I Swear my love by the moon...

di Deademia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Capitolo ***
Capitolo 2: *** II Capitolo ***
Capitolo 3: *** III Capitolo ***
Capitolo 4: *** IV Capitolo ***
Capitolo 5: *** V Capitolo ***
Capitolo 6: *** VI Capitolo ***
Capitolo 7: *** VII Capitolo ***
Capitolo 8: *** VIII Capitolo ***
Capitolo 9: *** IX Capitolo ***
Capitolo 10: *** X Capitolo ***



Capitolo 1
*** I Capitolo ***


Capitolo 1 copia

Questa è la mia prima ff su questa stupenda coppia che personalmente adoro con tutta me stessa e qnd non garantisco il risultato. Premetto che molte cose saranno inventate (dai nemici a molti avvenimenti passati, presenti e fututri) anche perchè i libri non li ho finiti ma mi sn innamorata di loro due via Internet e quindi alcune cose non le so (ma ho cercato di documentarmi il più possibile=)).
Dovrebbe essere un lungo quindi per favore recensite così saprò se continuarla oppure dirle addio=) Buona Lettura!!!

PRIMO CAPITOLO

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Lo vidi. Un corvo nero mi seguiva mentre sfrecciavo tra le strade desolate e silenziose senza una meta precisa. Guidare mi rilassava, mi faceva pensare con calma, mi distanziava dalla realtà, peccato che essa avesse deciso di rincorrermi anche nei miei unici momenti di pace. Con la coda dell’occhio vidi i suoi occhi neri come la notte fissarmi mentre volava a una velocità decisamente esagerata per essere un comune volatile. Inutile dire che infatti non lo era …

“Si può sapere che diavolo ci fai qui?” Dissi mentalmente con severità, indirizzando tutti i miei pensieri verso di lui.

“La coppietta smielata dell’anno mi ha ordinato di darti un’occhiata, ma credimi non va a genio neanche a me quest’idea” il messaggio arrivò meno di un secondo dopo, stranamente più freddo e infuriato di quel che avevo pensato. Ma d’altronde dovevo aspettarmelo, poco prima avevo giocato col fuoco (anzi l’avevo proprio preso per i fondelli, il fuoco…) e si sa, prima o poi ci si brucia.

“Come mai così di pessimo umore? Cos’è avevi altri piani per la serata?Magari delle belle vergini che ti aspettano a collo scoperto?” lo derisi con acidità.

Questa volta ci mise un po’ prima di rispondere. Pensai che le mie parole l’avessero fatto maggiormente infuriare, ma tanto il danno l’avevo fatto già prima.

“Già, come sempre streghetta. Solo che i fratellini si sa sono nati appositamente per romperti le palle, e non sono gli unici” era proprio arrabbiato e non ci voleva di certo un genio per capire a chi era indirizzata quell’aggiunta tagliente quanto una lama fredda e affilata .

“Bene, dirò a Stefan che hai fatto il tuo dovere, non mi serve di certo un corvo incazzato che mi pedina tutto il tempo, non sono proprio dell’umore giusto per sopportare le tue lagne. Percui vattene” anche il mio di umore non era quel che si può certo definire allegro. Avevo provato tutto il giorno a fare stupidi incantesimi un po’ più complicati rispetto agli altri con l’unico risultato di far esplodere boccette varie e appiccare incendi qua e là, ovviamente questo se la mia magia aveva il buon garbo di farsi vedere, altrimenti c’era solo calma piatta, una noiosissima e stressante calma piatta tanto che  neanche un granello di polvere si era preso il disturbo di sollevarsi da terra. Questo aveva fatto in modo che i miei nervi saltassero e mi mettessi a litigare con chiunque mi capitava a tiro, così avevo dato della rompiscatole viziata a Elena, che non faceva altro che dire di dover perdere qualche chilo, del sottomesso a Stefan, che cercava in tutti i modi di soddisfarla, e dulcis in fundo del cagnolino patetico e senza speranze a Damon per la sua fissazione-Elena. Insomma la strage degli innocenti (se si può definire innocente un vampiro di cinquecento anni che ritiene del tutto naturale dissanguare fino alla morte delle povere persone per soddisfare il proprio languorino allo stomaco).

E adesso me ne stavo immersa nel buio e nella solitudine (almeno così credevo finché le piume lucenti di Damon non l’avevano tradito) a pensare a che insulsa strega ero. Non riuscivo neanche a fare qualche incantesimo, sapevo pochissimo della magia in confronto ad altre mie “colleghe” e mi illudevo che un giorno forse sarei riuscita a sbloccare il potere che a quanto pare custodivo come un involucro sigillato al quale era proibito far uscire anche solo una scintilla. Bella delusione per quelli che si erano dati tanto da fare per mantenere alto il nome della mia famiglia e la sua reputazione. Davvero bella delusione.

“Perfetto,  se la metti così io me ne vado, ho cose decisamente più interessanti da fare che guardarti crogiolare nei tuoi inutili patemi mentali. E per la cronaca non mi serve che mi giustifichi con quel pivello di fratello che mi ritrovo” rise con scarso entusiasmo ma con una dose di arroganza degna di applauso, prima di librarsi nel cielo nero e confondersi con l’oscurità della notte.

Una parte di me, che cercai di ricacciare indietro all’istante, ci rimase male nel vederlo sparire così e una piccola fitta al cuore, che ben conoscevo ma che desideravo tanto poter annegare assieme ai ricordi dolorosi legati a quell’affascinante, sexy e irraggiungibile vampiro, riaffiorò pungente per incupire ancora di più il mio umore già nero. No, non dovevo pensare a lui, non dopo tutto quello che mi aveva fatto senza neanche accorgersene, non dopo che mi aveva ignorata ogni volta che la mia bellissima migliore amica entrava in scena, non dopo aver capito che per lui ero meno di niente. Dovevo dimenticarlo, dovevo seppellirlo assieme a tutta la disperazione che mi attanagliava il cuore ogni volta che lo vedevo. Quanto era stato facile mentire agli altri e pure a lui, giocando con le sue stesse carte, usando l’indifferenza e il disprezzo, due armi col potere di distruggere se usate nel giusto modo. Lo stesso modo che usava Damon. Lo stesso modo che mi distruggeva.

E mentre una lacrima solitaria era riuscita a strabordare racchiudendo tutto il disprezzo per le mie incapacità magiche che avevo provato quel giorno e tutto il dolore per quel sentimento impossibile che non voleva lasciarmi libera , io svoltai l’ennesima curva senza rendermi conto che laggiù, in mezzo alla strada, un uomo incappucciato era fermo, con le gambe leggermente divaricate, le braccia abbandonate lungo i fianchi e il volto in ombra. Solo quando i fari lo illuminarono inchiodai di colpo per non investirlo, mentre gli occhi mi si spalancavano per lo stupore e lo shock. Ma non ce n’era bisogno. Scomparve prima che il muso della macchina potesse anche solo sfiorarlo, eppure l’ombra di quel sorriso sinistro e maligno, tremendo e lucente, non mi sfuggì, e un brivido di inspiegabile paura mi fece tremare.

Quel ghigno era per me, ne ero sicura. Lui mi stava aspettando.

---angolino dell'autrice---

Che ne dite??? Spero tanto vi sia piaciuto. lo so lo so è un tantino corto  ma è solo l'inizio ed è un prologo per tastare il terreno, se la storia vi interessa continuo. Quindi mi raccomando recensiteeeeeeeee!!! Dico sul serio vorrei tanto sapere le vostre opinioni iniziali. Bacetti!!=)

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Capitolo 2
*** II Capitolo ***


Capitolo 2

Grazie x le recensioni, mi sono davvero utili!! Sia x sapere cm sto andando (insomma nn vorrei scrivere delle totali assurdità orribili) sia xk una bella dose di autostima nn guasta mai XD

Ok a parte gli scherzi ho deciso che la continuerò, anke perché non posso assolutamente abbandonare così la mia coppia preferita!=) Mi scuso già in anticipo x le cs errate ke potrebbero esserci ma cm ho già detto i libri non li ho finiti e quindi potrei non mettere fatti o personaggi ke invece nel libro ci sono, però insomma l’importante è ke ci siano Damon e Bonnie no??=)

Vabbè adesso la pianto ke sennò vi faccio passare la voglia di leggere…

Buona lettura!!!

 

CAPITOLO 2

 

Ansimavo guardando la strada, illuminata solo dalla tenue luce argentea della luna, di fronte a me, con il piede ancora premuto sul pedale del freno. Era bastato un battito di ciglia perché scomparisse nel nulla, lasciando dietro di se solo il ricordo di un ghigno raccapricciante e il luccichio di quei denti perfetti. Anche troppo perfetti…troppo lucenti…troppo inquietanti per essere definiti normali, pensai. E poi la sicurezza nei gesti, nella posizione da predatore, il controllo completo sul proprio corpo. Ero rimasta abbastanza a contatto con creature che rispecchiavano tutte quelle caratteristiche decisamente troppo poco umane da riuscire a capire che quell’uomo, se così potevo definirlo, era come loro. Era un vampiro.

Ma cosa diamine ci faceva un altro vampiro a Fell’s Church? E soprattutto cosa credeva di fare stando fermo in mezzo alla strada all’una di notte (ok forse questo era abbastanza normale per una creatura della notte…) prima di scomparire nel nulla dopo avermi mostrato quanto era luccicante la sua dentatura?

C’era qualcosa di strano, qualcosa che proprio non andava in quel fatto, eppure stupidamente decisi di passarci sopra pensando che forse fosse solo un vampiro di passaggio, forse troppo influenzata da quel mondo soprannaturale per preoccuparmi di cose del genere o forse troppo ingenua in un mondo che appena conoscevo per capire la gravità della situazione. Sta di fatto che quando il respiro decise di tornare al suo ritmo regolare rimisi in moto la macchina e me ne tornai a casa, cercando di oscurare anche quello che era diventato un altro ricordo nella mia mente, perché come qualcuno ha detto ogni cosa appena fatta diventa un ricordo nelle nostre vite.

 

Quella notte la mia mente vagò in un incubo senza uscita. Ero in una stanza buia e deserta, tutto, dalle pareti al pavimento, aveva il colore di un cielo senza stelle e solo una piccola lama di luce proveniente da una fessura in alto nel muro mandava un lieve e freddo bagliore grigiastro sopra la mia testa. I rumori erano moltiplicati: potevo sentire il battito del mio cuore come fosse un tamburo suonato in una cerimonia tribale, potevo udire il respiro lievemente affannoso, come quando si ha finito una corsetta da un capo all’altro della casa, e riuscivo a percepire in lontananza una litania strana e ritmata, come una lunga frase in una lingua sconosciuta ripetuta così tante volte che le parole si mescolavano e producevano un unico suono prolungato e melodico. E poi la musica si avvicinava, diventava più nitida, più forte, quasi minacciosa. La sentivo nel pavimento, come piccole scosse che rimbombavano attraverso il cemento e si incanalavano lungo le mie gambe fino ad arrivarmi al cervello. Era doloroso.

Il respiro diventava sempre più irregolare, il cuore pompava sangue a una velocità doppia rispetto al normale, la vista mi si annebbiava e le orecchie fischiavano mentre quella musica si avvicinava, si avvicinava…

L’aria nella stanza divenne improvvisamente pesante, sapeva di fumo e cera di candele sciolta. Una nebbiolina inconsistente cominciò a dilagarsi, con una calma contrastante rispetto al suono sempre più veloce, sempre più assillante e angosciante di quella litania che adesso sembrava far quasi vibrare le pareti. La luce si tinse del colori del sangue, e dall’ombra potei distinguere una figura umana, un contorno appena visibile che continuava a muoversi, a camminare con una lentezza disarmante.

Le tempie mi pulsavano, le mani sudavano e avevo il desiderio di gridare con quanto fiato avevo in gola. Mi portai le mani alla testa quando una fitta lancinante la attraversò senza preavviso, costringendomi a inginocchiarmi lanciando un gemito di dolore. E poi vidi la sua ombra proiettata sul pavimento, lunga e nera come la notte. Si avvicinava sempre di più, sempre di più…e il mio cuore batteva, batteva così forte che pensavo potesse uscirmi dal petto. Poi alzai lo sguardo per cercare di vederlo in volto e due occhi vermigli si posarono nei miei, sgranati, folli. Urlai mentre quella creatura allungava una mano verso di me e mi sollevava da terra tenendomi per il collo. Mi divincolai, scalciai, tentai di afferrare quella mano così forte che stringeva sempre più, ma era inutile, le mie esili dita sudate scivolavano via come acqua nel tentativo disperato di salvarmi la vita.

E poi più niente. Niente musica, niente battito, niente respiro, niente odore dalla punta dolciastra. Solo il nulla.

 

Mi sollevai di scatto. Avevo la fronte madida di sudore, i capelli bagnati aggrovigliati e la camicia da notte attaccata alla pelle umida. Sentivo il petto alzarsi e abbassarsi troppo velocemente, sentivo il cuore rimbombare al suo interno e il sangue pulsare nelle orecchie. Avevo la bocca asciutta e la gola secca, come se avessi appena urlato così forte da prosciugarla del tutto.

Ok Bonnie, adesso calmati. Era solo un incubo, soltanto un incubo frutto della tua immaginazione. Guarda, sei nella tua camera, al sicuro. Respira e calmati. Respira e calmati…

Cercai di rilassarmi, trassi dei profondi respiri e mi guardai attorno aggrappandomi alla familiarità dell’orsacchiotto di peluche sulla poltrona in fondo al letto, dei vestiti sparsi con disordine sui suoi braccioli, della cornice della specchiera nella quale erano incastrate varie foto di me ed Elena e delle nostre vacanze. Tutto purché la mia mente si convincesse che adesso ero al sicuro.

Alla fine mi lascia crollare all’indietro, atterrando con uno sbuffo sul cuscino. Appena chiusi gli occhi rividi quelle iridi rosse fissarmi e sussultai. No, non sarei riuscita a dormire per quella notte. Guardai la sveglia: le 5.27. Di certo non ero una persona mattutina ma che ci potevo fare? A mali estremi, estremi rimedi.

Scesi le scale che scricchiolarono un po’ sotto il mio peso e arrivai in cucina, dove cercai una scatola di cereali e del latte che non mi preoccupai neanche di scaldare. Poi andai in salotto, accesi la televisione su un noiosissimo documentario che parlava della vita delle foche e cominciai a mangiare i croccanti cereali con molta calma, gustandomi le goccioline di cioccolato al latte che lentamente mi si scioglievano in bocca.

Dopo un po’ il sonno prese il sopravvento e senza neanche accorgermene ero caduta nelle dolci braccia di Morfeo. Sinceramente non mi era sembrato che quella sera avessi portato con me una coperta, eppure quando la mattina dopo mi svegliai il calore della lana sulla mia pelle era inequivocabile: ero coperta fin sopra le spalle da una soffice coperta rosa che sembrava essersi materializzata dal nulla. Probabilmente ero così frastornata che non mi ero neanche accorta di quel che avevo fatto. Però era davvero strano…

 

Col senno di poi ripensai a quel sogno inquietante. L’idea che fosse una visione e che in qualche modo potesse essere collegata a quel misterioso vampiro comparso dal nulla e nel nulla sparito in effetti mi si era affacciata alla mente, ma avevo deciso di scartarla, almeno per il momento. Non era il caso di preoccuparsi per uno stupido incubo e men che meno di allarmare qualcun altro. Avrei aspettato e nel caso l’avessi rivisto, o avessi fatto di nuovo quel sogno…beh forse a quel punto ne avrei parlato con Elena. Ma per il momento me lo sarei semplicemente dimenticato.

Il telefono mi ridestò improvvisamente dai miei pensieri.

-Pronto?-

-Ciao, sono Elena! Senti mi chiedevo se ti andava di fare un salto da me. Stefan se n’è andato con Damon non so dove e io non ho niente da fare. Ti va?- la voce squillante della mia amica arrivò come una botta d’aria fresca.

-Certo. Arrivo subito-

Mi avviai verso la pensione con la netta idea di non parlare (e nemmeno pensare se c’era anche solo uno dei fratelli Salvatore nei paraggi) di quel che mi era accaduto la notte prima.

Almeno per il momento.

 

 

 

 

- - - angolino dell’autrice - - -

Che ne pensate??? Spero che la vostra curiosità non stia calando. Mi dispiace se ancora Damon nn si fa vedere molto ma cm ho già detto sarà una long, e vorrei farla mooooolto long (nn spaventatevi per carità!), in tutti i casi provvederò subito=) Mi raccomando continuate a recensire!

Bacetti!!!

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Capitolo 3
*** III Capitolo ***


Capitolo 3

Ciao a tutti!! Allora volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito, grazie davvero! E poi volevo ringraziare Amy, Bonnie98, Crivevale, Desyree92, Iosnio90, Irene862, Pinguino01, Tykisgirl e Aryadaughter per avere aggiunto la mia ff tra le seguite o le preferite. Grazie di cuore!!

Mi raccomando però continuate a recensire in molti, mi basta poco anche solo un “mi piace” per sapere che sto andando bene e ke nn deludo nessuno, nel caso però non preoccupatevi di dirmelo, le critiche sono sempre ben accette =)

Buona lettura!!=)

 

 

 

 

CAPITOLO 3

 

Aprii il grosso portone ed entrai diretta in salotto come se fosse casa mia. In effetti ero così abituata a stare là che mi scordavo di essere un’ospite certe volte.

-Ehi Elena? Ci sei?- chiesi appena vidi che nella grande stanza regnata dal silenzio non c’era nessuno.

-Si, sono qua!- la voce cristallina attutita dalle mura proveniva dalla cucina.

-Ah eccoti! Guarda prendi quel grembiule e dammi una mano. Ti dispiace? Sto preparando questa torta ma mi sa che ho sbagliato qualcosa…tu ci capisci niente? Assaggia…è troppo dolce- mi porse un cucchiaino con una strana crema del colore del cioccolato prima di rituffarsi in un voluminoso ricettario dall’aspetto veramente vecchio con uno sguardo corrucciato che la diceva lunga. Odiava non capire le cose.

Mi avvicinai con un sorriso e cominciai a leggere. In effetti si era dimenticata un passaggio.

-Non hai messo il cioccolato fondente, per questo ti viene così dolce- le porsi la barretta intatta che aveva tristemente abbandonato ai lati del tavolo.

-Già, ecco cosa mancava- la afferrò quasi con rabbia e cominciò a spezzettarla.

-Senti, riguardo a ieri…volevo dirti che mi dispiace- dovevo assolutamente scusarmi per come mi ero comportata, era tutta la mattina che ci pensavo. Solo perché ero nervosa me l’ero presa con loro ingiustamente, mi ero comportata davvero malissimo.

-Non importa, tranquilla. Eri arrabbiata, stanca e nervosa, non fa niente- mi sorrise e i suoi occhioni blu si soffermarono nei miei, allegri e sinceri. Era un angelo, pensai, e per un attimo mi provocò una fitta di dolore perché era proprio così che Damon la chiamava. Il suo Angioletto…

Ingoiai il boccone amaro e richiusi il cassetto-Damon con rabbia e disperazione. Dovevo assolutamente smettere di pensarci.

-Invece no. Mi sono comportata malissimo, non volevo assolutamente dirti quelle cose orribili. Io…ho anche aggredito Stefan e…voi non avete detto niente, vi siete anche preoccupati per me…- la mia voce tremava dal dispiacere.

-Preoccupati?- chiese colta di sorpresa.

-Damon. Sai mi sembrava strano che un corvo continuasse a volare sopra la mia macchina per tutto il tempo…- sorrisi alzando gli occhi al cielo per sottolineare la sua stupidità. Non che lo ritenessi stupido, intendiamoci, ma faceva parte della mia tattica anti-Damon deriderlo in continuazione, essere fredda, tagliente e arrogante. Tutta una copertura, una maschera costruita col dolore e l’amarezza della rassegnazione.

-Ah. Te n’eri andata così scossa che gli ho chiesto se poteva darti un’occhiata…- ammise con un sorriso velato d’imbarazzo.

-E ovviamente se glielo chiedi tu lui accetta. Bravo cagnolino- conclusi con una punta acida che Elena non riuscì a cogliere.

-Sai dovresti chiedere scusa anche a lui- aggiunse dopo un po’, mentre apriva il frigorifero in cerca di qualche ingrediente.

-Mai- forse lo dissi troppo improvvisamente, con troppa durezza perché lei non lo trovasse strano.

-Perché? Perché ti comporti sempre così con lui? E’ perché è un vampiro? Anche Stefan lo è, pensavo ti ci fossi abituata…-

-Sono diversi, Elena. Ancora non te ne sei accorta? Stefan è leale, è buono, è migliore. Damon è…- terribilmente sexy, bello da morire, misterioso… -arrogante, presuntuoso, traditore, meschino, egocentrico ed egoista. Ti basta o ne vuoi ancora?- quanto dolore ben celato e quanta sofferenza nascondeva la mia voce forse neanche io lo sapevo con esattezza.

Rimase spiazzata per un attimo. Ripensandoci tutta quella sfilza di aggettivi un tantino cattivi li avevo sfoderati solo nei miei lunghi monologhi interiori quando rimanevo da sola a rimuginare contro quel vampiro tanto bello quanto stronzo, mai davanti alla mia bella e bionda amica che occupava uno dei vertici dei triangolo Elena-Stefan-Damon.

-Sei ingiusta- disse alla fine con una punta di rammarico nella voce, era inutile negarlo, lo si vedeva bene che una parte di lei, forse così piccola che neanche Elena ne era a conoscenza, aveva un debole per lui.

-No, Elena, non lo sono. Dico semplicemente la verità- trassi un profondo respiro e mi stampai un sorriso falso sulle labbra –Comunque non sono mica venuta per litigare. E non vorrei allarmarti ma dal forno esce uno strano fumo- aggiunsi indicando lo sportello annerito.

-Oddio, me ne sono completamente dimenticata!- saltò sul posto e corse ad aprirlo. Una vampata grigiastra le esplose sulla faccia facendola tossire convulsamente. Scoppiai a ridere vedendo l’espressione che fece quando tirò fuori quel che doveva essere la sua torta: un disco carbonizzato dall’aria davvero poco commestibile, e in meno di un secondo anche lei si unì a me, lasciando alle spalle il peso di una conversazione che neanche lei sapeva quanto era grande.

 

-Angioletto se volevi dare fuoco alla casa potevi anche usare un metodo più efficace- l’ilarità in quella voce sensuale, profonda e anche troppo familiare per i miei gusti ci fece voltare

-Davvero spiritoso, Damon- Elena lo oltrepassò e corse ad abbracciare Stefan, il quale la accolse con un sorriso zuccherino che disgustò il fratello maggiore.

-E comunque non vedo il motivo di dar fuoco a questa casa se al suo interno non c’è il proprietario- lanciai un’occhiata acida al diretto interessato accompagnata da un sorrisetto gelido e falso che sembrò non scalfirlo minimamente.

-Ah ci sei anche tu streghetta- disse semplicemente, onorandomi di un’occhiata traversa priva di emozioni. Anche troppo priva di emozioni per essere casuale, ma nessuno ci fece caso, men che meno io.

-Cosa stavate preparando?- chiese Stefan sorridente.

La sua ragazza si strinse ancora di più ai suoi fianchi e mise il broncio.

-Era una torta, e sottolineo era perché adesso assomiglia di più a un grosso blocco di carbone-

-Non preoccuparti la possiamo rifare, gli ingredienti ci sono tutti e bastano- aggiunsi consultando per l’ennesima volta il libro e dando una rapida occhiata in giro per la cucina.

-Ci volete dare una mano?- la voce della mia amica risuonò carica di entusiasmo.

Vidi la faccia di Damon e per poco non scoppiai a ridere, sembrava un cane bastonato, poi me lo immaginai immerso nella farina, o a sbattere le uova, con un grembiulino addosso e dovetti voltarmi per non ridergli in faccia. Sarebbe stato davvero divertente.

-Oh per favore…- disse contrariato e fece per andarsene, ma Elena lo riacchiappò.

-Eddai, giuro che la tua reputazione non verrà messa in precario equilibrio. E’ solo per stare tutti un po’ assieme- sbatté gli occhioni azzurri con tutta l’intenzione di convertirlo all’idea.

-Che bella famigliola allegra- il vampiro scimmiottò il suo tono, poi si avvicinò al tavolo e si sedette su una sedia.

-Sia chiaro, io sto solo a guardare- e mi lanciò un’occhiataccia mentre le mie spalle venivano scosse dalla risata a stento trattenuta. Meno male che appena l’avevo visto avevo bloccato i miei pensieri, altrimenti a quest’ora mi avrebbe già uccisa dopo tutte le mie prese in giro mentali.

In effetti era stato di parola. Non aveva mosso un muscolo, alzato un dito o si era preoccupato di darci una mano. Era rimasto immobile a osservare quel che facevamo con un moto di disgusto verso il “pivello sfigato” (come l’aveva definito lui) di suo fratello che invece si rendeva estremamente partecipe e disponibile.

Alla fine il suo limite di sopportazione aveva raggiunto l’estensione massima e se n’era andato nell’altra stanza, senza risparmiarci di un’occhiataccia contrariata per averlo trattenuto lì contro la sua volontà.

 

Ci trovavamo tutti in salotto dopo che il nostro progetto-torta era riuscito splendidamente senza che niente avesse assunto strane tonalità annerite, e guardavamo la tv. O meglio Damon la guardava, particolarmente annoiato, Stefan ed Elena avvinghiati sul divano continuavano a parlare ed io vagavo con lo sguardo per l’immensa libreria a muro in cerca di qualche titolo abbastanza allettante, sempre attenta a non posare lo sguardo sul vampiro a pochi metri da me che sembrava fare altrettanto, e mettendo un possente scudo sui miei pensieri, così che neanche la loro ombra potesse essere percepita dai due fratelli, uno in particolar modo.

Poi lessi proprio quelle parole che non dovevano saltarmi agli occhi: Il grande libro degli incubi. Il mio cuore perse un battito mentre la mia mente cominciava a rielaborare il ricordo di quel sogno tremendo. L’immagine terrificante di due occhi vermigli si fece spazio nella mia testa e potei sentire il sangue defluire dalle mie guance.

Per tutto il giorno avevo cercato di non pensarci e tra una cosa e l’altra c’ero riuscita, ero riuscita ad accantonare il ricordo di quella notte senza fine in un angolo remoto della mia mente, ma erano bastate poche parole a far riaffiorare quella paura asfissiante e sciocca verso qualcosa che molto probabilmente era stato il frutto della mia immaginazione.

-Bonnie? Bonnie! Mi stai ascoltando? Bonnie!- la voce della mia amica mi fece sobbalzare. Mi voltai cercando di sorridere con scarsi risultati e vidi che tre paia di occhi erano puntati su di me, con mio grande disappunto per giunta.

-Cosa? Scusa…non…stavo pensando ad altro- balbettai incapace di inventarmi qualcosa di plausibile. Certo che ero proprio una pessima bugiarda…

-Lo vedo. Stai bene? Sei un po’ pallida- mi chiese con una vena d’ansia nella voce. Era nel suo carattere fare la mamma e preoccuparsi per ogni cosa. Una parte di me odiava questo suo lato perché influenzava tutti gli altri che avevano imparato a trattarmi come una bambina, preoccupandosi per ogni cosa che facevo, neanche fossi di cristallo.

-Si certo, tranquilla. Stavo solo pensando- cercai di essere rassicurante ed evitai lo strano sguardo che Damon continuava lanciarmi. Ma che cavolo gli prendeva adesso? Poi mi venne un dubbio: che avesse visto i miei pensieri? Forse avevo lasciato cadere la barriera, troppo presa dal ricordo...

Mi voltai verso di lui, trattenendo il fiato appena incrociai i suoi occhi d’onice, e cercai di fare l’indignata.

-Che c’è?- chiesi brusca.

-Cos’era?- rispose lui, altrettanto freddamente. Accidenti, allora l’aveva visto.

-Cos’era cosa?- mi diedi della stupida, come potevo credere di tenergli testa? Però così avrei potuto prendere tempo per inventarmi qualche scusa…inutile, non mi veniva in mente niente.

-Streghetta, non giocare con me, ti faresti male. Rispondi- era scuro in volto, la voce dura più del marmo.

-M-ma che dici?- oh bene, adesso balbettavo pure! Davvero convincente, non c’è che dire…

-Streghetta…- faceva quasi paura. Anzi, senza il quasi.

Elena e Stefan erano rimasti ammutoliti e ci fissavano, lei con gli occhi sgranati, lui con un espressione indecifrabile sul volto. Probabilmente si chiedevano perché quella reazione da parte del vampiro. E in effetti me lo stavo chiedendo pure io a dirla tutta.

-Damon, forse è meglio se…- il fratello minore tentò di parlare, ma ci rinunciò quando vide che non lo ascoltava neppure.

-Ok, ok e va bene…- sbuffai e affondai ancora di più nella poltrona –Era un incubo d’accordo? Un incubo che ho fatto la scorsa notte, sei contento adesso?-

-Un incubo? Solo un incubo?- capii che mi stava chiedendo se lo ritenevo qualcosa di più, ad esempio una premonizione. Non gliel’avrei data vinta, era un incubo e basta. Non avrei messo in agitazione Elena o gli altri solo perché quel che potevo sognare poteva essere una visione. Non lo era. Dovevo esserne sicura, non potevo far venire un colpo a tutti e poi dire “ehi ragazzi mi sono sbagliata, non è niente di grave solo che ho mangiato troppo pesante a cena, quindi rilassatevi non stiamo rischiando la pelle”, già la mia magia era scarsa, se mi mettevo a dare false premonizioni nessuno si sarebbe più fidato.

Lo guardai in cagnesco –Solo un incubo. So distinguere le due cose sai? So usare i miei poteri-

-Ah davvero? Io non ne sarei così sicuro…- si rilassò all’istante e sfoggiò quel suo sorriso strafottente che mi faceva venir voglia di incenerirlo. Questo era davvero un colpo basso. Va bene non guardarmi nemmeno, va bene prendermi in giro e fare battutine, ma criticare i miei poteri no! Lo sapevo già de me che avevo qualche problema con la magia, non c’era bisogno che ci si mettesse pure lui. Solo perché era potente, solo perché era arrogane e meschino non aveva alcun diritto di criticare i miei poteri.

Mi alzai di scatto, furente, con tutta l’intenzione di tirargli un pugno. Ma alla fine la parte razionale del mio cervello mi avvertì che chi si sarebbe fatto seriamente male sarebbe stata la sottoscritta, lui si sarebbe solo piegato in due, ma dalle risate.

Così optai per il piano B: girare i tacchi e andarmene.

-Io me ne vado, ho delle cose da fare- dissi a labbra strette seza distogliere lo sguardo da Damon, ch continuava a sorridere beato.

-Dai Bonnie, resta ancora un po’- Elena cercò di trattenermi sorridendo appena, probabilmente non ci aveva capito niente di quel che era successo.

-No, davvero, devo andare. Ci sentiamo più tardi- le sorrisi, salutai Stefan e mi avviai verso la porta senza degnare di un cenno il maggiore dei Salvatore.

Sentii la mia amica rimproverare Damon, sentii Stefan spalleggiarla, ma l’unica cosa che non notai fu l’occhiata silenziosa che il vampiro mi lanciò.

 

Uscii nell’aria fresca di settembre che mi sferzò il viso donandomi un po’ di colore alle guance candide e cominciai a camminare con passo rabbioso verso casa. Come diavolo si permetteva quel vampiro da quattro soldi di dirmi che non ero potente?! Che razza di presuntuoso antipatico! A volte era davvero insopportabile, per quanto bello e affascinante era davvero seccante quando ci si metteva.

E mentre rimuginavo su quanto odiavo e amavo quel vampiro sentii dei passi dietro di me confondersi con i miei. All’inizio non ci feci granché caso, poi mi voltai senza neanche sapere il perché e ciò che vidi mi lasciò spiazzata. Non c’era nessuno. Eppure li sentivo, li sentivo chiari e nitidi mentre percorrevano lo stesso terreno che avevo calpestato anche io. Ricominciai a camminare e di nuovo lo scricchiolio delle foglie secche e il frusciare della gomma che strusciava al suolo riaccompagnò il rumore dei miei passi. Una strana ansia mi attanagliò la gola mentre cercavo di mantenere il respiro regolare. Mi fermai di nuovo e il rumore cessò. Mi voltai e non c’era nessuno. Ricominciai a camminare e il rumore ricominciò.

La cosa era abbastanza sinistra da mandarmi nel panico. Presi a camminare più veloce, sempre più veloce, fin quasi a correre. Vedevo la porta della mia casa in lontananza e questo mi dava coraggio.

Poi lo sentii, un alito sul collo, tiepido come il respiro di un amante, gelido come il soffio della morte.

 

 

 

- - - angolino dell’autrice - - -

Avete visto? Questa volta ho provveduto a far comparire il nostro amato Damon =) Che ne dite, sto continuando bene? Fatemi sapere cosa ne pensate e per favore continuate a recensire è importante per me =)

Tanti bacetti!!!

 

 

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Capitolo 4
*** IV Capitolo ***


Capitolo 4

Buongiornoooo!!  Allora voglio subito partire con i ringraziamenti per tutte quelle che hanno recensito e che continuano a leggere la mia ff, grazie di cuore!=) E poi volevo ringraziare tt quelle che mi hanno aggiunto tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie mille!!

Ecco qui il quarto capitolo, spero vi piaccia=)

Buona lettura!!

PS: cm si fa a mettere una foto?? Io faccio copia incolla e non la fa vedere…=(

 

 

 

 

CAPITOLO 4

 

Mi voltai di scatto e questa volta qualcuno c’era dietro di me. Un uomo incappucciato, alto e robusto, si trovava vicinissimo al mio volto.

Non riuscivo a vedere gli occhi, nascosti dall’ombra, ma potevo distinguere alla perfezione quel ghigno che già una volta mi aveva spaventata. Era lui.

Indietreggiai lentamente continuando a fissarlo mentre lui mi ricambiava in silenzio.

-C-chi sei? Cosa v-vuoi da me?- chiesi in un sussurro con voce tremante come le mie gambe. Credevo di stare per cadere da un momento all’altro.

-Oh tesoro sono la tua più grande paura- la sua di voce era profonda e roca, gutturale. Sapevo che ghignava anche senza guardarlo, lo sentivo da come pronunciava le parole, quasi fossero una presa in giro.

-N-Non prendermi in giro. Dimmi chi sei- cercai di imprimere al mio tono quel coraggio che non avevo, ma non riuscii a fermare il tremolio incessante.

Avevo le mani sudate e il fiato corto. Sentivo il cuore pulsare a una velocità doppia e se lui era quello che pensavo, allora l’avrebbe notato di certo.

-Altroché se lo sento bambola, è eccitante- rispose ai miei pensieri leccandosi le labbra, il che non fece altro che confermare e accentuare la mia paura.

Indietreggiai ancora un po’.

-Cosa vuoi da me? Il mio sangue?-

-Mi piacerebbe molto, ma purtroppo devo rinunciarci. I piani sono altri- sembrava rammaricato. Mi disgustava il modo in cui parlava, privo di vere emozione, tutta una valsa.

-I piani? Che piani? Perché mi segui se non vuoi il mio sangue?- ripetei senza troppa convinzione.

-Perché tu…sei il fulcro del piano, tesoro- e detto questo balzò in avanti a una velocità sovrumana che lo rese una macchia indistinta nel panorama.

Urlai e cercai di correre, anche se la parte razionale di me sapeva che sarebbe stato inutile contro un vampiro, ma caddi a terra e me lo ritrovai sopra.

-Su tesoro fai la brava, altrimenti ti dovrò fare un po’ male- ringhiò a denti scoperti mentre il cappuccio gli scivolava via scoprendo due occhi più neri della notte senza luna e una capigliatura castana. Cercai di divincolarmi ma lui mi teneva ferma con una mano, mentre con l’altra agguantava qualcosa alle sue spalle. All’inizio non capivo cos’era, poi la vidi: una corda. Voleva legarmi.

Iniziai a scalciare ancora di più mentre calde lacrime scendevano senza fine sulle mie guance. Urlai, lo supplicai, ma era tutto inutile. Con quel ghigno malefico continuava imperterrito a tenermi ferma per cercare di legarmi.

-Stai ferma!- urlò spazientito, facendomi tremare ancora di più.

Nella più completa disperazione vidi un bastone di legno appuntito a una ventina di centimetri dalla mia mano. Probabilmente era un ramo spezzato. Senza farmi notare allungai le dita lentamente e schermai i pensieri per non fargli capire che intenzioni avevo. Pregai con tutto il cuore che non mi vedesse, trattenendo il fiato. Alla fine sentii il ruvido legno sotto la pelle, lo afferrai e con quanta più forza avevo lo piantai nel petto del vampiro, che sgranò gli occhi sorpreso e si ritrasse.

-Porca…Maledetta strega- biascicò mentre tentava di tirarselo via, quasi privo di forze.

Senza perdere tempo mi diedi alla fuga, correndo come una forsennata per raggiungere la casa e contemporaneamente estraendo le chiavi dalla borsa. Non mi voltai, avevo troppa paura di scoprire che era riuscito a estrarre il bastone, e appena raggiunsi la porta misi la chiave nella toppa con mano tremante, il che non facilitò di certo l’operazione.

-Dai…apriti…maledizione apriti…- il clic della serratura probabilmente mi rese la persona più felice della terra in quell’istante.

Spalancai la porta, mi fiondai dentro e la richiusi immediatamente prima che il vampiro, che era riuscito a togliersi il paletto e ora stava correndo nella mia direzione aumentando la velocità man  mano che riacquistava energie, potesse raggiungermi.

Rimasi un attimo immobile, senza respirare, senza emettere alcun suono.

Sapevo di essere al sicuro, lui non poteva entrare se non era invitato e l’ultima cosa che avrei fatto sarebbe stata dirgli “prego entra”, ma dovevo comunque calmarmi.

Alla fine indietreggiai, con lo sguardo fisso sullo scuro legno e sulle sue familiari venature, mentre riprendevo il controllo del mio corpo, calmando i respiri e attenuando il tremore che continuava a scuotermi. Mi appoggiai con le spalle alla parete dietro di me e scivolai fino a sedermi per terra.

I pensieri cominciarono ad affollarsi alla mia mente come una folla che preme per riuscire ad entrare in un negozio appena aperto dove i prodotti sono gratis.

Tre erano le grandi domande a cui non riuscivo a rispondere: primo chi era quel vampiro, secondo a cosa si riferiva quando aveva parlato di piano e terzo cosa voleva da me.

E mentre rimuginavo su tutte queste cose la razionalità formulò l’unica azione sensata in quel momento: chiamare Elena, visto che quello che mi era successo era stato abbastanza terrificante e fuori dal normale da poterlo definire come la conferma a ciò che una parte di me temeva fin dall’inizio: l’incubo non era veramente un incubo.

Così presi un grosso e profondo respiro, mi alzai e andai dritta verso il telefono. Le mie dita volarono sui pulsantini neri e consumati ancora prima che la mia mente pensasse al giusto numero, tanto ero abituata a comporlo.

Qualcuno rispose al primo squillo.

-Elena?- cercai di darmi un tono pacato e tranquillo, conoscendola sarebbe andata nel panico al minimo cambiamento della mia voce (e lei riusciva a coglierli tutti).

-No, sono Damon-

Silenzio. Dico di tutte le persone che potevano rispondermi, ma proprio lui doveva capitare?!

-C’è Elena?- la rabbia che automaticamente scattava al suono della sua voce, un riflesso incondizionato del dolore che provavo, mi diede più sicurezza di quanta speravo.

-No- accidenti se era sintetico. Vabbè che tra noi non c’erano rose e fiori però…

-Stefan?-

-Neanche-

Respirai a fondo per evitare di mandarlo al diavolo.

-Bene mister eloquenza, sai almeno dirmi quando torneranno?- non ero riuscita a trattenermi, che ci potevo fare? Sono fatta così…

Pensai che mi riattaccasse in faccia, o peggio si precipitasse alla mia porta, la sfondasse direttamente e mi ammazzasse senza troppe cerimonie.

Invece rispose.

-Streghetta, quante volte devo dirti che non si gioca col fuoco? Comunque non lo so, penso tra un’oretta. Come mai tutto questo interessamento a Romeo e Giulietta?- oh bene, adesso si che lo riconoscevo. Sarcastico in ogni situazione.

-Perché devo vedervi. Tutti quanti. Quando tornano venite, d’accordo?- pregai che non facesse altre domande.

-Perché non vieni tu qua? Sai non ho molta voglia di scomodarmi…- preghiere non ascoltate.

-Beh perché…ecco…non posso. Quando venite vi spiegherò tutto. E se ti scomoda così tanto stai pure a casa tua, di certo non piangerò per questo- aggiunsi con amarezza. Avevo smesso di versare lacrime per la sua mancanza tanto tempo prima.

-Tutto apposto uccellino?- i suoi cambiamenti di argomento e umore mi spiazzavano totalmente. Una volta non era così. Una volta era solo arrogante e presuntuoso. Adesso sembrava quasi…preoccupato…a volte. Ma probabilmente ero io che me lo immaginavo con la mia fervida immaginazione. Si, sicuramente era così.

-No, ma se vuoi sapere di più ti conviene scomodarti. A dopo-

-A dopo streghetta- e riattaccò.

Forse ero stata un tantino acida, forse non avrei dovuto fare tutte quelle battutine. Oh ma per la miseria, lui si meritava questo ed altro! E poi era l’unico modo, l’unico per riuscire a nascondere tutto il dolore e la sofferenza che quel vampiro era riuscito a provocarmi. La maschera dell’arroganza, la stessa che usava lui.

Riattaccai con un sospiro e mi avvicinai alla finestra scostando lentamente le tendine bianche. Ormai il cielo era macchiato di rosso e il sole si perdeva sul filo dell’orizzonte. Era il momento più bello di tutta la giornata, il tramonto. Del vampiro non c’era neanche l’ombra.

Pensai che pure Meredith e Matt dovessero sapere, quindi avvertii anche loro di venire, il che ovviamente li allarmò, ma non potevo farci niente. Era giusto così.

 

I primi ad arrivare furono proprio loro, che in meno di dieci minuti piombarono davanti alla porta e si attaccarono spasmodicamente al campanello con tutta l’intenzione di farmi venire un esaurimento nervoso.

-Arrivo! Giuro che se non vi staccate da quell’affare vi faccio saltare in aria!- gridai dall’altro capo della casa, e li convinsi. Si sa, o con le buone o con le cattive…

Appena la aprii vidi due facce stravolte dalla preoccupazione. Forse era meglio se non li avvertivo.

-Stai bene? E’ successo qualcosa? E’ grave?- il primo a parlare fu Matt, che mi mise una mano sulla spalle con fare fraterno, o forse più che fraterno ma non era il momento di pensarci.

-Dimmi che succede Bonnie, e tu non fare quella faccia agonizzante prima ancora di sapere che sta accadendo per piacere- la saggia Meredith lo spinse all’interno e si chiuse la porta alle spalle mentre noi ci dirigevamo in salotto.

-Possiamo aspettare gli altri, così faccio un unico discorso? Lo so scusate non voglio farvi stare nell’agitazione ma per favore, se ne discutiamo tutti assieme è meglio, anche perché non so bene neanche io cosa sta accadendo. Non so dirvi se è grave o no perché non ho le idee per niente chiare- ammisi ad occhi bassi. Odiavo far preoccupare i miei amici.

Matt stava per ribattere ma Meredith lo precedette lanciandogli un’occhiataccia.

-Certo non preoccuparti, stai tranquilla. E poi vedrai non sarà niente di grave- tentò di alleggerire quella strana tensione mista a preoccupazione che si era creata, con scarsi risultati.

-Ehi che facce da funerale. Allora cosa sta accadendo di così grave per far riunire tutta l’allegra combriccola?- una voce familiare spezzò il silenzio.

-Lo sai che si bussa prima di entrare in casa d’altri?- disse secco Matt, che appena lo vide si rabbuiò.

-Oh ci sei anche tu Mutt. Vedo che qui accettano anche gli animali allora…- tipico, doveva sempre dire la sua, mai una volta che ci risparmiasse del suo sarcasmo.

-Damon piantala…- Stefan, alle sue spalle, cercò di farlo star zitto. Un’impresa impossibile a mio parere.

-E tu difendi gli animali? Beh ovvio, è grazie a loro che sei così in forma e non tutto pelle e ossa. Ti capisco pivello…- gli mise una mano sulla spalla con finto rammarico e comprensione.

-Adesso basta- appena aprii bocca si zittirono. Quasi spalancai gli occhi, a quanto pare tutti, ma proprio tutti erano un tantino preoccupati di quel che stavo per dire.

-E adesso streghetta, perché ci hai chiamati?- perfetto, da ironico e infantile era passato a freddo e arrogante. Impossibile stargli dietro.

-Bonnie che succede? Sono preoccupata. Perché poi qui e non al pensionato?- Elena si fece avanti e si sedette sul bracciolo della poltrona, fissandomi con angoscia.

Li guardai uno ad uno. Matt, alla mia sinistra, seduto con i gomiti puntellati sulle ginocchia e lo sguardo ansioso su di me. Meredith al sui fianco, che cercava di nascondere la sua curiosità dietro alla calma. Stefan seduto sulla poltrona di fronte a me ed infine Damon, appoggiato con le spalle allo stipite dell’arcata, le braccia incrociate e lo sguardo duro e impaziente che non aspettava altro che parlassi. Per un attimo l’ammirazione verso quel vampiro sexy prese il sopravvento e mi ritrovai a fissarlo. Quando capii cosa stavo facendo, e proprio di fronte a tutti, mi voltai di scatto con un leggero rossore sulle guance. Con la coda dell’occhio lo vidi sorridere di soddisfazione. Maledizione a lui e al suo egocentrismo. Mi assicurai di avere la mente schermata, meno male che ormai era diventata un’azione automatica non appena entrava nel mio campo visivo.

Presi fiato e incominciai a parlare. Raccontai dell’uomo in mezzo alla strada, del sogno (che ormai ritenevo una sorta di premonizione) fatto quella stessa notte, cercando di non tralasciare niente, e dell’aggressione di poco prima. A quel punto vidi Matt sussultare e Elena sgranare gli occhi velati di lacrime e abbracciarmi con fare protettivo.

-Bene, questo è tutto. Sinceramente credo che le due cose siano collegate, ma non ne sono così sicura-

-Si lo penso anche io. Non ricordi niente altro del sogno?- Stefan era pensieroso, lo sguardo perso nel vuoto e le mani congiunte.

-No, ma penso di avervi detto tutto- sospirai e aspettai che a qualcuno venisse in mente qualcosa.

-Nessuno si è accorto che il vampiro sapeva che Bonnie è una strega?- a rompere il silenzio sacrale che si era creato fu Damon.

-Già, non ci avevo pensato…- ammise Stefan.

-E poi se non vuole il suo sangue che altro potrebbe volere?- intervenne a quel punto Meredith.

-Non lo so…non ha detto niente. Ha parlato solo di un piano…e che io sono il fulcro-  

-Una cosa è certa. Quel mostro voleva rapirti e ci riproverà, non possiamo lasciarti da sola neanche un attimo- affermò con fierezza Matt.

-Eh bravo Mutt, guarda non c’eravamo arrivati sai?- la voce di Damon era carica di disprezzo. Gli lanciai un’occhiataccia che ricambiò con classe.

-Quindi che facciamo?- chiese Elena.

-Per il momento è meglio se Bonnie viene da noi, almeno sarà sotto la nostra protezione tutto il tempo. E se lui si farà rivedere possiamo tentare di prenderlo e farlo parlare. E’ l’unica cosa che possiamo fare per il momento- concluse Stefan guardandomi per cercare la mia approvazione.

Da una parte ero fiera di quegli amici che si preoccupavano tanto per me, e il mio cuore si saziò di quell’affetto che manifestavano tutti quanti (o quasi…), ma dall’altra parte ero leggermente adirata poiché ero sempre io quella debole che doveva avere bisogno di protezione, sempre io quella che doveva far affidamento sugli altri. Io che più di qualsiasi altro umano avrei dovuto difendermi da sola in quanto strega, io che avrei dovuto essere abbastanza potente da intimorire quel vampiro che mi aveva attaccata. Io che non avevo abbastanza potere per fare tutto questo.

-Per me va bene- sorrisi con gratitudine, cercando di nascondere la delusione che provavo verso di me.

 

Così salii di sopra, presi una valigia e aiutata da Meredith ed Elena raccolsi quanti più vestiti avevo, li cacciai dentro e mi preparai mentalmente per quello che sarebbe stato un lungo soggiorno sotto lo stesso con il vampiro che allo stesso tempo amavo e odiavo.

 

- - - angolino dell’autrice - - -

Ciao a tutte!!!
Sinceramente non so cos’è venuto fuori, l’ho scritto di getto quindi speriamo bene…=) Allora, le cose stanno andando avanti, a rilento, ma stanno andando avanti. Mi scuso per tt quelle che amano arrivare al punto subito ma io preferisco rendere la mia storia il più reale possibile (ok reale non so se si può dire quando si ha a che fare con streghe e vampiri ma vabbè…=P), senza “bruciare le tappe” insomma.
Comunque come sempre mi raccomando recensite!!=) Si lo so ve lo ripeto fino allo sfinimento ma cm ormai avrete capito per me sono davvero importanti i vostri commenti =)
Bene, allora vi lascio nel dubbio di cosa potrà accadere se mettiamo la nostra streghetta
tutto pepe sotto lo stesso tetto del nostro egocentrico vampiro spacca-cuori (chissà magari butteranno giù la casa…=P)
Un bacio a tutte le Donnie di questo mondo!!! XD

 

 

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Capitolo 5
*** V Capitolo ***


Capitolo 5

Ed eccoci al quinto capitolo, dove la “convivenza” muoverà i primi, primissimi passi. Però non voglio assolutamente anticiparvi niente quindi sto zitta. Piuttosto voglio ringraziare tutte quelle che hanno recensito, con mia grande felicità ho visto i commenti aumentare in pochissimo tempo quindi sono letteralmente al 7 cielo!!=) Davvero sono contentissima che la mia storia vi piaccia. E ovviamente voglio ringraziare tutte quelle che continuano ad aggiungermi tra le seguite/preferite!

Adesso però  vi lascio leggere in santa pace=)

 

 

 

CAPITOLO 5

 

Entrai nella mia “nuova camera” tenendo con due mani l’enorme valigia rossa che catapultai sul letto senza tanti complimenti. Avevo il fiatone a causa di tutti quei gradini fatti con in mano un affare che pesava più di me. Dico io, si preoccupavano tanto che un vampiro mi attaccasse e mi portasse chissà dove ma non gli era neanche passata per l’anticamera del cervello l’idea che dopo un’arrampicata di due rampe con quella valigia gigantesca potessi schiattare sul serio.

Mi buttai al suo fianco rimbalzando sul soffice materasso coperto da una trapunta bordò raffinata ed elegante, mentre i miei capelli di qualche tonalità più chiari si disperdevano a ventaglio sulla miriade di cuscini che padroneggiavano quel letto a baldacchino da sogno. Poi vagai con lo sguardo per la stanza che era grande due volte la mia. Sulle due pareti ai lati del letto due enormi vetrate offrivano una visuale bellissima della natura circostante, semi oscurata da pesanti drappi di stoffa dello stesso colore della coperta su cui ero stesa.  Un armadio gigantesco, in lego scuro con elaborati intarsi che si arricciavano e sbocciavano in fiori magnifici, prendeva metà parete alla mia destra, mentre sulla sinistra un caminetto in marmo bianco sfumato da striature nere riposava silenzioso e freddo con una nota d’abbandono. Ai suoi lati due poltrone dello stesso legno del mobile e del letto, anch’esse foderate con un tessuto damascato bordò,  lo incorniciavano e offrivano una prospettiva confortevole e calda se ci fossero state notti di tempesta. Il pavimento era ricoperto da molti, soffici tappeti che lasciavano intravedere qua e là sprazzi delle assi di legno, mentre alle pareti erano appesi bellissimi quadri che immortalavano paesaggi naturali o scene d’altri tempi che non stonavano per niente con l’arredo stile ottocentesco della camera. Infine di fronte al letto, a uno dei due lati della porta (quello che non era occupato da una regale specchiera dalla cornice barocca dorata), un piccolo scrittoio invitava a sedersi con tutta l’intenzione di catapultarti nel passato, quando ancora le dame si chinavano su di esso per scrivere lettere d’amore o pagine dei loro preziosi diari segreti.

Rimasi estasiata da tutta quella bellezza e cura dei particolari. Sembrava davvero che lì il tempo si fosse fermato. Certo mi ero fatta una mezza idea su come potevano essere le stanze di quella bellissima villa che rispecchiava comunque quello stesso stile, ma vederlo con i propri occhi era un’altra cosa.

Il rumore di una mano che batteva sulla porta mi distrasse dall’ammirazione estatica della stanza.

-Avanti-

-Ehi. Che ne dici, ti piace?- era Elena, che si fece avanti con un dolce sorriso dipinto sulle labbra rosee.

­-E’…semplicemente strepitosa- la guardai cercando di trasmetterle con lo sguardo tutto quello che pensavo. Sorrise ancora di più.

-Già, l’ho pensato anch’io appena l’ho vista. Poi ti ci abituerai, fidati- si sedette di fianco a me, guardandosi attorno come per confermare ciò che aveva appena detto.

-E’ come se il tempo si fosse fermato…- sussurrai.

-In un certo senso è così. Stefan mi ha detto che da quando ce l’hanno, e credimi sono trascorsi davvero molti anni- ci guardammo complici di quel segreto che ben pochi sapevano – non hanno cambiato granché qui dentro. Quindi si, il tempo qui si è davvero fermato a qualche secolo fa- sorrise e si sdraiò appoggiando la testa vicinissima alla mia, mentre mi imitava guardando la stoffa del baldacchino sopra di noi.

-A che pensi?- mi chiese d’uno tratto.

-A quanto è strano tutto questo- ammisi alla fine, chiudendo gli occhi. Sentivo il suo sguardo su di me, ma non volevo guardarla. Volevo solo rilassarmi, per una volta dopo tutto quello che era accaduto.

-Ti preoccupa questa faccenda?- c’era agitazione nella sua voce. Come biasimarla…

-Mentirei se ti dicessi di no…-

-Ma secondo te cosa vuole?-

-Non lo so Elena. Davvero non lo so-

-E se si rifà vivo?-

-Su questo puoi starne certa. Comunque hai sentito cos’ha detto Stefan no? Lo prenderanno e gli faranno il terzo grado-

-Non voglio immaginare come…- sussurrò.

-Neanche io-

Passarono dei minuti, forse solo secondi.

-Però lo sai che qui sei al sicuro vero? Non devi temere niente- il suo ottimismo era strabiliante, si faceva vedere sempre. Sorrisi.

-Tranquilla, per questo non ho paura. Solo…sono confusa ecco-

-Già, lo siamo tutti. Comunque penso che Stefan e Damon scopriranno che sta succedendo, anzi ne sono sicura- annunciò con fermezza.

-Damon? Non mi era sembrato così d’accordo su tutta questa storia sai? Quando siamo scese di sotto pronte per partire lui se n’era già andato, e fattelo dire non sembrava così allegro già da prima. Non che l’idea di stare qui, dove me lo ritroverò tra i piedi tutto il giorno, a me piaccia sia chiaro…- mi difesi subito.

-Lo sai com’è fatto, ha un carattere…particolare. Ma comunque è dei nostri, puoi contarci. E poi posso sempre convincerlo io-

Sorrisi amareggiata, lei adorava avere potere su di lui. Non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma era così. E quel cretino d’un vampiro la assecondava sempre, proprio come un cagnolino…

-Bene, adesso vado di sotto, tu fai pure con comodo. Ciao- mi sorrise raggiante, rincuorata dalle sue stesse parole, e sparì al di là della porta.

Sospirai e mi alzai, aprii la pesante valigia e cominciai a togliere uno ad uno i vestiti e a riporli nell’enorme armadio, che sembrava non esser mai pieno. Alla fine dell’operazione osservai il lavoro con le mani appoggiate sui fianchi, come quando una madre rimprovera un figlio osservando il disastro che ha combinato: una metà era abbastanza piena, l’altra completamente vuota. Beh avrei avuto un motivo in più per andare a fare shopping e…mi fermai di colpo, realizzando improvvisamente che io non potevo uscire, almeno non senza una “scorta”. La depressione piombò su di me come un macigno troppo pesante per le mie esili spalle. Io che avevo sempre amato la mia libertà, io che non avevo mai avuto dei veri limiti, adesso mi ritrovavo imprigionata tra quattro mura, con il rischio che se infrangevo le regole ci rimettevo la pelle e forse qualche cosa di più.

Con la convinzione che non avrei avuto un briciolo di possibilità di sfuggire a quel destino di prigionia (forse ero un po’ troppo melodrammatica ma sfido io a trovarvi nei miei panni…) continuai a svuotare la valigia, estraendo i libri che poggiai sullo scrittoio e sistemando il beauty-case nel bagno privato, il primo che avessi mai avuto in tutta la mia vita.

Quando finalmente la valigia, una sorta di borsa di Mary Poppins, fu completamente vuota, la misi con molta poca cura sotto il letto e mi decisi a scendere di sotto.

 

Trovai Elena intenta ai fornelli, con Stefan che l’aiutava come poteva. Di Damon, con mia grande felicità, neanche l’ombra.

-Ti piace la tua nuova sistemazione?- mi chiese il vampiro non appena si accorse della mia presenza.

-Altroché, è fantastica…- risposi con poco entusiasmo, perché la mia amica si voltò di scatto.

-Che succede?-

-Niente è che…Stefan non posso più uscire vero?-

Per un attimo rimasero entrambi spiazzati, poi, prima di parlarmi, si guardarono un istante.

-Sarebbe più sicuro se per un po’ tu rimanessi qui dentro. Però è anche vero che non possiamo tenerti al guinzaglio, quindi abbiamo pensato ad una soluzione- era stranamente esitante, troppo per i miei gusti.

-E sarebbe?-

-Ti servirebbe qualcuno che ti sorvegli quando esci, abbastanza forte da proteggerti in caso di pericolo…e l’unico che ci è venuto in mente, a parte me, è…-

-E’…?- la mia voce tradiva il panico, perché una parte di me sapeva già il nome che sarebbe uscito dalle labbra del vampiro.

-Damon- ammise alla fine.

 

-State scherzando?!- la mia voce esplose come una mina lanciata nel silenzio.

-Senti, lo so che l’idea non ti va a genio ma…- Elena tentò di calmarmi.

-Certo che non mi va a genio…se questo è un piano per sabotare la mia stabilità mentale sappiate che è davvero perfetto!- sentivo le guance calde e gli occhi umidi, tipico di quando mi arrabbiavo.

-Dai, ma è una cosa provvisoria…- continuò con le mani alzate come se gli avessi puntato una pistola addosso.

-Tanto vale mettermi nelle mani di quel vampiro!-

-Bonnie, calmati. Senti sono due le scelte, o resti chiusa qua dentro, o hai la possibilità di uscire, ma mio fratello ti accompagnerà. Vedi tu- Stefan mi mise davanti al nocciolo della situazione. Accidenti all’evidenza.

-E…- cercai di far perdere qualche ottava alla mia voce anche troppo acuta –Il tuo fratellone sa di questa trovata?-

-Quale trovata?- una voce alle nostre spalle ci fece sobbalzare all’unisono.

-Sentite lo so che sono bello da lasciar senza parole ma non c’è bisogno di sottolinearlo ogni volta- commentò di fronte al nostro improvviso mutismo.

-Angelo mio che sta succedendo?- chiese un’altra volta.

-Beh…vedi abbiamo trovato un modo per far andare in giro Bonnie senza che venga attaccata appena mette piede fuori a quella porta- cominciò Stefan.

-Ah si? E quale sarebbe?- chiese ingenuamente Damon, che ancora non aveva afferrato le intenzioni del fratellino…

-Ecco…- si schiarì la gola –Tu la accompagnerai- bomba sganciata.

-COSA?!- pensai per un momento che la casa potesse crollare.

-Stai calmo Damon- Stefan alzò gli occhi al cielo, affrontando per la seconda volta la medesima reazione.

-Stare calmo?! Spero tu stia scherzando perché altrimenti non vedrai l’alba del nuovo giorno- tuonò il maggiore dei Salvatore.

-Senti è l’unico modo…-

-E allora che se ne stia qua dentro, a me non cambia proprio la vita. E poi perché non la fai tu la balia a questa streghetta?- chiese acido.

Gli lanciai un’occhiataccia. Io non avevo bisogno di una balia.

-Perché io devo fare delle ricerche nel frattempo, e tu hai decisamente più tempo libero del sottoscritto-

-Questo lo dici tu pivellino…- fece un sorrisetto che la diceva lunga, e che mi diede seriamente ai nervi.

-Per favore Damon…- a quel punto intervenne Elena, sfoderando due occhioni azzurri che fecero l’effetto desiderato.

-E va bene, ma solo perché me lo chiedi tu Angioletto…- sbuffò con rabbia, mi incenerì con uno sguardo e sparì su per le scale.

-L’ha presa…bene- la mia bionda amica tentò di alleggerire l’atmosfera con un sorrisetto imbarazzato.

-Oh per favore- scossi la testa e me ne andai in camera mia.

 

Questo era davvero troppo. Ero costretta ad abitare con il vampiro che più desideravo evitare e adesso mi venivano a dire che lui doveva anche accompagnarmi nei rari momenti di libertà che mi ritrovavo, praticamente rovinandomeli. Il destino aveva proprio un pessimo senso dell’umorismo.

Presi con rabbia un libro a caso tra quelli che avevo portato con me e mi buttai sul letto, affondando tra i soffici cuscini che odoravano di lavanda. Ad ogni parola che leggevo sentivo la rabbia diminuire, lasciando il posto a niente meno che…il panico! Il mio autocontrollo di fronte a Damon ogni volta era messo a repentaglio perché per quanto tentassi di nasconderla e rinnegarla c’era una parte di me che era terribilmente attratta da lui, un rimasuglio troppo forte di quel che provavo un tempo, quando mi ero illusa che anche lui potesse amarmi. Già era difficile nascondere questi assurdi sentimenti nei rari momenti in cui ci incontravamo, ma per fortuna avevo accumulato abbastanza esperienza da potermi difendere con il sarcasmo affilato e l’arroganza, però adesso come avrei fatto? Adesso che avrei passato molto più tempo del lecito assieme a quel vampiro che da troppo tempo mi tormentava l’anima e il cuore?

Sospirai rassegnandomi all’idea che le mie difese anti-Damon dovevano assolutamente aumentare e rafforzarsi, un’impresa non da poco, per non dire impossibile.

 

 

Si dice che la notte porti consiglio, a me però aveva portato solo due incredibili occhiaie e un mal di testa pauroso.

Mi infilai in bagno e dopo tre quarti d’ora di duro lavoro ne uscii con un aspetto che non superava il decente.

Scesi le scale in tutta fretta, sperando di incontrare Elena e chiederle scusa per come mi ero comportata, ma l’unica persona che incontrai, anzi con cui mi scontrai, fu l’ultima che avrei voluto vedere.

-Buongiorno streghetta- disse una voce calda e sensuale, che mi fece arrossire se combinata col fatto che avevo la faccia decisamente troppo vicina ai suoi addominali scolpiti e avvolti in un’aderente camicia nera per i miei gusti. Schermai immediatamente i pensieri, sperando che neanche uno di essi l’avesse sfiorato. Speranza vana a giudicare dal sorrisetto che fece.

-Buongiorno- schiarii la voce cercando di darmi un tono indignato.

-Elena?- chiesi con noncuranza, mentre mi avvicinavo al frigo e tiravo fuori il cartone di latte.

-E’ uscita con Stefan- si sedette su uno sgabello e aprì il giornale.

Nella stanza dominava il silenzio, scandito solo dal frusciare delle pagine di carta sottile e dal cucchiaio che sbatteva contro la ceramica della tazza ogni volta che lo immergevo per tirare su i croccanti cereali.

Poi sospirai, d’altronde prima o poi avrei dovuto chiederglielo, tanto valeva togliersi subito il dente.

-Senti…dopo io dovrei…ehm…uscire- trattenni il fiato, aspettandomi chissà quale scenata, invece quel che ottenni fu un’espressione neutra.

-Avvertimi quando sei pronta streghetta- disse semplicemente, continuando a sfogliare il giornale. Rimasi a bocca aperta.

-Non fare quella faccia, faccio solo un favore a Elena. E poi questa mattina devo andare in un posto, qualche fermata in  più non sarà un problema- aggiunse sempre continuando a sfogliare le pagine

-Bene, allora vado a cambiarmi- prima di uscire dalla stanza gli lanciai un’occhiata –E riguardo al posto in cui devi andare…vedi di non portarmi in un bordello-

Mi voltai troppo presto per riuscire a scorgere l’occhiata che mi lanciò e mi allontanai troppo in fretta per udire la risposta, che rimase preda del vento.

-Non lo farei mai, uccellino-

 

 

- - -angolino dell’autrice- - -

Ciao a tutteee!!
Che ne dite??? Vi piace??? La convivenza è appena iniziata non preoccupatevi se ancora non vedete dei groooossi sviluppi,tra poco ci saranno. Per chi è curiosa riguardo alla storia del misterioso vampiro che perseguita la nostra povera streghetta ed è stata un po’ delusa in quanto in questo capitolo non sono andata avanti su quel punto perdonatemi!!! E’ che adesso volevo incentrarmi un po’ di più sulla relazione Bonnie-Damon, e poi insomma diamole un po’ di pace alla nostra povera Bonnie (pace che non durerà a lungo…accidenti devo imparare a stare zitta!!!=P).
Vabbè è meglio se non dico altro. Scommetto che adesso sapete cosa vi sto per chiedere vero? Ebbene si vi sto ancora stressando con la mia richiesta di recensire=), scusate sono assillante ma lo sapete che per me è super importante sapere cosa ne pensate=) Grazie a tutte per la pazienza=)
Tanti baci!!!

 

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Capitolo 6
*** VI Capitolo ***


Capitolo 6

Ed ecco il sesto capitolo! Come sempre grazie a tutti quelli che hanno recensito e che continuano a leggere la mia ff e grazie anche a chi si è aggiunto per strada, sono molto importanti i vostri commenti, grazie!=)

Ah e volevo dirvi che sono sempre io, ho solo cambiato il mio nickname=)

Buona Lettura!!!

 

 

 

CAPITOLO 6

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Mi tenne aperta la porta con una mano, invitandomi ad uscire con un ampio gesto del braccio libero.

-Prima le signore- non c’era cortesia in quella frase, l’ultima cosa che voleva era imitare un galantuomo d’altri tempi.

Lo sorpassai agganciandomi la giacca nera con fare nervoso mentre il terrificante pensiero dell’irrimediabile imminente si faceva sempre più realtà. Cosa mi preoccupava tanto? Il fatto che dovessi andarmene in giro con il vampiro che più al mondo cercavo di evitare, lo stesso che una parte di me odiava ma l’altra amava. Diedi una strattonata poco elegante alla portiera della Ferrari nera e lucente che aspettava tranquilla il suo padrone appena mi accoccolai nel suo comodo interno di pelle beige, lasciandomi cullare da tanto conforto. Non che questo mi alleggerisse l’anima. Ero decisamente troppo vicina per i miei standard a Damon, e anche se una micro millesima parte di me esultava per questo, tutta l’altra malediceva il destino.

-Sai streghetta, potresti anche essere più gentile col mio gioiellino, perché se le fai anche solo un graffio ne pagherai care le conseguenze- disse mentre metteva in moto il “gioiellino” in questione, che fece le fusa sotto il delicato tocco del padrone.

Mi limitai ad alzare gli occhi al cielo e puntare lo sguardo fuori dal finestrino, dove i colori si mescolavano per diventare una grande macchia verde incorporea e indistinguibile, frutto della sua guida da pazzo.

-Non so quante volte hai portato in giro umani con quest’affare, ma tanto per la cronaca se hai un incidente non credo di poterne uscire con tutti i pezzi al loro posto se continui ad andare così- osservai con calcolato distacco.

-Tranquilla streghetta non ho mai fatto incidenti- disse sarcastico continuando a non posare lo sguardo su di me.

-C’è sempre una prima volta, e io non vorrei esserci quando accadrà. Quindi mi fai il favore di rallentare?-

In tutta risposta sbuffò, ma con la coda dell’occhio notai che dai 130 Km/h era passato ai 110. Sai che cambiamento…ma era già tanto aver ottenuto questo.

Restammo in un silenzio rotto solo dal mio respiro e dai battiti del mio cuore, per lui udibili quanto un tamburo suonato a pochi metri di distanza, per molto tempo.

E mentre contemplavo l’imminente e terrificante giornata non mi venne neanche in mente l’idea di chiedere dove stavamo andando, almeno fin quando non notai che stavamo rallentando di parecchio e ci stavamo dirigendo in un parcheggio occupato soltanto da macchine di lusso, che però notai, con una certa punta di soddisfazione e superbia che non era per niente da me, ingrigivano messe a confronto con la nostra. Probabilmente non avevo schermato la mente perché sentii Damon sorridere.

-La tratti male ma ti piace viaggiarci a quanto pare- e prima che potessi ribattere a tono, magari dicendo che i miei pensieri erano privati, girò la chiave e scese con molta classe.

-Si può sapere dove siamo?- gli chiesi appena riuscii a raggiungerlo, perché a quanto pare avevo una guardia del corpo che andava per i fatti suoi invece che fare da “guardia al mio corpo”.

-Se te lo dicessi poi dovrei ucciderti- rise della sua battuta, che invece mandò me su tutte le furie. Il mio sesto senso mi diceva che non avrei dovuto trovarmi lì, e chissà perché ero pienamente d’accordo con lui. Forse per via della grossa insegna luminescente che diceva “Hotel Luxor” seguita da cinque brillanti stelline che facevano sfoggiò di tutta la loro scarsa modestia, forse per via del fatto che tra le miriadi di cose che l’Hotel offriva a quanto pare c’era anche un grande e famoso casinò o forse perché tutti quegli snob che entravano e uscivano facevano sfoggio dei loro vestiti migliori e dei loro diamantini da ricoprire mezzo dito come se fossero sciocchezze, fatto sta che già odiavo quel posto che ritenevo invece perfetto per il bel vampiro che mi accompagnava con un sorriso davvero poco rassicurante.

-E se ti aspettassi in macchina?- esitai di fronte all’entrata, trattenendolo involontariamente per una manica della camicia nera. Prima di guardarmi osservò le mie esili dita avvinghiate al sottile tessuto, che immediatamente ritirai, neanche avessi preso la scossa elettrica.

-Rilassati streghetta-  disse in un soffio, stranamente privo di qualsiasi nota di sarcasmo che solitamente era una costante sempre presente nella sua voce.

Alzai uno sguardo indagatore troppo tardi, si era già voltato per dirigersi all’interno, oltrepassando la brillante porta a vetri con stampate in una calligrafia elegante dalle tonalità dell’oro le iniziale dell’Hotel.

A malincuore lo seguii, cercando di non rimanere a bocca aperta di fronte a tanto lusso e dandomi un certo contegno per quanto possibile.

Come un cagnolino fedele e spaesato (il che era atrocemente umiliante con Damon) seguii il vampiro senza parlare, stando a un passo di distanza da lui e osservandolo mentre scambiava brevi cenni di saluto verso persone (il più delle volte belle ragazze dalle scollature generose) a me completamente sconosciute.

Quando alla fine ci trovammo di fronte a un’entrata oscurata da una tenda di velluto rosso acceso e spalleggiata da due energumeni che incutevano timore solo a guardarli lo vidi fermarsi di botto tanto che per poco non ci andai a sbattere.

-Stai un po’ più attent…- iniziai a protestare, ma con mio grande disappunto e stupore mi interruppe bruscamente.

-Adesso io devo entrare qua dentro, tu però resta qui. Intesi?- mi guardò serio e capii che non scherzava. Annuii altrettanto seriamente e per ribadire il concetto mi sedetti sul comodo divanetto poco più distante mentre lui spariva oltre la pesante tenda.

 

Passò circa un quarto d’ora, un lungo, lunghissimo quarto d’ora nel quale non avevo fatto altro che arricciarmi i boccoli ramati attorno all’indice. Sbuffai esasperata, con la pazienza messa a dura prova, fin quando mi alzai per dirigermi dove quel dannatissimo Damon  era scomparso. Quando però vidi i due buttafuori mi venne l’inspiegabile dubbio che non mi facessero entrare, magari sotto direttive del vampiro. Poi però mi diedi della sciocca, di certo non sarebbe arrivato a tanto, forse per Elena si se lo riteneva rischioso, ma non per la sottoscritta. Mi avvicinai con cautela ma quando gli passai accanto non accennarono a bloccarmi. Tirai un sospiro di sollievo e scostai la stoffa vermiglia.

All’interno c’era un sottofondo blues rilassante, coperto solo dai mormorii incessanti della gente. L’aria sapeva di sigari e alcol, e le risate della gente arrivavano attutite dalla nebbiolina nauseante che aleggiava indisturbata. Delle scale portavano a un soppalco elegante dove si notavano tavoli da gioco accerchiai da uomini, alcuni sorridenti  forse perché la dea bendata li aveva baciati, altri così seri che facevano quasi paura. Al bancone del bar, sulla mia sinistra, donne dai lunghi abiti attillati e dagli spacchi pronunciati sedevano tranquille, cullate dalla musica, sorseggiando un cocktail con occhi vacui, mentre il rumore sordo delle palle da biliardo che cozzavano tra loro mi fece voltare a destra, dove uomini e donne di tutte le età erano chini sui feltri verdi pronti a giocarsela tutta con un unico, audace colpo di stecca. L’atmosfera era quasi ipnotizzante, forse per via della tenue luce prodotta dalle basse lampade che lasciavano l’enorme sala nella penombra.

Cominciai a camminare in una direzione a caso (ero stata sul punto di fare ambarabà-ciccì-coccò ma poi c’avevo ripensato, era davvero troppo infantile) sperando di incontrare Damon al primo colpo, ma a quanto pareva non sarebbe stato così facile. Dopo cinque minuti buoni in cui le avevo provate di tutte cominciai a temere che mi avesse mollata lì, d’altronde da lui ci si può aspettare di tutto…

-Ehi bella bambina…ti sei persa?- la voce impastata di un uomo sui dieci, quindici anni più di me mi arrivò assieme a una zaffata d’alcol proprio vicino all’orecchio, mentre un possente braccio mi cingeva le spalle a peso morto.

-No, grazie per l’interessamento- con una smorfia cercai di sgusciare via, allungando nel frattempo il collo per riuscire a vedere oltre la folla se quel vampiro sbucava miracolosamente fuori.

-Oh non c’è di che. Vuoi un drink?- continuò imperterrito, con un sorriso ebete sulla faccia e nemmeno una buona intenzione nella mente. Il braccio era sempre lì, sulle mie spalle, e per quanto mi sforzassi di levarmelo di torno era troppo forte. Una piccola punta di panico cominciò a farsi sentire quando vidi che anche un suo amico si stava unendo alla “conversazione”, affiancandomi dall’altro lato e spingendomi verso dei divanetti più appartati.

-Lasciatemi andare, subito!- cercai di protestare ma era inutile. Più tentavo di levarmeli di torno più la loro presa si rafforzava. La disperazione prese il sopravvento mentre una lacrima mi rigava la guancia. Ma guarda te in che razza di guaio mi ero cacciata! E tutta per colpa sua! Appena l’avessi visto l’avrei preso a calci nel…!

-Signori, non credo che la ragazza gradisca la vostra compagnia- una voce, fredda come la morte e dura come la pietra, li fece voltare. Ma non ce n’era bisogno, avevo già capito a chi apparteneva senza che incrociassi quei due occhi d’onice che, notai con stupore, sembravano davvero infuriati.

-E tu cosa vorresti?- chiese tra i due quello più sbronzo, strascicandosi le parole in un impasto quasi del tutto incomprensibile. La stretta sul braccio mi faceva male e il cuore mi batteva a mille.

-La mia ragazza- quelle parole ebbero il potere di mandarmi a fuoco le guance, che divennero di un paio di tonalità più scure dei miei capelli. La mia ragazza? Doveva aver preso una bella botta in testa… Poi capii che se non  avesse detto così quelli l'avrebbero ignorato, pensando che stesse solamente facendo l'eroe del giorno.

I due si guardarono un attimo, poi osservarono meglio Damon, che in tutta la sua altezza faceva sfoggio del suo lato più temibile e, avendo ancora un briciolo di sale in zucca, lasciarono la presa. Tirai un sospiro di sollievo e mi massaggiai i punti in cui ero certa avere dei segni rossi, mentre mi avvicinavo al vampiro con una gioia che non avrei mai creduto possibile.

-Sembrava disorientata, le volevamo dare solo una mano- disse il più sobrio prima di allontanarsi come un razzo trascinandosi dietro l’amico.

-Certo…-sussurrò Damon con un sorrisetto tirato e falso.

-Grazie...- lo guardai negli occhi per la prima volta senza coprirmi il volto con una maschera. Per la prima volta lo osservai senza scudi, senza difese, proprio come un tempo.

Certo quel che vidi non mi tranquillizzò. Era a dir poco furioso.

-Streghetta, che ti avevo detto riguardo all’aspettarmi fuori? Cosa non hai capito della frase?! Perché mi era sembrata abbastanza chiara, no?!- mi trascinò via, dirigendosi verso l’uscita con passo arrabbiato.

-Io…- rimasi spiazzata. Da quando in qua l’autocontrollo di Damon vacillava così tanto? Non l’avevo mai visto tanto arrabbiato con me. Insomma, mi aveva preso in giro miliardi di volte, mi aveva evitato altrettante, ma mai si era arrabbiato, mai aveva usato tanta rabbia nelle parole. Solo quando c’era di mezzo Elena si arrabbiava così, e mai avrei creduto di vederlo in quello stato se lei non c’entrava niente.

Forse è ancora una volta per lei. Se mi succedesse qualcosa lei non glielo perdonerebbe mai. Si, è sempre per Elena.

Pensai amareggiata, mentre la minuscola speranza che per un attimo mi era nata nel petto senza che neanche me ne accorgessi  veniva schiacciata dal peso dei miei ingarbugliati pensieri.

Probabilmente mi ero scordata di schermare la mente, perché per un attimo, un solo istante tanto breve da rendermelo quasi invisibile, lo sguardo di Damon saettò su di me, illeggibile come sempre, per poi ritornare fisso davanti a sé, e la presa vacillò un secondo prima di rafforzarsi come prima.

-E ringrazia il cielo che ho sentito la tua voce, altrimenti a quest’ora non saresti qui a raccontarlo- continuò con un sibilo furioso. Lo sbalordimento di poco prima, mischiato alla delusione scaturita dalla mia convinzione, mi diede la forza per ribattere. Perché non sia mai detto che Bonnie sta zitta per una volta in vita sua, riconoscente per l’aiuto che le è appena stato dato…

-Beh ti ho già ringraziato mi pare! E se non fosse stato per te carino a quest’ora non sarebbe accaduto proprio un cavolo di niente! Tu e le tue idee di trascinarmi in un posto del genere…- borbottai mentre uscivamo dalla sala, lasciando dietro di noi una scia di fumo che sapeva di sigari.

-Io ti avevo avvertita di startene ferma e buona,  ma ovviamente tu devi fare sempre di testa tua vero?!-

-Si! Almeno io faccio ciò che voglio, non ciò che mi viene ordinato dagli altri! Non sono un cagnolino, io!- forse esagerai un po’, perché lo vidi bloccarsi immediatamente e voltarsi verso di me fremente di rabbia.

-Piantala Bonnie! Piantala di giocare col fuoco! Piantala di dire certe assurdità! Smettila per una volta!- mi ringhiò in faccia, con tutta l’intenzione di spaventarmi.

-Stai forse dicendo che non ho ragione? Mi fai da “guardia del corpo” perché te l’ha ordinato Elena, mi sopporti perché sono amica di Elena, mi hai appena salvata perché se quei due idioti mi avessero fatto del male allora Elena se la sarebbe presa con te! Tutto per lei! E allora smettila di farmi questo! Smettila e va da lei, aiuta lei non me, perché io non ne ho bisogno, non ho bisogno di un falso aiuto! Lo capisci?!- urlai con quanto più fiato avevo e solo quando sentii le calde lacrime solcarmi le guance capii ciò che avevo fatto. Mi ero messa a nudo, completamente. Tutti i pensieri che avevo nascosto davanti a lui, tutte le convinzioni e i sentimenti imprigionati con le catene in un baule accatastato in un angolo sperduto della mia mente, avevo tirato fuori tutto e l’avevo messo in bella mostra. Sgranai gli occhi e mi coprii la bocca con una mano. Lui mi guardava in silenzio, un espressione che non riuscivo a capire dipinta su quel volto perfetto e indurito dalla rabbia.

-Davvero…- stava per dire qualcosa, poi scosse la testa, si voltò, tirò fuori le chiavi della macchina e si avvicinò a quella pantera nera, aprendo lo sportello.

-Muoviti, sali- la sua voce era priva di espressione, un blocco duro e freddo di marmo.

Lo guardai allibita, aspettando ancora una reazione mostruosa che però non arrivò mai.

-Sali- ripeté con severità e non osai controbattere.

 

Per tutto il tempo del viaggio di ritorno non osai aprire bocca, avevo già parlato troppo. Mi ero persino dimenticata che dovevo comprare alcune cose. Solo la mia mente lavorava a una velocità doppia. Il mio più grande dubbio era il perché della sua reazione, o meglio non-reazione, perché mi sarei aspettata di tutto, ma proprio di tutto, tranne che rimanesse in silenzio, con un espressione così…non sapevo neanche come.

Una sola domanda aleggiava tra di noi: che cosa era successo al Damon arrogante e presuntuoso che conoscevo?

 

 

- - -angolino dell’autrice- - -

Ciao a tutteee!!!

Che ne pensate??? Vi piace??

Questo capitolo ha dato una bella scossa ai nostri due piccioncini, e a quanto pare le cose sono più ingarbugliate del previsto=) Però non voglio assolutamente anticiparvi niente. Mi raccomando recensite, recensite e recensite!!=)

Baci a tutte!!

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Capitolo 7
*** VII Capitolo ***


Capitolo 7

Ce l’ho faaaaaattaaaaaaaaaaa!!!! Ragazzi mi dispiace tantissimo per questo mega colossale ritardo, ma tra una cosa e l’altra non riuscivo mai a scrivere questo benedetto capitolo. Vi chiedo perdono per avervi lasciato sulle spine così tanto.

Avevo pensato che per farmi perdonare vi avrei fatto un capitolo lunghissimo, ma alla fine ho preferito spezzarlo in  due, creando un po’ di suspance =)

Come al solito comunque ringrazio tutti coloro che continuano a recensire, non sapete quanto mi fate contenta!! E ringrazio anche chi mi ha aggiunta tra seguite/preferite. Grazie di cuore!! E ancora scusatemi per il ritardo.

 

 

 

 

 

CAPITOLO 7

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A volte la gente non capisce i propri sentimenti, e allora come può pretendere di capire quelli degli altri? Come può essere così altezzosa e arrogante da pensare di riuscire a varcare il muro che protegge le menti altrui, e come può solo immaginare cosa nascondono le ferite di cuori che non battono all’unisono col proprio?

Io avevo la stessa arroganza e presunzione di quelle persone. Pensavo di conoscere ogni pensiero nascosto in quegli occhi d’onice, avevo la più completa certezza di cosa si celava in quel cuore freddo. Il che era veramente assurdo perché anche se ormai le sue reazioni le conoscevo così bene da poterle prevedere ad occhi chiusi mai mi ero trovata di fronte ad un mutismo assoluto. Infatti in quell’istante le mie convinzioni vacillarono pericolosamente, furono minacciate alla vista di un Damon furente ma anche rattristato. Lo fissavo e non sapevo cosa pensare. Rivangavo la nostra uscita e non mi veniva in mente niente. Ero confusa. Totalmente, imprevedibilmente, intollerabilmente confusa.

Quando tornammo a casa scesi dalla macchina senza voltarmi e solo quando raggiunsi la porta d’ingresso mi accorsi di un rombo potente che si allontanava a una velocità non consentita dai limiti.

Le ore passavano e il suo pensiero mi tormentava. Nella vana e disperata ricerca di capire il perché di una reazione simile non mi resi neanche conto che la mia frustrazione per il non capire, che la mia confusione si stava lentamente trasformando in qualcos’altro…rabbia forse? Alla fine della giornata, dopo che avevo sfogliato decine di libri senza vedere realmente le preziose parole che contenevano, dopo che avevo salutato distrattamente Elena e Stefan e avevo risposto alle loro domande automaticamente, senza davvero rifletterci, arrivai ad odiare quella sua non-reazione.

Davvero, mi sarei aspettata di tutto da lui, e tutto avrei preferito, anche che mi sbattesse contro un muro minacciandomi (perché era pur sempre una reazione accidenti!), pur di non vedere il suo silenzio. Era snervante, e pure umiliante. Insomma io mi ero esposta, avevo detto apertamente quei pensieri che per tanto tempo il mio cuore aveva ordinato alla mente di nascondere, e proprio quando mi ero liberata di una grossa parte del peso che portavo sulle mie spalle, lui che faceva? Restava zitto. Avrei preferito che mi deridesse o che mi picchiasse, perché erano le due solite reazioni di Damon, o una o l’altra, era fatto così. Ma il silenzio era peggio. Significava che non gliene importava niente, che le mie parole non meritavano neanche la sua attenzione. Sì, si era arrabbiato, ma dopo avergli sputato addosso quelle accuse non bastava tenere il muso e sparire per tutto il giorno. Damon era vendicativo, spietato quando voleva. E allora perché non lo era stato anche quella volta? Perché si era limitato a stringere i pugni e voltarsi?

Forse ero cieca, anzi lo ero sicuramente. Infatti in quell’istante l’unica risposta che mi venne in mente era che lui non mi riteneva degna neanche di una sua qualche attenzione, fosse anche di odio puro. Sciocca e rassegnata mi addormentai sul divano cullata dal calore di un fuoco scoppiettante che inesorabilmente si consumava, mentre una piccola lacrima mi rigava silenziosa la guancia, racchiudendo la delusione e la rabbia che per l’ennesima volta si erano scatenate a causa sua. Ma forse questa volta prive di fondamenta solide.

 

Il rumore di una serratura che scattava mi ridestò improvvisamente, facendomi sobbalzare mentre aprivo di scatto gli occhi.

Alzai la testa ancora intontita e assonnata e mi voltai in direzione della fonte di quel suono, scoprendone la causa.

Damon era in piedi, mi dava le spalle e stava richiudendo la porta a chiave mentre dai suoi capelli bagnati e ancor più neri e lucenti scendevano goccioline di pioggia che inzuppavano ancor di più la camicia aderente e completamente bagnata, la quale gli si attaccava alla pelle con fare provocante.

Arrossii a quei pensieri e distolsi subito lo sguardo, lasciandomi cadere di nuovo sul cuscino. A quanto pare mi ero addormentata sul divano e a giudicare dalla brace che riscaldava a malapena l’abitacolo del camino ne era passato di tempo. Gettai uno sguardo all’orologio a pendola poco distante da me. Le 5.24.

Pregai con tutto il cuore che il bel vampiro non mi avesse notata, ma sapevo fin troppo bene che non si era fatto sfuggire il cambiamento del ritmo del mio respiro, ne il rumore, impercettibile a orecchio umano, che avevo fatto.

-Streghetta non dirmi che hai aspettato il mio ritorno?- disse ironico.

Per un attimo rimasi in silenzio, contemplando con astio la familiarità di quel suo modo di fare strafottente che miracolosamente era tornato parte di lui.

-Credimi, è l’ultima cosa che farei- dissi acida.

-Oh bene, perché vedi avrei potuto tornare molto più tardi, ma mi sono accontentato questa notte- sorrise malizioso mentre la mia rabbia cresceva di fronte a tutti i sottointesi facilmente capibili che trasudavano da quello sguardo –Non avrei voluto avere sulla coscienza le tue occhiaie questa mattina- aggiunse con ironia affilata.

-Tranquillo, niente di me ti può riguardare, neanche le mie occhiaie- mi alzai per dirigermi verso le scale con tutta l’intenzione di porre fine a quel fastidioso incontro. Possibile che ogni volta che lo vedevo finivo sempre per arrabbiarmi?!

Purtroppo però inciampai sul bordo del tavolino di vetro (tipico della sottoscritta) e persi l’equilibro. Mentre contemplavo l’imminente, rovinosa caduta a terra contavo i secondi che mi separavano da quelle dure e scure assi di legno. Non pronunciai nella mia mente neanche la parola uno che due braccia forti e muscolose mi agguantarono all’istante. Le sentii stringersi attorno alle mie spalle, delicate ma sicure, mentre il tessuto bagnato della camicia mi inumidiva il maglione verde. Rimasi senza fiato quando il suo profumo, accentuato dalla pioggia, si insinuò tra di noi. Sapeva di notte, non so come definirlo sennò. Era lo stesso profumo che sentivo quando spalancavo le finestre in una serata invernale e il vento pungente portava con se quel profumo seducente e fresco che solo le notti invernali hanno. Io lo definisco profumo di notte.

Damon mi rimise in piedi e mi lasciò subito, mentre io con gli occhi sgranati diventavo della stessa tonalità dei miei capelli. Accidenti a lui, possibile che il muro accuratamente creato per bloccare le mie emozioni venisse sistematicamente fatto a pezzi ad ogni suo tocco?!

-G-grazie- sussurrai distogliendo imbarazzata lo sguardo dai suoi occhi d’onice. Ecco come tutti i miei buoni propositi di tenergli testa andavano a farsi benedire.

-Streghetta, giuro che non ho mai visto una ragazza più imbranata di te- ed ecco come farsi odiare da una donna. Il suo sguardo era ironico e il suo tono arrogante.

Lo guardai furente e ancor più rossa, se questo era possibile.

-Ritiro quel che ho detto, va’ al diavolo!- sbottai arrabbiata, guardandolo male da tutta la mia bassezza mentre piegavo un po’ la testa all’indietro per poter incrociare il suo sguardo altezzoso e non i suoi pettorali (che comunque non mi dispiacevano affatto, pensai prima di auto scagliarmi tutte le maledizioni di questo mondo).

Senza aspettare la sua risposta lo superai e salii gli scalini con passo pesante, mentre l’eco della sua frase mi raggiungeva alle spalle.

-Alla fine mi stancherò di avvertirti che non devi giocare col fuoco streghetta-

 

Arrivai in camera sbattendomi la porta alle spalle, noncurante di svegliare qualcuno.

Oh se era odioso! Arrogante e presuntuoso! Che caratteraccio, proprio non lo sopportavo! E se gli piaceva tanto vedere tutte le gaffe che facevo perché diavolo non mi ha fatta cadere?! Così si faceva quattro risate!

Presi un lembo della coperta e con un solo strattone lo tirai giù. Mi infilai sotto le lenzuola e tirai su il piumone fin sotto il collo, girandomi nervosamente su un fianco e facendo tremare tutto il materasso. Mi addormentai inventando nuovi aggettivi per niente carini adatti proprio a quel vampiro che inutilmente cercavo di odiare col cuore e non solo con la mente.

 

Il profumo del caffè mi svegliò dolcemente, entrando tra le fessure della porta e aleggiando indisturbato per la camera. Un richiamo a cui non potevo rifiutare.

Mi alzai stiracchiandomi e presi la vestaglia che era appesa in bagno. Spazzolai i miei ricci color fragola e mi sciacquai la faccia con l’acqua gelida così che gli ultimi residui della notte scivolassero via con essa.

Quando arrivai in cucina trovai Elena seduta al bancone che sorseggiava una tazza di caffèlatte fumante e nel contempo sfogliava distrattamente il giornale.

-Buongiorno- le sorrisi e mi versai del caffè, scaldandomi le mani gelate.

-Ehi, ‘giorno. Passata bene la nottata? Ho sentito dei rumori…-

-Oh si benissimo- sorrisi falsamente, non avevo voglia di raccontarle l’ennesimo incontro-scontro con il più grande dei Salvatore.

Mi sedetti accanto a lei e presi l’altro giornale.

-Stefan?- chiesi mentre leggevo la prima pagina e sorseggiavo il caldo liquido scuro dal retrogusto amaro.

-E’ uscito con Damon. Credo che siano andati a cercare notizie su quel vampiro che ti ha attaccata. Sai Stefan continua a fare domande in giro a delle sue “conoscenze”, come le definisce lui- mimò le virgolette e mi sorrise.

-Già, vi sto causando un bel po’ di disturbo con questa faccenda…- sussurrai sconsolata.

-Non dirlo neanche per scherzo Bonnie- si fece improvvisamente  seria.

-Grazie- il mio tono era carico di gratitudine mentre la abbracciavo con affetto. Ero davvero fortunata ad avere degli amici così, pronti a rischiare la vita per me se ce ne fosse stato bisogno.

-Su, adesso devo uscire anche io. Mi zia deve andare a comprare dei mobili che non ho ben capito a cosa le servano e mi ha chiesto di accompagnarla. Tu non ti muovere da qui, mi raccomando- mi ammonì con fare materno.

-Ai suoi ordini!- risi mentre lei usciva dalla stanza alzando gli occhi al cielo.

Quando, dopo aver riposto la tazza nel lavandino, richiusi il giornale notai con la coda dell’occhio la data del giorno. Ero così presa da tutti gli avvenimenti che erano capitati da dimenticarmi che giorno fosse: l’anniversario della morte di mia nonna. Una tristezza incolmabile mi assalì mentre piccole lacrime mi pizzicavano agli angoli degli occhi tentando l’ardua impresa di straboccare. Inspirai ricacciandole dentro e tornai di sopra pensando a come potevo andare al cimitero senza la mia affascinante guardia del corpo.

Già vedevo Elena, infuriata e spalleggiata da Stefan, che me le diceva di tutti i colori, facendomi una paternale degna di un Oscar, mentre Damon indifferente osservava la scena con una spalla appoggiata allo stipite della porta. Quella scenetta era così reale nella mia mente da poter essere scambiata per la realtà.

Mentre tiravo fuori dall’armadio un maglione a collo alto bianco e un paio di jeans un lieve senso di colpa mi si affaccio alla mente ripensando alla preoccupazione che avrei fatto passare ai miei amici se avessero scoperto le mie intenzioni, ma d’altronde dovevo andare al cimitero, almeno in quel giorno dovevo salutare mia nonna. Così continuai ad architettare il mio piano.

Elena era uscita e combinando lei, sua zia, e il centro commerciale si poteva facilmente arrivare alla conclusione che avrei avuto tutta la mattina libera, mentre Stefan e Damon erano usciti per andare non so dove e quindi non avevo la più pallida idea di quanto potessi essere graziata, ma a fare due conti di solito lui stava fuori come minimo un paio d’ore quando andava a caccia di notizie, almeno così avevo potuto osservare dagli ultimi giorni. Quindi avrei avuto tempo fino alle undici per uscire e tornare senza che nessuno scoprisse niente.

Certo la mia imprudenza superava tutti i limiti, ma sinceramente in quel momento me ne fregai altamente. La prigionia mi aveva dato così alla testa che tutto il mio buon senso aveva deciso di prendersi una vacanza alle Fiji, non c’era altra spiegazione al fatto che stavo tranquillamente scendendo le scale diretta alla mensola delle chiavi col giubbotto in una mano, la borsa nell’altra e un sorrisetto compiaciuto verso l’astuzia con cui avevo progettato il mio incredibile piano di fuga.

Si può dire che il mio sorrisetto si congelò quando spalancando la porta mi trovai di fronte una figura alta e slanciata.

-Matt?! Che ci fai qua?- chiesi con un’espressione angelica e qualche acuto di troppo.

-Sono venuto a trovarti. Non ti ricordi? Te l’avevo detto ieri al telefono- disse altrettanto sorpreso di vedermi uscire. Anche lui era a conoscenza dei miei ordini restrittivi.

-Ah già…scusa me ne sono completamente dimenticata- sorrisi sforzandomi di apparire calma mentre dentro di me mi stavo mandando al diavolo per essermi fatta sfuggire un simile dettaglio. Il mio piano stava per essere compromesso…

-Ma stai uscendo? Da sola?- Ecco appunto…

-Ehm…sai sono tutti fuori e io…oggi è l’anniversario della morte di mia nonna e insomma volevo andare al cimitero…ma non c’è nessuno così ho pensato…si insomma…- accidenti so proprio esprimermi non c’è che dire…

-Ti accompagno? Non penso sia molto sicuro che tu ci vada da sola- sorrise e placò il mio fiume insensato di frasi sconnesse tra loro.

-Davvero? Grazie , mi farebbe molto piacere-

Fìu, salva! Tirai un sospiro di sollievo vedendo che non mi obbligava a rientrare dentro tenendomi sotto controllo fino all’arrivo dei Salvatore, facendo poi un resoconto dettagliato del mio piano di fuga e procurandomi la ramanzina del secolo.

 

Il sole splendeva alto nel cielo e l’erba curata e ancora bagnata per il temporale di quella notte veniva mossa appena dal venticello fresco. Camminavo in silenzio, fiancheggiata da Matt, per non disturbare la pace che solo un cimitero poteva accogliere. Le lapidi bianche riflettevano la luce, abbaglianti come specchi al sole, e le cime degli alberi ondulavano con un movimento quasi ipnotico, mentre l’odore di erba tagliata, fresco e pungente, si diffondeva lentamente nell’aria mattutina.

Da lontano riuscii a scorgere la foto di mia nonna, sorridente, che sembrava mi stesse aspettando. Affrettai un po’ il passo, fino a trovarmi di fronte a quel blocco di marmo bianco con venature rosate. Matt rimase indietro, rispettoso, e mentalmente lo ringrazia di quel gesto premuroso.

Gettai via i fiori secchi e riempii il vaso con quelli che avevo appena comprato, freschi, colorati, vivaci, proprio come piacevano a lei. Sorrisi e carezzai il vetro freddo della sua foto. Le raccontai di cosa mi era accaduto, di come stavano andando le cose, dei miei amici, delle mie paure, delle mie gioie e sì, anche di lui, perché io le avevo sempre parlato di tutto. Passò un quarto d’ora, o forse di più, quando alla fine mi alzai e mi voltai verso quell’amico che paziente aveva aspettato tutto il tempo in piedi, lontano, per non disturbare i miei racconti, per non origliare.

Mi avvicinai sorridente ma prima che potessi aprir bocca lo vidi sbiancare e sgranare gli occhi. Non ebbi neanche il tempo di voltarmi che qualcuno mi spinse con una forza tale da farmi cadere un paio di metri da dove mi trovavo.

-Ma cosa diavolo…-

-Scappa Bonnie!- sentii il mio amico urlare prima di avventarsi contro una figura alta… Assottigliai lo sguardo, ancora stordita, per capire di chi si trattasse a quando misi a fuoco il sangue nelle vene mi si ghiacciò. Era lui!

Non riuscii ad avvertire Matt che era troppo forte per lui, non riuscii a dirgli di allontanarsi, perché era già stato scaraventato contro un albero, così forte da fargli perdere i sensi.

-Matt!- urlai il suo nome con quanto fiato avevo in gola, correndogli incontro. Ma fu inutile. Il vampiro mi si parò di fronte, gli occhi cremisi puntati su di me, la bocca piegata in ghigno orrendo.

-Ci si rivede, bambolina. Devo dire che il giochetto del paletto l’altra volta non mi è piaciuto granché, vedi di stare più calma questa volta, o sarò costretto ad usare le maniere forti- mi si avvicinò con lentezza, minaccioso. Cominciai a correre come una disperata, ben sapendo che era folle pensare di seminarlo. E infatti voltandomi indietro non lo vidi più, perché mi aspettava a un paio di metri di fronte a me. Mi fermai di botto, fissandolo con paura e con rabbia allo stesso tempo.

-Chi sei? E che cosa vuoi da me?-

-Se curiosa…vabbè ormai non vedo che ragione c’è di tenertelo nascosto. Il mio nome è Pierre- si strinse nelle spalle continuando a sorridere, mi aveva in pugno e lo sapeva

–Vedi tu sei una strega, discendente non solo da una stirpe molto potente ma anche da uno stregone che qualche secolo fa ha fatto un incantesimo piuttosto seccante, che può essere tolto solo da coloro che portano il suo stesso sangue. Quindi ci servi- concluse senza troppi giri di parole.

-Ci? Quanti siete?- dissi seria, la paura si stava trasformando in una pazza sfrontatezza.

-Complimenti, sei acuta. Siamo…abbastanza. Ma tu ci farai aumentare…- aggiunse con un ghigno complice.

-Cosa vuoi dire?- una parte di me tentava di prendere quante più informazioni possibile, un’altra cercava disperatamente di escogitare un piano per sfuggirgli.

-Sai, le tue domande mi stanno facendo perdere tempo. Basta giochetti-  diventò improvvisamente seriò e si scagliò contro di me. Non ebbi il tempo di muovermi che mi ritrovai al suolo, con lui che tentava di tenermi ferma. Scalciai in tutti i modi possibili e alla fine, non so bene neanche io come, riuscii a divincolarmi dalla sua presa. Mi alzai di scatto pronta a scappare, mi voltai e feci i primi tre passi ma lui mi spinse con tanta violenza da farmi finire in aria.

Avete presente quelle scene a rallentatore che si vedono nei film? Ecco, tutto mi sembrò a quel modo. Sentii l’aria sferzarmi i capelli, sentii il mio corpo staccarsi da terra, percepii il dolore nel punto in cui mi aveva colpito e vidi il suolo dall’alto. Ciò che mi fece ingoiare a vuoto, che mi fece sudare freddo e capire che ero spacciata fu il punto su cui stavo per atterrare. Sotto di me c’erano dei tubi e delle aste di ferro, residui che accentuavano il cartello poco distante che diceva “lavori in corso”. Di certo mi sarei fatta male, ma niente più di qualche livido. Niente in contrario se non avessi visto un’asta in particolare, la cui punta affilata lunga una decina di centimetri spuntava minacciosa e letale dal fogliame secco, pericolosamente rivolta verso l’alto.

Non ebbi il tempo di gridare, di muovermi, di fare qualsiasi cosa. Fissavo con terrore puro quell’arnese mortale, che inesorabilmente si avvicinava troppo velocemente. Quando sentii il metallo freddo perforare la stoffa della giacca e del maglione, quando sentii quella lama appuntita penetrate nella pelle del mio fianco, capii che non avevo speranze. Da quel momento non sentii più niente se non un dolore lancinante che aumentava sempre di più. Forse piansi, forse no, sinceramente non lo so.

Vidi Pierre scurirsi in volto e imprecare con rabbia, vidi Matt ancora privo di sensi, vidi sul mio maglione bianco lo sbocciare di una rosa rossa, scarlatta. E l’ultima cosa che vidi, prima che l’oblio mi accogliesse, fu un corvo nero, dal piumaggio lucente, sfrecciare in picchiata verso di noi. E chissà, forse il dolore mi provocava le allucinazioni, ma dai suoi occhi, puntati su di me, avrei giurato fossero uscite lacrime.

 

 

 

- - - angolino dell’autrice - - -

Ecco qui, che ne dite?? Vi piace?? Spero tanto di non avervi deluso perché l’ho scritto un po’ in fretta. Mi raccomando recensite e fatemi sapere che ne pensate, aspetto con ansia i vostri commenti!=)
E questa volta giuro solennemente di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo =)

A presto, tanti baci!!

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Capitolo 8
*** VIII Capitolo ***


Capitolo 8

Ciao ragazze! Avete visto? Ho aggiornato presto! Vi chiedo ancora scusa per il ritardo dell’altra volta, cercherò di fare in modo che non accada più.

Uff un po’ mi sono demoralizzata, il capitolo precedente non ha riscosso tante recensioni… Spero che questo vada meglio e che alcune di voi recensiscano il 7 perché vorrei sapere se ho sbagliato qualcosa o se non vi è piaciuto.

Adesso vi lascio alla vostra lettura, premetto solo che le sdolcinate romanticone non penso saranno deluseXD Fate attenzione a tutto mi raccomando (non solo a quello che dice uno solo dei Salvatore… ;D), vabbè è meglio che stia zitta=)

Buona lettura!! E mi raccomando recensiteeeeeee!!   

 

 

 

CAPITOLO 8

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Una luce soffusa premeva sulle mie palpebre con insistenza, inducendomi ad aprirle contro la mia volontà. Lentamente, con calma, i miei occhi si socchiusero e misero a fuoco il tetto in stoffa bordò del mio letto a baldacchino.

Anche se ero sveglia, il mio cervello la pensava diversamente. Non riuscivo a concentrarmi ne a ragionare, mi limitavo solo a fissare quel tessuto e ad ascoltare i suoni che mi circondavano. Poi, pian piano, i pensieri cominciarono ad affollarsi. In meno di un secondo mi ritornò in mente tutto: il cimitero, Matt svenuto, Pierre che mi spingeva, il bastone di ferro, il sangue,…e un corvo.

Mi alzai di botto, senza pensarci, come attraversata da una scossa elettrica, e fu davvero una pessima mossa. Un dolore lancinante al fianco mi fece lanciare un gemito di dolore mentre la testa incominciava a girarmi senza sosta.

Sentii due mani fredde afferrarmi con delicatezza le spalle e riportarmi sdraiata, mentre il dolore lentamente lasciava il mio corpo, come la marea che si ritira.

-Ferma streghetta- un sussurro soffiato dolcemente al mio orecchio mi fece perdere un battito, perché quella voce l’avrei riconosciuta tra mille.

-Damon?- sussurrai di rimando, spaesata –Ma cosa…? Cos’è accaduto?- avevo la gola secca.

-Shh, adesso riposa. Dopo ti spiegheremo tutto- lo guardai negli occhi scuri che erano fissi nei miei. Centinai di emozioni attraversarono il suo sguardo, stranamente più vivo di quanto avessi mai visto, ma ciò che colsi con chiarezza mi sorprese. C’era preoccupazione, sollievo ma anche…rabbia? Ma non ebbi il tempo di osservarlo meglio, ne di chiedere altro, perché due braccia esili mi si strinsero al collo in un abbraccio che poteva essere frainteso come un tentativo di strangolamento.

-Bonnie! Mio Dio per fortuna ti sei svegliata! Non sai che paura ci hai fatto prendere, per un attimo ho pensato che non ce l’avresti davvero fatta! Oh Bonnie come sono felice di vedere che stai bene!- Elena continuava a tenermi stretta mentre gridava tra le lacrime di gioia la sua felicità e il suo sollievo. Sorrisi e ricambia il suo abbraccio/strangolamento.

-Sono contento di vedere che stai bene- Stefan mi guardava sorridente, ad un metro dal ciglio del letto.

-Grazie- sussurrai con voce un po’ roca. Non riuscii neanche a guardarlo negli occhi perché le braccia di Meredith, che era entrata come una scheggia nella stanza e si era fiondata sul letto dalla parte opposta di Elena, si erano aggiunte a quelle della mia amica bionda creandomi un muro se combinate con le loro teste e l’infinità di capelli che mi ricoprivano la faccia e le spalle.

-Stupida, stupida, stupida strega! Mi hai fatto venire un colpo! Non farlo mai più hai capito bene?!- singhiozzò la mia amica senza staccarsi da me.

-Mi dispiace, davvero mi dispiace tanto- dissi con tristezza e gratitudine per tutto quell’affetto.

Tra uno spiraglio e l’altro riuscii a vedere Damon che, appoggiato con la schiena al muro e con le braccia incrociate sul petto, mi fissava serio. Era bello da star male con quella camicia bianca attillata che metteva in risalto i suoi capelli scuri e un paio di jeans neri, non potei evitare di pensarlo. Arrossi di fronte al peso di quello sguardo e distolsi i miei occhi dai suoi, incrociandone un altro, decisamente più afflitto e rattristato.

-Matt!- lo chiamai con stupore e gioia. Per fortuna stava bene.

-Sono davvero felice di vedere che ti sei svegliata. Mi dispiace tanto Bonnie…Io…- era imbarazzato e teneva gli occhi puntati sul pavimento.

-Non è colpa tua, davvero Matt non lo è. Anche io sono felice di vedere che stai bene- un ringhio basso e minaccioso mi ammutolì. Il più grande dei Salvatore di era fatto scuro in volto e fissava il mio amico con odio puro.

-E invece Mutt la nostra cara streghetta sbaglia ad assolverti dalle tue colpe. Ma come cazzo ti è venuto in mente di portarla fuori?! Tu stupido umano! Pensavi di riuscire a proteggerla da un vampiro!? Sei cosi idiota da crederti più forte di lui?!- era furente e il suo sguardo scintillava dalla rabbia che non si curava neanche di nascondere.

-Damon...- presa dal panico cercai di richiamarlo, nascondendo la mia sorpresa di fronte alla sua reazione. Lui lo stava aggredendo perché mi aveva messa in pericolo? Si preoccupava per me? In quell’istante il mio cuore si riempì di gioia e non potei evitare di sorridere dentro di me, anche se sapevo che forse sarebbe stata l’ennesima speranza vana.

-No, streghetta, non provare a difenderlo. E non credere che anche tu ne sia esonerata. Hai idea del pericolo che hai corso?! Hai la più pallida idea di cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo?! Cosa diavolo ti è saltato in mente uscendo senza protezione?! Devi ragionare accidenti! Non puoi essere sempre così impulsiva!- mi fissò irato, eppure nel suo sguardo c’era di più che nelle sue parole. C’era qualcosa che non voleva mostrare, qualcosa che voleva fosse celato, tanto che non me ne accorsi, troppo sconcertata da poter pensare realmente. Lo fissavo semplicemente, gli occhi sgranati, mentre la stanchezza e la debolezza mi annebbiavano il cervello.

-Io…- cercai di dire qualcosa di sensato per difendermi, per salvaguardare il mio orgoglio, ma non mi veniva in mente niente. Sapevo bene quanto lui che aveva ragione, però la parte più testarda di me non gliel’avrebbe data vinta neanche sotto tortura. Eh già, ero troppo orgogliosa, proprio come lui.

-Damon, lasciala in pace! Non lo vedi che è stravolta! E lascia stare anche Matt, ci pensa da solo ad auto punirsi- Meredith guardò il vampiro con rabbia, tenendomi ancora stretta tra le sue braccia.

-Oh non credo che le sue punizioni siano anche solo vagamente simili a ciò che avrei in mente io- per un attimo i suoi occhi si accesero di una luce minacciosa, la stessa che si può vedere in un predatore a caccia.

-Damon, ha ragione. Fallo per lei almeno- Stefan, serio,  guardò il fratello negli occhi per alcuni secondi che sembrarono un eternità. Era calato un silenzio pesante e sembrava che nella stanza non ci fossero altro che i Salvatore, che non facevano altro che guardarsi, muti, con un espressione così dura e seria da mettere quasi paura. Che stessero comunicando mentalmente? Non lo esclusi, anche se una parte di me credeva che entrambi si fossero capiti solamente con quello sguardo intenso e misterioso. Probabilmente tutti si stavano chiedendo chi volesse indicare Stefan con il termine “lei”, almeno io me lo chiedevo. Le uniche ragazze nella stanza eravamo io, Meredith ed Elena. Di sicuro non si stava riferendo a Meredith. Che fosse Elena? O io? Per come l’aveva detto però sembrava che volesse intendere di farlo per la lei a cui lui teneva, quindi alla fine optai con tristezza per Elena, il suo angioletto.

Osservai il profilo del vampiro che amavo col cuore e odiavo con la mente, attenta a cogliere ogni suo mutamento di espressione. Vidi i suoi occhi d’onice liquida fissare seri quelli del fratello e notai la sua mascella contrarsi per poi rilassarsi. Fece un piccolo, breve cenno d’assenso, si buttò un’occhiata alle spalle, nella mia direzione, e uscì dalla stanza incenerendo Matt con lo sguardo. Quest’ultimo, come un cagnolino bastonato, tremò quando il vampiro gli passò accanto ghignando della sua reazione impaurita prima di scomparire nell’ombra.

Rimanemmo alcuni minuti in silenzio.

-Scusalo è solo…- Stefan stava per dire qualcosa, ma poi si bloccò improvvisamente –Adesso è meglio se noi usciamo, hai bisogno di riposo. Più tardi, quando sarai meno stanca, ci racconterai cos’è successo, e anche noi ti diremo un paio di cose. Adesso però dormi- Stefan mi salutò con affetto e usci dalla stanza, seguito poco dopo da Matt, Elena e Meredith.

-A dopo tesoro, riposa- Meredith mi baciò la fronte prima di sparire.

-A dopo Bonnie- Elena mi lasciò una carezza sulla guancia.

-Grazie di tutto ragazze -

-Grazie a te Bonnie. Grazie di essere ancora viva- la mia bionda amica mi sorrise con le lacrime agli occhi ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

Non ci misi molto a prendere sonno, il mio corpo risentiva ancora di una stanchezza esagerata per aver dormito…quanto? Non me lo ricordavo bene, o forse non lo sapevo proprio. Prima che le calde braccia di Morfeo mi accogliessero di nuovo nel suo dolce abbraccio cercai di tornare con la mente all’ultima volta che i miei occhi erano stati aperti, ma tutto ciò che fui in grado di ricordarmi erano solo scene scollegate tra loro, flashback troppo brevi per farmi capire davvero cosa fosse successo. Alla fine, nel momento in cui mi stavo sforzando sempre più rivangando a fondo la memoria, il buio calò sui miei occhi, inaspettato, improvviso, e non riuscii più a distinguere quali fossero i ricordi e quali il sogno.

 

Quando mi svegliai, in piena notte, fuori diluviava. Lo capii da come il vento fischiava, penetrando nelle fessure delle finestre, o da come la pioggia batteva sui vetri, insistente, quasi volesse sfondarli. Rimasi per un quarto d’ora immobile, cercando di cogliere ogni minimo rumore e godendomi quella piacevole sensazione che mi colpiva ogni volta che pioveva. Fin da bambina adoravo mettermi a letto quando la pioggia batteva sul tetto e sulle finestre, coprendomi fin sopra le orecchie con le coperte e sentendo i brividi lungo tutto il corpo che mi causavano la pelle d’oca. Era una sensazione strana, per alcuni anche fastidiosa si potrebbe pensare, ma a me piaceva, ecco perché adoravo i temporali.

Alla fine sbuffai, stanca di starmene lì sdraiata. Avevo sete e volevo alzarmi, fin troppo sveglia per restare ferma a non fare niente. Con molta cautela scostai le coperte e scesi dal letto. Il fianco mi faceva male a causa della ferita che avevo scoperto di avere da circa due minuti, quando scostando la camicia da notte avevo visto una grossa fasciatura. In più tutto il mio corpo era indolenzito, come se fossi stata investita da un autobus o avessi corso per chilometri senza mai fermarmi. Allungai una mano e presi la vestaglia poggiata sulla poltrona, dopodiché mi incamminai verso il corridoio, ignorando le fitte che la ferita mi provocava.

Scesi le scale non senza fare una certa fatica e sull’ultimo gradino dovetti fermarmi per riprendere fiato e far placare il dolore costante.

-Non pensavo fossi tanto masochista, streghetta- una voce ironica proveniente dall’ombra nel salotto mi fece sobbalzare e portare una mano al petto. Non c’era bisogno che accendessi la luce per capire chi era.

-Hai intenzione di farmi venire un infarto?- sussurrai indignata. Anche se una parte di me gioiva per quell’incontro l’altra cercava in tutti i modi di essere la solita Bonnie scontrosa verso quel vampiro secolare. Inoltre avevo il terrore che si comportasse come qualche ora prima, urlando con rabbia, anche se mi sembrava dal tono di voce decisamente più calmo.

-Assolutamente no, direi che ci hai già pensato da sola a trovare il modo per farti del male- notai la frecciatina in quelle parole e non potei non storcere la bocca. Possibile che fosse tanto adirato per quella faccenda? Si direbbe quasi che quella reazione fosse la conseguenza della preoccupazione, il che era assurdo visto che stavamo parlando di me e di Damon, e lui non poteva preoccuparsi per me.

-Ti prego smettila. Credimi ho capito da me che ho fatto una cavolata, non c’è bisogno che tu lo sottolinei- mi avviai verso la cucina senza guardarmi indietro, tanto non avrei potuto vederlo visto che continuava a stare al buio.

Aprii il frigo in cerca della bottiglia d’acqua e alla fine la vidi, nel ripiano più basso sul portellone. Mi piegai per afferrarla. Pessima mossa. Una fitta acuta, molto più dolorosa delle altre, mi colpì in pieno al fianco tanto che dovetti appoggiarmi al tavolo per non crollare. Nell’esatto istante in cui dalle mie labbra uscì un gemito di dolore sentii Damon materializzarsi al mio fianco. Non ebbi neanche la forza di reagire quando mi mise un braccio attorno alla vita e si piegò accanto a me.

-Ehi, tutto bene?- sussurrò con una voce così dolce che per un attimo rimasi spiazzata. Da quando usava quel tono con me?

-N-Non proprio…- dissi imbarazzata e senza fiato.

Avevo i capelli davanti agli occhi e lo sguardo fisso sul pavimento, così non potei guardarlo in faccia per capire a cosa stesse pensando (non che le altre volte osservandolo ci riuscissi granché bene…), ma potei giurare che fosse preoccupato.

Arrossii di fronte a tanta premura e soprattutto perché sembrava non avesse nessuna intenzione di spostare il braccio, e cercai di schiarirmi la voce. Stavo per dire che forse era meglio se mi lasciava così ritornavo in camera quando mi sentii improvvisamente alzare da terra.

-Cosa…- non riuscii neanche ad obbiettare perché la voce mi si era bloccata in gola. Probabilmente un pomodoro maturo si sarebbe vergognato del suo colorito smorto se messo di fianco alla mia faccia.

In meno di mezzo secondo mi ritrovai con la testa appoggiata al suo petto freddo e scolpito mentre lui, con un braccio attorno alla mia schiena e l’altro sotto l’incavo delle mie ginocchia, mi sollevava senza alcuno sforzo.

Lo sentii ridacchiare divertito e un po’ strafottente di fronte al mio imbarazzo stratosferico ma non osai alzare lo sguardo, sicura che i suoi occhi fossero puntati sul mio volto accaldato.

-C-Cosa stai facendo?- cercai di darmi un tono indignato, ma quel che mi uscì fu un balbettio tremolante.

-Ti riporto in camera, streghetta, prima che tu ti faccia altri danni- mi soffio all’orecchio, e un brivido percorse la mia schiena quando sentii i suoi capelli neri e lucidi sfiorarmi la guancia.

Dov’era finito il Damon che mi odiava? Quello che mi insultava e mi ignorava, neanche fossi stata trasparente? Dov’era quel Damon che riservava queste premure solo al suo angioletto?

-P-Posso camminare benissimo da sola- continuai a balbettare in preda all’imbarazzo, cercando di mantenere alto il mio orgoglio inutilmente.

-Non credo proprio, uccellino- continuò a sussurrarmi sorridendo, mente si incamminava su per le scale.

-Aspetta, l’acqua!-  mi ricordai improvvisamente di avere la gola secca, e la situazione non la migliorava di certo…

Rise silenziosamente di fronte alla mia esclamazione e tornò indietro. Accidenti se era di buon umore…

Allungai un braccio per prendere un bicchiere e afferrai la bottiglia che poco prima ero riuscita ad appoggiare sul ripiano.

-Preso tutto?- continuava a sorridere, uno di quei sorrisi che mi mandavano in tilt cuore e cervello, così riuscii solo ad annuire come un idiota.

Per tutto il tempo rimanemmo in silenzio, io scarlatta e col cuore che andava a una velocità doppia (conscia che questo non gli sarebbe sfuggito), e lui tranquillo, con un mezzo sorrisetto compiaciuto sulle labbra dovuto senz’altro alla mia reazione.

Quando entrammo in camera mia mi adagiò con delicatezza sul letto, come si fa con i bambini quando è ora di dormire, e posò quello che avevo in mano sul comodino.

-Grazie- sussurrai con le guance in fiamme, e non mi riferivo solamente a quello ma anche a qualche giorno prima quando, ne ero sicura, mi aveva salvata da Pierre. Non potevo sbagliarmi, mi ricordavo nitidamente di un corvo nero venire verso di me e quel corvo era lui.

-Sai, quando sei imbarazzata sei molto più carina, e soprattutto meno offensiva- disse ironico e con una nota di arroganza mentre io un po’ mi arrabbiavo e un po’ mi imbarazzavo per quella sottospecie di complimento.

Lo vidi allontanarsi e dirigersi verso il corridoio, ma prima che il buio lo inghiottisse lo fermai.

-Damon?-

Si voltò e fissò i suoi occhi d’onice liquida nei miei.

-Si?-

-Perché?- era solo una parola, ma sapevo che avrebbe capito.

Per un attimo rimase in silenzio, lo sguardo serio posato sul mio viso mentre il mio cuore accelerava senza preavviso. Sembrava quasi volesse soppesare le parole. Dopo alcuni secondi rispose.

-Non lo so- le sue labbra si mossero svelte e prive di qualsiasi curva ironica.

Il mio cuore perse un battito. Mi sarei aspettata una battutina da lui, non una risposta tanto enigmatica.

-Sei diverso…- credetti di pensarlo e basta, ma a quanto pare lo dissi ad alta voce perché la sua mascella si contrasse per un istante mentre serrò i pugni, fissandomi come impietrito, una scultura greca tanto bella quanto indecifrabile.

-Lo so- disse infine, prima di sparire nell’ombra, lasciandomi lì, immobile, a riflettere su quelle parole che mi sembravano un mistero senza luce.

 

 

- - - angolino dell’autrice - - -

Ho appena visto una nuova recensione per il 7, meno male!=)
Comunque parliamo di questo capitolo… Sinceramente non so bene quanto si possa capire questo cambiamento di Damon, per me che conosco i suoi sentimenti è più che normale, ma per voi non so… spero che non sia ridicola questa cosa di passare improvvisamente dalle battutine all’essere così premuroso. Voglio solo dirvi che non è uno di quei capitoli in cui il personaggio improvvisamente passa dall’odio all’amore, così, senza una logica. No no, per carità odio queste cose! Lui non è cambiato per niente (ne i suoi sentimenti ne i suoi pensieri), ma è cambiata la nostra visione su di lui. Diciamo che abbiamo visto un lato di Damon che di solito lui cela ma che questa volta gli è sfuggito. Però non voglio dirvi altro, scoprirete tutto leggendo.
Spero davvero che vi sia piaciuto e mi raccomando recensite!!=)
Un bacio a tutti!!

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Capitolo 9
*** IX Capitolo ***


Capitolo 9

Non è un miraggio, lo giuro. 
Allora, lo so praticamente non mi sono fatta viva per mesi e vi chiedo scusa, vi ho tenuti sulle spine per troppo tempo, ma finalmente eccomi qui, con un'altro capitolo che spero vi piacerà. Vi prego non lapidatemi!=) Adesso vi lascio alla vostra lettura, mi raccomando alla fine lasciate un commentino, anche piccolo, per farmi sapere che ne pensate. L'ho scritto un po' di getto, non è ricchissimo di scene e particolari, ma volevo aggiornare per darvi un segno della mia presenza e per informarvi che questa ff non l'ho abbandonata. Buona lettura, e scusatemi ancora!

CAPITOLO 9

Fu una notte tormentata, fatta di incubi, di semi risvegli, di calde lacrime versate inconsapevolmente e sospiri affannosi. Quando mi risvegliai definitivamente, per la seconda volta dalla sera precedente, ero in un bagno di sudore. La camicia da notte era completamente umida, i capelli bagnati appiccicati alla fronte madida e fredda e le guance che tiravano a causai dei residui salati del pianto che non sapevo di aver fatto.

La ferita mi faceva sempre male e avevo un gran mal di testa, pensai che se il buongiorno si vede dal mattino quello decisamente non lo sarebbe stato per me.

Non senza un leggero sforzo mi voltai in direzione del comodino, allungando il collo sopra al cuscino per poter leggere la sveglia, e constatai che erano le 10.00.

Sospirai, indecisa se tentare la sorte e scendere dal letto o starmene buona buona sotto le coperte, come un qualunque convalescente nelle mie condizioni. La scelta però mi venne risparmiata dall’entrata in scena di una testolina bionda che riconobbi subito come Elena.

-Buongiorno dormigliona! Come ti senti?- sorrise raggiante mentre posava un vassoio stracolmo di cibo sul comodino, sedendosi poi sulle coperte e guardandomi amorevolmente.

-Insomma…sono stata meglio-

-Immagino…senti non sapevo se avevi fame, e nel caso cosa volessi, quindi ti ho portato un po’ tutto quello che ho trovato. C’è tè, caffè, latte, una spremuta, cereali, biscotti, una fetta di torta che ho comprato prima, una mela, una banana, fette biscottate, una marmellata di fragole e una di albicocche-

-Tutto in un vassoio?- scherzai, facendola sorridere –Vada per il caffè e la fetta di torta-

Mangiai in silenzio, sotto lo sguardo vigile di quella mia amica che sapevo fremeva dalla curiosità di sapere qualcosa sull’accaduto ma che era troppo preoccupata di risvegliare brutti ricordi per chiedermelo.

-Hai intenzioni di guardarmi ancora a lungo con quello sguardo di supplica?-

-Scusa?- fece lei con innocenza.

-Ti conosco Elena- sorrisi quando alzò gli occhi al cielo, sconfitta.

-Vorrei solo…sono preoccupata Bonnie. Insomma fin quando si trattava di strani sogni era un conto, poi quell’aggressione già mi aveva messo in allarme ma adesso…Dio mio ti rendi conto che hai rischiato di morire? E’ ovvio che voglio sapere più cose possibili-

Sospirai. La capivo, probabilmente anche io avrei avuto la stessa reazione al suo posto, anzi, conoscendomi, anche peggio.

-Sinceramente non ricordi benissimo, ma penso che sforzandomi riuscirei a ricavare qualcosa-

Effettivamente ogni volta che ripensavo a cosa mi era accaduto quella mattina una coltre di nebbiolina mi invadeva la mente, impedendomi di vedere nitidamente. Probabilmente era come uno scudo naturale scaturito dalla voglia di non voler provare di nuovo quello stesso dolore finisco che continuava a trattenermi a letto, una specie di protezione indotta dal mio corpo  per evitare di soffrire nuovamente, ma ero certa che se mi fossi sforzata un po’ di più quella nebbia si sarebbe diradata all’istante.

-Te la senti di provare ora? Non per affrettare le cose solo che di sotto ci sono tutti, così eviteresti di ripetere le stesse cose a ciascuno ogni volta-

-Si va bene, mi vesto e scendo-

Così le seguenti ore le passai spiegando nei dettagli ciò che riuscivo a ricordarmi, sforzandomi a tratti di più a tratti di meno. Certo le informazioni non erano molte, tutt’altro, però bastarono a mettere in allerta i due vampiri, che più di una volta si scambiarono sguardi misteriosamente complici che non mi lasciai sfuggire, intenzionata a chiedere spiegazioni non appena me ne sarebbe capitata l’occasione.

All’ora di pranzo la casa si svuotò drasticamente Meredith disse di avere degli impegni che non poteva assolutamente rimandare, anche se le dispiaceva lasciarmi così, Stefan doveva fare delle “ricerche” accompagnato da Damon, Elena decise di seguirli e Matt, che per tutto il tempo era rimasto in un silenzio reverenziale, alimentato sia dai sensi di colpa sia dalla paura di un’altra ramanzina/minaccia alla vista del più grande dei Salvatore, si dileguò non appena ne ebbe avuta l’occasione.

Fatto sta che in meno di dieci minuti mi ritrovai completamente sola in quell’enorme e austera casa. Indecisa sul da farsi, con il fianco ancora indolenzito e la fame sotto zero, optai per una perlustrazione in cerca di qualcosa che attirasse la mia attenzione e mi distraesse dai mille pensieri che continuavano imperterriti a occuparmi la mente.

Sorvolando sulla mia aggressione e sui dubbi da essa derivanti, in particolar modo dopo la chiacchierata di poco prima, c’era un dubbio enorme che popolava la mia testa da quella notte, un mistero dal quale non riuscivo a venirne a capo e che portava un nome tanto bello quanto tenebroso: Damon. O meglio, il suo strano, incomprensibile, stravagante e inconcepibile comportamento. Da quando lui, il principe indiscusso delle tenebre, il cuore di ghiaccio che non si scioglie nemmeno a 1800°C, il nobile vampiro che altri non ha per la testa se non la sua bella dama Elena, si abbassa a incasinarmi la vita con strani frasi che per me somigliano più che altro a quei rompicapi che si trovano sulla settimana enigmistica? Insomma, razionalmente parlando, sembrava che per un attimo fosse stato davvero serio, per un attimo si fosse davvero preoccupato per me, per un attimo avesse messo da parte quella sua stupida, fredda maschera e mi avesse lasciato sbirciare dal buco della serratura del suo cuore. Ma solo per un attimo.

Forse però ero io che stavo vaneggiando, probabilmente stavo delirando tanto da inventarmi complicati patemi dove non dovevano esserci, raccontandomi frottole nella vano tentativo di concedermi un’ultima speranza.

Sciocca…sciocca illusa…come potevo solo pensare a una simile possibilità? Come potevo pretendere di avere avuto un simile lusso? No, io non valevo niente per lui, niente di più una semplice umana da calpestare a proprio piacimento. Eppure dovevo aver imparato alla fine, no? Ma perché?! Perché ogni volta che riuscivo a rassegnarmi, perché ogni volta che capivo quanto mi stavo sbagliando, lui tornava, bello e fiero, e distruggeva in un soffio tutto il mio precario equilibrio, fatto di sottili fili invisibili come immacolate ragnatele che vengono spezzate dalla forza del vento? Questo proprio non riuscivo a comprenderlo. Si divertiva tanto a farmi rialzare, illudendomi e regalandomi false speranze, per poi gettarmi ancora più in basso? Era una specie di rituale? Un giochetto per passare il tempo? Ero questo per lui?

Beh io non ci stavo. Troppe volte glielo avevo permesso. Troppe volte si era divertito, vedendo il mio rossore, la mia collera, la mia adorazione e infine la mia disperazione. Questa volta no, non sarebbe andata a finire così, dovevo una volta per tutte porre la parola fine. Se questo, nel suo rituale, era il momento in cui mi illudeva, non gli avrei lasciato fare la prossima mossa, non gli avrei lasciato distruggere nuovamente le mie illusioni, le avrei cancellate io per prima, così che avrebbe trovato il campo vuoto al suo arrivo.

Con un sorriso vittorioso sulle labbra, soffocai sul nascere tutti quei pensieri e mi concentrai su altro, pensando che da ora in poi avrei fatto sempre così, non appena il nome Damon sarebbe sorto nella mia mente.

Non fu poi così difficile distrarmi. Ero appena giunta di fronte alla biblioteca, una stanza grande quanto il salotto, con le pareti ricoperte da scaffali e scaffali di libri impolverati e il cui centro era occupato da massicce e invitanti poltrone imbottite e rivestite da morbida pelle marrone scuro. Dalle finestre in alto entravano di taglio lame di luce, che creavano un’atmosfera quasi arcaica, senza tempo. Estasiata da tutto quello splendore, mi catapultai all’interno, facendo vagare lo sguardo sull’infinità di quei volumi e soffermandomi sui più invitanti. Ne estrassi alcuni con estrema delicatezza e li poggiai ai piedi di una delle poltrone, prima di accoccolarmi su di essa e lasciarmi trasportare dalle parole di quei meravigliosi racconti classici.

Un suono per metà acuto e per metà profondo, tanto forte da rimbombare nella stanza producendo un sonoro eco, mi fece sobbalzare e spalancare gli occhi di colpo, ridestandomi dal dolce torpore in cui mi ero assopita. Individuai subito l’origine di quell’elegante chiasso: l’orologio a pendola stava segnando le cinque di pomeriggio.

Sorpresa per aver dormito tanto, feci leva sul sedile per tirarmi un po’ su, ma mi bloccai non appena vidi chi avevo di fronte, comodamente seduto su un’altra poltrona intento a sfogliare il libro che riconobbi come quello che era stato tra le mie mani fin quando non mi ero addormentata. Mi schiarii la voce e assunsi un’espressione dura.

-Che ci fai qui?-

Alzò gli occhi d’onice e lì puntò su di me con arroganza, paralizzandomi seduta stante. Incredibile l’effetto che aveva su di me quella creatura, e lui lo sapeva alla perfezione, ne era la prova il sorrisino che era appena comparso sulle sue labbra.

-Vedo che ti sei svegliata, bell’addormentata-

-Ripeto, che ci fai qui?-

-Ci vivo. Devo forse ricordarti che questa è casa mia?-

Lo guardai scettica, aspettando che continuasse seriamente.

-Ero venuto a cercare un libro, poi ho visto qualcosa muoversi su una poltrona. Diciamo che è impossibile non riconoscere la tua massa rossa, così mi sono avvicinato per vedere che ci facevi qui- sventolò il libro in aria –Orgoglio e Pregiudizio? Se prevedibile streghetta, tutte le donne adorano questa favola ottocentesca-

Punta sul vivo, lo guardai accigliata e mi strinsi nelle braccia.

-Sai quanto me ne può fregare di essere prevedibile per te…facile parlare quando si ha il dono di leggere la mente-

-E questo che centra?-

-Centra. Tutti sono prevedibili per una persona che riesce ad entrare nella loro testa con la facilità con cui attraversa una porta spalancata- borbottai seccata, rivangando nei ricordi tutte le volte in cui ero stata costretta a creare un blocco per evitare che mi leggesse i pensieri.

-Ma ora non lo sto facendo-

-Solo perché ho creato uno scudo-

-Touchè- ammise con un sorriso che mi ricordava più un ghigno minaccioso.

Il silenzio che si creò subito dopo riuscì ad innervosirmi all’inverosimile. Cosa diamine stava facendo? Era la sua nuova tattica per mettermi in imbarazzo? Beh ci stava riuscendo alla perfezione. Sbuffai.

-Qualcosa non va streghetta?- lo chiese a mo’ di beffa, sapeva alla perfezione ciò che non andava.

-No, va tutto benissimo, grazie per l’interessamento- usai un tono sarcastico da tre soldi che non lo scalfì minimamente.

Cadde di nuovo il silenzio, scandito soltanto dai rintocchi dell’orologio e dal rumore delle pagine del libro che Damon continuava a sfogliare con fare annoiato. Ormai all’apice della sopportazione mi alzai di botto, reprimendo con un gemito le fitte che quel movimento brusco mi avevano provocato e puntai in direzione della porta. Stavo per varcare la soglia quando la sua voce mi fermò.

-Non so quanto ti faccia bene stare alzata, uccellino. Ti conviene metterti a letto-

-E a te cosa te ne frega della mia salute?- sbottai arrabbiata, quando l’avrebbe finita di prendermi in giro a quel modo? E quando avrebbe smesso il mio cuore di accelerare i battiti al suono basso e caldo della sua voce?

La riposta tardò così tanto ad arrivare che mi voltai, scoprendo sul suo volto perfetto un’ombra scura di turbamento che poche volte gli avevo visto.

-In effetti, niente- si alzò di botto, lo sguardo severo fisso nel vuoto e si incamminò verso di me. Indietreggiai di un passo, ma lui mi sorpasso. Sentii soltanto la stoffa delle nostre vesti strusciare nell’istante in cui mi fu di fronte e la scia del suo profumo che sapeva di notte impregnare l’aria circostante.

Prima di poter realmente capire cosa stessi facendo, tesi un braccio ed afferrai la sua camicia nera. Nell’stante in cui le mie dita si strinsero attorno alla stoffa ruvida mi accorsi del gesto avventato che avevo appena fatto. Sbarrai gli occhi, aspettandomi una sua qualche reazione. Lo vidi irrigidirsi sotto la mia presa e allontanai di scatto la mano, quasi fossi rimasta scottata.

-Che altro c’è ora?- lo disse con durezza, con rimprovero, il che mi disorientò ancora di più.

Cosa c’era diceva? Sinceramente non lo sapevo neanche io. Perché l’avevo bloccato? Per domandargli forse spiegazioni sul suo comportamento? Avevo forse creduto per un attimo di potergli chiedere con così tanta facilità una cosa di cui sicuramente avrebbe riso, dicendomi che ero solo una piccola sciocca stupida illusa?

Già…proprio stupida.

-Io…niente lascia stare- abbassai lo sguardo, arrossendo fino alla punta dei capelli.

-Torna a letto streghetta- questa volta lo disse con una nota di dolcezza che mi fece alzare di botto lo sguardo, per andare a posarlo sulle sue spalle larghe a cui avrei tanto voluto aggrapparmi e sui suoi lisci capelli neri.

Perché mi fai questo?

Avrei voluto dirglielo ma lo pensai e basta, senza scudi, senza protezioni, affinché se avesse voluto l’avrebbe semplicemente letto nella mia mente.

Poi, prima che potesse dire altro, mi allontanai, camminando sempre più velocemente, fin quasi a piegarmi per le fitte di dolore, e raggiunsi la mia camera, lasciandolo nel corridoio, con i pugni serrati per quella lotta interiore di cui io ero completamente all’oscuro.

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Capitolo 10
*** X Capitolo ***


Capitolo 10

Ehm…salve gente! Ok lo so, a questo punto merito la fustigazione. Vi ho abbandonate per tre mesi e più, percui sono imperdonabile e ogni mia scusa sarà vana, giusto? In tutti i casi ci provo e vi chiedo umilmente perdono per la mia assenza. Per questo capitolo dovete ringraziare Stellina, che mi ha contattata per avere notizie su questa mia storia che sembra io abbia dimenticato, e allora presa dai sensi di colpa per non aver trovato un briciolo di tempo in queste vacanze in cui scrivere mi sono subito messa all’opera, creando questa dose massiccia di… anzi no, non vi dico niente altrimenti vi rivelerei troppe cose, penso solo che sia un buon modo per scusarsi=)

Scusatemi ancora per il mio immenso ritardo, sono mortificata

Buona lettura!

 

 

 

CAPITOLO 10

 

 

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A voler essere completamente sinceri, cominciavo seriamente a preoccuparmi. Elena mi impediva di uscire di casa, placando ogni mia obbiezione con la banale e ormai scontata scusa “hai rischiato di morire meno di una settimana fa, scordati di mettere piede fuori dalla porta fino a che non sarai completamente guarita”, il che mi rendeva nervosa come solo un animale in gabbia può esserlo, Stefan continuava a passare le sue giornate vacillando tra il rintanarsi nello studio per quelle che definiva ricerche complesse, allo stare fuori casa mezza giornata a scopi a me ignoti, ed infine Damon non lo si vedeva quasi mai, se non in rari momenti nei quali si rinchiudeva con Stefan in quello che sembrava diventato il loro confessionale, a discutere ininterrottamente su quelli che speravo vivamente fossero dei sani e grossi sviluppi.

Per farla breve, temevo di non poter mai più uscire da quel circolo vizioso popolato da una noia pesante quanto un macigno, e da una palpabile preoccupazione che velava l’aria dal giorno dell’attacco. Le mie ore trascorrevano così lente da sembrare infinite, ore che cercavo di impiegare al meglio spodestando Elena dalla cucina e impossessandomi dei fornelli non solo per riprodurre i complicati piatti dei libri culinari che trovavo in giro, ma arrivando addirittura alla creazione di mie personali ricette che facevo assaggiare ad una diffidente bionda, la quale si lamentava di prendere troppi chili con questo mio nuovo passatempo. Questo mio continuo lavoro però mi stancava parecchio, soprattutto perché il mio fisico ancora risentiva delle fitte provocate dalla ferita dopo svariate ore passate in piedi a smuovermi da una parte all’altra della cucina, girando il contenuto di grossi pentoloni e impastando con movimenti secchi e decisi le sfoglie che inevitabilmente mi occorrevano. Di conseguenza la sera mi infilavo a letto prestissimo, stravolta e dolorante, sperando che la mia prigionia finisse al più presto e che le ricerche su Pierre portassero a qualcosa di utile e decisivo.

Fu proprio in quella che era diventata la mia seconda stanza che un inaspettato ospite mi trovò, intenta a mescolare una crema al cioccolato aromatizzata col brandy.

-Hai intenzione di trasformare casa mia in una pasticceria streghetta?-

La mia prima, automatica reazione fu quella di rispondergli male, ma vedendo il sorriso dalle sembianze pacifiche che gli illuminava il volto e constatando che effettivamente quella che aveva fatto era solamente un innocua battuta priva di cattiveria, optai per una frase altrettanto leggera, sorridendo appena e forse per la prima volta con autentica sincerità ad un Damon che da un po’ di tempo a quella parte mi stupiva sempre più.

-Difficile fare altro, imprigionata come sono in questa gabbia d’oro- indicai con un cenno del capo la stanza, continuando a mescolare il contenuto della ciotola di plastica che tenevo ben salda in mano ed evitando accuratamente lo sguardo del vampiro.

Mi aspettavo da un momento all’altro il ritorno del freddo Damon, quello che non mi guardava minimamente e che mi ignorava come fossi stata trasparente, lo sapevo che c’era ancora, ne ero certa tanto quanto ero certa che non bastassero due o tre episodi nei quali quel suo nuovo lato era comparso misteriosamente per cancellare tutto il resto.

-Lo fanno per il tuo bene, sono preoccupati streghetta, cerca di capirli-

Stupita per quello che sembrava il primo discorso serio avuto assieme a lui in tutta la mia vita, appoggiai la ciotola sul tavolo, mi pulii le mani nel grembiule bianco e rosso e alzai la testa verso quel volto perfetto che da tempo avevo imparato a conoscere in ogni sfaccettatura e in ogni raffinato dettaglio, incrociando così il suo sguardo sereno ma allo stesso tempo serio.

-Ma perché loro non cercano di capire me? Ho rischiato la vita, d’accordo, e a quanto pare un vampiro pazzo sembra intenzionato a darmi la caccia fin quando non mi avrà presa per chissà quale assurdo  e arcano motivo, ma io qui dentro impazzisco. Passo le giornate a cucinare e mi sembro patetica da sola, quindi evita di ricordarmelo con una delle tue solite battutine nel caso ti fosse venuto in mente, il fatto che mi è stato vietato di mettere piede fuori casa è continuamente giustificato da questa- dissi indicandomi il fianco dolorante e bendato dove la ferita lentamente stava guarendo –E anche se sono pronta ad ammettere che a volte mi fa male, questo non implica che io non possa mettere il naso fuori da quella stramaledetta porta almeno qualche volta, quindi smettetela di utilizzare banali scuse e dite come stanno le cose: non sapete che pesci prendere e l’unica cosa che potete fare e tenermi segregata e sotto controllo ventiquattro ore su ventiquattro. Sbaglio forse?- lo guardai con sfida, ma era una battaglia persa in partenza se l’avversario si chiamava Damon Salvatore, per questo non mi stupii nel vederlo sorridere.

-Se fosse per me, potresti uscire anche subito, ma Elena ha chiaramente fatto intendere che ti vuole sotto i suoi occhi più tempo possibile. Inoltre le nostre ricerche, anche se a rilento, procedono, e i risultati ci sono, anche se tu non li conosci. Percui almeno per una volta, streghetta, smettila di sputare sentenze e proteste, e ringrazia che ci sono persone come lei che cercano di proteggerti come meglio possono-

Rimasi spiazzata, prima di sorridere amareggiata.

-Mi ero illusa di poter fare un discorso serio con te per una volta nella vita, ma come posso criticare le scelte della donna che tu seguiresti in capo al mondo ad occhi bendati? Era piuttosto ovvio che tu accettassi le sue idee, visto e considerato che non ti importa a chi o cosa sono dirette, né tantomeno cosa comportano, ma ti interessa soltanto da chi provengono- scossi la testa e ripresi la ciotola in mano, sperando che i miei occhi non mi tradissero facendo traboccare quelle lacrime che tanto volevano colare lungo le mie guance.

Ancora una volta mi ero illusa.

Ancora una volta avevo ceduto ad una delle mille maschere di quel vampiro, cadendo nella sua trappola, credendo che il centro di tutta la discussione fossi io, non lei.

Ancora una volta ne ero rimasta scottata.

Cadde il silenzio ed io, che non osavo alzare gli occhi probabilmente lucidi, pensai per un attimo di essere rimasta sola. Uno spostamento d’aria al mio fianco mi convinse del contrario, ed una mano che si posava sulla ciotola per strapparmela di mano e appoggiarla nuovamente sulla tavola, mi fece alzare di scatto la testa, così che i miei occhi verdi e acquosi potessero incrociare quelli di lui, illuminati da un bagliore che non avevo mai visto prima.

-Per una volta, per una volta soltanto, riuscirai mai a non avere la seccante convinzione di sapere ciò penso e di conoscere ogni ragione nascosta dietro le parole che dico e le mosse che faccio senza neanche chiedermela?- sussurrò suadente a bassa voce, perché la distanza tra me e lui era veramente infima, tanto infima che arrossi di botto, un po’ per quello e un po’ per le parole appena sentite.

-N-non ci sperare troppo…ti conosco abbastanza bene da ritenermi in grado di farlo- ribattei, maledicendomi per il mio inizio traballante, mentre cercavo di scostarmi da lui con scarsi risultati: dietro di me c’era il tavolo.

-Tu dici? Quindi mi conosci abbastanza bene da poter comprendere perfettamente anche questo, giusto streghetta?- e con mio sommo imbarazzo, vidi la sua mano alzarsi e posarsi delicatamente sulla mia guancia, sfiorandomi la pelle bollente con il dorso in una lieve carezza che bastò a mandarmi in tilt il cervello.

D’accordo, chi era questo tizio e dove era finito il vero Damon?

Probabilmente mi aveva letto la mente, perché sorrise e senza aspettare una mia risposta, impossibile da formulare dopo quella presa in contropiede assolutamente insensata, continuò.

-O questo…- e mentre il mio battito accelerava a dismisura e il respiro mi si mozzava in gola, lui si piegò fino a che sentii il suo dolce aroma sul viso, e prima che potessi fare niente per bloccarlo, posò le sue labbra sulla mia fronte in un delicato bacio.

-O questo…- e scese, continuando a fissarmi negli occhi, ad immobilizzarmi con un solo sguardo giocando con me cose fossi una bambola nelle sue mani, fino a che sentii di nuovo le sue labbra posarsi sulla punta del mio naso, solleticandomi le guance e facendomi tremare da capo a piedi, mentre una colorazione ancora più scarlatta si aggiungeva al mio giù accentuato rossore, facendolo sorridere.

-O questo…- e dopo aver indugiato per un attimo, guardandomi intensamente come a voler prendere la giusta decisione all’ultimo secondo, fece combaciare le sue labbra alle mie in un lieve e tenero bacio che mi fece sciogliere il cuore.

Credetti di poter cadere, tanto le mie gambe erano instabili, e solo l’appoggio del tavolo, al quale mi arpionai con mani tremanti, mi tenne in piedi.

Non capivo più niente, non lo capivo più. Era cambiato, già da tempo era cambiato ed io non me ne ero mai accorta, troppo accecata dalla rabbia, dalla gelosia e dal dolore per poterlo notare, era cambiato e adesso me lo stava dimostrando, svelando tutte le sue carte, buttando giù tutti i muri che ci avevano separati fino a quel momento.

Quando la sua mano mi afferrò la nuca in un delicato gesto per attirarmi di più a se, per approfondire quel bacio che mai pensavo sarebbe diventato realtà, rimanendo soltanto un sogno scaturito dalla mia fervida e contorta immaginazione, solo allora decisi di staccarmi, troppo scombussolata da ciò che stava accadendo per poter continuare ad ignorare la domanda che spontaneamente mi affiorò alle labbra nell’stante in cui i nostri sguardi, ardenti ma allo stesso tempo interrogativi, si incontrarono.

-Perché?- sussurrai piano, come timorosa di poter spezzare improvvisamente quello che a me pareva soltanto un fragile sogno.

-Ne deduco che non sei riuscita a comprendere il significato di questi gesti, streghetta- sorrise alzando un sopracciglio, ma notando il mio sguardo inquieto e per nulla incline alle battute, si fece serio –Perché, dici?-

Annuii appena, aspettando che mi spiegasse finalmente tutti questi suoi cambiamenti che nel corso degli ultimi tempi avevo notato, ma ai quali avevo dato una spiegazione evidentemente errata.

-Non lo so, o meglio, preferirei non saperlo- eccola, un’altra delle sue celebri frasi enigmatiche. Aspettai che si spiegasse, ma vedendo che non era sua intenzione farlo lo incitai.

-Non credo di aver capito-

Sospirò.

-Se ti dicessi che negli ultimi tempi mi sono accorto di un cambiamento, in me, e che ho cercato in tutti i modi possibili di negarlo non solo agli altri, ma anche a me stesso, finendo col far del male alla sola persona che una parte di me desiderava seriamente ferire, mentre l’altra voleva semplicemente proteggere, mi crederesti?-

Mi fissò come se volesse cavarmi la risposta direttamente dall’anima, ed io gli dissi ciò che veramente pensavo.

-Dipende—

Sorrise appena, un sorriso che non contagiò i suoi occhi d’onice, scuri e profondi come un oceano senza fondo.

-Da…?- mi incitò.

-Da chi ti riferisci- rimasi in silenzio, scrutando quel volto meravigliosamente perfetto che aspettava pazientemente una mia continuazione. Sospirai e abbassai lo sguardo –Se fosse Elena la persona in questione- sentii un sonoro sbuffo seccato, ma continuai, per nulla scoraggiata –Se fosse lei, probabilmente non avrei dubbi sulla verità delle tue parole, ma visto che tu…beh tu…hai baciato me ora, presumo che ti riferissi alla sottoscritta, e allora si, che i dubbi mi vengono- finalmente alzai lo sguardo e potei constatare quanto in effetti fosse rimasto infastidito dal mio ragionamento.

-Sai streghetta, pensavo fossi testarda, ma non fino a questo punto- ribattè accigliato, facendomi scaldare un tantino.

-Beh scusa se ho i miei dubbi, visto e considerato che per anni mi hai trattata come se non fossi neanche degna di camminarti accanto, schernendomi in tutte le maniere possibili o ignorandomi, neanche fossi invisibile- sibilai amara.

-In cinquecento anni ho imparato fin troppo bene quanto le cose possano cambiare radicalmente anche in pochi attimi- ribattè seccato –Quindi per una volta fidati di me, e smettila di vedere ciò che i tuoi stupidi pregiudizi vogliono farti vedere-

-Stupidi pregiudizi? Mi hai detto le cose più spregevoli, mi hai insultata, illusa, manovrata a tuo piacimento, e tu definisci tutto questo stupidi pregiudizi?! Pensavo, anzi ero sicura che tu mi odiassi, per motivi a me sconosciuti per giunta. Quando mi guardavi nei tuoi occhi vi leggevo il puro disprezzo, e quando mi sorridevi eri così falso che nemmeno il più stolto degli uomini avrebbe potuto crederti. Ti sei fatto beffe di me da sempre, mi hai ingannata così tante volte che ne ho perso il conto.  E anche adesso…chi me lo dice che non sia tutto un tuo trucchetto per divertirti? Chi mi garantisce che alla fine non mi riderai in faccia dandomi della stupida?- trattenni un singhiozzo, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime dalla rabbia e dal terrore che ciò che stavo dicendo potesse avverarsi –Chi mi giura che alla fine di questa conversazione non andrò in mille pezzi?!- voltai la testa, nascondendo alla sua vista gli occhi lucidi ed arrossati.

Nella stanza piombò il silenzio, silenzio che non facilitava il mio tentativo di celare il respiro affannoso spezzato dall’imminente pianto. Poi, senza che me ne accorgessi, mi prese il mento tra le dita, costringendomi a voltare il viso per poterlo guardare dritto negli occhi.

-Io. Te lo dico io, e te lo garantisco, e te lo giuro anche, se è questo che vuoi. Però fidati streghetta, fidati per una volta. Anche se in passato non ho fatto niente affinchè tu lo faccia con tranquillità e serenità, fidati di me-

-Perché? Perche?- non mi bastavano quelle parole, non mi bastava quella sua convinzione nello sguardo né quel bacio; volevo sapere il motivo, il vero motivo, quello che tanto faticava a dire, quello che avevo intuito già dall’inizio ma che desideravo soltanto sentire dalle sue labbra.

Strinse il pugno, combattendo una lotta interiore che nessuno poteva davvero comprendere se non lui. Lo sapevo che gli stavo chiedendo tanto, lo capivo perfettamente ma non potevo fare altro, non mi sarei mai potuta fidare se non avessi sentito la verità da lui, non avrei mai potuto accettare una realtà che poteva anche vagamente non essere come immaginavo.

-Maledizione perché ci tengo davvero a te, d’accordo? E l’ho voluto negare sino alla fine, andando contro l’ovvietà dei miei sentimenti fino a che ho potuto. Però, quando hai rischiato di morire, quando ho rischiato di perderti per sempre, mi sono accorto di quanto stupido fossi stato, di quanto sciocco ed infantile fosse il mio ragionamento, e mi sono arreso- sospirò, rilasciando il pugno e facendo un debole sorriso rassegnato –Sei contenta adesso, streghetta? L’ho detto, proprio come volevi, ed ora come ora sinceramente non mi riconosco più…-

Rimasi a fissarlo, intenerita, le lacrime che mi scorrevano lungo le guance, il cuore che sembrava voler esplodermi nel petto. Non poteva essere vero…

Damon mi sorrise, un piccolo sorriso che mi scaldò il cuore –E invece lo è-

Sorrisi anch’io, poi, lentamente, mi avvicinai fino a prendere la mano che poco prima teneva serrata, tra le mie. Sentivo il pompare del sangue nelle orecchie, come un tamburo impazzito che aumentava ritmicamente la sua velocità, sentivo il mio respiro accelerare mano a mano che la distanza tra di noi diminuiva, e sentivo il suo, di respiro, bagnarmi il viso mentre il suo sguardo attento seguiva ogni mio movimento.

Prendendo coraggio mi alzai in punta di piedi, reggendomi alle sue larghe spalle, e quando lui abbassò la testa con un ghigno che conoscevo bene stampato sulle labbra, sussurrai a pochi centimetri dal suo volto, prima che la distanza tra di noi diventasse nulla, -Mi fido-

 

 

 

- - - angolino dell’autrice - - -

All’inizio stavo per dire “dose massiccia di smielataggine, che vi farà sicuramente salire il diabete alle stelle”, e ci avevo azzeccato, o no?

E infatti eccoci al tango agognato momento in cui c’è la dichiarazione. Devo dire che ero molto indecisa se farla subito o aspettare, ma considerando le pieghe prese dalla storia negli scorsi capitoli, il fatto che abbia tirato per le lunghe una situazione abbastanza palese svelando qua e là dettagli fondamentali e facendo chiaramente notare il cambiamento di Damon, ho voluto sfruttare l’incidente di Bonnie come miccia per far scoppiare la bomba, percui piaciuto il botto?=)

Ora, lo so che siete molto arrabbiate con la sottoscritta e che sarebbe una giusta punizione non recensire, ma vi prego di ignorare questo lato vendicativo della cosa e lasciare almeno un micro commento, perché ho un forte dubbio su questo mio piccolo azzardo. Insomma, ho messo a nudo un lato di Damon totalmente diverso e sconosciuto, ed ho paura di aver modificato troppo questo personaggio. C’è da dire che non potevo farlo aggressivo e strafottente in un momento simile, con Bonnie che gli piange davanti ed ha paura a fidarsi di lui. Questo probabilmente è il momento in cui il lato dolce di Damon viene massimizzato di più (questo ed altri su questo genere), non sarà sempre così da ora in poi, e quindi ciò mi fa credere di aver fatto la scelta giusta, ma essendo io un’incerta cronica, penso che senza i vostri commenti andrò in depressione…=)

Quindi vi prego, perdonatemi e recensite, perché ho davvero bisogno di sapere cosa ne pensate di tutta questa storia.

Un bacione a tutte, a presto

 

 

 

 

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