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di Free soul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Nella mente del serial Killer ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


CIAO A TUTTI! Aspettando l'uscita della prossima puntata ho scritto questa ff,all'inizio doveva essere una one-shot, poi si è dilungata e ho deciso di dividerla in parti, spero che vi piaccia!! Commentate please!



La missione non era andata come previsto.

La detective Beckett stava ripercorrendo gli eventi della giornata e il risultato era semplicemente quello. Non era andata come previsto.

Il piano era riuscire ad entrare nell'edificio senza scorta armata( dato che non avevano modo di contattare nessuno,la loro macchina era stata distrutta e in quel posto non c'era campo), cercando di non farsi notare,solo lei e Castle, addestrato sul momento per aiutarla, arrestare il serial killer all'interno e liberare la città da un altro sociopatico assassino,ma niente era andato come previsto. Perchè? Semplice.

Non era solo.


Beckett e Castle erano stati rinchiusi in quello che sembrava essere un rifugio anti-nucleare degli anni '50, all'interno dell'edificio in cui si erano introdotti per arrestare il killer; un edificio isolato in mezzo al nulla assoluto. Nessuno avrebbe mai potuto sentirli o immaginare che fossero lì.

Il killer e il suo complice li avevano rinchiusi solo perchè volevano costringerli a dire cosa la polizia avesse su di loro, ma entrambi sapevano che non doveva mancare molto prima che quei due tornassero e li facessero fuori.

Il silenzio che da più di mezz'ora dominava l'ambiente dimostrava che lo stabile era vuoto, i due criminali erano usciti, probabilmente diretti verso la città. Castle calcolò nella sua mente che, tra andata e ritorno, escludendo il tempo in cui sarebbero rimasti in città, sarebbero tornati non prima di un'ora.

- Sarà una domanda stupida, ma cosa facciamo?- chiese Castle alla detective.

-Non ne ho la più pallida idea, non abbiamo i cellulari, quindi non possiamo essere rintracciati, e immagino che a questo punto li abbiano distrutti, non ci sono finestre, ci hanno rubato gli orologi quindi possiamo avere solo un'idea approssimativa di che ore siano, siamo bloccati. L'unica fortuna è che questo posto è abbastanza grande e l'aria non verrà a mancare tanto presto.- rispose lei.

-Gia, questa si che è fortuna...- rispose sarcastico Castle

Entrambi erano in piedi e cercavano, nella luce soffusa che filtrava attraveso la fessura tra la porta ed il pavimento e un piccolo buco vicino al soffitto, qualcosa che li aiutasse ad uscire, ma non c'era niente di utile, non c'era proprio niente!

Quando alla fine si arresero entrambi si sedettero con la schiena al muro, ognuno dalla parte opposta all'altro. Avevano parlato per molto tempo durante l'ispezione alla stanza, vagliando ogni singola ipotesi bizzarra Castle aveva tirato fuori, ma ora entrambi erano in silenzio, immersi nei loro pensieri, dovevano accettare quella situazione, parlare non serviva a niente.

Dopo quella che sembrava un'eternità Castle disse:

-Pensi che ad Alexis doni più il nero o il grigio?-

-Cosa?- rispose Beckett confusa, che Castle stesse già impazzendo?

- Fra due settimane è il suo compleanno, oggi sarei dovuto andare con mia madre a comprarle il regalo perchè lei parte per L.A. , sai, per quello spettacolo dove interpreta una donna che scopre di avere il cancro e comincia a coltivare marijuana, ma poi ho ricevuto la tua chiamata...-

Beckett si sentiva morire, voleva chiedergli di smettere di parlare. Ma lui continuò, fissando il pavimento, la voce che non lasciava trasparire alcuna emozione.

-....così dovrò comprarle il regalo da solo, e stavo peensando ad un vestito...però non so se le doni di più il nero o il grigio, per me è sempre bellissima...-

-Castle, mi dispiace, io....- disse lei,fissandolo,con le lacrime agli occhi.

-No,lo so...cioè è improbabile che usciamo vivi da questa situazione, ma nel caso fossimo fortunati vorrei mettermi avanti.- concluse lui.

Beckett scoppiò a piangere, il senso di colpa per aver messo un padre di famiglia in quella situazione era terribile. Il solo pensiero di togliere ad Alexis il suo punto di riferimento la stava uccidendo.

Castle alzò lo sguardo, si mise in piedi e le si avvicinò lentamente, sedendosi accanto a lei e abbracciandola. Lei si avvinghiò al suo petto e sfogò tutte le sue lacrime, mentre lui le sussurrava “andrà tutto bene”, parole a cui lui per primo non credeva.

Per quanto quella donna fosse forte, lui capì in quel momento che era come una bambina, che aveva bisogno di qualcuno che tenesse e badasse a lei, perchè nessuno è abbastanza forte da resistere alla solitudine.

Appena smesso di piangere, la detective alzò il viso e guardò lo scrittore negli occhi, e disse

-Scusa...-

- Di niente, è una camicia che mi ha regalato mia madre!- scherzò lui riferendosi alla macchia lasciata dalle lacrime di Beckett

- Non per quello, scemo, per questa situazione, per quello che ti ho fatto passare in questi anni...-

-Non l'hai chiesto tu, sono stato io a volerlo, è quello che voglio ancora-

Non appena finì di dire la frase, la detective sentì montare la rabbia dentro di sé.

-MI SPIEGHI COME FAI A PARLARE IN QUESTO MODO?- gli urlò alzandosi in piedi e allontanandosi da lui abbastanza da rompere l'intimità che li aveva avvolti poco prima.

Lui, confuso, si alzò e disse

- Non capisco, cos'ho detto?-

-MA NON CAPISCI? TU CONTINUI A RISCHIARE LA TUA VITA SEGUENDOMI IN TUTTI I MIEI CASI, MA NON PENSI AD ALEXIS? E DIRE CHE LO SAI COSA VUOL DIRE CRESCERE SENZA UN GENITORE! COME PUOI CONTINUARE A RISCHIARE IN QUESTO MODO? - la rabbia montava sempre di più man mano che gli urlava contro.

Lui, impassibile,si rimise seduto e disse

- Dovevo farlo...-

-NO, NON è VERO, IO DEVO FARLO! QUESTO è IL MIO LAVORO, TU SEI RIUSCITO A CONVINCERMI CHE LA TUA PRESENZA ERA INDISPENSABILE MA NON è COSì!-

- Cosa credi, che non sappia che la mia presenza non era indispensabile? Certo che lo so! Voi siete i migliori nel vostro campo...-

- E ALLORA PECHè CONTINUI A TORNARE?- gli urlò lei

- Forse perchè nella prima volta nella mia vita mi sento utile a qualcosa!- le rispose lui guardandola fissa negli occhi.

Era una bugia, ma probabilemente era abbastanza convincente, dato che lei si ammutolì e tornò a sedersi dall'altra parte della stanza.


Passava il tempo, nessuno dei due sapeva quanto. Il silenzio che era calato era uno di quelli malati, quei silenzi che ti costringono a pensare, e in quel momento, i pensieri non erano positivi.

-Io lascio- disse Castle all'improvviso.





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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Secondo capitolo! Spero che vi piaccia, e se non è così commentate e ditemi cosa non vi piace

che nei prox capitoli cercherò di evitare gli errori....ah beh anche se vi piace commentate!! ;-) ciao!





La detective Beckett fissava Castle in silenzio, contemplando le sue parole.

All'improvviso disse

-Che vuol dire “lascio”?-

-Vuol dire che, se riusciamo ad uscire vivi da qui, torno alla mia vita, torno a fare quello per cui sono nato e la smetterò di seguirti- disse lui, con la testa appoggiata al muro, fissando il soffitto.

-Capisco- rispose lei.

Mai Backett si sarebbe aspettata che Castle dicesse una cosa del genere, aveva paura ad ammetterlo a se stessa, ma quella rivelazione era stata un duro colpo; dopo anni insieme, il suo partner l'avrebbe abbandonata. La cosa più straziante è che non poteva fare niente per fermarlo. E non doveva.

-Hai ragione- disse lui -Sono stato egoista, mi sono lasciato trasportare da sentimenti talmente forti mi offuscavano la mente, e sono arrivato al punto di non capire più cosa è giusto e cosa non lo è. È vero, io non sono un poliziotto, non sono stato addestrato, e mettere la mia vita e la tua in pericolo è egoista.-

- Tu non hai mai messo la mia vita in pericolo...- gli rispose lei.

Era convinta di quello che aveva detto, anzi, lui il più delle volte si era dimostrato fondamentale nelle sue indagini, grazie alla sua capacità di pensare fuori dagli schemi. Ma la questione in sospeso, nella sua mente era un'altra: cosa intendeva per forti sentimenti?

-Forse non l'ho fatto ancora, ma se continuassi probabilmente succederebbe: un pazzo che spara e tu per proteggermi vieni colpita, oppure io che durante un tentativo di catturare un criminale faccio rumore e lo avverto della nostra presenza...le variabili sono infinite, e io devo accettare il fatto che è ora per me di mollare...- disse lui rassegnato, la sua voce nascondeva il dolore che quella decisione comportava, come aveva detto a sua madre infatti, non si trattava più dei libri...


La detective non sapeva come rispondere, gli scenari che le aveva descritto erano realistici, non poteva negarlo, ma pensare che il loro rapporto sarebbe finito la distruggeva. Rimase in silenzio a pensare alle parole dello scrittore fino a quando lui non interruppe i suoi pensieri con una verità che entrambi tentavano di evitare.


- Sai, ora come ora questi discorsi sembrano inutili...insomma, noi stiamo per morire.

-Lo so- rispose secca lei.

- Avresti mai immaginato che sarebbe finita così?- le chiese guardandola fissa negli occhi

- Sinceramente? No. Ma sai una cosa Castle? Non sei la peggiore compagnia che una donna possa avere in un momento come questo-

- Sono lusingato- le rispose lui sorridendo

Le piaceva quel sorriso, le era sempre piaciuto, e forse era il momento di dirlo, la detective aveva infatti capito che, arrivati a quel punto, non potevano permettersi di sprecare altro tempo.

Si alzò lentamente e si diresse verso di lui, sedendosi al suo fianco, in quel momento voleva solo stargli vicino il più possibile.


- Dimmi qualcosa- disse lei

- Qualcosa del tipo?- le rispose lui , mentre fissava la luce che filtrava affievolirsi sempre più, probabilemente stava calando la sera.

- Cosa hai regalato ad Alexis l'anno scorso?- chiese lei all'improvviso

- Ah! L'anno scorso mi sono superato...ti ricordi quel criceto di cui ti avevo parlato? Quello che lei aveva perso? Era del suo ragazzo...-

-Si me lo ricordo- rispose lei

- Beh ho preso spunto da quell'idea e le ho regalato un kit da detective professionale , con tanto di walkie talkie, cimici, lente d'ingrandimento e mantello!- rivelò lui fiero

- Scherzi vero?- chiese lei stupita

- beh sul mantello si, ma su tutto il resto no! Alexis era felicissima, penso che stia valutando l'idea di intraprende la carriera investigativa...-

- Cavolo...e ti piacerebbe se lo diventasse?-

-perchè no? È un mestiere nobile e....-

- ...pericoloso- concluse lei al suo posto.

- Già, ma dato che non permetterei mai che le accadesse qualcosa non correrà alcun pericolo, anche se dovessi starle sempre dietro con uno scudo laser per proteggerla dai criminali- rispose lui scherzando

- Più o meno come fai con me- disse Beckett sorridendo

- Già, più o meno- disse lui ridendo

Risero insieme, dimenticando per poco la situazione in cui si trovavano.

- è una delle cose che rimpiango sai?- disse lei all'improvviso

-Cosa?- chiese lui confuso

- Un figlio- rispose lei fissano il soffitto

- Capisco...- disse lui; era un argomento complicato, una donna che, nella consapevolezza di essere arrivata alla probabile fine della sua vita, rimpiangeva di non aver avuto figli era una delle cose più tristi a cui lui riuscisse a pensare.

- Sai...- continuò lui - ...una volta mi dissero che non si può capire davvero cosa sia l'amore fino a che non hai un figlio, e probabilmente è vero, però poi , in certi momenti, capisci che quando hai un figlio hai molto più da perdere.- concluse Castle

- Posso solo immaginare...- disse Beckett, la sua voce tradiva la sofferenza che stava provando, la consapevolezza di stare per perdere alcune tra le esperienze fondamentali nella vita di una persona.

Capì all'improvviso che poteva recuperare almeno una di quelle cose che non aveva fatto e che rimpiangeva.

Lentamente girò il viso verso Castle, e attirò il suo sguardo. Mentre si fissavano Beckett riusciva a vedere negli occhi dello scrittore la consapevolezza; lui aveva capito cosa voleva, ed era pronto a ricambiare.

I loro visi si avvicinavano sempre di più, Rick riusciva a sentire il rumore del respiro di Kate, mentre le metteva una mano sul viso per scostarle i capelli. Il suo cuore batteva a mille.


Le loro labbra si toccarono e i due cominciarono a baciarsi, prima lentamente, poi sempre più intensamente. In quel bacio riversarono tutti i sentimenti che provavano l'uno per l'altra, e appena si staccarono, lei disse

- Questo doveva essere il nostro primo bacio-

Entrambi sorrisero e ripresero a baciarsi, la passione li dominava, entrambi sapevano esattamente cosa voleva l'altro. Kate cominciò a slacciare, un bottone dopo l'altro, la camicia di Rick, mentre spostò le labbra dalla bocca al collo dello scrittore.

Si svestirono entrambi con la foga di due adolescenti intenti a scoprire l'amore per la prima volta e impararono a conoscere i loro corpi intensamente e appassionatamente.

L'unione dei loro corpi era così meravigliosa e perfetta che Kate si chiedeva come mai avessero aspettato tanto. Con questi pensieri però, venne anche la consapevolezza che purtroppo, la perfezione non durà mai per sempre.





É un po' corto forse? Mah...mentre scrivevo ho pensato che dovesse concludersi così questo capitolo...a presto!

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Vorrei ringraziare chi ha recensito gli altri due capitoli, gentilissimi davvero, spero che questo terzo capitolo non vi deluda....buona lettura




Castle fissava la luce che filtrava dal buco vicino al soffitto: un bianco azzurrignolo tipico del chiarore della luna, era notte ormai; dovevano essere passate ore da quando erano stati rinchiusi quel pomeriggio. Lo scrittore spostò lo sguardo dal soffitto alla magnifica creatura che dormiva tra le sue braccia.

Il calore dei loro corpi prima li aveva tenuti al caldo, ma ora poteva notare che la donna tremava,nonostante fosse coperta dal suo cappotto. Delicatamente la posò a terra e si rivestì, ripensando a quella sera e cercando di elaborare un modo per fuggire da lì a cui ancora non avevano pensato. Ora che aveva assaggiato il frutto proibito, aveva una ragione in più per rimanere in vita.

Appena ebbe finito di vestirsi svegliò piano Kate, non voleva che morisse di freddo.

Lei aprì gli occhi ma non riusciva bene ad adattarsi alla penombra della stanza, e disse

-Mmmh..Dove siamo?...è stato tutto un sogno?-

- Ti piacerebbe!- rispose lui con un sorriso dolcissimo

- eh? oh...- disse Kate guardandosi intorno e realizzando - ...hai sempre voglia di scherzare tu vero?-

concluse mettendosi a sedere e afferrando i vestiti che lui le porgeva.

- No, davvero, ti piacerebbe! Siamo rinchiusi in uno stanzino prigionieri di un assassino, a chiunque piacerebbe che fosse solo un sogno- le rispose lui.

Come sempre tentava di sdrammatizzare la situazione, e Kate lo adorava per questo, c'era già abbastanza sofferenza legata al suo lavoro, circondarsi di persone allegre era il minimo da fare per poter sopravvivere.

-Beh io sono contenta che questo non sia stato solo un sogno- gli disse lei prendendogli il viso e avvicinandolo al suo in un tenero bacio.

Quando si staccarono Castle le rispose -Sei sicura? Forse dovremmo riprovare...- avvicinandosi ancora, lei ridendo lo respinse e disse – concentrati Castle! Dobbiamo trovare un modo per uscire di qui, non voglio morire proprio adesso-

Si alzarono entrambi e cominciarono a girare per la stanza, Castle tentò ancora di sfondare la porta ma dopo un po' di tentativi capì che era inutile. Erano come due topi in gabbia.

- E' inutile- disse lei, che era giunta alla stessa conclusione

-No, c'è sempre una via d'uscita! Lo dice sempre Verne nei suoi libri!...e anche Nicolas Cage nella “Maledizione dei Templari”, dobbiamo solo trovare la via d'uscita!- rispose Castle mentre avvicinava l'orecchio al muro e batteva con le nocche

- Non siamo in un tunnel al centro della terra Rick! Siamo rinchiusi in una stanza con mura di cemento e una porta bloccata e...ma cosa stai facendo?- s'interruppe lei mentre lo vedeva battere col pugno sul muro.

Lui si fermò e la fissò concentrato - cerco di sentire se c'è qualche muro cavo- disse serio

- Ma perchè?- chiese lei confusa

-Non lo so, lo fanno sempre nei film- le rispose lui

- Scusa e se lo trovi cos'hai intenzione di fare? Tirarlo giù a forza di citazioni letterarie, Chuck Norris?-

-No beh...ecco....lascia perdere... è solo che...- cercò di difendersi lui ma Beckett lo interruppe

-Shhh!...sento dei rumori!-


Erano tornati.


I due prigionieri si avvicinarono, Castle avvolse un braccio intorno a Beckett con fare protettivo; i loro cuori battevano velocemente e all'unisono , l'ansia e il panico erano palpabili.

Sentivano i loro passi, li ascoltavano scambiarsi battute macabre: a quanto pare avevano ucciso di nuovo...una ragazza forse?...Sì....a quanto pare l'avevano anche seviziata.

Castle chiuse gli occhi come se quello potesse allontanare quelle voci dalla sua mente; si chiedeva come fosse quella ragazza, e come avrebbe fatto ogni genitore, si preoccupò per la sua Alexis.


Ad un certo punto i passi si avvicinarono alla loro porta e lentamente questa si aprì

- Allora, come stanno i nostri ospiti?- chiese quello che i giornali avevano ribattezzato “The White Rose” , la rosa bianca, simbolo di purezza , che lui lasciava sopra ogni cadavere di donna che uccideva, tutte quante prostitute.

Lo psicologo criminale che aveva stilato il suo profilo psicologico lo aveva definito un sociopatico narcisista, con un delirio di onnipotenza che lo spingeva a credere di essere una creatura al servizio di Dio con il compito di liberare la terra dagli esseri impuri, primi fra tutte le meretrici.

Quando Castle e Beckett furono davanti a lui per la prima volta, quel giorno, capirono che lo psicologo ci aveva azzeccato.

- Beh? Non rispondete? Guardate che mi offendo!- disse loro, ma non ottenendo risposta dai due, che lo fissavano impietriti, continuò – D'accordo...certo che per essere uno scrittore e una donna non siete così prolissi come immaginavo...- .

Il disprezzo con cui disse “donna” lasciava aperte molte interpretazioni nella mente di castle; lui sapeva che i mostri vengono generati sempre e solo da altri mostri, seguendo questo principio probabilmente il suo problema con le donne , soprattutto con quelle di facili costumi, derivava dal suo rapporto con la madre; era una prostituta? Lo violentava?....le possibilità erano innumerevoli.

Il killer entrò nella stanza. Non era armato, quindi probabilmente era fiducioso che i suoi prigionieri non avrebbero tentato di metterlo fuori gioco e scappare, Beckett pensò che probabilmente questo voleva dire che il suo complice era nell'altra stanza armato fino ai denti.

- Allora...Parliamo un po'!...avete avuto un bel po' di tempo per pensare, ora, siete arrivati a qualche conclusione?-

Ancora niente.

- Ragazzi....sapete che non mi piace che mi si disubbidisca, quindi vi conviene cominciare a parlare-

- La polizia non sa niente- mentì Beckett

- Ma davvero? E come avete fatto tu e Henry David Toreau a trovarmi?- chiese il killer

A questo Beckett non riusciva a rispondere. Il suo silenzio era abbastanza eloquente.

Il killer si avvicinò a Beckett lentamente, cercando di gustarsi il terrore nel viso della sua prigioniera. Castle si mise in mezzo a loro, cercando di proteggerla dal suo sguardo. Inconsciamente serrò i pugni, e il killer si fermò:

-Cosa vorresti fare Kerouac? Colpirmi? Beh quello sì che sarebbe divertente....- disse il killer a Castle.

La sua attenzione ormai era completamente rivolta allo scrittore; la tensione che si era creata era palpabile e il silenzio del luogo permetteva al killer di sentire ogni singolo battito dei cuori dei suoi prigionieri. Era come un vampiro, ma lui si nutriva di terrore.



Ahhh questa è corta, lo so! Ma sono un po' stanca, e se voglio sviluppare l'idea che mi è venuta non saprei dove interrompere più avanti, quindi vi lascio giusto questo capitolo...spero vi piaccia! Commentate!!


P.S. So che non c'entra niente né col sito né con la serie, ma vi devo dare un consiglio perchè non sopporto quando i capolavori rimangono nell'ombra:

Ragazze guardate Community! È una serie favolosa e incredibilmente semi-sconosciuta! Chi lo guarda già può confermarlo, ne vale la pena. Vi lascio il link del sito nel caso decidiate di fidarvi di me e abbiate abbastanza tempo libero...Namaste!

http://telefilmstreaming.myblog.it/archive/2010/11/01/community-streaming.html



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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


And we're back....Enjoy the chapter!



Richard Castle era stato uno tra i primi al suo corso di letteratura al college. I suoi professori ammiravano la sua intelligenza, l'innegabile fascino che traspariva dai suoi scritti, la sua naturale empatia che lo spingeva a capire perfettamente la mentalità delle persone e la sua passione per la letteratura d'oltreoceano.


Quando, al secondo anno di college, scrisse quello che sarebbe stato il primo di tanti best-sellers, nessuno dei suoi professori fu sorpreso.

A questo Richard Castle pensava mentre un killer teneva prigionieri lui e la sua partner. Secondo i suoi professori lui era nato per essere uno scrittore. Come Beckett era nata per essere una detective per il suo intuito e Pamela Anderson era nata per correre in costume da bagno su una spiaggia per...beh si capisce.

Forse ognuno è destinato a diventare quello che deve diventare. Magari, perfino quel pazzo assassino, in quel preciso momento, stava facendo quello che era destinato a fare.


Il destino a volte gioca dei brutti scherzi.

Richard Castle sperava che quella non fosse una di quelle volte.


-Allora, scrittore, c'è qualcosa che vorresti condividere con me?- chiese il killer a Castle, fissandolo dritto negli occhi.

Castle avrebbe voluto saltargli addosso, riempirlo di botte tanto da farlo svenire per sbatterlo in galera, ma sapeva di non poterlo fare. Voleva vivere.

Così decise di rilassare i pugni. Non era il momento di fare l'eroe.

-No- rispose borbottando all'assassino.

-Peccato- gli disse lui- Avevo proprio voglia di giocare! Beh, dato che Starsky e Hutch non sembrano voler collaborare ,dovremo cercare di essere più persuasivi- disse rivolgendosi al suo complice, che era comparso sulla porta con un'arma grossa quanto il suo braccio.

- Sono d'accordo- rispose l'uomo- Da chi cominciamo?-

- Beh, la nostra signorina sembra avere degli alti codici morali, vediamo se con un po' dei nostri giochetti preferiti riusciamo a scalfirli...- disse il killer con un sogghigno che faceva venire i brividi.

-NO! - urlò Castle all'improvviso. Si mise ancora una volta davanti a Kate e la spinse contro il muro, allontanandola dal killer.

-CASTLE LASCIA PERDERE!- urlò di rimando Beckett. I due si fissarono per un lungo momento ccon aria di sfida.

Erano entrambi abbastanza eroici da morire per l'altro, ma nessuno dei due voleva veder soffrire il proprio partner. Non dopo quello che era successo. Non dopo che l'amore si era messo in mezzo.

I due criminali guardavano la scena divertiti, in quel momento si sentivano terroristi, il cui unico compito è seminare il terrore, e Dio come ci riuscivano bene!

- Aspettate, fatemi capire!- li interruppe la Rosa Bianca – siete una coppia? Non mi sembravate così intimi quando vi abbiamo rinchiusi....Ma, aspetta, volete dirmi che avete scoperto l'amore qui dentro?! Oh mio Dio! Ehi hai sentito?- disse rivolgendosi al complice – I due piccioncini si sono dichiarati eterno amore grazie a noi! Mi sento un fottuto cupido!- disse ridendo di gusto davanti a quella scena.

I due prigionieri si sentivano a disagio, entrambi sapevano che, ora che i due killer sapevano che tra di loro non c'era solo un sentimento di fedeltà al proprio partner,lo avrebbero usato contro di loro.

- Sono adorabili- gli rispose il complice serio – Quindi con chi giochiamo?-

- Visto che Bret Easton Ellis qui è così ansioso di rendersi utile vediamo se riusciamo a fargli rompere il ghiaccio!- disse il killer.

Il complice si avvicinò a Castle e lo prese per il braccio puntandogli addosso l'arma, Beckett tentò di protestare ma il killer l'avvertì che se avesse fatto un passo nella sua direzione l'avrebbe uccisa e avrebbe torturato il suo ragazzo fino alla morte.

Portarono entrambi nell'altra stanza e il complice legò Castle ad una colonna.

Il Killer intanto aveva fatto sedere Bekett di fronte a lui,legandola alla sedia.... voleva che lei guardasse mentre Castle veniva torturato, magari sarebbe stata più propensa a collaborare.

Il complice strappò la camicia di Castle e gli attacco con dello scotch dei cavi al torace.

- Quello che vedi qui, tesoro...- spiegò il killer a Beckett – è un ingegnoso dispositivo creato dal mio collega che scarica fino a 200 volt di elettricità ogni volta che io premo questo pulsantino...è molto divertente, guarda!- il killer premette il pulsante nero prima che Beckett potesse protestare.

Castle comicniò a tremare compulsivamente, provando in quel momento un dolore lancinante, come se ogni parte del suo corpo venisse divisa in tanti piccoli pezzettini per poi venire fustigata e bruciata. Lui urlava dal dolore, ma oltre a questo non riusciva a sentire niente. All'improvviso però gli sembrò di cogliere in lontananza un urlo disperato. Era Kate. La sua Kate. Che piangeva per lui.

Sapere che lei soffriva in quel momento era anche peggio di quella tortura.

Il respiro gli mancò per un secondo, non capiva bene cosa stesse succedendo. Ci mise un attimo per capire che l'elettricità non attraversava più il suo corpo.


-....ti supplico basta! Piantala, ti dirò quello che vuoi sapere! - urlava Beckett , ma Castle non riusciva a focalizzare tutte le parole che diceva, si sentiva intorpidito e confuso.

– Non dirgli niente....- borbottò Castle sofferente.

Il killer si voltò verso di lui; nei suoi occhi, per un attimo, Castle riuscì ad intravedere il disprezzo per quel suo atto eroico... ma non durò molto, un'altra scarica di elettricità cominciò a passargli attraverso il corpo. Questa volta più potente.

Castle sentiva i suoi organi cedere pian piano a quella scarica: il suo corpo lo stava abbandonando, perfino l'urlo straziante che la prima volta era scaturito dalla sua gola ora era diventato un grido strozzato.

Sembrava la fine.



E poi uno sparo.







Che fatica scrivere questo capitolo...un dolore,davvero, spero che ne valga la pena!

Ah una cosa: per la scena delle torture mi sono ispirata all'episodio di Firefly in cui il nostro bel protagonista ( Nathan Fillion in veste di cowboy spaziale è come un sogno proibito) viene torturato proprio in questo modo. Ora, considerato che la serie è ambientata 500 anni nel futuro forse è plausibile l'esistenza di un tale macchinario, oggi come oggi dubito vivamente che sia così!


Grazie a chi ha commentato gli altri capitoli, spero di leggere qualche recensione anche a questo!

Namaste!

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Capitolo 5





Successe tutto molto in fretta. Castle era svenuto, o almeno Beckett lo sperava. La scarica elettrica che proveniva da quel maledetto aggeggio si era esaurita, ma la detective, pur grata di ciò, era concentrata su altro.


Uno sparo.


Il killer era a terra, il telecomando che usava per far funzionare lo strumento di tortura era caduto facendolo smettere di funzionare.

“Grazie a Dio” pensò la detective.

Non ce la faceva più a vedere Rick torturato in quel modo.

Quando lo vide a terra per un attimo temette il peggio, ma poi vide che il suo petto, nudo e pieno di escoriazioni, si alzava e si riabbassava. Respirava. Almeno quello.


Intanto intorno a lei la situazione degenerava. Dopo che il killer si accasciò al suolo, il complice cominciò a sparare nella direzione da cui proveniva lo sparo, nascondendosi dietro una colonna.

Lei,legata ancora alla sedia, poteva venire colpita da lui o dal fuoco amico. Sempre che di fuoco amico si trattasse.

Tentò di muoversi; non aveva i piedi legati, quindi non sarebbe stato difficile per lei alzarsi e andare a nascondersi da qualche parte tentando di slegarsi,ma in quel momento non riusciva a pensare ad altro se non a Rick, disteso a terra, sofferente, e scoperto. Potevano colpirlo in ogni momento.


Dalla direzione da cui provenne il primo sparo più pistole cominciarono a sparare a ripetizione. La detective calcolò che dovevano essere almeno in 5, e dovevano essersi intrufolati da qualche parte nel retro di quel vecchio stabile. Probabilmente qualcuno si era anche arrampicato su una trave.

La detective valutava la situazione e nel frattempo cercava di tagliare le corde che le legavano le mani dietro la sedia con un coltello che era riuscita ad afferrare. Stava accadendo tutto troppo velocemente e la sua testa non riusciva a concentrarsi come avrebbe voluto con tutto quel rumore. Normalmente, grazie al suo sangue freddo, avrebbe valutato la situazione e agito rapidamente, ma dopo tutto quello che era successo quel giorno la sua mente non ragionava più lucidamente.

L'unica cosa che desiderava in quel momento era salvare Rick, riportarlo a casa da sua figlia.


Finalmente riuscì a tagliare la fune e si avventò su Castle. Cercò di trascinarlo dietro un tavolo ma era troppo pesante per lei.

-Rick svegliati! Maledizione dimmi qualcosa! -

Ma lui non rispondeva.

Non riusciva e metterlo in salvo, non riusciva a svegliarlo. Non aveva altre idee.

Si abbandonò al destino.

Si sdraiò su di lui, cercando di coprire il suo petto e la sua testa. Le parti vitali.

Se volevano ucciderlo dovevano prima fare fuori lei.


Ma all'improvviso, la calma.

Il rumore degli spari finì, il silenzio dominava l'aria.



-BECKETT STAI BENE?- una voce urlò all'improvviso.

-Si, sto bene, Esposito...qualcuno venga a darmi una mano! Muovetevi, Castle ha bisogno di aiuto!-

Ryan ed Esposito insieme ad altri due agenti corsero verso di loro. Castle non reagiva ai loro tentativi di rianimarlo.

- Accidenti Castle, svegliati!-, -Svegliati Castle!- ,- Forza!- , tutti gli agenti intorno a lui si adoperavano per svegliarlo.

- Beckett penso abbia bisogno del massaggio cardiaco, il battito sta rallentando!- esclamò Esposito sentendogli il polso.

Il più velocemente possibile si misero in posizione per tentare di rianimare lo scrittore.

- 1,2,3,4,5...- contava Esposito mentre premeva sull'addome di Castle tentando di non rompergli delle costole. Dopo la quinta pressione Beckett avvicinava le labbra alla bocca di Castle e gli tappava il naso, per soffiargli aria nei polmoni.

Era tutto così frenetico che nessuno si accorgeva delle lacrime che scendevano dai visi dei tre poliziotti. Nessuno era pronto a perdere un compagno.


-1,2,3,4,5!- continuava Esposito.

I due poliziotti che osservavano la scena erano pietrificati. Erano gli unici che vedevano la scena da una prospettiva oggettiva, e quello che vedevano non gli piaceva.

Quell' uomo stava per morire.


Beckett stava giungendo alla stessa conclusione, il viso dello scrittore diventava sempre più pallido, il polso rallentava ogni secondo di più.

- Ryan, prendi il mio posto!- urlò al collega, lei cominciò a correre , mentre i due detective continuava la rianimazione.

Non capivano cosa volesse fare finche non tornò con in mano qualcosa.

Una scatola?


-Spostatevi!- disse loro inginocchiandosi di fianco a Castle.

E all'improvviso capirono tutti cosa voleva fare.


-MA SEI IMPAZZITA?!- gridò Esposito mentre tentava di toglierle dalle mani i cavi che fino a poco prima stavano torturando Castle.

- COSA DIAVOLO VUOI FARE, FINIRLO PRIMA?- le urlò Ryan

- No geni, cerco di applicare il corso di rianimazione che ho seguito!-


Non riuscirono a fermarla, sembrava profondamente convinta di quello che faceva.

D'altronde loro non avevano idee migliori.

Riattaccò i cavi al torace di Castle, abbassò la scossa fino al livello medico e, col cuore in gola e la speranza negli occhi, premette il pulsante.

-Libera!-

Videro il corpo di Castle tremare in risposta a quella scossa, ma non abbastanza da svegliarsi.

Beckett spense la macchina e riprovò utilizzando maggiore intensità.


Quei due secondi che successero alla scossa furono forse i più intensi della vita della detective.


Castle riaprì gli occhi e cominciò a tossire.


- Castle!- cominciarono a gioire all'unisono Ryan ed Esposito, quest'ultimo abbracciando lo scrittore, mentre l'altro lo aiutava a mettersi seduto.


Beckett non aveva parole. Non sapeva come esprimere il sollievo di vedere di nuovo i suoi occhi.


-...sto bene...davvero...- disse Castle in risposta alle domande dei detective. Aveva smesso di tossire ma aveva il fiatone. Dopo aver sorriso ai due agenti si voltò alla ricerca dello sguardo di Beckett. Era sollevato nel vederla in ginocchio al suo fianco, lei non poteva saperlo ma l'aveva sognata mentre era svenuto, uno strano sogno:

Loro due erano al 12^, e scherzavano con Ryan ed Esposito come facevano in passato.

All'improvviso arrivò una chiamata, Beckett rispose, disse “Andiamo!” rivolta ai due agenti che si alzarono insieme a lei e tutti e tre si avviarono verso l'uscita; lui tentò di raggiungerli ma non riusciva ad alzarsi,era inchiodato alla sedia. Allora cominciò a gridare di aspettarlo ma loro sembravano non sentirlo.

Poi tutto finì, e lui si risvegliò.


Castle ripensava a quel sogno mentre guardava Beckett. Il loro scambio di sguardi durò qualche minuto. Nessuno dei due riusciva a staccare gli occhi, era tutto prefetto così, tornare alla realtà significava un mucchio di domande, un'inchiesta, l'ambulanza, le spiegazioni....così era tutto più semplice.


Ma la realtà prima o poi bussa alla porta, e Beckett interruppe il loro momento per guardare Esposito che le diceva qualcosa.

- Beckett, ti sei pietrificata? Non abbracci Castle dopo tutto quello che hai fatto per salvarlo?- le disse con un sorriso e zero malizia.

Non avevano colto il vero significato di quello sguardo, l'intimità che si era creata tra di loro in quel momento agli altri era offuscata dalla stanchezza e dalla felicità.

- ..C..certo- rispose Beckett avvicinandosi allo scrittore ed abbracciandolo

- Sono contenta che tu stia bene Castle- gli disse mantendo l'abbraccio.


Intanto la situazione intorno a loro cominciava a muoversi. Altri agenti esaminavano l'area e analizzavano le armi dei killers, un gruppo di paramedici si avvicinava a Castle ed a Beckett e cominciò a fare loro domande sulla loro salute.

Beckett li liquidò dicendo che non le era stato fatto niente, ma tutti concordavano che Castle dovesse andare in ospedale, l'elicottero lo attendeva fuori.


Beckett era al suo fianco mentre la barella lo trasportava fuori dall'edificio, aveva intenzione di andare con lui, ma una mano le strinse il braccio.

- Detective, se stai bene preferirei che venissi con noi.

I paramedici hanno detto che Castle si riprenderà, e vorrei che per allora tu mi spiegassi la situazione.- disse il capitano, che sembrò sbucato dal nulla.

Beckett voleva protestare, ma dal suo sguardo il capitano non sembrava voler accettare repliche.

-Certo capitano, vorrei solo essere sicura che Castle starà bene-

- Oh ne sono sicuro!- le rispose da lontano Esposito ridendo – ha detto che è contento che siamo tutti testimoni del fatto che tu l'hai baciato! ….-

Il capitano e Ryan cominciarono a ridere, mentre Beckett roteò gli occhi sorridendo,ma Esposito continuò – Personalmente sono più contento di aver visto Ryan baciarlo!- e l'intera stanza scoppiò in una fragorosa risata mentre Ryan lo guardò ferito nell'orgoglio.


Beckett all'improvviso si fermò, un dubbio l'aveva assalita

- I nostri due killer sono morti? - chiese guardandosi intorno.

I suoi colleghi si zittirono all'improvviso.

Il capitano cominciò a parlare – La Rosa si, il primo colpo è stato fatale, ma...-

-Ma?- insitette lei.

- Il complice è riuscito a sfuggire. É stato un mio errore, me ne prendo la colpa. Quando è cominciata la sparatoria ho dato l'ordine a tutti gli agenti, anche quelli appostati fuori, di entrare e colpire per uccidere, ma questo gli ha dato modo di fuggire nella confusione della sparatoria. Non sappiamo neanche se è ferito...-

-Ma, signore, non riuscite a trovarlo? È un campo isolato, non gli sarà facile trovare un posto in cui nascondersi-

- Gli agenti sono fuori alla sua ricerca,ma sembra avesse una moto nascosta in quella che sembrava una balla di fieno, dietro.- disse sospirando. - E' andato- concluse.

Beckett sentì la delusione e la paura crescere dentro di sé: era ancora vivo. Avrebbe ucciso di nuovo.



Tutti e quattro si avviarono alle loro macchina, diretti verso il 12^, pensando che quella doveva essere la notte più lunga della loro vita.






Eccoci qui, finalmente ho finito anche questo capitolo. Non sono riuscita ad aggiornare prima perchè sembra che la sorte mi si sia messa contro questa settimana per farmi avere ogni minima sfig...ehm sfortuna, che si possa immaginare. Spero che il capitolo vi piaccia, non so bene se il prossimo sarà l'ultimo , ma comunque aggiornerò presto perchè devo scrivere un paio di cose prima di dimenticarmele.


Ah, piccola nota, usare la macchina di torture come defibrillatore è una cazz.... ehm genialata, che mi è venuta in mente mentre scrivevo, la scena non doveva andare così, ma mi piace il doppio ruolo di distruttore e di salvatore che viene dato a quel coso, fa molto processo di epurazione dei peccati. O squallido tentativo di rendere una scena più emozionante. Decidete voi...


Al prox capitolo, e mi raccomando recensite....Namaste!

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Hola a todo el mundo! E se vi state chiedendo se ho usato il traduttore di google, beh non è così, gente di poca fede...

enjoy the chapter and leave a comment....if you want....please!







Quella notte sembrava eterna. Tornati al 12^ la detective Beckett, Ryan, Esposito e il Capitano Montgomery passarono un'ora intera a discutere del caso.

Beckett raccontò per filo e per segno tutto quello accaduto mentre erano tenuti prigionieri (anche se ,mentre si sorbiva le battutine maliziose dei due colleghi appena saputo che lei e Castle avevano passato ore intere da soli chiusi in uno stanzino, prese una pausa caffè, giusto per non arrossire davanti a loro, rivelando scomode verità) , disse loro come avevano fatto a trovarli (intercettando delle chiamate e interrogando dei contadini che si erano insospettiti nel sentire rumori di spari , probabilmente di esercitazione, provenire da quello che sembrava uno stabile abbandonato in mezzo al nulla), come erano riusciti ad avere sotto tiro il killer ma di come il complice li avesse colti di sorpresa, e di come avevano sentito che il killer si sarebbe assentato per continuare il suo “lavoro”.

- Cosa? Non ci sono state segnalazioni di omicidi nelle ultime ore- rispose il capitano a quella notizia.

- Se ci è concesso sperare, magari non l'ha fatto, magari era preoccupato di tornare prima per controllare me e Castle, ma...- disse Beckett

-Ma è altamente improbabile- concluse il Capitano – A quel pazzo piaceva giocare, probabilmente il fatto di avere degli ostaggi lo eccitava ancora di più...-

- Già- rispose Beckett

- Quindi aspettiamo una segnalazione, capitano?Non possiamo fare altro?- chiese Esposito, che si sentiva impotente come tutti in quella stanza. Una sensazione brutta per un uomo; pessima per un poliziotto.

- Hai un'idea migliore? La metà del distretto è alla ricerca di quel pazzo, l'altra si sta preparando dopo essere stata buttata giù dal letto. Non ho materialmente personale da mandare alla ricerca di un cadavere in giro per una città di oltre un milione di persone. Si detective, aspettiamo una segnalazione.- gli rispose l'uomo con il tono severo che lo contraddistingueva.

- Ora, voi due rimanete qui e fate il vostro lavoro, detective Beckett, puoi andare, il tuo turno è finito- le disse il Capitano

-Capitano sto bene, davvero, se avete bisogno io...- ma il Capitano si era diretto verso il suo ufficio e aveva chiuso la porta.

- ….posso rimanere- concluse Beckett rivolta al muro.

- Vai, possiamo rimanere noi qui- le disse Ryan

- Che senso ha? Tanto non riuscirei a dormire- gli rispose Beckett cercando comprensione.

- E chi dice che devi andare a casa?- le disse Esposito in modo eloquente.

Beckett lo guardò, cercando di apparire confusa, ma dagli sguardi dei due capì che loro sapevano dove in realtà aveva la testa la detective.

- Ok...grazie- disse lei abbassando lo sguardo.

- Brava...salutaci Castle- le dissero mentre si avviava verso l'uscita.

All'improvviso però si fermò. Si girò verso di loro e disse

- Un momento, ho ancora un dubbio....come avete fatto a trovarci?- chiese Beckett confusa.

I due detective si guardarono e sorrisero complici.

- Questa ti piacerà- le disse Esposito sorridendo.



In ospedale Beckett si precipitò al banco delle infermiere per chiedere di Rick. Arrivata al secondo piano si avvicinò alla sua porta, sbirciò all'interno e vide Alexis addormentata su una sedia e Martha che, vicina al figlio, sembrava discutere con lui piuttosto animatamente, ma sottovoce. Non riusciva a sentire quello che si dicevano.

Bussò piano, non voleva interrompere la riunione di famiglia ma la stanchezza cominciava a farsi sentire e aspettare lì fuori poteva significare addormentarsi su una sedia.

Appena sentì dire -Avanti- da Rick, si affacciò alla porta e disse

– Ciao, sono venuta a vedere come stai-

Castle le sorrise e le fece segno di entrare.

-Ciao Martha- disse Kate alla donna con un sorriso

- Ciao tesoro, tutto bene?- le rispose lei con un tono un po' distaccato. Non era fredda, ma nella sua voce Kate notò qualcosa di strano.

- S..si, beh, almeno fisicamente sto bene- le rispose Kate.

- Sono davvero sollevata che almeno tu stia bene- le disse Martha sinceramente – invece quel pazzo di mio figlio stanotte mi ha fatto quasi venire un infarto, per non parlare di sua figlia!- continuò lei, rivolta a suo figlio, che roteò gli occhi in risposta.

Kate poteva immaginare di cosa stessero discutendo poco prima.

- Beh, immagino vogliate stare un po' da soli, vado giù in caffetteria...- disse loro alzandosi

ma Rick la interruppe

- Aspetta, mamma, porta Alexis a casa, preferirei che dormisse nel suo letto.-

- Certo tesoro- gli rispose la donna.

Svegliò delicatamente Alexis , che baciò sulla guancia il padre, chiedendogli di tornare a casa il prima possibile, e poi si avviò verso l'uscita assonnata salutando Kate.

Martha sorrise e si congedò da loro chiudendo la porta.


Kate si avvicinò al letto di Rick.

- Sono contenta che tu stia....- ma si interruppe. Rick l'aveva attirata a se con forza, avvicinando le sue labbra a quelle della donna. Lei in risposta gli prese la testa tra le mani e passò le sue dita tra i capelli dello scrittore. Quel bacio era intenso. Più di quanto potessero immaginare.

Quando provi la paura di perdere tutto quello che più conta per te capisci che la fortuna di poter realizzare i tuoi desideri deve essere sfruttata al massimo.

Lentamente si staccarono, fissandosi negli occhi, così vicini da poter provare le stesse emozioni.

- Scusa, ti ho interrotto, ma era tutta la sera che aspettavo di farlo...dicevi?- le disse Rick

Lei sorrise imbarazzata.

- Ehm...non ricordo...- gli rispose.

Insieme risero, lei si allontanò per sedersi sul letto.

- Serata intensa non è vero?- le disse lui tentando di sdrammatizzare.

- Abbastanza,già...almeno non è finita come avevamo previsto- gli rispose Kate.

- Figurati! Mia madre mi ha assillato solo per qualche livido sul petto, figurati chi la sopportava più se morivo!- gli disse lui sarcastico.

Solo in quel momento Kate notò delle ombre più scure che si intravedevano dal pigiama di Castle.

- Posso?- gli chiese lei avvicinando le mani ai bottoni della camicia.

Castle le fermò le mani sorridendo.

- Sai, in una situazione normale sarei più che felice di lasciartelo fare, ma forse non è il caso.-

- Castle!- gli disse lei con tono autoritario. Lui alzò le mani in segno di resa e lei gli sbottonò la camicia. C'erano quattro lividi neri che sembravano particolarmente dolorosi.

- Oh Rick!- disse lei con gli occhi lucidi

- Non è così male- rispose lui ,serio come lei lo aveva visto poche volte.

- Certo...- disse lei ironica

- No, davvero! Senti posso sopportare qualche ammaccatura-

- Per fare cosa?- chiese lei, conoscendo già la risposta.

- Andiamo...lo sai- disse lui

- Senti, forse ora è meglio che riposi, noi ne riparliamo domani- disse lei, cercando di cambiare discorso e alzandosi dal letto.

- No aspetta dai, di cosa dovremmo parlare, Kate?- le chiese lui con uno sguardo confuso e triste allo stesso tempo.

Lei lo osservò per un attimo, la stanchezza mentale stava salendo unendosi a quella fisica.

- ...Niente- concluse lei, non era il momento per parlare del futuro. Quel giorno era stato fin troppo lungo.

-Notte Rick, ci vediamo domani quando ti dimettono- gli disse lei baciandolo sulla fronte

- Ok....- le rispose lui, si era rassegnato, d'altronde era stanchissimo e provato mentalmente e fisicamente, per quel giorno poteva bastare.

- Oh aspetta!- la fermò prima che uscisse; aveva un dubbio pressante che non riusciva a farlo concentrare.

-Si?-

- Come hanno fatto a trovarci?-

Lei rise.

- Ahh Castle, questa me la rinfaccerai per sempre-
-In che senso?- chiese lui confuso.

- E' tutto, straordinariamente direi, merito tuo- disse lei.

Notando lo sguardo confuso del suo partner cominciò a raccontargli cosa le avevano detto al distretto:


-Eravamo nel pallone, seriamente, non sapevamo più che pesci prendere per trovarvi, niente GPS, cellulari, la vostra macchina sembrava scomparsa nel nulla. Eravamo disperati- cominciò Esposito sedendosi sulla sua sedia.
- Davvero, eravamo quasi sul punto di chiamare una veggente per trovarvi- continuò Ryan
- E quindi?- chiese Beckett.

L'ansia la stava corrodendo e sapeva che se non li avesse spronati si sarebbero soffermati all'infinito sui dettagli, per creare suspense: una tecnica imparata dopo anni in compagnia di uno scrittore di gialli.

- Beh, ad un certo punto è arrivato un angelo...e aveva i capelli rossi- le disse sorridendo Esposito



-Alexis?!?- disse Rick interrompendola, profondamente stupito

- In persona- le rispose Beckett con un sorriso felice.

- Non capisco, non mi ha detto niente quando è stata qui, che ha fatto?- chiese Rick confuso.
- Probabilemente la gioia di rivederti le ha fatto passare di mente che senza di lei saremmo morti...-

- Di nuovo, non capisco!- chiese lui impaziente, gesticolando concitatamente per farla continuare.

- Oh su Castle, davvero non ci arrivi? E dire che ne abbiamo parlato proprio oggi!- gli disse lei per stuzzicarlo.

-Mi farai morire!- disse Castle portandosi una mano alla fronte, cercava di concentrarsi ma non gli veniva in mente niente.

- Beh, ricordami esattamente cosa le hai regalato l'anno scorso per il suo compleanno? Walkie Talkie, lente d'ingrandimento e...- ma non riuscì a finire

- ….E cimici!!- si illuminò lui all'improvviso.

Ridendo, lei disse
- Elementare Watson! Quel genio di tua figlia, dal momento stesso in cui tu le hai regalato quel kit che ne conteneva una decina , ha cucito nei cappotti che usi di solito una cimice, in modo che in qualunque momento tu potessi essere rintracciabile. Non appena il capitano ha chiamato casa tua per dire che eravamo scomparsi è corsa al distretto per dire tutto e per dare il codice di identificazione delle cimici. Così ci hanno trovati...tua figlia ci ha letteralmente salvato la vita. Devi essere molto fiero di lei!-
- Sono fiero di lei da quando è nata, ma mai come adesso...ammettilo ha preso tutto da me!- le disse lui con quel sorriso infantile e terribilmente adorabile.
- Mah, ho ancora qualche dubbio....- rispose lei sarcastica, ma cambiò subito tono, facendosi seria – Se non ci fossi stato tu, stasera, lì con me , io non sarei viva....Grazie-
-Non c'è di che , detective, è un onore...- rispose lui, sorpreso di quella dichiarazione.

- Ok...basta sentimentalismi...ora torna a dormire, ci vediamo domani mattina alle 10, quando ti dimettono, così mi spiegherai dove hai trovato un kit da detective professionale come quello, dato che è in dotazione solo alle forze dell'ordine- concluse lei con uno sguardo severo, avviandosi verso la porta.
- Kate?- disse lui dopo aver smesso di ridere.
-Si?- rispose lei girandosi verso il suo letto.

-Io ti....-
- Si?- chiese lei, impaurita ed emozionata allo stesso tempo.
- ...ti …..ringrazio...ehm per avermi salvato...mi hanno raccontato del tuo intervento alla Dr. House

- concluse lui.

Non era quello che voleva dire,ma, mentre parlava, capì che quello non era il momento adatto per dichiarazioni avventate. Lei avrebbe potuto pensare che fosse l'adrenalina del momento a farlo parlare, mentre lui voleva che il giorno in cui le avrebbe rivelato i suoi sentimenti non ci fossero ostacoli tra di loro.

- Figurati, l'ho fatto anche per me- le rispose lei sorridendo dolcemente.

- Notte, Castle-
-Notte, Beckett-


E chiuse la porta dietro di lei.

-Kate, possiamo parlare?- disse una voce vicina
- Martha! Sei ancora qui?- disse Beckett stupita.
- Si, Alexis mi aspetta giù in sala d'attesa, prima di andare volevo parlarti- le disse Martha seria
- Si, certo. Che succede?- chiese lei confusa.
- Devi convincere mio figlio a smetterla di seguirti- concluse Martha. I suoi occhi lucidi contenevano le preghiere di una madre preoccupata.

Non c'era bisogno di aggiungere niente.
- Ok- rispose Beckett









Ok, end of the chapter...

Spero che vi piaccia, è un po' statico, ma visto che negli altri mi sono concentrata più sull'azione che sui dialoghi ho pensato di cambiare un po'. Non è troppo sdolcinato perchè già è un clichè abbastanza scontato la visita in ospedale all'eroe ferito, figurati la dichiarazione d'amore appassionata sul letto dello stesso eroe ferito

., di nuovo, spero che vi piaccia.

Ok, lasciando stare le cavolate, se mi lasciate un commento magari fate previsioni su come pensate possa andare a finire, mi farebbe piacere sapere le vostre idee anche perchè è tutto ancora un po' indeciso.


Fatemi gli auguridi buon compleanno che me lo merito! Nell'unico giorno dell'anno in cui l'egocentrismo in una famiglia numerosa è consentito sono riuscita a gestire l'università, il ristorante, la torta da preparare, la fanfic e mia madre tutto da sola!

Al prox capitolo,

Namaste!


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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Salve a tutti! Comincio col ringraziare tutti quelli che hanno commentato fino ad adesso, siete sempre così carini che mi fate sempre venire voglia di continuare a scrivere, anche se devo studiare...insomma grazie che non mi fate studiare...davvero...non ne ho voglia...

Coooomunque, ho visto la seconda parte della super puntata e devo dire che alla fine stavo per soffocare e mettermi ad urlare...e piangevo...seriamente (imbarazzante)


Ahh scusate ho preso la brutta abitudine di dilungarmi troppo nelle premesse, non lo farò più , buona lettura!




Capitolo 7



Quando trascorri una giornata molto intensa, quando sei così stanca che l'unica cosa che vorresti fare è buttarti sul tuo letto senza struccarti o toglierti i vestiti, sembra che l'unica soluzione a tutti i tuoi problemi sia una bella dormita. La maggior parte delle volte ti sbagli. Spesso dormire non fa sparire i problemi; quelli di solito ti aspettano ancora ,al mattino ,quando ti svegli.


Forse è per questo che preferisci non dormire, rimanere in piedi tutta notte a riflettere; così che l'illusione dei sogni non venga infranta al mattino, quando il tuo mondo si riempie di nuovo di difetti.


Kate Beckett conosceva bene quella sensazione. Spesso, durante i casi più difficili, o nei momenti particolarmente tristi, preferiva stare sveglia tutta notte a pensare, piuttosto che risvegliarsi al mattino felice e realizzare all'improvviso che era tutto solo un'illusione.


Aveva fatto una promessa, e lei era il tipo di persona che manteneva sempre le promesse. Ma questa volta era più dura di quanto potesse mai immaginare.

Castle era stato il protagonista maschile di più di due anni della sua vita, due anni in cui il perno del suo universo, per una volta, non ruotava più intorno al lavoro, all'omicidio di sua madre o alla sua vita privata, nonostante lui avesse un ruolo enorme in tutte quelle cose...nonostante questo infatti, lui riusciva in qualunque momento ad infiltrarsi nei suoi pensieri, facendole dimenticare i problemi.

Kate aveva capito già da tempo di provare qualcosa di importante per lui. L'aveva capito le volte in cui si addormentava con un sorriso ripensando ad una sua battuta,....le volte in cui desiderava chiamarlo solo per sapere come era andata la sua giornata...le volte in cui rompeva con dei ragazzi fantastici con la speranza che tra loro succedessa qualcosa...la volte in cui sognava di averlo a letto accanto a lei....


Ripensando a questo, Kate Beckett decise che era comunque il caso di dormire. Pensare troppo poteva portarla a cambiare idea , specialmente se avesse deciso di ascoltare il suo cuore. In più aveva decisamente bisogno di chiudere gli occhi.

Il giorno dopo sarebbe stato duro.



Dall'altra parte della città, in una camera d'ospedale, Richard Castle, stanco e ammaccato, dormiva con un sorriso stampato sulle labbra e sognava...



E' estate. Rick è seduto su una sdraio col suo portatile sulle gambe, a scrivere il suo prossimo bestseller. Di fronte a lui si stende il mare e la spiaggia degli Hamptons. Sente dei passi; Kate gli si avvicina con un bicchiere di limonata in mano, bellissima, con un sottile vestito bianco e i capelli sciolti. Gli passa la limonata e gli dà un bacio sulla fronte, sorridendo. Poi si allontana, scendendo dalla veranda e camminando sulla sabbia per raggiugere, lontane, Martha e Alexis, che ridono e prendono il sole sdraiate in spiaggia. Vicino a loro, una piccola bambina con gli occhi azzurri e i capelli marroni gioca con la sabbia, felice.





Il mattino seguente Rick si svegliò giusto in tempo per vedere sua madre e sua figlia che si muovevano concitatamente intorno a lui, parlando coi dottori e preparando le sue cose.


-Papà sei sveglio!- disse Alexis, notando lo sguardo assonnato del padre e correndo ad abbracciarlo.

- Oh certo, fingiti stupita, come se non fosse nei vostri piani svegliarmi!- rispose il padre indicando con la mano la madre che rideva sguaiatamente con un dottore che sembrava poco più anziano di lei. “La sua tecnica di seduzione”pensò Richard sorridendo.

- Dai papà, alzati e cammina, ti portiamo a casa- gli disse Alexis allegra finendo di chiudere la sua borsa, praticamente ancora intatta dalla sera prima.

-Certo tesoro...- rispose distrattamente Rick, guardandosi intorno - ...ma che ore sono?- chiese confuso...forse era ancora presto.
- Quasi le dieci- gli disse Alexis
- Oh,beh....ehm, ok. Ora mi preparo- le disse Rick confuso. A quell'ora Kate avrebbe dovuto essere lì.A meno che non fosse accaduto qualcosa, magari delle svolte per quanto riguardava il caso.
- Tesoro, hai per caso visto il mio telefono?- chiese Rick guardandosi intorno
- Papà, il tuo telefono probabilmente è in fondo a qualche canale, ricordi?- gli rispose Alexis divertita.
-Ah già, il killer...eh...- disse Rick con fare distratto – Puoi prestarmi il tuo? Dovrei fare una chiamata importante-
-Kate ha chiamato, ha detto che non riusciva a venire, ma che sta bene, dice che non c'è bisogno che la chiami- concluse Alexis, come se gli avesse letto nel pensiero.

- Ha detto così? Non vuole che la chiami?- chiese il padre, confuso. Non riusciva davvero a spiegarsi quel comportamento, non era da lei. Soprattutto dopo la sera precedente.
- Sì, puoi sempre chiamarla da casa no?- disse la ragazza, cercando di farlo rilassare.
- Sì certo...oppure possiamo passare un mometo dal 12^ e....- disse Rick avviandosi verso il bagno per prepararsi.
-Papà dubito che sarà al distretto! E comunque il dottore ha detto che devi riposare, quindi, per favore, per una volta fai quello che ti diciamo e vieni con noi a casa!- gli rispose Alexis con una punta di insofferenza nella voce.
Il padre si affacciò dalla porta del bagno e le chiese
- E quel tono da dove viene fuori, sei arrabbiata con me?-
- No...però preferirei che tu ora tornassi a casa, dopo quello che ti hanno fatto vorrei che riposassi...-

disse Alexis fissando il pavimento.

Il padre la fissò per un attimo. Capiva benissimo quando sua figlia gli mentiva. E anche quando aveva paura.

-...Hai ragione tesoro, il resto può aspettare, torniamo a casa- le disse con un sorriso.

Alexis alzò lo sguardo e sorrise a sua volta, felice

-Bene!-




Alle tre del pomeriggio, Castle era solo in casa. Alexis era a dei corsi di preparazione al college (avrebbe voluto saltarli, ma erano molto importanti per ottenere crediti e in più il padre le impedì di rimanere in casa con lui; se non fosse stata ammessa all'università per aver passato un pomeriggio insieme al padre a giocare a Scarabeo,Rick non se lo sarebbe mai perdonato) e Martha era uscita a fare shopping (anche se Castle aveva il forte dubbio che in realtà fosse fuori con il bel dottorino a cui lei aveva scritto il numero sulla mano prima di lasciare l'ospedale).

Era la sesta volta che provava a chiamare Kate a casa ma nessuno rispondeva, non ce la faceva più ad aspettare.

Aveva promesso alla figlia di non stancarsi, ma quanto poteva essere stancante un viaggio in taxi?


Arrivato al distretto, Castle si avviò alla scrivania di Beckett ma la trovò vuota. Lontano, Esposito lo vide, quando Castle lo salutò lui fece una faccia preoccupata, lo salutò con un cenno della mano e poi si girò dall'altra parte.

“Strano” pensò Castle mentre si guardava intorno alla ricerca della sua musa.

Intanto Esposito si era voltato di nuovo e si dirigeva verso di lui.
- Ehi Castle...che fai qui?- chiese senza guardarlo negli occhi, mettendo a posto dei documenti.
- Niente di che, ero venuto a vedere come procedeva e....-
-Beckett non è qui, è passata per poco e poi è tornata a casa, ha la giornata libera- conluse per lui Esposito, che sapeva dove lo scrittore voleva andare a parare.

- Oh...è strano, l'ho chiamata a casa ma non risponde- chiese sospettoso Castle.

C'era qualcosa di troppo strano nel comportamento del detective.

- Non so cosa dirti, magari è sotto la doccia...- disse Esposito mentre si allontanava da lui con fare indifferente.
“Sì certo, tutta la mattina...” pensò Castle, ma invece disse
- Aspetta, Esposito! Non capisco c'è qualcosa che non va?-
- No! Niente...perchè lo chiedi?- si girò verso di lui, nervoso.
-Forse perchè sei....- stava per chiedere Castle, ma Esposito lo interruppe
-No senti,davvero! Va tutto bene, torna a casa, è meglio- conluse, e scappò via.
“C'è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo...- pensò Castle.

Provò a parlare col capitano, ma anche lui gli diede qualche risposta elusiva e lo evitò fingendo una chiamata. Ryan si comportò esattamente come loro.

C'era qualcosa che non andava.
Castle decise che c'era un solo posto dove poteva trovare delle risposte, quindi lasciò il distretto, così confuso e sospettoso che si dimenticò addirittura di chiedere informazioni sul caso.

Arrivato a casa di Beckett, Castle cominciò a sentire l'ansia salire...

Non capiva ancora cosa fosse successo alla stazione, ma per la prima volta da quando aveva cominciato a lavorare lì non si sentiva a suo agio; era come se non lo volessero più.

In quel posto, dove per molto tempo era andato in cerca di avventure, amicizia, risate, ma anche giustizia e verità; lì, quel giorno, non aveva più scorto nei visi familiari di quelli che oramai erano suoi colleghi, quel senso di appartenenza che lo aveva legato a loro indissolubilmente.
Solo in quel momento Rick realizzò l'importanza che quel posto aveva per lui. Lo aveva capito solo nel momento in cui...beh...l'aveva definito il suo lavoro.


Castle ora realizzava che era vero: non era più solo per i libri che continuava a tornare in quel posto, ma non era neanche solo per stare vicino a Kate...ci era andato la prima volta in cerca di una storia, ma ci era tornato le altre per vivere la sua.

Forse, scrivere della vita degli altri, non gli bastava più.

Quello era il suo lavoro ormai, ed era maledettamente bravo a farlo.


Anche se non avrebbe smesso di scrivere!

“Ovviamente!” pensò Castle, prima di bussare alla porta.






Per favore ora accontentatevi solo di questo....in teoria questo sarebbe stato l'ultimo capitolo ma non ho voglia di finirla subito, quindi ho interrotto bruscamente prima di cominciare con le cose serie... in più dato che dovremo aspettare tre settimane per la prossima puntata e che anche la maggiorparte dei telefilm che seguo sono stati magicamente interrotti per marzo almeno ho ancora questa scusa per non dover studiare...


Al prox capitolo, namaste!

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Rieccomi, chi non muore si rivede....si rilegge? Mah...




Capitolo 8




Richard Castle aspettava dietro quella porta da due minuti. Sapeva che Kate era in casa, prima di bussare aveva sentito il rumore dell'acqua che scorreva, e subito dopo aveva sentito il rubinetto chiudersi improvvisamente, e nessuno rispondeva.

- Kate, è assurdo! Aprimi per favore!...Non capisco cosa succede, cominciate a spaventarmi- disse Richard alzado la voce. Lo credeva così stupido?

- Kate! Guarda che tanto non me ne vado, aspetterò qui finchè non mi aprirai, MAGARI ALZANDO UN TANTINO LA VOCE, GIUSTO PER VEDERE LA REAZIONE DEI TUOI VICINI...- concluse Richard cominciando ad urlare.

La porta si aprì all'improvviso

-Ma sei impazzito? Già ho fatto fatica a trovare casa dato che non tutti sono stati così contenti di sapere che quella di prima è saltata in aria, hai intenzione di farmi buttare fuori??- chiese arrabbiata Kate
- Cosa diavolo sta succedendo?- chiese di rimando Rick, ignorando completamente la domanda della detective.
Kate lo guardò seria sospirando e si portò la mano alla fronte invitandolo ad entrare.

Lui entrò con passo pesante e si sedette sul divano.

- Davvero, non capisco! Mi sveglio all'ospedale e tu non ci sei, vado alla centrale e gli altri a malapena mi guardano, figurati parlarmi, e poi che cavolo era quella sceneggiata? Pensavi che chiudendo l'acqua io magicamente me ne andassi pensando che non c'eri? È semplicemente ridicolo! Kate che diavolo succede? Dimmelo!-
Beckett lo guardava, in silenzio e con aria colpevole. Aveva ragione su tutto, aveva gestito la faccenda in modo pessimo, ma sperava davvero che lui capisse da solo quello che lei non aveva il coraggio di dirgli.
- Kate! Sto aspettando! Dimmi qualcosa...- continuò Richard esasperato dal suo silenzio.
Lei, guardando per terra, chiuse gli occhi e una lacrima le scivolò dalle guance e cadde sul pavimento. Castle la fissava stupito. Non si aspettava quel genere di reazione.
Si alzò dal divano e l'abbracciò più forte che potè. Lei si aggrappò alla sua camicia.

Non piangeva, ma aveva davvero bisogno di quell'abbraccio....era arrivato il momento di dire a Castle la verità.
- Rick, scusami- disse lei con la testa appoggiata contro il suo petto
- Voglio solo sapere perchè, Kate-
- E ne hai tutto il diritto, davvero. E' stato egoista da parte mia trattarti in questo modo. E anche cattivo...-

- E ingiusto...- aggiunse Rick sorridendo. Era ancora arrabbiato, ma non voleva certo vederla soffrire.
- ...e ingiusto, sì- concluse lei staccandosi e sedendosi sul divano.
-Kate, non aver paura, puoi parlare liberamente con me, lo sai....-
Kate lo guardò e cercò la comprensione nei suoi occhi.


E iniziò a dirgli la verità.

- Ti ricordi ieri, quando eravamo rinchiusi e io ho cominciato a prendermela con te, non mi ricordo neanche perchè? Ti ricordi cosa mi hai detto dopo?-
- Si, certo, ti ho detto che se fossimo sopravvissuti avrei lasciato- rispose impassibile Castle.
- Oh...bene...cioè, io pensavo che non te lo ricordassi più e, ecco...era di quello che volevo che parlassimo...ma è stato meno difficile di quello che pensavo- disse Kate sollevata ma confusa.
- Quindi è solo questo che volevi dirmi? Che non sapevi se sarei rimasto come tuo partner o se avessi cambiato idea?- chiese Castle, a sua volta sollevato dalla risposta della detective.
- Non proprio- disse Kate
Rick all'improvviso confuso.
- Devo chiederti di andartene Rick-

Il silenzio calò tra di loro. Castle era basito da quella affermazione, non sapeva cosa rispondere ma in testa aveva mille domande. L'unica cosa che riuscì a dire fu

-Cosa?-
- Rick mi dispiace, ma da oggi tu hai ufficialmente smesso di essere il mio partner-
-Bene, non sono mai stato tuo partner ufficialmente, continuerò a farlo in maniera ufficiosa- rispose Castle scherzosamente
- Rick anche tu la pensavi in questo modo ieri sera. È la soluzione migliore,lo sai.-
-Ieri sera ero convinto che saremmo morti, l'ho detto per scaricare l'ansia, per sentirmi meno in colpa nei confronti di mia figlia, non puoi davvero credere che facessi sul serio!-
Kate lo guardò confusa.
- Cosa significa “non puoi credere facessi sul serio”? E tutto quello che è successo ieri sera non era serio? Non era reale?-
- Ma no! Certo che era reale, i miei sentimenti sono reali, non sai quanto!- rispose Castle animatamente
- Sei sicuro Richard?- improvvisamente Kate si fece impassibile.


La sua mente le presentava una visione terribile :

Loro due insieme, felici e appassionati e, all'improvviso, lui lascia la sua mano per inseguire qualche bella e giovane ragazza meno complicata di lei.
E il risultato è sempre quello: lei col cuore spezzato deve fare i conti con la sua vita da sola.


- Sei sicuro di provare davvero quei sentimenti?- continuò Kate

- La situazione era grave, pesante. Eravamo provati e pensavamo di stare per morire...-
Rick la guardò come se fosse impazzita.
- Certo che sono sicuro! Maledizione pensi che per tutto il tempo in cui ti sono stato accanto non abbia sempre sognato di stare con te, insieme?-
- D'accordo, se è davvero così allora, non sarà difficile fare quello che ti ho chiesto- concluse Kate.


Gli credeva veramente. Tra di loro c'era un rapporto che non prevedeva bugie, era questa la cosa che le piaceva di più.
-Non capisco- disse Rick. Cominciava a sentirsi a disagio, in più le ferite gli facevano ancora male e cominciò a venirgli mal di testa.

Voleva andarsene di lì.


­ Rick quella di ieri è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, tu corri troppi rischi, e io non ce la faccio più a sentirmi in ansia per la mia vita e per la tua. Dobbiamo finirla qui.- gli disse Beckett prendendogli la mano.
Rick cominciò a sentire caldo, una goccia di sudore gli scivolò lungo la schiena e tutto intorno a lui cominciava a diventare confuso. Kate continuava a parlargli ma lui non riusciva a capire cosa diceva.
- Rick mi stai ascoltando? Che hai?- gli chiese Beckett alzandogli il viso che Castle si teneva tra le mani. Era pallido, e bagnato.
-Oh mio dio Rick stai sudando freddo, stai bene?- disse Beckett agitata, cercando di scorgere vitalità negli occhi dello scrittore.
- S...sì...- disse lo scrittore tentando di alzarsi in piedi; ma il suo corpo non era d'accordo e Castle finì per accasciarsi a terra sbattendo la testa.

L'ultima cosa che sentì prima di svenire fu Kate urlare.





La sensazione che si prova appena ci si sveglia è strana. A volte ci si sveglia di colpo,così che il confine tra sogno e realtà si spezza inesorabilmente e noi ci accorgiamo subito la differenza tra i due; altre volte il passaggio è graduale, tanto che si fa ancora fatica a capire cosa sia vero e cosa sia soltanto nella nostra mente.
Richard Castle era il tipo di persona che sprofondava talmente tanto nei meandri nella sua mente, anche durante la notte, che il risveglio era sempre traumatico e confuso.
Ma sapeva bene una cosa: odiava risvegliarsi e scoprire che qualcuno lo stava fissando.

Nella sua camera d'ospedale c'erano fin troppe persone tra i suoi conoscenti e il personale dell'ospedale, e tutti lo fissavano come se ci fosse una giraffa al centro della stanza.
-Papà!- disse Alexis con voce sollevata
- Richard, tesoro- disse Martha sospirando e avvicinandosi al suo letto
- Che è successo?- chiese confuso lo scrittore guardandosi intorno.
- Sei svenuto nel mio salotto, Castle. Non è stata una mossa molto furba alzarti mentre avevi le vertigini, non pensi anche tu?- chiese Beckett, seduta sulla sedia accanto al suo letto.
- probabilmente no...- rispose Castle sorridendo. Dentro di se sperava ce tutti se ne andassero per riprendere la conversazione che avevano interrotto, ma come fai a mandare via i tuoi parenti e amici quando vengono a trovarti all'ospedale?


-Signor Castle, buonasera... sono il dottor Preston, immagino si ricorderà di me dato che l'ultima volta che ci siamo visti è stata circa otto ore fa...probabilmente non afferra molto bene la nostra lingua, altrimenti le parole “stia a riposo tutto il giorno” avrebbero più significato per lei...strano, considerato il suo mestiere...- gli disse il dottore con aria annoiata mentre scriveva qualcosa sulla sua cartella.
“Simpatico” pensarono nello stesso istante tutte le persone nella stanza.
- Mi dispiace dottore, avevo qualcosa di importante da fare...- rispose Castle lanciando un'occhiata a Kate.
-Immagino...d'altronde il suo corpo è stato solo sottoposto a diverse scariche elettriche, nonché stress fisico e mentale, che male c'è a farsi un giro per la città poche ore dopo? Ma che ne so io, sono solo il primario di medicina...- continuò il dottore, continuando a scrivere indifferente.
-Ok, capisco il suo punto di vista...- disse castle prima che il dottore potesse continuare – cosa mi è successo?-
- Ha avuto una sincope in seguito allo sforzo fisico, probabilmente il suo corpo si è rifiutato di considerare quello che stava facendo abbastanza “importante” da poter ignorare i miei consigli di stare a letto ed evitare sforzi...rimarrà qui stanotte, per accertamenti, a meno che non abbia cose più urgenti da fare, in quel caso potrei semplicemente legarle la flebo al braccio con dello scotch e lasciarla girovagare per la città-
- Ok! Grazie per il suo aiuto, immagino avrà altri pazienti, probabilmente più simpatici e...accomodanti...di me- gli disse Castle cercando di non scoppiare a ridere.
- Immagina bene. Buonasera.- concluse il dottore prima di uscire dalla porta seguito dal resto degli infermieri e degli specializzandi. Per due secondi nessuno disse niente, poi, tutti insieme scoppiarono a ridere.
-WOW! Davvero, avrei anche io qualche consiglio per quel dottore, ma non posso dirlo davanti alla mia bambina.- disse Castle ridendo.
- Per favore papà, era la stessa cosa che volevo consigliargli anche io- gli rispose Alexis ridendo a sua volta.
Martha e Alexis rimasero con Rick per un po', chiacchierando e chiedendogli in continuazione se aveva bisogno di qualcosa. Quando finalmente Rick riuscì a farle andare a casa a riposare (notando l'impercettibile sguardo che sua madre lanciò a Kate prima di chiudersi la porta alle spalle);posò la testa sul cuscino e la voltò verso Kate.


- Ti ricordi di cosa discutevamo prima che tu svenissi?- gli chiese Kate senza troppi preamboli; probabilmente anche lei aveva aspettato pazientemente che tutti se ne andassero solo per poter tirare fuori l'argomento di nuovo.


-Certo che mi ricordo...oddio sono ancora un po' confuso sul dialogo in generale...e anche sul perchè del discorso...e sono quasi certo che tu fossi in lingerie mentre parlavi....- disse Castle voltandosi verso di lei, ma vedendo il suo sguardo severo continuò - ...no, quello probabilmente l'ho sognato...- concluse lui tornando a fissare il soffitto.


- Rick, non so se è il momento più adatto per discuterne, dato che quando ci abbiamo provato poco fa mi sei svenuto sul tappeto, ma è una cosa che non posso continuare a trascinarmi dietro. Tu non puoi più seguirmi nei casi. Quello che hai detto quando eravamo rinchiusi è vero. Hai troppo da perdere e io...-


- Sono d'accordo- la interruppe Rick


-Come scusa?- chiese Kate confusa.
- Senti, prima, da te, mi sono lasciato prendere dall'istinto. Il trattamento che mi avevano riservato gli altri al distretto, e poi tu che fai finta di non essere in casa per evitarmi...insomma ero un po' offeso, e mi sentivo escluso, ma sono d'accordo con te. Non posso continuare...ho visto lo sguardo che ti ha lanciato mia madre prima di uscire, immagino avrete parlato...e poi Alexis, non ho mai visto mia figlia tanto preoccupata e triste in vita sua...non posso permettere che succeda ancora. Non per causa mia.-
Kate ascoltava le sue parole rapita. Una volta ancora quell'uomo era riuscito a sorprenderla.
- Beh, avrei dovuto scusarmi prima per il comportamento degli altri al distretto, ho detto io loro di evitarti finchè non ti avessi prima parlato io. Non erano felici di farlo, ma d'altronde non erano neanche felici di non averti più come partner....-
-Lo immaginavo...che avessi parlato con loro intendo, non che gli sarei mancato...anche se dai, ammettiamolo, è ovvio- scherzò Rick - ...quindi finisce così....- concluse triste.
- beh, in realtà non è proprio tutto quello che dovevo dirti...- continuò Kate
- Oddio, che altro c'è?- chiese esasperato Richard.
- Beh, c'è il fatto, che,mentre mi svenivi davanti, penso di aver provato per la seconda volta in due giorni, quello che si può definire un vero attacco di cuore...insomma mi hai spaventato a morte...il che, mentre ti trasportavano in ospedale e mentre stavi dormendo, mi ha fatto pensare...- disse Kate riflettendo. L'inizio di quel discorso non piaceva allo scrittore, aveva una pessima sensazione; ma non disse niente.


Prima di farsi spezzare il cuore voleva mantenere un minimo di dignità.

- ...Ho pensato che mai nella vita ho provato una sensazione tanto forte, qualcosa tipo il possesso, la paura , l'ansia, la disperazione e la preoccupazione messi insieme....e in situazioni del genere ci sono passata fin troppe volte...-
-

Quello che sto cercando di dirti...e scusa se non riesco a trovare le parole giuste, ma considera che non sono io lo scrittore qui dentro, è che penso proprio di amarti...e non posso sopportare di vederti ancora soffrire..mai più- concluse Kate avvicinandosi al suo letto ma mantendo comunque un po' di distanza.

Castle era basito, meravigliato, scioccato e tanti altri sinonimi dello stesso aggettivo. Il primo pensiero che gli venne in mente però fu :“ Questa è la dichiarazione d'amore più strana che abbia mai sentito.”. Era talmente sconvolto, che non riuscì neanche a realizzare che sorrideva alla donna di fianco a lui, felice come un bambino la mattina di Natale.

- Wow, beh....no, cioè, tranquilla, te la sei cavata bene con le parole...- farfugliò Castle
Kate rise
-Ah si?- gli chiese prendendogli la mano
- Molto bene...io non avrei saputo dire di meglio...e dire che i sentimenti sono gli stessi...- le disse Castle fissandola intensamente negli occhi.
Kate smise di sorridere. Accarezzò la guancia dello scrittore e indugiò un attimo, perdendosi nei suoi occhi, prima di chinarsi su di lui, baciandolo intensamente.
Lentamente si staccò da lui e gli chiese
- Mi ami?-
- Certo che ti amo, puoi dubitarne?-
- meglio così...perchè ho programmato di stare insieme a te a tempo indeterminato, non potrei mai sopportare di vederti ferito di nuovo, hai bisogno di qualcuno che ti protegga- gli disse ad un centimetro dal suo viso, sorridendo ironicamente.
- Sei il mio eroe...gentile da parte tua!- scherzò Castle scostandole i capelli dal viso e attirandola ancora a sé.
Continuarono a baciarsi fino a che uno squillo li interruppe. Beckett si alzò dal letto in cui si era sdraiata e prese il cellulare.
- E' Esposito. Mi aveva chiesto di avvertirli delle tue condizioni e mi sono completamente dimenticata- disse con un sorriso Beckett, prima di rispondere – Esposito, sono Beckett. Potete stare tranquilli Castle sta bene, anzi, direi che.....- ma si interruppe, con sguardo serio.
- Capisco...arrivo subito- concluse la telefonata.
- Che succede?- chiese Castle preoccupato, fissandola.
- Hanno trovato il cadavere della donna che i killer hanno ucciso ieri...-
- Oh, mi dispiace..speravo che non ne avessero avuto il tempo...-
- Non è tutto qui...- lo interruppe Beckett.
Castle la guardò confuso.
-E' saltato in aria lo stabile dove siamo stati richiusi, e al di sotto delle macerie sembra che ci fossero diversi corpi...-
- Non capisco, hanno seppellito delle loro vittime li sotto?...-
- ….è quello che pensano alla centrale...il fatto è che, non sembrano tutti cadaveri di prostitute...-
- ...Oh mio dio, vuol dire che...?-
- Forse i nostri serial killer non tentavano di purificare il mondo eliminando solo prostitute, il che rende la nostra indagine un po' più complicata...- concluse per lui Beckett, alzandosi dalla sedia.
Castle stava per alzarsi insieme a lei, ma si bloccò prima di mettere i piedi per terra. Fissò per un attimo il pavimento con aria frustrata, si riappoggiò allo schienale del letto e disse
- Buona fortuna, sarò qui ad aspettarti quando tornerai-
- ...Ok- gli sorrise Kate con tristezza – Tornerò presto....- conlcuse prima di chiudere la porta lasciandosi dietro Castle,con lo sguardo ferito e un vuoto dentro al cuore.







Comincia a diventare un po' ridicolo, da semplice storia di qualche capitolo sta diventando una soap opera...non doveva andare così....vi giuro che fra poco arriverà la fine! Magari in due capitoli...è che mentre scrivo si dilunga da sola!!

Tra l'altro senza volerlo sono davvero caduta nel clichè della dichiarazione sul letto d'ospedale...neanche quella era prevista quindi...

vabbè....commentate, insultate se volete! Un po' come vi pare....
al prox capitolo!

Namaste.

P:S: questa è un'aggiunta post pubblicazione ma mi sono dimenticata una cosina; su facebook c'è un gruppo dedicato al telefilm festival di milano in cui gli organizzatori chiedono chi vogliono (gli utenti) come ospiti quest'anno (l'hanno scorso come ospite d'onore c'era il protagonista di Chuck). Ora io non ho facebook per principio, quindi non riesco a dire la mia, però se qualcuno lo cerca (non so come funziona facebook ma magari se cercate Telefilm Festival lo trovate!)e magari chiede Nathan Fillion è una voce in più (altri stanno chiedendo i protagonisti di Castle, ma Stana l'anno scorso è andata al festival di roma, quindi sarà difficile che torni in italia, ma magari ci riusciamo con lui...), anche perchè in troppi stanno chiedendo bones, e per quanto David Boreanaz non sia da buttare via sono due anni che non accetta, dubito accetti adesso, e di Emily Deschanel mi frega si e no zero, quindi...dai ragazze!

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Hi everyone....




Capitolo 9


La mente delle detective Beckett cominciò a vagliare le diverse ipotesi che aveva scartato in precedenza.

Avevano sempre pensato che The White Rose uccidesse solo prostitute, quindi al distretto avevano passato mesi interi a cercare di mettere insieme i tasselli di tutti quegli omicidi ; tentanto di stilare un profilo psicologico, un modus operandi e un target preciso di possibili vittime. Solo ora, dopo la morte del killer e l'ennesima vittima, avevano scoperto di aver sbagliato tutto.
Una delle prime cose che un poliziotto deve imparare è non sentirsi in colpa per le conseguenze del proprio lavoro. Se un bravo detective,uno che sa fare il suo lavoro e si impegna a risolvere i crimini con tutte le sue forze, comincia a sentirsi in colpa se qualcosa va storto, è la fine.

Per questo la maggior parte dei poliziotti in pensione vive soffocato dal rimorso, tentando di annegarlo nell'alcool.
La detective Beckett non voleva finire in quello stato. Certo, è inevitabile legarsi particolarmente ad un caso, quando si tratta di bambini, o di donne della propria età, ad esempio; ma lei non permetteva ai rimpianti di prendere il sopravvento.
Questa volta era più difficile.

Se avesse saputo che altri crimini erano legati al suo nome.
Se avesse intuito che qualcuno lo stava aiutando.
Se avesse controllato meglio le prove.

“Se, se, se...non si può vivere la vita con i se...” diceva a se stessa la detective mentre entrava al distretto.
“Forse avendo le informazioni che abbiamo adesso lo avremmo trovato prima, ma è troppo facile parlare con il senno di poi.

In questo momento avrei davvero bisogno di Rick...è incredibile anche solo pensarlo, e se lo avessi fatto una settimana fa probabilmente mi sarei tirata uno schiaffo da sola..ma mi manca...e, ancora peggio...ho un brutto presentimento....”

I pensieri della detective vennero interrotti da un mormorio insistente. Volse lo sguardo alla fonte di quel rumore, ritrovando un insieme di poliziotti attorno alla sua lavagna, con Ryan ed Esposito in mezzo.
Da quello che poteva sentire capì che parlavano del caso.

-Hey Beckett- la salutò Esposito appena la vide
- Hey, avete due minuti per aggiornarmi?- chiese la detective. Alla sua richiesta tutti i poliziotti si dispersero in diverse direzioni per continuare il loro lavoro.

Esposito cominciò a dirle tutto quello che avevano scoperto.
- Il corpo della donna è stato trovato in un vicolo vicino alla 72', una zona famosa per quel genere di servizi. Il modus operandi è lo stesso usato sulle altre vittime.

Lanie sta esaminando il corpo ma è sicura al 100% che il killer sia lo stesso.-
- Ok, si può dire che in un certo senso è una buona notizia- rispose Beckett sospirando – per quanto riguarda il resto?-
- La scientifica ha confermato che i corpi ritrovati sotto lo stabile, dodici in tutto, non sono certo di prostitute, anzi... dai riscontri sembra che molti di essi siano uomini, almeno sette, il resto sono donne e...- continuò Ryan, allungandole dei documenti.
- Eh?- chiese Beckett insistente
Ryan non disse una parola me le fece un cenno con la testa, invitandola a leggere il referto.
Beckett esaminò il foglio che il detective le aveva allungato. Dopo qualche secondo impallidì.
La testa cominciò a girarle ed ebbe un vuoto allo stomaco. Sentiva la nausea salirle.
- Figlio di....- disse fissando il foglio.

Due bambini, approssimativamente di cinque e otto anni.

Due bambini.

La detective dovette sedersi per non cadere.
Quell'uomo... no, quel pazzo, si professava salvatore, voleva tentare di purificare il mondo dagli esseri impuri, e tra le sue vittime ci sono due bambini? Che colpa possono mai avere due bambini?


La detective si ricompose. Esposito le mise una mano sulla spalla mentre Ryan le allungò il caffè.
- Sto bene- disse la detective, alzandosi dalla sedia per dirigersi alla lavagna.
- Siamo sicuri che le vittime siano state uccise tutte dai nostri due killer?-
-La scientifica sta controllando, ma le ferite riportate suggeriscono la corrispondenza- le rispose Esposito.
- Fai in modo che anche Lanie possa dare un'occhiata ai corpi, non voglio più brutte sorprese in questo caso.- disse Beckett ad Esposito.
Il detective annuì prima di avviarsi al telefono, ma era palesemente scosso. Conosceva bene la sua ragazza,e sapeva che , per quanto brava nel suo lavoro, non avrebbe sopportato bene la visione dei corpicini di quei due angeli.

Beckett si rivolse a Ryan
- Puoi spiegarmi l'esplosione?-

- Nell'edificio c'era del plastico pronto ad esplodere. Probabilmente avevano programmato di far saltare in aria l'edificio dopo avervi....beh...sì, insomma, per far trovare i corpi. Considerate le vittime dubito che qualcuno avrebbe collegato i morti a loro velocemente, nonostante il modus operandi sia lo stesso.-
- Ok, facciamo il punto della situazione- disse Beckett alla sua squadra, gettando un'occhiata alla sedia vuota vicino alla sua.

Tornò a guardare la lavagna. C'era tutto lì sopra. Ora dovevano solo collegare i pezzi e trovare il bastardo.

Doveva pagare.



La serata proseguì. Più agenti passarono alla scrivania della detective, portando nuove informazioni totalmente inutili per quanto riguardava la ricerca del complice. Solo più demoralizzanti.
Come erano state uccise le vittime, quanto avevano sofferto, da quanto tempo erano lì...
L'unica informazione che non si poteva carpire dai documenti era il perchè di quel massacro.
Beckett aveva bisogno di capire cosa, nella mente di quel pazzo, era scattato per fargli uccidere quelle persone.

Qualcosa doveva collegarle.
Richiese una nuova perizia psichiatrica, ma il risultato non la soddisfaceva.
“Casualità” era la parola che si ergeva sopra tutte.
Lo psichiatra, infastidito per l'orario e per l'urgenza, aveva definito la scelta delle vittime casuale. Almeno per ora.
Una volta conosciuta la storia dell'assassino sarebbe stato tutto più semplice, ma il problema era proprio quello: nessuna corrispondenza nelle impronte dentarie (a quanto pare quell'uomo portava una dentiera non registrata), niente impronte delle dita ( a quanto pare gli piaceva giocare col fuoco), e il suo viso non era nel database.

Era ufficialmente impossibile risalire alla vera identità di quel tizio.

E non era l'unica brutta notizia.

Ancora nessun'indizio utile a ritrovare il complice.

Erano in alto mare.

Era quasi notte, quando il capitano disse loro di congedarsi. Erano tutti stanchi, lieti quindi di tornare a casa.
Ma lei no.
La brutta sensazione che la perseguitava dal momento in cui era uscita dall'ospedale fino a quel momento era sempre lì, pronta a sopraffarla.

Capì che doveva parlarne con qualcuno.
Era difficile per lei parlare di sé, specialmente dei suoi sentimenti, soprattutto perchè non aveva mai trovato qualcuno di cui fidarsi abbastanza da permettergli di aprire il suo cuore.

Lanie era una buona amica, ma non voleva disturbarla, era stata una giornata pesante, e di sicuro in quel momento era con Esposito a rilassarsi.
L'unico con cui poteva parlare era lui. Rick.

Arrivata all'ospedale controllò l'orario: erano le 23.00 passate.
L'orario delle visite era passato ma il suo passepartout apriva ogni porta della città: appena mostrò il distintivo all'infermiera non trovò più ostacoli.

Rick era ancora in piedi. Aveva in mano un libro. Beckett guardò la copertina. Era “American Psycho”.
- Hai appena avuto un assaggio di cosa intendeva Ellis per psicopatico- disse lei mentre entrava nella stanza e si avvicinava al suo letto.
- Hey, come va? Come mai sei quì così tardi?- le rispose sorridendo Rick , mentre metteva via il libro.
- Solo una visita...come mai leggevi quel libro?- chiese lei. Non aveva il coraggio di tirare fuori l'argomento subito.
- Di tutto quello che mi ha fatto quel killer sai qual'è la cosa più dolorosa?- chiese serio Rick
- ...no...- disse la detective, spaventata da quello che poteva sentirsi dire.
- Mi ha chiamato Bret Easton Ellis!- disse scandalizzato Rick.
La detective scoppiò a ridere sollevata.
- Cosa?- chiese confusa lei.
- Io odio Bret Easton Ellis! Ma dai! Non ne capisco proprio la bellezza!- continuò a lamentarsi lui mentre la detective continuava a ridere e si sedeva sul suo letto.
- No, seriamente! Nel suo libro c'è un intero catalogo dell'Ikea, come può piacere...-
Rick continuò a lamentarsi cercando di farla ridere. Aveva capito appena era entrata che qualcosa non andava.
All'improvviso le prese la mano e la guardò dritta negli occhi sorridendole, aspettando che smettesse di ridere.
Quando smise e vide il suo sguardo, lei sospirò è guardò a terra.
- Vuoi dirmi cosa c'è che non va?-
- E' solo che...non so come dirlo, è patetico-
- Kate...- disse lui, continuand a guardarla.

Non c'era visogno che finisse la frase, lei sapeva cosa le avrebbe detto: che poteva dirgli tutto.
Ed era vero.

Così cominciò a dirgli cosa provava.
-Ho paura, Rick-
- Di cosa? Di quel pazzo? Kate, non tornerà, e sono sicuro che lo troverete presto.-
- Non è di quello che ho paura- continuò lei – la mia paura è che...penso di essermi abituata talmente tanto a te, come mio partner intendo, che...ecco...- non riusciva a trovare le parole per esprimere il caos che aveva in testa.
- cosa, Kate?- chiese Rick confuso.
- Rick, penso di non aver più le capacità per risolvere un caso da sola-. Disse lei tutto d'un fiato.

Tra i due calò il silenzio.






E fine di un altro capitolo!

Un po' azzardato, o un po' inutile, come volete...giusto per pubblicare qualcosina...

Tra parentesi, scusate l'argomento assolutamente estraneo al discorso, ma qualcuno può spiegarmi come fanno a non esserci fanfiction su serie magnifiche come Community o How I met your mother e esserci fanfiction su serie assurde tipo l'ispettore Coliandro?? che poi cos'è l'Ispettore Coliandro? Sembra il nome di un insetto...

Coooomunque, spero che vi piaccia il capitolo, al prox appuntamento, commentate e
Namaste!

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Capitolo 10



Richard Castle era sbigottito. Non accadeva spesso che qualcuno riuscisse a stupirlo, in fin dei conti era uno scrittore, per definizione un visionario. Ed era pagato profumatamente per farlo.

Per questo in quel momento non sapeva bene come reagire.

La sua partner gli aveva appena rivelato che si sentiva inadeguata a svolgere il suo lavoro.

Era una notizia scioccante, sotto diversi aspetti.

Insomma, è normale che una persona abbia un momento di sconforto, e che magari sia insicura riguardo alle sue capacità; ma che succede quando la tua musa, la fonte d'ispirazione su cui hai deciso di basare il tuo lavoro nel prossimo futuro comincia a dubitare di sè stessa?


- Kate non capisco, da quando ti senti così?- chiese Richard rompendo il silenzio pesante

Kate lo guardò sconsolata e gli spiegò tutto:


Dal momento stesso in cui aveva capito che non avrebbe avuto più Richard come partner una brutta sensazione l'aveva accompagnata.

Aveva tentato di negarla nascondendola dietro il dispiacere di non lavorare più con l'uomo che amava, ma non le ci era voluto molto per capire che non era certo quello a farla stare male.

Oddio, ovviamente lui le sarebbe mancato al lavoro, ma comunque sarebbero stati insieme; senza contare che la pressione del loro ambiente lavorativo sarebbe stata attenuata.

Del suo ambiente lavorativo intendeva....doveva abituarsi a dirlo.

No.

Quello che cercava di negare è che l'aiuto di Richard nel tempo era diventato troppo importante.

La sua mente era abituata a situazioni fuori dal normale, e loro abitavano a New York: la città intera era fuori dal normale!

Aveva paura. Semplicemente questo.

Quella sera, esaminando i vari file, niente le tornava. Totale Black out.


Kate parlava da un pò; era la prima volta che Richard la sentiva parlare tanto di sé e dei suoi sentimenti. Si sentiva un po' in colpa ma doveva ammettere di esserne felice. Adorava essere la persona con cui si confidava.


Quando lei finì. Lui aveva già pensato alle parole che le avrebbe detto.


- Il giorno in cui ci siamo incontrati, sai qual'è la prima cosa che ho pensato?-

- Perchè diavolo questa donna mi vuole arrestare?- chiese lei sarcastica

- No, ho pensato “Questo taglio di capelli non le dona particolarmente”...- disse Rick serio
Kate rise sommessamente.
- Ma, ecco, la seconda cosa che ho pensato è stata:non ho mai visto nessuno così motivato in vita mia. La tua è il tipo di motivazione che si vede solo nei film, quasi irreale. Di sicuro introvabile nel mio mondo. O almeno lo era prima di incontrare te.
Ecco, ora tu pensi che io abbia influenzato la tua vita talmente tanto che ti sia impossibile tornare al punto di partenza, ma ti sfugge il fatto che tu hai fatto la stessa cosa con me.
Insieme siamo cresciuti: io sono maturato e ho scoperto un nuovo tipo di dedizione, non solo al lavoro, ma anche alla giustizia, tu hai imparato ad ampliare la tua visuale e ad aprirti con le persone...o almeno con me, il che mi riempie di soddisfazione.
Ma non siamo scomparsi nelle nostre nuove identità.

Come disse Eraclito “Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. La grande detective che pensi di aver smarrito è ancora dentro di te, più forte che mai. Si è solo arricchita col tempo.-
Kate ascoltava rapita.

- Ma stasera, non riuscivo a pensare a niente, ero bloccata- disse all'improvviso dopo aver metabolizzato le parole dello scrittore.
- Kate, è un caso difficile! Non sempre le risposte che cerchiamo sono dietro l'angolo, a volte devi prendere la metro per trovarle!- rispose Rick ridendo.
Kate gli sorrise, lieta di aver parlato con lui. L'aveva rincuorata come solo chi ti ama davvero può fare.
In quel momento si ricordò una cosa che le aveva detto sua madre quando era piccola:
“Kathy, quando trovi la persona che ti fa sorridere nei momenti di sconforto e ti aiuta nei momenti di difficoltà, aprile il tuo cuore, non lo rimpiangerai. È per questo che ho sposato tuo padre”.

Kate sorrise con dolcezza allo scrittore, gli sfiorò le labbra con un bacio e gli augurò la buonanotte.

Era ora di tornare a casa.

Mentre usciva dall'ospedale e cercava un taxi in lontananza vide una stazione della metro e sorrise ripensando alla battura di Rick. Poi all'improvviso ebbe un'illuminazione. Appena fermato il taxi gli diede l'indirizzo della stazione.Doveva controllare una cosa.


Il mattino successivo Ryan ed Esposito la trovarono alla lavagna, in quel momento completamente rivoluzionata.
La detective, in maniera concitata, si spostava dalla sua scrivania, perlustrando vari documente, alla lavagna, scrivendo e tracciando collegamenti.
- Ehi Beckett ma hai dormito?- chiese Ryan notando lo stesso abbigliamento del giorno precedente.
Ma Esposito lo interruppe.
- Cos'hai scoperto?- chiese decifrando le frasi sulla lavagna. C'erano un'insieme di numeri di fianco alle prime vittime attribuite al Serial Killer.
- La metro- rispose lei distratta.
- cosa?- chiesero i detective confusi
- il filo conduttore è la metro. Ogni vittima del nostro killer è stata trovata nei pressi di una stazione della stessa linea, la rossa, che passa attraverso questa zona della città- disse indicando sulla mappa una parte a nord-est di NY -... tranne l'ultima, che è stata trovata ai confini della città, più vicina alla strada che porta al rifugio in cui eravamo rinchiusi io e Rick..ehm Castle....penso che in loro abbia sempre giocato un importante ruolo la fretta nel compiere gli omicidi....insomma, ci sono altre zone famose per la prostituzione, anche più sicure di quelle scelte, perchè proprio lì? In più, tutte le vittime identificate ritrovate nel loro rifugio abitavano nei pressi di queste stazioni. Alcuni addirittura prendevano quellla linea per andare a lavoro.
Scommetto che il killer usava la metro per spostarsi da una zona all'altra. E se è così, significa...-
- che era solito usare quella linea- continuò per lei Ryan
- quindi era un pendolare – intervenne Esposito.
- esatto! Aveva una routine. Ipoteticamente si alzava, prendeva la metro e andava a lavorare. Tutte le mattine.E quando usciva prendeva la solita metro,si metteva il mantello e cominciava a vivere la sua seconda vita.-
- ma loro erano in due. Come facciamo a sapere se entrambi lavoravano nello stesso posto, prendevano gli stessi treni ecc. ?-

- Non lo sappiamo, ma quello che sappiamo è che ora che ha tutta la città alle costole non può scappare senza essere notato, magari ha anche un lavoro...se fossi in lui io terrei il profilo basso per un po', aspettando il momento giusto per darmela a gambe. Dato che non abbiamo divulgato il suo identikit ai media i civili non conoscono il suo aspetto, lui può continuare a vivere indisturbato. -
- Ci sono un po' troppi se per i miei gusti- disse Esposito non convinto.
- Sentite so che è un azzardo, ma non abbiamo altre piste, e io ho il terrore che possa colpire ancora. -D'accordo, cosa dobbiamo fare?-
- Lasciamo la situazione così, niente divulgazioni di identikit, non vorrei si spaventasse e cambiasse i suoi piani. Mandiamo degli agenti su tutta la linea, in borghese ovviamente. Voi due invece andate in queste stazioni- disse indicando le due stazioni vicine ai punti in cui erano state trovate più vittime – e chiedete se qualcuno li riconosce...non solo gli addetti, anche venditori ambulanti, street performers ecc.-
- Ok- risposero i due. Sembrava un'idea talmente campata in aria che a loro sembrava di perdere tempo prezioso.
La detective intuì la loro sfiducia, e disse
-Ragazzi, non so perchè, ma sento che è la pista giusta. Me lo dice il mio istinto-
I due detective guardarono Beckett negli occhi e capirono cosa intendeva.
Si fidavano di lei.


Presero i giubbotti e si avviarono verso l'uscita, mentre la detective si avviò verso la macchinetta del caffè, versandosi il decimo della mattina. Lo avrebbero trovato. Ora ne era sicura.









Ok , fine di un altro capitolo. Il mio problema è sempre quello, mi dilungo nella serie. Anche se in realtà questo capitolo è un pò cortino.


Namaste.

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Capitolo 11
*** Nella mente del serial Killer ***


Capitolo cortissimissimo. E diverso. Dal titolo forse avete già capito.




Son of a bitch




“Perchè tutti questi controlli? Perchè ci sono agenti ovunque?Sono dappertutto, all'angolo,appoggiati alla colonna, che fanno finta di aspettare la metro. Non possono essere qui per me, i telegiornali non hanno detto niente. La polizia pensa che io sia scappato, perchè diavolo sono qui.

No...

non sono qui per me, è impossibile.

Non hanno rilasciato nessun identikit.


Aspetta....


Non hanno rilasciato nessun identikit.


Figli di.... l'hanno fatto apposta! Non volevano mettermi in allerta, non volevano che scappassi...

...

Merda. Cosa faccio? Non posso rimanere qui. Devo andarmene. Merda.

Perchè mi sta guardando? PERCHE' QUEL CAZZO DI AMBULANTE MI STA GUARDANDO?

Devo andarmene di qui.


Oh No. Mi sta seguendo. Mi hanno visto.


Mi stanno seguendo. Hanno capito chi sono, devo scappare, correre e basta. Ma quanto è lunga questa scala?


Ah! la luce del sole! Merda non vedo più niente! Ahhh!

Non c'è tempo maledizione! Togliti bastardo! Da dove vengono tutte queste persone, toglietevi di mezzo!

Cavolo,mi sono ancora dietro. Non posso portarli a casa mia! Dove vado?Merda!


Aspetta, ma certo, al palazzo abbandonato sulla 32^... non mi troveranno li...per un po'... di là...

Eccolo, li ho seminati, per fortuna. E non c'è nessuno qui. Bene.


Ok, non mi troveranno. Non mi troveranno. Ma perchè mi sono messo in questa situazione?. Devo andarmene. Voglio andarmene.

Deve essere stata lei. Quella detective. Stronza maledetta.

Lei deve aver mandato tutti quei poliziotti nella metro. Lei mi sta cercando. Lo so.

Te la farò pagare. Oh, lo vedrai.

Hai ucciso mio fratello, io ti toglierò quello che più ti è caro.







Corto, lo so. Ho tentato di cambiare, ma devo dire che il flusso di pensieri è difficile come stile!

...ho visto che molti a volte mettono delle canzoni a cui si sono ispirati, allora dato che avevo l'ipod mentre scrivevo vi metto le canzoni che mi hanno ispirato per la fuga, canzoni che dovevano ispirare una sensazione di agiazione, non so se mi spiego...comunque, le canzoni sono Do the evolution e Given to Fly dei Pearl Jam e Waiting for the end dei Linkin Park (l'ultima che è uscita, bellissima, stanno decisamente migliorando).
Se me ne accorgevo prima vi mettevo anche le canzoni che mi hanno ispirato per gli altri capitoli, alcune sono molto belle, mi dispiace! Beh vabbè. Spero che il capitolo vi piaccia, che magari vi abbia messo un po' in ansia! Commentate!

Namaste.

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Capitolo 12




New York City.

Certamente la città più famosa al mondo. L'unica in cui può accaderti di tutto.

Vedere uno show a Broadway. Incontrare Woody Allen in un ristorante nell' Upper West Side. Rivivere le scene più famose di decine di film.

La straordinarietà è una caratteristica di quella città, forse per questo i newyorkesi in viaggio per andare al lavoro, quella mattina, non si stupirono molto dell'inseguimento iniziato a quella particolare fermata della linea rossa della metro.

Ordinaria amministrazione.



L'avevano perso.

La detective Beckett era furiosa. Come potevano averlo perso?

Corre come un ghepardo, in più l'ora di punta non ha aiutato” era stata la spiegazione degli agenti che le avevano riferito il mancato arresto.

- Beh, me lo dovevo aspettare....siamo stati così fortunati ad azzeccare la giusta pista al primo tentativo che non tutto poteva andarci ancora liscio- disse Beckett al capitano Montgomery quando lui le chiese come aveva intenzione di agire ora.
- Ormai non ha più senso tenere la cosa segreta. Darò una conferenza stampa e faremo divulgare l'identikit. Speriamo solo di riuscire a prenderlo prima che scappi dalla città- le rispose il Capitano alzando la cornetta del telefono.
- Non è un genio del crimine, signore. Ora come ora è solo un pazzo, spaventato e...-
- Pericoloso, detective- concluse per lei il capitano - Non sottovaluti mai l'effetto della paura su un uomo, specialmente quel genere di uomo. Ora vada, e lo trovi- concluse lui con voce autorevole.
La detective uscì dall'ufficio dirigendosi decisa alla sua scrivania.

Vide da lontano Esposito e chiese novità.

- Niente di niente. Le squadre stanno perlustrando la zona della metropolitana ma l'uomo sembra sparito- rispose
- Allora ho vinto io il jackpot- disse Ryan avvicinandosi veloce alle loro scrivanie dopo aver riagganciato la cornetta.

- Ovvero? L'hanno trovato?- chiese Beckett sperazosa.
- No, quello no-
- quindi??- insistette Beckett esasperata
- Oh, beh, se sei scortese non te lo dico...- le rispose Ryan fingendosi offeso.
- Ryan!!- esclamarono entrambi all'unisono
- Ok, ok, ve lo dico!! ...Abbiamo un nome-




Derek Bateman. 36 anni. Nato e cresciuto in un paesino semi sconosciuto nell'Ohio.
Trasferitosi a New York a 17 anni. Ha comiciato a lavorare come cameriere e , da allora, ha cambiato decine di lavori, fino a circa due anni prima, quando ha trovato lavoro in una fabbrica in periferia.

Il fascicolo continuava con una serie si annotazioni. L'uomo era stato licenziato la maggiorparte delle volte, per lo più per litigi e diverbi con colleghi. Nell'ultimo posto di lavoro aveva ricevuto parecchi avvertimenti riguardo al suo comportamento.

Finito di leggere il fascicolo Beckett decise di fare una visita alla fabbrica dove lavorava per raccogliere informazioni sull'uomo mentre metà corpo di polizia di NY lo cercava.


Arrivati sul posto, un operaio indicò loro il capo.

- Signor Eastbuck? Salve, detective Beckett, NYPD. Dovrei farle alcune domande su Derek Bateman se non le dispiace- disse Beckett mostrando il distintivo.

- Certo, lo immaginavo, ho appena sentito il telegiornale- disse lui con un sospiro, indicandole l'ufficio.

Ryan ed Esposito si guardarono sorpresi
- è già al tg?- chiese Ryan sussurrando
- a quanto pare...- rispose Esposito seguendo la detective e l'uomo.

- Derek era un ragazzo strano, lo è stato fin dall'inizio, ma, insomma, siamo a New York, di gente strana se ne trova a pacchi. Nessuno aveva dato molto peso al suo passato...anche se era un uomo litigioso, non ci sono dubbi su questo. Per questo mi ero fatto qualche remora quando mi ha chiesto un posto per suo fratello...-
- Aspetti...fratello??- chiese la detective sbalordita. Nel fascicolo non si parlava di un fratello.
- Si...si, certo, suo fratello Bill...- rispose l'uomo confuso- non lo sapevate?-
- No, nel suo fascicolo non si parla di un fratello!-
- oh, beh in effetti ha un senso...vedete quando mi ha chiesto il posto in realtà non mi aveva detto che erano fratelli. Cognomi diversi, aspetto diverso. Nessuno sapeva che erano imparentati e loro di certo non facevano niente per farlo capire...-
- che vuol dire?-
- sul lavoro parlavano poco, avevano occupazioni diverse. Facevano la pausa pranzo separati e a mala pena si salutavano. Ero arrivato a chiedermi perchè lo avesse aiutato a cercare lavoro.-
- e allora come mai pensa siano fratelli?-
- oh, beh, circa dieci mesi fa c'è stato un incidente, Bill è rimasto schiacciato da una macchina. Nessun danno permanente ma sul momento aveva bisogno di una trasfusione di sangue, Derek era visibilmente scosso e si è subito offerto dicendo di avere lo stesso gruppo sanguigno.
Quando sono tornato all'ospedale gli infermieri mi hanno detto che dalle analisi si capiva che erano fratelli.-

Mentre ascoltavano i tre agenti cominciavano a mettere insieme i pezzi. Neanche Bill si era fatto a vedere a lavoro da un paio di giorni, senza dare spiegazioni.
Il periodo in cui Bill si era dimesso dall'incidente era quello in cui avevano cominciato ad avvenire gli omicidi...il fratello doveva essere la Rosa Bianca...


-Ha per caso una foto di questo Bill?- chiese Beckett all'uomo.


- Forse, da qualche parte...- disse lui alzandosi pensieroso e rovistando tra delle carte.


I tre intanto stavano riflettendo. Doveva essere successo qualcosa, prima o dopo l'incidente, che aveva fatto scattare in loro la voglia di uccidere.


Ma cosa?

Stavano continuando ad interrogare l'uomo quando il cellulare della detective squillò. Era la centrale.

- Beckett.- rispose la detective
- detective abbiamo un problema, deve venire subito in stazione-
- sono un po' impegnata capitano-
- non la chiamerei se non fosse urgente. Qui, ora.-


Lasciarono il posto promettendo di tornare.

Tornati al distretto il più velocemente possibile.Appena arrivati videro in lontananza il capitano e si avvicinarono aluio chiedendo spiegazioni.
-Detective, finalmente. Le guardie che ho piazzato davanti a casa sua...- cominciò il capitano prima che Beckett lo interrompesse
-Aspetti, ha messo delle guardie di fronte a casa mia? Perchè?- chiese Beckett confusa
- per protezione, ovviamente. Ha letto il profilo psicologico dei killer? C'è scritto che nutrono un profondo senso di vendetta, lei sarebbe stata certo un ottimo bersaglio.
Comunque, dicevo...le guardie hanno trovato un ragazzino che si aggirava da un po' di fronte, ansioso. Dopo un po' si sono insospettite e l'hanno interrogato. Non c'è voluto molto prima che crollasse e dicesse il motivo per cui era lì...
un uomo l'aveva mandato, dandogli una lettera per la Detective Beckett, da consegnare non appena avesse ricevuto uno squillo al cellulare.
Il ragazzo avrebbe fatto il suo dovere tranquillamente, prima di vedere al tg il volto di un uomo ricercato per omicidio che assomigliava fin troppo al suo mandante. Era indeciso se andare o meno dalla polizia quando la polizia stessa è andata da lui.-
- oh mio dio, dov'è la lettera?- chiese Beckett
- eccola, non potevamo aprirla senza il tuo consenso-
-e il ragazzo? Il suo cellulare?- chiese Beckett mentre l'apriva velocemente.
- non ha ancora squillato, il ragazzo rimarrà ospite per un pò- rispose il capitano allungando lo sguardo per osservare meglio.
Dentro alla busta c'era un biglietto. Una calligrafia disordinata. Una scritta agghiacciante.

Te la farò pagare.


Un unico pensiero si stagliò nella mente della detective



Rick!”









Intanto comincio augurando una Buona Pasqua a tutti. Che questa festa porti felicità a tutti voi e un po' di pace in questo mondo incasinato.
Detto questo spero come sempre che il capitolo vi piaccia, mi dispiace non aver inserito Castle ma non c'entrava molto.
Mi raccomando, commentate! Al prox capitolo.
Namaste.


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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


Questo capitolo è davvero davvero corto, ma ho pubblicato qualcos'altro nel frattempo e ho dedicato poco tempo a questa ff. Scusate, spero comunque che vi piaccia.





L'adrenalina era alle stelle. Il messaggio che l'uomo aveva mandato a Beckett era criptico e chiarissimo allo stesso tempo: come lei gli aveva tolto il fratello, lui avrebbe tolto a lei qualcos'altro.
Qualcosa a cui lei era particolarmente legata.
Qualcuno che amava.

Mentre correva verso la sua macchina seguita da Ryan ed Esposito,che avevano capito la situazione senza troppe spiegazioni, la detective tentava di chiamare l'ospedale per avere notizie di Castle.

- Pronto? St. Vincent Hospital, sono Becky,come posso esserle utile?- chiese una voce cordiale
-Sono la detective Beckett, NYPD, ho immediatmente bisogno di parlare col paziente Richard Castle, stanza 440.-
-Detective lo sa che non è un albergo questo non è vero?-
-E lei lo sa che posso risalire alla sua targa e ai suoi conti con una telefonata, Becky?sa, scavando, qualcosa si trova sempre.- rispose la detective
- Sto controllando...- disse l'infermiera frettolosamente
- Brava Becky-
-Il signor Castle è stato dimesso un'ora fa-
-Cosa? Doveva rimanere tutta la notte!- esclamò la detective terrorizzata.
- Già ma avevamo bisogno di liberare la stanza e il signor Castle stava abbastanza bene...- non concluse la frase, Beckett riattacco il telefono per provare a chiamarlo sul cellulare, controllando nello specchietto retrovisore i suoi colleghi che la seguivano con la macchina.
Probabilmente Rick stava tornando a casa, in quel caso avrebbe dovuto voltare la macchina e dirigersi in quella direzione.
Il telefono continuava a squillare a vuoto. Cosa che non capitava mai quando si trattava di Castle.

Sentiva il panico che cresceva.
Col tempo, con l'esercizio, con l'autocontrollo, una donna può riuscire a controllare la paura, può riuscire a delimitarla e schiacciarla, e fare in modo che non si impadronisca di lei.
Ma è dura.
La paura ti soffoca, ti acceca, ti pervade fino a farti crollare...soprattutto se non hai paura per te, ma per le persone che ami.

Il senso di impotenza può farti impazzire. E la pazzia non è utile in certi momenti.

Per questo la detective cercava di autoconvincersi che tutto andava bene, che lui era al sicuro.
In fondo il cellulare del ragazzo non aveva ancora squillato, questo voleva dire che l'uomo non aveva ancora agito.

“ non è successo niente, non è successo niente, maledizione Rick rispondi”

Ma il telefono squillava a vuoto.
Sembrava un incubo.


Aveva cambiato comunque direzione, era sicura che il primo posto in cui sarebbe andato era casa sua, per questo era diretta lì.
Via radio aveva spiegato la situazione ai detective dietro di lei, che goffamente tentavano di confortarla.
“Hanno capito” pensò la detective, lasciandosi distrarre un attimo dal pensiero che i suoi colleghi, i suoi amici, sapevano di lei e Rick. Non ci avevano messo molto a capirlo, d'altronde è facile riconoscere una donna innamorata, e loro erano i migliori nel loro lavoro.

All'improvviso il cellulare della detective squillò. Non fece caso al numero che comparì e rispose agitata
- Rick?!- chiese speranzosa
- Radio 94.5- disse una voce familiare, prima di riattaccare.
- Cosa? Chi è? Ehi pronto??- urlò la detective, sull'orlo della disperazione.
Era lui. Non capiva cosa volesse, ma con la mano tremante, accese la radio, proprio prima di svoltare l'angolo vicino alla casa di Rick.
La voce calda dello speaker disse:


Questa canzone è dedicata a Kate da Derek. Kate , lui vuole che tu sappia che mantiene sempre le promesse!


Concluse lo speaker con voce soave. Pensava fosse una dedica d'amore.
Poi la musica attaccò.
Kate la riconobbe subito.
Bruce Springsteen,
I'm on Fire.

Girato l'angolo,la più devastante delle immagini.

Fuoco.





Fine, lo so è corta! Non uccidetemi! Aggiorno presto...forse, cioè dipende...
Grazie per le recensioni, spero di riceverne ancora!
Al prox aggiornamento.
Namaste.

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


Questo capitolo è un po' diverso.

Allora, premetto che non mi piacciono molto le song-fic...un po' perchè distraggono il lettore dal racconto in generale (o almeno distraggono me) e un po' perchè di solito le autrici scelgono canzoni alla hanna montana o di tiziano ferro o la pausini...quindi già di per sè mi fanno venire i nervi, senza offesa per chi ascolta queste canzoni,anzi, solo per dire che i testi non sono i miei preferiti.

Ma mentre scrivevo questo capitolo una canzone nell'ipod è partita casualmente ,nell'esatto momento in cui descrivevo una scena che sembrava esserci cucita sopra, quindi ho deciso di inserire qualche frase da diverse canzoni, potete decidere voi se saltarli direttamente o leggerli...o anche magari ascoltarli, metto i titoli alla fine per chi non li conoscesse...Buona lettura!






New York is dangerous, littered with thieves
We've no morals here, we just do as we please....



La detective Beckett osservava la scena con la calma più assoluta.

Combattere non serviva a niente. Intorno a lei il mondo correva veloce, le persone urlavano, i pompieri lavoravano incessantemente per spegnere quel fuoco che aveva divorato il condominio.


Appena arrivata l'adrenalina derivata dallo spavento e dalla paura l'aveva spinta a correre verso la fonte di calore, inutilmente ovviamente.

Il fuoco non risparmia niente. E nessuno.


Ma se hai un motivo per lottare puoi fare tutto.

Per questo se il suo appartamento va a fuoco tu ti butti e fai di tutto per salvarlo.

Ma se le fiamme sono troppo alte e il fumo ha creato un muro tra te e l'interno non c'è alcuna possibilità di riuscire nell'impresa. Il tuo corpo cede.



I’m the voice inside your head
You refuse to hear
I’m the face that you have to face
Mirroring your stare
I’m what’s left
I’m what’s right
I’m the enemy
I’m the hand that took you down
Bring you to your knees



Kate Beckett si era risvegliata senza sapere che in realtà erano passati pochi minuti dal suo fallito tentativo di salvataggio.

Qualcuno l'aveva portata via da quell'inferno e l'aveva coperta con un panno.


E poi era rimasta a fissare.

Non aveva il coraggio di muoversi, ne di parlare. Non aveva risposto alle domande del paramedico che aveva notato il suo risveglio, ma tanto lui si era scordato velocemente di lei, impegnato con altre vittime.

E lei osservava. Aspettando notizie. Buone notizie. Era per quelle che pregava.


Il capo dei pompieri si avvicinò a lei.

- Lei è la detective Beckett? Ci hanno detto di riferire a lei- chiese

- Sono io- rispose lei impassibile. “Non mostrare emozioni, Kate” - vittime?-continuò.

- Lei conosceva qualcuno? L'hanno ritrovata svenuta vicino all'ingresso, ha tentato di entrare- chiese titubante l'uomo.
- VITTIME?- ripetè con voce ferma.

- due, detective-

E all'improvviso il mondo crolla.



Breathe in, breathe out,
Tell me all of your doubts,
Everybody bleeds this way,
Just the same.

Breathe in, breathe out,
Move on and break down,
If everyone goes away i will stay.



La donna si ricompose,risollevò il viso e guardò negli occhi l'uomo di fronte a lei. Lui aveva capito la situazione. Non era parte del suo lavoro parlare coi familiari. Lui riferiva alla polizia, erano loro poi a diventare i portatori di brutte notizie. Ma quella donna era la polizia. Ed era anche legata a qualcuno nell'edificio.
“Maledizione” pensò l'uomo. Avrebbe voluto voltarsi e rimandare il discorso, ma la donna era chiaramente intenzionata a sapere tutto.


- chi?- chiese lei
- non sappiamo i nomi...-

- chi diavolo sono?- continuò lei
- un uomo e una donna anziana-
- dove li avete trovati?-
-all'ultimo piano, nel corridoio-

Il terreno intorno a lei stava cedendo. Non era possibile che succedesse davvero. Non era proprio possibile. Castle abitava all'ultimo piano.
- conoscevo delle persone che abitavano all'ultimo piano, posso vedere le vittime?- chiese lei dull'orlo delle lacrime.
- non sono riconoscibili...- disse il pompiere
Un altro pompiere si avvicinò a loro, chiese se poteva parlare liberamente davanti alla donna, e disse
- sappiamo chi sono, l'uomo aveva dei documenti, e la donna è stata riconosciuta da degli inquilini da un tatuaggio.

Non erano loro.

Poteva tornare a respirare.


Ma solo per un secondo.

La donna era una governante, lavorava al piano di sotto ed era scappata verso l'altro per raggiungere l'uscita di sicurezza, dato che le scale erano inagibili.
L'uomo era un poliziotto.
Era lì per proteggere Castle,il capitano aveva dato l'ordine di sorvegliare la sua casa.
Aveva tentato di salvare la donna. Non c'era riuscito.

-Avete trovato altri?- continuò la detective
- Tre feriti, nessuno in fin di vita-
Non dovette chiedere chi erano, davanti a lei passarono diversi paramedici e la donna riuscì chiaramente a vedere le persone ferite.
Ci mise un attimo per mettere a fuoco dei lunghi capelli rossi.
-ALEXIS!- urlò la detective fiondandosi verso di lei
- Stai bene?- continuò la donna prendendola per le spalle.
- Sì, Kate sono contenta di vederti!- rispose la ragazzina abbracciando la donna sollevata di vedere un volto amico.
- Alexis cos'è successo? Eri in casa? Eri sola?-
-Si, sì, ero da sola, stavo uscendo di casa quando è scattato l'allarme, sono scappata dall'uscita ant'incendio-
- Alexis, dov'è tuo padre?- chiese la donna, non ce la faceva più a trattenersi

-Sono qui-

Le due giovani donne si voltarono ed esplosero di gioia. Rick era dietro di loro, sano,ammaccato, ma sano.
- Alexis stai bene?- chiese l'uomo, mentre le due donne lo abbracciavano.
- Si papà, sto bene.-
- Bene, è un sollievo.Ora tesoro, vatti a far vedere dai paramedici, devo parlare con Beckett- disse Rick alla figlia.

Beckett? Perchè mi chiama Beckett?” si chiese Kate.

L'uomo guardava la figlia avvicinarsi all'ambulanza, poi soffermò lo sguardo sulla facciata bruciata del palazza, infine su di lei.
- E' stato lui a fare tutto questo?- chiese Castle serio.
- Rick...- tergiversò lei
- E' STATO LUI?- chiese di nuovo lui, aggressivo.
-Sì- rispose la detective.

Rick rimase qualche secondo in silenzio. Fissava di nuovo la sua casa, quello che ne era rimasto, pensava alla sua amata figlia, a quello che aveva rischiato, a quanto avrebbe sofferto perdendola. Pensò anche a sua madre, che era fuori casa, da un amico, ma che avrebbe potuto benissimo essere all'interno dell'edificio nel momento in cui quel bastardo era riuscito ad entrare, non si sa come, e a scatenare quell'inferno.


Pensava a tutto questo, quando all'improvviso tornò a fissare la donna di fronte a lui.

-Ora è diventata personale.-



Hey now, all you sinners
Put your lights on

Hey now, all you killers
Put your lights on

Leave your lights on
You better leave your lights on
'Cause there's a monster
Livin' under my bed
Whisperin' in my ear

And there's an angel
With her hand on my head
She say I got nothing to fear


'n God don't let me loose my nerves
Don't let me loose my nerves.







Fine. Spero vi sia piaciuto, i testi li ho un po' adattati, nel senso che a volte ho tagliato via qualche frase.

Comunque questo dovrebbe essere il penultimo capitolo, o il terz'ultimo se decido di fare un epilogo a parte, non so.

Se mi lasciate delle recensioni (please!!) ditemi se nel prox capitolo posso mettere ancora dei testi o è meglio se lascio perdere perchè son solo una rottura, mi interessa la vostra opinione.

Di nuovo, spero vi piaccia! Sotto metto le canzoni nell'ordine in cui sono nella storia, spero vi piacciano!

Al prox capitolo.
Namaste.


Songs:

War sweater- Wakey!Wakey!

The pretenders- Foo Fighters

Breathe in breathe out- Mat Kearney


Put your lights on- Santana ft. Everlast

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


Ciao a tutti! Capitolo finale gente...ho abbandonato l'idea della musica, ho deciso che andava bene per quel capitolo, non per il resto,spero comunque che vi piaccia...

Ah ci sarà anche un epilogo alla storia successivamente!

Buona lettura!





Può una vita umana essere sconvolta così profondamente in così poco tempo?


Kate Beckett pensava a questo mentre osservava la lavagna davanti a lei.

Nei due giorni precedenti erano successe talmente tante cose che non riusciva più a ricordare come fosse la sua vita prima di quell'isolamento.

Rick era di fianco a lei e parlava con Ryan, mentre Esposito era al telefono e discuteva con qualcuno al telefono riguardo all'incendio.

Era possibile che nessuno avesse notato un pericoloso ricercato entrare in un costoso palazzo in centro? Quella città era davvero diventata così poco sicura?


Ma il problema della detective era un altro.

-Rick?- lo chiamò in disparte, facendo sollevare molte teste al distretto, curiose di sapere quando, di preciso, la detective aveva smesso di chiamare lo scrittore per il cognome.

Beckett notò le occhiate maliziose e disse a voce alta

-Fatevi una vita, gossip girls- prima di sbattere dietro di sè la porta, lasciando tutti i poliziotti sbigottiti dall'altro lato, con Ryan ed Esposito sogghignanti.


-Rick, non so bene come siamo finiti di nuovo nella situazione in cui io cerco il cattivo e tu mi segui passo-passo, quindi non voglio perdere tempo in discorsi inutili: vai a casa, vai da tua figlia e lascia che noi ci occupiamo di prendere il bastardo.-

Rick le rivolse uno sguardo di ghiaccio.

- Quale casa? Quella che mi ha bruciato? Quella in cui c'era la mia unica figlia?

Voglio esserci Kate. Solo questa volta, poi ho chiuso. Ma devi permettermi di esserci.-


La discussione era finita. Non poteva fare niente per convincerlo.

Ne ricordargli che poteva rischiare la vita, né pregarlo di desistere .


Quindi si rimisero all'opera.

-Abbiamo una testimone- si avvicinò a loro Esposito- una mendicante dice di aver visto un uomo entrare ed uscire dall'edificio poco prima che scoppiasse l'incendio. È lei che ha chiamato i pompieri. Dice che l'uomo aveva un cappello e l'aria, cito testualmente,“di uno spacciatore che non è stato pagato dai suoi clienti, nonostante siano abituali e si dovrebbe fidare di loro”- detto questo si sentì gli sguardi dei suoi colleghi addosso, li fissò un attimo e disse – non ho indagato oltre su questo...- mentre i suoi colleghi annuivano e Castle disse “giustamente”, - Ma...- continuò lui - sembra che l'uomo avesse una certa fretta mentre si dirigeva alla fermata della metro,ed era al telefono, quindi probabilmente è proprio lui, in quel momento doveva essere al telefono con la radio- concluse Esposito.

-Ok, quindi ha preso la metro nella stazione vicino a casa di Castle...voi due andate a chiedete in giro se hanno visto il nostro uomo...non deve essere molto lontano in questo momento- disse Beckett.

I due annuirono e si avviarono di fretta verso l'uscita.

Beckett e Castle rimasero in stazione, cercando di capire cosa poteva passare per la mente di quello squilibrato.

Il capitano aveva promesso a Castle la massima protezione per sua figlia e per sua madre, ma quello che terrorizzava di più Beckett era lui stesso. Se l'assassino aveva promesso di vendicarsi di lei, il primo nel mirino era solo Rick.

E questo l'aveva capito anche lui, purtroppo.


Infatti, nello stesso istante, entrambi fissarono il muro dietro alla lavagna, e l'idea più terribile che si possa immaginare venne in mente ad entrambi.

Quella stessa idea aveva provocato due reazioni completamente differenti.

-No!- disse Beckett all'improvviso, capendo che ciò a cui pensava e scartava, lo scrittore l'aveva già analizzata e accettata.

- Non capisci che potrebbe essere l'unica alternativa!?! è assurdo dare la caccia ad uno che da la caccia a me! Ormai saprà già che sono ancora vivo, e continuerà a volere vendetta, fammelo fare!- disse Rick in preda al delirio che lo prendeva sempre ogni volta che pensava di aver avuto un'idea geniale.

-Rick, non farai da esca, né ora né mai!.-
-Ma cosa cambia? Tanto prima o poi lui verrà da me! In questo modo saremo preparati! E funzionerà di sicuro, lui sa che quel posto e mio e che ci vado spesso. Ci ha sentito parlarne prima che ci rapissero, non ti ricordi?-
Si ricordava. Pochi minuti prima che entrambi venissero aggrediti alle spalle in quel posto che pensavano deserto parlavano proprio di quello.Di sicuro li avevano sentiti.


A malincuore accettò, e il piano cominciò a prendere forma.

Prima di andare a prendere il caffè Kate si fermò di nuovo a osservare il punto che aveva fatto

venire ad entrambi quell'idea.

Il pezzo di giornale di qualche mese prima che parlava di come lo scrittore di gialli Richard Castle avesse comprato il vecchio bar “The Old Haunt”, e di come fosse solito trascorrere i momenti di relax e di scrittura lì, sembrava ricambiare il suo sguardo, quasi sfidandola.

Non era il momento di avere paura.



Il piano era semplice, ben congeniato e assolutamente stupido. Senza menzionare pericoloso.

E vietato.

Non dovevano dire niente a nessuno, il capitano non avrebbe mai permesso un piano del genere, soprattutto sapendo che poteva non portare a niente.

Ma Rick era estremamente convinto, e Kate col tempo aveva capito che l'istinto dello scrittore spesso ci azzeccava.

Così cominciarono a mettersi all'opera.

Rick chiamò il barista e gli disse di chiamare l'ultimo drink, presto sarebbe andato lì e voleva che per quel momento il locale fosse in procinto di chiudere.

Mentre si avviava al locale Rick avrebbe dovuto fare in modo di attirare tutte le attenzioni che poteva, sperando magari che una qualche fan mettesse su Twitter la sua posizione e scrivesse che Rick Castle si avviava da solo al suo locale per tirarsi su di morale dopo l'incendio alla sua casa.


Se quell'uomo aveva gli occhi puntati sullo scrittore quello sarebbe bastato quello ad attirarlo a lui.

Dato che gli piaceva il fuoco il problema era però impedirgli di usarlo di nuovo, ma non c'era pericolo. Il locale era ben controllato, in più la strada era molto trafficata e dall'altra parte della strada c'era la caserma dei pompieri, difficilmente avrebbe agito da piromane.


Quando si sarebbe presentato, se l'avesse fatto, Kate sarebbe intervenuta.


-Semplice e perfetto- concluse Rick.

-Sì, se non muori nel frattempo...- rispose Kate
- Dammi una pistola allora-

-Certo, stavo giusto per farlo, vuoi una 33 millimetri? Una 39? o vuoi direttamente le spade laser di Star Wars?- chiese sarcastica.

- ok, primo, sei un po' troppo sarcastica, secondo, sarebbe davvero figo se davvero le avessi... Dai! Lo sai che so usarla e che non ne abuserei!-


Kate si lasciò convincere, di nuovo.

Quella situazione peggiorava ogni secondo di più.

Dio!come odiava quando le cose le sfuggivano di mano...


Il piano cominciò. Richard salutò tutti alla centrale, dicendo di andare a riposarsi.

Mentre si avviava al locale salutava la gente, concedeva autografi davanti alla libreria più grande della città, si faceva scattare foto e osservava compiaciuto una ragazza che sembrava indaffarate a scrivere sul blackberry qualcosa...il piano stava funzionando.

Era così eccitato che neanche notò la figura che lo seguiva poco più indietro.


Mentre camminava continuava a mandare messaggi a Kate come da accordi. Lei intanto era in un'altra zona della città e si avviava anche lei nello stesso punto. Avevano concordato che era meglio prendere strade separate per non destare sospetti.


E finalmente, ecco il locale.

Rick vedeva la gente che usciva, leggermente infastidita dalla chiusura anticipata.

Lui eslcamò a voce alta -Scusate signori! Ho bisogno di un po' di pace e quiete, capite cosa intendo?- ridendo e dando pacche sulle spalle alle persone.

Il barista chiese se aveva bisogno di altro e conlcuse dicendo – Ok Rick, ti lascio al tuo destino- prima di congedarsi da lui.

Era una cosa che diceva sempre, tutte le volte che qualcuno usciva dal locale, m quella volta le parole gli penetrarono dentro come un coltello. Rick scrollò la testa tentando di far uscire i cattivi pensieri, ed entrò.


Tutto buio, tutto tetro...il posto perfetto per un omicidio...

“Non sarebbe neanche male morire qui...sarebbe poetico” pensò Rick sedendosi.

Non sapeva bene cosa fare, se fingersi occupato o restare semplicemente seduto a bere...

Rick guardò il bicchiere di scotch che si era versato, poi pensò alla pistola...forse è meglio lasciar perdere il bere, pensò allontanando il bicchiere.

Poi cominciò a guardarsi intorno. L'ultima volta che era stato così al buio era insieme a Kate, ed era stato il momento più intimo che avesse mai avuto in tutta la sua vita. Mai si era sentito tanto vicino ad una persona come in quel momento. La tragedia unisce le persone in maniera incredibile. Non si era mai chiesto perchè...magari nel suo prossimo libro avrebbe trattato l'argomento...



- Buh-




Rick alzò la testa all'improvviso, per ritrovarsi una canna di pistola puntata alla testa, proprio di fronte a lui.


-Cavolo scrittore, quando sei pensieroso non senti nulla intorno a te- disse l'uomo, appoggiato alla colonna del locale.

Completamente paralizzato.


L'unica cosa a cui Rick non aveva pensato, in quel piano, era la sua reazione nel vedere l'uomo che lo aveva torturato.

Completamente paralizzato.


- Non dici niente? Neanche ciao, Derek? Mi sei mancato? Sento come un “brivido” nel vederti?- rise l'uomo fissando lo scrittore.


Dopo pochi secondi Rick si riprese quel poco per dire:

- Hai dato fuoco alla mia casa-
-Corretto-

-Con mia figlia dentro-
-Speravo fossi tu, ma, di nuovo, corretto-
- Hai ucciso un mucchio di persone, tra cui dei bambini...per divertimento...-
Il ghigno sulla faccia dell'uomo si spense.

Il suo viso si contorse in una smorfia.
- Stupido bastardo, il divertimento non c'entrava niente... Ora inginocchiato o ti sparo diritto in fronte!-
- Perchè hai ucciso quelle persone, Derek?- continuò Rick, senza muoversi di un millimetro.
- Ti ho detto inginocchiati!- ripetè il killer sempre più alterato.

- Ok!- rispose Rick mettendo le mani avanti, cercando di calmarlo – mi sto inginocchiando, vedi, tu però dimmi perchè...solo questo..poi puoi uccidermi.- disse Rick.


Cercava di prendere tempo, aspettando che Kate entrasse....ma non lo faceva...


Il suo sguardo si soffermò un attimo sulla porta alle spalle dell'uomo.


Che lo notò...


- Oh! Ho capito adesso...aspetti rinforzi? Aspetti che la tua guardia del corpo venga a salvarti? Oh ma non è molto virile da parte tua Ricky!-

Disse l'uomo avvicinandosi di nuovo alla grande colonna a cui era appoggiato prima.

- Anche perchè dubito possa aiutarti!- continuò l'uomo, afferrando qualcosa da dietro la colonna e gettandola per terra di fronte a Castle.

Kate se ne stava, svenuta, di fronte ai suoi occhi,sdraiata per terra e ammanettata con le sue stesse manette.

Doveva averla vista appostata.

Doveva averla colpita e legata.

Doveva averla portata dentro dall'uscita secondaria senza che lui se ne accorgesse...come diavolo aveva fatto a non accorgersene?


Ora cominciava ad avere paura.
In uno scatto d'ira si mosse nella direzione dell'uomo che aveva colpito alla testa la donna, che ora sanguinava dal punto d'impatto, ma il killer lo avvertì di stare attento scuotendo la pistola.

-Oooh Sandokan! Attento...non vorrei farti male prima del tempo...-
Rick non capiva.

- oh, vedi, ho pensato che, dato che voi avete ucciso mio fratello davanti ai miei occhi, è giusto che io ricambi il piacere...dobbiamo solo aspettare che la bella addormentata apra gli occhi-


Rick lo guardò, con il disgusto negli occhi.


-Oh non guardarmi così! Insomma ammetti che un po' è colpa vostra! Pensavate davvero di potermi sfuggire?pensavi davvero che potessi credere che tu venissi da solo in questo posto? Ovviamente no! Non sono uno stupido, così quando ho visto che uscivi dal distretto ho deciso di non seguirti, ma di seguire la tua bella, qui...ovviamente ti avrebbe raggiunto...e l'ha fatto...prima di te! Pensavi davvero che non avrei capito che il tuo piano era proprio attirarmi in questo posto? Per questo hai fatto in modo di farti notare?? Incredibile... -

- e' per questo che non ti ho sentito entrare? Eri già dentro quando sono arrivato?-
-Eravamo già dentro sì...beh d'altronde mentre tu eri impegnato a firmare autografi in libreria...sì anche io ho Twitter,e non immagineresti neanche quanti amici ho...beh, dicevo, mentre tu ti occupavi della tua pubblicità, noi abbiamo avuto un piacevle incontro, e mentre la clientela usciva siamo sgattaiolati dentro...sinceramente pensavo ci notassi appena entrato, ma non è stato così...non sei molto bravo come osservatore...-

- Già non lo sono- disse Rick sottovoce...

- Già...ma davvero, credevate di potermela fare in questo modo? Credevate di prendermi alla sprovvista e ingannarmi come un criminale qualunque? Siete incredibili...se non fosse che mi avete messo i bastoni nelle ruote per tutto questo tempo avrei quasi pietà di voi...-


- Gentile da parte tua- Rispose una voce da terra.

Kate tirò un calcio all'uomo in piedi sopra di lei e lo atterrò, facendogli mollare la pistola. Gli si buttò addosso per impedirgli di riprenderla e intanto urlò a Rick di stare indietro, dato che l'uomo si stava avvicinando per aiutarla.
-ORA!!- gridò la donna, confondendo lo scrittore che non sapeva bene cosa fare.

Capì poco dopo che non si rivolgeva a lui.


Ryan ed Esposito saltarono fuori da dietro al bancone e puntarono le armi all'uomo, gridando entrambi “Mani in alto!” .

Rick,sempre più confuso guardò l'uomo alzare le mani, con un'espressione sempre più rabbiosa in volto e lo sguardo di uno che cercava una via d'uscita da quella situazione.

Non ne aveva.


Finalmente la giustizia aveva fatto il suo corso.



Dopo poco più di dieci minuti degli agenti portarono via l'uomo in manette, dopo avergli letto i capi d'accusa e i suoi diritti.

I tre detective e Castle guardarono l'uomo entrare nella macchina lanciandogli uno sguardo di puro odio.

Richard Castle aveva un nemico mortale.

Poteva farci l'abitudine...
Era strano non ne avesse di più in effetti.



Ma quello era il momento delle spiegazioni.


Rick scoprì che Beckett aveva capito che lui sarebbe saltato fuori con l'idea dell'esca nel bar, quindi aveva detto a Ryan e ad Esposito di aspettare lì dentro, ma davanti a lui doveva dare loro un'altra scusa per mandarli via dalla stazione, perchè non avrebbe voluto i due poliziotti con loro.

In più la detective gli aveva messo alle costole due poliziotti che lo controllassero mentre andava al bar, seguendolo da lontano, per evitare che gli venisse fatto del male nel tragitto (mentre gli spiegava questo Kate salutò con la mano due agenti in borghese dall'altra parte della strada, che Rick ricordò di aver notato mentre firmava gli autografi in libreria, ma che aveva scambiato per due passanti). Il problema del piano è che lei non aveva previsto che il killer avrebbe potuto seguire lei. Per questo non aveva potuto prevedere di venire colpita.

All'interno del bar i due detective avevano vissuto momenti di vero terrore, non sapendo quando poter intervenire senza ferire nessuno, ma fortunatamente Beckett si era ripresa, e tutto era andato bene.



La folla attirata scemò. I poliziotti cominciarono a lasciare l'area, Ryan ed Esposito li salutarono allegri ed infine Kate e Rick rimasero soli.

- Oh mio Dio!- disse Rick all'improvviso – mi sono completamente dimenticato! La tua testa!-
-Oh tranquillo, non è niente, è già chiusa, domani andrò dal medico- rispose lei cominciando a camminare

- Ok, se lo dici tu... sai sono un po' deluso....-
- Come mai dici questo?Abbiamo preso il cattivo- chiese Kate
- Si ma speravo di essere io a prenderlo! Volevo una scena epica, in cui dopo una lotta feroce tra noi due io gli puntavo la pistola spinto dalla vendetta, dicendogli qualcosa tipo “Questo è per mia figlia bastardo!” e poi poco prima di sparargli tu mi fermi con le lacrime agli occhi pregandomi di non farlo perchè non sono un assassino, e io alla fine abbasso la pistola dichiarandolo in arresto e cose così...- disse Rick
- Wow...questo era davvero molto specifico...-
- Già...lo immaginato molte volte nella mia testa...- disse Rick
- Lo sai che non puoi arrestare nessuno vero?- chiese Kate
- Si, ma lui non lo saprebbe!-

- Ok...beh sarà la prossima volta...- concluse lei sorridendo e prendendogli la mano, felice di poterlo finalmente fare.

Continuavano a camminare quando, ad un certo punto,Rick si fermò.
- Sai cosa non abbiamo mai fatto?-
- No- rispose Kate confusa.
- Questo- disse Rick , prima di prenderle il viso e baciarla con tutta la passione che poteva.
Lei si lasciò andare al bacio buttandogli le braccia intorno al collo.
Quando si staccarono lei sorrise e disse
- Veramente questo l'abbiamo già fatto-

- Non di fronte al mondo intero - rispose lui girando la testa ed indicandogli con un cenno una dozzina di persone che li fotografavano con cellulari e Blackberry.

Tutti i fan accorsi appena sentito della notizia che il loro scrittore preferito era stato tenuto in ostaggio e aveva rischiato di morire stavano per mostrare a tutto il mondo virtuale il loro segreto,e nessuno dei due poteva essere più felice.


- Allora diamogli qualcosa di cui parlare- disse lei mostrandogli il suo splendido sorriso e avvicinando le sue labbra alle sue un'altra volta.




“Allora è questo che si prova ad essere felici?”





Fine.

The end....


Fin.


Non so come altro dirlo...sono un po' triste che la storia è finita...spero che il capitolo vi sia piaciuto, all'inizio volevo farlo con molta più azione, con una scena un po' come la voleva Castle, per intenderci, ma ho pensato che era un po' scontata e poco realistica...

Dopo questo capitolo in realtà ci sarà l'epilogo, quindi non è proprio la fine fine, ma comunque mi dispiace lo stesso un po'...questa storia durava da qualche mese, mi ci ero quasi affezionata.

Ringrazio tutti quelli che l'hanno seguita, recensita, preferita ecc...Grazie!

Mi piacerebbe vedere qualche commento anche di chi non ha mai recensito, solo per sapere se la storia nel suo insieme (non solo questo capitolo) è piaciuta...anche se non lo farete comunque Grazie di cuore!

Buona settimana a tutte...


Namaste

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Capitolo 16
*** Epilogo ***


Epilogo.




6 mesi dopo...


La detective Kate Beckett stava riordinando dei vecchi fascicoli alla centrale di polizia quando, tra le varie scartoffie, riconobbe un foglio familiare. La sua mente tornò indietro di sei mesi.


Erano passati cinque o sei giorni dal momento in cui avevano arrestato il killer che aveva gettato nel terrore la città. Lo psicologo criminale nel frattempo era riuscito, scoprendo le identità dei due killer, a stilare dei profili psicologici accurati.

-Vedete...- disse l'uomo parlando con Beckett e Castle – i due soggetti sono cresciuti nel South Dakota insieme alla madre, il padre li aveva abbandonati alla nascita. Entrambi sono stati maltrattati e abusati dalla madre fin da quando avevano due anni. Quando il più grande aveva nove e il più piccolo sette anni i servizi sociali li hanno affidati ad una struttura per toglierli dalla mano della madre. Si scoprì in seguito che la madre, una prostituta, una bella donna bionda con gli occhi verdi, li maltrattava perchè pensava che loro avessero reso la sua vita un inferno.

Rimasero in quel posto fino al compimento dei diciotto anni del più grande, che si prese la responsabilità anche del fratello. Una settimana dopo del rilascio la madre venne trovata morta in casa sua, accoltellata. La balistica capì che gli assassini erano due, ma la polizia non fece niente. Conosceva la storia dei due ragazzi. Non voleva infierire oltre.

Quindi andiamo avanti di molti anni, i nostri due soggetti sono riusciti a trovare un posto nella società, entrambi hanno un lavoro a New York, in una fabbrica, anche se ognuno con cognome diverso, probabilmente perchè non volevano che qualcuno chiedesse loro del loro passato.

Ma un giorno succede qualcosa che fa scattare la furia omicida: uno dei suoi colleghi viene scoperto da Bill, o “la Rosa”, in compagnia di una prostituta, una bella donna con gli occhi verdi. Capite il nesso? Quello lo ha fatto impazzire. Ha cominciato a litigare con l'uomo fino a quando, nella foga, non ha spinto un macchinario che ha finito per cadergli addosso.

Dopo il dovuto tempo di riabilitazione insieme hanno deciso di andare a cercare la donna. Pensavano che meritasse quello che avevano in servo per lei...-


Beckett e Castle ascoltavano rapiti. C'è sempre una storia dietro la nascita di un mostro, ma quella era incredibile.


- … gli omicidi delle altre prostitute sono venuti di conseguenza...-

Kate seguì la ricostruzione attentamente, prima di chiedere all'uomo il perchè delle altre vittime.

-Beh, per quanto riguarda gli uomini e le donne, la maggiorparte probabilmente erano solo nel posto sbagliato al momento sbagliato, un uomo sembra essere collegato ai due, un testimone sembra averlo sentito chiamare Bill “Figlio di ….” una sera dopo il lavoro.

Per quanto riguarda i bambini...secondo la mia ricostruzione i due soggetti devono aver visto i bambini giocare nel parco, due ragazzini approssimativamente della loro età quando vennero strappati alla madre per gli abusi subiti, intenti a divertirsi, coccolati dalla madre, anch'essa una bella donna bionda con gli occhi verdi...non riuscivano a capire perchè a loro non era toccata quella fortuna....-


Kate e Rick si guardarono negli occhi, congedando lo psicologo dopo averlo ringraziato.


Si può provare pena per un mostro?


Usciti dalla stanza, Rick si girò verso di lei.
- Wow...è una storia terribile. Perfino io non avrei mai immaginato una cosa del genere.-
- Già, ma non lasciarti trasportare dalla pietà, quello che hanno fatto va oltre quello che hanno subito-
-Già...mi sembra di vedere il mondo attraverso delle lenti diverse ora. Incredibilmente mi è venuta voglia di andare da mia madre ed abbracciarla...- disse Rick, con un brivido.
Kate sorrise, e disse

-Beh, ci salutiamo qui-

-Deja vu- rispose Rick, ricordando la fine del loro primo caso.
Kate annuì ridendo e poi disse

- Ci vediamo dopo al ristorante?-

-Non vedo l'ora- rispose Rick prendendo la giacca e baciandola sulla guancia.
Non si potevano lasciar andare alla centrale, i colleghi non erano ancora pronti a vederli come coppia.
Mentre si incamminava verso l'uscita, Rick pensò con malinconia a tutte le volte in cui l'aveva fatto, sapendo di tornare in quel posto al più presto. Quei tempi erano finiti, una promessa era una promessa.


Lui aveva chiuso.


Ma mentre usciva, da lontano sentì la voce del capitano che lo chiamava. Si girò e lo vide avvicinarsi.
-Castle, sono venuto a ringraziarti per il tuo aiuto in questi anni. Senza di te molte di quelle persone non avrebbero ricevuto giustizia...-
-Si figuri, è stato un piacere, e sono sincero...-
- ...Non capisci, Castle. Non voglio che la smetti.- continuò il capitano serio.
- Capitano, grazie, ma penso che sia la decisione giusta. Non posso più rischiare la mia vita e quella degli altri.- disse Rick, sorpreso della richiesta del capitano.
- Nessuno ha mai detto che tu debba più farlo...hai mai pensato ad una carriera come consulente delle forze dell'ordine?-




Erano passati mesi da quel momento, ora Rick divideva il suo tempo tra la scrittura del suo nuovo libro, “Heat Locked”, la ricostruzione della casa e un lavoro di consulenza che lo appagava in pieno.

Kate pensava con piacere che quella orribile situazione dopotutto non aveva portato solo brutte conseguenze, mentre metteva via i documenti.

Si alzò a fatica da per terra e uscì dallo stanzino, fuori l'aspettava il suo fidanzato con un giglio in mano.

-Hey!- lo salutò entusiasta lei

- Hey a te! Come stanno oggi le mie due donne?- chiese Rick accarezzando il pancione alla sua ragazza.

-Stiamo bene, tranquillo papà- rispose lei guardando la sua pancia. - Mancano ancora tre mesi ma la piccola si scatena come se volesse uscire ora-
Rick rise e si appoggiò alla scrivania.
- Senti, volevo parlarti della situazione in cui siamo rimasti ieri sera...- disse lui, facendosi serio.
- Accetto- rispose interrompendolo lei.
- Come?- chiese lui confuso
- Accetto di venire a vivere con te, ho già detto al mio proprietario che alla fine del mese me ne vado!- disse lei felice.
- Oh mio dio, è bellissimo! Alexis sarà così felice, e sarà un bene per la bambina avere i genitori insieme...- rispose lui abbracciandola stretta.
- Lo so! Vado a prendere la giacca e ti raggiungo- disse lei baciandolo in fretta e voltandosi per incamminarsi.


Lui sorrise tra sè e sè accarezzando la scatolina di velluto che aveva in tasca.

La sera prima le aveva chiesto di andare a vivere con lui; dato che lei era indecisa aveva deciso di osare di più, di darle più certezze, ma forse quello non era il momento giusto.

Forse ora dovevano solo godersi il momento, molte cose sarebbero cambiate di lì a poco.


Ma non avrebbe aspettato a lungo.





FINE!!


Questa lo è per davvero!! ragazze sono un po' triste!! spero comunque che vi piaccia l'epilogo. È proprio un Happy Ending in tutti i sensi, proprio come piace a me che vivo ancora nel mondo degli orsetti del cuore.

Grazie ancora a tutte quelle che hanno letto la storia! Spero che vi sia piaciuta almeno quanto a me è piaciuto scriverla.

Sappiate comunque che tornerò!! Buahahahaha!

No a parte gli scherzi tornerò davvero, magari dopo gli esami, con un'altra storia...


Nel frattempo, buona fine scuola, buon inizio vacanze, buon tutto!


Namaste.


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