Il coraggio di scegliere di Beatrix Bonnie (/viewuser.php?uid=83290)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La piccola pulce ***
Capitolo 2: *** Il campione di Quidditch ***
Capitolo 3: *** La ragazza irlandese ***
Capitolo 4: *** Reg & Reg ***
Capitolo 5: *** Il coraggio di scegliere ***
Capitolo 6: *** Non è mai troppo tardi ***
Capitolo 7: *** Il Platano Picchiatore ***
Capitolo 8: *** Sangue ***
Capitolo 9: *** La scelta giusta ***
Capitolo 10: *** La bara bianca ***
Capitolo 1 *** La piccola pulce ***
Nota
dell'autrice: la storia, pur facendo parte della serie “Trinity
College” è sufficientemente indipendente, tanto da poter
essere letta anche da chi non avesse presente i precedenti racconti.
Tuttavia, ne è vivamente consigliata la lettura, perché
l'autrice darà per scontato certi aspetti riguardanti la
scuola irlandese di magia.
Il
ragazzino osservò la sua immagine riflessa allo specchio:
sembrava che un porcospino arancione avesse bellamente deciso di
sedersi sulla sua testa. E tutte quelle lentiggini, poi? Non c'era
modo di farle sparire? Fece un sospiro sconsolato, consapevole che
quel ragazzetto mingherlino con i capelli sparati e un vecchio
maglione ereditato dal cugino fosse proprio lui.
«Reginald!»
lo richiamò una voce.
Il
ragazzino si diede un ultima sistemata ai pantaloni e poi corse fuori
dalla sua stanza.
Ad
attenderlo in fondo alle scale stava sua sorella Mary. Per
l'occasione aveva indossato un paio di jeans, un giubbetto di pelle
nera e una maglietta a righe.
Reg
digrignò i denti a vedere l'aria di superiorità che
aveva stampata sul volto.
Aveva
i suoi stessi capelli rossi e gli occhi marroni. Non era bellissima,
ma sapeva come piacere; non era la più intelligente del suo
anno, ma sapeva sfruttare le sue doti al meglio, dimostrando di
essere più brava di quanto non fosse. L'unica cosa in cui
eccelleva veramente era il Quidditch e questo le aveva garantito la
protezione del professore di Pozioni, Lumacorno, che la trattava come
fosse il gioiello migliore della sua collezione. Tutto il resto
veniva di conseguenza: l'ammirazione dei suoi compagni, l'invidia
delle altre ragazze, la stima dei professori. Non era perfetta, ma si
atteggiava come se lo fosse.
E
questo era ciò che faceva imbestialire Reg più di ogni
altra cosa.
«Ti
vuoi muovere?» lo aggredì non appena lo vide sbucare
dalle scale. «L'Espresso per Hogwarts non aspetta i tuoi
comodi».
«Ma
magari potrebbe aspettare quelli della reginetta della scuola»
la rimbeccò Reg, arricciando il naso in una smorfia.
Mary
aprì la bocca per rispondere alla provocazione, ma fu
costretta a bloccarsi quando vide comparire la madre alle spalle di
Reg.
«Sempre
dietro a litigare, voi due?» li rimproverò con uno
sguardo severo.
Reg
si sciolse in un sorriso a trentadue denti, nella speranza di
intenerire la madre, ma a salvare i due ragazzi da una strigliata non
fu quello: fu la teatrale entrata in cucina di Leopold Weasley.
«Guardate
cos'ho scoperto!» esclamò il mago, sventolando in aria
degli strani foglietti. Per poco non andò a sbattere contro il
tavolo da pranzo, ma il suo entusiasmo non lo fermò.
«Che
cosa, papà?» domandò Mary con poco interesse, ben
sapendo che genere di cose eccitassero suo padre.
L'uomo
mostrò quattro foglietti alla famiglia, con gli occhi che
brillavano per la contentezza. «Me l'ha detto l'altro giorno
Romeo in ufficio, mentre stavamo spedendo quel grosso pacco diretto
in Tunisia» spiegò con un sorriso.
Il
signor Weasley lavorava nell'ufficio postale di Diagon Alley, ma
tutti conoscevano la sua spasmodica passione per i Babbani.
«Lo
sapete che anche i Babbani usano i treni? E bisogna comprare questi
assurdi biglietti. E i loro treni vanno ad elettricità!»
esclamò soddisfatto, distribuendo i foglietti agli altri
membri della famiglia.
«Cosa
dovremmo farcene, caro?» domandò perplessa la moglie,
leggendo le indicazioni sul proprio biglietto.
«È
questa la parte interessante! Possiamo usarli per arrivare a Londra!»
gioì il signor Weasley.
«Ma
papà!» protestò Mary, evidentemente scioccata.
«Abbiamo i bauli. E il gufo!»
«I
Babbani viaggiano sempre con le loro valige» rispose
imperterrito il signor Weasley.
«Che
forza, papà!» esclamò Reg che, al contrario della
sorella, era eccitato dell'idea. Aveva ereditato dal padre
l'entusiasmo per qualsiasi nuova avventura, per cui arrivare su un
treno Babbano alla stazione di King's Cross per il suo primo giorno
di scuola a Hogwarts era un'opportunità stupefacente che non
si sarebbe lasciato sfuggire.
«Sei
sicuro che funzionino, caro?» domandò preoccupata la
signora Weasley. All'opposto del marito, Grymill MacMillan era una
donna pratica, veloce nella risoluzione dei problemi e con una mente
improntata all'organizzazione. Non riusciva ad apprezzare tutte
quelle follie del marito, o almeno, lo lasciava fare finché
non comprometteva la buona riuscita dei suoi programmi. Arrivare a
Londra con un treno era un azzardo che rischiava di far perdere
l'Espresso per Hogwarts ai ragazzi, ma quando Leopold si metteva in
testa una delle sue folli idee non c'era modo di farlo ragionare.
Fu
così che la famiglia Weasley si avviò verso la stazione
del paesino Babbano del Galles vicino alla loro fattoria, tra le
sonore proteste di Mary e le rassegnate rimostranze della signora
Weasley.
Reg
trascinava il suo baule con entusiasmo, non solo per il viaggio in
treno, ma soprattutto perché quella stessa sera avrebbe cenato
nella Sala Grande di Hogwarst. Chissà a quale tavolo?
Lui
era un Weasley e tutti i Weasley erano sempre stati dei Grifondoro:
suo padre, lo zio Septimus, sua sorella Mary e il cugino Arthur. Ma
la mamma era una MacMillan e come tale gli diceva sempre che sarebbe
stato bene tra i Tassorosso, la sua casa, perché aveva un buon
cuore. Tuttavia Reg preferiva finire tra i Grifondoro, perché
aveva sempre sentito da Mary che i Tassorosso non erano molto
considerati a scuola.
Una
volta arrivati alla stazione, il signor Weasley rimase affascinato
dall'obliteratrice, tanto che fece passare il suo biglietto almeno
dieci volte, finché la moglie non lo trascinò via
disperata, a seguito delle insistenti proteste di Mary. La famigliola
si diresse verso il treno, trascinando i bauli e la gabbia con il
gufo di Mary, attirandosi le occhiate sospettose di parecchi Babbani.
Sul
treno, scelsero uno scompartimento dove c'era solo un uomo sulla
quarantina con un paio di grossi occhiali di corno che guardava fuori
dal finestrino. Il viaggio fu lungo ed estenuante perché il
signor Weasley aveva preso i biglietti di un treno regionale che si
fermava in ogni stazione di tutti i miseri paesini della campagna
inglese. Mary continuava a lanciare occhiate astiose a suo padre, che
nemmeno se ne accorse, tanto era intento a studiare il meccanismo che
faceva scomparire il tavolino, corredato di posacenere e cestino.
Arrivarono
alla stazione di King's Cross che mancavano pochi minuti alla
partenza dell'Espresso. Attraversarono di fretta la barriera per il
binario Nove e tre quarti, per ritrovarsi sulla banchina affollata di
maghi e streghe che salutavano i figli. Mary fece un cenno veloce ai
genitori, poi si affrettò a raggiungere le sue amiche.
«Fai
il bravo» esclamò la signora Weasley, schioccando un
bacio sulla guancia del figlio.
«E
mandaci un gufo per dirci in che casa sei finito» soggiunse il
signor Weasley, scompigliando i capelli di Reg.
Il
ragazzino riservò ai genitori un sorriso smagliante, poi si
fece aiutare a caricare il baule sul treno, mentre questo cominciava
già la sua corsa. Reg si sporse dal finestrino del corridoio
per salutare mamma e papà, finché una curva non li rapì
al suo sguardo.
E
finalmente c'era. Stava andando a Hogwarts anche lui!
Cominciò
a trascinare il suo baule per il corridoio, rivolgendo un sorriso
smagliante a chiunque incontrasse. Non gli importava che fossero
studenti più grandi, di diverse case, che lo guardavano con
aria perplessa. Non gli importava nulla di nulla. Stava andando a
Hogwarts, santo folletto!
Finalmente
individuò lo scompartimento dove si era rintanata sua sorella
con le sue amiche e gli altri giocatori della squadra di Quidditch.
Non appena aprì la porta scorrevole, tutti si voltarono a
guardarlo.
«Sparisci,
pulce» gli intimò sua sorella.
«Ma...
non so dove andare» ribatté Reg, grattandosi il naso con
la manica del maglione.
«Non
è affare mio. Qui non ci puoi stare: è lo
scompartimento delle persone importanti» gli rispose Mary,
alzandosi per chiudergli la porta sul naso. Quando gli fu
sufficientemente vicina da potergli parlare senza essere udita dagli
altri, sussurrò: «Vedi di non stare attaccato alle mie
gonne, chiaro?»
«Non
temere, non rovinerò la tua aurea di fascino» gli
rispose Reg, con una smorfia. Dopodiché si allontanò a
grandi passi dallo scompartimento.
Dopo
aver percorso quasi tutto il treno, ne scelse uno a caso, dove
c'erano dentro solo due ragazzi che parevano essere al secondo o al
massimo al terzo anno. «Posso?» domandò con aria
rassegnata.
Il
ragazzo, che indossava la divisa di Serpeverde, aveva il naso adunco
e la faccia attraversata da una smorfia di disgusto, ma la sua
compagna fu più veloce a rispondere.
«Certo»
disse con un sorriso, indicando a Reg il posto al suo fianco.
Il
Serpeverde si imbronciò e incrociò le braccia al petto.
La
ragazza era invece una Grifondoro e a Reg parve strano che i due
potessero essere amici, visto che appartenevano a case rivali.
Un
silenzio imbarazzato scese sullo scompartimento, dopo che Reg ebbe
finito di sistemare il suo baule sull'apposita retina. «Sei
anche tu una Weasley?» esclamò allora Reg, tanto per
fare conversazione.
«Come
scusa?» gli chiese la ragazza, con un sorriso divertito.
«No,
sai... è per via dei capelli rossi. Dopotutto, noi Weasley
siamo talmente tanti che probabilmente ho dei lontani cugini anche in
Antartide» ridacchiò Reg, alzando le spalle a mo' di
scusa.
«Tu
sei un Weasley?» si intromise allora il ragazzo scontroso.
Reg
gonfiò il petto con evidente orgoglio, tanto che non ci fu
bisogno che rispondesse a parole.
«Sei
parente di Mary?» chiese la ragazza dai capelli rossi.
A
quella domanda Reg sbuffò e incrociò le braccia al
petto. «Purtroppo è mia sorella» si arrese alla
fine, roteando gli occhi.
Un
nuovo silenzio piombò nello scompartimento. Il Serpeverde era
evidentemente scocciato dalla presenza di Reg, che gli impediva di
parlare con la sua amica; la ragazza invece sembrava più
disponibile, ma dopo avergli rivolto le solite domande di rito, non
sapeva come sciogliere l'atmosfera tesa che si era creata.
«Lily,
dobbiamo andare» sbottò ad un certo punto il Serpeverde.
La ragazzina di nome Lily gli rivolse uno sguardo perplesso, così
l'amico continuò: «Al vagone del professor Lumacorno,
ricordi?»
«Oh,
anche io conosco Lumacorno» intervenne Reg, con entusiasmo.
«Mi
spiace, ma è solo una cosa per quelli che fanno parte del
Lumaclub» gli rispose invece il ragazzo, alzandosi e facendo
cenni alla sua amica di seguirlo.
Lily
rivolse a Reg un sorriso a mo' di scusa, poi si affrettò a
seguire il Serpeverde.
Reg
era convinto che l'impegno dei due ragazzi non potesse durare più
di un'oretta, quindi non si preoccupò troppo di restare da
solo nello scompartimento. Invece non tornò più nessuno
per tutto il viaggio. Venne solo la signora grassa che spingeva il
carrello dei dolci, ma Reg non poté comprare nulla perché
sua mamma non gli aveva dato dietro qualche spicciolo, ma un misero
panino al tonno per il pranzo.
Quando
finalmente il treno cominciò a rallentare, Reg aveva già
indossato da un pezzo la sua divisa, ereditata dal cugino Arthur che
ormai aveva già finito la scuola.
Scese
sulla banchina con un tale entusiasmo che, sa avesse potuto, si
sarebbe messo a saltare in giro per scaricare tutta l'energia che
aveva accumulato. Si guardò attorno eccitato, ma non riconobbe
nessuno che poteva essere del primo anno, finché una grossa
manona non lo afferrò per la collottola della camicia e lo
sollevò in aria.
«Tu
dove pensavi di andare?» gli domandò con voce cavernosa
un enorme orso peloso.
No,
non era un orso: era un grosso umano con un cespuglio di capelli
crespi e una folta barba nera. «Woow!» esclamò
estasiato Reg, sgambettando in aria con entusiasmo. «Tu sì
che sei grosso!»
«E
tu, invece, devi stare qui» rispose l'omone, depositandolo a
terra in mezzo agli altri ragazzini del primo anno. «Ora voi mi
seguite, che attraversiamo il lago con le barche» continuò,
conducendo gli atterriti ragazzini lungo un sentiero ripido e
stretto.
Dopo
qualche minuto di cammino silenzioso, perché tutti erano
troppo immersi nei propri pensieri per poter parlare, il sentiero si
spalancò all'improvviso, aprendo la visuale sul margine di un
grande lago nero. Appollaiato in cima ad un'alta montagna, con le
finestre che brillavano nel buio della notte, si stagliava un grande
castello con molte torri e torrette.
«Hogwarts...»
sussurrò Reg, pieno di ammirazione. Finalmente c'era anche
lui!
Attraversarono
il lago su delle barchette a quattro posti, ma Reg non degnò
nemmeno di uno sguardo i suoi compagni, troppo preso dalla sagoma del
castello che si innalzava davanti ai suoi occhi. La loro gigantesca
guida li fece attraccare in un porto nascosto, poi li affidò
alle cure di una donna con i capelli raccolti e lo sguardo tagliente.
Aveva un paio di occhialetti quadrati adagiati sul naso e la bocca
era talmente sottile che sembrava non fosse capace di incrinarsi in
un sorriso. «Molto bene, ragazzi. Io sono la professoressa
McGranitt, vicedirettrice di Hogwarts e direttrice della casa di
Grifondoro» si presentò l'insegnante. Dopodiché
spiegò le regole della scuola, ma Reg non ascoltò
nemmeno una parola perché era intento ad osservare il castello
in ogni suo mimino dettaglio.
La
professoressa li condusse all'interno e poi fino alla Sala Grande.
«Quando entreremo, io vi chiamerò per nome e voi vi
sederete sullo sgabello; io vo metterò in testa il Cappello
Parlante che vi smisterà in una delle quattro case:
Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde» spiegò
la professoressa McGranitt, squadrandoli con aria severa. Infine, si
voltò e spalancò il portone sotto i loro occhi.
Reg
ne aveva sentito parlare tante volte, da sua sorella, dai suoi
genitori, da suo cugino. Eppure vederla, vedere la Sala Grande
illuminata da tutte quelle candele che galleggiavano a mezz'aria, il
suo soffitto che sembrava uno squarcio sul cielo stellato, tutti
quegli studenti...
«Ehi!»
protestò un ragazzino moro davanti a lui.
Reg
smise di procedere con il naso rivolto all'insù solo quando
andò a sbattere contro il ragazzino che si era lamentato.
«Scusa» bisbigliò Reg con un mezzo sorriso, ma
l'altro gli riservò solo uno sguardo di sufficienza, prima di
voltarsi verso la McGranitt, che aveva ormai raggiunto lo sgabello
con sopra il Cappello Parlante. Da uno squarcio nel mezzo, il
Cappello cominciò a parlare, recitando una buffa filastrocca
che Reg non capì molto. Parlava di virtù, di unicità
e unione, insomma, cose troppo difficili per un ragazzino di undici
anni tutto concentrato sul prossimo Smistamento.
«Abbott
Theodor» chiamò la professoressa McGranitt, quando il
cappello ebbe finito di recitare la sua filastrocca, e un ragazzino
biondo si fece avanti titubante. La professoressa gli mise in testa
il Cappello Parlante, che dopo qualche secondo esclamò:
«Tassorosso!»
Il
tavolo alla destra di Reg scoppiò in un fragoroso applauso,
mentre Theodor Abbot si unì ai suoi compagni di casa.
«Black
Regulus».
Il
ragazzino moro a cui Reg era andato addosso si fece avanti. Il
Cappello Parlante questa volta ci impiegò parecchio tempo a
scegliere, ma alla fine lo mandò a Serpeverde.
Reg
aspettò con ansia il suo turno, ben sapendo che sarebbe stato
uno degli ultimi. Pian piano tutti i ragazzi vennero smistati in una
delle quattro case, finché non restarono solo in tre davanti
al tavolo dei professori.
Reg
non era abituato ad essere agitato, non era da lui, ma quando la
professoressa McGranitt chiamò il suo nome, non poté
evitare che il suo cuore cominciasse a battere all'impazzata nel
petto. Era il momento della verità. Prese un profondo respiro
e andò a sedersi sullo sgabello, mentre l'insegnante gli
poneva sul capo il Cappello Parlante.
“Oddio,
eccone un altro!” esclamò una vocina dentro la sua
testa. “Ma voi Weasley non finite mai?”
Reg
ridacchiò tra sé. “Mandami tra i Grifondoro, dai,
dai!” pensò con forza, sperando di influenzare la
decisione del cappello.
“Dici?
Anche tra i Tassorosso staresti bene: sei leale e onesto.”
continuò la voce.
“No,
no, voglio essere un Grifondoro!” protestò Reg.
“Be',
sei anche molto coraggioso... e va bene, vada per...”
«Grifondoro!»
Eccomi
qui, come promesso, con il nuovo capitolo per il secondo sabato di
gennaio! Non so per voi, ma per me questo mese è passato in un
batter d'occhio. Però sono contenta, perché mi mancava
l'idea di dover aggiornare il sabato mattina, di preparare il
capitolo per il venerdì sera, di aspettare le recensioni...
anche se devo dire che mi sento un po' spaesata così lontana
dal Trinity!
Spero
che i fratelli Weasley vi siano piaciuti! Mary non è certo
miss simpatia, ma avrà tempo di ricredersi.
A
presto,
Beatrix
EDIT:
comincia anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Il campione di Quidditch ***
Reg
era orgoglioso di essere diventato un Grifondoro, perché era
convinto che fosse la casa migliore in assoluto. Se ne andava in giro
saltellando, solo per il gusto di sentire i suoi passi rimbombare nei
corridoi di Hogwarts. Spesso si fermava a parlare con gli abitanti
dei ritratti che popolavano il castello e questo lo faceva arrivare
in ritardo a quasi tutte le lezioni. I professori non sapevano più
come contenere la sua esuberanza, sebbene fosse fondamentalmente una
vivacità positiva.
Questa
sua esagitata allegria lo teneva lontano anche dai compagni e per
questo non aveva molti amici: chiacchierava con chiunque grazie alla
sua estroversione, ma non aveva stretto legami davvero profondi con
nessuno, ad esclusione della ragazzina che aveva conosciuto durante
il viaggio in treno, Lily Evans, anche se lei preferiva passare il
tempo con quel suo amico unticcio di nome Severus.
I
coetanei di Reg lo evitavano, per quanto possibile, visto che essere
suo compagno di banco significava meritare sistematicamente una
punizione per “chiacchiericcio e disturbo in classe”. La
McGranitt lo rimproverava talmente spesso che una volta, per la
disperazione, era arrivata a minacciarlo di sbatterlo fuori
dall'aula.
L'unico
professore che lo trattava con gentilezza era Lumacorno, ma Reg
sospettava fortemente che centrasse la sua parentela con Mary
Weasley: l'insegnante non faceva altro che cantare le lodi di sua
sorella, augurandogli di diventare un campione di Quidditch proprio
come lei.
«Professore,
io cercherò di entrare in squadra già quest'anno!»
gli disse un giorno Reg, eccitato dall'idea di giocare a Quidditch
per Grifondoro.
Lumacorno
ridacchiò divertito, muovendo su e giù i suoi grossi
baffoni. «Oh, ma mio caro Reginald, nessun undicenne passa le
selezioni».
«Be',
io sarò il primo!» esultò Reg, alzando il pugno
al cielo. Era sicuro di farcela anche perché sua sorella era
la capitana e avrebbe avuto certamente un occhio di riguardo nei suoi
confronti.
Grosso
errore. Mary Weasley non era affatto tipa da fare favoritismi, tanto
meno nel ruolo che rivestiva orgogliosamente da ormai tre anni; per
di più, da quando era diventata capitana, non era ancora
riuscita a portare la coppa alla sua casa, quindi era più che
mai determinata a trovare il miglior Cercatore per giungere alla
vittoria.
Il
giorno delle selezioni, il piccolo Reg prese in prestito una delle
scope in dotazione alla scuola e raggiunse lo stadio di Quidditch per
mettersi in fila con gli altri aspiranti giocatori. Erano tutti più
grandi di lui, e non solo d'età, ma anche fisicamente, visto
che il più basso tra quelli lo superava di tutta la testa.
“Meglio, significa che sono avvantaggiato in velocità e
agilità!” pensò Reg, senza lasciar morire il suo
entusiasmo.
«Vedrai
che prenderà me come Cercatore» stava dicendo il ragazzo
davanti a lui, un tipo con gli occhiali e i capelli indomabili,
rivolto al suo amico.
«Certo
che i ti prenderà, James, sei il migliore» rispose
l'altro scuotendo le spalle, con un sorrisetto di superiorità.
«Vi
sbagliate, prenderà me!» si intromise Reg, con energia.
I
due si voltarono verso di lui e lo guardarono con aria derisoria.
«Mi
sceglierà, vedrete» continuò Reg con
cocciutaggine. «La capitana è mia sorella».
«Sei
anche tu un Weasley?» domandò allora il ragazzino di
nome James, con una sottile vena di ironia.
«Sì»
rispose Reg in tono di sfida.
L'altro
si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto. «Allora
lascia che ti dica una cosa, Weasley» disse, avvicinandosi a
lui con aria di superiorità. «Non si può battere
un Potter. Soprattutto non con quella scopa buona solo per pulirci i
pavimenti».
Reg
stava per ribattere quando sua sorella entrò in campo e
richiamò l'attenzione degli sfidanti. “Che odioso, quel
Potter!” pensò il ragazzino, digrignando i denti. Passò
i successivi dieci minuti a pensare a mille modi diversi per
ucciderlo e farlo sparire dalla faccia della terra, cosicché
si perdette la spiegazione di come si sarebbero svolte le selezioni.
«Tutto
chiaro?» domandò Mary con voce autoritaria. Gli
aspiranti giocatori annuirono convinti, mentre Reg si guardava
intorno per capire cosa avrebbe dovuto fare.
«Reginald
Weasley e Sean McPale» chiamò Mary. Aveva messo apposta
il fratellino nel primo girone, per metterlo velocemente fuori gioco:
non voleva che qualcuno l'accusasse di favoritismi.
Lo
sfidante di Reg era un ragazzone del quinto anno, che al suo
confronto pareva una montagna. Reg lo squadrò da sotto in su
con gli occhi sgranati, proprio mentre uno dei due battitori liberava
il boccino. Dopo avergli lasciato qualche minuto di vantaggio, Mary
ordinò ai due aspiranti Cercatori di partire all'inseguimento.
Per
fortuna McPale era abbastanza lento e goffo, per cui il piccolo Reg
lo distanziò facilmente. Dopo poco tempo riuscì ad
individuare uno scintillio dorato vicino alle tribune: era quasi
certo che si trattasse del Boccino. Controllò che McPale non
se ne fosse accorto e quando lo vide gironzolare intorno ai pali, si
lanciò all'inseguimento del minuscolo brillio. Poco dopo
alzava già al cielo il pugno chiuso attorno al Boccino.
La
prima vittoria fu abbastanza facile perché il suo sfidante non
aveva affatto le doti del Cercatore. O, forse, chissà, fu una
botta di fortuna. Le successive giocate si rivelarono ben più
difficili, ma Reg riuscì ad acciuffare sempre il Boccino prima
dei suoi avversari.
Mary
era abbastanza contrariata dalla cosa, perché non voleva
quella pulce di suo fratello in squadra, ma almeno doveva ammettere
che era singolarmente capace. E poi con quelle selezioni, nessuno
avrebbe potuto accusarla di essere ingiusta.
L'altro
sfidante che si stava distinguendo era James Potter*: aveva talento,
e parecchio, anche. Si librava in aria con la sua scopa nuova di
zecca con particolare maestria e se anche non era il primo ad
avvistare il Boccino, era sempre il primo ad acciuffarlo perché
era più veloce e più bravo a volare. Ad ogni sua
impresa, sembrava vantarsi sempre di più, come se la conquista
del Boccino d'Oro valesse un Ordine di Merlino Prima Classe. Reg
cominciava ad odiarlo sempre di più, soprattutto perché
si rendeva conto che sarebbe stata tra loro due la sfida finale.
Come
aveva previsto, infatti, Potter vinse la semifinale contro una
ragazzina di nome Julia, e così i due furono costretti ad
affrontarsi. Tutti seguirono lo scontro con molto interesse. Da una
parte quella pulce di Weasley a cui nessuno avrebbe dato un soldo di
cacio, ma che aveva dimostrato di avere una grinta degna della
sorella; dall'altra Potter, che si comportava come una promessa del
Quidditch e, oltre che talento, aveva anche l'atteggiamento di un
fuoriclasse.
«In
sella alle scope» ordinò Mary ai due sfidanti, che
eseguirono l'ordine guardandosi in cagnesco. La capitana liberò
il Boccino d'Oro e gli diede un vantaggio di qualche minuto, poi fece
partire i due ragazzi.
Il
manico nuovo di Potter fece subito sentire la differenza con quello
vecchio in dotazione alla scuola che aveva preso Reg.
«Mangia
i rametti della mia scopa, Weasley!» sghignazzò Potter,
lanciandosi in volo nel cielo plumbeo.
Reg
digrignò il denti, ma non ci mise molto a raggiungere il suo
avversario. Era determinato a batterlo più che mai, anche solo
per strappargli dalla faccia quel ghigno irritante.
I
due ragazzi svolazzarono per il campo, aguzzando la vista alla
ricerca di uno scintillio d'oro. Potter controllava la zona intorno
ai pali, mentre Reg preferiva innalzarsi per avere una visione
complessiva. Passarono parecchi minuti di snervante attesa, finché
Reg non notò un brillio proprio vicino alla tribuna. Doveva
essere lui, il Boccino d'Oro! Potter era più vicino, ma non
sembrava essersene accorto, così Reg si lanciò in
picchiata. Nel momento stesso in cui il piccolo Weasley cominciò
il suo inseguimento, l'avversario si mise a tallonarlo. Non ci volle
molto perché la scopa più veloce di Potter gli
permettesse di raggiungerlo e affiancarsi a lui.
«Sei
una pulce, Weasley!» lo derise con gusto.
«Vedremo
se avrai ancora voglia di ridere, quando avrò preso il
Boccino!» gli rispose Reg, allungando la mano verso la piccola
palla dorata che sfrecciava davanti a lui. Mancava poco! L'aveva
quasi afferrato!
Proprio
in quel momento, anche Potter staccò la mano dalla scopa, ma
non si protese verso il Boccino. Afferrò, invece, il manico di
Reg e con un violento strattone lo fece deviare. La pessima scopa
della scuola reagì male alla spinta e roteò su se
stessa come impazzita.
«Woooh!»
esclamò Reg, sgranando gli occhi e afferrando il manico con
forza, nel tentativo di raddrizzarlo. Non appena ne riottenne il
controllo, si lanciò all'inseguimento di Potter, ma lui era in
vantaggio e aveva una scopa decisamente più veloce. Dopo pochi
secondi stringeva il Boccino nel pugno sollevato al cielo in segno di
vittoria.
I
due sfidanti tornarono a terra.
«Ottimo
lavoro, Potter. Il posto è tuo» esclamò Mary,
dandogli una sonora pacca di approvazione sulla spalla. Il piccolo
pubblico scoppiò in un applauso e l'amico di Potter si fece
avanti per congratularsi con lui. Potter, dal canto suo, sembrava
bearsi di tutta quella attenzione.
«Ma
come!» protestò Reg, infuriato. «Scegli lui? Ma ha
giocato sporco!»
Potter
gli si avvicinò con aria tonfa. «Dimostralo» lo
sfidò con un sorriso beffardo.
Reg
aprì la bocca scioccato, ma nonostante gli sguardi astiosi di
tutti, che evidentemente pensavano non sapesse perdere, non si tirò
indietro da dirgli in faccia quello che pensava di lui. «Sei
l'essere più viscido che io abbia mai visto! Il tuo ego è
talmente smisurato che si sente la tua puzza di cacca di troll a
distanza di diecimila miglia! Dovresti alzarti la mattina e nel
guardarti allo specchio dovresti vergognarti della faccia da scemo
che ti ritrovi, perché sei uno che sa vincere solo
imbrogliando. Mi ripugni!»
«Quanto
a te...» continuò rivolto alla sorella. «Se scegli
in squadra dei baroni come Potter, non ti meriti altro che perdere!»
E
con quelle parole Reg si allontanò dal campo di Quidditch, tra
gli sguardi allibiti e astiosi di tutti.
Ecco
qui il nuovo capitolo! Come avrete notato, nonostante le mie pessime
qualità grafiche, ho deciso che il titolo di ogni capitolo
sarà accompagnato da un disegno. Questo non è il
massimo, ma nei successivi ce ne sono parecchi che ho disegnato io.
Spero che vi piacciano.
Ora,
la spinosa questione del Quidditch: mi dispiace aver fatto perdere
Reg, ma Harry è il più giovane giocatore da oltre un
secolo, quindi necessità di IC mi impedivano di far ottenere
il posto a Reg. Quanto a James, lo so che la Rowling in un'intervista
ha detto che James Potter era un Cacciatore, ma quando ho letto
quell'informazione, la mia mente ha provveduto a cancellarla dalla
memoria, perché per me è inconcepibile. Non so
se definire James un Cercatore sia Canon (in fondo, si rivela il suo
ruolo solo in un'intervista), ma per me resterà sempre tale
per due motivi: primo, nella “Pietra filosofale”, quando
Hermione mostra il premio di James a Harry nella sala dei trofei c'è
scritto “seeker” (lo so, è un film, ma Chris
Columbus non è uno sprovveduto, quindi avrà scelto quel
ruolo con cognizione di causa); secondo, è assolutamente
immotivato che un giocatore di Quidditch giochi con un boccino d'oro
(come fa Potter nel peggior ricordo di Piton) se non è un
Cercatore. Spero che condividerete, almeno in parte, la mia scelta di
fare di Potter un Cercatore.
Alla
prossima settimana, e grazie a tutti!
EDIT:
continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** La ragazza irlandese ***
Dopo
la sua pessima scenata sul campo da Quidditch, ben pochi Grifondoro
osavano ancora rivolgergli la parola. Evidentemente nessuno aveva
considerato il comportamento di Potter poco sportivo e le parole di
Reg suonavano tanto come quelle di una persona che non accettava di
perdere. Lily se ne stava sempre di più con quel suo amico di
nome Severus, Potter si vantava come un pallone gonfiato e sua
sorella aveva cominciato a fare comunella con quell'idiota. Erano
fatti l'uno per l'altra: entrambi pieni di sé ed egocentrici.
I
professori, con il procedere del tempo, cominciarono ad assegnare una
mole di compiti che Reg non aveva mai sognato nemmeno nei suoi incubi
più terribili. Lumacorno continuava a trattarlo con un certo
riguardo, ma perfino lui era rimasto affascinato dall'aurea di Potter
e non faceva altro che cantare le sue lodi. Reg lo odiava sempre di
più e soprattutto non era più tanto convinto che
Hogwarts fosse un posto meraviglioso e Grifondoro la casa migliore di
tutte. Parlava più spesso con il fantasma del Frate Grasso che
con i suoi compagni. Forse sarebbe dovuto finire a Tassorosso.
«Scherzi!
Io non lo vorrei neanche morto uno come te nella nostra casa»
gli aveva detto Theodor Abbott, quando l'aveva sentito esporre quella
sua perplessità al Frate Grasso. «Ci faresti perdere un
sacco di punti. E poi non hai proprio la stoffa del Tassorosso: sei
troppo schizzato».
«Grazie,
Abbott» rispose Reg in tono gelido.
Il
ragazzino scosse le spalle e si allontanò con indifferenza.
Reg
rimase zitto per qualche secondo, poi esplose: «Be', sai che ti
dico? Nessuno vuole essere un Tassorosso, perché siete un
branco di sfigati rammolliti!»
Sfortuna
volle che Reg pronunciasse quella frase proprio mentre un gruppo di
Tassorosso del settimo anno stava uscendo da una delle aule.
«Ehi
pulce, ripeti quello che hai detto!» gli intimò uno.
«Oh-oh!»
esclamò Reg, sgranando gli occhi. Dopodiché se la diede
a gambe. Forse non era un grande atto di coraggio fuggire in quel
modo, ma non aveva speranza di uscire vivo da uno scontro con dei
ragazzi dell'ultimo anno.
Proprio
in quel momento svoltò l'angolo e andò a sbattere
contro qualcuno, mandando in aria il contenuto della propria borsa.
«Oh, scusa!» esclamò impacciato, raccogliendo i
libri e le carte che erano rotolate a terra. Fece una veloce
divisione tra i libri che riconobbe come suoi e porse gli altri alla
persona contro cui era andato a sbattere, senza accorgersi che una
delle lettere che gli aveva mandato suo cugino Arthur era finita
nella pila sbagliata.
La
ragazza, che apparteneva alla casa di Serpeverde, gli strappò
i volumi di mano e se li infilò nella borsa, senza distogliere
il suo sguardo penetrante dal piccoletto. Reg ebbe un fremito
involontario e non solo per la furente occhiata di lei, ma anche per
il suo aspetto inquietante: la manica sinistra era chiusa in un nodo
all'altezza del gomito e le gambe che di intravedevano sotto la gonna
a pieghe erano irrimediabilmente storpie.
Il
ragazzino fece per andarsene, quando notò che c'era
qualcos'altro a terra: quando si accorse che si trattava di un
bastone da passeggio, arrossì fino alla punta delle orecchie.
Lo raccolse titubante e lo pose alla ragazza.
Quella
glie lo strappò di mano e lo perforò con lo sguardo.
«Tu devi essere un Weasley» commentò in tono
piatto. «Il fratellino di Mary».
Reg
ebbe un moto d'orgoglio. «Sì» rispose in tono di
sfida.
La
Serpeverde gli si avvicinò e appoggiò il pomolo a forma
di drago del suo bastone al petto del ragazzino. «Traditore del
tuo sangue» gli sputò addosso con cattiveria.
Reg,
sebbene la ragazza fosse molto più grande di lui, non abbassò
gli occhi: non poteva permettere che quella sputasentenze lo
insultasse.
Proprio
in quell'istante, una voce femminile interruppe la tacita guerra di
sguardi tra Reg e la giovane.
«Scilla!
Dove ti eri cacciata?» domandò una ragazza, anche lei di
Serpeverde, con dei vaporosi capelli biondi e degli occhi glaciali.
«Arrivo,
Cissy» rispose quella di nome Scilla, senza distogliere lo
sguardo dal piccolo Reg. «Non finisce qui, Weasley» disse
prima di andarsene, con un ultima occhiata furente, portando con sé
la lettera di Arthur che, nessuno poteva saperlo, avrebbe causato
parecchi guai a distanza di molti anni.
Reg
rimase impalato in mezzo al corridoio con i pugni chiusi e il volto
contratto in una smorfia di rabbia. Possibile che da quando aveva
messo piede ad Hogwarts non gliene fosse andata bene una? Che cosa
aveva di così diverso dai suoi compagni?
«Meglio
stare alla larga» disse una voce alle sue spalle.
Reg
si voltò per trovarsi di fronte un ragazzino chino sotto il
peso dei libri che portava nella borsa. Aveva i capelli color castano
chiaro e uno sguardo dolce ma allo stesso tempo un po' triste.
«Cosa?»
domandò scioccamente Reg, senza capire.
Il
ragazzino accennò con il capo alla figura della Serpeverde che
si allontanava. «Priscilla Saiminiu. Meglio stare alla larga da
gente come lei» spiegò con un mezzo sorriso a Reg.
«Perché,
la conosci?» gli chiede allora Reg, visto che gli sembrava
improbabile una relazione tra quel ragazzetto di Grifondoro e la
scorbutica Saiminiu.
Il
Grifondoro scosse le spalle. «Tutti la conoscono. Fa parte di
un gruppo di fanatici che vanno in giro a fare scherzi idioti a
coloro che hanno origini Babbane».
Reg
osservò la sagoma di Priscilla Saiminiu che spariva tra gli
altri studenti. Non gli piaceva per niente quella ragazza, con il suo
modo di fare. Chi si credeva di essere? E poi, che nome aveva?
Il
Grifondoro sembrava ben disposto nei suoi confronti, cosa più
unica che rara, visto come lo trattavano i suoi compagni di casa,
così Reg si mise a chiacchierare con lui. «Che cognome
strano, questa Saiminu».
«È
irlandese» spiegò il ragazzino, con tono risoluto.
«Anzi, c'è anche chi dice che sia nobile, ma non lo
so... non ho mai capito bene come funzioni questa cosa della nobiltà
in Irlanda. Hanno delle leggi strane».
«Ma
allora perché non è andata al Trinity?» sbottò
Reg. Non conosceva molto del Trinity College, la scuola irlandese di
magia, ed era certo che non avesse lo stesso prestigio di Hogwarts,
ma di solito tutti gli irlandesi preferivano frequentare quella.
Perché diavolo la Saiminiu non ci era andata?
Il
Grifondoro scosse le spalle, poi tese la sua mano verso Reg. «A
proposito, io sono Remus Lupin» si presentò.
«Reg,
Reg Weasley» rispose l'altro, stingendo la mano di Remus.
«Non
sarai per caso il fratello di Mary?» gli chiese allora Remus,
stupito.
Quella
domanda stava cominciando a diventare estremamente fastidiosa. «Sì»
sibilò Reg, tra i denti. Era odioso essere sempre identificato
solo per la sua paretela con Mary, la grande campionessa di
Quidditch.
Ma
Remus disse una cosa che lo stupì: «Allora tu più
di chiunque altro dovresti stare alla larga dalla Saiminiu!»
«Perché?»
Remus
si sistemò la cinghia della borsa, che per il peso gli stava
praticamente segando la spalla. «Perché lei e tua
sorella sono acerrime nemiche» rivelò, guardandosi
intorno, come se temesse di veder spuntare la Saiminiu da dietro un
angolo.
Reg
sgranò gli occhi e osservò Remus con aria stranita.
«Perché?» chiese di nuovo, ma questa volta in un
sussurro.
Remus
scrollò le spalle. «Voci di corridoio dicono che fossero
amiche, ma poi la Saiminiu divenne gelosa di tua sorella, per via del
Quidditch... non lo so, sta di fatto che ora si odiano e se fossi in
te non offrirei troppi pretesti alla Saiminiu per perseguitarti: è
fin troppo pericolosa di suo».
Reg
osservò gli occhi nocciola di Remus che sembravano
attraversati da una vena di apprensione. Era gentile da parte sua
preoccuparsi di un ragazzo che praticamente non conosceva. Anzi, è
la prima persona che si comportava in modo gentile con lui. «Stai
tranquillo, Remus. Saprò cavarmela» gli rispose Reg, con
una strizzata d'occhio.
«Ehi,
Lunastorta!» esclamò una voce estremamente fastidiosa.
Reg
non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che a parlare era stato
Potter.
Un
sorriso illuminò il volto di Remus al vedere Potter e gli
altri due che venivano loro incontro.
«Sempre
in biblioteca, eh?» disse l'altro ragazzo, quello moro e con la
faccia da schiaffi, passandosi una mano tra i capelli. Remus fece un
sorrisetto a mo' di scusa, come se studiare fosse una colpa.
Reg
al contrario digrignò i denti: Remus gli era sembrato un tipo
a posto, invece era amico di quelli là.
«Be',
io vado...» gli disse Remus, un po' titubane, forse per lo
sguardo astioso che Reg stava riservando a Potter. «È
stato un piacere conoscerti» concluse con un sorriso timido,
prima di raggiungere i suoi amici.
Reg
si limitò a fare un cenno del capo quando ormai Remus era
troppo lontano per vederlo.
Da
quel giorno, Remus chiacchierò altre volte con Reg; la sua
compagnia era piacevole, anche se forse era un po' troppo tranquillo
e studioso per i gusti di Reg. Ma il vero problema era che Remus
preferiva stare con i suoi amici: Potter e poi quell'altro, il
morettino che si credeva tanto affascinante, che Reg aveva scoperto
chiamarsi Sirius Black, e l'insulso cicciottello che correva loro
dietro. Reg non aveva ancora perdonato Potter per averlo battuto sul
campo di Quidditch giocando sporco; inoltre gli dava assolutamente
fastidio quella sua aria da divo che aveva perennemente stampata in
faccia. Faceva sempre lo scemo con sua sorella, come se potesse
essere alla sua altezza! Ma era davvero così stupido? Non si
rendeva conto che Mary era più grande di cinque anni e un
bambinetto come lui non le sarebbe mai interessato?
Un
altro grosso problema per Reg era Priscilla Saiminiu. Era sicuro che
prima o poi gliela avrebbe fatta pagare, non tanto per essergli
andato addosso, quanto per aver avuto il coraggio di fissarla negli
occhi. Tanto più, dopo quello che gli aveva raccontato Remus,
era certo che la ragazza irlandese non avrebbe lasciato correre.
Una
volta, mentre cenava seduto al tavolo dei Grifondoro, Reg aveva
alzato gli occhi dal suo piatto per ritrovarsi quelli profondi e
scuri della Saiminiu che lo fissavano dall'altra parte della Sala
Grande. Anche questa volta sostenne il suo sguardo, ma la sua
avversaria aveva un sorriso che non gli piaceva per niente. Quella
stessa sera si era ritrovato sul suo letto nel dormitorio una piccola
serpe di campo morta. Non sapeva come ci era arrivata, ma era sicuro
che fosse un avvertimento della Saiminiu.
Ovviamente
la notizia si sparse in tutta la torre dei Grifondoro e giunse fino
alle orecchie di Mary. Reg cercò di portare fuori la biscia
morta senza essere visto, ma al suo ritorno nella sala comune, Mary
lo fermò.
«Ho
saputo che hai avuto a che ridire con la Saiminiu» gli disse,
squadrandolo con severità.
«Sì,
perché?» farfugliò innocentemente Reg, convinto
che la sorella lo volesse avvertire di lasciar stare una come
Priscilla.
Invece
la ragazza assunse un aria furente. «Be', pessima mossa,
signorino. Lei è affare mio, chiaro? Non ti impicciare!»
Reg
rimase scioccato: sua sorella lo stava rimproverando non perché
la Saiminiu fosse pericolosa, ma perché era affare suo?
«Sei
davvero egocentrica!» esclamò di botto il ragazzino.
In
effetti Mary aveva la tendenza a considerarsi meglio degli altri,
visto che non se la cavava male a scuola, era la capitana della
squadra di Quidditch e il gioiello migliore della collezione di
Lumacorno. Ma nessuno glielo aveva mai fatto notare.
«Ripeti
quello che hai detto!» lo minacciò con astio.
«Ti
ho detto che sei egocentrica! Vuoi sempre stare al centro
dell'attenzione. Be', notizia del giorno: il mondo non gira intorno a
te, carina!» rispose Reg con veemenza e poi le voltò le
spalle lasciandola lì impalata.
Ecco
qui il nuovo capitolo, con l'entrata in scena ufficiale di Priscilla
Saiminiu (e di Remus Lupin che, anche se non avrà parte
fondamentale della storia, non potevo certo lasciare fuori!) Vi
annuncio ufficialmente che ho finito di scrivere la storia, quindi
comincerò ad aggiornare due volte a settimana; in particolare
la prossima volta sarà martedì sera, poi credo che mi
stabilizzerò per venerdì e mercoledì sera.
Una
piccola nota: la descrizione dei Malandrini è fatta ovviamente
dal punto di vista di Reg, quindi credo che necessiti di qualche
chiarimento. I Malandrini sono al secondo anno (siamo nel 1972) e non
so se avevano già cominciato ad usare i soprannomi che tutti
conosciamo, ma ho deciso che la Rowling non ha dato limiti temporali
per la formazione del loro gruppo e non è inverosimile che già
al secondo anno si considerassero “I Malandrini”, sebbene
ovviamente non fossero ancora Animagus; per questo James chiama Remus
“Lunastorta”. Quanto a Sirius, non volevo ritrarlo in
modo così negativo, ma ritengo che, essendo amico di James,
Reg non possa pensare altro di lui che “faccia da schiaffi”
(anche perché, bisogna ammetterlo, non era proprio uno stinco
di santo, come si suol dire). Infine, non è che James sia
innamorato di Mary, anche perché lui ha 12 anni, lei 17;
tuttavia alcuni ragazzini, a quell'età, prendono una cotta per
ragazze più grandi e mature, come la prof di matematica o la
sorella maggiore del proprio migliore amico... insomma, cose così!
Mary in fondo ha il suo fascino ed è la capitana di James. Per
questo credo che lui si sia un po' infatuato; dubito infatti che sia
già preso da Lily, al secondo anno.
A
presto, carissimi!
Vostra
Beatrix
EDIT:
continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Reg & Reg ***
Dopo
la sfuriata rivolta a sua sorella in sala comune, Reg e Mary avevano
praticamente smesso di parlarsi. Questo non aveva contribuito a
migliorare le relazioni sociali di Reg che, già scarse prima
dell'incidente, ora erano peggiorate in modo drastico. Quasi più
nessuno, ad eccezione di Remus o Lily, gli rivolgeva la parola.
L'unico
suo passatempo era girovagare senza meta per i corridoi, alla ricerca
di qualche dipinto che avesse voglia di chiacchierare con lui. Quel
giorno stava saltellando in giro, nella zona del terzo piano, quando
sentì delle voci animate che provenivano dal bagno dei maschi.
Spinto da un'insaziabile curiosità, decise di entrare.
C'era
a terra un ragazzino moro di Serpeverde, mingherlino, con gli occhi
glaciali e infossati, sovrastato da due energumeni dalle dimensioni
enormi.
«Avanti,
primino, dacci i biscotti che la tua mammina ti ha spedito per posta
questa mattina» stava dicendo uno dei due.
«Luridi
Sanguesporco! Con la vostra rozzezza infangate il nome dei maghi!»
sibilò il ragazzino, con voce velenosa.
«Ma
sentilo questo!» esclamò l'altro ciccione, cercando la
bacchetta magica nella tasca dei pantaloni.
«Ehi,
fermi voi due!» gridò Reg alzando la sua bacchetta con
fare minaccioso. In realtà non sarebbe stato nemmeno in grado
di disarmarli, ma questo loro non lo sapevano.
Quando
i due ragazzoni si voltarono verso chi aveva parlato, quasi
scoppiarono a ridere: una pulce con i capelli rossi e lo sguardo
infuocato stava puntando verso di loro la sua bacchetta. «Che
pensi di fare con quella?» sghignazzò uno, dando una
spallata all'altro.
«Vi
faccio crescere mille tentacoli sulla faccia e poi vi appendo al
soffitto, vi faccio cadere i pantaloni e vi faccio divorare le
budella da un drago fumoso uscito dalla mia bacchetta! E quello che
resterà di voi, sarà dato in pasto alle mantidi
carnivore che infestano l'Amazzonia, che vi squarteranno pezzo a
pezzo, facendovi rimpiangere il giorno in cui avete deciso di fare i
bulli!» esclamò Reg tutto d'un fiato.
Quell'ammasso
di idiozie fece restare tutti senza parole. Ma da dove saltava fuori
uno così?
In
realtà, quello che salvò i due ragazzini da una serata
in infermeria, non furono le minacce di Reg, ma l'arrivo improvviso
in bagno di un Caposcuola. «Che sta succedendo qui?»
domandò, osservando la scena.
«Niente,
niente» disse uno dei due grassoni, afferrando l'altro per il
braccio e uscendo dal bagno.
Il
Caposcuola gettò un'occhiata inquisitoria ai due primini, ma
visto che non era accaduto nulla di grave, lasciò perdere ed
entrò in un bagno.
«Me
la stavo cavando benissimo» lo aggredì in tono acido il
ragazzino moro, alzandosi da terra e raccogliendo i libri che gli
erano caduti.
Reg
lo osservò meglio: gli ricordava terribilmente qualcuno, anche
se non riusciva a capire di chi si trattasse. «Volevo solo dare
una mano. Non fa mai male aiutarsi a vicenda» bofonchiò
poco dopo, con una scrollata di spalle, troppo ingenuo per accorgersi
del rischio che avevano corso.
Il
ragazzino lo fissò dritto negli occhi con sguardo serio. «Sei
Purosangue?» gli domandò in tono inquisitorio.
Reg
scoppiò a ridere, come se qualcuno avesse fatto una battuta.
«Ma sei fuori?» gli chiese di rimando.
Il
ragazzino sembrò offendersi, ma non disse nulla.
«Voglio
dire, che razza di domanda è? Tu le incominci sempre così
le conversazioni?»
«Volevo
solo sapere...» rispose quello, lanciandogli degli sguardi
torvi.
Reg
rimase un attimo in silenzio, per sondare quanto si fosse offeso il
suo interlocutore, poi, visto che non era mai stato capace a restare
in silenzio per più di cinque secondi, esclamò:
«Comunque, sì, sono Purosangue. Mi chiamo Reg».
L'altro
ragazzino parve illuminarsi e un ombra di sorriso gli attraversò
le labbra. «Anche io mi chiamo Reg... più o meno»
disse dopo un attimo, leggermente in imbarazzo. Non era abituato a
rapportarsi con qualcuno di così spontaneo e gioviale, visto
il clima di rigidità e di inflessibile intransigenza che
regnava a casa sua.
«Davvero?
Il mio sta per Reginald. Nome un po' troppo altisonante per i miei
gusti» rispose Reg entusiasta.
«Regulus»
sussurrò l'altro, con un mezzo sorriso.
«Fantastico,
Regulus! Ora siamo ufficialmente amici».
«Perché?»
indagò il ragazzino di Serpeverde, dubbioso sul fatto che due
persone potessero diventare amiche dopo nemmeno cinque minuti di
conversazione.
Reg
batté le mani estasiato. «Perché abbiamo quasi lo
stesso nome! Non è una roba fichissima?»
«Tu
sei Grifondoro e io Serpeverde. Tu non stai mai zitto, io amo la
solitudine. E ci conosciamo da neanche due minuti!» protestò
Regulus, allibito dall'esuberanza di quel tappetto rosso che
sprizzava energia da tutti i pori. Chissà come facevano a
sopportarlo i suoi familiari; certo a casa Black non sarebbe
sopravvissuto. Ma che cosa andava pensando? Uno così non
sarebbe mai stato un Balck. I Black erano onore, prestigio, moralità,
rispetto. I Black erano una colonna, un'istituzione. Quello schizzato
non sarebbe mai stato uno della famiglia Balck.
«Oh,
senti... io ho fiuto per queste cose» esclamò Reg,
battendosi la punta del naso con il dito. «Fidati di me».
E,
chissà perché, Regulus si fidò.
Per
i primi giorni trovò assolutamente insopportabile il fatto che
la pulce rossiccia lo pedinasse ovunque, continuando a chiacchierare,
fastidioso come una zanzara di notte. Gli saltellava intorno, rideva,
e parlava, parlava, parlava senza mai stare zitto. Più volte
Regulus ebbe l'istinto di lanciargli una bella fattura che lo
sistemasse per un po'. Ma alla fine, quando un giorno Reg smise di
pedinarlo, Regulus ne sentì quasi la mancanza. I suoi momenti
erano così vuoti, così silenziosi; non c'era nessuno
che facesse battute divertenti sui professori, o che scimmiottasse
quell'idiota di Potter; nessuno che recitasse ad alta voce in mezzo
al corridoio le odi di Borgondus il Bardo o che cantasse a
squarciagola le note stonate delle canzoncine popolari; insomma, il
vuoto.
Fu
così che, meditandoci per giorni interi, alla fine prese il
coraggio di avvicinarsi al tavolo dei Grifondoro della Sala Grande.
«Che
vuoi tu qui?» lo aggredì Sirius, quando lo vide
arrivare. Regulus storse il naso.
«Non
sono certo qui per te» gli rispose velenoso e on un profondo
respiro si accostò a Reg, che tanto per cambiare si stava
abbuffando di ogni cibaria presente sul tavolo. «Ti va di
venire a studiare con me Pozioni in biblioteca?» buttò
lì tutto d'un fiato.
Il
volto di Reg parve illuminarsi come se fosse stato colpito dai raggi
del sole nascente. «Oh, sì, certo!»
Le
labbra sottili di Regulus si incrinarono in un lieve sorriso. In fin
dei conti, Reginald non era poi così male. Se preso a
piccole dosi.
Reg
era entusiasta della sua amicizia con Regulus. Finalmente qualcuno
con cui chiacchierare, passare le giornate, ridere e scherzare, o
andare al lago a buttare in acqua i sassi per stuzzicare la piovra
gigante. Quando aveva scoperto che il suo nuovo amico era un Black,
si era stupito parecchio; finalmente aveva capito chi gli ricordava:
il compagno moro di Potter... eppure i due ragazzi erano
incredibilmente differenti. Lo sguardo cupo di Regulus si trasformava
in sprezzante e tormentato negli occhi del fratello, rendendolo molto
più affascinante e assolutamente più odioso a parere di
Reg.
Regulus,
dal canto suo, si ormai era abituato alla presenza di Reg: gli
faceva compagnia e gli strappava un sorriso anche nelle giornate in
cui aveva l'umore a terra. Era incredibile come quella pulce
esageratamente estroversa potesse stargli simpatica. Nessuno dei suoi
coetanei di Serpeverde riusciva a capacitarsi di come fossero
diventati amici, eppure Regulus si era affezionato a Reg. Era
convinto che con lui non ci fosse bisogno di fingere, di rispettare
tutte quelle norme sociali che gli erano state inculcate in testa fin
da bambino, perché Reg era un ragazzino semplice e forse anche
un po' ingenuo. Spesso non si rendeva conto delle conseguenze delle
sue azioni, ma questa sua spensieratezza innocente tranquillizzava
Regulus, che si concedeva uno dei suo rari sorrisi solo quando lo
vedeva incastrarsi nel gradino fellone delle scale di Hogwarts o
abbuffarsi di dolci nella Sala Grande.
La
strana amicizia tra Reginald e Regulus non era ben vista dai loro
coetanei, tanto più perché erano di due case
differenti, ma i ragazzi non si si facevano problemi a sedersi vicini
durante le varie lezioni.
Quel
giorno, dopo aver subito le solite occhiatacce dai compagni
Grifondoro, Reg si lasciò cadere sulla sedia al fianco di
Regulus. Sul libro di Trasfigurazione del ragazzino, aperto a metà
sul banco, stava abbandonato un foglio di pergamena. «Quello
cos'è?» chiese Reg, con un cenno del capo.
Regulus
prese in mano il foglio con scarso interesse. «Ah, sarebbe
l'invito per la festa di Natale di Lumacorno» rispose,
storcendo il naso. «Ma non credo di andarci».
«Perché
no? Io pensavo di andare...» rispose Reg, scrollando le spalle.
Regulus
lo guardò stranito. «Perché, sei stato invitato
anche tu?» fu costretto a chiedere in un sussurro, dal momento
che era appena entrata in classe la professoressa McGranitt.
Reg
lanciò uno sguardo all'insegnante, poi confessò al suo
amico: «Credo che sia per via di Mary, sai. Lumacorno mi ha
sempre tenuto in grande considerazione perché sono suo
fratello».
Ecco
spiegato il motivo per cui Reg aveva ricevuto l'invito: Regulus
sapeva che il professore aveva la tendenza a tenersi stretti gli
studenti migliori, quelli che discendevano da famiglie prestigiose o
che mostravano particolari talenti in vari campi, ma nessun Weasley
era mai stato considerato all'altezza da Lumacorno, tranne ovviamente
Mary. Forse l'insegnante sperava che anche il fratellino mostrasse
quella stessa straordinaria predisposizione per il Quidditch che
aveva reso Mary tanto famosa e invidiata tra la popolazione
scolastica.
Ma
Regulus sapeva anche che a quella festa sarebbe stato invitato suo
fratello, Sirius. Dopotutto, anche se era un disgraziato, restava
sempre un Black e come tale aveva tutte le carte in regola per
entrare nel Lumaclub. Era per quel motivo che Regulus non aveva
alcuna intenzione di andare a quella festa, dove sapeva che ci
sarebbe stato anche Sirius con quel pallone gonfiato di Potter. Non
aveva assolutamente voglia di vederlo, tanto più che ci
sarebbe stata anche sua cugina Narcissa e temeva che tra i due
scoppiasse qualche scaramuccia. Era sicuro che non ci sarebbe voluto
molto a convincere Reg, che era fin troppo influenzabile. Bastava una
parola. «Non ci andremo».
Regulus
stava tormentando nervosamente l'asola del suo vestito, di un
elegante color verde bottiglia. Come diavolo aveva fatto Reg a
convincerlo a venire a quella stupida festa? Lui non ci voleva
andare.
Proprio
in quel momento vide il suo amico sbucare da dietro l'angolo.
Indossava un terribile abito da mago di un colore non meglio
identificato, con delle imbarazzanti maniche di pizzo, e che si
vedeva benissimo come non fosse della sua taglia. «Quello che
è?» gli domandò, accennando con il capo al suo
vestito.
Nel
lisciare le pieghe della veste, Reg notò che aveva allacciato
i bottoni tutti sfasati. «Ah... ehm...» farfugliò,
nel tentativo di rimediare al danno. «Era l'abito da cerimonia
di mio cugino Arthur» rispose con un mezzo sorriso. «Che
te ne pare?»
Allargò
le braccia per mostrare il lavoro completato, ma persino dal suo
sguardo si vedeva che non ne era affatto convinto nemmeno lui.
«È
orribile» commentò Regulus in tono piatto.
Reg
lasciò cadere la braccia sconsolato, con un sospiro.
«Entriamo, che è meglio» bofonchiò,
dirigendosi verso la porta dello studio del professor Lumacorno.
Regulus
non era mai entrato nella stanza prima di quella sera, ma era certo
che fosse stata ampliata con la magia. In un angolo c'erano dei
tavolini con tartine di vario genere a buffet e altre prelibatezze
che erano state prese d'assalto dagli studenti affamati. Ce ne erano
parecchi che gironzolavano per la stanza, ma c'erano anche tanti
maghi e streghe dall'aria importante. Dalla parte opposta del
buffett, quattro musicisti dall'aria annoiata suonavano musiche da
sala. Reg notò che sua sorella si pavoneggiava come se la
festa fosse sua. Indossava un abito rosso molto carino che non
sembrava affatto provenire da uno degli armadi di casa Weasley;
chissà, forse glielo aveva prestato una delle sue amiche. Il
professor Lumacorno ballonzolava in giro per lo studio, gonfiando il
petto con orgoglio e salutando gli invitati con sorrisi e cenni del
capo.
I
due amici si scambiarono un'occhiata d'intesa e poi fecero per
dirigersi verso il buffet, quando Lumacorno intercettò la loro
traiettoria. «Ecco qui i due Reg!» esclamò,
battendo le sue manone con entusiasmo.
Regulus
rivolse un mezzo sorriso al suo amico e gli bastò veder
balenare nei suoi occhi castani un lampo di furbizia per capire che
anche lui avrebbe voluto scoppiare a ridere in faccia al professore.
«Reginald,
voglio presentarti il signor Hamish MacFarlan, ex il capitano dei
Montrose Magpipes e ora direttore del Dipartimento per i Giochi e gli
Sport Magici» disse invece l'insegnante, indicando un uomo
giovanile con un curato pizzetto nero. «Ha appena conosciuto
tua sorella e ne è rimasto estasiato» continuò
Lumacorno, mentre il signor MacFarlan stringeva la mano a Reg.
«Mi
auguro che anche tu dimostrerai il talento di tua sorella, giovane
Weasley» gli disse l'uomo.
Reg
si esibì in un sorriso smagliante: non era entrato in squadra
quell'anno, ma sapeva di essere bravo a volare e di avere in comune
con sua sorella la propensione per il Quidditch. Chissà,
magari un giorno anche lui sarebbe stato guardato con ammirazione dal
capitano di una squadra importante.
Non
appena il professor Lumacorno li lasciò liberi, i due amici
sgattaiolarono via. Si stavano dirigendo verso i tavolini del buffet,
quando, passando fianco a fianco con un altro ragazzino, una manica
dell'orribile abito di Reg si impigliò nel vestito dell'altro.
«Ehi,
ma guarda dove vai! Mi hai tirato un filo della veste» protestò
il ragazzino. Aveva i capelli color paglia e una manciata di
lentiggini sulle guance e sul naso. Reg lo conosceva di vista: era al
suo stesso anno e gli pareva fosse di Serpeverde; sicuramente Regulus
doveva sapere il suo nome.
Infatti
il ragazzino si voltò verso il suo compagno di casa e lo
guardò con sufficienza. «Balck, dovresti smetterla di
frequentare certa gente» gli disse, accennando con il capo a
Reg.
«Ma
tu chi ti credi di essere?» rispose inviperito il Grifondoro,
lanciandogli un'occhiataccia.
Il
ragazzetto gli si avvicinò. «Io sono Barty Crouch
junior» disse in tono di superiorità. Ma, non contento,
aggiunse: «Mio padre sarà il prossimo Ministro della
Magia, sai? Lui è una delle persone più influenti del
Ministero. Da me pretende sempre che sia il massimo, in modo che
possa raggiungere le sue stesse vette. Tuo padre non vuole che tu dia
il meglio di te?»
Reg
sapeva che Crouch aveva detto quelle cose con il preciso intento di
provocarlo, ma non riuscì a restare zitto. «Mio padre
vuole che io sia felice» gli rispose, con uno sguardo di sfida.
L'altro
sfornò un sorrisetto di sufficienza. «Ma la felicità
coincide con la conquista della cima» commentò.
Reg
non si diede per vinto. «Strano. Mio padre dice sempre che
coloro che hanno raggiunto il vertice, hanno perso per strada la
felicità» rispose, assumendo un'aria da vecchio saggio
che non gli si addiceva per niente.
Crouch
scoppiò a ridere sarcastico. «Questa è la
consolazione dei perdenti. Scommetto che tuo padre è un
insulso impiegato» lo stuzzicò con perfidia.
Reg
abbandonò ogni tattica pacifista e gli si piazzò
davanti, squadrandolo con astio. «Però lui è
felice e lo sarà sempre. Vedremo se lo sarà anche il
tuo, quando avrà raggiunto la cima».
Calò
un lungo silenzio, durante il quale i due ragazzini si sfidarono ad
una guerra di sguardi.
«Reg,
andiamo via. Questa festa non mi piace» intervenne Regulus,
strattonando l'amico per la manica, mentre osservava suo fratello
Sirius che faceva il suo ingresso in sala accompagnato da
quell'odioso di Potter.
«Perdenti»
sussurrò loro Crouch con un sorriso perfido, quando i due Reg
si allontanarono.
Ecco
qui il nuovo capitolo! Finalmente Reg ha trovato un amico, e chi
altri poteva essere se non Regulus Black? Spero che la sua entrata in
scena vi sia piaciuta, anche perché ho serie difficoltà
con i personaggi canon: ho sempre paura di non caratterizzarli nel
modo giusto e di andare OOC. Infatti il mio Barty non è
proprio un simpaticone, ma avevo bisogno di un personaggio che
giocasse quel ruolo e lui mi sembrava adatto. Mi auguro che vi siano
piaciuti i due piccoli Serpeverde!
Ah,
il signor Hamish MacFarlan esiste davvero: è citato con questo
ruolo ne “Il Quidditch atrraverso i secoli”, quel piccolo
ma interessante volumetto che la Rowling ha pubblicato insieme a
“Animali fantastici: dove trovarli.”
Infine,
l'abito marrone con il pizzo che Reg indossa alla festa di Lumacorno,
è ovviamente lo stesso che toccherà a Ron per il Ballo
del Ceppo! XD Credo che i Weasley abbiamo un solo abito da cerimonia
che si scambiano di volta in volta! =)
Per
oggi è tutto! A presto,
Beatrix
EDIT:
continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Il coraggio di scegliere ***
Ritornare
a casa per le vacanze di Natale, fu abbastanza piacevole, anche se
Reg dovette sopportarsi sua sorella per quindici lunghi giorni. Per
fortuna, durante buona parte del pomeriggio, lei era fuori, nel campo
di zucche sul retro della casa, ad allenarsi per il Quidditch.
Un
giorno la trovò con in mano due coltelli da cucina, intenta a
disegnare un bersaglio su una tavola di legno. Posizionò il
suo centro contro lo spaventapasseri e si mise a distanza di qualche
metro.
«Che
stai facendo? Sei impazzita?» le domandò Reg, con gli
occhi sgranati.
Lei
nemmeno rispose: si limitò a chiudere un occhio per prendere
la mira e poi lanciò il primo coltello contro l'asse. Mancò
di parecchio il bersaglio, tanto che la lama si conficcò da
qualche parte nel terreno.
«Ma...»
provò a dire Reg, quando sua sorella lo interruppe: «Senti,
mi sto allenando. Vattene».
«Sei
fuori!» esclamò allora Reg, osservandola mentre tentava
il secondo tiro. Questa volta il coltello centrò la tavola,
infilzandosi nel legno con una pioggia di schegge.
Mary
strinse il pugno in segno di soddisfazione, poi si voltò verso
suo fratello. «Ascolta: se riesco a beccare un bersaglio con un
coltello da cucina, posso centrare un anello con la pluffa. È
tutta questione di mira».
«Posso
provare?» domandò allora Reg, eccitato dall'idea.
Mary
era sul punto di rispondergli a malo modo, ma quando vide il sorriso
speranzoso che gli illuminava il volto, non seppe dirgli di no.
Sbuffò e roteò gli occhi, ma alla fine cedette. «Accio
coltelli» disse mollemente, poi passò uno dei due a suo
fratello. «Dai, prova».
Reg
si mise in posizione, chiuse un occhio per prendere la mira, prese un
profondo respiro... e poi tirò.
«Chi
mi aiuta con gli addobbi di Natale?» esclamò Leopold
Weasley, spalancando proprio in quel momento la porta sul retro con
l'unico arto disponibile, il piede sinistro, visto che tra le braccia
reggeva uno scatolone pieno di cianfrusaglie natalizie, mentre alla
caviglia destra vi erano attaccate le zanne di Fufy, che, chissà
per quale motivo, si divertiva a mordicchiare il suo padrone ogni
volta che questi aveva in mano qualcosa di pericoloso o fragile.
Il
coltello che Reg aveva appena lanciato si conficcò nel legno
della porta, ad un pelo dal naso del signor Weasley.
«Ohibò!»
commentò questi, colto di sorpresa.
Mary
e Reg si scambiarono uno sguardo divertito, poi scoppiarono a ridere.
Risero fino a stare male, risero come non ridevano da tempo, loro
due, la campionessa e la pulce. Insieme.
Il
Natale a casa Black non era mai stato particolarmente piacevole,
soprattutto da quando Sirius era diventato un Grifondoro, attirando
sempre di più le ire dei genitori. Anche quando venivano a
casa gli zii e le cugine, Narcissa e Bellatrix con il suo nuovo
marito Rodolphus Lestrange, l'atmosfera di Grimmauld Palce era
tutt'altro che calda e natalizia. Quello poi era il primo Natale
senza Andromeda e in casa si respirava un'aria più pesante del
solito.
Regulus
se ne stava seduto sul divano ad ascoltare in silenzio i discorsi dei
grandi. Ogni tanto lanciava qualche occhiata di rimprovero a suo
fratello che era seduto a gambe incrociate davanti al fuoco e lo
stuzzicava buttandoci dentro, di tanto in tanto, delle palline di
carta. Sentire i discorsi ammirati di sua cugina Bellatrix sul
Signore Oscuro era molto noioso e avrebbe di gran lunga preferito
passare il Natale in compagnia di Reg, che, immaginava, avrebbe
cantato canzoncine natalizie in piedi sul tavolo oppure avrebbe
combinato qualche disastro in grado di strappargli un sorriso.
Proprio
in quel momento entrò in salotto Kreacher, che gli consegnò
una lettera. «È arrivata questa per lei, padroncino»
gli disse l'elfo, senza osare alzare troppo la voce per non
disturbare.
Regulus
riconobbe subito la grafia infantile e un po' sgraziata del suo amico
Reg e, visto che nessuno stava facendo caso a lui, preferì
mettersela in tasca e ritirarsi in camera sua con una qualche scusa
per poterla leggere in tranquillità. Era sicuro, infatti, che
a nessuno dei suoi parenti sarebbe piaciuto scoprire della sua
amicizia con Reg Weasley, la cui famiglia, anche se Purosangue, non
era certo ben vista dalla comunità magica.
Una
volta al sicuro nella sua camera, Regulus aprì la lettera e
lasciò che i suoi occhi scorressero velocemente sulle poche
righe che aveva scritto il suo amico. Gli raccontava della neve che
aveva invaso il campo di zucche e le colline circostanti, del cappone
gigantesco che sua mamma aveva preparato per il pranzo di Natale, del
libro sul Quidditch che gli aveva regalato sua sorella e della radio
che gli aveva donato invece suo cugino Arthur. C'era tanta innocenza
e spensieratezza in quelle parole, che Regulus si sentì
improvvisamente rincuorato: la spontaneità di Reg lo
tranquillizzava. Dopo averla riletta un paio di volte, nascose la
lettera nel cassetto del comodino, decidendo che avrebbe risposto più
tardi, quando i suoi parenti se ne fossero andati.
Uscì
sul pianerottolo al buio, così non si accorse della figura di
suo fratello, che se ne stava con le spalle appoggiate alla porta
della sua camera, finché questi non parlò: «Chissà
cosa direbbero i nostri genitori del figlio perfetto, se sapessero
che disobbedisce ai loro ordini».
Regulus
si bloccò in mezzo al corridoio, come se gli fosse stata
lanciata una fattura pietrificante. «Che cosa hai detto?»
domandò al fratello, voltandosi verso di lui per
fronteggiarlo. Ora poteva vedere la sua sagoma appoggiata con
noncuranza alla porta, il suo sorrisetto divertito e gli occhi grigi
che brillavano nel buio.
«Ho
detto che non sei tanto migliore di me» gli rispose,
guardandolo con aria di sfida.
Regulus
si avvicinò a lui con i pugni serrati. Era più basso
del fratello e quindi non riusciva a fissarlo negli occhi da pari a
pari, ma poteva comunque mettergli il broncio.
«Chissà
cosa direbbero mamma e papà se sapessero che il loro
figlioletto preferito intrattiene una corrispondenza segreta con
quella pulce di Weasley» lo provocò Sirius, con un
sorrisetto.
Regulus
deglutì. Non avrebbe osato spifferarglielo... o sì?
Sarebbe
stato un vero disastro: non voleva rinunciare alla sua amicizia con
Reg, ma era certo che i genitori non avrebbero approvato e, se lo
avessero scoperto, certo gli avrebbero impedito di rivolgergli ancora
la parola.
Sirius
scoppiò a ridere, una risata sadica e senza un briciolo di
allegria. «Si lamentano tanto di me, ma tu non sei affatto
migliore. Almeno James non è un traditore del suo sangue»
lo stuzzicò ancora.
Regulus
strinse i pugni per impedire a se stesso di spedire una bella fattura
contro il fratello. «Cosa vuoi per il tuo silenzio?» gli
domandò alla fine, con un sospiro rassegnato.
Sirius
sorrise. «Nulla. Io non dirò niente a nessuno» gli
rispose in un sussurro.
Regulus
sgranò gli occhi sorpreso: era strano che suo fratello si
mostrasse disponibile nei suoi confronti.
Sirius
gli si avvicinò, finché i loro visi quasi non si
sfiorarono. «Ho solo una domanda, Regulus: quando lo
scopriranno, perché prima o poi lo scopriranno, chi
sceglierai? L'amico o la famiglia?»
Quella
domanda tormentò Regulus per tutto il resto delle vacanze e
anche la vigilia del suo ritorno a Hogwarts non era ancora riuscito a
darsi una risposta. Certo, l'amicizia con Reg era piacevole e non
avrebbe voluto rinunciarvi, ma di fronte alla sua famiglia... e se
sua madre Walburga l'avesse cancellato dall'albero genealogico come
aveva fatto con Andormeda? Regulus rabbrividiva al solo pensiero. Non
voleva essere cacciato di casa, rinnegato dai suoi genitori, guardato
con biasimo dalle cugine.
Ma
l'unica che potesse scoprire la sua amicizia con Reg era Narcissa,
che stava frequentando l'ultimo anno, e se fino ad ora non se n'era
accorta, con un po' di fortuna quella fatidica domanda non avrebbe
preteso risposta ancora per molto tempo.
Tornare
a scuola fu quasi un sollievo, per Regulus, lontano dall'opprimente
aria di casa e dai suoi assillanti problemi. Lui e Reg si scelsero
uno scompartimento vuoto tutto per loro e passarono il viaggio a
mangiare cioccorane e raccontarsi delle proprie vacanze. O meglio,
sarebbe più preciso dire che Reg stordì di chiacchiere
il suo amico, descrivendo l'enorme torta alla panna che si era
spiaccicata sull'abito buono di zia Marge, i bisticci tra i figli
piccoli di suo cugino Arthur, Bill e Charlie, il libro Il
Quidditch attraverso i secoli che gli aveva regalato sua sorella,
sul quale aveva dovuto scrivere “Questo libro è di Reg e
di nessun altro”
perché un altro suo cugino ci aveva messo gli occhi sopra. Ma
soprattutto parlò della sua nuova radio, un apparecchio
Babbano che Arthur aveva modificato perché non avesse bisogno
dell'elettricità per funzionare e che prendeva tutte le
stazioni radio, magiche e non. Reg ne era talmente estasiato che
passò una buona mezzora a cantarne le lodi e elogiare ogni sua
singola parte. Dopo dieci minuti Regulus smise di ascoltarlo e prese
a guardare fuori dal finestrino, lasciandosi cullare dal
chiacchiericcio del suo amico, mentre una sensazione crescente di
tranquillità lo invadeva.
Un
sabato mattina di metà febbraio, Reg trascinò Regulus
in riva al lago per ascoltare la radio e giocare con gli ultimi
sprazzi di neve che non si erano ancora sciolti. Regulus si sedette a
gambe incrociate sull'erba umida a leggere un libro, appoggiando la
schiena ad un faggio, mentre il suo amico armeggiava con la radio
alla ricerca di chissà quale stazione. D'un tratto una musica
chiassosa esplose dalle piccole casse dell'aggeggio Babbano.
«Che
roba è?» domandò Regulus, storcendo il naso. A
casa Black non si ascoltava molta musica, forse perché
considerata un'attività troppo frivola per l'austerità
della dimora, ma certo nessuno avrebbe mai immaginato di ascoltare
quella roba.
«Questo
è rock'n'roll, baby!» rispose Reg, agitando in aria le
braccia come per suonare piatti e tamburi di una batteria
immaginaria. «È forte 'sta musica Babbana. Questi sono i
Queen.... non sono niente male, davvero niente male» esclamò
con entusiasmo. Dopo aver scelto la frequenza, cominciò a fare
un misero pupazzo di neve con quel poco che non si era ancora
sciolta.
Regulus
non era particolarmente convinto che il suo concetto di “niente
male” coincidesse con quello del suo amico, né che il
rumore che fuoriusciva dalle casse della radio potesse essere
catalogato come musica, ma era talmente piacevole passare una
giornata all'aria aperta che poteva anche sopportare il rock'n'roll
di Reg.
Verso
mezzogiorno, Reg mostrò soddisfatto il risultato del suo duro
lavoro all'amico. Il pupazzo era un ammasso informe di neve, il
sorriso e il naso erano fatti con dei sassolini presi dalla riva del
lago.
«Gli
mancano gli occhi» commentò Regulus.
«Hai
ragione!» esclamò Reg, battendosi il palmo sulla fronte.
Dopodiché si ficcò una mano in tasca ed estrasse un
paio di occhiali rotondi che conficcò nella neve, dove
avrebbero dovuto esserci gli occhi.
«E
quelli dove li hai presi?» domandò Regulus, alzando un
solo sopracciglio.
Reg
fece un sorrisetto furbo. «Diciamo che Potter avrà un
po' di difficoltà a vedere il Boccino, all'allenamento di
oggi».
Regulus
sgranò gli occhi, ma pensando alla divertente immagine di
Potter che cercava i suoi occhiali e nel vedere lo sguardo
scintillante di furbizia del suo amico, non riuscì a
trattenersi dal ridere. La sua risata suonava così strana
perfino alle sue stesse orecchie... era raro che scoppiasse a ridere
in quel modo. Presto, però, la sua allegria contagiò
anche Reg e i due amici si ritrovarono con le lacrime agli occhi e il
mal di pancia.
Non
potevano certo sapere che la loro tranquillità sarebbe stata
presto turbata.
Arrivata
l'ora di pranzo, i due ragazzini ritornarono lentamente verso il
castello. Reg passò alla torre di Grifondoro per riporre la
radio nel suo dormitorio, mentre Regulus entrò in Sala Grande
e si diresse verso il tavolo di Serpeverde.
«Ehi,
Regulus!» lo chiamò sua cugina Narcissa. «Vieni a
sederti qui vicino a me».
Reg
si avvicinò al tavolo strisciando i piedi a terra e con gli
occhi bassi. Non che non volesse sedersi al fianco di sua cugina, ma
mal tollerava la compagnia di cui questa si era circondata. La
ragazza irlandese, poi, Priscilla Saiminiu, gli faceva venire i
brividi lungo la schiena tutte le volte che i loro occhi si
incrociavano. Mangiò il suo pasto in silenzio, ascoltando i
discorsi dei grandi: parlavano principalmente di quanto fossero
insulsi i Babbani e del fatto che i Sanguesporco non avrebbero dovuto
permettersi di studiare al loro fianco. Certo, Regulus era d'accordo
con loro, ma non gli sembrava che quello fosse l'argomento migliore
di cui discutere a pranzo.
«Ehi,
Reg! Andiamo a tirare caccabombe contro Potter!» esclamò
una voce alle sue spalle. Non ebbe bisogno di voltarsi, per sapere a
chi apparteneva. Una invadente sensazione di gelo gli attanagliò
lo stomaco.
Narcissa,
la Saiminiu e gli altri si voltarono contemporaneamente verso chi
aveva appena parlato.
«Che
cosa vuoi, Weasley?» lo aggredì Narcissa.
Regulus
non ebbe il coraggio di girarsi a vedere la faccia del suo amico.
Tanto sapeva che avrebbe risposto a tono a sua cugina, anche se lei
era molto più grande.
«Sto
parlando con Reg, non con te».
rispose
infatti Reg, senza scomporsi troppo.
«Stai
forse insinuando che un Black ha dei contatti con un traditore del
suo sangue?» domandò Narcissa, con una sottile vena di
sarcasmo nella voce.
«Certo,
lui è mio amico! Reg, diglielo anche tu!» rispose il
ragazzino, senza farsi scalfire dall'accusa dell'altra.
Regulus
strinse i pugni e si morse il labbro, ma non si voltò. Quello
era il suo peggiore incubo che si stava realizzando. Chi avrebbe
scelto, chi avrebbe scelto?
«Reg?»
Non
aveva mai sentito il suo amico usare quel tono: lo stava supplicando.
Lo stava supplicando di voltarsi, di guardarlo in faccia, di avere il
coraggio di fissarlo negli occhi per confessare la loro amicizia. Ma
no, Regulus non poteva farlo. Non davanti a Narcissa, non con la
consapevolezza che la sua famiglia non lo avrebbe mai approvato.
Eppure non aveva nemmeno la forza di girarsi verso di lui, di
tradirlo così, riservandogli lo stesso sguardo sprezzante di
Narcissa. Restò immobile, gli occhi rivolti in basso, i pugni
stretti e le spalle curve verso l'unica persona che gli fosse mai
stata amica.
«Sparisci,
Weasley. E smettila di importunare mio cugino» gli intimò
allora Narcissa, tornando a preoccuparsi del suo pranzo.
Ma
Reg rimase lì immobile per parecchi secondi, incapace di
assimilare il pugno che aveva appena ricevuto nello stomaco dal suo
migliore amico.
Regulus
ancora non si voltò, finché non sentì i suoi
passi che finalmente si allontanavano. Solo allora osò
sbirciare alle sue spalle, ma di Reg Weasley non c'era più
traccia.
Ah,
che pena scrivere questo capitolo! Le cose cominciano a mettersi male
per l'amicizia tra i due Reg... insomma, se fino a adesso Regulus
aveva chiuso gli occhi sulla “condizione” del suo amico,
non volendo applicare
i pregiudizi della sua famiglia a Reg, anche se formalmente li
condivideva, ora è stato obbligato a fare una scelta. Nel
prossimo capitolo, vedrete come ha reagito Reg a tutto questo!
In
compenso, strano ma vero, finalmente i due fratelli Weasley sembrano
riappacificarsi...come si fa a dire che non si vogliono bene, in
fondo?
A
presto (ovvero a mercoledì 2, nel tardo pomeriggio)!
Beatrix
Bonnie
EDIT:
continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Non è mai troppo tardi ***
Un
Black non chiede mai scusa, e infatti Regulus non aveva alcuna
intenzione di farlo. Non poteva, era così... umiliante. No,
non avrebbe chiesto scusa a Reg, ma forse lui nemmeno si era offeso.
In fondo non era successo nulla di così grave e poi Reg non
era il tipo che se la prendeva per cose così piccole. Era
sempre allegro e pieno di vita. Ma sì, Regulus avrebbe potuto
scommettere che tra loro non sarebbe cambiato nulla.
Ci
impiegò parecchio tempo a trovare il suo amico, ma alla fine,
quando lo vide in riva al lago, si era ormai convinto che Reg non
poteva essere arrabbiato. «Ehi, Reg, quelle caccabombe,
allora?» gli domandò con tono forse forzatamente
allegro.
Il
ragazzino non si voltò verso di lui.
Regulus
allora gli girò intorno, fino a posizionarsi davanti a lui. I
suoi occhi nocciola, fissi su un punto non precisato dell'orizzonte,
erano arrossati e gonfi. Sembrava che avesse pianto.
«Reg?»
chiese allora Regulus, per sondare il terreno.
«Oh,
guarda. È tornato il Purosangue» commentò Reg con
un tono cattivo che contrastava con il suo visino infantile.
«Dai...»
provò a dire l'altro, a disagio. «Non è successo
nulla di grave».
«Nulla
di grave?» gridò Reg, dandogli uno spintone per
allontanarlo. «Ah, già, non sei tu quello che ha fatto
la figura dell'idiota, non sei tu che sei stato pugnalato alle spalle
dal tuo migliore amico!»
Reg
non era mai stato così fuori di sé come in quel
momento: si sentiva ferito e la sua delusione si trasformava in
rabbia.
Ma
Regulus era un Black e nessuno poteva permettersi di urlare contro un
Black senza essere trattato di conseguenza. «Senti, c'era
Narcissa e alla mia famiglia non piacciono quelli come te»
rispose, mettendosi sulla difensiva. Ora Reg stava proprio
esagerando: lo stava facendo passare per un mostro. In fondo lui non
aveva fatto nulla di male: non era colpa sua se i Weasley erano
quello che erano.
Reg
gli si avvicinò, finché non riuscì a fissarlo
dritto negli occhi. «Quelli come me? Fino a ieri, però,
ti andava bene la compagnia di quelli come me» lo
provocò.
I
due ragazzini si squadrarono per parecchi secondi, poi Reg continuò:
«Scusa, ma non voglio avere un amico che si vergogna di me,
solo perché la sua famiglia gli ha ficcato in testa quelle
idiozie sul sangue puro».
A
quelle parole fece per voltarsi e andarsene, ma Regulus glielo
impedì, afferrandolo per una manica. Nessuno poteva insultare
la sua famiglia. «Stammi bene a sentire» gli disse con
rabbia, senza lasciare la presa ferrea sul suo braccio. «I
Black sono una delle stirpi più rispettate del mondo magico.
Se non ti piacciono le nostre idee, nessuno ti obbliga a fare
l'amicone con me».
Si
pentì quasi subito di aver detto quelle cose, ma ormai era
fatta e non aveva certo intenzione di chiedere scusa. In fondo era
vero: era stato Reg a cominciare quell'amicizia, che colpa ne aveva
lui se poi i Black non gli andavano a genio?
Reg
era ferito dalle parole del suo amico, ma era certo che lui non fosse
come il resto della sua famiglia. Forse c'era ancora la possibilità
di fargli capire che si stava schierando dalla parte sbagliata. «Le
vostre idee? Andiamo Regulus, fosse per voi tutti i Babbani
dovrebbero essere massacrati. Ti sembrano idee giuste?» gli
domandò, cercando di allontanare la rabbia e mostrarsi più
gentile nei suoi confronti.
Regulus
sembrò vacillare di fronte a quella domanda diretta. Sì,
in teoria a lui non piacevano i Babbani e li avrebbe fatti volentieri
sparire, ma il termine usato da Reg era così forte che per un
attimo si domandò da che parte fosse la giustizia.
Il
ragazzino sembrò vedere la perplessità dell'amico e
decise di sfruttare quella falla. «Se la tua famiglia cerca di
convincerti di certe idee, non è detto che siano giuste. Tu
devi ragionare con la tua testa e credere in ciò che senti
come sincero, buono, giusto» gli disse con convinzione. Il suo
sguardo intenso si posò negli occhi grigi dell'altro, ma non
vi trovò la determinazione che sperava.
Regulus
lasciò andare il suo braccio e si allontanò di un
passo, scuotendo la testa. «Non puoi chiedermi di schierarmi
contro la mia famiglia» sussurrò debolmente.
«E
quindi?» chiese Reg, ma sapeva già la risposta a quella
domanda. Un senso opprimente di angoscia si impadronì di lui,
mentre gli occhi cominciavano a pizzicargli. «È finita,
non è vero?»
Regulus
non ebbe il coraggio di rispondere a quella domanda. Gli dispiaceva
immensamente di dover interrompere la sua amicizia con Reg, ma non
poteva andare contro la sua famiglia. Era qualcosa di impensabile. Il
suo unico gesto fu quello di abbassare gli occhi a terra per una
frazione di secondo.
Sì,
era finita.
Reg
sentiva uno spiacevole nodo alla gola che gli impediva di parlare; in
fondo non avevano più nient'altro da dirsi. Voltò le
spalle a quello che un tempo era stato il suo migliore amico e corse
via verso il castello.
Era
sciocco, immensamente sciocco piangere per una cosa del genere, ma
Reg non riuscì a trattenere le lacrime. Era deluso, frustrato
e arrabbiato insieme, quindi un bel pianto lo avrebbe aiutato a
sfogarsi. Entrò in una stanza vuota e si accasciò
contro il muro, sopraffatto dai singhiozzi. Stupidi Black e stupidi
pregiudizi sulla purezza del sangue! Era tutta colpa di quelle
idiozie se lui e Regulus non potevano essere amici!
«Reg!»
esclamò una voce sottile.
Il
ragazzino si voltò di scatto verso la porta dell'aula, dalla
quale era appena sbucata Lily Evans.
«Che
succede?» gli chiese lei, inginocchiandosi al suo fianco.
Reg
si asciugò le lacrime con la manica della divisa, nel
tentativo di nascondere il suo pianto. «Niente, niente...»
biascicò, ma era ovvio che quella bugia non convinceva
nessuno.
«Dai,
a me puoi dirlo» gli sussurrò Lily, con un sorriso
gentile. Reg tentennò per un attimo, poi decise che poteva
fidarsi di Lily.
«Ho
litigato con Regulus. È che... questi stupidi Serpeverde,
tutti troppo orgogliosi del loro sangue puro!» si sfogò,
lanciando contro i banchi un sassolino che aveva trovato in terra.
«Ma
no, non sono tutti così» lo rincuorò Lily,
mettendogli una mano sulla spalla. Reg le lanciò un'occhiata
talmente scettica che lei fu costretta a spiegare: «Guarda
Severus: lui è Mezzosangue, perché suo padre è
Babbano, e poi è mio amico ed è molto gentile con me».
A
Reg non piaceva per niente quell'amico unticcio di Lily, ma evitò
di farglielo notare: lei sembrava così convinta della loro
amicizia. Per un attimo i due ragazzini rimasero in silenzio, ognuno
immerso nei propri pensieri.
«Io
non voglio avere paura. Io voglio avere il coraggio di scegliere ciò
che è giusto» proruppe improvvisamente Reg, stringendosi
le ginocchia al petto. Se Regulus avesse avuto quel coraggio, ora
loro due sarebbero ancora amici.
Lily
gli riservò uno sguardo dolce. «Ma tutti hanno paura,
Reg. il coraggio sta nel saperla affrontare e superare».
«Per
fare la scelta giusta» concluse Reg, con un mezzo sorriso.
Lily
annuì. «Per fare la scelta giusta».
Dal
giorno in cui aveva litigato con Regulus, Reg aveva imparato a
starsene sempre solo. Ma non era più come prima, quando non
aveva amici ma era sempre allegro e chiacchierone. Ora era diventato
una figura solitaria, sempre triste. Nei suoi occhi si era spenta
ogni briosa scintilla di vita e la bocca si tendeva raramente in un
sorriso. Aveva deciso che se nessuno lo voleva, lui non avrebbe
voluto nessuno. L'unica cosa che lo teneva in piedi e che lo spingeva
ad andare avanti era il fatto che lui aveva avuto il coraggio di fare
la scelta giusta. E sempre l'avrebbe avuto.
L'uggioso
febbraio lasciò il posto ad un marzo più mite.
Lentamente le nevi abbandonarono i prati intorno a Hogwarts per
lasciare posto a dei timidi fiorellini di campo. La brughiera
circostante si ricoprì di erica e perfino la Foresta Proibita
appariva meno spettrale ora che i suoi alberi erano decorati da nuovi
getti e tenere gemme.
Con
l'arrivo di aprile, Reg osservava come la vita degli altri sembrasse
procedere insieme alla rinascita del paesaggio, mentre la sua era
rimasta bloccata a quei freddi giorni d'inverno. Mary doveva
prepararsi per i M.A.G.O. e quindi era diventata piuttosto nevrotica
e scattava come una vipera ogni volta che qualcuno interrompeva il
suo studio. Potter era diventato l'idolo di tutta la torre di
Grifondoro, dal momento che era stata la sua ultima spettacolare
conquista del Boccino d'Oro a consegnare la coppa alla casa
rosso-oro, dopo quasi quattro anni. Ovviamente questo non aveva fatto
altro che aumentare l'autostima di Potter, che ora se ne andava in
girò a pavoneggiarsi come se avesse appena vinto la Coppa del
Mondo.
Regulus,
invece, aveva cominciato a legare con quell'antipatico di Barty
Crouch. Tutte le volte che Reg ci pensava, non riusciva a capacitarsi
di come fosse possibile che Regulus avesse stretto amicizia con un
tale bellimbusto impomatato, ma alla fine si ricordava sempre che
quello era il tipo di rapporto che la sua famiglia avrebbe
approvato.
Mentre
lui? Lui se ne stava sempre solo, in disparte. Perfino i professori
si erano stupiti del suo silenzio durante le lezioni. Una volta, la
McGranitt assegnò dieci punti a Grifondoro semplicemente
perché Reg era riuscito a restare zitto per tutte le sue due
ore.
Il
tutto dipendeva dal fatto che Reg non aveva più voglia di
parlare, o meglio, non aveva più nessuno con cui parlare.
Una
sera di inizio maggio, mentre in sala comune Potter stava
intrattenendo un piccolo pubblico, raccontando di quando aveva
battuto in una gara di volo una fenice, Reg si era accoccolato su una
poltrona davanti alla finestra per rileggere per la decima volta Il
Quidditch attraverso i secoli.
A
riscuoterlo fu la voce di Mary, insolitamente dolce. «Reg,
posso parlarti?» gli domandò in un sussurro.
Reg
sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo e osservò
il volto di sua sorella: sembrava attraversato da un velo di
preoccupazione. Rimase un attimo in silenzio, ma alla fine fece un
segno di assenso con il capo.
Mary
si sedette sulla poltrona a fianco della sua e le bastò
un'occhiata intorno perché i Grifondoro che stavano lì
vicino capirono di doversela defilare.
Reg
aspettò che tutti si fossero allontanati, poi si voltò
apatico verso sua sorella. «Se sei venuta a dirmi un saccente
te lo avevo detto di stare alla larga dai Serpeverde, puoi
anche risparmiartelo».
«Veramente
sono qui per dirti di non rinunciare alla tua amicizia con Regulus»
rispose la ragazza, con uno strana luce negli occhi.
Reg
rimase spiazzato. «Ma a te non piacciono i Black, né
tanto meno i Serpeverde» commentò, dopo un attimo di
silenzio.
Mary
si fissò le mani e prese un lungo respiro. «Lascia che
ti racconti una storia» gli disse alla fine, con un mezzo
sorriso. «Un tempo io e Priscilla eravamo grandi amiche. Ci
eravamo conosciute il primo giorno sull'Espresso per Hogwarts e da
allora eravamo praticamente inseparabili. Poi io entrai in squadra e
cominciai a montarmi la testa, mentre lei... be' credo che fosse
invidiosa di me. Le cose a casa sua non sono mai andate troppo bene,
perché i suoi genitori hanno sempre preferito il suo fratello
gemello, che infatti ora frequenta il Trinity. Crescendo divenne
sempre più astiosa, mentre io cominciavo a non sopportare più
i suoi musi lunghi. Credo che, in fondo, fu soprattutto colpa mia».
Mary
fece una pausa e si perse via a guardare il cielo stellato che
splendeva oltre la finestra. «Alla fine litigammo e... be', ora
sai come vanno le cose tra di noi» concluse, con uno sguardo
addolorato nella sua direzione.
Reg
non sapeva perché sua sorella avesse deciso di confidargli
quelle cose proprio ora, ma capì immediatamente che non voleva
fare la stessa fine, con Regulus. Avrebbe potuto provare a parlargli,
o, se lui si fosse rifiutato di rivolgergli la parola, avrebbe potuto
scrivergli una lettera.
Sì,
gli avrebbe scritto una lettera!
Stava
per prendere un foglio di pergamena, quando, guardando gli occhi
sofferenti di sua sorella, capì che aveva bisogno di lui. «Un
tempo non eri così...» provò a dire Reg, ma non
riuscì a concludere la frase. Non sapeva come definire il
cambiamento di sua sorella: da piccola era proprio come lui, allegra,
chiacchierona ed estroversa; ora, invece, si comportava come la
reginetta della scuola. Era diventata egocentrica e piena di sé.
«Sono
la prima Weasley che ha successo!» gli rispose Mary, con foga.
«Ma
a che prezzo? Guardati, non sei più tu!» la rimbeccò
suo fratello.
La
ragazza distolse lo sguardo e ancora una volta si ritrovò a
fissare le stelle. «La gente cambia, Reg» sussurrò
alla fine, con un tono di voce insondabile.
Reg
le afferrò la mano e la costrinse a voltarsi verso di lui.
«Fino a che punto sei disposta a cambiare?» la provocò,
guardandola con intensità.
Sembrava
che una spada avesse trafitto il costato di Mary. «Andiamo,
Reg» gli rispose. «Guardati intorno: i Weasley sono
Purosangue, ma praticamente siamo i reietti della società
magica. Papà è un impiegato alle poste, lo zio
Septimius serve i gelati a Diagon Alley, e adesso anche Arthur non ha
niente più che un lavoretto d'ufficio al Ministero!»
commentò, scuotendo la testa con rassegnazione.
Reg
fece una smorfia: erano le stesse cose che gli aveva detto anche
Crouch, al party di Natale di Lumacorno, ma per lui, che non aveva
ancora dodici anni, quelle questioni non erano poi così
importanti. Aveva ancora davanti a sé sei lunghi anni di
scuola e il suo futuro, per ora, era ancora molto nebuloso.
Lo
stesso ragionamento, ovviamente, non valeva anche per Mary che, una
volta affrontati i M.A.G.O., si sarebbe ritrovata catapultata nel
mondo degli adulti, senza avere grandi prospettive lavorative.
«L'unica
cosa che mi può riscattare, è il Quidditch, Reg»
rivelò a suo fratello. «Il signor
Hamish MacFarlan, il direttore del Dipartimento per i Giochi e gli
Sport Magici, quando ci siamo conosciuti alla festa di Lumacorno, mi
ha promesso che mi farà ottenere un provino con i Montrose
Magpipes, la migliore squadra inglese. Quando sarò fuori da
Hogwarts avrò l'occasione di diventare qualcuno. Non posso
farmela scappare, non posso tornare indietro e tornare ad essere un
Weasley qualunque. Non voglio tornare indietro»
concluse, in tono amaro.
«Non
è mai troppo tardi per fare la scelta giusta» le
sussurrò Reg, in tono sibillino. Dopodiché, prese il
suo libro sottobraccio e se ne andò in camera sua, lasciando
lì Mary.
La
ragazza tornò a guardare il cielo stellato, assalita dai dubbi
e dai rimorsi. Pur di diventare qualcuno, era davvero disposta a
rinunciare a se stessa?
Ebbene
sì, le cose si sono messe davvero male per il nostro Reg...
senza la sua spalla Regulus, ora non ha più nulla! Poverino!
Ma, a conclusione di questo capitolo, si è aperto un nuovo
spiraglio di speranza, per lui. Quanto a Mary, finalmente sta
cominciando a meditare su se stessa: è stufa di essere una
Weasley qualunque, ma che prezzo è disposta a pagare?
Il
prossimo capitolo sarà cruciale... preparate fazzoletti e
catini, d'ora in poi ci sarà di che deprimersi! ç_ç
A
presto,
Beatrix
B.
EDIT:
continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Il Platano Picchiatore ***
Reg
era fermo in mezzo al corridoio, con una determinazione che non
credeva di possedere. Tra le mani aveva un semplice foglio di
pergamena piegato in quattro. Una lettera, per una persona
particolare. I suoi coetanei di Serpeverde stavano risalendo il
corridoio verso di lui e si scansavano per evitarlo. Ma l'unico che
voleva vedere era in fondo alla fila.
«Oh,
guarda, quella pulce di Weasley» lo schernì Crouch,
quando lo vide.
«Non
sono qui per parlare con te» disse Reg, senza degnarlo di uno
sguardo. I suoi occhi erano puntati in quelli grigi di un ragazzino
alle spalle di Crouch, che sembrava essere a disagio.
«Regulus
non vuole parlare con te» gli rispose Crouch, deridendolo.
«Regulus
è abbastanza grande da decidere con la sua testa. Non ha
bisogno della bambinaia, Barty» sibilò invece Reg, con
lo sguardo ancora fisso su Black.
Regulus
si torse le mani, ma non disse nulla. Il suo orgoglio gli impedì
di abbassare gli occhi, anche se si sentiva spiacevolmente a disagio.
Reg,
vedendo che Black non dava segni che potessero essere interpretati in
senso negativo o positivo, gli si avvicinò e gli piazzò
tra le mani la sua lettera. «Leggila» disse
semplicemente. Poi se ne andò, lasciando i due Serpeverde
increduli in mezzo al corridoio.
Era
stato facile, alla fine, pensò Reg. Dalla sera in cui l'aveva
scritta, la lettera era rimasta nella sua borsa per un'intera
settimana, finché Mary non l'aveva convinto a consegnarla a
Regulus. Era strano come ora i due fratelli andassero d'accordo, loro
che per tutto l'anno, praticamente, non si erano mai parlati.
Stranamente a Reg venne voglia di saltellare.
Sì,
sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto.
Stava
per ritornare alla torre di Grifondoro, quando sentì qualcuno
che stava piangendo in un'aula vuota e decise di entrare. Accasciata
a terra c'era una ragazzina di Tassorosso, che doveva chiamarsi Lucy,
se non ricordava male. Al suo fianco, un'impacciato Theodor Abbott
stava cercando di consolarla.
«Che
succede?» chiese allora Reg, accucciandosi a terra vicino alla
ragazzina.
«Niente
che ti interessi, Weasley» sibilò in risposta Theodor.
«Scusa,
ma se c'è qualcuno che piange mi interessa sempre, perché
forse posso aiutarlo» disse semplicemente Reg e l'altro non
ebbe il coraggio di rispondere.
Accettò
a malincuore di raccontare cosa fosse successo. «Dei ragazzi di
Serpeverde hanno ucciso il gattino di Lucy solo perché lei è
di origini Babbane» spiegò con una smorfia.
A
quelle parole, Reg capì subito di chi fosse la colpa: la banda
della Saiminiu. «Dobbiamo andare a denunciarli alla
professoressa Sprite» sentenziò con decisione. Credeva
che per i due Tassorosso fosse più facile parlare con la
direttrice della loro casa.
«Sei
impazzito?» piagnucolò Lucy, tra un singhiozzo e
l'altro. «Ci faranno a pezzi!»
«E
allora, vuoi lasciarli impuniti?» esclamò Reg,
indignato. «Bisogna sempre avere il coraggio di fare la scelta
giusta».
Lucy
rivolse i suoi occhi spauriti verso Theodor, nella speranza di
trovare un alleato, ma il ragazzino aveva uno sguardo determinato.
«No, Reginald ha ragione. Dobbiamo denunciarli» decise
alla fine, con un cenno del capo.
Reg
gli rivolse un sorriso compiaciuto, poi insieme aiutarono Lucy ad
alzarsi da terra.
Il
sole stava tramontando lontano, verso ovest, quando il terzetto uscì
dal castello per dirigersi verso le serre. Lucy aveva smesso di
singhiozzare, stretta tra le braccia di Theodor, il quale guardava
Reg con una nuova luce di ammirazione negli occhi.
Quando
arrivarono dalla professoressa Sprite, la donna sembrava piuttosto
stupita di vederli, ma ascoltò il racconto di Lucy con molta
attenzione. «Incredibile, incredibile!» borbottava ogni
tanto, scuotendo la testa. Quando la ragazzina tacque, l'insegnante
sembrava davvero furibonda. «Informerò immediatamente il
Preside e poi, insieme, decideremo la punizione» decretò
alla fine, mettendo le mani sui fianchi.
La
Sprite non era il tipo di donna che metteva paura, ma perfino Reg,
quella volta, dovette ammettere che era piuttosto spaventosa, quando
si arrabbiava.
«A
che livelli siamo arrivati!» proruppe improvvisamente, facendo
trasalire tutti. Poi notò che si stava facendo scuro, allora
ordinò ai ragazzini di tornare alla svelta al castello.
I
tre non se lo fecero ripetere due volte.
Usciti
dalle serre, Lucy sembrava più tranquilla e anche Theodor era
particolarmente ottimista. «Ehi, Reginald... quella cosa che ti
ho detto, non è vera» esclamò d'un tratto, con un
sorriso sincero rivolto verso Reg, che lo guardò senza capire
cosa volesse dire. «Staresti bene tra i Tassorosso. Hai un buon
cuore» spiegò allora Theodor.
Anche
Reg sorrise e stava per ringraziarlo, quando con la coda dell'occhio
vide delle figure nere che uscivano dal castello e attraversavano il
prato in direzione delle serre. Una di queste claudicava.
«Ehm,
che ne dite se facciamo il giro dal lago?» buttò lì
Reg, con noncuranza.
«Ma
è già buio, e la professoressa Sprite ci ha
raccomandato di non attardarci» rispose Theodor, senza capire.
Reg
alzò le spalle, per fingere disinteresse, ma si vedeva che era
nervoso. «Sì, è solo per perdere un po' d'aria»
esclamò, poi, senza aspettare risposta, si incamminò in
direzione del lago. Poco dopo lo seguirono anche Theodor e Lucy.
Il
passo di Reg si fece frettoloso, quando, voltandosi indietro per la
milionesima volta, vide che nessuno più li stava seguendo.
«Si
può sapere che succede?» domandò Theodor, con il
fiatone.
Reg
stava per rispondere a quella domanda, quando un'altra voce lo
anticipò: «Succede che non ci piacciono le spie».
Tutti
e tre si voltarono verso chi aveva parlato, con il cuore in gola. Un
ragazzo di Serpeverde, con un brutto ghigno stampato in faccia, aveva
la bacchetta alzata verso di loro. Reg si guardò intorno in
cerca di vie di fuga, ma altre figure apparvero nella penombra.
Cinque studenti in tutto, li avevano circondati; alle loro spalle, si
muoveva pigro il Platano Picchiatore.
Erano
in trappola.
Reg
agì d'istinto: si mise la mano in tasca ed estrasse la sua
bacchetta di tasso, per puntarla dritto davanti a sé. Non
sarebbe mai stato in grado di competere con loro, ma dovevano sapere
con chi avevano a che fare.
Theodor
e Lucy si fecero piccoli piccoli dietro di lui.
Reg
vide dei sorrisi sprezzanti comparire sui volti dei Serpeverde, di
fronte alla ridicola scena di un ragazzetto di prima con la bacchetta
levata contro di loro.
«Quanto
coraggio, il giovane Wealsey» ridacchiò qualcuno.
«Siete
dei vigliacchi!» strillò Reg, con foga. «Ve la
prendete solo con chi non si può difendere!»
«No,
noi ce la prendiamo solo con i Sanguesporco» rispose la voce
maschile che aveva parlato prima, con una risata roca.
«Non
ci fate paura! Siete solo dei prepotenti senza cervello e senza spina
dorsale!» gridò di rimando Reg. Forse non era un'idea
molto saggia provocare quei ragazzi, ma Reg voleva dimostrare che non
era spaventato da quello che avrebbero potuto fargli. Mostrarsi
deboli era come fare il loro gioco. No, non gli avrebbe mai dato
quella soddisfazione.
«Non
ti permettere di insultarci, traditore del tuo sangue!» sbottò
una ragazza, che Reg riconobbe come Narcissa Black, la cugina di
Regulus.
«Sei
un piccoletto impertinente» continuò il primo ragazzo,
quello dalla risata roca. «Meriti una punizione».
Ci
fu una pausa di una frazione di secondi, e poi: «Crucio!»
Reg
si accasciò a terra e cominciò a contorcersi per il
dolore, ma non un solo lamento uscì dalla sua bocca. Anche se
sentiva ogni membro del suo corpo bruciare come se fosse stato
buttato sul fuoco, non voleva dare loro la soddisfazione di sentirlo
urlare.
«Mulciber,
basta» esclamò Narcissa, in tono deciso. «Smettila».
Il
ragazzo di nome Mulciber sollevò la bacchetta e Reg smise di
contorcersi. Respirò lentamente e rimase immobile a terra per
qualche secondo.
Theodor
stava fissando, con gli occhi dilaniati dal terrore, il carnefice di
Reg: stava ridendo, mentre una luce folle gli illuminava il volto.
«La
Cruciatus è sempre un piacere» commentò,
guardando la sua vittima che ansimava a terra. «Hai ancora
voglia di scherzare, ora, Weasley?»
«Reg...»
sussurrò Lucy spaurita, temendo che il compagno non fosse più
in grado di muoversi.
Ma
Reg, sentendosi chiamato in causa, afferrò la sua bacchetta e
lentamente si alzò da terra, per fronteggiare il suo
avversario. Aveva uno sguardo fermo e deciso, anche se il braccio
teso in avanti gli tremava leggermente.
Il
ragazzo di nome Mulciber fece uno scatto d'ira, ma Narcissa gli
afferrò la manica e lo ammonì: «È solo un
bambino».
«Narcissa»
rispose quello in tono piatto, ma alla fine cedette e abbassò
la bacchetta.
«Non
possiamo lasciarlo impunito!» gracchiò una terza voce,
con foga.
Reg
non ebbe bisogno di voltarsi verso di lei, per scoprire chi aveva
pronunciato quelle parole: Priscilla Saiminiu.
«Se
ora osa ribellarsi a noi, cosa farà quando sarà
cresciuto? Sfiderà direttamente il Signore Oscuro!»
continuò la Saiminiu, cercando di convincere i suoi compagni.
Forse era la vendetta che la spingeva a dire quelle cose; la vendetta
contro di Reg, che aveva osato sfidarla, e contro Mary, che l'aveva
abbandonata.
«Io
non ho paura di Voldemort! È solo un vigliacco, come tutti
voi!» strillò Reg, in un impeto di coraggio.
«NON
OSARE PRONUNCIARE IL SUO NOME!» gridò Mulciber in
preda al furore.
Ma
Priscilla fu più veloce. «Stupeficium!»
«Noooo!»
strillò Lucy, con il cuore in gola.
Il
piccolo Reg venne scaraventato all'indietro.
Finì
contro il Platano Picchiatore che, offeso per essere stato percosso,
cominciò a frustare i suoi rami in ogni direzione. Il corpo
senza sensi di Reg venne sballottato in aria, poi finì a
terra, dove venne colpito e colpito più volte.
Qualcuno
strillò.
Lucy
scoppiò a piangere, mentre assisteva impotente alla scena.
Theodor cercò di avvicinarsi, per sottrarre il corpo esanime
di Reg a quello scempio, ma i rami dei Platano Picchiatore glielo
impedivano. Narcissa provò a lanciare qualche incantesimo per
fermare la carneficina.
Nulla.
Alla
fine, un ramo schioccò nell'aria e il ragazzino venne
scaraventato all'indietro.
Il
Platano Picchiatore si rizzò e tornò immobile,
lasciando la scena silenziosa e tranquilla in modo inquietante.
Reginald
atterrò supino. La divisa era coperta di sangue, il volto
graffiato e tumefatto; il corpo sembrava quello di una bambola di
pezza che era stata azzannata da un cane rabbioso.
Ci
fu un momento di glaciale silenzio, poi Mulciber si fece avanti e
borbottò qualcosa, sfiorando Reginald con un debole tocco di
bacchetta, ma non accadde nulla.
«Oddio...»
sussurrò Narcissa, portandosi le mani alla bocca. «L'ha
ucciso...»
ç_ç
…
ç_ç
…
Aaaah!
Sono talmente disperata che non so cosa dire! E' devastante
descrivere la morte di un proprio personaggio, tanto più
quando ci si è affezionati e lui è un marmocchio tanto
tenero!! ç_ç
Tra
l'altro, ieri sera ho visto “Il bambino con il pigiama a
righe”, quindi sono in una fase piuttosto depressa e pubblicare
questo capitolo non mi tira affatto su di morale! Non posso nemmeno
dire “spero che vi sia piaciuto”, perché... be',
in effetti non mi auguro che abbiate gradito la morte di Reg! Però
spero che vi sia piaciuto il modo in cui l'ho descritta... che sia
stata coinvolgente, insomma!
Ok,
lasciamo perdere le farneticazioni e passiamo a qualche nota più
seria: Theodor Abbott e Lucy sono i genitori di Hannah Abbott, dei
quali non sappiamo nulla (nemmeno il nome, che ho inventato io) se
non che lui era Purosangue mentre lei Nata Babbana (morirà
infatti nel VII libro).
Quanto
a Narcissa, ho sempre immaginato che fosse successo “qualcosa”
per impedirle di aderire completamente agli ideali di Voldemort, come
invece fanno suo marito o Bellatrix. Bene, questo qualcosa è
proprio la morte di Reg, che la farà se non ricredere, almeno
dubitare sulla bontà degli ideali dei Mangiamorte. Ovviamente
il cambiamento non è improvviso (anche prima dell'incidente, è
la più moderata del gruppo: è lei a fermare Mulciber,
infatti) né definitivo (non si può smettere di essere e
pensare come un Black).
Credo
di aver detto tutto... ora posso tornare a deprimermi!ç_ç
A
presto,
Beatrix
B.
EDIT:
continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Sangue ***
Era
tutto sbagliato. Non sarebbe dovuta andare così, non voleva
fare niente di male al piccolo Weasley. Non doveva succedere...
E
invece era successo. Aveva ucciso, aveva ucciso una persona, un
ragazzino di neanche dodici anni. Era stato un'incidente, ma era
successo.
Claudicava,
sì, ma non aveva mai camminato così veloce in vita sua.
Lontano, lontano da quel luogo d'orrore, da quel luogo di morte.
Aveva ancora nelle orecchie la voce spaventata di Cissy: “L'ha
ucciso...”
Sì,
aveva ucciso, aveva ucciso Reginald Weasley. Non avrebbe mai
immaginato che spezzare la vita di qualcuno potesse essere così
traumatizzante. Uno spaventoso senso di potere la faceva tremare da
capo a piedi, ma era accompagnato dall'angoscia di quel corpo
straziato. Sentiva nelle sue narici l'odore del sangue, che aveva
trasformato il volto di Reginald in una grottesca maschera
dell'orrore, vedeva il suo collo piegato in una posa innaturale, le
sue membra distorte.
Un
brivido le percorse la schiena. Ma non era paura... era un delirio di
onnipotenza. Quello che aveva fatto a lui, avrebbe potuto farlo anche
ad altri, a tutti quelli che le avevano fatto un torto. Avrebbe
potuto decidere delle loro vite, tenerli in pugno come un burattinaio
con i suoi burattini.
Senza
rendersene conto, era arrivata al sotterraneo dove si trovava la sala
comune di Serpeverde. Si fiondò dentro, senza preoccuparsi
delle strane occhiate che le riservarono i compagni di casa. Una
volta entrata nel dormitorio femminile, inerpicò verso il suo
letto. Era in un tale stato confusionario che non si accorse di aver
rovesciato la sua borsa, il cui contenuto rotolò sul pavimento
freddo. Per un attimo guardò apatica i suoi libri e la macchia
d'inchiostro fuoriuscito dalla boccettina, che si stava allargando a
terra, poi il suo sguardo fu rapito da un foglio di pergamena,
scritto da una mano che non sapeva riconoscere. La grafia era
sgraziata, ma doveva appartenere ad un adulto.
Lo
afferrò d'impulso, per leggere la firma: Arthur. Ma fu il
destinatario a sorprenderla: “Caro Reg”...
Lasciò
immediatamente andare il foglio di pergamena, che atterrò con
grazia sul suo letto. Non sapeva come quella lettera fosse potuta
finire nella sua borsa, ma improvvisamente sentì che la
responsabilità di quello che aveva fatto le piombava addosso
come un macigno. Aveva spezzato la vita di un ragazzino, che non
sarebbe mai più potuto diventare grande, non avrebbe mai più
potuto sorridere, giocare, correre, amare. E finalmente realizzò
quello che aveva fatto: aveva compiuto un omicidio.
Il
panico l'assalì e scoppiò a piangere. Pianse per tutto,
per la sua vita di derelitta, per i suoi genitori che la odiavano,
per suo fratello costretto a mentire sulla sua identità, per
ciò che aveva sempre dovuto sopportare, per ciò che
aveva avuto e per ciò che aveva perso.
Per
Reg.
Pianse
per la paura di quello che sarebbe successo dopo, quando Silente e
gli altri avrebbero scoperto ciò che aveva fatto. Pianse per
la paura di andare ad Azkaban.
«Scilla»
sussurrò una voce alle sue spalle.
Priscilla
si voltò di scatto e il volto preoccupato e sconvolto di
Narcissa riempì la sua visuale.
La
ragazza fu presa dal panico e cominciò a ficcare nella borsa
varie cose alla rinfusa. Doveva scappare, via da Hogwarts, via da lì.
«Scilla,
cosa stai facendo?» domandò Narcissa, spaventata.
Priscilla
prese la lettera che Arthur aveva spedito a Reg e con un immenso
sforzo se la mise in tasca: sarebbe stato il suo monito per ciò
che aveva commesso. Mossa da una determinazione che nasceva dalla
disperazione, si mise la borsa a spalle e si voltò verso
Narcissa. «Devo andarmene, scappare» sentenziò,
con freddezza.
L'altra
scosse la testa, sconvolta. «Tu... non puoi. Noi abbiamo appena
chiamato Lumacorno» spiegò, con un tono di voce quasi
impercettibile.
Priscilla
allora le prese un braccio e la scosse avanti e indietro. «Cissy,
ragiona! Mi spediranno ad Azkaban! Io devo andarmene!»
«Ma
dove andrai?» sussurrò Narcissa, spaventata.
Priscilla
rimase un attimo in silenzio, a riflettere. «Da mio fratello»
decise alla fine. «Devi promettermi che mi coprirai. Fingi di
non avermi visto» disse con foga, guardando la sua amica dritta
negli occhi.
Narcissa
era terrorizzata e scombussolata da tutta quella situazione, ma alla
fine deglutì e fece un debole segno con il capo.
«Va
bene» rispose Priscilla, lasciandole andare il braccio. Poi
prese il suo bastone e si diresse verso la porta.
Gli
occhi ansiosi di Narcissa seguirono la sua figura claudicante che si
allontanava. Prima di uscire, Priscilla lanciò un ultimo
sguardo alle sue spalle. Vide la sua amica, ferma in piedi in
quell'unica stanza che aveva mai considerato casa sua e che ora stava
lasciando per sempre. Poi, con un breve segno del capo uscì e
si chiuse la porta alle spalle.
Era
raro che la professoressa McGranitt entrasse nella sala comune di
Grifondoro, sebbene fosse la direttrice di quella casa. Infatti,
quando quella sera fece capolino dal buco dietro il ritratto, tutti
si voltarono a guardarla. La professoressa lanciò sguardi
gelidi in giro, poi si diresse verso Mary, che stava seduta ad un
tavolo per ripassare Pozioni insieme alle sue amiche. «Weasley,
il Preside ti vuole vedere nel suo studio» le annunciò,
in un tono di voce indecifrabile.
Mary
rimase spiazzata dalla notizia, ma alla fine annuì e ripose i
libri sul tavolo, per seguire l'insegnante.
Mary
non era mai stata nell'ufficio di Silente, per cui si stupì
dell'assurda parola d'ordine (“Zuccotti di zucca”) e
rimase piacevolmente colpita dalla scala chiocciola che si muoveva
dolcemente verso l'alto. La McGranitt le fece segno di salire e la
ragazza, dopo aver preso un lungo sospiro, si lasciò
trasportare fino ad una porta di legno massiccio con un battacchio di
rame a forma di grifone. Mary bussò timidamente e la porta si
aprì sotto il suo debole tocco.
«Vieni
pure avanti» disse una voce calma che proveniva dallo studio.
Mary
fece il suo ingresso in una stanza circolare piena di strani aggeggi
d'argento; seduto dietro una scrivania ingombra di vari libri e
pergamene, stava il preside Silente. I suoi occhi azzurri, nascosti
dietro gli immancabili occhialetti a mezzaluna, erano puntati su un
foglio che però Mary non riusciva a leggere.
Rimase
un attimo incerta sul da farsi, poi visto che il mago non dava segni
di aver notato la sua presenza, mormorò: «Signore?»
Silente
alzò finalmente gli occhi su di lei e gli rivolse un sorriso
doloroso. «Siediti pure» le disse, indicando il posto
davanti a sé.
Mary
eseguì l'ordine con uno spiacevole nodo alla gola.
«Ho
sempre pensato a tuo fratello Reginald come uno dei ragazzini più
coraggiosi che io abbia mai incontrato» sussurrò
Silente, con un sorriso dolce e insieme triste.
«Si
è cacciato in qualche guaio?» sbuffò Mary,
scuotendo la testa. Gli occhi azzurri del Preside si fissarono in
quelli nocciola di lei, ma quello sguardo era talmente intenso che
Mary fu costretta ad abbassarli. Quando tornò a guardare
Silente, lui la stava ancora fissando con un'espressione sofferente.
Uno spiacevole senso di angoscia si impadronì di Mary.
«Signore,
che cos'è successo?» domandò preoccupata.
Silente
ci impiegò qualche secondo prima di rispondere. «Tuo
fratello ha aiutato due suoi compagni a fare la giusta scelta di
denunciare dei soprusi alla professoressa Sprite. Solo che gli autori
di tali soprusi non hanno preso bene il gesto di coraggio di questi
ragazzini».
L'angoscia
si trasformò in pura ansia. Mary corrugò la fronte per
la preoccupazione: sapeva che se Reg aveva di nuovo stuzzicato le ire
di Priscilla, poteva essersi beccato una bella punizione da parte del
gruppetto di Serpeverde.
«Credo
che sia stato un'incidente: nessuno voleva che finisse così.
Reginald è stato colpito da uno schiantesimo ed è
finito contro il Platano Picchiatore».
Silente
fece una pausa e Mary sentì il tempo dilatarsi fino
all'infinito: temeva la conclusione di quel racconto.
«Reginald
è morto, Mary».
Per
i primi secondi non accadde nulla: il suo cervello si era rifiutato
di recepire quell'informazione. Ma dopo poco, ciò che la sua
testa non poteva capire, il suo cuore l'aveva già compreso.
Morto.
Reg era morto.
E
dentro di lei si scatenò una tempesta. Cominciò a
piangere, prima sommessamente, poi sempre più forte, finché
il suo pianto non si trasformò in uno straziante spettacolo di
dolore. Non poteva essere successo, non il suo fratellino! Non Reg,
sempre così solare e pieno di vita... non poteva essere morto!
«Mary?»
mormorò il professor Silente, sfiorandole una mano con la sua.
«No!»
esclamò Mary, ritraendosi da quel contatto. Non voleva la
pietà di nessuno, perché nessuno poteva capire il suo
dolore. Si alzò di scatto dalla sedia e si buttò fuori
dalla stanza.
Non
capiva dove stava andando, ma non le importava. Niente aveva più
senso, ora. Non aveva senso un mondo dove ragazzini di dodici anni,
con ancora tutta la vita davanti, si ritrovavano distesi su un letto
di morte.
Sopraffatta
dal dolore si accasciò a terra e lasciò che le lacrime
sgorgassero abbondanti. Pianse per un tempo indeterminabile, finché
non ebbe più lacrime. Pianse lì, sola, raggomitolata a
terra come un animale ferito. Non sapeva nemmeno chi avrebbe voluto
avere accanto a sé in quel momento, perché ogni suo
legame le appariva superficiale. Non aveva nessuno, non aveva mai
avuto nessuno e Reg stesso glielo aveva fatto notare. L'unica persona
a cui si era legata, l'aveva persa per sempre ormai anni fa e ora si
ritrovava a piangere la morte dell'altra persona che avrebbe sempre
dovuto amare e che invece aveva costantemente ignorato. Un rimorso
terribile la assalì: non aveva mai fatto capire a suo fratello
quanto gli voleva bene e ora se ne pentiva. Avrebbe voluto dirglielo,
ma non ne aveva più la possibilità. Lui ora era morto.
Improvvisamente
si alzò da terra, come mossa da una forza soprannaturale.
Doveva vederlo, dargli l'ultimo saluto. Voleva accarezzare il suo
volto ormai freddo, sussurrare al suo orecchio ormai sordo quanto gli
voleva bene. Cominciò a girovagare per il castello a vuoto.
Non sapeva dove stava andando, ma sentiva il bruciante desiderio di
trovare Reg.
E
per quella volta la fortuna le venne incontro. Si imbatté per
caso in un gruppo di medimaghi che stavano portando giù dalle
scale una barella, con sopra adagiato un corpo ricoperto da un
lenzuolo.
«Fermi!»
gridò Mary, con una voce talmente potente da stupirsi lei
stessa.
I
maghi si voltarono verso e visto lo stato penoso in cui versava,
ebbero pietà di lei e le obbedirono.
La
ragazza, allora, si avvicinò lentamente alla barella. Con una
mano che non riconobbe nemmeno lei come sua, afferrò il
lenzuolo candido e lo scostò dal viso del ragazzino. Ancora
una volta, la sua prima reazione fu di apatia. Poi i suoi occhi si
posarono sul volto graffiato e tumefatto del suo fratellino e su
quell'unico rivolo di sangue che non era stato ripulito e che,
passando davanti all'orecchio, gli disegnava il profilo della
guancia.
La
mano che teneva sollevato il lenzuolo cominciò a tremare,
mentre una nuova ondata di lacrime sgorgava dagli occhi. «Reg...»
sussurrò, allungando il braccio verso la sua sagoma immobile.
Gli sfiorò la guancia fredda con una carezza e poi ripulì
delicatamente la goccia di sangue. Le sue dita indugiarono un attimo
tra i capelli rossi di lui, sempre in piedi. Lasciò che le
pizzicassero la pelle, li accarezzò, e in fine li baciò.
«Ti
voglio bene, Reg».
Il
suo viso cosparso di lentiggini era ad un soffio dal suo. Gli baciò
la fronte, più e più volte, finché uno dei
medimaghi non la prese per le spalle e la scostò delicatamente
dalla barella.
«Signorina,
è meglio se...» ma non riuscì a concludere quella
frase, perché Mary emise un sibilo acuto che lo fece
trasalire. «Che cosa...?» esclamò l'uomo
stupefatto. Poi seguì la direzione verso cui era puntato lo
sguardo rabbioso della ragazza: il suo odio era diretto verso
un'altra figura che era appena sbucata da un corridoio. Era una
ragazza bionda, di Serpeverde, con l'aria sconvolta.
«Black!»
gridò Mary, liberandosi con uno strattone dalla presa del
medimago.
Narcissa
rimase immobile per qualche secondo, poi, realizzando che la Welasely
era talmente fuori di sé che avrebbe potuto scagliarle una
fattura da un momento all'altro, si voltò e sparì nel
buio del corridoio.
«Black!»
strillò ancora Mary, lanciandosi all'inseguimento dell'altra.
Doveva sapere che cosa era successo, doveva assolutamente saperlo.
Trovò la Black, appiattita contro il muro, alla fine del
corridoio che si era rivelato essere un vicolo cieco. La si piazzò
davanti in modo da impedirle di scappare.
«Che
cosa è successo questa notte?» gli domandò con un
tono che non ammetteva repliche.
«Non
so di cosa stai parlando» rispose Narcissa, fingendosi
innocente.
Mary
piazzò una mano sul muro, proprio sopra la spalla sinistra di
Narcissa, che si appiattì ancora di più contro la
parete. «Dimmi cosa è successo» le intimò
la Grifondoro.
Narcissa
cominciò a respirare affannosamente, poi abbassò gli
occhi a terra. Certo, quella traditrice del suo sangue non aveva il
diritto di imporgli assolutamente nulla, ma era spaventata da quello
che era successo e forse la Weasley, dopotutto, aveva il diritto di
sapere com'era morto suo fratello. «Volevamo solo fargliela
pagare per essersi ribellato...» riuscì a sussurrare
alla fine, sempre tenendo gli occhi bassi. Sentì il respiro
dell'altra fermarsi, come se l'immagine del fratellino che veniva
punito per la sua ribellione fosse troppo dolorosa da dover
sopportare. Finalmente Narcissa alzò gli occhi su di lei e
vide che stava piangendo. «Non doveva finire così...»
«Chi
è stato, chi ha lanciato lo schiantesimo?» domandò
Mary, con un tono straziante.
Narcissa
deglutì, ma non rispose.
«È
stata Priscilla, non è vero?» insistette Mary. In cuor
suo lo sapeva, lo sapeva che era stata lei. Doveva finire in quel
modo, tra loro due. Ancora una volta, Narcissa non rispose e Mary
interpretò il suo silenzio come un assenso. «Dov'è
Priscilla? Dov'è, ora?» le chiese, mentre una rabbia
folle cominciava a montarle nel cuore.
«È...
andata» farfugliò Narcissa, decisa più che mai a
non rivelare la fuga dell'amica.
«Dove?
Dov'è andata?» domandò Mary, con foga.
Narcissa,
scosse lentamente la testa, come a dire che non lo sapeva.
«Dimmi
dov'è andata» ripeté Mary.
Il
suo sguardo era talmente intenso che Narcissa fu costretta ad
abbassare gli occhi. L'angoscia che le attanagliava il cuore divenne
pesante come un macigno.
«Narcissa»
la supplicò Mary. Nei sette anni in cui erano state compagne
di scuola, non l'aveva mai chiamata per nome, né tanto meno
aveva usato quel tono straziante.
Narcissa
si appoggiò al muro, troppo scossa dal semplice sentir
pronunciare il proprio nome dalla sua avversaria.
«Era
mio fratello» sussurrò Mary e Narcissa non poté
evitare di ripensare ad Andromeda, a quanto l'aveva amata, a tutto il
dolore che aveva dovuto sopportare quando era andata via, a come
avrebbe voluto vendicarsi su Ted, l'unico vero responsabile di tutto.
«Mi
dispiace, Mary» fu l'unica cosa che riuscì a sussurrare.
«Dimmi
dov'è andata» ripeté nuovamente Mary.
E
Narcissa cedette: «Da suo fratello».
Mary
annuì con serietà. Si voltò e fece per
andarsene, ma dopo qualche passo si fermò. Volse la testa
all'indietro, verso Narcissa, ancora ferma con le spalle al muro.
«Grazie,
Black».
Eccomi
qua con il nuovo capitolo! Visto che ho un sacco di cose da dirvi,
per una volta lascerò perdere i miei piagnistei sul povero
Reg...
Allora,
prima cosa: questo è il link per un disegno che ho
fatto, raffigurante Mary e Narcissa, durante il loro ultimo dialogo.
Mi è venuta voglia di disegnarle, perché quando si
chiamano per nome, credo sia uno dei momenti più drammatici di
tutto il racconto. Spero che vi piaccia!
Seconda
cosa: Narcissa è caratterizzata in modo molto particolare
in questo capitolo e mi auguro che non vi paia troppo OOC. Per
giustificare il modo in cui l'ho descritta, vi ricordo solo che ha
appena assistito alla morte di un ragazzetto e che è
totalmente sconvolta. Lei non vorrebbe tradire la sua amica
Priscilla, ma il dolore di Mary è troppo straziante e troppo
simile al suo per sopportarlo.
Ora
veniamo al punto scottante: la vendetta di Mary. In questa
storia non è previsto il racconto di quanto accadrà al
Trinity, perché vi avevo dedicato abbondante inchiostro (o
pixel) nel racconto “La sorella perduta”. Ovviamente mi
rendo conto che chi non l'avesse letto, potrebbe voler sapere cosa
sia successo; ergo, questo è il link al capitolo dove Mairead
(la figlia di Mary) entra in un ricordo del fratello di Priscilla
Saiminiu e osserva quello che accadde quella notte. Consiglio anche
la lettura di questo capitolo, dove si racconta la storia di
Priscilla.
Per
chi non avesse voglia di leggerseli tutti, ecco qui in breve (e senza
grande phatos) quello che succede: Priscilla raggiunge suo fratello
Septimius e gli chiede aiuto per scappare; sopraggiunge
all'improvviso Reammon, migliore amico di quest'ultimo, che, dopo un
po' di esitazione, decide di aiutarli. Improvvisamente arriva Mary e
scoppia il finimondo: Septimius scopre che la sorella è
un'assassina e, dopo mille indecisioni, acconsente di andare tutti
dal preside. Priscilla accoglie la decisione del fratello come un
tradimento e si scaglia contro Reammon, che nel frattempo ha preso le
difese di Mary. Tra i due vi è un feroce duello, finché
un incantesimo non colpisce Priscilla e lei scompare. Septimius
accusa l'amico di aver ucciso la sorella e questo interrompe per
sempre la loro amicizia. Di Priscilla non si sa più nulla: si
immagina che sia morta, ma... il resto, se vi incuriosisce, è
raccontato ne “La sorella perduta”.
Grazie
a tutti e scusate la lunghezza della nota d'autore, ma era
necessaria!
A
presto!
EDIT:
continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** La scelta giusta ***
Quella
mattina, Regulus si trascinò verso la Sala Grande con apatia.
Aveva come la sensazione che non sarebbe stata una buona giornata.
Barty l'aveva svegliato alle cinque per ripassare insieme
Trasfigurazione, ma lui se l'era guardata bene dall'alzarsi dal letto
e così il suo amico se ne era andato in sala comune da solo.
Ma, ormai sveglio, Regulus non era riuscito più ad
addormentarsi e non aveva fatto altro che arrotolarsi nel lenzuolo.
Alla fine si era arreso ad alzarsi, ma ormai era troppo tardi per
ripassare e così si era diretto verso la Sala Grande per fare
colazione.
La
lettera che Reg gli aveva dato ieri era nella tasca dei pantaloni,
anche se Regulus non si era ancora deciso a leggerla. Certo, avrebbe
voluto fare pace con il suo vecchio amico, ma una certa dose di
orgoglio glielo impediva. Il problema era che quella pulce gli
mancava e Barty non era affatto paragonabile a Reg; tanto per
cominciare Barty era ossessionato da suo padre: faceva di tutto per
compiacerlo, studiava giorno e notte per ottenere sempre il massimo
dei risultati, ma ogni volta che il signor Crouch rispondeva con
freddezza davanti a tutti i suoi sforzi, Barty si faceva prendere da
una folle mania omicida, distruggendo qualsiasi cosa gli capitava per
le mani, e restava imbronciato per giorni. Niente a che fare con il
carattere solare di Reg, che sembrava non avere mai giornate
negative.
Bene,
Regulus decise che se in quella lettera Reg gli avesse fatto le
dovute scuse, avrebbe anche potuto pensare di perdonarlo.
Quando
entrò in Sala Grande, immerso nei propri pensieri, capì
subito che c'era qualcosa che non andava, ma il suo cervello ci
impiegò parecchio tempo a capirne il motivo. E infine li vide:
dodici lunghi teli neri pendevano dal soffitto, che rappresentava un
limpido cielo azzurro di metà maggio. La Sala Grande era
perfino troppo silenziosa: solo un lieve mormorio la attraversava,
come se gli studenti temessero la reazione di qualcuno.
Reg
si avvicinò lentamente al tavolo di Serpeverde, senza capire
che cosa fosse successo. Incrociò di sfuggita gli occhi
inquieti e ansiosi di sua cugina Narcissa, poi si lasciò
cadere sulla panca a fianco di Barty. «Che cosa è
successo?» gli sibilò, accennando al clima da camera
mortuaria che regnava in Sala.
«Non
lo sai?» domandò allora Barty, con la faccia sconvolta
di fronte all'ignoranza del suo amico.
Regulus
scosse lentamente la testa.
Barty
gli fece segno di avvicinarsi, poi gli sussurrò all'orecchio,
come se si trattasse di un segreto: «Pare che ieri sera sia
morto qualcuno... sembra che sia un ragazzino di Grifondoro».
Uno
spiacevole campanello di allarme suonò nella testa di Regulus.
Si voltò verso il tavolo al capo opposto della sala, in cerca
di una persona.
Non
c'era, Reg non c'era. Poteva trattarsi di una coincidenza, però...
Lo
sguardo gli cadde sulla sorella di Reg, Mary Weasley: era circondata
da un vuoto, come se gli altri volessero starle lontano perché
ne avevano paura o soggezione. Le spalle erano chine, il volto una
maschera impassibile, i suoi occhi spenti fissavano con apatia il
piatto vuoto. Il campanello d'allarme che suonava nelle orecchie di
Regulus divenne una sirena.
Proprio
in quel momento il professor Silente si alzò dal tavolo degli
insegnanti, e la Sala Grande piombò nel silenzio. I suoi occhi
azzurri saettarono tra gli studenti, come se volesse riservare uno
sguardo ad ognuno di loro.
«Questa
notte è successo un fatto molto grave» cominciò a
dire, con la sua voce calma. «Degli studenti hanno cercato di
punire un ragazzino che aveva denunciato le loro malefatte ad un
insegnante. Spero che il coraggio di questo ragazzino vi possa
insegnare che non bisogna mai avere paura di fare la scelta giusta.
Ma spero soprattutto che ciò che è successo questa
notte non si ripeta mai più: dovete imparare a rispettarvi gli
uni gli altri, perché siamo tutti maghi e siamo tutti uguali,
indipendentemente dalle nostre origini».
Dopo
quel breve discorso, Silente fece una pausa, poi riprese: «Questa
notte, qualcuno ha dovuto pagare a caro prezzo il proprio coraggio.
Questa notte, Reginald Weasley è venuto a mancare».
Regulus
fu invaso da una strana ondata di gelo. Per un attimo non riuscì
a recepire pienamente la notizia, poi tutto gli fu incredibilmente
chiaro: Reg era morto.
Si
sentì svuotato, come se qualcosa avesse risucchiato ogni sua
forza vitale. Ogni cosa intorno a lui cominciò a perdere
senso, a diventare opaca ai suoi occhi. La sua mente era invasa da un
solo pensiero: Reg morto.
Si
aprì una voragine nel suo cuore e le forze gli vennero meno.
Dovette aggrapparsi al tavolo con foga, finché le nocche non
gli divennero bianche, per evitare di collassare a terra. Era tutto
così sbagliato! Reg era un ragazzino pieno di vita, allegro,
solare... non meritava di morire!
«Regulus?»
lo richiamò Barty, afferrandogli il braccio.
Regulus
si girò apatico verso di lui.
«Tutto
bene?» gli chiese il suo amico, guardandolo di sottecchi.
«Sì,
sì» rispose il ragazzino, con un tono di voce neutro.
Poi afferrò una caraffa, si versò il succo di mela nel
bicchiere e si mise a berlo.
«Regulus,
a te non piace il succo di mela» protestò Barty, con gli
occhi sgranati.
Regulus
allora appoggiò nuovamente il bicchiere sul tavolo e commentò:
«Ah, già».
Il
suo stomaco in subbuglio si ribellò al liquido che ricevette,
tanto che Regulus fu costretto a reprimere un conato di vomito. Si
mise una mano in tasca alla ricerca del suo fazzoletto ricamato,
quando sentì sotto i suoi polpastrelli la superficie ruvida di
una pergamena. Estrasse il foglio e lo osservò per parecchi
secondi come fosse un tesoro inestimabile. Poi aprì la lettera
con mani tremanti e cominciò a leggerla:
Caro
Reg,
non
sono un gran che a scrivere, ma Mary mi ha convinto a non rinunciare
alla nostra amicizia e visto che non vuoi parlarmi... Non voglio
mandare tutto all'aria per qualche sciocco bisticcio. Forse hai
ragione ad aver fatto quella scelta; non voglio certo metterti contro
la tua famiglia. Però sappi che per quanto tu voglia loro
bene, non devi farti condizionare a fare delle cose sbagliate: sei
libero di scegliere, questo ricordatelo sempre! Io so che quando ti
troverai difronte ad un bivio, saprai fare la scelta giusta. Lo so
perché... perché lo so! Sei mio amico e ti voglio bene
e sono sicuro che al momento giusto troverai il coraggio dentro di
te per scegliere. Non avere paura, io sarò al tuo fianco!
Spero
che vorrai parlare ancora con me.
Con
affetto,
Reg
Quando
Regulus finì di leggere la lettera, aveva un grosso nodo alla
gola. Certo, non avrebbe pianto, anche se lo avesse voluto, perché
un Black non piangeva mai, ma avvertiva comunque un peso all'altezza
del cuore. Non era riuscito a fare pace con Reg, e così era
morto con la convinzione che lui lo odiasse. Il suo stupido orgoglio
gli aveva impedito di parlargli per mesi, ma ormai non c'era più
tempo...
Maledetti
Babbani! Se non ci fossero stati loro, nulla di tutto quello sarebbe
mai successo! Tanto per cominciare lui e Reg non avrebbero litigato,
perché nessuno avrebbe potuto accusare i Weasley di essere
filobabbani, se i Babbani non fossero mai esistiti. Inoltre
era certo che fosse stato quell'assurdo senso di giustizia e
uguaglianza a spingere Reg tra le braccia della morte. Se lui si
fosse fatto gli affari suoi, invece di erigersi a difesa del
Sanguesporco, a quest'ora sarebbe stato ancora vivo!
Tutta
colpa di quei maledetti Babbani. Chi aveva permesso loro di
sopravvivere, di comandare sui maghi con le loro assurde paure e
superstizioni? Chi aveva permesso loro di strappargli il suo amico?
Perché,
sì, sapeva che lui e Reg avrebbero fatto pace, prima o poi, se
lui non fosse morto. Certo, non sarebbe mai andato contro la sua
famiglia, perché aveva imparato a rispettarla e amarla, ma
forse, con il tempo, sarebbe potuto arrivare ad un compromesso.
Chissà, magari sarebbe riuscito anche a convincere Reg di
rinunciare alle sue idee filobabbane, o magari la sua stessa famiglia
avrebbe saputo accettare, prima o poi, quella strana amicizia tra di
loro. In fondo i Weasley erano Purosangue.
Non
era giusto che fosse stato loro impedito di rimediare a quello
sciocco litigio e che fosse negata loro la possibilità di
sapere come sarebbe andata a finire quell'amicizia. Avrebbe voluto
chiederlo a Reg... dove stava ora la giustizia, eh? Dove stava la
giustizia in tutto quello? Perché a loro non era data
l'occasione di sapere come sarebbe stata la loro vita, se fossero
tornati amici?
Perché
la morte se l'era portato via così giovane?
Improvvisamente
Regulus realizzò: doveva andare a dargli l'ultimo saluto.
Doveva andare al suo funerale.
Ma
non poteva andarci da solo, perché non aveva la più
pallida idea di come arrivarci. E poi, era convinto che la sua
famiglia non approvasse quella scelta. Gli serviva un adulto che
sapesse materializzarsi e che fosse disposto ad accompagnarlo. A chi
avrebbe potuto chiedere?
Quasi
per caso lo sguardo si puntò su sua cugina Narcissa: aveva
un'espressione strana, a metà tra il preoccupato e l'afflitto.
I suoi occhi sfuggenti e ansiosi saettavano verso il tavolo dei
Grifondoro, in direzione di Mary Weasley. Regulus non poteva sapere
l'angoscioso senso di colpa che le attanagliava il cuore: da un lato
era rimasta scioccata dalla morte del giovane Reginald, dall'altra
era preoccupata di aver condannato la sua amica Priscilla, avendo
rivelato alla Weasley il luogo dov'era fuggita. Non sapeva cose fosse
successo al Trinity la notte precedente, ma temeva per la vita di
Priscilla. Era riuscita a scappare, o la Weasley si era vendicata
contro di lei?
«Cissy?»
domandò cauto Regulus, avvicinandosi a lei.
La
ragazza distolse gli occhi dalla figura di Mary e si voltò
verso suo cugino.
Regulus
prese un profondo respiro, consapevole della difficile richiesta che
stava per fare, poi sussurrò: «Mi accompagneresti al
funerale di Reg Weasley?»
Non
sono molto brava con le parti introspettive e certo Regulus Black non
è un personaggio semplice da gestire, tanto più in una
situazione come questa, ma credo che solo lui potrebbe dare la colpa
ai Babbani per quello che è successo! Vi ricordo che, in
fondo, è un Black e non uno qualunque! Per di più, mi
sarebbe sembrato un anacronismo fargli pensare che i Mangiamorte
fossero brutti e cattivi perché avevano ucciso Reg, quando lui
poi si unirà alla schiera dei seguaci di Voldemort... insomma,
spero che la sua reazione alla morte dell'amico vi sia sembrata IC,
ma anche originale.
Il
prossimo sarà l'ultimo capitolo e non aspettatevi un sincero
happy end... un margine di speranza lo voglio lasciare, ma nulla di
allegro, anzi!
Grazie
a tutti, a presto
Beatrix
EDIT:
continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** La bara bianca ***
EDIT: Bizzarra
novità che mi è venuta in mente: provate a leggere
questo capitolo ascoltando questa canzone di Avril Lavigne... è
molto indicata! ;-)
Il
cielo plumbeo contribuiva ad incupire l'atmosfera. C'erano una
manciata di persone sedute sulle seggioline bianche che erano state
predisposte davanti alla bara, ma nel complesso non erano molte.
Narcissa riconobbe Arthur Weasley e la moglie Molly, con un bimbetto
aggrappato alla sua gonna. C'era una donna piegata in due dal dolore,
seduta su una delle sedie in prima fila, che Narcissa ipotizzò
essere la madre. Se mai avesse avuto un figlio, era certa che non
sarebbe riuscita a sopportare il profondo dolore per la sua morte.
Si ripromise che avrebbe fatto di tutto, pur di non ritrovarsi a
fissare la sua bara bianca.
Poi
riconobbe i lunghi capelli rossi della Weasley, che le dava le
spalle. Certo, non si erano mai sopportate, ma Narcissa non poté
evitare di sentirsi ferita dal suo dolore, perché in un certo
senso l'aveva provato anche lei.
Tra
gli altri presenti, individuò il professor Silente,
accompagnato dalla McGranit, Vitious, Lumacorno e Sprite, ma di
studenti non ce n'era neanche uno. Dove erano finiti gli amici di
Mary, i suoi ammiratori, i compagni di squadra? L'avevano abbandonata
tutti, non appena lei aveva dimostrato di avere qualche debolezza?
Non era più la brillante campionessa di Quidditch, il gioiello
di Lumacorno, ora. Era solo una ragazza che aveva perso suo fratello
e aveva tentato di vendicarsi. Niente di interessante. Nessuno più
aveva motivo di essere suo amico.
Proprio
in quel momento Arthur Weasley si girò e li vide. Una smorfia
di rabbia gli attraversò il volto e fece per andare loro
incontro, quando la moglie, notando l'oggetto del suo sdegno, gli
mise una mano sulla spalla con sguardo determinato. Poi prese in
braccio il figlioletto di qualche anno e si avvicinò ai due
nuovi arrivati.
«Non
è gradita la tua presenza qui, Black» sibilò
rivolta a Narcissa, riservandole uno sguardo tagliente.
Narcissa
si sistemò le pieghe dell'abito nero, per nascondere con
un'aria di superiorità il disagio che provava. «Non sono
felice nemmeno io di trovarmi qui, ma mio cugino ha insistito perché
lo accompagnassi» rispose, cercando di assumere un tono
altezzoso.
Gli
occhi della Weasley si posarono su Regulus, ma non erano certo bonari
né ben disposti. «Che cosa cerchi qui, Black?» lo
provocò.
«Io...»
cominciò a dire Regulus, ma si interruppe. Già, che
cosa stava cercando? Perché era andato a quel funerale? Per
fare la scelta giusta, come gli aveva detto Reg nella lettera?
No,
non era quello... era che si sentiva in colpa per aver litigato con
Reg, senza dargli la possibilità di riappacificarsi. In fin
dei conti era un tipo a posto, anche se un po' fuori, e almeno era
Purosangue, mentre lui si era intestardito a non volergli parlare,
rinchiuso nel suo orgoglio. Gli dispiaceva di non aver fatto pace.
Avrebbe voluto dirglielo che gli dispiaceva, ma lui era morto.
«Voglio
dare l'ultimo saluto a Reg» rispose Regulus, dopo un attimo di
silenzio. «Era mio amico».
A
quelle parole Molly Weasley si rabbonì. «Vieni»
gli disse con maggiore dolcezza, allungando la sua mano grassottella
verso di lui, per condurlo alla bara. Regulus la fissò come se
una miriade di tentacoli gli stessero spuntando dalla testa e, pur di
non entrare in contatto con quella mano, strinse le sue sotto il
mantello.
Molly
scosse la testa rassegnata. Tutti uguali, quei Black! Nemmeno quando
sono bambini si lasciano sfuggire un gesto di affetto!
Alla
fine si rassegnò a condurlo verso la bara, senza offrirgli la
mano, ma prima di tornare dal marito, non poté trattenersi dal
dargli un tenero buffetto sulla guancia.
Regulus
rimase spiazzato e si portò immediatamente la mano al volto,
per coprire il punto dove le dita della donna aveano sfiorato la sua
pelle. Si sentì avvampare e una piacevole sensazione di tepore
lo invase. Nemmeno sua madre si era mai azzardata a fargli una tale
dimostrazione di affetto, tanto meno in pubblico, e ora quella
signora che nemmeno conosceva si permetteva di dargli un buffetto?
Eppure era stato piacevole, si era sentito protetto.
Ma
subito i suoi occhi furono rapiti dalla bara bianca davanti a lui.
Una delicata corona di fiori era stata poggiata sul coperchio, ma i
signori Weasley non l'avevano accompagnata con la fotografia di Reg,
come si era soliti fare. Regulus gliene fu grato, perché era
certo che non avrebbe sopportato la vista del suo sorriso esaltato,
delle sue lentiggini sparse sul volto, dei suoi occhi gioiosi.
Mary
Weasley era ritta davanti alla bara, immobile come una statua di
marmo. Sembrava che il dolore stesso l'avesse pietrificata. Il suo
sguardo ricolmo di sofferenza era posato sulla corona di fiori, una
mano sfiorava delicatamente il coperchio. Regulus notò quanto
fosse composta la sua desolazione. Non le aveva mai parlato, ma si
vedeva che era una vera Purosangue.
Si
avvicinò ancora di un passo, timoroso. Non avrebbe voluto
disturbare il silenzioso tormento della Weasley, ma lei lo sentì
arrivare e si voltò verso di lui. Nel vederlo un angoscioso
sorriso le increspò le labbra. «Reg» sussurrò
con tanta pena quanta dolcezza. E poi fece una cosa imprevedibile: si
avvicinò a lui e lo strinse in un abbraccio.
Regulus
reagì pietrificandosi e stringendo i pugni. Sgranò gli
occhi sorpreso e fissò il velo nero che copriva i capelli
rossi della Weasley. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma non ne ebbe la
forza.
Quando
finalmente la ragazza si sciolse dall'abbraccio, i suoi occhi erano
lucidi. «A lui avrebbe fatto piacere sapere che sei venuto»
sussurrò con un sorriso dolce, tenendo le sue mani sulle
spalle del ragazzino.
Regulus
aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Era ancora
troppo scosso da quella dimostrazione di affetto.
«Grazie»
concluse la Weasley. Per un attimo lo strazio dei suoi occhi nocciola
fu sostituito da un velo di dolcezza e serenità. Accarezzò
delicatamente la guancia di Regulus, poi con un ultimo sorriso di
gratitudine, tornò a voltarsi verso la bara.
Regulus
rimase impietrito ancora per qualche secondo, cercando di realizzare
quello che era successo. Un brivido gli percorse la schiena. Era
assurdo che la Weasley lo avesse abbracciato! Non si erano mai
parlati prima, che le era saltato in mente? Il dolore l'aveva fatta
impazzire?
Eppure...
aveva visto negli occhi di Mary che quel semplice gesto l'aveva
rasserenata, le aveva infuso sicurezza. Possibile che un abbraccio
potesse avere quell'effetto?
Era
una domanda a cui non sapeva rispondere, ma decise che per quel
giorno aveva ricevuto fin troppe dimostrazioni di affetto e quindi si
allontanò in fretta, ancora scosso da quello che era accaduto,
proprio mentre un ragazzo con un paio di ridicoli pantaloni irlandesi
si stava avvicinando alla bara.
Reammon
non sapeva bene che cosa l'avesse spinto a presentarsi al funerale di
un ragazzino che non aveva mai conosciuto. Però sentiva come
la certezza che andarci era la cosa giusta da fare. In fin dei conti
la morte di Reg Weasley era stata l'evento scatenante di una cascata
di conseguenze che non aveva ancora realizzato appieno. Tanto per
cominciare la fine della sua amicizia con Septimius... non poteva
crede che dopo tutto quello che avevano passato insieme, gli
Extraiures avevano cessato improvvisamente di esistere.
Così,
da un giorno con l'altro.
Niente
più “noi”, niente più covo, niente più
partite a scacchi, niente più chiacchierate all'una di notte,
niente più esplorazioni nel bosco, niente più gare di
latino. Niente di niente.
Ma
non era solo quello che l'aveva sconvolto. Era l'idea di aver ucciso
qualcuno, di aver spezzato la giovane vita di una donna, che non
avrebbe mai più sorriso, sognato, creduto, vissuto. Per quanto
fosse colpevole di terribili delitti, Priscilla non si meritava di
morire. Nessuno si meritava di morire. E soprattutto non avrebbe mai
voluto essere lui la mano del destino che praticava quella giustizia
sommaria.
Il
terzo cambiamento che era appena venuto nella sua vita, riguardava
una persona in carne e ossa, una persona che ora fissava la bara
bianca che conteneva il corpo di suo fratello. Non sapeva perché,
ma era certo che ci fosse qualcosa che lo legava a quella ragazza,
anche se la conosceva appena. Era come... non sapeva dire esattamente
cosa fosse, ma era certo che ci fosse.
Sì,
c'era qualcosa.
Non
avrebbe dovuto dirlo, e nemmeno pensarlo, in realtà, visto che
la sua ragazza Daireen certo non avrebbe apprezzato. Ma, cosa ci
poteva fare?
«Reammon»
sussurrò Mary proprio in quel momento, strappandolo dai suoi
pensieri.
Nel
momento esatto in cui la ragazza pronunciò il suo nome, un
piacevole senso di calore lo invase da capo a piedi. Le mise una mano
sulla spalla, nel tentativo di rincuorarla. Lei rimase un attimo
ferma a fissare la bara, poi si sciolse a quel contatto così
umano e si voltò verso di lui con un sorriso dolce.
Fu
allora, mentre i loro occhi si incrociarono in uno sguardo intenso,
che entrambi capirono: c'era davvero un legame indissolubile che li
univa. Lentamente Mary scivolò verso Reammon e lasciò
che lui la stringesse in un abbraccio. Non sapeva il motivo, ma si
sentiva al sicuro solo tra le braccia di quel ragazzo che conosceva
appena. Sentiva che la paura, l'angoscia e l'opprimente senso di
impotenza venivano sciolti dal calore di quell'abbraccio. Sentiva che
il dolore per la morte di Reg si trasformava in dolce ricordo della
sua innocente luminosità.
Pianse
di nuovo, bagnando di lacrime la giacca del giovane irlandese.
Eppure, lì, stretta tra le sue braccia, aveva come
l'impressione che quel pianto assumesse un nuovo significato: tutto
il resto, il Quidditch, la popolarità, il successo, non
avevano più senso ora; glielo aveva insegnato Reg con la sua
innocenza e il suo coraggio, glielo aveva insegnato Reammon con la
sua determinazione e il suo composto dolore.
Ora
voleva fare anche lei la scelta giusta, la scelta di essere se
stessa, sempre e comunque.
E
sì, lì, stretta tra le braccia di Reammon, capì
quello che voleva dire Reg: non è mai troppo tardi per fare la
scelta giusta.
Ebbene
sì, è arrivato al termine anche questo piccolo
racconto. Ho cercato, per quanto possibile, visto l'argomento, di
dare un finale se non proprio happy, almeno indirizzato verso la
speranza. Spero che vi sia piaciuto! Regulus è tanto tenero in
questo capitolo... in fin dei conti è solo un bambino! Ho
sempre tanta voglia di abbracciare Regulus, così ho pensato
che un po' di affetto dalla famiglia Wealsey non gli facesse affatto
male! Il personaggio di Reammon, purtroppo, temo che non dica molto a
chi non ha letto le altre storie: è il futuro marito di
Mary... capisco che vi possa sembrare un po' campata in aria la sua
comparsa, ma ci tenevo ad inserirlo soprattutto per chi lo conosce
già. Quanto a Narcissa, tutta questa esperienza le ha lasciato
un segno e se mai avrà un figlio suo, farà di tutto per
proteggerlo... ;-)
Comunque
sia, veniamo a qualche notizia pratica: il primo lunedì di
marzo (07-03), con scadenza settimanale, comincerò la
pubblicazione dell'altro corollario “Vita da Fuorilegge”,
dedicato a Reammon Boenisolius e Septimius Saiminiu (il fratello di
Priscilla). Nel frattempo, mi faccio un po' di pubblicità: ho
in corso una storia su Grindelwald (pubblicherò il prossimo
capitolo venerdì pomeriggio, anche se all'inizio avevo scritto
mercoledì!) e un racconto storico ambientato nella Firenze
umanistica (con scadenza settimanale il martedì pomeriggio)...
se vorrete dare un'occhiata, ne sarò felice! =)
Grazie
a tutti quelli che hanno seguito o anche solo letto qualche capitolo
di questa storia, e un grazie particolare a chi ha recensito. Alla
prossima!
Beatrix
EDIT:
si conclude anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei
dialoghi!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=633183
|