Il coraggio di scegliere

di Beatrix Bonnie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La piccola pulce ***
Capitolo 2: *** Il campione di Quidditch ***
Capitolo 3: *** La ragazza irlandese ***
Capitolo 4: *** Reg & Reg ***
Capitolo 5: *** Il coraggio di scegliere ***
Capitolo 6: *** Non è mai troppo tardi ***
Capitolo 7: *** Il Platano Picchiatore ***
Capitolo 8: *** Sangue ***
Capitolo 9: *** La scelta giusta ***
Capitolo 10: *** La bara bianca ***



Capitolo 1
*** La piccola pulce ***


Nota dell'autrice: la storia, pur facendo parte della serie “Trinity College” è sufficientemente indipendente, tanto da poter essere letta anche da chi non avesse presente i precedenti racconti. Tuttavia, ne è vivamente consigliata la lettura, perché l'autrice darà per scontato certi aspetti riguardanti la scuola irlandese di magia.






Il ragazzino osservò la sua immagine riflessa allo specchio: sembrava che un porcospino arancione avesse bellamente deciso di sedersi sulla sua testa. E tutte quelle lentiggini, poi? Non c'era modo di farle sparire? Fece un sospiro sconsolato, consapevole che quel ragazzetto mingherlino con i capelli sparati e un vecchio maglione ereditato dal cugino fosse proprio lui.

«Reginald!» lo richiamò una voce.

Il ragazzino si diede un ultima sistemata ai pantaloni e poi corse fuori dalla sua stanza.

Ad attenderlo in fondo alle scale stava sua sorella Mary. Per l'occasione aveva indossato un paio di jeans, un giubbetto di pelle nera e una maglietta a righe.

Reg digrignò i denti a vedere l'aria di superiorità che aveva stampata sul volto.

Aveva i suoi stessi capelli rossi e gli occhi marroni. Non era bellissima, ma sapeva come piacere; non era la più intelligente del suo anno, ma sapeva sfruttare le sue doti al meglio, dimostrando di essere più brava di quanto non fosse. L'unica cosa in cui eccelleva veramente era il Quidditch e questo le aveva garantito la protezione del professore di Pozioni, Lumacorno, che la trattava come fosse il gioiello migliore della sua collezione. Tutto il resto veniva di conseguenza: l'ammirazione dei suoi compagni, l'invidia delle altre ragazze, la stima dei professori. Non era perfetta, ma si atteggiava come se lo fosse.

E questo era ciò che faceva imbestialire Reg più di ogni altra cosa.

«Ti vuoi muovere?» lo aggredì non appena lo vide sbucare dalle scale. «L'Espresso per Hogwarts non aspetta i tuoi comodi».

«Ma magari potrebbe aspettare quelli della reginetta della scuola» la rimbeccò Reg, arricciando il naso in una smorfia.

Mary aprì la bocca per rispondere alla provocazione, ma fu costretta a bloccarsi quando vide comparire la madre alle spalle di Reg.

«Sempre dietro a litigare, voi due?» li rimproverò con uno sguardo severo.

Reg si sciolse in un sorriso a trentadue denti, nella speranza di intenerire la madre, ma a salvare i due ragazzi da una strigliata non fu quello: fu la teatrale entrata in cucina di Leopold Weasley.

«Guardate cos'ho scoperto!» esclamò il mago, sventolando in aria degli strani foglietti. Per poco non andò a sbattere contro il tavolo da pranzo, ma il suo entusiasmo non lo fermò.

«Che cosa, papà?» domandò Mary con poco interesse, ben sapendo che genere di cose eccitassero suo padre.

L'uomo mostrò quattro foglietti alla famiglia, con gli occhi che brillavano per la contentezza. «Me l'ha detto l'altro giorno Romeo in ufficio, mentre stavamo spedendo quel grosso pacco diretto in Tunisia» spiegò con un sorriso.

Il signor Weasley lavorava nell'ufficio postale di Diagon Alley, ma tutti conoscevano la sua spasmodica passione per i Babbani.

«Lo sapete che anche i Babbani usano i treni? E bisogna comprare questi assurdi biglietti. E i loro treni vanno ad elettricità!» esclamò soddisfatto, distribuendo i foglietti agli altri membri della famiglia.

«Cosa dovremmo farcene, caro?» domandò perplessa la moglie, leggendo le indicazioni sul proprio biglietto.

«È questa la parte interessante! Possiamo usarli per arrivare a Londra!» gioì il signor Weasley.

«Ma papà!» protestò Mary, evidentemente scioccata. «Abbiamo i bauli. E il gufo!»

«I Babbani viaggiano sempre con le loro valige» rispose imperterrito il signor Weasley.

«Che forza, papà!» esclamò Reg che, al contrario della sorella, era eccitato dell'idea. Aveva ereditato dal padre l'entusiasmo per qualsiasi nuova avventura, per cui arrivare su un treno Babbano alla stazione di King's Cross per il suo primo giorno di scuola a Hogwarts era un'opportunità stupefacente che non si sarebbe lasciato sfuggire.

«Sei sicuro che funzionino, caro?» domandò preoccupata la signora Weasley. All'opposto del marito, Grymill MacMillan era una donna pratica, veloce nella risoluzione dei problemi e con una mente improntata all'organizzazione. Non riusciva ad apprezzare tutte quelle follie del marito, o almeno, lo lasciava fare finché non comprometteva la buona riuscita dei suoi programmi. Arrivare a Londra con un treno era un azzardo che rischiava di far perdere l'Espresso per Hogwarts ai ragazzi, ma quando Leopold si metteva in testa una delle sue folli idee non c'era modo di farlo ragionare.

Fu così che la famiglia Weasley si avviò verso la stazione del paesino Babbano del Galles vicino alla loro fattoria, tra le sonore proteste di Mary e le rassegnate rimostranze della signora Weasley.

Reg trascinava il suo baule con entusiasmo, non solo per il viaggio in treno, ma soprattutto perché quella stessa sera avrebbe cenato nella Sala Grande di Hogwarst. Chissà a quale tavolo?

Lui era un Weasley e tutti i Weasley erano sempre stati dei Grifondoro: suo padre, lo zio Septimus, sua sorella Mary e il cugino Arthur. Ma la mamma era una MacMillan e come tale gli diceva sempre che sarebbe stato bene tra i Tassorosso, la sua casa, perché aveva un buon cuore. Tuttavia Reg preferiva finire tra i Grifondoro, perché aveva sempre sentito da Mary che i Tassorosso non erano molto considerati a scuola.

Una volta arrivati alla stazione, il signor Weasley rimase affascinato dall'obliteratrice, tanto che fece passare il suo biglietto almeno dieci volte, finché la moglie non lo trascinò via disperata, a seguito delle insistenti proteste di Mary. La famigliola si diresse verso il treno, trascinando i bauli e la gabbia con il gufo di Mary, attirandosi le occhiate sospettose di parecchi Babbani.

Sul treno, scelsero uno scompartimento dove c'era solo un uomo sulla quarantina con un paio di grossi occhiali di corno che guardava fuori dal finestrino. Il viaggio fu lungo ed estenuante perché il signor Weasley aveva preso i biglietti di un treno regionale che si fermava in ogni stazione di tutti i miseri paesini della campagna inglese. Mary continuava a lanciare occhiate astiose a suo padre, che nemmeno se ne accorse, tanto era intento a studiare il meccanismo che faceva scomparire il tavolino, corredato di posacenere e cestino.

Arrivarono alla stazione di King's Cross che mancavano pochi minuti alla partenza dell'Espresso. Attraversarono di fretta la barriera per il binario Nove e tre quarti, per ritrovarsi sulla banchina affollata di maghi e streghe che salutavano i figli. Mary fece un cenno veloce ai genitori, poi si affrettò a raggiungere le sue amiche.

«Fai il bravo» esclamò la signora Weasley, schioccando un bacio sulla guancia del figlio.

«E mandaci un gufo per dirci in che casa sei finito» soggiunse il signor Weasley, scompigliando i capelli di Reg.

Il ragazzino riservò ai genitori un sorriso smagliante, poi si fece aiutare a caricare il baule sul treno, mentre questo cominciava già la sua corsa. Reg si sporse dal finestrino del corridoio per salutare mamma e papà, finché una curva non li rapì al suo sguardo.

E finalmente c'era. Stava andando a Hogwarts anche lui!

Cominciò a trascinare il suo baule per il corridoio, rivolgendo un sorriso smagliante a chiunque incontrasse. Non gli importava che fossero studenti più grandi, di diverse case, che lo guardavano con aria perplessa. Non gli importava nulla di nulla. Stava andando a Hogwarts, santo folletto!

Finalmente individuò lo scompartimento dove si era rintanata sua sorella con le sue amiche e gli altri giocatori della squadra di Quidditch. Non appena aprì la porta scorrevole, tutti si voltarono a guardarlo.

«Sparisci, pulce» gli intimò sua sorella.

«Ma... non so dove andare» ribatté Reg, grattandosi il naso con la manica del maglione.

«Non è affare mio. Qui non ci puoi stare: è lo scompartimento delle persone importanti» gli rispose Mary, alzandosi per chiudergli la porta sul naso. Quando gli fu sufficientemente vicina da potergli parlare senza essere udita dagli altri, sussurrò: «Vedi di non stare attaccato alle mie gonne, chiaro?»

«Non temere, non rovinerò la tua aurea di fascino» gli rispose Reg, con una smorfia. Dopodiché si allontanò a grandi passi dallo scompartimento.

Dopo aver percorso quasi tutto il treno, ne scelse uno a caso, dove c'erano dentro solo due ragazzi che parevano essere al secondo o al massimo al terzo anno. «Posso?» domandò con aria rassegnata.

Il ragazzo, che indossava la divisa di Serpeverde, aveva il naso adunco e la faccia attraversata da una smorfia di disgusto, ma la sua compagna fu più veloce a rispondere.

«Certo» disse con un sorriso, indicando a Reg il posto al suo fianco.

Il Serpeverde si imbronciò e incrociò le braccia al petto.

La ragazza era invece una Grifondoro e a Reg parve strano che i due potessero essere amici, visto che appartenevano a case rivali.

Un silenzio imbarazzato scese sullo scompartimento, dopo che Reg ebbe finito di sistemare il suo baule sull'apposita retina. «Sei anche tu una Weasley?» esclamò allora Reg, tanto per fare conversazione.

«Come scusa?» gli chiese la ragazza, con un sorriso divertito.

«No, sai... è per via dei capelli rossi. Dopotutto, noi Weasley siamo talmente tanti che probabilmente ho dei lontani cugini anche in Antartide» ridacchiò Reg, alzando le spalle a mo' di scusa.

«Tu sei un Weasley?» si intromise allora il ragazzo scontroso.

Reg gonfiò il petto con evidente orgoglio, tanto che non ci fu bisogno che rispondesse a parole.

«Sei parente di Mary?» chiese la ragazza dai capelli rossi.

A quella domanda Reg sbuffò e incrociò le braccia al petto. «Purtroppo è mia sorella» si arrese alla fine, roteando gli occhi.

Un nuovo silenzio piombò nello scompartimento. Il Serpeverde era evidentemente scocciato dalla presenza di Reg, che gli impediva di parlare con la sua amica; la ragazza invece sembrava più disponibile, ma dopo avergli rivolto le solite domande di rito, non sapeva come sciogliere l'atmosfera tesa che si era creata.

«Lily, dobbiamo andare» sbottò ad un certo punto il Serpeverde. La ragazzina di nome Lily gli rivolse uno sguardo perplesso, così l'amico continuò: «Al vagone del professor Lumacorno, ricordi?»

«Oh, anche io conosco Lumacorno» intervenne Reg, con entusiasmo.

«Mi spiace, ma è solo una cosa per quelli che fanno parte del Lumaclub» gli rispose invece il ragazzo, alzandosi e facendo cenni alla sua amica di seguirlo.

Lily rivolse a Reg un sorriso a mo' di scusa, poi si affrettò a seguire il Serpeverde.

Reg era convinto che l'impegno dei due ragazzi non potesse durare più di un'oretta, quindi non si preoccupò troppo di restare da solo nello scompartimento. Invece non tornò più nessuno per tutto il viaggio. Venne solo la signora grassa che spingeva il carrello dei dolci, ma Reg non poté comprare nulla perché sua mamma non gli aveva dato dietro qualche spicciolo, ma un misero panino al tonno per il pranzo.

Quando finalmente il treno cominciò a rallentare, Reg aveva già indossato da un pezzo la sua divisa, ereditata dal cugino Arthur che ormai aveva già finito la scuola.

Scese sulla banchina con un tale entusiasmo che, sa avesse potuto, si sarebbe messo a saltare in giro per scaricare tutta l'energia che aveva accumulato. Si guardò attorno eccitato, ma non riconobbe nessuno che poteva essere del primo anno, finché una grossa manona non lo afferrò per la collottola della camicia e lo sollevò in aria.

«Tu dove pensavi di andare?» gli domandò con voce cavernosa un enorme orso peloso.

No, non era un orso: era un grosso umano con un cespuglio di capelli crespi e una folta barba nera. «Woow!» esclamò estasiato Reg, sgambettando in aria con entusiasmo. «Tu sì che sei grosso!»

«E tu, invece, devi stare qui» rispose l'omone, depositandolo a terra in mezzo agli altri ragazzini del primo anno. «Ora voi mi seguite, che attraversiamo il lago con le barche» continuò, conducendo gli atterriti ragazzini lungo un sentiero ripido e stretto.

Dopo qualche minuto di cammino silenzioso, perché tutti erano troppo immersi nei propri pensieri per poter parlare, il sentiero si spalancò all'improvviso, aprendo la visuale sul margine di un grande lago nero. Appollaiato in cima ad un'alta montagna, con le finestre che brillavano nel buio della notte, si stagliava un grande castello con molte torri e torrette.

«Hogwarts...» sussurrò Reg, pieno di ammirazione. Finalmente c'era anche lui!

Attraversarono il lago su delle barchette a quattro posti, ma Reg non degnò nemmeno di uno sguardo i suoi compagni, troppo preso dalla sagoma del castello che si innalzava davanti ai suoi occhi. La loro gigantesca guida li fece attraccare in un porto nascosto, poi li affidò alle cure di una donna con i capelli raccolti e lo sguardo tagliente. Aveva un paio di occhialetti quadrati adagiati sul naso e la bocca era talmente sottile che sembrava non fosse capace di incrinarsi in un sorriso. «Molto bene, ragazzi. Io sono la professoressa McGranitt, vicedirettrice di Hogwarts e direttrice della casa di Grifondoro» si presentò l'insegnante. Dopodiché spiegò le regole della scuola, ma Reg non ascoltò nemmeno una parola perché era intento ad osservare il castello in ogni suo mimino dettaglio.

La professoressa li condusse all'interno e poi fino alla Sala Grande. «Quando entreremo, io vi chiamerò per nome e voi vi sederete sullo sgabello; io vo metterò in testa il Cappello Parlante che vi smisterà in una delle quattro case: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde» spiegò la professoressa McGranitt, squadrandoli con aria severa. Infine, si voltò e spalancò il portone sotto i loro occhi.

Reg ne aveva sentito parlare tante volte, da sua sorella, dai suoi genitori, da suo cugino. Eppure vederla, vedere la Sala Grande illuminata da tutte quelle candele che galleggiavano a mezz'aria, il suo soffitto che sembrava uno squarcio sul cielo stellato, tutti quegli studenti...

«Ehi!» protestò un ragazzino moro davanti a lui.

Reg smise di procedere con il naso rivolto all'insù solo quando andò a sbattere contro il ragazzino che si era lamentato. «Scusa» bisbigliò Reg con un mezzo sorriso, ma l'altro gli riservò solo uno sguardo di sufficienza, prima di voltarsi verso la McGranitt, che aveva ormai raggiunto lo sgabello con sopra il Cappello Parlante. Da uno squarcio nel mezzo, il Cappello cominciò a parlare, recitando una buffa filastrocca che Reg non capì molto. Parlava di virtù, di unicità e unione, insomma, cose troppo difficili per un ragazzino di undici anni tutto concentrato sul prossimo Smistamento.

«Abbott Theodor» chiamò la professoressa McGranitt, quando il cappello ebbe finito di recitare la sua filastrocca, e un ragazzino biondo si fece avanti titubante. La professoressa gli mise in testa il Cappello Parlante, che dopo qualche secondo esclamò: «Tassorosso!»

Il tavolo alla destra di Reg scoppiò in un fragoroso applauso, mentre Theodor Abbot si unì ai suoi compagni di casa.

«Black Regulus».

Il ragazzino moro a cui Reg era andato addosso si fece avanti. Il Cappello Parlante questa volta ci impiegò parecchio tempo a scegliere, ma alla fine lo mandò a Serpeverde.

Reg aspettò con ansia il suo turno, ben sapendo che sarebbe stato uno degli ultimi. Pian piano tutti i ragazzi vennero smistati in una delle quattro case, finché non restarono solo in tre davanti al tavolo dei professori.

Reg non era abituato ad essere agitato, non era da lui, ma quando la professoressa McGranitt chiamò il suo nome, non poté evitare che il suo cuore cominciasse a battere all'impazzata nel petto. Era il momento della verità. Prese un profondo respiro e andò a sedersi sullo sgabello, mentre l'insegnante gli poneva sul capo il Cappello Parlante.

Oddio, eccone un altro!” esclamò una vocina dentro la sua testa. “Ma voi Weasley non finite mai?”

Reg ridacchiò tra sé. “Mandami tra i Grifondoro, dai, dai!” pensò con forza, sperando di influenzare la decisione del cappello.

Dici? Anche tra i Tassorosso staresti bene: sei leale e onesto.” continuò la voce.

No, no, voglio essere un Grifondoro!” protestò Reg.

Be', sei anche molto coraggioso... e va bene, vada per...”

«Grifondoro!»




Eccomi qui, come promesso, con il nuovo capitolo per il secondo sabato di gennaio! Non so per voi, ma per me questo mese è passato in un batter d'occhio. Però sono contenta, perché mi mancava l'idea di dover aggiornare il sabato mattina, di preparare il capitolo per il venerdì sera, di aspettare le recensioni... anche se devo dire che mi sento un po' spaesata così lontana dal Trinity!

Spero che i fratelli Weasley vi siano piaciuti! Mary non è certo miss simpatia, ma avrà tempo di ricredersi.

A presto,

Beatrix



EDIT: comincia anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 2
*** Il campione di Quidditch ***


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Reg era orgoglioso di essere diventato un Grifondoro, perché era convinto che fosse la casa migliore in assoluto. Se ne andava in giro saltellando, solo per il gusto di sentire i suoi passi rimbombare nei corridoi di Hogwarts. Spesso si fermava a parlare con gli abitanti dei ritratti che popolavano il castello e questo lo faceva arrivare in ritardo a quasi tutte le lezioni. I professori non sapevano più come contenere la sua esuberanza, sebbene fosse fondamentalmente una vivacità positiva.

Questa sua esagitata allegria lo teneva lontano anche dai compagni e per questo non aveva molti amici: chiacchierava con chiunque grazie alla sua estroversione, ma non aveva stretto legami davvero profondi con nessuno, ad esclusione della ragazzina che aveva conosciuto durante il viaggio in treno, Lily Evans, anche se lei preferiva passare il tempo con quel suo amico unticcio di nome Severus.

I coetanei di Reg lo evitavano, per quanto possibile, visto che essere suo compagno di banco significava meritare sistematicamente una punizione per “chiacchiericcio e disturbo in classe”. La McGranitt lo rimproverava talmente spesso che una volta, per la disperazione, era arrivata a minacciarlo di sbatterlo fuori dall'aula.

L'unico professore che lo trattava con gentilezza era Lumacorno, ma Reg sospettava fortemente che centrasse la sua parentela con Mary Weasley: l'insegnante non faceva altro che cantare le lodi di sua sorella, augurandogli di diventare un campione di Quidditch proprio come lei.

«Professore, io cercherò di entrare in squadra già quest'anno!» gli disse un giorno Reg, eccitato dall'idea di giocare a Quidditch per Grifondoro.

Lumacorno ridacchiò divertito, muovendo su e giù i suoi grossi baffoni. «Oh, ma mio caro Reginald, nessun undicenne passa le selezioni».

«Be', io sarò il primo!» esultò Reg, alzando il pugno al cielo. Era sicuro di farcela anche perché sua sorella era la capitana e avrebbe avuto certamente un occhio di riguardo nei suoi confronti.

Grosso errore. Mary Weasley non era affatto tipa da fare favoritismi, tanto meno nel ruolo che rivestiva orgogliosamente da ormai tre anni; per di più, da quando era diventata capitana, non era ancora riuscita a portare la coppa alla sua casa, quindi era più che mai determinata a trovare il miglior Cercatore per giungere alla vittoria.

Il giorno delle selezioni, il piccolo Reg prese in prestito una delle scope in dotazione alla scuola e raggiunse lo stadio di Quidditch per mettersi in fila con gli altri aspiranti giocatori. Erano tutti più grandi di lui, e non solo d'età, ma anche fisicamente, visto che il più basso tra quelli lo superava di tutta la testa. “Meglio, significa che sono avvantaggiato in velocità e agilità!” pensò Reg, senza lasciar morire il suo entusiasmo.

«Vedrai che prenderà me come Cercatore» stava dicendo il ragazzo davanti a lui, un tipo con gli occhiali e i capelli indomabili, rivolto al suo amico.

«Certo che i ti prenderà, James, sei il migliore» rispose l'altro scuotendo le spalle, con un sorrisetto di superiorità.

«Vi sbagliate, prenderà me!» si intromise Reg, con energia.

I due si voltarono verso di lui e lo guardarono con aria derisoria.

«Mi sceglierà, vedrete» continuò Reg con cocciutaggine. «La capitana è mia sorella».

«Sei anche tu un Weasley?» domandò allora il ragazzino di nome James, con una sottile vena di ironia.

«Sì» rispose Reg in tono di sfida.

L'altro si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto. «Allora lascia che ti dica una cosa, Weasley» disse, avvicinandosi a lui con aria di superiorità. «Non si può battere un Potter. Soprattutto non con quella scopa buona solo per pulirci i pavimenti».

Reg stava per ribattere quando sua sorella entrò in campo e richiamò l'attenzione degli sfidanti. “Che odioso, quel Potter!” pensò il ragazzino, digrignando i denti. Passò i successivi dieci minuti a pensare a mille modi diversi per ucciderlo e farlo sparire dalla faccia della terra, cosicché si perdette la spiegazione di come si sarebbero svolte le selezioni.

«Tutto chiaro?» domandò Mary con voce autoritaria. Gli aspiranti giocatori annuirono convinti, mentre Reg si guardava intorno per capire cosa avrebbe dovuto fare.

«Reginald Weasley e Sean McPale» chiamò Mary. Aveva messo apposta il fratellino nel primo girone, per metterlo velocemente fuori gioco: non voleva che qualcuno l'accusasse di favoritismi.

Lo sfidante di Reg era un ragazzone del quinto anno, che al suo confronto pareva una montagna. Reg lo squadrò da sotto in su con gli occhi sgranati, proprio mentre uno dei due battitori liberava il boccino. Dopo avergli lasciato qualche minuto di vantaggio, Mary ordinò ai due aspiranti Cercatori di partire all'inseguimento.

Per fortuna McPale era abbastanza lento e goffo, per cui il piccolo Reg lo distanziò facilmente. Dopo poco tempo riuscì ad individuare uno scintillio dorato vicino alle tribune: era quasi certo che si trattasse del Boccino. Controllò che McPale non se ne fosse accorto e quando lo vide gironzolare intorno ai pali, si lanciò all'inseguimento del minuscolo brillio. Poco dopo alzava già al cielo il pugno chiuso attorno al Boccino.

La prima vittoria fu abbastanza facile perché il suo sfidante non aveva affatto le doti del Cercatore. O, forse, chissà, fu una botta di fortuna. Le successive giocate si rivelarono ben più difficili, ma Reg riuscì ad acciuffare sempre il Boccino prima dei suoi avversari.

Mary era abbastanza contrariata dalla cosa, perché non voleva quella pulce di suo fratello in squadra, ma almeno doveva ammettere che era singolarmente capace. E poi con quelle selezioni, nessuno avrebbe potuto accusarla di essere ingiusta.

L'altro sfidante che si stava distinguendo era James Potter*: aveva talento, e parecchio, anche. Si librava in aria con la sua scopa nuova di zecca con particolare maestria e se anche non era il primo ad avvistare il Boccino, era sempre il primo ad acciuffarlo perché era più veloce e più bravo a volare. Ad ogni sua impresa, sembrava vantarsi sempre di più, come se la conquista del Boccino d'Oro valesse un Ordine di Merlino Prima Classe. Reg cominciava ad odiarlo sempre di più, soprattutto perché si rendeva conto che sarebbe stata tra loro due la sfida finale.

Come aveva previsto, infatti, Potter vinse la semifinale contro una ragazzina di nome Julia, e così i due furono costretti ad affrontarsi. Tutti seguirono lo scontro con molto interesse. Da una parte quella pulce di Weasley a cui nessuno avrebbe dato un soldo di cacio, ma che aveva dimostrato di avere una grinta degna della sorella; dall'altra Potter, che si comportava come una promessa del Quidditch e, oltre che talento, aveva anche l'atteggiamento di un fuoriclasse.

«In sella alle scope» ordinò Mary ai due sfidanti, che eseguirono l'ordine guardandosi in cagnesco. La capitana liberò il Boccino d'Oro e gli diede un vantaggio di qualche minuto, poi fece partire i due ragazzi.

Il manico nuovo di Potter fece subito sentire la differenza con quello vecchio in dotazione alla scuola che aveva preso Reg.

«Mangia i rametti della mia scopa, Weasley!» sghignazzò Potter, lanciandosi in volo nel cielo plumbeo.

Reg digrignò il denti, ma non ci mise molto a raggiungere il suo avversario. Era determinato a batterlo più che mai, anche solo per strappargli dalla faccia quel ghigno irritante.

I due ragazzi svolazzarono per il campo, aguzzando la vista alla ricerca di uno scintillio d'oro. Potter controllava la zona intorno ai pali, mentre Reg preferiva innalzarsi per avere una visione complessiva. Passarono parecchi minuti di snervante attesa, finché Reg non notò un brillio proprio vicino alla tribuna. Doveva essere lui, il Boccino d'Oro! Potter era più vicino, ma non sembrava essersene accorto, così Reg si lanciò in picchiata. Nel momento stesso in cui il piccolo Weasley cominciò il suo inseguimento, l'avversario si mise a tallonarlo. Non ci volle molto perché la scopa più veloce di Potter gli permettesse di raggiungerlo e affiancarsi a lui.

«Sei una pulce, Weasley!» lo derise con gusto.

«Vedremo se avrai ancora voglia di ridere, quando avrò preso il Boccino!» gli rispose Reg, allungando la mano verso la piccola palla dorata che sfrecciava davanti a lui. Mancava poco! L'aveva quasi afferrato!

Proprio in quel momento, anche Potter staccò la mano dalla scopa, ma non si protese verso il Boccino. Afferrò, invece, il manico di Reg e con un violento strattone lo fece deviare. La pessima scopa della scuola reagì male alla spinta e roteò su se stessa come impazzita.

«Woooh!» esclamò Reg, sgranando gli occhi e afferrando il manico con forza, nel tentativo di raddrizzarlo. Non appena ne riottenne il controllo, si lanciò all'inseguimento di Potter, ma lui era in vantaggio e aveva una scopa decisamente più veloce. Dopo pochi secondi stringeva il Boccino nel pugno sollevato al cielo in segno di vittoria.

I due sfidanti tornarono a terra.

«Ottimo lavoro, Potter. Il posto è tuo» esclamò Mary, dandogli una sonora pacca di approvazione sulla spalla. Il piccolo pubblico scoppiò in un applauso e l'amico di Potter si fece avanti per congratularsi con lui. Potter, dal canto suo, sembrava bearsi di tutta quella attenzione.

«Ma come!» protestò Reg, infuriato. «Scegli lui? Ma ha giocato sporco!»

Potter gli si avvicinò con aria tonfa. «Dimostralo» lo sfidò con un sorriso beffardo.

Reg aprì la bocca scioccato, ma nonostante gli sguardi astiosi di tutti, che evidentemente pensavano non sapesse perdere, non si tirò indietro da dirgli in faccia quello che pensava di lui. «Sei l'essere più viscido che io abbia mai visto! Il tuo ego è talmente smisurato che si sente la tua puzza di cacca di troll a distanza di diecimila miglia! Dovresti alzarti la mattina e nel guardarti allo specchio dovresti vergognarti della faccia da scemo che ti ritrovi, perché sei uno che sa vincere solo imbrogliando. Mi ripugni!»

«Quanto a te...» continuò rivolto alla sorella. «Se scegli in squadra dei baroni come Potter, non ti meriti altro che perdere!»

E con quelle parole Reg si allontanò dal campo di Quidditch, tra gli sguardi allibiti e astiosi di tutti.




Ecco qui il nuovo capitolo! Come avrete notato, nonostante le mie pessime qualità grafiche, ho deciso che il titolo di ogni capitolo sarà accompagnato da un disegno. Questo non è il massimo, ma nei successivi ce ne sono parecchi che ho disegnato io. Spero che vi piacciano.

Ora, la spinosa questione del Quidditch: mi dispiace aver fatto perdere Reg, ma Harry è il più giovane giocatore da oltre un secolo, quindi necessità di IC mi impedivano di far ottenere il posto a Reg. Quanto a James, lo so che la Rowling in un'intervista ha detto che James Potter era un Cacciatore, ma quando ho letto quell'informazione, la mia mente ha provveduto a cancellarla dalla memoria, perché per me è inconcepibile. Non so se definire James un Cercatore sia Canon (in fondo, si rivela il suo ruolo solo in un'intervista), ma per me resterà sempre tale per due motivi: primo, nella “Pietra filosofale”, quando Hermione mostra il premio di James a Harry nella sala dei trofei c'è scritto “seeker” (lo so, è un film, ma Chris Columbus non è uno sprovveduto, quindi avrà scelto quel ruolo con cognizione di causa); secondo, è assolutamente immotivato che un giocatore di Quidditch giochi con un boccino d'oro (come fa Potter nel peggior ricordo di Piton) se non è un Cercatore. Spero che condividerete, almeno in parte, la mia scelta di fare di Potter un Cercatore.

Alla prossima settimana, e grazie a tutti!


EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 3
*** La ragazza irlandese ***



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Dopo la sua pessima scenata sul campo da Quidditch, ben pochi Grifondoro osavano ancora rivolgergli la parola. Evidentemente nessuno aveva considerato il comportamento di Potter poco sportivo e le parole di Reg suonavano tanto come quelle di una persona che non accettava di perdere. Lily se ne stava sempre di più con quel suo amico di nome Severus, Potter si vantava come un pallone gonfiato e sua sorella aveva cominciato a fare comunella con quell'idiota. Erano fatti l'uno per l'altra: entrambi pieni di sé ed egocentrici.

I professori, con il procedere del tempo, cominciarono ad assegnare una mole di compiti che Reg non aveva mai sognato nemmeno nei suoi incubi più terribili. Lumacorno continuava a trattarlo con un certo riguardo, ma perfino lui era rimasto affascinato dall'aurea di Potter e non faceva altro che cantare le sue lodi. Reg lo odiava sempre di più e soprattutto non era più tanto convinto che Hogwarts fosse un posto meraviglioso e Grifondoro la casa migliore di tutte. Parlava più spesso con il fantasma del Frate Grasso che con i suoi compagni. Forse sarebbe dovuto finire a Tassorosso.

«Scherzi! Io non lo vorrei neanche morto uno come te nella nostra casa» gli aveva detto Theodor Abbott, quando l'aveva sentito esporre quella sua perplessità al Frate Grasso. «Ci faresti perdere un sacco di punti. E poi non hai proprio la stoffa del Tassorosso: sei troppo schizzato».

«Grazie, Abbott» rispose Reg in tono gelido.

Il ragazzino scosse le spalle e si allontanò con indifferenza.

Reg rimase zitto per qualche secondo, poi esplose: «Be', sai che ti dico? Nessuno vuole essere un Tassorosso, perché siete un branco di sfigati rammolliti!»

Sfortuna volle che Reg pronunciasse quella frase proprio mentre un gruppo di Tassorosso del settimo anno stava uscendo da una delle aule.

«Ehi pulce, ripeti quello che hai detto!» gli intimò uno.

«Oh-oh!» esclamò Reg, sgranando gli occhi. Dopodiché se la diede a gambe. Forse non era un grande atto di coraggio fuggire in quel modo, ma non aveva speranza di uscire vivo da uno scontro con dei ragazzi dell'ultimo anno.

Proprio in quel momento svoltò l'angolo e andò a sbattere contro qualcuno, mandando in aria il contenuto della propria borsa. «Oh, scusa!» esclamò impacciato, raccogliendo i libri e le carte che erano rotolate a terra. Fece una veloce divisione tra i libri che riconobbe come suoi e porse gli altri alla persona contro cui era andato a sbattere, senza accorgersi che una delle lettere che gli aveva mandato suo cugino Arthur era finita nella pila sbagliata.

La ragazza, che apparteneva alla casa di Serpeverde, gli strappò i volumi di mano e se li infilò nella borsa, senza distogliere il suo sguardo penetrante dal piccoletto. Reg ebbe un fremito involontario e non solo per la furente occhiata di lei, ma anche per il suo aspetto inquietante: la manica sinistra era chiusa in un nodo all'altezza del gomito e le gambe che di intravedevano sotto la gonna a pieghe erano irrimediabilmente storpie.

Il ragazzino fece per andarsene, quando notò che c'era qualcos'altro a terra: quando si accorse che si trattava di un bastone da passeggio, arrossì fino alla punta delle orecchie. Lo raccolse titubante e lo pose alla ragazza.

Quella glie lo strappò di mano e lo perforò con lo sguardo. «Tu devi essere un Weasley» commentò in tono piatto. «Il fratellino di Mary».

Reg ebbe un moto d'orgoglio. «Sì» rispose in tono di sfida.

La Serpeverde gli si avvicinò e appoggiò il pomolo a forma di drago del suo bastone al petto del ragazzino. «Traditore del tuo sangue» gli sputò addosso con cattiveria.

Reg, sebbene la ragazza fosse molto più grande di lui, non abbassò gli occhi: non poteva permettere che quella sputasentenze lo insultasse.

Proprio in quell'istante, una voce femminile interruppe la tacita guerra di sguardi tra Reg e la giovane.

«Scilla! Dove ti eri cacciata?» domandò una ragazza, anche lei di Serpeverde, con dei vaporosi capelli biondi e degli occhi glaciali.

«Arrivo, Cissy» rispose quella di nome Scilla, senza distogliere lo sguardo dal piccolo Reg. «Non finisce qui, Weasley» disse prima di andarsene, con un ultima occhiata furente, portando con sé la lettera di Arthur che, nessuno poteva saperlo, avrebbe causato parecchi guai a distanza di molti anni.

Reg rimase impalato in mezzo al corridoio con i pugni chiusi e il volto contratto in una smorfia di rabbia. Possibile che da quando aveva messo piede ad Hogwarts non gliene fosse andata bene una? Che cosa aveva di così diverso dai suoi compagni?

«Meglio stare alla larga» disse una voce alle sue spalle.

Reg si voltò per trovarsi di fronte un ragazzino chino sotto il peso dei libri che portava nella borsa. Aveva i capelli color castano chiaro e uno sguardo dolce ma allo stesso tempo un po' triste.

«Cosa?» domandò scioccamente Reg, senza capire.

Il ragazzino accennò con il capo alla figura della Serpeverde che si allontanava. «Priscilla Saiminiu. Meglio stare alla larga da gente come lei» spiegò con un mezzo sorriso a Reg.

«Perché, la conosci?» gli chiede allora Reg, visto che gli sembrava improbabile una relazione tra quel ragazzetto di Grifondoro e la scorbutica Saiminiu.

Il Grifondoro scosse le spalle. «Tutti la conoscono. Fa parte di un gruppo di fanatici che vanno in giro a fare scherzi idioti a coloro che hanno origini Babbane».

Reg osservò la sagoma di Priscilla Saiminiu che spariva tra gli altri studenti. Non gli piaceva per niente quella ragazza, con il suo modo di fare. Chi si credeva di essere? E poi, che nome aveva?

Il Grifondoro sembrava ben disposto nei suoi confronti, cosa più unica che rara, visto come lo trattavano i suoi compagni di casa, così Reg si mise a chiacchierare con lui. «Che cognome strano, questa Saiminu».

«È irlandese» spiegò il ragazzino, con tono risoluto. «Anzi, c'è anche chi dice che sia nobile, ma non lo so... non ho mai capito bene come funzioni questa cosa della nobiltà in Irlanda. Hanno delle leggi strane».

«Ma allora perché non è andata al Trinity?» sbottò Reg. Non conosceva molto del Trinity College, la scuola irlandese di magia, ed era certo che non avesse lo stesso prestigio di Hogwarts, ma di solito tutti gli irlandesi preferivano frequentare quella. Perché diavolo la Saiminiu non ci era andata?

Il Grifondoro scosse le spalle, poi tese la sua mano verso Reg. «A proposito, io sono Remus Lupin» si presentò.

«Reg, Reg Weasley» rispose l'altro, stingendo la mano di Remus.

«Non sarai per caso il fratello di Mary?» gli chiese allora Remus, stupito.

Quella domanda stava cominciando a diventare estremamente fastidiosa. «Sì» sibilò Reg, tra i denti. Era odioso essere sempre identificato solo per la sua paretela con Mary, la grande campionessa di Quidditch.

Ma Remus disse una cosa che lo stupì: «Allora tu più di chiunque altro dovresti stare alla larga dalla Saiminiu!»

«Perché?»

Remus si sistemò la cinghia della borsa, che per il peso gli stava praticamente segando la spalla. «Perché lei e tua sorella sono acerrime nemiche» rivelò, guardandosi intorno, come se temesse di veder spuntare la Saiminiu da dietro un angolo.

Reg sgranò gli occhi e osservò Remus con aria stranita. «Perché?» chiese di nuovo, ma questa volta in un sussurro.

Remus scrollò le spalle. «Voci di corridoio dicono che fossero amiche, ma poi la Saiminiu divenne gelosa di tua sorella, per via del Quidditch... non lo so, sta di fatto che ora si odiano e se fossi in te non offrirei troppi pretesti alla Saiminiu per perseguitarti: è fin troppo pericolosa di suo».

Reg osservò gli occhi nocciola di Remus che sembravano attraversati da una vena di apprensione. Era gentile da parte sua preoccuparsi di un ragazzo che praticamente non conosceva. Anzi, è la prima persona che si comportava in modo gentile con lui. «Stai tranquillo, Remus. Saprò cavarmela» gli rispose Reg, con una strizzata d'occhio.

«Ehi, Lunastorta!» esclamò una voce estremamente fastidiosa.

Reg non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che a parlare era stato Potter.

Un sorriso illuminò il volto di Remus al vedere Potter e gli altri due che venivano loro incontro.

«Sempre in biblioteca, eh?» disse l'altro ragazzo, quello moro e con la faccia da schiaffi, passandosi una mano tra i capelli. Remus fece un sorrisetto a mo' di scusa, come se studiare fosse una colpa.

Reg al contrario digrignò i denti: Remus gli era sembrato un tipo a posto, invece era amico di quelli là.

«Be', io vado...» gli disse Remus, un po' titubane, forse per lo sguardo astioso che Reg stava riservando a Potter. «È stato un piacere conoscerti» concluse con un sorriso timido, prima di raggiungere i suoi amici.

Reg si limitò a fare un cenno del capo quando ormai Remus era troppo lontano per vederlo.

Da quel giorno, Remus chiacchierò altre volte con Reg; la sua compagnia era piacevole, anche se forse era un po' troppo tranquillo e studioso per i gusti di Reg. Ma il vero problema era che Remus preferiva stare con i suoi amici: Potter e poi quell'altro, il morettino che si credeva tanto affascinante, che Reg aveva scoperto chiamarsi Sirius Black, e l'insulso cicciottello che correva loro dietro. Reg non aveva ancora perdonato Potter per averlo battuto sul campo di Quidditch giocando sporco; inoltre gli dava assolutamente fastidio quella sua aria da divo che aveva perennemente stampata in faccia. Faceva sempre lo scemo con sua sorella, come se potesse essere alla sua altezza! Ma era davvero così stupido? Non si rendeva conto che Mary era più grande di cinque anni e un bambinetto come lui non le sarebbe mai interessato?

Un altro grosso problema per Reg era Priscilla Saiminiu. Era sicuro che prima o poi gliela avrebbe fatta pagare, non tanto per essergli andato addosso, quanto per aver avuto il coraggio di fissarla negli occhi. Tanto più, dopo quello che gli aveva raccontato Remus, era certo che la ragazza irlandese non avrebbe lasciato correre.

Una volta, mentre cenava seduto al tavolo dei Grifondoro, Reg aveva alzato gli occhi dal suo piatto per ritrovarsi quelli profondi e scuri della Saiminiu che lo fissavano dall'altra parte della Sala Grande. Anche questa volta sostenne il suo sguardo, ma la sua avversaria aveva un sorriso che non gli piaceva per niente. Quella stessa sera si era ritrovato sul suo letto nel dormitorio una piccola serpe di campo morta. Non sapeva come ci era arrivata, ma era sicuro che fosse un avvertimento della Saiminiu.

Ovviamente la notizia si sparse in tutta la torre dei Grifondoro e giunse fino alle orecchie di Mary. Reg cercò di portare fuori la biscia morta senza essere visto, ma al suo ritorno nella sala comune, Mary lo fermò.

«Ho saputo che hai avuto a che ridire con la Saiminiu» gli disse, squadrandolo con severità.

«Sì, perché?» farfugliò innocentemente Reg, convinto che la sorella lo volesse avvertire di lasciar stare una come Priscilla.

Invece la ragazza assunse un aria furente. «Be', pessima mossa, signorino. Lei è affare mio, chiaro? Non ti impicciare!»

Reg rimase scioccato: sua sorella lo stava rimproverando non perché la Saiminiu fosse pericolosa, ma perché era affare suo?

«Sei davvero egocentrica!» esclamò di botto il ragazzino.

In effetti Mary aveva la tendenza a considerarsi meglio degli altri, visto che non se la cavava male a scuola, era la capitana della squadra di Quidditch e il gioiello migliore della collezione di Lumacorno. Ma nessuno glielo aveva mai fatto notare.

«Ripeti quello che hai detto!» lo minacciò con astio.

«Ti ho detto che sei egocentrica! Vuoi sempre stare al centro dell'attenzione. Be', notizia del giorno: il mondo non gira intorno a te, carina!» rispose Reg con veemenza e poi le voltò le spalle lasciandola lì impalata.




Ecco qui il nuovo capitolo, con l'entrata in scena ufficiale di Priscilla Saiminiu (e di Remus Lupin che, anche se non avrà parte fondamentale della storia, non potevo certo lasciare fuori!) Vi annuncio ufficialmente che ho finito di scrivere la storia, quindi comincerò ad aggiornare due volte a settimana; in particolare la prossima volta sarà martedì sera, poi credo che mi stabilizzerò per venerdì e mercoledì sera.

Una piccola nota: la descrizione dei Malandrini è fatta ovviamente dal punto di vista di Reg, quindi credo che necessiti di qualche chiarimento. I Malandrini sono al secondo anno (siamo nel 1972) e non so se avevano già cominciato ad usare i soprannomi che tutti conosciamo, ma ho deciso che la Rowling non ha dato limiti temporali per la formazione del loro gruppo e non è inverosimile che già al secondo anno si considerassero “I Malandrini”, sebbene ovviamente non fossero ancora Animagus; per questo James chiama Remus “Lunastorta”. Quanto a Sirius, non volevo ritrarlo in modo così negativo, ma ritengo che, essendo amico di James, Reg non possa pensare altro di lui che “faccia da schiaffi” (anche perché, bisogna ammetterlo, non era proprio uno stinco di santo, come si suol dire). Infine, non è che James sia innamorato di Mary, anche perché lui ha 12 anni, lei 17; tuttavia alcuni ragazzini, a quell'età, prendono una cotta per ragazze più grandi e mature, come la prof di matematica o la sorella maggiore del proprio migliore amico... insomma, cose così! Mary in fondo ha il suo fascino ed è la capitana di James. Per questo credo che lui si sia un po' infatuato; dubito infatti che sia già preso da Lily, al secondo anno.

A presto, carissimi!

Vostra Beatrix


EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 4
*** Reg & Reg ***


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Dopo la sfuriata rivolta a sua sorella in sala comune, Reg e Mary avevano praticamente smesso di parlarsi. Questo non aveva contribuito a migliorare le relazioni sociali di Reg che, già scarse prima dell'incidente, ora erano peggiorate in modo drastico. Quasi più nessuno, ad eccezione di Remus o Lily, gli rivolgeva la parola.

L'unico suo passatempo era girovagare senza meta per i corridoi, alla ricerca di qualche dipinto che avesse voglia di chiacchierare con lui. Quel giorno stava saltellando in giro, nella zona del terzo piano, quando sentì delle voci animate che provenivano dal bagno dei maschi. Spinto da un'insaziabile curiosità, decise di entrare.

C'era a terra un ragazzino moro di Serpeverde, mingherlino, con gli occhi glaciali e infossati, sovrastato da due energumeni dalle dimensioni enormi.

«Avanti, primino, dacci i biscotti che la tua mammina ti ha spedito per posta questa mattina» stava dicendo uno dei due.

«Luridi Sanguesporco! Con la vostra rozzezza infangate il nome dei maghi!» sibilò il ragazzino, con voce velenosa.

«Ma sentilo questo!» esclamò l'altro ciccione, cercando la bacchetta magica nella tasca dei pantaloni.

«Ehi, fermi voi due!» gridò Reg alzando la sua bacchetta con fare minaccioso. In realtà non sarebbe stato nemmeno in grado di disarmarli, ma questo loro non lo sapevano.

Quando i due ragazzoni si voltarono verso chi aveva parlato, quasi scoppiarono a ridere: una pulce con i capelli rossi e lo sguardo infuocato stava puntando verso di loro la sua bacchetta. «Che pensi di fare con quella?» sghignazzò uno, dando una spallata all'altro.

«Vi faccio crescere mille tentacoli sulla faccia e poi vi appendo al soffitto, vi faccio cadere i pantaloni e vi faccio divorare le budella da un drago fumoso uscito dalla mia bacchetta! E quello che resterà di voi, sarà dato in pasto alle mantidi carnivore che infestano l'Amazzonia, che vi squarteranno pezzo a pezzo, facendovi rimpiangere il giorno in cui avete deciso di fare i bulli!» esclamò Reg tutto d'un fiato.

Quell'ammasso di idiozie fece restare tutti senza parole. Ma da dove saltava fuori uno così?

In realtà, quello che salvò i due ragazzini da una serata in infermeria, non furono le minacce di Reg, ma l'arrivo improvviso in bagno di un Caposcuola. «Che sta succedendo qui?» domandò, osservando la scena.

«Niente, niente» disse uno dei due grassoni, afferrando l'altro per il braccio e uscendo dal bagno.

Il Caposcuola gettò un'occhiata inquisitoria ai due primini, ma visto che non era accaduto nulla di grave, lasciò perdere ed entrò in un bagno.

«Me la stavo cavando benissimo» lo aggredì in tono acido il ragazzino moro, alzandosi da terra e raccogliendo i libri che gli erano caduti.

Reg lo osservò meglio: gli ricordava terribilmente qualcuno, anche se non riusciva a capire di chi si trattasse. «Volevo solo dare una mano. Non fa mai male aiutarsi a vicenda» bofonchiò poco dopo, con una scrollata di spalle, troppo ingenuo per accorgersi del rischio che avevano corso.

Il ragazzino lo fissò dritto negli occhi con sguardo serio. «Sei Purosangue?» gli domandò in tono inquisitorio.

Reg scoppiò a ridere, come se qualcuno avesse fatto una battuta. «Ma sei fuori?» gli chiese di rimando.

Il ragazzino sembrò offendersi, ma non disse nulla.

«Voglio dire, che razza di domanda è? Tu le incominci sempre così le conversazioni?»

«Volevo solo sapere...» rispose quello, lanciandogli degli sguardi torvi.

Reg rimase un attimo in silenzio, per sondare quanto si fosse offeso il suo interlocutore, poi, visto che non era mai stato capace a restare in silenzio per più di cinque secondi, esclamò: «Comunque, sì, sono Purosangue. Mi chiamo Reg».

L'altro ragazzino parve illuminarsi e un ombra di sorriso gli attraversò le labbra. «Anche io mi chiamo Reg... più o meno» disse dopo un attimo, leggermente in imbarazzo. Non era abituato a rapportarsi con qualcuno di così spontaneo e gioviale, visto il clima di rigidità e di inflessibile intransigenza che regnava a casa sua.

«Davvero? Il mio sta per Reginald. Nome un po' troppo altisonante per i miei gusti» rispose Reg entusiasta.

«Regulus» sussurrò l'altro, con un mezzo sorriso.

«Fantastico, Regulus! Ora siamo ufficialmente amici».

«Perché?» indagò il ragazzino di Serpeverde, dubbioso sul fatto che due persone potessero diventare amiche dopo nemmeno cinque minuti di conversazione.

Reg batté le mani estasiato. «Perché abbiamo quasi lo stesso nome! Non è una roba fichissima?»

«Tu sei Grifondoro e io Serpeverde. Tu non stai mai zitto, io amo la solitudine. E ci conosciamo da neanche due minuti!» protestò Regulus, allibito dall'esuberanza di quel tappetto rosso che sprizzava energia da tutti i pori. Chissà come facevano a sopportarlo i suoi familiari; certo a casa Black non sarebbe sopravvissuto. Ma che cosa andava pensando? Uno così non sarebbe mai stato un Balck. I Black erano onore, prestigio, moralità, rispetto. I Black erano una colonna, un'istituzione. Quello schizzato non sarebbe mai stato uno della famiglia Balck.

«Oh, senti... io ho fiuto per queste cose» esclamò Reg, battendosi la punta del naso con il dito. «Fidati di me».

E, chissà perché, Regulus si fidò.

Per i primi giorni trovò assolutamente insopportabile il fatto che la pulce rossiccia lo pedinasse ovunque, continuando a chiacchierare, fastidioso come una zanzara di notte. Gli saltellava intorno, rideva, e parlava, parlava, parlava senza mai stare zitto. Più volte Regulus ebbe l'istinto di lanciargli una bella fattura che lo sistemasse per un po'. Ma alla fine, quando un giorno Reg smise di pedinarlo, Regulus ne sentì quasi la mancanza. I suoi momenti erano così vuoti, così silenziosi; non c'era nessuno che facesse battute divertenti sui professori, o che scimmiottasse quell'idiota di Potter; nessuno che recitasse ad alta voce in mezzo al corridoio le odi di Borgondus il Bardo o che cantasse a squarciagola le note stonate delle canzoncine popolari; insomma, il vuoto.

Fu così che, meditandoci per giorni interi, alla fine prese il coraggio di avvicinarsi al tavolo dei Grifondoro della Sala Grande.

«Che vuoi tu qui?» lo aggredì Sirius, quando lo vide arrivare. Regulus storse il naso.

«Non sono certo qui per te» gli rispose velenoso e on un profondo respiro si accostò a Reg, che tanto per cambiare si stava abbuffando di ogni cibaria presente sul tavolo. «Ti va di venire a studiare con me Pozioni in biblioteca?» buttò lì tutto d'un fiato.

Il volto di Reg parve illuminarsi come se fosse stato colpito dai raggi del sole nascente. «Oh, sì, certo!»

Le labbra sottili di Regulus si incrinarono in un lieve sorriso. In fin dei conti, Reginald non era poi così male. Se preso a piccole dosi.


Reg era entusiasta della sua amicizia con Regulus. Finalmente qualcuno con cui chiacchierare, passare le giornate, ridere e scherzare, o andare al lago a buttare in acqua i sassi per stuzzicare la piovra gigante. Quando aveva scoperto che il suo nuovo amico era un Black, si era stupito parecchio; finalmente aveva capito chi gli ricordava: il compagno moro di Potter... eppure i due ragazzi erano incredibilmente differenti. Lo sguardo cupo di Regulus si trasformava in sprezzante e tormentato negli occhi del fratello, rendendolo molto più affascinante e assolutamente più odioso a parere di Reg.

Regulus, dal canto suo, si ormai era abituato alla presenza di Reg: gli faceva compagnia e gli strappava un sorriso anche nelle giornate in cui aveva l'umore a terra. Era incredibile come quella pulce esageratamente estroversa potesse stargli simpatica. Nessuno dei suoi coetanei di Serpeverde riusciva a capacitarsi di come fossero diventati amici, eppure Regulus si era affezionato a Reg. Era convinto che con lui non ci fosse bisogno di fingere, di rispettare tutte quelle norme sociali che gli erano state inculcate in testa fin da bambino, perché Reg era un ragazzino semplice e forse anche un po' ingenuo. Spesso non si rendeva conto delle conseguenze delle sue azioni, ma questa sua spensieratezza innocente tranquillizzava Regulus, che si concedeva uno dei suo rari sorrisi solo quando lo vedeva incastrarsi nel gradino fellone delle scale di Hogwarts o abbuffarsi di dolci nella Sala Grande.

La strana amicizia tra Reginald e Regulus non era ben vista dai loro coetanei, tanto più perché erano di due case differenti, ma i ragazzi non si si facevano problemi a sedersi vicini durante le varie lezioni.

Quel giorno, dopo aver subito le solite occhiatacce dai compagni Grifondoro, Reg si lasciò cadere sulla sedia al fianco di Regulus. Sul libro di Trasfigurazione del ragazzino, aperto a metà sul banco, stava abbandonato un foglio di pergamena. «Quello cos'è?» chiese Reg, con un cenno del capo.

Regulus prese in mano il foglio con scarso interesse. «Ah, sarebbe l'invito per la festa di Natale di Lumacorno» rispose, storcendo il naso. «Ma non credo di andarci».

«Perché no? Io pensavo di andare...» rispose Reg, scrollando le spalle.

Regulus lo guardò stranito. «Perché, sei stato invitato anche tu?» fu costretto a chiedere in un sussurro, dal momento che era appena entrata in classe la professoressa McGranitt.

Reg lanciò uno sguardo all'insegnante, poi confessò al suo amico: «Credo che sia per via di Mary, sai. Lumacorno mi ha sempre tenuto in grande considerazione perché sono suo fratello».

Ecco spiegato il motivo per cui Reg aveva ricevuto l'invito: Regulus sapeva che il professore aveva la tendenza a tenersi stretti gli studenti migliori, quelli che discendevano da famiglie prestigiose o che mostravano particolari talenti in vari campi, ma nessun Weasley era mai stato considerato all'altezza da Lumacorno, tranne ovviamente Mary. Forse l'insegnante sperava che anche il fratellino mostrasse quella stessa straordinaria predisposizione per il Quidditch che aveva reso Mary tanto famosa e invidiata tra la popolazione scolastica.

Ma Regulus sapeva anche che a quella festa sarebbe stato invitato suo fratello, Sirius. Dopotutto, anche se era un disgraziato, restava sempre un Black e come tale aveva tutte le carte in regola per entrare nel Lumaclub. Era per quel motivo che Regulus non aveva alcuna intenzione di andare a quella festa, dove sapeva che ci sarebbe stato anche Sirius con quel pallone gonfiato di Potter. Non aveva assolutamente voglia di vederlo, tanto più che ci sarebbe stata anche sua cugina Narcissa e temeva che tra i due scoppiasse qualche scaramuccia. Era sicuro che non ci sarebbe voluto molto a convincere Reg, che era fin troppo influenzabile. Bastava una parola. «Non ci andremo».


Regulus stava tormentando nervosamente l'asola del suo vestito, di un elegante color verde bottiglia. Come diavolo aveva fatto Reg a convincerlo a venire a quella stupida festa? Lui non ci voleva andare.

Proprio in quel momento vide il suo amico sbucare da dietro l'angolo. Indossava un terribile abito da mago di un colore non meglio identificato, con delle imbarazzanti maniche di pizzo, e che si vedeva benissimo come non fosse della sua taglia. «Quello che è?» gli domandò, accennando con il capo al suo vestito.

Nel lisciare le pieghe della veste, Reg notò che aveva allacciato i bottoni tutti sfasati. «Ah... ehm...» farfugliò, nel tentativo di rimediare al danno. «Era l'abito da cerimonia di mio cugino Arthur» rispose con un mezzo sorriso. «Che te ne pare?»

Allargò le braccia per mostrare il lavoro completato, ma persino dal suo sguardo si vedeva che non ne era affatto convinto nemmeno lui.

«È orribile» commentò Regulus in tono piatto.

Reg lasciò cadere la braccia sconsolato, con un sospiro. «Entriamo, che è meglio» bofonchiò, dirigendosi verso la porta dello studio del professor Lumacorno.

Regulus non era mai entrato nella stanza prima di quella sera, ma era certo che fosse stata ampliata con la magia. In un angolo c'erano dei tavolini con tartine di vario genere a buffet e altre prelibatezze che erano state prese d'assalto dagli studenti affamati. Ce ne erano parecchi che gironzolavano per la stanza, ma c'erano anche tanti maghi e streghe dall'aria importante. Dalla parte opposta del buffett, quattro musicisti dall'aria annoiata suonavano musiche da sala. Reg notò che sua sorella si pavoneggiava come se la festa fosse sua. Indossava un abito rosso molto carino che non sembrava affatto provenire da uno degli armadi di casa Weasley; chissà, forse glielo aveva prestato una delle sue amiche. Il professor Lumacorno ballonzolava in giro per lo studio, gonfiando il petto con orgoglio e salutando gli invitati con sorrisi e cenni del capo.

I due amici si scambiarono un'occhiata d'intesa e poi fecero per dirigersi verso il buffet, quando Lumacorno intercettò la loro traiettoria. «Ecco qui i due Reg!» esclamò, battendo le sue manone con entusiasmo.

Regulus rivolse un mezzo sorriso al suo amico e gli bastò veder balenare nei suoi occhi castani un lampo di furbizia per capire che anche lui avrebbe voluto scoppiare a ridere in faccia al professore.

«Reginald, voglio presentarti il signor Hamish MacFarlan, ex il capitano dei Montrose Magpipes e ora direttore del Dipartimento per i Giochi e gli Sport Magici» disse invece l'insegnante, indicando un uomo giovanile con un curato pizzetto nero. «Ha appena conosciuto tua sorella e ne è rimasto estasiato» continuò Lumacorno, mentre il signor MacFarlan stringeva la mano a Reg.

«Mi auguro che anche tu dimostrerai il talento di tua sorella, giovane Weasley» gli disse l'uomo.

Reg si esibì in un sorriso smagliante: non era entrato in squadra quell'anno, ma sapeva di essere bravo a volare e di avere in comune con sua sorella la propensione per il Quidditch. Chissà, magari un giorno anche lui sarebbe stato guardato con ammirazione dal capitano di una squadra importante.

Non appena il professor Lumacorno li lasciò liberi, i due amici sgattaiolarono via. Si stavano dirigendo verso i tavolini del buffet, quando, passando fianco a fianco con un altro ragazzino, una manica dell'orribile abito di Reg si impigliò nel vestito dell'altro.

«Ehi, ma guarda dove vai! Mi hai tirato un filo della veste» protestò il ragazzino. Aveva i capelli color paglia e una manciata di lentiggini sulle guance e sul naso. Reg lo conosceva di vista: era al suo stesso anno e gli pareva fosse di Serpeverde; sicuramente Regulus doveva sapere il suo nome.

Infatti il ragazzino si voltò verso il suo compagno di casa e lo guardò con sufficienza. «Balck, dovresti smetterla di frequentare certa gente» gli disse, accennando con il capo a Reg.

«Ma tu chi ti credi di essere?» rispose inviperito il Grifondoro, lanciandogli un'occhiataccia.

Il ragazzetto gli si avvicinò. «Io sono Barty Crouch junior» disse in tono di superiorità. Ma, non contento, aggiunse: «Mio padre sarà il prossimo Ministro della Magia, sai? Lui è una delle persone più influenti del Ministero. Da me pretende sempre che sia il massimo, in modo che possa raggiungere le sue stesse vette. Tuo padre non vuole che tu dia il meglio di te?»

Reg sapeva che Crouch aveva detto quelle cose con il preciso intento di provocarlo, ma non riuscì a restare zitto. «Mio padre vuole che io sia felice» gli rispose, con uno sguardo di sfida.

L'altro sfornò un sorrisetto di sufficienza. «Ma la felicità coincide con la conquista della cima» commentò.

Reg non si diede per vinto. «Strano. Mio padre dice sempre che coloro che hanno raggiunto il vertice, hanno perso per strada la felicità» rispose, assumendo un'aria da vecchio saggio che non gli si addiceva per niente.

Crouch scoppiò a ridere sarcastico. «Questa è la consolazione dei perdenti. Scommetto che tuo padre è un insulso impiegato» lo stuzzicò con perfidia.

Reg abbandonò ogni tattica pacifista e gli si piazzò davanti, squadrandolo con astio. «Però lui è felice e lo sarà sempre. Vedremo se lo sarà anche il tuo, quando avrà raggiunto la cima».

Calò un lungo silenzio, durante il quale i due ragazzini si sfidarono ad una guerra di sguardi.

«Reg, andiamo via. Questa festa non mi piace» intervenne Regulus, strattonando l'amico per la manica, mentre osservava suo fratello Sirius che faceva il suo ingresso in sala accompagnato da quell'odioso di Potter.

«Perdenti» sussurrò loro Crouch con un sorriso perfido, quando i due Reg si allontanarono.





Ecco qui il nuovo capitolo! Finalmente Reg ha trovato un amico, e chi altri poteva essere se non Regulus Black? Spero che la sua entrata in scena vi sia piaciuta, anche perché ho serie difficoltà con i personaggi canon: ho sempre paura di non caratterizzarli nel modo giusto e di andare OOC. Infatti il mio Barty non è proprio un simpaticone, ma avevo bisogno di un personaggio che giocasse quel ruolo e lui mi sembrava adatto. Mi auguro che vi siano piaciuti i due piccoli Serpeverde!

Ah, il signor Hamish MacFarlan esiste davvero: è citato con questo ruolo ne “Il Quidditch atrraverso i secoli”, quel piccolo ma interessante volumetto che la Rowling ha pubblicato insieme a “Animali fantastici: dove trovarli.”

Infine, l'abito marrone con il pizzo che Reg indossa alla festa di Lumacorno, è ovviamente lo stesso che toccherà a Ron per il Ballo del Ceppo! XD Credo che i Weasley abbiamo un solo abito da cerimonia che si scambiano di volta in volta! =)

Per oggi è tutto! A presto,

Beatrix

EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 5
*** Il coraggio di scegliere ***


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Ritornare a casa per le vacanze di Natale, fu abbastanza piacevole, anche se Reg dovette sopportarsi sua sorella per quindici lunghi giorni. Per fortuna, durante buona parte del pomeriggio, lei era fuori, nel campo di zucche sul retro della casa, ad allenarsi per il Quidditch.

Un giorno la trovò con in mano due coltelli da cucina, intenta a disegnare un bersaglio su una tavola di legno. Posizionò il suo centro contro lo spaventapasseri e si mise a distanza di qualche metro.

«Che stai facendo? Sei impazzita?» le domandò Reg, con gli occhi sgranati.

Lei nemmeno rispose: si limitò a chiudere un occhio per prendere la mira e poi lanciò il primo coltello contro l'asse. Mancò di parecchio il bersaglio, tanto che la lama si conficcò da qualche parte nel terreno.

«Ma...» provò a dire Reg, quando sua sorella lo interruppe: «Senti, mi sto allenando. Vattene».

«Sei fuori!» esclamò allora Reg, osservandola mentre tentava il secondo tiro. Questa volta il coltello centrò la tavola, infilzandosi nel legno con una pioggia di schegge.

Mary strinse il pugno in segno di soddisfazione, poi si voltò verso suo fratello. «Ascolta: se riesco a beccare un bersaglio con un coltello da cucina, posso centrare un anello con la pluffa. È tutta questione di mira».

«Posso provare?» domandò allora Reg, eccitato dall'idea.

Mary era sul punto di rispondergli a malo modo, ma quando vide il sorriso speranzoso che gli illuminava il volto, non seppe dirgli di no. Sbuffò e roteò gli occhi, ma alla fine cedette. «Accio coltelli» disse mollemente, poi passò uno dei due a suo fratello. «Dai, prova».

Reg si mise in posizione, chiuse un occhio per prendere la mira, prese un profondo respiro... e poi tirò.

«Chi mi aiuta con gli addobbi di Natale?» esclamò Leopold Weasley, spalancando proprio in quel momento la porta sul retro con l'unico arto disponibile, il piede sinistro, visto che tra le braccia reggeva uno scatolone pieno di cianfrusaglie natalizie, mentre alla caviglia destra vi erano attaccate le zanne di Fufy, che, chissà per quale motivo, si divertiva a mordicchiare il suo padrone ogni volta che questi aveva in mano qualcosa di pericoloso o fragile.

Il coltello che Reg aveva appena lanciato si conficcò nel legno della porta, ad un pelo dal naso del signor Weasley.

«Ohibò!» commentò questi, colto di sorpresa.

Mary e Reg si scambiarono uno sguardo divertito, poi scoppiarono a ridere. Risero fino a stare male, risero come non ridevano da tempo, loro due, la campionessa e la pulce. Insieme.


Il Natale a casa Black non era mai stato particolarmente piacevole, soprattutto da quando Sirius era diventato un Grifondoro, attirando sempre di più le ire dei genitori. Anche quando venivano a casa gli zii e le cugine, Narcissa e Bellatrix con il suo nuovo marito Rodolphus Lestrange, l'atmosfera di Grimmauld Palce era tutt'altro che calda e natalizia. Quello poi era il primo Natale senza Andromeda e in casa si respirava un'aria più pesante del solito.

Regulus se ne stava seduto sul divano ad ascoltare in silenzio i discorsi dei grandi. Ogni tanto lanciava qualche occhiata di rimprovero a suo fratello che era seduto a gambe incrociate davanti al fuoco e lo stuzzicava buttandoci dentro, di tanto in tanto, delle palline di carta. Sentire i discorsi ammirati di sua cugina Bellatrix sul Signore Oscuro era molto noioso e avrebbe di gran lunga preferito passare il Natale in compagnia di Reg, che, immaginava, avrebbe cantato canzoncine natalizie in piedi sul tavolo oppure avrebbe combinato qualche disastro in grado di strappargli un sorriso.

Proprio in quel momento entrò in salotto Kreacher, che gli consegnò una lettera. «È arrivata questa per lei, padroncino» gli disse l'elfo, senza osare alzare troppo la voce per non disturbare.

Regulus riconobbe subito la grafia infantile e un po' sgraziata del suo amico Reg e, visto che nessuno stava facendo caso a lui, preferì mettersela in tasca e ritirarsi in camera sua con una qualche scusa per poterla leggere in tranquillità. Era sicuro, infatti, che a nessuno dei suoi parenti sarebbe piaciuto scoprire della sua amicizia con Reg Weasley, la cui famiglia, anche se Purosangue, non era certo ben vista dalla comunità magica.

Una volta al sicuro nella sua camera, Regulus aprì la lettera e lasciò che i suoi occhi scorressero velocemente sulle poche righe che aveva scritto il suo amico. Gli raccontava della neve che aveva invaso il campo di zucche e le colline circostanti, del cappone gigantesco che sua mamma aveva preparato per il pranzo di Natale, del libro sul Quidditch che gli aveva regalato sua sorella e della radio che gli aveva donato invece suo cugino Arthur. C'era tanta innocenza e spensieratezza in quelle parole, che Regulus si sentì improvvisamente rincuorato: la spontaneità di Reg lo tranquillizzava. Dopo averla riletta un paio di volte, nascose la lettera nel cassetto del comodino, decidendo che avrebbe risposto più tardi, quando i suoi parenti se ne fossero andati.

Uscì sul pianerottolo al buio, così non si accorse della figura di suo fratello, che se ne stava con le spalle appoggiate alla porta della sua camera, finché questi non parlò: «Chissà cosa direbbero i nostri genitori del figlio perfetto, se sapessero che disobbedisce ai loro ordini».

Regulus si bloccò in mezzo al corridoio, come se gli fosse stata lanciata una fattura pietrificante. «Che cosa hai detto?» domandò al fratello, voltandosi verso di lui per fronteggiarlo. Ora poteva vedere la sua sagoma appoggiata con noncuranza alla porta, il suo sorrisetto divertito e gli occhi grigi che brillavano nel buio.

«Ho detto che non sei tanto migliore di me» gli rispose, guardandolo con aria di sfida.

Regulus si avvicinò a lui con i pugni serrati. Era più basso del fratello e quindi non riusciva a fissarlo negli occhi da pari a pari, ma poteva comunque mettergli il broncio.

«Chissà cosa direbbero mamma e papà se sapessero che il loro figlioletto preferito intrattiene una corrispondenza segreta con quella pulce di Weasley» lo provocò Sirius, con un sorrisetto.

Regulus deglutì. Non avrebbe osato spifferarglielo... o sì?

Sarebbe stato un vero disastro: non voleva rinunciare alla sua amicizia con Reg, ma era certo che i genitori non avrebbero approvato e, se lo avessero scoperto, certo gli avrebbero impedito di rivolgergli ancora la parola.

Sirius scoppiò a ridere, una risata sadica e senza un briciolo di allegria. «Si lamentano tanto di me, ma tu non sei affatto migliore. Almeno James non è un traditore del suo sangue» lo stuzzicò ancora.

Regulus strinse i pugni per impedire a se stesso di spedire una bella fattura contro il fratello. «Cosa vuoi per il tuo silenzio?» gli domandò alla fine, con un sospiro rassegnato.

Sirius sorrise. «Nulla. Io non dirò niente a nessuno» gli rispose in un sussurro.

Regulus sgranò gli occhi sorpreso: era strano che suo fratello si mostrasse disponibile nei suoi confronti.

Sirius gli si avvicinò, finché i loro visi quasi non si sfiorarono. «Ho solo una domanda, Regulus: quando lo scopriranno, perché prima o poi lo scopriranno, chi sceglierai? L'amico o la famiglia?»


Quella domanda tormentò Regulus per tutto il resto delle vacanze e anche la vigilia del suo ritorno a Hogwarts non era ancora riuscito a darsi una risposta. Certo, l'amicizia con Reg era piacevole e non avrebbe voluto rinunciarvi, ma di fronte alla sua famiglia... e se sua madre Walburga l'avesse cancellato dall'albero genealogico come aveva fatto con Andormeda? Regulus rabbrividiva al solo pensiero. Non voleva essere cacciato di casa, rinnegato dai suoi genitori, guardato con biasimo dalle cugine.

Ma l'unica che potesse scoprire la sua amicizia con Reg era Narcissa, che stava frequentando l'ultimo anno, e se fino ad ora non se n'era accorta, con un po' di fortuna quella fatidica domanda non avrebbe preteso risposta ancora per molto tempo.

Tornare a scuola fu quasi un sollievo, per Regulus, lontano dall'opprimente aria di casa e dai suoi assillanti problemi. Lui e Reg si scelsero uno scompartimento vuoto tutto per loro e passarono il viaggio a mangiare cioccorane e raccontarsi delle proprie vacanze. O meglio, sarebbe più preciso dire che Reg stordì di chiacchiere il suo amico, descrivendo l'enorme torta alla panna che si era spiaccicata sull'abito buono di zia Marge, i bisticci tra i figli piccoli di suo cugino Arthur, Bill e Charlie, il libro Il Quidditch attraverso i secoli che gli aveva regalato sua sorella, sul quale aveva dovuto scrivere “Questo libro è di Reg e di nessun altro perché un altro suo cugino ci aveva messo gli occhi sopra. Ma soprattutto parlò della sua nuova radio, un apparecchio Babbano che Arthur aveva modificato perché non avesse bisogno dell'elettricità per funzionare e che prendeva tutte le stazioni radio, magiche e non. Reg ne era talmente estasiato che passò una buona mezzora a cantarne le lodi e elogiare ogni sua singola parte. Dopo dieci minuti Regulus smise di ascoltarlo e prese a guardare fuori dal finestrino, lasciandosi cullare dal chiacchiericcio del suo amico, mentre una sensazione crescente di tranquillità lo invadeva.

Un sabato mattina di metà febbraio, Reg trascinò Regulus in riva al lago per ascoltare la radio e giocare con gli ultimi sprazzi di neve che non si erano ancora sciolti. Regulus si sedette a gambe incrociate sull'erba umida a leggere un libro, appoggiando la schiena ad un faggio, mentre il suo amico armeggiava con la radio alla ricerca di chissà quale stazione. D'un tratto una musica chiassosa esplose dalle piccole casse dell'aggeggio Babbano.

«Che roba è?» domandò Regulus, storcendo il naso. A casa Black non si ascoltava molta musica, forse perché considerata un'attività troppo frivola per l'austerità della dimora, ma certo nessuno avrebbe mai immaginato di ascoltare quella roba.

«Questo è rock'n'roll, baby!» rispose Reg, agitando in aria le braccia come per suonare piatti e tamburi di una batteria immaginaria. «È forte 'sta musica Babbana. Questi sono i Queen.... non sono niente male, davvero niente male» esclamò con entusiasmo. Dopo aver scelto la frequenza, cominciò a fare un misero pupazzo di neve con quel poco che non si era ancora sciolta.

Regulus non era particolarmente convinto che il suo concetto di “niente male” coincidesse con quello del suo amico, né che il rumore che fuoriusciva dalle casse della radio potesse essere catalogato come musica, ma era talmente piacevole passare una giornata all'aria aperta che poteva anche sopportare il rock'n'roll di Reg.

Verso mezzogiorno, Reg mostrò soddisfatto il risultato del suo duro lavoro all'amico. Il pupazzo era un ammasso informe di neve, il sorriso e il naso erano fatti con dei sassolini presi dalla riva del lago.

«Gli mancano gli occhi» commentò Regulus.

«Hai ragione!» esclamò Reg, battendosi il palmo sulla fronte. Dopodiché si ficcò una mano in tasca ed estrasse un paio di occhiali rotondi che conficcò nella neve, dove avrebbero dovuto esserci gli occhi.

«E quelli dove li hai presi?» domandò Regulus, alzando un solo sopracciglio.

Reg fece un sorrisetto furbo. «Diciamo che Potter avrà un po' di difficoltà a vedere il Boccino, all'allenamento di oggi».

Regulus sgranò gli occhi, ma pensando alla divertente immagine di Potter che cercava i suoi occhiali e nel vedere lo sguardo scintillante di furbizia del suo amico, non riuscì a trattenersi dal ridere. La sua risata suonava così strana perfino alle sue stesse orecchie... era raro che scoppiasse a ridere in quel modo. Presto, però, la sua allegria contagiò anche Reg e i due amici si ritrovarono con le lacrime agli occhi e il mal di pancia.

Non potevano certo sapere che la loro tranquillità sarebbe stata presto turbata.

Arrivata l'ora di pranzo, i due ragazzini ritornarono lentamente verso il castello. Reg passò alla torre di Grifondoro per riporre la radio nel suo dormitorio, mentre Regulus entrò in Sala Grande e si diresse verso il tavolo di Serpeverde.

«Ehi, Regulus!» lo chiamò sua cugina Narcissa. «Vieni a sederti qui vicino a me».

Reg si avvicinò al tavolo strisciando i piedi a terra e con gli occhi bassi. Non che non volesse sedersi al fianco di sua cugina, ma mal tollerava la compagnia di cui questa si era circondata. La ragazza irlandese, poi, Priscilla Saiminiu, gli faceva venire i brividi lungo la schiena tutte le volte che i loro occhi si incrociavano. Mangiò il suo pasto in silenzio, ascoltando i discorsi dei grandi: parlavano principalmente di quanto fossero insulsi i Babbani e del fatto che i Sanguesporco non avrebbero dovuto permettersi di studiare al loro fianco. Certo, Regulus era d'accordo con loro, ma non gli sembrava che quello fosse l'argomento migliore di cui discutere a pranzo.

«Ehi, Reg! Andiamo a tirare caccabombe contro Potter!» esclamò una voce alle sue spalle. Non ebbe bisogno di voltarsi, per sapere a chi apparteneva. Una invadente sensazione di gelo gli attanagliò lo stomaco.

Narcissa, la Saiminiu e gli altri si voltarono contemporaneamente verso chi aveva appena parlato.

«Che cosa vuoi, Weasley?» lo aggredì Narcissa.

Regulus non ebbe il coraggio di girarsi a vedere la faccia del suo amico. Tanto sapeva che avrebbe risposto a tono a sua cugina, anche se lei era molto più grande.

«Sto parlando con Reg, non con te».

rispose infatti Reg, senza scomporsi troppo.

«Stai forse insinuando che un Black ha dei contatti con un traditore del suo sangue?» domandò Narcissa, con una sottile vena di sarcasmo nella voce.

«Certo, lui è mio amico! Reg, diglielo anche tu!» rispose il ragazzino, senza farsi scalfire dall'accusa dell'altra.

Regulus strinse i pugni e si morse il labbro, ma non si voltò. Quello era il suo peggiore incubo che si stava realizzando. Chi avrebbe scelto, chi avrebbe scelto?

«Reg?»

Non aveva mai sentito il suo amico usare quel tono: lo stava supplicando. Lo stava supplicando di voltarsi, di guardarlo in faccia, di avere il coraggio di fissarlo negli occhi per confessare la loro amicizia. Ma no, Regulus non poteva farlo. Non davanti a Narcissa, non con la consapevolezza che la sua famiglia non lo avrebbe mai approvato. Eppure non aveva nemmeno la forza di girarsi verso di lui, di tradirlo così, riservandogli lo stesso sguardo sprezzante di Narcissa. Restò immobile, gli occhi rivolti in basso, i pugni stretti e le spalle curve verso l'unica persona che gli fosse mai stata amica.

«Sparisci, Weasley. E smettila di importunare mio cugino» gli intimò allora Narcissa, tornando a preoccuparsi del suo pranzo.

Ma Reg rimase lì immobile per parecchi secondi, incapace di assimilare il pugno che aveva appena ricevuto nello stomaco dal suo migliore amico.

Regulus ancora non si voltò, finché non sentì i suoi passi che finalmente si allontanavano. Solo allora osò sbirciare alle sue spalle, ma di Reg Weasley non c'era più traccia.





Ah, che pena scrivere questo capitolo! Le cose cominciano a mettersi male per l'amicizia tra i due Reg... insomma, se fino a adesso Regulus aveva chiuso gli occhi sulla “condizione” del suo amico, non volendo applicare i pregiudizi della sua famiglia a Reg, anche se formalmente li condivideva, ora è stato obbligato a fare una scelta. Nel prossimo capitolo, vedrete come ha reagito Reg a tutto questo!

In compenso, strano ma vero, finalmente i due fratelli Weasley sembrano riappacificarsi...come si fa a dire che non si vogliono bene, in fondo?

A presto (ovvero a mercoledì 2, nel tardo pomeriggio)!

Beatrix Bonnie



EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 6
*** Non è mai troppo tardi ***



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Un Black non chiede mai scusa, e infatti Regulus non aveva alcuna intenzione di farlo. Non poteva, era così... umiliante. No, non avrebbe chiesto scusa a Reg, ma forse lui nemmeno si era offeso. In fondo non era successo nulla di così grave e poi Reg non era il tipo che se la prendeva per cose così piccole. Era sempre allegro e pieno di vita. Ma sì, Regulus avrebbe potuto scommettere che tra loro non sarebbe cambiato nulla.

Ci impiegò parecchio tempo a trovare il suo amico, ma alla fine, quando lo vide in riva al lago, si era ormai convinto che Reg non poteva essere arrabbiato. «Ehi, Reg, quelle caccabombe, allora?» gli domandò con tono forse forzatamente allegro.

Il ragazzino non si voltò verso di lui.

Regulus allora gli girò intorno, fino a posizionarsi davanti a lui. I suoi occhi nocciola, fissi su un punto non precisato dell'orizzonte, erano arrossati e gonfi. Sembrava che avesse pianto.

«Reg?» chiese allora Regulus, per sondare il terreno.

«Oh, guarda. È tornato il Purosangue» commentò Reg con un tono cattivo che contrastava con il suo visino infantile.

«Dai...» provò a dire l'altro, a disagio. «Non è successo nulla di grave».

«Nulla di grave?» gridò Reg, dandogli uno spintone per allontanarlo. «Ah, già, non sei tu quello che ha fatto la figura dell'idiota, non sei tu che sei stato pugnalato alle spalle dal tuo migliore amico!»

Reg non era mai stato così fuori di sé come in quel momento: si sentiva ferito e la sua delusione si trasformava in rabbia.

Ma Regulus era un Black e nessuno poteva permettersi di urlare contro un Black senza essere trattato di conseguenza. «Senti, c'era Narcissa e alla mia famiglia non piacciono quelli come te» rispose, mettendosi sulla difensiva. Ora Reg stava proprio esagerando: lo stava facendo passare per un mostro. In fondo lui non aveva fatto nulla di male: non era colpa sua se i Weasley erano quello che erano.

Reg gli si avvicinò, finché non riuscì a fissarlo dritto negli occhi. «Quelli come me? Fino a ieri, però, ti andava bene la compagnia di quelli come me» lo provocò.

I due ragazzini si squadrarono per parecchi secondi, poi Reg continuò: «Scusa, ma non voglio avere un amico che si vergogna di me, solo perché la sua famiglia gli ha ficcato in testa quelle idiozie sul sangue puro».

A quelle parole fece per voltarsi e andarsene, ma Regulus glielo impedì, afferrandolo per una manica. Nessuno poteva insultare la sua famiglia. «Stammi bene a sentire» gli disse con rabbia, senza lasciare la presa ferrea sul suo braccio. «I Black sono una delle stirpi più rispettate del mondo magico. Se non ti piacciono le nostre idee, nessuno ti obbliga a fare l'amicone con me».

Si pentì quasi subito di aver detto quelle cose, ma ormai era fatta e non aveva certo intenzione di chiedere scusa. In fondo era vero: era stato Reg a cominciare quell'amicizia, che colpa ne aveva lui se poi i Black non gli andavano a genio?

Reg era ferito dalle parole del suo amico, ma era certo che lui non fosse come il resto della sua famiglia. Forse c'era ancora la possibilità di fargli capire che si stava schierando dalla parte sbagliata. «Le vostre idee? Andiamo Regulus, fosse per voi tutti i Babbani dovrebbero essere massacrati. Ti sembrano idee giuste?» gli domandò, cercando di allontanare la rabbia e mostrarsi più gentile nei suoi confronti.

Regulus sembrò vacillare di fronte a quella domanda diretta. Sì, in teoria a lui non piacevano i Babbani e li avrebbe fatti volentieri sparire, ma il termine usato da Reg era così forte che per un attimo si domandò da che parte fosse la giustizia.

Il ragazzino sembrò vedere la perplessità dell'amico e decise di sfruttare quella falla. «Se la tua famiglia cerca di convincerti di certe idee, non è detto che siano giuste. Tu devi ragionare con la tua testa e credere in ciò che senti come sincero, buono, giusto» gli disse con convinzione. Il suo sguardo intenso si posò negli occhi grigi dell'altro, ma non vi trovò la determinazione che sperava.

Regulus lasciò andare il suo braccio e si allontanò di un passo, scuotendo la testa. «Non puoi chiedermi di schierarmi contro la mia famiglia» sussurrò debolmente.

«E quindi?» chiese Reg, ma sapeva già la risposta a quella domanda. Un senso opprimente di angoscia si impadronì di lui, mentre gli occhi cominciavano a pizzicargli. «È finita, non è vero?»

Regulus non ebbe il coraggio di rispondere a quella domanda. Gli dispiaceva immensamente di dover interrompere la sua amicizia con Reg, ma non poteva andare contro la sua famiglia. Era qualcosa di impensabile. Il suo unico gesto fu quello di abbassare gli occhi a terra per una frazione di secondo.

Sì, era finita.

Reg sentiva uno spiacevole nodo alla gola che gli impediva di parlare; in fondo non avevano più nient'altro da dirsi. Voltò le spalle a quello che un tempo era stato il suo migliore amico e corse via verso il castello.

Era sciocco, immensamente sciocco piangere per una cosa del genere, ma Reg non riuscì a trattenere le lacrime. Era deluso, frustrato e arrabbiato insieme, quindi un bel pianto lo avrebbe aiutato a sfogarsi. Entrò in una stanza vuota e si accasciò contro il muro, sopraffatto dai singhiozzi. Stupidi Black e stupidi pregiudizi sulla purezza del sangue! Era tutta colpa di quelle idiozie se lui e Regulus non potevano essere amici!

«Reg!» esclamò una voce sottile.

Il ragazzino si voltò di scatto verso la porta dell'aula, dalla quale era appena sbucata Lily Evans.

«Che succede?» gli chiese lei, inginocchiandosi al suo fianco.

Reg si asciugò le lacrime con la manica della divisa, nel tentativo di nascondere il suo pianto. «Niente, niente...» biascicò, ma era ovvio che quella bugia non convinceva nessuno.

«Dai, a me puoi dirlo» gli sussurrò Lily, con un sorriso gentile. Reg tentennò per un attimo, poi decise che poteva fidarsi di Lily.

«Ho litigato con Regulus. È che... questi stupidi Serpeverde, tutti troppo orgogliosi del loro sangue puro!» si sfogò, lanciando contro i banchi un sassolino che aveva trovato in terra.

«Ma no, non sono tutti così» lo rincuorò Lily, mettendogli una mano sulla spalla. Reg le lanciò un'occhiata talmente scettica che lei fu costretta a spiegare: «Guarda Severus: lui è Mezzosangue, perché suo padre è Babbano, e poi è mio amico ed è molto gentile con me».

A Reg non piaceva per niente quell'amico unticcio di Lily, ma evitò di farglielo notare: lei sembrava così convinta della loro amicizia. Per un attimo i due ragazzini rimasero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.

«Io non voglio avere paura. Io voglio avere il coraggio di scegliere ciò che è giusto» proruppe improvvisamente Reg, stringendosi le ginocchia al petto. Se Regulus avesse avuto quel coraggio, ora loro due sarebbero ancora amici.

Lily gli riservò uno sguardo dolce. «Ma tutti hanno paura, Reg. il coraggio sta nel saperla affrontare e superare».

«Per fare la scelta giusta» concluse Reg, con un mezzo sorriso.

Lily annuì. «Per fare la scelta giusta».


Dal giorno in cui aveva litigato con Regulus, Reg aveva imparato a starsene sempre solo. Ma non era più come prima, quando non aveva amici ma era sempre allegro e chiacchierone. Ora era diventato una figura solitaria, sempre triste. Nei suoi occhi si era spenta ogni briosa scintilla di vita e la bocca si tendeva raramente in un sorriso. Aveva deciso che se nessuno lo voleva, lui non avrebbe voluto nessuno. L'unica cosa che lo teneva in piedi e che lo spingeva ad andare avanti era il fatto che lui aveva avuto il coraggio di fare la scelta giusta. E sempre l'avrebbe avuto.

L'uggioso febbraio lasciò il posto ad un marzo più mite. Lentamente le nevi abbandonarono i prati intorno a Hogwarts per lasciare posto a dei timidi fiorellini di campo. La brughiera circostante si ricoprì di erica e perfino la Foresta Proibita appariva meno spettrale ora che i suoi alberi erano decorati da nuovi getti e tenere gemme.

Con l'arrivo di aprile, Reg osservava come la vita degli altri sembrasse procedere insieme alla rinascita del paesaggio, mentre la sua era rimasta bloccata a quei freddi giorni d'inverno. Mary doveva prepararsi per i M.A.G.O. e quindi era diventata piuttosto nevrotica e scattava come una vipera ogni volta che qualcuno interrompeva il suo studio. Potter era diventato l'idolo di tutta la torre di Grifondoro, dal momento che era stata la sua ultima spettacolare conquista del Boccino d'Oro a consegnare la coppa alla casa rosso-oro, dopo quasi quattro anni. Ovviamente questo non aveva fatto altro che aumentare l'autostima di Potter, che ora se ne andava in girò a pavoneggiarsi come se avesse appena vinto la Coppa del Mondo.

Regulus, invece, aveva cominciato a legare con quell'antipatico di Barty Crouch. Tutte le volte che Reg ci pensava, non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile che Regulus avesse stretto amicizia con un tale bellimbusto impomatato, ma alla fine si ricordava sempre che quello era il tipo di rapporto che la sua famiglia avrebbe approvato.

Mentre lui? Lui se ne stava sempre solo, in disparte. Perfino i professori si erano stupiti del suo silenzio durante le lezioni. Una volta, la McGranitt assegnò dieci punti a Grifondoro semplicemente perché Reg era riuscito a restare zitto per tutte le sue due ore.

Il tutto dipendeva dal fatto che Reg non aveva più voglia di parlare, o meglio, non aveva più nessuno con cui parlare.

Una sera di inizio maggio, mentre in sala comune Potter stava intrattenendo un piccolo pubblico, raccontando di quando aveva battuto in una gara di volo una fenice, Reg si era accoccolato su una poltrona davanti alla finestra per rileggere per la decima volta Il Quidditch attraverso i secoli.

A riscuoterlo fu la voce di Mary, insolitamente dolce. «Reg, posso parlarti?» gli domandò in un sussurro.

Reg sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo e osservò il volto di sua sorella: sembrava attraversato da un velo di preoccupazione. Rimase un attimo in silenzio, ma alla fine fece un segno di assenso con il capo.

Mary si sedette sulla poltrona a fianco della sua e le bastò un'occhiata intorno perché i Grifondoro che stavano lì vicino capirono di doversela defilare.

Reg aspettò che tutti si fossero allontanati, poi si voltò apatico verso sua sorella. «Se sei venuta a dirmi un saccente te lo avevo detto di stare alla larga dai Serpeverde, puoi anche risparmiartelo».

«Veramente sono qui per dirti di non rinunciare alla tua amicizia con Regulus» rispose la ragazza, con uno strana luce negli occhi.

Reg rimase spiazzato. «Ma a te non piacciono i Black, né tanto meno i Serpeverde» commentò, dopo un attimo di silenzio.

Mary si fissò le mani e prese un lungo respiro. «Lascia che ti racconti una storia» gli disse alla fine, con un mezzo sorriso. «Un tempo io e Priscilla eravamo grandi amiche. Ci eravamo conosciute il primo giorno sull'Espresso per Hogwarts e da allora eravamo praticamente inseparabili. Poi io entrai in squadra e cominciai a montarmi la testa, mentre lei... be' credo che fosse invidiosa di me. Le cose a casa sua non sono mai andate troppo bene, perché i suoi genitori hanno sempre preferito il suo fratello gemello, che infatti ora frequenta il Trinity. Crescendo divenne sempre più astiosa, mentre io cominciavo a non sopportare più i suoi musi lunghi. Credo che, in fondo, fu soprattutto colpa mia».

Mary fece una pausa e si perse via a guardare il cielo stellato che splendeva oltre la finestra. «Alla fine litigammo e... be', ora sai come vanno le cose tra di noi» concluse, con uno sguardo addolorato nella sua direzione.

Reg non sapeva perché sua sorella avesse deciso di confidargli quelle cose proprio ora, ma capì immediatamente che non voleva fare la stessa fine, con Regulus. Avrebbe potuto provare a parlargli, o, se lui si fosse rifiutato di rivolgergli la parola, avrebbe potuto scrivergli una lettera.

Sì, gli avrebbe scritto una lettera!

Stava per prendere un foglio di pergamena, quando, guardando gli occhi sofferenti di sua sorella, capì che aveva bisogno di lui. «Un tempo non eri così...» provò a dire Reg, ma non riuscì a concludere la frase. Non sapeva come definire il cambiamento di sua sorella: da piccola era proprio come lui, allegra, chiacchierona ed estroversa; ora, invece, si comportava come la reginetta della scuola. Era diventata egocentrica e piena di sé.

«Sono la prima Weasley che ha successo!» gli rispose Mary, con foga.

«Ma a che prezzo? Guardati, non sei più tu!» la rimbeccò suo fratello.

La ragazza distolse lo sguardo e ancora una volta si ritrovò a fissare le stelle. «La gente cambia, Reg» sussurrò alla fine, con un tono di voce insondabile.

Reg le afferrò la mano e la costrinse a voltarsi verso di lui. «Fino a che punto sei disposta a cambiare?» la provocò, guardandola con intensità.

Sembrava che una spada avesse trafitto il costato di Mary. «Andiamo, Reg» gli rispose. «Guardati intorno: i Weasley sono Purosangue, ma praticamente siamo i reietti della società magica. Papà è un impiegato alle poste, lo zio Septimius serve i gelati a Diagon Alley, e adesso anche Arthur non ha niente più che un lavoretto d'ufficio al Ministero!» commentò, scuotendo la testa con rassegnazione.

Reg fece una smorfia: erano le stesse cose che gli aveva detto anche Crouch, al party di Natale di Lumacorno, ma per lui, che non aveva ancora dodici anni, quelle questioni non erano poi così importanti. Aveva ancora davanti a sé sei lunghi anni di scuola e il suo futuro, per ora, era ancora molto nebuloso.

Lo stesso ragionamento, ovviamente, non valeva anche per Mary che, una volta affrontati i M.A.G.O., si sarebbe ritrovata catapultata nel mondo degli adulti, senza avere grandi prospettive lavorative.

«L'unica cosa che mi può riscattare, è il Quidditch, Reg» rivelò a suo fratello. «Il signor Hamish MacFarlan, il direttore del Dipartimento per i Giochi e gli Sport Magici, quando ci siamo conosciuti alla festa di Lumacorno, mi ha promesso che mi farà ottenere un provino con i Montrose Magpipes, la migliore squadra inglese. Quando sarò fuori da Hogwarts avrò l'occasione di diventare qualcuno. Non posso farmela scappare, non posso tornare indietro e tornare ad essere un Weasley qualunque. Non voglio tornare indietro» concluse, in tono amaro.

«Non è mai troppo tardi per fare la scelta giusta» le sussurrò Reg, in tono sibillino. Dopodiché, prese il suo libro sottobraccio e se ne andò in camera sua, lasciando lì Mary.

La ragazza tornò a guardare il cielo stellato, assalita dai dubbi e dai rimorsi. Pur di diventare qualcuno, era davvero disposta a rinunciare a se stessa?



Ebbene sì, le cose si sono messe davvero male per il nostro Reg... senza la sua spalla Regulus, ora non ha più nulla! Poverino! Ma, a conclusione di questo capitolo, si è aperto un nuovo spiraglio di speranza, per lui. Quanto a Mary, finalmente sta cominciando a meditare su se stessa: è stufa di essere una Weasley qualunque, ma che prezzo è disposta a pagare?

Il prossimo capitolo sarà cruciale... preparate fazzoletti e catini, d'ora in poi ci sarà di che deprimersi! ç_ç

A presto,

Beatrix B.

EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 7
*** Il Platano Picchiatore ***




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Reg era fermo in mezzo al corridoio, con una determinazione che non credeva di possedere. Tra le mani aveva un semplice foglio di pergamena piegato in quattro. Una lettera, per una persona particolare. I suoi coetanei di Serpeverde stavano risalendo il corridoio verso di lui e si scansavano per evitarlo. Ma l'unico che voleva vedere era in fondo alla fila.

«Oh, guarda, quella pulce di Weasley» lo schernì Crouch, quando lo vide.

«Non sono qui per parlare con te» disse Reg, senza degnarlo di uno sguardo. I suoi occhi erano puntati in quelli grigi di un ragazzino alle spalle di Crouch, che sembrava essere a disagio.

«Regulus non vuole parlare con te» gli rispose Crouch, deridendolo.

«Regulus è abbastanza grande da decidere con la sua testa. Non ha bisogno della bambinaia, Barty» sibilò invece Reg, con lo sguardo ancora fisso su Black.

Regulus si torse le mani, ma non disse nulla. Il suo orgoglio gli impedì di abbassare gli occhi, anche se si sentiva spiacevolmente a disagio.

Reg, vedendo che Black non dava segni che potessero essere interpretati in senso negativo o positivo, gli si avvicinò e gli piazzò tra le mani la sua lettera. «Leggila» disse semplicemente. Poi se ne andò, lasciando i due Serpeverde increduli in mezzo al corridoio.

Era stato facile, alla fine, pensò Reg. Dalla sera in cui l'aveva scritta, la lettera era rimasta nella sua borsa per un'intera settimana, finché Mary non l'aveva convinto a consegnarla a Regulus. Era strano come ora i due fratelli andassero d'accordo, loro che per tutto l'anno, praticamente, non si erano mai parlati. Stranamente a Reg venne voglia di saltellare.

Sì, sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto.

Stava per ritornare alla torre di Grifondoro, quando sentì qualcuno che stava piangendo in un'aula vuota e decise di entrare. Accasciata a terra c'era una ragazzina di Tassorosso, che doveva chiamarsi Lucy, se non ricordava male. Al suo fianco, un'impacciato Theodor Abbott stava cercando di consolarla.

«Che succede?» chiese allora Reg, accucciandosi a terra vicino alla ragazzina.

«Niente che ti interessi, Weasley» sibilò in risposta Theodor.

«Scusa, ma se c'è qualcuno che piange mi interessa sempre, perché forse posso aiutarlo» disse semplicemente Reg e l'altro non ebbe il coraggio di rispondere.

Accettò a malincuore di raccontare cosa fosse successo. «Dei ragazzi di Serpeverde hanno ucciso il gattino di Lucy solo perché lei è di origini Babbane» spiegò con una smorfia.

A quelle parole, Reg capì subito di chi fosse la colpa: la banda della Saiminiu. «Dobbiamo andare a denunciarli alla professoressa Sprite» sentenziò con decisione. Credeva che per i due Tassorosso fosse più facile parlare con la direttrice della loro casa.

«Sei impazzito?» piagnucolò Lucy, tra un singhiozzo e l'altro. «Ci faranno a pezzi!»

«E allora, vuoi lasciarli impuniti?» esclamò Reg, indignato. «Bisogna sempre avere il coraggio di fare la scelta giusta».

Lucy rivolse i suoi occhi spauriti verso Theodor, nella speranza di trovare un alleato, ma il ragazzino aveva uno sguardo determinato. «No, Reginald ha ragione. Dobbiamo denunciarli» decise alla fine, con un cenno del capo.

Reg gli rivolse un sorriso compiaciuto, poi insieme aiutarono Lucy ad alzarsi da terra.

Il sole stava tramontando lontano, verso ovest, quando il terzetto uscì dal castello per dirigersi verso le serre. Lucy aveva smesso di singhiozzare, stretta tra le braccia di Theodor, il quale guardava Reg con una nuova luce di ammirazione negli occhi.

Quando arrivarono dalla professoressa Sprite, la donna sembrava piuttosto stupita di vederli, ma ascoltò il racconto di Lucy con molta attenzione. «Incredibile, incredibile!» borbottava ogni tanto, scuotendo la testa. Quando la ragazzina tacque, l'insegnante sembrava davvero furibonda. «Informerò immediatamente il Preside e poi, insieme, decideremo la punizione» decretò alla fine, mettendo le mani sui fianchi.

La Sprite non era il tipo di donna che metteva paura, ma perfino Reg, quella volta, dovette ammettere che era piuttosto spaventosa, quando si arrabbiava.

«A che livelli siamo arrivati!» proruppe improvvisamente, facendo trasalire tutti. Poi notò che si stava facendo scuro, allora ordinò ai ragazzini di tornare alla svelta al castello.

I tre non se lo fecero ripetere due volte.

Usciti dalle serre, Lucy sembrava più tranquilla e anche Theodor era particolarmente ottimista. «Ehi, Reginald... quella cosa che ti ho detto, non è vera» esclamò d'un tratto, con un sorriso sincero rivolto verso Reg, che lo guardò senza capire cosa volesse dire. «Staresti bene tra i Tassorosso. Hai un buon cuore» spiegò allora Theodor.

Anche Reg sorrise e stava per ringraziarlo, quando con la coda dell'occhio vide delle figure nere che uscivano dal castello e attraversavano il prato in direzione delle serre. Una di queste claudicava.

«Ehm, che ne dite se facciamo il giro dal lago?» buttò lì Reg, con noncuranza.

«Ma è già buio, e la professoressa Sprite ci ha raccomandato di non attardarci» rispose Theodor, senza capire.

Reg alzò le spalle, per fingere disinteresse, ma si vedeva che era nervoso. «Sì, è solo per perdere un po' d'aria» esclamò, poi, senza aspettare risposta, si incamminò in direzione del lago. Poco dopo lo seguirono anche Theodor e Lucy.

Il passo di Reg si fece frettoloso, quando, voltandosi indietro per la milionesima volta, vide che nessuno più li stava seguendo.

«Si può sapere che succede?» domandò Theodor, con il fiatone.

Reg stava per rispondere a quella domanda, quando un'altra voce lo anticipò: «Succede che non ci piacciono le spie».

Tutti e tre si voltarono verso chi aveva parlato, con il cuore in gola. Un ragazzo di Serpeverde, con un brutto ghigno stampato in faccia, aveva la bacchetta alzata verso di loro. Reg si guardò intorno in cerca di vie di fuga, ma altre figure apparvero nella penombra. Cinque studenti in tutto, li avevano circondati; alle loro spalle, si muoveva pigro il Platano Picchiatore.

Erano in trappola.

Reg agì d'istinto: si mise la mano in tasca ed estrasse la sua bacchetta di tasso, per puntarla dritto davanti a sé. Non sarebbe mai stato in grado di competere con loro, ma dovevano sapere con chi avevano a che fare.

Theodor e Lucy si fecero piccoli piccoli dietro di lui.

Reg vide dei sorrisi sprezzanti comparire sui volti dei Serpeverde, di fronte alla ridicola scena di un ragazzetto di prima con la bacchetta levata contro di loro.

«Quanto coraggio, il giovane Wealsey» ridacchiò qualcuno.

«Siete dei vigliacchi!» strillò Reg, con foga. «Ve la prendete solo con chi non si può difendere!»

«No, noi ce la prendiamo solo con i Sanguesporco» rispose la voce maschile che aveva parlato prima, con una risata roca.

«Non ci fate paura! Siete solo dei prepotenti senza cervello e senza spina dorsale!» gridò di rimando Reg. Forse non era un'idea molto saggia provocare quei ragazzi, ma Reg voleva dimostrare che non era spaventato da quello che avrebbero potuto fargli. Mostrarsi deboli era come fare il loro gioco. No, non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione.

«Non ti permettere di insultarci, traditore del tuo sangue!» sbottò una ragazza, che Reg riconobbe come Narcissa Black, la cugina di Regulus.

«Sei un piccoletto impertinente» continuò il primo ragazzo, quello dalla risata roca. «Meriti una punizione».

Ci fu una pausa di una frazione di secondi, e poi: «Crucio

Reg si accasciò a terra e cominciò a contorcersi per il dolore, ma non un solo lamento uscì dalla sua bocca. Anche se sentiva ogni membro del suo corpo bruciare come se fosse stato buttato sul fuoco, non voleva dare loro la soddisfazione di sentirlo urlare.

«Mulciber, basta» esclamò Narcissa, in tono deciso. «Smettila».

Il ragazzo di nome Mulciber sollevò la bacchetta e Reg smise di contorcersi. Respirò lentamente e rimase immobile a terra per qualche secondo.

Theodor stava fissando, con gli occhi dilaniati dal terrore, il carnefice di Reg: stava ridendo, mentre una luce folle gli illuminava il volto.

«La Cruciatus è sempre un piacere» commentò, guardando la sua vittima che ansimava a terra. «Hai ancora voglia di scherzare, ora, Weasley?»

«Reg...» sussurrò Lucy spaurita, temendo che il compagno non fosse più in grado di muoversi.

Ma Reg, sentendosi chiamato in causa, afferrò la sua bacchetta e lentamente si alzò da terra, per fronteggiare il suo avversario. Aveva uno sguardo fermo e deciso, anche se il braccio teso in avanti gli tremava leggermente.

Il ragazzo di nome Mulciber fece uno scatto d'ira, ma Narcissa gli afferrò la manica e lo ammonì: «È solo un bambino».

«Narcissa» rispose quello in tono piatto, ma alla fine cedette e abbassò la bacchetta.

«Non possiamo lasciarlo impunito!» gracchiò una terza voce, con foga.

Reg non ebbe bisogno di voltarsi verso di lei, per scoprire chi aveva pronunciato quelle parole: Priscilla Saiminiu.

«Se ora osa ribellarsi a noi, cosa farà quando sarà cresciuto? Sfiderà direttamente il Signore Oscuro!» continuò la Saiminiu, cercando di convincere i suoi compagni. Forse era la vendetta che la spingeva a dire quelle cose; la vendetta contro di Reg, che aveva osato sfidarla, e contro Mary, che l'aveva abbandonata.

«Io non ho paura di Voldemort! È solo un vigliacco, come tutti voi!» strillò Reg, in un impeto di coraggio.

«NON OSARE PRONUNCIARE IL SUO NOME!» gridò Mulciber in preda al furore.

Ma Priscilla fu più veloce. «Stupeficium!»

«Noooo!» strillò Lucy, con il cuore in gola.

Il piccolo Reg venne scaraventato all'indietro.

Finì contro il Platano Picchiatore che, offeso per essere stato percosso, cominciò a frustare i suoi rami in ogni direzione. Il corpo senza sensi di Reg venne sballottato in aria, poi finì a terra, dove venne colpito e colpito più volte.

Qualcuno strillò.

Lucy scoppiò a piangere, mentre assisteva impotente alla scena. Theodor cercò di avvicinarsi, per sottrarre il corpo esanime di Reg a quello scempio, ma i rami dei Platano Picchiatore glielo impedivano. Narcissa provò a lanciare qualche incantesimo per fermare la carneficina.

Nulla.

Alla fine, un ramo schioccò nell'aria e il ragazzino venne scaraventato all'indietro.

Il Platano Picchiatore si rizzò e tornò immobile, lasciando la scena silenziosa e tranquilla in modo inquietante.

Reginald atterrò supino. La divisa era coperta di sangue, il volto graffiato e tumefatto; il corpo sembrava quello di una bambola di pezza che era stata azzannata da un cane rabbioso.

Ci fu un momento di glaciale silenzio, poi Mulciber si fece avanti e borbottò qualcosa, sfiorando Reginald con un debole tocco di bacchetta, ma non accadde nulla.

«Oddio...» sussurrò Narcissa, portandosi le mani alla bocca. «L'ha ucciso...»





ç_ç

ç_ç

Aaaah! Sono talmente disperata che non so cosa dire! E' devastante descrivere la morte di un proprio personaggio, tanto più quando ci si è affezionati e lui è un marmocchio tanto tenero!! ç_ç

Tra l'altro, ieri sera ho visto “Il bambino con il pigiama a righe”, quindi sono in una fase piuttosto depressa e pubblicare questo capitolo non mi tira affatto su di morale! Non posso nemmeno dire “spero che vi sia piaciuto”, perché... be', in effetti non mi auguro che abbiate gradito la morte di Reg! Però spero che vi sia piaciuto il modo in cui l'ho descritta... che sia stata coinvolgente, insomma!

Ok, lasciamo perdere le farneticazioni e passiamo a qualche nota più seria: Theodor Abbott e Lucy sono i genitori di Hannah Abbott, dei quali non sappiamo nulla (nemmeno il nome, che ho inventato io) se non che lui era Purosangue mentre lei Nata Babbana (morirà infatti nel VII libro).

Quanto a Narcissa, ho sempre immaginato che fosse successo “qualcosa” per impedirle di aderire completamente agli ideali di Voldemort, come invece fanno suo marito o Bellatrix. Bene, questo qualcosa è proprio la morte di Reg, che la farà se non ricredere, almeno dubitare sulla bontà degli ideali dei Mangiamorte. Ovviamente il cambiamento non è improvviso (anche prima dell'incidente, è la più moderata del gruppo: è lei a fermare Mulciber, infatti) né definitivo (non si può smettere di essere e pensare come un Black).

Credo di aver detto tutto... ora posso tornare a deprimermi!ç_ç

A presto,

Beatrix B.

EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 8
*** Sangue ***




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Era tutto sbagliato. Non sarebbe dovuta andare così, non voleva fare niente di male al piccolo Weasley. Non doveva succedere...

E invece era successo. Aveva ucciso, aveva ucciso una persona, un ragazzino di neanche dodici anni. Era stato un'incidente, ma era successo.

Claudicava, sì, ma non aveva mai camminato così veloce in vita sua. Lontano, lontano da quel luogo d'orrore, da quel luogo di morte. Aveva ancora nelle orecchie la voce spaventata di Cissy: “L'ha ucciso...”

Sì, aveva ucciso, aveva ucciso Reginald Weasley. Non avrebbe mai immaginato che spezzare la vita di qualcuno potesse essere così traumatizzante. Uno spaventoso senso di potere la faceva tremare da capo a piedi, ma era accompagnato dall'angoscia di quel corpo straziato. Sentiva nelle sue narici l'odore del sangue, che aveva trasformato il volto di Reginald in una grottesca maschera dell'orrore, vedeva il suo collo piegato in una posa innaturale, le sue membra distorte.

Un brivido le percorse la schiena. Ma non era paura... era un delirio di onnipotenza. Quello che aveva fatto a lui, avrebbe potuto farlo anche ad altri, a tutti quelli che le avevano fatto un torto. Avrebbe potuto decidere delle loro vite, tenerli in pugno come un burattinaio con i suoi burattini.

Senza rendersene conto, era arrivata al sotterraneo dove si trovava la sala comune di Serpeverde. Si fiondò dentro, senza preoccuparsi delle strane occhiate che le riservarono i compagni di casa. Una volta entrata nel dormitorio femminile, inerpicò verso il suo letto. Era in un tale stato confusionario che non si accorse di aver rovesciato la sua borsa, il cui contenuto rotolò sul pavimento freddo. Per un attimo guardò apatica i suoi libri e la macchia d'inchiostro fuoriuscito dalla boccettina, che si stava allargando a terra, poi il suo sguardo fu rapito da un foglio di pergamena, scritto da una mano che non sapeva riconoscere. La grafia era sgraziata, ma doveva appartenere ad un adulto.

Lo afferrò d'impulso, per leggere la firma: Arthur. Ma fu il destinatario a sorprenderla: “Caro Reg”...

Lasciò immediatamente andare il foglio di pergamena, che atterrò con grazia sul suo letto. Non sapeva come quella lettera fosse potuta finire nella sua borsa, ma improvvisamente sentì che la responsabilità di quello che aveva fatto le piombava addosso come un macigno. Aveva spezzato la vita di un ragazzino, che non sarebbe mai più potuto diventare grande, non avrebbe mai più potuto sorridere, giocare, correre, amare. E finalmente realizzò quello che aveva fatto: aveva compiuto un omicidio.

Il panico l'assalì e scoppiò a piangere. Pianse per tutto, per la sua vita di derelitta, per i suoi genitori che la odiavano, per suo fratello costretto a mentire sulla sua identità, per ciò che aveva sempre dovuto sopportare, per ciò che aveva avuto e per ciò che aveva perso.

Per Reg.

Pianse per la paura di quello che sarebbe successo dopo, quando Silente e gli altri avrebbero scoperto ciò che aveva fatto. Pianse per la paura di andare ad Azkaban.

«Scilla» sussurrò una voce alle sue spalle.

Priscilla si voltò di scatto e il volto preoccupato e sconvolto di Narcissa riempì la sua visuale.

La ragazza fu presa dal panico e cominciò a ficcare nella borsa varie cose alla rinfusa. Doveva scappare, via da Hogwarts, via da lì.

«Scilla, cosa stai facendo?» domandò Narcissa, spaventata.

Priscilla prese la lettera che Arthur aveva spedito a Reg e con un immenso sforzo se la mise in tasca: sarebbe stato il suo monito per ciò che aveva commesso. Mossa da una determinazione che nasceva dalla disperazione, si mise la borsa a spalle e si voltò verso Narcissa. «Devo andarmene, scappare» sentenziò, con freddezza.

L'altra scosse la testa, sconvolta. «Tu... non puoi. Noi abbiamo appena chiamato Lumacorno» spiegò, con un tono di voce quasi impercettibile.

Priscilla allora le prese un braccio e la scosse avanti e indietro. «Cissy, ragiona! Mi spediranno ad Azkaban! Io devo andarmene!»

«Ma dove andrai?» sussurrò Narcissa, spaventata.

Priscilla rimase un attimo in silenzio, a riflettere. «Da mio fratello» decise alla fine. «Devi promettermi che mi coprirai. Fingi di non avermi visto» disse con foga, guardando la sua amica dritta negli occhi.

Narcissa era terrorizzata e scombussolata da tutta quella situazione, ma alla fine deglutì e fece un debole segno con il capo.

«Va bene» rispose Priscilla, lasciandole andare il braccio. Poi prese il suo bastone e si diresse verso la porta.

Gli occhi ansiosi di Narcissa seguirono la sua figura claudicante che si allontanava. Prima di uscire, Priscilla lanciò un ultimo sguardo alle sue spalle. Vide la sua amica, ferma in piedi in quell'unica stanza che aveva mai considerato casa sua e che ora stava lasciando per sempre. Poi, con un breve segno del capo uscì e si chiuse la porta alle spalle.


Era raro che la professoressa McGranitt entrasse nella sala comune di Grifondoro, sebbene fosse la direttrice di quella casa. Infatti, quando quella sera fece capolino dal buco dietro il ritratto, tutti si voltarono a guardarla. La professoressa lanciò sguardi gelidi in giro, poi si diresse verso Mary, che stava seduta ad un tavolo per ripassare Pozioni insieme alle sue amiche. «Weasley, il Preside ti vuole vedere nel suo studio» le annunciò, in un tono di voce indecifrabile.

Mary rimase spiazzata dalla notizia, ma alla fine annuì e ripose i libri sul tavolo, per seguire l'insegnante.

Mary non era mai stata nell'ufficio di Silente, per cui si stupì dell'assurda parola d'ordine (“Zuccotti di zucca”) e rimase piacevolmente colpita dalla scala chiocciola che si muoveva dolcemente verso l'alto. La McGranitt le fece segno di salire e la ragazza, dopo aver preso un lungo sospiro, si lasciò trasportare fino ad una porta di legno massiccio con un battacchio di rame a forma di grifone. Mary bussò timidamente e la porta si aprì sotto il suo debole tocco.

«Vieni pure avanti» disse una voce calma che proveniva dallo studio.

Mary fece il suo ingresso in una stanza circolare piena di strani aggeggi d'argento; seduto dietro una scrivania ingombra di vari libri e pergamene, stava il preside Silente. I suoi occhi azzurri, nascosti dietro gli immancabili occhialetti a mezzaluna, erano puntati su un foglio che però Mary non riusciva a leggere.

Rimase un attimo incerta sul da farsi, poi visto che il mago non dava segni di aver notato la sua presenza, mormorò: «Signore?»

Silente alzò finalmente gli occhi su di lei e gli rivolse un sorriso doloroso. «Siediti pure» le disse, indicando il posto davanti a sé.

Mary eseguì l'ordine con uno spiacevole nodo alla gola.

«Ho sempre pensato a tuo fratello Reginald come uno dei ragazzini più coraggiosi che io abbia mai incontrato» sussurrò Silente, con un sorriso dolce e insieme triste.

«Si è cacciato in qualche guaio?» sbuffò Mary, scuotendo la testa. Gli occhi azzurri del Preside si fissarono in quelli nocciola di lei, ma quello sguardo era talmente intenso che Mary fu costretta ad abbassarli. Quando tornò a guardare Silente, lui la stava ancora fissando con un'espressione sofferente. Uno spiacevole senso di angoscia si impadronì di Mary.

«Signore, che cos'è successo?» domandò preoccupata.

Silente ci impiegò qualche secondo prima di rispondere. «Tuo fratello ha aiutato due suoi compagni a fare la giusta scelta di denunciare dei soprusi alla professoressa Sprite. Solo che gli autori di tali soprusi non hanno preso bene il gesto di coraggio di questi ragazzini».

L'angoscia si trasformò in pura ansia. Mary corrugò la fronte per la preoccupazione: sapeva che se Reg aveva di nuovo stuzzicato le ire di Priscilla, poteva essersi beccato una bella punizione da parte del gruppetto di Serpeverde.

«Credo che sia stato un'incidente: nessuno voleva che finisse così. Reginald è stato colpito da uno schiantesimo ed è finito contro il Platano Picchiatore».

Silente fece una pausa e Mary sentì il tempo dilatarsi fino all'infinito: temeva la conclusione di quel racconto.

«Reginald è morto, Mary».


Per i primi secondi non accadde nulla: il suo cervello si era rifiutato di recepire quell'informazione. Ma dopo poco, ciò che la sua testa non poteva capire, il suo cuore l'aveva già compreso.

Morto. Reg era morto.

E dentro di lei si scatenò una tempesta. Cominciò a piangere, prima sommessamente, poi sempre più forte, finché il suo pianto non si trasformò in uno straziante spettacolo di dolore. Non poteva essere successo, non il suo fratellino! Non Reg, sempre così solare e pieno di vita... non poteva essere morto!

«Mary?» mormorò il professor Silente, sfiorandole una mano con la sua.

«No!» esclamò Mary, ritraendosi da quel contatto. Non voleva la pietà di nessuno, perché nessuno poteva capire il suo dolore. Si alzò di scatto dalla sedia e si buttò fuori dalla stanza.

Non capiva dove stava andando, ma non le importava. Niente aveva più senso, ora. Non aveva senso un mondo dove ragazzini di dodici anni, con ancora tutta la vita davanti, si ritrovavano distesi su un letto di morte.

Sopraffatta dal dolore si accasciò a terra e lasciò che le lacrime sgorgassero abbondanti. Pianse per un tempo indeterminabile, finché non ebbe più lacrime. Pianse lì, sola, raggomitolata a terra come un animale ferito. Non sapeva nemmeno chi avrebbe voluto avere accanto a sé in quel momento, perché ogni suo legame le appariva superficiale. Non aveva nessuno, non aveva mai avuto nessuno e Reg stesso glielo aveva fatto notare. L'unica persona a cui si era legata, l'aveva persa per sempre ormai anni fa e ora si ritrovava a piangere la morte dell'altra persona che avrebbe sempre dovuto amare e che invece aveva costantemente ignorato. Un rimorso terribile la assalì: non aveva mai fatto capire a suo fratello quanto gli voleva bene e ora se ne pentiva. Avrebbe voluto dirglielo, ma non ne aveva più la possibilità. Lui ora era morto.

Improvvisamente si alzò da terra, come mossa da una forza soprannaturale. Doveva vederlo, dargli l'ultimo saluto. Voleva accarezzare il suo volto ormai freddo, sussurrare al suo orecchio ormai sordo quanto gli voleva bene. Cominciò a girovagare per il castello a vuoto. Non sapeva dove stava andando, ma sentiva il bruciante desiderio di trovare Reg.

E per quella volta la fortuna le venne incontro. Si imbatté per caso in un gruppo di medimaghi che stavano portando giù dalle scale una barella, con sopra adagiato un corpo ricoperto da un lenzuolo.

«Fermi!» gridò Mary, con una voce talmente potente da stupirsi lei stessa.

I maghi si voltarono verso e visto lo stato penoso in cui versava, ebbero pietà di lei e le obbedirono.

La ragazza, allora, si avvicinò lentamente alla barella. Con una mano che non riconobbe nemmeno lei come sua, afferrò il lenzuolo candido e lo scostò dal viso del ragazzino. Ancora una volta, la sua prima reazione fu di apatia. Poi i suoi occhi si posarono sul volto graffiato e tumefatto del suo fratellino e su quell'unico rivolo di sangue che non era stato ripulito e che, passando davanti all'orecchio, gli disegnava il profilo della guancia.

La mano che teneva sollevato il lenzuolo cominciò a tremare, mentre una nuova ondata di lacrime sgorgava dagli occhi. «Reg...» sussurrò, allungando il braccio verso la sua sagoma immobile. Gli sfiorò la guancia fredda con una carezza e poi ripulì delicatamente la goccia di sangue. Le sue dita indugiarono un attimo tra i capelli rossi di lui, sempre in piedi. Lasciò che le pizzicassero la pelle, li accarezzò, e in fine li baciò.

«Ti voglio bene, Reg».

Il suo viso cosparso di lentiggini era ad un soffio dal suo. Gli baciò la fronte, più e più volte, finché uno dei medimaghi non la prese per le spalle e la scostò delicatamente dalla barella.

«Signorina, è meglio se...» ma non riuscì a concludere quella frase, perché Mary emise un sibilo acuto che lo fece trasalire. «Che cosa...?» esclamò l'uomo stupefatto. Poi seguì la direzione verso cui era puntato lo sguardo rabbioso della ragazza: il suo odio era diretto verso un'altra figura che era appena sbucata da un corridoio. Era una ragazza bionda, di Serpeverde, con l'aria sconvolta.

«Black!» gridò Mary, liberandosi con uno strattone dalla presa del medimago.

Narcissa rimase immobile per qualche secondo, poi, realizzando che la Welasely era talmente fuori di sé che avrebbe potuto scagliarle una fattura da un momento all'altro, si voltò e sparì nel buio del corridoio.

«Black!» strillò ancora Mary, lanciandosi all'inseguimento dell'altra. Doveva sapere che cosa era successo, doveva assolutamente saperlo. Trovò la Black, appiattita contro il muro, alla fine del corridoio che si era rivelato essere un vicolo cieco. La si piazzò davanti in modo da impedirle di scappare.

«Che cosa è successo questa notte?» gli domandò con un tono che non ammetteva repliche.

«Non so di cosa stai parlando» rispose Narcissa, fingendosi innocente.

Mary piazzò una mano sul muro, proprio sopra la spalla sinistra di Narcissa, che si appiattì ancora di più contro la parete. «Dimmi cosa è successo» le intimò la Grifondoro.

Narcissa cominciò a respirare affannosamente, poi abbassò gli occhi a terra. Certo, quella traditrice del suo sangue non aveva il diritto di imporgli assolutamente nulla, ma era spaventata da quello che era successo e forse la Weasley, dopotutto, aveva il diritto di sapere com'era morto suo fratello. «Volevamo solo fargliela pagare per essersi ribellato...» riuscì a sussurrare alla fine, sempre tenendo gli occhi bassi. Sentì il respiro dell'altra fermarsi, come se l'immagine del fratellino che veniva punito per la sua ribellione fosse troppo dolorosa da dover sopportare. Finalmente Narcissa alzò gli occhi su di lei e vide che stava piangendo. «Non doveva finire così...»

«Chi è stato, chi ha lanciato lo schiantesimo?» domandò Mary, con un tono straziante.

Narcissa deglutì, ma non rispose.

«È stata Priscilla, non è vero?» insistette Mary. In cuor suo lo sapeva, lo sapeva che era stata lei. Doveva finire in quel modo, tra loro due. Ancora una volta, Narcissa non rispose e Mary interpretò il suo silenzio come un assenso. «Dov'è Priscilla? Dov'è, ora?» le chiese, mentre una rabbia folle cominciava a montarle nel cuore.

«È... andata» farfugliò Narcissa, decisa più che mai a non rivelare la fuga dell'amica.

«Dove? Dov'è andata?» domandò Mary, con foga.

Narcissa, scosse lentamente la testa, come a dire che non lo sapeva.

«Dimmi dov'è andata» ripeté Mary.

Il suo sguardo era talmente intenso che Narcissa fu costretta ad abbassare gli occhi. L'angoscia che le attanagliava il cuore divenne pesante come un macigno.

«Narcissa» la supplicò Mary. Nei sette anni in cui erano state compagne di scuola, non l'aveva mai chiamata per nome, né tanto meno aveva usato quel tono straziante.

Narcissa si appoggiò al muro, troppo scossa dal semplice sentir pronunciare il proprio nome dalla sua avversaria.

«Era mio fratello» sussurrò Mary e Narcissa non poté evitare di ripensare ad Andromeda, a quanto l'aveva amata, a tutto il dolore che aveva dovuto sopportare quando era andata via, a come avrebbe voluto vendicarsi su Ted, l'unico vero responsabile di tutto.

«Mi dispiace, Mary» fu l'unica cosa che riuscì a sussurrare.

«Dimmi dov'è andata» ripeté nuovamente Mary.

E Narcissa cedette: «Da suo fratello».

Mary annuì con serietà. Si voltò e fece per andarsene, ma dopo qualche passo si fermò. Volse la testa all'indietro, verso Narcissa, ancora ferma con le spalle al muro.

«Grazie, Black».



Eccomi qua con il nuovo capitolo! Visto che ho un sacco di cose da dirvi, per una volta lascerò perdere i miei piagnistei sul povero Reg...

Allora, prima cosa: questo è il link per un disegno che ho fatto, raffigurante Mary e Narcissa, durante il loro ultimo dialogo. Mi è venuta voglia di disegnarle, perché quando si chiamano per nome, credo sia uno dei momenti più drammatici di tutto il racconto. Spero che vi piaccia!

Seconda cosa: Narcissa è caratterizzata in modo molto particolare in questo capitolo e mi auguro che non vi paia troppo OOC. Per giustificare il modo in cui l'ho descritta, vi ricordo solo che ha appena assistito alla morte di un ragazzetto e che è totalmente sconvolta. Lei non vorrebbe tradire la sua amica Priscilla, ma il dolore di Mary è troppo straziante e troppo simile al suo per sopportarlo.

Ora veniamo al punto scottante: la vendetta di Mary. In questa storia non è previsto il racconto di quanto accadrà al Trinity, perché vi avevo dedicato abbondante inchiostro (o pixel) nel racconto “La sorella perduta”. Ovviamente mi rendo conto che chi non l'avesse letto, potrebbe voler sapere cosa sia successo; ergo, questo è il link al capitolo dove Mairead (la figlia di Mary) entra in un ricordo del fratello di Priscilla Saiminiu e osserva quello che accadde quella notte. Consiglio anche la lettura di questo capitolo, dove si racconta la storia di Priscilla.

Per chi non avesse voglia di leggerseli tutti, ecco qui in breve (e senza grande phatos) quello che succede: Priscilla raggiunge suo fratello Septimius e gli chiede aiuto per scappare; sopraggiunge all'improvviso Reammon, migliore amico di quest'ultimo, che, dopo un po' di esitazione, decide di aiutarli. Improvvisamente arriva Mary e scoppia il finimondo: Septimius scopre che la sorella è un'assassina e, dopo mille indecisioni, acconsente di andare tutti dal preside. Priscilla accoglie la decisione del fratello come un tradimento e si scaglia contro Reammon, che nel frattempo ha preso le difese di Mary. Tra i due vi è un feroce duello, finché un incantesimo non colpisce Priscilla e lei scompare. Septimius accusa l'amico di aver ucciso la sorella e questo interrompe per sempre la loro amicizia. Di Priscilla non si sa più nulla: si immagina che sia morta, ma... il resto, se vi incuriosisce, è raccontato ne “La sorella perduta”.

Grazie a tutti e scusate la lunghezza della nota d'autore, ma era necessaria!

A presto!


EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 9
*** La scelta giusta ***




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Quella mattina, Regulus si trascinò verso la Sala Grande con apatia. Aveva come la sensazione che non sarebbe stata una buona giornata. Barty l'aveva svegliato alle cinque per ripassare insieme Trasfigurazione, ma lui se l'era guardata bene dall'alzarsi dal letto e così il suo amico se ne era andato in sala comune da solo. Ma, ormai sveglio, Regulus non era riuscito più ad addormentarsi e non aveva fatto altro che arrotolarsi nel lenzuolo. Alla fine si era arreso ad alzarsi, ma ormai era troppo tardi per ripassare e così si era diretto verso la Sala Grande per fare colazione.

La lettera che Reg gli aveva dato ieri era nella tasca dei pantaloni, anche se Regulus non si era ancora deciso a leggerla. Certo, avrebbe voluto fare pace con il suo vecchio amico, ma una certa dose di orgoglio glielo impediva. Il problema era che quella pulce gli mancava e Barty non era affatto paragonabile a Reg; tanto per cominciare Barty era ossessionato da suo padre: faceva di tutto per compiacerlo, studiava giorno e notte per ottenere sempre il massimo dei risultati, ma ogni volta che il signor Crouch rispondeva con freddezza davanti a tutti i suoi sforzi, Barty si faceva prendere da una folle mania omicida, distruggendo qualsiasi cosa gli capitava per le mani, e restava imbronciato per giorni. Niente a che fare con il carattere solare di Reg, che sembrava non avere mai giornate negative.

Bene, Regulus decise che se in quella lettera Reg gli avesse fatto le dovute scuse, avrebbe anche potuto pensare di perdonarlo.

Quando entrò in Sala Grande, immerso nei propri pensieri, capì subito che c'era qualcosa che non andava, ma il suo cervello ci impiegò parecchio tempo a capirne il motivo. E infine li vide: dodici lunghi teli neri pendevano dal soffitto, che rappresentava un limpido cielo azzurro di metà maggio. La Sala Grande era perfino troppo silenziosa: solo un lieve mormorio la attraversava, come se gli studenti temessero la reazione di qualcuno.

Reg si avvicinò lentamente al tavolo di Serpeverde, senza capire che cosa fosse successo. Incrociò di sfuggita gli occhi inquieti e ansiosi di sua cugina Narcissa, poi si lasciò cadere sulla panca a fianco di Barty. «Che cosa è successo?» gli sibilò, accennando al clima da camera mortuaria che regnava in Sala.

«Non lo sai?» domandò allora Barty, con la faccia sconvolta di fronte all'ignoranza del suo amico.

Regulus scosse lentamente la testa.

Barty gli fece segno di avvicinarsi, poi gli sussurrò all'orecchio, come se si trattasse di un segreto: «Pare che ieri sera sia morto qualcuno... sembra che sia un ragazzino di Grifondoro».

Uno spiacevole campanello di allarme suonò nella testa di Regulus. Si voltò verso il tavolo al capo opposto della sala, in cerca di una persona.

Non c'era, Reg non c'era. Poteva trattarsi di una coincidenza, però...

Lo sguardo gli cadde sulla sorella di Reg, Mary Weasley: era circondata da un vuoto, come se gli altri volessero starle lontano perché ne avevano paura o soggezione. Le spalle erano chine, il volto una maschera impassibile, i suoi occhi spenti fissavano con apatia il piatto vuoto. Il campanello d'allarme che suonava nelle orecchie di Regulus divenne una sirena.

Proprio in quel momento il professor Silente si alzò dal tavolo degli insegnanti, e la Sala Grande piombò nel silenzio. I suoi occhi azzurri saettarono tra gli studenti, come se volesse riservare uno sguardo ad ognuno di loro.

«Questa notte è successo un fatto molto grave» cominciò a dire, con la sua voce calma. «Degli studenti hanno cercato di punire un ragazzino che aveva denunciato le loro malefatte ad un insegnante. Spero che il coraggio di questo ragazzino vi possa insegnare che non bisogna mai avere paura di fare la scelta giusta. Ma spero soprattutto che ciò che è successo questa notte non si ripeta mai più: dovete imparare a rispettarvi gli uni gli altri, perché siamo tutti maghi e siamo tutti uguali, indipendentemente dalle nostre origini».

Dopo quel breve discorso, Silente fece una pausa, poi riprese: «Questa notte, qualcuno ha dovuto pagare a caro prezzo il proprio coraggio. Questa notte, Reginald Weasley è venuto a mancare».


Regulus fu invaso da una strana ondata di gelo. Per un attimo non riuscì a recepire pienamente la notizia, poi tutto gli fu incredibilmente chiaro: Reg era morto.

Si sentì svuotato, come se qualcosa avesse risucchiato ogni sua forza vitale. Ogni cosa intorno a lui cominciò a perdere senso, a diventare opaca ai suoi occhi. La sua mente era invasa da un solo pensiero: Reg morto.

Si aprì una voragine nel suo cuore e le forze gli vennero meno. Dovette aggrapparsi al tavolo con foga, finché le nocche non gli divennero bianche, per evitare di collassare a terra. Era tutto così sbagliato! Reg era un ragazzino pieno di vita, allegro, solare... non meritava di morire!

«Regulus?» lo richiamò Barty, afferrandogli il braccio.

Regulus si girò apatico verso di lui.

«Tutto bene?» gli chiese il suo amico, guardandolo di sottecchi.

«Sì, sì» rispose il ragazzino, con un tono di voce neutro. Poi afferrò una caraffa, si versò il succo di mela nel bicchiere e si mise a berlo.

«Regulus, a te non piace il succo di mela» protestò Barty, con gli occhi sgranati.

Regulus allora appoggiò nuovamente il bicchiere sul tavolo e commentò: «Ah, già».

Il suo stomaco in subbuglio si ribellò al liquido che ricevette, tanto che Regulus fu costretto a reprimere un conato di vomito. Si mise una mano in tasca alla ricerca del suo fazzoletto ricamato, quando sentì sotto i suoi polpastrelli la superficie ruvida di una pergamena. Estrasse il foglio e lo osservò per parecchi secondi come fosse un tesoro inestimabile. Poi aprì la lettera con mani tremanti e cominciò a leggerla:


Caro Reg,

non sono un gran che a scrivere, ma Mary mi ha convinto a non rinunciare alla nostra amicizia e visto che non vuoi parlarmi... Non voglio mandare tutto all'aria per qualche sciocco bisticcio. Forse hai ragione ad aver fatto quella scelta; non voglio certo metterti contro la tua famiglia. Però sappi che per quanto tu voglia loro bene, non devi farti condizionare a fare delle cose sbagliate: sei libero di scegliere, questo ricordatelo sempre! Io so che quando ti troverai difronte ad un bivio, saprai fare la scelta giusta. Lo so perché... perché lo so! Sei mio amico e ti voglio bene e sono sicuro che al momento giusto troverai il coraggio dentro di te per scegliere. Non avere paura, io sarò al tuo fianco!

Spero che vorrai parlare ancora con me.

Con affetto,

Reg



Quando Regulus finì di leggere la lettera, aveva un grosso nodo alla gola. Certo, non avrebbe pianto, anche se lo avesse voluto, perché un Black non piangeva mai, ma avvertiva comunque un peso all'altezza del cuore. Non era riuscito a fare pace con Reg, e così era morto con la convinzione che lui lo odiasse. Il suo stupido orgoglio gli aveva impedito di parlargli per mesi, ma ormai non c'era più tempo...

Maledetti Babbani! Se non ci fossero stati loro, nulla di tutto quello sarebbe mai successo! Tanto per cominciare lui e Reg non avrebbero litigato, perché nessuno avrebbe potuto accusare i Weasley di essere filobabbani, se i Babbani non fossero mai esistiti. Inoltre era certo che fosse stato quell'assurdo senso di giustizia e uguaglianza a spingere Reg tra le braccia della morte. Se lui si fosse fatto gli affari suoi, invece di erigersi a difesa del Sanguesporco, a quest'ora sarebbe stato ancora vivo!

Tutta colpa di quei maledetti Babbani. Chi aveva permesso loro di sopravvivere, di comandare sui maghi con le loro assurde paure e superstizioni? Chi aveva permesso loro di strappargli il suo amico?

Perché, sì, sapeva che lui e Reg avrebbero fatto pace, prima o poi, se lui non fosse morto. Certo, non sarebbe mai andato contro la sua famiglia, perché aveva imparato a rispettarla e amarla, ma forse, con il tempo, sarebbe potuto arrivare ad un compromesso. Chissà, magari sarebbe riuscito anche a convincere Reg di rinunciare alle sue idee filobabbane, o magari la sua stessa famiglia avrebbe saputo accettare, prima o poi, quella strana amicizia tra di loro. In fondo i Weasley erano Purosangue.

Non era giusto che fosse stato loro impedito di rimediare a quello sciocco litigio e che fosse negata loro la possibilità di sapere come sarebbe andata a finire quell'amicizia. Avrebbe voluto chiederlo a Reg... dove stava ora la giustizia, eh? Dove stava la giustizia in tutto quello? Perché a loro non era data l'occasione di sapere come sarebbe stata la loro vita, se fossero tornati amici?

Perché la morte se l'era portato via così giovane?

Improvvisamente Regulus realizzò: doveva andare a dargli l'ultimo saluto. Doveva andare al suo funerale.

Ma non poteva andarci da solo, perché non aveva la più pallida idea di come arrivarci. E poi, era convinto che la sua famiglia non approvasse quella scelta. Gli serviva un adulto che sapesse materializzarsi e che fosse disposto ad accompagnarlo. A chi avrebbe potuto chiedere?

Quasi per caso lo sguardo si puntò su sua cugina Narcissa: aveva un'espressione strana, a metà tra il preoccupato e l'afflitto. I suoi occhi sfuggenti e ansiosi saettavano verso il tavolo dei Grifondoro, in direzione di Mary Weasley. Regulus non poteva sapere l'angoscioso senso di colpa che le attanagliava il cuore: da un lato era rimasta scioccata dalla morte del giovane Reginald, dall'altra era preoccupata di aver condannato la sua amica Priscilla, avendo rivelato alla Weasley il luogo dov'era fuggita. Non sapeva cose fosse successo al Trinity la notte precedente, ma temeva per la vita di Priscilla. Era riuscita a scappare, o la Weasley si era vendicata contro di lei?

«Cissy?» domandò cauto Regulus, avvicinandosi a lei.

La ragazza distolse gli occhi dalla figura di Mary e si voltò verso suo cugino.

Regulus prese un profondo respiro, consapevole della difficile richiesta che stava per fare, poi sussurrò: «Mi accompagneresti al funerale di Reg Weasley?»



Non sono molto brava con le parti introspettive e certo Regulus Black non è un personaggio semplice da gestire, tanto più in una situazione come questa, ma credo che solo lui potrebbe dare la colpa ai Babbani per quello che è successo! Vi ricordo che, in fondo, è un Black e non uno qualunque! Per di più, mi sarebbe sembrato un anacronismo fargli pensare che i Mangiamorte fossero brutti e cattivi perché avevano ucciso Reg, quando lui poi si unirà alla schiera dei seguaci di Voldemort... insomma, spero che la sua reazione alla morte dell'amico vi sia sembrata IC, ma anche originale.

Il prossimo sarà l'ultimo capitolo e non aspettatevi un sincero happy end... un margine di speranza lo voglio lasciare, ma nulla di allegro, anzi!

Grazie a tutti, a presto

Beatrix


EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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Capitolo 10
*** La bara bianca ***


EDIT: Bizzarra novità che mi è venuta in mente: provate a leggere questo capitolo ascoltando questa canzone di Avril Lavigne... è molto indicata! ;-)




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Il cielo plumbeo contribuiva ad incupire l'atmosfera. C'erano una manciata di persone sedute sulle seggioline bianche che erano state predisposte davanti alla bara, ma nel complesso non erano molte. Narcissa riconobbe Arthur Weasley e la moglie Molly, con un bimbetto aggrappato alla sua gonna. C'era una donna piegata in due dal dolore, seduta su una delle sedie in prima fila, che Narcissa ipotizzò essere la madre. Se mai avesse avuto un figlio, era certa che non sarebbe riuscita a sopportare il profondo dolore per la sua morte. Si ripromise che avrebbe fatto di tutto, pur di non ritrovarsi a fissare la sua bara bianca.

Poi riconobbe i lunghi capelli rossi della Weasley, che le dava le spalle. Certo, non si erano mai sopportate, ma Narcissa non poté evitare di sentirsi ferita dal suo dolore, perché in un certo senso l'aveva provato anche lei.

Tra gli altri presenti, individuò il professor Silente, accompagnato dalla McGranit, Vitious, Lumacorno e Sprite, ma di studenti non ce n'era neanche uno. Dove erano finiti gli amici di Mary, i suoi ammiratori, i compagni di squadra? L'avevano abbandonata tutti, non appena lei aveva dimostrato di avere qualche debolezza? Non era più la brillante campionessa di Quidditch, il gioiello di Lumacorno, ora. Era solo una ragazza che aveva perso suo fratello e aveva tentato di vendicarsi. Niente di interessante. Nessuno più aveva motivo di essere suo amico.

Proprio in quel momento Arthur Weasley si girò e li vide. Una smorfia di rabbia gli attraversò il volto e fece per andare loro incontro, quando la moglie, notando l'oggetto del suo sdegno, gli mise una mano sulla spalla con sguardo determinato. Poi prese in braccio il figlioletto di qualche anno e si avvicinò ai due nuovi arrivati.

«Non è gradita la tua presenza qui, Black» sibilò rivolta a Narcissa, riservandole uno sguardo tagliente.

Narcissa si sistemò le pieghe dell'abito nero, per nascondere con un'aria di superiorità il disagio che provava. «Non sono felice nemmeno io di trovarmi qui, ma mio cugino ha insistito perché lo accompagnassi» rispose, cercando di assumere un tono altezzoso.

Gli occhi della Weasley si posarono su Regulus, ma non erano certo bonari né ben disposti. «Che cosa cerchi qui, Black?» lo provocò.

«Io...» cominciò a dire Regulus, ma si interruppe. Già, che cosa stava cercando? Perché era andato a quel funerale? Per fare la scelta giusta, come gli aveva detto Reg nella lettera?

No, non era quello... era che si sentiva in colpa per aver litigato con Reg, senza dargli la possibilità di riappacificarsi. In fin dei conti era un tipo a posto, anche se un po' fuori, e almeno era Purosangue, mentre lui si era intestardito a non volergli parlare, rinchiuso nel suo orgoglio. Gli dispiaceva di non aver fatto pace. Avrebbe voluto dirglielo che gli dispiaceva, ma lui era morto.

«Voglio dare l'ultimo saluto a Reg» rispose Regulus, dopo un attimo di silenzio. «Era mio amico».

A quelle parole Molly Weasley si rabbonì. «Vieni» gli disse con maggiore dolcezza, allungando la sua mano grassottella verso di lui, per condurlo alla bara. Regulus la fissò come se una miriade di tentacoli gli stessero spuntando dalla testa e, pur di non entrare in contatto con quella mano, strinse le sue sotto il mantello.

Molly scosse la testa rassegnata. Tutti uguali, quei Black! Nemmeno quando sono bambini si lasciano sfuggire un gesto di affetto!

Alla fine si rassegnò a condurlo verso la bara, senza offrirgli la mano, ma prima di tornare dal marito, non poté trattenersi dal dargli un tenero buffetto sulla guancia.

Regulus rimase spiazzato e si portò immediatamente la mano al volto, per coprire il punto dove le dita della donna aveano sfiorato la sua pelle. Si sentì avvampare e una piacevole sensazione di tepore lo invase. Nemmeno sua madre si era mai azzardata a fargli una tale dimostrazione di affetto, tanto meno in pubblico, e ora quella signora che nemmeno conosceva si permetteva di dargli un buffetto? Eppure era stato piacevole, si era sentito protetto.

Ma subito i suoi occhi furono rapiti dalla bara bianca davanti a lui. Una delicata corona di fiori era stata poggiata sul coperchio, ma i signori Weasley non l'avevano accompagnata con la fotografia di Reg, come si era soliti fare. Regulus gliene fu grato, perché era certo che non avrebbe sopportato la vista del suo sorriso esaltato, delle sue lentiggini sparse sul volto, dei suoi occhi gioiosi.

Mary Weasley era ritta davanti alla bara, immobile come una statua di marmo. Sembrava che il dolore stesso l'avesse pietrificata. Il suo sguardo ricolmo di sofferenza era posato sulla corona di fiori, una mano sfiorava delicatamente il coperchio. Regulus notò quanto fosse composta la sua desolazione. Non le aveva mai parlato, ma si vedeva che era una vera Purosangue.

Si avvicinò ancora di un passo, timoroso. Non avrebbe voluto disturbare il silenzioso tormento della Weasley, ma lei lo sentì arrivare e si voltò verso di lui. Nel vederlo un angoscioso sorriso le increspò le labbra. «Reg» sussurrò con tanta pena quanta dolcezza. E poi fece una cosa imprevedibile: si avvicinò a lui e lo strinse in un abbraccio.

Regulus reagì pietrificandosi e stringendo i pugni. Sgranò gli occhi sorpreso e fissò il velo nero che copriva i capelli rossi della Weasley. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma non ne ebbe la forza.

Quando finalmente la ragazza si sciolse dall'abbraccio, i suoi occhi erano lucidi. «A lui avrebbe fatto piacere sapere che sei venuto» sussurrò con un sorriso dolce, tenendo le sue mani sulle spalle del ragazzino.

Regulus aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Era ancora troppo scosso da quella dimostrazione di affetto.

«Grazie» concluse la Weasley. Per un attimo lo strazio dei suoi occhi nocciola fu sostituito da un velo di dolcezza e serenità. Accarezzò delicatamente la guancia di Regulus, poi con un ultimo sorriso di gratitudine, tornò a voltarsi verso la bara.

Regulus rimase impietrito ancora per qualche secondo, cercando di realizzare quello che era successo. Un brivido gli percorse la schiena. Era assurdo che la Weasley lo avesse abbracciato! Non si erano mai parlati prima, che le era saltato in mente? Il dolore l'aveva fatta impazzire?

Eppure... aveva visto negli occhi di Mary che quel semplice gesto l'aveva rasserenata, le aveva infuso sicurezza. Possibile che un abbraccio potesse avere quell'effetto?

Era una domanda a cui non sapeva rispondere, ma decise che per quel giorno aveva ricevuto fin troppe dimostrazioni di affetto e quindi si allontanò in fretta, ancora scosso da quello che era accaduto, proprio mentre un ragazzo con un paio di ridicoli pantaloni irlandesi si stava avvicinando alla bara.

Reammon non sapeva bene che cosa l'avesse spinto a presentarsi al funerale di un ragazzino che non aveva mai conosciuto. Però sentiva come la certezza che andarci era la cosa giusta da fare. In fin dei conti la morte di Reg Weasley era stata l'evento scatenante di una cascata di conseguenze che non aveva ancora realizzato appieno. Tanto per cominciare la fine della sua amicizia con Septimius... non poteva crede che dopo tutto quello che avevano passato insieme, gli Extraiures avevano cessato improvvisamente di esistere.

Così, da un giorno con l'altro.

Niente più “noi”, niente più covo, niente più partite a scacchi, niente più chiacchierate all'una di notte, niente più esplorazioni nel bosco, niente più gare di latino. Niente di niente.

Ma non era solo quello che l'aveva sconvolto. Era l'idea di aver ucciso qualcuno, di aver spezzato la giovane vita di una donna, che non avrebbe mai più sorriso, sognato, creduto, vissuto. Per quanto fosse colpevole di terribili delitti, Priscilla non si meritava di morire. Nessuno si meritava di morire. E soprattutto non avrebbe mai voluto essere lui la mano del destino che praticava quella giustizia sommaria.

Il terzo cambiamento che era appena venuto nella sua vita, riguardava una persona in carne e ossa, una persona che ora fissava la bara bianca che conteneva il corpo di suo fratello. Non sapeva perché, ma era certo che ci fosse qualcosa che lo legava a quella ragazza, anche se la conosceva appena. Era come... non sapeva dire esattamente cosa fosse, ma era certo che ci fosse.

Sì, c'era qualcosa.

Non avrebbe dovuto dirlo, e nemmeno pensarlo, in realtà, visto che la sua ragazza Daireen certo non avrebbe apprezzato. Ma, cosa ci poteva fare?

«Reammon» sussurrò Mary proprio in quel momento, strappandolo dai suoi pensieri.

Nel momento esatto in cui la ragazza pronunciò il suo nome, un piacevole senso di calore lo invase da capo a piedi. Le mise una mano sulla spalla, nel tentativo di rincuorarla. Lei rimase un attimo ferma a fissare la bara, poi si sciolse a quel contatto così umano e si voltò verso di lui con un sorriso dolce.

Fu allora, mentre i loro occhi si incrociarono in uno sguardo intenso, che entrambi capirono: c'era davvero un legame indissolubile che li univa. Lentamente Mary scivolò verso Reammon e lasciò che lui la stringesse in un abbraccio. Non sapeva il motivo, ma si sentiva al sicuro solo tra le braccia di quel ragazzo che conosceva appena. Sentiva che la paura, l'angoscia e l'opprimente senso di impotenza venivano sciolti dal calore di quell'abbraccio. Sentiva che il dolore per la morte di Reg si trasformava in dolce ricordo della sua innocente luminosità.

Pianse di nuovo, bagnando di lacrime la giacca del giovane irlandese. Eppure, lì, stretta tra le sue braccia, aveva come l'impressione che quel pianto assumesse un nuovo significato: tutto il resto, il Quidditch, la popolarità, il successo, non avevano più senso ora; glielo aveva insegnato Reg con la sua innocenza e il suo coraggio, glielo aveva insegnato Reammon con la sua determinazione e il suo composto dolore.

Ora voleva fare anche lei la scelta giusta, la scelta di essere se stessa, sempre e comunque.

E sì, lì, stretta tra le braccia di Reammon, capì quello che voleva dire Reg: non è mai troppo tardi per fare la scelta giusta.



Ebbene sì, è arrivato al termine anche questo piccolo racconto. Ho cercato, per quanto possibile, visto l'argomento, di dare un finale se non proprio happy, almeno indirizzato verso la speranza. Spero che vi sia piaciuto! Regulus è tanto tenero in questo capitolo... in fin dei conti è solo un bambino! Ho sempre tanta voglia di abbracciare Regulus, così ho pensato che un po' di affetto dalla famiglia Wealsey non gli facesse affatto male! Il personaggio di Reammon, purtroppo, temo che non dica molto a chi non ha letto le altre storie: è il futuro marito di Mary... capisco che vi possa sembrare un po' campata in aria la sua comparsa, ma ci tenevo ad inserirlo soprattutto per chi lo conosce già. Quanto a Narcissa, tutta questa esperienza le ha lasciato un segno e se mai avrà un figlio suo, farà di tutto per proteggerlo... ;-)

Comunque sia, veniamo a qualche notizia pratica: il primo lunedì di marzo (07-03), con scadenza settimanale, comincerò la pubblicazione dell'altro corollario “Vita da Fuorilegge”, dedicato a Reammon Boenisolius e Septimius Saiminiu (il fratello di Priscilla). Nel frattempo, mi faccio un po' di pubblicità: ho in corso una storia su Grindelwald (pubblicherò il prossimo capitolo venerdì pomeriggio, anche se all'inizio avevo scritto mercoledì!) e un racconto storico ambientato nella Firenze umanistica (con scadenza settimanale il martedì pomeriggio)... se vorrete dare un'occhiata, ne sarò felice! =)

Grazie a tutti quelli che hanno seguito o anche solo letto qualche capitolo di questa storia, e un grazie particolare a chi ha recensito. Alla prossima!

Beatrix


EDIT: si conclude anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

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