuova vampata di odio nei confronti delle Streghe. E quel potente sentimento gli dette la forza di rialzarsi. “Tacete, Streghe… Non voglio sentire la vostra risata oltre” Le Sorelle lo squadrarono ghignando. “Sennò che fai, bellimbusto?” Marion si avvicinò a lui con movenze sensuali, afferrandolo per il mento con una stretta d’acciaio. Il giovane si divincolò furiosamente, ma la Strega gli impedì qualsiasi forma di resistenza. “Hao… La tua anima… Ha un odore meraviglioso”mormorò, e con la punta della lingua andò a delineare la forma delle labbra del ragazzo, il quale con aria disgustata la respinse con un violento pugno allo stomaco. Marion ridacchiò ancora di più proteggendosi con le mani il punto colpito.

“Uuh… Che ti prende, tesoro, qualche mese fa questo ti avrebbe fatto impazzire” Hao si scagliò verso di lei con furia, urlando “TU NON SEI LA RAGAZZA DI QUALCHE MESE FA, MALEDETTA!” ma le altre due sorelle lo frenarono dalle spalle, spingendolo nuovamente contro il tronco spinato dell’albero vicino a loro. Questa volta il ragazzo rinunciò a trattenere un urlo di dolore. Era troppo per lui. Quel lungo e sofferto grido scatenò l’ilarità delle donne di fronte a lui. Non resisteva più. Se non fossero morte al più presto le Streghe, il suo destino sarebbe stato segnato…

Ma perché? Perché quella maledetta arma non riusciva a comparire? Si sarebbe potuto risolvere tutto in pochi attimi, e invece… Ecco com’era andata a finire…

*

“Arrenditi a noi, Hao. Sai bene anche tu che non riuscirai mai a farci del male” disse improvvisamente seria la maggiore delle tre sorelle. Hao la fissò col respiro affannoso, la schiena sanguinante e il braccio ormai quasi insensibile.

“Non puoi ucciderci. Lo sappiamo che non lo farai” intervenne Marion. Il giovane sentì il labbro tremargli violentemente. Avevano ragione. Ma non riusciva a capire perché. Forse… Avrebbe dovuto arrndersi sul serio.

In fin dei conti, cosa aveva da perdere? Yoh e gli altri se la sarebbero cavata, avrebbero di sicuro risolto la situazione anche meglio di lui, come al solito… Magari, con la sua morte, la situazione sarebbe anche migliorata. Perché fino ad allora, lui, come eroe, non aveva combinato granchè. Ma sì, sarebbe stato dolce. Breve, liberatorio, infinito attimo.

Dopo tutto quel dolore, fisico e psicologico, la morte gli sarebbe parsa come un tenero abbraccio, un’esplosione di gioia, un pretesto per riposare in eterno e in pace…

Chiuse gli occhi, ogni attimo della sua vita parve riaffiorargli dalla memoria. La risata diabolica delle Streghe che prima gli perforava il cervello ora occupava solo il sottofondo dei suoi pensieri… Il rumore della battaglia, le urla della sofferenza, le immagini delle deformi piante che facevano strage di uomini, donne e bambini: tutto scomparve.

Solo una serie di ricordi fulminei, poche immagini mescolate che forse in un primo momento avrebbero potuto essere considerate senza senso. O forse semplicemente non avevano bisogno di un senso. Erano la sua vita. Nel bene e nel male, erano ciò che era stato. I suoi quadri, la sua famiglia, il suo villaggio, le sue esperienze… Il Castello, i suoi amici fiori, Manta e Chocolove, le Stanze Proibite, i segreti e le insidie… Quei tre volti così neutri, pacati, tranquilli, in mezzo a tutto, splendevano in maniera particolare. I volti di coloro che l’avevano salvato dalla disperazione più profonda della sua anima. Le prime persone che gli avessero dimostrato l’amore vero per ciò che è. In ogni piccolo gesto, loro lo avevano amato davvero.

Un altro lampo di memoria gli impedì di respirare.

Una madre, con due figli vicino a sé. Il suo sguardo tranquillo, sereno, imperturbato. Le sue parole, così semplici ma al contempo così ricche di significato… “Amare qualcuno è segno di grande potenza interiore, figli miei… Sembra una sciocchezza, ma mai nessuna arma sarà più potente dell’amore di una persona. Chiunque vive di solo odio verso gli altri, di odio si ricoprirà lui stesso… Ricordàtelo sempre…” “Sì, madre…” rispondevano in coro i due bimbi.

E in fondo, era ciò che aveva provato anche lui sulla sua stessa pelle.

L’amore…

L’amore che ti disarma, l’amore che ti rende pazzo, l’amore che ti fa soffrire, l’amore che ti riempie di gioia; l’amore che ti dà forza, l’amore che ti schiavizza, l’amore che ti schiaccia, l’amore che ti consola, l’amore che non ascolta nessuno, perché ha le sue regole e le segue. L’amore che non pensa, l’amore che viene così, spontaneo, senza che tu lo decida. L’amore timido, l’amore passionale, l’amore che non sarà mai colpevole o sbagliato, perché l’amore, per come uno possa interpretarlo, è sempre amore.

L’amore che ti dà vita, l’amore che dà un senso ai tuoi gesti e alle tue parole; l’amore che ti uccide…

Per tutto il tempo in cui era stato al loro fianco, le Streghe avevano dimostrato nei suoi confronti ciò che era l’amore nella sua forma più vera. Le Streghe erano le prime persone che lo avevano fatto sentire davvero felice.

…Ed erano le persone che più aveva odiato in tutta la sua vita…

*

Finalente, capì.

Capì perché non era riuscito a ucciderle. Capì perché la Spada non aveva potuto agire su di esse. Capì qual’era la barriera che la bloccava. Le parole sussurrate da Jun poco prima che morisse, gli risuonarono in mente:

Così sarà fino a che un giovane uomo penetrerà nelle loro vite con dolcezza, facendo loro scoprire il vero senso dell’amore e facendo ricordare ai loro fragili cuori come si ama. Egli sarà loro maestro premuroso… e loro allievo fedele… Colui che sarà in grado di donare al loro io la più intensa delle felicità, e che quando finalmente accetterà di amarle, potrà porre fine alle loro agonie togliendo loro la vita, utilizzando la Sacra Spada ch’egli porta dentro di sé…”

Era così, come pensava lui, allora…

Che stupido era stato. Per un attimo aveva scordato le preziose parole di sua madre. I suoi insegnamenti… ciò che gli aveva donato prima della morte, stava per buttarlo al vento senza possibilità di rimediare. Non era quella la via. C’è un sentimento più forte dell’odio. Che al suo confronto è invincibile…

*

Sentì di sorridere.

L’ambiente intorno a lui e alle tre Streghe era cambiato. Non era più la solita buia, cupa, nera foresta. Si stava illuminando di un’energia alla quale mai alcun essere al mondo aveva assistito.

“Ma… che diavolo succede?!” esclamarono le Streghe inorridite da tale potere.

Tutti nella Valle, in quell’esatto istante, poterono percepire l’intenso potere che era nato dall’animo di Hao. Una luce capace di abbagliare si sprigionò…

*

Ora, ne era davvero sicuro. Se prima forse non ne era pienamente convinto, o se il suo animo non era disposto ad accettarlo, in quel momento la situazione era completamente cambiata. Forse lo aveva sempre saputo, ma non aveva la forza di sopportarne il peso. Perché amare qualcuno comporta anche una grande responsabilità. La persona che ami per te diventa tutto, diventa parte della tua anima e indissolubilmente vieni legata ad essa. E allora saresti disposto a qualsiasi sacrificio per lei.

Rinunceresti a tutto per lei, venderesti l’anima per lei, ammazzeresti per lei e andresti incontro alla morte ridendo di gioia per lei. Perché amore è condividere con qualcuno un destino, è inraprendere un cammino privi di paura perché, finalmente, non si è più soli.

Questo è l’amore. E corrispondeva in pieno a ciò che provava ora Hao verso quelle tre fanciulle che lo avevano stregato…

Il silenzio regnava nel luogo di luce che si era creato. Il tempo si fermò. Un solo piccolo, intenso, sicuro mormorio spezzò quel silenzio raggelante. Una voce finalmente serena, sicura, calda e profonda…

.

.

.

“Streghe della Rosa…

………………………………………… Io vi amo……………………………….. “

.

.

.

*

E allora, allora lo sentì.

L’urlo di orrore delle Streghe di fronte a sé, che gridando con voci inumane e incontrollate andavano via via a sgretolarsi nel vento, diventando nell’aria un’unica forma, un’unica anima. Una persona di fronte ad Hao si ergeva, ora, a scrutarlo con occhi celesti e cristallini, dallo sguardo sereno. Un volto pallido e candido, incorniciato da una lunga chioma liscia di crini castano dorati. Era un colore indefinibile, ma splendido. Il corpo esile e aggraziato, un corpo umile velato da un abito bianco e lucente, abbagliante sotto i riflessi di luce che regnavano nel luogo in cui si trovavano ora quella creatura ed Hao.

Il ragazzo la fissò incantato. Era la creatura più bella che avesse mai visto. Una voce più dolce di qualsiasi altra fosse mai stata udita da orecchio umano parlò.

“Hao… Non ci riconosci?”

Il giovane era rimasto ammutolito nell’osservare la perfetta figura di quell’angelo in terra. La voce che ne uscì lo riportò alla lucidità. Osservò bene i tratti di quella donna, il colore dei suoi occhi, le movenze…

“St-streghe della Rosa?”mormorò confuso, ammaliato, ipnotizzato… La donna ridacchiò piacevolmente. Quel suono era completamente diverso da quello emesso dalle Streghe di poco prima. “Sì, Hao. Siamo proprio noi. Non hai idea di quale gioia si sia impadronita delle nostre anime quando hai pronunciato quelle parole…” sorrise la giovane donna verso il ragazzo, che alzandosi piano in piedi aveva cominciato lentamente ad avanzare verso quella figura. “Ma… Questo corpo… A chi appartiene?”

La donna sorrise ancora. Disse con semplicità “…A nostra madre…”Hao rimase fermo per un attimo. Ancora non si capacitava bene di tutta quella situazione. Erano forse morti? Si trovava in Paradiso? E a quel punto? Che si doveva fare? Come se la donna fosse riuscita a legergli nel pensiero, mormorò un po’ triste “Beh, è giunto il momento di completare l’ordine della profezia…” Hao venne colto da numerosi brividi di terrore. “No, no, no, non posso farlo! Non ora che ho finalmente capito! Non ora che vi ho ritrovate!! Non ora, non sono pronto per farlo!” La giovane gli si avvicinò accarezzando con dolcezza il suo viso provato dalle numerose battaglie. “Tu sei pronto, per questo. Perché hai finalmente trovato in te la vera forza che ti ha fatto giungere fino a qui. Ogni cosa accade per una ragione, Hao… Era destino che andasse a finire così, è il nostro finale…” sorrise, ma gli occhi erano enormemente arrossati. Hao si trovava nella stessa situazione. “Perché?… Non voglio… Non sarò riuscito in nulla se lo faccio…” lacrime sincere gli solcarono il volto, fuoriuscendo senza vergogna.

“Non sono riuscito a dimostrare al mondo la vostra vera e pura essenza, non sono riuscito a salvare i miei amici dalla battaglia, non sono riuscito a liberarvi e a salvarvi dal vostro destino… Non sono riuscito in niente!!” l’urlo del ragazzo era diventato furioso. La donna gli afferò il volto costringendolo a guardarlo. “Non essere stupido, Hao! Tu non ti rendi nemmeno conto di quanto sei riuscito a fare!”

Il giovane rimase sorpreso da quella affermazione. “Tu ci hai insegnato finalmente ad amare, Hao. Senza di te, le nostre anime avrebbero continuato ad autodistruggersi in eterno fino a scomparire senza aver guadagnato nulla, saremmo morte sole e senza speranza. Tu ci hai liberate, Hao… Nel momento in cui eravamo convinte che il mondo ci amasse, finalmente, le nostre anime sono diventate mortali” Hao sbarrò gli occhi cominciando a comprendere. “Capisci cosa vuol dire per noi?! Ci hai rese di nuovo umane, Hao! Il nostro oblìo è terminato, in questo modo. Per questo motivo le frecce sono riuscite ad ucciderci… Ti benediciamo per questo” Hao non sapeva più che cosa dire. Era ammutolito un po’ dalla sorpresa, un po’ dalla felicità verso le parole della donna, un po’ dalla paura verso ciò che stava per fare…

“E ora, se dovremo andare a morire, lo faremo senza rimpianti. Perché della nostra esistenza, finalmente, abbiamo fatto qualcosa. Tu, Hao, ci hai saputo dare libertà, la felicità, l’amore di un ragazzo forte nell’animo. Questo non vale niente? Non è un merito, forse, questo?!” Seguì qualche attimo di silenzio, finchè il dolore all’avambraccio non si fece nuovamente sentire. Hao lo guardò terrorizzato. Poi lo sguardo passò alla fanciulla. “Coraggio, Hao. Fallo… Ti preghiamo in ginocchio di ucciderci” il giovane sentì che non poteva più aspettare. Continuando a piangere silenziosamente, posò la mano sulla profonda ferita che gli solcava l’avambraccio… Sentì una forza più scottante del fuoco pervaderlo. Una luce intensa, bruciante, venne scaturita dalla fessura aperta della pelle del ragazzo. Hao dette un utlimo sguardo alla donna, e poi, senza più alcuna esitazione, afferrò un argentato manico estraendolo lentamente e inesorabilmente.

Faceva male. Cavoli se faceva male. Non era capace di immaginare un dolore più grande di questo. Urlò mentre estraeva quell’arma luminosa e splendida dalla sua stessa carne. Urlò quando la sguainò facendola riflettere della luce che li circondava.

Poi il dolore finì. Hao osservò la Sacra Spada con fascino misto al terrore. Guardò fisso negli occhi la donna di fronte a sé. Stava piangendo. Piangendo di gioia. “Sì… Finalmente… E’ bellissima, non trovi?” mormorò ammirata e incantata da quell’arma così meravigliosa e letale. Hao la osservò e mormorò con rabbia “No… E’ orribile… “ le sue lacrime erano cessate. Strinse a sé la donna con quanta forza aveva, ed ella ricambiò l’abbraccio con intensità.

Poi, senza allontanare il suo corpo da quello della ragazza, la osservò in viso, quel viso così vicino al proprio. I loro occhi erano persi ognuno nell’abisso dell’altro…

“Vi amo…”

“Anche noi ti amiamo, Hao…”

E dopo tutto quel tempo, le loro labbra si unirono in un bacio che segnava la fine della loro storia. Il loro finale…

Hao chiuse gli occhi, pregando che quel contatto non finisse mai… Mise una mano sulla nuca della splendida donna, e percepì che stava mutando forma. In un momento era tornata la gioiosa Mathild, sentì di nuovo il suo intenso animo allegro attraverso la pelle; in un altro la fragile Marion, riconobbe il tocco gentile e sensuale della sua piccola lingua; infine la misteriosa Kanna, potè sentire la sua anima sofferente dentro quel corpo pieno di felicità. Le sue Streghe. Il loro splendido odore. Le ebbe con sé un’ultima, meravigliosa volta. Poi, senza voler fermare quel magico momento d’amore, usò la Spada per trafiggere il petto della fanciulla di fronte a sé.

Un cerchio di energia li circondò. Dopo pochi istanti, le labbra si divisero e i due si scambiarono un ultimo, intenso sguardo.

.

Addio…”

.

Ora Hao avrebbe desiderato piangere ancora. Ma non lo fece. Stava accadendo. Il corpo stava scomparendo lentamente, come era accaduto poco prima. Si sgretolarono al vento come porcellana spezzata. Meravigliosi angeli che perdono le ali. Ma poco prima che sparissero per sempre, un’ultima amara lacrima solcò il loro viso.

“Abbiamo solo un rimpianto…

“…….. Perdonaci di essere state troppo vigliacche per rivelarti un’ultima orrenda verità di persona… Non ne abbiamo avuto la forza… Qualcun altro lo farà per noi…”

.

“…perdonaci…

.

Hao impallidì.

Ma non potè concentrarsi su quell’immenso stupore, perché l’intensa luce si era espansa come un’enorme esplosione intorno a lui. D’improvviso si trovò investito come da una scarica intensa di energia distruttiva. Venne spazzato via.

“Che succede?!” urlarono i compagni di Hao nel vedere un’intensa luce circondarli, circondare l’intero paesaggio intorno a loro. Le piante fermarono sbigottite in ugual maniera la loro sanguinosa lotta. Hao si ritrovò a fianco a loro, stremato.

“Hao!” tutti corsero verso di lui, ma in quel momento ogni cosa nell’intorno stava cambiando. Le piante, le creature, ogni singolo essere che aveva abitato il Castello divenne intensa energia. Aprendo di poco le palpebre, Hao potè vedere di fronte a sé tutti coloro che aveva conosciuto, e lo stavano osservando con volti di pietra. Manta, Chocolove, le Violette, la Campanula, Jun, le Custodi, ogni singolo fiore o pianta, e infine le Tre fanciulle che amava. Lo guardavano tutti, con quello sguardo così inquietantemente freddo. O forse, no… Forse era semplicemente colmo di tristezza…

Erano tutti lì, luminosi come anime, e parevano angeli nell’immensità del vento. E così, come erano comparsi nella sua vita, in un soffio d’aria, come fine sabbia, scomparvero…

*

Quando si risvegliarono erano tutti sulla stradina deserta che portava all’entrata della Foresta Spinata. Non c’era traccia però delle persone che li avevano accompagnati nel viaggio. Si guardarono con estremo stupore. Un silenzio quasi irreale regnava.

Hao non aveva più voce né fiato per parlare. Aveva le iridi fisse di fronte a sé, immobili, come perse in un sogno. La sua mente aveva impressa una sola frase, quella pronunciata dalle Streghe prima di morire.

Un’ultima, orrenda verità…

Cos’altro c’era, ancora, che non sapeva? D’improvviso, si sentì incredibilmente male. Male nel ripensare a questa loro affermazione, male nello sguardo di pietra degli abitanti del Castello. Male perché ora che le Streghe non c’erano più, sentiva un opprimente vuoto nella sua anima. Non era come il gelido coma dei mesi precedenti. Allora anche se gli spiriti delle fanciulle erano deboli e dormienti, udiva il loro mormorìo nel profondo di sé stesso. E sapeva che c’erano. Ora, se si concentrava per percepire la voce della loro anima, non sentiva niente. E questo lo faceva soffrire. Voleva gridare e piangere. Gli altri stavano esultando per la loro vittoria, ma lui no. Lui non stava affatto bene. Desiderava solo morire…

.

“Sììì!!! E’ finita!!” Pilica era balzata tra le braccia del fratello urlando di gioia, Tamao e Ren si abbracciarono con passione, Tokageroh ballava di felicità con Yoh e Lyserg, mentre Faust osservava la scena con un sorrisino sereno in volto.

Solo una persona, oltre ad Hao, non esultava né sorrideva. Anna. Si avvicinò al giovane ancora in ginocchio, con le mani alla fronte, che sentiva dentro di sé di stare sempre più male. La Sacerdotessa posò una mano sulla sua spalla. “Hao… “ il ragazzo la osservò con occhi rossi e folli. Era esausto e turbato. Non aveva affatto una bella cera. Nello sguardo di Anna si poteva leggere una profonda tristezza. Nei suoi occhi, un dolore nascosto parve fare breccia. Presto gli altri si accorsero della loro situazione, e Yoh chiese un po’ incerto “Ehm… Anna… Hao… Va… Va tutto bene?”

Hao osservò il fratello che notò in lui lo sguardo colmo di disperazione, e sentì il cuore piangergli a tale visione. “Oh… fratello, scusaci. Noi… Non volevamo sembrare contenti della morte dlle Streghe, siamo solo felici che questa brutta avventura sia finita…” Hao scosse la testa. “Non è per questo che sto male, Yoh. Non preoccuparti…” la Sacerdotessa lanciò uno sguardo molto eloquente al marito, il quale capì subito che c’era qualcosa che non andava.

“Ma… Per caso è successo qualcosa che noi non sappiamo?” domandò timidamente Tamao. Hao osservò intensamente Anna, quasi sibilando “Diccelo tu, Anna…”

*

Il silenzio piombò. La Sacerdotessa rimase immobile con le braccia distese lungo i fianchi, in silenzio assoluto. Gli occhi di ghiaccio puntati su quelli del giovane che le aveva parlato. Yoh guardò interrogativo prima Hao e poi Anna, ad alternanza. Lo smarrimento si stava espandendo un po’ tra tutti i presenti. “Che significa?” chiese Yoh sempre più esasperato da quel silenzio assordante. Hao riprese a parlare ad Anna, come se tutto il resto non esistesse “Avanti, Anna, lo so che c’è ancora qualcosa che non mi è stato detto… Tu avevi già predetto tutto questo, tu sai quale sarà la mia fine…” Anna aveva gli occhi fissi nel vuoto di fronte a sé, e non osava aprir bocca. Ora gli occhi di tutti erano fissi su di lei. “Parla, Sacerdotessa… Dimmi quest’ultima verità…”

Dopo altri estenuanti secondi di assoluto silenzio, la giovane parlò con il suo solito tono di voce tranquillo e pacato. “Io ti avevo avvertito di non tornare… Ma tu non hai voluto darmi ascolto… Non nego che se avessi rinunciato al tuo viaggio le Streghe sarebbero morte sole e non più libere come è potuto accadere adesso, ma perlomeno la profezia non si sarebbe compiuta…” Vedendo che tutti continuavano ad essere confusi, Anna continuò, dopo un lungo sospiro nervoso. “I casi erano due… La morte solo delle Streghe in amara solitudine e la salvezza di Hao… O la morte delle Streghe con la liberazione delle loro anime………….. e………….e…” La sua voce si spezzò, chiuse gli occhi per trattenere un gemito di paura nella frase che stava per pronunciare.

.

… e la morte di Hao…………………………

.

Il silenzio divenne davvero tombale. I respiri si erano fermati. Anna non osò alzare lo sguardo verso il marito, immobile e incapace di emettere qualsiasi suono.

“… Una volta estratta la Spada dall’interno del tuo corpo, Hao, questo non tarda ad autodeteriorarsi… Sarà questione… di settimane, forse mesi…”

I sentimenti che affollavano la mente di Hao, in quel momento, erano indecifrabili. Forse, molto semplicemente, le sue orecchie dovevano ancora abituarsi all’amaro sapore della verità celato in tali parole. Un urlo si levò in aria. Era di Yoh.

Il ragazzo si era messo le mani nei capelli, e disperato imprecava al cielo. Tutti avevano preso un’espressione drammatica in viso. Anna chiuse gli occhi solenni, mentre un’amara lacrima le solcava il volto.

“Mi dispiace di essere stata io la portatrice di questa notizia… Mi dispiace Yoh…”

Ma il marito non era in grado di ascoltarla, in quel momento.

Tutto si era fermato. A nessuno sembrava vero ciò che era stato appena rivelato. Credettero di svegliarsi da un momento all’altro da un brutto sogno, o cose simili. Ognuno osservò per un po’ Hao, per capire come avesse preso la cosa. Certo il suo comportamento era strano. Il suo volto era immboile, vuoto, neutro al punto più totale. Non sembrava nemmeno essersi reso conto di ciò che gli era stato detto. Poi, mentre tutti avevano distolto lo sguardo lasciando al ragazzo il tempo di digerire la cosa, quest’ultimo si alzò lasciando immobili tutti. Tutti tranne Yoh, che con furia si scagliò contro di lui afferrandolo per il colletto.

“Maledetto, perché?? Perché hai voluto farlo?!! STUPIDO BASTARDO VIGLIACCO, PERCHE’ LO HAI FATTO??!!”

Hao non reagì alla furia disperata di Yoh. Gli altri cercarono di staccare Yoh dal corpo del fratello, mentre questo lo osservava con intensità. Per la prima volta da alcuni minuti, parlò…

“Fratello, non ho rimpianti… Sto bene…”

Mentre tutti rimanevano immobili a osservare ogni sua mossa, lui prese arco e frecce e cominciò ad incamminarsi lungo il sentiero. Si guardarono tutti a dir poco allibiti, poi qualcuno cominciò a seguire un po’ incerto il capogrupo, finchè tutti non si diressero lungo il sentiero verso casa, sempre in religioso silenzio…

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Capitolo 24
*** The End ***


§§**… Forever … And After My Life…**§§

§§**… Forever … And After My Life…**§§

Era passata una settimana dalla battaglia al Castello Invisibile e la terribile rivelazione di Anna. Vista la situazione, tutti decisero che era meglio alloggiare per alcuni giorni alla Taverna della Valle di Ròsedern. I primi giorni furono terribili. Yoh era diventato scorbutico e nervoso, e anche per delle sciocchezze andava su tutte le furie. Il fratello, dal canto suo, aveva smesso di parlare da un po’, non apriva bocca se non per piccole frasi di poche parole per volta, e stava per la maggior parte del tempo da solo, chiuso in camera.

Gli altri tentavano in qualche modo di calmare un po’ le acque, ma l’animo di Yoh era troppo disperato e quello di Hao troppo impenetrabile.

Alla fine, Anna riuscì a convincere Yoh a cercare di parlare col fratello. Forse, parlandosi, avrebbero ritrovato un po’ della loro pace.

.

Quel giorno, Hao era andato sulla riva del fiume vicino. Seduto su una roccia, sentiva il leggero vento filtrargli tra i bruni crini. Gli occhi ipnotizzati dal ritmico avanzare dell’acqua trasparente e limpida. Alzò il lembo della maglietta che copriva l’avambraccio sinistro. La ferita aveva smesso di propagarsi, anzi, ora sembrava stesse ritraendosi alla forma originale. “Forse (pensò) quando si sarà rimarginata del tutto verrà il momento…”sorrise amaramente a quel pensiero. Non aveva mai pensato alla morte. Nessuno ci pensa mai veramente finchè non ne viene toccato in prima persona. Aveva davanti una tela bianca. Voleva esprimere finalmente tutta la sua angoscia e la sua paura, e l’unico modo che conosceva per farlo era quello di dipingere. Nell’atto di prendere in mano il pennello, ripensò a quendo aveva pitturato per le Tre Streghe. I loro volti gli otrnarono alla memoria.

Ancora un orrendo senso di vuoto fece breccia in lui…

Smise di pensarci. Non ci voleva pensare. Come non voleva pensare che una bestia invisibile si stava cibando del suo corpo fino ad esaurirlo completamente. E ciò sarebbe avvenuto entro pochi mesi, a quanto pare…

Dei passi in mezzo alla fresca erba estiva attirarono la sua attenzione. Ma non gli occorse voltarsi per capire di chi si trattava. “Yoh… “ nel sentire il suo nome, il fratello si bloccò, colto da un nuovo brivido di disperazione. Ma si decise a mantenere il controllo. “Ciao, Hao”

.

Hao aveva preso a dipingere, e Yoh si era seduto su una roccia a qualche passo da lui a osservarlo lavorare in silenzio. Passarono molto tempo così, finchè non venne la sera, e la bozza del quadro non fu completamente terminata. “E’ cupo”si espresse Yoh. Hao sorrise voltandosi per la prima volta verso di lui. “E’la mia anima” pronunciò semplicemente.

Yoh si sforzò di sorridere, finchè l’altro non si alzò in piedi stiracchiandosi un poco. “Beh, credo che ora dovremmo tornare, o cominceranno a preoccuparsi” Yoh annuì, e si alzò per seguire il fratello. Ma si bloccò dopo un istante. “Come fai?”

“Uh?” Hao si voltò verso uno Yoh dall’espressione mista tra la tristezza e l’ammirazione. “Come fai a comportarti in maniera così naturale e spensierata? Pur sapendo quale sia il tuo destino? Io credo che… se mi trovassi nella tua stessa situazione impazzirei…” Hao sorrise ancora “Cerco solo di vivere decentemente gli ultimi mesi della mia vita…”

Ci fu un altro lungo silenzio, finchè Yoh non disse scherzoso “E’ buffo… Da sempre mi sono chiesto quali fossero i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti… Non osavo mai chiederteli. Forse troppo preso dalle mie faccende, le mie conquiste… Non mi sono mai soffermato a pensare ‘e Hao? A lui cosa spetta?’. Mi sento così stupido a preoccuparmi del mio fratello gemello proprio ora, quando il nostro tempo a disposizione sta per terminare…”

Hao, nel sentire quelle parole, si illuminò. Posò una mano sulla spalla dell’altro, sorridendogli “Sei un buon fratello, Yoh. Non devi avere rimpianti” Yoh lo guardò con gratitudine, finchè non disse “Mi dispiace per come ti ho parlato quel giorno, dopo l’avventura passata al castello… Non pensavo davvero… Insomma, l’idea che il mio unico fratello, la persona che io abbia ammirato e invidiato di più in tutta la mia vita, il mio più grande punto di riferimento fosse destinato…. Beh, insomma… Mi ha fatto star male! Se scompari, io cosa faccio? Siamo sempre stati insieme, dalla nostra nascita ad ora. Ne abbiamo passate così tante… Non voglio credere che debba davvero finire tutto così!”

Il discorso di Yoh, infuse uno strano calore nell’anima di Hao. E lui che aveva pensato le stesse cose nei riguardi del fratello per tutta la sua vita… Perché non se n’erano mai parlati? Gli sorrise ancora una volta, e certo che il fratello avesse recepito il suo messaggio disse soltanto:

“Ora torniamo alla taverna, Yoh…”

I riflessi del tramonto avevano velato il cielo di arancione, giallo pallido e azzurro

.

Il mattino dopo, Hao raggiunse tutti con una strana espressione in volto. “Devo partire”

Lasciò tutti impietriti. Chi stava azzannando la colazione, se la ritrovò caduta addosso.

Tutti i volti erano su di lui. Yoh lo osservava con particolare curiosità.

“Parto. Me ne vado. Ho bisogno di stare per conto mio. Meditare, insomma. Non preoccupatevi per me, e vi chiedo, se vi è possibile, di non tentare di fermarmi. Questo mi renderebbe le cose molto più difficili…” il suo sguardo si era fatto serio e deciso.

Tutti si lanciarono molti sguardi. Nessuno sapeva bene che dire. Il ragazzo aveva in spalla una sacca piena di tutto ciò che gli sarebbe servito per un viaggio di alcune settimane.

Fu Yoh a parlare “Dove andrai?” era stranamente tranquillo, naturale.

“Non lo so… Ma mi piacerebbe passare gli ultimi attimi della mia vita nella natura incontaminata, da solo, a riflettere. Ero deciso a partire il più presto possibile”

Vedendo che ancora nessuno si decideva a esprimersi, il ragazzo prese a camminare verso la porta con tranquillità. Di colpo, tutti si alzarono esclamando in coro “Aspetta Hao!”

Il ragazzo si voltò serio verso di loro. Lyserg abbozzò un sorriso “Fatti almeno salutare…”

*

Prese le briglie del suo fedele Herym. Si voltò verso tutti un’ultima volta, alzando la mano in segno di saluto. Yoh lo osservò sforzandosi di rimanere sorridente “Buona fortuna Hao…” “Anche a voi…Vi auguro di realizzare tuti i vostri sogni e di vivere sempre in pace. Vi auguro di avere un destino più felice del mio…”

Con quelle ultime parole, Hao si incamminò su un sentiero che per lui rappresentava un arrivo. Un termine. Il resto del gruppo lo osservò allontanarsi sentendo un senso di vuoto dentro di sé. Quel ragazzo, quel misterioso straniero aveva cambiato loro la vita. E ora che se ne andava, le loro banali vite sarebbero tornate così maledettamente… normali. Quello strano Hao…

Non lo avrebbero mai dimenticato.

*

Inutile mentire, Hao era terrorizzato da ciò che lo attendeva. Ma in fondo, lo aveva saputo fin dall’inizio… La sua fine non poteva essere lontana. Ma ora, che si presentava ai suoi occhi così maledettamente vicina, si sentiva male, e desiderava riavere tra le sue braccia le sue amate Streghe. Fino a qualche tempo fa, l’unico suo appiglio sarebbe stato il calore delle loro anime innamorate. Ma ormai non avrebbe sentito più niente. Solo silenzio. Maledetto silenzio. Quella straziante solitudine che lo faceva impazzire.

Era solo.

E sarebbe andato verso la sua fine da solo. Così doveva essere.

.

La strada silenziosa che lo attendeva si presentava come un monotono sentierino illuminato dai pallidi raggi del sole mattutino.

Quell’alba che segnava, per lui, l’eterno tramonto…

Camminando, osservò attorno a lui che era giunto in un campo di fiori. Erano rose. Rose rosse.

Con l’amaro in bocca, e un sorrisino triste sule labbra, pensò che quella strana frase invocata dalle Streghe fosse destinata ad essere pronunciata da coloro che andavano a morire.

.

Le Rose Sono Rosse…

.

.

Fine

.

.

.

.

Termina così la mia lunghissssssima storia. E’ stata dura, ma alla fine l’ho terminata. Ho scritto già alcune altre fanfic, ma questa è una a cui tengo particolarmente… Non so bene il motivo. Forse xkè nello scriverla ho trattato temi che hanno spinto anche me stessa a rifletterci. Spero abbia aiutato anche voi a farlo^^

Ma passiamo ai ringraziamenti! :D Grazie mille a coloro che hanno recensito finora la mia storia o che comunque l’hanno seguita, ringrazio xciò MaoChan, Mewsana, SharkAttack, Miya, Harriet, Kristin, Lunetta e Kris. In caso se ne aggiungano altre/i in futuro, ringrazio in anticipo anke loro!^__^

Grazie x i complimenti, grazie x i consigli, grazie x gli appunti e x tutto il resto!

10000000 kisses a tutti quanti, e alla prossima fanfiction! xD

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