Ne tue pas mon Notre-Dame de Paris

di Sashy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ne tue pas mon Frollo ***
Capitolo 2: *** Ne tue pas ma Esmeralda ***
Capitolo 3: *** Ne tue pas ma Fleur-de-Lys ***



Capitolo 1
*** Ne tue pas mon Frollo ***


Ovviamente, inutile dire che mi sono ispirata a Notre-Dame de Paris per questa fic, anche se io stessa penso che sia esagerato. Per quanto io ami Glee, Notre-Dame de Paris è cultura rinchiusa in 500 pagine circa.
Suggerirei a tutti di leggerlo. Io lo sto facendo e non me ne pento.

Ho messo "OOC" perché Karofsky, in questo primo capitolo, è più un intermezzo fra me e Jesse St.James xD

Ovviamente non so se capirete i referimenti al libro, ma se avete qualche domanda, chiedetemi pure. Ovviamente non capirete molto i riferimenti anche se avete visto il film della Disney xD

Ovviamente avrò detto più di dieci ovviamente qui.

Non so se più avanti diventerà drammattico.

Buona lettura!


––––––––

Ne tue pas mon Frollo

«Tu mi piaci.»
Hummel non diede segno di sorpresa. Neanche un sussulto. La sua figura era immobile esattamente come prima, il suo braccio a stringere i libri –come sempre–. Dalle sue labbra spuntò un piccolo sorriso compiaciuto e –oserebbe dire– anche un po’ seducente.
«Sono contento del fatto che tu me l’abbia detto» si avvicinò ancora di più a lui. I corridoi vuoti permettevano alle sue scarpe di fare un grandissimo eco; la luce del sole faceva splendere i suoi occhi «perché anche tu mi piaci.» Anche se, in effetti, non si potevano vedere molto bene i suoi occhi, essendo questi socchiusi, e che quindi anticipavano quale sarebbe stata la prossima mossa di Hummel.
Oh, sì.
 
-
 
Si svegliò di nuovo con una fortissima sensazione piacevole al cuore, che si espandeva per tutta la gabbia toracica. Ma, appena ebbe realizzato che era tutto un sogno, la razionalità gli lasciò quel senso di amarezza che trasformò quella sensazione piacevole in una stretta soffocante.
Spense la sveglia che stava suonando imperterrita da più di un minuto, e si preparò per andare a fare colazione.
 
«Buongiorno caro.» Mamma.
«Buongiorno campione!» Papà.
«Sbrigati o faremo tardi» Jackie, il fratello. Jackie era al terzo anno alla McKinley –lui, invece, aveva appena iniziato il secondo–, quindi aveva quest’abitudine di “insegnargli” come dovesse essere la vita a scuola: cosa fare per essere popolare e non, in quali materie eccellere e quali poter trascurare, cose così insomma.
 
Dave, ignorando il fratello, iniziò a mangiare le frittelle con tutta la calma del mondo. Tante frittelle.
 
«Dave, è vero che sei entrato nella squadra di Hockey?* » chiese il padre, mentre leggeva il giornale.
«Sì. I miei compagni sono molto interessanti. Anche se un po’ burberi.»
«Sono contento per te» il padre sorrise dolcemente.
Dave prese lo sciroppo e ne versò un po’ sulle frittelle.
Jackie, invece, sgranocchiava i suoi cereali con disappunto, giocando con il cucchiaio nella tazza. «Sarebbe stato meglio se ti fossi iscritto nella squadra di football» disse «certo, fa alquanto schifo, ma almeno saresti stato più in alto nella catena alimentare.»
«Non iniziare, Jackie. Ne abbiamo già parlato» rispose Paul «Dave fa quello che vuole.»
«E ti prego, smettila con questa storia della popolarità» continuò la madre «non gli fa bene. L’importante è che rimanga il mio piccolo Daviduccio!»
«Mamma!» richiamò Daviduccio, arrossendo.
 
Loro erano così. La tipica famiglia americana felice e senza problemi. E lo erano davvero. Almeno, così pensava lui. Il fratello sembrava odiare tutto quel miele in quel clima familiare.
 
«Si, va bene, whatever. Dave, andiamo a scuola.» Jackie si alzò e prese le chiavi della macchina dal suo giubbino.
 
*
 
Kurt Hummel Kurt Hummel Kurt Hummel Kurt Hummel Kurt Hummel Kurt Hummel Kurt Hummel dove diavolo era Kurt Hummel?
Oh, eccolo lì!
Camminava sicuro per i corridoi, con la testa alta e il sorriso stampato in faccia. La cosa durò poco poiché, appena Puck lo vide, lo sbatté contro gli armadietti.
Che razza di stronzo, quante gliene avrebbe date–
“Amico, controllati!” disse Finn Hudson a Puck, per poi salutare Kurt con un sorriso.
E Karofsky  vide benissimo Hummel appoggiarsi con la testa contro gli armadietti, respirare a pieni polmoni, sbattere le palpebre più volte. Oddio, Hummel aveva appena preso una cotta per Hudson? Solo  perché aveva rimproverato Puckerman?
«Che guardi Dave?» lo riportò alla realtà Jackie.
«Uh, no, niente. Hummel.»
Jackie sbuffò.
«Senti, te l’ho già detto, non guardarlo troppo. O penseranno seriamente che sei frocio.E puoi vedere grazie ad Hummel stesso cosa fanno qui ai froci.»
«Non c’è bisogno che tu me lo dica diecimila volte» rispose burbero Karofsky, spingendo via suo fratello «e ora vattene per la tua via. Non mi fai respirare.»
Jackie se ne andò subito, facendo finta di niente. Dave tuttavia rimase a guardare Kurt ancora per un po’. Si stava riaggiustando i vestiti. Non aveva mai capito il perché Hummel desse tutta questa importanza ai vestiti e roba simile, ma stava progettando ben presto di fargli un regalo. Insomma, che razza di ammiratore segreto sarebbe se non facesse anche dei regali anonimi?
Segreto.Perché conosceva bene le regole della scuola. E una cosa che aveva imparato abbastanza velocemente, a detta di suo fratello e non, era che il McKinley era fatto di etichette. Esisteva un ordine sociale forte quanto rigido. E Dave aveva imparato benissimo come giocare carte false per non essere vittima di bullismo. Non gli piaceva il football, così si accontentò dell’hockey, in seconda posizione. Capì subito con chi doveva parlare e con chi no, come reagire e non a certe situazioni. Era sempre stato bravissimo a fare l’attoree ad integrarsi.
Questo non voleva dire che sarebbe stato imbecille in ambito scolastico. Stava attento a prendere voti alti, o perlomeno decenti. Era un ragazzo dotato ed intelligente –lo sapeva–, quindi perché sprecare tutto quando aveva già trovato il metodo per sopravvivere lì?
Un libro, pensò. Notre-Dame de Paris.Dave non se ne intendeva molto di questa roba, ma ha avuto una passione per Notre-Dame de Paris fin da piccolo, grazie a sua madre. Era abbastanza sicuro che a lui sarebbe piaciuto. E magari sarebbero andati a vedere il musical.
Ricevuta l’illuminazione, andò in classe, perché la campanella aveva appena suonato, quasi in armonia con la sua idea.
 
-
 
Qualcuno –della squadra di football, sempre– spinse di nuovo Kurt contro gli armadietti. Questa volta, però, il colpo fu così forte che il soprano cadde a terra.
Vedendo che il corridoio era quasi deserto e non c’erano quelle che lui chiamava spie di Jacob, Dave non poté fare a meno di fare la sua prima mossa per farsi finalmente notare.
«Vuoi un aiuto?» chiese a lui, tendendogli la mano. Notò che, fra i tanti libri che gli erano caduti, c’era anche il suo.Cercò di sorridere il meno possibile, per nascondere la sua estasi, ma finì solo col fare una smorfia orrenda. Quando si trattava di Hummel non sapeva trovare mezzi metodi: o era troppo acido (anche solo a parlarne con i compagni magari) o era troppo eccitato.
«Tu sei quello…» disse Kurt, senza muoversi di un dito «Quello che ha aiutato Azimio e gli altri a ficcarmi nel bagno.»
«Io in verità avrei solo visto.» Karofsky ritirò la mano, spaventato da quel comportamento. E soprattutto deluso.
«Beh, Finn mi ha aiutato ad uscire» Kurt si alzò da solo, e prese con calma i suoi libri «C’è qualcuno nella squadra di Football che non è stronzo come gli altri e come voi dell’Hockey.»
Karofsky rimase muto. Finn lo aveva liberato, è vero. Lui non aveva fatto niente. Ma Finn era il quaterback, qualche suo gesto inappropriato viene sempre perdonato. Anche se entrare nel Glee Club era stato troppo.
«Che stai leggendo?» disse, indicando il suo libro.
Kurt lo guardò a stento negli occhi «Notre-Dame de Paris. Arabo per i tuoi occhi e le tue orecchie, immagino. Ci vuole passione per la letteratura e per la cultura. E anche per la musica, visto che anche il musical è importante.»
Frollo sentì il suo cuore trafitto da più di cento lame. Phoebus si era preso il suo cuore con due gesti nobili, anche se in realtà non gliene fregava niente –e a volte ci sparlava anche dietro–, mentre lui veniva giudicato un troglodita dal principio.
«E chi sarebbe quel genio che ti ha regalato un tale tesoro?» chiese.
Kurt arrossì lievemente. «Non so se potrei dirti il nome con certezza. Forse qualcuno che ha scoperto queste cose da poco. La musica e tutto il resto.»
Dio, no. Non è vero.
«Hudson?»
Kurt si fece definitivamente rosso. Non rispose.
Ha pensato davvero che fosse da parte di Hudson?! Lo stesso che copia matematica da una ragazza che crede che la radice di quattro sia un arcobaleno?!
«Forse.» disse infine Hummel.
«Non può essere, non è tanto intelligente.» Dave gli stava implicitamente detto di essere sulla via sbagliata.
Kurt gli rivolse un’espressione furiosa. Una di quelle che Dave Karofsky non si sarebbe scordato mai. Seguirono le parole più amare che Dave Karofsky non si sarebbe scordato mai. «Non è mica più intelligente di te, che fra pochi anni pulirai la fossa biologia, Neanderthal.»
 
Karofsky spinse d’istinto Kurt Hummel contro gli armadietti, facendolo cadere di nuovo. «Dillo di nuovo e ti gonfierò di botte» minacciò, e Kurt rimase leggermente stupito. «Arrivederci, fatina.» disse, e se ne andò, sapendo –sperando?– che Kurt sarebbe andato a parlarne con i clandestini.
 
Dopo quel discorso  con Kurt, non fu più sicuro di niente.
 
-
 
«Oh, Finn!»
«Te ne supplico» gridò «se hai viscere, non mi respingere! Oh! Io ti amo! Io sono un miserabile! Tu pronunci questo nome, sciagurato, è come se maciullassi tra i denti tutte le fibre del mio cuore!»
Lui lo interruppe scoppiando a ridere.
«Hai le mani tutte sporche di sangue!»
Dave resto per un attimo pietrificato, gli occhi fissi sulle mani.
«Ebbene sì» riprese con una strana dolcezza «Oltraggiami, scherniscimi, opprimimi; ma vieni, vieni. Seguimi. Avrai tempo di amarmi quanto ti avrò salvato da loro. Mi odierai per tutto il tempo che vorrai. Ma vieni.»
Lui lo guardava fissamente.
«Che ne è stato del mio Finn?»
«Sei senza pietà!»
«Che ne è stato del mio Finn?» ripeté lui freddamente.
«È morto.»
«Morto!»
«Sì, deve essere proprio morto. La mia lama gli è entrata molto in profondità.»
Il ragazzo si gettò su di lui come una tigre furiosa e lo spinse verso le scale con una forza sovrumana. «Vattene, mostro! Assassino! Che il nostro sangue, il suo e il mio, ti lascino sulla fronte un marchio eterno! Essere tuo! Mai, mai! Nulla ci unirà, neppure l’inferno! Va’ maledetto, va!»
 
Karofsky si svegliò di colpo, con la fronte sudata. Era ancora notte.
 
Lo sapeva di essere un tipo teatrale –il sogno lo provava–, ma a Dave piaceva paragonare quella notte di luna piena come il segno del suo cambiamento da umano a licantropo. Perché d’ora in poi avrebbe smesso di correre dietro a Kurt, e lo avrebbe solo picchiato, se necessario. Altrimenti lo avrebbe evitato.
 
*
 
Seguì un periodo triste per Karofsky, ma riuscì ad essere lo stesso di sempre, sia a scuola che in famiglia.
Anche se aveva avuto vicende spiacevoli con Hummel –il trasferimento di Finn, la storia di Lady Gaga e altro–, aveva imparato ad ignorarlo e disprezzarlo. Ormai viveva di football –perché aveva cambiato, sì, anche se suo padre gli aveva detto cento volte che non era una buona idea–, amicizie e bullismo. Al terzo anno già non ci pensava più.
 
O almeno, così sembrava.
 
 
-

*Karofsky faceva parte della squadra di Hockey, fino a circa metà secondo anno.


–––––
Che ne pensate? Continuo, non continuo, meravigliosa, schifosa?
Let me know please =)

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Capitolo 2
*** Ne tue pas ma Esmeralda ***


Ed ecco un altro cap. Scusate se è corto rispetto al primo, ma l'ispirazione per me è come uno scivolo: dura poco e devi riandarci se vuoi divertirti.
Buona lettura!

-

Ne tue pas ma Esmeralda

Era stata una giornata faticosissima per Dave. Si era fatto trovare impreparato ad un’interrogazione, Azimio rompeva le palle sul festino che voleva progettare –e a lui non poteva fregare di meno, ma doveva solo sorridere–, il fratello se n’era andato con chissà quale ragazza a fare chissà che con la sua macchina, e si ritrovava a dover andare a casa a piedi, nel caso qualcuno dei ragazzi non gli avrebbe dato un passaggio.

A volte aveva la sensazione che tutto fosse sbagliato. Comportarsi da stronzo non era la giusta via. Come non era stato giusto rinunciare ad un sacco di cose per averne altre. Certo, gli iniziava a piacere il football, le feste con gli amici erano fighe e le risate non mancavano mai, ma doveva sempre vivere con la pressione costante di doversi insidiare nelle loro menti per poter dire e fare quello che loro volevano.
Ci aveva fatto l’abitudine, ma non era comodo.

Stava predicando per l’ennesima volta mentre superava a passi l’auditorium, quando notò che i clandestini stavano iniziando a guardare qualcosa, uno spettacolo, sembrava –c’era anche quello nuovo con loro!–. Cercò di aprire la porta il più silenziosamente possibile –doveva pur ammettere che le attività del Glee lo avevano sempre attirato–, facendo attenzione a non farsi scoprire. Sul palco c’erano dei ballerini, un pianista e un ragazzo che si stavano preparando.

Poi si accesero le luci. E il cuore di Dave cadde a terra.

Quello sul palco era Kurt Hummel. Non ne era sicurissimo: era troppo lontano, ma poi sentì la voce e constatò che sì, era proprio Hummel. Era vestito metà da donna e metà da uomo, e stava cantando una canzone che, a quanto pareva, parlava di Jazz.

Kurt Hummel. Il ragazzo che aveva tormentato i suoi pensieri per un anno e mezzo. Il ragazzo che, per dimenticarlo, Dave aveva dovuto o evitare, o coprire di granita o picchiare, prima che potesse guardarlo dritto negli occhi e riprendersi una batosta per lui.

Ma Dave capì presto che sarebbe stato troppo facile se lui l’avesse potuto stregare solo con gli occhi.

Là, in mezzo al selciato, una creatura danzava. Una creatura così bella che Dio l’avrebbe preferita alla Vergine, e l’avrebbe scelta come sua madre, e avrebbe voluto nascere da lei, se fosse esistita, quando si fece uomo!

“Oh, baby, won't you play me Le Jazz Hot, maybe? And don't ever let it end…”

Stupito, inebriato, affascinato mi concessi di guardarti.

Dave Karofsky sentì tutto il nervosismo, lo stress, la stanchezza, svanire. Nelle sue orecchie c’erano solo quella musica e quella voce, nei suoi occhi solo quel ballo, nella sua mente solo quel ragazzo.

Ti guardai tanto che ad un tratto ebbi un fremito di spavento e sentii che il destino mi afferrava.

Tutti i ricordi che aveva di Kurt, che aveva meticolosamente e rigidamente cercato di scordare attraverso qualsiasi cosa –e per ‘qualsiasi cosa’ intendeva qualsiasi cosa–, stavano rispuntando come funghi, e i sentimenti che provava per il soprato stavano riaffiorando come rose appena sbocciate.

Che potevo fare, miserabile? Il tuo canto era più affascinante ancora della danza. Volli fuggire. Impossibile. Ero inchiodato, radicato al suolo. Mi sembrava che il marmo del pavimento mi fosse salito fino alle ginocchia. Dovevo rimanere fino alla fine. Avevo i piedi di ghiaccio, la testa in bollore.

“Le Jazz Hot.”

Kurt smise di cantare, ebbe forse pietà di lui. Appena sentì gli altri membri del club applaudire, se ne andò in fretta e furia.

Ma ormai era inutile scappare. Non faceva altro che sentire la sua voce in testa, i suoi passi, il suo carattere sicuro e da diva che era riuscito a spiazzare il suo flaccido animo a suon di musica.
Ci pensò mentre tornava a casa, la notte e il mattino seguente, e la cosa si prolungò in giorni. Ormai era fatta: Kurt Hummel era tornato a sconvolgere il suo mondo. Il suo fragile, sciocco mondo che già era fatto di cartapesta a furia di doverlo reprimere per convenzioni sociali.

Fu quando lo vide di nascosto cantare nel Rocky Horror Picture Show che capì che non poteva fare più niente per dimenticarselo, non importava quanto tempo passasse. Quindi poteva fare solo due cose: cambiare, diventare qualcuno dei clandestini e mandare a fanculo tutto quello per cui lui e Jackie avevano lavorato, oppure trovare un modo per far sì che il loro rapporto cambiasse e si facesse più evidente, più concreto, non importava come.

Non vi è ancora dato sapere se si pentì della sua scelta.


-
Duuunque xD Lasciate che vi dica: la storia non è finita.
Però sono indecisa sul finale: un lieto fine o qualcosa di drammatico, che si addice molto di più a Notre Dame de Paris? O tutti e due? Ditemi un po' che ne pensate =)

E ho deciso di dare un po' di "traduzione" ai riferimenti del libro. Ecco i vari riferimenti:

-I clandestini. Karofsky chiama così il Glee Club perché, nel libro e nel musical, i clandestini vengono discriminati e trattati una schifezza, tranne quando fanno i loro spettacoli.
-Frollo (primo cap). Karofsky si sente come Frollo che, amando tremendamente Esmeralda, non viene notato da lei se non per odio, perché quest'ultima è troppo occupata ad amare Phoebus (che è interessato solo al sesso).
–Kurt, in questo cap, viene paragonato ad Esmeralda. Frollo si innamora di lei quando la vede cantare e ballare. Well, that's the same for Dave.
–Le varie citazioni del libro sarebbero troppo lunghe da spiegare, ma le ho modificate in modo che voi poteste capire anche senza aver letto il libro.
–"ebbe pietà di lui": quello che pensa Frollo quando Esmeralda smette di cantare.

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Capitolo 3
*** Ne tue pas ma Fleur-de-Lys ***


Ed eccoci all'ultimo!
Non avevo la felicità necessaria per fare un finale coi fiocchi come tutti volevano, ma neanche una tragedia. Così, ecco una via di mezzo!
Visto che qua cantano, metterò la traduzione in italiano sotto. Non è la versione fedele, ma solo la versione italiana, che comunque è assai simile a quella francese.
Tutti i riferimenti sono sotto.
Buona lettura!


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Ne tue pas ma Fleur-de-Lys

Il venticello causato dalla finestra aperta gli permetteva di sentire meglio l’odore del bacon che veniva cucinato. Erano quasi le otto di mattina e c’era già un sole splendente degno di Maggio. Kurt, sdraiato sul divano di quel bellissimo salone, attaccato alla cucina, non poteva pensare che il momento potesse essere più perfetto, quando lui cominciò a cantare:

«Oh! être prêtre et aimer une femme!
L’aimer, oui, l’aimer, de toutes les fureurs de son âme!»*


Kurt riconobbe subito la canzone, che gli colpì il cuore.
Rispose al suo attacco con una splendida risposta:

«J'ai posé mes yeux sous sa robe de gitane.
À quoi me sert encore de prier Notre-Dame?
Quel est celui qui lui jettera la première pierre?
Celui-là ne mérite pas d'être sur terre!»*


L’altro ragazzo si mise a ridere. Ricominciò a cantare, decidendo di partire daccapo:

«J’étais un homme heureux avant de te connaître.
J’avais refoulé tout au fond de mon être.
Cette force du sexe étouffé dans mon adolescence.
J’avais pour femme et pour maîtresse la religion et la science.»*


«Belle,
C'est un mot qu'on dirait inventé pour elle.
Quand elle danse et qu'elle met son corps à jour, tel,
Un oiseau qui étend ses ailes pour s'envoler,
Alors je sens l'enfer s'ouvrir sous mes pieds»*


«Oh! être prêtre et aimer une femme!
L’aimer de toutes les fureurs de son âme!»


«J'ai posé mes yeux sous sa robe de gitane.
À quoi me sert encore de prier Notre-Dame!»


Era il più orribile Mash Up che avessero mai cantato, ma non la smettevano di sorridere, perché quello era il loro modo di comunicare, di esternare i loro sentimenti in segreto, e Kurt non poteva trovare un modo più romantico per farlo.

Karofsky apparve dalla cucina, splendente, con due piatti pronti per la colazione.

«Bacon?»

«Rischierò di diventare una palla di lardo rotolante se non mi cucinerai qualcosa di salutare, prima o poi.»

«Mi piaci magro, ma se devi svenire mentre reciti, preferisco che tu ingrassi almeno il doppio di me.»

«Ah, ti dedichi alla fantascienza, stamattina?» rispose Kurt, ridendo per il ‘vaffanculo’ che poteva leggere sulle sue labbra.

Si sedette a tavola e aspettò che lo fece anche l’altro.

Non Dave. Dave non si sedeva mai.

«Buongiorno, Kurt!»

Blaine entrò nel salone, vestito in un modo un po’ disordinato –si vedeva che aveva fatto di fretta e furia–, vide Karofsky, e fece un enorme sorriso.

«Karofsky, anche stamattina! Non dovevi, davvero! Sei il mio manager, non il mio cuoco!»

«E lasciare che tuo marito aspetti che ti svegli per fare colazione? Lo vuoi torturare!» Dave ridacchiò, e lo fece anche Blaine. Quindi Kurt pensò di unirsi a loro, anche se non trovava la cosa affatto divertente.

No, non lo era. Non era stato divertente sposare quello che credeva il suo Cavaliere, per poi scoprire che il suo Principe Azzurro si ubriacava ogni notte cantando da anni le canzoni di quel musical e sognando sempre Kurt. Non era stato divertente iniziare a convivere con il suo Salvatore per poi scoprire che, colui che gli aveva donato l’unico dono che lo consolava in ogni difficoltà, tentava di contattarlo ogni giorno, inutilmente, perché era diventato una star, quindi irraggiungibile. Non era stato divertente fingere di amare il proprio marito per poi scoprire che, invece, amava quello che era riuscito a diventare il manager del marito stesso, e invidiare questo marito che stava col suo amante tutta la giornata, mentre lui a malapena poteva ogni mattina.

Gli stava venendo da piangere, di nuovo.

Fece come da procedura: Abbracciò Blaine, fingendo di voler semplicemente salutarlo con un abbraccio come ogni mattina, per poi dargli un bacio a stampo e sibilare un “buongiorno”.
Ma Blaine non sapeva che Kurt lo abbracciava solo per poter guardare Dave negli occhi. Non diceva niente, ma Dave sapeva cosa provava Kurt, e con quello sguardo riusciva a rassicurarlo, a dirgli “va tutto bene”.

«Amore, ti spiace se oggi non ti faccio compagnia a colazione? Io e Karofsky dobbiamo scappare, oggi abbiamo un importante impegno.»

Meno tempo del solito. Splendido.

«Mr. Kurt Anderson, non vi dispiace se approfitto del digiuno di vostro marito per prendere un po’ di bacon, vero?» disse Dave, ridacchiando.

«Affatto» disse Kurt, abbracciando Blaine «Basta che torni presto.» Gli occhi di un uomo esterno alla scena avrebbero detto che Kurt avesse ignorato Karofsky e risposto a Fiordaliso, ma gli occhi di un uomo decisamente più attento avrebbero notato che Kurt stava riguardando Dave negli occhi, e difficilmente poteva avere i lacrimoni per la gioia di quell’abbraccio.

Blaine lo baciò, poi lui e Karofsky uscirono di casa di fretta e furia.

Kurt crollò sul divano, sbuffando. Era il suo giorno libero, non sapeva cosa fare.

Decise quindi di addormentarsi, pregando solo che quelle ventiquattro ore passassero in fretta.


Ne tue pas mon Notre-Dame de Paris – Fin.

-

«Oh! Sono un prete innamorato! Di te, sì di te! La mia anima è il tuo fiato!»

«Ho visto sotto la sua gonna da gitana.
Con quale cuore prego ancora Notre-Dame?
C'è qualcuno che le scaglierà la prima pietra?
Sia cancellato dalla faccia della terra!»


«Non conoscevo te ma un po' d'eternità,
Fu un mare per me la vasta castità.
Nella quale versai tutto il sangue dell'adolescenza.
Non avevo che due amanti, la religione e la scienza»


«Bella,
la parola Bella è nata insieme a lei.
Col suo corpo e con i piedi nudi, lei!
È un volo che affererei e stringerei,
ma sale su l'Inferno a stringere me.»


Qua, come riferimento, a parte le canzoni, c'è solo Fiordaliso: è la promessa sposa di Phoebus, che ovviamente quest'ultimo tradirà.

Spero che il capitolo non vi abbia deluso. Grazie per aver letto la fic e aver recensito! =3

Ps. Mi è venuta in mente una cosa contorta. Di solito sono i capi a farsela con le assistenti tradendo la moglie, non la moglie stessa! xD

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