Il sonno del cuore genera mostri

di aliasNLH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bergen-Belsen, 2.30 a.m, Torre ***
Capitolo 2: *** Caduta negl'inferi ***
Capitolo 3: *** La frattura nella maschera ***
Capitolo 4: *** Trappola Maledetta ***
Capitolo 5: *** Tradimento ***
Capitolo 6: *** Sprofondare ***
Capitolo 7: *** Ave atque Vale ***
Capitolo 8: *** Ich Liebe Dich ***
Capitolo 9: *** Scozia, 4.45 pm, salotto ***



Capitolo 1
*** Bergen-Belsen, 2.30 a.m, Torre ***


 

 

 


                                   Il sonno del cuore genera mostri
 
 

  

[Bergen-Belsen, 2.30 a.m, Torre]
 


 
 

All’ennesima frustata l’uomo lanciò un grido di dolore soffocato dalla mancanza d’aria, dovuta ad un’altra frustata.
«Aspetta» il prigioniero rabbrividì nel sentire quella voce gelida, a mala pena rischiarata dalla debole candela «lascia che urli, che senta il dolore, rallenta il ritmo e intensifica i colpi» la voce stava dando istruzioni al suo carceriere con una calma e una freddezza terrificanti, specie visto lo spettacolo a cui aveva appena assistito.
«Sì, signore» il prigioniero strinse maggiormente i denti nel sentire il tono gongolante del suo fustigatore prima di urlare a pieni polmoni tutto il proprio dolore.
«Te lo chiedo per l’ultima volta» riprese la voce fredda «dove si nasconde Albus Silente?»
Il silenzio venne rotto solo dagli ansiti e i gemiti di dolore a stento trattenuti.
«Peccato…» continuò per nulla frustrato ma solo annoiato «davvero, non capisco come mai alcuni di voi si ostinino a tenere labocca chiusa, non ci ricavate nulla se non più torture. Personalmente non mi lamento ma, vedi, dall’alto vogliono risposte quindi cerca di venirmi incontro».
«…do…».
Dall’angolo buio si levò una risatina.
«Perdonami ma temo di non averti capito».
Il prigioniero emise un basso ringhio; il suo aguzzino sapeva benissimo che aveva le corde vocali troppo provate ma non gl’importava anzi, ci godeva.
“Bastardo” pensò con tutta la forza che aveva, come se potesse sentirlo “bastardo, bastardo, BASTARDO!”
Inaspettatamente, l’uomo nell’ombra, si alzò avanzando con una certa calma fino a che la luce non illuminò il bel viso dai tratti aristocratici e affilati contornati da morbidi capelli biondo argentati.
Istintivamente il prigioniero si ritrasse per non essere costretto a fissare quel viso tanto bello quanto crudele e spietato.
«Perché scappi?» ghignò avvicinandosi maggiormente «tanto non puoi andare a da nessuna parte, sei incatenato, non vedi?» concluse come se stesse parlando del tempo «perché invece di starcene qui ad annoiarci non mi dici quello che veglio sapere e poi te ne torni alla baracca?»
«Ma…i…» il sussurro roco risuonò nel silenzio della piccola stanza raggelando l’atmosfera.
«Bene» la voce tagliente del suo aguzzino ruppe la tensione, spogliata da ogni maschera di cortesia «sei testardo cane e io non ho troppo tempo da dedicare a quelli come te» l’uomo, minaccioso, si avvicinò al prigioniero piegandosi fino ad essere alla sua altezza «sappi allora che in questi tre giorni il tuo silenzio non è servito a nulla, abbiamo preso il tuo figlioccio e quei suoi patetici amici…» un’espressione di puro terrore, per sé e per il ragazzo, si formò sul volto provato e ferito «molto bene…vedo che almeno la tua situazione l’hai capita» con la canna della pistola gli alzò il mento in modo da puntare gli occhi di gelido ghiaccio in quelli neri e terrorizzati di lui «saprai quindi che il tuo ragazzo riceverà il tuo stesso benvenuto» sussurrò ghignando «e, soprattutto, che ora tu sei solo d’intralcio…» abbassò ulteriormente la voce fino a trasformarla in un sussurro maligno «sai, in un certo senso mi dispiaceva farti fuori, in fondo sei pur sempre un tedesco puro, per di più mio zio, ma a quanto vedo non hai sfruttato l’occasione che ti ho offerto…liberatelo!» proseguì poi alzando la voce e raddrizzandosi.
L’uomo, improvvisante libero dalle catene, si accasciò a terra gemendo forte quando i fianchi e la schiena martoriati vennero a contatto con il pavimento freddo e scivoloso. Cercò di rialzarsi ottenendo come risultato solo quello di sfregare il braccio sanguinante sulla ruvida pietra.
Il giovane biondo o sovrastava girando pigramente la pistola tra le lunghe dita sottili.
«Le tue ultime parole?»
Il prigioniero sputò nella sua direzione, mancandolo, mentre teneva gli occhi fissi nei suoi, con astio.
«Capisco…» sussurrò rispendendosi da solo, guardando il grumo di sangue, saliva e bile ai propri piedi e, inginocchiandosi, gli portò la pistola allo stomaco «allora ci vediamo all’infermo, Black».
 
Uno sparo seguito da un urlo lacerante, simile al guaito di un animale, attraversarono tutto il campo di concentramento fino a raggiungere una delle tante capanne situate ai margini del forte.
Un paio di profondi occhi verdi si spalancarono pur rimando impassibili; una ragazza si portò le mani al volto sporco.
«Sirius…» singhiozzò mentre un giovane dai capelli rossi tirava un pugno al muro, scorticandosi le nocche delle mani già abbastanza compromesse.
«Quel gran figlio di puttana…»
«Calmati Ron» fece il primo giovane.
«Calmarmi?» esplose il rosso «con che coraggio mi dici di calmarmi!? E come diavolo fai ad essere così tranquillo?» la ragazza gli appoggiò una mano sul braccio, ancora in lacrime, nel tentativo di placarlo «lasciami Hermione» stizzito si ritirò da qual contatto facendo un passo verso il primo ragazzo «spiegamelo Harry, perché io non capisco! Come cazzo fai ad essere così tranquillo? Quel bastardo di Malfoy ha appena ucciso Sirius e tutto quello che sai fare è startene qui, a guardare il soffitto, sdraiato per terra» le parole del rosso vennero troncate dallo sguardo glaciale del moro.
«Trovo» disse in tono leggero ma che nascondeva una velata minaccia «che agitarsi per qualcosa su cui non abbiamo più alcun controllo sia perfettamente inutile quanto stupido, dobbiamo risparmiare le forze e» si apprestò a concludere alzandosi e portandosi ad una spanna dall’amico «dobbiamo assolutamente sopravvivere e per farlo creeremo il minor numero di problemi possibile, sono stato chiaro?»
Ron annuì esitante a quello che, indubbiamente, era il capo e, ricacciando qualsiasi ribattuta gli fosse venuta in mente, andò a coricarsi dall’altra parte della capanna seguito da Hermione lasciando Harry da solo a guardare quel poco di cielo notturno, che si poteva osservare dalla stretta finestra della loro prigione, con una silenziosa preghiera e gli occhi asciutti.
 
Un calcio al costato svegliò definitivamente il moretto sdraiato per terra presso l’unica finestra della capanna che, senza emettere un suono, si tirò a sedere.
«Alla buon’ora Potter» ignorando gli uomini in divisa che gli stavano intorno, Harry, volse il viso in direzione della voce incrociando, appoggiato comodamente alla porta, il possessore dei due gelidi occhi grigi che popolavano i suoi peggiori incubi «avevo quasi paura fossi morto…»
«Sarebbe stato un bene per te, no Malfoy?»
Il tipo alla sua destra lo colpì alla nuca con i calcio del fucile, gettandolo nuovamente a terra.
«Come ti permetti Potter?»
«Come osi rivolgerti a lui in questo modo?» rincarò la dose il secondo preparandosi a colpirlo nuovamente.
«Signori!» il biondo li interruppe seccamente alzando il tono «signori» continuò con voce più morbida vedendoli allontanarsi da Harry «non c’è alcun bisogno di trattarlo a questo modo, orami sono abituato al modo di fare alquanto…rozzo del signor Potter, no?» li redarguì aspirando una boccata dalla sigaretta «in fondo e abbastanza divertente vedere come non dia ancora segno di rinunciare…»
«Ma Malf-»
«Niente ma» li interruppe nuovamente duro «ora andatevene, me ne occupo io».
«Sì signore» i due uomini si inchinarono con deferenza e uscirono, lasciandoli soli.
«Dove sono Ron e Hermione?»
L’altro spirò un’altra boccata.
«Lenticchia è al lavoro, ci mancava un uomo alla miniera, e la mezzosangue…» Harry ebbe un fremito ma non si mosse né esternò la rabbia che provava al sentirlo pronunciare quelle parole «è con Blaise, lo sai quanto lui adori i figli di un tedesco e un’ebrea, no…?» concluse sarcastico.
«Cos’hai intenzione di farle?»
«Io proprio niente» ghigno il biondo «chiediti piuttosto cosa le farà-»
«Se» lo interruppe il moro rialzandosi e sovrastandolo con la sua altezza «se Zabini le fa qualcosa io…»
«Tu cosa, Potter?» chiese ironico senza lasciarsi intimidire anzi gettandogli il fumo in faccia «cosa credi di poter fare tu?» con una risata gli si avvicinò maggiormente e gli spense la sigaretta sulla spalla avvicinando la bocca all’orecchio dell’altro «tu non puoi fare assolutamente nulla» sussurrò sentendolo fremere «sai completamente in mio potere Potter» si allontanò facendo cadere la cicca ormai spenta e si chiuse la porta alle spalle facendo un cenno infantile di saluto con una mano «ci vediamo sfregiato».
 
«Fammi vedere!»
«Non è niente»
«Non è vero! Ti ha praticamente bruciato la spalla!»
«Ti ho detto che non é nulla, Ginny, lasciami in pace» con uno scatto, Harry, si alzò allontanandosi da quella ragazza troppo pressante e raggiungendo Ronald dall’altra parte della capanna «allora?»
Il rosso si allontanò con lentezza dalla fessura tra le travi e scosse la testa sconsolato.
«Ancora nulla, non è ancora tornata…»
«Tornerà» concluse Harry categorico, le sopracciglia aggrottate e un antico dolore negl’occhi «Zabini odia perdere il divertimento alla prima volta, fortunatamente per noi…»
Ron strinse i pugni lasciando che le parole dell’amico gli scivolassero addosso, esternando tutta la preoccupazione nei confronti dell’altra amica, ancora nelle mani dei quell’aguzzino tanto odiato. Harry gli lanciò un’occhiata di avvertimento e tornò a sedersi al solito posto, sotto la finestra e ricominciando a guardare il soffitto.
«Ritornerà…sì…»
 
«Hermione!» ilo gridi di Molly spezzò il pesante silenzio in cui si erano susseguite lentamente le ore svegliando i presenti.
Tutti si precipitarono verso la porta ella capanna quando un’ombra maschile si stagliò sulla soglia.
«Zabini» sussurrò Ron minaccioso.
«Scusate l’intrusione in piena notte, spero di non avervi disturbati» esclamò allegro «ma questa graziosa signorina desiderava tanto tornare a casa…» e, facendosi da parte, lasciò entrare la figura barcollante alle sue spalle «ci vediamo presto…» le sussurrò all’orecchio facendola sussultare «buona notte» concluse cortese prima di andarsene e sbarrare la porta all’esterno.
Hermione fece qualche passo ondeggiando malferma sulle gambe prima di cadere a terra.
«Herm!» gridò Ron correndole incontro e sorreggendola «cosa ti ha fatto?»
La ragazza scoppiò in lacrime.
«E’…è stato..st-stato…» le lacrime avevano cominciato a scorrere copiose e i singhiozzi convulsi rendevano difficile tutto quello che non fosse il rannicchiarsi su sé stessa e sfogarsi.
«Sssssh…» sussurrò Ron stringendola imitato da tutta la sua famiglia «calmati…»
Hermione sembrò annuire prima di chiudere gli occhi e sprofondare quasi istantaneamente in un sonno pesante e tormentato.
 
«Che ti è preso Zabini? Chiese Malfoy guardandolo distrattamente da sopra il boccale che stava bevendo.
«Non capisco a cosa ti riferisci Dray…» commentò l’altro in risposta prendendo un sorso di birra.
«La Granger» specificò di rimando mentre si frugava nelle tasche alla ricerca di una sigaretta respirava ancora…non è da te»
Blaise alzò le spalle indifferente scolandosi il boccale e perdendosi nei ricordi.
«Buongiorno mezzosangue».
La ragazza trasalì forzandosi a non lanciarsi contro di lui.
“Intelligente” pensò ghignando il morto “e orgogliosa”
Perfetto.
«Vieni Granger, entra» lei lo squadrò diffidente «avanti! Mica ti mangio!» tenendolo d’occhio come se ne fosse seriamente capace, Hermione, mosse qualche passo nella stanza «brava ragazza, accomodati pure…» la precedette sedendosi su una delle due poltrone presenti nella stanza, accanto ad un tavolo occupato solo da una bottiglia e un bicchiere «vuoi da bere?»
«Vuoi avvelenarmi Zabini?»
Lui alzò le spalle.
«No».
Lei squadrò diffidente il bicchiere di acqua pulita sul tavolo, la desiderava, desiderava qual bicchiere e Blaise lo sapeva, stava morendo di sete ma non aveva alcuna intenzione di cedere.
«Capisco…» mormorò poi pensoso «vorrà dire che la berrò io…» e, con un movimento lento, afferrò il bicchiere e se lo accostò al viso bevendo lentamente, sorseggiando con estrema calma e soddisfazione ogni sorso, assaporando l’acqua e lo sguardo al contempo adirato e implorante di lei.
«Allora» le sussurrò riempiendo nuovamente il bicchiere fino all’orlo prima di piazzarglielo di fronte «adesso lo vuoi?»
In tutta risposta lei gli strappò il bicchiere dalle mani e lo vuotò in un solo sorso.
«Ne vuoi ancora?»
Hermione annuì esitante, certa che dietro a quell’atteggiamento apparentemente cordiale si nascondesse una trappola ma incapace di fermare la sete, e Blaise le riempì un secondo bicchiere, senza un’altra parola, poi un terzo e un quarto, un quinto, continuando a fronteggiarla con uno sguardo indagatore e vagamente interrogativo per delle ore.
Verso il primo pomeriggio Hermione distolse lo sguardo, imbarazzata.
«Che succede?» chiese l’altro inclinando al testa interrogativo e chinandosi leggermente verso di lei.
«I-io, ecco…doveri andare in bagno» confessò la ragazza a disagio.
«Ah…»
Il silenzio tornò sovrano.
«Allora, dov’è?» chiese nuovamente e, visto che Zabini non dava segno di volerle rispondere, fece per alzarsi quando, improvvisante e senza che l’avesse visto muoversi, si trovò con una pistola puntata contro. Lentamente risalì dalla canna alla mano che la impugnava, lungo tutto il braccio, fino ad arrivare al viso divertito di Zabini.
«Dove pensi di andare, Granger?»
«Al bagno Zabini, dove se no?»
Blaise ghignò e la fece risedere con poca grazia, continuando e premerle la canna della pistola sul petto.
«Puoi scordartelo mezzosangue, se devi pisciare lo farai qui» le rispose brutalmente con un sorriso di derisione sulle labbra; era caduta nella sua trappola con tutti i piedi.
Hermione si risedette con la consapevolezza di essere stata capita anche fin troppo bene dal moro. Patì le pene dell’inferno e dell’umiliazione quando, sei ore dopo, si liberò alla presenza di quell’uomo e delle altre guardie che non le avevano tolto gli occhi di dosso da quando era entrata.
«Ehi! Zab!» Draco sventolò una mano davanti al viso dell’amico come per scuoterlo dai suoi pensieri.
«Che?» chiese l’altro ritornando con i piedi per terra.
«Niente, ti eri imbambolato» rispose il biondo risistemandosi sulla panca «a che pensavi?»
«Ad un bel sogno color cioccolato» fu a  risposta enigmatica che gli diede prima di alzarsi e uscire velocemente dalla sala.
Draco, sospirando, rinunciò a cercare di capire il muro e seguì il suo esempio spegnendo quel che rimaneva della sigaretta sul muro del corridoio che portava alle stanze da notte, ripromettendosi di compiere nuovamente quel gesto, magari su una superficie ben diversa.
Una stretta allo stomaco lo costrinse a fermarsi ma la ricacciò indietro con una certa fretta, riprendendo i pensieri da dove li aveva abbandonati; presto sarebbe venuto il turno di Potter.
 
«Voi! Toglietevi!» bastò quel semplice ordine per far sì che gli occupanti della capanna si pigiassero sulle pareti. Superò al famiglia di straccioni, del lupo e altri ancora fino a raggiungere il trio sul fondo.
«Ehilà, Potter!» esclamò con fredda allegria «dormito bene?» chiese accendendosi una sigaretta.
Ron e Hermione si strinsero attorno a Harry istintivamente, per proteggerlo o per essere protetti.
«Sono spiacente» continuò per nulla contrito «ma oggi dovrò dividere il magico trio» con un sorriso indicò i ragazzi ai lati che vennero portati via separatamente.
«Bene, Potter…ti auguro una buona giornata» e, facendo un passo verso di lui, fece per spegnerli la sigaretta sulla spalla come faceva da un po’ di tempio a quella parte ma venne intercettata dalla mano di Harry. Il moro, apparentemente indifferente al dolore sul palmo, gli voltò le spalle mentre l’altro, insoddisfatto quanto stupito, si accendeva un’altra sigaretta.
«Credo che tu non abbia ancora capito esattamente in che situazione ti trovi, pagherai cara questa insolenza, Potter» ghignò voltando al testa nella sua direzione «o meglio…la pagherà un certo straccione di tua conoscenza…»
 
Intanto, a parecchi metri di distanza, in una stanza claustrofobica quanto fredda, un uomo sui cinquant’anni dai lunghi capelli platinati si stagliò sulla porta.
«Salve, Weasley».
 
 
 
 
 
Eccomi tornata con un’altra storia si Draco e Harry, ben diversa dalla one-shot che ho pubblicato pochi giorni fa, e non solo perché questa ha più capitoli.
In sostanza ho deciso di ambientare tutta la storia durante la seconda guerra mondiale: i nazisti sono i mangiamorte con a capo Voldemort mentre gli altri cercano di combatterlo.
 
Probabilmente ora non si capisce perché è il primo capitolo ma avrei dovuto scrivere un’altra fic prima di questa che spiegasse un po’ la situazione precedente a questa (intendo gli anni precedenti) ma poi mi sono detta che avrebbe rovinato la sorpresa quindi magari la scrivo dopo…
 
Spero di essere stata chiara e, soprattutto che vi interessi abbastanza da seguire anche il seguito, hihi.
 
Un bacio
 
 
 
NLH





 

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Capitolo 2
*** Caduta negl'inferi ***



 
                                                       Il sonno del cuore genera mostri


 

[Caduta negl’Inferi]



 

 
La scena sembrò cristallizzarsi nel momento, con Harry in piedi e una mano appoggiata al muro come per sentirne il freddo e alleviare almeno in parte il dolore al palmo, apparentemente tranquillo e Draco voltato di spalle che lo guardava con la coda nell’occhio, una mano in tasca e l’altra che reggeva una nuova sigaretta.
«Nessuna reazione?» chiese il biondo sarcastico «un tempo, se ti avessi detto una cosa del genere, mi avresti già ammazzato»
«Le persone cambiano, Malfoy» gli rispose incolore il moro.
Draco sentì le proprie dita contrarsi in un moto di rabbia a quella risposta e gli occhi lampeggiarono di una luce pericolosa.
«Non così tanto…» la frase mezzo sussurrata del biondo portò Harry a voltarsi impassibile anche se stupito dal momento di debolezza che l’altro sembrava avergli mostrato.
Malfoy gli si era avvicinato e ora lo fronteggiava con arroganza.
«Perché non vieni, Potter?» chiese suadente, nessuna traccia delle parole sussurrate pochi secondi prima «potrebbe essere divertente…»
Alla mancata risposta del moro seguì un cenno affettato del biondo ai soldati che erano rimasti ad aspettare fuori dalla capanna e che avevano seguito tutta la scena. Harry non oppose alcuna resistenza quando i due gli afferrarono le braccia e gliele portarono dietro la schiena con brutalità per incatenargli le mani.
«Harry…» la voce sussurrante di Ginny li raggiunse quando orami erano sulla porta ma Harry venne spinto fuori per evitare ulteriori ribattute mentre Draco si fermò ancora un momento, un sorriso soddisfatto gli aleggiava sulle labbra.
«Non preoccuparti» ghignò «si divertirà».
 
«Bentornata, Hermione, speravo di rivederti presto…un bicchiere d’acqua?» il saluto sussurrato di Zabini la raggiunse non appena fu fatta sedere sulla stessa sedia del giorno prima e, ancora una volta, si fece forza per non reagire a quella così evidente allusione ai fatti del giorno prima; arrossì furiosamente al ricordo cercando di sottrarsi allo sguardo magnetico dell’altro e atteggiò le labbra ad una linea sottile.
«Ma come, non mi hai ancora perdonato?» chiese ironico facendo ridere più di un soldato alle sue spalle.
Hermione lo fulminò con lo sguardo, facendolo ridacchiare nuovamente.
«Vedi, è questo quello che mi piace di te…» la ragazza tremò a quelle parole quasi sussurrate ricacciando i ricordi che stavano per riaffiorarle alla mente «orgogliosa fino alla morte…» la conclusione di quella frase sembrò uscire dalle labbra dell’uomo con lo stesso dolore che aveva provato lei al sentirle.
Hermione non poté impedirsi di guardarlo stupita, cosa stava succedendo?
Zabini la fissò per un momento negl’occhi e poi fece un cenno imperioso alle guardie che erano rimaste nella stanza.
«Oggi non mi servite, farò da solo…»
«Ma signore…» cercò di protestare uno di loro « gli ordini del signor Malf-»
«Non mi interesano gli ordini di Draco, questa prigioniera è sotto le mie cure e solo io posso decidere cosa è meglio…» fece un sorrisino storto e carico di aspettativa in direzione di quello che aveva parlato «o forse non vi fidate dei miei metodi?»
La guardia rabbrividì senza più ribattere e seguì gli altri uomini fuori dalla stanza: nessuno sano di mente si sarebbe mai azzardato ad opporsi a Zabini. Tutti conoscevano la sua indole vendicativa e la spietatezza usata sui prigionieri.
Blaise li guardò uscire con un sorriso soddisfatto e, quando a porta si chiuse e il rumore dei passi si confuse in lontananza, tornò a voltarsi verso Hermione.
«Cosa intendi fare?» la voce tremante della ragazza spezzò il silenzio che era venuto a crearsi.
Il moro la guardò di sottecchi facendola rabbrividire e socchiudere gli occhi: non poteva essere, si ripeté con disperazione, non poteva assolutamente…
«Solo questo» le rispose leggero «ti reputo una persona intelligente e sicuramente più ragionevole di altri, Weasley ad esempio, esattamente come diceva Potter».
Hermione continuò a fissarlo confusa, cosa centrava Harry adesso?
«E’ per questo che ho chiesto di poter essere io ad interrogarti» continuò Zabini prendendosi il viso tra le mani e lanciandole un’occhiata che la ragazza pensava di aver dimenticato; quegl’occhi che aveva imparato a conoscere quando ancora andavano a scuola insieme, quelli che esistevano prima e che la guerra sembrava aver cancellato completamente dal suo volto. Gli occhi di Blaise.
«Ma cosa…»
«Hermione…» quella voce implorante la colpì come un pugno riportando alla luce tutto quello che si era costretta a dimenticare mentre, con un movimento repentino e dettato dall’urgenza, Blaise, alzò a testa pregandola con occhi tormentati senza più la maschera che si era costruito «fammi uscire da qui…»
 
«Sai, sfregiato…pensavo di farti assistere all’interrogatorio del tuo amico…» ridacchio Malfoy precedendolo nel corridoio della torre «non lo troveresti stimolante?»
L’ennesima mancata risposta da parte del moro lo irritò fortemente, lui che amava il silenzio dei prigionieri perché significava più torture, maggiore divertimento, lui che amava terrorizzare gli uomini con piccole quanto insinuanti informazioni per portarli all’orlo della pazzia, lui che era stato cresciuto con le stesse cure che riservava ai suoi ospiti…Harry Potter rappresentava tutto ciò che odiava; il silenzio coraggioso e deciso, non terrorizzato o stanco; lo sguardo orgoglioso e fermo, non spaventato o perso; la bellezza sempre presente e abbagliante nonostante le privazioni e le sofferenze del campo; tutte quelle sensazioni che gli faceva provare quando ancora…
Draco scosse la testa come per allontanare quei pensieri.
Harry Potter rappresentava tutto ciò che non era più, tutto quello che aveva sempre desiderato diventare e che, per un periodo troppo breve, era stato.
E la maschera subì al prima crepa.
 
«Farti uscire da qui» ripeté Hermione leggermente isterica «ma ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? Dovrei essere io ad implorarti per lasciarmi andare, non il contrario! Fino a prova contraria si tu la SS!» incredula osservò l’uomo seduto dall’altra parte del tavolo afflosciarsi come una marionetta a cui sono stati tagliati i fili.
«Qui noi siamo prigionieri come voi» la voce gli uscì debole «né più né meno, l’unica differenza sta’ nel fatto che non lo sappiamo…»
«Non…non capisco cosa intendi…» sussurrò lei trovando estremamente difficile resistere all’impulso di alzarsi e raggiungerlo per circondargli il volto con le mani per consolarlo. Doveva controllarsi.
«Ieri sera sono arrivati i fedelissimi del Signore Oscuro…» riprese la parola Blaise senza più guardarla, gli occhi puntati sulle mani intrecciate convulsamente sulle ginocchia.
Hermione trattenne a stento un gemito, inorridita al pensiero di Lucius Malfoy, Bellatrix Lestrange e Severus Piton in quel campo.
«Io e Draco stavamo bevendo una birra» rise isterico come se quello fosse il punto più importante della questione «ad un certo punto abbiamo sentito un orlo lacerante che ci ha allarmati: Draco è il sovraintendente del campo e non aveva autorizzato alcuna tortura per quella sera…» la voce gli si spezzò a quel punto del racconto mentre le spalle cominciarono a tremare «sono andato a controllare e ho visto…ho trovato…» impossibilitato a proseguire si rannicchiò su sé stesso scoppiando in un pianto disperato.
Hermione si morse le labbra alla vista dell’uomo, che il suo Blaise sembrava essere diventato in quegl’anni di separazione, tornare ad essere il giovane a cui si era promessa anni prima, in un’altra vita, prima che la guerra arrivasse a sconvolgere le loro esistenze e, incapace di controllarsi ulteriormente, gli si avvicinò circondandogli le spalle con le braccia mentre il moro sfogava tutte le sue lacrime e il suo dolore sul petto di lei.
«Lucius» riuscì a sillabare tra i singhiozzi «Pansy…l’ha, le ha…»
 
«Si può sapere perché non mi rispondi sfregiato?» chiese Draco non più tanto paziente «cos’è? Ti senti troppo superiore o troppo spaventato per aprire bocca?» sapeva perfettamente che non era così ma per qualche strano motivo trovava insostenibile tutto quel silenzio a cui lo costringeva, così simile a quello che aleggiava in casa sua dopo una delle punizioni di suo padre, così diverso da quello che c’era nella sua memoria quando si trovava…
«Non ho paura, Malfoy» la voce ferma interruppe il corso pericoloso che i pensieri del biondo avevano preso «trovo solo sia inutile risponderti».
«Lo sai che potrei spararti e chiudere per sempre quella boccaccia che ti ritrovi?»lo minacciò senza però crederci sul serio.
«Fallo» fu la risposta spietata dell’altro «e poi? Chi ti dirà dove si trova il tanto odiato Silente?»
Draco avrebbe voluto mordersi una mano -o mordere una di quelle del moro- per l’acuta osservazione e si chiuse in un silenzio scorbutico.
«Siamo arrivati» sussurrò soltanto facendo fermare il gruppetto che lo seguiva davanti ad una porta blindata in cima alla torre che fece aprire ad una delle guardie che stazionavano ai lati del corridoio.
«Ha…ar-rry…»
Il gruppo sulla porta si immobilizzò davanti alla soglia mentre le guardie all’esterno si avvicinarono alzandosi in punta dei piedi per cercare di capire cosa li avesse costretti a fermarsi.
Un fagotto di stracci e sangue tremava sul pavimento mentre quella che poteva sembrare una faccia faceva capolino verso di loro. Quello che era stato Ronald Weasley stava bocconi sul pavimento sudicio, nel suo stesso sangue, mentre cercava di allungare una mano verso il suo migliore amico.
I due uomini che tenevano fermo Harry non poterono fare a meno di ritirarsi nauseati da quello spettacolo raccapricciante che si era presentato ai loro occhi: il corpo, se ancora di corpo si poteva parlare, era ricoperto di lividi violacei inframmezzati da lunghi tagli e estese bruciature dalle quali trasudavano sangue e pus giallo, dando alla pelle un che di putrefatto.
«Ha-rry…» la sua voce roca, provata dalle continue sevizie, li raggiunse nuovamente dando a Draco un eco di ricordo, qualcos’altro che aveva cercato disperatamente di dimenticare.
Conosceva una sola persona in grado di compiere un’atrocità simile in così poco tempo.
A conferma dei suoi sospetti una voce fredda dal retrogusto tormentato e folle attirò la loro attenzione.
«Bene…bene…bene…guarda un po’ chi abbiamo qui…il piccolo Dray» accanto alla donna a cui questa voce apparteneva si avvicinò una figura più alta e possente mentre, pugnale alla mano, tranciava di netto la giugulare del rosso ai loro piedi, affondando la lama fino a metà del collo.
«E non dimentichiamo» ghignò Lucius Malfoy strascicando le parole mentre ripuliva l’arma appena utilizzata «il grande Harry Potter».
Accanto al figlio, il tanto decantato Harry Potter osservava la scena.
Impassibile.
 
Quando quella sera Harry ed Hermione tornarono nella capanna ai margini del forte non ebbero bisogno di dire nulla; tutta la famiglia Weasley o almeno, quello che ne rimaneva, era raccolta intorno ad una Molly singhiozzante e distrutta.
Qualcuno li aveva già avvertiti, Lucius o più probabilmente Bellatrix, sicuramente nel peggior modo possibile.
Senza una parola Harry si allontanò dal gruppetto e dal loro dolore per andare a sdraiarsi al suo posto e osservando, dalla finestra, il cumulo di cadaveri che sarebbero stati bruciati il giorno successivo. Tra quei corpi ammassati disordinatamente in mucchi c’era quello del suo migliore amico, razziato dai corvi e dalle SS che, tutto sommato, potevano essere considerati la stessa cosa.
«Harry…» lui allungò una braccio raggiungendo al ragazza che si era accovacciata al suo fianco e stringendola protettivo a sé.
«Se n’è andato anche lui…» sussurrò al soffitto mentre sentiva le spalle di lei tremare leggermente scosse da nuove lacrime.
«Perché? Perché…» singhiozzò affondando il viso nella spalla dell’amico «perché c’è questa stupida guerra? A cosa serve?»
«Ssssh» cercò di tranquillizzarla Harry «non farti sentire, non vorrai farlo preoccupare?»
Hermione lo guardò confusa mentre con un cenno del capo, Harry, indicava la siluette dell’SS che si stagliava nel tramonto fuori dalla finestra.
«Zabini».
Hermione ebbe un sussulto nel vederlo tanto che non si rese conto dei termini che l’amico aveva usato per farglielo notare; in quel momento non c’era altro che la figura del giovane tedesco fuori dalla finestra e anche le braccia di Harry che la circondavano sembravano non avere peso.
Sotto lo sguardo penetrante dell’amico si tirò a sedere e fece in modo di poter inquadrare l’intera figura di Blaise e gli fece un cenno con la testa. La figura di Zabini esitò ancora un attimo prima di annuire a propria volta e voltarsi per andarsene.
 
Il bel Zabini continuava a singhiozzare sulla sua spalla, avvolto nell’abbraccio protettivo della ragazza; le lacrime incontrollate erano come tante piccole ferite che Hermione accoglieva, desiderosa di aiutare quell’uomo che, nonostante tutto quello che era successo da quando si erano separati, le stava dimostrando la stessa umanità e lo stesso trasporto di sei anni prima.
«S-scusa» con uno scatto Blaise si sollevò sfregandosi le lacrime con una manica, come il bambino che era stato.
Hermione sorrise con tenerezza e abbassò lo sguardo nella speranza di ascoltare il resto. Un silenzio, per una volta non pesante né terrorizzato, li avvolse calmandoli.
«Pansy è morta» lo spezzò lapidario«Lucius l’ha uccisa senza pietà, nel mezzo del corridoio, mentre passava» il silenzio scese nuovamente «io non volevo arruolarmi» continuò freddo, cambiando argomento quasi senza logica, ritornando per un momento il solito, quando tratteneva i sentimenti e le emozioni dietro la maschera «quando mio padre è morto, circa sette anni fa, mi è stato ordinato di prendere il suo posto» lo sguardo volò il quello addolorato ma allo stesso tempo pieno di consapevolezza di Hermione, lei sapeva perfettamente cosa quella scelta avesse comportato «se non l’avessi fatto…»
«Non serve che me ne parli» la ragazza gli accarezzò delicatamente una guancia.
Blaise scosse la testa infastidito.
«Ne hai il diritto» soffiò fuori con rabbia «ne avevi anche quando me ne sono andato sa scuola senza dirti niente per entrare in questo giro di pazzi, lo hai sempre avuto» man mano che proseguiva con le parole il tono si abbassava fino a diventare un basso mormorio «hanno detto che avrebbero ucciso mia madre, praticamente l’unica della famiglia a cui tenessi» un ultimo singhiozzo gli sfuggì dalle labbra serrate «hanno detto che ti avrebbero trovata, che ti…» scosse nuovamente la testa incapace di proseguire «non potevo permetterlo».
Hermione gli strinse istintivamente e con forza il braccio, ripensando al passato.
«Non sei costretto a rimanere» gli disse concitata «vattene, tu puoi…»
«No» sussurrò Blaise afferrando a sua volta il braccio di lei «tu non capisci, non posso» tacque un momento come se stesse decidendo quanto valesse la pena di scoprire tutte le carte «non puoi chiedermi d andarmene senza di te».
Stavolta furono gli occhi di Hermione a diventare lucidi mentre un sorriso esitante si faceva largo sul suo volto.
«Blaise…» il sussurrare il suo nome, dopo tanto tempo, le diede una sferzata di energia e una commozione che credeva di aver perso. Non era cambiato niente nonostante tutto.
«Lo so…» le sussurrò di rimando il giovane «lo so ma non è solo questo» liberò il braccio che la ragazza gli teneva fermo e si arrotolò le maniche della giacca e della camicia. Hermione trattenne il fiato mentre, man mano che la stoffa veniva sollevata, si intravedeva un marchio nero bruciato: un teschio attorniato da un serpente che usciva dalle fauci spalancate.
«Non posso scappare da lui» ribadì «non con questo e senza di te» la voce si era fatta ferma nonostante le lacrime che aveva versato. Blaise la guardò dritto negl’occhi come non faceva da anni.
«Nonostante tutto quello che ho fatto, tutte le scelte sbagliate, io ti amo ancora Hermione» fece una breve pausa «spero solo di non aver bruciato tutto».
 
Hermione si riscosse dai suoi pensieri e puntò finalmente gli occhi in quelli dell’amico, colpita improvvisamente dalle parole pronunciate in precedenza.
Era sicura che quello che era successo nella stanza numero 6 fosse rimasto lì dentro, allora come faceva Harry a…?
Il giovane sembrò quasi leggerle nella mente perché si accomodò meglio stringendola e costringendola a sdraiarsi al suo fianco per dormire.
«Io no so» le disse bisbigliando «cosa tu e Zabini vi siate detti ma mi sembra chiaro che non fossero stati esattamente degli insulti» la fisso da sotto le ciglia «io sapevo che voi dovevate sposarvi, ne ero a conoscenza» il moro preferì sorvolare sull’espressione stupita dell’amica.
«Harry, io…»
«Non serve» la interruppe dolcemente «per me è stato palese che fosse lui, a scuola, e anche dopo, quando se ne è andato, non serve che mi spieghi niente» tacque «ti chiedo solo di stare attenta» adesso era tornata la nota disperata nella sua voce.
Ronald.
«Non voglio perdere anche te» l’ultimo sussurrò risuonò pesante come un ordine e supplicante come una preghiera.
Hermione sospirò nel dormiveglia e si strinse maggiormente a lui.
 
 
 
Bene…in caso qualcuno avesse proprio voglia di farmela pagare dovete sapere che sono disponibile tutti i pomeriggi dalle 15.00 fino alle 15.01 e la sera dopo le 25, tutto chiaro? Perfetto! J
E, sempre nel caso a cui interessi a qualcuno, io non è che odio Ronald, solo che uno dei tre doveva morire e la coppia Ron/Blaise non mi piace, spero di poter essere perdonata…
 
In ogni caso spero che il capitolo vi sia piaciuto e, soprattutto, di non aver involontariamente offeso qualcuno trattando un argomento così delicato.
Spero inoltre di essere stata chiara e, se avete delle domande, basta recensire hihi
 
A presto
 
NLH
 
Un enorme bacio a quelli che hanno recensito (spero abbiate letto le risposte) e anche quelli che l’hanno messa tra i preferiti, nelle storie da seguire e da ricordare.
Sono buona e ringrazio anche chi ha solo letto ovviamente! u.u hihi.



 

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Capitolo 3
*** La frattura nella maschera ***




                                                    Il sonno del cuore genera Mostri



[La frattura nella maschera]

 

«In piedi Potter!» il sibilo del giovane Malfoy lo raggiunse mentre quest’ultimo afferrava Hermione per i capelli e la scaraventava lontano da Harry «abbiamo da fare».
Harry si sollevò con lentezza, allungò una mano ad Hermione, aiutandola a mettersi in piedi, e si girò dedicando la sua totale attenzione al biondo che li aveva così bruscamente svegliati.
Malfoy sembrava quasi l’ombra di sé stesso.
I vestiti, di solito impeccabili, ricadevano di malagrazia sulle spalle, i capelli, liberi da ogni forma d’impedimento, ricoprivano gli occhi e ciuffi disordinati, sembrava quasi reduce da una sbornia colossale; se solo non fosse stato per l’espressione tormentata.
Draco fissava Harry che, impassibile come al solito, si dirigeva verso di lui; aveva passato una nottata terribile: suo padre aveva preteso di conoscere tutti i progressi fatti negl’ultimi sei mesi e aveva anche deciso di prendere il comando del campo per, parole sue, migliorarne l’efficienza. Poi l’aveva punito.
L’aveva umiliato, torturato come quando era piccolo; la maschera che aveva costruito si era pesantemente incrinata, lasciando scoperta solo una parte del viso ma, pian piano, si stava disintegrando. E la presenza di Potter non faceva altro che accelerarne il processo…
Erano ormai quasi fuori dalla capanna quando il biondo si voltò come distratto, sul viso nient’altro che un’espressione seria.
«Perché non vieni anche tu, Granger? C’è una persona che vorrebbe vederti…»
Senza una parola la ragazza li raggiunse facendosi bloccare le braccia dietro la schiena dalle guardie senza un suono.
«Dove andiamo?» la giovane si guardò intorno confusa: invece di guidarli alla torre, come al solito, stavano percorrendo un lungo corridoio a ridosso delle mura esterne, ancora più inquietante se possibile.
«Dove siamo?» ripeté, la voce tremante, avvicinandosi istintivamente ad Harry e facendo sì che la sua fronte fosse appoggiata alla spalla dell’amico.
«Sai Granger» soffiò Draco fulminandola e tirando maggiormente il moro verso di sé per allontanarli «non credo che una mezzosangue come te abbia il diritto di fare domande».
Hermione sussultò mortificata.
«E ora sta’ zitta!»
«Draco…» s’intromise una voce morbida all’improvviso mettendo su chi va là le guardie e ottenendo un sussulto da parte del biondo prima che si rendesse conto a chi appartenesse «è questo il modo di comportarsi con un’adorabile fanciulla?»
«Blaise» fece sollevato Malfoy riconoscendolo «perché? Tu le tratti meglio?» scherzò quasi facendo segno alle guardie di allontanarsi dalla ragazza.
Il moro sogghignò aprendo maggiormente la porta dalla quale era uscito e, con un sorriso allegro, poggiò una mano sulla spalla di Hermione guidandola dentro senza interrompere il contatto con gli occhi di Potter.
«Andiamo» le sussurrò maligno sollevando le sopracciglia e chiudendosi al porta alle spalle.
Malfoy, che non aveva notato lo scambio di sguardi appena avvenuto, afferrò con maggiore forza la corda che teneva legati i polsi del moro e continuò a guidarlo, lontano da quella stanza.
 
Blaise Zabini chiuse la porta della stanza alle spalle di Hermione e mosse un paio di passi esitanti verso di lei.
«Ho saputo di Weasley…»
«…»
«Come stai?»
La ragazza sorrise brevemente.
«Eri preoccupato per me, ieri?»
«Può darsi…» non si sbilanciò il moro «allora?»
Hermione scrollò le spalle cercando di scacciare il magone che le era risalito al nome dell’amico; doveva essere forte, lo doveva ad Harry e a tutti quelli che stavano combattendo per loro causa. Lo doveva anche a sé stessa, alla donna che era diventata quando lui…
«Fa male» gli rispose alla fine con voce bassissima «è ovvio che fa male, molto più di quanto potresti mai immaginare, ma non abbiamo tempo di disperarci, non qui almeno».
Blaise annuì grave, riconoscendo la forza e la fermezza che l’avevano sempre contraddistinta.
«Ne hai parlato a Potter?» le chiese sedendosi e facendole cenno di imitarlo.
«Ho detto ad Harry…cosa?» gli fece di rimando accomodandosi e arrossendo impercettibilmente.
«Lo sai» gli rispose il moro affilando lo sguardo.
«E come potrei?» strinse i pugni lei «come? Parlare ad Harry…questa potrebbe essere tutta una trappola e io non ho alcuna intenzione di essere…».
«Hermione…» rieccoli gli occhi tormentati.
Hermione si morse il labbro inferiore; si sentiva come presa tra due fuochi: credere a quello che le stava dicendo il cuore e tornare a fidarsi dell’uomo che ha sempre amato…oppure credere nella mente e nella sfiducia che quegl’ultimi anni in prima linea le avevano donato?
Blaise parve capire alla perfezione i pensieri che affollavano la mente della donna, esattamente come faceva un tempo, e sorrise amaramente distogliendo lo sguardo.
«Certo, capisco» mormorò «in fondo che diritto ho io di presentarmi qui con una richiesta del genere, dopo sei anni in cui hai imparato a considerarmi un nemico, e pretendere pure che tu…» fece una pausa dolorosa, coltelli sembravano penetrare i cuori di entrambi e rigirarsi inesorabilmente ad ogni sillaba «non puoi fidarti…»
«Blaise, cerca di capirmi…».
«Io ti capisco benissimo, Hermione» Blaise la interruppe, il volto tormentato «ed è proprio per questo che tu dovresti essere in grado di capire me! Se solo tu ti potessi fidare delle mie parole io…» altra pausa «ascolta…» riprese con maggiore calma e una nuova espressione determinata «adesso non posso ma ti prometto, te lo giuro, ti spiegherò tutto» la voce aveva assunto un tono sicuro «sono certo che capirai tutto ma prima devi dirmi una cosa…»
Hermione rimase in trepidante attesa, stupita sia dalla sincerità del tutto inaspettata che quelle parole trasudavano che dall’improvviso desiderio che le si era acceso, un disperato desiderio di potergli credere veramente, anche solo per l’ultima volta.
«Sono certo che un come Albus Silente non ha la benché minima intenzione di lasciare Potter chiuso qui dentro, non nel bel mezzo di uno scontro del genere, sarebbe da pazzi lasciare la pedina più importante nelle mani del nemico» Blaise la fissò concentrato «avete un piano per uscire da qui?»
 
«Sai Potter» esordì Malfoy dopo parecchi minuti di silenzio dopo che avevano lasciato Hermione nelle mani di Zabini «mi chiedo per quanto ancora potrete resistere».
Harry non alzò nemmeno lo sguardo continuando a camminare pochi passi dietro di lui.
«Sii obiettivo…» continuò il biondo «siete rinchiusi qui dentro e non potete scappare: l’unico modo per uscire da queste mura è da morti; come pensate di poter resistere?» fece una pausa e voltò appena la testa pur continuando a non guardarlo nemmeno per sbaglio «vi siamo trattando con i guanti per ora ma non durerà ancora a lungo» lasciò in sospeso al frase, forse nella speranza di ricevere finalmente una risposta, ma il silenzio si protrasse lungo il corridoio, sulle scale che portavano alle sale superiori e persino una volta raggiunta la stanza che il biondo aveva scelto per l’interrogatorio.
Malfoy fissò per un momento la porta ancora chiusa e ordinò alle guardie di andarsene, che avrebbe fatto da solo.
Come previsto, una delle sentinelle più anziane, si fece avanti con sicurezza. Era la stessa che la sera prima aveva aiutato suo padre a tenerlo fermo durante…Draco scosse leggermente la testa scacciando il ricordo, come molti altri in quel periodo, e si impose di ricomporsi; doveva andare avanti.
«Con tutto il dovuto rispetto signor Malfoy…» fece con un tono che Draco trovò anche fin troppo accondiscendente per i propri gusti «ma suo padre ha dett-»
«Mio padre» lo interruppe freddamente e con maggiore acidità di quanta se ne aspettasse «non è che il temporaneo reggente del campo, il comando è sempre mio, e non credo di averti autorizzato a contestare alcun mio ordine» gli occhi glaciali del biondo su puntarono in quelli stupiti e cauti della guardia «cos’è? L’aver avuto l’onore di tenermi fermo durante i giochi di mio padre ti ha forse reso in qualche modo a me superiore?»
E, senza attendere una risposta, gli diede le spalle strappandogli di mano le corde collegate ai polsi di Potter e gli chiuse la porta in faccia rimando da solo con il moro.
Draco impiegò alcuni secondi per rendersi effettivamente conto di quello che aveva fatto.
Una singola stilla di sudore gli scivolò lungo la tempia per perdersi tra le ciocche disordinate di capelli sul collo; cos’aveva fatto?
Cercando di mascherare il suo turbamento tirò il prigioniero fino alla sedia che si trovava al centro della stanza e lo costrinse a sedersi; non doveva mostrarsi debole con lui, soprattutto con lui. Avrebbe pensato alle conseguenze di quel suo colpo di testa successivamente. Sperò solo che quell’uomo non fosse subito corso a raccontare tutto l’accaduto a suo padre.
Aggrappandosi a quel poco di razionalità che ancora gli rimaneva, Malfoy, posò finalmente lo sguardo su Harry.
Lo trovò seduto un po’ scomposto, quasi sul bordo e la schiena curva per poggiarsi alla spalliera e le braccia distese di fronte a sé, sul viso un leggero sorriso e gli occhi puntati inesorabili sulla figura della SS di fronte a lui; come se non li avesse mai tolti.
Quella posizione svogliata e quello sguardo riportarono il biondo in un tuffo nel passato, indesiderato quanto evitato accuratamente fino a quel momento.
 
Draco sbatté con forza il raccoglitore sul banco e si sedette con una furia che non gli apparteneva; come aveva potuto quello stronzo giocargli un tiro del genere? Lui credeva che Blaise fosse il suo migliore amico! Come aveva potuto andarsene così, nel cuore nella notte, senza dirgli niente?
Digrignò con forza i denti ed emise una specie di ringhio basso.
Gliel’avrebbe pagata, e anche molto cara.
«Che ti succede Draco?» una voce calma lo raggiunse da un punto imprecisato dietro di lui «non ti vedevo così furente da quando hanno cercato di trasferirti senza il tuo consenso…»
Draco si voltò di scatto trovando un Harry Potter stranamente mattiniero seduto svogliatamente al suo banco, come se non avesse alcuna preoccupazione al mondo. L’irritazione del biondo salì fino alle stelle. Con il moro era sempre stato così: sembrava che nulla lo preoccupasse.
Anche se negl’ultimi tempi quel modo di fare aveva sempre avuto lo strano effetto di calmarlo, quella volta Draco si sentì crescere in petto una rabbia mai provata prima. Ma cosa ne voleva sapere lui di quello che stava passando?
«Nessuno ti ha detto di interferire» gli rispose freddamente «stai al tuo posto Potter».
Harry spalancò leggermente gli occhi al tono di voce inaspettatamente acido; erano mesi che non si rivolgeva più a lui in quel modo.
«Sono al mio posto» fece ironia riprendendosi dalla sorpresa e con una nuova nota sarcastica «e certamente non sono io a stare dando di matto, posso sapere cosa ti succede?»
«Non sono affari tuoi, Potter?»
«Sei tornato al cognome» constatò semplicemente con una piega amara il moro stravaccandosi ancora di più sulla sedia «devo forse dedurre che è tutto finto? Si torna alle vecchie rivalità? Certo che sei veloce a cambiare idea…fino a ieri-»
«Ti ho detto di chiudere quella bocca!» gli urlò perdendo il controllo.
Harry non si scompose nemmeno troppo limitandosi a fissarlo negl’occhi con quella che, con orrore del biondo, sembrava pietà. Cos’aveva fatto…?
«Capisco…» fece il moro senza più alcuna particolare inflessione nella voce, quasi anonimo «visto che Blaise è scappato dalla scuola tu pensi di essere l’unico in diritto di sentirti male per lui» il moro assottigliò gli occhi «beh, notizia dell’ultim’ora, stai certo che non sei l’unico, e nemmeno quello che sta peggio…»
 
Draco si stava ritrovando, per la prima volta dopo tanto tempo, a dover nuovamente affrontare lo sguardo ferito di accusa che il moro gli stava lanciando; gli si formò un groppo in gola. Ancora una volta nello schieramento opposto; sarebbe mai finito tutto quello?
Fu come un colpo di grazia.
Già profondamente provato dalle torture sia fisiche che psicologiche subite la sera precedente non riuscì più a sostenere tutta quella pressione. Il suono secco di uno schiaffo risuonò nel silenzio della stanza, unico spettatore di quella scena.
Harry voltò al testa in modo da poter continuare a guardare il biondo negl’occhi, la guancia sinistra fortemente arrossata.
Draco Malfoy lo guardava con un misto tra disperazione e paura, la mano ancora sollevata e il palmo formicolante. Non sembrava nemmeno più lo stesso che aveva torturato fino alla morte uomini, donne, vecchi e bambini con lo scopo di ricavarne informazioni; sembrava sull’orlo delle lacrime.
«Come?» la voce debole, prossima a spezzarsi «ma come fai ad essere così? Il tuo migliore amico è stato barbaramente torturato e ucciso sotto i tuoi occhi e tu non hai fatto niente…»
«Non sono più l’Harry Potter che conoscevi» il sussurro freddo dell’altro lo colse impreparato e il viso del biondo lasciò trasparire tutta la sorpresa e lo sconcerto di quella affermazione «sono cambiato».
Improvvisamente Draco si inginocchiò di fronte a lui sbattendo con forza le ginocchia sul pavimento freddo, come se le sue gambe non fossero più in grado di sostenerlo, e afferrò con un gesto disperato le spalle del moro, scuotendolo.
«Allora che fine ha fatto?» sibilò «che fine ha fatto l’Harry Potter che conoscevo? Quello che a scuola era il primo ad arrabbiarsi per un sopruso, il primo a scusarsi anche se era in torto? Quello che…che-» deglutì rumorosamente incapace di proseguire e abbassò lo sguardo sul pavimento.
Che fine avevano fatto Harry Potter e Draco Malfoy?
Harry lo guardò quasi accasciarsi sul pavimento e si mosse con un gesto secco sulla sedia abbandonando l’espressione impassibile che aveva contraddistinto il suo viso fino a quel momento per aggrottare le sopracciglia con severità e piegare le labbra in una smorfia amara.
Il cuore di Draco sussultò quando si trovò ad incrociare quegl’occhi così verdi che sembravano gli unici ad essere in grado di scuoterlo e risvegliarlo da quel sonno maledetto, di scacciare i mostri che lo perseguitavano.
«E’ morto» gli rispose lapidario «l’Harry Potter che conoscevi è stato seppellito insieme ai miei genitori».
Poi si sentì l’esplosione.
 
«Non dice più niente» singhiozzò con disperazione «da quando i…lui…tiene tutto per sé…n-non ne…» altra pausa dovuta alla difficile respirazione causata dalle lacrime «non lo so…»
Blaise strinse con maggiore forza ma allo stesso tempo con infinita delicatezza la ragazza piangente che si era trovato tra le braccia. La cullava dolcemente, in un movimento che credeva di aver dimenticato, e le sussurrava parole che nemmeno si prendeva la briga di pensare per cercare di calmarla, carezzandole con delicatezza. La sua Hermione, la sua Herm.
La giovane premette con poca forza sul petto del moro per fargli capire di lasciarla e si risollevò a sedere cercando di trattenere la crisi di pianto che l’aveva presa nel momento in cui Blaise aveva parlato di Harry.
«S-scusa…io…»
Blaise sorrise con tenerezza lasciando che due dita le accarezzassero la guancia ancora bagnata.
«non fa nulla…» la sussurrò facendola arrossire.
In quel momento non sembrava nemmeno più Zabini, il torturatore, l’uomo che aveva reso un inferno la vita di talmente tante persone che solo la metà sarebbero state troppe. Quello che in quel momento era, Blaise, era lo stesso ragazzo che aveva lasciato, che aveva cercato di lasciarsi alle spalle. E l’attrazione che aveva sempre provato per lui, stava tornando prepotente.
Hermione poteva quasi leggere quei suoi stessi pensieri negl’occhi color mare di lui, per un momento si chiese quanto lei potesse essere cambiata, quanto lui la trovasse cambiata.
Incapace di resistere ulteriormente, sollevò con esitazione ma costanza una mano sfiorandogli la pelle del viso e cominciando a percorrerne il profilo. La fronte seminascosta dai folti capelli neri, il naso sottile, le labbra piene; fece scivolare un dito sul sulla linea della bocca, provocandogli un brivido.
Blaise era sconcertato dalle sensazioni che la ragazza era ancora in grado di fargli provare anzi, sembravano ancora maggiori di quelle che ricordava; aveva paura di quei sentimenti che aveva riscoperto di avere ma gli era bastato vedere per la prima volta dopo tanto tempo il viso di Hermione, giorni prima, per fargli capire che ogni sua scelta, ogni sua decisione, aveva finalmente preso la giusta direzione. Aveva fatto bene…
Qualunque cosa per la sua Hermione.
Socchiuse gli occhi per concentrarsi unicamente su quelle dita fresche, anche se provate, che ricordava esattamente uguali ma, quando sentì quel tocco spostarsi sulle labbra, non poté fare a meno di socchiuderle espirando lentamente; gli occhi si spalancarono e si puntarono sulla bocca di lei e cominciò impercettibilmente ad avvicinarsi.
Quando le labbra di lui sfiorarono finalmente le sue, Hermione, credette di stare sognando; aveva desiderato quel contatto per così tanto tempo, lo aveva fermamente respinto con la mente per così tanto tempo, che non poteva veramente credere di potervisi finalmente abbandonare. Non avrebbe più potuto farne a meno.
Blaise socchiuse leggermente le labbra e tracciò leggero il contorno con quelle di lei mentre le si avvicinava prendendola tra le braccia e stringendosela addosso, non poteva nemmeno sopportare anche un solo centimetro di distanza a separarli, non più uno spazio tra di loro. Era lei, era tornata da lui, l’aveva perdonato, la sua Herm.
La ragazza stava quasi per finire la riserva di ossigeno quando, con un rombo assordante, la porta venne fatta saltare mentre una più che soddisfatta Bellatrix Lestrange si faceva largo tra i detriti,
«Bene, bene…ma guarda che bei topino sono caduti in trappola…».
 
 
Heilà!!! Puntuale come la morte sono tornata a tormentarvi hihi no, sto scherzando…in teoria avrei dovuto postare ieri ma non avevo finito si scrivere tutto e sono crollata dal sonno…quindi l’ho fatto ora.
 
Un enorme bacio a quelli che hanno recensito (spero abbiate letto le risposte) e anche quelli che l’hanno messa tra i preferiti, nelle storie da seguire e da ricordare.
Sono buona e ringrazio anche chi ha solo letto ovviamente! u.u hihi.
 
A presto
 
NLH
 
 
 

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Capitolo 4
*** Trappola Maledetta ***



                                                            Il sonno del Cuore genera Mostri

 

[Trappola Maledetta]

 

 
Quando quella sera, né Hermione né Harry, rientrarono alla baracca rossa e non si stupì nessuno.
La notizia che, Blaise Zabini, torturatore di mezzosangue e braccio destro di Draco Malfoy, fosse stato scoperto a tradire la causa e anche sospettato di essere complice da lungo tempo della resistenza, aveva fatto il giro del campo in un lampo.
Assieme alla notizia del sicuro coinvolgimento dei due prigionieri.
Soprattutto Hermione.
Molly sospirò affranta: aveva perso altri due figli.
 
Draco Malfoy era distrutto.
Tutte le sue credenze, i suoi valori, le sue basi stavano crollando una dopo l’altra: il suo migliore amico era passato dall’altra parte della barricata e lui cominciava ad avere dei seri dubbi sull’operato di quest’ultimo fino a quel momento? Com’era possibile che avesse deciso di cambiare schieramento in un tempo così breve? Tutto era dovuto solo alla presenza della Granger?
Da quando Bellatrix aveva preparato la trappola per quei due, il giovane, non aveva saputo far altro che rimanere rintanato del proprio ufficio a riflettere.
Ovviamente a parlare a suo padre e alla zia era stata quella guardia maledetta, ma gliel’avrebbe fatta pagare. Forse.
Come poteva, rifletté portandosi la fronte alle mani unite sul tavolo, come poteva andare e dire che …l’avrebbero preso per un complice, lo avrebbero rinchiuso e ucciso.
Perché Blaise aveva fatto questo?
Immobile nella stanza non poteva far altro che costruirsi teorie e spiegazioni all’inutile ricerca di una soluzione; qualcosa che da solo non sarebbe mai stato in grado di trovare.
Era inutile; da qualunque parte si girasse la soluzione sembrava essere solo una: andare da loro.
 
Non erano passati nemmeno dieci minuti che, forte dell’idea che gli era venuta e incapace di ragionare lucidamente, la giovane SS stava scendendo le scale della torre per dirigersi verso quel buco buio e asfissiante che aveva accolto le sofferenze della SS con gli occhi color mare.
«Identificarsi» la voce imperiosa della guardia della prigione gli risultò quasi improvvisa, immerso com’era nelle sue riflessioni non si era nemmeno reso conto di essere già arrivato «non si può entrare senza il permesso di-» l’uomo venne freddato dallo sguardo di pietra del biondo.
«Fatti da parte inutile palla di lardo, devo parlare con il prigioniero»
Il carceriere fece un mezzo inchino goffo e ossequioso, agitato, cercando di trovare la chiave giusta del mazzo voluminoso che teneva appeso al fianco.
«Mi perdoni signore! Non l’avevo…oh, la prego, mi scusi!».
Malfoy arricciò il naso sdegnato, seriamente infastidito dal tono ossequioso e palesemente falso. Ritrovando in corner l’inespressività che credeva di aver perso dopo l’ultimo confronto con Potter, varcando con prepotenza la porta della prigione, fece un cenno con la mano come per scacciare una mosca.
«Non importa, ma vedi di darti una mossa» sibilò gelido.
L’uomo annuì concitato cominciando a fargli strada fino alla grata, che separava il piano terra dai piani interrati, infilando una chiave spessa nella serratura e facendo forza con tutto il proprio peso per farla scattare mentre un suono stridente di faceva largo nel silenzio della scalinata oltre la porta chiusa, facendo risuonare i lamenti dei prigionieri.
«Ecco, signore» espirò faticosamente la guardia aprendo la porta con fatica «faccia attenzione, le scale sono scivolose».
Arricciò il naso disgustato dall’odore di chiuso, sangue e putrefazione; ed era stato lui a crearlo.
Quando arrivò alla fine della scalinata non poté fare a mano di sospirare di sollievo: i gradini erano ricoperti da sangue rappreso o viscido che rischiavano di farlo cadere ad ogni passo ; le urla e i pianti dei disperati ospiti di quel luogo di morte gli perforavano le orecchie come mai era successo.
Quel punto, ai piedi di qui gradini maledetti, sembrava relativamente pulito e silenzioso; niente a che vedere con prima; almeno fino a quando una voce roca e incrinata non lo spezzò.
«Ma guarda chi è venuto a trovarmi…ciao Draco, come te la passi?»
Il biondo si trovò costretto a boccheggiare impreparato allo spettacolo che gli si presentava davanti, appoggiato al muro opposto della stanza sotterranea: incatenati a quella parete c’erano Blaise Zabini e il suo peccato, o almeno, quello che ne rimaneva.
«Che carino che sei» la stessa voce roca, che cercava di fare ironia come ai vecchi tempi, di Blaise gli perforò i timpani in modo ancor più brutale dei prigionieri di poco prima « venire a farmi visita».
Malfoy fece un passo verso di lui, senza parole; faticava a riconoscere gli eleganti lineamenti dell’amico sotto gli ematomi, i tagli e il sangue.
«Guarda che non serve che vieni, non mi sento solo…» una risata secca s’intromise tra le sue parole, molto più simile ad un colpo di tosse che ad altro «c’è la mia Hermione che mi fa compagnia» la donna la suo fianco si mosse appena al suono del proprio nome «e poi ricevo spesso le visite di Nott e figlio…sai, mi incolpa della morte della sua Pansy, uno stupido, no? Io neanche…»
Il discorso delirante venne interrotto dal movimento più deciso della persona la fianco di Blaise che si mosse con decisione fino a trovarsi con il viso chinato contro la spalla di quest’ultimo, ansimante.
«Cosa c’è Herm?» il sussurro morbido, così diverso dal tono che aveva usato con l’amico, spiazzò ancora di più il biondo, ancora fermo al centro della stanza e incapace di reagire a quello spettacolo.
«Chi c’è?» sussurrò stanca.
«Nessuno, solo Draco» le rispose dolcemente «torna a dormire».
«Draco?» ripeté Hermione lentamente, la voce vagamente allarmata «Malfoy, dov’è?»
Blaise stese una gamba fino a sfiorare quella della compagna, per calmarla.
«Stai tranquilla, è qui solo per vedere me, se ne stava anche andando…»
«Non ti ho chiesto questo» ribatté lei con maggiore decisione «dimmi dov’è!»
Blaise sospirò lanciando un’occhiata in tralice al biondo prima di socchiudere gli occhi e chinare leggermente la testa.
«Alza lo sguardo all’altezza del tuo piede destro, la traiettoria dovrebbe essere quella».
Draco osservò sempre più confuso la ragazza sollevare il viso e fissare un punto imprecisato al di sopra della propria spalla sinistra e fece un istintivo passo indietro, disgustato.
Il volto di Hermione, seminascosto dai lunghi capelli sudici, era completamente ricoperto di sangue incrostato, a suo tempo colato da tagli sulla fronte e sull’occhio destro, mentre l’occhio sinistro sembrava impossibilitato ad aprirsi a causa di un grumo di sangue e pus che lo teneva otturato.
Non essendosi perso nemmeno un dettaglio della reazione dell’amico, Blaise, scoppiò in un’altra risata secca e totalmente priva di allegria.
«Hai visto? Vedi com’è bella la mia Hermione?» continuò amaro «siamo stati noi a ridurla così! Noi e le nostre fottutissime idee!!» urlò con quel poco di fiato che ancora gli rimaneva.
Il biondo sembrava sull’orlo delle lacrime; le sopracciglia aggrottate e gli occhi lucidi socchiusi, la bocca atteggiata in una smorfia dolorosa mentre la maschera dietro cui si era nascosto per così tanto tempo stava andando inesorabilmente in pezzi, ignorando i tentativi del proprietario di cercare di ricostruirla.
«Ti disgusta, vero Draco?» riprese il moro con il respiro spezzato «eppure…quante volte sei stato colpevole di avere inflitto tu tesso un supplizio simile?» la voce provata del prigioniero sembrava, man mano che la conversazione proseguiva, prendere una timbro alto e sicuro, come se non fosse lui ad essere incatenato ad un muro, come se non fosse lui quello provato da ferite «quante volte ti sei divertito a riservare questo stesso trattamento a quelli che ti passavano per le mani? Quante volte sei rimasto indifferente a questo stesso spettacolo? Come mai ora non riesci a guardarla in faccia?» lo aggredì duro «che ti succede Draco? Non dirmi che comincia anche tu a pentir-»
«Sta’ zitto!» riuscì ad interromperlo Draco, alla fine «zitto, zitto, zitto!!!»
Blaise chiuse la labbra con lentezza, gli occhi puntanti in quelli dilatati e sconvolti dell’amico.
«Non sei stato forse anche tu?» riprese Malfoy con voce più alta del normale «anche tu hai fatto le stesse cose! Ti sei comportato esattamente come me! Come…come puoi startene lì a dire che…che-»
«Draco» ancora una volta la voce calma di Blaise ebbe il potere di zittirlo «ma veramente non l’hai ancora capito?»
La dita di Draco si contrassero istintivamente; di cosa stava parlando? Cosa…?
«Draco» ripeté Blaise «come puoi non essertene ancora accorto» sorrise nostalgico «non ti si mai chiesto nulla? Non ti sei mai chiesto per quale motivo insistessi così tanto con il liberarmi personalmente delle persone che interrogavo? Non…non ti chiedevi perché preferissi lavorare con la psicologia piuttosto che con i giochetti che divertivano tutti gli altri? Draco…»
Il biondo fece un passo indietro scuotendo la testa.
«Non ti chiedevi perché alcuni dei carcerati che io stesso interrogavo le prime volte, anche se poi non erano più sotto la mia tutela, scomparivano? Era talmente ovvio…qui ci sono arrivati tutti…» il sorriso si distese fino a diventare un ghigno sofferente «era così ovvio che li facevo fuggire…»
«Potter…» Draco sussurrò quel nome come se si steso soffocando «è stato lui, vero? Lui ti ha…?»
«Quando sono scappato da scuola per prendere il posto di mio padre…» Blaise esitò un momento come se non sapesse ancora decidersi se vuotare finalmente il sacco o meno «lui, Harry, mi ha fermato ai cancelli; sapeva quello che stavo per fare…»
Persino Hermione sembrava ascoltare quella storia per la prima volta, sorpresa, abbandonò la testa sulla spalla del compagno per essergli il più vicino possibile e ascoltare quello che stava dicendo.
«Mi ha raccontato di essere a conoscenza della relazione che stavo portando avanti con Hermione e anche del mio piano; mi ha detto di non avere alcuna intenzione di fermarmi ma anche che, se non mi fossi fermato, sarei stato costretto a combattere contro di loro; contro la mia Herm» fece un’altra pausa «la amavo, la amo ancora adesso…non potevo farle questo. È stato allora che ho cominciato a fare la spia; lavoravo per voi ma allo stesso tempo passavo informazioni a Potter per vie poco conosciute e liberavo i prigionieri quando potevo» gli occhi del moro brillavano di consapevolezza «sapevo di essere in pericolo ma non potevo fare altrimenti, non avrei mai permesso a me stesso di fare qualcosa contro Hermione, non avrei mai potuto…»
Draco era come impietrito, la verità, i sospetti e i pensieri che aveva avuto fin dal momento in cui Blaise e Hermione erano stato catturati da Bellatrix che si affollavano nella sua mente lo rendevano impermeabile a tutto ciò che non fisse la voce provata dell’amico che gli rivelava tutto.
«Poi c’è stato il piano che prevedeva l’uso di Black per attirarli in trappola…non hai idea di quanto avessi desiderato ucciderti in quel momento» gli occhi del moro sprizzavano odio «tu sei il mio migliore amico, la persona di cui mi sono sempre fidato e colui a cui avevo affidato il mio futuro; ma eri anche l’uomo che voleva uccidere la donna che amavo…se Potter non mi avesse fermato a quest’ora potresti anche essere morto…»
Le parole di amicizia e di minaccia, così discordanti nella bocca di Blaise, tolsero ogni desiderio di replica da parte di Draco. Cosa avrebbe mai potuto dire a risposta di quelle dichiarazioni?
Distolse lo sguardo dal volto provato e allo stesso tempo determinato dell’uomo incatenato e fece un altro passo indietro.
«Malfoy…?» la voce esitante di Hermione si fece largo nel silenzio che seguì le affermazioni del moro «so che molto probabilmente mi odierai per quello di cui sono stata responsabile…»
«Herm, no-» Blaise spalancò gli occhi per fermarla.
«No, Blaise, lo so che è colpa mia se tu gli hai voltato le spalle; non intendo fuggire da questo. Il semplice fatto di amarti mi rende colpevole ai suoi occhi…» fece una pausa tornando a volgere lo sguardo dove, secondo lei, si trovava il biondo; almeno un metro troppo di lato «non intendo scappare» sussurrò nuovamente «voglio che sia chiaro che io amo Blaise nello stesso modo in cui lui ama me e che sono consapevole che questo ha rovinato la sua vita; lo so. Ma anche se mi fosse data la possibilità di rifare tutto da capo non cambierei nulla delle mie azioni. Sono egoista, me ne rendo conto; ai tuoi occhi posso essere anche crudele, ma non mi interessa. Mi capisci, non è vero?»
Blaise osservò sconcertato il viso del biondo distendersi in una smorfia di comprensione e fece correre lo sguardo più volte tra i due prima di scoppiare in una risata quasi isterica.
«Ma dai! Quasi non credo…il puro e duro Draco Malfoy che ha dei ripensamenti...e cosa avresti capito, di grazia? Me lo dici?»
Draco riprese ad arretrare, portandosi le mai al viso, non un suono usciva dalla sua bocca mentre, nel modo più doloroso possibile, le parole dell’amico cominciavano ad affondare in profondità nel suo cuore, facendolo sanguinare.
«Ti sei finalmente reso conto del mondo in cui ti sei costretto a vivere finora? hai una risposta all’inutilità della tua vita fino a questo momento?
«Basta, smettila…»
«Non ti importava finché a soffrire erano degli estranei, delle persone che disprezzavi..ma ora? Ora che incatenati a questo posto ci sono due persone che, almeno in parte, hai sempre considerato amiche? Ti ricordi, vero, di come Hermione ti abbia aiutato a scuola? Te lo ricordi? Eravamo sempre insieme, te lo ricordi? Io, te, Herm, Ronald, Harr-»
«NO!»
«Ora» continuò spietato, la voce alta che acquistava sicurezza e il discorso ancora una volta slegato dal precedente «ora vedi me e ti senti responsabile, senti che tutto questo è sbagliato! Ti senti un mostro!»
«Smettila».
«Cominci a capire che anche tu hai un cuore nascosto sotto quelle schifezze, sotto tutte quelle bugie che ti sei raccontato per anni?»
«No, basta…»
«Ti sei forse reso conto che può esistere un altro modo per vivere oltre a questo? Qualcosa che preferisci».
«Basta!»
«Allora vieni, scappiamo! Andiamocene, ricominciamo una nuova vita, senza torture, senza punizioni o violenze!»
«Basta» fece ancora l’altro «smettila…!»
«Di cosa hai paura, Draco? Saremo liberi e…»
«BASTA!»
Draco cade sulle ginocchia tenendosi le mani alle orecchie «basta, smettila…» sussurrò sull’orlo delle lacrime.
«Già…» mormorò Blaise, calmo e malinconico «noi non possiamo scappare, saremo fucilati domani e gettati come animali in mucchi» Hermione tremò «ma almeno» riprese il moro con decisione «so di finirci per una buona causa, di andarci per la persona che amo».
Draco si rialzò in piedi deciso a non ascoltare una parola in più, pentito di aver anche solo rimesso ide in quel luogo di morte.
Blaise seguiva i suoi movimenti, impassibile.
«E’ stato bello rivederti per un’ultima volta» lo salutò «credo che ti aspetteremo all’inferno».
E la porta si chiuse dietro le sue spalle.
 
In quello stesso momento Lucius Malfoy guardava Harry Potter incatenato ad una sedia, una corda intrecciata attorno alla propria mano.
«Ci sarà da divertirsi stanotte, non credi?»
 
 
 
 
 
Ehm….dai, almeno ho postato in tempo, no?
Lo so, lo so…magari avrei potuto essere un po’ meno…cattiva, crudele, quello che preferite, ma…
Mi dispiace per come li ho trattati ma in quei tempi bui questi era il minimo.
Dev’essere stato veramente un Inferno quel periodo.
Sono felice di non essere nata in piena guerra.
 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e soprattutto di non aver offeso o deluso nessuno di voi.
Grazie per la lettura e spero continuerete a seguirmi anche nei capitoli successivi.
Un bacio
 
NLH
 
 

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Capitolo 5
*** Tradimento ***





                                                        Il sonno del cuore genera mostri


[Tradimento]

 
 
Alla morte dei suoi genitori, Harry, aveva giurato che non avrebbe pianto mai più, qualunque cosa fosse successa. Aveva giurato che non avrebbe mai più messo in pericolo le persone che amava; che non avrebbe più sofferto per nessuno.
Ora, a distanza di quasi dieci anni, ne aveva mantenuta solo una su tre.
Aveva premesso a sé stesso di affezionarsi a Ron e Hermione e ora, con lui morto e lei in procinto di essere uccisa come un animale, sentiva il proprio cuore, ancora sanguinante, pulsare dolorosamente nel petto.
Aveva cercato di chiudere tutto fuori, di staccarsi dalle amicizie, dall’amore, dai sogni ma non c’era riuscito. Ron e Hermione erano riusciti a trovarlo mentre viaggiava con Silente per combattere e lo avevano seguito contro la sua volontà fino a quando non si era sentito quasi costretto a cedere e li aveva accettati, ancora una volta, come compagni.
Ora, a distanza di anni, si pentiva seriamente di quella debolezza; avrebbe dovuto rimandarli indietro a forza: Ron alla sua famiglia e al calore della sua vita tranquilla in campagna e Hermione alla sua dolce esistenza in città, per quanto vuota senza quello che era stato il suo quasi marito.
Se solo fosse stato più risoluto.
Era successo tutto per colpa sua.
«A cosa stai pensando, Potter?» la voce melliflua dell’uomo risuonò bassa «ti stai rendendo finalmente conto di quanto sai stata inutile la tua patetica esistenza fino a questo momento?» un ghigno si aprì storto sul viso di Lucius mentre si portava alle sue spalle per avvicinare la propria bocca all’orecchio del giovane «ti farò urlare di dolore» gli sussurrò «e tra le preghiere di pietà mi rivelerai tutti i tuoi piani, tuoi e di quel pazzo di Silente, e alla fine, quando avrò saputo tutto, ti finirò nel modo più doloroso e lento che conosco» quello che sembrava un ringhiò risalì dalla gola del moro, come in risposta «lo so che resisterai» ridacchiò il biondo «ma abbiamo tempo…sono curioso di scoprire quanto sarai in grado di sopportare, e se sei della stessa pasta dei tuoi genitori…» una tensione evidente dei muscoli del collo del prigioniero lo fece zittire, mentre Harry aveva cercato di liberare le mani dalle corde «oh...capisco…non te l’ha detto nessuno?» Lucius sembrava gongolare mentre rivelava quello che sapeva «non sono morti in un incidente, siamo stati noi a catturarli e ad interrogarli. Io stesso ho avuto l’onore di arroventare i ferri che li hanno resi ciechi. Hanno resistito, hanno urlato fino a perdere la voce nel tentativo di proteggerti» fece una pausa per enfatizzare le frasi appena pronunciate «direi che è stato tutto inutile,no? Tu ora sei qui…»
Un’unica lacrima scivolò lenta sul viso impassibile di Harry mentre il suo aguzzino si divertiva a raccontare ogni particolare di quelle lontane notti in cui aveva avuto in cura i giovani James e Lily Potter.
 
Sulle scale della prigione, Draco Malfoy, era appoggiato al muro viscido per riprendere fiato e ritrovare il controllo ormai perduto.
Circondato dalle urla strazianti dei prigionieri cercava si ricostruire la maschera cinica, fredda e spietata che era stata il suo volto per anni. Dietro gli occhi chiusi rivedeva i volti terrorizzati e sfigurati delle persone che erano passate per le sue mani. Ricordava le piccole lame affilate che entravano facilmente nella pelle e causavano danni irreversibili ancor prima che il torturato se ne rendesse conto; riviveva i pugni e le percosse a cui aveva assistito rimanendo, ogni volta, comodamente seduto in poltrona.
La sua mente, troppo sconvolta per essere tenuta sotto controllo, sovrapponeva tutto questo allo spettacolo a cui aveva appena assistito: Blaise che veniva incatenato a croce, le ferite ancora fresche a contatto con il ferro sporco e arrugginito del tavolo, mentre Nott gli appoggiava delicatamente, quasi con dolcezza, un ferro arroventato per poi farlo scivolare lentamente sulla pelle già duramente provata dalle frustate e dalle percosse.
Le voci che lo circondavano si fusero in un unico grido di dolore e il rumore delle torce che illuminavano il cammino divenne lo sfrigolio del ferro arroventato sulla nuda pelle; le luci che filtravano dagl’occhi semichiusi sembravano i suoi occhi: così blu, così rilassanti, così…spenti e angosciati.
«Basta!» al suo grido non seguì solo il silenzio nella testa ma anche nelle gabbie; i prigionieri dovevano essere veramente terrorizzati da lui.
In cosa si era trasformato senza quasi rendersene conto?
Esisteva ancora qualcuno che lo rispettava per qualcosa di diverso dalla paura? Qualcuno che, guardandolo, non vedesse solo l’SS. Qualcuno che…
Un sorriso leggero gli si delineò sulle labbra che, negl’ultimi anni, non avevano conosciuto altro che ghigni sarcastici.
C’era ancora una persona così.
Era ancora vivo; doveva salvarlo.
Con rinnovata energia fece i rimanenti gradini di corsa e spingendo con forza sui battenti del portone  che collegava la prigione con il cortile interno.
Il guardiano, vedendolo uscire di umore completamente diverso da quello con cui era entrato gli si accostò con un sorrisetto.
«E’ andata bene?»
«Come?» gli fece di rimando Draco, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza.
«Ho detto» ripeté l’uomo «che deve essere andata bene se ne esce con un sorriso».
«Può darsi…» cercò di liquidarlo nella speranza che lo lasciasse andare via subito.
«Scusi se mi permetto…» riprese però la guardia «ma, chi…da chi è andato?»
Per qualche strano motivo il biondo rispose all’istinto di rispondergli, come se si fosse dimenticato di essere il supervisore del campo e di non dover rendere conto a nessuno, men che meno ad una guardia di infimo livello come quella.
«Blaise Zabini».
Il guardiano si lasciò sfuggire un sospiro costringendo Draco a guardarlo stupito; non gli era piaciuto quel sospiro, qualunque significato avesse.
«Spero si ancora vivo…»
«Chi?» chiese diffidente ignorando la voce nella su testa che gli imponeva di darsi una mossa.
«Ma Zabini, no?» rispose l’altro come se si stesse rivolgendo ad un suo pari «è così carino…volevo approfittarne e dargli una ripassata prima dell’esecuzione di domani…» gli occhi di Draco si spalancarono sconcertati; ma non si rendeva conto di quello che stava dicendo? Non  capiva di trovarsi di fronte ad un suo superiore, anzi, al sovraintendente stesso? Di avere di fronte ancora il migliore amico del traditore…?
Lo osservò disgustato passarsi lascivamente una mano sul petto.
«E’ dalla prima volta che l’ho visto che immagini di fargli tante di quelle cose che…» la frase venne interrotta da un gorgoglio improvviso e una ristata isterica.
Draco indietreggiò disgustato di qualche passo fino a toccare con la schiena la pesante porta della prigione.
La guardia smise di ridere e puntò i propri occhi febbricitanti in quelli grigi del biondo; la pupille, tanto dilatate da farlo sembrare cieco, si confondevano nel rosso che stava colorando la cornea, come se tutti i capillari si fossero rotti.
«Anche tu…» aggiunse roco mentre un rivolo di sangue gli usciva dalle labbra «anche tu sei molto avvenente…magari mi rifaccio su di te se Blaise è inutilizzabile» Draco si schiacciò maggiormente contro il portone «i biondi non sono esattamente il mio tipo ma per te potrei anche fare un’eccezione» proseguì lascivo facendo un altro passo malfermo verso di lui.
Draco guardò disgustato a mano violacea che si tendeva verso di lui: era piena di piccole emorragie interne.
All’ultimo momento si spostò di lato, staccandosi dal legno, e vide la guardia schiantasi nel punto in cui era stato e scivolare a terra strisciando il viso.
Con un calcio il biondo lo fece voltare verso il cielo: un paio di occhi rovesciati fissavano il nulla mentre la pelle si lasciava andare come se si stesse sciogliendo mettendo in evidenza, sotto il sottile strato pallido e violaceo che stava diventando, la struttura ossea e il sangue liberamente in circolo nell’organismo.
Morto.
Deglutì con difficoltà; conosceva le possibili cause di quel tipo di morte: avvelenamento. Quell’uomo doveva essere entrato in contatto o, molto più probabilmente, aver ingerito un’ingente quantità di infuso di belladonna mischiato ad altre sostanze allucinogene e cancerogene e, a meno che non si trattasse di suicidio, di cui il biondo dubitava seriamente, doveva averle assunte senza accorgersene.
Nel cibo o in una bevanda ad esempio.
Draco si morse con forza il labbro inferiore; chi poteva avere una sufficiente conoscenza per fare una cosa del genere? Era una vendetta personale o…
Istintivamente si irrigidì, colpito da un pensiero improvviso quanto terrorizzante. Poteva essere…? Ma chi…?
Senza più una parola fece dietro front e cominciò a correre come un pazzo in direzione dell’imponente torre della tortura che campeggiava era al centro del campo di Bergen-Belsen; verso al torre e verso Harry Potter.
Ed oltre a Blaise ci doveva essere un’altra spia.
 
 




 
Allora…innanzitutto devo chiedervi scusa per la brutalità della scena ma non ho potuto fare altrimenti…scritta in un altro modo non rendeva granché…
Il secondo punto riguarda la lunghezza; questo capitolo è più breve dei precedenti e mi dispiace anche per questo ma ho avuto veramente pochissimo tempo da dedicare alla scrittura questa settimana e, piuttosto che lasciare passare più tempo (e evitare che draco potter mi venga seriamente a cercare per farmi fuori) ho preferito mettere quello che ho fatto finora.
In fondo poco è meglio che niente…no?
 Spero vi sia piaciuto
 
Un bacio
 
NLH






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Capitolo 6
*** Sprofondare ***




                                   Il sonno del Cuore genera Mostri
 


 

[Sprofondare]


 
Il sinistro cigolare del portone che veniva aperto coprì il penetrante verso di una civetta, insolito per quelle parti, che squarciò il silenzio oppresso della notte.
Suono nascosto ai più ma perfettamente udito da chi doveva arrivare.
Il giovane uomo aprì lentamente i freddo occhi color smeraldo, incurante del sangue che scorreva da un taglio sulla fronte.
L’attacco era cominciato.
 
«Allora, cosa vogliamo fare Potter?» la voce del padre raggiunse Draco non appena entrò nella torre facendo stridere i cardini: quel luogo di morte era stato costruito in modo tale che ogni singolo rumore proveniente dalla cima potesse venir sentito distintamente ai piani inferiori, in modo che i prigionieri potessero sentire ogni singola tortura come sulla propria pelle.
«Non credo tu possa resistere ancora a lungo senza quasi un graffio…»
«…»
Il silenzio che seguì si protrasse così a lungo da essere considerato insopportabile persino da suo padre visti il tono e la veemenza che intrise nelle parole successive.
«Sai, Potter?» ringhiò «quando ho sentito che eri stato catturato quasi non riuscivo a credere alle mie orecchie…»
Draco si fermò incerto sugli scalini che stava salendo, quelli che l’avrebbero portato proprio di fronte alla porta dietro la quale lo aspettavano due paia di occhi freddi ma ben diversi gli uni dagl’altri.
«Ti stavamo cercando da più di sei anni e francamente cominciavo a spazientirmi: come potevi tu, solo un ragazzino impaurito, sfuggire così a lungo a noi, le migliori SS in circolazione?»
Draco sollevò un piade per salire ancora, c’era qualcosa, che non voleva ammettere né riconoscere ancora, forse erano le cicatrici che gli bruciavano la schiena, forse gli occhi supplicanti di sua madre quando era in vita, forse il ricordo di come lui l’avesse uccisa in un moto di rabbia sotto gli occhi lacrimanti del loro unico figlio, forse i ricordi che aveva scoperto lo tenevano ancora legato al passato, o che gli dicevano di proseguire.
Eppure un’altra forza, ugualmente potente e di ben altra natura, lo trascinava con la stessa potenza nella direzione opposta.
Che lo condannava nuovamente alle tenebre.
«Quando poi ho coperto che eri caduto in una trappola tanto banale non ho potuto che esserne sconcertato» la voce di suo padre proseguiva melliflua del proprio monologo, nell’opera di distruzione del giovane che si trovava incatenato davanti, forse solo lievemente venata di impazienza.
Un altro gradino.
«Se.,..avessi saputo prima che ti saresti fatto abbindolare da un’esca così evidente, Black doveva essere molto importante per te…»
Draco si bloccò nuovamente.
Sirius Black.
Un forte quanto improvviso senso di colpa lo raggiunse come un pungo allo stomaco.
«Lo sai che è stato Draco ad aver avuto l’idea di usarlo? All’inizio l’ho ritenuto uno sciocco, un pazzo a credere che una cosa del genere ti avrebbe fatto uscire allo scoperto…mi sono dovuto ricredere. E dire che ero anche pentito di averlo raccomandato all’Oscuro Signore e poi…se tu fossi stato così facile da trarre in inganno, sicuramente, ti avremmo già catturato da un pezzo» un specie di breve risata spezzata interruppe l’ulteriore passo che Draco si stava sforzando di compiere costringendolo a risentire nuovamente del contraccolpo dei ricordi che, come impazziti, tornarono a riempirgli la mente; riportando a galla ricordi che credeva di aver sepolto più a fondo di qualunque altro, coperti da quella maschera di spietata crudeltà ormai inutilizzabile.
Quella era la risata alla morte della madre, alla fine dei propri progetti di viaggiare per il mondo una volta finita la scuola, della libertà, la fine di un amore.
«E invece! Non sai quanto il Signore Oscuro lo abbia lodato!»
Draco salì ancora un gradino mentre un lieve sorriso involontario gli si disegnava sul volto provato. Ricordava con singolare orgoglio quel giorno; per la prima volta si era trovato alla ribalta, non si era sentito succube del padre, ritrovandosi di qualche passo più avanti di lui, fiero al fianco del Signore che non aveva mai scelto.
Tutto quello solo poche settimane prima.
Come aveva potuto?
Come?
Farsi lasciare prendere da quell’euforia, dimenticare tutto?
Come aveva fatto in pochi giorni a rendersi conto di quanto fosse diventata vuota la propria vita?
Era davvero bastato solo il ritorno di Potter?
«Lo ho odiato» la voce soffocata di Lucius aveva un timbro di urgenza «come ha potuto quell’idiota riuscire dove persino io avevo fallito? È sempre stato un incapace, troppo attaccato alle gonne della madre! Quella donna ha avuto una pessima influenza su di lui, lo aveva rammollito fin da subito. Ho dovuto ucciderla e poi punirlo: rischiava di prendere una via troppo diversa da quella che io stesso avevo tracciato per lui».
Adesso la forza ch lo trascinava verso la porta sembrava più forte di quella che lo voleva giù per le scale; Draco saliva gli ultimi gradini senza pensare a nulla, seguendo solo quella voce odiosa.
«Sai, avrei voluto ucciderlo. Il sangue del mio sangue. Che differenza con i tuo genitori, vero? Loro sono morti per te, e nemmeno troppo in fretta direi. Io non lo farei mai; per me può anche morire».
Draco non seppe esattamente dire il momento in cui aveva estratto la pistola dalla fondina.
E nemmeno quando era arrivato di fonte a quella porta socchiusa.
Si sentiva umiliato; umiliato e tradito come non mai. Pensava di valere qualcosa agl’occhi di suo padre, ok, non troppo, ma almeno qualcosa.
Si era illuso di valere almeno un poco per l’uomo a cui si era aggrappato per non rimanere da solo, per colui a cui aveva dedicato l’intero proprio futuro.
Che amara ironia: alla fine della fiera, dopo sei anni di onorato servizio, si sentiva venir meno l’unico sostegno che l’aveva tenuto a galla; eppure non si era mai sentito così bene.
Abbassò la pistola puntandola a terra mentre, finalmente, alzava lo sguardo per vedere la scena che gli si presentava a quello spiraglio.
Il luogo, altra ironia della sorte, era lo stesso in cui aveva fatto torturare Black; Potter si trovava al centro della stanza, legato ad una sedia e minacciato dalla oscura presenza di Lucius e dal coltello che teneva poggiato, quasi con delicatezza, sul collo del ragazzo.
Lucius era di spalle e copriva per la quasi totalità il corpo dell’altro ma non abbastanza da non permettere a Potter di accorgersi che alla porta si era materializzato qualcuno.
Gli occhi del giovane era ancora i duri specchi verdi che aveva visto quando era caduto nella trappola. Fermi e decisi.
«Non hai intenzione di parlare vedo» Lucius continuava amaro «non capisco proprio per quale motivo tu ti ostini a non parlare, guarda che indipendentemente da quello che farai, a fine giornata, ti ritroverai a fare compagnia a quella lurida mezzosangue e a quel traditore» lo minacciò, a vuoto.
La mano di Draco sul calcio della pisola tremò; mentre suo padre parlava, Draco sprofondava sempre più nell’oscurità, nel disprezzo per sé stesso e per lui.
«E poi direi che mi toccherà pensare anche a mio figlio, quell’incapace, ha avuto solo un colpo di fortuna quando ti ha preso. Mi ha messo per un breve periodo in cattiva luce e questo non doveva succedere!»
Il moro alzò lo sguardo sul giovane fuori dalla porta e un sottilissimo filo si attorcigliò attorno al polso tremante, interrompendo al caduta. Harry si era accorto dell’arrivo di Draco, di quello che nascondeva dietro la maschera.
E lo aveva capito.
Man mano che il verde si fondeva nel grigio il sottile filo diventava una catena, un laccio inscindibile e forte che non solo non permetteva che il biondo sprofondasse nelle tenebre ma lo attraeva anche inesorabilmente verso di lui.
Quel contatto, anche se breve e lontano, durò abbastanza da fargli trovare la determinazione necessaria a sollevare nuovamente la pistola e ritrovare il ghigno che gli era tipico.
Suo padre poteva anche considerarlo alla stregua dei prigionieri che aveva torturato ma, di certo, Draco non lo era.
«Ti avverto Potter» ricominciò a minacciarlo il genitore nella speranza di scoprire finalmente qualcosa da lui mentre, con sempre maggiore apprensione, contava il tempo rimanente all’arrivo del giorno.
All’arrivo del suo Signore e alla fine del divertimento.
Quello che però non aveva messo in conto era in sospiro tra l’esasperato e il rassegnato che lo raggiunse alle spalle.
«Non vi facevo così chiacchierone, sapete padre?»
Con uno scatto Malfoy senior si voltò giusto in tempo per vedere il proprio figlio varcare tranquillamente la porta di quella sala per le torture, un’espressione derisoria sul viso e la pistola fatta volteggiare mollemente tra le lunghe dita prima che la portasse al mento, come se si stesse accingendo a pensare.
«In effetti ho trovato anch’io che il silenzio del signor Potter abbia l’insolito effetto di far sciogliere la lingua a chiunque abbia avuto il piacere di ascoltarlo…»
 
 
 
Beh…dai…alla fine nemmeno questo capitolo è poi così lungo…accidenti agli esami…spero comunque vi sia piaciuto lo stesso e mi dispiace lasciarvi ancora sulle spine (sì, come se non lo facessi apposta) muahahahahahacof…cof…ehm…ahah. :)
 
Vabbè…speriamo bene (e che ci siano recensioni positive hihi)
 
Un grosso bacio.
 
 
NLH

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Capitolo 7
*** Ave atque Vale ***


 
 
                                   Il sonno del cuore genera mostri

 
 
 
 

[Ave atque vale]

 
«Draco» fece solo leggermente affannato Lucius Malfoy «cosa ci fai tu qui? Non ti avevo ordinato di tenere d’occhio Zabini e la mezzosangue?»
Il giovane Malfoy alzò le spalle dissimulando con incredibile scioltezza la rabbia che gli era risalita in corpo; non poteva rischiare di perdere il controllo.
«Tanto non vanno da nessuna parte…»
«Come osi contraddire ai miei ordini?»
«Beh, sai com’è…non sempre i figli si sentono tenuti ad obbedire al proprio padre…» rispose noncurante.
Lucius sembrò per un momento disorientato; la situazione stava cominciando a sfuggirgli di mano: aveva letteralmente bombardato Potter di minacce e taglienti allusioni sulla morte dei suoi genitori, sulla tortura subita dal suo migliore amico, su quello che gli avrebbe voluto fare…eppure i suoi occhi erano rimasti fermi, gelidi e indifferenti; come se tutto ciò non lo riguardasse minimamente.
Gli prudevano le mani dal desiderio di torturarlo senza pietà ma il Signore Oscuro lo aveva espressamente vietato: voleva essere lui in persona a giocare con Potter, non avrebbe tollerato alcuna disubbidienza e nemmeno il più piccolo graffio che non fosse già presente sul suo corpo prima della cattura. Potter era suo.
E ora anche suo figlio gli disubbidiva così platealmente; doveva riprendere al più presto le redini di quel posto.
«Ti avevo espressamente ordinato di andare a fare la guardia a Zabini».
«Mh…» lo interruppe scherzoso agitando la pistola in segno di diniego «tu hai semplicemente detto, in mia presenza, che sarebbe stato meglio che qualcuno fosse rimasto costantemente a tenerlo d’occhio; più che un ordine mi sembrava una riflessione ad alta voce…»
Malfoy senior si ritrasse a disagio; da quando suo figlio sembrava aver smesso di aver paura di lui?
«Allora te lo ordino adesso: vai a fare la guardia a Zabini e alla mezzosangue!»
«Guarda caso ora non è che ne abbia tutta questa voglia…»
Un silenzio pesante scese nella stanza mentre Lucius cominciava seriamente a vacillare sulla sua sicurezza: qualcosa stava cambiando, anzi, aera già cambiato.
Improvvisamente temeva per la sua vita.
Temeva che suo figlio gli avrebbe sparato mettendo fine alla sua esistenza in modo inglorioso ma, più di questo, provava un’irrazionale terrore per quegl’occhi verdi come smeraldi congelati che, lui lo sapeva, se lo sentiva sulla pelle, lo stavano perforando. Per qualche ignoto motivo sentiva che la sua vita sarebbe finita lì, in quel momento e che tutto sarebbe morto con lui. Questa volta non poteva venirsene fuori con l’astuzia o la forza, non se temeva di morire per mano del suo stesso figlio e persino se aveva pura di un prigioniero, per di più legato e provato dalle fatiche e privazioni della guerra e della prigionia.
Quasi senza controllo, la voce, gli uscì supplichevole.
«Draco…»
«Troppo tardi, padre» lo derise duro il biondo «hai parlato fin troppo, non intendo concederti alcun noioso quando trito e ritrito discorso. Scordati le tue ultime parole, addio».
Lo sparo colse Lucius quasi di sorpresa mentre, con lo sguardo divenuto vitreo, offuscato dal sangue che gli usciva dalla fonte, lanciava un’ultim occhiata al mondo che aveva contribuito a creare e che stava lasciando in quel modo.
Così è morto il grande Lucius Abraxas Malfoy, braccio destro del Signore Oscuro: senza un’ultima parola, senza onore, con un colpo alla fronte mentre supplicava il suo stesso figlio di pietà.
Mentre cadeva, troppo lentamente, a terra un ultimo rumore lo raggiunse come per onorarlo di un ultimo addio: la campana del muro Ovest. Qualcuno aveva attaccato il campo.
Quando il suo corpo sbatté violentemente a terra il suono si interruppe bruscamente, con un fastidioso stridio: il muro era caduto: Bergen-Belsen era caduta.
Draco abbassò la pistola, ansante.
Ora che aveva sparato si sentiva svuotato: uno strano ronzio gli tappava le orecchie e la vista gli si faceva annebbiata come se, dal momento che aveva ucciso il padre, non avesse più uno scopo nella vista e si stesse preparando a seguirlo.
Mentre il corpo di Lucius cadeva, però, fece entrare nel suo campo visivo, centimetro dopo centimetro, il prigioniero alle sue spalle.
Il biondo sollevò di scatto al testa; Harry Potter. Lui era lì per Harry Potter, il motivo per cui era tornato il quel posto, aveva salito quelle scale, aveva ucciso il proprio padre, era Harry Potter.
Doveva liberarlo; il pensiero passò come un fulmine nel caos che era diventata la sua mente.
Con passo malfermo scavalcò il cadavere ancora caldo dell’uomo steso a terra mentre il giovane legato alla sedia lo fissava immobile. Inconsciamente Draco sorrise: sembrava illeso. Sembrava tutto intero. Sembrava ancora il suo Harry.
«Potter…» gli sussurrò, le cattive abitudini dure a morire.
«Draco!» ribatté l’altro lasciandolo stupito. Piacevolmente. Non credeva gli avrebbe mai risposto «Draco…» ripeté lentamente, con una nota nella voce che il biondo temeva di aver dimenticato: il suo nome,pronunciato da lui, sembrava avere un suono più puro, più dolce «Draco…» lo chiamò nuovamente, imperioso.
Il biondo lo guardò interrogativo: perché continuava a chiamarlo? E perché il pavimento tremava? C’era il terremoto?
«Calmati, è tutto a posto, è tutto finito» sussurrò nuovamente il moro, come per tranquillizzarlo.
Draco alzò un sopracciglio stranito: ma non avrebbe dovuto essere il contrario? In fono era stato Draco a salvarlo, no?
Quando però il biondo si trovò a cadere in ginocchio capì che non era il terreno a tremare, non c’era alcun terremoto, era lui stesso che tremava in modo incontrollato. Si impose di calmarsi mentre, a carponi, raggiunse la sedia dove il moro era legato.
«Sono qui, ora ti libero…» con mani tremanti si mise ad armeggiare con le cinghie di cuoio che gli tenevano costrette le gambe. Le sciolse con difficoltà e, nonostante si sentisse e dita sempre più intorpidite, passo ai lacci sui polsi; aveva appena finito di liberare il destro che, quello stesso braccio, lo strinse con forza, costringendo il biondo ad appoggiare la fonte nell’incavo del collo di Harry e a sentire i loro corpi in stretto contatto. Colto alla sprovvista, Draco, non poté far altro che rannicchiarsi tra le gambe del moro, in ginocchio sul pavimento, e sospirare pesantemente. Finalmente.
«Draco…» solo un sussurro «Draco…».
 
 



...







Beh…dai, se non altro qualcosa ho postato eheh…….aahhh!!! scusate veramente ma qui è un casino, la maturità di avvicina e i momenti al computer sono veramente pochissimi. Questo poco l’ho potuto scrivere solo oggi (in barba al fatto che mi ero ripromessa di farlo venerdì, sono tornata a casa alle 19.00 e addio al pc, solo una doccia, la cena e i compiti uff…)
Se non altro ho realizzato il desiderio tanto espresso hihi…
Spero di riuscire a postare prima la volta successiva.
 
Un bacio
 
 
NLH
 
 
 

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Capitolo 8
*** Ich Liebe Dich ***


 
 
                                   Il sonno del cuore genera mostri

 
 
 

[Ich Liebe Dich]

 
Nel silenzio della stanza, tra i singhiozzi a stento trattenuti, stavano due giovani uomini: uno moro, seduto su una lurida sedia in legno e con un braccio, il destro, legato al bracciolo; uno biondo, inginocchiato a terra, tra le gambe del moro, con il viso nascosto nel collo dell’altro e rinchiuso nell’abbraccio.
Harry Potter e Draco Malfoy stavano, immobili, ad assaporare finalmente, dopo tanto, troppo tempo, il contatto tra loro corpi, la vicinanza dei loro respiri.
Il biondo strinse istintivamente la mani attorno a quello che restava della camicia del moro e liberò finalmente tutte la lacrime, tutta la disperazione e il sollievo che lo avevano portato fino a quel momento.
«Sai calmo, va tutto bene…» gli sussurrò Harry cullandolo come un bambino «è tutto finito».
Draco rise brevemente tra i singhiozzi.
«Razza di idiota…questo dovrei dirlo io…»
Stretto nel suo abbraccio poteva quasi sentire fisicamente il peso delle preoccupazioni che lo lasciavano.
Quello che però sentì, sicuramente, fu il leggero sollevarsi delle spalle del moro e il suo petto vibrare lievemente in una risata priva di allegria.
«Se è per questo sarebbe dovuto essere il salvatore a stringere a sé il salvato tremante e in lacrime, non il contrario…»
Draco, con gli occhi ancora appannati dalle lacrime, gli tirò un leggero pugno sulla spalla.
«Stupido» affermò cercando di mettere tutta la dignità che gli era ancora rimasta (veramente poca) nonostante la voce tremante sai singhiozzi «Stupido, stupido, stupido, STUPIDO!» urlò fino a farsi male alla gola mentre tornava a stringere a sé l’indumento dell’altro stropicciandolo e strappandolo più di quanto non fosse già.
«Ora calmati…» ripeté Harry serio «è tutto finito…ora va tutto bene».
«Non è vero!» la voce spezzata di Draco tremava nuovamente, spinta da una nuova rabbia «non è finito niente, non bene un cazzo! Non finirà mai!
Harry gli afferrò entrambe le mani con la propria, allontanandolo da sé quanto bastava per poterlo fissare negl’occhi.
Gli occhi di Draco, quel grigio così profondo e particolare, con sfumature piombo all’esterno e quasi azzurri attorno alla pupilla; quanto gli erano mancati.
«Cosa, Draco? Cosa manca ancora?»
«Ma non capisci?» tornò a gridare il biondo «sono stato io! Io ho organizzato la tua cattura, io ho torturato Black, messo La Granger dov’è adesso! Mio padre ha torturato e ucciso il tuo migliore amico sotto i tuoi occhi! Come puoi starmi vicino, abbracciarmi pur sapendo tutto questo!?»
Harry lo guardò grave sfiorandogli la guancia con la punta elle dita.
Nell’angoscia e nel sollievo un pensiero stupido e del tutto fuori luogo prese vita nella mente di Draco: le dita di Potter, i suoi polpastrelli erano molto più ruvidi dell’ultima volta, non erano più morbidi, erano mani da uomo che ha combattuto in guerra; anche le sue erano così?
«Ti incolpi inutilmente» la voce di Harry lo riportò alla realtà.
«Come puoi dire questo?» lo interruppe immediatamente «ti rendi almeno conto del fatto che stai stringendo le mani dell’uomo che ha ucciso Black? Le stesse mani che hanno deciso di…»
«Sapevo che era una trappola».
«Come?» la voce di Draco risuonò più acuta di quanto non avesse voluto.
Il volto di Harry si distese in un sorriso amaro.
«Andiamo..non avrai certo pensato che …davvero credevi che sarei caduto in una trappola tanto evidente, con tanto di amici al seguito poi…»
«Scusa se non ha avuto un’idea migliore» ribatté secco Draco, colto alla sprovvista, allontanandosi istintivamente dal Harry e lasciando scivolare le proprie mani fuori dalla presa di quella di Potter.
«Quello che voglio farti capire» riprese il moro armeggiando brevemente con la cinghia che teneva ancora imprigionato il braccio sinistro «è che, anche se tu non avessi messo in atto tutto il teatrino, ci saremmo fatti trovare e catturare comunque, da te. Dovevamo farci portare qui in un modo o nell’altro, era questo il piano».
«Volevate liberare i Weasley e gli altri, capisco…» lo spirito critico e l’esperienza militare tornarono a galla, rendendogli finalmente chiaro quanto fosse stato stupido a credere così tanto nel piano che avevano messo in atto. Era comunque un colpo al suo orgoglio, nonostante tutto…
«Sì, questo è quello che Hermione e Ron sapevano…»
Draco non poté fare a mano di guardarlo stupito; c’era dell’altro?
«Dovevamo far cadere Bergen-Belsen» continuò Harry massaggiandosi il polso dolorante e alzandosi in piedi per sgranchirsi «se la fortezza fosse caduta gli Inglesi avrebbero potuto penetrare fino ai punti nevralgici della Germania» fece una pausa per guardare il giovane ancora inginocchiato a terra, a pochi passi da lui «bene, missione compiuta, Bergen-Belsen è caduta».
«Ma come avete fatto? Questo luogo è inattaccabile…» l’immagine della guardia avvelenata gli passò improvvisamente davanti agl’occhi, sembrava quasi una vita prima «un traditore» sussurrò «c’è qualcun altro dei vostri tra noi, a parte Blaise, intendo…»
Harry annuì.
«Senza il suo aiuto non ce l’avremmo mai fatta…»
«E voi vi siete fidati? Poteva essere benissimo un doppiogiochista…non…»
«Fa la spia per noi da ancora prima della guerra, riponiamo in lui la nostra piena fiducia…»
Draco rimase senza fiato; chi era? Chi poteva essere in grado di resistere per così tanto tempo…? Rabbrividì.
«Dobbiamo andarcene» aggiunse il biondo concitato preferendo lasciar cadere la questione «se è vero che sono arrivati i tuoi, sei-siete salvi, tutti! Sbrigati, vattene!»
Harry lo fissò duro e gli prese il polso con la mano, costringendolo ad alzarsi.
«No, Draco, tu te ne devi andare, io ho ancora del lavoro da fare qui…»
«Ma cosa stai dicendo!?» biascicò bruscamente «se anche solo mi faccio vedere quelli mi spareranno prima che possa anche solo mostrargli di essere disarmato. Io adesso me la svigno dalla parte opposta in cui sono entrati e tu-»
«No! Draco!» lo interruppe il modo con fermezza «tu andrai da loro» lo guadò dritto negl’occhi «ti fidi di me?» gli chiese dopo un momento.
Il biondo guardò gli occhi e distolse l sguardo sentendosi improvvisamente andare a fuoco. Come poteva chiedergli….?
«I-io non capisco…»
«E’ una domanda, ti fidi di me»?» gli ripeté stringendogli con maggiore forza il braccio, fino a fargli male.
Draco alzò nuovamente lo sguardo, tornando ad incatenare il grigio nel verde, in quel verde che un tempo era così dolce e caldo, che brillava…che guardava solo lui…
Con la vista che gli si faceva appannata ebbe a mala pena la forza di districarsi dal fiume di sensazioni che la vicinanza del moro gli provocavano, ancora, e annuì impercettibilmente.
«Sì» rispose senza fiato «sì, mi fido di te…»
«E allora va’, trova Piton e andate a liberare Zabini e Hermione, non perdere tempo» fece un’altra pausa mentre attendeva che il biondo assimilasse le sue parole «poi vattene da qui, scappa. Vai in Italia, in Inghilterra, in Francia! Non importa, basta che sia lontano da qui».
«Piton, ma…» la mente ancora intorpidita dal biondo elaborò quelle parole con esasperante lentezza.
«Sì, lui» Harry lo guardò significativo «ti puoi fidare».
Draco deglutì, quindi era Piton a…
«Draco» lo chiamò nuovamente Harry spingendolo verso l’uscita «ti, prego, ora vai…»
Draco sapeva di doversi sbrigare ma proprio non ce la faceva, c’era ancora qualcosa che lo teneva legato a quel posto. Qualcosa che aveva a che fare con le parole che, poco prima, il moro aveva pronunciato.
Voleva sapere.
«Harry…» lo chiamò titubante, puntando i piedi ad un passo della porta «s-sono passati sei anni ma..i-io…ecco…» chinò il capo in segno di resa e frustrazione. Come potevano non uscirgli le parole, deve era andato a finire tutto il suo, non coraggio, ma la sua faccia tosta, il suo sangue freddo…?
Ma una risposta, una conferma la voleva.
Come in una muta supplica, Draco che non riusciva improvvisamente a trovare le parole, allungò entrambe le braccia verso Harry che, al balbettare sconclusionato di poco prima, lo aveva lasciato libero dalla presa ferrea sul braccio e si era allontanato di qualche passo. Abbozzò alcuni respiri profondi, senza riuscire a riempire i polmoni con gli occhi spalancati mentre cercava inutilmente di ritrovare le parole di poco prima. In fondo chiedeva solo una conferma, era troppo?
Vide Harry rilasciare lentamente una boccata d’aria mentre, titubante, intrecciava le proprie mani con quelle di lui.
«Draco…» un altro sussurro.
Draco perse nuovamente il filo del discorso quando, con un gesto che poteva sembrare disperato da quanto era stato compiuto con forza e velocità, Harry cercò di avvicinarlo a sé il più possibile, come poco prima ma allo stesso tempo diversamente da prima. Gli cinse le spalle con il braccio destro costringendolo in una morsa scomoda e senza possibilità di sfuggirgli. Cercò a propria volta di rispondere a quell’abbraccio ma, non appena riuscì a circondargli il collo con un braccio, il moro fece lo stesso costringendolo nuovamente in una posizione scomoda che prevedeva parecchi arti piagati innaturalmente e corpi che cercavano un contatto sempre più stretto, neanche volessero fondersi insieme.
«Draco…» sussurrò nuovamente ad un niente dal suo orecchio, facendolo rabbrividire «Draco…»
In quel momento ricominciò a piangere sul serio; il viso affondato nella spalla del moro e il suo mento sulla propria testa, nascosto tra i capelli lisci che gli erano scivolati fuori dalla perfetta acconciatura. Poteva sentire distintamente la proprie lacrime scivolare fino alla camicia lisa su cui era appoggiato e i fremiti che la pelle sottostante gli tramandava attraverso il respiro di Harry. Sentiva nuovamente Harry, si trovò a pensare lucidamente, lo sentiva veramente di nuovo su di sé.
Probabilmente fu quella consapevolezza che lo costrinse a sollevare di poco il viso e poggiare le proprie labbra sulla guancia del giovane che lo stringeva ancora possessivamente a sé. Poteva sentire di nuovo la corta barba ispida nel moro. Poteva sentire la lacrime che anche lui aveva cominciato a versare.
Sentì nuovamente il suo profumo, quello indelebile della pelle, ma non fece in tempo a pensare o fare altro perché il moro, sbloccandosi improvvisamente dall’immobilità e dai modi impacciati, quasi costretti, di quando lo aveva abbracciato, lo afferrò per la nuca e premette le labbra sulle sue.
Draco, colto alla sprovvista, non riuscì a far altro se non cedere immediatamente a quel tocco che gli era mancato così tanto e chiudere gli occhi al rivivere quelle emozioni che non aveva mai dimenticato. Mosse a propria volta le labbra su quelle del compagno e le socchiuse in un’altra muta richiesta, questa volta immediatamente recepita perché, con un gemito che di doloroso non aveva proprio nulla, Harry si spinse maggiormente contro di lui costringendolo contro il muro e cominciando a farsi mordere e leccare da quelle maledette labbra.
Costretto ad allontanarsi per riprendere fiato, Draco, socchiuse gli occhi specchiandosi in quelli languidi ed eccitati dell’altro, liberi da ogni maschera o durezza, in tutto e per tutto come quelli che aveva lasciato anni prima. Gli occhi del suo Harry. Sorrise tra i respiri ansimanti.
«Harry…»
«Sì» gli rispose ansimando altrettanto pesantemente il moro, lasciandogli una morbida scia ti baci sul mento e sul viso «sì, ti amo, ti amo ancora, non ti ho mai dimenticato…» il biondo mugolò qualcosa di incomprensibile mentre sentiva la lingua del moro scivolare lungo il proprio collo.
Quello era il suo Harry.
Il moro premette quasi con dolcezza sul corpo dell’altro prima di allontanarsi di poco, come se avesse preso una decisione.
«Devi andartene» improvvisamente era tornata la voce ferma, da uomo, quella che Harry aveva messo su in sei anni di lontananza. La voce del soldato. Il moro si staccò del tutto da lui, pur continuando a mantenere lo sguardo dolce che aveva riscoperto «qui sei in pericolo» aggiunse «scappa, trova Piton, libera i tuoi amici e scappa. Non importa dove, io ti troverò. Sempre» calcò sull’ultima parola come una promessa.
Draco non ebbe nemmeno la forza di rispondergli o opporsi, non quando lui lo guardava con quegl’occhi. L’avrebbe ritrovato. Niente da aggiungere.
Intontito, sia dalle sensazioni che aveva provato fino a quel momento che dal repentino cambiamento di atteggiamento, Draco barcollò verso la porta, varcandola e raggiungendo le scale. Solo in quel momento ebbe forza e lucidità sufficienti per voltarsi indietro.
Doveva farlo; lo doveva a lui.
L’ultima visione che ebbe di Harry Potter, tra il rombo dell’esercito in marcia e il tremare della terra, fu quella di un uomo, forse un ragazzo, che lo fissava negl’occhi con un saluto nelle profonde iridi verdi e una promessa che aleggiava ancora sulle labbra gonfie di baci.
Un uomo pronto a combattere quella che sarebbe dovuta essere l’ultima guerra della sua vita.
«Ti amo…Harry».
 
 
 
….
?
….
 
 
Bene…qualcuno ah qualcosa da dire? No, perché io mi ritirerei in un angolino, indecisa se aspettare critiche o assalti di gioia (credo di aver esaudito il desiderio di qualcuno…credo…)
Beh, se non altro si sono baciati *aria innocente*
Questa è una bella notizia, no?
Speri di sì perché ora ce n’è un’altra che potrebbe essere pessima, specie per qualcuno (o almeno spero): questo è il penultimo capitolo…
 
 
E credo che ora vi lacerò riflettere da soli per scappare lontano. Avete tutti presente l’orario per le rimostranze no? Non è cambiato. Bene.
P.s   buone recensioni  :)
 
 
 
NLH
 

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Capitolo 9
*** Scozia, 4.45 pm, salotto ***


 
 
 
                             Il sonno del cuore genera Mostri
 
 

[Scozia, 4.45 pm, salotto]

 
 
 
La campana della valle suonò un singolo rintocco per rendere partecipi i fedeli della fine delle funzioni pomeridiane. La vecchia signora seduta sulla sua solita sedia a dondolo osservava, come da abitudine, la piccola processione di fedeli che, dalla chiesa, tornavano alle loro case. Li conosceva tutti, uno per uno; conosceva i loro genitori, figli o nipoti che probabilmente erano già nelle loro dimore.
In fondo era più che comprensibile che sapesse chi fossero: in una cittadina piccola come quella, di mille o poco più abitanti, e novantaquattro anni a disposizione non le avevano certo negato quel piccolo privilegio.
In realtà li conosceva tutti tranne uno.
Un giovane straniero che era arrivato lì da poco più di due anni. Non si faceva mai vedere troppo in giro, rimaneva tutto il giorno chiuso in quella che, fino a quindici anni prima, era stata la casa di una simpatica coppia tedesca con figlio, scomparsi misteriosamente durante la guerra; leggermente isolata rispetto alle altre e la via per raggiungerla non veniva più percorsa da nessuno. Quella che prima era una villa aperta ai vicini e agli amici era diventata, in tempo di guerra, solo dei muri e dei mobili abbandonati per poi diventare, negl’ultimi due anni, il rifugio solitario di uno straniero biondo.
La vecchia signora, alla finestra e intenta ad osservare i passanti si accorse improvvisamente che, quel giorno, il bel forestiero solitario non era l’unico che non conoscesse, in paese.
 
Staccandosi dalla folla, una bella donna dai lunghi capelli ricci scuri, fece una cenno al compagno che, scansando un paio di signore e una famiglia riunita, la affiancò facendo scivolare il cappello che aveva coperto i folti capelli neri e celato i sottili occhi blu, in una delle grandi tasche del cappotto.
«Dovrebbe essere da queste parti…» mormorò lei sfiorandogli la mano.
«Se non sbaglio è alla fine della via» assentì lui intrecciando le loro dita e guidandola sicuro tra le case. Fino a fermarsi davanti ai pochi metri di vialetto che li dividevano da una graziosa villetta con la porta d’ingresso e le scuri dipinte di verde scuro.
Tutte le tende erano tirate e il giardino che la circondava era abbandonato a sé stesso dando alla casa un aspetto ben poco curato tanto che, in un primo momento, pensarono di aver sbagliato; fo solo quando lei, aggiustandosi gli occhiali sul naso, fece presente il nome sul campanello, lì davanti.
Senza aggiungere altro, lui, suonò un paio di volte, brevemente, e non riuscì a fare a meno di sorridere, imitato dalla compagna, alla vista del volto sottile circondato da sottili ciuffi biondi scomposti e umidi e ad un paio di occhi grigio azzurri, occhi che si spalancarono increduli nel momento steso in cui vennero posati sui due.
«E voi cosa ci fate qui?»
Blaise Zabini ed Hermione Granger sorrisero complici e sollevati, magari anche un poco commossi.
«Ciao, Draco. Possiamo entrare?»
 
Accomodati nello spazioso salotto, decisamente più curato e ordinato dell’esterno, i giovani osservarono il padrone di casa servire il the e poi accomodarsi sulla poltrona di fronte a loro.
«Sinceramente» cominciò un po’ imbarazzato «non mi aspettavo certo di vedervi…a dire il vero mi sono un po’ preoccupato. Di solito nessuno si azzarda a venire fino a  casa mia…»
Il moro sfoggiò un sorriso soddisfatto nella sua direzione.
«Sapevamo che saresti tornato qui, in Scozia, una volta finito il tuo viaggio» fece una pausa per sorseggiare un po’ di the «restava solo da capire quando».
Il biodo sorrise tra il divertito e l’amaro.
«Silente non sa tenere un segreto nemmeno a pagarlo» una pausa «se si tratta di me, direi…»
Erano già passati cinque anni da quella notte.
 
 
Stava correndo a perdifiato, Draco, lasciandosi alle spalle la torre, il corpo freddo di suo padre, Harry. Doveva sbrigarsi, fare in fretta a liberare il suo migliore amico e la Granger per poi correre, consegnarsi nelle mani della resistenza che, a detta di Potter, avrebbero capito.
Quasi come in sogno attraversò il cortile fino a raggiungere il portone che si era chiuso alle spalle poco prima, un vita quasi, e, del tutto dimentico del lucchetto o forse troppo poco lucido per notarlo, scosse con forza il pesante battente senza riuscire a smuoverlo di un solo centimetro.
La chiave, riuscì ad elaborare la sua mente, sconvolta, aveva bisogno della chiave. Con urgenza si voltò cercando per terra con lo sguardo il corpo privo di vita della guardia. Avendolo individuato a pochi passi gli si inginocchio accanto, incurante del fango, e cominciò a frugare sempre con maggiore urgenza tra le sue cose.
Non c’era, non riusciva a trovarla!
Gli occhi sempre più offuscati, continuava a cercare.
Mentre rivoltava ogni tasca e frugava sotto la giacca per la seconda volta, in preda al panico, un pio di mani lo afferrarono per le spalle, staccandolo don violenza dal cadavere.
Terrorizzato e fuori di sé, lanciò un grido penetrante dimenandosi con altrettanta violenza, come una belva, per liberarsi da quella stretta possente.
«Per la miseria, Draco! Calmati!!» al suono familiare di quella voce il giovane si immobilizzò, arrischiandosi a voltare la testa senza più muoversi. Gli occhi severi di Severus Piton lo scrutarono con durezza sotto lo sporco della battaglia.
«Cosa credevi di fare, Draco? Si può sapere?» lo riprese costringendolo ad alzarsi e accentuando al stretta che ancora teneva sulle spalle «dobbiamo muoverci, tra poco qui salterà in aria tutto!»
Il biondo si liberò dalla stretta, nuovamente combattivo e ricominciò a frugare intorno al cadavere, senza ascoltare veramente ciò che gli era stato detto.
Piton lo riacciuffò.
«Cosa credi di fare?»
«Blaise» li limitò a dire con voce rotta «è ancora là sotto con la Granger!»
Piton sbuffò stringendo al presa sul braccio, per costringerlo nuovamente ad alzarsi.
«Non ti devi preoccupare, ora andiamo!»
Draco assecondò il movimento imposto dal vecchio maestro, con una veemenza che lo sorprese, spingendolo parecchi passi indietro con le ultime forze che gli rimanevano.
«“Non preoccuparti” un cazzo» gli urlò contro perdendo le staffe «ti sto dicendo che là sotto c’è il mio migliore amico e io non ce lo lascio!»
Piton scrutò il volto rigato di lacrime e fango del giovane e, in un insolito moto d’affetto, se lo strinse al petto lasciando che si sfogasse.
«E che cazzo, però» lo sentì bofonchiare tra i singhiozzo «prima Harry e poi pure tu…»
Prima che l’ex professore potesse rispondere in qualunque modo, però, Albus Silente apparve accanto a loro.
«Signor Malfoy, Severus…debbiamo andarcene»
Piton annuì ma Draco sciolse l’abbraccio con un gesto stanco e si asciugò le lacrime con una manica.
«Blaise…» sussurrò roco lui è-»
«Il signor Zabini e la signorina Granger sono già stati portati in salvo» lo interruppe morbidamente socchiudendo gli occhi in un vago sorriso di comprensione e tenerezza «le suggerirei di fare lo stesso»
Draco cadde nuovamente in ginocchio, incapace di reggersi da solo sulle proprie gambe. Come poteva…? Come poteva essere? Come poteva succedere tutto quello?
«Professore» si ritrovò a chiamarlo dopo tanto tempo perché…?»
Silente allungò una mano nella sua direzione, unico elemento calmo del caos e della battaglia che, Draco se ne accorse solo in quel momento, imperversava per tutto il Campo e forse anche fuori.
«Per Harry, Draco» gli rispose facendogli capire tutto, facendogli capire che sapeva «perché Harry ce lo ha detto».
Il biondo fece nuovamente fatica a trattenere le lacrime.
 
«Sarai…mi amerai sempre? Avrai sempre fiducia in me?»
«Sempre».
 
Più tardi, in viaggio verso il confine, lontano dal fronte, Draco aveva parlato a lungo con Silente del suo futuro.
 
 
A quei ricordi improvvisi, che erano tornati a fargli compagnia in tutti quei mesi in cui la guerra si era spenta, Draco dovette spegnere il sorriso che si era formato sulle sue labbra alla vista dei vecchi amici.
«Il mio viaggio è finito» disse soltanto, non servivano altre spiegazione «ora non mi resta che aspettare».
Gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime mentre Blaise poggiò con delicatezza la tazza sul tavolo.
«C’è giunta voce che…c’è chi giura di averlo visto da qualche parte al Nord, che dava la caccia agl’ultimi seguaci del Fu-di Voldemort» un lieve brivido, nonostante il tempo trascorso «altri sostengono che sia ancora in Germania ma, la verità, e che nessuno di noi l’ha più visto dopo quella notte…»
Le dita di Draco si chiusero con maggiore forza intorno alla tazza.
«Tornerà» soffiò pacato «per questo sono qui»
«Per questo hai mantenuto il nome Potter sul campanello?»
Le labbra del biondo si  piegarono  in una sorta di sorriso amaro.
«E’ pur sempre casa dei suoi genitori, casa sua, no?»
In quello steso momento, e per la seconda volta in quello strano giorno di incontri, qualcuno suonò nuovamente il campanello.
 
L’anziana donna distolse lo sguardo dalla strada per lasciarlo riposare sulle proprie mani.
O forse sarebbe meglio dire che rifuggì allo sguardo del giovane forestiero dai folti capelli corvini.
Quei profondi occhi verde smeraldo le avevano dato la sensazione di aver visto cose terribili e che contenessero un’esperienza di gran lunga superiore alla propria. La stesa impressione che le avevano dato, l’unica volta in cui era riuscita a scorgerli, gli occhi azzurri del giovane biondo, del nuovo arrivato.
Probabilmente fu per quello che, quando vide il moro sconosciuto imboccare proprio quel vialetto, non se ne stupì minimamente.
 
 
 
 
 
Con un ultimo gemito, un Harry sedicenne, si inarcò un’ultima volta, per quella notte, sul corpo del compagno, accompagnandolo ancora una volta nell’eccitazione che li univa da mesi.
Senza più fiato si accasciò su di lui, puntellando i gomiti ai lati del viso del biondo per non pesargli troppo addosso e per poter ammirare, ancora una volta, lo splendido luccichio languido che l’orgasmo gli accendeva nel profondo.
«Dio, Harry» fece un Draco neosedicenne, affannato ed esausto «sei…sei stato assolutamente fant~» le parole vennero interrotte da una nuova serie di umidi baci che Harry fece scorrere su per il collo niveo, fino al mento per poi chiudere i nuovi gemiti sulle labbra socchiuse e martoriate dai baci.
«Parli troppo» sussurrò distanziandosi un poco, stanco «in questi momenti ti preferisco quando fai altro»
Draco ridacchiò, incapace di non arrossire e si sistemò meglio, poggiando la testa nell’incavo del collo del moro che si era sdraiato al suo fianco. Avevano appena finito di festeggiare il suo compleanno e Draco poteva dirsi, a conti fatti, l’uomo più felice della terra.
«Diciamo che può andare…» mormorò tra i respiri affannosi che ancora lo scuotevano.
«Può andare?» gli fece eco Harry, divertito «io ti faccio persino dimenticare come ti chiami e tu mi dici: “può andare”?» fece una pausa per ridacchiare «ma tu dici sempre la prima cosa che ti passa per la testa o te le prepari in anticipo e poi me le propini nei momenti meno opportuni?»
Risero nuovamente, insieme. Era solo quello l’importante: insieme. Da più di un anno.
«Sono preoccupato per Blaise» mormorò Draco dopo parecchi minuti di silenzio «non l’ho visto tutto oggi e negli ultimi tempi è…» si interruppe come se non riuscisse a trovare le parole.
«Tranquillo» Harry lo abbracciò teneramente, costringendolo in una morsa calda da cui difficilmente avrebbe desiderato staccarsi «vedrai che tutto si sistemerà».
«Dici?» la voce del biondo suonava dubbiosa.
«Tutto» ribadì il concetto Harry con un mezzo sorriso.
 Capitava piuttosto frequentemente che, dopo, si trovassero di punto in banco a discutere riguardo i loro amici. Come se si sentissero di doverlo fare. In fondo la guerra sembrava essere alle porte e tutti avevano paura, anche due come loro.
«Harry…» Draco sembrava ancora più indeciso di prima.
«Dimmi?» Harry sapeva che con lui si doveva avere pazienza, aspettare che fosse pronto, non imporre né fare pressioni. Sarebbe venuto tutto da sé una volta che il biondo avesse deciso di parlarne.
«Sarai…mi amerai sempre? Avrai sempre fiducia in me?»
Insicurezza.
«Sempre».
«Anche se decidessi di appoggiare mio padre?»
Insinuazione.
«In ogni caso, Draco. Anche se non credo tu abbia certe tendenze».
«Cos’è? Paura del confronto tra parte buona e cattiva?»
Sfacciataggine.
«Tu sei il mio Draco, tanto basta».
«Sempre?»
Speranza.
«Sempre».
Promessa.
 
 
 
Fein
 
 
 
AliasNLH
 
 
Bene, che dire…è finita (per chi non lo sapesse “fein” vuol dire fine in tedesco, ma sono certa che l’abbiate capito comunque e che questa mia parentesi sia solo d’impiccio). In ogni caso, è finita.
Devo ammettere di sentirmi incredibilmente strana u questo fatto: da una parte sono contenta di aver finalmente fatto incontrare quei due, di aver chiarito i loro sentimenti e aver svelato il loro passato, poveri, li ho fatti soffrire così tanto…ma dall’altra mi sembra di averli lascito andare. Come se, una volta completata la storia, non li sentissi più miei. Come se ora appartenessero a tutti quelli che hanno letto di loro (questo non vuol dire che io vi stia dando carta bianca per rapirli, questo è chiaro…)
 
Sono felic che questa mia fic sia stata apprezzata e di essere stata seguita con così tanto entusiasmo. Spero di potervi risentire preso anche il altr storie che potrei scrivere (sono rrecidiva, mi vedrete ancora, temo…)
 
Un grande bacio a tuti coloro che hanno messo questa storia tra i preferiti:
 
1 - coralinelovegood[Contatta]
2 - dcane[Contatta]
3 - draco potter[Contatta]
4 - kimmalfoy[Contatta]
5 - Sly_chan[Contatta]

Da chi è stata ricordata:

1 - coralinelovegood[Contatta]
2 - draco potter[Contatta]

Da chi l’ha seguita:

1 - angelika4ever[Contatta]
2 - aquizziana[Contatta]
3 - badluna[Contatta]
4 - billaneve[Contatta]
5 - draco potter[Contatta]
6 - evol[Contatta]
7 - gino64[Contatta]
8 - HPalessandra[Contatta]
9 - IlyAngel[Contatta]
10 - mrsdarcy[Contatta]
11 - nick88[Contatta]
12 - Princess_Slytering[Contatta]
13 - RapeChan[Contatta]
14 - Scorpioncina[Contatta]
 
Ma soprattutto, e con un moto di affetto e gratitudine, in paricolar modo da parte del mio Ego, coloro che hanno recensito!

draco potter,
mrsdarcy,
FridaKahlo,
coralinelovegood,,
nick88
ginevrasux

 

 

Grazie, di cuore.
 

 


 

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