The Nicest Thing (La Cosa più Bella)

di OpunziaEspinosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.ISABELLA - Parte Prima ***
Capitolo 2: *** 2.EDWARD ***
Capitolo 3: *** 3.ISABELLA ***
Capitolo 4: *** 4.EDWARD ***
Capitolo 5: *** 5.1 ISABELLA ***
Capitolo 6: *** 5.2 ISABELLA ***
Capitolo 7: *** 6.EDWARD ***
Capitolo 8: *** 7.ISABELLA ***
Capitolo 9: *** 8.EDWARD ***
Capitolo 10: *** 9.1 ISABELLA ***
Capitolo 11: *** 9.2 ISABELLA ***
Capitolo 12: *** 10.EDWARD ***
Capitolo 13: *** 11.ISABELLA ***
Capitolo 14: *** 12.EDWARD ***
Capitolo 15: *** 13.1 ISABELLA - Parte Seconda ***
Capitolo 16: *** 13.2 ISABELLA ***
Capitolo 17: *** 14.EDWARD ***
Capitolo 18: *** 15.ISABELLA ***
Capitolo 19: *** 16.EDWARD ***
Capitolo 20: *** 17.ISABELLA ***
Capitolo 21: *** 18.EDWARD ***
Capitolo 22: *** 19.ISABELLA ***
Capitolo 23: *** 20.1 EDWARD - Parte Terza ***
Capitolo 24: *** 20.2 EDWARD ***
Capitolo 25: *** 21.ISABELLA ***
Capitolo 26: *** 22.EDWARD ***
Capitolo 27: *** 23.ISABELLA ***
Capitolo 28: *** 24.EDWARD ***
Capitolo 29: *** 25.ISABELLA ***
Capitolo 30: *** 26.EDWARD ***
Capitolo 31: *** 27.ISABELLA ***
Capitolo 32: *** 28.EDWARD ***
Capitolo 33: *** 29.ISABELLA ***
Capitolo 34: *** 30.EDWARD ***



Capitolo 1
*** 1.ISABELLA - Parte Prima ***


 

Avviso ai naviganti!
Edward Cullen assomiglia terribilmente a RPattz. Bella Swan non ha nulla a che vedere con la Bella di S.Meyer. Quindi: se per voi Edward è solo Edward (e maledetto chi ha fatto il casting di Twilight!) e c’è un'unica, sola, inconfondibile Bella dagli occhi color cioccolato, abbandonate ogni speranza o voi che entrate; oppure leggete comunque… magari vi piace lo stesso!
È la mia prima fan-fiction... Siate clementi!!!
CONSIGLIATO A CHI TROVA CIO' CHE ACCADE AL CAST DI TWILIGHT FANTASCIENZA, APPREZZA L'IRONIA, VUOLE SORRIDERE MA ANCHE COMMUOVERSI UN PO'.

OpunziaEspinosa


Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale. I personaggi sono proprietà di S.Meyer e non vengono utilizzati a scopi lucrativi. La riproduzione anche solo parziale di questa ff non è autorizzata.
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PARTE PRIMA



Sabato, 17 aprile 2010

1. ISABELLA

C’è un silenzio quaggiù, che mi riposa
Se il mio cuore non sa che giorno è
Quanti anni ho, mio cielo
Sai che non lo so, com’è…
(Quanti anni ho – Zucchero)

Oggi compio trent’anni.
Non mi sembra vero. Trent’anni…
Com’è possibile? Voglio dire: come sono arrivata a questo punto della mia vita così in fretta? Io non ho trent’anni! Alla mia età dovrei avere un piano! Dovrei aver capito cosa fare della mia esistenza! Dovrei, forse, avere un fidanzato, magari un marito e, ad ascoltare mia madre, mettere in cantiere un figlio. Invece non ho nulla di tutto questo. Passo da una storiella ad un’altra, senza mai innamorarmi veramente e senza mai legarmi seriamente a nessuno, e, nel profondo, mi sento ancora esattamente come quella liceale bruttina, timida, impacciata, timorosa di tutto e di tutti che tanto odiavo. Eppure ne ho fatta parecchia di strada. Mi sono diplomata, ho conseguito una laurea, ho trovato un impiego serio, rispettabile e ben retribuito, ho convissuto con il ragazzo di cui mi sono innamorata a quindici anni, l’ho lasciato ad un passo dalle nozze - spezzandogli il cuore e danneggiando seriamente il mio - e subito dopo ho abbandonato casa, lavoro, famiglia ed amici, e sono volata a Londra per lasciarmi tutto alle spalle e cominciare una nuova vita fatta di precariato ed instabilità.
Trent’anni…
Lo so, sono la stessa identica persona di ieri. Non è cambiato nulla. In fondo si tratta solo di un numero, e se fino a qualche ora fa riuscivo a sopportare senza grossi patemi la mia condizione posso continuare a farlo anche oggi. Eppure non posso a fare a meno di sentirmi una fallita.
Trent’anni… Merda!

È sabato. Oggi non lavoro e non ho alcuna intenzione di alzarmi dal letto. È il giorno del mio compleanno, più precisamente del mio trentesimo compleanno, e davvero non mi va di festeggiare. Voglio passare l’intera giornata chiusa in camera mia, al buio, a magiare cioccolata. Ed invece, mentre rifletto sul senso della vita e di questo mio inevitabile passaggio epocale, Angela e Rosalie fanno irruzione nella mia stanza con una meravigliosa torta alla panna, talmente bella da sembrare finta,  cantando Happy Birthday to you, Happy Birthday to youuuu, Happy Birthday dear Bellaaaa, Happy Birthday to youuuuu. C’è anche una piccola candelina rosa accesa, sopra.
Ragazze, vi odio! Vi avevo espressamente chiesto di lasciarmi perdere, per oggi. Di ignorarmi, e di fare come se fossi morta! Perché non mi date mai retta?

“Che ci fai ancora a letto? Sono le due del pomeriggio!” mi rimprovera Angela.
“Non m’importa” borbotto, nascondendomi sotto i cuscini, tra le confezioni vuote di cioccolata. “Voglio restare qui fino a quando questa orribile giornata sarà finita. Vi prego. Lasciatemi marcire qui dentro! Almeno per oggi!”
“Non dire idiozie!” continua Rosalie, scostando le tende ed aprendo la finestra, lasciando entrare l’aria tiepida e il sole meraviglioso di questo insolitamente caldo e sereno 17 aprile.
“Rose!” mi lamento, cercando rifugio tra le coperte. Ma Rosalie non mostra alcun segno di pietà.
“Isabella Maria Swan!” esclama, improvvisando un tiro alla fune con le lenzuola che cerco disperatamente di trattenere. “Alzati immediatamente da questo letto! Oggi è il giorno del tuo compleanno. È un giorno importante che va festeggiato come si deve! Spegni la candelina e vieni in cucina, così ci mangiamo la torta!”
“Rose! Staccati!” le ordino, cercando di difendermi con tutta la forza che ho in corpo. “Non voglio spegnere nessuna candelina! E non voglio mangiare nessuna torta!”
Ce la posso fare. Posso cacciarle e tornare a dormire. Anche se avrei voglia di una grossa e calorica fetta di torta…
E poi Rosalie molla improvvisamente la presa, facendomi perdere l’equilibrio e cadere all’indietro sui cuscini. A quel punto per lei è un gioco da ragazzi strapparmi le lenzuola da dosso e gettarle in un angolo della stanza.
“Allora? Ti alzi?” mi chiede furiosa, con il fiato corto a causa dello sforzo.
Angela, che ha osservato perplessa tutta la scena, è decisamente più accomodante. Si siede sul letto di fianco a me e mi sorride materna. “Forza. È solo una candelina,” dice, cercando di darmi coraggio.
Come posso deluderle? Pare che non aspettino altro, da una settimana a questa parte. Mi vogliono bene ed io ne voglio a loro. Così mi avvicino, lancio un ultimo sguardo di sfida a Rosalie, prendo un bel respiro e spengo la candelina.

Mezz’ora più tardi siamo in cucina, di fronte alle briciole di quella che fino a poco fa era una meravigliosa torta di pandispagna, panna e fragole. È incredibile cosa possono fare tre ragazze affamate in così poco tempo! Soprattutto quando una delle tre ragazze è la sottoscritta. Ho sempre l’appetito di un lupo e ringrazio ogni giorno i miei genitori per avermi fatto così magra. Non importa cosa o quanto mangi: non ingrasso di un etto. Chissà se a partire da oggi il mio metabolismo cambierà… brrrrr, la sola idea di essere costretta a controllare la dieta, o peggio ancora di iscrivermi in palestra per mantenere la linea,  mi mette i brividi. Meglio non pensarci.

“Che ci fate a casa a quest’ora?” chiedo versando del succo d’arancia a tutte e tre.
Rosalie lavora come personal shopper per un grande magazzino di Londra, ed Angela gestisce un pub con il fidanzato, Eric. Generalmente il sabato lavorano entrambe, e io confidavo nella loro assenza per piangermi addosso in santa pace.
“Ci siamo prese qualche ora per festeggiare con te.” risponde sorridendo Angela.
Sono così dolci… le migliori amiche che potessi trovare. Cosa farei senza di loro? Cosa farei senza gli spintoni di Rosalie e senza le carezze di Angela? Quasi mi pento della scenata che ho fatto loro poco fa.
“A questo punto credo sia giunto il momento di confessare, ragazze: cosa avete in programma?” chiedo curiosa.
So che stanno complottando qualcosa. In questi ultimi giorni, ogni volta che entro in una stanza, le sorprendo a parlare fitto fitto; sghignazzano eccitate, ma non appena si accorgono della mia presenza si interrompono o cambiano goffamente discorso.
“Sorpresa...” risponde enigmatica Angela.
“Andiamo! Almeno un indizio!” le supplico.
“Beh…” continua Rosalie. “Diciamo che hai un appuntamento al salone di bellezza tra circa…” e controllando l’orologio appeso alla parete conclude “… un’ora!”
“Mi avete regalato un pomeriggio all’ Heaven?!” chiedo incredula e anche un po’ eccitata.
Un mese fa, in fondo alla via, è stato aperto un meraviglioso salone di bellezza. Ci trovi di tutto: estetisti, massaggiatori, truccatori, parrucchieri… Ho consumato il catalogo che abbiamo trovato nella cassetta della posta a forza di sfogliarlo. Ma i prezzi sono talmente proibitivi che non mi sono mai azzardata neppure a guardare oltre la vetrina.
“Diciamo di sì…” continua Angela, facendo la misteriosa.
“Diciamo di sì? Angela, che vuoi dire? Non ti seguo… Mi avete o no regalato un pomeriggio al salone di bellezza che si trova in fondo alla strada?”
“Voglio dire che tra un’ora hai un appuntamento con un massaggiatore, un parrucchiere e un truccatore. Che faresti meglio a farti una doccia, prima. E che sì, ti abbiamo regalato un pomeriggio da favola, ma che potrebbe esserci dell’altro.”
“Dell’altro? Ma cosa…” insisto, perché ora sto davvero morendo di curiosità.
“Piantala! Tanto non ti diremo nulla!” scoppia a ridere Rosalie.
“Ma…”
“Doccia!” mi ordina imperiosa Rose.
Che posso fare? Non caverò un ragno dal buco da queste streghe. Così mi alzo, do un bacio sulla guancia a tutte e due e urlando vi odio, vado a farmi una doccia.

Mmmm…  Beatitudine somma. Tutti dovrebbero sperimentare un pomeriggio tra le mani sapienti di veri esperti del benessere. Non credo di essermi mai sentita così bene in tutta la mia vita. Dopo quel meraviglioso massaggio ogni singola fibra del mio corpo è distesa e rilassata, e quasi ho scordato il motivo per cui sono tanto depressa. Ho provato un tuffo al cuore solo quando Phoebe, la ragazza che si è occupata di me, ha cercato di capire il significato del vistoso tatuaggio che ho impresso sulla scapola sinistra. Fortunatamente si è resa subito conto che parlarne avrebbe sciolto la nuvola zen in cui mi aveva condotto, e di fronte alle mie risposte vaghe ha glissato con classe. Fernando, ne sono certa, è il miglior parrucchiere esistente sulla faccia della terra, perché quando termina il suo lavoro i miei capelli, generalmente una criniera ingestibile e selvaggia, si sono trasformati in una chioma liscia, brillante, morbida e fluente. Sono così belli che potrebbero diventare i protagonisti di una di quelle inverosimili pubblicità che sponsorizzano shampoo miracolosi. Quando anche Chris, il truccatore, stende l’ultimo velo di rossetto, stento a credere ai miei occhi. Chi diavolo è quella creatura meravigliosa che mi guarda stranita dallo specchio? Non posso essere io… Riconosco di non essere niente male quando mi metto d’impegno, e che il brutto anatroccolo del liceo è ormai un lontano ricordo. Ma quella donna oltre lo specchio è davvero uno schianto! Sul serio sono io? A quanto pare sì… Cavolo…

Torno a casa rilassata, felice e soddisfatta, impaziente di mostrarmi alle ragazze e di ringraziarle come si deve per il meraviglioso regalo. Non posso credere che non sia ancora finita e che quelle pazze abbiano in programma dell’altro per la serata! È vero, trent’anni si compiono una volta sola nella vita e siamo abituate a festeggiare i nostri compleanni in modo decisamente anticonvenzionale. Ad esempio, tre mesi fa, per i ventotto anni di Rosalie, siamo volate a Siviglia, in Spagna, per un intero weekend di flamenco - che nessuna di noi sa ballare -  paella e sangria. Ma una squisita torta d’alta pasticceria e un intero pomeriggio in quel costosissimo salone di bellezza sono più che sufficienti! Davvero non ho bisogno di nient’altro!

“Ragazzeeee… sono tornataaaa” urlo mentre apro la porta di casa. “Che ve ne pare?”
Mi precipito in salotto eccitata, facendo una giravolta, ma di Angela e Rosalie nessuna traccia.
“Ragazze? Angela? Rose?”
Chiamo i loro nomi facendo un rapido giro della casa, ma nulla. L’appartamento è vuoto.
Sono un po’ delusa, a dir la verità. Ero impaziente di mostrarmi alle mie amiche. Ma dove sono? Possibile che siano già tornate al lavoro? Avevano detto che la sorpresa non si limitava a un pomeriggio all’ Heaven. Inoltre è davvero strano che non abbiano lasciato un messaggio sulla lavagna in cucina. Di solito è in questo modo che comunichiamo i nostri spostamenti.
Ma non appena varco la soglia di camera mia, la vedo, posata sul letto rifatto, accanto alla mia chitarra: una scatola rosa pallido accompagnata da una busta dello stesso colore. Leggo il biglietto, curiosa ed emozionata, pensando che questo gioco comincia davvero a piacermi.

Fatti trovare alle 6.30 al Black Sheep di Russel Street. Indossa il vestito che ti abbiamo lasciato e le décolleté nere di Rose.
A & R

Apro la scatola e dentro trovo il più bel vestito che abbia mai visto. È un abito in jersey nero, aderente fino al ginocchio, con le maniche lunghe, impreziosito da un'alta fascia di raso con fiocco in vita. Semplicissimo, ma estremamente sofisticato allo stesso tempo. Sono talmente commossa che vorrei piangere!
Un simile capolavoro - opera di Rose, senza dubbio - merita della biancheria appropriata. Così mi fiondo nell’armadio e da uno dei cassetti estraggo un completino nero di pizzo e raso che uso raramente e che tengo per le occasioni speciali, e poi mi vesto.
Dopo aver recuperato le décolleté dalla camera di Rosalie, mi metto di fronte allo specchio.
Ok. Ora mi metto davvero a piangere. Non mi sono mai sentita così bella in tutta la mia vita. E nessuno è qui con me per condividere questo momento!
Caccio indietro le lacrime per non rovinare il trucco e, visto che sono già le 5.30 e non ho la più pallida idea né di cosa sia il Black Sheep, se un pub o un ristorante, né di dove si trovi, accendo il PC e mi collego ad internet per capire cosa mi aspetta.
Russel Street è dall’altra parte della città, quindi, se non voglio arrivare in ritardo, devo subito chiamare un taxi. Del Black Sheep, invece, non c’è traccia; il che mi pare strano, visto che oggi qualunque locale ha una pagina web per promuovere la propria attività.

Sto ancora cercando informazioni sul Black Sheep quando suona il citofono.
Perfetto. Questo è il mio taxi.
Spengo il computer, prendo la pochette, rigorosamente di pelle nera come le scarpe, infilo il soprabito e scendo in strada.

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Capitolo 2
*** 2.EDWARD ***


2. EDWARD
 
Poi, ho visto gli occhi tuoi, rotolando verso casa
Che male ai miei, che bella sei
Che belle fai, le belle sere
Sai, ho visto gli occhi tuoi
Quando scende la bellezza infondo al cuore
Come vorrei…
(Occhi – Zucchero)
 
“Cosa hai fatto?!”
“Andiamo tesoro, è per una buona causa!”
“Mamma, non mi importa! Avresti dovuto parlarmene!”
“Credevo ti avrebbe fatto piacere aiutare la parrocchia!”
“Certo che mi fa piacere aiutare la parrocchia, mamma! Con una donazione! Se me ne avessi parlato, avrei potuto staccare un assegno a cinque cifre! Anzi, sei!”
“Giusto… a questo non avevo pensato. Credo di non essermi ancora abituata all’idea che mio figlio sia un multimilionario!”
“Quindi?”
“Quindi niente! Ormai l’ho promesso! Ci sono state un sacco di iscrizioni al concorso Vinci una cena con una celebrità misteriosa… cosa diremo al fortunato estratto se non ci sarà nessuna celebrità ad aspettarlo?”
“Non mi importa, mamma! Inventatevi qualcosa, non è affare mio! Sono a casa da meno di una settimana e mi voglio riposare! Fino alla fine di maggio, non voglio vedere nessuno se non i miei amici! I miei veri amici. Quelli a cui non importa nulla del fatto che io sia un attore o del fatto che io sia famoso! Sono stanco delle fans isteriche, stanco dei giornalisti invadenti, stanco dei fotografi… ti rendi conto che se questa storia capita nelle mani sbagliate posso dire addio alla mia vacanza? Senza contare i problemi che avrei con il mio agente…“
“Oh, Edward, smettila di fare il melodrammatico! Non abbiamo detto a nessuno che sei tu la celebrità misteriosa!”
“Mamma, rifletti: quante celebrità misteriose vivono nel quartiere? Tu sei l’unica ad avere un figlio che fa l’attore e che frequenta Hollywood. I nostri vicini sanno fare due più due.”
“Edward, tesoro, r-i-l-a-s-s-a-t-i. Anche se questa cosa dovesse diventare di dominio pubblico, che problema c’è? Non stai facendo nulla di male, stai solo aiutando padre Sam a ristrutturare il centro anziani. È una cosa bella! Ah! Visto che ne hai parlato… quand’è che puoi staccarmi questo assegno?”
 
Questa è la conversazione surreale che ho avuto con mia madre una decina di giorni fa, e ora mi ritrovo al Black Sheep ad aspettare una perfetta sconosciuta per una cena a sorpresa vinta alla riffa della parrocchia di padre Sam da, se non ho capito male, la nipote della decrepita Signora Weber, tale Angela Weber.
Adoro mia madre. Esme Cullen è la persona più generosa e gentile che io conosca, e sono sinceramente fiero di essere suo figlio; ma certe volte il sospetto che provenga non da un altro pianeta ma addirittura da un altro universo diventa un’inquietante certezza.
Come ha potuto vendermi a padre Sam e confermare la mia disponibilità per questa cena senza chiedermi il permesso? Naturalmente voglio aiutare sia lui che la comunità, ma nella posizione in cui mi trovo oggi, partecipare ad eventi di questo tipo può essere persino rischioso. La fama è un’arma a doppio taglio, e più il tuo nome è conosciuto, più ti si ritorce contro. Ma ormai il danno è fatto, mia madre ha preso un impegno e non posso farle fare una brutta figura. Spero solo che questa ragazza abbia avuto la decenza e il buon senso di non spargere la voce. Ci manca solo che la stampa, e quindi il mio agente, vengano a conoscenza di questa storia. Lo trovo decisamente assurdo, ma quando si raggiunge un certo grado di popolarità nel mondo dello spettacolo improvvisamente tutto ha un prezzo, e non credo mi sia concesso, per contratto, di partecipare ad eventi benefici di alcun tipo, se non a fronte di precisi accordi.
 
Sono le 6.20 di un noioso sabato pomeriggio e me ne sto al bancone del Black Sheep a bermi una birra in attesa di cenare con questa Angela. Ovviamente potrei permettermi qualcosa di meglio che non il piccolo pub che sta in fondo alla via dove abitano i miei genitori, ma adoro il Black Sheep! È un posto fuori mano, piccolo e tranquillo. Ci vado da quando ho quindici anni e conosco Bob, il proprietario, da allora. So che non mi venderebbe mai ai paparazzi, e che nel suo pub posso starmene tranquillo.
“Forza, Cullen. È per una buona causa,” continuo a ripetermi “Quanto può durare una cena? Un paio d’ore?” Perché non ho intenzione di fermarmi più a lungo di un paio d’ore. Alle 10.30 il mio amico Jacob tiene un concerto con il suo gruppo al Tokyio Decadence e voglio esserci. È il primo concerto che i Wolf Pack tengono come lead band in un locale importante come il T.D., e non posso mancare. Non voglio mancare. Sono mancato per tutti gli ultimi sei mesi.
E poi la vedo. Una ragazza bellissima, in piedi di fronte al bancone. È piuttosto alta e decisamente magra, e subito mi chiedo se non si tratti di una modella. Indossa un semplicissimo abito nero, ma estremamente sofisticato, e così aderente da non lasciare assolutamente nulla all’immaginazione. Ha dei meravigliosi capelli neri, lunghi e lisci, la carnagione leggermente abbronzata e due enormi occhi verdi da infarto.
 
“Buonasera. Dovrebbe esserci un tavolo prenotato per una cena di compleanno a nome… non saprei, a dire il vero. Isabella, forse. Oppure Rosalie. O Angela.”
Angela? Lei è Angela? Dio ti prego, fa che lei sia Angela.
Improvvisamente muoio dalla voglia di cenare con questa sconosciuta, anche se non sono sicuro che la creatura meravigliosa che ha appena varcato la soglia del Black Sheep sia la ragazza che sto aspettando. Ha nominato una cena di compleanno, non la riffa di padre Sam, e non ho mai sentito parlare né di Isabella né di Rosalie. Così me ne resto seduto nel mio angolo buio, e continuo ad osservarla rapito da dietro uno degli spillatori.
“Sì, certo. Da questa parte.” Bob le fa strada. “Tu sei Isabella, vero?”
Isabella? Non Angela? ‘Fanculo. Ovviamente il Cielo non mi ha ascoltato. Perché avrebbe dovuto farlo, dopotutto? Probabilmente Dio ha questioni più importanti da risolvere, come le guerre o la fame nel mondo.
Bob accompagna la bella sconosciuta a uno dei tavoli più isolati e protetti che stanno in fondo al locale, e davvero non capisco per quale motivo, cercando di non farsi notare da lei, mi strizza l’occhio con fare ammiccante da dietro le sue spalle.
Un attimo dopo Bob è da me.
“E’ lei!” esclama entusiasta.
“Chi?” chiedo confuso.
“E’ lei, Isabella!”
Alzo le spalle continuando a non capire. “Io devo cenare con una certa Angela.”
“Angela? No! Tu devi cenare con quella ragazza! Isabella!”
Non ci credo. Cenerò con la bella sconosciuta! Dio mi ha ascoltato, allora!
“Che ne è di Angela?” chiedo, anche se, a dire il vero, non me ne importa nulla.
Bob mi scruta come se fossi ritardato e poi, paziente, comincia a spiegare.
“Angela ha vinto il concorso di padre Sam, e ha regalato il premio, la cena con Edward Cullen, all’amica Isabella che festeggia proprio oggi trent’anni. Tua madre lo sa! Non te l’ha detto?”
“No…” Perché mia madre mi tiene sempre all’oscuro di tutto? Non la sopporto!
“Gesù, è davvero stupenda!” sghignazza Bob senza staccarle gli occhi di dosso, e provo un inaspettato quanto sconcertante moto di gelosia.
Improvvisamente mi rendo conto che sto perdendo tempo prezioso, tempo che dovrei passare con questa bellissima ragazza, così mi decido ad entrare in scena.
“Senti, io vado. Ci vediamo tra dieci minuti per le ordinazioni?”
Bob annuisce, lo sguardo fisso su Isabella in fondo alla sala.
Porca miseria Bob, la vuoi smettere di mangiartela con gli occhi?
Prendo la giacca posata sullo sgabello di fianco al mio e subito mi pento per essere uscito di casa con le prime cose che mi sono capitate tra le mani: un paio di vecchie Converse All Star azzurre, un paio di jeans vecchi e strappati, e una camicia a quadri che, malgrado gli sforzi, davvero non riesco a tenere infilata nei pantaloni. Come al solito ho i capelli in disordine e non mi sono rasato. Ma dovrebbe funzionare. Funziona sempre. Le riviste pagano oro per il mio aspetto trasandato.
Prendo un bel respiro e mi dirigo in fondo alla sala, al tavolo di Isabella.

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Capitolo 3
*** 3.ISABELLA ***


 3. ISABELLA

I was searching, you were on a mission
Then our hearts combined like a neutron star collision
(Neutron star collision – Muse)

Alle 6.30 precise sono fuori dal Black Sheep, a quanto pare un piccolo ed anonimo pub in Russel Street. Strana scelta per una festa di compleanno. E poi perché costringermi a indossare un abito così elegante per una semplice cena in un pub sconosciuto di una qualunque via residenziale di Londra? A questo punto avremmo potuto passare la serata al The Dungeon di Eric e Angela. E magari sul tardi, e con una buona dose di alcool in corpo, avrei anche potuto improvvisare qualcosa sul palco con la mia chitarra.
Dopo aver pagato il taxi, resto in piedi sul marciapiede a contemplare la vecchia insegna scolorita per un po’. Poi, mi decido ad entrare.

Al bancone c’è un uomo sulla sessantina dall’aria simpatica.
“Buonasera. Dovrebbe esserci un tavolo prenotato per una cena di compleanno a nome…” Già, a nome di chi? “Non saprei, a dire il vero. Isabella, forse. Oppure Rosalie. O Angela.”
Il volto del barista si illumina.
“Sì, certo. Da questa parte. Tu sei Isabella, vero?”
Meno male, sa di cosa sto parlando.
Il barista mi fa accomodare ad un piccolo tavolo in una zona appartata del locale, le spalle rivolte all’ingresso.
“Scusi, deve esserci un errore. È un tavolo apparecchiato per due. Siamo in tre,” azzardo timida.
“Nessun errore. C’è un biglietto per te, Isabella. Prego, siediti.” E così dicendo mi porge un’altra busta rosa che mi affretto ad aprire.

I sogni son desideri… e certe volte diventano realtà!
Buon compleanno Bella!!!
A & R

Ok. Ora sono davvero confusa. Mi guardo intorno disperata, cercando di capire cosa sta succedendo. Dove sono Angela e Rosalie? Tutti gli altri tavoli sono occupati da coppie o da gruppi di amici, ma di loro nessuna traccia.
Torno a fissare il tavolo apparecchiato per due. Poi mi volto e noto che al bancone del bar c’è un ragazzo alto e magro, di cui riesco a vedere solo la schiena, intento a parlare con il barista che non mi toglie gli occhi di dosso. Ed improvvisamente un pensiero inquietante si fa largo nella mia mente. Le mie amiche mi hanno regalato un appuntamento al buio?! Non ci credo. Quel tipo è il mio regalo?
Da mesi vanno blaterando che mi devo sistemare, che mi devo lasciare andare, e che devo almeno tentare di avere una relazione seria, ma giuro, se mi hanno regalato una cena con un uomo, appena torno a casa le ammazzo! Anzi no. Le chiamo subito. Prima le insulto per telefono, poi congedo il mio appuntamento, poi torno a casa e le ammazzo!

Sono concentrata nell’ardua impresa di estrarre il cellulare dalla pochette in cui l’ho conficcato prima di uscire insieme al mio personale kit di sopravvivenza, vale a dire portafoglio, fazzoletti di carta, chiavi di casa e lucidalabbra, quando un ragazzo prende posto dall’altra parte del tavolo. Neanche a farlo apposta ha una camicia a quadri, proprio come il tipo che se ne stava al bancone un attimo fa. Grandioso! Quelle stronze mi hanno davvero regalato un appuntamento al buio! So che non è colpa di questo poveretto se mi trovo qui questa sera, e che le responsabili sono al sicuro a miglia di distanza da qui, ma sono troppo arrabbiata! Odio gli appuntamenti al buio! Gli uomini me li scelgo da me, e ci esco a cena solo se mi va. Queste situazioni sono sempre imbarazzanti ed artefatte. Uno strazio. Ma cosa avevano in mente, quelle due? Non mi conoscono affatto, allora!

“Ciao. Tu devi essere Isabella.”
Sbatto la borsetta sul tavolo, spazientita e seriamente intenzionata a cacciar via questo tipo a male parole. Ma poi metto a fuoco chi mi trovo davanti e l’intero universo si ferma.
Io conosco questa voce. E conosco questi occhi azzurri, e questo volto pallido, e queste labbra meravigliose…
Signore Onnipotente!
Edward Cullen, il famoso attore, protagonista delle mie fantasie più segrete e perverse, è seduto di fronte a me e mi sorride.
“Credo di essere il tuo regalo di compleanno,” continua tranquillo. “Una delle tue amiche ha vinto una cena con il sottoscritto messa in palio da mia madre per raccogliere fondi per la parrocchia del quartiere, e ha deciso di regalartela per il tuo compleanno.”
Edward Cullen è il mio regalo di compleanno?
EDWARD CULLEN È IL MIO REGALO DI COMPLEANNO?!
Non è possibile, sto sognando. Non c’è altra spiegazione logica.
Continuo a fissarlo con la bocca spalancata per non so quanto tempo. Devo avere l’aria di una ritardata mentale.
Lui arrossisce vistosamente e scoppia a ridere.
Oh, mio Dio! La sua risata inconfondibile…
“Ti prego, di qualcosa,” mi implora. “E’ piuttosto imbarazzante...”
Certo. Devo dire qualcosa.
“Come… Cosa… Io… Come…” balbetto.
Perfetto: ho perso la facoltà di elaborare semplici frasi di senso compiuto! Ma come potrei riuscirci, dopo tutto? Ho la gola secca, le guancie in fiamme, e il cuore che batte talmente forte da sentirlo pulsare persino nelle orecchie.
Lui continua a ridere nervoso. “Tranquilla. Non mordo. Tira un bel respiro e ricominciamo.”
Credo sia abituato a reazioni di questo tipo. Reazioni da ragazzina isterica, proprio come mi sento io in questo momento. Che vergogna...
“Scusa,” riesco a dire dopo un po’.
“Di che?”
“Per tutto questo… Lo so, sto facendo la figura della scema. Il fatto è che fino a due minuti fa credevo che avrei cenato con le mie amiche. Invece mi trovo di fronte ad Edward Cullen che mi dice di essere il mio regalo di compleanno… io davvero non capisco… sei proprio tu?”
Sei proprio tu?! Di sicuro non potevo trovare una domanda più stupida! Certo che è lui, Bella! In carne ed ossa!
Edward, però, più che spazientito sembra divertito.
“Già,” risponde. “In persona. Piacere di conoscerti Isabella. E buon compleanno.”
“Bella,” lo correggo, stringendogli la mano che mi porge educato, e ovviamente pensando OMioDioStoToccandoLaManoDiEdwardCullen. “Grazie per gli auguri.”

Fortunatamente arriva Bob per le ordinazioni, togliendoci dall’imbarazzo.
“Allora Eddie, Isabella, avete deciso cosa mangiare?”
Eddie?! No, Eddie decisamente non mi piace.
“Veramente no. Tu cosa gradiresti Bella? Hai fame?”
Mi rendo improvvisamente conto che non ho fatto colazione e che il mio pranzo si è limitato a una fetta di torta. O forse due. Ok, lo ammetto: tre. E ho pure fatto fuori quattro tavolette di cioccolata. In ogni caso, sì: ho un certo appetito.
“Se devo essere sincera sto morendo di fame,” ammetto fin troppo candidamente. “Tu cosa mi consigli, Edward?”
“Qui fanno la migliore bistecca che si possa mangiare a Londra, vero Bob?”
“L’hai detto amico!”
Eddie? Amico? È chiaro che questi due si conoscono da una vita.
“Allora vada per una bistecca. Al sangue. E una media chiara. Grazie Bob.”
“Lo stesso per me. Ci prendiamo anche delle patatine?”
“Certo.”
“Perfetto. Allora due bistecche al sangue, due birre, e una doppia porzione di patatine. Ci vuoi delle salse, Bella?”
“No, ma se tu preferisci…” In fondo chi sono io per negare della maionese o del ketchup o qualunque altra cosa, animata o inanimata, commestibile o meno, esistente sulla faccia della terra a Edward Cullen?
“No. Va bene così, allora. Grazie Bob.”
Il barista si allontana con le nostre ordinazioni e siamo di nuovo soli.

Non riesco a crederci: cenerò con Edward Cullen!
Non ho ancora superato del tutto lo shock iniziale, ma sono decisamente più calma e mi prendo un attimo per osservarlo meglio.
Edward è davvero bellissimo. Molto meglio dal vivo che in foto, in TV, o al cinema! I suoi occhi azzurri, ad esempio, sono molto più intensi e profondi di quanto mi aspettassi. E sembra anche più muscoloso. E poi è così alto! Adoro gli uomini alti, perché lo sono anch’io, e con loro posso mettere quei tacchi ai quali troppo spesso devo rinunciare. Da questa distanza riesco persino a sentire il suo profumo. Buonissimo. Perché i giornali scrivono che non si lava e puzza? È ridicolo! Quest’uomo ha un odore divino! Bagnoschiuma, caramelle e un lieve accenno di tabacco. Mi fa impazzire!
Lo fisso intensamente per qualche istante, pensando che, infondo, sono una donna forte e indipendente che ha appena compiuto trent’anni e che non può farsi mettere in difficoltà da un ragazzino che non ne ha ancora compiuti ventiquattro. Anche se questo ragazzino è la star del momento.
Edward se ne accorge, arrossisce leggermente, e si passa una mano tra i capelli disordinati aspettando che dica qualcosa.
“Senti, potresti spiegarmi di nuovo che ci fai qui?” gli chiedo visibilmente confusa. “Non che la cosa mi dispiaccia, anzi… ma non credo di aver capito la storia del premio… una delle mie amiche ti ha comprato per me?”
“Più o meno,” risponde lui, alzando le spalle. “È tutta colpa di mia madre, in realtà. Lei e le sue amiche stanno aiutando padre Sam a raccogliere dei fondi per ristrutturare il centro anziani. Così, tra le varie iniziative, hanno organizzato una sorta di lotteria. Il premio, come avrai capito, era una cena con il sottoscritto. E a quanto pare è stato vinto da una tua amica.”
“Tua madre ti ha messo all’asta? Dici serio?” domando incredula.
“Già, proprio così,” risponde lui rassegnato.
“Ma è pazza?” Le parole mi escono dalla bocca prima ancora che le abbia pensate. Grandioso. Ho appena dato della pazza alla madre di Edward Cullen!
Lui mi guarda stranito, e io sono terrorizzata dall’idea di averlo offeso.
“Scusa…” mi affretto ad aggiungere. “Non volevo dire che tua madre è pazza… senza dubbio non è una pazza… e poi la parola pazzo può avere anche una connotazione positiva, se ci rifletti…”
Santo cielo, Bella: vuoi smetterla di pronunciare la parola pazzo?
“Quello che voglio dire è che mi sembra un po’ azzardato mettere in palio una cena con te… se la notizia fosse capitata tra le mani sbagliate sarebbe successo il finimondo… voglio dire, tu sei Edward Cullen! Anche mia nonna che ha ottant’anni e che vive in Italia sa chi sei…”
Questa è ovviamente una bugia. Mia nonna Maria non riconosce più neppure se stessa, ma l’esagerazione rende bene l’idea.
Edward mi guarda come se avessi detto la cosa più ovvia dell’universo, ma, al contempo, fossi l’unica insieme a lui a capirla.
“Brava! È quello che ho cercato di spiegare a mia madre! In realtà non sono nessuno, e la questione della fama è talmente effimera che neppure riesco a considerarla reale. Ma purtroppo in molti, troppi, pensano che anche il mio solo respirare faccia notizia e non ci vuole nulla a finire sui giornali e ad essere inseguito per giorni dai paparazzi.”
“Com’è che la cosa non è diventata di dominio pubblico, allora?”
“Mia madre ha avuto l’accortezza di intitolare il concorso Cena con una Star Misteriosa o qualcosa del genere… il fatto è che lei è l’unica in tutto il quartiere ad avere un figlio che fa l’attore e finisce regolarmente sulle riviste. Tutti sapevano che ero io la Star Misteriosa, ne sono certo. Per fortuna la notizia non è finita in rete.”
“Ancora non capisco come le mie amiche sapessero di questa lotteria, però.” Pur essendone molto, molto, mooolto grata.
“Una delle tue amiche si chiama Angela?”
“Sì, come fai a saperlo?” chiedo sospettosa.
“E’ stata lei. Sua nonna, la Signora Weber, è un membro molto attivo della comunità. E’ da lei che ha ricevuto la soffiata. Infatti ero convinto che avrei cenato con Angela, non con te.”
La nonna di Angela conosce la madre di Edward Cullen?!
La nonna di Angela conosce la madre di Edward Cullen e io non ne sapevo nulla?!
Meglio non pensarci…
Improvvisamente provo pena per questo ragazzo che mi siede di fronte, costretto dalla madre a cenare con una fan, molto probabilmente in una delle sue poche serate libere da impegni di lavoro.
“Dio, mi sento così in colpa.” confesso, nascondendo il volto tra le mani.
“Perché?” mi chiede confuso.
“Beh, sono sicura che vorresti essere altrove, magari da qualche parte a berti una birra con i tuoi amici, e non seduto al tavolo di un anonimo pub ad intrattenere una sconosciuta che ha appena offeso tua madre!”
Edward scoppia a ridere, di nuovo. E io penso che vorrei tanto incidere un CD con la sua risata da ascoltare e riascoltare e riascoltare ancora.
“Bella, non ti preoccupare,” mi rassicura “Per un uomo è sempre piacevole cenare con una bella donna.”
Bella donna? Edward Cullen pensa che io sia bella?
Il cuore comincia di nuovo a martellarmi furiosamente nel petto, e credo che il mio volto abbia assunto lo stesso colore della bandiera comunista, perciò ringrazio segretamente Dio, Allah, Krishna, Buddha, tutti gli angeli, i santi e gli dei dell’Olimpo quando Bob compare con la nostra cena togliendomi dall’imbarazzo.
“Buon appetito, Bella.”
“Buon appetito.”
“Allora, davvero non avevi idea che avresti cenato con me?” mi chiede Edward, affondando il coltello nella bistecca.
“No!” rispondo molto poco signorilmente con la bocca piena di patatine. “Perché? Avevo l’aria di una che sapeva?”
“No, direi di no!” sghignazza divertito. “All’inizio pensavo mi volessi cacciare a calci! Avevi l’aria davvero incazzata! Poi sei sbiancata, come se avessi visto un fantasma, e non hai più detto una parola. Temevo svenissi!”
“Effettivamente ti volevo cacciare a calci,” ammetto. “Non mi ero accorta fossi tu! Pensavo che le mie amiche mi avessero organizzato un appuntamento al buio con un uomo!”
“Beh, è esattamente quello che è successo…” precisa.
“Sì, però tu non sei Un Uomo… tu sei… TU!”
“Io non sarei un uomo?” mi chiede, posando coltello e forchetta e inarcando un sopracciglio.
“No… cioè, sì… insomma, andiamo… hai capito.” balbetto imbarazzata. Santo Cielo! Tu sei Edward Cullen! Dovresti saperlo!
Edward torna a concentrarsi sulla sua bistecca, senza togliermi i suoi meravigliosi occhi blu di dosso. Oddio, sento che sto per svenire. Così non va bene. Mi devo concentrare.
“Allora, confessa” gli chiedo dopo un paio di bocconi.”Che programmi avevi per la serata?”
Edward sembra preso in contropiede, e ha un attimo di esitazione.
“Dai, non mi offendo,” insisto. “Che dovevi fare, prima che tua madre ti costringesse ad un appuntamento al buio con una tardona che ha decorato il desktop del suo P.C. con una tua foto?”
“Hai una mia foto sul desktop?” mi chiede con aria maliziosa.
Merda. Perché stasera sono affetta da diarrea verbale?
“No…”
Negare! Negare tutto!Urla la mia vocina interna.
“Sì, invece!” sghignazza lui.
Cambia discorso! Distrailo!Continua ad urlare allarmata la mia vocina interna.
“Non hai risposto alla mia domanda…”
Lui mi scruta serio per un attimo e poi confessa.
“Più tardi vorrei andare al Tokyo Decadence. Ci suona un mio amico con il suo gruppo.”
“Io ci lavoravo al Tokyo Decadence!”
“Davvero?”
“Sì, come cameriera. Ci ho lavorato tutti i fine settimana per due anni. Poi tre impieghi hanno cominciato a pesare, così ho mollato sei mesi fa. Come si chiama il gruppo? Magari li conosco.”
“Wolf Pack.”
“Wolf Pack... sì, mi pare di conoscerli… fammi sentire qualcosa,” gli propongo.
E così Edward canticchia il ritornello di uno dei loro pezzi. Lo riconosco immediatamente e gli vado dietro.
“Sai chi sono, allora!” esclama entusiasta.
“Sì, li ho visti un paio di volte lo scorso anno. Credo di avere anche un CD da qualche parte. Sono bravi. Il tuo amico chi è? Qual è dei tre?”
“Jacob, chitarra e voce,” precisa.
“Jacob… sì ho capito chi è.”
“Lo sai che anni fa ero uno del gruppo?” confessa.
“Dici sul serio?” Per via di quello che scrivono i giornali so che Edward è un grande appassionato di musica e che suona la chitarra, ma non sapevo avesse fatto parte dei Wolf Pack.
“Sì, avevamo diciassette anni… e neppure ci chiamavamo Wolf Pack… eravamo in tre. Io, Jake ed Emmett. Poi me ne sono andato ed è arrivato James.”
“E hanno cambiato nome, e hanno fatto il salto di qualità…” sghignazzo, prendendolo in giro.
Lui mi guarda per un attimo con l’aria stupita, come se non si aspettasse da parte mia una battuta del genere. Effettivamente neppure io mi aspettavo di potermi sentire così rilassata in sua compagnia. Rilassata al punto da potermi perfino prendere gioco di lui.
Poi Edward abbassa lo sguardo, scuote impercettibilmente la testa abbozzando un sorriso, e mi fa una proposta che davvero non posso rifiutare.
“Senti, ti va di andarci insieme al concerto? Dopo la cena, intendo.”
Per un attimo penso che me lo stia chiedendo per educazione, ma in realtà sembra entusiasta, come se avesse appena trovato un terreno comune da coltivare. Così accetto di buon grado.
“Certo! E poi lì conosco tutti. Possiamo bere gratis,” gli dico, facendogli l’occhiolino.
Ovviamente lui non ha bisogno di bere gratis da nessuna parte, ma capisce la battuta e sta al gioco.
“Che musica ascolti? Quali altri gruppi ti piacciono?” mi chiede.
E così iniziamo una discussione animata e divertita sulla nostra comune passione: la musica.

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Capitolo 4
*** 4.EDWARD ***


4. EDWARD
 
Baby, I’ve been waiting for you
Don’t run away now, you’ve got nothing to loose
Baby, I feel so alone
And I need someone to call my own
(Come to me – Koop)
 
Lo so, sembra incredibile. In questi ultimi tre anni la mia vita è cambiata radicalmente. Dall’oggi al domani, grazie ad un ruolo azzeccato, capitato quasi per caso, sono passato dall’essere un attore sconosciuto e di belle speranze ad una celebrità di fama mondiale. Ho vinto molti premi, alcuni prestigiosi, altri meno. Ho conosciuto un sacco di gente che conta nell’industria del cinema, incontrato molti dei miei punti di riferimento e miti. Ho viaggiato, visto un sacco di posti diversi, conosciuto tantissima gente interessante. Eppure, questa serata è una delle più piacevoli che ricordi di aver vissuto da tanto tempo.
 
Sono le 8.30 passate ed il taxi che ho prenotato per telefono dovrebbe essere qui a momenti. È una bella serata, e non posso fare a meno di pensare che da molto tempo non mi sentivo così tranquillo, in pace e… normale. Isabella è davvero fantastica. Non è solo bellissima; è intelligente, ironica, spontanea, ed abbiamo un sacco di cose in comune. Anche se ha fatto la modesta, credo ne sappia di musica più del sottoscritto. Ho anche il sospetto che suoni qualche strumento, ma non si è sbilanciata, al riguardo, ed alla mia domanda esplicita suoni la chitarra? si è difesa con un vago so fare qualche accordo.
Dopo un primo momento di sconcerto, s’è comportata come se si trovasse di fronte ad un ragazzo qualunque incontrato in un pub. Un ragazzo dal quale non si lascia intimorire e che non si vergogna a stuzzicare e prendere in giro. Insomma, un ragazzo che trova interessante per quello che dice, non per la sua fama. Non sono mai stato un timido, ma da quando sono diventato così popolare guardo con sospetto chi si interessa troppo a me. Non riesco a capire cosa voglia realmente, se nasconde un secondo fine oppure no.
Con Bella, invece, è tutto molto facile. In queste due ore abbiamo parlato di qualunque cosa senza il minimo sforzo. È come se la conoscessi da anni.
 
“Il nostro taxi dovrebbe essere qui a momenti. Che ne dici di uscire a prendere una boccata d’aria?” le propongo cominciando a tastare le tasche della giacca.
“Muori dalla voglia di fumarti una sigaretta, vero?” mi chiede maliziosa.
Oddio. Sa leggere nel pensiero? Ufficialmente starei cercando di smettere, ma ufficiosamente non ne ho nessuna voglia. Così continuo a fumare, più o meno di nascosto.
“Sì, lo confesso.” ammetto “ Ti da fastidio? Se ti da fastidio, io…” Smetto. Getto il pacchetto. L’accendino. Tutto.
“No, non c’è problema.” risponde sorridendo.
Così l’aiuto ad alzarsi e ad infilare il soprabito e, dopo aver salutato Bob, ci avviciniamo all’uscita.
“Dopo di lei, signora.” dico con tono artefatto e formale, aprendo la porta del Black Sheep.
Lei mi guarda storto, e facendo la finta offesa lamenta “Signora? Non puoi fare a meno di ricordarmi che da oggi è iniziata la mia parabola discendente, vero Cullen?”
Scoppio a ridere divertito perché non è la prima volta, questa sera, che commenta negativamente il fatto di essere arrivata ai trenta, e l’accompagno fuori dal locale.
“Piantala!” la rimprovero.”Dimostri vent’anni!”
“Sì, certo. Dieci anni fa, forse!” Si schermisce.
“Dico sul serio.” confesso mentre accendo un sigaretta. “Credo che tu sia bellissima.”
È la seconda volta che glielo dico stasera. Ma lo penso veramente, e voglio che lei lo sappia.
Bella arrossisce e, vistosamente imbarazzata, abbassa lo sguardo scuotendo la testa.
“Solo perché ho passato l’intero pomeriggio in un centro di bellezza. Credimi, la mattina appena sveglia non ho questo aspetto.”
Sentendo queste parole non posso fare a meno di immaginarla mentre sbuca da sotto le coperte – le mie coperte - assonnata, spettinata e senza trucco, con addosso solo una mia vecchia maglietta.
Cazzo. Voglio questa ragazza…
“Non vedo l’ora di scoprirlo.” mi lascio sfuggire, ed immediatamente mi mordo la lingua.
È ufficiale. Sono un coglione. Non vedo l’ora di scoprirlo? Ma che mi prende? Ora Bella penserà che voglio solo portarmela a letto. Il che è assolutamente vero. Ma, l’idea che lei lo pensi, l’idea che lei creda che mi interessa solo questo, mi da stranamente fastidio.
Bella mi punta addosso i suoi enormi occhi verdi. Ha l’aria confusa, di chi non capisce. E a dire il vero, neppure io.
Cullen, che ti succede? Hai incontrato questa ragazza solo un paio di ore fa. Non sai neppure qual è il suo cognome! Vacci piano. Non lasciarti coinvolgere. È troppo presto. Non hai neppure rotto ufficialmente con la tua reale presunta fidanzata. E poi è molto più vecchia di te. Anche se sei anni non sono così tanti…
 
Sto pensando a tutte queste cose quando, con la coda dell’occhio, vedo un’ombra provenire dalla nostra sinistra. Ma che cazzo… Quando mi rendo conto di quello che sta per accadere, è ormai troppo tardi. Due ragazzini si stanno rincorrendo in bicicletta ed uno dei due ha la brillante idea di abbandonare la strada e salire sul marciapiede. Prima che riesca ad afferrare Bella per un braccio e trascinarla al sicuro verso di me, il ragazzino le sfreccia accanto come una mina impazzita, le da una spallata, lei perde l’equilibrio e cade rovinosamente a terra.
“Bella!” urlo gettando la sigaretta appena accesa da un lato.
Lei è stesa su un fianco e cerca di rialzarsi.
“Aspetta, ti aiuto. Come stai? Sei ferita?” le chiedo allarmato.
“Mi sono graffiata.” dice tenendosi il ginocchio destro ridotto ad un grumo di sangue ed asfalto.
“Cazzo. Ti sanguina anche il polso. Dobbiamo pulire le ferite. Riesci ad alzarti? Ecco appoggiati…” le dico cingendole la vita per aiutarla a rimettersi in piedi.
“Argh… merda… la caviglia…”
‘Fanculo. S’è fatta male veramente.
“Togli le scarpe. Riesci ad appoggiare il piede?”
No, non ce la fa. Bella si aggrappa a me per non cadere di nuovo. E lo so che sta soffrendo, ma non posso fare a meno di provare uno strano e piacevolissimo brivido sentendo il suo corpo così vicino.
Sento il suo profumo, il suo respiro, i suoi capelli soffici mi solleticano il mento…
“Merda! Edward, mi fa male…”
La voce sofferente di Bella mi riporta velocemente alla realtà.
“Senti. Ti porto al pronto soccorso.” dichiaro risoluto. Infondo non vedo cos’altro potrei fare.
“Cosa? No! No, non voglio!”
Bella ha la stessa espressione di un cerbiatto spaventato di fronte ad una belva feroce.
“Bella, ragiona: non riesci a camminare. La tua caviglia potrebbe essere rotta!”
“Non è rotta. È solo una distorsione. Dammi un attimo. Il pronto soccorso non è necessario.”
“Bella, si sta gonfiando!”
“Non voglio rovinarti la serata...” mi implora.
“Cosa?!” esclamo stupito.
“Vado a casa e ci metto un po’ di ghiaccio. Se domani mi fa ancora male andrò da un medico, promesso. Tu non devi rinunciare ai tuoi amici per me.”
Lei cerca di divincolarsi, ma io la tengo stretta. Non ho alcuna intenzione di lasciarla andare.
“È per questo che non vuoi andare al pronto soccorso?” le chiedo, incredulo. “Perché non vuoi rovinarmi la serata?”
Bella non risponde, ma i suoi occhi non sanno mentire. Non vuole che io rinunci al concerto dei Wolf Pack e penso che questa è la cosa più dolce che una ragazza abbia fatto per me.
“Come pensi che mi possa divertire sapendo che forse hai qualcosa di rotto?” le chiedo. “Ti porto al pronto soccorso.”
“Edward…”
“Vieni.”
Ormai ho deciso, non accetto repliche. E con grande attenzione la riporto all’interno del Black Sheep per ripulirle le ferite in attesa che arrivi il nostro taxi.
 
Siamo al pronto soccorso del St. Mary da quasi due ore e nessuno ha ancora visitato Bella. Ci hanno fatti accomodare in accettazione su delle scomodissime poltroncine di plastica azzurra. Fa caldo, è pieno di gente e non si respira. Pare che una distorsione non sia tanto grave se paragonata ad una serie di codici rosso che si susseguono senza sosta da che abbiamo messo piede qui dentro. È la prima volta che mi capita di voler essere riconosciuto e di voler sfruttare la mia fama per accelerare i tempi, ma sembra che nessuno sappia chi sono. Così, non posso fare altro che aspettare paziente che qualcuno si occupi di noi.
Per la prima ora sono riuscito a distrarre Bella parlandole di me e del mio lavoro di attore. Sono riuscito persino a farla ridere di gusto raccontandole una serie di episodi surreali che mi sono capitati in questi ultimi anni di incontri con fan pazzoidi e giornalisti invadenti.
Ma ora credo che Bella non riesca più a sopportare il dolore perché quasi non reagisce ai miei stimoli e risponde solo a monosillabi.
“Ti fa male?” le chiedo dopo un po’.
Annuisce.
“Posso fare qualcosa?”
Fa di no con la testa.
“Vuoi un bicchiere d’acqua?”
“Sì, grazie.”
Mi alzo e mi dirigo in fondo alla sala, all’unico distributore di bevande disponibile.
Ho quasi fatto quando mi accorgo che, finalmente, un medico si sta occupando di Bella. Così mi affretto a tornare da lei.
“Venga signorina, riesce a camminare?”
“No, non ce la fa.” rispondo secco al suo posto. Generalmente non sono così maleducato, ma sono stanco a causa della lunga attesa e preoccupato per lei, così, per un attimo, dimentico le buone maniere.
“Lei chi è?” mi chiede annoiato il medico, senza levare lo sguardo dalla cartella che sta compilando.
“È un mio amico.” si affretta a precisare Bella. “Dottore, Edward potrebbe accompagnarmi? Gli ospedali mi terrorizzano, ho bisogno di lui. Per favore.”
Bella ha bisogno di me…
Il medico mi guarda con la coda dell’occhio.
Se rifiuta e mi ordina di aspettare, lo stendo. Non l’hai sentita? Ha bisogno di me. E non m’importa di quali siano le regole di questo maledetto ospedale.
Fortunatamente sembra non prestare molta attenzione al protocollo. O forse è semplicemente stanco e non ha voglia di mettersi a discutere con un ragazzino isterico.
Meglio così. Non ho voglia di litigare, e francamente non sono poi tanto bravo a fare la voce grossa. I miei genitori mi hanno educato troppo bene.
“Sicuro.” sospira stancamente. “Infermiera. Aiuti la signorina. Serve una sedia a rotelle. La porti in reparto per un RX alla caviglia destra. Il ragazzo qui è con lei.”
Una donna robusta sulla cinquantina si avvicina con una sedia a rotelle ed aiuta Bella a salirci. Ha un’aria gentile e premurosa e sono felice che Bella sia stata affidata a lei.
“Vieni cara. Siedi. Non è nulla di grave, una distorsione, probabilmente. Ma faremo un RX per accertarci che non ci sia nulla di rotto.”
“Com’è successo?” mi chiede l’infermiera mentre entriamo in un ascensore destinato al solo personale ospedaliero.
“Un idiota in bicicletta. È salito sul marciapiede e le ha dato una spallata facendola cadere.”
“Gentaglia.” Commenta l’infermiera.
“Potrebbe dare un’occhiata anche alle ferite sul ginocchio e sul polso?” chiedo sfoderando il mio fascino alla Edward Cullen. “Cadendo s’è graffiata. Ho tentato di pulirle alla meno peggio, ma starei più tranquillo se una persona competente se ne prendesse cura.”
“Certo caro.” risponde premurosa l’infermiera. “Non ti preoccupare.”
“Grazie mille… qual è il suo nome?”
“Jacky, caro.”
“Grazie mille Jacky. Le sono davvero riconoscente.”
Bella ha lo sguardo basso e mi scruta con la coda dell’occhio. Chissà a cosa sta pensando.
 
Sono di nuovo seduto su una scomoda poltroncina di plastica azzurra, anche se in un reparto diverso dell’ospedale, quando Bella ricompare da dietro le porte di radiologia. Si trova ancora su una sedia a rotelle, ma ha l’aspetto più sereno e rilassato, il che è un buon segno, significa che la caviglia non è rotta.
“Sta tranquillo.” mi rassicura l’infermiera. “La tua ragazza non ha nulla, sta bene. La caviglia non è rotta, per fortuna. Ma deve tenerla a riposo. L’ematoma è abbastanza esteso. Ci vuole del ghiaccio, per sgonfiarla ed alleviare il dolore, ed una pomata che il Dottor Banner le prescriverà tra un attimo. Farò aggiungere anche un antidolorifico, così stanotte potrà dormire.”
La tua ragazza…
Io e Bella ci guardiamo imbarazzati per un attimo, ma nessuno dei due si preoccupa di correggere l’infermiera. A dire il vero, l’idea che in questo ospedale ci abbiano scambiati per una coppia non mi da fastidio. Anzi, provo un lieve senso di benessere.
“Stia tranquilla.” rispondo tenendo gli occhi fissi su Bella che arrossisce e distoglie lo sguardo. “Mi prenderò cura di lei.”
Adoro metterla in imbarazzo e mi piacerebbe avere tante altre occasioni per farlo, in futuro. Se non altro per godermi lo spettacolo delle sue guancie che prendono improvvisamente colore.
Poi l’infermiera si allontana per un attimo lasciandoci soli.
“Come stai?” le chiedo inginocchiandomi al suo fianco.
“Sono stanca, e mi fa male la caviglia. Tu come stai?”
“Sono stanco e vorrei poter fare qualcosa per la tua caviglia.”
“Hai già fatto abbastanza, Edward.” replica sorridendo. “Grazie per avermi aiutata. Che ore sono?” aggiunge poi sbadigliando.
“Quasi mezzanotte.” rispondo dando un’occhiata distratta all’orologio.
Bella viene improvvisamente colta dal panico e comincia ad agitarsi sulla sedia a rotelle.
“Cosa? Mezzanotte? Oddio, no! Hai perso il concerto del tuo amico. Edward, scusa. Mi dispiace, mi sento così in colpa…”
“Bella, non essere sciocca, non è colpa tua.” cerco di tranquillizzarla. “È colpa di quel deficiente, semmai.”
“Sì ma…”
“Ssssh. Va tutto bene." continuo scostandole una ciocca di capelli dietro un orecchio. "Ora ti riporto a casa. Hai bisogno di riposare.”
“Edward, non è necessario che mi accompagni. Posso prendere un taxi. Davvero, non ti devi preoccupare.”
È così dolce. Non l’ho ancora lasciata e già mi manca. Cosa mi sta succedendo? Bella, cosa mi stai facendo?
L’infermiera ci interrompe consegnandomi un foglio.
“Questa è la ricetta per la pomata e gli antidolorifici. La farmacia si trova al primo piano. L’ascensore per raggiungerla è laggiù, infondo al corridoio, sulla destra.”
“Grazie mille, Jacky. È stata gentilissima.” Bella la ringrazia e le stringe la mano.
“Di niente, cara.” Jacky ricambia il sorriso, materna, e poi si rivolge di nuovo a me “Mi raccomando, costringi a letto la tua ragazza. Non deve sforzare la caviglia per almeno un paio di giorni.”
Bella arrossisce di nuovo, ma non chiarisce il malinteso. E neppure io ho intenzione di farlo.
In questo momento, in questo ospedale, io sono il suo ragazzo.
“Stia tranquilla, Jacky. La terrò d’occhio. Promesso.”
 
Mentre spingo la sedia a rotelle lungo il corridoio, verso l’ascensore, Bella cerca in tutti i modi di convincermi a lasciarla tornare a casa da sola. Siamo in farmacia, ed ancora non ha desistito. Francamente la cosa comincia a divertirmi. È così buffa! Non mi sfiora neppure l’idea che lei non voglia avermi intorno. So che non è così. Non sarebbe arrossita in quel modo quando, poco fa, Jacky ci ha scambiati per una coppia. Le mie attenzioni le piacciono, ma è troppo generosa per ammettere di aver bisogno del mio aiuto. La sua maggiore preoccupazione, da che ci siamo incontrati, è stata quella di avermi rovinato la serata, mentre questa è una delle notti più belle che abbia passato in questi ultimi anni, incidente a parte.
 
Così, mentre il taxi ci riporta a casa, prendo una decisione. Voglio Bella, e farò di tutto per conquistarla.

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Capitolo 5
*** 5.1 ISABELLA ***


5.1 ISABELLA
 
The way you move
Has got me yearning
The way you move
Has left me burning
I know you know what you're doing to me
I know my hands will never be free
I know what it's like to be in chains
(In Chains – Depeche Mode)
 
“Quale piano?”
“Quarto.”
“C’è un ascensore?”
“Hem… No…”
“Quarto piano senza ascensore?!”
“Già.”
“Vebbé, sali.”
“Cosa?”
“Sali. Sulla mia schiena. Forza, ti porto su.”
“No!”
“Che vuol dire no? Sì! Come pensi di salire?”
“Zoppicando?”
“Non puoi sforzare la caviglia. E poi ci metteresti tutta la notte. Andiamo, salta su.”
“Edward!”
“Ho promesso che mi sarei preso cura di te. Non ho intenzione di muovermi da qui.”
“Ti spezzerò la schiena! Ti farai male! Quattro piani sono tanti!”
“Bella, quanto pesi? Cinquanta chili? Onestamente, non è un problema.”
 
Se stamattina, svegliandomi, mi avessero detto che mi sarei trovata, a qualche ora di distanza, in una situazione simile, non ci avrei creduto; probabilmente, sarei morta dalle risate.
Invece eccomi qui, aggrappata alla schiena di Edward Cullen, famoso attore londinese, neo-divo di Hollywood, le scarpe in mano ed il vestito arrotolato lungo i fianchi, mentre percorriamo le quattro rampe di scale che ci separano dal mio appartamento.
È la seconda volta stasera che mi trovo così vicina a lui. La prima su quel maledetto marciapiede, quando, dopo essere stata scaraventata a terra da quel deficiente in bicicletta, Edward mi ha aiutata a rialzarmi. Ma francamente in quel momento ero troppo concentrata sulla mia caviglia ed il dolore lancinante che provavo per rendermi conto delle sue mani che mi cingevano la vita.
Ora, invece, ho tutti i sensi all’erta. Il mio corpo preme contro la sua schiena. Le sua braccia forti mi sorreggono le gambe. Il mio viso è vicinissimo al suo, quasi appoggiato alla sua spalla destra. Sto attenta a non avvicinarmi troppo, però, a non sfiorargli la pelle. Sarebbe davvero troppo per il mio povero cuore impazzito.
E poi non so cosa mi prende. Avvicino il naso ai suoi meravigliosi capelli castano ramato ed aspiro avidamente.
Mmmm… fiori, estate, sole…
“Sai di buono.” gli sussurro.
Lui non dice niente. Continua a salire, il respiro leggermente affannato. Ma stringe ancora di più la presa ed io capisco che nulla sarà più come prima, che questa notte è importante. E che voglio quest’uomo. Non perché è Edward Cullen, ma perché è il mio cavaliere dall’armatura scintillante. Perché mi fa stare bene, mi fa sentire importante e protetta.
 
“Siamo arrivati. La porta è quella.” Gli bisbiglio nell’orecchio per non svegliare i vicini.
“Dio sia lodato.” Si lascia sfuggire facendomi scivolare a terra.
“Te l’avevo detto, Cullen. Non era il caso.” Lo rimprovero.
“Sono solo fuori allenamento.” Si giustifica cercando di darsi un tono e di controllare il fiato corto.
“Hai il fiatone.” Sghignazzo.
“Avrei potuto lasciarti ad agonizzare su quel marciapiede, sai?”
“Ti posso offrire un bicchiere d’acqua almeno? Questo non ferisce il tuo orgoglio di maschio?” continuo a prenderlo in giro mentre apro la porta di casa.
“Sicuro. Sono curioso di vedere dove vivi.”
 
Non faccio in tempo ad aprire la porta e due ragazze in pigiama si fiondano su di me.
“Bella! Sei tornata! Com’è andata? Raccontaci tutto!” esclamano tutte eccitate. “Com’è…” e poi si accorgono di Edward che sbuca da dietro le mie spalle mentre gli faccio strada zoppicando.
“Ragazze, Edward. Edward, le mie amiche e coinquiline: Angela e Rosalie.”
Le mie amiche sono pietrificate, come se avessero appena visto la Medusa del mito greco.
Oddio, avevo questa faccia quando Edward si è seduto al nostro tavolo al Black Sheep? Che vergogna…
“Ciao. Piacere.” Saluta educato Edward.
Niente, nessuna reazione. Solo occhi e bocche spalancate. È imbarazzante, ma le capisco: non capita tutti i giorni di trovarsi Edward Cullen in salotto! Anzi: non capita mai.
“Ragazze. Prendete fiato. Comunque io sto bene.” Dico, non senza una punta di acidità, mentre mi trascino verso la cucina. Sto zoppicando, ho un ginocchio ed un polso incerottati, e nessuna delle due se ne è resa conto!
“Bella, non dovresti camminare!” mi rimprovera preoccupato Edward venendomi dietro.
Rosalie è la prima a risvegliarsi dal torpore in cui sembrano essere cadute entrambe.
“Cosa vuoi dire? Bella, perché zoppichi?”
Mentre offro da bere al nostro ospite, spiego in due parole quello che è successo.
“Sei stato davvero gentile ad occuparti di lei, Edward.” Rosalie è l’unica ad aver riacquistato il dono della parola, a quanto pare. “Comunque avresti dovuto chiamarci, Bella, saremmo venute subito.”
Sicuro, come no!E perdere così l’occasione di passare un’intera serata da sola con Edward! Non so quante volte mi sono scusata con lui per aver mandato a monte i suoi piani impedendogli di vedere i suoi amici e di godersi il concerto dei Wolf Pack; ma, pur sentendomi in colpa, una piccola parte di me saltellava entusiasta all’idea di poter passare del tempo così vicini, senza nessuno intorno, anziché in un locale pieno di gente, senza la possibilità di comunicare in nessun modo se non urlando sopra la musica.
“È solo una distorsione. Non era necessario farvi accorrere entrambe al mio capezzale.” Taglio corto.
 
Nel frattempo Edward ha finito il suo bicchiere d’acqua e capisco a malincuore che è il momento di dire addio. Non vorrei doverlo salutare; vorrei sedermi al tavolo della cucina e continuare a chiacchierare con lui. Potrei restare ad ascoltare la sua voce bella e calda per ore. Ma credo di aver approfittato abbastanza del suo tempo. Chissà se lo rivedrò di nuovo. Probabilmente no.
“Rosalie… potresti… insomma…”
Siamo decisamente in troppi in questa stanza. Devo liberarmi di qualcuno, e questo qualcuno non è Edward. Non subito, almeno.
Rosalie mi scruta per un istante, confusa. Poi capisce cosa intendo.
“Certo… Hem… Che sonno. Uahhhh…” finge di sbadigliare. “Credo sia giunto il momento di augurare la buona notte. È stato un piacere Edward. Torna a trovarci.” E non senza fatica trascina via Angela ormai ridotta ad un’ameba.
Che scena assurda! Io ed Edward ci guardiamo divertiti ed a stento riusciamo a trattenere le risate.
Quando la porta della cucina si chiude cala il silenzio. Restiamo così, senza dire nulla, per un attimo che sembra interminabile. È come se nessuno dei due volesse porre fine alla serata. Ma sono consapevole di non poter prolungare oltre questa dolce agonia e che devo lasciarlo andare.
“Grazie ancora per la cena, Edward.” Riesco a dire dopo un po’. “È stato il compleanno più… surreale che abbia vissuto.”
Lui sorride.
Se lo rapissi e lo tenessi chiuso nell’armadio, quanto tempo impiegherebbe l’Interpool a scoprire dove si trova, a liberarlo e sbattermi in galera?
“Senti… ti posso chiamare domani? Per sapere come stai…”
O mio Dio. Edward mi vuole chiamare. Vuole il mio numero di telefono!
“Certo… sì… certo…” balbetto.
Edward estrae il proprio cellulare dalla tasca della giacca e memorizza il mio numero.
“Ti faccio subito uno squillo. Così anche tu hai il mio.”
O mio Dio. O MIO DIO!
Ormai non sono più in grado di formulare alcun pensiero coerente, se non O MIO DIO.
Cosa sta succedendo? È una candid-camera?
Di solito un uomo lascia il proprio numero di telefono solo quando una donna gli interessa veramente. Com’è possibile che Edward Cullen sia interessato a me? Non ha senso. Lo fa per educazione. Nient’altro. Vuole solo accertarsi che stia bene.
 
Lo accompagno alla porta di casa e sulla soglia avverto di nuovo quella sensazione indefinibile che ho provato poco fa, mentre ero aggrappata alla sua schiena.
Ho le farfalle nello stomaco ed uso le poche forze che mi sono rimaste per non saltargli addosso.
“Allora… buona notte, Edward.” gli dico con un filo di voce.
“Buona notte, Bella.” mi risponde, la voce calda e vellutata.
Poi mi da un casto bacio sulla guancia prima di scomparire nella notte.

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Capitolo 6
*** 5.2 ISABELLA ***



5.2 ISABELLA

Domenica, 18 aprile 2010 

DRIIIIIN-DRIIIIIN-DRIIIIIN
Cos’è? Cosa succede?
DRIIIIIN-DRIIIIIN-DRIIIIIN
Basta! Fatelo smettere!
DRIIIIIN-DRIIIIIN-DRIIIIIN
Ah… sì, il telefono…
 
“Pronto?”
“Ma che fine avevi fatto?” mi chiede una voce maschile bella, profonda e lievemente preoccupata.
Purtroppo l’80% circa del mio cervello è ancora totalmente immerso nella fase REM, quindi non ho idea di chi si trovi dall’altro lato della cornetta.
“Cosa? Ma chi è?” borbotto stiracchiandomi.
“Sono io… voglio dire… Edward.”
“Edward?” Conosco un Edward? Credo di sì. Ma non ne sono sicura.
“Cullen.”
Cullen… Cullen?! Oddio! Edward!
“Edward!” esclamo mettendomi a sedere sul letto.
“Stavi ancora dormendo?” mi chiede divertito.
“Mmmm, già… ma che ore sono?” gli domando stropicciandomi gli occhi.
“Le tre del pomeriggio. È la terza volta che provo a chiamarti. Ti ho pure mandato un messaggio.”
“Che? Stai scherzando?”
Io non ho sentito il telefono squillare! Quando mi ha chiamata? Quando? Perché non ero sveglia? Appuntare sull’agenda: quando Edward chiama, tu rispondi. Sempre!
“No, perché dovrei?” continua. “Ma che ci fai ancora a letto a quest’ora?”
“Ieri notte non riuscivo ad addormentarmi. Alle quattro ero ancora sveglia. Poi ho preso uno di quegli antidolorifici che mi hanno prescritto in ospedale. Ma credo fosse sonnifero per rinoceronti.”
Alla mia battuta, Edward scoppia a ridere.
Altro appunto da segnare in agenda: decidersi una buona volta ad incidere un CD con la sua risata! Non c’è suono al mondo che ami di più.
“Allora, come stai?”
“Assonnata. Indolenzita. Assetata. Affamata.” Ammetto.
“Ti porto a far colazione?”
Wow Wow Wow. Fermi tutti. Edward vuole vedermi. Di nuovo? Improvvisamente sono più sveglia di un grillo.
“Colazione?” ripeto come un’ebete. Ma devo accertarmi di aver capito bene. Infondo potrebbe anche essere un sogno e questa conversazione il semplice frutto della mia mente allucinata dagli antidolorifici.
“Beh, vista l’ora, forse dovrei dire merenda.” precisa. “Passo a prenderti tra un’ora?”
“Certo!” esclamo eccitata.
Edward scoppia a ridere un’altra volta. Forse ho risposto con troppo entusiasmo, lo ammetto. Ma chissenefrega! Rivedrò Edward!
“Allora ci vediamo tra poco.”
“Ok.”
Fine dalla comunicazione.
 
Resto imbambolata a guardare il telefono per un po’, non del tutto convinta di aver parlato veramente con Edward. Ma poi trovo le due chiamate perse ed il messaggio che escludono categoricamente, ed una volta per tutte, che quanto è appena avvenuto sia un sogno.
 
Ciao Bella. Non rispondi alle mie chiamate. Voglio solo essere sicuro che tu stia meglio.
Cullen l’Apprensivo.
 
Dio, è così dolce!
So che sarà qui tra meno di un’ora e che gli ho appena parlato per telefono, ma mi pare scortese non rispondere. Così mi metto a digitare freneticamente sulla tastiera.
 
Scusa se non ho risposto. Non volevo farti preoccupare. Dormivo.
La Bella Addormentata.:-)
 
Mi precipito fuori dal letto, stando attenta a non appoggiare la caviglia ancora gonfia, e poi apro la finestra per capire che tempo fa e decidere cosa indossare. Il sole caldo di ieri è scomparso, ma non piove e la temperatura non è troppo bassa, così opto per qualcosa di semplice: un paio di leggings neri alla caviglia, una semplice camicia bianca aderente dal taglio maschile, un maxi cardigan di lana rasa grigio ed un paio di ballerine grigio topo decorate con delle minuscole borchie. La donna che Edward ha incontrato ieri sera era senza dubbio bellissima e sofisticata, ma io non sono così! O per lo meno lo sono raramente. Forse è una scelta che non mi premierà, ma se proprio ci tiene a conoscermi, voglio che Edward incontri la vera Bella, quella jeans, maglietta e niente trucco, per intenderci.
Poso tutto sul letto e mi precipito fuori dalla mia stanza.
 
Bip-Bip.
Un altro messaggio di Edward!
 
Perdonata. Ma non farlo mai più ;-) ci vediamo tra poco!
 
Ormai ho solo tre quarti d’ora per rendermi presentabile. Così saltello il più in fretta possibile sull’unico piede sano fino alla porta del bagno.
Chiusa. Dannazione!
“Hey, buongiorno!” Rosalie mi salta addosso. Letteralmente.
“Mi devi una spiegazione. Che ci faceva Edward Cullen a casa nostra ieri sera?” mi chiede tutta eccitata.
Io l’ignoro completamente.
“Chi c’è in bagno?” chiedo spazientita, e mi rendo immediatamente conto di quanto stupida sia la mia domanda: ne manca solo una di noi.
“Angelaaa…” urlo picchiando i pugni contro la porta del bagno. “Angela, esci, porca miseria!”
“Bella, stai bene?” mi chiede Rosalie preoccupata.
“Edward sarà qui tra meno di un’ora. Mi porta fuori a colazione. Merenda, anzi. Ho bisogno di una doccia… Angelaaa…” torno a prendere a pugni la porta del bagno.
“Cosa?!” Il tono della voce di Rose è talmente alto da poter essere udito solo dai cani.
“Perché in questa casa non è possibile fare pipì in santa pace?” ci urla contro Angela che nel frattempo è tornata tra noi.
“Edward Cullen sarà qui tra meno di un’ora!” esclama eccitata Rosalie. “Porta Bella a fare merenda!”
“Cosa?!” Angela è incredula, ovviamente.Come biasimarla? Continuo ad esserlo pure io.
“Ora non ho tempo ragazze. A dopo.” E mi richiudo dietro la porta del bagno.

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Capitolo 7
*** 6.EDWARD ***


6. EDWARD
 
Touch me deep, pure and true
Give to me forever
‘cause I’m kissing you, I’m kissing you…
(I’m kissing you -Des’ree)
 
Perché non risponde? Sono quasi le due del pomeriggio, dovrebbe essere sveglia ormai. Chissà come sta. Chissà se la caviglia si è sgonfiata. Chissà se le fa ancora male.
È la seconda volta che provo a chiamare Bella, ma il telefono continua a squillare a vuoto e francamente comincio ad essere preoccupato. Non per la sua salute. La caviglia è a posto, ho visto le radiografie. Ho paura che lo stia facendo di proposito, a non rispondere. Ho paura che non mi voglia più vedere. Sono terrorizzato dall’idea di aver male interpretato i suoi gesti e le sue parole e che non provi nessun interesse per me. Forse l’ho delusa. Forse si aspettava qualcosa di più. Mi è già capitato in passato. Le ragazze leggono le riviste, cercano informazioni in internet, si fanno un’idea di me che non corrisponde in alcun modo alla realtà e che, invece, assomiglia terribilmente al personaggio che mi ha reso famoso. Così, quando mi incontrano, restano deluse. Infondo sono un tipo piuttosto semplice, senza grandi pretese. Preferisco una serata tranquilla al pub a bere birra e parlare di musica con i miei amici, piuttosto che le feste, i locali alla moda ed i ristoranti costosi.
Qualche mese fa, durante una delle tante pause di riflessione alle quali mi ha costretto Tanja in questi ultimi due anni, sono uscito un paio di volte con una certa Rebecca, una modella, aspirante attrice, con la quale ho lavorato ad un servizio fotografico di moda per una nota rivista. Sembrava carina, simpatica, ma mi ci sono voluti solo un paio di appuntamenti per capire che quello che le interessava realmente era sfruttare la visibilità che avrebbe avuto accanto a me per far decollare la sua carriere. I paparazzi ci hanno beccati alla seconda uscita e quando le foto sono state pubblicate mi ha chiamato tutta eccitata dicendo che era la prima volta che le capitava, che era fichissimo e bla, bla, bla…
Ho cancellato il suo numero dalla rubrica subito dopo aver riattaccato.
 
Bella è diversa da tutte le altre ragazze con cui sono uscito fino ad ora. Forse perché è più grande e più matura. Magari è per questo che non vuole avere più nulla a che fare con me. Probabilmente, per lei, sono solo un ragazzino.
E siccome lo sono veramente, decido di mandarle anche un messaggio. Le dirò che sono preoccupato per la sua caviglia. Non che muoio dalla voglia di vederla di nuovo.
 
È passata un’altra ora e di Bella nessuna traccia. Non risponde alle mie telefonate, non risponde al mio messaggio. Per ingannare il tempo, e per cercare di placare l’ansia, ho smesso di gironzolare a vuoto per il centro di Londra e sono entrato in un negozio di dischi e DVD. Di solito, in questi posti, perdo la cognizione del tempo. Adoro rovistare tra gli scaffali e trovare vecchie edizioni di film sconosciuti o CD live di band ormai sciolte.
Ma questa volta non funziona. Ho un pensiero fisso: Bella.
Pur vergognandomi profondamente di me stesso e di questo mio ridicolo comportamento infantile, decido di provare a chiamarla un’ultima volta. Facendomi una promessa, però: se risponde la invito a cena, altrimenti mi faccio da parte. Non la cercherò più.
 
TU-TUUUUUUUU
Rispondi-rispondi-rispondi…
TU-TUUUUUUUU
Cazzo! Bella, che fine ai fatto?
TU-TUUUUUUUU
Bella…
 
“Pronto?”
Dio ti ringrazio... Non avevo nessuna intenzione di farmi da parte!
“Ma che fine avevi fatto?” quasi l’aggredisco in preda all’ansia.
Gesù, Cullen! Rilassati! Datti un contegno!
“Cosa? Ma chi è?”
Chi è?! Bella non mi ha riconosciuto… non ha salvato in memoria il mio numero? Brutto segno…
“Sono io… voglio dire… Edward.” Balbetto.
“Edward?”
Ok, ora sono confuso. Possibile che non abbia idea di chi io sia? O forse ho sbagliato numero? Non credo, la voce è quella di Bella, anche se roca ed un po’ assonnata.
“Cullen.” Preciso.
“Edward!”
“Stavi ancora dormendo?” le chiedo divertito, perché comincio a capire.
“Mmmm, già… ma che ore sono?” borbotta.
“Le tre del pomeriggio. È la terza volta che provo a chiamarti. Ti ho pure mandato un messaggio.” Confesso imbarazzato.
“Che? Stai scherzando?” Bella è sinceramente sorpresa. Ed io, finalmente, mi rilasso. Stava dormendo, ecco perché non ha risposto alle mie chiamate.
“No, perché dovrei?” continuo. “Ma che ci fai ancora a letto a quest’ora?”
Quando ieri me ne sono andato da casa sua, non era così tardi. Possibile stesse ancora dormendo?
“Ieri notte non riuscivo ad addormentarmi. Alle quattro ero ancora sveglia. Poi ho preso uno di quegli antidolorifici che mi hanno prescritto in ospedale. Ma credo fosse sonnifero per rinoceronti.”
Sonnifero per rinoceronti?! Non posso fare a meno di scoppiare a ridere.
“Allora, come stai?” le chiedo.
“Assonnata. Indolenzita. Assetata. Affamata.” Ammette.
Il che è perfetto. Risponde esattamente ai miei piani di portarla fuori a mangiare qualcosa. E non devo neppure aspettare l’ora di cena!
“Ti porto a far colazione?” le propongo incrociando le dita.
“Colazione?” ripete presa alla sprovvista.
“Beh, vista l’ora, forse dovrei dire merenda.” preciso. “Passo a prenderti tra un’ora?”
Ti prego, dimmi di sì…
Ma Bella non mi lascia sulle spine troppo a lungo. Anzi accetta immediatamente. E di buon grado, mi pare.
“Certo!” esclama fin troppo convinta. Ed io scoppio a ridere di nuovo. Perché sono al settimo cielo.
“Allora ci vediamo tra poco.”
“Ok.”
E riattacco.
 
Esattamente un’ora - ed un paio di SMS da bimbi dell’asilo - dopo, sono sotto casa sua. Lo ammetto, sono nervoso. Mi sudano le mani quando premo il pulsante del citofono, e non appena il portoncino si apre mi precipito su per le scale, impaziente di rivederla.
Sono quasi al secondo piano, quando sento chiamare il mio nome.
“Edward!”
Mi affaccio oltre la balaustra, e guardo in cima.
Bella mi fissa dall’alto con l’aria confusa.
“Edward! Che fai? Perché stai salendo?” mi chiede.
“Per aiutarti a scendere!” Le rispondo. E senza lasciarle il tempo di replicare, percorro le ultime due rampe di scale, due gradini alla volta.
Bella mi aspetta in piedi, sul pianerottolo, di fronte alla porta di casa chiusa.
Santo Cielo… riesce ad essere meravigliosa anche senza un filo di trucco! Ma come fa a non rendersene conto? Per quegli occhi dovrebbe avere il porto d’armi! Non possono essere legali! E porca miseria… che gambe!
Istintivamente vorrei annullare la breve distanza che ci separa, incollare le mie labbra alle sue, trascinarla nel suo appartamento e possederla su ogni superficie disponibile. Ma è probabile che le sue amiche siano in casa, e siccome non sono un depravato, e fare sesso di fronte ad un pubblico non rientra nel modo più assoluto tra le mie fantasie, neppure quelle più spinte, decido di soprassedere e di rimandare ad un momento più propizio i miei propositi peccaminosi.
 
“Cullen, ascoltami bene: non mi trascinerai di nuovo giù per le scale aggrappata come uno zainetto alla tua schiena!” esordisce minacciosa.
“Buongiorno anche a te. Dormito bene?” sghignazzo.
“Dico sul serio Edward…”
È irresistibile quando cerca di mettermi paura. Perché non ci riuscirebbe neppure brandendo un coltellaccio da macellaio insanguinato: ha l’aria troppo innocua!
“Lo so.” continuo sollevando le mani in segno di resa. “E per quanto mi dispiaccia non poterti avere tra le mie braccia, non ho nessuna intenzione di sfidare la tua ira funesta. Mi limiterò a farti da bastone da passeggio.” e porgendole il gomito concludo in tono formale “Madame.”
Lei mi guarda storto per un attimo, poi sorride, scuote la testa e passa il suo braccio sotto il mio.
“Dove ti porto?” le chiedo mentre zoppichiamo lentamente giù per le scale.
“C’è una piccola sala da tè ad un paio di fermate di autobus da qui. Ma se hai altre idee…”
“È un posto tranquillo?” Voglio dedicare ogni singolo istante a lei e nessun altro, così non mi va di essere riconosciuto. Per strada posso camuffarmi con occhiali da sole e berretto, ma nei luoghi chiusi ho pochi strumenti di difesa.
“Direi di sì. È un posto frequentato prevalentemente da pensionati. Molto Old Englad. Non ti riconoscerà nessuno, vedrai!”
Ancora una volta mi ha letto nel pensiero.
 
Mezz’ora più tardi siamo seduti in un angolo appartato di una vecchia sala da tè. Bella aveva ragione. L’età media qui dentro è di settant’anni. Minimo.
L’unica ad avermi riconosciuto è stata la giovane cameriera. Si è avvicinata con l’aria stanca ed annoiata armata di un taccuino ed una penna. Poi ha capito chi sono ed è sbiancata.
“O Santo Cielo!” ha esclamato. “Tu sei Tyler Hawkins!”
Tyler Hawkins è il nome del personaggio che mi ha regalato fama e popolarità. Devo tutto a quel ruolo, ma se devo essere completamente sincero non vedo l’ora di smettere i panni di questo vampiro adolescente innamorato dell’umana Ally. Tyler nasce come il protagonista di una fortunata serie di romanzi intitolati Le Quattro Stagioni. E per fortuna il prossimo giugno iniziano le riprese dell’ultimo capitolo della saga: Estate.
La cameriera mi ha chiesto una foto ed un autografo ed io, come sempre, ho assolto diligentemente al mio ruolo di star. Nella maggior parte dei casi la cosa non mi pesa. Anzi, sono estremamente riconoscente ai fan e credo che questo sia il minimo che io possa fare per loro, visto che, probabilmente, mi trovo in questa posizione non tanto perché sono un bravo attore, ma soprattutto perché loro continuano a volermi vedere sul grande schermo. La cosa diventa pesante solo quando, durante i tour promozionali, mi scaraventano in mezzo a folle di ragazze urlanti. È imbarazzante e terrificante allo stesso tempo.
 
“Com’è?” mi chiede Bella mentre mi versa una tazza di tè.
“Com’è cosa?” Non capisco a cosa si riferisce. Ancora non ho bevuto il mio tè.
“Essere sempre al centro dell’attenzione.” spiega. “Incontrare ogni giorno gente che ti vuole toccare, baciare… ti chiede autografi e fotografie… davvero non riesco ad immaginarlo…”
Già, com’è? È una domanda che mi faccio spesso anch’io.
“Beh, è il prezzo che devo pagare per fare quello che mi piace fare.” ammetto. “E poi, non è tanto male. Non è come lavorare in fonderia, per esempio.”
So di essere un privilegiato. Ci sono delle persone che si spaccano la schiena per tutta la vita senza guadagnare un decimo di quello che sto guadagnando io. Mi sembrerebbe irrispettoso e fuori luogo lamentarmi della mia condizione.
“Sì, però tutti vogliono sapere di te, della tua vita. Cosa fai, chi frequenti, che musica ascolti, qual è la tua marca preferita di biscotti… tutti pensano di conoscerti, di essere in diritto di chiederti qualcosa, pretendere qualcosa da te solo perché sei famoso… non mi pare giusto. Infondo vuoi solo fare l’attore…”
Sono senza parole. Queste sono cose di cui posso discutere solo con gli altri miei colleghi, persone che sanno esattamente cosa significa non poter uscire dalla propria stanza d’albergo per giorni, braccato dalle fans e dai paparazzi.
Bella non ha mai vissuto nel mio mondo, eppure sembra totalmente consapevole di quanto possa essere snervante, a volte.
“Cerco di non lasciarmi coinvolgere.” Le spiego. “Indosso la corazza, faccio quello che devo fare e poi esco di scena. È un po’ come recitare. Ma il peggio non sono le fans, anche se mi è capitato di incontrarne di fuori di testa! Quello che non sopporto sono i paparazzi. Soprattutto quando sono in America. Non hanno rispetto di nulla e di nessuno. Ti inseguono ovunque. Persino a casa! Non è piacevole passare una settimana intera con le tende tirate per paura che delle tue foto mentre fai colazione in boxer finiscano sui giornali...”
“È successo veramente?” mi chiede incredula ed io annuisco rassegnato.
“Bastardi…” commenta a denti stretti.
Il suo tono è talmente risentito che non posso fare ameno di scoppiare a ridere. È inutile: ogni volta che si arrabbia e cerca di sembrare minacciosa, diventa terribilmente buffa.
“Che c’è? Perché ridi? Cosa ho detto?” mi chiede confusa.
“Nulla… è solo che… sei così buffa!”
“Chiedo scusa?”
“Quando ti arrabbi, intendo. Tiri fuori le unghie, ma più che una leonessa sembri… una gattina!” ammetto.
“Beh, ti ringrazio!” esclama offesa.
“È un complimento...” le sorrido, pensando che questo soprannome le si addice terribilmente.
Bella arrossisce ed istintivamente porta la tazza alle labbra per bere un sorso di tè.
“È questo quello che più mi piace di te, Edward.” mormora dopo un po’ visibilmente imbarazzata.
“Cosa?” le chiedo curioso, spiazzato da questa ammissione. C’è qualcosa di me che Bella ama. Qualcosa di me che ha scoperto in queste ore passate assieme e che apprezza. Qualcosa che non ha letto sui giornali e che le piace.
“Sei sempre positivo, solare … sei sempre di buon umore… all’ospedale, per esempio, mentre aspettavamo che qualcuno mi visitasse, hai fatto di tutto per distrarmi, per farmi ridere. E quando mi hai raccontato a cosa ti costringono i paparazzi, c’era una leggera ombra di tristezza nei tuoi occhi, ma se n’è andata subito… sei un uomo forte, non ti lasci piegare… è una bella cosa.”
Sorrido disarmato. È come se questa donna, questa sconosciuta, incontrata meno di ventiquattro ore fa, fosse in grado di leggermi dentro. Tanja ha sempre storto il naso di fronte a questo mio atteggiamento, scambiandolo spesso per superficialità o menefreghismo. Bella, no. Lei mi capisce al volo. Non mi era mai successo con nessun’altra, prima. È strano, e fa un po’ paura.
 
Anch’io vorrei poter essere in grado di leggerle dentro. Vorrei sapere tutto di lei. Dov’è nata, dov’è cresciuta, se ha avuto una bella infanzia, se ha fratelli, sorelle, chi è stato il suo primo amore, quali sono i suoi sogni… tutto. Così decido di dare finalmente inizio al mio terzo grado.
“Non è giusto” lamento. “Tu sai già così tanto di me, grazie a quello che si legge in giro, mentre io conosco così poco di te… Da dove vieni? Parli un ottimo inglese, ma dalla cadenza non mi pare tu sia di queste parti. Hai detto che tua nonna vive in Italia, se non sbaglio…”
“Esatto. Nonna Maria. La madre di mi madre. È italiana, e lo sono anch’io. Ma vivo qui da qualche anno, ormai.”
“Perché? Cosa ti ha portata a Londra?”
“È … complicato.” confessa scuotendo la testa.
Improvvisamente i suoi meravigliosi occhi verdi si fanno tristi ed io mi chiedo cosa nasconda di tanto doloroso.
“Ti ascolto.” la incoraggio a continuare. So che le sto facendo una domanda molto personale, che non ci conosciamo bene e che forse non dovrei essere così curioso. Ma lo sono, e voglio capire fino a che punto Bella si fida di me. Voglio capire quanto è disposta ad aprirsi e a mostrarmi di sé.
Bella esita per un attimo, incerta se raccontare o meno la propria storia, poi tira un lungo sospiro e comincia a parlare.
“Ho abbandonato il mio fidanzato sull’altare.”
Cosa?! Preso alla sprovvista quasi mi strozzo con il tè e comincio a tossire convulsamente per non soffocare.
“Edward?!”
“Scusa… cough, cough… il tè… mi è andato di traverso… cough, cough…”
“Sì, questo lo vedo!”
Continuo a tossire per un altro po’, mentre Bella mi passa una mano sulla schiena nel tentativo di calmarmi.
“Che vuoi dire con Ho abbandonato il mio fidanzato sull’altare?” riesco finalmente a chiederle asciugandomi le lacrime con il dorso della mano . “Ti stavi per sposare?”
Sono incredulo. Questo non me l’aspettavo. Davvero.
Bella è nervosa, visibilmente a disagio. Per un attimo temo non voglia raccontarmi cosa è successo, ma poi si fa coraggio ed inizia spiegare.
“Stavo con questo ragazzo, Michele, da quando avevamo entrambi quindici anni. Ci eravamo conosciuti sui banchi di scuola. Eravamo innamorati, credo. Siamo cresciuti insieme. Il nostro rapporto è diventato sempre più serio. Ci sembrava normale passare il resto della vita uno accanto all’altra. A venticinque anni siamo andati a convivere. Poi lui mi ha chiesto di sposarlo. Ed io ho accettato. Mi sembrava giusto. Ma più si avvicinava la data delle nozze, più mi sentivo nervosa e spaventata. Continuavo a chiedermi: vuoi davvero passare il resto della vita con lui? Lo ami veramente? Di quell’amore che ti fa rinunciare a tutto, se necessario? E pensavo che non avevo mai avuto nessun altro. Lui era stato il mio primo bacio, la mia prima volta… il mio primo tutto. Ma soprattutto ho capito che per stargli accanto avevo rinnegato una parte di me stessa, rinunciato a tante cose, a tante esperienze che avrei voluto vivere. E che lui non aveva fatto nulla per proteggermi, per evitare che mi annullassi per lui. E così l’ho fatto. L’ho lasciato. È stato orribile. Le nozze si sarebbero dovute celebrare due settimane più tardi. I miei genitori, ed anche i suoi, sono impazziti. Tutti i nostri amici mi hanno voltato le spalle. Nessuno voleva avere più nulla a che fare con me. Ero la stronza che ha rovinato la vita ad un povero ragazzo.”
“Ma è ridicolo!” intervengo. “Non potevi sposare un uomo che non amavi veramente!”
Se lo avessi fatto, ora non saresti seduta con me a questo tavolo. Saresti in Italia a vivere la tua vita con questo Michele che, inspiegabilmente, odio per essere stato il tuo uomo.
Bella scatena in me sentimenti che non ho mai provato prima d’ora. Sentimenti di gelosia, insicurezza, competizione, possesso.
“È vero, ma mettiti nei panni di Michele, o dei suoi genitori.” continua. “Che faresti, cosa penseresti se questo accadesse a te? Se la donna che ami e di cui ti fidi ti voltasse le spalle? Accettasse di sposarti e poi ti abbandonasse ad un passo dalle nozze?”
Francamente non so cosa rispondere. A questo punto non so neppure se sono mai stato realmente innamorato. Credevo di esserlo di Tanja, lo credevo davvero, ma se penso al mio futuro, lei è solo una figura dai contorni sfumati. Ora più che mai.
“Perciò te ne sei andata?” le chiedo.
“Sì. Certe volte è più facile ricominciare dove nessuno ti conosce. Dove nessuno sa chi sei. Anche se ho sempre considerato il tuo paese la mia seconda casa. Sai, mia madre è italiana, sono nata e cresciuta in Italia, ma mio padre, Charlie, è inglese, di Birmingham. Ci ho passato non so quante estati da piccola...”
“A Birmingham…” chiedo scettico ed un po’ schifato. Con tutto il rispetto, Birmingham non è propriamente una meta turistica.
“Già… i miei amici al mare, io nel fiorente centro industriale di Birmingham con nonna Althea e nonno William Swan… ti prego, non farmici pensare…” commenta rabbrividendo al ricordo.
“Che ne è stato di Michele?”
“Ho saputo che ha appena avuto una bellissima bambina.” risponde sorridendo. Anche se il suo sorriso ha un non so che di amaro che mi stringe il cuore. “S’è sposato con una collega di lavoro un anno fa. Come si dice? Non tutto il male viene per nuocere?”
“E tu?”
Per quanto ne so Bella potrebbe essere già impegnata e cerco in tutti i modi di non lasciar trapelare il panico. L’idea di qualcuno accanto a lei, qualcuno che l’accarezza, la tocca, la bacia, la… Dio, è insopportabile, non riesco neppure a pensarlo.
“Io? Non ho ancora trovato la mia anima gemella, se è questo quello che intendi…” confessa non senza una punta di imbarazzo.
Perfetto. L’idea di affrontare un altro uomo non mi allettava per niente. Ma lo avrei fatto, per lei. Avrei fatto a pugni con un’intera squadra di calcio, se necessario.
“Non so ancora che lavoro fai…” continuo il mio terzo grado.
“Per mantenermi lavoro come impiegata in una piccola casa discografica specializzata in musica folk la mattina e come insegnante per una scuola di cucina il pomeriggio.”
“Sei una cuoca?”
Bella non ha l’aria di una cuoca! Non so per quale motivo, ma immagino tutte le cuoche in carne e con le guancie rubiconde. Lei, invece, ha un corpo perfetto e desiderabile, da perdere la testa.
“Non esattamente. Due anni fa Rosalie mi ha trascinata ad un corso di cucina. Le piaceva da morire l’insegnante! Questo tizio ha iniziato a spiegare come preparare un risotto. La ricetta era tutta sbagliata, però. Così sono intervenuta. Santo cielo, sono italiana! So come si prepara un risotto! Alla fine abbiamo litigato, è perfino intervenuto il direttore della scuola. Per farla breve, anziché cacciarmi per aver screditato uno dei suoi insegnanti, mi ha offerto un lavoro. E siccome avevo disperatamente bisogno di soldi, ho accettato. E poi amo cucinare, l’ho faccio da quando sono piccola. Ho imparato tutto da nonna Maria!”
“Non certo da nonna Althea…” sghignazzo. Una nonna italiana contro una nonna inglese in cucina? Non c’è storia.
“No… lei amava i precotti…” sorride divertita.
 
Bella continua a parlare, a raccontarmi di sé e della sua vita, in Italia, a Londra, ma soprattutto della sue estati a Birmingham da bambina. Io l’ascolto affascinato, rapito. Mi lascio cullare dal suono della sua voce, della sua bellissima voce, e perdo la cognizione del tempo.
 
“Dio è tardissimo!” esclama ad un certo punto. “Sono le sette e mezza!”
“Devi rientrare?”
“Sì, è meglio di sì. Domani lavoro, vorrei andare a letto presto.”
Non avrei nessuna voglia di andarmene, ma capisco che non posso trattenerla oltre. Così ci alziamo, pago la nostra consumazione, e ci incamminiamo verso la fermata dell’autobus.
 
Il tempo sta cambiando, la temperatura è precipitata, e una volta raggiunta la pensilina, Bella si rifugia in un angolo stringendosi nel maglione.
“Hai freddo?” le chiedo preoccupato.
“Un po’.” ammette. “Adoro la tua città, ma il tempo infame è una cosa alla quale non mi abituerò mai!”
Sorrido, ed istintivamente mi avvicino e la stringo tra le mie braccia, per proteggerla e scaldarla. Lo faccio sovrappensiero, senza rifletterci, e mi rendo subito conto che forse ho esagerato, ma è stato più forte di me, un gesto naturale e spontaneo.
Mi aspetto uno spintone da un momento all’altro, invece Bella si appoggia a me, ed affonda il viso tra le pieghe del mio giubbotto. Sta tremando e non capisco se per il freddo o perché siamo così vicini. La stringo ancora più forte, per difenderla e per farle capire che ci sono e che ho bisogno di lei. Sento il cuore esplodermi nel petto e decido che devo farlo, la devo baciare. Non desidero altro da quando l’ho vista varcare la soglia del Black Sheep. Così le sollevo il mento con l’indice, mi perdo nei suoi meravigliosi occhi verdi per un istante e, finalmente, poso le mie labbra sulle sue.

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Capitolo 8
*** 7.ISABELLA ***




7. ISABELLA

 
I wish I was special, so fucking special
But I’m a creep, I’m a weirdo
What the hell am I doing here?
I don’t belong here…
(Creep – Radio Head)


 
Adoro questa città, ma il tempo variabile è una cosa alla quale non riuscirò mai ad abituarmi. La temperatura è precipitata ed il cardigan che ho scelto non è abbastanza pesante. Sto congelando, e non vedo l’ora che arrivi il nostro autobus.
“Hai freddo?” mi chiede Edward premuroso.
“Un po’.” Ammetto stringendomi ancora di più nell’angolo in cui mi sono rifugiata e lamentandomi poi del tempo instabile di Londra.
Lui mi sorride, fa un passo verso di me e… mi abbraccia!
Non so che fare, non so cosa pensare. Non mi aspettavo nulla del genere. Edward si è avvicinato e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mi ha accolta tra le sue braccia. Forse dovrei tirarmi indietro, è un gesto troppo intimo, ma non ci riesco. È come se una forza sconosciuta mi trattenesse a lui. Edward è il Sole, ed io la Terra. Fuggirela sua orbita è impossibile, sarebbe come sfidare le leggi che regolano l’Universo ed il moto dei pianeti. Affondo il viso tra le pieghe del suo giubbotto, ed aspiro avidamente. Mmmm… mi piace il suo odore. Bagnoschiuma, caramelle e sigaretta. Stretta al suo petto riesco a sentire il suo cuore pulsare veloce. È nervoso. E lo sono anch’io. Continuo a tremare, ma non più per il freddo. Voglio una cosa sola, e lui mi legge nel pensiero. Mi solleva delicatamente il mento con un dito, mi fissa intensamente per un istante che mi sembra eterno e poi, finalmente, mi bacia.
 
Le sua labbra mi sfiorano appena, incerte, timorose, quasi mi stesse chiedendo il permesso di continuare. Mille pensieri mi affollano la mente, ma non riesco ad afferrarne uno. Se ci riuscissi comincerei a riflettere su quanto più giovane è di me questo ragazzo, a quanto diverse e distanti sono le nostre vite. Se ci riuscissi lo allontanerei da me, consapevole che questo bacio non porterà a nulla di buono. Ma non ci riesco. O forse non voglio. L’unica cosa di cui sono certa e che ora, in questo preciso istante, voglio le sue labbra sulle mie. Ne ho bisogno. Così mi sollevo in punta di piedi e mi aggrappo al suo giubbotto, incoraggiandolo. Lui non aspetta altro. Mi prende il volto tra le mani  e mi bacia con passione, come se stesse cercando il suo respiro dentro di me, come se io fossi l’unica cosa che lo tiene in vita. Dio, non venivo baciata in questo modo da… neppure ricordo l’ultima volta che un uomo mi ha baciata in questo modo!  Le sue mani si staccano dal mio viso e scivolano decise lungo la schiena per arrestarsi all’altezza dei fianchi e stringermi con forza. Sento il suo corpo, tutto il suo corpo, e la sensazione è così intensa da bruciarmi il cervello. Mi aggrappo alla sua felpa con un’urgenza che mi disorienta. Affondo le unghie, ne stropiccio il tessuto. Ma non mi basta. Lascio scorrere le dita tra i suoi capelli, i suoi morbidi capelli disordinati e profumati, e trovo in lui lo stesso ossigeno che lui sta trovando in me.
 
Non so per quanto tempo continuiamo a baciarci, o quale effetto il nostro momento di intimità abbia sulla gente che ci sta attorno, ma ad un certo punto sentiamo un passante sghignazzare “Gesù, prendete una camera!”
Ci stacchiamo a malincuore, storditi ed un po’ imbarazzati, confusi per quanto è accaduto, giusto in tempo per vedere il nostro autobus arrivare e salirci.
 
L’autobus non è affollato e, dopo aver mostrato i nostri biglietti al conducente, Edward mi prende per la mano e mi trascina in fondo, verso alcuni posti liberi, ma anziché occuparne due, mi costringe a sedermi sulle sue ginocchia.
“Dove pensi di andare?” mi chiede abbozzando un mezzo sorriso malizioso, gli occhi che gli brillano. “Il tuo posto è qui!”
“A cuccia Cullen!” cerco di divincolarmi, ma senza troppa convinzione.
Per tutta risposta, lui mi stringe ancora più forte a sé e ricomincia a baciarmi.
“Devi proprio tornare a casa?” mormora, fronte contro fronte, sfiorandomi le labbra.
“Mmmmm…” annuisco.
“Non mi sembri convinta...”
“Mmmmm…” scuoto la testa, senza staccare le mie labbra dalle sue.
Santo cielo, Bella! Piantala! Formula delle frasi di senso compiuto! Sembri una gatta che fa le fusa!
“Allora resta! Vieni da me...” Mi implora accarezzandomi la guancia.
“Rischierei di compromettere la tua virtù. Non mi sembra il caso.” gli sussurro in un orecchio. “Non stasera, almeno.” mi affretto ad aggiungere mordicchiandogli il lobo, perché non voglio che pensi che attentare alla sua virtù non rientri tra i miei progetti futuri.
Beccati questa Cullen! Sono una donna forte, indipendente, matura ed audace. Molto audace…
Edward non sembra affatto intimidito, però. I nostri sguardi si incrociano e l’azzurro dei suoi occhi è talmente profondo che rischio di affogarci dentro. Ma non voglio arrendermi al suo fascino. Ormai ci stiamo sfidando apertamente. Chissà chi alzerà bandiera bianca per primo. Chissà chi cederà all’imbarazzo…
“Non sai cosa ti farei…” mormora senza togliermi gli occhi di dosso, la voce roca, bassa e profonda.
Non posso fare a meno di arrossire, non posso fare a meno di abbassare lo sguardo verso le sue dita che lentamente scorrono lungo la mia coscia, sempre più su, fino ad arrestarsi in quella pericolosa zona di confine che vorrei tanto varcasse.
Merda... Ha vinto lui!
 
Mezz’ora più tardi sono accasciata contro il portoncino d’ingresso del mio appartamento. Cosa diavolo sta succedendo? Ventiquattro ore sono sufficienti a sconvolgere un’intera esistenza?
Sono sopraffatta dagli eventi, non riesco a pensare lucidamente a quanto è successo fino ad ora.
Sento le ragazze in cucina guardare la TV, preparare la cena, chiacchierare… io me ne resto seduta a terra, nell’ingresso buio, incapace di muovermi.
Angela mi trova dopo non so quanto tempo ancora in stato catatonico.
“Bella? Oddio Bella cos’è successo?” mi chiede preoccupata inginocchiandosi al mio fianco.
Il tono della sua voce è talmente allarmato da far accorrere subito anche Rosalie.
“Bella? Bella stai male? Cos’è successo? Cosa ti ha fatto?”
Sanno che sono uscita con Edward ed il mio stato le mette in agitazione facendo presupporre loro il peggio.
“Mi ha baciata...” mormoro fissando il vuoto di fronte a me.
“Cosa?!” esclamano incredule all’unisono.
“Edward… mi ha baciata… avevo freddo… mi ha abbracciata… e poi mi ha baciata…”
“E?” mi incoraggia a continuare Angela.
Io la guardo senza capire.
“È stato orribile? Una delusione? Per questo hai quella faccia?” suggerisce Rosalie.
“No…” rispondo, risvegliandomi lentamente dal torpore in cui sono caduta. “No… è stato… non so neppure come descriverlo, ragazze… io…”
E poi mi rendo conto di quello che sta succedendo. Di quello che sta succedendo realmente. Io mi sto… no… no! Non voglio neppure pronunciare quella parola!
“No, no, no, no …” comincio a lamentare trascinandomi carponi fino in salotto, come se fossi un animale agonizzante.
“Bella?! Ok, ora alzati: ci stai facendo paura!” mi implora Angela venendomi dietro.
Mi rendo conto che non devo essere un bello spettacolo. Quindi mi sollevo da terra è mi butto a faccia in giù sul divano.
“Così non va… così non va…” continuo a ripetere disperata nascondendo il volto tra le mani.
“Bella, calmati, va tutto bene, cosa non va? Cos’è successo di tanto grave? Vi siete baciati, e allora?” cerca di rassicurarmi Angela sedendosi accanto a me ed iniziando a massaggiarmi le spalle.
“C’è che ha ventiquattro anni… c’è che è un ragazzino… c’è che è famoso… lui è Edward Cullen! Ma che mi prende? Cosa avevo per la testa?” piagnucolo.
“Bella, piantala!” mi rimprovera Rosalie. “Ti comporti come se, ubriachi, vi foste appena sposati a Las Vegas! Vi siete solo baciati, non avete neppure fatto sesso… non lo avete fatto, vero?” mi chiede improvvisamente intrigata e su di giri.
“No!” esclamo senza celare l’indignazione. E non capisco perché, visto che farci del sesso rientrava – e, malgrado il panico, rientra tutt’ora, lo ammetto - tra i miei buoni propositi.
“Beh? Non ci sarebbe nulla di male…”
“Rose!”
“Oh andiamo Bella! Non iniziare a fare la puritana!” Come sempre Rosalie è la più pragmatica delle tre. “Non dirmi che non ci hai fatto un pensiero… stai sclerando per un bacio, non è da te, significa che questo tizio ti piace… effettivamente è un figo di prima categoria… io me lo farei, lo sai…”
Come osa Rosalie dare del figo ad Edward? Il mio Edward? E come osa dire che se lo farebbe! Donnaccia!
“Rose! Vuoi smetterla di parlare di Edward in questi termini, per cortesia?” le ringhio contro sollevandomi sui gomiti e fulminadola con lo sguardo.
“Che c’è?” esclama stupita dalla mia reazione. “Come se non lo avessimo mai fatto prima!”
Effettivamente abbiamo passato ore a sbavare guardando i suoi film o le sue foto sulle riviste. Ma non c’era nulla di serio in quello che facevamo. Giocavamo. Lui era una sorta di figura mitologica. Edward Cullen il famoso attore, un essere irraggiungibile. Ora lui è Edward. Semplicemente Edward.
“Prima era… prima! Prima non lo conoscevo, era solo una figura bidimensionale, adesso…” mormoro imbarazzata.
“Adesso, cosa?” mi stuzzica Rosalie inarcando un sopracciglio, assetata di dettagli.
“Adesso… non lo so, ma piantala, mi da fastidio…” le rispondo seccata.
“Ti ha chiesto di uscire di nuovo?” interviene Angela.
Annuisco.
“Beh, allora gli piaci.” Continua con la sua solita infinita dolcezza.
“Questo l’ho capito anch’io… solo non capisco fino a che punto, o che stiamo facendo, dove porterà tutto questo…” rifletto ad alta voce mettendomi finalmente a sedere.
Già, dove porterà tutto questo? Mi si spezzerà il cuore. Lo sento. Cedere al fascino di una famosa stella del cinema. Brava, Bella! Ben fatto! Davvero! Lasciarti trasformare nella protagonista del più classico e squallido dei cliché!
“Bella, sinceramente, ti stai preoccupando senza ragione.” cerca di razionalizzare Rosalie. “Goditela! Non fosse Edward Cullen, ma solo un ragazzo qualunque che ti piace e che hai incontrato per caso in un pub, ti faresti tutti questi problemi? No, te lo dico io! Ed allora esci con lui, frequentalo fin tanto che ti va, o che va a lui. E chi se ne frega se è più giovane! Meglio così! A letto sono più focosi, ci tengono a dimostrare…”
“Rose! Porca miseria! Ti ho chiesto di non parlare più di Edward in questi termini! Le parole Edward e sesso non devono stare nella stessa frase, ok?” le urlo contro.
“Ok, ok.. messaggio ricevuto, calmati….” Si affretta a dire facendo un balzo indietro e guardandomi come se fossi pazza.
“Vado a farmi un bagno.” dichiaro trascinandomi giù dal divano.
Ho bisogno di isolarmi, di rilassarmi e di razionalizzare. So che Rosalie ha ragione. Odio la sfrontatezza con la quale affronta certi argomenti, ma so che ha ragione.
Riempio la vasca fino all’orlo e, dopo essermi spogliata, abbandono i vestiti sul pavimento e mi immergo nell’acqua bollente, scomparendo tra la schiuma profumata.
Potrei chiedere ad Edward quale bagnoschiuma usa e procurarmene una confezione. Così avrei sempre addosso il suo odore…
Mmmm… il suo odore… le sue labbra… la sua lingua… le sue mani… i suoi occhi… la sua voce… la sua risata… le sue labbra… la sua lingua… la sua lingua… la sua li…
 
TOC-TOC
Cosa?! Chi diavolo osa disturbare i miei sogni ad occhi aperti?
“Bella, posso?” mi chiede Angela dall’altra parte della porta.
“Sì… certo… entra pure…” rispondo cercando di ricompormi e di ricoprirmi con la schiuma.
Angela si siede sullo sgabello che si trova ai piedi della vasca da bagno e comincia a giocherellare con uno dei tanti pesci di plastica con i quali ne abbiamo decorato il bordo. Tiene lo sguardo basso ed ha l’aria pensierosa. Non capisco il perché. Se deve disturbare i miei sogni ad occhi aperti per starsene lì immobile senza dire una parola, può anche andarsene lasciandomi libera di riprendere da dove ho interrotto!
“Bella… mi spiace di averti messo in questa posizione…” mormora dopo un po’.
Quale posizione, non capisco. “Angela, di cosa parli…”
“Se non avessi partecipato alla lotteria di padre Sam,  tu non staresti così…”
Ah. Per quanto ridicolo possa essere, Angela si sente in colpa per avermi regalato la possibilità di incontrare Edward.
“Angela… non ti preoccupare… non…” mi affretto a rassicurarla, ma non mi lascia finire, tormentata com’è dai sensi di colpa. È così tipico di lei. È la persona più dolce che io conosca. A parte Edward.
“Bella, dico sul serio… mi sento responsabile…”
Devo aver dato uno spettacolo di me davvero raccapricciante se Angela si sente in dovere di scusarsi per avermi dato l’opportunità di incontrare un uomo meraviglioso. Così, cogliendola di sorpresa, scoppio a ridere. Di me stessa e dell’intera vicenda.
Lei mi osserva confusa dal suo sgabello.
“Oddio, scusa Angela… solo ora mi rendo conto di quanto ridicola sia l’intera situazione… di quanto ridicola sia stata poco fa in salotto....”
“Non sei ridicola, Bella.” mi rassicura. “Probabilmente, al posto tuo, avrei le stesse preoccupazioni.”
Sapere che le mie ansie sono condivise mi è di grande conforto, lo ammetto.
“Già… è così giovane… e veniamo da due mondi diversi…” commento sprofondando nell’acqua e nella schiuma.
“E poi c’è quella Tanya Denali…” continua Angela. “È  vero, non bisogna credere ai giornali, ma anche se non sono mai usciti allo scoperto, è abbastanza evidente che quei due hanno una relazione da anni…”
Tanya Denali?
Che stupida… Come ho fatto a non pensare a Tanya Denali, l’attrice che interpreta Ally, la diciassettenne umana innamorata del bel vampiro Tyler – alias Edward Cullen - nella serie Le Quattro Stagioni?
Da quando il primo film è uscito nelle sale, si dice che Edward e Tanya abbiano una storia anche nella vita reale e non solo sul grande schermo. Loro non hanno mai confermato, ma non hanno neppure mai smentito, e sul finire dello scorso anno sono state pubblicate delle fotografie piuttosto eloquenti che li ritraggono su una spiaggia dei Caraibi in atteggiamenti molto intimi. Negare quello foto sarebbe come negare che l’acqua è bagnata o la neve è bianca!
“Merda…” mi lascio sfuggire. “A quella davvero non avevo pensato.”
Angela mi fissa per un attimo, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
Probabilmente si sta chiedendo come ho fatto a trascurare un dettaglio per nulla insignificante come Tanya Denali. Io me lo sto chiedendo. E mi sto dando anche dell’imbecille.
“Infondo non è sicuro che stiano insieme…” cerca di rassicurarmi dopo un po’.
Non so cosa risponderle. Francamente non mi turba il fatto che lui mi abbia baciata pur stando con un'altra. Mi turba l’idea di essere stata solo un  passatempo, e che tutto finirà molto presto. Come faccio a tornare alla mia misera esistenza dopo quel bacio? Perché è questo quello che accadrà! Dovrò tornare alla mia misera esistenza. So di non avere nessuna speranza contro Tanya Denali! Dannazione, Tanya Denali è una dea, con le sue forme perfette, i lunghi capelli biondi, la pelle diafana, le labbra a cuore... Io chi diavolo sono? Come faccio a competere? Sono troppo magra e troppo alta per la maggior parte degli uomini. Ed in quanto a forme… beh, caliamo pure un velo pietoso.
Restiamo in silenzio per un po’, fino a quando il mio cellulare comincia a squillare.
Angela lo recupera dalla mensola sulla quale l’ho posato e spalanca gli occhi incredula non appena legge il nome di chi mi sta chiamando.
“Edward!” esclama in preda al panico tendendomi il telefono.
“Edward?!”
Quell’uomo è dotato di poteri sovrumani: ha sentito  che stavamo parlando di lui e mi ha chiamata! Che sappia leggere nel pensiero proprio come il bel vampiro Tyler?
“Che faccio?”
“Non lo so!”
“Devo rispondere?”
“Non lo so!!!”
“Gli devo chiedere di Tanya?”
“Bella, non lo sooooo!!!”
Sembriamo due cretine: io mi agito nella vasca spruzzando acqua dappertutto. Angela saltella sui due piedi come se stesse reggendo una bomba pronta a scoppiare!
Mi asciugo la mani in fretta e furia e poi afferro il cellulare.
“Buona fortuna…” mi sussurra uscendo dal bagno e richiudendo la porta dietro di sé.
Per un attimo sono tentata di non rispondere. L’intera storia di Tanya mi ha messo di pessimo umore. Maledetto Cullen! Sai di poter avere tutte le donne che vuoi, per questo, lontano da lei, ficchi la lingua in gola alle povere sprovvedute che si lasciano stupidamente incantare dai tuoi meravigliosi occhi azzurri!
Siccome, però, non ho un briciolo di spina dorsale e l’idea di poter anche solo sentire per telefono la sua voce calda mi fa venire i crampi allo stomaco, decido di rispondere.

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Capitolo 9
*** 8.EDWARD ***


 
 
8. EDWARD
 
I feel you
Your sun it shines
I feel you
Within my mind
You take me there
You take me where
The kingdom comes
You take me to
And lead me through
Babylon
This is the morning of our love
It's just the dawning of our love
I feel you
Your heart it sings
I feel you
The joy it brings
Where heaven waits
Those golden gates
And back again
You take me to
And lead me through
Oblivion
This is the morning of our love
It's just the dawning of our love
I feel you
Your precious soul
And I am whole
I feel you
Your rising sun
My kingdom comes
I feel you
Each move you make
I feel you
Each breath you take
Where angels sing
And spread their wings
My love's on high
You take me home
To glory's throne
By and by
This is the morning of our love
It's just the dawning of our love

 
Sono seduto sul letto della mia vecchia camera, a casa dei miei genitori, e, accompagnandomi con la chitarra, canticchio I Feel You  
[1]  dei Depeche Mode, uno dei gruppi preferiti di Bella. Me ne ha parlato ieri sera al pub, durante la nostra cena. Ovviamente conosco i Depeche Mode - chi non li conosce - ma non mi sono mai veramente appassionato alla loro musica, troppo distante dal mio mondo Blues. Eppure questo pezzo, in questo momento, esprime meglio di qualunque altra canzone lo stato in cui mi trovo.
Bella mi è entrata dentro e non riesco a smettere di pensare a lei. Non sono un pervertito, ma non sono neppure un santo. Grazie al mio aspetto ho sempre riscosso un discreto successo con le donne e raramente mi sono tirato indietro. Mai nessuna, però, è riuscita a darmi quello che Bella mi ha regalato in così poco tempo, con un semplice bacio. Non ho mai sentito di appartenere a qualcuno con tanta forza, nessuna mi ha mai fatto sentire così importante. Mentre mi baciava, era come se stesse cercando il suo respiro in me, era come se in me trovasse l’ossigeno per restare in vita. Dovrei starmene qui a deprimermi per l’improvvisa decisione di Tanya di lasciarmi, invece mi ritrovo a fantasticare su una donna conosciuta solo ventiquattro ore fa e della quale, malgrado il mio terzo grado di oggi, conosco ancora molto poco.
Cosa mi sta succedendo? Non mi era mai capitato nulla del genere prima d’ora. O forse sì, ma a quindici anni, quando, più che il cuore, sono gli ormoni a guidarti e chissenefrega se la tua fidanzatina ti ha appena mollato, basta che la ragazza carina della classe accanto alla tua ti faccia gli occhi dolci per sentire di nuovo le farfalle nello stomaco.
Sono davvero così volubile? In questi ultimi due anni ho sofferto le pene dell’inferno per stare con Tanya. Possibile sia tutto svanito? Magari si tratta solo di pura e semplice attrazione fisica… No. Non è possibile. Deve essere molto di più. Perché scambierei tutte le volte in cui ho fatto l’amore con Tanya per quell’unico bacio con Bella.
 
TOC-TOC
 
“Avanti.” rispondo distrattamente senza posare la chitarra e continuando a strimpellare.
“Ciao fratellino!” Il volto luminoso di Alice fa capolino da dietro la porta.
“Alice!” esclamo entusiasta correndole incontro per abbracciarla. “Sei tornata! Com’era Tokyo?”
Alice ha passato le ultime due settimane in Giappone con il fidanzato Jasper, un fumettista appassionato di manga.
“Meravigliosa! Ho un sacco di cose da raccontarti! Ed un sacco di fotografie da farti vedere! Tu come stai?”
Cosa dovrei risponderle? Bene? La parola bene non descrive assolutamente la mia condizione. Sono confuso ed entusiasta, impaurito ed eccitato.
“Non mi lamento.” decido di tagliare corto lasciando ad un altro momento le spiegazioni che, sicuramente, ci saranno. Alice non è solo la mia sorella maggiore, è anche la mia migliore amica e confidente.
“Che ci fai ancora qui? Casa tua non è ancora pronta?” mi chiede aggrottando la fronte.
Qualche mese fa, quando mi trovavo ancora a Los Angeles, ho concluso l’acquisto di una meravigliosa proprietà nella campagna Londinese. Ci avevo messo gli occhi addosso da parecchio tempo, ma all’epoca quello che guadagnavo non mi avrebbe mai permesso di poterla avere. Quando i vampiri sono diventati di gran moda e le cose hanno cominciato a girare bene, ho deciso di fare il grande passo: acquistare la mia prima casa.  In teoria mi sarei dovuto trasferire subito dopo il mio rientro in patria. Invece, quando sono tornato, l’architetto ha confessato che i lavori erano in ritardo per una serie di non meglio precisate ragioni, e che ci sarebbero volute ancora un paio settimane.
“No.” ammetto scocciato. “Se tutto va bene, però, tra qualche giorno dovrei potermi trasferire.”
“Che bello!” esclama eccitata Alice saltellando e battendo le mani. “Non vedo l’ora di vedere la mia camera! E poi daremo una festa per inaugurarla, vero?”
“Una festa?” domando scettico. Questo è esattamente il genere di cose che Alice adora, e che io, invece, detesto. Sono obbligato per lavoro a partecipare ad un sacco di feste, inaugurazioni ed eventi. Perché costringermi ad uno strazio simile anche nella mia vita privata?
“Sì, ti prego…” mi implora saltandomi al collo “Inviteremo solo la famiglia e gli amici più cari. Sarà una cosa piccola, te lo prometto. Talmente piccola che piacerà anche a Tanya, vedrai!”
Tanya è peggio di me, in queste cose. Francamente, sapendo quanto sia allergica alla fama e all’attenzione costante dei media, non capisco come possa sopravvivere ad Hollywood. Ammetto di essere anch’io un tipo schivo, ma penso anche che, ad un certo punto, uno se ne debba fregare e vivere la propria vita, senza preoccuparsi troppo di quello che la gente dice o vuole da te. Tanya non è così, purtroppo. È sempre attenta a tutto quello che scrivono i giornali e si lascia condizionare fino a farne una malattia. È anche per questo che abbiamo dovuto vivere di nascosto la nostra storia. Fosse stato per me, avrei urlato al mondo intero che l’amavo e che stavamo insieme. Lei, invece, pensava che tutta l’attenzione sarebbe finita su di noi come coppia e che nessuno si sarebbe più interessato al nostro lavoro. Stronzate…
“Non credo che Tanya verrà…” mormoro allontanando Alice e tornando a sedermi sul letto.
“Oddio, no…” esclama sbigottita. “Non dirmi che ti ha mollato! Di nuovo!”
Alzo le spalle in segno di ammissione.
“E perché, questa volta?”
“Per il solito motivo.”
È da quando stiamo insieme che Tanya si chiede quanto l’attrazione che proviamo l’uno per l’altra sia influenzata dai nostri personaggi. Io, francamente, me ne frego. Lei mi piace, tutto qui. Non sto a chiedermi il perché.
“Quando è successo?”
“All’inizio di marzo.”
“Cosa?! Più di un mese fa? Perché non mi hai detto nulla?”
Non so che dire. Forse perché ero convinto che sarebbe tornata, come al solito. Forse perché il non raccontarlo mi ha permesso di credere che non fosse mai successo.
“Edward…” continua Alice dopo un po’, accomodandosi di fianco a me e prendendo le mie mani tra le sue. “Sinceramente, adoro Tanya, lo sai. Trovo sia davvero dolce, a volte. Ed è senza dubbio bellissima. Fossi un uomo, oppure lesbica, avrei perso la testa per lei. Ma, scusa se te lo dico così brutalmente, questa ragazza ti sta trattando peggio di un burattino! Ti molla, poi torna da te giurandoti amore eterno, poi ti molla di nuovo… andate avanti così da due anni, ormai! Francamente, meriti di meglio.”
“Hai ragione…” ammetto sconsolato.
Alice mi osserva sbalordita.
“Cos’è successo?” mi chiede scettica dopo un po’.
“Che vuoi dire, non capisco...”
“L’hai sempre difesa. Perché ora, improvvisamente, mi dai ragione?”
È inutile, Alice mi conosce come le proprie tasche. Avrei voluto rimandare le spiegazioni ad un altro momento, ma, infondo, muoio dalla voglia di raccontare di Bella a qualcuno, e confido nel suo spirito romantico per non sentirmi un perfetto idiota nell’aver perso la testa per una perfetta sconosciuta.
“Ho incontrato una ragazza, ieri sera… una donna a dire il vero, ha trent’anni…”
“Cosa?!” Alice è incredula al punto che temo gli occhi possano schizzarle fuori dalle orbite.
“Si chiama Isabella, è italiana… italo inglese… vive a Londra da qualche anno. Divide l’appartamento con un paio di amiche.”
“Come l’hai conosciuta? Dove?” mi chiede assetata di dettagli.
Alice non sa della follia di nostra madre, di padre Sam, della lotteria, del concorso… così le spiego tutto, nei minimi particolari.
Quando concludo la mia storia, lei è senza parole.
“Edward, sicuro di non esserti inventato tutto? Queste cose succedono solo nei film… Hai presente Notting Hill con Hugh Grant e Julia Roberts?”
“No, Alice!” Scoppio a ridere. “Non è una delle mie sceneggiature…” Anche se, lo ammetto, è tutto talmente surreale da sembrare il frutto di una mente malata.
Poi, tornado improvvisamente serio, le chiedo di darmi un consiglio. “Cosa faccio Alice? Credi che sia saggio iniziare a frequentarla? È troppo presto?”
Bella mi piace da morire, ma non vorrei si rivelasse un fuoco di paglia. Ancora stento a credere che un solo bacio, per quanto intenso, possa aver spazzato via gli ultimi due anni. Forse sto solo cercando un po’ di conforto in braccia diverse da quelle di Tanya. Forse è il mio istinto di sopravvivenza a guidarmi. Non mi sembra maturo, e non voglio usare Bella. Non se lo merita.
“Non lo so.” mi risponde Alice pensierosa. “So solo che Tanya non ti rende felice, mentre meriti qualcuno che  lo faccia. Non conosco questa Bella, non posso dirti se potrebbe essere quella giusta oppure no.”
Annuisco pensieroso.
“Senti Edward. Fossi in te, non mi preoccuperei più di tanto.” dichiara risoluta Alice dopo un po’. “È ovvio che questa Bella ti piace. Frequentala, vedi come va. L’importante è che non si tratti di un’altra pazza in cerca di fama e popolarità.”
Bella in cerca di fama?Sorrido divertito all’idea. È vero, non la conosco da molto, ma non potrei immaginare nessuno meno interessato all’Edward Cullen attore di lei.
“Credimi, non lo è. Non mi ha neppure chiesto un autografo, od una foto…” rifletto ad alta voce, senza capire se sentirmi lusingato od offeso. In teoria dovrebbe essere una fan.
Mi lascio cadere sul letto sospirando, stordito dall’intensità dei miei sentimenti.
Alice si allunga verso il comodino ed afferra il mio cellulare.
“Chiamala.” mi ordina
Io la scruto con diffidenza.
“Chiamala, coraggio!” Continua. “Sono sicura che muori dalla voglia di sentire la sua voce.”
Non fosse che Alice ha la stessa età di Bella e non mi assomiglia per niente con quei suoi capelli nero corvino, gli occhi scuri ed il fisico minuto, penserei a lei come alla mia gemella siamese da cui sono stato separato alla nascita: il modo in cui sa leggermi dentro è inquietante, a volte.
Mi rimetto a sedere sul letto, allungo la mano ed afferro il cellulare.
“Non è troppo presto?”
“Edward, ho capito che avrei passato il resto della mia vita con Jasper dopo un solo sguardo. Se Bella prova quello che provi tu, le farà piacere sentirti. Credimi.”
E dopo avermi dato un bacio sulla fronte, scompigliato i capelli e sussurrato buona fortuna all’orecchio, mi lascia solo.
 
Ormai Alice se n’è andata, ma io resto a fissare il telefono, indeciso sul da farsi. È vero, muoio dalla voglia di sentire la voce di Bella, ma non voglio neppure risultare patetico. Malgrado quello che sostiene mia sorella, non posso fare a meno di pensare che sono passate solo un paio d’ore da quando ci siamo salutati. Che figura farei? Penosa, senza dubbio. Sempre che Bella non inizi a considerarmi un vero e proprio stalker. Le ho letteralmente dato la caccia per tutto il pomeriggio, tempestandola di telefonate e messaggi!
 
Scorro veloce la rubrica e mi fermo sul suo nome.
La chiamo? Non la chiamo? La chiamo? Non la chiamo? Mi manca solo una margherita…
‘Fanculo. La chiamo.
 
“Cullen… “ risponde dopo quella che mi sembra un’eternità. “Non riesci a starmi lontano per più di un paio d’ore, a quanto pare.”
Evidentemente Alice non è l’unica a leggermi nel pensiero.
“Sono così trasparente?” le chiedo scoppiando a ridere imbarazzato.
“No, direi di no…”
Non riesco ad interpretare la punta di amarezza nella sua voce, ma decido di lasciar perdere.
“Che stai facendo? Ti disturbo?” Le chiedo preoccupato, andando su e giù per la camera.
“No, mai...”
Bene.
“Dove sei? Sento uno strano eco...”
“Hem… lo vuoi proprio sapere?” Chiede imbarazzata.
“Certo!” Rispondo, terribilmente curioso.
“Sto facendo un bagno... Sono immersa nell’acqua calda e nella schiuma...” mormora timidamente.
“O Cristo…” mi lascio sfuggire, arrestandomi di colpo in mezzo alla stanza e passandomi la mano libera tra i capelli.
L’idea di Bella completamente nuda tra la schiuma mi eccita da morire ed inizio a sentirmi piacevolmente a disagio. Una serie di immagini tutt’altro che innocenti cominciano a scorrere in rapida successione nella mia mente.
“Che hai detto?” chiede. Evidentemente non ha afferrato la mia imprecazione pronunciata a denti stretti.
“Nulla… stavo solo immaginando… la scena.” ammetto fin troppo candidamente.
“E ti piace?” mi chiede maliziosa prendendomi completamente alla sprovvista.
Stacco il telefono dall’orecchio per un istante e lo fisso incredulo.
Allora è così, Bella? Vuoi giocare? Perfetto, giochiamo!
“Da morire…” mormoro usando il tono di voce più caldo e sensuale che conosco. Fare l’attore ha i suoi vantaggi, lo ammetto.
“A dire la verità la mia fantasia sta lavorando freneticamente” continuo. “E la protagonista sei tu...”
“E… che sto facendo?” mi sussurra senza fiato.
“Cosa mi stai facendo…” la correggo.
“Cosa ti sto facendo?” La sua voce è ormai impercettibile.
“Non lo immagini?”
So che lo sai, Bella. Voglio solo che tu lo dica. Ad alta voce.
Ma dall’altra parte sento solo il suo respiro farsi più profondo ed affannato. Porca miseria… non starà mica…
“Bella?” chiedo dopo un po’, preoccupato dal perdurare del suo silenzio.
“Oddio Edward, scusa…” balbetta imbarazzata. “Non sono brava in queste cose… voglio dire… il sesso telefonico…”
Non posso fare a meno di immaginarla mentre arrossisce e nasconde il volto tra le mani. Dovrei farla finita e toglierla dall’imbarazzo, ma è più forte di me: adoro metterla in difficoltà!
“Ok. Posso sorvolare sul sesso telefonico… per ora.” Mi affretto a precisare, lasciandole chiaramente intendere cosa mi passa per la testa e cosa ho in serbo per lei.
“Vuoi farmi morire, Edward?” mi chiede esasperata.
“Che intendi?” domando fingendo di non capire.
“O Cullen, come se non ti rendessi conto dell’effetto che hai su di me…” si lascia sfuggire.
Ad essere sincero ho un’idea abbastanza precisa dell’effetto che le faccio. Ne ho avuto una dimostrazione pratica sull’autobus non meno di un paio di ore fa. Se chiudo gli occhi sento ancora i suoi denti mordicchiarmi il lobo dell’orecchio. Ma sentirglielo dire è alquanto piacevole e mi rassicura.
“Quale effetto?” continuo a fingere di non capire.
“Lo fai apposta?” mi chiede seccata.
A questo punto non riesco più  a sostenere la parte e scoppio a ridere.
“Scusa! Ma la colpa è tua!” la rimprovero. “Continui a sfidarmi, ma poi cedi subito…non sei una brava attrice…”
“Tu, invece, sei un ottimo attore…” replica con la stessa punta di amarezza di poco fa.
No, così non va bene.
“Bella, che c’è?” le chiedo preoccupato. “Guarda che non ti volevo offendere. Pensavo volessi giocare, scusami…”
Sono terrorizzato dall’idea di aver commesso un passo falso.
“No, sono io a doverti chiedere scusa, Edward. Hai ragione.” ammette. “Ti provoco, cerco di fare la donna di mondo, ma fallisco miseramente ogni volta… decisamente non sono alla tua altezza...”
“Bella che stai dicendo?”
Non mi piace la piega che sta prendendo questa conversazione. E neppure il tono della sua voce. Perché Bella pensa di non essere alla mia altezza? Che significa? Io non sono nessuno…
Niente. Nessuna reazione. Sento solo il suo respiro.
“Bella. Io ti voglio rivedere.” le sussurro dolcemente.
Ti prego, non mi scaricare, vorrei aggiungere. Ma non voglio fare la figura della femminuccia.
“Dici sul serio?” mi domanda incredula.
“Certo… credevo di essere stato abbastanza chiaro, oggi.”
Non penserai che passi il mio tempo a cacciare la lingua in gola alle belle sconosciute!
“Anch’io ti voglio rivedere.” ammette timida dopo un po’.
E poi vengo folgorato da un’idea.
“Come vai al lavoro di solito?”
“Beh, prendo l’autobus e poi la metropolitana. Perché?” mi chiede confusa.
“Non va bene.” la rimprovero. “Non devi sforzare la caviglia. In realtà dovresti stare completamente a riposo per un altro giorno!”
“Edward, non posso assentarmi dal lavoro…”
“Lo so. Ti ci porto io.”
“Cosa?!”
“Ti passo a prendere in macchina domani mattina. E poi vengo a riprenderti.”
“Edward, non è necessario…”
“Bella, ho promesso che mi sarei preso cura di te.” taglio corto. “Ti passo a prendere domani mattina. A che ora?”
“Edward…” tenta di replicare.
“Bella…” Il mio tono di voce non ammette repliche.
Andiamo, lascia che ti passi a prendere…
“D’accordo Cullen.” sospira dopo un po’. “Ci vediamo domani mattina alla 7.30 ”
“Ok.”
“Ok.”
“Allora buonanotte.”
“Buonanotte, Cullen.”
Silenzio.
“Bella? Non hai riattaccato…” le sussurro.
“Neppure tu lo hai fatto…” si difende.
Sorrido divertito dall’intera situazione. Ho di nuovo quindici anni e mi sto innamorando per la prima volta!
“Buonanotte, gattina.”
“Buonanotte.”
Sto per riattaccare quando sento di nuovo il mio nome.
“Edward?”
“Sì, sono qui.”
“Volevo dirti… grazie…”
Sorrido di nuovo.
“Sogni d’oro, gattina.”
“Sogni d’oro.”
Fine della comunicazione.
Non vedo l’ora che sia domani.
 



[1]http://www.youtube.com/watch?v=SYoH4yYmdSk  I Feel You – Depeche Mode

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Capitolo 10
*** 9.1 ISABELLA ***




9.1 ISABELLA

 
A un passo dal possibile, un passo da te
Paura di decidere, paura di me
Di tutto quello che non so, di tutto quello che non ho
Eppure sentire, nei fiori tra l'asfalto
Nei cieli di cobalto, c'è… un senso di te
(Eppure sentire, Un senso di te - Elisa)
 

 
Che vergogna! Edward voleva fare sesso telefonico con me, ed io non ne sono stata capace! Ora che me ne sto da sola, vestita, al sicuro sotto le mie coperte, riesco a pensare ad un milione di cose eccitanti ed audaci che avrei potuto dirgli. Lo avrei lasciato senza fiato. Sarei stata sfrontata, ma di classe allo stesso tempo. Invece nuda, indifesa ed esposta nella vasca da bagno, consapevole che Edward stava lavorando di fantasia, non sono stata in grado di aprire bocca.  È ridicolo! Possibile che il solo suono della sua voce calda sia in grado di trasformarmi di nuovo nella ragazzina timida ed impacciata di quindici anni fa? Che ne è della donna forte ed indipendente che ha preso il suo posto? Soprattutto, se mi lascio prendere dal panico per un banale scambio di battute piccanti al telefono, cosa ne sarà di me in una vera camera da letto?
Edward ha ragione: lo sfido ogni volta lasciandogli presupporre chissà cosa, e poi crollo miseramente. Mi sento così inadeguata! Edward viene da un altro pianeta! Un mondo fatto di paillettes e lustrini. Di attrici affascinanti, modelle e donne bellissime. Di artisti ed intellettuali. Per quale motivo dovrebbe volere me, Isabella Swan, l’insegnante di cucina part-time? Eppure sembra così…
Credevo di morire di gioia quando si è offerto di accompagnarmi al lavoro domani mattina! Non è necessario, gli ho detto, ma solo per darmi un tono. Nell’intimo saltellavo, strillavo e facevo le capriole come una bimba alla quale hanno appena regalato una gita a Disneyland!
Per un attimo la tentazione di chiedergli di Tanya è stata fortissima, ma poi non ne ho avuto il coraggio. E se mi avesse confermato quello che si legge sui giornali? Se avesse ammesso che hanno una relazione? Avrei avuto il sangue freddo per dirgli che non lo voglio rivedere, se davvero sta con un’altra? Probabilmente no. Io lo voglio rivedere. Anche se ha una fidanzata. E voglio baciarlo di nuovo, e farci l’amore. È sbagliato? Disgustoso? Non lo so, non mi interessa. O forse sì? Per questo ho preferito rimanere nel dubbio? Per stare meno male e sentirmi meno in colpa? Onestamente, senza troppi giri di parole, di Tanya Denali non mi importa un cazzo. Neppure la conosco…
È nei confronti di me stessa, che mi sento in colpa. Sono disposta ad interpretare il ruolo dell’altra donna per portarmelo a letto, fosse anche per una notte soltanto. Perché dopo quel bacio, dopo aver sentito le sue mani addosso, non riesco a pensare ad altro. A come potrebbe essere.
Che schifo… Un invertebrato avrebbe più tempra della sottoscritta, in una situazione simile!
Che razza di donna sono? Riconosco di non essere una suora e di essermi presa qualche piccola rivincita dopo dodici anni passati con un unico uomo. Ma neppure mi considero una “facile”. Non lo sono mai stata, e non lo sarò mai. Non è nella mia natura. Eppure, una parte di me avrebbe voluto seguire Edward fino a casa sua. Il bisogno che ho di lui  fa quasi paura. Paura perché non ho mai provato nulla di tanto intenso in tutta la mia vita. Davvero si tratta di pura e semplice attrazione fisica? Di sesso e nient’altro? No. Non può essere. Perché io  non voglio solo portarmelo a letto. Io lo voglio. Punto. Potrei stare ore seduta ad ascoltarlo parlare di qualunque cosa. Proprio come all’ospedale, quando mi raccontava delle sue fan pazze scatenate solo per distrarmi e farmi ridere. E dirgli di me, della mia infanzia, di quello che ho vissuto con Michele è stato così… naturale. Malgrado abbia trascurato i dettagli più intimi,  lui è pur sempre il primo a cui ho confessato di essermi trovata ad un passo dalle nozze.  Peggio, di aver abbandonato il mio fidanzato praticamente sull’altare. Infondo non è una cosa da raccontare con leggerezza o di cui andare fiere.  Eppure a lui l’ho detto. Sentivo di poterglielo dire, di potermi fidare. Non so esattamente perché, ma non temevo di essere giudicata.
Pensando a Tanya, mi sono incupita. Ma Edwardha capito immediatamente che qualcosa non andava, che qualcosa mi turbava. È come se viaggiasse sulla mia stessa lunghezza d’onda. E non posso fare a meno di sorridere compiaciuta se ripenso al tono preoccupato della sua voce quando ha realizzato che avrei anche potuto scaricarlo.
È sempre così dolce, così premuroso ed attento. La consapevolezza che lui mi desidera è inebriate.So che mi vuole. È stato molto esplicito sia sull’autobus, quando mi ha implorata di seguirlo a casa sua, sia al telefono poco fa. Ma sono anche sicura che c’è qualcosa di più. Non può essere solo una botta e via. Un uomo non si da tanto da fare solo per una scopata. Soprattutto uno come lui, che potrebbe averne quante ne vuole, di donne, e solo schioccando le dita.
Forse ho qualche speranza... Devo smetterla di pensare che non sono nessuno! Io sono qualcuno, per Edward! E ci sono tante cose di me che ancora non conosce, cose che potrebbero piacergli. Chiederò ad Eric quando ha intenzione di organizzare un’altra serata a microfono aperto. Gli farò una sorpresa. Lo inviterò al The Dungeon e salirò sul palco con la mia chitarra. In realtà il mio vero strumento è un altro, ma è tecnicamente complicato portarsi appresso un pianoforte nei pub.
Non sei l’unico dotato di talento Cullen… anche se il mio, di talento, sono stata costretta a buttarlo nel cesso anni fa e non ho fatto nulla per impedirlo.
Forse ce la posso fare, a liberarmi di Tanya. Ce la posso fare…
 
Edward…
Vorrei stare con lui sempre… per sempre…
 
…la mia fantasia sta lavorando freneticamente… la protagonista sei tu…
… Bella... Io ti voglio rivedere…
… buona notte, gattina… sogni d’oro…
 
Mi addormento, tranquilla, cullata dal ricordo della sua voce calda.

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Capitolo 11
*** 9.2 ISABELLA ***




Lunedì 19 aprile 2010


9.2 ISABELLA

 
È vero, ieri il look acqua e sapone ha dato i suoi frutti, ma se voglio sbarazzarmi di Tanya Denali devo usare tutte le frecce a disposizione del mio arco ed essere perfetta per quando incontrerò di nuovo Edward. Così decido di alzarmi presto, farmi una lunga doccia bollente, truccarmi e pettinarmi come si deve, e scegliere quanto di meglio il mio armadio può offrire.
Non appena  metto piede fuori dal letto, però,  mi rendo conto che durante la notte un cratere delle stesse dimensioni di un campo da calcio ha preso il posto di quello che un tempo era il mio stomaco, quindi, prima di mettermi all’opera, decido di concedermi una tazza di tè al limone ed un cornetto caldo. O forse due. E magari qualche biscotto. E già che ci sono due o tre fette biscottate con la mia vecchia cara amica Nutella.
 
Mi trascino sbadigliando in cucina e dopo aver messo sul fuoco il bollitore, mi siedo al tavolo dove Rosalie sta sorseggiando un caffè lungo leggendo il giornale.
È davvero strano. Non capisco cosa ci faccia in piedi a quest’ora: Rose non lavora di lunedì. Angela, invece, è ancora a letto. O almeno credo.
“Non vai in ufficio stamattina?” mi chiede senza alzare gli occhi dall’articolo che la sta impegnando.
“Sì, che ci vado… mi passa a prendere Edward.” le rispondo con estrema ed ostentata naturalezza, come se il fatto che Edward Cullen ti faccia da autista personale sia  una cosa più che normale.
“Cosa?!” Rosalie quasi si strozza con il caffè.
“Già!” sghignazzo compiaciuta.
“Stai scherzando?” mi chiede incredula.
“No!”
“Bella… ti rendi conto che uno degli uomini più sexy del pianeta sta facendo di tutto per infilarsi nel tuo letto?”
Non rispondo e mi limito a sorridere. Perché ne sono consapevole. E, sinceramente, non vedo l’ora!
“Quando ti passa a prendere?” mi domanda tutta eccitata.
“Verso le 7.30…”
“E che ci fai ancora qui in pigiama?!” esclama inorridita.
“Rose, rilassati! Manca più di un’ora!” Davvero non capisco quale sia il suo problema.
“Più di un’ora? Ma sei scema? Sono le 7.15!”
Le sette e un quarto?! No, non è possibile…
“Le 6.15, vorrai dire…” Improvvisamente il panico si impossessa di me.
“No! Le 7.15! Guarda!” strilla indicando l’orologio appeso alla parete.
Merda! Devo aver caricato male la sveglia! Perché sono così cretina, a volte? È evidente che la conversazione a luci quasi rosse che ho avuto con Edward ieri sera mi ha completamente scombussolata.
 
Mi alzo di scatto e, sull’unico piede sano, saltello a velocità folle fino in bagno.
Santo Cielo! Sono impresentabile! La figura che ora vedo riflessa nello specchio non ha nulla a che fare con la meravigliosa creature uscita dal salone di bellezza due giorni fa! Ieri sera sono andata a letto senza asciugarmi i capelli ed ora, in testa, ho una criniera senza forma. Ingestibile. L’unica soluzione è costringerla in uno chignon alto sopra la nuca. Il risultato non è pessimo, ma sicuramente avrei potuto fare di meglio. Non ho tempo di mettere le lenti a contatto così, dopo essermi lavata i denti ed il viso, spalmata un filo di crema idratante e passata un filo di mascara, inforco gli occhiali: un paio di vistosi Ray Ban con la montatura viola. Spero davvero che ad Edward piaccia il look da Nerd perché, in questo momento, ne sono l’assoluto ed incontestabile emblema!
Una volta finito in bagno,mi precipito in camera da letto dove Rosalie mi aspetta impaziente.
“Ho scelto un po’ di roba. Che ne pensi?” mi chiede nervosa.
Lavorando come personal shopper, la vera missione di Rosalie nella vita è creare abbinamenti perfetti. Quindi, proprio come una super-eroina, non ha potuto fare a meno di venirmi in soccorso in un momento tanto delicato.
Indugio per una attimo sui tre completi che ha composto sul letto sfatto e scelgo a caso.
“Questo!”
“È quello che preferisco anch’io!” mi rassicura. “Ci vanno gli stivali.” E si precipita in fondo all’armadio per poi ricomparire con un paio di morbidi stivali in camoscio color tortora.
Mi vesto in fretta e furia ed il risultato è meglio di quanto sperassi.
Rosalie ha scelto per me una gonna di jeans corta da portare con calzettoni di cotone grigio a coste lunghi fino al ginocchio, stivali, appunto, camicia a quadri nelle tonalità del blu e dell’azzurro, e maxi cardigan blu scuro.
“Ecco, il tocco finale!” E mi arrotola attorno al collo una delle mie morbide pashmina color grigio perla. “Nerd-NeoGrunge-Chic. Sei perfetta!”
Ho seri dubbi al riguardo! Francamente: esiste lo stile Nerd-NeoGrunge-Chic? Non credo. Ma con il poco tempo a disposizione non potevo fare di meglio. Ed in ogni caso, del buon gusto di Rose mi fido.
Il citofono suona nell’istante esatto in cui infilo la maxi-tracolla che uso durante la settimana. Le 7.30 precise. Se ho capito qualcosa di Edward, mi sta aspettando sotto casa da almeno un quarto d’ora!
Sono quasi sulla porta, quando Rosalie mi si lancia contro spargendo nuvole di profumo nell’aria ed urlando “Aspetta, aspetta, aspetta!”
“Sinceramente, Rose. Come sto?” le chiedo nervosa mentre mi lascio avvolgere dalla delicata fragranza che ha scelto per me.
“Sei uno schianto! Ed ora raggiungi il tuo uomo!” mi risponde decisa.
 
Riuscire a non ammazzarmi saltellando su un unico piede giù per quattro piani di scale con il solo supporto del corrimano - dotata di tacchi, per giunta - non è un’impresa facile, ma, miracolosamente, ce la faccio.
Spalanco il portoncino e finalmente sono in strada, trafelata ed accaldata, pensando di trovarmi di fronte Edward. Invece di lui non c’è traccia. C’è solo un enorme SUV nero con i vetri oscurati parcheggiato in doppia fila di fronte al palazzo.
Sarà lui?
Mi avvicino timidamente, incerta sul da farsi, quando, all’improvviso, due mani decise mi cingono la vita da dietro ed un paio di labbra morbide si posano sul mio collo facendomi sobbalzare.
“Porc… Cullen! Vuoi farmi morire d’infarto?” sbotto.
“Scusa, gattina…” mormora senza smettere di baciarmi e stringendomi a sé, schiena contro torace.
“Come va la caviglia?” mi sussurra in un orecchio.
“Meglio…” rispondo senza fiato piegando la testa all’indietro.
Adoro il tocco delicato delle sue labbra sul mio collo! Il giusto contrappunto all’ispido della sua barba appena accennata. Mi graffia un po’, ma… Gesù… potrei stare qui delle ore!
Edward sembra aver bisogno d’altro, però. Così mi costringe a voltarmi e si incolla alla mia bocca.
Il suo bacio è lungo, caldo, appassionato.
Davvero devo andare al lavoro, stamattina? Preferirei trascinarlo su in camera e…
Bella! A cuccia! Non è né il luogo né il momento!
“Edward…” mormoro, senza staccare le mie labbra dalle sue. Vorrei aggiungere è tardi, dobbiamo andare, ma non ci riesco. In realtà non vorrei fare altro per la prossima ora. Anzi, vorrei fare molto di più. Ma non di certo in strada, di fronte a tutti questi passanti!
Evidentemente lui mi legge nel pensiero perché, senza alcun preavviso, si stacca bruscamente e fa due passi indietro.
L’improvviso distacco mi lascia disorientata e stordita, e quasi rischio di cadere in avanti quando Edward si allontana.
“Scusa.”
Mi osserva divertito, con quel suo sorrisetto malizioso appena accennato e gli occhi che gli brillano.
“Non farlo più!” lo rimprovero cercando di sembrare minacciosa.
 “Cosa? Baciarti?” mi chiede ostentando innocenza e fingendo di non capire.
Maledetto Cullen! Ti piace torturarmi, vero? Sai benissimo che non mi sto riferendo a questo!
Lo guardo storto per un istante. Poi  mi avvicino e, cogliendolo totalmente di sorpresa, lo afferro per i lembi del maglione, lo trascino a me con forza e lo bacio, ancora ed ancora, premendo il mio corpo contro il suo, intrecciando le mani tra i suoi capelli morbidi e spettinati.
Quando sento le sue mani scendere pericolosamente lungo i fianchi e stringere, capisco che è il momento giusto. Mi stacco improvvisamente lasciandolo senza fiato. Lo spingo via, incrocio le braccia e, sfidandolo con lo sguardo, sibilo “Questo, Cullen.”
Edward mi osserva confuso per un istante, poi chiude gli occhi e scuotendo la testa ammette “Ok. Punto tuo.” E poi aggiunge “È meglio andare, se non vuoi fare tardi al lavoro!”
Grandioso! Ho vinto io, per una volta!
Sorrido compiaciuta e lascio che mi accompagni al SUV.
 
“Wow, che mezzo…” non riesco a trovare le parole. “Imponente?”
“È sicuro.” mi dice aiutandomi a salire.
Poi, dopo essersi accomodato al posto di guida, ed accertato che abbia allacciato come si deve la cintura di sicurezza, aggiunge “Coraggio, fammi strada.”
Gli spiego brevemente dove si trova la FolkMusic e partiamo.
“Non sapevo se avresti avuto il tempo di fare colazione, così ti ho preso questi.” dice indicandomi un bicchiere di Starbucks infilato in uno dei due porta bicchieri che si trovano tra i sedili e porgendomi un sacchetto bianco. “Tè caldo al limone, come piace a te, e muffin al cioccolato.”
Edward…
Lo fisso sbalordita e commossa per un istante. Esiste un uomo più dolce e premuroso sulla faccia della terra?
“Grazie.” balbetto.
Prendo il sacchetto con i muffin ed il tè. Il bicchiere è bollente così sollevo il coperchio e comincio a soffiarci sopra.
“Se hai già fatto colazione, puoi lasciare tutto…” osserva dubbioso.
“Sei fuori? Sto morendo di fame! Ho caricato male la sveglia e mi sono alzata dal letto solo venti minuti fa!” ammetto.
Forse non dovrei essere così sincera. Forse dovrei essere più misteriosa, che ne so, adottare qualche strategia di seduzione. Ma davvero non mi viene. Non so perché, ma sento di poter dire tutto ad Edward. Voglio dirgli tutto.
“Effettivamente hai l’aria un po’ sconvolta…” sghignazza divertito dopo avermi squadrata rapidamente.
Ah. Credevo di aver fatto un lavoro decente, invece non è così. Lo stile Nerd-NeoGrunge-Chic non funziona, a quanto pare. Wonder-Rose ha fallito.
Lui si accorge del mio improvviso silenzio e preoccupato cerca di rassicurarmi “Bella, scherzavo…”
“Scherzavi?” lo osservo dubbiosa inarcando un sopraciglio.
“Bella, davvero non ti rendi conto dell’effetto che hai su di me? Tu mi piaci comunque. Saresti in grado di lasciarmi senza fiato pur indossando un sacco di iuta.”
Io lascio Edward senza fiato…
Spalanco gli occhi e lo fisso incredula.  Non fa altro che ripetermelo. Stento a credere che lui mi veda davvero in questo modo, abituato com’è a frequentare donne bellissime ed affascinanti. Abituato com’è a quello schianto di Tanya! È vero, non la sopporto - non perché abbia qualcosa che non va, poverina, ma solo perché forse sta con Edward -  ma se fossi un uomo, o se fossi lesbica, probabilmente, anzi, sicuramente anch’io perderei la testa per lei! La pubblicità del profumo di cui è testimonial è una delle cose più sensuali che abbia mai visto in TV!
 Eppure…
“E poi trovo che gli occhiali ti diano un’aria ancora più sexy…” aggiunge. “Sexy-Nerd…” E la sua voce ha la stessa consistenza del velluto.
NeoGrunge-Chic, preciso mentalmente, e sorrido tra me e me pensando che quest’uomo è veramente dotato degli stessi super poteri di Tyler il Vampiro!
 
Sto mangiando tranquilla i muffin al cioccolato, mentre ascolto e commento ad alta voce il notiziario alla radio, quando mi accorgo che Edward mi scruta con la coda dell’occhio, lo sguardo improvvisamente cupo.
“Che c’è?” gli chiedo con la bocca piena.
Lui torna a concentrarsi sulla strada serrando la mascella.
“Niente.” risponde secco.
“Cullen?” insisto.
È evidente che ho fatto o detto qualcosa di sbagliato, qualcosa che gli ha alterato l’umore. Ma non capisco cosa! Magari ho fatto cadere delle briciole e lui è uno di quelli fissati con le auto e non ammette che gli interni si sporchino?
Esista un attimo e poi, senza nascondere un lieve fastidio, mi chiede “Ti vesti sempre così quando vai al lavoro?”
Eh?! Tutto mi sarei aspettata, meno un commento sul mio abbigliamento.
“Scusa, non capisco.” rispondo confusa alzando le spalle.
L’ambiente in cui lavoro è piuttosto informale, frequentato prevalentemente da musicisti: non ho bisogno di indossare noiosi tailleur o gonne al ginocchio. Inoltre, alla scuola di cucina ho una divisa.
“Devi per forza mostrare le gambe?” sbotta dopo un po’, visibilmente a disagio.
Un momento. Ora ci sono! Edward è geloso! Questa è bella. Non me lo sarei mai aspettato.
“Ho delle brutte gambe?” chiedo fingendo di non capire il senso della sua domanda.
“No, credimi. Hai delle gambe perfette.” risponde a denti stretti.
“Quindi?” insisto.
Edward non dice nulla e serra i pugni attorno al volante.
“Non dirmi che sei geloso?” gli chiedo divertita.
Edward mi ignora e continua a guidare.
“Edward?” lo stuzzico tracciando linee immaginarie con l’indice sul suo braccio teso.
Alla fine cede ed ammette controvoglia “Sì, sono geloso.”
È ridicolo! Ci conosciamo da un paio di giorni e pensa già di potermi dire cosa indossare? Non potrebbe farlo neppure se avessimo una relazione che va avanti da anni!
“Lo so, sono ridicolo!” aggiunge dopo un po’ leggendomi nel pensiero. “Generalmente non sono così… non mi è mai importato molto di quello che indossavano le mie ragazze… ma con te…”
Dovrei sentirmi lusingata? Detesto la gelosia. C’è chi dice che un pizzico di gelosia sia normale e sano in un rapporto. Io la trovo un’enorme mancanza di rispetto. Ed un enorme perdita di tempo. Però non me la sento di arrabbiarmi con Edward. A dire la verità, l’idea che lui mi consideri già sua fino a questo punto mi emoziona e mi confonde. Quasi mi dimentico di Tanya Denali e della minaccia che rappresenta. Così, anziché mandarlo a quel paese come avrei fatto con qualunque altro uomo, cerco di rassicurarlo.
“Edward.” gli sussurro prendendogli la mano e stringendola forte tra le mie. “Non mi importa degli altri. Tutto questo è per te… volevo essere carina per te.”
Il suo sguardo si addolcisce immediatamente e per un attimo mi ricordo che quello che ho di fronte è solo un ragazzo di neppure ventiquattro anni.
“Sono un idiota.” ammette scuotendo la testa.
“Un pochino.” Continuo a  prenderlo in giro.
Il suo volto si illumina in un caldo sorriso, lascia cadere distrattamente la mano sul mio ginocchio, e continua a guidare accarezzandomi la gamba nuda.

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Capitolo 12
*** 10.EDWARD ***



10. EDWARD

 
Solo per te, convinco le stelle
A disegnare nel cielo infinito, qualcosa che assomiglia a te
Solo per te, io cambierò pelle
Per non sentir le stagioni passare, senza di te
(Sole per te - Negramaro)

 
Ho sempre pensato che sono i piccoli momenti apparentemente insignificanti a rendere veramente felici le persone; che bisogna saperli riconoscere e godere di questi istanti in cui la pura felicità si nasconde dentro l’assoluta normalità.  Ebbene, sto vivendo uno di questi momenti con Bella.
Se ne sta seduta tranquilla di fianco a me, sorseggia il tè, mangia i muffin al cioccolato, di tanto in tanto commenta ad alta voce le notizie del radiogiornale che ascolta con attenzione, ed io penso che non potrei sentirmi più tranquillo ed in pace.
Comprarle la colazione è stata un’idea geniale. Ho decisamente fatto colpo e non posso fare a meno di sentirmi segretamente compiaciuto per la mia mossa cavalleresca. Bella ha apprezzato tantissimo e sono sicuro di aver segnato un altro punto sul suo personale tabellone.
È possibile sentirsi così in sintonia con qualcuno dopo così poco tempo? Ogni volta è come se lei mi leggesse dentro, od io le leggessi dentro.
Con Tanya non è mai stato così. Ancora oggi, dopo due anni, non capisco cosa le passa per la testa veramente. Se le avessi portato la colazione, ne sono sicuro, anziché ringraziarmi avrebbe commentato che i muffin al cioccolato sono una bomba ipercalorica e lei non si può permettere di ingrassare di un etto. Se non gliel’avessi portati, avrebbe lamentato la mia mancanza di attenzioni e quanto è triste il fatto di avere un fidanzato così incurante.
Bella, invece, sì è avventata sui dolci con gusto! Sapevo che lo avrebbe fatto. Ieri, alla sala da tè, ne ha spazzolati cinque! Ed ora è uno spasso vederla leccarsi le dita e sentirla discutere di politica estera con la bocca piena! Ha sparso briciole dappertutto, ma chissenefrega. Onestamente, per me le auto sono solo un mezzo per spostarsi da un punto A ad un punto B. Di motori non capisco proprio nulla!
 
La voglio. La desidero da morire. Vorrei stare con lei sempre. Per sempre.
 
La osservo con la coda dell’occhio ed indugio per un istante sulle sue gambe nude. Tiene le ginocchia chiuse, leggermente piegate nella mia direzione, e mi chiedo se lo abbia fatto apposta ad indossare una gonna così corta. Se lo abbia fatto per me.
Dio, quant’è bella… Se il solo baciarla mi fa venire il sangue alla testa, come potrebbe essere il resto? Gli occhiali, poi, la rendono ancora più sensuale. Le danno un’aria da maestrina sexy. Davvero non capisco come possa non avere un ragazzo! Non che la cosa mi dispiaccia. Ma davvero non riesco a credere che non abbia neppure un corteggiatore, a parte il sottoscritto. È impossibile. Scommetto che la casa discografica per cui lavora  è piena di uomini che farebbero carte false solo per sfiorarle una guancia con il dorso della mano. E  per le prossime quattro o cinque ore quei bastardi le sbaveranno dietro godendo della vista spettacolare delle sue lunghe e magrissime gambe nude. Che dire poi della scuola di cucina? Mentre mi raccontava di sé, ieri pomeriggio, mi ha confessato che la sua classe, a differenza delle altre,  è stranamente composta in gran parte da pensionati. Uomini! Le sue colleghe gestiscono gruppi di casalinghe disperate e ragazzette ad un passo dalle nozze. Lei, gruppi di vecchietti. Ed i suoi corsi sono quelli che hanno più successo e la lista d’attesa più lunga! Lungi da me il  mettere in discussione le sue capacità. Sono sicuro che Bella è un’ottima cuoca ed un’insegnante strepitosa. Ma qualcosa mi dice che quei maiali - sì, maiali -  non sono tanto interessati a come si cucina un risotto quanto a mangiarsela con gli occhi!
La sola idea mi fa incazzare. E siccome Bella mi legge nel pensiero, si rende subito conto del mio repentino quanto inspiegabile cambiamento di umore.
“Che c’è?” mi chiede con la bocca piena.
“Niente.” Rispondo a denti stretti tornando a concentrarmi sulla guida.
Non ho nessuna intenzione di mostrarmi a Bella per quello che sono realmente: un ragazzino insicuro e geloso. Che figura farei?
Ma lei non demorde.
“Cullen?” Insiste.
Ormai la mia fantasia sta viaggiando per conto suo. Orde di uomini la corteggiano, ed io non sono con lei per cacciarli a calci in culo.
“Ti vesti sempre così quando vai al lavoro?” Sbotto alla fine mal celando il fastidio.
“Scusa, non capisco.” Mi risponde confusa alzando le spalle.
E come potrebbe? Neppure io riesco a capire cosa mi è preso! Ed il peggio è che non riesco a calmarmi, e neppure a tacere!
“Devi per forza mostrare le gambe?” Spiego, incapace di nascondere il disagio.
“Ho delle brutte gambe?” Mi chiede. E so che mi sta prendendo in giro perché si è resa conto che le sto facendo una scenata.
“No, credimi. Hai delle gambe perfette.”
“Quindi?” Insiste.
Vuole che lo ammetta. Che confessi di essere geloso.
Sai essere davvero perfida, Isabella Swan. Ma non mi lascio incastrare. Non lo ammetterò mai. Non sono un debole. Non sono un ragazzino insicuro.
“Non dirmi che sei geloso?” Mi chiede divertita. E di fronte al muro del mio silenzio comincia a stuzzicarmi tracciando linee immaginarie con l’indice sul mio avambraccio.
“Sì, sono geloso.” Ammetto infine controvoglia.
Ah, sì, dimenticavo. Ho completamente perso la testa per te. Non riesco a pensare ad altro se non a te. Sono il tuo schiavo fedele. Fa di me ciò che vuoi.
“Lo so, sono ridicolo!” aggiungo dopo un po’, riconoscendo che non ho alcun diritto su di lei. Non stiamo neppure ufficialmente insieme!
“Generalmente non sono così…” cerco di giustificarmi “non mi è mai importato molto di quello che indossavano le mie ragazze… ma con te…”
Davvero non so cosa mi è preso! Con Tanya non è mai stato così. Vederla sul grande schermo in scene di sesso con altri attori non mi ha mai dato particolarmente fastidio. Certo, è pura finzione. Ma vedere un paio di mani non tue che strizzano le tette della tua donna non è il massimo. Anche se solo per esigenze di copione. Eppure non ho mai fatto una piega. Ora, invece, mi faccio venire il sangue alla testa per una semplice minigonna. Devo essermi rincretinito…
Temo che Bella mi mandi a quel paese. Ha trent’anni. È forte, indipendente. Non credo stia cercando un uomo che le dica cosa deve o non deve fare. Figuriamoci cosa indossare o meno!
Avrei dovuto starmene zitto. Fare finta di nulla. Ma non ce l’ho fatta. Non so perché, ma sento di poter essere completamente sincero con lei, di poterle dire tutto. Anche a costo di risultare ridicolo. O malato. Proprio come adesso.
Ed infatti niente sfuriata.
“Edward.” mi sussurra dolcemente prendendomi la mano e stringendola tra le sue. “Non mi importa degli altri. Tutto questo è per te… volevo essere carina per te.”
Lei vuole essere carina per me. Non le importa degli altri.
“Sono un idiota.” Ammetto scuotendo la testa.
“Un pochino.” Continua a prendermi in giro.
E visto che ciò che ho di fronte è mio, lascio cadere distrattamente la mano sul suo ginocchio e comincio ad  accarezzarle delicatamente la gamba nuda.
 
“A che ora devo passare a prenderti?” Le chiedo una volta raggiunto il parcheggio della FolkMusic.
“Non prima dell’una. Ho delle pratiche in arretrato da sbrigare e credo mi fermerò una mezz’ora più.”
“Ok. Poi pranziamo insieme?”
“Certo!” mi risponde entusiasta. “Devo essere alla scuola di cucina per le tre e mezza. Quindi ho più di due ore libere.”
“Grandioso!”
Ho già in mente una piccola sorpresa. Ho notato che a meno di un miglio dalla casa discografica c’è un parco e, visto che è una bella giornata di sole, ho intenzione di procurarmi il necessario per un pic-nic.
“E tu? Che programmi hai?” mi domanda curiosa.
“Ho un appuntamento al cantiere con il mio architetto.”
“Cantiere?” mi chiede corrugando la fronte. Effettivamente non ho ancora avuto modo di raccontare a Bella della mia nuova casa.
“Ho comprato casa in campagna, appena fuori Londra.” Le spiego. “I lavori di ristrutturazione sono quasi terminati. Se tutto va bene, mi consegneranno le chiavi per questo fine settimana. Magari ti porto a vederla, uno di questi giorni.”
“Mi farebbe davvero piacere!” Poi dando una rapida occhiata all’orologio sul cruscotto esclama “Merda! Ora devo proprio andare.”
“Buon lavoro, gattina.” Le dico avvicinandomi e dandole un bacio sulla fronte. “Ci vediamo tra qualche ora.”
Vorrei darle un bacio come si deve, ma non voglio farle credere che ho in testa solo quello. E poi temo, una volta iniziato, di non riuscire a fermarmi più.
Lei fa per aprire la portiera, poi si volta, mi sorride e mi si getta al collo.
Cavolo… questa donna sa baciare davvero…
“Se non mi cacci non me ne vado, Cullen.” mormora dopo un po’ lasciando scorrere le dita tra i miei capelli.
“Ti aiuto a scendere.” Scoppio a ridere staccandola a malincuore.
Le apro la portiera e l’accompagno all’ingresso.
Zoppica ancora e non capisco perché abbia deciso di mettere i tacchi.
“Bell’idea i tacchi. Vuoi slogarti anche l’altra caviglia?” La rimprovero come se fosse una bambina.
Lei mi guarda stranita e poi scuote la testa.
“Che c’è?” Le chiedo senza capire.
“Volevo essere carina per te...” Mi risponde rassegnata.
Ops. Credo di aver fatto una terribile gaffe. Meglio lasciar perdere.
“Te la cavi da sola, da qui in poi?” Cerco di salvarmi in corner, imbarazzato per tanta insensibilità.
Bella annuisce sorridendo. Mi da un ultimo bacio e poi scompare dietro la porta a vetri scorrevoli salutandomi con la mano.
 
Passo il resto della mattinata in compagnia del mio architetto alla casa nuova. Sono davvero soddisfatto di come stanno procedendo i lavori e di quello che sarà il risultato finale. È quasi tutto pronto, i mobili sono arrivati, i complementi d’arredo pure. Una squadra sta sistemando tutto senza tralasciare alcun dettaglio: dalle tende ai piatti nella credenza in cucina, dalle candele alle lenzuola, dai vasi di fiori agli asciugamani in bagno. Se volessi potrei già passare la notte qui, ma l’idea di svegliarmi domani mattina con gli operai intenti a dare gli ultimi ritocchi non mi entusiasma. Preferisco aspettare che tutto sia finito e che la casa sia finalmente libera.
Non vedo l’ora di portarci Bella. Prima di lasciare il campo ad Alice con la sua festa di inaugurazione, ho intenzione di organizzare un piccolo party privato per noi due soli. Devo aspettare solo qualche giorno e poi, finalmente, riusciremo ad avere un po’ di privacy.
Se escludo l’interno della mia macchina, fino ad ora ci siamo sempre incontrati in luoghi pubblici o comunque in presenza di altri.  Mentre non vedo l’ora di averla tutta per me, senza qualcuno che ci disturbi.
Ieri sera pensavo sarebbe stata La Sera. Invece Bella ha gentilmente declinato l’invito, pur facendomi capire che quello che ho in mente non le dispiace affatto. Vuole solo aspettare un po’. Chissà, forse è meglio così. Anche se fatico a convincermi che sia  una buona idea quando sono vicino a lei. Come stamattina, quando l’ho presa da dietro facendola sobbalzare per lo spavento. Diciamo che stringerla a me, avere il suo corpo così vicino e sentirla gemere mentre piegava la testa all’indietro e godeva dei miei baci sul collo, non mi ha lasciato per nulla indifferente. Per NULLA indifferente... E so che se ne è accorta.
Per un attimo ho pensato di supplicarla di non presentarsi al lavoro, di trascinarla su in camere sua. Ma l’idea che a separarci dalle sue amiche ci sarebbe stata solo una parete ha calmato all’istante i miei bollenti spiriti.
Una parete non è l’ideale. Non per quello che ho in testa.
Pazienza Cullen. Pazienza.
 
Verso le undici lascio il cantiere e mi organizzo per il pic-nic. Poco distante da casa mia, c’è un piccolo borgo di campagna con alcuni negozi specializzati nella vendita di anticaglie, prodotti tipici e fine pasticceria. Senza troppa fatica trovo una coperta, un cestino in vimini e lo riempio con ogni ben di dio.
Bella ne sarà entusiasta! Se c’è una cosa che ho capito di lei è che adora mangiare.


 

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Capitolo 13
*** 11.ISABELLA ***



11. ISABELLA

 
That day, that day, when I sat in the sun
And I thought and I cried
’cause I’m sad, scared, small, alone, strong
And I’m nothing, and I’m true
Only a brave man can break through
And it’s all okay, yeah, it’s okay
(That Day, Moment of Clarity  – Natalie Imbruglia)

 
Se vado avanti di questo passo, la mezz’ora in più che ho chiesto ad Edward per sbrigare tutte le pratiche in arretrato non servirà a nulla.
Sono in ufficio da un paio d’ore ormai, ma non sto combinando un granché. Perché?  Perché ho un unico pensiero fisso: Edward.
Questa mattina era irresistibile! Jeans neri, maglietta grigia, cardigan nero. Abbinamento decisamente scontato e banale, su chiunque altro.  Perfetto su di lui. Ma come diavolo fa?
Sarà l’altezza, sarà il fisico asciutto ma ben definito, sarà lo sguardo magnetico, sarà quel filo di barba sulla mascella decisa… sarà.
Continuo a ripercorrere mentalmente ogni singolo momento passato con lui fino ad ora, soffermandomi su alcuni dettagli:  le sue labbra morbide sul mio collo, le sue mani forti e decise che mi cingono i fianchi, le dita lunghe che mi sfiorano delicatamente la gamba, il tocco della sua lingua…
Sento ancora il suo sapore: sigaretta e mentine. Non ho mai amato il tabacco, ma addosso a lui diventa inspiegabilmente irresistibile. La sola immagine di Edward con una sigaretta tra le dita mi fa venire il mal di pancia!
È come se avessi di nuovo quindici anni. Probabilmente, se fossi ancora al liceo avrei tra le mani un pennarello rosso e disegnerei cuoricini tutt’intorno al suo nome scritto a caratteri cubitali sulle pagine della mia agenda!
Ad essere onesta del tutto, un’ora fa ero al telefono con il manager di uno degli artisti che produciamo e sovrappensiero ho iniziato a scarabocchiare “E+B” sulle pagine del taccuino che generalmente uso per prendere appunti. Quando ho realizzato che accanto alle decine di “E+B” erano comparsi anche una serie di disegnini osceni, mi sono voltata di scatto ed ho perlustrato l’ufficio come una ladra che ha sentito un rumore sospetto mentre sta mettendo a segno il colpo della vita, terrorizzata che qualcuno potesse diventare l’involontario testimone del mio improvviso attacco di euforia ormonale.
Poi ho accartocciato il foglio e l’ho infilato con circospezione in tasca. Non so il perché, ma non mi andava di buttarlo nel cestino. Ok, lo so il perché.  Uno: e se qualcuno lo avesse visto? Se la donna delle pulizie lo avesse trovato? Che figura avrei fatto? La professionale ed irreprensibile Isabella Swan che come un’adolescente fantastica sul suo uomo durante le ore d’ufficio e fa piccoli disegni pornografici. Non esiste. Significherebbe diventare lo zimbello di tutti i miei colleghi per i prossimi sei mesi. Due: non me la sento di gettare un foglietto su cui ho scritto il nome di Edward. O anche solo l’iniziale del suo nome.
Lo so, è patetico. Ma come faccio a non fantasticare su di lui?  Stamattina, mentre mi stringeva a sé, ho chiaramente percepito l’effetto che gli faccio. Un grande effetto. Enorme. Non riesco a non arrossire se ci ripenso. E so che si è accorto del fatto che me ne sono accorta. E sospetto che abbia provato anche un certo orgoglio. Io, se fossi un uomo, lo proverei.
Cosa ho fatto per meritarmi questo? Perché l’Universo ha deciso di regalarmi Edward? Forse perché do lezioni di musica gratis al centro sociale il venerdì pomeriggio? È una ricompensa per il mio impegno nei confronti della comunità? Non credo. Adoro quei ragazzini. Ed adoro suonare e cantare. Non penso di maritare un premio per fare ciò che amo fare.
 
“Bella, qualcosa non va?” mi chiede ad un certo punto Irina, una delle mie colleghe.
“Eh?” Mi volto verso di lei senza aver sentito una parola.
“Bella, stai bene? È da dieci minuti che fissi il vuoto.”
“Oh… hem… sì, sto… bene.” Non mi va di parlare di Edward con Irina. È una gran pettegola.
“Non ha nulla a che vedere con il bel tipo che ti ha accompagnata al lavoro stamattina?” Mi chiede sospettosa ed assetata di dettagli.
Dannazione. Irina ha visto Edward. Spero solo non l’abbia riconosciuto. Questa stronza lavora per l’ufficio stampa, ha tutti i contatti giusti ed è capace di chiamare i paparazzi e vendere la notizia. Ora che ci penso, il suo ragazzo dovrebbe essere un giornalista free-lance specializzato in gossip e spazzatura di questo genere . Meglio tenere la bocca cucita.
“Quale tipo?” Chiedo fingendo di non capire a chi si riferisce.
“O andiamo Bella! Ti hanno visto tutti scendere da quel SUV nero accompagnata da un misterioso ragazzo che, non puoi negarlo, hai baciato sulla bocca prima di entrare in ufficio!”
Ops…
“Ah… hem… intendi…” Forza Bella, trova un nome. “Vuoi dire…” Bella? Sveglia! “Hem…Eddie.”
Eddie?!
Oh Signore… sono una pessima attrice… dovrei farmi dare qualche lezione gratis da Cullen.
Però nessuno lo chiama Eddie, a parte Bob - credo - quindi non dovrebbe collegare il nome al volto che ha visto.
“È il tuo nuovo ragazzo?” Mi chiede curiosa con fare ammiccante.
“Ci frequentiamo…” Taglio corto.
“Dove l’hai conosciuto?”
Maledetta. Non demorde. Se non posso fare affidamento sulle mie pressoché nulle capacità recitative devo andarmene. Subito!
“Irina. Potresti rispondere tu al mio interno, nel caso dovesse squillare?” E poi, guardando l’orologio, aggiungo “Avrei un appuntamento con Molina proprio adesso!”
Non è assolutamente vero. Non devo incontrare il nostro tecnico del suono. Ma in questo momento è l’unica scusa a cui riesco a pensare per sfuggire a questa serpe.
 
Quando torno, dopo una ventina di minuti circa, Irina è scomparsa ed io posso continuare a fingere di lavorare.  E siccome non sono mai sazia di Edward, digito il suo nome in Google Immagini e comincio a scaricare tutte le fotografie più belle che lo ritraggono.
 
Finalmente è l’una. Spengo il PC, prendo la mia tracolla e mi precipito nel parcheggio della FolkMusic.
Una volta all’aperto, mi guardo intorno in cerca del SUV nero, ma niente. Nessuna traccia di Edward. Che fine ha fatto? Suppongo sia stato trattenuto al cantiere dal suo architetto…
Prendo il cellulare dalla borsa per chiamarlo, e trovo un suo messaggio. Probabilmente l’ SMS risale a quando ero fuori ufficio, così non l’ho sentito arrivare.
 
Sono in ritardo. Ci ho messo più del previsto. Dovrei essere lì per l’una e un quarto. Scusa. E.
 
Mi siedo sul muretto di cinta del parcheggio e mi godo un po’ di sole aspettando paziente che Edward arrivi. Fortunatamente non mi lascia attendere a lungo.
Il SUV nero varca il cancello d’ingresso ed io gli zoppico incontro sorridendo.
Ancor prima di aver tirato il freno a mano, Edward scende frettolosamente dall’auto, una sigaretta tra le labbra.
Il cardigan è sparito e la maglietta grigia dalle maniche corte non solo mette in risalto i suoi bicipiti, ma lascia semiscoperto il meraviglioso tribale che gli scivola lungo il braccio, giù dalla spalla destra.
Signore, ti prego, dammi la forza per non saltargli addosso. Io adoro i tatuaggi!
“Hey.” Lo saluto.
“Hey.” Ricambia togliendo gli occhiali da sole e sistemandoli nello scollo a V della maglietta. “Mi sei mancata, gattina.” aggiunge, e sfilando la sigaretta dalle labbra mi attira a sé con la mano libera e mi bacia.
Qualunque cosa abbia fatto per meritarmi questo, sono felice di averla fatta. E ne sono grata. Infinitamente grata.
“Scusa se ti ho fatto aspettare.” dice aprendomi la portiera per farmi salire. “Ho calcolato male i tempi. Mi sono fermato a prendere il nostro pranzo.”
Mi volto verso il sedile posteriore seguendo il suo sguardo e noto un plaid accuratamente piegato ed un cestino con una bottiglia di vino e vari pacchetti e pacchettini.
“Un pic-nic?!” Chiedo entusiasta.
Quando penso che quest’uomo non possa stupirmi oltre, lui riesce a fare ancora meglio.
“È una bella giornata. Mi sembrava una buona idea...”
“Un’ottima idea!” Lo correggo al settimo cielo.
“Allaccia la cintura.” Mi ordina sorridendo e richiudendo la portiera.
Faccio come mi ha chiesto e nel frattempo lui si è sistemato al posto di guida.
“Ti spiace se la finisco?” mi chiede mostrandomi la sigaretta. “L’ho appena accesa. Tengo il finestrino abbassato.”
Prima o poi dovrò convincerlo a smettere sul serio. Le sigarette fanno venire il cancro. Ma in questo momento non me la sento di privarmi di una simile visione.
“Fai pure.” rispondo fingendo indifferenza.
 
Edward sta per rimettere in moto, quando sento una voce femminile urlare il mio nome.
“Bella! Bella!”
Merda. È Irina. Sta correndo nella nostra direzione sventolando qualcosa.
“Metti in moto! Parti! Fai finta di non averla vista!” Ordino in preda al panico ad Edward.
Ma lui non capisce. Guarda me, poi Irina, poi ancora me.
“Che succede?” Mi domanda confuso.
Dannazione Cullen! Sarai anche bello, ma per nulla sveglio! Perché hai gli stessi riflessi di un bradipo in letargo?
Ormai Irina è a pochi passi da noi e, decisamente, non è più il caso di ripartire sgommando.
“Niente.” Sibilo a denti stretti.
“Bella! Meno male! Ti ho raggiunta!” Esclama Irina con il fiato corto appoggiandosi alla carrozzeria.
“Hai dimenticato questo!” continua sporgendosi oltre il finestrino abbassato e passandomi il cardigan che indossavo stamattina.
“Ah, grazie. Non era necessario. Lo avrei recuperato domani.” Le rispondo freddamente afferrando il maglione.
“Figurati…”
E poi sposta il suo sguardo su Edward. Gli dà una rapida occhiata, non lascia trasparire alcuna emozione, ma so che lo ha riconosciuto.
‘Fanculo! Devo liberarmi di lei.
“Irina. Scusa, dobbiamo andare.”
Sposta le mani od alzo il finestrino e ti tronco le dita! Vorrei aggiungere. Ma mi sembra poco educato.
“Certo…” e poi rivolgendosi ad Edward. “Tu devi essere il nuovo ragazzo di Isabella. Eddie, vero?”
Puttana…
Edward fa una faccia a metà tra il confuso e il divertito.
“Hem… sì… suppongo di sì.” Risponde.
“Piacere, io sono Irina, collega di Isabella.” Si presenta tendendogli la mano che lui stringe educato.
“Edward, piacere.”
“Irina. Dobbiamo andare. Davvero.”
Ti prego lasciaci in pace!
“Certo, scusate.  Allora ciao Isabella. A domani. È stato un piacere conoscerti, Edward.”
“Anche per me. Buona giornata.”
 
Mentre ci allontaniamo, Irina ci saluta con la mano sorridendo. Poi estrae il cellulare e lo accosta all’orecchio.
Siamo nella merda.
 
“Eddie?!” Mi domanda scettico Edward subito dopo aver messo in moto.
Lui non ha la più pallida idea di cosa sia realmente successo in quel parcheggio. Trova divertente il fatto che lo abbia presentato come Eddie. In realtà non c’è proprio nulla da ridere.
“Oddio scusa!” mi dispero nascondendo la testa tra le mani. “Irina ci ha visti stamattina mentre ci baciavamo di fronte all’ingresso… ha iniziato a farmi un sacco di domande… non volevo dirle chi eri… ma non mi veniva in mente nessun nome… solo Eddie… non lo so perché… non sono brava in queste cose… lo sai, non so recitare, io… io sono… sono un’idiota… ti ha riconosciuto Edward… sa chi sei… mi dispiace… mi dispiace tanto…”
“Bella, calmati, va tutto bene…” Cerca di rassicurarmi Edward posandomi una mano sulla nuca ed accarezzandomi la guancia con il pollice.
Lo so, lo sto spaventando, ma ormai sono in preda al panico. Irina chiamerà il suo ragazzo. I paparazzi e la stampa ci daranno la caccia. La vacanza di Edward è rovinata e lui mi odierà per questo. È l’inizio della fine.
“Edward! Non capisci! Irina lo dirà al suo ragazzo! Il suo lavoro è questo! Scrive per quei dannati siti e riviste che non ti lasciano in pace… vive di questo! Non si lascerà scappare un’occasione simile! Mi dispiace… scusa, scusa, scusa…”
Sono fuori controllo, disperata.
“Bella…”
“Io te l’avevo detto di ripartire! Perché non mi hai ascoltata? Forse stamattina non ti aveva ancora riconosciuto… ma poco fa… Merda, gliel’ho letto negli occhi… ha finto indifferenza, ma ti ha riconosciuto… è una iena Edward… tu non sai di cosa è capace… lavora per l’ufficio stampa… perché ho dimenticato quel dannato maglione… sono un’idiota… mi dispiace Edward, mi dispiace tanto... ti prego, non mi odiare… ”
Continuo a blaterare, ad agitarmi e disperarmi. Mi capita, di tanto in tanto, di essere colta dall’ansia e di perdere il controllo. Come ieri sera, quando Edward mi ha baciata per la prima volta ed ho quasi fatto morire di paura Angela e Rosalie una volta rientrata a casa. Santo cielo, sembra passato un secolo da allora. Invece non sono passate ventiquattro ore.
 
Edward getta la sigaretta dal finestrino e sterza bruscamente quanto improvvisamente verso il ciglio della strada. Tira il freno a mano e mi prende il viso tra le mani.
“Bella, calmati, respira…” Mi ordina fissandomi negli occhi.
“Edward… non capisci…” Piagnucolo afferrandogli i polsi e cercando di liberarmi. Ma la sua presa è forte e decisa. Non ha intenzione di lasciarmi andare.
“Ho capito, Bella… guardami, ho capito… va tutto bene, non ti devi agitare. Respira…”
Edward mi accarezza le tempie con i pollici e mi sposta delicatamente dalla  fronte alcuni ciuffi ribelli.
“Non è successo nulla. Calmati….”
Ancora aggrappata ai suoi polsi mi lascio cullare dal suono della sua voce calda e respiro profondamente. Una, due, tre volte.
“Brava. Respira…”
Restiamo così, a fissarci in silenzio,  il mio viso tra le sue mani.
“Scusa…” Mormoro dopo un po’.
“Per cosa? Non hai fatto nulla, Bella. Non hai fatto nulla.”
Scandisce ogni singola parola, guardandomi negli occhi, senza smettere di accarezzarmi il viso. Ed io gli credo.
“Ti sei ripresa?” mi chiede poi con infinita tenerezza.
Annuisco timidamente e lui si decide a lasciarmi andare.
“Bene.” e rimettendo in moto, aggiunge “Ed ora porto la mia ragazza a fare un pic-nic.”

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Capitolo 14
*** 12.EDWARD ***



12. EDWARD

 
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
Dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
Lo spazio e la luce, per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
Perché sei un essere speciale,
Ed io, avrò cura di te
(La Cura – Battiato)

 
Cazzo.
Siamo fottuti.
Sapevo che la mia relazione con Bella, prima o poi, sarebbe diventata di dominio pubblico, ma non immaginavo che il tutto potesse accadere così in fretta. Cristo, sono passati due giorni! Ero convinto che frequentare una ragazza normale, che non ha nulla a che fare con il mondo del cinema o dello spettacolo, mi avrebbe regalato un po’ di privacy.  Che illuso… avrei davvero voluto proteggere Bella da tutta questa merda il più a lungo possibile. Ma a quanto pare sfuggire la fama è un’impresa destinata al fallimento.
Bella è andata fuori di testa. Ha cominciato ad iperventilare. Non faceva altro che chiedermi scusa. Come se fosse sua la colpa di tutto questo. Ma lei, ovviamente, non ha nulla da rimproverarsi. Sono io lo stupido. Avrei dovuto fare più attenzione. Ormai ho a che fare con questo circo mediatico da anni. Però, francamente, chi poteva immaginare che una collega di Bella avesse un ragazzo che lavora per la stampa? Non sono un indovino!
Devo assolutamente parlare con il mio agente. Se Irina non è una stupida - e secondo Bella non lo è - chiamerà il suo ragazzo, gli venderà la storia, gli spiegherà dove e come può incontrare Bella e a quel punto fotografarla in mia compagnia sarà un gioco da ragazzi. Finiremo in rete e sui giornali e tutto il mondo verrà a scoprire che il sedicente bravo ragazzo  Edward Cullen è in realtà un poco di buono che tradisce la propria fidanzata non appena si allontana da lei per rimettere piede in patria. Perché, anche se è vero che io e Tanya non abbiamo mai ufficializzato la nostra storia, non l’abbiamo mai neppure smentita, e da quando sono state pubblicate quelle imbarazzanti foto di noi due ai Caraibi il mondo intero ci da per fidanzati. Quando le fan le hanno viste, sono andate in visibilio. Non capisco perché, ma si è creata una sorta di comunità deviata nella già folle comunità fan delle Quattro Stagioni che tifa disperatamente per i Tanward. Così ci chiamano: Tanward. Perché per loro siamo ormai un'unica entità. Ci sono i Brangelina, ci sono i Robsten… ed ora ci sono pure i Tanward. È quasi inquietante. Ci dedicano siti internet, pagine facebook, addirittura dei video su youtube, e chissà cos’altro! Seguono  la nostra travagliata relazione passo passo, quasi fosse una telenovela, quasi fosse la loro personale storia d’amore. Il problema è che non avendo ufficializzato il nostro rapporto, non abbiamo neppure potuto ufficializzare la nostra separazione. Quindi tutto il mondo crede che io sia ancora il ragazzo di Tanya. Vedermi tra le braccia di un’altra sarà una gran brutta pubblicità, non solo per il sottoscritto, ma anche per l’intera serie di film, molto politically correct malgrado l’argomento:  l’amore segreto e proibito tra una vergine ed un vampiro succhiasangue.
Inoltre il mese prossimo  ci incontreremo di nuovo sul set per girare l’ultimo capitolo della saga. Tanya  non sarà per nulla felice quando scoprirà di essere stata rimpiazzata così in fretta. Anche se è stata lei ad andarsene. Non oso pensare a come sarà imbarazzante dover girare tutte quelle scene di bacio e di sesso. Più ci rifletto e più mi rendo conto che la situazione è molto più incasinata di quanto possa apparire in superficie. L’unica cosa che mi consola è che, per ora, non ci sono foto che mi ritraggono in compagnia di Bella. Quindi ho ancora tempo per studiare un piano ed uscire pulito da questa ridicola situazione.
Cazzo… perché non posso essere libero di frequentare chi mi pare?
Devo assolutamente incontrare Aro.
 
Bella non si è ancora ripresa del tutto dalla piccola crisi di panico che l’ha colta subito dopo aver lasciato Irina e la FolkMusic, quindi non mi va di angosciarla di nuovo facendole capire quanto anch’io sia preoccupato per l’intera vicenda.
Ho cercato di rassicurarla, le ho detto che è tutto a posto. Certo, le ho mentito, ma che altro avrei potuto fare? Vederla andare fuori di testa in quel modo mi ha quasi spaventato. E mi ha scaldato il cuore. Lei si preoccupa per me, del fatto che la stampa mi darà la caccia e rovinerà la mia vacanza. Non le importa nulla di finire sui giornali, di guadagnare il suo attimo di celebrità accanto alla star del momento. Quest’idea neppure la sfiora.
Non so perché l’Universo abbia deciso di regalarmi Bella, ma ne sono infinitamente grato e farò di tutto per non perderla.
 
Parcheggio la Volvo in prossimità del parco e l’aiuto a scendere.
“Ce la fai a camminare? Posso portarti… ” Le suggerisco preoccupato. Non voglio che sforzi inutilmente la caviglia.
Lei mi guarda scettica inarcando un sopracciglio.
“Ce la faccio Cullen.” Risponde iniziando a sfilarsi gli stivali. “Vedi?”
Ovviamente non vuole farsi aiutare. È la ragazza più ostinata che io conosca.
Recupero il cestino con il pranzo ed il plaid dal sedile posteriore della Volvo e ci incamminiamo verso una zona appartata, ma non troppo isolata, vicino ad un laghetto.
Il parco è davvero bello e pieno di vita. A quanto pare non siamo stati gli unici a pensare che un pic-nic in questa calda giornata di sole fosse una bella idea. Ho contato almeno altri cinque o sei tra gruppi di amici e coppie in pausa pranzo. La zona con i giochi per l’infanzia è affollata di bambini, mamme e babysitter. E poi ci sono quelli che portano a spasso il proprio cane, quelli che fanno jogging…
“Che ne pensi? Qui può andare?”Le chiedo fermandomi all’ombra di un grosso albero e guardandomi intorno.
“È perfetto.” E poi aggiunge “Edward, come facevi a saperlo?”
“A sapere cosa?” Le chiedo di rimando stendendo la coperta a terra e sistemandoci sopra il cestino con il nostro pranzo.
“Che adoro questo parco e che vengo spesso qui a mangiare, quando il tempo lo permette.”
“Non lo sapevo.” Le sorrido, felice di aver indovinato ancora una volta i suoi gusti.
Lei mi scruta per un attimo, e poi si siede in silenzio, il volto improvvisamente teso.
“Bella, che c’è?” Le chiedo preoccupato accomodandomi di fianco a lei. “Ho fatto qualcosa che non va?”
Davvero non capisco il suo repentino cambiamento di umore.
“No, Edward. No.” Risponde con un filo di voce.
Sembra combattuta, come se stesse riflettendo sull’opportunità o meno di dirmi cosa le passa per la testa.
“Bella?” Insisto.
Mi sembra di rivivere la stessa scena di ieri sera al telefono, quando la sua voce si è fatta inspiegabilmente triste e mi ha lanciato un paio di frecciatine sul fatto che sono un bravo attore. Credevo che la sua fosse solo paranoia, credevo di averla rassicurata confessandole di volerla rivedere, che a lei ci tengo. Evidentemente mi sbagliavo e qualcos’altro la preoccupa.
Alla fine si decide, e mi lascia senza parole.
“Quello che è successo, ti creerà problemi con Tanya?”
Perché mi chiede di Tanya? Cosa c’entra Tanya?
“Che vuoi dire?” Le domando sulla difensiva.
“È la tua ragazza, per quanto ne so…” spiega tenendo lo sguardo basso ed iniziando a torturare nervosamente alcuni ciuffi d’erba. “Se viene a sapere di me dalla stampa, non ne sarà felice… e tu non ci farai una bella figura… voglio dire… ti vedi con un’altra mentre lei non c’è… io… io non…”
È ufficiale. Sono un idiota. Perché non ho detto a Bella che con Tanya è finita? Lei conosce solo quello che scrivono i giornali. Lei pensa che io stia con Tanya.
“Merda…” continua prendendosi il volto tra le mani. “Io non… tu mi piaci Edward, da morire, e voglio stare con te, ma non voglio crearti problemi… mi sento già abbastanza in colpa per essermi intromessa così tra di voi… mi faccio schifo, quasi… ma se tutto questo dovesse rovinare la tua reputazione e danneggiare la tua carriera, non credo riuscirei a perdonarmi… forse dovresti lasciarmi perdere fintanto che non ci sono foto di noi in giro...”
Avrei voglia di mettermi a piangere. Non ho mai incontrato nessun’altra donna che si preoccupasse così tanto per me. A parte mia madre e mia sorella. Neppure Tanya lo ha mai fatto realmente. Ha sempre pensato a se stessa. A cosa provava lei. Non a quello che io provavo. I miei bisogni sono sempre passati in secondo piano con lei. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sto chiedendo se per caso non avesse ragione, se io non abbia confuso l’attrazione malata che Tyler prova per Ally con la realtà. È vero, ho vissuto dei momenti meravigliosi con Tanya, ma con lei non sono mai riuscito a liberarmi di quell’intimo senso di inquietudine, di quella segreta percezione che, infondo, ciò che stava accadendo tra di noi non avesse un senso.
Per Bella io vengo prima di tutto il  resto. Crede che io stia con Tanya, che la stia tradendo, e non mi giudica un poco di buono. Pensa di essere lei quella sbagliata, quella che si è intromessa in una relazione.
Bella…
Non ho parole. E faccio l’unica cosa che posso fare in questo momento per farle capire quanto lei sia diventata importante per me. Le prendo il volto tra le mani e la bacio, con passione ed amore. Perché è questo ciò che provo, senza vergogna e senza paura. Amore.  Anche se ci siamo incontrati solo due giorni fa. Anche se ci sono un milione di cose di lei che ancora non conosco. Anche se esco da poco da una storia importante.
Bella mi resiste per un attimo, sorpresa per il mio bacio improvviso. Ma poi si lascia andare, lentamente, dolcemente. Si adatta al mio ritmo, che diventa il nostro ritmo.
Vorrei tanto che il mondo attorno a noi scomparisse. Vorrei sdraiarmi su questa coperta e fare l’amore con lei, ancora ed ancora, fino a farle perdere i sensi, fino a dimenticarmi di me stesso.
Ma devo aspettare. Devo essere paziente.
Mi stacco a malincuore, consapevole che le devo una spiegazione, che le devo raccontare come stanno le cose realmente.
“Bella, io e Tanya non stiamo insieme.” le sussurro con tutta la dolcezza di cui sono capace. “Tu non sei l’altra donna… io voglio stare con te…”
“Voi non…” balbetta ancora stordita per l’intensità del mio bacio.
“No…” scuoto la testa.
“Io credevo…”
“Bella, non devi credere a quello che scrivono i giornali. È vero, io e Tanya abbiamo avuto una storia, ma è  finita. Per sempre. Bella, io voglio stare con te...”
Lei mi osserva confusa ed incredula.
Perché non capisci, Bella? Perché dubiti di te? Perché non riconosci di essere una donna meravigliosa?
“Perché non dovrei voler stare con una donna bellissima, forte, indipendente, sensibile e generosa?” Le chiedo accarezzandole la guancia e perdendomi nel verde dei suoi meravigliosi occhi.
Improvvisamente, però, mi rendo conto che mi sto comportando con troppa arroganza, che sto dando troppe cose per scontato. Penso che Bella non aspetti altro:  sentirmi dire che voglio fare sul serio, che voglio iniziare qualcosa d’importantecon lei. Ma è questo ciò che Bella vuole da me? Il fatto che lei si preoccupi per me, non significa necessariamente che abbia intenzione di iniziare una storia seria. E se anche così fosse, potrei biasimare i suoi dubbi? Infondo sono solo un ragazzino che per vivere fa l’attore. Cosa posso offrirle? Mesi di assenza da casa? Il tormento costante della stampa e dei paparazzi?  L’angoscia di vedermi sul grande schermo con altre donne? So che potrei dare tutto me stesso a Bella, ed anche di più. Ma so anche che dividere la vita con me non sarà facile.
Così decido di giocare la carta dell’onestà.
“Bella, tu sei importante per me, e voglio esserci. Ma… insomma… non è mia intenzione… non voglio sconvolgerti l’esistenza… se tu non vuoi… ” balbetto tirandomi indietro, improvvisamente insicuro.
Lei continua ad osservarmi confusa per un po’. Poi piega il viso da una parte, mi sorride e con infinita dolcezza mi sussurra “Perché non dovrei voler stare con un uomo bellissimo, pieno di talento, generoso, sensibile e premuroso?”
Non aggiunge altro, ma quello che prova glielo leggo negli occhi, perché sono lo specchio dei miei.
Così cibaciamo di nuovo, con più slancio e passione di quanto, probabilmente, sarebbe consentito fare in un parco per famiglie.
“Forse è il caso di tornare al nostro pic-nic…” mi rimprovera rimettendomi le mani a posto quando si rende conto che le cose stanno degenerando.
“Hai ancora fame?” Le chiedo, la voce bassa e roca.
“Cullen, io ho sempre fame…”
E non posso fare a meno di scoppiare a ridere, perché so che il suo non è un doppio senso. Davvero si sta riferendo al cibo!
 
Inizio a svuotare il cestino quando, abbandonato a terra in un angolo, poco oltre il bordo della coperta, noto  un foglio bianco, ripiegato ed un po’ sgualcito.
Subito penso a della spazzatura, ma poi vedo che si tratta di carta intestata FolkMusic e capisco che è qualcosa che Bella ha perso.
“Questo è tuo?” domando.
Lei si volta , ma non appena si rende conto di cosa tengo tra le dita, lascia cadere il sandwich che le ho appena offerto e mi si avventa contro.
“Ridammelo!” esclama in preda al panico.
Istintivamente allontano il braccio per evitare che lo afferri e lei capitombola sulla coperta.
“Hey, gattina, cosa mi nascondi?” sghignazzo divertito.
“Cullen, ridammelo, ti prego!” mi implora cercando goffamente di tirarsi su.
Bella è visibilmente imbarazzata, quasi sconvolta, rossa come un peperone… cosa diavolo potrà mai esserci su questo foglio?
Veloce mi alzo in piedi e mi allontano di qualche passo. Lei mi segue e si aggrappa al mio collo.
“Edward!” continua a lamentarsi nel vano tentativo di recuperare ciò che era suo.
Io mi sto divertendo come un matto. Tengo il braccio in alto e resisto ai suoi assalti senza il minimo sforzo. La mia Bella è più fragile di un uccellino!
“Vediamo un po’ di cosa si tratta…”
Apro  il foglio e gli do una rapida occhiata. All’inizio distinguo solo una serie infinita di E+B scritti in bella grafia e circondati da una serie di cuoricini.
Che tenera.
Ma poi …
“O porca puttana!!!”
“Edward…”
“Bella!!!”
Lei si accascia al suolo, stanchissima, imbarazzata, e carponi striscia fino al nostro plaid.
“Oddio, che vergogna…” continua a ripetere nascondendo poi  il volto tra le mani.
Tra tutti quei romantici E+B e cuoricini,  ci sono una serie di disegni tutt’altro che romantici, disegni che potrei definire con una sola parola: pornografici. È vero, sono figure stilizzate, ma la natura di ciò che quei due stanno facendo è piuttosto esplicita!
Sono senza parole. Avvicino il foglio e lo squadro con gli occhi fuori dalle orbite, credo. Senza dubbio con la bocca spalancata.
La mia Bella…
Bellissima, forte, indipendente, sensibile, generosa, intelligente, divertente e… spudorata!
Dannatamente spudorata!
Mi volto verso di lei. Se ne sta rannicchiata in un angolo, la testa sempre nascosta tra le mani.
Perché si vergogna di me? Non voglio: mi piace l’idea che abbia delle fantasie su di noi.
“Se questa sei tu… beh, spero di essere io questo…” sghignazzo riavvicinandomi a lei.
“No, quello è il mio amante… certo che sei tu! Chi dovrebbe essere?” esclama risentita.
Bene, adoro quando la mia gattina tira fuori le unghie.
Mi siedo a terra, dietro di lei, prendendola tra le braccia e costringendola ad appoggiarsi a me.
“Mi piacciono i tuoi disegni…” le sussurro in un orecchio stringendola forte.
“Davvero?” mi domanda scettica.
“Certo.” La rassicuro.
“Non credi io sia una donnaccia?”
“Isabella, sono un uomo, ho ventiquattro anni… sul serio pensi che tutto questo non mi ecciti da morire?”
Lei non risponde, ma sorride.
“Senti…” continuo tranquillo riaprendo il foglio di fronte a noi. Con la mia donna voglio discutere di tutto, senza imbarazzo. “Questo l’ho capito, e quest’altro, se proprio lo vuoi sapere, piace da morire anche a me… Ma questo? Mi spieghi questo disegno? Quello in basso a sinistra… non lo capisco…”
“È perché lo guardi dal lato sbagliato… gira il foglio…” mi consiglia maliziosa indicandomi la giusta direzione.
Faccio come mi ha chiesto.
Ripeto, non sono un depravato, ma non sono neppure un santo.  Ho imparato cose decisamente interessanti in questi ultimi anni. Ma di fronte a questo disegno…
O
Mio
Dio
Io me la porto sull’altare, questa donna. Lo giuro.
 
Dopo aver accompagnato Bella alla scuola di cucina, passo il pomeriggio da Aro, il mio agente. Ovviamente non è per nulla entusiasta dell’intera vicenda. Innanzitutto non capisce perché non gli abbia detto della mia improvvisa separazione da Tanya. Non capisce neppure perché mi sia lasciato coinvolgere da una nuova storia così presto e con una fan, per giunta. È ovvio che ancora non conosce Bella e che se la conoscesse capirebbe che separarmi da lei non è più una strada percorribile, ormai. Per ora mi ha consigliato di stare lontano dai luoghi pubblici, di non farmi vedere in giro con lei e di tenere un profilo basso. Insomma, di chiudermi in casa. Mi ha pure consigliato di parlare con Tanya e di raccontarle tutto prima che la mia relazione con Bella diventi di dominio pubblico. L’idea non mi entusiasma. Dopo quello che mi ha fatto, non ho nessuna voglia di incontrare Tanya e neppure di parlarle. Ma non ho altra scelta. Aro ha ragione. Non posso permettere che Tanya venga a sapere di me e di Bella dai giornali. Non sono così vendicativo.
 
Alle 7.30 passo a prendere Bella alla scuola di cucina per riportarla a casa. Vorrei mangiare qualcosa con lei, e magari fermarmi per la notte – a questo punto chissenefrega dell’unica parete che ci separa dalle sue amiche – ma ho promesso ai miei che avrei cenato in famiglia. Alice e Jasper ci faranno compagnia e ci racconteranno del loro viaggio in Giappone. È vero che voglio stare con Bella, ma ho anche bisogno di passare un po’ di tempo con i mie genitori e mia sorella. E magari un briciolo di distacco mi permetterà di pensare più lucidamente all’intera situazione.
 
“Stasera non posso restare.” le spiego mentre la riporto a casa. “Mia sorella Alice ed il suo fidanzato Jasper sono appena tornati da un viaggio in Giappone ed hanno in programma di fermarsi a cena dai miei, raccontarci com’è andata e mostrarci le foto che hanno fatto…”
“Non c’è problema. Non ti preoccupare.”
“Mi dispiace. Ma non posso davvero dargli buca. In realtà sarei già in ritardo per la cena…” continuo a scusarmi.
“Edward, sul serio, non importa. Ci vedremo domani.” cerca di rassicurarmi.
“Ecco… a dire il vero non ci sarò domani, e neppure dopodomani…”
Maledetto Aro. Dovrei essere in vacanza e tu mi costringi a lavorare!
“Mi stai già scaricando, Cullen?” mi chiede dubbiosa.
“Non essere sciocca!” la rimprovero. “È tutta colpa del mio agente. Malgrado sia ufficialmente in vacanza mi ha costretto ad accettare un paio di proposte e così devo trascorrere i prossimi due giorni a Parigi.”
“Quali proposte?”
“Domani sarò impegnato su un set con un famoso fotografo francese… pare che L’Uomo Vogue mi voglia per la copertina del prossimo numero. Mercoledì, invece, devo incontrare un regista per discutere di un copione… ma il volo di ritorno atterrerà nel pomeriggio, quindi ci possiamo vedere in serata.”
Due giorni senza Bella.  Sono seriamente tentato di chiamare i miei e dargli buca!
Lei non dice nulla e continua a fissare la strada di fronte a sé.
“A che pensi?” le chiedo ad un certo punto per capire la ragione del suo improvviso silenzio.
“Niente.” mi risponde con indifferenza. “Tu comparirai sull’Uomo Vogue, io sono indecisa sul menù da proporre ai miei allievi. Lasagne? Arrosto? Spezzatino?”
“Lasagne.” Scelgo senza esitazione.
So che non è questo il punto della sua osservazione, che sta riflettendo su quanto diverse siano le nostre vite ed i nostri impegni. Ma non voglio che si faccia inutili seghe mentali. Soprattutto non voglio che pensi che la mia vita è molto più eccitante della sua. Non è assolutamente così.
“Classiche o alle verdure?” mi chiede guardandomi con la cosa dell’occhio ed abbozzando un mezzo sorriso.
“Classiche, ovvio!”
Bella ha riacquistato il buon umore, ed è merito mio. So sempre cosa dire ho fare per tranquillizzarla o farla ridere. E la cosa mi piace. Mi piace molto. E credo che piaccia anche a lei.
 
Nel frattempo siamo arrivati sotto casa sua.
Non faccio in tempo a parcheggiare, che ho già ricominciato a baciarla.
Come posso stare due giorni senza queste labbra? Adoro il suo sapore, ed il suo profumo. Mi danno alla testa. Sono peggio di una droga. Non riesco a ragionare con lucidità. Non riesco a concentrarmi. Perdo totalmente il controllo.
Le mie mani sono dappertutto e si insinuano pericolosamente sotto la sua gonna cortissima. Lentamente.
Voglio solo…
“Cullen…” mormora, labbra contro labbra.
“Mmmm…”
Non posso tornare a casa. Non posso.
“Stai facendo tardi… la tua famiglia ti aspetta…” Cerca di difendersi senza troppa convinzione.
“Mmmm…”
Andiamo Bella, ci sono quasi… apri le gambe… coraggio…
“Edward… siamo in mezzo alla strada…” ansima scostandosi leggermente mentre le mie dita le sfiorano il bordo delle mutandine.
“Edward…”
Cazzo.
Mi stacco a malincuore, le mani che tremano. Abbiamo entrambi il fiato corto ed il cuore che batte peggio di un tamburo.
“Ti voglio…” le sussurro in un orecchio.
“Mercoledì sera…”
“Promesso?”
“Promesso.”
“Disegno in basso a sinistra?”
“Anche quello in altro a destra…” mi provoca.
“Ti chiamo più tardi per la buonanotte?”
Santo cielo Cullen, eri così melenso anche a quindici anni?
“Non ti azzardare a non farlo.”
Davvero non ho nessuna voglia di lasciarla, ma sono terribilmente in ritardo è so che mia sorella Alice me la farà pagare cara se non mi presento. Così l’accompagno al portoncino e le do un ultimo bacio.
“Questa la posso tenere io?” le chiedo sfilandole la pashmina. “Il tuo profumo mi fa impazzire.”
“Va bene, Cullen.”
“Ti chiamo dopo, gattina.” Le prometto.
E me ne vado respirando il suo odore.

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Capitolo 15
*** 13.1 ISABELLA - Parte Seconda ***



PARTE SECONDA

 
13.1 ISABELLA


Rain, feel it on my finger tips
Hear it on my window pane
Your love's coming down like
Rain, wash away my sorrow
Take away my pain
Your love's coming down like rain
When your lips are burning mine
And you take the time to tell me how you feel
When you listen to my words
And I know you've heard, I know it's real
(Rain – Madonna)

 


Mi sono innamorata di Edward.
È una cosa che desideravo e che temevo allo stesso tempo, e per lo stesso motivo: dopo Michele non ho mai provato nulla di simile per nessun altro uomo. Dopo Michele ho vagato per anni in una sorta di limbo, di deserto dei sentimenti. Per scelta, all’inizio. Costretta dalle circostanze, poi.
Quando ami profondamente qualcuno e poi, un giorno, ti rendi conto che è tutto finito, che la sua presenza è solo ingombrante e ti senti soffocare, perdi fiducia in te stessa e in quel sentimento che vi ha legati. Fuggi. Ti isoli. Pensi: se l’uomo che amavo, e con il quale ero sicura di passare il resto della mia vita, non è stato in grado di trattenermi a sé, com’è possibile che io possa trovarne un altro? Come posso continuare a credere nell’amore?
Poi, quando le ferite si rimarginano, quando trovi la forza e la voglia di ricominciare, quando un minimo di speranza ti scalda di nuovo il cuore, ti guardi attorno e cosa trovi? Nulla. Nessuno ti sembra all’altezza. Nessuno ti ruba l’anima. Perché questo dovrebbe accadere, quando ti innamori. Lui arriva e nulla è più come prima.
Ero in attesa. Avevo paura, certo. Ma ero in attesa.
Rose ed Angela mi hanno sempre rimproverata dicendo che mi ero costruita una corazza troppo spessa, che dovevo abbassare le mie aspettative, che dovevo affrontare le cose con più leggerezza. Ma loro cosa ne sanno? Non si sono mai trovate ad un passo dalle nozze. Non hanno mai dovuto affrontare il dolore di guardare gli occhi innamorati del tuo futuro sposo e confessargli: non ti voglio più, non ho più bisogno di te. Ti lacera dentro. Perdi tutto. Tutte le tue sicurezze vanno in  frantumi. E resti sola, con la certezza di aver distrutto un’altra persona. Sai che è per il meglio. Che un giorno lui ti ringrazierà. Ma nell’immediato c’è solo dolore. Per entrambi. Ma forse più per te. Lui può consolarsi, odiandoti. Lui può trovare forza nella rabbia e nel disprezzo. Tu che fai? Assorbi quell’odio come una spugna, perché pensi di meritartelo. E bruci dentro, a poco a poco. Finché tutto diventa una landa desolata.
C’ho provato a seguire i consigli di Rose e Angela, per un po’, ma non ha funzionato. Non ho mai trovato nessuno in grado di prendermi per mano e condurmi fuori da quel deserto dei sentimenti ormai esteso a perdita d’occhio tutto intorno a me.
Ad essere sincera non sapevo bene neppure cosa o chi stessi cercando.
E poi è arrivato Edward. Ed ho capito. Ho capito tutto.
Ne ho avuto la certezza stamattina, in auto, dopo l’episodio con Irina e durante il mio attacco di panico. Quando mi ha preso il volto tra le mani; quando, con infinita dolcezza, senza staccare i suoi meravigliosi occhi dai miei, ha cercato di tranquillizzarmi; quando accarezzandomi, cullandomi con la sua voce, mi ha chiesto - pregato - di calmarmi, perché non era successo nulla di grave, perché non avevo fatto nulla. So che non è così, non sono un’ ingenua. So che l’idea che Irina ci possa scatenare addosso i mass-media lo preoccupa. Lo conosco da poco, ma riesco a capirlo. Era teso, ed ha  cercato di nasconderlo. E lo ha fatto per me: per rassicurarmi, per farmi stare meglio.  Lo ha fatto per poter passare un paio d’ore tranquilli, a goderci il nostro pranzo in un caldo primo pomeriggio di una qualunque giornata di fine aprile, come due persone normali. Come due innamorati.
Alla fine non ce l’ho fatta. Ho sentito tutto il peso di quello che è capitato da sabato. Ho sentito il peso di quello che provo per lui e la paura di perdere tutto è stata forte e l’ho fatto. Gli ho chiesto di Tanya.
Da ragazzini, l’amore è qualcosa di immenso, assoluto, innocente. Tutto è nero o bianco. Puro. Poi cresci, e vedi i colori, le sfumature. Così il fatto che lui si possa innamorare di te pur stando con un’altra non è una vergogna e neppure una colpa.  La vita è complicata, le persone  sono complicate. Gli esseri umani evolvono, maturano, cambiano idea, prendono strade inaspettate… io ne so qualcosa.
Puoi amare con tutto te stesso, e poi un giorno incontrare qualcun altro che ti piace, che ti fa battere il cuore, che ti disorienta. A fare la differenza, a renderti giusto o sbagliato, è quello che decidi di fare poi. Puoi accogliere questi nuovi sentimenti oppure no. In entrambi i casi devi essere onesto; con te stesso, con la persona che divide la vita con te e con il tuo nuovo amore.
Non potevo permettere che Edward non lo fosse. Ho voluto dargli la possibilità di essere onesto.
Affrettato, dopo due soli giorni. Senza dubbio. Com’è possibile competere con una donna che lo conosce da anni? Se non fosse accaduto quello che è accaduto con Irina, avrei aspettato ancora, credo. Per renderlo un po’ più mio ed avere qualche chance in più.
Ma sapere che la nostra relazione sarebbe potuta diventare presto di dominio pubblico mi ha spaventata. La paura che lui potesse uscirne male, da tutto questo, che l’immagine pulita che la gente ha di lui si potesse in qualche modo sporcare per colpa mia mi ha terrorizzata più dell’idea di perderlo.  Non volevo che gli capitasse nulla di brutto ne che soffrisse. Non volevo metterlo in difficoltà  con il suo agente e le persone con cui lavora. Non volevo costringerlo ad affrontare la curiosità morbosa della stampa. Preferivo rinunciare a lui piuttosto che causargli dei problemi. Ed ho capito di amarlo. E che siamo fatti per stare insieme.
Io mi preoccupo per lui più che per me stessa. Lui si preoccupa per me più che per sé stesso. Cos’altro può essere questo se non amore?
È così da quando ci siamo conosciuti. Lo vedo in ogni gesto. Anche il più banale.
Dal modo in cui si è occupato di me all’ospedale, a quello in cui affronta e gestisce le mie crisi di panico, piccole o grandi. Non lo spaventano ed è come se sapesse sempre cosa dire o fare per tranquillizzarmi e farmi stare meglio.
Quando  Edward  ha visto quei disegni osceni ed imbarazzanti, mi sono sentita morire. Chissà che idea si farà di me? Ho pensato. Sarei voluta sprofondare all’istante nelle viscere della terra. Scomparire.  Infondo che razza di donna svela le sue fantasie più segrete ad un uomo che conosce da un paio di giorni? Una pornostar, forse. Di sicuro non una che ci tiene ad essere presa sul serio. Ma lui, anziché scandalizzarsi o prendermi in giro o darmi della zoccola, mi ha stretta forte a sé e con naturalezza ha cominciato a chiacchierare di quello che gli piace e non gli piace perché con la sua ragazza vuole parlare di tutto senza imbarazzo. Non c’era nulla di sporco, di morboso o di deviato. E, per quanto assurdo possa sembrare, quel momento è stato uno dei più belli che io abbia passato con Edward. Anzi, no. Con tutti gli uomini che ho avuto. Eravamo tranquilli e sereni e complici, come se il nostro fosse un rapporto che dura da anni. Come se ci conoscessimo da sempre.
Quando Edward mi ha rassicurata dicendomi che non sono l’ altra donna, che la storia con Tanya è finita, e non per causa mia, e che lui vuole stare con me, mi sono improvvisamente sentita leggera e piena di speranza. Infondo il ruolo della mangia uomini non mi si addice, anche se il bisogno che ho di lui mi aveva convinto che sarebbe stato giusto sostenerlo.
Che stupida… Come ho fatto a credere che un uomo gentile e premuroso come Edward potesse coscientemente tenere il piede in due scarpe senza farne cenno? Mi sento così in colpa… e lui neppure se l’è presa!  Anzi, mentre pranzavamo mi ha confessato di essersi sentito uno sciocco a dare per scontato che io sapessi che la relazione con Tanya era finita. E si è scusato.  Lui si è scusato con me… Lui!
Il mio Edward…
 
Io ed Edward stiamo insieme… non riesco a crederci!
E non mi importa più nulla del fatto che lui sia più giovane o che sia una stella del cinema! Ok, non è vero. La cosa mi preoccupa ancora. Ma non mi terrorizza come all’inizio. E questo è già un grosso passo.
Certo che se Rose non avesse iniziato a fantasticare sul mio futuro da first-lady accanto ad una star di Hollywood forse ora sarei più tranquilla!
 
Non appena ho messo piede in casa, mi sono precipitata in salotto dove Rosalie ed Angela mi stavano aspettando ansiose di sapere com’era andata la giornata con Edward.
Ho raccontato loro tutto, per filo e per segno, senza tralasciare alcun dettaglio. Anche la storia dei disegnini osé.
“Bella!” ha esclamato scandalizzata Rose. “Davvero fai disegni porno in ufficio?”
“Io non faccio disegni porno in ufficio! Cioè... sì… insomma… è capitato! Non è una mia abitudine… ma pensavo ad Edward… cavolo Rose! Sai benissimo  l’effetto che mi fa!”
“Sì, beh… lo farebbe anche a me…” è intervenuta a sorpresa Angela.
Cosa?!?!Ho pensato. Angela - la dolce, pura, innocente e superimpegnata Angela - ha delle fantasie su Edward?!
Mi sono voltata di scatto e l’ho fulminata con uno sguardo del tipo CheCavoloStaiDicendoGiùLeManiDalMioUomoZoccola!!!
Anche Rose le ha dato un’occhiataccia strana, ma più stupita che omicida come la mia.
“Non fraintendermi Bella.” Ha continuato a spiegare arrossendo. “Non sto dicendo che Edward  mi fa quell’effetto… per carità… ma che al posto tuo, nelle tue condizioni, probabilmente anch’io… ma con Eric.. insomma… hai capito!”
Ok. Così va meglio,ho pensato. Solo io posso immaginarlo in determinati contesti…
Oddio. Ora che ci rifletto: io e … migliaia di altre fans! Perché infondo, stringi stringi, malgrado il suo indubbio talento, il mio ragazzo non è altro che la fantasia erotica di migliaia di donne sparse ovunque sul globo terrestre!
 
 “Non riesco a crederci… è incredibile!” ha esclamato con sguardo sognante Rosalie ad un certo punto. “Bella è fidanzata con Edward Cullen! Edward Cullen! Colui che è appena stato eletto Uomo più Sexy del Regno Unito da GalmorousGlamour! L’astro nascente del cinema britannico! L’orgoglio del nostro paese!”
Ma che sta dicendo?Ho pensato ascoltando il suo sproloquiare. È impazzita? 
“Già ti ci vedo, Bella… per le strade di Hollywood Boulevard…”
Eh?!
“Chissà quante Premiere… quanti Red Carpets… i Bafta Awards… I Golden Globes… la notte degli Oscar!”
“Oscar?” ho ripetuto scettica. Edward è bravo, ma la cosa più di successo che ha fatto è Le Quattro Stagioni. Carino, certo. Ma quella roba non merita di certo l’Oscar!
“Bella, non dirmi che non ci hai pensato! Edward è giovane, è ambizioso, pieno di talento… è stato appena scritturato per dei ruoli importanti in film di spessore… ma non li leggi i giornali?”
“Hem… no… non lo sapevo…” ho cercato di replicare. Ma inutilmente. È andata avanti per mezz’ora ad immaginarmi proiettata nello star system internazionale.
“Oh Bella, ti prego, so che Edward ha già uno stylist. Lo conosco, è bravissimo. Ma tiprego-tiprego-tiprego, se proprio non posso occuparmi del suo look, posso occuparmi del tuo? Tiprego-tiprego-tiprego… sarebbe un’occasione unica per me e quando ti intervisteranno e ti chiederanno cosa indossi, dirai che sono io la tua personal stylist, vero?”
“Rose…”
“Ho già un mucchio di idee in testa…”
“Rose…”
“Il mese prossimo c’è il Pasadena Indipendent Movies Festival…”
“Rosalie…”
“Edward è candidato per Miglior Ruolo Maschile Non Protagonista per una cosa che ha fatto tra i primi due film delle Saga…”
“Rosalie…”
“L’ho letto oggi su GalmorousGlamour… Ha buone possibilità… anzi, vincerà lui di sicuro…”
“Rose…”
“È un festival piccolo ma di gran tendenza, se vince , e vincerà, farà il salto di qualità… con quel ruolo ha oscurato il personaggio principale… e non lo dico io! È scritto!”
“Rose…”
“Senti, c’è un nuovo stilista, uno emergente ma bravo… fa delle cose perfette per te… lo conosco bene, ho il suo numero, possiamo fissare un incontro… dobbiamo prepararci, manca poco al Pasadena Indipendent Movies Festival…
Alla fine ho rinunciato. Mi sono buttata sul divano ed ho continuato ad ascoltarla blaterare di abiti, gioielli, acconciature, redcarpets…
 
Finalmente mi sono liberata di Rosalie.
Sdraiata sul letto, in attesa che Edward termini la cena con la propria famiglia e mi chiami per scambiarci la buona notte, ripenso a tutti quei discorsi sul mio futuro accanto ad una star di Hollywood e mi sento male. Isabella Swan che percorre in abito da sera e tacchi vertiginosi il tappeto rosso della notte degli Oscar?
O
Mio
Dio
 
Mi alzo in preda all’ansia, guardo per un attimo la chitarra, ma poi mi siedo sullo sgabello di fronte alla mia tastiera. Generalmente suonare il piano mi aiuta a riacquistare la calma.Infondo è la cosa che amo di più al mondo. A parte Edward, ovvio.
Così infilo la cuffia per non disturbare le mie amiche e, lentamente, comincio a muovere le dita sui tasti, dando vita ad uno dei miei brani preferiti, Notturno n. 20 in Do Diesis Minore di Chopin
[1].
 
Perché sto suonando una melodia così triste?

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Capitolo 16
*** 13.2 ISABELLA ***





Martedì, 20 aprile 2010


 
13.2 ISABELLA


And I feel like I'm being eaten
By a thousand million shivering furry holes
And I know that in the morning I will wake up
In the shivering cold
(Lullaby – The Cure)


 
Mi sveglio di soprassalto nel cuore della notte.
Non stavo sognando, di questo sono certa. Eppure la sensazione è la stessa di quando ci si libera da un incubo. Mi batte forte il cuore e fatico a respirare, come se una mano invisibile mi avesse stretto forte la gola privandomi a lungo dell’ossigeno che mi è necessario per vivere.
Sono sudata, confusa. Disorientata al punto da non capire se il buio che mi circonda è quello della mia stanza oppure no.
Cosa mi succede?
Con  fatica mi metto a sedere sul letto e cerco di calmarmi respirando profondamente.
Pian piano riacquisto lucidità e la percezione del mio corpo.
Guardo la sveglia sul comodino. Lo schermo luminoso segna le 3.17 .
Che ci faccio a letto ancora vestita, gli occhiali sul naso e le cuffiette dell’I-Pod ormai spento infilate nelle orecchie, a quest’ora?
Poi mi rendo conto che la mia mano destra stringe il cellulare.
Edward…
Che sciocca…Devo essermi addormentata mentre aspettavo che mi chiamasse.
Ma che mi prende?Perché dormo sempre quando Edward mi telefona? È successo anche domenica pomeriggio. Ha provato a mettersi in contatto con me non so quante volte ed io dormivo, tramortita dagli antidolorifici.
Sorrido, perché la cosa comincia a diventare ridicola. Poverino... Penserà che non mi importa nulla di lui!
Sfilo le cuffiette dell’I-pod e controllo l’elenco delle chiamate perse, certa di trovare il suo nome, ma niente.
Controllo tra i messaggi. Nulla. L’ultimo SMS di Edward risale a stamattina, quando si scusava di essere in ritardo per il pranzo.
Edward non ha chiamato...
All’istante  provo una fitta alla  stomaco.
Perché Edward non mi ha telefonato? Aveva promesso che lo avrebbe fatto…
Resto seduta sul bordo del letto per un po’, senza sapere cosa fare o cosa pensare.
Mi devo preoccupare? Ne vale la pena?
Sono domande che non voglio cominciare a farmi. So esattamente a dove condurranno. Mi conosco troppo bene.
Così decido di concentrarmi solo sul caldo e sulla gola secca.
Mi trascino in cucina, al buio. Riempio  un bicchiere d’acqua e lo butto giù. Respiro profondamente.
Ma non serve a nulla.
Continuo a provare un caldo insopportabile. Continuo a sentire quelle sgradevoli fitte allo stomaco.
Continuo a pensare a lui.
Non capisco perché Edward non mi abbia telefonato. Ieri è stato così dolce... Ha detto che mi vuole, che mi desidera, che per lui sono importante. Voleva augurarmi la buona notte…
 
Edward, perché non mi ha chiamata? Perché?
 
Mi lascio cadere su una sedia e prendo la testa tra le mani.
Vorrei tornare in camera mia, mettermi in pigiama, ricominciare a dormire. Vorrei essere forte al punto da pensare che non è successo nulla di grave. Che se Edward non mi ha chiamata c’è un motivo. Logico e banale.
Ma non lo sono.
 
E se gli fosse accaduto qualcosa di brutto?
E se avesse avuto un incidente d’auto tornando a casa?
Oddio Edward…
Orribili immagini del suo corpo mutilato ed insanguinato incastrato tra le lamiere contorte della Volvo cominciano ad affollarmi la mente.
No! No! No! Bella, smettila!
Mi rifiuto di pensare che gli possa essere capitato qualcosa di tanto brutto!
Ma se così fosse?
Edward…
Non posso presentarmi all’ospedale dicendo io sono la ragazza di Edward Cullen, lo voglio vedere… nessuno mi crederebbe, nessuno sa di me!
E se gli fosse capitato di peggio? Se lui fosse… Se lui fosse…
Santo cielo, Bella! Lui non ti chiama e tu lo immagini disteso sul tavolo di un obitorio? Tu sei  malata! Malata sul serio!
Deve esserci un’altra spiegazione. Una spiegazione meno tragica! Smettila di essere così melodrammatica!
Forse gli si è scaricato il cellulare… beh, avrebbe anche potuto ricaricarlo… o farsi prestare un altro telefono… od usare un fisso…
Ha finito il credito… no… è probabile che abbia un abbonamento…
La cena con i suoi è finita tardi… certo che avrebbe potuto mandare almeno un messaggio…
Oppure…
Merda...È così ovvio. Così evidente…
Edward s’è pentito.
Si è reso conto di aver fatto una cazzata ed ora sta pensando a come scaricarmi.
A mente fredda ha ripensato a quello che è successo con Irina ed ha capito che farsi vedere con me in giro gli causerà troppi problemi. Con il suo agente, con la produzione delle Quattro Stagioni, con la stampa, con le fans. Infondo tutti pensano ancora che lui stia con Tanya. Tutti  tifano per i Tanward. Perché il mondo intero è innamorato dei Tanward, la coppia perfetta. Cosa accadrebbe se si scoprisse che Edward e Tanya si sono lasciati? Un casino… Già ora i mass-media non lo lasciano in pace. Figuriamoci cosa potrebbe accadere se si venisse a sapere che, di punto in bianco, Edward ha rotto con la Denali ed in tempo zero l’ha rimpiazzata con una perfetta sconosciuta. Una fan. Più grande di lui di sei anni. Chi si lascerebbe scappare una notizia del genere? I personaggi famosi finiscono sui giornali per un’unghia incarnita! Non dovrebbero finirci per una presunto triangolo amoroso? Anche se il nostro non lo è, è facile farlo passare per una storia d’amore e tradimenti.
Per non parlare delle fans. Quelle sono pazze. Sono capaci di organizzare picchetti pro Tanward. Non mi stupirebbe trovare biglietti minatori e minacce di morte nella cassetta della posta. Se è capitato a Tanya, anni fa, perché non dovrebbe capitare a me?
Ora tutte amano Tanya, ma quando uscì nelle sale Autunno , il primo film della saga, e si cominciò a spettegolare su quei due, le Team Tyler più incallite e fuori di testa diedero vita ad un sito web, nomoretanya.com, e raccolsero delle firme tramite una petizione  per convincere Edward a rimanere single! Cose dell’altro mondo!
Edward ha capito che non  vale la pena affrontare tutti questi casini. Che non vale la pena affrontare tutti questi casini per me. Perché io non sono nessuno. Nessuno.
Cosa mai può trovare di interessante una stella di Hollywood in un’impiegata/insegnante di cucina part-time? Perché dovrebbe accontentarsi di me quando potrebbe avere tutte le donne che vuole? Si presenterebbero a migliaia fuori dalla sua porta. E ne troverebbe a centinaia molto più interessanti della sottoscritta. Suono il pianoforte e so cantare. E allora? Sai che asso nella manica… Di questi tempi la Tv è piena di gente che ha molto più talento della sottoscritta eppure non riesce a sfondare. Io neppure ci ho provato a sfondare. Io ho mollato tutto per far felice un uomo che, alla fine, ho lasciato.
Che stupida... Come ho potuto illudermi in questo modo? Come ho potuto credere che lui mi trovasse davvero speciale? Che lui avesse bisogno di me come io, ormai,  ho bisogno di lui?
 
Mi fa male lo stomaco.
Non riesco a respirare.
Ho un martello pneumatico al posto del cuore.
Bella calmati. Che diavolo ti succede?
Mi alzo in preda all’ansia e mi dirigo alla finestra. La spalanco. L’aria fredda mi investe in pieno. Aspiro avidamente, mentre mi reggo al davanzale, come se in quel freddo ci fosse più ossigeno.
Niente.
Non funziona.
Chiudo la finestra e torno a sedermi al tavolodella cucina.
Edward, dove sei?
Edward, perché non mi hai chiamata?
Edward… io ti amo…
 
Alle sei la casa comincia a riprendere vita. Sento Angela e Rosalie alzarsi, andare in bagno a turno per una doccia veloce, sistemare le loro camere... Io sono ancora seduta al tavolo della cucina con la testa tra le mani, di fronte a me il bicchiere d’acqua mezzo vuoto ed il cellulare.
Quando Angela entra nella stanza accendendo l’interruttore, la luce del neon mi investe in pieno ferendomi gli occhi gonfi e cerchiati per la mancanza di sonno.
“Oddio Bella!” esclama facendo un balzo indietro. “Che ci fai lì? Mi hai spaventata!”
Non le rispondo.
“Bella? Stai bene?” mi chiede preoccupata.
“Non mi ha chiamata.” mormoro con un filo di voce.
Nel frattempo Rosalie ci ha raggiunte.
“Che succede?” domanda.
Angela alza le spalle non sapendo cosa rispondere. “Non lo so. Ho acceso la luce e lei era lì… ha biascicato qualcosa… non ho capito bene.”
Rosalie si siede di fianco a me e sbircia tra i miei capelli sciolti, calati sopra il viso.
“Bella? Hai passato la notte qui?”
Certo che ho passato la notte qui! È dalle tre e mezza che, come una cretina, sono seduta su questa maledetta sedia a torturarmi e a chiedermi perché Edward non mi ha chiamata quando, invece, aveva promesso che lo avrebbe fatto!
“Sì.” Le rispondo.
“C’entra Edward?” mi chiede cauta.
“Sono patetica.” dichiaro sollevando il viso e guardandola dritto in faccia.
Lei mi osserva sconcertata. Ma come darle torto? Ieri sera ero al settimo cielo. A distanza di poche ore, e senza che nulla sia accaduto, sono l’ombra di me stessa.
“Cos’è successo? Vuoi parlarne?” interviene Angela.
“Niente. È questo il punto!” comincio a blaterare. “Aveva promesso che mi avrebbe chiamata prima di andare a letto. E non lo ha fatto! Mi sono svegliata nel cuore della notte stringendo questo cazzo di cellulare. E lui non aveva chiamato! Ha deciso di scaricarmi! Ovvio. Come biasimarlo? Io non sono nessuno. Io non sono speciale, non sono un’attrice, non sono famosa, non sono ricca…”
È come se fossi ubriaca. Mi rendo conto di essere ridicola e che, per la seconda volta in pochi giorni, sto dando uno spettacolo orribile di me stessa. Ma ho completamente perso la testa, e la mancanza di sonno non mi sta aiutando.
“Bella? Calmati. Shhh. Calmati...”
Ma non ci riesco. Ho un altro dei miei attacchi di panico. Continuo ad agitarmi e a lamentarmi e Rosalie ed Angela fanno fatica a tenermi a bada.
“Bella! La devi smettere!” esclama spazientita ad un certo punto Rosalie. “Ci sono mille altri buoni motivi per giustificare il fatto che Edward non ti abbia chiamata ieri sera!”
“Sì.” Cerca di assecondarmi Angela. “Magari la cena con i suoi si è prolungata fino a tardi e lui pensava che ti avrebbe svegliata, chiamando.”
“O magari il cellulare s’è scaricato! Magari lo ha perso! Magari ha esaurito il credito! Magari l’ha fatto cadere e sì è rotto! Magari gliel’ha mangiato il cane! Magari l’hanno rapito gli alieni!” continua esasperata Rosalie in un crescendo che mi sa tanto di presa per il culo.
“Ti pare che uno come lui faccia delle ricariche?” le rispondo stizzita. “Come minimo ha un abbonamento.”
Ok. Lo so. Mi sto comportando come una pazza fuori di testa. Anzi no: sono una pazza fuori di testa. Ma  sto male. E merito un po’ di comprensione. Non mi va di essere aggredita dalla mia migliore amica. Non dopo che il mio ragazzo mi ha scaricata.
“Bella… mi stai facendo incazzare…” mi ringhia contro Rose.
“Ragazze. Calmiamoci!” Come al solito Angela cerca di portare la pace e la serenità in questa casa. Madre Teresa di Calcutta, se paragonata a lei, non è altro che un temibile Black Block.
“Rosalie ha ragione, Bella.” continua. “Non ha senso pensare subito al peggio. Vai a farti una doccia, ora. Io ti preparo una tazza di tè. Poi vai al lavoro, e mentre sei sull’autobus provi a chiamare Edward. Dovrebbe essere già sveglio, a quest’ora. Parte in mattinata per Parigi, giusto?”
Parigi… me ne ero totalmente dimenticata. Significa che non potrò neppure vederlo per due giorni.
Tutto questo non fa bene alla mia ansia.
ComunqueAngela ha ragione. È meglio che cerchi di calmarmi facendo una doccia.
“Ok. Vado.”
Mi alzo dal tavolo ed esco dalla stanza lanciando uno sguardo bieco alla povera Rosalie che mi guarda altrettanto inviperita.
 
Un’ora più tardi stiamo uscendo di casa tutte quante per andare al lavoro. Rose ha un appuntamento prima dell’orario di apertura del grande magazzino con una cliente molto importante. Angela, invece, deve raggiungere Eric al pub per aiutarlo a sistemare il locale.
Sinceramente non posso dire di aver riacquistato il buon umore. In realtà mi sento terribilmente in imbarazzo per la scenata che ho fatto alle mie amiche ed una perfetta idiota per aver passato quasi tutta la notte sveglia a dubitare dei sentimenti di Edward. Ma mi costringo a sperare, perché non posso fare altro. Ne ho bisogno.
Più tardi sentirò Edward, sentirò la sua voce calda e bellissima, e mi darà una spiegazione plausibile al fatto di non avermi chiamata. È tutto a posto.
 
Scendiamo le scale.
Percorriamo il corridoio.
Angela e Rose indugiano per un attimo di fronte alla bacheca degli avvisi condominiali.
“La Signora Wallace ci invita tutti a casa sua sabato sera alle 6 per una riunione.” Mi comunica Angela.
“Neanche morta!” Commento mentre apro il portoncino d’ingresso ed esco all’aperto. Detesto la Wallace ed il suo Chihuaua!
Ed una marea di flash mi investe in pieno.

Merda.
Mi hanno trovata.

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Capitolo 17
*** 14.EDWARD ***




Alcune di voi pensano che la reazione di Bella alla non-chiamata di Edward sia poco credibile. Io penso che sia possibile e comunque  in linea con il personaggio. È vero: Bella è una donna, ha trent’anni, ma è fragile e soffre di attacchi di panico. Però ho riletto il capitolo e ho cercato di capire cosa non andava. Cosa non vi ha convinte. Mi sono resa conto di aver descritto bene l'attacco di panico e la paura improvvisa ed un tantino irrazionale che Bella prova, ma non le ragioni per cui la prova. Così ho cercato di correggere il tiro: ho sistemato qualcosina qua e là ed ho aggiunto un paragrafo. Vi avverto: il succo non cambia. L’ansia di Bella è funzionale al personaggio ed alla storia. Lei è così. Che vi piaccia o no. Ma credo di aver migliorato il capitolo. Quindi ringrazio chi mi ha messo la pulce nell’orecchio e costretta a ritornare sui miei passi. L’ho fatto per voi ma soprattutto per me  ;-)   
Prima di lasciarvi a 14.EDWARD vi chiedo, se vi va, di rileggere 13.2 ISABELLA.
Grazie ancora.
Opunzia Espinosa


 
 
Lunedì, 19 aprile 2010

 
 
14. EDWARD

 
Vows are spoken, to be broken
Feelings are intense, words are trivial
Pleasure remains, so does the pain
Words are meaningless and forgettable
(Enjoy the silence – Depeche Mode)
 

Sono talmente in ritardo che, una volta a casa, non mi prendo neppure la briga di parcheggiare la Volvo in garage. Semplicemente la mollo in strada e corro verso il portico.
Ho mandato un messaggio ad Alice per avvisarla di cominciare pure senza di me, ma non mi ha risposto. Spero che i miei abbiano deciso di non aspettarmi e che abbiano iniziato a mangiare comunque. Non vorrei che la cena di mia madre si fosse rovinata a causa mia.
 
“Scusate, lo so è tardi!” urlo spalancando la porta d’ingresso. “Ero con Bella. L’ho riaccompagnata a casa dopo il lavoro…” continuo a spiegare ad alta voce mentre percorro il corridoio.
Ho raccontato ai miei genitori di Bella, e della separazione da Tanya, subito dopo aver confessato tutto ad Alice.Un po’ prematuro, me ne rendo conto. Ma ero troppo su di giri e spaventato al tempo stesso. Avevo bisogno di parlare con qualcuno che avesse esperienza e che mi sapesse consigliare, che fosse in grado di darmi un parere sincero. E siccome con i miei ho un rapporto più che ottimo e ci diciamo tutto, l’ho fatto. Ho raccontato loro di Bella.
Mia madre si è dimostrata subito entusiasta. Ovviamente. Adora le storie romantiche e si sente come cupido, visto che è stata lei ad organizzare la cena di beneficienza durante la quale ci siamo conosciuti. Inoltre, anche se ha sempre cercato di non darlo a vedere, non ha mai gradito molto la mia relazione con una yankee, se non altro perché ha strappato il  figlio alle sue amorevoli cure costringendolo a passare la maggior parte del tempo oltreoceano.
Mio padre mi ha chiesto di non correre troppo e, proprio come Alice, di accertarmi che Bella non sia solo in cerca di fama e popolarità. Sinceramente non posso biasimare questa sua diffidenza. Non perché dubiti di Bella, tutt’altro. Ma a causa di quello che gli è capitato qualche mese fa.
Carlisle Cullen è uno psichiatra di discreto successo e lavora per una delle cliniche più importanti di Londra. Una donna sulla quarantina ha fatto di tutto per fissare alcune sedute con lui. All’inizio sembrava un caso disperato ed affascinante. Andando avanti, però, i conti non tornavano e  si è scoperto che quella donna non aveva nessun disturbo reale. Era  solo una fan che stava cercando un modo – uno qualsiasi - per arrivare  a me.
Terrificante! Chi sano di mente  si inventa una malattia psichiatrica per incontrare il proprio attore preferito? Nessuno…
Quindi, per quanto paradossale, forse era proprio il caso che quella sciroccata vedesse mio padre!
 
Quando raggiungo la sala da pranzo, trovo la mia famiglia riunita. Sono tutti seduti immobili e composti al tavolo apparecchiato ed intonso.
Mi guardano seri ed imbarazzati.
“Che c’è?” chiedo senza capire cosa sta succedendo.
E poi la vedo, seduta di fianco a mia sorella.
Tanya Denali.
“E tu cosa cazzo ci fai qui?” le ringhio contro non appena la metto a fuoco.
Dopo aver lasciato il nostro appartamento, Tanya non si è più fatta né vedere né sentire. Ha ignorato le mie chiamate, i miei messaggi e le mie e-mail. Si è dileguata. Sono andato a cercarla dai suoi, e sono stato cacciato. Come osa presentarsi senza invito a casa dei miei genitori? Come osa farsi viva proprio ora? Fino ad un paio di settimane fa avrei pagato per poter avere l’opportunità di parlarle, capirla, convincerla a tornare con me. Ma ora non più.
“Edward! Modera i termini!” mi rimprovera mio padre.
“Dottor Cullen…” lo interrompe Tanya. “Edward ha tutto il diritto di avercela con me.”
“Tu credi?” continuo mal celando il fastidio. “Allora sentiamo, qual buon vento ti porta da queste parti? Dove hai mollato la tua scopa? In veranda?”
“Edward, forse dovreste avere questa conversazione in privato.” Interviene mia madre imbarazzata. “Noi ce ne andiamo.”
“No! Resta seduta, mamma. Restate seduti tutti quanti e continuate con la vostra cena.”
Non mi sembra il caso di cacciare i miei genitori dalla loro sala da pranzo.
“Tanya, vuoi seguirmi per cortesia?” e così dicendo mi avvicino e senza troppi complimenti l’afferro per il gomito, la costringo ad alzarsi e  le faccio strada verso lo studio di mio padre.
Una volta richiusa la porta alle mie spalle esplodo di nuovo.
“Allora? Me lo vuoi dire cosa cazzo ci fai qui?”
“Eddie…” balbetta intimorita.
“Eddie un cazzo… te ne sei andata con un biglietto, Tanya! Dopo due anni mi hai lasciato  con biglietto! Non hai risposto alle mie chiamate, non hai risposto hai miei messaggi e neppure alle mie e-mail! I tuoi genitori mi hanno cacciato dicendo di non cercarti più… hai la più pallida idea di quello che mi hai fatto passare?”
“Eddie… mi dispiace…”
“Ti dispiace…” le faccio eco incredulo. Davvero questa stronza pensa di potersi ripresentare dopo quasi due mesi di silenzio e di rimettere le cose a posto con un mi dispiace?
“Tanya. Perché sei qui?” le chiedo di nuovo, cercando di controllare la rabbia.
Lei non dice nulla per un po’. Appoggiata alla scrivania fissa il pavimento di fronte a sé. Poi si decide a parlare.
“Ho capito di aver commesso un errore. Non avrei mai dovuto lasciarti. Sto male senza di te, Edward. Mi manchi.”
È ridicolo. La stessa patetica scena si ripete ciclicamente da quando la conosco. Francamente, non ce la faccio più.
“E?” le chiedo calmo, improvvisamente pervaso da un’immensa stanchezza.
Lei alza le spalle senza capire.
“Cosa vuoi da me, Tanya?” spiego, esausto di avere la stessa conversazione ancora ed ancora.
“Che ritorni a casa con me.”
“Quale casa, Tanya?” le chiedo. “Noi non abbiamo mai avuto una casa. Abbiamo avuto roulotte, residence, camere d’albergo… non abbiamo mai avuto una casa.”
“Certo che sì. Ne abbiamo affittata una…” balbetta, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime.
“Non ci abbiamo mai realmente vissuto, Tanya. Te ne sei andata dopo una settimana! Quella non è casa nostra. Di certo non è casa mia.” controbatto secco lasciandomi cadere sul divano e prendendo la testa tra le mani.
Tanya rimane in silenzio per un altro po’, ed anch’io non so più cosa dire. Per giorni ho vissuto nella mia testa l’ipotetica conversazione che avremmo avuto nel caso ci fossimo incontrati di nuovo. All’inizio il mio tono era dolce e supplichevole, ma più il tempo passava, più la rabbia saliva. Avrei giurato che le avrei sputato in faccia tutto il mio dolore e la mia collera. Invece no. Non ho più parole. Voglio solo che se ne vada. Che mi lasci finalmente in pace. Libero di vivere la mia vita con Bella.
Bella…
Improvvisamente penso a lei e a quella che potrebbe essere la sua reazione se sapesse che Tanya è qui, in casa mia e mi sta chiedendo di tornare con lei. Crisi di panico? Sì, senza dubbio.
“C’è un’altra?” mi chiede asciugando con il dorso della mano alcune lacrime che le sono scese lungo le guance.
“Cosa?” le chiedo spiazzato. Come fa a saperlo?
“C’è un’altra.” E la sua non è più una domanda. “Ti ho sentito, mentre rientravi. Hai detto di aver riaccompagnato a casa una certa Bella.”
“Non sono affari tuoi, Tanya.” taglio corto.
“Non ci credo…” continua indignata ed incredula. “Hai fatto presto a rimpiazzarmi…”
Ma che cazzo sta dicendo? Come si permette?
“Non fare la vittima, Tanya. Non ne hai il diritto.” Sono di nuovo furioso e controllo a fatica il tono della voce.
“Te la scopi?”
Cosa?!
“Puttana…” commenta a denti stretti.
Se fosse un uomo la prenderei a pugni.
“Vattene.” le sibilo contro rialzandomi in piedi.
“No! No!” comincia ad urlare agitando le braccia. “Io non me ne vado! Io non mi faccio cacciare da una puttana qualunque!”
“Tanya…” la metto in guardia.
Sono incazzato. Incazzato nero. Se continua a dare della puttana a Bella, io giuro che… Dio mi perdoni.
“Edward, ti sei rincretinito?” continua la sua invettiva. “Credi davvero che questa… come cazzo si chiama… Bella?... credi che questa ci tenga a te? Butti via due anni per una che hai conosciuto… quando l’hai conosciuta? Ieri? Una settimana fa? Due settimane fa?”
“Cosa cazzo te ne frega di quando l’ho conosciuta?” esplodo. Volevo che Tanya se ne andasse in silenzio. Che mi lasciasse in pace. Invece sentirla insultare Bella mi fa bollire il sangue. Forse sputarle addosso il veleno che ho dentro non è un’idea cattiva. Forse dovrei ferirla e farle capire quanto l’amavo, quanto ho sofferto per causa sua.
“Sei stata tu a buttare via la nostra storia Tanya! E non lo hai fatto quando mi hai lasciato lo scorso marzo! È da due anni che ci stai lavorando… Quante volte te ne sei andata, Tanya? Quante volte? Io non l’ho mai fatto. Io sono sempre rimasto. Ti ho sempre aspettata. Non te ne eri mai andata con un biglietto! Avevi sempre avuto la decenza di spiegare… come credi mi sia sentito? Come ti saresti sentita tu al posto mio? È  colpa tua Tanya! Tu hai buttato via la nostra storia! Sei stata tu, non io. Io ti amavo!”
“Anch’io Eddie! Anch’io…” quasi mi implora avvicinandosi.
“Non mi toccare!” l’avverto facendo un passo indietro.
“Edward… lo so, sei arrabbiato… ma ti prego… ascoltami, ti prego… non ti fidare di lei… neppure la conosci… cos’è? Una fan? Non gliene importa nulla di te… a lei interessa solo il fatto che sei ricco e famoso…”
“No! Non è vero!”
“Sì, Edward… è così, e lo sai anche tu… è sempre così, sempre… tu sei buono e generoso e ti piace pensare di essere ancora una persona normale… ma non è così…”
“Tanya smettila!”
“Ti è già successo Edward… in passato, ti è già successo, ricordi?”
Sì, mi è già successo. Più di una volta. Ma ora è diverso. Lo so. Ne sono sicuro.
Sono stanco e voglio che Tanya se ne vada. Voglio cenare con i miei genitori. Vedere le foto di Alice e Jasper. Chiamare Bella. Sentire la sua voce al telefono. Chiacchierare con lei di cose senza senso. Farla ridere e poi addormentarmi stringendo la sua pashmina, respirando il suo profumo.
È ora di farla finita. Per sempre.
“Tanya,  non è colpa di Bella. Se lei decidesse di non volermi più, ne sarei devastato, ma comunque non tornerei con te. È finita. Per sempre.”
Scandisco bene le parole, mentre parlo, perché voglio che le capisca. Che ne afferri il senso.
E credo funzioni perché la sua pelle di porcellana si fa ancora più pallida. Gli occhi scuri e cerchiati per la stanchezza si riempiono nuovamente di lacrime, ed il viso le si piega in una smorfia di dolore profondo.
Mi fa quasi pena.
Credo che Tanya mi abbia amato, a modo suo. E forse mi ama ancora. Forse non è solo una bambina capricciosa che rivuole il suo giocattolo. Ma io sono stanco di stare male a causa sua. Ho incontrato Bella, finalmente, ed ho capito cosa voglio. Cosa merito.
“Edward… io ti amo… io ti amo..” continua a ripetermi aggrappandosi ai lembi del mio maglione. “Ti prego… dammi un’altra possibilità… non puoi aver dimenticato tutto… mi amavi… dicevi di amarmi… mi ami ancora, lo so… mi devi solo perdonare, darmi un’altra possibilità.. Eddie, ti prego...”
Sta piangendo disperata ed io davvero non so cosa fare.
È vero, l’amavo. Credevo in noi. Ma mi ha ferito. Profondamente. Non ho voglia di ricominciare tutto da capo. Basta drammi, basta scenate. Voglio una storia normale. Voglio Bella.
“Tanya… calmati… per favore...”
Lei si accascia sul pavimento, esausta. È sconvolta, continua a piangere ed io non posso fare altro che sedermi accanto a lei, prenderla tra le mie braccia e cullarla fino a che non si è calmata. Infondo lei è stata importante per me. Abbiamo passato insieme due anni. Lavoreremo ancora assieme. E sta male. Come faccio a far finta di nulla? Come faccio ad abbandonarla lì, rannicchiata sul tappeto contro la scrivania, il corpo scosso dai singhiozzi?
Non ce la faccio. Fossi in grado di fare una cosa simile, non sarei umano.
 
È tardi. Tardissimo. Dopo essersi ripresa, Tanya ha iniziato a parlare, a chiarire, a raccontarmi. È andata avanti per delle ore. Ed anch’io ho tirato fuori tutto. Con calma. Tranquillamente. Ma ho tirato fuori tutto. Ed ora sto meglio. È come se mi fossi liberato di un peso.
Lei pensava che spiegare sarebbe servito a farmi capire. Ed è così. Ho capito. Ma ho capito che non torno più  indietro. Non ha più senso. Io amo Bella.
Ho pensato a lei per tutto il tempo. Alla mia Bella. Che è fragile come un uccellino. Anche se è una donna. Anche se ha trent’anni. Anche se affronta la vita da sola ogni giorno, lontano da casa, dal suo paese, dalla sua famiglia.
 
Ho accompagnato Tanya nella vecchia camera di mia sorella Alice e l’ho messa a letto. Domani mattina verrà in aeroporto con me. Io andrò a Parigi per quel servizio fotografico e per incontrare quel regista che mi vuole nel suo nuovo film. Lei tornerà a Los Angeles.
 
Che notte assurda. Sono stanco morto. E domani devo alzarmi prestissimo. Il truccatore dovrà darsi da fare non poco per regalarmi un aspetto decente.
Avrei bisogno di sentire la voce di Bella, ma è troppo tardi. Dorme di sicuro, a quest’ora, e non voglio svegliarla. Le telefonerò domani mattina dall’aeroporto. Le avevo promesso che l’avrei fatto prima di andare a letto, ma come potevo immaginare che ci sarebbe stata Tanya ad aspettarmi?
Spero che Bella non ci abbia rimuginato sopra troppo.

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Capitolo 18
*** 15.ISABELLA ***




Martedì, 20 aprile 2010

 



15. ISABELLA

 
You want me? Fucking well come and find me
I’ll be waiting, with a gun and a pack of sandwiches
And nothing, nothing, nothing
You want me? Well come and break the door down
You want me? Well come and break the door down
I’m ready, I’m ready, I’m ready
(Talk Show Host – Radiohead)

 
 
Isabella! ... da questa parte … guarda qui … esci con Cullen? ... che ne è di Tanya?... sa di voi?... dov’è Edward?... è con te? … Edward ci sei? … vieni fuori! … Isabella! …
 
Per qualche secondo resto lì, qualche passo oltre la soglia della porta d’ingresso,  completamente pietrificata, gli occhi sbarrati e la bocca spalancata, a contemplare lo spettacolo surreale che mi trovo dinnanzi: decine tra fotografi vocianti e semplici curiosi attratti dal trambusto e dalla stampa. Tutti assembrati sul marciapiede di fronte al palazzo. Tutti lì per me. Tutti lì per Edward.
Sono talmente scioccata che non trovo neppure la forza ed il coraggio di respirare. Tutto quello che riesco a fare è sbattere ritmicamente le palpebre ogni volta che un flash m’investe in pieno.
Poi vedo un tizio che si avvicina, sempre di più. Ne vedo un altro, un altro ancora…
 
Isabella! … Isabella!...  Edward! … Dove sei? … Cullen!
 
Oddio cosa fanno? Oddio cosa vogliono?
Mi  devo muovere. Subito! All’istante, se non voglio che questa gente mi salti addosso!
Comincio ad indietreggiare, spaventata da quella marea incontenibile, ma  nella foga di mettermi in salvo  inciampo nei miei stessi piedi e cado a terra rovinosamente.
Che figura di merda…
“Bella, che succede?” mi chiede allarmata Angela correndomi incontro. “Chi c’è là fuori?”
“No! Ferma!” urlo disperata dando un calcio al portoncino d’ingresso che si chiude fragorosamente sul naso  di un piccoletto che scatta foto a raffica proprio mentre cerca di infilarsi nell’androne del palazzo. “È pieno di paparazzi là fuori! Non possiamo uscire!”
“Paparazzi?!” esclama sconvolta Rosalie aiutandomi a rimettermi in piedi. “Com’è possibile che la stampa sappia di te ed Edward? Vi siete conosciuti sabato sera! È martedì mattina!”
“Irina!” sibilo a denti stretti. “È stata lei! Ne sono sicura! Brutta…!” e mi blocco cercando di trovare la parola più offensiva che conosco e che possa descriverla.
“Irina? Vuoi dire la tua collega?!” Angela è incredula.
“Sì!”
“Ma perché? Perché ha fatto una cosa simile?”
“Perché è una cagna! Ecco perché!” urlo in preda alla collera.
Giuro, appena le metto le mani addosso le faccio male. Male davvero.
“Santo Cielo, Bella! Ma li senti?” Rose, in preda ad un attacco di temerarietà,  riapre il portoncino  quel tanto che basta per vedere da sé cosa sta accadendo là fuori.  Ma lo richiude immediatamente. Terrorizzata. “O Cazzo! O merda!”
“Bella, che facciamo?” mi chiede preoccupata Angela.
“Non lo so! Non lo so!”
So solo che devo parlare con Edward. Subito!
Apro la borsa ed afferro il cellulare. Scorro rapidamente la rubrica e quando trovo il suo nome premo il tasto chiamata.
 
Siamo spiacenti. L’utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile…
 
Vaffanculo!
VAFFANCULO!
Edward, dove cazzo sei?
“Niente. Non è raggiungibile.”
Mi guardo intorno in preda al panico, senza sapere cosa fare. Di sicuro là fuori non ci ritorno!
Rosalie ed Angela mi osservano impazienti, in attesa che dica o faccia qualcosa.
Poi ripenso a ieri. Ad Irina che ci saluta con la mano e subito dopo s’incolla al telefono mentre io ed Edward abbandoniamo il parcheggio della FolkMusic. Ed un orribile presentimento comincia a farsi strada nella mia mente.
“Devo capire quanto è esteso il danno.” Dichiaro. E  senza perdere altro tempo mi precipito su per le scale, verso il nostro appartamento.
La caviglia mi fa ancora male, ma l’adrenalina mi aiuta a non sentire dolore, così in un attimo percorro tutti e quattro i piani del palazzo lasciandomi alle spalle Angela e Rose.
Spalancola porta d’ingresso. Mi fiondo in camera da letto. Mi siedo alla scrivania ed avvio il PC.
Forza! Coraggio! Prendi vita, dannato rottame!
Nel frattempo le ragazze mi hanno raggiunta e, in piedi alle mie spalle, cercano di riprendere fiato.
“Santo cielo, Bella! Sei una scheggia…”
Ignoro il commento di Angela. Mi collego a Google Immagini e digito Isabella Swan Edward Cullen.
O
Mio
Dio
È pieno di foto di me ed Edward al parco ieri a pranzo! Leggermente sfocate, ma inequivocabili! Quello è lui, con i suoi jeans neri, la maglietta grigia, gli occhiali da sole infilati nello scollo a V, la sigaretta tra le dita, i capelli sconvolti. Semplicemente bellissimo. E quella sono io, con la camicia a quadri, la gonna troppo corta, i calzettoni al ginocchio, gli stivali buttati da un lato, i capelli disordinatamente raccolti in alto sopra la nuca, e… gli occhiali viola da Nerd!
Semplicemente… semplicemente… improponibile! Davvero Edward pensa che io sia sexy conciata in quel modo? Le cose sono due: o quell’uomo  mi ama davvero, oppure ha bisogno di un oculista. Di uno bravo, però.
Faccio scorrere tutte le foto. È un vero e proprio servizio! Ridiamo, chiacchieriamo, mangiamo… C’è persino una foto di lui in piedi che se la ride come un matto mentre tiene in alto sopra la testa il famigerato foglio con i disegni a luci rosse ed  io che cerco invano di strapparglielo di  mano!
Ma dove diavolo erano i fotografi? Imboscati tra cespugli e le sterpaglie? Erano camuffati da baby-sitter? Guadavano il laghetto in tenuta da sommozzatore? Si nascondevano nel nostro cestino da pic-nic? Io non mi sono accorta di nulla! Di nulla!
Continuo a far scorrere le immagini.
Merda!
MERDA!
“Bella! Cavolo! Ma che stavate facendo?” esclama scioccata Rose ad un certo punto. “Eravate in pubblico! C’erano dei bambini!” continua afferrando lo schermo con una mano ed avvicinandosi per vedere meglio.
Le foto che stiamo guardando ora mostrano chiaramente qual è la vera natura del mio rapporto con Edward.
Siamo sdraiati sulla coperta e ci stiamo baciando. Lui mi sovrasta quasi completamente. Le mie mani sono intrecciate tra i suoi capelli. Le sue mani invece… beh, sono infilate sotto la mia camicia.
“Merda!”
Clicco su una delle immagini e si apre un articolo.
 
ESCLUSIVO! CULLEN LO SPORCACCIONE - Che ne sarà dei Tanward?
Mentre la fidanzata Tanya Denali, 24 anni, compagna di vita e di set, si trova a Los Angeles, Edward Cullen, 24 anni, se la spassa nella nativa Londra con un’altra donna, Isabella Swan, 30 anni. Un’attrice? Una modella? No! Una fan! Il bel Vampiro ha affondato i suoi denti aguzzi in un’altra affascinante preda.
 
Cullen lo sporcaccione?!
CULLEN LO SPORCACCIONE?!
Ma come osano?!
Edward è l’uomo più educato, gentile e premuroso che abbia mai messo piede sulla faccia della terra!
E poi perché questa gente ha pubblicato le mie generalità? Chi li ha autorizzati? Si può fare, è legale?
Devo parlare con Edward. Devo assolutamente parlare con Edward!
Riprendo il cellulare e mi sposto verso la finestra lasciando libera la scrivania.
Ovviamente Rosalie ed Angela si avventano sul PC e cominciano a cliccare su tutte le foto che immortalano Edward e la sottoscritta.
“Bella!” esclamano scandalizzate all’unisono mentre ne aprono una in cui la mano di Edward è pericolosamente infilata sotto la mia gonna.
“Oh, fatela finita!” sbuffo spazientita dando una rapida occhiata all’immagine in bella mostra sullo schermo . “Al massimo mi avrà sfiorato il bordo delle mutandine!”
Eeee… beh, sì… strizzato un po’ le tette, lo ammetto.
In ogni caso Edward non è ancora arrivato né in prima né in seconda base. È stato un perfetto gentiluomo.
Anche se non si direbbe dalle foto.
 
TU-TUUUU…
Meno male… Il telefono di Edward è tornato ad essere raggiungibile.
Risponde al decimo squillo.
“Bella!”
“Edward!”
Dio che sollievo sentire la sua voce!
“Bella, scusa… lo so, ti avevo promesso che avrei chiamato e non l’ho fatto… mi dispiace… mi dispiace davvero… il fatto è che…”
Il suo tono è talmente mortificato che, improvvisamente, non mi importa più nulla della notte passata in bianco, dell’ansia, del mal di stomaco… l’unica cosa che conta è che lui stia bene.
“Non fa nulla Edward.” Lo interrompo senza lasciargli il tempo di spiegare.
“Bella, dico sul serio… alla fine era troppo tardi, non ti volevo svegliare…”
Sentendolo così preoccupato ripenso al primo SMS che mi ha spedito domenica. A come si era firmato: Cullen l’Apprensivo. E non posso fare a meno di sciogliermi.
“Edward, anch’io dico sul serio: non importa. Non ti devi scusare.” Cerco di rassicurarlo. Perché è vero. Non mi interessa sapere perché non mi ha telefonato. Dentro di me so che ha un buon motivo. Che per lui sono importante. Che non è successo nulla di grave. Mi fido, e non voglio che si giustifichi.
È così bello sentire la sua voce… ma poi mi ricordo del perché l’ho chiamato. “Senti. Abbiamo un problema.”
“Come? Quale problema?” mi chiede cauto.
“Un sacco di paparazzi e curiosi circondano il palazzo!”
“Stai scherzando? Sono lì? A casa tua?”
“Sì, ma c’è dell’altro.”
“Come dell’altro? Cos’è successo?”
“Sono state pubblicate in rete le foto del nostro pic-nic di ieri.”
“Mi stai prendendo in giro?”e poi rivolgendosi a qualcun altro. “Sì… parcheggia qui…Alice mi aiuti?”
“Dove sei?” gli chiedo.
“All’aeroporto. Mi sono fatto accompagnare da mio padre e da mia sorella. Bella, ti prego, dimmi che mi stai prendendo in giro…”
“No, Edward. Non credo di poter scherzare su una cosa simile!”
“Cazzo! ‘Fanculo!” comincia ad imprecare. “Bella, quante foto? Si capisce che siamo noi?” mi chiede preoccupato.
“Un sacco di foto, Cullen! Un servizio completo! E sì, si capisce che siamo noi.” E spodestando Angela e Rosalie dalla loro postazione in prima fila sulla mia vergogna, mi riavvicino al PC per leggergli il breve articolo che ho trovato.
“Vaffanculo! Vaffanculo! Aro mi ammazza questa volta. Ma dove cazzo erano? Io non li ho visti! Sono un idiota! Un idiota!”
E poi sento un gran casino provenire dall’altra parte della cornetta.
“Edward? Edward, che succede?” chiedo preoccupata.
“I fotografi… sono anche qui… ma come cazzo facevano…” e poi rivolgendosi di nuovo a sua sorella “Alice… da questa parte…”
“Edward? Edward?” continuo a chiamarlo, ma lui non risponde più.
Resto incollata all’auricolare per un po’. Dall’altra parte sento solo urlare il suo nome. Ho l’impressione che si trovi in mezzo ad una folla oceanica.
“Bella… qui è un gran casino… ti devo richiamare…”
Cosa?! Ed io che faccio? Il palazzo è circondato dai paparazzi! Non so come ci si comporta in questi casi! Io non sono una star internazionale che se ne va in giro con assistenti e body-guard!
“Edward, aspetta!” lo supplico in preda al panico.
“Bella? Bella mi senti?” quasi urla nel telefono. “Non uscire, capito? Chiuditi in casa! Non parlare con nessuno!”
Chiuditi in casa?! Io non posso chiudermi in casa! Io devo andare a lavorare!
Dall’altra parte è una bolgia infernale.
 
Cullen… Edward… da questa parte… Tanya, guarda qui… Tanya, sei qui per… Swan… lasciati… Bella Swan… Tanya… abbracciatevi… Tanya …
 
Tanya?!
Ho sentito bene? Tanya?
Tanya Denali è all’aeroporto con Edward, suo padre e sua sorella?
 
“Non ho nulla da dichiarare…” la voce di Edward è distante. “Bella, ti richiamo.”
“Edward! Edward non riattaccare! Tanya è con te? Tanya è con te?” urlo nel telefono.
Ma è inutile. Ha  già riattaccato.
 
Mi lascio cadere sul letto, improvvisamente stanchissima. Che ci fa Tanya Denali all’aeroporto con Edward? È per questo che non mi ha chiamata ieri? Era con lei?
“Bella? Che succede?” mi chiede allarmata Angela.
“Edward è in aeroporto. Ci sono un sacco di fotografi anche là. Credo sia in compagnia di Tanya Denali.” rispondo in tono monocorde, lo sguardo fisso di fronte a me.
“Tanya Denali? Ma non si erano lasciati?”
Faccio di sì con la testa, senza smettere di fissare il vuoto.
“Bella, ne sei sicura? Come fai a dirlo?”
“Urlavano tutti il suo nome…”
Nessuna di noi ha il coraggio di muoversi o parlare. Non so a cosa stiano pensando Angela e Rose, ma il mio cervello si rifiuta di lavorare. È come se il mio encefalogramma fosse piatto.
“Bella, che facciamo?” mi chiede Rosalie con un filo di voce  dopo un po’. “Scusa, ma io non posso restare, ho un appuntamento con una cliente importante, e sono già in ritardo…”
Giusto.
Il lavoro.
Anch’io ho una riunione importantissima in mattinata. Se la salto rischio il licenziamento. Come faccio a chiudermi in casa?
“Andiamo.” dichiaro improvvisamente, alzandomi in piedi decisa e staccando il cavo che alimenta il PC senza neppure chiudere la sessione.
“’Fanculo i fotografi! E ‘fanculo Cullen!” sibilo a denti stretti.
Sono furiosa. Io passo la notte a disperarmi immaginandolo in un letto d’ospedale – addirittura all’obitorio - e lui se la spassa con la sua ex? Sempre che mi abbia raccontato la verità. Perché a questo punto dubito fortemente del fatto che Tanya sia la sua ex. Che ci faceva in aeroporto con lui? Mentre sta andando a Parigi, per giunta. Probabilmente non deve neppure lavorare. Probabilmente è un viaggio di piacere. Infondo Parigi è una delle capitali più romantiche d’Europa.
Io lo sapevo! Lo sapevo! Avevo ragione a dubitare dei suoi sentimenti! Perché mi sei venuto appresso? Forse la mia vita non era perfetta, ma ero tranquilla! Perché hai voluto farmi innamorare di te a tutti i costi se stai ancora con lei?  Perché negarlo, poi! Che bisogno c’era?
Ti odio Cullen! Ti odio!
 
Mi precipito giù per le scale seguita da Rosalie ed Angela.
Apro il portoncino d’ingresso e di nuovo la marea di flash mi investe.
Ma quanti cazzo di fotografi ci sono in questa  merda di città? Non dovrebbero essere tutti all’aeroporto ad immortalare gli odiosi  Tanward?
L’unica cosa che mi consola è che tutta questa gentaglia ha fatto un clamoroso buco nell’acqua. Ben vi sta, brutti bastardi.
“Siete dei fessi!” comincio a sbraitare con uno strano ghigno sul volto. “Lui è all’aeroporto con Tanya Denali. Voi siete qui ad immortalare una perfetta sconosciuta! Bel colpo segugi!”
Poi, senza aggiungere altro, mi faccio strada decisa in mezzo a questa folla di fotografi, curiosi e vicini di casa che nel frattempo sono scesi in strada per capire cosa succede.
Mostrando il dito a medio a tutti.
Di entrambele mani.

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Capitolo 19
*** 16.EDWARD ***




16. EDWARD


 
Pay no mind to what other voices say
They don't care about you, like I do
Safe from pain, and truth, and choice
And other poison devils
See, they don't give a fuck about you, like I do
(Pet – A Perfect Circle)


 
Sospetto che Tanya sia un alieno giunto sulla Terra da un altro pianeta. Sono le 5.30 del mattino, avremo si e no dormito dalle tre alle quattro ore,  ma  quando scendo in cucina per farmi un caffè - gli occhi gonfi e la faccia stropicciata, rincoglionito come non mai - lei è già lì, splendente come il sole, vestita di tutto punto, ben truccata e pettinata, intenta a preparare la colazione.
“Il caffè è pronto”  Dichiara tranquilla senza neppure voltarsi non appena percepisce la mia presenza nella stanza. “Sto facendo le uova. Ho pure tostato il pane, ma si è bruciacchiato.”
“Prendo solo una tazza di caffè.” borbotto sistemandomi su uno degli sgabelli che si trovano di fronte al bancone.
Cosa diavolo sta facendo? Tanya non mi ha mai preparato la colazione. Tanya non sa cucinare.
“Tieni.”
“Grazie.” Afferro la tazza di caffè e torno ad osservarla scettico.
“Sei riuscita a dormire?” le chiedo prima di bere un sorso.
Oddio, che schifo… ma cos’è questa brodaglia? Non oso pensare al sapore di quelle uova…
“No. A Los Angeles ora sarebbero le 9.30 di sera.” Mi spiega. “Quando mi hai accompagnata  in  camera di Alice per me erano le 6 del pomeriggio.”
Ah, giusto. Il fuso orario.
“Buongiorno!” Parli del diavolo e spuntano le corna. Alice fa il suo ingresso in cucina, vispa ed allegra come al solito.  Ma come fa? Tra l’altro, per essere qui a quest’ora, deve aver lasciato il suo appartamento minimo alle 5. Il che significa sveglia per le 4.30. Che risenta pure lei del jetlag? Se non sbaglio a  Tokyo sono nove ore avanti.
Mio padre la segue a qualche passo di distanza, anche lui impeccabile nel suo completo blu scuro.
Com’è che stamattina tutti hanno un aspetto ordinato e presentabile tranne il sottoscritto?
“Hey.” Li saluto con un cenno del capo mentre allontano il più possibile la tazza di caffè orrendo. Questa roba puzza, quasi.
“Buongiorno Edward. Tanya.”
Tanya ricambia il saluto di mio padre senza voltarsi, continuando a rimestare le uova sfrigolanti nella pentola “Buongiorno Dottor Cullen. Buongiorno Alice.”
Mio padre e mia sorella si sistemano di fianco a me, una alla mia destra e l’altro alla mia sinistra, ed entrambi mi danno una strana occhiata che sembra voler dire  che sta facendo?
Io alzo le spalle perplesso. Credo di aver visto Tanya ai fornelli solo un paio di volte da che la conosco.
“Mi sono permessa di preparare la colazione.” Risponde lei alla domanda che i miei famigliari non hanno avuto il coraggio di fare.  “Spero sia commestibile.”
E così dicendo riempie di uova strapazzate tre piatti nei quali ha già sistemato il pane bruciacchiato.
“Gra…Grazie, Tanya.” Balbetta imbarazzata mia sorella.
Alice è l’unica della famiglia ad aver già sperimentato le doti culinarie di Tanya. Posso solo dire che non è stata una bella esperienza.
Tanya serve la colazione a mio padre e mia sorella e poi versa loro del caffè.
Li osserva speranzosa, mentre prendono qualche forchettata. Poi vede i loro volti  impallidire e cambiare espressione.
Come immaginavo: le uova fanno schifo.
“Siete liberi di lasciare tutto nel piatto.” commenta mortificata.
“Credo… credo tu le abbia salate un po’ troppo Tanya.”  Le spiega Alice bevendo un sorso di caffè per sciacquare la bocca.
Alice! No! Il caffè no!
“Faremo colazione in aeroporto. Che ne dite ragazzi?” Suggerisce educato mio padre pulendosi con un tovagliolo. “È meglio andare, se non vogliamo che Edward perda il suo volo. Grazie in ogni caso, Tanya. Sei stata molto premurosa.”
Tanya non risponde nulla. Resta lì, ferma, lo sguardo basso ed i pugni chiusi. Anche  quando mio padre ed Alice se ne sono andati.
Vorrei dirle qualcosa. Lei di certo si aspetta che le dica qualcosa. Ma non mi viene nulla. Cos’era questa messa in scena? Improvvisamente vuole fare la parte della fidanzata premurosa? Sta cercando di recuperare? Di riconquistarmi? Proprio non capisco.
“È meglio andare, Tanya.” Suggerisco alzandomi in piedi.
“Dio… cos’ho fatto…” mormora lei con un filo di voce.
“Che vuoi dire?”
Si riferisce al suo comportamento in questi ultimi due anni? Al fatto di avermi lasciato con un biglietto? All’aver bussato alla mia porta per supplicarmi di ritornare con lei? Alla messa in scena di questa mattina?
“Mi dispiace, Edward.”  Si scusa mentre si affretta ad abbandonare la cucina. “Mi dispiace davvero.”
Non capisco esattamente per cosa si senta dispiaciuta. Quel che è certo è che non si riferisce alla colazione.

 

******


 
Non vedo l’ora di arrivare in aeroporto per poter chiamare Bella. Muoio dalla voglia di sentire almeno la sua voce, ma proprio non mi va di telefonarle  ora,  mentre sono in macchina con mio padre, mia sorella e Tanya. Avrei potuto chiudere un occhio su mio padre ed Alice, ma non su Tanya. Sarebbe troppo imbarazzante parlare con la mia nuova ragazza mentre la mia ex, che per giunta ha appena dichiarato di amarmi ancora, ascolta. Neppure voglio mandarle un banale SMS. Non so bene cosa scrivere per giustificare il mio silenzio di ieri sera. Così preferisco aspettare un altro poco e scusarmi a voce. Mi sembra più educato.
 
DRIIIIN - DRIIIIN
Dannazione, il cellulare.
Estraggo il telefono dalla tasca della giacca sperando non si tratti di Bella, ma sullo schermo leggo Gattina.
Ti pareva… Che faccio? Rispondo? Non rispondo? Non posso non risponderle. Le avevo promesso che l’avrei chiamata per darle la buonanotte ieri sera, e non l’ho fatto. Non le ho neppure mandato un messaggio. Ma era tardi, non volevo svegliarla. Ci sarà rimasta male? Improvvisamente mi rendo conto di aver fatto una gran cazzata. Che sarebbe stato mille volte meglio rischiare di svegliarla piuttosto che farla preoccupare. Perché sul fatto che si sia preoccupata non ci piove. Dio che cretino… ma come faccio a risponderle ora? Con Tanya seduta al mio fianco?
Non so davvero che fare, così continuo a fissare come un ebete lo schermo del telefono.
“Dovresti rispondere.” Mi suggerisce Tanya. “Non dovresti farla preoccupare per niente.”
Cosa?! Come fa a sapere che si tratta di Bella?
Mi volto di scatto verso di lei e la guardo con diffidenza.
“Cercherò di non ascoltare. Promesso.” Continua calma sorridendo.
Ok, sul serio. Che sta succedendo? Prima fa la fidanzatina premurosa che prepara la colazione al proprio uomo, poi mi incoraggia a rispondere alla telefonata della mia nuova ragazza. Quella che ha preso il suo posto e che ha definito puttana non più di qualche ora fa .
Qualcosa non quadra.
Però ha ragione. Non posso continuare ad ignorare Bella.
Così decido di accettare la chiamata.
“Bella!” rispondo voltandomi verso il finestrino in cerca di un po’ di privacy. Tanya ha promesso di non ascoltare e da attrice di talento qual è finge indifferenza, ma so che le importa. Che  è curiosa.
“Edward!”
“Bella, scusa… lo so, ti avevo promesso che avrei chiamato e non l’ho fatto…” Inizio subito a scusarmi senza neppure augurarle buongiorno o chiederle come sta. “Mi dispiace… mi dispiace davvero… il fatto è che…”
Già, qual è il fatto? Non posso di certo spiegarle ora che Tanya si è presentata a casa dei miei, senza invito, per convincermi a ricominciare la nostra storia e riportarmi a Los Angeles. Non mentre lei è qui e mi può ascoltare. Inoltre, ad essere sincero, non mi va proprio di raccontare a Bella della scorsa notte, né ora né mai. L’idea di dirle una bugia, od anche solo nasconderle la verità, mi da la nausea, ma sapere cos’è accaduto la farebbe solo preoccupare inutilmente. Bella è talmente fragile, a volte. E sospetto che ancora non si fidi di me e non creda che io possa essermi innamorato di lei sul serio. Se le dico che Tanya mi rivuole, come affronterà i mesi in cui io sarò impegnato proprio con lei sul set di Estate? Posso lasciarla qui da sola a tormentarsi e a rimuginare inutilmente su qualcosa che non esiste più?
“Non fa nulla Edward.” mi interrompe subito senza lasciarmi modo di spiegare.
“Bella, dico sul serio… Alla fine era troppo tardi. Non ti volevo svegliare.” Continuo a scusarmi malgrado il pericolo scampato, perché  mi sento terribilmente in colpa e mi da fastidio non poter dare uno straccio di giustificazione al mio comportamento.
Ma a lei sembra non importare nulla. Non le interessa sapere la ragione per cui non l’ho chiamata.
“Edward, anch’io dico sul serio: non importa. Non ti devi scusare.”
La mia Bella… Io amo questa donna. La amo.
E poi aggiunge cogliendomi di sorpresa. “Senti. Abbiamo un problema.”
“Come? Quale problema?” le chiedo cauto. Il suo tono non mi piace, non mi piace per niente. Da dolce e carezzevole è diventato improvvisamente serio e preoccupato.
“Un sacco di paparazzi e curiosi circondano il palazzo.”
Cosa?! La stampa a casa di Bella? Di già? È assurdo…
“Stai scherzando? Sono lì? A casa tua?” le chiedo per essere sicuro di aver capito bene.
“Sì, ma c’è dell’altro.”
“Come dell’altro? Cos’è successo?”
“Sono state pubblicate in rete le foto del nostro pic-nic di ieri.”
Sentendo queste parole mi si gela il sangue. Dovrei averci fatto il callo, ormai. Dovrei essermi abituato al fatto che ogni singolo brandello della mia vita deve, per non so quale legge non scritta, essere reso pubblico, dissezionato ed analizzato fin nei minimi e più insignificanti dettagli. Ma non è così. È una cosa che non capisco e che non accetto. E che mi fa stare male.
“Mi stai prendendo in giro?” le chiedo con un filo di voce. So che non è uno scherzo. Ma forse una piccola possibilità c’è, fosse anche solo una su un  milione.
Nel frattempo siamo arrivati all’aeroporto, di fronte all’ingresso delle partenze, e mio padre cerca uno spiazzo  per posteggiare.
“Sì… parcheggia qui…” gli faccio cenno. “Alice mi aiuti?” aggiungo scendendo dall’auto e continuando a tenere il cellulare incollato all’orecchio.
“Dove sei?” mi chiede Bella mentre comincio a scaricare i bagagli con l'aiuto di Alice e Tanya.
“All’aeroporto.” Le spiego. “Mi sono fatto accompagnare da mio padre e da mia sorella.”
Ma francamente ora sarei interessato ad altro.
“Bella, ti prego, dimmi che mi stai prendendo in giro.”
Una possibilità su un milione…
Una possibilità su un milione…
“No, Edward. Non credo di poter scherzare su una cosa simile!”
“Cazzo! ‘Fanculo!”comincio ad imprecare prendendo a calci la mia borsa da viaggio.
Ho bisogno di capire quanto è esteso il danno. Spesso vengono pubblicate foto inguardabili, talmente sfocate da sembrare fotomontaggi e da non consentire neppure di riconoscere chi vi è immortalato.
“Bella, quante foto?” le chiedo in preda all’ansia, seguendo come un automa Alice e Tanya che si sono avviate a passo deciso verso l’ingresso. “Si capisce che siamo noi?”
Purtroppo la sua risposta non è quella che desideravo sentire.
“Un sacco di foto, Cullen! Un servizio completo! E sì, si capisce che siamo noi.”
Grandioso…
E come se non bastasse Bella comincia a leggere un breve articolo che mi da del maiale fedifrago.
“Vaffanculo! Vaffanculo! Aro mi ammazza questa volta. Ma dove cazzo erano? Io non li ho visti! Sono un idiota! Un idiota!”
Non avrei mai dovuto portare Bella in quel parco! Non avrei mai dovuto lasciarmi andare così con lei in un luogo pubblico! Ma non riesco a controllarmi, quando le sto vicino. Cristo santo, l’ho baciata per la prima volta alla fermata dell’autobus! Sotto gli occhi indiscreti di decine di passanti! Sono un idiota. Ho preso sotto gamba l’intera storia di Irina. Ma come ho fatto?  Come ho fatto?
Sono ancora impegnato in una feroce invettiva contro me stesso quando mi rendo conto che l’ingresso dell’aeroporto è pieni di fotografi.
O Signore…Le cose potrebbero andare peggio di così?
Istintivamente mi infilo gli occhiali da sole. Tanya fa lo stesso e si cala il cappuccio della felpa sulla testa per non essere riconosciuta. Ormai è una cosa che facciamo in automatico, quando siamo in pubblico. È diventato una sorta di riflesso incondizionato.
Ma non serve a molto. Riusciamo a percorrere indisturbati solo pochi passi. Poi si accorgono della nostra presenza, mi riconoscono e si scatena il finimondo.
 “Edward? Edward, che succede?” mi chiede Bella preoccupata sentendo il gran casino attraverso l’auricolare.
“I fotografi… sono anche qui…” le confesso. “Ma come cazzo facevano… Alice… da questa parte…”
Cerco di aprirmi un varco difendendo mia sorella e Tanya da queste iene. Si lanciano addosso a noi come fossimo delle carogne da spolpare. È disgustoso. Non hanno un briciolo di decenza.
“Edward? Edward?”
Sento Bella chiamare il mio nome, ma ormai i paparazzi si sono scatenati. Siamo nel bel mezzo di una bolgia infernale. Ma come mi è saltato in mente di muovermi senza il mio assistente e la mia guardia del corpo? Ah sì, giusto. Li ho mandati in vacanza, perché anch’io dovrei esserlo. E perché sono  il solito coglione che si illude di avere ancora una vita normale e pensa di poter fare le cose da solo.
 
Non posso contemporaneamente discutere con Bella, portare il mio bagaglio e difendere me stesso, Alice e Tanya da questa folla. Devo riattaccare.
“Bella… qui è un gran casino… ti devo richiamare…”
“Edward, aspetta!”
“Bella? Bella mi senti?” Qui urlano tutti. Non capisco nulla. Ma dove diavolo è la sicurezza? Perché nessuno ci da una mano? “Non uscire, capito? Chiuditi in casa! Non parlare con nessuno!” le ordino cercando di sovrastare tutte le altre voci.
Non so se chiedere a Bella di isolarsi dal mondo sia la mossa più opportuna, ma c’è già abbastanza di noi in giro. Devo proteggerla, in qualche modo. Devo proteggere entrambi. E questa è l’unica cosa che mi viene in mente in questo momento.
 
Continuiamo a camminare a passo spedito, cercando di non farci bloccare la strada dai fotografi.  E ci stiamo quasi riuscendo. Ma qualcuno capisce che lo scricciolo incappucciato che mia sorella tiene sottobraccio è Tanya Denali e le cose precipitano.
 
Tanya … Tanya, guarda qui… Tanya, sei qui per… Swan… lasciati… Bella Swan… Tanya… abbracciatevi… Tanya …
 
Cazzo! Bella sta sentendo tutto. Non può sapere di Tanya in questo modo. Non posso permetterlo!
“Non ho nulla da dichiarare…” dico ai fotografi mentre cerco di aprirmi un varco. “Bella, ti richiamo.”
E riattacco.
Mi sa che ho fatto un’altra cazzata.


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Capitolo 20
*** 17.ISABELLA ***




17. ISABELLA
 

And in the dark, I can hear your heartbeat

I tried to find the sound

But then, it stopped and I was in the darkness

So darkness I became

The stars, the moon,  they have all been blown out

You left me in the dark

No dawn, no day, I’m always in this twilight

In the shadow  of your heart

(Cosmic Love – Florence & The Machine)


 
Basta! Il telefono continua a squillare! La stampa mi sta letteralmente dando la caccia! Tutti vogliono una mia dichiarazione, conoscere la mia versione dei fatti, sapere come ci siamo conosciuti e quando. Ho chiesto alla centralinista della FolkMusic di rimbalzare tutte le telefonate, ma ad un certo punto s’è stancata, e siccome sono diventante troppo numerose ed insistenti e lei - cito testualmente -  non è la mia segretaria ed ha altro da fare , ha cominciato a girare tutte le chiamate sul mio diretto. Io però con il telefono ci lavoro e non posso semplicemente ignorare il fatto che squilli. Devo rispondere per forza!
 
“Isabella Swan -  FolkMusic, posso aiutarla?”
“Isabella, è il Mirror of these Days, Riley Biers. Vorremmo intervistarla a proposito della sua relazione con Edward Cullen…”
“Non ho nulla da dire.” e riattacco.
 
Se non è il Mirror of these Days, è il Go-Go-Gossip, o il Celebrity Shining Portrait o qualunque altro idiota che lavora per una redazione a caso: settimanali, quotidiani, siti web… tutti sembrano essere sulle mie tracce! Come fa Edward ad avere a che fare con questo circo ogni singolo giorno? Vado avanti così dalle dieci, da quando sono tornata alla mia scrivania dopo la riunione con i pezzi grossi, e già mi sembra di impazzire!
Fortunatamente il mio capo non ha ancora visto le fotografie imbarazzanti che infestano internet, ma i miei colleghi, purtroppo, sì.
Gli uomini mi hanno accolta con fischi e commenti di apprezzamento tutt’altro che cavallereschi.
“Ora te la fai con i ragazzini, Swan?”
“Oggi non porti la gonna, Swan?”
“Ti piace farlo all’aperto, Swan?”
Bastardi…
Le donne mi hanno trascinata in bagno e come delle oche starnazzanti hanno cominciato a pormi mille domande senza senso.
“Oddio Bella! È così figo anche dal vivo?”
“Oddio Bella! Bacia bene?”
“Oddio Bella! L’avete già fatto?”
“Oddio Bella! Com’è sentire le sue mani addosso?”
Ma che razza di domanda è? È  come sentire addosso le mani di un uomo! Non è un alieno! Non ha mica dei tentacoli, delle pinne o delle grosse cesoie al posto degli arti! È Edward Cullen, non Edward Mani di Forbice !
Un’ora fa ho persino beccato uno degli assistenti della sala incisioni n.2  -  quello giovane che hanno assunto da poco  -  mentre, nell’area relax, appendeva in bacheca un A4  con le foto più esplicite, quelle in cui le mani di Edward sono infilate sotto la mia camicia e si capisce benissimo che mi sta palpando un seno.
Mi sono avventata su di lui come una furia, l’ho preso per i capelli e gli ho spalmato la faccia contro la lavagna di sughero mentre gli tenevo un braccio bloccato dietro la schiena manco fossi Bruce Willis in Die Hard.
“Se non lo togli da lì te lo faccio ingoiare…” l’ho minacciato a denti stretti.
Lui se ne è andato con lo sguardo terrorizzato, biascicando “Scusa… era solo uno scherzo… scusa…”
Scusa un cazzo, ho pensato. Lavori qui da tre settimane e ti permetti di fare una cosa del genere?
Ho deciso che d’ora in poi gli renderò la vita impossibile.
 
So di dover ringraziare Irina per tutto questo. Dopo avermi vista con Edward, ieri, ha allertato il suo ragazzo. Le foto al parco le ha scattate uno dei suoi scagnozzi, ne sono certa.
Lei sostiene di non avere nulla a che fare con questa storia, ma non me la da a bere: è una pessima attrice.
“Sei stata tu?” le ho chiesto inviperita non appena l’ho incrociata nei corridoi della FolkMusic.
“Non capisco a cosa ti riferisci, Isabella.” mi ha risposto sorridendo maliziosa.
“Mi prendi in giro?” le ho ringhiato contro peggio di un cane idrofobo.
“Oh, parli di quelle imbarazzanti fotografie che sono state pubblicate in rete ieri sera? Isabella, io il tuo ragazzo non l’avevo neppure riconosciuto! Comunque sappi che se volessi rilasciare un’intervista al riguardo, saprei con chi metterti in contatto. Potresti ricavarne qualcosa, sai?” E se ne è andata ridendo.
Ridi ridi, ho pensato. Riderai di meno quando troverai la tua auto con le gomme squarciate e la parola cagna incisa a caratteri cubitali nella carrozzeria. Non so quando lo farò, ma lo farò, puoi starne certa, dovesse passare anche un anno.
 
Dio quanto sono arrabbiata! Talmente arrabbiata che potrei prendere fuoco e bruciare per autocombustione!
Sono arrabbiata con la stampa per la curiosità morbosa, la totale mancanza di rispetto e per aver reso pubblico un momento privato e meraviglioso con Edward. Un momento solo nostro che ora saremo costretti a condividere con centinaia di migliaia se non milioni di persone.
Sono arrabbiata con quegli stronzi dei miei colleghi per le continue battute a doppio senso e le occhiate da maniaci in calore. Sfigati… per voi è tutto un gioco. Ma per me no. È imbarazzante ed umiliante.
Sono arrabbiata con Irina per avermi venduta ai paparazzi come se fossi carne da macello. Non siamo amiche, ma ci conosciamo da quasi due anni! Lavoriamo assieme ogni giorno. Ci siamo sempre rispettate ed abbiamo sempre collaborato senza problemi. Perché mi ha fatto una cosa simile? Perché? Tra le righe mi ha persino fatto capire che quella iena del suo ragazzo sarebbe disposto a pagarmi per farmi intervistare. È disgustoso…
Sono arrabbiata con Edward per avermi mentito. Gli avevo dato la possibilità di essere sincero, di dirmi come stavano le cose con Tanya. E non lo ha fatto. Non era mia intenzione fargli una scenata, se mi avesse confessato che con lei non era finita. Santo cielo, ero addirittura disposta a dividerlo con lei, a dargli tutto il tempo che gli serviva per fare chiarezza e decidere con chi stare! Lui mi ha giurato  che non stanno più insieme, che la loro storia è acqua passata e che non devo credere a quello che si scrive in giro. Che ci facevano allora insieme all’aeroporto, se è tutto finito? Che ci fa lei a Londra, se è tutto finito? Perché sono sicura che Tanya fosse con Edward stamattina. Urlavano tutti il suo nome. E lui cosa ha fatto? Quando si è reso conto che stavo sentendo tutto, mi ha riattaccato il telefono in faccia! Non voleva che io sapessi che lei era con lui, è evidente! Non solo: mi ha mollata ad affrontare questo delirio da sola! Non pretendevo di certo che annullasse i suoi impegni di lavoro per venire in mio soccorso, ma uno straccio di sostegno morale poteva pure darmelo! L’unica cosa che è stato in grado di dirmi è stata chiuditi in casa. Come se io non avessi una vita da vivere, un lavoro o delle responsabilità!
Ma soprattutto sono arrabbiata con me stessa per essere stata così ingenua; per essermi lasciata incantare come una ragazzina stupida dai suoi meravigliosi occhi azzurri, dalla sua voce suadente e  dalle sue belle mani; per non aver tenuto alta la guardia e per aver preso seriamente in considerazione l’idea di rivestire il ruolo dell’amante.
 
In tutto questo casino non sono ancora riuscita a ricontattare Edward. Ho trovato un paio di chiamate perse, una volta terminata la riunione, ed un messaggio:
 
Perché non rispondi? Bella, mi dispiace. Ti chiamo appena posso. Non mi odiare, ti prego. E.
 
Non mi odiare… se non avesse qualcosa da farsi perdonare, se avesse la coscienza pulita, non scriverebbe non mi odiare ! Ecco la prova che voleva tenere il piede in due scarpe e che voleva farlo di nascosto. Maiale!
Ovviamente l’ho richiamato subito dopo aver trovato il messaggio. Non esiste che sia io ad aspettare che lui lo faccia. Ho bisogno di parlare con Edward il prima possibile. Voglio che mi confessi che Tanya era con lui questa mattina. Era programmato? Perché non me lo ha detto? Era con lei ieri sera? Per questo non mi ha telefonato? Lo seguirà a Parigi? È ancora la sua ragazza? C’è qualcosa di vero in tutto quello che mi ha raccontato ieri a pranzo?
Purtroppo il cellulare di Edward era spento. Ho tentato più di una volta nel corso della mattinata, ma scattava sempre la segreteria. Immagino fosse già impegnato sul set dell’ Uomo Vogue. Non gli ho lasciato alcun messaggio, ovviamente. Cosa avrei dovuto dirgli? Richiamami? Lui stesso ha scritto che lo avrebbe fatto appena possibile.
 
Sto pensando di fare un altro tentativo quando sento Irina esclamare “Certo che questo Edward Cullen si da proprio un gran da fare! Ieri con te, stamattina con Tanya Denali…”
All’istante sento un brivido corrermi lungo la schiena. Mollo la cornetta del telefono ed alzo lo sguardo verso di lei.
Irina è seduta alla sua postazione ed osserva con gli occhi sgranati lo schermo del computer. Sembra sinceramente stupita. E mi pare di leggere anche un pizzico di divertimento nell’espressione del suo volto.
“Fammi capire.” Continua sorridendo, senza staccare gli occhi dal PC. “Esce con te e con la Denali contemporaneamente?”
Perché Irina mi sta dicendo queste cose? Cosa sta leggendo? Cosa sta guardando? Sono state pubblicate altre foto?
Mi alzo dalla scrivania buttando indietro la sedia che va a sbattere contro l’archivio alle mie spalle e mi fiondo alla sua postazione.
Mi ci vuole un attimo per mettere a fuoco l’immagine di fronte a me.
Quando mi rendo conto di cosa sto guardando il mio cuore smette di battere.
Edward e Tanya insieme,  in aeroporto,  mentre  si baciano.
È una foto bella e nitida, che li immortala dal busto in su. Tanya è aggrappata a lui e gli  tiene il volto tra le mani. Edward, leggermente piegato verso di lei, le stringe i polsi, incoraggiandola.
Il suo viso è seminascosto, per via della posizione quasi di schiena e delle mani di Tanya. Gli si vede bene solo la nuca e parte del profilo. Il volto di lei, invece, è visibilissimo. O almeno la parte che non è nascosta dalla testa di Edward. È bellissima. Anche con il cappuccio calato sulla testa e gli occhiali da sole.
Sono pietrificata. Non riesco a muovere un dito.
Non è possibile, non è vero. Non può essere vero.
Una piccola parte di me continuava a sperare di essersi sbagliata. Non riusciva a credere che Edward avesse potuto mentire con tanta naturalezza. I suoi occhi sono un cielo terso e senza nubi. Come può essere un bugiardo? È attore fino a questo punto?
“È una vecchia foto…” cerco di difenderlo con un filo di voce, nel vano tentativo di convincere me stessa, più che Irina.
“Non mi pare…” risponde lei senza un briciolo di pietà. “Quella che porta al collo non è la tua pashmina? Quella che indossavi ieri?” Continua ingrandendo l’immagine.
Sì. È la mia pashmina. Quella che ha voluto per avere sempre addosso il mio odore.
Mi viene da vomitare.
Istintivamente faccio un passo indietro e mi porto la mano alla bocca. Irina non si lascia commuovere però, e comincia a leggere ad alta voce l’articolo che accompagna la fotografia.
 
ESCLUSIVO! PACE FATTA IN CASA TANWARD?
Edward Cullen, 24 anni, e Tanya Denali, 24 anni, avvistati insieme all’ Heathrow Airport di Londra in mattinata. A giudicare dalla foto, Tanya ha perdonato la recente scappatella del suo bel Vampiro con Isabella Swan, 30 anni. Una grande notizia per tutte le fan dei Tanward!
 
Irina comincia a far scorrere le fotografie.
 
Edward la protegge dai fotografi.
Edward le tiene la mano.
Edward la bacia.
Edward…
 
Non riesco a credere che Edward mi abbia fatto una cosa simile. Il mio Edward. Il mio cavaliere dall’armatura scintillante.
 
… Bella, io e Tanya non stiamo insieme… Tu non sei l’altra donna… Io voglio stare con te…
… Perché non dovrei voler stare con una donna bellissima, forte, indipendente, sensibile, generosa…
… Ti voglio…
 
Le sue parole rimbombano come un eco distante nella mia mente.
 
 
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Capitolo 21
*** 18.EDWARD ***




18. EDWARD


 
I never meant to cause you trouble
I never meant to do you wrong
And if I ever caused you trouble
No, I never meant to do you harm
They spun a web for me…
They spun a web for me…
(Trouble – Coldplay)


 
Edward… Tanya… da questa parte… Tanya… lo hai perdonato? … state ancora insieme?… Edward… baciatevi… datevi un bacio… Tanya…
 
Basta!  Non ce la faccio più. Perché non mi lasciano in pace? Perché? Davvero non capisco la gente che vuole diventare famosa a tutti i costi, che partecipa al Grande Fratello o roba simile. Che accetta di diventare protagonista di un reality show. I Kardashian, per esempio, che mia madre     – non so davvero come faccia – segue con un trasporto quasi spasmodico: sono malati di mente? Perché hanno deciso di vivere la propria vita di fronte alle telecamere? Perché sembra non ne possano fare a meno? Davvero vogliono tutto questo? Ogni singolo brandello della propria esistenza gettato in pasto a questi squali? Io davvero non capisco.
All’inizio trovavo tutta questa attenzione nei miei confronti divertente, quasi esaltante. Tutti ti vogliono, tutti di cercano, tutti ti portano in palmo di mano. Tutti ti fanno sentire speciale. Un attimo prima dormi  sul divano sfondato del tuo amico Jake. Un attimo dopo tra le lenzuola profumate delle suite d’albergo più lussuose, con stuoli di leccapiedi pronti a fare tutto per te, anche lucidarti le scarpe con lo spazzolino da denti, se questo è ciò che desideri. Per non parlare delle donne. Sarei un grosso ipocrita se dicessi di non aver mai sfruttato la mia bella faccia e l’improvvisa popolarità per divertirmi un po’, soprattutto all’inizio, prima di cominciare a fare sul serio con Tanya. Quando hai da poco superato i vent’anni sei solo un coglione, un ragazzino che non ha idea né di cosa sta facendo né di dove sta andando.
Ringraziando il cielo ci ho messo davvero poco a capire che è tutto finto. Che la patina d’oro scintillante nasconde un sacco di merda. Cerco di non farmi sopraffare da tutto questo e concentrarmi su ciò che amo e mi interessa veramente: recitare. Ma è così difficile, a volte.  È come vivere con un sacchetto di plastica infilato sulla testa. Senti l’ossigeno venire meno, a poco a poco, mentre la vista si appanna. Tutto assume contorni sfocati e ti chiedi sto morendo?  Perché è così che mi sento, a volte.
Io non so se ce la faccio ad andare avanti così. Ci sono momenti - momenti come questo - in cui vorrei mollare tutto. In cui mi chiedo: ne vale la pena?
Non ho ancora visto le foto rubate di me e Bella al parco ieri, ma da quanto ho capito non è stato risparmiato nulla. Che schifo… doveva essere un momento solo nostro. Nostro e di nessun altro!
Mi sembra di impazzire! Farò la fine di Britney Spears, ne sono sicuro. Finirò a prendere a calci le auto di perfetti sconosciuti ad un distributore di benzina con la testa rasata e lo sguardo allucinato per via degli psicofarmaci.
 
“Edward! Che succede? Come faceva questa gente a sapere  che sareste stati qui insieme?”
Alice è confusa e spaventata come lo sono io, del resto. Tiene Tanya sotto braccio e cerca di aiutarla per quanto possibile. Si guarda intorno freneticamente, nella speranza di incrociare lo sguardo di qualche agente della sicurezza che ci possa venire in soccorso, ma fino ad ora nessuno s’è fatto vivo.
Purtroppo mia sorella  ha già sperimentato la follia che mi circonda in più di un’occasione. Fino a qualche tempo fa lei stessa è stata una delle vittime preferite di questi sciacalli, la sua unica colpa avere un legame di sangue con il sottoscritto. Ma credo che questa sia per lei una delle esperienze peggiori. Edward Cullen da solo è un bel boccone. Tanya Denali da sola: un altro bel boccone. Ma Edward Cullen e Tanya Denali assieme – in compagnia della presunta futura cognata - non è un semplice boccone. È un grasso e succulento banchetto di nozze! Antipasto, primo, secondo, contorno, frutta, dolce e caffè!
Io, disgraziatamente, ho vissuto ben altro. Come quella volta in cui delle fan ed un fotografo si sono messi a litigare. Molto stupidamente sono intervenuto per riportare la calma e mi sono beccato un occhio nero. Non solo. Mi  sono pure dovuto sorbire una bella lavata di capo dalla produzione di Le Quattro Stagioni che ha dovuto rivoluzionare l’ordine di cinque giorni di riprese in attesa che il mio occhio nero e tumefatto tornasse ad essere quanto meno mascherabile con del cerone. Uno pensa di fare del bene, invece…
 
“Non lo so, Alice!” esclamo esasperato cercando di proteggermi dai flash con la mano. “A parte te, mamma, papà ed Aro, nessuno sapeva di questo viaggio. Neppure Bella conosceva i dettagli del mio volo.”
“Beh, qualcuno ha parlato…” continua lei. “Io non sono stata, e neppure mamma e papà. Sicuro che Bella…”
“Alice non dire cazzate…” La interrompo fulminandola letteralmente con lo sguardo.
Bella non farebbe mai nulla del genere. Non sapeva neppure da quale aeroporto sarei partito, ed inoltre i paparazzi hanno preso d’assalto anche il suo palazzo.
Cazzo, sembrava così preoccupata… Devo liberarmi di questa gente e richiamarla al più presto. Spero si sia chiusa in casa come le ho chiesto di fare. Non voglio che affronti questi animali da sola. Non ha idea di cosa significhi. Soprattutto mi auguro non abbia capito che Tanya è con me. Voglio spiegarle come sono andate realmente le cose prima che inizi a preoccuparsi senza ragione e a fare mille congetture.
 
Scartiamo un paio di fotografi e poi Alice si arresta di colpo, costringendo Tanya a fare altrettanto. “Tanya… Tanya, ti prego. Dimmi che non sei stata tu…” la sento chiedere oltre le mie spalle.
 
I fotografi continuano ad immortalare la scena. Ma ormai non sono gli unici ad essersi accorti di noi. Il trambusto ha attirato l’attenzione degli altri viaggiatori. E vuoi che non ci siano anche delle fan della saga tra di loro? Certo che sì! Anzi. Non c’è solo uno sparuto gruppetto. C’è un’intera classe di adolescenti in gita scolastica in attesa di prendere un volo!
 
Edwaaaaard….  Tanyaaaaa…  Ahhhhhhh… Edwaaaaar… Ti amoooo… Mordimiiiii…
 
Santo Cielo! Cos’è? Il giorno dell’Apocalisse e nessuno mi ha avvisato?
Le bimbeminkia – come le chiama  Jake per sfottermi - si lanciano addosso a noi munite di carta, penna, cellulari, macchine fotografiche…
Vi prego! Uccidetemi! Ora!
 
Mi volto verso Alice che continua a tenere Tanya per un braccio. “Tanya…” l’incalza, lo sguardo duro.
Non è possibile. Non ci credo. Non ci voglio credere…
“Tanya! Sei stata tu?!” le chiedo scioccato avvicinandomi. “Cristo santo, dimmi che non c’entri nulla…”
Ti prego…
 
Edwaaaaard….  Tanyaaaaa…  Ahhhhhhh… Edward sei bellissimooooo… Ti amoooo…
 
Una sciroccata mi salta al collo e cerca di baciarmi di fronte allo sguardo atterrito di Alice e Tanya.
Cazzo! Basta! Dov’è la sicurezza? Com’è possibile che al giorno d’oggi, con Al-Qāʿida ed i continui allarmi terroristici, nessuno intervenga?
 
Finalmente, alle tante, alcune guardie giurate, accompagnate da un dirigente aeroportuale, fanno la loro comparsa e vengono in nostro soccorso.
“Prego, da questa parte Signor Cullen. Signorina Denali…” Ci invitano a continuare a camminare. Sembrano quasi scocciati.
Vaffanculo! Pensate sia divertente per noi essere al centro di questa follia collettiva? No, non lo è. Per niente.
È comunque interessante notare come ci abbiano riconosciuto e chiamato per nome pur senza averci chiesto i documenti. Non è la prima volta che mi capita, e ne rimango interdetto ogni volta. Potere della fama…
“Grazie. Scusate, non ci aspettavamo nulla del genere.” Mi sento in dovere di dire, malgrado stia odiando il loro sguardo seccato ed infastidito. Ma posso biasimarli? Mi do fastidio da solo, quando capitano cose simili.
“Cortesemente, posso avere i vostri documenti?” chiede brusco il dirigente aeroportuale, continuando a camminare.
Gli porgo i miei, mentre Tanya spiega che lei non ha ancora un biglietto.
“Mi segua allora, Signorina.” Le ordina il dirigente. E poi, rivolgendosi agli uomini della sicurezza. “Voi accompagnate il Signor Cullen. Ecco i documenti. Ovviamente procedure separate dal resto dei viaggiatori. Tu Smith vieni con me.”
Fa per andarsene seguito da Tanya ed un energumeno di nome Smith, ma io ho bisogno di parlare con lei. Chiarire quello che sta succedendo.
“Tanya!”
Lei non si volta. Finge di non avermi sentito, evita il mio sguardo e continua a camminare.
È stata lei… È stata lei, dannazione! Come ha potuto farlo? Perché?
“Tanya! Fermati, Tanya…” La raggiungo e la prendo per una mano, attirandola a me.
“Lasciami!” tenta di divincolarsi. Ma io la tengo stretta.
 
I fotografi continuano a scattare. Le fan continuano ad urlare.
 
“Eddie! Ti prego. Cerca di controllarti. Queste foto finiranno dappertutto. Rimarranno per sempre. Le vedrà anche la tua ragazza…”
Bella… Oddio Bella…
“Perché l’hai fatto? Perché?” Le chiedo quasi disperato.
“Signor Cullen… per favore…” L’agente aeroportuale cerca di separarci.
Tanya mi guarda confusa e con offesa innocenza esclama “Eddie! Come osi? Sai bene quanto odio tutto questo! Come puoi anche solo immaginarlo?”
È vero. Lei ha sempre odiato i mass-media. Ha sempre detestato dover parlare di noi, mostrarsi in pubblico con me. Ma è stata lei, ne sono sicuro.
“Tanya…” l’afferro per un braccio perché sta cercando di sottrarsi alle mie domande.
Voglio che lo ammetta. Che mi dica che è stata lei. Per vendicarsi. Per fare del male a Bella che vedrà le foto, prima o poi.
Bella…
Forse ho sbagliato nel pensare di doverle tenere nascosto quello che è successo ieri sera con Tanya.  Ma le mie intenzioni erano buone. Santo cielo, non volevo farlo per proteggere me stesso! Io volevo proteggere lei !  Sono sicuro di non aver fatto nulla di male nell’incontrare Tanya. Non che mi aspettassi di trovarla a casa dei miei. All’inizio il desiderio di mandarla via a calci è stato fortissimo. Ma non ce l’ho fatta.  Avevo bisogno di  capire cosa diavolo sono significati gli ultimi due anni e di avere delle risposte. Scrivere la parola fine e lasciarmi alle spalle questa storia del cazzo una volta per tutte.  Cosa c’è di sbagliato?  Bella non c’entra con ciò che c’è stato tra me e Tanya.
Ma ora ci sono queste foto, e sarò costretto a raccontarle tutto.
Cosa penserà Bella quando saprà che Tanya mi rivuole per sé?  Si  metterà in discussione, farà stupidi confronti, comincerà a temere quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi, quando sarò lontano da Londra -  lontano da lei -  impegnato sul set di Estate.  Volevo evitarle tutto questo, ma ora non posso più farlo. Non posso più proteggerla. Porca miseria, dove sta scritto che la verità è sempre la via migliore da percorrere? Che senso ha essere onesti fino in fondo se finisci con lo spezzare il cuore di qualcuno?
Devo assolutamente mettermi in contatto con Bella prima che venga a sapere dalla stampa cosa è successo.
 
I fotografi continuano a scattare. Le fan continuano ad urlare.
 
“Vuoi farmi una scenata in mezzo a tutti?” Mi sibila contro Tanya.
Fatico a controllare la rabbia, ma Tanya ha ragione: non posso farle una scenata in mezzo a tutta questa gente. Devo mantenere la calma. Vestire la maschera dell’impassibilità, come al solito. Ci sono abituato. In queste situazioni è meglio non mostrare alcuna emozione, agire da automa. Ma è così difficile… ora più che mai.
“Voglio solo che tu lo ammetta…” Le dico cercando di controllarmi, per quanto possibile.
“Edward…” Alice cerca di trascinarmi via. “Edward, ti prego…”
“Signor Cullen, ci segua… per favore.” Anche gli uomini della sicurezza cercano di trascinarmi via.
 
I fotografi continuano a scattare. Le fan continuano ad urlare.
 
“Tanya…”
Non mi muovo finché non confessa che è stata lei. Non le lascio questo braccio finché non mi dice la verità.
“L’ho fatto per te, Edward.” ammette esasperata alla fine.
“L’hai fatto per me? Tutto questo è per me?”
Ma che cazzo sta dicendo?
“Edward, devi aprire gli occhi!”
“Cosa?”
“Se continuerà a stare con te dopo questo, dopo averci visti insieme, allora capirai cosa le interessa veramente…”
La guardo senza capire.
“Sveglia Eddie! A quella importa solo dei tuoi soldi, e del fatto che sei famoso!”
“Tu non la conosci, Tanya…”
Come osa? Come si permette di giudicare Bella senza averla mai incontrata?
“Perché, tu sì?” Mi chiede sarcastica. “Eddie, la conosci da quattro giorni! Sei così ingenuo…”
Succede tutto in un attimo. Con uno strattone si divincola, si stringe a me, mi prende il volto tra le mani e mi bacia.
È un bacio arrabbiato, il suo. Arrabbiato e disperato. È pura vendetta.
Istintivamente le stringo i polsi per staccarla da me, ma non molla la presa.
 
I fotografi continuano a scattare. Le fan continuano ad urlare.
È il primo vero bacio pubblico dei Tanward.
 
“Cosa cazzo fai?” le ringhio contro allontanandola a fatica. “Sei impazzita?”
“Vediamo come reagirà la tua Bella…” mi sussurra in un orecchio. “Se perdona il tuo bacio, se è pronta a dividerti con un’altra, avrai la risposta che cerchi…”
Cosa?!
COSA?!
Vaffanculo!
Io non cerco nessuna risposta! Io non ho mai dubitato per un solo secondo di Bella! A lei non importa nulla dell’ Edward Cullen attore! E non mi deve dividere con nessuno!
Io sarò anche destinato a sfondare parabrezza in preda agli psicofarmaci,  ma tu hai già perso la testa, Tanya!  Sei  pazza. Completamente pazza!
Non riesco a credere di aver passato gli ultimi due anni a rincorrerti. Non riesco a credere di aver passato la notte scorsa a consolare le tue lacrime...
“Devo andare, Eddie.” Tanya mi saluta imbracciando il suo trolley. “Ci vediamo a Los Angeles tra qualche settimana.”
 
Sono pietrificato.
Il bacio non è durato  più di qualche secondo, ma è stato immortalato da decine di flash in tutte le angolazioni possibili. Dai paparazzi, dalle fans…
È questione di attimi. Basta che una di loro pubblichi le foto su un social network a caso -   twitter, facebook… - e tutto il mondo saprà cosa è accaduto in questo aeroporto stamattina. Tutto il mondo saprà, ma non ne capirà  il senso.
Tutti crederanno che io e Tanya stiamo insieme, che abbiamo fatto pace, che in sua assenza me la spasso con altre donne, ma che a lei sta bene. Tutti crederanno a ciò che si vede nelle foto: le mie mani addosso a Bella, le mie labbra incollate a quelle di Tanya.
Sembra tutto chiaro, lampante. Le immagini non mentono, infondo. Sono fatti realmente accaduti. Istantanee di attimi. Vita vissuta.
Ed invece non è vero niente.
 
Mi volto inebetito verso Alice che mi guarda con gli occhi sgranati, le mani sulla bocca, incredula.
 
Sto per vomitare.
 
Una volta terminate le procedure di imbarco mi incollo al telefono. Chiamo Bella un paio di volte, ma lei non risponde. Decido di mandarle un messaggio, di scusarmi anzitempo,  perché so che vedrà le fotografie prima che io riesca a raggiungerla e parlarci. Questa giornata è iniziata nel peggiore dei modi, e con la fortuna che mi ritrovo oggi, finirà anche peggio, ne sono certo.
 
Perché non rispondi? Bella, mi dispiace. Ti chiamo appena posso. Non mi odiare, ti prego. E.
 
Spengo il cellulare, chiudo gli occhi, abbandono la testa contro lo schienale, premo la pashmina di Bella sul volto e respiro il suo odore.

 
 
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Capitolo 22
*** 19.ISABELLA ***




19. ISABELLA


 
I knew, I knew I’d loose you
You’ll always be special to me, special to me
Will I forget in time?
You said I was on your mind
There’s no need to argue anymore
No need to argue anymore
There’s no need to argue anymore
(No Need to Argue Anymore – The Cranberries)
 


 
Sono sdraiata al buio da ore ormai, ed ho perso completamente la cognizione del tempo. Ma forse non è così tardi:  Angela e Rosalie non sono ancora rientrate.
Dopo aver visto le foto del bacio di Edward e Tanya, ho raccolto le mie cose in silenzio e me ne sono andata. Sono tornata a casa e mi sono chiusa in camera da letto con la luce spenta e le tende tirate. Non ho neppure avvisato la scuola di cucina che non mi sarei presentata nel pomeriggio.
Un atteggiamento sciocco e sconsiderato. Da ragazzina immatura, non da donna cresciuta e con delle responsabilità, me ne rendo perfettamente conto.
Ma non sarei comunque stata in grado di portare avanti la mia lezione, oggi. Ho tutti i sensi anestetizzati e la testa altrove.  Anche se non so esattamente dove.
Penso e ripenso a quello che è successo in questi ultimi giorni. I ricordi si affollano nella mia mente in ordine sparso, ma non riesco a concentrarmi su nessuno in particolare. Rivedo l’espressione divertita di Edward quando ci siamo incontrati per la prima volta al BlackSheep e quasi mi veniva un colpo. E subito dopo le sue labbra incollate a quelle di Tanya sono lì a torturarmi.  Sento di nuovo le sue mani addosso; le sento accarezzarmi, esplorarmi. Ma non riesco a liberarmi dalla voce dei fotografi che urlano il nome della Denali in aeroporto. Chiudo gli occhi e la sue bocca è esattamente dove vorrei che fosse: sul mio collo. Sarebbe meraviglioso indugiare sulla sensazione di appagamento che questo ricordo potrebbe darmi, se non fosse per l’immagine delle sue dita intrecciate a quella di Tanya ormai stampata nelle mia mente. Se riuscissi a smettere di vedere i loro corpi così vicini, le sue braccia che le cingono la vita proteggendola dai paparazzi, forse riuscirei a trovare pace. Ma non ce la faccio.
Ripenso a tutto quello che mi ha detto al parco ieri, e mi chiedo quanto ci fosse di vero. Nulla, è  ovvio. Altrimenti come potrebbe essere accaduto quello che è accaduto?
Come ha potuto mentire così spudoratamente? Perché lo ha fatto?
Perché… come se non lo sapessi il perché. È un ragazzino capriccioso, un attore, una star di Hollywood servita, riverita e idolatrata. È abituato ad avere ciò che desidera. Sempre. Voleva me ed ha fatto ciò che doveva per conquistarmi. Ha recitato alla perfezione il copione del bravo ragazzo, della star riluttante a cui non importa nulla né della fama né  dei soldi. Dio, se ne va in giro conciato come un pezzente! I capelli sconvolti, la barba sfatta, i vestiti stropicciati… ed io cretina a lasciarmi incantare, a credere che potesse essere davvero “semplice” fino a questo punto. Probabilmente fa tutto parte del personaggio. Probabilmente è tutto studiato e costruito a tavolino. Di sicuro lo è stato anche il “conquistare” una fan e  farsi vedere in pubblico con lei.  Deve aver goduto come non mai quando gli ho confessato che Irina ci avrebbe scatenato addosso la stampa. Sapeva meglio di me che sarebbero uscite subito delle fotografie. Ma è quello che voleva, ne sono certa. Per attirare l’attenzione. Altrimenti perché farsi vedere con Tanya il giorno dopo? È stata una mossa pubblicitaria. Una squallida mossa pubblicitaria. Tra poco iniziano le riprese dell’ultimo capitolo della saga. C’è bisogno di scuotere un po’ le fan. Di gettare benzina sul fuoco. Il libro parla di sesso e tradimenti e lo farà anche il film. Perché non stuzzicare un po’ il pubblico con qualcosa di piccante che si avvicina alla storia?
Però ripenso ai suoi occhi. Ai suoi meravigliosi occhi azzurri. Il mio personale cielo terso e senza nubi. Ancora più profondi  e limpidi  quando è con me. E mi chiedo come sia possibile.
Non è possibile…
 
Edward mi sta chiamando ininterrottamente dalle due del pomeriggio, ad intervalli regolari di quarantacinque minuti. Io non rispondo, però. Non me la sento di parlargli. Sono delusa e arrabbiata e nauseata. Soprattutto nauseata. Sentire la sua voce e le sue patetiche scuse non farebbero che peggiorare lo stato in cui mi trovo.
Ma ora il telefono sta squillando. Di nuovo.
Edward…
Questa è la ventitreesima chiamata. Ma non doveva lavorare? Non aveva un importante Photo shooting? Non dovrebbe studiare un copione per incontrare quel regista domani? Perché perdere tempo a cercarmi? Tanto io non rispondo…
Molto probabilmente funziona così. Le star capricciose di Hollywood possono fare quello che gli pare.  Anche far aspettare un intero set. Possono vedere una cosa bella, prendersela, giocarci per un po’, servirsene per i propri miseri scopi e poi gettarla via non appena se ne sono stancati.
Non riesco neppure a capire perché mi sta chiamando. Cosa c’è da spiegare? Le immagini parlano da sole. Si vuole scusare? Confessarmi che era tutto studiato, che gli dispiace, infondo si era affezionato a me, non se lo aspettava,  ma hey, è così che funziona, è il sistema e lui non può farci nulla anche se non intendeva ferirmi? Probabilmente anche la storia della cena di beneficienza organizzata in gran segreto dalla madre era tutta una messinscena. Una trovata pubblicitaria.
Vaffanculo Cullen!
 
In preda ad un attacco di rabbia mi fiondo in salotto e, come una cretina, inizio a rovistare tra le riviste in cerca di un vecchio numero di Go-Go-Gossip dove ricordo di aver visto delle foto degli odiosi Tanward. Lo trovo e comincio a  strapparne le pagine dando della troia a lei e del figlio di puttana a lui.
 
Credevo mi sarei sentita meglio. Invece ora ho solo il fiatone.
Merda…
 
Maledizione! Il telefono continua a squillare. E non sono ancora passati quarantacinque minuti dall’ultima volta che ci ha provato.
Come faccio a rispondergli? Se gli rispondo, Edward  mi dirà che è stata tutta una messinscena, che è tutto finito, che l’ho perso, anzi, che non è mai stato mio, che Tanya è l’amore della sua vita…
Dopo tutto come posso competere? Lei è Tanya Denali! È bellissima ed affascinante. È un’attrice, proprio come lui. Si conoscono da anni. Condividono un passato importante.
Noi ci siamo conosciuti sabato scorso.
Non abbiamo neppure ancora… Dio come ho fatto ad essere così sciocca? Così ingenua? Come ho fatto a credergli? Perché mi sono permessa di sperare? Di illudermi che avrei potuto farlo innamorare di me, prima o poi? Di essere speciale, in qualche modo?
Io non sono nessuno, solo l’idiota che ha creduto che una giovane star di Hollywood potesse davvero essere interessata a lei.
Ma chi cazzo credi di essere Bella? Cenerentola? Credevi che Edward fosse il principe? Ma fammi il piacere…
 
Edward…
 
“Pronto.” mi decido infine a rispondere. Se non altro per zittire il telefono. Mi sta facendo venire il mal di testa!
“Bella! Bella, ero così preoccupato! Perché non rispondi al telefono? Ti chiamo da ore! Cos’è successo? Stai bene?” È agitato e le sue parole sono un fiume in piena.
Stai bene? Edward mi sta chiedendo se sto bene. Cos’è? Uno scherzo?
“No, Cullen. Non sto bene. Non sto bene per niente.” Confesso. Tuttavia cerco  di controllare la voce e di non tradire alcuna emozione. Credo di aver gettato la mia dignità ai porci da un bel po’, ormai. Ma non voglio umiliarmi ulteriormente.
“Hanno già pubblicato le foto con Tanya?” Mi chiede cauto.
“Tu che ne dici?” Gli sibilo contro.
“Bella! Non significano nulla! Davvero! È stata Tanya! È tutta colpa sua! Bella, ti prego, mi devi credere…”
E comincia a spiegare tutto quello che è successo. Non solo quello che è accaduto ieri sera e stamattina. Mi racconta gli ultimi due anni delle sua vita con il cuore in mano, senza tralasciare alcun dettaglio. Mi racconta di come Tanya lo ha lasciato quasi due mesi fa con un biglietto dopo che avevano affittato una casa assieme. Di come non si è fatta trovare per settimane. Di come si è presentata, senza essere invitata, a casa dei suoi genitori. Mi confessa che lei vuole rimettersi con lui, che lo ama ancora, ma che per lui è finita, per sempre. Perché è stanco. Perché non è sempre stato difficile con lei, ma purtroppo, negli ultimi mesi, le cose sono andate deteriorandosi e lui non ce la fa più a sopportare i suoi capricci ed i suoi repentini cambiamenti di umore. Mi racconta di come Tanya ha organizzato la sceneggiata dell’aeroporto. Che è stata lei a chiamare i paparazzi. Che lui non la voleva baciare. Che lei si è gettata su di lui. Che Alice era presente. Che può confermarlo.  Che Tanya lo ha fatto apposta, sapendo che io avrei visto le fotografie. Per vendicarsi e per ferirmi. Per convincerlo che ciò che a me interessa davvero di lui sono fama e soldi. Mi giura che lui non le crede. Mi assicura che per lui non è stato tutto un gioco. Che ringrazia segretamente sua madre, ed il destino, per averci fatto incontrare. Che non si aspettava nel modo più assoluto di poter perdere la testa per qualcuno, dopo quello che ha vissuto con Tanya, ma che è successo. Ammette che la cosa lo ha spiazzato e che lo terrorizza, ma che lo terrorizza ancora di più l’idea di perdermi. Gli dispiace per tutto quello che è successo. Non mi ha ordinato di chiudermi in casa perché pensa che io non abbia una vita, degli impegni o delle responsabilità. Voleva solo proteggermi, evitarmi di affrontare da sola lo schifo che lui è costretto ad affrontare ogni giorno. Sa cosa significa, quanto sia difficile ed umiliante e nauseante, ed avrebbe tanto voluto essere qui con me, starmi vicino. Giura che cercherà di farlo, d’ora in poi. Ma purtroppo stare con lui significa anche questo. Significa anche stare lontani per dei mesi. E gli  dispiace, e vorrebbe potermi evitare il tormento della stampa o l’odio delle ragazzine isteriche fan dei Tanward, ma non può farlo, perché ne è vittima lui stesso. Mi implora di essere paziente, di non lasciarmi influenzare od abbattere. Perché con il tempo diventa più semplice. Si scusa per non avermi chiamata ieri sera. Mi confessa che aveva bisogno di chiudere definitivamente con Tanya. Non crede di aver fatto nulla di male, e se ha sbagliato è stato nel cercare di tenermi nascosta la sua presenza a Londra. Non mi voleva mentire, solo proteggere, evitare di angosciarmi. Si sente un cretino ad avermi riattaccato il telefono in faccia stamattina. Era in preda al panico, non sapeva che fare, non si aspettava di trovare i fotografi in aeroporto.
Mi scongiura di credergli…
Ed io gli credo.
Credo ad ogni singola parola.
Mi commuove fino alle lacrime sentirgli raccontare tutto quello che gli è accaduto – che ci sta accadendo - con tanta sincerità. Mi stringe il cuore sentire il panico nella sua voce.
Ascolto Edward e piango in silenzio. Felice. Felice che quest’uomo così bello, intelligente, sensibile, generoso e premuroso mi voglia.
Libero tutta l’ansia accumulata nelle ultime terribili ore  in queste lacrime tranquille che mi rigano il volto, mentre lo ascolto parlare, scusarsi, dirmi che vuole stare con me, che per lui sono importante, che sono un regalo, ancora più bello perché inaspettato, che crede in noi e ci vuole provare.
 
Era da tanto che non piangevo. Da quando, lo scorso anno, nonna Maria mi ha chiamata per dirmi che nonno Giovanni era morto.
“Isabella.” Lei non mi ha mai chiamato Bella. “Il mio Giovanni non c’è più. Sono rimasta sola.”
“Nonna, non sei sola.” Ho cercato di consolarla tra le lacrime. “Ci siamo io e la mamma e gli zii e tutti i tuoi nipoti e pronipoti. Non sei sola, nonna.”
“Sì, ma lui non c’è più…”
Stavano insieme da sessantatre anni ed ancora, la sera, guardavano la televisione seduti sul divano tenendosi per mano. Lei si lamentava sempre del suo disordine e del fatto che passasse troppo tempo con i suoi amici al bocciodromo. Lui si lamentava del fatto che lei si lamentasse e che volesse a tutti i costi farlo rinunciare ai dolci. Ma la sera erano sempre assieme, su quel divano, a tenersi la mano.
Il giorno del funerale l’ho riaccompagnata a casa e sono stata con lei fino a tardi.
“Quando si è ammalato” mi ha spiegato  “non era tormentato dall’idea di morire. L’angosciava l’idea di dovermi lasciare sola. Perché sono sempre stata fragile come un uccellino e lui non sarebbe più stato qui a prendersi cura di me. Devo essere forte, Isabella. Glielo devo.”
 
Mentre ascolto Edward piango, e penso ai miei nonni. Penso che voglio lo stesso tipo di amore. Un amore profondo e tranquillo. Un amore che si nutre di gesti semplici, come guardare la televisione in silenzio tenendosi per mano.
Vorrei che fosse Edward a tenermi la mano. Lo vorrei tanto. Io lo amo, lo amo davvero. Ma dopo quello che è accaduto non sono più sicura che lui possa darmi ciò di cui ho bisogno. Sono passati solo quattro giorni e sono già stata ferita, umiliata ed abbandonata a me stessa. Cosa potrebbe accadere ancora domani? E dopodomani? Avrò la forza ed il coraggio di affrontare ciò che mi aspetta?
Non è colpa di Edward, lo so. Non è colpa di nessuno, in realtà.  È semplicemente la vita. La sua vita.
 
“Bella?”
“Sì?”
“Stai piangendo?”
“No.” Singhiozzo.
“Bella, non piangere… non mi credi?”
“Sì, Edward. Ti credo.”
“È tutto a posto, allora?”
“Sì, Edward. È tutto a posto.”
“Dio, ti ringrazio. Non vedo l’ora che sia domani sera per poterti riabbracciare… mi machi così tanto…”
“Non credo sia una buona idea, Edward.”
“Co… Cosa?!”
“Rivederci. Non credo sia una buona idea.”


 
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Capitolo 23
*** 20.1 EDWARD - Parte Terza ***


 


20.1  EDWARD



 
Scegli me, tra i tuoi re
Un vortice ci avvolgerà
Ti prenderò, se mi vuoi
Danzammo in due, lei se ne andò
Ed io ora
Ho i ricordi chiusi in te
La tristezza dentro me (tra due mani le mie)
Solo cieli neri che, io so
Non si scioglieranno più
(Cieli neri – Bluvertigo)
 
 


Martedì, 20 aprile 2010  
 
h.20.37
Parlami, Bella… ti prego. Perché non dici nulla? Mi ascolti in silenzio da un’ora… parlami. Ti prego… dimmi che mi credi, dimmi che è tutto a posto…
 
“Bella?”
Nulla. Solo silenzio ed un pianto soffocato.
 
“Bella?”
“Sì?”
“Stai piangendo?”
“No.”
“Bella, non piangere… non mi credi?”
“Sì, Edward. Ti credo.”
“È tutto a posto, allora?”
“Sì, Edward. È tutto a posto.”
“Dio, ti ringrazio. Non vedo l’ora che sia domani sera per poterti riabbracciare… mi machi così tanto…”
“Non credo sia una buona idea, Edward.”
“Co… Cosa?!”
“Rivederci. Non credo sia una buona idea.”
No…
No, no, no…
“Bella… Bella che stai dicendo?”
“Mi dispiace Edward, è meglio così.”
“No… no, Bella per favore…”
“Addio Cullen…”
“Bella! Aspetta… Bella! Bella!”
 
Click…

Ha riattaccato…
Bella ha riattaccato…
No…
NO!
 
h.20.47
TU-TUUUUUUU
Rispondi-rispondi-rispondi…
TU-TUUUUUUU
Bella, ti prego…
TU-TUUUUUUU
Bella…
 
quattro squilli… cinque squilli… dieci squilli…
 
h.20.53
SMS
Bella, ti prego rispondi. Dobbiamo parlare. E.
 
h.20.55
Uno squillo… due squilli… tre squilli… dieci squilli…
 
h.21.18
Uno squillo… due squilli… tre squilli… dieci squilli…
 
h.22.23
SMS
Bella, mi dispiace, ti prego, rispondi. Parliamo. Non puoi lasciarmi così! Hai detto che è tutto a posto... Perché Bella? Voglio solo capire. Ho bisogno di capire. E.
 
 
Mercoledì, 21 aprile 2010  
 
h.07.38
SMS
Bella, ti prego, chiamami. Incontrerò quel regista alle 11.30, ma terrò il telefono acceso. E.
p.s. ti lascio il numero della mia agenzia: 455/xxxxxxx. Qualunque problema dovessi avere con paparazzi/stampa, chiama e chiedi di Jane. L’ho già avvisata.
 
h.15.46
SMS
Ciao Bella, l’incontro è andato bene. Credo che avrò quella parte. Mi faceva piacere fartelo sapere.  Non hai chiamato… Ti prego, fallo. Il mio volo parte alle 18.30. Vorrei poterti incontrare stasera. Ho bisogno di capire. Concedimi almeno questo: una spiegazione. Ma non per telefono. Dobbiamo parlare, faccia a faccia. E.
 
h.20.34
Uno squillo… due squilli… tre squilli… dieci squilli…
 
h.21.39
SMS
A questo punto credo sia inutile continuare ad assillarti. Mi arrendo. Non vuoi avere più nulla a che fare con me, l’ho capito. Non posso biasimarti, dopo quanto è successo. Eppure ero convinto che insieme avremmo potuto affrontare tutto. Mi dispiace davvero, se per causa mia hai sofferto. Ma non posso mentire: sono felice di averti conosciuta. Sei stata un regalo, meraviglioso ed inaspettato. Sei una donna stupenda, Bella. Ti auguro il meglio. Lo meriti. Tuo, Cullen.
 

 
Giovedì, 22 aprile 2010
 
h.9.37
Edward: Pronto?
Aro: Ma che cazzo di dichiarazione mi hai mandato?
Edward: Buongiorno anche a te…
Aro: Non prendermi per il culo, Edward… non dopo lo scherzo che mi hai fatto! Quelli della produzione di Le Quattro Stagioni non sono per nulla felici delle tue performance da grande amatore! Leggo, testuali parole: “…non apprezziamo il comportamento libertino del Sig. Edward Cullen, assolutamente non in linea con lo spirito della Saga…”. Devo continuare?
Edward: Aro, cosa vuoi da me? Ti ho spiegato come sono andate le cose…
Aro: Sì, ma non è ciò che è successo per la produzione, per le fan ed il resto del mondo! Per loro sei uno che non sa tenerlo nei pantaloni!  Lo sai come sono fatti! Gli americani sono dei puritani. Si scandalizzano per nulla. Ti fai uno spinello: sei un drogato. Una birra più del solito: sei pronto per gli alcolisti anonimi… Le Quattro Stagioni è roba per ragazzine! Non puoi andare in giro a scoparti chi ti pare mentre tutti pensano che stai con la Denali!  Ti avevo chiesto di buttare giù due righe, non dico di scusa, ma che giustificassero…
Edward: Io non devo giustificare un cazzo! E poi io non vado in giro a scoparmi chi mi pare!
Aro: Edward, porca puttana! Non posso mandare alla stampa l’e-mail che mi hai inoltrato! Devo rileggerti quello che hai scritto?
Edward: So cosa ho scritto…
Aro: Io te lo rileggo comunque, perché forse eri ubriaco, e non te lo ricordi: “Tanya Denali è una stronza, una malata di mente, capricciosa ed egocentrica, destinata a sfondare parabrezza in preda agli psicofarmaci. Ha reso la mia vita un inferno per gli ultimi due anni ed ha deciso di rovinare il mio futuro mettendosi tra me e la cosa più bella che mi fosse mai capitata. Isabella Swan è una donna meravigliosa. Rinuncerei a tutti i film a venire pur di stare con lei.” No, dico, sei impazzito? Hai cominciato a drogarti?
Edward: È quello che penso…
Aro: Edward, ti rendi conto che non posso usare questa roba, vero? Vuoi una denuncia?
Edward: Aro, non mi importa nulla, scrivi quello che ti pare…
Aro: Edward! Non riattaccare…
Edward: Ci sentiamo.
Aro: Edward! EDWARD! Ma vaffan… Ha riattaccato, cazzo! Jaaaaaane! JAAAAANE! Scrivi una dichiarazione credibile per  quel coglione di Cullen! La voglio sulla mia scrivania tra mezz’ora!

 
h.15.34
 
----- Original Message -----
From: Tanya Denali
To:EdwardCullen
Sent:Wednesday, April 21, 2010 7.26 AM
Subject:L’HO FATTO PER TE
 
Edward, non rispondi alle mie chiamate. Ti prego chiamami! Credimi l’ho fatto per te, l’ho fatto per noi! Hai visto? Non ho più paura di farmi vedere in pubblico con te! Ho capito, ora sono pronta… Edward, non buttiamo via tutto… Non importa se sei stato con lei…  Noi siamo Tyler ed Ally… siamo i Tanward, ora lo capisco… Edward, credimi, lei non potrà mai amarti come ti amo io! A lei non importa nulla di te! Non lasciarti fregare! Ti prego chiamami…  Non potrai evitarmi per sempre! Il mese prossimo ci incontreremo di nuovo sul set… Io ti amo.
Tanya
 
----- Original Message -----
From: EdwardCullen
To:Jane Volturi Agency
Sent:Thursday, April 22, 2010 02.43 PM
Subject:Fw: L’HO FATTO PER TE
 
Jane,
ecco una delle e-mail di cui ti parlavo. Ti prego, occupatene tu.
Grazie.
Edward
 
----- Original Message -----
From: Jane Volturi Agency
To:Tanya Denali
CC:Edward Cullen
Sent:Thursday, April 22, 2010 03.34 PM
Subject:CONTATTI CON IL SIG. EDWARD CULLEN
 
Gentilissima Sig.ra Denali,
la presente per informarLa che il nostro assistito, il Sig. Edward Cullen, desidera circoscrivere i rapporti con Lei alla sfera esclusivamente professionale. La preghiamo pertanto di voler interrompere qualunque tentativo di contatto telefonico, nonché l’inoltro di e-mail e/o SMS dal contenuto personale. Nel caso ritenesse assolutamente necessario mettersi in contatto con il Sig. Cullen, La preghiamo di farlo attraverso la VolturiAgency.  Può scrivere all’indirizzo  Jane@VolturiAgency.com  oppure telefonare allo 0044/22/455xxxxxxx. Sarà mia premura recapitare i Suoi messaggi al diretto interessato. Il Sig. Cullen desidera esprimere il proprio rammarico circa quanto comunicato, pur tuttavia ritenendo che questa sia l’unica strada percorribile al fine di continuare a lavorare serenamente e con profitto ai progetti futuri.
Confidando che Lei comprenda lo spirito di quanto sopra esposto, resto a completa disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti e con l’occasione porgo cordiali saluti.
Jane Smith
Volturi Agency

 
h. 08.23 (Los Angeles)
SMS
Mi hai fatto scrivere dal tuo agente?!?!  Sei uno stronzo  Edward! Vaffanculo! VAFFANCULO! Tanya
 
h.09.13 (Los Angeles)
Edward, scusa scusa scusa, ti prego chiamami! Parliamo! Ho bisogno di parlarti… Non lasciarmi così, mi sembra di impazzire… non so cosa farò senza di te. La mia vita non  ha senso senza di te. Tanya


 
Venerdì, 23 aprile 2010
 
----- Original Message -----
From: Jane Volturi Agency
To:Tanya Denali
CC:Edward Cullen
Sent:Friday, April 23, 2010 08.35 AM
Subject:CONTATTI CON IL SIG. EDWARD CULLEN
 
Gentilissima Sig.ra Denali,
facendo seguito agli SMS trasmessi al Sig. Cullen nella giornata di ieri, sono con la presente a ribadire il contenuto delle mia precedente lettera. La sollecito a contattarmi direttamente. Sarà mia premura provvedere ad inoltrare i Suoi messaggi al nostro assistito, purché questi abbiano carattere strettamente professionale.
Cordiali saluti,
Jane Smith
Volturi Agency
 

 
h.23.45
Alice: Ciao Edward, io vado, buonanotte.
Edward: Buonanotte Alice, grazie per avermi aiutato con i bagagli.
Alice: Figurati…
Esme: Buonanotte tesoro.
Alice: Buonanotte mamma, saluta papà.
Esme: Poverino, si è addormentato sul divano… è meglio che lo vada a svegliare o rischia il torcicollo…
Alice: Edward, a che ora te ne vai?
Edward: Boh? Tra un paio d’ore… Le due, le tre… voglio essere sicuro che non ci sia nessuno fuori casa e che nessuno mi segua. Non voglio che sappiano dove vado a stare.
Alice: Ci vediamo domani?
Edward: Ti chiamo io, va bene?
Alice: Edward…
Edward: Alice, ho solo bisogno di qualche giorno, per favore.
Alice: Sì ma…
Edward: Starò bene…
Alice: Ok. Chiamami, però…
Edward: Promesso.
 
 

Sabato, 24 aprile 2010
 

 
Domenica, 25 aprile 2010
 
h. 10.30
Edward: Pronto?
Alice: Meno male sei ancora vivo…
Edward: Eh?
Alice: Dovevi chiamarmi! Ieri!
Edward: Ah… scusa, l’ho dimenticato…
Alice: Sì, certo, come no… Senti, vieni a pranzo dalla mamma?
Edward: Mmmm… No.
Alice: Edward…
Edward: Non cominciare, Alice.
Alice: Ma…
Edward: Alice, ti prego…
Alice: Ok, come non detto. Sei grande abbastanza. Ci sentiamo.
 

 
Lunedì, 26 aprile 2010
 
h.18.13
Edward: Pronto?
Jacob: Cullen! Cominciavo a temere il  peggio!
Edward: Jake, ciao, come va?
Jacob: Sto scrivendo alcuni nuovi pezzi… dovresti fare un salto in sala prove stasera, vorrei farteli sentire. Secondo me non sono niente male…
Edward: Mmmm… Non so se ce la faccio…
Jacob: Hai già preso altri impegni?
Edward: No, è che… francamente non mi va di uscire…
Jacob: Cullen, non sarà per quello che è successo…
Edward: Jake…
Jacob: Edward, non te ne è mai fregato nulla di quello che scrivono su di te! Com’è che adesso ti fai venire la depressione? È per via della MovieStarEntertainment? Ti hanno messo in croce?
Edward: Jake, non è per quello che scrivono… cosa cazzo me ne frega… e la MSE può dire ciò che vuole… hanno bisogno di me, quelli, non mi possono scaricare. Non mi caccerebbero neppure se iniziassi a bere o a drogarmi…
Jacob: È per via di Bella?
Edward: Non riesco a togliermela dalla testa…
Jacob: Edward, senza offesa, ne vale la pena? Per quanti giorni vi siete frequentati? Non te la sei neppure scopata…
Edward: Cazzo, Jake, fine come al solito!
Jacob: Andiamo, Cullen! Sai che ho ragione! Vuoi per forza fare l’ Ultimo Eroe Romantico, ma questa ti ha mollato per telefono! Come fai a mollare una persona per telefono? Soprattutto dopo quello che ti ha detto al parco lunedì… ti ha semplicemente riattaccato in faccia!
Edward: Sì, però…
Jacob: Però niente! Hai un debole per le ragazze volubili, è chiaro…
Edward: Ma che stai dicendo?
Jacob: Tanya ti ha mollato con un biglietto,  Bella per telefono… Due su due…
Edward: Grazie Jake, mi sei di grande aiuto…
Jacob: Dai, scusa… ascolta, vengo lì da te, ne parliamo con calma…
Edward: No, hai le prove stasera, lascia stare… magari ci sentiamo nei prossimi giorni…
Jacob: Sicuro?
Edward: Sì, tranquillo.
Jacob: Ok, chiama se hai bisogno.
Edward: Ok, ci sentiamo Jake.
Jacob: Ciao Cullen.
 

 
Martedì, 27 aprile 2010
 
h.20.14
SMS
Ciao Bella. Lo so, avevo promesso che ti avrei lasciata finalmente in pace, ma pensavo a te e mi chiedevo come stai. Ho visto che sono state pubblicate altre foto. Mi spiace che la stampa continui a tormentarti. Ti prego, chiama la mia agenzia se dovessi  avere dei problemi a gestire la cosa. Ho chiesto loro di darti tutto l’aiuto di cui hai bisogno… O chiama me. E.




_________________________________________________________________________________________________________________________________________________
NON TEMETE! IL CAPITOLO E' DIVISO IN DUE PARTI:  20.1  E 20.2 ,  ENTRAMBE DEDICATE AD EDWARD.
DAL 20.2  LA NARRAZIONE  TORNERA'  AL SUO  STILE TRADIZIONALE
OpunziaEspinosa


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Capitolo 24
*** 20.2 EDWARD ***




20.2  EDWARD

 
Just give me a reason, some kind of sign 
I'll need a miracle to help me this time 
I heard what you said, and I feel the same 
I know in my heart that I'll have to change 
Even the stars look brighter tonight 
Nothing's impossible 
I still believe in love at first sight 
Nothing's impossible 

(Nothing’s Impossible – Depeche Mode)


 
Mercoledì, 28 aprile 2010

 
Me ne sto seduto sulla cassapanca che si trova sotto la finestra della cucina da qualche ora ormai -  la chitarra tra le mani e l’ennesima sigaretta tra le labbra -  quando sento aprirsi la porta sul retro.
“Edward? Edward ci sei? Sei in casa?”
Alice… Maledizione!
Devo assolutamente confiscare il mazzo di chiavi che ho lasciato a mia madre e mia sorella per le emergenze. Non possono presentarsi ogni volta senza invito e fare come se casa mia fosse casa loro! Sarà la sesta volta che capita, da che mi sono trasferito. Per carità, amo entrambe, e so che a spingerle è solo la preoccupazione per il mio ostinato tentativo di isolarmi dal resto del mondo. Ma santo cielo! Le parole voglio restare solo, non mi sembrano affatto difficili da interpretare! Anzi, credo siano assolutamente chiare!
E poi sono capitate cose assurde in questi ultimi giorni! Lunedì mattina, ad esempio, stavo facendo una doccia. Mi giro, faccio scorrere l’anta di vetro satinato,  e chi c’è di fronte a me? Mia madre! A parte l’infarto causato dallo shock di trovare qualcuno in bagno mentre pensavo di essere solo in casa, chi sano di mente non proverebbe un enorme imbarazzo mostrandosi completamente nudo al proprio genitore?
“Mamma! Sei fuori di testa! Sono nudo!” Ho urlato richiudendo in fretta l’anta della doccia.
“Oh Edward, quante storie! Come se non ti avessi mai visto nudo! Sei mio figlio!”  Ha sbuffato voltandosi dall’altra parte e, contemporaneamente, allungandomi un asciugamano.
“Mamma! L’ultima volta che mi hai visto nudo è stato quando avevo dieci anni e mi portavi ai corsi di nuoto organizzati da padre Sam alla  piscina comunale; ed anche allora mi dava fastidio!” Ho precisato brusco arrotolando in fretta l’asciugamano attorno alla vita.
“Mmmm… sì, hai ragione. Sei sempre stato un bimbo molto pudico. Chissà perché… Comunque ti sbagli. L’ultima volta che ti ho visto nudo è stato lo scorso anno alla premiere di quel tuo film,  The Fever. Non ti vergogni a mostrare il tuo sedere ad un intero set, oltre che a milioni di spettatori,  e ti vergogni se poi sono io a vederti?”
“Mamma! Non è la stessa cosa! E non si tratta solo del mio sedere!” Ho esclamato esasperato senza capire come non potesse rendersi conto di quanto quel momento fosse decisamente imbarazzante,  sbagliato ed un tantino morboso.
“In ogni caso. Che ci fai qui?” Le ho poi chiesto prendendo un altro asciugamano e cominciando a frizionarmi i capelli.
“Ieri non sei venuto a pranzo, ci sono rimasta male…”
Conosco mia madre come le mie tasche: indurci a fare qualcosa puntando al nostro senso di colpa è tipico di lei. È una strategia che adotta da sempre. Lo ha fatto anche quando mi ha confessato di avermi venduto a padre Sam per la cena di beneficenza.
 
Ormai l’ho promesso! Ci sono state un sacco di iscrizioni al concorso “Vinci una cena con una celebrità misteriosa”; cosa diremo al fortunato estratto se non ci sarà nessuna celebrità ad aspettarlo?”
 
E mi sono lasciato convincere per non farle fare una brutta figura con le sue amiche. Non posso fare a meno di pensare che se non l’avessi accontentata non avrei conosciuto Bella ed ora non starei come sto.
 
“Mamma…”
“Edward, sono preoccupata! Ed anche tuo padre.”
“Mamma, ho solo bisogno di starmene per conto mio per un po’. Non ho intenzione di suicidarmi…”
“Oddio! Ci hai pensato, tesoro?” Mi ha chiesto allarmata portandosi entrambe le mani al viso ed assumendo un’espressione esageratamente inorridita, una sorta di composto Urlo di Munch.
“Nooo!”
“Oddio che sollievo…”
Ricattatrice e melodrammatica. Ecco a voi Esme Anne Cullen, nata Platt.
 
“Ciao fratellino!” Alice è di buon umore, come al solito. “Ti ho portato qualcosa per riempire la dispensa!” Aggiunge posando, non senza sforzo, una pesante scatola di cartone sul tavolo.
“Ci ha già pensato la mamma.” Rispondo senza alzare lo sguardo e continuando a pizzicare le corde della mia chitarra con le dita. “Si è presentata stamattina all’alba con cinque borse della spesa. Cinque! Si rende conto che vivo da solo qui?”
“Non credo… è un po’ svanita, la conosci. Comunque: ti ha portato anche queste?” E raggiante inizia ad estrarre dalla scatola una serie di bottiglie di birra di varie forme e dimensioni.
“Grandioso!” Commento sarcastico facendo un tiro. “Alcolici… proprio quello che ci vuole per un depresso cronico.”
“Edward, la devi smettere!” Mi rimprovera Alice avvicinandosi e sedendosi di fianco a me. “Non puoi andare avanti in questo modo. Santo cielo! Guardati! Sei… Sei…”
Ridicolo? Patetico? Grottesco? Penoso?
“Alice, per favore! Non ricominciare!” La imploro esasperato.
Sono stanco di sentirmi dire che sto esagerando, che non ha senso chiudersi in casa senza vedere né sentire nessuno a causa di una storia finita male; una storia durata pochi giorni, peraltro, e che, come giustamente ha argomentato Emmett, non ha neppure trovato la sua “consacrazione fisica”.
Consacrazione fisica… Grande e grosso com’è uno si aspetta di sentirlo parlare come uno scaricatore di porto. Ed invece si esprime come una novizia! Certo, mille volte meglio di Jake che, molto più  prosaicamente, mi ha mandato a quel paese con un raffinatissimo “Non te la sei neppure scopata !”
 
So che Alice, Jake, Emmett, e tutti coloro che stanno cercando di tirarmi fuori dal pozzo in cui mi sono lasciato cadere hanno ragione, che non ne vale la pena e che dovrei reagire. Razionalmente me ne rendo perfettamente conto. Ma è come se qualcuno mi avesse scavato un buco dentro. Un buco nero che sta lentamente, ma inesorabilmente, risucchiando tutto. E più il tempo passa, peggio è. Non sono mai stato così, neppure per Tanya.
Non faccio altro che pensare a Bella; alla mia dolce, fragile, meravigliosa Bella.  E mi chiedo perché. Perché mi ha lasciato, perché  si è arresa così in fretta?  Certo, quello che è accaduto è decisamente sgradevole e finire sulla rete e sui giornali in quel modo non deve essere stato facile per lei. Non lo è per me, sebbene mi capiti da anni, ormai. Ma infondo è tutto frutto di un malinteso e ciò che è stato scritto non sono che parole al vento, parole di cui domani nessuno si ricorderà più,  perché ci sarà un’altra storia – una storia più succulenta – a rimpiazzarle.
Eppure se ne è andata. Volatilizzata. Dopo avermi riattaccato in faccia - senza neppure degnarmi di una spiegazione - non ha più risposto né alle mie chiamate né ai miei messaggi.  Francamente, dopo quello che ci siamo detti al parco lunedì scorso, non me lo aspettavo. Sembrava così sincera... Credevo di conoscerla, di capirla, malgrado il pochissimo tempo passato assieme. Credevo che provasse per me quello che io provo per lei. È vero, le parole possono essere ingannevoli. Quello che abbiamo vissuto in questi giorni lo dimostra ampiamente. Ma il corpo no, non può mentire. E neppure gli occhi possono farlo. Ciò nonostante è esattamente quello che è capitato. Mi sono sbagliato. Un’altra volta. Ho dato troppa importanza a quello che c’è stato attribuendogli un significato che, evidentemente, non aveva. Un’altra volta.
Quello che capisco ancora meno è perché Bella si ostini ad affrontare questo delirio da sola. So che i paparazzi hanno continuato a seguirla in questi giorni.  Sono state pubblicate altre foto che la ritraggono fuori dalla FolkMusic e dalla scuola di cucina dove insegna. Le hanno chiesto di rilasciare una dichiarazione, ma lei si è chiusa in un ostinato mutismo tirandosi addosso l’antipatia della stampa. Non vuoi portare avanti la nostra storia? Va bene. Cioè, no, non va bene. Però lo accetto. Anche perché non posso fare altrimenti. Ma almeno lasciati aiutare! Le ho fatto avere il numero di Jane, l’assistente del mio manager. La mia agenzia avrebbe potuto darle  tutto l’aiuto legale necessario a chiedere un risarcimento per la pubblicazione non autorizzata delle sue generalità. Invece niente. Non si è fatta viva. Ho chiamato Jane tutti i giorni quest’ultima settimana, più volte al giorno. Alla fine lei non rispondeva più con un “ Pronto? ” ma con un “ No, Edward. Non ha chiamato.
 
Bella…
Mi sento un cretino, ma ogni giorno, per sentirla vicina, indosso la sua sciarpa. Non avrei dovuto farlo. Avrei dovuto conservarla in un cassetto come una reliquia, per  preservarne il delicato profumo ed evitare che il suo odore si confondesse con il mio. Ma non ce la faccio. Questa pashmina è l’unica cosa che mi rimane di lei, a parte le foto pubblicate in rete. Le ho scaricate tutte su cellulare. Tutte. Non ne manca una.  Le mie preferite sono quelle in cui lei, sprezzante, si fa strada tra i fotografi radunati di fronte al palazzo in cui vive con il dito medio alzato. Di entrambe le mani. È così sexy con lo sguardo incazzato e gli occhiali da Nerd… Le avevo chiesto di chiudersi in casa. Ovviamente, ostinata com’è, non lo ha fatto. Anzi, ha fatto l’esatto contrario. Non solo: ha mandato a quel paese tutti quanti… la mia gattina dalle unghie affilate.
Dio, non posso credere che non potrò più stare con lei, che non potrò più toccarla! Se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire il suo sapore ed il tocco della sua lingua. Riesco ancora a sentire il suo corpo che si scioglie mentre le mie mani l’accarezzano, la esplorano. Sento il suo seno piccolo e sodo, assolutamente perfetto.
La scorsa notte mi sono svegliato di soprassalto proprio mentre sognavo di fare l’amore con lei. Ero talmente eccitato che ho dovuto concludere da solo in bagno immaginando che fossero le sue mani – e non le mie -  a darmi finalmente un po’ di pace.
 
“Sei disgustoso, Edward! Hai i capelli sporchi, la barba lunga… Ti sei almeno fatto una doccia?” Alice mi domanda scettica osservando con sospetto la maglietta lercia ed i pantaloni della tuta stropicciati.
“Sì, due giorni fa…” Ammetto.
Dopo lo scherzo di mia madre non ho più avuto un contatto diretto con l’acqua. A che serve? Me  ne resto chiuso in casa tutto il giorno.
“Ok. Ora basta.” Esclama risoluta togliendomi la sigaretta dalle labbra e spegnendola nel posacenere ormai stracolmo di mozziconi. “Usciamo.”
“Cosa?”
“Noi due. Usciamo. Andiamo a fare shopping. Forza, alzati.” Mi ordina minacciosa levandosi in piedi.
“Alice, non ho nessuna intenzione di venire a fare shopping con te.” Le dico annoiato tornando a concentrarmi sulla mia chitarra.
“Oh, sì che ce l’hai! Perché ce l’ho io!” Esclama spazientita posando le mani sui fianchi. “E poi mi devo comprare qualcosa di carino per la festa di sabato.”
“Quale festa?” Le chiedo terrorizzato, perché so dove vuole arrivare.
“Quella per inaugurare la casa!” Risponde come se avesse a che fare con un ritardato.
Appunto.
“Alice, stai scherzando?”
“Sto ridendo?”
“Alice, qui non ci sarà nessuna festa...” Tento di controbattere.
“Ho già assoldato un catering ed invitato tutti.”  Taglia corto. “Per quale motivo credi ti abbia chiesto in prestito la carta di credito la settimana scorsa? Inoltre i Wolf Pack si esibiranno dal vivo per noi. Jake ne è entusiasta.”
Non so cosa dire. Alice è pazza. Non ho neppure la forza di replicare.
“Su, va a cambiarti.” Mi esorta prendendomi per un braccio e costringendomi ad alzarmi. “E magari prima fatti una doccia.” Aggiunge arricciando il naso.
 
Tre ore più tardi me ne sto in piedi, fuori da uno dei camerini di prova del reparto Moda Femminile di un famoso grande magazzino situato nel centro di Londra. Ho decine di abiti che Alice intende provare tra le braccia e mi sento un perfetto idiota.
“Alice? Perché non chiami una commessa per questo?” Le chiedo sconsolato mentre mi accascio su una delle poltroncine che arredano il lussuoso camerino.
“Perché non mi fido delle commesse! Quelle, per farti comprare, ti dicono che ti sta bene tutto! Con te è più divertente, e so che avrò un parere sincero!” Risponde allegra da dietro la tenda tirata.
Giusto. Con me è più divertente. Soprattutto oggi, Alice…
Che idea del cazzo, seguirla in questo posto. È pieno di donne, qui dentro. Ed io sto alle donne come Superman sta alla Kryptonite, ultimamente. Nessuna mi ha riconosciuto, per ora. Ma aspetto che le cose precipitino da un  momento all’altro.
“Serve aiuto?” Mi chiede una voce femminile distraendomi dai miei pensieri.
“No, no grazie.” Borbotto senza neppure voltarmi.
Mi aspetto che la commessa se ne vada senza fare storie, invece, con la coda dell’occhio, noto che è ancora lì, in piedi di fianco a me.
“O mio Dio..” Esclama ad un certo punto. “Tu sei…”
Eccola, puntuale come un orologio svizzero: la Kryptonite.
“No, non sono lui…” Mi difendo. Ogni tanto lo faccio: nego di essere chi sono per essere lasciato in pace. Ma inutilmente. Non funziona quasi mai. E quando funziona mi sento una merda perché mi sembra di offendere l’intelligenza di chi mi trovo di fronte.
“Edward, Edward Cullen…”
“No, non sono io… cioè… non sono lui…” Balbetto sprofondando nella poltroncina e voltandomi dall’altra parte.
“Edward, sono io, Rosalie!”
Rosalie? Conosco una ragazza che si chiama Rosalie? Non mi pare…
Alzo lo sguardo ed in piedi di fronte a me una ragazza decisamente carina, e dai lunghi capelli biondi, mi osserva incredula.
Ci metto un attimo, e poi la riconosco. È la coinquilina di Bella, la sua migliore amica!
“Rosalie!” esclamo rialzandomi in fretta.
“Edward, ciao…” Rosalie sembra stupita di vedermi. Suppongo  di non essere un bello spettacolo con la barba lunga, i vestiti stropicciati e la cuffia calata in testa.
“Che ci fai qui?” Le chiedo. E subito mi rendo conto di quanto stupida sia la mia domanda. È vestita di bianco e di nero, come tutte le altre commesse, ed appuntata sulla camicetta ha una targhetta con il suo nome.
“Ci lavoro.” Mi risponde. “Allora… ti serve aiuto?” Mi chiede cauta osservando perplessa la gran quantità di vestiti che tengo tra le mani e che sto facendo cadere uno alla volta.
“Hem…no…” Balbetto imbarazzato nel goffo tentativo di raccoglierli.
“Sicuro?” Insiste venendo in mio soccorso ed aiutandomi a recuperare un paio di gonne che sono scivolate a terra.
“Sono qui con mia sorella… sto aiutando mia sorella a scegliere qualcosa… da indossare…” Mi affretto a precisare perché non voglio che male interpreti la scena. Non voglio che pensi che io sia qui in compagnia di una ragazza e che, magari, lo dica a Bella.
“Ok. Fammi sapere se tua sorella ha bisogno di aiuto, allora. Mi puoi trovare laggiù.”
Mi sorride educata e fa per andarsene. Ma io non voglio che se ne vada: lei è l’unica cosa che mi lega a Bella, in questo momento.
“Rosalie!” Esclamo buttando tutta la roba alla rinfusa sulla poltroncina e facendo un passo nella sua direzione.
Lei si volta con aria interrogativa.
“Come… sì… ecco… come sta Bella?” Le chiedo prudente.
Non so come Bella si sia espressa nei miei confronti con lei. Magari hanno passato questi giorni a stramaledirmi. Chi può dirlo?
Rosalie sembra presa in contropiede. Esita un attimo, poi, improvvisamente, la sua espressione si indurisce, come se stesse mettendo a fuoco un ricordo spiacevole.
“Mentirei se ti dicessi che sta bene.” Ammette.
Bella sta male…
Me ne resto imbambolato a fissarla senza dire una parola.
“Perché non la chiami, Edward?” Mi chiede dopo un po’.
“Ci ho provato!” Le rispondo con troppa foga, senza riuscire a mascherare la disperazione. “Non risponde al telefono! E neppure ai miei messaggi! Mi ha detto che non mi vuole più vedere, che è meglio così…”
“Ma non è questo ciò che vuole!”
Non è questo ciò che vuole…
Un lumicino di speranza si sta accendendo in mezzo al buco nero.
“Che intendi?” Le chiedo cauto. Prima di iniziare ad illudermi di poter sistemare le cose e che tutto ritorni come prima voglio essere certo di cosa prova Bella realmente.
“Che sta mentendo a te e a sé stessa! Santo cielo Edward! Bella non esce più di casa, se non per andare al lavoro. Se ne resta chiusa in camera sua, non mangia più… Bella che non mangia? Ti pare vero?”
Certo che no. Bella ha l’appetito di una fiera che non si nutre da giorni! Non posso fare a meno di sorridere ripensando a tutte le volte in cui l’ho sorpresa con la bocca piena.
“Mi ucciderebbe se sapesse che ti sto dicendo tutto questo.” Continua Rosalie, nervosa e preoccupata. “Ma l’altro giorno, l’ho sorpresa mentre si fumava una sigaretta seduta sul davanzale della finestra. Sì è comprata un pacchetto di Marlboro! Edward, Bella non ha mai fumato! Ha sempre detestato il fumo!”
Marlboro? Le stesse sigarette che fumo io…
È assurdo. Tutta questa situazione è assurda! Ridicola! Ci stiamo facendo del male inutilmente. Perché restare separati quando è ovvio che il nostro posto è l’uno accanto all’altra? Che solo così, siamo felici?
“Rosalie, tu mi devi aiutare!” La imploro prendendola per le spalle. “Io le devo parlare… tutto questo non ha senso! Noi dovremmo stare insieme…”
Bella sta male. Le manco. Sono al settimo cielo! Non perché Bella sta male. Non voglio che stia male. Io voglio che lei sia felice. E basterebbe così poco…
“Lo so, Edward! Vorrei poterti aiutare, credimi. Ma davvero non so come fare! Anch’io le ho detto che sta commettendo un grosso errore, che si sta facendo del male inutilmente, standoti lontano. Ho cercato di convincerla a chiamarti in tutti i modi. Ma non mi ascolta! La conosci: è testarda!”
Sì, lo è. La mia dolce, fragile, meravigliosa, cocciuta Bella.
“Se solo riuscissi a parlarle…” Sono disperato. La devo incontrare. Ma come? Presentarmi sotto casa sua? Organizzarle un’imboscata fuori dalla FolkMusic o alla scuola di cucina? Mi liquiderebbe in pochi secondi. Fuggirebbe da me. È già successo, purtroppo. Venerdì scorso. La necessità di vederla, parlarle, capire, mi stava divorando, così ho ceduto, e mi sono presentato alla FolkMusic.  L’ho aspettata in macchina, fuori dai cancelli. Quando alle 12.35 l’ho vista varcare la soglia pensavo sarei morto. Si è guardata intorno e nel momento in cui ha notato la Volvo è rimasta come pietrificata. Ha guardato nella mia direzione per un lungo istante e poi è tornata indietro, si è rifugiata all’interno dell’edificio. Immediatamente  ho sentito un pugno allo stomaco,  un magone difficile da descrivere. Ho rimesso in moto e me ne sono andato.
Non voglio neppure correre il rischio di trovare ancora dei fotografi ad immortalare la scena. Non potrei sopportare di vedere altri brandelli di noi gettati in pasto al pubblico senza ritegno.
“Io ho un’idea!” Esclama Alice sbucando da dietro la tenda del camerino. Sorride compiaciuta, e so che ha in mente un piano.

 

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Capitolo 25
*** 21.ISABELLA ***



 
21. ISABELLA


Giovedì, 29 aprile 2010

 
Day one, day one
Start over again
Step one, step one
I'm barely making sense
For now I'm faking it
'Til I'm psuedo-making it
From scratch, begin again
But this time I as I
And not as we
(Not as We - Alanis Morissette)


 
Da quando ho lasciato Edward sto malissimo. Non pensavo potesse fare così male. Credevo di aver toccato il fondo dopo aver scaricato Michele ad un passo dalle nozze. Credevo che mai più in vita mia avrei affrontato un dolore simile, e che sarei stata abbastanza forte per superare qualunque altro problema mi si fosse presentato. Cosa può esserci di peggio che abbandonare l’uomo che ti ama a pochi giorni dal sì, spezzargli il cuore e tirarsi addosso  l’ira ed il disprezzo di tutti i vostri amici e parenti?  Perdere tutto e ricominciare con enorme fatica una nuova vita lontano da casa, lontano dalle persone che, prima, ti volevano bene, ma che hai irrimediabilmente deluso? Un lutto, od una grave malattia. Nient’altro può essere paragonabile. Nient’altro merita tanta pena, perché nient’altro può essere così importante, degno di una simile sofferenza.
Eppure non è così.  Edward non c’è più, ed io quasi non riesco a respirare. Vivo in apnea da giorni, con un groppo alla gola ed un nodo allo stomaco che mi impedisce di mangiare.
Continuo a chiedermi com’è possibile. Com’è possibile avvertire così intensamente la mancanza di un uomo - un ragazzo - che conosco appena. Per quanto meravigliosi siano stati i momenti passati insieme, il tempo trascorso con lui è stato davvero breve. Eppure sto male. Malissimo. È come se qualcuno mi avesse scavato un buco dentro. Un buco nero che sta lentamente, ma inesorabilmente, risucchiando tutto.
E mi sento una stupida per questo.
Ci sono persone che affrontano la morte e il dolore ogni giorno con forza e dignità.  Ci sono genitori che sopravvivono alla scomparsa dei figli, pur conservando ferite che non si rimargineranno mai completamente.
Io ho deciso di isolarmi dal resto del mondo per una storiella finita male. Esco di casa solo per andare al lavoro, non magio più e quasi non dormo per aver perso un amore breve quanto un temporale estivo. Con quale diritto mi permetto di soffrire così?
Sono vergognosa.
 
Penso a lui di continuo e mi chiedo come sta, se prova quello che provo io. Ci sono momenti in cui la tentazione di collegarmi ad internet, oppure raggiungere l’edicola all’angolo della strada e comprare qualche rivista, è fortissima.  Avrei voglia di vederlo, di sentire la sua voce calda, godermi la sua risata cristallina. Ma ancora più forte è la paura di trovare qualche sua dichiarazione, un commento alla nostra storia. So che Edward non lo farebbe mai, non racconterebbe nulla alla stampa di noi. Eppure non riesco a liberarmi da questa paura immotivata. Forse perché ho la coscienza sporca e temo il suo giudizio. So di averlo lasciato nel peggiore dei modi: riattaccandogli il telefono in faccia senza neppure spiegargli il motivo per cui non lo voglio più vedere. Mi sono comportata da codarda e da stronza, e non avrei dovuto, soprattutto dopo che lui è stato così onesto, aprendomi il suo cuore e confessando il modo in cui Tanya lo ha trattato, come lo ha abbandonato con un biglietto di poche righe. Io ho fatto la stessa cosa, solo ora me ne rendo conto. L’ho abbandonato senza neppure concedergli  il conforto di una spiegazione. Ma a cosa sarebbe servito? Non c’è nulla da spiegare. Nulla da discutere. Lui non può darmi ciò di cui ho bisogno. Troppe cose ci dividono. Deve essere così,  perché non può essere altrimenti.
 
Edward ha provato a chiamarmi più di una volta dopo che gli ho detto addio. Ma non ho risposto. Mi ha mandato alcuni messaggi, anche nei giorni successivi; l’ultimo due giorni fa. Li ho cancellati  tutti senza leggerli. Sarebbe troppo doloroso farlo. Se fossero messaggi d’amore, rischierei di cedere, di ritornare sui miei passi e non voglio. Ma se fossero messaggi di disprezzo – me lo meriterei - starei ancora peggio di come sto.
Non credo siano messaggi di disprezzo, però. Stamattina un fattorino ha consegnato cento rose rosse ed una graziosa scatola di latta con una selezione di tè e dei muffin al cioccolato. Gli  stessi che adoro. Gli stessi che Edward mi ha offerto per colazione due lunedì fa.
Non ero in casa quando il regalo è arrivato, così  Angela ha sistemate le rose in alcuni vasi direttamente in camera mia. Ho pianto per mezz’ora quando le ho viste, ed un’altra mezz’ora quando ho aperto la scatola. Oltre al tè e ai muffin, dentro c’era un bigliettino bianco con tre semplici parole scritte in bella grafia. La grafia di Edward.
 
Torna da me
 
Ho pensato che quel biglietto è tutto ciò che mi resterà di lui, a parte le foto insieme al parco.
 
“Bella? Posso?”
Angela bussa alla porta e, senza aspettare una risposta, entra cauta nella mia stanza reggendo qualcosa.
“Ti ho portato la cena.” Continua mostrandomi un piatto. “Sandwich al prosciutto, niente di speciale.”
“Grazie, Angela.” Le sorrido riconoscente. “Lascialo pure sulla scrivania.” E me ne ritorno a strimpellare la chitarra.
Angela posa i panini come le ho chiesto, e poi scuote la testa sconsolata non appena si rende conto che non ho ancora toccato il piatto di pasta che mi ha preparato ieri sera.
Faccio schifo. L’ho lasciato lì  a raffreddare senza neppure andare a buttarlo.
“Bella, devi mangiare...” Mi rimprovera dolcemente sedendosi di fianco a me.
“Non ho fame.” Le rispondo senza alzare lo sguardo dalle corde.
Angela resta in silenzio per un po’, alla ricerca, probabilmente, di un nuovo argomento di conversazione. Ammetto che negli ultimi giorni non sono stata di grande compagnia.
“Sei tornata a suonare la chitarra.” Osserva prudente.
Vuole disperatamente farmi uscire dal mio guscio, ma sa che è estremamente pericoloso affrontare certi argomenti. Ad esempio la mia improvvisa decisione di passare tutto il mio tempo libero a suonare la chitarra, anziché il piano. Come se questo non avesse nulla a che fare con il fatto che la chitarra è lo stesso strumento che suona Edward. Come se non stessi disperatamente cercando un modo per sentirlo ancora vicino, malgrado non lo voglia più con me.
“Sì, non sono poi così brava. Dovrei esercitarmi di più.” Ammetto.
“Bella, sei bravissima, lo sei sempre stata.” E poi aggiunge. “Perché non vieni al pub domani? Eric ha organizzato una serata a microfono aperto. Potresti suonare e cantare, ti è sempre piaciuto…”
È vero. Mi è sempre piaciuto. E mi sarebbe tanto piaciuto che Edward mi potesse vedere ed ascoltare. Questa è un’altra cosa che lui non sa di me. Un’altra cosa che non gli ho raccontato. Avevo deciso di tenerla come “asso nella manica” per strapparlo a Tanya. In realtà non ce n’era bisogno. Lui era già mio, e neppure lo sapevo. Lui era mio, e l’ho lasciato.
“Magari un’altra volta.” Le rispondo abbozzando un mezzo sorriso.
Restiamo in silenzio per un altro po’, sedute l’una di fianco all’altra sul mio letto sfatto. Io suono. Lei ascolta.
“Che succede, qui?”
Rosalie fa irruzione in camera mia, rumorosa e sguaiata come al solito.
“Bella, non hai mangiato niente neppure stasera!” Mi rimprovera dando un’occhiata al piatto di pasta rappresa e  ai panini. “Stai dimagrendo pericolosamente. Ti devi riprendere!”
Non ho il coraggio di replicare. Cosa dovrei dirle? Hai ragione, ma non riesco a toccare cibo? Non ti preoccupare, nel pomeriggio ho mangiato mezzo pacchetto di crackers?
“Bella? Bella, vuoi darmi retta?” Insiste, visto che non levo gli occhi dalle corde e continuo a suonare.
“Bella?”
Ma io non rispondo.
Resta in piedi di fronte a me, a fissarmi. Non ho la forza di affrontarla e reggere il suo sguardo severo, ma con la coda dell’occhio posso vedere che non accenna ad andarsene.
Ad un certo punto fa un passo nella mia direzione.
“Hey, cos’hai sul collo?” Mi chiede perplessa cercando di scostarmi una ciocca di capelli.
Merda… se ne è accorta.
“Lasciami in pace Rose!” Sbotto  allontanandole bruscamente la  mano.
“Bella! Ti sembra il caso?” Mi chiede furiosa.
“Rose…” La imploro nascondendo la testa tra le mani. “Ti prego… lasciami perdere…”
“No che non ti lascio perdere! Sei impazzita? Non puoi marchiati la pelle ogni volta che ti capita qualcosa di brutto!”
“Io non mi marchio la pelle ogni volta che mi capita qualcosa di brutto!” Esclamo indignata. Ho qualche tatuaggio, e sono tutti importanti per me. So che lei non capisce, che non li approva. Ma dovrebbe rispettare ciò che sono. È non è amica mia?
“Ah no? E quella cosa enorme che ti porti sulla schiena da quando hai mollato Michele? Quell’altra cosa sul braccio? Ed ora ti sei fatta un altro tatuaggio! Sul collo!”
“Cosa cazzo te ne frega? Rose, non mi rompere i coglioni, ok?” Le urlo contro.
La sto trattando malissimo, lo so. Cerca solo di aiutarmi, me ne rendo conto. Ma io non voglio essere aiutata! Voglio precipitare. Inabissarmi e toccare il fondo. Non vedo l’ora di farlo. Significherebbe che non c’è altro dolore e che posso, finalmente, risalire. Ci sono già passata, funziona. So quello che faccio. Fa male, è vero, ma prima o poi passerà. Il  dolore si addomestica.
“Senti.” Continua decisa, per nulla intimidita dalla mia reazione. “Così non va bene, non va bene per niente! Ti offro due alternative. O richiami Edward e sistemate le cose, oppure riprendi a vivere. Vivere sul serio, intendo!”
“Rose, non richiamerò Edward, lo sai.”
Ho già informato Angela e Rosalie che non ho più intenzione di rivederlo, anche se non ho dato loro molte spiegazioni, così come non le ho date ad Edward.
“Allora riprendi a vivere, se non hai intenzione di richiamarlo!” E siccome non le sto minimamente prestando attenzione, Rose mi strappa la chitarra dalle mani.
“Hey!” Esclamo spazientita.
Rosalie mi ignora, ovviamente. Esiste una persona più prepotente a questo mondo? Non credo…
“Sabato vieni ad una festa. Con me ed Angela.” Dichiara risoluta.
Che? Una festa? Io? Tsé…
“Io non vengo a nessuna festa!” Rido sarcastica cercando di riprendermi la chitarra.
“Allora chiami Edward.” Replica allontanandosi di un passo.
“Io non chiamo Edward!”
“Allora vieni ad una festa.”
“Rose! Non vengo a nessuna cazzutissima festa!” Esplodo esasperata.
“Io chiamo Edward, allora. Ci devi parlare.” E così dicendo si dirige verso la scrivania ed afferra il mio cellulare.
“Rose! Metti giù quel telefono!”
Mi scaglio contro di lei  e solo  l’intervento di Angela mi impedisce di inchiodarla contro la parete.
“Bella!” Cerca di calmarmi trascinandomi via. “Rose ha ragione, devi parlare con Edward! Non puoi andare avanti così… Invitalo qui. Perché non provate a chiarire? Potete sistemare le cose, ne sono sicura.”
“Non c’è niente da sistemare! Non voglio parlarci, non voglio vederlo, non vi azzardate a cercare il suo numero nella mia rubrica, non invitatelo qui! Giuro che se me lo ritrovo in casa  non torno più!”
“Che vuoi dire con non torno più?”
Ops… non ho ancora detto alle mie amiche che ho prenotato un biglietto aereo per l’Italia. Magari passerò per una codarda in fuga, ma ho davvero bisogno di allontanarmi per qualche giorno. Innanzi tutto voglio togliermi di mezzo la stampa per un po’. Malgrado  non mi si veda più in giro con Edward Cullen, e malgrado il mio ostinato mutismo, non hanno ancora smesso di darmi la caccia e francamente comincio ad essere un po’ stanca. È davvero noioso uscire di casa ed ogni tre per due trovare qualcuno che ti scatta foto e ti chiede Dov’è Cullen ? Uscite ancora ? È tornato con Tanya Denali ? Di che natura è il vostro rapporto ?  Non si sono ancora rassegnati al fatto  che non ho intenzione di rispondere a nessuna delle loro stupide domande.
Ma a parte tutto, ho bisogno di vedere la mia nonna, anche se la malattia non le consente più di riconoscermi. Lei è stata l’unica a capire il perché non volevo più sposare Michele, ed anche se ora non sa più chi sono per la maggior parte del tempo,  sentirla vicina mi aiuterà.
“Torno a casa per qualche giorno. Parto domenica pomeriggio.” Taglio corto.
“Casa? Bella, la tua casa è qui.”
“Rose, sai cosa intendo…”
“Davvero te ne vai, Bella?” Angela mi domanda incredula.
“Sì. Ho bisogno di staccare la spina.”
Rosalie mi fissa per qualche istante senza tradire alcuna emozione. “Perfetto. Vai pure. Torna a casa. Ma se parti non puoi non salutarci come si deve. Quindi sabato vieni ad una festa con noi.”
“Io non…” tento di replicare, ma poi mi arrendo. Rosalie è fatta così: ti prende per sfinimento.


 


 

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Capitolo 26
*** 22.EDWARD ***


 
 
22. EDWARD


 
Sabato, 1 maggio 2010
 
 
Sole, mi senti?
Sono io
Da quante lune, sono io?
Ti aggiusto il cuore
Sono io
Io sono un’ombra, e tu, tu sei il Sole
Così, mi manchi…
(È delicato – Zucchero)
 

 
… Non ti preoccupare Edward, inviteremo solo la famiglia e gli amici più cari. Sarà una cosa piccola, lo prometto…
 
Piccola un corno, Alice! Ci saranno più di duecentocinquanta persone qui dentro!
 
Mi faccio largo tra la folla in cerca di mia sorella, quando incontro Jacob.
“Hey Cullen, festa grandiosa! Tra poco saliamo sul palco. Bell’idea quella del concerto unplugged!” Commenta entusiasta.
“Sì, beh, ha fatto tutto Alice…” Ammetto stizzito, perché, a parte mettere inconsapevolmente a disposizione la mia carta di credito,  non ho contribuito in alcun modo all’organizzazione. Uno: non sapevo che Alice stesse pianificando questa stupida festa. Due: anche se lo avessi saputo, non sarei stato dell’umore giusto per aiutarla in nessun modo.
Anche ora, malgrado questo sia il palcoscenico dove cercherò di riprendermi Bella, non sono per nulla felice di trovarmi per casa tutta questa gente.
“Alice, dici? Senti, fa sul serio con quel Jasper? Perché se così non fosse…”
“Jake, per cortesia…” Jacob ha una cotta per Alice da anni, da quando, bambini, lei ci faceva da baby-sitter. Averlo come cognato non mi dispiacerebbe, ma vederlo fare il suo classico sguardo da predatore parlando di mia sorella mi mette un tantino a disagio. Lui ci ha provato non so quante volte, ma senza successo. La cosa non mi stupisce: Jake è il mio migliore amico, gli voglio bene veramente, ma, ad essere del tutto onesto, non riesco proprio a vederlo con mia sorella.  Non hanno molto in comune.  Anzi, diciamo che non hanno nulla in comune. Di cosa potrebbero parlare?
“Ok Cullen, messaggio ricevuto. Hai già visto la tua Bella?”
“No, non ancora.” Rispondo guardandomi intorno nervoso.
“Coraggio, non manca molto.” Cerca di rincuorarmi. “Rose ha detto ad Emmett che saranno qui verso le dieci.”
“Rose ha detto ad Emmett?” Gli chiedo confuso. “Che vuoi dire, Jake? Quei due…”
“Sì, Cullen! Proprio così. Cupido sta facendo gli straordinari nel nostro piccolo gruppo, a quanto pare!”
Ho visto Rose un paio di volte nei giorni scorsi, e casualmente c’era Emmett con me. Ma davvero non mi ero accorto che tra loro fosse nato qualcosa!
“Sono carini, assieme…” Rifletto ad alta voce pensando a quanto, effettivamente, siano ben assortiti.
“Già, Rose è uno schianto! Ed è tostissima! Perfetta per Emmett… Senti,” Conclude dandomi una pacca sulla spalla. “Vado a bere qualcosa prima di salire sul palco.”
E così dicendo si allontana in direzione del bar,  lasciandomi solo.
 
Alice ha fatto le cose in grande. Non solo ha invitato un sacco di gente, ha pure assoldato uno dei catering più costosi di tutto Regno Unito, probabilmente di tutto il Commonwealth. Non che non me lo possa permettere, ma l’idea che mia sorella se la spassi con la mia carta di credito senza mettermi a conoscenza dei suoi piani mi da leggermente noia. C’è un bar rifornitissimo, un guardaroba, un buffet da notte degli Oscar, camerieri che offrono tartine e champagne agli invitati, dei posteggiatori in cortile…
“Edward! Che festa bellissima!” Mia madre mi corre incontro accompagnata da mio padre. “E tutte quelle luci in giardino… meraviglioso!”
“Sì, mamma, ha fatto tutto Alice.” Ormai, lo ripeto come un mantra a chiunque. “A proposito, sai dov’è?”
Vorrei tanto staccarle la testa, prima di tornare ad intrattenere gli ospiti.
“Hem… non saprei… vado a cercarla, tesoro!” E se ne va, leggiadra e felice, lasciandomi solo con mio padre.
“Allora, Edward. Come va?”
Tutta la famiglia sa che stasera incontrerò di nuovo Bella, e che è la mia ultima occasione per convincerla almeno a provarci. Alice pensa che trascinarla con l’inganno a casa mia sia l’unico modo per costringerla a starmi a sentire. Infondo da qui non può scappare, soprattutto se ho Rosalie ed Angela dalla mia parte. Io, però, non sono ancora del tutto convinto della bontà di questo piano. Probabilmente non ho altra scelta, ed infatti ho accettato il loro aiuto, ma una parte di me sa che le sto facendo una violenza, obbligandola a venire qui.
“Nervoso.” Ammetto passando le dita nel colletto della camicia nel vano tentativo di allentare la cravatta. Anche se in realtà nervoso non descrive appieno la moltitudine di sentimenti che provo. Non vedo l’ora di rivederla e di parlarle, ma allo stesso tempo sono terrorizzato dall’idea che mi possa respingere. Di nuovo. Così vorrei che questo momento, che questa attesa, non finisse mai. È snervante, ma almeno posso indugiare nella debole speranza che tutto si sistemi.
“Alice mi ha raccontato che le hai mandato delle rose, qualche giorno fa.”
Perché mia sorella non tiene mai la bocca chiusa? Per fortuna gli ha detto solo delle rose e non del tè e dei muffin… è imbarazzante.
“Hem, sì…” Ammetto restando sul vago e senza aggiungere ulteriori dettagli. Ho un buon rapporto con mio padre, ma non mi va di discutere con lui il modo in cui sto tentando di riconquistare la donna che amo. Soprattutto in questo momento.
Bella non ha risposto al mio regalo, ovviamente, ma Rosalie ha confessato ad Alice che ha pianto, quando lo ha ricevuto.
Quelle due, oramai, sono diventate inseparabili. Si sentono ogni giorno, più volte al giorno, con la scusa di aiutarmi a ritornare con Bella, ma ho il vago sospetto che questa improvvisa intesa abbia molto a che fare con la moda, e molto poco a che fare con me.  Ma infondo, cosa ci si poteva aspettare dall’incontro tra una personal shopper – Rosalie – ed una fashion blogger – mia sorella -? Nient’altro, credo.
“Vedrai, si sistemerà tutto.” Mio padre cerca di rassicurarmi dandomi una pacca sulla spalla. E poi, accorgendosi che sua moglie sta ridendo sguaiata in compagnia di un gruppo di ragazzi che non ho mai visto prima, aggiunge “Vado a recuperare tua madre.”
“Ok, Doc. Ci vediamo dopo.” Lo saluto.
 
Ricomincio ad aggirarmi tra la folla che mi circonda, stringendo mani e dispensando sorrisi e parole di benvenuto, in cerca di mia sorella che, finalmente, scorgo in piedi, vicino alla porta spalancata, mentre saluta alcune ragazze che sono appena arrivate alla festa.
Quando mi rendo conto che una di quelle ragazze è Bella, mi blocco.
Mio Dio… è bellissima.
Non ci incontriamo da giorni e vederla di nuovo – in casa mia, per giunta – è una specie di shock.
Non voglio che mi veda, non subito almeno. Così, istintivamente, mi nascondo tra gli invitati e l’osservo da lontano.
Alice abbraccia Rosalie, stringe la mano ad Angela e poi si rivolge a Bella. Sono troppo distante per sentire cosa le dice, ma vedo che le prende le mani, le sussurra qualcosa, e poi se ne va lasciandola a bocca aperta.
Alice, maledizione,  cosa stai combinando? Cosa le hai detto?
Cammino rasente i muri, sperando che lei non mi veda. Mi sento come un lupo affamato che studia la sua preda, in attesa di attaccare.
Angela e Rosalie  si allontanano svelte verso il guardaroba con i soprabiti in mano e la lasciano sola, a guardarsi intorno confusa.
Sembra a disagio ed impaurita, ed io vorrei raggiungerla, stringerla forte a me, rassicurarla e baciarla e… Ma non posso. Non è ancora il momento.
Mi sembra più magra, dall’ultima volta che l’ho vista. Sembra anche più stanca, ma il volto segnato non ha tolto nulla alla sua bellezza. I lunghi capelli neri sono raccolti in uno chignon morbido alla base della nuca ed il suo corpo stupendo è fasciato alla perfezione da un abito color petrolio che le lascia scoperta la schiena tatuata.
Non sapevo che Bella avesse dei tatuaggi. Gliene conto un paio. Uno, abbastanza evidente, sulla scapola sinistra, l’altro, più piccolo, sulla parte alta del braccio, tra la spalla ed il gomito, ma sono troppo distante per capire quali immagini ha impresso in modo indelebile sulla sua pelle.
Ci sono ancora così tante cose che non so di Bella. Ma ogni nuova scoperta non fa che aumentare l’attrazione che provo per lei.
Forse è la mia immaginazione, forse è semplicemente colpa della mia neonata gelosia cronica, ma ho l’impressione che lo sguardo di tutti gli uomini nella sala sia su di lei, sulle sue gambe lunghe e magre, sulla sua schiena nuda.So che non è così, eppure non riesco a non essere geloso, non riesco a non sentire la tensione salire.
 
Bella sembra indecisa sul da farsi, si guarda intorno per un po’ e poi, con infinita grazia, si dirige verso il bar.

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Capitolo 27
*** 23.ISABELLA ***




23. ISABELLA

 
Siamo tutti più freddi di quanto crediamo
Siamo molto più insensibili di quanto pensiamo
Ci desideriamo e poi ci amiamo
Chissà perché ad un tratto ci dividiamo
I still love you, I still love you, I still love you
(I still love you – Bluvertigo)

 
“Si può sapere dove stiamo andando?” Chiedo sbadigliando mentre, seduta sul sedile posteriore dell’auto,  guardo distrattamente il paesaggio fuori dal finestrino.  Siamo in aperta campagna ormai,  siamo in viaggio da più di un’ora,  e comincio ad essere stanca. La lezione di cucina è finita tardi, ed una volta rincasata avrei solo voluto mettermi in pigiama ed andare a letto. Nient’altro.  Invece Rosalie ed Angela mi hanno costretta ad agghindarmi per questa stupida festa di cui, a dire il vero, mi ero completamente dimenticata.
E comunque non capisco a quale genere di festa siamo state invitate. Rosalie ha preso in prestito dal reparto moda per cui lavora un campionario degno di una diva del cinema. L’abito che indosso vale da solo il mio intero stipendio di insegnante di cucina, ed i vestiti di Rose ed Angela non sono da meno.
“Ci siamo quasi.” Mi rassicura Angela al volante della Golf  sgangherata che divide con il suo ragazzo, Eric. “Vedi quelle luci laggiù?”
“Sì?”
“Ecco: è li che siamo dirette.”
Percorriamo ancora qualche centinaio di metri, finché, oltre una curva, incontriamo  una sorta di posto di blocco.  Un paio di guardie in divisa ci accolgono con estrema gentilezza e professionalità e ci chiedono di mostrare il nostro invito. Poi, una volta accertato che non siamo delle intruse, ci esortano a procedere  e  a varcare  i cancelli di quella che mi  pare essere la tenuta di un’immensa e lussuosissima dimora ottocentesca.
“Cos’è questo posto?” Domando incredula mentre, con il nostro catorcio, percorriamo un lungo viale di ghiaia finissima illuminato da un milione di piccole lampadine argentate appese agli alberi che lo costeggiano.
“Casa di amici...” Risponde Rosalie ostentando indifferenza.
“Da quando in qua Bill Gates è amico tuo?” Commento sarcastica. Conosco tutti gli amici di Rosalie  - perché sono anche amici miei – e non mi risulta che abbia iniziato a frequentare un multimilionario.
“Bella, smettila di fare la guastafeste!  È un posto meraviglioso, ci divertiremo. Ritornerai a vivere, dopo questa sera. Fidati.”
No, Rosalie. Non mi fido di te. Conosco quello sguardo. E non promette nulla di buono.
Vorrei indagare, farle altre domande, capire dove mi hanno trascinata e perché, ma so che è inutile. Conosco Rose: si limiterà a darmi risposte vaghe, a dirmi che devo solo pensare a divertirmi. Ma come faccio a divertirmi? Sto disperatamente cercando di toccare il fondo per risalire, ma sembra che l’abisso in cui mi sono gettata un fondo non ce l’abbia proprio. E poi sono stanca. È stata una giornata lunga e pesante, al lavoro sono scoppiati mille casini, la lezione di cucina è finita tardi, e non ho mangiato quasi nulla neppure oggi.
 
Mentre penso a quanto vorrei essere a casa, nel mio letto, a macerarmi nel mio dolore, raggiungiamo la fine del lungo viale. Qui  una serie di posteggiatori prendono in consegna le automobili degli invitati. Così facciamo come tutti gli altri:  lasciamo la nostra Golf e  ci dirigiamo verso l’ingresso.
 
O mio Dio…
Questa casa è da togliere il fiato!
Gli interni non hanno nulla a che vedere con l’aspetto austero della facciata esterna. L’enorme salone nel quale ci troviamo è arredato con infinito gusto e mixa sapientemente elementi antichi e moderni. Non ho davvero parole per descrivere questo posto.
Mi guardo rapidamente intorno, per capire se tra gli invitati c’è qualcuno dei  nostri amici, ma non riconosco nessuno.
C’è un sacco di gente, di tutte le età. Ci sono persino  dei bambini. E tutti sono molto eleganti. È decisamente una serata formale. Rosalie ha fatto davvero bene a scegliere questi bellissimi e costosissimi abiti per noi. Con uno dei miei soliti straccetti, magari di seconda mano, mi sarei sentita davvero inadeguata e fuori luogo.
 
Sto ancora cercando di capire dove diavolo siamo finite, quando una ragazza minuta dai capelli corvini si avvicina quasi saltellando.
“Rose!” Esclama entusiasta abbracciando Rosalie. “Come sono felice di vederti!”
“Ciao tesoro!” Le risponde Rosalie contraccambiando l’abbraccio con altrettanto entusiasmo.
Tesoro?! Ma chi è questa? E come fa a conoscere la mia Rose così bene? Io non l’ho mai vista prima d’ora.
Ma a quanto pare conosce pure Angela.
“Ciao Angela!” Continua la brunetta. “Grazie per essere venuta!”
“Figurati! Grazie a te per l’invito.”
E poi si rivolge a me raggiante “Tu devi essere Isabella!”
“Sì, Bella, piacere.” Le sorrido, perché lo impone l’etichetta, ma non riesco a mascherare un briciolo di diffidenza.
“Mio Dio, sei davvero bellissima!” Commenta senza presentarsi. E poi, stringendomi forte le mani, aggiunge con aria sognante “Avrete dei figli meravigliosi…”
Ok. Sul serio. Chi è questa pazza?
Non faccio in tempo a replicare che la brunetta se n’è andata augurandoci buon divertimento.
Mi volto confusa verso Rosalie ed Angela che mi guardano altrettanto perplesse e lievemente imbarazzate.
“È meglio andare a consegnare i nostri soprabiti.” Taglia corto Rosalie sfilandomi il trench. E poi, trascinando Angela per un braccio,  se ne va lasciandomi sola.
“Rose!” Cerco di trattenerla, ma in un attimo sono già scomparse tra la folla.
Inseguirle con questi tacchi non è una scelta percorribile. Neppure posso starmene qui impalata sulla porta di casa tutta la sera, così mi avvio a passi incerti verso il bar cercando di mantenere grazia e dignità, evitando, per quanto mi è possibile, di sembrare una giraffa zoppa.
È sicuramente una mia impressione, ma mi sento osservata. Forse non avrei dovuto indossare un abito simile. È bellissimo, costosissimo e sofisticato, ma sono anche mezza nuda! Non porto neppure il reggiseno, a causa della profonda scollatura sulla schiena. Non che abbia molto da sostenere, laggiù…
 
Mentre aspetto pazientemente il mio turno al bar,  ripenso alla brunettae alle sue parole incomprensibili: avrete dei figli meravigliosi… ma che vuol dire? No. Ho sicuramente capito male.
Probabilmente lei è la padrona di casa ed ha intenzione di lasciare un omaggio agli ospiti, tipo una pianta, ed ha detto avrete dei gigli meravigliosi, o forse dei tigli meravigliosi… Anche se la cosa mi pare ridicola.
Sono certa di non conoscerla, eppure ha un’aria familiare. Quel che è certo è che conosce la mia Rose molto bene, e non posso fare a meno di sentirmi un filo gelosa.
 
E poi avverto la sua presenza, ancora prima di averlo visto.
Bagnoschiuma, caramelle e sigarette.
“Ti posso offrire qualcosa?” Mi chiede educato, la voce calda e vellutata come al solito.
Edward…
Sono pietrificata. Non riesco né a muovermi né a parlare.  Resto lì, immobile, a fissare il barista.
“Alan, cortesemente, un bicchiere di Champagne per Isabella.” Ordina sicuro al ragazzo che sta oltre il  bancone, ignorando la fila di persone che aspetta.
“Certo, Signor Cullen.”
Signor Cullen… È normale che trovi terribilmente sexy il fatto che qualcuno lo chiami Signor Cullen? Gli da un aria così… matura.
Il barista mi passa un bicchiere di bollicine nel giro di qualche secondo.
“Grazie.” Balbetto, e finalmente trovo il coraggio di voltarmi.
Edward è in piedi, di fronte a me, ed è... bellissimo. La creatura più bella che abbia mai messo piede sulla faccia della Terra. Indossa un meraviglioso abito color antracite dal taglio sartoriale, una camicia grigio perla ed una cravatta scura. Ha i capelli leggermente più corti e ben pettinati, ed un filo di barba, come piace a me.
Non l’ho mai visto così. Sembra un divo della Hollywood anni cinquanta.
Mi sorride,  ma i suoi occhi sono tristi. Infinitamente tristi.
Edward…
“Come stai?” Mi chiede cauto.
“Bene.” Rispondo ostentando una calma che non ho. “Tu?”
“Mi manchi.” Mi sussurra dolcemente.
Ovunque sia quel fondo che sto cercando, ora so che non lo raggiungerò mai più.
Perché Rose ed Angela mi hanno portata qui? Non voglio ricominciare tutto da capo. Non voglio discutere con lui. Non troverei la forza di respingerlo, di dirgli no. È molto più facile ignorare una telefonata od un messaggio. Ma averlo qui, di fronte a me, in  carne ed ossa, potermi perdere nei suoi occhi, sentire il suo profumo ed il calore della sua pelle, quasi, è una tortura.  Come può la Terra fuggire la sua orbita intorno al Sole?
“Bella, dobbiamo parlare. Ti prego, parliamo…” Quasi mi implora ed io non riesco a respingerlo. Come potrei? Lui è il mio Sole, e la sua voce è così triste. Mi spezza il cuore.
“Non qui…” Gli rispondo.
I suoi occhi si illuminano per un breve istante, come se una nuova speranza lo stesse animando, come se non si aspettasse un mio sì.
“Vieni.” E prendendomi per la mano mi guida attraverso gli invitati, fino a raggiungere un corridoio buio. Mentre lo  percorriamo non posso fare a meno di concentrarmi sul suo tocco e mi chiedo com’è possibile. Com’è possibile sentire la mia intera esistenza concentrata lì, tra le nostre dita intrecciate; sentirmi totalmente appagata e, contemporaneamente, voler essere altrove, lontana, al sicuro, anestetizzata da questi sentimenti troppo intensi per poter essere reali.
Edward mi conduce oltre una porta scorrevole e in un istante ci ritroviamo, completamente soli, in un’enorme stanza illuminata da alcune luci soffuse. È una biblioteca, al centro della quale troneggia un meraviglioso pianoforte a coda, talmente bello che non posso fare a meno di avvicinarmi per sfiorarne i tasti.
Non sapevo che Edward suonasse il pianoforte.
 
“È casa tua, questa?”
“Sì.”
“La ragazza che ci ha accolte all’ingresso è  tua sorella?”
“Sì.”
“Conosce Rosalie?”
“Ci siamo incontrati casualmente qualche giorno fa.”
 
Restiamo così, in piedi,  l’uno di fronte all’altra, a qualche passo di distanza, a fissarci in silenzio per un po’.
Il cuore mi batte forte nel petto, e penso che potrei morire. Ora.
E poi Edward si avvicina, annullando in un attimo lo spazio che ci separa.
“Bella, mi manchi.” Mi sussurra con gli occhi chiusi, prendendomi  le mani che tengo abbandonate lungo i fianchi  e stringendole forte. “Ti prego torna con me... Ti prego…”
Siamo vicinissimi, fronte contro fronte.  Sento il suo respiro, sento il calore della sua pelle, sento il suo profumo…
Sento.
Sto tremando, come la prima volta in cui mi ha baciata.  Proprio come allora ho mille pensieri che mi affollano la mente. Ma l’unica cosa che voglio – che desidero più di quanto abbia mai desiderato qualunque altra cosa in vita mia -  è avvicinarmi ed assaporare di nuovo le sue labbra morbide, ma non posso.
Non posso.
“Edward…” Mormoro, divincolandomi. “Per favore, non rendere tutto così difficile.”
Mi allontano di qualche passo e gli do la schiena, perché non ce la faccio a sostenere il suo sguardo. Non sopporto di vederlo così triste, e l’idea che sia io a causargli tanto dolore è lacerante.
“Perché, Bella? Rosalie me l’ha detto. Stai male anche tu. Ti manco. Allora perché non vuoi stare con me? Perché?” Mi chiede quasi disperato.
“Lo sai perché…” Balbetto.
“No che non lo so!” Esclama costringendomi a voltarmi e a guardarlo.
Edward…
“Bella.” Mi prende il volto tra le mani e mi accarezza le tempie con i pollici. “Con Tanya è finita, sul serio. È vero, dobbiamo lavorare ancora insieme. Ma non accadrà nulla, te lo prometto.”
“Lo so, Edward. Ti credo.” Perché è vero: gli credo.
“Ed allora perché? È per via della stampa? Dei paparazzi? Bella,  ti ho già chiesto scusa. Non volevo accadesse quello che è accaduto. Non devi credere a ciò che scrivono i giornali…”
“So anche questo, Edward.” Perché è vero: non mi importa nulla di ciò che scrivono.
Gli stringo i polsi, indecisa se allontanarlo oppure no, ma il tocco delle sue mani delicate sul mio viso è troppo piacevole per interromperlo. Possibile che non abbia un briciolo di spina dorsale in sua presenza?
“Ti prego, Bella.  Dammi una buona ragione per cui non dovremmo stare insieme.” E siccome non rispondo, azzarda “È per l’età? È perché sono più giovane? Bella, è ridicolo…”
No. Non è questo. O forse sì. Non lo so. Sicuramente questo non è l’unico motivo. È molto più complicato di così.
“È per il lavoro che faccio?” Continua. “È a causa di tutta questa visibilità? Bella, non sarà così per sempre… non sai quanti ce ne sono là fuori pronti a prendere il mio posto. Io…”
“Tu non puoi darmi ciò di cui ho bisogno, Edward…” Lo interrompo bruscamente.
E per la prima volta sono sincera. Per la prima volta gli sto facendo capire la ragione per cui mi sono allontanata da lui.
“E allora dimmi di cosa hai bisogno, Bella…  Basta che tu me lo dica…” Mi supplica con un filo di voce continuando ad accarezzandomi il volto. Anche lui sta tremando. Anche lui mi vuole baciare. Siamo vicinissimi. Vicinissimi…
No, no, no… non posso! Non posso!
“Non funziona così! Semplicemente non puoi! Non è colpa tua!” Esclamo esasperata divincolandomi ed allontanandomi nuovamente.
“Cristo Santo, Bella!” Improvvisamente Edward perde il controllo e tira fuori tutta l’ansia accumulata in questi giorni. “Cosa vuoi? Dimmelo! Cosa cazzo vuoi? Come cazzo faccio a saperlo se non me lo dici? Sei scomparsa per dei giorni, non hai risposto né alle mie telefonate né ai miei messaggi! Perché mi stai facendo questo? Perché ti stai facendo questo? Guardati, Bella. Non mangi più, sei dimagrita… Aiutami a capire, Bella… Porca miseria, voglio solo capire… Parlami!”
Sono esterrefatta. Edward non si è mai rivolto a me  in questo modo. Di solito è sempre così tranquillo e controllato, sorridente e di buon umore. Ora sembra… arrabbiato.
“No! Edward… No!” Urlo di rimando.
Sono sicura che non capiresti. Sei troppo giovane, sei un ragazzino. Non ne vale la pena.
 
Devo andarmene da qui. Sento gli occhi riempirsi di lacrime e non voglio che lui mi veda piangere.
“Io… io me ne vado.” Singhiozzo dirigendomi verso l’uscita.
“Bella!” Mi implora di nuovo trattenendomi per una mano. “ Bella, scusa. Non volevo alzare la voce... Bella, non andare, per favore… Io ti a…”
“No!” Esclamo terrorizzata liberandomi a fatica. “Ti prego non dirlo! Non dirlo…”
“Bella…”
“Addio, Cullen.”
E me ne vado.
Lasciandolo solo.

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Capitolo 28
*** 24.EDWARD ***




24. EDWARD

 
I let it fall, my heart
And as it fell, you rose to claim it
It was dark and I was over
Until you kissed my lips and you saved me
My hands, they were strong, but my knees were far too weak
To stand in your arms without falling to your feet
But there's a side to you that I never knew, never knew
All the things you'd say, they were never true, never true
And the games you'd play, you would always win, always win..
 (Set Fire to the Rain – Adele)

 
“Ti prego, Bella.  Dammi una buona ragione per cui non dovremmo stare insieme.”
E siccome non risponde azzardo varie ipotesi. Le chiedo se è per colpa dell’età. Ci separano sei anni. Non sono molti, ma non sono neppure pochi. Ciononostante, come può essere un problema? Mia sorella ha la stessa età di Bella, ed è la mia migliore amica. Lo so, non è la stessa cosa. Ma a parte mia sorella la vita che faccio mi obbliga a frequentare persone più grandi di me, a lavorarci.  Ogni giorno devo affrontare problemi che i miei coetanei neppure si sognerebbero. Hollywood è una vasca di pescecane: o mangi o sei morto. Non sono più un ragazzino. Non potrei più esserlo neppure se lo volessi.
Le chiedo se è proprio il lavoro che faccio, la ragione per cui non se la sente di stare con me. Se è a causa di tutta la visibilità che comporta stare con un uomo che fa l’attore. Anche se mi rendo conto che ora non sono semplicemente un attore. Mi hanno cucito addosso il ruolo del teen-idol e probabilmente non riuscirò a scrollarmelo ancora per un po’.  Non mi lamento, è un passaggio obbligato. Non ho avuto solo grane da tutto questo. Mi si sono spalancate mille porte ed ho intenzione di giocare ogni singola carta che mi è stata regalata. Ma per uno come me ce ne sono mille altri là fuori che sgomitano per prendere il mio posto. Ed io non vedo l’ora di farmi da parte, di continuare la mia vita, di essere, finalmente, solo un attore.  Perché è questo ciò che mi preme, ciò che mi interessa. Non la fama, la popolarità, finire sulle riviste, nella classifica degli uomini più sexy del pianeta…. Questa è tutta merda.
“Tu non puoi darmi ciò di cui ho bisogno, Edward…” Mi interrompe bruscamente proprio mentre cerco di spiegarle che presto i riflettori si spegneranno. Che, se decidessimo di stare insieme, di uscire allo scoperto, tutti  ci starebbero addosso. Ma durerebbe poco, pochissimo. La stampa ha bisogno di materiale fresco ogni giorno, di drammi, di lacrime, di dolore… Una coppia normale, che si ama, che fa cose normali, non è una notizia. Non è uno scandalo. Non è business. Non è soldi. Ed io voglio solo amarla. Voglio solo essere normale, con lei.
Tu non puoi darmi ciò di cui ho bisogno…
Bene. Comincia ad aprirsi. Comincia a dare un senso al perché si è allontanata da me.
“E allora dimmi di cosa hai bisogno, Bella…  Basta che tu me lo dica…” La imploro con un filo di voce, avvicinandomi sempre di più. Le accarezzo il volto, i capelli. Sento il suo respiro caldo. Sento la sua pelle morbida, sento il suo profumo…
Sento.
Voglio che continui a parlare, a spiegare. Voglio che mi dica ciò di cui ha bisogno, perché voglio darglielo. So che posso darglielo. Non desidero altro: stare con lei. E se stare con lei dovesse significare abbandonare tutto,  maledizione lo farei. Non me ne frega un cazzo. Voglio solo stare con lei… voglio stare con lei… voglio toccarla… voglio baciarla… voglio farla mia…
Ti voglio Bella, ti voglio… parlami…
Parlami…
Le sue labbra sono così vicine… così vicine…
Baciami, Bella…
Baciami…
“Non funziona così! Semplicemente non puoi! Non è colpa tua!” Esclama esasperata mentre si divincola con uno strattone e si allontana di qualche passo.
Bella…
E poi non so cosa mi prende. Sento solo la rabbia salire. Non capisco perché mi stia trattando così. Non capisco perché non voglia discutere con me di quello che è successo. Perché non voglia dirmi cosa vuole da me.  Sono qui, di fronte a lei, nudo ed indifeso. Le sto aprendo il mio cuore. Le sto dicendo che la voglio; no, non che la voglio, che ho bisogno di lei. E non mi concede neppure una spiegazione. Anche lei sta male, standomi lontana, eppure non ha nessuna intenzione di provarci. Preferisce morire di fame e perdere il sonno piuttosto che provare a stare insieme. È ridicolo, è insensato, è…  crudele.
Così perdo il controllo ed alzo la voce, forse più di quanto vorrei.  “Cristo Santo, Bella! Cosa vuoi? Dimmelo! Cosa cazzo vuoi?”
Lei si volta e mi guarda esterrefatta, ma presto lo stupore si  trasforma in qualcosa che non capisco. Gli occhi le si riempiono di lacrime e vorrei fermarmi, calmarmi… Non ci riesco e così continuo ad urlare la mia frustrazione. “Come cazzo faccio a saperlo se non me lo dici? Sei scomparsa per dei giorni, non hai risposto né alle mie telefonate né ai miei messaggi! Perché mi stai facendo questo? Perché ti stai facendo questo? Guardati, Bella. Non mangi più, sei dimagrita… Aiutami a capire, Bella… Porca miseria, voglio solo capire… Parlami!”
“No! Edward… No!” Urla a sua volta. E poi aggiunge singhiozzando “Io… io me ne vado.”
In un attimo raggiunge la porta ed io vengo colto dalla disperazione.
Lei se ne sta andando. Bella se ne sta andando…
Non è possibile. Non deve finire così. Non può. Non ha senso. Io la amo, ed anche lei mi ama, lo so. È una cosa che non riesco a spiegare, ma che so.
Glielo devo dire. Forse, se glielo dico, capirà che faccio sul serio, che lei non è solo un capriccio, una cosa che voglio avere per forza.  Capirà che io ho bisogno di lei.
Bella ha solo paura. Della differenza di età, del mio lavoro che mi porterà spesso lontano, della troppa visibilità, di… Dio, non lo so di cosa ha paura! Non me lo vuole dire! Non vuole parlare con me! Ma qualunque sia il motivo non deve. Non deve!
Se solo mi dicesse cosa vuole, di cosa ha bisogno… sono sicuro che glielo potrei dare. Io la amo.
Io la amo…
“Bella! ” La imploro trattenendola per una mano. “Bella, scusa. Non volevo alzare la voce... Bella, non andare, per favore… Io ti a…”
“No!” Esclama terrorizzata divincolandosi. “Ti prego… non dirlo.”
Bella…
“Bella…” Perché non vuoi che te lo dica? Perché?
“Addio, Cullen.” Mi sussurra con infinita tristezza trattenendo a stento  le lacrime.
E poi scompare oltre la porta della biblioteca.
 
Resto in piedi a fissare la porta chiusa per non so quanto tempo. Mi gira la testa e sento uno strano ronzio nelle orecchie.
Bella non c’è più. Bella se ne è andata. Per sempre.
E poi la sento. La rabbia. Salire di nuovo. Come poco fa, quando le ho urlato contro la mia frustrazione.
Non so che fare. Stringo i pugni e non so che fare. Sento il respiro farsi sempre più affannato e non so che fare. Sento un nodo alla gola e non so che fare. Così mi  fiondo alla scrivania infondo alla stanza e scaravento tutto quello che trovo a terra. Sfascio tutto: libri, lampade, suppellettili, fogli, penne, vasi…
Finisce tutto sul pavimento. In mille pezzi. Assieme al mio cuore.
 
Alice mi trova dopo un po’ seduto sul pavimento, la schiena contro la parete, i gomiti appoggiati alle  ginocchia, la testa tra le mani.
“Edward!” Esclama preoccupata inginocchiandosi al mio fianco. “Cos’è successo? Dov’è Bella?”
“Se ne è andata, Alice.” Le spiego senza alcuna emozione nella voce.
“Oh, Edward…”
“Alice, cosa ho che non va? Cosa ho di sbagliato? ” Le chiedo fissando il vuoto di fronte a me. “Perché le donne di cui mi innamoro scappano sempre? Dico sul serio, Alice. È ovvio che c’è qualcosa che non va in me.  Cerco di dare tutto, di essere sincero… ma non funziona. Se fossi un bastardo senza cuore riuscirei ad ottenere ciò che voglio? Certe volte ho l’impressione che voi donne preferiate chi vi tratta male, chi vi fa soffrire, chi scappa… Io volevo solo stare con lei, Alice. Prendermi cura di lei, nient’altro…  A che serve essere sempre circondato da centinaia di donne, a che serve comparire nella classifica degli uomini più belli e desiderabili del pianeta se l’unica che amo, l’unica di cui ho davvero bisogno non vuole saperne nulla di me?”
“Edward…”
Alice non sa cosa dire. Quindi fa l’unica cosa che può fare. Mi strige forte la mano e mi tiene compagnia in silenzio.

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Capitolo 29
*** 25.ISABELLA ***




25. ISABELLA

 
Forse sta a pochi metri da me 
Quello che cerco e vorrei trovare 
La forza di fermarmi 
Perché sto già scappando,  mentre non riesco 
A stringere più a fondo e ora che sto correndo 
Vorrei che fossi con me 
Che fossi qui 
Sento a pochi metri da me 
Quello che c'era e vorrei trovare 
La forza di voltarmi 
Perché se stai svanendo io non ci riesco 
A stringere più a fondo ora che sotto il mondo 
Vorrei che tu fossi qui 
Che fossi qui 
(Strade – Subsonica)


 
Merda…
Che cosa ho fatto?
Bella, che cosa hai fatto?
 
Non appena richiudo dietro di me la porta della biblioteca, mi pento immediatamente di essere fuggita via in quel modo da Edward.
Sembrava così confuso, così disperato, così… indifeso.
Ha perso la pazienza per un attimo ed ha alzato la voce, ma altrettanto rapidamente è tornato ad essere l’Edward dolce e sensibile che conosco. L’Edward che non ha paura di mostrarsi per ciò che è, che non ha paura di esternare i propri sentimenti.
Vorrei tornare indietro, rassicurarlo, dirgli che anche io lo amo, che anche io ho bisogno di lui. Ma non posso. Io non posso stare con Edward Cullen. Punto. Quindi è giusto che me ne sia andata. Ho solo fatto ciò che dovevo.
Ma in questo momento è davvero faticoso razionalizzare e ricordare con esattezza il motivo per cui ho deciso che è giusto così. L’unica cosa che sento ora è che lui non c’è più. Che lui non ci sarà mai più.  Non ci saranno mai più i suoi occhi, il suo sorriso, la sua risata contagiosa, le sue mani…
Niente più bagnoschiuma, caramelle e sigarette.
È  finita. Questa  volta per sempre.
 
Ho cercato di trattenere le lacrime, fintanto che Edward mi stava di fronte. Non volevo che mi vedesse piangere, che mi vedesse debole. Se mi avesse visto piangere avrebbe cercato di consolarmi, mi avrebbe trattenuta a sé, mi avrebbe stretta forte, mi avrebbe accarezzata e  sussurrato parole di conforto all’orecchio. Perché lui è fatto così. È un uomo premuroso e generoso. E mi ama. Me lo stava per dire: ti amo Bella. Ma io gliel’ho impedito. Lui non può amarmi, non deve amarmi. Non può amare una che lo abbandona in questo modo,  che non mostra alcuna pietà ne confronti del suo dolore.
 
Ora lui non c’è più, e così mi lascio andare. Le lacrime mi rigano le guancie e non c’è più modo di trattenerle.
Vorrei tanto andarmene, fuggire, nascondermi…  ma non so dove! Questa è casa sua, maledizione!
Dove sono Angela e Rose? Perché mi hanno trascinata qui? Perché mi hanno costretta ad incontrarlo? Sapevo che lasciarlo sarebbe stato mille volte più doloroso se lo avessi fatto guardandolo negli occhi. Quegli occhi che sono stati il mio personale angolo di paradiso, il mio cielo terso e senza nubi. Quegli occhi che so leggere e capire, perché sono nata per farlo.
Se solo lui fosse un ragazzo qualunque incontrato per caso chissà dove, ora  non staremmo male, ora staremmo insieme…
 
Dove sono Angela e Rose?
Voglio andare a casa. Voglio solo andare a casa…
 
Mi faccio strada a fatica tra gli invitati alla festa, asciugandomi le guancie con il dorso della mano, cercando di non inciampare e di non andare a sbattere contro nessuno.
“Bella!” Esclama Angela incontrandomi in mezzo alla gente. Vedermi in questo stato la mette in allarme e subito pensa al peggio. “Cos’è successo? Cosa ti ha fatto?”
“Voglio andare a casa…” Piagnucolo aggrappandomi a lei. “Ti prego Angela, portami a casa...”
“Bella, cosa ti ha fatto? Perché piangi?” Mi chiede in preda all’ansia. “Giuro se ti ha fatto qualcosa…”
“Non mi ha fatto niente. Edward non ha fatto nulla di male, Angela… Ti prego, portami a casa… portami a casa…” Continuo a ripetere controllando a fatica i singhiozzi.
Non voglio piangere! Non voglio! Perché sto piangendo? Perché? Ho fatto ciò che dovevo… Allora perché piango? Perché fa così male?
“Ok Bella, adesso andiamo.” Angela cerca di consolarmi stringendomi forte. “Prima ti devi calmare, però. Su, smettila di piangere… Vieni.”
E così dicendo mi prende per una mano e mi guida fuori dalla sala, lungo un altro corridoio, verso il bagno.
 
“Allora. Me lo dici cos’è successo?” Mi chiede preoccupata chiudendo la porta dietro di sé.
Io non dico nulla. Con lo sguardo basso mi siedo sulla tavoletta del water e sfilo una striscia di carta igienica, continuando a singhiozzare.
“Bella?” Insiste.
“Ha detto che mi ama... Che vuole stare con me...” Mi decido a risponderle soffiandomi il naso.
“E perché piangi?”
Io la guardo senza capire.
Che significa perché piangi? Mi sembra così normale, così banalmente ovvio. Ci amiamo e non possiamo stare insieme perché non avrebbe senso. Non dovrei piangere?
“Bella. Lui ti ama. Tu lo ami. Lontani state entrambi male. Di cos’altro hai bisogno per stare con Edward?”
“Angela, tu non capisci…” Piagnucolo.
“Sì, è vero, non capisco. Spiegamelo, Bella. Perché davvero non capisco! Non l’hai spiegato né a me né a Rose e francamente comincio a dubitare che tu l’abbia spiegato ad Edward.”
Il suo tono di voce è stranamente duro ed io comincio a sentirmi a disagio. Non sono abituata ad una Angela aggressiva. Lei è sempre dolce e materna. Non l’ho mai vista perdere la pazienza con nessuno, ed ora la sta perdendo con me.
“È per via di Tanya?” Chiede.
“No, con lei è finita. Gli credo.”
“Non reggi il peso della stampa?”
“No, penso di poterla affrontare. Anche  se non è questo il problema più grande.”
È vero, la stampa è un strazio e la voglia di prendere tutti quanti a pugni è difficile da controllare, a volte, ma è stato stranamente esaltante alzare il dito medio in direzione di tutti quei fotografi. Mi sono sentita una specie di rock star.
“Allora cos’è?” Mi incalza sempre più spazientita.
“Angela, Edward è così giovane! È un attore di fama mondiale, ha talento, è bellissimo, affascinante, può avere tutte le donne che vuole, perché dovrebbe iniziare una vita insieme a me? Io ho trent’anni! Ho bisogno di una relazione stabile, ho bisogno di sicurezza, che il mio uomo ci sia, sempre. Alla sua età io pensavo che sarei stata con Michele per sempre. Ne ero certa, ed invece…”
“A lui queste cose le hai dette?”
“Cosa?”
“Gliene hai parlato?” Mi chiede sempre più nervosa. “A lui hai detto di che cosa hai bisogno? Come fai a sapere che Edward non te lo può dare? Non hai mai neppure provato a stare con lui!”
“Sì…” Balbetto imbarazzata. “Cioè… Io non...  beh... non gli ho esattamente detto…”
Ma lei non mi lascia neppure lo spazio per tentare di difendermi.
“Sei una stupida! E una codarda! Siccome hai paura di perdere una cosa bella, la getti via subito.”
“Angela… cosa…” Non riesco a controbattere. Angela non mi ha mai parlato in questo modo. Di solito è Rosalie a tenermi testa.
“Stai fuggendo, come hai sempre fatto in questi anni. Hai paura di lasciarti andare, di essere felice. Lo capisco, ma devi reagire Bella. È meglio provarci e fallire, che non provarci affatto! Davvero vuoi vivere il resto dei tuoi giorni nel rimpianto di aver buttato via una cosa così bella? Credi davvero di poter trovare un altro che ti possa amare in questo modo? Non so cosa tu stia cercando, Bella. Ma mi pare proprio che sia la cosa sbagliata, se questa fantomatica cosa ti ha portata a respingere l’unico uomo che tu abbia mai amato veramente dopo Michele.”
Angela…
“Vado a cercare Rose.” E senza aggiungere altro mi lascia lì, seduta sulla tazza del water, con il rotolo di carta igienica in mano.
 
Mi sento uno schifo. Angela ha ragione. Ha perfettamente ragione. Sono una stupida, e una codarda. Sto gettando via una cosa meravigliosa senza una ragione valida, se non la paura di perderla. Sto rinunciando ad Edward ancora prima di aver provato a stare con lui, solo perché la ragazzina timida ed insicura di quindici anni fa mi ha convinta che lui è troppo per me, che prima o poi si stancherà e che le nostre vite, così diverse, ci allontaneranno, un giorno.
Voglio lo stesso tipo di amore che legava i miei nonni, un amore  profondo e tranquillo, che si nutre di cose semplici, ed ho deciso che Edward non me lo può dare senza neppure dargli la possibilità di dimostrare il contrario. Come una sputasentenze mi sono messa in cattedra e l’ho bollato anzitempo. L’ho etichettato, come fanno tutti. L’ho giudicato per il lavoro che fa e per il mondo in cui vive. In lui ho voluto vedere solo l’attore, non l’uomo.  Sono stata stupida e superficiale e vigliacca.
 
Forse non è troppo tardi. Forse posso ancora rimediare. Uscirò di qui, cercherò Edward e gli dirò che ho solo paura. Gli dirò ciò di cui ho bisogno ed a quel punto sarà lui a decidere se vuole o meno stare con una pazza isterica. Perché questo sono. Una pazza isterica vittima delle proprie insicurezze e delle proprie crisi di panico.
 
Cerco di ricompormi come posso, eliminando con la carta igienica le tracce di rimmel colato a causa delle lacrime. Poi esco dal bagno e mi dirigo decisa verso la biblioteca. Ma lui non c’è più.
 
Edward, dove sei?
 
Mi guardo intorno tra la folla, in preda all’ansia. E poi lo vedo, in un angolo appartato della sala, nascosto dietro ad una colonna, con un bicchiere di liquore ed una sigaretta tra le labbra. La giacca è sbottonata, la cravatta è sparita ed il colletto della camicia è aperto.
Edward…
Gli vado incontro, terrorizzata e piena di speranza allo stesso tempo. Infondo mi ama. Andrà tutto bene. Si sistemerà tutto.
“Edward…” Balbetto avvicinandomi.
“Che vuoi?” Mi domanda brusco.
Brutto segno. Gran brutto segno.
“Mi dispiace, Edward, io…”
Ma non mi lascia finire.
“Bella, ho capito.” Dice posando il bicchiere vuoto su un tavolo e prendendone altri due al volo dal vassoio di un cameriere di passaggio. “Non c’è bisogno di aggiungere altro. Messaggio ricevuto.”
“Edward, io ti voglio spiegare…”
“Isabella. Non è più necessario. Goditi la festa.” Ed alzando uno dei bicchieri, proprio come se stesse facendo un brindisi, se ne va via barcollando.
 
Merda…
Merda! Merda! Merda!
Non può finire così. Non può! Non può! Noi ci amiamo!
Mi guardo intorno disperata, senza sapere cosa fare.
E poi vedo il palco ed  i Wolf Pack che stanno facendo una pausa e mi viene un’idea.
“Bella!” Rosalie mi si avvicina minacciosa facendosi largo tra la gente. “Si può sapere cosa cazzo hai fatto?”
“Rose! Mi devi aiutare!” La imploro.
“È quello che sto facendo da giorni, Bella!” Esclama spazientita. “Io, Angela, Alice, Edward… lo stiamo facendo da giorni! Per chi diavolo credi sia tutta questa messa in scena? E tu mandi tutto a puttane…”
“Se glielo cantassi?” Le chiedo in preda al panico.
“Cosa?!”
“Non mi vuole più stare a sentire! Ma deve sapere che io lo amo! Devo dirgli cosa provo per lui, di cosa ho bisogno! Ed a quel punto sarà lui a decidere…”
“Vuoi dedicargli una canzone?” Mi chiede scettica.
“Sì…” Infondo è attraverso la musica che so esprimermi meglio.
“Qui, di fronte a tutti.” Continua Rosalie dubbiosa.
Le faccio cenno di sì con la testa.
Rose, ti prego, sostienimi almeno tu! Sto morendo di paura e mi vergogno come una ladra, ma sono disperata e non so cos’altro fare.
Rosalie mi scruta per un attimo e poi, sorridendo maliziosa, mi prende per la mano e mi dice “Andiamo!”
Mi trascina a passo sicuro verso il palco e poi, quando siamo abbastanza vicine, chiama ad alta voce “Emmett…”
Quello grosso dei Wolf Pack si gira.
“Hey, piccola!”
Hey piccola?! Perché il bassista dei Wolf Pack dà della piccola a Rose? O mio Dio! La sta baciando! Sulla bocca! Ma cosa è successo in questi giorni? Rose è diventata la confidente di Alice Cullen e la ragazza di uno dei migliori amici  di Edward? Come ho fatto a non accorgermi di nulla?
“Amore, mi devi aiutare…”
Amore?! AMORE?!
“Tutto quello che vuoi, piccola.”
“Bella vuole dedicare una canzone ad Edward… le serve una chitarra… e magari qualcuno che l’accompagni…”
“È nel posto giusto, direi… ” E poi, rivolgendosi agli altri del gruppo. “Ragazzi, fuori programma. Accompagniamo Bella in un pezzo suo.”
“Ok, va bene.” Accetta subito il batterista alzando le spalle.
Al contrario, il cantante dei Wolf Pack - Jacob Black se non ricordo male – si avvicina dubbioso.
“Tu canti?” Mi chiede scettico. Mi squadra dal basso verso l’altro e davvero non capisco quale sia il suo problema. Ma chi si crede di essere? Ho frequentato il conservatorio, io. Non mi sono diplomata. Ma l’ho frequentato.
“Sì. E suono.” Lo sfido con lo sguardo.
“E cosa, di grazia?”
Ma che vuole questo? Probabilmente Edward gli ha parlato male di me, ecco perché è così aggressivo.
“Pianoforte e chitarra. Se non ti dà fastidio vorrei prendere in prestito una delle vostre chitarre, non mi serve un accompagnamento.”
“No, perché?” Interviene Emmett. “Dicci che pezzo vuoi fare, ti veniamo dietro… non vorrai mica salire lì sopra da sola…”
Emmett ha ragione. Quello che sto per fare è folle e qualcuno potrebbe anche riconoscermi come la ragazza che si strusciava addosso al padrone di casa qualche giorno fa in un parco pubblico. Con i Wolf Pack mi sentirò meno in imbarazzo.
Forse.
Spiego ai ragazzi che pezzo voglio fare, ci mettiamo d’accordo sull’esecuzione, tiro un bel respiro e salgo sul palco.



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siamo quasi alla fine, manca poco, e se tutto va bene domani dovrei postare un altro capitolo... o forse due... chissà...
nel frattempo: grazie
come sempre
besos
OpunziaEspinosa

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Capitolo 30
*** 26.EDWARD ***




26. EDWARD

 
Senza peso, senza fiato, senza affanno
Mi travolge
E mi sconvolgi 
Poi mi asciughi e scappi via 
Tu ritorni poi mi bagni 
E mi riasciughi e torni mia 
Senza peso e senza fiato 
Non son riva senza te 
(Senza Fiato – Negramaro)


 
Ammetto che ubriacarmi non è un’idea geniale, anzi, lo trovo decisamente immaturo, nonché banale e scontato, ma non me ne frega un cazzo. Infondo pare che Bella mi abbia lasciato per questo: perché sono un ragazzino. Credo. Non ho capito bene, in realtà. Si è chiusa a riccio ed a parte un “non mi puoi dare ciò di cui ho bisogno” non ha aggiunto altro. Perciò mi ubriaco, chissenefrega. E poi siamo ad  una festa ed alle feste ci si ubriaca.
 
Sono al mio terzo Whisky, ed alla mia quarta sigaretta, quando scorgo Bella tra la folla.
Si guarda intorno, confusa.
Dio è così bella… anche con gli occhi rossi per il pianto ed il trucco sfatto.
Quando incrocia il mio sguardo ha come un sussulto, si ferma e poi comincia ad avvicinarsi, lentamente e con cautela; sembra quasi che abbia paura di me.
Io me ne vorrei andare, perché non ho più voglia di giocare, perché sono stanco ed incazzato, perché non sono lucido, in questo momento, e potrei dire o fare qualcosa di cui potrei pentirmi, una volta riacquistate le mie facoltà.
Ma non ci riesco. Come può la Terra allontanarsi dal Sole? Bella è il mio Sole.
 
“Edward…” Non appena si trova di fronte a me, chiama il mio nome con un filo di voce… la sua voce… non posso credere che dopo stasera non sentirò più la sua voce. Queste potrebbero essere le ultime parole che ci scambiamo, potrebbe essere l’ultima volta che la sentirò pronunciare il mio nome.  Adoro il modo in cui il suono del mio nome esce dalla sua bocca, con quella leggera inflessione straniera… è l’ultima volta che lo sento.
“Che vuoi?” Le chiedo senza riuscire a nascondere la stizza.
Ti amo Bella, ma sono anche incazzato, e sulla buona strada per una sbornia colossale.
“Mi dispiace.” Balbetta timida. “Edward, io…”
Ma non la lascio finire. Non posso sopportare di sentirla pronunciare ancora il mio nome in questo modo: con un filo di voce… la sua bellissima voce… mi sento lacerare, mi sento debole, mi sento vulnerabile. Potrei tornare indietro, potrei cedere un’altra volta, e non voglio. Ho promesso a me stesso che è ora di finirla: mai più mi farò umiliare da una donna. Ho bisogno di tempo e di spazio. Me ne starò da solo, per un po’. E forse riuscirò a capire dove ho sbagliato fino ad ora.
“Bella, ho capito.” Le dico posando il bicchiere vuoto su un tavolo e prendendone altri due al volo dal vassoio di un cameriere di passaggio. “Non c’è bisogno di aggiungere altro. Messaggio ricevuto.”
Non voglio sentirla dire un’altra volta che non possiamo stare insieme perché e meglio così per entrambi. Cosa cazzo vuol dire? Non ha senso. E se anche ci fosse dell’altro, a che serve ormai saperlo? È finita. Qualunque spiegazione non cambierebbe la realtà delle cose: lei non mi vuole, lei non ha bisogno di me. Mi sono illuso che conoscere almeno la ragione per cui mi ha lasciato mi avrebbe aiutato. Ma non è così, solo ora lo capisco.
“Edward, io ti voglio spiegare…”
“Isabella.” La interrompo senza troppi giri di parole. “Non è più necessario. Goditi la festa.”
E dopo aver alzato il calice al cielo, me ne vado.
 
Dopo essermi allontanato, mi scolo veloce lo Champagne e poi mi procuro un’intera bottiglia. Spero solo che mia madre e mio padre non mi trovino in questo stato: non ne sarebbero orgogliosi.
Mi guardo in giro senza sapere cosa fare e mi rendo improvvisamente conto di essere stanco, terribilmente stanco, e che ho bisogno di una boccata d’aria.
Decido di abbandonare la festa uscendo dalla porta sul retro, quando sento una voce dolce e timida, una voce che conosco bene  - troppo bene - provenire da uno degli amplificatori.
“Questa canzone si intitola Nicest Thing. 
 So che ho fatto un gran casino, ma voglio solo che tu lo sappia.”
Mi affaccio sul salone e vedo Bella, sul palco, con i Wolf Pack. È seduta su uno sgabello, di fronte al microfono, e tiene tra le braccia una delle chitarre di Jake, quella che uso io di solito quando raggiungo i miei amici in sala prove e suoniamo assieme, come ai vecchi tempi. La mia chitarra preferita.  E poi, accompagnata dai ragazzi, inizia a suonare e a cantare.
La sua voce è bella e calda e piena d’amore,  proprio come le parole della canzone che mi sta dedicando.
Ed io finalmente capisco e penso di essere l’uomo più fortunato sulla faccia della terra.

 

http://www.youtube.com/watch?v=wYWv_NSBZQI

 

All I know is that you're so nice
You're the nicest thing I've seen
I wish that we could give it a go
See if we could be something

I wish I was your favourite girl
I wish you thought I was the reason you are in the world
I wish my smile was your favourite kind of smile
I wish the way that I dressed was your favourite kind of style
I wish you couldn't figure me out
But you always wanna know what I was about
I wish you'd hold my hand when I was upset
I wish you'd never forget the look on my face when we first met

I wish you had a favourite beauty spot that you loved secretly
'Cause it was on a hidden bit that nobody else could see
Basically, I wish that you loved me
I wish that you needed me
I wish that you knew when I said two sugars
Actually, I meant three

I wish that without me your heart would break
I wish that without me you'd be spending the rest of your nights awake
I wish that without me you couldn't eat
I wish I was the last thing on your mind before you went to sleep

All I know
Is that you're the nicest thing I've ever seen
I wish that we could see
If we could be something

 
Tutto ciò che so è che sei così bello
Sei la cosa più bella che io abbia mai visto
Vorrei poter fare un tentativo
Vedere se assieme possiamo essere qualcosa
Vorrei essere la tua ragazza preferita
Vorrei che tu pensassi che sono io la ragione per la quale sei al mondo
Vorrei che il mio sorriso fosse il sorriso che preferisci
Vorrei che il modo in cui mi vesto fosse lo stile che preferisci
Vorrei che tu non riuscissi a capirmi
Ma volessi sempre sapere cosa sto per fare
 
Vorrei che tu mi tenessi la mano, quando sono triste
Vorrei che tu non dimenticassi mai l’espressione del mio viso quando ci siamo incontrati per la prima volta
Vorrei che tu avessi un neo preferito, che ami segretamente perché si trova in un angolo nascosto che nessun altro può vedere
 
Fondamentalmente vorrei che tu mi amassi
Vorrei che tu avessi bisogno di me
Vorrei che tu sapessi che quando dico due zollette, in realtà intendo tre
Vorrei che senza di me il tuo cuore si spezzasse
Vorrei che senza di me tu passassi le tue notti sveglio
Vorrei che senza di me tu non potessi mangiare
Vorrei  essere l’ultima cosa a cui pensi prima di andare a dormire
Guarda, tutto ciò che so
È che sei la cosa più bella che io abbia mai visto
E vorrei poter capire se possiamo essere qualcosa

 


  http://www.youtube.com/watch?v=ruQ0O44CB38  NICEST THING – KATE NASH
Ed ecco svelato il "mistero" del titolo... a parte l'ovvio rimando al nome dalla protagonista... Nicest Thing è, secondo me, una delle canzoni d'amore più belle mai scritte. Struggente nella sua disarmante semplicità. Credo esprima tutto ciò che ognuno di noi vuole (e vorrebbe dare) in un rapporto. Vi lascio anche il link alla meravigliosa versione live ad Abbey Road

 

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Capitolo 31
*** 27.ISABELLA ***


 

 


27. ISABELLA

 

Is it worth the wait, all this killing time?
Are you strong enough to stand?
Protecting both your heart and mine…
(Heavy in your arms – Florence & The Machine)

 

Mentre sono sul palco e canto, mi dimentico di tutto. Non penso alla gente che mi sta di fronte, che mi ascolta e che, forse, mi riconosce come la donna che baciava Edward Cullen al parco qualche giorno fa.
Penso solo a lui, nella speranza che mi stia ascoltando e che, finalmente, capisca.
Penso ad Edward ed al fatto che lo amo e che voglio stare con lui e provarci, anche se ho paura. Perché lui è l’unico con cui posso affrontare le mie ansie. Con nessun altro potrei farlo. Perché nessun altro riuscirebbe a darmi ciò di cui ho bisogno. Solo Edward. Ora lo so.
Non so dov’è, non lo vedo. Così tengo gli occhi chiusi e canto, accompagnata dai Wolf Pack.

Quando poso la chitarra, nel salone è calato il silenzio, tutti mi guardano, ammutoliti. Ed io vorrei evaporare, all’istante.
A cosa diavolo pensavo quando ho deciso di salire su questo palco? Perché non mi hai fermata, Rose? Mi vergogno così tanto! Sto di fronte a questa gente, mezza nuda, a suonare e cantare il mio amore per un uomo che ho perso comportandomi come una stupida ed una codarda.
Ma poi un paio di mani inizia ad applaudire, seguito da un secondo paio di mani, ed improvvisamente tutta la sala mi sta applaudendo.
Ringrazio imbarazzata, restituisco la chitarra a Jacob tra i complimenti dei Wolf Pack  (e lo sguardo stupito ed ammirato di Black) e scendo dal palco.
Rosalie mi aspetta in compagnia di Angela e di Alice, la sorella di Edward. Hanno tutte gli occhi lucidi per la commozione.
“Oh, Bella…” Mi sussurra Rose stringendomi forte.
“Rose, lui dov’è? Mi ha sentita?” Le chiedo visibilmente scossa.
Se Edward non mi ha sentita, tutto questo non sarà servito a nulla. E non lo rivedrò mai più.
Mai più… è un’eventualità alla quale, ormai, non riesco più a pensare. Stare separati non è più un’opzione. È impossibile.
“Ti ha sentita, Bella” Mi risponde Alice tirando su con il naso. “È laggiù, vicino all’uscita posteriore.”
Anche Angela trattiene a stento le lacrime.
Wow… a quanto pareli ho stesi tutti.
“Io vado. Auguratemi in bocca al lupo.” E così dicendo mi incammino decisa verso il fondo della sala, seguendo le indicazioni di Alice.

Ancora non lo vedo, ed ho paura che Edward se ne sia andato.
Cosa faccio, se se ne è andato? Cosa faccio se ha deciso che non vuole stare con una pazza isterica vittima delle proprie crisi di panico? Una pazza isterica che gli ha fatto passare le pene dell’inferno?
Il cuore mi batte forte nel petto e sto tremando. Poi, finalmente, lo vedo. Un paio di occhi blu che mi guardano intensamente, carichi di amore e di desiderio.

Edward…

Mi avvicino lentamente, cercando di controllare il respiro.
Ormai sono a pochi passi da lui.

Edward…

Finalmente siamo l’uno di fronte all’altra, e ci fissiamo, senza dire una parola.
Blu e verde.
Edward e Bella.

Parlami, Edward…

“Mi dispiace, io…” Tento di spiegare, incapace di sopportare questo silenzio, ma non mi lascia finire. Mi posa un dito sulle labbra, senza staccare i suoi meravigliosi occhi dai miei.
“Shhh…” Mi sussurra.
Poi, cogliendomi totalmente alla sprovvista, mi prende per la mano e mi costringe a seguirlo.
Cammina deciso. Ad ampi passi attraversa i corridoi, sale l’ampio scalone, attraversa un altro corridoio. Io fatico a stargli dietro, su questi maledetti tacchi. Vorrei tanto poterli sfilare, ma lui non accenna a fermarsi. Quasi mi trascina, stringendomi forte il polso.
“Edward…” Balbetto mentre ci infiliamo dentro ad una stanza buia, illuminata debolmente dalla luce fioca che proviene dalle mille lampadine argentate che decorano gli alberi in giardino.
Improvvisamente sento la terra mancare da sotto i piedi, e mi ritrovo schiacciata contro la porta chiusa, le gambe avvinghiate ai suoi fianchi, le mani tra i suoi capelli e la sua bocca ovunque.
“Questo vestito…” Ansima senza staccare le sue labbra morbide dal mio collo. “Ti guardavano tutti…”
“Non è vero…” Tento di replicare, controllando a fatica il respiro. La sua barba mi graffia, un po’. Ma non mi importa. Non me ne importa nulla. Adoro le sue labbra sul mio collo...
“Ti volevano tutti…” Ed il suo è quasi un ringhio.
“Sono tua, Edward… sono tua...”
Ti prego, non ce la faccio più ad aspettare. Ho aspettato una vita intera.
Cerca di aprire la chiusura del vestito, ma lo fa con troppa foga, non lo so. So solo che sento la stoffa lacerarsi.
“Spero non sia troppo costoso…” Cerca di scusarsi, la voce roca e profonda.
Sì, Edward. Questo vestito è costoso. Molto costoso. Vale quanto il mio stipendio da insegnante di cucina. Ma penso di poter saltare una rata dell’affitto senza problemi.

 

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Capitolo 32
*** 28.EDWARD ***




28. EDWARD


 

Domenica, 2 maggio 2010


 

Ma se tu adesso resti con me
Finché avrò fiato soffierò via le tue nuvole
Tra tempeste ed eclissi, le galassie e i riflussi
Nei crepuscoli, io so
Che il tuo sole sarò
(Corpo Celeste  – Subsonica)

 

È giorno, ormai. Il tempo è pessimo, piove, ma non me ne importa nulla. Non ho intenzione di muovermi da questa stanza per le prossime quarantotto ore. Potrebbe scoppiare la guerra, là fuori. Io non mi muoverò da questo letto. E neppure la mia gattina lo farà. Non esiste che lei stasera parta per l’Italia o che domani vada al lavoro. Ho bisogno di stare con lei, per un po’.

 

Bella dorme tranquilla al mio fianco ed io l’osservo respirare da non so quanto tempo. Era ancora buio fuori quando mi sono svegliato in preda ad un incubo. C’era Irina che rideva, circondata dai fotografi. Poi, lentamente, il suo volto diventava quello di Tanya. Mi voltavo, e c’era Bella che piangeva. Io cercavo di avvicinarmi, ma i fotografi me lo impedivano. Tentavo di chiamarla, ma non ci riuscivo, non avevo voce. Poi Tanya compariva alle sue spalle e le sussurrava qualcosa nell’orecchio. Allora Bella mi guardava ed i suoi occhi si caricavano di odio.

Mi sono svegliato di soprassalto con il cuore che mi martellava nel petto, la fronte madida di sudore. Ma lei era lì, al mio fianco, tranquilla ed addormentata.

Sono andato in bagno a rinfrescarmi un poco, poi sono tornato a sdraiarmi vicino a lei, ed ho cominciato ad osservarla, incredulo. Possibile che questa donna bellissima, dolce, generosa, piena di talento, fortissima e fragilissima allo stesso tempo sia mia? Non riesco a credere di essere così fortunato.

 

Osservo la sua schiena nuda e percorro con lo sguardo i contorni del tatuaggio impresso sulla sua scapola sinistra. È piuttosto grande. Inquietante, ma bellissimo. È l’anatomia di un cuore sanguinante, trafitto da delle spine. Credo risalga al periodo in cui ha rotto con quel tale: Michele. Deve aver sofferto tantissimo, anche se è stata lei ad andarsene. Stavano assieme da quando avevano quindici anni… quindici. Praticamente una vita. Non deve essere facile porre fine ad una storia che dura da così tanto tempo. Ti deve lasciare un enorme vuoto dentro, la convinzione che non potrai mai più trovare nulla di simile. Avevo intuito che Bella portava ancora i segni di questa relazione finita nel peggiore dei modi sin da quella domenica pomeriggio, alla sala da tè, quando, tra mille incertezze, mi ha raccontato del suo passato e del perché si è trasferita a Londra. Ma non avevo capito che ancora non ha superato del tutto la cosa.  Che ancora ci sta male, che ha ancora paura. Che quel cuore trafitto impresso sulla pelle non ha smesso di sanguinare. Ma io voglio curare il suo dolore. So di poterlo fare.

Ti posso dare tutto ciò di cui hai bisogno, Bella. Ho sentito la tua canzone. Io ti posso, ti voglio dare tutto ciò che mi hai chiesto.

L’altro tatuaggio è una frase,  in italiano credo, e che per questo non so leggere. Le circonda come un anello la parte alta del braccio, tra gomito e spalla.

Ne ho trovati altri due: una chiave di sol sull’avambraccio e,  seminascosta sotto l’orecchio destro, una piccola  E  che, ne sono certo, non era lì quando ci siamo incontrati. Conosco bene il suo collo. Quella mattina, sotto casa sua e poi al parco, ne ho percorso ogni singolo centimetro, e quella E non c’era.

 

Bella continua a dormire.  Potrei rimanere qui a contemplare il suo corpo nudo e  ad osservare  il suo respiro calmo e profondo per sempre, ma  comincio a sentirmi solo ed ho voglia di lei. Di nuovo. Così inizio ad accarezzarle i capelli, scostandoglieli dal viso. Lei si muove impercettibilmente, sbatte un poco le palpebre e poi, finalmente, è sveglia.

“Hey…” Mi dice tenendo gli occhi chiusi ed abbozzando un sorriso.
“Hey…”
“Che ore sono?”
“Non ne ho idea.”
“Sei sveglio da molto?”
“No.” Mento spudoratamente.
“Piove?” Mi chiede sbirciando con un occhio oltre la finestra. “Senza occhiali non capisco…”
“Sì.”
“Poco male. Non avevo comunque intenzione di uscire.” Borbotta stiracchiandosi.
Non ti avrei permesso di farlo in ogni caso, gattina.
“Come stai?”
“Uaaahhhh… “ Sbadiglia portandosi una mano alla bocca. “Sonnoooo…”
“Ancora?!” Ma quanto dormi, Bella?  Il sole è sorto da delle ore!
“Mmmm…sì…” Continua stropicciandosi gli occhi. “Stanotte ho fatto un sogno strano…”
“Cos’hai sognato?” Le chiedo curioso.
“Un tizio non mi lasciava in pace… ogni volta che cercavo di chiudere gli occhi e schiacciare un pisolino, mi saltava addosso… insaziabile...”
“Ah, ah, ah…” Fingo di ridere sarcastico.
“Bravo, per carità…” Mi prende in giro tirandosi su ed appoggiando la testa ad un gomito, lasciando scoperti i seni meravigliosi. “Ma dopo un po’…”
Che scema…
“Avresti dovuto farmi un fischio…” Le dico cercando di stare al suo gioco. “Avrei potuto prenderlo a calci, se ti dava così fastidio.”
“Mmmm… beh… ripensandoci… non è stato poi tanto male…”
“Ah no?”
“Mmmm… No… direi che ha talento, il ragazzo.” Mi stuzzica solleticandomi un fianco con un dito.
“Non hai ancora visto nulla…”
“No?”
“No.” E le salto addosso. Letteralmente.
Mi avvento sul suo collo perché il gioco del vampiro è diventato uno dei nostri preferiti.
Chi l’avrebbe mai detto…
“Nooo, fermooo…. pipìììììì…” Mi implora cercando di spingermi via.
Pipì?!
Scoppio a ridere e mi allontano da lei.
“Te lo ricordi dov’è il bagno?”
“Oh sì che me lo ricordo…” Mi sorride maliziosa. “Faccio in un attimo.”
Si avvicina,  mi da un bacio sulla spalla e poi si trascina barcollando fuori dal letto.
Nuda. Completamente nuda.
La guardo ondeggiare verso la porta del bagno. Le guardo il meraviglioso fondoschiena e ripenso a tutto quello che abbiamo fatto in queste ultime ore.
Spero faccia in fretta perché ho nuove esigenze. Non ce la faccio più ad aspettare.
Ritorna dopo cinque minuti. I capelli ben pettinati ed il volto più disteso.
“Hey…” Mi saluta rinfilandosi sotto le lenzuola stropicciate. “Ho usato il tuo spazzolino da denti…  spero non ti dispiaccia…”
Direi di no, Bella. La mia lingua ha esplorato ogni centimetro del tuo corpo. Che tu usi o meno il mio spazzolino non è decisamente un problema.
“No, però dovresti portare qui le tue cose…”
Sentendo le mie parole Bella si irrigidisce impercettibilmente.
Voglio che lei venga a stare qui da me, almeno fino a quando dovrò ripartire per Los Angeles. Non voglio sprecare neppure un secondo del poco tempo che ci resta da passare insieme. Ma forse non era il momento migliore per affrontare l’argomento.
“Non fare quella faccia.” Continuo deciso. Forse se mostro sicurezza non la prenderà per una richiesta ufficiale di convivenza, ma solo come un’esigenza dovuta alle circostanze particolari che viviamo. “Non ti ho mica chiesto di sposarmi! Ma francamente abbiamo troppo poco tempo prima che io ritorni sul set… non mi va di sprecarlo facendo avanti e indietro dal tuo appartamento…”
Lei mi guarda dubbiosa per qualche secondo.
“Mi passi il telefono?” Si decide finalmente a dire.
Cosa?! Questa non è la reazione che mi aspettavo. Che succede?
“Perché?” Le chiedo scettico.
“Passami il telefono.” Insiste.
Faccio come mi ha chiesto, ma sinceramente non capisco.
L’osservo confuso, mentre digita i numeri sulla tastiera. Non ho la più pallida idea di chi stia chiamando. Io praticamente le chiedo di trasferirsi da me e lei si incolla al telefono?
“Bella, cosa…”
“Shhhh…” Mi zittisce posandomi due dita sulle labbra.
“Rose… ciao sono Bella… sì sto bene… sì è qui con me…” Dice lanciandomi uno sguardo morbido e pieno d’amore.
Dall’altra parte sento strepitare.
“Ne parliamo in un altro momento Rose… cosa?! Hem… hem… sì… direi dieci, decisamente…” Borbotta arrossendo e girandosi un poco dall’altra parte.
Oh Gesù… credo che Rose abbia appena chiesto a Bella che voto mi darebbe da uno a dieci a letto.
Dieci… Non male. Punto a fare di meglio, comunque. Un dodici. Magari un tredici…
“Ho bisogno che tu metta assieme un po’ della mia roba…”
Bella si trasferisce qui?! Niente storie, niente crisi di panico?
Bella viene a vivere con me!
“Diciamo il necessario per…” E poi rivolgendosi a me. “Quando riparti, esattamente?”
“Il 23 maggio.”
“Così presto?!” Sbotta a metà tra lo stupito ed il deluso.
Bella…
“Solo una ventina di giorni, Rose… Ok… Sì, passiamo noi a prenderla… Quando? Non saprei… stasera o domani mattina… tu prepara la mia borsa… Ok, grazie Rose… Ok… “ E poi rivolgendosi a me “Ti saluta Emmett…”
“È con lei?!” Le chiedo stupito. Sinceramente devo ancora riprendermi dal trauma di aver scoperto che quei due stanno insieme.
Bella si stringe nelle spalle.
“Ok. Ciao tesoro. Un bacio. Ciao.” E riattacca.
“Rose ed Emmett?!” Mi chiede ripassandomi il telefono che risistemo sul comodino. “Tu sapevi niente?”
“Non mi sono accorto di nulla.”
“Neppure io… è assurdo, ho vissuto come anestetizzata in questi ultimi giorni… Certo che insieme…”
Per quanto interessante possa essere discutere della neonata relazione tra i nostri amici, io ho voglia d’altro.
“Bella… più tardi…” Mormoro avvicinandomi a lei. “Ho voglia di te, ora…” Le confesso scostandole i capelli dal viso.
Lei mi sorride. Indugia per un attimo continuando a sostenere il mio sguardo, gli occhi che le brillano. Poi allunga una mano sul comodino, afferra un preservativo – l’ennesimo – e me lo passa.
“Mostrami in quale modo…” Mi sussurra maliziosa in un orecchio.
Non aspettavo altro.
Gliel’ho già detto la scorsa notte, che mi sono innamorato di lei. Dopo aver fatto l’amore per la prima volta, mentre calmavo il respiro abbandonato sul suo seno, gliel’ho ripetuto all’infinito, baciandole la pelle sudata.

Ti amo… Ti amo… Ti amo…

Lei non ha risposto, ma non importa. Lo farà quando si sentirà pronta. So che anche lei mi ama. Ha solo paura di dirlo. Ora conosco il significato del tatuaggio che porta impresso sulla schiena.

 

Comincio a baciarle il collo, partendo dalla piccola  E  sotto l’orecchio.
Lei geme soddisfatta sotto il tocco delicato delle mie labbra e della mia lingua.
Adoro il modo in cui il suo corpo reagisce al mio. La più perfetta delle reazioni causa-effetto.
“Mi piacciono i tuoi tatuaggi…” Le bisbiglio in un orecchio mordicchiandole un lobo.
“Mmmm…”
“Cosa c’è scritto sul braccio? È italiano? Non capisco…” Continuo spostando la mia attenzione sui piccoli seni perfetti.
Amor che move il sole e l’altre stelle …” [1]
“Che significa?”
“Che l’Amore… è il motore… dell’intero… Universo…”
È vero, Bella. È verissimo.
“C’è una piccola E …” Continuo senza staccarmi da lei, facendo scivolare le mani sotto le lenzuola ed infilando il preservativo.
“L’ho fatto… dopo averti… lasciato.” Ansima. “Per ricordare… la tua bocca… sul mio collo…”
Bella…
Lei mi voleva sulla sua pelle. Per sempre.
Per sempre…
Mi muovo lentamente sopra di lei, ed il suo corpo si inarca adattandosi al mio ritmo.
“Bella… io ti posso dare ciò di cui hai bisogno.” Cerco di rassicurarla.
E ad ogni spinta, le sussurro dolcemente all’orecchio le stesse parole della sua canzone.

 

 

"Sei così bella. La cosa più bella che io abbia mai visto..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Ci voglio provare, Bella. Possiamo essere qualcosa, insieme..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Sei la ragione per cui sono al mondo..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Amo il tuo sorriso..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Senza di te non posso dormire..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Senza di te non posso mangiare..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Senza di te il mio cuore va in frantumi..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Sei l’ultima cosa a cui penso prima di addormentarmi..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Non dimenticherò mai l’espressione del tuo viso…"

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"… quando ci siamo incontrati per la prima volta..."

Dentro. Fuori. Dentro. Fuori.

"Ti amo, Bella... Ho bisogno di te..."

Dentro. Dentro. Dentro.

"Ti amo... Ti amo... Ti amo..."

 


[1]  Ultimo verso delle Divina Commedia di Dante


 

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Capitolo 33
*** 29.ISABELLA ***




29. ISABELLA

 
È il momento di svegliarmi
È tempo di rinascere
Sento addosso le tue mani
Ed un caldo richiamo perché
Ho bisogno di svegliarmi, di prendermi cura di te
Ritorno alla vita…
(Orfeo – Carmen Consoli)

 
Non riesco a credere che tutto questo stia accadendo a me. Non riesco a credere che tutto questo sia vero. È molto più probabile che si tratti di un sogno, di un sogno meraviglioso. Ma se è così non mi voglio svegliare, perché non sono mai stata tanto felice in tutta la mia vita.
 
Ormai fuori è buio, ed io sono chiusa in questa camera da quasi ventiquattro ore, ormai.
Edward è sceso in cucina a recuperare qualcosa da mangiare, ed io lo aspetto seduta sul suo letto, a gambe incrociate, vestita della sola camicia  che indossava  ieri sera alla festa.
Istintivamente mi stringo nel morbido cotone, avvicino un lembo di tessuto al naso ed aspiro.
Mmmm… Adoro il suo profumo: bagnoschiuma, mentine, sigarette e… sesso. Tanto sesso. Tonnellate di sesso! Credo di non aver mai fatto tanto sesso in tutta la mia vita. E non banale, veloce e squallido sesso. Ma sesso con la esse maiuscola. Quello che puoi fare con una persona che ami veramente e che desideri più di qualunque altra cosa al mondo.
È come se il mio corpo fosse stato plasmato per il suo, ed il suo per il mio. Insieme siamo unici, perfetti.
Ciò che più ho amato di questa giornata passata assieme, però,  è che, tra una “sessione” a l’altra, abbiamo parlato tantissimo e riso ancora di più.  Ci siamo raccontati di noi, della nostra infanzia e delle nostre famiglie; di come eravamo a scuola, dei professori che odiavamo e di quelli che abbiamo amato; dei nostri primi amori, delle figuracce collezionate da ragazzini e una volta cresciuti; ci siamo confessati le paure, le speranze, le delusioni; abbiamo discusso i nostri hobby e passatempi; parlato di cinema, letteratura, arte, musica… Gli ho persino insegnato un po’ di italiano! Per ora ci siamo fermati al Capitolo Uno:  le parolacce.
 
Ovviamente il mio viaggio in Italia è saltato e, a dirla tutta, siamo stati talmente impegnati  da non riuscire neppure a trovare il tempo materiale per tornare al mio appartamento e  recuperare le cose che ho chiesto a Rose di preparare per me. Ci penseremo domani mattina, credo. Tanto al lavoro non ci vado. Mi ero già presa qualche giorno di vacanza proprio in virtù del mio breve rientro a casa, ma, a questo punto,  ho intenzione di passare ogni secondo con Edward e di non sprecare neppure un istante del poco tempo che abbiamo a disposizione prima della sua partenza per Los Angeles.
 
Edward sostiene che sono dimagrita troppo, in questi giorni di separazione forzata,  e gli si è illuminato il viso quando gli ho confessato che mi brontolava lo stomaco. Mi sono offerta di scendere in cucina e di preparare la cena per entrambi. Mi andava di cucinare per lui. Non l’ho mai fatto prima,  e sono più che sicura che dal momento esatto in cui Edward assaporerà uno dei miei piatti inizierà ad amarmi ancora di più. Ma lui dice che c’è tempo, per questo. Che abbiamo tutto il tempo del mondo e che, no, non è possibile che lui possa amarmi più di così perché già ora il suo cuore gli sembra troppo piccolo per contenere tutto ciò che prova per me.
Io, imbarazzatissima, ho pensato bene di rovinare il momento magico chiedendogli se stava recitando una battuta a caso presa da uno dei copioni che sta studiando. Mi sarei presa a calci.  Edward mi ha già ripetuto non so quante volte che mi ama, mentre io non gliel’ho ancora detto. Non lo so il perché. È ovvio che lo amo. Il fatto è che in tutta la mia vita l’ho detto solo ad una persona, Michele, e non è finita bene.
Fortunatamente Edward non si è offeso  ed ha capito che stavo solo cercando di sdrammatizzare, seppur in modo molto goffo.
 
“Rieccomi.” Dice varcando la soglia della camera da letto, sorreggendo con una mano un vassoio stracolmo di cibo e stringendo nell’altra una bottiglia di Champagne. “Ieri sera è avanzata un sacco di roba. Alice mi ha fatto riempire il frigorifero.”
“Vuoi farmi ubriacare e poi approfittarti di me, Cullen?” Gli chiedo lanciando uno sguardo eloquente al vino ed aiutandolo a posare tutto su uno dei due comodini.
“Isabella, credo di potermi approfittare di te abbastanza liberamente anche senza bisogno dell’alcool.” Sghignazza sistemandosi sul letto, di fianco a me, e passandomi la bottiglia di Champagne.
Santo cielo quanta roba! Con un appetito che neppure ricordavo di poter provare, mi avvento con entusiasmo sul cibo delizioso.
“Queste tartine sono squisite…” Borbotto con la bocca piena, senza neppure prendermi la briga di coprirmi con una mano.
Edward scoppia a ridere come un bambino. “Mi mancava tutto questo!”
“Cosa?”
“Vederti mentre ti sbrodoli…” Mi dice togliendomi qualche briciola dall’angolo della bocca.
Edward…
 
Mentre mangiamo, non posso fare a meno di contemplare il suo corpo meraviglioso.È così bello a torso nudo, con il tribale in mostra e con addosso solo un paio di vecchi pantaloni della tuta stropicciati. Adoro il modo in cui gli scivolano lungo i fianchi, lasciandogli scoperta la parte alta dell’inguine.
In realtà non so decidermi se la parte che preferisco di lui sia questa, oppure le braccia forti, od il torace snello ma ben definito, od ancora la bella spalla tatuata.  Devo ammettere che amo il suo tribale: una mezza manica in stile Maori con al centro un leone stilizzato, racchiuso all’interno di un sole. È un simbolo di forza e regalità, e mi sembra perfetto per Edward.
Lui, come sempre, mi legge nel pensiero – o forse semplicemente nota il mio sguardo innamorato ed imbambolato - e passandomi qualcos’altro da mangiare dichiara “Pensavo di farmene un altro.”
“Davvero? Cosa? Dove?” Gli chiedo curiosa addentando prima il mio sandwich e poi bevendo un sorso di vino direttamente dalla bottiglia.
“Una piccola  B  proprio qui.” Risponde malizioso sfiorandosi l’inguine. “Per ricordare la tua bocca nel posto in cui preferisco.” Aggiunge poi avvicinandosi e baciando la piccola  E  che ho tatuato sotto il mio orecchio destro. “Anche se, ad essere sincero, preferisco la tua bocca un po’ più giù, ed un po’ più a sinistra...”
“Scemo…” Lo spingo via con il gomito,  improvvisamente imbarazzata e con le guancie in fiamme.
Anche se non mi spiego il motivo di tutta questa timidezza. Ho fatto cose in queste ultime ore che… Lasciamo perdere. Dico solo che Edward è un tipo molto esigente, ma è anche ugualmente generoso. Molto generoso. Ignoro quante e quali donne gli abbiano insegnato certe cose, ma ho seriamente pensato di omaggiarle con un cestino di frutta od un mazzo di fiori, giusto per far capire loro quanto sia riconoscente per i preziosi consigli impartiti  e che mi sto godendo uno alla volta.
 
“Non sapevo suonassi il piano...” Gli dico dopo un po’,  ricordandomi del meraviglioso strumento a coda che ho visto ieri sera in biblioteca.
“Infatti non lo suono.” Replica stringendosi nelle spalle.
“Tu non suoni il pianoforte?”
“No. A meno che tu non consideri come saper suonare riuscire ad eseguire  Fra Martino Campanaro e Tanti Auguri a Te in modo più o meno decente.”
“Ed il pianoforte in biblioteca, allora? Non dirmi che è solo un pezzo di arredo che hai piazzato lì su consiglio del tuo architetto!” Commento schifata prendendo di nuovo la bottiglia.
Odio chi riempie la casa di strumenti che non sa suonare solo perché è molto cool. Uno strumento ha bisogno di essere suonato. Ha bisogno di vivere!
“Quello è per te…”
“Cosa?!” Quasi mi strozzo con lo Champagne.
“È un regalo per te.”
“Stai scherzando?”
“No.”
“Quello è per me?”
“Sì.”
“Ma come facevi…”
“Rose…”
Certo. Rosalie. Chissà di quante cose hanno parlato in questi giorni. Chissà quante cose gli ha raccontato di me.
“Quello è per me…” Ripeto incredula, giusto per essere sicura che è tutto reale e non è un sogno. L’ennesimo.
Lui alza gli occhi al cielo. “Vuoi che te lo dica in un’altra lingua? In italiano so dire solo le parolacce, ma mastico un po’ il francese…”
“Edward, sei impazzito?” Sbotto improvvisamente, la voce un po’ troppo stridula. “Ma lo sai quanto costa? Quello è un Steinway & Sons!”
Lui mi guarda come se fossi scema.
“Ok, certo, è ovvio, lo sai quanto costa, l’hai comprato tu. Ma Edward, è troppo, dico sul serio!”
Da quanto dura la nostra storia, esattamente? Contando tutti i minuti che abbiamo passato davvero insieme, intendo. Poco. Pochissimo! E lui mi ha già regalato un pianoforte che vale migliaia di sterline! Io cosa gli ho regalato? Una pashmina usata?
“Non ti piace?” Mi chiede quasi seccato.
“No, non è questo, è bellissimo, ho sempre sognato di possedere un pianoforte simile…”
E poi mi rendo conto di una cosa. Se questo pianoforte è qui, in questa casa, oggi, significa che Edward l’ha comprato per me dopo che io l’ho lasciato.
“Edward,” Continuo con estrema cautela. “Tu hai preso quel pianoforte dopo che io… come facevi a sapere che… insomma… che sarei tornata...”
“Non lo sapevo.” Mi risponde sorridendo.
Edward…
Edward ha speso tutti quei soldi per un regalo che non era certo di potermi far avere. Edward ha esaudito uno dei miei più grandi desideri malgrado quello che gli ho fatto passare.
Sto per avere uno dei miei attacchi di panico.
“Oddio Edward… E se non fossi tornata? Tu hai speso tutti quei soldi… non va bene, non va bene per niente! È una cosa che non avresti dovuto fare, Edward! Non voglio che butti i tuoi soldi per me! Non ce n’è bisogno!Se fossi stata tanto stupida da andarmene ieri sera, cosa avresti fatto? Se io…”
“Shhh, Bella, calmati.” Cerca di tranquillizzarmi accarezzandomi una guancia. “Tu sei qui… tu sei qui e quel pianoforte è tuo...”
“Sì, ma tu avresti dovuto aspettare…” Continuo senza riuscire a nascondere lo smarrimento. “Anche ora… io non merito quel piano… Edward, ci conosciamo da così poco… Io non posso ricambiare in nessun modo… ”
“Bella, è solo un regalo, e non devi ricambiare…”
“No, non è vero!”
Avrei mille cose da dirgli, perché trovo mille buoni motivi per cui lui non avrebbe dovuto farmi un regalo così costoso. Non adesso, comunque. Ma lui mi zittisce subito.
“Bella, basta! Quando fai così sei insopportabile!” Sbuffa spingendomi via.
Si alza in piedi e comincia a passeggiare per la stanza, le mani sui fianchi.
Io resto a fissarlo incredula.
“Cosa sono io?!” Gli chiedo.
Ho sentito bene? Edward mi ha appena definito insopportabile?
“Insopportabile!” Ripete senza esitazione arrestandosi a pochi passi dal letto ed incrociando le braccia di fronte a sé.
Sì, avevo capito bene.
E poi aggiunge, puntando il dito. “Devi fare qualcosa per le tue crisi di panico… dico sul serio…”
“Cosa intendi dire?”
“Non puoi farti venire la tachicardia per ogni stupidaggine!” Esclama allargando le braccia.
“Ma… Ma…”
Non riesco a credere alle mie orecchie. Ma come si permette? Ed il fatto che lui abbia totalmente ragione non giustifica questa sua impudenza!
“Io non mi faccio venire la tachicardia per ogni stupidaggine!”
“Bella, quando non ti ho chiamata quella sera, hai passato la notte sveglia credendomi in un letto d’ospedale, vittima di un incidente automobilistico. Hai addirittura pensato all’eventualità che fossi morto!”
Rose! Dannazione! E tenere la bocca cucita di tanto in tanto?
“Mi stai dicendo che faccio male a preoccuparmi per te?” Gli chiedo acida.
“Cosa?”
“Le disgrazie capitano, sai?”
“Bella, ma che stai dicendo?”
“Perfetto! D’ora in poi me ne fregherò altamente!”
“Bella, quello che dici non ha senso…”
“Quindi sarei insopportabile e stupida?”
“Santo cielo… ti comporti come una bambina…”
Cosa?! Una bambina?! Questo ragazzino impertinente mi sta dando della mocciosa?!
Sono letteralmente senza parole. Che stiamo facendo? Litigando?
Non so se arrabbiarmi sul serio od esplodere per la gioia. Mi da fastidio che Edward mi abbia molto impietosamente messo di fronte ad alcuni dei miei peggiori difetti. Ma allo stesso tempo mi piace l’idea che lui mi tenga testa senza paura di offendermi e che voglia stare con me malgrado mi trovi insopportabile e a tratti  immatura.
Continuiamo a  guardarci storto per un po’, ma è evidente che nessuno dei due ha davvero voglia di tenere il muso.
“Stiamo litigando?” Borbotto  per rompere il ghiaccio.
Lui non dice nulla. Continua a fissarmi e poi scuote la testa sconsolato.
“No, certo che no.”
E tornando a sedersi sul letto di fianco a me, continua. “Bella, la devi smettere con i se e con i ma. Non ho la presunzione di sapere cosa accadrà domani, tra una settimana o tra cinque anni. E neppure tu dovresti averla. Ho preso quel pianoforte per te, nella speranza che tu ritornassi da me. E sei qui. Se te ne fossi andata lo avrei rivenduto od avrei imparato a suonarlo, non lo so. Ma non importa. Tu sei qui. Dobbiamo vivere giorno per giorno, Bella. Costruire il nostro rapporto giorno per giorno. Io sono qui, e voglio darti tutto ciò di cui hai bisogno. Ma devi permettermi di farlo, Bella. Non ho la sfera di cristallo, ma neppure tu ce l’hai. Se non ti fidi, se cominci a preoccuparti di cosa potrebbe accadere se, ti dimenticherai di vivere il presente. È già successo, Bella. Sei scappata via da me a causa delle tue insensate paure.”
Io resto ad osservarlo attonita, senza sapere cosa replicare e sentendomi una sciocca.Davvero quest’uomo ha solo ventiquattro anni? Dovrei essere io quella saggia dei due. Dovrei essere io quella matura, pronta a vivere una relazione seria e stabile, non lui. E invece…
Sono la donna più fortunata dell’universo.
“Scendiamo?” Gli chiedo continuando a fissarlo negli occhi, lo sguardo pieno d’amore.
“Perché?”
“Vorrei suonare per te.”
Mi alzo e lo invito a fare altrettanto, tendendo le braccia nella sua direzione. Lui mi regala uno dei suoi meravigliosi sorrisi, poi afferra la mia mano e si lascia accompagnare al piano di sotto.
 
“Cos’è successo qui?” Gli chiedo mentre varchiamo la soglia della biblioteca e passiamo di fianco alla scrivania.
 È tutto sottosopra e per terra c’è un gran casino di fogli, libri, penne, suppellettili, vasi, lampade… tutti in frantumi.
“Hem… certe volte mi lascio prendere la mano…” Commenta imbarazzato. “Attenta a dove metti i piedi, potrebbero esserci dei vetri rotti.” Continua premuroso afferrandomi per la vita e spostandomi di qualche passo.
Io lo guardo scettica e mi chiedo se la causa di tutto questo sia io.
Edward deve aver perso il controllo dopo che sono fuggita da lui, ieri sera. Poco prima che me ne andassi, ha alzato la voce in preda alla frustrazione per il mio ostinato silenzio. Poi, una volta solo, non deve essere più riuscito a tenere a bada la rabbia e deve essersi sfogato con quello che lo circondava.
Mi spezza il cuore sapere di averlo fatto soffrire così tanto. Sono stata una stupida a lasciarlo solo in questi giorni, ad allontanarmi da lui.  Avevo paura, ma ora non ce l’ho più. Ora sono pronta a dirgli che lo amo, che voglio stare con lui, che non c’è nulla che non farei per lui.
 
Mi siedo al pianoforte e sfioro con mani tremanti i tasti bianchi e neri. È così bello. Ho sempre sognato di possedere uno strumento simile. Ed ora è mio. Così come lo è quest’uomo bellissimo ed intelligente e sensibile e generoso.
 
Così chiudo gli occhi e comincio a suonare e a cantare per Edward.
 

http://www.youtube.com/watch?v=-jpzBEiARaE
 
When the rain is blowing in your face, 
and the whole world is on your case, 
I could offer you a warm embrace 
to make you feel my love. 

When the evening shadows and the stars appear, 
and there is no one there to dry your tears, 
I could hold you for a million years 
to make you feel my love. 

I know you haven't made your mind up yet, 
but I would never do you wrong. 
I've known it from the moment that we met, 
no doubt in my mind where you belong. 

I'd go hungry; I'd go black and blue, 
I'd go crawling down the avenue. 
No, there's nothing that I wouldn't do 
to make you feel my love. 

The storms are raging on the rolling sea 
and on the highway of regret. 
Though winds of change are throwing wild and free, 
you ain't seen nothing like me yet. 

I could make you happy, make your dreams come true. 
Nothing that I wouldn't do. 
Go to the ends of the Earth for you, 
to make you feel my love 


Quando ti piove in faccia
Ed il tuo mondo sta in una valigia
Potrei offrirti un caldo abbraccio
Per farti sentire il mio amore
 
Quando spuntano le ombre della sera e le stelle
E non c’è nessuno ad asciugare le tue lacrime
Potrei stringerti per un milione di anni
Per farti sentire il mio amore
 
So che non hai ancora deciso
Ma non ti farei mai del male
Dal momento in cui ci siamo incontrati
So che appartieni alla mia mente
 
Morirei di fame, mi farei prendere a pugni
Mi trascinerei per la strada
No, non c’è nulla che non farei
Per farti sentire il mio amore
 
La tempesta imperversa sul mare in burrasca
E sull’autostrada del rimpianto
Anche se i venti del cambiamento soffiano liberi e selvaggi
Non hai mai visto nulla come me fino ad ora
 
Potrei renderti felice, realizzare i tuoi sogni
 
Non c’è nulla che non farei
Andrei fino alla fine del mondo per te
Per farti sentire il mio amore
 
 
Mi stacco dai tasti e mi giro lentamente. Edward mi osserva da lontano, seduto sul divano in fondo alla stanza. Non porto gli occhiali, così non riesco a vedere bene il suo volto e a capire cosa sta pensando.
Perché non dice nulla?
Mi avvicino con cautela, mi sistemo di fianco a lui e gli prendo la mano.
Lui mi sorride con gli occhi lucidi.
Edward…
“Tu lo sai che ti amo, vero?” Gli chiedo con infinita dolcezza iniziando ad accarezzargli i capelli morbidi e spettinati.
“È la prima volta che me lo dici.” Sussurra con un filo di voce, intrecciando le sue dita alle mie e guidando la mia mano alle sue labbra.
È vero. È la prima volta che te lo dico, Edward.
“Ti amo, Cullen… Ti amo...” Gli ripeto mentre inizia a baciarmi i palmi, e poi i polsi, e poi le braccia e tutto quello che c'è da baciare.

"Ti amo..." Gli ripeto mentre si sdraia su di me ed il respiro si fa più affannato.
"Ti amo..." Gli ripeto all'infinito.
Ed ancora una volta ci perdiamo l’uno nell’altra.


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MAKE YOU FEEL MY LOVE - Bob Dylan (Time out of Mind - 1997)
Il link sopra è la versione cantata dalla meravigliosa e talentuosa Adele (contenuta nell'album 19)
Vi lascio anche il link alla versione originale di Bob Dylan
http://www.bobdylan.com/songs/make-you-feel-my-love



 

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Capitolo 34
*** 30.EDWARD ***




E così siamo giunti alla fine. Non ci posso credere. Lo ammetto: mi mancheranno questi due.

Prima di lasciarvi all'ultimo capitolo, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto e commentato, ed anche coloro che hanno letto solamente. Grazie davvero. Mi avete dato più di quanto io abbia dato a voi, e non lo dico tanto per dire.

Per chi non se ne fosse ancora accorto, ho pubblicato un extra intitolato NELLA MIA STANZA;  si colloca esattamente tra i capitoli  27.ISABELLA e 28.EDWARD. Lo trovate nella mia pagina autore. Dopo questo capitolo pubblicherò un altro extra. Mi sono divertita a pensare a come saranno Edward e  Bella tra qualche anno, ma voi siete liberi di immaginarvi il loro futuro come vi pare. Pubblicherò la prossima settimana, credo.

Concedetemi di dedicare questa mia storia a due persone:
Mikland... per essere stata la prima (tu ed il tuo cucciolo)
Antonella64... tu lo sai il perché

Grazie ancora,
OpunziaEspinosa




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30. EDWARD


 
Domenica, 23 maggio 2010

 
I can feel the emptiness inside me fade and disappear
There’s a feeling of contentment now that you are here
I feel satisfied, I belong inside your velvet heaven
(Only when I Lose myself – Depeche Mode)

 
L’amore viene descritto, raccontato, cantato, dipinto. Lo leggi nei libri, lo ascolti nelle canzoni, lo vedi negli occhi dei tuoi genitori o di quei pochi amici che hanno avuto la fortuna di trovare l’anima gemella. Lo vivi, o credi di viverlo, in certe fasi della tua esistenza. Soffri, stai male, sei convinto di morire quando lo perdi. Anche se non muori e pian piano il dolore si spegne lasciandoti qualche piacevole ricordo, ma soprattutto la consapevolezza di aver dato un’importanza eccessiva a qualcosa che, con il senno di poi, non lo meritava.
Più della metà dei copioni che ricevo parla d’amore, e fino ad ora ho quasi solo ed esclusivamente interpretato il ruolo dell’eroe romantico. Sono diventato famoso, per questo. Le donne mi amano, per questo. Eppure, grazie alle ultime tre settimane con Bella, ho capito che non avevo capito niente. Perché  nessuno sa davvero cos’è l’amore, finché non lo incontra. Ed io finalmente l’ho incontrato. E  non ho nessuna intenzione di lasciarlo andare.
Ho capito che l’amore non è gesti eclatanti, non è dramma, non è bisogno di solenni quanto effimere promesse d’eternità.
L’amore sta nelle cose semplici, quasi banali, che ti scaldano l’anima e ti riempiono il cuore di quella tranquilla consapevolezza che lei c’è, ci sarà sempre, qualunque cosa accada, senza bisogno di alcun giuramento.
Per me l’amore è trovare scritto Ti Amo Cullen sullo specchio appannato del bagno dopo che lei si è fatta una doccia. È vederla sorridermi e strizzarmi l’occhio da lontano mentre è impegnata con mia madre ed Alice a preparare la cena. È sentirla sbuffare mentre raccoglie la roba sporca che dissemino ovunque tranne che al suo posto: nella cesta dei panni da lavare. È trovare dei post-it con i suoi appunti appiccicati alle pagine dei copioni che devo leggere e per i quali le ho chiesto un parere. È sentirla chiacchierare con Alice e Rose di abiti e scarpe mentre io, Jasper ed Emmett fingiamo di non ascoltare e ci beviamo una birra. È sfogliare una rivista e trovare righe su righe cancellate con un pennarello nero perché quello che si scrive di me non è per nulla carino e lei non vuole che io legga e ci rimanga male.  È guardare la televisione  la sera, tranquillamente abbracciati sul divano.
Per me l’amore è stare con Bella ogni singolo giorno.
 
Per non sprecare neppure un secondo del poco tempo a nostra disposizione prima della mia partenza per Los Angeles, mi sono addirittura iscritto a due dei suoi corsi di cucina. Devo ammettere che è un insegnante molto dotata e farle da assistente tutti i pomeriggi – perché questo è il ruolo che mi ha assegnato – è davvero divertente.  Mi diverte meno la consapevolezza che tutti i miei sospetti erano fondati: i suoi allievi sono quasi tutti uomini, tutti pensionati, e tutti eccessivamente e stranamente disposti a mettersi in mostra e ad impressionare la propria maestra.  Maiali…  Alcuni di loro hanno persino l’ardire di guardarmi storto e di chiamarmi “ragazzino”, benché gli abbia ripetuto più di una volta che il mio nome è Edward. Fingono di essere rintronati e di non ricordarlo a causa dell’età. Ma io non gli credo. Non dopo averli sentiti ripetere a memoria liste infinite di ingredienti dai nomi impossibili e senza commettere errori. Semplicemente ridicolo.
Ne ho parlato con Bella, e lei mi ha riso in faccia. “Tu sei geloso di me?” Mi ha chiesto incredula. “Sei appena stato eletto Uomo più Sexy del Regno Unito, ci sono centinaia di migliaia di donne che mi vorrebbero morta e che si infilerebbero volentieri nel tuo letto, e tu sei geloso di un paio di vecchietti? Tu sei fuori di testa Cullen…”
“Può darsi che io sia fuori di testa.” Le ho risposto offeso. “Ma John e Tony mi guardano male tutti i giorni. E, se proprio vuoi saperlo, ho beccato Tony ad aggiungere un paio di manciate di sale alla salsa che stavo preparando ieri. Mi stava boicottando per farmi fare brutta figura!”
 
Quanto al fatto che centinaia di migliaia di donne la vorrebbero morta, purtroppo Bella ha ragione. Proprio com’era successo quando mi sono messo con Tanya, un sito ha pubblicato una petizione: raccolgono firme per farmi tornare single. A dire il vero c’è la possibilità di scegliere. O farmi tornare single, o farmi tornare con la Denali. Al momento pare che il 63% per cento delle votanti preferisca un Edward Cullen celibe ad un Edward Cullen impegnato con chicchessia. Fortunatamente Bella sembra più divertita che spaventata, anche se è stata costretta a chiudere la propria pagina Facebook per via delle numerose intrusioni e l’invio di una quantità spropositata di richieste di amicizia e messaggi di ogni genere, alcuni decisamente inquietanti.
Il suo sangue freddo mi stupisce, un po’.  Abituato come sono a vederla andare fuori di testa per delle idiozie, pensavo che episodi di questo tipo l’avrebbero terrorizzata, invece nulla. Il mio timore più grande è che lo stia facendo per me, che stia cercando a tutti i costi di mantenere la calma per non farmi preoccupare o, peggio ancora, per non farmi sentire in colpa. Lei dice che non è così, che sta bene e che non le da neppure eccessivamente fastidio l’attenzione morbosa della stampa. Le credo, perché non posso fare altro. Ma sto con gli occhi bene aperti, in attesa che crolli, perché accadrà prima o poi. Sono esperienze che ho già vissuto. So cosa significa stare costantemente sotto i riflettori, e l’euforia iniziale viene presto sostituita dall’esasperazione. Quello che mi uccide è che quando questo giorno arriverà,  io potrei non esserci. Purtroppo la mia vacanza è finita e devo tornare a Los Angeles per vestire un’altra volta i panni di Tyler, il vampiro bello e tormentato, ed iniziare le riprese dell’ultimo film della saga Le Quattro Stagioni.
 
Il leggero bagaglio a mano che ho preparato per il viaggio è pronto, biglietto aereo e passaporto sono in bella vista sul tavolino vicino alla porta d’ingresso, indosso già scarpe e giacca, ma della mia ragazza non c’è traccia. È scomparsa.
“Bellaaa… Bella, dove sei?” Chiedo percorrendo ad ampi passi il salone e dirigendomi verso il corridoio che conduce al piano superiore.
È tardi. Garret, il mio assistente, mi sta aspettando in cortile con l’autista. Se Bella non si sbriga rischio di perdere il volo.
“Bellaaa… devo andare… Amoreee…”
“Arrivooo…” La sento urlare dalla nostra camera. Ed un secondo dopo sta correndo giù per le scale, stringendo qualcosa in una mano.
“Hey! Fa attenzione!” La rimprovero mentre inciampa negli ultimi scalini ed atterra tra le mie braccia. “Vuoi romperti l’osso del collo? Il Pronto Soccorso è il posto in cui ci siamo innamorati, ma ora non ho proprio tempo di accompagnarti!”
“Uffa Cullen, quanto sei noioso...” Sbuffa fingendo di disprezzare le mie attenzioni.
“Sarai felice che me ne vada, allora...” La prendo in giro rimettendola in piedi.
“Finalmente libera…” Commenta in tono di sfida, alzando gli occhi al cielo.
Ignoro le sue parole, la stringo forte a me e la bacio,con intensità e passione, bloccandole le braccia lungo i fianchi.
“Davvero non mi vuoi accompagnare all’aeroporto?” Le chiedo staccando a malincuore le mie labbra dalle sue, ma continuando a tenerla stretta.
“No, te l’ho detto. Già così è difficile, se vengo in aeroporto rischio di crollare…” Mormora nascondendo il volto tra le pieghe della mia camicia.
“Ci vediamo tra un paio di settimane, gattina…” Cerco di consolarla accarezzandole i lunghi e morbidi capelli.
L’idea di partire per tre mesi, di non poterla vedere ogni giorno, fare l’amore con lei ogni notte, addormentarmi tra le sue braccia e svegliarmi al suo fianco ogni mattina  mi lacera. Letteralmente. Ma  cerco di non darlo a vedere, di essere forte per entrambi, perché so che il distacco sarà una tortura anche per lei,  e mi ripeto che tra quindici giorni potrò finalmente riabbracciarla.
Ovviamente, per via del lavoro e di tutto il resto, Bella non può venire con me. Ho provato ad affrontare l’argomento, ma ho subito lasciato perdere perché mi rendo conto che, per quanto allettante possa essere l’idea,  costringerla a licenziarsi per seguirmi su un set non ha molto senso. Non ora, per lo meno. Però Bella è riuscita a prendersi un’altra breve vacanza, così, tra un paio di settimane, in occasione del PasadenaIndipendent Movies Festival, mi verrà a trovare.
Non vedo l’ora. Sono impaziente di portarla sul set, di presentarla ai miei amici e colleghi e di mostrarle ciò che faccio. Ma soprattutto sono impaziente di farmi vedere con lei in pubblico e di ufficializzare il nostro rapporto. In questi giorni abbiamo mantenuto un profilo basso. Non ci siamo nascosti, perché non abbiamo nulla da nascondere, ma non ci siamo neppure messi in mostra. Tutti stanno ancora aspettando una mia dichiarazione ufficiale, qualcosa di più sincero, meno formale ed artefatto del comunicato stampa che Aro e la mia agenzia hanno confezionato per me dopo l’imbarazzante episodio vissuto con Tanya all’aeroporto il giorno della mia partenza per Parigi.
Io credo che presentarmi con lei al mio fianco ad un Festival del Cinema - dove pare riceverò anche un premio - sia la migliore delle dichiarazioni.Già la immagino, in abito da sera, scendere dalla Limousine e percorrere il Red Carpet con me, mano nella mano. So già cosa indosserà. Me lo sono fatto dire da Alice, in modo da poterle fare un regalo che andasse bene. Le ho comprato un paio di orecchini di diamanti. Nulla di eccessivo. Sono semplici e bellissimi, proprio come lei. Spero solo che non inizi a lamentarsi del fatto che scialacquo il mio denaro in regali troppo costosi, che non ce n’è bisogno e che lei mi ama ugualmente. Lo so che lei mi ama comunque. È proprio per questo motivo che per me è ancora più bello comprarle ciò che desidera segretamente e che non oserebbe mai confessarmi. Com’è successo per il pianoforte.
 
“Puoi restare se vuoi, non è necessario che tu torni al tuo appartamento.” Osservo dando un’occhiata alla sua valigia appoggiata da stamattina ai piedi delle scale.
Ormai questa casa è anche tua, Bella. Il tuo pianoforte è qui.Non voglio che tu te ne vada, anche se io non ci sarò per i prossimi tre mesi.
“Te l’ho detto Edward, non mi va di stare qui da sola.” E poi ammette. “Lo sai che ho ancora qualche problema ad affrontare l’ansia.”
Sì, lo so Bella. Come fai ad essere così forte e fragile al tempo stesso? Non posso fare a meno di sorridere se penso al modo in cui hai affrontato i giornalisti quella mattina, sotto casa tua, incazzata e con il dito medio alzato. O a come hai cantato tutto il tuo amore per me di fronte a duecentocinquanta persone.
 
“Non posso credere che non sarai qui per il mio debutto con i Wolf Pack.” Borbotta nascondendo di nuovo il viso tra le pieghe della mia camicia.
Dopo averla sentita, Jake, Emmett e James hanno cercato in tutti i modi di convincere Bella ad unirsi al gruppo. Soprattutto Jake. Alcuni dei pezzi che i ragazzi hanno scritto per il nuovo album sono dei duetti, ed erano in cerca di una voce femminile da tempo. Bella non ha accettato ufficialmente, perché non se la sente di imbarcarsi in un’avventura simile: entrare a far parte di un gruppo rock con ambizioni a sfondare nel mercato inglese e magari europeo. Ma  ha acconsentito a restare fintanto che non troveranno qualcuno per sostituirla.  Io mi chiedo: come possono trovare qualcuno in grado di farlo? La voce di Bella è meravigliosa. Ed inoltre è un’ottima musicista. L’ho vista lavorare in sala prove con i Wolf Pack e non riuscivo a credere ai miei occhi. È sensibile, intelligente, colta, raffinata, ed ha un orecchio eccezionale.Davvero non capisco come si sia lasciata convincere dal suo vecchio fidanzato a lasciare tutto. Questo Michele aveva in testa di farla lavorare nell’azienda di famiglia,un’impresa specializzata nella produzione e nel commercio di materiali da campeggio, o qualcosa del genere. È per colpa di questo imbecille se Bella ha deciso di lasciare il conservatorio e di rinunciare a tutti i suoi sogni per conseguire una sciocca laurea in Economia e Commercio.
 
“Lo so, non sai quanto mi dispiace. Ma Alice ha promesso che riprenderà tutto e che mi manderà il video per e-mail.” Cerco di consolarla stringendola forte a me. E poi, prendendole il pugno chiuso, le chiedo “Si può sapere cosa stai nascondendo?”
“Un regalo…” Mi risponde imbarazzata aprendo il palmo della mano.
“Un lettore MP3?” Le chiedo scettico senza capire.Ho già un iPod. Cosa me ne faccio di un minuscolo lettore MP3? E poi non c’è nulla di imbarazzante in un lettore MP3.
“Ho salvato alcuni pezzi… li ho cantati io…” Confessa arrossendo visibilmente ed abbassando lo sguardo. “C’è anche una specie di… bonus track...”
“Che vuoi dire?”
Una bonus track? Sto già morendo di curiosità.
“Hem… ti ricordi quella sera… in cui volevi fare sesso per telefono… ed io… io non ne sono stata capace?”
“Sì…” La cosa inizia a farsi interessante.
“Beh… è meglio che ascolti. Traccia 6.” Mi sorride maliziosa. “E poi non dimenticare questa!” Aggiunge sfilandosi la pashmina grigio perla che indossa ed arrotolandomela al collo.
Bella…
Aspiro il suo profumo e mi manca di già.
“Chi ti viene a prendere?” Le chiedo mentre ci dirigiamo verso la porta.
“Jake. Andiamo alle prove e poi Emmett mi riporta all’appartamento.”
Pare che Rosalie ed Emmett facciano coppia fissa, ormai. E che lui abbia definitivamente traslocato nella camera di Rose.
“Oh.” Rispondo dandole una rapida occhiata. Indossa un paio di shorts cortissimi ed una magliettina senza niente sotto. Il che mi sta bene, ma solo se sono io l’unico a poter godere di uno spettacolo simile. L’idea che qualcun altro lo possa fare mi da la nausea. Anche se quel qualcun altro è il mio migliore amico e di lui mi fido come di me stesso.
Bella mi legge nel pensiero, come al solito, e mi rassicura sbuffando. “Tranquillo! Mi cambio prima che arrivi.”
Meno male.
“Io vado, allora. Prometti che farai la brava.”
Si è messa in testa di distruggere l’auto di Irina per vendicarsi di quello che ci ha fatto passare. Le ho spiegato che probabilmente episodi così si ripeteranno anche in futuro, che mettersi a compiere atti di vandalismo non è la soluzione.  Ma da quell’orecchio non ci sente.
“In che senso?” Mi chiede fingendo di non capire.
“Bella, dico sul serio. Prometti che non farai nulla di insensato. Promettimelo.”
“No.”
“Bella!”
“Ok, te lo prometto.” Si decide infine a dire. Ma sospetto che stia tenendo le dita incrociate dietro la schiena. Il che significa che l’auto di Irina e destinata ad una fine oscena ed impietosa.
Poi la sua espressione cambia improvvisamente. La tristezza per la mia partenza lascia spazio ad un velo di preoccupazione.
“Edward?”
“Dimmi.”
“So che non è necessario che te lo chieda… però…”. Lascia la frase così, sospesa. Distoglie lo sguardo ed io credo di sapere a cosa sta pensando. Così la incoraggio.
“Amore, cosa?”
Tira un lungo sospiro e poi “Stai… Ecco… Fa attenzione a Tanya.”
Tanya. Non l’abbiamo più nominata fino a tre sere fa. Ci stavamo rilassando sul divano, con la televisione accesa. Bella sfogliava distrattamente un libro di cucina prestatole da mia madre, mentre io le mettevo lo smalto alle unghie dei piedi. Lo so, una cosa decisamente non da maschio, ma che inspiegabilmente adoro. Poi la speaker del telegiornale  ha pronunciato il nome di Tanya. Non so cosa abbia provato Bella in quel momento, ma io ho sentito una fitta allo stomaco. Ci siamo voltati entrambi verso lo schermo del televisore,  increduli, ed abbiamo seguito uno speciale di qualche minuto interamente dedicato a lei. Pare che recentemente sia stata sorpresa a frequentare una serie di locali di dubbia fama e di dubbio gusto assieme a dei personaggi poco raccomandabili di L.A.  e che sempre più spesso la si trovi completamente ubriaca o strafatta di dio solo sa cosa. Hanno mandato in onda un breve filmato, probabilmente girato con un cellulare, e mostrato una serie di foto che la immortalavano mentre inveiva contro i paparazzi, lanciava loro una lattina di birra e poi cadeva miseramente in una siepe.
Mi sono sentito male per lei. Ha reso la mia vita un inferno e per colpa sua ho quasi rischiato di perdere Bella, ma non è comunque piacevole vedere una persona che conosci – che conosci bene e con la quale dovrai lavorare – ridotta in quello stato e pensare che forse tu sei una delle ragioni per cui lei sta così.
Bella ha paura di Tanya. Teme che lei possa perdere la testa, addirittura farmi del male. Se devo essere onesto, anch’io non sono completamente tranquillo, ma Aro mi ha assicurato che l’agenzia di Tanya e la MovieStarEntertainment le stanno con il fiato sul collo e che l’hanno  obbligata a vedere un medico ed ad iscriversi ad un gruppo di recupero.
“Amore, stai tranquilla. Aro mi ha assicurato che Tanya non mi creerà problemi. Non pensare a lei. Ok?
“Ok.”
“Ciao gattina.” Sospiro dandole un ultimo bacio. “Ti chiamo appena atterro.”
“Ti amo, Cullen.”
“Ti amo anch’io.”
Esco senza voltarmi, perché mi viene da piangere e non voglio. Saluto Garret e mi infilo in macchina.
 
Mentre percorriamo in auto il viale alberato, incrociamo l’auto di Jake che ci saluta con un colpo di clacson. Io alzo istintivamente la mano e lo seguo con lo sguardo.
Chissà se Bella si è già cambiata.
E poi infilo le cuffie del mio nuovo lettore MP3. Traccia 6 [1] naturalmente.
 
O porca puttana… Bella!

 


[1] http://www.youtube.com/watch?v=tluc_Q06n2w    Bilingual – José Nunez  
TROVERETE IL TESTO IN INGLESE... NON HO AVUTO IL TEMPO DI TRADURLO IN ITALIANO... MA CREDO CHE SI CAPISCA. ATTENZIONE: V.M. 18 !


 

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