Buon Sangue Non Mente, 5 anni dopo di MiaStonk (/viewuser.php?uid=112385)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Delucidazioni ***
Capitolo 2: *** Fix You [Lisa&James] ***
Capitolo 3: *** Dreams [Roxanne&Lysander] ***
Capitolo 4: *** You and Me [Albus&Katie] ***
Capitolo 5: *** I love You [Rose&Scorpius] ***
Capitolo 1 *** Delucidazioni ***
Prima di introdurre la storia
effettiva, alcune
delucidazioni.
Le ‘placide’
richieste delle ragazze che hanno seguito i
prequel di questa storia, mi hanno convinto a scriverne un terzo atto.
Vedrete i cari vecchi personaggi
cinque anni più avanti,
alle prese con gli stessi contorti sentimenti che li hanno accompagnati
nei
loro anni ad Hogwarts.
La storia sarà composta da
quattro capitoli, più lunghetti
del solito, ognuno dei quali vedrà come fulcro una coppia in
particolare.
-
James
Sirius Potter , Lisa Baston
-
Roxanne
Weasley, Lysander Scamander
-
Albus
Severus Potter, Katie Jordan
-
Rose
Weasley, Scorpius Hyperion Malfoy
Naturalmente in tutti e quattro i
capitoli saranno
menzionati anche tutti gli altri protagonisti.
Ed ora una panoramica su cosa
combinano i nostri ragazzi
cinque anni dopo:
-
James,
cercatore dei Chudley Cannons
-
Lisa,
cacciatrice delle Holiday Harpies
-
Roxanne,
giornalista per il ‘Cavillo’
-
Lysander,
lavoro al Ministero, Dipartimento della
Catastrofi e degli Incidenti Magici
-
Albus,
Spezzaincantesimi per la Gringott
-
Katie,
lavoro al Ministero, Ufficio per la
Cooperazione Magica Internazionale
-
Rose,
lavoro al Ministero, Ufficio Applicazione
della Legge sulla Magia
-
Scorpius,
Spezzaincantesimi per la Gringott
-
Lily,
cacciatrice Holyday Harpies
-
Hugo,
in giro per la Romania con suo zio Charlie
-
Dominique,
Guaritrice
In ultimo :
A
Eveine,
nora_, Sailor
Satur, Jamie_Lily,
Nix, Alesabi96, JessyBree,
silver_92,
e a coloro che
hanno seguito assiduamente i prequel, dedico questa storia!!
Vi abbraccio tutte! <3
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Capitolo 2 *** Fix You [Lisa&James] ***
Quando le
lacrime
si versano sul tuo viso
quando perdi qualcosa che
non puoi rimpiazzare
quando ami qualcuno ma
tutto va perduto
potrebbe andar peggio?
[
Coldplay, Fix
You ]
Rose era
più
agitata del solito quel giorno, il giorno del suo ventunesimo
compleanno.
Settimane prima sua cugina Dominique l’aveva convinta ad
organizzare una
piccola festa nel suo nuovo appartamento. E lei, spinta dal desiderio
di
rivedere i suoi cugini, nonché le sue migliori amiche, aveva
accettato.
Col
trascorrere
degli anni, gli impegni di ognuno di loro li avevano inesorabilmente
allontanati. Così
erano rare le volte in
cui potevano ritrovarsi a chiacchierare dinanzi ad un buon
caffè, o alla Tana. Era
il mondo degli adulti questo,no? Un
mondo che Rose faceva fatica ad accettare. Ancora bambina dentro di se,
ancora
desiderosa di ridere e scherzare come da anni non faceva.
“Rox,
i
biscotti devi disporli nel vassoio non mangiarli !”
Dominique
Weasley era molto vicina ad un esaurimento nervoso e la presenza della
sua amata cugina, non migliorava
certamente
la sua condizione.
“Ma
io ho
scfame … gne svuoi?”
La
visione di
Roxanne, impiastricciata di cioccolato che beveva un bicchiere di
latte,
avrebbe indotto molto presto la povera Dom a vomitare quel poco di cui
si era
nutrita a colazione. Con una mano alla bocca, si allontanò
dallo spettacolo che
Rox le offriva e nauseata, si accinse a sistemare i cuscini del divano.
“Rose,
questo
dove lo metto?”
Albus
Severus
Potter con la bacchetta in pugno, lasciava levitare il pesante tavolo
attendendo istruzioni dalla padrona di casa, sul posto più
adatto dove
sistemarlo.
“Mhh
… non
saprei, forse …”
“Rose
ti dai
una mossa? Gli altri saranno cui tra meno di due ore e noi non abbiamo
ancora
finito di risistemare, per non parlare del fatto che mi ci
vorrà più di qualche
misero minuto per dare un garbo ai tuoi capelli !”
La
schiettezza
di Dominique non era mutata. Anche se erano trascorsi ben quattro anni
da
quando si erano diplomate alla scuola di magia e stregoneria di
Hogwarts,
e Rose la vedeva
molto meno, era
comunque consapevole che sua cugina non fosse cambiata di una virgola.
Albus
ridacchiò, mimando la pazzia della biondina mentre Rose
spazientita indicò al
cugino un posticino accanto le vetrate, dove depositare il tavolo.
Per pura
magnanimità, o forse perché stanco di ritrovarsi
da solo in una stanza piena di
femmine, Al permise alle ragazze di
iniziare a prepararsi, restando lui solo a definire gli ultimi
dettagli. Una
eccitata Dominique trascinò Rose e Roxanne in
un’altra stanza, impaziente di
cominciare.
Sebbene
le
porte fossero chiuse, le urla di ognuna di loro, giungevano con
chiarezza alle
orecchie del povero ragazzo, che scuoteva il capo oramai rassegnato ai
geni
folli che dominavano nella sua famiglia.
“Non
se ne
parla Rox … tu in tuta non ci rimani !”
“Ma
sto
comodissima … inoltre guarda che bei pantaloni, rosa con
…”
“Levateli
immediatamente e soprattutto smettila di ingozzarti di dolci ! E tu
Rose, dove
credi di svignartela? Vieni subito qui !”
***
La
piccola
rimpatriata era iniziata, poche persone occupavano l’ampio
salotto, ma erano le
uniche a cui Rose aveva concesso parte del suo cuore. Dominique
rincorreva
Roxanne, nel tentativo di convincerla a sottoporsi ad un dieta ferrea.
Lysander
e Albus ridevano ai tentativi di Rox di sottrarsi alle grinfie di sua
cugina.
Lily e Hugo erano sul piccolo terrazzino a chiacchierare. Rose si era
chiesta
il motivo dello strano comportamento che entrambi avevano assunto
nell’ultimo
anno. Ma si era detta che erano giovani e questo bastava.
Quando
ancora
il suo sguardo vagava sugli invitati, un trafelato James Potter le si
fiondò
addosso, stritolandola in uno dei suoi abbracci e scusandosi per lo
spaventoso
ritardo. La sua giustificazione? Il protrarsi degli allenamenti di
Quidditch
della sua squadra. La verità? Qualche incontro fortuito a
cui negli ultimi anni
lui era piuttosto avvezzo.
“Questo
posto è
una favola Rose, accogliente e caldo … e trovo benissimo
anche te …”
“James,
senti
…”
Ma suo
cugino
non ascoltava, si guardava intorno e le parlava frettoloso e agitato.
“Come
va al
Ministero? Zia
Hermione deve starti col
fiato sul collo eh?”
“Jamie,
devo
dirti una cosa..”
“Ah,
per non
parlare di mio padre e zio Ron, loro …”
“Ciao
James …”
James
dovette
bloccarsi all’istante. Non
osava
voltarsi, guardava Rose con sguardo vacuo, sperando di aver solo
immaginato
quella voce, la sua voce. Ma gli
occhi di sua cugina gli suggerivano che lei
era lì. Non seppe lui stesso decifrare il turbinio
di emozioni che si
accavallarono dentro di lui, ma quella più prorompente non
riuscì a non
riconoscerla: rabbia.
Si
voltò
lentamente, posando infine gli occhi su Lisa Baston. Anche lei, come
tutti, era
cresciuta. A James sembrò più alta, ma forse
erano le scarpe con un leggero
tacco alto, a renderla tale.
Gli occhi
del
ragazzo si posarono sulla sua minuta figura. La dolcezza del suo viso
era
rimasta immutata, gli occhi avevano sempre quella stessa luce che un
tempo
rischiarava le sue ombre. I capelli erano più lunghi e
raccolti ai lati da
alcune forcine. Ma lui li preferiva sciolti, ribelli come erano una
volta.
Lei gli
sorrideva, titubante e visibilmente impacciata, ma stava sorridendogli.
Cosa
che turbò maggiormente il giovane, da anni quel viso era
l’unica cosa di
Hogwarts che aveva desiderato cancellare dalla sua mente. E ora, tutto
quello
contro cui giorno dopo giorno lottava perché scomparisse,
era davanti ai suoi
occhi.
Non
rispose al
suo saluto, vi voltò di nuovo verso sua cugina e
l’espressione che stavolta le
rivolse, niente aveva a che fare con quella entusiasta di un attimo
prima.
“Perché
lei è
qui?”
“James
stavo
per dirtelo, ma tu …”
“Non
avresti
dovuto invitarla …”
“E’
la mia
migliore amica, Jamie! Quando ti deciderai a crescere!”
Le urla
di
entrambi non impiegarono molto a catturare l’attenzione degli
altri, tutti si
voltarono ad osservarli, Lily e Hugo rientrarono in casa.
“Rose,
non
importa … vado via …”
Prima che
potesse essere trattenuta da Rose, prima che potesse dirle qualcosa, fu
James a
rivolgersi a Lisa stavolta.
“Quello
che ti
riesce meglio …”
Lisa,
già
voltatasi, si fermò improvvisamente continuando tuttavia a
dargli le spalle.
Non rispose, nessuna replica uscì dalle sue labbra.
Pensò che quello non era il
tempo né il luogo per una scenata, pensò che non
si sarebbe aspettata parole
diverse, sebbene lo sperava, ma soprattutto pensò che James
Sirius Potter non
era cambiato nemmeno un po’.
Una volta
che
la ragazza si chiuse la porta alle spalle, nell’ampia stanza
scese un pesante
silenzio. Nessuno degli invitati sembrava avesse il coraggio di
riprendere ad
aprir bocca. James si ostinava a fissare intensamente
l’ingresso, pur non
guardandolo veramente. Il suo era uno sguardo assente, perso in
chissà quali
pensieri. Pensieri che gli tenevano compagnia da circa tre anni, dal
giorno in
cui Lisa aveva raccolto le sue poche cose ed era andata via, lontano da
lui,
lontano dalla casa in cui avevano vissuto insieme nell’ultimo
anno. Aveva
cercato con tutte le sue forze di cacciarla dalla sua mente, dal suo
cuore e
sebbene con gli altri affermasse di esserci ormai riuscito, solo lui
era
consapevole che mai avrebbe potuto. Anche a distanza di anni, lei era
il suo
unico punto debole.
“James
ti rendi
vagamente conto di quello che hai fatto?”
Ma suo
cugino
non sembrava ascoltare le parole di Rose, anzi non sembrava nemmeno
consapevole
che tutti gli sguardi erano puntati su di lui, che ancora era impalato
a
fissare la porta, dietro la quale poco fa era scomparsa Lisa.
“James,
maledizione! Non vedevo Lisa da secoli… lei è la
mia migliore amica, lei…”
“LEI
MI HA
SPEZZATO IL CUORE, ROSE!”
Rose non
replicò alle parole di Jamie, del resto cosa avrebbe potuto
controbattere?
Sapeva che era la verità, in cuor suo era consapevole che il
ragazzo soffrisse
ancora, che mai avrebbe smesso di farlo. Schiacciato da un rimpianto
che gli
avrebbe impedito di vivere, di perdere il tempo presente per un passato
che non
gli apparteneva più.
James non
si
voltò quando sentì suo fratello chiamare il
proprio nome, dopo che aveva
afferrato con foga la giacca ed essersi sbattuto la porta alle spalle.
Una
volta fuori, sentì chiara l’aria fredda di quel
ventisette marzo, quando ancora
la primavera non sembrava voler giungere. Esattamente come nel suo
cuore, in
cui albergava da fin troppo tempo un gelo che nessun altro avrebbe
sciolto.
Affondò
le mani
nelle tasche dei pantaloni e con sguardo basso, si allontanò
dalla casa di
Rose. Ma pochi metri dopo i suo occhi si posarono su una figura a lui
ben nota,
quella di Lisa. Appoggiata ad una quercia del vialetto alberato,
frugava nella
sua borsa alla ricerca di qualcosa. James rimase a fissarla diversi
minuti
prima che lei si rendesse conto di non essere più sola.
Quando
finalmente i loro occhi si incrociarono, per un attimo e solo per un
attimo, ad
entrambi sembrò di avere ancora diciassette anni, di
girovagare ancora per i
corridoi di Hogwarst, ma soprattutto di essere ancora il capitano e la
sua
cacciatrice, due amici, due innamorati.
L’illusione
durò pochi secondi, James riprese a camminare,
oltrepassandola e non degnandola
nemmeno di un triste cenno del capo. La ignorò
semplicemente, come aveva fatto
negli ultimi tre anni, da quando lei
se
n’era andata. Lisa osservò il ragazzo
allontanarsi, la distanza fisica tra i
due corpi che via via aumentava, finchè non restò
altro che uno spazio vuoto e
silenzio.
***
Era da
diverso
tempo che Rose non incontrava Lisa in uno di quei cafè
della Londra babbana. Uno dei tanti posticini in cui assieme
alla sua migliore amica e alle sue cugine, soleva intrattenersi di
tanto in
tanto, per chiacchierare, per tenere viva un’amicizia nata
tanti anni prima.
Quella
mattina
di fine marzo le due ragazze sedevano ad un piccolo tavolo, una tazza
di the
nelle mani e i soliti dolcetti a stuzzicare il loro palato dinanzi a
loro.
Qualcosa di diverso c’era però, entrambe erano
perse nei rispettivi pensieri,
lo sguardo troppo spesso vagava per la sala o si soffermava sulla
strada
affollata che si intravedeva tra le vetrate. Nessuna delle due sembrava
voler
parlare dell’accaduto, dei sentimenti dell’altra.
Fu Rose a
spezzare il silenzio, posando una mano su quella di Lisa e sorridendole
con
estrema dolcezza. Provava per lei lo stesso affetto che le aveva legate
indissolubilmente ai tempi di Hogwarts e nemmeno le vicende recenti
avevano
scalfito la loro amicizia.
“Non
saresti
dovuta andare via…”
“Che
scelta
avevo Rose? Avevo creduto ingenuamente che dopo tre anni saremmo
riusciti
perlomeno a restare nella stessa stanza senza litigare,
ma…”
Sospirò
pesantemente, posando una mano sul viso. Era stanca, non solo per lo
stress
causato dal suo lavoro, ma per il tormento che qualcosa mancasse,
perché Lisa
Baston ne era consapevole, non era felice, non più almeno.
“James
è
testardo, immaturo, tremendamente orgoglioso, ma…”
“Mi
odia ancora
Rose…”
“Non
ti
detesta, Lisa… non sarebbe possibile…”
“Sono
stanca di
aspettare che qualcosa cambi… non ho più
diciassette anni e non ho più
quell’ottimismo che dopo l’ennesimo litigio mi
diceva che tutto sarebbe andato
bene… devo andare avanti Rose, devo farlo per me
stessa…”
Lisa
pronunciò
quelle poche parole ostinandosi a guardare fuori la finestra, le
mancava il
coraggio di perdersi nell’azzurro degli occhi della sua
migliore amica. Era
sempre stata poco coraggiosa, si diceva, e in quel momento
sentì di essere
tornata la ragazzina innamorata del suo capitano, incapace di ammettere
i suoi
sentimenti.
Rose
osservava
il volto di Lisa, certa che non mentiva. Insieme avevano sperato che le
cose
potessero cambiare, ma a distanza di tre anni, nulla era mutato. Il
motivo che
aveva spinto la ragazza a lasciare James non era futile, le continue
discussioni, l’ossessività, la gelosia del ragazzo
l’avevano stremata. E se non
vi era fiducia tra loro, anche l’amore periva.
La
giovane
Weasley avrebbe dato qualsiasi cosa perché tutto tornasse
come prima. Si
ritrovò a pensare che il suo sesto anno ad Hogwarts fosse
stato il migliore per
tutti coloro che amava. Per Lisa e James, per Roxanne e Lysander, per
Al e
Katie e si, anche per lei e Scorpius.
A
distanza di cinque anni solo l’amore di Lys per sua cugina
aveva resistito al
logorio del tempo, tutti gli altri erano miseramente sprofondati nel
mare
dell’incertezza e dell’oblio.
***
Non
capitava
spesso, ma qualche volta James restava sugli spalti ad osservare il
campo di
Quidditch ormai vuoto dopo gli allenamenti. Osservava il prato verde, i
grossi
anelli, sembrava identico a quello di Hogwarts, quello in cui aveva
imparato ad
essere un vero cercatore, come lo erano stati suo padre e suo nonno.
Quello in
cui aveva vissuto tra i momenti più belli della sua vita, la
prima volta che
aveva afferrato un boccino, che aveva incoraggiato i suoi compagni di
squadra,
che aveva vinto la sua prima partita. Quello in cui aveva giocato con lei al suo fianco.
“Fa
sempre un
certo effetto osservare un campo di Quidditch, la mente non
può fare a meno di
tornare indietro negli anni…”
Era stato
Albus
a pronunciare quelle parole, James nemmeno si era accorto che suo
fratello
fosse seduto accanto a se, sugli spalti. Si voltò verso di
lui, guardandolo con
un sopracciglio inarcato, sorpreso.
“E
quando
saresti arrivato tu?”
“Solo
qualche
minuto fa, ma sembravi troppo perso nelle tue seghe mentali
perchè io ti
interrompessi…”
“Severus!
Non
eri in Asia, o in Africa alla ricerca di qualche tesoro che non aveva
la minima
intenzione di farsi scovare da te?”
“Ero
in Africa
si, sono tornato qualche ora fa… e per tua informazione il
tesoro, contro la
sua volontà è stato recuperato ed ora giace
tranquillamente in uno dei caveau
della Gringott! E non chiamarmi Severus!”
Con una
nota di
orgoglio nella voce, Albus rispose per le rime al suo caro fratellone.
Da
quando aveva iniziato il suo lavoro come Spezzaincantesimi assieme a
Scorpius,
James non mancava di deriderlo per la sua scelta. Al non avrebbe mai
saputo
quanto invece suo fratello fosse orgoglioso di lui, così
come lo era stato suo
zio Bill nello scoprire che suo nipote avrebbe preso il suo posto alla
Gringott.
James
sorrise
tra sé, spostando ancora lo sguardo verso il verde
sconfinato, verso il cielo
ancora plumbeo di quei primi giorni di Aprile. Restarono in silenzio
diversi
minuti, fin quando fu ancora Albus a parlare.
“James,
l’altra
sera… da Rose…”
“Non
iniziare
anche tu, Al… ho dovuto già subirmi il
chiacchiericcio della cara sorellina…”
Afferrò
la sua
scopa e iniziò a scendere dalle gradinate, quando la voce di
suo fratello lo
costrinse a fermarsi sull’ultimo gradino. Lui
l’aveva seguito e ora gli era
accanto.
“Perché
non
l’hai più cercata dopo che se ne andò?
Perché non hai mosso un dito per
fermarla?”
Jamie
strinse
il manico di scopa, tanto che le nocche della mano divennero bianche.
Serrò la
mascella e sospirò, il suo sguardo si perse nuovamente sul
campo di Quidditch.
“Non
puoi
tenere qualcuno con te, quando lei
non vuole… non puoi trattenere l’acqua in una
mano,Al…”
“Avresti
potuto
provarci…”
James non
rispose, scese l’ultimo gradino e si incamminò
verso gli spogliatoi. Tante
volte si era chiesto quali fossero le ragione che l’avevano
spinto a restare
fermo, immobile mentre lei, passo dopo passo si allontanava da lui. In
quei tre
anni la rabbia e l’orgoglio di un perfetto Grifondoro avevano
offuscato i suoi
sentimenti, e soprattutto la sua lucidità. A mente lucida
avrebbe rivalutato le
sue azioni, avrebbe capito che doveva ricorrerla fin quando non avesse
avuto
nemmeno un soffio di fiato in corpo. Ma con gli anni si era rassegnato
ad
accettare la sua scelta, a vivere senza di lei.
Era
difficile
ammettere agli altri, ma soprattutto a se stesso che la colpa era
solamente
sua. Era colpevole della sua dipartita, come lo era del suo non
ritorno. Ma
James era testardo, immaturo e lo sapeva fin troppo bene. Come in cuor
suo
pensava di sapeva che lei sarebbe
stata più felice lontano da lui.
***
Il
negozio di
articoli sportivi a Diagon Alley era il più frequentato dai
giocatori di
Quidditch professionisti, e James non faceva eccezione. Affidava il suo
amato
manico di scopa alle sole cure del gentile vecchietto che possedeva
quella
bottega. Una volta entrato, richiuse stancamente la porta alle sue
spalle e la
voce del negoziante gli arrivò cristallina alle proprie
orecchie.
“La
sua scopa è
pronta signorina Baston, corro a prenderla nel retro… dia
pure uno sguardo in
giro nel frattempo…”
Lisa
dovette
solo limitarsi ad annuire perché il ragazzo non
sentì la sua replica, si
avvicinò cauto al bancone stringendo convulsamente il manico
in legno della sua
Firebolt. I suoi occhi si posarono all’istante sulla ragazza,
ferma ad ammirare
qualche nuovo articolo sportivo. Forse fu perché
avvertì di essere osservata,
che alzò lo sguardo su James. Restarono a fissarsi per
diversi secondi prima
che la voce squillante dell’uomo non ruppe
l’assordante silenzio che si era
creato tra loro.
“Oh,Signor
Potter che piacere… che piacere!
Venga,venga…”
James,
come
richiesto dal padrone di bottega, avanzò di qualche passo,
affiancandosi a
Lisa. Evitò di guardarla, sorridendo cordiale
all’uomo che dopo un cenno col
capo rivolse nuovamente la sua attenzione alla ragazza.
“Ecco
a
lei,signorina… come nuova!”
Le porse
la
Firebolt e il giovane Potter non potè fare a meno di
soffermarsi ad osservarla.
Era la stessa che anni prima lui le aveva donato. Erano ancora studenti
del
settimo anno ad Hogwarts e dopo lo spiacevole incidente che vide la
scopa di
Lisa spezzata in due da una vendicativa Brown, lui aveva insistito
perché ne
accettasse una nuova.
Nell’afferrarla,
senza nemmeno rendersene conto, la ragazza sfiorò con le
dita la scritta che
James aveva inciso per lei.
‘ Alla miglior cacciatrice di Grifondoro,
dal suo
magnifico capitano. ‘
Avevano
riso
per giorni a causa dello smisurato ego di James e per le continue prese
in giro
delle sue cugine e di suo fratello. Ridevano sempre un tempo, per
qualsiasi
cosa, ora invece i loro sguardi potevano trasmettere di tutto, tranne
gioia e
ilarità.
Quando
Lisa
uscì dalla bottega, indugiò qualche istante
sull’entrata, indecisa su qualcosa.
Si guardò indietro, poi si incamminò, ma con un
passo così lento che alcuni
passanti la guardavano incuriositi. Nemmeno a tre metri di distanza,
sentì dei
passi frettolosi e una voce familiare chiamarla. Quando si
voltò vide James
dinanzi a lei, il viso arrossato che guardava ostinatamente la sua
Firebolt,
indicandola.
“L’hai
tenuta…”
Lisa ne
seguì
lo sguardo, riportandolo poi negli occhi marroni del ragazzo. Li
osservò a
lungo prima di annuire e abbozzare un sorriso.
“Si…
ci tengo come per
quella di mia madre che la
tua amichetta mi ruppe…”
“Ehi,ehi…
non
era una mia amichetta!”
Lisa non
riuscì
a trattenersi nel vedere l’espressione adorabile e
imbronciata di James, così
scoppio a ridere, contagiando anche lui che tuttavia si
limitò a sorriderle.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva sentito
il suono della sua
risata? Socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare come fosse una dolce
melodia.
Sentì un così forte impulso di abbracciarla che
dovette puntare i piedi al
suolo per impedirsi di muovere.
“Mi
dispiace
per… per l’altra sera, sai da
Rose…”
Lisa
smise di
ridere, asciugandosi con la manica le lacrime agli angoli degli occhi e
diventando improvvisamente seria. Ebbe l’impressione che le
sue scuse non
fossero riferite solo a quell’episodio tanto era penetrante
lo sguardo che lui
stava rivolgendole. Ma non indagò oltre, annuì
avvicinandosi per sfiorarne la
guancia, prima di voltarsi e andare via, accompagnata da una strana
morsa allo
stomaco, una sensazione che temeva di aver dimenticato.
***
Quando
James
rientrò nel suo appartamento ebbe solo il tempo di fare
qualche passo che un
rumore, chiaramente di una smaterializzazione, lo fece voltare
bruscamente e
afferrare la bacchetta, la qualche cadde rovinosamente a terra quando
il
ragazzo constatò l’identità della
persona che si trovò davanti.
Lisa si
avvicinò, prendendo la bacchetta da terra e porgendola al
legittimo
proprietario che l’afferrò con una certa
titubanza. La ragazza si guardò
intorno, e la perplessità fu chiara nella sua espressione.
James se ne rese
conto.
“Bhè,
non ho
cambiato nulla da quando…”
Ed era
così,
tutto era esattamente come Lisa lo ricordava. Il colore delle pareti
che lei
aveva scelto, le tende che James aveva trovato orribili, ma che
comunque aveva
accettato di mettere. Lo strano tappeto, cornici in cui vi erano le
foto dei
loro anni ad Hogwarts e della loro squadra di Grifondoro.
Riposò lo sguardo sul
ragazzo che le sembrò decisamente a disagio.
“Perché
sei
qui?”
Il tono
che
lui usò
finì coll’essere più duro di
quanto lui stesse avesse voluto. Si affrettò a guardare
prontamente altrove,
ovunque purchè non si trattasse dei suoi occhi, ora colmi di
angoscia. Sentì un
leggero fruscio, che si accorse provenire dalla sua gonna. Si era
appena
voltata e stava già incamminandosi verso la porta.
“Perché
Lisa?”
“Non
lo so
cazzo! Non lo so!”
Si
ritrovò a
girarsi tanto bruscamente che James sobbalzò per un istante.
La rabbia, la
frustrazione, ma soprattutto l’esasperazione erano emozioni
ben visibili sul
suo volto. Stringeva i pugni e guardava il ragazzo con una ferocia mai
vista.
In quel
momento
James capì che non avrebbe resistito un minuto di
più, si trovò ad attirarla a
sé e baciarla con impetuosità e passione. La
teneva per le spalle, mentre la
sua bocca cercava avidamente quella di lei, fin quando le braccia forti
non
cinsero in una stretta quel corpo esile, dando l’impressione
di volerlo
intrappolare per sempre.
Senza
rendersene pienamente conto si ritrovarono distesi sul divano, Lisa
aveva
privato James della camicia e si apprestava a fare lo stesso con i
pantaloni,
armeggiando prima con la sua cintura. Lui aveva precedentemente sfilato
la
maglia di lei e ora la sua attenzione era concentrata sulla pelle nuda
del suo
collo.
Un
‘pop’,
chiaro sinonimo di smaterializzazione li sorprese
all’improvviso, lasciandoli
impietriti per diversi secondi, a fissarsi negli occhi.
“Toh,
Severus!
Visto che avevo ragione? Non sta poi tanto male…”
Lily
strizzò
l’occhio al fratello maggiore dando una gomitata ad Albus
che, spaventosamente
rosso in viso, si apprestò a voltarsi ed era talmente scosso
che nemmeno si
affrettò a ribadire quanto poco trovasse carino il modo di
appellarlo dei suo cari fratelli.
“Sera
dolcezza!
Ci hai pensato tu a tirarlo su di morale eh?”
Stavolta
la
piccola Potter guardava Lisa che arrossita ai medesimi livelli
dell’amico
accennò ad un sorrisino palesemente imbarazzato.
“SPARITE
IMMEDIATAMENTE
DA QUI VOI DUE!”
L’urlo
di James
fece sobbalzare Albus e ridacchiare la sorellina che ancora ghignando
fu
afferrata per un braccio da Al ed entrambi si smaterializzarono un
secondo
dopo. Lisa affondò il viso nel petto del ragazzo che per un
istante ebbe
l’impressione che stesse piangendo. Quando con una mano le
prese il manto, si
accorse che ridacchiava. Inarcò un sopracciglio, palesemente
scettico. Ma bastò
poco perché la risata cristallina di lei lo contagiasse,
lasciandolo riversarsi
sul fianco.
“Sai
perché sono
qui…”
Nemmeno
Lisa
seppe dire se quella fosse una domanda o un’affermazione,
lasciò a James la sua
interpretazione.
“Perché
le luci
ti hanno guidato verso casa…”
Nemmeno
il suo
tono parve interrogativo, entrambi sentivano che in quel moment avevano
scoperto
una nuova verità. Sarebbe stato difficile dimenticare i tre
anni passati senza
l’altro, ma sarebbe stato altrettanto facile continuare ad
amarsi e questo perché
in realtà, non avevano mai smesso.
James la
baciò
ancora, suggellando un nuovo giuramento, un nuovo inizio. Poi con una
mano
sciolse i capelli dal codino che li intrappolavano.
“Li
preferisco
così…”
Lassù o laggiù
quando tu sei troppo
innamorato
per lasciar andar via tutto
e se tu non provi, non
saprai mai
quali valori hai
[ Coldplay, Fix You ]
So che avreste voluto ammazzarmi nel
momento in cui avete ‘scoperto’
che Lisa e James non erano più assieme, ma ora vi siete
calmate vero?! .__.
Oddio, so che ho accennato che anche
Al e Katie non sono più
una coppia e lei non era nemmeno presente alla festa di Rose. Dove
sarà?! xD
Lo scoprirete presto ragazze!
Ah, e forse qualcuna si
chiederà anche dello strano comportamento
di Hugo e Lily, bhè sarà
‘quasi’ chiarito anche quello…sebbene
non in un
capitolo specifico! Sapete quanto io ami lasciare dubbi e possibili
interpretazioni! :p
Il prossimo capitolo sarà
dedicato a Roxanne e Lysander e
si, quello di Rose e Scorpius sarà
l’ultimo… giusto per farvi penare un altro
po’!
:p
Mi auguro che questo seguito non vi
deluda…
Attendo le vostre opinioni!
:*
|
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Capitolo 3 *** Dreams [Roxanne&Lysander] ***
La mia vita cambia ogni giorno
In ogni modo possibile
E nonostante i miei sogni
Non è mai piatta
come sembra
Mai piatta come sembra
[The
Cranberries, Dreams]
Rose
salutò la sua migliore amica proprio fuori al cafè
della Londra babbana, dove avevano trascorso
l’ultima
ora. Era riuscita
ad uscire prima da
lavoro proprio per incontrare Lisa, sperando di poterle parlare e
aiutarla in
qualsiasi modo possibile. Ma nel momento in cui si era trovata di
fronte a lei,
nel momento in cui le aveva parlato, aveva capito che nulla avrebbe
potuto. Gli
unici a poter risolvere questa incresciosa situazione erano quelli che
sembravano convinti a non farlo.
Sospirò
pesantemente, camminando ancora per le strade londinesi, avvolta nella
sua
sciarpa rossa. Sebbene fossero gli ultimi giorni di marzo,
l’aria gelida
colpiva ancora il suo viso, ora arrossato dal freddo. Sovrappensiero
urtò
qualcuno, si voltò per scusarsi ma l’uomo non si
era neppure girato. Intravide
solo una chioma bionda, quasi bianca troppo simile a quella del ragazzo
che
troppo tempo prima aveva amato. E il respiro sembrò
mancarle, ma allontanò
presto quell’idea dalla sua mente e camminò ancora
e ancora.
Ormai
stanca di girovagare senza una meta precisa, e infreddolita
dall’aria fredda
della sera decise di intrufolarsi in un vialetto e smaterializzarsi sul
pianerottolo della sua abitazione certa che nessun babbano abitasse nei
dintorni, per cui nessuno avrebbe potuto vederla.
Chiusa
la porta alle sue spalle e abbandonata la borsa e la giacca, fece
qualche passo
per sprofondare letteralmente sul proprio divano. Naturalmente lo
trovò
occupato da una Dominique che sfogliava pigramente la sua rivista, da
una Lily
che chiacchierava con Roxanne, seduta su una poltrona vicina.
Quest’ultima era
intenta, come accadeva spesso nell’ultimo periodo, a mangiare
gelato e
cioccolata.
“Già
che ci siete perché non vi trasferite qui, visto che siete
sempre tra i piedi?”
Rose
si
accomodò tra Lily e Dominique, sbuffando ma infondo
sollevata di non dover
essere sola a crogiolarsi in pensieri
deprimenti e magari ritrovarsi a finire il barattolo di
gelato al
cioccolato di cui sua cugina si stava ingozzando.
“Mh,
troppo piccolo…e non mi piace il Quartiere”
“Solo
se mi garantisci che il frigo sarà sempre
pieno…”
Lily
ridacchiò alle repliche delle cugine e alla reazione di Rose
che roteò gli
occhi e sbuffò una risata. Le posò una mano sulla
gamba, ottenendo la sua
attenzione.
“Sembri
stanca,tesoro…”
Rose
fissò per qualche istante sua cugina, tipico di lei
accorgersi del turbamento
dell’altra. Era cambiata molto da Hogwarts la sua Lily. Era
cresciuta e il suo
acuto spirito di osservazione aveva preso il posto del totale
disinteresse che
nutriva verso qualsiasi cosa non fosse il Quidditch o le malandrinate
commesse
con Hugo.
“Ho
visto Lisa e abbiamo parlato a lungo, ma non sono riuscita a trovare
nessun
modo per aiutarla…”
“Non
spetta a te, sono faccende che riguardano solo lei e
James…”
La
replica arrivò da Dominique, seduta alla sua sinistra. Le
rispose col solito
tono calmo e controllato, quasi annoiato e non accennò a
rialzare lo sguardo
dalle pagine che sfogliava con poco entusiasmo. Rose si chiese se ci
fosse mai
stato qualcosa che l’avesse turbata davvero.
“Lo
so
bene, ma… vorrei fare qualcosa!”
Sospirò,
portando le mani a strofinare gli occhi.
“Oggi
sembra che io non sia in grado di dare consigli…”
“Che
vuoi dire, altri problemi?”
“E’
per
Hugo, oggi è passato in ufficio…”
Rose
avvertì appena l’irrigidimento di Lily al suo
fianco, la guardò un istante e
notò che aveva spostato prontamente lo sguardo altrove,
prendendo a
mangiucchiarsi le unghie, cosa che faceva solamente se davvero nervosa
o
agitata. Aggrottò la fronte, fissandola ancora, quando un
gesto di Roxanne la
incitò a continuare.
“Bhè
credo voglia ritornare in Romania, dallo zio Charlie… forse
è un bene che studi
con lui, ma da sorella egoista vorrei che non stesse ancora tanto tempo
lontano
dalla sua famiglia…”
“Oh,
non stare in pena… può smaterializzarsi quando
vuole da noi e tu puoi fare lo
stesso…”
Roxanne
annuì convinta, palesando un barlume di serietà
che fu subito sostituito da una
risatina nel momento in cui rovesciò parte del gelato sulla
sua maglietta. Rose
si limitò ad annuire, del resto sua cugina aveva ragione e
pensò che doveva
smetterla di ingigantire qualsiasi cosa, ma soprattutto che avrebbe
dovuto finirla
di pensare costantemente agli altri e poco a se stessa. Proposito che
non
sembrava poter tuttavia essere attuato tanto presto.
“Com’è
stata invece la tua giornata Rox?”
La
ragazza decise di cambiare prontamente discorso, sia per alleggerire il
suo
stato d’animo sia per impedire a Lily di mangiucchiarsi anche
le dita oltre le
povere unghie. Non comprendeva il suo comportamento, ma era chiaro che
c’entrasse
suo fratello. Non volle tuttavia indagare, per una volta decise di non
immischiarsi.
E senza che lei stessa ne fosse consapevole, aveva preso la decisione
più
giusta.
“Oh,
al
solito… sono stata in redazione, ho terminato il mio
articolo sull’invasione al
Ministero ad opera dei Folletti della Cornovaglia e
vediamo…”
Rose
storse il naso all’ultima affermazione, ricordava bene che
pochi giorni prima,
a causa di uno scherzo decisamente idiota di qualcuno, quei
mostriciattoli
avevano scatenato il panico negli uffici. Non era restia a credere che
proprio
qualcuno della sua famiglia avesse messo in piedi una burla simile,
forse la
stessa Roxanne, infondo ne sarebbe stata capacissima.
“..ah,si
! Ho scoperto di
essere incinta…”
Tornò
tranquillamente
a ingurgitare la sua cioccolata, leccando le dita con gusto. La notizia
impiegò
qualche secondo perché Rose riuscisse ad elaborarla, ancora
intenta a ponderare
sulle possibili implicazioni di sua cugina nella vicenda dei folletti.
Quando le
parole la colpirono, sgranò poco gli occhi, fissando
incredula la ragazza
dinanzi a se. Dominique aveva finalmente rialzato il capo, spostando lo
sguardo
dalla rivista e come Rose guardava Rox, segni di turbamento visibili
sul suo
bel visino. Lily sembrava pietrificata, ancora le dita alla bocca.
“Tu
sei…”
Roxanne
rialzò il capo, solo ora accorgendosi delle espressioni
sconvolte delle
ragazze. Inarcò un sopracciglio, spostando la sua attenzione
su ognuna. Riposò
il barattolo di gelato sul tavolino, e quando Rose non la
rimproverò di non
aver utilizzato un sottobicchiere o un tovagliolino,
cominciò ad avere paura.
“Ssi..
aspetto un bambino… Ma perché
avete…”
Non
riuscì a dire altro, le tre si buttarono su di lei,
abbracciandola con
entusiasmo. Le scompigliavano i capelli, le baciavano le guance e si
congratulavano. Qualche minuto dopo ritornarono ad occupare il comodo
divano,
ma i loro occhi restavano puntati sulla cugina.
“E
Lys?
Glielo hai detto? Come ha reagito?”
“No,
non lo sa…”
Roxanne
alzò le spalle, addentando un altro pezzo di cioccolata.
“Oh,
hai intenzione di dirglielo stasera? Magari davanti ad una bella
cenetta…”
“No,
non direi…”
Rose
scambiò un’occhiata con Lily e Dominique,
attendendo con una certa ansia che la
cugina parlasse ancora. Non ne comprendeva il motivo, ma era certa che
le
parole dell’altra non le sarebbero piaciute. Pregò
Merlino che per una volta
sola nella vita, Roxanne si comportasse come tutti gli altri.
“Non
è
ancora il momento…”
Accennò
ad un sorriso inquietante, cosa che non rassicurò per niente
le ragazze.
“Non
credo riuscirai a nasconderlo a lungo…”
Dom
le indicò
la pancia, che di certo sarebbe
cresciuta da lì a qualche mese.
“Oh,
non c’è problema! Continuerò a mangiare
e lui penserà che sono semplicemente ingrassata…
quando poi darò alla luce il bambino,
griderò… SORPRESA!”
Le
espressioni delle cugine, suggerirono alla ragazza che non
condividevano la sua
idea geniale. Si chiese come fosse
possibile non riscoprirsi entusiaste, dopo che lei le aveva messe a
conoscenza
della burla del secolo! Insomma, non era roba di tutti i giorni uno
scherzo
simile … quelle tre non avevano un briciolo di senso
dell’ humor! Guardò
Lily, sperando che almeno lei
condividesse il suo genio. Ma anche la piccola Potter sembrava
stralunata e un
tantino spaventata.
“Tu
stai… non dici sul serio vero?”
Rose
imprecò mentalmente contro quel vecchio mago che mai, mai
una volta aveva
esaudito le sue richieste. Guardava Roxanne che aveva assunto quel
cipiglio che
ben conosceva, era lo stesso che per anni aveva visto sul suo volto
quando al
tavolo di Grifondoro metteva tutti a conoscenza delle sue bravate. La
sua
vittima a quanto sembrava continuava ad essere il povero Lysander.
“Certo!
Siete proprio noiose lo sapete?”
Sbuffò
riafferrando il barattolo di gelato e tuffandovi letteralmente il viso
al suo
interno. Dominique posò la sua rivista, si rialzò
con la solita flemma e
salutandole con un cenno del capo, andò via. Rose fu certa
di averla sentita
borbottare qualcosa sulla sanità mentale della sua famiglia
e sul suo lavoro al
San Mungo. Forse non aveva tutti i torti, forse un giorno tutti i suoi
cugini
sarebbero stati ricoverati proprio lì.
“Roxy…
Lys ha il diritto di sapere del bambino, non è uno
scherzo… e tu non puoi
renderlo tale!”
Lily
si
affrettò a precisare prima che Roxanne potesse
controbattere. La videro
imbronciarsi, aggrottare la fronte e ponderare forse sulle parole
appena udite.
Dopo nemmeno un minuto, sospirò pesantemente scuotendo il
capo.
“E
va
bene, ma sappiate che siete le responsabili della mancata realizzazione
del mio
geniale piano!”
“Ne
siamo consapevoli e… felici, aggiungerei !”
Rose
strizzò l’occhio a Lily, sorridendole. Rox per
quanto strampalata era
abbastanza influenzabile, soprattutto da loro. Del resto dopo anni
avevano un
rapporto decisamente forte, che superava persino la pazzia della
ragazza.
“Ah,
per dispetto ti svuoto il frigo!”
SI
rialzò e corse verso il colorato elettrodomestico, decisa a
portare a termine
la sua promessa.
***
Quando
Roxanne Weasley rimise piede nell’appartamento che
condivideva con Lysander, lo
trovò seduto sul divano, intento a leggere alcune pergamene
sparse sul tavolino
basso dinanzi a lui. Quando sentì la porta richiudersi, il
ragazzo rialzò lo
sguardo sorridendole.
“Bentornata!
Sistemo le ultime scartoffie e preparo la cena…”
Rox
si
limitò ad annuire e restare impalata ad osservarlo. Era
premuroso con lei, lo
era sempre stato. E non c’entrava il fatto che si offrisse di
cucinare al suo
posto, quello era più che altro spirito di sopravvivenza.
C’entravano molti
altri gesti quotidiani che solo a lei riservava e che nella loro
semplicità
mostravano quanto tenesse a lei.
C’era
amore quando le rimboccava le coperte durante la notte
perché agitandosi nel
sonno finiva sempre col rimanere senza. C’era amore quando la
svegliava con
dolcezza la mattina, evitandole di far tardi a lavoro dopo che aveva
distrutto
l’ennesima sveglia, lanciandola contro un muro o nel peggiore
dei casi,
affatturandola. E c’era amore quando la imbacuccava con
sciarpa e cappello
nelle fredde giornate invernali, evitandole di buscarsi
l’ennesimo raffreddore
dato dalla sua negligenza.
Si
prendeva cura di lei da ormai cinque anni, quasi fosse una bambina
bisognosa
delle sue attenzioni. E forse era proprio così, e si chiese
in quell’istante se
sarebbe mai stata in grado di occuparsi lei stessa di un altro essere
vivente.
Un moto di panico si impossessò della sua persona, e mai
prima d’ora si era
preoccupata a tal punto di qualcosa. Sempre spensierata e libera da
ogni
problema, la vita era stata generosa. Ma ora sembrava volersi burlare
di lei,
affidandole un compito che non si sentiva in grado di svolgere.
E
ancora
l’idea di non dirgli nulla si affacciò alla sua
mente, ma stavolta il motivo
era diverso. Non era la possibilità di una burla a
trattenerla, ma il timore
che lui potesse non accettarlo, spaventato dall’idea di avere
un figlio con una
come lei. Si sedette svogliatamente al tavolo, spostando lo sguardo
verso la
finestra e sentendosi per la prima volta in vita sua estremamente
fragile e
spaventata.
***
La
notte non era riuscita a portarle consiglio, quelle poche ore in cui
era
riuscita a lasciarsi cullare dalle braccia di Morfeo non avevano lenito
la sua
ansia. La mattina successiva, quando Lysander si svegliò e
non la trovò al suo
fianco, si precipitò in cucina dove sorprese Roxanne al
tavolo, imbandito per
la colazione.
Le
si
avvicinò cauto, scrutandola per qualche minuto e sedendosi
poi davanti a lei.
La ragazza gli sorrise, porgendogli un piatto stracolmo di frittelle,
che
miracolosamente non erano bruciacchiate e persino l’aspetto
della cucina
sembrava accettabile. Un po’ disordinato, ma nulla a che
vedere con i detriti dell’ultima
esplosione causata dalla sua fidanzata.
“Stai
bene?”
La
domanda nacque spontanea, era un quadretto decisamente surreale per i
suoi
standard. Lei sembrò indecisa su cosa rispondere,
mordicchiava il labbro
inferiore fin quando non scosse il capo e annuì
energicamente. Afferrò la sua
borsa e dopo avergli concesso un bacio, uscì di corsa
giustificando un ritardo
pazzesco.
Naturalmente
Roxanne Weasley non era mai arrivata puntuale alla redazione del
Cavillo, aveva
orari piuttosto strambi che lei stessa sapeva gestire al meglio. Si
perse nelle
strade affollate con la mente che vagava ininterrottamente. Avrebbe voluto parlare dei
suoi dubbi con
Katie, ma lei non c’era, la sua migliore amica non era
lì a dirle cosa fare.
Senza
che lei stessa lo volesse si ritrovò dinanzi
all’ingresso del San Mungo,
indugiò qualche minuto fin quando non decise di entrare.
Salì frettolosamente
le scale e si fermò al Terzo Piano, dove era certa avrebbe
trovato sua cugina.
Incamminandosi per il corridoio, intravide un ragazzo
dall’aspetto familiare
che si allontanava nella direzione opposta alla sua, non vi
prestò particolare
attenzione e proseguì.
“Roxanne?”
La
voce
di Dominique la fece sobbalzare e voltare di scatto, le si
avvicinò
rivolgendole un sorriso tirato.
“Stai
bene? Il bambino…”
“No,
sto bene… volevo solo, ecco…”
Non
ebbe modo di spiegare le ragioni della sua visita, la cugina le prese
la mano e
la condusse alla sala da the per i visitatori, al quinto piano. Si
sedettero ad
un piccolo tavolino e pochi minuti più tardi sorseggiavano
la bevanda dalle
loro tazze.
“Non
lo
hai detto a Lysander, non è vero?”
Roxanne
agitò il capo in segno di diniego, per la prima volta in
vita sua era corto di
parole.
“Ma
ho
ragione di credere che non sia perché tu voglia ancora
insistere con quella
storia dello scherzo…”
Ascoltava
la voce calma di Dominique con una leggera curiosità.
“Hai
paura Rox?”
Sgranò
gli occhi, posando la tazzina sul tavolo, evitando un possibile
disastro se le
fosse scivolata dalle mani. Era così evidente quello che
provava? E forse anche
Lysander l’aveva capito?
“Non
potrò mai riuscire ad occuparmi di un esserino,
Dom… non io…”
Dominique
prese un lungo respiro, si adagiò meglio sulla sedia e
sistemò con noncuranza
la crocchia che aveva sul capo, prima di parlare. Un tono di voce
diverso,
quasi gentile.
“Ricordi
quando da bambine ci nascondevamo sotto il tavolo alla Tana e spiavamo
nonna
Molly, nonno Arthur e gli altri mentre agitavano la bacchetta e
compivano magie
tra le più incredibili?”
Roxanne
annuì, ancora incapace di capire a cosa esattamente volesse
riferirsi, ma
ascoltandola con crescente rapimento.
“Quante
volte piagnucolavi perché eri certa che non saresti mai
riuscita a fare lo
stesso? A far lievitare qualcosa o fare fatture Orcovolanti che Zia
Ginny
riservava a Zio Ron?”
Non
lasciò che l’altra rispondesse, ma
continuò tranquilla.
“Molte,
moltissime volte… avevi paura, temevi di non esserne in
grado, ma ora? Riesci a
fare quello e molto altro… sarà così
anche quando nascerà il bambino, è anche
quella una magia sai? Sarà come quando hai stretto tra le
mani la tua bacchetta
e hai sentito un legame con essa… tu appartenevi a lei e lei
a te… con tuo
figlio proverai le medesime sensazioni e allora tutti i timori che ora
sembrano
insormontabili, svaniranno…”
Roxanne
guardava sua cugina come se la vedesse per la prima volta, aveva gli
occhi
sgranati e la bocca sgraziatamente aperta. Era decisamente scioccata
dalla
verità delle sue parole, ma di più dal fatto che
fosse stata lei a pronunciarle
e con una dolcezza che non credeva le appartenesse. Era davvero lei?
“Puoi
chiudere la bocca Roxy, e soprattutto andartene via… non
voglio che mi si veda
in giro con una sciattona come te…”
Si,
era
decisamente sua cugina. Si rialzò dalla sedia, rovesciando
il the sul tavolino
e abbracciando l’altra che inaspettatamente non
strillò per il guaio appena
combinato, ma ricambiò la stretta con un sorriso ad
increspare le labbra
sottili.
“Grazie…”
Il
tempo di un sussurro all’orecchio e Roxanne corse via,
investendo più di una
persona al suo passaggio. Si sentiva stranamente leggera e ancora un
po’
intontita nel credere che il merito fosse di Dominique e non dei
consigli
razionali di Rose o di Katie.
***
Come
un
tornado arrivò al Ministero della Magia, affrettandosi a
raggiungere il terzo
livello dove era sicura di trovarci Lysander. Corse verso il suo
ufficio e
quando spalancò la porta, nemmeno si preoccupò
che in quel momento il ragazzo
non era solo.
“Aspetto
un bambino!”
Il
suo
tono di voce era decisamente alto, tant’è che
anche alcune persone che si
trovarono a passare nel
corridoio vicino
la udirono. Aveva il braccio teso in aria, la mano chiusa a pugno come
se
avesse appena festeggiato una vittoria. Lys sgranò gli
occhi, fissandola con un’espressione
tra l’allarmato e l’imbarazzato.
“Bene…allora
io… vado, si…”
L’uomo
in piedi, dinanzi alla sua scrivania rivolse un rapido cenno del capo a
Scamander prima di affiancarsi a Roxanne e sorriderle in maniera
impacciata.
“Congratulazioni…”
Chiuse
la porta alle sue spalle, impaziente di allontanarsi da quella stanza.
Roxanne
gli aveva rivolto un largo sorriso in riposta e ora si accingeva ad
avvicinarsi
al compagno. Si sedette sulla scrivania, al suo lato e lo
osservò raggiante.
“Hai
delle tende nuove? Carine! In ogni caso dicevo… si, avevo
dei dubbi sulla
faccenda, voglio dire una come me che mette al mondo un bambino! Ha
dell’assurdo
non trovi? E poi inaspettatamente le parole di Dominique mi hanno
convinto ad
accettare la cosa, a capire che possiamo riuscirci, insieme…
“
“Roxanne…”
“Si,
sono andata al San Mungo e… oh, ecco chi era quel ragazzo!
Frank Paciock! Ma
cosa ci faceva lì? Non sarà che lui e
Dom…”
“Rox…”
“Si?”
“Tu
sei…”
“Incinta!”
Nessuna
replica arrivò alle orecchie della giovane perché
Lysander Scamander,
decisamente provato dalla novella e intontito dalle chiacchiere della
sua
fidanzata era appena svenuto, ritrovandosi disteso sul pavimento.
“Oh,
la
notizia di Frank e Dominique ha sconvolto anche te?”
Rox
scrollò le spalle, con
un saltello scese
dalla scrivania e afferrando la bacchetta fece lievitare il corpo del
ragazzo
fino al divanetto vicino. Si sedette accanto a lui, sorridendo nel
scostargli
qualche ciocca di capelli dal viso. Non poche volte si era svegliata
nel cuore
della notte e aveva passato interminabili minuti ad osservarlo dormire.
Le dava
pace, una quiete indescrivibile.
Non
trascorse
molto tempo che
Lysander si svegliò,
guardandosi prima intorno come a riconoscere il luogo in cui si
trovava, poi
indugiando con lo sguardo sul viso della
ragazza. Lei continuava a sorridergli, era tornata la stessa, sembrava
che
nessun dubbio o preoccupazione l’avessero sfiorata nelle
ultime ore.
“Aspettiamo
un bambino…”
Si
mise
seduto, prendendo una mano di lei tra le sue. La osservava, ancora
incredulo e
ripeteva quelle parole come per renderle più reali di quanto
non fossero già.
Roxanne annuiva felice l’attimo prima di baciarlo e stendersi
su di lui.
“Ora
avrò un vero motivo per occultare le spine della corrente,
oltre ad evitare che
tu ci infili le dita per una scarica di
adrenalina!”
Dopo
un
pugno ben assestato da parte della compagna, la strinse forte tra le
sue
braccia e si sentì diverso, migliore. Era lei a renderlo
tale e ora ci sarebbe stato
qualcun altro ad occupare il suo cuore, un bambino, il loro bambino.
Negli
attimi in cui rideva con lei, la baciava, la dondolava tra le sue
braccia e
posava la testa sul suo ventre una sola domanda continuava ad albergare
nella
sua mente: Di felicità si
può morire?
Voglio di più, impossibile
ignorarlo
Impossibile ignorarlo
E allora i miei sogni si
realizzano
Impossibile non farlo
Impossibile non farlo
[The
Cranberries, Dreams]
Rieccomi
col secondo
capitolo di questo sequel ! :D
Roxanne,
Roxanne…
immaginavate un modo diverso per lei di rivelare la sua gravidanza?! Io
decisamente no, non sarebbe stata la ragazza che abbiamo imparato a
conoscere
non trovate?! xD
In effetti
già l’essere
stata presa da dubbi e paure è stato fin troppo
‘normale’ per lei, ma credo
fosse anche questa una cosa inevitabile. E che poi sia stata la gelida
Dominique a rassicurarla è stato qualcosa che ho trovato
decisamente dolce! *-*
E’ pur sempre sua cugina, e le vuole bene! xD
Lo so, lo
so che
fremete dalla voglia di sapere di Katie, di Rose e Scorpius…
e so anche che
sono abbastanza ‘cattiva’ nel mettere qualche frase
su di loro qua e là… :p
ma un altro po’ di pazienza e la vostra
curiosità sarà appagata!
Il
prossimo
capitolo verterà proprio su Albus e Katie! ;D
Ah, vi
sarete di
certo accorte che i fatti si svolgono in contemporanea, tutti
nell’arco di fine
marzo, inizio aprile! ;)
A presto,
tesorini
! :*
|
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Capitolo 4 *** You and Me [Albus&Katie] ***
‘Che giorno
è?
e in che mese?
questo orologio non era mai
sembrato così vivo
non riesco a tenergli dietro
e non posso fare marcia
indietro
ho perso così
tanto tempo’
[You and Me, Lifehouse]
Quando Albus riuscì a trascinare sua
sorella dall’appartamento di James,
si materializzò da Rose promettendo a se stesso che non
avrebbe mai più dato
retta alle idee di Lily. Ancora rosso in viso e visibilmente scosso
suscitò le
risa di sua sorella e poco dopo anche quelle della cugina.
Quest’ultima era
tuttavia più concentrata sul fatto che Lisa e James stessero
chiarendo. Ma si affrettò
subito a
comunicare l’ennesima buona notizia, la gravidanza di Roxanne.
“Un bambino? Merlino, devo
sedermi…”
“Al, stai invecchiando per
caso?”
La voce di Hugo proveniva dalla camera di Rose,
quest’ultima senza
volerlo posò gli occhi su Lily che smise improvvisamente di
ridere, prendendo a
giocare con una ciocca di capelli e fu quello che le
confermò definitivamente
che qualcosa non andava. Sua cugina aveva sempre definito quel gesto
frivolo,
adatto a ragazzine alla prima cotta. Sgranò gli occhi,
afferrando appena in
tempo la teiera che stava scivolando dalle sue mani. Non poteva essere
questo.
Hugo palesò la sua presenza, fermandosi
sulla soglia della cucina non
appena appurò che Albus non era solo. Salutò Lily
con un sorriso e un cenno del
capo, maneggiando una bustina. Al lo abbracciò, ignaro delle
congetture che
continuavano a frullare nella testa di sua cugina.
“Rose, pianto questi semi nei vasi che ho
preparato questa mattina…”
Sua sorella annuì, vedendolo
allontanarsi verso il terrazzino e
rispondendo poi alla curiosità di suo cugino.
“E’ una rara specie di rosa,
zio Charlie ha insistito che l’avessi…” *
Lily non badò alle chiacchiere dei due,
guardava fuori finché non si
decise a raggiungere Hugo. Chiuse le vetrate alle sue spalle e gli si
avvicinò,
vedendolo intento a trafficare col terriccio. Qualche passo e fu al suo
fianco.
“Sembra che le cose si stiano aggiustando
per tutti…”
“Già, alcuni sono
più fortunati di altri…”
“Hugo…”
“No, Lily ascolta…”
Si rialzò, lasciando perdere vasi e semi
e le si avvicinò, guardandola
dall’alto. Hugo aveva decisamente ereditato la statura di suo
padre, e la
superava di diversi centimetri. Lei così piccola ai suoi
occhi.
“Avevi ragione… è stato uno
sbaglio, ma sappi che non potrò mai pentirmene…e
andremo avanti, come abbiamo
sempre fatto…”
Un bacio, un innocuo contatto li aveva sorpresi
l’estate prima. Un’
unione che aveva racchiuso anni di sentimenti repressi e sensi di
colpa. Ma
quello che nella maggior parte dei casi svela un inizio, per loro fu
solamente
una fine. Non ce ne furono altri ed entrambi sapevano che non ce ne
sarebbero
stati. Un sentimento da schiacciare, un amore straziante che non
può vedere
altro che il suo tramonto.
Lily sorrise appena, prendendogli una mano nella
sua, stringendola con
delicatezza e posando la testa sulla sua spalla. Socchiuse gli occhi,
inebriandosi per l’ultima volta del suo profumo, della sua
vicinanza.
“Sarai sempre parte di me,
Hugo…”
Deglutì a fatica il ragazzo, soffocando
quel groppo in gola che
minacciava di sciogliersi. Annuì lievemente, sfiorandone i
capelli rossi,
baciandone la fronte. Lei era la ragione che l’aveva spinto
ad andare in
Romania, a ritornare poi per poterla vedere ancora e nuovamente
decidere di scappare.
Fuggire da lei, ma soprattutto da se stesso.
“E tu parte di me, piccola
Lily…”
Desiderarono restare così per
l’eternità, ma non gli era concesso. Solo
nei sogni si sarebbero incontrati per vivere quell’amore che
non poteva
fiorire, per amarsi alla luce della luna perché di giorno
non avrebbero mai
potuto.
Gli amori
impossibili non finiscono mai. Sono quelli che durano per sempre.*
***
Stravaccato scompostamente sulla sedia del suo
ufficio e facendola
dondolare, ben puntando i piedi contro la sua scrivania, Albus
raccontava le
novità riguardanti la sua famiglia ad un divertito Scorpius
Malfoy. Gli parlò
della figuraccia fatta con suo fratello e Lisa e dell’assurdo
piano di Roxanne
prima che si decidesse a parlare della sua gravidanza a Lysander.
“Io avrei appoggiato l’idea di
Rox… è geniale!”
“Non avevo dubbi…”
Risero ancora, Al sempre più convinto
che prima o poi la sua rumorosa
famigliola l’avrebbe portato alla pazzia. Calò il
silenzio per qualche
istante, rotto poco
dopo dal biondino
che avvicinatosi alla finestra parlò quasi in un sussurro.
“Ho visto Rose…”
Al rischiò non solo di soffocare con la
propria saliva, ma anche di
cadere dalla sedia che si ostinava a tenere in bilico. Puntò
i piedi per terra
rivolgendo all’amico un’occhiata allarmata.
“Camminavo in una delle strade di Londra,
nemmeno ricordo quale fosse,
quando mi ha urtato…”
E prima che Albus potesse chiederglielo, lui si
affrettò a precisare,
sorridendo e scuotendo il capo.
“No, non si è accorta di
me… aveva la testa fra le nuvole, come al
solito… non è cambiata…”
Terminò con una nota amara nella voce,
costringendosi a guardare ancora
verso la finestra piuttosto che nei verdi occhi del proprio migliore
amico.
Occhi che avrebbero scavato nella sua anima, afferrandone il turbamento.
“Sono passati quattro anni da
Hogwarst…”
“Già…”
“Tre anni da quando hai lasciato
definitivamente Malfoy Manor…”
Scorpius si voltò, aggrottando la fronte
e fissando il ragazzo nel
tentativo di capire la conclusione a cui voleva giungere, pur sapendo
che i
discorsi di Albus erano sempre stati più che contorti.
“E uno da quando hai smesso di parlare a
tuo padre…”
E poi comprese, giunse alla verità che
lui stesso aveva ponderato e che
da mesi avrebbe voluto rendere reale. Ma il timore che il tempo avesse
corrotto
il loro sentimento, lo aveva pietrificato.
“Credo sia giunto il
momento…”
Il giovane Malfoy annuì e non
poté fare a meno di sorridere, la
determinazione che scorgeva nello sguardo di Al fu sufficiente per
scacciare
via ogni paura, ogni ripensamento. Rose infondo era l’unica
che voleva, da
sempre era stato così e nemmeno qualcosa di forte e
logorante come il tempo,
avrebbe cambiato questa realtà.
Sospirò avvicinandosi alla scrivania e
afferrando il foglio di carta in
cui erano esplicati i dettagli della prossima missione di Albus.
Sgranò appena
gli occhi quando lesse la sua prossima destinazione, rialzando
così velocemente
il capo da sentire qualche ossicino del collo scricchiolare.
“Che ti prende?”
“Hai letto questa vero?”
“Certo che l’ho letta, anzi
devo prepararmi perché partirò tra meno di
due ore e…”
“Al, hai letto anche la destinazione?
“
“Scorpius avere contatti con la famiglia
Weasley non è salutare per i
tuoi neuroni… ovvio che io sappia la destinazione,
è in Egitto che…”
La voce morì in gola, le parole che
stava pronunciando finirono per
perdersi in un verso simile ad un singhiozzo strozzato.
Guardò il viso del suo
migliore amico che sembrò condividere la sua stessa
espressione. Una sola
parola continuava a ronzargli nella testa, Katie.
Katie era in Egitto da due anni, da quando
l’ ambizione l’aveva
strappata dalle sue braccia. Quel lontano giorno non si dissero addio,
ma
entrambi sapevano che quella scelta sarebbe stata fatale. Sporadiche
missive
non avrebbero avuto alcun valore quando era chiaro che la notte non
avrebbero
sentito il calore dell’altro al proprio fianco.
“Sei un cretino…”
Scorpius riposò la pergamena sulla
scrivania, affondando le mani nelle
tasche e incamminandosi verso la porta. L’aprì, ma
prima di oltrepassarla
rivolse un ultimo sguardo al ragazzo.
“Credo sia giunto il
momento…”
Piegò impercettibilmente gli angoli
delle labbra verso l’alto, poi uscì
scuotendo il capo. L’amore nelle loro vite sembrava aver
fatto più danno che
altro. Dei superstiti, ecco cos’erano. Dei corpi che si
aggiravano per
l’edificio, desiderosi di riprovare l’ebbrezza che
un singolo sorriso poteva
dare, il sorriso della persona amata.
***
Albus Severus Potter arrivò a
destinazione tramite passaporta, la
smaterializzazione era sconsigliata per distanze molto lunghe. Non che
la
sensazione provocata da quell’oggetto lo mettesse
più a suo agio del risucchio
dato dalla materializzazione, ma nel suo lavoro non poteva che
adattarsi a
simili espedienti.
Si ritrovò all’esterno della
locanda che gli era stata indicata e con un
respiro profondo si decise ad oltrepassarne l’uscio. Del
resto le possibilità
che potesse incontrare realmente la ragazza erano davvero minime, dopo
due anni
Katie si era di certo trovata un’abitazione più
consona che una vecchia e
malridotta bettola dove i maghi stranieri sostavano nei loro viaggi.
Si guardò intorno nel tentativo di
scorgere qualcuno a cui potesse
chiedere informazioni e tirò fuori dalle tasche
l’informativa, per rileggerla
ancora una volta.
Barthy Crofford
Era lui l’uomo a cui avrebbe dovuto
rivolgersi, lui gli avrebbe parlato
del ‘tesoro’ da recuperare e
dell’incantesimo che avrebbe dovuto spezzare.
Rialzò il capo quando un
ometto tarchiato gli si avvicinò, aveva guance rosse,
probabilmente date dall’alcool
e un sorriso eccessivamente ampio sul viso.
“Signor Potter, dico bene?”
Al annuì porgendogli la mano che
l’altro strinse, posando la sinistra
sul braccio e scuotendolo con vigore. Continuava a sorridergli, ma ad
Albus non
era chiaro se il motivo riguardasse la sua sbronza o il fatto di avere
uno
straniero alla locanda.
“Mr. Crofford potrebbe essere
così gentile da parlarmi del…”
“Oh, no… ora dovrà
riposare, penseremo all’incantesimo domani, sono
certo che alla sede della Gringott non avranno problemi in
merito…”
Albus lo ascoltava incredulo, sia perché
non aveva alcun bisogno di
riposare avendo viaggiato tramite passaporta, sia perché
forse mancava troppo
da Londra per rammentare il caratteraccio dei suoi superiori.
“Io veramente…”
“Non credo che Barthy te lo stia
chiedendo Al, piuttosto ordinando… dico
bene?”
“E’ giusto, è giusto
signorina Katie…”
Katie.
Al voltò appena il capo, mentre la
ragazza muoveva qualche passo verso
di loro. Non era cambiata, pensò. Gli stessi occhi neri,
intelligenti e
profondi, la pelle bianca sebbene il luogo in cui si trovasse non fosse
uggioso
come la vecchia Londra. I capelli lunghi e neri, ugualmente lucenti.
“Sapevo che saresti venuto
oggi…”
Non attese una sua replica, lo
abbracciò, aggrappandosi al suo corpo
come se ne dipendesse la sua stessa vita. Impacciato, Al
portò le mani a
sfiorarle la schiena stringendola appena.
“Visto che è in ottima
compagnia, la lascio Signor Potter… l’aspetto
domani, questa notte può riposare in una delle camere della
locanda…”
Alzò la mano a salutare entrambi e si
addentrò in un’altra stanza,
lasciando i due ragazzi a guardarsi l’un l’altro.
Katie sembrava tranquilla,
felice di rivedere Albus dopo tanto tempo. Il ragazzo dal canto suo,
era
intontito. Aveva sperato sino all’ultimo di fare il suo
lavoro più rapidamente
possibile e tornarsene a Londra, ma evidentemente gli astri non gli
erano
favorevoli, e quando mai pensò.
“Vieni, ti offro la
cena…”
Lo condusse ad un tavolo poco distante,
indicandogli un sedia in legno
consunto.
“Niente a che vedere con la cucina di
Molly, ma ci si abitua dopo un
po’…”
Al si limitava ad annuire, sedendosi con lei e
augurandosi di non dare
di stomaco, non solo per lo strano piatto a base d verdure farcite, le
cosiddette badiyngan
e filfil,* che gli era stato servito
ma soprattutto per la
continua morsa che contorceva il suo stomaco come se volesse rivoltarlo.
“Bhè…
non credo potrei abituarmici…”
Con una smorfia di disgusto allontanò il
piatto, pulendo i lati della
bocca con un tovagliolo di uno sgargiante rosso. Si guardò
intorno notando che
quel colore era praticamente ovunque: di rosso erano le tovaglie, le
tende, i
divani e gli arazzi.
“Io ho dovuto farlo…”
“Hai voluto farlo…” la corresse
con un’alzata di spalle.
Katie rialzò gli occhi sul volto del
ragazzo, indugiò nell’osservarlo
per diversi minuti. Avrebbe voluto replicare, ma qualcosa glielo
impedì.
Restarono in silenzio per un tempo che sembrò ad entrambi
interminabile fino a
che non si sprecarono in convenevoli riguardanti la loro vita e quella
degli
amici. Al le raccontò di Roxanne e di Lisa, rassicurandola
che a breve un gufo
avrebbe portato notizie più dettagliate dalle sue amiche.
Un’ora più tardi il rumore
sordo della sedia sulla quale Albus era
seduto, annunciò che la serata volgeva al termine. Il
ragazzo si rialzò
sorridendo brevemente e augurandole una piacevole notte. Mai tante
emozioni
avevano attraversato il cuore di Katie come in quell’istante,
urlava dentro di
sé per trovare la forza di chiedergli di restare ancora, ma
la ragione che in
lei aveva sempre avuto il sopravvento, sembrò privarla
dell’uso della parola.
“Dopo due anni…
perché vivi ancora in questo posto?”
Al si era fermato, voltandosi verso la ragazza e
indicando con una
smorfia e un cenno del capo l’ambiente circostante.
“Non ho mai creduto di restare in Egitto
per tutta la vita, speravo che
qualcuno…”
Si rialzò, posando i palmi aperti delle
mani sul tavolo e tenendo
forzatamente lo sguardo basso. Per Al era impossibile leggerne
l’espressione
poiché i capelli le coprivano il viso.
“Che tu venissi a
prendermi…”
Le parole di Katie servirono solo a riaccendere
quella rabbia che aveva
assopito da tempo. La covava dentro di se dal giorno in cui lei era
partita, ma
mai aveva voluto sfogarla. A che pro, si era detto. Il risultato
sarebbe stato
qualche oggetto rotto e un vuoto incolmabile dentro di lui.
Ma in quel momento l’idea di sferrare un
pugno contro quella dannata
mobilia non gli sembrò una cattiva idea. Inspirò
a pieni polmoni l’aria stantia
della vecchia locanda, sforzandosi di riprendere la sua consueta calma. Ma mai cosa gli parve
più difficile.
“Ti supplicai di
restare…”
Stringeva i pugni il ragazzo, sperando di contenere
in qualche modo la
collera che lambiva ogni piccolo anfratto del suo corpo, la sentiva
invaderlo
lentamente ma con una forza inesorabile.
“Ero stupida, ero così stupida
Al…”
Si allontanò dal tavolo, rialzando il
capo e fermandosi davanti a lui.
Sfiorò la sua mano chiusa con le dita, sperando che lui non
la respingesse.
“Me ne sono pentita
nell’istante stesso in cui ho messo piede qui, ma non
ho osato cercarti, o tornare indietro… mi vergognavo
così tanto e mi ero
comportata talmente male che…”
Albus indietreggiò, lasciando la sua
presa e guardandola sgomento.
Avrebbe dovuto zittirla perché la sua voce non faceva altro
che innervosirlo
ulteriormente e nel suo stato d’animo non poteva permettersi
di ingoiare
maggiore rabbia.
“Ho bisogno di
dormire…”
Si voltò, dandole le spalle e camminando
spedito verso le scale
tremolanti e vecchie. Non tornò indietro nemmeno quando i
singhiozzi di Katie
lo fecero bloccare a metà cammino. Strinse con forza il
corrimano, i suoi occhi
si posarono sulle nocche che man mano perdevano il loro consueto rosa
pallido
per virare al bianco. Strinse con forza le palpebre mentre gli occhi
bruciavano, trattenendo quelle lacrime che nemmeno una volta aveva
versato da
quel giorno.
‘Tutte le
cose che voglio dire
non vengono per niente
fuori bene
sto inciampando nelle parole
mi fai girare la testa
non so dove andare da
qui’
***
“E non l’hai più
rivista?”
“No, te lo ripeto… la mattina
dopo ho fatto il mio lavoro e sono tornato
a Londra…”
Albus sospirava mestamente, affondando il viso
nelle mani e
scompigliando ancora di più i capelli corvini. I gomiti
poggiati sulla
scrivania e la sedia in bilico come sua abitudine. Scorpius, in piedi
davanti a
lui lo fissava con le sopracciglia inarcate e la fronte corrucciata.
Non era solito sorprendersi di qualcosa, ma il
comportamento del suo
migliore amico lo aveva lasciato decisamente perplesso. Lui sapeva che
Al non
l’aveva dimenticata, come avrebbe potuto? Quale ragione lo
spingeva a tirarsi
indietro quando due anni fa aveva calpestato il suo orgoglio per
tenersela
stretta?
“SEI UN IMBECILLE SEVERUS!”
Il giovane Malfoy si voltò di scatto
verso la porta spalancata con foga
da una Roxanne decisamente infuriata.
Al
sollevò il capo, sgranando gli occhi e rialzandosi piano, il
volto tradiva
un’espressione spaventata. Probabilmente anche lui sapeva di
non poter
contrastare una donna in pieno scombussolamento ormonale, senza contare
che quella donna era una delle sue
assurde
cugine.
Scorpius indietreggiò lentamente,
lanciando uno sguardo alla porta,
aspettando il momento più adatto per svignarsela. Ma
un’occhiata implorante e
allo stesso tempo assassina del suo migliore amico,
allontanò quell’idea dalla
sua mente.
“Rox…”
“Lo sai che sono incinta vero?”
“Bhè, si… ma questo
cosa c’entra…”
“MAI fare arrabbiare una donna incinta! E
se Lysander sapesse che sei il
responsabile del mio turbamento ti pesterebbe alla maniera babbana
senza batter
ciglio!”
Albus deglutì rumorosamente, guardando
ancora una volta Scorpius, il
quale si limitò a scrollare le spalle, trattenendo un
sorrisetto divertito. Era
più propenso a credere che sarebbe stata Roxanne stessa a
pestarlo piuttosto
che il suo compagno, ma preferì non mettere a conoscenza gli
altri di questa
sua convinzione.
“Roxanne… “
“Che ti dice il cervello,
Severus?”
La ragazza avanzò, puntando il dito
contro il petto del cugino che
intanto aveva compiuto incautamente qualche passo verso di loro.
“Intanto potresti evitare di chiamarmi
Sev-…”
Ignorando bellamente la sua richiesta, Roxanne
continuò a sbraitare,
agitando le mani in aria e assumendo un colorito pericolosamente
tendente al
viola che unito alla sua carnagione scura, risultava piuttosto
inquietante.
“Sei tale e quale a James! La lasci
andare via un’altra volta?”
“La prima volta non l’ho fatto,
io…”
“Non mi interessa, porco
Salazar!”
Le smorfie dei due non misero fine alle sue
imprecazioni sul creatore
della casa a cui erano appartenuti, ma continuò ad
infervorarsi e a detta di
Scorpius, lanciare fiamme dalla testa e fumo dalle orecchie.
“Quello che è stato,
è stato… avete un’altra
possibilità, non sprecarla!
E da quando in qua hai abbandonato le virtù
delle Serpi per avvicinarti al fottutissimo orgoglio dei
Grifoni?”
Scorpius dovette portare una mano al volto e
nascondere col dorso di
essa l’ilarità che premeva di uscire. Aveva sempre
trovato interessanti gli
strampalati discorsi della ragazza e questo non faceva altro che
riportarlo
indietro nel tempo, quando nell’ultimo anno ad Hogwarts aveva
avuto la fortuna di diventare il
suo amato
confidente.
“Rox, ti prego di non immischiarti in
questi…”
Dovette interrompere la sua replica quando,
rialzando lo sguardo, vide
sua cugina accasciarsi a terra. Scattò in avanti,
inginocchiandosi davanti a
lei, subito seguito da Scorpius che rifletteva la sua espressione
allarmata.
“Roxanne, che succede? Il
bambino?”
“Solo qualche fitta… non
mentivo quando dicevo che non dovevo
arrabbiarmi, Al… “
Gli rivolse un sorriso tirato, posando una mano
sulla sua spalla e
lasciandosi portare lentamente sulla poltrona vicina. Il viso contorto
in una
smorfia di dolore, preoccupò maggiormente Albus che in preda
al panico non sapeva
cosa fare.
“Vuoi che ti porti al San Mungo,
lì possono…”
“No, devo solo riposarmi
e…”
Lo guardò implorante, mentre le sue dita
indugiavano sulle ciocche
corvine che si posavano sulla sua fronte. Al giurò di non
averla mia vista in
quello stato, e sentì un improvviso gelo impossessarsi delle
sue membra, come
pietrificato la fissava, incapace di muovere un muscolo.
“Albus… va da lei, fallo per
me…”
Un’altra fitta dovette attraversare il
suo ventre perché si piegò su se
stessa, portando le mani allo stomaco mentre il suo viso veniva
completamente
coperto dai suoi capelli.
“Roxanne…”
“Vai Al… ti
prego…”
“Ma io…”
“Resterà Scorpius con me,
vai…”
Il ragazzo annuì impercettibilmente,
posandole un bacio sulla testa e dopo
un’occhiata d’intesa all’amico,
oltrepassò la porta del suo ufficio.
“Oh, che impiastro! Credevo non se ne
sarebbe mai andato!”
Scorpius si voltò lentamente verso la
ragazza che era scattata in piedi
e sistemava distrattamente una ciocca di capelli, lievemente arruffati.
La
fissava con occhi sgranati, indicandola con l’indice e
balbettando
vergognosamente.
“Tu… tu…”
“Oh, non farla tanto lunga… a
mali estremi…”
Sembrò pensarci su qualche istante, poi
concluse con un’alzata di
spalle.
“…mali estremi!”
Il ragazzo, più pallido del solito
continuava a fissarla allibito,
ponderando seriamente sull’ipotesi di allontanarsi dalla
famiglia Weasley una
volta per tutte, prima di finire anche lui in quella assurda spirale di
follia.
L’idea di finire al San Mungo con loro non rientrava nei suoi
progetti futuri.
“Bhè, ho voglia di gelato al
cioccolato… accompagnami Scorp!”
E così, scuotendo il capo per quel
nomignolo che aveva superato incolume
cinque anni, la seguì fuori dall’ufficio.
***
Albus percorreva il lungo corridoio, scansando
decine di persone e
investendone altrettante. Si chiedeva dove avrebbe trovato una
passaporta così
su due piedi e mentre ponderava sulle possibili ipotesi
puntò improvvisamente i
piedi a terra, evitando per un solo soffio di finire addosso ala
ragazza che si
trovò davanti.
Katie allontanò le mani che prontamente
aveva posato sul volto nel
timore dell’impatto e sbattendo più volte le
palpebre guardava un trafelato Al,
mani sulle ginocchia che tentava di riprendere fiato.
“Che…cosa..cosa ci
fai…qui?”
Lo sguardo si posò sulla valigia ai suoi
piedi, rialzò lentamente il
capo per incrociare i suoi occhi neri e lucidi. Un lieve sorriso le
increspava le
labbra e timorosa allargò le braccia.
“Sono… sono qui Al… se ancora mi
vorrai…”
Non avrebbe mai saputo spiegare la sensazione che
attanagliava il suo
corpo. Una sete incontenibile di quell’amore, seppur
devastante, stava
lentamente consumandolo. Un amore vissuto, poi abbandonato, ma che non
toglieva
una virgola al suo valore. Sentì di desiderarla a tal punto
da provare un
dolore fisico.
Aveva già sofferto abbastanza si disse e
al diavolo l’orgoglio, infondo
lui era stato una serpe e ne andava fiero. Annullò la
distanza che li separava,
cancellando allo stesso modo anche gli ultimi due anni. La strinse a
sé,
affondando il viso nei suoi capelli e respirandone il profumo.
Probabilmente il destino non aveva
l’ultima parola, forse nemmeno la
voleva. Avrebbe scelto lui della sua vita, al diavolo gli astri e il
fato.
Ancora abbracciato alla sua Katie rialzò
appena lo sguardo per vedersi
passare a pochi metri una Roxanne saltellante con in mano una grossa
coppa di
gelato, seguita da uno Scorpius decisamente provato.
Scuotendo il capo non si trattenne dal
ridere, pensando che qualche volta le strampalate trovate di sua cugina
avevano
buon fine.
‘Che giorno è?
e in che mese?
questo orologio non era mai
sembrato così vivo’
[You and Me, Lifehouse]
Terzo
capitolo, più sofferto degli altri a dire il vero! Adoro
Katie e
Al certo, ma ho comunque riscontrato una certa difficoltà
nel descriverli,
forse perché era l’unica coppia su cui non avevo
ancora le idee chiare!
Sugli
altri tre sapevo dall’inizio quale sarebbe stato il loro
percorso,
lo ammetto. Fin da quando scrissi l’ultimo capitolo di
‘Buon Sangue Non Mente
,parte seconda’ e decisi di farne un seguito.
Coooomunque,
opinioni, lodi, insulti?! Accetto di tutto! :p
Forse
qualche smorfia sarà comparsa sui vostri visini nel leggere
di
Hugo e Lily, chissà! Non chiedetemi il motivo per cui ho
parlato di loro in
quei termini, è un’idea malsana che mi
è venuta quando ho realizzato che erano
gli unici ‘soli’ del gruppetto e quando al famoso
tavolo dei grifondoro
mostravano disgusto per le sdolcinatezze degli altri. Rileggendolo
penserete
che avevo in un certo senso anticipato qualcosina con la frase
‘Lily
Potter e Hugo Weasley si fingevano disgustati da tanta
dolcezza,borbottando qualcosa sul fatto che una partita di Quidditch
fosse
decisamente più eccitante,ignari del fatto che da
lì a qualche anno si
sarebbero trovati nelle medesime condizioni.’
;D
E poi
ehi… con tutte le James/Dominique nons torcerete il naso
proprio ora,eh?! xD
E Rox è
stata geniale non
è vero?!?! *-*
Ah, se
non fosse per lei !! :p
Su,su…
il prossimo capitolo (l’ultimo)
vedrà
finalmente la nostra Rose e il caro Scorpius, come andrà tra
loro?! :p
Chissà….
Muahauhauahuhaahuahu!
Bacio!!!!
*Non so se esista o
meno un
particolare tipo di rosa proveniente dalla Romania, l’ho
inventata di sana
pianta! :p
*E’ una frase
dal film ‘Mine
vaganti’, forse l’avrete notato!
*Sono davvero verdure
farcite,
appartenenti alla cucina egiziana! Bleah! Sinceramente credo che Al
avrebbe
apprezzato di più una buona pizza napoletana, ma per ovvie
ragioni ho dovuto
adattarmi! :p
|
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Capitolo 5 *** I love You [Rose&Scorpius] ***
E ho
dimenticato
di dirti che ti amo
e la notte è
troppo lunga e fredda, qui
senza di te, piango per la
mia condizione
perchè non
riesco a trovare la forza
di dirti che ho
così bisogno di te.
[Sarah
Mclaggen, I
love you ]
Rose non era mai stata
nell’ufficio di suo cugino, alla
Gringott. Per ovvie ragione aveva evitato accuratamente tutti quei
posti in cui
avrebbe rischiato di vederlo. Se l’era ripromesso durante il
suo ultimo anno ad
Hogwarts, quando convivere con la presenza di Scorpius era stato
insopportabile. All’epoca il suo rapporto con Al ne aveva
risentito non poco,
il ragazzo diluiva il suo tempo per non privare nessuno dei due della
sua
presenza, e non era semplice.
Ma quel giorno non poté
evitare di recarvisi, Roxanne nei
suoi accentuati vaneggiamenti di donna in subbuglio ormonale, non era
riuscita
a spiegarle quello che era accaduto tra lui e Katie. Così la
sua curiosità
superò il suo timore e fu felice della sua decisione mentre
rideva fino a star
male del racconto che suo cugino le stava narrando.
“Non ti vedevo ridere
così da… troppo, direi…”
“Si, io…
è che è troppo… Rox
è… oh, Merlino sto morendo!”
Appoggiata alla scrivania accanto ad
Al, era piegata in due
e reggendosi lo stomaco cercava di mettere insieme parole di senso
compiuto tra
una risata e l’altra, con scarso risultato in effetti. Lo
stridio della porta
fece voltare entrambi e Rose, che ancora stava sbellicandosi, si
interruppe
così bruscamente che solo l’intervento di quel
buon uomo di Merlino riuscì ad
evitarle un soffocamento.
Scorpius restò impalato
dinanzi a loro, la mano ancora ferma
sulla maniglia. Il silenzio che improvvisamente li colse aveva un che
di
irreale. Per anni aprendo quella porta, aveva sperato di trovarla
lì a ridere e
scherzare con suo cugino, proprio come faceva ora. Si
soffermò sul suo volto,
ancora disteso e raggiante. Le labbra rosse appena dischiuse, gli occhi
lucidi
per le troppe risate. Pensò di non averla mia vista tanto
bella.
Lo era sempre stata ai suoi occhi, ma
quella beltà acerba
negli anni era fiorita a tal punto che si scoprì incapace di
respirare solo
guardandola. Era consapevole di dover smettere di fissarla, ma i loro
occhi
incatenati non volevano saperne. Scorpius si chiese se quel cretino del
suo
migliore amico avesse compiuto qualche strana magia per cui non
riusciva a
muovere un muscolo eccetto il suo cuore che mai aveva accelerato
così tanto il
suo battito. Nemmeno la prima volta che l’aveva baciata, o la
prima volta che
avevano fatto l’amore o quando all’ultimo anno la
osservava da lontano,
desiderando solo di stringerla tra le sue braccia.
Era davvero giunto il momento? Se era
così avrebbe dovuto
sentirsi finalmente bene, felice. Invece sentiva di avvertire
l’intera gamma
delle emozioni umane, meno quelle che avrebbe voluto. Il pensiero di
far uscire
il proprio amore, di scoprire le proprie carte, lo spaventava da
morire. Si
diede del codardo decine e decine di volte in pochi secondi.
“Bhè…
meglio che vada… a dopo Al…”
Rose diede un bacio sulla guancia a
suo cugino e afferrata
la borsa lasciata sulla scrivania, fece qualche passo verso la porta,
mantenendo lo sguardo basso.
“Non andare via a causa
mia…”
Rialzò gli occhi su di lui
e fu sicura che il suo cuore
avesse smesso di battere. Non avvertiva più il suo pulsare,
non sentiva nulla
se non la sua voce. Quella voce che per anni non aveva udito, ma che
centinaia
di volte aveva cercato di ricordare. Indugiò sui lineamenti
di quel viso
pallido, imprimendo nella mente ogni dettaglio.
Col tempo l’immagine di
Scorpius era divenuta sfocata, e se
da un lato era felice del fatto che riuscisse a pensare a lui molto
meno,
dall’altro odiava il fatto di non ricordare più
ogni piega delle sue labbra,
ogni piccola ruga del suo viso, ogni sfumatura di quel grigio che era
il colore
dei suoi occhi.
“N-no.. dovevo andare via
comunque…”
Senza che nemmeno se ne rendesse
conto, le sue labbra si
piegarono in un sorriso. A Scorpius sembrò di essere stato
appena colpito da un
incantesimo gambe molli e se non si fosse tenuto ben saldo alla porta,
si
sarebbe di certo piegato sulle sue stesse ginocchia.
Quel sorriso, il suo sorriso di nuovo
rivolto a lui. Non
aggiunse altro, non ne era in grado. Rose fece un ultimo cenno a suo
cugino,
alzando la mano in segno di saluto e andò via. Albus si
avvicinò all’amico,
schioccando le dita dinanzi al suo viso, risvegliandolo così
da quel dolce
torpore. Lo
fissò a lungo, sorridendo e
scuotendo il capo.
“Sei un
cretino…”
Si, lo era. Così
com’era consuetudine per loro rinfacciarsi
vecchi insulti in situazioni davvero simili. Quelle furono le stesse
parole che
pochi giorni prima, Scorpius aveva usato per etichettarlo del suo
comportamento
con Katie e ora gli si rivoltavano contro. Ma era la verità,
era un cretino,
quando si parlava di lei lo era
sempre stato.
***
L’accogliente cafè
della Londra babbana, quel giorno ospitava un vecchio gruppetto di
amiche che
da troppo tempo non sedevano a quel caro tavolo, dinanzi al consueto
the e in
quel caso, anche ad una sfilza di dolci di tutte le forme. Oramai le
abitudini
di Roxanne, da donna incita quale era, prevedevano quantità
esorbitanti di cibo
a qualsiasi ora e a niente servivano i presagi di Domique sulla sua
futura
obesità.
Rose prestava poca attenzione ai
racconti di Katie, alle
domande curiose di Lisa, alle prediche di Dom, alle conseguenti strambe
repliche di Rox, e alle risate di Lily. Il volto di Scorpius, che solo
due ore
prima aveva avuto dinanzi agli occhi, non accennava a lasciare la sua
mente.
Rivedeva i suoi occhi, la sua espressione e soprattutto i cambiamenti
che quel
corpo avevano subito nel corso degli anni, era un uomo oramai.
“Rose hai caldo? Sei un
peperone!”
La domanda di Roxanne la distrasse dai
suoi pensieri, le
altre smisero di chiacchierare e
concentrarono tutta la loro attenzione su di lei. In effetti si sentiva
decisamente accaldata e l’idea di essere arrossita per quelle
fantasie poco
caste che avevano attraversato la sua mente, la imbarazzò
maggiormente.
“N-no,no… forse
un po’…”
Portò una mano sul viso,
come a nasconderlo dalle occhiate
preoccupate delle amiche e sbirciò le loro reazioni tra un
dito e un altro.
Nessuna di loro si era evidentemente bevuta la sua finta indifferenza
alla cosa
e conoscendole l’avrebbero, da lì a pochi minuti,
tempestata di domande.
“Sei sicura?”
“Non me la racconti
giusta….”
“Sei incinta anche
tu?”
“Che hai
combinato?”
Per l’appunto.
Modalità apprensive, sospettose, invadenti in
azione. Ma fu l’affermazione di Katie che lasciò
tutte di stucco, inclusa la
stessa Rose.
“Hai visto
Scorpius…”
Le ragazze sgranarono gli occhi
all’unisono, guardando prima
l’una poi l’altra. Roxanne si fece scivolare un
pasticcino dalle mani che finì
per atterrare sul vestito di seta azzurra che Dominique aveva indosso.
Ma
talmente scossa dalla piega che stava prendendo la situazione, nemmeno
lo notò.
“Io… come lo
sai?”
“Vorrei dirti di averlo
intuita io stessa o che posseggo
doti da veggente, ma la verità è che prima di
venire qui sono passata da Al… è
stato lui a raccontarmi tutto!”
Rose storse la bocca in una smorfia
indispettita. Non che
avrebbe voluto tenere la cosa segreta alle sue amiche, ma
l’aspetto da
‘pettegola’ di suo cugino, l’aveva sempre
infastidita.
“Com’è
successo, quando, dove, perché?”
Le domande fatte tutte di un fiato da
un’agitata e divertita
Roxanne, rispecchiavano la curiosità di tutte. Le ragazze
osservavano Rose in
attesa che lei parlasse, che le mettesse a conoscenza delle sue
sensazioni, dei
suoi pensieri. Ma lei ostentava ancora uno snervante silenzio.
Sospirò, posando
un gomito sul tavolo e reggendosi la testa col palmo della mano,
borbottando
qualcosa di incomprensibile. Evidentemente la confusione che albergava
nella sua
testa, non aveva trovato la giusta strada per giungere sino alle labbra.
“Rivederlo dopo tanto tempo
deve aver creato in te un tale
stato di confusione che tu stessa stenti a capirne
qualcosa…”
Rose spostò lo sguardo su
Lisa, incrociandone gli occhi colmi
di dolcezza. Non potè evitare di sorridere ed annuire
mestamente. Lei la
capiva, tutte loro comprendevano la situazione. Nemmeno ci fu bisogno
di
parlare troppo quel pomeriggio, una sola frase chiarì ogni
cosa.
“Confusione nella mia testa,
ma non nel mio cuore…”
Rose sapeva cosa aveva sempre voluto,
l’aveva capito col
tempo certo, ma ci era riuscita ed ora quello che doveva fare era
attendere
ancora e in quel momento nemmeno lei sapeva quanto la sua pazienza
sarebbe
stata ripagata.
“ROXANNE! IL MIO VESTITO,
MALEDIZIONE!”
***
“Rose ha uno di quegli
aggeggi babbanni che chiamano
tefelono, giusto?”
“Forse volevi dire telefono!”
“Si quello che
è… potrei farlo attraverso quel coso!”
“ Vuoi dirle che
l’ami, che non hai mai smesso e che è il
tuo più profondo tormento, con una telefonata?”
“No… hai
ragione… una missiva?”
“Scorpius ti sei
rincitrullito? Roxanne non è un buon
esempio di vita, sai?”
Albus era appoggiato alla sua
scrivania, braccia incrociate,
muoveva il capo,
seguendo ogni movimento
del suo migliore amico. Questo a grandi falcate attraversava la stanza
per poi
ritornare al medesimo punto di un attimo prima, fino a che non si
accasciò su
una poltrona, sprofondando il viso tra le mani e scuotendo il capo come
in
preda ad un attacco epilettico.
“Senti, devi solo andare da
lei e parlarle, vedrai che tutto
ti risulterà più semplice di quello che
pensi!”
Si era avvicinato a lui con cautela,
sedendosi sul bracciolo
della poltrona e posando una mano sulla sua spalla. La situazione di
Scorpius
era diversa da qualsiasi altra lui avesse dovuto affrontare, persino
quella con
Katie. Non sapeva quindi in quale altro modo l’amico avrebbe
dovuto comportarsi
se non essendo sincero, aprendo il suo cuore.
Scorpius dal canto suo, rimuginava sul
da farsi dal giorno
in cui l’aveva rivista. Non pensava ad altro che a lei, a
suoi occhi, la sua
bocca, il suo corpo e… impazziva lentamente.
Scattò in piedi all’improvviso,
facendo ruzzolare Al giù dalla poltrona.
Quest’ultimo lo guardava con
un’espressione perplessa e allo stesso tempo spaventata.
“Cazzo ti prende?”
“Vado da lei !”
Afferrò la giacca e
aprì la porta, quando stava per varcarla
la voce di Albus lo trattenne.
“Ah,
Malfoy…”
Scorpius voltò il capo
verso di lui, alzando le sopracciglia
e guardandolo nell’attesa che continuasse.
“Rendila spudoratamente
felice, o scatenerò su di te la
furia di Rox!”
L’amico gli sorrise,
fingendo uno sguardo impaurito, poi
dopo un ultimo cenno del capo, si allontanò. Al si
rialzò, scompigliando
maggiormente la sua corvina capigliatura e scartando una cioccorana che
aveva
in tasca. La figurina che ne uscì mostrava il volto di Albus
Silente.
“La prego, ci pensi lei
!”
Sospirò, accasciandosi
sulla poltrona e ingozzandosi di
cioccolata.
***
“Etciù
!”
L’ennesimo starnuto di una
malata, l’ennesimo fazzoletto
lasciato a marcire sul basso tavolino davanti al divano su cui Rose,
tra una
coperta e l’altra era sprofondata. Odiava sentirsi tanto
debole a causa della
febbre alta, odiava che chiunque la vedesse in quello stato.
Aveva perciò tenuto ben
nascosto il motivo della sua
‘vacanza’. Per cui, quando sentì bussare
alla propria porta, sperò con tutte le
sue forse di non ritrovarsi una delle sue cugine o peggio ancora
qualche suo
collega del Ministero o sua madre, che ricopriva entrambi i ruoli.
Quando aprì la porta,
lasciando intravedere solo la sua
testolina rossa, immaginò di essere preda di
un’allucinazione. Scorpius
Hyperion Malfoy non poteva trovarsi dinanzi a lei, lì in
quel momento. Quando
poi udì anche la sua voce, indietreggiò
velocemente portando le mani a chiudere
la vestaglia che indossava su uno di quei pigiami con cui nessuno,
nemmeno il
tuo più caro amico dovrebbe vederti.
“Disturbo?”
“S-s…
no… che ci fai qui?”
Scorpius avanzò mentre lei
indietreggiava ancora di più, chiuse
la porta alle sue spalle, affondando le mani nelle tasche e
osservandola da
capo a piedi. Notò il rossore del suo viso, gli occhi lucidi
e la sentì tirare
su col naso in un modo che gli parve adorabile. Probabilmente solo un
uomo
innamorato avrebbe potuto trovarla bellissima anche ridotta in quello
stato.
“Hai la febbre?”
Gli si avvicinò, posando
una mano sulla sua fronte,
testandone la temperatura che appurò essere alta. Rose
socchiuse gli occhi a
quel contatto, riaprendoli solo quando le dita del ragazzo scesero
lungo la sua
guancia, indugiando su di essa. Si scostò da lui,
incamminandosi verso il
divano e raccattate le coperte e ammassatele in un angolo, si sedette
facendo
cenno a Scorpius di fare lo stesso. Non rispose alla sua domanda, ma
ribadì
quella che gli aveva rivolto solo un attimo prima.
“Che ci fai qui?”
Il ragazzo prese un lungo respiro,
prima di imitarla e
accomodarsi accanto a lei. Incrociò le dita, poggiando i
gomiti sulle gambe e
guardando ostinatamente davanti a sé. A Rose
sembrò di impazzire nell’attesa
che lui si decidesse a risponderle.
“Ho bisogno di parlarti,
Rose…”
Sentirgli pronunciare nuovamente il
suo nome le parve più
una sofferenza che non una gioia. Deglutì a fatica,
avvertendo il cuore salirle
sino in gola. Ne sentiva il battito, che pian piano accelerava a
dismisura,
fino a che non sarebbe uscito dal suo petto. Era inutile, qualsiasi
cosa
facesse, la sua felicità come la sua angoscia erano date da
una sola persona.
Il mondo di Rose continuava a girare intorno a Scorpius.
“Dirti finalmente la
verità… i motivi che più di cinque
anni
fa mi hanno spinto a lasciarti e…”
“Non ce
n’è bisogno…”
“Rose ti prego, permettimi
di spiegarti le mie ragioni…”
Scorpius che si era voltato verso di
lei, preso dal panico e
spaventato dall’idea che lei non lo ascoltasse neppure, la
fissava implorante.
Rose alzò una mano per zittirlo, chiudendo gli occhi e
sospirando.
“Il motivo per cui non
c’è ragione che tu continui è che so
cosa stai per dirmi… col tempo io l’ho
capito…”
L’espressione del ragazzo
rifletteva a pieno il suo stato di
confusione e perplessità. Lei sorrise, inclinando appena il
capo per osservarlo
meglio.
“Però…
ce ne hai messo di tempo, voglio dire… un altro
po’ e
avrei accettato la corte di quel bellimbusto di…”
“ROSE!”
Scorpius si rialzò,
osservandola dall’alto della sua statura
e stringendo i pugni tanto da farsi male. Non riusciva a capire le sue
parole o
forse desiderava solo sbagliarsi.
“Tu sapevi
che…”
“Sapevo che non avevi smesso
di amarmi, sapevo che quelle rose,
assieme alla smisurata quantità di cioccolata ad ogni
compleanno o Natale erano
da parte tua, sapevo che l’uomo biondo che di tanto in tanto
vedevo fuori la
mia finestra eri tu… e credimi, tante volte la tentazione di
urlarti contro o
pestarti è stata forte, ma avevo deciso di aspettare che
fossi pronto… pronto a
tornare da me… “
Rose si rialzò, posandogli
una mano sul petto e
sorridendogli ancora. Aveva atteso quel momento da troppo tempo, e ora
l’unica
cosa che desiderava era di lasciarsi tutto alle spalle e iniziare da
capo, perché la loro storia doveva
ricominciare.
“Certo, speravo che tu lo
facessi prima di allontanarti da
tuo padre, così ti avrei convinto a cercare con lui un
compromesso, qualcosa
per cui…”
“No, no, no…
tu… “
Scorpius sentì la terra
sotto i suoi piedi instabile,
avvertì ogni sua certezza crollare. Per cinque anni aveva
sofferto più di
quanto era umanamente possibile e lei sapeva tutto, soffrendo assieme a
lui e
aspettandolo. Questo aveva fatto negli ultimi anni, smettere di vivere
per
attendere che lui si decidesse finalmente a tornare da lei. Lui voleva
proteggerla e lei l’aveva capito. Sentì il bisogno
di piangere, di sciogliere
cinque anni di pene e rimpianti.
Rose capì la sua
confusione, la sua immensa tristezza e lo
abbracciò. Portò le sue braccia attorno al suo
collo e alzandosi sulle punte si
unì a lui. Quel gesto sciolse definitivamente il peso che
lui portava sul
cuore, si abbandonò così in un pianto
liberatorio. Affondò la testa nei capelli
di Rose, stringendola a sé per non permetterle di mandarla
via mai più.
“Perdonami…”
La ragazza si scostò da
lui, sorridendo e annuendo
impercettibilmente. Lo guardò ancora prima che il suo
sorriso si incrinasse in
una smorfia piuttosto inquietante. Scorpius si allontanò di
poco, spinto
probabilmente dal suo istinto di sopravvivenza, cosa che non gli
evitò comunque
una ginocchiata pericolosamente vicina alla sua zona più
sensibile,
accompagnata da un pugno nello stomaco e un calcio sugli stinchi.
“Ora posso
perdonarti… una tazza di the?”
Mentre Rose si dirigeva verso la
cucina, uno Scorpius
dolorante e acciaccato, si accasciava sul pavimento borbottando
qualcosa sul
fatto che un danno alla sua virilità avrebbe colpito anche
lei. La ragazza
fingendo di non aver udito le sue lamentele, si muoveva tra un utensile
e
l’altro sorridendo raggiante e soprattutto soddisfatta. Si, la storia potrà ricominciare.
***
L’appartamento di Rose
accoglieva ancora una volta diverse
persone, come quel ventisette marzo. Giorno che alla ragazza parve
incredibilmente lontano. In questo caso però le persone che
affollavano il suo
salotto erano davvero tutte quelle
a
cui aveva ceduto parte del suo cuore. Vi era anche lui. Poggiata al
tavolo
della cucina, osservava felice i suoi cugini, le sue amiche.
Roxanne sedeva sulle gambe di
Lysander, rideva come aveva
sempre fatto. Quella risata capace di risollevare qualsiasi animo
turbato,
quella risata che aveva fatto sì che Scamander si
innamorasse di lei. Il
ragazzo borbottava qualcosa sul suo peso e sulle sue povere gambe,
beccandosi
qualche pugno sulla spalla, subito seguito da un abbraccio e da un
bacio.
Roxanne aveva modi tutti suoi per dimostrargli il suo amore, ed era
questo che
rendeva la vita al suo fianco incredibile e anche un tantino pericolosa.
James e Lisa erano accanto al tavolo
delle cibarie, lui
stava ingozzandosi come suo solito e lei rideva del fatto che sapesse
ancora
sporcarsi come un bambino. Lui si fingeva offeso per poi afferrarla per
i
fianchi e baciarla, dimenticandosi di tutto il resto.
L’amava, ogni giorno con
più passione e tenerezza. Lei era stata al suo fianco per
tutta la vita,
dapprima con discrezione e poi facendosi spazio nel suo cuore, fino ad
occuparlo completamente.
Katie mostrava ad Albus delle
pergamene, sembravano missive.
E lo erano, lettere che lei aveva scritto nei due anni in cui non erano
assieme, evitando di mandargliele. Lui le leggeva, rialzando di tanto
in tanto
lo sguardo su di lei. Rose poteva vedere i suoi occhi verdi brillare di
una
luce meravigliosa e sapeva che da quel momento in avanti non avrebbe
più
permesso a niente e nessuno di portargliela via. Ma del resto lei
stessa sospettava
che Katie non sarebbe andata proprio da nessuna parte.
Dominique ascoltava con vero interesse
ciò che Frank Paciock
stava dicendole e Rose si stupì piacevolmente nel vederla
così rapita.
Intravide un accenno di rossore sulle gote di sua cugina e non
potè fare a meno
di sorridere, finalmente aveva permesso a qualcuno di sfiorare la sua
anima,
qualcuno che non fosse un Weasley o un Potter.
Il sorriso sulle labbra di Rose
morì quando i suoi occhi si
posarono su Hugo e Lily, chiacchieravano tranquillamente, ridendo di
tanto in
tanto, alle prese con la musica da mettere. Non aveva chiesto
spiegazioni a
nessuno dei due, ma aveva compreso quello che il loro cuore nascondeva.
Avrebbe
voluto che ci fosse un lieto fine anche per loro, lì in
quella stessa sera.
Tuttavia sapeva bene che la speranza sarebbe stata l’ultima a
morire e forse
anche per loro non era tutto andato perduto.
Scorpius, avvicinatosi a lei le
posò un bacio nell’incavo
del collo, cingendole la vita con le braccia. Lei sorrise, portando le
mani
sulle sue, stringendole.
“A cosa pensavi?”
“A
quant’è meraviglioso il mio appartamento con voi
dentro…”
Il ragazzo rise, poggiando la testa
sulla sua spalla e
inebriandosi del profumo della sua pelle, dei suoi capelli. Quel
profumo che
per anni aveva solo sognato e ricordato e che ora poteva vivere, ancora
e
ancora e ancora, senza mai stancarsi.
Probabilmente vi è una
forza di gravità anche per i rapporti
personali, non importa quanto arrivino in alto, alla fine della storia
riescono
sempre a trovare la strada di casa.
Il peggio
é
passato ora e possiamo respirare ancora
voglio renderti felice, tu
soffi via la mia
sofferenza
E' rimasto ancora cosi
tanto da imparare
E non é rimasto
nessuno da combattere
voglio renderti felice e
soffiare via la tua
sofferenza.
[Seether
& Amy Lee, Broken
]
Eccoci qui, con l’ultimo capitolo di
questa terza
parte e anche l’ultimo di questa serie. E’ un
dolore lasciare andare via tutti
loro, ma immagino non ci sia altro da aggiungere sulle loro vite,
oramai
semplicemente perfette.
Non so come ringraziare ognuno di voi, è
merito vostro
se ho continuato a scrivere di loro, e se sono riuscita a trasmettervi
qualcosa, non posso che esserne orgogliosa.
Spero di non aver deluso le vostre aspettative con
questo finale e di non ricevere troppi insulti al riguardo! :p
Naturalmente non smetterò di scrivere e
se ancora
vorrete seguire le mie storie, mi renderete davvero una pseudo autrice
felicissima!
Vi abbraccio tutte, una per una!
Un’ultima
parola… GRAZIE!
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