Buon Sangue Non Mente, 5 anni dopo

di MiaStonk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Delucidazioni ***
Capitolo 2: *** Fix You [Lisa&James] ***
Capitolo 3: *** Dreams [Roxanne&Lysander] ***
Capitolo 4: *** You and Me [Albus&Katie] ***
Capitolo 5: *** I love You [Rose&Scorpius] ***



Capitolo 1
*** Delucidazioni ***


Prima di introdurre la storia effettiva, alcune delucidazioni.

Le ‘placide’ richieste delle ragazze che hanno seguito i prequel di questa storia, mi hanno convinto a scriverne un terzo atto.

Vedrete i cari vecchi personaggi cinque anni più avanti, alle prese con gli stessi contorti sentimenti che li hanno accompagnati nei loro anni ad Hogwarts.

La storia sarà composta da quattro capitoli, più lunghetti del solito, ognuno dei quali vedrà come fulcro una coppia in particolare.

 

-          James Sirius Potter , Lisa Baston

-          Roxanne Weasley, Lysander Scamander

-          Albus Severus Potter, Katie Jordan

-          Rose Weasley, Scorpius Hyperion Malfoy

 

Naturalmente in tutti e quattro i capitoli saranno menzionati anche tutti gli altri protagonisti.

Ed ora una panoramica su cosa combinano i nostri ragazzi cinque anni dopo:

 

-          James, cercatore dei Chudley Cannons

-          Lisa, cacciatrice delle Holiday Harpies

-          Roxanne, giornalista per il ‘Cavillo’

-          Lysander, lavoro al Ministero, Dipartimento della Catastrofi e degli Incidenti Magici

-          Albus, Spezzaincantesimi per la Gringott

-          Katie, lavoro al Ministero, Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale

-          Rose, lavoro al Ministero, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia

-          Scorpius, Spezzaincantesimi per la Gringott

-          Lily, cacciatrice Holyday Harpies

-          Hugo, in giro per la Romania con suo zio Charlie

-          Dominique, Guaritrice

 

In ultimo :

A  Eveine,  nora_,  Sailor Satur,  Jamie_Lily,  Nix,  Alesabi96,  JessyBree,  silver_92,   e a coloro che hanno seguito assiduamente i prequel, dedico questa storia!!

Vi abbraccio tutte! <3

 

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Capitolo 2
*** Fix You [Lisa&James] ***


                                                                    1


Quando le lacrime si versano sul tuo viso 
quando perdi qualcosa che non puoi rimpiazzare 
quando ami qualcuno ma tutto va perduto 
potrebbe andar peggio? 

[ Coldplay, Fix You ]

 

Rose era più agitata del solito quel giorno, il giorno del suo ventunesimo compleanno. Settimane prima sua cugina Dominique l’aveva convinta ad organizzare una piccola festa nel suo nuovo appartamento. E lei, spinta dal desiderio di rivedere i suoi cugini, nonché le sue migliori amiche, aveva accettato.

 

Col trascorrere degli anni, gli impegni di ognuno di loro li avevano inesorabilmente allontanati.  Così erano rare le volte in cui potevano ritrovarsi a chiacchierare dinanzi ad un buon caffè, o alla Tana. Era il mondo degli adulti questo,no?  Un mondo che Rose faceva fatica ad accettare. Ancora bambina dentro di se, ancora desiderosa di ridere e scherzare come da anni non faceva.

 

“Rox, i biscotti devi disporli nel vassoio non mangiarli !”

Dominique Weasley era molto vicina ad un esaurimento nervoso e la presenza della sua amata cugina, non migliorava certamente la sua condizione.

 

“Ma io ho scfame … gne svuoi?”

 

La visione di Roxanne, impiastricciata di cioccolato che beveva un bicchiere di latte, avrebbe indotto molto presto la povera Dom a vomitare quel poco di cui si era nutrita a colazione. Con una mano alla bocca, si allontanò dallo spettacolo che Rox le offriva e nauseata, si accinse a sistemare i cuscini del divano.

 

“Rose, questo dove lo metto?”

Albus Severus Potter con la bacchetta in pugno, lasciava levitare il pesante tavolo attendendo istruzioni dalla padrona di casa, sul posto più adatto dove sistemarlo.

 

“Mhh … non saprei, forse …”

 

“Rose ti dai una mossa? Gli altri saranno cui tra meno di due ore e noi non abbiamo ancora finito di risistemare, per non parlare del fatto che mi ci vorrà più di qualche misero minuto per dare un garbo ai tuoi capelli !”

 

La schiettezza di Dominique non era mutata. Anche se erano trascorsi ben quattro anni da quando si erano diplomate alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, e  Rose la vedeva molto meno, era comunque consapevole che sua cugina non fosse cambiata di una virgola.

 

Albus ridacchiò, mimando la pazzia della biondina mentre Rose spazientita indicò al cugino un posticino accanto le vetrate, dove depositare il tavolo.

 

Per pura magnanimità, o forse perché stanco di ritrovarsi da solo in una stanza piena di femmine, Al permise alle ragazze di iniziare a prepararsi, restando lui solo a definire gli ultimi dettagli. Una eccitata Dominique trascinò Rose e Roxanne in un’altra stanza, impaziente di cominciare.

 

Sebbene le porte fossero chiuse, le urla di ognuna di loro, giungevano con chiarezza alle orecchie del povero ragazzo, che scuoteva il capo oramai rassegnato ai geni folli che dominavano nella sua famiglia.

 

“Non se ne parla Rox … tu in tuta non ci rimani !”

 

“Ma sto comodissima … inoltre guarda che bei pantaloni, rosa con …”

 

“Levateli immediatamente e soprattutto smettila di ingozzarti di dolci ! E tu Rose, dove credi di svignartela? Vieni subito qui !”

 

                                                                                      ***

 

La piccola rimpatriata era iniziata, poche persone occupavano l’ampio salotto, ma erano le uniche a cui Rose aveva concesso parte del suo cuore. Dominique rincorreva Roxanne, nel tentativo di convincerla a sottoporsi ad un dieta ferrea. Lysander e Albus ridevano ai tentativi di Rox di sottrarsi alle grinfie di sua cugina. Lily e Hugo erano sul piccolo terrazzino a chiacchierare. Rose si era chiesta il motivo dello strano comportamento che entrambi avevano assunto nell’ultimo anno. Ma si era detta che erano giovani e questo bastava.

 

Quando ancora il suo sguardo vagava sugli invitati, un trafelato James Potter le si fiondò addosso, stritolandola in uno dei suoi abbracci e scusandosi per lo spaventoso ritardo. La sua giustificazione? Il protrarsi degli allenamenti di Quidditch della sua squadra. La verità? Qualche incontro fortuito a cui negli ultimi anni lui era piuttosto avvezzo.

 

“Questo posto è una favola Rose, accogliente e caldo … e trovo benissimo anche te …”

 

“James, senti …”

Ma suo cugino non ascoltava, si guardava intorno e le parlava frettoloso e agitato.

 

“Come va al Ministero?  Zia Hermione deve starti col fiato sul collo eh?”

 

“Jamie, devo dirti una cosa..”

 

“Ah, per non parlare di mio padre e zio Ron, loro …”

 

“Ciao James …”

 

James dovette bloccarsi all’istante.  Non osava voltarsi, guardava Rose con sguardo vacuo, sperando di aver solo immaginato quella voce, la sua voce. Ma gli occhi di sua cugina gli suggerivano che lei era lì. Non seppe lui stesso decifrare il turbinio di emozioni che si accavallarono dentro di lui, ma quella più prorompente non riuscì a non riconoscerla: rabbia.

 

Si voltò lentamente, posando infine gli occhi su Lisa Baston. Anche lei, come tutti, era cresciuta. A James sembrò più alta, ma forse erano le scarpe con un leggero tacco alto, a renderla tale. 

 

Gli occhi del ragazzo si posarono sulla sua minuta figura. La dolcezza del suo viso era rimasta immutata, gli occhi avevano sempre quella stessa luce che un tempo rischiarava le sue ombre. I capelli erano più lunghi e raccolti ai lati da alcune forcine. Ma lui li preferiva sciolti, ribelli come erano una volta.

 

Lei gli sorrideva, titubante e visibilmente impacciata, ma stava sorridendogli. Cosa che turbò maggiormente il giovane, da anni quel viso era l’unica cosa di Hogwarts che aveva desiderato cancellare dalla sua mente. E ora, tutto quello contro cui giorno dopo giorno lottava perché scomparisse, era davanti ai suoi occhi.

 

Non rispose al suo saluto, vi voltò di nuovo verso sua cugina e l’espressione che stavolta le rivolse, niente aveva a che fare con quella entusiasta di un attimo prima.

 

“Perché lei è qui?”

 

“James stavo per dirtelo, ma tu …”

 

“Non avresti dovuto invitarla …”

 

“E’ la mia migliore amica, Jamie! Quando ti deciderai a crescere!”

 

Le urla di entrambi non impiegarono molto a catturare l’attenzione degli altri, tutti si voltarono ad osservarli, Lily e Hugo rientrarono in casa.

 

“Rose, non importa … vado via …”

Prima che potesse essere trattenuta da Rose, prima che potesse dirle qualcosa, fu James a rivolgersi a Lisa stavolta.

 

“Quello che ti riesce meglio …”

 

Lisa, già voltatasi, si fermò improvvisamente continuando tuttavia a dargli le spalle. Non rispose, nessuna replica uscì dalle sue labbra. Pensò che quello non era il tempo né il luogo per una scenata, pensò che non si sarebbe aspettata parole diverse, sebbene lo sperava, ma soprattutto pensò che James Sirius Potter non era cambiato nemmeno un po’.

 

Una volta che la ragazza si chiuse la porta alle spalle, nell’ampia stanza scese un pesante silenzio. Nessuno degli invitati sembrava avesse il coraggio di riprendere ad aprir bocca. James si ostinava a fissare intensamente l’ingresso, pur non guardandolo veramente. Il suo era uno sguardo assente, perso in chissà quali pensieri. Pensieri che gli tenevano compagnia da circa tre anni, dal giorno in cui Lisa aveva raccolto le sue poche cose ed era andata via, lontano da lui, lontano dalla casa in cui avevano vissuto insieme nell’ultimo anno. Aveva cercato con tutte le sue forze di cacciarla dalla sua mente, dal suo cuore e sebbene con gli altri affermasse di esserci ormai riuscito, solo lui era consapevole che mai avrebbe potuto. Anche a distanza di anni, lei era il suo unico punto debole.

 

“James ti rendi vagamente conto di quello che hai fatto?”

Ma suo cugino non sembrava ascoltare le parole di Rose, anzi non sembrava nemmeno consapevole che tutti gli sguardi erano puntati su di lui, che ancora era impalato a fissare la porta, dietro la quale poco fa era scomparsa Lisa.

“James, maledizione! Non vedevo Lisa da secoli… lei è la mia migliore amica, lei…”

 

“LEI MI HA SPEZZATO IL CUORE, ROSE!”

 

Rose non replicò alle parole di Jamie, del resto cosa avrebbe potuto controbattere? Sapeva che era la verità, in cuor suo era consapevole che il ragazzo soffrisse ancora, che mai avrebbe smesso di farlo. Schiacciato da un rimpianto che gli avrebbe impedito di vivere, di perdere il tempo presente per un passato che non gli apparteneva più.

 

 

James non si voltò quando sentì suo fratello chiamare il proprio nome, dopo che aveva afferrato con foga la giacca ed essersi sbattuto la porta alle spalle. Una volta fuori, sentì chiara l’aria fredda di quel ventisette marzo, quando ancora la primavera non sembrava voler giungere. Esattamente come nel suo cuore, in cui albergava da fin troppo tempo un gelo che nessun altro avrebbe sciolto.

 

Affondò le mani nelle tasche dei pantaloni e con sguardo basso, si allontanò dalla casa di Rose. Ma pochi metri dopo i suo occhi si posarono su una figura a lui ben nota, quella di Lisa. Appoggiata ad una quercia del vialetto alberato, frugava nella sua borsa alla ricerca di qualcosa. James rimase a fissarla diversi minuti prima che lei si rendesse conto di non essere più sola.

 

Quando finalmente i loro occhi si incrociarono, per un attimo e solo per un attimo, ad entrambi sembrò di avere ancora diciassette anni, di girovagare ancora per i corridoi di Hogwarst, ma soprattutto di essere ancora il capitano e la sua cacciatrice, due amici, due innamorati.

 

L’illusione durò pochi secondi, James riprese a camminare, oltrepassandola e non degnandola nemmeno di un triste cenno del capo. La ignorò semplicemente, come aveva fatto negli ultimi tre anni, da quando lei se n’era andata. Lisa osservò il ragazzo allontanarsi, la distanza fisica tra i due corpi che via via aumentava, finchè non restò altro che uno spazio vuoto e silenzio.

 

                                                                                       ***

 

Era da diverso tempo che Rose non incontrava Lisa in uno di quei cafè della Londra babbana. Uno dei tanti posticini in cui assieme alla sua migliore amica e alle sue cugine, soleva intrattenersi di tanto in tanto, per chiacchierare, per tenere viva un’amicizia nata tanti anni prima.

 

Quella mattina di fine marzo le due ragazze sedevano ad un piccolo tavolo, una tazza di the nelle mani e i soliti dolcetti a stuzzicare il loro palato dinanzi a loro. Qualcosa di diverso c’era però, entrambe erano perse nei rispettivi pensieri, lo sguardo troppo spesso vagava per la sala o si soffermava sulla strada affollata che si intravedeva tra le vetrate. Nessuna delle due sembrava voler parlare dell’accaduto, dei sentimenti dell’altra.

 

Fu Rose a spezzare il silenzio, posando una mano su quella di Lisa e sorridendole con estrema dolcezza. Provava per lei lo stesso affetto che le aveva legate indissolubilmente ai tempi di Hogwarts e nemmeno le vicende recenti avevano scalfito la loro amicizia.

 

“Non saresti dovuta andare via…”

 

“Che scelta avevo Rose? Avevo creduto ingenuamente che dopo tre anni saremmo riusciti perlomeno a restare nella stessa stanza senza litigare, ma…”

Sospirò pesantemente, posando una mano sul viso. Era stanca, non solo per lo stress causato dal suo lavoro, ma per il tormento che qualcosa mancasse, perché Lisa Baston ne era consapevole, non era felice, non più almeno.

 

“James è testardo, immaturo, tremendamente orgoglioso, ma…”

 

“Mi odia ancora Rose…”

 

“Non ti detesta, Lisa… non sarebbe possibile…”

 

“Sono stanca di aspettare che qualcosa cambi… non ho più diciassette anni e non ho più quell’ottimismo che dopo l’ennesimo litigio mi diceva che tutto sarebbe andato bene… devo andare avanti Rose, devo farlo per me stessa…”

 

Lisa pronunciò quelle poche parole ostinandosi a guardare fuori la finestra, le mancava il coraggio di perdersi nell’azzurro degli occhi della sua migliore amica. Era sempre stata poco coraggiosa, si diceva, e in quel momento sentì di essere tornata la ragazzina innamorata del suo capitano, incapace di ammettere i suoi sentimenti.

 

Rose osservava il volto di Lisa, certa che non mentiva. Insieme avevano sperato che le cose potessero cambiare, ma a distanza di tre anni, nulla era mutato. Il motivo che aveva spinto la ragazza a lasciare James non era futile, le continue discussioni, l’ossessività, la gelosia del ragazzo l’avevano stremata. E se non vi era fiducia tra loro, anche l’amore periva.

 

La giovane Weasley avrebbe dato qualsiasi cosa perché tutto tornasse come prima. Si ritrovò a pensare che il suo sesto anno ad Hogwarts fosse stato il migliore per tutti coloro che amava. Per Lisa e James, per Roxanne e Lysander, per Al e Katie e si, anche per lei e Scorpius.  A distanza di cinque anni solo l’amore di Lys per sua cugina aveva resistito al logorio del tempo, tutti gli altri erano miseramente sprofondati nel mare dell’incertezza e dell’oblio.

 

                                                                                      ***

 

Non capitava spesso, ma qualche volta James restava sugli spalti ad osservare il campo di Quidditch ormai vuoto dopo gli allenamenti. Osservava il prato verde, i grossi anelli, sembrava identico a quello di Hogwarts, quello in cui aveva imparato ad essere un vero cercatore, come lo erano stati suo padre e suo nonno. Quello in cui aveva vissuto tra i momenti più belli della sua vita, la prima volta che aveva afferrato un boccino, che aveva incoraggiato i suoi compagni di squadra, che aveva vinto la sua prima partita. Quello in cui aveva giocato con lei al suo fianco.

 

“Fa sempre un certo effetto osservare un campo di Quidditch, la mente non può fare a meno di tornare indietro negli anni…”

 

Era stato Albus a pronunciare quelle parole, James nemmeno si era accorto che suo fratello fosse seduto accanto a se, sugli spalti. Si voltò verso di lui, guardandolo con un sopracciglio inarcato, sorpreso.

 

“E quando saresti arrivato tu?”

 

“Solo qualche minuto fa, ma sembravi troppo perso nelle tue seghe mentali perchè io ti interrompessi…”

 

“Severus! Non eri in Asia, o in Africa alla ricerca di qualche tesoro che non aveva la minima intenzione di farsi scovare da te?”

 

“Ero in Africa si, sono tornato qualche ora fa… e per tua informazione il tesoro, contro la sua volontà è stato recuperato ed ora giace tranquillamente in uno dei caveau della Gringott! E non chiamarmi Severus!”

 

Con una nota di orgoglio nella voce, Albus rispose per le rime al suo caro fratellone. Da quando aveva iniziato il suo lavoro come Spezzaincantesimi assieme a Scorpius, James non mancava di deriderlo per la sua scelta. Al non avrebbe mai saputo quanto invece suo fratello fosse orgoglioso di lui, così come lo era stato suo zio Bill nello scoprire che suo nipote avrebbe preso il suo posto alla Gringott.

 

James sorrise tra sé, spostando ancora lo sguardo verso il verde sconfinato, verso il cielo ancora plumbeo di quei primi giorni di Aprile. Restarono in silenzio diversi minuti, fin quando fu ancora Albus a parlare.

 

“James, l’altra sera… da Rose…”

 

“Non iniziare anche tu, Al… ho dovuto già subirmi il chiacchiericcio della cara sorellina…”

Afferrò la sua scopa e iniziò a scendere dalle gradinate, quando la voce di suo fratello lo costrinse a fermarsi sull’ultimo gradino. Lui l’aveva seguito e ora gli era accanto.

 

“Perché non l’hai più cercata dopo che se ne andò? Perché non hai mosso un dito per fermarla?”

Jamie strinse il manico di scopa, tanto che le nocche della mano divennero bianche. Serrò la mascella e sospirò, il suo sguardo si perse nuovamente sul campo di Quidditch.

 

“Non puoi tenere qualcuno con te, quando lei non vuole… non puoi trattenere l’acqua in una mano,Al…”

 

“Avresti potuto provarci…”

 

James non rispose, scese l’ultimo gradino e si incamminò verso gli spogliatoi. Tante volte si era chiesto quali fossero le ragione che l’avevano spinto a restare fermo, immobile mentre lei, passo dopo passo si allontanava da lui. In quei tre anni la rabbia e l’orgoglio di un perfetto Grifondoro avevano offuscato i suoi sentimenti, e soprattutto la sua lucidità. A mente lucida avrebbe rivalutato le sue azioni, avrebbe capito che doveva ricorrerla fin quando non avesse avuto nemmeno un soffio di fiato in corpo. Ma con gli anni si era rassegnato ad accettare la sua scelta, a vivere senza di lei.

 

Era difficile ammettere agli altri, ma soprattutto a se stesso che la colpa era solamente sua. Era colpevole della sua dipartita, come lo era del suo non ritorno. Ma James era testardo, immaturo e lo sapeva fin troppo bene. Come in cuor suo pensava di sapeva che lei sarebbe stata più felice lontano da lui.

 

                                                                                 ***

 

Il negozio di articoli sportivi a Diagon Alley era il più frequentato dai giocatori di Quidditch professionisti, e James non faceva eccezione. Affidava il suo amato manico di scopa alle sole cure del gentile vecchietto che possedeva quella bottega. Una volta entrato, richiuse stancamente la porta alle sue spalle e la voce del negoziante gli arrivò cristallina alle proprie orecchie.

 

“La sua scopa è pronta signorina Baston, corro a prenderla nel retro… dia pure uno sguardo in giro nel frattempo…”

 

Lisa dovette solo limitarsi ad annuire perché il ragazzo non sentì la sua replica, si avvicinò cauto al bancone stringendo convulsamente il manico in legno della sua Firebolt. I suoi occhi si posarono all’istante sulla ragazza, ferma ad ammirare qualche nuovo articolo sportivo. Forse fu perché avvertì di essere osservata, che alzò lo sguardo su James. Restarono a fissarsi per diversi secondi prima che la voce squillante dell’uomo non ruppe l’assordante silenzio che si era creato tra loro.

 

“Oh,Signor Potter che piacere… che piacere! Venga,venga…”

 

James, come richiesto dal padrone di bottega, avanzò di qualche passo, affiancandosi a Lisa. Evitò di guardarla, sorridendo cordiale all’uomo che dopo un cenno col capo rivolse nuovamente la sua attenzione alla ragazza.

 

“Ecco a lei,signorina… come nuova!”

Le porse la Firebolt e il giovane Potter non potè fare a meno di soffermarsi ad osservarla. Era la stessa che anni prima lui le aveva donato. Erano ancora studenti del settimo anno ad Hogwarts e dopo lo spiacevole incidente che vide la scopa di Lisa spezzata in due da una vendicativa Brown, lui aveva insistito perché ne accettasse una nuova.

Nell’afferrarla, senza nemmeno rendersene conto, la ragazza sfiorò con le dita la scritta che James aveva inciso per lei.

‘ Alla miglior cacciatrice di Grifondoro, dal suo magnifico capitano. ‘

 

Avevano riso per giorni a causa dello smisurato ego di James e per le continue prese in giro delle sue cugine e di suo fratello. Ridevano sempre un tempo, per qualsiasi cosa, ora invece i loro sguardi potevano trasmettere di tutto, tranne gioia e ilarità.

 

Quando Lisa uscì dalla bottega, indugiò qualche istante sull’entrata, indecisa su qualcosa. Si guardò indietro, poi si incamminò, ma con un passo così lento che alcuni passanti la guardavano incuriositi. Nemmeno a tre metri di distanza, sentì dei passi frettolosi e una voce familiare chiamarla. Quando si voltò vide James dinanzi a lei, il viso arrossato che guardava ostinatamente la sua Firebolt, indicandola.

 

“L’hai tenuta…”

Lisa ne seguì lo sguardo, riportandolo poi negli occhi marroni del ragazzo. Li osservò a lungo prima di annuire e abbozzare un sorriso.

 

“Si…  ci tengo come per quella di mia madre che la tua amichetta mi ruppe…”

 

“Ehi,ehi… non era una mia amichetta!”

 

Lisa non riuscì a trattenersi nel vedere l’espressione adorabile e imbronciata di James, così scoppio a ridere, contagiando anche lui che tuttavia si limitò a sorriderle. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva sentito il suono della sua risata? Socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare come fosse una dolce melodia. Sentì un così forte impulso di abbracciarla che dovette puntare i piedi al suolo per impedirsi di muovere.

 

“Mi dispiace per… per l’altra sera, sai da Rose…”

Lisa smise di ridere, asciugandosi con la manica le lacrime agli angoli degli occhi e diventando improvvisamente seria. Ebbe l’impressione che le sue scuse non fossero riferite solo a quell’episodio tanto era penetrante lo sguardo che lui stava rivolgendole. Ma non indagò oltre, annuì avvicinandosi per sfiorarne la guancia, prima di voltarsi e andare via, accompagnata da una strana morsa allo stomaco, una sensazione che temeva di aver dimenticato.

 

                                                                                    ***

 

Quando James rientrò nel suo appartamento ebbe solo il tempo di fare qualche passo che un rumore, chiaramente di una smaterializzazione, lo fece voltare bruscamente e afferrare la bacchetta, la qualche cadde rovinosamente a terra quando il ragazzo constatò l’identità della persona che si trovò davanti.

 

Lisa si avvicinò, prendendo la bacchetta da terra e porgendola al legittimo proprietario che l’afferrò con una certa titubanza. La ragazza si guardò intorno, e la perplessità fu chiara nella sua espressione. James se ne rese conto.

 

“Bhè, non ho cambiato nulla da quando…”

 

Ed era così, tutto era esattamente come Lisa lo ricordava. Il colore delle pareti che lei aveva scelto, le tende che James aveva trovato orribili, ma che comunque aveva accettato di mettere. Lo strano tappeto, cornici in cui vi erano le foto dei loro anni ad Hogwarts e della loro squadra di Grifondoro. Riposò lo sguardo sul ragazzo che le sembrò decisamente a disagio.

 

“Perché sei qui?”

Il tono che lui  usò finì coll’essere più duro di quanto lui stesse avesse voluto. Si affrettò a guardare prontamente altrove, ovunque purchè non si trattasse dei suoi occhi, ora colmi di angoscia. Sentì un leggero fruscio, che si accorse provenire dalla sua gonna. Si era appena voltata e stava già incamminandosi verso la porta.

“Perché Lisa?”

 

“Non lo so cazzo! Non lo so!”

 

Si ritrovò a girarsi tanto bruscamente che James sobbalzò per un istante. La rabbia, la frustrazione, ma soprattutto l’esasperazione erano emozioni ben visibili sul suo volto. Stringeva i pugni e guardava il ragazzo con una ferocia mai vista.

 

In quel momento James capì che non avrebbe resistito un minuto di più, si trovò ad attirarla a sé e baciarla con impetuosità e passione. La teneva per le spalle, mentre la sua bocca cercava avidamente quella di lei, fin quando le braccia forti non cinsero in una stretta quel corpo esile, dando l’impressione di volerlo intrappolare per sempre.

 

Senza rendersene pienamente conto si ritrovarono distesi sul divano, Lisa aveva privato James della camicia e si apprestava a fare lo stesso con i pantaloni, armeggiando prima con la sua cintura. Lui aveva precedentemente sfilato la maglia di lei e ora la sua attenzione era concentrata sulla pelle nuda del suo collo.

 

Un ‘pop’, chiaro sinonimo di smaterializzazione li sorprese all’improvviso, lasciandoli impietriti per diversi secondi, a fissarsi negli occhi.

 

“Toh, Severus! Visto che avevo ragione? Non sta poi tanto male…”

Lily strizzò l’occhio al fratello maggiore dando una gomitata ad Albus che, spaventosamente rosso in viso, si apprestò a voltarsi ed era talmente scosso che nemmeno si affrettò a ribadire quanto poco trovasse carino il modo di appellarlo dei suo cari fratelli.

“Sera dolcezza! Ci hai pensato tu a tirarlo su di morale eh?”

Stavolta la piccola Potter guardava Lisa che arrossita ai medesimi livelli dell’amico accennò ad un sorrisino palesemente imbarazzato.

 

“SPARITE IMMEDIATAMENTE DA QUI VOI DUE!”

L’urlo di James fece sobbalzare Albus e ridacchiare la sorellina che ancora ghignando fu afferrata per un braccio da Al ed entrambi si smaterializzarono un secondo dopo. Lisa affondò il viso nel petto del ragazzo che per un istante ebbe l’impressione che stesse piangendo. Quando con una mano le prese il manto, si accorse che ridacchiava. Inarcò un sopracciglio, palesemente scettico. Ma bastò poco perché la risata cristallina di lei lo contagiasse, lasciandolo riversarsi sul fianco.

 

“Sai perché sono qui…”

Nemmeno Lisa seppe dire se quella fosse una domanda o un’affermazione, lasciò a James la sua interpretazione.

 

“Perché le luci ti hanno guidato verso casa…”

Nemmeno il suo tono parve interrogativo, entrambi sentivano che in quel moment avevano scoperto una nuova verità. Sarebbe stato difficile dimenticare i tre anni passati senza l’altro, ma sarebbe stato altrettanto facile continuare ad amarsi e questo perché in realtà, non avevano mai smesso.

James la baciò ancora, suggellando un nuovo giuramento, un nuovo inizio. Poi con una mano sciolse i capelli dal codino che li intrappolavano.

 

“Li preferisco così…”

 

 

Lassù o laggiù 
quando tu sei troppo innamorato 
per lasciar andar via tutto 
e se tu non provi, non saprai mai 
quali valori hai 

[ Coldplay, Fix You ]

 

 

 

 

 

So che avreste voluto ammazzarmi nel momento in cui avete ‘scoperto’ che Lisa e James non erano più assieme, ma ora vi siete calmate vero?!      .__.

Oddio, so che ho accennato che anche Al e Katie non sono più una coppia e lei non era nemmeno presente alla festa di Rose. Dove sarà?!  xD

Lo scoprirete presto ragazze!

Ah, e forse qualcuna si chiederà anche dello strano comportamento di Hugo e Lily, bhè sarà ‘quasi’ chiarito anche quello…sebbene non in un capitolo specifico! Sapete quanto io ami lasciare dubbi e possibili interpretazioni!  :p

Il prossimo capitolo sarà dedicato a Roxanne e Lysander e si, quello di Rose e Scorpius sarà l’ultimo… giusto per farvi penare un altro po’! :p

Mi auguro che questo seguito non vi deluda…

Attendo le vostre opinioni!  :*

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Capitolo 3
*** Dreams [Roxanne&Lysander] ***


                                                                 2


La mia vita cambia ogni giorno 
In ogni modo possibile 
E nonostante i miei sogni 
Non è mai piatta come sembra 
Mai piatta come sembra 

[The Cranberries, Dreams]

 

Rose salutò la sua migliore amica proprio fuori al cafè della Londra babbana, dove avevano trascorso l’ultima ora.  Era riuscita ad uscire prima da lavoro proprio per incontrare Lisa, sperando di poterle parlare e aiutarla in qualsiasi modo possibile. Ma nel momento in cui si era trovata di fronte a lei, nel momento in cui le aveva parlato, aveva capito che nulla avrebbe potuto. Gli unici a poter risolvere questa incresciosa situazione erano quelli che sembravano convinti a non farlo.

 

Sospirò pesantemente, camminando ancora per le strade londinesi, avvolta nella sua sciarpa rossa. Sebbene fossero gli ultimi giorni di marzo, l’aria gelida colpiva ancora il suo viso, ora arrossato dal freddo. Sovrappensiero urtò qualcuno, si voltò per scusarsi ma l’uomo non si era neppure girato. Intravide solo una chioma bionda, quasi bianca troppo simile a quella del ragazzo che troppo tempo prima aveva amato. E il respiro sembrò mancarle, ma allontanò presto quell’idea dalla sua mente e camminò ancora e ancora.

 

Ormai stanca di girovagare senza una meta precisa, e infreddolita dall’aria fredda della sera decise di intrufolarsi in un vialetto e smaterializzarsi sul pianerottolo della sua abitazione certa che nessun babbano abitasse nei dintorni, per cui nessuno avrebbe potuto vederla.

 

Chiusa la porta alle sue spalle e abbandonata la borsa e la giacca, fece qualche passo per sprofondare letteralmente sul proprio divano. Naturalmente lo trovò occupato da una Dominique che sfogliava pigramente la sua rivista, da una Lily che chiacchierava con Roxanne, seduta su una poltrona vicina. Quest’ultima era intenta, come accadeva spesso nell’ultimo periodo, a mangiare gelato e cioccolata.

 

“Già che ci siete perché non vi trasferite qui, visto che siete sempre tra i piedi?”

Rose si accomodò tra Lily e Dominique, sbuffando ma infondo sollevata di non dover essere sola a crogiolarsi in pensieri  deprimenti e magari ritrovarsi a finire il barattolo di gelato al cioccolato di cui sua cugina si stava ingozzando.

 

“Mh, troppo piccolo…e non mi piace il Quartiere”

 

“Solo se mi garantisci che il frigo sarà sempre pieno…”

 

Lily ridacchiò alle repliche delle cugine e alla reazione di Rose che roteò gli occhi e sbuffò una risata. Le posò una mano sulla gamba, ottenendo la sua attenzione.

 

“Sembri stanca,tesoro…”

Rose fissò per qualche istante sua cugina, tipico di lei accorgersi del turbamento dell’altra. Era cambiata molto da Hogwarts la sua Lily. Era cresciuta e il suo acuto spirito di osservazione aveva preso il posto del totale disinteresse che nutriva verso qualsiasi cosa non fosse il Quidditch o le malandrinate commesse con Hugo.

 

“Ho visto Lisa e abbiamo parlato a lungo, ma non sono riuscita a trovare nessun modo per aiutarla…”

 

“Non spetta a te, sono faccende che riguardano solo lei e James…”

La replica arrivò da Dominique, seduta alla sua sinistra. Le rispose col solito tono calmo e controllato, quasi annoiato e non accennò a rialzare lo sguardo dalle pagine che sfogliava con poco entusiasmo. Rose si chiese se ci fosse mai stato qualcosa che l’avesse turbata davvero.

 

“Lo so bene, ma… vorrei fare qualcosa!”

Sospirò, portando le mani a strofinare gli occhi.

“Oggi sembra che io non sia in grado di dare consigli…”

 

“Che vuoi dire, altri problemi?”

 

“E’ per Hugo, oggi è passato in ufficio…”

 

Rose avvertì appena l’irrigidimento di Lily al suo fianco, la guardò un istante e notò che aveva spostato prontamente lo sguardo altrove, prendendo a mangiucchiarsi le unghie, cosa che faceva solamente se davvero nervosa o agitata. Aggrottò la fronte, fissandola ancora, quando un gesto di Roxanne la incitò a continuare.

 

“Bhè credo voglia ritornare in Romania, dallo zio Charlie… forse è un bene che studi con lui, ma da sorella egoista vorrei che non stesse ancora tanto tempo lontano dalla sua famiglia…”

 

“Oh, non stare in pena… può smaterializzarsi quando vuole da noi e tu puoi fare lo stesso…”

Roxanne annuì convinta, palesando un barlume di serietà che fu subito sostituito da una risatina nel momento in cui rovesciò parte del gelato sulla sua maglietta. Rose si limitò ad annuire, del resto sua cugina aveva ragione e pensò che doveva smetterla di ingigantire qualsiasi cosa, ma soprattutto che avrebbe dovuto finirla di pensare costantemente agli altri e poco a se stessa. Proposito che non sembrava poter tuttavia essere attuato tanto presto.

 

“Com’è stata invece la tua giornata Rox?”

 

La ragazza decise di cambiare prontamente discorso, sia per alleggerire il suo stato d’animo sia per impedire a Lily di mangiucchiarsi anche le dita oltre le povere unghie. Non comprendeva il suo comportamento, ma era chiaro che c’entrasse suo fratello. Non volle tuttavia indagare, per una volta decise di non immischiarsi. E senza che lei stessa ne fosse consapevole, aveva preso la decisione più giusta.

 

“Oh, al solito… sono stata in redazione, ho terminato il mio articolo sull’invasione al Ministero ad opera dei Folletti della Cornovaglia e vediamo…”

Rose storse il naso all’ultima affermazione, ricordava bene che pochi giorni prima, a causa di uno scherzo decisamente idiota di qualcuno, quei mostriciattoli avevano scatenato il panico negli uffici. Non era restia a credere che proprio qualcuno della sua famiglia avesse messo in piedi una burla simile, forse la stessa Roxanne, infondo ne sarebbe stata capacissima.

 

“..ah,si !  Ho scoperto di essere incinta…”

 

Tornò tranquillamente a ingurgitare la sua cioccolata, leccando le dita con gusto. La notizia impiegò qualche secondo perché Rose riuscisse ad elaborarla, ancora intenta a ponderare sulle possibili implicazioni di sua cugina nella vicenda dei folletti. Quando le parole la colpirono, sgranò poco gli occhi, fissando incredula la ragazza dinanzi a se. Dominique aveva finalmente rialzato il capo, spostando lo sguardo dalla rivista e come Rose guardava Rox, segni di turbamento visibili sul suo bel visino. Lily sembrava pietrificata, ancora le dita alla bocca.

 

“Tu sei…”

Roxanne rialzò il capo, solo ora accorgendosi delle espressioni sconvolte delle ragazze. Inarcò un sopracciglio, spostando la sua attenzione su ognuna. Riposò il barattolo di gelato sul tavolino, e quando Rose non la rimproverò di non aver utilizzato un sottobicchiere o un tovagliolino, cominciò ad avere paura.

 

“Ssi.. aspetto un bambino… Ma perché avete…”

Non riuscì a dire altro, le tre si buttarono su di lei, abbracciandola con entusiasmo. Le scompigliavano i capelli, le baciavano le guance e si congratulavano. Qualche minuto dopo ritornarono ad occupare il comodo divano, ma i loro occhi restavano puntati sulla cugina.

 

“E Lys? Glielo hai detto? Come ha reagito?”

 

“No, non lo sa…”

Roxanne alzò le spalle, addentando un altro pezzo di cioccolata.

 

“Oh, hai intenzione di dirglielo stasera? Magari davanti ad una bella cenetta…”

 

“No, non direi…”

 

Rose scambiò un’occhiata con Lily e Dominique, attendendo con una certa ansia che la cugina parlasse ancora. Non ne comprendeva il motivo, ma era certa che le parole dell’altra non le sarebbero piaciute. Pregò Merlino che per una volta sola nella vita, Roxanne si comportasse come tutti gli altri.

 

“Non è ancora il momento…”

Accennò ad un sorriso inquietante, cosa che non rassicurò per niente le ragazze.

“Non credo riuscirai a nasconderlo a lungo…”

Dom  le indicò la pancia, che di certo sarebbe cresciuta da lì a qualche mese.

 

“Oh, non c’è problema! Continuerò a mangiare e lui penserà che sono semplicemente ingrassata… quando poi darò alla luce il bambino, griderò… SORPRESA!”

 

Le espressioni delle cugine, suggerirono alla ragazza che non condividevano la sua idea geniale. Si chiese come fosse possibile non riscoprirsi entusiaste, dopo che lei le aveva messe a conoscenza della burla del secolo! Insomma, non era roba di tutti i giorni uno scherzo simile … quelle tre non avevano un briciolo di senso dell’ humor!  Guardò Lily, sperando che almeno lei condividesse il suo genio. Ma anche la piccola Potter sembrava stralunata e un tantino spaventata.

 

“Tu stai… non dici sul serio vero?”

Rose imprecò mentalmente contro quel vecchio mago che mai, mai una volta aveva esaudito le sue richieste. Guardava Roxanne che aveva assunto quel cipiglio che ben conosceva, era lo stesso che per anni aveva visto sul suo volto quando al tavolo di Grifondoro metteva tutti a conoscenza delle sue bravate. La sua vittima a quanto sembrava continuava ad essere il povero Lysander.

 

“Certo! Siete proprio noiose lo sapete?”

 

Sbuffò riafferrando il barattolo di gelato e tuffandovi letteralmente il viso al suo interno. Dominique posò la sua rivista, si rialzò con la solita flemma e salutandole con un cenno del capo, andò via. Rose fu certa di averla sentita borbottare qualcosa sulla sanità mentale della sua famiglia e sul suo lavoro al San Mungo. Forse non aveva tutti i torti, forse un giorno tutti i suoi cugini sarebbero stati ricoverati proprio lì.

 

“Roxy… Lys ha il diritto di sapere del bambino, non è uno scherzo… e tu non puoi renderlo tale!”

Lily si affrettò a precisare prima che Roxanne potesse controbattere. La videro imbronciarsi, aggrottare la fronte e ponderare forse sulle parole appena udite. Dopo nemmeno un minuto, sospirò pesantemente scuotendo il capo.

 

“E va bene, ma sappiate che siete le responsabili della mancata realizzazione del mio geniale piano!”

 

“Ne siamo consapevoli e… felici, aggiungerei !”

Rose strizzò l’occhio a Lily, sorridendole. Rox per quanto strampalata era abbastanza influenzabile, soprattutto da loro. Del resto dopo anni avevano un rapporto decisamente forte, che superava persino la pazzia della ragazza.

 

“Ah, per dispetto ti svuoto il frigo!”

SI rialzò e corse verso il colorato elettrodomestico, decisa a portare a termine la sua promessa.

 

 

                                                                                        ***

 

Quando Roxanne Weasley rimise piede nell’appartamento che condivideva con Lysander, lo trovò seduto sul divano, intento a leggere alcune pergamene sparse sul tavolino basso dinanzi a lui. Quando sentì la porta richiudersi, il ragazzo rialzò lo sguardo sorridendole.

 

“Bentornata! Sistemo le ultime scartoffie e preparo la cena…”

 

Rox si limitò ad annuire e restare impalata ad osservarlo. Era premuroso con lei, lo era sempre stato. E non c’entrava il fatto che si offrisse di cucinare al suo posto, quello era più che altro spirito di sopravvivenza. C’entravano molti altri gesti quotidiani che solo a lei riservava e che nella loro semplicità mostravano quanto tenesse a lei.

 

C’era amore quando le rimboccava le coperte durante la notte perché agitandosi nel sonno finiva sempre col rimanere senza. C’era amore quando la svegliava con dolcezza la mattina, evitandole di far tardi a lavoro dopo che aveva distrutto l’ennesima sveglia, lanciandola contro un muro o nel peggiore dei casi, affatturandola. E c’era amore quando la imbacuccava con sciarpa e cappello nelle fredde giornate invernali, evitandole di buscarsi l’ennesimo raffreddore dato dalla sua negligenza.

 

Si prendeva cura di lei da ormai cinque anni, quasi fosse una bambina bisognosa delle sue attenzioni. E forse era proprio così, e si chiese in quell’istante se sarebbe mai stata in grado di occuparsi lei stessa di un altro essere vivente. Un moto di panico si impossessò della sua persona, e mai prima d’ora si era preoccupata a tal punto di qualcosa. Sempre spensierata e libera da ogni problema, la vita era stata generosa. Ma ora sembrava volersi burlare di lei, affidandole un compito che non si sentiva in grado di svolgere.

 

E ancora l’idea di non dirgli nulla si affacciò alla sua mente, ma stavolta il motivo era diverso. Non era la possibilità di una burla a trattenerla, ma il timore che lui potesse non accettarlo, spaventato dall’idea di avere un figlio con una come lei. Si sedette svogliatamente al tavolo, spostando lo sguardo verso la finestra e sentendosi per la prima volta in vita sua estremamente fragile e spaventata.

 

                                                                                        ***

 

La notte non era riuscita a portarle consiglio, quelle poche ore in cui era riuscita a lasciarsi cullare dalle braccia di Morfeo non avevano lenito la sua ansia. La mattina successiva, quando Lysander si svegliò e non la trovò al suo fianco, si precipitò in cucina dove sorprese Roxanne al tavolo, imbandito per la colazione.

 

Le si avvicinò cauto, scrutandola per qualche minuto e sedendosi poi davanti a lei. La ragazza gli sorrise, porgendogli un piatto stracolmo di frittelle, che miracolosamente non erano bruciacchiate e persino l’aspetto della cucina sembrava accettabile. Un po’ disordinato, ma nulla a che vedere con i detriti dell’ultima esplosione causata dalla sua fidanzata.

 

“Stai bene?”

 

La domanda nacque spontanea, era un quadretto decisamente surreale per i suoi standard. Lei sembrò indecisa su cosa rispondere, mordicchiava il labbro inferiore fin quando non scosse il capo e annuì energicamente. Afferrò la sua borsa e dopo avergli concesso un bacio, uscì di corsa giustificando un ritardo pazzesco.

 

Naturalmente Roxanne Weasley non era mai arrivata puntuale alla redazione del Cavillo, aveva orari piuttosto strambi che lei stessa sapeva gestire al meglio. Si perse nelle strade affollate con la mente che vagava ininterrottamente.  Avrebbe voluto parlare dei suoi dubbi con Katie, ma lei non c’era, la sua migliore amica non era lì a dirle cosa fare.

 

Senza che lei stessa lo volesse si ritrovò dinanzi all’ingresso del San Mungo, indugiò qualche minuto fin quando non decise di entrare. Salì frettolosamente le scale e si fermò al Terzo Piano, dove era certa avrebbe trovato sua cugina. Incamminandosi per il corridoio, intravide un ragazzo dall’aspetto familiare che si allontanava nella direzione opposta alla sua, non vi prestò particolare attenzione e proseguì.

 

“Roxanne?”

La voce di Dominique la fece sobbalzare e voltare di scatto, le si avvicinò rivolgendole un sorriso tirato.

“Stai bene? Il bambino…”

 

“No, sto bene… volevo solo, ecco…”

Non ebbe modo di spiegare le ragioni della sua visita, la cugina le prese la mano e la condusse alla sala da the per i visitatori, al quinto piano. Si sedettero ad un piccolo tavolino e pochi minuti più tardi sorseggiavano la bevanda dalle loro tazze.

“Non lo hai detto a Lysander, non è vero?”

Roxanne agitò il capo in segno di diniego, per la prima volta in vita sua era corto di parole.

“Ma ho ragione di credere che non sia perché tu voglia ancora insistere con quella storia dello scherzo…”

Ascoltava la voce calma di Dominique con una leggera curiosità.

“Hai paura Rox?”

Sgranò gli occhi, posando la tazzina sul tavolo, evitando un possibile disastro se le fosse scivolata dalle mani. Era così evidente quello che provava? E forse anche Lysander l’aveva capito?

 

“Non potrò mai riuscire ad occuparmi di un esserino, Dom… non io…”

 

Dominique prese un lungo respiro, si adagiò meglio sulla sedia e sistemò con noncuranza la crocchia che aveva sul capo, prima di parlare. Un tono di voce diverso, quasi gentile.

“Ricordi quando da bambine ci nascondevamo sotto il tavolo alla Tana e spiavamo nonna Molly, nonno Arthur e gli altri mentre agitavano la bacchetta e compivano magie tra le più incredibili?”

Roxanne annuì, ancora incapace di capire a cosa esattamente volesse riferirsi, ma ascoltandola con crescente rapimento.

“Quante volte piagnucolavi perché eri certa che non saresti mai riuscita a fare lo stesso? A far lievitare qualcosa o fare fatture Orcovolanti che Zia Ginny riservava a Zio Ron?”

Non lasciò che l’altra rispondesse, ma continuò tranquilla.

“Molte, moltissime volte… avevi paura, temevi di non esserne in grado, ma ora? Riesci a fare quello e molto altro… sarà così anche quando nascerà il bambino, è anche quella una magia sai? Sarà come quando hai stretto tra le mani la tua bacchetta e hai sentito un legame con essa… tu appartenevi a lei e lei a te… con tuo figlio proverai le medesime sensazioni e allora tutti i timori che ora sembrano insormontabili, svaniranno…”

 

Roxanne guardava sua cugina come se la vedesse per la prima volta, aveva gli occhi sgranati e la bocca sgraziatamente aperta. Era decisamente scioccata dalla verità delle sue parole, ma di più dal fatto che fosse stata lei a pronunciarle e con una dolcezza che non credeva le appartenesse. Era davvero lei?

 

“Puoi chiudere la bocca Roxy, e soprattutto andartene via… non voglio che mi si veda in giro con una sciattona come te…”

 

Si, era decisamente sua cugina. Si rialzò dalla sedia, rovesciando il the sul tavolino e abbracciando l’altra che inaspettatamente non strillò per il guaio appena combinato, ma ricambiò la stretta con un sorriso ad increspare le labbra sottili.

 

“Grazie…”

 

Il tempo di un sussurro all’orecchio e Roxanne corse via, investendo più di una persona al suo passaggio. Si sentiva stranamente leggera e ancora un po’ intontita nel credere che il merito fosse di Dominique e non dei consigli razionali di Rose o di Katie.

 

                                                                                       ***

 

Come un tornado arrivò al Ministero della Magia, affrettandosi a raggiungere il terzo livello dove era sicura di trovarci Lysander. Corse verso il suo ufficio e quando spalancò la porta, nemmeno si preoccupò che in quel momento il ragazzo non era solo.

 

“Aspetto un bambino!”

 

Il suo tono di voce era decisamente alto, tant’è che anche alcune persone che si trovarono a passare  nel corridoio vicino la udirono. Aveva il braccio teso in aria, la mano chiusa a pugno come se avesse appena festeggiato una vittoria. Lys sgranò gli occhi, fissandola con un’espressione tra l’allarmato e l’imbarazzato.

 

“Bene…allora io… vado, si…”

L’uomo in piedi, dinanzi alla sua scrivania rivolse un rapido cenno del capo a Scamander prima di affiancarsi a Roxanne e sorriderle in maniera impacciata.

“Congratulazioni…”

 

Chiuse la porta alle sue spalle, impaziente di allontanarsi da quella stanza. Roxanne gli aveva rivolto un largo sorriso in riposta e ora si accingeva ad avvicinarsi al compagno. Si sedette sulla scrivania, al suo lato e lo osservò raggiante.

 

“Hai delle tende nuove? Carine! In ogni caso dicevo… si, avevo dei dubbi sulla faccenda, voglio dire una come me che mette al mondo un bambino! Ha dell’assurdo non trovi? E poi inaspettatamente le parole di Dominique mi hanno convinto ad accettare la cosa, a capire che possiamo riuscirci, insieme… “

 

“Roxanne…”

 

“Si, sono andata al San Mungo e… oh, ecco chi era quel ragazzo! Frank Paciock! Ma cosa ci faceva lì? Non sarà che lui e Dom…”

 

“Rox…”

 

“Si?”

 

“Tu sei…”

 

“Incinta!”

 

Nessuna replica arrivò alle orecchie della giovane perché Lysander Scamander, decisamente provato dalla novella e intontito dalle chiacchiere della sua fidanzata era appena svenuto, ritrovandosi disteso sul pavimento.

 

“Oh, la notizia di Frank e Dominique ha sconvolto anche te?”

 

Rox scrollò le spalle,  con un saltello scese dalla scrivania e afferrando la bacchetta fece lievitare il corpo del ragazzo fino al divanetto vicino. Si sedette accanto a lui, sorridendo nel scostargli qualche ciocca di capelli dal viso. Non poche volte si era svegliata nel cuore della notte e aveva passato interminabili minuti ad osservarlo dormire. Le dava pace, una quiete indescrivibile.

 

Non trascorse  molto tempo che Lysander si svegliò, guardandosi prima intorno come a riconoscere il luogo in cui si trovava,  poi indugiando con lo sguardo sul viso della ragazza. Lei continuava a sorridergli, era tornata la stessa, sembrava che nessun dubbio o preoccupazione l’avessero sfiorata nelle ultime ore.

 

“Aspettiamo un bambino…”

 

Si mise seduto, prendendo una mano di lei tra le sue. La osservava, ancora incredulo e ripeteva quelle parole come per renderle più reali di quanto non fossero già. Roxanne annuiva felice l’attimo prima di baciarlo e stendersi su di lui.

 

“Ora avrò un vero motivo per occultare le spine della corrente, oltre ad evitare che tu ci infili le dita per una scarica di adrenalina!”

 

Dopo un pugno ben assestato da parte della compagna, la strinse forte tra le sue braccia e si sentì diverso, migliore. Era lei a renderlo tale e ora ci sarebbe stato qualcun altro ad occupare il suo cuore, un bambino, il loro bambino.

 

Negli attimi in cui rideva con lei, la baciava, la dondolava tra le sue braccia e posava la testa sul suo ventre una sola domanda continuava ad albergare nella sua mente: Di felicità si può morire?

 

 

Voglio di più, impossibile ignorarlo 
Impossibile ignorarlo 
E allora i miei sogni si realizzano 
Impossibile non farlo 
Impossibile non farlo 

[The Cranberries, Dreams]

 

 

 

 

Rieccomi col secondo capitolo di questo sequel ! :D

Roxanne, Roxanne… immaginavate un modo diverso per lei di rivelare la sua gravidanza?! Io decisamente no, non sarebbe stata la ragazza che abbiamo imparato a conoscere non trovate?! xD

In effetti già l’essere stata presa da dubbi e paure è stato fin troppo ‘normale’ per lei, ma credo fosse anche questa una cosa inevitabile. E che poi sia stata la gelida Dominique a rassicurarla è stato qualcosa che ho trovato decisamente dolce! *-* E’ pur sempre sua cugina, e le vuole bene! xD

Lo so, lo so che fremete dalla voglia di sapere di Katie, di Rose e Scorpius… e so anche che sono abbastanza ‘cattiva’ nel mettere qualche frase su di loro qua e là… :p  ma un altro po’ di pazienza e la vostra curiosità sarà appagata!

Il prossimo capitolo verterà proprio su Albus e Katie! ;D

Ah, vi sarete di certo accorte che i fatti si svolgono in contemporanea, tutti nell’arco di fine marzo, inizio aprile!  ;)

A presto, tesorini ! :*

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Capitolo 4
*** You and Me [Albus&Katie] ***


                                                           3


‘Che giorno è?
e in che mese?
questo orologio non era mai sembrato così vivo
non riesco a tenergli dietro
e non posso fare marcia indietro
ho perso così tanto tempo’

[You and Me, Lifehouse]

 

Quando Albus riuscì a trascinare sua sorella dall’appartamento di James, si materializzò da Rose promettendo a se stesso che non avrebbe mai più dato retta alle idee di Lily. Ancora rosso in viso e visibilmente scosso suscitò le risa di sua sorella e poco dopo anche quelle della cugina. Quest’ultima era tuttavia più concentrata sul fatto che Lisa e James stessero chiarendo. Ma si affrettò subito a comunicare l’ennesima buona notizia, la gravidanza di Roxanne.

 

“Un bambino? Merlino, devo sedermi…”

 

“Al, stai invecchiando per caso?”

 

La voce di Hugo proveniva dalla camera di Rose, quest’ultima senza volerlo posò gli occhi su Lily che smise improvvisamente di ridere, prendendo a giocare con una ciocca di capelli e fu quello che le confermò definitivamente che qualcosa non andava. Sua cugina aveva sempre definito quel gesto frivolo, adatto a ragazzine alla prima cotta. Sgranò gli occhi, afferrando appena in tempo la teiera che stava scivolando dalle sue mani. Non poteva essere questo.

 

Hugo palesò la sua presenza, fermandosi sulla soglia della cucina non appena appurò che Albus non era solo. Salutò Lily con un sorriso e un cenno del capo, maneggiando una bustina. Al lo abbracciò, ignaro delle congetture che continuavano a frullare nella testa di sua cugina.

 

“Rose, pianto questi semi nei vasi che ho preparato questa mattina…”

Sua sorella annuì, vedendolo allontanarsi verso il terrazzino e rispondendo poi alla curiosità di suo cugino.

 

“E’ una rara specie di rosa, zio Charlie ha insistito che l’avessi…” *

 

Lily non badò alle chiacchiere dei due, guardava fuori finché non si decise a raggiungere Hugo. Chiuse le vetrate alle sue spalle e gli si avvicinò, vedendolo intento a trafficare col terriccio. Qualche passo e fu al suo fianco.

 

“Sembra che le cose si stiano aggiustando per tutti…”

 

“Già, alcuni sono più fortunati di altri…”

 

“Hugo…”

 

“No, Lily ascolta…”

Si rialzò, lasciando perdere vasi e semi e le si avvicinò, guardandola dall’alto. Hugo aveva decisamente ereditato la statura di suo padre, e la superava di diversi centimetri. Lei così piccola ai suoi occhi.

“Avevi ragione…  è stato uno sbaglio, ma sappi che non potrò mai pentirmene…e andremo avanti, come abbiamo sempre fatto…”

 

Un bacio, un innocuo contatto li aveva sorpresi l’estate prima. Un’ unione che aveva racchiuso anni di sentimenti repressi e sensi di colpa. Ma quello che nella maggior parte dei casi svela un inizio, per loro fu solamente una fine. Non ce ne furono altri ed entrambi sapevano che non ce ne sarebbero stati. Un sentimento da schiacciare, un amore straziante che non può vedere altro che il suo tramonto.

 

Lily sorrise appena, prendendogli una mano nella sua, stringendola con delicatezza e posando la testa sulla sua spalla. Socchiuse gli occhi, inebriandosi per l’ultima volta del suo profumo, della sua vicinanza.

 

“Sarai sempre parte di me, Hugo…”

 

Deglutì a fatica il ragazzo, soffocando quel groppo in gola che minacciava di sciogliersi. Annuì lievemente, sfiorandone i capelli rossi, baciandone la fronte. Lei era la ragione che l’aveva spinto ad andare in Romania, a ritornare poi per poterla vedere ancora e nuovamente decidere di scappare. Fuggire da lei, ma soprattutto da se stesso.

 

“E tu parte di me, piccola Lily…”

Desiderarono restare così per l’eternità, ma non gli era concesso. Solo nei sogni si sarebbero incontrati per vivere quell’amore che non poteva fiorire, per amarsi alla luce della luna perché di giorno non avrebbero mai potuto.

 

Gli amori impossibili non finiscono mai. Sono quelli che durano per sempre.*

 

                                                                             ***

 

Stravaccato scompostamente sulla sedia del suo ufficio e facendola dondolare, ben puntando i piedi contro la sua scrivania, Albus raccontava le novità riguardanti la sua famiglia ad un divertito Scorpius Malfoy. Gli parlò della figuraccia fatta con suo fratello e Lisa e dell’assurdo piano di Roxanne prima che si decidesse a parlare della sua gravidanza a Lysander.

 

“Io avrei appoggiato l’idea di Rox… è geniale!”

 

“Non avevo dubbi…”

 

Risero ancora, Al sempre più convinto che prima o poi la sua rumorosa famigliola l’avrebbe portato alla pazzia. Calò il silenzio per qualche istante,  rotto poco dopo dal biondino che avvicinatosi alla finestra parlò quasi in un sussurro.

 

“Ho visto Rose…”

Al rischiò non solo di soffocare con la propria saliva, ma anche di cadere dalla sedia che si ostinava a tenere in bilico. Puntò i piedi per terra rivolgendo all’amico un’occhiata allarmata.

“Camminavo in una delle strade di Londra, nemmeno ricordo quale fosse, quando mi ha urtato…”

E prima che Albus potesse chiederglielo, lui si affrettò a precisare, sorridendo e scuotendo il capo.

“No, non si è accorta di me… aveva la testa fra le nuvole, come al solito… non è cambiata…”

 

Terminò con una nota amara nella voce, costringendosi a guardare ancora verso la finestra piuttosto che nei verdi occhi del proprio migliore amico. Occhi che avrebbero scavato nella sua anima, afferrandone il turbamento.

 

“Sono passati quattro anni da Hogwarst…”

 

“Già…”

 

“Tre anni da quando hai lasciato definitivamente Malfoy Manor…”

Scorpius si voltò, aggrottando la fronte e fissando il ragazzo nel tentativo di capire la conclusione a cui voleva giungere, pur sapendo che i discorsi di Albus erano sempre stati più che contorti.

“E uno da quando hai smesso di parlare a tuo padre…”

 

E poi comprese, giunse alla verità che lui stesso aveva ponderato e che da mesi avrebbe voluto rendere reale. Ma il timore che il tempo avesse corrotto il loro sentimento, lo aveva pietrificato.

 

“Credo sia giunto il momento…”

 

Il giovane Malfoy annuì e non poté fare a meno di sorridere, la determinazione che scorgeva nello sguardo di Al fu sufficiente per scacciare via ogni paura, ogni ripensamento. Rose infondo era l’unica che voleva, da sempre era stato così e nemmeno qualcosa di forte e logorante come il tempo, avrebbe cambiato questa realtà.

 

Sospirò avvicinandosi alla scrivania e afferrando il foglio di carta in cui erano esplicati i dettagli della prossima missione di Albus. Sgranò appena gli occhi quando lesse la sua prossima destinazione, rialzando così velocemente il capo da sentire qualche ossicino del collo scricchiolare.

 

“Che ti prende?”

 

“Hai letto questa vero?”

 

“Certo che l’ho letta, anzi devo prepararmi perché partirò tra meno di due ore e…”

 

“Al, hai letto anche la destinazione? “

 

“Scorpius avere contatti con la famiglia Weasley non è salutare per i tuoi neuroni… ovvio che io sappia la destinazione, è in Egitto che…”

 

La voce morì in gola, le parole che stava pronunciando finirono per perdersi in un verso simile ad un singhiozzo strozzato. Guardò il viso del suo migliore amico che sembrò condividere la sua stessa espressione. Una sola parola continuava a ronzargli nella testa, Katie.

 

Katie era in Egitto da due anni, da quando l’ ambizione l’aveva strappata dalle sue braccia. Quel lontano giorno non si dissero addio, ma entrambi sapevano che quella scelta sarebbe stata fatale. Sporadiche missive non avrebbero avuto alcun valore quando era chiaro che la notte non avrebbero sentito il calore dell’altro al proprio fianco.

 

“Sei un cretino…”

Scorpius riposò la pergamena sulla scrivania, affondando le mani nelle tasche e incamminandosi verso la porta. L’aprì, ma prima di oltrepassarla rivolse un ultimo sguardo al ragazzo.

“Credo sia giunto il momento…”

Piegò impercettibilmente gli angoli delle labbra verso l’alto, poi uscì scuotendo il capo. L’amore nelle loro vite sembrava aver fatto più danno che altro. Dei superstiti, ecco cos’erano. Dei corpi che si aggiravano per l’edificio, desiderosi di riprovare l’ebbrezza che un singolo sorriso poteva dare, il sorriso della persona amata.

 

                                                                                      ***

 

Albus Severus Potter arrivò a destinazione tramite passaporta, la smaterializzazione era sconsigliata per distanze molto lunghe. Non che la sensazione provocata da quell’oggetto lo mettesse più a suo agio del risucchio dato dalla materializzazione, ma nel suo lavoro non poteva che adattarsi a simili espedienti.

 

Si ritrovò all’esterno della locanda che gli era stata indicata e con un respiro profondo si decise ad oltrepassarne l’uscio. Del resto le possibilità che potesse incontrare realmente la ragazza erano davvero minime, dopo due anni Katie si era di certo trovata un’abitazione più consona che una vecchia e malridotta bettola dove i maghi stranieri sostavano nei loro viaggi.

 

Si guardò intorno nel tentativo di scorgere qualcuno a cui potesse chiedere informazioni e tirò fuori dalle tasche l’informativa, per rileggerla ancora una volta.

Barthy Crofford

Era lui l’uomo a cui avrebbe dovuto rivolgersi, lui gli avrebbe parlato del ‘tesoro’ da recuperare e dell’incantesimo che avrebbe dovuto spezzare. Rialzò il capo quando un ometto tarchiato gli si avvicinò, aveva guance rosse, probabilmente date dall’alcool e un sorriso eccessivamente ampio sul viso.

 

“Signor Potter, dico bene?”

 

Al annuì porgendogli la mano che l’altro strinse, posando la sinistra sul braccio e scuotendolo con vigore. Continuava a sorridergli, ma ad Albus non era chiaro se il motivo riguardasse la sua sbronza o il fatto di avere uno straniero alla locanda.

 

“Mr. Crofford potrebbe essere così gentile da parlarmi del…”

 

“Oh, no… ora dovrà riposare, penseremo all’incantesimo domani, sono certo che alla sede della Gringott non avranno problemi in merito…”

 

Albus lo ascoltava incredulo, sia perché non aveva alcun bisogno di riposare avendo viaggiato tramite passaporta, sia perché forse mancava troppo da Londra per rammentare il caratteraccio dei suoi superiori.

 

“Io veramente…”

 

“Non credo che Barthy te lo stia chiedendo Al, piuttosto ordinando… dico bene?”

 

“E’ giusto, è giusto signorina Katie…”

 

Katie.

 

Al voltò appena il capo, mentre la ragazza muoveva qualche passo verso di loro. Non era cambiata, pensò. Gli stessi occhi neri, intelligenti e profondi, la pelle bianca sebbene il luogo in cui si trovasse non fosse uggioso come la vecchia Londra. I capelli lunghi e neri, ugualmente lucenti.

 

“Sapevo che saresti venuto oggi…”

 

Non attese una sua replica, lo abbracciò, aggrappandosi al suo corpo come se ne dipendesse la sua stessa vita. Impacciato, Al portò le mani a sfiorarle la schiena stringendola appena.

 

“Visto che è in ottima compagnia, la lascio Signor Potter… l’aspetto domani, questa notte può riposare in una delle camere della locanda…”

 

Alzò la mano a salutare entrambi e si addentrò in un’altra stanza, lasciando i due ragazzi a guardarsi l’un l’altro. Katie sembrava tranquilla, felice di rivedere Albus dopo tanto tempo. Il ragazzo dal canto suo, era intontito. Aveva sperato sino all’ultimo di fare il suo lavoro più rapidamente possibile e tornarsene a Londra, ma evidentemente gli astri non gli erano favorevoli, e quando mai pensò.

 

“Vieni, ti offro la cena…”

Lo condusse ad un tavolo poco distante, indicandogli un sedia in legno consunto.

“Niente a che vedere con la cucina di Molly, ma ci si abitua dopo un po’…”

 

Al si limitava ad annuire, sedendosi con lei e augurandosi di non dare di stomaco, non solo per lo strano piatto a base d verdure farcite, le cosiddette badiyngan e filfil,* che gli era stato servito ma soprattutto per la continua morsa che contorceva il suo stomaco come se volesse rivoltarlo.

 

“Bhè… non credo potrei abituarmici…

Con una smorfia di disgusto allontanò il piatto, pulendo i lati della bocca con un tovagliolo di uno sgargiante rosso. Si guardò intorno notando che quel colore era praticamente ovunque: di rosso erano le tovaglie, le tende, i divani e gli arazzi.

 

“Io ho dovuto farlo…”

 

“Hai voluto farlo…”  la corresse con un’alzata di spalle.

 

Katie rialzò gli occhi sul volto del ragazzo, indugiò nell’osservarlo per diversi minuti. Avrebbe voluto replicare, ma qualcosa glielo impedì. Restarono in silenzio per un tempo che sembrò ad entrambi interminabile fino a che non si sprecarono in convenevoli riguardanti la loro vita e quella degli amici. Al le raccontò di Roxanne e di Lisa, rassicurandola che a breve un gufo avrebbe portato notizie più dettagliate dalle sue amiche.

 

Un’ora più tardi il rumore sordo della sedia sulla quale Albus era seduto, annunciò che la serata volgeva al termine. Il ragazzo si rialzò sorridendo brevemente e augurandole una piacevole notte. Mai tante emozioni avevano attraversato il cuore di Katie come in quell’istante, urlava dentro di sé per trovare la forza di chiedergli di restare ancora, ma la ragione che in lei aveva sempre avuto il sopravvento, sembrò privarla dell’uso della parola.

 

“Dopo due anni… perché vivi ancora in questo posto?”

Al si era fermato, voltandosi verso la ragazza e indicando con una smorfia e un cenno del capo l’ambiente circostante.

 

“Non ho mai creduto di restare in Egitto per tutta la vita, speravo che qualcuno…”

Si rialzò, posando i palmi aperti delle mani sul tavolo e tenendo forzatamente lo sguardo basso. Per Al era impossibile leggerne l’espressione poiché i capelli le coprivano il viso.

“Che tu venissi a prendermi…”

 

Le parole di Katie servirono solo a riaccendere quella rabbia che aveva assopito da tempo. La covava dentro di se dal giorno in cui lei era partita, ma mai aveva voluto sfogarla. A che pro, si era detto. Il risultato sarebbe stato qualche oggetto rotto e un vuoto incolmabile dentro di lui.

 

Ma in quel momento l’idea di sferrare un pugno contro quella dannata mobilia non gli sembrò una cattiva idea. Inspirò a pieni polmoni l’aria stantia della vecchia locanda, sforzandosi di riprendere la sua consueta calma.  Ma mai cosa gli parve più difficile.

 

“Ti supplicai di restare…”

 

Stringeva i pugni il ragazzo, sperando di contenere in qualche modo la collera che lambiva ogni piccolo anfratto del suo corpo, la sentiva invaderlo lentamente ma con una forza inesorabile.

 

“Ero stupida, ero così stupida Al…”

Si allontanò dal tavolo, rialzando il capo e fermandosi davanti a lui. Sfiorò la sua mano chiusa con le dita, sperando che lui non la respingesse.

 

“Me ne sono pentita nell’istante stesso in cui ho messo piede qui, ma non ho osato cercarti, o tornare indietro… mi vergognavo così tanto e mi ero comportata talmente male che…”

 

Albus indietreggiò, lasciando la sua presa e guardandola sgomento. Avrebbe dovuto zittirla perché la sua voce non faceva altro che innervosirlo ulteriormente e nel suo stato d’animo non poteva permettersi di ingoiare maggiore rabbia.

 

“Ho bisogno di dormire…”

 

Si voltò, dandole le spalle e camminando spedito verso le scale tremolanti e vecchie. Non tornò indietro nemmeno quando i singhiozzi di Katie lo fecero bloccare a metà cammino. Strinse con forza il corrimano, i suoi occhi si posarono sulle nocche che man mano perdevano il loro consueto rosa pallido per virare al bianco. Strinse con forza le palpebre mentre gli occhi bruciavano, trattenendo quelle lacrime che nemmeno una volta aveva versato da quel giorno.

 

 

‘Tutte le cose che voglio dire
non vengono per niente fuori bene
sto inciampando nelle parole
mi fai girare la testa
non so dove andare da qui’

 

                                                                                        ***

 

“E non l’hai più rivista?”

 

“No, te lo ripeto… la mattina dopo ho fatto il mio lavoro e sono tornato a Londra…”

 

Albus sospirava mestamente, affondando il viso nelle mani e scompigliando ancora di più i capelli corvini. I gomiti poggiati sulla scrivania e la sedia in bilico come sua abitudine. Scorpius, in piedi davanti a lui lo fissava con le sopracciglia inarcate e la fronte corrucciata.

 

Non era solito sorprendersi di qualcosa, ma il comportamento del suo migliore amico lo aveva lasciato decisamente perplesso. Lui sapeva che Al non l’aveva dimenticata, come avrebbe potuto? Quale ragione lo spingeva a tirarsi indietro quando due anni fa aveva calpestato il suo orgoglio per tenersela stretta?

 

“SEI UN IMBECILLE SEVERUS!”

 

Il giovane Malfoy si voltò di scatto verso la porta spalancata con foga da una Roxanne decisamente infuriata.  Al sollevò il capo, sgranando gli occhi e rialzandosi piano, il volto tradiva un’espressione spaventata. Probabilmente anche lui sapeva di non poter contrastare una donna in pieno scombussolamento ormonale, senza contare che quella donna era una delle sue assurde cugine.

 

Scorpius indietreggiò lentamente, lanciando uno sguardo alla porta, aspettando il momento più adatto per svignarsela. Ma un’occhiata implorante e allo stesso tempo assassina del suo migliore amico, allontanò quell’idea dalla sua mente.

 

“Rox…”

 

“Lo sai che sono incinta vero?”

 

“Bhè, si… ma questo cosa c’entra…”

 

“MAI fare arrabbiare una donna incinta! E se Lysander sapesse che sei il responsabile del mio turbamento ti pesterebbe alla maniera babbana senza batter ciglio!”

 

Albus deglutì rumorosamente, guardando ancora una volta Scorpius, il quale si limitò a scrollare le spalle, trattenendo un sorrisetto divertito. Era più propenso a credere che sarebbe stata Roxanne stessa a pestarlo piuttosto che il suo compagno, ma preferì non mettere a conoscenza gli altri di questa sua convinzione.

 

“Roxanne… “

 

“Che ti dice il cervello, Severus?”

La ragazza avanzò, puntando il dito contro il petto del cugino che intanto aveva compiuto incautamente qualche passo verso di loro.

 

“Intanto potresti evitare di chiamarmi Sev-…”

 

Ignorando bellamente la sua richiesta, Roxanne continuò a sbraitare, agitando le mani in aria e assumendo un colorito pericolosamente tendente al viola che unito alla sua carnagione scura, risultava piuttosto inquietante.

 

“Sei tale e quale a James! La lasci andare via un’altra volta?”

 

“La prima volta non l’ho fatto, io…”

 

“Non mi interessa, porco Salazar!”

Le smorfie dei due non misero fine alle sue imprecazioni sul creatore della casa a cui erano appartenuti, ma continuò ad infervorarsi e a detta di Scorpius, lanciare fiamme dalla testa e fumo dalle orecchie.

“Quello che è stato, è stato… avete un’altra possibilità, non sprecarla! E da quando in qua hai abbandonato le virtù delle Serpi per avvicinarti al fottutissimo orgoglio dei Grifoni?”

 

Scorpius dovette portare una mano al volto e nascondere col dorso di essa l’ilarità che premeva di uscire. Aveva sempre trovato interessanti gli strampalati discorsi della ragazza e questo non faceva altro che riportarlo indietro nel tempo, quando nell’ultimo anno ad Hogwarts aveva avuto la fortuna di diventare il suo amato confidente.

 

“Rox, ti prego di non immischiarti in questi…”

 

Dovette interrompere la sua replica quando, rialzando lo sguardo, vide sua cugina accasciarsi a terra. Scattò in avanti, inginocchiandosi davanti a lei, subito seguito da Scorpius che rifletteva la sua espressione allarmata.

 

“Roxanne, che succede? Il bambino?”

 

“Solo qualche fitta… non mentivo quando dicevo che non dovevo arrabbiarmi, Al… “

Gli rivolse un sorriso tirato, posando una mano sulla sua spalla e lasciandosi portare lentamente sulla poltrona vicina. Il viso contorto in una smorfia di dolore, preoccupò maggiormente Albus che in preda al panico non sapeva cosa fare.

 

“Vuoi che ti porti al San Mungo, lì possono…”

 

“No, devo solo riposarmi e…”

Lo guardò implorante, mentre le sue dita indugiavano sulle ciocche corvine che si posavano sulla sua fronte. Al giurò di non averla mia vista in quello stato, e sentì un improvviso gelo impossessarsi delle sue membra, come pietrificato la fissava, incapace di muovere un muscolo.

“Albus… va da lei, fallo per me…”

Un’altra fitta dovette attraversare il suo ventre perché si piegò su se stessa, portando le mani allo stomaco mentre il suo viso veniva completamente coperto dai suoi capelli.

 

“Roxanne…”

 

“Vai Al… ti prego…”

 

“Ma io…”

 

“Resterà Scorpius con me, vai…”

 

Il ragazzo annuì impercettibilmente, posandole un bacio sulla testa e dopo un’occhiata d’intesa all’amico, oltrepassò la porta del suo ufficio.

 

“Oh, che impiastro! Credevo non se ne sarebbe mai andato!”

 

Scorpius si voltò lentamente verso la ragazza che era scattata in piedi e sistemava distrattamente una ciocca di capelli, lievemente arruffati. La fissava con occhi sgranati, indicandola con l’indice e balbettando vergognosamente.

 

“Tu… tu…”

 

“Oh, non farla tanto lunga… a mali estremi…”

Sembrò pensarci su qualche istante, poi concluse con un’alzata di spalle.

“…mali estremi!”

 

Il ragazzo, più pallido del solito continuava a fissarla allibito, ponderando seriamente sull’ipotesi di allontanarsi dalla famiglia Weasley una volta per tutte, prima di finire anche lui in quella assurda spirale di follia. L’idea di finire al San Mungo con loro non rientrava nei suoi progetti futuri.

 

“Bhè, ho voglia di  gelato al cioccolato… accompagnami Scorp!”

 

E così, scuotendo il capo per quel nomignolo che aveva superato incolume cinque anni, la seguì fuori dall’ufficio.

 

                                                                                        ***

 

Albus percorreva il lungo corridoio, scansando decine di persone e investendone altrettante. Si chiedeva dove avrebbe trovato una passaporta così su due piedi e mentre ponderava sulle possibili ipotesi puntò improvvisamente i piedi a terra, evitando per un solo soffio di finire addosso ala ragazza che si trovò davanti.

 

Katie allontanò le mani che prontamente aveva posato sul volto nel timore dell’impatto e sbattendo più volte le palpebre guardava un trafelato Al, mani sulle ginocchia che tentava di riprendere fiato.

 

“Che…cosa..cosa ci fai…qui?”

 

Lo sguardo si posò sulla valigia ai suoi piedi, rialzò lentamente il capo per incrociare i suoi occhi neri e lucidi. Un lieve sorriso le increspava le labbra e timorosa allargò le braccia.

 

“Sono… sono qui  Al… se ancora mi vorrai…”

 

Non avrebbe mai saputo spiegare la sensazione che attanagliava il suo corpo. Una sete incontenibile di quell’amore, seppur devastante, stava lentamente consumandolo. Un amore vissuto, poi abbandonato, ma che non toglieva una virgola al suo valore. Sentì di desiderarla a tal punto da provare un dolore fisico.

 

Aveva già sofferto abbastanza si disse e al diavolo l’orgoglio, infondo lui era stato una serpe e ne andava fiero. Annullò la distanza che li separava, cancellando allo stesso modo anche gli ultimi due anni. La strinse a sé, affondando il viso nei suoi capelli e respirandone il profumo.

Probabilmente il destino non aveva l’ultima parola, forse nemmeno la voleva. Avrebbe scelto lui della sua vita, al diavolo gli astri e il fato.

 

Ancora abbracciato alla sua Katie rialzò appena lo sguardo per vedersi passare a pochi metri una Roxanne saltellante con in mano una grossa coppa di gelato, seguita da uno Scorpius decisamente provato.  Scuotendo il capo non si trattenne dal ridere, pensando che qualche volta le strampalate trovate di sua cugina avevano buon fine.

 

‘Che giorno è?
e in che mese?
questo orologio non era mai sembrato così vivo’

[You and Me, Lifehouse]

 

 

 

 

Terzo capitolo, più sofferto degli altri a dire il vero! Adoro Katie e Al certo, ma ho comunque riscontrato una certa difficoltà nel descriverli, forse perché era l’unica coppia su cui non avevo ancora le idee chiare!

Sugli altri tre sapevo dall’inizio quale sarebbe stato il loro percorso, lo ammetto. Fin da quando scrissi l’ultimo capitolo di ‘Buon Sangue Non Mente ,parte seconda’ e decisi di farne un seguito.

Coooomunque, opinioni, lodi, insulti?! Accetto di tutto! :p

Forse qualche smorfia sarà comparsa sui vostri visini nel leggere di Hugo e Lily, chissà! Non chiedetemi il motivo per cui ho parlato di loro in quei termini, è un’idea malsana che mi è venuta quando ho realizzato che erano gli unici ‘soli’ del gruppetto e quando al famoso tavolo dei grifondoro mostravano disgusto per le sdolcinatezze degli altri. Rileggendolo penserete che avevo in un certo senso anticipato qualcosina con la frase ‘Lily Potter e Hugo Weasley si fingevano disgustati da tanta dolcezza,borbottando qualcosa sul fatto che una partita di Quidditch fosse decisamente più eccitante,ignari del fatto che da lì a qualche anno si sarebbero trovati nelle medesime condizioni.’     ;D

E poi ehi… con tutte le James/Dominique nons torcerete il naso proprio ora,eh?!   xD

 

E Rox è  stata geniale non è vero?!?!  *-*

Ah, se non fosse per lei !!  :p

Su,su… il prossimo capitolo  (l’ultimo) vedrà finalmente la nostra Rose e il caro Scorpius, come andrà tra loro?! :p

Chissà…. Muahauhauahuhaahuahu!

Bacio!!!!

 

 

*Non so se esista o meno un particolare tipo di rosa proveniente dalla Romania, l’ho inventata di sana pianta! :p

*E’ una frase dal film ‘Mine vaganti’, forse l’avrete notato!

*Sono davvero verdure farcite, appartenenti alla cucina egiziana! Bleah! Sinceramente credo che Al avrebbe apprezzato di più una buona pizza napoletana, ma per ovvie ragioni ho dovuto adattarmi! :p

 

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Capitolo 5
*** I love You [Rose&Scorpius] ***


                                                                            4


E ho dimenticato di dirti che ti amo 
e la notte è troppo lunga e fredda, qui 
senza di te, piango per la mia condizione 
perchè non riesco a trovare la forza 
di dirti che ho così bisogno di te.

[Sarah Mclaggen, I love you ] 

 

Rose non era mai stata nell’ufficio di suo cugino, alla Gringott. Per ovvie ragione aveva evitato accuratamente tutti quei posti in cui avrebbe rischiato di vederlo. Se l’era ripromesso durante il suo ultimo anno ad Hogwarts, quando convivere con la presenza di Scorpius era stato insopportabile. All’epoca il suo rapporto con Al ne aveva risentito non poco, il ragazzo diluiva il suo tempo per non privare nessuno dei due della sua presenza, e non era semplice.

 

Ma quel giorno non poté evitare di recarvisi, Roxanne nei suoi accentuati vaneggiamenti di donna in subbuglio ormonale, non era riuscita a spiegarle quello che era accaduto tra lui e Katie. Così la sua curiosità superò il suo timore e fu felice della sua decisione mentre rideva fino a star male del racconto che suo cugino le stava narrando.

 

“Non ti vedevo ridere così da… troppo, direi…”

 

“Si, io… è che è troppo… Rox è… oh, Merlino sto morendo!”

 

Appoggiata alla scrivania accanto ad Al, era piegata in due e reggendosi lo stomaco cercava di mettere insieme parole di senso compiuto tra una risata e l’altra, con scarso risultato in effetti. Lo stridio della porta fece voltare entrambi e Rose, che ancora stava sbellicandosi, si interruppe così bruscamente che solo l’intervento di quel buon uomo di Merlino riuscì ad evitarle un soffocamento.

 

Scorpius restò impalato dinanzi a loro, la mano ancora ferma sulla maniglia. Il silenzio che improvvisamente li colse aveva un che di irreale. Per anni aprendo quella porta, aveva sperato di trovarla lì a ridere e scherzare con suo cugino, proprio come faceva ora. Si soffermò sul suo volto, ancora disteso e raggiante. Le labbra rosse appena dischiuse, gli occhi lucidi per le troppe risate. Pensò di non averla mia vista tanto bella.

 

Lo era sempre stata ai suoi occhi, ma quella beltà acerba negli anni era fiorita a tal punto che si scoprì incapace di respirare solo guardandola. Era consapevole di dover smettere di fissarla, ma i loro occhi incatenati non volevano saperne. Scorpius si chiese se quel cretino del suo migliore amico avesse compiuto qualche strana magia per cui non riusciva a muovere un muscolo eccetto il suo cuore che mai aveva accelerato così tanto il suo battito. Nemmeno la prima volta che l’aveva baciata, o la prima volta che avevano fatto l’amore o quando all’ultimo anno la osservava da lontano, desiderando solo di stringerla tra le sue braccia.

 

Era davvero giunto il momento? Se era così avrebbe dovuto sentirsi finalmente bene, felice. Invece sentiva di avvertire l’intera gamma delle emozioni umane, meno quelle che avrebbe voluto. Il pensiero di far uscire il proprio amore, di scoprire le proprie carte, lo spaventava da morire. Si diede del codardo decine e decine di volte in pochi secondi.

 

“Bhè… meglio che vada… a dopo Al…”

Rose diede un bacio sulla guancia a suo cugino e afferrata la borsa lasciata sulla scrivania, fece qualche passo verso la porta, mantenendo lo sguardo basso.

 

“Non andare via a causa mia…”

 

Rialzò gli occhi su di lui e fu sicura che il suo cuore avesse smesso di battere. Non avvertiva più il suo pulsare, non sentiva nulla se non la sua voce. Quella voce che per anni non aveva udito, ma che centinaia di volte aveva cercato di ricordare. Indugiò sui lineamenti di quel viso pallido, imprimendo nella mente ogni dettaglio.

 

Col tempo l’immagine di Scorpius era divenuta sfocata, e se da un lato era felice del fatto che riuscisse a pensare a lui molto meno, dall’altro odiava il fatto di non ricordare più ogni piega delle sue labbra, ogni piccola ruga del suo viso, ogni sfumatura di quel grigio che era il colore dei suoi occhi.

 

“N-no.. dovevo andare via comunque…”

 

Senza che nemmeno se ne rendesse conto, le sue labbra si piegarono in un sorriso. A Scorpius sembrò di essere stato appena colpito da un incantesimo gambe molli e se non si fosse tenuto ben saldo alla porta, si sarebbe di certo piegato sulle sue stesse ginocchia.

 

Quel sorriso, il suo sorriso di nuovo rivolto a lui. Non aggiunse altro, non ne era in grado. Rose fece un ultimo cenno a suo cugino, alzando la mano in segno di saluto e andò via. Albus si avvicinò all’amico, schioccando le dita dinanzi al suo viso, risvegliandolo così da quel dolce torpore.  Lo fissò a lungo, sorridendo e scuotendo il capo.

 

“Sei un cretino…”

 

Si, lo era. Così com’era consuetudine per loro rinfacciarsi vecchi insulti in situazioni davvero simili. Quelle furono le stesse parole che pochi giorni prima, Scorpius aveva usato per etichettarlo del suo comportamento con Katie e ora gli si rivoltavano contro. Ma era la verità, era un cretino, quando si parlava di lei lo era sempre stato.

 

                                                                                        ***

 

L’accogliente cafè della Londra babbana, quel giorno ospitava un vecchio gruppetto di amiche che da troppo tempo non sedevano a quel caro tavolo, dinanzi al consueto the e in quel caso, anche ad una sfilza di dolci di tutte le forme. Oramai le abitudini di Roxanne, da donna incita quale era, prevedevano quantità esorbitanti di cibo a qualsiasi ora e a niente servivano i presagi di Domique sulla sua futura obesità.

 

Rose prestava poca attenzione ai racconti di Katie, alle domande curiose di Lisa, alle prediche di Dom, alle conseguenti strambe repliche di Rox, e alle risate di Lily. Il volto di Scorpius, che solo due ore prima aveva avuto dinanzi agli occhi, non accennava a lasciare la sua mente. Rivedeva i suoi occhi, la sua espressione e soprattutto i cambiamenti che quel corpo avevano subito nel corso degli anni, era un uomo oramai.

 

“Rose hai caldo? Sei un peperone!”

 

La domanda di Roxanne la distrasse dai suoi pensieri,  le altre smisero di chiacchierare e concentrarono tutta la loro attenzione su di lei. In effetti si sentiva decisamente accaldata e l’idea di essere arrossita per quelle fantasie poco caste che avevano attraversato la sua mente, la imbarazzò maggiormente.

 

“N-no,no… forse un po’…”

 

Portò una mano sul viso, come a nasconderlo dalle occhiate preoccupate delle amiche e sbirciò le loro reazioni tra un dito e un altro. Nessuna di loro si era evidentemente bevuta la sua finta indifferenza alla cosa e conoscendole l’avrebbero, da lì a pochi minuti, tempestata di domande.

 

“Sei sicura?”

 

“Non me la racconti giusta….”

 

“Sei incinta anche tu?”

 

“Che hai combinato?”

 

Per l’appunto. Modalità apprensive, sospettose, invadenti in azione. Ma fu l’affermazione di Katie che lasciò tutte di stucco, inclusa la stessa Rose.

 

“Hai visto Scorpius…”

 

Le ragazze sgranarono gli occhi all’unisono, guardando prima l’una poi l’altra. Roxanne si fece scivolare un pasticcino dalle mani che finì per atterrare sul vestito di seta azzurra che Dominique aveva indosso. Ma talmente scossa dalla piega che stava prendendo la situazione, nemmeno lo notò.

 

“Io… come lo sai?”

 

“Vorrei dirti di averlo intuita io stessa o che posseggo doti da veggente, ma la verità è che prima di venire qui sono passata da Al… è stato lui a raccontarmi tutto!”

 

Rose storse la bocca in una smorfia indispettita. Non che avrebbe voluto tenere la cosa segreta alle sue amiche, ma l’aspetto da ‘pettegola’ di suo cugino, l’aveva sempre infastidita.

 

“Com’è successo, quando, dove, perché?”

 

Le domande fatte tutte di un fiato da un’agitata e divertita Roxanne, rispecchiavano la curiosità di tutte. Le ragazze osservavano Rose in attesa che lei parlasse, che le mettesse a conoscenza delle sue sensazioni, dei suoi pensieri. Ma lei ostentava ancora uno snervante silenzio. Sospirò, posando un gomito sul tavolo e reggendosi la testa col palmo della mano, borbottando qualcosa di incomprensibile. Evidentemente la confusione che albergava nella sua testa, non aveva trovato la giusta strada per giungere sino alle labbra.

 

“Rivederlo dopo tanto tempo deve aver creato in te un tale stato di confusione che tu stessa stenti a capirne qualcosa…”

 

Rose spostò lo sguardo su Lisa, incrociandone gli occhi colmi di dolcezza. Non potè evitare di sorridere ed annuire mestamente. Lei la capiva, tutte loro comprendevano la situazione. Nemmeno ci fu bisogno di parlare troppo quel pomeriggio, una sola frase chiarì ogni cosa.

 

“Confusione nella mia testa, ma non nel mio cuore…”

 

Rose sapeva cosa aveva sempre voluto, l’aveva capito col tempo certo, ma ci era riuscita ed ora quello che doveva fare era attendere ancora e in quel momento nemmeno lei sapeva quanto la sua pazienza sarebbe stata ripagata.

 

“ROXANNE! IL MIO VESTITO, MALEDIZIONE!”

 

                                                                            ***

 

“Rose ha uno di quegli aggeggi babbanni che chiamano tefelono, giusto?”

 

“Forse volevi dire telefono!

 

“Si quello che è… potrei farlo attraverso quel coso!”

 

“ Vuoi dirle che l’ami, che non hai mai smesso e che è il tuo più profondo tormento, con una telefonata?”

 

“No… hai ragione… una missiva?”

 

“Scorpius ti sei rincitrullito? Roxanne non è un buon esempio di vita, sai?”

 

Albus era appoggiato alla sua scrivania, braccia incrociate,  muoveva il capo, seguendo ogni movimento del suo migliore amico. Questo a grandi falcate attraversava la stanza per poi ritornare al medesimo punto di un attimo prima, fino a che non si accasciò su una poltrona, sprofondando il viso tra le mani e scuotendo il capo come in preda ad un attacco epilettico.

 

“Senti, devi solo andare da lei e parlarle, vedrai che tutto ti risulterà più semplice di quello che pensi!”

 

Si era avvicinato a lui con cautela, sedendosi sul bracciolo della poltrona e posando una mano sulla sua spalla. La situazione di Scorpius era diversa da qualsiasi altra lui avesse dovuto affrontare, persino quella con Katie. Non sapeva quindi in quale altro modo l’amico avrebbe dovuto comportarsi se non essendo sincero, aprendo il suo cuore.

 

Scorpius dal canto suo, rimuginava sul da farsi dal giorno in cui l’aveva rivista. Non pensava ad altro che a lei, a suoi occhi, la sua bocca, il suo corpo e… impazziva lentamente. Scattò in piedi all’improvviso, facendo ruzzolare Al giù dalla poltrona. Quest’ultimo lo guardava con un’espressione perplessa e allo stesso tempo spaventata.

 

“Cazzo ti prende?”

 

“Vado da lei !”

 

Afferrò la giacca e aprì la porta, quando stava per varcarla la voce di Albus lo trattenne.

 

“Ah, Malfoy…”

Scorpius voltò il capo verso di lui, alzando le sopracciglia e guardandolo nell’attesa che continuasse.

“Rendila spudoratamente felice, o scatenerò su di te la furia di Rox!”

 

L’amico gli sorrise, fingendo uno sguardo impaurito, poi dopo un ultimo cenno del capo, si allontanò. Al si rialzò, scompigliando maggiormente la sua corvina capigliatura e scartando una cioccorana che aveva in tasca. La figurina che ne uscì mostrava il volto di Albus Silente.

 

“La prego, ci pensi lei !”

 

Sospirò, accasciandosi sulla poltrona e ingozzandosi di cioccolata.

 

                                                                                         ***

 

“Etciù !”

 

L’ennesimo starnuto di una malata, l’ennesimo fazzoletto lasciato a marcire sul basso tavolino davanti al divano su cui Rose, tra una coperta e l’altra era sprofondata. Odiava sentirsi tanto debole a causa della febbre alta, odiava che chiunque la vedesse in quello stato.

 

Aveva perciò tenuto ben nascosto il motivo della sua ‘vacanza’. Per cui, quando sentì bussare alla propria porta, sperò con tutte le sue forse di non ritrovarsi una delle sue cugine o peggio ancora qualche suo collega del Ministero o sua madre, che ricopriva entrambi i ruoli.

 

Quando aprì la porta, lasciando intravedere solo la sua testolina rossa, immaginò di essere preda di un’allucinazione. Scorpius Hyperion Malfoy non poteva trovarsi dinanzi a lei, lì in quel momento. Quando poi udì anche la sua voce, indietreggiò velocemente portando le mani a chiudere la vestaglia che indossava su uno di quei pigiami con cui nessuno, nemmeno il tuo più caro amico dovrebbe vederti.

 

“Disturbo?”

 

“S-s… no… che ci fai qui?”

 

Scorpius avanzò mentre lei indietreggiava ancora di più, chiuse la porta alle sue spalle, affondando le mani nelle tasche e osservandola da capo a piedi. Notò il rossore del suo viso, gli occhi lucidi e la sentì tirare su col naso in un modo che gli parve adorabile. Probabilmente solo un uomo innamorato avrebbe potuto trovarla bellissima anche ridotta in quello stato.

 

“Hai la febbre?”

 

Gli si avvicinò, posando una mano sulla sua fronte, testandone la temperatura che appurò essere alta. Rose socchiuse gli occhi a quel contatto, riaprendoli solo quando le dita del ragazzo scesero lungo la sua guancia, indugiando su di essa. Si scostò da lui, incamminandosi verso il divano e raccattate le coperte e ammassatele in un angolo, si sedette facendo cenno a Scorpius di fare lo stesso. Non rispose alla sua domanda, ma ribadì quella che gli aveva rivolto solo un attimo prima.

 

“Che ci fai qui?”

 

Il ragazzo prese un lungo respiro, prima di imitarla e accomodarsi accanto a lei. Incrociò le dita, poggiando i gomiti sulle gambe e guardando ostinatamente davanti a sé. A Rose sembrò di impazzire nell’attesa che lui si decidesse a risponderle.

 

“Ho bisogno di parlarti, Rose…”

 

Sentirgli pronunciare nuovamente il suo nome le parve più una sofferenza che non una gioia. Deglutì a fatica, avvertendo il cuore salirle sino in gola. Ne sentiva il battito, che pian piano accelerava a dismisura, fino a che non sarebbe uscito dal suo petto. Era inutile, qualsiasi cosa facesse, la sua felicità come la sua angoscia erano date da una sola persona. Il mondo di Rose continuava a girare intorno a Scorpius.

 

“Dirti finalmente la verità… i motivi che più di cinque anni fa mi hanno spinto a lasciarti e…”

 

“Non ce n’è bisogno…”

 

“Rose ti prego, permettimi di spiegarti le mie ragioni…”

 

Scorpius che si era voltato verso di lei, preso dal panico e spaventato dall’idea che lei non lo ascoltasse neppure, la fissava implorante. Rose alzò una mano per zittirlo, chiudendo gli occhi e sospirando.

 

“Il motivo per cui non c’è ragione che tu continui è che so cosa stai per dirmi… col tempo io l’ho capito…”

L’espressione del ragazzo rifletteva a pieno il suo stato di confusione e perplessità. Lei sorrise, inclinando appena il capo per osservarlo meglio.

“Però… ce ne hai messo di tempo, voglio dire… un altro po’ e avrei accettato la corte di quel bellimbusto di…”

 

“ROSE!”

Scorpius si rialzò, osservandola dall’alto della sua statura e stringendo i pugni tanto da farsi male. Non riusciva a capire le sue parole o forse desiderava solo sbagliarsi.

“Tu sapevi che…”

 

“Sapevo che non avevi smesso di amarmi, sapevo che quelle rose, assieme alla smisurata quantità di cioccolata ad ogni compleanno o Natale erano da parte tua, sapevo che l’uomo biondo che di tanto in tanto vedevo fuori la mia finestra eri tu… e credimi, tante volte la tentazione di urlarti contro o pestarti è stata forte, ma avevo deciso di aspettare che fossi pronto… pronto a tornare da me… “

 

Rose si rialzò, posandogli una mano sul petto e sorridendogli ancora. Aveva atteso quel momento da troppo tempo, e ora l’unica cosa che desiderava era di lasciarsi tutto alle spalle e iniziare da capo, perché la loro storia doveva ricominciare.

 

“Certo, speravo che tu lo facessi prima di allontanarti da tuo padre, così ti avrei convinto a cercare con lui un compromesso, qualcosa per cui…”

 

“No, no, no… tu… “

 

Scorpius sentì la terra sotto i suoi piedi instabile, avvertì ogni sua certezza crollare. Per cinque anni aveva sofferto più di quanto era umanamente possibile e lei sapeva tutto, soffrendo assieme a lui e aspettandolo. Questo aveva fatto negli ultimi anni, smettere di vivere per attendere che lui si decidesse finalmente a tornare da lei. Lui voleva proteggerla e lei l’aveva capito. Sentì il bisogno di piangere, di sciogliere cinque anni di pene e rimpianti.

 

Rose capì la sua confusione, la sua immensa tristezza e lo abbracciò. Portò le sue braccia attorno al suo collo e alzandosi sulle punte si unì a lui. Quel gesto sciolse definitivamente il peso che lui portava sul cuore, si abbandonò così in un pianto liberatorio. Affondò la testa nei capelli di Rose, stringendola a sé per non permetterle di mandarla via mai più.

 

“Perdonami…”

 

La ragazza si scostò da lui, sorridendo e annuendo impercettibilmente. Lo guardò ancora prima che il suo sorriso si incrinasse in una smorfia piuttosto inquietante. Scorpius si allontanò di poco, spinto probabilmente dal suo istinto di sopravvivenza, cosa che non gli evitò comunque una ginocchiata pericolosamente vicina alla sua zona più sensibile, accompagnata da un pugno nello stomaco e un calcio sugli stinchi.

 

“Ora posso perdonarti… una tazza di the?”

 

Mentre Rose si dirigeva verso la cucina, uno Scorpius dolorante e acciaccato, si accasciava sul pavimento borbottando qualcosa sul fatto che un danno alla sua virilità avrebbe colpito anche lei. La ragazza fingendo di non aver udito le sue lamentele, si muoveva tra un utensile e l’altro sorridendo raggiante e soprattutto soddisfatta. Si, la storia potrà ricominciare.

 

                                                                                        ***

 

L’appartamento di Rose accoglieva ancora una volta diverse persone, come quel ventisette marzo. Giorno che alla ragazza parve incredibilmente lontano. In questo caso però le persone che affollavano il suo salotto erano davvero tutte quelle a cui aveva ceduto parte del suo cuore. Vi era anche lui. Poggiata al tavolo della cucina, osservava felice i suoi cugini, le sue amiche.

 

Roxanne sedeva sulle gambe di Lysander, rideva come aveva sempre fatto. Quella risata capace di risollevare qualsiasi animo turbato, quella risata che aveva fatto sì che Scamander si innamorasse di lei. Il ragazzo borbottava qualcosa sul suo peso e sulle sue povere gambe, beccandosi qualche pugno sulla spalla, subito seguito da un abbraccio e da un bacio. Roxanne aveva modi tutti suoi per dimostrargli il suo amore, ed era questo che rendeva la vita al suo fianco incredibile e anche un tantino pericolosa.

 

James e Lisa erano accanto al tavolo delle cibarie, lui stava ingozzandosi come suo solito e lei rideva del fatto che sapesse ancora sporcarsi come un bambino. Lui si fingeva offeso per poi afferrarla per i fianchi e baciarla, dimenticandosi di tutto il resto. L’amava, ogni giorno con più passione e tenerezza. Lei era stata al suo fianco per tutta la vita, dapprima con discrezione e poi facendosi spazio nel suo cuore, fino ad occuparlo completamente.

 

Katie mostrava ad Albus delle pergamene, sembravano missive. E lo erano, lettere che lei aveva scritto nei due anni in cui non erano assieme, evitando di mandargliele. Lui le leggeva, rialzando di tanto in tanto lo sguardo su di lei. Rose poteva vedere i suoi occhi verdi brillare di una luce meravigliosa e sapeva che da quel momento in avanti non avrebbe più permesso a niente e nessuno di portargliela via. Ma del resto lei stessa sospettava che Katie non sarebbe andata proprio da nessuna parte.

 

Dominique ascoltava con vero interesse ciò che Frank Paciock stava dicendole e Rose si stupì piacevolmente nel vederla così rapita. Intravide un accenno di rossore sulle gote di sua cugina e non potè fare a meno di sorridere, finalmente aveva permesso a qualcuno di sfiorare la sua anima, qualcuno che non fosse un Weasley o un Potter.

 

Il sorriso sulle labbra di Rose morì quando i suoi occhi si posarono su Hugo e Lily, chiacchieravano tranquillamente, ridendo di tanto in tanto, alle prese con la musica da mettere. Non aveva chiesto spiegazioni a nessuno dei due, ma aveva compreso quello che il loro cuore nascondeva. Avrebbe voluto che ci fosse un lieto fine anche per loro, lì in quella stessa sera. Tuttavia sapeva bene che la speranza sarebbe stata l’ultima a morire e forse anche per loro non era tutto andato perduto.

 

Scorpius, avvicinatosi a lei le posò un bacio nell’incavo del collo, cingendole la vita con le braccia. Lei sorrise, portando le mani sulle sue, stringendole.

 

“A cosa pensavi?”

 

“A quant’è meraviglioso il mio appartamento con voi dentro…”

 

Il ragazzo rise, poggiando la testa sulla sua spalla e inebriandosi del profumo della sua pelle, dei suoi capelli. Quel profumo che per anni aveva solo sognato e ricordato e che ora poteva vivere, ancora e ancora e ancora, senza mai stancarsi.

 

Probabilmente vi è una forza di gravità anche per i rapporti personali, non importa quanto arrivino in alto, alla fine della storia riescono sempre a trovare la strada di casa.

 

 

Il peggio é passato ora e possiamo respirare ancora 
voglio renderti felice, tu soffi via la mia sofferenza 
E' rimasto ancora cosi tanto da imparare 
E non é rimasto nessuno da combattere 
voglio renderti felice e soffiare via la tua sofferenza.

[Seether & Amy LeeBroken ]

 

 

 

Eccoci qui, con l’ultimo capitolo di questa terza parte e anche l’ultimo di questa serie. E’ un dolore lasciare andare via tutti loro, ma immagino non ci sia altro da aggiungere sulle loro vite, oramai semplicemente perfette.

Non so come ringraziare ognuno di voi, è merito vostro se ho continuato a scrivere di loro, e se sono riuscita a trasmettervi qualcosa, non posso che esserne orgogliosa.

Spero di non aver deluso le vostre aspettative con questo finale e di non ricevere troppi insulti al riguardo! :p

Naturalmente non smetterò di scrivere e se ancora vorrete seguire le mie storie, mi renderete davvero una pseudo autrice felicissima!

Vi abbraccio tutte, una per una!

Un’ultima parola… GRAZIE!

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