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di Padme Undomiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Instinctively (Takeru-Hikari) ***
Capitolo 2: *** You can't exist without me (Digimon Kaiser) ***
Capitolo 3: *** Do you remember our old bet? (Daisuke-Miyako) ***
Capitolo 4: *** You were lying (Taichi-Sora) ***
Capitolo 5: *** Strangers (Yamato-Takeru) ***
Capitolo 6: *** Knock knock (Osamu-Ken) ***
Capitolo 7: *** Stylish (Takeru-Koushiro) ***
Capitolo 8: *** Out Of Character (Daisuke-Ken) ***



Capitolo 1
*** Instinctively (Takeru-Hikari) ***


Instinctively
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Instinctively (Takaishi Takeru; Yagami Hikari)




Certe volte Hikari era davvero buffa.
Dietro di lui, che era seduto sull’erba, la brezza pomeridiana scuoteva le foglie degli alberi, filtrando e nascondendo periodicamente la luce del sole, come in una danza. Davanti a lui, circondata da un giardino fiorito, una cascata rombava piano, e le sue acque erano così sfavillanti che sembravano aver rubato alcuni frammenti di luce per nasconderli sotto la superficie. Il cielo era semplicemente magnifico, terso e azzurro.
Ogni cosa era splendida, in quell’angolo di paradiso a Digiworld. Eppure Hikari andava ancora avanti e indietro, indecisa, con la macchina fotografica al collo, voltando la testa da un lato all’altro senza riuscire mai a fissare lo sguardo in una sola direzione.
Takeru rise ancora, chinandosi verso la sua direzione e alzando la voce. “Andiamo, Hikari-chan! Neanche qui trovi un soggetto adatto?”
Hikari si voltò, una piccola smorfia scontenta sul viso. “E’ che è tutto troppo bello”, si lamentò. “Come posso scegliere io i soggetti più significativi che ritraggano Digiworld dopo la sconfitta di BelialVamdemon?”
Lei era adorabilmente semplice. Era questa la cosa che gli piaceva di più di lei, in assoluto. Con un sospiro, il ragazzo si mise in piedi, avvicinandosi a grandi passi verso di lei.
“Ma se devo scrivere davvero un memorandum delle nostre avventure, credo che ai lettori piacerebbe vedere qualcosa della Digiworld del dopoguerra”, le disse, fermandole il viso con le mani per impedirle di guardarsi ancora intorno, preoccupata. “Ascolta, Hikari-chan. Tu hai salvato questo mondo, e conosci la sua magia. Sei la fotografa più indicata.”
Le sorrise, mentre Hikari si arrendeva. “Dimmi cosa vuoi che fotografi, per favore. Mi sembra un delitto scegliere.”
Takeru si strinse semplicemente nelle spalle. “Io non voglio nulla”, chiarì, e gli occhi castani di lei lo fissarono, scettici. “Devi solo pensare che questo posto ti appartiene, perché ti ha dato cose che altrimenti non avresti mai conosciuto. Fotografa i doni più grandi che ti ha donato Digiworld, così che tutti ne avvertano il calore come te.”
Hikari sorrise, incredula. “Esigente, signor scrittore?”
Takeru annuì. “Certo”, disse, e poi rise, lasciando andare il suo viso. “Dai, provaci. Una cosa istintiva.”
Si allontanò di qualche passo, e mise le mani in tasca, osservandola curioso. Hikari si fece seria, con un sospiro, e riprese la sua fedele macchina fotografica, con piglio deciso.
Tutto ricominciò daccapo, ma questa volta la ragazza sembrava guardare tutto con aria più critica. Più di una volta si girò a scrutarlo, dapprima per pochi istanti, poi per sempre più tempo, finché la sua espressione non si fece pensierosa e quella di Takeru perplessa.
“Ehi, cosa stai …” Fece per dire, ma un flash lo abbagliò per un momento.
Hikari, le guance infuocate, stringeva la macchina fotografica con una foto in più, osservandolo timida. “Fatto”, gli disse.
Takeru sbatté le palpebre. “Ma hai preso anche me”, obiettò, confuso.
Lei distolse lo sguardo, arrossendo anche di più. “Ho preso intenzionalmente te”, gli rispose piano.
Non gli ci volle molto per capire cosa intendesse.
L’imbarazzo lo colse all’improvviso, ingarbugliandogli i pensieri.”Ma” balbettò, a disagio. “Ma non posso inserire una mia foto nel …”
Una cosa istintiva, Takeru-kun”, ribatté lei con un sorriso dolce, per poi girarsi in tutta fretta e allontanarsi.
La fissò a occhi sgranati per qualche istante, incredulo.
“Il dono più grande …” Si disse, grattandosi la nuca. Poi sorrise, e spiccò una corsa per raggiungerla, più leggero che mai.
“Ehi, Hikari-chan! Non avrai intenzione di tenerla, vero?”




Ma quanto possono essere carini questi due insieme **
Dunque, a voi che vi siete apprestati a leggere questo nuovo progetto: ben trovati :) era da un po' che contavo di tenere una raccolta in questa categoria, ma solo adesso posso presentarvi il progetto in concreto. Come avrete capito dall'introduzione, altro non è che un insieme di flash-fic assolutamente prive di legame cronologico: ogni personaggio, rapporto, situazione o spunto della prima e della seconda serie potrebbe essere utilizzato liberamente e in modo del tutto casuale. Riguardo a un limite di capitoli... ancora non ho un'idea chiara! Suppongo finché l'ispirazione non mi abbandonerà xD
Ora, questa flash-fic in particolare è collocata largamente dopo la fine della seconda serie, e quindi dopo la definitiva sconfitta di BelialVamdemon (Malomyotismon). E' un ipotetico momento in cui Takeru ha già scelto e abbozzato qualcosa del memorandum riguardo ile sue avventure a Digiworld. E ovviamente, Takari :D semplicemente perché avrei voluto davvero che alla fine della serie la loro situazione sentimentale fosse stata stabilita ufficialmente (ç_ç), o perché non scrivo tante Takari come vorrei :)
Fatevi sentire se avete commenti, critiche o -perché no? Suggerimenti per le prossime flash-fic! Vi aspetto :)
Padme Undomiel

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Capitolo 2
*** You can't exist without me (Digimon Kaiser) ***


You Can't Exist Without Me
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You can’t exist without me (Digimon Kaiser/Ichijouji Ken)




Perenne presenza, ovunque tu sia.
Nella tua fortezza, sotto il sontuoso trono che ti sei costruito, tra le pieghe del tuo ampio mantello sulle tue spalle, sul tuo volto nascosto dietro spessi occhiali.
Nelle Dark Towers che costruisci, nel potere dei tuoi Evil Rings o Spirals.
Cammini per le strade del tuo mondo, e sono con te.
Ridi, soddisfatto, sicuro, autoritario, e sono nella gelida voce da cui proviene quel suono.
Colpisci, impietoso, con la tua frusta da sovrano indiscusso, e sono nella soddisfazione perversa che ti invade quando osservi quei patetici esseri inferiori piegarsi, soffrire, gemere.
Senti di dominare, finalmente, i territori che hai designato come tuoi, e sono nel crudele sorriso che quasi ti deforma il viso.
Ti senti capo.
E non capisci.
Nulla può scalfire il tuo animo arrogante, certo della vittoria, sprezzante: nemmeno la luce del sole.
Perché sono nella tua mente, nel tuo animo. In ogni parte di te.
Sinuosa, striscio nei pensieri del tuo passato. Letale, come un serpente, affondo i miei denti avvelenati nelle ferite che ti hanno colpito più profondamente.
E sibilo al tuo orecchio, perennemente.
Sono io a dirti quanto nessuno abbia mai compreso il tuo genio, il tuo potenziale. Sono io a farti notare con quali esseri infimi tu abbia dovuto trascorrere l’intera esistenza.
Sono io a ricordarti che ti hanno limitato, umiliato, reso una nullità senza ritegno, riguardo, rispetto o giustizia alcuna.
E ti mostro l’allettante, soddisfacente via della vendetta. Ti guido davanti ad un sentiero asfaltato, facile, veloce, in cui non ci sarà posto per quegli insetti che tanto ti hanno ostacolato. E ti sorrido, malevola, certa che mi ascolterai.
Quanto più ripensi a quanto hai passato, tanto più io mi rafforzo. Quanto più vieni ostacolato, tanto più io ti mostro il viso di quel fratello morto, che tanto ti ha fatto soffrire inutilmente, ingiustamente, e ti sprono alla rivincita. Alla crudeltà senza confini.
Nel tetro buio della tua sala del trono, nel silenzio della notte, sono io a farti compagnia.
Amante, seduttrice, unica tua compagna, unico tuo sostegno.
Ti sfioro con le attraenti arti della rabbia, dell’impulsività, e tu ti abbandoni a me, come un bambino disperato alla cieca, furiosa, insostenibile ricerca della tua giustizia.
E so di averti in pugno.
Sono io ad averti creato, Digimon Kaiser. Sono io ad averti plasmato dal nulla, ad averti trovato sanguinante al suolo, incatenato da una limitata, patetica idea di bontà, di luce.
Io ho fatto nascere dal corpo inutile di Ichijouji Ken quello che ora sei.
E puoi illuderti. Credi pure di essere l’imperatore. Credi pure di aver ottenuto il potere supremo, di aver vinto le tue battaglie contro i digimon che tentano di opporsi a te, di aver colpito definitivamente quella banda di stupidi che ti dichiara guerra, che non vuole lasciarti vincere ed essere il legittimo sovrano di tutte quelle terre.
Ridi pure dei tuoi successi, se vuoi. Spera di essere imbattibile, di essere superiore, di comandare.
Ma sappi che c’è qualcuno più grande di te.
Io sono l’oscurità. E, laddove ti sembrerò strumento di vittoria, sarò padrona indiscussa.
Tu mi appartieni, Digimon Kaiser. E non sei altro che una marionetta.
Sono io a dominarti.
E nulla potrà mai cambiare questa verità.


Ho sempre provato un grande interesse verso il Digimon Kaiser (Imperatore Digimon), anche se inizialmente l'interesse era più rivolto alla stravaganza del suo look e alle sue manie di protagonismo xD solo ultimamente l'ho considerato sotto un'altra ottica. E' un personaggio davvero triste, pensandoci bene. La sua estrema insicurezza lo porta a cercare con tutto se stesso il dominio, il potere decisionale su qualcosa che lo riguarda, quando in realtà finisce solo per arrampicarsi sugli specchi, e cercare di gestire qualcosa troppo più grande di lui. Come l'oscurità, per l'appunto :) in qualunque modo vogliate considerarla in questa flash-fic, dove l'ho personificata!
Un grazie doveroso a chi ha letto, commentato e messo tra seguite/preferite questa raccolta ;) a risentirci!
Padme Undomiel

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Capitolo 3
*** Do you remember our old bet? (Daisuke-Miyako) ***


Do you remember our old bet
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Do you remember our old bet? (Motomiya Daisuke, Inoue Miyako)




“Devi essere davvero impazzito. Che vuol dire, diventerai il cuoco di ramen più bravo al mondo?”
Una lunga battaglia terminata, un mondo seriamente danneggiato ma non distrutto, ma una serenità nuova che accende ogni cuore.
Eppure, due eroi di questo mondo e dell’altro bisticciano. Come sempre.
“Quello che ho detto. Ti sembra così strano?” è la risposta spavalda del giovane. “Pensa al tuo, di desiderio, donnetta romantica! Come se non l’avessi capito, che vuoi che il tuo sogno d’amore con Ken si coroni!”
Un violento rossore sul viso di lei, ma la risposta è altrettanto sicura. “E anche se fosse? Ti giuro che ti dimostrerò che è possibile, futuro cuoco da strapazzo!”
“Bene! E quel giorno avrai davanti a te un cuoco eccezionale, garantito!”
“Bene!”
“Bene!”
Una scommessa, accentuata dagli sguardi fiammeggianti dei due.

“Allora? Non dirmi che hai perso la lingua!” La stuzzica quello che ormai è un uomo, osservando la donna sedere in completo silenzio, a testa bassa, la ciotola con un piatto di ramen fumante in mano.
Lei mangia in silenzio, attenta a non lasciar trapelare alcuna emozione, ma Daisuke nota perfettamente la velocità con la quale gli spaghetti scompaiono, e le verdure vengono portate alla bocca, e i pezzi di carne vengono masticati.
E già sorride, il novello cuoco. Sorride, perché il ramen che ha preparato è semplicemente troppo buono per poterne dubitare in alcuna maniera. E contare sull’autocontrollo di Miyako è come contare sulla lucidità per un ubriacone: sa che cederà.
Conquisterà quel dannato invito.
“Io credo che la scommessa sia vinta, tu che dici?” ghigna lui, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di lei. “Non puoi negare la prelibatezza del mio piatto, cara mia.”
“Stai cantando vittoria troppo presto, Daisuke” lo rimbecca Miyako, piccata. “Non ti ho ancora detto nulla!”
“E allora spara, avanti” la incita, sghignazzando.
Lei arrossisce, abbassando gli occhi. “Non è male” ribatte, ma non ne sembra convinta.
Sta solo fingendo per orgoglio, come suo solito. Da tempo Daisuke ha affinato le sue tecniche: il suo sogno giovanile è ormai una realtà. Ha lottato e si è impegnato a fondo per ottenere ciò che voleva.
Resta solo da capire se quella testa dura della sua rivale deciderà di considerarlo degno di ricevere il premio.
Le bacchette sono lasciate nella ciotola: il piatto è finito. Lui è rapido ad incalzare.
“Sai una cosa? Si vede lontano un miglio che lo hai adorato” la prende in giro. “Ammettilo! Avanti, ammettilo che era squisito! Non avevo forse ragione, anni fa?”
“Oh, d’accordo!” sbotta alla fine la donna, e Daisuke esulta, vittorioso. “Era il piatto di ramen più buono che io avessi mai assaggiato, contento?”
“Ovvio!” Daisuke tende una mano, impaziente. “Ora non hai più scuse per negarmi l’invito al matrimonio del mio migliore amico, no? Da’ qua!”
Miyako alza gli occhi al cielo, estraendo un invito dalla borsa. “Spero di non pentirmene” risponde, mal celando la luce nello sguardo. “Sappi che ti invito solo perché Ken-kun lo vuole.”
Daisuke sorride, innocente. “No, perché avete un disperato bisogno di un cuoco eccellente per le vostre nozze! Sono praticamente indispensabile.”
Miyako è sempre stata una persona generosa. Per questo, oltre ad una vittoria e ad un invito, Daisuke riceve da lei anche uno scappellotto, quel giorno.


Stavolta sono tornata con una sciocchezza xD questa flash-fic è nata dopo l'ennesima visione dell'ultima puntata della seconda serie, e tra le altre cose mi sono chiesta: 'che strano, per un ragazzo irruento ed esuberante come Daisuke, fare un mestiere preciso come quello del cuoco'. E così, ecco cosa ne è uscito xD oltre al fatto che non poteva mancare uno dei sani bisticci con Miyako :P
Non so quando tornerò con un aggiornamento -in questo periodo mi è un po' difficile essere regolare-, ma posso dire quasi con certezza che la prossima sarà ambientata nella prima serie, tanto per cambiare :)
Un saluto a tutti ^^
Padme Undomiel

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Capitolo 4
*** You were lying (Taichi-Sora) ***


You were lying
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You were lying (Yagami Taichi, Takenouchi Sora)




Aveva i capelli pieni di foglie.

Foglie che un vento troppo impetuoso aveva strappato dai rami quasi spogli che si ergevano, scheletrici, sulle vie di ritorno per casa. Foglie troppo deboli per potersi opporre alla furia devastatrice di quel soffio incurante e determinato a portare rovina.
Desolazione.
Ne afferrò una dalla sua folta chioma castana, osservando un lato di Yagami Taichi in quel marrone sbiadito, tastando la sua fragilità nella consistenza ruvida di quella foglia.
E sorrise tra sé alla morte dei sogni.
Dei suoi sogni.
Perché il soffio del vento aveva scombinato i suoi ricordi, costringendoli a galleggiare, sospesi, in quel cielo plumbeo. E le foglie ingiallite, cadute come coriandoli, avevano festeggiato la nascita di un briciolo di realismo nella sua mente.
“Sul serio non ti interessa?”
Il piccolo calciatore è incredulo, e addita la bambina a occhi spalancati.
Lei sembra tranquilla. “No. Tutti i bambini mi scambiano per un maschio perché gioco a calcio e perché odio i vestiti eleganti. Nessuno si innamorerà di me, quindi il fidanzamento non mi interessa!”
“Invece secondo me ti interessa, Sora-chan. E ti innamorerai di un bambino bello e misterioso che ti renderà distratta e che ti farà dimenticare di me! Credimi.”
Sora scuote la testa, sorride. “Non sarà così! Come faccio a dimenticarmi di te?”
Gli porge il dito mignolo, solenne. Taichi lo stringe, curioso.
“Ti voglio troppo bene per dimenticarti. Anzi, se mi sposerò, sarà con te, perché mi conosci più di tutti!”
Il piccolo arrossisce. “Ma io non voglio sposarti! Che schifo!”
Ma quelle dita intrecciate sono pur sempre una promessa.
Quella foglia era rossastra.
Come le labbra di Sora, sulle quali altre labbra –non le sue- si erano posate.
E quell’altra, che volteggiava pigramente davanti ai suoi occhi, era dorata. Come la chioma del proprietario di quelle labbra fortunate, che mai come quel giorno aveva odiato.
Perché tutto sapeva di menzogna. Di distruzione. Di crescita crudele.
Non era Yamato il destinatario di quella promessa. Non lui!
Doveva esserci Taichi al suo posto.
Ma le sue verdi speranze erano durate finché avevano potuto. Finché l’impetuosa forza devastatrice del tempo non aveva attaccato, con tutta l’eloquenza di sguardi di sfuggita tra Sora e lui, con rossore sulle guance di lei quando i suoi occhi azzurri si posavano sulla sua persona, con distrazione di lui quando Taichi gli parlava di lei.
E con quella canzone che lui aveva composto per lei, e che Taichi, accecato dal verde della promessa di lei, aveva deciso di non vedere.
Finché l’autunno implacabile non aveva ingiallito le foglie. Non le aveva fatte morire.
Con quel bacio maledetto dal sapore di quel cielo plumbeo che li sovrastava.
E la morte di quel sogno variopinto portava con sé il gelo di un vento che sferzava contro le labbra di Taichi, distese in un sorriso amaro.
“Quel giorno mentivi, Sora-chan.”
E il rumore di un tuono in lontananza rimbombò nel suo petto come il gemito disperato del suo cuore per quelle dita strette che per anni avevano significato ogni cosa.
Quelle dita che non avrebbero mai più stretto in quel modo le sue.


Avevo promesso una flash-fic ambientata nella prima serie, e invece quello che ne è uscito fuori è una flash-fic con i personaggi della prima serie in un contesto da seconda serie. Quella che si può chiamare ispirazione capricciosa ^^' Ma arriveranno anche quelle promesse, statene certi :)
E ora, due parole per questo aggiornamento. Sora e Yamato sono una coppia canon, impossibile e inutile negarlo. Funzionano bene insieme, hanno molte affinità, ed è giusto per entrambi che le cose vadano così. Ma come spiegarlo a chi ha sperato, fin dalla prima serie, che Taichi potesse essere l'uomo per lei? Io, purtroppo, sono in quella lista xD ho supportato il Taiora, ho visto la nascita del Sorato, sono stata -lo ammetto- profondamente delusa, poi ho compreso e accettato quasi completamente. Ma sotto sotto, una parte di me ancora rivendica le sue speranze... la stessa parte che si è espressa con la delusione cocente di Taichi in questa flash-fic.
Qui ho voluto parlare di Taichi non come del ragazzo eroico che mette da parte il suo amore per i suoi amici, ma principalmente come ragazzo con speranze irrealizzabili a cui la realtà ha giocato un brutto scherzo. Nel primo momento in cui si capisce che il proprio amore è a senso unico, c'è davvero qualcuno che possa essere 'eroico'?
Detto questo, al prossimo aggiornamento -questa volta senza pronostici perché sono ancora indecisa xD
Padme Undomiel

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Capitolo 5
*** Strangers (Yamato-Takeru) ***


Strangers
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Strangers (Ishida Yamato, Takaishi Takeru)



Quando aprì la porta venne investito da un forte odore di zuppa.
“Yamato!” Sua madre era ai fornelli, raggiante quando si voltò, appena una traccia di esitazione nello sguardo. “Hai fame? Cinque minuti ed è pronto.”
“Chiudi in fretta, fa freddo.” Fece suo padre a mo’ di saluto, disteso sul divano davanti alla tv.
Yamato mugugnò un saluto, posando l’ombrello ed evitando lo sguardo di entrambi. Aprì il frigo e afferrò una bottiglia d’acqua, bevendo a grandi sorsi. E fu allora che posò gli occhi sulla sedia.
Si pietrificò.
Richiuse il frigo, afferrò ciò che era posato sulla sedia e si diresse a grandi passi verso la sua stanza. Aveva le mani occupate, così spalancò la porta con un piede.
E Takeru era lì, seduto sul letto a leggere un fumetto, mentre Patamon giocava con Gabumon sul pavimento. Al suo ingresso sollevò gli occhi, e sghignazzò.
“Delicato come sempre, fratellone.”
Yamato chiuse la porta col tallone, buttando sul letto quello che aveva portato. “Le ha di nuovo stirate.” Esordì. “Guarda.”
Takeru ghignò, osservandole. “Almeno adesso hanno l’aspetto di camicie, non di stracci che mamma ha trovato per terra.”
“Beh, io sono abituato agli stracci. Perché mamma si ostina a stirare le mie cose? Non deve.” Yamato si accasciò sulla sedia più vicina. “E’ inquietante.”
E forse qualcosa nel suo tono rivelò troppo, perché Takeru si fece serio, lo osservò.
“Ieri sera”, disse infine, “ho trovato una lattina di birra vuota vicino al divano, a casa mia.”
“Quindi papà era da voi, come sospettavo.” Concluse Yamato piatto.
Takeru si strinse nelle spalle. “Avere quella lattina in casa è stato come accogliere un estraneo che si conosce troppo bene. Per un attimo … ho desiderato di farla volar via dalla finestra.”
Takeru aveva capito. Era ingiusto –era un sollievo- che condividessero lo stesso turbamento, di nuovo. Yamato tacque.
E poi Takeru sorrise, esitante, incoraggiante. “Poi però ho deciso di conservarla. Ora fa ancora paura, ma con un po’ di fortuna lattine e ferro da stiro smetteranno di essere estranei per noi due. D’altronde, non è quello che volevamo? I nostri genitori che si riavvicinano, intendo.”
Certo che era quello che voleva. Lo ha sempre voluto, e sempre saputo. Ma permettere a se stesso di ammetterlo, e pagare in seguito il prezzo di aver sperato, sarebbe stato troppo doloroso.
Yamato sospirò. “Spero solo che sappiano quello che fanno.”
Perché rivivere tutto, di nuovo, sarebbe stato troppo per lui -loro.
“Non commetteranno lo stesso errore due volte, Yamato. Fidati.”
Yamato decise di fidarsi.
“Finché la cosa non sarà definitiva, però, continuerò a stropicciarmi le camicie.”
“Vergognati.” Takeru alzò gli occhi al cielo, mettendosi in piedi. “Dai, andiamo a cena.”
E lasciando una marea di fumetti sul materasso.
Yamato inarcò le sopracciglia. “Quello sarebbe il mio letto, sai.”
“Andiamo, non dirmi che anche quelli sono estranei per te!” Fece Takeru innocentemente.
Yamato, sul punto di aprire la porta, si fermò.
 “No”, disse sicuro.
Perché Takeru scaldava, Takeru non faceva paura.
Gli sorrise. “No, quelli mai.”


Ebbene sì. A volte ritornano. Dopo due anni e passa mi sono finalmente decisa ad aggiornare. Sono un'autrice pessima, lo so ç_ç Per quelli che ancora sono qui a leggere, bentrovati! Sapevo che prima o poi avrei scritto qualcosa su Yamato e Takeru -li ho sempre adorati, fin da bambina. Perché hanno sofferto tantissimo, perché si sono sempre voluti bene, perché Yamato ha sempre cercato di proteggere Takeru e Takeru ha sempre cercato di avvicinarsi a Yamato. Perché, alla fine, sono riusciti a conoscersi di nuovo e a legarsi l'uno all'altro ancora di più dopo tantissime difficoltà :)
Quanto al riavvicinamento di Hiroaki e Natsuko... beh, è una cosa che ho sempre sperato, sinceramente xD e poi quei due non mi hanno mai convinta. Come mai Hiroaki continua a portare con sé una foto della sua famiglia, tanto per dirne una? Magari sono io ingenua, magari era un semplice rimpianto il suo, magari alla fine i due si sono solo riavvicinati perché hanno recuperato un rapporto 'amichevole'... ma si chiameranno fanfiction per un motivo, quindi io interpreto così la cosa xD e mi sono sempre chiesta come l'avrebbero presa i due fratelli nel vedere i genitori, dopo tanti anni, tornare insieme. Non si può semplicemente cancellare tutti gli anni di distanza, tutti gli sforzi di abituarsi a vivere con un solo genitore, ogni istante in cui si è soffocata a forza la speranza che le cose potessero aggiustarsi, con un colpo di bacchetta. Per quanto sia ciò che entrambi volevano -è il desiderio di Takeru alla fine della seconda serie, tra l'altro-, solo il tempo e l'affetto reciproco ricuciranno quella ferita mai rimarginata. E nessuna delle due cose mancherà loro, nella mia ottica :)
Detto questo, a presto, spero!
Padme Undomiel

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Capitolo 6
*** Knock knock (Osamu-Ken) ***


Knock Knock
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Knock Knock
(Ichijouji Osamu, Ichijouji Ken)








La prima volta quasi non si accorse dello strano picchiettare contro la finestra.
Era abituato alla luce della lampada, per questo si sorprese della luce naturale che intensa veniva dalla terrazza.
E poi vide Ken.
Il viso contro il vetro, un sorriso largo e speranzoso sulle labbra, lui lo salutò con la mano, e poi gli indicò il bicchiere e la cannuccia tagliata all’estremità che stringeva.
Facciamo le bolle di sapone? La sua voce gli arrivò soffocata.
Osamu sorrise, un sorriso di scusa. Sollevò il libro di matematica. “Ho da fare”.
Ken, mogio, si allontanò dalla finestra.
La prima volta non ebbe difficoltà a ritornare alle sue operazioni.

La seconda volta, il picchiettare fu deciso, concitato, e Osamu saltò sulla sedia. Si voltò e vide le bolle di sapone. Erano grandi, tonde, belle, e scintillavano dei colori dell’arcobaleno.
Ken sorrideva orgoglioso, gli occhi luminosi. “Ho imparato a fare l’acqua saponata!” E la sua espressione lo pregava. “Vieni a giocare, Osamu-niisan!”
Le giornate cominciavano ad allungarsi. Chissà com’era bello, stare lì fuori a quell’ora, nella luce calante del crepuscolo.
Ma Osamu aveva promesso alla mamma che si sarebbe preparato per quelle gare di logica. Non poteva mica giocare.
Sospirò profondamente. “Ho da fare, Ken”.
La seconda volta si voltò prima di vedere l’espressione triste del fratellino. Sentiva che l’avrebbe fatto solo innervosire.
Le gare di logica non riescono bene se sei nervoso.

La terza volta aveva un mal di testa martellante, ed era chiuso in camera da ore. Il picchiettio alla finestra fu timido, esitante.
Osamu guardò suo fratello premuto contro il vetro. Sembrava supplichevole.
“Osamu-niisan”, fece. “Solo un pochino. Per piacere.”
Ken aveva gli occhi lucidi, Osamu si sentì male.
Gli esercizi nemmeno gli riuscivano.
La terza volta Osamu si alzò in piedi, scostò la sedia rumorosamente, aprì la finestra. La ribellione gli diede le vertigini, ma il vento fresco della sera gli scompigliava i capelli, gli dava aria da respirare.
Ken sorrise così tanto che Osamu scoppiò a ridere.
“Solo cinque minuti, ok?”
Il libro lo aspettava sulla scrivania, ma Osamu gli diede le spalle.
Prese la cannuccia, la intinse nell’acqua, soffiò. Ken lo guardava con aspettativa.
La bolla scoppiò.
Silenzio.
“Soffia piano”, suggerì Ken, senza capire perché Osamu avesse quella faccia sconvolta.
Osamu riprovò, e la bolla scoppiò ancora. E ancora, e ancora, e ancora.
“Perché non ci riesco?” Esplose alla fine, gli occhi che gli si inumidivano. Non voleva piangere davanti a Ken. Non voleva piangere e basta.
Voleva buttare quel bicchiere per terra.
“Perché non sono bravo a giocare come a studiare?”
Ken non rispose, non conosceva la risposta giusta.
E poi si affacciò la mamma.
“Osamu-chan! Ma che stai facendo?” Lo guardò ferita, e Osamu si sentì un figlio cattivo. “Non devi perdere tempo!”
Ken guardò a terra. Osamu si sforzò di non piangere.
Diede il bicchiere a Ken con sprezzo.
“Tanto questo gioco fa schifo.”
Tornò dentro senza voltarsi.
I suoi esercizi lo accolsero come un abbraccio.

Non ci fu mai una quarta volta.




Bella gente, come state?
Non aggiorno questa raccolta da una vita, e me ne dispiace un sacco. Ho un po' di flash fic già scritte in archivio, ma hanno bisogno di una bella revisione perché le ho scritte tempo fa, e lo stile deve essere migliorato. Non ho intenzione di mollare questa raccolta però :)
Vi ho lasciati con un capitolo sui fratelli Ishida-Takaishi, stavolta torno con qualcosa sui fratelli Ichijouji. Chi mi segue sa che questi due bimbi problematici mi stanno molto a cuore, perciò era solo questione di tempo... ma mentre Ken trova spesso spazio nelle ff, c'è un certo silenzio riguardo Osamu. Comprensibile, naturalmente, lo vediamo solo per una puntata e sempre attraverso gli occhi parziali di un Ken troppo piccolo e ferito, e di genitori troppo distratti. Ma il poco che traspare di lui in quell'unica puntata mi stringe sempre il cuore. Sì, a dispetto della rabbia ingiusta che rivolge a Ken, a dispetto della sua freddezza. Forse perché mi chiedo quale bambino possa vivere bene, se i suoi genitori non fanno che vantarlo come un genio, allontanarlo dal suo fratellino, e riempirlo di libri invece che di giocattoli. Forse perché non riesco a scordare il suo sorriso triste mentre rivela a Ken che non sarà mai 'gentile' come lui. Forse perché non riesco a non vederlo come un bimbo solo, solo in modo desolante.
Non so quando tornerò ad aggiornare, ma ho in mente qualcosina sui fratelli Yagami per la prossima volta. Così completiamo questo filone 'fratelli' come si deve ;) e, naturalmente, prima o poi scriverò qualcosa su Tri. Ci spero proprio.
Ah, ultima notizia: ho aperto da poco una pagina autore su facebook, che trovate qui. C'è ancora poco perché la sto ancora organizzando, ma se vi va passateci :)

Padme Undomiel


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Capitolo 7
*** Stylish (Takeru-Koushiro) ***


Stylish

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Stylish (Takaishi Takeru, Izumi Koushiro)







“Un’aragosta?”
“Sì.”
“Un’aragosta.”
Koushiro sospirò, finalmente sollevando lo sguardo dal suo portatile, osservandolo con la calma pazienza di chi parla con un individuo incomprensibile. “Non ti piacciono le aragoste, forse?”
Questa volta Takeru fece molta fatica a trattenere le risate. “Più che altro”, riuscì a dire con la voce strozzata, “la domanda giusta è: com’è possibile pensare lucidamente di travestirsi da aragosta, se non ci sono feste in maschera di mezzo?”
Koushiro sembrò sinceramente spiazzato dalla domanda. Osservò lo schermo del pc e il programma da lui inventato per fabbricarsi abiti ad hoc, come se cercasse di individuare la stranezza della cosa.
Takeru, intanto, cercava disperatamente di non concentrarsi sugli altri costumi lì presenti - quello lì in fondo non era da coniglio, vero?
“Ci pensi eccome, se dai un’occhiata alle statistiche”, ribatté sorprendentemente il genio informatico.
Takeru batté le palpebre ripetutamente. “Cosa?” Articolò.
“Statistiche”, ripeté Koushiro. “A quanto pare, personaggi famosi e considerati attraenti dalle ragazze indossano spesso costumi stravaganti nelle trasmissioni televisive. Nonostante ciò, il parere delle ragazze resta sempre lo stesso: citando testualmente, Che carino!” Fece una pausa, aggrottando le sopracciglia. “Non riesco proprio a capire come questo fenomeno sia possibile, ma la deduzione è ovvia: costumi di animali sono considerati carini. Quindi questo dovrebbe andar bene, suppongo …”
Forse fu la serietà con la quale imitò gli entusiasmi facili delle ragazze, forse l’assoluta convinzione nelle sue parole, o forse quel maledetto costume da aragosta che continuava a catturare la sua attenzione ogni volta che abbassava lo sguardo sul pc, ma Takeru non ce la fece più: scoppiò a ridere fragorosamente, rischiando di cadere a terra.
“Quello che si vede in tv non conta!” Disse tra le lacrime, tenendosi la pancia. “Se indossassi una cosa simile passeresti per pervertito e basta.”
“Pervertito?” Esclamò scandalizzato Koushiro.
“O per svitato!”
Questo sembrò offenderlo. “Guarda che è una cosa accuratamente studiata, e-”
“Certo, con quel costume addosso potresti avere ogni ragazza per te.” Takeru sapeva che avrebbe dovuto avere più tatto, che Koushiro gli aveva chiesto un parere perché era un mondo tutto nuovo per lui e non sapeva bene come muovercisi con naturalezza; ma non riusciva a darsi un contegno. “Ti basterebbe catturarle con le chele, e il gioco sarebbe fatto!”
Ne avrebbe avuto ancora per molto: aveva un sacco di battute in testa, e non facevano che aumentare ogni volta che immaginava Koushiro indossare quel coso. Ma Koushiro si incupì d’un tratto, voltandosi verso il pc.
“Sempre meglio di quei tuoi cappelli ridicoli”, borbottò.
Takeru si pietrificò.


Ridicoli, ha detto! Ti sembrano ridicoli? Ma se sono così alla moda!”
“Takeru …”
“E poi piacciono a tutti. Hikari-chan ha detto che I cappelli fanno molto Takeru-kun, vuol dire che senza non sarei io, no?”
“Takeru. Ma santo cielo.”
“A te piacciono, vero?”
“Ma cosa c’entro io?” Yamato alzò le braccia al cielo, esasperato. “Perché vieni a lamentarti con me di una cosa simile?”
“Perché sei mio fratello!” Ribatté ostinatamente Takeru.
“Posso appellarmi al cognome diverso?”
“No, non puoi.”
Diamine.”









E' tanto che non ci si sente, eh?
In questo bel clima di sofferenza e perdita da Kokuhaku, io ho pensato bene di inaugurare le mie produzioni di Tri con una flash-fic idiota, ispirata a Saikai. In ritardo come sempre, ma pazienza. 
Seriamente: in preda a quali trip mentali Koushiro può aver progettato quegli outfit orripilanti? Più faccio fermo immagine, più i miei occhi sanguinano. Non che il resto della combriccola sia chissà quanto alla moda... ma lasciamo credere a Takeru di essere strafigo, visto che è diventato un adolescente con una faccia di bronzo invidiabile.
(Detto tra noi: io amo i suoi cappelli. Ma potrei essere di parte.)
Miracolosamente, posso promettervi aggiornamenti tempestivi: ho una flash-fic già pronta che vedrà presto la luce! 

Padme Undomiel



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Capitolo 8
*** Out Of Character (Daisuke-Ken) ***


Out Of Character


Pictures of us








Out Of Character (Motomiya Daisuke, Ichijouji Ken)










In pochi lo sapevano, ma Ichijouji Ken era davvero un ingrato.
“Andrà bene!” Lo incoraggiò Daisuke vivacemente. “E’ andato tutto come previsto, no? La tua squadra ha vinto, tu hai fatto un rigore da paura, e Miyako si è spolmonata per te in tribuna col suo tifo da camionista.”
Invece che rasserenarsi, Ken nascose il viso nella tovaglietta con la quale si stava detergendo il sudore. “Non posso farcela”, si lamentò miseramente.
“Sì che puoi!” Daisuke gli passò in fretta una bottiglietta d’acqua, un occhio alle tribune: i loro amici si stavano avvicinando in fretta, tutti chiacchiere e sorrisi. “Se davvero vuoi parlare con Miyako devi scioglierti un po’, e fare come ti ho detto. Fai finta di essere me, ok? Io ci parlo sempre, con lei!”
Ken sollevò lo sguardo dalla tovaglietta, un’espressione atterrita negli occhi. Daisuke gli fece il segno della vittoria, sollevando il pollice.
“Mi ringrazierai!”
L’altro prese a tracannare la sua acqua, come se volesse strozzarcisi e cadere morto sul posto.
Daisuke alzò gli occhi al cielo. Non aveva passato ore a fingersi un improbabile Cupido in Occhialetti solo per vedere il suo amico mandare tutto a monte per colpa di una timidezza eccessiva.
Ma non c’era più tempo per spronarlo ulteriormente.
“Ken-kun!”
Mentre Ken sussultava come un uomo sui tizzoni ardenti, una Miyako entusiasta gli buttava le braccia al collo, stritolandolo in modalità koala. Daisuke avrebbe provato pena per la vittima, sul serio, se solo suddetta vittima non se la fosse cercata, prendendosi una tremenda sbandata per quella matta.
“Nessuno sul campo ti stava dietro!” Esclamò lei, staccandosi da lui e sorridendogli a trentadue denti. Ken arrossì vistosamente. “Sei stato bravissimo, lo dicevo anche agli altri! Un vero portento!”
Iori, Takeru e Hikari echeggiarono i suoi complimenti, Miyako continuò a sorridergli come se lui fosse un dio in terra, ma Ken non guardò nessuno di loro. Invece, lanciò uno sguardo significativo a Daisuke.
Poi si schiarì la voce, curiosamente solenne.
“Te … te …” Quel balbettio quasi sussurrato sembrò mandarlo in iperventilazione, ma non si arrese. Ormai violaceo, strizzò gli occhi e praticamente strillò: “Te ne accorgi solo ora?”
Avrebbe dovuto essere un successo, provocare una risata, farlo apparire spavaldo e assolutamente irresistibile. Invece, a rispondergli fu un silenzio tombale.
Miyako, interdetta, fissò Ken come se fosse un marziano. Takeru e Iori, sbalorditi, si fissarono l’un l’altro.
Hikari, invece, fissò Daisuke.
Daisuke volle improvvisamente sprofondare.


Mi ringrazierai, eh? Che grande idea. Perché ti ho dato retta?”
“Eddai, Ken, mi dispiace!” Daisuke lo inseguiva da dieci minuti buoni, ormai, tremendamente in colpa. “Che ne sapevo che avresti fatto la figura del pollo?”
Forse non avrebbe dovuto usare quelle esatte parole, ripensandoci.
Ken gli lanciò un’occhiata terrificante, e improvvisamente Daisuke si ricordò del Digimon Kaiser.
“Ora che ci penso. Tu neanche ce l’hai, la ragazza, Motomiya.”
E poi, del tutto insensibile all’orgoglio distrutto del ragazzo che definiva suo migliore amico, voltandosi lo piantò in asso.


In pochi lo sapevano, ma Ichijouji Ken era davvero un crudelissimo ingrato.








Ve lo avevo detto che l'aggiornamento sarebbe stato rapido!
E niente, sentivo troppo la mancanza di quelli di 02 per non scriverci di nuovo su: se Tri li snobba, io non farò certo lo stesso, i miei bimbi chiedono di essere considerati.
... forse non chiedevano di essere maltrattati, ma ehi, dettagli. L'amore è anche questo.
Ci vediamo alla prossima!

Padme Undomiel

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