Verso La Maturità di Scarcy90 (/viewuser.php?uid=31253)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Modo Più Veloce Per Farsi Scoprire ***
Capitolo 2: *** Appena Prima Di Partire ***
Capitolo 3: *** Welcome To United States Of America ***
Capitolo 4: *** Fuoco Inarrestabile ***
Capitolo 5: *** Il Calore Della Neve ***
Capitolo 6: *** Avalon ***
Capitolo 7: *** Non Si Sfugge Al Destino ***
Capitolo 8: *** Ricordi Che Riaffiorano ***
Capitolo 9: *** Rapimento Inaspettato ***
Capitolo 10: *** Verità O Menzogna? ***
Capitolo 11: *** Tutto Viene Sconvolto ***
Capitolo 12: *** Nessuna Spiegazione ***
Capitolo 13: *** La Resa ***
Capitolo 14: *** Quello Che Resta ***
Capitolo 15: *** Amicizia Tradita ***
Capitolo 16: *** I Famosi Nodi ***
Capitolo 17: *** Prima Prova ***
Capitolo 18: *** Seconda Prova ***
Capitolo 19: *** Terza Prova ***
Capitolo 20: *** Il Mare Dopo La Tempesta ***
Capitolo 21: *** Ultima Prova ***
Capitolo 22: *** Il Principe Che Sconfisse Il Drago ***
Capitolo 23: *** Ciò Che L'Acqua Non Scioglie ***
Capitolo 24: *** Epilogo - Reo Confesso ***
Capitolo 1 *** Il Modo Più Veloce Per Farsi Scoprire ***
Verso La Maturità- Capitolo 1
Verso La
Maturità
Prologo
La
mia vita? Un’eterna e incontrollabile serie
di eventi catastrofici. Odio il mio Liceo, odio il fatto di essere
sfortunata,
odio la maggior parte dei miei professori, e fino a poco tempo fa
odiavo i due
ragazzi più popolari della scuola. Il mio odio per loro
è venuto a mancare
quando sono diventata la migliore amica del più bello e la fidanzata segreta del più
stupido. Li odiavo così tanto che alla
fine non ho potuto fare a meno di avvicinarmi a loro per riuscire a
conoscerli,
anche se la maggior parte della conoscenza è avvenuta contro
la mia volontà. Il
mio ragazzo, inoltre, è anche il figlio della mia
professoressa di scienze.
Questo è il motivo della segretezza della nostra relazione.
Che cosa accadrebbe
se la professoressa che mi detesta di più scoprisse che il
suo adorato, unico e
intelligente figlioletto ha finito con l’innamorarsi
di… me? Non ci voglio
neanche pensare. Fino a quando sarò un’alunna di Lucifero non posso permettere che si
sappia la verità su me e il “figlio della
prof”. Eppure non pensavo che il mio
piano di segretezza avrebbe quasi rischiato di mandare
all’aria tutto ciò per
cui avevo lottato.
Niente
poteva più separarmi dall’amore della
mia vita. Niente tranne, forse, il primo amore della mia
vita…
La Prudenza E L’Amore Non Sono Fatti
L’Una
Per L’Altro:
Via Via
Che
Cresce L’Amore, La Prudenza Diminuisce
François
de
La Rochefoucauld
Capitolo
1: Il
Modo Più Veloce Per Farsi Scoprire
-Sono
tornata! Massi ci sei?-
Cosa?!
Fermi tutti! Spalancai gli occhi e
cercai di fare mente locale. Ero in una stanza che non era la mia,
stesa su un
letto che non era il mio, e con una mano infilata sotto le mie
mutandine che
non era la mia. Alzai lo sguardo e degli occhi verdi con delle calde
pagliuzze
grigie mi stavano scrutando.
Lanciai
uno sguardo veloce ai miei vestiti: la
camicetta era sbottonata e il reggiseno sganciato, mentre la lampo dei
jeans
era del tutto tirata giù.
-Dimmi
che quella che ho sentito non era la
voce di tua madre?- chiesi con tono di supplica.
-E’
lei purtroppo.-
-Ma
avevi detto che sarebbe tornata tardi
stasera-, dissi con tono di rimprovero.
A
quel punto il ragazzo che fino a poco prima
stava steso su di me si alzò di scatto e, prendendo la
maglietta che era finita
sul pavimento quando io ero troppo immersa nel mio mondo di passione
per
rendermene conto, la infilò in fretta.
-Massi?
Ci sei?- sentii di nuovo quella voce.
-Sì,
mamma. Avevo l’ipode al massimo, scusa-,
disse lui afferrando le mie scarpe e lanciandole
nell’armadio.
-Presto,
va là dentro!- mi ordinò con un filo
di voce indicando l’armadio.
-Cosa?!-
esclamai incredula.
-Non
fare storie…-, mi supplicò lanciando
sguardi alla porta della sua stanza.
Aveva
ragione. Non potevo permettermi di fare
la schizzinosa in un momento del genere. Non avevo alcuna intenzione di
lasciare che la D’Arcangelo scoprisse quello che stava per
accadere in quella
stanza, ma soprattutto non potevo permettere che vedesse proprio me in
quella
stanza, da sola con suo figlio.
-Questa
cosa mi sa tanto di telefilm-,
mormorai incrociando le braccia mentre Massi mi aiutava a entrare
nell’armadio.
–E’ da non credere.-
Lui
mi sorrise e mi diede un delicato bacio
sulle labbra. Era solo un piccolo bacio, leggero come una piuma, ma
appena
avvertii le sue labbra sulle mie ci mancò poco che prendessi
fuoco.
-Resisti,
cercherò di liberarmi in fretta di
lei.-
Annuii
con la faccia di una che probabilmente
stava pensando “tutto quello che vuoi, baciami ancora e
potrei fare il giro del
mondo di corsa!” Lui mi sorrise ancora ammiccando, sicuro di
sé come sempre, e
il mio cuore cominciò a battere a una velocità
indecente.
Esattamente
in quel momento la porta della sua
stanza si aprì e lui chiuse in fretta l’armadio
prima che qualcuno potesse
vedermi.
-Cosa
stai facendo?- chiese la D’Arcangelo con
voce sospettosa.
-Volevo
farmi una doccia…-, cercò di spiegare
lui.
L’armadio
non era perfettamente chiuso così,
grazie ad uno spiraglio, potei vedere l’espressione della
D’Arcangelo che si
distendeva. Aveva creduto alla balla della doccia! Che fortuna
sfacciata!
-Hai
dormito nel pomeriggio?- chiese lei
guardando il letto disfatto.
-Io…Sì.
Ero stanco e ho deciso di riposarmi un
po’. Com’è andata a scuola?- Massi
iniziò a riordinare il letto. Aveva subito cercato
di distogliere l’attenzione della madre da lui, e dal luogo
del misfatto.
La
D’Arcangelo si passò una mano sul collo con
un gesto stanco e sbadigliò.
-Come
al solito, sono stanca morta. Gli
incontri genitori-insegnanti mi distruggono sempre. Ogni volta
c’è una fila
chilometrica fuori dall’aula e si lamentano pure se li
liquido con poche
parole. Se i figli hanno voti alti stanno lì a lodarli per
ore, se sono sotto
la sufficienza mi tediano con tutte le loro preoccupazioni. Mica
è colpa mia se
i loro figli non studiano, io ho la coscienza a posto perché
faccio sempre il
mio dovere.-
Sì,
con interrogazioni a sorpresa il sette
gennaio e facendo domande assurde. Quanto sarei voluta uscire
dall’armadio e
gridarle in faccia quelle parole!
-Hai
ragione mamma, però prova a metterti nei
loro panni. A te è andata bene perché io sono un
ragazzo responsabile che
studia costantemente. Pensa a come ti sentiresti se tornassi a casa
puntualmente con dei voti pessimi, se mi drogassi o se facessi lo
stupido. Devi
considerare anche questo.-
La
D’Arcangelo guardò per un attimo il figlio
e poi sorrise.
-Come
al solito sei sempre più diplomatico e
riflessivo di me, a volte la mia istintività mi porta a fare
la figura della
stupida. Dovrei imparare a contare fino a dieci prima di parlare.-
Tanto
non lo avrebbe mai fatto. La
professoressa Claudia D’Arcangelo, la mia insegnante di
scienze, soprannominata
Lucifero da alunni venuti molto prima di me, era niente popò
di meno che la madre del mio
ragazzo, Massimiliano
Draco. Dell’unica persona esistente al mondo che amassi con
tutte le mie forze,
come se fosse stata una parte fondamentale di me, una metà
del mio stesso
cuore.
Ci
amavamo, o almeno lo facevamo non in
pubblico. All’interno di quelle quattro mura decadenti del
Liceo Classico
Virgilio di Lecce, Massi ed io dovevamo essere visti come degli
estranei.
Avevamo calcolato tutto con molta cura, dato che avevamo anche una
finta
fidanzata da usare a nostro piacimento. Delia Barton, una spilungona
bionda
italo-americana, mi era stata antipatica appena conosciuta, ma poi era
diventata una delle mie più care amiche e ci aiutava
volentieri. Ufficialmente
era lei la sua ragazza, a scuola si facevano vedere insieme il
più possibile,
ma appena trovavamo un luogo lontano da occhi indiscreti, riprendevo il
posto
che mi spettava.
Era
una situazione piuttosto assurda che non
tutti trovavano normale. Il primo ad affermare che fosse
un’idea idiota quella
di tenere nascosta la nostra relazione era proprio Massi, seguito a
ruota dal
suo migliore amico, Marco Iovine. Marco era il ragazzo più
bello dell’intero
liceo, Massi era secondo dopo di lui, ma da qualche settimana la sua
popolarità
era venuta meno a causa della relazione instaurata con una delle mie
migliori
amiche, Amelia Tarantini.
In
pochi mesi erano accadute tante di quelle
cose che al solo pensiero mi girava la testa, mi sentivo oppressa da
tutti quei
cambiamenti, per certi versi anche assurdi.
Avevo
sempre odiato Massi, e me ne ero
innamorata.
Marco
Iovine mi era sempre stato antipatico,
ed era diventato il mio migliore amico.
E
come se non bastasse anche le mie migliori
amiche erano cambiate tanto in quegli ultimi mesi.
Amy
era passata dall’essere possessiva verso
il fratello minore Luca e odiosa verso Marco, al concedere al primo di
far
parte di una band e di avere una ragazza e all’innamorarsi
perdutamente del
secondo. Mentre Martina Giuliani, una ragazza che conoscevo da tutta la
vita,
si era lasciata abbindolare da un ragazzo che l’aveva quasi
violentata e si era
rinchiusa in una strana bolla di depressione.
Era
proprio questo che mi faceva seriamente
imbestialire. La mia amica non meritava di soffrire, lei era una
persona
meravigliosa, gentile e dolce, e quel mostro di Christian Corradi
l’aveva resa
quasi… arida. Sorrideva di rado e parlava anche meno.
Avevamo provato di tutto
per farla tornare quella di prima ma forse era solo questione di tempo
o almeno
lo speravo con tutte le mie forze.
In
tutto ciò si doveva anche aggiungere
un’altra folle idea di quell’idiota del mio
ragazzo: voleva conoscere i miei
genitori. Ormai non parlava d’altro. Sosteneva che il fatto
che io non volessi
dire a sua madre che ci frequentavamo non avesse nulla a che fare con
il dirlo
ai miei… Illuso. Non conosceva quell’amabile uomo
che era mio padre.
Ero
la sua unica e adorata figlia, e fin da
piccola mi aveva sempre detto che non avrei mai dovuto avere un ragazzo
prima
dei trent’anni. Molti padri lo dicono per scherzare, il mio
no.
Non
avevo difficoltà nel dire che mio padre
era l’uomo della mia vita, era proprio tutto quello che
cercavo in un ragazzo,
e dovevo anche ammettere che alla fine ero stata accontentata. Non lo
avevo
notato subito, forse perché avevo conosciuto il vero
Massimiliano Draco solo da
poco tempo, ma lui e mio padre erano caratterialmente due gocce
d’acqua, e
questo mi spaventava. Mio padre non avrebbe mai accettato Massi come
mio
fidanzato, lo sentivo, e questo avrebbe indispettito Massi a tal punto
dal
cominciare a odiare mio padre. Proprio per questo volevo assolutamente
evitare
che si conoscessero, almeno fino a quando non fosse stato davvero
inevitabile.
Meglio
contenere i danni finché ce n’era la
possibilità.
Probabilmente
agli occhi di Massi dovevo
sembrare una pazza che aveva paura persino di dire a suo padre che
aveva un
fidanzato ma io avevo le mie ragioni, esattamente come avevo i miei
motivi nel
non volere che la D’Arcangelo venisse a sapere di noi. Nel
primo caso lo facevo
per l’incolumità di Massi- mio padre lo avrebbe
squartato- e nel secondo caso
lo facevo per la mia di incolumità- Lucifero mi avrebbe reso
la vita un vero e
proprio Inferno, o almeno la mia vita scolastica di sicuro.
Vidi
la D’Arcangelo sbadigliare sonoramente e
sedersi con calma sul letto di Massi stiracchiandosi con aria stanca.
Avevo il
terrore che potesse accorgersi della mia presenza, o dello spiraglio
dal quale
stavo osservando la scena. Fortunatamente era una persona troppo
distratta per
notare dei dettagli così insignificanti.
-Come
vanno le cose con Delia?- chiese a un
tratto mentre Massi la guardava stupito. Sapevo che il cervello del mio
ragazzo
stava cercando il modo più efficace e meno sospetto
possibile per riuscire a
cacciare la madre dalla stanza. Dalla sua espressione sorpresa capii
subito che
non aveva idea di cosa rispondere e sperai con tutto il cuore che
riuscisse a
imbastire una storia plausibile, non sapevo fino a che punto fosse in
grado di
improvvisare e di mentire a sua madre.
-Ah,
be’… Va tutto bene-, rispose lui con voce
piuttosto normale. –Come mai questa domanda?-
-Non
lo so-, la D’Arcangelo alzò le spalle con
semplicità. –E’ solo che prima veniva
qua da noi più spesso e a scuola stavate
sempre insieme. Da qualche settimana a questa parte mi sembrate un
po’ più
distanti. Quindi ho pensato che forse le cose tra voi non stessero
andando più
tanto bene.-
Accidenti!
Nonostante il mio brillante piano
per fare in modo che non ci scoprisse, la prof stava cominciando a
sospettare
qualcosa.
“Ti
prego Massi, inventa una spiegazione
plausibile! Ti scongiuro!” pensai disperata mentre non
riuscivo neanche più a
respirare, sentivo la tensione del momento opprimermi lo stomaco.
-Ma
figurati, le cose con Delia vanno
benissimo-, disse subito lui con tono leggero e tranquillo, per fortuna
le sue
doti di attore erano sempre impeccabili. –E’ solo
che sta per finire il
quadrimestre quindi entrambi siamo impegnati con lo studio e le
occasioni per
vederci non sono tante. Va tutto bene…-
Mi
sentii sollevata come mai mi era successo
in tutta la vita.
-Capisco-,
rispose la D’Arcangelo con un
sorriso. –Sono proprio contenta.-
Se
l’era bevuta alla grande e non poteva
andare meglio di così.
-Sai-,
continuò lei con un sorriso dolce. –Mi
piace molto Delia. Devo ammettere che io e sua madre avevamo sempre
sperato che
tra voi due potesse nascere qualcosa un giorno.-
Quelle
parole, mi attraversarono con la
violenza di un fulmine.
-Non
credo che potrei mai immaginare un’altra
ragazza al posto di Delia. Spero che non accada, ma se un giorno
doveste
lasciarvi, probabilmente, odierò la tua nuova ragazza, mi
trasformerò in una
suocera di quelle davvero pesanti e insopportabili.-
Massi
la guardò raggelato mentre lei
ridacchiava divertita.
Quella
che stava peggio ero io. Non solo avevo
sempre saputo di non andare a genio alla D’Arcangelo ma
adesso avevo anche
avuto la conferma che, nel momento in cui, si sarebbe accorta che io e
suo
figlio stavamo insieme avrebbe deciso di odiarmi ancora di
più.
-Non
dire stupidaggini, mamma-, intervenne
Massi con sguardo serio. –Non sarai di certo tu a decidere
chi devo amare. Lo
sai che sono testardo e ottengo sempre quello che voglio, quindi se un
giorno
m’innamorerò di un’altra ragazza, tu la
tratterai esattamente come adesso fai
con Delia. E’ davvero infantile questa storia della suocera
rompiscatole e
odiosa che hai tirato fuori.-
La
D’Arcangelo alzò le spalle divertita.
-Nella
vita non si può mai sapere, magari
diventerò davvero una suocera rompiscatole. Dopotutto madre
rompiscatole lo
sono già, il passo è breve per diventarlo anche
come suocera, no?-
Guardò
il figlio per qualche secondo e poi
iniziò a ridere. Pochi istanti dopo Massi non
poté evitare di seguirla a ruota,
mentre io continuavo a sentirmi uno schifo.
Avevo
sempre saputo che non sarebbe stato
facile dire tutto alla D’Arcangelo ma adesso che ne avevo
ricevuto la conferma
dalle sue stesse labbra mi sentivo agitata e delusa. Pensavo che forse
avrei
trovato un modo per farmi accettare da lei ma ormai la vedevo davvero
dura. Che
cosa potevo fare per apparire ai suoi occhi come una degna sostituta di
Delia?
Quella ragazza non solo era bella, intelligente e simpatica, ma era
anche la
figlia della sua migliore amica. Era logico che sperasse di poterla
accogliere
un giorno nella sua famiglia, ed io sarei stata vista solo come un
ostacolo per
la realizzazione di quel progetto.
Cavolo!
Crescere faceva davvero schifo e non
mi piaceva per niente.
Non
mi ero mai sentita così stressata e sotto
pressione come in quelle settimane in cui ero stata la fidanzata
segreta di
Massi. Non potevo negare di amarlo e che stare con lui era qualcosa di
meraviglioso, che mi completava e di cui non potevo fare a meno. Ma
sarei stata
in grado di sopportare quella situazione così a lungo? Sarei
riuscita a non
farmi travolgere dallo sconforto? Sarei riuscita a non rinunciare a lui
pur di
tornare ad avere una vita normale e tranquilla?
Il
solo fatto che stessi cominciando a pormi
certe domande mi preoccupava. Non potevo fare a meno di Massi. Sentivo
di
essere in un certo senso destinata a stare con lui come se niente
potesse
dividerci ma allo stesso tempo avevo come la sensazione che la nostra
storia
fosse costantemente in bilico, su un filo teso che rischiava in
continuazione
di spezzarsi o di essere tagliato da una forza più forte dei
miei sentimenti,
dei suoi sentimenti…
In
quel momento, chiusa nel suo armadio, con
la camicetta ancora sbottonata mi resi veramente conto, per la prima
volta, di
quanto il futuro mi spaventasse. Di quanto il timore di perderlo e di
perdere
quei sentimenti che mi facevano sentire così bene fosse
radicato in me, fino
nell’anima.
-Se
non ricordo male oggi dovevo lavare la tua
tenuta per la palestra. Il borsone è nell’armadio,
vero?-
Quelle
parole mi raggiunsero come se fossero
state pronunciate al rallentatore ma solo una arrivò
completamente al mio
cervello: armadio. La D’Arcangelo aveva intenzione di aprire
l’armadio?! Lo
stesso armadio in cui io ero entrata per evitare che mi vedesse?!
Signore
cosa ho mai fatto di male per meritare
tanta sfortuna?!
-No-,
disse Massi parandosi davanti
all’armadio, e quindi davanti a me.
-Che
c’è?- chiese la madre sorpresa.
-E’
che… Questa settimana non sono andato in
palestra quindi non c’è nulla da lavare-, una
scusa buona, ma io non ci sarei
cascata e dubitavo che lo avrebbe fatto Lucifero.
-Ma
se ci sei andato due giorni fa. Guarda che
per il momento la memoria mi funziona-, disse la madre con tono
sospettoso.
-Hai
ragione-, rispose Massi ridendo. –Forse
riposarmi durante il pomeriggio non mi fa poi così bene.-
Si
voltò verso l’armadio-quindi verso di me- e
mi fece l’occhiolino. Aveva un piano? Possibile che avesse
escogitato un modo
per evitare che sua madre mi vedesse?
-Prendo
il borsone-, disse camminando verso di
me.
Con
gli occhi guardò prima giù e poi mi fece
un cenno verso la sua destra, quindi la mia sinistra.
Non
capii subito cosa volesse che io facessi
ma, quando abbassai lo sguardo, vidi un borsone e allora non ci misi
troppo ad
afferrare quale fosse il suo piano.
Con
un gesto veloce ma silenzioso, feci
scivolare il mio piede destro accanto al borsone e lo spinsi il
più possibile a
sinistra mentre io mi rannicchiai completamente sul lato destro
dell’armadio.
Massi
si avvicinò e aprì l’anta sinistra,
prese con calma il borsone proprio per non fare vedere a sua madre che
aveva
fretta di richiudere l’armadio e poi si voltò
dandole gli indumenti che erano
contenuti nel borsone. Non richiuse completamente l’anta
sinistra, in modo che
la D’Arcangelo non avesse davvero alcun tipo di sospetto
latente.
-Bene-,
disse lei afferrando gli indumenti che
Massi aveva tirato fuori dalla sacca. –Metto questi in
lavatrice e preparo la
cena.-
-Sto
morendo di fame-, annunciò Massi con un
sorriso.
Intanto
io me ne stavo immobile terrorizzata
dall’idea che la D’Arcangelo potesse ancora cercare
un modo per guardare
nell’armadio ma alla fine uscì dalla stanza e
Massi non esitò a chiudere la
porta a chiave.
Si
precipitò verso l’armadio e aprì
l’anta
dietro la quale mi nascondevo io.
I
suoi occhi incontrarono i miei ma c’era
qualcosa di strano: il suo sguardo era preoccupato, come se stesse
guardando la
cosa che più lo faceva soffrire al mondo.
Solo
in quel momento mi resi conto che delle
lacrime avevano cominciato a solcarmi il viso. Stavo piangendo e non me
ne ero
neanche resa conto. Odiavo piangere e soprattutto detestavo lasciarmi
andare
davanti a qualcuno, ma con Massi non ce la facevo a tenermi tutto
dentro, lui
riusciva a tirarmi fuori tutto prima che io potessi bloccarlo o almeno
filtrarlo.
Le
parole della D’Arcangelo mi avevano ferita e
non potevo nasconderlo, non a lui.
-Mi
odia-, mormorai mentre le lacrime mi
annebbiavano la vista e il cuore. –Già lo sapevo
ma ascoltare quei suoi
discorsi su Delia mi ha fatto sentire come l’intrusa della
situazione.-
Massi
mi guardò per un lungo istante e poi
afferrandomi per un polso mi attirò a sé
stringendomi con forza.
-Mia
madre può pensare quello che vuole-, mi
sussurrò lasciandomi un bacio tra i capelli. –Io
amo te e non credere che
smetterò di amarti solo perché mia madre vuole
che io stia con Delia. Non puoi
pensare che mi arrenderò così facilmente.-
Continuavo
a piangere senza trovare un modo
per smettere, e il corpo di Massi era caldo a contatto con il mio,
talmente
caldo che lo sentivo quasi fin dentro le ossa.
Si
allontanò quel tanto che bastava per
guardarmi negli occhi.
Posò
una mano sulla mia guancia e con
delicatezza cominciò ad asciugare le lacrime che pian piano
stavano diminuendo.
Il suo tocco era lento e il suo sguardo mi accarezzava il volto con una
dolcezza tale che il cuore cominciò ad aumentare i battiti.
Massi era il mio
telecomando personale per attivare le tachicardie.
-Tu
sei mia, mettitelo in testa una volta per tutte-,
stava ancora sussurrando. Adoravo il tono della sua voce quando
sussurrava, era
così calda e invitante per non dire che scatenava nella mia
mente scene da vero
e proprio bollino rosso. –Non permetterò che
qualcosa si metta tra noi. Né tuo
padre né tantomeno mia madre m’impediranno di
amarti e di essere felice con
te.-
Mi
strinse ancora di più e le sue mani si
posarono sulla mia schiena, sotto la camicetta che era ancora
sbottonata. Erano
così calde e forti, mi sentivo sempre al sicuro tra le
braccia di Massi. Avevo
ancora paura che qualcosa ci avrebbe separato un giorno ma in quel
momento non
ci volevo pensare. In quel momento eravamo solo lui ed io.
Sollevai
il viso e incontrai i suoi occhi
verdi, dolci e luminosi. Quante volte mi ero persa in quegli occhi,
quante
volte il solo fatto di poterli incontrare mi aveva reso la ragazza
più felice
dell’Universo, quante volte avrei voluto gridare al mondo che
quegli occhi
erano solo miei e che io avrei permesso solo a loro di guardarmi. Tante
volte,
ma mai abbastanza per il mio cuore.
Mi
avvicinai al suo viso e lui con delicatezza
posò le sue labbra sulle mie. Senza fretta, senza
foga… Quello era uno dei
nostri baci d’amore, uno dei nostri baci consapevoli, senza
passione o
desiderio, privi di qualsiasi malizia ma colmi di tutti i sentimenti
che ci
permeavano e ci attiravano l’uno verso l’altra.
Le
mie mani finirono dietro al suo collo e mi
divertii a giocherellare con i suoi capelli biondi che mi solleticavano
le dita
mentre i nostri corpi sfregavano l’uno contro
l’altro e i nostri cuori
battevano sempre più veloci.
Avvertii
le mie guance che cominciavano ad
arrossarsi per il calore emanato dai nostri corpi e inarcai la schiena
per
permettere al mio corpo di aderire ancora di più contro
quello di Massi.
Le
nostre labbra si dischiusero lentamente,
molto lentamente, per assaporare ogni attimo e ogni minimo istante. Le
lacrime
continuavano a scendere lungo le mie guance ma queste erano lacrime
diverse:
non sapevo come ci riusciva, ma quel ragazzo era in grado di
trasformare ogni
mia emozione in realtà. Quelle lacrime scendevano
perché io ero felice e in
quel momento era il modo più diretto che il mio corpo aveva
per dimostrarlo.
Quando ero con Massi non avevo più freni: riusciva a farmi
imbestialire,
riusciva a farmi piangere, riusciva a rendermi felicissima, riusciva a
sciogliere
ogni mia cellula di cinismo. Lui era l’unico in grado di
farmi sentire così
amata e così al sicuro. Lui era il mio Massi e questo non
sarebbe mai cambiato…
Mai!
Il
bacio si fece più profondo mentre una mano
di Massi risaliva lungo la mia schiena con delicatezza e raggiungeva il
gancetto
del mio reggiseno. Non potevamo proprio stare lontani, appena ne
avevamo
l’occasione finivamo con il fare l’amore.
Aveva
quasi sganciato il reggiseno quando…
-Massi!
Ti vanno bene spezzatino e insalata di
patate per cena?- chiese la D’Arcangelo gridando dal piano di
sotto.
Massi
si staccò da me e sbuffando gridò un
sì.
-E’
meglio se me ne vado-, sussurrai con un
sorriso. –Altrimenti stasera rischiamo davvero che ci scopra.-
Lui
mi guardò per un secondo con
un’intensità
che mi lasciò senza fiato. Sembrava quasi che i suoi occhi
mi stessero
chiedendo di non andare.
Poi
si chinò su di me e mi lasciò un dolce
bacio sulle labbra mentre io sentivo il cuore che ripartiva a correre
la sua
solita maratona.
-Quanto
vorrei stare con te per tutta la
notte-, mi sussurrò a fior di labbra. –Stringerti
e tenerti vicina a me, per
non lasciarti andare più.-
Lo
fissai e un sorriso divertito si aprii sul mio
volto mentre lui con dolcezza asciugava le ultime lacrime che
tracciavano delle
linee umide sulle guance.
-Troveremo
il modo per stare di nuovo da soli-,
dissi con calma riabbottonandomi la camicetta.
–Però non mi sembra il caso di
sfidare ancora il destino, almeno per oggi.-
-Hai
ragione-, sorrise e si diresse verso la
scrivania.
Aveva
preso il cellulare.
-Che
fai?- domandai con una certa curiosità.
-In
questo momento per te è impossibile uscire
da questa casa, mia madre sta cucinando e ti vedrebbe di sicuro mentre
esci
dalla porta. E poi siamo venuti qua con il mio scooter, come vorresti
tornare a
casa visto che io non ti posso accompagnare?-
Prima
che potessi rispondere aveva già portato
il cellulare all’orecchio in attesa che la persona chiamata
accettasse la sua
telefonata.
-Sabri-,
esordì lui con un sorriso. –Dovresti
farmi un favore. Sei a casa?-
Subito
un sorriso si dipinse anche sulle mie
labbra. Sabrina De Giorgi, una delle mie amiche più care
nonché amica
d’infanzia di Massi ed ex fidanzata di Marco. Era una ragazza
decisa e
responsabile, con un senso della giustizia davvero unico.
Mi
aveva aiutato in diverse occasioni e
probabilmente era destinata a essere una delle persone più
importanti della mia
vita. Quando c’era lei in giro, difficilmente le cose
andavano male, bastava
che lei si mettesse solo un po’ d’impegno e tutto
si sistemava. Era come se la
sua presenza annullasse completamente tutta la sfortuna che mi
perseguitava.
Quindi
fui felice di sapere che Massi voleva
l’aiuto di Sabrina per tirarci fuori da quel pasticcio di
dimensioni bibliche.
-Vale
è qui da me-, disse Massi con voce seria.
–E mia madre è tornata a casa prima. Dobbiamo
trovare un modo per farla uscire da
qui senza che venga scoperta, e dovresti anche riportarla a casa.-
Sabrina
gli rispose qualcosa e gli occhi di
Massi s’illuminarono. Chiuse la chiamata e mi sorrise.
-Sabrina
sta venendo qua, distrarrà mia madre
così tu potrai uscire-, venne verso di me e mi
abbracciò, io mi lasciai cullare
da quel contatto. –Quanto vorrei poter gridare al mondo
intero quanto ti amo.-
-Provaci
e ti faccio fuori, razza di biondino
senza cervello-, risposi divertita.
-Sì,
lo so-, esordì lui un po’ scocciato.
–Prima della fine della maturità nessuno
dovrà sapere di noi due. Ho capito.-
-Tanto
meglio-, alzai la testa e lo inchiodai
con il mio sguardo più penetrante. –Almeno questo
sei riuscito a capirlo, mi
meraviglio che il tuo cervellino sia arrivato a compiere un passo del
genere.
Dovremmo ricordare questo giorno e celebrarlo come festa nazionale.-
Forse
il mio poteva sembrare un comportamento
un po’ stupido agli occhi di un estraneo ma tra me e Massi
era sempre andata
così. Difficilmente riuscivamo a essere completamente dolci
e affettuosi, tra
noi doveva sempre esserci una piccola dose di prese in giro altrimenti
non
saremmo più stati noi.
-Sai,
Ferrari-, cominciò lui alzando un sopracciglio
con fare spavaldo. –Spesso mi chiedo quale dei miei
innumerevoli neuroni abbia
deciso di portarmi al suicidio facendomi innamorare di una come te.-
-Una
come me?- chiesi stizzita.
Lui
sorrise sicuro, si piegò verso di me e
raggiunto il mio orecchio sussurrò: -Una bellissima,
intelligente e spiritosa
ragazza acida come te.-
La
sua voce. Era come una ventata fresca
durante una torbida estate, mi rianimava e mi faceva sentire bene,
appagata e
felice. Come poteva una voce, una semplice voce, causare un marasma
così
confuso ma allo stesso tempo definito, dentro al mio piccolo cuore di
umana?
Proprio
in quel momento il campanello suonò.
-Deve
essere Sabrina-, mormorò Massi
sorridendomi.
Mi
diede un veloce bacio sulla fronte e si
diresse verso la porta.
-Appena
ti faccio uno squillo sul cellulare
scendi ed esci immediatamente. Poi aspetta Sabrina vicino alla sua
auto, è
parcheggiata davanti alla casa qua accanto.-
Aprì
la porta e mi lanciò un ultimo sguardo.
-Ci
vediamo domani a scuola.-
Annuii
e con un sorriso lui scomparve
richiudendosi la porta alle spalle.
Rimasi
ferma al centro della stanza a pensare.
Come avevo potuto innamorarmi di un ragazzo così
egocentrico, megalomane,
bellissimo, meraviglioso e fantastico? Ma la domanda che mi stava
togliendo il
sonno da diverse notti era proprio quella contraria: come aveva fatto
lui a
innamorarsi di una ragazza ordinaria come me? Non avevo la risposta e
da una
parte non la volevo neanche. Ormai il tempo delle spiegazioni razionali
era
finito da un pezzo, fin da quando Massi ed io avevamo litigato per la
prima
volta davanti alle macchinette della nostra scuola, la mia vita era
cambiata ed
ero stata travolta da un vortice inarrestabile di avvenimenti
inspiegabili che
difficilmente avrebbero trovato una risposta sensata.
Massi
mi amava ed io amavo lui, come risposta
era più che sufficiente. Per la prima volta sentivo di non
voler andare in fondo
alla faccenda, le cose stavano così punto e basta, senza
drammi o strane teorie
nascoste. Ed ero felice di questo.
Pochi
minuti dopo Massi mi fece uno squillo e
capii che era arrivato il momento di fuggire da quella casa prima che
la
D’Arcangelo mi scoprisse sul serio.
M’infilai
velocemente il cappotto e afferrai
lo zaino che avevo abbandonato dietro al letto di Massi, per fortuna la
D’Arcangelo non lo aveva visto quando era entrata nella
stanza.
Cercando
di fare il meno rumore possibile
aprii la porta della stanza e mi ritrovai nel corridoio che portava
alle scale.
Sentii delle voci provenire dal piano di sotto e distinsi senza
problemi quella
di Sabrina insieme a quella di Massi e di sua madre.
Raggiunsi
le scale e cominciai a scenderle
lentamente in modo che le mie scarpe non facessero rumore a contatto
con i
gradini.
-Allora
Sabrina… Ho saputo che Marco ha
trovato una fidanzata, una delle mie alunne. Spero che la cosa non ti
dia
fastidio.-
La
D’Arcangelo era sempre la solita
impicciona, non poteva proprio fare a meno di ficcare il naso nelle
vite
altrui. Anche se la vita in cui preferiva ficcanasare era certamente
quella di
Massi.
-Si
figuri, Claudia-, cominciò Sabrina
ridendo. –Ormai Marco ed io siamo solo amici, e in
più la ragazza con cui sta
adesso è anche una mia grande amica.-
-Sul
serio?- chiese la D’Arcangelo sorpresa.
Nel
frattempo io avevo quasi raggiunto la
porta d’ingresso. Posai la mano sulla maniglia e gettai
un’occhiata verso la
stanza da cui provenivano le voci. Era la sala da pranzo e se la
D’Arcangelo
non fosse stata voltata di spalle, mi avrebbe di certo vista passare.
Davanti
a lei Sabrina la stava intrattenendo e
Massi se ne stava seduto al tavolo fingendo di essere impaziente di
cenare.
D’un tratto alzò lo sguardo e i suoi occhi
incontrarono i miei come se avessero
sentito la mia presenza.
Per
un lungo istante ci ritrovammo nel nostro
piccolo Paradiso fatto d’irrealtà e sicurezza, un
luogo dove non c’era il
pericolo che ci scoprissero, dove potevamo essere semplicemente Massi e
Vale,
senza parentele scoccianti di mezzo o genitori idioti a decidere al
posto
nostro.
Il
verde dei suoi occhi era così caldo ma allo
stesso tempo così freddo e sensuale, come se
l’unico desiderio di quegli occhi
fosse stato potersi perdere per tutta la vita nei miei- oppure stavano
sperando
che per una qualche magia io perdessi tutti i vestiti. Nessuna delle
due
prospettive era male se proprio dovevo essere completamente sincera.
-Rimani
a cena Sabrina?- chiese la D’Arcangelo
con un sorriso. Anche se non potevo vederla in volto si capiva dal tono
di voce
che stava sorridendo.
-No,
grazie. Mio fratello mi sta aspettando,
non mangia se io non sono in casa..
-Che
bambino dolce e affettuoso-, mormorò la
D’Arcangelo estasiata.
Massi
mi fece un eloquente segno in direzione
della porta, intimandomi implicitamente di andare via. E sapevo che mi
dovevo
sbrigare, la D’Arcangelo avrebbe potuto vedermi in qualsiasi
momento, le
bastava semplicemente voltarsi.
-Sì,
come no-, rispose Sabrina sorridendo.
Con
calma e senza fare il minimo rumore aprii
la porta e uscii richiudendola con cautela alle mie spalle.
Mi
ritrovai sotto il portico della villetta di
Massi e subito notai quanto facesse freddo in quel tardo pomeriggio
d’inizio
febbraio. Era così seccante. Poco prima ero al caldo tra le
braccia del mio
ragazzo e adesso mi ritrovavo da sola al freddo a guardare il cielo
coperto di
nubi sopra di me. Quella situazione stava cominciando a diventare
davvero
pesante, e dopo due mesi capivo perfettamente perché Massi
volesse uscire allo
scoperto. Neanche per me quella circostanza era facile da affrontare ma
sapevo
che, se la D’Arcangelo avesse scoperto tutto, le cose si
sarebbero complicate
davvero troppo per la mia sopportazione. Non avrei resistito e alla
fine avrei
gettato la spugna: mi conoscevo e non potevo proprio correre quel
rischio.
Massi per me era troppo importante, indispensabile come
l’aria.
Sentii
delle voci avvicinarsi alla porta e
subito scesi i gradini che mi separavano dal cancelletto di ferro
battuto,
uscii in strada e mi nascosi dietro l’Opel Corsa nera di
Sabrina.
-Allora
ci vediamo presto Sabrina e salutami i
tuoi genitori-, disse la voce della D’Arcangelo.
-Lo
farò, arrivederci-, rispose Sabrina
cordiale.
La
porta si chiuse e avvertii dei passi
dirigersi nella mia direzione.
-Puoi
venire fuori, Vale.-
Feci
un sospiro di sollievo. Finalmente ero al
sicuro e non correvo più il pericolo di essere vista.
Uscii
dal mio nascondiglio e mi ritrovai davanti
a una delle ragazze a cui più volevo bene al mondo.
-Stai
bene?- mi chiese lei mettendo una ciocca
dei suoi corti capelli neri dietro l’orecchio.
Le
sorrisi in modo amaro.
-Diciamo
di sì, in fondo non è mai stata una
novità il fatto che la D’Arcangelo non sopportasse
l’idea che Massi e Delia si
lasciassero. Non sarà semplice arrivare alla fine di questa
battaglia, ed io
sono già stanca in partenza.-
-Non
dire così-, esclamò Sabrina
raggiungendomi con due lunghe falcate e abbracciandomi. Mi lasciai
stringere
senza provare a fare nulla, ero troppo stanca anche per rassicurarla.
–Tu e
Massi dovete stare insieme e quando sua madre capirà da che
genere di
sentimenti siete legati non potrà fare a meno di accettarti.-
Si
staccò da me e mi fissò negli occhi
sorridendo.
-Nessuno
potrebbe mai odiarti, Vale. Tu sei
una ragazza fantastica e vedrai che se ne renderà conto
anche la D’Arcangelo,
esattamente come ha fatto Massi.-
Era
inutile, non riuscivo a credere che una
cosa del genere sarebbe mai avvenuta, ma non potevo di certo arrendermi
così. Non
dopo tutto quello che avevo passato per stare con Massi. Per il nostro
amore
avrei fatto di tutto, si trattava solo di resistere. Ce la dovevo fare.
Sabrina
mi riaccompagnò a casa. Mi feci una
doccia calda e mi misi a letto, con in testa le parole della
D’Arcangelo che
viaggiavano attraverso i miei pensieri rendendomi sempre più
ansiosa.
Quella
fu la prima notte in cui feci un sogno.
Un sogno che in realtà era il peggiore dei miei incubi:
Massi era di spalle e
si allontanava da me sempre di più senza mai voltarsi verso
di me… Mai. Anche se io
urlavo il suo nome, lui
continuava dritto per la sua strada, lasciandomi indietro. Sola con il
mio
dolore.
***L'Autrice***
Comincio questo commento (che prevedo abbastanza lungo ^^') con una
premessa per me davvero importante.
GRAZIE!
Lo so, sembra strano che un'autrice ringrazi al primo capitolo ma sento
di doverlo fare. E' un grazie che scaturisce davvero dal cuore e che
comprende almeno un centinaio di motivazioni ma cercherò di
riassumerle. Prima di tutto ringrazio tutte le lettrici che hanno avuto
la santa pazienza di aspettare ben un anno e cinque mesi per leggere
questa storia, ma soprattutto le ringrazio per non aver deciso di
ammazzare il tempo nell'attesa lapidando me (forse me lo sarei
meritato, e anche per questo le motivazioni sono infinite). Ringrazio,
ovviamente, anche le "nuove" lettrici che magari hanno letto "Il Figlio
Della Prof" durante la seconda pubblicazione e quindi hanno dovuto
aspettare meno di altre ma che hanno comunque dimostrato una grande
pazienza e un grande entusiasmo. Terzo: ringrazio tutte le persone che
si sono affezionate a questa coppia e che mi hanno dimostrato tutto il
loro sostegno tramite facebook e tramite le recensioni qui su EFP.
Può sembrare strano, ma ringrazio anche le case editrici che
hanno rifiutato "Il Figlio Della Prof", anche se non è stato
nè piacevole nè tantomento semplice affrontare
quel
momento e tutti quei rifiuti, sono uscita da quell'esperienza
più forte e determinata di prima, e ancora più
consapevole del fatto che, come dico sempre, questa storia non ha la
pretesa di essere un capolavoro ma solo un modo come un altro che io
stessa utilizzo per evadere un attimo dalla realtà (che, vi
assicuro, non è per niente facile da affrontare) e con cui
cerco
di trasmettere un po' del mio amore per la lettura, per la scrittura,
per le storie romantiche a chi, come me, vuole ancora continuare a
sognare. Se riesco a farvi provare anche solo l'1% dei miei sentimenti
grazie alle mie parole allora posso ritenermi la persona più
felice e soddisfatta del mondo. Un altro grazie va a loro: Massi e
Vale. Senza di loro non avrei conosciuto persone meravigliose, e spesso
non avrei neanche avuto la forza di affrontare una giornata o di
svegliarmi al mattino. Devo molto a questi personaggi che, per alcuni
versi, sono due facce della stessa medaglia e riassumono due lati
paralleli del mio carattere e del mio essere. E probabilmente un grazie
lo devo anche a me stessa. Non pretendo di affermare che senza di me
non ci sarebbe stata alcuna storia perchè per scrivere le
vicende di Massi e Vale mi sono ispirata a tutto, avvenimenti che mi
sono ritrovata a vivere io o le persone che mi circondano,
però
devo ammettere che forse, guardandomi dall'esterno, un po' mi stimerei
per essere riuscita a creare un mondo parallelo al mio, il mondo di
Massi e Vale. Ma soprattuto mi ringrazio per essere riuscita ad andare
avanti nonostante tutte le difficoltà che mi hanno
ostacolato in
questi mesi (dai rifiuti delle case editrici, all'Università
fino ad arrivare ai miei ormai conosciuti drammi sentimentali ^^). E
l'ultimo grazie, quello per me più importante, va a tutte
quelle
persone che in questi mesi mi hanno spronato a non arrendermi e ad
andare avanti, facendo uscire tutta la forza di volontà che
probabilmente avevo sepolto in qualche angolo oscuro del mio cuore.
Questa storia si intitola "Verso La Maturità" e non
è un
caso, perchè come i protagonisti cresceranno nel corso degli
eventi, anch'io lo farò. Cambieranno, come io ho
già
fatto e continuerò a fare. La vita, alla fine dei conti,
è solo questo: un percorso in cui ognuno di noi cresce,
matura e
cambia, proprio per questo va vissuta, altrimenti non si
potrà
mai sapere quello che sarebbe potuto accadere se al posto di stare a
guardare non avessimo agito e deciso di crescere sul serio.
Dopo questa filippica enorme direi di passare al commento del capitolo.
^^
Allora, da dove cominciare? Be' direi che un bel "vaf... lo" alla
D'Arcangelo ci sta tutto, fatemi passare il francesismo... xD
Lei e il
suo tempismo del cavolo! Ma una vagonata di fatti suoi mai, eh?
Nonostante io abbia finito il liceo da più di un anno e non
veda
la vera
D'Arcangelo da tempo
immemorabile, quella donna riesce ancora a scatenare tutto il mio odio.
E' riuscita persino a far piangere Vale. La odio ancora! -__-'
Tolta quella serpe della D'Arcangelo, sono così felice di
poter
parlare di nuovo di Massi e Vale con la consapevolezza che nessuna
lettrice sa già quello che accadrà... Muahahahah,
come
sono crudele... xD E comunque mica tanto visto che per il momento ho
scritto solo cinque capitoli e quindi, alla fine, neanche io sono
completamente onniscente riguardo al resto della storia. Diciamo che il
mio cervello ha solo un'idea poco definita di quello che
potrà accadere, ho solo poche certezze sparse qua e
là per
il resto della storia. Spero di non fare qualche casino e di non
deludervi.
Ma parliamo dei veri protagonisti di questo capitolo: il letto e
l'armadio... u.u ahahah Scherzo, ovviamente voglio parlare di Vale e
Massi. Massi e Vale. Vale&Massi. MassixVale. Insomma credo di
essermi spiegata, scrivetelo come vi pare, ma voglio parlare proprio di
loro due... xD Ebbene sì, quello che non vi dato ne "Il
Figlio
della Prof", cioè dei veri e propri capitoli pieni di
romanticismo tra loro due, ho intenzione di darvelo nei primi capitoli
di questo sequel. Pensandoci ho capito che se lo meritavano dopo tutto
quello che hanno dovuto passare nella prima parte della loro storia.
Naturalmente, chi mi conosce sa che non lascerò che vivano
tranquilli per molto tempo ma cercherò di far durare questa
piccola parentesi felice il più a lungo possibile. ^^
Promesso.
Giusto per chi magari non lo sa, più che altro mi riferisco
alle
nuove lettrici, questa storia è davvero una parte di me. Il
Liceo Classico Virgilio è stato mio liceo, Lecce
è la mia
città, la D'Arcangelo era la mia professoressa di scienze (e
anche tutti gli altri professori, sono stati davvero miei professori),
Martina e Amelia erano le mie migliori amiche a quel tempo (dico
così perchè purtroppo con la ragazza che mi ha
ispirato
il personaggio di Amy le cose sono finite male, non per volere mio. E'
una storia lunga che mi fa davvero male ricordare), e mi piacerebbe
dire "Massi è il mio ragazzo" ma purtroppo non è
così... xD Però Massi è il mio ragazzo
ideale e
sulla base di questa mia idea ho creato Massimiliano Draco. O almeno,
all'inizio è andata così, poi anche in lui, come
in Vale,
ho riversato una parte del mio carattere, quindi adesso non saprei
neanche dirvi come e perchè Massi sia così, lui
è
Massi, non c'è altro da dire... xD Per quanto riguarda Vale,
qualcuno mi ha chiesto se io e lei fossimo la stessa persona. Be', mi
piacerebbe essere come Vale, ma non è così. In
lei rivedo
molto di me stessa ma suppungo che sia una persona migliore di me. Si
potrebbe dire che Vale rispecchia quello che io vorrei essere in
realtà, la me che mi piace immaginare. Di certo quello che
abbiamo in comune è la sfortuna che ci perseguita... xD
Parlando invece degli aggiornamenti, pubblicherò un capitolo
a
settimana. Questo l'ho pubblicato di sabato solo perchè
è
il 19 febbraio (compleanno mio e di Vale) e ho pensato che fosse
un'idea carina, ma probabilmente gli altri li pubblicherò
sempre
di domenica pomeriggio (ovviamente a partire dalla prossima domenica,
non da domani... ^^'). Non me ne vogliate ma la domenica è
l'unico giorno libero che mi rimane. Su questo punto purtroppo sono
irremovibile, sia per gli impegni ma soprattutto perchè non
ho
ancora finito di scrivere la storia e pubblicando un capitolo a
settimana potrei riuscire a non farvi aspettare mesi tra un
aggiornamento e l'altro... ^^
Altra cosa di cui volevo parlarvi sono gli aggiornamenti di "La Ragazza
Delle Macchinette" e "Ghost Seeker". Non è certo ma
finchè avrò in cantiere "Verso La
Maturità"
sarà un po' difficile che io riesca ad aggiornare anche
quelle
storie. Purtroppo se cerco di fare troppe cose insieme poi non concludo
niente, quindi è meglio che mi concentri su questo Sequel
per
poi continuare le altre storie con più calma quando
avrò
finito. Questo non vuol dire che magari un giorno, all'improvviso, non
troviate qualche aggiornamento che non vi aspettavate. Sono fatta
così, la mia ispirazione mi può colpire quando
meno me lo
aspetto. Vi chiedo comunque di avere pazienza e di perdonarmi.
Visto che la storia di Massi e Vale sta continuando direi che sarebbe
una cosa buona e giusta tornare alle vecchie tradizioni. A cosa mi
riferisco? Le lettrici della prima pubblicazione de "Il Figlio della
Prof" lo sanno bene. E' arrivato il momento di qualche spoiler sul
prossimo capitolo... xD
Anticipazioni:
Vediamo un po' chi indovina. Nella storia siamo a febbraio e la
D'Arcangelo è stata all'incontro genitori-insegnanti.
Quindi,
secondo voi, nel prossimo capitolo cosa succederà? Ovvio, la
consegna delle pagelle del primo quadrimestre! Che per chi sta
preparando l'esame di maturità equivale più o
meno a una
condanna a morte. -__-' Ricordo quel momento come se fosse ieri, bleah!
xD Inoltre ci sarà un dolce Massi&Vale moment,
e una piccola
rivelazione riguardo al rapporto di Delia e Massi. Ovviamente nulla di
preoccupante giusto una piccola curiosità che forse non
tutti si
aspettavano.
Non posso dirvi altro, ma una cosa ve l'anticipo: secondo il mio parere
i veri capolavori di dolcezza saranno i capitoli tre, quattro e
cinque... xD Quando li leggerete capirete il senso delle mie parole.
Direi che questo commento è andato avanti anche troppo a
lungo, quello che vi dovevo dire l'ho detto perciò prendo un
altro minuti per ricordare a tutti che potete trovare molto altro su
Massi e Vale cliccando su questi link:
Forum
Gruppo su
Facebook
Pagina su
Facebook (in cui pubblico spoiler sui capitoli successivi
e anche mie sciocche "pillole di saggezza")
Profilo au
Facebook (Scarcy Novanta)
Per finire vi ringrazio ancora una volta per la pazienza e ringrazio
tutte le nuove persone che decideranno di leggere questa storia. *-*
Un bacio!
|
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Capitolo 2 *** Appena Prima Di Partire ***
Verso La Maturità- Capitolo 2
L’Attesa E’
Una Freccia Che Vola E Che Resta Conficcata Nel Bersaglio.
La
Realizzazione Dell’Attesa E’ Una Freccia Che
Oltrepassa Il Bersaglio
Soren
Kierkegaard
Capitolo 2:
Appena Prima Di Partire
E
va bene.
Con
Delia poco prima della fine del
quadrimestre avevamo progettato di partire per gli Stati Uniti. Visto
che
voleva andare a trovare suo padre e suo fratello Michael, le era
sembrato che
le vacanze di Carnevale fossero il momento più opportuno per
partire tutti
insieme.
Questo
prima di una serie di eventi che ci
aveva praticamente portati a rinunciare.
Sabrina
non poteva allontanarsi da Lecce perché
il suo fratellino non riusciva a vivere senza di lei. Quando aveva solo
accennato alla partenza, il bambino era scoppiato a piangere pregandola
di non
andare, di non abbandonarlo. Quindi Sabrina era out.
Martina
non sarebbe partita a prescindere.
Figuriamoci se sua madre le avrebbe mai dato il permesso, era inutile
persino
chiederglielo.
Amy
era pronta alla partenza, aveva persino
comprato una valigia nuova. Ma all’improvviso suo padre si
era preso la
polmonite e lo avevano ricoverato. Di certo lei non sarebbe mai partita
con il
padre in quelle condizioni, anche se ormai era in via di guarigione.
Di
conseguenza Marco non aveva intenzione di
muoversi senza Amy, perciò anche lui era fuori dal gioco.
Massi
non aveva avuto problemi. Sua madre
conosceva i Barton da una vita e la sola idea che lui partisse con
Delia la
mandava in estasi. Ovviamente non sapeva della mia presenza.
Fin
qui potrebbe anche sembrare che la
situazione non fosse poi così tragica, se non ci fosse stato
il piccolo
insignificante dettaglio che io non avevo ancora detto ai miei che
volevo
partire per Boston. In genere non mi avrebbero mandato da sola neanche
a Bari,
figurarsi se mi avrebbero lasciato andare negli Stati Uniti senza
battere
ciglio.
Ero
talmente gasata all’idea di partire che mi
era proprio passato di mente il fatto che avevo dei carcerieri e non
dei genitori.
Accidenti
a me!
Mia
madre, Roberta Rizzo, sarebbe morta
d’infarto all’idea di me, sua unica figlia, su un
aereo- cioè a chilometri di
distanza dalla terra ferma- per tutte quelle ore.
Ma
sopra ogni cosa immaginavo e già sentivo la
reazione di mio padre: mi avrebbe semplicemente incenerito con lo
sguardo senza
lasciarmi neanche modo di replicare.
Mio
padre, Gianpaolo Ferrari, la maggior parte
delle volte non si comportava come un padre. Era più come un
fratello, un
fratello minore per giunta. Probabilmente per lui io sarei stata la sua
bambina
sempre e comunque. Fin da piccola mi aveva ripetuto costantemente che
il giorno
in cui avrei trovato un fidanzato lui avrebbe dovuto ucciderlo, era nel
suo
pieno diritto e nessuno avrebbe mai potuto dire nulla.
Ovviamente
non ero così idiota da pensare che
se mio padre avesse saputo di Massi lo avrebbe fatto secco per davvero,
ma
conoscendo mio padre ero abbastanza consapevole del fatto che lui non
avrebbe
accettato tanto facilmente una mia relazione con un qualsiasi ragazzo.
In
più, conoscendo Massi sempre di più, mi ero
resa conto di quanto somigliasse a mio padre.
Come
tutte le bambine quando da piccola mi
chiedevano chi avessi voluto sposare da grande io rispondevo
“Il mio papà”. Non
c’era altro uomo al mondo per me: sapeva proteggermi, sapeva
farmi ridere e
sapeva cosa desideravo facendo di tutto pur di donarmelo.
Alla
fine ero stata accontentata: avevo
trovato la fotocopia di mio padre.
Massi
e papà erano uguali. Non lo avevo mai
notato prima ma in quell’ultimo mese avevo trovato delle
somiglianze davvero
inquietanti.
Papà
era uno a cui piaceva mettersi in mostra.
Amava avere ragione e sapeva che la maggior parte delle volte era lui a
essere
dalla parte del giusto, cosa per cui si sentiva in diritto di vantarsi.
Scherzava e faceva battute in continuazione, aveva sempre voglia di
ridere. Era
il migliore nel suo lavoro e non avrebbe mai accettato il contrario. In
più il
suo sport preferito era stuzzicare me.
Massi
era identico a lui.
Questo
mi spaventava perché sapevo che se un
giorno si fossero incontrati si sarebbero uccisi a vicenda a suon di
frecciatine e di battute, fino a quando non sarebbero passati
definitivamente
alle mani.
Avevo
paura, inutile nasconderlo.
Mio
padre aveva sempre avuto un forte
ascendente su di me. Il mio scopo fino a quel momento era sempre stato
quello
di non deluderlo, a costo di stare male io stessa. Per questo sapevo
che se per
caso non avesse accettato Massi come mio ragazzo io sarei entrata
ancora più in
crisi.
E
quello stupido di Massi si arrabbiava perché
non volevo che i miei genitori sapessero che avevo una relazione, che
mi ero
innamorata.
Come
faceva a non capire che io agivo solo per
il suo bene?
A
volte quel cretino era proprio un idiota
buono solo a farmi incavolare come una iena!
Tanto
lo sapeva che l’avrei spuntata io, che
bisogno c’era di fare tante storie? Pensandoci,
probabilmente, per lui era
quasi naturale ribattere, proprio per spirito di contraddizione. E
sempre
pensandoci, difficilmente avrei potuto continuare ad amare un Massi
diverso da
quello di sempre, pieno di ego e di dolcezza.
Parcheggiai
con calma il mio scooter nel
solito posto, dietro l’edificio scolastico. Ormai era
già da un po’ che Amy ed
io non venivamo a scuola con il mio scooter. Era Marco a passare ogni
mattina
da lei e a riportarla a casa quando finivano le lezioni. Ero davvero
contenta
di vedere quanto stesse andando bene la loro storia, si amavano tanto e
lo
potevano dimostrare in ogni modo.
Quello
che mi lasciava un attimo sorpresa era
che ancora non avevano “consumato”. Sapevo che Amy
aveva sempre avuto una
mentalità piuttosto rigida per quanto riguardava il sesso ma
non avrei mai
pensato che l’avrebbe portata avanti così
strenuamente, e di certo non credevo
che Marco l’avrebbe accettata senza battere ciglio. Sempre
che lui sapesse
davvero qual era l’opinione di Amy al riguardo. Potrebbe
sembrare un attimino
esagerato ma c’era una frase che la mia amica mi ripeteva fin
da quando avevamo
capito cos’era il sesso e cosa comportava. Questa frase era:
“Non ho intenzione
di farlo fino a quando non sarò sposata. Voglio che mio
marito sia il primo e
l’ultimo.”
La
solita esagerata dai gesti eclatanti, ma
quando diceva una cosa difficilmente se la rimangiava. Per quanto mi
riguardava,
rimanevo della mia opinione: Marco non aveva ancora idea di quanto
facesse sul
serio Amy riguardo quella faccenda.
Lo
avrebbe capito con il tempo.
Solo
immaginando quello che avrebbe pensato il
povero Marco non potei fare a meno di lasciarmi sfuggire un sorrisetto.
Comunque
quelli erano solo affari loro, adesso
avevo altro a cui pensare e di cui preoccuparmi.
Ero
arrivata un po’ troppo presto per i miei
standard ma quella notte non avevo dormito bene e non avevo voglia di
starmene in
casa. In cortile non c’era praticamente nessuno e stavo
pensando di sedermi su
una panchina per ripetere scienze ma quando mi avvicinai notai che era
bagnata
fradicia. Odiavo l’umidità notturna!
Visto
che non c’era nessuno decisi di andare in classe.
Entrai
nell’atrio della scuola e vidi che non
c’erano bidelli in giro, ma per sicurezza, visto che non
permettevano a nessuno
di entrare in aula così presto, decisi di entrare dalla
porta laterale che dava
sulle altre scale.
Aprii
con calma la porta senza fare rumore e
stavo per cominciare a salire le scale quando mi sentii afferrare per
il polso
e trascinare all’indietro, mentre una mano mi chiudeva la
bocca.
Mi
ritrovai al buio.
Ero…
Ero… Ero finita nello stanzino delle
scope sotto le scale!?
-Stai
calma sono io-, sentii una voce dietro
di me, come sentivo il battito forsennato del cuore di Massi contro le
mie
scapole, e come sentivo distintamente il calore del suo corpo contro la
mia
schiena.
Lo
stanzino delle scope era uno spazio
piuttosto ristretto quindi eravamo costretti a rimanere in quella
posizione.
Di
certo non sarei stata io a lamentarmi!
-Che
succede?- chiesi stizzita. –Perché mi hai
trascinata qui dentro?-
Era
proprio buio, non vedevo nulla. Mi
sembrava di parlare con il vuoto.
-Tu
non vuoi che ci vedano insieme ed io avevo
bisogno di parlarti.-
-E
di cosa?- chiesi contrariata.
I
miei occhi stavano cominciando ad abituarsi
lentamente all’oscurità e cominciai a distinguere
diversi flaconi di detersivo
posati su uno scaffale proprio davanti al mio naso.
-Volevo
solo parlare un attimo di quello che
ha detto ieri mia madre…-
La
sua voce era seria, molto seria. Non avevo
mai sentito quel tono di voce uscire dalla bocca di Massi.
Non
parlai, non ne avevo la forza.
-Mia
madre ha sempre voluto che io e Delia
stessimo insieme. Da piccolo ero persino arrivato a pensare che le
nostre
vacanze in America avessero il solo scopo di farci innamorare, e non
credo di
aver avuto tutti i torti.-
Mi
voltai lentamente verso di lui e cominciai a
intravedere i suoi occhi anche attraverso il buio di quello sgabuzzino
sudicio.
-Se
questo è il tuo modo per tranquillizzarmi,
ti comunico che non funziona. Sapere che tu e Delia siete vittime di
una relazione combinata non mi
aiuta per
niente.-
-Se
magari mi fai finire di parlare, forse
riusciamo a uscire da questa storia senza ucciderci a vicenda-, rispose
lui
stizzito.
Lo
fissai per un attimo e poi abbassando lo
sguardo gli diedi il mio tacito consenso a continuare.
-Non
posso nasconderti che in effetti c’è
stato un periodo, un paio d’anni fa, in cui sembrava che io e
Delia stessimo
per metterci insieme sul serio.-
Alzai
la testa di scatto, sconvolta da quella
rivelazione.
-Era
estate e i nostri genitori trovavano
sempre il modo di lasciarci soli o di farci uscire insieme, alla fine
stavamo
quasi per cascarci. Ma non è mai successo nulla.-
-Scusa
la domanda, ma che intendi quando dici
“stavamo quasi per cascarci”?- la mia voce era dura
e le mie braccia s’incrociarono
in una posa rigida e furibonda senza che io me ne rendessi neanche
conto.
Lui
mi guardò per qualche istante ed ebbi la
netta impressione che un sorrisetto gli si fosse dipinto per pochi
attimi sul
volto.
-Sei
gelosa per caso?-
Ma
allora era proprio cretino!
-Ehm…
Fammici pensare…-, mi posai l’indice sul
mento. –Direi proprio di sì! Delia è
stupenda e lo sai che ho sempre sofferto
di un senso d’inferiorità nei suoi confronti,
quindi se per caso tu hai mai
provato qualcosa per lei direi proprio che sono in diritto di essere
gelosa.
Perché lo so che io non potrei mai competere con una come
lei e se c’è anche
solo la minima possibilità che tu possa provare qualche
interesse nei suoi
confronti probabilmente io non potrei mai fare niente per convincerti a
cambiare
idea.-
Massi
mi posò l’indice sulle labbra per
zittirmi e sentii il mio cuore cominciare a battere forte.
-Ancora
devo capire come spiegarti che tu non
devi convincermi di niente.-
Lo
fissai con gli occhi spalancati mentre lui
si chinava sul mio viso e mi lasciava un bacio delicato sulle labbra
facendomi
vedere tutto luminoso nonostante il buio dello sgabuzzino.
Prese
la mia mano sinistra e la posò sul suo
petto. Il ciondolo del mio bracciale fece capolino fuori dalla manica
del mio
cappotto. La V con il brillantino che Massi mi aveva regalato per
Natale si
ritrovò ora a contatto con il suo cappotto ed io sapevo che
sotto gli strati di
stoffa si nascondeva un altro ciondolo, quello appeso alla catenina che
Massi
portava al collo, il ciondolo con la M. Erano un ricordo del nostro
primo
Natale insieme e il modo con cui Massi mi aveva fatto capire fino a che
punto
lui ed io fossimo legati in modo indissolubile.
-Ricordi
quello che ti ho detto a Natale?- mi
chiese lui in un sussurro mentre premeva la sua mano contro il suo
petto con ancora
più forza.
Certo
che lo ricordavo! Non avrei mai
dimenticato neanche una sola parola pronunciata dalle labbra di Massi
ma mi
sarebbe piaciuto sentirle di nuovo.
-Rinfrescami
la memoria-, mormorai divertita.
Sapevo
che stava sorridendo compiaciuto, ormai
lo conoscevo abbastanza da sapere che i miei atteggiamenti di
arrendevolezza
nei suoi confronti portavano il suo ego smisurato a gonfiarsi ancora di
più, ma
non me ne importava niente. Dopotutto anche quel lato così
egocentrico di Massi
mi piaceva altrimenti non mi sarei mai innamorata di un tipo come lui.
Lui
si chinò verso di me e avvicinando le
labbra al mio orecchio cominciò a ripetermi le parole che mi
aveva detto a
Natale.
-Quando
siamo lontani… Siamo tu ed io,
separati. Due persone che neanche dovrebbero conoscersi e che nessuno
deve
vedere insieme…-
Staccò
la mia mano dal suo petto e portandola
alla bocca ci lasciò un bacio delicato mentre io sentivo il
mio cuore che stava
per esplodere, non sapevo cosa fare per calmarmi ma probabilmente non
avevo
alcuna intenzione di farlo.
-Quando
siamo insieme però torniamo ad essere
Massi e Vale, sempre. Non dimenticarlo mai, per favore.-
Lo
guardai notando, anche nel buio poco
luminoso dello sgabuzzino, quanto l’idea che io non riuscissi
a recepire il suo
messaggio avrebbe potuto renderlo infelice.
-Non
lo dimenticherò-, promisi con tono serio.
–Ti amo troppo per poterlo dimenticare.-
Quelle
parole funzionarono esattamente come il
detonatore di una bomba: Massi mi attirò verso di
sé, senza neanche lasciarmi
il tempo di rendermene conto, e cominciò a baciarmi con
forza, con possesso,
come se volesse farmi capire sul serio cosa significasse essere solo ed
esclusivamente sua. Sentii le sue braccia stringermi forte mentre il
mio corpo
rispondeva in modo automatico a quello di Massi, assecondandolo e
rendendogli
tutto molto più semplice.
Più
il bacio diventava profondo e più sentivo
quanto il mio legame con Massi fosse forte, nonostante tutti i miei
dubbi mi
bastava solo averlo così vicino a me per continuare a essere
sicura del nostro
rapporto.
Massi
doveva averlo capito visto che
continuava a baciarmi in quel modo che mi toglieva fiato, parole e
voglia di
ragionare in modo razionale.
Alla
fine ci dividemmo e d’un tratto mi resi
conto di aver dimenticato tutti i motivi che fino a poco prima mi
avevano così
angosciato. Ma rimaneva ancora un problema da risolvere e Massi neanche
ne era
al corrente.
-Non
ho ancora detto ai miei di Boston-, lo
dissi tutto d’un fiato, come se avessi avuto il timore di non
ritrovare più il
coraggio per pronunciare quelle parole.
Lo
sguardo di Massi, che fino a poco prima era
dolce e pieno di desiderio, si fece grave, davvero pesante da
sopportare.
-La
partenza è fissata per la prossima
settimana! Si può sapere che cavolo stai aspettando?!-
-Non
c’è bisogno che ti scaldi tanto-,
ribattei innervosita. –Lo so anch’io che ho fatto
un casino, me ne rendo
perfettamente conto.- Mi staccai da lui e incrociai le braccia
stizzita.
-Evidentemente
non te ne rendi conto davvero,
altrimenti lo avresti già detto ai tuoi-, il suo tono era
risentito e la cosa
non mi piaceva per niente. –Non ho intenzione di andare a
Boston senza di te,
quindi cerca di risolvere questa situazione o andrà a finire
che parlerò io con
tuo padre.-
Fu
come se un fulmine mi avesse colpito in
pieno stomaco.
Massi
che parlava con mio padre?!
Una
cosa del genere non sarebbe mai dovuta
accadere, piuttosto era meno pericoloso saltare attraverso dei cerchi
di fuoco
in sella a un triciclo.
-Non
ci pensare neanche!- esclamai con voce
stridula. –Faresti solo danni!-
-E
allora vedi di risolvere questo problema
oggi stesso!-
Massi
era stato categorico, probabilmente
perché ci teneva proprio a quella piccola fuga a Boston, e
di certo non potevo
dargli torto. In America, per una settimana, non avremmo dovuto
nasconderci.
Potevamo finalmente uscire alla luce del sole senza avere sempre il
terrore che
la D’Arcangelo o qualcun altro potesse scoprirci.
-Ci
proverò-, risposi alla fine abbassando lo
sguardo.
Lui
posò due dita sotto il mio mento e sollevò
il mio viso per fare in modo che i nostri occhi si potessero
incontrare.
-Sai
che non sono il tipo che accetta le
sconfitte-, mi sussurrò con un sorriso dolce.
–Quindi vedi di far accettare a
tuo padre l’idea di questo viaggio.-
Incredibilmente
quel sorriso così premuroso
riuscì a donarmi un po’ di buonumore fino al punto
di far sorridere anche me,
nonostante avessi davvero poco di cui essere felice.
-Prometto
che non ti deluderò.-
Un’ora
dopo quell’intenso incontro nello stanzino delle scope, ero
in classe a cercare
di seguire una delle noiosissime spiegazioni di Filosofia della
Lubelli. Quando
si trattava di Storia amavo il suo modo di spiegare ma se dovevo
affrontare
un’intera ora a sentirla parlare di Hegel, come in questo
caso, mi prendeva
proprio un senso di angoscia.
Eravamo
tutti piuttosto impegnati nel fare
tutto tranne che prendere appunti o seguire quando bussarono alla
porta. Entrò
il professor Salerno con la sua solita aria indaffarata e un paio di
fogli in
mano.
-Buongiorno,
ragazzi-, disse con tono
tranquillo.
Rispondemmo
al saluto tutti ancora parecchio
annoiati e assonnati.
-Sono
solo passato per informarvi che abbiamo
ricevuto dal Ministero le prove e le materie per l’esame di
Stato.-
All’improvviso
la noia scomparve letteralmente
dall’aula e venne sostituita da qualcosa di molto
più simile ad ansia e attesa.
Io
per prima cominciai a realizzare solo in
quel momento quanto gli esami fossero vicini e quanto poco mi sentissi
preparata per affrontarli.
Era
tutta colpa di Massi!
Mi
aveva tenuto talmente impegnata in quegli
ultimi mesi che mi ero completamente dimenticata della
Maturità e di tutto
quello che avrebbe comportato. Fino ad allora avevo continuato a
considerarla
solo come il momento in cui Massi ed io avremmo potuto smettere di
nasconderci
senza pensare a tutto quello che avrei dovuto affrontare in quei giorni
infernali.
-Dunque-,
Salerno prese uno dei fogli che
aveva in mano e cominciò a leggerli. –Per la prima
prova avrete ovviamente lo
scritto d’italiano, e il commissario sarà interno.
Quindi io sarò nella
commissione d’esame.-
Ci
guardammo tutti con un sospiro di sollievo
che uscì spontaneo. Avere un commissario esterno
d’italiano sarebbe stato un
vero e proprio incubo. Inoltre con Salerno avevamo un rapporto speciale
ed
eravamo certi che sarebbe stato dalla nostra parte sempre e comunque.
-La
seconda prova sarà lo scritto di latino
con commissario esterno.-
A
quel punto ci fu un boato di sbuffi
incredibile. Un po’ ce lo aspettavamo che le cose sarebbero
andate così, però
l’idea di dover “sfoggiare” il nostro bel
latino con un docente che non ci
conosceva non ci riempiva proprio di gioia.
-Infine
le altre materie con commissari
esterni saranno matematica e filosofia-, concluse Salerno guardandoci.
Mi
ci volle qualche secondo per riuscire a
metabolizzare quella frase.
Filosofia?!
Esterna?!
Uccidetemi!
Vi prego…
-Adesso
potete proporre voi le materie con i
commissari interni, tranne italiano ovviamente. Mi raccomando cercate
di fare
una scelta ponderata. Da questo dipenderà buona parte del
vostro esame, quindi
pensateci bene.-
Il
panico si diffuse nell’aula. Non avevamo
mai pensato alle materie da proporre per la commissione quindi non
sapevamo
proprio dove sbattere la testa.
Per
nostra fortuna la Lubelli decise di
venirci incontro dandoci uno dei suoi consigli.
-Probabilmente
vi conviene associare due dei
vostri docenti alle materie che già avete. A latino potreste
affiancare greco,
quindi la professoressa Bianchi che comunque può darvi un
aiuto in caso di
difficoltà.-
Ci
guardammo tutti con aria scettica. La
definizione che la Bianchi dava alla parola “aiuto”
era parecchio diversa da
quella attribuita da noi.
-Ovviamente
vi converrebbe anche affiancare al
commissario esterno di matematica la professoressa Gigli con fisica. In
questo
modo non lascereste due materie prettamente scientifiche nelle mani di
un
docente che non vi conosce.-
In
effetti quella era un’idea buona. La Gigli
non ci avrebbe difeso a spada tratta ma almeno sapevamo che in fisica
non
pretendeva chissà quali brillanti e meravigliose
prestazioni. E se avessimo
avuto un po’ di fortuna, magari, il commissario esterno di
matematica avrebbe
deciso di seguire la linea adottata dalla Gigli.
-A
questo punto vi rimarrebbe scoperta solo
Filosofia. Nel senso che sareste costretti ad avere un commissario
esterno sia
per Filosofia sia per Storia, ma almeno avreste la certezza di non
avere tra le
materie d’esame né Scienze né Storia
dell’Arte.-
Era
vero! Non ci avevo minimamente pensato!
Seguendo quella logica, Scienze sarebbe rimasta fuori e di
conseguenza… Di
conseguenza Massi ed io saremmo potuti uscire allo scoperto molto prima
del
previsto!
Certo,
avrei dovuto affrontare un indiavolato
commissario esterno per Storia e Filosofia, ma sinceramente dubitavo
che la
presenza della Lubelli mi sarebbe stata d’aiuto. Filosofia
era comunque materia
esterna e in Storia me la cavavo senza problemi.
-Non
dimenticate che voi potete solo proporre
le materie, poi sta a noi docenti del Consiglio decidere se accettare o
meno.
Comunque, in genere, questa scuola tende a non rifiutare le materie
scelte
dagli alunni perché non vogliamo crearvi ulteriori
difficoltà.-
Traduzione:
“Voi proponete che noi tanto
accettiamo sicuro…”
Appena
suonò la campanella, la Lubelli uscì e
noi iniziammo subito a preparare una bella lettera da consegnare alle
Preside,
dove avevamo scritto tutte le materie per l’esame. Ci
attenemmo diligentemente
a tutto quello che ci aveva consigliato la Lubelli con la speranza che
quella
lavatrice ambulante della Preside non avesse nulla in contrario.
Mentre
eravamo ancora impegnati nel trovare le
frasi più d’effetto e convincenti per scrivere
quella lettera, la Bianchi entrò
in aula di gran carriera e si sedette velocemente come al solito senza
guardare
nessuno.
Prese
il registro e firmò, mentre la classe
cadeva nel silenzio più tombale. Eravamo a Febbraio, il
quadrimestre era ormai
finito, ma lei aveva quella faccia solo quando aveva intenzione di
interrogare.
Ovviamente nessuno era preparato, visto che non interrogava mai a
inizio
quadrimestre.
-Avete
sentito delle materie d’esame?- chiese
la Bianchi chiudendo il registro.
Noi
cominciammo ad annuire intimoriti, mentre
qualcuno aveva anche trovato il coraggio, chissà dove, di
sibilare un flebile
“sì”.
-Latino
è esterno, quindi preparatevi perché
ho intenzione di mettervi sotto. Tirate fuori i libri di letteratura
latina.
Come minimo dovrò spiegare tre autori oggi.-
Un
silenzioso sospiro di sollievo si levò
quasi impercettibile per l’aula. Non avrebbe interrogato. Per
un attimo mi ero
sentita morire, era come se avessi perso dieci anni di vita in un colpo
solo.
La
Bianchi stava per iniziare la spiegazione
quando qualcuno bussò alla porta che si aprì
subito dopo senza neanche lasciare
alla professoressa il tempo di dare una risposta.
-Salve.-
O
dei di tutto l’Olimpo! Santi di tutto il
Paradiso!
Era
il vicepreside! E non era solo! Tra le
mani aveva le schede di valutazione!
Erano
le pagelle!
Chiusi
gli occhi disperata, mentre
visualizzavo già nella mia mente tutti i cinque che ci avrei
visto.
Un
brusio di tensione cominciò a levarsi
all’interno della stanza mentre Marti si voltava a guardarmi
terrorizzata. La
odiavo quando faceva così! Che si terrorizzava a fare! Aveva
nove in tutte le
materie. Di che aveva paura? Di un otto? Ma io avrei pagato per avere
delle
paure come quelle! Accidenti a lei.
Il
vicepreside, tale professor Giannaccari
Luigi, cominciò a consegnare le schede chiamandoci uno ad
uno alla cattedra.
Giusto per farci fare una bella figura di merda in più,
poiché prima di
consegnarci la scheda doveva leggerla e commentarla.
-Ferrari
Valeria.-
Alzai
gli occhi al cielo disperata mentre
abbandonavo il mio posto e camminavo verso il prof. In quel momento
quell’uomo
era identico a un patibolo.
-Be’,
Ferrari, direi che ti puoi ritenere
soddisfatta-, disse porgendomi la scheda dopo averla letta. Non aveva
commentato. Le sue parole erano state solo quelle.
Aggrottai
la fronte stranita e tornai al mio
posto.
Aprii
lentamente la scheda e quando lessi i
miei voti per poco non mi presero un infarto fulminante, un ictus
cerebrale e
una trombosi tutto insieme.
Italiano
Otto
Latino
Sette
Greco
Sei
Storia
Otto
Filosofia
Sette
Matematica
Nove
Fisica
Nove
Storia
dell’Arte Otto
Educazione
Fisica Nove
Ma
il voto che di certo mi aveva sorpreso più di tutti era
stato di certo il suo.
Quello della D’Arcangelo, la donna che mi odiava e mi
denigrava sempre davanti
a tutti.
Il
Sette se ne stava lì, accanto alla parola
Scienze ed io non potei fare a meno di sgranare gli occhi fino a quando
non mi
fecero male.
Non
era possibile! Non ci credevo. Eppure era
scritto tutto nero su bianco su quel pezzo di carta che in quel momento
per me
era diventato quasi d’oro.
Un’ora
dopo ero in corridoio per la
ricreazione. Insieme a me c’erano anche Marti, Amy, Marco e
Sabrina. Avevamo
ricevuto tutti le pagelle, e i risultati erano stati piuttosto
prevedibili:
Marti e Sabrina avevano preso una bella sfilza di nove a testa, Marco
era
riuscito a prendere un sette in matematica (per la gioia della sua
insegnante,
cioè me) e un buon numero di otto, mentre Amy più
o meno era andata come me,
tranne un bell’otto troneggiante in Scienze.
Con
una pagella del genere forse sarei
riuscita a convincere mio padre a lasciarmi partire per
l’America, anche se
ancora la vedevo davvero dura.
-Ferrari.-
Per
poco non mi prese l’ennesimo infarto della
giornata. Mi voltai di scatto e mi ritrovai davanti Massi che mi
guardava con
aria di sufficienza, come se fossi l’ultimo essere presente
sulla terra che
meritasse le sue attenzioni. Era incredibile che attore nato fosse quel
ragazzo.
Delia
se ne stava al suo fianco e mi sorrideva
con la solita aria svampita che assumeva a scuola.
-Draco?-
chiesi io sollevando un sopracciglio
scocciata. –Hai bisogno di qualcosa?-
Mi
veniva da ridere quando pensavo che ogni
santissimo giorno a scuola dovevamo mettere su quel teatrino per non
creare
sospetti nella gente che ci stava intorno. A volte decidevamo persino
di
ignorarci per giorni e giorni, giusto per essere sicuri che nessuno
s’impicciasse
dei fatti nostri e non decidesse di indagare. Ovviamente mi riferivo
alla
D’Arcangelo, che, quando voleva, sapeva essere più
pressante di un segugio.
-L’hai
ricevuta la pagella?- mi chiese lui con
un sorrisetto soddisfatto.
Okay,
forse la sua non era proprio una recita.
Il suo lato egocentrico e megalomane era venuto fuori e adesso non
vedeva l’ora
di vantarsene.
-Sì-,
risposi un po’ confusa. –Ne sono
soddisfatta, soprattutto del mio Sette
in Scienze.-
A
quelle parole Massi rimase stupefatto e
stava per aprirsi in un sorriso luminoso, ma riuscì a
bloccarsi in tempo.
Sapevo che era orgoglioso di me, che avrebbe voluto abbracciarmi ma non
poteva
farlo, e questo feriva lui esattamente come lacerava me che avrei
voluto
saltargli al collo e baciarlo per festeggiare quel voto inaspettato.
Odiavo
a morte quella situazione, e odiavo la
D’Arcangelo! Maledetta!
-Be’
Scienze per me è un giochetto da nulla,
un Nove non me l’ha mai tolto nessuno. E anche Delia ha avuto
un Otto, vero?-
Si
voltò verso Delia e lei sorrise
soddisfatta.
-Oh,
Yes-,
rispose con un sorriso meraviglioso. –E’ stato very difficult, ma the
end
ho avuto un Eight. Sono
così happy!-
Era
incredibile come Delia riuscisse a
sembrare davvero una deficiente patentata quando ci si metteva
d’impegno. Quei
due erano andati alla stessa scuola di recitazione, me lo sentivo.
-Sai
Draco, non m’interessa se tu e la tua
“girlfriend” avete dei voti più alti dei
miei, almeno sono sicura di avere
molto più cervello di un biondo platinato arrogante e della
sua degna compagna
che avrebbe bisogno di un vocabolario anche per dire
“Ciao”!-
Wow,
dovevo ammettere che quando non ero davvero
arrabbiata tiravo fuori delle frecciatine parecchio pesanti.
Massi
stava per rispondermi, e nei suoi occhi
lessi l’indecisione tra lo scoppiare a ridere e il saltarmi
addosso per fare
l’amore proprio in quel momento, quando accadde qualcosa di
strano.
-Salve
ragazzi-, una voce conosciuta
interruppe lo slancio di Massi.
-Ciao
Davide-, risposi io confusa voltandomi a
guardare il mio compagno di classe.
Lanciai
un veloce sguardo verso Marti che come
al solito non sembrava aver voglia di mostrare alcun tipo di reazione.
Da
quando c’era stato tutto quel casino con Christian, in fatto
di emozioni, era
diventata più arida di un deserto. Non pretendevo che
facesse i salti di gioia
vedendo Davide ma che almeno s’irritasse un po’
come faceva prima quando lo
vedeva.
Niente.
Non riuscivo ancora a capire cosa le
passasse per la testa, e le si ostinava a non voler parlare.
-Ehm-,
disse Davide un po’ impacciato come al
suo solito. –Non so se lo avete saputo, ma…-
guardò un attimo Marti. Sembrava
indeciso se continuare o meno. –Ecco, ho appena incontrato
Giacomo e mi ha dato
una notizia, non lo so se si possa definire buona.-
Lo
guardammo tutti incuriositi.
-Cosa
ti ha detto?- chiese Marco, ovviamente
il più curioso di tutti. A volte avevo il dubbio che fosse
davvero una donna e
non un uomo.
-Mi
ha parlato di… di Christian.-
Si
bloccò. Evidentemente aveva paura che
magari Marti si potesse stranire, ma guardando la mia amica notai che
un
iceberg avrebbe avuto più emozioni di lei.
-Continua-,
lo invitai io cercando di
tranquillizzarlo.
-Avete
notato che da quando ha avuto quel
problema con quei “teppisti” non si è
più fatto vedere a scuola. Be’, Giacomo
ha scoperto che i genitori lo hanno iscritto in un’altra
scuola un po’ lontana
da qui.-
-Dove?-
chiesi con un misto di rabbia e
irritazione nella voce.
-Milano.
A quanto pare lì ha uno zio, un
fratello del padre. I genitori hanno pensato che fosse meglio che si
allontanasse un po’ da qui. Secondo Giacomo è
perché quei ragazzi che l’hanno
picchiato probabilmente hanno continuato a minacciarlo anche dopo
quello che
gli avevano fatto.-
-Direi
che è un’ottima notizia-, ribattei con
una nota irritata parecchio evidente.
-Sì,
lo penso anch’io-, rincarò Massi serio
fissando Delia che abbassò lo sguardo intristita.
Se
avessi avuto Christian tra le mani non so
cosa sarei stata capace di fargli. Avrebbe implorato di essere di nuovo
picchiato da quei motociclisti piuttosto che restare con me anche solo
un
minuto.
Aveva
fatto del male a Marti che era una delle
persone più importanti della mia vita, e aveva ferito Delia.
Non avrei mai
potuto perdonarlo per ciò che era, mai.
La
campanella suonò ricordandoci per
l’ennesima volta che il momento della ricreazione non poteva
durare in eterno.
Davide
lanciò un’occhiata veloce a Marti che
non alzò lo sguardo. Si voltò e tornò
lentamente in classe. Il ragazzo abbassò
gli occhi e anche lui si diresse verso la nostra aula con
l’aria di un povero
cucciolo bastonato.
Le
voleva bene per davvero. Fino a quel
momento avevo sempre pensato che Davide fosse solo attratto da Marti o
che
semplicemente la trovasse carina, ma forse il suo affetto era molto
più
profondo di quanto avessi mai potuto immaginare.
Se
solo Marti avesse aperto gli occhi e lo
avesse guardato. Non potevo di certo costringerla ma i suoi tempi
potevano
anche essere eterni e chissà se Davide l’avrebbe
aspettata. L’amore deve essere
alimentato in qualche modo, un sentimento, anche se così
forte, non poteva
durare per sempre se veniva messo davanti ad un muro di cemento armato.
-Ferrari.-
Massi
mi riportò alla realtà.
-Vedi
di risolvere quella questione oggi
stesso altrimenti saranno guai.-
Alzai
gli occhi al cielo esasperata.
-Draco,
vai a farti un giro-, risposti acida.
–Le tue minacce non mi sono d’aiuto.-
Come
al solito vidi nel suo sguardo la voglia
matta di ridere ma si trattenne.
Prese
Delia per mano e si diresse verso la sua
aula.
Non
era piacevole vedere il mio ragazzo
andarsene in giro mano per mano con un’altra ma non potevo
farci niente. Mi
conveniva resistere, non potevo assolutamente rischiare che la gente
sospettasse, e il Liceo Classico Virgilio era famoso per la
velocità con cui i
pettegolezzi si diffondevano all’interno di quelle mura
decadenti.
Ingoiai
ancora una volta quel rospo e mi
preparai a tornare in classe per l’interrogazione di Fisica.
Questa volta
neanche lo charme di Andrea, il nostro rappresentate, avrebbe impedito
alla
Gigli di interrogare e dovevo essere pronta ad andare al macello, anche
se
speravo con tutto il cuore che almeno quella tortura mi fosse
risparmiata visto
che già dovevo affrontare quel brav’uomo di mio
padre.
***L'Autrice***
Come promesso: nuova domenica, nuovo capitolo... *-*
Allora, durante la settimana avevo progettato di rispondere a tutte le
meravigliose recensioni che mi avete lasciato, siete state tutte
talmente dolci. Solo che c'è stato qualche imprevisto (un
paio brutti ma uno bellissimo) che hanno preso tutto il mio tempo
libero... Scusatemi, quindi se non vi ho risposto... Spero che possiate
perdonarmi.
Passando al capitolo, come avete visto ci sono state parecchie
evoluzioni riguardo alla situazione scolastica. Gli esami si avvicinano
e si avverte parecchio la tensione della povera Vale che si
è ritrovata la materia che più odia al mondo come
materia con commissario esterno... Forse per lei sarebbe adatta la
frase: "Fortunata in amore, sfortunata a scuola"... xD Be',
sinceramente, per avere uno come Massi accetterei anche di avere tutti
commissari esterni... xD
Nel capitolo c'è stato anche quel piccolo momento in cui
Massi e Vale erano da soli, credo che sia un'ottima introduzione a
quello accadrà nei prossimi capitoli. Intendo dire che nei
prossimi capitoli i nostri due protagonisti vivranno davvero molti
momenti di dolcezza... *-*
Direi che adesso è arrivato il momento per qualche spoiler.
Anticipazioni:
Allora... Anche se in questo capitolo potrebbe sembrare che Vale
avrà delle difficoltà a partire in
realtà non sarà così. Vale, Massi e
Delia partiranno per Boston. Ad attenderli ci saranno il padre e il
fratello di Delia, spero che questi nuovi personaggi vi piaceranno
perchè secondo me sono simpaticissimi. Non credo di potervi
dire altro sul prossimo capitolo... ^^
Ricordo
a tutti che potete trovare molto altro su Massi e
Vale cliccando su questi link:
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Gruppo su
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Pagina su
Facebook (in cui pubblico spoiler sui capitoli successivi
e anche mie sciocche "pillole di saggezza")
Profilo au
Facebook (Scarcy Novanta)
Vi ringrazio davvero tantissimo per aver letto anche questo capitolo.
Spero che vi sia piaciuto e vi aspetto domenica prossima con il
capitolo 3... Un bacio!
|
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Capitolo 3 *** Welcome To United States Of America ***
Verso La Maturità- Capitolo 3
Forse,
Dopotutto, L’America Non E’ Mai Stata Scoperta.
Io
Personalmente Direi Che E’ Stata Appena Intravista
Oscar
Wilde
Capitolo
3:
Welcome to United States Of America
“Non
lo dirò
a nessuno, lo terrò lì nascosto
Senza lasciare il segno, il
segno in nessun
posto.
E non avrà una
data per una ricorrenza
Il mondo non
saprà mai della sua esistenza.
Eppure è grande,
tanto grande
Che il silenzio a volte mi
fa soffocare…
Non è un tesoro
negli abissi, è invece tutto
il mare…
Il Nostro Amore Segreto,
Amore Sottovoce,
Amore che non
avrà mai Luce, Amore Maledetto,
Amore Latitante, Amore Senza
Nome o Direzione,
Solo
Amore…”
Sussultai
al suono di quelle parole. Dov’ero?
Che stava succedendo? Ricordavo soltanto che fino a pochi secondi prima
mi
sentivo protetta e al sicuro, come se nulla al mondo avesse mai potuto
ferirmi.
Mi sentivo al caldo, mi sentivo a casa, mi sentivo amata.
-Ben
svegliata, Piccola Panda.-
Quella
voce arrivò alle mie orecchie più dolce
e soave della canzone che stavo ascoltando sull’ipode.
Alzai
gli occhi e subito incontrai lo sguardo
sincero e pieno di gioia di Massi.
-A
quanto pare ti piace proprio usare la mia
spalla come cuscino, questa scena mi è stranamente
familiare-, disse lui con un
sorriso mentre si abbassava un po’ verso di me e con le
labbra mi sfiorava
delicatamente la fronte. –Solo che questa volta sono ancora
più felice.-
Il
braccio di Massi avvolgeva la mia spalla e
mi teneva stretta a lui, mentre l’aereo sul quale ci
trovavamo procedeva
silenzioso verso la nostra meta: Boston.
Solo
in quel momento riuscii a fare mente
locale.
La
settimana prima mi ero presentata da mio
padre con quella pagella che per i miei standard era davvero perfetta e
presa
dall’enfasi che la felicità di mio padre mi aveva
trasmesso, avevo accampato
una scusa e gli avevo tirato fuori la notizia che sarei andata in
America per
una settimana.
Ufficialmente
avevo raccontato che la mia amica
Delia mi aveva invitato a Boston per conoscere suo padre e suo fratello
ma
anche per farle un po’ di compagnia. Avevo deciso di omettere
la presenza di
Massi confidando nel fatto che mio padre sarebbe stato più
clemente se avesse
saputo che non avrei avuto ragazzi intorno. Più o meno aveva
funzionato. Mi era
toccato pregarlo ma alla fine aveva acconsentito a lasciarmi partire.
Quando,
quella sera, chiamai Massi per comunicargli la notizia per poco non si
mise a
urlare al telefono. Aspettava quel viaggio da tanto tempo e
anch’io se proprio
dovevo dirla tutta. Per una settimana saremmo stati liberi di fare
quello che
ci pareva senza dover temere che qualcuno ci vedesse.
Eravamo
davvero liberi di essere noi!
Alzai
lo sguardo nuovamente e i miei occhi
incrociarono quelli di Massi.
In
quel momento ricordai la canzone che ancora
girava nel mio ipode. Tolsi una cuffietta e la porsi a Massi.
-Amore,
puoi ascoltare un attimo?- chiesi con
un sorriso.
Lui
alzò un sopracciglio sospettoso.
-Se
è una di quelle canzoni sdolcinate che
ascoltate voi ragazzine, mi rifiuto categoricamente-, rispose deciso.
Quanto
poteva risultare pesante quel ragazzo!
Mica gli avevo chiesto di andare dall’assistente di volo
americano e obeso che
ci aveva accolto e di limonarselo a morte.
-Per
favore…-, mormorai facendo gli occhi da
cucciolo ferito. Era uno di quei trucchetti che odiavo usare con Massi
ma gli
uomini possono essere convinti solo con dei mezzucci infami, altrimenti
risultano essere testardi, neanche fossero fatti di granito.
Lui
sospirò e, dopo aver afferrato la
cuffietta, la infilò nell’orecchio con fare
scocciato.
“…Perché
lui è puro, tanto puro
Che non so se io lo posso
meritare.
Per questo lo
terrò qui chiuso a costo di
impazzire.
Il
Nostro Amore Segreto, Amore Sottovoce,
Amore che non
avrà mai Luce, Amore Maledetto,
Amore Latitante, Amore Senza
Nome o Direzione,
Solo
Amore…”
Vidi
la sua espressione ammorbidirsi mentre le
parole della canzone continuavano a scorrere nelle nostre menti. Sapevo
come
anche lui trovasse in quel testo molte similitudini con la nostra vita.
Erano
anche troppe, quasi come se la canzone fosse stata scritta per noi che
non
potevamo amarci davanti ad altri, che dovevamo tenere i nostri
sentimenti
rinchiusi e il nostro amore nascosto. Ero certa che per quanto Massi
non fosse
sdolcinato, come me, sentiva quella canzone praticamente sua.
La
canzone terminò e lui mi restituì la
cuffietta con un sorriso appena accennato.
-Carina-,
mormorò imbarazzato.
Mi
posò un altro bacio sulla fronte e uno
sulla tempia, e scese ancora fino a raggiungere con una lentezza quasi
esasperante il mio orecchio. Il mio cuore ormai aveva preso a battere
veloce
come un treno e il cervello era in procinto di spegnarsi di nuovo.
-La
canzone è carina-, sussurrò a pochi
millimetri dal mio orecchio. –Però, sinceramente,
preferisco credere che questa
settimana le parole di quella canzone non ci riguardino per niente.-
Sospirai.
Lo
volevo anch’io! Non poteva neanche
immaginare quanto.
Le
sue labbra si posarono sulla mia guancia e
piano, tremendamente piano, si mossero verso la mia bocca. La
trovarono. Non
c’era niente che mi potesse impedire di lasciarmi baciare. Si
mosse piano
mentre schiudevo la bocca e approfondivo quel bacio così
agognato.
Con
la mano, delicato e dolce, percorse la
linea del mio collo a ritroso fino a raggiungere la mia guancia. Spinse
con più
forza la sua bocca sulla mia e il bacio si fece ancora più
intenso e profondo…
-Ehm-ehm.-
Ci
staccammo quasi senza rendercene conto.
-Non
vorrei disturbare-, cominciò una voce
alla mia destra, mi voltai e vidi che Delia ci guardava sorridendo.
–E’ vero
che siamo lontani da Lecce e potete fare i piccioncini quanto vi pare,
ma non
potreste aspettare di essere in una stanza da
soli? Stavate per strapparvi i vestiti di dosso…-
Delia
si lasciò scappare un risolino mentre io
sentivo il sangue affluire tutto d’un colpo alle guance. Ero
imbarazzata da
morire.
-Non
vedo l’ora di essere in quella stanza…-,
mormorò Massi scocciato.
Mi
voltai e lo fulminai con lo sguardo.
-Che
c’è?- mi chiese con fare da angioletto.
–Ho dei bisogni da soddisfare, sono pur sempre un uomo e tu
lo sai bene.-
Il
suo sorrisetto divertito mi fece venire
ancora più voglia di strozzarlo. Ero talmente imbarazzata
che avrebbero potuto
scambiare tranquillamente la mia faccia per un semaforo tanto era
rossa.
-Massi,
ti sembrano frasi da dire?-
-Io
ti amo e ti rispetto ma se quest’aereo non
si dà una mossa ad atterrare giuro che ti prendo di peso e
ci rinchiudiamo in
bagno.-
Delia
rise divertita mentre io spalancai gli
occhi incredula.
Anch’io
non vedevo l’ora di stare da sola con
lui ma non ne facevo un affare di stato di quelle dimensioni. A volte
gli
uomini ce le tirano proprio fuori frasi come “ragioni solo
con il testosterone,
per non dire altro.”
Fortunatamente
per me e per tutto il resto dei
passeggeri, l’aereo atterrò appena due ore dopo al
Logan International di
Boston. Massi era riuscito a reprimere il suo istinto animale ed io mi
ero
risparmiata una figura di merda assicurata perché dubitavo
fortemente che, se
lui mi avesse preso di peso e portata nel bagno, io avrei fatto
qualcosa per
impedirglielo.
Recuperammo
i nostri bagagli e con calma ci
dirigemmo verso la zona degli arrivi.
-Daddy!-
esclamò a un certo punto Delia
mollando il suo trolley enorme e correndo come una pazza in direzione
di un uomo
in giacca e cravatta. L’uomo accolse Delia in un abbraccio
fortissimo e si
lasciò ad andare a un sorriso pieno di gioia.
-Delia,
my honey!- mormorò cullandola tra le
sue braccia.
-Quello
è Devon, il padre di Delia-, mi spiegò
Massi prendendomi per mano e sorridendo. –Lui e Delia sono
sempre stati molto
legati. Quando lei ha deciso di venire in Italia con la madre lui ha
provato in
tutti i modi a convincerla a non partire ma Delia sapeva di non poter
lasciare
sola Romina. Il divorzio dei suoi ha distrutto entrambi i genitori,
nonostante
si siano lasciati di comune accordo.-
Non
avevo mai pensato a quanto il divorzio dei
genitori di Delia avesse portato dolore in quella famiglia.
Probabilmente
quelli che avevano sofferto di più però erano
stati Delia e suo fratello.
Delia
e suo padre si divisero e si lanciarono
uno sguardo colmo di felicità. Poi Devon alzò gli
occhi e si accorse di me e
Massi che ci tenevamo per mano.
-Ehi,
Massi!- esclamò contento. –La tua
ragazza è davvero meravigliosa, come sempre hai un gusto
impeccabile.-
Anche
se quelle parole non fossero state
pronunciate con quell’italiano misto a un affascinante
accento americano,
dubitavo che non sarei arrossita.
Devon
Barton era esattamente come lo avevo
immaginato. Tremendamente affascinante, proprio come sua figlia. Con
quegli
occhi azzurro chiaro che troneggiavano su quel viso maturo ma
stranamente
giovanile. I capelli castani un po’ brizzolati tenuti
perfettamente in ordine e
i modi di un uomo di successo che dalla vita professionale aveva
davvero avuto
tutto. Quel naso un po’ aquilino che rendeva i suoi
lineamenti decisi e
attraenti. Devon Barton era un uomo talmente bello da sembrare quasi il
protagonista di un film. Un uomo comune non poteva scatenare
così tanto charme
solo dopo neanche un minuto che lo avevo guardato.
Massi
fece qualche passo avanti in direzione
di Delia e suo padre. Io lo seguii in silenzio mentre lui non sembrava
avere intenzione
di lasciare la mia mano.
-Delia
mi ha spiegato tutto-, continuò Devon
abbracciando Massi e porgendomi una mano per presentarsi. –So
che la mia ex
moglie e la madre di Massi credono che lui e mia figlia stiano insieme,
ma io
so tutto quindi puoi stare tranquilla, Valeria.-
Sapeva
anche il mio nome!
Lasciai
la mano di Massi e strinsi quella di
Devon.
-Piacere
di fare la tua conoscenza, Valeria-,
il suo sorriso era quasi abbagliante, era così perfetto.
-Il
piacere è mio, signor Barton. La ringrazio
per avermi invitata qui a Boston-, risposi rincuorata ma ancora
parecchio
impacciata.
-Odio
le formalità, in ufficio le tollero a
malapena. Chiamami pure Devon e dammi del tu, my Dear.-
-Va
bene, allora-, risposi cercando di non
arrossire di nuovo. Quell’uomo era affascinante, nonostante
potesse essere mio
padre non potevo non ritenerlo un uomo da sposare!
-Certo
che sei cresciuta, sorellina-, una voce
profonda ma allegra, in perfetto italiano, pronunciò quella
frase a pochi
centimetri da me.
-Michael!-
esclamò Delia pochi istanti prima
di passarmi accanto con la velocità di un treno.
Mi
voltai e mi ritrovai finalmente davanti al
proprietario di quella voce, il fratello di Delia.
-Quanto
mi sei mancato.-
-Anche
tu mi sei mancata, scricciolo-, mormorò
lui stringendola ancora di più.
Quando
si divisero, potei osservare meglio
Michael Barton. Anche lui aveva preso tutto quello che c’era
da prendere dal
padre. Aveva gli stessi occhi di Devon, capelli più neri del
petrolio, due
spalle larghe come il ponte di Brooklyn che avrebbero fatto sbavare
anche un
pesciolino rosso se fosse stato femmina. Il naso era simile a quello
del padre
e anche i tratti del viso ricordavano in modo impressionante Devon.
Michael
però era molto più alto del padre, Michael
era… Michael era alto e basta. Di
sicuro superava il metro e novanta.
-Mocciosetto!
Anche tu sei cresciuto. Spero
che anche la tua abilità con PES sia migliorata altrimenti
sai che noia giocare
contro di te!-
Michael
rise divertito mentre Massi si apriva
in un sorrisetto soddisfatto.
-Stavolta
ti batterò Mike, puoi starne certo.-
-L’importante
è esserne sicuri-, rispose
Michael sempre più divertito. –Comunque devo dire
che il regalino che ci hai
portato non è niente male.-
Mi
guardò incuriosito e mi si avvicinò
porgendomi la mano.
-Sono
Michael, il fratello di Delia.-
Gli
strinsi la mano sentendomi ancora una
volta in soggezione.
-Piacere,
io sono Valeria.-
-Dai
tuoi occhi potrei giurare che sei una
ragazza molto intelligente-, cominciò lui dubbioso.
–Come mai hai deciso di
stare con un bamboccione come Massimiliano Draco? Sono certo che in
Italia ci
siano ragazzi molto più svegli di lui.-
-Ehi!-
esclamò Massi risentito.
-Che
ti devo dire?- risposi con un sorriso
complice. –Evidentemente deve avermi conquistata con la sua
infantilità e il
suo egocentrismo. Se devo essere sincera anch’io mi sono
chiesta spesso cosa ci
trovo in lui ma ancora non ho trovato una risposta.-
-Bella,
intelligente e sagace. Sei davvero
troppo per lui-, constatò Michael con aria accademica.
-Sì,
lo so. Diciamo che ho preferito
risparmiare questa disgrazia a qualche altra povera ragazza. Sono stata
molto
generosa con il mio prossimo, alla fine dei conti.-
-Trovo
che tu abbia proprio ragione, mia cara
Vale.-
-Avete
finito voi due?- chiese Massi
scocciato.
Michael
ed io ci scambiammo uno sguardo e poi
cominciammo a ridere di gusto. Avevo trovato un alleato per prendere in
giro
Massi, e questo mi piaceva davvero.
-Ho
la sensazione che io e la tua dolce metà
abbiamo appena cominciato, Mocciosetto-, rispose Micheal ridendo ancora
di più.
-Concordo-,
rincarai io.
Massi
ci guardò a lungo con aria di rimprovero
ma alla fine anche lui si lasciò andare ad una risata. Mi
guardò con dolcezza.
Era felice che quel primo incontro con la famiglia americana di Delia
fosse
andato in quel modo, sapeva che da quel momento in poi non ci sarebbe
stato più
imbarazzo e noi ci saremmo goduti quei giorni molto di più.
Forse molto più di
quello che avremmo mai potuto immaginare.
Ovviamente
il signor Barton non aveva badato a
spese per la sua residenza a Boston. Il “loft di
famiglia” si trovava a Fort
Point Channel una delle zone più prestigiose della
città. Devon non possedeva
un loft qualunque ma un intero edificio. Prima della ristrutturazione
era una
delle tante fabbriche diffuse in quella zona, ma quella, come tutto il
resto,
era stata trasformata in una delle abitazioni più belle e
chic di tutta Boston.
Il
piano terra era occupato del tutto da una
delle sedi dello studio legale di Devon. Il primo piano era il suo
appartamento, e il secondo piano invece era interamente di Michael e
Delia.
Devon
ci lasciò davanti alla porta del loft
dei figli e ci salutò con rammarico per tornare a lavoro.
-Ci
vediamo a cena-, disse prima di sparire
dietro le porte dell’ascensore che si affacciava direttamente
in casa.
Rimasi
un attimo stordita da tutto quel lusso
ma quando mi resi conto che per una settimana avrei vissuto in quel
posto
paradisiaco tutte le mie titubanze andarono a farsi benedire, insieme
alla
soggezione e all’imbarazzo.
Delia
accompagnò Massi e me nella nostra
stanza e, quando la vidi, riuscii
a malapena a trattenere la voglia matta di urlare di gioia.
Il
pavimento ricoperto di parquet, come in
tutta la casa, mi rese già felice. Poi notai le splendide
vetrate che si affacciavano
direttamente sulla suggestiva Boston pomeridiana, il salottino bianco
che si
trovava davanti ad un enorme televisore al plasma fissato al muro,
scaffali
neri stracolmi di libri diligentemente ordinati, e il meraviglioso
letto bianco
che si trovava al centro della stanza. Era quanto di più
bello avessi mai visto
nel campo dell’arredamento.
Il
lampadario era una sfera di vetro appesa a
un filo quasi invisibile che si trovava esattamente sopra il letto, una
volta
accesa doveva dare l’idea di una piccola stella personale che
ti guardava
mentre eri steso su quel materasso che aveva un’aria
tremendamente comoda e
confortevole.
-Ceneremo
verso le otto-, disse Delia con un sorriso.
–Prendetevi qualche ora per riposare, il jet leg deve avervi
distrutto.-
Si
allontanò, diretta alla sua stanza.
Se
dovevo dire la verità, vedere quella casa
mi aveva svegliata del tutto. Non mi sentivo stanca per niente.
Massi
ed io entrammo in camera e ci chiudemmo
la porta alle spalle.
-Sei
sorpresa?- mi chiese mentre poggiava le
valigie vicino all’enorme armadio bianco laccato che stava
alla sua sinistra.
-Direi…-,
mormorai ancora incredula. Mi
diressi verso le vetrate per osservare meglio il panorama che avevo
davanti.
Boston era una città davvero bellissima. Sembrava che quello
fosse l’esatto
punto in cui Inghilterra e Stati Uniti si erano fusi. Si sentiva
l’aria
dominatrice e autoritaria dell’America, ma gli edifici
eleganti in pieno stile
ottocentesco inglese premevano per far avvertire ancora la presenza
anglosassone radicata nelle viscere di quella città.
-Ti
piace Boston?-
Mi
voltai a guardare Massi che si era spalmato
sul letto.
Se
ne stava steso a occhi chiusi, tranquillo e
sereno come l’avevo visto solo in poche occasioni. Si
lasciò andare a uno
sbadiglio. Io avevo dormito per quasi tutta la durata del viaggio ma
lui non doveva
aver chiuso occhio e certamente era stravolto.
-Mi
piace molto-, risposi con l’enfasi di una
bambina davanti al suo regalo di Natale. –Non pensavo che un
giorno sarei
davvero venuta qua in America, ancora stento a crederci. Sono
felicissima.-
-Sono
contento che sei felice-, mormorò lui
con un sorriso. –E’ questo che voglio. Saperti
sempre felice.-
Sbadigliò
di nuovo. Era meglio che riposasse
un po’, altrimenti a cena si sarebbe addormentato sul piatto.
-Ho
voglia di vedere il bagno, penso che farò
una doccia-, annunciai dirigendomi verso la mia valigia per prendere un
cambio.
-Uhmm-,
quel mugugno di risposta mi fece
capire che Massi era quasi nel mondo dei sogni. Avrei preferito che non
si
addormentasse tutto vestito e con ancora le scarpe addosso ma non
volevo
neanche disturbarlo.
Presi
quello che mi serviva e aprii la porta
scorrevole che portava al bagno.
Rimasi
letteralmente senza parole. Al
contrario della camera che era l’apoteosi del bianco, nel
bagno regnavano le
tenebre. Era scuro. I muri erano di ardesia grigio fumo e il resto,
vasca,
doccia, lavabo erano di marmo nero. La vasca si trovava al centro del
bagno e
intorno aveva dei faretti che alternavano luci bianche a luci violette.
Quel
bagno era stato progettato per far rilassare anche una corda di violino.
Avrei
voluto fare un bagno rilassante ma optai
per la doccia. Era più veloce e non avrei rischiato di
addormentarmici dentro.
Chiusi
la porta per evitare che il rumore
dell’acqua potesse svegliare Massi e cominciai a spogliarmi.
In
quel momento mi resi conto di quanto i miei
muscoli fossero indolenziti. Mi avvicinai allo specchio enorme che
stava sopra
il lavabo e notai con orrore quanto il mio viso sembrasse stanco e
provato. Ero
inguardabile.
Mandai
a quel paese il mio riflesso nello
specchio e m’infilai sotto la doccia. Aprii l’acqua
che usciva direttamente da
un quadrato di marmo nero sul soffitto. L’acqua tiepida della
doccia accarezzò
il mio corpo provato da quelle dodici ore di aereo. Avvertii subito il
sollievo
che la mia pelle provò in quel momento.
Cominciai
a muovere il collo avanti e
indietro, a destra e a sinistra. I muscoli si rilassarono sempre di
più e
anch’io.
Lavai
i capelli con uno degli shampoo che ci
avevano messo a disposizione. Profumava in modo assurdo di cocco e
pesca.
Un’accoppiata che non avevo mai visto ma che
contribuì a farmi sentire bene.
Afferrai
un doccia schiuma al cioccolato
bianco e iniziai a passarlo con una spugna morbida su tutto il corpo.
Lentamente
avvertii ogni cellula del mio corpo
sciogliersi e rilassarsi.
La
luce soffusa dei faretti aiutava tutti i
sensi del mio corpo a sentirsi sempre meglio mentre anch’io
cominciavo ad
anelare un dolce riposo in quel letto bianco e soffice.
Uscii
dalla doccia e dopo aver frizionato i
capelli con l’asciugamano afferrai la biancheria intima
pulita e iniziai ad
indossarla.
Allungai
una mano verso lo specchio e tolsi un
po’ di vapore che si era depositato sulla superficie.
Osservai ancora una volta
il mio viso riflesso e dovetti ammettere che avevo proprio bisogno di
dormire.
Nonostante la doccia rilassante i miei occhi erano contornati da uno
strano
alone scuro dovuto alla stanchezza, e poi erano rossi. Sembrava quasi
che
avessi passato mesi sveglia senza mai aver chiuso occhio.
Sbuffai
scocciata. Odiavo essere
impresentabile quando ero insieme a Massi anche se questa volta avevo
la scusa
di un viaggio in aereo interminabile e di un fuso orario che avrebbe
steso
persino Mike Tyson.
Presi
la morbida sottoveste nera con spalline
sottili che avevo deciso di mettere per andare a riposarmi e la
indossai. Il
tessuto delicato e soprattutto costoso scese lungo i miei fianchi con
un movimento
fluido e naturale. La mia pelle adesso era completamente felice ed io
ero
pronta per permettere a Morfeo di rapirmi e di portarmi direttamente
sull’Olimpo se avesse voluto.
Frizionai
ancora un po’ i capelli con
l’asciugamano per togliere le ultime goccioline
d’acqua. Non volevo usare
l’asciugacapelli per non rischiare di svegliare Massi, tanto
non avrei di certo
rischiato di ammalarmi: in quella casa il riscaldamento era talmente
alto che
nonostante fuori ci fosse il gelo più rigido e solo una
settimana prima avesse
nevicato come al Polo Nord, io me ne andavo tranquillamente in giro
mezza nuda
come se fosse piena estate. Se dovevo dire la verità sentivo
quasi caldo.
Stavo
per uscire dal bagno quando il mio
cellulare iniziò a vibrare. Guardai il display e sorrisi.
-Ciao-,
dissi subito appena accettai la
chiamata.
-Ohi,
Vale. Siete arrivati?- la voce gioviale
di Marco mi staccò quasi un timpano. Non riuscivo ancora a
capire come
riuscisse a essere sempre di buonumore.
-Sì,
siamo già a casa di Delia. E’
impressionante quanto suo padre sia ricco, ha un appartamento da sogno-
risposi
ammirata.
-Massi
me lo aveva detto che casa di Delia è
fantastica. A proposito, siete insieme?-
-Sta
dormendo, io ho fatto una doccia e credo
che tra poco andrò a riposare. Tu che fai?-
-Sono
stato fino a ora con Amy. Oggi suo padre
è stato dimesso e non mi andava di lasciarla sola, sono
tornato a casa giusto
due minuti fa.-
-Come
sta Mauro?- chiesi sinceramente
preoccupata. Il padre di Amy era una persona che difficilmente si
ammalava, era
sembrato strano a tutti che si fosse preso una polmonite
così forte.
-Meglio-,
cominciò Marco con voce serena. –I
dottori dicono che tra una settimana o due sarà come nuovo.-
-Se
sono contenta.- Per fortuna non era nulla
di grave.
-Adesso
ti lascio, così avviso Amy che siete
arrivati. Era preoccupata che l’aereo potesse precipitare.-
Risi
divertita. Dubitavo altamente che Amy
avesse pensato una cosa del genere, amava viaggiare quanto me e non si
sarebbe
mai spaventata di un viaggio così lungo. Era più
credibile che quello
preoccupato per l’aereo fosse Marco.
-Va
bene, salutamela. Ci sentiamo domani così
parlo anche con lei.-
-Okay.
Mi raccomando, tu e Massi cercate di
fare i bravi… Anzi, non fate per niente i bravi! Dovete
darci dentro come
conigli!-
Aggrottai
la fronte contrariata. Ma che cavolo
andava a dire?!
-Ciao,
Marco. Meglio se non ti rispondo
altrimenti ti incenerisco via telefono.-
Lui
rise divertito mentre io gli chiudevo il
telefono in faccia scandalizzata. Uomini! Sanno pensare solo a una
cosa!
Afferrai
con un gesto stizzito i vestiti che
avevo tolto prima della doccia e aprii piano la porta scorrevole.
Guardai verso
il letto e un piccolo sorriso mi si dipinse sul volto. Massi era ancora
nella
posizione in cui lo avevo lasciato, con la testa rivolta un
po’ di lato e il
torace che andava su e giù rilassato.
Era
così bello mentre dormiva; se fossi stata
una pittrice avrei agguantato subito una tela e avrei cominciato a
dipingere
ogni sfaccettatura di quel viso così dolce.
Lui
continuava a dormire mentre io mi
avvicinai all’armadio e ci riposi dentro i miei abiti.
Cercando
di fare il più piano possibile mi
diressi verso il letto e mi adagiai lentamente sulle lenzuola, cercando
di non
disturbare l’angelo che dormiva dall’altro lato.
Appena
posai la testa sul cuscino mi resi
veramente conto di quanto il mio corpo fosse in cerca di quel tanto
agognato
riposo.
Mi
voltai verso Massi e il suo viso mi apparve
ancora più dolce di prima. Avrei voluto continuare a
guardarlo all’infinito,
per riuscire a imprimere nella mente ogni suo lineamento ma, prima che
me ne
accorgessi, i miei occhi si chiusero e un piacevole senso di benessere
prese
possesso di ogni mia cellula.
Stavo
quasi per addormentarmi quando avvertii
una strana sensazione avvolgermi. Un tocco, una carezza. Una mano che
conoscevo
mi stava accarezzando il viso.
Non
aprii gli occhi, non volevano aprirsi, il
buio rendeva quelle sensazioni molto più intense.
La
mano continuò ad accarezzarmi con dolcezza la
guancia e cominciò lentamente a scendere. Percorse con calma
e senza alcuna
fretta l’incavo del mio collo, delicata come una piuma.
Raggiunse la mia
spalla, e con più decisione il fianco coperto dalla
sottoveste, troppo sottile
perché ogni fibra del mio essere non cominciasse a vibrare
come le corde di una
chitarra. Continuò il percorso sempre con più
urgenza fino ad arrivare alla
coscia. Di nuovo pelle contro pelle, e il mio corpo se ne accorse:
senza
volerlo mi lasciai andare ad un fremito di piacere, incontrollato e
sconvolgente.
La
mano rimase ferma per qualche secondo,
muovendo solo il pollice, ed io lo avvertivo leggero come una nuvola ed
elettrizzante come un fulmine.
Sospirai
mentre la mano stringeva un po’ la
presa e attirava la mia gamba verso un’altra fonte di calore,
un corpo che era
fremente almeno quanto il mio.
Mi
sentii bruciare, mentre la mia gamba era
stata intrecciata ad altre due e il mio intero corpo finalmente si era
avvicinato quasi totalmente a quello che fino a poco prima mi era
così
distante.
Avvertivo
la maledetta stoffa dei jeans che
ancora avvolgevano la gamba dell’altro, ma la parte superiore
del mio corpo
toccava quella che era indiscutibilmente pelle, calda e profumata.
Quando
cavolo l’aveva tolta la maglietta?!
Aprii
gli occhi e finalmente lo vidi, Massi
mentre fissava le sue iridi nelle mie e mi guardava come se fossi
davvero la
cosa più bella che potesse esserci in questo Universo e in
tutti gli Universi
paralleli esistenti.
Mi
lasciò un bacio delicato sulle labbra e poi
tornò a guardarmi.
-Davvero
pensavi che mi sarei messo a dormire?
Sei uscita da quel bagno in queste “condizioni”
così invitanti… -, sfiorò il
lembo della sottoveste che copriva parte della mia coscia.
–Non potevo di certo
ignorarti.-
Sbattei
le palpebre inebetita. Non avevo
neanche idea di cosa pensare, i suoi occhi e la sua voce
così suadente mi
avevano completamente rapita. Non avevo la forza di pensare, e non
volevo
soffermarmi a perdere tempo spremendo dei neuroni che di sicuro ormai
erano
belli che morti.
Lui
tirò fuori il suo sorrisetto sghembo,
quello che mi faceva battere il cuore, quel sorriso che per tanto tempo
avevo
detestato ma che ora era il mio sole, l’unico motivo per cui
trovavo la forza
di svegliarmi ogni mattina.
-Pronta?-
mi chiese con quel sorriso che non
accennava ad andarsene.
Alzai
un sopracciglio incuriosita.
-Pronta
per cosa?-
Lui
sbuffò divertito e fissandomi ancora un
attimo con occhi gentili tolse la mano dalla mia gamba e la
posò sul fianco,
mentre l’altra mano s’infilava sotto
l’altro fianco. Mi afferrò e quasi senza
fatica si girò sulla schiena portandomi totalmente sopra di
lui.
Mi
aveva presa talmente di sorpresa che mi ero
ritrovata con tutto il mio peso sul suo corpo. Le mie gambe erano
aperte ad
avvolgere il suo bacino. Sentivo il suo petto nudo contro il mio,
coperto
ancora da quella sottilissima sottoveste.
-Per
farmi da copertina-, rispose lui
accarezzandomi il collo per poi affondare la mano nei miei capelli
ancora umidi.
–Ho tanto freddo.-
Spalancai
gli occhi sorpresa mentre quella
mano spingeva il mio viso verso il suo.
Le
nostre labbra si trovarono mentre Massi
percorreva la mia schiena con le mani. Dal collo scese lentamente verso
il
fondoschiena, le nostre bocche erano unite e i nostri cuori battevano
veloci
come non mai.
Sentivo
la sua mano dietro al mio collo, lo
accarezzava con voglia. Il suo tocco era così leggero ma
allo stesso tempo così
pieno di desiderio, ed io persi ogni cognizione di tempo e spazio. I
brividi mi
avvolgevano, la mia mente era completamente vuota e leggera. Stavo
bene, ero al
sicuro ma soprattutto ero tra le braccia del mio Massi.
Il
suo bacio si fece ancora più profondo,
avvertivo la sua voglia premere contro di me e la mia arrivare alle
stelle
mentre la sua mano lasciava il mio collo e scendeva lentamente verso la
schiena.
Un
nuovo brivido mi prese d’assalto, non potei
evitare di gemere. Avvertii le labbra di Massi sotto le mie distendersi
in un
sorriso compiaciuto.
-La
mia copertina è più calda del solito-,
sussurrò con voce roca tornando ancora una volta a baciarmi
con impeto.
Il
cuore mi batteva fortissimo e un’altra
scarica di brividi prendeva possesso del mio intero corpo. La mia mente
si
svuotò per l’ennesima volta. Le labbra di Massi
lasciarono le mie e iniziarono
a scendere fameliche sul mento fino ad arrivare al collo. Con la mano
continuava ad accarezzarmi dolcemente la schiena e la sua bocca
lasciava baci
di fuoco sul mio collo.
Fui
preda di sensazione così intense e
violente che per poco non cominciai a urlare.
-Adesso
non puoi davvero scappare più-,
mormorò lui sul mio collo. Il suo respiro era caldo e
delicato, mi sfiorò con
dolcezza e fu fonte di nuovi brividi incontrollati.
-Non
ho mai avuto intenzione di scappare-,
sussurrai con appena un filo di voce.
Lo
guardai un attimo negli occhi e mi chinai
sul suo collo lasciando milioni di baci su quella pelle così
profumata e
conosciuta.
No,
mio caro. Non avevo intenzione di scappare
e non lo avrei mai fatto. Il mio amore era troppo grande per
permettermi di
stare lontana da te più del tempo necessario. La mia vita
ruotava intorno a
quella di Massi come un satellite con il suo pianeta, la forza che ci
legava
era troppo grande per poterci dividere.
Il mio corpo lo sapeva, ma
quello di Massi
decise di dimostrarmelo ancora una volta portandoci in un mondo dove io
e lui
eravamo già stati ma che ogni volta visitare era un dono del
cielo.
***L'Autrice***
E allora? Come vi è sembrato questo capitolo...?
Spero che vi sia piaciuto... Non chiedetemi da dove è venuta
fuori tutta la storia della Copertina... u.u Non me lo chiedete
perchè tanto sto per dirvelo... xD Un ragazzo che
frequentavo mi chiamava così quando dormivamo insieme...
ahahah In realtà dovrei dargli i diritti d'autore, ma visto
che adesso lo odio non posso parlargli, quindi non posso dirglielo...
u.u ahahahah Almeno è servito a darmi questa idea per la
storia... xD
Se questo capitolo vi è piaciuto,
chissà il prossimo che sarà davvero fuoco allo
stato puro.
Volevo dirvi... Ne "Il Figlio della Prof" avevo dato dei nomi
diversi ai genitori di Delia (Elisa e Richard), ma ho deciso di
cambiarli con Romina e Devon... Mi piacciono di più... Un
giorno spero di ricordarmi che li devo modificare ne "Il Figlio della
Prof"... ahahah Sono sempre la solita sbadata.
Prima di darvi qualche anticipazione sul prossimo capitolo,
volevo davvero ringraziarvi!!! State seguendo questa storia davvero in
tantissimi, e questo mi rende davvero fiera di quello che scrivo... Per
non parlare di tutte le meravigliose recensioni che ogni volta mi
lasciate (questa volta sono fiera di dire che ho risposto a tutte...
xD). Grazie davvero!!!! Grazie, Grazie, Grazie!
Anticipazioni:
Non c'è molto da anticipare... Passione, Passione,
Passione! Questo sarà l'argomento del prossimo capitolo...
xD Passione e tanto tanto amore... Diciamo che Massi e Vale ci daranno
dentro come conigli (sono parole di Marco non mie)... ^^
Ricordo
a tutti che potete trovare molto altro su Massi e
Vale cliccando su questi link:
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Facebook (in cui pubblico spoiler sui capitoli successivi
e anche mie sciocche "pillole di saggezza")
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Capitolo 4 *** Fuoco Inarrestabile ***
Verso La Maturità- Capitolo 4
Fugge
Frattanto,
Fugge Il
Tempo Irrecuperabile.
Virgilio
Capitolo 4:
Fuoco Inarrestabile
Quella settimana a Boston
era davvero volata.
Prima che me ne rendessi conto era arrivato l’ultimo giorno
da passare in
quella meravigliosa città, e dovevo ammettere che il mio
cuore si riempiva di
tristezza al solo pensiero di dover prendere l’aereo e
tornare a Lecce.
Rientrare a casa avrebbe riportato me e Massi nella
quotidianità di sempre, ci
avrebbe riportato a scuola, in quel maledetto liceo dove eravamo
costretti a
fingere e a mentire.
Era inutile che raccontassi
balle a me stessa:
quei giorni a Boston erano stati i più belli della mia vita
ma anche i più
sofferti. Sapevo che quel periodo non sarebbe durato in eterno e questo
mi
uccideva. E’ difficile rinunciare a qualcosa di
così meraviglioso, soprattutto
se lo si è scoperto da poco tempo.
Avrei voluto rimanere a
Boston per sempre, con
il mio Massi. Lì non avevamo preoccupazioni o timori, ma
dovevamo tornare a
casa. La realtà doveva essere affrontata, come sempre accade
quando ci si
sveglia da un sogno meraviglioso. E la sveglia ormai stava per suonare,
mancavano solo ventiquattro ore alla partenza.
Delia ed io eravamo in giro
per Boston. Quella
sera lei e Michael ci avevano invitato ad uscire, Mike affermava che
avevano
aperto un nuovo locale fantastico dove voleva portarci.
Mentre camminavo accanto a
Delia per le strade
di Boston mi tornò in mente il primo giorno che avevo
trascorso in quella
città. In quel pomeriggio che mi sembrava tanto lontano,
Massi ed io avevamo
fatto l’amore in un modo talmente meraviglioso che il solo
ripensarci mi faceva
tornare dei brividi incontrollati in tutto il corpo.
Era stato allora che Massi
mi aveva raccontato
tutta la storia di Delia e della sua famiglia.
-Romina, la madre di Delia,
ha tradito Devon-,
cominciò Massi quando gli chiesi come mai i genitori di
Delia avessero
divorziato. Mi teneva abbracciata a lui mentre parlava, stesi su quel
letto che
aveva accolto il nostro amore.
Alzai leggermente la testa
per poterlo
guardare mentre parlava. Sentivo il suo cuore battere sotto il mio
orecchio
poggiato sul suo petto. Non era agitato, si stava solo limitando a
raccontare.
-Devon non gliene ha mai
fatto una colpa. Da
anni il loro matrimonio era in crisi: lui lavorava sempre, trascurava
lei e i
figli, era completamente assorbito dallo studio legale che stava
fondando. Non
si era accorto di nulla ma alla fine Romina ha confessato tutto.-
-Non hanno provato comunque
a restare
insieme?- chiesi con un filo di voce.
-Lo hanno fatto. Dopo il
tradimento di Romina
hanno provato ad andare avanti per un paio d’anni, ma ormai
la fiducia era
rotta e anche se si amavano non era più come prima. Alla
fine hanno deciso di
separarsi e poco dopo hanno divorziato. Romina ha deciso di tornare in
Italia
per cominciare una nuova vita.-
-Delia e Michael sanno il
motivo della separazione
dei loro genitori?-
Massi chiuse un attimo gli
occhi e prese un
respiro.
-Sì, lo sanno.
Delia non ha mai rimproverato
nulla a sua madre, sa quanto Devon li avesse trascurati e sa anche che
Romina
lo amava, ma probabilmente quell’amore non le era bastato.
Mentre Michael… Be’
Michael è un tipo molto meno comprensivo. Non ha mai
perdonato alla madre
quello che aveva fatto, non la vede da più di un anno e non
ha mai avuto voglia
di incontrarla di nuovo. Non dico che la odia, ma prova molto
risentimento per
lei, sia perché ha distrutto il suo matrimonio e sia
perché ha portato Delia in
Italia con sé. Conosco Mike, probabilmente non
perdonerà mai sua madre.-
-Delia sarà
uscita distrutta da questa storia-,
mormorai con una nota di dolore nella voce.
-Sì-, rispose
Massi riaprendo lentamente gli
occhi. –E’ per questo che quando è
arrivata a Lecce per Christian è stato
semplice riuscire a prenderla in giro. Lei si sentiva sola, e in
più si sentiva
in colpa per aver lasciato suo padre e suo fratello. Christian era
dolce e
riusciva a non farle pensare al brutto periodo che la sua famiglia
stava
attraversando.-
Christian… Quel
viscido verme senza neanche un
briciolo di spina dorsale! Se solo mi avessero lasciato sola con lui
due
minuti, lo avrei fatto pentire di essere venuto al mondo!
Massi mi strinse un
po’ più forte, forse aveva
capito che il sentir nominare Christian mi aveva fatto innervosire. Il
mio
Massi continuava a sorprendermi, riuscendo sempre a capire tutto quello
che
provavo senza che io dovessi neanche aprire bocca.
Mi lasciò un
delicato bacio sulla fronte ed io
mi accoccolai meglio tra le sue braccia mentre percepivo la sua mano
ancorata
sul mio fianco stringermi con più decisione a lui.
Un piacevole calore mi
attraversò la schiena
mentre avvertivo il corpo di Massi diventare sempre più
caldo e profumato.
-Hai di nuovo freddo?-
chiesi in un sussurro.
Lui mi strinse ancora di
più e alzando lo
sguardo notai che un sorriso divertito si era dipinto sul suo volto.
-Penso che dovrò
farmela passare, visto che
tra poco dobbiamo scendere per la cena.-
Un piccolo sbuffo
sfuggì alle mie labbra al
pensiero che di lì a pochi minuti avremmo dovuto abbandonare
quel letto, ma
soprattutto nel pensare che non c’era il tempo per un altro viaggio.
-A quanto pare non sono
l’unico che ha di
nuovo freddo. Ti è venuta voglia di scaldarmi, Copertina?-
mi chiese
accarezzandomi i capelli e cominciando a giocherellare con uno dei miei
boccoli
informi.
Arrossì
leggermente a quella frase, ma dovevo
ammettere che era la verità. Alzai lentamente la testa e mi
sporsi un po’ verso
di lui lasciandogli un bacio sul mento. Lo sentii trattenere il respiro
a quel
mio gesto, mentre con calma la mia mano cominciava ad esplorare il
petto fino a
fermarsi in corrispondenza del cuore. Mi sembrava quasi di poter
sentire i suoi
battiti accelerare. Le mie labbra scesero un po’ e lasciarono
un altro bacio
più deciso su quel collo morbido e appetitoso.
-Voglio scaldarti-, mormorai
con un filo di
voce mentre il torace di Massi si alzava e si abbassava più
velocemente.
–Voglio che il mio calore ti avvolga e ti tolga la
capacità di ragionare.
Voglio che le mie carezze ti facciano sognare-, la mia mano si mosse da
sola
sul suo petto con delicatezza, quasi a sfiorarlo. –Voglio che
le mie labbra
brucino completamente la tua pelle-, mormorai, e con un altro bacio
ancora più
profondo sigillai quelle parole sul suo collo come se avessi intenzione
di marchiarle
a fuoco sulla sua pelle.
-Voglio che tu sia per sempre mio.-
Lo dissi con una tale
urgenza e con un tale
desiderio che Massi non ci vide più: con uno scatto me lo
ritrovai sopra. I
suoi occhi mi guardavano con un’intensità che mi
fece battere il cuore.
Sembrava che il verde delle sue iridi volesse completamente annullare
il
castano delle mie.
-Non puoi dirmi queste cose,
non ora che non
ho neanche il tempo di sfiorarti. Sei crudele!-
Uno strano sorriso divertito
comparve sulle
sue labbra prima che decidessero di posarsi con veemenza sulle mie che
erano
rimaste leggermente aperte per la sorpresa nel sentire quelle parole.
Il ricordo di quel bacio era
talmente intenso
che anche a distanza di tutti quei giorni non potei fare a meno di
arrossire al
solo pensiero di quello che avevamo fatto dopo, anche se avevamo
così poco
tempo prima della cena.
-Sai, ti si legge in faccia
quando cominci a
ricordare le porcherie che fai con Massi-, disse una voce divertita
accanto a
me.
Sussultai arrossendo ancora
di più a mi voltai
a guardare Delia.
-Ma di che diavolo stai
parlando?- chiesi con
una voce stridula che probabilmente non sembrava neanche la mia.
-Puoi anche negare ma tanto
lo so che stavi
pensando a qualche notte di fuoco passata con Massi. Avevi
un’aria talmente
beata che di certo non stavi pensando a delle lezioni di scuola.-
Alzai gli occhi al cielo
divertita mentre
Delia mi afferrava e mi costringeva ad entrare nell’ennesimo
negozio di
vestiti.
Adesso eravamo in quello di
Gucci. Ovviamente
con una come lei non si poteva sperare di entrare in un negozio
più abbordabile
per le mie tasche, quindi mi limitavo ad ammirare i vestiti senza
neanche
provare a toccarli. Delia invece provava di tutto e di più,
e comprava anche di
tutto e di più. Fortuna che si faceva portare tutto
direttamente a casa,
altrimenti non saremmo mai riuscite a trasportare da sole
così tanta roba.
Uscimmo dal negozio e Delia
mi fece la domanda
più sbagliata che avrebbe mai potuto pormi.
-Cosa indosserai stasera?-
Feci un respiro profondo e
mi preparai ad una
sfuriata.
-Non ho portato un
granché di indumenti per
un’uscita. Credo un jeans, degli stivali e una maglietta
carina.-
Guardai Delia terrorizzata,
ero certa che mi
avrebbe ucciso.
-Uhm-, mugugnò
lei tranquilla. –Capisco. Be’
non è male come idea.-
Alzai un sopracciglio
incredula. Delia Barton,
la ragazza più fissata al mondo con la moda, non aveva nulla
in contrario se mi
vestivo in modo così sobrio per andare in uno dei locali
più in voga di Boston?
Okay, c’era decisamente qualcosa che non andava.
Avrei voluto indagare di
più su quella
risposta, ma l’auto che ci aveva messo a disposizione Devon
per quella giornata
si fermò davanti a noi. L’autista scese e ci
aprì lo sportello per farci
entrare in macchina.
Una volta arrivate
nell’appartamento la scena
che mi ritrovai davanti era la stessa che si riproponeva ai miei occhi
da
quando ero arrivata a Boston.
-Stavolta ti faccio nero!-
esclamò Massi
spingendo con più forza i tasti del Joystick.
-Sogna, moccioso!-
ribatté Mike con un sorriso
pungente sul volto.
-Possibile che voi due
sappiate solo stare
davanti a quel televisore a giocare-, mormorò Delia
esasperata.
Non potei non essere
concorde con lei. Fin
dalla prima sera a Boston Massi si era piazzato su quel cavolo divano,
davanti
a quell’enorme schermo ultrapiatto a giocare a PES contro
Mike. Avesse vinto
una volta. Michael era davvero troppo forte per lui.
I due non sembravano essersi
neanche accorti
di noi tanto erano rapiti dal gioco.
Non mi era mai piaciuto
essere ignorata in
generale, figurarsi se lo avrei sopportato da quello che dichiarava di
essere
il mio ragazzo. Avevo la tentazione di catapultarmi davanti a quei due
stupidi
e staccare tutti i cavi della console, ma decisi di non farlo per due
motivi:
Massi ci teneva davvero tanto a quella partita e non volevo
rovinargliela;
tutti quei marchingegni costavano un occhio della testa ed io non
volevo
rischiare di fare danni come il mio solito.
Ingoiai quel rospo e senza
rivolgere neanche
una parola a Massi dissi a Delia che andavo a fare una doccia
così poi ci
saremmo preparate per uscire.
Mi diressi con calma verso
la camera da letto
e una volta dentro cominciai a spogliarmi entrando subito in bagno.
Quello lì non lo
capivo proprio! Avevamo
ancora poche ore da passare insieme e preferiva stare dietro ad uno
stupido
gioco piuttosto che venire dietro… a
me!
Quando si comportava in modo così infantile lo avrei
strozzato con le mie
mani.
Entrai ancora una volta in
quella doccia
meravigliosa e dopo aver aperto l’acqua mi lasciai cullare
dal suo dolce
tepore. Chiusi gli occhi e decisi di non pensare più a
nulla. Non valeva la
pena di arrabbiarsi per una cosa simile anche se dovevo ammettere che
mi
bruciava ancora parecchio!
Maledetto Massimiliano Draco!
L’acqua tiepida mi
accarezzava delicatamente
mentre un sospiro sfuggì alle mie labbra. Ad un certo punto
però mi sembro
quasi che l’acqua diventasse qualcosa di più
concreto, qualcosa di molto più
simile ad un corpo che scaldava la mia schiena.
Una mano spostò i
capelli dal mio collo e
delle labbra morbide cominciarono a lasciarci dei baci mentre
un’altra mano si
posava sul mio ventre. Era calda, no… Era incandescente!
Potevo sentire il suo
calore oltrepassare la mia pelle e raggiungere la parte più
intima della mia
anima.
Lentamente girai la testa e
i miei occhi
incontrarono quelli di Massi, verdi come mai li avevo visti. Mi
scrutavano con
gentilezza e divertimento, brillavano pieni di quello che mai sarei
riuscita a
spiegarmi. Era quasi qualcosa di magico, o forse era semplicemente
amore.
-Speravi che ti lasciassi
fare la doccia da
sola?- mi chiese con un sorriso di scherno.
Mi voltai totalmente verso
di lui e vidi il
suo corpo perfetto. Era lì davanti a me, non dovevo fare
altro che allungare la
mano per prenderlo. Sui suoi muscoli scorrevano lente delle gocce
d’acqua. In
quel momento le odiavo! Avrei voluto che fossero le mie mani a
percorrere ogni
millimetro del suo corpo, ma il mio orgoglio le teneva ancorate a me,
non
permetteva loro di muoversi.
Il mio sguardo era grave
mentre si fissava nei
suoi occhi. Inizialmente sembrava sorpreso dal mio comportamento ma poi
un
altro sorriso gli illuminò il viso, un sorriso sghembo. Un
modo per prendersi
gioco di me!
-Lo sai che non ti ho
ignorata, mia delicata…-,
con una mano cominciò ad accarezzarmi il viso.
-Profumata-,
sfiorò il mio collo con il naso,
e io trattenni il respiro a quel contatto.
-Dolce-, posò le
labbra sulle mie e appena
avvertii la sua lingua lasciare una piccola scia di piacere sul mio
labbro
inferiore mi sciolsi totalmente.
-Permalosetta.-
Si staccò da me e
mi guardò incuriosito mentre
io me ne stavo come un’ebete ferma davanti a lui con la bocca
semiaperta in
attesa di un bacio che mi aveva negato. Le mie guance si tinsero subito
di
rosso e il mio orgoglio ferito decise di parlare al mio posto.
-Eri impegnato con la
partita, sembrava una
cosa importante-, borbottai spazientita.
-Non dirmi che non sai la
novità?- mi chiese
Massi con finta aria sconvolta. Si avvicinò di nuovo e
spingendomi con
delicatezza sotto il lento getto d’acqua sfiorò di
nuovo il mio collo con la
punta del naso. –Sui Joystick delle Play hanno inserito il
tasto pausa.-
Sussurrò quella
parola proprio vicino al mio
orecchio, e nonostante lo scrosciare dell’acqua potei
avvertire il suo respiro
delicato e fresco sfiorarmi la pelle.
Il mio orgoglio e la mia
rabbia stavano
scivolando via piano, come se fosse stata quell’acqua che
lambiva i nostri
corpi a lavarli via e a farmi dimenticare lo stupido ed insignificante
motivo
per cui prima me l’ero presa così tanto.
-E Michael? Ti ha lasciato
andare?- riuscii a
dire con un filo di voce mentre le labbra di Massi trovavano la mia
spalla e ci
lasciavano delicati baci lunghi e passionali.
-Gli ho…-, bacio.
–Detto… -, altro bacio. –Che
dovevo…-, le sue labbra si spostarono sul collo e si fecero
più decise. –Andare
in bagno…-, mi lasciò un ultimo bacio prima di
sorridere. Avvertii le sue
labbra distendersi sulla mia pelle e a quel gesto anch’io non
potei fare a meno
di sorridere.
-Alla fine mi sembra che tu
gli abbia detto la
verità-, dissi sorridendo.
Lui non rispose. Le sue
labbra si richiusero
su una piccola parte del mio collo e il suo bacio bloccò
qualsiasi mio
pensiero.
Le sue mani si posarono
sulla mia schiena e mi
attirarono completamente a lui. Il respiro mi si mozzò
completamente e le mie
mani si ritrovarono dietro il suo collo, tra i suoi meravigliosi
capelli
completamente bagnati.
-Non stare a preoccuparti di
queste
stupidaggini-, bisbigliò lui ad un mio orecchio mentre le
sue mani risalivano
lente la mia schiena andando contro l’acqua che mi scorreva
addosso. Lui era
sempre così. Andava sempre contro tutto quello che pensavo
annullando qualsiasi
mio pregiudizio o pensiero, facendomi sempre scoprire qualcosa di
nuovo, un
punto di vista che magari da sola non sarei mai stata in grado di
vedere.
-Ci è rimasto
davvero poco tempo-, mormorò e
non mi fu difficile cogliere la nota di amarezza che gli era sfuggita
mista a
quelle parole.
Sì, il tempo
rimasto era davvero poco. Il
tempo per essere totalmente Vale e Massi alla luce del sole, senza
nessun
timore di essere scoperti, era quasi finito ormai. Non potevo e non
volevo
litigare con lui o prendermela per delle futilità.
Lentamente con la mano
ripercorsi il suo
petto, fino a raggiungere il collo per poi arrivare finalmente alla
guancia.
Feci una lieve pressione per portare i nostri volti l’uno di
fronte all’altro.
Lo guardai intensamente
negli occhi, mi persi
nelle sue iridi e feci in modo che lui si perdesse nelle mie.
Riempii i miei occhi di
tutti i sentimenti che
Massi mi aveva fatto provare: gioia, dolore, divertimento, rabbia,
passione,
gelosia. Tutto quello che Massi mi aveva dato adesso era lì,
nei miei occhi,
nel mio castano scuro e caldo. Volevo che li vedesse, volevo che quei
sentimenti si mostrassero a lui e gli facessero capire quanto era
grande,
immenso ed incalcolabile quello che provavo quando eravamo insieme.
Il tempo sembrò
fermarsi.
Non sentivo più
lo scrosciare dell’acqua, non
avvertivo più l’ansia per l’imminente
partenza, non avevo più paura del domani.
Quel momento era nostro, ed io lo sentivo come sapevo che anche Massi
lo aveva
compreso.
E poi lo vidi. Nei suoi
occhi vidi quello che
mai avrei creduto di poter vedere. Ci aveva messo tutto quello che poco
prima
io avevo cercato di mostrargli.
Gioia.
Il verde dei suoi occhi quando gli avevo confessato di amarlo.
Dolore.
Il verde dei suoi occhi quando gli avevo detto che la nostra relazione
doveva
restare segreta.
Divertimento.
Il verde dei suoi occhi ogni volta che rispondeva ad una delle mie
sfuriate.
Rabbia.
Il verde dei suoi occhi durante il nostro primo incontro davanti alle
macchinette.
Passione.
Il verde dei suoi occhi durante la nostra prima volta, un verde dolce
che aveva
paura di farmi del male e che soffriva al solo pensiero di potermene
mai fare.
Gelosia.
Il verde dei suoi occhi all’idea che qualcuno potesse
portarmi via da lui.
Ma oltre questo
c’era dell’altro. Qualcosa che
Massi decise di mostrarmi proprio in quel momento.
Verde.
Era il verde più caldo che avessi mai visto. Era un verde
che racchiudeva tutte
le sfumature che mi ero trovata di fronte in tutti quei mesi, un verde
che
assorbiva in sé tutti quei sentimenti che mi aveva mostrato
piano, tutti quei
sentimenti contrastanti che avevano trovato il modo di unirsi sotto un
unico
colore. Il colore con cui mi guardava adesso e con cui aveva cominciato
a
guardarmi già da qualche tempo. Quello era il verde
dell’amore che provava per
me. Il verde con cui me lo mostrava, il verde che amavo di
più e che aveva il
potere di uccidermi e di riportarmi in vita, tutto in un solo istante.
Un
istante che poteva durare in eterno… Un istante che poteva
durare meno di un
secondo. Era tutto lì, tutto in quegli occhi.
Il mio respiro si fece
più veloce, ero
talmente satura di emozioni che mi sembrava quasi di poter esplodere da
un
momento all’altro.
Sapevo che anche per Massi
era lo stesso. Lo
vedevo, le sue emozioni erano quasi tangibili: le sentivo sotto la sua
pelle,
la mia mano avvertiva ogni sua vibrazione.
La sua mano si mosse
lentamente sulla mia
schiena e subito ebbi un fremito incontrollato, il cuore
cominciò a battere
molto più veloce mentre avvertivo un rossore scandaloso
ricoprirmi le guancie e
l’anima. Avvertii la pelle cominciare a scaldarsi sotto il
suo tocco delicato,
e l’acqua non poté nulla contro il calore che
Massi stava provocando in tutto
il mio corpo.
Un sospiro pieno di
desiderio sfuggì alle mie
labbra, Massi continuava ad accarezzarmi la schiena guardandomi
dolcemente
negli occhi.
Fu una cosa così
strana. Mi sentii come preda
di una forza sconosciuta scatenata dallo sguardo di Massi.
Presi un respiro, attesi il
più possibile per
assaporare ogni particolare di quell’istante colmo di
tensione ma poi non fui
più in grado di attendere. Il mio corpo fremeva, il mio
cuore accelerava, il mio amore chiamava.
Mi sollevai un po’
sulle punte e unii le mie
labbra a quelle di Massi.
Senza rendermene conto,
avevo appena gettato
un fiammifero su una montagna di legna cosparsa di benzina.
Massi si accese irradiandomi
totalmente con il
suo calore e il suo impeto.
Mi strinse a sé
ancora di più, premendo le
mani sulla mia schiena, e approfondendo il bacio con una foga che mi
lasciò
letteralmente senza fiato, azzerando ogni mio pensiero.
Mi ancorava al suo corpo con
una forza sempre
più intensa, e il bacio diventò incontrollato,
profondo, famelico. Le sue
labbra cercavano le mie, la sua lingua esplorava la mia bocca, i suoi
denti mi
lasciavano dei morsi terribilmente piacevoli sul labbro inferiore.
Era un’onda
potente, un uragano che non
riuscivo a controllare… Ma io non volevo controllarlo,
volevo che mi prendesse
con quella foga. Volevo donarmi a lui con tutta la passione che sentivo
scaturire dal mio corpo.
Mi prese e, sollevandomi, le
gambe si
avvolsero intorno al suo bacino. Le sue mani si posarono sotto le mie
cosce e
la mia schiena incontro il muro freddo, ma non abbastanza per attenuare
il
fuoco che mi stava divampando sotto pelle.
Le labbra di Massi si
spostarono sul mio
mento, decise e voraci, fino a raggiungere il mio collo dove avvertivo
il
sangue correre veloce. Defluiva rapidamente dal mio cervello verso il
cuore che
batteva rapido.
Aprì piano la
bocca e inizio a baciarmi il
collo con una lentezza così veloce, era come se volesse
essere delicato ma non
potesse farlo, la sua fame era troppo forte per riuscire ad essere
completamente attento.
Il suo bacio si fece sempre
più deciso, e
avvertii le sue labbra stringersi con più veemenza intorno a
quel piccolo lembo
di pelle prescelto per farmi provare una marea di sensazione
incontrollate.
La mia mente era
completamente e beatamente
annebbiata.
Ormai non mi era chiaro
più nulla, persino la
luce della stanza cominciava a perdere significato e i contorni degli
oggetti
mi apparivano sfocati. L’unica cosa che continuava ad essermi
davvero chiara
era… Massi. Le sue mani, la sua pelle, il suo profumo, il
suo sapore, il suo
calore, il suo intero corpo. Tutto di lui mi era chiaro, niente
riusciva a
sfuggire ai miei sensi.
Massi. Massi. Massi…
-Massi…-,
mormorai in un sussurro vicino al
suo orecchio.
Ed eccolo. Avevo appena
accesso il
lanciafiamme direttamente su un enorme cumulo di paglia.
A quella mia unica parola
appena sospirata, i
gesti di Massi si fecero ancora più decisi, conscio di
quanto tutta quella
situazione mi stesse facendo uscire fuori di testa.
Neanche lui, da quel momento
in poi, sarebbe
più riuscito a controllarsi, a questo punto ne ero
consapevole. E tutto ciò mi
rendeva ancora più calda, mi eccitava ancora di
più. Il lanciafiamme aveva
preso fuoco proprio come il cumulo di paglia.
Tutto aveva preso fuoco, e
niente sarebbe
stato risparmiato a quell’evento di proporzioni bibliche.
Le fiamme avevano preso il
controllo di tutti
i nostri gesti, persino delle nostre menti. Ogni carezza, ogni bacio,
ogni
sussurro era colmo del fuoco che avvolgeva i nostri cuori, che lambiva
la
nostra pelle.
L’acqua ci
sfiorava appena, non l’avvertivo
perché le fiamme erano più potenti. Erano
inarrestabili. Erano loro a comandare
e noi eravamo soltanto il mezzo che avevano trovato per mostrare tutto
il loro
potere.
Le fiamme… C’erano
solo loro tra noi e dentro di noi.
-Ma guarda tu che razza di
disastro-, esclamai
rivolta al mio riflesso nello specchio.
-Che succede?- chiese Massi
avvinandosi a me.
Aveva appena rimesso pantaloni e maglietta, pronto per tornare a
giocare
tranquillamente con Michael.
Io ero ancora completamente
nuda, con i
capelli fradici e il viso sconvolto dal rossore.
-Sei un cretino!- mormorai
risentita. –Sai
fare solo danni.-
Massi mi guardò
un attimo confuso ed io decisi
che dovesse vedere quanto era stato stupido poco prima sotto la doccia.
Scostai ancora di
più i capelli e resi
visibile ai suoi occhi il suo misfatto.
Lui alzò un
sopracciglio e poi si allargò in
un sorriso pieno di orgoglio.
-Direi che è un
vero capolavoro-, disse
soddisfatto.
-Ma sei completamente
rimbambito?! Secondo te
posso uscire con questo coso sul collo stasera?!-
Il succhiotto che Massi mi
aveva lasciato
quando avevamo fatto l’amore sotto la doccia, solo pochi
minuti prima, era in
bella mostra sul mio collo. Diventava sempre più viola e
sempre più enorme.
-Secondo me è
bellissimo-, la nota soddisfatta
era ancora più chiara nelle sue parole.
-Bellissimo?! E’
un disastro-, mormorai
avvilita. –Oltre al fatto che stasera dovrei uscire con
questa sotto specie di
marchio sul collo, secondo te domani come lo spiego ai miei? Non credo
che
possa passare in poche ore. Sembra quasi che mi abbia aggredito un
vampiro!-
Mi voltai di nuovo verso lo
specchio e
delicatamente passai un dito sulla parte più scura del
succhiotto.
-Guarda che
roba…-
-Non volevo lasciartelo-,
mormorò Massi in
segno di scusa. –E’ solo che non sono riuscito a
controllarmi. Stavolta mi hai
fatto davvero impazzire, non ho capito più niente e mi sono
lasciato prendere
un po’ la mano.-
Il rosso che mi colorava le
guancie divenne
ancora più intenso. Al solo ricordo di quello che avevamo
fatto poco prima
sotto la doccia delle piacevoli fitte mi attraversavano il ventre.
La testa stava cominciando a
girarmi e sperai
con tutto il cuore che fosse solo per il caldo soffocante che
c’era in quel
bagno, ma in realtà sapevo che il desiderio stava bussando
di nuovo alla mia
porta, avvolgendo il mio corpo.
Maledetti ormoni del cavolo!
-Vabbe’-,
cominciai con voce incerta. –Credo
che Delia potrà fare qualcosa con quell’arsenale
di trucchi che ha in camera.-
Massi si avvicinò
lentamente e con calma mi
abbracciò da dietro posando il mento sulla mia spalla.
-Sì, credo che
Delia potrà fare qualcosa.-
La sua voce era bassa, e le
sue braccia erano
calde mentre mi ancoravano al suo corpo. La mia schiena fu pervasa da
un
brivido quando i nostri corpi entrano completamente in contatto, e
bruciava
contro la stoffa della sua maglietta e dei suoi pantaloni.
-Dovresti tornare da Mike-,
mormorai quasi in
un bisbiglio. Non volevo che se ne andasse ma non potevamo neanche
restare
rinchiusi in quel bagno in eterno.
Massi si
accoccolò meglio sul mio collo e con
le labbra sfiorò delicatamente il segno che mi aveva
lasciato.
-Sai, tu mi attrai molto di
più di un pallone
gonfiato e di uno stupido videogioco-, sussurrò quelle
parole a pochi
millimetri dal mio orecchio. Avvertii il cuore cominciare a battere
ancora una
volta più forte di quanto avessi mai potuto immaginare.
I miei respiri si fecero
sempre più pesanti e
la testa diventava man mano più leggera. Il solo pensiero
che in quel momento
la occupava era il calore del fuoco che Massi riusciva a scatenare in
me.
Le
fiamme si alzavano sempre più, senza controllo.
Le labbra di Massi si
aprirono e si posarono
di nuovo sul segno che mi aveva lasciato. Avvertii la sua lingua
giocare con la
mia pelle e le sue mani sfiorarmi delicatamente il ventre.
-Come fai ad essere sempre
così dolce?- mi
chiese poi in sussurro mentre continuava ad assaporare la mia pelle.
–Mi sento
quasi drogato da te, non posso fare a meno di toccarti e
di…- prese
delicatamente il mio viso e lo voltò verso il suo.
–Baciarti.-
Chiuse gli occhi e le sue
labbra travolsero
letteralmente le mie che risposero da sole al bacio senza che ci fosse
alcun
bisogno di ragionarci su.
I miei occhi erano rimasti
per attimo aperti
dalla sorpresa di quel gesto e potei ammirare le lunghe ciglia bionde
di Massi
e le sue palpebre che tremavano per l’emozione che quel bacio
gli stava
trasmettendo.
Mi voltai totalmente verso
di lui e lasciai
che le sue mani si posassero sulla mia schiena attirandomi a
sé.
Posò poi una mano
sul mio collo, esattamente
in corrispondenza del succhiotto che mi aveva lasciato, e inizio ad
accarezzare
quella parte di pelle con una lentezza quasi esasperante. Una lentezza
che mi
faceva impazzire.
Presa dalla foga gli buttai
le braccia al
collo e lo strinsi a me, come se non volessi lasciarlo andare mai
più. E in
effetti il mio intento era proprio quello: mai, per nessun motivo al
mondo,
avrei potuto rinunciare a Massi. Vivere quei momenti con lui era troppo
elettrizzante per immaginare un futuro in cui non ci fossero.
Resi quel bacio ancora
più profondo e Massi
sembrò molto felice della mia decisione.
Notai a malapena che la
terra mi mancò
all’improvviso sotto i piedi. Massi mi aveva preso in braccio
continuando a
baciarmi. Si diresse con calma verso la camera e staccando le nostre
labbra mi
depose con cura sul letto.
-Mike dovrà
aspettare ancora un po’-, era in
piedi davanti a me e mi guardava come se fossi stata un tesoro prezioso
che lui
solo poteva ammirare. Si sentiva orgoglioso di quel tesoro che
possedeva, lo
potevo capire dalla luce che leggevo nei suoi occhi.
Sorrisi a quelle sue parole
e lui rispose a
quel mio sorriso. Si tolse la maglietta, ancora una volta il mio cuore
fece un
balzo alla vista di quel corpo quasi scultoreo che avevo davanti.
Più volte lo
guardavo e più forti diventavano le fitte al basso ventre
che prendevano
possesso della mia ragione.
Si stese su di me e subito
il piacere di
avvertire la sua pelle sulla mia prese il posto di quelle poche
facoltà mentali
che ancora mi erano rimaste.
-Non potevi dire a Massi di
andarci un po’ più
leggero?-
Sospirai con aria sconfitta.
Ero in camera di
Delia, e mio malgrado ero stata costretta a mostrarle quello che Massi
aveva
lasciato sul mio collo quasi un’ora prima. Anche se dubitavo
che un segno del
genere sarebbe passato inosservato.
-Ti prego, dimmi che puoi
fare qualcosa-,
dissi con tono di supplica.
-Sì, qualcosa si
può fare. Ma quel timbro non
sparirà tanto presto, come pensi di spiegarlo ai tuoi
genitori?-
La domanda di Delia era
più che legittima e io
per prima non avevo idea di come superare lo “scoglio
genitori” una volta
tornata a casa.
-Non lo so, Delia. So solo
che non ci voglio
pensare. Dopotutto a me e Massi non è rimasto tanto tempo e
se devo stare anche
a preoccuparmi dei miei sarà la fine.-
Delia mi guardò
con un sorriso.
-Devo dire che tu e Massi
state cercando di
impiegare al meglio il tempo che vi è rimasto-, un risolino
le sfuggì dalle
labbra e questo mi fece arrossire ancora di più.
-Non commentare, per
favore-, rispose
imbarazzata. –Direi che se puoi far in modo di rendere meno
evidente questo
coso-, indicai con decisione il succhiotto, -devi darti una mossa visto
che tra
un’ora dobbiamo essere pronte per uscire.-
-Va bene-, rispose Delia con
un sorrisetto che
non mi piacque per niente. Aveva qualcosa in mente, me lo sentivo.
– Però se
vuoi che io faccia sparire il succhiotto dovrai fare una piccola cosa
per me.-
Alzai un sopracciglio poco
convinta.
E adesso che diavolo le
stava passando per la
testa a quella italoamericana spilungona?!
-Cosa dovrei fare?- chiesi
con un misto di
curiosità e cautela.
-Dovrai lasciare che sia io
a decidere cosa
indossarai questa sera-, il suo sorriso divenne ancora più
luminoso.
Io impallidii prima che lei
finisse quella
frase.
Lasciare che Delia Barton
decidesse il mio
abbigliamento avrebbe significato la mia condanna a morte. Primo
perché ero
certa che mi avrebbe fatto indossare dei tacchi e con il mio equilibrio
precario sarei morta appena avessi messo piede fuori di casa, se non
prima.
Secondo perché ero certa che l’abbigliamento che
aveva in mente comprendeva il
minimo indispensabile di stoffa, e non ero tanto sicura che questo
sarebbe
piaciuto a Massi.
Eppure prima che me ne
rendessi conto la mia
bocca aveva decretato la sentenza.
-Okay.-
Delia si aprì in
un sorriso soddisfatto per poi
cominciare a stendere una dose massiccia di correttore sul marchio che
le
labbra del mio Massi mi avevano lasciato impresso sul collo.
***L'Autrice***
E
allora mie care? Che ne pensate di questo capitolo? Personalmente lo
trovo davvero molto dolce, non sono per niente abituata a vedere Massi
e Vale in situazioni così zuccherose e passionali, ma devo
ammettere che mi piace molto scrivere capitoli come questo...
Purtroppo
brutte notizie in arrivo, il prossimo è l'ultimo capitolo
che ho scritto, purtroppo quel luogo infernale chiamato
"Università" mi ha assorbito parecchio tempo però
spero di riuscire a finire il capitolo 6 nelle due settimane di tempo
che avrò o anche prima (lezioni e studio permettendo)... xD
Che
altro dire di questo Capitolo 4? Uhm... Si è scoperta la
storia dei genitori di Delia, Massi e Vale ci hanno dato dentro per la
gioia di Marco, e soprattutto... Quanto vorrei che Massi lasciassi un
succhiotto anche a me! *-* ahahahaahh Penso di interpretare il pensiero
di molte di voi con queste parole... xD Okay, adesso la smetto, sembro
una vacchia pervertita, ormai Massi è fuori dalla mia
portata ho 3 anni più di lui... ahahahahah Ma rimane
comunque il mio adorato Massi... *-*
Ma
voi non potete capire che mi è successo
venerdì... Dovevo andare a fare un esame facilissimo e non
mi è suonata la sveglia, mi sono svegliata a mezzogiorno
passato e mi è preso un colpo... ^^' Adesso mi
toccherà fare quell'esame a settembre, che rottura... ^^'
Tolti
i miei ormai innumerevoli problemi con l'università direi di
passare a qualche spoiler.
Anticipazioni:
Vedremo
come Delia acchitterà la nostra povera Vale, che
sarà costretta ad accettare tutte le follie stilistiche
dell'amica... xD Oltre a questo ci sarà qualche momento
romantica tra Massi e Vale. Diciamo che è più un
capitolo preparatorio per il sesto.... xD
Come
sempre ringrazio tutte le persone che stanno seguendo questa storia,
sto cercando di metterci il cuore come sempre e spero che i miei
sentimenti e la mia gratitudine riescano ad arrivarvi anche attraverso
i miei capitoli... Vi devo davvero tanto per tutto l'affetto che mi
dimostrate e per tutto l'entusiasmo che mettete nel seguire le vicende
di Vale e Massi. Siete tremendamente dolci e io vi voglio un mondo di
bene. *-*
Detto
questo vi ricordo che potete trovare altre informazioni su Massi e Vale
cliccando su questi link:
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Gruppo su
Facebook
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Facebook (in cui pubblico spoiler sui capitoli successivi
e anche mie sciocche "pillole di saggezza")
Profilo au
Facebook (Scarcy Novanta)
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Capitolo 5 *** Il Calore Della Neve ***
Verso La Maturità- Capitolo 5
Non Sempre
Cambiare Equivale A Migliorare
Ma
Per
Migliorare Bisogna Cambiare
Winston
Churchill
Capitolo
5:
Il Calore Della Neve
-Stai
scherzando spero!- esclamai guardandomi
allo specchio.
-Ti
sembro una che ha voglia di scherzare?-
chiese Delia con un sorriso soddisfatto. –Sei la mia
creazione migliore, sapevo
che avevi del potenziale nascosto.-
Alzai
un sopracciglio sconvolta.
Avevo
concesso a Delia di decidere cosa avrei
indossato per quella serata in discoteca ma non avrei mai creduto che
in meno
di un’ora quella ragazza avrebbe fatto così tanti
danni. Prima di tutto aveva
deciso di prestarmi lei tutto quanto, e così mi ero
ritrovata almeno duemila
dollari addosso tra abiti, trucco, accessori e profumo.
-Quel
vestito ti sta da Dio!- Delia batté le
mani con gli occhi che le brillavano.
-Vestito?
Quale vestito? Questo è a malapena
un francobollo.-
-Se
ti sentisse Gucci ti ucciderebbe-,
borbottò Delia contrariata.
Il
vestito era fantastico, nero a fascia con
una cinghia decorata che passava intorno alla vita. La parte superiore
era
molto simile ad un corpetto ed era corto, estremamente corto, arrivava
appena a
metà coscia.
-E
Prada che ne penserebbe del fatto che
vorrei prendere queste scarpe e bruciarle? Lo sa che noi donne non
siamo
trampolieri?-
Delia
alzò un sopracciglio scocciata.
-My
God, Vale. Stai sempre a lamentarti-,
incrociò le braccia risentita. –Per una volta
dimentica la tua acidità e fidati
di me, è ora di far uscire la strafiga
che è in te.-
-Ma
non è acidità, è solo la
realtà. Secondo
te come faccio a camminare tutta la sera su tacchi a spillo di 12
centimetri?-
Dovevo
ammettere che erano scarpe bellissime
ma la comodità non era stata neanche contemplata quando le
avevano disegnate.
Erano delle decolté nere a punta, con un braccialetto nero
che abbracciava la
caviglia. Non sarei durata un minuto con quelle scarpe addosso.
L’unica
cosa che mi piaceva e che non mi
creava nessun problema del guardaroba che Delia mi aveva costretta ad
indossare
era una meravigliosa borsa di Armani, una pochette grigio scuro fatta a
pieghe.
Bellissima e almeno non era corta come il vestito o scomoda come le
scarpe.
-Pensa
che quando Massi ti vedrà comincerà a
sbavare ammirato-, concluse Delia soddisfatta mettendomi a posto gli
ultimi
dettagli del trucco. Era riuscita a coprire totalmente il segno che
Massi mi
aveva lasciato sul collo solo che si era lasciata prendere un
po’ la mano visto
che aveva passato in rassegna qualsiasi cosa che sul mio viso fosse
“truccabile”.
-Quando
Massi mi vedrà mi chiuderà in casa-,
mormorai sconsolata. Dubitavo che a lui quell’abbigliamento
sarebbe andato a
genio più che a me.
Delia
fissò il mio viso per un attimo e poi
sorrise soddisfatta.
-Direi
che sei pronta, un vero capolavoro.-
Mi
alzai e mi voltai verso l’enorme specchio
che troneggiava accanto all’armadio di Delia. Prima di quel
momento non avevo
ancora avuto occasione di vedermi ma una cosa era certa: non ero io
quella
specie di modella bellissima che mi guardava stupita.
-Quella
non…. Non sono io…-, mormorai
incredula.
-Certo
che sei tu-, rispose Delia con un
risolino. –Te l’avevo detto: un vero capolavoro.
Probabilmente non ti
riconoscerebbe neanche tua madre.-
Non
mi avrebbe riconosciuta di certo! Quella
non ero io! Non potevo essere io! Sembravo davvero una
modella… Da quando avevo
gambe così snelle e lunghe? E i miei occhi? Da quando erano
così grandi e luminosi?
Eppure il trucco non era poi così pesante. Per non parlare
dei capelli! Delia
li aveva resi lisci e setosi, ad ogni più piccolo movimento
danzavano
lentamente sulle mie spalle, quasi fossero stati fatti di fumo.
-Non
posso essere io-, non riuscivo davvero a
crederci.
-Ancora?-
ribatté Delia esasperata posandosi
le mani sui fianchi. –Tesoro, ti assicuro che quella sei tu.
Che la cosa ti
piaccia o no, tu sei una ragazza bellissima ed era ora che te ne
rendessi conto
anche tu.-
Mi
voltai a guardare Delia. Lei era bella come
al solito, la sua bellezza era eterea quasi intangibile. Fasciata nel
suo
vestito rosa scuro leggermente a palloncino, e su quelle eleganti
scarpe
grigie, sembrava davvero una dea. La sua pelle chiara e luminosa, i
suoi occhi
scuri messi in risalto dai boccoli biondi che le danzavano sulla
schiena.
Lei
era una dea, una bellezza non umana.
Eppure non potei fare a meno di confrontarla con la tizia che mi
guardava dallo
specchio. La bellezza di quella ragazza era reale, una bellezza che si
può
trovare ovunque ma stranamente unica. Una bellezza umana, una bellezza
vera che
io non avevo mai visto in me.
-Direi
che possiamo andare-, disse Delia
soddisfatta. –Adesso la puoi anche smettere di sbavare dietro
a te stessa,
quell’onore spetta a Massi.-
Mi
voltai a guardarla di scatto.
-Ma…
ma…-, non avevo più parole.
-Sì,
lo so. Sei uno schianto, penso fosse
questa la parola che stavi cercando-, rise Delia porgendomi il lungo
cappotto
nero che avrei indossato quella sera. Mentre lei prendeva il suo
cappotto
grigio scuro.
I
ragazzi ci stavano aspettando
nell’appartamento del padre di Delia. Devon aveva insistito
per fare una foto a
tutti e quattro davanti al suo adorato caminetto ultramoderno. Adorava
quella
zona della sua casa e adorava tutti noi.
Una
volta dentro l’ascensore cominciai davvero
a sudare freddo. Avevo il terrore che Massi non avrebbe reagito bene
vedendomi
così poco vestita.
Arrivato
al piano di sotto l’ascensore si
fermò e cominciò ad aprirsi. Proprio in quel
momento scorsi Massi in piedi,
appoggiato al divano nero di pelle che stava nel salone. Era una
visione.
Spalancai gli occhi incredula mentre osservavo quanto Massi potesse
essere
affascinante quella sera. Aveva scompigliato i capelli più
del solito e li
aveva resi più brillanti con un po’ di gel.
Indossava giacca e pantaloni neri e
sotto una camicia grigio fumé.
Accanto
a lui c’era Michel, i capelli neri
tirati un po’ indietro e indossava una camicia viola, dei
pantaloni marrone
scuro e un cappotto grigio scuro. Anche lui era molto affascinante ma
Massi,
Massi era qualcosa d’indescrivibile, un’immagine
che mai sarei riuscita a
cancellare dalla mente.
-Vale,
sei splendida-, esclamò Michael con un
sorriso enorme. –Ovviamente anche tu Delia, ma da Vale non mi
sarei aspettato
tanto.-
In
quel momento Massi alzò lo sguardo e
incontrò i miei occhi. Fu come se un fulmine mi avesse
colpito in quel preciso
istante. Gli occhi di Massi scrutarono i miei o poi cominciarono a
percorrere
il mio corpo: partì dalle scarpe risalendo le gambe,
osservò i miei fianchi e
si soffermò un po’ di più sulla
scollatura per poi tornare a guardarmi negli
occhi.
Non
pronunciò una sola parola ma bastò il suo
sguardo per farmi andare il viso a fuoco, arrossii senza poterlo
impedire
mentre i miei occhi all’improvviso trovarono che
l’angolino in fondo alla
stanza fosse un particolare davvero molto interessante.
Era
la prima volta che i miei occhi non si
sentivano in grado si sostenere lo sguardo di Massi, avevo il terrore
di non
piacergli, forse lui preferiva la solita me e non quella sotto specie
di
splendida ochetta che tutto d’un tratto si era ritrovato come
fidanzata.
-Bene,
ragazzi-, esclamò Devon entusiasta
entrando nella stanza. Quando lo guardai per poco non
inciampò nei suoi stessi
piedi. –Vale?-
Sollevai
un sopracciglio confusa.
-Devon-,
risposi con semplicità sbattendo gli
occhi stranita.
-No,
scusa-, sgranò gli occhi imbarazzato.
–Per un attimo non ti avevo riconosciuta. Sei
diversa… Non fraintendere, è un
diversa positivo, solo che non immaginavo che nascondessi una bellezza
di
questo livello.-
Il
mio rossore divenne ancora più evidente
visto che tutta la famiglia Barton scoppiò a ridere. Non mi
arrischiai neanche
a guardare in direzioni di Massi, avevo la sensazione che fosse
furente.
-Se
avessi vent’anni di meno probabilmente
Massi avrebbe parecchio di cui preoccuparsi-, scherzò Devon
con un sorriso
luminoso. Quell’uomo riusciva ad essere bellissimo ed
intrigante anche quando
si prendeva gioco di me.
Per
quanto il mio amore per Massi fosse forte
la mia mente si ritrovò assolutamente con la battuta di
Devon. Se avesse avuto
vent’anni di meno sarei stata capace di cadere ai suoi piedi
senza che lui
dovesse neanche sforzarsi troppo.
Arrossii
ancora di più a quei pensieri e scossi
il capo per scacciarli via. Ci mancava soltanto che cominciassi a
desiderare di
stuprare un uomo che aveva l’età di mio padre.
-Dad-,
intervenne Michael. –Scattiamo questa
foto alla svelta altrimenti finiremo per passare la nottata qui a
sbavare dietro
a Vale.-
Spalancai
gli occhi imbarazzata e lanciai a
Mike uno sguardo che avrebbe potuto uccidere tutti i cattivi dei
fumetti Marvel
in un colpo solo.
Massi
diede un colpo di tosse contrariato ma
continuò a non proferire parola. La mia situazione
continuava ad aggravarsi, di
questo passo mi avrebbe presa di peso e portata di sopra rinchiudendomi
nella
nostra stanza per impedirmi di mettere il naso fuori di casa.
-Direi…-,
cominciò Devon con calma. –Voi
ragazze mettetevi al centro con le spalle al caminetto. Tu, Massi, vai
alla
destra di Vale e Mike vai accanto a tua sorella. Sto per scattare un
vero
capolavoro di foto, con dei soggetti come e voi e il mio caminetto non
potrei
desiderare di meglio.-
Quello
che desideravo io invece era di andare
a sotterrarmi nella fossa più profonda che avrei potuto
trovare nei dintorni.
La serata non stava cominciando esattamente benissimo e conoscendo
l’andamento
solito della mia sfortuna non poteva far altro che peggiorare.
Ci
posizionammo come Devon ci aveva chiesto e
cercai nel fondo del mio cervello un motivo valido per riuscire a
sorridere ma
soprattutto per calmarmi e togliere dalle mie guance quello strato di
rosso
intenso che dimostrava tutto il mio disagio.
-Pronti?-
chiese Devon puntando verso di noi la
sua ultramoderna macchinetta digitale.
All’improvviso
avvertii un forte senso di
calore sul mio fianco, Massi mi attirò a sé e la
mia spalla si ritrovò a
toccare il suo torace.
Alzai
gli occhi e vidi che il suo volto era
tirato dalla rabbia mentre il mio cuore batteva come un pazzo
scoprendosi così
vicino alla fonte che lo faceva sempre uscire fuori da ogni schema.
Forse
Massi era in collera e probabilmente mi
avrebbe rimproverata ma quella rimaneva l’ultima sera in cui
saremmo potuti
essere solo lui ed io, senza nessuno che tra i piedi. Accidenti a
tutto! Io
avevo intenzione di godermi quella serata fino all’ultimo.
Un
sorriso sincero si dipinse sul mio volto e
senza accorgermene appoggia la testa sul petto di Massi. Il suo cuore:
potevo
sentire i suoi battiti e mi accorsi che stavano aumentando in modo
esponenziale
mentre la sua mano mi stringeva con più forza a lui.
Era
arrabbiato ma questo non cambiava nulla,
mi amava e io lo sentivo con tutta me stessa. Quel calore che irradiava
e che
riusciva a passare oltre la mia pelle… L’idea che
fossi io a scatenare quel
calore e che fosse a causa della mia vicinanza che il suo cuore si
sentiva così
in diritto di aumentare i battiti mi faceva sentire totalmente e
incondizionatamente autorizzata ad amarlo molto più di
quanto avrei mai potuto
credere possibile.
Devon
scattò finalmente la sua foto e
riguardandola sullo schermo ad alta definizione della sua fotocamera
per poco
non si mise a piangere.
-Mi
sembra ieri che facevo le foto a Mike che
pestava i bambini che ci provavano con Delia, e lei aveva solo tre
anni.-
Delia
roteò gli occhi scocciata.
-Ci
dovevano solo provare a sfiorare la mia
sorellina-, ribatté Michael dandosi un pugno sul palmo della
sua mano destra.
Delia
alzò gli occhi al cielo esasperata.
-Ti
avverto, Mike. Se stasera provi a mettermi
i bastoni fra le ruote con i tuoi soliti attacchi di gelosia da
fratello
maggiore, giuro che ti picchio davanti a tutti. E che cavolo!-
Michael
la fulminò con lo sguardo.
-Se
i ragazzi si comporteranno bene non avrò
motivo di intervenire.-
-Pensi
che io mi sia vestita così per andare
in un museo?! Voglio divertirmi e non m’interessa se i
ragazzi non si
comporteranno bene, non voglio che lo facciano.-
Gli
fece la linguaccia e si diresse verso l’ascensore.
-Per
sicurezza li farò fuori tutti allora-,
rispose Michael con semplicità.
Adesso
capivo perché Massi non voleva che Mike
venisse a conoscenza di tutta la storia di Christian. Avrebbe ammazzato
lui- e
su questo non avrei avuto nulla da ridere- e chiuso Delia in un
convento.
Lanciai
un’occhiata a Massi per invitarlo a
seguire Delia ma lui aveva ancora quello sguardo… come
dire… incazzato a morte.
-Divertitevi
ragazzi-, esclamò Devon
salutandoci con ancora in mano la sua preziosa digitale.
Visto
che Massi non dava segno di volersi
muovere cominciai a seguire Delia e Michael nell’ascensore.
-Massi-,
lo chiamò Mike notando che se ne
stava fermo a fissare un punto nella stanza. –Hai intenzione
di venire con noi
o trovi che la mensola sopra la TV sia più interessante?-
Non
ricevette nessuna risposta verbale, Massi
si limitò a fare un respiro e ad entrare insieme a noi
nell’ascensore.
Arrivammo
a piano terra ed uscimmo da casa. Il
gelo era indescrivibile e aveva cominciato persino a nevicare. Le mie
sottili
collant e il cappotto di Delia non poterono fare molto contro quel
freddo
polare.
-Mike,
andiamo a prendere l’auto-, disse Delia
afferrando il fratello per il braccio.
-Ma
posso andare da solo a prenderla-, rispose
Michael sorpreso.
-Ti
ho detto andiamo-, rincarò Delia lanciando
uno sguardo di fuoco al ragazzo. –Voi aspettate qui,
torneremo tra un minuto.-
Trascinò
Michael verso il retro della casa
dove era parcheggiata l’auto.
Era
una mia impressione o Delia aveva fatto di
tutto per lasciare me e Massi da soli? Non capivo il perché.
Possibile che
volesse che io gli parlassi per capire come mai fosse così
strano?
Alzai
lo sguardo e ancora una volta nei suoi
occhi lessi una strana rabbia.
-Ti
senti bene?- gli chiesi esitante.
Mi
guardò ancora poi distolse lo sguardo e
sospirò.
-Non
era nei miei piani venire fino a Boston
per andare in galera.-
-Come
scusa? Ma di che diavolo stai parlando?-
Aveva
bevuto e non me n’ero accorta? O forse
aveva la febbre visto che stava delirando.
-Ti
sei vista?- mi chiese lui accarezzandomi
con lo sguardo, i suoi occhi mi squadravano così
intensamente che nonostante il
freddo uno strano calore mi avvolse. –Sei… Sei una
specie di dea, non ho mai
visto niente di così bello. Sarà impossibile che
io riesca ad evitare una rissa
stasera, non ci sarà altro modo per tenere quei polipi
americani lontani da ciò che mi
appartiene.-
Spalancai
gli occhi incredula. Lui era
preoccupato per i ragazzi che ci avrebbero provato con me? Non sapevo
se
sentirmi lusingata per il complimento o incavolarmi per la poca fiducia
che
riponeva in me.
-Ammesso
che qualcuno ci provi con me, il che
è quasi totalmente da escludere visto che ci saranno ragazze
più belle da
accalappiare, non hai dimenticato un piccolo dettaglio?-
Massi
mi fissò negli occhi.
-Quale
dettaglio?-
Sorrisi
divertita.
-Hai
dimenticato chi sono? Secondo te lascerei
a un qualsiasi americano senza cervello e pieno di testosterone di
avvicinarsi
a me? Sai perfettamente che se una persona mi sta sulle scatole divento
più
acida di un limone. Sarò anche bella stasera ma il mio
caratteraccio rimane
dov’è, non saranno di certo un lucidalabbra e un
bel vestito a coprirlo o a
cancellarlo.-
Negli
occhi di Massi passò un guizzo di
felicità.
-E
c’è un’altra cosa-, continuai fissandolo
dritto negli occhi.
-Cosa?-
Sorrisi
e posando una mano sul suo petto
lasciai penzolare il ciondolo del mio braccialetto in modo che la V
fosse evidente.
-Lo
hai appena detto tu: io appartengo a te.-
Gli
occhi di Massi mi avvolsero completamente
e posò una mano sulla mia guancia accarezzandomi dolcemente.
-Sono
tua, e difenderò questo ruolo con le
unghie e con i denti. Non sarà di certo il primo che passa a
farmi dimenticare
quanto ti amo. In effetti penso che neanche una lobotomia potrebbe mai
cancellare dalla mia mente l’immagine del tuo volto. Ormai
sei parte di me.-
-Dopo
quello che hai detto sarò ancora più
assetato di sangue quando dovrò picchiare gli idioti che ci
proveranno con te.-
Rise
e il suo sguardo si fece tremendamente
dolce mentre la sua mano mi scaldava completamente il viso. Era inutile
tentare
di fermare il mio cuore che accelerava, erano mesi che neanche ci
provavo più.
-Possono
provarci quanto vogliono, non
otterranno nulla-, mormorai divertita.
-Se
proveranno anche solo a guardati li
ucciderò tutti.-
-Non
ti sembra di esagerare? Alla fine non
sono così bella, avranno altro da guardare.-
Massi
alzò gli occhi al cielo e sorrise
ancora.
-Possibile
che ancora tu non ti renda conto di
quanto sei meravigliosa stasera? Se ti avessi incontrato oggi mi sarei
dichiarato senza aspettare neanche un secondo. Me ne sarei fregato del
tuo
caratteraccio e ti avrei baciato subito.-
Lo
guardai scettica.
-Tutte
parole. Mi dici che sono bella e che
ammazzeresti tutti quelli che mi guardano ma non mi pare che tu abbia
dimostrato con i fatti tutto ciò che vai blaterando. Sei
ancora qui a parlare e
non…-
Massi
posò le sue labbra sulle mie chiudendomi
definitivamente la bocca. Mi strinse a sé approfondendo il
bacio con una passione
che, insieme al respiro, mi tolse anche qualsiasi motivo per continuare
a
pensare. Il fuoco prese ancora una volta possesso del mio corpo mentre
la mia
bocca accoglieva quel bacio come una boccata d’aria fresca
dopo non aver
respirato per ore. Il mio corpo aveva patito la mancanza di quello di
Massi e
adesso si sentiva finalmente appagato per quel contatto così
intenso.
Le
sue braccia mi tenevano ancorata a lui e le
sue labbra continuavano a cercare le mie. Intorno a noi non
c’era più nulla: la
neve, il freddo, il rumore delle auto… Era tutto svanito,
come se una calda
bolla di felicità e completezza ci avesse avvolti
cancellando tutto quello che
per noi era assolutamente inutile.
In
quel momento le labbra di Massi, le sue
mani sulla mia schiena, il suo respiro che delicato accarezzava il mio
volto
erano le uniche cose che potessero contare. Mi strinse ancora di
più e il bacio
si approfondì prima di terminare in un dolce, dolcissimo,
bacio a fior di
labbra.
-Le
mie parole sono state dimostrate a sufficienza?-
mi chiese mormorando quella frase sulle mie labbra e potei sentire il
profumo
del suo respiro pervadermi come un’onda di passione.
-Dovrei
vestirmi così più spesso-, risposi
sorridendo. –Mi piace l’effetto che ti ha fatto.-
Massi
rise e mi lasciò un altro bacio a fior
di labbra.
-Tu
mi fai sempre questo effetto, non riesco a
starti lontano. Quando non sono con te mi sento vuoto come se la mia
felicità e
il mio benessere mentale dipendessero soltanto dalla tua presenza. Se
un giorno
non potessi più starti accanto penso che ne morirei.-
Mi
allontanai un po’ da lui e lo guardai negli
occhi.
-Forse
sembra un po’ melodrammatico e stupido
ma è così-, continuò giocando con una
ciocca dei miei capelli. Era arrossito!
Non potevo crederci ma Massimiliano Draco era davvero arrossito in modo
scandaloso!
-Non
riesco ad immaginarmi senza di te in
futuro, sembra che tu abbia trovato il modo di radicarti dentro di me,
nel
profondo, prima che io me ne rendessi davvero conto. A quanto pare
anche tu sei
parte di me, forse la mia parte migliore, e di certo la parte che amo
di più e
a cui non potrò mai rinunciare.-
Non
riuscivo a parlare, quelle parole… Erano
bellissime. Mi avevano assolutamente spiazzato forse molto
più di quando da
quella bocca avevo sentito per la prima volta che era innamorato di me.
Mi
amava molto più di quanto avrei mai immaginato e solo adesso
capivo quanto per
lui fosse stato difficile il periodo in cui fingeva di stare con Delia.
Lui
voleva me, aveva sempre voluto me e adesso stava cercando di dirmelo.
-Lo
so, non è da me essere così melenso e ti
giuro che questo sta diventando il momento più imbarazzante
di tutta la mia
vita. Probabilmente se lo racconterai a qualcuno di
ammazzerò ma… Questo è
quello che provo per te, il solo vederti mi rende l’uomo
più felice sulla
faccia della terra… E… E… Ma quanto ci
mettono quei due a prendere la
macchina?-
Un
sorriso dolce mi si dipinse sulle labbra.
Era davvero imbarazzato e non potevo dargli torto, ci mancava poco che
mi
chiedesse di sposarlo.
-Massi.-
Lui
continuò a guardare nella direzione in cui
erano spariti poco prima Delia e Mike.
-Massi-,
lo chiamai ancora con voce più dolce.
Abbassò
lentamente lo sguardo e incontrò i
miei occhi pieni di dolcezza e comprensione.
-Pensi
che quello che hai detto sia
imbarazzante, e forse lo è. Ma sono le parole più
belle che io abbia mai
sentito. Tu le hai dette a me, questo può solo rendermi
felice. Non ti
libererai di me così facilmente quindi è inutile
che continui a pensare a
quello che faresti se io e te non stessimo più insieme
perché ti assicuro che
nei miei piani futuri l’idea di stare anche solo un minuto
senza di te non è
neanche contemplata. Possibile che non capisci che ti amo troppo per
pensare
che un giorno non staremo più insieme? E’ stato
troppo difficile averti per
immaginare di dover rinunciare a te.-
Gli
occhi di Massi si fecero cupi.
-Lo
è stato, vero? Ti ho fatto soffrire
parecchio.-
Perché
dovevamo ricordare quel periodo di
merda? Era la nostra ultima serata prima di dover tornare alla
realtà, non
potevamo semplicemente godercela?
-Ho
sofferto, sono stata davvero molto male in
quel periodo. Pensavo di non poter competere con quello che provavi per
Delia e
credevo di essermi innamorata del più egocentrico e stupido
ragazzo esistente
nell’Universo, eri tutto quello che avevo sempre cercato di
evitare. Mi ero
innamorata proprio di qualcuno che ritenevo sbagliato per me, e non
capivo
perché dovessi essere proprio tu. Io ho sofferto,
è vero. E tu? Anche per te
non è stato facile, è stato un brutto periodo per
entrambi e ricordarlo non
porterà a niente visto che ormai è passato.-
Sorrisi
sperando che la mia serenità potesse
riportare a galla anche la sua.
-Se
stare male e soffrire alla fine mi
riporterà sempre da te allora mi va bene essere ferita. Vale
la pena di stare
male se vengo ripagata in questo modo, se poi il mio premio sei tu.-
-Stiamo
diventando parecchio sdolcinati, non
trovi Ferrari?- mi chiese lui con il suo solito sorriso sghembo.
Lo
guardai sorridendo e non potei fare a meno
di rifugiarmi tra le sue braccia e di stringerlo a me.
-Hai
cominciato tu-, mormorai. –Semplicemente
non volevo essere da meno, altrimenti tra qualche mese te ne usciresti
con
frasi del tipo “Perché io sono sempre stato dolce
e sincero mentre tu sei la
solita acida”.-
-Però
è vero che sei acida-, rise lasciandomi
un bacio tra i capelli e mi strinse ancora di più.
-Sarò
anche acida ma quando serve so essere
sincera.-
-E’
impossibile combattere contro di te, con
le parole mi batti sempre. Dici la cosa giusta anche quando cerco di
insultarti.-
Il
suo tono era tranquillo, finalmente ero
riuscita a rasserenarlo.
-Semplicemente
ho più cervello di te, mio caro
Draco.-
-“Come
uccidere il romanticismo- Volume 1”
scritto da Valeria Ferrari-, Massi rise ancora nel pronunciare quelle
parole.
-Da
quando Massimiliano Draco si preoccupa del
romanticismo?- chiesi ridendo anch’io.
Lui
si scostò un po’ da me per guardarmi negli
occhi.
-Da
quando si è innamorato di una ragazza
bellissima e acida-, posò un bacio sulle mie labbra.
–Da quando la felicità di
quella ragazza è diventata l’unica cosa che
veramente conta per lui.-
Non
sapevo cosa mi stesse ancora trattenendo
dallo scoppiare a piangere come una bambina. Se Massi avesse continuato
a dire
certe cose probabilmente mi sarei davvero sciolta tra le sue braccia.
In quel
momento mi sarebbe piaciuto diventare un soffio di vento per poter
avvolgere
completamente il corpo di Massi e fargli capire quanto quelle parole mi
fossero
entrate nel profondo.
Il
mio cuore batteva frenetico mentre mi
perdevo negli occhi di Massi e li facevo ancora una volta miei
inglobandoli nel
mio stesso corpo.
Mai.
Mai
finché avrei avuto i vita i miei occhi
sarebbero stati in grado di fare a meno di quelli di Massi, erano come
una
fonte di energia indispensabile per la mia anima e per il mio cuore.
Eravamo
talmente immersi nei nostri pensieri e
nel guardarci che neanche ci accorgemmo di un’auto che si era
fermata proprio
davanti a noi.
-Se
volete possiamo posticipare la serata di
un’oretta, tanto la discoteca chiuderà verso le
sette del mattino- disse una
voce divertita.
Mi
voltai di scatto con le guance che
sicuramente erano diventate di un bel rosso scarlatto.
Mike
era sceso dall’auto e ci fissava con
l’aria di chi stava riuscendo a trattenere una risata grazie
all’opera di un miracolo
divino.
-Mike,
sei sempre il solito stupido-, rispose
Delia scendendo dall’auto e sorridendomi.
Solo
in quel momento notai che cavolo di
macchina avessi davanti. Un’Audi tt nera fiammante.
-Michael…-,
cominciai con un po’ di
esitazione. –E’ tua quest’auto?-
Mi
guardò un po’ sorpreso per la domanda.
-Certo,
perché?-
-No,
niente. E’ solo che ti tratti bene, vai
in giro con una macchina che costa un occhio della testa.-
Mike
si lasciò andare a una risata.
-Questa
è quella che uso di solito, per le
occasioni davvero speciali ho anche una Porsche ovviamente.-
Okay,
la ricchezza di Delia e Michael
cominciava quasi a fare schifo.
-Certo…-,
commentai sollevando un
sopracciglio. –Mi sembra ovvio.-
Massi
mi si avvicinò e ridendo mi sussurrò:
-Credevo che ormai ti fossi abituata alla ricchezza dei Barton.-
Mi
voltai e lo fulminai con lo sguardo. Non
era facile abituarsi a una cosa del genere, quei tre potevano avere
tutto
quello che desideravano con un solo schiocco di dita e i miei genitori
non mi
avevano insegnato a vivere in quel modo.
Mi
lasciai andare ad un sospiro e raggiunsi
Delia che si era accomodata sul sedile posteriore dell’Audi.
Massi
riagganciò il sedile e si sedette al
posto del passeggero accanto a Michael.
-Allora-,
chiese mettendosi la cintura di
sicurezza. –Dove andiamo Mike?-
-Direi
che per una serata come questa l’Avalon
è il posto migliore, mi sembra di avertelo già
detto-, rispose Mike
letteralmente su di giri. –Ci sono stato un paio di volte e
ti assicuro che è
una forza, era da una vita che ti ci volevo portare Massi.-
Alzai
un sopracciglio irritata.
-Si
rimorchia da paura!- esclamò Michael mettendo in moto la
macchina.
E
proprio lì lo volevo! Ero certa che
quell’argomento sarebbe venuto fuori.
-A
me non interessa rimorchiare-, intervenne
subito Massi con voce incerta. Lo sentiva che mi stavo indispettendo.
Sapevo
perfettamente che quella con il fucile puntato dovevo essere io, altro
che lui.
La galera americana sarebbe di certo toccata a me!
-Sì,
lo so. Hai già dato in quel frangente,
Vale è uno splendore. Lo dicevo solo a titolo informativo,
mica ti volevo
incoraggiare a flirtare con qualche sconosciuta.-
Il
tono di Mike era troppo ironico per i miei
gusti.
E
poi… Che cavolo di titolo informativo era
quello? “Ti informo che anche se non le puoi toccare ci
saranno gnocche da
panico che ti faranno uscire gli occhi fuori dalle orbite!? Ma fatemi
il
piacere!”
-Scusa
se m’intrometto in questo discorso di
grande spessore culturale, caro Michael-, cercai di ostentare un tono
neutro
anche se dubitavo di esserci riuscita. –Visto che non sono
nata ieri potrei
chiederti di scegliere un posto dove la gnoccaggine
delle ragazze non sia a livelli stratosferici?-
Mike
mi guardò nello specchietto retrovisore e
io gli lanciai un’occhiata così incavolata che
avrebbe potuto radere al suolo
un grattacielo. Lui non se ne curò, anzi scoppiò
a ridere di gusto.
-Vale,
quando ti arrabbi diventi di una
bellezza allucinante.-
Massi
si voltò di scatto verso di lui mentre
io arrossivo di brutto.
-Giù
le mani, Barton. Altrimenti giuro che
quando avrò finito con la tua macchina non sarà
neanche paragonabile ad un
rottame.-
La
voce di Massi era seria, si era infastidito
per davvero.
-Eh
su Massi, un po’ di elasticità. Lo sai che
non toccherei Vale neanche un dito, voglio troppo bene a te e a quel
caratteraccio che ti ritrovi. Però penso che tu sappia
quanto stasera sarà
difficile per te vedere tutti quei ragazzi intorno alla tua bella.-
Ancora
con questa storia? Stavo cominciando a
stancarmi di sentire dire da tutti che un mucchio di ragazzi ci
avrebbero
provato con me. La cosa che davvero mi preoccupava in quel momento
erano le
oche che avrebbero cominciato a starnazzare alla vista del mio
fidanzato.
-Mi
fido di lei-, rispose Massi con tono
sicuro.
Spalancai
gli occhi incredula prima di aprirmi
in un sorriso imbarazzato.
Lui
aveva piena fiducia in me. Non potevo
sapere se lo pensasse davvero o se lo avesse detto solo per chiudere il
discorso ma quelle parole, pronunciate dalla sua bocca, mi avevano
letteralmente scaldato il cuore. In un certo senso mi aveva anche fatto
sentire
in colpa per aver pensato che lui potesse andare dietro a qualche bella
ochetta
americana.
Forse
stavo diventando troppo paranoica,
dopotutto il mio destino era legato in modo inscindibile a quello di
Massi. Non
sarebbe di certo stata un’unica serata trascorsa
all’Avalon che avrebbe
cambiato questa dolce e meravigliosa realtà.
Lui era
mio. Io ero sua.
Non
c’era altro da aggiungere.
***L'Autrice***
Salve a tuttiiiiiiiiiiii!
Scusatemi davvero per questo assurdo ritardo. Qualcuno di voi
già saprà che avuto una marea di problemi con il
computer, per colpa di un virus non potevo accedere ai file dove avevo
salvato questo capitolo, quindi non ho potuto pubblicarlo fino ad oggi.
Per fortuna, alla fine, dopo vari ricatti e minacce, un mio amico ha
trovato gentilmente (stavolta l'ho davvero minacciato di morte) del
tempo per sistemare tutto. Quindi se oggi pubblico e anche grazie a
lui... xD Anche se il grazie se lo merita per miracolo visto che mi ha
fatto penare per settimane prima di convincersi.
Comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto,
è un preludio al prossimo (che ancora non ho finito di
scrivere... ^^') in cui sto progettando una bella scenata di gelosia, e
non dico di chi o verso chi. Lo scoprirete leggendo il prossimo
capitolo... ^^
Vi ringrazio davvero tantissimo per tutte le recensioni che
avete lasciato alla scorso capitolo, e mi dispiace per non aver
risposto ma tra l'università e tutto il resto non ne ho
avuto il tempo. Perdonatemi, ma sappiate che le ho lette tutte e che vi
adoro sempre di più per tutti i complimenti che mi fate e
per tutte le parole meravigliose che spendete per questa storia e per
me.
Anticipazioni:
Nel prossimo capitolo... si ballaaaaaaaaaaaaa! O meglio gli
altri balleranno mentre Vale maledirà in 50 lingue diverse
le scarpe che Delia l'ha costretta ad indossare. Per quanto riguarda il
resto non posso anticipare nulla, un po' perchè il capitolo
ancora non è completo e un po' perchè voglio
lasciarvi così in sospeso. Ahahahahah Dico solo una cosa: i
ragazzi italiani sono più provoloni degli americani.... xD E
qui mi fermo.
Non vedo l'ora di finire il prossimo capitolo: il mio
cervellino ha paracchie idee in mente.
Grazie davvero per aver letto il capitolo e grazie
soprattutto perchè continuate a seguirmi in così
numerosi. GRAZIE!
Un bacio grande!
Francesca
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e anche mie sciocche "pillole di saggezza")
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Capitolo 6 *** Avalon ***
Verso La Maturità- Capitolo 6
Chi Ama Non
Deve Sentirsi Sicuro Del Suo Amore Per Mancanza Di Rivali:
Senza
Sospetti E Gelosie L’Amore Non Dura A Lungo.
Ovidio
Capitolo
6:
Avalon
-Michael-,
cominciai titubante. –Sei proprio
sicuro che sia una buona idea provare ad entrare in quel posto.-
Non
ero mai stata maldisposta all’idea di una
discoteca, anzi mi erano sempre piaciute ma
l’Avalon… Be’ l’Avalon non era
esattamente il luogo migliore in cui sperare di trascorrere una serata
tranquilla.
Fuori
dall’enorme porta d’ingresso di quella
discoteca c’erano almeno un centinaio di persone in attesa di
entrare. La sola
idea di stare ore fuori, al gelo, solo per poter entrare in un locale,
che di
certo non morivo dalla voglia di vedere, mi faceva venire davvero
l’orticaria.
Michael
scese dalla macchina parcheggiandola
proprio davanti all’Avalon.
-Sei
sicuro che vada bene lasciarla qui?-
chiesi mentre Massi mi porgeva una mano per scendere da
quell’auto costosa ma
tremendamente scomoda.
Appena
misi piede a terra rischiai di cadere
per colpa dei tacchi ma Massi mi afferrò prontamente
evitando che il mio viso
si spiaccicasse su un cumulo di neve che si era formato davanti al
marciapiede.
-Non
la lascerò qui-, rispose Mike con un
sorriso mentre io mi ricomponevo.
Proprio
in quel momento uno degli enormi tizi
della sicurezza che stava davanti al locale gli si avvicinò
e con un sorriso
prese le chiavi della macchina.
-Ciao
Barton-, disse dandogli una pacca sulla
spalla. –Te la parcheggio sul retro, quando la rivuoi fammi
un fischio e te la
faccio ritrovare qui davanti.- Aveva parlato in un inglese che non
avrei capito
neanche sforzandomi, fortunatamente Massi mi aveva tradotto tutto in
tempo
reale sorridendomi. Chissà quante ragazze avrebbero pagato
per avere un
traduttore così sexy che sussurrava le frasi al loro
orecchio, come Massi
faceva con me.
-Grazie
mille Jimmy, sei un grande!-
Guardai
il tizio entrare in macchina e, dopo
averla messa in moto, partire verso il retro del locale.
Mike
mi guardò facendomi l’occhiolino e io mi
aggrappai di nuovo a Massi per evitare un’altra caduta.
Tacchi e superficie
ghiacciata non contribuivano al miglioramento del mio equilibrio.
Ci
avvicinammo ad uno dei ragazzi della
sicurezza che stavano all’entrata. Era alto, enorme, nero e
con una faccia che
diceva “se provate a contraddirmi vi spezzo un
braccio”. Mi faceva quasi paura,
per non dire terrore.
Appena
vide Michael si aprì in un sorriso e
disse:
-Mike
Barton! E’ da un pezzo che non ti si
vede in giro.-
Le
traduzioni sussurrate al mio orecchio da
Massi cominciavano a diventare sempre più sensuali,
m’impedivano persino di
sentire il gelo che c’era nell’aria a causa della
neve.
-Ehi,
T.J.!- esclamò Mike dandogli il cinque.
Intanto
mi voltai lentamente verso la folla di
persone che avevamo scavalcato, e non mi ero sbagliata nel pensare che
ci
avrebbero voluto come minimo morti. Ci guardavano come se stessero
pensando
alla tortura più dolorosa da infliggerci.
-Quanti
siete?- chiese il tizio di nome T.J.
rivolto a Micheal.
-Siamo
in quattro. Ah, ti ricordi di mia
sorella Delia?-
Il
ragazzo guardò Delia con un sorriso
sornione.
-Tua
sorella non è una ragazza che si scorda
facilmente-, e le fece un occhiolino mentre lei sollevava un
sopracciglio
scocciata. –Quando io e tuo fratello andavamo al Liceo
insieme venivo a
studiare da voi solo per il piacere di vedere te, nonostante tu avessi
solo
tredici anni. E’ un vero peccato che tu abbia deciso di
trasferirti in Italia,
poteva esserci un’intesa tra noi.-
Delia
lo guardava incredula. Mike stava già
per rispondere ma la sorella fu più veloce di lui.
-Guarda,
sarebbe più facile per te avere
un’intesa con le dita della mia mano destra scagliate contro
la tua guancia
piuttosto che con me.-
-Uhm,
sei rimasta la solita dura, eh Delia?
Vabbe’ allora vuol dire che potrei sempre provarci con lei.-
Mi
voltai di scatto quando Massi mi aveva
tradotto quella frase. Avrei voluto rispondergli ma prima di tutto non
avevo
idea di come mandarlo a quel paese in una lingua che potesse capire e
poi Massi
era stato più veloce di me, stringendomi a sé e
dicendo qualcosa che non avevo
capito. Il suo tono era stato abbastanza chiaro e la traduzione non mi
serviva.
-Okay,
okay-, replicò T.J. alzando le mani
come per difendersi e cominciando a ridere. –Ho capito che
con voi è meglio non
fare battute, comunque potete entrare. Mike e i suoi amici saranno
sempre i
benvenuti nei locali dove lavoro.-
Si
spostò di lato per farci passare e proprio
in quel momento sentii una specie di boato provenire dalla marea di
persone che
stava in fila ad aspettare.
-Non
sono molto contenti di vederci entrare-,
mi spiegò Massi ridendo. –Non credo che convenga
tradurti i loro insulti.-
-Non
ci tengo per niente a sapere in che modo
mi stanno augurando di morire-, risposi alzando un sopracciglio.
Una
volta dentro il locale mi fu chiaro
praticamente subito che lì dentro sarebbe stato quasi
impossibile riuscire ad
avere una conversazione con qualcuno. La musica era altissima,
raggiungeva
livelli stratosferici, e già mi rimbombavano le orecchie
facendomi sentire
completamente fuori dal mondo.
Massi
mi prese per mano per paura di potermi
perdere in mezzo a quella calca disumana di gente. Erano in tantissimi,
e
nonostante le dimensioni della discoteca davvero notevoli, era
impossibile
riuscire a camminare senza essere travolti da qualcuno.
Mi
girava la testa. Non era solo la musica ad
uccidere ogni mio singolo neurone ma anche le uniche frasi che sentivo,
urlate
dagli altri ragazzi all’interno della discoteca, in un
americano per me
incomprensibile. Ormai ero assolutamente certa che non sarei uscita
viva da
quella serata. Avrei ucciso Michael! E lo avrei fatto in diversi modi,
assolutamente dolorosi.
-Fantastico,
vero?- l’urlo di Mike sparato
direttamente nel mio timpano mi fece trasalire, per non dire che per
poco non
avevo fatto un salto aggrappandomi al soffitto come un gatto
terrorizzato.
Mi
voltai a guardarlo e cercai di fare buon
viso a cattivo gioco per non deluderlo. Alzai i pollici in segno di
approvazione
e sorrisi. Falsa! Indiscutibilmente falsa. Almeno ero felice che
Michael
sembrasse così soddisfatto della mia risposta
“entusiasta”.
Quando
Mike si chinò verso Delia per urlarle
qualcosa nell’orecchio vidi che Massi mi stava guardando a
metà tra l’ammirato
e l’incredulo.
Alzai
gli occhi al cielo esasperata.
Okay,
per una volta avevo deciso di non fare
l’acida e di lasciar correre. Mica potevo dire a Massi che
non avevo fatto una
ramanzina con i controfiocchi a Michael semplicemente perché
non avrebbe
sentito neanche una virgola del discorso che avevo in mente.
Ero
troppo rimbambita dalla musica e dal
dolore che cominciava a diffondersi sotto la pianta dei piedi per
rimproverare
qualcuno.
Feci
un respiro profondo e cercai in tutti i
modi di fare una seduta zen interiore per restare calma e per trovare
almeno un
motivo che non mi facesse girare i tacchi e scappare da quel posto.
Mentre
mi rintanavo nei mille pensieri che mi
vorticavano in testa, il motivo che stavo cercando si
presentò davanti ai miei
occhi prima che la mia seduta interiore terminasse.
-Hi.-
Quel
saluto quasi urlato da una voce femminile
mi diede subito i brividi.
Un’oca!
Un’oca alta, ossigenata, con
sgargianti occhi azzurri e un vestito così corto e scollato
che lasciava ben
poco all’immaginazione umana, si era avvicinata al MIO Massi
e gli sorrideva
con le voluttuose labbra ricoperte da un rossetto così rosso
che in confronto
un semaforo era pallido e incolore.
Il
sangue cominciò ad abbandonare il mio
cervello e agii d’impulso prima che uno qualsiasi dei miei
neuroni potesse
impedirmelo.
Mi
avvinghiai al braccio di Massi e
stampandomi in faccia un sorriso malvagio risposi: -Hi, Darling.-
Non
sapevo neanche se avessi detto qualcosa di
sensato ma il mio sguardo era più combattivo e omicida del
solito.
L’oca
mi guardò sbattendo le lunghe ciglia
truccate, e si lasciò andare ad un’espressione
sorpresa.
“Sì,
mia cara” pensai tra me. “Mi hai appena
dato un validissimo motivo per decidere di sopportare il dolore ai
piedi e la
musica assordante. Non mi allontanerò da Massi neanche un
instante finché si
troverà in un posto dove la topagine delle ragazze
è a livelli esorbitanti.”
-Oh,
sorry-, rispose lei facendo un gesto con
la mano e allontanandosi. Pensavo fosse finita ma lei si
voltò e fece un
occhiolino a Massi.
-La
uccido!- esclamai lasciando il braccio di
Massi per lanciarmi al collo di quell’oca che ormai si era
mischiata alla massa
che ballava in pista.
Massi
mi trattenne per un polso e mi attirò
verso di sé abbracciandomi da dietro, e posò la
testa sulla mia spalla.
-Dove
credi di andare, amore mio?- disse con
voce alta ma seducente. Il suo respiro raggiunse il mio collo e mi fece
rabbrividire.
-Non
puoi andare in giro ad ammazzare le
ragazze.-
Stavo
per rispondere ma mi posò un dolce bacio
sul collo.
-Non
provare neanche ad allontanarti da me.
Sei il mio ossigeno e io ho bisogno di respirare per vivere.-
Voltai
la testa verso di lui. I suoi occhi
invasero i miei, e ancora mi chiedevo come diavolo facevano le gambe a
reggermi. L’intensità del suo sguardo, la dolcezza
delle sue parole, l’amore
che mostrava chiaramente sul suo viso: avevo appena trovato un milione
di
ragioni per non allontanarmi da lui.
-Mi
piace da impazzire quando fai la gelosa-,
disse lui facendomi l’occhiolino.
Aggrottai
la fronte irritata ma non potei
rispondere. Le sue labbra si posarono sulle mie, chiudendo le mie
parole in un
dolce bacio che piano si approfondiva sempre di più. Mi
girai totalmente verso
di lui e lo attirai a me prendendo con le mani il colletto della
camicia. I
nostri corpi si ritrovarono praticamente incollati mentre le sue mani
si
posavano sulla mia schiena.
La
temperatura nel locale cominciò ad alzarsi
sempre di più, o forse era il mio corpo che stava
cominciando ad ardere
completamente.
-Massi!-
Interrompemmo
il bacio contrariati e ci
voltammo a guardare Mike, il soggetto che quella sera era la causa di
tutta la
mia irritazione.
-Che
vuoi?- chiese Massi scocciato.
-Andiamo
a prendere qualcosa da bere. Ci avete
dato dentro per tutta la settimana, non morirete di certo se vi
staccate un
attimo.-
Chiusi
gli occhi e con calma li riaprii, presi
un respiro e guardai Massi.
-Ti
prego, lo posso uccidere? Solo un
pochino…-
Massi
mi guardò sorridendo.
-Più
tardi ti darò una mano ad ucciderlo-, mi
accarezzò la guancia e sorrise ancora. –Vado a
prendere da bere. Vuoi
qualcosa?-
Premessa:
l’alcol ed io avevamo sempre vissuto
su due pianeti assolutamente diversi, quindi non avevo la
più pallida idea di
quello che avrei potuto bere.
-Fai
tu-, risposi dubbiosa. –Niente di forte.-
-Okay.
Sicura che vuoi qualcosa di alcolico?-
mi chiese stranito.
-Prova
a camminare tu su questi aggeggi di
tortura, e poi vediamo se non vorresti bere qualcosa di alcolico-,
risposi facendogli
la linguaccia.
-Saranno
anche aggeggi di tortura, ma quando li
indossi mi viene voglia di torturarti in altri modi.-
E
con questa frase che mi rese più rossa del
rossetto dell’oca, Massi si allontanò insieme a
Michael per raggiungere il bar,
lasciando Delia e me da sole.
-Andiamo
verso i divanetti-, mi urlò Delia.
–Forse riusciamo a trovare un paio di posti.-
Nel
sentire quella frase i miei piedi
lanciarono un urlo di gioia.
Fortunatamente
riuscimmo a trovare un paio di
divanetti liberi non molto lontano dal punto in cui eravamo prima.
Appena
mi sedetti sentii i miei poveri piedi
rilassarsi e il dolore cominciare a sparire lentamente. Mi accorsi
quasi
immediatamente, però, che il problema era un altro: quel
cavolo di vestito
diventava davvero corto quando stavo seduta, quindi mi trovai costretta
ad
accavallare le gambe per non mostrare al mondo più di quando
non avessi mai
mostrato.
Delia
si sedette accanto a me e si tolse il
cappotto.
In
effetti cominciava a fare davvero caldo lì
dentro e per quanto mi potessi vergognare non potevo di certo rischiare
di
morire asfissiata, quindi tolsi anch’io il cappotto. Le mie
spalle totalmente
scoperte mi facevano sentire in enorme imbarazzo: in quel momento
qualcosa da
bere mi era davvero necessario, altrimenti avrei dato fuori di matto
per la
vergogna.
-Accidenti!-
Sentii
quella parola urlata dalla voce di
Delia.
-Cosa
c’è?- chiesi ad alta voce guardando la
mia amica.
-Si
sono smagliate le collant-, esclamò lei
irritata. M’indicò il suo ginocchio e notai che
c’è un foro enorme proprio nel
centro che si stava pericolosamente allargando. –Devo andare
un attimo in bagno
a toglierle, non posso andare in giro così. Vieni con me o
mi aspetti qui?-
La
guardai per un secondo soppesando le mie
opzioni: restare seduta comoda su quel divanetto senza attirare
l’attenzione di
nessuno, o alzarmi, camminare sui trampoli della morte, e mostrare a
tutti quanto
il mio vestito non compisse il suo dovere di coprire il mio corpo.
Assolutamente la prima!
-Ti
aspetto qui-, risposi sicura.
-Va
bene, torno tra un attimo. Non ti
muovere.-
-Non
ho intenzione di fare neanche un passo.
Vai tranquilla.-
Mentre
Delia si allontanava la tentazione di
togliermi quei trampoli diventava sempre più invitate, ma
non mi sembrava il
caso di dare sfogo a quella mia fantasia proibita. I miei piedi
sbuffarono
nell’apprendere quella sentenza mentale.
Di
gente ce n’era davvero un’infinità. Il
bancone del bar non era lontano dal mio piccolo angoletto in disparte
ma di
Massi e Michael non c’era neanche l’ombra: erano
stati sommersi dalle
innumerevoli persone in fila per riuscire ad ottenere qualcosa da bere.
Sospirai
sfinita. La serata era appena
cominciata e già non vedevo l’ora che finisse.
Il
locale era bellissimo e la musica cominciava
ad essere quasi piacevole ma continuavo a non sentirmi a mio agio in
quel
vestito striminzito e indossando quelle scarpe del cavolo.
Avrei
di gran lunga preferito passare la mia
ultima sera a Boston passeggiando con Massi per le vie del centro e poi
tornare
nella nostra stanza per passare un’ultima notte che avrei
ricordato per tutta
la vita.
Il
solo stress di stare in quel posto mi stava
prosciugando tutte le energie e dubitavo che una volta giunta a casa
sarei
riuscita anche solo a sfiorare Massi.
-Ehi.-
Qualcuno
aveva pronunciato quella parola a
pochi centimetri dal mio orecchio. Mi voltai di scatto e vidi un
ragazzo.
Quando si era seduto accanto a me? Non ci avevo fatto per niente caso.
-Hi, nice to meet you.-
Frena!
Frena! Frena!
Ragazzo.
Inglese. Occhi da pesce lesso che
fanno l’occhiolino.
-Ehm…-
Accidenti
a quel paese del cavolo! Come facevo
a mandarlo a quel paese senza conoscere neanche un solo insulto in
inglese?
Avevo bisogno di aiuto, e subito! Ma dove diavolo era finita quella
sciagurata
di Delia?
-I’m
Fabio-, mi disse con un sorriso mentre mi
porgeva la mano.
Restai
per un attimo basita mentre quasi in
modo meccanico stringevo la sua mano.
-Fabio?-
chiesi sorpresa. Se la mia
supposizione era giusta forse un modo per mandarlo a quel paese
c’era.
-Yes. I’m from
Italy but I live in Boston.-
Dio ti ringrazio!
Era
incredibile che avessi incontrato proprio
un provolone italiano.
-Ehm.
Fabio, anch’io sono italiana e purtroppo
sono anche fidanzata, quindi ti dispiacerebbe girare a largo?- chiesi
con un
sorriso minaccioso.
-Ma
dai!- i suoi occhi s’illuminarono. –Sei
italiana? Non ci posso credere! Anzi lo dovevo immaginare visto che sei
uno
splendore. Mi dai il tuo numero?-
-Fabio,
quale parte di “sono fidanzata” non ti
è chiara?- cominciava seriamente a stancarmi
quell’idiota.
-Be’
il tuo ragazzo non è un mio amico e io
non sono geloso. Seguo la politica del “tentar non
nuoce”.-
Il
suo sorriso melenso mi colpì direttamente
la glicemia che salì alle stelle per la rabbia.
-Oh,
vuoi scommettere che invece può nuocere
eccome?-
Sollevai
un piede e infilzai il suo con il mio
tacco a spillo. Lui gemette di dolore mentre io mi alzavo raccattando
il mio
cappotto e quello di Delia.
-Visto?-
chiesi con un sorriso notando con
soddisfazione che la smorfia di dolore non aveva ancora abbandonato il
suo
volto. –Fossi in te cambierei politica.-
Prima
che potesse aggiungere un’altra cavolata
qualsiasi, rubai il suo bicchiere poggiato sul tavolino davanti a noi e
di gran
carriera mi diressi verso il bagno per cercare Delia soddisfatta di
aver dato
un senso a quelle scarpe create da Satana in persona.
Assaggiai
un piccolo sorso di quel cocktail e
notai che era abbastanza forte ma aveva anche un sapore piuttosto
fruttato e
dolce. Non era per niente male.
Incontrai
Delia proprio mentre usciva dal
bagno e mi guardò sorpresa.
-Che
ci fai qui?-
-Niente,
un tizio ci stava provando e sono
scappata-, risposi porgendole il cappotto. –Ovviamente non
prima di prendermi
un risarcimento.-
Sollevai
leggermente il bicchiere che
stringevo in mano.
-Gli
hai fregato il cocktail?- Delia sembrava
molto divertita. –E cos’è?-
-Non
ne ho idea. E’ buono però-, diedi
un’altra sorsata e glielo passai. Delia
m’imitò.
Anche
se per le leggi americane nessuna di noi
due avrebbe potuto bere ce ne stavamo altamente infischiando.
-E
brava Vale. Non solo hai rimediato un
cocktail gratis ma hai beccato anche il mio preferito: è un
Alabama Slammer.-
-Allora
cerchiamo i ragazzi, perché ne voglio
un altro uguale. Questi tacchi mi stanno uccidendo e devo trovare
qualcosa per
distrarmi.-
-Credimi,
un paio di questi ti distrarranno
eccome. Ma non eri astemia fino a dieci minuti fa?- chiese lei ridendo.
-Dovrei
esserlo ma non so cos’altro fare per
sopportare questa tortura-, stavo mandando all’aria anni di
“non berrò mai”
solo perché non ero in grado di soffrire per un
po’ di mal di piedi. Accidenti
a me!
-Ecco
Mike!- esclamò Delia indicandomi un
punto lontano all’interno di quella calca umana appostata
davanti al bancone. –Tu
resta qui, io vado a dirgli di prendere un Alabama Slammer anche per
te.-
Annuii
mentre continuavo a bere quel liquido
così dolce e piacevole per le mie papille gustative.
Cominciai
a guardarmi intorno un po’ stranita
e senza accorgermene la cannuccia iniziò a produrre un suono
strano. Alzai il
bicchiere e notai che, a parte il ghiaccio, non era rimasto
più nulla. Era
completamente vuoto! Ma chi se l’era finito? Non potevo
averlo bevuto tutto
così in fretta ma a giudicare da come la testa cominciava a
farsi pesante
probabilmente era opera mia. C’era di positivo
però che i piedi non erano più
al centro dei miei pensieri ed era diventato tutto molto più
sopportabile. La
musica altissima, la gente che mi urtava passando, le luci basse ma
allo stesso
tempo fastidiose per gli occhi. Tutto era improvvisamente diventato
molto più
interessate e… divertente.
Posai
il bicchiere su un tavolino che avevo
sotto mano e misi i cappotti su una sedia perché a malapena
riuscivo a reggermi
in piedi figurarsi se ero in grado di tenere con me degli oggetti.
Cercai
di seguire il tragitto che Delia aveva
fatto per arrivare da Michael ma non riuscii a trovare né
l’una né l’altro in
mezzo a tutta quella gente.
Ebbi
l’improvviso impulso di cercarli ma
pensai fosse meglio non muovermi, mi sembrava anche troppo facile
perdersi di
vista in quella discoteca e almeno Delia sapeva dove fossi, quindi era
meglio che
non mi postassi neanche di un centimetro.
Allora
perché stavo camminando?!
La
pista da ballo era diventata d’un tratto molto
attraente e le mie gambe si stavano muovendo senza che io potessi in
alcun modo
fermarle.
-Ciao!-
esclamò una voce alla mia destra. –Ti ho
trovata finalmente.-
Mi
voltai e il viso di Fabio si stagliò
davanti a me aprendosi in un enorme sorriso.
Avrei
voluto dire qualcosa per mandarlo a quel
paese e liberami nuovamente di lui ma quel cocktail aveva rallentato
tutti i
miei sensi e non riuscii a formulare alcuna frase, né con il
pensiero né tanto
meno con la bocca.
-Mi
hai rubato il cocktail, quindi per farti
perdonare dovrai ballare con me- il suo sorriso si fece sempre
più ampio.
-Cosa?!-
fu l’unica parola che potei esclamare
prima che lui mi afferrasse per un braccio e mi portasse con lui sulla
pista da
ballo.
-Ehi!
Aspetta!- biascicai con la lingua che si
inceppava a ogni sillaba.
Arrivammo
al centro della pista e lui si
piazzò davanti a me cominciando a dimenarsi seguendo il
ritmo della musica.
Il
cocktail che avevo bevuto stava iniziando
ad avere un effetto troppo strano perché riuscissi a
gestirlo. Senza che io lo
volessi, il mio corpo cominciò a muoversi e a seguire i
gesti di quello di
Fabio.
Avvertivo
la musica palpitarmi direttamente a
livello del cuore mentre mi scatenavo in pista. Dovevo ammettere di non
aver
mai provato una sensazione così liberatoria. Ballare non era
mai stata una
delle mie attività preferite ma con un po’ di
alcol diventava davvero un’esperienza
molto interessante.
Fabio
era compiaciuto dal mio comportamento,
lo dimostrava il sorriso soddisfatto che troneggiava sul suo volto.
Cercai di
osservarlo meglio: non sembrava volesse provarci più di
tanto. Era abbastanza
distante da me e ballava senza dare troppo peso alla mia presenza,
voleva solo
divertirsi un po’. La dovevo smettere di pensare
continuamente male.
Lanciai
un’altra occhiata verso il bancone ma
dei miei compagni non c’era neanche l’ombra.
Uffa!
Ora
che avevo scoperto quanto fosse divertente
ballare in quel modo volevo condividerlo con Massi. Volevo scatenarmi
insieme a
lui e fargli vedere quanto sapessi essere sensuale ballando, o almeno
lo
speravo. Mi mancava così tanto, nonostante ci fossimo divisi
da pochi minuti.
Avevo
bisogno di lui come l’aria. Aria che in
quel momento cominciava decisamente a mancarmi.
Ma
perché?
E
poi realizzai a cos’era dovuta quell’improvvisa
sensazione di claustrofobia. Fabio!
Si
era avvicinato di molto a me e mi aveva
messo le mani sui fianchi attirandomi a lui in modo che i nostri bacini
si
toccassero. Si lasciò andare a dei movimenti ondulatori e
cercò in tutti i modi
di costringermi a fare lo stesso, rendendo la sua presa sui miei
fianchi ancora
più intensa.
Fu
in quel momento che capii una cosa
fondamentale: non mi ero sbagliata su di lui! Ci stava provando di
brutto, e
soprattutto ci stava provando in un modo così viscido da
farmi venire il
voltastomaco.
Dovevo
allontanarmi da lì! Massi mi avrebbe
ucciso e io dopo mi sarei suicidata! Non volevo più ballare!
Non lo volevo fare
con uno sconosciuto che mi aveva portato su quella pista con un mezzo
inganno
probabilmente immaginando che avevo bevuto.
Massi!
Volevo Massi!
Provai
a girare i tacchi per squagliarmela ma
Fabio fu più veloce di me e, afferrandomi per un braccio, mi
attirò a sé. Adesso
la mia schiena era contro il suo petto e una delle sue mani
cominciò a
scivolare lenta sulla mia pancia.
Alzai
gli occhi al cielo e cercai di
divincolarmi ma un po’ per l’alcol che avevo in
corpo un po’ perché lui era più
forte di me, non fu possibile in alcun modo.
Mentre
con una mano continuava a tenermi il
braccio con l’altra si spostò dalla mia pancia e
raggiunse il collo spostandomi
i capelli di lato. Avvertii le labbra di un ragazzo che non conoscevo,
di
qualcuno che non era Massi, posarsi sulla mia spalla.
Provai
di nuovo ad infilzargli un piede con il
mio tacco ma questa volta fu più veloce di me e si scanso in
tempo.
Con
forza mi voltò in modo che i nostri
sguardi si incontrassero.
-Davvero
pensavi che ci sarei cascato di
nuovo?- mi chiese ridendo mentre teneva le mani saldamente ancorate
alle mie
braccia.
Non
riuscivo a muovermi, sentivo la testa
pesante e i muscoli sembravano non reagire agli impulsi che cercavo in
ogni
modo di inviare.
Massi!
Avevo bisogno di Massi!
Ero
in trappola, non sapevo che inventarmi per
riuscire a scollarmi di dosso quell’insulso idiota di un
italiano importato in
America!
Lui
continuava a sorridermi mentre nessuno
sembrava essere accorto di nulla. La gente intorno a noi ballava ignara
di
quello che stava accadendo, e la musica era troppo forte
perché io potessi
urlare a qualcuno di spaccare la faccia a quel tizio. Eravamo come due
aghi in
un pagliaio mimetizzati alla perfezione, nessuno avrebbe potuto
sospettare che
Fabio mi aveva praticamente sequestrato e che stesse utilizzando la
presenza di
tutta quella gente per coprire il suo reato.
L’odio
mi stava crescendo dentro alla velocità
della luce e se solo ne avessi avuto la possibilità avrei
preso a sberle quel
ragazzo finché il primo strato di epidermide non si fosse
staccato da quella
sua faccia del cavolo, che tra l’altro era ancora contenta e
sorridente mentre
io pianificavo un modo per farlo letteralmente fuori.
Mi
guardai intorno alla ricerca di qualcuno
che potesse aiutarmi a mettere in atto il mio piano omicida ma quando i
miei
incontrarono nuovamente quelli sorridenti di Fabio accadde qualcosa di
così
sconvolgente da frenare tutti i miei pensieri.
Aveva
posato le sue labbra sulle mie con forza
e stava cercando di costringermi a ricambiare un bacio assurdo e senza
alcun
senso. Per me non era neanche un bacio visto che ero concentrata nel
tenere le
labbra serrate, e ci stavo mettendo così tanta forza da
farmi male. Questo non
sembrava importare a quell’idiota che dischiuse le labbra e
accarezzò le mie
con la lingua. Voleva convincermi a ricambiare quella
cosa!
Era
matto!
Era
un idiota!
Non
lo avrei mai baciato di mia spontanea
volontà e sapeva che quello era l’unico modo per
costringermi ma non sapeva
quanto potessi essere testarda.
Continuava
ad insistere mentre io meditavo un
nuovo attacco con la mia scarpa conficcata nel suo piede quando
avvertii uno
spostamento d’aria alla mia destra e delle mani che mi
attiravano verso un
corpo.
-Che
cazzo fai?!-
Quell’urlo
mi costrinse ad aprire gli occhi. Ero
tra la braccia di Delia che mi stringeva a sé con sguardo
arrabbiato rivolto
verso qualcuno che era a terra. Fabio!
Davanti
a lui, in piedi, c’era un altro
ragazzo di spalle. Capelli biondi, postura sicura ma allo stesso tempo
resa
spaventosa da quei respiri forti e decisi che facevano sollevare le
spalle.
Massi!
Era
lui e sembrava a dir poco furioso.
-Rispondimi,
stronzo!-
Massi
urlò di nuovo contro Fabio che se ne
stava a terra con il labbro sanguinante e un livido che cominciava ad
espandersi lentamente sulla guancia.
-Ballavo-,
rispose semplicemente Fabio
rimettendosi con calma in piedi.
Ovviamente
la musica non c’era più e l’attenzione
di tutti era puntata su quei due ragazzi che stavano per darsela di
santa
ragione, o almeno quello era il presentimento che c’era
nell’aria.
Massi
si fiondò su Fabio afferrandolo per il
colletto della camicia.
-Quella
è la mia ragazza! Toccala di nuovo e
giuro che sarà l’ultima cosa che farai nella vita!-
-Fossi
in te non lascerei da solo un
bocconcino succulento come quello, e pare che neanche a lei dispiaccia
troppo
ballare con qualcuno che non sia tu, amico.-
Il
sorriso passò per un attimo sul volto di
Fabio prima che Massi gli sferrasse un altro pugno facendolo rovinare
di nuovo
a terra con un tonfo molto più forte rispetto a prima.
Massi
stava per avvicinarsi a Fabio, voleva
colpirlo ancora.
-Massi,
fermati!- urlai con le lacrime agli
occhi.
Lui
si blocco immediatamente. Si voltò di
scatto e mi trapassò con lo sguardo.
Spalancai
gli occhi incredula: mi stava
fissando con aria infuriata e allo stesso tempo delusa. Che cavolo
avevo
combinato?! Come minimo stava pensando che avessi accettato
tranquillamente di
ballare con Fabio e che magari glielo avessi chiesto io di baciarmi.
No!
Non
stava succedendo! Tutto ma non quello. Non
sopportavo che i suoi occhi mi guardassero in quel
modo.
-Massi,
io…-, cominciai provando ad
avvicinarmi a lui.
-Andiamo-,
disse rivolto a Michael che se ne
stava fermo accanto a me e Delia. –Torniamo a casa, domani
devo prendere un
aereo.-
Mike
fece un cenno con la testa e Massi si
mosse verso l’uscita. Mi passò accanto senza
neanche degnarmi di uno sguardo e
fu come ricevere una pugnalata in pieno stomaco.
Mi
voltai, pronta ad urlargli di aspettare,
che dovevamo parlare, che dovevo spiegargli ma Delia posò
una mano sul mio
braccio fermandomi.
-Vi
chiarirete quando arriveremo a casa,
adesso è troppo arrabbiato-, la guardai con una lacrima che
mi scendeva sul
volto. –Tranquilla, lascialo sbollire un po’.-
Presi
un respiro profondo e annuii con un
gesto quasi impercettibile.
Guardai
la schiena di Massi allontanarsi e
sentii come se un pezzo del mio cuore volesse in tutti i modi staccarsi
dal mio
corpo per raggiungere quello di Massi. In quell’istante lo
sentivo
lontanissimo, non avevo mai sentito Massi così distante da
me, neanche quando
passando per i corridoi del Virgilio mi ignorava.
-Raggiungiamoli-,
mi disse Delia con calma.
Annuii
ancora una volta in modo meccanico e mentre
ci dirigevamo verso l’uscita sentii il DJ dire qualcosa al
microfono per poi
mettere su un nuovo disco.
Tutto
era tornato alla normalità all’interno
dell’Avalon, come se niente fosse accaduto. Eppure, forse,
quel nulla che era
accaduto per l’Avalon aveva appena stravolto la mia vita.
***L'Autrice***
Siete assolutamente autorizzati ad uccidermi se volete. Sia
perchè ci ho messo una vita a pubblicare questo capitolo
(perdono perdono perdono), sia per come ho deciso di farlo finere
(perdono perdono perdono) e anche perchè non ho risposto
alle vostre recensioni (ma c'è bisogno di dire quanto vi
adoro quando mi scrivete quello che pensate della mia storia??? xD
Ormai vi adoro, e lo sapete... xD Sì, sto cercando di
comprare il vostro perdono con le lunsinghe... ^^).
Comunque non so che m'è preso oggi, ma
praticamente ho scritto questo capitolo quasi tutto d'un fiato, ed era
da una vita che non mi succedeva quindi spero proprio che questa sia la
volta buona per tornare a scrivere e pubblicare regolarmente... ^^
Riguardo al prossimo capitolo ho un quesito: tra Massi e
Vale... litigata furiosa e funesta o chiarimento senza cadaveri
intorno??? xD
Che mi dite? Che ne pensate? Vale ne uscirà viva?
ahahahah
Comunque secondo le mie previsioni dovrebbe essere un
capitolo quasi totalmente Massi/Vale xD Poi lo sapete che cambio
continuamente idea, quindi non prendete per oro colato questa specie di
spoiler... ^^
Sono contentissima di essere riuscita a pubblicare e
soprattutto di essere riuscita a scrivere, quindi spero davvero che mi
perdonerete per questa mi assenza eterna ^^
Vi ringrazio davvero dal più profondo del cuore
per aver aspettato ^^
Un bacio xD
|
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Capitolo 7 *** Non Si Sfugge Al Destino ***
Verso La Maturità- Capitolo 7
Il Destino
Assomiglia Al Vento,
Poiché
Ci
Spinge Rapidamente In Avanti Oppure Ci Rigetta All’Indietro
Arthur
Shopenhauer
Capitolo
7:
Non Si Sfugge Al Destino
Il
viaggio in auto per tornare a casa di Delia
e Michael fu qualcosa di assolutamente surreale. Se avessi dovuto
confrontarlo
con il percorso che avevamo fatto poche ore prima per recarci
all’Avalon, avrei
di certo detto che erano l’uno l’opposto
dell’altro. Nell’abitacolo di quella
macchina c’era un solo elemento che regnava sovrano: il
silenzio.
Dal
canto mio avevo provato più di una volta
ad aprire bocca per spiegare a Massi quello che era successo in quella
maledetta discoteca con Fabio ma ogni volta Delia mi bloccava facendomi
cenno
di lasciar perdere, che avrei dovuto aspettare.
Aspettare
cosa?!
Non
avevo fatto nulla di sbagliato, a parte
affidare i miei sensi e le mie decisioni ad uno stupido cocktail. Tolto
questo,
non mi sentivo per niente in colpa e non vedevo proprio
perché Massi doveva
trattarmi come l’ultima persona degna di rispetto sulla
faccia della terra. Forse
a lui serviva tempo per sbollire e chiarire con calma ma, se non
l’aveva ancora
capito, io ero esattamente l’opposto: dovevo chiarire subito
con le persone
altrimenti cominciavo ad accumulare rabbia fino al punto di scoppiare.
Delia
conosceva bene Massi e sapevo che aveva
ragione eppure nessuno in quell’auto conosceva abbastanza me
per sapere che non
era il mio ragazzo la bomba ad orologeria, ero io.
Appena
arrivati davanti casa Barton Massi
scese dall’auto e camminò verso
l’entrata senza dire nemmeno una parola o
augurare la buonanotte a qualcuno.
-E’
fatto così-, disse Michael mentre mi
aiutava a scendere dall’auto. –Spiegagli con calma
quello che è accaduto e
vedrai gli passerà. Ha solo bisogno di metabolizzare quello
che ha visto.-
Fissai
Michael con uno sguardo di fuoco.
-Il
fatto che un ragazzo ci abbia provato con
me, costringendomi a ballare con lui e baciandomi contro la mia
volontà non lo
autorizza a fare l’offeso-, dissi con tono deciso.
–Se qualcuno non lo avesse
notato sono io quella che è quasi morta di paura
perché non sapeva come uscire
da una situazione disarmante e, chissà, forse anche
pericolosa. Massi si
comporta da duro credendo che io abbia commesso il reato più
grave esistente
nell’universo ma è proprio lui quello che si sta
scavando la fossa da solo
perché io non merito di essere trattata così. Non
da lui, che dovrebbe amarmi.-
Michael
e Delia mi fissavano allibiti.
Ancora
più arrabbiata sbattei lo sportello
dell’auto infischiandomene del fatto che costasse
più di casa mia con tutto
l’arredamento e mi diressi di gran carriera in camera, dove
sapevo che Massi
avrebbe passato i suoi ultimi secondi di vita.
Lo
avrei ucciso con le mie mani! Non poteva
trattarmi così! Non lo avrei permesso.
Entrai
in casa e mi fiondai all’interno
dell’ascensore che pochi secondi prima aveva ospitato anche
Massi. Aspettai che
le porte si richiudessero battendo il piede a terra.
Ma
quanto diavolo ci metteva quel coso a
salire?!
Quando
le porte si riaprirono, uscii e
camminai velocemente verso la stanza che aveva ospitato me e Massi in
quei
giorni. Se solo qualcuno mi avesse detto che il nostro viaggio sarebbe
finito
in quel modo assurdo non ci avrei mai creduto, anzi avrei iniziato a
ridere
come una matta pensando che quella persona aveva un urgente bisogno di
essere
rinchiusa.
E
invece eccomi lì, furiosa come un gatto a
cui avevano pestato la coda, e altrettanto agguerrita con una voglia
matta di
avere la testa di Massi. Fossi stata una regina, lo avrei fatto
decapitare
senza neanche pensarci.
Dio!
Quanto ero arrabbiata!
La
porta della stanza era chiusa ed io la
spalancai immediatamente, senza neanche starci a pensare, entrando come
una
furia.
Massi
era di spalle, rivolto verso le enormi
vetrate che davano all’esterno. Aveva smesso di nevicare
già da un po’ e la
notte si stagliava nera e cupa come non mai, non avrei trovato una
stella
nemmeno cercandola con il telescopio.
Si
tolse la giacca, senza voltarsi. Questo mi
fece infuriare ancora di più, una specie di patina rossa di
rabbia si diffuse
davanti ai miei occhi e avvolse il mio cervello. Volevo solo ucciderlo!
-Hai
intenzione di rivolgermi ancora la parola
o mi rassegno definitivamente?!- chiesi con voce risentita sbattendo la
porta.
Almeno se aveva fatto finta di non sentirmi entrare adesso non aveva
più quel
lusso, il rumore di quella porta lo aveva avvertito persino mia madre
in
Italia.
Nessuna
risposta. Si limitò a sfilarsi anche
la camicia restando in maglietta.
-Massi!
Rispondimi!- adesso cominciavo davvero
a stancarmi.
-Non
ho voglia di parlare. Domani dobbiamo
svegliarci presto-, il suo tono era assolutamente innaturale, sembrava
quello
di un automa e non del mio Massi.
-Non
hai voglia di parlare?- chiesi incredula.
–Ti sembra il caso di fare il bambino capriccioso proprio
adesso? Qui non si
tratta di aver voglia di parlare ma di dover
parlare. Ho già aspettato troppo tempo e non mi va
che continui a credere
che quello che è successo sia stato un mio errore.-
Massi
continuava a non guardarmi. Si tolse i
pantaloni e s’infilò sotto le coperte.
-Massi!-
esclamai esasperata.
Lo
sentii prendere un respiro profondo.
-Massi-,
lo chiamai ancora una volta con una
nota di semi disperazione nella voce.
-Non
ho voglia di parlare!- disse lui quasi
urlando e voltasi di scatto a guardarmi con quei suoi occhi pieni di
rabbia.
All’improvviso
mi sentii come una bambina che
era stata sgridata da suo padre. Sbattei le palpebre spaventate mentre
il mio
cuore accelerava impaurito da quello che stava accadendo. Massi mi
fissò per
qualche altro secondo continuando a trapassarmi la testa con quel suo
sguardo e
poi si rimise sotto le coperte dandomi ancora le spalle.
Non
poteva trattarmi così. Non era giusto.
Mi
tolsi le scarpe e piombai sul letto
afferrando il braccio di Massi e provando in tutti i modi a farlo
voltare.
-Non
puoi non parlarmi. Ho bisogno di
chiarire. Massi, ti prego!-
Il
mio tono era tra l’arrabbiato e lo
spaventato ma non sembrava smuovere Massi neanche di un millimetro
dall’intenzione di non parlarmi.
-Si
può sapere che cavolo ti è preso?- chiesi
al limite della disperazione. –So di aver sbagliato, non
avrei dovuto bere quel
cocktail ma io…-
-Forse
non sono stato chiaro-, cominciò lui
tenendo gli occhi chiusi come se volesse addormentarsi al
più presto. –Non ho
voglia di parlarne. Non voglio sapere cosa è successo, ho
solo bisogno di
dormire. E’ stata una serata molto più stressante
del previsto, quindi se non
ti dispiace ora vorrei starmene tranquillo.-
-E
non ti importa un cavolo che io non starò
tranquilla? Devo sapere che andrà tutto bene, che questa
cavolo di serata non
ha rovinato tutto.-
-Sinceramente?-
iniziò lui aprendo gli occhi.
–Non lo so.-
Fu
come entrare in una doccia gelata quando
fuori c’erano meno dieci gradi. Sentii che persino il mio
cuore era stato
avvolto da quel gelo che non accennava a diminuire nonostante io
cercassi di
respirare in modo più profondo e regolare
-Che
vuoi dire?-
I
suoi occhi erano aperti ma guardava da
un’altra parte, come se incontrare i miei fosse troppo per
lui o forse non
gliene importava più di tanto di guardarmi negli occhi e
tranquillizzarmi.
-Voglio
dire che un po’ me lo aspettavo quello
che è successo stasera.-
-Cosa?!-
chiesi incredula. –Ma che vai
blaterando?-
Lui
sospirò e finalmente mi guardò negli occhi
ma ancora una volta non ci vidi il solito sentimento con cui mi
avvolgevano di
solito. Erano stranamente freddi e aridi.
-Tra
noi è successo tutto molto in fretta,
stiamo iniziando a conoscerci davvero solo ora e sapevo che prima o poi
uno di
noi due avrebbe commesso un qualche tipo di errore. Ti amo
così tanto che non
volevo credere che sarebbe successo ma ovviamente non è
stato così.-
-Ascoltami,
ti prego. Non è stata colpa mia,
non totalmente almeno. Quel ragazzo mi ha portato con
l’inganno a ballare con
lui, e mi ha baciato contro la mia volontà.-
Massi
mi guardò con un sorriso amaro.
-E
quale sarebbe stato l’inganno? “Scusa ho
perso una lente a contatto sulla pista da ballo, mi aiuti a
cercarla?”. Era
questo il grande piano per convincerti a ballare con lui,
perché a meno che non
ci sia una spiegazione valida, dal mio punto di vista tu
l’hai seguito senza
farti alcun tipo di problema. Accidenti Vale! Mi sono allontanato solo
per
qualche minuto e quando torno ti trovo avvinghiata a un altro! Come
cazzo
dovrei sentirmi secondo te?-
Detta
così sembrava molto più grave di quanto
non fosse in realtà, eppure sapevo che Massi non aveva tutti
i torti. Se la
situazione fosse stata capovolta probabilmente io avrei dato fuori di
matto e
non gli avrei parlato per una vita e mezzo.
Dovevo
stare calma e cercare di ragionare.
Arrabbiarmi avrebbe solo peggiorato la situazione, e di parecchio
anche.
-Massi,
io avevo bevuto. Sai che sono astemia
e quel poco d’alcol mi è bastato per non capire
più dov’ero. So che avrei
dovuto fare più resistenza e ti giuro che ci ho provato ma
lui è riuscito
comunque a portarmi sulla pista da ballo. Quando mi ha baciato gli
avrei
infilzato il mio tacco nel piede se tu non fossi intervenuto prima.
Credimi, ho
avuto talmente tanta paura che stavo per mettermi a piangere e
l’unica cosa che
volevo era ritrovare te perché mi abbracciassi e mi dicessi
che andava tutto
bene. Non credermi se preferisci, ma le cose sono andate
così.-
Lui
mi guardò negli occhi, il suo sguardo mi
sembrava leggermente più morbido rispetto a prima.
-Va
bene-, sospirò abbassando lo sguardo.
–Tranquilla, è tutto a posto. Adesso vorrei
dormire se non ti dispiace.-
-Sicuro
che vada tutto bene?- chiesi con il
cuore che batteva così forte da farmi quasi male, e non era
un dolore
piacevole.
-Sì,
certo-, fece un mezzo sorriso ma sapevo
che non era sincero. Aveva capito che stava cercando di liquidare la
questione
perché ci voleva pensare su e non perché fosse
realmente tutto tornato come al
solito.
-Okay-,
risposi rassegnata
Era
inutile continuare, non avrei cavato un
ragno dal buco. Insistendo avrei solo rischiato di peggiorare la
situazione e
non era certo quello di cui avevo bisogno, la situazione era
già grave così
senza creare ulteriori problemi.
Lui
mi guardò per un altro secondo e poi si
stese dandomi di nuovo le spalle.
Rimasi
immobile, inginocchiata su quel letto
mentre Massi provava a far finta di dormire.
Nonostante
i riscaldamenti fossero al massimo
avvertivo un gelo quasi surreale in quella stanza. Mi sembrava di
vedere tutto
con gli occhi di un’altra persona, era come se fossi
completamente separata dal
mio corpo e quello non fosse un momento che stavo vivendo ma solo il
pezzo di
un qualche spettacolo a cui assistevo davanti al televisore.
Niente
di tutto quello che era accaduto mi
sembrava reale eppure così era. Era accaduta ogni cosa:
Fabio, l’Avalon, il
bacio, la rabbia e il risentimento di Massi.
Tutto
era stranamente reale e profondamente
doloroso.
Abbassai
la testa che era diventata troppo
pesante e, con una calma che non era da me, mi alzai da quel letto e
spensi la
luce.
Il
cielo buio non riusciva a illuminare troppo
la stanza, giusto quel poco per farmi intravedere il profilo di Massi
che
faceva ancora finta di dormire. Quel buio avvolgeva completamente il
mio cuore
oltre che la mia vista.
Con
un sospiro mi diressi in bagno e accesi la
luce chiudendo la porta dietro di me. Tolsi lentamente il cappotto e il
vestito
gettandoli a terra, me ne sbattevo altamente se costavano un occhio
della
testa, non riuscivo a pensare troppo e il valore degli indumenti era
passato
assolutamente in fondo alla classifica delle mie priorità.
Mi
ritrovai davanti all’enorme specchio sopra
il lavandino. Il mio viso era ancora perfetto, il trucco non era per
niente
sbavato, come se nulla fosse accaduto. Balla! Il mio corpo stava
raccontando
una balla colossale. Qualcosa era successo e quel qualcosa stava
rischiando di
rovinare tutto.
Non
ero stupida e le parole di Massi erano
anche troppo chiare perché io facessi orecchie da mercante e
non le
comprendessi a pieno senza scorgere il loro reale significato.
Tra noi è
successo tutto molto in fretta,
stiamo iniziando a conoscerci davvero solo ora e sapevo che prima o poi
uno di
noi due avrebbe commesso un qualche tipo di errore. Ti amo
così tanto che non
volevo credere che sarebbe successo ma ovviamente non è
stato così.
Quelle
frasi, ogni sillaba era stata come una
coltellata in pieno petto.
Uno,
due, tre, quattro…
Pugnalata
dopo pugnalata quel coltello si era
conficcato sempre più affondo dentro al mio cuore,
ferendomi, facendolo
sanguinare come mai era accaduto in tutta una vita.
Non
era difficile tradurre tutto quel
discorso: Massi non si fidava di me, probabilmente non lo aveva mai
fatto, e stava
cominciando a pensare che fosse stato un errore lasciarsi andare ai
sentimenti
così presto. Era questa la verità. Non
c’entrava nulla quello che era successo
all’Avalon, ero certa che fin dall’inizio lui
avesse non poche riserve nel
decidere di instaurare una relazione con una ragazza che
fondamentalmente
conosceva appena.
Aveva
usato dei giri di parole ma era chiaro
quanto fosse insicuro sul nostro rapporto. Probabilmente non sul nostro
amore,
quello non lo stava mettendo in discussione: i sentimenti
c’erano, su quello
non appariva nessun dubbio.
Ciò
di cui non era sicuro, quello di cui io
cominciavo ad avere paura, era che i nostri caratteri non fossero
compatibili.
In
quel momento capii il significato delle
parole “a volte l’amore non basta”. Ci
amavamo, ma eravamo in grado di portare
avanti un rapporto? Eravamo fatti per stare insieme? Era quello che il
destino
aveva in serbo per noi o ci stavamo precludendo la
possibilità di trovare la
persona davvero adatta a noi?
Di
una cosa ero sicura: se fino a quel momento
l’amore non era bastato, avrei trovato il modo per colmare
tutte le lacune che
i nostri caratteri così diversi avevano scavato nel nostro
rapporto. Dopotutto
ero sempre stata una persona molto diplomatica e riflessiva, un modo
per far andare
le cose lo avrei trovato a costo di spenderci tutta una vita.
Massi
era il mio Massi. Dopo tutto quello
che avevo passato avrei lottato con le
unghie e con i denti per far in modo che lo capisse e che non si
mettesse in
testa strane idee come quelle che già aveva. Avrei fatto
tabula rasa nel suo
cervello e avremmo ricominciato da capo.
Volente
o nolente si sarebbe reso conto che
nessun’altra sarebbe stata come me e che lui non avrebbe mai
potuto condividere
con un’altra ragazza quello che condivideva con me.
Ero
decisa a combattere.
Mi
guardai determinata allo specchio. Sì,
quella era la decisione giusta.
Mi
sciacquai diligentemente il viso per
eliminare ogni traccia del trucco di quella sera: non doveva restare
nemmeno la
più piccola traccia sul mio viso. Avevo bisogno di sentirmi
pulita, di sentirmi
di nuovo la solita Vale che per un attimo, un maledetto attimo, era
sparita
portando via con sé tutto quello che di buono
c’era stato in quei mesi.
Presi
il morbido asciugamano -probabilmente
prodotto con qualche materiale super pregiato ma non me ne importava
nulla- e
me lo passai sul volto macchiandolo di fondotinta e matita per gli
occhi.
Sciacquai ancora una volta il viso, strofinando per bene, e questa
volta
sull’asciugamano non rimase alcuna traccia di trucco.
Sospirai
ancora una volta fissando la mia
immagine dello specchio. Ero tornata ad essere me stessa ed ero pronta
ad
affrontare qualsiasi cosa, come avevo sempre fatto nella mia vita.
Spensi
la luce del bagno e aprii la porta.
Lanciai un’occhiata verso Massi: non si era mosso di un
millimetro, quindi non
stava ancora dormendo, era inutile che fingesse.
Presi
la maglietta smessa di mio padre da
sotto il mio cuscino, la infilai e mi misi sotto le coperte cercando di
restare
il più lontano possibile dal corpo di Massi.
Era
incredibile.
Fino
a quel pomeriggio avremmo pagato chissà
quale cifra per stare da soli in un letto e adesso ce ne stavamo ai due
lati
opposti, dandoci persino le spalle. Poteva esserci qualcosa di
più triste? No, dubitavo
che potesse esserci. Non dopo che avevamo passato ogni secondo di
quella
vacanza a baciarci e abbracciarci, persino quando dormivamo.
Se
solo uno di noi due avesse avuto meno
orgoglio che gli scorreva nelle vene avrebbe fatto il primo passo,
almeno un
accenno di voler far pace. Sì, perché per quanto
Massi avesse detto che tutto
era tornato normale, non era per niente così. Si sentiva
nell’aria che eravamo
distanti come il Brasile e la Russia: tra noi c’era un oceano
e un paio di
continenti.
Non
sapevo che fare.
Avrei
dovuto trovare un modo per sfiorarlo,
per fargli capire che avevo bisogno di lui ma avevo il terrore che mi
mandasse
a quel paese: non volevo che i suoi occhi mi guardassero ancora con
quel
disprezzo che li aveva permeati quella sera.
Per
la prima volta in vita mia ero davvero
terrorizzata, spaventata dall’idea di essere ancora ferita da
una persona che
amavo così tanto, e ancora di più avevo la
pressante paura di perdere quella
persona e quel sentimento che, sia nel bene che nel male, mi aveva reso
immensamente felice come mai ero stata.
Mi
rigirai sulla schiena e posai il dorso
della mano sulla fronte. Il respiro di Massi non era ancora forte e
regolare,
quindi era più che sveglio.
Il
mio cervello lavorava febbrilmente alla ricerca
di una soluzione che non riusciva a trovare.
Ipotesi
numero uno.
Potevo
rischiare e cercare di attirare
l’attenzione di Massi in un modo qualsiasi con la complicanza
che la sua rabbia
crescesse e la situazione degenerasse. Ma almeno avrei fatto qualcosa.
Ipotesi
numero due.
Avrei
potuto aspettare che passasse la notte,
che Massi si facesse una bella dormita, e poi cercare di riprendere il
discorso
il giorno dopo sperando che entrambi avessimo riflettuto abbastanza e
non
avessimo parlato a sproposito. Probabilmente era la soluzione migliore
ma
significava anche passare la notte in bianco perché avevo le
mani legate.
Mossi
le gambe in un gesto impaziente mentre
la testa rischiava di andarmi a fuoco: stavo davvero pensando troppo.
Accidenti!
Sentii
Massi muoversi, si era messo a pancia
sotto. Non lo avevo visto, ma lo avevo immaginato dal movimento che
aveva
fatto. Non sembrava avesse intenzione di parlare o di farmi capire in
qualche
modo che era sveglio, eppure sapevo che non dormiva. Forse anche lui
era in
preda a pensieri simili ai miei. Qualcuno di noi doveva fare qualcosa,
non ce
la facevo più a stare in quella situazione di stallo.
Non
avevo assolutamente la minima idea di come
uscire da quel casino, qualsiasi cosa pensassi mi portava
inesorabilmente alla
sconfitta. Era la prima volta che Massi ed io ci trovavamo a litigare
in modo
così serio e non sapevo davvero come comportarmi. In
realtà, ipoteticamente
sapevo cosa fare ma metterlo in pratica era tutta un’altra
storia.
Sospirai
ancora una volta e voltai leggermente
la testa per guardare il profilo di Massi ma proprio in quel momento mi
arrivò
un cuscino in pieno viso.
-Ehi!-
esclamai buttando il cuscino a terra.
-Cosa?-
mi chiese Massi senza voltarsi e con
voce assonnata.
-Mi
hai lanciato un cuscino in faccia!- come
se già non lo avesse saputo perfettamente ciò che
aveva appena fatto.
-E
allora?- il suo tono era abbastanza
strafottente, il che mi fece irritare parecchio.
-E
allora sei un cretino!- esclamai risentita.
-E
tu una stupida!-
-Razza
di deficiente!-
-Cretina!-
-Imbecille!-
-Idiota!-
-Scemo!-
Dopo
questa serie di dolci parole d’affetto…
Okay, dopo questa marea d’insulti, Massi fece un sospiro e
non disse più nulla
mentre io ero ancora a bocca aperta sul punto di blaterale
l’insulto successivo
al suo, che però non arrivò.
Rimase
semplicemente in silenzio ed io del
silenzio ne avevo davvero abbastanza.
Mi
voltai sul fianco in modo da poter vedere
bene la sagoma del ragazzo che era a pochi centimetri da me.
-Massi?-
cominciai titubante.
-Cosa?-
-Mi
abbracci?-
Non
volevo ma il mio tono era uscito fuori
molto più disperato e triste di quanto avrei immaginato.
Altro che orgogliosa!
Mi ero ritrovata così fragile e stanca che a malapena me
n’ero resa conto di quanto
il contatto con il corpo di Massi mi stesse mancando.
Lui
non se lo fece ripetere due volte. Si giro
di lato, in modo che ci trovassimo l’uno di fronte
all’altra, e mi attirò a sé
stringendomi forte. Mi ritrovai con il viso nell’incavo del
suo collo e mi
rannicchiai meglio in quell’abbraccio. Avvertivo tutto il suo
calore
trasmettersi al mio e subito il mio cuore, come la mia anima,
trovò la
sicurezza che stava cercando da ore. Era incredibile come quel semplice
abbraccio mi facesse sentire bene e in pace con il mondo.
Bastò solo quel
banale contatto per aumentare la mia determinazione nel sistemare le
cose.
-Sei
una stupida-, mormorò Massi stringendomi
di più e accarezzandomi delicatamente la schiena e il collo.
-Anche
tu-, risposi sfregando il naso contro
il suo mento.
-Probabile.
Sei tu che mi fai rincretinire.-
Rimanemmo
qualche secondo silenzio, poi decisi
che era arrivato anche per me il momento di fare un passo verso il
chiarimento.
-Scusa-,
cominciai con molta calma, come se
stessi camminando su un pavimento di cristallo. –Mi sono
comportata davvero
come una cretina, non volevo ferirti. Spero solo che questo non ti
faccia
cambiare idea su di noi, non lo sopporterei. Non posso pensare di non
stare più
con te, per quanto a volte sia davvero complicato starti dietro.-
-Vale-,
sospirò lui tra i miei capelli.
-Cosa?-
-Ho
detto quelle cose solo perché stare con te
è la cosa migliore che mi sia mai capitata e ho il terrore
che per una
sciocchezza possa finire tutto. Siamo diversi, molto diversi, ed
è possibile
che un giorno ti stancherai di stare con qualcuno che non potrai mai
comprendere appieno.-
-Non
succederà-, risposi con fermezza.
-Lo
spero.-
Quelle
due parole racchiudevano tutti i suoi
timori e mi fecero sentire così impotente. Volevo solo che
si sentisse meglio e
che capisse quanto avevo bisogno di averlo accanto a me. Lui doveva far
parte
della mia vita, non c’era altra soluzione.
-Non
ti ho mai chiesto una cosa-, continuò lui
un po’ titubante.
-Dimmi
pure.-
Prese
un respiro e mi strinse ancora un po’.
-Valeria
Ferrari. Anche se siamo diversi,
anche se litigheremo altre cento volte come stasera, anche se ti
farò venir
voglia di scappare via e di non vedermi mai più, vuoi stare
con me… per
sempre?-
Spalancai
gli occhi stupita. Che stava
succedendo? Possibile che Massi avesse così tanta paura di
perdermi da cercare
una conferma come quella? Mi amava davvero così tanto? Non
avrei mai pensato
possibile che accadesse una cosa così sconvolgente e
meravigliosa come quella.
Gli
occhi cominciarono a riempirsi di lacrime
e stringendomi di più a lui risposi: -Certo, che lo voglio.-
Anche
se non potevo vederlo, sapevo benissimo
che sul viso di Massi era comparso un sorriso, uno di quei sorrisi
sinceri e
pieni d’amore che mi facevano battere il cuore e che mi
ricordavano ogni volta
perché mi fossi innamorata di lui.
Non
potevo assolutamente immaginare una vita
senza Massi e non avrei mai creduto che per lui fosse lo stesso.
Saperlo mi
riempii il cuore di gioia e di speranza: se entrambi lo volevamo a tal
punto di
certo le cose non sarebbero mai potute andare male. Bastava metterci il
massimo
dell’impegno.
Massimiliano
Draco era il mio destino e se
c’era una cosa che avevo imparato era che puoi cercare di
nasconderti e di
fuggire ma non potrai mai sfuggire al destino, ed io non avevo alcuna
intenzione di evitare il mio destino se aveva il volto del ragazzo che
amavo.
Piano,
con tutte quelle certezze e il calore
del corpo di Massi, mi rilassai fino ad addormentarmi, felice come
poche volte
mi era successo nella vita. La maggior parte delle volte quella
felicità era
stata merito di Massi, sempre e soltanto merito suo.
La
mattina dopo Devon e Michael ci
accompagnarono in aeroporto. Delia era abbastanza depressa
all’idea di lasciare
suo padre e suo fratello ma sapeva di dover tornare a casa e, con un
po’ di
fortuna forse, loro sarebbero venuti presto in Italia a trovarla. Per
quanto
riguardava me ero davvero grata a Boston, mi aveva fatto vivere momenti
indimenticabili e l’episodio della sera prima forse era
quello che mi era
servito di più: mi aveva fatto capire quanto
l’idea di perdere Massi fosse
assolutamente impensabile.
-Sorellina-,
disse Michael quando eravamo
quasi pronti per imbarcarci. –Fai la brava a Lecce,
altrimenti vengo lì e ti
striglio come si deve.-
-Oh,
andiamo Mike-, rispose Delia esasperata.
–Lo sai che io non so fare la brava, cerca di fartene una
ragione.-
-Massi.-
-Sì,
Mike. Tranquillo, la controllerò io.-
-Anch’io-,
aggiunsi alzando la mano.
Ci
guardammo e tutti scoppiammo subito a
ridere.
-Pensate
che mi lascerete vivere in pace tutti
quanti?- chiese Delia divertite.
-Ovviamente
no-, intervenne Devon. –Non ci
sperare.-
Dopo
dei saluti quasi eterni, un po’ tristi ma
soprattutto divertenti raggiungemmo l’aereo e ci preparammo
al viaggio infinito
che ci avrebbe riportato a casa.
Passammo
il tempo chiacchierando e maledicendo
il fatto che il giorno dopo saremmo dovuti tornare subito a scuola. Di
certo
non potevo chiedere ai miei genitori di restare a casa dopo che mi
avevano
permesso di attraversare l’Atlantico. Se dovevo essere
sincera, poi, non vedevo
l’ora di rivedere le mie amiche e Marco: anche se erano dei
matti col botto mi
erano mancati da morire.
L’aereo
atterrò in perfetto orario
all’aeroporto di Brindisi.
Scendemmo
con calma e ci dirigemmo verso la
zona per il ritiro dei bagagli.
Proprio
in quel momento Massi riaccese il
cellulare e subito compose un numero. Sapevo anche troppo bene chi
stava
chiamando.
-Mamma?-
La
D’Arcangelo, ovvio.
-Sì,
siamo appena atterrati. Ho capito, va
bene. A dopo.-
Chiuse
la chiamata e io già sapevo cosa stava
per dirmi.
-Mia
madre è qui fuori-, disse con voce amara.
-Lo
avevo immaginato, anche mio padre sarà qui
tra poco. Mi ha mandato un messaggio dicendo che è appena
partito da casa.-
Arrivammo
davanti ai rulli e subito i bagagli
cominciarono a girare, pronti per tornare dai loro proprietari.
Vidi
la mia valigia e Massi mi aiutò a tirarla
giù. Diede una mano anche a Delia e fece la stessa cosa con
la sua.
-Vale-,
cominciò Delia sorridente. –Ci vediamo
domani a scuola. Salutatevi con calma.-
Si
allontanò di qualche passò, avvicinandosi
alle porte che ci avrebbero portato all’interno
dell’aeroporto.
Avevo
detto a mio padre che il volo sarebbe
arrivato con mezz’ora di ritardo in modo che non rischiassimo
un incontro tra
lui e la D’Arcangelo, e gli avrei detto che la madre di Delia
era già venuta a
prenderla così non sarebbe stato strano vedermi in aeroporto
da sola.
Massi
e Delia avrebbero subito raggiunto la
D’Arcangelo fingendo di aver appena passato una meravigliosa
settimana a Boston
come due perfetti innamorati. Io avrei dovuto aspettare al ritiro
bagagli
finché loro non fossero andati via.
Un
piano perfetto.
Ben
tornata a casa Vale! Ben tornata nel tuo
mondo di bugie e di sotterfugi per evitare che la tua prof scopra la
tua storia
d’amore con suo figlio.
Inutile,
il mio destino sembrava quello per il
momento.
-Ti
chiamo più tardi-, disse Massi
abbracciandomi.
-Lo
so che abbiamo passato insieme tanto tempo
però non credo che mi sia bastato-, sussurrai al suo petto
mentre lo stringevo
a me con tutte le mie forze.
-Ancora
pochi mesi e saremo liberi.-
-Non
vedo l’ora.-
Si
staccò da me e guardandomi negli occhi mi
fece sentire ancora una volta in Paradiso. Il suo sguardo era
così dolce e
innamorato, come se non volesse far altro che guardarmi per tutta la
vita.
-Ti
amo-, disse semplicemente.
-Anch’io,
tantissimo-, risposi col cuore.
Si
chinò su di me e mi diede un dolce bacio.
Leggero come una nuvola, deciso come la pioggia, delicato come la seta,
intenso
come il nostro amore.
Dopo
quel bacio ci separammo. Aspettai qualche
minuto e poi, portandomi dietro il mio trolley, mi avviai verso
l’uscita del
ritiro bagagli.
In
Italia era ormai pomeriggio inoltrato e
fuori era già buio. C’era ancora un po’
di tempo prima che arrivasse mio padre
quindi mi sembrava il caso di prendere un caffè, un
caffè italiano, uno vero!
Mi era mancato da morire!
Mentre
mi dirigevo verso il bar sentii il mio
cellulare vibrare. Lo presi e vidi che era un messaggio.
Amore.
Questi giorni sono stati i più belli della mia vita. Spero
ce ne saranno ancora
tanti, e la sai una cosa? Neanche a me il tempo che abbiamo passato
insieme è
bastato. Ti amo.
Un
sorriso mi nacque spontaneo sul volto
mentre leggevo. Ero talmente impegnata nel guardare quelle parole da
non vedere
dove stavo andando e senza accorgermene andai dritta a sbattere contro
qualcuno. Alzai lo sguardo mortificata.
-Mi
scusi, io non…-
Le
parole mi morirono in gola. I miei occhi
avevano incontrato quelli di un colore famigliare intrappolati in
centinaia di
ricordi che credevo perduti. Quel verde tendente al marrone, quel verde
così
scuro e deciso che per tanto tempo era stato al centro dei miei
pensieri, quel
verde così diverso da quello di Massi eppure altrettanto
bello e che mi stava
guardando altrettanto stupito.
-Vale…-
Quella
voce. Era stata la padrona dei miei
sogni per così tanto tempo che non avrei potuto confonderla
con quella di
nessun altro.
-Riccardo.-
Con
ancora il cellulare in mano dove
troneggiava il messaggio di Massi mi persi negli occhi di Riccardo.
Passato e
presente lì, nello stesso istante, entrambi nella mia vita.
Ancora
una volta, in poche ore, mi ritrovai a
pensare che era davvero impossibile sfuggire al destino quando ci si
metteva
d’impegno.
***L'Autrice***
Bene, bene, bene... Avete notato quel piccolo,
insignificante, particolare finale?
....
....
....
RICCARDO!!!
E' tornato! E adesso? Ah, bella domanda. Adesso cominciano i
guai seri (anche per me che non so precisamente cosa scrivere ma spero
che l'ispirazione degli ultimi giorni mi aiuti a uscire da questo
eterno dilemma). Comunque adesso chi mi ha aggiunto su facebook
avrà capito che l'immagine di copertina del mio diario non
era stata messa lì a caso, era un'immagine spoiler. Chi lo
aveva capito alzi la mano? xD Sì, lo so. Sono parecchio
subdola, chiedo perdono xD
Sinceramente non so voi, ma io il ritorno di Riccardo me lo
immaginavo esattamente così, e ovviamente penso che avrete
capito perchè si trovava anche lui in aeroporto, era appena
tornato da Londra. Non so quanti di voi lo ricordino ma alla fine de "Il
Figlio della Prof" la madre di Riccardo aveva detto sarebbero partiti a
febbraio, e Vale parte per l'America durante le vacanze di carnevale,
quindi qualche lettrice attenta avrebbe potuto scoprire facilmente il
mio piano... ^^ Alzi la mano chi di voi lo aveva capito? ahahah Spero
non troppi altrimenti come scrittrice di colpi di scena faccio
veramente pena...
Adesso il problema è: Massi... Povero il nostro
Massi, chissà cosa gli farò passare. Devo
ammettere che nella mia mente di stanno delineando parecchi scenari e
sono uno più catastrofico dell'altro. Vi prego, non odiatemi
ma vi avevo avvertito che questo Sequel non sarebbe stato tutto rose e
fiori, ma l'esatto contrario ^^
Prima di concludere questo mio commento volevo ringraziare
tutte le persone che dopo tutto questo tempo continuano a seguirmi: so
che vi ho fatto aspettare una vita ma spero che non vi siate pentite di
aver atteso questi capitoli... ^^
Ringrazio ancora una volta le ragazze che hanno scritto
quelle splendide recensioni per il capitolo precedente e chiunque sia
passato a leggere questo capitolo... ^^
Al prossimo capito...
Un bacio ^^
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Capitolo 8 *** Ricordi Che Riaffiorano ***
Verso La Maturità- Capitolo 8
Vedi, Non Mi
Preoccupo Che Tu Ti Ricordi Di Me…
La Vita
Che
Conoscevo E’ Cambiata E Ora E’ Cambiata Di Nuovo
Cecilia
Ahern
Capitolo
8:
Ricordi Che Riaffiorano
-Ma
la smetti di rompere? Ti prego, basta!-
Mi
rotolai sul letto cercando di divincolarmi
dalla presa che mi teneva ferma.
-Ti
prego! Basta! Smettila!-
-Lo
sai che non resisto quando si tratta di
farti il solletico, Vale-, disse una voce divertita, anche troppo per i
miei
gusti e per la situazione in cui mi trovavo.
Cercai
ancora una volta di liberarmi mentre
un’altra ondata di risate prendeva possesso di me. I poveri
muscoli del viso e
dello stomaco cominciavano a farmi male mentre non riuscivo a smettere
di
ridere come una matta.
-Riccardo,
finiscila!- non riuscii a
trattenere altre risate. –Devo studiare!-
Improvvisamente
le mani che mi stavano
torturando si bloccarono lasciandomi uno strano senso di vuoto dentro.
-Hai
ragione, ho promesso a tua madre che
stavolta ti avrei aiutato per davvero.-
Mi
voltai e gli occhi di Riccardo m’inondarono
con la loro luce di spensieratezza. Avevo sempre pensato che i suoi
occhi
ricordassero quelli di un bambino un po’ capriccioso e la
loro dolcezza mi
disarmava sempre, come se fossero stati messi su quel volto per farmi
sentire
meglio ogni volta che li guardavo.
-Vabbe’,
si tratta dell’ultima interrogazione
prima dell’estate anche se va male pazienza. Non è
che abbia molta voglia di
studiare.-
-Vale,
non cominciare-, rispose lui afferrando
il mio libro di latino. –Hai una buona media non puoi fartela
rovinare da un
pessimo voto preso l’ultimo giorno di scuola. Su, a lavoro.-
-Guastafeste
di un secchione!- esclamai tra il
divertito e lo scocciato. Gli sfilai il libro dalle mani e cominciai a
ripetere
le proposizioni interrogative sistemandomi i cuscini dietro la schiena
per
stare più comoda.
-Sì,
lo ammetto. Sono bello, intelligente,
divertente, spiritoso…-
-Umile-,
continuai senza distogliere gli occhi
dal libro.
-Che
vuoi di più in un amico?- disse con
ovvietà. –Non potresti desiderare di meglio.-
Già,
aveva preso proprio il punto giusto. Era
un mio amico, il mio migliore amico, a cui volevo un mondo di bene e di
cui,
probabilmente, mi stavo innamorando. Dubitavo però che per
lui fosse lo stesso.
Io ero una normale quindicenne che aveva appena iniziato le superiori
mentre
lui era un bellissimo e intelligente diciassettenne pedinato fin sotto
casa da
centinaia di ragazze infoiate. L’unico ruolo che avrei mai
potuto ricoprire
nella sua vita era quello di migliore amica o al massimo di sorellina
minore.
La
vita faceva davvero schifo!
Oddio!
Ma che andavo a pensare?! Non avevo mai
fatto dei pensieri del genere su Riccardo, mai. Lo avevo sempre visto
come il mio
insostituibile migliore amico, a volte dimenticavo persino che fosse un
ragazzo. Perché proprio in quel momento avevo pensato alla
parola “amore” e
l’avevo ricollegata a lui. Non era normale, io non ero
normale.
-Vale,
devo dirti una cosa-, cominciò lui
chiudendo il libro che avevo tra le mani e fissandomi dritta negli
occhi.
Sbattei
le palpebre un paio di volte, un po’
sorpresa per la sua espressione seria e un po’ per mettere a
fuoco quel viso
così famigliare eppure così diverso dal solito.
-Cosa?-
chiesi stranita.
-Devo
partire-, mormorò lui abbassando lo
sguardo.
Alzai
un sopracciglio stranita.
-Vai
in vacanza da qualche parte? Non c’è
bisogno di essere così solenne nel dirmelo, mica stai
ammazzando qualcuno. E
dove vai?-
-A
Londra, ma…-
-Londra?!
Brutto traditore infame!- esclamai
risentita. –Sai che Londra è la mia
città preferita e che la voglio vedere da
una vita. Ci vai in vacanza e neanche m’inviti?! Assurdo. Io
non…-
La
frase non la terminai mai. Riccardo mi
aveva messo una mano sulla bocca per zittirmi. I nostri occhi
s’incontrarono di
nuovo e avvertivo il calore della sua mano sulle mie labbra. In
un’altra
situazione lo avrei morso per riottenere la mia libertà ma
nel suo sguardo
c’era qualcosa che m’impedii di farlo. Era come se
fosse combattuto, come se
nei suoi occhi stesse avvenendo una guerra per cercare le parole adatte
da
pronunciare.
-Non
vado lì per una vacanza-, disse
sospirando.
Pian
piano nella mia mente comparve la
risposta a tutta quella serietà e quella confusione ma non
ci volevo credere.
-Mio
padre ha ottenuto una promozione ed è
stato trasferito a Londra. Partiremo alla fine di agosto, ormai
è tutto
deciso.-
Abbassò
lo sguardo e lentamente la sua mano
scivolò via ma io me ne accorsi appena. Tutti i miei neuroni
erano impegnati
nell’elaborare le parole che erano appena uscite dalla bocca
di Riccardo.
Lo
avrei perso.
Non
c’era altro da dire. Stava andando ad
abitare a migliaia di chilometri da me e non vedevo come la nostra
amicizia
potesse continuare, e di certo era fuori discussione che diventasse
qualcosa di
più. Ancora quei pensieri! La dovevo smettere, a maggior
ragione in quel
momento, proprio quando anche la più piccola speranza che
Riccardo si
accorgesse di me era perduta.
La
vita faceva veramente e profondamente
schifo!
L’aeroporto
di Brindisi era pieno di persone
che camminavano, chi di fretta chi con molta calma. Sentivo il vociare
frenetico della gente che avevo intorno: madri che sgridavano i loro
bambini,
nonne che salutavano i loro nipoti in partenza, ragazze che
accoglievano il
ritorno dei loro fidanzati, coppie pronte a partire per qualche lunga e
romantica vacanza. Tutto attorno a me si muoveva e tutto intorno a me
mi fece
capire che quello che stavo vivendo non era uno dei miei vividi sogni
ma la
pura e semplice realtà.
Riccardo
Donati era davanti a me, in carne ed
ossa. Dopo quattro lunghi anni lui era lì e i suoi occhi,
che non avevo mai
dimenticato, mi guardavano sbalorditi.
Era
cambiato, cavoli se era cambiato!
Mi
sembrava un po’ più alto dell’ultima
volta
in cui l’avevo visto- il che era in incredibile, visto che
già allora superava
il metro e novanta- e i suoi lineamenti erano molto più
decisi e maturi
rispetto a quelli del diciassettenne che albergava nei miei ricordi.
Aveva
messo su un fisico atletico, non era più semi scheletrico e
magro. I capelli
castani erano più corti e avevano perso quei ricci che mi
piacevano tanto.
I
suoi occhi però erano sempre uguali, non
erano cambiati di una sola virgola.
Continuavo
a fissarlo imperterrita, cercando
in tutti i modi di riattivare la mente, di riaccendere quel poco di
cervello
che mi era rimasto dopo la sorpresa di pochi secondi prima. Nonostante
tutti i
miei sforzi non riuscii a parlare, era come se la mia bocca si fosse
completamente scollegata, o forse non c’erano parole per
descrivere quello che
mi stava accadendo dentro. E poi, senza che me ne rendessi conto un
enorme
sorriso mi si dipinse sul volto. Riccardo lo ricambiò
immediatamente, senza
attendere neanche un millesimo di secondo.
-Riccardo!-
esclamai quasi gridando.
Mollai
il mio trolley e gli gettai le braccia
al collo, avvinghiandolo in un abbraccio colmo di gioia,
felicità e sorpresa.
-Vale-,
sussurrò lui posando il mento sulla
mia spalla e stringendomi a sé.
Uno
strano senso di nostalgia mi avvolse il
cuore. Era da tanto che non mi sentivo così sollevata nel
vedere qualcuno, era
come se i miei sensi avvertissero la presenza di Riccardo, di quel mio
amico
che per me era stato così importante e fondamentale, e
avessero deciso di
tornare tutti al loro posto, in pace con il mondo.
Era
una sensazione talmente strana ma allo
stesso tempo piacevole da lasciarmi completamente spiazzata.
Massi
era colui che faceva partire il mio
cuore come un razzo costringendolo a perdere ogni cognizione di tempo e
spazio,
ma Riccardo era rimasta l’unica persona al mondo che poteva
farmi sentire
tranquilla e serena come una volta. Era come una vacanza dopo tanto
tempo di
stress e fatica, come una camomilla calda nei giorni in cui
l’agitazione e
l’ansia la facevano da padrone. Una specie di tranquillante
tutto mio che
adesso era di nuovo con me.
Mi
era bastato solo un attimo per formulare
quei pensieri, eppure erano talmente chiari nella mia mente,
così cristallini
da spaventarmi.
Era
davvero ancora tutto come un tempo,
nonostante non ci vedessimo da anni e fosse completamente sparito dalla
mia
vita. Riccardo, era tornato. Non potevo ancora crederci.
Sciolsi
lentamente l’abbraccio e continuai a
fissare quel volto così famigliare eppure così
diverso.
-Che
ci fai qui?- chiesi con un enorme
sorriso.
-Sono
appena tornato da Londra-, rispose con i
suoi soliti occhi divertiti. –Tornato per sempre.-
-Cosa?!-
esclamai. Mi era venuta voglia di
saltare come una bambina che aveva visto una montagna di regali sotto
l’albero
la mattina di Natale.
-Mio
padre ha avuto un’altra promozione e
siamo tornati qui. I miei genitori si sono trasferiti la settimana
scorsa, io
sono arrivato solo oggi perché dovevo sistemare alcune cose
a Londra prima di
venire a Lecce.-
-Ma
dai! Non ci posso credere! Sei tornato per
davvero?- ero ancora troppo stupita.
-Vale,
ti è peggiorata la vista da quando sono
andato via? Non mi vedi? Eppure dovrei essere abbastanza di presenza-,
scoppiò
a ridere dandomi un buffetto in testa. –La solita citrulla.-
-Ehi!-
risposi contrariata. –Scusa se sono
ancora troppo sorpresa di vederti per crederlo possibile.-
-Hai
ragione, scusa. Anch’io mi sto ancora
abituando all’idea di tornare a vivere qui.-
Gli
sorrisi e mi sistemai i capelli nel punto
in cui mi aveva toccato: aveva sempre avuto la capacità di
scompigliarli tutti
anche solo sfiorandomi.
-Ti
va di prendere un caffè? I miei genitori
arriveranno tra una mezz’ora.-
-Sì,
certo-, risposi con gli occhi che quasi
mi brillavano. Vero caffè italiano e Riccardo: cosa avrei
potuto chiedere di
più dopo la nottata stressante che avevo passato?
Afferrammo
i nostri trolley e ci dirigemmo con
calma verso il bar. Ordinammo due caffè- il mio macchiato
con una spruzzatina
di cacao- e ci sedemmo a uno dei tavolini vicino alle grandi vetrate
che davano
all’esterno dell’aeroporto.
C’era
veramente tantissima gente eppure mi
resi conto che riuscivo ad avvertire pienamente solo la presenza di
Riccardo.
Non mi ero mai accorta di quanto in quegli anni mi fosse mancato. Amy e
Marti
erano delle amiche meravigliose, le mie migliori amiche in assoluto, ma
con
Riccardo era sempre stato diverso: nel nostro rapporto c’era
qualcosa di
speciale quel qualcosa che non avevo ritrovato in nessun altro, una
complicità
quasi surreale. Mi era mancato davvero tantissimo.
-Come
sta tua madre?- gli chiesi aprendo una
bustina di zucchero e versandola nel caffè.
-Abbastanza
bene, è un po’ stravolta dal nuovo
trasloco. Penso che prima o poi ammazzerà mio padre per
tutti i traslochi che
ci ha costretto a fare. E tua madre? Fa ancora la pasta al forno
più buona
dell’universo?-
Risi
a quelle parole. Riccardo andava matto
per la pasta al forno di mia madre, era riuscito a mangiarne tre
porzioni
durante il pranzo per i miei quindici anni.
-I
tuoi gusti non sono cambiati a quanto vedo.
Sì, cucina ancora benissimo tranne che per i…-
-Dolci-,
completò lui con un sorriso.
Sorrisi
anch’io.
-In
quelli non ti batte nessuno, Vale. Ancora
oggi devo trovare qualcuno che faccia una torta mimosa anche solo
simile alla
tua.-
-Ti
ricordi ancora?- chiesi con un mezzo
sorriso nostalgico.
-Potrei
dimenticare secondo te? Sei stata una
delle persone più importanti della mia vita, te la batti
tranquillamente con
mia madre. Non ho dimenticato neanche un istante del tempo che ho
passato con
te. A dire il vero ero entusiasta all’idea di tornare qui
perché avevo la
speranza di rivederti e magari di riprendere da dove avevamo lasciato.
Mi sei
mancata tantissimo.-
Spalancai
gli occhi incredula.
Dopo
tutto quel tempo nemmeno lui mi aveva mai
dimenticato, forse la nostra era davvero una di quelle amicizie eterne
che
neanche la distanza e gli anni avrebbero potuto scalfire.
-Riccardo,
anche tu mi sei mancato tantissimo.
Certo che possiamo riprendere da dove avevamo lasciato, non rinuncerei
mai alla
nostra amicizia ora che sei tornato.-
Posai
una mano sulla sua e lui la strinse
guardandomi fisso negli occhi, sorridendo come se gli avessi appena
detto che
aveva vinto un milione di euro.
Poi,
all’improvviso, il suo sguardo si fece
stranamente intenso e serio, sembrava volesse dirmi qualcosa di davvero
importante.
-Non
eravamo rimasti alla semplice amicizia,
almeno non da parte mia.-
-Che
vuoi dire?- chiesi piuttosto confusa.
-Vale,
andiamo. Lo sappiamo entrambi che la
nostra amicizia si stava trasformando in qualcosa di più. Se
non fossi partito,
probabilmente, staremmo ancora insieme perché è
così che deve essere. A Londra,
quando ho incontrato Lara, credevo che fosse la ragazza giusta che
forse tu eri
stata solo una cotta da adolescente, ma poi ho capito che non era
così, che tu
sei insostituibile nella mia vita.-
Sbattei
le palpebre per cercare in qualche
modo di riattivare il cervello ma non ebbi molto successo. Non riuscivo
ancora
a capire esattamente cosa volesse Riccardo da me, lo stupore aveva
rallentato
tutti i collegamenti tra i miei neuroni.
-Vuoi
sapere una cosa?- continuò lui
prendendomi anche l’altra mano e stringendola nella sua.
–Se mio padre non
avesse avuto il trasferimento per Lecce probabilmente sarei tornato qui
anche
da solo. Tra me e Lara le cose non sono andate fin
dall’inizio, lei aveva
capito perfettamente che nella mia testa e nel mio cuore
c’era un’altra
ragazza. Una splendida ragazza che mi ha sempre fatto ridere e sentire
in pace
con il mondo, una ragazza che non sono mai stato in grado di
dimenticare,
neanche dopo quattro anni e migliaia di chilometri di distanza. Vale,
io ci ho
provato ma proprio non riesco a cancellarti dalla mia mente,
è una cosa che non
posso controllare, è più forte di me.-
Fermi
tutti! Si poteva riavvolgere il nastro
perché non ero sicura di aver capito bene.
No.
No. No.
No,
Riccardo non poteva piombare fuori dal
nulla e pretendere che io provassi ancora dei sentimenti per lui. Ci
avevo
messo mesi, quasi anni, a convincermi che il nostro destino non era
stare
insieme, avevo incontrato Massi, ero innamorata di lui, ed ero
relativamente
felice se si evitava di menzionare lo stress nel tenere la nostra
storia
segreta. Non poteva! Non aveva alcun diritto di avanzare pretese su di
me.
-Riccardo,
io… E’ passato tanto tempo-,
cominciai guardandolo negli occhi. –Hai ragione quando dici
che quattro anni fa
mi sarei potuta innamorare di te ma le cose cambiano. Le persone
cambiano.-
-Vale,
non puoi essere cambiata a tal punto.
Sono certo che dentro di te è rimasto ancora un sentimento
profondo nei miei
confronti.-
-Certo
che è rimasto-, risposi cercando di
pesare ogni parola. –Quello che è rimasto dentro
di me è un forte sentimento di
amicizia ed è inutile che ti dica che ti voglio bene
ma… Riccardo è cambiato
tutto da quando sei andato via, io…-
Proprio
in quel momento il cellulare di
Riccardo cominciò a squillare.
-Scusa
un attimo-, disse con gentilezza.
Accettò
la chiamata.
-Mamma,
sì. Dove siete?-
Mentre
parlava con sua madre, lo osservavo
cercando di capire cosa fosse appena accaduto. Era come se tutto
intorno a me
fosse sparito e fossero rimasti solo i miei rumorosi e confusi pensieri
che
vorticavano freneticamente nella mia povera testa.
-Okay,
allora vi raggiungo io.-
Quella
frase mi riportò sul pianeta Terra e mi
ricordò che Riccardo, il mio amico
Riccardo, era ancora seduto davanti a me e aveva appena imbastito
quella che
sembrava una dichiarazione in piena regola.
-I
miei genitori sono qua fuori ma non
riescono a trovare parcheggio quindi devo raggiungerli subito. Mi
dispiace
lasciarti sola.-
-Non
preoccuparti-, risposi in modo
automatico, in realtà non stavo ancora riuscendo a
riflettere pienamente. –Mio
padre dovrebbe essere qui a minuti, non dovrò aspettare
troppo. Anzi, grazie
per avermi fatto compagnia fino ad ora.-
-Vale-,
cominciò lui serio mentre iniziava ad
alzarsi. –Prima non stavo scherzando, spero tu
l’abbia capito. Non ho
intenzione di perderti una seconda volta.-
A
quel punto riuscii finalmente a riprendermi
del tutto dalla sorpresa. Era arrivato il momento di chiarire le cose
prima che
la situazione precipitasse.
-Riccardo,
io sono innamorata di un ragazzo e
sto con lui. Anche se le tue parole erano sincere non troveranno
riscontro
nella realtà. Non lascerei mai il mio ragazzo.-
Sperai
con tutto il cuore che quelle parole
non l’avessero ferito troppo.
-Tranquilla,
quello che ho detto si avvererà.
Avevo messo in conto che tu potessi stare con qualcuno, bella come sei
non mi
aspettavo di certo che restassi sola dopo la mia partenza.-
Quella
frase mi colpii dritta allo stomaco.
-Inoltre
non m’importa più di tanto del tuo
ragazzo, non sono geloso e poi ho la vittoria in tasca-, il suo sorriso
sicuro
mi diede quasi i brividi.
-La
vittoria? Non è una gara-, risposi
incredula. –Io sto con un altro e lo amo, non
c’è nulla per cui combattere,
Riccardo.-
Lui
sorrise ancora.
Stavo
parlando italiano o aramaico? Mi
sembrava proprio che Riccardo non riuscisse a comprendere bene quello
che stavo
cercando di dirgli.
Mi
si avvicino con calma e si piegò su di me
lasciandomi un delicato bacio sulla guancia.
-So
che da qualche parte provi ancora qualcosa
di sincero per me, e farò in modo che quella parte di te
venga fuori, dovessi
metterci anche tutta la vita.-
Bisbigliò
quelle parole a pochi centimetri dal
mio orecchio facendomi venire la pelle d’oca in tutto il
corpo.
-A
presto, Vale-, mi salutò così, con quella
semplice frase. Non aggiunse altro e, in effetti, aveva parlato anche
troppo
per i miei gusti, aggiungere anche una sola sillaba a quel discorso mi
avrebbe
solo fatto uscire fuori dai gangheri, e lui lo sapeva anche troppo
bene. Avevo
quasi dimenticato quanto sapesse essere cocciuto e insistente.
Mentre
andava via, trascinando con sé il suo
trolley, si voltò ancora una volta a guardarmi e mi fece un
gesto di saluto con
la mano e un sorriso enorme. Poi si voltò e
attraversò l’uscita dell’aeroporto
pronto per tornare alla sua vita a Lecce e per sconvolgere
completamente la mia
di vita.
Quel
suo ultimo sguardo e quel suo sorriso
così sicuro… Erano identici a quelli che quattro
anni prima aveva sfoggiato in
quello stesso aeroporto per dirmi addio.
-Ti
scriverò talmente tante e-mail che
t’intaserò
la casella, lo sai vero?- cominciò Riccardo sorridendo e
accarezzandomi una
guancia.
-Adesso
dici così ma lo sappiamo che non lo
farai, sei sempre troppo distratto per ricordartene-, dissi cercando di
sembrare divertita ma lo sapevamo tutti e due che dentro di me si stava
scatenando il finimondo.
Il
mio migliore amico stava andando a vivere
dall’altra parte dell’Europa e non avevo la
sensazione che le cose sarebbero
andate bene per noi. La lontananza non era semplice da affrontare, se
poi ci
aggiungevo il fatto che in quegli ultimi mesi mi ero resa conto di
provare
qualcosa per lui, qualcosa che somigliava pericolosamente ad un
sentimento
d’amore, il quadro era completo.
Stavo
per dire addio al ragazzo di cui mi
stavo innamorando e nonostante il mio talento nel celare i miei reali
pensieri
ero cosciente del fatto che a Riccardo non la potevo fare: per lui ero
sempre
stata un libro aperto. Probabilmente lui ed Amy erano gli unici che
riuscivano
a leggermi così bene, ma Riccardo era un gradino sopra ad
Amy.
Lui
mi capiva sempre.
Lui
leggeva dentro di me ed io non potevo
impedirglielo.
Lui
mi conosceva come nessuno a questo mondo.
Riccardo
era Riccardo, e adesso stavo per perderlo. E-mail, telefonate, lettere
non
sarebbero mai bastate a colmare tutti i momenti che avrei passato senza
averlo
accanto e lo sapevo troppo bene perché non diventasse il mio
pensiero fisso
anche in quel momento che dovevo fingere di essere la solita per non
creargli
una preoccupazione in più.
Gli
volevo troppo bene perché il mio cuore
sopportasse che lui soffrisse più del necessario.
-Vale,
non cominciare a pensare al peggio come
tuo solito.-
-Se
hai un modo per non pensare al peggio sono
tutta orecchi-, risposi risentita.
La
faceva facile lui, ma per me fingere che
tutto stesse andando bene mi stava distruggendo.
Mentre
la gente ci passava accanto e
vociferava, io mi sentivo come in gabbia. L’aeroporto era
pieno e i genitori di
Riccardo lo stavano aspettando all’imbarco, lui aveva deciso
che era meglio
stare con me fino all’ultimo minuto piuttosto che perdersi
quei pochi momenti
che ci erano rimasti. Stavo cercando di fare del mio meglio
perché rimanesse un
bel ricordo di quegli istanti, ma come potevo continuare a fingere in
una
situazione come quella? Come potevo far finta? Non ce la facevo. Non ne
ero in
grado.
Mi
sarebbe mancato da morire, inutile
prendersi in giro.
Non
appena formulai quel pensiero avvertii
qualcosa pungere dietro le palpebre e quando vidi
l’espressione di Riccardo
farsi seria capii che il mio tentativo di arginare le lacrime che
lottavano da
giorni per uscire era ormai giunto al capolinea.
Riccardo
posò a terra il suo zaino e mi
abbracciò senza dire neanche una parola. Mi strinse forte a
sé e in quel momento
compresi che non avevo più voglia di trattenermi: le lacrime
cominciare a
scendere lente e copiose sul mio viso mentre Riccardo mi accarezzava la
testa
per tentare, almeno in parte, di rassicurarmi.
-Vale,
io non sparirò nel nulla-, cominciò con
voce seria. –Non ho intenzione di abbandonarti, in un modo o
nell’altro tornerò
da te. Te lo prometto, farò di tutto per tornare qui. Prima
o poi rivivremo
ancora i nostri momenti meravigliosi, di questo puoi starne certa.-
-Me
lo prometti?- mormorai tra le lacrime.
-Te
lo giuro. Tornerò da te.-
“Si
comunica ai passeggeri in partenza per
Londra che il volo verrà imbarcato al Gate 7. Siete pregati
di raggiungere la
zona d’imbarco.”
Era
arrivato il momento che avevo temuto. Lo
sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarlo fin da quando Riccardo
mi aveva
comunicato che si sarebbe trasferito a Londra ma non avrei mai creduto
che
avrebbe fatto così male lasciarlo andare via.
Odiavo
non poter contrastare i brutti scherzi
del destino! Ma stavolta non avevo alcuna arma per poterlo combattere e
non mi
restava che accettarlo senza battere ciglio. Non c’era altro
da fare.
-Me
lo hai promesso-, dissi guardandolo negli
occhi.
-Promesso-,
rispose lui sorridendo. Quel suo
sorriso. Sarei mai riuscita a togliermi dalla testa quel suo sorrido
così dolce
e a tratti innocente? Era il sorriso spensierato che poteva avere un
bambino,
così ingenuo ma anche consapevole della sua intelligenza.
Non avrei mai
ritrovato un sorriso così neanche cercandolo fino alla fine
della Galassia. Era
il suo sorriso e lo osservai con attenzione per stamparlo bene nella
mente, in
modo da andarlo a ripescare tra i miei pensieri nei giorni in cui la
lontananza
di Riccardo sarebbe stata difficile da sopportare. Avevo bisogno di
conservare
una parte di lui dentro di me e quel sorriso era ciò che non
avrei mai voluto
dimenticare.
Riccardo
si staccò da me, con calma asciugò le
lacrime che ancora mi solcavano il volto e mi lasciò un
tenero bacio sulla
fronte facendomi sentire stranamente tranquilla. Aveva la
capacità di farmi
calmare anche in una situazione straziante e triste come quella. Era
davvero
incredibile il tipo di potere che esercitava su di me, e dubitavo che
quel
genere d’influenza sarebbe mai svanito, neanche dopo anni,
nemmeno dopo secoli
o ere glaciali.
Riprese
il suo zaino e lo mise sulle spalle.
-A
presto, Vale-, disse con aria serena.
-A
presto-, risposi io cercando di sembrare il
più tranquilla possibile anche se non era
un’impresa semplice.
Mi
sforzai di sorridere mentre lui ricambiava
quel mio gesto fissandomi con occhi gentili.
Si
voltò e si diresse con calma verso la zona
degli imbarchi ma prima di attraversare la porta che ci avrebbe
separati, forse
per sempre, si voltò ancora una volta e mi regalò
un ultimo sorriso, poi mi
salutò ancora con un gesto della mano e sparì.
Era
fuori dalla mia vita ormai, ne ero
consapevole. Nessuno di noi due credeva nei rapporti a distanza ed
entrambi
sapevamo che se quel giorno non c’era stato un vero e proprio
addio prima o poi
quel momento sarebbe arrivato.
Stesa
sul mio letto, al buio e con il palmo
della mano posato sugli occhi ripensavo a quel ricordo di quattro anni
prima
che all’improvviso mi era tornato in mente.
Riccardo
mi aveva fatto quella promessa, e
alla fine, dopo tanto tempo era riuscito a mantenerla. Non avrei dovuto
dubitare della sua parola ma non pensavo che avrebbe avuto
l’occasione di
tornare a Lecce e, di conseguenza, nella mia vita.
Avevo
solo quindici anni quando lui era andato
via e di certo tutto quello che accadeva era amplificato. La sua
partenza per
me era stata una specie di tragedia che mi aveva segnato per diversi
mesi e
proprio quando avevo trovato l’amore e una nuova vita lui era
rispuntato dal
nulla per dirmi cosa? Che mi voleva e non solo come amica.
Ma
come poteva accadere una cosa del genere?!
Cosa
diavolo avevo fatto al destino perché si
divertisse in quel modo con me?
Riccardo
era sempre stato una persona
fondamentale per me e ora che era tornato dubitavo che sarei riuscita
ad
evitarlo. Solo il rivederlo per pochi minuti in
quell’aeroporto mi aveva
restituito una strana pace che probabilmente avevo smesso di provare
nel
momento in cui quel giorno di quattro anni prima un aereo diretto a
Londra lo
aveva portato via da me. Quindi come avrei potuto evitare di attaccarmi
di
nuovo a lui? E soprattutto, ammesso che saremmo tornati a frequentarci
come
amici, Massi avrebbe accettato che un ragazzo che era stato
così importante per
me facesse di nuovo parte della mia vita?
Oh,
ma perché l’esistenza umana doveva essere
così complicata? Tutta colpa di quell’idiota di
Eva! Aveva proprio bisogno di
quella stramaledetta mela?! Accidenti a lei e accidenti a me che ancora
stavo
pensando a Riccardo!
Avevo
un brutto presentimento. Davvero molto
brutto.
Ero
ancora immersa nei miei pensieri quando sentii
il mio cellulare vibrare, lo presi e accettai la chiamata senza neanche
guardare lo schermo.
-Pronto?-
chiesi con voce stanca.
-Ehi,
allora sei viva…-
-Massi!-
esclamai mettendomi a sedere di
scatto.
-Sì,
sono io ma non c’è bisogno di sorprendersi
così? Aspettavi la chiamata del tuo amante, per caso?-
chiese ridendo.
-NO!-
forse ero stata un po’ precipitosa nel
rispondere ma alla parola “amante” mi era apparso
nella mente il volto di
Riccardo.
-Vale,
stai bene?- il suo tono sembrava
davvero preoccupato.
-Sì,
scusa. Sono solo molto stanca.
Attraversare l’Atlantico non è uno scherzo-, dissi
sbadigliando. In effetti non
mi ero ancora resa conto di quanto fossi distrutta.
-Povero
il mio tesoro, mi piacerebbe essere lì
per coccolarti. Forse la stanchezza ti passerebbe.-
-Massi-,
dissi sospettosa. –Ti sei pentito di
non aver fatto nulla ieri notte, vero?-
Ormai
lo conoscevo anche fin troppo bene.
-Abbastanza.
Un’ultima notte di fuoco non mi
sarebbe dispiaciuta prima di restarti lontano per tutto il tempo-,
mormorò con
voce roca che a me risultava tremendamente sensuale.
-Se
tu non avessi fatto l’idiota, la scorsa
notte te la saresti ricordata a vita-, dissi parecchio divertita. Se
solo non
avessimo litigato avrei fatto l’amore con lui fino
all’alba, tanto per dormire
c’erano le migliaia di ore d’aereo.
-Hai
ragione-, disse dispiaciuto. –Sono stato
uno stupido, ho solo perso tempo arrabbiandomi ma quando penso a te con
un
altro non capisco più nulla, ogni mia capacità di
razionalizzare se ne va al
diavolo.-
-Si
chiama gelosia Massi, non è grave
tranquillo. E’ una malattia dalla quale o si guarisce o si
convive senza
rompere le scatole al prossimo, che in questo caso sarebbe la
sottoscritta.-
-Non
sono geloso!- esclamò sdegnato. –Sono
solo possessivo.-
Cominciai
a ridere di gusto.
-E
quale sarebbe la differenza tra l’essere
geloso e l’essere possessivo?-
-Che
un uomo geloso è solo un insicuro che ha
paura di perdere la sua donna mentre un uomo possessivo cerca solo di
far
valere i suoi diritti su qualcosa che è suo.-
Io
ancora la differenza non ce la vedevo,
comunque meglio che non glielo facessi notare altrimenti non saremmo
più venuti
fuori da quella conversazione.
-Se
lo dici tu.-
-Comunque
come mai non hai risposto al mio
messaggio, in genere sei più veloce della luce quando te li
mando.-
Cavolo!
Con tutto quello che era successo
l’sms di Massi era finito in fondo alla mia lista delle
priorità. Tutta colpa
di quel celebro leso di Riccardo! Era tornato da poche ore e
già stava cominciando
a fare dei danni disumani. Tipico di Riccardo…
-Scusami,
l’ho visto solo poco fa. Era
dolcissimo-, al solo ripensare a quel messaggio, e all’amore
con cui Massi lo
aveva scritto, mi si scaldò il cuore.
-Stavo
cominciando a preoccuparmi, in genere
non sei così distratta quando si tratta di me. Sicura che
vada tutto bene?-
No,
per niente. Le cose non stavano andando
bene per niente visto che stava anche subentrando il senso di colpa
perché
stavo omettendo dei dettagli relativamente importanti al mio ragazzo.
Ma come
potevo dirgli che un ragazzo di cui ero forse innamorata a quindici
anni era
rispuntato per non so quale punizione divina e adesso gli aveva
dichiarato
praticamente guerra senza che lui neanche lo sapesse? Semplice, non
potevo. Era
meglio non dire nulla per ora, non ne avevo la forza, ero davvero
troppo
stanca.
-Sì,
tutto bene. Tranquillo.-
-Mi
manchi, sai.-
Oddio!
Quanto sapeva essere dolce il mio Massi
e sempre nei momenti migliori. Il cuore cominciò a battermi
alla velocità della
luce: inutile l’effetto che Massi aveva su di me era a dir
poco disarmante.
-E
io ti amo da morire-, risposi sincera. Era
la pura e semplice verità, lo amavo dal più
profondo del cuore e non potevo
farci nulla, non era un sentimento che controllavo, faceva parte di me
ed io mi
limitavo ad accettarlo con gioia.
-Anch’io
ti amo.-
Restammo
a parlare per qualche altro minuto
ripercorrendo insieme tutti i momenti più belli e divertenti
della nostra
vacanza a Boston e subito il pensiero di Riccardo venne relegato in un
punto
lontano della mia mente. Lui non era Massi, era quella la
realtà. Per quanto
decidesse di lottare, per quanto mi volesse, per quanto avesse
intenzione di
non arrendersi non poteva competere con un cuore innamorato quanto lo
era il
mio.
La
verità era quella, pura e semplice.
Massimiliano Draco era
l’unico proprietario
del mio cuore.
***L'Autrice***
Ebbene, signore e signori, cominciano i guai. Riccardo non ha
perso tempo nel dire a Vale come stavano le cose e lei è
sicura che le cose tra lei e Massi non potranno mai cambiare per colpa
di Riccardo? Chissà se avrà ragione lei o se
Riccardo riuscire a vincere questa guerra. Di certo il ragazzo
è molto deciso su quello che vuole quindi io prevedo
parecchi problemi, soprattutto se si sottolinea il fatto che Massi
è all'oscuro di tutto (almeno per il momento ^^).
E' stato un capitolo all'insegna dei ricordi per farvi capire
quali fossero i pensieri di Vale a quindici anni, quando il ragazzo
più importante della sua vita era proprio Riccardo,
mettendoli a confronto con una Vale diciottenne (e più
matura) innamorata di Massi e sicura riguardo i suoi sentimenti.
Ovviamente l'incontro con Riccardo non è bastato a
scalfire il suo cuore che ancora convinto dell'importanza di Massi. Ma
sarà sempre così? E chi lo sa, io di certo ancora
no ma il mio cervellino si è messo in moto per risolvere al
più presto questo mistero ^^
Il problema adesso è? Che scrivo nel prossimo
capitolo??? Non ne ho veramente idea... Potrei farvi aspettare mesi...
:(
Ci avete creduto??? ahahahah No, scherzavo, a grandi linee so
già cosa scrivere e se volete un po' ve lo anticipo: dovrei
rendere la figura di Riccardo più presente nella vita di
Vale, quindi di sicuro lui ci sarà ma ci sarà
anche Massi ovviamente, quindi non escludo un incontro tra i due nel
prossimo capitolo, ma non ne sono ancora del tutto sicura ^^
Comunque la smetto di delirare in questo mio commento e passo
subito a ringraziarvi per aver letto anche questo capitolo e un altro
grazie a tutte le persone che hanno recensito e che hanno inserito
questa storia tra le preferite ^^ Siete davvero meravigliose^^
Un bacio a tutti xD
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Capitolo 9 *** Rapimento Inaspettato ***
Verso La Maturità- Capitolo 9
Per Tutti,
Anche Per I Più Fortunati,
L’Amore
Comincia Necessariamente Con Una Sconfitta.
(Hermann
Hesse)
Capitolo
9: Rapimento
Inaspettato
-No,
ferma! Cosa?!-
-Hai
capito bene Amy-, mormorai sconsolata
poggiando la testa sul banco mentre sentivo ancora i pensieri che
facevano un
rumore incredibile vorticando nella mia mente.
Era
il primo giorno dopo le vacanze di
Carnevale ed era il momento della ricreazione. Avevo provato in tutti i
modi a
cancellare l’incontro con Riccardo ma quando Amy mi aveva
chiesto se andasse
tutto bene, non ce l’avevo proprio fatta a mentirle. Con
qualcuno dovevo pur
parlarne. Le avevo raccontato ogni cosa, dal nostro incontro imprevisto
alla
chiara dichiarazione di Riccardo davanti al mio agognato
caffè.
-Ma
stiamo scherzando?! Non può tornare così
all’improvviso, non ci posso credere. Riccardo è
davvero un idiota!-
-Chi
è Riccardo?- chiese una voce alle spalle di
Amy.
Era
Sabrina. Come ogni giorno veniva nella
nostra classe per fare ricreazione insieme: le compagne di classe di
Marco
adesso odiavano molto di più Amy ma Sabrina era ancora
evitata e ignorata. Se
non fossimo stati a metà dell’ultimo anno
scolastico Sabrina avrebbe volentieri
chiesto il trasferimento nella nostra classe.
-Riccardo?-
la voce sorpresa di Marti mi
arrivò lontana come un sussurro. –Ma chi? Riccardo
Donati?-
-Sì,
proprio lui-, rispose Amy con voce
irritata.
-Chi
è Riccardo?- riprovò Sabrina dubbiosa.
-Perché
state parlando di Riccardo?- Marti
prese posto al mio fianco e iniziò a mangiare il suo panino.
–Adesso che
c’entra?-
-E’
tornato-, disse Amy lapidaria.
Marti
si bloccò e comincio a tossire come una
matta mentre cercava di far scendere quel boccone che evidentemente le
si era
fermato in gola alla notizia ricevuta da Amy.
-Che
cosa?!- esclamò fissandomi. –E’ uno
scherzo, vero?-
-Magari-,
mormorai sconsolata.
-Spero
sia tornato per una vacanza-, disse tra
un colpo di tosse e l’altro mentre apriva la sua bottiglietta
d’acqua.
-E’
tornato per sempre-, continuò Amy
risparmiandomi l’ennesima spiegazione.
-Ma
è impazzito?!- Marti sembrava davvero
sconvolta.
-Insomma
chi è questo Riccardo?- chiese
Sabrina piuttosto spazientita.
-Nessuno-,
rispose Amy con tono acido, non per
la domanda di Sabrina ma per l’evidente astio che provava
all’idea dell’assurda
decisione di Riccardo di tornare con prepotenza nella mia vita che
stava
diventando quasi perfetta grazie a Massi.
Sabrina
alzò un sopracciglio scettica.
-Per
essere un nessuno ha causato abbastanza
scompiglio in voi tre.-
-E’
un amico di Vale-, rispose Marti
respirando regolarmente per riuscire a riprendersi dal semisoffocamento
di poco
prima.
-Amico
non è la parola adatta-, rincarò Amy beccandosi
una delle mie occhiate di
fuoco.
-Certo
che è la parola adatta-, ribattei sulla
via dell’irritazione più pura, Amy stava
cominciando davvero ad esagerare.
–Riccardo ed io siamo sempre stati solo amici.-
-Sì,
e io sono Julia Roberts-, rispose Amy
alzando gli occhi al cielo. –Se Riccardo non fosse partito
per Londra alla fine
vi sareste messi insieme e lo dimostra il fatto che lui è
tornato qui e ha
lasciato la sua ragazza perché è innamorato di
te. Adesso spiegami dove
dovrebbe essere la “sola amicizia” in tutta questa
storia.-
-Da
parte mia, ora,
c’è solo amicizia e le cose non cambieranno-,
cercai di
spiegare nel tono più sicuro e deciso possibile.
-Aspettate
solo un attimo-, cominciò Sabrina
stralunata. –Questo tizio è sbucato fuori dal
nulla dicendo di essere
innamorato di Vale e lei in passato stava per innamorarsi di lui? Ho
capito
bene?-
-Più
o meno è così-, rispose Amy. Io avevo
finito qualsiasi parola riguardo quella storia. La notte prima ero
riuscita a
dormire solo grazie alla telefonata con Massi che mi aveva fatto
completamente
dimenticare l’incontro con Riccardo ma quella mattina, appena
sveglia, la
consapevolezza mi aveva investito come un’onda durante una
tempesta. Insieme ad
essa era giunta anche la sensata idea di dover dire al più
presto a Massi di
Riccardo, prima che lui lo venisse a sapere da qualcun altro con magari
particolari inesistenti.
-Vi
prego di non farne parola con nessuno-,
cominciai mentre le mie amiche si voltarono a guardarmi.
–Alla fine delle lezioni
incontrerò Massi e gliene parlerò, anche se
magari sorvolerò sul fatto che
Riccardo gli ha praticamente dichiarato guerra. Neanche Marco deve
sapere
nulla, la sua capacità di mantenere un segreto equivale al
mio senso
d’orientamento.-
Amy,
Marti e Sabrina mi guardarono con uno
strano sguardo di compassione, forse immaginavano ciò che mi
passeggiava nella
mente già da qualche ora: che avevo fatto di male per
meritarmi un destino
simile? Ero finalmente felice, avevo trovato una persona che mi amava e
soprattutto
che io amavo più della mia vita e adesso si era posto sul
mio cammino un
ostacolo che di certo non potevo ignorare.
Riccardo.
Un nome che in passato per me aveva significato moltissimo adesso era
diventato
una specie di sassolino nella scarpa che mi dava fastidio al solo
nominarlo.
Gli volevo bene come anni prima, inutile negarlo, ma la sua
dichiarazione mi
aveva fatto capire che niente poteva più essere come nel
passato, almeno non
per lui.
Tutte
a me! Sempre tutte a me!
Pochi
minuti dopo suonò la campanella che
decretava la fine della ricreazione e l’arrivo della
D’Arcangelo per la sua
lezione. Eravamo tutti abbastanza tranquilli, il secondo quadrimestre
era
appena cominciato e quindi era certo che la prof avrebbe solo spiegato.
In quella
giornata mi ci mancava solo un’interrogazione della
D’Arcangelo quando non
avevo aperto libro per decidere di pensare seriamente al suicidio.
-Buongiorno
ragazzi.-
La
sua voce allegra dimostrava che ancora non
era stanca di quella giornata di scuola. In genere all’ultima
ora diventava
intrattabile come un Pitbull con il mal di denti.
-Cosa
avevo spiegato prima delle vacanze?-
chiese rivolta alla Giordano, ovviamente.
-Il
sistema solare in generale-, rispose lei
pronta.
-Bene-,
si alzò e prese il gessetto da dentro
il cassetto per poi avvicinarsi alla lavagna. –Allora oggi
andremo avanti e
spiegherò le caratteristiche del Sole.-
-Che
hai intenzione di fare?- mi sussurrò
Marti una volta che la D’Arcangelo si voltò per
scrivere.
-Nulla-,
risposi un po’ sorpresa. –Sono
innamorata di Massi e voglio stare con lui, Riccardo si
dovrà mettere l’anima
in pace.-
-Vale,
stiamo parlando di Riccardo. Sai che è
una testa dura e che non si fermerà davanti al tuo rifiuto.-
Martina
aveva la capacità straordinaria di farmi
vedere una situazione già pessima sotto una luce anche
peggiore. La odiavo
quando lo faceva!
-Marti
lo so, ma io so essere più testarda di
lui. Se non si rimette in quella zucca vuota l’idea che lui
ed io possiamo
essere solo amici allora è meglio che giri parecchio alla
larga da me. Lo sai
che so diventare piuttosto cattiva quando mi ci metto.-
-Ferrari,
avete intenzione di continuare
ancora per molto tu e la tua collega?-
La
voce stizzita della D’Arcangelo mi
raggiunse come un fulmine dritto nel cervello. Lo sapevo che sarebbe
successo!
Quanto la mia vita andava male non poteva fare altro che peggiorare.
Tutti
si voltarono a guardarci ed io mi sentii
sprofondare mentre mi era venuta la voglia incredibile di spaccare la
faccia a
qualcuno. Riccardo sarebbe stata la persona perfetta allo scopo ma in
quel
momento, pur di sfogarmi, sarebbe andata bene una persona qualunque.
La
D’Arcangelo si trovava proprio al secondo
posto e mi servii davvero tanta ma proprio tanta meditazione interiore
per
ricordare che ero all’ultimo anno di liceo e che qualunque
mia risposta non
consona avrebbe comportato parecchi problemi. Respirai con molta calma
e
stampandomi sul volto un’espressione di vero pentimento
cercai di riflettere
prima di parlare.
-Ci
scusi professoressa-, cominciai. –Chiedevo
a Giuliani a che pagina del libro fosse l’argomento che sta
spiegando.-
Avevo
già il libro aperto a quella pagina, ma
la D’Arcangelo non si sarebbe messa ad indagare.
-Sono
contenta che tu stia ritrovando la
voglia di studiare, Ferrari. L’ultima interrogazione
è andata davvero molto
male, in pagella ti ho messo sette solo perché ho visto
l’impegno ma lo sai che
se avessi dovuto seguire la media sarebbe stato un sei.-
Dovevamo
affrontare l’argomento della mia
ultima interrogazione proprio in quel momento? Era proprio necessario?
Da
qualche parte nell’ultima Gazzetta Ufficiale c’era
scritto che il Parlamento
aveva accettato un decreto legislativo in cui si citava
l’articolo “Fate
passare a Valeria Ferrari la giornata più pesante e
stressante della sua vita”?
No, perché se così non era, mi ritrovai ad essere
davvero stufa di tutti quei
problemi. Non ce la facevo più e la D’Arcangelo ce
la stava mettendo tutta per
portarmi allo stremo, lo sapevo benissimo.
-Ha
ragione, professoressa-, non volevo
risponderle male, le avrei dato esattamente quello che voleva.
–M’impegnerò di
più per la prossima interrogazione.-
Mi
lanciò un’occhiata scettica.
-Spero
di vederti venire volontaria, Ferrari.
Dimostrami la tua buona volontà.-
E
che cavolo! Pure volontaria! Voleva la
soddisfazione di vedermi andare al patibolo di mia spontanea
volontà! Era una
strega, un aspide, un mostro! Il nomignolo Lucifero era davvero niente,
era
solo un complimento per descrivere quella donna senza cuore. Come
poteva essere
la madre di una persona meravigliosa come Massi? Come poteva aver dato
la vita
al ragazzo che amavo e che desideravo?
-Certo,
verrò volontaria.-
Mi
toccò fare ancora una volta buon viso a
cattivo gioco. Avevo la brutta sensazione che quel giorno avrei dovuto
correre
a casa subito dopo la fine delle lezioni, altrimenti con la sfiga che
mi aveva
preso di mira, avrei rischiato davvero di morire senza nemmeno
accorgermene.
La
professoressa mi lanciò la sua ennesima
occhiata scettica e si voltò per tornare a scrivere
qualunque cosa avesse
deciso di spiegarci in quella giornata assolutamente da dimenticare.
Marti
mi lanciò uno sguardo per scusarsi ed io
le sorrisi per poi poggiare di nuovo la fronte sul banco lasciando che
l’angoscia prendesse possesso dei miei pensieri.
Avrei
tanto voluto lasciar perdere quella
giornata di scuola per tornarmene sotto il mio piumone caldo e soffice.
Avrei
voluto dormire per almeno una settimana in modo che il mio cervello
fosse
totalmente libero da qualsiasi tipo di stressante agonia mentale.
“Andiamo
Vale, tu sei un tipo forte. Non ti
lasci abbattere da certe stupidaggini.”
Spalancai
gli occhi mentre la mia fronte era
ancora poggiata sul banco. Quelle parole, la mia mente le aveva
formulate
associandole al volto e alla voce di Riccardo. Già, il mio amico Riccardo, quello di quattro anni
prima, mi avrebbe detto
esattamente quelle parole per impedire che io mi arrendessi. Lui era
fatto
così, anche a costo di dovermi costringere non avrebbe mai
permesso che io
gettassi la spugna perché credeva in me e nella mia forza.
Quello
stesso ragazzo, solo poche ore prima,
aveva deciso di rovinare tutto gettandomi
addosso i suoi sentimenti. Se solo lo avesse fatto quattro anni prima,
se solo
non si fosse trasferito… Mi ritrovai a pensare che aveva
ragione, con tutti
quei SE di mezzo Riccardo ed io ci saremmo messi insieme, era una cosa
quasi
inevitabile e Massi sarebbe rimasto l’odiato figlio della mia
professoressa di
scienze. La quindicenne sepolta dentro di me e invaghita di Riccardo
pensava
questo, mentre la diciottenne innamorata di Massi si ripeteva altro:
Massimiliano Draco era il ragazzo giusto e lo sarebbe sempre stato.
Eppure,
nonostante la mia decisione, uno
strano senso di rimpianto mi permeava. Era come se nella mia mente si
fossero
formati dei puntini di sospensione, come se fossi in attesa di
qualcosa, e non
avevo idea se si trattasse di qualcosa di bello o no. Ero solo
cosciente del
fatto che la mia tranquillità, tutte le mie certezze,
stavano per essere
sconvolte. Si trattava solo di una sensazione, di una specie di
presagio
avvertito dal mio cuore, ma riuscivo a sentirlo chiaramente.
Stava
per accadere qualcosa. Ne ero certa.
Alla
fine feci un respiro profondo e decisi di
ascoltare la voce nella mia testa, per quanto mi desse fastidio che
fosse
quella di Riccardo. Quindi, rimboccandomi le maniche, cominciai a
prendere
appunti su quello che la D’Arcangelo stava spiegando.
Proprio
in quel momento qualcuno bussò e poco
dopo fece il suo ingresso in classe il signor Roberto che con un
educato
“Buongiorno” porse un foglio alla professoressa.
-Ferrari-,
disse lei facendomi quasi venire un
infarto.
-Cosa?-
chiesi con la faccia di una che era
appena tornata dalla luna con la metà dei suoi neuroni
funzionanti.
-Devi
uscire prima, i tuoi genitori sono
venuti a prenderti.-
Sì,
certo. I miei genitori, entrambi, erano
usciti prima dai loro rispettivi uffici per venire a prendermi alle
11.30 della
mattina. Come no! E io ero Cappuccetto Rosso che salvava il Principe
Azzurro dalle
grinfie di un Troll.
-Scusi,
ci deve essere un errore. I miei
genitori dovrebbero essere in ufficio.-
-Ferrari,
adesso fai pure storie per uscire
prima? Qui c’è la firma di tua madre e del
vicepreside. Quindi prendi le tue
cose e vai dai tuoi genitori.-
Il
tono seccato della D’Arcangelo non lasciò
spazio ad altri tipi di proteste da parte mia.
Poco
dopo mi ritrovai a scendere le scale del
Liceo Classico Virgilio con in mente duemila domande da porre a mia
madre. In
tanti anni di scuola non erano mai venuti a prendermi prima e non
capivo cosa
potesse essere accaduto.
Ero
quasi all’uscita quando una voce, una voce
sepolta nella mia memoria mi richiamò alla realtà.
-Vale.-
Mi
voltai con un movimento meccanico, quasi
senza rendermene conto.
-Giovanni!-
la mia sorpresa era evidente e si
rispecchiava negli occhi dell’uomo di mezza età
che avevo di fronte. Era alto,
con i capelli brizzolati e un po’ stempiato, eppure quello
che mi era rimasto
impresso di più nella memoria erano i suoi occhi verdi
tendenti al marrone. Gli
stessi occhi di Riccardo. –Ma che ci fai qui?-
-Mio
figlio non ti ha detto nulla? Eppure in
aeroporto avrete parlato.-
Sì,
avevamo parlato ma Riccardo aveva sparato
solo cretinate per tutto il tempo.
-No,
non mi ha detto nulla.-
-Sono
il nuovo vicepreside-, rispose lui con
un sorriso. –Le scuole superiori di Londra non erano
esattamente fatte per me e
alla fine ho chiesto il trasferimento qui a Lecce. Ci hanno messo un
po’ per
accettarlo, sai quanto è lenta la burocrazia italiana ma
alla fine mi hanno affidato
l’incarico proprio in questa scuola visto che il vecchio
vicepreside va in
pensione l’anno prossimo e aveva chiesto qualche mese di
malattia.-
-E’
fantastico-, risposi contenta. Ricordavo
anche troppo bene quanto a Giovanni Donati, professore
d’Italiano, piacesse
insegnare e l’idea di diventare preside o vicepreside non gli
era mai
dispiaciuta. –Ti devo dare del lei?-
Giovanni
si lasciò andare a una risata.
-Magari
qui a scuola sarebbe meglio, non
vorrei che si creassero equivoci.-
-E
allora, lei mi sa dire perché i miei
genitori sono venuti a prendermi? E soprattutto dove diavolo sono? Qui
non li
vedo?-
Giovanni
rise ancora e la cosa cominciava a
sembrarmi anche troppo sospetta.
-Sì,
lo so benissimo. Credo che ti stiano
aspettando fuori.-
Mi
fece l’occhiolino e con lo sguardo indicò
la porta per invitarmi ad uscire.
A
quel punto non sapevo più cosa pensare. Salutai
Giovanni con un gesto della mano ed un sorriso e mi diressi verso il
cortile
della scuola con miliardi di pensieri che mi girovagano in testa. Stavo
per
prendere il cellulare per scrivere un messaggio a Massi così
almeno avrebbe
saputo perché non ci sarei stata al suono
dell’ultima campanella quando mi
bloccai sul posto appena vidi chi mi aspettava fuori dai cancelli.
-Tu
che diavolo ci fai qui?!-
Inutile
dire che non avevo urlato solo perché ero
troppo sorpresa.
-Sono
venuto a prenderti-, rispose un impavido
Riccardo poggiato con la schiena alla sua Mito bianca.
-Dove
sono i miei genitori?- chiesi mentre mi
avvicinavo a lui con fare minaccioso. Avevo una strana voglia di
picchiarlo,
forse perché avevo capito quello che aveva combinato quel
ragazzo idiota.
-Ehm,
direi che sono a lavoro-, rispose lui
con un altro occhiolino.
Sollevai
un sopracciglio irritata e fissai i
miei occhi dritti nei suoi sperando che prendesse fuoco per
autocombustione.
-Che
c’è?- chiese spaesato.
Alzai
gli occhi al cielo incredula.
-Io
me ne torno in classe-, sentenziai
voltandomi.
-Ferma!
Non puoi!- esclamò lui afferrandomi il
polso.
-Ah,
no?- dissi guardandolo ancora negli
occhi. –Perché non potrei, sentiamo un
po’. Perché lo dici tu? L’idiota che
è
tornato da Londra solo da poche ore e già si permette di
dire quello che posso
o non posso fare. Io me ne torno in classe, perché con te
non vado proprio da
nessuna parte. I tuoi modi non mi piacciono per niente, se volevi
vedermi,
bastava che mi telefonassi e ci saremmo visti nel pomeriggio, il mio
numero di
casa non è cambiato.-
Lui
mi guardò per un secondo e poi si aprì in
un sorriso così luminoso che per poco non rimasi abbagliata.
-Mi
era mancata così tanto?-
-Di
che cavolo stai parlando?!- esclamai con
un tono di voce che stava cominciando ad alterarsi sul serio.
-Sto
parlando dell’espressione che fai quando
diventi acida e cominci ad arrabbiarti.-
Spalancai
gli occhi mentre sentii uno strano
tuffo al cuore.
-A
quindici anni ti rendeva tenera, ma adesso
che sei quasi una donna diventi assolutamente meravigliosa con
quell’espressione.
Potrei guardarla anche tutta la vita senza mai stancarmi.-
Abbassai
lo sguardo cercando con tutte le
forze di non arrossire. Non potevo! Non era lui che mi dava certe
emozioni, non
potevo sentirmi lusingata.
-Riccardo-,
mormorai. –Lasciami tornare in
classe e smettila di lasciarti andare a certe sdolcinatezze. Non ti
sopporto
quando fai così.-
Lui
lasciò andare il mio polso e mi posò una
mano sotto il mento per sollevarmi il viso.
-Non
puoi tornare in classe. Mio padre ha
falsificato la firma di tua madre, non vorrai metterlo nei guai durante
il suo
primo giorno di lavoro spero…-
E
che cavolo?! Stava facendo leva sul mio
senso di colpa.
-Ma
siete impazziti?! Si può sapere che vi è
saltato in mente a tutti e due?!-
-E’
stata un’idea di mio padre-, si difese
lui. –Lo sai che è più matto di un
cavallo, e ha pensato che ti avrebbe fatto
piacere uscire prima da scuola e stare un po’ con me dopo
tanto tempo. Appena
ha saputo che ti avevo incontrato in aeroporto e che avevamo parlato ha
praticamente fatto i salti di gioia.-
-Tu
e tuo padre avete messo su un’associazione
a delinquere per caso?- chiesi sconvolta. –Prima di tutto
è contro la legge
falsificare una firma, e secondo, magari potevate chiedermi se ero
d’accordo
prima di architettare tutto sto casino!-
-Dai
su, non fare l’acida adesso-, alzò gli
occhi al cielo e poi mi posò una mano sulla testa
scompigliandomi i capelli. Sapeva
perfettamente di aver vinto, non avevo altre armi per oppormi al suo
piano. –Andiamo
alla Villa Comunale?-
Annuii
senza neanche provare a protestare,
ormai non potevo appigliarmi più a nulla. Comunque alla fine
non mi sarebbe
dispiaciuto poi così tanto passare un po’ di tempo
con Riccardo, magari sarei
anche riuscita a spiegargli come si deve che la doveva smettere di
provarci con
me.
Una
decina di minuti dopo scendemmo dall’auto
dopo che Riccardo ebbe parcheggiato e ci dirigemmo con calma verso
l’enorme
cancello nero che ci avrebbe permesso di fare il nostro ingresso nella
Villa
Comunale, un piccolo spazio di verde proprio al centro della
città.
Durante
il viaggio in macchina non avevamo
parlato più di tanto. Riccardo si era limitato a farmi
qualche domanda sui miei
genitori o a chiedermi come andasse il mio percorso scolastico. Non si
era
minimamente interessato al mio ragazzo, era come se per lui nemmeno
esistesse,
eppure avevo la sensazione, conoscendolo, che presto avrebbe cominciato
a
tartassarmi di domande riguardo Massi. Ne ero praticamente certa. Stava
solo
facendo come un puma che si divertiva a girare un po’ intorno
alla preda prima
di avventarsi su di lei e sbranarla.
Entrammo
nella Villa e iniziai a respirare un
po’ di quell’aria fredda ma resa più
leggera dalla presenza degli alberi e
delle aiuole con il prato. Mi era sempre piaciuto quel posto, da
piccola mia
madre mi ci portava a vedere il laghetto dei cigni che ormai da anni
non era più
in funzione.
Seguimmo
per un po’ il viale di mattoni e poi
decidemmo di sederci su una panchina sotto un enorme pino.
-Allora-,
cominciò Riccardo con un sorriso. –Che
tipo è lo stronzo con
cui me la
batto?-
Mi
voltai a guardarlo di scatto e lo fulminai
con uno dei miei sguardi fuoco.
-Ma
come ti permetti?!- la mia voce era più
squillante e imbestialita del solito.
-Vale,
mettiti nei miei panni. Sono innamorato
di te e tu stai con un altro, permetti che la cosa mi dia leggermente
ai nervi.
Soprattutto considerando che sono tornato qui in pratica solo per te.-
-Mi
ci sono messa nei tuoi panni, quattro anni
fa quando mi hai detto di esserti fidanzato e non mi pare di aver
chiamato
stronza la tua ragazza. L’ho accettato e basta, ed
è quello che dovresti fare
anche tu così non avresti più tanti problemi
mentali e non cercheresti di rapirmi
contro la mia volontà.-
-Prima
di tutto non ti ho rapita, ho solo
fatto in modo che non potessi rifiutare il mio gentile
invito. Per la
questione di Lara, invece, tu avevi solo quindici anni e io stavo a
migliaia di
chilometri da te. Non puoi negare che la lontananza ti abbia aiutato
parecchio
ad accettare la mia relazione.-
Ma
porca di quella miseria! Perché Riccardo
era sempre in grado di fare ragionamenti inattaccabili, ogni volta che
avevo
provato a contraddirlo in passato mi aveva battuto su tutta la linea.
Sembrava
che le cose non fossero cambiate per niente.
-Riccardo-,
cominciai prendendo un grosso
respiro. –Ho pensato a quello che mi hai detto ieri ed
è vero che probabilmente
se non te ne fossi andato per noi sarebbe andata in modo diverso ma
questo non
toglie che io adesso sono innamorata di Massi e non ho intenzione di
lasciarlo.
Puoi inventarti tutti i trucchi e piani malefici che ti pare ma dopo
tutto
quello che ho passato per avere Massi non ho alcuna intenzione di
perderlo. Mi
dispiace non m’innamorerò mai di te.-
Mi
guardò intensamente negli occhi con uno
sguardo che non riuscii a decifrare. Forse lo avevo ferito. Oddio, ero
stata
troppo diretta. Magari potevo essere un attimo più delicata,
ma non credevo che
ci sarebbe rimasto male. Riccardo non era il tipo che se la prendeva
quindi…
-Perciò
il tizio in questione di chiama Massi.
Che nome da coglione-, disse sedendosi meglio sulla panchina con fare
pensieroso. –Potevi scegliere di meglio, Vale.-
In
quel momento compresi come si doveva
sentire un vulcano che rimane silente per tanto tempo un attimo prima
dell’eruzione.
Avvertivo la pressione crescere dentro di me e le parole esplosero
fuori come
lava incandescente.
-Ma
come ti permetti! Razza di idiota
patentato senza un minimo di neuroni ancora funzionanti!-
Riccardo
si voltò a guardarmi ma non sembrava
infastidito dalla mia frase, quasi urlata, più che altro
appariva divertito. La
cosa mi rese ancora più furiosa.
-Parli
tu, razza di cretino! Spiegami che
cavolo di nome è Larissa?!-
Spalancò
gli occhi un po’ sorpreso dalla mia
argomentazione.
-Avanti,
dimmi perché io avrei fatto una
cattiva scelta quando il più scemo tra noi due sei stato
proprio tu. Larissa
sembra il nome di un cane.-
-Per
essere una che aveva accettato la cosa mi
sa che hai odiato parecchio Lara-, disse facendomi
l’occhiolino.
-Tu
sei deficiente-, alzai gli occhi al cielo
e gli diedi uno scappellotto in testa. –Non me ne frega
niente di Lara o di
quello che c’è stato tra voi. Solo non accetto che
insulti Massi senza nemmeno
conoscerlo.-
-Ho
il diritto di odiarlo-, rispose con
semplicità mentre si massaggiava la parte lesa fingendo che
il dolore fosse più
di quello reale. –C’ero prima io di lui. Mi sento
come se mi avessero rubato
qualcosa, e in effetti, è proprio quello che è
accaduto. Tu puoi dirmi di non
tormentarti e di non provare a riaverti, ma non puoi chiedermi di non
odiare il
tuo ragazzo. Detestarlo e l’unica cosa che
m’impedisce d’impazzire dal dolore.
Non puoi essere così crudele da togliermi anche questo, il
mio cuore è già a pezzi
e non ti permetterò di distruggere persino la mia salute
mentale.-
Riccardo
stava soffrendo così tanto. Il mio
amico Riccardo, quello che mi era stato accanto in molti dei momenti
peggiori
della mia vita, quello che mi aveva sempre spronato ad andare avanti
nonostante
i problemi e la poca fiducia in me stessa, quello che non mi aveva mai
abbandonata anche quando lo avevo trattato male. Riccardo era a pezzi
ed era
solo a causa mia. Non avevo idea di cosa fare o pensare, sapevo solo
che mi
sentivo tremendamente in colpa e che quel senso di tristezza non mi
avrebbe abbandonato
tanto presto perché era la stessa tristezza che stavo
leggendo in quel momento
negli occhi dolci, da bambino, che mi stavano fissando chiedendo aiuto
in modo
disperato. Mi guardava come se fosse indeciso se odiarmi o amarmi, e
quel suo
tormento interiore stava diventando anche il mio: dovevo allontanarmi
da lui o
restargli accanto come aveva fatto quel ragazzo in miliardi di
occasioni?
-Riccardo…-
-Non
dire nulla-, disse abbassando lo sguardo.
–Puoi dirmi di dimenticarti quanto ti pare. Ho capito che sei
innamorata di lui
e che non vuoi lasciarlo ma non puoi decidere della mia vita. Se ho
scelto di
riaverti non puoi impedirmi di provarci.-
Alzò
gli occhi e mi guardò con occhi pieni di quello
che era indiscutibilmente amore, non avevo altre parole per definirlo.
Conoscevo
anche troppo bene quello sguardo, quel liquido dolore che gli si stava
diffondendo nelle iridi, era lo stesso che avevo io quando pensavo che
Massi
non mi avrebbe mai amato. Avevo visto quegli occhi ogni mattina quando
mi
guardavo allo specchio fino al giorno in cui Massi ed io ci eravamo
messi
insieme. Non potevo sopportare di vederlo negli occhi di una persona a
cui
volevo così bene e all’improvviso sentii una fitta
tremenda all’altezza del
cuore. La sofferenza di Riccardo stava diventando anche la mia e la
cosa mi
spaventava.
-Smettila-,
disse alzandosi in piedi di
scatto.
-Cosa?-
chiesi stranita come se mi fossi
svegliata all’improvviso.
-Smettila
di provare pena per me. Non è quello
che voglio da te e non posso sopportarlo, quindi smettila. Odiami,
prendimi a
schiaffi, urlami contro ma non provare pena per me.-
Mi
alzai anch’io e lo fissai negli occhi.
-Riccardo,
lo sai perfettamente che ti voglio
un bene incredibile. La mia non è pena ma dolore
perché tu stai soffrendo a
causa mia e questo mi uccide. Pensi che per me sia facile ferirti e non
poter
far nulla per evitarlo? Be’, ho una notizia per te: tutta
questa storia mi
tormenta da ieri perché non sopporto l’idea di
farti del male.-
A
quelle parole i suoi occhi diventare due
languidi laghi di dolcezza mentre lentamente le sue labbra si aprirono
in un
leggero sorriso felice.
-Perdonami,
ti chiedo scusa.-
-Per
co…-
Non
riuscii a terminare la frase, Riccardo
aveva posato le mani sulle mie guance e aveva chiuso le mie labbra in
un bacio
che mai mi sarei aspettata. La sorpresa mi fece chiudere gli occhi e
all’improvviso
l’odore di Riccardo m’investì come
un’ondata di ricordi. Quante volte avevo
sperato di sfiorare quelle labbra e di sentire il profumo di Riccardo
mentre mi
baciava. Lo avevo sognato talmente tante volte e avevo rinchiuso tutti
quei
sogni in un cassetto che decise di spalancarsi e di farmeli rivivere
tutti in
una volta sola annullando ogni mia volontà.
Le
labbra di Riccardo si mossero dolcemente
sulle mie e senza rendermene conto risposi con lentezza a quel bacio
che non
divenne più profondo. Era come essere in un limbo in cui le
nostre labbra si
accarezzavano senza mai cercare di più e il mio cuore, che
batteva come un matto
ma allo stesso tempo era in pace con il mondo, cominciava a sperare che
quel
bacio durasse in eterno.
D’un
tratto degli arruffati capelli biondi e
dei profondi occhi verdi apparvero nella mia mente.
Massi!
Spinsi
via Riccardo immediatamente e mi posai
una mano sulla bocca come per difendermi da un suo nuovo attacco.
-Lo
ami-, disse lui con calma. –Ma una parte
di te mi ama ancora, non puoi negarlo altrimenti mi avresti respinto
prima.-
Fu
un attimo. Mi sentii come un toro che
vedeva il torero sbandierare qua e là il suo drappo rosso.
La mia mano si alzò
e si scagliò con forza sulla guancia di Riccardo
costringendolo a voltare la
testa di lato.
In
quello schiaffo avevo messo tutta la rabbia
che avevo in corpo.
-Riportami
immediatamente a scuola-,
sentenziai lapidaria.
-Vale...-
Lo
fulminai con lo sguardo.
-Prova
a dire un’altra parola e, giuro, sarà
l’ultima
che pronuncerai nella tua vita. Se vuoi arrivare a domani riportami
subito a scuola.-
Non
disse altro, né in quel momento né tantomeno
durante il viaggio di ritorno.
Ero
veramente infuriata e non solo con
Riccardo ma anche con me stessa. Mi ero lasciata andare ai ricordi e
per un
secondo il mio cuore aveva battuto per qualcuno che non era Massi. Non
sarei
mai riuscita a perdonarmi, eppure mi resi conto di quanto quel bacio mi
fosse
servito. Lo avevo immaginato e forse provarlo mi avrebbe
definitivamente tolto
dalla testa le fantasticherie romantiche avevo fatto su Riccardo a
quindici
anni. Nessuna di quelle fantasie e neanche un secondo di quel bacio
potevano
essere paragonati a quello che provavo per Massi e ai momenti
meravigliosi che
avevo trascorso con lui e che avevo la ferma intenzione di trascorrere
ancora.
Riccardo
non aveva alcun modo di vincere perché
io ero più testarda di lui e soprattutto perché
il mio amore per Massi non era
in discussione, non lo era mai stato.
Arrivammo
davanti al cancello della scuola. La
campanella era ormai suonata da più di mezz’ora
quindi non c’era più nessuno
nei dintorni.
-Non
c’è bisogno di salursi-, mormorai uscendo
dalla macchina. Non mi voltai neanche per un attimo e mettendomi lo
zaino in
spalla mi diressi verso il mio scooter.
Aspettai
che la macchina di Riccardo si
allontanasse e iniziai a cercare le chiavi. Volevo solo tornarmene a
casa e
dimenticare tutto quello che era successo. Per quanto il dolore di
Riccardo
fosse intenso non poteva prendersi certe libertà, era stato
un gesto assurdo.
Prima
di partire forse era meglio mandare un
messaggio a Massi, con tutto quello che era successo mi ero dimenticata
di
farlo prima e probabilmente era preoccupato.
Presi
il cellulare e iniziai a pensare a cosa
fosse meglio scrivergli.
-Se
stai cercando una scusa da rifilarmi ti
puoi risparmiare la fatica.-
Mi
bloccai di colpo e avvertii il gelo
prendere possesso del mio corpo. La paura mi avvolse e sapevo che
quando mi
sarei voltata avrei dovuto affrontare gli occhi verdi che
più amavo e che
adesso, probabilmente, mi avrebbero guardato con odio puro.
***L'Autrice***
Ed
eccomi qui con un nuovo capitolo e con in mano il passaporto per
cambiare Continente. Non uccidetemiiiiiiiiiiiiiiiii! Vi prego, lo
sapete che nonostante questi capitoli voglio bene a Vale e Massi ma non
posso assicurarvi nulla riguardo il loro rapporto. La storia si sta
praticamente scrivendo da sola, contro la mia volontà.
Comunque
spero che sia valsa la pena di restare sveglia fino alle sette del
mattino per finire questo capitolo... Il mio obiettivo era quello di
SCONVOLGERVI! xD Spero di esserci riuscita e spero di farlo anche nei
prossimi capitoli. Non immaginate neanche che idee mi stanno vorticando
in testa, io stessa mi stupisco di quanto ho intenzione di stravolgere
la situazione... xD
Scrivere
questo capitolo è stato davvero deleterio per me. Mi sono
sentita come se stessi cercando di distruggere qualcosa che ho creato
con tanto amore... Tutto quello che ho scritto ne "Il Figlio Della
Prof" lo sto spazzando via e vi posso garantire che non è
una cosa semplice. E' molto più facile far andare tutto bene,
scrivere capitolo dolci e pieni d'amore... Questi capitoli
rivoluzionari mi costano veramente tanta fatica, ma non nello scrivere,
la fatica è davuta al fatto che sento la rabbia e
l'inquietudine di Vale e capisco tutto il suo sconcerto quando pensa
"ci ho messo tanto ad avere Massi e adesso potrei perdere tutto",
è come se io dicessi "ci ho messo tanto a scrivere Il Figlio
Della Prof e adesso sto distruggendo tutto". Mai come adesso ho sentito
così vicino il personaggio di Vale, averto davvero tutto il
suo dolore quando scrivo e questo mi distrugge.
Riguardo
il prossimo capitolo, ho una vaga idea di cosa scrivere ma non ne sono
ancora del tutto certa. E vi avviso che tra pochi capitoli
inizierò ad inserire i punti di vista di Massi, per un po'
la storia continuerà a raccontarla lui e vi assicuro che i
suoi capitoli saranno davvero sconvolgenti... ^^
Adesso
la smetto con questo commento e vi ringrazio per tutte le recensioni
che avete lasciato al capitolo precedente e vi ringrazio per aver letto
questo capitolo (con la speranza che vi sia piaciuto... ^^).
Un
bacio a tutte!!!
P.S. Mancano le risposte ad alcune recensioni... Risponderò
a breve... ^^
|
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Capitolo 10 *** Verità O Menzogna? ***
Verso La Maturità- Capitolo 10
E’
Difficile
Credere Che Un Uomo Dica La Verità,
Quando
Sai
Bene Che Al Suo Posto Tu Mentiresti
Henry
Louis
Mencken
Capitolo
10:
Verità O Menzogna?
All’improvviso
ebbi l’impressione che tutto si
muovesse a rallentatore. Mi girai lentamente, tenendo lo sguardo basso,
e un
attimo dopo alzai gli occhi e una potente fitta mi
accoltellò il cuore.
Che
avevo fatto?! Cosa diavolo mi era passato
per la mente?!
Quel
verde che tanto amavo, che era stato per
me sempre come un meraviglioso limbo in cui perdermi nei momenti di
difficoltà
adesso si smarriva nei miei occhi inondandoli di delusione e dolore. In
un solo
giorno ero stata in grado di deludere due persone per me
così importanti ma
quella che mi stava davanti in quel momento era davvero
l’ultima a cui avrei
mai voluto fare del male. E invece era accaduto.
-Non
ho intenzione d’inventare scuse-, dissi
guardandolo. –Ti dirò tutta la verità.-
-Sai
qual è la parte divertente?- mormorò
Massi con un sorriso amaro. –Io lo sapevo che eri con lui
eppure non ho fatto
nulla perché pensavo che mi avresti avvisato in qualche
modo, che avresti
cercato di tranquillizzarmi. Invece per tutte queste ore sei stata con
un tizio
che nemmeno conosco e non hai pensato a me nemmeno per un istante.
Questa è la
cosa che mi ha ferito di più, non vederti salire sulla sua
auto di merda per
andare chissà dove.-
Spalancai
gli occhi incredula. Ero stata
davvero una stupida.
-Dal
tuo sguardo immagino che avessi
dimenticato che la mia aula si affaccia sul cancello della scuola e che
io sono
seduto accanto alla finestra. Forse questo ha rovinato un po’
i tuoi piani per
svignartela senza dirmi nulla.-
Adesso
nei suoi occhi la rabbia cominciava a
prendere il sopravvento sulla delusione. Non potevo biasimarlo, si
stava
comportando anche troppo civilmente, al suo posto io avrei dato fuori
di matto.
Massi però preferiva non rinunciare alla sua
dignità, per quanto io non avessi
fatto nulla di intenzionale per metterla in discussione.
Era
inutile girarci intorno, dovevo dirgli la
verità e spiegargli tutto quello che era successo. Ero
già abbastanza nei
casini senza che cominciassi ad inventare qualche scusa assurda a cui
io per
prima non avrei mai creduto.
-Immagino
che Amy o Marti ti abbiano detto che
sono venuti a prendermi i miri genitori-, cominciai guardandolo.
-Certo,
ma è ovvio che era solo una bugia.
Immagino che tu abbia chiesto loro di coprirti mentre te la spassavi
con quel
tizio-, esclamò lui risentito mentre i suoi occhi mi
fulminavano.
-NO!-
lo dissi quasi urlando. –E’ stato tutto
un piano di quel ragazzo, lasciami spiegare.-
-Vai,
sono tutto orecchi-, incrociò le braccia
e continuò a fissarmi con occhi furenti.
-Quel
ragazzo si chiama Riccardo, è un mio
vecchio amico che si era trasferito a Londra quando avevo quindici
anni.-
-Oh,
ma che bello. Ti ha fatto una sorpresa,
che ragazzo gentile…-, la sua ironia era quasi palpabile.
-Non
è proprio così. Ieri l’ho incontrato in
aeroporto e oggi ho scoperto che suo padre è il nuovo
vicepreside del
Virgilio.-
-Giovanni
Donati?-
Immaginavo
che lo conoscesse, come minimo sua
madre gliene aveva parlato. La D’Arcangelo non era una
persona molto discreta.
-Sì,
proprio lui-, risposi. Dovevo pesare le
parole con molta cura, non volevo che tutto sfociasse in un litigio
senza
precedenti. –Ero in classe, durante l’ora di tua
madre e mi hanno detto che i
miei erano venuti a prendermi prima. Quindi sono scesa e nell’ingresso ho
incrociato Giovanni che mi
ha confermato tutto.-
Il
suo sguardo era sempre più scettico, non
riuscivo proprio a capire se mi stesse credendo o no ma dovevo fare di
tutto
perché lui avesse fiducia in me.
Non
avevo alcuna intenzione di perderlo! Avrei
preferito farmi scuoiare viva piuttosto che dover rinunciare a Massi.
-Quando
sono arrivata qui fuori ho visto
Riccardo. Ero imbestialita e volevo tornarmene in classe ma lui mi ha
praticamente ricattato dicendo che avrei messo suo padre nei guai
perché aveva
falsificato la firma di mia madre, quindi sono praticamente stata
costretta ad
andare via con lui.-
Massi
socchiuse gli occhi sospettoso.
-E
ti dispiace così tanto?-
-Massi,
è un mio amico e potevo uscire prima
da scuola. Mi sembra ovvio che non fossi poi così
dispiaciuta.-
-Allora
perché non mi hai nemmeno inviato un
messaggio? Ti veniva così difficile?-
-Certo
per messaggio sarei riuscita a raccontarti
tutto sto casino, come no. Cerca di metterti nei miei panni, volevo
spiegarti
tutto con calma e soprattutto di persona. La situazione è
più complicata di
così.-
-In
che senso?-
Mi
passai una mano sul viso e chiusi gli occhi
per cercare le parole adatte. A costo di far infuriare Massi dovevo
dirgli
tutta la verità, ogni cosa.
-Riccardo
per me è un amico ma ieri in
aeroporto mi ha detto che lui non prova esattamente dei sentimenti di
amicizia
nei miei confronti.-
I
suoi occhi spalancati furono più esplicativi
di qualsiasi parola.
-Il
nostro rapporto, prima che si trasferisse
a Londra, stava prendendo una piega che non comprendeva solo
l’amicizia. Per me
le cose sono cambiate. Mi sono innamorata di te, ti amo più
di qualsiasi cosa
possa esserci al mondo ma lui pensa che dovremmo stare insieme. In
sostanza è
ancora innamorato di me e non ha usato molti giri di parole per
dirmerlo.-
Massi
non disse neanche una parola, si limitò
a fissarmi con uno sguardo che non riuscii a decifrare. Era come se
stesse aspettando
che la sua reazione si manifestasse senza che fosse lui a compierla,
come se il
suo cervello stesse ragionando contro la sua volontà. Poi i
suoi occhi persero
qualsiasi tipo di luminosità e divennero quasi vuoti.
-Comincia
a pregare-, disse semplicemente con
voce atona.
-Come?-
-Prega
con tutte le tue forze che io non mi
ritrovi mai davanti quel pezzo di merda altrimenti ti giuro che lo
faccio fuori
con le mie mani. Se ti si avvicina di nuovo lo uccido!-
Va
bene, forse la rabbia poteva giustificare
la sua frase ma non doveva per forza morire qualcuno in tutta quella
storia.
-Massi,
Riccardo è comunque un mio caro amico.
A quindici anni era il mio punto di riferimento e mi è
mancato. Per quanto tu
sia il ragazzo che amo, lui è colui che mi ha sostenuto e
spronato sempre nelle
situazioni peggiori quando tu ancora non eri neanche contemplato, non
mi puoi
chiedere di non vederlo più e di rinunciare alla nostra
amicizia-
Era
la verità. Nonostante il rapimento, gli
insulti verso Massi, e il bacio, Riccardo restava una persona
importante per me
e non potevo rinunciarci, nonostante il suo comportamento da emerito
stronzo.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto avessi bisogno che
tornassimo ad
essere amici, mi era davvero mancato così tanto e la sola
idea di non vederlo
più mi provocava delle dolorose fitte allo stomaco.
-E’
innamorato di te-, sottolineò Massi. –Da
te non vorrà mai solo amicizia e non puoi pretendere che io
accetti la
situazione come se niente fosse. Non credo che se fossi stata al mio
posto tu
lo avresti fatto.-
Per
un attimo immaginai la situazione al
contrario e non potei non dare ragione a Massi, se lui se ne fosse
uscito
all’improvviso con una storia come quella mi sarei infuriata.
Di una cosa però
ero certa: mi sarei mangiata il fegato e avrei finto che mi stava bene
perché
mi fidavo di Massi, sapevo che lui non avrebbe mai fatto nulla per
ferirmi.
Forse, e ripeto forse, sarei stata in grado di accettare una situazione
del
genere, con molto auto convincimento e tanta, ma proprio tanta,
meditazione
interiore.
-Hai
ragione, di sicuro mi sarei infuriata ma
avrei avuto fiducia in te.-
Massi
mi fissò sorpreso, era evidente che non
si era aspettato una risposta del genere.
-Non
nego che per me sarebbe quasi impossibile
da accettare ma lo farei se questo ti fosse d’aiuto. Il mio
obiettivo
principale è fare in modo che tu stia bene con me e non
causarti ulteriori
problemi, quindi ti darei tutta la mia fiducia. Magari non la darei a
lei ma di
te mi fido ciecamente, senza riserve.-
Presi
la sua mani e intrecciai le nostre dita
sperando che lui non si ritraesse. Per fortuna non lo fece, si
limitò a
guardarmi negli occhi indeciso sul da farsi e su cosa dirmi.
-Massi,
io ti amo e mi fido di te. Vorrei solo
che tu nutrissi la stessa fiducia nei miei confronti. Non ho alcuna
intenzione
di perderti, ficcatelo in quella testa!-
Il
mio sguardo era così intenso e il mio tono
così sicuro che Massi non poté fare a meno di
perdersi nei miei occhi. Era
inutile, il nostro legame era così forte che nemmeno
un’incomprensione
colossale come quella avrebbe potuto scalfirlo. Lui mi sorrise, in modo
un po’
debole, ma quel tanto che bastava per farmi capire che il peggio era
passato.
Alzò
una mano e la posò leggera sulla mia
guancia accarezzandomi dolcemente. Il suo tocco attivò il
mio cuore che
cominciò ad accelerare i battiti, e stavolta non avevo
neanche la voglia di
provare a farlo rallentare. Per un attimo infernale avevo avuto la
tremenda e
quasi insensata paura che non avrei mai più provato quella
sensazione. La paura
aveva lasciato il posto all’amore che mi stava avvolgendo e
non potei fare a
meno di sorridere perdendomi negli occhi verdi del mio adorato Massi.
Mi
sentivo come se una ventata di aria fresca
stesse soffiando su tutto il mio corpo facendomi sentire immensamente
felice e
libera. All’improvviso tutto quello che era accaduto con
Riccardo passò in
secondo piano esattamente come la sera prima quando Massi mi aveva
telefonato,
mi bastava la sua voce o il suo sguardo per farmi dimenticare persino
su che
pianeta fossi o come mi chiamassi.
Solo
Massi poteva farmi provare sensazioni e
sentimenti del genere.
-Mi
fido di te-, rispose lui senza staccare i
suoi occhi dai miei. –Di lui un po’ meno quindi
basta che mi prometti che farai
in modo che tra voi non accadrà mai nulla.-
Ed
ecco la doccia fredda subito pronta a
rovinarmi quel bellissimo momento!
Avevo
giurato a me stessa di essere
completamente sincera con Massi eppure come mai avrei potuto
raccontargli del
bacio che Riccardo mi aveva praticamente “rubato” e
che io non avevo
prontamente evitato? Quale parte ancora integra del mio cervello
avrebbe
lasciato che la mia bocca proferisse anche solo una mezza parola di
quell’argomento quasi assurdo solo a pensarci figurarsi a
raccontarlo?
La
risposta arrivò alla mia mente senza
nemmeno che ci pensassi più di tanto: nessuna! Assolutamente
neanche la più
piccola parte della mia mente aveva intenzione di raccontare a Massi
del bacio.
Avrei fatto in modo che non lo venisse mai a sapere e avrei minacciato
Riccardo
di una morte lenta e molto dolorosa se solo avesse provato a parlarne
di nuovo.
Era l’unica soluzione per non rischiare che Massi mi mandasse
a quel paese una
volta per tutte.
-Troppo
tardi, Biondino.-
Quella
voce! Quella voce maledetta era
arrivata direttamente dall’Inferno per prendermi e farmi
naufragare nella
disperazione più nera! Porca di quella miseria! Accidenti al
mondo!
Massi
si voltò verso la fonte di quella voce e
io lo imitai all’istante.
Riccardo
se stava con la schiena poggiata a
uno dei cancelli chiusi della scuola e ci fissava con uno strano
sorriso sul
volto. Era evidente che aveva ascoltato tutto il nostro discorso.
Conoscevo
anche fin troppo bene l’espressione che Riccardo stava
sfoggiando e sapevo con
certezza che non avrebbe portato nulla di buono, non che le parole con
cui
aveva celebrato il suo ingresso mi avessero fatto pensare altro.
-Mi
dispiace ma il primo bacio c’è stato
proprio pochi minuti fa, e sono certo che non sarà
l’ultimo-, il suo sorriso si
fece ancora più marcato ed evidente, era lì per
sfottere Massi e lo sapevamo
tutti.
La
mano di Massi lasciò improvvisamente la mia
e si allontanò di un passo continuando a fissare Riccardo,
mentre la mia vista
cominciava ad annebbiarsi. Era come se tutto il sangue che avevo in
corpo
avesse deciso di rallentare e di non arrivare più al
cervello. Sentivo la mano
abbandonata da quella di Massi diventare sempre più fredda
mentre la testa
cominciava a girarmi per colpa delle parole che Riccardo aveva appena
pronunciato
e che di certo erano il preludio di quello che sarebbe stato il primo
pomeriggio più devastante di tutta la mia vita.
Amico
o no, ricordi bellissimi o no, legame
meraviglioso o no, Riccardo aveva appena deciso di suicidarsi e
uccidermi nello
stesso momento. Stavo seriamente iniziando ad odiarlo con tutte le mie
forze.
-Di
che cazzo sta parlando?!-
Massi
si voltò di scatto a guardarmi e la
rabbia che potevo leggere nei suoi occhi mi causò una
fortissima fitta allo
stomaco come se Mike Tyson avesse deciso di prenderlo a pugni per
un’ora di
fila.
-Io…-,
cominciai titubante cercando le parole
adatte. Sì, ma quali potevano essere le giuste parole per
spiegare al mio
ragazzo una situazione paradossale come quella: lo avevo praticamente
scongiurato di fidarsi di me e di non considerare Riccardo come una
minaccia e
adesso non avevo più nessun appiglio a cui aggrapparmi. Ero
nei casini fino al
collo e questa volta non avevo davvero alcuna idea per tirarmene fuori
senza
che Massi decidesse di rompere con me seduta stante. Dopotutto non
avrei potuto
biasimarlo se avesse deciso di fare una cosa del genere: ai suoi occhi
non solo
avevo baciato un altro ma stavo anche cercando di occultare il tutto
dopo
avergli promesso che sarei stata completamente sincera con lui.
Se
ci fossimo trovati al decimo piano di un
grattacielo di certo avrei aperto la finestra e mi sarei buttata di
sotto per
porre fine a tutte le mie sofferenze. Eppure dovevo trovare un modo per
spiegargli ogni cosa prima che quel guaio continuasse ad ingigantirsi
fino ad
azzannarmi, masticarmi e risputarmi subito dopo.
Era
inutile provare a mentire, a quel punto
sarebbe stato meglio dire ogni cosa senza nascondere più
nulla, visto anche che
ero stanca di mentire a Massi.
-Prima,
mentre eravamo alla Villa, Riccardo mi
ha baciato-, dissi abbassando lo sguardo, non avevo il coraggio di
guardarlo
negli occhi. –Ovviamente l’ho respinto.-
Una
risata insolente partì da quello che
doveva essere un mio caro amico.
-Non
subito direi.-
Alzai
lo sguardo di scatto e vidi Massi
fissare Riccardo con una rabbia disumana negli occhi.
-Diciamo
che Vale ci ha messo un po’ a
ricordarsi di non essere libera di baciarmi.-
Lo
sguardo di Massi tornò a fissarmi con
intensità mista a risentimento.
-E’
vero?- mi chiese con voce atona quasi
irreale.
Cosa
dovevo fare? Mi sentivo come sul ciglio
di un precipizio con i piedi per metà oltre il limite e le
rocce che
cominciavano a sgretolarsi sotto di essi. Oltre me vedevo solo il vuoto
e non
sapevo come fare per salvarmi.
La
verità era l’unica risposta.
-E’
vero-, risposi mentre avvertivo le lacrime
pungere dietro gli occhi.
Massi
sembrò all’improvviso colto da un’apatia
surreale. Mi fissava ma nel suo sguardo vitreo non leggevo nulla. Poi,
lentamente, si affacciò in quegli occhi un lampo di rabbia
che mi fece
rabbrividire.
-L’ho
fatto senza pensarci, mi ha colto di
sorpresa. Io… Io non volevo.- Non era esattamente la
verità ma non potevo
confessare a Massi di aver provato lo strano desiderio di vivere
quell’esperienza con Riccardo. Non potevo farlo! Dovevo
cercare di risolvere
quella situazione e di salvare il mio rapporto con Massi!
L’unico che valesse
la pena di salvare, visto che quello con Riccardo, almeno da parte mia,
era
praticamente giunto al capolinea.
Massi
non disse una sola parola. Si limitò a
guardarmi per qualche secondo e poi fece quello che in effetti mi sarei
dovuta
aspettare.
-TU!-
esclamò con rabbia scagliandosi su
Riccardo. Lo afferrò per il colletto del cappotto e lo
scaraventò contro il
cancello della scuola fissandolo dritto negli occhi.
-Massi!-
gridai sconvolta.
-Ehi,
Biondino. Stiamo cominciando a
scaldarci?- chiese Riccardo con un sorriso divertito. –Meglio
che ti dai una
calmata, non vorrei che ti facessi male.-
Massi
lo afferrò più saldamente e lo fece
sbattere ancora contro il cancello.
-Fossi
in te farei poco lo sbruffone.-
-Ho
ferito il tuo orgoglio? Povero piccolo…-
Il
tono di Riccardo era sempre più derisorio
mentre lo sguardo di Massi… Be’ il suo sguardo
sembrava emanare fuoco allo
stato puro.
-Smettila!-
esclamò Massi con rabbia. –Non
accetterò mai che un tizio come te mi dica quello che devo
fare. Vale è mia!-
-Ah
sì?- chiese Riccardo con una calma
incredibile. –Be’ lo vedremo. Sei il suo ragazzo,
è vero ma questo non
significa che dobbiate per forza stare insieme e io ho tutti i mezzi
per
portartela via. Oppure potremmo sempre chiedere a lei che ne pensa di
tutta
questa storia.-
All’improvviso
i riflettori si puntarono di
nuovo su di me. Gli occhi di Massi e di Riccardo attraversarono i miei
come
delle saette. Mi sentivo messa con le spalle al muro peggio di
Riccardo. Avevo
ancora addosso la sensazione di essere sull’orlo del
precipizio e i loro
sguardi non facevano altro che alimentare quella spiacevole sensazione.
Avevo
bisogno di starmene da sola. Di
andarmene da lì il più in fretta possibile e di
ritrovare un attimo di
tranquillità. La loro inquisizione visiva serviva solo a
rendermi più agitata e
sconvolta, quella era l’ultima cosa che desideravo in un
momento come quello.
D’un
tratto notai un piccolo dettaglio che
attirò completamente la mia attenzione. Un piccolo oggetto
brillava alla luce
del sole proprio vicino al cancello della scuola.
Senza
pensarci mi misi a correre, afferrai
quell’oggetto e corsi di nuovo, ignorando Massi e Riccardo
che urlavano il mio
nome per fermarmi.
Aprii
lo sportello della macchina di Riccardo,
misi in moto e partii senza voltarmi indietro.
Spinsi
l’acceleratore il più affondo
possibile. A quell’ora non c’era quasi
più nessuno in giro e la strada era mia.
Andavo veloce, forse non ero mai andata così veloce in tutta
la vita. Avevo
voglia di scappare da tutto quello che era accaduto e dalle due persone
a cui
tenevo di più ma che in quel momento si erano tramutate nel
mio incubo
peggiore.
Non
ne potevo più. Mi avevano portato allo
sfinimento. E non solo loro: anche il mio cervello che continuava ad
arrovellarsi iniziava a darmi un fastidio incredibile.
Mentre
guidavo i pensieri continuavano ad
affollarsi nella mia mente senza darmi tregua.
Massi.
Riccardo.
Massi.
Riccardo.
Amore.
Amicizia.
Voglia
di dolcezza.
Voglia
di sangue!
Avrei
voluto uccidere Riccardo con le mie
mani, fargli tanto male da costringerlo a chiedere pietà
eppure, nonostante la
mia voglia assassina, mi tornarono in mente tutti i bei momenti passati
con lui
e la rabbia iniziò a scemare.
Lo
avevo appena ritrovato, mi stava rovinando
la vita, ma nel mio cervello era ancora registrato con
l’etichetta “Il migliore
amico che abbia mai avuto”. Forse c’era qualcosa di
sbagliato in me, forse ero
io che non ero fatta per trovarmi in una situazione come quella. Se
fosse stato
diverso, se non si fosse trattato di Riccardo, avrei preso le chiavi e
gliel’avrei rigata la macchina, altro che prenderla in
prestito.
Ma
era Riccardo! Questo era il problema!
Quel
ragazzo aveva la capacità di farmi
infuriare ma di non perdere quel posto speciale da amico nel mio cuore.
Dall’altro
lato c’era Massi. Il ragazzo che
amavo, che mi aveva donato tanto di quell’amore da lasciarmi
senza respiro. E
io lo avevo ferito. Non era stato Riccardo a deluderlo, a trafiggerlo
con quel
bacio, a calpestare la fiducia che aveva in me.
Ero
stata io!
Non
sarei riuscita a perdonarmi tanto presto,
come non lo avrebbe fatto lui.
Che
casino del cavolo!
Qual
era la soluzione? Qual era la risposta?
Il comportamento giusto? La scelta migliore?
Rinchiusa
in quella macchina, lanciata a
paletta per le strade di Lecce, per l’ennesima volta mi
ritrovai a pensare che
crescere faceva davvero schifo.
Fino
a pochi mesi prima stavo da Dio. Il mio
unico problema era gestire l’ira funesta della
D’Arcangelo e il suo accanimento
accademico- e personale?- nei miei confronti, e adesso mi ritrovavo a
dover
affrontare la mia insolita indecisione tra due ragazzi.
Ma
come diavolo avevo fatto a cacciarmi in un
guaio di quelle dimensioni?
Mi
passai una mano sul volto cercando di
riflettere e per poco non persi il controllo dell’auto
andando fuori strada.
Mi
rimisi di colpo in carreggiata e rallentai
provando a non maledire ancora una volta la mia vita. Ci mancava solo
un
incidente per completare quel bel momento!
“Vale”
pensai. “Cerca di calmarti e di
riflettere. Respira. Respira. Respira. Calmati. Prova a trovare una
soluzione
senza lasciarci le penne.”
Rallentai
ancora.
Lo
spavento di poco prima mi aveva provocato
una specie di doccia fredda in tutto il corpo. Dovevo restare
tranquilla e
riflettere.
Non
c’era molto da fare. Senza contare che
avevo lasciato Massi e Riccardo da soli, quindi non ero
l’unica a rischiare
seriamente di rischiare la vita o qualche arto.
Prima
o poi sarei dovuta tornare. Non che
temessi una denuncia di furto da parte di Riccardo ma lasciare quei due
in
balia della loro rabbia non era buona idea. Ancora una volta mi sarei
dovuta
immolare per la causa e cercare di riportare la pace, sperando che non
ci
fossero spargimenti di sangue.
Svoltai
e imboccai la strada per tornare verso
il Virgilio.
Il
cellulare vibrava già da un po’ ma non
avevo bisogno di vedere il display o di rispondere per sapere di chi si
trattava. C’erano due opzioni: un incazzato Massi o un
preoccupato Riccardo.
Già li avrei affrontati di persona da lì a
qualche secondo, non avevo bisogno
che la loro voce mi raggiungesse prima del dovuto.
Mi
sentivo proprio come prima di
un’interrogazione della D’Arcangelo: permeata da un
senso di impotenza e di
resa, pronta- ma non proprio- ad affrontare il patibolo senza sapere
come
sarebbe andata a finire. Quella sgradevole sensazione di aver studiato,
di conoscere
le risposte, ma di non riuscire a spiccicare parola per la tensione
creata dal
momento.
Merda!
Merda! Merda!
Sapevo
quello che dovevo dire e fare, era
arrivato il momento di chiudere quella storia una volta per tutte.
Dovevo
essere chiara, fino in fondo, con entrambi. Lo avrei fatto e mi sarei
assunta
tutta la responsabilità delle eventuali conseguenze.
Non
c’era altro da fare.
Quando
cominciai a vedere in lontananza il
Virgilio il mio cuore iniziò a battere sempre più
forte mentre avvertivo delle
forti fitte allo stomaco. Era come se fossi tornata bambina: aveva
fatto
qualcosa di sbagliato e adesso avevo paura che i miei mi sgridassero e
mi
punissero. Solo che non ero più una bambina che magari aveva
rotto per sbaglio
un bicchiere, ero un’adulta che aveva tradito la fiducia
della persona che
amava. Non ci sarebbe stato un rimprovero, la punizione più
grave sarebbe stata
la fine della mia storia con Massi.
Non
potevo permetterlo!
Tutto
ma non quello!
Improvvisamente
tutta l’ansia e la paura che
avevo provato fino a poco prima sparirono e vennero sostituite dalla
determinazione.
Non
sapevo che dire, non sapevo come
affrontarli, ma una certezza l’avevo: non avrei permesso che
tutto quello che
era accaduto decretasse la fine della mia storia con Massi. Stavamo
resistendo
alla segretezza e allo stress di non farci scoprire, ne avevamo passate
tante
fino a quel momento, e uno stupido bacio dato in un momento di
debolezza non
avrebbe decretato la fine.
Anche
se avessi dovuto strisciare ai piedi di
Massi, avrei fatto in modo che lui mi perdonasse.
Parcheggiai
davanti al cancello, scesi dalla
macchina e varcai le porte del cortile.
La
scena che mi ritrovai davanti mi sorprese
parecchio: Riccardo e Massi erano seduti, accanto, su una panchina del
cortile.
Stavano parlando, non si stavano prendendo a pugni e non stavano
gridando,
stavano semplicemente parlando.
-Vale-,
disse Riccardo alzandosi e venendomi
incontro.
Lo
raggiunsi, gli misi le chiavi dell’auto in
mano e lo fissai dritto negli occhi.
-Vai
via-, replicai lapidaria.
-Come?-
-Vattene.
Sei mio amico, e ti voglio bene. Se
vuoi evitare che oggi rompa qualsiasi rapporto con te, devi andare
via.-
-Ma…-
-Ora!-
esclamai con la rabbia nello sguardo.
Lui
abbassò lo sguardo e girò i tacchi senza
dire altro.
-Come
vuoi tu-, mormorò prima di allontanarsi
troppo perché potessi sentirlo.
Riccardo
era andato via. Probabilmente avrei
dovuto chiarire ancora una volta anche con lui, ma in seguito. Quello
che mi
premeva di più in quel momento era ritrovare in quegli occhi
verdi che mi
stavano fissando l’amore che avevo visto solo fino a poche
ore prima. Adesso
assente.
Non
sapevo cosa leggere negli occhi di Massi,
erano cambiati così tante volte in pochi minuti da non darmi
il tempo di
riuscire a decifrarli.
Mi
avvicinai lentamente continuando a
guardarlo e quando fui a meno di due passi da lui, decisi di cominciare
a
parlare.
-Riccardo
è stato molto importante per me in
passato, so che avrei dovuto parlartene ma non credevo che sarebbe
tornato.-
Massi
non perdeva i miei occhi neanche per un
istante. Stava lasciando che io gli spiegassi ogni cosa e gliene fui
immensamente grata.
-A
quindici anni credevo di essere innamorata
di lui, e forse lo ero, non lo so. Non ho avuto il tempo di capire cosa
provavo
davvero. E’ andato via prima che potesse nascere qualcosa ma
lui sa di essere
innamorato di me, e io non posso controllare i suoi sentimenti. I miei
li
conosco invece.-
Presi
un respiro e continuai.
-E’
vero, ho risposto al suo bacio all’inizio.
L’ho fatto in modo involontario. Anni fa avevo immaginato
quel momento non so
quante volte ed è stato come se il mio corpo volesse
provarlo ma non ha niente
a che fare con l’amore. Ci tengo a lui, è il mio
migliore amico, nonostante
tutto quello che ha fatto. Per me è stato un punto di
riferimento, qualcuno a
cui potevo dire tutto e che aveva sempre una risposta. Mi è
stato accanto in
molte occasioni e non posso dimenticare tutto quello che ha fatto per
me. Gli
voglio molto bene, Massi. Non so se riuscirò a farlo uscire
dalla mia vita ma
se devo scegliere tra voi due, io scelgo te. Sempre.-
-Non
lo fare.-
Furono
quelle le sue parole. Stavo risentendo
la sua voce dopo del tempo e quelle furono le sue uniche parole. Lo
guardai
confusa.
-Non
devi rinunciare alla sua amicizia-, mi
spiegò con calma. –Prima abbiamo parlato e mi ha
detto di aver agito preso
dalla rabbia di poterti perdere. Non rinuncerà a te, su
questo è stato chiaro
ma io mi fido del tuo amore. Ti amo, Vale e non potrei chiederti di
cancellare
dalla tua vita una persona che per te è così
importante.-
I
miei occhi dovevano sembrare piuttosto
spaesati visto che Massi sorrise divertito.
-Dovresti
vedere la tua faccia. Sembri una
specie di cefalo incredulo.-
Si
mise a ridere e per la prima volta in
quella giornata sentii il mio cuore stranamente leggero.
-Mi
stai perdonando?-
Era
una domanda un po’ stupida ma non riuscivo
a pensare ad altro.
-Esattamente
cosa dovrei perdonarti? L’unico
tuo sbaglio è stato non dirmi subito di Riccardo ma, ti
conosco, sicuramente
sarai andata nel panico temendo di perdermi. E di sicuro volevi
parlarmene di persona
e non ci siamo incontrati dopo che Riccardo è tornato.
Quindi non hai nulla da
farti perdonare, forse al tuo posto avrei agito nello stesso modo.
Prima mi
sono fatto prendere dalla rabbia ma dopo che sei andata via ci ho
ragionato e
so che non hai fatto nulla di male.-
E
ancora mi chiedevo perché lo amavo? Ma com’era
possibile che Massi mi capisse così tanto senza che nemmeno
parlassi? Come
poteva essere così perfetto e buono con me?
Mi
si avvicinò con calma, continuando a
guardarmi negli occhi. Posò una mano dietro il mio collo e
mi attirò a sé
baciandomi con foga. Mi sentii avvolgere da sensazioni così
violente da
sfinirmi, era come se mi stessero risucchiando l’anima,
lasciando in me solo un
cuore che batteva intensamente. Massi stava cercando di farmi capire
che ero
sua, quel bacio era una specie di marchio lasciato sulle mie labbra.
E
quel marchio non lo avrei mai rifiutato, lo
stavo accogliendo, consapevole di quanto per lui fosse importante
baciarmi in
quel modo, nonostante ci trovassimo nel bel mezzo del cortile
scolastico con i bidelli
e la preside che si erano ancora dentro l’edificio, pronti ad
uscire in
qualsiasi momento.
Quel
bacio si stava trasformando in qualcosa
di così perfetto da togliermi il fiato, la forza di pensare,
i motivi per cui
avrei dovuto respirare, e lo stava facendo tutto in una volta, senza
darmi modo
di reagire.
Era
perfetto! Perfetto se non fosse stato per
il mio cellulare che continuava a ronzare imperterrito nella mia tasca.
Cercai
di ignorarlo.
Massi
mi lasciò andare e mi guardò
intensamente negli occhi: rividi quel suo sguardo così dolce
e pieno d’amore
che mi fece sciogliere.
-Sbaglio
o prima hai detto che sembravo un
cefalo?- chiesi fingendomi stizzita.
Lui
risi accarezzandomi la guancia.
-Lo
sembravi davvero.-
-Antipatico-,
risposi mettendo il broncio per
poi scoppiare a ridere.
-Pensi
che risponderai mai al cellulare? Sta
squillando da ore.-
Aveva
ragione. Mi ero così concentrata sul
bacio che avevo davvero dimenticato che il mio cellulare stava
continuando a
vibrare.
Lo
presi e lessi il numero sul display.
-Mamma?-
chiesi sorpresa mentre rispondevo.
-Era
ora!- esclamò mia madre esasperata. –Ti
avrò chiamato dieci volte.-
Mia
madre era ancora in ufficio e di solito
non mi telefonava a quell’ora. Doveva essere successo
qualcosa.
-Va
tutto bene?- chiesi preoccupata.
-No,
non va tutto bene-, rispose lei con voce
arrabbiata.
-Che
è successo?!-
-Sei
veramente assurda, Vale! Mi chiedo da
dove ti sia uscito quel caratteraccio che ti ritrovi. Si può
sapere perché non
mi hai detto che i Donati sono tornati in Italia?!-
Era
quella l’emergenza. Per me era stata una
tragedia fin dall’inizio.
-Se
oggi non avessi incontrato Catia Donati al
bar davanti al mio ufficio, probabilmente non lo avrei mai saputo. E
sai qual è
stata la cosa più imbarazzante? Lei mi ha detto:
“Ma come? Vale non ti ha detto
niente? Eppure ha incontrato Riccardo in aeroporto ieri”.
Avrei voluto
sprofondare in un mare di vergogna. Ed è tutta colpa tua!-
-Scusa,
mamma. Mi è passato di mente-, Massi
mi fissava preoccupato ma quella mia risposta data in tono annoiato
doveva
averlo tranquillizzato perché mi guardava sorridendo
divertito.
-Comunque
ho risolto invitandoli a cena
stasera-, rispose mia madre con voce orgogliosa.
-Che
hai fatto?!- esclamai sconvolta.
-Vale,
non rompere. Sono amici di famiglia, e
Riccardo ha passato più tempo a casa nostra che dai suoi
quando eravate amici.
Ho proprio voglia di passare una serata con loro, quindi torna
immediatamente a
casa e inizia a dare una pulita.-
-Ma
mamma…-, risposi scocciata.
-Niente,
ma mamma. Cerca di muoverti!- esclamò
prima di chiudermi il telefono in faccia.
Guardai
il mio cellulare sperando che
esplodesse.
-Tutto
bene?- mi chiese Massi accarezzandomi
il braccio.
-Sì,
ma pensi che andrei in prigione se
uccidessi mia madre?-
Massi
sorrise mentre io cominciavo davvero a
riflettere su quale fosse il modo migliore per uccidere mia madre e
farla
franca. Era vero che volevo chiarire con Riccardo, ma quella stessa
sera, con
il contorno dei nostri genitori chiacchieroni e impiccioni, non mi
sembrava
proprio il momento migliore.
***L'Autrice***
Perdonatemi
per avervi fatto attendere. Come ho scritto su Facebook, ho avuto
parecchi problemi in famiglia e poi ci si è messo anche il
mio ragazzo che mi ha costretto a scrivere delle idee che deve
presentare ad un produttore di Mediaset ^^' Ho capito che me la cavo a
scrivere ma questo è sfruttamente di ragazza innamorata!!!
ahahahah
Comunque
come avete potuto leggere la situazione si è prima
complicata, poi si stava risolvendo, poi si è complicata di
nuovo fino quasi a degenerare, e poi si è risolta. Ma per
quanto? Ah, bella domanda. Fossi in voi non mi tranquillizzerei, l'ha
detto anche Massi che Riccardo non ha intenzione di arrendersi, e vi
posso assicurare che non lo farà.
Secondo
i miei calcoli (e spero che non siano sbagliati ^^') il prossimo
capitolo sarà l'ultimo dal POV di Vale, poi
scriverò i capitoli seguenti dal punto di vista di Massi (e
fidatevi, secondo quello che ho in mente, ne vedremo davvero delle
belle. Non avete idea di quello che mi sta passando per la testa), e
poi la parte finale della storia continuerà dal POV di Vale.
Qualche
anticipazione sul prossimo? Uhm, credo che ci sarà la cena
tra le due famiglie, e non so quello che farà Riccardo, sono
ancora abbastanza indecisa. E poi vedrò che altro inserire
per questo ultimo capitolo narrato da Vale ^^
Spero
davvero che il capitolo vi sia piaciuto, è stato veramente
difficile da scrivere, lo sapete quanto per me sia duro descrivere una
situazione così complicata tra Massi e Vale dopo tutto
quello che ho fatto per il lieto de "Il Figlio della Prof". Come
sempre, sto cercando di mettercela veramente tutta.
Scusate
se non ho risposto a tutte le recensioni, cercherò di farlo
al più presto (magari oggi stesso, non lo so) ^^
Grazie
davvero per aver letto questo capitolo, siete meravigliose!!!
Un
bacio
Francesca
|
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Capitolo 11 *** Tutto Viene Sconvolto ***
Verso La Maturità- Capitolo 11
Il Vero Modo
Per Amare Qualsiasi Cosa
Consiste Nel
Renderci Conto Che La Potremmo Perdere
(Gilbert
Keith Chesterton)
Capitolo 11:
Tutto Viene Sconvolto
Massi prese piuttosto bene
il fatto che
dovessi passare un’intera serata in compagnia di Riccardo.
Sospettavo che
questa sua benevolenza fosse data dalla situazione: saremmo stati
circondati da
genitori chiassosi e pieni di allegria perciò dubitava che
ci avrebbero
lasciato il tempo di restare da soli. Era quello che pensavo
anch’io, il che mi
rendeva un po’ più tranquilla sulla questione
“incontro con Riccardo dopo che
l’hai cacciato a calci”.
Sapevo che prima o poi avrei
dovuto chiarire
con Riccardo ma non avevo paura del confronto: Massi era con me e
Riccardo era
sempre stato mio amico, nonostante tutto. Avrebbe capito- con le buone
o con le
cattive-, si sarebbe arresto all’evidenza e la nostra
amicizia avrebbe potuto
riprendere senza creare altri problemi al mio rapporto con Massi.
Mia madre mi aveva
incastrato per le pulizie
e, stranamente, tornò dall’ufficio con quasi due
ore di ritardo rispetto al
solito. Era ovvio che al suo arrivo era rimasto poco da fare, in
pratica mi
aveva scaricato tutto il lavoro addosso. Mia madre era fatta
così.
-Vale, puoi fare di meglio-,
esclamò mia madre
entrando nella mia stanza.
-Di che stai parlando?-
chiesi chiudendo la
zip dei jeans.
-Andiamo, jeans e maglietta?
Puoi fare decisamente
di meglio. E raccogli quei capelli, hai degli occhi così
belli e non fai altro
che coprirli!-
-Mamma, sono i Donati non i
reali di Spagna-,
mormorai contrariata.
-Vale, è
Riccardo.-
-Sì, e quindi?
Devo stendere il tappeto
rosso?- chiesi ironica.
-No, ma… Oh,
andiamo. Hai quasi diciannove
anni e ancora non ti ho mai sentito parlare di ragazzi.
L’unico è stato Riccardo
e tu hai intenzione di conquistarlo vestita così?-
-Io non voglio conquistare
Riccardo.-
Sì, ci mancava
solo che mi mettessi in
ghingheri per quella cena. No. No. No. Assolutamente no!
Circa mezz’ora
dopo mi ritrovai con addosso un
vestito color pesca di mia madre, piuttosto scollato e dei scarpe
bianche di
mia madre con un po’ di tacco. I capelli tirati su in uno
chignon semplice e un
trucco leggero che mi valorizzava gli occhi.
Le minacce di mia madre
avevano funzionato,
non avevo potuto far niente per evitarlo. Non mi avrebbe lasciato
vivere per
giorni- se non per mesi- se non l’avessi accontentata.
Mi consolava il fatto che
anche lei si fosse
messa abbastanza in tiro, almeno non si sarebbe letta la sua intenzione
di
accasarmi con Riccardo.
Se Massi avesse saputo
quello che aveva in
mente mia madre, come minimo avrebbe ucciso Riccardo e non credevo che
avrebbe
risparmiato me solo perché mi amava.
La situazione
peggiorò all’arrivo di mio
padre.
-Vale, sei uno schianto!
Vuoi accalappiare
Riccardo, eh?- mi disse facendomi l’occhiolino.
Dov’era finito mio
padre?! Quello che mi aveva
sempre minacciata di morte se avessi deciso di fidanzarmi prima dei
trent’anni?! Dov’era?!
-Papà? Ti senti
bene? Tu non vuoi che io abbia
un ragazzo-, risposi semplicemente mentre mettevo gli antipasti in
tavola.
-Oh, andiamo. E’
di Riccardo che stiamo
parlando. Se vuoi metterti con lui io non avrò niente da
dire. Se fosse stato
un altro… Ma a Riccardo cedo volentieri la mia bambina.-
Spalancai gli occhi e lo
fissai. Quella frase
mi aveva quasi traumatizzata. Un altro no ma Riccardo sì, e
che cavolo di
ragionamento era?! Perché dovevo avere dei pazzi con
personalità multiple per
genitori.
-Non voglio mettermi con
Riccardo-, risposi
semplicemente.
-Sì, come no-,
disse mio padre ridendo.
-No, sul serio. Riccardo
è solo un amico-,
sperai di chiudere la conversazione con quella frase.
-Sì, certo. Anche
io e tua madre eravamo “solo
amici”, e guardaci adesso: sposati felicemente da
più di vent’anni. L’amicizia
è un ottimo preludio per l’amore.-
-Papà! Non voglio
mettermi con Riccardo! Non
succederà mai.-
-Va bene, va bene. Come
vuoi-, mi liquidò lui.
Non ne potevo
più. Avrei voluto dire tutto ai
miei per togliermi da quella situazione ma non potevo tirare fuori
Massi così
all’improvviso e comunque mio padre aveva detto che un altro
ragazzo non lo
avrebbe accettato e non volevo che uccidesse Massi. Ma
perché Riccardo doveva
piacere così tanto ai miei genitori?! Perché
sempre tutte a me!?
Poco dopo quella
conversazione i Donati fecero
il loro ingresso in casa mia. Sembrava una vera e propria scena da
film,
mancavano solo le lacrime di commozione.
Rivedere Riccardo dopo gli
avvenimenti di
poche ore prima fu abbastanza strano. Si comportò come al
solito, come se non
fosse accaduto nulla ma c’era qualcosa di diverso
nell’aria: avevo la
sensazione che volesse parlarmi, e anch’io sentivo
l’improvviso bisogno di
parlare con lui, dovevo spiegarmi. Sapevo di averlo ferito e volevo
rimettere
le cose al loro posto.
L’atmosfera
sarebbe stata molto piacevole se
mia madre non avesse cercato in continuazione di mettermi in buona luce
con
Riccardo e la sua famiglia.
-Quindi, Riccardo-,
iniziò quando eravamo
arrivati al dolce. –Non sei fidanzato? Un così bel
ragazzo come te avrà la fila
sotto casa.-
Per poco non mi
sfuggì di mano il cucchiaino
ma riuscii a salvarmi ficcandolo con forza nella porzione di
tiramisù che avevo
davanti.
-No, Roberta. Ho avuto una
ragazza quando ero
a Londra ma le cose non sono andate bene, non era fatta per me. Forse
tra noi
era successo tutto un po’ troppo in fretta.-
-Eh, sì-, rispose
mia madre dandosi arie da
donna saggia. –I rapporti nati troppo in fretta tendono a
naufragare. E’ molto
meglio essere amici per un po’, a volte anche per anni,
così ci si può
conoscere fino in fondo prima di affrontare una relazione vera e
propria. Non
hai qualcuno che ti piace, Riccardo?-
Alzai la testa di scatto e
fissai mia madre
con sguardo assassino, poi mi accorsi che Riccardo mi aveva lanciato
un’occhiata
veloce. Sperai con tutto il cuore che non decidesse di fare una
dichiarazione
davanti a tutti.
-C’era una ragazza
ma è già fidanzata con un
altro, e non credo di poterci fare molto.-
-Oh, dai-, adesso era mio
padre ad
immischiarsi. –Fai l’uomo Riccardo, impegnati e
portagliela via. Se lei ti
piace così tanto sono certo che ci riuscirai.-
-Gianpaolo!-
esclamò mia madre scandalizzata.
–Non essere sciocco. Dovrebbe lasciar perdere quella ragazza
e guardarsi un po’
intorno, sono certa che vicino a lui ci sarà qualcuna che
possa andare bene.
Magari è più vicina di quanto pensa.-
Okay. Cercai mentalmente di
tradurre quello
che era accaduto. Riccardo si riferiva a me, mio padre pensava che
stesse
parlando di un’altra, e mia madre aveva consigliato di
lasciar perdere
quell’altra e di provarci con me.
Ma i miei non potevano stare
zitti?! In ogni
caso stavano incitando Riccardo a mettersi con me. Da qualunque lato
guardassi
quella cena riuscivo a vedere solo catastrofe su catastrofe.
Quando i nostri genitori si
spostarono in
salotto per bere qualcosa, lasciando me e Riccardo da soli, decisi che
era
arrivato il momento di parlare con lui. Stavo cercando le parole
più adatte per
intavolare una conversazione sensata ma Riccardo mi precedette.
-Tua madre sta provando a
farci sposare?-
chiese ridendo con aria compiaciuta.
Lo guardai con occhi
esasperati.
-Ti prego, lasciala perdere.
Da quando ho
compiuto diciott’anni e ha notato che non avevo ancora un
ragazzo è diventata
peggio di una comare. Non fa altro che dire che dovrei avere un
fidanzato.-
-E non sa del tuo biondino?-
mi chiese
ridendo.
-Devo spiegartelo?-
-Capisco. Hai paura che tuo
padre lo faccia
fuori-, disse semplicemente.
-Sai
com’è mio padre. Massi rischierebbe la
vita e mia madre lo riempirebbe di domande fino ad esaurirlo.-
Era incredibile quanto fosse
sempre così
semplice parlare con Riccardo. Tutta l’ansia che avevo
provato poco prima era
sparita nel nulla.
-Poi ci sarebbe anche
quell’altra cosa.-
-Cosa?- chiese lui curioso.
-Massi è il
figlio della mia professoressa di
scienze. Una donna impicciona e ho paura che se scoprisse di noi non mi
lascerebbe in pace. Mi torturerebbe, portandomi al limite della
sopportazione.
Per questo, tranne i nostri amici e mia zia Lucia, nessuno sa di me e
Massi.-
-Quel ragazzo sopporta di
tenere un segreto
del genere?-
-In che senso
“quel ragazzo”?-
-L’ho visto, Vale.
Ti ama molto e ho capito
com’è fatto. E’ orgoglioso e fiero di
quello che ha, come minimo vorrebbe
sfoggiarti davanti a tutti, urlare al mondo che sei sua. E invece non
lo fa,
per te.-
In effetti Riccardo non
aveva tutti i torti,
come al solito si era dimostrato molto perspicace.
-Già-, risposi
abbassando lo sguardo. Aveva
parlato dell’amore di Massi nei miei confronti senza fare una
piega, con una
voce così normale da spaventarmi. Eppure sapevo che per lui
non era facile
mostrarmi quella maschera, lo faceva solo per tranquillizzare me.
Ancora una
volta Riccardo si era dimostrato molto più amico di quello
che avevo creduto
fino a poco prima.
-Vale-, cominciò
sedendosi accanto a me e
mettendomi una mano sotto il mento per costringermi a guardarlo negli
occhi.
–Alla fine dei conti io voglio solo il tuo bene. Ti amo, e
per questo non posso
farci nulla. Qualcosa però la posso fare: posso rendere la
tua vita più
semplice. Quindi ti sarò amico, se è questo che
vuoi. Non voglio che tu sia
triste o in ansia per colpa mia, non proverò più
a baciarti o cose così,
tornerò ad essere il Riccardo che hai sempre conosciuto.-
-Ti ferirai-, dissi
lapidaria.
L’idea che
Riccardo soffrisse così tanto per
colpa mia non mi piaceva per niente. Conoscevo anche troppo bene il
mondo dell’amore
non corrisposto, e conoscevo anche meglio la sensazione di sconfitta ed
impotenza che si diffondeva in tutto il corpo. Non volevo che Riccardo
passasse
tutto quello che era successo a me pochi mesi prima, ma non avevo idea
di come
evitargli certe sofferenze.
-Non preoccuparti per me, mi
farò bastare la
tua amicizia. Quello che conta davvero è poter continuare a
stare al tuo
fianco, e oggi per un momento ho pensato di perderti per sempre, di
perdere
quello che abbiamo, anche se non è quello che vorrei.-
-Mi dispiace-, mormorai con
tono sommesso.
-Non devi dispiacerti. Sono
felice di essere
tornato qui, di averti incontrata di nuovo, di aver scoperto che la
quindicenne
insicura che conoscevo si è trasformata in una meravigliosa
ragazza, certa
delle sue azioni e dei suoi desideri. Non potevo sperare in qualcosa di
meglio
e in quanto ai miei sentimenti, non te ne fare un problema, sono pure
sempre
Riccardo Donati e sai benissimo che io non mi faccio abbattere da
niente,
neanche da un biondino pieno di sé che ti ha portato via da
me.-
Rise e quella sua risata mi
rese felice e
triste allo stesso tempo. Sapevo che stava fingendo di stare bene per
non
ferirmi e causarmi problemi, questo mi distruggeva. Ma sapevo che anche
era
vero: Riccardo Donati non si faceva mai abbattere ed ero felice di
vederlo così
sicuro della sua decisione. Fu questo a darmi la forza di non piangere
per il
male che stavo facendo al mio migliore amico.
-Riccardo, ti voglio bene e
non posso credere
di essere proprio io a doverti chiedere un sacrificio del genere.-
Ormai il mio tono era
evidentemente triste e
Riccardo mi accarezzò la guancia per cercare di darmi un
po’ di forza.
-Ti voglio bene
anch’io, e qualunque cosa
accada resterò tuo amico. Non posso farti del male cercando
ancora di
intrometterti nel tuo rapporto, questo mi ferirebbe molto
più di quello che ho
deciso di fare adesso facendomi da parte.-
-Sei il migliore-, sussurrai
un po’
rincuorata.
-Lo so-, rispose lui con un
enorme sorriso.
-E come al solito sei il re
dell’umiltà-,
sorrisi anch’io.
-Ovvio.-
Quella cena mi
aiutò a sistemare le cose con
Riccardo. Nonostante tutti i tentavi successivi di mia madre per fare
in modo
che Riccardo si mettesse con me, tutto si svolse in modo abbastanza
tranquillo
e piacevole.
Prima di andare a dormire
chiamai Massi per
raccontargli tutto quello che il mio amico mi aveva detto. Inutile dire
quanto
fosse soddisfatto e felice della scelta di Riccardo, non ne avevo la
certezza,
ma era come se Massi avesse sorriso dall’inizio alla fine
della telefonata.
Mi addormentai quasi subito
dopo essermi messa
a letto, i pensieri erano spariti dalla mente. Non tutti
però. Mi aspettava una
settimana molto faticosa, stavano per cominciare le simulazioni della
terza
prova dell’esame di Maturità. Avevo una fifa nera
che mi inondava tutto il
corpo. Con gli avvenimenti degli ultimi mesi, lo studio non era stato
proprio
al centro dei miei pensieri e ora cominciavo a pentirmi di non essermi
impegnata di più.
Senza contare che avevo un
appuntamento in
sospeso con Lucifero.
Era una mattina come tante.
Ero arrivata a
scuola prima del solito, probabilmente per colpa del nervosismo non
avevo
dormito bene e alla fine avevo deciso di uscire di casa prima di dare
fuori di
matto. La D’Arcangelo quel giorno avrebbe cominciato ad
interrogare e io avevo
garantito che sarei andata volontaria. Dubitavo che la
D’Arcangelo, distratta
com’era, si sarebbe ricordata della nostra conversazione di
qualche giorno
prima, ma il mio obiettivo era proprio quello di sorprenderla e di
scucirle un
voto decente.
-Buongiorno.-, disse una
voce depressa.
-Buongiorno Marco-, risposi
mentre vedevo il
mio amico sedersi accanto a me su una delle panchine dello spiazzo
davanti alla
scuola. –Ti senti bene?-
-Ha
l’interrogazione di matematica-, mi
rispose Amy sedendosi accanto a lui.
Guardai Marco e per poco la
sua depressione
non contagiò anche me. E no! Non quel giorno! Avevo
già i miei di problemi
senza sobbarcarmi anche quelli di Marco.
-Dai, Marco. Vedrai che
andrà tutto bene.-
-Lo spero-, rispose lui con
un sospiro che
avrebbe potuto spostare un intero edificio.
-Marco, ho speso una marea
di pomeriggi della
mia vita in cui avrei potuto fare qualcosa di molto più
produttivo per me
stessa, facendoti ripetizioni. Se prendi meno di sette ti
verrò a cercare e ti
squarterò con le mie mani fino a che l’ultima
goccia di sangue del tuo corpo
non diventerà un tutt’uno con la terra.-
-Vale, rilassati-,
cominciò Amy guardandomi
comprensiva mentre Marco diventava sempre più piccolo sotto
il mio sguardo
quasi assassino. –Oggi è anche il tuo compleanno,
non fartelo rovinare da
un’interrogazione della D’Arcangelo.-
-E’ il tuo
compleanno?- chiese Marco
riprendendosi dalla minaccia di poco prima. –Auguri!-
-Auguri? Auguri un cavolo!-
esclamai
esasperata. –Oggi la D’Arcangelo mi farà
nera e come se non bastasse mia madre
mi ha svegliato con un mazzo di diciannove rose rosse lasciate da
Riccardo come
regalo. Questa giornata è cominciata malissimo e dubito che
possa migliorare.
Se Massi viene a sapere delle rose mi ucciderà!-
-Tranquilla, da noi non lo
saprà-, rispose Amy
con tono materno. –Vero?!-
Marco, la persona alla quale
era rivolta anche
quella minaccia, la fissò per un secondo e poi
annuì con convinzione.
Evidentemente quel ragazzo aveva imparato a tenerci alle penne!
Mi mancava solo che il
giorno del mio
compleanno Massi facesse una qualche scenata da ricordare a vita, non
ne avevo
proprio bisogno, non quando stavo andando al patibolo per colpa di
un’interrogazione di scienze e di una prof che era il mio
incubo peggiore.
Tirai fuori il libro, decisi
di ripetere
ancora una volta tutto il programma che la D’Arcangelo aveva
spiegato fino a
quel momento. Non si sarebbe risparmiata: mi avrebbe chiesto anche
argomenti
spiegati all’inizio dell’anno, lo aveva sempre
fatto.
Mancavano più di
dieci minuti al suono della
campanella, decisi di entrare in classe. Eludere la sorveglianza dei
bidelli
era un gioco da ragazzi per me.
Salutai Marco ed Amy, che
avrei rivisto poco
dopo, infilai il libro nello zaino e mi diressi di gran carriera verso
la
porta. Avevo bisogno di un po’ di tranquillità per
ripetere in santa pace e in
mezzo alla calca di studenti che si stava cominciando a radunare nel
cortile
non mi sentivo per niente in grado di concentrarmi.
Come avevo immaginato non
c’era nessuno di
fronte alle scale della seconda entrata, quella davanti alle
macchinette.
Quindi mi diressi al piano di sopra ed aprii la porta della mia aula,
pronta ad
una full immersion nel mondo della geografia astronomica per quei pochi
minuti
che mi rimanevano. Già, questa era la mia intenzione, ma
come al solito i miei
piani dovevano sempre trovare degli ostacoli.
Appena entrata in aula vidi
qualcosa che mi
sorprese parecchio: sul mio banco, nell’ultima fila,
c’era qualcosa. Mi
avvicinai e capii subito di cosa si trattava. Era una rosa. Una
semplice rosa
bianca, una stupenda rosa bianca, così meravigliosa da
lasciarmi senza fiato.
-Buon compleanno, Amore
mio-, quella voce per
poco non mi fece venire un infarto. Mi voltai lentamente e subito il
verde
degli occhi di Massi mi invase come un raggio di sole del primo
mattino.
-Potrebbero scoprirci, tra
poco suonerà la
campanella-, mormorai incredula. E certo! Massi mi faceva un regalo del
genere
e io, con la mia solita delicatezza, cercavo di svicolare
perché la cosa
m’imbarazzava e, a dirla tutta, stava diventando piuttosto
rischiosa. Non
c’erano molte scuse da accampare se ci avessero trovati
lì, da soli. Dato
soprattutto il fatto che alla prima ora avevo proprio la
D’Arcangelo. Dubitavo
potesse crearsi una situazione più rischiosa di quella che
avevo davanti agli
occhi.
-Volevo solo lasciarti il
mio regalo prima che
affrontassi l’interrogazione-, ribatté lui
sorridendomi e avvicinandosi sempre
di più a me.
-Massi-, dissi notando
quanto la distanza fra
noi si fosse ridotta. –Tua madre sarà qui tra
poco.-
Mi guardò e
sollevò un sopracciglio.
-E va bene, lo so. Quella
donna ha la
puntualità di un bradipo, se va bene sarà qui tra
mezz’ora-, risposi cosciente
della cavolata che avevo detto poco prima. –Ma comunque
arriveranno i miei
compagni di classe e non mi sembra proprio il caso di rischiare.-
-Vorrei solo un bacio e poi
andrò via-, mi
bisbigliò lui accarezzandomi la guancia e spostando una
ciocca dei miei capelli
dietro l’orecchio. –Voglio solo questo.-
Anch’io volevo
solo quello! Ne avevo bisogno
come l’aria, l’acqua e il calore messi insieme! Ne
avevo bisogno come la
facoltà di parlare e scrivere! Ne avevo bisogno per
permettere al mio cuore di
continuare a battere e impedirgli di fermarsi come se gli mancasse
l’impulso
elettrico. Era Massi la mia elettricità, e il mio cuore
l’anelava per non
spegnarsi per sempre.
Tenendo ancora la rosa in
mano, posai l’altra
mano dietro il suo collo sentendo i suoi capelli che si insinuavano tra
le mie
dita e prima che potesse dire altro lo attirai a me.
Lo baciai. Lo baciai
facendogli sentire tutto
il bisogno che avevo di lui e del nostro amore.
Lo baciai. Con quel bacio
volevo ringraziarlo
per la rosa, ma soprattutto ringraziarlo di essere entrato nella mia
vita.
Lo baciai con tutta la paura
che avevo di
perderlo. Lo baciai con il terrore che potesse essere
l’ultima volta, anche se
sapevo benissimo che non lo sarebbe stata.
Ci misi talmente tante
sensazioni e sentimenti
da restare praticamente senza fiato, mentre le mie labbra continuavano
a
muoversi insieme a quelle di Massi, in un’armonia quasi
surreale ma così bella
da lasciare il marchio nel mio cuore.
-Grazie per il regalo-,
mormorai mentre mi
staccavo da lui e lo guardavo negli occhi. Quel bacio aveva risucchiato
via dal
mio cervello tutto ciò che ci aveva abitato poco prima,
compreso tutto quello
che avevo studiato per la D’Arcangelo, ma non me ne importava
un fico secco.
Stare tra le braccia di Massi, in quel momento, era l’unica
cosa che poteva avere
un minimo di senso nella mia vita sgangherata.
-Figurati-, rispose lui
lasciandomi un
delicato bacio sulla fronte. –Ora vado, sta diventando
davvero troppo
rischioso.-
Lo guardai e lui lesse nei
miei occhi un “TE
L’AVEVO DETTO” grande come una casa. Sorrise
divertito e dandomi un altro
veloce bacio sulle labbra, si diresse verso la porta. Poi si
voltò.
-Vale.-
Lo fissai senza dire nulla,
aveva tutta la mia
attenzione, non c’era bisogno che parlassi.
-Ti amo.-
Sorrisi.
-Anch’io, tanto.-
Quelle parole chiusero il
mio breve incontro
con Massi e furono l’introduzione per l’ingresso
della D’Arcangelo che arrivò
esattamente un quarto d’ora dopo- dieci minuti in anticipo
rispetto al suo
solito ritardo- quando eravamo tutti intenti a ripetere in religioso
silenzio.
Quell’aula sembrava una chiesa, non volava davvero una mosca,
probabilmente si
erano suicidate sapendo che la D’Arcangelo stava per
interrogare.
La professoressa prese il
registro pronta a
chiamare qualcuno e improvvisamente accadde qualcosa.
-Professoressa.-
-Dimmi, Ferrari. Che
c’è?- disse lei con aria
un po’ annoiata.
Cosa? Ero stata io parlare?
Ma io non avevo
detto niente! Eppure la professore si era rivolta a me quindi dovevo
essere
stata io ad attirare la sua attenzione. D’un tratto mi sentii
come al centro di
un palcoscenico che avrebbe decretato la mia morte o il beneficio di
poter
continuare a vivere. Mi sembrava di essere un gladiatore a terra con un
gladio
puntato alla gola che aspettava la decisione dell’Imperatore:
pollice in su,
vita, pollice in giù, morte!
-Ecco, le avevo detto che
sarei venuta
volontaria per l’interrogazione-, dissi con una voce che non
sembrava la mia.
Avevo parlato in modo sicuro, troppo sicuro per essere il giorno in
cui, con
ogni probabilità, la mia carriera scolastica sarebbe giunta
alla fine.
-Giusto, me ne stavo quasi
dimenticando. Hai
fatto proprio bene a ricordarmelo, brava Ferrari-, i suoi occhi
s’illuminarono
all’idea di interrogarmi, come sempre. Ormai c’ero
talmente abituata da non
fare più caso al suo sguardo sadico quando sapeva di potermi
torturare. –Forza,
vieni alla lavagna.-
Mi alzai con calma, senza
guardami intorno. Incontrare
gli occhi di un solo essere umano diverso dalla D’Arcangelo
mi avrebbe
destabilizzato troppo. Potevo farcela! Avevo Massi dalla mia parte e
sapevo che
il pensiero di lui mi avrebbe dato la forza per affrontare sua madre.
-Bene-, disse la
D’Arcangelo iniziando a
scorrere il programma che aveva segnato sul registro. Era andata dietro
di
parecchie pagine, stava per chiedermi qualcosa che aveva spiegato
all’inizio
dell’anno, lo sapevo benissimo. La prima delle sue tre
domande era sempre su un
argomento affrontato nel paleolitico, dopo tre anni la conoscevo come
le mie
tasche.
-L’effetto
Doppler.-
Evvai! Quello era uno degli
argomenti che
avevo sempre ricordato meglio.
-L'effetto Doppler è
un fenomeno fisico che consiste nel
cambiamento apparente della
frequenza
o
della lunghezza
d'onda di
un'onda
percepita da un osservatore che si trova in movimento o
in quiete rispetto alla sorgente delle onde, anch'essa in movimento o
in
quiete.-
La professoresse non disse
nulla, non mi
corresse e non fece smorfie, si limitava a guardare il registro quasi
ignorandomi. Era un buon segno, significava che non avevo sbagliato
nulla e che
potevo continuare.
-In geografia astronomica
viene utilizzato per
misurare la velocità con cui stelle e galassie si
stanno avvicinando o allontanando da noi. Si basa
sul fatto che lo
spettro elettromagnetico
emesso
dagli oggetti celesti non è continuo, ma mostra
delle linee spettrali a
frequenze ben definite, correlate con le energie
necessarie ad eccitare gli
elettroni di
vari elementichimici.
Poiché i colori posti ai due estremi dello spettro visibile sono
il blu (per
lunghezze d'onda più corte) e il rosso (per
lunghezze d'onda più lunghe), l'effetto Doppler è
spesso chiamato in astronomia
spostamento verso il rosso se
diminuisce la frequenza della luce, e spostamento verso il blu
se
aumenta. L'effetto
Doppler è una prova inoltre della continua espansione
dell'universo.
Consideriamo infatti una stella. Controllando la sua lunghezza d'onda
noteremo
che si sposta sempre di più verso il rosso. Ciò
significa che la sua lunghezza
d'onda è aumentata e conseguentemente la stella è
sempre più lontana da noi.
Questo indica che l'universo è in continua espansione e ogni
elemento tende ad
allontanarsi da tutto, allungando sempre di più la sua
lunghezza d'onda.-
Avevo risposto a quella
domanda senza fermarmi
neanche per un secondo, avevo respirato solo lo stretto necessario, e
il
silenzio tombale che troneggiava in classe cominciava ad innervosirmi.
Non
dovevo mollare, Lucifero non mi aveva interrotta quindi avevo detto
tutto
quello che voleva sapere.
-Spiegami sinteticamente la
classificazioni di
Harvard. Scrivila alla lavagna.-
Una parte del programma di
ottobre, voleva
proprio mettermi alla prova chiedendomi qualcosa di così
datato. Sperai con
tutto il cuore di riuscire a ricordare quella maledetta
classificazione.
Iniziai a scrivere e
spiegare.
-Le stelle hanno temperature
superficiali
variabili fra i 2.000 e i 40.000
Kelvin.
Le classi spettrali di Harvard sono solitamente elencate dalla
più
calda alla meno calda. La classe O ha una colorazione convenzionale blu
e
comprende stelle con temperatura superiore a 33.000 K…-
continuai a scrivere
tutte le classi senza mai fermarmi e sentivo gli occhi della
D’Arcangelo
puntati sulla mia schiena. –La classificazione continua con
le lettere B, A, F,
G, K fino ad arrivare alla M che è la più bassa
con temperature inferiori a
3.700 K, con colorazione convenzionale rossa e apparente
arancio-rosso.-
Avevo scritto sulla lavagna
tutta la
classificazione, con classe, temperatura, colorazione convenzionale e
apparente, e stelle a cui si riferivano. In pratica sembrava che avessi
copiato
perfettamente lo schema che ci aveva spiegato lei, ed era proprio
quello che la
professoressa si aspettava durante un’interrogazione.
-Molto bene, Ferrari-, disse
lei alla fine.
Lasciai il gesso nel contenitore e la guardai mentre cercavo di pulirmi
le
mani. –Adesso puoi scegliere. Sei già su un sei e
mezzo, puoi fermarti qui
oppure posso farti un’altra domanda. Scegli tu, ma considera
che se non
rispondi il voto potrebbe scendere.-
E certo! Perché
rendermi le cose facili quando
poteva complicarmele?
-Ne faccia
un’altra.-
Mi ero preparata a tre
domande e avevo la
possibilità di alzare il voto, male che fosse andata sarei
solo precipitata nel
vuoto e lei sarebbe stata contenta. Non avevo voglia di darle la
soddisfazione
di vedermi gettare la spugna, avevo ancora abbastanza energie per
combattere.
-Parlami sinteticamente dei
Buchi Neri.-
Feci un respiro e cercai di
raccogliere nel
cervello tutto quello che riuscivo a ricordare su
quell’argomento.
-Verso il termine del
proprio ciclo vitale,
dopo aver consumato tramite fusione nucleare il
10% dell'idrogeno
trasformandolo
in elio,
nel nucleo della stella si
arrestano le reazioni nucleari. La
forza gravitazionale,
che prima era in
equilibrio con
la pressione generata dalle reazioni di fusione
nucleare, prevale e comprime la
massa della
stella verso il suo centro….-
Continuai a parlare con una
velocità e una
sicurezza che non erano da me, avevo così tanta paura che la
professore
m’interrompesse facendomi perdere il filo che non avevo
assolutamente
intenzione di lasciarla ragionare troppo su quello che stavo dicendo.
Avevo detto quasi tutto
quello che ricordavo.
-A questo punto la
densità della stella
morente, ormai diventata un buco nero,
raggiunge velocemente valori tali da creare un campo gravitazionale
talmente intenso da non permettere a nulla di
sfuggire alla sua attrazione, neppure alla luce.
Si ha una curvatura infinita dello spaziotempo che può far
nascere dei cunicoli
all'interno di buchi neri in rotazione.-
Non avevo più
altro da dire, il mio cervello
si sarebbe rifiutato di formulare anche solo un’altra parola.
-Direi che può
bastare-, disse la D’Arcangelo
posando la penna e voltandosi a guardarmi. –Ferrari,
è un otto e mezzo.-
Per poco non mi misi ad
urlare- non l’avrei
mai fatto, in realtà mi sfuggii solo un piccolo sorrisino.
-Non ti adagiare sugli
allori però, questa è
solo la prima interrogazione e lo sai che ne dovrai sostenere almeno
un’altra,
ma devo dire che mi hai sorpreso davvero. In tre anni credo che questa
sia
stata la tua interrogazione migliore.-
-La ringrazio-, risposi con
un filo voce.
-Voglio solo farti capire
che è tutta una
questione d’impegno. Il cervello e l’intelligenza
non ti mancano, devi solo
trovare la voglia di farti piacere quello che ti spiego.-
Non erano gli argomenti a
non piacermi, ma lei
e il suo odio incondizionato nei miei confronti. Ovviamente mi limitai
a
pensarla quella frase.
-Puoi andare a posto.-
Annuii e prima di muovermi
mi assicurai di
vedere quell’otto e mezzo segnato su quel cavolo di registro!
Non potevo crederci! Era
come se in quella
giornata tutto fosse stato sconvolto e capovolto. Prendere un voto del
genere
con Lucifero era praticamente un dieci, e finalmente anch’io
ne avevo avuto
uno! Era assolutamente surreale! Incredibile! Sconvolgente!
Il giorno più
sconvolgente di tutta la mia
vita scolastica!
Non avrei mai potuto
chiedere di meglio!
-Professoressa.-
-Dimmi, Tarantino-, rispose
la D’Arcangelo alzando
lo sguardo su Amy. Io mi voltai di scatto a fissare la mia amica.
–Vuoi venire
volontaria anche tu?-
-Ehm, no. Magari
un’altra volta-, rispose Amy
con un sorriso.
-Sì, direi che
dopo la performance di Ferrari
non ho la forza per farmi rovinare la giornata da uno qualsiasi di voi
che ha
studiacchiato rosicchiando un po’ d’informazioni
qua e là. Allora, cosa ti
serve, Tarantino?-
-Volevo solo dirle che oggi
è il compleanno di
Ferrari.-
Per poco non mi venne un
colpo! Ma che diavolo
le era saltato in mente!? Quanto mai quell’informazione
sarebbe potuta
interessare alla D’Arcangelo.
-Ah, bene-, rispose la
professoressa
guardandomi. –Spero che il mio regalo ti sia piaciuto,
Ferrari.-
La D’Arcangelo
sorrise e io per poco non caddi
dalla sedia. Era la prima volta che si rivolgeva a me in modo
così gentile. Dovevo
prendere un voto alto per farmi rispettare da lei?
-Sì, la ringrazio
ancora.-
Appena
la campanella suonò chiesi di poter
andare in bagno, avevo bisogno di stare un momento da sola per
riflettere. Mi
chiusi dentro e mi coprii il volto con le mani cercando di capire in
che
dimensione o universo parallelo fossi capitata.
Lucifero mi aveva messo un
otto e mezzo ed era
stata gentile con me! Se solo me lo avessero detto il giorno prima non
ci avrei
mai creduto e invece era successo davvero.
Una cosa così
poteva davvero sconvolgermi la
vita!
Un volta uscita mi bagnai un
po’ la guance
arrossate per lo stress e decisi di scendere alle macchinette per
comprare una
bottiglietta d’acqua. Dopo un inizio di giornata come quello
ne avevo assoluto
bisogno.
Arrivata
all’ultimo gradino delle scale mi
bloccai.
Due voci conosciute
arrivarono al mio orecchio
e decisi fosse meglio non farmi vedere. Captai uno stralcio del loro
discorso e
improvvisamente il mondo mi crollò addosso. Non avrei mai
voluto sentire quella
conversazione, mai in tutta la vita e invece, quando i proprietari di
quelle
voci si allontanarono, mi ritrovai con le spalle poggiate al muro e
lentamente
scivolai fino a sedermi su un gradino.
La mia vita era appena
giunta ad un bivio e
non sapevo come uscirne.
Tutto era stato sconvolto da
parole
pronunciate proprio vicino a me pochi istanti prima.
La
giornata più bella di tutta la mia vita si
era appena trasformata in un vero e proprio incubo.
***L'Autrice***
E con
questo capitolo lasceremo per un po' Vale e vedremo la storia che
continua ad essere raccontata dal punto di vista di Massi.
Probabilmente
vorrete uccidermi per come ho fatto terminare il capitolo ma presto
capirete perchè è finito così. Diciamo
che il mio cervello sta elaborando davvero un intreccio un po' strano
per la continuazione della storia ^^ Non prendetevala con me ma con la
mia mente che si diverte a fare queste cose.
Il
prossimo capitolo ce l'ho già in mente quindi spero davvero
di non farvi aspettare a lungo, e spero che questo capitolo vi sia
piaciuto. Comunque non crediate che con Riccardo finirà
così, potrebbe anche decidere di tornare all'attacco ^^
Per quanto
riguardo l'interrogazione, l'ho subita davvero, con quelle domande.
Purtroppo non avevo a portata di mano i miei appunti del liceo quindi
le informazioni le ho prese da Wikipedia, ma più o meno era
esattamente quello che aveva spiegato la mia professoressa a suo tempo.
Ancora ricordo, dopo tre anni, quella maledetta interrogazione, mi
aveva davvero fatto sudare freddo xD
Ricordo a
tutti che potete aggiungermi su facebook, così saprete
quando aggiornerò ^^
Grazie
davvero a chi legge questa storia e alle meravigliose recensioni che mi
lasciate, siete meravigliosi!
Un
bacio, alla prossima
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Capitolo 12 *** Nessuna Spiegazione ***
Verso La Maturità- Capitolo 12
Verso
La Maturità- Seconda Parte
Verso
Lei
La
Sola Cosa Che Si Possiede
E’
L’Amore Che Si Dà
(Isabel
Allende)
Capitolo
12:
Nessuna Spiegazione
L’ultima
ora di lezione sembrava non passasse
più quel giorno. Avevo aspettato per così tanto
tempo il compleanno di Vale.
Volevo portarla fuori, da qualche parte, per festeggiare lontani da
occhi
indiscreti e soprattutto lontano da quel cavolo di liceo che ci stava
portando
via la vita. Per non parlare di quel coglione di Riccardo Donati che si
era
messo in mezzo proprio in un momento tanto delicato: ma proprio adesso
doveva
decidersi a tornare? Non se ne poteva restare in quella cazzo di
città piovosa
e grigia e lasciare in pace la mia
Vale?
Gli
avvenimenti degli ultimi giorni
cominciavano a farmi sospettare che Vale mi avesse in qualche modo
contagiato
con la sua sfortuna apocalittica.
Comunque
alla fine si stava sistemando tutto:
Riccardo aveva capito quel’era il suo posto
–lontano anni luce dalle labbra
della mia ragazza!- e mancavano pochi mesi alla Maturità.
Avremmo dovuto
resistere ancora un altro po’ e finalmente avrei potuto dire
ogni cosa a mia
madre che se ne sarebbe fatta una ragione- con le buone o con le
cattive.
L’arrivo
di quell’ameba di Riccardo mi aveva
fatto temere davvero il peggio e non avevo alcuna intenzione che le
stupide
idee di mia madre rischiassero di farmi perdere Vale per sempre. Non lo
avrei
mai permesso a costo di rimetterci tutto quello che avevo e ogni
cellula del
mio cervello!
Avrei
fatto di tutto per tenere Vale con me.
Era il mio sole, il mio ossigeno, l’unica ragione che mi
permetteva di essere
davvero felice. E non avrei permesso a niente e nessuno di portarmela
via.
Il
nostro rapporto era cambiato così in fretta
ma costellato di parecchie sofferenze e ancora sapevo che sarebbe stata
dura
andare avanti, ma sentivo che i nostri sentimenti erano abbastanza
forti per
resistere a qualsiasi problema.
Stavo
iniziando a passare mentalmente tutti i
locali in cui avrei potuto portare Vale quando, finalmente, quella
maledetta
campanella dell’ultima ora decise di suonare.
Riposi
in fretta nello zaino tutte le mie cose
e felice come una Pasqua mi diressi insieme a Marco verso la porta
dell’aula.
Appena
uscito, però, mia madre mi bloccò
venendomi incontro. Marco si fermò al mio fianco aspettando
che mia madre
parlasse.
-Tesoro,
ti avevo già detto che oggi ho un
Consiglio di Classe e non tornerò a casa per pranzo?-
-Sì,
mamma. Me lo avrai detto almeno tre volte
in tutta la giornata, credo di averlo assimilato-, risposi in tono
parecchio
brusco ma non avevo voglia di scusarmi. In quel momento mia madre era
davvero
l’ultima persona al mondo a cui avevo intenzione di dar
retta. Vale era la
prima e forse l’unica che albergava nei miei pensieri e
dubitavo che quella
classifica sarebbe mai stata scalata da qualcun altro.
-Okay,
allora ci vediamo più tardi a casa.-
-Non
lo so. Forse più tardi uscirò-, risposi
senza tante cerimonie.
-E
dove vai?- chiese lei sorpresa. Non era
esattamente da me uscire di lunedì, soprattutto sapendo che
avevo miliardi di
libri che mi aspettavano per studiare.
-Devo…
Ecco…-
-Ho
chiesto a Massi di darmi una mano a
studiare-. Ringraziai mentalmente Marco per il suo intervento
tempestivo.
-Ah,
sono contenta-, disse mia madre
sorridendo. –Sono sicura che Massi ti sarà di
grande aiuto, sono veramente
felice che il tuo impegno nello studio stia arrivando a certi livelli,
Marco.
Sono certa che farai un figurone agli esami.-
Marco
la guardò cercando di non scoppiare a
ridere, e sperai con tutto il cuore che non lo facesse altrimenti mia
madre
avrebbe continuato a fare altre domande.
-Spero
di farcela, Claudia-, rispose lui con
uno dei suoi soliti sorrisi attira ferormoni.
Mia
madre sorrise ancora di più.
-Continua
ad impegnarti.-
Quando
riuscimmo a liberarci di mia madre che
stava per attaccare un’omelia su quanto fossero importanti
gli esami, scendemmo
di corsa le scale e raggiungemmo il cortile il più
velocemente possibile.
Marco
cercava Amy con lo sguardo e io feci lo
stesso per trovare Vale.
-Amore!-
esclamò una voce alle nostre spalle.
Ci voltammo e subito una figura mi sfrecciò accanto
catapultandosi ad
abbracciare Marco.
-Amy!
Così mi fai cadere!- rispose lui
cercando di mantenersi in piedi destabilizzato dall’abbraccio
della sua
ragazza. Faceva il duro ma ero certo che quella dimostrazione
d’affetto lo
facesse uscire fuori di testa dalla gioia.
-Ma
che fine avevi fatto? Ti sto aspettando da
una vita!-
-La
madre di Massi ci ha trattenuto-, disse
Marco accogliendo Amy nel suo abbraccio e dandole un bacio sulla
fronte. –Vale
dov’è?-
Stessa
domanda che mi stavo ponendo anch’io.
Non potevamo parlare troppo a scuola ma con la scusa che i nostri amici
stavano
insieme almeno qualche parola all’uscita potevamo scambiarla
e lei non era mai
mancata a quella specie di appuntamento.
-E’
andata a casa-, rispose Amy con una voce
strana.
-Sta
bene?- chiesi subito.
-Sinceramente
non lo so. Appena è suonata la
campanella ci ha salutate ed è andata via. Dopo
l’interrogazione con la
D’Arcangelo è diventata molto silenziosa, non ha
detto una sola parola fino al
termine delle lezioni.-
-L’interrogazione
è andata male?- Mi sentivo
uno schifo, se mia madre avesse dato un brutto voto a Vale il giorno
del suo
compleanno l’avrei uccisa con le mie mani.
-No,
anzi. E’ andata benissimo, infatti
pensavo che si sarebbe messa a saltare da una parte all’altra
fino a domani, e
invece… Non lo so… E’ diventata strana.-
-Forse
dovrei andare casa sua per vedere se
sta bene-, dissi subito. La preoccupazione stava cominciando a rendermi
davvero
nervoso.
-Conoscendola,
quando fa così vuole restare
sola. Magari vai a casa e falle una telefonata, sono certa che ti
dirà cosa è
successo. Non piombarle a casa all’improvviso altrimenti le
farai venire un mezzo
infarto se i suoi sono già tornati.-
In
effetti, Amy non aveva tutti i torti. Vale
mi avrebbe sbranato vivo se i suoi genitori fossero stati in casa e io
mi fossi
presentato lì senza preavviso con il rischio che suo padre
mi vedesse.
Salutai
Marco ed Amy deciso a tornare a casa e
soprattutto a capire cosa diavolo stesse succedendo. Avevo un brutto
presentimento e non sapevo cosa aspettarmi, avevo solo uno strano senso
di
angoscia nello stomaco e quello bastava a rendermi totalmente
irrequieto.
Arrivato
a casa mangiai qualcosa al volo,
senza neanche rendermi conto di cosa stessi facendo e subito dopo aver
lavato i
piatti mi chiusi nella mia stanza e afferrai il cellulare.
Nessun
messaggio.
Anche
questo era così strano. Vale mi mandava
sempre un messaggio quando arrivava a casa dopo scuola, lo aveva sempre
fatto,
fin dal primo giorno in cui ci eravamo messi insieme.
Cosa
cazzo stava succedendo?!
Scorsi
la rubrica e feci partire la chiamata,
una telefonata, che sperai, avrebbe risolto tutto e mi avrebbe
tranquillizzato.
Sì perché sapevo che si sarebbe sistemato tutto,
ero io che mi stavo facendo
problemi che non esistevano. Vale mi aveva davvero contagiato con ogni
parte
del suo carattere!
Il
telefono suonava libero con quel tuu tuu
sincronizzato perfettamente con i battiti del mio cuore. Lo lasciai
squillare
per un tempo infinito ma non ricevetti nessuna risposta. Misi
giù e richiamai
all’istante ma ancora nulla. Vale non rispondeva!
Aspettai
qualche minuto, magari in quel
momento non poteva rispondere. Riprovai ancora una volta a far partire
una
chiamata e successe qualcosa, qualcosa che mi sconvolse e
spaventò allo stesso
tempo. Al primo squillo lei chiuse la chiamata senza rispondere.
Che
cazzo stava succedendo?! Che cavolo era
successo?! Che accidenti dovevo fare?! Che cosa diavolo avevo fatto?!
L’ultima
volta che l’avevo vista Vale mi era
sembrata quella di sempre, ed era successo solo quella mattina. Cosa
diavolo
poteva essere cambiato in così poco tempo per indurla a
comportarsi in quel
modo?!
Dato
che non voleva parlarmi decisi di
scriverle un messaggio, di sicuro quello lo avrebbe visto e avrebbe
capito che
quel comportamento mi stava portando al manicomio.
Cominciai
a scrivere ma cancellavo ogni parola
dopo averne scritte tre o quattro. Sembravo un imbecille, avevo paura
di
sembrare troppo offeso o troppo disperato, quindi non avevo idea di che
scrivere. Alla fine ce la feci dopo quasi dieci minuti di ripensamenti.
Amore,
potresti dirmi che sta succedendo? Comincio a preoccuparmi e anche le
altre ti
hanno visto strana oggi. Richiamami. Ti amo.
Così
poteva andare, lo inviai e restai in
attesa di una risposta per diverso tempo. Mi sentivo come una tigre in
gabbia
ero così agitato e sorpreso che mi alzavo dal letto, facevo
dei passi in giro
per la stanza e tornavo a sedermi. Lo facevo in continuazione!
Dopo
mezz’ora di questa tiritera decisi di
distrarmi un attimo e di fare una doccia. Misi la suoneria del
cellulare al
massimo e lo portai in bagno con me nel caso Vale avesse deciso di
rispondermi
proprio mentre avevo l’acqua sparata su tutto il corpo.
Posai
il cellulare vicino al lavandino, mi
spogliai e m’infilai sotto la doccia. Appena
l’acqua toccò la mia pelle,
inaspettato, improvviso, indesiderato il ricordo di me e Vale a Boston
sotto il
getto di una doccia così diversa ma allo stesso tempo
così simile invase i miei
pensieri come un ricordo lontano, quasi di una vita passata. Era
accaduto solo
poche settimane prima e a me sembrava già che fossero
passati anni. Mentre
l’acqua mi scorreva addosso mi ritrovai a pensare che persino
il volto di Vale
iniziava ad apparirmi lontano, quasi sfocato, come se la preoccupazione
stesse
cercando di cancellarla completamente dalla mia testa. Mi sembrava di
non
sentire la sua voce da secoli, di non avvertire il suo dolce profumo da
millenni, di non sfiorare la sue labbra da un’era geologica.
E invece… Invece
avevo avuto davanti il suo corpo e la sua anima solo poche ore prima.
Perché
mi sentivo così?
Perché
avevo una paura fottuta che invadeva
tutto il mio corpo e soprattutto il mio cuore?
Perché
era come se avvertissi che qualcosa
stesse per spezzarsi?
Forse
erano solo preoccupazioni che non
avrebbero mai trovato un riscontro, ma quello che mi rendeva
così inquieto era
che quel riscontro ci potesse essere e la cosa mi terrorizzava.
Odiavo
sentirmi così e non potevo credere che
stesse accadendo proprio a me. Ero sempre stato sicuro di me stesso,
non avevo
mai avuto dubbi o preoccupazioni del genere. Era bastata una ragazza,
per
quanto non fosse una ragazza come le altre, a rendermi insicuro su
tutto e
soprattutto ad avvolgermi con quella strana, perenne, paura che
quell’amore,
quelle emozioni, quella felicità potessero scivolarmi via
tra le dita da un
momento all’altro.
Nemmeno
quando avevo scoperto di Riccardo mi
ero sentito così spiazzato, perché sentivo che
Vale c’era comunque. Ed era
proprio quella sua strana assenza a farmi più male, era
quella spiegazione che
non arrivava a ferirmi come un coltello ficcato dritto nel petto!
Avevo
bisogno di conoscere la ragione del
comportamento di Vale e avrei fatto qualunque cosa per capire cosa
stava
succedendo. Fu allora, quando la mia doccia stava giungendo alla fine,
che
decisi di andare direttamente al problema. Sarei volato a casa di Vale
e le
avrei chiesto di persona che cavolo le era preso! Cominciai a pensare
che, se
avevo fatto qualcosa di sbagliato, mi sarei persino messo in ginocchio
ai suoi
piedi pur di rivedere il suo sorriso e i suoi occhi luminosi che mi
guardavano
con quell’amore che solo lei sapeva darmi.
Non
avrei mai creduto che nel mio cervello
sarebbero passati dei pensieri simili.
Io,
Massimiliano Draco, messo al tappeto da
una donna! Sarebbe stato quasi divertente se non mi fossi sentito
così in
ansia.
Uscito
dalla doccia, mi avvolsi
nell’accappatoio mentre tremavo di freddo. Quel febbraio era
davvero troppo
gelido per i miei gusti, davvero troppo gelido!
Presi
il cellulare e vidi che c’era un
messaggio, lo aprii trepidante ma notai subito che non era di Vale.
Marco mi
chiedeva come andassero le cose, se avessi avuto modo di parlare con
Vale.
Non
avevo voglia di scrivergli quindi decisi
di fargli una telefonata veloce.
-Cosa?!-
esclamò il mio amico non appena gli
spiegai quello che stava accadendo.
-Non
c’è bisogno di mettermi altra ansia,
Marco. Potresti mostrarti un po’ più tranquillo?-
Ci
mancava solo che quel deficiente di Marco
mi mettesse addosso più preoccupazioni di quante
già non ne avessi.
-Non
posso tranquillizzarti-, rispose lui
mentre io mi vestivo dopo essere tornato in camera.
-Che
vuoi dire?-
Marco
fece una pausa.
-Vale
mi ha mandato un messaggio poco fa.-
-Cosa?!
Che cazzo stai dicendo?!-
Non
potevo crederci! Si era fatta viva con
Marco e invece ignorava completamente me?! No, adesso avrei visto un
alieno
salutarmi sorridente dalla finestra! Non era possibile!
-Che
ti ha detto?!- chiesi con urgenza.
-Niente
di che. Solo che dovevamo annullare la
nostra lezione di oggi, nulla di più. Nessuna spiegazione,
mi ha solo detto
questo.-
Rimasi
con il cellulare in mano, pietrificato
come mai mi era successo in tutta la vita mentre Marco continuava a
parlare.
-Non
ha mai annullato una lezione. Ci siamo
sempre visti anche se non stava bene o aveva altri cavoli per la testa.
Per
questo ho deciso di sentirti, non mi sembrava lei e volevo chiederti se
tu
sapevi qualcosa.-
-Non
so niente perché lei non mi vuole
parlare!- urlai esasperato.
-Calmati,
Massi. Una spiegazione ci sarà.-
-Io
non ci arrivo proprio!- esclamai ormai
senza più un briciolo di pensiero in testa. –Non
ho fatto niente di sbagliato e
lei continua a non volermi sentire! Non capisco!-
Marco
non disse nulla, lasciò che mi sfogassi
ma non mi sentii per niente meglio, neanche dopo quella sfuriata
diretta più a
me stesso che al mio interlocutore.
-Ho
sentito anche Amy. Pare che abbia
telefonato a Vale, ma lei è stata lapidaria, l’ha
liquidata dicendo che non
aveva voglia di parlare, tutto qui.-
-Ha
risposto?! Ad Amy ha risposto?!- iniziavo
a sentirmi furioso. In pratica si era fatta sentire con mezzo mondo
anche solo
per mandare qualcuno a quel paese ma con me non voleva parlare.
-Mi
dispiace-, disse Marco con voce stranita.
–Non ho proprio idea di cosa stia succedendo a Vale, e
neanche Amy riesce a
spiegarselo. E di certo non immaginavo che ti stesse evitando, mi
dispiace
davvero.-
Già,
mi stava evitando e questo mi mandava in
bestia. Amore o no, paura di sembrare un idiota preda della rabbia o
no, avrei
capito che cazzo stava succedendo a costo di rinchiudere Vale in una
stanza per
farla parlare.
Mi
ero stancato!
-Basta!-
esclamai. –Vado da lei!-
-Massi,
ti sembra una buona idea? Magari prova
a richiamarla, non ti presentare a casa sua incazzato come sei. Faresti
incazzare anche lei e le cose potrebbero mettersi male, intendo per
l’intero
pianeta non solo per te.-
-Marco,
forse non l’hai notato, ma mi sembra
evidente che lei è già incazzata con me. Non ne
conosco il motivo, non so
perché si stia comportando così ma di certo
è arrabbiata e se il suo scopo era
indispettirmi c’è riuscita in pieno.-
-Massi,
cerca di riflettere… Per…-
Chiusi
il telefono. Non avevo alcuna
intenzione di ascoltare una delle solite ramanzine senza capo
né coda di Marco.
Ormai il danno era fatto, non sapevo cosa fosse successo, ma di certo
presentandomi a casa di Vale non avrei peggiorato le cose
perché stava già
andando tutto nel modo sbagliato. Almeno avrei avuto una spiegazione, e
che
cavolo!
Finii
di vestirmi alla velocità della luce ed
ero pronto per uscire, incavolato come una bestia, quando sentii un
suono
provenire dal cellulare che avevo messo in tasca.
Lo
afferrai convinto che fosse un messaggio di
Marco che mi esortava a ripensarci e invece mi ero sbagliato di nuovo.
Era
lei!
Aprii
subito il messaggio e lo lessi con la
rabbia che mi accecava completamente.
Ho
bisogno di parlarti. Ci vediamo a piazza Mazzini tra quindici minuti.
Scusa, se
non ho risposto alle tue telefonate, ti spiegherò tutto di
persona.
Fine.
Non aveva scritto altro.
Non
era uno dei suoi soliti messaggi, era
freddo, lapidario, tremendamente arido. Non conteneva nulla di quello
che Vale
mi aveva donato in quei mesi, niente a cui potessi aggrapparmi per
arrivare a
pensare che sarebbe andato tutto bene. Per un attimo mi ritrovai a
pensare che
sarebbe stato decisamente meglio non ricevere quel maledetto messaggio.
All’improvviso
tutta la voglia di una
spiegazione che avevo provato fino ad un istante prima era svanita. Il
motivo
del comportamento di Vale sarebbe arrivato da lì a quindici
minuti e forse non
avevo molta intenzione di ascoltarlo.
Avevo
una paura fottuta!
Non
potevo però scappare da quella situazione.
Magari non si sarebbe trattato di nulla di grave e mi stavo fasciando
la testa
prima di romperla. Avrei affrontato quell’incontro a testa
alta come avevo
sempre fatto nella vita davanti a una difficoltà. Si
trattava solo di
incontrare la mia ragazza non di essere scuoiato vivo da uno dei
cattivi di Dragonball.
Mi dovevo dare una regolata e smetterla di sembrare una ragazzina
impaurita dal
nulla.
Presi
il casco e le chiavi dello scooter e mi
diressi fuori, nel gelo invernale pronto per dirigermi al luogo
dell’appuntamento.
Il
vento gelido mi sferzava le mani mentre
correvo verso piazza Mazzini. Come un idiota mi ero completamente
dimenticato
di prendere i guanti. Mi sembrava che le mani mi si sarebbero staccate
da un
momento all’altro, non le sentivo nemmeno più per
quanto erano fredde.
In
realtà cominciavo a fregarmene altamente
delle mie mani, più mi avvicinavo a destinazione e
più sentivo che il freddo,
un freddo diverso da quello ambientale, mi stava arrivando, lento e
inesorabile, dritto al cuore.
Parcheggiai
lo scooter proprio poco prima
della piazza e misi il casco nel bauletto.
Una
volta arrivato in prossimità della mia
destinazione iniziai a guardarmi intorno alla ricerca di Vale. La
piazza era
deserta, come c’era da aspettarsi a quell’ora di un
primo pomeriggio invernale.
I negozi intorno erano ancora tutti chiusi e un leggero vento freddo
stava
completando la missione delle sferzate che mi avevano torturato sullo
scooter.
La
fontana, situata proprio al centro della
piazza, era spenta come spesso succedeva nel periodo invernale e gli
alberi che
circondavano quella piazza a forma di quadrato erano tutti spogli.
Il
paesaggio era davvero desolante, mi faceva
sentire ancora più vuoto.
Arrivai
ad una panchina e mi sedetti in attesa
dell’arrivo di Vale. Ero parecchio in anticipo, visto che
abitavo molto vicino
a quel luogo quindi Vale ci avrebbe messo ancora qualche minuto ad
arrivare.
Ogni
tanto mi voltavo a guardare le auto che
passavano perché in quel silenzio qualsiasi rumore di motore
mi faceva pensare
che potesse essere lei.
Improvvisamente
il mio cellulare iniziò a
squillare, lo afferrai e senza nemmeno guardare il display risposi.
-Pronto?!-
chiesi con urgenza sicuro che fosse
Vale.
-Marco?
Dove sei?- mia madre trovava sempre i
momenti meno opportuni per telefonare, accidenti a lei!
-Sono
uscito un attimo, ti ho detto che dovevo
andare da Marco. Ci incontriamo in centro per prendere un
caffè prima di
studiare.-
-Hai
ragione, scusami ma sono proprio fuori di
testa oggi. Ti stavo chiamando per dirti che tuo padre sta tornando a
casa
perché tra poco deve portare la nonna dal dottore e volevo
che gli preparassi
qualcosa da mangiare, lo sai che lui potrebbe mandare a fuoco la
cucina.-
La
sua voce era divertita mentre la mia venne
fuori parecchio spazientita.
-Mamma,
adesso sono fuori. Papà può mangiare
un panino-, in un momento del genere non riuscivo proprio a credere che
avrei
dovuto occuparmi del pranzo di mio padre. E che diamine!
-Sì,
sì. Avevo dimenticato che dovevi uscire,
ero convinta che fossi a casa. Non importa, avviserò tuo
padre di arrangiarsi.
Grazie lo stesso, tesoro.-
Proprio
in quel momento sentii il rumore di
uno scooter e mi voltai nella direzione dalla quale proveniva. Era lei!
La vidi
smontare dal suo mezzo e togliersi il casco per poi riporlo nel
bauletto.
Si
sistemò un attimo i lunghi capelli castani
e si guardò un po’ intorno. Alla fine mi vide, e
si diresse con calma nella mia
direzione. Era così bella mentre camminava: le gambe lunghe,
i capelli che
danzavano, i suoi occhi profondi che si avvicinavano sempre di
più a me. Anche
a quella distanza mi venne una voglia matta di baciarla e tutta la
rabbia
iniziò a svanire fino quasi a dissolversi.
-Tesoro?-
la voce al telefono di mia madre mi
riportò alla realtà.
-Mamma,
scusa ma devo andare-, risposi velocemente
per togliermela dalle scatole.
-Va
bene, salutami Marc…-, non la lascia
nemmeno terminare che già avevo riattaccato, ero troppo
impegnato ad osservare
la mia Vale per preoccuparmi di quell’impicciona di mia
madre.
La
mia ragazza era ormai ad un passo da me ma
il suo volto era strano: era pallida, con un espressione seria, gli
occhi
arrossati come se avesse pianto fino a pochi minuti prima.
-Stai
bene?- fu quella la prima frase che
riuscii a pronunciare. Il suo aspetto ma soprattutto i suoi occhi
fecero
crescere in me una preoccupazione incredibile, mai provata prima.
-Diciamo
di sì-, rispose lei con un tono di
voce così diverso dal solito. Anche se parlava in modo
normale era come se
dietro le sue parole si nascondesse un dolore che non voleva rivelare.
-Mi
dici che sta succedendo? Non mi sembra che
tu stia bene e il tuo comportamento inizia a preoccuparmi.-
Le
avevo semplicemente detto la verità
cercando di essere il più calmo possibile. Vederla
così pallida e vulnerabile,
così diversa dalla Vale sempre piena di energie che
conoscevo, mi aveva
talmente spiazzato che quel poco di rabbia rimasta dopo averla vista
era stata
portata via dal quel vento gelido.
-Devo
dirti una cosa ma prima mi devi fare una
promessa-, cominciò guardandomi negli occhi.
-Va
bene, dimmi.- Tutto quello che voleva,
avrei fatto davvero tutto quello che mi avrebbe chiesto per aiutarla a
ritrovare il sorriso. Sarei stato persino disposto a camminare scalzo
sui
carboni ardenti per renderla felice.
-Mi
devi promettere che non ti arrabbierai per
quello che sto per dire e che accetterai tutto quello che
dirò senza tentare di
convincermi a tornare indietro.-
Pronunciò
quelle parole con così tanto dolore
nella voce da spezzarmi il cuore. Ora ero davvero preoccupato ad un
livello
quasi disumano.
-Vale,
ma che sta succedendo? Non ti ho mai
visto in questo stato. E questa promessa che mi chiedi e assurda. Amore
mio,
cos’hai?-
Provai
ad accarezzarle una guancia per tentare
di farla sentire meglio ma lei si scostò. La cosa mi
sconvolse: si era
scostata. Non voleva che la toccassi.
Sollevò
lo sguardo e cercò di farmi un tenue
sorriso.
-Scusa,
ma ho bisogno che tu mi faccia quella
promessa.-
All’improvviso
notai che i suoi occhi erano
lucidi come se stesse per scoppiare a piangere da un momento
all’altro e si
stesse trattenendo per miracolo.
Non
ero convinto che mantenere quella promessa
fosse una cosa saggia, più che altro perché non
riuscivo a capire dove volesse
andare a parare Vale con tutta quella storia.
Alla
fine il bisogno di darle sollievo prese
il sopravvento sulla ragione.
-Va
bene, te lo prometto.-
-Grazie-,
rispose semplicemente.
La
guardai cercando di capire cosa dovevo
aspettarmi. Aveva lo sguardo abbassato come se non volesse incontrare i
miei occhi
e questo mi ferii quasi quanto il fatto che avesse rifiutato la mia
carezza.
Tutto
in quella giornata stava cercando di
uccidermi, lentamente, mentre agonizzavo intrappolato nei miei
sentimenti che
m’impedivano di comportarmi come avrei fatto di solito.
Mi
sentivo prigioniero del mio stesso cuore.
-Allora,
dimmi cosa ti sta succedendo-, cercai
di invitarla a parlare nel modo più rilassato possibile, non
volevo che
cogliesse la mia ansia, stava già così male.
-Massi-,
cominciò alzando lo sguardo e
finalmente rividi i suoi occhi, erano ancora più lucidi.
–Vedi, in questi mesi
ho accettato di tutto per stare con te. So che la storia di tenere
tutto
segreto è partita da me e mi rendo conto che sono stata io
la causa del mio
male.-
Non
mi piaceva per niente come iniziava quel
discorso. Proprio per niente.
Prese
un respiro e continuò.
-Quindi
mi prendo la responsabilità e ti dico
in partenza che quello che sta per succedere non dipende da te ma da
me.-
-Non
capisco-, risposi confuso. Stava cercando
di mandarmi in pappa il cervello? No, perché se il suo
obiettivo era quello ci
stava riuscendo benissimo.
-Io
credo di dovermi allontanare da te.-
Quelle
parole mi trapassarono il cervello come
una manciata di spilli sparati con un lancia razzi.
-Come
scusa?-
-Non
credo di poter continuare a stare con te.
Non è un bene, per nessuno dei due, non per il momento
almeno.-
La
guardavo come se fosse un’aliena ma
soprattutto come se stesse parlando in una lingua a me sconosciuta.
-Ma
di che diavolo stai parlando? Sei
impazzita?-
-No,
io credo di essere tornata in me. Sai che
sono una persona molto razionale e adesso sto iniziando a capire che
forse
metterci insieme è stato un errore. Professiamo il nostro
amore a destra e a
sinistra, lo abbiamo fatto come se fosse una cosa scontata quando
invece
l’amore dovrebbe essere un’altra cosa, che avviene
gradualmente e matura. Per
noi non è stato così, ci siamo comportati come i
ragazzini di un telefilm, ed è
ora di tornare alla realtà.-
-Dì,
la verità… Ti sei drogata per caso? Il
tuo discorso non ha senso!-
Ma
che cazzo stava dicendo?! Era veramente
uscita fuori di testa!
-Massi-,
disse lei sospirando. –Ci siamo fatti
travolgere da quello che stava succedendo ma se ti soffermi un attimo a
pensare
come ho fatto io capirai che stiamo sbagliando. E’ tutto
sbagliato. Non ci
siamo rivolti la parola per più di quattro anni e poi
all’improvviso ci
innamoriamo. C’è qualcosa che non va e io ho
bisogno di starti lontana per
capire cos’è quel qualcosa. Ho bisogno di capire
che genere di amore voglio, e
non so se il nostro è quello giusto.-
Quelle
parole, bastarono quelle parole per
farmi capire tutto quanto.
-Il
genere di amore che vuoi? Quindi devi fare
una scelta. Tra chi? Me e Riccardo? E’ questo che mi stai
dicendo? Eh?! Ti sei
trovata davanti l’amore improvviso e l’amore
maturato nel tempo e adesso non
sai chi scegliere?-
Sentivo
la rabbia lambirmi la gola fino ad
arrivare alla bocca. Aveva un sapore acido e amaro come se avessi
mangiato
un’incudine.
Lei
mi guardò per attimo e poi abbassò di
nuovo lo sguardo.
-Sì,
più o meno è così.-
La
sua ammissione mi arrivò addosso come una
scarica elettrica presa direttamente da un traliccio della corrente.
-Riccardo
si è fatto indietro ma io ho pensato
molto a quello che mi ha detto. Mentirei se dicessi che una parte di me
non
abbia desiderato sapere come sarebbe andata con lui. L’ho
amato e forse lo amo
ancora. Non mi sembra giusto continuare a stare con te quando non sono
sicura
al cento per cento di amarti. Si è insinuato il dubbio
dentro di me e non posso
semplicemente ignorarlo, prenderei in giro tutti quanti, soprattutto
te.-
Cercai
di fare respiri profondi per calmarmi,
se avessi dato retta al mio istinto avrei preso a pugni il primo albero
sotto
la linea di tiro.
-E
queste cose le pensavi anche stamattina
mentre ti davo il mio regalo e ti baciavo?-
Lei
alzò la testa di scatto e vidi che i suoi
occhi diventavano sempre più lucidi. Stava per scoppiare.
-Allora?
Pensavi a quello che provavi per
Riccardo mentre eravamo insieme oggi? Rispondi!-
-Massi…
Io… Io penso sempre a Riccardo, almeno
quanto penso a te.-
Quelle
parole, se erano state pronunciate con
lo scopo di uccidermi, avevano fatto bene il loro dovere
perché all’improvviso
mi sentii come se tutto intorno a me si fosse spento.
Stavo
sognando. Era l’unica spiegazione
plausibile, e quel sogno aveva preso la piega dell’incubo
peggiore che avessi
mai potuto fare.
-E’
per questo che voglio chiudere con te. Non
ti chiedo di aspettarmi ma di darmi la possibilità di
riflettere senza che io
continui a mentirti. Io ti amo Massi, ma in un certo senso amo anche
Riccardo e
devo capire chi voglio davvero prima di decidere di stare con
qualcuno.-
-Mi
sembri una bambina-, risposi senza
pensare.
Lei
mi guardò confusa.
-Hai
due giocattoli. Quello nuovo e lucente
appena comprato e il vecchio giocattolo malandato a cui non riesci a
rinunciare. E’ questo che mi sembri, Vale. Solo una bambina
indecisa che ha
deciso di fare i capricci.-
-Massi…-
-No,
non dire più nulla. Hai deciso di
prendere una pausa e io non lo accetto. Ti ho fatto una promessa, non
ti
chiederò di tornare indietro ma non puoi chiedermi di farmi
totalmente da parte
mentre quello lì prova in tutti i modi a riprenderti con
sé.-
Cercai
di respirare e riflettere. Non sapevo
se essere arrabbiato o se provare in tutti i modi a convincerla che ero
io la
persona che amava.
-Non
ci posso credere. Pensavo davvero che tu
mi amassi senza alcuna riserva e invece scopro che basta una vecchia
fiamma per
metterti in crisi e farti dubitare dei tuoi sentimenti verso di me.-
La
guardai negli occhi con la delusione che
trasudava da ogni poro.
-Si
può sapere chi diavolo sei tu? Dov’è la
ragazza di cui sono innamorato?-
-Si
è fusa con l’adolescente innamorata del
suo migliore amico-, rispose lei semplicemente, senza dire altro.
Mi
guardò, fissò i suoi occhi nei miei, avevo
la sensazione che mi stesse guardando per l’ultima volta.
-Quindi
vuoi farla finire così?- chiesi con
voce asciutta.
-Se
deciderai di aspettarmi, forse non è la
fine ma solo una pausa.-
Stavo
per rispondere, per dire che stava
facendo una cavolata, che si stava comportando come una matta, che non
aveva il
diritto di prendere quella decisione anche per me ma lei
scappò via. Si voltò,
si mise a correre verso il suo scooter e prima che io potessi
raggiungerla,
troppo sorpreso per tutto quello che era successo, mise in moto e se ne
andò.
Mi lasciò lì, nel bel mezzo della piazza,
incredulo e ferito. Mi aveva appena
ucciso e non se n’era nemmeno accorta.
Avevo
avuto la spiegazione che avevo cercato
per ore e mai avrei pensato che delle parole avrebbero potuto
devastarmi in
quel modo.
Alla
fine non era neanche una spiegazione
plausibile, non era possibile che Vale mi avesse dichiarato il suo
amore poche
ore prima e che dopo avesse deciso di punto in bianco che era
innamorata anche
di Riccardo. Lei non sarebbe mai arrivata a lasciarmi, non mi avrebbe
mai
chiesto una pausa, lei mi amava più di sé stessa,
ne ero ancora certo.
E
allora che diavolo era successo poco prima?
Mi
aveva ferito. Mi aveva ucciso. Mi aveva
lasciato.
Ecco
quello che era successo e io potevo solo
restarmene in piedi, in quella piazza, al freddo a chiedermi
perché.
***L'Autrice***
E
finalmente eccomi qui.... Riuscire a pubblicare questo capitolo
è stata una vera Odissea. A Roma internet non funzionava e
ho dovuto aspettare di tornare a Lecce per poterlo pubblicare. A Lecce,
esattamente dove tutto è iniziato tra Massi e Vale tutto ha
anche trovato quella che sembra la fine. Sembra quasi un segno del
destino, dovevo proprio tornare qui per riuscire a portare alla luce
questo capitolo che, vi assicuro, mi ha straziato. Mentre lo scrivevo
ho pensato che davvero stavo facendo del male a dei personaggi che amo
tanto ma è stata una decisione che ho preso tempo fa e
dovevo portarla avanti.
Non
ho altro da aggiungere, il prossimo capitolo è
già in cantiere ma a luglio ho la sessione d'esame quindi
non so quanto tempo potrò dedicare alla scrittura, comunque
spero di riuscire a finirlo al più presto. Nella mia mente
questa storia sta prendendo delle pieghe davvero assurde e sinceramente
non vedo l'ora che sia completa per condivere il marasma che ho in
testa con voi ^^
Mi
scuso per non aver risposto a tutte le recensioni ma con internet fuori
uso e una nonna da accudire non ne ho proprio avuto il tempo, vi
ringrazio però dal più profondo del mio cuore
siete sempre troppo buone con me ^^
Un
bacio grande! Alla prossima xD
|
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Capitolo 13 *** La Resa ***
Verso La Maturità- Capitolo 13
Ci Sono
Abissi Che L’Amore Non Può Superare,
Nonostante
La
Forza Delle Sue Ali
(Honorè
De Balzac)
Capitolo
13: La
Resa
-Stai
scherzando?!-
Già,
anch’io avrei voluto che le parole
pronunciate poco prima fossero solo il frutto di un mio ingegnoso
scherzo, ma
non era così.
-Marco,
mi ha lasciato. Non c’è niente da
dire.-
Il
mio amico se ne stava sulla sedia della sua
scrivania, mentre io ero disteso sul suo letto a fissare il soffitto
bianco.
Marco era stata la prima persona che mi era venuta in mente dopo quello
che era
accaduto con Vale. Avevo bisogno di parlarne con lui, di cercare di
capire se
le parole di Vale fossero vere oppure solo il frutto della mia
immaginazione.
Erano
vere. Mi avevano ucciso lentamente, e
continuavano ad infierire anche dopo diverse ore dal loro arrivo,
dritto e
preciso, nel mio cuore.
-Non
hai capito male, vero?- mi chiese Marco
troppo stupito, evidentemente, per dire qualcosa di un po’
più intelligente.
-Certo,
lei mi dice che forse ama Riccardo e
che non vuole più stare con me e io capisco male. Cosa ci
sarebbe da non capire
in un discorso del genere?-
Era
proprio rincitrullito. Il comportamento di
Vale aveva sorpreso anche lui, e la sua decisione lo aveva shockato a
tal punto
da non rendersi conto che non avrei mai potuto fraintendere quelle
parole che
risuonavano ancora nella mia mente con quella voce dolce che tanto
amavo.
-E
tu?-
Mi
voltai a guardarlo.
-Io
cosa?-
-Che
vuoi fare? Te la vuoi riprendere, spero.
Non lascerai mica che finisca tutto così, senza nemmeno una
motivazione
valida.-
-Io
non so che fare, il mio cervello è
completamente in panne- risposi con un sospiro. –Mi ha detto
delle cose che
solo a ripensarci mi fanno ribollire il sangue nelle vene.-
-Tipo
cosa?- mi chiese. Non stava infierendo,
voleva solo analizzare la situazione insieme a me e gliene fui grato:
non ero
il tipo che si rigirava i pollici in attesa che accadesse qualcosa.
Volevo
agire, e l’unica cosa che potevo fare in quel momento era
cercare di
comprendere a pieno i motivi per cui Vale avesse fatto una cosa come
quella.
-Mi
ha detto che si è trovata di fronte ad una
scelta quando è tornato Riccardo. Secondo lei noi ci siamo
comportati come dei
ragazzini, e ci siamo lasciati trasportare da un qualcosa che non era
amore,
perché l’amore deve cominciare lentamente e poi
sbocciare, o una cosa così. Non
mi ricordo le parole esatte, so solo che mi sono sentito come si
avessero
sparato un colpo in testa quando l’ha detto.-
Marco
mi guardava e non parlava. Voleva che mi
sfogassi.
-In
pratica ha messo in dubbio tutto quello
che abbiamo provato fino a questo momento, dicendo che non era normale
che due
persone si mettessero insieme così in fretta quando si erano
ignorati per
quattro anni.-
-E’
impazzita-, disse semplicemente Marco
senza aggiungere altro.
-A
parer suo è tornate in sé.-
-Ma
andiamo, non può aver detto una cosa del
genere, non è da lei.-
-L’ha
detto invece-, sospirai e mi misi a
sedere sul letto. –L’ha detto eccome.-
Dubitavo
che avrei mai dimenticato quel
pomeriggio di febbraio e di certo non avevo frainteso le parole di
Vale. Eppure
continuavo a sentire che ci fosse sotto qualcosa, lei non si sarebbe
mai
comportata così: se davvero aveva avuto dei dubbi su
Riccardo alla fine me ne
avrebbe parlato subito e di certo non mi avrebbe preso in giro quella
mattina
comportandosi in modo amorevole come al suo solito.
Quell’ultimo
nostro bacio, all’improvviso mi
tornò in mente. Indesiderato e violento come una tempesta in
piena estate. Il
suo sapore era la pioggia, il suo profumo i nuvoloni neri, i suoi occhi
chiusi
il vento gelido. Tutto nel ricordo di quel bacio mi faceva male,
persino il
ricordo delle sue labbra morbide per me era un tormento.
Il
mio cuore era come malato, lo sentivo
battere a fatica sotto il peso dei miei sentimenti dolorosi che lo
stavano
affliggendo. Più ripensavo a quel bacio e più
faceva male, mentre d’un tratto
mi venne la strana voglia di piangere come un bambino.
Mi
ero svegliato da un sogno meraviglioso, e
la realtà era piombata su di me con una voce tanto dolce e
degli occhi caldi e
avvolgenti. Avrebbe fatto meno male essere investito da un auto
lanciata a
tutta velocità.
Vale
era stata davvero in grado di uccidermi,
non potevo pensare altro.
Marco
non era riuscito a tirarmi su di morale,
ma non era quello che mi aspettavo da lui. Volevo solo parlargli di
quello che
era accaduto per vedere la cosa da un punto di vista razionale. Non ci
riuscivo, non c’era assolutamente nulla di razionale nelle
parole e negli occhi
di Vale. Più cercavo di ripensare al suo volto sorridente,
ai suoi occhi pieni
d’amore, e meno li ricordavo. Le uniche immagini che avevo in
mente ritraevano
una Vale con gli occhi gonfi dal pianto, un sorriso inesistente e un
viso pallido,
colmo di dolore.
Capivo
quanto stesse soffrendo per la
decisione presa ma questo non serviva a far diminuire la mia rabbia.
Le
sue parole erano state un tizzone
incandescente piantato nel mio cuore.
Eppure,
nonostante tutto quello che mi aveva
detto non riuscivo a perdere la speranza. Avevo sempre, costantemente,
il
bisogno di credere che qualcos’altro l’avesse
spinta a lasciarmi, non solo l’amore
che forse provava per quel pezzo di merda di Riccardo.
Arrivato
a casa gettai il giubbotto per terra
e salii in camera. Avevo bisogno di starmene un po’ da solo e
di metabolizzare
quello che era successo.
Accesi
il computer e misi a palla Watch Over You
di Alter Bridge. Una
canzone triste, quasi da tagliarsi le vene, ma abbastanza movimentata
da
svuotarmi un po’ il cervello.
Mi
stesi sul letto e rimasi a fissare il
soffitto ripassando in mente, parola per parola, tutto quello che mi
aveva
detto Vale. Da una parte il mio amore per lei mi spingeva a credere che
ci
fosse una spiegazione sensata che non comprendesse Riccardo, ma
dall’altra
parte avevo una voglia matta di prendere a pugni qualcosa, e di certo
non mi
sarebbe dispiaciuto gonfiare di botte quel cazzo di stronzo che si era
messo in
mezzo!
Non
sapevo che diavolo fare! Ero come
impantanato nel fango prodotto dai miei pensieri e non trovavo un modo
per
uscirne.
Mi
alzai di scatto e raggiunsi il cassetto del
mio comodino, aprii un astuccio che mia madre non apriva mai
perché pensava che
ci tenessi i preservativi. Madri, sono convinte che noi adolescenti
maschi abbiamo
solo il sesso in testa! Non c’era solo quello, non per me
almeno.
Aprii
l’astuccio e tirai fuori quello che
stavo cercando insieme ad un pacchetto di sigarette e un accendino.
Fumavo solo
quando ero veramente nervoso e Marco era l’unico a saperlo
visto che mi faceva
compagnia. Non avevo toccato quel pacchetto per mesi, la mia storia con
Vale
era stata talmente bella che il nervosismo lo avevo dimenticato
completamente. E
invece, in quel momento, mentre mettevo il pacchetto di sigarette in
tasca e mi
dirigevo verso il giardino, riuscivo solo a pensare che mi sarei
volentieri
preso anche una sbronza. Mi sembrava che tutto fosse diventato nero,
sia dentro
che fuori di me. Non avevo più neanche la voglia di pensare
a quello che era
successo.
In
giardino accesi la sigaretta dando tiri
profondi per riuscire a rilassarmi. Mentre buttavo fuori il fumo
cominciai a
sentire i miei pensieri in modo più nitido.
Mi
stavo facendo una marea di problemi quando
forse la soluzione era semplice: Vale era scappata prima che io potessi
riflettere e farle delle domande, ma non viveva in Alaska. Le domande
che
adesso mi erano sorte in mente avevano diritto a delle risposte e me ne
fottevo
altamente del fatto che in casa ci sarebbero stati i suoi! Ormai non
ero più il
suo ragazzo e volevo delle risposte! Volevo capire che cazzo le fosse
preso, e
lo avrei scoperto a costo di farmi odiare da lei, non
m’interessava più quello
che pensava di me.
Gettai
il mozzicone nel giardino dei vicini e
mi diressi spedito in camera, presi il contenuto
dell’astuccio che avevo aperto
prima ed uscii, pronto ad affrontare tutto quello che avrei dovuto pur
di avere
la mente di nuovo libera.
Per
l’ennesima volta in quella giornata, che
avrei gettato nel dimenticatoio, inforcai il mio scooter e mi lanciai
nel
freddo gelido. Ormai il sole iniziava a tramontare nonostante fossero
solo le
quattro del pomeriggio, e con lui stava tramontando anche la mia
decisione così
ferma di andare da Vale.
Preso
dalla voglia di sapere non mi ero
soffermato a pensare su quanto sarebbe stato difficile ma soprattutto
doloroso
rivederla. Non l’avrei mai dimenticata, nemmeno dopo milioni
di anni, e lei
invece era solo riuscita a lasciarmi per un altro.
Era
incredibile!
Se
quella mattina mi avessero detto che
sarebbe accaduta una cosa del genere non ci avrei mai creduto, mai! Io
mi
fidavo ciecamente di lei, le avevo dato il mio cuore, per la prima
volta avevo
abbassato le mie difese per accogliere qualcuno nella mia vita, e alla
fine mi
era solo rimasto il mio cuore, frantumato in mille pezzi, che non aveva
assolutamente idea di come riprendersi.
Avrei
dovuto odiarla, detestarla, volerla
cancellare dalla faccia della Terra e invece, già, e invece
lei era ancora lì,
nel mio cuore malridotto e sapevo che non sarebbe mai andata. Per
quanto mi
fossi sforzato e impegnato Valeria Ferrari ormai era parte di me e
nessuna
avrebbe mai preso il suo posto, mai!
Dovevo
riprendermela, dovevo fare qualcosa perché
scegliesse me. Non potevo arrendermi così, non potevo
permettere che Riccardo
vincesse, non l’avrei mai sopportato.
Poteva
lasciarmi quante volte le pareva,
poteva prendermi a male parole e insultarmi fino a quando le sarebbe
piaciuto
farlo, ma non poteva impedirmi di amarla. Avevo bisogno di lei, ne
avevo un
bisogno fottuto e non poteva togliermi anche quello. La mia
determinazione nel riconquistarla
mi avrebbe portato a farla diventare nuovamente mia, ci ero riuscito
una volta
e sapevo di poterci riuscire ancora. E lo avrei fatto altre mille volte
se
fosse stato necessario.
Non
mi sarei arreso, non lo avevo mai fatto e
non avevo intenzione di cominciare proprio in un momento come quello
rischiando
di perderla per sempre.
Non
l’avrei mai permesso! Mai!
-Non
ci credo-, mormorai con gli occhi
spalancati mentre mi fermavo dietro l’angolo prima di casa di
Vale.
-Ciao,
mamma!- gridò lei. –Ci vediamo dopo.-
Questo
aveva detto prima di raggiungere
Riccardo che l’aspettava fuori dalla sua auto. Appoggiato con
la schiena a
quella cazzo di macchina, lo stronzo, aveva spalancato le braccia per
accoglierla in un caldo abbraccio.
Rimasero
così per qualche secondo, poi lei
alzò la testa e gli diede un bacio sulla guancia sorridendo.
In
quel momento mi crollò il mondo addosso.
Neanche
due ore prima mi stava lasciando con
quegli occhi gonfi e il viso pallido, e ora se ne stava bella
sorridente tra le
braccia del suo “forse” nuovo ragazzo.
Non
ci potevo credere. Non me lo sarei mai
aspettato da lei.
Da
come mi aveva parlato pensavo che fosse
confusa, che avesse bisogno di tempo per riflettere e invece no. Era
stata solo
una balla per addolcirmi la pillola, non c’era altra
spiegazione.
Avevo
avuto tutte le risposte di cui avevo
bisogno.
Salirono
in macchina e partirono.
Ora
sapevo anche troppo bene cosa avrei dovuto
fare.
Scesi
dallo scooter e mi diressi con passo
calmo verso casa di Vale. Avevo la rabbia in tutto il corpo, ormai
sapevo che
non sarei riuscito a gestirla ancora per molto.
Mi
sentivo con un vulcano pronto ad eruttare
da un momento all’altro. Quella giornata mi aveva sottoposto
ad uno stress
senza precedenti ed ero arrivato alla frutta.
Avrei
fatto quello che dovevo e poi mi sarei rinchiuso
nei miei pensieri depressi, in cui la morte di Riccardo, lenta e piena
di
agonia, l’avrebbe fatta da padrona.
Davanti
al portone della casa di Vale non ebbi
nessuna esitazione, suonai pronto ad andare avanti nella mia decisione.
La
madre di Vale doveva essere ancora vicina
alla porta perché mi aprii direttamente senza rispondere al
citofono.
-Salve-,
dissi io con un sorriso cercando di
essere cordiale nonostante tutto quello che mi stava passando per la
mente. La
madre di Vale era così simile a lei, i suoi occhi erano
della stessa forma e
del colore di Vale e anche i loro capelli si somigliavano tantissimo.
Sembrava
lei con vent’anni in più e dovevo ammettere che
era proprio una bella donna.
-Salve,
non stiamo aspettando dei pacchi-,
disse guardando il mio casco.
-Ah,
no. Non sono il postino-, risposi con un
sorriso divertito. La madre era psicopatica come la figlia, mi aveva
davvero
scambiato per il postino!
-E
chi sei?- mi chiese.
-Nessuno.
Solo l’ex fidanzato di sua figlia-,
dissi semplicemente.
Lei
mi fissò con occhi spalancati mentre
apriva e chiudeva la bocca senza riuscire ad emettere suono.
-Vale,
mi ha lasciato proprio due ore fa.-
Pensavo
non potesse apparire più stupita e
invece mi sbagliai: sembrava una statua di cera.
-Mi
vuole chiedere qualcosa?- avevo ancora l’impressione
che volesse parlare ma che non ci riuscisse.
-Tu…
Ecco… Ti va una tazza di cioccolata
calda?- mi chiese alla fine.
Adesso
quello sorpreso ero io, dopo quello che
avevo detto pensavo mi tempestasse di domande oppure che mi cacciasse
via a
calci, visto che lei adorava Riccardo. Non pensavo
m’invitasse ad entrare.
Prima
che me ne accorgessi ero seduto in
salotto con la madre di Vale, davanti a una tazza di cioccolata calda
fumante.
-Davvero
sei il ragazzo di mia figlia?-
Finalmente
si era decisa a parlare, si era
limitata a fissarmi dal momento in cui avevo messo piede in quella
casa, e
sinceramente cominciavo a scocciarmi.
-Lo
ero, fino a questa mattina.-
-Mi
hai detto che ti ha lasciato. Perché?- mi
chiese curiosa.
-Veramente
è un po’ complicato ma posso farle
un riassunto. Io sono il figlio della sua professoressa di Scienze,
quindi abbiamo
tenuto la nostra storia nascosta per tre mesi e la cosa ci stava
stressando
parecchio. Poi Vale aveva paura che io non piacessi a suo padre e
infine, come
ciliegina sulla torta, è tornato Riccardo. Quindi oggi Vale
dopo avermi detto
che mi amava ha improvvisamente deciso di essere confusa e mi ha
lasciato
dicendo di non sapere cosa provava per me e per Riccardo. Che ci doveva
pensare.-
Feci
una pausa osservando quella donna che mi
fissava sempre più stupita.
-Ora,
penso che lei abbia visto quello che ho
visto io qui fuori poco fa. Dubito che Vale ci stia pensando, mi sembra
più che
altro che abbia deciso.-
Lei
mi guardò ancora per qualche istante.
-Adesso
capisco tutto-, mormorò stranita. –Mia
figlia era così strana negli ultimi mesi, non
l’avevo mai vista così,
probabilmente avrei dovuto immaginare che c’entrasse un
ragazzo e invece l’ho
spinta verso Riccardo, mi dispiace… ehm,
com’è che ti chiami?-
-Massimiliano-,
risposi. –Comunque non credo
che sia colpa sua, Vale non si lascia condizionare da nessuno quando
prende una
decisione.-
-Sì,
su questo hai ragione.-
-Signora,
io amo sua figlia. Penso sia la
persona che amo di più al mondo e non voglio farmi da parte
ma dopo quello che
ho visto non ho alcuna intenzione di farmi umiliare da Vale. Mi ha
mentito
dicendo che era confusa e che mi lasciava solo per capire davvero
quello che
provava. Non ho intenzione di far l’ex rompiscatole che non
si toglie di mezzo,
quindi sono qui solo per lasciarle un paio di cose che vorrei le
facesse avere.-
Lei
mi guardò stupita ancora una volta.
-Certo
che per essere solo un ragazzo ragioni
davvero come un adulto.-
-Sono
sempre stato così-, risposi con voce
cortese.
-La
ami davvero tanto-, constato la donna
guardandomi con occhi materni.
-Non
credo che potrò mai amare un’altra quanto
lei, ma evidentemente per Vale non era la stessa cosa nonostante lo
avesse
professato in lungo è in largo. E’ bastato il
ritorno di Riccardo per farle
mettere in discussione il nostro amore.-
-L’unica
cosa che posso dirti è che anni fa il
rapporto tra Riccardo e mia figlia era veramente molto forte, in
pratica era
impossibile separarli quando stavano insieme. Perciò posso
capire che lei abbia
pensato di averlo dimenticato totalmente e che poi non sia stato
così. Non è
colpa tua, sono certa che tu sei stato un ragazzo meraviglioso con lei
ma…-
-Ma
Riccardo è quello con cui deve stare-,
conclusi con una fitta al petto.
-No,
volevo semplicemente dire che mia figlia
è tutta matta.-
La
fissai con un sorriso.
-Fidati,
tu potresti essere la persona
migliore del mondo ma quella matta non se ne rende conto. Sicuramente
potrebbe
pentirsi di averti lasciato e poi crogiolarsi nel suo orgoglio pur di
non
tornare da te. Quindi, se vuoi un consiglio, se vedrai mai il suo
interesse
verso di te tornare, se la amerai ancora come adesso, fallo tu il primo
passo perché
se aspetterai lei potresti attendere in eterno.-
-Non
credo che questo accadrà mai-, mormorai
con un filo di voce.
-Se
c’è una cosa che ho capito in
quarant’anni
di vita è che non si può mai dire mai-, mi fece
un sorriso.
Era
veramente così simile a sua figlia quando
sorrideva, il solo guardare lei mi stava uccidendo.
-Ora
come ora non ho intenzione di avere delle
speranze. Accetterò la decisione di Vale e le
lascerò fare quello che desidera,
sono troppo orgoglioso per combattere una causa persa.-
-Perché
ti arrendi così? Io non capisco…-
-Perché
lottare fa davvero troppo male e in
questo momento non ce la faccio. Provare a riprendermela sapendo che
non vuole
nemmeno che la sfiori mentre Riccardo può abbracciarla, mi
uccide lentamente e
non ho intenzione di intensificare questa agonia buttandomi a capofitto
in questa
battaglia. Mi faccio da parte sperando di riuscire a stare meglio,
penso sia la
decisione migliore.-
-Sei
tu a dover decidere.-
-Ho
già deciso-, risposi tirando fuori dalla
tasca l’oggetto che avevo preso dall’astuccio nel
mio comodino. –Prenda questa
e la dia a sua figlia, insieme a questo.-
Portai
le mani dietro al collo aprendo il
gancio della mia collana. La porsi alla signora che osservò
con uno sguardo
sorpreso.
-Questo
ciondolo, mi ricorda la V del braccialetto
di Vale-, mormorò confusa.
-Perché
quel bracciale è un mio regalo. Insieme
collana e bracciale dovevano ricordare il nostro amore, ma sinceramente
non me
la sento più di portarla e preferisco darla a Vale. Il mio
amore appartiene a
lei ed è giusto che quella collana sia sua. Può
farne quello che vuole, basta
che io non riveda più quell’oggetto, è
legato a troppi ricordi.-
-E
questa?- mi chiese la donna riferendosi
alla foto che le avevo messo in mano.
-E’
l’ultima foto che abbiamo fatto insieme. Stavamo
a Boston.-
-Vale
era con te a Boston?!- mi domandò
sconvolta.
-Sì,
eravamo a casa di una nostra amica. Dovevamo
partire tutti insieme ma alla fine gli unici liberi eravamo io e Vale.-
-Adesso
tutto comincia ad apparirmi più
chiaro. Sono stata davvero un’idiota a non capire che mia
figlia stava con
qualcuno, era così palese-, mormorò fissando il
ciondolo e la foto. –Mi aveva
detto che quel bracciale se l’era comprato in un negozio di
roba usata ma a me
sembrava nuovo.-
-Vale
è molto brava a nascondere quello a cui
tiene, non deve prendersela con se stessa.-
Lei
rimase in silenzio ancora per un secondo e
poi alzò lo sguardo fissandomi.
-Ma
perché mi hai detto tutte queste cose? Perché
non sei rimasto zitto?-
-All’inizio
pensavo di volermi vendicare di
Vale, di volerla mettere nei guai, ma in realtà il motivo
è un altro. Volevo
che Riccardo non fosse l’unico tra noi due ad essere entrato
in questa casa. L’ho
fatto per me, per dimostrare a me stesso che se Vale me ne avesse dato
la
possibilità anch’io sarei potuto essere il
fidanzato che lei voleva per sua
figlia.-
Proprio
in quel momento la porta si aprii e mi
voltai di scatto.
Sapevo
quello che avrei visto, lo sapevo ancor
prima di voltarmi ma quella scena mi uccise. Vale, bella come non
l’avevo mai
vista, fece il suo ingresso in casa tenendo Riccardo per mano. Il suo
viso era
felice e rilassato, i suoi occhi scoppiavano di felicità.
Avrei
voluto morire, lì in quell’istante. E mi
sarei volentieri preso a schiaffi per essermi trattenuto in quella casa
così a
lungo. Il mio piano era quello di lasciare la foto e la collana per poi
andarmene immediatamente senza perdere tempo. Invece la somiglianza di
Vale con
sua madre mi aveva intrappolato lì, perché vedere
anche solo una piccola parte
di lei in un’altra persona mi aveva impedito di andare via
subito come avevo
pianificato in principio.
Ero
stato un autentico stupito! Quella scena
era stata la giusta punizione per la mia stupidità.
-Massi!-
esclamò Vale vedendomi e mollando all’istante
la mano di Riccardo. –Che ci fai qui?-
-Niente
di particolare-, risposi alzandomi. Volevo
scappare, non potevo restare in quella stanza un secondo di
più. Il solo fatto
che Vale fosse lì e mi stesse guardando mi rendeva fragile,
troppo per i miei
gusti. Se quella storia si doveva chiudere tanto valeva che fossi io a
farlo. –Ho
solo portato a tua madre delle cose che volevo avessi tu.-
Vale
spostò lo sguardo su sua madre e su
quello che aveva in mano.
-Con
questo volevo solo dirti che hai avuto
quello che desideravi: accetto e comprendo tutto quello che mi hai
detto prima.
La nostra storia finisce qui e non proverò mai
più ad entrare nella tua vita.-
Si
avvicinò a sua madre e prese la collana che
lei aveva tra le mani. La guardò per un po’ e poi
anche lei si tolse il
braccialetto.
-Finisce
qui allora-, disse semplicemente,
senza nemmeno una nota di rimpianto.
-Sì-,
risposi abbassando lo sguardo. –A quanto
pare ha vinto lui, e io non posso fare nulla. Quello che ho sempre
voluto è la
tua felicità e se pensi che con Riccardo potrai essere
più felice allora io mi
faccio da parte.-
-Massi…-,
mormorò lei con tono triste.
-Non
dire nulla, mi sembra che tu abbia
dedicato anche troppo tempo a parlare con me oggi.-
-Voglio
solo che tutto finisca nel migliore
dei modi-, disse con calma. –E vorrei solo un ultimo favore.
La foto, prendila
tu. Io davvero non saprei che farmene.-
Quel
giorno aveva proprio deciso di pugnalarmi
in tutti i modi, adesso anche questo.
Senza
pensarci oltre mi avvicinai a lei e
presi la foto dalla sua mano cercando di non sfiorarla nemmeno, ci
mancava solo
che mi scansasse come aveva fatto in piazza quando avevo provato ad
accarezzarle il viso. Sarei morto se fosse accaduto!
-Siagnora-,
dissi voltandomi verso la madre di
Vale. –La ringrazio per tutto e anche per avermi ascoltato.
Mi sarebbe piaciuto
conoscerla meglio.-
-Sarebbe
piaciuto anche a me, Massimiliano-,
rispose la donna guardandomi con occhi materni.
Mi
diressi verso la porta ed uscii senza
nemmeno salutarla o guardarla. Improvvisamente il mio cervello si
scollegò del
tutto dal mio cuore e prese il comando. La strada giusta da prendere
era
proprio quella che avevo appena imboccato: avrei fatto di tutto per
uscire
dalla vita di Vale, essere un fastidio per lei non era mai stato nei
miei
piani.
Era
tutto finito!
Solo
questo riuscivo a pensare mentre uscivo da casa di Vale e prendevo la
via per
tornare a casa. Era davvero tutto finito. Tutto quello che avevamo
passato per
metterci insieme, tutto quello che avevo fatto per proteggerla, tutto
quello
che avevo fatto per amarla, non era servito a un cazzo! Era finito
tutto nel
cesso per colpa di quello stronzo e io, io che avevo sempre lottato per
ottenere
quello che volevo, io che non avevo mai paura di combattere, mi ero
arreso.
La
mia resa era arrivata per un motivo molto
semplice: la felicità della persona che amavo. Pur di darle
la possibilità di
essere felice avevo deciso di soffrire e di farmi definitivamente da
parte.
Questo
sarebbe stato il mio ultimo regalo per
Vale.
Correvo
con il mio scooter verso casa,
cercando di dimenticare tutto.
Sapevo
che avrei dovuto odiarla ma la
delusione era il sentimento che prevaleva su tutti gli altri, persino
sull’odio.
Mi
aveva deluso così tanto che ormai non
riuscivo a pensare ad altro, anche l’idea di picchiare a
sangue Riccardo stava
lentamente abbandonando la mia mente. Alla fine dei conti era stata
Vale a
prendere la decisione nonostante Riccardo avesse abbandonato il campo.
Lei
aveva deciso di lasciarmi.
Lei
pensava di amare più lui di me.
Lei
credeva che la nostra storia fosse stata
solo una cotta adolescenziale.
Lei
era la causa della delusione che permeava
tutto il mio corpo.
Lei.
Lei. Lei. Sempre e solo lei.
Era
stata la causa di tutta la mia felicità e
adesso, per uno strano scherzo del destino, era diventata la persona
che mi
aveva provocato un dolore quasi insopportabile, lancinante, che mi
straziava l’anima.
Il
dolore che provavo mi impedì di tornare
subito a casa, lì ci avrei trovato mia madre, che di sicuro
era uno dei motivi
che aveva spinto Vale a lasciarmi. Non avevo alcuna voglia di vederla o
parlarle.
Quasi
automaticamente il mio cervello m’indicò
la strada e mi ritrovai a Piazza Mazzini, il luogo in cui lei aveva deciso di uccidermi e togliermi
ogni brandello di sanità
mentale.
Scesi
dallo scooter e mi diressi verso la
fontana spenta.
Era
strano come quel posto fosse desolato d’inverno.
I negozi erano aperti ma faceva troppo freddo perché la
gente decidesse di fare
shopping a quell’ora del pomeriggio.
Ormai
era quasi buio, e quell’oscurità che
stava avvolgendo il cielo la sentivo anche dentro di me. Non riuscivo a
vedere
nessuno spiraglio di luce. Mi ero aperto ad una persona, dandole tutto
e in
cambio avevo ricevuto solo sofferenza.
Sarei
mai riuscito a riprendermi?
Ma
soprattutto, sarai mai riuscito a
dimenticarla davvero? A non pensare più a lei?
Purtroppo
conoscevo la risposta e la cosa mi
spaventava.
Vale
mi aveva cambiato, mi aveva reso diverso
e quel cambiamento lo avrei portato dentro di me per tutta la vita.
Insieme a
quel cambiamento il ricordo di lei non mi avrebbe mai abbandonato.
Avrei
voluto scappare lontano, per non doverla
rivedere mai più. Ovviamente non potevo, e il Virgilio, che
era stato la
prigione del nostro amore, adesso era diventato il carcere del mio
dolore
immenso e indomabile.
Ora
ero da solo in quella prigione piena di
gente, dove non avrei potuto urlare o mostrare quanto soffrivo
perché per la
maggior parte delle persone che frequentavano quel posto, la mia
relazione con
Vale non era mai esistita. Sinceramente cominciavo a pensare che non ci
fosse
mai stata per davvero, forse lei non l’aveva mai considerata
una vera relazione
e adesso iniziavo a capirlo.
Misi
le mani in tasca per proteggermi dal
freddo e mi resi conto che c’era ancora una cosa che dovevo
fare.
Tirai
fuori dalla tasca il pacchetto di
sigarette e ne accesi una. Feci un tiro profondo, cercando il modo di
rilassarmi il più possibile.
Poi
mi ritrovai in mano la foto che Vale non
aveva voluto conservare. L’aveva riconsegnata a me, in un
gesto che dimostrava
quanto non gliene fregasse di farmi soffrire o meno. Ormai per lei non
contavo
davvero più nulla.
Neanche
io volevo più quella foto: troppi
ricordi, troppi bei momenti, troppo dolore.
Presi
l’accendino e lo misi vicino l’angolo
basso della foto.
La
guardai ancora per qualche minuto, indeciso
sul da farsi.
Vale
era così bella, il suo sorriso felice,
come se davvero starmi accanto potesse regalarle qualcosa di
meraviglioso.
Chissà
se già allora, quando eravamo a Boston,
quando Riccardo era ancora a Londra, lei stava pensando di non poter
essere
felice con me. Chissà se già allora aveva
iniziato a credere che la nostra
storia fosse nata troppo in fretta.
Chissà
se aveva già tutti quei dubbi che l’avrebbero
portata ad abbandonarmi.
Se
davvero già pensava tutto questo lo
nascondeva davvero alla perfezione.
Ormai
in quella foto vedevo accanto a me solo
una bugiarda che si era presa gioco dei miei sentimenti.
Continuavo
a non odiarla ma non riuscivo più a
vederla nello stesso modo. Aveva preso la decisione che reputava
migliore ma
non poteva pretendere che io vedessi in lei ancora la stessa Vale che
si professava
innamorata di me.
Forse
quella ragazza non era mai esistita. Forse
si nascondeva dietro una maschera di cui io mi ero innamorato, ma che
probabilmente
non era la vera lei, quella che poi aveva deciso di lasciarmi per stare
con
Riccardo.
Con
quei pensieri in mente lasciai che la mia
mano si muovesse accendendo la fiamma.
Il
volto di Vale iniziò a prendere fuoco
sempre più velocemente, e lo vedevo andare in fumo come
tutto quello che avevo
passato in quel periodo.
Tutti
i momenti meravigliosi passati con lei
stavano bruciando sotto i miei occhi, insieme a quella foto che adesso
mi
faceva così male guardare.
Quando
era bruciata quasi del tutto la gettai
nella fontana vuota, aspettando che sparisse totalmente e con lei
andasse via
anche quel senso di frustrazione che provavo.
Non
fu così.
La
foto era sparita ma tutti i miei sentimenti
erano ancora lì. Mi avvolgevano, dentro e fuori, e non avevo
la forza di
scacciarli.
L’avrei
amata per sempre, nonostante tutto.
Era
così e non potevo farci nulla.
***L'Autrice***
Salve a tutte!!!
Sono tornata con un altro capitolo e con altre preghiere: non
uccidetemi, so che vorreste farlo ma vi prego, ricordatevi che vi
voglio tanto bene e che voglio tanto bene anche ai miei personaggi ^^
Comunque questo capitolo è stato difficile da scrivere
almeno quanto il precedente. E' davvero una sofferenza vedere Massi
soffrire così tanto e non so ancora quando finirà
questo sofferenza. Posso solo dirvi che come al solito la mia mente sta
pensando ai risvolti più assurdi, senza contare che anche
gli personaggi verranno reinseriti nei prossimi capitoli. Infatti ho
deciso di concentrarmi anche un po' sugli altri visto che ormai Massi e
Vale sembrano essersi allontanati per sempre. Vedremo come
andrà a finire ^^
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante quello che
è successo...
Vi ringrazio anche per le recensioni (e le minacce di morte xD)
dell'altro capitolo, e ovviamente ringrazio tutti quello che hanno
letto ^^
Un bacio, alla prossima.
|
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Capitolo 14 *** Quello Che Resta ***
Verao La Maturità- Capitolo 14
Odio E
Amo.
Forse Ti Chiederai Come Sia Possibile,
Non so,
Ma E’
Proprio Così E Mi Tormento
(Catullo)
Capitolo
14:
Quello Che Resta
Era
passato ormai quasi in mese da quel
maledetto pomeriggio in cui Vale aveva deciso di chiudere la nostra
storia
senza una spiegazione, almeno per me, abbastanza plausibile. Nonostante
tutto
quello che era successo e tutti i suoi discorsi senza alcun senso,
continuavo,
quasi in modo inconsapevole, a cercare il suo sguardo durante i pochi
momenti
in cui riuscivo ad incrociarla a scuola.
Uno
sguardo mai ricambiato.
Stava
sempre molto attenta a non guardare
nella mia direzione e ad evitarmi, come se fossi il Diavolo in persona.
Non
ero l’unico a non capire più il suo
comportamento. Le sue amiche avevano provato molte volte a parlare di
me con
lei ma non avevano ricevuto nessuna risposta soddisfacente, si era
limitata a
ripetere loro tutto quello che mi aveva buttato in faccia in quel
maledetto
pomeriggio.
Amy
era a dir poco furiosa con Vale, mentre
Marti si limitava a dire di non riuscire più a capirla.
Se
neanche loro erano riuscite a capire cosa
fosse accaduto davvero forse l’unica spiegazione sensata
consisteva seriamente
nel fatto che Vale si era innamorata di nuovo di Riccardo.
Eppure
ogni volta che la vedevo aveva la
sensazione di non poterla dimenticare, che non sarei mai riuscito a
credere che
il nostro amore fosse finito in modo così orrendo.
Mi
aveva trattato alla stregua di un estraneo,
come se tutti i sentimenti che aveva provato per me non fossero mai
esistiti.
Non potevo credere che la vera Vale fosse così, per me la
vera Vale era quella
che avevo avuto il privilegio di conoscere, e non quella ragazzina
indecisa che
mi aveva lasciato senza nemmeno pensarci un po’.
-Amy
è diventata una furia!- esclamò Marco un
pomeriggio di fine marzo mentre eravamo a casa sua per studiare.
–Ormai non fa
altro che blaterare sulla pazzia di Vale, è diventata
monotematica.-
-Cerca
di capirla-, risposi io facendo finta
che sentire quel nome non mi avesse turbato. –Sono amiche da
una vita e adesso
non riesce più a capirla, anch’io sarei furioso al
suo posto.-
-Ma
coma fai?-
-A
fare che?-
-Ad
essere così indifferente. Parlo di Vale in
continuazione ma tu non reagisci. Come diavolo fai?-
Presi
un respiro e poggia l’evidenziatore sul
libro di storia mentre avvertivo che Marco seguiva ogni mia mossa.
-E’
l’unico modo che ho per non perdere la
testa. Se reagissi male ogni volta che la sento nominare o che la vedo
probabilmente non sarei più padrone di me stesso e non posso
permetterlo. E’
ovvio che la sola idea di lei con Riccardo mi fa impazzire ma non
voglio dare
loro anche la soddisfazione di vedermi completamente a terra. Lo sai
come sono
fatto.-
Non
avrei lasciato che la delusione mi
mettesse completamente fuori combattimento, non sarebbe stato da me.
Avrei
reagito a tutti i costi.
-Già-,
mormorò Marco abbassando lo sguardo.
–Tra noi due sei sempre stato quello più saggio e
il tuo comportamento
dell’ultimo mese ne è solo la conferma.-
Stavo
per rispondere quando i nostri cellulari
squillarono contemporaneamente.
-E’
Amy-, disse Marco con un sorriso mentre
fissava il cellulare e si affrettava a rispondere.
Presi
il mio.
-Delia,
ciao-, risposi con voce rilassata.
-Massi!
Massi! Massi!-
-Delia!
Delia! Delia!- dissi ridendo. –Che ti
è preso? Cos’è tutta questa euforia?-
-Sei
a casa?- chiese lei senza rispondermi.
-Sì.-
-Non
ti muovere di lì, sto arrivando. Ho una
sorpresa.-
Non
disse altro e riattaccò.
Anche
Marco aveva smesso di parlare con Amy.
-Delia
sta venendo qui.-
-Amy
sta venendo qui.-
Pronunciammo
quelle frasi all’unisono.
-Hanno
deciso di invaderti casa?- mi chiese
Marco stranito.
-Che
ne so? Perché Amy viene qui?-
-Si
trovava a passare e voleva farci un
saluto. E Delia?-
-Era
mezza matta al telefono. Urlava tutta
contenta e ha detto di avere una sorpresa. Non ho la minima idea di che
cosa
stia succedendo.-
Ci
guardammo per un secondo e poi scoppiammo a
ridere. Era da tanto che non mi capitava di ridere così di
gusto.
-Siamo
circondati da pazzi senza controllo!-
esclamò Marco tra un risata e l’altra mentre
cercava di respirare il più possibile.
-Eh
già, solo Vale le batte tutte.-
Appena
pronunciai quella frase la risata mi si
spezzò in gola e anche Marco si fermò a guardarmi
con espressione preoccupata.
-Non
credo che riuscirò mai a togliermela
dalla testa.-
Marco
annuì senza dire nulla.
-Non
pensavo che mi sarebbe accaduta una cosa
del genere, soprattutto dopo che mi ero innamorato di lei. Ero davvero
convinto
che mi amasse e che non mi avrebbe mai fatto soffrire e invece ha fatto
proprio
l’unica cosa per cui non avrei avuto la forza di reagire. Mi
ha messo di fronte
alla scelta di arrendermi e farla felice o di continuare a lottare
dandole però
solo fastidio. E sapeva benissimo cosa avrei scelto, nonostante tutto
quello
che mi ha detto mi conosce molto bene.-
-Ma
non credi che sia proprio questo il
punto?- chiese Marco con un cipiglio concentrato.
-In
che senso?-
-Non
è un po’ strano che da un momento
all’altro lei abbia usato proprio questo modo per lasciarti?
L’unico modo in
cui era certa che tu non avresti reagito?-
Sospirai
con una gran fatica nel petto. Ci
avevo pensato anch’io, era inutile negarlo.
-E’
vero, ma è probabile che lo abbia fatto
per mettere definitivamente le cose in chiaro. Magari tutto quello che
mi ha
detto riguardo la nostra storia e il fatto che fosse un errore non era
la
verità, ma lei ha deciso di lasciarmi. Non so se mi abbia
detto i suoi veri
motivi però se lo ha fatto avrà avuto le sue
ragioni e io non voglio farla
soffrire mettendomi di nuovo in mezzo.-
-Massi,
è inutile che ti dica che il comportamento
di Vale è stato assolutamente assurdo.-
-Lo
so, ma non me la sento di andare contro la
sua decisione. Sono certo che sa quello che fa.-
Marco
mi guardò in un modo che non riuscii ad
interpretare.
-Che
c’è?-
-Ti
fidi ancora così tanto di lei?- mi chiese
con una strana espressione in volto, un misto tra pena e ammirazione.
-Marco,
che tu sappia, mi ero mai innamorato
prima dell’arrivo di Vale?-
-No,
mai. Non sei il tipo che si innamora
facilmente.-
-Allora
ti sei risposto da solo.-
Non
dissi altro, sapevo che Marco avrebbe
capito le mie parole. Io amavo Vale, amavo tutto di lei, compreso quel
suo
cervello bacato e sapevo che tutto quello che faceva era portato avanti
da
delle motivazioni, magari sbagliate, ma erano motivazioni in cui lei
credeva.
Non
avevo intenzione di andarle contro, mai.
Neanche se avesse deciso di trafiggermi ripetutamente il cuore con un
pugnale
rovente avrei mai pensato che lo stesse facendo senza una giusta causa.
Dopotutto
io mi fidavo ancora di lei e sarebbe
stato sempre così.
Era
una sensazione strana ritrovarmi a parlare
di lei con Marco. Da quando Vale mi
aveva lasciato avevo sempre cercato di non far vedere agli altri quanto
ci
stessi male anche se sapevo benissimo di non poterla fare a Marco, mi
conosceva
troppo bene per sperare che anche lui ci cascasse. Ma proprio
perché mi
conosceva sapeva come comportarsi e anche lui faceva finta di niente e
aveva
continuato a parlare di lei senza problemi. Se non ci fosse stato lui
avrei
dato fuori di matto subito e invece ero riuscito a mantenere un minimo
di
sanità mentale, quel minimo che mi bastava per non mandare
tutto a quel paese e
tenere le redini della mia vita ben strette in mano.
Avere
un amico come lui era proprio la
medicina giusta per quel dolore al cuore che non accennava ad
andarsene.
-Massi,
non devi per forza soffrire in
silenzio.-
Alzai
lo sguardo di scatto mentre Marco
pronunciava quelle parole.
-Sei
pieno di amici, e io sono il primo. E
solo perché Amy e Marti sono le migliori amiche di Vale non
vuol dire che
approvino il suo comportamento. Se devo dirtela tutta loro sono dalla
tua parte
e se vuoi parlare ci siamo. So che non sei il tipo che chiede consigli
o cose
così, e di certo io non sono la persona migliore per
dispensarne ma… Noi siamo
qui, per te e per tutto quello di cui hai bisogno. Se vuoi dare un
pugno a
qualcosa, ubriacarti o sparare a Riccardo noi ti daremo una mano.-
Mi
lasciai consolare da un debole sorriso
arrivato direttamente dal mio cuore pieno di ferite.
-Grazie,
amico. So di poter contare su di voi
ma per il momento riesco a cavarmela anche se l’idea di
Riccardo sbranato da un
branco di lupi non mi farebbe tanto schifo.-
-Uhm…
Mio zio lavora in uno zoo come
veterinario, vedo che posso fare-, disse lui con aria seria.
Lo
fissai e, per la seconda volta in poco
tempo, mi lasciai andare ad una risata piena di gioia e divertimento.
-Sai
che ti dico?- cominciò Marco continuando
a ridere. –Quando Vale tornerà a strisciare ai
tuoi piedi, e sono certo che lo
farà, non riprenderla subito, falla stare sulle spine un bel
po’ prima.-
-Non
credo che lo farà ma se dovesse succedere
ti assicuro che saprò vendicarmi- ,dissi continuando a
ridere.
Ovviamente
mentivo, sia a Marco che a me
stesso. Se Vale avesse deciso di tornare da me non ci avrei pensato due
volte
prima di perdonarla. Non avrei mai creduto che sarei diventato
così morbido: io,
l’orgoglioso Massimiliano
Draco, il ragazzo tutto d’un pezzo che non avrebbe mai
perdonato un
comportamento simile, mi ritrovavo a pensare che sarei tornato subito
da lei
senza neanche stare a rifletterci.
L’amore
faceva dannatamente schifo, e non
credevo che mi avrebbe trasportato via con le sue onde tramutandomi ad
un punto
tale che nemmeno io riuscivo a capire quello che stavo pensando.
Mi
sentivo cambiato, nel profondo, come se
tutte le mie certezze fossero state spazzate via e sostituite con un
solo e
unico pensiero dagli occhi scuri e il sorriso luminoso. Era questa
l’unica cosa
davvero chiara nella mia mente: Vale e la sua fondamentale
felicità.
Non
c’era altro.
-Ci
rimettiamo a studiare o aspettiamo che
arrivino quelle due matte?-
La
domanda di Marco mi riportò alla realtà e
mi trovai costretto a riaprire il cassetto della mia mente in cui
relegavo il
pensiero di Vale quando ero obbligato a fare altro.
-Direi
di fare una pausa, Delia dovrebbe
essere qui a momenti.-
Appena
terminai di pronunciare quella frase il
campanello suonò.
-Come
volevasi dimostrare-, mormorò Marco con
aria di ovvietà.
Mi
alzai e mi diressi al citofono.
-Massi!
Apri! Apri! Apri!-
Non
ebbi neanche il tempo di chiedere chi
fosse.
-Delia,
ti vuoi dare una calmata. Ti sei
bevuta il cervello?!-
-Apri
e basta! Sbrigati!-
-Okay,
okay. La porta di casa è aperta.-
Premetti
il tasto per aprire il cancello che
dava sul giardinetto d’ingresso della mia casa.
Mi
rimisi a sedere fissando Marco.
-Si
sente bene? L’ho sentita urlare da qui.-
-Credo
che le sia partita qualche rotella-,
mormorai sconsolato.
Pochi
secondi dopo iniziò la fine del mondo.
-Massi!
Dove cavolo sei!?-
-Che
dici? E’ entrata?- mi chiese Marco
ridendo.
-Mi
sa di sì-, risposi con voce esasperata.
–Siamo in sala da pranzo, Delia.-
Non
avevo neanche finito di gridare quelle
parole che mi ero ritrovato Delia a pochi centimetri dal mio naso con
un
sorriso talmente grande che non riuscivo a capire se stesse ridendo o
se avesse
una paralisi facciale.
-Ciao!-
esclamò lei con la felicità che le
usciva da tutti i pori.
-Delia,
ti senti bene?- cominciai un po’
titubante.
-Ho
una sorpresa per te-, disse continuando a
sorridere.
-Lo
vuoi uccidere nel sonno?- chiese Marco
ridendo.
-Ah
Ah, spiritoso.-
-No,
sul serio. Hai l’aria di una serial
killer fuori di testa-, rispose Marco. Mi ritrovai a pensare che aveva
ragione,
gli occhi di Delia sembravano quelli di una pazza scatenata.
-Allora,
questa sorpresa?- chiesi io cambiando
argomento prima che Delia azzannasse Marco direttamente alla giugulare,
e dal
modo in cui lo stava guardando c’erano molte
possibilità che potesse accadere.
-Vieni!-
urlò Delia in direzione della porta
d’ingresso alla sala da pranzo.
In
quel preciso istante pensai che Delia fosse
davvero uscita fuori di testa, almeno prima di vedere chi
era la sorpresa di cui stava parlando.
-Porca
puttana!- esclamai con un sorriso che
si aprì enorme sulla mia bocca.
-Che
accoglienza, Massi. Usa un linguaggio
meno da scaricatore di porto, cazzo!-
Mi
misi a ridere e corsi ad abbracciarlo.
-Mike,
che diavolo ci fai qui?!-
La
mia felicità era tale da rasentare l’inverosimile,
non avrei mai pensato di poter rivedere Michael così presto.
Anche se nel
momento in cui l’avevo rivisto tutto il viaggio a Boston con
Vale mi era
ripassato nella mente come la pellicola di un film. Non dovevo farci
caso.
-Ho
saputo che la tua ragazza merita una bella
strigliata e sono venuto appena me ne hanno dato la
possibilità.-
All’improvviso
mi rabbuiai, avrei preferito
evitarlo ma ormai era inutile nascondere il dolore che provavo.
-Non
è più la mia ragazza-, mormorai cercando
di mantenere un tono neutro.
-A
me non interessa, la strigliata di Mike se
la merita e la avrà. Non avrei mai immaginato che sarebbe
successo tutto questo
casino.-
-Non
dirlo a me-, risposi. –Ma non pensiamo a
questo. Sono così felice di rivederti, non rovinare tutto
con questi discorsi
del cavolo, Vale è una cosa passata.-
-Se
lo dici tu-, alzò gli occhi al cielo in
segno di disapprovazione. Faceva sempre così quando rovinavo
i suoi piani. Di
certo, durante tutto il viaggio fino a Lecce, aveva preparato tutto un
discorso
per indurmi a farmi di nuovo avanti con Vale e non si aspettava che io
evitassi
così l’argomento. Probabilmente non era per niente
preparato al fatto che io mi
fossi già arreso, ed io per primo mi sorprendevo del mio
atteggiamento.
-Ehm-ehm.-
Cavolo!
L’arrivo
di Michael mi aveva fatto dimenticare
che Marco era dietro di me, si era fatto notare con quel colpo di
tosse. Adesso
mi toccava pure spiegare al mio migliore amico italiano che
c’era anche un
migliore amico americano e che si trovava proprio lì davanti
a lui.
Conoscendo
il carattere di Marco sapevo che
non l’avrebbe presa bene, ma proprio per niente.
Era
possessivo con qualsiasi cosa e
soprattutto con i suoi amici, per cui dubitavo che avrebbe accettato
senza
lamentarsi che Michael fosse venuto in Italia. Il fatto che fino a quel
momento
non lo avesse mai visto lo rendeva meno reale per lui ma adesso che se
l’era
ritrovato davanti ero certo che si sarebbe infuriato.
-Marco,
questo è Michael-, dissi quando trovai
il coraggio di voltarmi e guardarlo in faccia. –Fratello di
Delia e…-
-E
il tuo migliore amico?- mi chiese Marco
incrociando le braccia. Era evidentemente scocciato e quella
frecciatina non
fece altro che confermare tutte le mie teorie.
-Certo
che sono il suo migliore amico!-
esclamò Micheal con un sorriso prima di darmi una forte
pacca sulla spalla. –Ci
conosciamo da sempre.-
O
no, avevo un bruttissimo presentimento.
-Tanto
perché tu ne sia informato-, cominciò
Marco alzandosi e dirigendosi nella nostra direzione. –Sono
il migliore amico
di Massi! E sono io che lo conosco da una vita!-
Il
tono di Marco era minaccioso, molto più di
quanto mi sarei mai aspettato.
-Ah,
quindi anche tu lo conosci da quando è
nato?-
-Certo…
Cioè, no. Non proprio. Ma eravamo molto
piccoli, avremmo avuto quattro anni.-
-Be’,
io lo conosco dal giorno della sua
nascita. Le nostre madri erano amiche
all’università e non si sono mai perse di
vista, perciò credo di essere io il suo migliore amico.-
-Cosa?!-
-Ragazzi,
adesso smettetela!- esclamai
esasperato.
I
due si fermarono e finalmente decisero di
starsene buoni. Avevo già abbastanza pensieri senza dover
aggiungere quella
assurda sceneggiata.
-Mi
sembrate due mocciosi di tre anni! La
volete piantare? Siete entrambi miei amici, e non mi sembra il caso di
prendersela fino a questo punto. Non mi sembra di aver detto di
preferire uno
piuttosto che un altro e mi sembra anche piuttosto stupido fare un
discorso del
genere alla nostra età.-
-Massi
ha ragione-, intervenne Delia. –Sembrate
due bambini con ancora il pannolino addosso, dateci un taglio.-
-Ma
ha cominciato lui-, rispose Michael
facendo un cenno verso Marco che iniziò a fulminarlo con lo
sguardo.
-Mike,
non è il caso che tu reagisca così-,
continuò la sorella. –Hai vent’anni
suonati da un pezzo, falla finita!-
Quella
frase sembrò sedare il loro astio,
almeno in apparenza, perché non dissero più una
parola.
Qualche
minuto dopo eravamo seduti intorno al
tavolo a bere una cioccolata calda, e mentre io e Delia eravamo
impegnati a non
far precipitare di nuovo la conversazione, suonò il
campanello.
-Deve
essere Amy-, dissi mentre di alzavo per
rispondere.
-Amy?-
chiese Mike con curiosità.
-E’
la ragazza di Marco-, risposi con una
certa non curanza.
Sollevai
il ricevitore del citofono.
-Amy?
Ciao. Sì, ti apro il cancello. La porta
di casa è aperta, vieni pure.-
Chiusi
il ricevitore e tornai a sedermi pronto
ad inzuppare un buonissimo biscotto al cocco nella mia cioccolata
fumante.
-Spero
che la tua ragazza non sia rompipalle
come te, caro Marco.-
-Mike!-
esclamammo io e Delia insieme.
-Quello
che la mia ragazza è o non è, non
credo proprio che sia affare tuo, americano del cazzo!- urlò
Marco alzandosi in
piedi e sbattendo la mano sul tavolo. Fece tremare la mia tazza e in
quel
momento giurai che se Marco l’avesse fatta cadere lo avrei
ucciso con le mie
mani.
-Che
sta succedendo qui?- chiese Amy non
appena entrò nella stanza.
-Amore!-
disse Marco con un sorriso a
trentadue denti, lanciandosi verso di lei per baciarla. Lei rispose a
quel
bacio a fior di labbra ma poi lo scostò subito.
-;Mi
sembra di aver fatto una domanda.-
-Ah,
niente. E’ solo arrivato quell’imbecille
del fratello di Delia dall’America.-
-Marco!-
esclamai.
Pensavo
che anche Michael avrebbe risposto in
qualche modo e mi ritrovai sorpreso nel comprendere che non aveva
spiccicato
parola. Quando mi voltai, ebbi un fremito capendo perché non
aveva parlato ma
sperai di sbagliarmi, lo sperai veramente tanto.
Era
imbambolato a fissare Amy, come se non
avesse mai visto una ragazza in vita sua!
Perché
proprio Amy?!
Porco
mondo! Ce l’aveva proprio con me!
Cercai
di spostare subito l’attenzione di
tutti, soprattutto prima che Marco si accorgesse dello sguardo da pesce
lesso
di quello stupido di Mike.
-Amy,
lasciali perdere-, cominciai, e per
fortuna tutti, tranne Mike, si voltarono a guardarmi. Era quello che
volevo.
–Hanno cominciato a bisticciare dal primo momento per fare a
gara su chi fosse
più amico mio. Ti consiglio di non entrare in questa faida.
Vero, Michael?-
Il
mio tono doveva aver risvegliato Mike che
si voltò subito a guardarmi.
-Co-
come?- mi chiese spaesato.
-Non
vogliamo che Amy entri in questa
questione tra te e Marco, giusto?- avevo cercato di mettere in quella
frase tutto
quello che avevo capito lanciandogli solo uno sguardo.
-Io,
sì. Ovviamente-, poi si voltò verso Amy.
–Piacere di conoscerti, sono Michael.-
-Io
sono Amelia-, rispose lei con un bel
sorriso dolce. –Mi dispiace se Marco si è
comportato in modo sgarbato con te.-
-Ehi!
Io non ho fatto nulla!- si ribellò il
mio amico.
-Sta’
zitto! Sei sempre il solito attacca
brighe. Non hai due anni! Massi può avere quanti amici
vuole, quindi vedi di
darti una sana calmata!-
Marco
abbassò lo sguardo afflitto. Amy aveva
colpito nel segno, era l’unica persona sulla faccia della
Terra in grado di far
ragionare Marco e lo faceva nell’unico modo possibile: con il
senso di colpa.
-Comunque
venendo qui ho visto il manifesto di
film che voglio vedere, quindi adesso io e te ci andremo
così lascerai un po’
in pace Massi.-
-Ma
io…-, cominciò Marco.
-Niente
ma, andiamo e non voglio sentire una
sola parola su tutta questa storia per tutta la serata o ti giuro che
non mi
vedrai mai più.-
Marco
sapeva che Amy era davvero arrabbiata
perché era raro che arrivasse ad una minaccia del genere con
lui.
-Okay.-
-Bene-,
disse Amy con un sorriso. –Michael è
stato un piacere conoscerti, spero che avremo occasione di rivederci
per poter
avere una conversazione normale.-
-Certo-,
rispose subito Mike, e notai ancora
una volta una strana luce nei suoi occhi mentre guardava Amy.
–E’ stato un
piacere anche per me conoscerti.-
-Massi,
Delia. Ci vediamo domani a scuola.-
Ci
salutò con un ultimo sorriso e trascinò
Marco e i suoi libri fuori da casa prima che chiunque di noi potesse
emettere
anche solo una sillaba.
-Fortuna
che è arrivata Amy-, mormorò Delia
concentrandosi di nuovo sulla sua cioccolata. –Voi due
stavate diventando
davvero ingestibili.-
Michael
non rispose.
-Non
credo che sia stata una fortuna-, dissi
ficcandomi un biscotto in bocca. Delia si voltò e mi
guardò in modo strano
mentre Mike fissava la sua tazza con occhi quasi sognanti.
-Perché
dici così?- mi chiese lei.
-Ah,
non lo so. Perché non lo chiedi a tuo
fratello?-
-Ma
di che stai parlando?-
-Mike!-
esclami cercando di riportarlo tra
noi. Lui si voltò a fissarmi quasi spaventato, come se non
si aspettasse di
essere chiamato in causa.
-Cosa?-
-Non
ci pensare proprio-, iniziai con voce
minacciosa. -Togliti dalla testa qualsiasi idea malsana ti stia
venendo.-
-Non
so di cosa tu stia parlando-, disse con
aria confusa.
-Nemmeno
io-, rincarò Delia.
-Amy
è offlimits.-
Delia
si lasciò sfuggire di mano il suo
biscotto mentre Michael si impegnava a fissare con concentrazione il
muro
bianco davanti a lui.
-NO! No, no, no. My God!- ecco
che a Delia prendeva una crisi isterica. –Ti prego, Mike.
Dimmi che a Massi è
partita una rotella! Ti scongiuro.-
-E’
così bella-, si limitò a mormorare
Michael.
-Lo
sapevo!- esclamai. –Sapevo che ti aveva
colpito, sei un libro aperto quando si tratta di ragazze. Ti prego,
Michael,
non farlo. Non prenderti una cotta per Amy, nemmeno la conosci. La devi
smettere di farti abbindolare dalle ragazze solo per la loro bellezza,
dacci un
taglio!-
-Fratellone,
Massi ha ragione-, disse Delia
posandogli una mano sul braccio. –Amelia è la
ragazza di Marco, e lo ama molto.
Non metterti in mezzo.-
-Non
ho mai detto che mi metterò tra quei due,
però Amy è davvero splendida.-
-Lo
abbiamo perso-, mormorò Delia posandosi
una mano sulla fronte. –Ormai è partito.-
-Mike,
ti prego. Marco è mio amico e Amy… Amy
è una delle migliori amiche di Vale, non posso permettere
che tu le complichi
la vita. Loro sono felici, molto felici, e proteggerò la
loro relazione a costo
di farti a pezzi con le mie mani.-
Entrambi
si voltarono a guardarmi.
-Non
essere il Riccardo della situazione, non
fare a Marco quello che lui ha fatto a me. Non lo sopporterei, non una
seconda
volta.-
-Massi…-,
cominciò Mike con sguardo di
compassione.
-Avrai
di certo capito quanto questa storia di
Vale mi abbia ferito, al punto che non credo di riuscire mai a
riprendermi. Lei
era tutto per me, e lo è ancora. La sua felicità,
nonostante tutto, è ancora la
mia quindi non posso permettere che avvenga qualcosa che la faccia star
male.-
Mike
rimase in silenzio per qualche secondo,
forse stava cercando le parole per rispondermi.
-Vieni
a Boston con me.-
Tutto,
mi sarei aspettato di tutto, ma mai
delle parole del genere.
-Come
scusa?-
-So
che avrei dovuto chiederti il permesso ma
prima di partire ho mostrato il tuo curriculum scolastico al rettore di
Harvard.-
Cosa?
Non ci potevo credere.
-Lui
è rimasto affascinato dalle tue doti e
visto che è in buoni rapporti con mio padre, diciamo che
sono molto amici, ha
accettato di fare un colloquio con te dopo che avrai sostenuto
l’esame di
maturità. Il che, secondo me, è solo una
formalità. Lui ti vuole, vuole che il
tuo talento si esprima nel suo college, e non credo che
accetterà un no come
risposta.-
Ci
misi solo un attimo a capire.
-E’
stata mia madre, vero?-
Mike
non rispose ma sapevo di averci preso.
Era sempre stato il sogno di mia madre vedermi partire per
l’America per
frequentare un prestigioso college e laurearmi in medicina. In effetti,
quello
era stato anche il mio sogno, almeno prima di conoscere Vale. Ma poi
c’eravamo
innamorati e tutto il resto era passato in secondo piano.
-Pensi
che dovrei farlo?- chiesi guardando
Delia.
Lei
prese un respiro profondo prima di
rispondere.
-Credo
di, Massi. Te lo meriti, hai faticato
tanto per ottenere dei risultati e finalmente qualcuno li riconosce. Ad
Harvard
hai la possibilità di diventare un grande chirurgo
pediatrico, il migliore.-
-Allora
pensi anche tu che restare qui sia
inutile-, sapeva a cosa mi stessi riferendo.
-Vale
ha preso la sua decisione, è ora che tu
prenda la tua a prescindere da lei. E’ in gioco il tuo futuro
e non puoi
permetterti di rischiarlo per continuare a sperare in qualcosa che
forse non si
avvererà mai.-
Sapevo
che Delia aveva perfettamente ragione.
Non potevo negare che una possibilità del genere non sarebbe
capitata due volte
nella vita e chiunque al mio posto avrebbe accettato senza nemmeno
starci a
pensare.
-Massi-,
continuò Delia. –Devi aggrapparti a
qualcosa per dimenticare Vale, e tutto quello che ti resta è
il tuo sogno, non
permetterle di infrangere anche questo. Io le voglio bene, so che
è una persona
giusta e buona, ma in questo caso penso che la possibilità
che ti stanno dando
sia più importante di lei e della sua felicità.
Devi pensare a cosa è meglio
per te, solo questo.-
Ancora
una volta Delia aveva fatto centro e io
non potei fare altro che trovarmi d’accordo con lei.
-Posso
avere un po’ di tempo per pensarci?-
chiesi a Michael.
-L’appuntamento
con il rettore è per quando
avrai finito gli esami di Maturità, quindi potrai pensarci
fino ad allora.-
Chiusi
gli occhi e presi un respiro, per poi
riaprirli. Li sentivo indolenziti come se avessero voglia di piangere
ma io
glielo stessi impedendo.
-Sai,
Delia. Credo che tu abbia ragione ma c’è
una cosa su cui ti sbagli.-
Lei
mi fissò stranita.
-Il
sogno di diventare un medico di fama e di
aiutare gli altri non è l’unica cosa che mi resta.
Quello che mi resta davvero,
dopo aver perso Vale, siete voi.-
Entrambi
mi guardarono con aria confusa.
-Tu,
Mike, Marco, Amy, Sabrina e Martina,
siete degli amici importanti per me. Mi siete stati vicino, lo fate
ancora, e
mi spronate ad andare avanti. Questo è quello che mi
permette di non perdere
totalmente il cervello a causa dell’enorme voragine che mi si
è aperta dentro.
Quindi vi ringrazio, e credo che partirò.-
Mike
si aprì in un sorriso mentre vedevo che
agli angoli degli occhi di Delia si cominciavano a concentrare delle
lacrime.
Le
cose stavano così, che mi piacesse o meno.
Vale ormai apparteneva ad un altro ed io mi ero stancato di stare fermo
a
piangermi addosso. Avrei reagito, mi sarei creato una nuova vita
lontano da
lei, un nuovo inizio che con un po’ di fortuna mi avrebbe
permesso di essere di
nuovo felice.
Dovevo
fare in modo che la mia vita non
dipendesse da lei, e se per farlo fossi dovuto andare a Boston forse lo
avrei
fatto.
Qualsiasi
cosa pur di costringere il mio cuore
a smettere di sanguinare.
Qualsiasi
cosa pur di impedire a Valeria
Ferrari di sconvolgermi ancora l’esistenza.
***L'Autrice***
E
con questo nuovo capitolo vengono sconvolte un po' di cose. Il nostro
Massi se ne andrà in America per studiare e provare a
dimenticare Vale, ma c'è ancora tempo prima della partenza e
ne devono ancora succedere di cose xD
Nel
prossimo capitolo, per esempio, accadrà qualcosa che
potrebbe capovolgere ancora una volta (e ancora di più)
tutto quanto.
Il
prossimo sarà l'ultimo capitolo dal POV di Massi e poi
torneremo a sentire i pensieri di Vale, e forse si avrà
finalmente una vera spiegazione. Ovviamente vedremo anche la scena
della conversazione ascoltata da Vale e tutti i nodi verrano finalmente
al pettine. Ma davvero si risolverà tutto? Lo vedremo.
Come
avete visto, in questo capitolo è tornato Mike xD Piaciuta
la sorpresa? Sembra che Amy lo abbia attirato molto, ma tranquille, me
n'è bastata una di coppia scoppiata, non ho intenzione di
rovinare anche il rapporto di Amy e Marco. Era giusto per far capire
quale effetto ha Amy sui ragazzi ^^
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto ^^ Se vi va, aggiungetemi pure su
facebook (Scarcy Novanta) lì avrete tutte le informazioni su
quando aggiornerò e soprattutto degli spoiler sui prossimi
capitoli ^^
Vi
ringrazio tantissimo per tutte le recensioni (comprese le minacce di
morte xD) mi fanno capure quanto apprezziate il mio lavoro. Grazie!
Grazie! Grazie!
Un
bacio grandissimo
Alla
prossima xD
Francesca
P.S.
Il prossimo capitolo è già in stesura, spero di
farvi aspettare il meno possibile ^^
|
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Capitolo 15 *** Amicizia Tradita ***
Verso La Maturità- Capitolo 15
Questo
E’ Il
Dolore Della Vita:
Che Per
Essere Felici Bisogna Essere In Due
(Edgar
Lee
Masters)
Capitolo
15:
Amicizia Tradita
Alla
fine ero riuscito a sopravvivere alla
frenetica vita scolastica dell’ultimo anno di Liceo. Ormai
eravamo nella
seconda settimana di giugno e la scuola era finalmente finita. I quadri
erano
usciti quella mattina e fortunatamente Marco era stato ammesso senza
problemi,
nonostante tutte le sue paranoie sulla professoressa di matematica che
secondo
lui lo odiava a morte e avrebbe fatto di tutto per rendergli una vita
un
Inferno.
-Mi
ha ammesso, ma sono sicuro che all’esame
mi farà il culo e mi bocceranno.-
Ripeteva
questa frase in continuazione, e
persino Amy si era arresa lasciando blaterale senza sosta. Quando quel
ragazzo
lasciava che il pessimismo gli entrasse nelle vene diventava veramente
insopportabile.
La
sera in cui eravamo andati a vedere le
ammissioni all’esame decidemmo di uscire per festeggiare. Ci
rintanammo in un
pub nel centro storico di Lecce, il Route 66, e lasciammo che la pace
si
impossessasse di noi, almeno per il momento.
Michael
e Delia avevano raggiunto me, Marco,
Amy, Martina e Sabrina per festeggiare insieme a noi. Le ragazze mi
avevano
detto di avere invitato anche Vale ma lei aveva rifiutato,
probabilmente perché
c’ero io.
In
quei mesi il nostro rapporto non era
cambiato di una virgola, e lei si era persino allontanata dalle sue
amiche.
Ormai il comportamento di Vale non riusciva a spiegarselo proprio
nessuno, ma
d’altra parte, erano più o meno tutti
dell’idea che non le sarebbero corsi
dietro. Quando lei avrebbe voluto tornare la Vale di prima
l’avrebbero
riaccolta, ma non avevano intenzione di continuare ad umiliarsi
elemosinando la
sua presenza o la sua attenzione.
La
mia scelta era stata simile, con l’unica
differenza che sapevo che non avrei dovuto riaccoglierla,
perché lei non
sarebbe mai tornata da me. La mia mente se n’era fatta una
ragione e il mio
cuore ci stava ancora provando però avevo la sensazione di
essere a buon punto.
L’alcol che avevo ingurgitato durante quella serata stava
avendo l’effetto
desiderato, e i miei pensieri erano piuttosto annebbiati.
Dentro
al pub si avvertiva una tranquilla
atmosfera di divertimento, ma dentro di me si stava combattendo una
battaglia
epica, e proprio mentre Marco si piangeva di nuovo addosso, nel mio
cervello ci
fu un vincitore e un vinto.
-Dopo
gli esami partirò per Boston insieme a Michael.-
All’improvviso
sul nostro tavolo scese il
silenzio.
-Fai
un viaggio post-maturità e non ci inviti?-
chiese Marco indignato mentre lanciava una delle sue solite occhiatacce
a
Michael.
In
quel momento ringraziai il cielo che la
cotta di Michael per Amy fosse una cosa passata. Per fortuna Mike aveva
trovato
più stimolante provarci con Sabrina che gli dava
puntualmente un bel due di
picche. Conoscendolo non credevo che si sarebbe arreso.
Michael
però continuava a non stare molto
simpatico a Marco.
-Non
è un viaggio di piacere-, risposi.
Sentivo
gli occhi di tutti puntati addosso.
Era arrivato il momento di vuotare il sacco, e la birra mi stava
aiutando a
trovare quel coraggio che per mesi mi era mancato.
-E’
molto probabile che io venga ammesso alla
facoltà di Medicina di Harvard, perciò
partirò, farò un colloquio e dopo di che
tornerò qui per prepararmi a traslocare. A settembre andrei
a vivere a Boston
per tutta la durata degli studi.-
Non
avrei immaginato che i miei amici
reagissero in quel modo. Il silenzio si era fatto così
pesante da rendermi
quasi impossibile respirare, l’aria era densa, colma di
incredulità.
Delia
e Michael guardavano gli altri e me, ma
non sorridevano. Sapevano che per Marco e le ragazze era stato un
colpo, di certo
non se lo aspettavano.
Avevano
immaginato che sarei partito per
studiare Medicina ma dubitavo che avessero mai potuto prevedere che
sarei
andato a vivere a Boston.
-Dimmi
che scherzi…-, disse alla fine Marco
fissandomi dritto negli occhi. –Hai intenzione di lasciare
tutto per partire?-
-Sì-,
risposi limitandomi ad abbassare lo
sguardo. Non avevo la forza di reggere la durezza dei suoi occhi.
-E
lo fai per lei?! Lo fai per dimenticarla?!
Lasci tutti noi e te ne vai dall’altra parte del mondo
perché così speri di
togliertela dalla testa?!-
Le
parole di Marco un po’ mi ferirono ma
presero in pieno i miei sentimenti.
-Lo
faccio anche per questo, ma soprattutto
perché lì riceverei la migliore istruzione che
avrei mai potuto sperare.-
-Ma
a chi vuoi darla a bere, razza di
deficiente?!- Marco si alzò in piedi e mi guardò
con occhi penetranti.
–Qualsiasi cosa tu faccia lo sai benissimo che non te la
toglierai dalla testa,
quindi smettila di dire che vai lì per
l’istruzione. Non smetterai mai di amarla,
neanche a migliaia di chilometri di distanza, il tuo amore
non…-
-Lo
so!-
Marco
si zittì immediatamente. I miei occhi
erano tornati a fissare i suoi e questa volta i miei erano pieni di
rabbia.
-So
che non mi basterà andare dall’altra parte
del globo per avere anche solo una piccola speranza di dimenticarla, ma
non
posso permettere che il mio amore per lei mi precluda una
possibilità del
genere.-
Mi
guardavano tutti come se avessero visto un
fantasma, era la prima volta da febbraio che tornavo ad imporre il mio
carattere come in quel momento. Sentivo che una parte di me, quella che
era
morta nel momento in cui Vale mi aveva lasciato, stava tornando
lentamente in
vita. Mi sarei aggrappato a quella piccola, nuova, nascita con tutte le
mie
forze. Quella doveva essere la mia nuova ragione per andare avanti,
lasciando
da parte, in quel famoso cassetto, tutto quello che Vale mi aveva
donato.
-Partirò.
Voglio una nuova vita, lontano da
qui e da Vale.-
Quando
pronunciai quelle parole avvertii uno
strano senso di angoscia, come se ci fosse una strana presenza che mi
costrinse
a voltarmi. Non appena lo feci sentii che il mio cuore era sprofondato
nella
parte più recondita di me stesso.
-Scusate,
io… Io non volevo disturbare.-
Quella
voce, quegli occhi, quel volto… Erano
l’ultima cosa che avrei voluto vedere in un momento come
quello.
-Vale!-
esclamò Delia, di sicuro l’unica che
aveva ritrovato un minimo di attività cerebrale per riuscire
a formulare un
pensiero.
-Ciao,
Delia-, rispose lei con un sorriso.
Il
suo viso si era illuminato con quella
espressione, era incredibile quanto potesse aumentare la sua bellezza
grazie a
un gesto semplice come quello.
-Sono
solo passata per congratularmi, siete
stati ammessi tutti.-
Me
ne stavo imbambolato a fissarla, pendendo
da ogni sua parola. La sua voce ebbe il potere di riportarmi indietro
nel
tempo, a quando veniva usata per parlarmi della giornata, per dirmi che
mi
amava, per farmi capire quanto le piacesse fare l’amore con
me.
Ora
quelle parole erano per Riccardo e a me
erano rimasti solo dei ricordi rinchiusi nella mia mente, dove gli
avrei sempre
custoditi gelosamente.
-Siediti
con noi-, continuò Delia cercando di
mantenere la situazione su toni normali.
-Io…
No, grazie-, ancora una volta il suo
sorriso, ma quello di circostanza che usava per togliersi dagli
impicci. –Devo
andare. Ero solo passata per un saluto, davvero.-
-Vai
pure-, Marco aveva parlato. Ero talmente
sorpreso da voltarmi di scatto a fissarlo. –Non
c’è bisogno della tua presenza
qui.-
Era
duro, il suo tono celava un odio che non
avevo mai sentito in lui.
-Lo
capisco-, mormorò Vale abbassando lo
sguardo.
-No,
tu non lo capisci-, disse Marco con un
strano sorriso amaro prima di rivolgere i suoi occhi colmi di rabbia
verso
Vale. –Il mio migliore amico, la persona che conosco da una
vita, ha deciso di
andarsene!-
-Marco-,
provai a richiamarlo ma non mi diede
retta.
-Non
me ne frega un cazzo di quanto siamo
amici e di quello che hai fatto per me, Vale. Massi è una
delle persone più
importanti della mia vita e tu, non solo lo lasci senza una spiegazione
degna
di questo nome, ma lo distruggi a tal punto da costringerlo a mettere
un intero
oceano tra voi due.-
Non
avevo davvero la forza di fermarlo, come
nessuno a quel tavolo. Era inutile negare che le parole di Marco
riassumevano
tutti i miei pensieri e i mesi passati senza di lei e forse era
arrivato il
momento per Vale di capire che cosa aveva causato con la sua decisione.
-Mi
hai deluso, Vale.-
Lei
alzò lo sguardo di scatto e ci misi un
secondo a capire che stava cercando di trattenere le lacrime. Il cuore
iniziò a
farmi male come tutte le volte che l’avevo vista soffrire.
-Hai
deluso tutti noi. Credevo che fossi una
persona meravigliosa, una persona disposta a soffrire pur di non
causare dolore
a chi vuole bene. Be’, sai che c’è? Mi
sbagliavo, mi sbagliavo di grosso. Sei
solo una ragazzina che non ha riconosciuto il vero amore e la vera
felicità, e
arriverà il giorno in cui ti pentirai di ogni tua azione.
Vorrei essere lì quel
giorno, solo per vederti soffrire quanto basta perché il
dolore di Massi, e il
nostro, venga ripagato.-
Nessuno
disse una sola parola mentre Vale si
limitava a stare davanti a noi con il capo abbassato, non voleva far
vedere
quanto le parole di Marco la stessero ferendo. Avrei voluto dare un
pugno a
Marco e correre da lei per abbracciarla e farla sentire meglio, ma
sapevo che
lei non voleva più avere nulla a che fare con me. Mi avrebbe
rifiutato, e non
avrei barattato il mio migliore amico, che si stava battendo per me,
con una
speranza che neanche esisteva.
-Io…-,
cominciò Vale esitante. Ormai potevo
quasi vedere le lacrime che cominciavano a formarsi agli angoli dei
suoi occhi.
–Mi dispiace.-
Senza
dire altro si voltò e corse fuori dal
pub.
Non
so cosa mi scattò dentro, e non me lo
chiesi. Era un senso di protezione che avevo sempre avuto nei confronti
di Vale
e il mio cervello non poteva combattere contro un istinto
così forte che mi era
appartenuto dal primo momento in cui avevo conosciuto Vale.
Mi
alzai di colpo e non riuscii quasi a
sentire i rimproveri di Marco che cercavano di trattenermi a quel
tavolo.
In
un lampo mi ritrovai fuori dal locale,
pronto a correre dietro a Vale.
Sentivo
di doverla trovare per farla stare
meglio, per dirle che non aveva fatto niente di sbagliato, che forse le
cose
dovevano andare così e che nessuno ne aveva colpa. Dovevo
farlo! Lo sentivo
come un dovere e un bisogno!
Mi
guardai intorno ma non c’era traccia di
Vale, era come se fosse sparita nel nulla. Mi diressi in una via di
fronte al
locale ma non riuscii a trovarla. Non sapevo dove fosse andata e non
riuscivo a
capire perché dentro di me avvertissi un senso di angoscia
pressante.
Me
ne rimasi immobile al centro di quella
piccola via storica, fissando un punto imprecisato del muro davanti a
me.
Era
una fortuna che non l’avessi trovata, di
sicuro mi avrebbe rifiutato ancora una volta e io sarei morto non
appena l’avesse
fatto. Mi conveniva tornare dagli altri e sperare che Marco fosse
abbastanza
calmo perché non avevo proprio voglia di litigare con lui.
Non
appena mi voltai per tornare sui miei
passi mi resi conto che degli occhi stavano fissando i miei. Occhi di
una
bellezza quasi imbarazzante.
-Stai
bene?-
Cercai
di fare mente locale per riuscire a
rispondere a quella domanda.
-Sai
quello che ho passato negli ultimi mesi,
Marti. Dubito di poter mai stare veramente bene.-
-Lo
immagino-, rispose lei.
Negli
ultimi tempi Martina si era rivelata un’amica
a dir poco speciale. Era l’unica con cui poter parlare di
Vale senza sentire
urla isteriche o piani di vendetta. Lei si limitava ad ascoltarmi e a
dire
quelle poche e giuste parole per rendere la giornata meno pesante.
Le
dovevo davvero tanto.
-Marco
è ancora infuriato?- chiesi
avvicinandomi a lei per vederla meglio in quella viuzza poco
illuminata.
-Diciamo
che non è proprio al massimo della
tranquillità. Se ne sta fermo in un angolo a borbottare
imbronciato. Credo non
si aspettasse che tu le corressi dietro.-
Mi
fece un sorriso per rincuorarmi.
-Tu
non sembri sorpresa invece.-
Alzò
le spalle con fare rassegnato, sembrava
una bambina che aveva capito tutto della vita.
-Infatti
non lo sono. Pensavo che saresti corso
da lei fin dal primo rimprovero di Marco, mi è sembrato
strano che tu abbia aspettato
tanto per intervenire.-
Feci
un sorriso che di buono aveva poco. Era
un sorriso amaro, colmo di dolore.
-Non
mi vuole, Marti. Non è me che vuole, l’unica
persona che io abbia mai desiderato… Mi detesta!-
Marti
mi si avvicinò e mi posò una mano sulla
guancia. La sentivo, era così morbida e allo stesso tempo
calda. Era da tanto
che il tocco di una mano non era così piacevole per me.
-Vale
ti ha sempre voluto bene, Massi. Anche
quando negava di amarti, anche quando pensava di non poterti avere,
persino
quando era convinta che Delia vi avrebbe divisi per sempre, lei non si
è mai
arresa alla fine. Ha sofferto ma ha continuato ad amarti,
perciò io non credo
ad una sola parola di quello che ha detto e se ti fidi davvero di lei
nemmeno
tu dovresti. Questa storia è solo una grande bugia creata da
lei. Non so perché
e non so nemmeno da dove le sia venuta questa idea ma una cosa la so:
la
conosco come le mie tasche e ti posso garantire che non è la
ragazza
superficiale di cui ha parlato prima Marco. Vale è
esattamente la ragazza che
hai conosciuto tu e di questo ne sono convinta e lo sarò
sempre.-
La
guardai negli occhi: non mentiva.
Si
fidava di Vale quanto mi fidavo io, lo
potevo leggere chiaramente in quegli occhi color miele che mi fissavano
con
decisione.
-Pensi
che non dovrei partire? Che dovrei
aspettarla?-
Era
quello il problema che mi ero posto per
tutti quei mesi, fin da quando Mike mi aveva detto della proposta di
Harvard.
E
se fossi partito per poi scoprire che Vale
mi amava ancora? Avrei abbandonato tutto pur di tornare da lei. Ma
sarebbe
stata quella la scelta giusta? Ormai non ero più sicuro di
niente e questo mi
spaventava perché la mia vita non era mai stata
così colma di dubbi.
-Credi
che Vale ti permetterebbe mai di farlo?
Pensi davvero che lei si reputi più importante del tuo
futuro? Dovresti pensare
a questo e prendere una decisione ma sono certa che tu sappia
già cosa è meglio
fare.-
Martina
aveva appena dato vita a tutti i miei
pensieri. Vale non avrebbe mai permesso che io rinunciassi ad Harvard
per
aspettare che lei si ricordasse della mia esistenza, mi avrebbe ucciso
per una
cosa come quella.
-Partirò,
credo sia questa la decisione
migliore.-
Marti
mi sorrise contenta.
-Sì,
lo credo anch’io. Ci mancherai davvero
molto, Massi. E’ per questo che Marco si è
comportato in quel modo: il futuro,
i cambiamenti, il rinunciare agli amici, spaventano sempre molto.
Stiamo
crescendo e quello che siamo oggi, il gruppo che abbiamo creato, non
è detto
che rimanga per sempre unito. Abbiamo solo paura, Massi, ma tu non devi
lasciarti influenzare. La paura non deve impedirti di percorrere la tua
strada.
Noi ci saremo sempre, almeno per quanto mi riguarda ne puoi essere
certo.-
Ancora
una volta mi sorrise con uno sguardo
talmente innocente da disarmarmi. Non riuscii a risponderle, le parole
si erano
bloccate in gola… Ero troppo impegnato a pensare a quanto
Marti fosse buona e
gentile, a quanto mi avesse supportato, a quanto le sue parole fossero
giuste e
benaccette. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii di nuovo
tranquillo,
e in pace con me stesso.
Quei
sentimenti mi inondarono a tal punto che
senza accorgermene mi ero avvicinato a Marti molto più del
dovuto, ma lei non
sembrava volersi muovere neanche di un millimetro.
Forse
era colpa dell’alcol e dell’innocenza
dello sguardo di Marti ma io… Io le posai una mano sulla
guancia per poi unire
delicatamente le nostre labbra. Non avrei mai pensato che baciarla
potesse
essere così piacevole. Le sue labbra erano morbide, quasi
esitanti sulle mie,
ma non si era ritratta.
Non
sentivo un profumo così buono da mesi e il
tutto mi fece girare la testa ancora di più. Era come il
profumo di Vale ma
meno da donna.
Vale?!
All’improvviso
nella mia mente s’insinuò il
ricordo, così lontano, del suo profumo. Dolce, fruttato
misto a qualcosa di
deciso. Deciso come il suo carattere che allo stesso tempo sapeva
sempre
spiazzarmi e impedirmi di dare una vera risposta. Il profumo della
donna che
amavo.
Con
delicatezza, cercando di non essere
brusco, posai le mani sulle spalle di Marti e la allontanai da me. Lei
all’iniziò
mi guardò un po’ sorpresa poi i suoi occhi si
fecero comprensivi.
-Mi
dispiace-, cominciai cercando di reggere
il suo sguardo.
-Non
devi scusarti, capisco come ti senti. Dopo
Christian capisco molte più cose, fidati.-
Disse
solo questo. Mi regalò un altro sorriso
comprensivo ma pieno di affetto e si voltò, un tacito invito
a seguirla dentro
al pub non appena i miei pensieri fossero di nuovo meno vorticosi.
Vedendola
andare mi via mi chiesi “Ma che
diavolo hai fatto? Brutto idiota senza alcuno scrupolo?!”
Senza volerlo avevo
davvero baciato la migliore amica della ragazza di cui ero innamorato.
Ma come
mi era venuto di farlo? Perché? Be’ la risposta
era semplice: senza Vale mi
sentivo perso, pericolosamente solo, e per la prima volta dopo tanto
avevo
visto in qualcun’altra uno sguardo che mi ricordava il suo.
Non
era il suo.
Non
lo sarebbe mai stato. Per quanto cercassi
di sforzarmi era inutile sperare che di trovare Vale in
un’altra ragazza. Non sarebbe
mai successo.
Presi
un respiro profondo e mi preparai a
tornare dagli altri, pronto a sorbirmi i rimproveri di Marco che
sicuramente
sarebbe stato furioso con me. Nonostante tutto mi sentivo pronto.
Mi
voltai un attimo indietro, avevo ancora la
tentazione di andare a cercare Vale, il mio cuore non riusciva ad
arrendersi.
Non
ci fu bisogno di chiedergli una cosa
simile.
L’oggetto
delle mie ricerche era proprio
davanti a me. Gli occhi spalancati, le lacrime ancora visibili sulle
sue
guance, il petto che le andava su e giù per la corsa di
pochi minuti prima.
Aveva
visto tutto, non avevo dubbi. Mi sentii
lacerato all’interno, come se la persona davanti a me fosse
un fantasma e non
un essere umano in carne ed ossa.
-Vale…
Io…-
Non
disse nulla. Il suono della mia voce
sembrò riportare i suoi pensieri al presente. La vidi
sobbalzare per poi
voltarsi e correre via.
Non
l’avrei lasciata andare, non più. Mi ero
stancato di starmene in un angolo senza pretendere un minimo di
chiarezza. Se
io ero nel torto, lei lo era di più.
Senza
pensarci cominciai a rincorrerla per le
vie del centro.
-Vale
aspetta!-
Cominciai
ad urlare e la gente che stava
passeggiando per le strade ci fissava mentre io le correvo dietro come
un
pazzo. Non avrei mai creduto che fosse così veloce ma non
avrei mollato.
Lei
voleva scappare da me almeno quanto io
volevo raggiungerla, quindi non mi sarei arreso tanto facilmente.
Finalmente
dopo qualche minuto riuscii ad
afferrarle la mano e a farla voltare. Eravamo in una via più
piccola e non c’era
nessuno.
-Si
può sapere perché stai scappando?- le
chiesi con una certa rabbia nella voce.
-Lasciami.-
Non mollai, la mia presa intorno
al suo polso si fece ancora più decisa. –Ti ho
detto di lasciarmi!-
-No!-
esclamai.
Smise
di divincolarsi e cominciò a fissarmi
con i suoi occhi ancora freschi di lacrime.
Vederla
così mi uccideva ma avevo bisogno di
risposte e questa volta non mi sarei nascosto dietro al fatto di
volerla
proteggere. Mi ero stancato di pensare solo al suo bene, era arrivato
il
momento di pensare anche alla mia sanità sia mentale che
fisica.
-Perché
sei scappata?- le chiesi senza
lasciarle il polso.
-Non
sono scappata.-
-Ah,
no? Quindi tu di solito parti a correre
in mezzo alla folla per sport? E’ una disciplina olimpica per
caso?-
Non
rispose.
Se
ne restava lì, davanti a me, con lo sguardo
basso e il torace che si affannava ad immagazzinare l’aria di
cui aveva bisogno
per tornare a funzionare correttamente.
-Perché
sei scappata?- chiesi ancora una volta
scandendo bene le parole.
-L’hai
baciata-, rispose sempre senza guardarmi.
-E
allora?-
Sapevo
che la mia risposta non era proprio la
più appropriata. C’erano almeno un milione di
ragioni per cui non avrei mai neanche
dovuto immaginare di baciare Marti ma il fatto che Vale mi sembrasse
gelosa mi
faceva uscire fuori di testa. Non doveva permettersi neanche per un
secondo di
essere gelosa di me!
-Allora?!-
Il
suo tono era stizzito, quasi oltraggiato, ma
la mia risposta almeno la costrinse a guardarmi di nuovo negli occhi.
-Martina
è la mia migliore amica, tu non puoi
baciarla e pensare che io non ne risenta.-
-Tu
sei innamorata di un altro!- quasi urlai. –Che
ti frega se io bacio Martina o chiunque altra? O forse se avessi
baciato un’altra
ragazza qualsiasi le cose sarebbe state diverse? Magari mi avresti
anche fatto
gli auguri per aver ritrovato la felicità dopo quello che mi
hai fatto.-
Mi
fissava ancora dritto negli occhi, non
aveva paura di affrontarmi, in effetti non aveva mai temuto il
confronto con me
ed era stato proprio questo che mi aveva attratto in lei.
-Lasciami
andare, Massi.-
-No,
non lo farò.-
-Lei
è mia amica, mi è permesso essere
sconvolta per aver visto la mia migliore amica baciare il
ragazzo… Il mio ex
ragazzo?-
Nelle
sue parole c’era un astio quasi disumano.
Si sentiva tradita, lo vedevo. Non capivo però se il
tradimento era venuto da
me o da Marti. Data la situazione speravo che fosse avvenuto da parte
mia perché
almeno avrei avuto ancora una speranza con Vale. Dopo mesi passati a
chiedermi
il motivo per il quale mi avesse lasciato, dopo aver creduto che mai
sarebbe
tornata da me, dopo essermi praticamente arreso, arrivava
un’occasione del
genere, l’occasione per capire e, forse, per tornare a
sperare in qualcosa d’impossibile.
-Te
lo ripeto, tu sei innamorata di Riccardo
quindi ancora non vedo dove sia il problema-, la mia risposta era
secca, senza
alcuna titubanza. Vale lo notò subito e mi guardò
con degli strani occhi,
tristi ma allo stesso tempo decisi.
-Va
bene, hai ragione. Adesso mi lasci?-
-Vale,
per quanto tu possa pensare che io non
abbia avuto il tempo di conoscerti quanto Riccardo ti sbagli. So che se
sei
scappata c’è un motivo, forse lo stesso motivo che
ti ha spinto a lasciarmi in
quel modo.-
Lei
spalancò gli occhi sorpresa.
-Non
sono stupido. So che mi hai lasciato con
quelle parole proprio perché sapevi che non avrei provato a
reagire.-
Il
suo sguardo si fece sempre più impaurito,
stavo riuscendo a scoprire il suo segreto, mi sentivo sempre
più vicino alla
verità. L’avrei fatta confessare anche con la
forza se ce ne fosse stato
bisogno.
-Io
ti conosco, Vale. Molto più di quanto tu
possa pensare e questo tuo piano mi ha confermato che tu conosci me.-
-Sei
ubriaco-, rispose lei ridendo. Era la sua
risata nervosa quella che usava per coprire i suoi veri pensieri.
–Non so di
cosa tu stia parlando. Tutto quello che ti ho detto lo pensavo, fino
all’ultima
sillaba. Smettila di dire sciocchezze e cerca di bere meno la prossima
volta
che decidi di confrontarti con me.-
Mi
venne quasi da ridere.
Pensava
davvero che un discorso del genere mi
avrebbe intimorito? Se aveva provato a tenermi testa con quella teoria
assurda
allora sapevo che era davvero alla frutta.
Sarei
riuscito a farla cedere, almeno un po’.
-Quindi
sono io che mi sto sbagliando. Tu non
provi più niente per me, giusto?-
Lei
mi guardò per un secondo e poi annuì con
decisione.
-Mi
dispiace, Massi, è proprio così. Ti ho
già
spiegato le mie motivazioni e non ho alcuna intenzione di ripetermi.
Ormai tra
non ci potrà essere più nulla, ed è
inutile che te ne vai in giro a baciare le
mie amiche, perché questo non mi convincerà a
cambiare idea.-
-Sì,
immagino che baciare le tue amiche non
serva a molto.-
-Infatti-,
rispose lei annuendo. –Sono contenta
che tu l’abbia capito.-
-Baciare
le tue amiche non servirà ma forse
baciare te sì.-
-Cosa?-
disse confusa.
Non
le lasciai il tempo di dire altro. Strinsi
di più la presa attorno al suo polso e la trascinai verso di
me posando le mie
labbra sulle sue con una forza che non credevo di avere.
Per
mesi e mesi avevo sognato di sentire
ancora una volta le sue labbra, di poterla ancora stringere, di poter
sentire
il suo profumo e di perdermi in quei doni meravigliosi senza
più pensare a
nulla.
Nessuna
preoccupazione, nessun dolore, nessun
genere di bugia.
Solo
lei ed io, di nuovo nel nostro mondo, di
nuovo insieme.
Era
quello che sognavo, ed era quello che ero
finalmente riuscito ad ottenere ancora per una volta.
All’inizio
Vale cercò di divincolarsi ma non
ci riuscì. Non avevo alcuna intenzione di interrompere quel
bacio. Volevo
sentire il suo sapore fino infondo, fino ad esserne saturo, fino quasi
a
drogarmi di lei.
Senza
che la costringessi, cominciò a
lasciarsi andare, a lasciar scorrere dentro di lei la voglia che aveva
ancora
di me. Perché era così, magari poteva fingere con
le parole di non amarmi più e
di non desiderarmi ma il suo corpo non poteva mentire.
Il
modo in cui mi baciava non poteva lasciarmi
dubbi. Le ero mancato, riuscivo ad avvertirlo attraverso le sue labbra:
il modo
in cui cercavano lei mie, l’urgenza che avevano di sentirmi,
la voglia che
scaturiva da ogni minimo movimento. Non poteva mentirmi, il suo corpo
era più
di un libro aperto per me, lo conoscevo, conoscevo ogni sua
più piccola
reazione. Ero certo di quello che avevo davanti.
Lei
mi amava, mi amava ancora, o forse non
aveva mai smesso.
Se
non fossi stato impegnato ad imprimere quel
momento in ogni mio centimetro di pelle che la toccava, avrei
interrotto tutto
solo per farle il terzo grado. Avevo avuto la conferma che mi serviva
sui suoi
sentimenti ma non avevo ancora la verità su quello che mi
aveva fatto.
Il
bacio continuò a travolgerci per diversi
minuti, come se i nostri corpi volessero recuperare tutto il tempo
perduto,
tutti mesi passati a raccontare bugie a noi stessi. Era un turbine, un
uragano,
una tempesta appena nata e che cresceva ad ogni battito di ciglia. Il
bisogno
di sentire il suo corpo andava aumentando come un’onda, e
sentivo anche in lei
la stessa identica necessità. Se non fossimo stati in mezzo
a una strada, se
solo avessimo avuto un letto a portata di mano, dubitavo altamente che
i nostri
vestiti sarebbero rimasti al loro posto ancora a lungo.
Ad
un tratto, mentre ero ancora perso nei miei
pensieri, la bugia che si era inventata Vale tornò a farsi
strada dentro di lei
perché s’irrigidì e pochi istanti dopo
mi scostò con forza da lei.
-Non
avresti dovuto farlo-, disse con gli
occhi bassi e il fiatone. –Non avresti dovuto.-
-Perché?-
chiesi con voce calma. –Perché così
avrei avuto la conferma che mi ami ancora o perché speravi
che non avessi
ancora voglia di baciarti?-
Lei
alzò gli occhi di scatto e finalmente
rividi la cosa che mi era mancata di più in lei: il suo
sguardo pieno d’amore. Stava
cercando di nasconderlo dietro la sua espressione dura ma io riuscivo
comunque
a vederlo, e quello fu la vera conferma.
-Massi,
io non ti amo più.-
-Sì,
e tra poco vedrò un pinguino volare-,
dissi con un sorriso di scherno.
-E’
la verità.-
-E
allora perché mi hai baciato?-
-Sei
stato tu a baciarmi!-
-D’accordo,
perché non ti sei scansata prima? Il
tempo l’hai avuto.- Volevo proprio vedere come se la sarebbe
cavata adesso.
-Non
lo so perché! Forse perché ho ancora
attrazione fisica nei tuoi confronti, ma di certo non perché
sono innamorata di
te!-
Va
bene, ero arrivato al limite. Mi ero
stancato dei suoi tentativi di mentirmi.
Avevo
ottenuto quello che volevo: era a
conoscenza del fatto che mi amava ancora e che anche io lo sapevo.
Tanto mi
bastava per non sentirmi più un fallito o un povero idiota
che veniva preso in
giro.
Il
tempo per conoscere tutta la verità ci
sarebbe stato e io non avevo alcuna fretta. Era la strategia migliore
con Vale,
costringerla a dirmi tutto non mi avrebbe portato molto lontano.
-Sai
che ti dico?- cominciai. –Continua a
raccontarti tutte le bugie che vuoi, continua a nasconderti dietro le
tue
motivazioni del cazzo, continua pure a costringerti a stare con un
altro.-
Mi
avvicinai al suo viso e la fissai dritta
negli occhi, poi mi lasciai andare ad un sorriso colmo di gioia.
-Io
non ci casco più-, spalancò gli occhi
incredula. –So che mi ami e tu sai che io ti amo. Un giorno,
magari non troppo
lontano, ti stancherai di mentirmi e tornerai da me. So che
succederà, adesso
ne ho la certezza.-
Mi
voltai senza darle la possibilità di
parlare. Feci qualche passo e mi fermai.
-Ah,
Vale-, cominciai senza guardarla. –Salutami
Riccardo e digli che la partita è ancora aperta. Solo che
adesso ho delle nuove
armi da usare, armi che lui non avrà mai.-
Non
cercò di fermarmi, mi lasciò andare con
quelle parole e quel bacio ancora fermo sulle sue labbra accaldate.
Sapevo che
non l’avrebbe dimenticato facilmente, e avevo solo bisogno di
un suo momento di
debolezza. Appena avrebbe capito di avere ancora bisogno di me, sarebbe
tornata
e io avrei scoperto finalmente tutto quanto.
Si
trattava solo di attendere, e per lei lo
avrei fatto anche a costo di aspettare un secolo.
Lei era
mia,
e ormai non poteva più negarlo.
***L'Autrice***
E
alloraaaaaaaaaaa... Che ne dite di questo capitolo? Piaciutooooo? xD Io
mi sono divertita moltissimo a scriverlo, è stato davvero
emozionante e mi mancava scrivere dei momenti tra Massi e Vale,
fidatevi mi sono mancati davvero tanto.
E
quindi Massi e Marti hanno avuto un incontro ravvicinato, ve lo
aspettavate? Lo stavo tramando fin dall'inizio e non vedo l'ora di
sapere cosa ne pensate. Per quanto riguarda Massi e Vale ormai
è chiaro che Vale non l'ha data a bere a nessuno, e nel
prossimo capitolo scopriremo le sue motivazioni, giuste o meno che
fossero.
Il
POV di Massi finisce qui, dal prossimo capitolo tornerà a
parlare la nostra Vale (per fortuna mia, perchè mi viene
molto più facile scrivere dal suo punto di vista xD). La
prossima parte s'intitolerà Verso Il Futuro e
sarà l'ultima parte di questo Sequel. Non so ancora quanti
capitoli conterrà ma credo cinque o sei al massimo e poi la
storia si concluderà, quindi, mie care, siamo in dirittura
d'arrivo ^^
Come
al solito vi ringrazio davvero per tutte le recensioni e ringrazio
tutte quelle persone che mi hanno messo tra gli autori preferiti, ho
visto sono più di 500 xD Grazie grazie grazie!
Ricordo
che per eventuali spoiler o miei scleri potete aggiungermi su Facebook
(Scarcy Novanta) xD
P.S. Il mio ragazzo ha girato, insieme a dei suoi amici (registi e truccatori) il trailer di un film Horror... Se vi va visitate la pagina e mettete mi piace... Mi fareste un grandissimo favore ^^ Grazie
Un
bacio a Tutti!
Alla
prossima :)
|
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Capitolo 16 *** I Famosi Nodi ***
Verso La Maturità- Capitolo 16
Verso
La
Maturità- Terza Parte
Verso
Il
Futuro
Esiste
Nella
Vita Una Sola Felicità:
Amare
Ed
Essere Amati
(George
Sand)
Capitolo
16:
I Famosi Nodi
-Ma
porca, porca, porca, miseria!-
Quella
specie di esclamazione disperata fu
pronunciata dalla mia bocca con tanto di quell’astio che se
ne avessi avuto la
possibilità mi sarei azzannata da sola. Non potevo credere
che fossi stata così
stupida da permettere che accadesse. Mi odiavo a morte per quello che
avevo
fatto, incurante di tutto, mettendo in pericolo il mio piano.
Un
bacio, era solo un semplice bacio, ed era
riuscito a far crollare tutti i muri che avevo costruito in quei mesi
per
allontanarlo da me. Massi mi conosceva e aveva scoperto quasi tutto,
mancava
solo qualche dettaglio per completare il quadro, dettaglio che io non
gli avrei
mai dato. Avevo passato dei mesi d’inferno per raggiungere il
mio obiettivo e
di certo quel piccolo incidente non avrebbe pregiudicato tutto. Se lo
poteva
scordare! Tutto quello che avevo fatto era stato per lui! Se solo
avesse
provato ad avvicinarsi un’altra volta lo avrei ucciso con le
mie stesse mani.
Appena
entrata in casa mi ero lanciata sul
letto e avevo cominciato a pensare a qualche soluzione soddisfacente
perché
Massi tornasse a credere che non avrei più voluto avere una
relazione con lui.
Minuti
passati a pensare sprecati!
Aveva
scoperto, almeno in parte, il mio piano.
Sapeva che lo avevo lasciato in quel modo perché
così avrei avuto la certezza
che non avrebbe provato a farsi avanti, ma quel che era peggio aveva
capito che
lo amavo ancora. La mia copertura era del tutto saltata, e dubitavo che
avrei
trovato un modo per tornare indietro: Massi era troppo testardo e furbo
per
ricascarci.
Se
solo non avessi deciso di tornare al pub
per chiedere scusa a tutti, se solo non avessi visto il bacio tra Marti
e
Massi, se solo lui non avesse deciso di voltarsi proprio mentre io ero
caduta
in stato di shock. Se, se, se… Ne avrei potuti aggiungere a
migliaia ma il
risultato non sarebbe cambiato: ero nei casini e anche belli grossi.
Come
se non bastasse avevo ancora nella mente
le labbra di Massi che si avvinghiavano a quelle di Marti. Non una
qualunque,
proprio la mia Martina! Mi ero sentita così tradita e delusa
che non ero
riuscita a reagire per tutto il tempo di quel bacio, ed era stato
proprio
quello il mio errore. Avrei dovuto mostrarmi impassibile, o magari
leggermente
infastidita, non scappare via con le lacrime agli occhi! Accidenti a
me!
Accidenti a tutto quanto!
Come
avevo fatto per tutti quei mesi,
maledissi il giorno in cui mi ero innamorata di Massimiliano Draco, da
quando
tutto era cominciato la mia vita non solo si era complicata ma era
anche
diventata dolorosa ai massimi livelli. Difficilmente mi capitava di
ridere, e
anche con Riccardo le cose si stavano complicando, ormai anche lui
aveva
iniziato a sospettare che dietro la nostra relazione ci fosse qualcosa
di
strano, qualcosa che io non volevo rivelare. Ma perché avevo
a che fare solo
con gente che mi conosceva alla perfezione? Non potevo frequentare
persone poco
intuitive a cui risultasse facile mentire?
Eh,
no! Che scherziamo! Tutte le sfortune
sempre a me, se non fosse stato così il mondo sarebbe finito
all’istante sotto
la forza bruta di una catastrofe di dimensioni epiche!
Accidenti!
Porca miseria! Maledizione!
Ma
il giorno del mio compleanno non potevo
farmi i fatti miei e restarmene in classe? No, io dovevo avere la
sacrosanta
sfortuna di ascoltare una conversazione che mi avrebbe costretta ad
agire di
conseguenza! Dopotutto la mia vita era sempre stata così,
mai una volta che
avessi avuto la fortuna di non trovarmi nel posto sbagliato al momento
sbagliato.
Il
cervello stava per esplodermi.
Troppi
avvenimenti, troppo dolore, troppa
delusione tutti in una volta sola. Avevo bisogno di parlarne con
qualcuno, e
sapevo a chi rivolgermi.
Era
il momento di confessare la verità a
Riccardo, non me la sentivo di continuare a mentirgli ancora. Mancava
poco
tempo alla fine della recita, ancora pochi mesi e avrei ottenuto
ciò che
desideravo, ma non ce la facevo più a sopportare quel peso
da sola. Sapevo che
Riccardo difficilmente mi avrebbe perdonato, ma glielo dovevo. La
sincerità era
l’unica cosa che mi restava da donargli per tutto
ciò che aveva sempre fatto
per me.
Presi
quella decisione con un’angoscia che mi
avvolgeva il cuore ma alla fine mi decisi a chiamarlo e a dirgli di
raggiungermi a casa mia.
Per
fortuna i miei erano a una cena con amici
quindi non sarebbero stati in casa ad origliare, comunque non avevano
mai fatto
problemi quando Riccardo passava da casa mia, a qualsiasi ora lui
decidesse di
presentarsi. Era incredibile quanto diventassero permissivi quando il
mio nuovo
ragazzo era in giro. Per non parlare di mia madre che era quasi
scoppiata in
lacrime alla notizia che Riccardo ed io ci eravamo messi insieme.
Sarebbe
piaciuto anche a me essere al settimo cielo come lei, ma non era stato
così.
Pochi
minuti dopo la mia chiamata Riccardo si
presentò a casa mia. Non provò nemmeno a
baciarmi, aveva capito, forse dal tono
della mia voce durante la telefonata, che c’era qualcosa che
non andava.
-Allora,
cosa è successo?- mi chiese con un
sorriso mentre si sedeva sul mio letto.
-Devo
confessarti una cosa.-
Il
mio tono era a dir poco lapidario. Come
potevo dire al mio migliore amico/ragazzo che per mesi mi ero presa
gioco di
lui dicendogli che lo volevo e che ormai Massi era acqua passata? Come?
Dove
diavolo avrei trovato quel coraggio?
-Sono
tutto orecchi, spara- disse lui con la
sua solita aria di comprensione. Avevo la sensazione che in tutto quel
tempo
avesse capito molto più di quanto avesse dato a vedere.
-Ha
a che fare con il giorno del mio
compleanno.-
-Lo
avevo immaginato-, continuò non perdendo
la sua aria indulgente.
-Quel
giorno, prima di dirti che volevo stare
con te, è successo qualcosa. E’ stato proprio quel
qualcosa a spingermi nella
scelta di diventare la tua ragazza, ed è inutile negare che
c’entra Massi.-
Non
disse nulla, si limitò a guardarmi ansioso
di ascoltare quello che avevo da dirgli.
-Dopo
un’interrogazione sono scesa al piano di
sotto e per caso ho ascoltato una conversazione, sono state proprio le
parole
che ho sentito a far cambiare tutte le carte in tavola. C’era
la professoressa
D’Arcangelo, la madre di Massi, che stava parlando con lui.-
Al
solo pensiero di quel ricordo la mia mente
cominciò a riportarmi davanti agli occhi tutti i suoni e le
immagini di quella
maledetta mattina. E mentre raccontavo tutto mi ritornava alla mente
come se
fosse accaduto solo pochi minuti prima.
-Mamma,
si può sapere di che cosa mi vuoi
parlare? Devo tornare in classe-, la voce di Massi arrivò
alle mie orecchie più
chiara che mai. Decisi di restare nascosta, non volevo che la
D’Arcangelo mi
vedesse. Sapevo che non avrei dovuto origliare ma la
curiosità aveva avuto la
meglio sul buon senso.
-Tesoro,
dobbiamo parlare di quello che mi hai
detto ieri sera. Non posso ancora credere a quello che ti sta passando
per la
testa, cerca di ragionare e di tornare in te. Ti prego.-
Il
tono della D’Arcangelo era un misto tra
disperazione e tristezza, non l’avevo mai sentita parlare
così e tutto ciò mi
incentivò a restare in ascolto. Era qualcosa che riguardava
Massi e io avevo
bisogno di sapere.
-Non
c’è niente di cui parlare, ho già preso
la mia decisione e non mi porterai a cambiare idea.-
-Massi,
non puoi buttare tutto via in questo
modo, non te lo permetterò. Non puoi avere davvero
intenzione di abbandonare il
tuo sogno di diventare medico.-
Cosa?!
Sperai di aver sentito male, non poteva
essere vero. Massi non avrebbe mai neanche pensato una cosa del genere,
sua
madre doveva essere ubriaca o drogata anche solo per averlo immaginato.
-Resterò
a Lecce, è inutile che continui a
battere su questo punto. Non ho alcuna intenzione di trasferirmi. Mi
iscriverò
alla facoltà di Biologia o qualcosa del genere.-
Il
cuore mi si fermò.
Biologia?!
Massi non era destinato a diventare
un biologo sottopagato e sfruttato, lui doveva diventare un chirurgo,
un angelo
che avrebbe salvato la vita di centinai di bambini! Non poteva essere!
Non
stava accadendo!
-Io
non capisco perché dici queste cose-,
continuò la D’Arcangelo con un tono stanco.
-Perché
il mio cuore è qui, e non ho
intenzione di andare contro i miei sentimenti.-
In
quel preciso momento mi sentii morire.
Era
colpa mia! Era tutta colpa mia! Massi
sapeva che io non sarei potuta andare a studiare lontano da casa, i
miei
genitori mi avevano chiaramente detto che non ne avevano la
possibilità economica.
Glielo avevo solo accennato qualche settimana prima, insistendo sul
fatto che
lui sarebbe partito ugualmente, che non avrebbe neanche dovuto pensare
al fatto
di rinunciare a tutto per me, che io ci sarei stata comunque, anche a
migliaia
di chilometri.
Testardo
di un imbecille!
-Continuo
a non capire. La madre di Delia mi
ha assicurato che se lei lo volesse la farebbe partire con te,
consentendole di
trasferirsi in un altro liceo, in qualsiasi parte d’Italia.
Non resteresti
senza di lei.-
Già,
peccato che non era di Delia che Massi
stava parlando. Ero io la colpevole!
-So
quello che Delia può e non può fare per me
e ti assicuro che seguirmi non è nei suoi piani-, rispose
lui con decisione.
-Ma
di che stai parlando?- chiese la
D’Arcangelo sempre più sorpresa. Dubitavo che
riuscisse a riconoscere suo
figlio nel ragazzo che aveva davanti. –Delia ti ama.-
-E’
proprio qui che ti sbagli!-
La
sua esclamazione arrivò dritta al mio cuore
e il mio cervello la recepì intuendo subito le intenzione di
Massi. Avrei
voluto impedirgli di parlare ma se fossi uscita allo scoperto la
situazione
sarebbe solo peggiorata.
-Delia
non mi ama e io non amo lei!-
Non
potevo vedere sua madre ma immaginavo la
faccia che aveva in quel momento. Lei adorava Delia, il fatto che lei e
Massi
stessero insieme era solo motivo di euforia per le loro madri e adesso
quel bel
sogno stava svanendo proprio davanti a lei.
-Massi…-
-No,
fammi parlare-, la interruppe lui con
voce ancora più seria. –Hai chiesto delle
spiegazioni e io ho tutta
l’intenzione di dartele, anzi ne sono felice. Adesso
potrò essere sincero e ti
posso assicurare che non aspettavo altro.-
La
mia mente era vuota, non c’era più niente
dentro. La riempiva solo la voce di Massi, sentita quasi in lontananza,
captata
come una parola sussurrata nel vento. Stava per mandare tutto a monte,
tutto
quanto! Noi, il suo futuro, il rapporto con sua madre e stava accadendo
tutto a
causa mia! Io, perché ero alunna di sua madre. Io,
perché non potevo
trasferirmi con lui in qualsiasi Università decidesse di
andare. Io, che ero
odiata dalla D’Arcangelo.
Era
solo colpa mia!
Se
solo non avessi incontrato Massi davanti
alle macchinette tanti mesi prima, tutto quel dolore non ci sarebbe mai
stato.
Mi
sentivo uno schifo e potevo stare solo in
disparte, in un angolo, mentre Massi buttava all’aria il suo
futuro.
-Io
non amo Delia, e non sono mai stato con
lei. Il nostro amore era solo una finzione, perché io sono
innamorato di
un’altra ragazza ma tu non ne dovevi sapere nulla.-
-Cosa?!-
esclamò la D’Arcangelo con la voce di
qualcuno che aveva appena saputo di essere un alieno.
-Amo
una ragazza che è tua alunna, la amo da
mesi. E non ho intenzione di rinunciare a lei solo perché
devo trasferirmi in
un’altra città per studiare!-
Ecco
fatto. “Una frittata con i contro cavoli
calda calda per il tavolo
sei-una-cretina-ed-è-tutta-colpa-tua”! Non ci
potevo
credere, Massi aveva appena detto praticamente tutto a sua madre, ci
mancavano
solo i miei dati anagrafici e tutto avrebbe trovato un nesso logico per
la
D’Arcangelo.
-E
chi sarebbe questa ragazza?- chiese subito
la professoressa. Certo, non si sarebbe mai lasciata sfuggire il nome
della
ragazza che avrebbe dovuto torturare fino al termine dei suoi giorni.
-Non
te lo dirò, non ritengo che tu lo debba
sapere.-
Quella
frase non avrebbe rabbonito la
D’Arcangelo, anzi dubitavo che potesse esistere una qualsiasi
frase che sarebbe
stata mai in grado di farla calmare.
-Non
lo devo sapere!- esclamò. –Non dovrei
sapere il nome della ragazza che ha deciso di rovinare la vita di mio
figlio,
che lo ha spinto a mentirmi e ad inventare una copertura tanto assurda
per una
storia d’amore?-
Era
furiosa, anche se non stava urlando perché
si trovava in un corridoio scolastico, ero certa che si stesse
trattenendo a
fatica dall’abbattere qualche muro.
La
cosa peggiore però era che aveva
perfettamente ragione, stavo rovinando la vita di Massi, quello era
più che
evidente.
-Di
che stai parlando? Non è stata lei a
spingermi a rinunciare, se lo sapesse mi farebbe a pezzi con le sue
mani.
Comunque ribadisco che il suo nome non è affar tuo, mamma.
E’ la ragazza di cui
sono innamorato, e questo ti deve bastare.-
-No
che non mi basta! E’ per lei che stai
rinunciando ad un’opportunità unica, me ne frego
se lei non ti può seguire, tu
non puoi cambiare tutti i tuoi piani per una ragazza. Non sei il tipo
che
rinuncia a quello che vuole per un motivo così stupido.-
Chiusi
gli occhi per un lungo istante e presi
un respiro. Ancora un volta nel giro di pochi secondi mi ritrovai ad
essere
totalmente d’accordo con la mia professoressa. Non potevo
essere paragonata al
futuro di Massi, la sua carriera come medico veniva di certo prima di
me. Lo
avrei urlato al mondo intero se questo lo avesse aiutato a raggiungere
quell’obiettivo.
-Non
ti puoi intromettere nella mia vita,
ormai ho deciso.-
Se
solo avessi potuto farmi avanti, se solo
non fossi stata la causa di tutta quella storia, sarei andata dritta da
Massi e
lo avrei preso a schiaffi. Per quanto io odiassi la
D’Arcangelo lui non aveva
il diritto di rivolgersi a sua madre in quel modo e soprattutto non
poteva
gettare via il suo futuro così. Non potevo permetterlo.
-Io
sono tua madre e tu sei solo un
adolescente pieno zeppo di ormoni, devo impedirti di fare una scelta di
cui poi
ti pentirai.-
-Mamma,
sai che ti dico? Per il momento
smettiamola di parlare di questa storia, quando arriverà il
momento
riprenderemo il discorso.-
-E
io sai che ti dico, mio caro figlio? Tu
prova soltanto a fare una cosa del genere e ti posso assicurare che qui
a Lecce
non avrai più una casa!-
Era
arrabbiata e delusa, almeno quanto me.
Nessuna
di noi due si sarebbe mai aspettata
che Massi facesse un discorso del genere. Le sue
potenzialità erano evidenti
persino per un cieco, e l’amore che provavamo per lui ci
impediva di credere a
quello che stava accadendo.
Quello
non era Massi.
Era
solo un ragazzino che non voleva
rinunciare ad un relazione nata dal nulla.
Questa
era la verità. Il nostro rapporto, per
quanto meraviglioso e forte, non poteva essere d’intralcio al
destino di Massi.
Non lo avrei permesso!
-Fai
come ti pare-, rispose lui con tono di
sufficienza. –Io me ne torno in classe.-
-Massi,
aspetta. Il discorso non è ancora
chiuso-, la voce della D’Arcangelo era un doloroso misto di
preoccupazione e
delusione.
-Per
me sì-, la voce di Massi mi sembrava più
lontana. Se ne stava andando.
Sua
madre non disse altro per fermarlo, forse
troppo delusa dalla situazione per insistere.
Dal
canto mio, me ne stavo ancora in piedi con
le spalle poggiate al muro e mi sentivo come se il pavimento dovesse
crollarmi
sotto i piedi da un momento all’altro. Non sapevo cosa fare
ma soprattutto non
avevo la minima idea di cosa pensare. Era successo tutto
così in fretta: un
secondo prima la mia vita era perfetta e il secondo dopo tutto era
svanito nel
nulla, ogni certezza si era volatilizzata in una nube confusa.
Il
motivo del mio gesto non lo conoscevo ma
decisi di dare un’occhiata alla situazione. Mi girai
lentamente e buttai uno
sguardo oltre il muro che divideva le scale dalla zona delle
macchinette.
La
scena che vidi mi fece rabbrividire: la mia
professoressa se ne stava in piedi, totalmente immobile, a fissare un
punto
impreciso della parete a pochi metri da lei. Mi sembrò quasi
di sentire il suo
cuore sgretolarsi sotto la forza delle parole del figlio. In quel
preciso
istante anche il mio cuore sembrò rompersi, come se una
profonda frattura lo
stesse attraversando piano fino a spaccarlo completamente in due parti.
Una
parte mi diceva di tornamene in classe, ma l’altra, quella
che decisi di
ascoltare, mi spinse a fare qualcosa di stupido, molto stupido.
Le
mie gambe si mossero da sole, dirigendosi
verso quella madre che tanto madre in quel momento non si sentiva.
-Professoressa-,
mormorai a pochi passi da
lei.
La
donna sobbalzò, forse troppo assorta nei
suoi pensieri per ricordare di trovarsi in una scuola super affollata.
Si
voltò piano a guardarmi e i suoi occhi mi
fecero quasi paura: erano vitrei, di un azzurro così spento
da sembrare morto.
-Ferrari,
dimmi-, dissi cercando di riprendere
quel contegno che sfoggiava davanti ai suoi studenti. Inutile dire che
il suo
tentativo fu piuttosto blando.
-Professoressa,
io… Mi dispiace, per sbaglio
ho ascoltato la conversazione di poco fa con suo figlio.-
Il
suo sguardo si accese, ma non era odio, mi
pareva più simile all’imbarazzo. I professori
detestavano apparire deboli
davanti ai loro alunni, e soprattutto cercavano di non parlare mai
della loro
vita privata.
-Avrei
dovuto immaginare che qualcuno avrebbe
potuto ascoltare. Questa è una scuola dopotutto-, la sua
voce era strana, così
indifesa. Il sorriso amaro che le si dipinse sul volto quasi mi fece
morire.
–Mi dispiace per lo spettacolo a cui hai dovuto assistere,
Ferrari.-
Lei
si scusava con me? Quella donna, quella
madre, a cui io stavo portando via il figlio mi stava chiedendo scusa?
Se solo
avesse saputo che ero io quella che doveva scusarsi, quella che si
sarebbe
dovuta mettere in ginocchio sui ceci per chiedere perdono…
-Professoressa,
so che non sono affari miei ma
io credo che suo figlio non pensasse sul serio quello che ha detto-, e
se anche
lo pensava presto avrebbe cambiato idea, di quello ne ero certa.
-Tu
dici, Ferrari?- la delusione nella sua
voce mi pugnalò dritto allo stomaco.
-Anche
se lo pensasse, mancano ancora molti
mesi per l’iscrizione all’Università, e
potrebbe accadere di tutto. Io non
conosco bene suo figlio, però sono amica di Marco Iovine e
lui spesso mi parla
di Massimiliano.-
La
D’Arcangelo mi guardò cercando di capire
dove volessi andare a parare. Conoscevo suo figlio benissimo per
esperienza
diretta ma non potevo dirglielo, quindi l’avevo presa larga,
forse molto larga.
-Un
ragazzo come lui, con un talento come il
suo prima poi tornerà in sé. Alla nostra
età una relazione di pochi mesi può
sembrare la cosa più bella del mondo, l’unica cosa
che avremmo mai voluto nella
vita, ma poi basta poco per sgretolarla. Basta un piccolo errore e
tutto
scompare nel nulla e sa cosa rimane a quel punto? Rimane solo il
desiderio di
diventare quello che abbiamo sempre voluto essere. Torniamo a pensare
solo a
noi stessi e ai nostri veri
desideri.-
Lei
continuava a guardarmi senza dire una sola
parola.
-Non
dico che sua figlio sia un tipo
superficiale che crede di essere innamorato quando invece non lo
è, dico solo
che durante l’ultimo anno di liceo si possono istaurare
relazioni che sembrano
dover durare per sempre ma che poi si rivelano solo dei fuochi fatui.
Le ripeto
che mancano ancora molti mesi prima che Massimiliano debba prendere una
vera
decisione quindi accetti le cose e aspetti, vedrà che alla
fine suo figlio
prenderà la decisione giusta. Alla fine lo facciamo tutti,
prima o poi, e suo
figlio mi sembra fin troppo sveglio per perdere l’occasione
di realizzare i
suoi sogni.-
Calò
un silenzio quasi glaciale ma sperai che
le mie parole potessero servire a far sentire meglio quella donna che
era stata
il mio incubo per quasi tre anni. Non potevo credere che stavo
consolando
Lucifero in persona, ma davanti ad un figlio che fa una cosa del genere
ad una
madre, dei soprusi scolastici non potevano avere la meglio. Lei aveva
bisogno
di conforto e forse non ero la persona più adatta allo scopo
ma di certo ero
quella che poteva trovare le parole più adatte
perché capivo perfettamente come
si sentiva la D’Arcangelo. Il nostro cuore era appena stato
spezzato dallo
stesso uomo, e la nostra fiducia era stata tradita dalla stessa persona
amata.
-Ti
hanno mai detto che i tuoi discorsi sono
molto maturi per essere solo una liceale, Ferrari?- mi chiese lei con
un debole
sorriso.
-Sì,
me lo dicono spesso-, risposi sorridendo.
–Diciamo che analizzo sempre tutto in modo razionale, e
oggettivamente le posso
assicurare che è davvero presto per minacciare suo figlio di
essere cacciato di
casa.-
Lei
sorrise quasi divertita.
-Non
lo avrei mai fatto.-
-Lo
so-, risposi subito. Sapevo perfettamente
che lei non avrebbe mai allontanato suo figlio, lo amava troppo. Invece
io,
già… Io avrei dovuto fare l’esatto
contrario.
-Adesso
è meglio che io torni in classi-,
dissi cercando di stemperare un po’ la tensione.
–Non posso perdermi un altro
monologo politico del professor Salerno.-
La
D’Arcangelo rise di gusto.
-Lo
fate parlare a vanvera per non essere
interrogati?-
-Lo
farebbe chiunque, basta leggere il titolo
di un giornale, nominarlo in classe e l’interrogazione
è scampata di sicuro. Il
professore ama i suoi monologhi, noi un po’ meno ma almeno ci
salviamo.-
Rise
di nuovo, poi tornando seria ma sempre
con il sorriso mi guardò dritta negli occhi.
-Grazie,
Ferrari.-
-E
di cosa?- chiesi io sorpresa. –Io non ho
sentito nessuna conversazione, quindi lei non deve ringraziarmi.-
Lei
sorrise e fece un cenno di assenso. Volevo
essere certa che capisse il mio messaggio e per fortuna c’era
arrivata: non
avrei detto a nessuno quello che avevo sentito, volevo farla sentire
tranquilla.
Senza
dire una parola, sorrisi e mi diressi
verso le scale, salendo un paio di grandini.
Quando
fui sicura che la D’Arcangelo se n’era
andata presi un grosso respiro e poggiai le spalle alla parete. In quel
momento
tutta l’angoscia che avevo cercato di nascondere mentre
parlavo con la mia
professoressa, prese di nuovo possesso del mio corpo. Sopraffatta da
tutto
quello che era successo mi lasciai scivolare lungo il muro fino a
ritrovarmi
seduta sul gradino.
Era
finita.
Tutto
quello che in quei mesi meravigliosi
c’era stato tra me e Massi era arrivato alla fine.
Conoscevo
Massi, non potevo dirgli il motivo
per cui avevo deciso di troncare, avevo bisogno che lui pensasse che il
mio
amore non esisteva più.
Il
solo pensiero di dovergli fare una cosa del
genere mi uccideva ma non vedevo altra soluzione. Lui era testardo, non
mi
sarebbe mai stato a sentire e avrebbe fatto di testa sua. Per cosa poi?
Per
restare a studiare a Lecce e rinfacciarmi alla prima litigata che lui
era
rimasto rinunciando al suo sogno?
No.
Non sarebbe mai accaduto. Dovevo
assolutamente trovare una soluzione anche a costo di soffrire come un
cane fino
alla fine dei miei giorni.
-E
qui sono entrato in gioco io, giusto?- mi
chiese Riccardo.
Eravamo
seduti accanto sul mio letto e lui mi
stava asciugando una delle tante lacrime che silenziose mi avevano
rigato il
volto durante tutto il tempo in cui gli avevo spiegato ogni cosa.
-Sì,
e mi dispiace da morire. Ma tu mi sei
sembrato l’unico modo credibile per raggiungere il mio scopo.
Ti ho usato,
Riccardo. Perdonami, ti prego.-
Lui
non disse una sola parola e questo fu più
doloroso dell’essere presa a sberle per ore.
-Massi
non mi avrebbe mai ascoltato, avevo
bisogno di un pretesto credibile perché la mia decisione
potesse risultare
credibile. Tu sei stato il primo ragazzo che ho amato e sei rispuntato
dal
nulla minacciando il mio rapporto con Massi. Lui sapeva perfettamente
quanto io
tenessi a te, e quanti dubbi mi avevano assalita quanto ti avevo
rivisto. Il
fatto che io avessi capito di amarti poteva risultare più
che plausibile.-
-Lo
capisco-, mormorò lui con un sospiro. –Non
nascondo che la cosa mi ferisca ma non posso negare che ormai avevo
capito già
da un po’ che dietro che la tua decisione di metterti con me
ci doveva essere
dell’altro.-
-Riccardo,
mi dispiace da morire.-
-Adesso
capisco anche perché non hai mai
voluto fare l’amore con me-, disse lui con tono amaro.
Spalancai
gli occhi sorpresa. Ogni volta che
avevamo affrontato l’argomento avevo sempre detto di non
sentirmi ancora
pronta.
-Non
eri ancora pronta?- mormorò lui con una
risata amara. –Avrei potuto aspettare a vita quindi e non lo
saresti mai stata.
L’unico che hai sempre voluto è stato
Massimiliano, e solo lui.-
Annuii
con le lacrime che ormai avevano preso
possesso persino dei miei pensieri, non avrei mai creduto di poter
piangere
così tanto senza emettere un solo suono.
-Io
amo Massi, ho sempre amato davvero
solo lui. Non posso farci
niente, ho provato in tutti i modi ad amarti come amo lui, ma non ci
sono
riuscita. E quando tu mi hai chiesto di fare l’amore mi
è tornato in mente lui
e… E ho capito che il mio corpo avrebbe voluto solo lui e
nessun altro, non
sarei mai riuscita a fare l’amore con te, o almeno non ci
avrei messo tutta
l’anima.-
-Be’
il biondino sarà felice di sapere che gli
sei rimasta fedele-, disse lui con una risata.
-Lui
non saprà proprio nulla-, risposi
abbassando lo sguardo.
-Come
scusa?-
Non
mi sorprendeva che Riccardo non avesse
capito, ancora non sapeva tutto.
-Massi
ha deciso di andare a studiare a Boston
ma se scopre che per tutti questi mesi io ho solo recitato,
tornerà sui suoi
passi e resterà qui. Non deve succedere, lui deve partire.-
-Aspetta
un secondo. Mi stai chiedendo di
reggerti il gioco?- mi chiese Riccardo incredulo.
-Più
o meno. Tu non dovrai fare niente, dovrai
solo tenere la bocca chiusa fino a quando Massi non si sarà
trasferito. In
pratica è solo un’omissione, tutto qui. Lui non
deve sapere la verità, non deve
averne la certezza almeno.-
-Che
vuoi dire?-
Adesso
veniva l’ultima parte da raccontare.
Presi un grosso respiro e cominciai.
Spiegai
a Riccardo tutto quello che era
successo quella sera, soffermandomi sul bacio e sul fatto che quella
era stata
la conferma per Massi che io lo amavo ancora. Narrai di come tutto il
mio piano
era andato a farsi benedire per un unico e stupido errore.
-Vale,
te la posso dire una cosa?-
Lo
guardai incuriosita, il suo tono era quasi
divertito.
-Certo
che sai proprio come incasinarti la
vita. Porca miseria, ti sei incartata da sola senza nemmeno
l’intervento di
qualcun altro.-
-Sì,
lo so-, risposi indispettita. –Non c’è
bisogno di sottolinearlo.-
-E
invece sì. Se ti facessi meno seghe mentali
non avresti tutti questi problemi. Ogni volta che ti succede qualcosa
è più il
tempo che stai a rimuginarci che quello in cui agisci.-
Mi
stava insultando o mi sbagliavo?
Sollevai
un sopracciglio scocciata.
-Voglio
dire che secondo me fin dall’inizio
sarebbe stato molto più semplice parlare con Massi e non ti
saresti trovata in
tutto questo putiferio, alla fine sono convinto che lui avrebbe
capito.-
-No,
ti sbagli. Per lui sono la cosa più
importante al mondo e avrebbe sacrificato il suo futuro per me anche se
gli
avessi ripetuto ogni giorno di non farlo. Lui è
così, è testardo e quando si
mette in testa una cosa non gliela togli nemmeno con una lobotomia.
L’unica
soluzione era eliminare una della due opzioni, così non
avrebbe dovuto
scegliere.-
-E
quindi hai deciso di chiamarti fuori. Ma
adesso come pensi di gestirla?-
Ora
che avevo parlato con Riccardo, che almeno
in parte mi ero alleggerita del mio peso, sapevo cosa dovevo fare.
Proprio
niente. Non avrei fatto nulla. Avrei ignorato quel bacio, e avrei
continuato ad
ignorare Massi e tutti gli altri, dovevo stare lontana da tutti loro
fino a
quando Massi non se ne fosse andato.
-Ti
stai facendo tutto un discorso mentale su
come sia meglio stare lontana da Massi e far finta che il bacio non ci
sia mai
stato?- mi chiese Riccardo esasperato.
-La
smetti di leggermi nel pensiero?- dissi
arrabbiata.
-Ti
conosco meglio delle mie tasche come tu
conosci Massi, e lo sai benissimo che il tuo amore adorato
tornerà all’attacco
adesso. Sei sicura di riuscire a tenerlo a bada? Se è
testardo come hai detto
non si fermerà fino a quanto non ti riavrà con
sé.-
Sospirai
asciugandomi le ultime lacrime.
-Sai
come sono fatta, purtroppo per lui
anch’io sono molto testarda. Se lui tornerà a
farsi avanti io lo respingerò,
anche cento volte se sarà necessario. La sua determinazione
posso riuscire a
gestirla, di questo ne sono sicura.-
-Quindi
sei decisa ad andare avanti con questa
storia?-
Fissai
Riccardo negli occhi, senza nemmeno l’ombra
di un’esitazione.
-Sì.-
-Spero
che tu sappia quello che stai facendo.-
Senza
dire altro Riccardo mi attirò a sé e mi
abbracciò. Sapeva sempre quello di cui avevo bisogno.
Mi
lasciai cullare dal suo abbraccio, lasciai
che il mio cuore si riempisse del suo affetto perché non mi
aspettavano giorni
facili. Come aveva detto Riccardo, Massi sarebbe tornato, presto o
tardi,
all’attacco e io dovevo risultare il più decisa
possibile e questo sarebbe
stato molto doloroso per me. Massi sapeva che lo amavo ancora e
ciò rendeva
tutto molto più complicato.
Avevo la testa che stava per
scoppiare ma non
mi sarei arresa.
Il futuro di Massi era
l’unica cosa che mi
interessava, mi ero spinta davvero lontano per dargli la
possibilità di
realizzare i suoi sogni e di certo non sarebbe stato un bacio a
rovinare tutti
i miei piani.
Non
potevo permettere che accadesse!
***L'Autrice***
E
dopo quasi due mesi di attesa, eccomi qui con il capitolo rivelatorie.
Probabilmente qualcuna di voi aveva intuito quello che era successo a
Vale, il motivo per cui aveva deciso di chiudere definitivamente con
Massi. L'unico problema è che adesso lei non ha cambiato
idea: Massi deve partire!
Quindi adesso che cosa
succederà, Massi andrà via o troverà
il modo di far confessare Vale per poi rinunciare alla sua occasione di
studiare ad Harvard?
Bella domanda xD Ancora
nemmeno io so di preciso quello che accadrà, come dico
sempre: sto leggendo la storia insieme a voi, capitolo dopo capitolo.
E' lei che comanda, io mi limito a trascrivere quello che sta
succedendo. ^^
Comunque spero veramente
che questo capitolo vi sia piaciuto. Come al solito mi è
costato davvero tante energie perchè ho finito di scriverlo
quando il sole era ormai quasi sorto ^^ Devo dire che mi trovo davvero
a mio agio nel tornare a scrivere dal punto di vista di Vale, i
capitoli dal pov di Massi mi sono costati anni di vita.
Spero di scrivere al
più presto il prossimo capitolo perchè ormai
manca davvero poco alla fine di questa seconda parte delle vincende di
Massi e Vale, e non vedo l'ora che tutte voi sappiate tutto quello che
mi frulla nel cervello ^^
Come sempre ringrazio
tutte colore che hanno recensito. Ho letto tutti i vostri commenti e
siete meravigliose, vi ringrazio dal più profondo del cuore
^^
Al prossimo capitolo, vi
voglio bene!
Francesca
|
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Capitolo 17 *** Prima Prova ***
Verso La Maturità- Capitolo 17
L’Amore
E’ Un
Bellissimo Fiore,
Ma Bisogna Avere Il Coraggio
Di Coglierlo
Sull’Orlo Di Un Precipizio
(Stendhal)
Capitolo
17: Prima Prova
Erano
le sette del mattino e la sveglia stava
suonando imperterrita. Io ero già in piedi da più
di mezz’ora e la cosa era
davvero sorprendente. Tra il pensiero che quel giorno avrei rivisto
Massi e che
alla nove di quella mattina sarebbero iniziati ufficialmente gli esami
di
Maturità non mi sorpresi del fatto che non avevo quasi
chiuso occhio.
Il
mio stress stava decisamente raggiungendo
livelli disumani e persino io non riuscivo a capire come mai non mi
fossi già
data alla fuga in qualche paese esotico. Non ne potevo davvero
più! Ero stanca
di combattere e di dover affrontare sempre guerre psicologiche. Anche
la mia
sanità mentale aveva un limite e da quando avevo conosciuto
Massi lo avevo
superato parecchie volte.
Mentre
mi pettinavo i capelli in una coda di
cavallo alta- faceva talmente caldo che era impossibile anche solo
pensare di
lasciarli sciolti- mi fermai e osservai per diversi secondi il mio
riflesso
nello specchio. Il viso e la mia espressione lasciavano trasparire
tutto lo
stress che in quei giorni mi aveva attanagliato l’anima.
Mi
sentivo inquieta e sull’orlo di una crisi
di nervi. C’era solo una cosa che poteva peggiorare le
occhiaie nere che mi
cerchiavano gli occhi: Massi mi mancava da morire.
Da
quando c’era stato quel bacio, da quando il
mio corpo aveva riassaggiato il suo anche se per pochi lunghi istanti,
ogni mia
cellula aveva deciso di appendere ovunque lo striscione
“Rivogliamo Massi!”. Ogni
secondo, ogni istante, ogni momento il mio cervello mi riproponeva le
ore di
intimità che fino a pochi mesi prima avevo condiviso con
Massi. Tutti i miei
pensieri vertevano su una sola cosa e tutti ricordavano tremendamente
un film a
luci rosse. Un magnifico film a luci rosse!
Presi
un respiro profondo che fu seguito quasi
immediatamente da uno dei sospiri più lunghi della mia vita.
Ero
riuscita a complicare le cose fino
all’inverosimile. In pratica il futuro di Massi dipendeva da
come avrei deciso
di comportarmi in quegli ultimi giorni prima che ci dicessimo addio per
sempre
e avevo il terrore di mandare tutti quei mesi al diavolo.
Sarebbe
bastato un piccolo, insignificante,
errore perché Massi scegliesse di restare per tentare di
riconquistarmi: non
potevo permetterlo!
Avevo
sofferto per tutti quei mesi e l’unica
cosa che mi faceva vedere una luce alla fine di quel tunnel era pensare
che
Massi avrebbe realizzato il suo sogno. Non ce l’avrei fatta
se Massi avesse
deciso di restare. Il suo destino era quello di partire, non quello di
restare
a Lecce con me per prendere una laurea senza senso.
Era
scritto che Massi sarebbe diventato un
medico e non sarei stata di certo io la causa del suo fallimento.
Presi
un altro respiro per trovare da qualche
parte dentro di me quelle forze che sembravano svanite nel nulla.
Mi
aspettavano i giorni più difficili della
mia vita e avevo bisogno di tutta la mia forza d’animo per
non crollare e
mandare tutto a quel paese.
Oltre
a tutti i miei problemi mentali per la
storia di Massi quel giorno era destinato a diventare un incubo anche
per un
altro motivo, quasi il più importante: stavo per affrontare
la Maturità
completamente da sola. Le mie amiche ormai, e a ragione, non avevano
intenzione
di parlarmi e non avrei potuto sfogarmi con loro per la riuscita di
quella prima
prova. Sarei arrivata in classe, avrei letto le tracce della prova
d’italiano
senza alzare la testa dal foglio e soprattutto non avrei potuto
guardare le mie
due migliori amiche negli occhi augurando loro buona fortuna con lo
sguardo.
Non
avrei potuto fare nulla di quello che
avevo sempre immaginato in un giorno come quello. Niente di
ciò che avevo
sperato di poter fare.
Alla
fine non si trattava solo di Massi, il
mio cuore sentiva la mancanza di tutte le persone che per me erano
importanti.
Amy,
con la sua tenacia e irriverenza, sempre
pronta a darmi una botta in testa pur di farmi capire qualcosa a cui
non sarei
mai arrivata.
Marti,
con la sua dolcezza e i suoi silenzi
che spesso erano più utili di qualsiasi parola.
Marco,
con le sue crisi di panico e la sua
voglia di impicciarsi dei fatti di tutti tranne che dei suoi.
Sabrina,
con le sue parole sagge e i suoi
pensieri coerenti, paladina della giustizia e della vera amicizia.
Delia,
con i suoi sgangherati consigli
d’oltreoceano e la sua voglia di
vivere secondo il suo modo di vedere le cose.
Tutti,
dal primo all’ultimo, per me erano
amici importanti, fondamentali. In tutti quei mesi avevo accusato la
mancanza
di Massi almeno quanto la loro. Mi mancavano tutti e mi sentivo
tremendamente
sola nonostante ci fosse Riccardo al mio fianco.
-Ah,
sei sveglia.-
Quella
voce mi fece sobbalzare. Era mio padre,
si trovava proprio fuori dalla porta aperta della mia stanza e mi
guardava
sorridendo.
-Non
ho dormito molto stanotte-, mormorai con
voce talmente depressa che per poco non mi spaventai io stessa.
-Tranquilla,
tesoro mio-, rispose lui con
sorriso. –Oggi almeno è solo il tema
d’italiano e sono certo che non avrai
problemi, sei sempre stata brava a scrivere.-
Annuii
con una certa esitazione. In effetti il
tema non mi spaventava ma incontrare Massi e gli altri mi terrorizzava.
-Mamma
dorme ancora?- chiesi cercando di
bloccare uno sbadiglio.
-Sono
ancora le sette, certo che sta
dormendo!-
Mia
madre attaccava alle nove di mattina e
quindi prima delle otto non ci pensava nemmeno a schiodarsi dal letto.
-Papà?-
cominciai io con voce esitante.
-Dimmi-,
rispose lui guardandomi.
-Se
tra me e Riccardo le cose non dovessero
andare, pensi che mamma mi perdonerà?-
Tra
i miei pensieri a terrorizzarmi c’era
anche quello che mia madre non accettasse una futura rottura tra me e
Riccardo-
cosa che era già accaduta ma prima o poi avrei dovuto
ufficializzare il tutto.
-Tua
madre ti ama più di chiunque altra
persona esistente al mondo, vuole solo il tuo bene. Quindi se tra te e
Riccardo
non dovesse funzionare lei ti resterà sempre vicina.-
Non
chiese altro, per fortuna mio padre sapeva
essere una persona estremamente discreta. Mi diede solo un bacio sulla
fronte
augurandomi buona fortuna per quella prima prova degli esami.
Uscimmo
di casa praticamente insieme.
La
prova sarebbe iniziata alle nove ma io ero
troppo nervosa per continuare a starmene chiusa in casa, quindi decisi
di
uscire e di affrontare quella giornata il prima possibile. Prima
cominciavo e
prima avrei potuto tirare un sospiro di sollievo, per poi tornare a
preoccuparmi per il giorno seguente.
Varcato
il cancello della scuola, parcheggiai
lo scooter insieme a quei pochi che erano già in bella
mostra e mi diressi
verso il cortile dell’obelisco.
Non
c’era praticamente nessuno, era davvero
ancora troppo presto.
Su
una panchina sperduta vidi due compagne di
classe di Massi che si agitavano mentre sfogliavano freneticamente i
loro libri
di letteratura italiana.
Dall’altro
lato dello spiazzale, su un’altra
panchina, tre ragazzi se ne stavano per i fatti loro a chiacchierare e
a fumare
sigarette come se quella fosse stata una gita e non il giorno
più stressante
della loro vita.
Beati
loro che riuscivano a divertirsi anche
in quella situazione.
Della
mia classe non c’era ancora nessuno, e
non vidi nemmeno una delle persone che in una situazione normale avrei
tanto
voluto incontrare.
Mi
sedetti su una panchina vicino
all’obelisco, in teoria speravo che proprio quella specie di
monumento celasse
la mia presenza a Massi. Non che ci credessi davvero in quel tentativo
praticamente inutile ma tanto valeva provarci.
Di
prendere il libro di italiano e ripetere
non se ne parlava, ero troppo agitata.
Quindi
decisi di portarmi avanti con le prove
successive. Afferrai dal mio zaino il libro di filosofia- il mio
tallone d’Achille
per antonomasia- e cominciai a leggere qualcosa su Hegel. Avevo
studiato quel
filoso ormai per mesi ma ancora, appena iniziavo a leggere, mi sembrava
che
fosse la prima volta. Le parole mi entravano in testa con la stessa
velocità
che impiegavano ad uscirne, e non era per l’ansia. Era solo
dovuto alla mia
totale repulsione per la materia.
-Ciao
Vale.-
Quella
voce mi fece sussultare quasi fino a
farmi saltare.
Davide
Zilli si sedette al mio fianco senza
neanche dire altro.
-Ciao
Davide-, risposi io cercando di non far
trapelare il mio infarto del miocardio.
-Come
vanno le cose? Ti senti pronta?- mi
chiese accendendosi una sigaretta.
Lo
guardai negli occhi alzando un
sopracciglio.
Lui
mi sorrise e scosse la testa, forse aveva
intuito il significato della mia risposta silenziosa.
-Scusa,
se lo avessero chiesto a me avrei
fatto la stessa faccia. Ma sono nervoso e non so di che parlare. Non
voglio
mettermi a ripetere e avevo bisogno di distrarmi.-
-Lo
capisco, ma tanto non credo che ci sia
qualcuno davvero preparato per questi cavolo di esami.-
-Tranne
la Giordano.-
Lo
disse in modo così serio, talmente serio
che guardandoci scoppiammo a ridere come due cretini.
-Pensi
che anche i commissari esterni
s’innamoreranno di lei a prima vista?-
-Potrebbe
andare diversamente?- risposi io con
ovvietà.
In
quegli anni di scuola non mi ero mai
ritrovata a parlare da sola con Davide e dovevo ammettere che era stato
un
errore. Chiacchierare con lui si stava rivelando la distrazione adatta
per non
pensare più troppo alla mia complicata situazione.
-Con
la Giordano si va sul sicuro, i
professori la amano appena la guardano in faccia.-
Davide
aveva assolutamente ragione. Lei era
forse quella che sarebbe stata più in ansia per gli esami e
probabilmente
l’unica che non avrebbe dovuto farlo. Però io non
ero nessuno per giudicare,
lei era fatta così e non era giusto pensare che sbagliasse.
Si meritava il
cento e quello nessuno lo avrebbe mai messo in discussione.
-Vale,
io non ti ho mai chiesto scusa.-
Alzai
lo sguardo sorpresa, fissando quel
ragazzo negli occhi come se avessi davanti un alieno.
-Scusa
per cosa?- Davide era un ragazzo buono
e non mi aveva mai fatto nulla, non avevo assolutamente idea di cosa
stesse per
dirmi.
-Christian
era il mio migliore amico e io non
gli ho impedito di fare quello che ha fatto a Martina, nonostante
sospettassi
quale fossero le sue intenzioni. Avrei potuto evitarlo e invece non ho
fatto
nulla per paura che Martina mi odiasse ancora di più.-
-Marti
non ti odia, non ti ha mai odiato. Hai
persino preso le sue difese durante la festa di Christian. Non sei tu a
dover
chiedere scusa.-
Lui
abbassò lo sguardo e iniziò a fissarsi le
mani come se non avesse mai visto nulla di così
interessante.
-Forse
non mi odia, ma di certo la mia
presenza la infastidisce molto.-
Presi
un respiro. Dovevo a Davide una
spiegazione e volevo scegliere le parole giuste.
-Martina
è una ragazza molto complicata. Vive
in un mondo tutto suo e non è semplice capirla. Persino io
che la conosco da
una vita ancora non ho tutti i pezzi del puzzle ma credo di poter dire
con
certezza che non ti odia e non la infastidisci.-
Un
sorriso scettico gli si dipinse sul volto.
-Lei
è ancora, come posso dire… Ferma. E’
ferma sentimentalmente in qualcosa che nemmeno lei conosce e ha paura.
Credo
che tema di soffrire ancora. Ha aperto il suo cuore una sola volta e ti
assicuro che lei non era incline a farlo, eppure si è
lasciata andare. Nel
momento in cui lo ha fatto il mondo le è crollato addosso
perché si è fidata
della persona più sbagliata che potesse scegliere. Ma tutto
questo non ha nulla
a che fare con te. Lei sa bene di piacerti, credo che lo abbiano capito
anche i
muri, ma adesso non ha né la voglia né la forza
per accettare quello che
provi.-
-Come
è successo negli ultimi cinque anni-,
rispose lui con tono amaro.
Sorrisi
e gli posai una mano sulla spalla.
-Fidati,
lei è davvero molto complicata.-
Sospirò.
-Vorrei
solo che mi desse una possibilità,
anche solo per essere amici. Ti giuro che ho sempre voluto solo e
soltanto
questo. Adesso stiamo per diplomarci e probabilmente le occasioni per
rivederla
saranno inesistenti.-
-Ascoltami,
so che lei ti piace ma forse
dovresti guardare avanti e pensare alla tua vita. Non finirà
tutto con il
liceo, potresti incontrare una ragazza che ti piace di più
oppure Marti
potrebbe diventare una persona normale e darti una
possibilità. Quello che ti
posso dire e di non scoraggiarti solo perché la ragazza che
ti piace non
ricambia i tuoi sentimenti, ti garantisco che nella vita può
succedere di
peggio.-
Lui
mi guardò dritto negli occhi e sorrise,
forse sollevato, non avrei saputo dirlo.
-Sì,
penso che tu abbia ragione.-
Ricambiai
il sorriso.
-E
se vuoi un altro consiglio comincia ad
ignorarla, per il resto se un giorno parlerò ancora con lei
metterò una buona
parola per te.-
Lui
annuii sorridendo. Lo ringrazia per non
avermi chiesto i dettagli del mio litigio con le mie amiche. Davide era
un
bravo un ragazzo e Marti avrebbe dovuto dargli una
possibilità ma quando ci si
metteva quella stupida sapeva essere più dura di una lastra
di cemento armato.
Passammo
la mezz’ora successiva a ripetere
filosofia. Davide se la cavava molto bene e mi aveva aiutato a capire
un paio
di quei tanti passaggi a cui da sola non sarei mai riuscita ad
arrivare.
Mentre
stava cercando di spiegarmi la
filosofia di Kant in modo più semplice e riassuntivo
possibile, i miei occhi
furono attirati da quello che avevo temuto per tutta la mattinata e
buona parte
della nottata. Vidi Massi varcare il cancello della scuola.
Il
sangue mi si gelò nelle vene e nello stesso
tempo la circolazione aumentò in modo esponenziale. Non
sapevo cosa fare e non
sapevo assolutamente cosa pensare. Sapevo solo che
all’improvviso mi venne
voglia di scappare e la gola mi si seccò, avevo il deserto
del Sahara lungo
tutto l’esofago.
-Davide,
vado un attimo a prendere qualcosa da
bere. Fa veramente caldo.-
-Certo,
ti aspetto qui- rispose lui
sorridendomi.
Massi
stava parlando con alcuni ragazzi della
sua classe vicino al portone della scuola. Non mi aveva visto per
fortuna,
quindi camminai velocemente verso l’ingresso
dell’edificio sperando che a Massi
non venisse voglia di voltarsi.
Per
fortuna non lo fece e la cosa mi sollevò
parecchio.
Non
sapevo come avrei fatto ad evitarlo fino a
quando non saremmo entrati nelle aule ma in qualche modo dovevo
farcela.
Dentro
la scuola non c’era praticamente
nessuno, pensavo che tutti i professori fossero ancora in riunione e
delle
bidelle non c’era traccia. Quindi dubitavo che qualcuno mi
avrebbe sgridato per
essere entrata prima del suono della campanella.
Mi
diressi spedita verso le macchinette e
scelsi un tè al limone, l’acqua non sarebbe
bastata a far passare l’arsura che
ormai, tra il caldo e le mie emozioni, aveva completamente preso
possesso del
mio corpo.
Bevvi
un lungo sorso e subito dopo respirai
con forza come se non lo avessi fatto per diversi minuti. Ero stanca,
sia
mentalmente che fisicamente. Dire che mi sentivo distrutta era il
minimo.
Non
avevo molta voglia di tornare in cortile,
avevo troppa paura che Massi si accorgesse della mia presenza, ma non
potevo
nascondermi per sempre e di certo Davide si sarebbe insospettito se lo
avessi
lasciato da solo per troppo tempo.
Mi
decisi alla fine di tornare fuori e con
calma iniziai a camminare verso l’uscita. Avevo la testa tra
nuvole, camminavo
ma in realtà lo facevo in modo meccanico pensando a
tutt’altro. Massi era già a
scuola e non sarebbe passato molto prima che arrivassero anche gli
altri.
Quella giornata sarebbe stata un vero inferno e quello che
più mi spaventava
era che si trattava solo all’inizio, non sarebbe finita prima
di tre ore o più.
Non
ero sicura di riuscire a reggere tutta
quella tensione, il mio cervello cominciava davvero ad abbandonarmi.
Mi
sentivo quasi come una bambina che cercava
di evitare i genitori quando aveva fatto un pasticcio. Lo avevo sempre
fatto,
avevo costantemente evitato di affrontare i miei problemi quando
pensavo che
fossero troppo gravi perché le mie spiegazioni potessero
mitigare la ramanzina
o la punizione. Lo stavo facendo ancora una volta: Massi era il mio
giudice e
il guaio che avevo combinato era il peggiore della mia vita. Sarei
stata capace
di evitarlo per molto, moltissimo, tempo. Avevo una specie di talento
per
farlo.
Ero
ancora assorta nei miei pensieri, in
pensieri che non credevo nemmeno di avere quando sentii un rumore
proveniente
dalla mia destra e prima che me ne accorgessi una mano aveva afferrato
il mio
polso e mi aveva trascinato all’interno di un’aula.
Il
suono della porta che si chiudeva alle mie
spalle fece bloccare il mio cuore e mentre mi voltavo per vedere chi mi
avesse
trascinato in quell’aula deserta la bottiglietta di
tè mi cadde sul pavimento
con un tonfo.
-Sei
brava ad evitarmi ma sono molto bravo
nell’intrappolarti.-
Gli
occhi verdi di Massi erano fissi nei miei.
Stavo
a bocca semi aperta mentre vedevo Massi
con la schiena poggiata sulla porta chiusa per evitare che io decidessi
di
scappare. Mi guardava con aria decisa e allo stesso tempo nei suoi
occhi c’era
un piccolo barlume di insicurezza, come se non fosse del tutto certo di
fare la
cosa giusta. Conoscevo Massi abbastanza bene da poter dire che quel
piccolo
barlume non aveva potuto niente contro la sua voglia di sapere e di
vincere. Era
troppo determinato, molto più di me, per tornare indietro
sulle sue decisioni,
e io lo sapevo anche troppo bene.
-Non
ti stavo evitando-, mormorai contrariata
mentre mi chinavo a raccogliere la bottiglietta. Stavo cercando in
tutti i modi
di assumere un’aria disinteressata alla situazione e per il
momento me la stavo
cavando alla grande nonostante il tumulto di emozioni che cominciava a
crescermi dentro come un uragano che non sarei mai riuscita ad
estinguere.
-Sei
brava a mentire ma ormai non è tanto
semplice essere ingannato da quello che dici.-
Sospirai
esasperata.
-Se
devi dirmi qualcosa parla, altrimenti
vorrei essere libera di tornare fuori. Davide mi sta aspettando per
ripetere.
Sai, non so se l’hai notato ma oggi avremmo un piccolo
impegno: gli esami di
Maturità!-
Lui
mi guardò scettico.
-Credo
che il tema d’italiano preoccupi te
meno di quanto possa preoccupare me, quindi rilassati.-
-Devi
dirmi qualcosa?- rincarai con il tono
della voce su quella domanda. Non potevo di certo spostarlo con la
forza per
uscire, quindi tanto valeva che parlasse così poi sarei
stata libera di
andarmene senza ulteriori complicazioni.
-Sì,
in effetti devo dirti qualcosa visto che
ti ho praticamente rapita e rinchiusa in un’aula a meno di
un’ora dall’inizio
degli esami.-
La
sua aria ironica mi fece innervosire così
tanto che gli lanciai un’occhiataccia così piena
di rabbia che mi sembrava
strano non averlo incenerito all’istante.
-Allora,
parla!- esclamai. –Ho da fare, non so
più come dirtelo.-
-Ti
amo.-
Sentii
il tonfo della bottiglietta di tè che
incontrava il pavimento per la seconda volta. Non avrei dovuto reagire
così,
sapevo bene quello che Massi provava per me ma lo aveva detto in modo
così
strano. Non era sicuro di se stesso, non era deciso come al solito, era
quasi spaventato. Si vedeva che era
terrorizzato dall’idea di aver fatto un errore, aveva il
timore di non aver
detto la cosa giusta, aveva paura di essere respinto ancora una volta.
Eppure
nonostante tutti quei dubbi nei suoi occhi albergava la certezza delle
sue
parole, la voglia di farmi capire quanto fosse vero, il desiderio di
farmi
comprendere quanto quella piccola frase gli fosse costata.
Mi
amava, si vedeva anche troppo bene.
Lo
amavo anch’io e ancora una volta avrei
dovuto deluderlo, lo dovevo fare per lui.
-Massi,
per favore, smettila-, cominciai con
un filo di voce. –La mia risposta non cambierà
anche se tu mi dirai che mi ami
all’infinito.-
-Ti
amo.-
Lo
disse ancora una volta senza aggiungere
altro e facendo un passo per avvicinarsi a me.
-Massi…
-, mormorai mentre il mio cuore accelerava
i battiti disobbediente. –Lasciami andare.-
Più
che una richiesta, la mia, era una vera e
propria preghiera. Non volevo trovarmi in quell’aula con lui,
non volevo
mandare a rotoli tutto il mio piano. Dovevo scappare, ancora una volta
dovevo
alzare i tacchi e andarmene per evitare che le cose andassero in
malora.
-Ti
amo.-
Un
altro passo verso di me, e un altro passo per verso il punto di non
ritorno.
-Non
può funzionare, non puoi continuare a
dirlo illudendoti che cambierà qualcosa. Devi finirla di
farti del male.-
Il
mio cuore batteva sempre più veloce mentre
lui faceva un altro passo ancora nella mia direzione.
-Ti
amo.-
Ci
divideva solo un passo e io non avevo
nemmeno la forza di muovermi. Sapevo che dovevo allontanarmi da lui, ne
avrei
avuto la possibilità senza nemmeno sforzarmi troppo.
L’aula era grande e se mi fossi
allontanata lui si sarebbe arreso ma mi era impossibile. Ero incatenata
ai suoi
occhi come non mi era mai successo prima.
Il
mio cervello m’intimava di muovermi ma il
cuore mi costringeva a stare fermo, annullava tutto il dominio che il
cervello
avrebbe dovuto avere sui miei muscoli.
-Massi,
per favore, torna indietro. Devi
lasciarmi andare, non sono più tua. Lo vuoi capire?-
Quella
domanda venne fuori con un tono quasi
disperato e fu quello a tradirmi più di tutto. Aveva
già capito che lo amavo
ancora, forse più di prima, e adesso gli avevo anche dato la
conferma che tutto
il mio mondo dipendeva da lui molto più di pochi mesi prima.
-Ti
amo!-
Fu
l’ultima volta che lo disse. La sua voce
era sicura, era piena di tutti i suoi sentimenti e prima che me ne
accorgessi
la linea sottile che divideva il mio cervello dal mio cuore si
annullò,
completamente e in modo inesorabile.
Non
riuscii più a ragionare, non capivo
nemmeno dove mi trovavo, solo un dettaglio mi era davvero chiaro: Massi
mi
stava baciando e io non lo stavo
respingendo. Non avevo la forza di allontanarmi, quel bacio stava
assorbendo
tutte le mie energie e, peggio ancora, tutti i miei pensieri. Tutte le
ragioni
per cui quel bacio non ci sarebbe mai dovuto essere finirono
all’istante nell’angolo
più recondito del mio cervello, quello che nessuno ricorda
mai di avere.
Era
svanito tutto.
Riccardo,
Harvard, la conversazione di Massi
con la D’Arcangelo. Tutti i motivi che mi avevano portato a
lasciarlo e a
fingere di amare un altro erano svaniti nel nulla, sostituiti dai
sentimenti
che per mesi avevo cercato in tutti i modi di reprimere.
I
sentimenti… Erano tutto ciò che di più
strano poteva esistere.
Il
sentimento di protezione verso
Massi mi aveva portato ad imprimere a me e a lui
una sofferenza quasi gratuita che probabilmente altre persone avrebbero
evitato.
Il
sentimento di egoismo verso di me
mi aveva portato a far soffrire Riccardo e ad
allontanare tutti i miei amici.
Il
sentimento irrefrenabile verso
Massi adesso mi stava portando ad annullare
tutto e ad incasinare ancora di più la situazione.
Più
pensavo a tutti quei casini e meno me ne
importava.
Eravamo
solo io e Massi, di nuovo, per l’ennesima
volta come era accaduto perennemente dal primo momento in cui avevo
capito di
essere innamorata di lui.
Quel
bacio stava diventando il più bello e
libero di tutti.
Libero
dai miei pensieri malati, libero da
tutti i miei piani e le mie congetture, libero da problemi e
assurdità che
avevano permeato per mesi il mio cuore.
Con
quel bacio tutto stava per essere
cancellato.
Non
avrei più potuto inventare scuse, non
avrei più potuto fingere che non me ne importasse niente.
Massi avrebbe voluto
una vera spiegazione e io non avevo idea di come evitargliela.
Il
bacio stava diventando incredibilmente
lungo ma ciò non mi disturbava per niente. Entrambi sapevamo
che una volta
giunti alla fine, la realtà sarebbe tornata ad insinuarsi
tra di noi. Finché
però quel bacio fosse stato il protagonista della scena, le
spiegazioni e tutto
il resto potevano aspettare, potevano ancora restare relegati
nell’angolino
recondito della mia mente senza permettersi di disturbare quel
meraviglio
istante.
Eppure
mentre le mie labbra erano impegnate in
quel poetico compito, mentre assaporavano quelle di Massi in modo quasi
nuovo,
la mia mente malata decise ancora una volta di farmi uno scherzo.
Non
potevo!
Non
potevo assolutamente mandare tutto a
monte. Il futuro di Massi tornava a fare capolino nella mia testa come
una
onnipresente spada di Damocle.
Era
solo un bacio.
Avevo
ammesso sere prima di provare ancora
attrazione fisica per Massi, potevo ancora usare quella scusa. Potevo
ancora
salvare il mio piano. Potevo ancora negare. Forse lui non ci avrebbe
creduto,
nemmeno io lo avrei fatto, ma potevo ancora salvare la situazione e la
sua
scelta di trasferirsi a Boston. Potevo… Ancora… E
dovevo!
Mi
presi ancora qualche secondo, mi lasciai
cullare per un altro po’ in quel mondo senza problemi che
quel bacio aveva
creato.
Massi
mi stringeva a sé, mi abbracciava
tenendosi aggrappato alla convinzione che tutto potesse tornare ad
essere come
prima. E io avevo il dovere di
infrangere le sue speranze ancora per una volta e la cosa mi
distruggeva.
Trovai
il coraggio, non so dove, dentro di me
e alla fine posai una mano sul petto di Massi e lo allontanai da me.
Non
dissi nulla, mi limitai a fissarlo negli
occhi e poi ad abbassare lo sguardo colpevole. Non reggevo il
sentimento che
avevo visto nei suoi occhi verdi pieni d’amore subito dopo
quel bacio.
-Te
l’ho detto-, cominciai allontanandomi
completamente da lui. –Sono ancora attratta da te ma questo
bacio non mi ha
fatto provare niente di più.-
Alzai
lo sguardo e lo fissai negli occhi in
modo distratto, non volevo leggerci nulla, volevo solo risolvere quella
questione prima che tutta la mia decisione e il mio coraggio andassero
persi.
-Non
ti amo più.-
Lo
dissi con convinzione, forse anche più di
quella che avrei mai pensato di riuscire a metterci.
-Lasciami
andare.-
Questa
volta non era una preghiera, era solo
una richiesta e speravo che lui non si opponesse.
Non
lo fece.
Non
si oppose per niente.
Si
fece semplicemente da parte dandomi la
possibilità di aprire la porta e andare via.
Non
aspettai nemmeno un secondo, lentamente mi
diressi verso la porta, lasciando Massi alle mie spalle e posando la
mano sulla
maniglia per aprire la mia uscita verso la libertà da tutti
quei sentimenti.
-In
bocca al lupo per la prova.-
Mi
disse lui semplicemente.
Mi
bloccai all’istante mentre aprivo la porta.
-Crepi-,
mormorai senza voltarmi.
Uscii
dall’aula e mi diressi velocemente verso
il cortile.
Davide
era ancora seduto sulla panchina ad
aspettarmi. E mentre mi sedevo accanto a lui, scusandomi per averci
messo
tanto, mi misi a riflettere.
Era
stato tutto troppo facile. Massi mi aveva
lasciato andare troppo velocemente, senza nemmeno opporsi. Mi ritrovai
a
sperare che si fosse arreso, forse il suo era stato soltanto
l’ultimo tentativo
per provare a rimettere le cose al loro posto e adesso si era
finalmente deciso
a smetterla.
Lo
speravo davvero con tutto il cuore.
Quel
bacio mi aveva scombussolato abbastanza. Ormai
non sapevo nemmeno più di preciso dove mi trovassi.
Un
attimo prima ero seduta in cortile insieme
a Davide, e il secondo dopo ero in un’aula insieme ai miei
compagni di classe, pronta ad
affrontare la prima prova
scritta del mio esame di Maturità.
Quando
il nostro professore d’italiano ci
consegnò le buste con le tracce per il tema, presi un
respiro profondo. Con tutto
quello che era successo in quella assurda mattinata, molti dei miei
neuroni
erano andati a farsi benedire, quindi non mi sentivo più
così tranquilla
riguardo quella prova.
Alzai
lo sguardo per un secondo prima di
aprire la busta.
Avvenne
qualcosa che mi sorprese davvero
tantissimo. Amy e Marti erano sedute due banchi davanti a me, entrambe
avevano
la loro busta in mano e mi guardavano con un sorriso.
Mi
venne quasi da piangere. Dopo tutto quello
che era accaduto, dopo ciò che avevo fatto loro, stavano
comunque rispettando
il nostro programma originale: sorriderci prima di aprire la busta.
Lo
avevamo deciso molti anni prima e alla fine
niente poteva impedirci di rispettare quel rito.
Sorrisi
anch’io con una felicità che non
pensavo di poter più provare.
Poi
contemporaneamente, aprimmo la busta e ci
concentrammo sulle tracce che avevamo davanti.
Non
mi misi a riflettere più di tanto.
Agguantai
il foglio con la traccia del saggio
breve e cominciai subito a leggere le fonti. Per tre anni il nostro
professore
ci aveva addestrati per il saggio breve, secondo lui era la traccia
più comoda
e meno rischiosa da sviluppare.
Ero
assolutamente d’accordo con lui. Inoltre
avevo dato uno sguardo alle altre tracce: Dante e l’amore, il
tema storico,
quello politico. Troppo rischiosi, se gli altri commissari avessero
avuto idee
discordanti dalle mie, anche se il tema fosse stato perfetto mi
avrebbero fatto
parecchi problemi.
Sì,
il saggio breve era la scelta migliore.
Lo
stesi in poco meno di un’ora, e solo due
ore e mezzo dopo dall’inizio della prova avevo finito. Lo
rilessi per sicurezza
e poi lo consegnai al mio professore, felice che quella prima prova
fosse
andata senza crearmi troppi problemi.
-Sapevo
che avresti consegnato per prima,
Ferrari-, mi disse Salerno con un sorriso.
-Questa
era l’unica prova di cui ero sicura,
professore- risposi con una faccia talmente sollevata che persino
Salerno
sembrò tranquillizzarsi. Ci teneva molto che la prova
d’italiano andasse bene
per tutti, ci aveva preparato per tutti quegli anni solo in funzione di
quel
giorno e io ero la prima che non voleva deluderlo, era
l’unica materia in cui
battevo persino la Giordano.
Raccolsi
le mie cose e mi diressi velocemente
verso il cortile, avevo bisogno di tornare a casa e di riposare, ne
avevo
davvero bisogno.
Mi
diressi verso il mio scooter e solo in quel
momento mi accorsi che qualcuno mi stava guardando.
Massi.
Era
fuori dal cancello della scuola, in sella
al suo scooter. Mi guardava ma smise appena si accorse che lo avevo
visto. Non
provò a venire da me, distolse lo sguardo e se ne
andò prima che io potessi
formulare un qualsiasi pensiero.
Non
riuscivo a capirlo, ma forse si era solo
arreso come avevo sperato.
Mentre
salivo sul mio scooter mi venne da ridere
e mi tornò in mente il ricordo di un discorso avvenuto
qualche mese prima. La
prova d’italiano era l’unica in cui potevo sperare
di battere Massi e così
avevamo scommesso su chi avrebbe finito prima.
Avevo
perso, per poco, ma avevo perso.
La
mia prima prova però mi aveva soddisfatto,
il mio tema era praticamente perfetto secondo la mia opinione.
Sì,
la prima prova della Maturità forse mi
aveva visto vincitrice.
La
mia prima prova contro i miei sentimenti
per Massi, però mi aveva senza dubbio visto come la perdente
della situazione e
io non avevo potuto fare nulla per evitarlo.
Non
mi restava che sperare nella seconda
prova, quella del giorno dopo.
La
prova di Latino!
***L'Autrice***
E
alloraaaaaaa! Eccomi tornata. Tranquille mi prendo a sassate da sola
per averci messo così tanto ma spero che ne sia valsa la
pena di farvi aspettare così tanto.
Questo, come avrete capito, è il primo di quattro
capitoli in cui la nostra Vale affronterà i tanto temuti
esami di maturità. Sono passati più di tre anni
da quando ci sono stati i miei esami ma vi posso assicurare che li
ricordo come se fosse accaduto ieri, quindi spero di rappresentarli in
modo adeguato.
Oltre agli esami, le prove di Vale saranno altre.
Dovrà ancora affrontare Massi, anche se lei si illude che
lui si sia arreso non ci sperate. Stiamo parlando di Massi mica del
primo che passa xD E affronterà anche il percorso che la
porterà di nuovo da lui oppure alla fine decisiva della loro
storia. Staremo a vedere.
Non credo di avere altro da dire. Vi ringrazio per le
recensioni e scusate se non ho risposto ma come al solito non ho il
tempo (o scrivo il capitolo o rispondo ^^), comunque se avete domande
da farmi scrivetelo in una recensione, questa volta penso di riuscire a
rispondere a tutte, ho un pochino di tempo libero ^^
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio
perchè mi seguite costantemente nonostante i miei
aggiornamenti un po' altalenanti ^^
Vi voglio bene
Francesca
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Capitolo 18 *** Seconda Prova ***
Verso La Maturità- Capitolo 18
Quando
Si
Voglia Non Dimenticare Qualcuno, Pensarci Continuamente,
Bisogna
Adoperarsi Non Ad Amarlo Ma Ad Odiarlo
(Emil
Cioran)
Capitolo
18:
Seconda Prova
La
prima prova della Maturità era andata e la
mattina dopo mi ero nuovamente svegliata all’alba
perché mi aspettava una prova
decisamente più dura: la versione di latino!
La
Bianchi ci aveva tartassato per tutto
l’anno con le versioni di latino più difficili che
io- e probabilmente
qualunque essere umano- avessi mai visto. Era convinta che lo scritto
della
seconda prova sarebbe stato latino e ci aveva preso. In più
aveva controllato le
ultime versioni di latino uscite negli anni ed era giunta alla
conclusione che
gli autori più quotati fossero Tacito e Seneca. Piccola
parentesi
sull’argomento: Tacito e Seneca sono un incubo! Avevano la
capacità di farti
impazzire in tre secondi, già dalla prima parola della
versione.
Tradurre
per l’intero anno versioni di due
autori come loro era una tortura tranquillamente paragonabile a una
qualsiasi
delle torture medievali.
I
miei neuroni ci avevano provato ad
applicarsi, a completare anche solo una volta un’intera
versione ma era davvero
complicato. In genere nei compiti in classe di latino riuscivo ad
arrivare a
poco più di metà versione e la parte tradotta non
era di certo scritta in modo
impeccabile. Per poter tradurre quei due autori bisognava conoscere
alla
perfezione sia la grammatica che la letteratura latina e io non ero una
cima né
nella prima e né nella seconda.
Quindi
dire che quella mattina ero in ansia
bastava solo a descrivere una piccola parte della mia disperazione.
La
mia possibilità di uscire dal liceo con un
voto decente si sarebbe deciso in buona parte con quella versione, e io
avevo
la brutta sensazione che non me la sarei cavata a buon mercato come con
il tema
d’italiano.
Con
la versione non avevo molte alternative,
non potevo cambiare traccia. La versione era quella. Quei quindici
righi in
latino dovevano essere tradotti nel modo migliore possibile e tutti.
Quello che
la bianchi ci aveva ripetuto in tre anni poteva essere riassunto in
sola frase:
“Traducete tutta la versione! Non importa se non è
corretta ma traducetela
tutta. Il tempo c’è e i commissari esterni vi
crederanno degli asini se almeno
non la finite”.
Ecco,
questo era l’incoraggiamento
migliore che la Bianchi ci avesse mai dato.
Dubitavo
altamente che la professoressa ci
avrebbe dato una mano durante la prova. Era una persona troppo
corretta, e di
certo se ci avesse visto copiare non se ne sarebbe stata zitta.
Si
poteva dire con molta tranquillità che
eravamo tutti spacciati. Be’, tutti tranne la Giordano
ovviamente.
Con
un sospiro così grande da poter spostare
l’intera casa, afferrai riluttante il mio vocabolario di
latino e mi diressi
verso il liceo Classico Virgilio come se stessi andando al patibolo.
La
mia unica consolazione era che, con un po’
di fortuna, quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei
utilizzato quel
maledetto vocabolario. Sì, era decisamente una grande
consolazione.
Anche
quel giorno, come il precedente, la
prova dell’esame non era la mia unica preoccupazione. Il
bacio tra me e Massi
aveva scombussolato tutto, o almeno aveva rivoltato ogni mio
sentimento. Era
diventato una specie di chiodo fisso. Per tutta la notte non avevo
pensato ad
altro, appena sveglia era stato la prima immagine e la prima sensazione
che
aveva preso possesso del mio corpo e anche in quel momento, mentre con
il mio
scooter correvo verso la scuola, era il mio unico e solo pensiero.
Massi
aveva trovato il modo di insinuarsi
ancora più in profondità dentro di me e non avevo
idea di come poter uscire da
quella situazione. Mi sentivo sopraffatta dai miei sentimenti verso di
lui,
ormai non avevo più idea di dove metterli.
Il
mio cervello ne era pieno.
Il
mio cuore ne era saturo.
Il
mio intero corpo ne era drogato.
Mi
mancava. Mi mancava davvero ogni cosa di
lui e dopo quel bacio quella sensazione di mancanza era aumentata in un
modo
che non avrei mai previsto.
Era
possibile che mi fossi innamorata di lui
una seconda volta?
I
miei sentimenti erano gli stessi di sempre
ma incredibilmente intensificati. Si erano assopiti dentro di me in
quei mesi e
quel bacio, molto più di quello che mi aveva dato dopo
essere scappata via dal
pub, aveva funzionato come un’enorme tazza di
caffè che li aveva risvegliati e
amplificati.
Mi
sentivo stordita da tutto quello che provavo.
Era davvero troppo da gestire.
Ancora
una volta, senza rendermene conto, il
mio corpo si muoveva mentre la mia mente restava ferma ad un solo
pensiero.
Così mi ritrovai a parcheggiare lo scooter senza nemmeno
sapere come ci fossi
arrivata a scuola.
Quella
mattina faceva un caldo soffocante, mi
sentivo già sudata dalla testa ai piedi ed ero uscita da
casa solo da pochi
minuti. Era incredibile quanta afa ci potesse essere in giro, si
soffocava.
Senza
nemmeno dare un’occhiata al cortile mi
diressi veloce verso le macchinette. Avevo un assoluto bisogno di bere.
Appena
quel macchinario creato da Dio in
persona fu davanti ai miei, presi una bottiglietta d’acqua
ghiacciata e lasciai
che quel liquido divino mi rinfrescasse.
Almeno
dentro l’edificio il caldo si accusava
molto meno, quindi riuscii subito a riprendermi.
Proprio
come il giorno prima decisi di tornare
nel cortile, magari avrei incontrato di nuovo Davide e non mi sarebbe
dispiaciuto per niente chiacchierare ancora un po’ con lui.
Era un ragazzo
molto piacevole e soprattutto era un maestro nel distrarmi dai miei
pensieri,
che quel giorno erano davvero tormentati.
Mentre
camminavo verso il cortile, avvertii
qualcosa che si chiudeva intorno al mio polso e prima che me ne potessi
accorgere, venni scaraventata all’interno di una classe
nuova.
-No,
non di nuovo-, esclamai rivolta alla
finestra davanti a me. –Massi! Dacci un taglio!.
Urlai
quella frase mentre mi voltavo e la
sorpresa per poco non mi uccise e anche quella bottiglietta
d’acqua finì sul
pavimento come il tè del giorno prima.
-Voi
non siete Massi-, mormorai con
un’evidente nota di ovvietà.
-Sì,
lo avevamo notato.-
-Perché?
Ti serviva Massi?-
Amy
e Marti erano davanti a me e io ancora
stentavo a crederci. Non mi sentivo più il cervello, ero
completamente
rincretinita.
-Uhm,
chissà come mai ti aspettavi che ci
fosse Massi al posto nostro-, iniziò Amy con aria
indagatrice.
-Ascoltate-,
mi affrettai a spiegare. –Ormai
Massi non è più un argomento che mi riguarda e
spero che non mi abbiate
trascinava qui dentro per questo.-
-No,
volevamo solo rapirti, oggi ci siamo
svegliate con questa intenzione-, rispose Marti ironica.
-Vi
giuro che con Massi è finita, quindi
lasciatemi in pace.-
Non
volevo, non avevo la forza di mentire
ancora a lungo proprio alle mie migliori amiche e dovevo andarmene il
prima
possibile da quella stanza. Sapevo anche troppo bene quanto riuscissero
ad
essere persuasive, soprattutto con me. Mi conoscevano ed erano in grado
di
farmi confessare in pochi minuti se solo ne avessero avuto
l’occasione. Quella
per loro era la situazione perfetta!
Dovevo
scappare, e anche di corsa!
-Sì,
certo con Massi è finita-, il tono di Amy
non mi piaceva affatto. –Sarà pure finita, secondo
te, ma noi lo vediamo che
sei ancora innamorata di lui.-
-E’
palese-, asserì Marti con convinzione.
-Ma
cosa volete saperne voi?-
-Già,
in effetti c’è una cosa che non
sappiamo: cosa ti è passato per la testa quando
l’hai lasciato! E non provare a
propinare anche a noi la storia che sei innamorata di Riccardo. Ti
abbiamo
lasciato i tuoi spazi perché era evidente che qualcosa ti
avesse sconvolta ma
adesso vogliamo sapere, e non importa se dovremmo torturarti per avere
la
verità. Se sarà necessario lo faremo e ti posso
assicurare che non uscirai di
qui tanto presto se non ti decidi a parlare.-
La
voce di Amy era impenetrabile e questo non
era un buon segno.
-Non
so voi, ma io avrei una prova d’esame da
sostenere tra un’ora esatta. Vorrei essere presente, grazie-,
stavano
esagerando. C’era una versione di latino avvelenata che ci
aspettava e loro
stavano lì a minacciarmi come se la cosa non le toccasse
minimamente.
Erano
uscite fuori di testa?!
-Prima
parli e prima potrai andare in classe a
tradurre la versione visto che ci tieni tanto-, disse Amy con tono
brusco.
-Ma
di cosa dovrei parlare? Non ho nulla da
dire!-
Non
avrei mollato così facilmente, non
potevano pensare che sarebbero riuscite a farmi confessare. Non lo
avevo fatto
in tutti quei mesi e potevo ancora resistere, ero testarda e lo
sapevano meglio
di me.
Non
dissero più nulla si limitarono a
guardarmi e poi Marti fece un passo verso di me guardandomi negli
occhi.
-Non
diremo nulla. Massi non saprà niente di
quello che ci dirai, ma io ed Amy ne abbiamo parlato e pensiamo che tu
debba
sfogarti con noi. Non stai bene e noi lo vediamo, lo abbiamo visto ogni
minuti
di ogni giorno in questi mesi.-
La
fissai negli occhi e all’improvviso fui
invasa da una grande voglia di piangere ma riuscii a ricacciare
indietro le
lacrime.
A
quel punto anche Amy fece un passo verso di
me.
-Massi
ormai è un nostro caro amico, gli
vogliamo bene e stiamo ancora soffrendo con lui per quello che
è successo. Ma
tu, Vale, sei una di noi. Siamo amiche da tanto tempo e sappiamo che se
hai
lasciato Massi senza una spiegazione c’è un motivo
che il tuo cervello idiota
ha ritenuto valido.-
-Tutto
quello che ti chiediamo-, continuò
Marti, -è che tu torni a fidarti di noi e ci dici cosa
è successo.-
Mi
guardavano come due cuccioli in cerca
d’affetto e ciò mi stava letteralmente pugnalando
al cuore. Non sopportavo di
sentirmi così, ma che potevo fare? Non potevo rischiare di
sconfessare tutto
quanto. E se non lo avessero accettato e fossero corse a dire tutto a
Massi?
Tutti quei mesi passati ad allontanarlo non sarebbero serviti a nulla e
io
avrei perso la mia battaglia.
-Vi
prego-, cominciai guardandole negli occhi
con lo stesso sguardo che loro avevano riservato a me. –Non
posso dirvi nulla,
non ce la posso fare. E’ meglio se restate allo scuro di
tutto, è molto meglio
così.-
Non
dissero nulla.
Continuavano
a guardarmi imperterrite con i
loro occhi colmi di speranza. La speranza di capire cosa mi avesse
spinto a
cambiare, e soprattutto la speranza di avere anche solo una
possibilità per
aiutarmi ad affrontare quella situazione.
I
loro occhi mi scrutavano e il mio cuore
cedeva ad ogni secondo che passava.
Non
ce la facevo più, avevo bisogno di parlare
con loro, avevo il disperato bisogno di averle vicine, e sperai con
tutte le
mie forze che loro credessero abbastanza in me per accettare quello che
stavo
per dire.
-Io
amo ancora Massi, forse come non l’ho mai
amato prima.-
Quando
pronunciai quelle parole mi resi conto
di quanto fossero vere, erano i miei sentimenti a parlare non la mia
bocca.
Le
mie amiche non dissero nulla, si limitavano
ad ascoltarmi e volevano farlo fino all’ultima sillaba del
mio discorso.
Lo
avevano aspettato per tanto tempo e non
volevano rischiare che mi bloccassi per una loro interferenza.
Apprezzai
davvero tanto la loro pazienza perché una sola parola
pronunciata da loro mi
avrebbe impedito di andare avanti.
Decisi
di cominciare dall’inizio.
-Il
giorno del mio compleanno ho sentito Massi
parlare con la D’Arcangelo. Lei lo rimproverava
perché aveva deciso di non
trasferirsi più per l’Università e di
rinunciare a studiare Medicina perché era
innamorato di una ragazza che non poteva seguirlo.-
Non
si sentiva neanche un respiro durante il
mio racconto, Amy e Marti pendevano dalle mie labbra.
-Quando
ho sentito quello che si sono detti mi
è crollato il mondo addosso.-
Solo
al pensiero di quel ricordo, le mie
emozioni presero il sopravvento. Tutta la delusione provata in quei
pochi
minuti di tanti mesi prima tornò a farla da padrona e delle
lacrime lente e
silenziose avevano cominciato a solcarmi il viso.
-Massi
stava buttando al vento il suo futuro
solo per colpa mia e non potevo permetterlo. Se ne avessi parlato con
lui non
mi avrebbe dato retta, ormai aveva deciso e quindi ho scelto di fare
l’unica
cosa che lo avrebbe costretto a prendere la strada giusta:
l’ho lasciato
andare. Ho lasciato che lui scegliesse il suo futuro e non
me.-
A
quel punto persi completamente il controllo
dei miei sentimenti: le lacrime si fecero sempre più intense
e la voce cominciò
a mancarmi a causa dei singhiozzi. Mi coprii il viso con le mani e
lasciai che
tutta l’angoscia venisse fuori, non ce la facevo
più a reprimerla.
Non
credevo di poter piangere così tanto, non
avevo idea di avere tutte quelle lacrime pronte a sgorgare come
l’acqua di una
fontana.
Prima
che me accorgessi mi sentii avvolgere da
qualcosa e a causa di quel pianto nervoso, il profumo dolce di Amy ci
mise
qualche secondo a raggiungere la mia mente.
La
mia amica mi stava abbracciando, senza dire
nulla. Era solo lì, per me, e mi stava stringendo per farmi
sentire quanto mi
volesse bene.
Poi
avvertii qualcos’altro. Anche Marti si era
unita all’abbraccio e improvvisamente, nonostante le lacrime
e l’ansia, mi
sentii così bene da star male.
Erano
mesi che non mi sentivo compresa e
trattata in quel modo tanto amorevole.
Mi
erano mancate! Mi erano mancate da morire!
-Mi
dispiace-, mormorai tra i singhiozzi e i
morbidi capelli di Amy. –Mi dispiace tanto.-
Amy
mi posò una mano sulla testa e cominciò ad
accarezzarmi per consentirmi di calmarmi.
Mi
sembrava così strano. Mi sentivo come una
bambina che i genitori stavano consolando e allo stesso tempo avvertivo
un’aria
di pateticità che mi avvolgeva. Stavo piangendo come una
cretina e non sapevo
di preciso neanche il motivo.
-Sei
una stupida-, sussurrò Amy allontanandomi
un po’ da lei per riuscire a guardarmi negli occhi.
-Lo
so-, la mia voce sembrava proprio quella
di una bambina, la cosa stava cominciando a diventare imbarazzante.
-Ma
nonostante la tua stupidità non ce l’ho
con te.-
-Nemmeno
io-, confermò Marti.
I
miei occhi si spalancarono increduli.
-Tu
sei fatta così. La felicità degli altri
prima della tua, il futuro degli altri prima del tuo e bla bla bla.
Sempre la
solita storia, niente di nuovo. Lo sapevamo che dietro il tuo
comportamento ci
doveva essere qualcosa del genere e non dico che ti capisco o accetto
la tua
decisione ma posso farmi una ragione del fatto che sei una cretina e su
questo
non ci si possa fare nulla.-
Non
riuscivo a parlare, mi sentivo stranamente
svuotata.
-Allora,
il piano prevede di ignorare Massi
fino a quando tutta la sua roba non sarà in un appartamento
a Boston?-
Quella
domanda mi sorprese davvero tanto.
Avevano
intenzione di aiutarmi?!
-Sì,
più o meno.-
-Okay-,
disse Marti. –E piano sia, noi ti
sosterremo se credi che questa sia la cosa giusta da fare.-
A
quel punto altre lacrime mi rigarono il
viso.
-Ragazze…-,
mormorai con un sorriso.
-Be’
tu sei tu-, continuò Amy. –O ti prendiamo
per quella che sei o ti accoltelliamo nel sonno e io sinceramente non
ci tengo
a finire in prigione per colpa tua.-
-E
poi non dovremo fare niente-, intervenne
Marti. –Hai già chiarito le cose con Massi, ormai
si sarà messo l’anima in
pace.-
Sarei
stata d’accordo se i ricordi dei baci che
c’erano stati tra di noi non avessero deciso di inondarmi
completamente il
cervello.
-Ehm,
in realtà…-
-Cosa?-
chiese Marti.
-Ecco…
Io…-
-Che
hai fatto?!- esclamò Amy fissandomi
dritta negli occhi.
-Io
non ho fatto nulla, è stato Massi!- non
sapevo perché stessi sulla difensiva ma una mezza idea ce
l’avevo. In quei mesi
tutti avevano sofferto per causa mia, le mie amiche avevano accettato
la mia
spiegazione e adesso io stavo per dire che il mio piano aveva qualche
piccola,
insignificante… Enorme crepa!
-Vale,
dicci cosa è successo prima che io
decida di infischiarmene e di finire in prigione.-
-Mi
ha baciata-, dissi con semplicità.
-Cosa?!-
esclamarono tutte e due all’unisono.
-E
io non l’ho respinto, non subito comunque-,
la mia ammissione suonava davvero colpevole.
-Quando
diavolo è successo?!- Amy era a dir
poco sconvolta.
Guardai
Marti per un secondo, sperai con tutto
il cuore che non accadesse il finimondo dopo quello che avrei detto.
-La
sera in cui sono venuta al pub, quando
sono usciti i quadri. Ho visto il bacio tra lui e Marti, lui mi ha
vista, mi ha
seguita e poi mi ha baciata. E’ successo questo.-
Marti
spalancò gli occhi mentre Amy diventò
pallida come un fantasma, avevo la sensazione che stesse per avere un
infarto.
Si
voltò lentamente verso Marti con uno
sguardo a dir poco assassino.
-E’
stato lui a baciarmi, aveva bevuto! E io
non sapevo che Vale ci avesse visto.-
-E
tu hai ritenuto che fossero dei motivi
validi per non dirmi nulla. Ma dico! Ti sei completamente
rincretinita!? Non
puoi baciare il ragazzo della tua migliore amica!-
-Amy,
frena-, cominciai. Era meglio che
cercassi di calmare le acque prima che la situazione precipitasse.
–Ha ragione
lei: Massi aveva bevuto e io non me la sono presa per quello che
è successo. Forse
in principio ero un po’ sconvolta ma mi è passata
subito, e poi Massi non era e
non è più il mio ragazzo. Marti non ha fatto
nulla di male.-
Amy
prese un respiro profondo per cercare di
calmarsi.
Dal
canto mio, con il viso ancora pieno di
lacrime che, per fortuna, si erano fermate, sorridevo a Marti per farle
capire
che andava tutto bene. Ci mancava solo che Marti si sentisse in colpa a
vita
per qualcosa che non aveva nemmeno deciso di fare.
-Va
bene, va bene-, la voce di Amy era così
lenta e calma, lo faceva solo per evitare di urlare. –Okay,
quello che Marti ha
fatto o non ha fatto in questo momento conta poco. Torniamo al tuo di
bacio,
Vale.-
Ecco,
adesso l’attenzione tornava su di me. Che
cavolo di situazione!
-Alla
fine dei conti è stato solo un bacio. Massi
non tornerà a sperare solo per un bacio e poi tu non
l’hai respinto subito ma
lo hai fatto dopo, quindi non credo che questo abbia complicato le cose
più di
tanto.-
-Sì,
quel bacio non ha avuto molta importanza
però forse quello di ieri ha creato qualche problema.-
Pronunciai
quella frase senza pensarci, come
se stessi risolvendo un problema di matematica. Stavo solo analizzando
i dati
ma appena finii di parlare mi resi conto che avevo sganciato una bomba
nella
stanza senza accorgermene.
-Ieri?-
chiese Marti sorpresa.
-Ieri?!-
esclamò Amy quasi disperata.
-Ieri-,
risposi io con aria rassegnata.
Avevo
la spiacevole sensazione di essere stata
catapultata in una strana commedia. Ci guardavamo tutte e tre in modi
diversi,
come se non sapessimo a cosa aggrapparci per continuare la
conversazione. Eppure
io e Marti eravamo certe di quello che stava per accadere.
-TU
SEI SCEMA!-
L’urlo
di Amy confermò la nostra teoria.
Ero
abituata alle ramanzine di Amy ma avevo la
fondata sensazione che questa sarebbe stata a dir poco epocale.
-Io
non capisco, ti giuro che non capisco! Prima
fai fuoco e fiamme perché Massi ti lasci, ti allontani da
noi, soffri come un
cane e poi lasci che un mucchio di ormoni che ti girano per il corpo
mandino
tutto al Diavolo! Sei stupida o cosa?!-
-Mi
dispiace, sai quanto Massi sia testardo. Non
ho potuto evitarlo ma non credo di aver fatto troppi danni.-
-Ah,
sì? E in che modo non ne avresti fatti?-
Presi
un respiro per riuscire a spiegarmi
bene, ci mancava solo che Amy fraintendesse qualcosa e decidesse
davvero di
farmi fuori.
-Ecco,
credo di aver convinto Massi di non
averlo respinto subito dopo il bacio perché ho ancora
dell’attrazione fisica
per lui. Insomma, il mio corpo appena sente il suo non si controlla,
non sono
in grado di tenermi. Durante quei baci lo avrei spogliato nel giro di
cinque
secondi se solo avessi potuto.-
-Vale!-
-E’
la verità-, risposi rivolta ad Amy. –Non posso
farci niente, sono attratta da lui e questo non potevo negarlo. Se
n’è
accorto.-
Amy
mi fissava incredula, mentre vedevo un
rossore che le si spandeva per le guance. Mi capiva, era quello che
provava
anche lei per Marco.
-Va
bene, senti. Facciamo finta che questo
maledetto bacio non ci sia mai stato. Ignora Massi fino alla morte e
vai
avanti. Visto che sei decisa a portare a termine il tuo piano, cerca di
riuscirci altrimenti non saremo solo noi ad ammazzarti ma anche Marco e
tutti
gli altri.-
Quella
conversazione continuava a sembrarmi
così strana.
-Che
hai?- mi chiese Marti notando la mia espressione
disorientata.
-Io
ancora non capisco perché volete aiutarmi.
Pensavo che voleste vedermi di nuovo con Massi, credevo che avreste
cercando di
convincermi a tornare con lui.-
Amy
abbassò lo sguardo rattristata.
-Tu
e Massi siete fatti per stare insieme e
forse questo suo viaggio a Boston
sarà solo una parentesi, mi
piace
pensare che in un modo o nell’altro vi ritroverete, e se devo
essere sincera lo
spero davvero tanto.-
Guardai
Amy con gratitudine.
Entrambe
avevano capito le mie ragioni. Non le
accettavano, lo sapevo, ma le avevano comprese e mi sarebbero rimaste
accanto.
-Non
vorrei fare la guasta feste, ma mancano
dieci minuti alle nove.-
Improvvisamente
mi assalii un’ansia
incredibile. Avevamo solo dieci minuti prima che le versioni di latino
fossero
consegnate.
Quella
piccola riunione aveva portato via più
tempo del previsto.
Ci
guardammo spaventate e ci dirigemmo il più
velocemente possibile verso l’aula dove la mattina prima
avevamo svolto il tema
d’italiano.
Riuscimmo
a raggiungere l’aula pochi secondi
prima che i professori facessero il loro ingresso.
La
Bianchi, nostro commissario interno per
Greco, ci guardava e tutti eravamo coscienti del fatto che al posto
delle
nostre teste vedeva una sfilza di insufficienze.
Insieme
a lei c’era il commissario esterno di
Latino: una donna- secondo i punti di vista- minuta, con grossi
occhiali,
capelli ricci scuri e oleosi legati e… e
l’apparecchio per i denti? Aveva
almeno quarant’anni e portava l’apparecchio? Bene,
dire che era strana non le
rendeva giustizia. Ci sorrise e si sedette alla cattedra con il suo
vestito a
fiori che svolazzava da una parta all’altra.
Ma
perché le professoresse di lettere
classiche dovevano essere così… particolari?
La
Bianchi prese le buste con le versioni e ce
le consegnò, per poi invitarci ad aprirle.
Presi
un respiro così grande che i polmoni mi
fecero male.
Lanciai
uno sguardo alle mie amiche e ci
sorridemmo come avevamo fatto la mattina precedente ma con la
consapevolezza
che quel giorno avremmo potuto disperarci insieme per il nostro
destino.
Finalmente
mi decisi ad aprire la busta e
lessi, con il cuore che quasi mi usciva dal petto, il nome
dell’autore.
Cicerone,
De Officiis- libro I
Per
la prima volta in vita mia dentro di me
ringraziai tutti i Ministri dell’Istruzione passati, presenti
e futuri.
Cicerone?!
Avevamo passato un intero anno a
tradurre Tacito e Seneca e alla fine era uscito fuori Cicerone? Mi
sentivo al
settimo cielo. Non che Cicerone fosse il primo cretino che passava ma
rispetto
agli altri due era decisamente più abbordabile.
Almeno
avevo la certezza di riuscire a finire
la versione, Cicerone non mi aveva mai creato molti problemi.
Come
un fulmine tradussi, parola dopo parola,
metà della versione. Ci misi solo un’ora e questo
mi esaltò. Fino a quel
momento avevo incontrato un paio di passaggi complicati ma me
l’ero cavata
trovando le frasi tradotte sul vocabolario, per fortuna era pieno di
esempi in
cui utilizzavano Cicerone.
Ad
un certo punto la professoressa esterna
disse alla Bianchi che si doveva allontanare per qualche minuto, non
che la
cosa ci facesse sperare nel fatto di poter copiare ma sapere che in
classe ci
sarebbe stata solo la Bianchi un po’, ci rincuorava.
Appena
la professoressa esterna si fu
allontanata, la Bianchi iniziò a girare tra i banchi e la
cosa attirò la mia
attenzione. Non lo aveva mai fatto durante i compiti in classe. Vidi
che si
fermava a leggere quello che gli altri avevano tradotto e poi puntava
il dito
su una o più parti del foglio.
Non
ci potevo credere! Stava indicando gli
errori. Non diceva cosa c’era di sbagliato ma almeno stava
dicendo che quella
parte non andava e si doveva cambiare.
Ebbi
come una reazione spontanea.
Prima
che arrivasse da me dovevo tradurre il
più possibile in modo che mi correggesse quanti
più errori avrebbe potuto. L’altra
professoressa poteva tornare da un momento all’altro e dovevo
darmi una mossa.
Quando
la Bianchi si fermò al mio fianco ero
riuscita a tradurre un altro paio di righi, ormai tre quarti della
versione
erano in italiano.
Sentivo
la sua presenza dietro di me e non
riuscivo neanche a tenere in mano la penna in attesa della sua
sentenza.
Poi
il suo dito puntò la prima frase della mia
versione.
Bene,
già dalla prima frase aveva trovato
qualcosa, non osavo immaginare in quanti altri punti quel dito si
sarebbe
fermato.
Invece,
la Bianchi passò avanti.
C’era
solo un errore?! Non ci potevo credere,
mi sentivo più felice che mai.
Decisi
di pensare dopo a quell’errore e di
continuare con il resto della versione.
Dopo
un’altra ora avevo terminato e la
professoressa esterna se ne stava di nuovo seduta alla cattedra. Decisi
di
correggere l’errore trovato dalla Bianchi ma proprio non
riuscivo a capire cosa
fosse, mi sforzavo ma non capivo cosa dovessi cambiare. Di sicuro era
una di
quelle regole grammaticali del cavolo che in cinque anni non mi erano
mai entrate
in testa.
Mi
arresi, ero stanca e pensai che un errore o
qualcuno negli ultimi righi della versione ci potevano anche stare. In
latino
avevo la sufficienza e quella versione era andata meglio di quanto
avessi mai
sperato, non ce la facevo più a riflettere. Quindi la copiai
in bella e consegnai
più o meno insieme ad altre cinque o sei persone.
Amy
e Marti ancora non avevano finito. Decisi
di uscire fuori e di aspettarle in cortile.
Mi
sedetti su una panchina e presi dal mio
zaino il libro di filosofia. Quella materia stava diventando il mio
incubo
peggiore e non vedevo l’ora di fare un bel falò
con quel libro. Gli altri
potevo anche conservarli ma quello lo avrei distrutto immediatamente
dopo la
prova orale.
Mentre
leggevo uno stupido paragrafo su Kant-
per l’ennesima volta- alzai lo sguardo verso le porte della
scuola per vedere
se Marti o Amy si fossero finalmente decise ad uscire. In quel momento
la mia
attenzione fu attirata da qualcun altro.
Massi,
e chi sennò?
Stava
uscendo dalla scuola con alcuni suoi
compagni di classe. Mi vide, fissò immediatamente i suoi
occhi nei miei come se
sapesse anche troppo bene che io ero lì.
Una
scarica elettrica mi attraverso la
schiena.
Non
era dovuta a qualche bel sentimento d’amore
che mi era cresciuto dentro ma all’odio.
Massi,
il mio Massi, il ragazzo che amavo con
tutta me stessa mi stava guardando con un odio tremendo negli occhi.
Fu
come essere scaraventata indietro nel tempo
a molti mesi prima, all’inizio della nostra conoscenza.
Il
suo sguardo era duro, non c’era più neanche
l’ombra del ragazzo che conoscevo.
Uno
strano senso di angoscia mi pervase e non
riuscivo a capirne il perché.
Era
quello che volevo, no?
Adesso
Massi mi odiava davvero, lo avevo
rifiutato così tante volte che il suo orgoglio doveva essere
tornato a
prevalere. Non avrebbe mai più provato a baciarmi, non
avrebbe neanche più
provato ad avvicinarsi a me.
Quando
vidi quegli occhi fissarmi per poi
scomparire come in uno strano sogno capii: era finita, era tutto
finito! Qualunque
cosa avessi fatto per scatenare in lui quel sentimento negativo aveva
funzionato
perché adesso avevo l’assoluta certezza di aver
perso Massi per sempre.
Mi
aveva guardato come se fossi un’estranea,
anzi peggio, mi aveva guardato come se fossi l’ultimo essere
sulla faccia della
Terra che avrebbe mai potuto renderlo felice.
Massi
se ne andò, inforcò il suo scooter e
varcò il cancello della scuola.
Marti
e Amy uscirono dalla scuola ma io
nemmeno me ne accorsi, ero caduta nei miei pensieri, ero shoccata da
quello che
era appena successo.
-Allora,
com’è andata?- mi chiese Amy
sedendosi accanto a me. Si riferiva alla versione ma
quell’argomento era stato
completamente cancellato dal mio cervello.
Non
risposi, mi limitai a chiudere gli occhi e
a poggiare la fronte sulla sua spalla.
-Vale?-
Il
suo tono era preoccupato.
-Il
piano ha funzionato, l’ho perso per sempre.-
Dopo
aver pronunciato quelle parole la
consapevolezza prese possesso della mia mente e delle lacrime mi
solcarono il
viso mentre Amy mi stringeva nel suo abbraccio.
La
seconda prova della Maturità era andata
meglio di quanto mi aspettassi.
Secondo
il mio piano la mia seconda prova con
Massi era andata alla grande.
Secondo
il mio cuore quella seconda prova aveva
decretato la fine della mia felicità.
***L'Autrice***
Dite
la verità, sono tornata prima che ve lo aspettaste, eh? xD
Amo
sorprendere la gente ahahahah
Comunque,
come avete potuto vedere, in questo capitolo ho deciso di soffermarmi
più sull'amicizia che sull'amore. Mi sembrava doveroso fare
in modo che Vale e le sue amiche si chiarissero, mentre faccio
arrovellare ancora di più i vostri cervelli con gli sguardi
d'odio di Massi. Be', Massi è buono e caro ma Vale l'ha
fatto soffrire tremendamente e il suo orgoglio ha detto basta! Vi
prego, non mi uccidete! Giuro che non è stata una cosa
premeditata, io per prima non sono ancora certa della fine di questa
storia quindi la sto seguendo capitolo dopo capitolo insieme a voi. Non
ho idea di come andrà a finire ^^
Per
quanto riguarda la seconda prova, quella di latino, be' tutto quello
che avete letto è successo davvero... a me xD Ho descritto
esattamente come tre anni fa è andata la mia seconda prova
^^ Mi è piaciuto tantissimo rivivere quel momento, non
potete capire quanto mi sono sentita sollevata quando ho letto
CICERONE! Non ci potevo credere ^^
Credo
di avervi detto tutto, adesso la smetto di tediarvi. ^^ Spero di
tornare presto con il prossimo capitolo, ormai non ne mancano molti
alla fine della storia.
Vi
ringrazio tantissimo per le recensioni e per tutto il vostro sostegno
su facebook, siete delle persone meravigliose ^^
Vi
voglio bene!
Francesca
|
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Capitolo 19 *** Terza Prova ***
Verso La Maturità- Capitolo 19
A Forza
Di
Vivere Con L’Idea Fissa Su Un’Unica Cosa,
Bramandola Ardentemente,
Non
Noti Più
Il Crimine Dei Tuoi Desideri
Albert
Camus
Capitolo
19:
Terza Prova
Un’altra
mattina stava per cominciare ma non
sarebbe stata uguale alle precedenti.
Me
ne stavo stesa nel letto con gli occhi
aperti a guardare la sveglia sul mio comodino, mancavano pochi secondi
prima
che cominciasse a suonare come una dannata.
Da
lì a poco più di due ore mi sarei seduta
per l’ultima volta ad un banco del Liceo Classico Virgilio
per sostenere
l’ultima prova scritta del mio esame.
Non
avevo paura, non avevo ansia. Ero solo
rassegnata. Il solo pensiero della terza prova non mi era mai piaciuto,
e
sapere che nella mia terza prova ci sarebbero state, oltre alle altre,
anche
due domande di filosofia, mi faceva sentire sconfitta persino prima di
vederle.
Italiano,
greco, fisica e matematica potevo
anche riuscire a gestirle in qualche modo ma formulare un pensiero
decente su
un quesito filosofico e per giunta scriverlo mi confermava il fatto che
quel
giorno sarebbe stato uno dei peggiori della mia vita.
Se
anche nelle prime due prove avessi avuto
dei risultati discreti, la terza prova avrebbe decretato la fine del
mio sogno
di finire il Liceo con un voto che superasse almeno il settanta.
A
complicare il mio umore c’era come al solito
la mia vita sentimentale. Riccardo mi stava vicino come solo lui sapeva
fare.
Gli avevo raccontato ogni cosa dei giorni precedenti e mi aveva
ripetuto per
l’ennesima volta quanto io fossi stata stupida ad impelagarmi
in una situazione
del genere. Non potevo di certo dargli torto, ero stata veramente una
stupida.
Vedere
gli occhi di Massi guardarmi con tanto
odio mi avevano sconvolta a tal punto che non avevo neanche
più voglia di
parlare. Da quando lo avevo lasciato Massi non mi aveva mai guardato
così e
quindi avevo la certezza che mi avrebbe sempre amata, ma dopo quello
sguardo
ogni mia convinzione era crollata, insieme alla possibilità
che lui un giorno
potesse perdonarmi.
Si
era arreso e questo avrebbe dovuto rendermi
felice, ma la sua resa mi provocava un dolore enorme
all’altezza del cuore.
Aveva
rinunciato definitivamente a me e non
solo, mi odiava!
Ero
stata in grado di fare proprio un ottimo
lavoro. Mi ero messa in testa di farmi odiare e ci ero riuscita, con
l’unica
pecca che il mio vero desiderio non era certo quello. Il mio unico e
solo
desiderio era quello di restare al fianco di Massi per il resto della
mia vita
ma ero abituata a non ottenere mai quello che volevo, però
questa volta faceva
davvero male. Malissimo!
Il
mio umore era praticamente sotto terra ma
era arrivato il momento di affrontare quella giornata. La terza prova
della
Maturità non sarebbe stata rinviata per i miei problemi con
Massi, che ormai
neanche esistevano più perché non c’era
un noi
di cui parlare e preoccuparsi.
Alla
fine riuscii ad alzarmi dal letto e a
dirigermi con ansia crescente a scuola.
Appena
arrivata trovai il mondo, c’erano
praticamente tutti i maturandi nel cortile. Evidentemente la terza
prova non
preoccupava solo me così tanto.
Individuai
Marti ed Amy sedute su una panchina
proprio vicina al portone della scuola. Appena si accorsero di me mi
sorrisero
contente. Era inutile, averle accanto era proprio quello che mi
serviva.
-Come
va?- mi chiese Marti mentre mi sedevo
tra loro.
-E’
il giorno della terza prova, secondo te
come dovrebbe andare?-
-Dai,
Vale. Non preoccupiamoci troppo prima di
vedere le domande.-
-Senti,
l’unico modo che ho per non
preoccuparmi è pensare che sono un bigliettino vivente.-
Loro
mi guardarono incuriosite e io mostrai le
mie sole ancora di salvezza. Avevo bigliettini di filosofia sparsi per
tutto il
corpo, il risultato di giorni e giorni di lavoro. Ce li avevo persino
nel
reggiseno e nei calzini. Divisi tutti per autore. Kant nella coppa
destra, Hegel
in quella sinistra, Freud nella tasca destra, e così via per
tutti gli autori
che avevamo studiato. Ci avevano concesso di avere il vocabolario di
italiano e
nella rilegatura avevo bigliettini di fisica, matematica, greco e
italiano. Mi
ero preparata per qualsiasi evenienza. A parte filosofia nelle altre
materie
non avevo grossi problemi, ma l’ansia di quei giorni mi aveva
insegnato che un
vuoto di memoria avrebbe decretato la mia fine, quindi mi ero
equipaggiata a
dovere.
-Ma
sei matta?- mi chiese Marti. –E se ti
beccano?-
-Sta
tranquilla, ho un metodo. Leggero tutte
le domande, individuerò i miei bigliettini mentalmente e
metterò sotto il
foglio quelli di cui avrò bisogno, è
l’unico modo che ho per uscire viva dalla
terza prova.-
-Io
mi metto dietro di te e se mi servirà
qualcosa me la passi.-
Amy
era la solita opportunista ma tanto lo
avrei fatto anche se lei non me lo avesse detto. Avrei fatto di tutto
per
aiutare anche loro. Dubitavo che Marti avrebbe avuto bisogno del mio
aiuto, ma
Amy forse sì. E quindi mi ero preparata anche per loro.
-Come
stai?- mi chiese poi Amy con tono
preoccupato.
-In
ansia, come dovrei stare? Questa prova mi
sta togliendo anni di vita.-
-Lo
sai che non mi stavo riferendo alla
prova.-
La
guardai per un attimo e poi abbassai lo
sguardo.
-Lui
è già qui?- chiesi con una voce così
scoraggiata che quasi spaventò anche me.
-E’
lì, su quella panchina insieme a Marco.-
Seguii
lo sguardo di Amy e lo vidi. Era
intento a spiegare qualcosa a Marco e vedevo il suo sguardo assassino
rivolto
al suo amico. Sapevo cosa significava cercare di far capire qualcosa a
quello
zuccone di Marco e quindi immaginavo che Massi stesse per perdere
davvero la
pazienza. In un’altra situazione quella scena mi avrebbe
fatto ridere ma per come
mi sentivo in quel momento avevo solo voglia di tornarmene a casa e di
non
uscire più.
-Marco
non è arrabbiato perché parlate di
nuovo con me?-
-No,
ovviamente non gli ho detto nulla del tuo
piano. Gli ho solo detto che tu sei nostra amica e che vogliamo starti
accanto,
lui lo ha accettato ma ha detto che non vuole più saperne
niente di te.-
-Be’
non lo biasimo, ha fatto la stessa scelta
di Massi.-
-Allora?-,
mi chiese Amy.
-Allora
cosa?-, non capivo cosa volesse.
-Come
stai? Ieri ti ho lasciata praticamente
ancora in lacrime e oggi non parli per niente dell’argomento,
la cosa mi
preoccupa.-
Alzai
lo sguardo e proprio in quell’istante
incrociai in lontananza gli occhi di Massi. Lui mi fissò con
gli stessi occhi
del giorno prima e velocemente tornò a guardare Marco che
stava scrivendo
qualcosa su un quaderno.
Inutile,
non potevo fare più nulla, era tutto
finito. Ricacciai indietro le lacrime e cercai di sorridere nel modo
più
naturale possibile.
-Il
piano ha funzionato, sono contenta ovviamente.-
-Sì,
certo-, sbuffò Amy esasperata. –Tu sei
proprio convinta di non voler provare a restare insieme a lui e a
mantenere
comunque viva la storia. Le relazioni a distanza possono funzionare a
volte?-
-Con
un intero oceano nel mezzo e biglietti
aerei che non potrei pagare nemmeno risparmiando una vita?
Sì, potrebbe
funzionare visto che riusciremmo ad incontrarci più o meno
tre volte l’anno.
Ormai ho preso la mia decisione e me la devo far piacere, non
c’è niente da
fare.-
Amy
non disse nulla, e se anche lei era senza
parole voleva dire che non c’era proprio niente da dire. Il
piano stava andando
meglio di quanto avrei mai sperato e dovevamo essere tutti contenti per
quello,
Massi in primis. Un giorno mi avrebbe ringraziata nonostante in quel
momento mi
odiasse, sapevo che sarebbe stato così.
-Sto
morendo di sete-, annunciò Marti
facendosi vento con i suoi appunti di matematica.
-Se
vuoi posso andarti a prendere qualcosa,
tanto devo andare in bagno.-
Non
era vero, non dovevo andare in bagno ma avvertivo
la necessità di restare per qualche minuto da sola. Ero
felice di riavere le
mie amiche ma il mio bisogno di sfogarmi, anche se solo per un secondo,
era più
forte di qualsiasi affetto. Era arrivato il momento di aprire una breve
valvola
di sfogo e non potevo sottrarmi a quella necessità.
-Mi
faresti un favore enorme-, rispose Marti
posando delle monete della mia mano.
Senza
dire nulla ma con un semplice sorriso mi
alzai e mi diressi all’interno della scuola evitando
accuratamente di guardare
in direzione di Massi.
Mi
diressi con calma verso le macchinette e da
quel momento in poi fui avvolta dai miei pensieri, tutti i miei
pensieri.
Mentre
camminavo era come se pesassi il
doppio, era come se un macigno avesse una presenza costante sulla mia
schiena e
m’impedisse di sentirmi bene. Avevo un peso enorme e non
riuscivo a
liberarmene, più ci pensavo e più
m’impelagavo in tutti i miei problemi. La
fine della mia storia con Massi mi aveva sconvolto così
tanto da non
consentirmi di vedere un vero futuro. Non m’importava
più nulla di quello che
sarebbe accaduto. Non m’importava della terza prova o della
prova orale, ancora
meno m’importava dell’Università. Avrei
vissuto tante nuove esperienze ma con
il pensiero avrei continuato a rivivere la mia storia con Massi, tutti
i nostri
momenti d’amore e quelli in cui era lui
la mia ancora e non ero alla deriva all’interno della mia
stessa vita.
Quel
futuro che avevo sognato non si sarebbe
realizzato e adesso non riuscivo a vederne un altro, proprio non ci
riuscivo.
Mi
sentivo sconfitta ed amareggiata,
nonostante fossi stata sempre abituata a non avere la vita che
desideravo.
Eppure la mancanza di Massi era forte, talmente forte da essere
l’unica cosa
che riuscivo a sentire davvero, come se fosse diventata una vera parte
di me,
tangibile e persistente. Come una ferita reale, bruciava e tirava,
faceva
davvero male e il bello di tutta quella storia era che proprio quella
ferita
era tutto ciò a cui riuscivo ad aggrapparmi. Ogni volta che
la sentivo bruciare
sapevo che stavo facendo la cosa giusta, che Massi si meritava il suo
futuro e
che del mio non sarebbe mai importato granché a nessuno.
Alla
fine il dolore era diventata la mia unica
certezza.
Sapevo
che stavo soffrendo e che avrei
sofferto per molto tempo ancora. Era una certezza inquietante e
spaventosa ma
almeno era una certezza, che mi piacesse o meno.
Se
Massi fosse venuto a conoscenza di quello
che stavo facendo mi avrebbe ucciso. Avevo preso delle decisioni
così
importanti senza neanche parlargliene, di sicuro non avrebbe capito e
quindi lo
avrei potuto perdere comunque. Perciò, era evidente che le
cose dovevano andare
così e io dovevo solo farmene una ragione.
Allora
perché non ci riuscivo?
Perché
gli unici pensieri che inondavano la
mia mente riguardavano Massi?
Per
quale diavolo di motivo non riuscivo a
trovare un attimo di sollievo?
Non
ne potevo davvero più. Volevo solo che
quella giornata finisse! Dopo la terza prova non avrei più
rivisto Massi e
quello era l’unico pensiero che mi confortava eppure allo
stesso tempo mi
terrorizzava a morte.
Già,
non lo avrei più rivisto.
Mai
più.
Mai…
-Piangi
se vuoi, non c’è nessuno.-
Due
braccia mi avvolsero e il mento di
qualcuno si posò sulla mia spalla. Un corpo caldo e morbido
attirava la mia schiena
e tutto il mio essere a sé mentre avvertivo un senso si pace
avvolgermi.
-E’
inutile che fingi, so che vuoi piangere.
Fallo e basta.-
E
all’improvviso, quasi obbligate da
quell’ordine, le lacrime cominciarono a solcarmi il viso,
silenziose e crudeli,
descrivevano la mia disfatta. Mi ero lasciata andare quando invece
avrei dovuto
combattere ancora per qualche ora e invece non ce l’avevo
fatta. I sentimenti
mi avevano totalmente investita lasciandomi vuota e priva di un
qualsiasi
pensiero.
Me
ne stavo lì, davanti alle macchinette
guardando la bottiglietta che avevo preso per Marti e che ancora non
avevo tra
le mani. Era sola, lasciata a sé stessa ancora in quella sua
prigione di
metallo, come me. Ero imprigionata nel mio amore e non avevo
assolutamente idea
di come liberarmi. Per eliminare Massi da me non sarebbe bastato
infilare una
monetina. Invidiavo quella bottiglietta d’acqua
perché almeno lei, in un certo
modo, era libera dalla sua prigione mentre io ero stata condannata a
restarci
per l’eternità.
Quel
caldo abbraccio non mi calmò, anzi. Più
quel corpo restava a contatto con il mio e più avevo voglia
di piangere, di
eliminare dal mio cuore quel peso così gravoso.
-Piangi,
tranquilla. Ti farà bene.-
La
voce di Riccardo raggiunse il mio orecchio
e i miei occhi reagirono di conseguenza. Piansi sempre più
forte e ancora più
in silenzio, mentre le braccia del mio migliore amico mi stringevano
per farmi
capire che lui c’era. Sì, lui c’era ma
non era la persona che avrebbe avuto il
potere di riportare la mia vita su binari decenti.
L’unico
ragazzo che avrebbe potuto farlo era
proprio l’unico che non avrei mai dovuto avere.
Fin
dall’inizio la nostra storia era stata un
problema. Dal primo momento avevo capito che c’era qualcosa
di sbagliato solo
che non avrei mai immaginato di essere io
quella sbagliata. Ero sempre e solo io a far soffrire tutti, a creare
disagi e
a prendere decisioni tenendomi tutto dentro. Ero la rovina di me
stessa, e le
ultime decisioni prese ne erano la conferma.
Se
fossi andata avanti di quel passo avrei
decretato sicuramente la mia prossima morte. Avevo la
capacità di ferirmi da
sola senza neanche metterci troppo impegno, sembrava quasi che mi
piacesse
soffrire. Ma non era così: se avessi potuto evitare quel
dolore, sia a me che a
Massi, in qualunque modo lo avrei fatto. Un modo però non
c’era, e io avevo
fatto una scelta per tutti e due e ora dovevo tenermi le conseguenze.
-Mi
odia-, mormorai tra un singhiozzo
soffocato e l’altro. –Mi odia.-
Sì,
questa era la conseguenza più dura da
accettare.
Dopo
che un ragazzo mi aveva amata e aperto il
suo cuore come aveva fatto Massi, e dopo aver capito di amarlo ancora
di più,
vedere quanto mi odiava mi aveva distrutta e non potevo negarlo. Non mi
sentivo
più io, e tutto era stato solo una conseguenza delle mie
azioni.
Conseguenza
da accettare.
Conseguenza
da sopportare.
Conseguenza
di merda!
Era
questa la verità. Mi sentivo di merda!
Quella situazione era di merda! E lo sguardo pieno d’odio di
Massi era una
merda!
Mi
sentivo delusa, arrabbiata, disperata,
avrei voluto spaccare la macchinetta con un pugno, eppure me ne restai
ferma,
con le braccia di Riccardo che ancora mi avvolgevano, mentre sentivo
quelle
lacrime silenziose che mi rigavano il viso.
Ero
morta. Non c’era altra spiegazione.
La
me di due giorni prima si sarebbe sentita
combattiva, nonostante tutto, avrebbe cercato di reagire. Quella
persona doveva
essere morta perché altrimenti non se ne sarebbe stata
imbambolata a piangere.
Sì,
la parte più importante di me era morta
nel preciso istante in cui avevo realizzato di averlo perso per sempre.
Non
esisteva nessun altro pensiero.
Solo
quello.
Lo
avevo perso e con lui avevo rinunciato per
sempre a quella parte di me che lo amava e che forse era la mia parte
migliore.
Piansi,
piansi davvero tanto e in un silenzio
quasi tombale e poi tutto finì. Non avevo più
lacrime, non vedevo il motivo per
continuare a piangere, non avevo più voglia di piangere. Mi
ero stancata di
sentirmi così afflitta.
Avevo
fatto tutto da sola e dovevo accettare
quello che adesso il destino avrebbe avuto in serbo per me. Non
c’era niente
per cui piangere, niente. Stava andando tutto bene e cominciavo a
sentirmi una
stupida per aver pianto nel bel mezzo di un corridoio scolastico con il
rischio
che chiunque potesse passare e farne una tragedia.
La
mia non era una tragedia, era solo la vita
e io dovevo reagire.
All’improvviso
quella parte che pensavo morta
tornò a galla e scoprii che non era morta ma si era solo
trasformata. Era
triste, certo, ma non per questo meno combattiva.
-Lo
sapevi?-
-Cosa?-
-Che
se avessi pianto proprio in questo
momento alla fine mi sarei sentita meglio?-
Sentii
uno sbuffo che ero sicura fosse stato
seguito da un sorriso.
-Vale,
tu sei scema e su questo nessuno ci può
fare niente. Ma almeno sei semplice da capire. Accumuli emozioni a non
finire,
potresti continuare per anni ad accumulare e riusciresti sempre a
passarci
sopra e a tornare ad essere te. Questa volta però era
troppo, non potevi
soffocarlo, avevi l’assoluto bisogno di alleggerirti e
l’unico modo era
piangere. Io ti ho dato solo il modo di farlo.-
Asciugai
le ultime lacrime con la mano e mi
voltai a guardare Riccardo. I suoi occhi erano caldi e gentili,
un’isola felice
in cui rifugiarmi.
-Da
dove sei sbucato fuori?-
In
effetti me lo stavo domandando solo in quel
momento ma Riccardo non era esattamente la prima persona che avrei
pensato di
vedere quella mattina.
-Terza
prova con due domande di filosofia? Conoscendoti
oggi avevi bisogno di tutto il supporto possibile per non impazzire.-
Non
aveva tutti i torti.
-Sono
arrivato e Marti mi ha detto che eri
entrata nella scuola così mentre ti stavo cercando ti ho
vista impalata davanti
al distributore con la bottiglietta d’acqua che era scesa
già da qualche
secondo e ho capito che stavi in uno dei tuoi momenti di raccoglimento
folle e immotivato.-
Non
dissi nulla. Me ne rimasi ferma davanti a
lui con il ricordo di quei minuti passati a piangere. Mi sentivo uno
straccio
ma mi ero stancata di sembrarlo, dovevo reagire.
-Vale,
dire che lo hai perso è
davvero un parolone. –
Sussultai.
Non
avrei mai pensato che Riccardo avrebbe
affrontato l’argomento Massi in modo così diretto.
-Tu
non lo conosci, non hai visto come mi
guarda. C’è odio puro nei suoi occhi.-
-L’odio
può scaturire da tanti motivi, certo
penso che i motivi di Massi siano piuttosto evidenti.-
-Già.-
-Ma
rimane il fatto che era proprio quello che
volevi. Non si farà più avanti e avrà
il futuro che tu hai deciso che dovesse
avere. Dovresti almeno apprezzare i tuoi sforzi per tenerlo lontano da
te. Invece
ti disperi e accumuli tutto il tuo stress mentale.-
Sapevo
dove stava andando a parare.
-Non
era questo quello che volevi, Vale. Tu
non volevi lasciarlo e ancora ti ostini a farti piacere la situazione.
Sei
proprio sicura che per risolvere tutto questo casino non dovresti
semplicemente
dirgli la verità? Non sarebbe la cosa più
giusta?-
Sorrisi
amaramente.
-No,
sono certa di aver fatto la scelta
giusta. Devo solo imparare a conviverci.-
Riccardo
mi guardò con degli occhi che non
riuscii a decifrare.
-Ho
smesso di provare a farti cambiare idea, e
anche le tue amiche a quanto vedo. Non dirò più
nulla su Massi ma smettila di
sembrare sempre sul crollo di una crisi di nervi. Gli esami possono
giustificare la tua depressione ancora per pochi giorni. Senza contare
che
farti vedere così proprio da Massi non è
esattamente il modo migliore per non
farlo insospettire, e tu non lo vuoi, giusto? Non vuoi che lui si
insospettisca
e torni a farti domande.-
Solo
in quel momento mi resi conto di quello
che stavo facendo.
Il
mio cervello bacato stava agendo per conto
suo e di proposito mi stava gettando in quell’angoscia per
riportare Massi da
me. Ma certo! Finalmente tutto mi era chiaro. Avevo capito di amarlo
come mai e
cercavo in tutti i modi di farlo tornare indietro, stavo tentando di
trasformare il suo sguardo d’odio in uno d’amore.
Non
dovevo! Non potevo! Non volevo!
Le
cose stavano andando bene, mi doveva
entrare in testa!
-Come
al solito mi capisci molto più di quanto
io capisca me stessa-, mormorai con aria seria.
-Non
sono così presuntuoso da pensare di
poterti capire totalmente, ma in genere me la cavo-, rispose lui con un
sorriso.
Alzai
lo sguardo e ricambiai il suo sorriso,
anche se ancora non riuscivo ad essere del tutto spontanea.
-Torniamo
fuori. Amy e Marti si staranno
chiedendo che fine hai fatto.-
-Sono
presentabile?- chiesi con titubanza,
sentivo gli occhi bruciare ed ero certa che le mie amiche si sarebbero
accorte
subito che avevo pianto.
-Stranamente
non hai molte tracce del tuo
sfogo-, mi disse lui sorridendo. –Puoi andare, tranquilla.-
Speravo
con tutto il cuore che Riccardo avesse
ragione, non avevo alcuna voglia di dare spiegazioni alle mie amiche.
Avevo
pianto davanti a loro il giorno prima e non volevo che si
preoccupassero ancora
per me. Non ce n’era motivo, prima o poi sarei tornata ad
essere me stessa.
Presi
la bottiglietta d’acqua per Marti e mi
diressi fuori, contenta che per una volta una bottiglietta innocente
non fosse
finita per terra.
Appena
fuori mi ricredetti. Perché la
bottiglietta raggiunse il pavimento subito fuori dalle porte della
scuola.
Ero
rimasta impietrita da quello che avevo
davanti agli occhi. Su una panchina, la stessa panchina che appena
arrivata a
scuola era stata motivo di ansia per il mio cuore, era appena diventata
il
prossimo luogo per un omicidio.
Una
delle compagne di Massi, una delle più
oche, gli stava comodamente seduta sulle ginocchia, con un braccio
intorno al
collo mentre Massi continuava a spiegare qualcosa a Marco. Sembrava
così
concentrata nell’ascoltare Massi… No, di sicuro
stava cercando di seguire
almeno la metà di un suo discorso, dubitavo che avesse
abbastanza cervello per
seguirlo tutto.
La
rabbia mi stava montando dentro senza che
io potessi fare nulla per impedirlo. Pregavo che Massi si voltasse
anche per un
solo attimo giusto per avere la soddisfazione di fargli prendere fuoco
con una
sola occhiata. Lo volevo incenerire.
-Ah,
Vale-, mormorò Riccardo.
Trasalii.
Mi ero persino dimenticata dove mi
trovavo, la rabbia aveva annebbiato tutto.
Lo
vidi chinarsi ai miei piedi per raccogliere
la bottiglietta che mi era sfuggita dalle mani.
-Cosa
si deve fare con te?- mi chiese con un
sorriso divertito. –Prima piangi, poi torni in te e adesso
diventi gelosa. La
vuoi finire di mettere a rischio il tuo piano? Se Massi si fosse
voltato mentre
lo fissavi in quel modo cosa pensi che avresti ottenuto?-
Abbassai
lo sguardo.
-Esattamente
il contrario di quello che dovrei
desiderare.-
-Proprio
così-, sentenziò lui.
-Hai
ragione, che si facesse pure coccolare
da chi gli pare, alla fine ne
ha tutto il diritto.-
-Esatto.-
-Ormai
non è più affar mio.-
Detto
questo non guardai più in direzione di
Massi fino al suono della campanella che decretava l’inizio
della terza prova.
Come
i giorni precedenti, una volta sedute, e
con in mano le domande di quella prova maledetta, le mie amiche ed io
ci
scambiammo uno sguardo e un sorriso. Ma c’era davvero poco da
ridere.
Svolsi
velocemente le domande di letteratura
italiana e, con grande sorpresa, anche quelle di letteratura greca che
non
erano perfette ma potevano andare.
Quando
i commissari erano distratti riuscii a
prendere qualche bigliettino che poteva servirmi per le altre tre
materie. Copiai
alla perfezione i bigliettini di matematica e fisica, quindi anche
quelle
domande potevano considerarsi archiviate.
I
dolori erano appena cominciati.
La
prima domanda di filosofia non era
complicata, ci sarei arrivata anche senza bigliettino ma per sicurezza
copiai
in modo perfetto anche quella. Kierkegaard non era uno dei filosofi
più
complicati e anche la domanda era accessibile.
Il
gelo si diffuse in tutto il mio corpo
quando passai alla seconda domanda.
Solo
leggendola non avevo neanche capito di
cosa stesse parlando. Fissavo quelle parole messe una di fila
all’altra senza
riuscire a vedere la luce.
Non
ci stavo capendo niente.
Amy
mi lanciò un’occhiata e capii che anche
lei era nella stessa situazione.
Era
impossibile.
A
quanto ero riuscita a capire, quella
stramaledetta domanda metteva a confronto la filosofia di Kant con
quella di
Hegel.
Già
era tanto se in un anno ero riuscita ad
assimilare qualche nozione singola sui loro pensieri filosofici,
figuriamoci se
potevo mettere a confronto la loro intera filosofia.
Non
sapevo neanche da dove partire.
A
quel punto, nella disperazione più totale,
decisi di lasciar perdere.
Copiai
dai bigliettini un riassunto della
filosofia dell’uno e poi dell’altro senza fare uno
straccio di confronto. Non
avrei neanche saputo dire su cosa fare il confronto. Non avevo capito
neanche
cosa volessero affermare con quelle loro idee fuori di testa, fare un
paragone
per me era impossibile.
Persino
la Giordano annaspava su quella
domanda, la vedevo in ansia e scriveva una parola ogni cinque minuti,
segno che
ci stava pensando davvero bene e per lei era un evento raro. In genere,
sapeva
tutto e scriveva subito la risposta senza rifletterci più di
tanto.
Se
lei era in quelle condizioni, era davvero
inutile che io mi ci sbattessi più di tanto. Le altre
domande ero riuscita a
completarle più o meno bene e non avevo proprio la forza di
riflettere ancora
su quella domanda assurda.
L’esterna
di filosofia ci aveva proprio voluto
distruggere e già sapevo che anche durante la prova orale mi
avrebbe dato filo
da torcere. Tanto filo da torcere!
Quando
già qualcuno aveva consegnato la sua
prova, anche noi tre ci alzammo e decidemmo di mettere fine a quella
tortura. Lasciammo
i fogli nelle mani dei commissari e scappammo da quell’aula
alla velocità della
luce.
Riccardo
era fuori ad aspettarci, seduto ad
una delle panchine.
Marti
ed Amy avevano accettato senza tante
riserve di parlare con lui, avevano capito che non era stato a causa
sua se
avevo deciso di lasciare Massi. Poi Riccardo sapeva farsi amare, era
sempre
stato simpatico e spiritoso ma in un modo intelligente. Era davvero
impossibile
non trovarlo adorabile.
-Com’è
andata?- chiese lui con sorriso.
La
panchina era troppo piccola per sederci
tutti e tre quindi io mi accomodai sulle gambe di Riccardo. Ovviamente
non c’era
nulla di malizioso ma se per caso Massi ci avesse visto era tanto di
guadagnato, era arrivato il momento che il mio cervello e il mio cuore
si
facessero entrambi da parte e che lasciassero tutto nelle mani del mio
istinto.
-Non
bene, a giudicare dalla facce sembra che
vi abbiano appena torturato brutalmente.-
-Ci
sei andato vicino-, risposi abbassando la
testa per la stanchezza.
-Che
è successo?-
-Hai
presente la repulsione di Vale per la
filosofia?- cominciò Amy.
-Sì,
molto presente. Credo sia la massima certezza
di un essere umano, seconda solo alla morte.-
-Ecco.
Quella sua repulsione oggi si è diffusa
in tutta la classe. L’esterna di filosofia è una
strega, spero che le si
spacchi una ruota della macchina mentre torna a casa.-
Amy
era davvero imbestialita. Alla fine se l’era
sempre cavata in filosofia e se quella domanda aveva messo in ginocchio
anche
lei, eravamo davvero nei guai, tutti quanti.
-Era
qualcosa di mostruoso-, rincarò Marti.
Anche
Marti che aveva la media del nove in
quasi tutte le materie era distrutta?!
Meglio
ritrattare: non eravamo nei guai ma
proprio nella merda vera e propria.
-Com’era
la domanda?- chiese Riccardo con
comprensione.
Cercammo
di spiegargli a grandi linee cosa
cavolo ci fosse scritto su quel foglio e lui sgranò gli
occhi.
-Neanche
io che amo la filosofia e che l’ho
sempre capita sarei riuscito a scrivere qualcosa di decente. Questa
prof è
fuori di testa! Credo che nemmeno all’Università
potrebbero porre una domanda
del genere. E’ matta!-
-Grazie,
Riccardo. Con queste parole hai
appena affondato tutte le nostre speranze-, dissi con un tono acido.
Lo
sapevo già da sola che la situazione stava
precipitando. Dovevo tornare a casa al più presto e imparare
il libro di
filosofia a memoria perché sentivo che quella strega mi
avrebbe presa di mira
dal primo momento durante la prova orale, e ormai non erano rimasti
molti giorni
per riuscire a concludere qualcosa.
-Volete
una mano per prepararvi all’orale?-
Un
raggio di sole illuminò quel mio amico che
adoravo. Non avevo mai capito quanto bene gli volessi finché
non aveva
pronunciato quella frase.
-Lo
faresti davvero?- chiese Marti con gli
occhi lucidi.
-Sì,
certo. Non ho molti impegni in questi
giorni, vi aiuto volentieri.-
Ero
certa che in quel preciso istante Riccardo
aveva assunto di diritto un posto speciale anche nel cuore delle mie
amiche.
Lui
era un insegnante fantastico. Quando anni
prima mi aiutava a studiare capivo sempre tutto al volo. Dubitavo che
sarebbe
riuscito nell’impresa di farmi capire qualcosa di filosofia
ma almeno sapevo
che grazie al suo aiuto non avrei fatto scena muta.
Pochi
minuti dopo decidemmo di andare a
mangiare tutti insieme da qualche parte. Amy doveva andare a pranzo da
Marco
ma, chiedendogli scusa in diverse lingue, gli disse che preferiva
venire con
noi. Non ci pensò nemmeno ad invitarlo visto che Riccardo
avrebbe pranzato con
noi, e vedere il mio migliore amico morto non era proprio il sogno
della mia
vita e anche Amy lo aveva capito.
Decidemmo
di darci alla cucina cinese.
Amy
e Marti andarono in macchina con Riccardo
mentre io li avrei raggiunti con il mio scooter al ristorante in
centro.
Proprio
mentre stavo per infilarmi il casco
sentii vibrare il cellulare.
Un
messaggio.
Presi
il cellulare e per poco non mi venne un
colpo quando cominciai a leggerlo.
Da oggi
in poi non credo che ci sarà più occasione
d’incontrarci. Ti auguro tutta la felicità
del mondo e sappi che ti ho amata più di qualunque altra
cosa. Buona fortuna per
tutto.
Massi.
Sempre
lui, in qualunque momento e in
qualsiasi modo era costantemente in grado di insinuarsi nei miei
pensieri e nel
mio cuore.
Aveva
ragione. Non ci saremmo più visti.
Era
un vero e proprio addio. Non c’era altro
da aggiungere.
Non
risposi al messaggio, speravo che capisse
che non me la sentivo. Avevo già chiuso i ponti e rispondere
avrebbe
significato per me dover ricominciare con tutto un trip mentale
autolesionistico che non mi avrebbe portato da nessuna parte.
Sospirai
cercando da qualche parte la forza
per non piangere proprio lì davanti l’ingresso
della scuola.
Stavo
ancora una volta per indossare il casco
quando uno scooter sfrecciò al mio fianco diretto al
portone.
Lo
conoscevo bene quello scooter come
conoscevo bene il ragazzo che era alla guida. Dei ciuffi biondi
spuntavano
fuori dal casco e le sue mani strette al manubrio erano grandi, come
nei miei
sogni ormai lontani.
Non
si voltò a guardarmi, non ne aveva più
motivo. Si era lasciato tutto alle spalle ed era arrivato il momento
anche per
me di farlo.
Alla
fine uscii dal cancello e sparii dalla
mia vista, come stava sparendo dalla mia vita.
Fissai
il punto in cui era andato via per
qualche secondo.
Era
la fine.
C’eravamo
arresi tutti e due alle mie
decisioni e il risultato adesso era davanti ai miei occhi.
Nonostante
fossi ormai certa della mia scelta,
nonostante non avessi alcuna intenzione di tornare indietro, nella mia
mente
albergava una sola frase…
Addio, Amore Mio. Ti
amerò finché avrò vita.
***L'Autrice***
Ed ecco un altro capitolo al limite della disperazione... ^^
Confesso che scriverlo è stata davvero un'agonia
ma alla fine spero di aver fatto un buon lavoro.
La storia comincia ad avviarsi verso la fine, dovrebbero
mancare solo tre capitoli (epilogo compreso ^^) e credo che saranno i
capitoli più intensi. Però non disperate, come sa
chi mi segue su facebook, ho intenzione di scrivere una terza parte
della storia (e ultima) intitolata Il Futuro E' Già Qui,
ambientata cinque anni dopo l'esame di maturità.
Tornando al capitolo, be' c'è poco da dire. Tutto
è finito. Massi sembra essersi arreso definitivamente e
anche Vale pare abbia trovato una specie di equilibrio. Ma
può davvero finire tutto così? Ancora non ne sono
sicura, ma per il momento le cose sembrano andare verso una direzione
non proprio allegra... xD Ovviamente non dirò nulla sul
prossimo capitolo ma vi consiglio di attenderlo con tanta ansia
perchè ne succederanno di tutti i colori... E secondo le mie
previsioni potrebbe essere un capitolo molto lungo, più dei
miei soliti capitoli ^^
Con questo mio commento vi lascio e spero di ritrovarvi alla
prossima.
Vi ringrazio per tutto il sostegno e per le recensioni
meravigliose che mi lasciate ogni volta ^^
Vi voglio bene.
Francesca
|
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Capitolo 20 *** Il Mare Dopo La Tempesta ***
Verso La Maturità- Capitolo 20
Siamo
Legati
Da Infiniti Fili Sottili, Facili Da Recidere Uno Ad Uno,
Ma Che
Essendo Legati Tra Loro Formano Corde Indistruttibili
Isabel
Allende
Capitolo
20:
Il Mare Dopo La Tempesta
Alla
fine della terza prova, e di quella
giornata a dir poco infernale, avevo la certezza che Massi ed io non ci
saremmo
visti mai più. Ormai ne ero così sicura da non
credere minimamente che ci
potesse essere la possibilità di incontrarci ancora. Inutile
dire che nella mia
vita niente andava come prevedevo.
Massi
e io avevamo la prova orale nello stesso
giorno!
Strano,
non l’avrei mai detto di essere così
sfortunata. Non mi era mai successo.
Cominciavo
ad odiare la mia sfortuna sempre di
più, stava diventando una compagna di vita troppo scomoda
per sopportarla
ancora a lungo. Ne ero stanca!
Mancavano
ancora una decina di giorni prima
della prova orale, giorni che, stranamente, trascorsero alla
velocità della
luce e così senza che me ne accorgessi era arrivato
l’ultimo giorno utile per
riuscire a farmi entrare qualcosa in testa.
La
mia tesina era finita, stampata e rilegata
in modo perfetto.
Riccardo
aveva dato una grande mano sia a me
che alle mie amiche, soprattutto in matematica e filosofia.
Non
mi sentivo per niente pronta ma almeno
avevo la certezza di aver fatto tutto il possibile per imbastire un
discorso alquanto
decente riguardo la mia tesina. Il vero problema era tutto il resto.
Tutti gli
argomenti, studiati in un intero anno, che con la mia tesina non
avevano
proprio niente da spartire. Erano tanti, troppi! Non pensavo che fosse
così
complicato riuscire a ricordare tutto di quelle materie del cavolo!
La
mia unica consolazione, come sempre, era
pensare che la D’Arcangelo non era più il mio
incubo. Non ci sarebbe stata al
mio esame e già questo mi aiutava tanto nel riuscire a
concentrarmi meglio. Se
avessi dovuto affrontare anche lei mi sarei suicidata molti mesi prima.
Me
ne stavo seduta alla mia scrivania cercando
di ripassare più capitoli di filosofia possibili, ma
più leggevo e meno nozioni
riuscivo a farmi entrare in testa.
Mi
sembrava un brutto, bruttissimo, sogno e
non vedevo l’ora che tutto quello stress terminasse. Stava
diventando una vera
tortura, più i secondi passavano e più
l’ansia mi assaliva. Non potevo
continuare così. Ormai mi sarei accontentata anche del
sessanta, non me ne
importava più un fico secco del voto. Volevo solo terminare
il liceo e mandare
tutto al Diavolo!
Era
quasi sera.
Il
sole estivo cominciava a tramontare e le
sfumature di viola e arancione coloravano il cielo che vedevo dalla mia
finestra.
Un
giorno, un solo giorno e finalmente
anch’io, come tanti altri ragazzi, avrei potuto cominciare a
godermi l’estate.
Quello sarebbe stato davvero il premio più bello e agognato
in assoluto.
I
miei genitori avevano capito quanto io fossi
tesa e avevano deciso di lasciarmi da sola fino al giorno dopo. Si
erano
sistemati a casa di mia nonna e non sarebbero tornati fino alla mattina
successiva, dopo essersi assicurati che io fossi già uscita
per andare a
scuola.
Li
avevo ringraziati fino all’inverosimile per
quel favore.
Sapevano
che vederli in giro per casa mi
avrebbe messo ancora più in agitazione e avevano agito di
conseguenza. Per
questo li amavo, anticipavano sempre ogni mio pensiero.
Ero
ancora totalmente presa da quello che
stavo leggendo quando il campanello suonò facendomi
sobbalzare.
Era
Riccardo, già lo sapevo.
Voleva
passare la serata a studiare insieme a
me. Quel ragazzo era davvero il migliore! Nonostante tutto quello che
gli avevo
fatto passare aveva deciso di non abbandonarmi, anzi mi stava vicino
come mai
aveva fatto. Gli ero grata, più di quanto potesse
immaginare.
Se
solo non avessi conosciuto Massi, se solo
la mia strada non avesse incrociato la sua, Riccardo sarebbe stato
l’unico al
mondo che avrei mai potuto amare.
La
vita era troppo complicata per
accontentarci in tutto. E la mia era troppo… mia,
per potermi concedere anche un solo attimo di felicità.
Feci
entrare Riccardo, provai a sembrare
normale ma lui si accorse subito che l’angoscia mi stava
divorando.
-Usciamo!-
Lo
guardai stranita.
-Come
scusa?- chiesi sorpresa.
-Usciamo,
non devi stare chiusa in casa la
sera prima del tuo esame di maturità-, lo disse con
semplicità e con un sorriso
così dolce che avrebbe fatto sciogliere un iceberg.
-Ehm,
Riccardo. Proprio perché domani ci sarà
il mio esame di maturità dovrei stare chiusa in casa a
studiare, non credi?-
-No,
non lo credo-, rispose tranquillamente.
–Hai studiato per un anno intero e hai bisogno di rilassarti
prima di domani.
Ormai quel che è fatto è fatto, non credo che in
poche ore riuscirai ad
assimilare altri dati.-
-Ma…-,
non pensavo per niente che fosse una
buona idea.
-Niente
ma, guarda un po’ qui.-
Sempre
sorridendo mi porse due biglietti per
un concerto.
-Un
concerto?- chiesi quasi scandalizzata.
-Eddai,
sono i Negrita. Sarà un concerto
bellissimo, e tu hai bisogno di liberare un po’ la mente.-
-No,
io ho bisogno che la mia mente assorba
tutto quel libro-, risposi indicando il libro di filosofia aperto sulla
mia
scrivania.
-Ascolta,
i migliori voti li ho presi
svagandomi sempre la sera prima. Lo trovo un ottimo modo per preparare
il
cervello a quello che deve affrontare.-
-Forse
funziona per te che sei un genio, ma
per noi comuni mortali l’unico modo per superare un esame
come quello di
maturità comprende il fatto di studiare fino
all’ultimo secondo.-
Era
proprio uno stupido se pensava che avrei
abbandonato i libri per andare ad un concerto. Io? Andare ad un
concerto la
sera prima della mia prova orale? Non me lo potevo permettere e di
certo non
era da me. Dovevo studiare, studiare, studiare fino a quando i miei
occhi non
si fossero chiusi per la stanchezza.
Non
avevo proprio il tempo per svagarmi. Punto
e basta.
Esattamente
un’ora dopo mi ero cambiata ed ero
in macchina con Riccardo. Destinazione: Parco Gondar a Gallipoli, luogo
in cui
si sarebbe tenuto il concerto dei Negrita.
Avevo
ceduto, non poteva essere altrimenti.
Ero stanca di studiare e Riccardo lo aveva capito anche troppo bene.
Si
trattava solo di passare un paio d’ore ad
ascoltare un po’ di buona musica. Appena finito il concerto
sarei tornata a
casa con la mente un po’ meno pesante e magari avrei avuto
ancora un po’ di
forze per continuare a leggere filosofia.
Sì,
era la cosa migliore da fare per non
impazzire del tutto.
-Ancora
non ci credo che mi hai convinta a
venire qui.-
Riccardo
si voltò a sorridermi mentre mostrava
i nostri biglietti al gorilla che stava all’entrata. Porca
miseria quanto era
grosso!
-Vuoi
qualcosa da bere? Abbiamo ancora una
mezz’ora prima che cominci il concerto.-
-Perché
no? Tanto ormai questa serata di
studio sembra tutto tranne quello che dovrebbe essere.-
Facemmo
una lunga fila al bar e con le nostre
birre in mano raggiungemmo lo spazio dedicato al concerto.
C’era
una folla di gente disumana ma Riccardo
aveva una certa esperienza in quelle situazioni, e a furia di
“permesso” e
“scusa, dovrei passare” ci ritrovammo non molto
lontano dal palco.
Sorseggiavo
la mia birra ghiacciata- che con
l’afa di quella sera estiva era il massimo- in religioso
silenzio mentre con il
cervello cercavo di ripassare quanti più argomenti
possibili.
-La
vuoi smettere di pensare a ripetere?- mi
chiesi Riccardo esasperato.
-E
tu la vuoi smettere di leggermi nel
pensiero? Sei seccante-, risposi con un sorriso.
Cercai
di resettare tutti i miei pensieri e di
relegare l’esame nell’angolo più remoto
della mia mente. Sperai che lì tutti
gli argomenti scolastici si sarebbero trovato a loro agio e mi
avrebbero
lasciato in pace almeno per un paio d’ore.
-Ah,
eccovi qui!-
Quella
frase quasi urlata alle mie spalle mi
fece prendere un colpo. Mi voltai e sorrisi sorpresa.
-Amy!
Che ci fate qui?!-
Le
mie due migliori amiche e Marco erano
davanti ai miei occhi, anche loro con dei bicchieri in mano.
-Riccardo
ci ha invitati-, rispose Marti. –E’
stato molto gentile.-
-Siete
ad un concerto, ve ne rendete conto,
vero?-
Noi
tre non eravamo mai state troppo inclini
ai concerti e mi sorprendeva vederle lì, come mi sorprendeva
che ci fossi io.
-E
allora?- cominciò Amy ridendo. –La nostra
prova orale non è domani a differenza di te, possiamo ancora
divertirci.-
-Grazie,
Amy. Fortuna che ci sei tu a non
farmi sentire in colpa.- Poi la presi un attimo da parte per sussurrale
qualcosa che in quel momento mi sembrava fondamentale. –Marco
che ci fa qui?-
-Riccardo
ha invitato anche lui-, rispose lei
con semplicità.
-Okay,
ma a lui non viene voglia di ucciderlo
Riccardo?-
Mi
sembrava la cosa più naturale che Marco
avesse potuto fare o pensare.
-Ha
sorpreso anche me, ma ha detto di voler uscire
e che non gli importava che ci foste anche voi due. Sinceramente non lo
so cosa
gli sia preso.-
L’aria
confusa di Amy cominciava a
preoccuparmi. Secondo me Marco aveva un piano per far fuori Riccardo,
ne ero
convinta. Mi conveniva tenerlo d’occhio durante il concerto
perché quando era
sotto stress Marco tendeva a fare molte cavolate.
Comunque
non ci preoccupammo più del dovuto e
pensammo solo all’idea di goderci un bel concerto.
Intorno
a me vedevo solo coppiette innamorate
che si scambiavano effusioni come se fossero nelle loro camere da letto
e non
nel bel mezzo di una folla. Li capivo, anche troppo bene. Quando si era
così
innamorati e presi non ti importava proprio un bel niente di dove ti
trovassi.
Riuscivi a vedere solo l’altra persona, quel ragazzo che
amavi più di te stessa
e che avresti voluto baciare fino alla fine dei tuoi giorni.
Nient’altro
aveva importanza.
Non
esisteva nulla che non fosse lui.
E
per me non esisteva niente oltre a Massi.
Avevo
rinunciato a negarlo sia al mio cuore
che alle mie amiche. Il mio sentimento per lui aveva preso il
sopravvento su
tutto, persino sui miei pensieri. Anche se studiavo, anche se cercavo
di
concentrarmi su altro, il mio cervello aveva creato una specie di
sezione a
parte dove Massi era l’assoluto protagonista.
Solo
lui.
Sempre
e soltanto lui.
Non
sarei mai riuscita a dimenticarlo e su
questo potevo anche metterci una bella pietra sopra, se non un intero
macigno.
Come
lui ormai aveva rinunciato a me, e la sua
pietra era stata molto più dolorosa della mia per la mia
anima.
Sapevo
di averlo ferito, di averlo praticamente
ucciso, però io avrei continuato a soffrire per sempre
mentre lui aveva ancora
la possibilità di essere felice. Magari con
un’altra ragazza e potendo
diventare quello che voleva.
Sì,
lui aveva ancora una possibilità mentre io
mi sarei limitata a vivere senza
essere felice.
Immersa
ancora nei miei pensieri, fui
riportata nel mondo reale dal fumo che stava salendo dal palco e
soprattutto
dalle migliaia di persone urlanti che avevo intorno.
Il
concerto stava per cominciare.
Il
palco s’illuminò e i Negrita fecero il loro
glorioso ingresso in scena.
-Ciao
Gallipoli!- gridò Paolo, il cantante.
E
via tutti a rispondere a quell’urlo con
altrettante urla.
Se
fossi stata in uno dei miei normali giorni
da Vale, quelle urla mia avrebbero innervosito parecchio ma ero in uno
dei miei
giorni da depressione, come succedeva da molti mesi, quindi decisi di
lasciarmi
andare.
Vedevo
Riccardo urlare e saltare. Cominciai a
farlo anch’io.
Mi
sentii subito meglio, mi stavo sfogando!
Il
concerto ebbe inizio con alcune delle loro
canzoni più belle: Bambole,
In Ogni Atomo, Mama
Maè, Hollywood,
Che Rumore Fa La Felicità?...
Ogni
canzone era una delirio di emozioni e di divertimento.
Poi
arrivò una delle mie canzoni preferite in
assoluto.
-Questa
canzone-, cominciò Paolo. –Be’, questa
canzone al nord non ci viene molto bene, ma qui al sud trova sempre un
grande
successo!-
Quella
sua frase urlata mi fece capire che
stava arrivando… Rotolando Verso
Sud.
A
quel punto non capii più nulla. Mi lasciai
trasportare da quella canzone divertentissima e cominciai a saltare
come una
matta accompagnata da Riccardo che si stava scatenando al mio fianco.
Mi
sentivo veramente bene, qualunque pensiero
era scomparso.
Il
mio corpo si agitava e ballava, urlando le
parole di quella canzone che conoscevo a memoria. Quel momento stava
diventando
uno dei migliori della mia vita.
Poi
la canzone finì e Paolo si preparò ad
introdurre la successiva.
-Bene,
dopo esserci scatenati, voglio dedicare
il prossimo pezzo a tutti gli innamorati che sono qui stasera.-
Il
sorriso che avevo in faccia si spense
all’istante.
Sapevo
quello che stavano per cantare.
Conoscevo ogni singola parola di quella canzone e sentivo che per me
sarebbe
stato straziante doverla ascoltare in mezzo a tutte quelle coppie del
cavolo!
-A
voi… Magnolia.-
Subito
le prime note della melodia raggiunsero
il mio cervello e mi bloccai. Non riuscivo più a muovermi.
Intorno
a me c’erano ragazzi e ragazze che si
tenevano per mano, si abbracciavano e si baciavano e
all’improvviso ancora una
volta il ricordo di Massi prese possesso della mia mente. Solo fino a
pochi
mesi prima anche noi ci saremmo comportati così ad un
concerto, anche noi
avremmo potuto mostrare il nostro amore e perderci nei nostri
sentimenti. L’uno
nel corpo dell’altra come una sola cosa… E adesso
invece… Adesso cosa mi
restava? Solo il ricordo di quello che era stato senza neanche
più la voglia di
cercare di nuovo quella felicità che solo lui era stato in
grado di donarmi.
Stavo
per mettermi a piangere, lo sentivo.
Voltandomi
per caso vidi alla mia destra Amy e
Marco che si scambiavano un tenero bacio a fior di labbra. Vedere Marco
lì, il
migliore amico di Massi, lo riportava nei miei ricordi quasi in modo
prepotente.
Non riuscivo a scacciarlo via. Era impossibile!
Mi
sentivo invasa dalla nostalgia, e mi chiesi
se sarei riuscita ad andare avanti così, se avrebbe fatto
sempre tanto male
oppure se un giorno mi sarei ritrovata a pensare a Massi senza soffrire
in quel
modo disumano.
Mi
sentii avvolgere in una specie di abbraccio
e riuscii a calmarmi, anche se non del tutto.
Riccardo
mi aveva avvolto la spalla con il suo
braccio e aveva fatto lo stesso con Marti. Stava in mezzo a noi e ci
cullava
con le braccia in una sorta di danza dell’affetto.
Lo
guardai di soppiatto mentre lui si
illuminava in uno dei suoi teneri sorrisi.
Aveva
capito che stavo per scoppiare a
piangere e cercava di fare quello che poteva per eliminare i ricordi
dalla mia
mente. Non che ci fosse riuscito del tutto ma di certo sentirmi
così amata
anche se solo da un amico e non dall’unico ragazzo che volevo
funzionò come una
sorta di antidolorifico: sapevo che il problema non si sarebbe risolto
così
facilmente ma almeno per quell’attimo Riccardo era riuscito a
curare in parte
il mio dolore.
Era
di certo meglio di niente.
Dopo
un altro paio di canzoni il concerto
terminò in un boato di urla. Tutti si erano divertiti ed
erano spensierati.
Persino io ero riuscita a trovare un attimo di pace in quel piccolo
momento di
svago e ancora una volta mi ritrovai a pensare quanto gli amici
potessero
diventare importanti durante i momenti difficili.
Senza
di loro non sarei stata mai più capace
di essere me stessa, invece mi rendevo conto che la
possibilità di non perdermi
del tutto c’era ed era più che concreta.
-Un
concerto fantastico!- esclamò Riccardo
mentre tutti insieme ci dirigevamo verso l’uscita.
-Incredibile!-
rispose Marco con un sorriso.
-E
tu non hai visto quello di Alter Bridge a
Londra-, continuò Riccardo.
-Alter
Bridge?! Cavolo, è da una vita che
voglio vedere un suo concerto!-
-Ce
ne sarà uno a Roma tra qualche mese.-
-Stai
scherzando?!-
-No,
io ci vado con dei miei amici.-
Okay,
Riccardo era stato in grado di
conquistare persino Marco, il che era tutto dire. Quel ragazzo aveva la
capacità innata di farsi volere bene, inutile.
Passammo
qualche altro minuto al bar. Avevamo
tutti una sete pazzesca e quei due non la smettevano di chiacchierare.
La cosa
cominciava a diventare abbastanza petulante.
Per
fortuna le mie amiche decisero di non
parlare della mia prova altrimenti le avrei squartate visto che stavo
riuscendo
a non pensarci.
-Ragazzi!-
Quella
voce.
-Delia?-
disse Amy sorpresa. –Che ci fai qui?-
Anch’io
me lo chiedevo, non avrei mai
immaginato di vedere Delia in quel posto, aveva sempre detto che i
concerti non
l’attiravano più di tanto.
-Lo
vorrei sapere anch’io, sono stata
costretta-, disse sorridendo.
-E
da chi?- chiesi confusa. Adoravo Delia, e
le volevo un bene dell’anima soprattutto perché mi
stava parlando, pensavo che
mi avrebbe odiata e invece ancora mi sorrideva.
-Sono
stato costretto anch’io-, disse una voce
alle sue spalle.
-Michael!-
esclamò Marco interrompendo
finalmente il suo discorso con Riccardo. Dal tono della sua voce avevo
capito
che ancora non riusciva a sopportare la presenza di Mike.
-Scusate,
ma si può sapere chi vi ha
costretti?- la mia domanda era più che lecita.
-Io.-
A
quel punto ero sicura che il mio cuore di
fosse fermato. Mi voltai lentamente e vidi che alla spalle di Riccardo
c’era
Massi, proprio lui in carne ed ossa. I suoi occhi mi fissavano con
intensità, e
vidi che in loro albergava uno strano odio, ma era diverso da quello
che avevo
scorto durante le prove scritte della Maturità. Sembrava uno
sguardo più
consapevole e maturo, ma fuso sempre a quella nota d’odio.
Non riuscivo proprio
a decifrarlo.
-Finalmente
ti sei deciso-, disse Riccardo dandogli
una pacca sulla spalla.
-Mi
ci è voluto un po’ per metabolizzare la
cosa-, rispose Massi senza smettere di guardarmi.
-E
così ci ha costretti ad accompagnarlo a
questo cavolo di concerto-, borbottò Michael seccato ma io
non lo stavo
ascoltando. Massi mi stava letteralmente incatenando ai suoi occhi, non
aveva
intenzione di abbandonare i miei per niente al mondo. Stava cercando di
riversare tutto il suo odio dentro di me, con enorme successo se dovevo
dirla
tutta. Mi sentivo spaesata ma allo stesso tempo avvertivo la certezza
della
presenza di Massi.
Non
riuscivo a capire cosa stesse succedendo e
poi la consapevolezza mi avvolse. Spalancai gli occhi spaventata e
irritata
allo stesso tempo.
-Sai
tutto-, mormorai con una nota di
disperazione nella voce.
-So
tutto-, concluse lui senza lasciare i miei
occhi.
-Veramente
credo che tutti sappiano tutto,
ormai-, completò Delia con un sorriso ma io quasi non lo
vidi.
La
mia mente era affollata da mille pensieri,
uno peggiore dell’altro. La situazione stava precipitando e
io non avevo idea
di come ne sarei uscita fuori ancora viva.
-Ma
come…?-
-Colpa
mia-, disse all’improvviso Riccardo.
Mi
voltai a guardarlo di scatto cercando di
incenerirlo con lo sguardo.
-Che
c’è?- mi chiese con aria innocente. –Lo
sapevi anche tu che questo piano del cavolo che ti era preparata faceva
acqua
da tutte le parti, non avresti ottenuto niente così. Avresti
solo continuato a
soffrire e siccome ti voglio bene non potevo permetterlo.-
-Giuro
che ti uccido!- esclamai con il cuore
in gola. Oh se l’avrei ucciso! L’avrei fatto fuori
con le mie mani tra le più
atroci sofferenze.
-Andiamo,
Vale-, s’intromise Amy. –Sei stata
una stupida, credo di riassumere il pensiero di tutti con questa
frase.-
-Concordo-,
disse Marti.
-Anche
secondo me lo sei stata-, rincarò Mike.
-Eh,
sì mia cara-, anche Delia.
-Lo
sei stata eccome!- esclamò Marco.
-Oh,
ma state un po’ zitti tutti quanti!- Ero
arrivata al culmine, non ne potevo più. Tutti ad impicciarsi
dei fatti miei.
–Se sono stata una stupida è un pensiero vostro,
io non devo spiegazioni a
nessuno quindi state zitti!-
-E’
qui che ti sbagli.-
La
voce di Massi raggiunse all’improvviso la
mia mente e la inondò con il suo suono dolce e allo stesso
tempo deciso.
-Qualche
spiegazione me la devi.-
Non
feci in tempo a dire altro che me lo
ritrovai a pochi centimetri dal mio viso. Mi fissava con
un’intensità che non
avevo mai visto in quegli occhi verdi che tanto amavo. Era la prima
volta che
lo vedevo come un uomo deciso e non solo come un ragazzo che doveva
ancora
crescere. Il dolore ci aveva reso entrambi più maturi, su
questo non c’era nulla
da dire.
Ritrovai
la forza che mi serviva per tenergli
testa e distolsi lo sguardo per evitare che m’imprigionasse
ancora in quegli
occhi che mi attiravano come due calamite.
-Non
credo proprio-, dissi con un filo di
voce. –Non c’è niente di cui parlare,
anche se adesso sai tutto io non tornerò
indietro. La mia decisione l’ho presa.-
Non
disse nulla, nessuno di loro lo fece e non
ne capivo il motivo.
Decisi
di alzare lo sguardo per capire cosa
stesse succedendo e vidi che Massi mi stava guardando, non aveva mai
smesso.
-Di
decisioni ne hai prese anche troppo
ultimamente. E’ ora che lo faccia anch’io.-
Mi
afferrò per un braccio e mi trascinò
lontano dagli altri.
-Ahi,
ma che diavolo stai facendo?- chiesi con
voce irritata. –Lasciami andare.-
Non
parlò, non si voltò neanche a guardarmi.
Si limitava a trascinarmi dietro di sé con forza, facendomi
anche abbastanza
male per quanto la sua presa era salda.
Cercai
di divincolarmi in tutti i modi ma non
ci riuscii, lui era troppo forte per me. La sua rabbia lo rendeva
testardo e
sapevo che qualunque mia protesta non sarebbe mai servita a nulla.
-Sali-,
mi disse una volta arrivati davanti al
suv di suo padre.
Mi
misi a fissare il sedile senza muovere un
muscolo. Non avevo alcuna intenzione di salire su quella macchina.
Massi
sbuffò spazientito.
-Senti,
puoi salire su questa macchina con le
buone o con le cattive. E per cattive intendo che se non entri in auto
domani
mi presento a casa tua e racconto ai tuoi cari genitori tutto quello
che abbiamo
fatto in questi mesi, da Padova a Boston.-
Alzai
di scatto la testa per fissarlo.
Non
aveva davvero intenzione di farlo. No, non
lo avrebbe fatto.
-Sta
a te scegliere, ma ti posso giurare che
non vedo l’ora di fare una cosa del genere.-
La
determinazione che scorsi nel suo sguardo
non mi diede modo di fraintendere. Non avevo vie d’uscita,
sarebbe andato dai
miei, lo avrebbe fatto di sicuro.
-Allora?-
mi chiese con tono duro.
Alzai
gli occhi al cielo, e sbuffando come una
locomotiva a motore, aprii lo sportello e m’infilai in
macchina.
-Potresti
almeno essere meno prepotente-,
borbottai mentre agganciavo la cintura di sicurezza.
-E
tu potresti essere meno stupida, ma
purtroppo nessuno è perfetto.-
Avrei
voluto rispondergli ma lui era partito a
razzo. Stava andando come un treno, ma era impazzito?!
-Puoi
rallentare?!- esclamai aggrappandomi al
sedile.
-Non
ci penso proprio, ho bisogno di correre
per evitare di strozzarti con le mie mani.-
Saremmo
morti, me lo sentivo. Correva come un
pazzo e non aveva alcuna intenzione di rallentare. Decisi di non dire
più
nulla, ci mancava solo che si arrabbiasse ancora di più e
che andassimo a
sbattere contro un muro.
Mi
misi a guardare fuori dal finestrino, un
po’ per evitare di incrociare per sbaglio gli occhi di Massi
e un po’ per
capire dove diavolo mi stesse portando.
Non
stavamo tornando verso Lecce, stavamo
andando esattamente nella direzione opposta e la cosa
cominciò a preoccuparmi.
Porca miseria! Io avevo un esame il giorno dopo e Massi aveva deciso
che
proprio quello fosse il momento adatto per scarrozzarmi in giro per la
Puglia.
Ma non se ne poteva restare a casa a studiare?! Anzi, avrei potuto
restare io a
casa, accidenti a me!
Eppure
nonostante mi maledicessi per aver
deciso di uscire, lo stare ancora una volta, anche se forse sarebbe
stata
l’ultima, così vicina a Massi mi donava uno strano
senso di pace. Quando ero
con lui, anche nelle situazioni che in genere dovevano essere poco
piacevoli,
sentivo che tutto era al suo posto, e mi sentivo bene.
-Quando?-
chiesi poi con un filo di voce.
Massi sapeva a cosa mi riferivo, non c’era bisogno che
aggiungessi altro.
-Dopo
la prima prova, Riccardo si è presentato
a casa mia.-
Sarebbe
morto, Riccardo era un uomo morto.
-C’era
anche Marco e ci ha raccontato ogni
cosa.-
Per
questo Marco non aveva battuto ciglio
quando Amy aveva deciso di tornare a parlarmi. E certo, lui sapeva
già tutto.
-Mi
ha pregato di fare qualcosa, di farti
tornare quella di prima perché non sopportava più
di vederti in uno stato
pietoso.-
-Non
sono in uno stato pietoso!- replicai con
il tono di una bambina di cinque anni.
-Lo
so, tu sei sempre bellissima, non c’è
bisogno che ti arrabbi.-
Mi
si fermò il cuore. Nella sua voce non c’era
scherno o rabbia, si era solo limitato a fare
un’affermazione, una piccola
frase che sentiva di dovermi dire.
Non
ci dicemmo altro e nell’auto cadde un
silenzio così assordante da rischiare di farmi impazzire
completamente. Mi
sentivo inquieta, non sapevo cosa sarebbe successo, quando la macchina
si
sarebbe fermata, o cosa avrei dovuto dire.
Solo
una cosa per me era davvero certa: non
avrei ceduto. Non potevo farlo!
Anche
se Massi aveva scoperto tutto non
sarebbe cambiato nulla. Se fosse stato necessario lo avrei mandato a
Boston a
furia di calci nel fondoschiena.
Ad
un certo punto vidi che imboccava la strada
per il lungo mare e mi soffermai a guardare le onde scure che
raggiungevano la
spiaggia illuminata dalla luna. Era il primo anno, in tutta una vita,
che
vedevo il mare per la prima volta a fine giugno e di notte.
L’anno
precedente non mi ero resa conto che
quella sarebbe stata l’ultima estate passata in modo
spensierato. Tra esami di
Maturità e poi iscrizione
all’università quella non sarebbe stata
un’estate
come le precedenti e forse non ce ne sarebbe stata un’altra.
La
libertà di adolescente mi stava per
abbandonare per lasciare il posto alla vita da adulta.
Quando
si è piccoli non si vede l’ora di
crescere: i diciott’anni, la patente, il poter prendere
decisioni. Eppure
quando si arriva al punto in cui tutto sta per cambiare
perché si deve crescere
ci si rende conto che gli anni passati sono stati davvero i migliori, i
più
belli, i più liberi.
Non
avevo voglia di crescere, non avevo voglia
di affrontare la vita da sola ma forse era quello che mi serviva per
trovare
una mia strada, un modo per vivere senza Massi.
D’un
tratto l’auto si fermò al bordo della strada.
Massi
non disse nulla, spense l’auto e prese
un respiro forte e lungo. Avevo l’impressione che fosse
sovrappensiero, come me
d’altronde.
Sapevamo
molto bene entrambi che una sola
parola fuori posto avrebbe potuto dare il via a un Inferno che Dante
non
avrebbe mai neanche potuto immaginare.
-Scendi.-
-Come?-
chiesi disorientata.
-Ti
ho detto di scendere!-
Pronunciò
quella frase a voce alta, il suo non
era un invito ma un ordine. Pensai non fosse il caso di contraddirlo, e
con la
speranza che non decidesse di mettere in moto e andare via una volta
che fossi
scesa, aprii lo sportello e lo richiusi alle mia spalle dopo aver
lasciato l’auto.
Con
la coda dell’occhio osservai Massi ancora
all’interno del veicolo.
Era
fermo, immobile, e guardava dritto davanti
a sé con le palpebre che non accennavano a chiudersi. Era
come se stesse
osservando il portale di un altro mondo, troppo interessante per essere
ignorato.
Poi
lo vidi, mi ritrovai davanti tutto ciò che
gli avevo fatto passare per mesi. Aveva abbassato lentamente lo
sguardo, in
modo quasi struggente, e poggiando le braccia sul volante ci nascose il
suo
viso.
Aveva
bisogno di stare da solo, lo avevo
capito, ma il mio primo impulso era stato quello di precipitarmi in
macchina
per abbracciarlo e dirgli la verità, confessare che
anch’io stavo soffrendo e
che non ne potevo più di stare lontana da lui. La mia
coscienza però prese il
sopravvento sui miei sentimenti.
“Devi
resistere, Vale. Fai l’adulta, pensa al
suo futuro.”
Mi
ripetevo quella frase come un mantra e
lanciando un’ultima occhiata verso Massi mi voltai per
raggiungere la spiaggia.
Forse sedermi sotto quella luna, al fresco di quel vento marino, mi
avrebbe
aiutato a resistere. Però, di certo, quello che
più di tutto mi avrebbe aiutato
era l’allontanarmi da lui. La sua vicinanza mi destabilizzava
e non mi
permetteva di ragionare come avrei dovuto. La situazione era delicata e
non mi
potevo permettere di distrarmi neanche per un attimo.
Arrivata
alla spiaggia, mi sfilai le Converse e
tenendole in mano mi avvicinai un po’ di più al
mare. Quel rumore così
familiare mi era mancato da morire, era rilassante e pacifico, mi
faceva
sentire tranquilla come non lo ero da tempo.
Ero
quasi sul bagnasciuga e decisi di
togliermi la leggera giacca a maniche lunghe che indossavo per
stenderla e
potermi sedere. Mi bagnai un po’ i piedi nella tiepida acqua
estiva del Mar
Ionio e mi sedetti.
Non
sapevo se Massi mi avrebbe raggiunta,
chiamata o se mi avrebbe lasciata lì da sola per tutta la
notte o forse per
sempre. Dubitavo che la sua fosse una ripicca, più che altro
sospettavo che non
fosse ancora pronto a capire le mie motivazioni e stesse cercando in
tutti i
modi di trovare uno stato mentale che gli avrebbe consentito di non
annegarmi
all’istante.
Fissai
la luna quasi piena nel cielo scuro e
pieno di stelle.
Alla
fine ebbi la mia risposta.
Un
paio di scarpe caddero alla mia destra
mentre la figura di Massi mi superava a piedi nudi e si fermava sul
bagnasciuga. Le onde calme gli lambivano la pelle dei piedi,
consentendogli di
rilassarsi il più possibile.
-Il
mare è calmo ma si vede che ieri era
agitato.-
-Già-,
risposi io continuando a fissare le
onde che lo sfioravano.
Prese
un respiro profondo e continuò a
guardare dritto davanti a sé.
-E’
come me-, cominciò senza voltarsi. –Fino a
ieri dentro di me sentivo imperversare una vera tempesta, la rabbia mi
aveva
completamente invaso e non pensavo che sarebbe mai passata.-
Si
fermò e io non dissi nulla. Avevo bisogno
che lui parlasse per capire cosa gli stesse passando per la testa.
Poi
all’improvviso si voltò a guardarmi.
-Io
non capisco perché non ti sei fidata di
me, non capisco perché i miei sentimenti per te abbiamo
avuto così poca
importanza.-
Eccolo,
il momento della verità era arrivato.
Il
mare aveva superato la tempesta ma la
nostra stava per cominciare proprio in quel momento.
-Non
è come pensi tu.-
-E
allora spiegami, porca miseria! Sono mesi
che ti chiedo una spiegazione e poi vengo a sapere che mi hai lasciato
perché io
potessi partire senza pesi sulla coscienza?! Come diavolo ti
è passato per la
testa?!-
Abbassai
lo sguardo per cercare le parole
adatte. Mi ero stancata di ferire Massi e soprattutto di ferire me
stessa. Litigare
con lui mi avrebbe solo fatto sentire peggio, quindi provai a mantenere
la
calma.
-Dimmi
una cosa, e devi dirmi la verità. Se
fossi venuta da te a dirti tutto, di aver sentito la conversazione, del
fatto
che non volevi più partire, mi avresti dato ascolto o
avresti fatto di testa
tua?-
Lui
non rispose, si limitò semplicemente a
guardarmi.
-Se
tu fossi stato al mio posto, sapendo che
rinunciare a te è l’ultimo dei miei desideri e che
per farlo avrei accantonato volentieri
un futuro che per me è scritto, ti saresti comportato
diversamente? Me ne
avresti solo parlato sperando che prendessi la decisione giusta?-
A
quel punto sollevai la testa e i nostri
occhi si incontrarono.
-Hai
cercato una spiegazione per tanti mesi ma
la verità l’hai sempre avuta sotto gli occhi e se
ti fossi fermato ad osservare
meglio e a cercare di capire ci saresti arrivato senza problemi.-
Mi
alzai e fermandomi a pochi passi da lui, puntai
i miei occhi dritti nei suoi. Doveva capire che anch’io avevo
sofferto, non
potevo essere io l’unica cattiva della situazione. Mi ero
comportata in quel
modo, lasciandolo, solo perché sapevo che se non
l’avessi presa io quella
decisione così dolorosa lui non l’avrebbe mai
fatto.
-Uno
di noi due doveva sacrificarsi e io ho
scelto di farlo. La verità è che
l’unica spiegazione che posso darti che è ti
amo.-
Non
potei più fermare le lacrime, era inutile
anche provarci, tanto valeva lasciare che la mia mente decidesse di
sfogarsi
come meglio credeva.
-E’
così-, cominciai con la voce rotta dal
pianto.
Tutta
la rabbia e la frustrazione per il
dolore provato. Tutta l’angoscia per fare in modo che il
piano funzionasse. Tutta
la sofferenza nel doverlo allontanare da me. Tutta la consapevolezza di
avergli
fatto del male e di averlo fatto anche a me. Tutto. Ogni cosa, si
trasformò in
un’enorme valvola di sfogo.
-Ti
ho lasciato perché ti amo!- quasi lo
urlai. Ne avevo bisogno, avevo l’assoluta necessita di
urlarlo dopo averlo
tenuto nascosto per tutto quel tempo. E quello sfogo lentamente si
trasformò in
altro dolore e le lacrime cominciarono a solcarmi il viso copiose.
-Ho
scelto di rinunciare a te per permetterti
di non avere rimpianti. Restare qui e non diventare un medico non ti
porterà la
felicità.-
-Sei
sempre stata tu la mia felicità.-
Abbassai
lo sguardo con un sorriso amaro.
-Massi,
l’unica certezza che ho nella vita, l’unica
e sola, è che tu diventerai un bravissimo medico, forse il
migliore. Noi due
non siamo una certezza, non in questo momento, non a
quest’età. Ti prego, fai
diventare la mia certezza una tua certezza. E’ questa la cosa
giusta da fare.-
-Ti
rendi conto che me lo stai chiedendo in
lacrime?- mi disse lui con voce atona.
-Questo
non cambia nulla. Tu devi partire,
devi prendere in mano la tua vita e diventare quello che hai sempre
voluto
essere.-
-E
non posso farlo con te?- mi chiese con tono
quasi di supplica.
-Non
so se sia possibile-, mormorai
asciugandomi le lacrime.
Alzai
lo sguardo e ancora una volta i nostri
occhi s’incontrarono. A quel punto nei suoi vidi qualcosa che
forse non avevo
mai visto: la determinazione. Il suo sguardo era sicuro e
c’era qualcosa che lo
rendeva tremendamente attraente, nonostante la situazione.
-Vale,
io partirò. Ormai ho deciso.-
I
miei occhi si riempirono di nuovo di lacrime
ma riuscii a ricacciarle indietro. Quella sua decisione doveva solo
farmi
piacere, non dovevo continuare a piangere. Avevo ottenuto quello che
volevo,
adesso si trattava solo di lasciarlo andare per sempre. Dovevo lasciare
che lui
raggiungesse il suo destino dall’altra parte
dell’Oceano.
-Ho
deciso di partire ma questo non vuol dire
che io non voglia provare a stare ancora con te. Ci sono ancora dei
mesi
davanti a noi, non devo trasferirmi domani. E magari, chi lo sa,
potremmo
essere una delle poche coppie al mondo che sopravvivono ad una
relazione a
distanza.-
Mi
sorrise e a quel punto i miei occhi si
spalancarono.
I
suoi occhi verdi con le pagliuzze argentate
mi stavano fissando con un sguardo particolare: c’era la speranza di potermi avere ancora,
c’era la certezza della
sua decisione di partire e soprattutto c’era tutto
l’amore che aveva provato
e che provava
sempre per me. Tutto quello di cui avevo bisogno era in quegli occhi
caldi,
avvolgenti e tremendamente dolci.
Tutto
il mio mondo era in quegli occhi.
Tutto
il mio amore era in quegli occhi.
Lì
dentro c’era tutta me stessa.
Avevo
pensato che crescere significasse
prendersi le proprie responsabilità ma ancora non era il
momento di diventare
adulta fino a quel punto.
Dovevo
crescere ma non necessariamente quella sera stessa. Mi ero stancata di
pensare
solo al futuro, mi ero veramente rotta! Ero cresciuta anche troppo per
i miei
gusti… Le altre responsabilità che mi aspettavano
dietro l’angolo avrebbero
potuto attendere ancora un po’.
Mi
avvicinai ancora di più al suo viso per
poter vedere meglio i suoi occhi sotto la luce di quella splendida
luna.
-Mi
hai lasciato-, disse Massi fissandomi con
sguardo di dolore.
-Lo
so-, risposi senza lasciare i suoi occhi.
-Mi
hai ferito.-
Ancora
più vicina.
-Lo
so.-
-Mi
hai ucciso.-
La
mia mano si posò sulla sua guancia, era
bello sentire la sua pelle.
-Lo
so.-
-Eppure
ti amo ancora, forse più di prima.-
Sorrisi.
-Lo
so.-
Quella
notte tutto il resto non contava. Il
mio corpo me lo fece capire agendo al posto mio.
Massi
stava per dire qualcosa ma non gli diedi
neanche modo di cominciare la frase. Lo attirai a me con forza posando
le mie
labbra sulle sue e subito mi ritrovai catapultata in un Paradiso fatto
di sogni
e ricordi.
Sentivo
le sue labbra mentre le mie le
accarezzavano e assaporavano dopo molto tempo un bacio che non avevano
mai
dimenticato.
Massi
mi strinse a sé, e sentire le sue mani
sulla mia schiena mentre mi abbracciava era la sensazione
più intensa che
potesse esistere al mondo e anche in altri universi paralleli. Il suo
corpo
caldo e avvolgente, contro il mio rischiava di creare una combustione
che
avrebbe portato a vere e proprie fiamme.
Il
bacio si fece sempre più profondo ed
intenso: morbido come nuvola, ardente come un incendio. Racchiudeva in
sé sensazioni
e sentimenti così diversi eppure indivisibili.
Tutto
intorno sembrava aver percepito che
qualcosa di nuovo e unico stava accadendo. Il vento soffiava piano e
fresco per
impedirci di bruciare completamente, il suono delle onde che
accarezzavano la
spiaggia si fece più delicato per permetterci di goderci
quel momento, il tempo…
Oh, il tempo sembra essersi fermato così che noi potessimo
restare lì a
baciarci per l’eternità, com’era giusto
che fosse.
Era
tutto talmente intenso che se non fossi
stata presa dal bacio fino a quel punto sarei potuta scoppiare a
piangere da un
momento all’altro. Mi sentivo esplodere per quanto amore ero
in grado di
provare con un solo bacio e mi sentivo male all’idea di
reprimere ancora quel
sentimento. Doveva esistere ed essere sempre al centro della mia
attenzione,
doveva potersi sfogare, doveva essere vissuto, fino infondo senza
nessun
ripensamento.
L’amore
che provavo per Massi era la cosa più
che bella che potesse esistere e non doveva mai più essere
represso. Non lo
meritava, perché era bellissimo, perfetto… Immenso.
E
ad un certo punto quel bacio non mi bastò
più, avevo bisogno di sentire Massi su ogni centimetro del
mio corpo, anelavo
le sue carezze e la sua pelle. Ne sentivo davvero la
necessità.
Con
delicatezza poggiai una mano sul suo petto
e risalii la sua spalla. Feci una leggera pressione e lui doveva aver
capito perché
senza smettere di baciarmi s’inginocchio portandomi
giù con sé.
Il
bacio continuava, sempre più profondo,
sempre più intenso, sempre più dolce e con quel
piacevole sapore nostalgico che
lo rendeva quasi una droga.
Massi
mi fece distendere con delicatezza e si
sistemò su di me, stringendomi in un abbraccio, facendomi
sentire il calore del
suo corpo che contrastava con la sabbia fresca che avvertivo sotto di
me.
Le
sue labbra continuavano a cercare le mie,
senza sosta, come se il loro compito fosse stato sempre quello.
All’improvviso
si fermò e mi guardò negli
occhi. Erano lucidi, pieni di desiderio e d’amore. Quanto mi
erano mancati
quegli che mi guardavano in quel modo, un modo speciale che solo lui
sapeva
donarmi. L’unico al mondo che poteva riservarmi sguardi
intensi e innamorati a
tal punto da farmi scoppiare il cuore.
L’unico.
Lui
era davvero l’unico e il solo che ci
sarebbe mai riuscito.
-La
luce della luna rende il tuo viso ancora
più bello-, mormorò con sguardo serio.
I
miei occhi s’incatenarono ai suoi, volevano
solo continuare a guardarlo in eterno e desideravano, in tutti i modi,
fargli
capire quanto lo bramassero.
-Ti
amo-, dissi alla fine. Pronunciai quelle
due piccole parole con un filo di voce eppure era come se le avessi
urlate. Come
se le avesse urlate direttamente il mio cuore in modo che il suo
potesse
sentirle bene.
-Dio,
quanto mi sei mancata.-
La
sua voce era seria, roca, colma di desiderio.
Tornò
a baciarmi, e ancora mi sembrò quasi la
prima volta. Ogni bacio stava diventando diverso, ogni instante
riusciva a
mutare i miei battiti e le mie sensazioni. Stava diventando
un’esperienza quasi
paradisiaca senza precedenti.
Non
passò molto prima che i vestiti
diventassero solo un mucchio di stoffa poco lontano da noi.
Il
suo corpo nudo stretto al mio.
Il
suo corpo nudo che si univa al mio.
E
la mia anima nuda che finalmente aveva
ritrovato la sua.
Abbracciati.
Uniti. Insieme. Tutte parole che
m’invadevano la mente e spazzavano via tutto il resto.
Ritrovare tutto ciò che
per mesi avevo solo sognato e cercato nei miei ricordi mi stava quasi
svuotando.
Era
intenso.
Era
stupendo.
Era
nostro.
Il
nostro amore, da vivere. Per un mese, per
un anno, per l’eternità.
Ormai
non m’importava più perché ero di nuovo
felice.
***L'Autrice***
Che ne dite? Adesso posso uscire di nuovo di casa senza
pensare che dietro l'angolo ci sia una di voi che mi vuole uccidere? xD
Allora, prima di commentare, ho
bisogno di fare una premessa... HO SONNO!!! Sono stata in piedi tutta
la notte per finire questo capitolo, e in pratica sono sveglia da quasi
30 ore, il che non fa bene. Tutto questo solo per dire che se ci sono
errori sia nel capitolo che nel commento è colpa dei miei
occhi che non riescono a stare aperti xD Ma comunque sono una donna
forte (?) quindi non preoccupatevi, sopravvivero :)
Torniamo a Massi e Vale. Ebbene sì, possiamo
tornare a parlare di Massi e Vale come una specie di coppia. Non si
capisce ancora molto bene cosa accadrà ma per il momento
sono di nuovo insieme e tutti noi speriamo che ci restino, anche se,
come avete visto, il mio cervello è abbastanza
imprevedibile... ^^ Ma comunque io direi che una bella bottiglia di
champagne per festeggiare non ci starebbe male (e io mi prendo anche un
caffè per riuscire a stare sveglia xD).
Anche se sono stata in piedi tutta la notte questo capitolo
è stato bellissimo da scrivere, verso la fine mi sono messa
a piangere come una bambina perchè davvero non vedevo l'ora
di tornare a scrivere di un momento magico e romantico tra Massi e
Vale, non ne potevo davvero più.
Adesso spero che almeno per un po' vi sentiate bene dopo aver
letto un mio capitolo e non sull'orlo del suicidio xD
Se devo dire la verità stavolta mi piacerebbe
davvero sapere che ne pensate del capitolo, mi sono impegnata veramente
tanto per non farvi aspettare... Ovviamente questa non è una
richiesta per farvi lasciare una recensione, non ve lo chiederei mai a
me importa solo che il capitolo vi piaccia e vi coinvolga, ma se volete
rendermi partecipe dei vostri pensieri lo apprezzerei tanto :) :) :) ma
proprio tanto :) Giusto per capire se ho fatto la scelta giusta con
questo capitolo ^^
Questo commento sta durando un'eternità e le mie
dita non sono più in grado di scrivere qualcosa di decente,
hanno dato tutto per il capitolo... Anche loro sono a pezzi come me xD
Evvai, avete un'autrice con mezzo piede nella fossa ahahahaahh
Vabbe' la smetto con i deliri per mancanza di sonno :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia trasmesso le
stesse belle emozioni che ho provato io nello scriverlo :)
Per il prossimo capitolo ho già parecchio in mente
quindi spero di scriverlo al più presto.
Vi ringrazio, come sempre, perchè leggete la mia
storia, mi seguite, mi supportate e mi sOpportate xD
Vi voglio bene
Francesca
|
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Capitolo 21 *** Ultima Prova ***
Verso La Matuirtà- Capitolo 21
La
Ricchezza
Del Mio Cuore E’ Infinita Come Il Mare, E Il Mio Amore
E’ Così
Profondo:
Più
Te Ne Do E Più Ne Ho Per Me Perché Entrambi Sono
Infiniti.
William
Shakespeare
Capitolo 21: Ultima Prova
-Allora ci stiamo
davvero provando…-
-Be’,
non abbiamo altra scelta. Almeno un tentativo lo dobbiamo fare, non
voglio perderti.-
Furono queste le
parole di Massi in risposta alla mia osservazione.
L’aeroporto di
Brindisi era pieno zeppo di gente pronta a prendere il volo delle
11:20 per Roma, lo stesso che stava attendendo Massi. Da Roma poi
avrebbe preso quel maledetto aereo che per chissà quanti
anni lo
avrebbe tenuto lontano da me, dall’altra parte
dell’Oceano,
talmente lontano che quasi avevo la sensazione di non poterlo
rivedere mai più.
-Spero solo che
questa sia la scelta giusta-, cominciai. –Non voglio
costringerti
in una storia che magari non avrà alcun futuro.-
Lui
sollevò una mano e sorridendomi me la posò sul
viso con
delicatezza.
-La
nostra storia non è solo una storiella tra adolescenti. So
che il
nostro futuro è quello di stare insieme, l’ho
sempre saputo.
Voglio provare a tenerti per sempre con me, ho bisogno di provarci e
dopo tutto quello che mi hai fatto passare me lo devi.-
Mi
scappò un sorriso.
-Sì,
hai ragione. Te lo devo sul serio.-
Lo
avevo fatto soffrire, a causa delle mie scelte entrambi avevamo
passato dei mesi orribili. Quel tentativo doveva esserci e dovevo
assolutamente convincermi che quella era la cosa migliore da fare,
nonostante il mio scetticismo riguardo le relazioni a
distanza… A
molta, moltissima, distanza.
-Ora
devo andare-, mi disse con gli occhi che si fecero improvvisamente
tristi.
-Lo
so.-
-Tornerò tra
qualche mese, mi faccio sentire appena arrivo. Spero di calcolare
bene il fuso orario.-
-A
qualsiasi orario andrà benissimo. Per te potrei anche
restare
sveglia tutta la notte.-
La
situazione si stava a facendo a dir poco straziante. Era proprio
quello uno dei motivi che mi aveva spinto a lasciare Massi per farlo
partire. Quel momento si stava rivelando troppo difficile, vederlo
partire senza sapere quando sarebbe tornato mi stava letteralmente
spezzando il cuore. Non ce la facevo. Stavo provando in tutti i modi
a trattenermi ma non riuscii ad impedire a lacrime disobbediente e
impudenti di ignorare i miei segnali per costringerle a restarsene
dov'erano. Cominciarono a rigarmi il viso e vincendo una battaglia
che per quanto mi riguardava era persa in partenza.
-Tornerò.-
-Lo
so-, mormorai abbassando lo sguardo.
-Ti
amerò in ogni momento-, disse con calma mentre sollevava il
mio viso
per permettere ai nostri occhi d’incontrarsi.
Quando lo guardai
in volto vidi che una lacrima stava solcando lenta la sua guancia. Se
persino lui stava piangendo evidentemente avevo ragione a pensare che
quel momento fosse un tortura, e non lo era solo per me.
Questo mi faceva
anche più male.
Non
volevo che Massi soffrisse ancora ma non potevo evitarlo. Era
ciò
che avevamo scelto per noi ed entrambi avevamo accettato di buon
grado le conseguenze della nostra scelta.
Senza
dire altro, Massi si chinò su di me e unì le
nostre labbra in quel
nostro ultimo bacio prima della partenza. Sentire un contatto come
quello per l’ultima volta era straziante, mi stava lacerando
l’anima.
Ci
dividemmo e riaprii gli occhi per guardare il volto di Massi ancora
una volta.
Qualcosa però
non andava. Avvertivo gli occhi pesanti e all’improvviso mi
resi
conto di non trovarmi all’interno dell’aeroporto ma
all’aria
aperta. Il sole sul viso, il rumore del mare che mi accarezzava le
orecchie e la morbida sabbia sotto la schiena.
Non
ero in aeroporto! Era stato solo un sogno!
Guardai alla mia
destra e vidi il volto di Massi a pochi centimetri dal mio. Dormiva,
con la mano poggiata sulla mia pancia e un sorriso tranquillo che
rendeva il suo volto l’ottava meraviglia del mondo.
Avevo
solo sognato ma sapevo che quel sogno era quasi una premonizione.
Sarebbe arrivato il momento di dire addio, o comunque arrivederci, al
mio Massi e quella notte appena trascorsa sarebbe rimasto uno dei
più
bei ricordi legati a lui. Mi ci sarei aggrappata nei momenti in cui
saremmo stati lontani, quando la Maturità sarebbe finita
e…
La
Maturità?
Porca
miseria!
-Massi!- esclamai
mettendomi a sedere e scuotendolo. –Massi, accidenti!
Svegliati!-
-Uhm…-
Presi
il cellulare e per poco non mi prese un colpo.
-Massi!
Svegliati!-
-Che
c’è?- mi chiese aprendo un occhio.
-C’è
che tra un’ora ti chiameranno per la prova orale!-
Gli
occhi di Massi si spalancarono subito, finalmente aveva capito che si
doveva dare una mossa.
-Okay,
ragioniamo-, disse poi con calma.
-Ragioniamo?
Dobbiamo andare a scuola immediatamente, altro che ragionare.-
-Ascolta, abbiamo
un’ora. Venti minuti per tornare a Lecce dovrebbero bastare
se vado
a tavoletta, quindi dovremmo farcela. La mia tesina è in
macchina.-
-Oh
cavolo! La mia è a casa.-
-Tranquilla,
passiamo a prendere la tua tesina e poi andiamo a scuola.-
Massi
si alzò e guardò il cellulare.
-Porca puttana!-
-Che
c’è?-
-Mio
padre mi ha chiamato venti volte, oggi gli serviva la macchina. Sono
nella merda!-
A
quel punto anch’io decisi di guardare meglio il cellulare. Io
ne
avevo quaranta di chiamate ed erano tutte dei miei genitori. Ero
rimasta fuori a dormire senza avvisarli. Ero morta, letteralmente.
-Siamo nella
merda entrambi-, dissi con un sospiro.
-Penseremo dopo
ai nostri genitori-, disse lui prendendomi per mano e aiutandomi ad
alzarmi. –Ora dobbiamo pensare all’esame.-
Annuii con
decisione. Ci mancava solo che dopo tutto il casino che avevo
combinato, Massi non arrivasse in tempo all'esame per colpa mia.
Fortuna che per
mesi avevo professato in lungo e in largo che la sola cosa importante
per me era la carriera di Massi.
Bel
modo per dare inizio alla sua carriera.
Afferrai le
scarpe senza neanche indossarle- lo avrei fatto in auto- e seguii
velocemente Massi che si stava già dirigendo verso il SUV
del padre.
Almeno i vestiti
non erano stati un problema, la sera prima li avevamo indossati quasi
subito dopo... Beh, dopo. Ma per quanto mi sforzassi non riuscivo
assolutamente a ricordare in quale cavolo di momento ci fossimo
addormentati.
Ricordavo che
avevamo parlato quando i nostri istinti avevano trovato il modo di
calmarsi. Ce n'eravamo stati abbracciati, stesi sulla soffice sabbia
a parlare... Eppure non ricordavo proprio di essermi addormentata.
Maledizione!
Mi
diressi allo sportello del passeggero pronta a salire quando
all'improvviso mi sentii afferrare il braccio.
-Al
Diavolo l'esame!- sussurrò Massi prima di costringermi a
voltarmi.
Per
un solo istante incontrai i suoi occhi verdi come il mare di prima
mattina e poi avvertii il dolce sapore delle sue labbra che
incontravano le mie.
Erano
morbide e quasi succose, mi sembrava di baciare un fragola matura
mentre la mia cara fragola cercava di approfondire il bacio passando
leggera la lingua sulle mie povere le labbra che non avrebbero potuto
desiderare di meglio.
La
mia risposta non si fece attendere.
Permisi a Massi
di insinuarsi lento dentro la mia bocca mentre le nostre labbra
continuavano a danzare in sintonia come mai avevano fatto.
Lui
mi strinse a sé e un sospiro di piacere sfuggi al suo
controllo.
Per
poco non mi sciolsi nel sentire quel sospiro perché sapevo
esattamente cosa significava: Massi non era soddisfatto di dover
andare all'esame e di non poter replicare tutto quello che era
accaduto la notte precedente. Era il suo sospiro esasperato. Voleva
qualcosa ardentemente e non poteva ottenerla subito, come
desideravano invece il suo corpo e la sua mente.
Mi
sentivo onorata di essere proprio io la cosa che Massi anelava in
quel modo quasi struggente.
La
sua stretta si fece sempre più decisa e avvertivo il calore
del suo
corpo scaldare ancora di più quella mattinata che si stava
rivelando
il preludio di un'afosa giornata estiva.
Alla
fine sapevo che avrei dovuto farla io la parte della guastafeste. Se
avessi lasciato la situazione nelle mani di quel pazzo di certo
nessuno dei due avrebbe sostenuto l'esame orale quel giorno.
Posai
con molta lentezza, davvero tanta, le mie mani sul petto di Massi e
delicatamente cercai di spingerlo via. Sentii che si era aperto in un
sorriso mentre mi baciava e come c'era d'aspettarsi al posto di
assecondare il mio gesto mise ancora più forza in quel saldo
abbraccio e intrappolò le mie braccia tra di noi come se non
volesse
altre interruzioni.
Mi
venne quasi da ridere ma non avevamo proprio più tempo da
perdere.
Massi
doveva sempre farmi ricorrere alla violenza per ascoltarmi.
Era
incredibilmente stupido, testardo e... semplicemente dolcissimo.
Mio
malgrado fui costretta ad agire.
Con
molta calma e precisione puntai mentalmente il piede di Massi e lo
schiaccia con il mio mettendoci parecchia decisione.
Massi
si staccò subito da me e si mise a bestemmiare mentre io lo
guardavo
con le mani poggiate sui fianchi. Il mio sguardo era un misto di
desiderio e rimprovero. Alla fine anch'io avrei preferito passare
tutta una giornata di fuoco con Massi piuttosto che prendere davvero
fuoco in un'afosa aula del Virgilio mentre la commissione mi cuoceva
lentamente allo spiedo.
Eppure anche lui
sapeva benissimo che non potevamo essere irresponsabili fino a quel
punto. I nostri genitori erano già furiosi, sarebbe stato
decisamente meglio non peggiorare la situazione.
-Ma
sei impazzita?!- esclamò Massi tornando a guardarmi una
volta
esaurite tutte le parolacce esistenti al mondo.
-No,
Massi. Forse sono l'unica ad essere tornata sulla Terra. L'e-s-a-m-e
d-i m-a-t-u-r-i-t-à-, cercai di scandire, magari
così avrebbe
capito meglio. -Non so se ti ricordi cosa significa. Niente esame,
niente università per me e niente Boston per te, e
soprattutto una
bella bocciatura che ci costringerà a stare un altro anno al
Virgilio, e quindi un altro anno passato a nasconderci da tua madre.
Sempre che i miei non decidano di mandarmi in un convento dopo quello
che ho fatto stanotte e dopo essere stata bocciata.-
Dallo
sguardo di Massi capii di aver fatto finalmente centro.
-Hai
ragione-, disse con il terrore negli occhi. -Un altro anno a
nascondermi da mia madre io non lo passo. Andiamo.-
Si
voltò verso l'auto.
-Massi.-
-Cos'altro c'è?-
chiese quasi esasperato.
-Ti
amo.-
Si
bloccò e ci mise qualche secondo prima di voltarsi.
-E
mi sei mancato come l'aria.-
Sorrisi mentre
pronunciavo quelle parole. Volevo che Massi leggesse tutta la
serenità che il mio corpo e la mia mente provavano solo al
pensiero
di poter stare insieme a lui.
-Vale, sei
davvero incredibile-, il suo tono era ancora esasperato ma i suoi
occhi lucidi non potevano mentirmi come la sua voce.
Mi
si avvicinò e con una lentezza quasi dolorosa
posò un delicato
bacio sulle mie labbra ancora gonfie per il bacio precedente.
-Ti
amo anch'io-, rispose sorridendo spavaldo. -Ma adesso smettila di
saltarmi addosso. Dobbiamo andare.-
-Non
sono io che ti sono saltata addosso-, risposi indispettita.
-Come
no? Io non ho fatto nulla.-
-Massi prima o
poi ti ucciderò.- Il mio tono era a dir poco acido.
-La
tua acidità mi era davvero mancata, Ferrari-, mi fece
l'occhiolino
con fare spavaldo. Era proprio uno degli atteggiamenti che
più avevo
desiderato rivedere in Massi.
-Parli troppo
presto, Draco. Lo vedremo quanti anni riuscirai a sopportare la mia
acidità.-
Lui
sorrise divertito ma allo stesso tempo sicuro di sé.
-Spero davvero
tanti.-
Spalancai gli
occhi emozionata mentre lui, ancora divertito, entrava in macchina
invitandomi a darmi una mossa con un cenno del capo piuttosto
impaziente.
Era
davvero ora di andare. Anzi, l'ora di andare era passata da un pezzo:
era arrivato il tempo di volare o meglio ancora di teletrasportarsi.
Io
ero l'ultima del turno di quel giorno ma Massi era il primo e sarebbe
giù dovuto essere a scuola.
Dire
che l'auto su cui mi trovavo stesse superando la barriera del suono
sarebbe stato davvero riduttivo. Mi sentivo schiacciata al sedile
mentre ero costretta a reggermi forte a tutto quello che ci poteva
essere di solido in quel trabiccolo.
Dopo
aver rischiato l'infarto duo o tre volte finalmente intravidi la mia
casa alla fine della strada e quando la macchina si fermò,
con una
brusca frenata, per poco non mi venne da piangere per la
felicità.
-Avevi intenzione
di ucciderci tutti e due?!-
-Avanti, non fare
storie. Andiamo a prendere la tua tesina e poi voliamo a scuola,
c'è
rimasta solo mezz'ora prima che mi chiamino.-
Giuro
che avevo sentito le parole di Massi ma qualcosa di tremendo aveva
attirato la mia attenzione. Mia madre! Era sulla soglia della porta e
il suo sguardo non prometteva niente di buono.
-Ti
prego, non ora-, mormorai. -Non abbiamo tempo.-
-Vale,
tranquilla.-
Tranquilla? Sì,
come no!
Scesi
dall'auto con la faccia di una che si stava dirigendo dritta al
patibolo e negli occhi di mia madre ce lo vedevo chiaramente quel
maledetto patibolo.
-Mamma... Io...-
-Non
devi spiegare niente a me-, m'interruppe con questa frase che mi
sorprese parecchio. In genere mia madre avrebbe voluto sapere ogni
minimo dettaglio di quello che era accaduto e soprattutto del
perché
avevo deciso di sparire proprio la notte prima del mio esame di
maturità.
-Riccardo mi ha
chiamato ieri sera spiegandomi tutto.-
Ancora una volta
Riccardo! I fatti suoi mai?!
-Mi
aveva chiesto di non dire nulla a tuo padre e sai perché. Ma
mi
aveva anche assicurato che saresti tornata a casa stanotte e invece,
indovina un po', stamattina presto tuo padre è uscito da
casa della
nonna per portarti la colazione da un bar, è arrivato a casa
e tu
non c'eri. Ho dovuto dirgli tutto, anche di Massi. A proposito,
buongiorno caro.-
-Buongiorno a
lei, signora-, rispose Massi da dietro le mie spalle con il suo
solito tono educato.
-Ora,
a me non interessa cosa avete fatto o dove siete stati ma ti conviene
inventare subito una spiegazione plausibile per tuo padre.-
-L'ha
presa tanto male?- chiedere non mi costava nulla, almeno avrei
compreso un po' meglio che situazione mi sarei trovata davanti una
volta salite le scale di casa.
-A
tuo padre Riccardo piaceva e adesso che stai di nuovo con Massi puoi
immaginare come si sente. Quando ha saputo che siete stati insieme
prima che ti mettessi con Riccardo per poco non gli è
scoppiata la
vena che ha in fronte.-
Presi
un bel respiro per prepararmi a quello che avrei dovuto affrontare.
-Massi, vai a
scuola. Non credo che sarà una cosa breve e l'esame sta per
cominciare.-
Non
mi voltai, sperai che Massi capisse che dovevo affrontare mio padre
da sola.
-Non
ci penso proprio, resto con te.-
Ecco,
speranza vana. Avrei dovuto immaginare che quello zuccone avrebbe
preso la decisione più stupida.
-Prendi questa e
vai con lui.-
Per
poco non mi venne un altro infarto, e sarebbe stato il quarto quella
mattina.
Mio
padre era spuntato da dietro mia madre, tra le mani la mia tesina, e
mi fissava con uno sguardo che non riuscivo a decifrare. Non ci
riuscivo proprio. Forse era preoccupato e troppo sorpreso allo stesso
tempo, aveva ricevuto una quantità di informazioni tale che
gli ci
sarebbe voluto un po' di tempo per digerirle tutte.
-Papà...-,
cominciai prendendo la tesina.
-Mi
devi parecchie spiegazioni, signorina.-
-Lo
so... Io...-
-Ma
adesso non hai proprio il tempo per stare qui a parlare con me, e
almeno ne avrai di più per prepararti un discorso sensato.-
In
effetti non sarebbe stato male pensare un po' di più a
quello che
avrei dovuto dirgli.
-In
più non credo proprio che il tuo rag... beh che lui
abbia
intenzione di andare a scuola senza di te e non voglio che la tua
professoressa di scienze venga qui ad uccidermi. L'ho vista un paio
di volte e non mi sembra esattamente una persona con cui poter
ragionare, senza offesa-, disse rivolto a Massi.
-Si
figuri. Lei ha ragione-, rispose Massi con tranquillità.
-Comunque
signor Ferrari, la prego di perdonarmi per tutto. Mi permetta, se non
altro, di presentarmi. Sono Massimiliano Draco.-
Stava
per porgergli la mano ma mio padre si voltò pronto a
tornarsene a
casa.
-So
chi sei. Per oggi ho sentito il tuo nome anche troppe volte. In bocca
al lupo, a entrambi.-
Detto
questo sparì su per le scale.
Una
certezza in tutta quella storia l'avevo: mio padre era incazzato
nero!
-Andate, ragazzi.
Io intanto cercherò di far tornare in sé
quell'imbecille di mio
marito.-
Speravo davvero
che mia madre riuscisse a far vedere a mio padre tutta la situazione
sotto una luce migliore.
-Massi mi
dispiace per il comportamento di Gianpaolo ma a lui Riccardo
è
sempre piaciuto e su questo ci dovrò lavorare parecchio.
Però piano
piano capirà.-
Massi
non rispose, si limitò ad annuire.
-Nonostante
tutto, figlia mia, credo di doverti delle scuse.-
-A
me?-
-Sì.
Pensavo che non avessi interesse per i ragazzi e invece eri fidanzata
e neanche lo sapevo, poi ti sei messa con Riccardo e adesso di nuovo
con Massi. Sei peggio di me alla tua età, e io ne ho fatte
di
pazzie.-
-Mamma!-
-In
più devo ammettere che hai un gusto impeccabile. Ho sempre
pensato
che Riccardo fosse il top di bellezza ma devo dire che neanche Massi
scherza. E' al suo stesso livello. Complimenti, caro.-
Le
mie guance diventarono due semafori rossi.
-Mamma!-
-Signora, io non
sarò mai allo stesso livello di Riccardo ma sempre un
gradino più
su.-
-Ah
sì? E cosa te ne dà la certezza?-
Lui
sorrise e poi mi prese la mano, forse per calmarmi perché di
sicuro
lo aveva notato che stavo per scoppiare.
-Ne
sono certo perché sua figlia ama me e ha scelto me.-
Mi
voltai a guardarlo e vedere il volto sicuro mentre pronunciava quelle
parole quasi mi commosse mentre il cuore mi batteva come un matto per
l'emozione.
-Direi che è
un'ottima motivazione.-
Massi
sorrise e mia madre ricambiò poi anche lei raggiunse mio
padre su a
casa.
Pochi
secondi dopo eravamo di nuovo in macchina diretti a bordo di quel
razzo verso l'ultimo giorno in cui avremmo varcato le porte del
Virgilio come studenti di quella gabbia di matti.
-Quando l'esame
finirà parleremo con tuo padre, vedrai che si
sistemerà tutto.-
-In
questo momento mio padre è l'ultimo dei miei problemi. Devo
prima
sopravvivere alla prova orale e poi mi preoccuperò del
resto.-
All'improvviso il
cellulare di Massi cominciò a squillare. Mise il viva voce
perché
considerando la velocità a cui stava andando era molto
più saggio
che entrambe le sua mani fossero sul volante.
-Pronto?-
-Massi, porca
miseria! Dove Diavolo sei finito?!-
-Buongiorno,
mamma-, il tono di Massi era tranquillo, anche troppo a dir la
verità.
-Buongiorno
mamma?! Buongiorno mamma!-
Quando urlava la
D'Arcangelo faceva davvero paura.
-Che
diamine ti passa per il cervello?! Tra dieci minuti ti chiameranno
per l'orale e tu ancora non sei qui! Senza contare che tuo padre oggi
ha dovuto prendere la mia macchina e io sono stata costretta a
prendere i mezzi pubblici per arrivare a scuola!-
-Mamma, calmati.
Sto arrivando. Stanotte ho studiato da Marco e ci siamo addormentati
distrutti. Stamattina non ho sentito la sveglia e neanche le
telefonate di papà. Però sto arrivando,
tranquilla.-
-Ti
voglio qui tra due minuti esatti, e spero che questa non sia una
storiella inventata di sana pianta perché ti posso
assicurare che
non sono in vena di bugie stamattina.-
-E'
la verità, mamma.-
Be',
Marco c'era la sera prima quindi quella di Massi si poteva
considerare una mezza verità. O forse un quinto di
verità visto che
non erano a casa di Marco e che non si era addormentato lì.
-Va
bene, basta che ti dai una mossa.-
La
D'Arcangelo chiuse la chiamata senza aggiungere altro.
Era
a dir poco furiosa. Massi ed io eravamo davvero nei guai, guai seri
ed enormi.
Quando intravidi
dopo un incrocio l'edificio scolastico mi resi conto improvvisamente
di un fatto di vitale importanza.
-Massi, fermati
qui!-
-Cosa? Perché?-
Era
visibilmente confuso.
-Fermati e
basta!-
Lui
obbedì continuando a guardare come se avesse davanti un
alieno e non
la sua ragazza.
-Non
possiamo arrivare a scuola insieme-, cominciai. -Tua madre è
già
furiosa e io ho l'ultimo turno per l'esame. Vorrei arrivare a quel
momento con il cervello tranquillo e non tartassato dallo stressante
interrogatorio che la D'Arcangelo mi riserverà.-
Mi
era venuto in mente solo all'ultimo momento ma per fortuna alla fine
mi ero ricordata che la D'Arcangelo sarebbe stata lì per
assistere
all'esame di Massi e non volevo assolutamente che ci rendesse nervosi
più di quanto non eravamo già scoprendo la nostra
relazione e
arrabbiandosi ancora di più per quel motivo.
Dovevamo arrivare
a scuola separati.
-Io
scendo qui e poi ci vediamo dentro, come se fosse un normale giorno
scolastico. Quindi niente confidenza, non più del solito
almeno.-
-Sei
sempre la solita, devi tediarmi con questa storia proprio fino
all'ultimo minuto-, lo disse sorridendo. Sapevo che ormai si era
arreso con me, quando mi mettevo in testa qualcosa era meglio
assecondarmi, soprattutto dato che il tempo era agli sgoccioli.
-Bene, allora ci
vediamo dentro-, concluse Massi.
-A
dopo-, dissi lasciandogli un leggero bacio sulle labbra.
Lui
mi sorrise ancora una volta prima che chiudessi lo sportello e poi
riparti alla volta del Liceo Classico Virgilio.
Avevo
ancora qualche metro da percorrere a piedi, e stringendo tra le mani
la mia tesina mi ricordai improvvisamente a cosa stavo andando
incontro. Il secondo patibolo della giornata era proprio davanti a
me, e come la prima volta, mi dirigevo verso di lui di mia spontanea
volontà e senza sbattere ciglio.
La
mia prova orale si sarebbe tenuta da lì a un paio d'ore o
poco più
e la sola idea mi provocava delle dolorose fitte allo stomaco che non
accennavano a sparire. Non ne potevo più di tutto quello
stress. Tra
la storia di Massi e gli esami avevo raggiunto il limite... Mi
sarebbe bastato davvero poco per crollare. Quindi mentre varcavo la
soglia del grande portone del Virgilio decisi di fare un enorme
respiro per provare a rilassarmi più che potevo.
Avevo
ancora un po' di tempo per ripetere la tesina ma prima avevo il
dovere di assistere all'esame di Massi, non sarebbe stato strano, era
il primo giorno dell'orale e ci sarebbero stati molti altri ad
assistere.
-Vale!-
Ecco,
come volevasi dimostrare.
Marco
si precipitò verso di me abbracciandomi.
-Sono
venuto ad assistere all'esame di Massi-, disse con un sorriso a
trentadue denti.
-Lo
avevo immaginato-, risposi con un certa dose di acidità.
-Capisco che sei
nervosa per l'esame, Vale, ma almeno fallo un sorriso per quello che
è successo stanotte?-
Alzai
un sopracciglio.
-E
tu che ne sai di cosa è successo stanotte?-
Marco
mi guardò per un secondo sorpreso per la mia domanda e poi
scoppiò
a ridere.
-Conosco Massi da
sempre, lo capisco con un'occhiata se ha fatto sesso. Ti posso
assicurare che il viso che ho incrociato poco fa urlava
“sesso”
da tutte le cellule.-
Arrossii
immediatamente mentre Marco continuava a guardarmi ridendo.
Quanti omicidi
avrei dovuto commettere nella mia vita per avere un po' di
tranquillità? I primi due della lista erano di sicuro Massi
e Marco.
-Marco, se farai
mai un'altra osservazione del genere giuro che ti ucciderò!-
-Perché vuoi
uccidere il mio ragazzo?- chiese Amy spuntando alle mie spalle. -Sei
acida anche dopo aver passato una notte di fuoco con Massi?-
Sospirai
esasperata. Ecco la terza della mia lista.
-Amy,
devo ammazzare anche te?- poi mi sovvenne una domanda. -Ma tu che ci
fai qui?-
-Voglio vedere il
tuo esame, abbiamo la stessa commissione se non l'hai dimenticato.-
-Sì,
anch'io-, Marti apparve accanto ad Amy seguita subito dopo da Mike e
Delia.
-E
voi?-
-Be'
per l'esame di Massi e anche per il tuo-, rispose Delia.
-Parla per te,
sorella! Io sono qui per avere i dettagli dei giochetti che hanno
fatto stanotte loro due.-
Il
quarto!
-Avete finito
tutti quanti di impicciarvi dei fatti miei?! Vi vorrei ricordare che
oggi avrei l'ultima prova del mio esame di maturità, vorrei
starmene
tranquilla.-
-Niente, neanche
il sesso le fa passare l'acidità-, disse Mike ammiccando
verso di
me.
-Non
ne posso più-, sussurrai voltandomi e dirigendomi verso
l'entrata di
scuola. Non avevo bisogno di guardare dietro di me per sapere di
avere un corteo formato dai miei pseudo amici che mi seguivano.
Non
sapevo in che aula si tenessero gli esami della III F ma non ci volle
troppo a capirlo. L'indizio me lo aveva dato la voce infuriata della
D'Arcangelo che inveiva contro il mio povero Massi.
Voltai l'angolo
delle aule dopo la presidenza- sempre con al seguito il mio corteo- e
vidi Massi e la D'Arcangelo davanti alla porta di un'aula chiusa.
Insieme a loro c'erano anche gli altri quattro studenti che avrebbero
dovuto sostenere l'esame dopo Massi e qualcun altro che era venuto ad
assistere all'esame.
-Da
te non mi sarei mai aspettata una cosa del genere, Massi. Sparire la
notte prima del tuo esame di Maturità senza dare neanche una
minima
spiegazione. Si può sapere che Diavolo è
successo?-
-Mamma, per
favore. Ne parliamo dopo, adesso vorrei concentrarmi-, rispose Massi
con aria scocciata.
-Certo che ne
parliamo dopo, di questo ne puoi essere sicuro-, poi si accorse della
nostra presenza. -Che ci fate qui voi della III C? Il vostro esame e
al primo piano, non qui.-
-Vorremmo
assistere prima a questo, professoressa-, risposi con
tranquillità,
o almeno con quanta più possibile. Non avevo intenzione di
far
arrabbiare la D'Arcangelo ancora di più, ci avrei rimesso
quanto
Massi.
-Come
volete, anche se non ne capisco l'utilità.- Ovviamente era
impossibile che per una volta quella donna si facesse un camion di
fatti suoi.
-Claudia, lo
fanno perché volevo assistere io e mi fanno compagnia.-
L'intervento di
Marco fu provvidenziale. Lui era nella stessa classe di Massi quindi
la D'Arcangelo non poteva avere da ridire anche su una cosa del
genere.
-Massimiliano
Draco.-
Quella voce
veniva da dentro l'aula semi chiusa che stava proprio davanti a noi.
Massi
trasalì, per un solo istante mi era parso di non vedere
più in lui
quella solita sicurezza che lo contraddistingueva quando si trattava
di mettersi alla prova. Era stato solo un attimo ma io lo avevo colto
e da lì capii che anche un tipo come Massi temeva l'esame
orale
della Maturità.
-Vai,
tesoro-, lo esortò la D'Arcangelo.
Lui
prese un respiro profondo e proprio poco prima di entrare in aula mi
lanciò uno sguardo veloce. Veloce ma dolce, ansioso ma
sicuro,
inaspettato ma sempre voluto.
Era
lo sguardo di chi voleva dimostrarti quanto avesse bisogno di te, e
io ci sarei stata per Massi, sempre e comunque.
Entrammo
nell'aula e all'improvviso mi sentii come se l'aria fosse sparita di
colpo lasciandomi senza la facoltà di poter respirare.
La
commissione era seduta tutta di fronte a noi e davanti avevano solo
una sedia dove il “condannato” si sarebbe
accomodato per dare
inizio ad una tortura senza precedenti.
Al
solo pensiero che da lì a poco mi sarebbe toccata la stessa
sorte di
Massi, mi veniva il voltastomaco. Non mi sentivo preparata, proprio
per niente.
Massi
si sedette e poco dopo l'esame cominciò.
Più
ascoltavo Massi e il suo modo di esporre la tesina che aveva
preparato e più capivo quanto lo studio fosse davvero il suo
lavoro.
Era perfetto, parlava con sicurezza e ti coinvolgeva con ogni sua
parola mantenendo alta l'attenzione di chi lo ascoltava. Gli
argomenti che trattava li faceva apparire come conosciuti da sempre e
i commissari erano a dir poco conquistati da lui.
Era
un cento con lode assicurato, non avrebbero potuto fare altrimenti.
Un
paio di professori provarono a metterlo in difficoltà con
alcune
domande più precise e mirate ma lui riuscì a
rispondere senza alcun
tipo di problema evidente.
-Bene,
Massimiliano-, esordì il presidente di commissione che fino
a quel
momento aveva detto poco e niente. -Direi che può bastare.
Prima di
andare, avremmo una domanda.-
-Mi
dica.-
-Cosa
hai intenzione di fare dopo?-
Non
potevano porgli domanda più semplice di quella, e alla sola
risposta
mi si dipinse un sorriso sul volto.
-Farò
medicina, professore.-
La
sicurezza di Massi aumentava di minuto in minuto.
-Ah,
bene. Ottima scelta. Ancora complimenti per il tuo esame.-
Massi
strinse la mano a tutti i professori e vidi che le sue spalle si
rilassavano. Si era tolto davvero un peso enorme.
Si
voltò e subito sua madre andò ad abbracciarlo e a
complimentarsi
con lui ma io vidi altro. Quando si era voltato aveva guardato me e
di sicuro ero io la prima persona che avrebbe voluto abbracciare ma
non si poteva. Noi all'interno della scuola non avevamo molta
confidenza, secondo gli altri, quindi un abbraccio tra noi due
sarebbe sembrato davvero troppo strano.
Mentre formulavo
quel pensiero vidi una strana luce negli occhi di Massi, una luce che
conoscevo bene. Stava architettando qualcosa.
-Grande Massi!-
esclamò Marco avvicinandosi a lui.
Massi
gli sorrise e lo abbracciò. Stava abbracciando Marco? Lui
era
pietrificato dal gesto di Massi e se dovevo ammetterlo anche a me
sembrava parecchio strano.
-Bravo Massi!-
disse Amy.
-Grazie-, un
altro sorriso e un abbraccio anche per lei.
Abbracciò uno ad
uno tutti quelli che si stavano congratulando con lui e alla fine
capii lo scopo di quel comportamento assurdo. Lo avevo capito eccome!
Mi
si avvicinò. Sapevo quello che dovevo fare, era fin troppo
chiaro,
almeno a me.
-Congratulazioni,
Draco. Ottimo esame.-
Cercai di usare
un tono di voce neutro ma non potei evitare di aprirmi in un flebile
sorriso. Mi stavo trattenendo, avrei voluto che il mio sorriso fosse
più grande, anzi enorme.
-Grazie,
Ferrari-, rispose sorridendomi. Lui poté metterci tutto il
suo amore
in quel sorriso perché dava le spalle a sua madre, e quando
scorsi
quella luce bellissima negli occhi di Massi per poco non mi sciolsi
completamente.
Lui
si sporse verso di me e mi prese tra le braccia, cercando di non
stringere troppo anche se avvertivo che ogni fibra del suo corpo
avrebbe voluto stringermi per non lasciarmi andare più.
L'abbraccio durò
poco, troppo poco, ma dovetti farmelo bastare. Non potevamo
esagerare, non ancora e non davanti alla D'Arcangelo. Senza contare
che se si fosse prolungato anche di un solo secondo saremmo passati a
ben altro e non mi sembrava il caso di lasciarci andare a certe
effusioni davanti a tutti. I mesi passati separati si facevano
sentire e appena i nostri corpi entravano in contatto scaturiva una
reazione quasi chimica che era difficile da gestire.
Ci
dividemmo ed evitammo di guardarci per non rischiare di insospettire
oltre i presenti, tolti quelli che già conoscevano tutta la
nostra
storia.
Ora
toccava a me sostenere l'esame, avevo ancora un po' di tempo e decisi
di andare a rinchiudermi in qualche aula per utilizzare le ultime ore
che mi restavano in modo produttivo ripetendo tutto quello che
potevo.
Salutai gli altri
e mentre andavo avevo sentito la D'Arcangelo dire al figlio.
-Adesso andiamo a
casa, hai un bel po' di cose da spiegarmi.-
-Non
adesso, mamma. Voglio assistere all'esame di Ferrari.-
Per
poco non mi venne un colpo. Voltai l'angolo che dava sulle scale e
ascoltai. Speravo davvero con tutto il cuore che Massi non avesse
intenzione di rivelare tutto a sua madre proprio in quel momento, non
ero ancora pronta per affrontarla.
-Perché dovresti
assistere all'esame di Ferrari?-
Il
tono della D'Arcangelo era sospettoso ma non pareva che avesse capito
qualcosa.
-Lei
è venuta al mio esame anche se non era obbligata. Si
è anche
congratulata con me e il minimo che posso fare è ricambiare,
visto
che ormai sono qui.-
Ci
fu qualche istante di silenzio poi la D'Arcangelo rispose.
-Mi
sembra giusto, sei corretto come al solito. Resterò qui con
te,
allora. Se non sbaglio Ferrari è l'ultima del turno di oggi,
ci sarà
da aspettare un paio d'ore.-
E
ti pareva! Anche se non avevo la D'Arcangelo in commissione lei
sarebbe stata comunque al mio esame e la sola idea di avvertire la
sua presenza dietro di me mentre parlavo mi faceva venire i brividi.
La mia sfortuna non aveva limiti come al solito.
Decisi di lasciar
perdere tutta quella storia per un po'. Non avevo tempo da perdere e
se quella donna aveva deciso di assistere al mio esame io non avevo
né la voglia né la forza mentale per
impedirglielo.
Salii
le scale e m'infilai nella mia ormai ex aula.
Le
ore passarono senza che neanche me ne accorgessi e prima che me ne
rendessi conto Marti era venuta a dirmi che Silvia De Iaco, la
compagna di classe che veniva prima di me nell'elenco, aveva quasi
finito l'esame.
-Dai,
Vale. E' meglio se cominci a venire anche tu di là.-
-Dimmi la verità,
come sono quei mostri?-
Marti
ci pensò un attimo prima di parlare, forse aveva paura di
spaventarmi.
-Salerno è
gentile come al solito, aiuta tanto. La Bianchi è la solita
severa
ma anche lei sembra più morbida. La commissaria esterna di
Latino è
un pezzo di pane, rifilale qualche data giusta in letteratura e ce
l'avrai in mano. L'unico problema...-
Aveva
esitato! Perché aveva esitato?!
Purtroppo era
come se la risposta fosse sempre stata davanti ai miei occhi e ora
stesse prendendo una forma più precisa.
-Be',
l'unico problema è l'esterna di filosofia. A quanto pare non
è
rimasta soddisfatta della nostra terza prova. Quella domanda a cui
non ha risposto nessuno l'ha resa piuttosto nervosa. Anzi, è
proprio
inviperita. Mi dispiace, Vale. E' stata talmente severa con le
domande che neanche io ho capito cosa caspita ha chiesto.-
Lo
sapevo! Avevo sempre saputo che un giorno quella stramaledetta
filosofia avrebbe decretato la fine della mia più o meno
discreta
carriera scolastica. A quel punto sarebbe stato meglio avere la
D'Arcangelo in commissione.
C'era
poco da fare ormai. Presi le due copie della mia tesina, quella per
me e quella per i commissari e seguii Marti dirette all'aula che
avrei ricordato fino alla fine dei miei giorni.
Arrivammo e notai
subito la presenza di tutti gli altri: Marco, Amy, Mike, Delia, Massi
e purtroppo anche sua madre.
Erano
tutti lì per assistere al più grande fallimento
della mia vita.
La
D'Arcangelo ne sarebbe stata davvero contenta.
Vidi
Silvia che si alzava dalla sedia per stringere la mano a tutti i
professori. Le mie orecchie erano come ovattate, non riuscivo a
sentire nulla, la mia mente si era isolata a causa dell'ansia e del
nervosismo. Guardai Massi e lui ricambiò il mio sguardo con
uno
dolce e pieno d'amore. Mi fece battere il cuore ma non
riuscì a
tranquillizzarmi. Ormai stavo per entrare nel pallone, me lo sentivo.
Silvia uscì
dall'aula e il presidente di commissione chiuse la porta per poter
discutere del voto di Silvia che sarebbe apparso insieme al mio e a
quello di tutti gli altri sui quadri alla fine di tutte le prove
orali.
Passarono pochi
minuti e poi la porta si riaprì.
-Ferrari
Valeria-, annunciò il presidente di commissione guardandosi
intorno.
-Sono
qui-, risposi in modo meccanico, non mi ero neanche accorta di aver
parlato e subito dopo di aver fatto un passo avanti. Il mio corpo si
muoveva da solo e cominciavo a vedere tutto un po' offuscato. L'ansia
mi stava mangiando viva ma dovevo cercare di mantenere la calma se
non volevo svenire proprio lì davanti a tutti.
Il
caldo diventava sempre più insopportabile mentre mi
presentavo alla
commissione e mi sedevo davanti a quelli che sarebbero stati gli
ultimi professori di Liceo che avrei visto per molto, molto tempo.
Fino alla fine dei miei giorni come minimo!
-Bene, Ferrari-,
fu la Bianchi a parlare. -Di cosa tratta la tua tesina?-
Presi
un grosso respiro, consapevole del fatto che dietro di me assisteva
all'esame il mio Massi. Non sarei mai stata al suo livello ma almeno
sulla tesina speravo di non commettere errori, per le altre domande
dovevo cercare di arrangiarmi.
-La
mia tesi si basa sul “Romanzo”. Ho deciso di usare
come filo
conduttore tra le varie materie letterarie questo argomento.-
-Un
ottimo argomento direi-, continuò la Bianchi.
Così
cominciai ad esporre la mia tesina. latino, greco, italiano,
storia... Erano andate. Mi avevano fatto un paio di domande fuori dal
percorso ma ero riuscita a rispondere senza problemi. Ora mi toccava
affrontare la parte più difficile.
-E
da qui posso ricollegarmi alla filosofia di Charles Darwin.-
Passai a
filosofia.
Inutile spiegare
come mai avevo cercato di ficcare a forza proprio Darwin nella mia
tesina. Meglio parlare della filosofia/teoria di uno scienziato
piuttosto che della filosofia di un filosofo vero e proprio. Sapevo
che era un rischio, la commissaria non si sarebbe accontenta di
Darwin ma almeno su di lui avrei parlato senza mai bloccarmi e poi
avrei affrontato la domanda di quella strega come meglio avrei
potuto.
-Direi che su
Darwin non si hanno dubbi-, m'interruppe dopo neanche due minuti che
stavo parlando. La odiavo a morte!
-Facciamo una
domandina al di fuori del percorso e poi con me avrai finito.-
-Certo-, risposi
tranquilla. Era assurdo agitarsi ormai, sapevo già che non
avevo
speranze, tanto valeva tranquillizzarsi ed evitare un infarto.
-Sapresti,
utilizzando poche parole, mettermi a confronto la teoria di Kant ed
Hegel?-
Come
volevasi dimostrare la strega aveva annusato la mia paura e la mia
incompetenza nella sua materia e ne stava approfittando. Marti aveva
ragione, quella professoressa ce l'aveva a morte con noi, era la
stessa identica domanda che ci aveva posto alla terza prova.
Provai in tutti i
modi a mettere in piedi un discorso che avesse avuto il minimo senso
ma più parlavo e più l'espressione di quella
maledetta
professoressa mi faceva capire che stavo dicendo una marea infinita
di cavolate.
-Per
me basta così-, m'interruppe ad un certo punto. -Direi che
la tua
risposta non era soddisfacente, ti consiglio di passare alle altre
materie.-
E
così mi liquidò senza darmi l'occasione di
continuare e senza pormi
altre domande. Da una parte era meglio così, ero troppo
stanca di
filosofia, qualunque altra risposta sarebbe stata impossibile per me,
anche la più semplice.
Passai a
matematica e fisica, le ultime due materie rimaste. Me la cavai
abbastanza bene, il commissario esterno di matematica era abbastanza
indulgente. Ormai filosofia era una cosa passata e non ne volevo
più
sentir parlare. Andava bene così, anche se avevo fatto una
magra
figura. Alla fine lo avevo sempre saputo che con quella materia non
avrei mai avuto scampo. La mia repulsione verso i filosofi e tutti i
loro pensieri troppo astratti per i miei gusti era qualcosa che non
potevo vincere.
Mi
alzai con calma e strinsi la mano ai professori.
-Cos'ha
intenzione di fare in futuro?- mi chiese il presidente di
commissione.
-Ancora non ne
sono sicura. Credo che proverò fisica
all'università.-
-Un
buona scelta-, rispose lui sorridendomi.
Ricambiai il
sorriso e mi voltai, uscendo finalmente da quell'aula.
Gli
altri probabilmente mi stavano aspettando in cortile, perché
fuori
dall'aula non c'era nessuno. Amy e Marti sapevano che avevo bisogno
di qualche secondo per starmene da sola, sapevano che la commissaria
di filosofia aveva messo a dura prova i miei nervi e non volevano di
certo crearmi ancora più ansia. Ero sicura che avevano
trascinato
tutti fuori, D'Arcangelo compresa.
Come
immaginavo, appena uscii in cortile, fui letteralmente assalita dai
miei amici.
-Bravissima
Vale!- esclamò Marti saltandomi al collo per abbracciarmi,
il che
era tutto dire visto che non era famosa per la sua propensione verso
il contatto fisico.
-Stai
bene?- mi chiese Amy con un sorriso di comprensione.
-Meno
di settanta non possono darmi, anche se quella strega di filosofia si
impunta, ci arrivo con i crediti quindi non può rompere
più di
tanto e a me basta superare il settanta, per il resto va benissimo
così. Non ne potevo più di questi esami,
è davvero una grande
liberazione.-
-Lascia perdere
quella tizia, Vale-, cominciò Mike. -Sei stata fantastica!-
-Mike
ha ragione-, Delia mi guardava con un dolce sorriso.
-Considerando la
notte di fuoco che hai alle spalle, sei stata davvero brava-, disse
Marco facendomi l'occhiolino.
-Marco! Io ti
ucciderò per davvero un giorno! Continua a punzecchiarmi e
sarà la
tua fine. E quell'idiota dell'amico tuo è il secondo della
lista-,
mi bloccai per un attimo. -Dov'è Massi?-
-Poco
prima della fine del tuo esame la D'Arcangelo lo ha trascinato alle
macchinette per un caffè. Non voleva andarci da sola.-
Guardai per un
secondo il pavimento indecisa su cosa fare. Ormai non c'era
più
motivo per temere la D'Arcangelo, gli esami erano finiti e il mio
voto era già stato deciso. Dovevo vedere Massi, ne avevo
bisogno,
anche se la D'Arcangelo era presente.
-Vado
da lui-, dissi poi.
Anche
questa volta, mentre camminavo, non avevo alcun bisogno di voltarmi
per sapere che tutti i miei amici mi stavano seguendo.
In
pochi secondi arrivai davanti alle macchinette e trovai la
D'Arcangelo che discuteva ancora con Massi del perché era
sparito
per tutta la notte rischiando di non presentarsi all'esame.
-Ancora non
riesco a capire perché tu abbia fatto una cosa del genere.-
-Mamma, ti prego.
Ho sostenuto l'esame, possiamo non parlare più di questa
storia?-
-Vorrei solo una
spiegazione, tutto qui.-
-Professoressa...-,
“la spiegazione sono io”, era questo che avrei
voluto dire. La
frase completa era proprio lì per uscire ma la D'Arcangelo
fu più
veloce di me e m'interruppe.
-Ah,
Ferrari! Complimenti per l'esame-, cominciò parandosi
davanti a me e
sorridendo. Non riuscivo a capire se il suo fosse un sorriso sincero
oppure se si stesse prendendo gioco di me e del mio mezzo fallimento.
-Grazie-,
mormorai un po' spaesata.
-Certo, immagino
che le incertezze che hai avuto in filosofia ti faranno avere un voto
più basso di quello che avresti potuto prendere se avessi
studiato
di più. Ma in effetti poteva andare molto peggio, hai sempre
avuto
un andamento scolastico instabile e...-
-Mamma!-
-Dimmi...-,
chiese lei sussultando per quell'interruzione.
-Vuoi
una spiegazione per quello che è accaduto stanotte?-
-Certo-, rispose
lei quasi esasperata.
-Allora sta un
po' zitta e levati di mezzo.-
-Come?-
Massi
mi guardò dritto negli occhi e con una mano
spostò piano sua madre
che stava proprio tra noi due.
Il
verde dei suoi occhi mi attirava verso di lui come un
calamità.
Mentre io ero
ancora lì a farmi invadere da tutto l'amore che il suo
sguardo
poteva trasmettermi, Massi fece dei passi veloci nella mia direzione
e annullò completamente le distanze prendendo il mio viso
tra le
mani e posandomi un dolce bacio sulle labbra.
Il
bacio non partì per niente lento, come avevo immaginato. Era
un
bacio ricco di sentimenti e di un'attesa che era stata finalmente
ripagata. Come se in quel bacio si stesse sfogando tutta la tensione
accumulata in mesi interi. Un bacio liberatorio e passionale. Un
bacio a cui non avrei rinunciato per nulla al mondo.
Eravamo a scuola,
davanti a tutti e soprattutto alla presenza della D'arcangelo e a me
non me ne importava più un fico secco. Dimenticai persino il
motivo
per cui per tutto quel tempo ci eravamo nascosti.
Il
nostro amore era così meraviglioso e perfetto che nulla
avrebbe
dovuto mai celarlo, neanche le mie idee malsane. Era un amore che
aveva bisogno di vita e respiro. Un amore forte e deciso. Un amore
partito in modo immaturo ma che col tempo era cresciuto raggiungendo
una nuova consapevolezza. Massi ed io avevamo affrontato l'ultima
prova della maturità, la vera maturità, e il
nostro amore con noi.
Tutti
e tre l'avevamo superata a pieni voti.
-Che
diamine sta succedendo qui?!-
La
frase esclamata- quasi urlata- dalla D'Arcangelo, ci ricordò
che era
il momento di staccarsi per un po', e poi dovevamo riprendere fiato
prima o poi.
Mi
voltai a guardare la D'Arcangelo e dire che il suo viso era stupito
era assolutamente riduttivo. Era allibita! Questa era la parola
giusta per descrivere la sua espressione.
Allibita!
-Avevi detto di
voler una spiegazione, no?-, cominciò Massi e prendendomi
per mano
senza mai smettere di guardare la madre continuò. -E' lei la
spiegazione per tutto. Valeria è la spiegazione per ogni
cosa.-
La
D'arcangelo rimase impietrita ancora per qualche secondo e poi si
limitò solo a sollevare un sopracciglio indispettita.
Le
prove della Maturità erano finite, anche quelle della nostra
intima
maturità, ma l'ultima prova all'interno delle mura del Liceo
Classico Virgilio era appena iniziata.
Quella prova se
ne stava immobile davanti ai nostri occhi e aveva anche un nome:
Claudia D'Arcangelo, professoressa di scienze e madre di Massimiliano
Draco.
Era
lei, e solo lei, la nostra ultima vera prova.
***L'Autrice***
Dopo
tanto tanto tanto , tantissimo tempo, sono finalmente tornata con un
altro capitolo.
In
tutto questo tempo sono accadute molte cose che mi hanno tenuto lontana
dalla scrittura ma alla fine sono riuscita a riprendere questa storia.
Dopo aver avuto un bambino quasi cinque mesi fa e aver cambiato casa
con un trasloco astronomico ho trovato finalmente la
tranquillità mentale e fisica per rimettermi a scrivere... :)
Tolta
la mia vita privata di cui ve ne può fregare poco e niente,
spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto. Alla fine di "Verso
Maturità" dovrebbe mancare ancora un altro capitolo e poi
l'epilogo.
Vi
chiedo ancora perdono per l'attesa e vi ringrazio per le recensioni.
Ringrazio
le ragazze di facebook che hanno continuato a sostenermi e a spronarmi
anche durante la mia assenza da efp, e che hanno seguito la mia
gravidanza e la nascita del mio piccolo Lorenzo.
Un
bacio
Francesca
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Capitolo 22 *** Il Principe Che Sconfisse Il Drago ***
Capitolo 22: Il Principe Che Sconfisse Il Drago
Gli occhi della D’Arcangelo scrutavano Massi da capo a piedi mentre io mi sentivo totalmente ignorata. Non avevo nessun problema al riguardo, se avesse evitato di coinvolgermi mi avrebbe solo fatto un enorme favore.
Dopo la grande rivelazione che aveva letteralmente sconvolto la mente della mia amata professoressa, la gentil donna aveva agito come suo solito: trascinando Massi e me in un’aula deserta per venire a capo di tutta la faccenda. Eravamo in quella stanza da diversi minuti ma lei si era solo limitata a fissare il figlio, in attesa di chissà che tipo di ascesa celeste che desse al tutto una spiegazione più che logica. O forse cercava un modo per ucciderlo.
La seconda ipotesi non era da escludere.
Madre e figlio stavano una di fronte all’altro, come due torri giganti che si sovrastavano mentre io facevo la parte dell’innocuo cespuglio e me ne stavo relegata in disparte osservando un religioso silenzio.
Più osservavo quei due e più avevo la netta impressione che si stessero studiando per capire in che modo attaccare il nemico. In base a chi avrebbe proferito parola per primo, il vincitore sarebbe già stato stabilito. Solo in quel momento mi resi conto di quanto si somigliassero. Lo stesso sguardo determinato e la stessa postura protesa verso l’altro, come se avessero assunto una stramba posizione d’attacco. Entrambi erano biondi e si erano irrigiditi nello stesso identico modo.
Gli occhi erano di colore diverso. La D’Arcangelo possedeva degli occhi azzurro ghiaccio mentre Massi. Be’ sugli occhi di Massi non avevo bisogno di fare descrizioni mentali, il suo verde intenso era diventato l’unico colore in voga tra i miei neuroni. Presumevo che fossero gli occhi del padre.
-Devo per forza cominciare io?-
Oh, ecco. Una mossa finalmente. Era stata la D’Arcangelo a parlare.
Massi incrociò le braccia e alzò un sopracciglio.
-Sei tu che mi hai trascinato qui, io ho già detto tutto.-
Cavolo, non la ritenevo la risposta corretta.
-Tu non hai detto proprio un bel niente!-
Le prime urla della D’Arcangelo fecero finalmente il loro, tanto atteso, ingresso. Sperai con tutto il cuore che i nostri i amici non stessero con le orecchie appiccate alla porta nel tentativo di origliare. Probabilmente era solo una mia vana speranza.
-Mi hai solo fatto intendere che hai una specie di storia con Ferrari. Non hai spiegato altro, Massi. Sei mio figlio, esigo rispetto e sincerità da parte tua. Quindi, ringrazia il cielo che ancora ti parlo dopo tutte le menzogne che mi hai rifilato oggi.-
Sapevo che il mio nome sarebbe saltato fuori presto ma ancora mi sentivo troppo vigliacca per essere chiamata in causa.
-Mamma-, disse Massi con un sospiro esasperato. –Cosa pensi che possa essere successo? Sono un ragazzo, ho conosciuto Vale e mi sono innamorato di lei. Non è qualcosa di così assurdo da essere considerato un tradimento nei confronti della fiducia che riponi in me.-
-Mi hai mentito, Massi! E non so neanche da quanto tempo va avanti questa storia! Non so se è con lei che hai passato la notte, se magari è per colpa di Ferrari che per poco non rischiavi di perderti il tuo esame di Maturità. Lo vuoi capire che questi sono avvenimenti di una certa gravità?!-
Cominciavo ad essere tirata in ballo con un po’ troppa insistenza. Il mio piccolo angolino paradisiaco non sarebbe rimasto tale ancora per molto.
Massi stava per rispondere quando la D’Arcangelo, come sempre aveva fatto dal primo giorno in cui l’avevo incontrata, lo interruppe per continuare imperterrita la sua ramanzina.
-A questo punto non so più neanche chi sei, e se per questa attuale versione di mio figlio devo ringraziare la tua nuova ragazza.-
-Adesso basta!-
Massi urlò quella frase mentre io avvertivo la tensione attanagliarmi la bocca dello stomaco.
-Smettila di giudicare tutto senza conoscere i fatti, sei insopportabile quando ti comporti in questo modo, mamma.-
-I fatti non li conosco per colpa tua!-
-No!-
Spalancai gli occhi incredula. Ero stata io a parlare?
Massi e sua madre si voltarono a guardarmi, e il mio adorato angolino solitario crollò definitivamente. La mia mente si era attivata da sola, senza che io impartissi alcun comando. Non potevo permettere che Massi si assumesse la responsabilità per delle decisioni che erano state prese solo dalla sottoscritta.
-E’ colpa mia se Massi le ha mentito, solo colpa mia!-
-Vale…-
-No, Massi. Tua madre ha ragione, le dobbiamo delle spiegazioni e ha tutto il diritto di giudicare se non le forniamo i giusti motivi per comprendere le nostre azioni.-
Massi mi guardava con occhi consapevoli mentre la D’Arcangelo mi rifilò un’occhiata raggelante, degna della più potente regina dei ghiacci.
-Sono tutta orecchi, signorina Valeria Ferrari.-
Era un evento che quella donna decidesse di ascoltare.
Presi un respiro talmente profondo che avvertii i polmoni dolere.
-Professoressa, Massi non le ha parlato di noi per una mia richiesta. Ecco…- le parole, dovevo trovare le parole adatte per spiegare il mio ragionamento. Probabilmente la D’Arcangelo non avrebbe compreso del tutto i miei pensieri fuori dal normale ma ci dovevo almeno provare. –Professoressa, diciamoci la verità una volta per tutte. Io non le sono mai stata simpatica, si tratta di un dato di fatto.-
La donna trasalì come se avessi appena pronunciato un’eresia.
-Mi ha sempre trattato più severamente rispetto ai miei compagni di classe e la questione non mi ha mai urtato più del dovuto perché mi sono sempre raccontata la favoletta che i professori severi sono quelli che lasciano più il segno dentro uno studente. Però, deve capire una cosa: se lei avesse saputo mesi fa che Massi ed io ci stavamo frequentando avrebbe reso la mia vita la madre di tutti gli inferi più neri.-
Feci un attimo di pausa per raccogliere le idee, mentre sentivo gli occhi della mia, ormai ex, professoressa di scienze trapassarmi da parte a parte.
-Massi ha rischiato di perdere l’esame per colpa mia, oggi. Le chiedo scusa per quanto siamo stati imprudenti ma noi dovevamo parlare e sistemare le cose. Mi dispiace se ho costretto suo figlio a mentirle.-
La D’Arcangelo si passò una mano sul volto, forse per trovare il modo, in fondo al suo cuore, di risparmiare le nostre giovani vite.
-Da quanto va avanti questa storia tra voi due?-
La domanda era rivolta a me, ovviamente. Lei era la donna specialista nelle domande formulate appositamente per la mia persona.
-All’incirca da quando Massi ha visitato l’Università di Padova.-
-Ah, quella sciocchezza!- esclamò la D’Arcangelo esasperata. –Sapeva che l’avrebbero di certo accettato ad Harvard e continuava con questa storia di voler rimanere in Italia. Non capivo…-
Ecco che stava arrivando a capire tutto. Sapevo, tuttavia, che sarebbe giunta alla conclusione sbagliata.
-Tu? Sei stata tu a convincerlo?! Eri tu che volevi mandare all’aria il sogno di mio figlio? In quel periodo non faceva altro che dire di non voler più andare in America, e poi, pochi mesi dopo è passato addirittura a non voler lasciare neanche Lecce, e rinunciare così alla sua carriera di medico.-
Si era avvicinata al bersaglio ma lo aveva mancato di poco.
-E’ stato tutto a causa tua?! Lo avevi convinto tu!-
La nota di puro odio in quelle parole sputate come il veleno di un serpente non era fraintendibile. Era evidente che avevo intavolato l’argomento nel modo più sbagliato.
-Tu! Brutta piccola…-
-Mamma, fermati! Stai per dire delle cavolate epocali.-
Gli occhi della donna si fermarono addosso al figlio. Aveva l’aria di una che lo avrebbe sbranato pezzo per pezzo, se solo avesse potuto.
-Devi tacere! Stavi mandando a monte i progetti di tutta la tua vita per colpa di una ragazzina?! Ti sei fatto convincere da un bel musetto e dal sesso! Lei è solo una…-
-Lei mi ama a tal punto che mi ha lasciato!-
La D’Arcangelo si bloccò e i suoi occhi si spalancarono increduli.
Massi era talmente arrabbiato che abbassò la testa per non far vedere alla madre la lacrima che gli stava solcando il viso. I pugni stretti e le spalle che salivano e scendevano frenetiche nel tentativo di trattenere il suo dolore.
Quanto male gli avevo fatto, maledetta me.
-Il giorno del mio compleanno-, cominciai con voce sommessa. Era giunto il momento di intervenire: avrei chiarito quella situazione, una volta per tutte. –Il giorno del mio compleanno. Ho scoperto che Massi voleva rinunciare al suo sogno solo per me, non voleva che ci separassimo e per questo avrebbe persino accettato una carriera di ripiego.-
Non volava una mosca nella stanza. Massi era ancora intento a fissare il pavimento mentre la D’Arcangelo, per la prima volta, pendeva dalle mie labbra.
Ero l’unica a poter spiegare ciò che era accaduto. Era partito tutto dalla mia convinzione di dover fare la cosa giusta infischiandomene del prezzo da pagare.
-L’ho lasciato, senza dirgli che avevo scoperto tutto. Un mio amico si è finto il mio nuovo ragazzo e ho fatto in modo che Massi non si avvicinasse più a me. L’ho ferito, distrutto e gli ho massacrato il cuore senza pietà.-
Anche il capo della mia professoressa ora era basso mentre le sue spalle si abbassarono in un gesto d’impotenza.
-Sono stata solo una stupida immatura, una bambina che voleva risolvere tutto perché convinta di avere ragione. Dal mio punto di vista, Massi non avrebbe mai accettato di parlarne, se aveva preso quella decisione niente lo avrebbe smosso. Quindi, l’unica soluzione che intravedevo era quella di fare una sottrazione: tolta me di mezzo, lui non avrebbe avuto più alcuna ragione per restare qui, anzi lo avrei sicuramente spinto ad andare via. Eppure, da brava testona ingenua quale ero, non ho pensato alle conseguenze del mio gesto, con l’unico risultato di ferirlo a morte.-
Presi un profondo respiro cercando di ricacciare indietro le lacrime le quali, al ricordo di ciò che avevo fatto, cercavano una valvola di sfogo da cui venir fuori come cascate.
-Mi sentivo in dovere di salvarlo da me, e non importava se questo mi avrebbe ucciso. Solo che non sapevo quanto fosse dura anche per lui. La verità è che io amo Massimiliano. Le giuro, professoressa, ho fatto di tutto per non amarlo ma in un modo o nell’altro veniamo spinti l’uno verso l’altra e per quanto possa essere complicato, ho compreso a mie spese che neanche un oceano intero si potrà mettere tra noi due.-
Rivolsi uno sguardo verso Massi e i nostri occhi s’incontrarono nel momento in cui alzò la testa.
-Provare non costa nulla, giusto?- sorrisi perdendomi nel verde dei suoi occhi. –Tanto lasciarci non ha funzionato, tanto vale che restiamo insieme.-
Le labbra e gli occhi di Massi si aprirono in un sorriso consapevole.
-Professoressa- la D’Arcangelo si ridestò e adesso i miei occhi incontrarono quel ghiaccio che sembrava più liquido rispetto a poco prima. –Lei cosa avrebbe fatto al mio posto? Sono certa che si sarebbe comportata nello stesso modo, e anche lei avrebbe sbagliato. Sono arrivata alla conclusione, in tutta questa storia, che non si può essere perfetti e irreprensibili. E’ concesso sbagliare, l’importante è solo trovare una soluzione per quell’errore, un modo per rimettere le cose a posto. Massi ed io stiamo solo cercando di fare questo. Proprio adesso, stiamo cercando di rimediare ad un errore che abbiamo commesso, chiedendole di perdonarci. Le posso garantire che io sono veramente mortificata per aver indotto Massi a mentire e soprattutto per ciò che ha dovuto subire.-
-Scusami, mamma. Vale ha ragione, abbiamo sbagliato ma adesso vogliamo rimediare. Mi dispiace davvero tanto per quello che ti ho fatto ma… Dai, mamma. L’hai sentita? Come faccio a non essere innamorato di una persona così? Una persona che mi ha messo talmente così al primo posto da rinunciare a me senza neanche pensarci? Senza importarsene della sua sofferenza.-
Ancora una volta la D’Arcangelo si passò la mano sul viso in un gesto stanco.
-Avete intenzione di continuare questa relazione anche dopo la tua partenza?- si rivolse al figlio come se io avessi smesso di esistere. Be’, dopotutto potevo capirla: lei adorava Delia e adesso si ritrovava me come fidanzata di suo figlio. Io che non era proprio la sua persona preferita, quindi era normale che quella donna non si fosse tramutata in piena gioia dopo che le avevo raccontato tutta la storia.
-Sì, mamma. Il piano è questo.-
-Capisco- abbassò lo sguardo sconfitta. Sembrava quasi che le fosse capitata una catastrofe, non credevo che avere me come nuora l’avrebbe resa depressa a tal punto.
Alzai gli occhi al cielo e presi un respiro profondo. Questa volta sperai davvero con tutto il cuore di trovare le parole giuste.
-Professoressa, comprendo che lei aveva tutt’altro in mente per suo figlio-, continuava a non guardarmi, la cosa era irritante ma stavo cercando di capirla in tutti i modi. –Delia è figlia della sua migliore amica, e sarebbe stata perfetta per Massi. Eppure, mi dispiace, ma ci siamo innamorati. Tuttavia questo non significa che io debba piacerle o che dovremmo passare del tempo insieme. Posso essere solo un’ombra per lei, prima che Massi vada via-, nel pronunciare le ultime parole una fitta al cuore mi smorzò il respiro per un attimo. –Non è costretta a frequentarmi, le ripeto che so perfettamente di non andarle a genio.-
Scese il silenzio.
Un silenzio così potente che sentivo le orecchie fischiare. Tutta la tensione che avevo provato si stava trasformando in attesa. Mi sentivo come se avessi sostenuto l’esame di Maturità per la terza volta quella mattina. Prima i miei genitori, poi la commissione e adesso l’interrogatorio della D’Arcangelo. Ero distrutta, avevo scalato una montagna insormontabile e adesso aspettavo di capire se avevo raggiunto quella vetta oppure no.
Massi mi guardava e i suoi occhi dolci cercavano di tranquillizzarmi. Ci stavano riuscendo ma i miei pensieri erano tutti rivolti a quella donna che se ne stava in silenzio a riflettere su tutto ciò che avevamo detto, a pesare le mie parole una ad una e a decidere se avrebbe continuato ad odiarmi oppure se avrebbe provato almeno a sopportarmi per amore di suo figlio.
-Chiariamo una cosa-, disse d’un tratto facendomi sobbalzare. I suoi occhi si fissarono nei miei, incatenandomi al suo volto contratto dalla serietà. –Non ti ho mai odiato, Valeria.-
Valeria? Ce l’aveva con me? Aveva davvero usato il mio nome, e con un tono normale?
Era ufficiale: gli alieni avevano rapito la D’Arcangelo senza che ce ne accorgessimo.
-Non posso dire che mi sei simpatica, perché ti conosco solo come alunna e non come persona. Tuttavia ti spiegherò il motivo per cui mi sono comportata in un determinato modo con te. Hai del potenziale, lo hai sempre avuto e io lo avevo capito dal primo momento. Ammetto di averti massacrata in questi anni ma solo perché in te ho rivisto una parte di me.-
Okay, gli alieni avevano fatto davvero un buon lavoro.
-Anch’io alla tua età avevo bisogno di essere spronata, di essere messa sotto pressione. Non guardare i voti che ti ho dato, ti assicuro che non contano niente adesso e non conteranno niente in futuro. Ho solo una domanda da farti. A prescindere dal mio comportamento e dai voti, puoi affermare di ricordare tutto ciò che ti ho insegnato?-
Spalancai gli occhi sorpresa. Certo che ricordavo tutto, avevo sempre studiato senza sosta per riuscire ad ottenere qualcosa da quella donna. Dopo il primo anno con lei, avevo deciso che non m’importava più della sua opinione e studiavo solo per me stessa.
-Le tue compagne, forse quelle che hai ritenuto le mie preferite, sono brave e hanno saputo prendermi per avere voti alti e probabilmente alla maturità avranno un bel cento da esibire ma finiti gli esami rimuoveranno tutto perché studiavano per far contenta me. Valeria, per te non sarà così. Il tuo bagaglio scolastico è stato arricchito e quando frequenterai l’università ti sarà tutto molto più semplice rispetto a come sarà per loro.-
Ero sempre più allibita mentre Massi fissava sua madre confuso.
-Prima hai detto di essere stata un’immatura ingenua nel pensare determinate cose, nel prendere decisioni che poi si sono rivelate solo fallimenti. La decisione di studiare, nonostante il mio presunto odio nei tuoi confronti, invece, è stata quella più giusta.-
Avevo davvero frainteso tutto? Lei aveva sempre creduto che io potessi dare di più e io l’avevo trattata nella mia mente come il peggiore dei demoni.
-Adesso potrei non dimostrarlo, sono ancora confusa da tutto quello che è accaduto, ma non dovrai evitarmi. Non ti odio e vedrai che alla fine sarò molto contenta di vederti al fianco di Massi. Basandomi su quello che ho visto di te in questi tre anni, probabilmente sei la ragazza più adatta per lui.-
-Hai preso una botta in testa, mamma?- il tono di Massi era l’apoteosi dell’incredulità.
La D’Arcangelo scoppiò a ridere mentre il mio ragazzo ed io non eravamo neanche in grado di concepire un pensiero coerente.
-State crescendo, e tra poco tempo capirete perché insegnanti ed adulti si comportano in un determinato modo con voi. L’unico dubbio che mi viene, tesoro, e se tu abbia veramente capito che un giorno Valeria potrebbe risultare molto più simile a me di quanto non lo sia adesso. Riuscirai a sopportarla?-
Si era dimenticata che ero presente anch’io nella stanza? No, perché parlava come se io non ci fossi stata.
-Non ho niente contro la vostra storia, devo solo riprendermi da tutte le notizie che mi avete dato e dall’infarto che mi hai fatto prendere svanendo nel nulla per tutta la notte. Per il resto, se davvero ne sentite la necessità, avete la mia benedizione.-
La gola mi si chiuse completamente e mi ritrovai a fissare la mia professoressa come un’ebete che non era in grado di spiccicare parola. Lei mi stava guardando divertita e sorrideva. Mai, mai in tutta la vita avrei immaginato che il sorriso di una professoressa tanto temuta potesse risultarmi così bello. Per me era di una dolcezza infinita, come se mi stesse cedendo suo figlio con serenità senza battere i piedi, cosa che in genere era solita fare. Gli occhi mi si riempirono di lacrime e in quel momento non avevo i mezzi per riuscire a fermarle. Mi rigarono lentamente il viso ma prima che potessero raggiungere il mento qualcosa mi distrasse.
Massi si era catapultato su di me e mi stava baciando. La sua mano era dietro la mia schiena e mi attirava a lui con rinnovato vigore mentre sentivo le sue labbra calde, quasi bollenti, intrappolarmi in quel bacio colmo di sentimento. Non ricordavo neanche più che la D’Arcangelo fosse nella stanza, quelle labbra sulle mie stavano mettendo fine a tutto: l’ansia di essere scoperti, il dolore che avevo causato, la convinzione che quella donna mi odiasse e, invece, sorpresa delle sorprese, mi stimava. Adesso mi aveva persino lasciato suo figlio con un sorriso e io riuscivo a pensare solo che il mio animo aveva trovato una pace che non credeva nemmeno esistesse.
Tra le braccia di quel ragazzo tanto odiato ma che in realtà era l’uomo del mio destino.
Sotto gli occhi di una donna che avevo detestato e che adesso per me si era dimostrata una maestra di vita.
Ero stata così stupida, così cieca. Avevo passato anni nelle mie convinzioni, senza cercare in alcun modo di comprendere le motivazioni altrui. Il mio pensiero era sempre quello giusto e quando mi entrava in testa non ne usciva più.
Non avrei mai creduto che sarebbero arrivati Massimiliano Draco e Claudia D’Arcangelo a scardinare quella parte orribile del mio carattere.
-Bene, credo di dovervi lasciare da soli per qualche minuto.-
Sentii la porta dell’aula chiudersi e in quel momento presi la mia ultima ferma decisione: niente più giudizi affrettati, niente più convinzioni sul mondo che ce l’aveva con me, o sulla mia apocalittica sfortuna.
Avrei solo amato Massi.
Non avrei più pensato ai problemi prima che si presentassero, avrei solo risolto i drammi reali quelli già compiuti. Era arrivato il momento di crescere e forse, solo forse, avevo trovato la chiave per cominciare quel percorso.
Massi era la chiave.
Quello stesso pomeriggio parlai con mio padre. Fu una lunga discussione in cui lui ascoltò tutto senza perdersi una sola sillaba. Si rivelò piuttosto comprensivo ma ancora non gli scendeva giù Massi, e soprattutto la questione che ero rimasta fuori con lui tutta la notte.
Non c’era bisogno che lo dicesse esplicitamente ma credevo di aver intuito cosa stesse preoccupando davvero mio padre: non ero più la sua bambina. Per quanto pragmatico e realista, era sempre stato dolce e tenero con me. Il dividermi con qualcuno che neanche gli piaceva più di tanto, non sarebbe stato semplice per lui ma mi aveva promesso che lo avrebbe accettato, in qualche modo.
Quella sera Riccardo si presentò a casa mia e anche lui spiegò il suo punto di vista a mio padre. Ora sembrava che Gianpaolo Ferrari comprendesse meglio la situazione. Riccardo aveva un ascendente speciale su di lui e per fortuna lo aveva usato.
Il mio amico ed io eravamo nella mia stanza e stava ascoltando tutto quello che era accaduto con la D’Arcangelo. Amy e gli altri avevano saputo tutto quella mattina, quando uscita dall’aula mi ritrovai circondata dai miei amici affamati di informazioni.
-Sembra che tutto si sia sistemato, finalmente.-
Sorrisi a Riccardo che ricambiò il mio gesto con gioia.
-Se non consideriamo il fatto che tra due mesi l’amore della mia vita se ne andrà dall’altra parte del globo. Direi che si è sistemato tutto.-
-Vale, basta con il tuo pessimismo. Devi avere fiducia in Massi e soprattutto in te stessa. Andrà tutto bene.-
Sospirai annuendo.
-Ci provo a vedere il lato positivo della situazione.-
Mi mise una mano sulla testa e mi scompigliò i capelli ricevendo in cambio un’occhiataccia irritata.
-Tu che hai intenzione di fare adesso?-
Era giusto chiedere anche a lui come si sentisse. Mi era stato accanto in tutti quei mesi, nonostante i sentimenti che provava nei miei confronti. La ragazza che ero stata non si era curata neanche di lui, e anche per quello avrei fatto ammenda per il resto della mia esistenza.
-Uhm, non saprei. Devo dire che Delia è una bella ragazza, magari potrei fare un tentativo con lei.-
Scoppiai a ridere divertita.
-Hai conosciuto Michael, se ci provi con sua sorella sarai un uomo morto.-
Riccardo si unì alla mia risata.
-Magari Delia ed io potremmo tenere nascosta la nostra relazione, pare che al momento vada molto di moda.-
L’occhiolino di Riccardo mi fece arrossire d’imbarazzo. Ci mancava solo che il mio cervello bacato creasse una moda.
-Se vuoi uscire con Delia, fallo e basta. Chiedilo a lei e lascia perdere tutte le persone intorno. Non complicarti la vita, non sei me. Non potresti sopportare una relazione che non sia alla luce del sole. Non sei neanche riuscito a mantenere un segreto che neanche era tuo. Vero, pappagallo parlante che spiffera tutto ai quattro venti?-
-Senza il mio spifferare staresti ancora qui a piangerti addosso.-
-Probabile-, risposi con aria di sufficienza.
Poi i miei occhi incontrarono quelli dolci e famigliari di Riccardo.
-Grazie, Riccardo, davvero. In questi mesi sei stato il mio eroe. Se non ci fossi stato non avrei avuto nessuno a cui appoggiarmi.-
-Non devi ringraziarmi, io sarò sempre pronto ad aiutarti. Sei una parte importante del mio cuore.-
Mi avvicinai a lui e lo strinsi in un abbraccio forte, volevo che sentisse tutto l’affetto che provavo nei suoi confronti. Riccardo era stato il mio primo amore, e in un modo o nell’altro non era mai sparito dalla mia vita. Non sarebbe mai accaduto.
Il mio cellulare decise di squillare proprio in quel momento.
Era Massi.
-Pronto?-
-Scendi, stasera usciamo.-
-Sei sotto casa mia?-
-No, ti ho chiesto di scendere così puoi gettarti sotto la prima automobile che passa. Certo che sono sotto casa tua.-
-Fai meno lo spiritoso, Draco.-
-E tu datti una mossa, Ferrari.-
Chiuse il telefono e io rimasi a fissare Riccardo confusa.
-Un giorno lo ammazzerò. Bambino viziato e senza un briciolo di educazione-, esplosi alzandomi in piedi.
Riccardo si lasciò andare ad una risata divertita mentre mi accompagnava giù per le scale.
Quando aprii la porta di casa per poco non mi venne un colpo. Avevo una visione straordinaria davanti agli occhi. Il mio Massi con un casco in mano, poggiato ad una splendida motocicletta verde. Era di un verde così intenso da abbinarsi perfettamente con quegli occhi che mi guardavano divertiti.
Il vento scompigliava i capelli di quel ragazzo e i suoi occhi erano solo per me.
-Una Kawasaki Z1000?!-
Ovviamente quell’esclamazione venne da Riccardo.
-Da dove è spuntata fuori questa?- chiesi a Massi mentre mi avvicinavo.
-E’ di mio zio, me l’ha prestata per un giorno come regalo per la Maturità. Mia madre si era imputata nel volermi mettere in punizione perché le ho mentito, per fortuna mio padre le ha detto di smettere di svalvolare e di lasciarmi usare la moto per festeggiare la mia libertà, santo uomo. Sali, andiamo a fare un giro.-
-Ti prego, Massi. Dimmi che il giro lo vuoi fare come?-
-Riccardo smamma!- esclamai prendendo il casco che Massi mi stava porgendo.
-Vedrò se mio zio potrà prestarmela un’altra volta, così te la faccio provare. E’ partito in vacanza e ha deciso di lasciarla a casa nostra per tutto il mese.-
Riccardo non riuscì a trattenere un urlo di gioia. Mentre ringraziava Massi in dodici lingue e si allontanava da noi, lasciandoci soli, non potei fare a meno di pensare che Riccardo era un ragazzo meraviglioso. Ero certa che un giorno anche lui avrebbe trovato la felicità, se lo meritava.
Montai in sella alla moto, stringendomi forte al mio Massi.
Fortunatamente il mio ragazzo decise che non c’era bisogno di correre come quella mattina, e ne fui davvero felice. Ci stavamo godendo il tragitto in moto lasciandoci cullare dal vento di quell’afoso pomeriggio di fine giugno.
Gli esami erano finiti. Tutti, ogni genere di esame.
Ora i nostri cuori erano leggeri e colmi solo del nostro amore.
La mia testa era poggiata sulla schiena di Massi, avevo gli occhi chiusi e non pensavo a nulla.
Poi, dopo quelle che erano sembrate ore, la moto si fermò.
Aprii svogliatamente gli occhi e mi guardai intorno frastornata.
-Ma…-, cominciai sorpresa.
Era la stessa spiaggia dove avevamo passato la notte, solo che adesso c’era un bel tramonto a rallegrare tutto di colori caldi e avvolgenti.
La spiaggia non era deserta come la sera prima, c’era ancora qualcuno che faceva il bagno o se ne stava steso sull’asciugamano a rilassarsi. Il tutto sembrava quasi una meravigliosa cartolina esotica.
Scendemmo dalla moto e ci dirigemmo sulla spiaggia mano nella mano, senza dire una parola.
Avevamo lasciato le scarpe vicino alla moto ed era una goduria poter sentire la bellissima sensazione della sabbia ancora tiepida sotto i piedi.
Ero intenta a fissare un bambino che litigava con il filo del suo aquilone quando Massi si fermò.
-Tutto bene?- gli chiesi mettendomi di fronte a lui.
-Abbiamo… Abbiamo sconfitto il drago, vero?-
Per un attimo lo fissai confusa, poi sorrisi ed annuì.
-Sì, amore. Abbiamo sconfitto il drago.-
Mi era servito qualche secondo per comprendere cosa intendesse lui con la parola drago, ma nel momento in cui lo avevo capito non potei non essere d’accordo con Massi.
Il drago era tutto.
Ogni cosa difficile e complicata che avevamo dovuto affrontare poteva essere descritta con quella parola. Prima l’odio reciproco, poi la D’Arcangelo, la mia decisione di lasciarlo, la storia con Riccardo e gli esami. Tutto. Il tutto era il drago e noi lo avevo sconfitto. Insieme.
Mi alzai lenta sulle punte guardandolo negli occhi.
-Grazie per avermi salvata dal drago, mio principe.-
Le nostre labbra si unirono e le farfalle nel mio stomaco cominciarono a vorticare senza freni.
Alla luce di quel tramonto il nostro amore stava vivendo una rinascita e una trasformazione. Era maturato con noi e anche lui aveva sconfitto il suo drago.
***L’Autrice***
Dopo tanto, tanto, tanto tempo finalmente sono riuscita a scrivere l’ultimo capitolo di questa storia. In realtà non ho molto da dire, non voglio giustificarmi perché dovrei spiegare due anni di motivazioni per cui mi ero allontanata dalla scrittura. Spero che questo capitolo possa, in qualche modo farmi perdonare. L'amore di Vale e Massi ha raggiunto un nuovo livello di maturità, proprio come i due protagonisti, e questa è più o meno la fine che avevo sempre sognato per loro (dico più o meno perché conto di pubblicare ancora un altro capitolo, l’epilogo, che chiuderà tutto ciò che è rimasto da chiudere).
Mi scuso se non ho risposto a molte recensioni dei capitoli precedenti, ma vi assicuro che le ho lette tutte e vi ringrazio dal profondo del cuore per averle scritte.
Con questo vi lascio, e spero di sentirvi per l’epilogo.
Un bacio
Francesca
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Capitolo 23 *** Ciò Che L'Acqua Non Scioglie ***
Capitolo 23: Ciò Che L’Acqua Non Scioglie
Erano passati due mesi dalla fine del nostro esame di Maturità.
Massi ed io non avevamo perso nessuna occasione per stare insieme. I miei genitori non avevano più avuto nulla da obiettare e anche la D’Arcangelo sembrava essersi ormai abituata alla mia costante presenza nella vita di suo figlio.
Avevo ritrovato tutti miei amici e avevo di nuovo l’amore che mi era mancato per così tanto tempo. In tutti quei giorni avevo cercato di pensare il meno possibile alla partenza di Massi. Mancava ancora del tempo al fatidico evento e quindi quel pensiero restava relegato nella mia mente.
Non volevo pensarci. Non volevo pensare al dolore e alla separazione. Mi sarei goduta quello che avevo fino a quando mi sarebbe stato concesso.
-Avete intenzione di spiarla ancora per molto?-.
Era la voce di Massi quella che sentivo al telefono.
-Non la stiamo spiando.-
-E’ ad un appuntamento e la state pedinando. Per me questo è spiare.-
-Massi, la stiamo solo proteggendo.-
Una risata mi spaccò il timpano.
-La proteggete da Davide Zilli? Quel ragazzo non farebbe del male neanche a una mosca.-
-Dopo quello che le è successo con Christian… Non mi fido più dei ragazzi che frequenta.-
-Fai come vuoi ma sappi che sembri matta.-
-Forse lo sono.-
-Si muovono-, disse una voce al mio fianco.
-Massi devo andare.-
-Okay, non fate tardi. Non manca molto alla festa.-
-Non preoccuparti.-
Chiusi la telefonata e fissai il mio sguardo su Martina. Era stata per un’ora seduta fuori ad un tavolino di una gelateria di Lecce, in compagnia di Davide Zilli.
Proprio così.
Alla fine, non so grazie a quale congiunzione astrale, Marti aveva accettato l’ennesimo invito di Davide. Quello era il loro primo appuntamento ed Amy era riuscita a convincermi: dovevamo seguirli. Sapevo bene che Davide era un bravo ragazzo ma controllare la situazione per un po’ non avrebbe danneggiato nessuno.
In quell’ora Amy ed io ci eravamo messe a sedere in un bar dal quale si vedeva perfettamente la gelateria. Marti non ci aveva notate, il bar era abbastanza anonimo, nessuno lo guardava per strada.
-Dove staranno andando?- chiese Amy lasciando qualche moneta sul tavolino, sufficienti a pagare i nostri caffè.
-Lo chiedi a me? Seguiamoli e vediamo dove ci portano.-
Uscimmo dal bar e intanto ripensai alla conversazione avuta con Amy poco prima. Stavo pedinando Marti ma forse quella più in pericolo era la stessa Amy. La mia amica integerrima e super credente nella verginità fino al matrimonio, aveva deciso di andare a vivere con Marco, a Roma. Voleva cambiare città e convivere con il ragazzo che amava a soli diciannove anni.
Più ci riflettevo e più vedevo solo guai.
“Voglio frequentare una scuola teatrale che si trova a Roma. Marco vuole seguirmi per iscriversi all’università e sarebbe inutile pagare due affitti. Andremo a vivere insieme.”
Alle mie remore riguardo i suoi genitori e i suoi fratelli iperprotettivi Amy aveva risposto con un’alzata di spalle. Secondo lei se ne sarebbero fatti una ragione. Avevano accettato Marco, stava simpatico a tutti e lei non prevedeva ostacoli sul loro cammino.
Forse quei due erano talmente fuori di testa che le cose sarebbero andate bene. Almeno avevano la possibilità di vivere il loro amore giorno per giorno, sempre insieme.
Un qualcosa che a me sarebbe stato negato.
Era questo che mi aveva portato a non esprimere le mie obiezioni sulla loro scelta.
Se la sarebbero cavata, in un modo o nell’altro.
-Qui la questione si fa interessante. Guarda là.-
Mi ridestai dalle mie elucubrazioni mentali e fissai gli occhi su quello che Amy stava osservando. Davide aveva preso Marti per mano e lei non aveva battuto ciglio: altro che protestare, si era voltata verso di lui e gli aveva sorriso.
La mia amica appariva finalmente serena e senza pensieri. Non l’avevo mai vista così tranquilla in compagnia di un ragazzo. La pazienza che Davide aveva dimostrato in tutto quel tempo, per l’intero periodo delle superiori, stava dando i suoi frutti.
Mi ritrovai a sorridere anch’io e afferrai il braccio di Amy bloccando la sua marcia decisa.
-Che c’è?-
-Andiamo via.-
-Ma che vai blaterando?-
Sorrisi. A volte Amy poteva risultare così ceca.
-Marti sta bene, questo è il suo appuntamento. Gli abbiamo controllati anche troppo.-
-Ma…-
-Amy, guardala. Osservala bene. L’hai mai vista così felice con un ragazzo?-
Smise di fare resistenza e potei lasciarle il braccio. Marti e Davide si stavano allontanando, si tenevano per mano e non sembrava che avessero l’intenzione di separarsi tanto presto.
Amy abbassò la testa e un sorriso divertito prese forma sulle sue labbra.
-Non ha bisogno di noi.-
-Non più.-
I due svoltarono l’angolo e noi restammo ferme sul marciapiedi senza proferire parola.
Il mio cellulare suonò, lo presi e lessi il messaggio che era arrivato.
Grazie. Mi siete state accanto per l’intero pomeriggio. Sto bene, non dovete preoccuparvi.
Lo passai ad Amy.
Dopo aver letto il messaggio mi guardò e una scintilla di felicità le attraversò gli occhi.
-Direi che possiamo andare a prepararci per la festa.-
Non potei resistere. Buttai le braccia al collo di Amy e la strinsi a me. Le mie amiche erano ciò che di più bello mi fosse mai accaduto nella vita. Matte, particolari, strane ma erano le mie anime gemelle e ora che anche loro avevano trovato la vera felicità mi sentivo onorata di averle accanto a me.
-Ho il vestito perfetto per te.-
M’irrigidì e sciolsi lentamente l’abbraccio. Lo sguardo di Amy era determinato mentre il mio colmo di timore.
Quegli occhi così decisi mi avevano sempre fatto paura.
La professoressa Claudia D’Arcangelo e consorte, che ancora non avevo avuto il piacere di conoscere, avevano invitato tutti noi ad una piccola festa in giardino per festeggiare l’ammissione di Massi ad Harvard.
-Amy, io ti voglio bene ma non posso presentarmi a casa di Massi conciata in questo modo.-
Mi guardò piuttosto contrariata mentre era intenta a fissarsi allo specchio incorniciando i suoi occhi in un trucco perfetto.
-Vale, hai delle gambe stupende. E’ mio dovere costringerti a metterle in mostra.-
-Sono praticamente nuda!-
-E’ agosto, Vale, avere le gambe scoperte è lecito. Non rompere le scatole più del dovuto e taci.-
Osservai il mio riflesso nello specchio. Il vestito mi cadeva alla perfezione. Bianco, corto e seducente. Il corpetto era liscio, proseguiva con un gonna morbida ricamata. Le mie gambe abbronzate erano valorizzate al massimo.
-Metti queste.-
Mi passo dei sandali bassi con fascette color argento. Dovevo ammettere che quelle scarpe completavano il tutto.
Amy mi aveva arricciato i capelli e poi li aveva acconciati di lato. Il trucco che mi aveva riservato era leggero ma perfetto per il mio volto.
-Massi ti salterà addosso.-
Mi guardai ancora. Un sospiro di sconfitta soffiò dalle mie labbra.
-Lo so, ma non credo che sia il caso davanti ai suoi genitori.-
-Vale, ai suoi occhi sei già la donna più bella che possa esistere, ogni tanto devi dargli l’occasione di ammirarti in tutto il tuo splendore. Prova per un attimo ad infischiartene dei suoi genitori, del luogo o del momento. Mostra la tua eleganza e smettila di contraddirmi.-
-Anche se continuassi a protestare, dubito altamente che mi concederesti jeans e maglietta.-
-Brava, bimba. Obbedisci senza discutere.-
Qualche minuto dopo Marco era in strada ad aspettarci. Ignorai i suoi commenti lusinghieri sul mio aspetto e salì in macchina.
Sorpresa delle sorprese, in auto c’era già qualcuno.
-Ciao Davide- dissi con un sorriso. –Sei dei nostri stasera?-
Lui arrossì di colpo mentre Marti gli stringeva la mano.
-E’ stata una cosa improvvisa, ho pensato che a Massi non sarebbe dispiaciuto se lo avessi portato.-
Davide evitò di guardarmi. Ero convinta che fosse ancora incredulo per come si stavano evolvendo le cose con Marti.
-Massi ti adora, Davide. Sarà felice di averti alla sua festa come sono contenta io di vederti qui.-
I suoi occhi incontrarono i miei e vidi quella scintilla di gratitudine che mi scaldò il cuore.
Quando arrivammo alla festa poco dopo incrociai subito gli occhi di Delia, Mike e Sabrina. Mi sorrisero tutti mentre mi dirigevo con gli altri verso di loro. Li avevo quasi raggiunti quando una persona mi si parò davanti.
-Valeria.-
-Professoressa-, risposi con un sorriso.
Lei ricambiò con occhi divertiti.
-Mi chiamerai mai Claudia?-
Alzai le sopracciglia sorpresa. Non era la prima volta che mi rivolgeva quella richiesta ma io ancora non mi sentivo completamente a mio agio con lei. Non poteva pretendere di cambiare un’abitudine così radicata in me. Per il momento lei sarebbe stata sempre la mia professoressa di scienze.
-Preferisco chiamarla professoressa. Mi sono affezionata a vederla così.-
Lei scoppiò a ridere mentre un uomo alto, bello, con capelli neri scurissimo le apparve accanto. Rimasi un attimo impietrita nel vederlo. Sapevo bene chi era, quegli occhi li avevo scrutati così tante volte che era impossibile non riconoscerli. Quel verde profondo, dolce e pieno di sentimento. Lo avevo davanti tutti i giorni, lo sognavo tutte le notti.
-Ti presento mio marito Sergio.-
Quell’uomo somigliava a Massi in modo impressionante. Li stessi lineamenti, lo stesso naso, la forma delle sopracciglia, il sorriso spiritoso. In lui traspariva tutta la bellezza del mio Massi.
-Finalmente ci conosciamo, signorina-, mi porse la mano
La strinsi imbarazzata.
-E’ un piacere.-
-Ammetto di capire come mai mio figlio si è quasi perso l’esame di Maturità per te.-
Spalancai gli occhi mentre avvertivo un principio di iperventilazione.
-Quel giorno lo avrei strozzato volentieri ma ora che ti vedo… Massi ha un gusto impeccabile, credo che tu sia la ragazza più bella della festa.-
Stavo per rispondere quando sentì qualcosa di caldo avvolgermi i fianchi. Fui attratta con la forza verso un corpo ancora più caldo che mi teneva stretta a lui.
-Papà, dacci un taglio. Solo io sono autorizzato ad adularla.-
Il signor Sergio scoppiò a ridere, seguito a ruota dalla moglie.
Lentamente mi voltai verso la fonte di quel calore e incontrai ancora una volta gli occhi dell’uomo che amavo. D’improvviso una consapevolezza prese possesso della mia mente: i suoi occhi erano diversi da quelli del padre. Sì, erano dello stesso colore e si somigliavano in modo impressionante ma quelli di Massi avevano una particolarità: s’insinuavano nella mia mente, s’impossessavano dei miei pensieri, e mi guardavano come se fossi stata l’unica persona presente sull’intero pianeta.
Non c’erano altri occhi al mondo come quelli. Erano miei, solo miei.
Questo pensiero mi riempì il cuore fino quasi a farmi perdere i sensi.
-Ciao amore-, mormorò posandomi un delicato bacio sulle labbra.
Rimasi immobile a fissarlo. Il mio cervello aveva registrato il bacio e tutto il resto aveva perso di significato. Esistevano solo quegli occhi, quel volto, quelle labbra. La mia mano si mosse da sola e si posò sulla guancia di Massi. Lui mi guardava non lasciandomi neanche un momento. Mi alzai sulle punte e lo baciai, e non era un bacio come quello di poco prima. Era delicato ma profondo. Calmo ma deciso. Lo volevo sentire, volevo sentire quell’amore che si liberava dentro di me e che mi cullava nella certezza che nessun amore sarebbe stato mai così intenso.
-L’ho detto e lo ripeto. Massi ha un gusto impeccabile.-
Di colpo mi staccai da Massi che mi guardava divertito.
Ma che diavolo mi era saltato in mente?! Mi ero praticamente pomiciata Massi davanti ai suoi genitori! Le guance avvamparono mentre i miei occhi guardavano ovunque tranne che nella loro direzione.
-Tu non hai mai fatto una cosa del genere davanti ai miei…- rifletté Sergio.
-Forse avrei dovuto, magari tua madre avrebbe capito chi comanda.-
-Non te la prendere con mia madre, sei tu che hai un carattere impossibile.-
-Io avrò pure un caratteraccio ma almeno non sono rimasta bloccata ai dodici anni.-
-Stai dicendo a me?!-
-Ti risulta che stia guardando qualcun altro?-
Rimasi in silenzio osservando frastornata quel bizzarro battibecco. Uno strano pensiero si fece largo nella mia mente: quei due sembravamo Massi ed io. Litigavano ma nei loro occhi si scorgeva il divertimento, la voglia di stare insieme, la spensieratezza di poter dire a qualcuno tutto ciò che passa per la testa. Erano loro stessi, l’uno con l’altra. Come me e Massi, non avevano il timore di parlare perché l’altro avrebbe sempre capito.
Un sorriso apparve sul mio volto.
-I soliti testoni-, sussurrò Massi sul mio collo mentre mi abbracciava da dietro. I suoi genitori continuavano a scambiarsi frecciatine mentre io avvertivo distintamente il respiro di Massi sul mio collo.
-Vieni con me-, soffiò con voce sensuale al mio orecchio.
Mi prese per mano, e io ancora una volta non mi curai più neanche di una sola persona presente a quella festa. Esisteva solo Massi.
Entrammo in camera sua e lui si sedette sul letto invitandomi a fare altrettanto.
-Massi, non possiamo. C’è una festa in tuo onore in giardino.-
Lui mi sorrise.
-Dopo il bacio che mi hai dato prima me ne infischierei molto volentieri di tutti gli invitati ma mi rendo conto che la situazione non permette di lasciarmi fare al tuo corpo quello che vorrei.-
Le mie guance presero fuoco.
-Non ti ho portata qui per quello che credi.-
Il suo sorriso si fece di colpo più luminoso.
-E per cosa?-
Mi prese le mani tra le sue.
-Ti ho già detto che sei meravigliosa stasera?-
-No, non ancora-, risposi divertita.
-Sei bellissima, la creatura più bella che io abbia mai visto. Questo però è un grosso problema.-
-Ah, sì?-
Il discorso stava prendendo una piega che non riuscivo a comprendere.
-Sei talmente bella-, mi accarezzò dolcemente la guancia con il dorso della mano. –Corro il rischio che qualcuno ti porti via da me.-
Stavo per rispondere ma lui mi posò l’indice sulle labbra.
-Il mondo deve sapere di chi sei. Tu sei mia.-
Aprì il cassetto del comodino e tirò fuori una scatolina di legno.
Quando l’aprì mi salirono le lacrime agli occhi.
Prese ciò che c’era dentro e lo chiuse attorno al mio polso. Era il mio bracciale, quello che mi aveva regalato mesi prima e che io gli avevo restituito. Ma c’era qualcosa di diverso.
-Ho scambiato i ciondoli-, disse lui aprendo i primi bottoni della camicia.
La mia V non era più appesa al mio bracciale ma si trovava poggiata sul petto di Massi, infilata nella sua catenina. I miei occhi si posarono sul bracciale che avevo indosso. La M di Massi ora si trovava al posto di quella V.
-Tu sei mia, e non voglio più nasconderlo, negarlo o dimenticarlo.-
Le lacrime ormai avevano preso possesso del mio viso. Scendevano lente, copiose, ma portavano con loro una gioia indescrivibile.
-Il tuo posto è nel mio cuore-, prese la mia mano e la posò sul suo petto.
I ciondoli si toccarono.
-Il mio posto è nel tuo cuore, sempre-, risposi osservando la mia mano che toccava la sua pelle.
Alzai le spalle mentre un sorriso divertito mi fece scuotere la testa.
-Cosa c’è?-, mi chiese lui con un tono preoccupato nella voce.
-Sei Massimiliano Draco-, lo guardai dritto negli occhi mentre le lacrime continuavano lente il loro percorso. –Non credevo che un giorno una parte della mia stessa anima avrebbe avuto il tuo nome.-
Lui sorrise e posò un bacio delicato sulle mie labbra.
-Io non credevo nemmeno che tu esistessi-, mormorò sulle mie labbra prima di approfondire il bacio.
Ci ritrovammo sul suo letto a baciarci e accarezzarci.
Saremmo dovuti tornare alla festa ma eravamo noi due. C’era ancora tempo per noi, ci sarebbe sempre stato tempo per noi.
Tutto il resto avrebbe aspettato.
E poi Massi partì.
Un giorno come un altro, in un momento come un altro, mi ritrovai a salutarlo e a vederlo partire per andare letteralmente dall’altra parte del mondo.
Non piansi.
Non versai neanche una lacrima quando lui andò via. Non si trattava di indifferenza o cinismo, solo non avevo motivo per piangere. La partenza di Massi era un nuovo inizio per entrambi e io ero abbastanza cresciuta per capire la differenza tra un addio e il principio di un viaggio verso il futuro.
Entrambi ci saremmo impegnati.
Entrambi avremmo perseguito i nostri obiettivi.
Entrambi saremmo maturati per diventare le persone che volevamo essere.
Lontani, certo, ma sempre insieme. Mai divisi. Un tutt’uno che ci avrebbe accompagnato per il resto della nostra vita.
Il fatto che lui vivesse a Boston non contava. I nostri sentimenti ne sarebbero usciti illesi.
Era questo che pensavo prima di un fresco pomeriggio di ottobre.
Suonarono alla porta. Ero sola in casa quindi mi alzai per aprire.
Il visitatore inaspettato era l’ultima persona che avrei creduto di vedere in casa mia.
-Posso entrare?-
Guardai quella persona, mi sentii confusa per un attimo poi la invitai ad entrare.
Ci mettemmo a sedere al tavolo della cucina, davanti a noi una tazzina di caffè.
-Cosa la porta qui professoressa?- chiesi con un sorriso.
-Quel citrullo di mio marito-, bevve il caffè in un solo sorso. –Sabato è il suo compleanno, ti vuole a tutti i costi a pranzo con noi. Niente in contrario, per carità, ma gli ho detto che ti troveresti in imbarazzo ad affrontare tutta la famiglia senza Massi.-
Senza Massi.
-Sì, in effetti sarebbe imbarazzante-, mormorai abbassando lo sguardo.
-Tuttavia mio marito mi ha detto che non mi darà pace se tu non verrai. Ritienilo un favore personale nei miei confronti. Anche se Massi non sarà presente, ti prometto che uscirai illesa dal pranzo.-
Massi non sarà presente.
Sorrisi cercando di non pensare al mio cuore sanguinante.
-Verrò volentieri, professoressa. Se il signor Sergio insiste in questo modo non voglio certo che se la prenda con lei.-
La donna mi sorrise contenta.
-Per fortuna, credevo che l’assenza di Massi ti avrebbe frenata.-
L’assenza di Massi.
Non era intenzione della D’Arcangelo ma quelle parole stavano rendendo la partenza di Massi più reale di quanto fosse mai stata fino a quel momento.
Quelle frasi erano pugnali che ferivano lente la mia anima.
Fissai il pavimento cercando in tutti i modi di mantenere la calma.
-Valeria.-
La voce di quella donna era colma di dolcezza e mi trovai costretta a guardarla.
-Sei molto più simile a me di quanto pensi. So cosa stai pensando perciò ti chiedo: hai mai pianto da quando Massi è andato via?-
Massi è andato via.
Scossi la testa in un gesto di diniego.
-Lo comprendo. Stai provando ad essere forte-, posò una mano sulla mia. –Le lacrime non sono un segno di debolezza, è il modo che la tua mente ha per sciogliere i pesi sul tuo cuore. Nel trattenere le lacrime non c’è nulla di nobile o maturo.-
La fissai con gli occhi che si appannavano ogni secondo di più.
La sua mano si strinse sulla mia.
-Piccola, hai bisogno di sfogarti. Massi è partito, non lo vedrai per mesi. Devi piangere prima che il tuo cuore esploda.-
I suoi occhi erano dolci e comprensivi. Il suo sorriso materno e colmo di affetto.
Si avvicinò e mi strinse a sé con delicatezza.
-Siamo solo tu ed io. Nessun altro dovrà saperlo.-
Tutto quello che avevo cercato di negare, tutte le parole dolci, gli addii, i sentimenti vissuti, il dolore provato nel profondo, trovarono la via per esprimersi nella loro impetuosità.
Scoppiai a piangere.
Un pianto quasi isterico.
Lacrime amare che mi mettevano davanti all’evidenza: Massi non era più accanto a me.
Piansi per minuti, ore, forse anni, non lo ricordo. So solo che la professoressa rimase come me per tutto quel tempo, accarezzandomi la testa e sussurrando parole rassicuranti.
Quando riuscii a ritrovare la calma, avevo gli occhi gonfi e rossi, il naso costipato, ma il cuore decisamente più leggero e libero.
-Ti senti meglio?-
Mi guardò ancora con i suoi occhi dolci. Annuì, non riuscivo a parlare.
-Bene. Ora veniamo al motivo più importante per cui sono qui.-
La guardai per un attimo confusa.
Mi porse una busta chiusa.
-Massi l’ha lasciata a me prima di partire.-
Presi la busta e la osservai.
-Mi ha fatto promettere di dartela nel caso in cui avessi capito che non stavi bene. Credo sia il suo modo per farti capire che nei momenti di difficoltà potrai sempre rivolgerti a lui.-
Aprii la busta e dentro ci trovai una lettera piuttosto lunga.
-E’ meglio se tu la legga da sola, in santa pace.-
Mi alzai per accompagnarla alla porta ma lei mi bloccò.
-Posso trovare l’uscita da sola, Valeria. Non ti preoccupare.-
-Grazie di tutto…-, feci una pausa guardando quella donna che per anni era stata il mio incubo e che invece, in quel momento di sconforto, era stata la mia salvezza. Le dovevo qualcosa, forse la mia stessa salute mentale.
-Grazie Claudia.-
I suoi occhi s’illuminarono nel sentire il suo nome.
-Ti aspetto sabato a pranzo.-
-Ci sarò.-
Uscì dalla mia casa e io rimasi da sola.
Stringevo la lettera tra le mie mani, e alla fine trovai il coraggio di spiegarla e di leggere il suo contenuto.
Mi presi tutto il tempo necessario per assorbire e comprendere ogni parola. La calligrafia di Massi era pulita ed elegante, proprio come lui.
Ad ogni frase il mio cuore accelerava.
Ad ogni ricordo la mia mente volava.
Le lacrime si erano fermate ma la voglia di piangere non era svanita. Si trasformò in qualcosa di diverso. Le mie lacrime volevano solo dimostrare i miei sentimenti per l’uomo che aveva scritto quelle parole. Belle, decise, romantiche. Parole che dimostravano ancora una volta tutto l’amore che era in grado di provare.
Quando giunsi alla fine, una lacrima sfuggì alle mie ciglia e andò a finire sul foglio che avevo tra le mani.
Le parole Ti Amo si sfocarono a contatto con l’acqua, l’inchiostro si sciolse. Poco importava. Quelle parole le avevo sentite innumerevoli volte, pronunciate dalla voce del mio amore. Le avevo viste ogni giorno negli occhi del mio amore. Le avevo percepite, sin dall’inizio, con il mio cuore colmo del mio amore.
L’amore per Massi. L’amore per un ragazzo che era diventato parte di me. L’amore per quell’uomo che sarebbe stato sempre il mio futuro.
Quel Ti Amo era scolpito dentro di me.
Da qui, fino all’eternità.
Ti amo.
***L’Autrice***
Con le lacrime agli occhi, e il cuore leggero, posso finalmente dire… La storia di Vale e Massi ha trovato il suo meritato finale. Una fine piuttosto aperta, che fa capire quanto il loro amore sia grande, ma anche quanto sia incerto il loro futuro. Scelta strategica, lo ammetto. Non so se un giorno avrò la forza di riprendere in mano le loro vite e di scoprire come due adolescenti diventano adulti. Mi piacerebbe, non lo nego, scrivere ancora di Massi e Vale. Quindi non ho chiuso definitivamente le porte ad un loro eventuale futuro.
Ora, parliamo di un piccolo dettaglio. Questo doveva essere l’Epilogo, ma non lo è.
La storia è iniziata con Vale, è cresciuta per la maggior parte del tempo con Vale. Eppure deve finire con Massimiliano Draco. Il bello, generoso, irritante Massimiliano Draco. L’Epilogo sarà la sua lettera per Vale. Tutto quello che lui ha provato in passato, quello che prova nel presente, e quello che ha intenzione di provare in futuro, sarà in quella lettera. L’amore di un uomo verso una donna, quando è sincero, è più bello e puro di qualunque altro tipo di amore, ed è giusto che sia Massi a mettere davvero la parola FINE a questa storia.
Quindi, la mia disperazione e i miei saluti ai personaggi li riserverò per il commento dell’epilogo. Per questo vi lascio solo con un arrivederci, e la speranza che questa storia stia trovando il finale che meritava e, perché no, il finale che volevate.
Vi ringrazio sempre per tutto il sostegno, le persone che leggono questa storia sono veramente stupende e vi adoro, tutte, da anni.
Un bacio
Francesca
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Capitolo 24 *** Epilogo - Reo Confesso ***
Epilogo – Reo Confesso
Potrei dare inizio a questo mio sproloquio con “Cara Vale” o “Mio dolce tesoro” ma tu sai perfettamente che non sarebbe da me. Non sarebbe da noi.
Questo mi porta a pensare che esiste un solo modo per cominciare questa lettera…
Ferrari,
tu sei la persona più irritante, testarda e pessimista che possa esistere sulla faccia della terra. Sei stata in grado di farmi impazzire fin dal primo momento in cui mi hai rivolto la parola. Quelle tue frecciatine irritanti e il tuo sguardo di superiorità. Il modo con il quale i tuoi caldi occhi scuri mi fulminavano, resterà scolpito nella mia mente. Mi disprezzavi, e non facevi nulla per celarlo. Sembrava quasi che il tuo obiettivo fosse proprio di farmi comprendere, con tutte le tue forze, quanto la mia presenza, e persino la mia semplice esistenza, ti infastidissero. Non mi conoscevi, eppure avevi già preso coscienza di ciò che per te non sarei mai potuto essere.
Il tuo atteggiamento determinato, colmo di superiorità, mi ha incuriosito. Volevo capire per quale diavolo di ragione, avessi deciso che tu ed io non fossimo compatibili da nessun punto di vista.
Ti ho punzecchiato, ti ho studiato.
Più andavo avanti nella mia indagine e più mi ritrovavo incatenato a te.
Al tuo essere testarda, che in realtà era solo forza e risolutezza.
Al tuo essere irritante, o come lo vedo io, un vano tentativo di allontanare tutto ciò che avrebbe potuto ferirti.
Al tuo essere pessimista, anche se io preferisco definirti realista.
Ci sono stati piccoli momenti, proprio piccoli, dove mi hai concesso di avvicinarmi a te. Ho cercato di farlo in punta di piedi ma con fermezza: una semplice tattica per attirare la tua attenzione. E, d’un tratto, i tuoi tanto indisponenti difetti si trasformavano in pregi, assumevano la forma di caratteristiche della tua personalità.
Questa lettera si presenta come una missiva d’amore ma in realtà si tratta di una confessione.
Io, Massimiliano Draco, costretto a rendermi reo confesso perché so che tu hai bisogno di leggere queste parole.
Tutti mi hanno sempre considerato una persona altruista. In realtà, tu sei stata l’unica ad inquadrarmi da subito. Tutto quello che ho fatto nella mia vita, ogni mio gesto decantato come generoso, nascondeva un mio tornaconto. Che fosse l’ottenere la fiducia di qualcuno, o impegnarmi nello studio per avere ottimi voti, lo scopo principale era la mia soddisfazione. Tu non ci sei cascata. Mi hai costretto a guardarmi dentro, sei stata il mio specchio, ed è stato proprio questo aspetto di te che mi ha colpito ed attratto.
Ora, posso affermare che gli unici gesti davvero altruisti li ho compiuti solo per te. Ho sofferto per te, il mio cuore ha sanguinato realmente e mi sono reso conto che sei la persona più importante. Sei stata tu a rendere possibile il mio cambiamento, mi hai quasi costretto a metterti al primo posto, hai superato di gran lunga ogni mio sogno, ogni mia ambizione e desiderio.
La tua felicità è diventata la mia ragione di vita e l’unico modo perché anch’io potessi essere felice.
Dal primo momento, fin dalla prima volta che ho osservato il tuo viso, dentro di me qualcosa si è smosso. Che si trattasse di rabbia o un qualunque altro sentimento, mi sono ritrovato a desiderare di leggere ogni tua più piccola sfumatura. Eri come un libro da sfogliare, pagina dopo pagina e mi affascinavi così tanto.
Prima che me ne accorgessi la tua mente aveva preso possesso della mia e sei divenuta un pensiero fisso.
In principio eri solo una sfida, una battaglia che ero certo di portare a termine da vincitore. L’obiettivo vero consisteva nell’interpretare i tuoi atteggiamenti, comprendere appieno le tue parole. Poi, non chiedermi quando, la sfida si è tramutata in qualcosa di più profondo. Mi hai intrappolato nella tua rete ed io sono stato tramutato nell’ignara preda. Le vie di scampo erano inesistenti. Hai mandato a monte i miei piani e lo hai fatto nel modo più atroce: rendendomi completamente dipendente dalla tua presenza e dal tuo sorriso. Potrei parlare per ore del tuo sorriso: di come mi scalda il cuore e di quanto rappresenti davvero la cosa migliore che potesse capitarmi.
Mi sono innamorato di te. Mi sono accorto di quanto la tua decisione ti rendesse affascinante, e di quanto fossi bella durante le tue sfuriate.
Ti sei sempre mostrata con me per quello che eri, non ho avuto la necessità di cercare significati nascosti dietro le tue parole, non ne ho avuto proprio bisogno. Ciò che mi dicevi era sempre la verità, ogni volta. E questo mi ha fatto innamorare un po’ di più ad ogni nostro incontro.
Non t’importava che fossi il figlio della tua professoressa, che avessi la possibilità di renderti la vita un inferno a mio piacimento. Non eri come gli altri, non mi veneravi, mi consideravi un ragazzo odioso che non meritava il tuo rispetto.
Ho dovuto farti cambiare idea.
Ho dovuto renderti partecipe del mio vero carattere.
Ho dovuto essere sempre sincero con te, tramite i miei atteggiamenti e le mie parole. Con te, solo con te, sono sempre stato me stesso. Ogni mio insulto nascondeva ammirazione nei tuoi confronti ed è ancora così. Quando scherziamo o ci prendiamo in giro, penso sempre che sei migliore di me in tante cose. Ed è proprio il tuo essere migliore a rendermi la persona che ho sempre voluto essere, come se tu mi completassi. Sei l’altra metà della mela.
La mia confessione non termina qui. Ho tanto da dirti, avrei bisogno di mille e mille pagine per spiegarti chi sei e quanto tu mi abbia sconvolto.
Hai preso possesso della mia mente e poi, d’un tratto, anche il mio corpo rispondeva alla tua presenza. Non potrò dimenticare il giorno in cui hai deciso di usarmi come cuscino, su quell’autobus che ci ha portato a Cascia. In quei giorni, sì, credo che sia stato in quei giorni, ho realizzato quanto la tua vicinanza mi donasse emozioni che fino a quel momento mi erano praticamente sconosciute.
Ti sei ferita, e per me è stata una tragedia. Non potevo credere di essere stato così imbecille da non riuscire a proteggerti. Mi sono reso conto di quanto tenessi a te.
E le tue dita, mentre medicavi la mia schiena mal ridotta, non erano fredde. Le ho sentite sfiorarmi con delicatezza e dolcezza, quindi la mia pelle ha reagito al tuo tocco e non ho potuto trattenere la mia reazione. Erano calde, così tanto da farmi battere il cuore contro le costole, lo avvertivo battere persino nelle orecchie. Il mio corpo aveva capito tutto ed è bastato dare ragione alle mie sensazioni per comprendere. Provavo qualcosa per te e non avrei potuto nasconderlo a lungo.
Col bacio in ascensore, ogni mio dubbio è svanito completamente.
Non hai idea di quanto quel bacio abbia ingarbugliato i miei pensieri. I miei sentimenti per te mi erano, ormai, piuttosto evidenti. Il problema, fino a quel momento, consisteva nel fatto che anche i tuoi erano chiari. Credevo che mi odiassi e non capivo perché diavolo avessi deciso di baciarmi. Di baciarmi in quel modo poi. Hai la minima idea dell’effetto che un bacio del genere possa avere su un ragazzo? Se non fossimo stati a scuola, non mi sarei trattenuto, non avrei interrotto quel bacio neanche per tutto l’oro del mondo.
La mia confusione era arrivata al culmine. Cosa volevi da me? Mi odiavi, me lo avevi detto tante di quelle volte, ma in quel bacio non c’era odio. Nelle tue labbra, nel tuo sapore non c’era odio, e sentivo che non era solo attrazione fisica.
Da lì ho osato sperare. Tuttavia dovevo pensare a Delia e ho cercato di starti il più lontano possibile, non avrei mai abbandonato la mia amica. Dovevo stare alla larga da te per non cedere, per non cadere completamente in trappola, altrimenti ero consapevole che non ti avrei più lasciata. Se tu mi avessi dato anche solo un piccolo barlume di speranza, avrei fatto in modo di renderti mia, in ogni significato possibile.
Questo è accaduto a Padova. Quel barlume l’ho visto, l’ho percepito e ho deciso di aprire la finestra per inondarmi con la tua luce.
Hai detto di amarmi, di provare quello che provavo io ed è stato l’inizio di tutto. Il mio amore è esploso e tu sei diventata la mia stella, colei che ha illuminato il mio intero mondo.
Quando mi hai lasciato, sei stata così pragmatica da dire che i nostri sentimenti, che il nostro amore, erano solo il frutto di un’attrazione adolescenziale. Lo hai detto per allontanarmi perché credevi fosse la cosa giusta da fare. In realtà, il tuo, è stato un gesto di stupido altruismo.
Nessuno di noi due è mai stato un vero adolescente. Lo hai detto tu stessa: ci hanno costretto a crescere troppo presto, proprio per questo siamo stati in grado di riconoscere il vero amore, anche se forse troppo giovani. Chi lo sa? Se mi avessi incontrato tra cinque o dieci anni, non avresti neanche mai pensato una cosa del genere. Tu sei consapevole quanto me che siamo fatti per stare insieme. Non esiste un’altra donna al mondo con cui vorrei condividere la mia vita. Lo so adesso, e lo saprò per sempre. Comunque vada questa nostra sfida, lo stare lontani, non amerò mai nessuno quanto amo te! Non lo dico perché ho solo diciannove anni. Lo dico perché ne sono certo.
Quando vivremo lontani non sarà il sesso a mancarmi – non fraintendermi, fare l’amore con te mi mancherà come l’aria- ciò di cui sentirò la mancanza sarà ogni piccola cosa di te. Il tuo tono acido, la voce arrabbiata quando discutiamo, il suono della tua risata, il poterti parlare di tutto, ascoltare le tue opinioni razionali ma troppo pessimiste. Tu sei un universo, da scoprire ogni giorno, e da Boston non potrò farlo come vorrei. E’ questo che mi mancherà.
In questi ultimi mesi ti ho visto diventare donna, e ancora non lo sei del tutto. Non essere lì con te, non accompagnarti totalmente in una trasformazione che avrei tanto voluto vedere mi uccide. Vale, sei una ragazza spettacolare, ma diventerai una donna magnifica e non potrò vederlo con i miei occhi. Questo mi fa davvero soffrire. Per quanto non poterti toccare o baciare sia un’agonia, non avere la possibilità di viverti concretamente giorno dopo giorno è molto peggio.
Voglio innamorarmi della donna che stai diventando come mi sono innamorato della ragazza che eri. Perciò, non pensare più che siamo troppo giovani o che ci sarà qualcun’altra nella mia vita. Per nessuna ho mai provato ciò che sento per te. Per nessuna avrei accettato la sconfitta contro un altro uomo. Per nessuna mi sarei sacrificato in questo modo. Solo per te.
Sei la donna che amo.
Sei la mia migliore amica.
Sei la persona che giorno sarà la madre dei miei figli.
Nessuna sarà mai in grado di intrappolare il mio cuore come hai fatto tu.
Tu sei in queste pagine, sei nel mio cuore e nella mia mente. Hai trovato posto dentro di me e quel posto è tuo.
Non sarò lì fisicamente ma sarò tuo. Sempre.
Perciò confesso.
Confesso di non poter più fare a meno di te.
Confesso di aver trovato la donna della mia vita e sono colpevole di non volerla perdere mai più.
Confesso di volerti sposare un giorno, di creare una famiglia con te.
Non potrebbe essere diversamente. Per quanto io mi sforzi, non riesco più ad immaginare la mia vita senza di te. E se questo è un reato, voglio scontare la mia pena. Ti amerò sempre, come il primo giorno in cui ho capito quanto il mio cuore ti appartenesse. Ti renderò felice e ti starò accanto in ogni momento, anche se mi troverò dall’altra parte del mondo.
Parlami. Litiga con me. Ridi con me.
Finché resteremo uniti, la distanza sarà solo uno sciocco dettaglio.
Mi rendo conto che possono risultare parole fatte, parole di un ragazzino che non sa cosa significa amare una donna che potrà incontrare solo pochi giorni all’anno. Tuttavia, devi sforzarti di farmi un grosso favore. Come io ritengo che tu sia una donna ormai, tu guardami come se fossi già un uomo. Perché è questo che sono: il tuo uomo.
Non so come andrà a finire.
Non so se questa lettera riuscirà a farti davvero capire quanto io sia certo di ciò che ho scritto.
Quello che so è che ho provato sulla mia pelle a vivere senza di te, e non ci riesco. Quello che so, è che farò di tutto, qualunque cosa, perché il nostro amore continui a vivere. Non lascerò che muoia, non lascerò che ti dimentichi di me.
Non posso permetterlo!
Quindi, amami.
Solo questo. Amami come hai sempre fatto, fidati di me, io non ti abbandonerò mai.
In queste pagine ho raccontato solo il passato, ho confessato tutto quello che provo. Il futuro non lo conosco ma conosco noi due. Siamo forti, insieme niente ci può sconfiggere. Devi solo crederci con a me.
Credici Vale.
Amami.
Non lasciare che il contesto rovini il significato.
Confida in me, lascia che ti aiuti a superare la distanza. Lascia che sia io a prendermi cura di te e allora anche tu non avrai più alcun dubbio.
Apri la finestra, Vale. Fai entrare la mia luce, terremo lontane le ombre.
Siamo noi il nostro futuro.
Ti Amo
Fine
***L’Autrice***
Scrivere la parola FINE è stata una vera tortura. Chi segue questa storia da anni, da quando ho cominciato a scriverla, sa quanto sia difficile per me scrivere questa parola.
Massi e Vale sono stati il mio mondo per tanto di quel tempo che non posso credere che sia finita. Forse è per questo che ci ho messo anni a terminare questa storia. Avevo paura di questo giorno. Eppure, sono consapevole che i miei personaggi meritano una fine. Certo, non è un finale proprio definito ma è così perché un giorno mi piacerebbe scrivere ancora di loro, incontrarli ancora nella mia mente e sulle mie pagine. Immaginare come sarebbe la loro vita a venticinque o trent’anni. Pensare a loro come adulti, entrare nelle loro menti da adulti.
E’ difficile scrivere questo commento. Chi leggerà questa storia solo adesso, magari penserà che sono un po’ melodrammatica –o completamente fuori di testa- ma Massi e Vale li conosco da anni. Avevo diciotto anni quando li ho incontrati per la prima volta, frequentavo ancore le superiori. E adesso ne ho ventisei, vivo con l’amore della mia vita e abbiamo un figlio. Massi e Vale mi sono stati accanto per troppo tempo perché io possa concludere questa storia con il cuore completamente leggero. Lascia tutto un sapore agrodolce: sono felice ma allo stesso tempo è come se io in prima persona stessi affrontando una partenza. I miei personaggi hanno trovato la loro fine, per il momento, e ora devo lasciarli andare.
Mi mancheranno tutti, D’Arcangelo compresa.
Mi scuso per questo sfogo un po’ troppo melenso ma non potevo salutare Massi, Vale e tutte le ragazze che mi hanno sempre seguito con un semplice “Sono contenta di aver finito”. Tutti loro meritano di più. E se tu, hai letto la mia storia per la prima volta solo adesso, sappi che ringrazio anche te.
Ci ho lasciato il cuore, la mente e tutta me stessa in queste pagine. E ora sono fiera di aver portato i miei personaggi fino alla conclusione, anche se ci sono voluti anni.
Finisce così la storia di Massi e Vale.
Un bacio |
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