I Swear my love by the moon... di Deademia (/viewuser.php?uid=84486)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Capitolo ***
Capitolo 2: *** II Capitolo ***
Capitolo 3: *** III Capitolo ***
Capitolo 4: *** IV Capitolo ***
Capitolo 5: *** V Capitolo ***
Capitolo 6: *** VI Capitolo ***
Capitolo 7: *** VII Capitolo ***
Capitolo 8: *** VIII Capitolo ***
Capitolo 9: *** IX Capitolo ***
Capitolo 10: *** X Capitolo ***
Capitolo 1 *** I Capitolo ***
Capitolo 1 copia
Questa è la mia prima ff su questa stupenda coppia
che personalmente adoro con tutta me stessa e qnd non garantisco il risultato.
Premetto che molte cose saranno inventate (dai nemici a molti avvenimenti
passati, presenti e fututri) anche perchè i libri non li ho finiti ma mi sn
innamorata di loro due via Internet e quindi alcune cose non le so (ma ho
cercato di documentarmi il più possibile=)).
Dovrebbe essere un lungo quindi
per favore recensite così saprò se continuarla oppure dirle addio=) Buona
Lettura!!!
PRIMO
CAPITOLO
Lo vidi.
Un corvo nero mi seguiva mentre sfrecciavo tra le strade desolate e silenziose
senza una meta precisa. Guidare mi rilassava, mi faceva pensare con calma, mi
distanziava dalla realtà, peccato che essa avesse deciso di rincorrermi anche
nei miei unici momenti di pace. Con la coda dell’occhio vidi i suoi occhi neri
come la notte fissarmi mentre volava a una velocità decisamente esagerata per
essere un comune volatile. Inutile dire che infatti non lo era
…
“Si può sapere che
diavolo ci fai qui?” Dissi
mentalmente con severità, indirizzando tutti i miei pensieri verso di
lui.
“La coppietta
smielata dell’anno mi ha ordinato di darti un’occhiata, ma credimi non va a
genio neanche a me quest’idea” il
messaggio arrivò meno di un secondo dopo, stranamente più freddo e infuriato di
quel che avevo pensato. Ma d’altronde dovevo aspettarmelo, poco prima avevo
giocato col fuoco (anzi l’avevo proprio preso per i fondelli, il fuoco…) e si
sa, prima o poi ci si brucia.
“Come mai così di
pessimo umore? Cos’è avevi altri piani per la serata?Magari delle belle vergini
che ti aspettano a collo scoperto?” lo derisi con acidità.
Questa volta ci mise
un po’ prima di rispondere. Pensai che le mie parole l’avessero fatto
maggiormente infuriare, ma tanto il danno l’avevo fatto già
prima.
“Già, come sempre
streghetta. Solo che i fratellini si sa sono nati appositamente per romperti le
palle, e non sono gli unici” era
proprio arrabbiato e non ci voleva di certo un genio per capire a chi era
indirizzata quell’aggiunta tagliente quanto una lama fredda e affilata
.
“Bene, dirò a
Stefan che hai fatto il tuo dovere, non mi serve di certo un corvo incazzato che
mi pedina tutto il tempo, non sono proprio dell’umore giusto per sopportare le
tue lagne. Percui vattene” anche
il mio di umore non era quel che si può certo definire allegro. Avevo provato
tutto il giorno a fare stupidi incantesimi un po’ più complicati rispetto agli
altri con l’unico risultato di far esplodere boccette varie e appiccare incendi
qua e là, ovviamente questo se la mia magia aveva il buon garbo di farsi vedere,
altrimenti c’era solo calma piatta, una noiosissima e stressante calma piatta
tanto che neanche un granello di polvere si era preso il disturbo
di sollevarsi da terra. Questo aveva fatto in modo che i miei nervi saltassero e
mi mettessi a litigare con chiunque mi capitava a tiro, così avevo dato della
rompiscatole viziata a Elena, che non faceva altro che dire di dover perdere
qualche chilo, del sottomesso a Stefan, che cercava in tutti i modi di
soddisfarla, e dulcis in fundo del cagnolino patetico e senza speranze a Damon
per la sua fissazione-Elena. Insomma la strage degli innocenti (se si può
definire innocente un vampiro di cinquecento anni che ritiene del tutto naturale
dissanguare fino alla morte delle povere persone per soddisfare il proprio
languorino allo stomaco).
E adesso me ne stavo
immersa nel buio e nella solitudine (almeno così credevo finché le piume lucenti
di Damon non l’avevano tradito) a pensare a che insulsa strega ero. Non riuscivo
neanche a fare qualche incantesimo, sapevo pochissimo della magia in confronto
ad altre mie “colleghe” e mi illudevo che un giorno forse sarei riuscita a
sbloccare il potere che a quanto pare custodivo come un involucro sigillato al
quale era proibito far uscire anche solo una scintilla. Bella delusione per
quelli che si erano dati tanto da fare per mantenere alto il nome della mia
famiglia e la sua reputazione. Davvero bella
delusione.
“Perfetto,
se la metti così io me ne vado, ho cose decisamente più
interessanti da fare che guardarti crogiolare nei tuoi inutili patemi mentali. E
per la cronaca non mi serve che mi giustifichi con quel pivello di fratello che
mi ritrovo” rise con scarso
entusiasmo ma con una dose di arroganza degna di applauso, prima di librarsi nel
cielo nero e confondersi con l’oscurità della notte.
Una parte di me, che
cercai di ricacciare indietro all’istante, ci rimase male nel vederlo sparire
così e una piccola fitta al cuore, che ben conoscevo ma che desideravo tanto
poter annegare assieme ai ricordi dolorosi legati a quell’affascinante, sexy e
irraggiungibile vampiro, riaffiorò pungente per incupire ancora di più il mio
umore già nero. No, non dovevo pensare a lui, non dopo tutto quello che mi aveva
fatto senza neanche accorgersene, non dopo che mi aveva ignorata ogni volta che
la mia bellissima migliore amica entrava in scena, non dopo aver capito che per
lui ero meno di niente. Dovevo dimenticarlo, dovevo seppellirlo assieme a tutta
la disperazione che mi attanagliava il cuore ogni volta che lo vedevo. Quanto
era stato facile mentire agli altri e pure a lui, giocando con le sue stesse
carte, usando l’indifferenza e il disprezzo, due armi col potere di distruggere
se usate nel giusto modo. Lo stesso modo che usava Damon. Lo stesso modo che mi
distruggeva.
E mentre una lacrima
solitaria era riuscita a strabordare racchiudendo tutto il disprezzo per le mie
incapacità magiche che avevo provato quel giorno e tutto il dolore per quel
sentimento impossibile che non voleva lasciarmi libera , io svoltai l’ennesima
curva senza rendermi conto che laggiù, in mezzo alla strada, un uomo
incappucciato era fermo, con le gambe leggermente divaricate, le braccia
abbandonate lungo i fianchi e il volto in ombra. Solo quando i fari lo
illuminarono inchiodai di colpo per non investirlo, mentre gli occhi mi si
spalancavano per lo stupore e lo shock. Ma non ce n’era bisogno. Scomparve prima
che il muso della macchina potesse anche solo sfiorarlo, eppure l’ombra di quel
sorriso sinistro e maligno, tremendo e lucente, non mi sfuggì, e un brivido di
inspiegabile paura mi fece tremare.
Quel ghigno era per
me, ne ero sicura. Lui mi stava aspettando.
---angolino
dell'autrice---
Che ne dite??? Spero
tanto vi sia piaciuto. lo so lo so è un tantino corto ma è solo l'inizio ed è
un prologo per tastare il terreno, se la storia vi interessa continuo. Quindi mi
raccomando recensiteeeeeeeee!!! Dico sul serio vorrei tanto sapere le vostre
opinioni iniziali. Bacetti!!=)
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Capitolo 2 *** II Capitolo ***
Capitolo 2
Grazie x le
recensioni, mi sono davvero utili!! Sia x sapere cm sto andando (insomma nn
vorrei scrivere delle totali assurdità orribili) sia xk una bella dose di
autostima nn guasta mai XD
Ok a parte gli
scherzi ho deciso che la continuerò, anke perché non posso assolutamente
abbandonare così la mia coppia preferita!=) Mi scuso già in anticipo x le cs
errate ke potrebbero esserci ma cm ho già detto i libri non li ho finiti e
quindi potrei non mettere fatti o personaggi ke invece nel libro ci sono, però
insomma l’importante è ke ci siano Damon e Bonnie no??=)
Vabbè adesso la
pianto ke sennò vi faccio passare la voglia di leggere…
Buona lettura!!!
CAPITOLO
2
Ansimavo
guardando la strada, illuminata solo dalla tenue luce argentea della luna, di
fronte a me, con il piede ancora premuto sul pedale del freno. Era bastato un
battito di ciglia perché scomparisse nel nulla, lasciando dietro di se solo il
ricordo di un ghigno raccapricciante e il luccichio di quei denti perfetti.
Anche troppo perfetti…troppo lucenti…troppo inquietanti per essere definiti normali, pensai. E poi la sicurezza nei
gesti, nella posizione da predatore, il controllo completo sul proprio corpo.
Ero rimasta abbastanza a contatto con creature che rispecchiavano tutte quelle
caratteristiche decisamente troppo poco umane da riuscire a capire che
quell’uomo, se così potevo definirlo, era come loro. Era un vampiro.
Ma
cosa diamine ci faceva un altro vampiro a Fell’s Church? E soprattutto cosa
credeva di fare stando fermo in mezzo alla strada all’una di notte (ok forse
questo era abbastanza normale per una creatura della notte…) prima di scomparire
nel nulla dopo avermi mostrato quanto era luccicante la sua dentatura?
C’era
qualcosa di strano, qualcosa che proprio non andava in quel fatto, eppure
stupidamente decisi di passarci sopra pensando che forse fosse solo un vampiro di
passaggio, forse troppo influenzata da quel mondo soprannaturale per
preoccuparmi di cose del genere o forse troppo ingenua in un mondo che appena
conoscevo per capire la gravità della situazione. Sta di fatto che quando il
respiro decise di tornare al suo ritmo regolare rimisi in moto la macchina e me
ne tornai a casa, cercando di oscurare anche quello che era diventato un altro
ricordo nella mia mente, perché come qualcuno ha detto ogni cosa appena fatta
diventa un ricordo nelle nostre vite.
Quella
notte la mia mente vagò in un incubo senza uscita. Ero in una stanza buia e
deserta, tutto, dalle pareti al pavimento, aveva il colore di un cielo senza
stelle e solo una piccola lama di luce proveniente da una fessura in alto nel
muro mandava un lieve e freddo bagliore grigiastro sopra la mia testa. I rumori
erano moltiplicati: potevo sentire il battito del mio cuore come fosse un
tamburo suonato in una cerimonia tribale, potevo udire il respiro lievemente
affannoso, come quando si ha finito una corsetta da un capo all’altro della
casa, e riuscivo a percepire in lontananza una litania strana e ritmata, come
una lunga frase in una lingua sconosciuta ripetuta così tante volte che le
parole si mescolavano e producevano un unico suono prolungato e melodico. E poi
la musica si avvicinava, diventava più nitida, più forte, quasi minacciosa. La
sentivo nel pavimento, come piccole scosse che rimbombavano attraverso il
cemento e si incanalavano lungo le mie gambe fino ad arrivarmi al cervello. Era
doloroso.
Il
respiro diventava sempre più irregolare, il cuore pompava sangue a una velocità
doppia rispetto al normale, la vista mi si annebbiava e le orecchie fischiavano
mentre quella musica si avvicinava, si avvicinava…
L’aria
nella stanza divenne improvvisamente pesante, sapeva di fumo e cera di candele
sciolta. Una nebbiolina inconsistente cominciò a dilagarsi, con una calma
contrastante rispetto al suono sempre più veloce, sempre più assillante e
angosciante di quella litania che adesso sembrava far quasi vibrare le pareti.
La luce si tinse del colori del sangue, e dall’ombra potei distinguere una
figura umana, un contorno appena visibile che continuava a muoversi, a
camminare con una lentezza disarmante.
Le
tempie mi pulsavano, le mani sudavano e avevo il desiderio di gridare con
quanto fiato avevo in gola. Mi portai le mani alla testa quando una fitta
lancinante la attraversò senza preavviso, costringendomi a inginocchiarmi
lanciando un gemito di dolore. E poi vidi la sua ombra proiettata sul
pavimento, lunga e nera come la notte. Si avvicinava sempre di più, sempre di
più…e il mio cuore batteva, batteva così forte che pensavo potesse uscirmi dal
petto. Poi alzai lo sguardo per cercare di vederlo in volto e due occhi
vermigli si posarono nei miei, sgranati, folli. Urlai mentre quella creatura
allungava una mano verso di me e mi sollevava da terra tenendomi per il collo.
Mi divincolai, scalciai, tentai di afferrare quella mano così forte che
stringeva sempre più, ma era inutile, le mie esili dita sudate scivolavano via
come acqua nel tentativo disperato di salvarmi la vita.
E
poi più niente. Niente musica, niente battito, niente respiro, niente odore
dalla punta dolciastra. Solo il nulla.
Mi
sollevai di scatto. Avevo la fronte madida di sudore, i capelli bagnati
aggrovigliati e la camicia da notte attaccata alla pelle umida. Sentivo il
petto alzarsi e abbassarsi troppo velocemente, sentivo il cuore rimbombare al
suo interno e il sangue pulsare nelle orecchie. Avevo la bocca asciutta e la
gola secca, come se avessi appena urlato così forte da prosciugarla del tutto.
Ok Bonnie, adesso
calmati. Era solo un incubo, soltanto un incubo frutto della tua immaginazione.
Guarda, sei nella tua camera, al sicuro. Respira e calmati. Respira e calmati…
Cercai
di rilassarmi, trassi dei profondi respiri e mi guardai attorno aggrappandomi
alla familiarità dell’orsacchiotto di peluche sulla poltrona in fondo al letto,
dei vestiti sparsi con disordine sui suoi braccioli, della cornice della
specchiera nella quale erano incastrate varie foto di me ed Elena e delle
nostre vacanze. Tutto purché la mia mente si convincesse che adesso ero al
sicuro.
Alla
fine mi lascia crollare all’indietro, atterrando con uno sbuffo sul cuscino.
Appena chiusi gli occhi rividi quelle iridi rosse fissarmi e sussultai. No, non
sarei riuscita a dormire per quella notte. Guardai la sveglia: le 5.27. Di
certo non ero una persona mattutina ma che ci potevo fare? A mali estremi,
estremi rimedi.
Scesi
le scale che scricchiolarono un po’ sotto il mio peso e arrivai in cucina, dove
cercai una scatola di cereali e del latte che non mi preoccupai neanche di
scaldare. Poi andai in salotto, accesi la televisione su un noiosissimo
documentario che parlava della vita delle foche e cominciai a mangiare i
croccanti cereali con molta calma, gustandomi le goccioline di cioccolato al
latte che lentamente mi si scioglievano in bocca.
Dopo
un po’ il sonno prese il sopravvento e senza neanche accorgermene ero caduta
nelle dolci braccia di Morfeo. Sinceramente non mi era sembrato che quella sera
avessi portato con me una coperta, eppure quando la mattina dopo mi svegliai il
calore della lana sulla mia pelle era inequivocabile: ero coperta fin sopra le
spalle da una soffice coperta rosa che sembrava essersi materializzata dal
nulla. Probabilmente ero così frastornata che non mi ero neanche accorta di
quel che avevo fatto. Però era davvero strano…
Col
senno di poi ripensai a quel sogno inquietante. L’idea che fosse una visione e
che in qualche modo potesse essere collegata a quel misterioso vampiro comparso
dal nulla e nel nulla sparito in effetti mi si era affacciata alla mente, ma
avevo deciso di scartarla, almeno per il momento. Non era il caso di
preoccuparsi per uno stupido incubo e men che meno di allarmare qualcun altro.
Avrei aspettato e nel caso l’avessi rivisto, o avessi fatto di nuovo quel
sogno…beh forse a quel punto ne avrei parlato con Elena. Ma per il momento me
lo sarei semplicemente dimenticato.
Il
telefono mi ridestò improvvisamente dai miei pensieri.
-Pronto?-
-Ciao,
sono Elena! Senti mi chiedevo se ti andava di fare un salto da me. Stefan se
n’è andato con Damon non so dove e io non ho niente da fare. Ti va?- la voce
squillante della mia amica arrivò come una botta d’aria fresca.
-Certo.
Arrivo subito-
Mi
avviai verso la pensione con la netta idea di non parlare (e nemmeno pensare se
c’era anche solo uno dei fratelli Salvatore nei paraggi) di quel che mi era
accaduto la notte prima.
Almeno
per il momento.
-
- - angolino dell’autrice - - -
Che
ne pensate??? Spero che la vostra curiosità non stia calando. Mi dispiace se
ancora Damon nn si fa vedere molto ma cm ho già detto sarà una long, e vorrei
farla mooooolto long (nn spaventatevi per carità!), in tutti i casi provvederò
subito=) Mi raccomando continuate a recensire!
Bacetti!!!
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Capitolo 3 *** III Capitolo ***
Capitolo 3
Ciao a
tutti!! Allora volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito, grazie
davvero! E poi volevo ringraziare Amy, Bonnie98, Crivevale, Desyree92, Iosnio90,
Irene862, Pinguino01, Tykisgirl e Aryadaughter per avere aggiunto la mia ff tra
le seguite o le preferite. Grazie di cuore!!
Mi
raccomando però continuate a recensire in molti, mi basta poco anche solo un “mi
piace” per sapere che sto andando bene e ke nn deludo nessuno, nel caso però
non preoccupatevi di dirmelo, le critiche sono sempre ben accette =)
Buona
lettura!!=)
CAPITOLO
3
Aprii
il grosso portone ed entrai diretta in salotto come se fosse casa mia. In
effetti ero così abituata a stare là che mi scordavo di essere un’ospite certe
volte.
-Ehi
Elena? Ci sei?- chiesi appena vidi che nella grande stanza regnata dal silenzio
non c’era nessuno.
-Si,
sono qua!- la voce cristallina attutita dalle mura proveniva dalla cucina.
-Ah
eccoti! Guarda prendi quel grembiule e dammi una mano. Ti dispiace? Sto
preparando questa torta ma mi sa che ho sbagliato qualcosa…tu ci capisci niente?
Assaggia…è troppo dolce- mi porse un cucchiaino con una strana crema del colore
del cioccolato prima di rituffarsi in un voluminoso ricettario dall’aspetto
veramente vecchio con uno sguardo corrucciato che la diceva lunga. Odiava non
capire le cose.
Mi
avvicinai con un sorriso e cominciai a leggere. In effetti si era dimenticata
un passaggio.
-Non
hai messo il cioccolato fondente, per questo ti viene così dolce- le porsi la
barretta intatta che aveva tristemente abbandonato ai lati del tavolo.
-Già,
ecco cosa mancava- la afferrò quasi con rabbia e cominciò a spezzettarla.
-Senti,
riguardo a ieri…volevo dirti che mi dispiace- dovevo assolutamente scusarmi per
come mi ero comportata, era tutta la mattina che ci pensavo. Solo perché ero
nervosa me l’ero presa con loro ingiustamente, mi ero comportata davvero
malissimo.
-Non
importa, tranquilla. Eri arrabbiata, stanca e nervosa, non fa niente- mi
sorrise e i suoi occhioni blu si soffermarono nei miei, allegri e sinceri. Era
un angelo, pensai, e per un attimo mi provocò una fitta di dolore perché era
proprio così che Damon la chiamava. Il suo Angioletto…
Ingoiai
il boccone amaro e richiusi il cassetto-Damon con rabbia e disperazione. Dovevo
assolutamente smettere di pensarci.
-Invece
no. Mi sono comportata malissimo, non volevo assolutamente dirti quelle cose
orribili. Io…ho anche aggredito Stefan e…voi non avete detto niente, vi siete
anche preoccupati per me…- la mia voce tremava dal dispiacere.
-Preoccupati?-
chiese colta di sorpresa.
-Damon.
Sai mi sembrava strano che un corvo continuasse a volare sopra la mia macchina
per tutto il tempo…- sorrisi alzando gli occhi al cielo per sottolineare la sua
stupidità. Non che lo ritenessi stupido, intendiamoci, ma faceva parte della
mia tattica anti-Damon deriderlo in continuazione, essere fredda, tagliente e
arrogante. Tutta una copertura, una maschera costruita col dolore e l’amarezza
della rassegnazione.
-Ah.
Te n’eri andata così scossa che gli ho chiesto se poteva darti un’occhiata…-
ammise con un sorriso velato d’imbarazzo.
-E
ovviamente se glielo chiedi tu lui accetta. Bravo cagnolino- conclusi con una
punta acida che Elena non riuscì a cogliere.
-Sai
dovresti chiedere scusa anche a lui- aggiunse dopo un po’, mentre apriva il
frigorifero in cerca di qualche ingrediente.
-Mai-
forse lo dissi troppo improvvisamente, con troppa durezza perché lei non lo
trovasse strano.
-Perché?
Perché ti comporti sempre così con lui? E’ perché è un vampiro? Anche Stefan lo
è, pensavo ti ci fossi abituata…-
-Sono
diversi, Elena. Ancora non te ne sei accorta? Stefan è leale, è buono, è
migliore. Damon è…- terribilmente sexy,
bello da morire, misterioso… -arrogante, presuntuoso, traditore, meschino,
egocentrico ed egoista. Ti basta o ne vuoi ancora?- quanto dolore ben celato e
quanta sofferenza nascondeva la mia voce forse neanche io lo sapevo con
esattezza.
Rimase
spiazzata per un attimo. Ripensandoci tutta quella sfilza di aggettivi un
tantino cattivi li avevo sfoderati solo nei miei lunghi monologhi interiori
quando rimanevo da sola a rimuginare contro quel vampiro tanto bello quanto
stronzo, mai davanti alla mia bella e bionda amica che occupava uno dei vertici
dei triangolo Elena-Stefan-Damon.
-Sei
ingiusta- disse alla fine con una punta di rammarico nella voce, era inutile
negarlo, lo si vedeva bene che una parte di lei, forse così piccola che neanche
Elena ne era a conoscenza, aveva un debole per lui.
-No,
Elena, non lo sono. Dico semplicemente la verità- trassi un profondo respiro e
mi stampai un sorriso falso sulle labbra –Comunque non sono mica venuta per
litigare. E non vorrei allarmarti ma dal forno esce uno strano fumo- aggiunsi
indicando lo sportello annerito.
-Oddio,
me ne sono completamente dimenticata!- saltò sul posto e corse ad aprirlo. Una
vampata grigiastra le esplose sulla faccia facendola tossire convulsamente.
Scoppiai a ridere vedendo l’espressione che fece quando tirò fuori quel che
doveva essere la sua torta: un disco carbonizzato dall’aria davvero poco
commestibile, e in meno di un secondo anche lei si unì a me, lasciando alle
spalle il peso di una conversazione che neanche lei sapeva quanto era grande.
-Angioletto
se volevi dare fuoco alla casa potevi anche usare un metodo più efficace- l’ilarità
in quella voce sensuale, profonda e anche troppo familiare per i miei gusti ci fece
voltare
-Davvero
spiritoso, Damon- Elena lo oltrepassò e corse ad abbracciare Stefan, il quale
la accolse con un sorriso zuccherino che disgustò il fratello maggiore.
-E
comunque non vedo il motivo di dar fuoco a questa casa se al suo interno non
c’è il proprietario- lanciai un’occhiata acida al diretto interessato
accompagnata da un sorrisetto gelido e falso che sembrò non scalfirlo
minimamente.
-Ah
ci sei anche tu streghetta- disse semplicemente, onorandomi di un’occhiata
traversa priva di emozioni. Anche troppo priva di emozioni per essere casuale,
ma nessuno ci fece caso, men che meno io.
-Cosa
stavate preparando?- chiese Stefan sorridente.
La
sua ragazza si strinse ancora di più ai suoi fianchi e mise il broncio.
-Era
una torta, e sottolineo era perché adesso assomiglia di più a un grosso blocco
di carbone-
-Non
preoccuparti la possiamo rifare, gli ingredienti ci sono tutti e bastano-
aggiunsi consultando per l’ennesima volta il libro e dando una rapida occhiata
in giro per la cucina.
-Ci
volete dare una mano?- la voce della mia amica risuonò carica di entusiasmo.
Vidi
la faccia di Damon e per poco non scoppiai a ridere, sembrava un cane
bastonato, poi me lo immaginai immerso nella farina, o a sbattere le uova, con
un grembiulino addosso e dovetti voltarmi per non ridergli in faccia. Sarebbe
stato davvero divertente.
-Oh
per favore…- disse contrariato e fece per andarsene, ma Elena lo riacchiappò.
-Eddai,
giuro che la tua reputazione non verrà messa in precario equilibrio. E’ solo
per stare tutti un po’ assieme- sbatté gli occhioni azzurri con tutta
l’intenzione di convertirlo all’idea.
-Che
bella famigliola allegra- il vampiro scimmiottò il suo tono, poi si avvicinò al
tavolo e si sedette su una sedia.
-Sia
chiaro, io sto solo a guardare- e mi lanciò un’occhiataccia mentre le mie
spalle venivano scosse dalla risata a stento trattenuta. Meno male che appena
l’avevo visto avevo bloccato i miei pensieri, altrimenti a quest’ora mi avrebbe
già uccisa dopo tutte le mie prese in giro mentali.
In
effetti era stato di parola. Non aveva mosso un muscolo, alzato un dito o si era
preoccupato di darci una mano. Era rimasto immobile a osservare quel che
facevamo con un moto di disgusto verso il “pivello sfigato” (come l’aveva
definito lui) di suo fratello che invece si rendeva estremamente partecipe e
disponibile.
Alla
fine il suo limite di sopportazione aveva raggiunto l’estensione massima e se n’era
andato nell’altra stanza, senza risparmiarci di un’occhiataccia contrariata per
averlo trattenuto lì contro la sua volontà.
Ci
trovavamo tutti in salotto dopo che il nostro progetto-torta era riuscito
splendidamente senza che niente avesse assunto strane tonalità annerite, e
guardavamo la tv. O meglio Damon la guardava, particolarmente annoiato, Stefan
ed Elena avvinghiati sul divano continuavano a parlare ed io vagavo con lo
sguardo per l’immensa libreria a muro in cerca di qualche titolo abbastanza
allettante, sempre attenta a non posare lo sguardo sul vampiro a pochi metri da
me che sembrava fare altrettanto, e mettendo un possente scudo sui miei
pensieri, così che neanche la loro ombra potesse essere percepita dai due fratelli,
uno in particolar modo.
Poi
lessi proprio quelle parole che non dovevano saltarmi agli occhi: Il grande
libro degli incubi. Il mio cuore perse un battito mentre la mia mente
cominciava a rielaborare il ricordo di quel sogno tremendo. L’immagine
terrificante di due occhi vermigli si fece spazio nella mia testa e potei
sentire il sangue defluire dalle mie guance.
Per
tutto il giorno avevo cercato di non pensarci e tra una cosa e l’altra c’ero
riuscita, ero riuscita ad accantonare il ricordo di quella notte senza fine in
un angolo remoto della mia mente, ma erano bastate poche parole a far riaffiorare
quella paura asfissiante e sciocca verso qualcosa che molto probabilmente era
stato il frutto della mia immaginazione.
-Bonnie?
Bonnie! Mi stai ascoltando? Bonnie!- la voce della mia amica mi fece
sobbalzare. Mi voltai cercando di sorridere con scarsi risultati e vidi che tre
paia di occhi erano puntati su di me, con mio grande disappunto per giunta.
-Cosa?
Scusa…non…stavo pensando ad altro- balbettai incapace di inventarmi qualcosa di
plausibile. Certo che ero proprio una pessima bugiarda…
-Lo
vedo. Stai bene? Sei un po’ pallida- mi chiese con una vena d’ansia nella voce.
Era nel suo carattere fare la mamma e preoccuparsi per ogni cosa. Una parte di
me odiava questo suo lato perché influenzava tutti gli altri che avevano
imparato a trattarmi come una bambina, preoccupandosi per ogni cosa che facevo,
neanche fossi di cristallo.
-Si
certo, tranquilla. Stavo solo pensando- cercai di essere rassicurante ed evitai
lo strano sguardo che Damon continuava lanciarmi. Ma che cavolo gli prendeva
adesso? Poi mi venne un dubbio: che avesse visto i miei pensieri? Forse avevo
lasciato cadere la barriera, troppo presa dal ricordo...
Mi
voltai verso di lui, trattenendo il fiato appena incrociai i suoi occhi d’onice,
e cercai di fare l’indignata.
-Che
c’è?- chiesi brusca.
-Cos’era?-
rispose lui, altrettanto freddamente. Accidenti, allora l’aveva visto.
-Cos’era
cosa?- mi diedi della stupida, come potevo credere di tenergli testa? Però così
avrei potuto prendere tempo per inventarmi qualche scusa…inutile, non mi veniva
in mente niente.
-Streghetta,
non giocare con me, ti faresti male. Rispondi- era scuro in volto, la voce dura
più del marmo.
-M-ma
che dici?- oh bene, adesso balbettavo pure! Davvero convincente, non c’è che
dire…
-Streghetta…-
faceva quasi paura. Anzi, senza il quasi.
Elena
e Stefan erano rimasti ammutoliti e ci fissavano, lei con gli occhi sgranati,
lui con un espressione indecifrabile sul volto. Probabilmente si chiedevano perché
quella reazione da parte del vampiro. E in effetti me lo stavo chiedendo pure
io a dirla tutta.
-Damon,
forse è meglio se…- il fratello minore tentò di parlare, ma ci rinunciò quando
vide che non lo ascoltava neppure.
-Ok,
ok e va bene…- sbuffai e affondai ancora di più nella poltrona –Era un incubo d’accordo?
Un incubo che ho fatto la scorsa notte, sei contento adesso?-
-Un
incubo? Solo un incubo?- capii che mi stava chiedendo se lo ritenevo qualcosa
di più, ad esempio una premonizione. Non gliel’avrei data vinta, era un incubo
e basta. Non avrei messo in agitazione Elena o gli altri solo perché quel che
potevo sognare poteva essere una visione. Non lo era. Dovevo esserne sicura,
non potevo far venire un colpo a tutti e poi dire “ehi ragazzi mi sono
sbagliata, non è niente di grave solo che ho mangiato troppo pesante a cena,
quindi rilassatevi non stiamo rischiando la pelle”, già la mia magia era
scarsa, se mi mettevo a dare false premonizioni nessuno si sarebbe più fidato.
Lo
guardai in cagnesco –Solo un incubo. So distinguere le due cose sai? So usare i
miei poteri-
-Ah
davvero? Io non ne sarei così sicuro…- si rilassò all’istante e sfoggiò quel
suo sorriso strafottente che mi faceva venir voglia di incenerirlo. Questo era
davvero un colpo basso. Va bene non guardarmi nemmeno, va bene prendermi in
giro e fare battutine, ma criticare i miei poteri no! Lo sapevo già de me che
avevo qualche problema con la magia, non c’era bisogno che ci si mettesse pure
lui. Solo perché era potente, solo perché era arrogane e meschino non aveva
alcun diritto di criticare i miei poteri.
Mi
alzai di scatto, furente, con tutta l’intenzione di tirargli un pugno. Ma alla
fine la parte razionale del mio cervello mi avvertì che chi si sarebbe fatto
seriamente male sarebbe stata la sottoscritta, lui si sarebbe solo piegato in
due, ma dalle risate.
Così
optai per il piano B: girare i tacchi e andarmene.
-Io
me ne vado, ho delle cose da fare- dissi a labbra strette seza distogliere lo sguardo da Damon, ch continuava a sorridere beato.
-Dai
Bonnie, resta ancora un po’- Elena cercò di trattenermi sorridendo appena, probabilmente
non ci aveva capito niente di quel che era successo.
-No,
davvero, devo andare. Ci sentiamo più tardi- le sorrisi, salutai Stefan e mi
avviai verso la porta senza degnare di un cenno il maggiore dei Salvatore.
Sentii la mia amica rimproverare Damon, sentii Stefan spalleggiarla, ma l’unica cosa che non
notai fu l’occhiata silenziosa che il vampiro mi lanciò.
Uscii
nell’aria fresca di settembre che mi
sferzò il viso donandomi un po’ di colore alle guance candide e cominciai a camminare
con passo rabbioso verso casa. Come diavolo si permetteva quel vampiro da
quattro soldi di dirmi che non ero potente?! Che razza di presuntuoso
antipatico! A volte era davvero insopportabile, per quanto bello e affascinante
era davvero seccante quando ci si metteva.
E
mentre rimuginavo su quanto odiavo e amavo quel vampiro sentii dei passi dietro
di me confondersi con i miei. All’inizio non ci feci granché caso, poi mi voltai
senza neanche sapere il perché e ciò che vidi mi lasciò spiazzata. Non c’era
nessuno. Eppure li sentivo, li sentivo chiari e nitidi mentre percorrevano lo
stesso terreno che avevo calpestato anche io. Ricominciai a camminare e di
nuovo lo scricchiolio delle foglie secche e il frusciare della gomma che
strusciava al suolo riaccompagnò il rumore dei miei passi. Una strana ansia mi
attanagliò la gola mentre cercavo di mantenere il respiro regolare. Mi fermai
di nuovo e il rumore cessò. Mi voltai e non c’era nessuno. Ricominciai a
camminare e il rumore ricominciò.
La
cosa era abbastanza sinistra da mandarmi nel panico. Presi a camminare più
veloce, sempre più veloce, fin quasi a correre. Vedevo la porta della mia casa
in lontananza e questo mi dava coraggio.
Poi
lo sentii, un alito sul collo, tiepido come il respiro di un amante, gelido
come il soffio della morte.
-
- - angolino dell’autrice - - -
Avete
visto? Questa volta ho provveduto a far comparire il nostro amato Damon =) Che
ne dite, sto continuando bene? Fatemi sapere cosa ne pensate e per favore
continuate a recensire è importante per me =)
Tanti
bacetti!!!
|
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Capitolo 4 *** IV Capitolo ***
Capitolo 4
Buongiornoooo!! Allora voglio subito partire con i
ringraziamenti per tutte quelle che hanno recensito e che continuano a leggere
la mia ff, grazie di cuore!=) E poi volevo ringraziare tt quelle che mi hanno
aggiunto tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie mille!!
Ecco qui il quarto capitolo, spero
vi piaccia=)
Buona lettura!!
PS: cm si fa a mettere una foto??
Io faccio copia incolla e non la fa vedere…=(
CAPITOLO
4
Mi
voltai di scatto e questa volta qualcuno c’era dietro di me. Un uomo incappucciato,
alto e robusto, si trovava vicinissimo al mio volto.
Non
riuscivo a vedere gli occhi, nascosti dall’ombra, ma potevo distinguere alla
perfezione quel ghigno che già una volta mi aveva spaventata. Era lui.
Indietreggiai
lentamente continuando a fissarlo mentre lui mi ricambiava in silenzio.
-C-chi
sei? Cosa v-vuoi da me?- chiesi in un sussurro con voce tremante come le mie
gambe. Credevo di stare per cadere da un momento all’altro.
-Oh
tesoro sono la tua più grande paura- la sua di voce era profonda e roca,
gutturale. Sapevo che ghignava anche senza guardarlo, lo sentivo da come
pronunciava le parole, quasi fossero una presa in giro.
-N-Non
prendermi in giro. Dimmi chi sei- cercai di imprimere al mio tono quel coraggio
che non avevo, ma non riuscii a fermare il tremolio incessante.
Avevo
le mani sudate e il fiato corto. Sentivo il cuore pulsare a una velocità doppia
e se lui era quello che pensavo, allora l’avrebbe notato di certo.
-Altroché
se lo sento bambola, è eccitante- rispose ai miei pensieri leccandosi le labbra,
il che non fece altro che confermare e accentuare la mia paura.
Indietreggiai
ancora un po’.
-Cosa
vuoi da me? Il mio sangue?-
-Mi
piacerebbe molto, ma purtroppo devo rinunciarci. I piani sono altri- sembrava
rammaricato. Mi disgustava il modo in cui parlava, privo di vere emozione,
tutta una valsa.
-I
piani? Che piani? Perché mi segui se non vuoi il mio sangue?- ripetei senza
troppa convinzione.
-Perché
tu…sei il fulcro del piano, tesoro- e detto questo balzò in avanti a una
velocità sovrumana che lo rese una macchia indistinta nel panorama.
Urlai
e cercai di correre, anche se la parte razionale di me sapeva che sarebbe stato
inutile contro un vampiro, ma caddi a terra e me lo ritrovai sopra.
-Su
tesoro fai la brava, altrimenti ti dovrò fare un po’ male- ringhiò a denti
scoperti mentre il cappuccio gli scivolava via scoprendo due occhi più neri
della notte senza luna e una capigliatura castana. Cercai di divincolarmi ma
lui mi teneva ferma con una mano, mentre con l’altra agguantava qualcosa alle
sue spalle. All’inizio non capivo cos’era, poi la vidi: una corda. Voleva
legarmi.
Iniziai
a scalciare ancora di più mentre calde lacrime scendevano senza fine sulle mie
guance. Urlai, lo supplicai, ma era tutto inutile. Con quel ghigno malefico continuava
imperterrito a tenermi ferma per cercare di legarmi.
-Stai
ferma!- urlò spazientito, facendomi tremare ancora di più.
Nella
più completa disperazione vidi un bastone di legno appuntito a una ventina di
centimetri dalla mia mano. Probabilmente era un ramo spezzato. Senza farmi
notare allungai le dita lentamente e schermai i pensieri per non fargli capire
che intenzioni avevo. Pregai con tutto il cuore che non mi vedesse, trattenendo
il fiato. Alla fine sentii il ruvido legno sotto la pelle, lo afferrai e con
quanta più forza avevo lo piantai nel petto del vampiro, che sgranò gli occhi
sorpreso e si ritrasse.
-Porca…Maledetta
strega- biascicò mentre tentava di tirarselo via, quasi privo di forze.
Senza
perdere tempo mi diedi alla fuga, correndo come una forsennata per raggiungere
la casa e contemporaneamente estraendo le chiavi dalla borsa. Non mi voltai,
avevo troppa paura di scoprire che era riuscito a estrarre il bastone, e appena
raggiunsi la porta misi la chiave nella toppa con mano tremante, il che non
facilitò di certo l’operazione.
-Dai…apriti…maledizione
apriti…- il clic della serratura probabilmente mi rese la persona più felice
della terra in quell’istante.
Spalancai
la porta, mi fiondai dentro e la richiusi immediatamente prima che il vampiro,
che era riuscito a togliersi il paletto e ora stava correndo nella mia direzione
aumentando la velocità man mano che
riacquistava energie, potesse raggiungermi.
Rimasi
un attimo immobile, senza respirare, senza emettere alcun suono.
Sapevo
di essere al sicuro, lui non poteva entrare se non era invitato e l’ultima cosa
che avrei fatto sarebbe stata dirgli “prego entra”, ma dovevo comunque
calmarmi.
Alla
fine indietreggiai, con lo sguardo fisso sullo scuro legno e sulle sue
familiari venature, mentre riprendevo il controllo del mio corpo, calmando i
respiri e attenuando il tremore che continuava a scuotermi. Mi appoggiai con le
spalle alla parete dietro di me e scivolai fino a sedermi per terra.
I
pensieri cominciarono ad affollarsi alla mia mente come una folla che preme per
riuscire ad entrare in un negozio appena aperto dove i prodotti sono gratis.
Tre
erano le grandi domande a cui non riuscivo a rispondere: primo chi era quel
vampiro, secondo a cosa si riferiva quando aveva parlato di piano e terzo cosa
voleva da me.
E
mentre rimuginavo su tutte queste cose la razionalità formulò l’unica azione
sensata in quel momento: chiamare Elena, visto che quello che mi era successo
era stato abbastanza terrificante e fuori dal normale da poterlo definire come
la conferma a ciò che una parte di me temeva fin dall’inizio: l’incubo non era
veramente un incubo.
Così
presi un grosso e profondo respiro, mi alzai e andai dritta verso il telefono.
Le mie dita volarono sui pulsantini neri e consumati ancora prima che la mia
mente pensasse al giusto numero, tanto ero abituata a comporlo.
Qualcuno
rispose al primo squillo.
-Elena?-
cercai di darmi un tono pacato e tranquillo, conoscendola sarebbe andata nel
panico al minimo cambiamento della mia voce (e lei riusciva a coglierli tutti).
-No,
sono Damon-
Silenzio.
Dico di tutte le persone che potevano rispondermi, ma proprio lui doveva
capitare?!
-C’è
Elena?- la rabbia che automaticamente scattava al suono della sua voce, un
riflesso incondizionato del dolore che provavo, mi diede più sicurezza di
quanta speravo.
-No-
accidenti se era sintetico. Vabbè che tra noi non c’erano rose e fiori però…
-Stefan?-
-Neanche-
Respirai
a fondo per evitare di mandarlo al diavolo.
-Bene
mister eloquenza, sai almeno dirmi quando torneranno?- non ero riuscita a
trattenermi, che ci potevo fare? Sono fatta così…
Pensai
che mi riattaccasse in faccia, o peggio si precipitasse alla mia porta, la
sfondasse direttamente e mi ammazzasse senza troppe cerimonie.
Invece
rispose.
-Streghetta,
quante volte devo dirti che non si gioca col fuoco? Comunque non lo so, penso
tra un’oretta. Come mai tutto questo interessamento a Romeo e Giulietta?- oh
bene, adesso si che lo riconoscevo. Sarcastico in ogni situazione.
-Perché
devo vedervi. Tutti quanti. Quando tornano venite, d’accordo?- pregai che non
facesse altre domande.
-Perché
non vieni tu qua? Sai non ho molta voglia di scomodarmi…- preghiere non
ascoltate.
-Beh
perché…ecco…non posso. Quando venite vi spiegherò tutto. E se ti scomoda così
tanto stai pure a casa tua, di certo non piangerò per questo- aggiunsi con
amarezza. Avevo smesso di versare lacrime per la sua mancanza tanto tempo
prima.
-Tutto
apposto uccellino?- i suoi cambiamenti di argomento e umore mi spiazzavano
totalmente. Una volta non era così. Una volta era solo arrogante e presuntuoso.
Adesso sembrava quasi…preoccupato…a volte. Ma probabilmente ero io che me lo
immaginavo con la mia fervida immaginazione. Si, sicuramente era così.
-No,
ma se vuoi sapere di più ti conviene scomodarti. A dopo-
-A
dopo streghetta- e riattaccò.
Forse
ero stata un tantino acida, forse non avrei dovuto fare tutte quelle battutine.
Oh ma per la miseria, lui si meritava questo ed altro! E poi era l’unico modo,
l’unico per riuscire a nascondere tutto il dolore e la sofferenza che quel
vampiro era riuscito a provocarmi. La maschera dell’arroganza, la stessa che
usava lui.
Riattaccai
con un sospiro e mi avvicinai alla finestra scostando lentamente le tendine bianche.
Ormai il cielo era macchiato di rosso e il sole si perdeva sul filo
dell’orizzonte. Era il momento più bello di tutta la giornata, il tramonto. Del
vampiro non c’era neanche l’ombra.
Pensai
che pure Meredith e Matt dovessero sapere, quindi avvertii anche loro di venire,
il che ovviamente li allarmò, ma non potevo farci niente. Era giusto così.
I
primi ad arrivare furono proprio loro, che in meno di dieci minuti piombarono
davanti alla porta e si attaccarono spasmodicamente al campanello con tutta
l’intenzione di farmi venire un esaurimento nervoso.
-Arrivo!
Giuro che se non vi staccate da quell’affare vi faccio saltare in aria!- gridai
dall’altro capo della casa, e li convinsi. Si sa, o con le buone o con le
cattive…
Appena
la aprii vidi due facce stravolte dalla preoccupazione. Forse era meglio se non
li avvertivo.
-Stai
bene? E’ successo qualcosa? E’ grave?- il primo a parlare fu Matt, che mi mise
una mano sulla spalle con fare fraterno, o forse più che fraterno ma non era il
momento di pensarci.
-Dimmi
che succede Bonnie, e tu non fare quella faccia agonizzante prima ancora di
sapere che sta accadendo per piacere- la saggia Meredith lo spinse all’interno
e si chiuse la porta alle spalle mentre noi ci dirigevamo in salotto.
-Possiamo
aspettare gli altri, così faccio un unico discorso? Lo so scusate non voglio
farvi stare nell’agitazione ma per favore, se ne discutiamo tutti assieme è
meglio, anche perché non so bene neanche io cosa sta accadendo. Non so dirvi se
è grave o no perché non ho le idee per niente chiare- ammisi ad occhi bassi.
Odiavo far preoccupare i miei amici.
Matt
stava per ribattere ma Meredith lo precedette lanciandogli un’occhiataccia.
-Certo
non preoccuparti, stai tranquilla. E poi vedrai non sarà niente di grave- tentò
di alleggerire quella strana tensione mista a preoccupazione che si era creata,
con scarsi risultati.
-Ehi
che facce da funerale. Allora cosa sta accadendo di così grave per far riunire
tutta l’allegra combriccola?- una voce familiare spezzò il silenzio.
-Lo
sai che si bussa prima di entrare in casa d’altri?- disse secco Matt, che
appena lo vide si rabbuiò.
-Oh
ci sei anche tu Mutt. Vedo che qui accettano anche gli animali allora…- tipico,
doveva sempre dire la sua, mai una volta che ci risparmiasse del suo sarcasmo.
-Damon
piantala…- Stefan, alle sue spalle, cercò di farlo star zitto. Un’impresa
impossibile a mio parere.
-E
tu difendi gli animali? Beh ovvio, è grazie a loro che sei così in forma e non
tutto pelle e ossa. Ti capisco pivello…- gli mise una mano sulla spalla con
finto rammarico e comprensione.
-Adesso
basta- appena aprii bocca si zittirono. Quasi spalancai gli occhi, a quanto
pare tutti, ma proprio tutti erano un
tantino preoccupati di quel che stavo per dire.
-E
adesso streghetta, perché ci hai chiamati?- perfetto, da ironico e infantile
era passato a freddo e arrogante. Impossibile stargli dietro.
-Bonnie
che succede? Sono preoccupata. Perché poi qui e non al pensionato?- Elena si
fece avanti e si sedette sul bracciolo della poltrona, fissandomi con angoscia.
Li
guardai uno ad uno. Matt, alla mia sinistra, seduto con i gomiti puntellati
sulle ginocchia e lo sguardo ansioso su di me. Meredith al sui fianco, che
cercava di nascondere la sua curiosità dietro alla calma. Stefan seduto sulla
poltrona di fronte a me ed infine Damon, appoggiato con le spalle allo stipite
dell’arcata, le braccia incrociate e lo sguardo duro e impaziente che non
aspettava altro che parlassi. Per un attimo l’ammirazione verso quel vampiro
sexy prese il sopravvento e mi ritrovai a fissarlo. Quando capii cosa stavo
facendo, e proprio di fronte a tutti, mi voltai di scatto con un leggero
rossore sulle guance. Con la coda dell’occhio lo vidi sorridere di
soddisfazione. Maledizione a lui e al suo egocentrismo. Mi assicurai di avere
la mente schermata, meno male che ormai era diventata un’azione automatica non
appena entrava nel mio campo visivo.
Presi
fiato e incominciai a parlare. Raccontai dell’uomo in mezzo alla strada, del
sogno (che ormai ritenevo una sorta di premonizione) fatto quella stessa notte,
cercando di non tralasciare niente, e dell’aggressione di poco prima. A quel
punto vidi Matt sussultare e Elena sgranare gli occhi velati di lacrime e
abbracciarmi con fare protettivo.
-Bene,
questo è tutto. Sinceramente credo che le due cose siano collegate, ma non ne
sono così sicura-
-Si
lo penso anche io. Non ricordi niente altro del sogno?- Stefan era pensieroso,
lo sguardo perso nel vuoto e le mani congiunte.
-No,
ma penso di avervi detto tutto- sospirai e aspettai che a qualcuno venisse in
mente qualcosa.
-Nessuno
si è accorto che il vampiro sapeva che Bonnie è una strega?- a rompere il
silenzio sacrale che si era creato fu Damon.
-Già,
non ci avevo pensato…- ammise Stefan.
-E
poi se non vuole il suo sangue che altro potrebbe volere?- intervenne a quel
punto Meredith.
-Non
lo so…non ha detto niente. Ha parlato solo di un piano…e che io sono il fulcro-
-Una
cosa è certa. Quel mostro voleva rapirti e ci riproverà, non possiamo lasciarti
da sola neanche un attimo- affermò con fierezza Matt.
-Eh
bravo Mutt, guarda non c’eravamo arrivati sai?- la voce di Damon era carica di
disprezzo. Gli lanciai un’occhiataccia che ricambiò con classe.
-Quindi
che facciamo?- chiese Elena.
-Per
il momento è meglio se Bonnie viene da noi, almeno sarà sotto la nostra
protezione tutto il tempo. E se lui si farà rivedere possiamo tentare di
prenderlo e farlo parlare. E’ l’unica cosa che possiamo fare per il momento-
concluse Stefan guardandomi per cercare la mia approvazione.
Da
una parte ero fiera di quegli amici che si preoccupavano tanto per me, e il mio
cuore si saziò di quell’affetto che manifestavano tutti quanti (o quasi…), ma
dall’altra parte ero leggermente adirata poiché ero sempre io quella debole che
doveva avere bisogno di protezione, sempre io quella che doveva far affidamento
sugli altri. Io che più di qualsiasi altro umano avrei dovuto difendermi da
sola in quanto strega, io che avrei dovuto essere abbastanza potente da
intimorire quel vampiro che mi aveva attaccata. Io che non avevo abbastanza
potere per fare tutto questo.
-Per
me va bene- sorrisi con gratitudine, cercando di nascondere la delusione che
provavo verso di me.
Così
salii di sopra, presi una valigia e aiutata da Meredith ed Elena raccolsi
quanti più vestiti avevo, li cacciai dentro e mi preparai mentalmente per
quello che sarebbe stato un lungo soggiorno sotto lo stesso con il vampiro che
allo stesso tempo amavo e odiavo.
-
- - angolino dell’autrice - - -
Ciao
a tutte!!!
Sinceramente
non so cos’è venuto fuori, l’ho scritto di getto quindi speriamo bene…=) Allora,
le cose stanno andando avanti, a rilento, ma stanno andando avanti. Mi scuso
per tt quelle che amano arrivare al punto subito ma io preferisco rendere la
mia storia il più reale possibile (ok reale non so se si può dire quando si ha
a che fare con streghe e vampiri ma vabbè…=P), senza “bruciare le tappe”
insomma.
Comunque
come sempre mi raccomando recensite!!=) Si lo so ve lo ripeto fino allo
sfinimento ma cm ormai avrete capito per me sono davvero importanti i vostri
commenti =)
Bene,
allora vi lascio nel dubbio di cosa potrà accadere se mettiamo la nostra
streghetta
tutto
pepe sotto lo stesso tetto del nostro egocentrico vampiro spacca-cuori (chissà
magari butteranno giù la casa…=P)
Un
bacio a tutte le Donnie di questo mondo!!! XD
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Capitolo 5 *** V Capitolo ***
Capitolo 5
Ed eccoci al quinto
capitolo, dove la “convivenza” muoverà i primi, primissimi passi. Però non
voglio assolutamente anticiparvi niente quindi sto zitta. Piuttosto voglio
ringraziare tutte quelle che hanno recensito, con mia grande felicità ho visto
i commenti aumentare in pochissimo tempo quindi sono letteralmente al 7
cielo!!=) Davvero sono contentissima che la mia storia vi piaccia. E ovviamente
voglio ringraziare tutte quelle che continuano ad aggiungermi tra le
seguite/preferite!
Adesso però vi lascio leggere in santa pace=)
CAPITOLO
5
Entrai
nella mia “nuova camera” tenendo con due mani l’enorme valigia rossa che
catapultai sul letto senza tanti complimenti. Avevo il fiatone a causa di tutti
quei gradini fatti con in mano un affare che pesava più di me. Dico io, si
preoccupavano tanto che un vampiro mi attaccasse e mi portasse chissà dove ma
non gli era neanche passata per l’anticamera del cervello l’idea che dopo
un’arrampicata di due rampe con quella valigia gigantesca potessi schiattare
sul serio.
Mi
buttai al suo fianco rimbalzando sul soffice materasso coperto da una trapunta
bordò raffinata ed elegante, mentre i miei capelli di qualche tonalità più chiari
si disperdevano a ventaglio sulla miriade di cuscini che padroneggiavano quel
letto a baldacchino da sogno. Poi vagai con lo sguardo per la stanza che era
grande due volte la mia. Sulle due pareti ai lati del letto due enormi vetrate
offrivano una visuale bellissima della natura circostante, semi oscurata da
pesanti drappi di stoffa dello stesso colore della coperta su cui ero stesa. Un armadio gigantesco, in lego scuro con
elaborati intarsi che si arricciavano e sbocciavano in fiori magnifici, prendeva
metà parete alla mia destra, mentre sulla sinistra un caminetto in marmo bianco
sfumato da striature nere riposava silenzioso e freddo con una nota
d’abbandono. Ai suoi lati due poltrone dello stesso legno del mobile e del
letto, anch’esse foderate con un tessuto damascato bordò, lo incorniciavano e offrivano una prospettiva
confortevole e calda se ci fossero state notti di tempesta. Il pavimento era
ricoperto da molti, soffici tappeti che lasciavano intravedere qua e là sprazzi
delle assi di legno, mentre alle pareti erano appesi bellissimi quadri che
immortalavano paesaggi naturali o scene d’altri tempi che non stonavano per
niente con l’arredo stile ottocentesco della camera. Infine di fronte al letto,
a uno dei due lati della porta (quello che non era occupato da una regale
specchiera dalla cornice barocca dorata), un piccolo scrittoio invitava a
sedersi con tutta l’intenzione di catapultarti nel passato, quando ancora le
dame si chinavano su di esso per scrivere lettere d’amore o pagine dei loro preziosi
diari segreti.
Rimasi
estasiata da tutta quella bellezza e cura dei particolari. Sembrava davvero che
lì il tempo si fosse fermato. Certo mi ero fatta una mezza idea su come
potevano essere le stanze di quella bellissima villa che rispecchiava comunque
quello stesso stile, ma vederlo con i propri occhi era un’altra cosa.
Il
rumore di una mano che batteva sulla porta mi distrasse dall’ammirazione
estatica della stanza.
-Avanti-
-Ehi.
Che ne dici, ti piace?- era Elena, che si fece avanti con un dolce sorriso
dipinto sulle labbra rosee.
-E’…semplicemente
strepitosa- la guardai cercando di trasmetterle con lo sguardo tutto quello che
pensavo. Sorrise ancora di più.
-Già,
l’ho pensato anch’io appena l’ho vista. Poi ti ci abituerai, fidati- si sedette
di fianco a me, guardandosi attorno come per confermare ciò che aveva appena
detto.
-E’
come se il tempo si fosse fermato…- sussurrai.
-In
un certo senso è così. Stefan mi ha detto che da quando ce l’hanno, e credimi
sono trascorsi davvero molti anni- ci guardammo complici di quel segreto che
ben pochi sapevano – non hanno cambiato granché qui dentro. Quindi si, il tempo
qui si è davvero fermato a qualche secolo fa- sorrise e si sdraiò appoggiando
la testa vicinissima alla mia, mentre mi imitava guardando la stoffa del
baldacchino sopra di noi.
-A
che pensi?- mi chiese d’uno tratto.
-A
quanto è strano tutto questo- ammisi alla fine, chiudendo gli occhi. Sentivo il
suo sguardo su di me, ma non volevo guardarla. Volevo solo rilassarmi, per una
volta dopo tutto quello che era accaduto.
-Ti
preoccupa questa faccenda?- c’era agitazione nella sua voce. Come biasimarla…
-Mentirei
se ti dicessi di no…-
-Ma
secondo te cosa vuole?-
-Non
lo so Elena. Davvero non lo so-
-E
se si rifà vivo?-
-Su
questo puoi starne certa. Comunque hai sentito cos’ha detto Stefan no? Lo
prenderanno e gli faranno il terzo grado-
-Non
voglio immaginare come…- sussurrò.
-Neanche
io-
Passarono
dei minuti, forse solo secondi.
-Però
lo sai che qui sei al sicuro vero? Non devi temere niente- il suo ottimismo era
strabiliante, si faceva vedere sempre. Sorrisi.
-Tranquilla,
per questo non ho paura. Solo…sono confusa ecco-
-Già,
lo siamo tutti. Comunque penso che Stefan e Damon scopriranno che sta
succedendo, anzi ne sono sicura- annunciò con fermezza.
-Damon?
Non mi era sembrato così d’accordo su tutta questa storia sai? Quando siamo
scese di sotto pronte per partire lui se n’era già andato, e fattelo dire non
sembrava così allegro già da prima. Non che l’idea di stare qui, dove me lo
ritroverò tra i piedi tutto il giorno, a me piaccia sia chiaro…- mi difesi
subito.
-Lo
sai com’è fatto, ha un carattere…particolare. Ma comunque è dei nostri, puoi
contarci. E poi posso sempre convincerlo io-
Sorrisi
amareggiata, lei adorava avere potere su di lui. Non l’avrebbe ammesso neanche
sotto tortura, ma era così. E quel cretino d’un vampiro la assecondava sempre,
proprio come un cagnolino…
-Bene,
adesso vado di sotto, tu fai pure con comodo. Ciao- mi sorrise raggiante,
rincuorata dalle sue stesse parole, e sparì al di là della porta.
Sospirai
e mi alzai, aprii la pesante valigia e cominciai a togliere uno ad uno i
vestiti e a riporli nell’enorme armadio, che sembrava non esser mai pieno. Alla
fine dell’operazione osservai il lavoro con le mani appoggiate sui fianchi, come
quando una madre rimprovera un figlio osservando il disastro che ha combinato:
una metà era abbastanza piena, l’altra completamente vuota. Beh avrei avuto un
motivo in più per andare a fare shopping e…mi fermai di colpo, realizzando
improvvisamente che io non potevo uscire, almeno non senza una “scorta”. La
depressione piombò su di me come un macigno troppo pesante per le mie esili
spalle. Io che avevo sempre amato la mia libertà, io che non avevo mai avuto
dei veri limiti, adesso mi ritrovavo imprigionata tra quattro mura, con il
rischio che se infrangevo le regole ci rimettevo la pelle e forse qualche cosa
di più.
Con
la convinzione che non avrei avuto un briciolo di possibilità di sfuggire a
quel destino di prigionia (forse ero un po’ troppo melodrammatica ma sfido io a
trovarvi nei miei panni…) continuai a svuotare la valigia, estraendo i libri
che poggiai sullo scrittoio e sistemando il beauty-case nel bagno privato, il
primo che avessi mai avuto in tutta la mia vita.
Quando
finalmente la valigia, una sorta di borsa di Mary Poppins, fu completamente
vuota, la misi con molta poca cura sotto il letto e mi decisi a scendere di
sotto.
Trovai
Elena intenta ai fornelli, con Stefan che l’aiutava come poteva. Di Damon, con
mia grande felicità, neanche l’ombra.
-Ti
piace la tua nuova sistemazione?- mi chiese il vampiro non appena si accorse
della mia presenza.
-Altroché,
è fantastica…- risposi con poco entusiasmo, perché la mia amica si voltò di
scatto.
-Che
succede?-
-Niente
è che…Stefan non posso più uscire vero?-
Per
un attimo rimasero entrambi spiazzati, poi, prima di parlarmi, si guardarono un
istante.
-Sarebbe
più sicuro se per un po’ tu rimanessi qui dentro. Però è anche vero che non
possiamo tenerti al guinzaglio, quindi abbiamo pensato ad una soluzione- era
stranamente esitante, troppo per i miei gusti.
-E
sarebbe?-
-Ti
servirebbe qualcuno che ti sorvegli quando esci, abbastanza forte da
proteggerti in caso di pericolo…e l’unico che ci è venuto in mente, a parte me,
è…-
-E’…?-
la mia voce tradiva il panico, perché una parte di me sapeva già il nome che
sarebbe uscito dalle labbra del vampiro.
-Damon-
ammise alla fine.
-State
scherzando?!- la mia voce esplose come una mina lanciata nel silenzio.
-Senti,
lo so che l’idea non ti va a genio ma…- Elena tentò di calmarmi.
-Certo
che non mi va a genio…se questo è un piano per sabotare la mia stabilità
mentale sappiate che è davvero perfetto!- sentivo le guance calde e gli occhi
umidi, tipico di quando mi arrabbiavo.
-Dai,
ma è una cosa provvisoria…- continuò con le mani alzate come se gli avessi
puntato una pistola addosso.
-Tanto
vale mettermi nelle mani di quel vampiro!-
-Bonnie,
calmati. Senti sono due le scelte, o resti chiusa qua dentro, o hai la
possibilità di uscire, ma mio fratello ti accompagnerà. Vedi tu- Stefan mi mise
davanti al nocciolo della situazione. Accidenti all’evidenza.
-E…-
cercai di far perdere qualche ottava alla mia voce anche troppo acuta –Il tuo
fratellone sa di questa trovata?-
-Quale
trovata?- una voce alle nostre spalle ci fece sobbalzare all’unisono.
-Sentite
lo so che sono bello da lasciar senza parole ma non c’è bisogno di
sottolinearlo ogni volta- commentò di fronte al nostro improvviso mutismo.
-Angelo
mio che sta succedendo?- chiese un’altra volta.
-Beh…vedi
abbiamo trovato un modo per far andare in giro Bonnie senza che venga attaccata
appena mette piede fuori a quella porta- cominciò Stefan.
-Ah
si? E quale sarebbe?- chiese ingenuamente Damon, che ancora non aveva afferrato le
intenzioni del fratellino…
-Ecco…-
si schiarì la gola –Tu la accompagnerai- bomba sganciata.
-COSA?!-
pensai per un momento che la casa potesse crollare.
-Stai
calmo Damon- Stefan alzò gli occhi al cielo, affrontando per la seconda volta
la medesima reazione.
-Stare
calmo?! Spero tu stia scherzando perché altrimenti non vedrai l’alba del nuovo
giorno- tuonò il maggiore dei Salvatore.
-Senti
è l’unico modo…-
-E
allora che se ne stia qua dentro, a me non cambia proprio la vita. E poi perché
non la fai tu la balia a questa streghetta?- chiese acido.
Gli
lanciai un’occhiataccia. Io non avevo bisogno di una balia.
-Perché
io devo fare delle ricerche nel frattempo, e tu hai decisamente più tempo
libero del sottoscritto-
-Questo
lo dici tu pivellino…- fece un sorrisetto che la diceva lunga, e che mi diede
seriamente ai nervi.
-Per
favore Damon…- a quel punto intervenne Elena, sfoderando due occhioni azzurri che
fecero l’effetto desiderato.
-E
va bene, ma solo perché me lo chiedi tu Angioletto…- sbuffò con rabbia, mi
incenerì con uno sguardo e sparì su per le scale.
-L’ha
presa…bene- la mia bionda amica tentò di alleggerire l’atmosfera con un
sorrisetto imbarazzato.
-Oh
per favore- scossi la testa e me ne andai in camera mia.
Questo
era davvero troppo. Ero costretta ad abitare con il vampiro che più desideravo
evitare e adesso mi venivano a dire che lui doveva anche accompagnarmi nei rari
momenti di libertà che mi ritrovavo, praticamente rovinandomeli. Il destino
aveva proprio un pessimo senso dell’umorismo.
Presi
con rabbia un libro a caso tra quelli che avevo portato con me e mi buttai sul
letto, affondando tra i soffici cuscini che odoravano di lavanda. Ad ogni
parola che leggevo sentivo la rabbia diminuire, lasciando il posto a niente
meno che…il panico! Il mio autocontrollo di fronte a Damon ogni volta era messo
a repentaglio perché per quanto tentassi di nasconderla e rinnegarla c’era una
parte di me che era terribilmente attratta da lui, un rimasuglio troppo forte
di quel che provavo un tempo, quando mi ero illusa che anche lui potesse
amarmi. Già era difficile nascondere questi assurdi sentimenti nei rari momenti
in cui ci incontravamo, ma per fortuna avevo accumulato abbastanza esperienza
da potermi difendere con il sarcasmo affilato e l’arroganza, però adesso come
avrei fatto? Adesso che avrei passato molto più tempo del lecito assieme a quel
vampiro che da troppo tempo mi tormentava l’anima e il cuore?
Sospirai
rassegnandomi all’idea che le mie difese anti-Damon dovevano assolutamente
aumentare e rafforzarsi, un’impresa non da poco, per non dire impossibile.
Si
dice che la notte porti consiglio, a me però aveva portato solo due incredibili
occhiaie e un mal di testa pauroso.
Mi
infilai in bagno e dopo tre quarti d’ora di duro lavoro ne uscii con un aspetto
che non superava il decente.
Scesi
le scale in tutta fretta, sperando di incontrare Elena e chiederle scusa per
come mi ero comportata, ma l’unica persona che incontrai, anzi con cui mi
scontrai, fu l’ultima che avrei voluto vedere.
-Buongiorno
streghetta- disse una voce calda e sensuale, che mi fece arrossire se combinata
col fatto che avevo la faccia decisamente troppo vicina ai suoi addominali
scolpiti e avvolti in un’aderente camicia nera per i miei gusti. Schermai
immediatamente i pensieri, sperando che neanche uno di essi l’avesse sfiorato. Speranza
vana a giudicare dal sorrisetto che fece.
-Buongiorno-
schiarii la voce cercando di darmi un tono indignato.
-Elena?-
chiesi con noncuranza, mentre mi avvicinavo al frigo e tiravo fuori il cartone
di latte.
-E’
uscita con Stefan- si sedette su uno sgabello e aprì il giornale.
Nella
stanza dominava il silenzio, scandito solo dal frusciare delle pagine di carta
sottile e dal cucchiaio che sbatteva contro la ceramica della tazza ogni volta
che lo immergevo per tirare su i croccanti cereali.
Poi
sospirai, d’altronde prima o poi avrei dovuto chiederglielo, tanto valeva
togliersi subito il dente.
-Senti…dopo
io dovrei…ehm…uscire- trattenni il fiato, aspettandomi chissà quale scenata, invece
quel che ottenni fu un’espressione neutra.
-Avvertimi
quando sei pronta streghetta- disse semplicemente, continuando a sfogliare il
giornale. Rimasi a bocca aperta.
-Non
fare quella faccia, faccio solo un favore a Elena. E poi questa mattina devo
andare in un posto, qualche fermata in
più non sarà un problema- aggiunse sempre continuando a sfogliare le pagine
-Bene,
allora vado a cambiarmi- prima di uscire dalla stanza gli lanciai un’occhiata –E
riguardo al posto in cui devi andare…vedi di non portarmi in un bordello-
Mi
voltai troppo presto per riuscire a scorgere l’occhiata che mi lanciò e mi
allontanai troppo in fretta per udire la risposta, che rimase preda del vento.
-Non
lo farei mai, uccellino-
-
- -angolino dell’autrice- - -
Ciao
a tutteee!!
Che
ne dite??? Vi piace??? La convivenza è appena iniziata non preoccupatevi se
ancora non vedete dei groooossi sviluppi,tra poco ci saranno. Per chi è curiosa
riguardo alla storia del misterioso vampiro che perseguita la nostra povera
streghetta ed è stata un po’ delusa in quanto in questo capitolo non sono
andata avanti su quel punto perdonatemi!!! E’ che adesso volevo incentrarmi un
po’ di più sulla relazione Bonnie-Damon, e poi insomma diamole un po’ di pace
alla nostra povera Bonnie (pace che non durerà a lungo…accidenti devo imparare
a stare zitta!!!=P).
Vabbè
è meglio se non dico altro. Scommetto che adesso sapete cosa vi sto per
chiedere vero? Ebbene si vi sto ancora stressando con la mia richiesta di recensire=),
scusate sono assillante ma lo sapete che per me è super importante sapere cosa
ne pensate=) Grazie a tutte per la pazienza=)
Tanti
baci!!!
|
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Capitolo 6 *** VI Capitolo ***
Capitolo 6
Ed ecco il sesto capitolo! Come sempre grazie a tutti
quelli che hanno recensito e che continuano a leggere la mia ff e grazie anche
a chi si è aggiunto per strada, sono molto importanti i vostri commenti,
grazie!=)
Ah e volevo dirvi che sono sempre io, ho solo cambiato
il mio nickname=)
Buona Lettura!!!
CAPITOLO 6
Mi
tenne aperta la porta con una mano, invitandomi ad uscire con un ampio gesto del
braccio libero.
-Prima
le signore- non c’era cortesia in quella frase, l’ultima cosa che voleva era
imitare un galantuomo d’altri tempi.
Lo
sorpassai agganciandomi la giacca nera con fare nervoso mentre il terrificante
pensiero dell’irrimediabile imminente si faceva sempre più realtà. Cosa mi
preoccupava tanto? Il fatto che dovessi andarmene in giro con il vampiro che
più al mondo cercavo di evitare, lo stesso che una parte di me odiava ma l’altra
amava. Diedi una strattonata poco elegante alla portiera della Ferrari nera e
lucente che aspettava tranquilla il suo padrone appena mi accoccolai nel suo
comodo interno di pelle beige, lasciandomi cullare da tanto conforto. Non che
questo mi alleggerisse l’anima. Ero decisamente troppo vicina per i miei
standard a Damon, e anche se una micro millesima parte di me esultava per
questo, tutta l’altra malediceva il destino.
-Sai
streghetta, potresti anche essere più gentile col mio gioiellino, perché se le
fai anche solo un graffio ne pagherai care le conseguenze- disse mentre metteva
in moto il “gioiellino” in questione, che fece le fusa sotto il delicato tocco
del padrone.
Mi
limitai ad alzare gli occhi al cielo e puntare lo sguardo fuori dal finestrino,
dove i colori si mescolavano per diventare una grande macchia verde incorporea
e indistinguibile, frutto della sua guida da pazzo.
-Non
so quante volte hai portato in giro umani con quest’affare, ma tanto per la
cronaca se hai un incidente non credo di poterne uscire con tutti i pezzi al
loro posto se continui ad andare così- osservai con calcolato distacco.
-Tranquilla
streghetta non ho mai fatto incidenti- disse sarcastico continuando a non
posare lo sguardo su di me.
-C’è
sempre una prima volta, e io non vorrei esserci quando accadrà. Quindi mi fai
il favore di rallentare?-
In
tutta risposta sbuffò, ma con la coda dell’occhio notai che dai 130 Km/h era passato ai
110. Sai che cambiamento…ma era già tanto aver ottenuto questo.
Restammo
in un silenzio rotto solo dal mio respiro e dai battiti del mio cuore, per lui
udibili quanto un tamburo suonato a pochi metri di distanza, per molto tempo.
E
mentre contemplavo l’imminente e terrificante giornata non mi venne neanche in mente l’idea
di chiedere dove stavamo andando, almeno fin quando non notai che stavamo
rallentando di parecchio e ci stavamo dirigendo in un parcheggio occupato
soltanto da macchine di lusso, che però notai, con una certa punta di
soddisfazione e superbia che non era per niente da me, ingrigivano messe a
confronto con la nostra. Probabilmente non avevo schermato la mente perché sentii
Damon sorridere.
-La
tratti male ma ti piace viaggiarci a quanto pare- e prima che potessi ribattere
a tono, magari dicendo che i miei pensieri erano privati, girò la chiave e
scese con molta classe.
-Si
può sapere dove siamo?- gli chiesi appena riuscii a raggiungerlo, perché a
quanto pare avevo una guardia del corpo che andava per i fatti suoi invece che
fare da “guardia al mio corpo”.
-Se
te lo dicessi poi dovrei ucciderti- rise della sua battuta, che invece mandò me su
tutte le furie. Il mio sesto senso mi diceva che non avrei dovuto trovarmi lì,
e chissà perché ero pienamente d’accordo con lui. Forse per via della grossa
insegna luminescente che diceva “Hotel Luxor” seguita da cinque brillanti
stelline che facevano sfoggiò di tutta la loro scarsa modestia, forse per via
del fatto che tra le miriadi di cose che l’Hotel offriva a quanto pare c’era
anche un grande e famoso casinò o forse perché tutti quegli snob che entravano
e uscivano facevano sfoggio dei loro vestiti migliori e dei loro diamantini da
ricoprire mezzo dito come se fossero sciocchezze, fatto sta che già odiavo quel
posto che ritenevo invece perfetto per il bel vampiro che mi accompagnava con un
sorriso davvero poco rassicurante.
-E
se ti aspettassi in macchina?- esitai di fronte all’entrata, trattenendolo
involontariamente per una manica della camicia nera. Prima di guardarmi osservò
le mie esili dita avvinghiate al sottile tessuto, che immediatamente ritirai,
neanche avessi preso la scossa elettrica.
-Rilassati
streghetta- disse in un soffio,
stranamente privo di qualsiasi nota di sarcasmo che solitamente era una
costante sempre presente nella sua voce.
Alzai
uno sguardo indagatore troppo tardi, si era già voltato per dirigersi all’interno,
oltrepassando la brillante porta a vetri con stampate in una calligrafia
elegante dalle tonalità dell’oro le iniziale dell’Hotel.
A
malincuore lo seguii, cercando di non rimanere a bocca aperta di fronte a tanto
lusso e dandomi un certo contegno per quanto possibile.
Come
un cagnolino fedele e spaesato (il che era atrocemente umiliante con Damon)
seguii il vampiro senza parlare, stando a un passo di distanza da lui e
osservandolo mentre scambiava brevi cenni di saluto verso persone (il più delle
volte belle ragazze dalle scollature generose) a me completamente sconosciute.
Quando
alla fine ci trovammo di fronte a un’entrata oscurata da una tenda di velluto
rosso acceso e spalleggiata da due energumeni che incutevano timore solo a
guardarli lo vidi fermarsi di botto tanto che per poco non ci andai a sbattere.
-Stai
un po’ più attent…- iniziai a protestare, ma con mio grande disappunto e stupore
mi interruppe bruscamente.
-Adesso
io devo entrare qua dentro, tu però resta qui. Intesi?- mi guardò serio e capii
che non scherzava. Annuii altrettanto seriamente e per ribadire il concetto mi
sedetti sul comodo divanetto poco più distante mentre lui spariva oltre la pesante
tenda.
Passò
circa un quarto d’ora, un lungo, lunghissimo quarto d’ora nel quale non avevo
fatto altro che arricciarmi i boccoli ramati attorno all’indice. Sbuffai
esasperata, con la pazienza messa a dura prova, fin quando mi alzai per
dirigermi dove quel dannatissimo Damon
era scomparso. Quando però vidi i due buttafuori mi venne l’inspiegabile
dubbio che non mi facessero entrare, magari sotto direttive del vampiro. Poi
però mi diedi della sciocca, di certo non sarebbe arrivato a tanto, forse per
Elena si se lo riteneva rischioso, ma non per la sottoscritta. Mi avvicinai con
cautela ma quando gli passai accanto non accennarono a bloccarmi. Tirai un
sospiro di sollievo e scostai la stoffa vermiglia.
All’interno
c’era un sottofondo blues rilassante, coperto solo dai mormorii incessanti
della gente. L’aria sapeva di sigari e alcol, e le risate della gente
arrivavano attutite dalla nebbiolina nauseante che aleggiava indisturbata. Delle
scale portavano a un soppalco elegante dove si notavano tavoli da gioco
accerchiai da uomini, alcuni sorridenti forse perché la dea bendata li aveva baciati,
altri così seri che facevano quasi paura. Al bancone del bar, sulla mia
sinistra, donne dai lunghi abiti attillati e dagli spacchi pronunciati sedevano
tranquille, cullate dalla musica, sorseggiando un cocktail con occhi vacui, mentre
il rumore sordo delle palle da biliardo che cozzavano tra loro mi fece voltare
a destra, dove uomini e donne di tutte le età erano chini sui feltri verdi
pronti a giocarsela tutta con un unico, audace colpo di stecca. L’atmosfera era
quasi ipnotizzante, forse per via della tenue luce prodotta dalle basse lampade
che lasciavano l’enorme sala nella penombra.
Cominciai
a camminare in una direzione a caso (ero stata sul punto di fare ambarabà-ciccì-coccò
ma poi c’avevo ripensato, era davvero troppo infantile) sperando di incontrare
Damon al primo colpo, ma a quanto pareva non sarebbe stato così facile. Dopo
cinque minuti buoni in cui le avevo provate di tutte cominciai a temere che mi
avesse mollata lì, d’altronde da lui ci si può aspettare di tutto…
-Ehi
bella bambina…ti sei persa?- la voce impastata di un uomo sui dieci, quindici
anni più di me mi arrivò assieme a una zaffata d’alcol proprio vicino all’orecchio,
mentre un possente braccio mi cingeva le spalle a peso morto.
-No,
grazie per l’interessamento- con una smorfia cercai di sgusciare via,
allungando nel frattempo il collo per riuscire a vedere oltre la folla se quel
vampiro sbucava miracolosamente fuori.
-Oh
non c’è di che. Vuoi un drink?- continuò imperterrito, con un sorriso ebete
sulla faccia e nemmeno una buona intenzione nella mente. Il braccio era sempre
lì, sulle mie spalle, e per quanto mi sforzassi di levarmelo di torno era
troppo forte. Una piccola punta di panico cominciò a farsi sentire quando vidi
che anche un suo amico si stava unendo alla “conversazione”, affiancandomi dall’altro
lato e spingendomi verso dei divanetti più appartati.
-Lasciatemi
andare, subito!- cercai di protestare ma era inutile. Più tentavo di levarmeli
di torno più la loro presa si rafforzava. La disperazione prese il sopravvento
mentre una lacrima mi rigava la guancia. Ma guarda te in che razza di guaio mi
ero cacciata! E tutta per colpa sua! Appena l’avessi visto l’avrei preso a
calci nel…!
-Signori,
non credo che la ragazza gradisca la vostra compagnia- una voce, fredda come la
morte e dura come la pietra, li fece voltare. Ma non ce n’era bisogno, avevo
già capito a chi apparteneva senza che incrociassi quei due occhi d’onice che,
notai con stupore, sembravano davvero infuriati.
-E
tu cosa vorresti?- chiese tra i due quello più sbronzo, strascicandosi le
parole in un impasto quasi del tutto incomprensibile. La stretta sul braccio mi
faceva male e il cuore mi batteva a mille.
-La
mia ragazza- quelle parole ebbero il potere di mandarmi a fuoco le
guance, che
divennero di un paio di tonalità più scure dei miei
capelli. La mia ragazza?
Doveva aver preso una bella botta in testa… Poi capii che se non
avesse detto così quelli l'avrebbero ignorato, pensando
che stesse solamente facendo l'eroe del giorno.
I
due si guardarono un attimo, poi osservarono meglio Damon, che in tutta la sua
altezza faceva sfoggio del suo lato più temibile e, avendo ancora un briciolo
di sale in zucca, lasciarono la presa. Tirai un sospiro di sollievo e mi
massaggiai i punti in cui ero certa avere dei segni rossi, mentre mi avvicinavo
al vampiro con una gioia che non avrei mai creduto possibile.
-Sembrava
disorientata, le volevamo dare solo una mano- disse il più sobrio prima di
allontanarsi come un razzo trascinandosi dietro l’amico.
-Certo…-sussurrò
Damon con un sorrisetto tirato e falso.
-Grazie...-
lo guardai negli occhi per la prima volta senza coprirmi il volto con una
maschera. Per la prima volta lo osservai senza scudi, senza difese, proprio
come un tempo.
Certo
quel che vidi non mi tranquillizzò. Era a dir poco furioso.
-Streghetta,
che ti avevo detto riguardo all’aspettarmi fuori? Cosa non hai capito della
frase?! Perché mi era sembrata abbastanza chiara, no?!- mi trascinò via,
dirigendosi verso l’uscita con passo arrabbiato.
-Io…-
rimasi spiazzata. Da quando in qua l’autocontrollo di Damon vacillava così
tanto? Non l’avevo mai visto tanto arrabbiato con me. Insomma, mi aveva preso
in giro miliardi di volte, mi aveva evitato altrettante, ma mai si era
arrabbiato, mai aveva usato tanta rabbia nelle parole. Solo quando c’era di
mezzo Elena si arrabbiava così, e mai avrei creduto di vederlo in quello stato
se lei non c’entrava niente.
Forse è ancora una volta
per lei. Se mi succedesse qualcosa lei non glielo perdonerebbe mai. Si, è
sempre per Elena.
Pensai
amareggiata, mentre la minuscola speranza che per un attimo mi era nata nel
petto senza che neanche me ne accorgessi
veniva schiacciata dal peso dei miei ingarbugliati pensieri.
Probabilmente
mi ero scordata di schermare la mente, perché per un attimo, un solo istante
tanto breve da rendermelo quasi invisibile, lo sguardo di Damon saettò su di
me, illeggibile come sempre, per poi ritornare fisso davanti a sé, e la presa
vacillò un secondo prima di rafforzarsi come prima.
-E
ringrazia il cielo che ho sentito la tua voce, altrimenti a quest’ora non
saresti qui a raccontarlo- continuò con un sibilo furioso. Lo sbalordimento di
poco prima, mischiato alla delusione scaturita dalla mia convinzione, mi diede
la forza per ribattere. Perché non sia mai detto che Bonnie sta zitta per una
volta in vita sua, riconoscente per l’aiuto che le è appena stato dato…
-Beh
ti ho già ringraziato mi pare! E se non fosse stato per te carino a quest’ora non
sarebbe accaduto proprio un cavolo di niente! Tu e le tue idee di trascinarmi
in un posto del genere…- borbottai mentre uscivamo dalla sala, lasciando dietro
di noi una scia di fumo che sapeva di sigari.
-Io
ti avevo avvertita di startene ferma e buona,
ma ovviamente tu devi fare sempre di testa tua vero?!-
-Si!
Almeno io faccio ciò che voglio, non ciò che mi viene ordinato dagli altri! Non
sono un cagnolino, io!- forse esagerai un po’, perché lo vidi bloccarsi
immediatamente e voltarsi verso di me fremente di rabbia.
-Piantala
Bonnie! Piantala di giocare col fuoco! Piantala di dire certe assurdità! Smettila
per una volta!- mi ringhiò in faccia, con tutta l’intenzione di spaventarmi.
-Stai
forse dicendo che non ho ragione? Mi fai da “guardia del corpo” perché te l’ha
ordinato Elena, mi sopporti perché sono amica di Elena, mi hai appena salvata perché
se quei due idioti mi avessero fatto del male allora Elena se la sarebbe presa
con te! Tutto per lei! E allora smettila di farmi questo! Smettila e va da lei,
aiuta lei non me, perché io non ne ho bisogno, non ho bisogno di un falso aiuto!
Lo capisci?!- urlai con quanto più fiato avevo e solo quando sentii le calde
lacrime solcarmi le guance capii ciò che avevo fatto. Mi ero messa a nudo,
completamente. Tutti i pensieri che avevo nascosto davanti a lui, tutte le
convinzioni e i sentimenti imprigionati con le catene in un baule accatastato
in un angolo sperduto della mia mente, avevo tirato fuori tutto e l’avevo messo
in bella mostra. Sgranai gli occhi e mi coprii la bocca con una mano. Lui mi
guardava in silenzio, un espressione che non riuscivo a capire dipinta su quel
volto perfetto e indurito dalla rabbia.
-Davvero…-
stava per dire qualcosa, poi scosse la testa, si voltò, tirò fuori le chiavi
della macchina e si avvicinò a quella pantera nera, aprendo lo sportello.
-Muoviti,
sali- la sua voce era priva di espressione, un blocco duro e freddo di marmo.
Lo
guardai allibita, aspettando ancora una reazione mostruosa che però non arrivò
mai.
-Sali-
ripeté con severità e non osai controbattere.
Per
tutto il tempo del viaggio di ritorno non osai aprire bocca, avevo già parlato
troppo. Mi ero persino dimenticata che dovevo comprare alcune cose. Solo la mia
mente lavorava a una velocità doppia. Il mio più grande dubbio era il perché della
sua reazione, o meglio non-reazione, perché mi sarei aspettata di tutto, ma
proprio di tutto, tranne che rimanesse in silenzio, con un espressione così…non
sapevo neanche come.
Una
sola domanda aleggiava tra di noi: che cosa era successo al Damon arrogante e presuntuoso
che conoscevo?
-
- -angolino dell’autrice- - -
Ciao
a tutteee!!!
Che
ne pensate??? Vi piace??
Questo
capitolo ha dato una bella scossa ai nostri due piccioncini, e a quanto pare le
cose sono più ingarbugliate del previsto=) Però non voglio assolutamente
anticiparvi niente. Mi raccomando recensite, recensite e recensite!!=)
Baci
a tutte!!
|
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Capitolo 7 *** VII Capitolo ***
Capitolo 7
Ce
l’ho faaaaaattaaaaaaaaaaa!!!! Ragazzi mi dispiace tantissimo per questo mega
colossale ritardo, ma tra una cosa e l’altra non riuscivo mai a scrivere questo
benedetto capitolo. Vi chiedo perdono per avervi lasciato sulle spine così
tanto.
Avevo
pensato che per farmi perdonare vi avrei fatto un capitolo lunghissimo, ma alla
fine ho preferito spezzarlo in due,
creando un po’ di suspance =)
Come
al solito comunque ringrazio tutti coloro che continuano a recensire, non
sapete quanto mi fate contenta!! E ringrazio anche chi mi ha aggiunta tra
seguite/preferite. Grazie di cuore!! E ancora scusatemi per il ritardo.
CAPITOLO
7
A
volte la gente non capisce i propri sentimenti, e allora come può pretendere di
capire quelli degli altri? Come può essere così altezzosa e arrogante da
pensare di riuscire a varcare il muro che protegge le menti altrui, e come può
solo immaginare cosa nascondono le ferite di cuori che non battono all’unisono
col proprio?
Io
avevo la stessa arroganza e presunzione di quelle persone. Pensavo di conoscere
ogni pensiero nascosto in quegli occhi d’onice, avevo la più completa certezza
di cosa si celava in quel cuore freddo. Il che era veramente assurdo perché
anche se ormai le sue reazioni le conoscevo così bene da poterle prevedere ad
occhi chiusi mai mi ero trovata di fronte ad un mutismo assoluto. Infatti in
quell’istante le mie convinzioni vacillarono pericolosamente, furono minacciate
alla vista di un Damon furente ma anche rattristato. Lo fissavo e non sapevo
cosa pensare. Rivangavo la nostra uscita e non mi veniva in mente niente. Ero
confusa. Totalmente, imprevedibilmente, intollerabilmente confusa.
Quando
tornammo a casa scesi dalla macchina senza voltarmi e solo quando raggiunsi la
porta d’ingresso mi accorsi di un rombo potente che si allontanava a una
velocità non consentita dai limiti.
Le
ore passavano e il suo pensiero mi tormentava. Nella vana e disperata ricerca
di capire il perché di una reazione simile non mi resi neanche conto che la mia
frustrazione per il non capire, che la mia confusione si stava lentamente
trasformando in qualcos’altro…rabbia forse? Alla fine della giornata, dopo che
avevo sfogliato decine di libri senza vedere realmente le preziose parole che
contenevano, dopo che avevo salutato distrattamente Elena e Stefan e avevo
risposto alle loro domande automaticamente, senza davvero rifletterci, arrivai
ad odiare quella sua non-reazione.
Davvero,
mi sarei aspettata di tutto da lui, e tutto avrei preferito, anche che mi sbattesse
contro un muro minacciandomi (perché era pur sempre una reazione accidenti!),
pur di non vedere il suo silenzio. Era snervante, e pure umiliante. Insomma io
mi ero esposta, avevo detto apertamente quei pensieri che per tanto tempo il
mio cuore aveva ordinato alla mente di nascondere, e proprio quando mi ero
liberata di una grossa parte del peso che portavo sulle mie spalle, lui che
faceva? Restava zitto. Avrei preferito che mi deridesse o che mi picchiasse,
perché erano le due solite reazioni di Damon, o una o l’altra, era fatto così.
Ma il silenzio era peggio. Significava che non gliene importava niente, che le
mie parole non meritavano neanche la sua attenzione. Sì, si era arrabbiato, ma
dopo avergli sputato addosso quelle accuse non bastava tenere il muso e sparire
per tutto il giorno. Damon era vendicativo, spietato quando voleva. E allora
perché non lo era stato anche quella volta? Perché si era limitato a stringere
i pugni e voltarsi?
Forse
ero cieca, anzi lo ero sicuramente. Infatti in quell’istante l’unica risposta
che mi venne in mente era che lui non mi riteneva degna neanche di una sua
qualche attenzione, fosse anche di odio puro. Sciocca e rassegnata mi
addormentai sul divano cullata dal calore di un fuoco scoppiettante che
inesorabilmente si consumava, mentre una piccola lacrima mi rigava silenziosa
la guancia, racchiudendo la delusione e la rabbia che per l’ennesima volta si
erano scatenate a causa sua. Ma forse questa volta prive di fondamenta solide.
Il
rumore di una serratura che scattava mi ridestò improvvisamente, facendomi
sobbalzare mentre aprivo di scatto gli occhi.
Alzai
la testa ancora intontita e assonnata e mi voltai in direzione della fonte di
quel suono, scoprendone la causa.
Damon
era in piedi, mi dava le spalle e stava richiudendo la porta a chiave mentre
dai suoi capelli bagnati e ancor più neri e lucenti scendevano goccioline di
pioggia che inzuppavano ancor di più la camicia aderente e completamente
bagnata, la quale gli si attaccava alla pelle con fare provocante.
Arrossii
a quei pensieri e distolsi subito lo sguardo, lasciandomi cadere di nuovo sul
cuscino. A quanto pare mi ero addormentata sul divano e a giudicare dalla brace
che riscaldava a malapena l’abitacolo del camino ne era passato di tempo.
Gettai uno sguardo all’orologio a pendola poco distante da me. Le 5.24.
Pregai
con tutto il cuore che il bel vampiro non mi avesse notata, ma sapevo fin
troppo bene che non si era fatto sfuggire il cambiamento del ritmo del mio
respiro, ne il rumore, impercettibile a orecchio umano, che avevo fatto.
-Streghetta
non dirmi che hai aspettato il mio ritorno?- disse ironico.
Per
un attimo rimasi in silenzio, contemplando con astio la familiarità di quel suo
modo di fare strafottente che miracolosamente era tornato parte di lui.
-Credimi,
è l’ultima cosa che farei- dissi acida.
-Oh
bene, perché vedi avrei potuto tornare molto più tardi, ma mi sono accontentato
questa notte- sorrise malizioso mentre la mia rabbia cresceva di fronte a tutti
i sottointesi facilmente capibili che trasudavano da quello sguardo –Non avrei
voluto avere sulla coscienza le tue occhiaie questa mattina- aggiunse con
ironia affilata.
-Tranquillo,
niente di me ti può riguardare, neanche le mie occhiaie- mi alzai per dirigermi
verso le scale con tutta l’intenzione di porre fine a quel fastidioso incontro.
Possibile che ogni volta che lo vedevo finivo sempre per arrabbiarmi?!
Purtroppo
però inciampai sul bordo del tavolino di vetro (tipico della sottoscritta) e
persi l’equilibro. Mentre contemplavo l’imminente, rovinosa caduta a terra
contavo i secondi che mi separavano da quelle dure e scure assi di legno. Non
pronunciai nella mia mente neanche la parola uno che due braccia forti e
muscolose mi agguantarono all’istante. Le sentii stringersi attorno alle mie
spalle, delicate ma sicure, mentre il tessuto bagnato della camicia mi
inumidiva il maglione verde. Rimasi senza fiato quando il suo profumo,
accentuato dalla pioggia, si insinuò tra di noi. Sapeva di notte, non so come
definirlo sennò. Era lo stesso profumo che sentivo quando spalancavo le
finestre in una serata invernale e il vento pungente portava con se quel
profumo seducente e fresco che solo le notti invernali hanno. Io lo definisco
profumo di notte.
Damon
mi rimise in piedi e mi lasciò subito, mentre io con gli occhi sgranati
diventavo della stessa tonalità dei miei capelli. Accidenti a lui, possibile
che il muro accuratamente creato per bloccare le mie emozioni venisse
sistematicamente fatto a pezzi ad ogni suo tocco?!
-G-grazie-
sussurrai distogliendo imbarazzata lo sguardo dai suoi occhi d’onice. Ecco come
tutti i miei buoni propositi di tenergli testa andavano a farsi benedire.
-Streghetta,
giuro che non ho mai visto una ragazza più imbranata di te- ed ecco come farsi
odiare da una donna. Il suo sguardo era ironico e il suo tono arrogante.
Lo
guardai furente e ancor più rossa, se questo era possibile.
-Ritiro
quel che ho detto, va’ al diavolo!- sbottai arrabbiata, guardandolo male da
tutta la mia bassezza mentre piegavo un po’ la testa all’indietro per poter
incrociare il suo sguardo altezzoso e non i suoi pettorali (che comunque non mi
dispiacevano affatto, pensai prima di auto scagliarmi tutte le maledizioni di
questo mondo).
Senza
aspettare la sua risposta lo superai e salii gli scalini con passo pesante,
mentre l’eco della sua frase mi raggiungeva alle spalle.
-Alla
fine mi stancherò di avvertirti che non devi giocare col fuoco streghetta-
Arrivai
in camera sbattendomi la porta alle spalle, noncurante di svegliare qualcuno.
Oh
se era odioso! Arrogante e presuntuoso! Che caratteraccio, proprio non lo
sopportavo! E se gli piaceva tanto vedere tutte le gaffe che facevo perché
diavolo non mi ha fatta cadere?! Così si faceva quattro risate!
Presi
un lembo della coperta e con un solo strattone lo tirai giù. Mi infilai sotto
le lenzuola e tirai su il piumone fin sotto il collo, girandomi nervosamente su
un fianco e facendo tremare tutto il materasso. Mi addormentai inventando nuovi
aggettivi per niente carini adatti proprio a quel vampiro che inutilmente cercavo
di odiare col cuore e non solo con la mente.
Il
profumo del caffè mi svegliò dolcemente, entrando tra le fessure della porta e
aleggiando indisturbato per la camera. Un richiamo a cui non potevo rifiutare.
Mi
alzai stiracchiandomi e presi la vestaglia che era appesa in bagno. Spazzolai i
miei ricci color fragola e mi sciacquai la faccia con l’acqua gelida così che
gli ultimi residui della notte scivolassero via con essa.
Quando
arrivai in cucina trovai Elena seduta al bancone che sorseggiava una tazza di
caffèlatte fumante e nel contempo sfogliava distrattamente il giornale.
-Buongiorno-
le sorrisi e mi versai del caffè, scaldandomi le mani gelate.
-Ehi,
‘giorno. Passata bene la nottata? Ho sentito dei rumori…-
-Oh
si benissimo- sorrisi falsamente, non avevo voglia di raccontarle l’ennesimo
incontro-scontro con il più grande dei Salvatore.
Mi
sedetti accanto a lei e presi l’altro giornale.
-Stefan?-
chiesi mentre leggevo la prima pagina e sorseggiavo il caldo liquido scuro dal
retrogusto amaro.
-E’
uscito con Damon. Credo che siano andati a cercare notizie su quel vampiro che
ti ha attaccata. Sai Stefan continua a fare domande in giro a delle sue
“conoscenze”, come le definisce lui- mimò le virgolette e mi sorrise.
-Già,
vi sto causando un bel po’ di disturbo con questa faccenda…- sussurrai
sconsolata.
-Non
dirlo neanche per scherzo Bonnie- si fece improvvisamente seria.
-Grazie-
il mio tono era carico di gratitudine mentre la abbracciavo con affetto. Ero
davvero fortunata ad avere degli amici così, pronti a rischiare la vita per me
se ce ne fosse stato bisogno.
-Su,
adesso devo uscire anche io. Mi zia deve andare a comprare dei mobili che non
ho ben capito a cosa le servano e mi ha chiesto di accompagnarla. Tu non ti
muovere da qui, mi raccomando- mi ammonì con fare materno.
-Ai
suoi ordini!- risi mentre lei usciva dalla stanza alzando gli occhi al cielo.
Quando,
dopo aver riposto la tazza nel lavandino, richiusi il giornale notai con la
coda dell’occhio la data del giorno. Ero così presa da tutti gli avvenimenti
che erano capitati da dimenticarmi che giorno fosse: l’anniversario della morte
di mia nonna. Una tristezza incolmabile mi assalì mentre piccole lacrime mi
pizzicavano agli angoli degli occhi tentando l’ardua impresa di straboccare.
Inspirai ricacciandole dentro e tornai di sopra pensando a come potevo andare
al cimitero senza la mia affascinante guardia del corpo.
Già
vedevo Elena, infuriata e spalleggiata da Stefan, che me le diceva di tutti i
colori, facendomi una paternale degna di un Oscar, mentre Damon indifferente
osservava la scena con una spalla appoggiata allo stipite della porta. Quella
scenetta era così reale nella mia mente da poter essere scambiata per la
realtà.
Mentre
tiravo fuori dall’armadio un maglione a collo alto bianco e un paio di jeans un
lieve senso di colpa mi si affaccio alla mente ripensando alla preoccupazione
che avrei fatto passare ai miei amici se avessero scoperto le mie intenzioni,
ma d’altronde dovevo andare al
cimitero, almeno in quel giorno dovevo salutare mia nonna. Così continuai ad
architettare il mio piano.
Elena
era uscita e combinando lei, sua zia, e il centro commerciale si poteva
facilmente arrivare alla conclusione che avrei avuto tutta la mattina libera,
mentre Stefan e Damon erano usciti per andare non so dove e quindi non avevo la
più pallida idea di quanto potessi essere graziata, ma a fare due conti di
solito lui stava fuori come minimo un paio d’ore quando andava a caccia di
notizie, almeno così avevo potuto osservare dagli ultimi giorni. Quindi avrei
avuto tempo fino alle undici per uscire e tornare senza che nessuno scoprisse
niente.
Certo
la mia imprudenza superava tutti i limiti, ma sinceramente in quel momento me
ne fregai altamente. La prigionia mi aveva dato così alla testa che tutto il
mio buon senso aveva deciso di prendersi una vacanza alle Fiji, non c’era altra
spiegazione al fatto che stavo tranquillamente scendendo le scale diretta alla
mensola delle chiavi col giubbotto in una mano, la borsa nell’altra e un
sorrisetto compiaciuto verso l’astuzia con cui avevo progettato il mio
incredibile piano di fuga.
Si
può dire che il mio sorrisetto si congelò quando spalancando la porta mi trovai
di fronte una figura alta e slanciata.
-Matt?!
Che ci fai qua?- chiesi con un’espressione angelica e qualche acuto di troppo.
-Sono
venuto a trovarti. Non ti ricordi? Te l’avevo detto ieri al telefono- disse
altrettanto sorpreso di vedermi uscire. Anche lui era a conoscenza dei miei
ordini restrittivi.
-Ah
già…scusa me ne sono completamente dimenticata- sorrisi sforzandomi di apparire
calma mentre dentro di me mi stavo mandando al diavolo per essermi fatta
sfuggire un simile dettaglio. Il mio
piano stava per essere compromesso…
-Ma
stai uscendo? Da sola?- Ecco appunto…
-Ehm…sai
sono tutti fuori e io…oggi è l’anniversario della morte di mia nonna e insomma
volevo andare al cimitero…ma non c’è nessuno così ho pensato…si insomma…-
accidenti so proprio esprimermi non c’è che dire…
-Ti
accompagno? Non penso sia molto sicuro che tu ci vada da sola- sorrise e placò
il mio fiume insensato di frasi sconnesse tra loro.
-Davvero?
Grazie , mi farebbe molto piacere-
Fìu,
salva! Tirai un sospiro di sollievo vedendo che non mi obbligava a rientrare
dentro tenendomi sotto controllo fino all’arrivo dei Salvatore, facendo poi un
resoconto dettagliato del mio piano di fuga e procurandomi la ramanzina del
secolo.
Il
sole splendeva alto nel cielo e l’erba curata e ancora bagnata per il temporale
di quella notte veniva mossa appena dal venticello fresco. Camminavo in
silenzio, fiancheggiata da Matt, per non disturbare la pace che solo un
cimitero poteva accogliere. Le lapidi bianche riflettevano la luce, abbaglianti
come specchi al sole, e le cime degli alberi ondulavano con un movimento quasi
ipnotico, mentre l’odore di erba tagliata, fresco e pungente, si diffondeva
lentamente nell’aria mattutina.
Da
lontano riuscii a scorgere la foto di mia nonna, sorridente, che sembrava mi
stesse aspettando. Affrettai un po’ il passo, fino a trovarmi di fronte a quel
blocco di marmo bianco con venature rosate. Matt rimase indietro, rispettoso, e
mentalmente lo ringrazia di quel gesto premuroso.
Gettai
via i fiori secchi e riempii il vaso con quelli che avevo appena comprato,
freschi, colorati, vivaci, proprio come piacevano a lei. Sorrisi e carezzai il
vetro freddo della sua foto. Le raccontai di cosa mi era accaduto, di come
stavano andando le cose, dei miei amici, delle mie paure, delle mie gioie e sì,
anche di lui, perché io le avevo
sempre parlato di tutto. Passò un quarto d’ora, o forse di più, quando alla
fine mi alzai e mi voltai verso quell’amico che paziente aveva aspettato tutto
il tempo in piedi, lontano, per non disturbare i miei racconti, per non
origliare.
Mi
avvicinai sorridente ma prima che potessi aprir bocca lo vidi sbiancare e
sgranare gli occhi. Non ebbi neanche il tempo di voltarmi che qualcuno mi
spinse con una forza tale da farmi cadere un paio di metri da dove mi trovavo.
-Ma
cosa diavolo…-
-Scappa
Bonnie!- sentii il mio amico urlare prima di avventarsi contro una figura alta…
Assottigliai lo sguardo, ancora stordita, per capire di chi si trattasse a
quando misi a fuoco il sangue nelle vene mi si ghiacciò. Era lui!
Non
riuscii ad avvertire Matt che era troppo forte per lui, non riuscii a dirgli di
allontanarsi, perché era già stato scaraventato contro un albero, così forte da
fargli perdere i sensi.
-Matt!-
urlai il suo nome con quanto fiato avevo in gola, correndogli incontro. Ma fu
inutile. Il vampiro mi si parò di fronte, gli occhi cremisi puntati su di me,
la bocca piegata in ghigno orrendo.
-Ci
si rivede, bambolina. Devo dire che il giochetto del paletto l’altra volta non
mi è piaciuto granché, vedi di stare più calma questa volta, o sarò costretto
ad usare le maniere forti- mi si avvicinò con lentezza, minaccioso. Cominciai a
correre come una disperata, ben sapendo che era folle pensare di seminarlo. E
infatti voltandomi indietro non lo vidi più, perché mi aspettava a un paio di
metri di fronte a me. Mi fermai di botto, fissandolo con paura e con rabbia
allo stesso tempo.
-Chi
sei? E che cosa vuoi da me?-
-Se
curiosa…vabbè ormai non vedo che ragione c’è di tenertelo nascosto. Il mio nome
è Pierre- si strinse nelle spalle continuando a sorridere, mi aveva in pugno e
lo sapeva
–Vedi
tu sei una strega, discendente non solo da una stirpe molto potente ma anche da
uno stregone che qualche secolo fa ha fatto un incantesimo piuttosto seccante,
che può essere tolto solo da coloro che portano il suo stesso sangue. Quindi ci
servi- concluse senza troppi giri di parole.
-Ci?
Quanti siete?- dissi seria, la paura si stava trasformando in una pazza
sfrontatezza.
-Complimenti,
sei acuta. Siamo…abbastanza. Ma tu ci farai aumentare…- aggiunse con un ghigno
complice.
-Cosa
vuoi dire?- una parte di me tentava di prendere quante più informazioni
possibile, un’altra cercava disperatamente di escogitare un piano per
sfuggirgli.
-Sai,
le tue domande mi stanno facendo perdere tempo. Basta giochetti- diventò improvvisamente seriò e si scagliò
contro di me. Non ebbi il tempo di muovermi che mi ritrovai al suolo, con lui
che tentava di tenermi ferma. Scalciai in tutti i modi possibili e alla fine,
non so bene neanche io come, riuscii a divincolarmi dalla sua presa. Mi alzai
di scatto pronta a scappare, mi voltai e feci i primi tre passi ma lui mi spinse
con tanta violenza da farmi finire in aria.
Avete
presente quelle scene a rallentatore che si vedono nei film? Ecco, tutto mi
sembrò a quel modo. Sentii l’aria sferzarmi i capelli, sentii il mio corpo
staccarsi da terra, percepii il dolore nel punto in cui mi aveva colpito e vidi
il suolo dall’alto. Ciò che mi fece ingoiare a vuoto, che mi fece sudare freddo
e capire che ero spacciata fu il punto su cui stavo per atterrare. Sotto di me
c’erano dei tubi e delle aste di ferro, residui che accentuavano il cartello
poco distante che diceva “lavori in corso”. Di certo mi sarei fatta male, ma
niente più di qualche livido. Niente in contrario se non avessi visto un’asta
in particolare, la cui punta affilata lunga una decina di centimetri spuntava
minacciosa e letale dal fogliame secco, pericolosamente rivolta verso l’alto.
Non
ebbi il tempo di gridare, di muovermi, di fare qualsiasi cosa. Fissavo con
terrore puro quell’arnese mortale, che inesorabilmente si avvicinava troppo
velocemente. Quando sentii il metallo freddo perforare la stoffa della giacca e
del maglione, quando sentii quella lama appuntita penetrate nella pelle del mio
fianco, capii che non avevo speranze. Da quel momento non sentii più niente se
non un dolore lancinante che aumentava sempre di più. Forse piansi, forse no,
sinceramente non lo so.
Vidi
Pierre scurirsi in volto e imprecare con rabbia, vidi Matt ancora privo di
sensi, vidi sul mio maglione bianco lo sbocciare di una rosa rossa, scarlatta.
E l’ultima cosa che vidi, prima che l’oblio mi accogliesse, fu un corvo nero,
dal piumaggio lucente, sfrecciare in picchiata verso di noi. E chissà, forse il
dolore mi provocava le allucinazioni, ma dai suoi occhi, puntati su di me,
avrei giurato fossero uscite lacrime.
-
- - angolino dell’autrice - - -
Ecco
qui, che ne dite?? Vi piace?? Spero tanto di non avervi deluso perché l’ho
scritto un po’ in fretta. Mi raccomando recensite e fatemi sapere che ne
pensate, aspetto con ansia i vostri commenti!=)
E
questa volta giuro solennemente di non farvi aspettare troppo per il prossimo
capitolo =)
A
presto, tanti baci!!
|
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Capitolo 8 *** VIII Capitolo ***
Capitolo 8
Ciao
ragazze! Avete visto? Ho aggiornato presto! Vi chiedo ancora scusa per il
ritardo dell’altra volta, cercherò di fare in modo che non accada più.
Uff un po’
mi sono demoralizzata, il capitolo precedente non ha riscosso tante recensioni…
Spero che questo vada meglio e che alcune di voi recensiscano il 7 perché
vorrei sapere se ho sbagliato qualcosa o se non vi è piaciuto.
Adesso vi
lascio alla vostra lettura, premetto solo che le sdolcinate romanticone non
penso saranno deluseXD Fate attenzione a tutto mi raccomando (non solo a quello
che dice uno solo dei Salvatore… ;D), vabbè è meglio che stia zitta=)
Buona
lettura!! E mi raccomando recensiteeeeeee!!
CAPITOLO
8
Una
luce soffusa premeva sulle mie palpebre con insistenza, inducendomi ad aprirle
contro la mia volontà. Lentamente, con calma, i miei occhi si socchiusero e
misero a fuoco il tetto in stoffa bordò del mio letto a baldacchino.
Anche
se ero sveglia, il mio cervello la pensava diversamente. Non riuscivo a
concentrarmi ne a ragionare, mi limitavo solo a fissare quel tessuto e ad
ascoltare i suoni che mi circondavano. Poi, pian piano, i pensieri cominciarono
ad affollarsi. In meno di un secondo mi ritornò in mente tutto: il cimitero,
Matt svenuto, Pierre che mi spingeva, il bastone di ferro, il sangue,…e un
corvo.
Mi
alzai di botto, senza pensarci, come attraversata da una scossa elettrica, e fu
davvero una pessima mossa. Un dolore lancinante al fianco mi fece lanciare un
gemito di dolore mentre la testa incominciava a girarmi senza sosta.
Sentii
due mani fredde afferrarmi con delicatezza le spalle e riportarmi sdraiata,
mentre il dolore lentamente lasciava il mio corpo, come la marea che si ritira.
-Ferma
streghetta- un sussurro soffiato dolcemente al mio orecchio mi fece perdere un
battito, perché quella voce l’avrei riconosciuta tra mille.
-Damon?-
sussurrai di rimando, spaesata –Ma cosa…? Cos’è accaduto?- avevo la gola secca.
-Shh,
adesso riposa. Dopo ti spiegheremo tutto- lo guardai negli occhi scuri che
erano fissi nei miei. Centinai di emozioni attraversarono il suo sguardo,
stranamente più vivo di quanto avessi
mai visto, ma ciò che colsi con chiarezza mi sorprese. C’era preoccupazione,
sollievo ma anche…rabbia? Ma non ebbi il tempo di osservarlo meglio, ne di
chiedere altro, perché due braccia esili mi si strinsero al collo in un
abbraccio che poteva essere frainteso come un tentativo di strangolamento.
-Bonnie!
Mio Dio per fortuna ti sei svegliata! Non sai che paura ci hai fatto prendere,
per un attimo ho pensato che non ce l’avresti davvero fatta! Oh Bonnie come
sono felice di vedere che stai bene!- Elena continuava a tenermi stretta mentre
gridava tra le lacrime di gioia la sua felicità e il suo sollievo. Sorrisi e
ricambia il suo abbraccio/strangolamento.
-Sono
contento di vedere che stai bene- Stefan mi guardava sorridente, ad un metro
dal ciglio del letto.
-Grazie-
sussurrai con voce un po’ roca. Non riuscii neanche a guardarlo negli occhi
perché le braccia di Meredith, che era entrata come una scheggia nella stanza e
si era fiondata sul letto dalla parte opposta di Elena, si erano aggiunte a
quelle della mia amica bionda creandomi un muro se combinate con le loro teste
e l’infinità di capelli che mi ricoprivano la faccia e le spalle.
-Stupida,
stupida, stupida strega! Mi hai fatto venire un colpo! Non farlo mai più hai
capito bene?!- singhiozzò la mia amica senza staccarsi da me.
-Mi
dispiace, davvero mi dispiace tanto- dissi con tristezza e gratitudine per
tutto quell’affetto.
Tra
uno spiraglio e l’altro riuscii a vedere Damon che, appoggiato con la schiena
al muro e con le braccia incrociate sul petto, mi fissava serio. Era bello da
star male con quella camicia bianca attillata che metteva in risalto i suoi capelli
scuri e un paio di jeans neri, non potei evitare di pensarlo. Arrossi di fronte
al peso di quello sguardo e distolsi i miei occhi dai suoi, incrociandone un
altro, decisamente più afflitto e rattristato.
-Matt!-
lo chiamai con stupore e gioia. Per fortuna stava bene.
-Sono
davvero felice di vedere che ti sei svegliata. Mi dispiace tanto Bonnie…Io…-
era imbarazzato e teneva gli occhi puntati sul pavimento.
-Non
è colpa tua, davvero Matt non lo è. Anche io sono felice di vedere che stai
bene- un ringhio basso e minaccioso mi ammutolì. Il più grande dei Salvatore di
era fatto scuro in volto e fissava il mio amico con odio puro.
-E
invece Mutt la nostra cara streghetta sbaglia ad assolverti dalle tue colpe. Ma
come cazzo ti è venuto in mente di portarla fuori?! Tu stupido umano! Pensavi
di riuscire a proteggerla da un vampiro!? Sei cosi idiota da crederti più forte
di lui?!- era furente e il suo sguardo scintillava dalla rabbia che non si
curava neanche di nascondere.
-Damon...-
presa dal panico cercai di richiamarlo, nascondendo la mia sorpresa di fronte
alla sua reazione. Lui lo stava aggredendo perché mi aveva messa in pericolo?
Si preoccupava per me? In quell’istante il mio cuore si riempì di gioia e non
potei evitare di sorridere dentro di me, anche se sapevo che forse sarebbe
stata l’ennesima speranza vana.
-No,
streghetta, non provare a difenderlo. E non credere che anche tu ne sia
esonerata. Hai idea del pericolo che hai corso?! Hai la più pallida idea di
cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo?! Cosa diavolo ti è
saltato in mente uscendo senza protezione?! Devi ragionare accidenti! Non puoi
essere sempre così impulsiva!- mi fissò irato, eppure nel suo sguardo c’era di
più che nelle sue parole. C’era qualcosa che non voleva mostrare, qualcosa che
voleva fosse celato, tanto che non me ne accorsi, troppo sconcertata da poter
pensare realmente. Lo fissavo semplicemente, gli occhi sgranati, mentre la
stanchezza e la debolezza mi annebbiavano il cervello.
-Io…-
cercai di dire qualcosa di sensato per difendermi, per salvaguardare il mio
orgoglio, ma non mi veniva in mente niente. Sapevo bene quanto lui che aveva
ragione, però la parte più testarda di me non gliel’avrebbe data vinta neanche
sotto tortura. Eh già, ero troppo orgogliosa, proprio come lui.
-Damon,
lasciala in pace! Non lo vedi che è stravolta! E lascia stare anche Matt, ci
pensa da solo ad auto punirsi- Meredith guardò il vampiro con rabbia, tenendomi
ancora stretta tra le sue braccia.
-Oh
non credo che le sue punizioni siano anche solo vagamente simili a ciò che
avrei in mente io- per un attimo i suoi occhi si accesero di una luce
minacciosa, la stessa che si può vedere in un predatore a caccia.
-Damon,
ha ragione. Fallo per lei almeno-
Stefan, serio, guardò il fratello negli
occhi per alcuni secondi che sembrarono un eternità. Era calato un silenzio pesante
e sembrava che nella stanza non ci fossero altro che i Salvatore, che non
facevano altro che guardarsi, muti, con un espressione così dura e seria da
mettere quasi paura. Che stessero comunicando mentalmente? Non lo esclusi,
anche se una parte di me credeva che entrambi si fossero capiti solamente con
quello sguardo intenso e misterioso. Probabilmente tutti si stavano chiedendo
chi volesse indicare Stefan con il termine “lei”, almeno io me lo chiedevo. Le
uniche ragazze nella stanza eravamo io, Meredith ed Elena. Di sicuro non si
stava riferendo a Meredith. Che fosse Elena? O io? Per come l’aveva detto però
sembrava che volesse intendere di farlo per la lei a cui lui teneva, quindi alla fine optai con tristezza per
Elena, il suo angioletto.
Osservai
il profilo del vampiro che amavo col cuore e odiavo con la mente, attenta a
cogliere ogni suo mutamento di espressione. Vidi i suoi occhi d’onice liquida
fissare seri quelli del fratello e notai la sua mascella contrarsi per poi
rilassarsi. Fece un piccolo, breve cenno d’assenso, si buttò un’occhiata alle
spalle, nella mia direzione, e uscì dalla stanza incenerendo Matt con lo
sguardo. Quest’ultimo, come un cagnolino bastonato, tremò quando il vampiro gli
passò accanto ghignando della sua reazione impaurita prima di scomparire nell’ombra.
Rimanemmo
alcuni minuti in silenzio.
-Scusalo
è solo…- Stefan stava per dire qualcosa, ma poi si bloccò improvvisamente
–Adesso è meglio se noi usciamo, hai bisogno di riposo. Più tardi, quando sarai
meno stanca, ci racconterai cos’è successo, e anche noi ti diremo un paio di
cose. Adesso però dormi- Stefan mi salutò con affetto e usci dalla stanza,
seguito poco dopo da Matt, Elena e Meredith.
-A
dopo tesoro, riposa- Meredith mi baciò la fronte prima di sparire.
-A
dopo Bonnie- Elena mi lasciò una carezza sulla guancia.
-Grazie
di tutto ragazze -
-Grazie
a te Bonnie. Grazie di essere ancora viva- la mia bionda amica mi sorrise con
le lacrime agli occhi ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Non
ci misi molto a prendere sonno, il mio corpo risentiva ancora di una stanchezza
esagerata per aver dormito…quanto? Non me lo ricordavo bene, o forse non lo
sapevo proprio. Prima che le calde braccia di Morfeo mi accogliessero di nuovo
nel suo dolce abbraccio cercai di tornare con la mente all’ultima volta che i
miei occhi erano stati aperti, ma tutto ciò che fui in grado di ricordarmi
erano solo scene scollegate tra loro, flashback troppo brevi per farmi capire
davvero cosa fosse successo. Alla fine, nel momento in cui mi stavo sforzando
sempre più rivangando a fondo la memoria, il buio calò sui miei occhi,
inaspettato, improvviso, e non riuscii più a distinguere quali fossero i
ricordi e quali il sogno.
Quando
mi svegliai, in piena notte, fuori diluviava. Lo capii da come il vento
fischiava, penetrando nelle fessure delle finestre, o da come la pioggia
batteva sui vetri, insistente, quasi volesse sfondarli. Rimasi per un quarto
d’ora immobile, cercando di cogliere ogni minimo rumore e godendomi quella
piacevole sensazione che mi colpiva ogni volta che pioveva. Fin da bambina
adoravo mettermi a letto quando la pioggia batteva sul tetto e sulle finestre,
coprendomi fin sopra le orecchie con le coperte e sentendo i brividi lungo
tutto il corpo che mi causavano la pelle d’oca. Era una sensazione strana, per
alcuni anche fastidiosa si potrebbe pensare, ma a me piaceva, ecco perché
adoravo i temporali.
Alla
fine sbuffai, stanca di starmene lì sdraiata. Avevo sete e volevo alzarmi, fin
troppo sveglia per restare ferma a non fare niente. Con molta cautela scostai
le coperte e scesi dal letto. Il fianco mi faceva male a causa della ferita che
avevo scoperto di avere da circa due minuti, quando scostando la camicia da
notte avevo visto una grossa fasciatura. In più tutto il mio corpo era
indolenzito, come se fossi stata investita da un autobus o avessi corso per
chilometri senza mai fermarmi. Allungai una mano e presi la vestaglia poggiata
sulla poltrona, dopodiché mi incamminai verso il corridoio, ignorando le fitte
che la ferita mi provocava.
Scesi
le scale non senza fare una certa fatica e sull’ultimo gradino dovetti fermarmi
per riprendere fiato e far placare il dolore costante.
-Non
pensavo fossi tanto masochista, streghetta- una voce ironica proveniente
dall’ombra nel salotto mi fece sobbalzare e portare una mano al petto. Non
c’era bisogno che accendessi la luce per capire chi era.
-Hai
intenzione di farmi venire un infarto?- sussurrai indignata. Anche se una parte
di me gioiva per quell’incontro l’altra cercava in tutti i modi di essere la
solita Bonnie scontrosa verso quel vampiro secolare. Inoltre avevo il terrore
che si comportasse come qualche ora prima, urlando con rabbia, anche se mi
sembrava dal tono di voce decisamente più calmo.
-Assolutamente
no, direi che ci hai già pensato da sola a trovare il modo per farti del male-
notai la frecciatina in quelle parole e non potei non storcere la bocca.
Possibile che fosse tanto adirato per quella faccenda? Si direbbe quasi che
quella reazione fosse la conseguenza della preoccupazione, il che era assurdo
visto che stavamo parlando di me e di Damon, e lui non poteva preoccuparsi per
me.
-Ti
prego smettila. Credimi ho capito da me che ho fatto una cavolata, non c’è
bisogno che tu lo sottolinei- mi avviai verso la cucina senza guardarmi
indietro, tanto non avrei potuto vederlo visto che continuava a stare al buio.
Aprii
il frigo in cerca della bottiglia d’acqua e alla fine la vidi, nel ripiano più
basso sul portellone. Mi piegai per afferrarla. Pessima mossa. Una fitta acuta,
molto più dolorosa delle altre, mi colpì in pieno al fianco tanto che dovetti
appoggiarmi al tavolo per non crollare. Nell’esatto istante in cui dalle mie
labbra uscì un gemito di dolore sentii Damon materializzarsi al mio fianco. Non
ebbi neanche la forza di reagire quando mi mise un braccio attorno alla vita e
si piegò accanto a me.
-Ehi,
tutto bene?- sussurrò con una voce così dolce che per un attimo rimasi
spiazzata. Da quando usava quel tono con me?
-N-Non
proprio…- dissi imbarazzata e senza fiato.
Avevo
i capelli davanti agli occhi e lo sguardo fisso sul pavimento, così non potei
guardarlo in faccia per capire a cosa stesse pensando (non che le altre volte
osservandolo ci riuscissi granché bene…), ma potei giurare che fosse
preoccupato.
Arrossii
di fronte a tanta premura e soprattutto perché sembrava non avesse nessuna
intenzione di spostare il braccio, e cercai di schiarirmi la voce. Stavo per dire
che forse era meglio se mi lasciava così ritornavo in camera quando mi sentii
improvvisamente alzare da terra.
-Cosa…-
non riuscii neanche ad obbiettare perché la voce mi si era bloccata in gola.
Probabilmente un pomodoro maturo si sarebbe vergognato del suo colorito smorto
se messo di fianco alla mia faccia.
In
meno di mezzo secondo mi ritrovai con la testa appoggiata al suo petto freddo e
scolpito mentre lui, con un braccio attorno alla mia schiena e l’altro sotto
l’incavo delle mie ginocchia, mi sollevava senza alcuno sforzo.
Lo
sentii ridacchiare divertito e un po’ strafottente di fronte al mio imbarazzo
stratosferico ma non osai alzare lo sguardo, sicura che i suoi occhi fossero
puntati sul mio volto accaldato.
-C-Cosa
stai facendo?- cercai di darmi un tono indignato, ma quel che mi uscì fu un
balbettio tremolante.
-Ti
riporto in camera, streghetta, prima che tu ti faccia altri danni- mi soffio
all’orecchio, e un brivido percorse la mia schiena quando sentii i suoi capelli
neri e lucidi sfiorarmi la guancia.
Dov’era
finito il Damon che mi odiava? Quello che mi insultava e mi ignorava, neanche
fossi stata trasparente? Dov’era quel Damon che riservava queste premure solo
al suo angioletto?
-P-Posso
camminare benissimo da sola- continuai a balbettare in preda all’imbarazzo,
cercando di mantenere alto il mio orgoglio inutilmente.
-Non
credo proprio, uccellino- continuò a sussurrarmi sorridendo, mente si
incamminava su per le scale.
-Aspetta,
l’acqua!- mi ricordai improvvisamente di
avere la gola secca, e la situazione non la migliorava di certo…
Rise
silenziosamente di fronte alla mia esclamazione e tornò indietro. Accidenti se
era di buon umore…
Allungai
un braccio per prendere un bicchiere e afferrai la bottiglia che poco prima ero
riuscita ad appoggiare sul ripiano.
-Preso
tutto?- continuava a sorridere, uno di quei sorrisi che mi mandavano in tilt
cuore e cervello, così riuscii solo ad annuire come un idiota.
Per
tutto il tempo rimanemmo in silenzio, io scarlatta e col cuore che andava a una
velocità doppia (conscia che questo non gli sarebbe sfuggito), e lui
tranquillo, con un mezzo sorrisetto compiaciuto sulle labbra dovuto senz’altro
alla mia reazione.
Quando
entrammo in camera mia mi adagiò con delicatezza sul letto, come si fa con i
bambini quando è ora di dormire, e posò quello che avevo in mano sul comodino.
-Grazie-
sussurrai con le guance in fiamme, e non mi riferivo solamente a quello ma
anche a qualche giorno prima quando, ne ero sicura, mi aveva salvata da Pierre.
Non potevo sbagliarmi, mi ricordavo nitidamente di un corvo nero venire verso
di me e quel corvo era lui.
-Sai,
quando sei imbarazzata sei molto più carina, e soprattutto meno offensiva- disse
ironico e con una nota di arroganza mentre io un po’ mi arrabbiavo e un po’ mi
imbarazzavo per quella sottospecie di complimento.
Lo
vidi allontanarsi e dirigersi verso il corridoio, ma prima che il buio lo
inghiottisse lo fermai.
-Damon?-
Si
voltò e fissò i suoi occhi d’onice liquida nei miei.
-Si?-
-Perché?-
era solo una parola, ma sapevo che avrebbe capito.
Per
un attimo rimase in silenzio, lo sguardo serio posato sul mio viso mentre il
mio cuore accelerava senza preavviso. Sembrava quasi volesse soppesare le
parole. Dopo alcuni secondi rispose.
-Non
lo so- le sue labbra si mossero svelte e prive di qualsiasi curva ironica.
Il
mio cuore perse un battito. Mi sarei aspettata una battutina da lui, non una
risposta tanto enigmatica.
-Sei
diverso…- credetti di pensarlo e basta, ma a quanto pare lo dissi ad alta voce
perché la sua mascella si contrasse per un istante mentre serrò i pugni,
fissandomi come impietrito, una scultura greca tanto bella quanto indecifrabile.
-Lo
so- disse infine, prima di sparire nell’ombra, lasciandomi lì, immobile, a
riflettere su quelle parole che mi sembravano un mistero senza luce.
-
- - angolino dell’autrice - - -
Ho
appena visto una nuova recensione per il 7, meno male!=)
Comunque
parliamo di questo capitolo… Sinceramente non so bene quanto si possa capire
questo cambiamento di Damon, per me che conosco i suoi sentimenti è più che
normale, ma per voi non so… spero che non sia ridicola questa cosa di passare
improvvisamente dalle battutine all’essere così premuroso. Voglio solo dirvi
che non è uno di quei capitoli in cui il personaggio improvvisamente passa dall’odio
all’amore, così, senza una logica. No no, per carità odio queste cose! Lui non
è cambiato per niente (ne i suoi sentimenti ne i suoi pensieri), ma è cambiata
la nostra visione su di lui. Diciamo che abbiamo visto un lato di Damon che di
solito lui cela ma che questa volta gli è sfuggito. Però non voglio dirvi
altro, scoprirete tutto leggendo.
Spero
davvero che vi sia piaciuto e mi raccomando recensite!!=)
Un
bacio a tutti!!
|
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Capitolo 9 *** IX Capitolo ***
Capitolo 9
Non è un miraggio, lo giuro.
Allora, lo so praticamente non mi sono fatta viva per mesi e vi chiedo
scusa, vi ho tenuti sulle spine per troppo tempo, ma finalmente eccomi
qui, con un'altro capitolo che spero vi piacerà. Vi prego non
lapidatemi!=) Adesso vi lascio alla vostra lettura, mi raccomando alla
fine lasciate un commentino, anche piccolo, per farmi sapere che ne
pensate. L'ho scritto un po' di getto, non è ricchissimo di
scene e particolari, ma volevo aggiornare per darvi un segno della mia
presenza e per informarvi che questa ff non l'ho abbandonata. Buona
lettura, e scusatemi ancora!
CAPITOLO 9
Fu
una notte tormentata, fatta di incubi, di semi risvegli, di calde lacrime
versate inconsapevolmente e sospiri affannosi. Quando mi risvegliai
definitivamente, per la seconda volta dalla sera precedente, ero in un bagno di
sudore. La camicia da notte era completamente umida, i capelli bagnati
appiccicati alla fronte madida e fredda e le guance che tiravano a causai dei
residui salati del pianto che non sapevo di aver fatto.
La
ferita mi faceva sempre male e avevo un gran mal di testa, pensai che se il buongiorno
si vede dal mattino quello decisamente non lo sarebbe stato per me.
Non
senza un leggero sforzo mi voltai in direzione del comodino, allungando il
collo sopra al cuscino per poter leggere la sveglia, e constatai che erano le
10.00.
Sospirai,
indecisa se tentare la sorte e scendere dal letto o starmene buona buona sotto
le coperte, come un qualunque convalescente nelle mie condizioni. La scelta
però mi venne risparmiata dall’entrata in scena di una testolina bionda che
riconobbi subito come Elena.
-Buongiorno
dormigliona! Come ti senti?- sorrise raggiante mentre posava un vassoio
stracolmo di cibo sul comodino, sedendosi poi sulle coperte e guardandomi
amorevolmente.
-Insomma…sono
stata meglio-
-Immagino…senti
non sapevo se avevi fame, e nel caso cosa volessi, quindi ti ho portato un po’
tutto quello che ho trovato. C’è tè, caffè, latte, una spremuta, cereali,
biscotti, una fetta di torta che ho comprato prima, una mela, una banana, fette
biscottate, una marmellata di fragole e una di albicocche-
-Tutto
in un vassoio?- scherzai, facendola sorridere –Vada per il caffè e la fetta di
torta-
Mangiai
in silenzio, sotto lo sguardo vigile di quella mia amica che sapevo fremeva
dalla curiosità di sapere qualcosa sull’accaduto ma che era troppo preoccupata
di risvegliare brutti ricordi per chiedermelo.
-Hai
intenzioni di guardarmi ancora a lungo con quello sguardo di supplica?-
-Scusa?-
fece lei con innocenza.
-Ti
conosco Elena- sorrisi quando alzò gli occhi al cielo, sconfitta.
-Vorrei
solo…sono preoccupata Bonnie. Insomma fin quando si trattava di strani sogni
era un conto, poi quell’aggressione già mi aveva messo in allarme ma adesso…Dio
mio ti rendi conto che hai rischiato di morire? E’ ovvio che voglio sapere più
cose possibili-
Sospirai.
La capivo, probabilmente anche io avrei avuto la stessa reazione al suo posto,
anzi, conoscendomi, anche peggio.
-Sinceramente
non ricordi benissimo, ma penso che sforzandomi riuscirei a ricavare qualcosa-
Effettivamente
ogni volta che ripensavo a cosa mi era accaduto quella mattina una coltre di
nebbiolina mi invadeva la mente, impedendomi di vedere nitidamente.
Probabilmente era come uno scudo naturale scaturito dalla voglia di non voler
provare di nuovo quello stesso dolore finisco che continuava a trattenermi a
letto, una specie di protezione indotta dal mio corpo per evitare di soffrire nuovamente, ma ero
certa che se mi fossi sforzata un po’ di più quella nebbia si sarebbe diradata
all’istante.
-Te
la senti di provare ora? Non per affrettare le cose solo che di sotto ci sono
tutti, così eviteresti di ripetere le stesse cose a ciascuno ogni volta-
-Si va bene, mi vesto e scendo-
Così le seguenti ore le passai spiegando nei
dettagli ciò che riuscivo a ricordarmi, sforzandomi a tratti di più a tratti di
meno. Certo le informazioni non erano molte, tutt’altro, però bastarono a
mettere in allerta i due vampiri, che più di una volta si scambiarono sguardi misteriosamente
complici che non mi lasciai sfuggire, intenzionata a chiedere spiegazioni non
appena me ne sarebbe capitata l’occasione.
All’ora di pranzo la casa si svuotò drasticamente
Meredith disse di avere degli impegni che non poteva assolutamente rimandare,
anche se le dispiaceva lasciarmi così, Stefan doveva fare delle “ricerche”
accompagnato da Damon, Elena decise di seguirli e Matt, che per tutto il tempo
era rimasto in un silenzio reverenziale, alimentato sia dai sensi di colpa sia
dalla paura di un’altra ramanzina/minaccia alla vista del più grande dei
Salvatore, si dileguò non appena ne ebbe avuta l’occasione.
Fatto sta che in meno di dieci minuti mi
ritrovai completamente sola in quell’enorme e austera casa. Indecisa sul da
farsi, con il fianco ancora indolenzito e la fame sotto zero, optai per una perlustrazione
in cerca di qualcosa che attirasse la mia attenzione e mi distraesse dai mille
pensieri che continuavano imperterriti a occuparmi la mente.
Sorvolando sulla mia aggressione e sui dubbi da
essa derivanti, in particolar modo dopo la chiacchierata di poco prima, c’era
un dubbio enorme che popolava la mia testa da quella notte, un mistero dal
quale non riuscivo a venirne a capo e che portava un nome tanto bello quanto
tenebroso: Damon. O meglio, il suo strano, incomprensibile, stravagante e
inconcepibile comportamento. Da quando lui, il principe indiscusso delle
tenebre, il cuore di ghiaccio che non si scioglie nemmeno a 1800°C, il nobile vampiro
che altri non ha per la testa se non la sua bella dama Elena, si abbassa a
incasinarmi la vita con strani frasi che per me somigliano più che altro a quei
rompicapi che si trovano sulla settimana enigmistica? Insomma, razionalmente
parlando, sembrava che per un attimo fosse stato davvero serio, per un attimo
si fosse davvero preoccupato per me, per un attimo avesse messo da parte quella
sua stupida, fredda maschera e mi avesse lasciato sbirciare dal buco della
serratura del suo cuore. Ma solo per un attimo.
Forse però ero io che stavo vaneggiando,
probabilmente stavo delirando tanto da inventarmi complicati patemi dove non
dovevano esserci, raccontandomi frottole nella vano tentativo di concedermi un’ultima
speranza.
Sciocca…sciocca illusa…come potevo solo pensare
a una simile possibilità? Come potevo pretendere di avere avuto un simile
lusso? No, io non valevo niente per lui, niente di più una semplice umana da
calpestare a proprio piacimento. Eppure dovevo aver imparato alla fine, no? Ma perché?!
Perché ogni volta che riuscivo a rassegnarmi, perché ogni volta che capivo
quanto mi stavo sbagliando, lui tornava, bello e fiero, e distruggeva in un
soffio tutto il mio precario equilibrio, fatto di sottili fili invisibili come
immacolate ragnatele che vengono spezzate dalla forza del vento? Questo proprio
non riuscivo a comprenderlo. Si divertiva tanto a farmi rialzare, illudendomi e
regalandomi false speranze, per poi gettarmi ancora più in basso? Era una
specie di rituale? Un giochetto per passare il tempo? Ero questo per lui?
Beh io non ci stavo. Troppe volte glielo avevo
permesso. Troppe volte si era divertito, vedendo il mio rossore, la mia collera,
la mia adorazione e infine la mia disperazione. Questa volta no, non sarebbe
andata a finire così, dovevo una volta per tutte porre la parola fine. Se
questo, nel suo rituale, era il momento in cui mi illudeva, non gli avrei
lasciato fare la prossima mossa, non gli avrei lasciato distruggere nuovamente
le mie illusioni, le avrei cancellate io per prima, così che avrebbe trovato il
campo vuoto al suo arrivo.
Con un sorriso vittorioso sulle labbra, soffocai
sul nascere tutti quei pensieri e mi concentrai su altro, pensando che da ora
in poi avrei fatto sempre così, non appena il nome Damon sarebbe sorto nella
mia mente.
Non fu poi così difficile distrarmi. Ero appena
giunta di fronte alla biblioteca, una stanza grande quanto il salotto, con le
pareti ricoperte da scaffali e scaffali di libri impolverati e il cui centro
era occupato da massicce e invitanti poltrone imbottite e rivestite da morbida
pelle marrone scuro. Dalle finestre in alto entravano di taglio lame di luce,
che creavano un’atmosfera quasi arcaica, senza tempo. Estasiata da tutto quello
splendore, mi catapultai all’interno, facendo vagare lo sguardo sull’infinità
di quei volumi e soffermandomi sui più invitanti. Ne estrassi alcuni con
estrema delicatezza e li poggiai ai piedi di una delle poltrone, prima di
accoccolarmi su di essa e lasciarmi trasportare dalle parole di quei
meravigliosi racconti classici.
Un suono per metà acuto e per metà profondo,
tanto forte da rimbombare nella stanza producendo un sonoro eco, mi fece
sobbalzare e spalancare gli occhi di colpo, ridestandomi dal dolce torpore in
cui mi ero assopita. Individuai subito l’origine di quell’elegante chiasso: l’orologio
a pendola stava segnando le cinque di pomeriggio.
Sorpresa per aver dormito tanto, feci leva sul
sedile per tirarmi un po’ su, ma mi bloccai non appena vidi chi avevo di
fronte, comodamente seduto su un’altra poltrona intento a sfogliare il libro
che riconobbi come quello che era stato tra le mie mani fin quando non mi ero
addormentata. Mi schiarii la voce e assunsi un’espressione dura.
-Che ci fai qui?-
Alzò gli occhi d’onice e lì puntò su di me con
arroganza, paralizzandomi seduta stante. Incredibile l’effetto che aveva su di
me quella creatura, e lui lo sapeva alla perfezione, ne era la prova il
sorrisino che era appena comparso sulle sue labbra.
-Vedo che ti sei svegliata, bell’addormentata-
-Ripeto, che ci fai qui?-
-Ci vivo. Devo forse ricordarti che questa è
casa mia?-
Lo guardai scettica, aspettando che continuasse
seriamente.
-Ero venuto a cercare un libro, poi ho visto qualcosa
muoversi su una poltrona. Diciamo che è impossibile non riconoscere la tua
massa rossa, così mi sono avvicinato per vedere che ci facevi qui- sventolò il
libro in aria –Orgoglio e Pregiudizio? Se prevedibile streghetta, tutte le
donne adorano questa favola ottocentesca-
Punta sul vivo, lo guardai accigliata e mi
strinsi nelle braccia.
-Sai quanto me ne può fregare di essere
prevedibile per te…facile parlare quando si ha il dono di leggere la mente-
-E questo che centra?-
-Centra. Tutti sono prevedibili per una persona
che riesce ad entrare nella loro testa con la facilità con cui attraversa una
porta spalancata- borbottai seccata, rivangando nei ricordi tutte le volte in
cui ero stata costretta a creare un blocco per evitare che mi leggesse i
pensieri.
-Ma ora non lo sto facendo-
-Solo perché ho creato uno scudo-
-Touchè- ammise con un sorriso che mi ricordava
più un ghigno minaccioso.
Il silenzio che si creò subito dopo riuscì ad
innervosirmi all’inverosimile. Cosa diamine stava facendo? Era la sua nuova tattica
per mettermi in imbarazzo? Beh ci stava riuscendo alla perfezione. Sbuffai.
-Qualcosa non va streghetta?- lo chiese a mo’ di
beffa, sapeva alla perfezione ciò che non andava.
-No, va tutto benissimo, grazie per l’interessamento-
usai un tono sarcastico da tre soldi che non lo scalfì minimamente.
Cadde di nuovo il silenzio, scandito soltanto
dai rintocchi dell’orologio e dal rumore delle pagine del libro che Damon
continuava a sfogliare con fare annoiato. Ormai all’apice della sopportazione
mi alzai di botto, reprimendo con un gemito le fitte che quel movimento brusco
mi avevano provocato e puntai in direzione della porta. Stavo per varcare la
soglia quando la sua voce mi fermò.
-Non so quanto ti faccia bene stare alzata,
uccellino. Ti conviene metterti a letto-
-E a te cosa te ne frega della mia salute?-
sbottai arrabbiata, quando l’avrebbe finita di prendermi in giro a quel modo? E
quando avrebbe smesso il mio cuore di accelerare i battiti al suono basso e
caldo della sua voce?
La riposta tardò così tanto ad arrivare che mi
voltai, scoprendo sul suo volto perfetto un’ombra scura di turbamento che poche
volte gli avevo visto.
-In effetti, niente- si alzò di botto, lo
sguardo severo fisso nel vuoto e si incamminò verso di me. Indietreggiai di un
passo, ma lui mi sorpasso. Sentii soltanto la stoffa delle nostre vesti
strusciare nell’istante in cui mi fu di fronte e la scia del suo profumo che
sapeva di notte impregnare l’aria circostante.
Prima di poter realmente capire cosa stessi
facendo, tesi un braccio ed afferrai la sua camicia nera. Nell’stante in cui le
mie dita si strinsero attorno alla stoffa ruvida mi accorsi del gesto avventato
che avevo appena fatto. Sbarrai gli occhi, aspettandomi una sua qualche
reazione. Lo vidi irrigidirsi sotto la mia presa e allontanai di scatto la
mano, quasi fossi rimasta scottata.
-Che altro c’è ora?- lo disse con durezza, con
rimprovero, il che mi disorientò ancora di più.
Cosa c’era diceva? Sinceramente non lo sapevo
neanche io. Perché l’avevo bloccato? Per domandargli forse spiegazioni sul suo
comportamento? Avevo forse creduto per un attimo di potergli chiedere con così
tanta facilità una cosa di cui sicuramente avrebbe riso, dicendomi che ero solo
una piccola sciocca stupida illusa?
Già…proprio stupida.
-Io…niente lascia stare- abbassai lo sguardo,
arrossendo fino alla punta dei capelli.
-Torna a letto streghetta- questa volta lo disse
con una nota di dolcezza che mi fece alzare di botto lo sguardo, per andare a posarlo
sulle sue spalle larghe a cui avrei tanto voluto aggrapparmi e sui suoi lisci capelli neri.
Perché mi
fai questo?
Avrei voluto dirglielo ma lo pensai e basta,
senza scudi, senza protezioni, affinché se avesse voluto l’avrebbe
semplicemente letto nella mia mente.
Poi, prima che potesse dire altro, mi
allontanai, camminando sempre più velocemente, fin quasi a piegarmi per le
fitte di dolore, e raggiunsi la mia camera, lasciandolo nel corridoio, con i
pugni serrati per quella lotta interiore di cui io ero completamente all’oscuro.
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Capitolo 10 *** X Capitolo ***
Capitolo 10
Ehm…salve
gente! Ok lo so, a questo punto merito la fustigazione. Vi ho abbandonate per
tre mesi e più, percui sono imperdonabile e ogni mia scusa sarà vana, giusto?
In tutti i casi ci provo e vi chiedo umilmente perdono per la mia assenza. Per
questo capitolo dovete ringraziare Stellina, che mi ha contattata per avere
notizie su questa mia storia che sembra io abbia dimenticato, e allora presa
dai sensi di colpa per non aver trovato un briciolo di tempo in queste vacanze
in cui scrivere mi sono subito messa all’opera, creando questa dose massiccia
di… anzi no, non vi dico niente altrimenti vi rivelerei troppe cose, penso solo
che sia un buon modo per scusarsi=)
Scusatemi
ancora per il mio immenso ritardo, sono mortificata
Buona
lettura!
CAPITOLO
10
A
voler essere completamente sinceri, cominciavo seriamente a preoccuparmi. Elena
mi impediva di uscire di casa, placando ogni mia obbiezione con la banale e
ormai scontata scusa “hai rischiato di morire meno di una settimana fa,
scordati di mettere piede fuori dalla porta fino a che non sarai completamente
guarita”, il che mi rendeva nervosa come solo un animale in gabbia può esserlo,
Stefan continuava a passare le sue giornate vacillando tra il rintanarsi nello
studio per quelle che definiva ricerche complesse, allo stare fuori casa mezza
giornata a scopi a me ignoti, ed infine Damon non lo si vedeva quasi mai, se
non in rari momenti nei quali si rinchiudeva con Stefan in quello che sembrava
diventato il loro confessionale, a discutere ininterrottamente su quelli che
speravo vivamente fossero dei sani e grossi sviluppi.
Per
farla breve, temevo di non poter mai più uscire da quel circolo vizioso
popolato da una noia pesante quanto un macigno, e da una palpabile
preoccupazione che velava l’aria dal giorno dell’attacco. Le mie ore
trascorrevano così lente da sembrare infinite, ore che cercavo di impiegare al
meglio spodestando Elena dalla cucina e
impossessandomi dei fornelli non solo per riprodurre i complicati piatti dei
libri culinari che trovavo in giro, ma arrivando addirittura alla creazione di
mie personali ricette che facevo assaggiare ad una diffidente bionda, la quale
si lamentava di prendere troppi chili con questo mio nuovo passatempo. Questo
mio continuo lavoro però mi stancava parecchio, soprattutto perché il mio
fisico ancora risentiva delle fitte provocate dalla ferita dopo svariate ore
passate in piedi a smuovermi da una parte all’altra della cucina, girando il
contenuto di grossi pentoloni e impastando con movimenti secchi e decisi le
sfoglie che inevitabilmente mi occorrevano. Di conseguenza la sera mi infilavo
a letto prestissimo, stravolta e dolorante, sperando che la mia prigionia
finisse al più presto e che le ricerche su Pierre portassero a qualcosa di
utile e decisivo.
Fu
proprio in quella che era diventata la mia seconda stanza che un inaspettato
ospite mi trovò, intenta a mescolare una crema al cioccolato aromatizzata col
brandy.
-Hai
intenzione di trasformare casa mia in una pasticceria streghetta?-
La
mia prima, automatica reazione fu quella di rispondergli male, ma vedendo il
sorriso dalle sembianze pacifiche che gli illuminava il volto e constatando che
effettivamente quella che aveva fatto era solamente un innocua battuta priva di
cattiveria, optai per una frase altrettanto leggera, sorridendo appena e forse
per la prima volta con autentica sincerità ad un Damon che da un po’ di tempo a
quella parte mi stupiva sempre più.
-Difficile
fare altro, imprigionata come sono in questa gabbia d’oro- indicai con un cenno
del capo la stanza, continuando a mescolare il contenuto della ciotola di
plastica che tenevo ben salda in mano ed evitando accuratamente lo sguardo del
vampiro.
Mi
aspettavo da un momento all’altro il ritorno del freddo Damon, quello che non mi
guardava minimamente e che mi ignorava come fossi stata trasparente, lo sapevo
che c’era ancora, ne ero certa tanto quanto ero certa che non bastassero due o
tre episodi nei quali quel suo nuovo lato era comparso misteriosamente per
cancellare tutto il resto.
-Lo
fanno per il tuo bene, sono preoccupati streghetta, cerca di capirli-
Stupita
per quello che sembrava il primo discorso serio avuto assieme a lui in tutta la
mia vita, appoggiai la ciotola sul tavolo, mi pulii le mani nel grembiule
bianco e rosso e alzai la testa verso quel volto perfetto che da tempo avevo
imparato a conoscere in ogni sfaccettatura e in ogni raffinato dettaglio,
incrociando così il suo sguardo sereno ma allo stesso tempo serio.
-Ma
perché loro non cercano di capire me? Ho rischiato la vita, d’accordo, e a
quanto pare un vampiro pazzo sembra intenzionato a darmi la caccia fin quando
non mi avrà presa per chissà quale assurdo
e arcano motivo, ma io qui dentro impazzisco. Passo le giornate a
cucinare e mi sembro patetica da sola, quindi evita di ricordarmelo con una
delle tue solite battutine nel caso ti fosse venuto in mente, il fatto che mi è
stato vietato di mettere piede fuori casa è continuamente giustificato da
questa- dissi indicandomi il fianco dolorante e bendato dove la ferita lentamente
stava guarendo –E anche se sono pronta ad ammettere che a volte mi fa male,
questo non implica che io non possa mettere il naso fuori da quella stramaledetta
porta almeno qualche volta, quindi smettetela di utilizzare banali scuse e dite
come stanno le cose: non sapete che pesci prendere e l’unica cosa che potete
fare e tenermi segregata e sotto controllo ventiquattro ore su ventiquattro. Sbaglio
forse?- lo guardai con sfida, ma era una battaglia persa in partenza se l’avversario
si chiamava Damon Salvatore, per questo non mi stupii nel vederlo sorridere.
-Se
fosse per me, potresti uscire anche subito, ma Elena ha chiaramente fatto
intendere che ti vuole sotto i suoi occhi più tempo possibile. Inoltre le
nostre ricerche, anche se a rilento, procedono, e i risultati ci sono, anche se
tu non li conosci. Percui almeno per una volta, streghetta, smettila di sputare
sentenze e proteste, e ringrazia che ci sono persone come lei che cercano di
proteggerti come meglio possono-
Rimasi
spiazzata, prima di sorridere amareggiata.
-Mi
ero illusa di poter fare un discorso serio con te per una volta nella vita, ma
come posso criticare le scelte della donna che tu seguiresti in capo al mondo
ad occhi bendati? Era piuttosto ovvio che tu accettassi le sue idee, visto e considerato
che non ti importa a chi o cosa sono dirette, né tantomeno cosa comportano, ma
ti interessa soltanto da chi provengono- scossi la testa e ripresi la ciotola
in mano, sperando che i miei occhi non mi tradissero facendo traboccare quelle
lacrime che tanto volevano colare lungo le mie guance.
Ancora
una volta mi ero illusa.
Ancora
una volta avevo ceduto ad una delle mille maschere di quel vampiro, cadendo
nella sua trappola, credendo che il centro di tutta la discussione fossi io,
non lei.
Ancora
una volta ne ero rimasta scottata.
Cadde
il silenzio ed io, che non osavo alzare gli occhi probabilmente lucidi, pensai
per un attimo di essere rimasta sola. Uno spostamento d’aria al mio fianco mi
convinse del contrario, ed una mano che si posava sulla ciotola per
strapparmela di mano e appoggiarla nuovamente sulla tavola, mi fece alzare di
scatto la testa, così che i miei occhi verdi e acquosi potessero incrociare
quelli di lui, illuminati da un bagliore che non avevo mai visto prima.
-Per
una volta, per una volta soltanto, riuscirai mai a non avere la seccante
convinzione di sapere ciò penso e di conoscere ogni ragione nascosta dietro le
parole che dico e le mosse che faccio senza neanche chiedermela?- sussurrò
suadente a bassa voce, perché la distanza tra me e lui era veramente infima,
tanto infima che arrossi di botto, un po’ per quello e un po’ per le parole
appena sentite.
-N-non
ci sperare troppo…ti conosco abbastanza bene da ritenermi in grado di farlo-
ribattei, maledicendomi per il mio inizio traballante, mentre cercavo di
scostarmi da lui con scarsi risultati: dietro di me c’era il tavolo.
-Tu
dici? Quindi mi conosci abbastanza bene da poter comprendere perfettamente anche
questo, giusto streghetta?- e con mio sommo imbarazzo, vidi la sua mano alzarsi
e posarsi delicatamente sulla mia guancia, sfiorandomi la pelle bollente con il
dorso in una lieve carezza che bastò a mandarmi in tilt il cervello.
D’accordo,
chi era questo tizio e dove era finito il vero Damon?
Probabilmente
mi aveva letto la mente, perché sorrise e senza aspettare una mia risposta,
impossibile da formulare dopo quella presa in contropiede assolutamente
insensata, continuò.
-O
questo…- e mentre il mio battito accelerava a dismisura e il respiro mi si
mozzava in gola, lui si piegò fino a che sentii il suo dolce aroma sul viso, e
prima che potessi fare niente per bloccarlo, posò le sue labbra sulla mia
fronte in un delicato bacio.
-O
questo…- e scese, continuando a fissarmi negli occhi, ad immobilizzarmi con un
solo sguardo giocando con me cose fossi una bambola nelle sue mani, fino a che
sentii di nuovo le sue labbra posarsi sulla punta del mio naso, solleticandomi
le guance e facendomi tremare da capo a piedi, mentre una colorazione ancora
più scarlatta si aggiungeva al mio giù accentuato rossore, facendolo sorridere.
-O
questo…- e dopo aver indugiato per un attimo, guardandomi intensamente come a
voler prendere la giusta decisione all’ultimo secondo, fece combaciare le sue
labbra alle mie in un lieve e tenero bacio che mi fece sciogliere il cuore.
Credetti
di poter cadere, tanto le mie gambe erano instabili, e solo l’appoggio del
tavolo, al quale mi arpionai con mani tremanti, mi tenne in piedi.
Non
capivo più niente, non lo capivo più.
Era cambiato, già da tempo era cambiato ed io non me ne ero mai accorta, troppo
accecata dalla rabbia, dalla gelosia e dal dolore per poterlo notare, era
cambiato e adesso me lo stava dimostrando, svelando tutte le sue carte,
buttando giù tutti i muri che ci avevano separati fino a quel momento.
Quando
la sua mano mi afferrò la nuca in un delicato gesto per attirarmi di più a se,
per approfondire quel bacio che mai pensavo sarebbe diventato realtà, rimanendo
soltanto un sogno scaturito dalla mia fervida e contorta immaginazione, solo
allora decisi di staccarmi, troppo scombussolata da ciò che stava accadendo per
poter continuare ad ignorare la domanda che spontaneamente mi affiorò alle
labbra nell’stante in cui i nostri sguardi, ardenti ma allo stesso tempo
interrogativi, si incontrarono.
-Perché?-
sussurrai piano, come timorosa di poter spezzare improvvisamente quello che a
me pareva soltanto un fragile sogno.
-Ne
deduco che non sei riuscita a comprendere il significato di questi gesti,
streghetta- sorrise alzando un sopracciglio, ma notando il mio sguardo inquieto
e per nulla incline alle battute, si fece serio –Perché, dici?-
Annuii
appena, aspettando che mi spiegasse finalmente tutti questi suoi cambiamenti
che nel corso degli ultimi tempi avevo notato, ma ai quali avevo dato una
spiegazione evidentemente errata.
-Non
lo so, o meglio, preferirei non saperlo- eccola, un’altra delle sue celebri
frasi enigmatiche. Aspettai che si spiegasse, ma vedendo che non era sua
intenzione farlo lo incitai.
-Non
credo di aver capito-
Sospirò.
-Se
ti dicessi che negli ultimi tempi mi sono accorto di un cambiamento, in me, e
che ho cercato in tutti i modi possibili di negarlo non solo agli altri, ma
anche a me stesso, finendo col far del male alla sola persona che una parte di
me desiderava seriamente ferire, mentre l’altra voleva semplicemente proteggere,
mi crederesti?-
Mi
fissò come se volesse cavarmi la risposta direttamente dall’anima, ed io gli
dissi ciò che veramente pensavo.
-Dipende—
Sorrise
appena, un sorriso che non contagiò i suoi occhi d’onice, scuri e profondi come
un oceano senza fondo.
-Da…?-
mi incitò.
-Da
chi ti riferisci- rimasi in silenzio, scrutando quel volto meravigliosamente
perfetto che aspettava pazientemente una mia continuazione. Sospirai e abbassai
lo sguardo –Se fosse Elena la persona in questione- sentii un sonoro sbuffo
seccato, ma continuai, per nulla scoraggiata –Se fosse lei, probabilmente non
avrei dubbi sulla verità delle tue parole, ma visto che tu…beh tu…hai baciato
me ora, presumo che ti riferissi alla sottoscritta, e allora si, che i dubbi mi
vengono- finalmente alzai lo sguardo e potei constatare quanto in effetti fosse
rimasto infastidito dal mio ragionamento.
-Sai
streghetta, pensavo fossi testarda, ma non fino a questo punto- ribattè
accigliato, facendomi scaldare un tantino.
-Beh
scusa se ho i miei dubbi, visto e considerato che per anni mi hai trattata come
se non fossi neanche degna di camminarti accanto, schernendomi in tutte le
maniere possibili o ignorandomi, neanche fossi invisibile- sibilai amara.
-In
cinquecento anni ho imparato fin troppo bene quanto le cose possano cambiare
radicalmente anche in pochi attimi- ribattè seccato –Quindi per una volta
fidati di me, e smettila di vedere ciò che i tuoi stupidi pregiudizi vogliono
farti vedere-
-Stupidi
pregiudizi? Mi hai detto le cose più spregevoli, mi hai insultata, illusa,
manovrata a tuo piacimento, e tu definisci tutto questo stupidi pregiudizi?!
Pensavo, anzi ero sicura che tu mi odiassi, per motivi a me sconosciuti per
giunta. Quando mi guardavi nei tuoi occhi vi leggevo il puro disprezzo, e
quando mi sorridevi eri così falso che nemmeno il più stolto degli uomini
avrebbe potuto crederti. Ti sei fatto beffe di me da sempre, mi hai ingannata
così tante volte che ne ho perso il conto. E anche adesso…chi me lo dice che non sia
tutto un tuo trucchetto per divertirti? Chi mi garantisce che alla fine non mi
riderai in faccia dandomi della stupida?- trattenni un singhiozzo, mentre gli
occhi mi si riempivano di lacrime dalla rabbia e dal terrore che ciò che stavo
dicendo potesse avverarsi –Chi mi giura che alla fine di questa conversazione
non andrò in mille pezzi?!- voltai la testa, nascondendo alla sua vista gli
occhi lucidi ed arrossati.
Nella
stanza piombò il silenzio, silenzio che non facilitava il mio tentativo di
celare il respiro affannoso spezzato dall’imminente pianto. Poi, senza che me
ne accorgessi, mi prese il mento tra le dita, costringendomi a voltare il viso
per poterlo guardare dritto negli occhi.
-Io.
Te lo dico io, e te lo garantisco, e te lo giuro anche, se è questo che vuoi.
Però fidati streghetta, fidati per una volta. Anche se in passato non ho fatto
niente affinchè tu lo faccia con tranquillità e serenità, fidati di me-
-Perché?
Perche?- non mi bastavano quelle
parole, non mi bastava quella sua convinzione nello sguardo né quel bacio;
volevo sapere il motivo, il vero motivo,
quello che tanto faticava a dire, quello che avevo intuito già dall’inizio ma
che desideravo soltanto sentire dalle sue labbra.
Strinse
il pugno, combattendo una lotta interiore che nessuno poteva davvero
comprendere se non lui. Lo sapevo che gli stavo chiedendo tanto, lo capivo
perfettamente ma non potevo fare altro, non mi sarei mai potuta fidare se non
avessi sentito la verità da lui, non avrei mai potuto accettare una realtà che
poteva anche vagamente non essere come immaginavo.
-Maledizione
perché ci tengo davvero a te, d’accordo? E l’ho voluto negare sino alla fine,
andando contro l’ovvietà dei miei sentimenti fino a che ho potuto. Però, quando
hai rischiato di morire, quando ho rischiato di perderti per sempre, mi sono
accorto di quanto stupido fossi stato, di quanto sciocco ed infantile fosse il
mio ragionamento, e mi sono arreso- sospirò, rilasciando il pugno e facendo un
debole sorriso rassegnato –Sei contenta adesso, streghetta? L’ho detto, proprio
come volevi, ed ora come ora sinceramente non mi riconosco più…-
Rimasi
a fissarlo, intenerita, le lacrime che mi scorrevano lungo le guance, il cuore
che sembrava voler esplodermi nel petto. Non poteva essere vero…
Damon
mi sorrise, un piccolo sorriso che mi scaldò il cuore –E invece lo è-
Sorrisi
anch’io, poi, lentamente, mi avvicinai fino a prendere la mano che poco prima
teneva serrata, tra le mie. Sentivo il pompare del sangue nelle orecchie, come
un tamburo impazzito che aumentava ritmicamente la sua velocità, sentivo il mio
respiro accelerare mano a mano che la distanza tra di noi diminuiva, e sentivo
il suo, di respiro, bagnarmi il viso mentre il suo sguardo attento seguiva ogni
mio movimento.
Prendendo
coraggio mi alzai in punta di piedi, reggendomi alle sue larghe spalle, e
quando lui abbassò la testa con un ghigno che conoscevo bene stampato sulle
labbra, sussurrai a pochi centimetri dal suo volto, prima che la distanza tra
di noi diventasse nulla, -Mi fido-
-
- - angolino dell’autrice - - -
All’inizio
stavo per dire “dose massiccia di smielataggine, che vi farà sicuramente salire
il diabete alle stelle”, e ci avevo azzeccato, o no?
E
infatti eccoci al tango agognato momento in cui c’è la dichiarazione. Devo dire
che ero molto indecisa se farla subito o aspettare, ma considerando le pieghe
prese dalla storia negli scorsi capitoli, il fatto che abbia tirato per le
lunghe una situazione abbastanza palese svelando qua e là dettagli fondamentali
e facendo chiaramente notare il cambiamento di Damon, ho voluto sfruttare
l’incidente di Bonnie come miccia per far scoppiare la bomba, percui piaciuto
il botto?=)
Ora,
lo so che siete molto arrabbiate con la sottoscritta e che sarebbe una giusta
punizione non recensire, ma vi prego di ignorare questo lato vendicativo della
cosa e lasciare almeno un micro commento, perché ho un forte dubbio su questo
mio piccolo azzardo. Insomma, ho messo a nudo un lato di Damon totalmente
diverso e sconosciuto, ed ho paura di aver modificato troppo questo
personaggio. C’è da dire che non potevo farlo aggressivo e strafottente in un
momento simile, con Bonnie che gli piange davanti ed ha paura a fidarsi di lui.
Questo probabilmente è il momento in cui il lato dolce di Damon viene
massimizzato di più (questo ed altri su questo genere), non sarà sempre così da
ora in poi, e quindi ciò mi fa credere di aver fatto la scelta giusta, ma
essendo io un’incerta cronica, penso che senza i vostri commenti andrò in
depressione…=)
Quindi
vi prego, perdonatemi e recensite, perché ho davvero bisogno di sapere cosa ne
pensate di tutta questa storia.
Un
bacione a tutte, a presto
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