Di nuovo normale... di Asiel (/viewuser.php?uid=115286)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 ***
Capitolo 3: *** Cap.2 ***
Capitolo 4: *** Cap. 3 ***
Capitolo 5: *** Cap. 4 ***
Capitolo 6: *** Cap. 5 ***
Capitolo 7: *** Cap. 6 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Di
nuovo normale…
Prologo
La
luce del sole aggredì i suoi occhi chiari. Istintivamente
alzò una mano per
ripararsi, mentre un pensiero folle le attraversò la mente.
Non
possono attaccarmi con la luce
del sole.
Rendendosi
conto di quello che aveva pensato, si guardò terrorizzata
intorno, convinta che
gli infermieri, che gironzolavano nel parco, stessero per prenderla e
riportarla a forza dento l’ospedale, nel quale aveva
trascorso gran parte della
sua adolescenza.
“Elizabeth!”.
La
ragazza bionda si voltò verso la voce. Un dottore alto e con
i capelli scuri
stava correndo verso di lei. Sorrideva e sembrava veramente felice di
vederla,
ma lei sapeva che era una finta. Quante volte aveva visto quel sorriso
prima
che la imbottissero di psicofarmaci, o prima che la tenessero ferma
mentre lui
si preparava per iniettarle l’ennesima schifezza.
“Dottore”
si limitò a rispondere.
Il
dottore captò la sua inquietudine e il sorriso che aveva
sulle labbra scivolò
via.
“Sono
solo venuto a salutarti. Abbiamo passato molto tempo insieme”.
“Troppo”.
Il
dottore ridacchiò. “Sì, è
vero. Ma spero che non ti dispiaccia tornare a
trovarmi almeno tre volte la settimana”.
“Ma...
Ma... Mi lasciate andare, vero? Perché mia madre ha detto
che posso tornare a
casa e… “.
“Elizabeth…”
“Buffy!
Il mio nome è Buffy!” strepitò la
ragazza, occhieggiando malevola il dottore.
L’uomo
la fissò incerto, per poi assumere lo sguardo che Buffy
aveva soprannominato
“Lo Sguardo Clinico Prima Della Puntura!”.
“Mi
scusi, Dottor Ross. Sono solo nervosa. È da molto che non
torno a casa…”.
I
lineamenti del dottore si addolcirono e Buffy tirò un
sospiro di sollievo.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non ritornare in quella stanza
bianca, prigioniera
di una camicia di forza. Anche far finta di non aver vissuto a
Sunnydale per
tutti quegli anni, insieme ai suoi amici.
Tu
non hai mai vissuto a Sunnydale.
Non esiste! Tu non hai amici, lì. Tu non hai nessun amico!
Buffy
respinse con forza questo pensiero e si riconcentrò sul
dottore davanti a lei,
il quale si era appena girato.
Joyce
Summers stava camminando veloce verso di loro. Era sorridente e i suoi
occhi
brillavano dalla felicità. Buffy se ne stupì. Al
dire il vero, si stupiva
sempre ogni volta che vedeva sua madre. Fino a pochi mesi fa, era
convinta che
fosse morta e invece, in quel momento, stava venendo verso di lei.
Ancora
incredula di questo miracolo, abbracciò sua madre non appena
la raggiunse.
“Oh,
Buffy! Non così forte!” si lamentò con
tono scherzoso Joyce.
“Signora
Summers” disse il dottore a mo’ di saluto, ma Buffy
udì anche un tono di
avvertimento in quelle due semplici parole, mentre lasciava andare sua
madre.
Joyce
si voltò verso l’uomo, arrossendo.
“Dottor
Ross, mi scusi. Allora Beth, sei pronta ad andare?”:
Beth?
Urlò nella sua mente Buffy.
“Certo,
Mamma Joy” le rispose, voltando le spalle al dottore e
camminando verso l’auto.
Anche
se la macchina distava pochi metri dall’ingresso
dell’istituto d’igiene
mentale, per Buffy sembrò di attraversare un intero universo.
L’aria
le sembrava più buona, la luce più intensa. Se
questo significava essere
liberi, sarebbe stata libera per sempre. E se qualcuno avesse in
qualche modo
intaccato la sua libertà, a quel qualcuno aspettava una
brutta fine.
Non
sei la Cacciatrice! Smettila!
Tu sei una ragazza di ventidue anni, appena uscita da un manicomio.
“Bu…
Beth?”. Buffy si girò verso sua madre.
“Tutto bene?”
“Sì!”
e detto questo, salì in macchina.
Appena
si allacciarono le cinture, Joyce s’immise nel traffico.
C’erano poche auto in
giro quella domenica mattina, ma Buffy non se ne rese nemmeno conto. I
suoi
occhi erano puntati verso l’alto. Si distrasse cercando di
trovare delle forme
nelle nuvole bianche che tappezzavano il cielo, ma quando ne vide una a
forma
di paletto, distolse subito lo sguardo.
“Beth,
tuo padre tornerà stasera e… Che
c’è?” chiese sua madre, accorgendosi
dell’espressione infastidita di sua figlia.
“Beth?”
ripeté in tono sarcastico Buffy.
“Mamma
Joy?” ribatté sua madre.
Le
due si guardarono, per poi scoppiare a ridere di cuore.
“Oh,
come mi sei mancata Buffy” confessò Joyce, mentre
si asciugava una lacrima
solitaria sfuggita ai suoi occhi.
“Anche
tu, mamma. Posso chiederti una cosa?”.
“Tutto
quello che vuoi, tesoro”.
“Beth?”
domandò nuovamente Buffy, testarda.
Sua
madre assunse un’espressione sofferente e gettò un
breve sguardo verso sua
figlia. Parcheggiò nel vialetto di casa, ma non scese
dall’auto. Sapeva che
doveva darle una risposta.
“Il
Dottor Ross crede che sia meglio cancellare qualsiasi cosa che possa
farti
ricordare…be’, lo sai…”.
“La
mia non vita a Sunnydale?” indagò Buffy.
“Sì”.
“E
questo che cosa a che fare con il diminutivo che tu e papà
mi avete dato fin
dalla nascita?”.
“Buffy,
lo sai il motivo. Meno pensi a Loro, più stai meglio. Io non
so che cosa tu
abbia fatto per liberarti di Loro, ma mi ricordo come sei stata le
settimane
successive alla tua decisione di lasciarli…”.
“Dì
i loro nomi”.
“Buffy…”.
“Dì
i loro nomi!” disse con forza Buffy, combattendo contro le
lacrime che
minacciavano di sopraffarla.
Joyce
prese un profondo respiro. “Willow,
Xander, Giles e… Dawn”.
“Né
hai dimenticato qualcuno, ma non importa. Willow, Xander, Giles, Dawn,
Tara,
Angel, Anya e Spike sono solo delle mie fantasie. Loro non esistono. La
citta
di Sunnydale non esiste. Io ho passato sei anni della mia vita
rinchiusa in un
manicomio…”.
“Buffy,
lo sai che tuo padre ed io l’abbiamo fatto per il tuo
bene!” la interruppe sua
madre disperata.
“…
per colpa loro.” continuò Buffy, facendo finta che
sua madre non avesse aperto
bocca. “ e fidati, quando ti dico, che io li odio per questo.
Farò qualsiasi
cosa per non ritornare in quel posto. E se questo comporterà
che d’ora in poi
sarò chiamata Beth, va bene. Buffy Summers muore esattamente
in questo preciso
istante”.
Buffy
guardò sua madre con il respiro affannato. Pregava in cuor
suo che sua madre
capisse quanto le costava dire quelle cose ad alta voce. Il suo cuore
si era
rotto in mille pezzi e sapeva che per riattaccare tutti i cocci
sarebbero
passati anni.
Joyce
la prese tra le braccia e la strinse forte. Aveva capito.
Buffy
sorrise, ma dentro di sé un maremoto di tristezza la stava
colpendo nel
profondo del suo io.
“Forse
è meglio entrare, se no papà inizierà
a farsi delle domande, se ci troverà
ancora qui dentro quando tornerà”
scherzò la ragazza, sciogliendo dolcemente
l’abbraccio.
“Sì,
hai ragione”.
Le
due donne scesero dall’auto e si diressero verso casa.
Appena
Buffy entrò, si sentì completamente spaesata. Non
perché non entrava in quella
casa da tempo, ma perché sapeva che quella non era casa sua.
La sua casa era a
Sunnydale.
Mentre
si dirigeva verso il piano superiore, trascinando la valigia su per le
scale,
si aspettava di sentire la voce di Dawn che chiacchierava con la sua
amica
Janice al telefono, oppure le risatine soffocate di Willow e Tara
provenienti
dalla loro camera da letto.
Ma
solo il silenzio la accolse sul pianerottolo.
Aprì
la porta che si trovò davanti. Era il bagno.
Rise
di sé stessa. Avrebbe dovuto riabituarsi a casa sua. Al
terzo tentativo, trovò la
sua stanza.
Mollò
la valigia sul pavimento, chiuse la porta dietro di sé e si
buttò sul letto,
mentre le lacrime cominciavano a sgorgare dai suoi occhi.
Lo
sapeva che si era immaginata tutto, ma non riusciva a smettere.
Doveva
piangere per l’addio definitivo che aveva dato ai suoi
più cari amici mai
esistiti.
Non
so da dove mi sia uscita, ma spero che sia piaciuta. Credo che ogni
singolo
fan, di questa magnifica serie, si sia sempre chiesto che cosa sarebbe
successo
se veramente Buffy si era inventata tutto.
Non
so dove mi porterà, ma fino a quando la storia
m’ispirerà… io la continuerò.
Grazie
per la lettura.
Asiel…
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Capitolo 2 *** Cap. 1 ***
Cap°
1
“Buffy! Aiuto!”.
“Willow!”.
Vide,
nascosta sotto la scala della
cantina, l’incantesimo di Tara liberare Willow e sua sorella
Dawn.
Xander
era appena stato
scaraventato dal demone, ma un altro incantesimo lanciato dalla strega
bionda
gli aveva fatto cadere lo scaffale addosso.
Buffy
non rifletté.
Appena
vide il piede di Tara sullo
scalino di fronte a lei, protese la mano e le afferrò la
caviglia, facendola
ruzzolare giù per le scale.
“Tara!”
gridò Willow disperata,
mentre raggiungeva la donna che amava.
“Buffy,
aiutaci!” urlò Dawn.
Ma
Buffy non mosse un solo passo in
loro aiuto. Si rannicchiò e chiuse gli occhi.
“Buffy!”.
“Buffy!”.
“Buffy, aiuto!”.
“Buffy,
svegliati!”.
Troppe
persone che gridavano e lei si sentiva lacerata, scossa da una parte
all’altra.
Il
demone si stava avvicinando
pericolosamente verso la sua amata sorella. La sorellina che aveva
giurato di
proteggere e che era morta per salvarla. Stava ferma e assisteva
all’avanzata del
mostro, con le mani protese per afferrare e uccidere Dawn.
“Buffy!”.
“Dawn!”
gridò Buffy a piena forza, svegliandosi.
Le
ci volle un po’ per rendersi conto che era nella sua camera e
che una persona
la abbracciava. Agì d’istinto. La spinse via e
saltò giù dal letto.
La
stanza era buia e l’unica fonte di luce era la luna, che
filtrava attraverso le
tendine aperte illuminando una piccola porzione della moquette.
“Buffy,
calma. Sono io!”.
Buffy
si concentrò sulla persona che aveva di fronte, la quale si
era alzata per
raggiungerla.
“Va
tutto bene. Era solo un incubo”.
“Mamma?”
domandò Buffy con tono incerto.
Udì
un sospiro di sollievo. “Sì”.
E
poi la luce artificiale invase la stanza. Un uomo alto e robusto stava
sulla
soglia della camera con un’espressione furente dipinta sul
viso. Gettò un breve
sguardo verso sua moglie, per poi puntare gli occhi chiari su sua
figlia.
“Che
cosa sta succedendo?” chiese.
Joyce
si frappose subito tra i due e a Buffy non sfuggì.
Perché sua madre la stava
proteggendo da suo padre? Era vero che da quando lei era arrivata,
ormai due
settimane prima, non avevano fatto altro che litigare, ma non credeva
che la
situazione tra i due si fosse così deteriorata.
“Niente,
papà. Ho solo avuto un incubo” rispose,
guadagnandosi un’occhiataccia da sua
madre.
“Un
incubo? Ancora?”.
“Sì,
Hank. Il dottor Ross ha detto che
Buffy…”iniziò a dire Joyce, ma lo
scatto
repentino fatto da suo marito la fermò.
“Buffy?
Non aveva detto che preferiva essere chiamata Beth?”.
“Ehi,
io sono qui!” disse Buffy, alzando una mano e agitandola, ma
i suoi genitori
non se ne accorsero. Forse erano convinti che fosse ancora pazza, o
forse erano
talmente abituati alla sua assenza, che se c’era o non
c’era non faceva più
alcuna differenza.
“Scusa,
Hank. Perché non torniamo a dormire? Domani, ci
aspetterà una giornata pesante
e tu devi prendere l’aereo…”.
“Parti
ancora, papà?” domandò Buffy sorpresa.
Aveva visto poche volte suo padre in quel breve periodo. Aveva sempre
cene
d’affari e passava molto tempo in ufficio.
Buffy
non voleva pensare male, ma la sua indole sospettosa le faceva credere
che il
suo caro paparino stesse nascondendo qualcosa. Aveva provato a
indagare,
ponendo alcune domande a sua madre, ma Joyce era stata restia a
risponderle e
aveva preferito parlare di cose futili: tipo se aveva intenzione di
rimettersi
a studiare.
“Sì,
parto ancora. Qualcuno deve pur mantenere questa casa” disse
Hank, lasciando la
stanza.
Buffy
strinse le mani a pugno per impedirsi di fare una sciocchezza. Si
limitò ad
avvicinare sua madre e ad abbracciarla.
“Scusa,
mamma. Non volevo. Anche se prendo le medicine, quei sogni
mi… mi
perseguitano”. Quelle parole erano drasticamente vere.
Aveva
sognato la fine dei suoi amici ogni singola notte e non c’era
verso che la sua mente
le desse tregua ogni tanto.
“Non ti
preoccupare, Bu… Beth. Ah, dannazione!
So che ti avevo chiesto di farlo, ma posso richiamarti Buffy?
“ chiese Joyce
con disappunto. “Senza offesa, tesoro. Ma tu non hai la
faccia da Beth!”.
Buffy
ridacchiò e si limitò a sorridere. “Ok,
te lo concedo. Ma solo tu puoi farlo”.
Joyce
diede la buonanotte a Buffy e uscì dalla stanza.
La
ragazza ritornò a letto e afferrò il suo peluche
dal comodino.
“Sai,
Mr. Gordo credo di potercela fare a guarire. Ok, parlare a un peluche a
forma
di maiale non è molto normale, ma sei il mio unico amico.
Eri presente anche
lì…”. Non ce la faceva ancora a
pronunciare quel nome ad alta voce senza
provare un brivido di paura. “Ma questo significa solo una
cosa. A te ci tengo
davvero!”. Buffy rise appena. “Però
credo che non sarà così semplice, Mr.
Gordo. La Buffy Summers Cacciatrice è difficile da uccidere,
ma questa volta
prego di esserci riuscita, a meno che qualcuno non la faccia
resuscitare…”.
E
con queste ultime parole sussurrate al suo animale di peluche, Buffy si
addormentò, tornando al suo incubo.
La
mattina dopo, la sveglia le trapanò la testa. Non aveva
dormito quasi per
niente. Aveva appena finito di rivivere gli ultimi momenti che aveva
passato
con Angel prima di ucciderlo. Era successo quando aveva sedici anni, o
almeno
così era convinta che fosse.
Mentre
si lavava e si vestiva, iniziò a domandarsi come aveva fatto
a innamorarsi di
una persona del genere. Era a conoscenza del fatto che non esisteva,
gliel’avevano
ripetuto per anni, ma proprio non riusciva a capire. E poi la cosa
assurda era
che dopo Angel, aveva avuto un altro vampiro: Spike.
Con
Spike era stato diverso. Lui era diverso. All’inizio voleva
ucciderla, ma dopo
avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di essere ricambiato da lei. La vita
poteva
anche essere folle nel sogno folle di una folle.
Stava
per varcare la soglia della cucina, quando sentì le urla dei
suoi. Si nascose
dietro il muro e rimase immobile per poter ascoltare, senza farsi
scoprire.
“Come
sarebbe a dire che passavi un momento difficile?”.
Sua
madre stava urlando a pieni polmoni.
“Tua
figlia…”.
“Nostra
figlia, Hank. Nostra!”.
“Andiamo,
Joyce. Ma l’hai vista? Non tornerà mai la bambina
che te ed io amavamo. È una
donna che non conosce niente del mondo. Abbiamo fatto male a portarla
via
dall’istituto. Forse, se la riportiamo indietro, noi due
potremmo avere ancora
qualche possibilità”.
Buffy
tentò di ricacciare dentro di sé il dolore e la
rabbia che stava provando in
quel momento, ma era difficile visto che le parole pronunciate da suo
padre
alleggiavano ancora intorno a lei.
“Che
cosa? Tua figlia ha sconfitto i suoi demoni personali, letteralmente, e
tu vuoi
riportarla indietro? Non ti azzardare a dare la colpa a lei. Sei tu che
mi ha
tradito con la segretaria”.
“Joyce,
tu eri distante e…”.
“Vattene
via da questa casa! Subito!”.
“Che
cosa?” gridò Hank. “ Io, da qui, non mi
muovo. Vattene tu e portati appresso
quella pazza di tua figlia!”.
Per
Buffy era troppo. Entrò in cucina e quando i suoi la videro,
impallidirono. Lei
fece finta di niente e si diresse verso il frigorifero per prendere del
succo
d’arancia. Con estrema lentezza, afferrò un
bicchiere e versò il succo.
Il
silenzio li circondava come se fosse stato una fitta coltre di nebbia.
Dopo
aver rimesso il succo dentro il frigo, si appoggiò al
bancone della cucina e
fissò suo padre.
“Sei
ancora qui?” domandò, dopo aver bevuto un sorso.
Hank
strabuzzò gli occhi e aprì e chiuse la bocca
parecchie volte.
“Cosa?”
riuscì a farfugliare.
“Mamma
ti ha detto di andartene. Non capisco cosa aspetti. Un invito scritto?
Forse
dovremmo chiederlo alla tua segretaria di scrivercelo. Ah,
già. È troppo
occupata a…”.
“Buffy!”
Buffy
si voltò verso sua madre e, notando come la guardava,
capì di aver esagerato.
“Papà,
hai un’ora di tempo”.
“Perché,
se no?” le domandò con tono di sfida.
Lei
non rispose, ma sembrava che sprigionasse un’aurea forte e
misteriosa. Talmente
forte che Hank si precipitò fuori dalla stanza.
Sentirono
la porta d’ingresso aprirsi per poi richiudersi con violenza.
“Credo
che non tornerà dal suo viaggetto
d’affari…” tentò di
sdrammatizzare Buffy, senza riuscirci realmente.
Sua
madre teneva gli occhi bassi.
“Mamma?”.
“Buffy,
vado su un attimo. Preparati che dobbiamo
uscire…”, detto questo Joyce se ne
andò, lasciando sola Buffy accompagnata dal rumore della
goccia che cadeva nel
lavello.
Due
ore dopo, Buffy si trovava in macchina con Joyce. Più volte
aveva tentato di
instaurare una conversazione, ma sua madre rispondeva solo con
monosillabi e
cenni della testa.
Decise
di rinunciare, aspettando il momento più opportuno per
affrontare il discorso.
Guardò fuori dal finestrino e cacciò un urlo.
Sua
madre inchiodò in mezzo alla strada, scatenando una tempesta
di clacson da
parte degli altri automobilisti.
“Buffy,
che cosa è successo?”.
Ma
lei non rispose. Stava osservando la ragazza seduta sul marciapiede di
fronte.
Aveva lunghi capelli castani e due grandi occhi azzurri. La carnagione
era
chiara e le labbra sottili e rosse.
“Dawn…”
sussurrò Buffy, con la mano già pronta per aprire
lo sportello della macchina.
“Dawn,
cosa? Buffy!”.
Le
urla di sua madre la riportarono nel mondo reale. Si voltò
verso Joyce
terrorizzata e le indicò la ragazza che assomigliava a sua
sorella, quella mai
esistita.
“Mamma,
dimmi che la vedi! Dimmi che la vedi!”.
“Buffy,
calma! A chi ti stai riferendo?”.
“A
lei” strepitò Buffy, voltandosi sulla sua destra.
La
ragazza era ancora lì seduta e, se i suoi occhi non la
ingannavano, stava
chiedendo l’elemosina.
“Dici
quella ragazza con i capelli lunghi? Quella che indossa la felpa tutta
colorata?”.
“Sì.
Oh Dio. Allora non sono impazzita ancora…”
sospirò Buffy, tentando di calmare
il respiro.
Joyce
avviò subito l’auto e si allontanarono in fretta e
furia da quella parte della
città. Non vivevano più a Los Angeles, ma in una
piccola cittadina là vicino.
Le spese mediche di Buffy avevano prosciugato i risparmi dei suoi
genitori e
anche se si sentiva in colpa per questo, lei non era dispiaciuta di
aver
lasciato la grande città. Se doveva ricominciare, doveva
partire da lì. Come
aveva fatto a Sunnydale.
“Così
quella ragazza…” disse Joyce, tentando di
mantenere un tono di voce calmo.
“Sì”.
“Be’,
è una bella ragazza. Spero che si rimetta”.
“Si
rimetterà” affermò Buffy con decisione.
“Buffy,
lei…”.
“Lo
so, mamma. Lei non è Dawn. Io non ho sorelle. Ma quella
ragazza è… è…”.
Calò
il silenzio, rotto solo dal rumore del traffico che le circondava.
Proseguirono,
fino a quando Joyce non parcheggiò l’auto davanti
a un parco. Buffy gettò
un’occhiata confusa a sua madre, ma lei stava già
scendendo dalla macchina.
Si
affrettò a raggiungerla. Sganciò la cintura e
uscì.
Faceva
caldo per essere aprile e il parco pullulava di studenti in
libertà. Alcuni
stavano passeggiando, altri giocavano a lanciarsi o un frisbee o un
pallone da
football, ma la maggior parte di loro stava studiando su libri che a
Buffy
sembravano enormi.
Poi
il suo sguardo fu catturato dall’edificio di mattoni scuri
davanti a lei. Era
antico e segnato dall’intemperie. Un grosso orologio indicava
lo scorrere del
tempo e l’imponente portone metteva in soggezione chiunque lo
varcasse.
Buffy
vide molti ragazzi entrare e uscire dai battenti aperti e
provò lo strano
impulso di unirsi a loro. Gli sembravano così felici,
così normali.
Con
la coda dell’occhio, notò sua madre osservarla.
“Che
cosa c’è?” domandò un
po’ imbarazzata.
“Mi
sembri diversa…”.
“Rilassata?”.
“Sì”.
Joyce sorrise. “Rilassata”.
Le
due donne si guardarono negli occhi e si poteva leggere la
complicità che le
univa.
“Per
prima… Ecco…”.
Joyce
non la fece finire. Abbracciò Buffy, azzittendola.
“Non
devi scusarti. Anzi, devo ringraziarti. Io non so se avrei mai avuto il
coraggio”.
“Quindi,
non ce l’hai con me?” domandò Buffy con
un sussurro.
Sua
madre la allontanò appena per guardarla negli occhi.
“Io
non ce l’avrò mai con te. Mai, hai capito? Sei la
cosa più bella che mi sia mai
capitata”.
“Ma
io…”.
“Niente,
ma. Però voglio farti una domanda. Non mi sembri sconvolta
dalla storia di tuo
padre. Io avevo qualche sospetto, ma tu ti comporti come se
già lo sapessi da
tempo”.
Buffy
non ebbe il coraggio di continuare a guardarla. Abbassò la
testa e, usando il
tono più tranquillo che poté, disse:
“Quando
ero a Sunnydale…” si fermò, convinta
che sua madre la interrompesse.
“Buffy,
puoi parlarmi della tua altra vita. Adesso che ho la certezza che stai
bene,
posso affrontarla… la possiamo affrontare insieme, se
vuoi”.
Notando
il sorriso di Joyce, Buffy prese fiducia.
“Al
terzo anno, papà mi diede buca. A ogni compleanno mi portava
a vedere Holiday
on Ice, ma quell’anno non venne. E per quelli avvenire non si
fece quasi mai
sentire, perché era scappato con la segretaria per andare in
Spagna. E stamattina,
quando ho sentito di lui e della segretaria, è come se tutta
la rabbia che
provavo nei suoi confronti fosse esplosa anche qui. Nel mondo
reale”.
Buffy
fissò sua madre, che era rimasta silenziosa per tutto il
tempo. Aveva un
colorito più pallido del solito, ma sembrava prendere bene
lo shock.
“Così
tu ci sei già passata?” chiese cercando di
infondere un senso logico nel
discorso.
“Sì.
L’ho superata. E anche tu”.
“Davvero?”.
“Certo!
Sei uscita anche con un uomo. Però non è andata
bene, perché si è rivelato
essere un robot con la mania di sposarsi e uccidere le sue
mogli”.
“Che
cosa?”.
“Ok,
forse ho esagerato!” affermò subito Buffy.
“ Non volevo. Sono guarita, giuro!”.
Joyce
fece per ribattere, ma preferì lasciar perdere. Diede
un’occhiata all’orologio
e trasalì.
“Dannazione,
sono in ritardo! Tu aspetta qui, ok?” ordinò a
Buffy.
“Perché
tu dove vai?”.
“Devo
andare a parlare con il bibliotecario” rispose Joyce,
indicando l’edificio
antico che sovrastava il parco.
“Per
una mostra?” chiese Buffy, confusa. Sapeva che sua madre era
fissata con
l’antichità, ma non credeva che le interessassero
pure i libri ammuffiti.
“Oh,
no. Ti farà da insegnante” disse Joyce.
“Che
cosa?” strepitò Buffy, ma sua madre stava correndo
verso la biblioteca.
“Merda!”
Diede
un calcio pieno di stizza alla portiera della macchina, per poi
appoggiarsi sul
cofano.
Incrociò
le braccia e iniziò a borbottare tra sé.
A
che cosa le serviva un insegnante privato? Sì, era vero che
si era fermata al
secondo anno del liceo, tecnicamente, ma lei era diplomata. Era
riuscita a
finire la scuola ed era andata anche
all’università, prima di mollarla per
prendersi cura di Dawn.
Le
cose le aveva imparate, perché mai avrebbe dovuto rifarlo
ancora?
No,
non voleva. Appena sua madre sarebbe tornata, gliel’avrebbe
detto chiaro e
tondo. Basta, studio. Voleva solo divertirsi e farsi qualche amico.
“Attenta!”.
Un
frisbee rosa centrò in pieno volto Buffy, facendola
imprecare per il dolore. Il
naso le pulsava dolorosamente e quando se lo toccò, vide una
striscia di sangue
sulle dita.
“Bene”
ringhiò, chinandosi per raccogliere il frisbee.
“Oh,
Dio. Ti ho fatto male. Te l’ho detto che non ero capace. Sono
un pericolo
ambulante. Anzi no, sono una catastrofe naturale. Una
calamità. Un asteroide
diretto verso la Terra per distruggerla. Io…”.
“Calmati”
disse una voce maschile, interrompendo quella della sua amica.
“Ok,
calma. Sono calma. Calmissima. Come stai?” chiese nuovamente
la ragazza.
Buffy
si rialzò e rimase bloccata.
Un
ragazzo moro e con gli occhi color nocciola la stava fissando
sorridendo,
mentre la ragazza con i capelli rossi e lo sguardo smeraldino la
osservava con
ansia.
“Oh,
Dio. Devi averle fatto male sul serio, Will. Credo che stia per
svenire”
constatò il ragazzo, gettando un’occhiata verso la
rossa.
“Che
cosa? Oh, no. Xander!”.
Buffy
li guardò ancora per un istante, prima di sprofondare nel
buio.
Ecco
a voi un altro capitolo. Spero che vi sia piaciuto e che la storia
v’incuriosisca.
Grazie
a quelli che l’hanno letta.
Risposta
recensione:
Laura
the vampire slayer:
Grazie mille! Sei l’unica che ha commentato e non puoi
immaginare quanto ciò mi
faccia piacere. Spero che la FF ti piaccia ancora. Grazie di nuovo!
Alla
prossima,
Asiel…
|
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Capitolo 3 *** Cap.2 ***
Cap.
2
“Posso
avere il tuo num... ehm,
posso aiutarti?”.
“Oh,
grazie”.
Il
ragazzo cominciò a raccogliere
insieme a lei i libri caduti.
“Non
ci conosciamo, vero?” le
domandò.
“Sono
nuova di qui. Mi chiamo
Buffy”.
“Xander.
Ciao”.
“Ehi,
ciao. Tu sei Willow, giusto?”
La
ragazza dai capelli rossi
trasalì e si voltò verso la voce.
“Perché?”
domandò con tono
sospettoso, ma poi quando si rese conto che era la ragazza nuova,
aggiunse:
“Voglio
dire, ciao. Vuoi che mi
sposti?”.
“Perché
non cominciamo da ‘Ciao, io
sono Buffy’” propose la bionda, sedendosi di fianco
a lei. “e continuiamo con
io che ti chiedo un favore. Non desidero che ti sposti ma che tu stia
un po’
con me”.
Un’espressione
dubbiosa si dipinse
sul volto dell’altra. “Ma tu non sei…
amica di Cordelia?”.
“E
non è possibile che sia anche
amica tua?”.
Buffy
aprì gli occhi.
Una
luce soffusa illuminava timidamente la scrivania di mogano davanti a
lei.
La
testa le pulsava dolorosamente e quando tentò di mettersi a
sedere, tutto le si
mise girare attorno vorticosamente.
Delle
voci attutite dalla porta chiusa, giungevano fino a lei, e tra quelle
riconobbe
quella di sua madre: era molto agitata.
Si
costrinse ad alzarsi dal divano, in modo tale da poter rassicurarla e
farle
vedere che stava bene.
A
parte il fatto, che la sua pazzia era ritornata. Adesso le
allucinazioni non si
limitavano solamente ad albergare nella sua mente, ma la venivano a
trovare
anche nel mondo esterno.
Vedendo
così all’improvviso le due persone che
l’avevano sempre sostenuta, il suo cuore
si era lacerato e il dolore e la paura erano stati talmente forti che
l’avevano
fatta svenire.
Si
diresse verso la porta, gettando un’occhiata incuriosita
verso gli scaffali.
Erano alti e strapieni di libri antichi. Buffy capì di
trovarsi dentro
all’ufficio di qualcuno della biblioteca.
Chiunque
sia stato meritava tutta la sua gratitudine. Poteva capitarle qualsiasi
cosa
mentre era priva di sensi.
Ruotò
la maniglia e varcò la soglia. Quattro persone che conosceva
e che amava la
fissavano con preoccupazione. Peccato però che tre di loro
non esistessero.
“Oh,
no. Ancora!” sbottò arrabbiata con se stessa.
“Andate via! Sto bene! Voi siete
morti! Voi non dovreste essere qui!”.
“Buffy,
ma cosa stai dicendo?” intervenne sua madre, raggiugendola.
“ Queste persone ti
hanno aiutato dopo che sei svenuta e…. Perché sei
sporca di sangue?”.
Per
istinto, Buffy si portò la mano destra al naso. Lo
tastò e sentì una brutta
fitta. All’improvviso, fu sopraffatta dall’emozione
quando si rese conto che
quello che era successo al parco era accaduto veramente, ma lei non
poteva
permettersi il lusso di rischiare. Doveva allontanarsi da loro
immediatamente.
“Colpa
mia, signora Summers”.
“Colpa
tua?” domandò Joyce, assumendo subito
l’atteggiamento da mamma iperprotettiva.
“Sì.
Ho detto a Xander che ero una frana, ma lui ha insistito tanto. Non
è vero,
Xan?”.
“Sì,
signora Summers. Willow è un’autentica
frana!”.
Mentre
Willow arrossiva e tentava di fulminare con gli occhi Xander, Buffy
ridacchiò,
attirando così l’attenzione dell’unica
persona che ancora non aveva parlato.
Quel
completo di tweed e quegli occhiali spessi ma eleganti, li avrebbe
riconosciuti
ovunque.
“Stai
bene?” le chiese e Buffy annuì. “Credo
sia meglio che tutti noi prendessimo una
tazza di thè. A noi inglesi rilassa molto”.
“Te
l’avevo detto che era inglese…”
borbottò Xander all’indirizzo di Willow.
“Come
se ci volesse una scienza” ribatté piccata lei.
Buffy
non riusciva a staccare gli occhi da loro. Xander era sempre stato
così alto e
pronto al sorriso? E Willow era così dolce?
“Mamma,
andiamocene via! Subito!” gridò a sua madre, la
quale la guardò stordita.
“Buffy,
forse dovremmo rimanere…”.
“Mamma,
per favore. Non ce la faccio”.
Buffy
era quasi in lacrime. Non avrebbe resistito ancora per molto. Se non
fosse
andata via all’istante, si sarebbe gettata tra le loro
braccia e non li avrebbe
lasciati mai più.
Joyce
parve capire il tormento della figlia e, rivolgendo
un’occhiata di scuse,
disse:
“Perdonateci.
È stata una giornata stressante. Lei e io ci sentiremo nei
prossimi giorni”
continuò rivolta verso l’uomo. “ Lei
è il signor…?”.
“Giles”
disse il bibliotecario. “Mi chiamo Rupert Giles”.
Joyce spalancò la bocca e i suoi occhi si spostarono verso
Willow e Xander.
“Willow…
Xander…”.
“Mamma,
per favore!”.
Buffy
non resistette. Si girò e corse lungo il corridoio buio.
Quando
spalancò il portone, la notte calò su di lei. Si
domandò quanto tempo fosse rimasta
svenuta mentre correva verso la macchina.
Tirò
la maniglia e la trovò chiusa.
“Merda!”
sbottò, tirandola. “Merda, merda, merda,
merda…”.
Le
lacrime avevano vinto. Mentre continuava a tirare la maniglia della
macchina,
loro iniziarono a scorrere dai suoi occhi, rigando le sue guance e
bagnando la
maglietta che indossava.
“Buffy!”.
Si
voltò e vide sua madre correre verso di lei.
“Andiamo
a casa. Ti prego!”.
Joyce
annuì, fece scattare la serratura e, appena salite, si
diressero verso casa.
La
mattina dopo, Buffy era seduta in sala d’attesa. Le pareti
bianche e le riviste
vecchie di anni appoggiate sul tavolino nero di fronte a lei, le
facevano
venire i brividi.
Che
cosa gli avrebbe raccontato?
‘Dottor Ross, ho conosciuto persone che sono
uguali identiche a quelle che mi sono immaginata. Mi dica, chi
è il pazzo tra i
due? Ci pensi bene,
visto che lei, per
sei anni, mi ha ripetuto che non esistevano!’.
Aveva
dovuto ammetterlo anche sua madre. Per quanto potesse essere
impossibile e
scioccante, nel mondo esistevano Dawn, Xander, Willow e il signor Giles.
Com’era
possibile che nell’arco di una sola giornata li avesse visti?
Che il Destino
volesse perseguitarla?
Era
preoccupata. Molto preoccupata. Per lei, ma soprattutto per loro.
Si
chiese che cosa stessero facendo in quel momento, in particolare Dawn.
Vederla
che chiedeva l’elemosina, le aveva fatto provare una
sensazione che
difficilmente avrebbe scordato. Si era sentita in colpa per averla
abbandonata.
Sarebbe dovuta scendere da quell’auto e andare ad aiutarla.
Ma
ora come avrebbe fatto a ritrovarla. Non poteva lasciare che le cose
seguissero
il loro corso, visto che piega stavano prendendo. Se il Destino doveva
farsi
beffe di lei, lo avrebbe accolto a braccia aperte e non scappando come
aveva
fatto ieri.
Sperava
di non incontrarli mai più, a parte Dawn, ma se sarebbe
capitato, lo avrebbe
affrontato.
“Signorina
Summers. Il dottor Ross la sta aspettando!”.
Buffy
fu strappata dai suoi pensieri e si alzò. Rivolse un breve
cenno alla
segretaria insulsa ed entrò nell’ufficio della
persona che più detestava.
Il
dottor Ross era seduto sulla poltrona verde di pelle e con un sorriso
enorme le
indicò il lettino nero. Il suo studio le ricordò
quello del signor Giles e questo
non contribuì di certo a farla rilassare.
“Allora,
Elizabeth. Come va?”.
“A
meraviglia, Dottore” rispose, tentando di frenare il sarcasmo.
Lo
vide prendere appunti sulla tavoletta. “Anche il tuo naso
può dire lo stesso?”.
Voleva
fare lo spiritoso e questo a Buffy non piacque.
“Sì,
anche lui sta bene. La ringrazia per averlo chiesto!”.
Il
Dottor Ross assunse un’espressione circospetta. “ I
nasi non possono parlare”.
Buffy
alzò gli occhi al cielo. “Davvero? Cavolo! E
pensare che io ero convinta che la
gente tentasse sempre di prendertelo appunto perché sanno
parlare!”.
L’uomo
sbuffò e appoggiò la tavoletta sulla scrivania
dietro di lui.
“Elizabeth,
il sarcasmo potrà sembrare una buona difesa, ma non ti
aiuta. Devi cercare di
essere sincera con me. Parlami. Io ti ascolto!”.
“Io
inizierò a parlare quando lei la smetterà di
trattarmi come una bambina
idiota!”.
I
due si guardarono in cagnesco, e Buffy pensò alla cosa che
le veniva in mente
ogni volta che vedeva quell’uomo ridicolo: al Dottor Ross
interessava solo
quanti soldi poteva far spillare alle persone che avevano bisogno di
aiuto.
“Come
sono andati questi giorni che non ci siamo visti?”.
“Bene”
mentì Buffy.
“Nessuna
novità?”.
“Nessuna”.
“Gli
incubi ti tormentano ancora?”.
Buffy
trasalì. Il termine tormentare era riduttivo. Gli incubi la
afferravano, la
squarciavano, la torturavano, per poi concludere facendola urlare dal
dolore e
dall’angoscia.
“Abbastanza…”
si ritrovò ad ammettere, maledicendosi per averla data vinta
al dottore.
“Vuoi
che ti prescriva qualcosa?”.
Lo
guardò disgustata. La persona davanti a lei avrebbe fatto
qualsiasi cosa pur di
guadagnare.
“No,
grazie. Preferisco un metodo naturale”.
Il
dottore fece un respiro profondo e si alzò, volgendole le
spalle. Si mise a
trafficare tra i fogli che aveva sulla scrivania ed estrasse un
opuscolo
piccolo e rosso.
“Credo
che questo ti possa essere utile” le disse, porgendoglielo.
Buffy
lo afferrò e quello che lesse, la lasciò
perplessa.
Era
il volantino di un maneggio chiamato “Spirits &
Charms” e offriva aiuto a
persone che si sentivano stressate o che volessero solo evadere un
po’ dalla
realtà.
“Io
sono evasa per molto tempo dalla realtà”
sussurrò aprendo il volantino.
Foto
di bellissimi cavalli invitavano le persone a venire in quel piccolo
angolo di
paradiso. Buffy diede un breve sguardo alla lista di cose che si
facevano in
quel luogo e dovette trattenersi dal ridere.
“Non
capisco” disse.
“è
un’associazione che offre una terapia alternativa alle
persone che sono ostili
alla terapia classica. Io non la consiglio, ma forse per te sarebbe
un’ottima
opportunità”.
“Sta
cercando di liberarsi di me?” chiese Buffy.
Il
clima all’interno della stanza mutò
all’improvviso. La tensione fra loro era
palpabile.
“Ok,
ragazzina!”.
Ragazzina?
“Io
sono uno stimato dottore e non un babysitter. Ti tenevo in cura solo
perché eri
un bel caso da studiare, ma ora che sei guarita sei inutile. Sei
solamente una
pazza disturbata e molto presto, visto che non riuscirai più
a distinguere la
fantasia dalla realtà, impazzirai nuovamente e passerai il
resto della tua
miserabile vita rinchiusa tra quattro mura imbottite”.
Buffy
aspettò che il Dottor Ross concludesse la sua filippica, per
poi sorridergli.
“Ha
finito? No, perché avrei altro di meglio da fare che
ascoltare un povero
omuncolo come lei solo e non voluto da nessuno”. Buffy si
alzò e si diresse
verso la porta, ma prima di uscire si voltò verso il dottore
che le aveva fatto
passare le pene dell’inferno.
“Solo
una cosa… Io le consiglierei di evitare di trattare
così i pazienti, perché
potrebbe capitarle di incontrare qualcuno che non possiede il mio
stesso
autocontrollo. E si fidi, io sto facendo molta fatica dal non saltarle
addosso.
Le auguro una buona giornata!”.
Sorrise
e uscì dalla stanza, lasciandolo a bocca aperta e spaventato
dalle sue parole.
Il
viaggio in autobus fu molto breve, forse perché ripensava in
continuazione cosa
le aveva detto quell’uomo ridicolo che aveva il coraggio di
definirsi dottore.
Ma
per quanto lo disprezzasse, aveva centrato il punto: lei aveva paura.
Non
voleva ritornare all’istituto. Non voleva ritornare a
Sunnydale, in
quell’infernale città, senza trovare i suoi
più cari amici.
Li
aveva lasciati morire. Tutti quanti. Gli unici che si erano salvati
erano stati
Giles e Anya.
Non
poteva permetterselo.
No,
avrebbe continuato la sua nuova vita lì, in quel mondo reale.
Quando
scese alla sua fermata, vide parcheggiata nel vialetto
un’auto che definire
preistorica era farle un complimento.
Incuriosita,
si avvicinò e sembrò di averla già
vista. La squadrò ancora per un momento, per
poi tirare fuori le chiavi di casa e aprire la porta.
“Mamma,
ciao! C’è una novità! Il dottor Ross e
io non stiamo più insieme. Sì, lo so. La
notizia è scioccante, ma pensavo di andare a distrarmi
prendendomi cura di
qualche cavallo” disse Buffy ironicamente, mentre si dirigeva
verso la cucina
per mangiare qualcosa. “Chissà! Forse
incontrerò il cavallo della mia vita
e…”.
Buffy
s’immobilizzò. Davanti a lei, seduti sugli
sgabelli attorno alla penisola della
cucina, c’erano Willow, Xander e il signor Giles.
Arrossì
furiosamente e cercò sua madre con gli occhi, la quale era
appena spuntata
fuori dall’altro ingresso della stanza.
“Buffy,
abbiamo ospiti”.
“Ho
notato” rispose Buffy laconica.
“A
me i cavalli non piacciono” esordì
Willow” Da piccola mi hanno morso e ora sono
terrorizzata da loro. Dai cavalli, dico. Ah sì, anche dalle
rane. Con quelle
loro zampette viscide che saltano dappertutto…”.
“Sono
terrificanti” assentì Xander.
“Pure
bestie demoniache” aggiunse Buffy, abituata com’era
a quel modo di scherzare
tra loro.
Willow
e Xander le rivolsero un sorriso caloroso e questo riuscì a
scalfire ancora di
più la corazza che Buffy aveva creato attorno a
sé.
“è
un piacere rivederti, Elizabeth”.
Lei
si voltò verso il signor Giles. Era così strano
essere chiamata da lui
Elizabeth, ma era meglio così. Non sarebbe riuscita a
sopportare di sentire il
nome Buffy uscire dalle sue labbra.
“Anche
per me” disse sinceramente. “ E chiedo scusa per il
mio comportamento di ieri.
Per me, vedervi, è molto difficile”.
I
tre ospiti si guardarono confusi, ma Joyce le rivolse un sorriso
orgoglioso e
le fece un occhiolino.
Buffy
iniziò a rilassarsi e si avvicinò a loro. Con
cautela, si sedette di fianco a
Willow.
La
ragazza le rivolse un sorriso così felice che Buffy si
ritrovò con un groppo in
gola.
“Allora,
Beth. Posso chiamarti Beth?”.
“Certo,
se io posso chiamarti Will”.
Willow
rise. “Ne sarei onorata, Beth. Come stai?”.
“Bene”
disse Buffy e si rese conto che era vero. Per la prima volta, lei si
sentiva
bene.
“E
il naso?”
“Dice
di stare bene”.
“Oh,
sono contenta. Mi scusi ancora signor Naso di Beth. Non
volevo” si scusò
Willow.
“Dice
di non preoccuparsi, basta che non ricapiti mai
più”.
“Oh,
non ti preoccupare, Beth. Il mio compito sarà quello di
tenere lontano Willow
da qualsiasi frisbee esistente sul pianeta. È un lavoro
impegnativo, ma
qualcuno deve pur farlo!” disse Xander, gonfiando il petto e
assumendo un’aria
importante.
I tre scoppiarono a ridere
di cuore, talmente
di gusto che i due adulti presenti sorrisero a loro malgrado.
“Elizabeth”
la chiamò il signor Giles. “Siamo venuti qui
perché tu, correndo via, hai
lasciato cadere il portafoglio. Mi ero offerto io di portartelo, ma
questi due
ragazzi hanno insistito molto nell’accompagnarmi. Spero che
non ti dispiaccia,
ma non ce l’ho fatta a farli desistere dalla loro
idea”.
“Will,
traduci” mormorò Xander.
“Non
voleva portarci, ma noi siamo stati così asfissianti che si
è arreso”.
“Ah,
ok. Grazie”.
Giles
fulminò Xander e Willow, prima di continuare.
“C’è
un altro motivo per il quale sono venuto. Tua madre aveva assunto un
mio
collega, un certo Merrick, che ti facesse da insegnante privato ma lui,
ecco…”.
“Si
è suicidato” concluse Buffy, senza pensarci.
Giles
impallidì e la guardò con rinnovato interesse.
“Come
fai a saperlo?”.
Buffy
non rispose e frugò nella sua testa per cercare un qualsiasi
argomento che
avrebbe potuto usare per far passare quel momento imbarazzante.
La
aiutò sua madre.
“Buffy,
vieni con me di là? Mi serve il tuo aiuto per…
per…”.
“Per
appendere il quadro!”.
“Certo,
il quadro!” affermò Joyce. “è
così pesante”.
“Se
volete, ci penso io. Sono un carp…”
iniziò a dire Xander, ma la signora Summers
e sua figlia erano già sparite.
Assicuratasi
di non esser vista e sentita, Joyce affrontò Buffy.
“Sei
sicura che siano loro?”.
“Sì,
mamma”.
“Come
facevi a sapere che quel Merrick…”
“Si è sparato?” concluse Buffy.
“Oh,
mio Dio. Il signor Giles non ne ha fatto parola con te. Buffy, che cosa
sta
succedendo?”.
“Non
lo so, mamma. Non lo so”.
E
mai parole furono più vere.
Il
signor Merrick è stato il primo osservatore di Buffy, quando
ancora lei
frequentava il liceo a Los Angeles. Il suo personaggio si è
ucciso, con uno
sparo in bocca, per proteggerla poiché il vampiro contro il
quale stava
combattendo, voleva conoscere il nome della nuova cacciatrice.
Spero
che vi sia piaciuto anche questo capitolo. La FF sta sorprendendo anche
a me.
Mentre scrivevo questo capitolo, l’idea che avevo
è stata completamente
rivoluzionata. Mi auguro che la storia vi piaccia e soprattutto che il
mio modo
di scrivere vi soddisfi.
Grazie
ancora.
Angolo
risposte recensioni:
Laura
the vampire slayer: grazie
davvero per il tuo
supporto. Per me è un grandissimo onore. Spero che ti sia
piaciuto anche questo
capitolo. E ti posso dire che Willow, Xander e Giles non saranno i soli
a
tornare. Grazie ancora.
Rei
Asaka: Grazie
per la tua fiducia. Credo che l’episodio “di nuovo normale” sia
quello più
inquietante e triste. Mi ero sempre chiesta cosa sarebbe successo se
fosse in
realtà così. Dubbio che mi ha tormentato dopo
aver letto che Joss Whedon voleva
veramente far finire la serie in quel modo, cioè che Buffy
si era sognata
tutto. Comunque, grazie ancora.
Alla
prossima,
Asiel
|
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Capitolo 4 *** Cap. 3 ***
Cap.
3
Era
ufficiale: la storia era pallosa anche in quel mondo.
Buffy
tentava di tenere gli occhi aperti mentre il signor Giles, il suo nuovo
insegnante privato, le stava spiegando il periodo
dell’Inquisizione perpetuato
dalla Chiesa per secoli.
“Ci
sono stati molto morti, dai bambini fino alle persone adulte. Erano
accusate di
eresia o, cosa ancora più ridicola, di avere avuto contatti
con i demoni o con
la magia”.
“Quelle
persone si trovavano solo nel posto sbagliato e nel momento sbagliato.
Le
streghe e i warlock sanno perfettamente come difendersi”
disse Buffy senza
pensarci.
Il
borbottare del signor Giles s’interruppe di colpo. La ragazza
si rese conto del
silenzio che era sceso e si rimproverò per non essersi
trattenuta.
“Se
la magia fosse reale, saprebbero difendersi” si corresse,
facendo un sorriso
enorme.
Il
signor Giles scosse la testa e si tolse gli occhiali per pulirseli con
il
maglione.
“La
magia esiste solo per far vendere i libri”.
Buffy
spalancò la bocca, scioccata. Il signor Giles non credeva
nella magia. Era come
se le avessero appena detto che i vampiri possono essere buoni,
nutrirsi di
animali e brillare sotto il sole, al posto d’incenerirsi. Una
cosa
assolutamente impossibile.
“Come
Harry Potter” borbottò.
“Harry,
chi?” domandò il signor Giles, rimettendosi a
posto gli occhiali.
Buffy
lo guardò stranita. “Harry Potter. Il maghetto.
Quel ragazzino con gli occhiali
rotondi, inglese, che passa la maggior parte del tempo a parlare e a
raccontare
storie, bevendo in continuazione del the…”.
S’interruppe,
notando l’espressione leggermente infastidita del signor
Giles.
“Certamente
questo libro l’ha scritto un americano che non conosce niente
del mio paese”.
“L’ha
scritto una donna che vive a Edimburgo e ne ha pubblicati un bel
po’, di libri”
fece Buffy, anche se un dubbio le attraversò la mente. In
quel mondo esisteva
Harry Potter?
Non
ebbe il tempo di rifletterci.
Il
telefono squillò nell’altra stanza e
poté udire sua madre rispondere. Nel
frattempo, il signor Giles stava guardando l’ora sul suo
orologio da taschino.
“Si
è fatto tardi. Ci vediamo domani…”.
“Ma
domani è sabato!” protestò Buffy.
“ Non so in Inghilterra, ma qui negli Stati
Uniti non si studia di sabato”.
Il
bibliotecario sorrise. “Elizabeth, non intendevo questo.
Domani devo vedermi
con tua madre a proposito di una mostra”.
“Ah!”
fu tutto quello che riuscì a dire Buffy.
“…
e devo anche assicurarmi che ripasserai la lezione per
lunedì”.
“Ma
se le ho detto…”.
“Ho
detto ripassare, non studiare” la interruppe bonariamente
l’uomo, sorridendo.
Buffy
si accigliò e stava per ribattere quando sua madre
entrò nella sala da pranzo
con il cordless in mano.
“Hai
finito? Perché c’é Willow al
telefono”.
La
ragazza strappò il telefono dalle mani di Joyce e corse via
dalla stanza,
sentendo dietro di sé le risate di sua madre e del signor
Giles.
“Pronto?”
chiese insicura. Era la prima volta che riceveva una telefonata a casa,
senza
tener conto di quelle fatte dall’ospedale.
“Pronto, Beth? Ciao, sono Willow. Disturbo?”.
“No,
no” rispose Buffy velocemente.
“No,
perché se disturbo, posso richiamare. Sempre se vuoi che io
richiami. Cioè io
non devo dar per scontato che tu voglia che io chiami. E poi con tutte
le cose
che avrai da fare. No, è meglio che io metta giù
e ti lasci fare quello che
stai facendo e che per colpa mia hai interrotto…”.
“Willow!
Non disturbi! Anzi, non puoi capire quanto mi faccia piacere il fatto
che tu mi
abbia chiamato!”.
“Davvero?”
esclamò Willow con tono sorpreso.
“Perché?”.
Buffy
alzò gli occhi al cielo. “Perché sei
mia amica”, ma poi sentendo il silenzio
dall’altra parte della cornetta, aggiunse nervosamente:
“Vero? Siamo amiche,
giusto? Ehm, Willow?”.
“Cosa?
Certo, sì! Certo che sì!”.
Buffy
rise sapendo perfettamente, anche se non poteva vederlo, che sul volto
arrossito dell’altra era apparso un sorriso enorme e radioso.
“Allora, a cosa
devo l’onore?”.
“Mi
chiedevo cosa facevi oggi pomeriggio. Xander ed io pensavamo di fare un
giro
per il centro”.
“Va
bene. A che ora… Oh, merda!” sbottò
Buffy tra i denti, ricordandosi
dell’appuntamento che aveva preso con il maneggio
“Spirits & Charms”.
Dopo
che il Dottor Ross si era rilevato un uomo mediocre e meschino e che
non c’era
alcuna possibilità che Buffy ritornasse da lui, Joyce aveva
insistito che lei
andasse a provare questa terapia alternativa. Così era stata
costretta a
chiamare, e la dottoressa Calendar le aveva fissato un incontro per
quel
pomeriggio. Non si era scomposta quando aveva sentito il nome della
dottoressa,
ormai aveva deciso di lasciar perdere a trovare una soluzione a tutte
quelle
coincidenze.
“Merda!”
ripeté, attirando l’attenzione del signor Giles e
Joyce, i quali erano vicino
alla porta d’ingresso.
“Buffy,
tutto bene?” chiese sua madre preoccupata.
“Beth?”
la chiamò Willow al telefono.
“Sì”
rispose Buffy a entrambe, per poi concentrarsi sulla sua amica.
“Will, non
posso venire oggi pomeriggio. Devo andare da un’altra parte.
Scusami”.
“Ah,
ok.”.
Buffy
poteva percepire la delusione nella voce di Willow. “E se
stasera uscissimo?”
si ritrovò a dire. “Non so, potremmo andare a bere
qualcosa. Sempre se non hai
da fare... ”.
“Potremmo
andare al Bronze” borbottò Willow.
“Bronze?”
ripeté con voce stridula Buffy. Com’era possibile
che un locale come quello
potesse esistere pure lì?
“Sì.
Non è il massimo, ma è l’unica cosa
decente che ha questa città”.
“Ok”.
“Ok?”.
“Ok,
sì. Stasera andremo al Bronze” disse Buffy
convinta, rivolta più a se stessa
che a Willow.
“Perfetto.
Allora avverto Xander. Può venire anche Xander,
giusto?”.
“Certo.
È un nostro amico”.
“A
lui farebbe piacere essere più di un amico”
mormorò Willow.
Buffy
esitò. Forse in quel mondo Willow e Xander stavano insieme,
oppure Willow aveva
una cotta non corrisposta come a Sunnydale.
In
un primo momento non sapeva cosa dirle, ma poi scoppiò a
ridere. Willow era
gay, problema risolto.
“Gelosa?”
le domandò scherzando.
“Oh,
no” ripose l’altra nervosamente. “Io sto
insieme a una persona”.
“Davvero?
Come si chiama?” continuò Buffy, cercando di
trattenersi dal ridere. Cominciava
a trovare divertente il fatto che i due mondi avessero delle
somiglianze.
“Oz”.
“Oz!”
strepitò Buffy alzando la voce e facendo voltare sua madre,
che aveva appena
salutato il signor Giles.
“Sì!”
disse Willow, raggiante. “è un musicista e, cosa
ancora inspiegabile, ha scelto
me!”.
“Oh,
sono veramente felice per te!” balbettò Buffy,
ancora sconvolta.
“Grazie,
Beth. Scusa, ma adesso devo scappare. Ci sentiamo dopo per organizzarci
per stasera.
Salutami la signora Summers. Ciao”.
“Ciao”.
Buffy
chiuse la chiamata e rimase a fissare sconvolta il cordless.
“Buffy?
Tutto bene?”.
“Willow
sta insieme a Oz” disse, alzando lo sguardo verso sua madre.
“Che
nome bizzarro” disse Joyce sorridendo.
“Sì,
già. Bizzarro. Però non è questo il
problema”.
“Problema?”.
“Sì.
Il problema è che Willow è gay, ma lei ancora non
lo sa”.
“Ok,
questo sì che è veramente bizzarro!”
affermò Joyce, dirigendosi verso la cucina
e lasciando Buffy ferma impalata nell’ingresso, ancora sotto
shock e con il
telefono stretto in mano.
Il
maneggio “Spirits & Charm” sembrava essere
uscito da quei tipici film per
famiglie, ambientati in ranch isolati dal mondo.
La
struttura principale era una casa colonica di tre piani, bianca e con
il tetto
color verde scuro. Una bassa staccionata la costeggiava per tutta la
sua
lunghezza e un giardino all’inglese dava il benvenuto alle
persone appena
giunte. Alla sua sinistra si poteva trovare la stalla: grande, rumorosa
e
rossa.
Scendendo
dall’auto, Buffy si guardò intorno incredula.
Questo avrebbe dovuto aiutarla
con la sua schizofrenia?
Anche
Joyce aveva assunto la sua stessa espressione.
“Dov’è
il serial killer?” domandò.
“Cosa?”
gridò Buffy, guadagnandosi delle occhiatacce da parte di una
famigliola che
stava passando in quel momento.
“Anni
fa, ho visto un film dell’orrore. C’era questa
grande casa e…”.
Ma
Buffy non seppe mai cosa era accaduto in quel film, perché
davanti a lei stava
scendendo le scale, la dottoressa Calendar.
Era
esattamente come se la ricordava: mora, occhi scuri e intelligenti, e
sempre
con un sorriso sulle labbra.
“Tu
dovresti essere Elizabeth?” domandò in maniera
educata, offrendole la mano.
Buffy
si limitò a rispondere alla stretta e ad annuire.
“E
lei è la signora Summers” aggiunse, stringendo la
mano a Joyce. “Allora che
cosa ne pensate?”.
Le
due donne non sapevano cosa rispondere e la dottoressa lo
capì quasi subito.
“All’inizio
può sembrare che quest’alternativa non possa
sostituire appieno la terapia
classica, ma abbiamo avuto ottimi risultati. Qui da noi i pazienti sono
liberi
di scegliere. Possono parlare con noi dottori o andare a sfogare la
propria
rabbia con una bella cavalcata. Noi non costringiamo nessuno ad aprirsi
immediatamente, ci limitiamo ad aspettare e ad ascoltare”.
Buffy
poté notare che sua madre era già pronta a
consegnarla a loro, ma lei aveva
ancora dei dubbi. Chi la assicurava che una volta entrata là
dentro, sarebbero
potuta uscire e tornare a casa?
Era
già stata rinchiusa per troppo tempo, non voleva finire di
nuovo in trappola.
“Dottoressa
Calendar” esordì Buffy.
“Jenny.
Chiamami Jenny”.
“Io
non se ha letto il mio fascicolo, ma vede io…”.
“Buffy,
ho letto il tuo fascicolo. E qui ci sono altre persone che hanno avuto
il tuo
stesso problema”.
Buffy
la squadrò incredula.
“Che
ne dici se continuiamo questo discorso nel mio ufficio?”
propose la dottoressa
sorridendo.
L’interno
della struttura era rivestito da pannelli di legno scuro. Molte stanze
si
affacciavano sul corridoio lungo e largo, e Buffy vide che erano
dedicate a
delle precise attività.
C’era
una sala lettura, una mensa, una stanza addebita con un tavolo da
biliardo e
altri giochi che si potevano trovare in qualsiasi bar, una sala da
thè che
sarebbe di sicuro piaciuta al signor Giles e anche una camera per il
cucito.
Buffy
non riusciva a credere che quello fosse un centro per malati mentali
come lei.
Ma
era veramente malata?
Questa
domanda, negli ultimi giorni, la stava tormentando, ma forse
lì avrebbe trovato
la chiave giusta per chiudere quella porta per sempre.
Appena
giunte al secondo pianerottolo, la dottoressa Calendar
svoltò a sinistra ed
entrò nella prima porta a destra che incontrarono.
Il
suo ufficio non poteva essere più diverso da quello del
Dottor Ross. Era ultra
tecnologico.
Due
computer, un fisso e un notebook, si trovavano sulla scrivania lucida
nera.
Sulla parete a sinistra un televisore al plasma era stato appeso, e
sotto si
potevano trovare un lettore dvd e uno stereo ultima generazione.
Invece, sulla
destra, c’era un’enorme libreria piena zeppa di
libri che trattavano i più
disparati argomenti: andavano dalla psicanalisi alla stregoneria
zingara del
milleseicento.
“Sì,
lo so. Non è il tipico studio di uno psicanalista, ma se
devo essere sincera,
se c’è una cosa che odio, è quel
lettino nero che molti miei colleghi usano,
costringendo i pazienti a stendersi sopra. Penso che sia una nuova
forma di
tortura!” disse la dottoressa Calendar, sedendosi sulla
poltrona nera girevole
dietro alla scrivania.
“Non
potrei essere più d’accordo”
affermò Buffy prendendo posto di fronte a lei,
seguita da sua madre. “Posso chiederle una cosa?”.
“Certamente.
Puoi dirmi tutto quello che vuoi”.
Buffy
iniziava a piacerle quel posto. “ Come fa a sapere che mi
chiamavano Buffy?”.
“è
scritto nel tuo fascicolo. Ti da fastidio?”
domandò confusa la dottoressa
Calendar.
“No!”
“Il
Dottor Ross ha consigliato a me e a mio marito di non chiamarla
più in quel
modo, perché potrebbe trascinarla di nuovo nel mondo che lei
ha creato” spiegò
Joyce nervosamente. “Ma per me, rimarrà sempre
Buffy”.
La
dottoressa Calendar le fissò stralunata. “Vi
chiedo scusa per le parole che
userò, ma non riesco a trattenermi. Questa è la
più colossale stronzata che io
abbia mai sentito in vita mia!”.
Buffy
rise e, dopo qualche momento d’indecisione, sua madre si
unì a lei.
“è
veramente un coglione” borbottò la dottoressa
Calendar, ma poi notando che non
era sola nella stanza, arrossì e aggiunse:
“Perdonatemi. Ma io e il dottor Ross
non andiamo molto d’accordo”.
“Davvero?
È stato lui a dare il volantino a mia figlia” fece
Joyce, inarcando un
sopracciglio.
“Sul
serio? È incorreggibile. Farebbe qualsiasi cosa pur di
ritornare nelle mie
grazie…” confessò la dottoressa.
“Comunque non sono io quella sotto analisi ma
sei tu, se desideri unirti a noi”.
Il
sorriso scivolò subito dalle labbra di Buffy.
“Ecco, vede…”.
“Posso
farti una domanda?” intervenne la dottoressa Calendar.
“Certamente”
ripeté Buffy, parafrasando la donna di fronte a lei.
“Tu
chi sei? Sei la ragazza nuova che si fa chiamare…”
“Beth”
suggerì Joyce.
“Grazie…
che si fa chiamare Beth oppure sei Buffy Summers?”.
Buffy
non esitò neppure per un secondo. “Io sono Buffy
Summers. Dove devo firmare?”.
“Esci
stasera, amore?” le chiese
Joyce.
“Sì,
mamma. Vado a un club”.
“E
ci saranno anche dei ragazzi?”.
“No,
mamma. È un raduno di
monache”.
Sua
madre ignorò il suo tono
sarcastico. “Be’, stai attenta”.
Non
aveva niente da mettersi.
Buffy
guardava, sconfortata, il suo guardaroba. Non era molto fornito, visto
che
negli ultimi anni aveva solamente indossato delle camicie di forza o
delle
vestagliette leggere.
Gettò
l’ennesima occhiata all’orologio e vide che tra non
molto sarebbero arrivati
Willow e Xander, i suoi nuovi amici. Anzi, i suoi vecchi amici che
erano
diventati i suoi nuovi amici.
Questa
situazione avrebbe fatto impazzire chiunque. Meno male che aveva
firmato e che
dalla settimana prossima sarebbe andata in cura presso la dottoressa
Calendar e
la sua assistente.
Frugò
ancora tra i mucchi di vestiti e non trovò niente che le
piacesse. Si sedette
sul letto e prese tra le sue mani Mr. Gordo.
“Mi
sa che dovrò andare in pigiama stasera al Bronze”
disse rivolgendosi al suo
peluche.
Un
bussare alla porta le fece alzare gli occhi. Sua madre era in piedi
sulla
soglia con in mano un sacchetto.
“Trovato
qualcosa?” le chiese entrando.
“No”
ripose Buffy con lo sguardo puntato sulla busta.
Joyce
sorrise e glielo porse. “Forza! Vedi se ti piace”.
Buffy
non se lo fece ripetere due volte. Aprì il sacchetto ed
estrasse il vestitino
nero dal suo interno.
“Oh,
mio Dio. È bellissimo!” esclamò,
dirigendosi verso lo specchio.
“è
quello che ho pensato anch’io quando l’ho
visto”.
“Quando
l’hai comprato?”
“Mentre
parlavi con la dottoressa Calendar. Ho preso la macchina,
l’ho visto in
vetrina, sono scesa e l’ho comprato. Credo che per stasera
possa andare bene”.
“è
perfetto. Grazie, mamma” disse Buffy, abbracciandola.
Mentre
si stava cambiando, notò che sua madre era ancora nella
stanza. La fissò e
Joyce assunse un’aria imbarazzata.
“Mi
chiedevo verso che ora pensavi di rientrare” disse.
Buffy
ci rifletté. “ Non credo che faremo troppo tardi.
Tecnicamente, questa è la
prima volta che esco di sera”.
“Ah,
già. Perché a Sunnydale uscivi ogni notte per
fare le ronde, giusto?”.
“Sì.
Mamma, che cosa c’è?”.
Joyce
si guardò le mani, prima di alzare lo sguardo verso di lei e
risponderle. “ è
solo che ho paura. E se ti accadesse qualcosa? E se non dovessi tornare
più? Ti
ho già perso una volta e odio il pensiero che tu possa
correre dei rischi senza
che io stia accanto a te”.
Buffy
provò un moto di tenerezza verso la donna davanti a lei. Si
avvicinò e la abbracciò
stretta.
“Non
correrò nessun pericolo. Non andrò da nessuna
parte. Non dopo quello che ho
fatto per tornare a casa. E poi, non ti dimenticare che con me ci
saranno
Willow e Xander. Se valgono solo la metà di quelli che io ho
incontrato, sarò
in una botte di ferro”.
“E
ci saranno dei ragazzi in questo club?”.
Buffy
scoppiò a ridere, mentre si dirigeva verso lo specchio.
“No,
mamma. È un raduno di monache. Infatti, portiamo con noi
Xander per far
conoscere a quelle donne il sesso maschile. Sarà lui quello
in pericolo”.
Joyce
sorrise, per poi aggiungere: “Stai attenta”.
A
un tratto il trillo del campanello si sentì per tutta la
casa.
“Sono
arrivati” squittì nervosamente Buffy, dandosi le
ultime aggiustatine davanti
allo specchio. “Come sto?”.
“Sei
bellissima”.
“Ok,
vado ad aprire?” chiese in preda al panico.
“Sì!
Non farli aspettare, Buffy” disse sua madre.
Buffy
scese le scale, facendo dei lunghi e profondi respiri. Tese la mano e
ruotò la
maniglia, tremando appena.
Xander
e Willow erano sotto il portico, entrambi con un sorriso stampato sulla
faccia.
“Oh,
cavolo. Sei bellissima!” esclamò Xander, il quale
indossava una camicia
hawaiana e dei bermuda di jeans.
“è
vero” affermò Willow, tentando di nascondere il
suo maglioncino lilla con sopra
disegnato una strega.
Buffy
si trattenne dal ridere. Erano così irrimediabilmente la sua
Willow e il suo
Xander.
“Grazie”
disse. “Anche voi state bene”.
“Stai
mentendo, ma a me e a Willow piace. Sei pronta per andare,
Beth?”.
“Buffy”.
“Cosa?”
domandarono Willow e Xander confusi.
Buffy
sorrise a loro. Aveva ragione la dottoressa Calendar, lei non doveva
nascondere
chi era.
“Chiamatemi
Buffy. È questo il mio nome”.
Xander
e Willow sorrisero nuovamente.
“Meno
male” disse Xander.
“Sì,
meno male. Perché tu non hai la faccia da Beth”
commentò Willow.
“Lo
so. Andiamo?” disse Buffy, prendendo la borsetta e uscendo di
casa.
Poteva
affrontare qualsiasi cosa ora, con Xander e Willow al suo fianco.
Ecco
a voi un altro capitolo. Spero che vi piaccia. Naturalmente i primi
capitoli
sono un po’ di transizione, ma spero che non vi deludano. Lo
ripeto, non so
dove mi porterà questa FF, ma la adoro.
Grazie
mille!
Angolo
risposte recensioni: (meglio,
recensione).
Laura
the vampire slayer:
Grazie mille per tutti i complimenti e grazie, soprattutto che mi
segui. Non so
che altro dire, a parte… GRAZIE!!!!
Alla
prossima,
Asiel.
|
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Capitolo 5 *** Cap. 4 ***
Cap.
4
La
musica rimbombava sui muri, diffondendosi lungo il vicolo buio.
Buffy
non faceva altro che guardarsi intorno agitata. Si ricordò
di quante volte i
vampiri l’avevano attaccata appena uscita dal Bronze e lei si
sentiva
completamente indifesa senza un paletto nascosto nella manica.
Willow
e Xander si erano accorti che la loro nuova amica era molto nervosa e i
dubbi
su di lei aumentarono in maniera esponenziale, affollando ancora di
più le loro
menti.
Non
riuscivano a capirlo, ma si erano resi conto che uno strano legame li
univa a
lei. Era come se si conoscessero da anni, ma per colpa di un
contrattempo non
si erano mai incontrati.
Erano
molto curiosi di venire a conoscenza del passato di Buffy ma non
potevano, e
soprattutto non volevano chiederglielo. L'importante per loro era
starli vicino
ed esserci quando lei aveva bisogno d’aiuto.
Per questo motivo, Xander si mise in mezzo alle due donne e le
circondò con le
sue lunghe e muscolose braccia. L’aveva fatto per istinto, ma
quando abbassò lo
sguardo verso Willow, vide la sua migliore amica fulminarlo, per poi
indicargli
Buffy.
Il
ragazzo alzò subito le braccia, arrossendo furiosamente.
“Scusa!”
esclamò. “ Non volevo! Non pensare che sia un
maniaco! Oh Dio, adesso penserai
che sia un bugiardo, perché è ovvio che sia un
maniaco”.
Buffy
si fermò a guardarlo e scoppiò a ridere
fragorosamente.
“Stai
balbettando come Willow” gli disse. “ Non ti
preoccupare, Xander. Sono solo
nervosa”.
“Come
mai?” domandò Willow, che aveva sorriso prima
quando aveva sentito la battuta
di Buffy.
Si
stavano avvicinando al locale e si unirono alla fila di persone che
stavano
aspettando, tra risate e scherzi, di entrare.
Buffy
non poteva certamente raccontarle che quella era la prima volta che
usciva,
visto che aveva trascorso gli ultimi sei anni in un manicomio, sognando
di
loro. Li avrebbe spaventati e li avrebbe fatti scappare da lei, e
questa era
l’ultima cosa che voleva.
Ma
poi notando le loro espressioni interessate e affettuose, si
ritrovò a corto di
bugie.
“In
teoria, questa è la prima volta che esco di sera”
confessò abbassando lo
sguardo.
I
due ragazzi spalancarono la bocca, attoniti, e Buffy credette che ormai
li
avesse persi.
“Be’,
allora dobbiamo rendere questa serata speciale! Giusto,
Xander?” fece Willow,
voltandosi verso il suo migliore amico.
“Non
c’è bisogno che lo dici, Will. Buffy, stasera
sarà la serata più bella che tu
abbia mai trascorso in vita tua. No, aspetta. Non è giusto,
visto che questa è
la tua prima serata fuori. Quello che voglio dire è
che…”.
“Sarà
unica” concluse Willow, sorridendo e interrompendo Xander.
Gli
occhi di Buffy s’inumidirono e lei rispose abbracciandoli
velocemente. Era una
cosa che voleva fare da quando li aveva visti la prima volta.
Willow
e Xander si scambiarono un’occhiata al di sopra delle spalle
di Buffy, ma poi
la strinsero e rimasero stretti l’uno all’altra per
pochi, ma infiniti secondi.
Intanto
la fila stava avanzando e loro tre, un poco imbarazzati per via di
quello che
era appena accaduto, diminuirono la distanza che li separava dagli
altri.
“Allora,
” esordì Buffy per spezzare quel silenzio,
“stasera ci sarà anche Oz?”.
Il
volto di Willow s’illuminò.
“Sì, stasera i Dingoes suonano”.
Buffy
trattenne un sorriso. Era da molto che non vedeva Willow
così felice. Pregò in
cuor suo che in quel mondo le cose tra lei e Oz funzionassero, anche se
da una
parte, doveva ammetterlo, aveva visto Willow veramente felice solo da
quando
aveva conosciuto Tara.
Ma
forse in quel mondo, non erano destinate a incontrarsi. Forse, non era
neanche
destino che lei incontrasse Spike o Angel.
“Buffy?”
la chiamò Xander.
“Sì? Cosa?” domandò, uscendo
dalle sue riflessioni.
“C’è
un ragazzo che ti fissa” le rispose l’amico con una
nota di gelosia nella voce.
Che
fosse Angel o Spike?
Buffy si voltò verso il ragazzo. Era biondo, indossava un
completo nero ed era
alto. Decisamente troppo alto. Con un tuffo al cuore, lo riconobbe: era
Riley.
“Riley”
mormorò incredula.
“Lo
conosci?”
Buffy
si voltò verso Willow. “No, cioè
sì. Oh, guarda. Tocca a noi!”:
La
ragazza si fiondò verso il buttafuori, con la mano protesa,
lasciando gli altri
due perplessi.
“Anni?”
chiese il buttafuori.
“Ventidue.
Timbra” rispose Buffy, frettolosamente.
L’uomo
la guardò, le timbrò la mano e la fece entrare.
La
musica la circondò, assordendola per un istante. Era come se
lo ricordava.
Era
buio, illuminato dalle poche luci fatiscenti. Il palco era stato eretto
a
ridosso della parete opposta rispetto alla porta del locale, sul quale
si stava
esibendo il gruppo di Oz. Il piccolo bancone era affollato da gente che
aspettava di essere servita dai due baristi e il tavolo da biliardo era
occupato da un gruppo di giovani ragazzi.
Buffy
non riusciva a spiegare la sua reazione. Era felice di aver visto
Riley, perché
questo voleva dire che, da qualche parte, c’erano Spike o
Angel. Aveva una gran
voglia di andare a cercarli subito.
“Ehi,
Buffy!”.
Si
voltò e vide Xander e Willow tentare di farsi largo tra la
folla per
raggiungerla. Sembravano infastiditi e lei capì di non
essersi comportata nei
migliori dei modi.
“Scusate.
Ero curiosa di vedere com’era dentro”.
I
due sbuffarono, ma erano più rilassati.
“Ti
piace?” le chiese Willow, mentre seguivano Xander alla
ricerca di un tavolo
libero.
“è
così… caratteristico”
farfugliò Buffy.
Willow
scoppiò a ridere di gusto. “ è
l’unico locale che c’è, ma dopo un
po’ di tempo
diventerà la tua seconda casa”.
“Ah,
sì? Come mai?”.
“Perché
passeremo qui la maggior parte delle nostre serate” rispose
Willow, per poi
arrossire. “Sempre se vuoi! Non sei costretta a uscire sempre
con noi”.
“Io
voglio uscire con voi” la tranquillizzò Buffy.
“ Vieni! Xander ha trovato un
tavolo”.
Buffy
prese per mano Willow e si diressero verso il ragazzo, il quale si
stava
sbracciando per farsi notare da un cameriere.
“Grazie”
urlò Xander, dopo essere stato ignorato per
l’ennesima volta dal personale del
Bronze.
“Mi
sa che dovremmo alzarci e andare al bancone”.
“Vado
io “ si offrì Willow, alzandosi. “Porto
anche Oz, visto che il gruppo è in
pausa. Così Buffy, potrai conoscerlo”.
“Non
vedo l’ora” rispose Buffy entusiasta.
Willow
le sorrise e sparì tra la folla.
Buffy
la seguì con lo sguardo, mentre un dubbio atroce le si
formava nella mente. Si
girò per guardare Xander e gli domandò:
“Willow
è felice con Oz?”.
Il
ragazzo la fissò intensamente. “Sì.
Hanno avuto dei problemi, ma li stanno
risolvendo”.
“Problemi?”.
Xander
sbuffò, ma si sentiva di essere sincero con lei.
“Qualche anno fa, Willow e io
facemmo una sciocchezza. Io stavo insieme a una ragazza…
Cordelia, e Willow e
Oz stavano già insieme da un po’. In poche parole,
tra me e Willow c’è stato
qualcosa”.
“Qualcosa?”
ripeté Buffy. Voleva accertarsi che le cose fossero andate
come a Sunnydale.
Quelle cose che non erano mai accadute, si ricordò.
“Sì,
ma niente di che. Solo qualche bacio, ma Oz e Cordelia ci hanno
scoperto. La
differenza è stata che Oz ha perdonato Willow, dopo che lei
l’ha pregato di
darle un’altra possibilità. Invece, Cordelia mi ha
cacciato via, come se fossi
stato un cane rabbioso. Non aveva torto nel farlo. Per colpa di quella
storia è
finita all’ospedale. Io e Will eravamo nei sotterranei della
scuola e quando ci
hanno scoperto, Cordelia è corsa verso le scale. Uno scalino
si è rotto e lei
caduta. Un pezzo di ferro le aveva trafitto la pancia, ma se
l’è cavata”.
“E
adesso?” s’informò Buffy.
“Adesso
Cordelia è a Los Angeles”.
“A
Los Angeles? Perché è lì? Per
lavoro?”.
Xander
la fissò circospetto e Buffy capì di essersi
spinta troppo oltre, ma aveva
bisogno di sapere se in quel mondo Angel esisteva. O Spike.
“Scusa”
si affrettò a dire. “è che mi dispiace
che le cose ti siano andate in questa
maniera”.
Era
la pura e semplice verità e Xander lo intuì.
“Amen.
È andata così. Il mondo è pieno di
ragazze” ribatté, facendole l’occhiolino.
Buffy,
ricordandosi della conversazione avuta con Willow quel pomeriggio,
decise di
rompere quell’atmosfera che si ere creata tra lei e Xander.
“Quindi,
dopo questo fatto, Oz e Willow si sono rimessi insieme e da quel
momento non
hanno più avuto nessun litigio serio, giusto?”.
“Giusto,
anche se Oz è strano in questo periodo. È come se
fosse assente. Comunque, come
mai tutto questo interessamento?”.
“Perché
Willow è speciale e si merita il meglio” disse
Buffy, senza pensarci.
Xander
le sorrise complice. “ La penso esattamente come
te”.
“Ragazzi!”.
I
due si voltarono e l’oggetto della loro conversazione stava
camminando verso di
loro, mano nella mano con un ragazzo poco più alto di lei.
Oz
aveva i capelli neri quella sera e il suo sguardo chiaro la
fissò con
curiosità. Buffy gli sorrise e lui si limitò a
fare un piccolo cenno con il
capo.
“Lui
è Oz” presentò Willow.
“Ciao”
disse il ragazzo, alzando la mano in un gesto di saluto.
“Ciao
Oz. Io sono Buffy”.
“Buffy?”
ripeté educatamente.
“Non
sei il solo ad avere un nome strano”.
“No,
a quanto pare” commentò lui sedendosi.
I
quattro aspettarono che il cameriere portasse le loro ordinazioni e,
quando
quelle arrivarono, alzarono i bicchieri e brindarono.
Buffy
bevve un sorso e si affrettò a mettere giù il
bicchiere, attirando su di sé gli
sguardi degli altri tre seduti con lei al tavolo.
“Tutto
bene?” domandò Xander.
“è
birra” rispose terrorizzata. Non voleva trasformarsi
nuovamente in una
primitiva.
“Non
ti piace?”.
“Ecco,
io non l’ho mai bevuta” mentì, prendendo
il bicchiere. Ma poi, stava veramente
mentendo?
“Mai?”
“Mai”.
“Xander”
lo rimproverò Willow. “Smettila”.
La
serata passò veloce. Buffy rise e scherzò con i
suoi nuovi amici, anche se non
riuscì a impedirsi, di tanto in tanto, di sondare il locale
in cerca dei due
vampiri che le avevano segnato la vita.
Alzò
il bicchiere e fece per prendere un sorso, ma si accorse che la birra
era
finita.
“Birra.
Finita” disse scuotendo il bicchiere.
Xander
scoppiò a ridere, insieme a Willow e Oz.
“Vuoi
che te ne prenda un’altra?” si offrì il
carpentiere.
“Xander!
Sarebbe la quinta!” esclamò Willow.
“Will,
è la sua prima serata fuori. Bisogna festeggiare”.
“Facendole
prendere la sua prima sbronza?”
“Perché
no?”
“Signor
Harris, è forse una tattica per approfittarsi di me, una
volta accompagnata a
casa?” domandò Buffy.
Xander
sbarrò gli occhi scioccato, mentre Willow e Oz scoppiavano a
ridere.
Buffy
li aveva osservati per tutta la serata. Sembravano felici ed era questo
l’importante.
A
un tratto un ragazzo alto e moro spuntò da dietro una
colonna e si avvicinò a
loro.
“Ecco,
dove ti eri cacciato. Oz, devi vedere… Oh, salve”
disse il ragazzo, puntando i
suoi occhi su Buffy.
“Devon”
lo richiamò Oz, ma quello non lo sentì.
“Sei
nuova?”.
“In
un certo senso. Mi chiamo Buffy” rispose Buffy, sorridendo.
“Be’,
Buffy. Io sono Devon e se ti serve qualcuno che ti faccia da guida
turistica,
non esitare a chiamarmi”.
“Ci
pensiamo noi” intervenne Xander, fulminandolo con lo sguardo,
ma Devon si era
già concentrato su Oz.
“Amico
leggi qua”.
Oz
prese il volantino che l’altro gli offriva e lo lesse. I suoi
occhi si
spalancarono e un sorrisetto comparve sulle sue labbra.
“Che
cos’è?” domandò Willow,
sbirciando.
“Il
Bronze organizza una battaglia delle Band” spiegò
Oz a Buffy e a Xander.
“Interessante”.
“Interessante?”
ripeté incredulo Devon. “Ma non capisci,
è la nostra occasione. Ci saranno
degli agenti discografici”.
“Tu
che dici?” domandò Oz rivolto a Willow.
“Dovresti
partecipare. Così, quando vincerete, io potrò
andare in giro dicendo che sto
insieme al chitarrista della Band che sta scalando le classifiche.
Sarò la
vostra fan numero uno. Vi seguirò ovunque!”.
“Persone
così si fanno chiamare o maniaci o groupie”
borbottò Devon, beccandosi degli
sguardi incendiari da parte dei ragazzi seduti al tavolo.
“Allora, Oz?”.
“Se
Willow lo vuole, allora lo farò”.
“Bene,
amico. Vieni. Dobbiamo iscriverci e pensare a cosa suonare.
È stato bello
incontrarvi, soprattutto tu, Buffy” fece Devon, prima di
allontanarsi.
“Perdonalo”
disse Oz, alzandosi. “ Ma lui… è
così”.
“Non
ti preoccupare”.
“Accompagnate
voi Willow a casa?”.
“Sì,
Oz” rispose Xander.
“Ok,
allora ciao Willow”.
Oz
si abbassò verso Willow e la baciò.
“Ciao”
mormorò la ragazza completamente rossa in viso.
Buffy
e Xander ridacchiarono, ma non dissero niente.
“Non è bellissimo?” domandò
la rossa con tono svagato.
“Se
fossi gay, ci proverei subito”.
“Tu?
Gay? Non farmi ridere” ribatté Willow, finendo il
suo cocktail.
“Sarei
un gay fantastico” disse Xander solennemente.
“Io
sarei un gay migliore di te”.
“Poco
ma sicuro” borbottò Buffy, ma per fortuna gli
altri due non la sentirono. Era
tardi e le birre bevute stavano facendo effetto. “ Che ne
dite di andare?”
domandò.
Xander
e Willow annuirono, si alzarono e fecero rotta verso la porta
principale.
La
testa di Buffy iniziò a girare e lei si rese conto che,
molto presto, la sua
prima sbronza sarebbe venuta a farle visita. Mentre camminava, cercando
di
mettere un passo davanti all’altro, andò a
sbattere contro una persona.
“Scusa”
disse dispiaciuta, alzando lo sguardo.
“Non fa niente. Scusami tu. Ero sulla tua traiettoria. Io
sono Riley, tu?”.
Buffy
si ritrovò a corto di parole. Era lì, ferma
impalata davanti a lui, non sapendo
assolutamente cosa dirgli. Il ragazzo la fissò per un
momento e poi un sorriso
dolce spuntò sulla sua bocca.
“Non
avere paura. Sono un soldato”.
“Lo
so” sussurrò lei.
“E
da cosa…”.
“Buffy,
tutto bene?”.
La
voce di Willow li fece voltare. Era preoccupata e fissava Riley con
attenzione.
“Ti
sta dando fastidio?”.
“No,
Will. Sono andata a sbattergli contro” rispose Buffy, per poi
tornare a
rivolgersi a Riley. “Scusa, devo andare”.
“Aspetta…”,
ma lei era già corsa via.
Quando
uscirono dal locale, una leggere brezza li accolse. Buffy
iniziò a incamminarsi
velocemente verso casa, inseguita da Willow e Xander.
I
due guardarono la bionda con un filo d’ansia. Si erano
accorti che la ragazza
si era spaventata quando aveva visto quel tipo altissimo, ma non
riuscivano a
capire il motivo.
Intanto
nella mente di Buffy, una guerra si era scatenata, e stava vincendo la
sua
parte irrazionale.
Perché
Riley? Era questa
la domanda che le
stava passando per il cervello. Perché lui?
Perché non Angel o Spike? Aveva
amato Riley, profondamente, ma lui non era l’uomo della sua
vita. L’aveva
capito quando lo aveva rivisto tornare a Sunnydale con sua moglie. Lui
era
felice con lei, come non lo era mai stato quando stavano insieme.
E
poi la solita vocina della sua coscienza si fece sentire. Le
ricordò, forse per
la milionesima volta, che quello non era mai accaduto. Lei non era mai
stata
insieme a Riley o ad Angel. Non aveva mai trascorso quelle notti di
sesso con
Spike. Lei era stata rinchiusa e solo per un colpo di fortuna i medici
non
avevano gettato via la chiave.
Arrivarono
davanti a casa sua. Buffy si voltò verso i suoi due amici.
Non ce la faceva
più. Voleva stare da sola e non rivivere tutto questo
un’altra volta.
“Ragazzi,
io…” disse, cercando le parole che avrebbe usato
per salutarli per sempre.
“No”
la interruppe Willow.
“Non
te lo permetteremo” continuò Xander, muovendo un
passo verso di lei. “Qualsiasi
cosa ti sia successa, sappi che noi ci saremo. È vero, siamo
strani. Soprattutto
Willow….”.
La
rossa fulminò con lo sguardo Xander, ma non intervenne.
“Ma”
continuò il ragazzo “noi siamo tuoi amici.
È strano, ci conosciamo da poco, ma
dentro di me so che noi tre siamo una famiglia. E la famiglia non
abbandona mai
un suo caro quando ha bisogno di aiuto”.
“Io…”.
“Buffy,
pensaci almeno, ok?” domandò Willow con tono
speranzoso. “Non ci cacciare senza
averci dato almeno una possibilità”.
Buffy
non disse niente e li guardò allontanarsi.
Che
cosa aveva fatto per meritarli una seconda volta? Perché
loro erano ancora lì
con lei?
Seguita
da queste domande, entrò in casa. Era tutto buio e
capì che sua madre doveva
essere a letto da un po’.
Si
diresse silenziosamente verso la cucina. Avrebbe mangiato qualcosa,
prima di
andare a dormire.
Attraversò
il soggiorno e, in quel momento, la luce della lampada si accese.
Sua
madre la stava aspettando seduta sulla poltrona, con in mano una tazza
di
caffè. La fissò intensamente.
“Com’è
andata?”.
Buffy
aprì la bocca per rispondere, ma al posto delle parole
uscì un singhiozzo.
“Oh,
Buffy” disse Joyce, appoggiando la tazza sul tavolino e
correndo verso di lei
per abbracciarla stretta.
La
ragazza pianse, mentre sua madre le sussurrava all’orecchio
che sarebbe andato
tutto bene. Ma si sbagliava: lei stava bene perché aveva
ritrovato la sua
famiglia.
Quelle
lacrime, erano lacrime di gioia.
Ecco
a voi un altro capitolo. È più lungo rispetto a
quello degli altri e pensare
che ho dovuto tagliarlo. Spero che vi sia piaciuto. Grazie mille!
Angolo
risposte recensioni:
Laura
the vampire slayer: ahahahah,
adoro le tue domande e ti posso assicurare che avranno risposta, ti
chiedo solo
di pazientare un pochino. Grazie come sempre.
Buffy
summers88: Grazie
mille per tutti questi complimenti, non me li merito. Questa Fan
Fiction è nata
perché anch’io, quando ho visto
quell’episodio, ci ho fantasticato sopra. E
come per te, Buffy è la mia eroina. Di solito aggiorno una
volta la settimana,
causa lavoro, ma spero che continuerai a seguirmi. Grazie ancora.
Alla
prossima,
Asiel.
|
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Capitolo 6 *** Cap. 5 ***
Cap.
5
L’estate
aveva fatto capolino, portando con sé il sole e le vacanze.
Buffy
era felice. Dalla sua prima uscita al Bronze, erano passate tre
settimane e lei
non faceva altro che trascorrere il suo tempo con Willow e Xander.
I
due ragazzi, dopo quella sera, l’avevano cercata subito la
mattina seguente,
scusandosi per come si erano comportati. Non erano nessuno per farle
delle
paternali, ma Buffy li aveva interrotti all’istante,
dicendoli che avevano
fatto bene. Quel chiarimento aveva cementato ancora di più
la loro amicizia
appena nata e adesso potevano sbizzarrirsi, visto che il signor Giles
le aveva
appena detto che le loro lezioni avrebbero ripreso a settembre.
“Sul
serio?” chiese Buffy, per esserne sicura al cento per cento.
“Sì,
Elizabeth”.
“Ah,
così non va bene. Le ho detto di chiamarmi Buffy”
lo rimproverò la ragazza
sorridendo.
“Chiedo
venia. Buffy”.
“Ok,
e la smetta di parlare in maniera così antica!”.
Il
signor Giles inarcò un sopracciglio, ma decise di lasciar
perdere. Raccolse i
suoi appunti, li mise in borsa per poi afferrarla.
Buffy
lo accompagnò alla porta, e mentre lui stava uscendo, lo
fermò, appoggiandoli
una mano sul braccio.
“Se
vuole lo stesso venire, a me farebbe piacere. Va bene che lei
è il mio
insegnante, ma se desidera prendere una tazza di thè, non si
faccia problemi”.
Con
un moto di sorpresa, Buffy si accorse che gli occhi del signor Giles,
nascosti
dietro alle lenti, divennero lucidi.
“Lo
apprezzerei molto, Buffy. Buone vacanze”.
“Buone
vacanze anche a lei, Signor Giles” disse Buffy, seguendolo
con lo sguardo.
Dopo
averlo visto partire sulla sua vecchia auto, guardò
l’orologio e si accorse che
era già in ritardo sulla sua tabella di marcia.
Prese
il cappotto e uscì da casa anche lei.
Per
sua fortuna l’autobus arrivò subito e, durante il
tragitto che l’avrebbe
portata all’appuntamento con la dottoressa Calendar, si perse
nei ricordi di
quegli ultimi giorni.
Ormai
incontrava Riley ogni qualvolta che andava al Bronze. Il soldato aveva
cercato
in varie occasioni d’instaurare un dialogo con lei, ma Buffy
aveva sempre
trovato una scusa per sfuggire da quella situazione. Ma lui non
demordeva,
tanto che l’ultima volta, Buffy aveva costretto Willow a
seguirla nei bagni e
rimanere lì nascoste.
“Buffy”
l’aveva chiamata Willow. “Perché scappi
da lui?”.
Buffy
l’aveva guardata insicura. “ Non lo so”
le aveva risposto. “ Non credo di
essere pronta”.
“Pronta
per cosa?”.
“Per
vivere” aveva mormorato e Willow l’aveva
abbracciata per confortarla.
Ma
Riley non era il solo problema, c’era anche il suo senso di
colpa.
Avrebbe
dovuto raccontare la verità a Xander e a Willow, visto che
loro cominciavano ad
avere qualche sospetto, soprattutto dopo che il carpentiere le aveva
chiesto
come facesse a conoscere il suo cognome giacché non
gliel’aveva mai detto.
Buffy
si era ritrovata a dire che l’aveva sentito da qualche parte
e il ragazzo non
aveva indagato oltre, ma lei sapeva che la faccenda non era chiusa.
Così,
mentre scendeva dall’autobus e imboccava il vialetto che
l’avrebbe portata nel
complesso “Spirits & Charms”, decise che ne
avrebbe discusso con la
dottoressa Calendar e poi avrebbe fatto la sua scelta.
“Devo
trovare Dawn. Nelle ultime settimane non ho fatto altro che cercarla,
mentre
ero fuori con i miei amici o con mia madre. Solo che non posso
chiedergli di
aiutarmi. Will e Xan non sanno niente di me, e mia madre reagirebbe
malissimo
se le dicessi che ho intenzione di trovarla. Penserebbe che abbia avuto
una
ricaduta, non so… Forse, mi riporterebbe in
manicomio” disse Buffy, camminando
su e giù.
Era
nell’ufficio della dottoressa Calendar, la quale la seguiva
con gli occhi,
seduta sulla sua poltrona dietro alla scrivania.
“Sto
impazzendo. In senso letterale. Come ho fatto immaginare persone che
esistono
veramente?” concluse Buffy. Si lasciò cadere sulla
sedia imbottita e abbassò lo
sguardo, in cerca di una risposta.
La
dottoressa Calendar sospirò e si alzò per sedersi
di fianco a lei.
“Buffy”
la chiamò e la ragazza alzò gli
occhi.
“Io sono una dottoressa, ma non credo solo nella scienza. Io
penso che la vita
umana sia un misto tra verità e fede. In questo mondo
capitano delle cose che
la scienza non sa spiegarsi, ma succedono. E quando noi non riusciamo
capirle,
le cataloghiamo come impossibili. E ogni volta che una persona fa una
cosa
impossibile, noi le diciamo che è pazza. Ma chi siamo noi
per decidere chi è
pazzo oppure no? Quello che hai passato, può essere definito
in molti modi, ma
l’importante è che ne sei uscita. Il fatto che tu
stia incontrando le stesse
persone, può voler dire tutto o niente. Tu vuoi bene a
loro?”.
“Sono
la mia vita” rispose Buffy, ancora colpita dal discorso della
Calendar.
“E
tu vuoi rinunciare alla tua vita?”.
“No”.
“Bene,
allora sai che cosa devi fare” disse la dottoressa alzandosi
e dirigendosi
verso la sua poltrona.
Buffy
la fissò. “ Devo dir loro la verità e
cercare Dawn”.
“è
la tua decisione?”.
“Sì”.
“La
accendiamo?”.
Buffy
scoppiò a ridere, insieme alla dottoressa Calendar.
“Bene,
Buffy. Oggi finiamo un po’ prima, perché
è ora che tu incontri la mia
assistente. Ti sta aspettando vicino all’ingresso della
stalla”.
Buffy
annuì e si alzò. Stava per lasciare lo studio,
quando la dottoressa la
richiamò.
“Ehm,
Buffy. Tu hai già incontrato anche me?”.
La
mano intorno alla maniglia si serrò. Aveva paura di
rispondere. Non la
conosceva da abbastanza tempo da prevedere la sua reazione.
“Buffy?”.
“Sì”
rispose. Se non poteva essere sincera con la sua psichiatra, con chi
altri
poteva?
“Ah.
Siamo amiche nel tuo altro mondo?”.
“Non
lo eravamo” mormorò Buffy, voltandosi verso di lei
lentamente.
“Eravamo?
Perché usi il verbo al passato? Sono per caso
morta?” e quando Buffy rimase
zitta, la dottoressa Calendar perse tutta la sua curiosità.
“Oh”.
“Dottoressa,
io…”.
“Non
ti preoccupare Buffy. Come tu stessa hai detto, quel mondo non esiste.
E poi,
anche la tua mamma era venuta a mancare lì,
giusto?”.
“Sì”
confermò Buffy, rilassandosi appena. Le sembrava che la
donna seduta di fronte
a lei stesse reagendo abbastanza bene.
“Ultima
cosa. Che lavoro facevo?”.
Buffy
ridacchiò. “ è strano. Tutti gli altri
fanno gli stessi lavori, ma lei no. A
Sunnydale era un’insegnate d’informatica, qui
invece… “ ma Buffy non finì la
frase, perché notò come il viso della dottoressa
perdesse colore.
“Sta
bene?” le chiese allontanandosi dalla porta e muovendo un
passo verso di lei.
“Sì,
benissimo” si affrettò a rispondere
l’altra donna. “ Ora, è meglio che tu
vada.
Ci vediamo settimana prossima”.
Buffy
capì che l’aveva appena congedata e, confusa,
lasciò la stanza.
Non
riusciva a darsi una spiegazione. Quando la dottoressa aveva udito che
lei era
morta, l’aveva presa fin troppo bene, ma allora
perché era sbiancata di colpo
quando aveva sentito cosa faceva di lavoro a Sunnydale? Non aveva senso.
Scendendo
le scale, le vecchie paure tornarono. Si diceva che ormai
l’aveva persa, che se
l’era messa contro, che avrebbe chiamato subito il manicomio
e l’avrebbe fatta
rinchiudere all’istante.
“Stupida!”
si disse, mentre attraversa il prato. “Stupida! Stupida!
Stupida!”.
Prese
a calci un sasso lì vicino e lo mandò a sbattere
contro il muro di legno della
stalla, facendo nitrire un cavallo.
“Stupido
anche tu” gli urlò dietro.
“Q-q-q-questo
non è un o-o-ottimo inizio”.
Buffy
si voltò, e il suo cuore ebbe il solito sussulto che
avveniva ogni volta che
incontrava una persona che non doveva esistere.
Una
ragazza bionda, alta e con un viso dolce la fissava gentilmente.
“C-c-ciao
io s-s-sono Tara. Tu sei Buffy?”.
Buffy
si riprese dallo stupore e sfoderò il miglior sorriso che
potesse permettersi
in quel momento.
“Sì,
piacere di conoscerti Tara”.
Tara
arrossì appena e abbassò la testa per nascondere
il suo viso con i capelli.
“N-n-noto
che hai già c-c-conosciuto Castagna”.
“Castagna?”
ripeté Buffy, sicura di non aver sentito bene.
“Il
c-c-cavallo s-s-stupido” spiegò Tara, avviandosi
verso l’entrata della stalla.
Buffy
la seguì. L’odore degli animali e del fieno la
colpì duramente al naso e ci
mise un po’ a scorgere Tara, la quale si era fermata davanti
a un box.
Stando
attenta a dove metteva i piedi, la raggiunse sbirciando di tanto in
tanto i
cavalli che oltrepassava.
“Lui
è Castagna” disse Tara, sorridendole.
Il
cavallo era di color marrone scuro e i suoi occhi grandi la guardavano
con
diffidenza.
“Non
gli piaccio” affermò subito, facendo tre passi
indietro.
Tara
la guardò perplessa e le fece cenno di riavvicinarsi.
“I
c-c-cavalli sono a-a-animali gentili. Per q-q-questo li usciamo anche
come
t-t-terapia”.
“Non
è vero. Possono anche mordere” ribatté
Buffy, ricordandosi di quello che le
aveva detto Willow.
La
risata allegra di Tara invase il silenzio della stalla. La ragazza
rideva
talmente di gusto che Buffy si ritrovò a ridere insieme con
lei.
“Ti
hanno m-m-morso?”
“No.
Alla mia amica. È terrorizzata dai cavalli, e anche dalle
rane, ora che mi ci
fai pensare”.
“F-f-orse
la tua amica ha c-c-conosciuto un cavallo m-m-maleducato, ma io posso
f-f-farle
conoscere un c-c-cavallo più simpatico”.
“No!”
gridò Buffy.
L’aria
scherzosa di Tara svanì di colpo. Arrossì
furiosamente e abbassò la testa con
aria intimidita.
Buffy
si diede della stupida, ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa
sarebbe
successo se Tara e Willow si fossero incontrate. La sua amica era
felice con
Oz, ma sapeva che Tara era la sua anima gemella. Senza contare poi, che
Willow
e Xander non sapevano niente di lei e della sua terapia alternativa per
curare
la sua schizofrenia, se ancora così si poteva chiamare.
Questo
fu solo l’ennesimo problema che andò ad
aggiungersi alla lunga lista che
pendeva sulla sua testa.
“Tara,
scusami. Solo che è complicato” disse Buffy con
tono mortificato.
“N-n-n-n…”.
“Non
è colpa tua. I miei amici non sanno che sono qui. Non sanno
assolutamente
niente di me. Li ho cosciuti da poco e ho paura di perderli. Mi
vergogno di
quello che sono e mentirli non fa altro che aumentarla”:
“Ti
v-v-vergogni?” ripeté Tara, alzando i suoi occhi
blu su di lei.
“Sì.”.
“P-p-perché?”.
“Perché…
Perché… Be’, guardarmi? Ho ventidue
anni e gli ultimi sei li ho passati in un
istituto psichiatrico. Per colpa mia, i miei genitori stanno per
divorziare.
Non so fare niente. Studio con un insegnante privato a casa per
riuscire a
prendere un diploma che avrei dovuto conseguire anni fa. Ho questi due
amici cui
voglio un bene dell’anima, ma vado in crisi anche quando mi
chiedono
semplicemente come sto. Ho paura!”.
Tara
le si avvicinò. “ So c-c-cosa provi.
A-a-anch’io avevo p-p-paura…”.
“Come
hai fatto a farla sparire?”.
Tara
fece un sorriso tirato ed entrò nel box di Castagna. Il
cavallo nitrì per un
attimo, ma quando la ragazza prese ad accarezzarlo, si calmò
girando le
orecchie lunghe.
“S-s-sono
scappata”.
Buffy
rimase in silenzio, per timore di dire qualcosa di sbagliato, ma Tara
sembrò
non accorgersene presa com’era dai suoi pensieri.
“Mio
p-p-padre è un uomo violento, ma io l’ho
s-s-scoperto solo dopo che m-m-mia
madre è m-m-m-morta”.
“Mi
dispiace” fece Buffy.
“G-g-g-grazie”.
Tara
si prese alcuni istanti, prima di continuare. “La p-p-p-prima
volta che mi
p-p-picchiò è stato p-p-perché ho
chiesto a mio f-f-fratello di a-a-a-aiutarmi”.
Buffy
s’irrigidì e per la prima volta da quando era
uscita dall’ospedale, desiderò di
poter riavere i suoi poteri da Cacciatrice per andare a dare una
lezione al
padre di Tara.
“Bastardo!”
sibilò con le mani chiuse a pugno.
“C-c-continuò
così per un a-a-anno. Poi q-q-q-quando ha scoperto che io
s-s-s-sono…”. Tara
s’interruppe e gettò uno sguardo spaventato verso
Buffy.
“Tara,
non sei costretta a dirmi niente” si affrettò a
dire la ragazza, ma quella
scosse la testa.
“No.
S-s-se devi f-f-fidarti di me, a-a-allora io d-d-devo fare lo
s-s-stesso”.
Buffy
vide Tara allontanarsi da Castagna e voltarsi completamente verso di
lei.
“Q-q-quando
ha scoperto che io s-s-s-sono gay…” Tara si
fermò per paura che Buffy potesse
reagire in maniera scioccata, ma la bionda invece le fece un sorriso
incoraggiante.
Rilassandosi,
la ragazza più grande riprese: “Ha d-d-detto che
d-d-dovevo essere p-p-punita
p-p-più s-s-severamente. Q-q-q-quella n-n-notte
s-s-scappai”.
“Punita
più severamente?” ripeté Buffy.
“In che senso? Oh!”.
Capì
che cosa volesse intendere Tara e una furia cieca la sommerse.
“Maledetto
figlio di puttana!”, poi accorgendosi di quello che aveva
detto, si affrettò a
scusarsi: “Perdonami. Solo che…”.
“N-n-non
ti preoccupare. A-a-anche Jenny ha r-r-reagito
c-c-così”.
“Ti
riferisci alla Dottoressa Calendar?”.
“Sì.
M-m-mi ha s-s-salvato la vita”.
“Che
cosa successe dopo?” domandò Buffy con rispetto.
Aveva sempre saputo che Tara
era una ragazza forte, ma adesso ne aveva anche una dimostrazione.
“S-s-sono
venuta qui. A-a-avevo dei rispiarmi, g-g-grazie a d-d-dei lavoretti che
ho
f-f-fatto a c-c-casa, in A-A-Arizona. M-m-mi sono i-i-i-iscritta al
c-c-college
e o-o-ora eccomi qua, a a-a-aiutare persone che hanno dei p-p-problemi,
come
me”.
“I
miei problemi sono belli complicati” borbottò
Buffy, strappando un sorriso a
Tara.
“N-n-non
li sono tutti?”.
Buffy
alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ma non poteva
non trovarsi d’accordo con la
ragazza al suo fianco.
“Allora”,
disse “ sono pronta per la mia cavalcata”.
Tara
scoppiò a ridere e scosse la testa con forza. “
Oh, no. P-p-prima devi farti
c-c-conoscere da C-C-Castagna”.
“Farmi
conoscere da Castagna?” ripeté lentamente Buffy,
adocchiando il cavallo.
Tara
annuì. “ E c’è s-s-solo un
modo”.
Le
indicò un forcone e una pala e Buffy non capì
subito, ma poi una lampadina si
accese nel suo cervello.
“No!”
esclamò. “ Va bene il fieno, ma quello
no!”.
“B-B-Buffy,
non è così terribile. Non si lamenta n-n-nessuno.
Anche i ragazzini della
c-c-comunità lo fanno s-s-senza troppe s-s-storie”.
“Be’
se lo fanno anche i ragazzini della comunità” la
canzonò scherzando Buffy. “ Lo
posso fare pure io!”.
Però,
appena afferrata la pala, Buffy s’immobilizzò.
Ecco dove doveva andare a
cercare, era così ovvio.
Si
voltò verso Tara con una luce di speranza negli occhi.
“Tara,
per caso tra quei ragazzini c’è né
un’altina, con i capelli lunghi scuri e con
gli occhi azzurri?”.
L’altra ragazza la
fissò incuriosita.
“Dovresti c-c-chiedere alla dottoressa Calendar. Lei li
v-v-vede più spesso,
rispetto a me. I-i-i-insegna a l-l-loro il c-c-computer”.
“Insegna
al loro il computer?” fece Buffy, trovando finalmente una
spiegazione alla
reazione della dottoressa.
“Sì.
P-p-prima di diventare una p-p-p-psichiatra, lei era
un’insegnate del l-l-liceo”.
“Capito”
disse Buffy. “Tara, potresti darmi l’indirizzo di
quella comunità?”.
“Sì,
c-c-c-certo” rispose Tara confusa.
“Ok. E adesso a lavoro!”.
Buffy
afferrò con entrambe le mani la pala e andò ad
affrontare Castagna.
Era
tardi e se non fosse subito tornata a casa, sua madre avrebbe
sicuramente
chiamato la polizia. Ma non poteva più aspettare: di fronte
a lei, si erigeva
la comunità della quale aveva parlato Tara.
Era
un edificio monotono e triste. Le vecchie mura grigie erano ricoperte
da graffiti,
le finestre avevano le sbarre e le poche panchine che
c’erano, erano rotte in
diversi punti.
Era
un brutto posto per crescere e trovava intollerabile che Dawn dovesse
vivere là
dentro.
Si
odorò i vestiti. Per fortuna, Tara le aveva dato una tuta
prima d’iniziare a
‘fare amicizia con Castagna’.
Era
stato un lavoro massacrante e aveva accolto con gioia quando la ragazza
le
aveva detto che poteva andarsi a fare una doccia, per poi tornare a
casa.
Non
aveva ancora chiaro in mente a cosa servisse, ma si sentiva decisamente
meglio.
Con
un respiro profondo, salì gli scalini e aprì la
pesante porta d’ingresso di
quell’istituto. I suoi passi riecheggiavano per tutto
l’atrio, attirando così
l’attenzione della signora di mezza età che si
trovava dietro al banco della
reception.
“Salve”
disse Buffy, appena si fu avvicinata. “Sto cercando una
ragazza”.
“è
della polizia?” chiese la receptionist.
“No!”.
“E
allora se ne vada” la congedò la donna.
Ma
Buffy non voleva dargliela vinta. “Forse non mi sono
spiegata. Sto cercando una
ragazza”.
“E
allora?”.
“E
allora, lei dovrebbe darmi delle informazioni, visto che è
seduta dietro a un
banco informazioni” spiegò Buffy con tono
innocente.
La
signora assottigliò lo sguardo, ma Buffy capì che
la stava veramente ascoltando
ora.
“è
alta” iniziò a spiegarle, gesticolando.
“ Ha lunghi capelli castani e gli occhi
azzurri. È magra e indossa una felpa tutta colorata.
L’ultima volta che l’ho
vista era vicina a un supermercato”.
“Stava
rubando?”.
“Cosa?
No. Era lì, e basta” si limitò a dire
Buffy, intuendo che una parola sbagliata
poteva mettere nei guai Dawn.
“Ma
perché la cerca allora?”.
“Senta,
c’è o non c’è?”.
La
signora sospirò e assunse un atteggiamento sbrigativo.
“Sì, lei sta parlando di
Dawn Summers”.
“Summers?”
balbettò Buffy.
“Sì,
Summers” ripeté acida la receptionist. “
è il cognome che le hanno affibbiato
dopo che l’hanno dimessa dall’ospedale”.
“Ospedale?”
gridò Buffy in preda al panico. “Sta
bene?”.
“Perché
non lo chiede a lei, visto che è venuta a
cercarla”.
La
receptionist afferrò il telefono, compose il numero e quando
dall’altra parte
le risposero, disse di mandare giù Dawn. “Sta
arrivando” riferì a Buffy.
“Grazie”.
Buffy
si allontanò e iniziò a passeggiare per
l’atrio, provando una forte ansia
all’idea d’incontrare la ragazza. Che cosa avrebbe
dovuto dirle? Che in un
altro mondo era sua sorella? Non poteva, sarebbe scappata a gambe
levate.
Non
fece in tempo a pensare a un piano, che dei passi alle sue spalle la
fecero
voltare.
Dawn
la stava fissando incuriosita e Buffy si ritrovò con la
bocca secca.
“Ecco,
io…”.
“Lo
so chi sei. Sei mia sorella”.
Buona
domenica a tutti,
Che
ne pensate? Spero che vi sia piaciuto. È stato molto
difficile scrivere questo
capitolo, perché purtroppo non sto benissimo. Ma mi sono
prefissata che ogni
domenica devo pubblicare, e così cercherò di fare
sempre.
Non
pensavo di scatenare tutto quelle reazioni a proposito di Riley.
Sarà perché a
me quel ragazzo fa pena. Alla fine, ha tentato in tutti modi di essere
il
ragazzo migliore che Buffy abbia mai avuto, ma è
inconcepibile che lui potesse gareggiare
con Angel o con Spike.
Chiedo
scusa se il capitolo vi sembra scritto male o che sia peggiore degli
altri, ma
vi assicuro che il prossimo sarà migliore.
Un
ringraziamento a tutti.
Angolo
risposte recensioni:
(quante
sono?! ^_^)
Buffy
Summers88:
Grazie mille per tutti i complimenti. Mi dispiace informarti
però, che io sono
del Team Spuffy. Ebbene, sì. Spike è
l’unico vampiro che io amo e venero. Spero
che non mi odierai. ^_^ per quanto riguarda i nostri due vampiri
preferiti, ti
chiedo di pazientare un poco. Non posso svelare tutto subito. Grazie
ancora.
Laura
the vampire slayer:
non volevo farti sorgere tutti questi dubbi, chiedo scusa. Per quanto
riguarda
Riley, io sono convinta che Buffy l’abbia amato. Per
carità, un amore
completamente diverso da quello che provava per Angel (possiamo
definirlo un
amore umano), ma c’era. L’ho capito quando Xander
le fa tutto quel discorso
prima che Riley parta e se ne vada. Il che è ingiustizia,
perché Spike non ha
avuto quasi niente in cambio. Comunque, grazie come sempre.
Rea
Asaka:
è vero. Buffy è in preda alla confusione, per non
parlare di me che devo
raccontarla. Ahahah… Grazie!
paxerella:
mi fa piacere sapere che grazie a quest’umile Fan Fiction tu
sia ritornata a
scrivere. Ne sono onorata. Grazie mille per questo e per i tuoi
complementi.
_Kuyoki_
:
Grazie mille per i complimenti. E non ti preoccupare, Buffy
incontrerà altre
persone lungo la sua strada. ^_^
Alla
prossima,
Asiel.
(povero
Riley)
|
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Capitolo 7 *** Cap. 6 ***
Cap.
6
Doveva
aver sentito male. Dawn non aveva detto quelle parole.
“Buffy?”
la chiamò la ragazzina di fronte a lei. “Certo che
una sorella più intelligente
potevo trovarla!”.
No.
Non se l’era immaginate.
“Ed
io una sorella meno petulante e infantile, no?” rispose senza
pensarci,
abituata com’era ai loro battibecchi.
“Cosa?
Io, infantile? Chi è che va a dormire con un pupazzo a forma
di maiale?”.
“Non
toccare Mr. Gordo!”.
“Se
no? Che cosa fai?” la sfidò Dawn avvicinandosi a
lei.
Buffy
agì d’istinto. Coprì la distanza che le
separava e la abbracciò stretta,
scoppiando a piangere.
“Scusami!
Scusami!” singhiozzava.
Dawn
s’irrigidì in un primo momento, ma poi si
rilassò e abbracciò di rimando sua
sorella.
“Buffy.
Ho capito. Lo so perché lo hai fatto. Ti perdono”.
“Ma
io permesso che ti uccidesse. Che uccidesse tutti voi. Sarei dovuta
morire!”.
Buffy
sentì Dawn allontanarsi e quello che lesse nei suoi occhi,
non le piacque
neanche un po’.
“Dawn?”
la chiamò con tono preoccupato.
La
ragazzina non rispose. Girò lo sguardo verso la
receptionist, e quando la vide
impegnata a leggere una rivista di moda, fece cenno a Buffy di uscire
dal
portone principale.
Buffy
la squadrò bene in faccia per intuire le sue intenzioni, ma
appena Dawn la
spinse delicatamente verso l’uscita, decise di seguire il suo
istinto.
La
sera era calata e un venticello leggero e fresco la percorreva. Buffy
incrociò
le braccia sovrappensiero, mentre Dawn camminava davanti a lei
dirigendosi
verso l’unica panchina superstite che dava sulla strada.
Quando
entrambe si sedettero, rilasciarono un sospiro.
C’erano
molte cose da dire, ma nessuna delle due sapeva da che parte iniziare.
Buffy si
chiese però perché Dawn avesse reagito in quel
modo pochi minuti fa, per poi
essere sostituita da una domanda più pressante. Che cosa era
successo dopo che
lei si era arresa e li aveva consegnati a quel demone?
Si
ricordava poco o niente, ma la certezza che loro fossero morti per
causa sua
era una presenza costante in quella nuova vita.
Gettò
uno sguardo di lato e notò che Dawn la stava fissando
intensamente.
Buffy
si sentì a disagio. “Smettila”.
“Non
posso. Non riesco a credere che tu sia viva”.
Buffy
si voltò come una furia verso di lei e le afferrò
le spalle.
“Cosa
hai detto?” le chiese a voce alta.
“Non
siamo stati solo noi a morire. Anche tu”.
“Come?”
mormorò Buffy.
“Siamo
morti tutti. Gli unici sopravvissuti credo che siano Giles e
Anya”.
“Cosa?
Come?” balbettò Buffy in preda al nervosismo. Si
voltò verso sua sorella.
“Dawn, che cosa è successo?”.
Buffy
aveva gli occhi chiusi quando
sentì il ruggito vibrante del demone.
Il
suo corpo stava lottando con
tutte le sue forze per disobbedire alla decisione che ormai aveva preso.
Un
urlo agonizzante la costrinse ad
aprirli e se ne pentì quasi subito.
Il
demone aveva afferrato Xander e
lo stava stritolando tra le sue braccia.
“B-Buffy”
agonizzò il suo migliore
amico, prima di perdere i sensi.
Il
demone lo scagliò di lato per
dirigersi verso Tara, la quale stava proteggendo Dawn e Willow con una
barriera
magica.
“Buffy!”
gridò Willow. “ Che cosa
stai aspettando? Non posso usare la magia! Aiutaci!”.
Ma
lei rimasse ferma lì, seduta
sotto il sottoscala con le mani premute sulle orecchie e con gli occhi
nuovamente chiusi.
Doveva
fare qualcosa. Non poteva
più resistere. Pregò che il passaggio nel mondo
reale avvenisse velocemente.
E
fu in quel momento che un calore
incandescente iniziò a propagarsi, partendo dal suo cervello
e riversandosi nel
suo corpo. Era
così ustionante che si
ritrovò a boccheggiare.
La
vista le stava giocando brutti
scherzi: un attimo prima si trovava nella sua cantina e quello dopo,
invece, si
ritrovava seduta per terra in una stanza bianca con un letto di ferro
al suo
fianco.
Le
voci dei suoi amici e quella di
sua madre continuavano a sovrapporsi fra loro.
Non
sapeva più dove si trovava, il
fuoco dentro di lei bruciava ogni cosa che trovava sul suo cammino.
“Buffy!”.
“Buffy!”.
“Buffy!”.
“Buffy!”.
Tara,
sua madre, Dawn, Willow.
E
quando l’incendio divampò e
raggiunse il suo cuore, un urlo disumano le uscì dalla gola.
Fu
l’ultima cosa che fece a
Sunnydale, mentre una luce accecante la avvolgeva, portandosela via.
“Era
come il portale che Glory aveva creato per tornare nella sua dimensione
infernale. Solo un po’ più piccolo”
finì di spiegare Dawn.
Buffy
aveva lo sguardo fisso davanti a sé, rigida come una statua
dopo quello che le
aveva raccontato sua sorella.
Quando
la luce l’aveva portata via, quella si era espansa fino a
coinvolgere le altre
persone presenti nella cantina. Dawn aveva sentito un forte strappo
dentro di
sé e si era risvegliata in una stanza
dell’ospedale cittadino di quel mondo.
“Quindi
noi a Sunnydale siamo morte, ma qui siamo vive?”
domandò a bassa voce Buffy.
“Credo
di sì”.
“Non
sono pazza” affermò Buffy con sollievo. Era come
se un enorme peso fosse stato
tolto dalle sue spalle. “ Non mi sono immaginata niente!
È successo tutto per
davvero!”.
“Buffy?”
la chiamò incerta Dawn, appoggiandole una mano sulla spalla.
“Cosa?”.
“Perché
stai piangendo?”.
Buffy
si portò le mani agli occhi e quando le scostò,
vide che erano umide.
“Non
lo so” sbottò ridendo. “ Non lo so e non
m’importa!”.
“Tu
non sei normale” borbottò Dawn sorridendo.
“Non
voglio più esserlo!”.
Scoppiarono
a ridere, felici di essersi ritrovate e contente che il loro rapporto
non era
andato perduto.
“Allora”
disse Buffy, quando riprese fiato. “ Che cosa è
successo dopo che ti sei
svegliata all’ospedale?”.
“Ecco…”.
Ma lo stridio di una frenata, la interruppe.
Un
fuoristrada si era appena fermato davanti a loro e da quello, scesero
Willow e
Xander, entrambi con i volti stravolti dalla preoccupazione.
“Buffy!
Oh mio Dio! Sei qui!” esclamò Willow, fiondandosi
sulla sua amica e
abbracciandola stretta. “Ti abbiamo cercato ovunque! Tua madre voleva chiamare
la polizia!”.
“Per
fortuna che il signor Giles l’ha calmata. Credo che, quando
ti porteremo a
casa, ti rinchiuderà dentro la tua camera e non ti
farà più uscire”.
“Ma
Xander ed io troveremo un modo per farti evadere!” concluse
Willow, ancorata a
Buffy. “Stai bene?”.
“Sì,
se mi permetti di respirare” bofonchiò Buffy.
La
rossa si staccò subito da lei con un sorriso sollevato
dipinto sulle labbra,
per poi accorgersi della ragazzina seduta di fianco alla sua amica.
“Ciao”
disse, porgendole la mano. “Io sono Willow”.
“Ed
io Xander” fece il ragazzo, anche lui con la mano protesa.
Dawn
era a bocca aperta per lo stupore, non solo per Willow e Xander, ma
anche per
quello che avevano detto pochi minuti prima.
“Mamma
è veramente viva, qui?” domandò a sua
sorella.
Buffy
si limitò ad annuire, ignorando gli sguardi perplessi dei
suoi migliori amici.
“E
loro non sanno niente” aggiunse, indicandoli.
“Che
cosa non sappiamo?” domandò Xander incuriosito.
“Buffy,
chi è questa ragazzina?” fece Willow.
“Ehi,
tu! Che cosa ci fai fuori? Mi vuoi far licenziare?”.
I
ragazzi sussultarono spaventati quando la receptionist si
fiondò verso di loro
a passo di carica. Dawn impallidì, mentre la donna si
avvicinava. Buffy seguiva
con lo sguardo la sua avanzata e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di
non farsi
portare via sua sorella.
“Ragazzina,
dentro. Forza!” abbaiò la signora.
Dawn
stava per alzarsi, ma Buffy la trattenne per un braccio. “Lei
viene via con me”
disse glaciale.
“E chi saresti tu? Solo un parente può
farlo”.
“Sono
sua sorella”.
“Questo
è impossibile. Lei non ha nessuno”.
“Lei
ha me!”.
“Buffy?”
la chiamò timidamente Dawn. “Lascia perdere. Ci
vediamo domani, no?”.
“Certo,
e ti porterò via da qui” le promise Buffy,
lasciandola andare.
Seguì
con lo sguardo le due donne avviarsi verso l’istituto, e
quando le vide sparire
al di là della porta, mugugnò arrabbiata.
“Buffy?”.
Si
voltò verso la voce. Willow la osservava confusa, mentre
Xander cercava ancora
di capire cosa era successo.
“Quella
ragazza è tua sorella?”.
“Sì”
rispose.
Sicuramente
adesso, Xander e Willow avrebbero iniziato a bersagliarla di domande, e
lei
avrebbe detto la verità. Era più facile che
inventare delle bugie che non
avrebbero mai retto.
“Dobbiamo
farla uscire da lì” affermò Xander.
“No,
prima dobbiamo fare uscire Buffy, poi penseremo a sua
sorella” lo corresse
Willow.
Buffy
li fissava incredula. “Grazie”.
“A
patto” continuò la rossa, con un tono che non
ammetteva repliche. “che tu,
Buffy Summers, ci racconterai tutto. Mi sono stancata di tirare a
indovinare”.
“Io…
Sì. Vi dirò tutto. E solo
che…”.
“Non
ti abbandoneremo” la rassicurò Xander, sedendosi
di fianco a lei e
abbracciandola. “Mai”.
“Veramente?”.
“Così
ci offendi”.
Buffy
ridacchiò e alzò lo sguardo verso Willow.
“Lo prometto”.
La
rossa fece un sorriso enorme, per poi prendere le mani di Xander e
Buffy. Li
tirò, facendoli alzare, e li guidò verso la
macchina.
“Andiamo
a casa”.
“Voi
entrate con me, vero?” domandò Buffy tutto a un
tratto spaventata.
Poteva
solo immaginare la furia di sua madre e aveva una paura del diavolo.
Willow
si sedette sul sedile posteriore, mentre Xander avviava la macchina.
“Certo!
Non mi perderei la scena per nulla al mondo!”.
Stava
passeggiando insieme a Willow e a Xander lungo la via principale del
centro,
dirigendosi verso l’istituto dove si trovava Dawn.
Guardando
le vetrine, pensò a come la sua vita era cambiata nel giro
di pochi mesi. Aveva
ritrovato sua madre, i suoi amici e sua sorella. Non si preoccupava
più di
cercare Angel o Spike, visto come stavano andando le cose. Sarebbero
stati loro
a trovarla, doveva solo aspettare.
Per
fortuna che sua madre non l’aveva rinchiusa in casa, se no
per loro sarebbe
stato impossibile rintracciarla.
Aveva
urlato parecchio, tanto che Willow, Xander e il signor Giles si erano
accomodati sul divano, in attesa che Joyce finisse. Buffy si era
mostrata
dispiaciuta, ma tratteneva a stento le risate.
E
poi c’era stato quel momento che non aveva più
resistito. La faccia di sua
madre era terribilmente comica, e lei era scoppiata a ridere di cuore,
coinvolgendo i tre seduti sul divano.
Joyce
si era calmata, e quando sua figlia aveva smesso di ridere, le aveva
detto che
per questa volta la passava liscia, ma alla prossima si sarebbe trovata
nei
guai.
Buffy
non aveva avuto il coraggio di dirle di Dawn e ed era bastata
un’occhiata ai
suoi amici per azzittirli. Doveva
trovare le parole giuste da dirle e non era un’impresa facile.
“Buffy,
a che ora pensi di finire con Dawn?” domandò
Willow, attirando l’attenzione
della sua amica.
“Non
lo so. Non credo che abbia molta libertà.
Perché?”.
Willow
arrossì un poco. “Perché settimana
prossima c’è la battaglia delle Band al
Bronze e mi chiedevo se volessi venire con me a fare shopping. Ma se
vuoi stare
con tua sorella, non c’è problema.
Trascinerò Xander con me”.
“Cosa?”
sbottò il ragazzo in questione.
“Non
si rifiuta mai lo shopping. Ho urgente bisogno di andarci”.
“Be’,
Buffy. Avrai bisogno di una critica costruttiva maschile. Quindi
verrò
anch’io”.
“Non
avevo dubbi” borbottò Willow, strappando un
sorrisetto a Buffy.
Svoltarono
l’angolo e trovarono ad aspettarli, seduta sulla stessa
panchina della sera
precedente, Dawn.
La
ragazzina appena li vide, scattò in piedi e corse verso di
loro.
“Ciao
ragazzi!” disse raggiante.
“Ciao
Dawnie” la salutò Xander, sovrappensiero.
“Dawnie?”
ripeté Willow. “ Xander non la conosci e
già le dai un soprannome”.
“Oh,
è vero. Scusa Dawn. Non so come, ma mi è venuto
spontaneo chiamarti così”.
Buffy
e Dawn sapevano il motivo. Era lo stesso diminutivo che usava
l’altro Xander a
Sunnydale.
“Ma
dove sono Anya e Tara?” sbottò la ragazzina e si
guardò intorno, convinta che
le due sarebbero spuntate a momenti.
“Tara?”
domandò Willow.
“Anya?”
chiese Xander.
“Sì.
Sapete, le vostre ra…”.
Buffy
le tappò la bocca con una mano appena in tempo.
“Ragioniere”
disse, mentre sua sorella cercava di liberarsi mugugnando imprecazioni.
“Ragioniere?”.
“Sì,
ragioniere”.
Xander
e Willow si scambiarono un’occhiata, per poi riportare il
loro sguardo sulle
sorelle Summers.
“Forse,
è meglio che andiamo” propose la rossa,
indietreggiando.
“Sì,
dobbiamo cercare le nostre ragioniere”.
I
due salutarono le due ragazze e si affrettarono a sparire. Buffy
sospirò e
lasciò andare Dawn.
“Perché
l’hai fatto?” strepitò la ragazzina
infuriata.
“Perché
loro non le conoscono”.
“Come
sarebbe a dire che non le conoscono? Sono le loro ragazze”.
“Non
qui! Pensa un po’, che Willow sta insieme a Oz!”.
“Che
cosa?”.
“Dawn
hai capito”.
“Oh
mio Dio! Quindi, Tara non c’è qui?”.
Buffy
sorrise, prese sottobraccio sua sorella e la trascinò verso
la caffetteria di
fronte. Una buona dose di caffeina le avrebbe rimesse in sesto.
Dopo
aver ordinato, rispose alla domanda.
“Tara
esiste. L’ho già incontrata. Lavora in una specie
d’istituto d’igiene mentale
alternativo”.
“Istituto
d’igiene mentale? Come
hai fatto a
scoprirlo?”.
“Perché
sono in cura presso di loro”.
I
caffè arrivarono. Buffy bevve un sorso, mentre Dawn
iniziò a giocherellare con
la sua tazza.
“Perché
sei in cura da loro?”.
“Perché
pensavo di essere pazza. Sai, vampiri, demoni, il fatto stesso di
essere la
Cacciatrice mi hanno spalancato le porte per il manicomio. Non mi
ricordo
niente degli anni che ho trascorso lì, perché la
mia mente era a Sunnydale. Ma
adesso che tu sei qui, non so più cosa a pensare”
Buffy rise. “ La prima volta
che ho visto Xander e Willow in questo mondo, sono svenuta”.
Dawn
rise. “ Stavo per svenire anch’io quando ti ho
visto ieri, ma poi ho notato com’era
agitata e ho preferito rassicurarti”.
“Grazie.
Come hai fatto a diventare così matura?”
scherzò Buffy, ma poi si rese conto di
aver detto la cosa sbagliata. Dawn era sbiancata e si guardava attorno
in
maniera febbrile.
Buffy
si preoccupò all’istante, mentre una marea di
domande affollava il suo
cervello. Che si fossero permessi di trattarla male
all’istituto? Se così fosse
stato, l’avrebbe portata via di peso e al diavolo le
conseguenze.
“Dawn,
qualcuno ti ha fatto del male?”.
“Cosa?
No!”.
“Allora
perché sei così nervosa?”.
“Perché
non ho il permesso di stare fuori. L’ospedale ha ordinato
agli assistenti
sociali di tenermi sott’occhio”.
“Non
riesco a capire. Che cosa c’entrano i medici con gli
assistenti sociali?”.
Dawn
sospirò pesantemente. “Quando mi sono svegliata,
qui” esordì, indicando ciò che
le circondava. “I dottori mi hanno detto che sono rimasta in
coma per un anno e
mezzo”.
“Un
anno e mezzo? Ma è lo stesso periodo…”.
“Sì.
È lo stesso periodo da quando i monaci mi hanno creato.
Hanno detto anche, che
nessuno hai mai tentato di cercarmi. Mi hanno trovato priva di sensi in
mezzo
alla strada e sono rimasta a vegetare in quel letto per tutto il tempo.
Mi
hanno chiesto chi ero ed io ho risposto, ma poi quando hanno cercato di
saperne
di più sul mio passato, il mio cervello è come se
fosse andato in vacanza.
Blocco delle informazioni. Ho perso la memoria”.
“Cosa?”
esclamò Buffy. “ Ma di me ti ricordi, giusto? Sai
chi sono?”.
“Purtroppo
sì” rispose Dawn, facendole la linguaccia.
“ Dopo qualche settimana mi hanno
lasciato andare, per poi mettermi dento all’istituto, dicendo
di tenermi sotto
stretta sorveglianza per paura che potessi cadere in coma
un’altra volta”.
“Ti
hanno lasciato andare quattro mesi fa?” domandò
Buffy, mentre un sospetto
serpeggiava dentro di lei.
“Sì,
quattro mesi fa più o meno”.
“Anch’io
sono uscita quattro mesi fa dall’ospedale. Ci siamo
risvegliate nello stesso
momento. E la memoria quando l’hai recuperata?”.
“Ieri
sera. Quando ti ho visto” rispose Dawn, decidendosi di bere
finalmente il
caffè. “Dobbiamo chiedere aiuto. Dobbiamo scoprire
che cosa diavolo è
successo”.
“A
chi?”.
“A
Giles. Lui saprebbe certamente cosa fare”.
Buffy
scoppiò a ridere e per poco non si strozzava con la bevanda.
“Giles, escludilo.
Lui non è come quello di Sunnydale”.
“In
che senso?”.
“Non
crede nella magia” rispose Buffy, attendendo la reazione di
Dawn.
“Cosa?
Stai scherzando? E adesso che cosa facciamo?”
Buffy
si era posta quella domanda milioni di volte da quando era ritornata a
vivere e
l’unica cosa che poteva dire a Dawn, era quello che si
ripeteva ogni mattina.
“Un
problema alla volta, Dawn. Un problema alla volta”.
Ecco
qua, il capitolo!
Che ne dite? Spero che vi piaccia. La Fan Fiction sta venendo bene, lo
devo
ammettere. ^_^
Piccolo
quiz:
Il
nome del maneggio “Spirits &Charms”
l’ho preso da una canzone cantata
durante “Once more, with feeling”, sapreste dirmi
quale?
È
molto ma molto facile!
Grazie veramente di cuore!
Angolo
risposte
recensioni:
Rei
Asaka: Inutile
dire che io sto impazzendo a scriverla! Grazie mille per il supporto!
Laura
the vampire slayer: Ebbene
sì! Dawn è veramente la sorella di Buffy! ^_^
grazie mille per i complimenti,
spero ti sia piaciuto anche questo!
Buffy
Summers88: Ciao
Ali, ecco qua il capitolo. Spero di aver dato una risposta
soddisfacente alle
tue domande. Grazie mille per i complimenti e per le recensioni, mi fa
sempre
piacere leggerle. Comunque adesso andrò a leggere la tua.
Promesso!
_Koyuki_
:
Sì, il padre di Tara è veramente da
“uccidere”, infatti quando ho visto
quell’episodio,
mi prudevano le mani. Comunque, grazie mille per la recensione e spero
che il
capitolo ti abbia soddisfatto!
Buffy98: Grazie mille per la
recensione! E non ti preoccupare se non hai tempo di scriverla,
l’importante è
che continui a leggere la FF, sempre se continuerà a
piacerti ovviamente. Sei un’altra
fan di Spuffy? Benissimo. Spike
è il
migliore. Ahahah… Grazie mille!
Alla
prossima,
Asiel
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