Ricordi...

di kashia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Questa fanfiction mi è venuta in mente di punto in bianco e l’ho scritta di getto

 

Questa fanfiction mi è venuta in mente di punto in bianco e l’ho scritta di getto. Per me è un genere nuovo quello in cui mi sono cimentata in questa storia quindi vi chiedo di essere clementi.

Ho apportato qualche modifica, l’ho rivista e corretta. Baci, Kashia.

 

 

 

 

 

 

 

Ricordi…

 

 

 

 

 

Non so il motivo per il quale ho decido di mettermi a scrivere questa storia. So solo che sento il bisogno di mettere nero su bianco i miei sentimenti, le mie emozioni, il mio dolore.

 

Il dolore.

 

Il compagno della mia vita di questo ultimo anno. Non avrei mai pensato che mi potesse appartenere questa sensazione che mi sta logorando lentamente, che è entrata prepotentemente nella mia vita e che non vuole sapere di lasciarla. Ma sono sicura che non mi lascerà mai, che farà parte di me per il resto dei miei giorni. Potrà affievolirsi con il passare del tempo ma i ricordi non si possono cancellare, e ogni volta che la mie mente richiamerà alla memoria un momento felice della mia vita, ritornerà, sempre e per sempre.

A volte mi chiedo perché tutto sia successo proprio a me. Perché? Credevo che niente potesse scalfire la mia vita perfetta. Ero felice. Poi, tutto è svanito in un battito di ciglia. Perché?

Il mio nome è Strawberry Momomiya, ho 30 anni, sono sposata e ho tre bellissimi bambini: Nathan, Ethan e Ryo. Rispettivamente di 7, 5 e 1 anno. Sono loro la mia ragione di vita, l’unica cosa che mi ha permesso di continuare a vivere. E’ solo per loro che ho cercato in tutti i modi di andare avanti, essendo forte di giorno, ma non riuscendo a trattenere le lacrime di notte.

 

Ma forse, è meglio cominciare dall’inizio, quasi 15 anni fa…

 

Era una splendida giornata di sole. Io ero una normalissima ragazza di 15 anni, allegra e piena di vita. Poi, mi ritrovai ad essere improvvisamente una Mew Mew, una paladina della pace che combatteva per salvare il mondo dagli alieni. Fu così che conobbi le mie migliore amiche: Pam, Paddy, Lory e Mina. E fu così che conobbi anche Kyle…e Ryan.

Ero pasticciona ed imbranata, combinavo sempre qualche disastro, ma durante le numerose battaglie che ho dovuto affrontare non mi sono mai data per vinta. Ci ho messo tutta me stessa nel progetto Mew. Se il destino aveva voluto che io fossi Mew Berry c’era per forza un motivo.

 

A quei tempi avevo un fidanzato: Mark.

Lui, sempre preciso e perfetto in tutto, era il mio esatto opposto. Mi sono sempre chiesta per quale motivo lui fosse innamorato proprio di me, infondo, tutte le ragazze della scuola era innamorate di lui, ma non l’ho mai capito. Mi trattava sempre con dolcezza e gentilezza e io non vedevo altro che lui. Poi, con il tempo, scoprì che era il misterioso Cavaliere Blu, colui che accorreva in mio aiuto ogni volta che mi trovavo in pericolo. Allora è destino…mi cominciai a ripetere, anzi mi convinsi di questo. Per quale altro motivo doveva essere proprio lui il mio cavaliere? Niente mi faceva cambiare idea.

Trascorrevo le mie giornate divisa tra la scuola, le battaglie e il lavoro al caffè. Già, oltre a combattere per salvare il pianeta dovevo anche lavorare al caffè Mew Mew, che era la nostra base operativa. Ovviamente questo era un segreto.

 

Mi viene da ridere al pensiero di quei pomeriggi trascorsi nel bar. Era sempre la stessa storia: Mina che bevevo tranquillamente il suo tea anche se il locale era stracolmo di gente, Paddy che non perdeva occasione di mostrare le sue doti da perfetta equilibrista, Lory che rompeva qualsiasi cosa che gli capitava a tiro e Pam che sembrava sempre indifferente a tutto quello che accadeva.

 

Sicuramente vi starete chiedendo: e tu cosa combinavi?

 

Beh, io trascorrevo la maggior parte del tempo a litigare con Ryan.

Accidenti, se c’era una persona che riusciva a farmi imbestialire era proprio lui. Aveva sempre da ridire su ogni cosa che facevo, non mi risparmiava mai nulla. Ed io, testarda com’ero, non mi risparmiavo mai di rispondergli per le rime. Così cominciavano le nostre lunghe litigate, che sarebbero durate ore se qualcuno non ci avesse fermati. Lui era una persona molto riservata, fredda, che non lasciava mai trasparire le sue emozioni. Ricordo che quando venni a sapere della morte dei suoi genitori, non riuscì a smettere di piangere. E invece di essere io a tirargli un po’ su il morale, fu lui a venire da me e, scompigliandomi i capelli, mi disse che non dovevo piangere. Ricordo che rimasi per qualche istante imbambolata ad osservare uno dei suoi rari sorrisi.

Lui, con i suoi occhi color del mare e i capelli dorati, era capace di togliermi il respiro con il suo sorriso, di farmi battere il cuore fino a farlo scoppiare.

 

Ma io ero troppo ottusa per accorgermi di lui.

 

Troppo infantile per capire che ogni volta che avevo il morale a terra, lui compariva misteriosamente per consolarmi.

 

Troppo stupida per accorgermi del suo sguardo malinconico ogni volta che pronunciavo il nome Mark.

 

Troppo ingenua a credere che i baci che a volte mi ha rubato erano solo un modo per farmi arrabbiare o prendermi in giro.

 

C’è voluto veramente tantissimo per capire che lui era innamorato di me.

 

 E ancora più tempo c’è voluto perché mi accorgessi che anche io ero innamorata di lui.

 

Accadde tutto la notte di Natale, subito dopo la conclusione del progetto.

 

Stavo tornando a casa dopo un pomeriggio trascorso con Mark a gironzolare per il centro. Ero contentissima perché avevo trascorso una giornata meravigliosa. Mentre camminavo verso casa, ricordo che aprii la borsa per prendere il cellulare e vidi un oggetto confezionato con una carta regalo blu e un nastro rosso. Mi fermai a fissarlo. L’avevo comprato il giorno precedente e ancora oggi non so perché lo feci. So solo che quando vidi quella collanina con inciso il nome “Ryan” la comprai immediatamente. Mi venne in mente che probabilmente lui stava trascorrendo quel giorno, che solitamente si passa in famiglia, tutto solo al caffè, visto che Kyle era partito per andare a trovare sua sorella.

Cambiai immediatamente direzione e mi diressi a passo spedito verso il caffè.

Quando arrivai, mi accorsi immediatamente dalla sua espressione che non si aspettava di vedermi lì. Andammo in cucina per bere una cioccolata e come al solito litigammo per chi doveva preparala, visto che lui non si fidava delle mie doti culinarie.

Sicuramente non aveva tutti i torti.

Rimanemmo seduti per parecchio senza dire una parola, entrambi fissavamo il contenuto della tazza che avevamo tra le mani.

C’era una strana atmosfera.

Poi, lui mi chiese se ero andata li per qualcosa in particolare così, tremendamente in imbarazzo, uscì dalla borsa il pacchettino e glielo porsi. Mantenei lo sguardo basso, non volevo che lui vedesse il mio viso sicuramente rossissimo.

Sentì il rumore dello scarto della carta e poi il clik della scatolina.

Poi più nulla.

Mi decisi a sollevare lo sguardo i vidi il suo viso estremamente serio che fissava il ciondolo che aveva tra le mani.

 

Poi posò i suoi occhi sui miei e mi sentì morire…

 

Il suo sguardo aveva qualcosa di magnetico…quando mi guardava era come se riuscisse a leggermi fin dentro l’anima. Sapevo di avere il viso completamente congestionato ma non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui. Ero come ipnotizzata. Il mio cuore cominciò a battere come un orologio impazzito e io non riuscivo a capire per quale motivo mi sentivo così strana. Solo con lui mi capitava.

Grazie…ma non dovevi disturbarti  mi disse. Farfugliai qualcosa sicuramente senza senso e mi alzai dalla sedia dicendo che si era fatto molto tardi e che dovevo assolutamente tornare a casa.

 

Mentii ovviamente.

 

I miei genitori erano partiti per passare le vacanze natalizie in montagna e io ero sola in casa. Volevo solo andar via.

Non volevo fare i conti con quei sentimenti e quelle emozioni che cercavo di reprimere a tutti i costi, ma che testarde non mi abbandonavano mai quando ero con Ryan.

Non volevo ammettere a me stessa che ero innamorata di lui. Era più facile fare finta di niente, altrimenti, tutto sarebbe diventato troppo difficile da affrontare. E poi, non potevo assolutamente dimenticare che una delle mie migliori amiche, Lory, era innamorata di Ryan. Non potevo farle un torto talmente grande.

Afferrai velocemente il cappotto e mi diressi a passo spedito verso la porta, cercando di mettere fine al più presto a quella situazione così imbarazzante, almeno per me.

 

Ma alla porta non ci arrivai mai…

 

Ryan mi afferrò per un braccio e mi trattenne.

 

Rimasi immobile, con gli occhi sbarrati dallo stupore a fissare la porta chiusa a pochi metri da me.

 

Mi voltai trattenendo il fiato e lo guardai.

 

I nostri sguardi erano incollati, ognuno fissava le labbra dell’altro come ipnotizzati.

 

Lo vidi avvicinarsi, lentamente.

 

Mi tirò a se per la vita e io non fui capace di allontanarmi.

 

Abbassai lo sguardo.

 

Sentivo le sue labbra che sfioravano dolcemente la mia fronte.

 

Chiusi gli occhi.

 

Sapevo che se mi avesse baciata non sarei stata in grado di respingerlo come avevo fatto altre volte.

 

Mi sollevò il viso dolcemente.

 

Mi ritrovai immersa in quegli occhi blu…mi sentii perduta.

 

Mi baciò.

 

Un bacio dolce, a fior di labbra, come se avesse paura di una reazione esagerata delle mie.

Si allontanò dopo pochi istanti, ma a me sembrarono ore.

Stava per dire qualcosa, probabilmente mi avrebbe chiesto scusa per quel ennesimo bacio rubato, ma quella volta non glielo permisi.

 

Prima che potesse aprire bocca mi ritrovai a stringergli le mani intorno al collo e, per la prima volta, lo baciai di mia iniziativa.

 

In quel momento non pensai a nulla, volevo solo vivere a pieno quel momento che mi stava regalando tantissime emozioni per me assolutamente sconosciute. Dopo i primi attimi di stupore anche Ryan mi abbracciò, facendo diventare quel bacio più intimo e travolgente. Continuammo a baciarci per attimi che sembravano interminabili, poi cominciai a sentire le sue mani accarezzare il mio corpo, infilarsi sotto il pesante maglione di lana che indossavo e posarsi sulla mia pelle nuda. Rimase fermo qualche minuto, forse aspettando qualche mio segnale di disapprovazione per quello che stava facendo, ma non dissi nulla.

 

Lo volevo.

 

Volevo Ryan con tutta me stessa.

 

A niente era servito pensare che non era giusto quello che stavo facendo, che ero fidanzata con una persona che non meritava assolutamente quel comportamento tanto sconsiderato. Neanche pensare a come ci sarebbe rimasta male Lory quando avrebbe saputo quello che avevo fatto mi fece cambiare idea.

 

Per una volta, decisi di pensare solo a me stessa.

 

Quando cominciai a sbottonare la sua camicia, Ryan capì che non l’avrei fermato.

 

Facemmo l’amore quella notte.

La notte più bella della mia vita.

Ryan mi trattò con una dolcezza che non pensavo potesse appartenergli. Sentire i nostri corpi nudi che si toccavano, le sue mani che mi accarezzavano dove non avevo mai permesso a nessuno, il suo corpo molto più grande del mio che mi avvolgeva completamente, mi fece sentire immensamente bene.

 

Il giorno seguente mi svegliai accoccolata contro il suo petto. Era così caldo.

 

Ma come al solito, la mia ansia e i miei dubbi, che avevo accantonato la sera precedente, tornarono più forti che mai. Fu come se qualcuno, vedendo che camminavo a 3 metri dal pavimento mi avesse afferrato dalle gambe e mi avesse tirato giù facendomi schiantare al suolo. Mi alzai di scatto in preda al panico e mi rivestì in fretta.

Nel frattempo Ryan si era svegliato e mi chiese cosa stavo facendo.

Mi dispiace…non so cosa mi sia preso… gli dissi con voce tremante. Lui mi fissava con guardo indecifrabile, poi mi urlò contro di tutto. E in quel tutto mi disse anche perché hai giocato con i miei sentimenti stanotte? Lo sai che ti amo…

 

Uscita dal caffè, corsi immediatamente a casa. Mi posizionai sul divano e passai un’intera giornata a pensare a quello che era successo. Non riuscivo a credere a quello che avevo fatto. Mai avrei pensato che avrei fatto l’amore con Ryan, o per lo meno, che la mia prima volta sarebbe stata con lui. Immersa com’ero nei miei pensieri passò l’intera giornata e arrivò la sera. Fu una telefonata di Mark a riportarmi con i piedi per terra. Mi chiese se volevo andare da lui a guardare un film.

 

Accettai malvolentieri.

 

Quando arrivai a casa sua, mi resi conto che i suoi genitori non c’erano.

Preparammo i pop corn e ci posizionammo sul divano. A dire il vero, non ricordo molto del film. Avrei dovuto raccontare a Mark tutta la verità? O sarebbe stato meglio fare finta di niente? Non mi accorsi che il film era finito. Mark si alzò per spegnere la tv e poi ritornò a sedersi, questa volta più vicino a me.

 

Cominciò a baciarmi.

Io non potevo far altro che rispondere, si sarebbe insospettito se mi fossi rifiutata, ma in quei baci non ci trovavo nulla di bello. Non mi trasmettevano nulla.

Continuammo a baciarci quando sentì la sua mano salire in direzione del mio seno. Fu allora che lo fermai.

 

Non volevo che mi toccasse, non volevo che mi baciasse…non volevo Mark.

Me ne resi conto solo in quel momento. Quello che provavo per lui era solo un profondo affetto, niente a che vedere con il sentimento viscerale che provavo per Ryan.

 

Decisi di raccontargli tutto.

 

Ricordo il suo sguardo allucinato quando gli dissi che non volevo fare l’amore con lui perché non l’amavo. Continuava a chiedermi il perché e alla fine mi feci coraggio e gli dissi sono innamorata di Ryan…mi dispiace. Mi cacciò a malo modo da casa sua, tra l’altro non aveva tutti i torti. Ma era proprio quello che volevo, andare via da li il più presto possibile per correre da Ryan e chiedergli scusa, gettargli le braccia al collo e baciarlo all’infinito. Era questo quello che volevo.

Arrivai al caffè ansimante per la corsa. Spalancai la porta d’ingresso e mi ritrovai addosso tutti gli sguardi delle persone presenti, compresi quelli delle mie amiche, di Kyle e soprattutto quello di Ryan. Mi avvicinai a lui non curante dello sguardo curioso dei presenti e, con gli occhi colmi di lacrime gli sussurrai ti amo…scusami per prima…

 

In un attimo mi ritrovai stretta tra le sue braccia e le sue labbra premute sulle mie.

Da quel momento la mia storia con Ryan divenne di dominio pubblico.

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE PRIMA PARTE

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Seconda parte

Seconda parte

 

 

 

 

 

 

Lory si sentì molto ferita dal mio comportamento e non mi parlò per quasi un mese. Infondo non aveva tutti i torti. Io le avevo tolto l’unico ragazzo di cui si era mai innamorata, e questo non si può certo definire un comportamento da vera amica. Anche se Ryan mi aveva sempre consolato dicendomi che lui non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti.

Lui poteva amare solo me, così mi diceva.

 

Quello fu il periodo più bello della mia vita.

 

 Io e Ryan trascorrevamo ogni minuto disponibile insieme. Parlavamo, ridevamo e facevamo l’amore.

Adoravo fare l’amore con lui, era come se al mio corpo venisse aggiunta quella parte che mancava.

Con il passere del tempo, superato l’imbarazzo iniziale, cominciai ad essere meno timida e più ardita, cosa che rese Ryan davvero molto contento. Mi diceva che non dovevo vergognarmi di nulla quando ero con lui, che dovevo lasciarmi andare e che se non le facevo con lui determinate cose con chi le dovevo fare?

 

Il cuore mi batte ancora fortissimo quando ripenso a vecchi episodi: quando andammo tutti insieme in montagna per trascorrere il week end ed io e Ryan passammo due giorni rinchiusi nella nostra stanza; quando per lui ho improvvisato un timido spogliarello; quando siamo rimasti bloccati nell’ascensore e anche li non abbiamo saputo resistere alla passione…

Era questa la cosa speciale nel nostro rapporto. Oltre ad amarci profondamente a livello spirituale sentivamo anche una travolgente passione fisica nei confronti dell’altro.

Solitamente si dice che dopo i primi anni la passione si affievolisce. Beh, almeno per noi questo non è mai accaduto.

 

Io e Ryan abbiamo continuato ad amarci allo stesso modo per i successivi 7 anni…

Eh già, io e lui eravamo inseparabili. Certo non è stato facile sopravvivere alle litigate furiose in cui ci abbattevamo ogni tanto e, ancora meno, sopportare tutte quelle ragazze che non perdevano occasione di fare le stupide con lui. A meno che non lo costringevo ad andare girando con un sacchetto in testa, Ryan attirava più di uno sguardo e, di ragazze che hanno cercato di dividerci ad ogni costo ce ne sono state parecchie. Ma il nostro amore era così forte che mai nessuno è riuscito a dividerci.

 

Ma facciamo un salto avanti.

 

Era l’estate dei miei 22 anni, Ryan ne aveva 25.

 

Avevamo deciso di passare le vacanze a New York. Ryan non faceva altro che ripetermi che voleva tornare nella sua terra d’origine così decidemmo di partire. Per lui era una cosa importantissima, infondo non era più ritornato in America dalla morte dei suoi genitori e io sapevo quanto difficile sarebbe stato per lui affrontare tutto quello.

Era la prima volta che salivo sull’aereo e non ne ero alquanto entusiasta. Vomitai per tutto il viaggio e Ryan, come al solito, non fece altro che prendermi in giro. L’avrei strangolato ogni volta che mi affrettavo a prendere il sacchetto e lui cercava in ogni modo di trattenere una risata.

Dopo un volo interminabile, finalmente atterrammo nella Big Apple. Ryan fu un cicerone impeccabile. In una settimana mi fece visitare tutto quello che c’era di importante a New York.

 

Arrivò il giorno in cui avevamo deciso di andar a fare visita alle tombe dei suoi genitori. Durante l’intero tragitto ci scambiammo solo poche parole. Ryan aveva la mente immersa nei suoi  pensieri e io aveva deciso di restarmene zitta per evitare dire qualche idiozie delle mie.

Quando arrivammo al cimitero ci avvicinammo a due lapidi di marmo grigio dove vi era una fotografia che ritraeva un uomo e un donna.

 

Lei era bellissima.

 

I lunghi capelli biondi identici a quelli di Ryan gli cadevano morbidi sulla schiena, e gli occhi erano di un azzurro incredibile, sembravano finti.

 

Lui invece era un’ uomo dall’aspetto imponente, ma dai suoi occhi verdi traspariva una dolcezza infinita.

 

Ovviamente, erano in genitori di Ryan.

 

Io rimasi un po’ indietro, non volevo intromettermi in quelli che sicuramente non erano affari miei, ma vedere Ryan con il capo chino e le mani strette a pugno mi procurò una stretta al cuore.

 

Dio solo sa quanto stava soffrendo in quel momento.

 

Cercando di essere il più discreta possibile, mi avvicinai a lui e poggiai la fronte sulla sua schiena, abbracciandolo da dietro.

Volevo che sapesse che io c’ero, che non sarebbe stato più solo.

Lui portò le sue mani sulle mie e cominciai a sentire il suo corpo tremare.

 

Quella è stata l’unica volta che ho visto Ryan piangere.

 

Tornammo in albergo.

Anche se Ryan possedeva ancora la casa in cui era cresciuto da bambino, aveva preferito alloggiare in un hotel. Il giorno dopo saremmo tornati in Giappone quindi, preparammo le nostre valige in silenzio. Scendemmo per la cena e poi andammo direttamente a dormire.

 

Quella notte ci amammo in un modo che non credevo fosse possibile. Con i suoi gesti, con le sue parole, con i suoi respiri, Ryan mi trasmise tutte le sue emozioni e i suoi sentimenti. Mi stringeva così forte come se avesse paura che potessi scomparire improvvisamente. E io, per rassicurarlo, per fargli capire che ci sarei stata sempre e per sempre, lo stringevo a mia volta, non lasciando un minimo di spazio tra il mio corpo e il suo.

 

Tornati in Giappone, quasi un mesetto più tardi, mi resi conto che quella notte Ryan mi aveva fatto il regalo più bello che potessi ricevere.

 

Ero incinta.

 

Ero in bagno, al caffè Mew Mew.

Ricordo che era già qualche giorno che avvertivo uno strano senso di nausea e il ritardo del mio ciclo, solitamente puntualissimo, mi fece preoccupare un po’. Avevo comprato in farmacia un test, e ritornando al caffè, decisi di farlo lì. Non sarei riuscita ad aspettare di tornare a casa.

 

Quando sul blister comparve il risultato positivo, non riuscivo a credere ai miei occhi.

 

 Ero incinta sul serio.

 

Rimasi in bagno per circa 30 minuti, non sapendo cosa fare, infine, muovendomi come un automa e con la mente completamente vuota, mi diressi verso il piano inferiore con il test stretto in mano. Il caffè era ancora chiuso al pubblico ma le ragazze e Kyle erano già arrivati. Quando mi videro entrare in cucina con la faccia stravolta, tutti mi chiesero cosa mi fosse successo, ma io non li sentivo. Il mio viso era rivolto unicamente a Ryan che mi guardava seriamente preoccupato.  Mi avvicinai a lui e lo abbracciai scoppiando a piangere. Dopo qualche istante mi allontanò delicatamente e mi chiese cosa fosse successo. Io non dissi nulla, gli porsi soltanto il test che stringevo in mano. In un primo istante non capì cosa fosse, poi, come se avesse ricevuto un’improvvisa illuminazione, sgranò gli occhi e mi guardò cercando una conferma di quanto sospettava sul mio viso. Mi limitai ad annuire e, nel giro di pochi istanti mi ritrovai stretta tra le sue braccia mentre sentivo chiaramente il suo cuore battere impazzito.

Io e Ryan rimanemmo in quella posizione per un tempo infinito mentre gli altri, capendo la loro presenza in quel momento era di troppo, lasciarono la stanza.

 

Ci volle qualche giorno per abituarci all’idea, era accaduto tutto troppo in fretta.

 

I nostri amici furono felicissimi della notizia e già facevano progetti sul nome e sull’aspetto del nascituro.

 

La mia più grande preoccupazione invece era di dirlo a mio padre.

 

Lui, un uomo profondamente religioso, non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere dalla sua bambina, o almeno, non prima del matrimonio. Sapevo che gli avrei dato una profonda delusione.

 

E così fu.

 

Non mi guardò in faccia per giorni, poi, con il tempo, anche lui divenne curioso di conoscere il suo nipotino.

 

Ryan mi chiese di sposarlo e io, beh…rifiutai.

 

So già che non ci crederete ma è andata proprio così.

 

Ovviamente Ryan ci rimase malissimo.

 

Vi starete sicuramente chiedendo per quale motivo ho fatto una cosa simile.

Il motivo è semplicissimo. Non volevo che Ryan si sentisse in qualche modo “obbligato” a sposarmi solo perché aspettavo un figlio da lui. Non volevo che lui lo facesse solo perché tutti si aspettavano che lo avrebbe fatto.

 

Non fraintendete, sin da quando avevo 15 anni non ho desiderato altro che diventare sua moglie ma non volevo che accadesse così.

 

Mi rifiutai di vederlo per una settimana circa, e oltre a lui, anche tutto il resto del gruppo.

 

Solo Pam è riuscita a intrufolarsi nella mia casa cogliendomi di sorpresa. Mi trovò rannicchiata sul letto in preda a una crisi di pianto. Così le raccontai tutto, le mie ansie e le mie preoccupazioni e lei seppe capirmi come nessuno avrebbe fatto. Gli feci promettere che non ne avrebbe parlato con nessuno, soprattutto con il diretto interessato, e ovviamente, Pam non mantenne la promessa.

 

Due giorni dopo mia madre bussò alla porta della mia camera e quando mi voltai per chiedere cosa volesse, mi ritrovai d’avanti Ryan con un enorme mazzo di rose che mi guardava in modo così dolce che credevo che le gambe non avrebbero retto.

 

Sei proprio un stupida…solo a te poteva venire in mente una cosa simile! E forse è proprio per questo che ti amo, perché sei unica, perché anche se cercassi per mille anni non riuscirei mai a trovare una persona come te. Sei solare, sei allegra, sempre piena di vita, e poi sei bella…Dio quanto sei bella, e io ti amo…non puoi lontanamente immaginare quanto. Hai ragione però su una cosa. E’ vero che ti ho chiesto di sposarmi per via del bambino, ma per me è stata una scusa. Non sai da quanto desideravo chiedertelo ma poi mi frenavo sempre, pensavo che fosse troppo presto e che tu non avresti mai accettato di legare per sempre la tua vita alla mia. Ma credimi, la cosa che desidero di più al mondo è che tu diventi mia moglie.

 

Mi sentì di morire. Quelle parole fecero crollare tutte le mie paure e incertezze.

 

Con le lacrime che scendevano copiose sul mio viso mi lanciai tra le braccia di Ryan e lo baciai con tutto l’amore di cui ero capace.

 

Ero la persona più felice del mondo.

 

La cerimonia fu molto semplice. Sia io che Ryan decidemmo che non era il caso di fare una feste in grande stile . Preferimmo passare il giorno del matrimonio con le persone più care.

 

Comprammo, o meglio, Ryan comprò una villetta accanto a quella dei miei genitori, in modo che mia madre potesse starmi vicino visto lo stato avanzato della mia gravidanza.

 

Ryan fu un vero campione di pazienza.

 

Nelle ore più strane del giorno e della notte mi venivano le voglie più svariate, tutte cose che ovviamente non avevamo in casa. Così quel poveretto era costretto a setacciare mezza Tokyo per cercare di accontentare le mie assurde richieste.

 

Al pensiero della sua espressione contrariata mentre usciva di casa mi viene ancora da ridere.

 

Qualche mese più tardi nacque Nathan Shirogane.

 

Preferisco evitare di raccontare il tragico travaglio che ho affrontato, ma una cosa devo dirvela per forza.

 

Non potrò mai dimenticare quando il medico porse a Ryan quello che era suo figlio. Lui lo teneva in braccio come se fosse qualcosa di fragilissimo che si potesse rompere da un momento all’altro e lo guardava come se non avesse mai visto un neonato in vita sua. Fu un’emozione troppo grande per riuscire a descriverla come si dovrebbe.

 

La stessa emozione la provammo nuovamente due anni dopo quando venne al mondo il nostro secondo bambino: Ethan Shirogane.

 

La notizia dell’arrivo di Ethan fu meno sconvolgente di quando scoprì di aspettare Nathan. Io e Ryan eravamo ormai entrati a pennello nel ruolo di genitori e l’idea di avere un altro bambino per casa non ci fece paura. Io e Ryan stavamo costruendo la nostra famiglia ed era quella che desideravamo entrambi.

 

Eravamo felici come pochi, ma purtroppo, non lo saremmo stati ancora per molto.

 

 

 

 

 

FINE SECONDA PARTE

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


TERZA PARTE

TERZA PARTE

 

 

 

L’arrivo di Ethan aveva portato una nuova ventata di felicità nella nostra vita. Tutto era perfetto e non c’era nient’altro che potessi desiderare.

Ovviamente non era semplicissimo badare a due bambini così piccoli. Entrambi avevano bisogno di attenzioni 24h su 24h e non potevamo permetterci di distrarci un secondo che magari Nathan cercava di arrampicarsi su una sedia o si accingeva a lanciare per aria un oggetto recuperato da qualche parte….e ovviamente, Ethan in tutto questo scoppiava a piangere disperato.

Ma quando poi arrivava la sera e io e Ryan ci soffermavamo ad osservarli dormire beati nei loro lettini, tutta la fatica della giornata scompariva in un secondo.

Stretta dal suo braccio che mi cingeva le spalle e accoccolata contro il suo petto ad osservare i nostri figli, ero pervasa da un assurda felicità che mai nessuno sarebbe riuscito a comprendere neanche lontanamente.

E’ una sensazione impossibile da spiegare a parole, risulterebbe troppo banale e non vorrei sminuirla, non lo merita.

Ad essere davvero sinceri, non nego di essere rimasta un po’ delusa quando scoprì che avremmo avuto un altro maschietto. Nel profondo del mio cuore speravo che in arrivo ci fosse una bambina. Desideravo tanto una piccola Strawberry da vestire tutta carina, con vestitini colorati e nastrini, ma il destino ha voluto un altro piccolo clone di Ryan.

E’ assurda la somiglianza con il padre, sia Nathan che Ethan sono la sua perfetta fotocopia. Entrambi capelli biondi e occhi blu. Sono adorabili.

Ultimamente poi, quando parlo con Nathan e lo guardo negli occhi, mi sembra davvero di guardare Ryan.

Più cresce e più gli somiglia in modo incredibile. Mi guarda con gli stessi occhi, ha le sue stesse espressioni, anche i gesti diventano sempre più simili.

Tutto questo è meraviglioso, ma non nego che a volte sento il cuore stringersi in una morsa senza scampo.

Sento il respiro velocizzarsi e le lacrimi pronte ad affacciarsi sul mio viso. Ma devo trattenermi, non voglio che mio figlio capisca, non voglio che creda di essere la causa della mia malinconia.

Vorrei rivederti Ryan.

Vorrei correrti incontro e abbracciarti.

Vorrei che mi stringessi forte e che mi dicessi che tutto andrà bene.

Mi manchi.

Mi manchi in ogni piccola cosa.

Mi manchi quando mi sveglio la mattina, quando prima di alzarmi mi accoccolavo contro il tuo petto nascondendo il viso nell’incavo del tuo collo.

Mi manchi quando preparo il pranzo e tu non ci sei a prendermi in giro sulle mie scarse doti culinarie.

Mi manchi quando faccio le pulizie e tu non salti fuori da qualche parte per farmi spaventare.

Mi manchi la notte, quando m’infilo nel nostro letto e tu non sei già li a riscaldarlo per me,  perché sai quanto odio il freddo.

Ogni piccola cosa, anche la più stupida e banale, mi ricorda te. Qualsiasi cosa io dica o faccia, ci sei sempre tu nei miei pensieri, e non c’è nulla che io possa fare per evitarlo.

Tu farai sempre parte della mia vita, anche fra 10, 20 o 50 anni…sarei sempre con me, gelosamente custodito nel mio cuore e onnipresente nella mia mente.

Te lo giuro.

 

Ma facciamo un passo indietro.

Tutto è incominciato 2 anni fa.

Era già qualche tempo che Ryan veniva colpito da qualche strano mal di testa. Erano episodi sporadici, che accadevano soprattutto verso sera. All’inizio non ce ne preoccupammo più di tanto, entrambi pensavamo che fosse dovuto alla stanchezza, al fatto che Ryan passasse gran parte della sua giornata lavorativa d’avanti ad un computer. Ryan si limitava a prendere qualche analgesico prima di andare a dormire e la mattina seguente il mal di testa era solo un vago ricordo.

Passarono due mesi e i mal di testa non accennavano a passare, anzi, diventavano sempre più frequenti e insopportabili. Una volta, mentre ripulivo la cucina dopo cena, Ryan andò a stendersi  sul divano del salotto per immergersi nella lettura di uno dei suoi complicatissimi libri.

Mi fermai ad osservarlo.

 Lo vidi appoggiare il libro sulle ginocchia e cominciare a massaggiarsi le tempie. Poi lo vidi stringere gli occhi e una smorfia di dolore comparire sul suo viso.

Rimasi pietrificata.

Ryan aveva sempre sminuito quel fastidio che ormai si portava dietro da qualche mese e, vederlo li, soffrire in silenzio, mi spiazzò. Mi precipitai su di lui, cercando un modo per aiutarlo ma non sapevo cosa fare. Stavo per chiamare un ambulanza ma lui mi fermò.

Gli chiesi delle spiegazioni, gli chiesi il motivo per il quale non mi avesse mai detto che la situazione era così peggiorata, ma lui continuava a non darci troppo peso.  Alla fine però riuscì a convincerlo a farsi visitare da un medico specialista.

La prima cosa che feci la mattina seguente fu chiamare il nostro medico curante per chiedergli il nome di uno specialista abbastanza stimato. Lui mi consigliò il dottor. Nagase, primario del dipartimento di neurologia dell’ospedale di Tokyo.

Chiamai lo studio del dottore e la sua segretaria mi fissò un appuntamento per la settima successiva.

Il dottor Nagase era un uomo sui 50 anni, dalla corporatura robusta e di altezza media. Era una persona molto cordiale, pacata, ma anche un uomo dall’innegabile preparazione professionale, cosa che percepii immediatamente quando incominciammo a parlare del problema di Ryan.

Dopo una normalissima visita di routine, il dottor Nagase consigliò a Ryan una serie di analisi cliniche per vedere la natura di quei mal di testa. Ci disse comunque di stare tranquilli, molto probabilmente Ryan soffriva solo di una forma più forte del normale di emicrania.

Fissammo un altro appuntamento 2 settimane più tardi.

Qualche giorno dopo accompagnai Ryan in ospedale per fare la tac. Lui insisteva per lasciar perdere il tutto ma io m’impuntai. Ero troppo preoccupata per lui, vederlo stare così male solo poche sere prima mi aveva allarmato. Gli avrei fatto fare tutti gli esami del mondo se fosse stato necessario.

Ryan fu chiamato per il suo turno e io rimase ad attenderlo nella saletta adiacente.

Quasi 30 minuti dopo vidi uscire un medico e dirigersi verso di me. Mi chiese se fossi la signora Shirogane e io annui.

Mi guardò seriamente, dritto negli occhi.

Immediatamente mi resi conto che qualcosa non andava. Mi diede i risultati delle analisi e mi chiese chi fosse il medico che si occupava di mio marito. Risposi che era il dottor Nagase e mi consigliò di contattarlo al più presto. Chiesi quale fosse il problema ma lui mi rispose dicendo di essere un radiologo, che non era quello il suo campo. Mi disse ancora di portare le analisi dal dottor Nagase e che ci avrebbe spiegato lui il tutto.

Non dissi niente a Ryan, non volevo farlo agitare. Appena tornammo a casa chiamai immediatamente il dottore e feci anticipare l’appuntamento al giorno seguente.

Il giorno dopo, mentre attendevamo il nostro turno nell’asettica stanzetta bianca, mi sentivo come un condannato a morte, poche ore prima dell’esecuzione. I mal di testa di Ryan erano più gravi del previsto, ne ero sicura.

Pochi minuti dopo entrammo nello studio e porsi al dottore i risultati delle analisi. Cominciò a studiarli attentamente, l’espressione del suo volto era grave…

Signor Shirogane la situazione è più grave di quel che pensavo…esordì il dottore con sguardo severo.

Mi voltai verso Ryan e lo guardai.

Il suo volto era irrigidito, gli occhi ridotti in due piccole fessure. Cercai la sua mano e la strinsi forte nella mia, poi Ryan chiese al dottore di essere più chiaro.

Il dottore chiese a Ryan se in quel periodo avesse sofferto di vertigini, mancanza di equilibrio, scoordinamento motorio e se i mal di testa erano talmente forti da indurre vomito.

Ryan si limitò ad annuire e io rimasi sconvolta. Possibile che non mi era mai accorta di nulla?

Signor Shirogane…lei ha un tumore al cervello…per essere più precisi…al cervelletto…

Quelle parole piombarono su di noi come una sentenza.

Rimasi immobile, sconvolta, quelle parole continuavano a risuonare ripetutamente nella mia testa.

In un attimo, tutto era crollato.

Sentì Ryan stringere più saldamente la mia mano ma il suo volto rimase impassibile.

Avrei voluto chiedere spiegazioni ma dalla mia bocca non usciva nessun suono. Fu Ryan a porre domande.

Chiese cosa bisognava fare, se c’era una cura e pregò il dottore di essere conciso, di non usare inutili giri di parole. Continuavo a fissarlo stralunata, da dove la prendeva tutta quella calma?

Io mi sentivo d’impazzire…

Il dottore, capendo la determinazione di Ryan di essere messo al corrente di tutta la verità, fu molto chiaro…

Signor Shirogane, sarò sincero…il tumore al cervello è uno dei più difficile da curare. Il cervello è una delle parti più delicate del nostro corpo e trovandosi anche in una zona abbastanza ristretta quale il cranio, si ha presto la formazione di un liquido che comprime le pareti ossee e produce forti emicranie come quelle che lei ha accusato, di conseguenza anche l’espansione della massa tumorale è molto veloce. Per quanto riguarda la cura, la chirurgia è da escludersi in quanto non darebbe nessun tipo di risultato concreto al fine di curare la malattia. Anche la  chemioterapia è da escludere in quanto il cervello è molto difficile da raggiungere con in farmaci a causa di una propria barriera naturale che lo protegge dagli agenti esterni. L’unica cura al momento  possibile è la radioterapia…

Ryan chiese di essere più chiaro, voleva sapere in cosa consistesse quel tipo di cura.

Il dottor Nagase continuò…

Le opzioni possibili, e le più recenti sono due: la brachiterapia e la radioterapia stereotassica. La brachiterapia consiste nella somministrazione della radioterapia attraverso l’infissione di aghi nella testa carichi di sostanze radioattive; la radioterapia stereotassica si serve dell'ausilio di sofisticati strumenti per la visualizzazione e la delimitazione delle aree su cui intervenire e consiste nella somministrazione di raggi ad alta energia direttamente sulla massa da distruggere.

Stavo per sentirmi male. Non riuscivo a credere alle mie orecchie.

Stava accadendo tutto troppo in fretta. Nel giro di un ora la nostra vita era totalmente cambiata. Mai più nulla sarebbe stato come prima. Ringraziammo il dottore e uscimmo.

Dopo pochi minuti ci ritrovammo in strada.

Anche se eravamo nei primi giorni di settembre e la temperatura era ancora abbastanza calda, il mio corpo era un pezzo di ghiaccio.

Le gambe mi tremavano visibilmente.

Quando poi incrociai lo sguardo di Ryan e vidi i suoi occhi velati di tristezza, non riuscì più a trattenermi.

Mi lanciai su di lui e piansi come una bambina. Avrei dovuto essere io a dare coraggio a lui, dovevo essere io a dirgli di non preoccuparsi, che tutto sarebbe andato bene…. Ma non ci riuscivo, l’unica cosa che ero in grado di fare in quel momento era piangere.

Quella sera decidemmo di tornare a casa a piedi, passeggiando mano nella mano come non facevamo da quando entrambi eravamo due ragazzini.

La settimana successiva Ryan cominciò la brachiterapia.

E quello fu l’inizio della fine.

Gli aghi che infilavano nel cervello erano carichi di sostante radioattive e il dolore che Ryan provava ogni qual volta che si sottoponeva a quel trattamento erano lancinanti. Di conseguenza, una terapia così forte aveva anche dei gravissimi effetti collaterali su altre parti del corpo.

Ma Ryan non si diede mai per vinto, ha continuato a combattere e ad affrontare quel calvario senza arrendersi mai, lottando con le unghie e con i denti.

Ma qualunque cosa Ryan avesse fatto, la malattia continuava a progredire…inesorabile, fino a quando, dopo 10 mesi di calvario, il dottor Nagase ci disse che avevano provato l’impossibile…ma che purtroppo non era servito a nulla, il tumore continuava a progredire inarrestabile.

Ricordo che quella notte rimasi tutta la notte stesa accanto a lui, stretta al suo corpo.

Come avrei fatto a vivere senza di lui?

Ryan mi avrebbe lasciato e io sarei rimasta sola a vivere una vita che senza di lui non avrebbe avuto senso. Ryan mi coccolò dolcemente e facemmo l’amore, per l’ultima volta….

I giorni trascorrevano troppo veloci e Ryan stava sempre peggio.

Faticava ad alzarsi dal letto, il respiro era sempre più affannoso e riusciva a combattere il mal di testa, che ormai era diventato cronico e lancinante, solo con massicce dosi di morfina.

In tutto questo però, non si è mai lamentato ne ha mai pianto, almeno non in mia presenza.

Gli ultimi giorni della sua malattia gli abbiamo trascorsi insieme, passavo 24 ore al giorno stesa accanto a lui e parlavamo per ore intere, di qualsiasi cosa.

Non volevo lasciarlo da solo, avevo paura che se mi fossi allontanata anche solo per 1 secondo lui sarebbe andato via per sempre, dove io non avrei mai potuto raggiungerlo.

Ricordo che una sera mi disse che avrei dovuto continuare a vivere anche per lui, di non aver paura, che sarei dovuta essere forte per i nostri figli e che attraverso i miei occhi lui gli avrebbe guardati crescere e diventare adulti. Mi disse di non avere rimpianti e di non rinunciare a vivere solo perché lui non ci sarebbe stato, e soprattutto, di trovare un’altra persona che si sarebbe presa cura di me….

Più Ryan parlava e più io piangevo, a anche ora, mentre scrivo, le lacrime scorrono da sole…inesorabili.

Con quella frase Ryan aveva dimostrato di essersi arreso alla realtà dei fatti…lui non ci sarebbe più stato.

Quella notte stessa, alle 4.16 del mattino, Ryan morì…

E una parte di me stessa quella notte è morta con lui….

Qualche settimana dopo scoprì di aspettare un bambino.

Ryan avrebbe avuto un altro figlio, ma che non avrebbe mai potuto conoscere.

Un altro maschietto.

Un'altra sua piccola fotocopia.

Un bambino però che non avrebbe mai potuto conoscere suo padre.

L’ho chiamato Ryo, in tuo onore.

In onore dell’uomo più meraviglioso dell’intero universo, dell’uomo che ho amato e che mi ha amata più della sua stessa vita.

Quando diventerà più grande gli parlerò di te, sarà orgoglioso di suo padre…te lo prometto Ryan.

Io nel frattempo cerco di essere forte, cerco di fare del mio meglio con i nostri bambini, ma non è facile.

Mi manchi da morire….mi sento perduta senza di te….

Ma ti ho fatto una promessa…e ti giuro, te lo prometto, farò del mio meglio…cercherò di vivere, ma mai, per nessuna ragione al mondo, qualcuno prenderà il tuo posto.

Il mio cuore ti appartiene…ora…e per sempre…

 

 

 

 

FINE

 

Molti di voi hanno sicuramente già letto questa fanfiction. Ho solo corretto qualche piccolo dettaglio che non mi piaceva e l’ho divisa in 3 parti più o meno della stessa lunghezza.

P.S: la descrizione della malattia di Ryan e delle possibili cure sono dati presi da un enciclopedia medica, nulla è inventato. Grazie per l’attenzione, alla prossima. Kashia.

 

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