Di nuovo normale...

di Asiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 ***
Capitolo 3: *** Cap.2 ***
Capitolo 4: *** Cap. 3 ***
Capitolo 5: *** Cap. 4 ***
Capitolo 6: *** Cap. 5 ***
Capitolo 7: *** Cap. 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Di nuovo normale…

 

Prologo

 

 

 

La luce del sole aggredì i suoi occhi chiari. Istintivamente alzò una mano per ripararsi, mentre un pensiero folle le attraversò la mente.

Non possono attaccarmi con la luce del sole.

Rendendosi conto di quello che aveva pensato, si guardò terrorizzata intorno, convinta che gli infermieri, che gironzolavano nel parco, stessero per prenderla e riportarla a forza dento l’ospedale, nel quale aveva trascorso gran parte della sua adolescenza.

“Elizabeth!”.

La ragazza bionda si voltò verso la voce. Un dottore alto e con i capelli scuri stava correndo verso di lei. Sorrideva e sembrava veramente felice di vederla, ma lei sapeva che era una finta. Quante volte aveva visto quel sorriso prima che la imbottissero di psicofarmaci, o prima che la tenessero ferma mentre lui si preparava per iniettarle l’ennesima schifezza.

“Dottore” si limitò a rispondere.

Il dottore captò la sua inquietudine e il sorriso che aveva sulle labbra scivolò via.

“Sono solo venuto a salutarti. Abbiamo passato molto tempo insieme”.

“Troppo”.

Il dottore ridacchiò. “Sì, è vero. Ma spero che non ti dispiaccia tornare a trovarmi almeno tre volte la settimana”.

“Ma... Ma... Mi lasciate andare, vero? Perché mia madre ha detto che posso tornare a casa e… “.

“Elizabeth…”

“Buffy! Il mio nome è Buffy!” strepitò la ragazza, occhieggiando malevola il dottore.

L’uomo la fissò incerto, per poi assumere lo sguardo che Buffy aveva soprannominato “Lo Sguardo Clinico Prima Della Puntura!”.

“Mi scusi, Dottor Ross. Sono solo nervosa. È da molto che non torno a casa…”.

I lineamenti del dottore si addolcirono e Buffy tirò un sospiro di sollievo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non ritornare in quella stanza bianca, prigioniera di una camicia di forza. Anche far finta di non aver vissuto a Sunnydale per tutti quegli anni, insieme ai suoi amici.

Tu non hai mai vissuto a Sunnydale. Non esiste! Tu non hai amici, lì. Tu non hai nessun amico!

Buffy respinse con forza questo pensiero e si riconcentrò sul dottore davanti a lei, il quale si era appena girato.

Joyce Summers stava camminando veloce verso di loro. Era sorridente e i suoi occhi brillavano dalla felicità. Buffy se ne stupì. Al dire il vero, si stupiva sempre ogni volta che vedeva sua madre. Fino a pochi mesi fa, era convinta che fosse morta e invece, in quel momento, stava venendo verso di lei.

Ancora incredula di questo miracolo, abbracciò sua madre non appena la raggiunse.

“Oh, Buffy! Non così forte!” si lamentò con tono scherzoso Joyce.

“Signora Summers” disse il dottore a mo’ di saluto, ma Buffy udì anche un tono di avvertimento in quelle due semplici parole, mentre lasciava andare sua madre.

Joyce si voltò verso l’uomo, arrossendo.

“Dottor Ross, mi scusi. Allora Beth, sei pronta ad andare?”:

Beth? Urlò nella sua mente Buffy.

“Certo, Mamma Joy” le rispose, voltando le spalle al dottore e camminando verso l’auto.

Anche se la macchina distava pochi metri dall’ingresso dell’istituto d’igiene mentale, per Buffy sembrò di attraversare un intero universo.

L’aria le sembrava più buona, la luce più intensa. Se questo significava essere liberi, sarebbe stata libera per sempre. E se qualcuno avesse in qualche modo intaccato la sua libertà, a quel qualcuno aspettava una brutta fine.

Non sei la Cacciatrice! Smettila! Tu sei una ragazza di ventidue anni, appena uscita da un manicomio.

“Bu… Beth?”. Buffy si girò verso sua madre. “Tutto bene?”

“Sì!” e detto questo, salì in macchina.

Appena si allacciarono le cinture, Joyce s’immise nel traffico. C’erano poche auto in giro quella domenica mattina, ma Buffy non se ne rese nemmeno conto. I suoi occhi erano puntati verso l’alto. Si distrasse cercando di trovare delle forme nelle nuvole bianche che tappezzavano il cielo, ma quando ne vide una a forma di paletto, distolse subito lo sguardo.

“Beth, tuo padre tornerà stasera e… Che c’è?” chiese sua madre, accorgendosi dell’espressione infastidita di sua figlia.

“Beth?” ripeté in tono sarcastico Buffy.

“Mamma Joy?” ribatté sua madre.

Le due si guardarono, per poi scoppiare a ridere di cuore.

“Oh, come mi sei mancata Buffy” confessò Joyce, mentre si asciugava una lacrima solitaria sfuggita ai suoi occhi.

“Anche tu, mamma. Posso chiederti una cosa?”.

“Tutto quello che vuoi, tesoro”.

“Beth?” domandò nuovamente Buffy, testarda.

Sua madre assunse un’espressione sofferente e gettò un breve sguardo verso sua figlia. Parcheggiò nel vialetto di casa, ma non scese dall’auto. Sapeva che doveva darle una risposta.

“Il Dottor Ross crede che sia meglio cancellare qualsiasi cosa che possa farti ricordare…be’, lo sai…”.

“La mia non vita a Sunnydale?” indagò Buffy.

“Sì”.

“E questo che cosa a che fare con il diminutivo che tu e papà mi avete dato fin dalla nascita?”.

“Buffy, lo sai il motivo. Meno pensi a Loro, più stai meglio. Io non so che cosa tu abbia fatto per liberarti di Loro, ma mi ricordo come sei stata le settimane successive alla tua decisione di lasciarli…”.

“Dì i loro nomi”.

“Buffy…”.

“Dì i loro nomi!” disse con forza Buffy, combattendo contro le lacrime che minacciavano di sopraffarla.

Joyce prese un profondo respiro. “Willow, Xander, Giles e… Dawn”.

“Né hai dimenticato qualcuno, ma non importa. Willow, Xander, Giles, Dawn, Tara, Angel, Anya e Spike sono solo delle mie fantasie. Loro non esistono. La citta di Sunnydale non esiste. Io ho passato sei anni della mia vita rinchiusa in un manicomio…”.

“Buffy, lo sai che tuo padre ed io l’abbiamo fatto per il tuo bene!” la interruppe sua madre disperata.

“… per colpa loro.” continuò Buffy, facendo finta che sua madre non avesse aperto bocca. “ e fidati, quando ti dico, che io li odio per questo. Farò qualsiasi cosa per non ritornare in quel posto. E se questo comporterà che d’ora in poi sarò chiamata Beth, va bene. Buffy Summers muore esattamente in questo preciso istante”.

Buffy guardò sua madre con il respiro affannato. Pregava in cuor suo che sua madre capisse quanto le costava dire quelle cose ad alta voce. Il suo cuore si era rotto in mille pezzi e sapeva che per riattaccare tutti i cocci sarebbero passati anni.

Joyce la prese tra le braccia e la strinse forte. Aveva capito.

Buffy sorrise, ma dentro di sé un maremoto di tristezza la stava colpendo nel profondo del suo io.

“Forse è meglio entrare, se no papà inizierà a farsi delle domande, se ci troverà ancora qui dentro quando tornerà” scherzò la ragazza, sciogliendo dolcemente l’abbraccio.

“Sì, hai ragione”.

Le due donne scesero dall’auto e si diressero verso casa.

Appena Buffy entrò, si sentì completamente spaesata. Non perché non entrava in quella casa da tempo, ma perché sapeva che quella non era casa sua. La sua casa era a Sunnydale.

Mentre si dirigeva verso il piano superiore, trascinando la valigia su per le scale, si aspettava di sentire la voce di Dawn che chiacchierava con la sua amica Janice al telefono, oppure le risatine soffocate di Willow e Tara provenienti dalla loro camera da letto.

Ma solo il silenzio la accolse sul pianerottolo.

Aprì la porta che si trovò davanti. Era il bagno.

Rise di sé stessa. Avrebbe dovuto riabituarsi a casa sua. Al terzo tentativo, trovò la sua stanza.

Mollò la valigia sul pavimento, chiuse la porta dietro di sé e si buttò sul letto, mentre le lacrime cominciavano a sgorgare dai suoi occhi.

Lo sapeva che si era immaginata tutto, ma non riusciva a smettere.

Doveva piangere per l’addio definitivo che aveva dato ai suoi più cari amici mai esistiti.

 

 

Non so da dove mi sia uscita, ma spero che sia piaciuta. Credo che ogni singolo fan, di questa magnifica serie, si sia sempre chiesto che cosa sarebbe successo se veramente Buffy si era inventata tutto.

Non so dove mi porterà, ma fino a quando la storia m’ispirerà… io la continuerò.

Grazie per la lettura.

Asiel…

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Capitolo 2
*** Cap. 1 ***


Cap° 1

 

 

Buffy! Aiuto!”.

“Willow!”.

Vide, nascosta sotto la scala della cantina, l’incantesimo di Tara liberare Willow e sua sorella Dawn.

Xander era appena stato scaraventato dal demone, ma un altro incantesimo lanciato dalla strega bionda gli aveva fatto cadere lo scaffale addosso.

Buffy non rifletté.

Appena vide il piede di Tara sullo scalino di fronte a lei, protese la mano e le afferrò la caviglia, facendola ruzzolare giù per le scale.

“Tara!” gridò Willow disperata, mentre raggiungeva la donna che amava.

“Buffy, aiutaci!” urlò Dawn.

Ma Buffy non mosse un solo passo in loro aiuto. Si rannicchiò e chiuse gli occhi.

“Buffy!”.

“Buffy!”.

Buffy, aiuto!”.

“Buffy, svegliati!”.

Troppe persone che gridavano e lei si sentiva lacerata, scossa da una parte all’altra.

Il demone si stava avvicinando pericolosamente verso la sua amata sorella. La sorellina che aveva giurato di proteggere e che era morta per salvarla. Stava ferma e assisteva all’avanzata del mostro, con le mani protese per afferrare e uccidere Dawn.

“Buffy!”.

“Dawn!” gridò Buffy a piena forza, svegliandosi.

Le ci volle un po’ per rendersi conto che era nella sua camera e che una persona la abbracciava. Agì d’istinto. La spinse via e saltò giù dal letto.

La stanza era buia e l’unica fonte di luce era la luna, che filtrava attraverso le tendine aperte illuminando una piccola porzione della moquette.

“Buffy, calma. Sono io!”.

Buffy si concentrò sulla persona che aveva di fronte, la quale si era alzata per raggiungerla.

“Va tutto bene. Era solo un incubo”.

“Mamma?” domandò Buffy con tono incerto.

Udì un sospiro di sollievo. “Sì”.

E poi la luce artificiale invase la stanza. Un uomo alto e robusto stava sulla soglia della camera con un’espressione furente dipinta sul viso. Gettò un breve sguardo verso sua moglie, per poi puntare gli occhi chiari su sua figlia.

“Che cosa sta succedendo?” chiese.

Joyce si frappose subito tra i due e a Buffy non sfuggì. Perché sua madre la stava proteggendo da suo padre? Era vero che da quando lei era arrivata, ormai due settimane prima, non avevano fatto altro che litigare, ma non credeva che la situazione tra i due si fosse così deteriorata.

“Niente, papà. Ho solo avuto un incubo” rispose, guadagnandosi un’occhiataccia da sua madre.

“Un incubo? Ancora?”.

“Sì, Hank. Il dottor Ross ha detto che Buffy…”iniziò a dire Joyce, ma lo scatto repentino fatto da suo marito la fermò.

“Buffy? Non aveva detto che preferiva essere chiamata Beth?”.

“Ehi, io sono qui!” disse Buffy, alzando una mano e agitandola, ma i suoi genitori non se ne accorsero. Forse erano convinti che fosse ancora pazza, o forse erano talmente abituati alla sua assenza, che se c’era o non c’era non faceva più alcuna differenza.

“Scusa, Hank. Perché non torniamo a dormire? Domani, ci aspetterà una giornata pesante e tu devi prendere l’aereo…”.

“Parti ancora, papà?” domandò Buffy sorpresa.
Aveva visto poche volte suo padre in quel breve periodo. Aveva sempre cene d’affari e passava molto tempo in ufficio.

Buffy non voleva pensare male, ma la sua indole sospettosa le faceva credere che il suo caro paparino stesse nascondendo qualcosa. Aveva provato a indagare, ponendo alcune domande a sua madre, ma Joyce era stata restia a risponderle e aveva preferito parlare di cose futili: tipo se aveva intenzione di rimettersi a studiare.

“Sì, parto ancora. Qualcuno deve pur mantenere questa casa” disse Hank, lasciando la stanza.

Buffy strinse le mani a pugno per impedirsi di fare una sciocchezza. Si limitò ad avvicinare sua madre e ad abbracciarla.

“Scusa, mamma. Non volevo. Anche se prendo le medicine, quei sogni mi… mi perseguitano”. Quelle parole erano drasticamente vere.

Aveva sognato la fine dei suoi amici ogni singola notte e non c’era verso che la sua mente le desse tregua ogni tanto.

 “Non ti preoccupare, Bu… Beth. Ah, dannazione! So che ti avevo chiesto di farlo, ma posso richiamarti Buffy? “ chiese Joyce con disappunto. “Senza offesa, tesoro. Ma tu non hai la faccia da Beth!”.

Buffy ridacchiò e si limitò a sorridere. “Ok, te lo concedo. Ma solo tu puoi farlo”.

Joyce diede la buonanotte a Buffy e uscì dalla stanza.

La ragazza ritornò a letto e afferrò il suo peluche dal comodino.

“Sai, Mr. Gordo credo di potercela fare a guarire. Ok, parlare a un peluche a forma di maiale non è molto normale, ma sei il mio unico amico. Eri presente anche lì…”. Non ce la faceva ancora a pronunciare quel nome ad alta voce senza provare un brivido di paura. “Ma questo significa solo una cosa. A te ci tengo davvero!”. Buffy rise appena. “Però credo che non sarà così semplice, Mr. Gordo. La Buffy Summers Cacciatrice è difficile da uccidere, ma questa volta prego di esserci riuscita, a meno che qualcuno non la faccia resuscitare…”.

E con queste ultime parole sussurrate al suo animale di peluche, Buffy si addormentò, tornando al suo incubo.

 

 

 

La mattina dopo, la sveglia le trapanò la testa. Non aveva dormito quasi per niente. Aveva appena finito di rivivere gli ultimi momenti che aveva passato con Angel prima di ucciderlo. Era successo quando aveva sedici anni, o almeno così era convinta che fosse.

Mentre si lavava e si vestiva, iniziò a domandarsi come aveva fatto a innamorarsi di una persona del genere. Era a conoscenza del fatto che non esisteva, gliel’avevano ripetuto per anni, ma proprio non riusciva a capire. E poi la cosa assurda era che dopo Angel, aveva avuto un altro vampiro: Spike.

Con Spike era stato diverso. Lui era diverso. All’inizio voleva ucciderla, ma dopo avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di essere ricambiato da lei. La vita poteva anche essere folle nel sogno folle di una folle.

Stava per varcare la soglia della cucina, quando sentì le urla dei suoi. Si nascose dietro il muro e rimase immobile per poter ascoltare, senza farsi scoprire.

“Come sarebbe a dire che passavi un momento difficile?”.

Sua madre stava urlando a pieni polmoni.

“Tua figlia…”.

“Nostra figlia, Hank. Nostra!”.

“Andiamo, Joyce. Ma l’hai vista? Non tornerà mai la bambina che te ed io amavamo. È una donna che non conosce niente del mondo. Abbiamo fatto male a portarla via dall’istituto. Forse, se la riportiamo indietro, noi due potremmo avere ancora qualche possibilità”.

Buffy tentò di ricacciare dentro di sé il dolore e la rabbia che stava provando in quel momento, ma era difficile visto che le parole pronunciate da suo padre alleggiavano ancora intorno a lei.

“Che cosa? Tua figlia ha sconfitto i suoi demoni personali, letteralmente, e tu vuoi riportarla indietro? Non ti azzardare a dare la colpa a lei. Sei tu che mi ha tradito con la segretaria”.

“Joyce, tu eri distante e…”.

“Vattene via da questa casa! Subito!”.

“Che cosa?” gridò Hank. “ Io, da qui, non mi muovo. Vattene tu e portati appresso quella pazza di tua figlia!”.

Per Buffy era troppo. Entrò in cucina e quando i suoi la videro, impallidirono. Lei fece finta di niente e si diresse verso il frigorifero per prendere del succo d’arancia. Con estrema lentezza, afferrò un bicchiere e versò il succo.

Il silenzio li circondava come se fosse stato una fitta coltre di nebbia. Dopo aver rimesso il succo dentro il frigo, si appoggiò al bancone della cucina e fissò suo padre.

“Sei ancora qui?” domandò, dopo aver bevuto un sorso.

Hank strabuzzò gli occhi e aprì e chiuse la bocca parecchie volte.

“Cosa?” riuscì a farfugliare.

“Mamma ti ha detto di andartene. Non capisco cosa aspetti. Un invito scritto? Forse dovremmo chiederlo alla tua segretaria di scrivercelo. Ah, già. È troppo occupata a…”.

“Buffy!”

Buffy si voltò verso sua madre e, notando come la guardava, capì di aver esagerato.

“Papà, hai un’ora di tempo”.

“Perché, se no?” le domandò con tono di sfida.

Lei non rispose, ma sembrava che sprigionasse un’aurea forte e misteriosa. Talmente forte che Hank si precipitò fuori dalla stanza.

Sentirono la porta d’ingresso aprirsi per poi richiudersi con violenza.

“Credo che non tornerà dal suo viaggetto d’affari…” tentò di sdrammatizzare Buffy, senza riuscirci realmente.

Sua madre teneva gli occhi bassi.

“Mamma?”.

“Buffy, vado su un attimo. Preparati che dobbiamo uscire…”, detto questo Joyce se ne andò, lasciando sola Buffy accompagnata dal rumore della goccia che cadeva nel lavello.

 

 

Due ore dopo, Buffy si trovava in macchina con Joyce. Più volte aveva tentato di instaurare una conversazione, ma sua madre rispondeva solo con monosillabi e cenni della testa.

Decise di rinunciare, aspettando il momento più opportuno per affrontare il discorso. Guardò fuori dal finestrino e cacciò un urlo.

Sua madre inchiodò in mezzo alla strada, scatenando una tempesta di clacson da parte degli altri automobilisti.

“Buffy, che cosa è successo?”.

Ma lei non rispose. Stava osservando la ragazza seduta sul marciapiede di fronte. Aveva lunghi capelli castani e due grandi occhi azzurri. La carnagione era chiara e le labbra sottili e rosse.

“Dawn…” sussurrò Buffy, con la mano già pronta per aprire lo sportello della macchina.

“Dawn, cosa? Buffy!”.

Le urla di sua madre la riportarono nel mondo reale. Si voltò verso Joyce terrorizzata e le indicò la ragazza che assomigliava a sua sorella, quella mai esistita.

“Mamma, dimmi che la vedi! Dimmi che la vedi!”.

“Buffy, calma! A chi ti stai riferendo?”.

“A lei” strepitò Buffy, voltandosi sulla sua destra.

La ragazza era ancora lì seduta e, se i suoi occhi non la ingannavano, stava chiedendo l’elemosina.

“Dici quella ragazza con i capelli lunghi? Quella che indossa la felpa tutta colorata?”.

“Sì. Oh Dio. Allora non sono impazzita ancora…” sospirò Buffy, tentando di calmare il respiro.

Joyce avviò subito l’auto e si allontanarono in fretta e furia da quella parte della città. Non vivevano più a Los Angeles, ma in una piccola cittadina là vicino. Le spese mediche di Buffy avevano prosciugato i risparmi dei suoi genitori e anche se si sentiva in colpa per questo, lei non era dispiaciuta di aver lasciato la grande città. Se doveva ricominciare, doveva partire da lì. Come aveva fatto a Sunnydale.

“Così quella ragazza…” disse Joyce, tentando di mantenere un tono di voce calmo.

“Sì”.

“Be’, è una bella ragazza. Spero che si rimetta”.

“Si rimetterà” affermò Buffy con decisione.

“Buffy, lei…”.

“Lo so, mamma. Lei non è Dawn. Io non ho sorelle. Ma quella ragazza è… è…”.

Calò il silenzio, rotto solo dal rumore del traffico che le circondava.

Proseguirono, fino a quando Joyce non parcheggiò l’auto davanti a un parco. Buffy gettò un’occhiata confusa a sua madre, ma lei stava già scendendo dalla macchina.

Si affrettò a raggiungerla. Sganciò la cintura e uscì.

Faceva caldo per essere aprile e il parco pullulava di studenti in libertà. Alcuni stavano passeggiando, altri giocavano a lanciarsi o un frisbee o un pallone da football, ma la maggior parte di loro stava studiando su libri che a Buffy sembravano enormi.

Poi il suo sguardo fu catturato dall’edificio di mattoni scuri davanti a lei. Era antico e segnato dall’intemperie. Un grosso orologio indicava lo scorrere del tempo e l’imponente portone metteva in soggezione chiunque lo varcasse.

Buffy vide molti ragazzi entrare e uscire dai battenti aperti e provò lo strano impulso di unirsi a loro. Gli sembravano così felici, così normali.

Con la coda dell’occhio, notò sua madre osservarla.

“Che cosa c’è?” domandò un po’ imbarazzata.

“Mi sembri diversa…”.

“Rilassata?”.

“Sì”. Joyce sorrise. “Rilassata”.

Le due donne si guardarono negli occhi e si poteva leggere la complicità che le univa.

“Per prima… Ecco…”.

Joyce non la fece finire. Abbracciò Buffy, azzittendola.

“Non devi scusarti. Anzi, devo ringraziarti. Io non so se avrei mai avuto il coraggio”.

“Quindi, non ce l’hai con me?” domandò Buffy con un sussurro.

Sua madre la allontanò appena per guardarla negli occhi.

“Io non ce l’avrò mai con te. Mai, hai capito? Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata”.

“Ma io…”.

“Niente, ma. Però voglio farti una domanda. Non mi sembri sconvolta dalla storia di tuo padre. Io avevo qualche sospetto, ma tu ti comporti come se già lo sapessi da tempo”.

Buffy non ebbe il coraggio di continuare a guardarla. Abbassò la testa e, usando il tono più tranquillo che poté, disse:

“Quando ero a Sunnydale…” si fermò, convinta che sua madre la interrompesse.

“Buffy, puoi parlarmi della tua altra vita. Adesso che ho la certezza che stai bene, posso affrontarla… la possiamo affrontare insieme, se vuoi”.

Notando il sorriso di Joyce, Buffy prese fiducia.

“Al terzo anno, papà mi diede buca. A ogni compleanno mi portava a vedere Holiday on Ice, ma quell’anno non venne. E per quelli avvenire non si fece quasi mai sentire, perché era scappato con la segretaria per andare in Spagna. E stamattina, quando ho sentito di lui e della segretaria, è come se tutta la rabbia che provavo nei suoi confronti fosse esplosa anche qui. Nel mondo reale”.

Buffy fissò sua madre, che era rimasta silenziosa per tutto il tempo. Aveva un colorito più pallido del solito, ma sembrava prendere bene lo shock.

“Così tu ci sei già passata?” chiese cercando di infondere un senso logico nel discorso.

“Sì. L’ho superata. E anche tu”.

“Davvero?”.

“Certo! Sei uscita anche con un uomo. Però non è andata bene, perché si è rivelato essere un robot con la mania di sposarsi e uccidere le sue mogli”.

“Che cosa?”.

“Ok, forse ho esagerato!” affermò subito Buffy. “ Non volevo. Sono guarita, giuro!”.

Joyce fece per ribattere, ma preferì lasciar perdere. Diede un’occhiata all’orologio e trasalì.

“Dannazione, sono in ritardo! Tu aspetta qui, ok?” ordinò a Buffy.

“Perché tu dove vai?”.

“Devo andare a parlare con il bibliotecario” rispose Joyce, indicando l’edificio antico che sovrastava il parco.

“Per una mostra?” chiese Buffy, confusa. Sapeva che sua madre era fissata con l’antichità, ma non credeva che le interessassero pure i libri ammuffiti.

“Oh, no. Ti farà da insegnante” disse Joyce.

“Che cosa?” strepitò Buffy, ma sua madre stava correndo verso la biblioteca. “Merda!”

Diede un calcio pieno di stizza alla portiera della macchina, per poi appoggiarsi sul cofano.

Incrociò le braccia e iniziò a borbottare tra sé.

A che cosa le serviva un insegnante privato? Sì, era vero che si era fermata al secondo anno del liceo, tecnicamente, ma lei era diplomata. Era riuscita a finire la scuola ed era andata anche all’università, prima di mollarla per prendersi cura di Dawn.

Le cose le aveva imparate, perché mai avrebbe dovuto rifarlo ancora?

No, non voleva. Appena sua madre sarebbe tornata, gliel’avrebbe detto chiaro e tondo. Basta, studio. Voleva solo divertirsi e farsi qualche amico.

“Attenta!”.

Un frisbee rosa centrò in pieno volto Buffy, facendola imprecare per il dolore. Il naso le pulsava dolorosamente e quando se lo toccò, vide una striscia di sangue sulle dita.

“Bene” ringhiò, chinandosi per raccogliere il frisbee.

“Oh, Dio. Ti ho fatto male. Te l’ho detto che non ero capace. Sono un pericolo ambulante. Anzi no, sono una catastrofe naturale. Una calamità. Un asteroide diretto verso la Terra per distruggerla. Io…”.

“Calmati” disse una voce maschile, interrompendo quella della sua amica.

“Ok, calma. Sono calma. Calmissima. Come stai?” chiese nuovamente la ragazza.

Buffy si rialzò e rimase bloccata.

Un ragazzo moro e con gli occhi color nocciola la stava fissando sorridendo, mentre la ragazza con i capelli rossi e lo sguardo smeraldino la osservava con ansia.

“Oh, Dio. Devi averle fatto male sul serio, Will. Credo che stia per svenire” constatò il ragazzo, gettando un’occhiata verso la rossa.

“Che cosa? Oh, no. Xander!”.

Buffy li guardò ancora per un istante, prima di sprofondare nel buio.

 

 

 

Ecco a voi un altro capitolo. Spero che vi sia piaciuto e che la storia v’incuriosisca.

Grazie a quelli che l’hanno letta.

 

Risposta recensione:

Laura the vampire slayer: Grazie mille! Sei l’unica che ha commentato e non puoi immaginare quanto ciò mi faccia piacere. Spero che la FF ti piaccia ancora. Grazie di nuovo!

 

 

Alla prossima,

Asiel…

 

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Capitolo 3
*** Cap.2 ***


Cap. 2

 

 

“Posso avere il tuo num... ehm, posso aiutarti?”.

“Oh, grazie”.

Il ragazzo cominciò a raccogliere insieme a lei i libri caduti.

“Non ci conosciamo, vero?” le domandò.

“Sono nuova di qui. Mi chiamo Buffy”.

“Xander. Ciao”.

 

 

“Ehi, ciao. Tu sei Willow, giusto?”

La ragazza dai capelli rossi trasalì e si voltò verso la voce.

“Perché?” domandò con tono sospettoso, ma poi quando si rese conto che era la ragazza nuova, aggiunse:

“Voglio dire, ciao. Vuoi che mi sposti?”.

“Perché non cominciamo da ‘Ciao, io sono Buffy’” propose la bionda, sedendosi di fianco a lei. “e continuiamo con io che ti chiedo un favore. Non desidero che ti sposti ma che tu stia un po’ con me”.

Un’espressione dubbiosa si dipinse sul volto dell’altra. “Ma tu non sei… amica di Cordelia?”.

“E non è possibile che sia anche amica tua?”.

 

 

 

Buffy aprì gli occhi.

Una luce soffusa illuminava timidamente la scrivania di mogano davanti a lei.

La testa le pulsava dolorosamente e quando tentò di mettersi a sedere, tutto le si mise girare attorno vorticosamente.

Delle voci attutite dalla porta chiusa, giungevano fino a lei, e tra quelle riconobbe quella di sua madre: era molto agitata.

Si costrinse ad alzarsi dal divano, in modo tale da poter rassicurarla e farle vedere che stava bene.

A parte il fatto, che la sua pazzia era ritornata. Adesso le allucinazioni non si limitavano solamente ad albergare nella sua mente, ma la venivano a trovare anche nel mondo esterno.

Vedendo così all’improvviso le due persone che l’avevano sempre sostenuta, il suo cuore si era lacerato e il dolore e la paura erano stati talmente forti che l’avevano fatta svenire.

Si diresse verso la porta, gettando un’occhiata incuriosita verso gli scaffali. Erano alti e strapieni di libri antichi. Buffy capì di trovarsi dentro all’ufficio di qualcuno della biblioteca.

Chiunque sia stato meritava tutta la sua gratitudine. Poteva capitarle qualsiasi cosa mentre era priva di sensi.

Ruotò la maniglia e varcò la soglia. Quattro persone che conosceva e che amava la fissavano con preoccupazione. Peccato però che tre di loro non esistessero.

“Oh, no. Ancora!” sbottò arrabbiata con se stessa. “Andate via! Sto bene! Voi siete morti! Voi non dovreste essere qui!”.

“Buffy, ma cosa stai dicendo?” intervenne sua madre, raggiugendola. “ Queste persone ti hanno aiutato dopo che sei svenuta e…. Perché sei sporca di sangue?”.

Per istinto, Buffy si portò la mano destra al naso. Lo tastò e sentì una brutta fitta. All’improvviso, fu sopraffatta dall’emozione quando si rese conto che quello che era successo al parco era accaduto veramente, ma lei non poteva permettersi il lusso di rischiare. Doveva allontanarsi da loro immediatamente.

“Colpa mia, signora Summers”.

“Colpa tua?” domandò Joyce, assumendo subito l’atteggiamento da mamma iperprotettiva.

“Sì. Ho detto a Xander che ero una frana, ma lui ha insistito tanto. Non è vero, Xan?”.

“Sì, signora Summers. Willow è un’autentica frana!”.

Mentre Willow arrossiva e tentava di fulminare con gli occhi Xander, Buffy ridacchiò, attirando così l’attenzione dell’unica persona che ancora non aveva parlato.

Quel completo di tweed e quegli occhiali spessi ma eleganti, li avrebbe riconosciuti ovunque.

“Stai bene?” le chiese e Buffy annuì. “Credo sia meglio che tutti noi prendessimo una tazza di thè. A noi inglesi rilassa molto”.

“Te l’avevo detto che era inglese…” borbottò Xander all’indirizzo di Willow.

“Come se ci volesse una scienza” ribatté piccata lei.

Buffy non riusciva a staccare gli occhi da loro. Xander era sempre stato così alto e pronto al sorriso? E Willow era così dolce?

“Mamma, andiamocene via! Subito!” gridò a sua madre, la quale la guardò stordita.

“Buffy, forse dovremmo rimanere…”.

“Mamma, per favore. Non ce la faccio”.

Buffy era quasi in lacrime. Non avrebbe resistito ancora per molto. Se non fosse andata via all’istante, si sarebbe gettata tra le loro braccia e non li avrebbe lasciati mai più.

Joyce parve capire il tormento della figlia e, rivolgendo un’occhiata di scuse, disse:

“Perdonateci. È stata una giornata stressante. Lei e io ci sentiremo nei prossimi giorni” continuò rivolta verso l’uomo. “ Lei è il signor…?”.

“Giles” disse il bibliotecario. “Mi chiamo Rupert Giles”.
Joyce spalancò la bocca e i suoi occhi si spostarono verso Willow e Xander.

“Willow… Xander…”.

“Mamma, per favore!”.

Buffy non resistette. Si girò e corse lungo il corridoio buio.

Quando spalancò il portone, la notte calò su di lei. Si domandò quanto tempo fosse rimasta svenuta mentre correva verso la macchina.

Tirò la maniglia e la trovò chiusa.

“Merda!” sbottò, tirandola. “Merda, merda, merda, merda…”.

Le lacrime avevano vinto. Mentre continuava a tirare la maniglia della macchina, loro iniziarono a scorrere dai suoi occhi, rigando le sue guance e bagnando la maglietta che indossava.

“Buffy!”.

Si voltò e vide sua madre correre verso di lei.

“Andiamo a casa. Ti prego!”.

Joyce annuì, fece scattare la serratura e, appena salite, si diressero verso casa.

 

 

La mattina dopo, Buffy era seduta in sala d’attesa. Le pareti bianche e le riviste vecchie di anni appoggiate sul tavolino nero di fronte a lei, le facevano venire i brividi.

Che cosa gli avrebbe raccontato?

Dottor Ross, ho conosciuto persone che sono uguali identiche a quelle che mi sono immaginata. Mi dica, chi è il pazzo tra i due?  Ci pensi bene, visto che lei, per sei anni, mi ha ripetuto che non esistevano!’.

Aveva dovuto ammetterlo anche sua madre. Per quanto potesse essere impossibile e scioccante, nel mondo esistevano Dawn, Xander, Willow e il signor Giles.

Com’era possibile che nell’arco di una sola giornata li avesse visti? Che il Destino volesse perseguitarla?

Era preoccupata. Molto preoccupata. Per lei, ma soprattutto per loro.

Si chiese che cosa stessero facendo in quel momento, in particolare Dawn.

Vederla che chiedeva l’elemosina, le aveva fatto provare una sensazione che difficilmente avrebbe scordato. Si era sentita in colpa per averla abbandonata. Sarebbe dovuta scendere da quell’auto e andare ad aiutarla.

Ma ora come avrebbe fatto a ritrovarla. Non poteva lasciare che le cose seguissero il loro corso, visto che piega stavano prendendo. Se il Destino doveva farsi beffe di lei, lo avrebbe accolto a braccia aperte e non scappando come aveva fatto ieri.

Sperava di non incontrarli mai più, a parte Dawn, ma se sarebbe capitato, lo avrebbe affrontato.

“Signorina Summers. Il dottor Ross la sta aspettando!”.

Buffy fu strappata dai suoi pensieri e si alzò. Rivolse un breve cenno alla segretaria insulsa ed entrò nell’ufficio della persona che più detestava.

Il dottor Ross era seduto sulla poltrona verde di pelle e con un sorriso enorme le indicò il lettino nero. Il suo studio le ricordò quello del signor Giles e questo non contribuì di certo a farla rilassare.

“Allora, Elizabeth. Come va?”.

“A meraviglia, Dottore” rispose, tentando di frenare il sarcasmo.

Lo vide prendere appunti sulla tavoletta. “Anche il tuo naso può dire lo stesso?”.

Voleva fare lo spiritoso e questo a Buffy non piacque.

“Sì, anche lui sta bene. La ringrazia per averlo chiesto!”.

Il Dottor Ross assunse un’espressione circospetta. “ I nasi non possono parlare”.

Buffy alzò gli occhi al cielo. “Davvero? Cavolo! E pensare che io ero convinta che la gente tentasse sempre di prendertelo appunto perché sanno parlare!”.

L’uomo sbuffò e appoggiò la tavoletta sulla scrivania dietro di lui.

“Elizabeth, il sarcasmo potrà sembrare una buona difesa, ma non ti aiuta. Devi cercare di essere sincera con me. Parlami. Io ti ascolto!”.

“Io inizierò a parlare quando lei la smetterà di trattarmi come una bambina idiota!”.

I due si guardarono in cagnesco, e Buffy pensò alla cosa che le veniva in mente ogni volta che vedeva quell’uomo ridicolo: al Dottor Ross interessava solo quanti soldi poteva far spillare alle persone che avevano bisogno di aiuto.

“Come sono andati questi giorni che non ci siamo visti?”.

“Bene” mentì Buffy.

“Nessuna novità?”.

“Nessuna”.

“Gli incubi ti tormentano ancora?”.

Buffy trasalì. Il termine tormentare era riduttivo. Gli incubi la afferravano, la squarciavano, la torturavano, per poi concludere facendola urlare dal dolore e dall’angoscia.

“Abbastanza…” si ritrovò ad ammettere, maledicendosi per averla data vinta al dottore.

“Vuoi che ti prescriva qualcosa?”.

Lo guardò disgustata. La persona davanti a lei avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di guadagnare.

“No, grazie. Preferisco un metodo naturale”.

Il dottore fece un respiro profondo e si alzò, volgendole le spalle. Si mise a trafficare tra i fogli che aveva sulla scrivania ed estrasse un opuscolo piccolo e rosso.

“Credo che questo ti possa essere utile” le disse, porgendoglielo.

Buffy lo afferrò e quello che lesse, la lasciò perplessa.

Era il volantino di un maneggio chiamato “Spirits & Charms” e offriva aiuto a persone che si sentivano stressate o che volessero solo evadere un po’ dalla realtà.

“Io sono evasa per molto tempo dalla realtà” sussurrò aprendo il volantino.

Foto di bellissimi cavalli invitavano le persone a venire in quel piccolo angolo di paradiso. Buffy diede un breve sguardo alla lista di cose che si facevano in quel luogo e dovette trattenersi dal ridere.

“Non capisco” disse.

“è un’associazione che offre una terapia alternativa alle persone che sono ostili alla terapia classica. Io non la consiglio, ma forse per te sarebbe un’ottima opportunità”.

“Sta cercando di liberarsi di me?” chiese Buffy.

Il clima all’interno della stanza mutò all’improvviso. La tensione fra loro era palpabile.

“Ok, ragazzina!”.

Ragazzina?

“Io sono uno stimato dottore e non un babysitter. Ti tenevo in cura solo perché eri un bel caso da studiare, ma ora che sei guarita sei inutile. Sei solamente una pazza disturbata e molto presto, visto che non riuscirai più a distinguere la fantasia dalla realtà, impazzirai nuovamente e passerai il resto della tua miserabile vita rinchiusa tra quattro mura imbottite”.

Buffy aspettò che il Dottor Ross concludesse la sua filippica, per poi sorridergli.

“Ha finito? No, perché avrei altro di meglio da fare che ascoltare un povero omuncolo come lei solo e non voluto da nessuno”. Buffy si alzò e si diresse verso la porta, ma prima di uscire si voltò verso il dottore che le aveva fatto passare le pene dell’inferno.

“Solo una cosa… Io le consiglierei di evitare di trattare così i pazienti, perché potrebbe capitarle di incontrare qualcuno che non possiede il mio stesso autocontrollo. E si fidi, io sto facendo molta fatica dal non saltarle addosso. Le auguro una buona giornata!”.

Sorrise e uscì dalla stanza, lasciandolo a bocca aperta e spaventato dalle sue parole.

Il viaggio in autobus fu molto breve, forse perché ripensava in continuazione cosa le aveva detto quell’uomo ridicolo che aveva il coraggio di definirsi dottore.

Ma per quanto lo disprezzasse, aveva centrato il punto: lei aveva paura.

Non voleva ritornare all’istituto. Non voleva ritornare a Sunnydale, in quell’infernale città, senza trovare i suoi più cari amici.

Li aveva lasciati morire. Tutti quanti. Gli unici che si erano salvati erano stati Giles e Anya.

Non poteva permetterselo.

No, avrebbe continuato la sua nuova vita lì, in quel mondo reale.

Quando scese alla sua fermata, vide parcheggiata nel vialetto un’auto che definire preistorica era farle un complimento.

Incuriosita, si avvicinò e sembrò di averla già vista. La squadrò ancora per un momento, per poi tirare fuori le chiavi di casa e aprire la porta.

“Mamma, ciao! C’è una novità! Il dottor Ross e io non stiamo più insieme. Sì, lo so. La notizia è scioccante, ma pensavo di andare a distrarmi prendendomi cura di qualche cavallo” disse Buffy ironicamente, mentre si dirigeva verso la cucina per mangiare qualcosa. “Chissà! Forse incontrerò il cavallo della mia vita e…”.

Buffy s’immobilizzò. Davanti a lei, seduti sugli sgabelli attorno alla penisola della cucina, c’erano Willow, Xander e il signor Giles.

Arrossì furiosamente e cercò sua madre con gli occhi, la quale era appena spuntata fuori dall’altro ingresso della stanza.

“Buffy, abbiamo ospiti”.

“Ho notato” rispose Buffy laconica.

“A me i cavalli non piacciono” esordì Willow” Da piccola mi hanno morso e ora sono terrorizzata da loro. Dai cavalli, dico. Ah sì, anche dalle rane. Con quelle loro zampette viscide che saltano dappertutto…”.

“Sono terrificanti” assentì Xander.

“Pure bestie demoniache” aggiunse Buffy, abituata com’era a quel modo di scherzare tra loro.

Willow e Xander le rivolsero un sorriso caloroso e questo riuscì a scalfire ancora di più la corazza che Buffy aveva creato attorno a sé.

“è un piacere rivederti, Elizabeth”.

Lei si voltò verso il signor Giles. Era così strano essere chiamata da lui Elizabeth, ma era meglio così. Non sarebbe riuscita a sopportare di sentire il nome Buffy uscire dalle sue labbra.

“Anche per me” disse sinceramente. “ E chiedo scusa per il mio comportamento di ieri. Per me, vedervi, è molto difficile”.

I tre ospiti si guardarono confusi, ma Joyce le rivolse un sorriso orgoglioso e le fece un occhiolino.

Buffy iniziò a rilassarsi e si avvicinò a loro. Con cautela, si sedette di fianco a Willow.

La ragazza le rivolse un sorriso così felice che Buffy si ritrovò con un groppo in gola.

“Allora, Beth. Posso chiamarti Beth?”.

“Certo, se io posso chiamarti Will”.

Willow rise. “Ne sarei onorata, Beth. Come stai?”.

“Bene” disse Buffy e si rese conto che era vero. Per la prima volta, lei si sentiva bene.

“E il naso?”

“Dice di stare bene”.

“Oh, sono contenta. Mi scusi ancora signor Naso di Beth. Non volevo” si scusò Willow.

“Dice di non preoccuparsi, basta che non ricapiti mai più”.

“Oh, non ti preoccupare, Beth. Il mio compito sarà quello di tenere lontano Willow da qualsiasi frisbee esistente sul pianeta. È un lavoro impegnativo, ma qualcuno deve pur farlo!” disse Xander, gonfiando il petto e assumendo un’aria importante.

 I tre scoppiarono a ridere di cuore, talmente di gusto che i due adulti presenti sorrisero a loro malgrado.

“Elizabeth” la chiamò il signor Giles. “Siamo venuti qui perché tu, correndo via, hai lasciato cadere il portafoglio. Mi ero offerto io di portartelo, ma questi due ragazzi hanno insistito molto nell’accompagnarmi. Spero che non ti dispiaccia, ma non ce l’ho fatta a farli desistere dalla loro idea”.

“Will, traduci” mormorò Xander.

“Non voleva portarci, ma noi siamo stati così asfissianti che si è arreso”.

“Ah, ok. Grazie”.

Giles fulminò Xander e Willow, prima di continuare.

“C’è un altro motivo per il quale sono venuto. Tua madre aveva assunto un mio collega, un certo Merrick, che ti facesse da insegnante privato ma lui, ecco…”.

“Si è suicidato” concluse Buffy, senza pensarci.

Giles impallidì e la guardò con rinnovato interesse.

“Come fai a saperlo?”.

Buffy non rispose e frugò nella sua testa per cercare un qualsiasi argomento che avrebbe potuto usare per far passare quel momento imbarazzante.

La aiutò sua madre.

“Buffy, vieni con me di là? Mi serve il tuo aiuto per… per…”.

“Per appendere il quadro!”.

“Certo, il quadro!” affermò Joyce. “è così pesante”.

“Se volete, ci penso io. Sono un carp…” iniziò a dire Xander, ma la signora Summers e sua figlia erano già sparite.

Assicuratasi di non esser vista e sentita, Joyce affrontò Buffy.

“Sei sicura che siano loro?”.

“Sì, mamma”.

“Come facevi a sapere che quel Merrick…”
“Si è sparato?” concluse Buffy.

“Oh, mio Dio. Il signor Giles non ne ha fatto parola con te. Buffy, che cosa sta succedendo?”.

“Non lo so, mamma. Non lo so”.

E mai parole furono più vere.

 

 

 

 

Il signor Merrick è stato il primo osservatore di Buffy, quando ancora lei frequentava il liceo a Los Angeles. Il suo personaggio si è ucciso, con uno sparo in bocca, per proteggerla poiché il vampiro contro il quale stava combattendo, voleva conoscere il nome della nuova cacciatrice.

 

Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. La FF sta sorprendendo anche a me. Mentre scrivevo questo capitolo, l’idea che avevo è stata completamente rivoluzionata. Mi auguro che la storia vi piaccia e soprattutto che il mio modo di scrivere vi soddisfi.

Grazie ancora.

 

 

Angolo risposte recensioni:

 Laura the vampire slayer: grazie davvero per il tuo supporto. Per me è un grandissimo onore. Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo. E ti posso dire che Willow, Xander e Giles non saranno i soli a tornare. Grazie ancora.

Rei Asaka: Grazie per la tua fiducia. Credo che l’episodio “di nuovo normale” sia quello più inquietante e triste. Mi ero sempre chiesta cosa sarebbe successo se fosse in realtà così. Dubbio che mi ha tormentato dopo aver letto che Joss Whedon voleva veramente far finire la serie in quel modo, cioè che Buffy si era sognata tutto. Comunque, grazie ancora.

 

Alla prossima,

Asiel

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Capitolo 4
*** Cap. 3 ***


Cap. 3

 

 

Era ufficiale: la storia era pallosa anche in quel mondo.

Buffy tentava di tenere gli occhi aperti mentre il signor Giles, il suo nuovo insegnante privato, le stava spiegando il periodo dell’Inquisizione perpetuato dalla Chiesa per secoli.

“Ci sono stati molto morti, dai bambini fino alle persone adulte. Erano accusate di eresia o, cosa ancora più ridicola, di avere avuto contatti con i demoni o con la magia”.

“Quelle persone si trovavano solo nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Le streghe e i warlock sanno perfettamente come difendersi” disse Buffy senza pensarci.

Il borbottare del signor Giles s’interruppe di colpo. La ragazza si rese conto del silenzio che era sceso e si rimproverò per non essersi trattenuta.

“Se la magia fosse reale, saprebbero difendersi” si corresse, facendo un sorriso enorme.

Il signor Giles scosse la testa e si tolse gli occhiali per pulirseli con il maglione.

“La magia esiste solo per far vendere i libri”.

Buffy spalancò la bocca, scioccata. Il signor Giles non credeva nella magia. Era come se le avessero appena detto che i vampiri possono essere buoni, nutrirsi di animali e brillare sotto il sole, al posto d’incenerirsi. Una cosa assolutamente impossibile.

“Come Harry Potter” borbottò.

“Harry, chi?” domandò il signor Giles, rimettendosi a posto gli occhiali.

Buffy lo guardò stranita. “Harry Potter. Il maghetto. Quel ragazzino con gli occhiali rotondi, inglese, che passa la maggior parte del tempo a parlare e a raccontare storie, bevendo in continuazione del the…”.

S’interruppe, notando l’espressione leggermente infastidita del signor Giles.

“Certamente questo libro l’ha scritto un americano che non conosce niente del mio paese”.

“L’ha scritto una donna che vive a Edimburgo e ne ha pubblicati un bel po’, di libri” fece Buffy, anche se un dubbio le attraversò la mente. In quel mondo esisteva Harry Potter?

Non ebbe il tempo di rifletterci.

Il telefono squillò nell’altra stanza e poté udire sua madre rispondere. Nel frattempo, il signor Giles stava guardando l’ora sul suo orologio da taschino.

“Si è fatto tardi. Ci vediamo domani…”.

“Ma domani è sabato!” protestò Buffy. “ Non so in Inghilterra, ma qui negli Stati Uniti non si studia di sabato”.

Il bibliotecario sorrise. “Elizabeth, non intendevo questo. Domani devo vedermi con tua madre a proposito di una mostra”.

“Ah!” fu tutto quello che riuscì a dire Buffy.

“… e devo anche assicurarmi che ripasserai la lezione per lunedì”.

“Ma se le ho detto…”.

“Ho detto ripassare, non studiare” la interruppe bonariamente l’uomo, sorridendo.

Buffy si accigliò e stava per ribattere quando sua madre entrò nella sala da pranzo con il cordless in mano.

“Hai finito? Perché c’é Willow al telefono”.

La ragazza strappò il telefono dalle mani di Joyce e corse via dalla stanza, sentendo dietro di sé le risate di sua madre e del signor Giles.

“Pronto?” chiese insicura. Era la prima volta che riceveva una telefonata a casa, senza tener conto di quelle fatte dall’ospedale.

“Pronto, Beth? Ciao, sono Willow. Disturbo?”.

“No, no” rispose Buffy velocemente.

“No, perché se disturbo, posso richiamare. Sempre se vuoi che io richiami. Cioè io non devo dar per scontato che tu voglia che io chiami. E poi con tutte le cose che avrai da fare. No, è meglio che io metta giù e ti lasci fare quello che stai facendo e che per colpa mia hai interrotto…”.

“Willow! Non disturbi! Anzi, non puoi capire quanto mi faccia piacere il fatto che tu mi abbia chiamato!”.

“Davvero?” esclamò Willow con tono sorpreso. “Perché?”.

Buffy alzò gli occhi al cielo. “Perché sei mia amica”, ma poi sentendo il silenzio dall’altra parte della cornetta, aggiunse nervosamente: “Vero? Siamo amiche, giusto? Ehm, Willow?”.

“Cosa? Certo, sì! Certo che sì!”.

Buffy rise sapendo perfettamente, anche se non poteva vederlo, che sul volto arrossito dell’altra era apparso un sorriso enorme e radioso. “Allora, a cosa devo l’onore?”.

“Mi chiedevo cosa facevi oggi pomeriggio. Xander ed io pensavamo di fare un giro per il centro”.

“Va bene. A che ora… Oh, merda!” sbottò Buffy tra i denti, ricordandosi dell’appuntamento che aveva preso con il maneggio “Spirits & Charms”.

Dopo che il Dottor Ross si era rilevato un uomo mediocre e meschino e che non c’era alcuna possibilità che Buffy ritornasse da lui, Joyce aveva insistito che lei andasse a provare questa terapia alternativa. Così era stata costretta a chiamare, e la dottoressa Calendar le aveva fissato un incontro per quel pomeriggio. Non si era scomposta quando aveva sentito il nome della dottoressa, ormai aveva deciso di lasciar perdere a trovare una soluzione a tutte quelle coincidenze.

“Merda!” ripeté, attirando l’attenzione del signor Giles e Joyce, i quali erano vicino alla porta d’ingresso.

“Buffy, tutto bene?” chiese sua madre preoccupata.

“Beth?” la chiamò Willow al telefono.

“Sì” rispose Buffy a entrambe, per poi concentrarsi sulla sua amica. “Will, non posso venire oggi pomeriggio. Devo andare da un’altra parte. Scusami”.

“Ah, ok.”.

Buffy poteva percepire la delusione nella voce di Willow. “E se stasera uscissimo?” si ritrovò a dire. “Non so, potremmo andare a bere qualcosa. Sempre se non hai da fare... ”.

“Potremmo andare al Bronze” borbottò Willow.

“Bronze?” ripeté con voce stridula Buffy. Com’era possibile che un locale come quello potesse esistere pure lì?

“Sì. Non è il massimo, ma è l’unica cosa decente che ha questa città”.

“Ok”.

“Ok?”.

“Ok, sì. Stasera andremo al Bronze” disse Buffy convinta, rivolta più a se stessa che a Willow.

“Perfetto. Allora avverto Xander. Può venire anche Xander, giusto?”.

“Certo. È un nostro amico”.

“A lui farebbe piacere essere più di un amico” mormorò Willow.

Buffy esitò. Forse in quel mondo Willow e Xander stavano insieme, oppure Willow aveva una cotta non corrisposta come a Sunnydale.

In un primo momento non sapeva cosa dirle, ma poi scoppiò a ridere. Willow era gay, problema risolto.

“Gelosa?” le domandò scherzando.

“Oh, no” ripose l’altra nervosamente. “Io sto insieme a una persona”.

“Davvero? Come si chiama?” continuò Buffy, cercando di trattenersi dal ridere. Cominciava a trovare divertente il fatto che i due mondi avessero delle somiglianze.

“Oz”.

“Oz!” strepitò Buffy alzando la voce e facendo voltare sua madre, che aveva appena salutato il signor Giles.

“Sì!” disse Willow, raggiante. “è un musicista e, cosa ancora inspiegabile, ha scelto me!”.

“Oh, sono veramente felice per te!” balbettò Buffy, ancora sconvolta.

“Grazie, Beth. Scusa, ma adesso devo scappare. Ci sentiamo dopo per organizzarci per stasera. Salutami la signora Summers. Ciao”.

“Ciao”.

Buffy chiuse la chiamata e rimase a fissare sconvolta il cordless.

“Buffy? Tutto bene?”.

“Willow sta insieme a Oz” disse, alzando lo sguardo verso sua madre.

“Che nome bizzarro” disse Joyce sorridendo.

“Sì, già. Bizzarro. Però non è questo il problema”.

“Problema?”.

“Sì. Il problema è che Willow è gay, ma lei ancora non lo sa”.

“Ok, questo sì che è veramente bizzarro!” affermò Joyce, dirigendosi verso la cucina e lasciando Buffy ferma impalata nell’ingresso, ancora sotto shock e con il telefono stretto in mano.

 

 

 

Il maneggio “Spirits & Charm” sembrava essere uscito da quei tipici film per famiglie, ambientati in ranch isolati dal mondo.

La struttura principale era una casa colonica di tre piani, bianca e con il tetto color verde scuro. Una bassa staccionata la costeggiava per tutta la sua lunghezza e un giardino all’inglese dava il benvenuto alle persone appena giunte. Alla sua sinistra si poteva trovare la stalla: grande, rumorosa e rossa. 

Scendendo dall’auto, Buffy si guardò intorno incredula. Questo avrebbe dovuto aiutarla con la sua schizofrenia?

Anche Joyce aveva assunto la sua stessa espressione.

“Dov’è il serial killer?” domandò.

“Cosa?” gridò Buffy, guadagnandosi delle occhiatacce da parte di una famigliola che stava passando in quel momento.

“Anni fa, ho visto un film dell’orrore. C’era questa grande casa e…”.

Ma Buffy non seppe mai cosa era accaduto in quel film, perché davanti a lei stava scendendo le scale, la dottoressa Calendar.

Era esattamente come se la ricordava: mora, occhi scuri e intelligenti, e sempre con un sorriso sulle labbra.

“Tu dovresti essere Elizabeth?” domandò in maniera educata, offrendole la mano.

Buffy si limitò a rispondere alla stretta e ad annuire.

“E lei è la signora Summers” aggiunse, stringendo la mano a Joyce. “Allora che cosa ne pensate?”.

Le due donne non sapevano cosa rispondere e la dottoressa lo capì quasi subito.

“All’inizio può sembrare che quest’alternativa non possa sostituire appieno la terapia classica, ma abbiamo avuto ottimi risultati. Qui da noi i pazienti sono liberi di scegliere. Possono parlare con noi dottori o andare a sfogare la propria rabbia con una bella cavalcata. Noi non costringiamo nessuno ad aprirsi immediatamente, ci limitiamo ad aspettare e ad ascoltare”.

Buffy poté notare che sua madre era già pronta a consegnarla a loro, ma lei aveva ancora dei dubbi. Chi la assicurava che una volta entrata là dentro, sarebbero potuta uscire e tornare a casa?

Era già stata rinchiusa per troppo tempo, non voleva finire di nuovo in trappola.

“Dottoressa Calendar” esordì Buffy.

“Jenny. Chiamami Jenny”.

“Io non se ha letto il mio fascicolo, ma vede io…”.

“Buffy, ho letto il tuo fascicolo. E qui ci sono altre persone che hanno avuto il tuo stesso problema”.

Buffy la squadrò incredula.

“Che ne dici se continuiamo questo discorso nel mio ufficio?” propose la dottoressa sorridendo.

L’interno della struttura era rivestito da pannelli di legno scuro. Molte stanze si affacciavano sul corridoio lungo e largo, e Buffy vide che erano dedicate a delle precise attività.

C’era una sala lettura, una mensa, una stanza addebita con un tavolo da biliardo e altri giochi che si potevano trovare in qualsiasi bar, una sala da thè che sarebbe di sicuro piaciuta al signor Giles e anche una camera per il cucito.

Buffy non riusciva a credere che quello fosse un centro per malati mentali come lei.

Ma era veramente malata?

Questa domanda, negli ultimi giorni, la stava tormentando, ma forse lì avrebbe trovato la chiave giusta per chiudere quella porta per sempre.

Appena giunte al secondo pianerottolo, la dottoressa Calendar svoltò a sinistra ed entrò nella prima porta a destra che incontrarono.

Il suo ufficio non poteva essere più diverso da quello del Dottor Ross. Era ultra tecnologico.

Due computer, un fisso e un notebook, si trovavano sulla scrivania lucida nera. Sulla parete a sinistra un televisore al plasma era stato appeso, e sotto si potevano trovare un lettore dvd e uno stereo ultima generazione. Invece, sulla destra, c’era un’enorme libreria piena zeppa di libri che trattavano i più disparati argomenti: andavano dalla psicanalisi alla stregoneria zingara del milleseicento.

“Sì, lo so. Non è il tipico studio di uno psicanalista, ma se devo essere sincera, se c’è una cosa che odio, è quel lettino nero che molti miei colleghi usano, costringendo i pazienti a stendersi sopra. Penso che sia una nuova forma di tortura!” disse la dottoressa Calendar, sedendosi sulla poltrona nera girevole dietro alla scrivania.

“Non potrei essere più d’accordo” affermò Buffy prendendo posto di fronte a lei, seguita da sua madre. “Posso chiederle una cosa?”.

“Certamente. Puoi dirmi tutto quello che vuoi”.

Buffy iniziava a piacerle quel posto. “ Come fa a sapere che mi chiamavano Buffy?”.

“è scritto nel tuo fascicolo. Ti da fastidio?” domandò confusa la dottoressa Calendar.

“No!”

“Il Dottor Ross ha consigliato a me e a mio marito di non chiamarla più in quel modo, perché potrebbe trascinarla di nuovo nel mondo che lei ha creato” spiegò Joyce nervosamente. “Ma per me, rimarrà sempre Buffy”.

La dottoressa Calendar le fissò stralunata. “Vi chiedo scusa per le parole che userò, ma non riesco a trattenermi. Questa è la più colossale stronzata che io abbia mai sentito in vita mia!”.

Buffy rise e, dopo qualche momento d’indecisione, sua madre si unì a lei.

“è veramente un coglione” borbottò la dottoressa Calendar, ma poi notando che non era sola nella stanza, arrossì e aggiunse: “Perdonatemi. Ma io e il dottor Ross non andiamo molto d’accordo”.

“Davvero? È stato lui a dare il volantino a mia figlia” fece Joyce, inarcando un sopracciglio.

“Sul serio? È incorreggibile. Farebbe qualsiasi cosa pur di ritornare nelle mie grazie…” confessò la dottoressa. “Comunque non sono io quella sotto analisi ma sei tu, se desideri unirti a noi”.

Il sorriso scivolò subito dalle labbra di Buffy. “Ecco, vede…”.

“Posso farti una domanda?” intervenne la dottoressa Calendar.

“Certamente” ripeté Buffy, parafrasando la donna di fronte a lei.

“Tu chi sei? Sei la ragazza nuova che si fa chiamare…”

“Beth” suggerì Joyce.

“Grazie… che si fa chiamare Beth oppure sei Buffy Summers?”.

Buffy non esitò neppure per un secondo. “Io sono Buffy Summers. Dove devo firmare?”.

 

 

 

“Esci stasera, amore?” le chiese Joyce.

“Sì, mamma. Vado a un club”.

“E ci saranno anche dei ragazzi?”.

“No, mamma. È un raduno di monache”.

Sua madre ignorò il suo tono sarcastico. “Be’, stai attenta”.

 

 

Non aveva niente da mettersi.

Buffy guardava, sconfortata, il suo guardaroba. Non era molto fornito, visto che negli ultimi anni aveva solamente indossato delle camicie di forza o delle vestagliette leggere.

Gettò l’ennesima occhiata all’orologio e vide che tra non molto sarebbero arrivati Willow e Xander, i suoi nuovi amici. Anzi, i suoi vecchi amici che erano diventati i suoi nuovi amici.

Questa situazione avrebbe fatto impazzire chiunque. Meno male che aveva firmato e che dalla settimana prossima sarebbe andata in cura presso la dottoressa Calendar e la sua assistente.

Frugò ancora tra i mucchi di vestiti e non trovò niente che le piacesse. Si sedette sul letto e prese tra le sue mani Mr. Gordo.

“Mi sa che dovrò andare in pigiama stasera al Bronze” disse rivolgendosi al suo peluche.

Un bussare alla porta le fece alzare gli occhi. Sua madre era in piedi sulla soglia con in mano un sacchetto.

“Trovato qualcosa?” le chiese entrando.

“No” ripose Buffy con lo sguardo puntato sulla busta.

Joyce sorrise e glielo porse. “Forza! Vedi se ti piace”.

Buffy non se lo fece ripetere due volte. Aprì il sacchetto ed estrasse il vestitino nero dal suo interno.

“Oh, mio Dio. È bellissimo!” esclamò, dirigendosi verso lo specchio.

“è quello che ho pensato anch’io quando l’ho visto”.

“Quando l’hai comprato?”

“Mentre parlavi con la dottoressa Calendar. Ho preso la macchina, l’ho visto in vetrina, sono scesa e l’ho comprato. Credo che per stasera possa andare bene”.

“è perfetto. Grazie, mamma” disse Buffy, abbracciandola.

Mentre si stava cambiando, notò che sua madre era ancora nella stanza. La fissò e Joyce assunse un’aria imbarazzata.

“Mi chiedevo verso che ora pensavi di rientrare” disse.

Buffy ci rifletté. “ Non credo che faremo troppo tardi. Tecnicamente, questa è la prima volta che esco di sera”.

“Ah, già. Perché a Sunnydale uscivi ogni notte per fare le ronde, giusto?”.

“Sì. Mamma, che cosa c’è?”.

Joyce si guardò le mani, prima di alzare lo sguardo verso di lei e risponderle. “ è solo che ho paura. E se ti accadesse qualcosa? E se non dovessi tornare più? Ti ho già perso una volta e odio il pensiero che tu possa correre dei rischi senza che io stia accanto a te”.

Buffy provò un moto di tenerezza verso la donna davanti a lei. Si avvicinò e la abbracciò stretta.

“Non correrò nessun pericolo. Non andrò da nessuna parte. Non dopo quello che ho fatto per tornare a casa. E poi, non ti dimenticare che con me ci saranno Willow e Xander. Se valgono solo la metà di quelli che io ho incontrato, sarò in una botte di ferro”.

“E ci saranno dei ragazzi in questo club?”.

Buffy scoppiò a ridere, mentre si dirigeva verso lo specchio.

“No, mamma. È un raduno di monache. Infatti, portiamo con noi Xander per far conoscere a quelle donne il sesso maschile. Sarà lui quello in pericolo”.

Joyce sorrise, per poi aggiungere: “Stai attenta”.

A un tratto il trillo del campanello si sentì per tutta la casa.

“Sono arrivati” squittì nervosamente Buffy, dandosi le ultime aggiustatine davanti allo specchio. “Come sto?”.

“Sei bellissima”.

“Ok, vado ad aprire?” chiese in preda al panico.

“Sì! Non farli aspettare, Buffy” disse sua madre.

Buffy scese le scale, facendo dei lunghi e profondi respiri. Tese la mano e ruotò la maniglia, tremando appena.

Xander e Willow erano sotto il portico, entrambi con un sorriso stampato sulla faccia.

“Oh, cavolo. Sei bellissima!” esclamò Xander, il quale indossava una camicia hawaiana e dei bermuda di jeans.

“è vero” affermò Willow, tentando di nascondere il suo maglioncino lilla con sopra disegnato una strega.

Buffy si trattenne dal ridere. Erano così irrimediabilmente la sua Willow e il suo Xander.

“Grazie” disse. “Anche voi state bene”.

“Stai mentendo, ma a me e a Willow piace. Sei pronta per andare, Beth?”.

“Buffy”.

“Cosa?” domandarono Willow e Xander confusi.

Buffy sorrise a loro. Aveva ragione la dottoressa Calendar, lei non doveva nascondere chi era.

“Chiamatemi Buffy. È questo il mio nome”.

Xander e Willow sorrisero nuovamente.

“Meno male” disse Xander.

“Sì, meno male. Perché tu non hai la faccia da Beth” commentò Willow.

“Lo so. Andiamo?” disse Buffy, prendendo la borsetta e uscendo di casa.

Poteva affrontare qualsiasi cosa ora, con Xander e Willow al suo fianco.

 

 

 

 

 

Ecco a voi un altro capitolo. Spero che vi piaccia. Naturalmente i primi capitoli sono un po’ di transizione, ma spero che non vi deludano. Lo ripeto, non so dove mi porterà questa FF, ma la adoro.

Grazie mille!

 

Angolo risposte recensioni: (meglio, recensione).

Laura the vampire slayer: Grazie mille per tutti i complimenti e grazie, soprattutto che mi segui. Non so che altro dire, a parte… GRAZIE!!!!

 

 

 

 

Alla prossima,

Asiel.

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Capitolo 5
*** Cap. 4 ***


Cap. 4

 

 

 

 

 

La musica rimbombava sui muri, diffondendosi lungo il vicolo buio.

Buffy non faceva altro che guardarsi intorno agitata. Si ricordò di quante volte i vampiri l’avevano attaccata appena uscita dal Bronze e lei si sentiva completamente indifesa senza un paletto nascosto nella manica.

Willow e Xander si erano accorti che la loro nuova amica era molto nervosa e i dubbi su di lei aumentarono in maniera esponenziale, affollando ancora di più le loro menti.

Non riuscivano a capirlo, ma si erano resi conto che uno strano legame li univa a lei. Era come se si conoscessero da anni, ma per colpa di un contrattempo non si erano mai incontrati.

Erano molto curiosi di venire a conoscenza del passato di Buffy ma non potevano, e soprattutto non volevano chiederglielo. L'importante per loro era starli vicino ed esserci quando lei aveva bisogno d’aiuto.
Per questo motivo, Xander si mise in mezzo alle due donne e le circondò con le sue lunghe e muscolose braccia. L’aveva fatto per istinto, ma quando abbassò lo sguardo verso Willow, vide la sua migliore amica fulminarlo, per poi indicargli Buffy.

Il ragazzo alzò subito le braccia, arrossendo furiosamente.

“Scusa!” esclamò. “ Non volevo! Non pensare che sia un maniaco! Oh Dio, adesso penserai che sia un bugiardo, perché è ovvio che sia un maniaco”.

Buffy si fermò a guardarlo e scoppiò a ridere fragorosamente.

“Stai balbettando come Willow” gli disse. “ Non ti preoccupare, Xander. Sono solo nervosa”.

“Come mai?” domandò Willow, che aveva sorriso prima quando aveva sentito la battuta di Buffy.

Si stavano avvicinando al locale e si unirono alla fila di persone che stavano aspettando, tra risate e scherzi, di entrare.

Buffy non poteva certamente raccontarle che quella era la prima volta che usciva, visto che aveva trascorso gli ultimi sei anni in un manicomio, sognando di loro. Li avrebbe spaventati e li avrebbe fatti scappare da lei, e questa era l’ultima cosa che voleva.

Ma poi notando le loro espressioni interessate e affettuose, si ritrovò a corto di bugie.

“In teoria, questa è la prima volta che esco di sera” confessò abbassando lo sguardo.

I due ragazzi spalancarono la bocca, attoniti, e Buffy credette che ormai li avesse persi.

“Be’, allora dobbiamo rendere questa serata speciale! Giusto, Xander?” fece Willow, voltandosi verso il suo migliore amico.

“Non c’è bisogno che lo dici, Will. Buffy, stasera sarà la serata più bella che tu abbia mai trascorso in vita tua. No, aspetta. Non è giusto, visto che questa è la tua prima serata fuori. Quello che voglio dire è che…”.

“Sarà unica” concluse Willow, sorridendo e interrompendo Xander.

Gli occhi di Buffy s’inumidirono e lei rispose abbracciandoli velocemente. Era una cosa che voleva fare da quando li aveva visti la prima volta.

Willow e Xander si scambiarono un’occhiata al di sopra delle spalle di Buffy, ma poi la strinsero e rimasero stretti l’uno all’altra per pochi, ma infiniti secondi.

Intanto la fila stava avanzando e loro tre, un poco imbarazzati per via di quello che era appena accaduto, diminuirono la distanza che li separava dagli altri.

“Allora, ” esordì Buffy per spezzare quel silenzio, “stasera ci sarà anche Oz?”.

Il volto di Willow s’illuminò. “Sì, stasera i Dingoes suonano”.

Buffy trattenne un sorriso. Era da molto che non vedeva Willow così felice. Pregò in cuor suo che in quel mondo le cose tra lei e Oz funzionassero, anche se da una parte, doveva ammetterlo, aveva visto Willow veramente felice solo da quando aveva conosciuto Tara.

Ma forse in quel mondo, non erano destinate a incontrarsi. Forse, non era neanche destino che lei incontrasse Spike o Angel.

“Buffy?” la chiamò Xander.
“Sì? Cosa?” domandò, uscendo dalle sue riflessioni.

“C’è un ragazzo che ti fissa” le rispose l’amico con una nota di gelosia nella voce.

Che fosse Angel o Spike?
Buffy si voltò verso il ragazzo. Era biondo, indossava un completo nero ed era alto. Decisamente troppo alto. Con un tuffo al cuore, lo riconobbe: era Riley.

“Riley” mormorò incredula.

“Lo conosci?”

Buffy si voltò verso Willow. “No, cioè sì. Oh, guarda. Tocca a noi!”:

La ragazza si fiondò verso il buttafuori, con la mano protesa, lasciando gli altri due perplessi.

“Anni?” chiese il buttafuori.

“Ventidue. Timbra” rispose Buffy, frettolosamente.

L’uomo la guardò, le timbrò la mano e la fece entrare.

La musica la circondò, assordendola per un istante. Era come se lo ricordava.

Era buio, illuminato dalle poche luci fatiscenti. Il palco era stato eretto a ridosso della parete opposta rispetto alla porta del locale, sul quale si stava esibendo il gruppo di Oz. Il piccolo bancone era affollato da gente che aspettava di essere servita dai due baristi e il tavolo da biliardo era occupato da un gruppo di giovani ragazzi.

Buffy non riusciva a spiegare la sua reazione. Era felice di aver visto Riley, perché questo voleva dire che, da qualche parte, c’erano Spike o Angel. Aveva una gran voglia di andare a cercarli subito.

“Ehi, Buffy!”.

Si voltò e vide Xander e Willow tentare di farsi largo tra la folla per raggiungerla. Sembravano infastiditi e lei capì di non essersi comportata nei migliori dei modi.

“Scusate. Ero curiosa di vedere com’era dentro”.

I due sbuffarono, ma erano più rilassati.

“Ti piace?” le chiese Willow, mentre seguivano Xander alla ricerca di un tavolo libero.

“è così… caratteristico” farfugliò Buffy.

Willow scoppiò a ridere di gusto. “ è l’unico locale che c’è, ma dopo un po’ di tempo diventerà la tua seconda casa”.

“Ah, sì? Come mai?”.

“Perché passeremo qui la maggior parte delle nostre serate” rispose Willow, per poi arrossire. “Sempre se vuoi! Non sei costretta a uscire sempre con noi”.

“Io voglio uscire con voi” la tranquillizzò Buffy. “ Vieni! Xander ha trovato un tavolo”.

Buffy prese per mano Willow e si diressero verso il ragazzo, il quale si stava sbracciando per farsi notare da un cameriere.

“Grazie” urlò Xander, dopo essere stato ignorato per l’ennesima volta dal personale del Bronze.

“Mi sa che dovremmo alzarci e andare al bancone”.

“Vado io “ si offrì Willow, alzandosi. “Porto anche Oz, visto che il gruppo è in pausa. Così Buffy, potrai conoscerlo”.

“Non vedo l’ora” rispose Buffy entusiasta.

Willow le sorrise e sparì tra la folla.

Buffy la seguì con lo sguardo, mentre un dubbio atroce le si formava nella mente. Si girò per guardare Xander e gli domandò:

“Willow è felice con Oz?”.

Il ragazzo la fissò intensamente. “Sì. Hanno avuto dei problemi, ma li stanno risolvendo”.

“Problemi?”.

Xander sbuffò, ma si sentiva di essere sincero con lei. “Qualche anno fa, Willow e io facemmo una sciocchezza. Io stavo insieme a una ragazza… Cordelia, e Willow e Oz stavano già insieme da un po’. In poche parole, tra me e Willow c’è stato qualcosa”.

“Qualcosa?” ripeté Buffy. Voleva accertarsi che le cose fossero andate come a Sunnydale. Quelle cose che non erano mai accadute, si ricordò.

“Sì, ma niente di che. Solo qualche bacio, ma Oz e Cordelia ci hanno scoperto. La differenza è stata che Oz ha perdonato Willow, dopo che lei l’ha pregato di darle un’altra possibilità. Invece, Cordelia mi ha cacciato via, come se fossi stato un cane rabbioso. Non aveva torto nel farlo. Per colpa di quella storia è finita all’ospedale. Io e Will eravamo nei sotterranei della scuola e quando ci hanno scoperto, Cordelia è corsa verso le scale. Uno scalino si è rotto e lei caduta. Un pezzo di ferro le aveva trafitto la pancia, ma se l’è cavata”.

“E adesso?” s’informò Buffy.

“Adesso Cordelia è a Los Angeles”.

“A Los Angeles? Perché è lì? Per lavoro?”.

Xander la fissò circospetto e Buffy capì di essersi spinta troppo oltre, ma aveva bisogno di sapere se in quel mondo Angel esisteva. O Spike.

“Scusa” si affrettò a dire. “è che mi dispiace che le cose ti siano andate in questa maniera”.

Era la pura e semplice verità e Xander lo intuì.

“Amen. È andata così. Il mondo è pieno di ragazze” ribatté, facendole l’occhiolino.

Buffy, ricordandosi della conversazione avuta con Willow quel pomeriggio, decise di rompere quell’atmosfera che si ere creata tra lei e Xander.

“Quindi, dopo questo fatto, Oz e Willow si sono rimessi insieme e da quel momento non hanno più avuto nessun litigio serio, giusto?”.

“Giusto, anche se Oz è strano in questo periodo. È come se fosse assente. Comunque, come mai tutto questo interessamento?”.

“Perché Willow è speciale e si merita il meglio” disse Buffy, senza pensarci.

Xander le sorrise complice. “ La penso esattamente come te”.

“Ragazzi!”.

I due si voltarono e l’oggetto della loro conversazione stava camminando verso di loro, mano nella mano con un ragazzo poco più alto di lei.

Oz aveva i capelli neri quella sera e il suo sguardo chiaro la fissò con curiosità. Buffy gli sorrise e lui si limitò a fare un piccolo cenno con il capo.

“Lui è Oz” presentò Willow.

“Ciao” disse il ragazzo, alzando la mano in un gesto di saluto.

“Ciao Oz. Io sono Buffy”.

“Buffy?” ripeté educatamente.

“Non sei il solo ad avere un nome strano”.

“No, a quanto pare” commentò lui sedendosi.

I quattro aspettarono che il cameriere portasse le loro ordinazioni e, quando quelle arrivarono, alzarono i bicchieri e brindarono.

Buffy bevve un sorso e si affrettò a mettere giù il bicchiere, attirando su di sé gli sguardi degli altri tre seduti con lei al tavolo.

“Tutto bene?” domandò Xander.

“è birra” rispose terrorizzata. Non voleva trasformarsi nuovamente in una primitiva.

“Non ti piace?”.

“Ecco, io non l’ho mai bevuta” mentì, prendendo il bicchiere. Ma poi, stava veramente mentendo?

“Mai?”

“Mai”.

“Xander” lo rimproverò Willow. “Smettila”.

La serata passò veloce. Buffy rise e scherzò con i suoi nuovi amici, anche se non riuscì a impedirsi, di tanto in tanto, di sondare il locale in cerca dei due vampiri che le avevano segnato la vita.

Alzò il bicchiere e fece per prendere un sorso, ma si accorse che la birra era finita.

“Birra. Finita” disse scuotendo il bicchiere.

Xander scoppiò a ridere, insieme a Willow e Oz.

“Vuoi che te ne prenda un’altra?” si offrì il carpentiere.

“Xander! Sarebbe la quinta!” esclamò Willow.

“Will, è la sua prima serata fuori. Bisogna festeggiare”.

“Facendole prendere la sua prima sbronza?”

“Perché no?”

“Signor Harris, è forse una tattica per approfittarsi di me, una volta accompagnata a casa?” domandò Buffy.

Xander sbarrò gli occhi scioccato, mentre Willow e Oz scoppiavano a ridere.

Buffy li aveva osservati per tutta la serata. Sembravano felici ed era questo l’importante.

A un tratto un ragazzo alto e moro spuntò da dietro una colonna e si avvicinò a loro.

“Ecco, dove ti eri cacciato. Oz, devi vedere… Oh, salve” disse il ragazzo, puntando i suoi occhi su Buffy.

“Devon” lo richiamò Oz, ma quello non lo sentì.

“Sei nuova?”.

“In un certo senso. Mi chiamo Buffy” rispose Buffy, sorridendo.

“Be’, Buffy. Io sono Devon e se ti serve qualcuno che ti faccia da guida turistica, non esitare a chiamarmi”.

“Ci pensiamo noi” intervenne Xander, fulminandolo con lo sguardo, ma Devon si era già concentrato su Oz.

“Amico leggi qua”.

Oz prese il volantino che l’altro gli offriva e lo lesse. I suoi occhi si spalancarono e un sorrisetto comparve sulle sue labbra.

“Che cos’è?” domandò Willow, sbirciando.

“Il Bronze organizza una battaglia delle Band” spiegò Oz a Buffy e a Xander. “Interessante”.

“Interessante?” ripeté incredulo Devon. “Ma non capisci, è la nostra occasione. Ci saranno degli agenti discografici”.

“Tu che dici?” domandò Oz rivolto a Willow.

“Dovresti partecipare. Così, quando vincerete, io potrò andare in giro dicendo che sto insieme al chitarrista della Band che sta scalando le classifiche. Sarò la vostra fan numero uno. Vi seguirò ovunque!”.

“Persone così si fanno chiamare o maniaci o groupie” borbottò Devon, beccandosi degli sguardi incendiari da parte dei ragazzi seduti al tavolo. “Allora, Oz?”.

“Se Willow lo vuole, allora lo farò”.

“Bene, amico. Vieni. Dobbiamo iscriverci e pensare a cosa suonare. È stato bello incontrarvi, soprattutto tu, Buffy” fece Devon, prima di allontanarsi.

“Perdonalo” disse Oz, alzandosi. “ Ma lui… è così”.

“Non ti preoccupare”.

“Accompagnate voi Willow a casa?”.

“Sì, Oz” rispose Xander.

“Ok, allora ciao Willow”.

Oz si abbassò verso Willow e la baciò.

“Ciao” mormorò la ragazza completamente rossa in viso.

Buffy e Xander ridacchiarono, ma non dissero niente.
“Non è bellissimo?” domandò la rossa con tono svagato.

“Se fossi gay, ci proverei subito”.

“Tu? Gay? Non farmi ridere” ribatté Willow, finendo il suo cocktail.

“Sarei un gay fantastico” disse Xander solennemente.

“Io sarei un gay migliore di te”.

“Poco ma sicuro” borbottò Buffy, ma per fortuna gli altri due non la sentirono. Era tardi e le birre bevute stavano facendo effetto. “ Che ne dite di andare?” domandò.

Xander e Willow annuirono, si alzarono e fecero rotta verso la porta principale.

La testa di Buffy iniziò a girare e lei si rese conto che, molto presto, la sua prima sbronza sarebbe venuta a farle visita. Mentre camminava, cercando di mettere un passo davanti all’altro, andò a sbattere contro una persona.

“Scusa” disse dispiaciuta, alzando lo sguardo.
“Non fa niente. Scusami tu. Ero sulla tua traiettoria. Io sono Riley, tu?”.

Buffy si ritrovò a corto di parole. Era lì, ferma impalata davanti a lui, non sapendo assolutamente cosa dirgli. Il ragazzo la fissò per un momento e poi un sorriso dolce spuntò sulla sua bocca.

“Non avere paura. Sono un soldato”.

“Lo so” sussurrò lei.

“E da cosa…”.

“Buffy, tutto bene?”.

La voce di Willow li fece voltare. Era preoccupata e fissava Riley con attenzione.

“Ti sta dando fastidio?”.

“No, Will. Sono andata a sbattergli contro” rispose Buffy, per poi tornare a rivolgersi a Riley. “Scusa, devo andare”.

“Aspetta…”, ma lei era già corsa via.

Quando uscirono dal locale, una leggere brezza li accolse. Buffy iniziò a incamminarsi velocemente verso casa, inseguita da Willow e Xander.

I due guardarono la bionda con un filo d’ansia. Si erano accorti che la ragazza si era spaventata quando aveva visto quel tipo altissimo, ma non riuscivano a capire il motivo.

Intanto nella mente di Buffy, una guerra si era scatenata, e stava vincendo la sua parte irrazionale.

Perché Riley?  Era questa la domanda che le stava passando per il cervello. Perché lui? Perché non Angel o Spike? Aveva amato Riley, profondamente, ma lui non era l’uomo della sua vita. L’aveva capito quando lo aveva rivisto tornare a Sunnydale con sua moglie. Lui era felice con lei, come non lo era mai stato quando stavano insieme.

E poi la solita vocina della sua coscienza si fece sentire. Le ricordò, forse per la milionesima volta, che quello non era mai accaduto. Lei non era mai stata insieme a Riley o ad Angel. Non aveva mai trascorso quelle notti di sesso con Spike. Lei era stata rinchiusa e solo per un colpo di fortuna i medici non avevano gettato via la chiave.

Arrivarono davanti a casa sua. Buffy si voltò verso i suoi due amici. Non ce la faceva più. Voleva stare da sola e non rivivere tutto questo un’altra volta.

“Ragazzi, io…” disse, cercando le parole che avrebbe usato per salutarli per sempre.

“No” la interruppe Willow.

“Non te lo permetteremo” continuò Xander, muovendo un passo verso di lei. “Qualsiasi cosa ti sia successa, sappi che noi ci saremo. È vero, siamo strani. Soprattutto Willow….”.

La rossa fulminò con lo sguardo Xander, ma non intervenne.

“Ma” continuò il ragazzo “noi siamo tuoi amici. È strano, ci conosciamo da poco, ma dentro di me so che noi tre siamo una famiglia. E la famiglia non abbandona mai un suo caro quando ha bisogno di aiuto”.

“Io…”.

“Buffy, pensaci almeno, ok?” domandò Willow con tono speranzoso. “Non ci cacciare senza averci dato almeno una possibilità”.

Buffy non disse niente e li guardò allontanarsi.

Che cosa aveva fatto per meritarli una seconda volta? Perché loro erano ancora lì con lei?

Seguita da queste domande, entrò in casa. Era tutto buio e capì che sua madre doveva essere a letto da un po’.

Si diresse silenziosamente verso la cucina. Avrebbe mangiato qualcosa, prima di andare a dormire.

Attraversò il soggiorno e, in quel momento, la luce della lampada si accese.

Sua madre la stava aspettando seduta sulla poltrona, con in mano una tazza di caffè. La fissò intensamente.

“Com’è andata?”.

Buffy aprì la bocca per rispondere, ma al posto delle parole uscì un singhiozzo.

“Oh, Buffy” disse Joyce, appoggiando la tazza sul tavolino e correndo verso di lei per abbracciarla stretta.

La ragazza pianse, mentre sua madre le sussurrava all’orecchio che sarebbe andato tutto bene. Ma si sbagliava: lei stava bene perché aveva ritrovato la sua famiglia.

Quelle lacrime, erano lacrime di gioia.

 

 

 

 

Ecco a voi un altro capitolo. È più lungo rispetto a quello degli altri e pensare che ho dovuto tagliarlo. Spero che vi sia piaciuto. Grazie mille!

 

 

Angolo risposte recensioni:

Laura the vampire slayer: ahahahah, adoro le tue domande e ti posso assicurare che avranno risposta, ti chiedo solo di pazientare un pochino. Grazie come sempre.

Buffy summers88: Grazie mille per tutti questi complimenti, non me li merito. Questa Fan Fiction è nata perché anch’io, quando ho visto quell’episodio, ci ho fantasticato sopra. E come per te, Buffy è la mia eroina. Di solito aggiorno una volta la settimana, causa lavoro, ma spero che continuerai a seguirmi. Grazie ancora.

 

 

 

Alla prossima,

Asiel.

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Capitolo 6
*** Cap. 5 ***


Cap. 5

 

 

 

L’estate aveva fatto capolino, portando con sé il sole e le vacanze.

Buffy era felice. Dalla sua prima uscita al Bronze, erano passate tre settimane e lei non faceva altro che trascorrere il suo tempo con Willow e Xander.

I due ragazzi, dopo quella sera, l’avevano cercata subito la mattina seguente, scusandosi per come si erano comportati. Non erano nessuno per farle delle paternali, ma Buffy li aveva interrotti all’istante, dicendoli che avevano fatto bene. Quel chiarimento aveva cementato ancora di più la loro amicizia appena nata e adesso potevano sbizzarrirsi, visto che il signor Giles le aveva appena detto che le loro lezioni avrebbero ripreso a settembre.

“Sul serio?” chiese Buffy, per esserne sicura al cento per cento.

“Sì, Elizabeth”.

“Ah, così non va bene. Le ho detto di chiamarmi Buffy” lo rimproverò la ragazza sorridendo.

“Chiedo venia. Buffy”.

“Ok, e la smetta di parlare in maniera così antica!”.

Il signor Giles inarcò un sopracciglio, ma decise di lasciar perdere. Raccolse i suoi appunti, li mise in borsa per poi afferrarla.

Buffy lo accompagnò alla porta, e mentre lui stava uscendo, lo fermò, appoggiandoli una mano sul braccio.

“Se vuole lo stesso venire, a me farebbe piacere. Va bene che lei è il mio insegnante, ma se desidera prendere una tazza di thè, non si faccia problemi”.

Con un moto di sorpresa, Buffy si accorse che gli occhi del signor Giles, nascosti dietro alle lenti, divennero lucidi.

“Lo apprezzerei molto, Buffy. Buone vacanze”.

“Buone vacanze anche a lei, Signor Giles” disse Buffy, seguendolo con lo sguardo.

Dopo averlo visto partire sulla sua vecchia auto, guardò l’orologio e si accorse che era già in ritardo sulla sua tabella di marcia.

Prese il cappotto e uscì da casa anche lei.

Per sua fortuna l’autobus arrivò subito e, durante il tragitto che l’avrebbe portata all’appuntamento con la dottoressa Calendar, si perse nei ricordi di quegli ultimi giorni.

Ormai incontrava Riley ogni qualvolta che andava al Bronze. Il soldato aveva cercato in varie occasioni d’instaurare un dialogo con lei, ma Buffy aveva sempre trovato una scusa per sfuggire da quella situazione. Ma lui non demordeva, tanto che l’ultima volta, Buffy aveva costretto Willow a seguirla nei bagni e rimanere lì nascoste.

“Buffy” l’aveva chiamata Willow. “Perché scappi da lui?”.

Buffy l’aveva guardata insicura. “ Non lo so” le aveva risposto. “ Non credo di essere pronta”.

“Pronta per cosa?”.

“Per vivere” aveva mormorato e Willow l’aveva abbracciata per confortarla.

Ma Riley non era il solo problema, c’era anche il suo senso di colpa.

Avrebbe dovuto raccontare la verità a Xander e a Willow, visto che loro cominciavano ad avere qualche sospetto, soprattutto dopo che il carpentiere le aveva chiesto come facesse a conoscere il suo cognome giacché non gliel’aveva mai detto.

Buffy si era ritrovata a dire che l’aveva sentito da qualche parte e il ragazzo non aveva indagato oltre, ma lei sapeva che la faccenda non era chiusa.

Così, mentre scendeva dall’autobus e imboccava il vialetto che l’avrebbe portata nel complesso “Spirits & Charms”, decise che ne avrebbe discusso con la dottoressa Calendar e poi avrebbe fatto la sua scelta.

 

 

 

 

“Devo trovare Dawn. Nelle ultime settimane non ho fatto altro che cercarla, mentre ero fuori con i miei amici o con mia madre. Solo che non posso chiedergli di aiutarmi. Will e Xan non sanno niente di me, e mia madre reagirebbe malissimo se le dicessi che ho intenzione di trovarla. Penserebbe che abbia avuto una ricaduta, non so… Forse, mi riporterebbe in manicomio” disse Buffy, camminando su e giù.

Era nell’ufficio della dottoressa Calendar, la quale la seguiva con gli occhi, seduta sulla sua poltrona dietro alla scrivania.

“Sto impazzendo. In senso letterale. Come ho fatto immaginare persone che esistono veramente?” concluse Buffy. Si lasciò cadere sulla sedia imbottita e abbassò lo sguardo, in cerca di una risposta.

La dottoressa Calendar sospirò e si alzò per sedersi di fianco a lei.

“Buffy” la chiamò e la ragazza alzò gli  occhi. “Io sono una dottoressa, ma non credo solo nella scienza. Io penso che la vita umana sia un misto tra verità e fede. In questo mondo capitano delle cose che la scienza non sa spiegarsi, ma succedono. E quando noi non riusciamo capirle, le cataloghiamo come impossibili. E ogni volta che una persona fa una cosa impossibile, noi le diciamo che è pazza. Ma chi siamo noi per decidere chi è pazzo oppure no? Quello che hai passato, può essere definito in molti modi, ma l’importante è che ne sei uscita. Il fatto che tu stia incontrando le stesse persone, può voler dire tutto o niente. Tu vuoi bene a loro?”.

“Sono la mia vita” rispose Buffy, ancora colpita dal discorso della Calendar.

“E tu vuoi rinunciare alla tua vita?”.

“No”.

“Bene, allora sai che cosa devi fare” disse la dottoressa alzandosi e dirigendosi verso la sua poltrona.

Buffy la fissò. “ Devo dir loro la verità e cercare Dawn”.

“è la tua decisione?”.

“Sì”.

“La accendiamo?”.

Buffy scoppiò a ridere, insieme alla dottoressa Calendar.

“Bene, Buffy. Oggi finiamo un po’ prima, perché è ora che tu incontri la mia assistente. Ti sta aspettando vicino all’ingresso della stalla”.

Buffy annuì e si alzò. Stava per lasciare lo studio, quando la dottoressa la richiamò.

“Ehm, Buffy. Tu hai già incontrato anche me?”.

La mano intorno alla maniglia si serrò. Aveva paura di rispondere. Non la conosceva da abbastanza tempo da prevedere la sua reazione.

“Buffy?”.

“Sì” rispose. Se non poteva essere sincera con la sua psichiatra, con chi altri poteva?

“Ah. Siamo amiche nel tuo altro mondo?”.

“Non lo eravamo” mormorò Buffy, voltandosi verso di lei lentamente.

“Eravamo? Perché usi il verbo al passato? Sono per caso morta?” e quando Buffy rimase zitta, la dottoressa Calendar perse tutta la sua curiosità. “Oh”.

“Dottoressa, io…”.

“Non ti preoccupare Buffy. Come tu stessa hai detto, quel mondo non esiste. E poi, anche la tua mamma era venuta a mancare lì, giusto?”.

“Sì” confermò Buffy, rilassandosi appena. Le sembrava che la donna seduta di fronte a lei stesse reagendo abbastanza bene.

“Ultima cosa. Che lavoro facevo?”.

Buffy ridacchiò. “ è strano. Tutti gli altri fanno gli stessi lavori, ma lei no. A Sunnydale era un’insegnate d’informatica, qui invece… “ ma Buffy non finì la frase, perché notò come il viso della dottoressa perdesse colore.

“Sta bene?” le chiese allontanandosi dalla porta e muovendo un passo verso di lei.

“Sì, benissimo” si affrettò a rispondere l’altra donna. “ Ora, è meglio che tu vada. Ci vediamo settimana prossima”.

Buffy capì che l’aveva appena congedata e, confusa, lasciò la stanza.

Non riusciva a darsi una spiegazione. Quando la dottoressa aveva udito che lei era morta, l’aveva presa fin troppo bene, ma allora perché era sbiancata di colpo quando aveva sentito cosa faceva di lavoro a Sunnydale? Non aveva senso.

Scendendo le scale, le vecchie paure tornarono. Si diceva che ormai l’aveva persa, che se l’era messa contro, che avrebbe chiamato subito il manicomio e l’avrebbe fatta rinchiudere all’istante.

“Stupida!” si disse, mentre attraversa il prato. “Stupida! Stupida! Stupida!”.

Prese a calci un sasso lì vicino e lo mandò a sbattere contro il muro di legno della stalla, facendo nitrire un cavallo.

“Stupido anche tu” gli urlò dietro.

“Q-q-q-questo non è un o-o-ottimo inizio”.

Buffy si voltò, e il suo cuore ebbe il solito sussulto che avveniva ogni volta che incontrava una persona che non doveva esistere.

Una ragazza bionda, alta e con un viso dolce la fissava gentilmente.

“C-c-ciao io s-s-sono Tara. Tu sei Buffy?”.

Buffy si riprese dallo stupore e sfoderò il miglior sorriso che potesse permettersi in quel momento.

“Sì, piacere di conoscerti Tara”.

Tara arrossì appena e abbassò la testa per nascondere il suo viso con i capelli.

“N-n-noto che hai già c-c-conosciuto Castagna”.

“Castagna?” ripeté Buffy, sicura di non aver sentito bene.

“Il c-c-cavallo s-s-stupido” spiegò Tara, avviandosi verso l’entrata della stalla.

Buffy la seguì. L’odore degli animali e del fieno la colpì duramente al naso e ci mise un po’ a scorgere Tara, la quale si era fermata davanti a un box.

Stando attenta a dove metteva i piedi, la raggiunse sbirciando di tanto in tanto i cavalli che oltrepassava.

“Lui è Castagna” disse Tara, sorridendole.

Il cavallo era di color marrone scuro e i suoi occhi grandi la guardavano con diffidenza.

“Non gli piaccio” affermò subito, facendo tre passi indietro.

Tara la guardò perplessa e le fece cenno di riavvicinarsi.

“I c-c-cavalli sono a-a-animali gentili. Per q-q-questo li usciamo anche come t-t-terapia”.

“Non è vero. Possono anche mordere” ribatté Buffy, ricordandosi di quello che le aveva detto Willow.

La risata allegra di Tara invase il silenzio della stalla. La ragazza rideva talmente di gusto che Buffy si ritrovò a ridere insieme con lei.

“Ti hanno m-m-morso?”

“No. Alla mia amica. È terrorizzata dai cavalli, e anche dalle rane, ora che mi ci fai pensare”.

“F-f-orse la tua amica ha c-c-conosciuto un cavallo m-m-maleducato, ma io posso f-f-farle conoscere un c-c-cavallo più simpatico”.

“No!” gridò Buffy.

L’aria scherzosa di Tara svanì di colpo. Arrossì furiosamente e abbassò la testa con aria intimidita.

Buffy si diede della stupida, ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se Tara e Willow si fossero incontrate. La sua amica era felice con Oz, ma sapeva che Tara era la sua anima gemella. Senza contare poi, che Willow e Xander non sapevano niente di lei e della sua terapia alternativa per curare la sua schizofrenia, se ancora così si poteva chiamare.

Questo fu solo l’ennesimo problema che andò ad aggiungersi alla lunga lista che pendeva sulla sua testa.

“Tara, scusami. Solo che è complicato” disse Buffy con tono mortificato.

“N-n-n-n…”.

“Non è colpa tua. I miei amici non sanno che sono qui. Non sanno assolutamente niente di me. Li ho cosciuti da poco e ho paura di perderli. Mi vergogno di quello che sono e mentirli non fa altro che aumentarla”:

“Ti v-v-vergogni?” ripeté Tara, alzando i suoi occhi blu su di lei.

“Sì.”.

“P-p-perché?”.

“Perché… Perché… Be’, guardarmi? Ho ventidue anni e gli ultimi sei li ho passati in un istituto psichiatrico. Per colpa mia, i miei genitori stanno per divorziare. Non so fare niente. Studio con un insegnante privato a casa per riuscire a prendere un diploma che avrei dovuto conseguire anni fa. Ho questi due amici cui voglio un bene dell’anima, ma vado in crisi anche quando mi chiedono semplicemente come sto. Ho paura!”.

Tara le si avvicinò. “ So c-c-cosa provi. A-a-anch’io avevo p-p-paura…”.

“Come hai fatto a farla sparire?”.

Tara fece un sorriso tirato ed entrò nel box di Castagna. Il cavallo nitrì per un attimo, ma quando la ragazza prese ad accarezzarlo, si calmò girando le orecchie lunghe.

“S-s-sono scappata”.

Buffy rimase in silenzio, per timore di dire qualcosa di sbagliato, ma Tara sembrò non accorgersene presa com’era dai suoi pensieri.

“Mio p-p-padre è un uomo violento, ma io l’ho s-s-scoperto solo dopo che m-m-mia madre è m-m-m-morta”.

“Mi dispiace” fece Buffy.

“G-g-g-grazie”.

Tara si prese alcuni istanti, prima di continuare. “La p-p-p-prima volta che mi p-p-picchiò è stato p-p-perché ho chiesto a mio f-f-fratello di a-a-a-aiutarmi”.

Buffy s’irrigidì e per la prima volta da quando era uscita dall’ospedale, desiderò di poter riavere i suoi poteri da Cacciatrice per andare a dare una lezione al padre di Tara.

“Bastardo!” sibilò con le mani chiuse a pugno.

“C-c-continuò così per un a-a-anno. Poi q-q-q-quando ha scoperto che io s-s-s-sono…”. Tara s’interruppe e gettò uno sguardo spaventato verso Buffy.

“Tara, non sei costretta a dirmi niente” si affrettò a dire la ragazza, ma quella scosse la testa.

“No. S-s-se devi f-f-fidarti di me, a-a-allora io d-d-devo fare lo s-s-stesso”.

Buffy vide Tara allontanarsi da Castagna e voltarsi completamente verso di lei.

“Q-q-quando ha scoperto che io s-s-s-sono gay…” Tara si fermò per paura che Buffy potesse reagire in maniera scioccata, ma la bionda invece le fece un sorriso incoraggiante.

Rilassandosi, la ragazza più grande riprese: “Ha d-d-detto che d-d-dovevo essere p-p-punita p-p-più s-s-severamente. Q-q-q-quella n-n-notte s-s-scappai”.

“Punita più severamente?” ripeté Buffy. “In che senso? Oh!”.

Capì che cosa volesse intendere Tara e una furia cieca la sommerse. “Maledetto figlio di puttana!”, poi accorgendosi di quello che aveva detto, si affrettò a scusarsi: “Perdonami. Solo che…”.

“N-n-non ti preoccupare. A-a-anche Jenny ha r-r-reagito c-c-così”.

“Ti riferisci alla Dottoressa Calendar?”.

“Sì. M-m-mi ha s-s-salvato la vita”.

“Che cosa successe dopo?” domandò Buffy con rispetto. Aveva sempre saputo che Tara era una ragazza forte, ma adesso ne aveva anche una dimostrazione.

“S-s-sono venuta qui. A-a-avevo dei rispiarmi, g-g-grazie a d-d-dei lavoretti che ho f-f-fatto a c-c-casa, in A-A-Arizona. M-m-mi sono i-i-i-iscritta al c-c-college e o-o-ora eccomi qua, a a-a-aiutare persone che hanno dei p-p-problemi, come me”.

“I miei problemi sono belli complicati” borbottò Buffy, strappando un sorriso a Tara.

“N-n-non li sono tutti?”.

Buffy alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ma non poteva non trovarsi d’accordo con la ragazza al suo fianco.

“Allora”, disse “ sono pronta per la mia cavalcata”.

Tara scoppiò a ridere e scosse la testa con forza. “ Oh, no. P-p-prima devi farti c-c-conoscere da C-C-Castagna”.

“Farmi conoscere da Castagna?” ripeté lentamente Buffy, adocchiando il cavallo.

Tara annuì. “ E c’è s-s-solo un modo”.

Le indicò un forcone e una pala e Buffy non capì subito, ma poi una lampadina si accese nel suo cervello.

“No!” esclamò. “ Va bene il fieno, ma quello no!”.

“B-B-Buffy, non è così terribile. Non si lamenta n-n-nessuno. Anche i ragazzini della c-c-comunità lo fanno s-s-senza troppe s-s-storie”.

“Be’ se lo fanno anche i ragazzini della comunità” la canzonò scherzando Buffy. “ Lo posso fare pure io!”.

Però, appena afferrata la pala, Buffy s’immobilizzò. Ecco dove doveva andare a cercare, era così ovvio.

Si voltò verso Tara con una luce di speranza negli occhi.

“Tara, per caso tra quei ragazzini c’è né un’altina, con i capelli lunghi scuri e con gli occhi azzurri?”.

 L’altra ragazza la fissò incuriosita. “Dovresti c-c-chiedere alla dottoressa Calendar. Lei li v-v-vede più spesso, rispetto a me. I-i-i-insegna a l-l-loro il c-c-computer”.

“Insegna al loro il computer?” fece Buffy, trovando finalmente una spiegazione alla reazione della dottoressa.

“Sì. P-p-prima di diventare una p-p-p-psichiatra, lei era un’insegnate del l-l-liceo”.

“Capito” disse Buffy. “Tara, potresti darmi l’indirizzo di quella comunità?”.

“Sì, c-c-c-certo” rispose Tara confusa.
“Ok. E adesso a lavoro!”.

Buffy afferrò con entrambe le mani la pala e andò ad affrontare Castagna.

 

 

 

Era tardi e se non fosse subito tornata a casa, sua madre avrebbe sicuramente chiamato la polizia. Ma non poteva più aspettare: di fronte a lei, si erigeva la comunità della quale aveva parlato Tara.

Era un edificio monotono e triste. Le vecchie mura grigie erano ricoperte da graffiti, le finestre avevano le sbarre e le poche panchine che c’erano, erano rotte in diversi punti.

Era un brutto posto per crescere e trovava intollerabile che Dawn dovesse vivere là dentro.

Si odorò i vestiti. Per fortuna, Tara le aveva dato una tuta prima d’iniziare a ‘fare amicizia con Castagna’.

Era stato un lavoro massacrante e aveva accolto con gioia quando la ragazza le aveva detto che poteva andarsi a fare una doccia, per poi tornare a casa.

Non aveva ancora chiaro in mente a cosa servisse, ma si sentiva decisamente meglio.

Con un respiro profondo, salì gli scalini e aprì la pesante porta d’ingresso di quell’istituto. I suoi passi riecheggiavano per tutto l’atrio, attirando così l’attenzione della signora di mezza età che si trovava dietro al banco della reception.

“Salve” disse Buffy, appena si fu avvicinata. “Sto cercando una ragazza”.

“è della polizia?” chiese la receptionist.

“No!”.

“E allora se ne vada” la congedò la donna.

Ma Buffy non voleva dargliela vinta. “Forse non mi sono spiegata. Sto cercando una ragazza”.

“E allora?”.

“E allora, lei dovrebbe darmi delle informazioni, visto che è seduta dietro a un banco informazioni” spiegò Buffy con tono innocente.

La signora assottigliò lo sguardo, ma Buffy capì che la stava veramente ascoltando ora.

“è alta” iniziò a spiegarle, gesticolando. “ Ha lunghi capelli castani e gli occhi azzurri. È magra e indossa una felpa tutta colorata. L’ultima volta che l’ho vista era vicina a un supermercato”.

“Stava rubando?”.

“Cosa? No. Era lì, e basta” si limitò a dire Buffy, intuendo che una parola sbagliata poteva mettere nei guai Dawn.

“Ma perché la cerca allora?”.

“Senta, c’è o non c’è?”.

La signora sospirò e assunse un atteggiamento sbrigativo. “Sì, lei sta parlando di Dawn Summers”.

“Summers?” balbettò Buffy.

“Sì, Summers” ripeté acida la receptionist. “ è il cognome che le hanno affibbiato dopo che l’hanno dimessa dall’ospedale”.

“Ospedale?” gridò Buffy in preda al panico. “Sta bene?”.

“Perché non lo chiede a lei, visto che è venuta a cercarla”.

La receptionist afferrò il telefono, compose il numero e quando dall’altra parte le risposero, disse di mandare giù Dawn. “Sta arrivando” riferì a Buffy.

“Grazie”.

Buffy si allontanò e iniziò a passeggiare per l’atrio, provando una forte ansia all’idea d’incontrare la ragazza. Che cosa avrebbe dovuto dirle? Che in un altro mondo era sua sorella? Non poteva, sarebbe scappata a gambe levate.

Non fece in tempo a pensare a un piano, che dei passi alle sue spalle la fecero voltare.

Dawn la stava fissando incuriosita e Buffy si ritrovò con la bocca secca.

“Ecco, io…”.

“Lo so chi sei. Sei mia sorella”.

 

 

 

 

 

 

Buona domenica a tutti,

Che ne pensate? Spero che vi sia piaciuto. È stato molto difficile scrivere questo capitolo, perché purtroppo non sto benissimo. Ma mi sono prefissata che ogni domenica devo pubblicare, e così cercherò di fare sempre.

Non pensavo di scatenare tutto quelle reazioni a proposito di Riley. Sarà perché a me quel ragazzo fa pena. Alla fine, ha tentato in tutti modi di essere il ragazzo migliore che Buffy abbia mai avuto, ma è inconcepibile che lui potesse gareggiare con Angel o con Spike.

Chiedo scusa se il capitolo vi sembra scritto male o che sia peggiore degli altri, ma vi assicuro che il prossimo sarà migliore.

Un ringraziamento a tutti.

 

 

 

Angolo risposte recensioni: (quante sono?! ^_^)

Buffy Summers88: Grazie mille per tutti i complimenti. Mi dispiace informarti però, che io sono del Team Spuffy. Ebbene, sì. Spike è l’unico vampiro che io amo e venero. Spero che non mi odierai. ^_^ per quanto riguarda i nostri due vampiri preferiti, ti chiedo di pazientare un poco. Non posso svelare tutto subito. Grazie ancora.

Laura the vampire slayer: non volevo farti sorgere tutti questi dubbi, chiedo scusa. Per quanto riguarda Riley, io sono convinta che Buffy l’abbia amato. Per carità, un amore completamente diverso da quello che provava per Angel (possiamo definirlo un amore umano), ma c’era. L’ho capito quando Xander le fa tutto quel discorso prima che Riley parta e se ne vada. Il che è ingiustizia, perché Spike non ha avuto quasi niente in cambio. Comunque, grazie come sempre.

Rea Asaka: è vero. Buffy è in preda alla confusione, per non parlare di me che devo raccontarla. Ahahah… Grazie!

paxerella: mi fa piacere sapere che grazie a quest’umile Fan Fiction tu sia ritornata a scrivere. Ne sono onorata. Grazie mille per questo e per i tuoi complementi.

_Kuyoki_ : Grazie mille per i complimenti. E non ti preoccupare, Buffy incontrerà altre persone lungo la sua strada. ^_^

 

Alla prossima,

Asiel.

 

 

(povero Riley)

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Capitolo 7
*** Cap. 6 ***


Cap. 6

 

 

Doveva aver sentito male. Dawn non aveva detto quelle parole.

“Buffy?” la chiamò la ragazzina di fronte a lei. “Certo che una sorella più intelligente potevo trovarla!”.

No. Non se l’era immaginate.

“Ed io una sorella meno petulante e infantile, no?” rispose senza pensarci, abituata com’era ai loro battibecchi.

“Cosa? Io, infantile? Chi è che va a dormire con un pupazzo a forma di maiale?”.

“Non toccare Mr. Gordo!”.

“Se no? Che cosa fai?” la sfidò Dawn avvicinandosi a lei.

Buffy agì d’istinto. Coprì la distanza che le separava e la abbracciò stretta, scoppiando a piangere.

“Scusami! Scusami!” singhiozzava.

Dawn s’irrigidì in un primo momento, ma poi si rilassò e abbracciò di rimando sua sorella.

“Buffy. Ho capito. Lo so perché lo hai fatto. Ti perdono”.

“Ma io permesso che ti uccidesse. Che uccidesse tutti voi. Sarei dovuta morire!”.

Buffy sentì Dawn allontanarsi e quello che lesse nei suoi occhi, non le piacque neanche un po’.

“Dawn?” la chiamò con tono preoccupato.

La ragazzina non rispose. Girò lo sguardo verso la receptionist, e quando la vide impegnata a leggere una rivista di moda, fece cenno a Buffy di uscire dal portone principale.

Buffy la squadrò bene in faccia per intuire le sue intenzioni, ma appena Dawn la spinse delicatamente verso l’uscita, decise di seguire il suo istinto.

La sera era calata e un venticello leggero e fresco la percorreva. Buffy incrociò le braccia sovrappensiero, mentre Dawn camminava davanti a lei dirigendosi verso l’unica panchina superstite che dava sulla strada.

Quando entrambe si sedettero, rilasciarono un sospiro.

C’erano molte cose da dire, ma nessuna delle due sapeva da che parte iniziare. Buffy si chiese però perché Dawn avesse reagito in quel modo pochi minuti fa, per poi essere sostituita da una domanda più pressante. Che cosa era successo dopo che lei si era arresa e li aveva consegnati a quel demone?

Si ricordava poco o niente, ma la certezza che loro fossero morti per causa sua era una presenza costante in quella nuova vita.

Gettò uno sguardo di lato e notò che Dawn la stava fissando intensamente.

Buffy si sentì a disagio. “Smettila”.

“Non posso. Non riesco a credere che tu sia viva”.

Buffy si voltò come una furia verso di lei e le afferrò le spalle.

“Cosa hai detto?” le chiese a voce alta.

“Non siamo stati solo noi a morire. Anche tu”.

“Come?” mormorò Buffy.

“Siamo morti tutti. Gli unici sopravvissuti credo che siano Giles e Anya”.

“Cosa? Come?” balbettò Buffy in preda al nervosismo. Si voltò verso sua sorella. “Dawn, che cosa è successo?”.

 

 

Buffy aveva gli occhi chiusi quando sentì il ruggito vibrante del demone.

Il suo corpo stava lottando con tutte le sue forze per disobbedire alla decisione che ormai aveva preso.

Un urlo agonizzante la costrinse ad aprirli e se ne pentì quasi subito.

Il demone aveva afferrato Xander e lo stava stritolando tra le sue braccia.

“B-Buffy” agonizzò il suo migliore amico, prima di perdere i sensi.

Il demone lo scagliò di lato per dirigersi verso Tara, la quale stava proteggendo Dawn e Willow con una barriera magica.

“Buffy!” gridò Willow. “ Che cosa stai aspettando? Non posso usare la magia! Aiutaci!”.

Ma lei rimasse ferma lì, seduta sotto il sottoscala con le mani premute sulle orecchie e con gli occhi nuovamente chiusi.

Doveva fare qualcosa. Non poteva più resistere. Pregò che il passaggio nel mondo reale avvenisse velocemente.

E fu in quel momento che un calore incandescente iniziò a propagarsi, partendo dal suo cervello e riversandosi nel suo corpo.  Era così ustionante che si ritrovò a boccheggiare.

La vista le stava giocando brutti scherzi: un attimo prima si trovava nella sua cantina e quello dopo, invece, si ritrovava seduta per terra in una stanza bianca con un letto di ferro al suo fianco.

Le voci dei suoi amici e quella di sua madre continuavano a sovrapporsi fra loro.

Non sapeva più dove si trovava, il fuoco dentro di lei bruciava ogni cosa che trovava sul suo cammino.

“Buffy!”.

“Buffy!”.

“Buffy!”.

“Buffy!”.

Tara, sua madre, Dawn, Willow.

E quando l’incendio divampò e raggiunse il suo cuore, un urlo disumano le uscì dalla gola.

Fu l’ultima cosa che fece a Sunnydale, mentre una luce accecante la avvolgeva, portandosela via.

 

 

“Era come il portale che Glory aveva creato per tornare nella sua dimensione infernale. Solo un po’ più piccolo” finì di spiegare Dawn.

Buffy aveva lo sguardo fisso davanti a sé, rigida come una statua dopo quello che le aveva raccontato sua sorella.

Quando la luce l’aveva portata via, quella si era espansa fino a coinvolgere le altre persone presenti nella cantina. Dawn aveva sentito un forte strappo dentro di sé e si era risvegliata in una stanza dell’ospedale cittadino di quel mondo.

“Quindi noi a Sunnydale siamo morte, ma qui siamo vive?” domandò a bassa voce Buffy.

“Credo di sì”.

“Non sono pazza” affermò Buffy con sollievo. Era come se un enorme peso fosse stato tolto dalle sue spalle. “ Non mi sono immaginata niente! È successo tutto per davvero!”.

“Buffy?” la chiamò incerta Dawn, appoggiandole una mano sulla spalla.

“Cosa?”.

“Perché stai piangendo?”.

Buffy si portò le mani agli occhi e quando le scostò, vide che erano umide.

“Non lo so” sbottò ridendo. “ Non lo so e non m’importa!”.

“Tu non sei normale” borbottò Dawn sorridendo.

“Non voglio più esserlo!”.

Scoppiarono a ridere, felici di essersi ritrovate e contente che il loro rapporto non era andato  perduto.

“Allora” disse Buffy, quando riprese fiato. “ Che cosa è successo dopo che ti sei svegliata all’ospedale?”.

“Ecco…”. Ma lo stridio di una frenata, la interruppe.

Un fuoristrada si era appena fermato davanti a loro e da quello, scesero Willow e Xander, entrambi con i volti stravolti dalla preoccupazione.

“Buffy! Oh mio Dio! Sei qui!” esclamò Willow, fiondandosi sulla sua amica e abbracciandola stretta. “Ti abbiamo cercato ovunque!  Tua madre voleva chiamare la polizia!”.

“Per fortuna che il signor Giles l’ha calmata. Credo che, quando ti porteremo a casa, ti rinchiuderà dentro la tua camera e non ti farà più uscire”.

“Ma Xander ed io troveremo un modo per farti evadere!” concluse Willow, ancorata a Buffy. “Stai bene?”.

“Sì, se mi permetti di respirare” bofonchiò Buffy.

La rossa si staccò subito da lei con un sorriso sollevato dipinto sulle labbra, per poi accorgersi della ragazzina seduta di fianco alla sua amica.

“Ciao” disse, porgendole la mano. “Io sono Willow”.

“Ed io Xander” fece il ragazzo, anche lui con la mano protesa.

Dawn era a bocca aperta per lo stupore, non solo per Willow e Xander, ma anche per quello che avevano detto pochi minuti prima.

“Mamma è veramente viva, qui?” domandò a sua sorella.

Buffy si limitò ad annuire, ignorando gli sguardi perplessi dei suoi migliori amici.

“E loro non sanno niente” aggiunse, indicandoli.

“Che cosa non sappiamo?” domandò Xander incuriosito.

“Buffy, chi è questa ragazzina?” fece Willow.

“Ehi, tu! Che cosa ci fai fuori? Mi vuoi far licenziare?”.

I ragazzi sussultarono spaventati quando la receptionist si fiondò verso di loro a passo di carica. Dawn impallidì, mentre la donna si avvicinava. Buffy seguiva con lo sguardo la sua avanzata e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non farsi portare via sua sorella.

“Ragazzina, dentro. Forza!” abbaiò la signora.

Dawn stava per alzarsi, ma Buffy la trattenne per un braccio. “Lei viene via con me” disse glaciale.
“E chi saresti tu? Solo un parente può farlo”.

“Sono sua sorella”.

“Questo è impossibile. Lei non ha nessuno”.

“Lei ha me!”.

“Buffy?” la chiamò timidamente Dawn. “Lascia perdere. Ci vediamo domani, no?”.

“Certo, e ti porterò via da qui” le promise Buffy, lasciandola andare.

Seguì con lo sguardo le due donne avviarsi verso l’istituto, e quando le vide sparire al di là della porta, mugugnò arrabbiata.

“Buffy?”.

Si voltò verso la voce. Willow la osservava confusa, mentre Xander cercava ancora di capire cosa era successo.

“Quella ragazza è tua sorella?”.

“Sì” rispose.

Sicuramente adesso, Xander e Willow avrebbero iniziato a bersagliarla di domande, e lei avrebbe detto la verità. Era più facile che inventare delle bugie che non avrebbero mai retto.

“Dobbiamo farla uscire da lì” affermò Xander.

“No, prima dobbiamo fare uscire Buffy, poi penseremo a sua sorella” lo corresse Willow.

Buffy li fissava incredula. “Grazie”.

“A patto” continuò la rossa, con un tono che non ammetteva repliche. “che tu, Buffy Summers, ci racconterai tutto. Mi sono stancata di tirare a indovinare”.

“Io… Sì. Vi dirò tutto. E solo che…”.

“Non ti abbandoneremo” la rassicurò Xander, sedendosi di fianco a lei e abbracciandola. “Mai”.

“Veramente?”.

“Così ci offendi”.

Buffy ridacchiò e alzò lo sguardo verso Willow. “Lo prometto”.

La rossa fece un sorriso enorme, per poi prendere le mani di Xander e Buffy. Li tirò, facendoli alzare, e li guidò verso la macchina.

“Andiamo a casa”.

“Voi entrate con me, vero?” domandò Buffy tutto a un tratto spaventata.

Poteva solo immaginare la furia di sua madre e aveva una paura del diavolo.

Willow si sedette sul sedile posteriore, mentre Xander avviava la macchina.

“Certo! Non mi perderei la scena per nulla al mondo!”.

 

 

Stava passeggiando insieme a Willow e a Xander lungo la via principale del centro, dirigendosi verso l’istituto dove si trovava Dawn.

Guardando le vetrine, pensò a come la sua vita era cambiata nel giro di pochi mesi. Aveva ritrovato sua madre, i suoi amici e sua sorella. Non si preoccupava più di cercare Angel o Spike, visto come stavano andando le cose. Sarebbero stati loro a trovarla, doveva solo aspettare.

Per fortuna che sua madre non l’aveva rinchiusa in casa, se no per loro sarebbe stato impossibile rintracciarla.

Aveva urlato parecchio, tanto che Willow, Xander e il signor Giles si erano accomodati sul divano, in attesa che Joyce finisse. Buffy si era mostrata dispiaciuta, ma tratteneva a stento le risate.

E poi c’era stato quel momento che non aveva più resistito. La faccia di sua madre era terribilmente comica, e lei era scoppiata a ridere di cuore, coinvolgendo i tre seduti sul divano.

Joyce si era calmata, e quando sua figlia aveva smesso di ridere, le aveva detto che per questa volta la passava liscia, ma alla prossima si sarebbe trovata nei guai.

Buffy non aveva avuto il coraggio di dirle di Dawn e ed era bastata un’occhiata ai suoi amici per azzittirli.  Doveva trovare le parole giuste da dirle e non era un’impresa facile.

“Buffy, a che ora pensi di finire con Dawn?” domandò Willow, attirando l’attenzione della sua amica.

“Non lo so. Non credo che abbia molta libertà. Perché?”.

Willow arrossì un poco. “Perché settimana prossima c’è la battaglia delle Band al Bronze e mi chiedevo se volessi venire con me a fare shopping. Ma se vuoi stare con tua sorella, non c’è problema. Trascinerò Xander con me”.

“Cosa?” sbottò il ragazzo in questione.

“Non si rifiuta mai lo shopping. Ho urgente bisogno di andarci”.

“Be’, Buffy. Avrai bisogno di una critica costruttiva maschile. Quindi verrò anch’io”.

“Non avevo dubbi” borbottò Willow, strappando un sorrisetto a Buffy.

Svoltarono l’angolo e trovarono ad aspettarli, seduta sulla stessa panchina della sera precedente, Dawn.

La ragazzina appena li vide, scattò in piedi e corse verso di loro.

“Ciao ragazzi!” disse raggiante.

“Ciao Dawnie” la salutò Xander, sovrappensiero.

“Dawnie?” ripeté Willow. “ Xander non la conosci e già le dai un soprannome”.

“Oh, è vero. Scusa Dawn. Non so come, ma mi è venuto spontaneo chiamarti così”.

Buffy e Dawn sapevano il motivo. Era lo stesso diminutivo che usava l’altro Xander a Sunnydale.

“Ma dove sono Anya e Tara?” sbottò la ragazzina e si guardò intorno, convinta che le due sarebbero spuntate a momenti.

“Tara?” domandò Willow.

“Anya?” chiese Xander.

“Sì. Sapete, le vostre ra…”.

Buffy le tappò la bocca con una mano appena in tempo. 

“Ragioniere” disse, mentre sua sorella cercava di liberarsi mugugnando imprecazioni.

“Ragioniere?”.

“Sì, ragioniere”.

Xander e Willow si scambiarono un’occhiata, per poi riportare il loro sguardo sulle sorelle Summers.

“Forse, è meglio che andiamo” propose la rossa, indietreggiando.

“Sì, dobbiamo cercare le nostre ragioniere”.

I due salutarono le due ragazze e si affrettarono a sparire. Buffy sospirò e lasciò andare Dawn.

“Perché l’hai fatto?” strepitò la ragazzina infuriata.

“Perché loro non le conoscono”.

“Come sarebbe a dire che non le conoscono? Sono le loro ragazze”.

“Non qui! Pensa un po’, che Willow sta insieme a Oz!”.

“Che cosa?”.

“Dawn hai capito”.

“Oh mio Dio! Quindi, Tara non c’è qui?”.

Buffy sorrise, prese sottobraccio sua sorella e la trascinò verso la caffetteria di fronte. Una buona dose di caffeina le avrebbe rimesse in sesto.

Dopo aver ordinato, rispose alla domanda.

“Tara esiste. L’ho già incontrata. Lavora in una specie d’istituto d’igiene mentale alternativo”.

“Istituto d’igiene mentale?  Come hai fatto a scoprirlo?”.

“Perché sono in cura presso di loro”.

I caffè arrivarono. Buffy bevve un sorso, mentre Dawn iniziò a giocherellare con la sua tazza.

“Perché sei in cura da loro?”.

“Perché pensavo di essere pazza. Sai, vampiri, demoni, il fatto stesso di essere la Cacciatrice mi hanno spalancato le porte per il manicomio. Non mi ricordo niente degli anni che ho trascorso lì, perché la mia mente era a Sunnydale. Ma adesso che tu sei qui, non so più cosa a pensare” Buffy rise. “ La prima volta che ho visto Xander e Willow in questo mondo, sono svenuta”.

Dawn rise. “ Stavo per svenire anch’io quando ti ho visto ieri, ma poi ho notato com’era agitata e ho preferito rassicurarti”.

“Grazie. Come hai fatto a diventare così matura?” scherzò Buffy, ma poi si rese conto di aver detto la cosa sbagliata. Dawn era sbiancata e si guardava attorno in maniera febbrile. 

Buffy si preoccupò all’istante, mentre una marea di domande affollava il suo cervello. Che si fossero permessi di trattarla male all’istituto? Se così fosse stato, l’avrebbe portata via di peso e al diavolo le conseguenze.

“Dawn, qualcuno ti ha fatto del male?”.

“Cosa? No!”.

“Allora perché sei così nervosa?”.

“Perché non ho il permesso di stare fuori. L’ospedale ha ordinato agli assistenti sociali di tenermi sott’occhio”.

“Non riesco a capire. Che cosa c’entrano i medici con gli assistenti sociali?”.

Dawn sospirò pesantemente. “Quando mi sono svegliata, qui” esordì, indicando ciò che le circondava. “I dottori mi hanno detto che sono rimasta in coma per un anno e mezzo”.

“Un anno e mezzo? Ma è lo stesso periodo…”.

“Sì. È lo stesso periodo da quando i monaci mi hanno creato. Hanno detto anche, che nessuno hai mai tentato di cercarmi. Mi hanno trovato priva di sensi in mezzo alla strada e sono rimasta a vegetare in quel letto per tutto il tempo. Mi hanno chiesto chi ero ed io ho risposto, ma poi quando hanno cercato di saperne di più sul mio passato, il mio cervello è come se fosse andato in vacanza. Blocco delle informazioni. Ho perso la memoria”.

“Cosa?” esclamò Buffy. “ Ma di me ti ricordi, giusto? Sai chi sono?”.

“Purtroppo sì” rispose Dawn, facendole la linguaccia. “ Dopo qualche settimana mi hanno lasciato andare, per poi mettermi dento all’istituto, dicendo di tenermi sotto stretta sorveglianza per paura che potessi cadere in coma un’altra volta”.

“Ti hanno lasciato andare quattro mesi fa?” domandò Buffy, mentre un sospetto serpeggiava dentro di lei.

“Sì, quattro mesi fa più o meno”.

“Anch’io sono uscita quattro mesi fa dall’ospedale. Ci siamo risvegliate nello stesso momento. E la memoria quando l’hai recuperata?”.

“Ieri sera. Quando ti ho visto” rispose Dawn, decidendosi di bere finalmente il caffè. “Dobbiamo chiedere aiuto. Dobbiamo scoprire che cosa diavolo è successo”.

“A chi?”.

“A Giles. Lui saprebbe certamente cosa fare”.

Buffy scoppiò a ridere e per poco non si strozzava con la bevanda. “Giles, escludilo. Lui non è come quello di Sunnydale”.

“In che senso?”.

“Non crede nella magia” rispose Buffy, attendendo la reazione di Dawn.

“Cosa? Stai scherzando? E adesso che cosa facciamo?”

Buffy si era posta quella domanda milioni di volte da quando era ritornata a vivere e l’unica cosa che poteva dire a Dawn, era quello che si ripeteva ogni mattina.

“Un problema alla volta, Dawn. Un problema alla volta”.

 

 

 

 

Ecco qua, il capitolo!
Che ne dite? Spero che vi piaccia. La Fan Fiction sta venendo bene, lo devo ammettere. ^_^

Piccolo quiz:

Il nome del maneggio “Spirits &Charms” l’ho preso da una canzone cantata durante “Once more, with feeling”, sapreste dirmi quale?

È molto ma molto facile!
Grazie veramente di cuore!

 

 

Angolo risposte recensioni:

Rei Asaka: Inutile dire che io sto impazzendo a scriverla! Grazie mille per il supporto!

Laura the vampire slayer: Ebbene sì! Dawn è veramente la sorella di Buffy! ^_^ grazie mille per i complimenti, spero ti sia piaciuto anche questo!

Buffy Summers88: Ciao Ali, ecco qua il capitolo. Spero di aver dato una risposta soddisfacente alle tue domande. Grazie mille per i complimenti e per le recensioni, mi fa sempre piacere leggerle. Comunque adesso andrò a leggere la tua. Promesso!

_Koyuki_ : Sì, il padre di Tara è veramente da “uccidere”, infatti quando ho visto quell’episodio, mi prudevano le mani. Comunque, grazie mille per la recensione e spero che il capitolo ti abbia soddisfatto!
Buffy98: Grazie mille per la recensione! E non ti preoccupare se non hai tempo di scriverla, l’importante è che continui a leggere la FF, sempre se continuerà a piacerti ovviamente. Sei un’altra fan di Spuffy? Benissimo.  Spike è il migliore. Ahahah… Grazie mille!

 

 

 

 

Alla prossima,

Asiel

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