Come andarono veramente le cose

di macchese
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Sei personaggi in cerca d'autore Eravamo in sei all'inizio. All'epoca ci conoscevamo solo abbastanza. Abbastanza per stare dentro quattro muri e non sbroccare. Abbastanza per dirci come la pensavamo. Eravamo in sei. Sei persone totalmente diverse, con una sola cosa in comune: giocavamo con le parole. 
Io ero lì, con loro. 

C’era Luigi, Giovanni, un altro Giovanni e un ragazzo straniero di nome Hector. Aron Hector. Il padre era tedesco, la madre era italiana. E poi c’ero io. Mi chiamavano Corso. 
Eravamo insieme, a lavorare sul nostro progetto, presso il domicilio di un altro nostro amico. Alessandro. Lui però non c’era. Doveva andare ad un matrimonio. Lo aveva promesso.

Quale progetto? Nessuno aveva un'idea precisa sul perchè fossimo riuniti. Luigi, quello più spiritoso e simpatico diceva sempre che eravamo sei personaggi in cerca di autore. Che umorismo. Personalmente gli avrei dato il nobel. In testa però. Non era un sentimento, era un avvertimento. Come gli diceva sempre Giovanni.
Approposito. Come ho detto prima, di Giovanni ve ne eran due. Uno era serio, severo, apparentemente  superdotato, diretto ed incapace di mentire. Lo chiamavamo Vero. E lo chiameremo anche noi così, al fine di distinguerlo dall’altro Giovanni, che per comodità chiameremo... Giovanni. Giovanni era, per dirla tutta… un bambino. Aveva subito un grave lutto il giorno di S.Lorenzo. Questa perdita ha influenzato totalmente la sua vita. Meglio non parlarne.

    "Giovanni!
Wo sind die Biere?
" disse Hector. "Na und? Ho sete! Ste birre?  Schnell, su!"
Grande Hector. Un leader. Molto riservato, ma per questo non meno geniale degli altri. Aveva ideato un modo tutto suo di vedere le cose. Poteva sembrare un incapace a volte, ma questo perché usava metodi suoi. Era una tecnica artigianale. Una specie di morale che spiegava il comportamento. Non ci capivamo molto agli inizi.
E poi c’ero io naturalmente. Io avevo solo ideato uno metodo personale di raccontare la realtà e il mondo che mi circondava. Tutto qui. Trovavo il modo alternativo di dire le cose.
All’inizio vi ho detto che eravamo in sei. Orbene? Ne manca uno direte. L’ultimo aveva un nome strano. Un nome che non capii subito. Fu l’ultimo che conobbi. Credo si chiamasse Durante. Se non sbaglio. Era il più vecchio tra noi. Apparteneva ad un'altra generazione. Era comunque un tipo si che faceva dei trip allucinanti. Si faceva certi viaggi che nemmeno Hector ed io insieme all’oktober fest riuscivamo a fare. Ed Hector era uno forte! Ad ogni modo, Durante era innamorato di una ragazza. Dir innamorato era dir poco. Era proprio sotto. Ma proprio a livelli mai visti. Si chiamava Be.. Bi.. Forse Barbara, ora nn ricordo. Era un sottone ma anche un vero genio della rima. Nonostante questo non riusciva mai a concludere con quella ragazza. Di cui era follemente innamorato. Non era del tutto reciproca la cosa. Ma sono sicuro che l’avrebbe seguita all'inferno e ritorno.

Mi chiedo sempre per qual motivo ebbi la fortuna di lavorare con loro. Vorrei precisare che noi siamo tutti scrittori e/o poeti. Con diversi gradi di successo. In effetti alla fine ognuno proseguiva per la sua strada. Ma fu proprio il fatto di essere insieme che provocò la ricerca di differenti vie. E l’individuazione di queste. Tuttavia anche varie conoscenze furono determinanti. Come fu per Durante. Poverino!
Lo prendevamo tutti per il culo perché con lui non ci stava mai nessuna. Barbara Portinari, la sua ultima musa, lo denigrò miseramente. Per questo decise di buttarsi su Beatrice, la sorella. Principiante. Di lei forse si innamorò ancora di più. Ma anche con ella non vi furono i risultati sperati… da lui. Nonostante la coprisse di regali, di attenzioni, di poesie… non riceveva mai niente in cambio. Marco Ferradini non era ancora nato allora. Comunque lui dava, dava, dava… ma lei non aveva alcuna intenzione di dargli una possibilità. E così, grazie a tutto questo dare, gli fu concesso il meritato appellativo di -Dante-.

    "Dante! Scrivimi una poesia che devo scaricare una ragazza stasera!
" lo minchionava sempre quel minchione di Luigi, col suo rinomato senso dell’umorismo.

    "Dante… portami una birra! Bitte!" gli ripeteva invece Hector. Quell’epiteto gli procurò una notevole notorietà.
Mi sono ritrovato molte volte da solo con lui, a parlare. Eternamente dileggiato, ma un vero genio. Mi confessava spesso di essere convinto che quella, era davvero la donna della sua vita. Che con lei era tutto migliore. Si sentiva anche di per sè migliore. Che lo faceva sentire in paradiso. Ma alla fine lei si stancò e lo mandò all’inferno. Allora mi sembrava tutto assurdo. Col senno di poi…
Ironizzando con Luigi, gli confessai che più che un dramma, mi sembrava una commedia. Luigi sosteneva invece che gli sarebbe servito un intervento divino. Fu allora che il nostro Dante ebbe l'intuizione. Si diede alla stesura di quella che all’inizio fu una poesia, ma che si protrasse per una lunghezza davvero impressionante. E tutta in rima! Rimasi davvero colpito da questa manifestazione di bravura. Dalla dimostrazione della dote di cui gli parlavo spesso. Gli confessai però che secondo me, tutta insieme era troppo. Forse era meglio dividerla. Magari in tre parti. Gran bel lavoro. Ma nulla mi toglie dalla testa una cosa. Chissà. Forse se Beatrice gliela avesse data, non le avrebbe scritto rime tutta la vita! Almeno, è stato un bene per la sua carriera.

Nel mentre stavo parlando con Hector, con il quale stavo stendendo un’analisi schematizzata della psiche, un rumore freddo gelò i nostri timpani. Come spesso capitava, Giovanni aveva turbato la quiete di Vero. Vero era rincasato con l'ennesima nuova ragazza visibilmente soddisfatta. Lei si accomodò sul divano mentre Vero andò a prenderle qualcosa da bere.

    "Fanne due!" gridò Hector. Già che c'era.
Allora Giovanni, curioso come un gorilla bambino, approfittò della breve assenza di Vero e si diresse verso la nuova conquista. Vedendola così estasiata in volto, decise di togliersi un dubbio. Così le chiese:

    "Ma è vero che Vero ci ha una bella verga??"
Vero, che fu di ritorno in tempo per assistere al siparietto, sbottò. E tra le obese risate di Luigi, che stava guardando la prima edizione di “chi vuol esser miliardario”, prese ad  insultare il povero Giovanni, mentre la nuova ragazza, sdignata, aveva guadagnato l’uscita in tutta fretta. C’è da dire che era vero, che Vero fosse più che dotato, non era più solo una leggenda ormai. Data per certa questa nuova scoperta, Luigi ed io lo ribattezzammo -il Verga-. Intanto continuavano a volare insulti a titolo gratuito. Il Verga mandò a fanculo il povero Giovanni che, spaventato, corse via e si chiuse in camera. Hector, andò a calmare il Verga.

    "Non te la prendere mein Freund!" gli disse. "
Schnapp Sie sich ein Bier! Non essere troppo verista!" Non ne sono sicuro, ma forse voleva dire veritiero.
Così toccò a me andare da Giovanni.  C'era rimasto male, era stato offeso dalle parole del Verga. Date le condizioni del povero Giovanni cercai di rimediare.

    "Su Giova, non te la prendere." gli dissi.
    "Hai sentito?! Le ho solo posto una semplice domanda!"
    "Si ma anche tu che domande vai a fare?"
    "Ma mi ha testè mandato a fanculo!"
    "No! Non ti ha mandato a fanculo..."
    "Eh?"
    "Ti sbagli. Ha detto fanciullo!" mi stavo arrampicando sugli specchi. "Si si. Fanciullo."
Ci misi un po', ma alla fine lo convinsi del fatto che gli aveva solo rimproverato di essere un fanciullo. E che a volte era vero. Non era molto discreto nel relazionarsi con terzi. A volte ne combinava delle belle. L’ultima volta, per fare un esempio, si barricò in camera con le sue sorelle e minacciò di rimanerci per tutta la vita (non so dirvi molto di loro, a parte che una era juventina). E per cosa? Solo perchè Luigi lo aveva definito un idiota, reo di avergli cancellato per errore, l'ultima puntata di Zelig che aveva appena scaricato. Per fortuna tutto si risolse per il meglio. Ma non fu facile. Dovemmo far intervenire un amico di Hector, un certo Sigmund. Un grande.
Dopo alcune ore, lo convinse ad uscire da quella stanza e a liberare le sorelle. Fortuna che c'era lui.
Comunque, riuscii a ristabilire la pace tra il Verga e Giovanni con questo compromesso. Sembrava funzionare. Però chiesi a Giovanni di portare le sue scuse alla ragazza del Verga. Così ottemperò alla mia richiesta regalandole un mazzo di tamerici, a simboleggiare le proprie scuse. Tutto si risolse ancora una volta. Feci un’altra richiesta a Giovanni. Gli chiesi di riflettere sulla propria condizione. Gli chiesi di scrivere le proprie impressioni su questa critica mossa dal Verga, di fare un tema magari. Alla fine me lo fece leggere. Molto bello.
Discutevo con Hector della complessità della mente.

    "Hector, cosa ne pensi della spirale?"chiesi.
    "
Dunque... è uno strumento contraccettivo e intercettivo; esso impedisce la fecondazione oppure, laddove questa sia avvenuta, ostacola l'annidamento dell'embrione nell'utero. Dovresti chiedere al Verga."
    "Intendevo per rappresentare il ricordo."
    "Come?! Davvero?! Ragazzi! Corso
ist betrunken! Nass! Evviva!"
    "Ma non sono ubriaco..."
    "Se non hai bevuto troppo, hai bevuto troppo poco.."

Non avevo bevuto. Ci volle un fitto dialogo col Verga per convincere quel bilingue di Hector. Intanto Luigi se la prendeva con la televisione.

    "Chi ha procrastinato questo tv led?"
    "Giovanni" rispose il Verga. "Per sollazzarsi alla 360 in hd."
    "In hd? Ah si? Così posso gratificarmi di codeste stronzate in alta definizione? Cosa mai è questo grande fratello?"
Luigi inveiva spesso contro il palinsesto televisivo. A suo dire, era in grado di fare meglio lui di qualsiasi messa in onda.
    "Gente che abusa del proprio quarto d'ora di gloria per poi tornare nell'oblio."
    "Ah si? E quali competenze figurano nei loro curriculum vitae?"
    "Alcuna."  
    "Invero gente qualunque può prenderne parte?"  
    "Ma infatti così è..."
    "E questa è l'immagine che viene del popolo?"
    "Ognuno ha le sue realtà..."
    "
Una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile"


Era rincasato Alessandro.
Seguito da un giovane visibilmente devastato nelle emozioni. Renzo era il suo nome.


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Capitolo 2
*** 2 ***


Com eran le cose 2     "Non s'ha da fa... Non s'ha da fa..." ripeteva in lacrime il povero Renzo.
    "Ma i' che tu dici?" al suo fianco, un attonito Alessandro cercava di rinfrancarlo.   
    "Non s'ha da fa... Era scritto sullo specchio della sua stanza! Lo guardavo, ed io ero fermo!"
    "Ma te tu sei Fermo!"

Renzo era in lacrime. Piangeva, attirando l'attenzione di tutti su di sè. Luigi prese da parte Alessandro e chiese spiegazioni. Sottovoce, iniziò a fargli alcune domande.
   
    "Ma che sta succedendo? E chi è costui?"
    "Lui gl'è 'l mi amico Renzo! S'era deciso di sposassi ma un n'è ita bene! Mo gl'è avvilito di nulla."
    "Eh? Ma... se sta piangendo!"
    "Quella buhaiòla della su' dama s'ha deciso di squagliassi! Gl'è proprio na bischera. Bada, gl'è ridotto un cencino!"
    "Non capisco una parola. Ma non avevi loco più idoneo che magari fosse d'ausilio alla sua sventura?"
    "Giuee! Un c'ho dove d'andà!"
    "Perchè stai parlando così?!"
Alessandro si schiarì voce, poi proseguì.

    "Chiedo venia. Ma altrimenti lui non mi capisce."
    "Ma sai che giorno è oggi?"
    "Certo. Sono qui."

Quel giorno era importante. Quel giorno sanciva il ritorno di quello che era il fondatore del nostro gruppo.

    "Oggi torna Sebastian." 

Sebastian lasciava quel giorno, il carcere dov'era stato detenuto per tre mesi per cause a me sconosciute. Il Verga sosteneva che avesse dileggiato un pubblico ufficiale nell'esercizio della sua professione. Luigi sosteneva che avesse tentato di rubare la macchina dell'amico William. Una Giulietta. Credo che quella fosse una battuta. Secondo Hector era stato recluso perchè è un pirla. Sono opinioni.
Perciò avere un ospite che rantola e singhiozza nella stessa stanza sarebbe stato poco decoroso. Il Verga non c'era. Luigi cercava un lavoro sul web per l'amico Belluca. Il sito? Qualcosa con dentro F.n.m. se non ricordo male. Hector era andato a prendere Gaetano, un altro membro. Ed era meglio non lasciarlo solo con Giovanni. Sicchè rimanevamo solo Alessandro ed io. Giacchè Dante tentava invano di estorcere un invito a Beatrice per il giorno stesso. Nonostante Sebastian s'era raccomandato di non invitare alcuna donzella.

    "Ale, che facciamo con lui?" chiesi.
    "Non so! Non avete una stanza dove possa leccarsi le ferite?"
    "Non era prevista nel piano regolatore!"
    "Maremma..."
    "Senti  un po'. Ma che è successo?"
    "Doveva sposarsi oggi ma lei non si è presentata all'altare. Poverino. Con tutto quello che ha passato."
    "Tu ne sai qualcosa?"
    "No! Non è andata come avevo previsto! Forse qualcuno ha corrotto il suo spirito."
    "O la carne..."
    "Come dici?"
    "No... ho la carne! Possiamo mangiare."
Giovanni aveva appena finito di apparecchiare. Offrimmo un posto anche a Renzo. Io pensai alla griglia mentre Hector, tornato da poco con Gaetano, si occupò delle bevande. Il Verga tardava ancora, così iniziammo senza di lui. Anche perché era considerevolemente passata l'ora in cui è abitudine sollazzarsi con i piaceri del cibo.
Alessandro non fece in tempo ad addentare il primo boccone, che ricevette la tanto attesa telefonata: Sebastian era atterrato alla Malpensa.

    "Devo scappare! Ci si vede tra un paio d'ore."
Così la nostra attenzione virò su Gaetano, che non vedevamo da tempo.
Gaetano, che tutti però chiamavano Gabriele, prese della carne, la mise fra due fette di pane e disse:
   
    "Da ora in poi, tu sarai noto come tramezzino!"
Gabriele era un tipo vissuto ed un amico del Verga, con il quale divideva la grande passione per le donne. Un edonista. Era di ritorno da un consistente soggiorno in Francia, in cui aveva deciso di espatriare per motivi burocratici. Era stato un militare anche se il suo obiettivo era un posto in politica.

    "Signori, non v'è esitazione alcuna nella mia voce se vi dico che qualora vi capiti di soggiornare in Francia, dovete assolutamente visitare il ristorante della Tour Eiffel"
    "Per deliziarci del suo cibo e del suo vino?" chiese Hector.
    "Perché è l'unico posto in cui non si vede quell'asparago di ferro!"
    "Che immagine interessante."
    "Invero, sono i francesi stessi ad averle affibbiato tale epiteto."
    "Il sedano d'acciaio!" osservò Luigi, tra le risate.
    "Ah ah! Il pisello di metallo!" disse Giovanni. Non rise nessuno. Non ci siamo proprio Giovanni. Che ti fecero di male.

La grigliata finì e Giovanni fu costretto a sparecchiare. Forse per punizione. Luigi ed io riuscimmo a convincere Renzo a sdraiarsi un po' su di un divano nella stanza accanto e lasciar così passare un po' di acqua sotto i ponti. Gli dicemmo di stare un po' Fermo. Poco dopo rincasò il Verga, con una donna. Come al solito. Anche Dante era rientrato, da solo. Come al solito. Gabriele andò subito a presentarsi, tentando di convincerli ad accompagnarlo dall'estetista. Hector beveva una Tennet's.
Passo del tempo...
Poi finalmente udimmo una macchina fermarsi, ed un paio di portiere si aprirono per poi chiudersi lasciando spazio al rumore di passi che si avvicinavano. La porta si spalancò ed una figura ne prese il posto.

    "Signori, è un piacere vedervi." Era proprio Sebastian. Capello lungo, aspetto trasandato, ma era senz'altro lui. Tutti quanti fecero un giro ad accoglierlo e ne scaturirono grandi pacche sulle spalle. Dunque, cos'era successo?

Una notte di qualche mese fa, a corto di soldi ed ispirazione, Sebastian venne convinto dall'amico Charles ad attraversare l'altlantico per una veloce e redditizia toccata e fuga. Una prima serata in un teatro. Sebastian quella sera, si esibì di fronte al pubblico americano e grazie al suo sarcasmo ostinato ne ricavò una copiosa quantità di fischi. Il proprietario del teatro, che era tra il pubblico durante spettacolo, si ritenne estremamente offeso da quanto udito. Promosse una vera e propria caccia all'uomo. Sebastian e Charles dovetterò nascondersi per un po'.
Un giorno trovarono il modo di fuggire. Mentre si stavano per imbarcare su una nave diretta in europa travestiti da inservienti, ancora braccati e ormai spossati dalla fuga, Charles ebbe un incidente. Egli voleva a tutti i costi imbarcare una cassa di buon vino per il viaggio. Questo provocò una lite con una cameriera che si scoprì essere stata sedotta ed abbandonata proprio da Charles, appena una settimana prima. Da lì ci fu il caos. Mentre interveniva la sicurezza, la cameriera colpì alla testa con una bottiglia di vino l'ignaro Charles, che cadde svenuto. Sebastian, che non era ancora stato individuato, scaraventò la cameriera in acqua e poi tentò di rianimare l'amico. Allora si mise a cercare due giubbotti di salvataggio per potersi gettare in acqua e ritirarsi, ma quando tornò, vide che gli scagnozzi del propietario del teatro stavano già portando via l'esanime Charles. Sebastian si nascose e rimase a bordo. Si confuse nella folla. Dopo un viaggio di due settimane arrivo in europa. Ma ad attenderlo a Livorno trovò proprio il proprietario di quel teatro dove si era esibito. Con un manipolo di altri amici tutori della legge tosti e rissosi. Il resto è storia.

    "Quel bastardo di Charles. Ein wahr scheisse! Come si dice?" disse Hector
    "Un vero concime di origine animale?" tradusse Luigi.
    "Ja! Si è salvato lo scalpo in questo modo!"
    "Non puoi saperlo."
    "Uccidere e sia pure a tradimento, è cosa più virile che danneggiare un amico riferendo una sua confidenza."
   

Ma Sebastian intimò di bloccare le nostre congetture.
   
    "Ora basta. Per ciò che è mio fallo, sarò io a curarmene." disse.
    "Come di consueto." intevenne Luigi.
    "Non capisco cosa intendi..." rispose. Invece aveva capito benissimo. I panni sporchi si lavano in famiglia.

    "Ma ora, amici miei. Voi siete qui ed io mi chiedo, il nostro progetto? Il  nostro fine ultimo?"
Stava per dirlo.

    "Ci consegneremo... all'immortalità?"
Lo disse. Il  motivo. La ragione. Il collante. La direzione da seguire. Consegnarci all'immortalità. Ne seguì un brindisi.

Renzo uscì dalla stanza, stropicciandosi gli occhi per il sonno. Si guardo in giro, poi guardò il Verga. Guardò la donna che teneva sotto braccio. Incrociò infine il suo sguardo e, con voce incredula disse:

    "Lucia?!"

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