La ragione del cuore

di robsten23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Tredici ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quattordici ***
Capitolo 16: *** Capitolo Quindici ***
Capitolo 17: *** Capitolo Sedici ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciassette ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciotto ***
Capitolo 20: *** Capitolo Diciannove ***
Capitolo 21: *** Capitolo Venti ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventuno ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventidue ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventitre ***
Capitolo 25: *** Capitolo Ventiquattro ***
Capitolo 26: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Prologo

u

 

 

 

Pov Elena

 

Seduta accanto alla finestra della mia camera osservo la pioggia, di un breve e tempestivo temporale di fine estate, che incessante e violenta scorre con fragore.

Le gocce di pioggia che battono sul vetro, il loro continuo ticchettio che mi stordisce, mi fa sempre uno strano effetto, mi fa sempre fermare a pensare e mi ritrovo a interrogarmi su mille cose, cose a cui spesso non voglio rimuginare.

Molti odiano la pioggia, la ritengono portatrice di malinconia e tristezza. Per me non è mai stato così. Ricordo che da bambina, tutte le volte che pioveva, mi mettevo seduta dietro il vetro della finestra del salotto di casa e osservavo quelle gocce che cadevano dal cielo bagnando la terra.

Non so spiegarmi il perché, ma è sempre stato così.

Forse inconsapevolmente sono stati i miei genitori a farmi apprezzare la pioggia.

Mio padre, quello che mi ha cresciuto da quando sono venuta al mondo, mi diceva sempre: “Non maledire ciò che viene dal cielo, inclusa la pioggia. Non importa cosa ti precipiti addosso, non importa quanto violento sia il nubifragio o gelida la grandine; non rifiutare quello che il cielo ti manda”.

Mia madre, invece, non faceva che ripetere a me e Jeremy quanto imparziale fosse la pioggia. Diceva: “la pioggia cade sempre nello stesso modo sul giusto e sul malvagio”. C’è lo ripeteva tutte le volte che noi due, troppo presi da noi stessi, ci mettevamo a giudicare gli altri.

Per mamma, nessuno era perfetto motivo per cui nessuno poteva permettersi di giudicare qualcun altro. Lei era come la pioggia, neutrale.

Cercai di scacciare via i pensieri dei miei genitori, di quelle due persone che fino ad un anno prima era certa mi avessero messo al mondo e che all’improvviso erano diventate solo un uomo e una donna innamorati che avevano accolto una bambina nelle loro vita trattandola come una vera figlia.

Ho passato gli ultimi mesi cercando di lasciare lontani i pensieri, cercando di concentrarmi solo sul presente, senza fantasticare come ho sempre amato fare. Sapevo che era giusto così perché la vita all’improvviso mi aveva avvolta e travolta.

Il turbinio del quotidiano in tutto lo scorso anno non mi ha permesso di concedermi spazi di riflessione, non mi ha concesso quel giusto silenzio che occorreva per guardare le cose serenamente, quel giusto silenzio che oggi, finalmente, riesco a sentire mentre guardo la pioggia.

Nel corso di quest’ultimo anno sono cambiate tante cose e certo la scoperta di essere stata adottata è solo un piccolo tassello di quel grande puzzle che sono stata costretta a costruire.

Vivi per diciassette anni in un mondo che credi sia così come appare, invece, in un battito di ciglia ti accorgi che questo mondo tutto è tranne che quel luogo normale che vuole apparire.

Vampiri, streghe, licantropi, maledizioni, incantesimi, doppelganger.

Tutto ciò che credevo leggenda si è rivelato realtà e io mi sono ritrovata ad essere il bersaglio preferito di questo mondo leggendario di cui ignoravo l’esistenza.

Dopo un anno adesso tutto sembra tranquillo. Il pericolo è scampato e stranamente posso circolare per le strade di Mystic Falls senza dovermi portare dietro un vampiro come guardia del corpo.

I nemici sono stati sconfitti e la pace e la tranquillità sono tornati nella mia vita, in quella dei miei amici e in generale in tutta la città.

Lo so, sembra tanto un finale da libro, ma purtroppo questa è la vita vera, la vita di una diciassettenne che ha dovuto affrontare prove che ben poco collimano con le esperienze di una normale adolescenza.

E adesso eccomi qui, ad un passo dall’affrontare un nuovo, ultimo anno di liceo cercando di vivere una vita quantomeno normale insieme a persone che di normale non hanno nulla.

Ma in fondo che vita normale mi dovevo aspettare? In fondo sono una Gilbert, una discendente dei Petrova, una delle mie migliori amiche è una Bennett, il mio ragazzo insieme al fratello sono dei Salvatore, un altro amico è un Lockwood.

Soltanto chi non conosce Mystic Falls, la sua storia, i suoi fondatori avrebbe potuto credere che la mia vita potesse essere normale.

Il destino ha scelto per me una vita diversa da quella che avevo in programma, ma non voglio lamentarmi, non posso lamentarmi, perché tutto quello che ho vissuto in quest’ultimo anno mi ha condotto qui.

Eppure adesso, mentre fisso la pioggia che incessante scorre dietro la finestra, sento qualcosa allo stomaco, qualcosa che ho imparato a riconoscere come paura, una paura che a confronto di quello che ho dovuto sopportare lo scorso anno sembra una bazzecola, eppure in questo momento mi sembra il problema più insormontabile che esista.

Ho imparato tutto sui vampiri, sulle streghe e su tutto ciò che di sovrannaturale c’è al mondo, ma nessuno durante tutto lo scorso anno mi ha insegnato una cura per il male d’amore, nessuno mi ha insegnato come ci si comporta quando all’improvviso ti rendi conto che il tuo cuore in qualche modo non batte solo per una persona, ma per due e non due persone normali, due vampiri l’uno l’antitesi dell’altro.

Fino a qualche tempo fa credevo che il mio cuore sarebbe sempre appartenuto a Stefan. È lui che mi ha insegnato ad amare davvero e mai ho avuto dubbi sui miei sentimenti per lui, eppure mentre cercavo di sopravvivere e di proteggere le persone che amavo mi sono affezionata sempre di più a Damon, il fratello ribelle e apparentemente senza cuore giunto in città per distruggerla.

Ho osservato con quanta dedizione mi è stato accanto anche quando lo respingevo, l’ho visto rischiare la sua vita per proteggere la mia, l’ho visto  lottare seppur inconsapevolmente con l’essere spietato che era un tempo e l’ho visto lottare per non far uscire fuori la sua umanità e tra uno sguardo e l’altro quel ragazzo, che all’inizio avevo odiato, si è fatto spazio dentro di me occupando un posto che non credevo mai gli avrei potuto dare.

E adesso eccomi qui, giunta alla fine di una battaglia per la sopravvivenza e pronta per iniziarne un’altra per la felicità.

Semplice affetto quello che provo per Damon? Forse gratitudine per avermi salvato la vita oppure qualcosa di più?

Confusione, ecco cosa c’è dentro di me.

Quando hai il cuore diviso tra due persone non sai nemmeno tu chi ami davvero e ti ritrovi ad un bivio.

Acqua o fuoco, terra o cielo, razionalità o irrazionalità, destra o sinistra, finito o infinito?

Stefan o Damon?

Il buono e onesto o il cattivo e ribelle?

Per chi batte davvero il cuore di Elena Gilbert?

 

Robsten23

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Uno

u

 

 

 

Pov Elena

 

Ero in macchina di Damon insieme a lui, Stefan e Tyler e dietro di noi sull’auto di Matt c’era quest’ultimo, Caroline, Bonnie e Jeremy.

La nostra meta era il Grill. Il giorno seguente sarebbe iniziata la scuola, quello che sarebbe stato per me l’ultimo anno di liceo.

Avrei preferito di gran lunga passare la serata a casa, magari scrivendo sul mio diario gli ultimi avvenimenti e godendomi finalmente quella sensazione di pace che provavo da quando avevamo sconfitto Klaus. Caroline, invece, si era presentata a casa mia con il chiaro intento di coinvolgere tutti in una serata di divertimento e alla fine non avevo saputo dirle di no.

 

Inizio Flashback

Sentii un fruscio provenire dalla finestra della mia camera e mi voltai a controllare, ma non vidi nessuno, così tornai a concentrarmi sul mio diario.

“Stai sempre a scrivere”.

Mi voltai spaventata e mi ritrovai Caroline a pochi centimetri da me.

Ecco cos’era il fruscio che avevo sentito poco prima.

“Ma sei scema? Mi hai messo paura”.

“Ops. Non volevo giuro”.

Chiusi il mio diario e lo posai sul letto, poi mi voltai verso di lei notando la sua espressione raggiante.

“La tua espressione mette paura. Cosa hai in mente?” le domandai.

“Domani inizia la scuola”.

“Il che significa?”

“Che questo è il nostro ultimo giorno di divertimento prima dell’inizio del nostro estenuante ultimo anno di liceo”.

“Quindi?”

Era strano da dirsi, ma quando metteva su quell’espressione mi metteva paura, in senso metaforico ovviamente.

“Andiamo tutti al Grill a festeggiare” mi disse euforica.

“Non se ne parla proprio”.

“Ti prego” aggiunse facendomi il labbro tremulo.

“Caroline non attacca stavolta”.

“Senti Elena. Questi mesi estivi sono stati i più terribili delle nostre vite. Abbiamo rischiato di morire tutti e certo non è stata l’estate che avevamo prospettato di trascorrere, quindi tu adesso muovi il culo da quel letto, ti togli il pigiama e ti prepari. Io e gli altri ti aspettiamo sotto” mi disse prima di sparire dalla mia vista a velocità sovrumana.

Uscii dalla mia stanza e mi affacciai alle scale ritrovandomi tutti i miei amici all’ingresso di casa.

Matt e Tyler, Caroline e Stefan, Bonnie e Jeremy, perfino Damon.

Se quella pazza di Caroline aveva coinvolto anche Damon in quella che si prospettava una serata a base di amici certo io non avevo speranze di resistenza.

Fine Flashback

 

Grazie alla guida spericolata di Damon raggiungemmo il locale in pochissimo tempo e subito ci avvicinammo al bancone per ordinare qualcosa da bere, poi unimmo due tavoli e ci sistemammo lì iniziando a parlare, ridere e scherzare.

A guardarci da fuori sembravamo otto normali ragazzi che trascorrevano una serata in compagnia tra risate e scherzi, ma se c’era qualcosa che avevo imparato nel corso di quell’ultimo anno era che di normale al mondo non esisteva nulla.

A volte ero certa che neppure il nostro modo di volerci bene era normale, eravamo diventati troppo dipendenti l’uno dall’altro, anche se ovviamente c’era sempre l’eccezione che confermava la regola e in questo caso si

trattava di Bonnie e Damon.

La mia amica strega non aveva mai accettato davvero Damon. Nonostante tutto quello che lui aveva fatto per me, per noi, lei lo vedeva ancora come una minaccia e certo lui non faceva nulla per entrare nelle sue grazie.

La verità era che, forse, l’unica ad averlo capito fino in fondo ero stata io, o forse semplicemente mi piaceva l’idea che fosse così.

Osservai mio fratello ridere con entusiasmo guardando Bonnie e non potei fare a meno di sorridere anche io. Da quando quei due si erano messi insieme sembrava che nella vita di Jeremy fosse finalmente entrato un raggio di sole che faceva risplendere tutte le sue giornate e io non potevo che essere felice per questo.

Poi i miei occhi si posarono sui miei tormenti, prima su Stefan, poi su Damon.

Li guardai attentamente cercando di capire come fosse possibile provare qualcosa per due opposti quali erano loro due.

Stefan, in jeans chiari e maglietta marrone, sorrideva alle battute di Tyler intavolando una conversazione mentre giocherellava con le mie dita baciandole ogni tanto o rivolgendomi sorrisi da far girare la testa. Sembrava felice, felice come non lo avevo mai visto.

Damon, invece, rigorosamente vestito di nero, beveva il suo whiskey in tutta tranquillità. Silenzioso forse più del solito sembrava avere qualcosa che lo tormentava. Era completamente assorto nei suoi pensieri e totalmente estraneo alla conversazione, un po’ come me del resto.

“Che ne dite di una partita a biliardo?” propose Jeremy euforico.

“Andata” risposero Matt e Tyler dopo essersi scambiati uno sguardo complice.

“Chi perde paga da bere per tutti” propose Stefan dopo avermi dato un bacio sulla tempia.

“Io gioco in squadra con Jeremy” aggiunse Bonnie.

“Ok, allora è ufficiale. Stasera il mio portafogli piangerà lacrime salate” rispose mio fratello facendo ridere tutti quanti.

Era risaputo che Bonnie fosse una frana con il biliardo.

Lei assunse un’espressione imbronciata, ma quando mio fratello le si avvicinò e le diede un bacio a fior di labbra sembrò tornargli il sorriso.

Tutti quanti si spostarono alla carambola, mentre io e Damon restammo al tavolo.

Notai che si erano divisi in due squadre. Matt, Tyler e Caroline da una parte e Bonnie, Jeremy e Stefan dall’altra.

“Credo che, forse, Jeremy ha ancora qualche speranza di vittoria” dissi a voce alta considerando che Stefan era un bravissimo giocatore e che avrebbe facilmente sopperito le mancanze di Bonnie.

“Beh Stefan gioca bene, certo non è un professionista come me, ma è ok”.

“Il solito modesto” dissi sorridendo e per la prima volta in quella serata lui ricambiò il sorriso, uno di quei sorrisi che amavo vedergli addosso.

Piombò il silenzio per qualche secondo, poi decisi di romperlo.

“Andiamo a giocare anche noi?” proposi.

“Per sembrare un’allegra combriccola di amici?” mi domandò lui assumendo il suo solito tono di voce beffardo.

“Non è questo che siamo?”

“Voi, forse, io no di certo”.

“Damon potresti…” dissi prima che lui mi interrompesse.

“Io non sono come voi”.

“Perché scusa come siamo noi?”.

“Umani” mi rispose abbassando lo sguardo.

“Beh non mi risulta. Guardali, due vampiri, un licantropo, una strega e due umani. Credo che se i calcoli non mi inganno gli umani siano in netta minoranza” dissi riferendomi a loro che giocavano.

“Sai benissimo che non mi riferivo a questo”.

“E allora a cosa?”

Volevo che fosse lui a dirlo, perché io avevo già capito a cosa si riferisse.

Lui rimase in silenzio. Non me l’avrebbe data vinta.

“Umanità, ecco di cosa parli” gli dissi.

“Una volta ti ho detto che Stefan non voleva essere come me, ma questo non significava che sotto sotto non lo fosse. Beh, mi sbagliavo. Lui non è come me, nessuno lì è come me”.

“Forse la verità è che tu non vuoi essere come loro, come Stefan, ma questo non significa che tu sotto sotto non lo sia. Sei migliore di quello che credi. Io lo so”.

Lui mi guardò e sorrise, uno di quei sorrisi da ritenersi illegali.

“Elena, Elena” disse scuotendo la testa “la gentile donzella sempre pronta a vedere del buono in tutti”.

Non dissi nulla, ma mi limitai a sorridere. Damon non sarebbe cambiato mai.

Un cameriere si avvicinò e portò una birra a Damon.

“Ne prendo una anche io”.

“E da quando?” mi domandò lui.

“Da adesso” gli risposi prendendo la birra datami dal cameriere e avvicinandola alla sua facendola scontrare prima di berne un sorso.

“Mi ricorda qualcosa” disse solamente lui sorridendomi prima di berne un altro sorso.

In effetti anche a me quella scena ricordava qualcosa, forse uno dei momenti più importanti di quell’ultimo anno, il momento in cui avevo iniziato a guardare Damon con occhi diversi.

E quasi senza accorgermene i pensieri andarono diretti a quel giorno, a quando l’anno prima Damon mi aveva portato ad Atlanta con lui dopo avermi salvato da un incidente d’auto e da un vampiro.

 

Inizio Flashback

Eravamo al bar seduti a mangiare un hamburger e Damon sembrava diverso, era gentile e divertente.

Era riuscito a farmi accantonare per un momento i problemi con Stefan e le sue bugie in merito a Katherine e ci eravamo messi a parlare di cose stupide, banali quasi, ma stranamente mi piaceva.

“Allora supponendo che io discenda da Katherine questo farebbe di me una mezza vampira?” gli domandai.

“Non possiamo procreare” mi rispose serio “ma ci piace provarci” aggiunse poi malizioso.

Gli scoccai un’occhiata che lanciava ben poco all’immaginazione e subito lui riprese a parlare tornando serio.

“No, se foste imparentate avrebbe avuto un bambino prima della trasformazione”.

“Stefan pensava di potermi usare per rimpiazzarla?”

“Se vuoi un mio parere è un po’ inquietante”.

Scossi la testa pensando alle bugie di Stefan, al fatto che non mi avesse detto niente e Damon dovette accorgersene, perché subito torno a parlare.

“Non ti piacciono i sottaceti, scusa?” mi disse retorico prima di prenderne un paio dal mio piatto e mangiarli.

“Perché puoi mangiare se…tecnicamente sei…” mi fermai non sapendo bene come esprimere il mio concetto.

Lui si guardò in giro, poi guardò me.

“Moorto…non è mica una parolaccia. Purchè assuma abbastanza sangue regolarmente, il mio corpo funziona come tutti gli altri” mi rispose ingozzandosi una patatina fritta con uno sguardo alla Damon Salvatore.

Sorrisi sincera. “Tutta questa gentilezza…c’è qualcosa di vero?” domandai poi.

Lui mi guardò e rispose con un verso gutturale che voleva dire “si certo” e stranamente gli credetti.

“Ecco qua” disse Bree porgendogli un'altra birra.

“Grazie” le rispose lui.

“Ne prendo una anche io” dissi.

Damon mi guardò come a dire “scusa?”

“Timeout ricordi, per cinque minuti. Beh quei cinque minuti hanno bisogno di una birra”.

“Eccola” mi disse Bree porgendomela.

La presi e poi scontrai la mia bottiglia con quella di Damon prima di iniziare a berla mentre lui mi guardava ancora stranito.

Fine Flashback

 

Fu quella la prima volta in cui decisi di fidarmi di Damon. Non avevo certezze e forse me ne sarei pentita, ma in quel momento vidi un Damon diverso e ne approfittai.

Restammo in silenzio per un po’. Io intenta a guardare i ragazzi ridere mentre giocavano e beccandomi qualche occhiata innamorata da parte di Stefan e Damon intento a scrutare chissà cosa mentre terminava la sua birra.

“Me ne vado” mi disse mentre anche io bevevo un sorso di birra.

Tossii abbastanza forte da sputare quasi il liquido che avevo in bocca, tanto forte da farmi sentire perfino dai ragazzi che giocavano. Vidi Stefan guardarmi e lo rassicurai con lo sguardo, poi tornai a guardare Damon.

“Hey fai attenzione. Cerca di non attentare alla tua vita. L’abbiamo appena salvata” mi disse lui con il suo solito tono di voce.

Possibile che quello che avesse detto pochi secondi prima non avesse nessun significato per lui?

“Damon smettila di fare battutine stupide. Che diavolo significa che te ne vai?”.

“Che faccio i bagagli e tolgo il disturbo”.

“Scusa?” chiesi ancora sperando che scherzasse.

“La verità è che sono arrivato a Mystic Falls per due motivi: distruggere questa città e rendere un inferno la vita di Stefan”.

Si interruppe portando lo sguardo sul fratello che in quel momento stava cercando di imbucare una palla.

“E poi cosa è successo?” gli dissi per indurlo a continuare.

“Poi ho incontrato te e qualcosa è iniziato a cambiare, tutto ciò che per 150 anni ho voluto, ha perso di significato. Sono rimasto in questa città solo perché qualcosa mi teneva qui, sentivo di doverti proteggere e l’ho fatto. Il mio compito adesso è finito, motivo per cui la mia presenza qui non ha più senso” concluse guardandomi negli occhi.

“Stai scherzando spero. Questa città è diventata la tua casa, io, Stefan e quelle persone lì” gli dissi indicando i miei amici “adesso siamo la tua famiglia. Non puoi andartene”.

“Si che posso e lo farò, domattina”.

“No che non puoi”.

“Dammi solo una buona ragione per non farlo”.

“Io”.

“Tu cosa?”.

“Io non voglio che vai via”.

“Non mi sembra un motivo valido. Qui hai tutto ciò che ti serve anche senza di me”.

Non riuscivo a spiegarmi il motivo per cui lui non riuscisse a capire quanto fosse per me importante che lui restasse eppure non riuscivo nemmeno a spiegarglielo, a farglielo capire.

“Senti Damon…” provai a dire, ma lui si alzò dal tavolo.

“Andiamo a far vedere a quei sei come si gioca davvero a biliardo. Sono delle schiappe” mi disse facendomi cenno di seguirlo.

“Damon aspetta” dissi, ma inutilmente.

Era già andato alla carambola e l’unica cosa che mi restò da fare fu seguirlo e così ci unimmo agli altri.

Non ero una giocatrice brava come lui o Stefan, ma ero nella norma. Me la cavavo abbastanza bene.

Era stato Matt a insegnarmi a giocare proprio in quel locale quando eravamo solo dei bambini e da allora, spesso, quando andavo al Grill se c’era un’occasione buona per giocare non mi tiravo mai indietro.

Tra risate, scherzi, prese in giro e scommesse perse trascorremmo la serata in allegria. E mi sembrò che perfino Damon si fosse divertito, anche se ero certa non lo avrebbe mai ammesso.

Al termine della serata ci dirigemmo alle macchine e ognuno tornò a casa propria. Ad accompagnare me e Jeremy a casa furono Stefan e Damon, visto che eravamo venuti con l’auto di quest’ultimo.

 “Damon ti dispiacerebbe attendere un secondo? Jeremy deve darmi una cosa” disse Stefan quando giungemmo a destinazione.

“E cioè?” chiese mio fratello che sembrava totalmente all’oscuro di ciò che stava dicendo il mio ragazzo.

Stefan gli fece uno sguardo che lasciava ben poco all’immaginazione e come per magia Jeremy sembrò capire.

“Ah si certo, quella cosa. Dai muoviti” gli disse mio fratello facendogli cenno di entrare dentro e reggendogli il gioco.

Sapevo cosa era appena successo ed ero certa che anche Damon l’avesse capito.

“Il tuo ragazzo è un’idiota” mi disse.

Non potei fare a meno di sorridere.

“Damon” dissi poi a mo di rimprovero.

“Mai dai Elena, cos’era quello che ha appena fatto? “Jeremy deve darmi una cosa?” ” disse imitando la voce di Stefan “ma dai quello lì non aveva idea di quello di cui Stefan stesse parlando”.

“Voleva semplicemente lasciarci un attimo da soli” gli dissi io.

Ero certa che il mio ragazzo avesse ascoltato tutta la conversazione che io e Damon avevamo fatto al Grill e potevo essere piuttosto certa che anche lui come me non voleva che Damon se ne andasse. Io ero l’unica che poteva convincerlo, almeno così credeva Stefan, visto che io non ne ero affatto convinta.

Ci aveva lasciati soli per parlare, consapevole che poteva essere l’ultima volta. In fondo Stefan aveva capito che Damon per me era molto importante, aveva capito che gli volevo un gran bene e sapeva che quella partenza mi avrebbe fatto soffrire.

“L’ho capito questo, ma sono convinto che poteva trovare un modo meno esplicito per farlo”.

Non dissi nulla e distolsi lo sguardo.

Ci fu un attimo di silenzio, poi mi decisi a scendere dalla macchina e non appena lo feci mi ritrovai Damon a pochi centimetri da me.

Dannata velocità vampiresca.

Fui costretta ad alzare di nuovo lo sguardo e in quel momento incontrai i suoi occhi color del ghiaccio.

“Così questo è un addio, vero?” domandai a lui.

“Io lo chiamerei un arrivederci piuttosto”.

“Ah si? Perché hai intenzione di tornare?” gli domandai ironica.

“Wow, siamo diventate anche sarcastiche. Devo dire che ho fatto un ottimo lavoro con te”.

“Potresti essere serio per una volta in vita tua?”

“Cos’è che vuoi sentirti dire?” mi domandò tornando improvvisamente serio.

Non mi sarei mai abituata a quegli sbalzi d’umore e, forse, ormai, non serviva più che lo facessi. Lui se ne andava, per sempre.

“Che resterai, ad esempio”.

“Non voglio”.

“Uhm” dissi alzando un po’ il tono di voce “ti odio lo sai?”.

“Lo sospettavo” mi disse sorridendo.

Rimasi in silenzio guardandolo furente.

“Non è un addio” mi fece notare dopo qualche secondo.

“Si che lo è, ed è uno schifo perché dire addio significa andare via e andare via significa dimenticare”.

“Elena…” provò a dire lui prima che io lo interrompessi.

“Domani non venire a salutarmi”.

“Scusa?” mi chiese stranito dalla mia richiesta.

“Non ho mai amato gli addii o gli arrivederci come l’hai appena definito tu, quindi evita il disturbo”.

Mi allontanai da lui, ma sentii la sua voce e mi voltai a guardarlo.

“Non fare niente di insensato e prenditi cura di Stefan, ma non dirgli che te l’ho chiesto. Sai com’è, non voglio che si monti troppo la testa” concluse con il suo tono canzonatore.

“Bene” dissi voltandomi di nuovo e dirigendomi dentro casa.

Entrai e mi richiusi la porta alle spalle. Una lacrima solitaria si impossessò dei miei occhi, ma la scaccia prima che qualcuno potesse vedermi.

Stavo per salire sopra quando sentii qualcosa dentro di me impedirmelo.

Senza nemmeno pensarci due volte uscii di nuovo fuori e trovai Damon nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato.

Mi avvicinai e quando fui ad un passo da lui lo guardai negli occhi.

“Ho bisogno di te”.

“Cosa?” mi chiese forse non comprendendo bene il significato nelle mie parole.

“Prima, al Grill, mi hai chiesto una buona ragione per non andartene. Beh, te ne ho appena data una, e credimi non sono mai stata più sincera di così in vita mia”.

Mi avvicinai e gli diedi un bacio sulla guancia, poi correndo entrai in casa lasciandolo lì impalato ad attendere l’uscita di Stefan.

Non sapevo cosa avrebbe deciso di fare, ma la speranza che avrebbe deciso di restare era forte dentro di me.

Forse ero egoista, forse avrei dovuto lasciarlo andare, ma non ci riuscivo. Non riuscivo più ad immaginarmi una vita senza Damon, senza il suo sguardo, senza le sue battutine, senza i suoi sorrisi.

Mi diressi velocemente in camera mia chiudendomi la porta alle spalle, ma qualche secondo dopo sentii qualcuno bussare e in pochi secondi mi ritrovai tra le braccia di Stefan.

Lo strinsi a me più forte che potei e in quell’abbraccio sentii tutto l’amore di cui avevo bisogno in quel momento.

Si staccò leggermente e mi posò un delicato bacio sulla fronte.

“Mi dispiace amore” mi disse solamente.

“Non riesco a capire perché. Cavolo noi siamo la sua famiglia, Mystic Falls è diventata la sua casa. Non può andarsene via, non ha senso”.

“Niente di quello che fa Damon ha apparentemente senso”.

“È un’idiota”.

Lui mi guardò e mi sorrise.

“Neanche io voglio che vada via. Vorrei che restasse qui. L’ho finalmente ritrovato, perché so che adesso quel fratello che avevo creduto di aver perso è riapparso dentro di lui, anche se lui non lo ammetterà mai. Vorrei che fossimo finalmente la famiglia che non siamo mai riusciti ad essere e so che tu lo vorresti qui, ma non possiamo essere egoisti, non possiamo costringerlo a restare. Magari si renderà conto da solo che sta sbagliando e fra qualche giorno, qualche settimana c’è lo ritroveremo di nuovo tra i piedi”.

“Non ci credi neanche tu a quello che stai dicendo. Sai benissimo che non tornerà”.

“Si, è vero, ma questo non significa che non io non possa sperarci”.

Mi buttai di nuovo tra le sue braccia e lo strinsi più forte che mai, forse sperando di trovare in quell’abbraccio tutto quello che mi sarebbe mancato dopo la partenza di Damon, ma quando mi staccai da lui mi ritrovai con le stesse identiche paure di prima.

Damon stava andando via proprio nel momento in cui iniziavo a guardalo con occhi diversi, proprio nel momento in cui stavo iniziando ad ammettere a me stessa che dentro di me quegli occhi color del ghiaccio e quel sorriso straffottente non mi erano per niente indifferenti.

“Vuoi che resti qui stasera?” mi chiese Stefan.

“No, è meglio che torni a casa. Hai ancora un’intera notte da trascorrere con lui. Mi sentirei un’egoista a chiederti di restare e poi sto bene. Insomma me la caverò. Ci sei tu con me, giusto?”.

“Sempre” mi disse sorridendomi.

Si avvicinò e mi baciò a fior di labbra e in quell’istante, per la prima volta da quando conoscevo Stefan, da quando mi ero accorta di amarlo, sperai che ci fossero altre labbra sulle mie, altre mani sulle mie guance, altri occhi a guardarmi.

Damon.

Iniziavo seriamente a credere che quel ragazzo sarebbe diventato per me una dannazione eterna.

 Robsten23

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Due

u

 

 

 

Pov Elena

 

Un anno importante quello che stavo per affrontare, il mio ultimo anno a scuola.

Ricordavo ancora il primo giorno del mio primo anno.

Era stato papà ad accompagnarmi a scuola quella mattina e con un sorriso a trentadue denti mi aveva fatta scendere davanti al cortile della scuola dicendomi che stavo per iniziare un nuovo percorso. Ed aveva terribilmente ragione. Finisce un percorso, per far si che ne possa iniziare uno nuovo.

È sempre così nella vita, finisce una cosa e ne inizia un’altra.

Sarà tutto piuttosto uguale, questo credo di saperlo già, ma affronto il nuovo anno con una testa decisamente diversa, una testa in cui dovrebbe esserci la calma, la felicità e, invece, ci sono tanti dubbi, tante incertezze e tanta paura.

Succede sempre così, forse, quando ci si ritrova a provare qualcosa per due persone tanto diverse tra di loro.

Razionalmente so benissimo come dovrei comportarmi, so che dovrei fare finta di nulla e continuare come se nulla fosse, continuare a mostrarmi felice insieme ad un ragazzo che non so se amo ancora, so che questa sarebbe la cosa giusta da fare, e io sono una persona fondamentalmente razionale.

Finisco di sistemarmi per andare a scuola, ma prima di uscire gli occhi si posano su una delle tante foto che ho sulla scrivania, ma non una foto qualsiasi, una che ritrae me e Damon che sorridiamo all’obiettivo.

Dalla foto si scorge la figura di Stefan, ma il suo volto non viene ritratto e in questo momento dentro di me mi sento un po’ come in questa foto.

Ci sono io e il pensiero costante di Damon, mentre quello di Stefan sfiorisce pian piano, nonostante cerchi di tenerlo legato a me.

La verità, invece, è che l’unica cosa che sfiorisce è la presenza di Damon che a quest’ora sarà già chissà dove e mentre scendo le scale per andare a scuola mi maledico per avergli chiesto di non venirmi a salutare.

Sarebbe stato un modo per cercare di convincerlo ancora, anche a costo di legarlo ad una sedia e non farlo andare da nessuna parte, ma purtroppo, ormai, è tardi.

La vita è questa, gente che va e gente che viene. Gente che ti stancherà, gente che nonostante tutto ti mancherà, gente che ricorderai, che rimpiangerai, gente che occuperà una piccola parte del tuo cuore sempre, gente che si prenderà il tuo cuore e che te lo restituirà distrutto, ma gente che lascerà un segno comunque vada e questo sarà Damon, una persona che in qualche modo non potrà essere dimenticata, non da me.

“Hey Elena, non fai colazione?” mi chiese Jenna notando che stavo uscendo di casa senza nemmeno soffermarmi in cucina.

“Non ho molta fame. Mangerò qualcosa più tardi”.

“Va tutto bene?”

“Benissimo”.

La vidi avvicinarsi e aprii la porta per uscire prima che mi raggiungesse, ma mi fermò per un polso costringendomi a guardarla.

“Tesoro, ma che succede? Hai pianto?” mi domandò notando sicuramente il rossore degli occhi.

“Va tutto bene, Jenna, davvero”.

“Hai litigato con Stefan?” continuò a chiedermi lei.

“No, va tutto bene con lui, anche troppo. Adesso vado altrimenti faccio tardi”.

Le sorrisi e uscii di fretta salendo in macchina e raggiungendo la scuola il più in fretta che potevo.

Dovevo trovare un modo per distrarmi e, forse, una buona dose di lezioni avrebbe potuto giovare.

Purtroppo mi sbagliavo di grosso visto che come primo giorno di scuola non facemmo nulla di che. C’era da aspettarselo del resto, motivo per cui avevo trascorso tutta la mattinata a pensare e ripensare a cosa diavolo mi stava succedendo.

Ero così sicura, così convinta di amare Stefan che fino all’ultimo avevo evitato l’evidenza, quell’evidenza che mi avrebbe portato ad ammettere che Damon non mi era indifferente.

Ricordavo ancora le parole che lui stesso aveva usato una sera in casa mia, quella stessa sera in cui poi aveva “ucciso” Jeremy.

“Sei tu la bugiarda Elena. Tra noi due c’è qualcosa e lo sai. E stai mentendo a me, stai mentendo a Stefan e soprattutto stai mentendo a te stessa”.

Quelle parole adesso mi risuonavano alla mente come schiaffi in pieno viso. Ero stata talmente stupida da auto-convincermi che avessi ragione io, che fosse lui a vedere cose che non c’erano. Avevo sempre evitato di pensare a tutto ciò, forse, perché avevo paura che lui avesse ragione, ma adesso, adesso che tutto era finito, adesso che tutto era tornato normale, adesso che il pericolo era passato, la mia mente si era svuotata e non avevo potuto fare a meno di pensare a me, a Stefan e stranamente anche a Damon.

“Hey Elena che ci fai tutta sola? Dov’è Stefan?” mi domandò una voce scuotendomi dai miei pensieri, una voce che conoscevo fin da quando ero una bambina.

“Ciao Bonnie, oggi non verrà a scuola” la salutai per poi guardarla attentamente “sei raggiante” costatai alla fine.

“In effetti”.

“Beh c’è da esserlo non trovi. Finalmente oggi tutto è finito, si torna alla normalità, più o meno”.

“Oggi?” domandai non capendo.

“Intendo dire che la situazione si era già sistemata, ma c’era qualcosa che non rendeva il tutto perfetto”.

“E cioè?”

“Damon”.

Non appena sentii pronunciare il suo nome persi un battito. Possibile che mi facesse questo effetto?

Diavolo lo avevo avuto accanto per così tanto tempo e solo adesso mi rendevo conto degli effetti che aveva su di me.

“Che vuoi dire?” le chiesi sperando che non notasse il mio cambio di espressione.

“Come che voglio dire? Finalmente si è tolto dai piedi per sempre”.

Sapevo quanto lei poco digerisse Damon, ma non credevo fino a questo punto.

“Cioè tu lo sapevi?” domandai alzando la voce.

Ero arrabbiata, decisamente arrabbiata.

“Elena ti senti bene?”

“Da quanto lo sai?” continuai.

“Un paio di giorni. Me l’ha detto Jeremy a cui l’ha detto Damon”.

“E quando avevi intenzione di dirmelo?” le urlai mente notai che un paio di ragazzi si erano voltati a guardarci incuriositi dalla discussione.

“Non credevo che fosse importante. Non capisco perché te la stai prendendo così. È un’ottima notizia questa”.

“Per te, forse, non certo per me”.

“Hey che succede qui?” disse Caroline raggiungendoci.

Con il suo udito vampiresco di sicuro doveva aver sentito le urla da dentro.

“Tu lo sapevi?”

“Sapevo cosa?”

“Non fare finta di non aver capito”.

“Si lo sapevo” mi rispose.

“Quindi ero io l’unica stupida ad essere all’oscuro di tutto? Bene, grandi amiche che mi ritrovo” gli urlai.

Mi voltai e mi allontanai di fretta. La mia direzione era la macchina. Non volevo stare in quel cortile un minuto di più.

Quel primo giorno di scuola era stata disastroso.

Se il buongiorno si vede dal mattino si prospettava un anno da incubo.

“Elena, aspetta” mi urlò Caroline raggiungendomi e prendendomi per un polso seguita da Bonnie.

“Devo andare”.

Strattonai il braccio per liberarmi dalla sua presa e devo dire che lei mi permise di farlo, altrimenti sarebbe stato impossibile.

“Si può sapere che ti prende?”

“Cosa prende a voi piuttosto. Ci siamo sempre dette tutto, mi sarei aspettata che mi avreste detto della sua partenza non appena ne eravate venute a conoscenza”.

Non riuscivo neppure a chiamarlo per nome, faceva troppo male.

“Non credevamo fosse così importante per te saperlo in anticipo” mi disse Bonnie.

“Proprio non lo capisci, vero?”

“Cosa?”

“Per te lui sarà pure un nemico da combattere, sarà pure un’egoista, un prepotente e uno strafottente, non mi importa. Io so chi è davvero e tu non gli hai mai dato la possibilità di farsi conoscere. Sei sempre stata prevenuta. Non sei nessuno per decidere chi è malvagio e chi non lo è. Damon è mio amico, gli voglio bene e ti assicuro che se dipendesse da me non gli avrei mai permesso di andarsene. Adesso se non vi dispiace devo andare”.

Mi infilai in macchina e subito sfrecciai via.

Non volevo sentire niente e nessuno. Avevo esagerato lo sapevo, ma stranamente quelle cose le pensavo davvero.

Damon aveva fatto tante cose brutte, troppe forse, ma a tutti era concesso di sbagliare. Tutti guardavano sempre ciò che di brutto aveva fatto, ma le cose belle? Perché quelle non le guardava nessuno? Perché nessuno si complimentava con lui per tutte le volte che mi aveva salvato la vita? Per tutte le volte che aveva salvato la vita a tutti? Per tutte le volte che era pronto a proteggermi anche a costo di rischiare di morire? Nessuno, non lo faceva nessuno.

Era come se fosse dovuto il suo aiuto, ma non lo era. Avrebbe potuto andarsene via quando aveva sentito puzza di pericolo invece era rimasto e aveva lottato insieme agli altri, come gli altri, anzi forse anche di più.

Senza nemmeno rendermene conto mi ritrovai a casa Salvatore.

Non sapevo perché ero giunta lì, forse per via dell’abitudine.

Spensi il motore e mi diressi verso l’ingresso di casa.

“Stefan è andato a cercare Bambi, sai com’è, aveva un certo languorino”.

Mi voltai di scatto e ciò che vidi mi fece scappare un sorriso.

Damon era seduto sull’erba in giardino con la schiena appoggiata ad una vecchia poltrona mentre leggeva un libro con una mano e con l’altra beveva uno dei suoi soliti drink.

Aveva parlato senza neppure alzare lo sguardo per guardarmi, ma aveva assunto la sua tipica espressione beffarda.

“Che ci fai tu qui?”

Cercai di mostrare un tono di voce forte, non volevo che pensasse che stavo uscendo pazza sapendo che poche ore fa il signorino aveva preso il largo.

“Sai com’è? Io ci vivo qui”.

“Sai benissimo a cosa mi riferisco? Non dovevi essere in partenza questa mattina?”

“Dovevo” rispose superficiale.

Non aveva ancora alzato gli occhi per guardarmi nemmeno una volta. Tipico di lui.

“Sto aspettando” continuai.

Finalmente alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi nei miei. Mi guardò con uno sguardo indagatore, come se non riuscisse a capire a cosa mi stessi riferendo.

“Scusa?” mi chiese poi.

“Aspetto una spiegazione”.

“Cosa vuoi che ti dica? Che resto qui? Che non ho intenzione di partire? Resto qui, non ho intenzione di partire”.

Lo disse guardandomi negli occhi, anche se la sua espressione lasciava intendere una superficialità che sinceramente non sentivo più gli appartenesse.

Non seppi spigarmi il perché, seppi solo che ad una velocità che nemmeno ero certa di possedere mi avvicinai a lui e mi buttai letteralmente tra le sue braccia.

Per la prima volta lo lasciai stupefatto. Non si aspettava questa reazione, lo sapevo e certo non me l’aspettavo nemmeno io, ma era successo.

Lo abbracciai più forte che potei e dopo qualche secondo sentii che anche lui stava ricambiando l’abbraccio.

“Perché?” domandai quando ci staccammo a malapena.

“Perché cosa?”

“Perché hai cambiato idea?”.

“Qualcuno avevo bisogno di me qui, non potevo andarmene” mi rispose sorridendomi beffardo.

Sapevo si stesse riferendo a me. Lo abbracciai di nuovo dopo avergli regalato un sorriso a 250 watt.

“Ringrazia quel qualcuno quando lo vedi” dissi poi mentre mi tenevo stretta a lui.

Lo sentii sorridere, ma non potevo esserne certa in quanto non lo vedevo in volto.

Lasciai perdere questo dettaglio e mi beai di quel contatto con lui. Fu una frazione di secondo, ma la sentii.

Quella sensazione di assoluta pace interiore, quella sensazione che si prova solo quando ci si sente al sicuro, protetti da tutto e tutti, quando si ci sente amati, ma soprattutto quando ci si sente a casa.

Era strano da dirsi, ma Damon era riuscito a farsi spazio dentro di me.

Ci avevo messo tanto a capirlo, ma finalmente c’ero riuscita. Damon era diventato la mia isola personale, la mia isola felice.

 

Robsten23

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Tre

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Pov Elena

 

Era passato più di un mese da quando la scuola era iniziata, un mese da quando Damon aveva deciso di restare a Mystic Falls.
Dentro di me sapevo che il merito era mio, ma speravo che in qualche modo fosse rimasto anche per Stefan, perché quest’ultimo, anche se forse non glielo avrebbe mai detto, aveva dannatamente bisogno di quel cocciuto e testardo di Damon. Erano fratelli e vuoi o non vuoi il legame di sangue prima o poi si fa sentire.

Quanto a me, alla mia vita tutto era tornato normale, quella normalità che avevo prima dell’arrivo di Stefan e Damon. L’unica cosa che di normale non aveva nulla era quella confusione che ancora albergava dentro di me.

Amavo Stefan, ma avevo dannatamente bisogno di Damon. Non sapevo spiegarmi bene se per il maggiore dei fratelli Salvatore provassi amore o cosa, sapevo solo che la mia vita senza di lui non sarebbe mai potuta essere la stessa.

Purtroppo non tutti erano contenti di questo, e quando dicevo non tutti mi riferivo ovviamente a Bonnie che non perdeva occasione per ricordarmi di quanto io fossi stupida a fidarmi di uno come Damon. “Prima o poi scoprirai davvero che razza di persona è. Credi che sia cambiato, ma è lo spocchioso vampiro di sempre”. Parole queste che mi ripeteva ogni santo giorno.

“Hey amore a che pensi?” mi domandò Stefan mentre eravamo nel salone di casa sua.

Lui era sdraiato sul divano mentre io avevo la testa appoggiata sul suo petto mentre cercavamo entrambi di studiare. O meglio io lo facevo, lui si divertiva ad ascoltarmi considerato che la storia la conosceva meglio ancora del professore visto che l’aveva vissuta in prima persona.

“Niente. Solo al fatto che mi sono scocciata” mentii anche se non del tutto.

“E sentiamo che vorresti fare?”.

“Lasciar perdere”.

“Abbiamo quasi finito”.

“Uffi” mi lamentai guardandolo e sorridendo “che senso ha studiare storia per una verifica quando il tuo fidanzato può benissimo farti copiare?”.

Assunsi un’espressione tenerissima e gli feci anche il labbro tremulo. Ero sicura che avrebbe funzionato.

“Stai giocando sporco” si lamentò lui.

“Non ho mai detto di non volerlo fare”.

“Sbaglio o la signorina qui presente inizia a fare troppa comunella con mio fratello?”

Lo disse sorridendo e io sapevo quanto non ci fossero doppi fini in quella frase, voleva solo dire che un’uscita come quella che avevo avuto era tipica di Damon, ma nonostante lo sapessi sentii un battito in meno al cuore.

Perché dovevamo finire per parlare di Damon? Faticavo già di mio a non pensarci e in quei brevi attimi in cui ci riuscivo qualcosa sempre me lo riportava alla mente.

Cercai di non far notare il mio cambio d’umore e sorrisi.

“Spiritoso” gli dissi sorridendogli e colpendolo sul braccio.

Lui ricambiò il mio sorriso poi si avvicinò e mi baciò a fior di labbra e come sempre da qualche tempo non sentii nulla. Il vuoto incessante di emozioni.

Che non lo amassi più? No, impossibile. Stefan era il mio grande amore, quello che avevo aspettato tutta la vita.

E allora cos’era Damon? Beh lui era il bello e tenebroso e come tutti quelli belli e tenebrosi era capace di attrarti a sé come una calamita, ma quell’attrazione non poteva durare troppo.

La verità era che con ogni probabilità mi stavo prendendo in giro. C’era solo un sostantivo ciascuno che potesse andare bene per loro. Stefan era la certezza, Damon l’ignoto.

Quando ci staccammo dal bacio vidi la sua espressione in volto cambiare, mettendo su un’espressione che conoscevo bene: Stefan aveva fame e la mia presenza, la mia vicinanza non faceva altro che solleticargli la gola facendolo impazzire.

“Da quando non mangi?”

“Da ieri sera, ma non importa. Sto benissimo”.

“Non mentire. Ti conosco bene”.

“Beh forse un leggero…” provò a dire.

“Stai morendo di sete, vai a caccia”.

Lo baciai e poi mi alzai.

“Hey” mi disse fermandomi per il braccio “è tutto ok, davvero”.

“Lo so Stefan, ma non voglio che starmi accanto diventi una sofferenza per te. Vai a caccia, tanto io comunque devo andarmene. Ho appuntamento con Caroline al Grill e sai cosa succede quando si ritrova ad aspettare”.

Nel frattempo anche lui si era alzato e così mettendomi in punta di piedi gli diedi un altro bacio, ma questa volta lui volle approfondirlo e nonostante io non mi opposi continuai a non provare nulla.

Sembrava come se tutto ciò che di bello provavo quando le mie labbra incontravano le sue fosse sparito insieme alle minacce sulla mia vita.

“Starti accanto non sarà mai una sofferenza” mi disse quando ci staccammo.

Io gli sorrisi e lui posò la sua mano sul mio viso accarezzandolo. Quante volte nei momenti più difficili avevo desiderato quella mano delicata sul mio viso, tante, troppe forse e adesso che quella mano mi accarezzava con tutto l’amore possibile ero quasi impassibile, quasi sofferente.

“È meglio che vada”.

“Salutami Caroline e mi raccomando sta attenta”.

“Hey potresti smettere di fare il fidanzato protettivo almeno per un po’? Che pericoli vuoi che corra? E poi sono in compagnia di una vampira, non dimenticartelo”.

“Lo so, ma la prudenza non è mai troppa”.

“Ok, hai vinto. Per qualunque cosa ti chiamo”.

Mi avvicinai e lo baciai a fior di labbra, poi presi la borsa e mi diressi verso l’uscita di casa Salvatore.

“Hey passo da te stasera, ok?” mi disse sorridendo.

“No” pronunciai quella parola con troppa enfasi e vidi lui irrigidirsi “Cioè, mi piacerebbe lo sai, ma è meglio di no per stasera. Ho promesso a Jenna una serata di tv e popcorn” mentii spudoratamente.

Non sapevo perché lo avessi fatto, sapevo solo che una parte di me non lo voleva in quel momento, voleva solo un po’ di solitudine per riflettere su cosa diavolo mi stava succedendo.

“Ok. Ci vediamo domani a scuola, allora”.

Gli sorrisi e uscii di casa.

“Ti amo” sentii dire da lui prima di chiudere la porta, ma feci finta di non sentire.

Salii in macchina e mi diressi al Grill.

Arrivai in poco tempo e dopo aver posteggiato entrai dentro, ma mi accorsi subito che Caroline non era ancora arrivata. Stavo per andare a prendere posto in un tavolo quando da lontano vidi l’ultima cosa che volevo vedere.

Damon e Bonnie erano poco distanti da me e dalle espressioni che avevano entrambi potevo facilmente dedurre che stessero litigando. Che novità.

Mi avvicinai di qualche passo e potei sentire la voce tagliente di Bonnie.

“Io riesco a vedere quanto male c’è in te. Non ti voglio qui”.

“E perché credi che questo possa interessarmi?”

“Esci dalle nostre vite. Tu non sei come noi, non sei nostro amico e mai lo sarai”.

“Sei solo un’inutile strega. Di basso rango oltretutto”.

“Damon…” provò a dire lei, ma lui la interruppe.

“Damon, Damon, Damon" le fece il verso lui "certo che parli proprio tanto. Te lo dirò una sola volta e spero che la cosa possa entrarti finalmente in testa. Io non andrò da nessuna parte e sicuramente non lo farò perché sei tu a dirmelo. I tuoi giochetti da streghetta da quattro soldi non mi fa più nemmeno il solletico, quindi, invece, di stare qui a perdere tempo, ti conviene andare a casa. Magari trovi un modo per liberarti di me”.

Aveva assunto un tono strafottente, un tono che conoscevo bene, eppure in quel momento non riuscivo ad avercela con lui.

Bonnie stava esagerando.

“Le farai del male” disse poi all’improvviso lei.

“Scusa?”

“Hai capito benissimo. Restando qui le farai del male, la tua presenza la destabilizza. Possibile che tu non riesca proprio a capirlo?”

Ero sicura che stesse parlando di me, anche se non lo aveva detto chiaramente.

“Sei tu quella che non capisce. Adesso se non ti dispiace, ho il mio drink da finire”.

Damon si allontanò senza voltarsi motivo per cui non si accorse della mia presenza, ma io lo conoscevo e sapevo che in qualche modo le ultime parole di Bonnie lo avevano in qualche modo colpito.

Vidi lei scuotere la testa, poi si girò e finalmente mi vide.

“Che ci fai tu qui?” mi domandò.

“Potrei chiederti la stessa cosa. Ah no, non serve. So già cosa sei venuta a fare” dissi sarcastica “Ti è così difficile sotterrare l’ascia di guerra?”

“Da come lo difendi sembra quasi che…” mi rispose, ma subito si zittì.

“Sembra quasi cosa? È mio amico, gli voglio bene. Non dovrebbe essere così difficile da capire”.

Aspettavo una sua risposta, ma questa non arrivò perché ci raggiunse Jeremy che era andato a pagare il conto e in pochi secondi si dileguarono.

Forse era stato meglio così. Non avevo intenzione di litigare con lei, anche se ultimamente succedeva un po’ troppo spesso e il motivo era sempre lo stesso.

Stavo per avvicinarmi a Damon, quando vidi una ragazza sedersi proprio accanto a lui al bancone.

Si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa. Lui sorrise beffardo e chiese al barista un drink anche per la bionda.

Sarei volentieri andata lì a spaccare la faccia di quell’oca giuliva, ma fortunatamente arrivò Caroline in mio soccorso e ci sedemmo al bar ordinando un panino e una coca cola.

Iniziammo a parlare del più e del meno e la mia bionda amica iniziò a elencarmi una serie di problemi che affliggevano lei e Matt.

A quanto pareva non erano poi così compatibili come avevano sempre creduto.

Si erano presi una pausa, entrambi avevano bisogno di riflettere e capire i loro reali sentimenti.

“L’ho amato davvero tanto, ma ultimamente, non so spiegarti, è diverso. Stefan dice che quando proviamo qualcosa, quando amiamo lo facciamo con tutte le nostre forze, che non esiste nessuno al di fuori della persona amata, dice che è tutto più amplificato, molto di più”.

“E invece?” le domandai mentre con lo sguardo non avevo smesso un attimo di guardare in direzione di Damon e della bionda. Stavano flirtando da fare schifo.

“Invece se ci penso bene da quando sono diventata vampira l’amore per lui è diminuito o meglio si è trasformato in un affetto fraterno. Se lo amassi come credevo sarebbe tutto tremendamente più semplice, soprattutto adesso che lui sa”.

Continuai ad ascoltarla non distogliendo lo sguardo dal maggiore dei fratelli Salvatore e alla fine mi sembrò di capire che la conversazione con me, le mie risposte monosillabiche le avevano schiarito le idee. Una pausa di riflessione era quello che serviva ad entrambi.

Amici o amanti, era questo che potevano essere e dovevano prendere la decisione giusta.

“Elena, mi spieghi cosa diavolo guardi da un’ora?” mi domandò alla fine esasperata.

Si voltò all’istante e i suoi occhi catturarono subito la scena che non avevo smesso di guardare nemmeno per un attimo.

“Niente”.

“Niente?” ripeté alzando un sopracciglio “mi spieghi cosa ti succede ultimamente?”

“Cosa dovrebbe succedermi?”

“Dovresti essere felice. Sei finalmente libera, non corri pericoli e hai accanto l’uomo che dici di amare, invece, sei quasi bloccata. Dai l’impressione di essere in un limbo nel quale al minimo passo falso rischi di cadere”.

“Te l’ho già detto che passi troppo tempo con Stefan? Hai iniziato a fare discorsi contorti anche tu”.

Ci guardammo e scoppiammo a ridere, ma la mia risata si spense quasi subito, non appena vidi la bionda avvicinarsi a Damon per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Caroline si voltò e non appena vide la scena tornò a guardarmi e scosse la testa.

“Non riesco a crederci” furono le sue uniche parole.

Nel frattempo la bionda si staccò da lui e insieme brindarono a qualcosa.

Dio che rabbia.

“A cosa?”

“Sei gelosa di Damon”.

Scoppiai a ridere di gusto, una risata che sembrò riecheggiare alle mie orecchie come qualcosa di assolutamente isterico.

Io non potevo essere gelosa di Damon.

“Non essere ridicola”.

“Ma certo, adesso tutto mi torna”.

Assunse l’espressione di una di quelle che sta elaborando qualcosa e alla fine sbottò.

“Dovevo capirlo dalla scenata che hai fatto a me e Bonnie lo scorso mese, quando Damon aveva detto di voler partire. Eri troppo disperata per essere un ragazza che deve allontanarsi da un amico. Poi tutte le stranezze degli ultimi tempi. I tuoi silenzi, il tuo stare sopra le nuvole, il non voler fare uscite a coppia. Ti sei innamorata di Damon” concluse alla fine quasi che anche lei stentasse a crederci.

“Caroline ma ti ha dato ti volta il cervello? Dio santo parla piano. Con l’udito che avete rischi di farti sentire”.

“Tranquilla. È troppo occupato a flirtare con la gallina per prendersi la briga di ascoltarci”.

“Parla piano lo stesso”.

“Sto aspettando che mi confermi la cosa”.

“Non c’è nulla da confermare. Gli voglio bene e non volevo che andasse via. Tutto qui. E il mio comportamento negli ultimi giorno è semplicemente dovuto al fatto che mi devo ancora abituare alla normalità. Fino a un mese fa dovevo aver paura anche ad aprire la finestra. Tutta questa libertà…non ero ancora preparata probabilmente”.

“Elena ti conosco da quando frequentavamo le elementari. Non puoi mentirmi. Non lo dirò a nessuno, lo sai”.

Non dissi nulla, mi limitai a fissare quel cretino insieme alla sua nuova conquista e il sangue mi arrivò al cervello.

“Senti, non lo so che mi succede. Da quando tutto l’incubo è finito sono stata costretta a pensare, a fare un resoconto di tutto ciò che è successo e sono arrivati ad una conclusione, o meglio ad un bivio”.

Mi fermai un attimo.

“Quindi?” mi esortò a continuare.

“Ho il cuore diviso. Da una parte c’è la ragione, dall’altra l’istinto, da una parte il ghiaccio, dall’altra il fuoco, da una parte la certezza, dall’altra ignoto. Non riesco a capire cosa mi sta succedendo, ma so che provo qualcosa per lui e adesso non riesco a capire quale sentimento sia più forte, se quello verso Stefan o quello verso quell’idiota” conclusi guardandolo.

“Non vorrei dirlo, ma sei in un bel guaio”.

“Grazie per l’incoraggiamento”.

“Che c’entra stupida. Voglio dire da una parte c’è Stefan, il calmo, tranquillo, pacato e sempre impensierito Stefan, dall’altro c’è Damon, lo strafottente, passionale, prepotente e dannatamente sexy Damon. Due opposti tra loro, ma cavolo scegliere risulta davvero difficile. Mi chiedo solo come siamo arrivati a questo punto. Insomma all’inizio lo detestavi Damon”.

“Senti Caroline non lo so com’è successo, ma adesso è così. Mi sembra di impazzire”.

“Ascoltami, io non sono la persona giusta che al momento può darti un consiglio, ma posso dirti come la penso. Se scegliessi Stefan puoi stare tranquilla che lui ti amerà per sempre, insomma il suo amore è…boh non so nemmeno spiegarlo, ma è reale e forte. Se scegliessi Damon entreresti nell’ignoto. Sappiamo entrambi com’è fatto, ma se c’è qualcosa che ho capito da quando lo conosco è che sei l’unica cosa importante che ha, l’unica per cui è disposto a rischiare la propria vita. Lo so che suona strano, ma su di loro, su quello che provano per te io non ho dubbi. Quanto a te, beh sei tu quella che deve capire davvero quello che vuoi. Sappi che se scegliessi Damon sai cosa perdi, ma non sai ciò che prendi, potrebbe benissimo essere un’infatuazione passeggera la tua. Infondo sarebbe comprensibile visto che razza di schianto è Damon, ma ricordati che qualunque cosa sceglierai alla fine dovrai in qualche modo rinunciare a qualcos’altro. Non potrai averli tutti e due per sempre. Quello che rifiuterai prima o poi si stancherà di girarti attorno, soffrirà a farlo e andrà via ed è bene che tu scelga quello di cui puoi fare a meno”.

Ascoltai le sue parole con assoluta attenzione. Caroline sembrava una ragazza così superficiale alle volte, ma non lo era, io avevo sempre saputo che non lo era e da quando si era trasformata aveva dato davvero esempio di che splendida persona fosse.

Mi aveva appena dimostrato di non avere pregiudizi su Damon, a differenza di Bonnie.

Per lei dovevo scegliere quello che mi diceva il cuore, indipendentemente se la scelta fosse ricaduta sul buono o sul cattivo tra i due.

“Non dire nulla a Bonnie. Impazzirebbe se lo sapesse”.

La verità era che non sapevo cosa dirle e l’unica cosa che mi passò per la testa fu quella.

“Elena non lo dirò a nessuno. Lo sai che so tenere la bocca chiusa”.

“Grazie”.

“Di cosa?”

“Di tutto, di esserci”.

“Grazie a te”.

Restammo a parlare ancora per un po’ fino a quando vidi Damon alzarsi dal bancone per dirigersi verso l’uscita e fu in quel momento che i suoi occhi incontrarono i miei. Un sorriso sardonico dipinse il suo volto e subito si avvicinò al nostro tavolo.

“Hey” disse solamente.

“Hey” ripetei io canzonatoria mentre Caroline se la rideva sotto i baffi.

“Non mi ero accorto che foste qui”.

“Si vede che eri troppo impegnato a civettare con la bionda”.

“Tagliente come la lama di un coltello, non trovi Barbie?” domandò a Caroline che sorrise, ormai abituata ad essere definita da lui la “Barbie vampira” “cos’è il mio fratellino ti ha fatto arrabbiare?” continuò poi rivolgendosi a me.

“Damon non è serata, vedi di sparire”.

“Come vuoi scricciolo” mi rispose solamente prima di lanciarmi un sorriso beffardo e uscire seguito subito dopo dalla ragazza di prima.

“Lo odio, Dio quanto lo odio”.

“Lo odi? Beh questa mi sembra più l’inizio di una storia d’amore piuttosto che la fine”.

“Non scherzare. Io lo odio sul serio”.

“Si infatti, inizio a capirlo” mi prese in giro lei.

“Hey” la rimproverai dandogli una gomitata.

Scherzammo per un altro po’, poi entrambe decidemmo di andare a casa. Era già tardi e io stranamente ero particolarmente stanca quel giorno.

Salii in macchina e in poco tempo arrivai a casa.

Entrai dentro e vidi che sul tavolo della cucina c’era un bigliettino che faceva bella mostra di sé:

Sono uscita con Rick. Rientro tardi. Un bacio…Jenna.

Sorrisi pensando a quanto bene Rick avesse fatto alla zia. Dopo tutte le delusioni d’amore che aveva avuto in passato si meritava davvero un po’ di sana e genuina felicità.

Con ogni probabilità Jeremy non era ancora rientrato e se lo era di sicuro di era chiuso in camera con Bonnie. Decisi che non era il caso di controllare così una volta al pieno di sopra entrai direttamente nella mia camera. Non accesi neppure la luce visto che la camera era illuminata dalla luce proveniente da fuori. La luna e le stelle emanavano una luce talmente brillante da essere in grado di entrare nella mia stanza visto che avevo lasciato la finestra aperta.

Appoggiai la borsa alla sedia della scrivania e mi avvicinai alla finestra ponendo il mio sguardo verso il cielo.

La mia attenzione venne colpita da un grosso puntino che sembrava brillare di luce propria, un puntino che ben presto si spostò. Era una stella cadente. Mamma mi diceva sempre che quando si vedeva una stella cadente bisognava esprimere un desiderio e questo si sarebbe poi realizzato.

Avrei potuto e voluto chiedere tante cose, ma stranamente solo un’immagine comparve nella mia mente, un’immagine che ritraeva me felice tra le braccia di un ragazzo.

Eccolo il mio desiderio: poter chiarire i miei sentimenti ed essere finalmente felice con la persona che amavo davvero, indipendentemente se questa persona fosse stata Stefan o Damon.

Felice, chiedevo solo di essere felice.

“Credi davvero che verrà esaudito?”

Indietreggiai per la paura. Pensavo di essere da sola, invece a quanto pare non lo ero e sinceramente dalla voce che avevo sentito mi resi conto che ero in compagnia dell’ultima persona che avrei voluto vedere.

Accesi subito la luce nell’interruttore accanto a me e finalmente lo vidi: era sdraiato sul mio letto con i piedi incrociati mentre con le mani giocherellava con il mio peluche preferito che aveva posizionato all’altezza della sua pancia.

“Sei scemo? Mi hai messo paura. Che diavolo ci fai qui?”

“Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda”.

“Di cosa stai parlando?”

“Ti ho chiesto se credi che verrà esaudito, il desiderio intendo”.

“Come fai a sapere che ho espresso un desiderio?”

“Non è quello che fate tutte le donne quando vedete una stella cadente?”

“A dire il vero lo fanno tutti, non solo le donne”.

“Non io”.

“Ah no? E perché mai?”.

“Perché se esprimi un desiderio guardando una stella cadente significa che stai guardando il cielo e se stai guardando il cielo significa che credi ancora in qualcosa. Io non credo in nulla”.

Quando se ne usciva con quelle frasi mi veniva voglia di prenderlo a sberle. Possibile che fosse talmente cinico? Io non avrei mai creduto alle sue parole. Io sapevo che c’era qualcosa in cui credeva, indipendentemente da cosa fosse questa cosa, io sapevo che era così, altrimenti non si sarebbe comportato come aveva fatto in tutto quel tempo, altrimenti sarebbe rimasto lo stronzo che era sempre stato.

Preferii non aggiungere nulla. Contraddirlo non avrebbe portato a nulla. Damon era il classico tipo che restava fedele alle sue opinioni.

“Nessuno ti ha mai insegnato che non bisogna entrare nella camera di una ragazza quando lei non c’è?”

Azzardai cambiando discorso.

“Spiacente, non lo sapevo”.

“Che sei venuto a fare?”

“Sai com’è? Mi mancava troppo il tuo orsacchiotto” mi prese in giro.

“A quanto vedo ti sei stancato presto della bionda”.

Lui alzò lo sguardo puntando per la prima volta i suoi occhi color del ghiaccio nei miei color nocciola.

“Se non ti conoscessi direi che sei gelosa”.

Scoppiai a ridere, una risata che risultò isterica perfino per le mie orecchie.

“Il solito idiota” gli risposi “vado a mettermi il pigiama, quando torno voglio trovare il letto libero” conclusi.

Non sapevo il perché avessi reagito così o, forse, lo sapevo benissimo.

Aveva colto nel segno. Ero gelosa ed era la prima volta per me. Io non ero mai stata una ragazza gelosa, mai. Non era successo con Matt, né era successo adesso con Stefan. Con Damon, beh, con lui era tutto diverso. Io stessa faticavo a riconoscermi nei sentimenti e nelle emozioni che provavo quando c’è l’avevo vicino.

Mi diressi in bagno senza nemmeno guardarlo e mi infilai il pigiama. Dieci minuti dopo tornai in camera e lui si era alzato dal letto e sempre con il mio peluche in mano si era seduto al bordo della finestra.

“Cosa non ti è stato chiaro della frase: quando torno voglio trovare il letto libero?”

“Tutto era chiaro. Il tuo letto è libero, infatti”.

“Se non lo avessi capito il mio era un modo gentile per dirti di sparire da qui”.

“I modi gentili non sono mai stati il mio forte”.

“Damon è tardi, sono stanca e domani ho scuola. Gradirei dormire”.

“Nessuno ti impedisce di farlo. Ti ho liberato il letto”.

“Cioè fammi capire. Io dovrei dormire con te che mi guardi? Credo che l’alcool stasera ti abbia dato alla testa”.

“Non era una così cattiva idea, ma visto che mi stai cacciando vedrò di togliermi dai piedi”.

Si alzò e si avvicinò a me che mi ero seduta sul letto. Appoggiò il peluche ai piedi del letto poi si avvicinò a me pericolosamente, troppo pericolosamente.

Era talmente tanto vicino che potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle e in poco tempo sentii le sua labbra lasciarmi un delicato bacio sulla fronte.

Fu in quel preciso istante che desiderai con tutta me stessa che quelle labbra non si staccassero dalla mia pelle. La sensazione di averle su di me era una scarica di elettricità che non avevo mai provato prima e improvvisamente il mio stomaco sembrò riempirsi come per magia.

Farfalle, ecco cos’erano.

Mamma mi diceva sempre che era dalle farfalle nello stomaco che si capiva quando veramente qualcuno era innamorato.

Possibile che io lo fossi di Damon? Dello stesso Damon che fino a qualche tempo prima detestavo?

Dio che confusione che avevo.

“Buonanotte Elena” mi disse quando poi si staccò.

Stava per allontanarsi da me e raggiungere la finestra, ma lo fermai per un polso.

“Resta qui stanotte”.

Non sapevo nemmeno io perché gli avessi detto quelle parole.

Era sbagliato, dannatamente sbagliato, ma non riuscivo a pentirmene.

Vidi lui guardarmi stranito, poi, invece, sorrise forse vedendo l’espressione decisa sul mio volto.

“Hey, vacci piano con le proposte indecenti. Potrei non rispondere delle mie azioni”.

Era sempre il solito. Non sarebbe mai cambiato.

“Idiota”.

“Ultimamente lo dici troppo spesso”.

“Chiudi quella bocca e non farmi pentire di quello che ho detto”.

Lui mi sorrise e per la prima volta vidi un barlume di speranza dentro di lui. Non sapevo dare un’altra parola a quello che avevo scorto in quegli occhi così dannatamente magnetici.

Mi infilai sotto le coperte, mentre lui si sdraiò sul letto restando però fuori dalle lenzuola.

Appoggiò la testa alla testata del letto e io mi avvicinai a lui e appoggiai la mia testa sul suo petto.

“Buonanotte scemo” gli dissi sorridendo, mentre sentii che anche lui l'aveva fatto.

Con ogni probabilità il giorno dopo mi sarei pentita di quello che avevo appena fatto, ma al momento quella mi sembrava la cosa più giusta che avessi fatto nelle ultime settimane.

Chiusi gli occhi e prima che le braccia di Morfeo venissero a rapirmi sentii le labbra morbide di Damon baciarmi la nuca.

Quando poi si staccò mi parve di sentirgli dire “Dolce notte principessa”, ma non potevo esserne sicura, ormai stavo entrando nel mondo dei sogni.

 

Robsten23

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Volevo inoltre avvisarvi che per tutti coloro che inseriranno una recensione invierò un piccolo spoiler del capitolo successivo. Non lo inserisco qui perché possibilmente non tutti vogliono leggerlo. Un bacione e grazie ancora.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Quattro

u

 

 

 

Pov Elena

 

Dalla sera in cui avevo chiesto a Damon di restare con me era trascorsa una settimana e mezzo e le cose erano sempre ad un punto morto.

Io non riuscivo a scegliere, non riuscivo a capire cosa volessi davvero o forse semplicemente quello che volevo mi faceva paura perché non mi dava certezze e io in quel momento della mia vita e soprattutto dopo tutto quello che avevo passato aveva un disperato bisogno di certezze.

La mattina dopo al mio risveglio Damon non c’era, ma il suo profumo era ancora lì segno che era rimasto davvero tutta la notte in camera mia. Non riuscivo a spiegarmi il motivo per cui se ne fosse andato, motivo per cui quando quel pomeriggio andai a casa Salvatore glielo domandai.

 

Inizio Flashback

Una settima e mezzo prima

All’uscita di scuola mi diressi a casa Salvatore insieme a Stefan. Per fortuna lui aveva creduto alla balla che gli avevo detto il giorno prima in merito alla serata con Jenna e non aveva fatto domande, se non per chiedermi se mi ero divertita.

Era in momenti come quelli che mi sentivo davvero uno schifo per come mi stavo comportando. Stefan non meritava quelle bugie, non le meritava affatto.

Raggiunta la nostra meta scendemmo con la macchina e ci dirigemmo dentro casa. Arrivati in salone trovammo Damon che ci dava le spalle mentre beveva la sua dose quotidiana di whiskey. Prima o poi avrei dovuto chiedergli se quel suo vizio fosse iniziato da dopo la trasformazione o se era una spugna ancora prima di diventare ciò che era.

“I piccioncini hanno fatto ritorno alla reggia” disse lui senza nemmeno voltarsi.

Si era accorto di noi grazie al suo super udito. Non gli sfuggiva mai nulla.

“Non credi di esagerare con quella roba?” domandai io.

“Cosa, questo?” alzò il bicchiere “ne gradisci uno pure tu?”

“Damon sei ubriaco e sono ancora le cinque del pomeriggio” gli fece notare Stefan.

“Fratellino certo che tu sei sempre il solito guastafeste”

“Damon…” provò a continuare Stefan.

“Sentite perché non andate su a fare gli sporcaccioni e mi lasciate in santa pace? Proposta allettante la mia non trovate?”

In quel momento lo avrei volentieri preso a pugni, peccato solo che sarei stata io a farmi male.

Come poteva fare una battutina tanto pungente dopo quello che era successo la notte scorsa?

Ok, in realtà non era successo nulla, ma per me aveva significato qualcosa. Volevo stare da sola per questo non avevo voluto che Stefan venisse a casa, eppure non avevo voluto che Damon andasse via. Questo doveva pur significare qualcosa.

“Ottima idea” feci notare io guardando Stefan maliziosa cercando di nascondere il fatto che ciò che avevo detto fosse una provocazione bella e buona.

“Signorina non farti strane idee. Dobbiamo studiare. Ho dimenticato il telefono in macchina. Aspettami in camera, torno in un secondo”.

Uscii dalla casa lasciando me e Damon nel salone da soli. Non volevo dirgli nulla, non dopo quello che aveva detto, così presi a salire le scale, ma me ne pentii all’istante. Dovevo sapere.

Mi avvicinai e quando fui ad un passo da lui presi a parlare.

“Perché?”

“Perché cosa?”

“Stamattina non c’eri quando mi sono svegliata. Perché sei andato via?”

“Deve esserci per forza un perché?”

“Damon, ti prego”.

“Non volevo rischiare”.

“Rischiare cosa?”

“Di leggere nei tuoi occhi che fosse stato uno sbaglio”.

“Non è successo nulla”.

“Come volevasi dimostrare”.

“Io non ti capisco, davvero. Cerco di farlo, ma mi rendi le cose sempre troppo difficili”.

“Tu puoi anche fare finta che non sia successo nulla, ma io non posso”.

Stavo per ribattere, per spiegargli bene il senso delle mie parole. Volevo semplicemente fargli capire che non poteva essere uno sbaglio perché in fin dei conti non avevamo fatto nulla di male, più o meno, non che per me non avesse avuto significato, invece, era proprio questo che gli avevo fatto capire.

Ero proprio una stupida e il fatto che fosse rientrato Stefan non aiutò per niente, perché non potei aggiungere nulla. Fui costretta a seguire il mio ragazzo in camera sua senza poter dire nulla a quell’unica persona con cui avrei voluto davvero parlare in quel momento.

Fine Flashback

 

Dopo quel giorno Damon non aveva detto più nulla in merito a quello che era successo e io non avevo fatto nulla per spiegargli il senso reale delle mie parole. Forse, era più facile così.

Avrei solo complicato le cose.

In fondo il mio rapporto con Damon era sempre stato così. Fatto di alti e bassi, anche se, ormai, ero stanca di continuare a comportarmi come una stupida ragazzina che non era in grado di fare chiarezza dentro di lei.

Posteggiai la macchina ed entrai in casa. Mi diressi in cucina e trovai Jenna e Rick in atteggiamenti che lasciavano ben poco all’immaginazione.

La zia era seduta sull’isola della cucina e Rick proprio davanti a lei la riempiva di baci.

Tossii per richiamare la loro attenzione e quando si accorsero della mia presenza Jenna divenne rossa come un pomodoro mentre Rick abbassò lo sguardo del tutto imbarazzato.

“Elena cosa ci fai qui?”

“Ci vivo zia”.

“Ma hai detto che saresti andata da Stefan e saresti rimasta lì per la cena”.

“Stai scherzando spero. Io non l’ho mai detto”.

 “Ti ho sentito anche io Elena, proprio dieci minuti fa”.

Cosa diavolo stava succedendo?

Ero appena tornata da casa di Stefan, quindi era impossibile che avessi potuto dire loro una cosa del genere.

Non ci volle molto che un presentimento si fece strada dentro di me e sperai con tutto il cuore di sbagliarmi.

“Si scusate avete ragione. È solo che non ci sto con la testa oggi. Io vado, ci vediamo stasera”.

Vidi le loro espressioni sconvolte, soprattutto quella di Rick, ma non ci feci caso.

Salii in macchina e mi diressi verso casa Salvatore.

Se Jenna e Rick erano certi che io mi fossi presentata a casa e gli avessi detto quelle cose significava solo una cosa, una cosa che mi metteva piuttosto paura. Qualcuno era tornato a Mystic Falls, qualcuno che aveva giurato di sparire per sempre dalle nostre vite: Katherine.

Premetti più forte il piede nell’acceleratore e in poco tempo arrivai a destinazione.

Posteggiai la macchina e correndo mi diressi subito verso l’ingresso di casa. Raggiunsi il salone e trovai Damon sdraiato sul divano con le mani dietro la nuca e gli occhi puntati verso il soffitto.

“Sbaglio o eri andata via?”

Non mi fu difficile capire che si riferisse a me, visto che non c’era nessuno in stanza. Si era accorto immediatamente della mia presenza.

“Katherine” riuscii solamente a dire.

Lui si alzò immediatamente e in una frazione di secondo mi fu vicino e solo in quel momento mi resi conto che la sua camicia, rigorosamente nera, era sbottonata di alcuni bottoni e si poteva facilmente intravedere il suo petto scolpito.

Ma cosa diavolo andavo a pensare? Con quello che era appena successo non era normale che mi mettessi a fantasticare sui pettorali scolpiti del fratello del mio ragazzo.

“Di che stai parlando?”

“Katherine è tornata”.

“Potresti spiegarti meglio?”

Gli raccontai quello che era appena successo e dalla sua espressione in viso non mi parve stupito. Prese il cellulare e scrisse qualcosa, probabilmente un messaggio, poi tornò a guardarmi.

“Perché non sembri sorpreso?”

“Conosco Katherine ed ero certo che prima o poi sarebbe tornata. Io l’avevo detto di farla fuori, ma il tuo fidanzatino deve sempre fare il gentile, deve sempre vedere del buono in tutti”.

“Damon che succederà adesso?”

“Non lo so Elena, dipende da cosa è venuta a fare, ma se la conosco bene come credo non c’è nulla di buono in questa sua visita”.

Lo guardai negli occhi e vidi la preoccupazione nei suoi occhi. Nessuno meglio di lui sapeva cosa c’era da aspettarsi da un vampiro arrabbiato, a maggior ragione se si trattava di Katherine.

Senza nemmeno rifletterci mi avvicinai di più a lui e lo abbracciai.

Sembrò impreparato a quel mio gesto, ma quasi subito i suoi muscoli si rilassarono e ricambiò l’abbraccio mentre io potei sentire di nuovo quella protezione che solo lui sembrava, ormai, riuscirmi a dare.

“Ho paura” riuscì solamente a dire.

“Non averne. Non ti succederà nulla”.

“Non ho paura per me, ma per quelli che amo”.

“Andrà tutto bene, te lo prometto” concluse lui stringendomi più forte tra le sua braccia e Dio solo sapeva come avrei voluto che quel momento si fermasse.

Al diavolo Katherine, il suo ritorno, al diavolo i miei dubbi, le mie incertezze. C’eravamo solo io e Damon e al momento questo era tutto ciò che mi serviva.

“Damon che succede?”

Mi staccai subito da lui e mi voltai a guardare il proprietario di quella voce che sapevo già essere Stefan.

Era sconvolto, lo potevo leggere dal suo viso e solo allora mi resi conto che con molta probabilità era destinato a lui il messaggio che pochi attimi prima Damon aveva inviato.

Mi si avvicinò e mi strinse a sé più forte che poté, ma nulla in quell’abbraccio mi sembrò magico come quello dal quale la sua voce mi aveva diviso.

“Allora, ti decidi a parlare?”

Damon rimase per un attimo in silenzio osservando me tra le braccia del fratello e per una frazione di secondo mi sembrò di leggere tristezza nei suoi occhi, ma fu solo un attimo, perché subito vidi di nuovo l’indifferenza che da sempre caratterizzava il suo sguardo.

“Abbiamo un problema, Stefan. E quando dico “problema” intendo una crisi a livello mondiale”.

Stefan guardò suo fratello, poi posò gli occhi su di me e finalmente io riuscii a parlare.

“Katherine”.

“Katherine cosa?”

“Lei…lei è tornata”.

“Cosa?” chiese lui sconvolto.

Era stato lui ad insistere a lasciarla andare dopo che avevamo sconfitto Klaus. “Glielo dobbiamo, ci ha aiutati” aveva detto convincendo tutti, tutti tranne Damon che con la sua solita aria convinta, quando tutti avevamo acconsentito, aveva detto “C’è ne pentiremo e quel giorno spero solo di non dover dire “ve lo avevo detto”.

Fu Damon stavolta a raccontare tutto al fratello, mentre quest’ultimo mi stringeva sempre di più a sé, come a volermi proteggere.

Io iniziai a tremare e lui se ne accorse subito.

“Elena calmati, andrà tutto bene”.

“Come faccio a calmarmi Stefan? Lei è tornata e se l’ha fatto ci sarà un motivo. Le persone a cui voglio bene sono di nuovo in pericolo. Non ne posso più”.

“La troveremo e vedremo cosa vuole”.

“Tu non capisci. Lei è entrata in casa mia. Ti devo ricordare che un anno fa è stata invitata ad entrare? Cosa possiamo fare?”

“Traslochiamo” rispose Damon con il suo solito tono beffardo.

Lo guardai e per un attimo un sorriso nacque sulle mie labbra. Possibile che lui non si scoraggiasse davanti a niente?

“Lo trovi divertente?” lo rimproverò Stefan.

“Assolutamente no, ma dai fratellino avremmo dovuto saperlo che sarebbe tornata. Io vi avevo avvisato. Se mi aveste ascoltato a quest’ora Katherine sarebbe solo un lontano ricordo, invece, adesso abbiamo a che fare con una vampira vendicativa e sai quanto vendicativa può essere lei”.

Damon aveva ragione, aveva dannatamente ragione.

Avremmo dovuto ascoltare lui, essere crudeli per una volta. Con Katherine non si poteva essere buoni.

“Che bella riunione di famiglia. Cercavo proprio voi tre”.

Quella voce. Rabbrividì. Mi voltai e la vidi. Due facce della stessa medaglia. Capelli lisci come i miei e vestiti presi dalla mia camera, tutto per meglio immedesimarsi in me.

“Che diavolo sei venuta a fare?” le disse Damon furioso.

“E’ un piacere anche per me rivederti Damon”.

Nel frattempo Stefan mi allontanò da sè, sapevo che lo aveva fatto apposta. In caso fosse stato costretto ad attaccarla doveva farlo senza avermi tra i piedi. Sarei stata solo di intralcio.

“Non sei la benvenuta qui” le disse Stefan e il volto della vampira divenne paonazzo per la rabbia.

“Pensavo in un’accoglienza migliore”.

“Cosa vuoi Katherine?” le chiesi io mostrando un tono di voce forte, una forza che non mi apparteneva, non davanti a lei e non in quel momento, eppure dovevo farmi vedere tranquilla, non doveva percepire la mia paura.

Lei mi guardò da capo a piedi e sorrise isterica, poi mi si avvicinò un po’, per quel poco che Damon e Stefan gli permisero.

“Davvero non ci arrivi piccola Gilbert?” mi domandò.

“Non credo”.

“Sono venuta a riprendermi ciò che mi appartiene da sempre” disse guardando Stefan e poi lanciando uno sguardo veloce anche su Damon.

“Ti sei chiesta se loro rivogliono te?” continuai.

“Ti trovo più coraggiosa, ma questo coraggio non ti porterà da nessuna parte” si avvicinò a me pericolosamente, ma prima che potesse mettermi le mani addosso Damon le saltò sopra scaraventandola al muro, mentre Stefan mi si parò davanti come scudo.

“Stai lontana da lei” la minacciò Damon.

Katherine ancora sotto la presa di Damon si staccò ben presto, si sistemò i capelli e poi riprese a ridere.

“Quanto amore che c’è qui dentro, tutto per la nostra piccola Elena” disse guardandomi e sorridendo perfida “non ti sei mai chiesta perché entrambi si sono innamorati di te?”

Io rimasi in silenzio, non volevo risponderle, non volevo provocarla più di quanto già non avessi fatto poco prima.

“Te lo dico io perché. Guardati e guarda me, siamo identiche. Ti amano, credono di amarti, ma in realtà è me che amano, entrambi”.

“Ti sbagli” urlai.

“Pensaci bene, Elena. In 150 anni nessuno dei due ha mai trovato una donna, poi arrivi tu e puff, tutti e due perdono la testa. Non ti dice proprio nulla questo? Guardarci, siamo così uguali”.

Anche se non volevo che succedesse, sapevo quanto quelle parole mi avessero ferito e in cuor mio speravo solo che lei mentisse. Io sapevo che Stefan mi amava per come ero fatta, non per l’immagine di Katherine che io rappresentavo.

“Non è vero. Io non sono come te”.

“Oh si che lo sei, invece. All’inizio credevo fossimo uguali solo esteriormente, ma mi rendo conto che lo siamo anche dentro. Anche tu stai giocando con loro, con i loro sentimenti. Stai con Stefan, ma non riesci a staccarti da Damon. Ami uno, ma hai bisogno dell’altro, proprio come me” concluse lei guardandomi negli occhi.

“Smettila Katherine” urlò Stefan esasperato.

Lo guardai negli occhi e ci vidi un amore sconfinato per me, poi guardai Damon e mi bastò leggere il leggero sorriso che mi rivolse per capire che entrambi non pensavano quello che Katherine aveva detto. Io non stavo giocando con loro, ero semplicemente confusa.

“Se hai finito con la sceneggiata gradiremo conoscere il motivo della tua visita. Non reggerò per molto la tua fastidiosa e opprimente presenza”.

Le parole di Damon furono taglienti come la lama di un coltello. Era davvero infastidito per la presenza di quella che fino a qualche tempo fa credeva essere l’amore della sua vita.

Quanto dolore che quella donna aveva arrecato a lui, a Stefan, al loro rapporto. Era colpa sua se avevano smesso di comportarsi come fratelli, ma adesso era diverso. Adesso entrambi avevano riscoperto il valore di essere sangue dello stesso sangue, un valore che lei non gli avrebbe potuto togliere mai più.

La osservai per bene e un brivido mi percorse la schiena.

Non sapevo cosa voleva davvero e fin dove era disposta a spingersi pur di ottenerlo, ma  i suoi occhi, la sua espressione non promettevano nulla di buono.

 

Robsten23

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Volevo inoltre avvisarvi che per tutti coloro che inseriranno una recensione invierò un piccolo spoiler del capitolo successivo. Non lo inserisco qui perché possibilmente non tutti vogliono leggerlo. Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento:  Sabato 5 Marzo

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Cinque

u

 

 

 

Pov Elena

 

Era da più di mezz’ora che eravamo nel salone dei Salvatore in compagnia di Katherine e lei non aveva fatto altro che venirmi addosso e ripetermi quanto io e lei fossimo simili.

Era altezzosa e presuntuosa, tutte caratteristiche che odiavo in una persona.

“Senti non ti cadremo ai piedi venerandoti solo perché ci hai aiutato a sconfiggere Klaus. Sappiamo tutti qui dentro che l’hai fatto solo per te, per poter essere finalmente libera e adesso che lo sei torni qui a rendere di nuovo la nostra vita, la mia vita un inferno. Sei solo una doppiogiochista del cavolo” sbraitai al limite della rabbia.

Mi pentii all’istante di ciò che dissi visto che la sua espressione era furente dalla rabbia.

Si avvicinò a velocità sovrumana e se non fosse stato per Damon che gli bloccò la strada non ero certa che me la sarei cavata con poco.

“Stupida umana che non sei altra, sei proprio un’idiota. Adesso non mi servi più a nulla, non ho motivi di tenerti in vita, quindi fa attenzione a come parli perché credimi non esiterò un attimo ad ucciderti se mi andrà di farlo, né risparmierò le persone a cui dici di volere bene”.

Rabbrividii nel sentire quelle parole, furono peggio di una pugnalata al cuore, non tanto per ciò che aveva detto della mia vita, ma per quella di quelli che amavo.

“Ti sei presa la mia vita, i miei uomini, l’amore che era solo mio. Adesso è giunta l’ora di riprendermi tutto”.

Con una mossa fulminea scansò Damon e lo stesso Stefan che si era parato davanti a me, poi mi scaraventò contro il muro bloccandomi per il collo.

In un attimo Damon fu di nuovo su di lei e la immobilizzò, mentre Stefan mi si parò davanti come se fosse uno scudo.

Katherine sorrise malefica e quando vide Stefan prendere un paletto di legno da un cassetto e avvicinarsi a lei, mentre Damon la teneva ferma, scoppiò a ridere sguaiatamente.

“Fossi in te non riderei. È stato un errore venire qui. È giunto il momento di fare ciò che avremmo dovuto fare molto tempo fa”.

La vampira rise ancora più forte alle parole di Damon e vidi l’espressione di lui diventare indecifrabile. Odiava quando qualcuno si prendeva gioco di lui.

Stefan si avvicinò a passo fulmineo e quando fu ad un passo da lei, Katherine si liberò dalla presa spingendo tutti e due fratelli contro la parete di fronte.

La vampira poi prese il paletto che poco prima era nelle mani di Stefan e che per la spinta gli era caduto a terra.

“Non credo sia stato un errore venire qui” disse lei rispondendo a ciò che Damon le aveva detto poco prima.

“Ti infilzerò quel paletto con le mie stesse mani, fosse l’ultima cosa che faccio”.

Damon era deciso, ma soprattutto arrabbiato e se c’era una cosa che avevo imparato era quella di non farlo mai arrabbiare.

“Tu, voi non mi farete nulla. Non potreste mai farmi del male”.

Rise delle sue stesse parole.

“Vuoi scommettere?” continuò Damon rialzandosi seguito da Stefan.

“Non ho tempo adesso. Ci vediamo presto”.

Con quelle parole girò i tacchi pronta ad andare via, ma Stefan alla velocità della luce le si parò davanti bloccandola al muro e tenendola per il collo.

Lei sorrise beffarda, poi prese il paletto che aveva in mano e se lo conficcò in una mano procurandosi un taglio.

“Aaahhh” urlai dal dolore.

Controllai la mia mano e vidi il sangue scorrere copioso su quello che era un taglio nella stessa mano in cui Katherine se lo era inflitta.

Sentii la sua risata risuonare ancora nella stanza, mentre Damon prontamente si avvicinò a me e lo stesso fece Stefan.

La mano bruciava e il taglio era profondo. Faceva un male cane, ma non gliel’avrei data vinta a lei, non mi sarei lamentata nonostante avrei voluto gridare per il dolore.

“Maledetta” urlò Stefan preoccupato.

“Mi credevate così sciocca da tornare senza una garanzia?”

Riprese a camminare pronta ad uscire, ma Damon le si parò davanti.

“Dove credi di andare? Sei morta”

“Sei sicuro?” domandò lei prima di infliggersi un taglio sul braccio.

Urlai di nuovo dal dolore e guardai Damon negli occhi. Sembrò scusarsi con lo sguardo, ma sapevo che non voleva farmi del male, ma semplicemente fermarla.

Lo vidi spostarsi per farla uscire e lei sorrise beffarda avvicinando il suo viso a pochi centimetri da quello di lui e in un momento disastroso come quello provai un moto di gelosia verso quel contatto così intimo che sembrava aver creato Katherine.

“Ti credevo diverso, invece, sei esattamente come Stefan. L’amore ti rende debole”.

Fu un secondo e poi non la vidi più, mentre un Damon sconvolto lanciò un bicchiere vuoto contro la parete, un modo come un altro per sfogare i nervi.

Si avvicinò poi a me e io presi finalmente ad urlare per il tanto dolore.

Avevo la mano e il braccio in fiamme.

“Andrà tutto bene” furono le parole consolatorie di Stefan.

Eppure nonostante cercassi di credere a quelle parole non ci riuscivo. Avevamo sconfitto il male solo da qualche mese ed ecco che il pericolo tornava.

A volte mi domandavo cosa avessi fatto di male nella mia vita per meritarmi tutto quello che mi era successo.

Forse, se non avessi conosciuto Stefan, se non mi fossi messa con lui non avrei mai dovuto subire tutto quello che mi era successo, ma quel pensiero sparii nella mia mente nello stesso istante in cui guardai negli occhi sia lui, sia Damon.

Pericolo o meno, la mia vita aveva assunto un significato nel momento in cui loro erano entrati nella mia vita e non potevo che essere felice per questo.

“La strega, chiamala. Ci penso io a lei” disse Damon a Stefan, mentre si abbassò verso di me.

Stefan lo guardò stranito, non riuscendo a capire il senso di quelle parole.

“L’altra volta è riuscita a farle un incantesimo per non provare dolore. Muoviti e chiamala, se lo faccio io non mi risponderà neppure” gli spiegò poi e in un istante Stefan prese il telefono andando a chiamare la mia migliore amica.

Sentii un bruciore sempre più forte, sembrava come se stessi prendendo a fuoco e un urlo incontrollato uscii fuori dalla mia bocca.

Mi resi conto che l’espressione di Damon cambiò nel sentirmi urlare e nel suo sguardo ci vidi del senso di colpa, ma non era colpa sua. Lui aveva solo cercato di fermare Katherine.

“Mi dispiace, non volevo farla arrabbiare ancora di più”.

La sua voce era bassa e colpevole e avrei tanto voluto scuoterlo dal quel torpore che sembrava essersi impossessato di lui, ma non c’è la facevo, non ne avevo le forze.

“Smettila” riuscii a dire.

“Di fare cosa?”

“Di sentirti in colpa. Non tutto quello che succede è colpa tua”.

Lui non disse nulla, si limitò a prendermi in braccio e farmi sdraiare sul divano. Poi prese dell’acqua e pulii le ferite cercando di bloccare il sangue che scorreva.

Qualche minuto dopo Stefan, Bonnie e Caroline fecero ingresso nel salotto. La mia amica strega si avvicinò subito a me e dopo aver lanciato uno sguardo furente a Damon pronunciò qualcosa in una lingua a me sconosciuta e in pochi secondi non sentii più nulla. Tutto il dolore svanii e subito mi misi a sedere, sorridendo a Damon.

“Grazie” gli sussurrai consapevole che anche Stefan e Caroline mi avessero sentito.

Lui si limitò a sorridermi, poi Stefan si avvicinò a me e si sedette sul divano stringendomi a se.

“Ti amo” furono le sue uniche parole e io mi limitai a ricambiare il bacio a stampo che mi diede.

“Se avete finito, abbiamo un problema da risolvere” disse Damon con espressione furente.

Non era arrabbiato solo per quello che era successo con Katherine, ma anche per la scena tra me e Stefan a cui aveva dovuto assistere.

Bonnie gli lanciò uno sguardo che ben poco lasciava all’immaginazione, ma lui non disse, né fece nulla. La ignorò solamente.

“Ci spiegate con esattezza cosa è successo?” domandò Caroline sedendosi sul divano.

“C’è poco da raccontare. Katherine è tornata e questo grazie a voi che avete acconsentito alla scelta insensata del mio fratellino di farla andare via. Ha legato se stessa ed Elena con un incantesimo motivo per cui non possiamo ucciderla”.

Damon era fuori di sé dalla rabbia, lo si capiva dal tono di voce che aveva usato e avrei tanto voluto fare qualcosa per farlo calmare, ma non c’era modo per riuscirci, non in quel momento almeno.

“Cosa possiamo fare?” chiese Bonnie preoccupata.

“Sei tu la strega”.

“Damon vuole dire che sei tu l’unica che può spezzare l’incantesimo. Solo quando verrà spezzato potremmo avere una chance per uccidere Katherine” le spiegò Stefan cercando di usare più tatto rispetto a quanto avesse fatto il fratello.

“Io non ne sono capace”.

“Io l’ho sempre detto che eri una strega semicompetente” sbottò Damon buttando all’aria tutto ciò che c’era sulla scrivania alla quale si era avvicinato.

Bonnie fece un saltò indietro spaventata da quella violenta reazione, mentre Stefan si allontanò da me per avvicinarsi a lui a velocità sovrumana.

Gli mise una mano sulla spalla come a calmarlo, ma lui gliela strattonò con forza.

“Solo chi ha fatto l’incantesimo è in grado di spezzarlo” disse Bonnie con voce tremante.

“Il che significa che abbiamo una psicopatica che ci sta alle calcagne e l’unica cosa che possiamo fare è trovare chi ha fatto questo tra le centinaia di streghe sparse in tutto il mondo. Fantastico”.

“Damon” lo chiamai per farlo voltare a guardarmi.

Lui lo fece e quando i suoi occhi incontrarono i miei sembrò calmarsi “andrà tutto bene, me l’hai promesso”.

Gli sorrisi e lui abbassò lo sguardo quasi a scusarsi per la sua reazione sconsiderevole.

Stefan mi guardò e mi mimò un “grazie”, consapevole che ero stata in grado di farlo calmare. L’ultima cosa che ci serviva era un Damon incazzato e lo sapevamo bene tutti lì dentro.

“Da dove iniziamo con le ricerche?” chiese il mio ragazzo.

“Lucy”.

“Che intendi dire Caroline?”

“Pensateci bene. Katherine ha già fatto fare quest’incantesimo ed è stata Lucy a farlo. Potrebbe essere stata lei la strega ingaggiata da Katherine”.

“Si, ma poi l’ha spezzato. Non avrebbe senso rifarlo ancora. Si è chiaramente schierata contro di lei la volta scorsa”.

“Si, Bonnie ha ragione”.

“Probabilmente, ma comunque potrebbe sapere come si può spezzare un incantesimo del genere”.

“Non l’avrei mai detto, ma la Barbie vampira mi stupisce ogni giorno di più” commentò Damon sorridendo beffardo.

“Abbiamo un punto di partenza, quindi non perdiamo tempo”.

“Bonnie riusciresti a dirci dove poter trovare Lucy?” gli chiese Stefan dolcemente.

“Certo. Mi serve solo una cartina geografica, delle candele e qualche goccia di sangue umano”.

A velocità sovrumana Stefan prese l’occorrente e io mi offrii di dare il sangue, del resto ero l’unica umana lì dentro.

Bonnie si concentrò, poi iniziò il rito e in poco tempo ebbe la soluzione.

“Qui, si trova qui” disse indicando un punto sulla cartina.

“Bene, vado io”.

“Damon vengo con te”.

“Ma anche no fratellino. Da solo lavoro meglio”.

“Non fare lo stupido”.

“Sei tu che lo stai facendo. Se andiamo entrambi chi terrà sotto controllo Katherine? Caroline da sola è troppo debole contro una vampira di oltre 500 anni” disse sicuro di sé “senza offesa ovviamente” concluse poi lanciando un sorriso alla bionda, un sorriso che lei ricambiò.

“C’è Rick che può aiutarla”.

“Stefan, Damon ha ragione. Caroline da sola non può farcela e Rick è pur sempre umano. Non ha più con sé l’anello e non possiamo rischiare che gli succeda qualcosa” provai a convincerlo guardandolo negli occhi.

“Ok, avete vinto. Resterò qui”.

“Bene, se volete scusarmi io andrei”.

“Vengo con te” dissi decisa.

“Non se ne parla proprio” risposero all’unisono tutti e due fratelli.

“Sarei più al sicuro con Damon che qui”.

“Stai dicendo che con me non sei al sicuro?”

“Ovviamente no Stefan, ma pensaci. Katherine c’è l’ha con me, tornerà a cercarmi. Se vado con Damon mi allontanerò da qui e da lei”.

“Elena ha ragione. È più al sicuro lontana da qui. Katherine non può sapere dov’è e non può trovarla” mi aiutò Caroline e io la ringraziai con lo sguardo.

“Sei sicura?” mi chiese Stefan avvicinandosi a me.

“È la cosa giusta da fare. Con me lontana, tu puoi scoprire meglio che cosa vuole davvero. E poi qui sarei solo un peso. Penseresti solo a proteggermi e non potresti muoverti come vorresti”.

Gli sorrisi e lui si avvicinò a me e mi baciò a fior di labbra, mentre sentii qualcuno sbuffare. Ovviamente era Damon, nessun altro lo avrebbe fatto.

“E sia” disse quando poi ci staccammo.

“Perché nessuno chiede il mio parere?” domandò Damon alla fine “tu non ti muovi da qui. Andrò da solo e questo è tutto”.

“Damon muovi il culo da qui e andiamo”.

“Ma anche no”.

“Ti sembra il momento di fare il testardo?”.

“Elena, stavolta ha ragione Damon. È una pessima idea andare con lui. Non sai cosa potrebbe succederti” commentò Bonnie.

Le sue parole erano chiare e lo sapevo bene, quello che avrebbe voluto dire davvero era: “non andare con lui, potrebbe farti del male”.

“Concordo con la strega, è una pessima idea. Su andiamo, siamo già in ritardo” rispose Damon sorridendo beffardo a Bonnie.

Era disposto a tutto pur di farla uscire fuori di senno, ma in questo caso dovevo ringraziarla. Se non fosse stato per lei Damon non si sarebbe convinto. Pur di andargli contro avrebbe fatto qualunque cosa.

Mi avvicinai a Stefan e gli diedi un bacio a fior di labbra.

“Mi mancherai” mi disse.

“E su, smettetela di fare gli sdolcinati. Entrò domani saremo già di ritorno” si lamentò Damon facendo per uscire.

Stefan a velocità sovrumana gli fu davanti.

“Prometti che la proteggerei a qualunque costo”.

“Credevo non ci fosse più bisogno di queste promesse, non se si tratta di Elena, almeno” gli rispose Damon uscendo di casa a velocità vampiresca.

Mi avvicinai a Stefan e gli sorrisi.

“Era il suo modo per dirti che lo farà”.

“Lo so. Non ho dubbi su questo, non so bene nemmeno io perché gliel’ho chiesto”.

Si avvicinò e mi baciò. Quando poi ci staccammo salutai Caroline e Bonnie e mi diressi fuori dove Damon mi aspettava già dentro l’auto.

Non sapevo cosa sarebbe successo, ma una cosa era certa. Il nostro sarebbe stato un viaggio davvero breve, come aveva detto Damon se tutto sarebbe andato bene saremmo stati di ritorno il giorno dopo, ma 24 ore a volte potevano risultare sufficienti a cambiare la vita.

Chissà se da quel viaggio ne sarebbe uscito qualcosa di buono. Magari avrei capito di amare davvero Stefan, o, forse di amare Damon.

Una cosa era certa. Avevo la possibilità di allontanarmi da Mystic Falls e schiarirmi tutti i dubbi, almeno questo era quello che speravo.

 

Robsten23

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Volevo inoltre avvisarvi che per tutti coloro che inseriranno una recensione invierò un piccolo spoiler del capitolo successivo. Non lo inserisco qui perché possibilmente non tutti vogliono leggerlo. Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 8 Marzo

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Sei

u

 

 

 

Pov Elena

 

Mi godei poco di quel viaggio visto che dopo circa una mezz’oretta crollai cadendo tra le braccia di Morfeo. Quando mi svegliai era già sera e mi ritrovai in un territorio che non conoscevo.

“Dove siamo?”

“Siamo quasi arrivati”.

“Da quanto tempo dormo?”

“Più o meno da quando siamo partiti?” mi domandò sarcastico.

“Idiota”.

“Era più divertente quando dormivi”.

“Ti odio” dissi sbuffando.

Non lo sopportavo quando faceva così, anche se dovevo ammettere che con lui era bello anche litigare. C’era freschezza nel nostro rapporto, mai monotonia a differenza che con Stefan, con il quale era diventato, ormai, tutto troppo piatto.

“Giusto, mi odi” si voltò e mi guardò per poi sorridere beffardo.

Sbuffai nuovamente, aumentai il volume della radio e mi voltai a guardare il paesaggio da fuori il finestrino.

Non volevo più parlare con lui, né guardarlo. Incontrare i suoi occhi mi avrebbe fatto passare tutto e a me piaceva tenergli il broncio.

Restammo così per un bel po’ di tempo, poi stanca di restare in silenzio iniziai a canticchiare la canzone che stava partendo alla radio. Quel gesto aveva da sempre il potere di tranquillizzarmi e in quel momento, con una vampira che mi dava la caccia, ne avevo davvero bisogno.

Lui restò ad ascoltarmi per un po’, mentre con la coda dell’occhio potevo notare che stesse sorridendo, poi ad un tratto abbassò il volume.

“Hey” lo rimproverai.

“Invece di cantare dovresti chiamare Stefan. Da quando siamo partiti ha già chiamato tre volte”.

“E quando avevi intenzione di dirmelo?”

“Lo sto facendo adesso” mi rispose come se la cosa fosse ovvia.

Alzai un sopracciglio sembrando accigliata, poi lasciai correre. Tanto era inutile.

“Cosa gli hai detto?”

“Cosa avrei dovuto dirgli?”

“Damon, smettila. Sono seria”.

“Anche io”.

“Sto aspettando” dissi sbuffando.

“Che la sua dolce metà stava dormendo”.

“Bene” gli risposi aumentando di nuovo il volume alla radio.

“Bene?” mi domandò sorpreso diminuendo di nuovo il volume “solo bene? Dovresti richiamarlo”.

“E da quando ti preoccupi per tuo fratello?” gli domandai con sguardo indagatore.

Lui si voltò e mi guardò accigliato, ma non disse nulla. Si limitò a scuotere la testa.

“Lo chiamerò più tardi”.

Al momento non avevo nessuna voglia di sentirlo. Era egoistico da parte mia, lo sapevo bene, ma non potevo farci nulla.

“Gli ho detto che lo avresti fatto appena ti fossi svegliata”.

“Quindi?”

“Quindi sei sveglia”.

“Bene”.

“Bene” ripeté lui capendo che non avrebbe cavato un ragno da un buco.

Aumentai il volume alla radio e ripresi a cantare, ma presto la sua voce tornò a farsi sentire.

“Certo che voi donne siete proprio strane. Nemmeno con il dono dell’immortalità un uomo sarà in grado di capirvi”.

Mi voltai a guardarlo e lo vidi intento a guardare la strada, ma quando sentì i miei occhi su di lui si voltò e mi guardò con aria interrogativa.

“Le donne vanno amate, non capite” gli dissi sorridendo, prima di voltarmi a guardare il paesaggio fuori dal finestrino.

Dopo la frase con la quale me ne ero uscita non avrei mai potuto guardare il mare dei suoi occhi, non ne avevo il coraggio.

Mi ero appena esposta e ne ero consapevole. Dannato Damon. Mi faceva un effetto troppo strano.

Lui non disse nulla e gliene fui grata per questo, ma potevo percepire lo stesso il sorriso sghembo che aveva messo su.

Tornai a concentrarmi sulla canzone e ripresi a canticchiare, anche se mi resi conto che non serviva più. Mi era bastato perdermi negli occhi di Damon per riuscire a tranquillizzarmi.

Era il mio tranquillante personale. Senza di lui non avrei saputo come fare e adesso ne avevo la certezza.

“Quanto manca?” mi lamentai dopo un po’.

C’era troppo silenzio, un silenzio che mi sembrava imbarazzante.

“Siamo quasi arrivati”.

“L’hai detto un’ora fa”.

“Perché non ti rimetti a dormire? Lo preferirei di gran lunga” mi disse lanciandomi un’occhiataccia.

“Hai intenzione di presentarti a casa della strega a quest’ora?”

“Sono solo le otto”.

Controllai l’orologio. Aveva ragione. Mi sembrava molto più tardi.

“Allora abbiamo il tempo di mettere qualcosa sotto i denti. Sto morendo di fame”.

In quello stesso momento il mio stomaco fece un brontolio come a confermare le mie parole.

“Ecco uno dei tanti motivi per cui volevo che restassi a casa”.

“Ricordavo diversamente”.

“Scusa?” mi domandò con capendo.

“Non sei uno schifo di compagnia. Ricordi? L’hai detto tu”.

Mi aveva detto quelle parole durante il viaggio di ritorno da Atlanta, quando io gli aveva chiesto il motivo per cui mi aveva portato con sé.

 

Inizio Flashback

Eravamo in macchina. Stavamo tornando a Mystic Falls.

“Allora, perché mi hai portata con te?” domandai curiosa.
“Beh, non sei proprio uno schifo di compagnia, Elena. Dovresti darti più credito”.
“Il vero motivo?”

Non credevo alle sue parole, ero certa che ci fosse qualcosa sotto e in fondo non avevo tutti i torti.
“Non lo so...eri lì, sulla strada. In perfetto stile "damigella in difficoltà". Sapevo che avrei fatto incazzare Stefan e... non sei uno schifo di compagnia, Elena”.

Fu in quel momento che mi resi conto che, forse, vedevo Damon dalla prospettiva sbagliata. Non era poi così male come voleva far credere.

Fine Flashback

 

Damon non rispose alla mia provocazione, si limitò a sorridermi beffardo.

Dopo qualche minuto accostò vicino ad un locale. Dovevo mettere qualcosa sotto i denti, non avrei resistito un attimo di più.

Scendemmo dalla macchina e vidi lui sbuffare.

“Hey” gli dissi dandogli una gomitata “non è colpa mia se sono una normale umana e come tale ha bisogno di nutrirsi”.

Lui scuoté la testa, poi mi mise una mano dietro la schiena per esortarmi ad entrare dentro.

A quel contatto sentii un brivido attraversarmi il corpo e quando la sua mano si scostò dalla mia pelle avrei tanto voluto voltarmi e invitarlo a farlo di nuovo, ma non potevo.

Ci sedemmo al bancone del bar e subito ordinammo qualcosa da mangiare. Io un panino e una coca cola, lui due hot dog, delle patatine fritte e una birra. Lo guardai come a dire “meno male che era io quella che aveva fame”.

“Che c’è?” mi domandò, ma vedendo che non gli risposi continuò “visto che ci siamo ne approfitto anche io”.

Non riuscii a fare a meno di sorridere, mentre rubai una patatina dal suo piatto.

“Giù le mani” mi schernii lui.

Io in compenso gli feci la linguaccia, poi tornai a mangiare, mentre potevo facilmente notare lo sguardo di lui puntato su di me.

Era stano. Rischiavo nuovamente la vita, una psicopatica voleva uccidermi, eppure ero chiusa in un bar a mangiare hot dog e scherzare con Damon. Era qualcosa di assurdo.

Se me lo avessero detto qualche tempo prima sarei scoppiata a ridere. Era troppo inverosimile come scena.

Quando terminammo di mangiare, pagò e tornammo in macchina. Damon era deciso a concludere quel viaggio in poco tempo, anche se la verità era che voleva solamente trovare al più presto una soluzione a quel problema e a quanto pareva al momento era Lucy l’unica nostra possibilità.

Dopo altri dieci minuti di macchina giungemmo in un’abitazione decisamente in periferia. Piccolina, ma molto carina. Circondata dal giardino e con un lungo portico.

Posteggiammo e scendemmo dalla macchina. Ero piuttosto agitata e Damon sembrò capirlo subito perché mi si avvicinò e mi sussurrò qualcosa all’orecchio.

“Andrà tutto bene”.

Rassicurata da lui arrivammo davanti alla porta e Damon bussò vigorosamente alla porta, ma nessuno sembrò aprire.

Le luci erano spente, forse non c’era nessuno in casa, forse Bonnie si era sbagliata.

Damon bussò nuovamente e poi ancora e ancora. Da quando era sceso dalla macchina potevo notare il suo nervosismo dietro ad ogni suo più piccolo gesto.

Dopo la quarta bussata vidi una luce accendersi.

“Chi diavolo è a quest’ora?” disse una voce maschile che comparve poi alla porta aprendola.

“Dov’è Lucy?” chiese Damon senza nemmeno presentarsi.

Il suo tono era arrogante come al solito. Con quell’atteggiamento non avremmo ottenuto nulla.
“Buonasera, ci scusi per l’ora, ma cercavamo Lucy. È una cosa piuttosto urgente” provai io.

L’uomo mi scrutò attentamente, poi posò lo sguardo su Damon e non sembrò molto convinto.

“Potrei sapere chi siete?”

“Amici di Lucy. Abbiamo proprio bisogno di lei. Può chiamarla?”

Non so cosa vide nel mio sguardo, ma mi sorrise.

“Prego, accomodatevi. Ve la chiamo subito” disse allontanandosi.

Io entrai senza problemi, mentre Damon restò davanti alla porta.

“Entra muoviti”.

L’uomo ci aveva dato il permesso di entrare, lo aveva dato ad entrambi, quindi non doveva avere problemi.

Mise i piedi dentro casa e in quel momento apparve una donna in vestaglia. Di sicuro doveva essere Lucy.

Non l’avevo mai vista prima, ma dalla descrizione dettagliata che ne aveva fatto Bonnie non potevo sbagliarmi. Guardai Damon e mi resi conto che era davvero lei, lui l’aveva riconosciuta.

“Josh torna a letto. Ci penso io qui” disse probabilmente al marito, il quale si dileguò in poco tempo.

“Non sembri sorpresa di vederci” esordì poi Damon.

Lucy conosceva Damon, lo aveva visto, quindi sapeva chi eravamo.

“Non lo sono infatti. Ero certa che prima o poi qualcuno sarebbe venuto”.

“Quindi sai anche cosa vogliamo”.

“Certo che lo so, ma non posso aiutarvi”.

Al sentire quelle parole vidi Damon cambiare espressione e in una frazione di secondo Lucy si ritrovò sbattuta contro il muro mentre lui le stringeva la gola.

Mi avvicinai a lui e gli poggiai una mano sulla spalla.

“Damon calmati per favore”.

Sentii i suoi muscoli rilassarsi e lasciare andare la presa.

“Tu non mi conosci e so che non hai motivo per aiutarmi, ma ti prego fai qualcosa. Aiutami, aiutaci” dissi dolcemente a Lucy guardandola negli occhi.

“Se potessi lo farei, te lo assicuro, ma non posso”.

“Che significa che non puoi?”

Damon era glaciale e questo non avrebbe aiutato, ne ero certa.

“Quando ho spezzato l’incantesimo che legava te e Katherine e le ho consegnato la pietra di luna, dopo che su di essa avevo fatto un incantesimo che potesse indebolire lei per aiutarvi a catturarla, sapevo che finalmente il mio debito con lei era stato saldato. Non mi avrebbe più potuto ricattare. Sarebbe marcita in una cripta e non mi avrebbe mai potuto fare del male, non avrebbe mai potuto farmi pagare caro il mio gesto”.

“Ti dispiacerebbe arrivare al dunque. Tutto questo non ci interessa”.

“Damon” lo rimproverai ammonendolo con lo sguardo “ti prego, continua” esortai poi la strega.

“Credevo di essere al sicuro, poi un giorno lei è riapparsa ed era più arrabbiata che mai. Sapevo che me l’avrebbe fatta pagare. Katherine sa essere molto vendicativa quando vuole. Ha ucciso la mia migliore amica. Gli ha squarciato il cuore proprio davanti ai miei occhi e mi ha assicurato che avrebbe fatto lo stesso con ogni singola persona a cui io volessi bene. Li avrebbe uccisi tutti sotto i miei occhi costringendomi a guardarli morire senza poter fare nulla. Credimi, avrei fatto qualunque cosa pur di salvarli, così la implorai di uccidere me, ma lei diceva che se lo avrebbe fatto non sarebbe stata un vera vendetta”.

Rabbrividii al pensiero di  ciò che Lucy mi stava raccontando e mi immaginai al suo posto a vedere morire qualcuno che amavo. Non potevo permetterlo a costo di morire io stessa.

“Poi mi ha fatto una proposta. Un ricatto l’ho definito io, una tregua lei. Avrei potuto salvare le persone che amavo facendo qualcosa per lei. Dovevo pagare un debito dopodiché mi avrebbe lasciato stare e con me tutti gli altri. Non potevo dire di no, ne andava della loro vita. Mi ha costretto a fare nuovamente un incantesimo che unisse la tua vita alla sua. Diceva che questa era la sua unica garanzia per non farsi uccidere dai fratelli Salvatore, né da tutti i tuoi amici che a quanto pare di umano hanno ben poco. Non avrei mai voluto farlo, ho conosciuto la tua amica Bonnie, siamo cugine e noi streghe teniamo particolarmente a questi legami. Ferire te avrebbe ferito lei, ma non potevo fare altrimenti”.

“Bene. Visto che sei stata tu a farlo, puoi anche spezzarlo, quindi fallo e stavolta ti do la mia parola che faremo fuori Katherine per sempre”.

Damon si era addolcito un po’. Forse si era reso conto che non sarebbe arrivato a nulla con quell’atteggiamento altezzoso.

“Non posso farlo”.

“Ti sto dando la mia parola”.

“Se c’è una cosa che posso assicurarti è che Damon mantiene sempre la parola data, a qualunque costo”.

“Non ho dubbi su questo, ma non posso comunque aiutarvi”.

“Perché?” le chiesi solamente.

“Perché non ho più i miei poteri. Tecnicamente adesso non sono più una strega”.

Restai sconvolta da quelle parole. Avrei tanto voluto non crederci, ma sapevo che poteva accadere.

Jonas tempo addietro aveva tolto i poteri a Bonnie, anche se alla fine, prima di morire glieli aveva restituiti.

“Chi te li ha tolti?”

“Katherine non si fidava più di me. Era convinta che prima o poi quando sarebbe uscita alla scoperto con voi, qualcuno sarebbe potuto arrivare a me e io mi sarei fatta convincere di nuovo a tradirla. Diceva che non poteva correre questo rischio”.

“Un vampiro non può togliere i potere ad una strega” le fece notare Damon.

“Un vampiro no, ma un’altra strega potente si”.

“Stai dicendo che una delle tua specie ti ha tolto i poteri?”.

“Dopo aver fatto l’incantesimo che vi univa, Katherine scomparve. Si presentò qualche giorno dopo in compagnia di uno stregone. Era molto potente. Lo soggiogò e mi fece togliere i poteri, poi lo uccise, in modo che io non potessi più riavere i miei poteri”.

“Il che significa che…” provò a dire Damon, ma lei lo interruppe.

“Che solo chi mi ha tolto i poteri avrebbe potuto ridarmeli, ma visto che è morto nessuno potrà più farlo. Non posso più spezzare l’incantesimo. Nessuno può farlo”.

“Ci deve essere un modo. Tu lo saprai di sicuro”.

“Purtroppo non c’è. Questo è un incantesimo molto antico e potente, solo la strega che lo fa è in grado si spezzarlo”.

“Mi stai dicendo che non ho possibilità contro Katherine?” le domandai.

Lei non mi rispose subito abbassò gli occhi, poi disse qualcosa: “Mi dispiace”.

“Cosa credi che possiamo farcene delle tue scuse?” sbottò Damon incavolato nero.

Gli presi la mano e la strinsi forte alla mia. Era il mio modo per farlo calmare. All’inizio sembrò stranito da quel mio comportamento, poi mi guardò e lui stesso strinse più forte la presa.

“C’è una cosa che mi domando. Se io e lei siamo legate non ha senso che voglia uccidermi, morirebbe anche lei”.

Non riuscivo a capire questa cosa, era assurda.

“Tecnicamente non è così. C’è solo un modo perché lei possa morire uccidendoti e cioè colpendoti al cuore con un paletto di legno, l’unica arma in grado di uccidere un vampiro. Lei questo lo sa, quindi se davvero ti vuole morta ti ucciderà in un altro modo. Tu sei umana, non ci vuole poi molto per ucciderti”.

“Errato” annunciò Damon facendo un piccolo sorrisino.

“Scusa?”

Lucy non riusciva a capire quella reazione e a dire il vero neppure io.

“Un vampiro può essere anche bruciato. Non serve per forza il paletto”.

“Lo so questo, ma se la brucerete anche Elena morirà bruciata. Te l’ho detto sono legate”.

Il sorriso di Damon si spense nuovamente.

“Non abbiamo possibilità di sconfiggerla. È questo che ci stai dicendo?”

“Quando ho fatto l’incantesimo mi sono resa conto che Katherine aveva la possibilità di uccidere Elena senza morire, volevo dare la stessa possibilità ad Elena per quanto mi fosse possibile”.

“Il che significa?”

“L’unico modo che lei ha per ucciderti e non morire e non colpirti al cuore con un paletto di legno, l’unico modo che avete voi, invece, per ucciderla senza che tu muoia è quella che la sua morte avvenga per cause sovrannaturali”.

“Con cause sovrannaturali cosa intendi?” domandò Damon.

“Tutto ciò che può ucciderla in modo non naturale. Sei tu il vampiro, dovresti sapere tu tutto ciò che di naturale e no può uccidere quelli come te”.

Damon sembrò rifletterci su, poi spostò il suo sguardo su di me, ma lo distolse subito.

“È stata l’unica cosa che sono riuscita a fare. Ovviamente so che rasenta l’impossibile tutto questo, ma non sono riuscita a trovare di meglio. C’è un altro modo per liberarvi di lei, ma non include la sua morte ovviamente”.

“Rinchiuderla in una cripta non è così?” chiese Damon.

“Proprio così, ma anche fare questo è difficile. Ci vuole un incantesimo potente”.

“Bonnie può farlo” dissi io.

“Bonnie ha grandi potenzialità, ma è una strega troppo giovane, è troppo poco tempo che pratica magia. Un incantesimo del genere non rientra tra le sue competenze. Rischierebbe perfino la vita”.

Le parole di Lucy mi misero i brividi. Avrei preferito morire io piuttosto che far rischiare la vita a Bonnie chiedendola di aiutarmi.

“È assurdo” alzò la voce Damon e io strinsi più forte la sua mano.

Vidi lui guardare con rabbia Lucy, guardarla così male che sembrava pronto ad attaccarla.

“Lo so che vorresti uccidermi, lo so benissimo e ne avresti tutti i diritti. Non ti potrei mai giudicare per questo, ma non avevo altra scelta. Se tu ti fossi trovato nella mia situazione pur di salvare lei lo avresti fatto. Fare la cosa sbagliata è il rischio che si corre quando si ama qualcuno”.

“Andiamo via” mi disse poi lui.

Sapevo che stava faticando non poco a controllare la rabbia, ma era inutile prendersela con lei. Chiunque si sarebbe comportata come aveva fatto lei. In qualche modo ci aveva aiutato, almeno adesso sapevamo qualcosa in più.

Damon sciolse le nostre mani e si diresse subito verso l’uscita, mentre io restai ancora un attimo.

“Mi dispiace, davvero. Avrei tanto voluto esservi più utile”.

“Hai già fatto molto. Ti ringrazio anche a nome di Damon. È un persona un po’…” provai a dire.

“È solo una persona che ha paura per la donna che ama, che vorrebbe salvarla, ma non sa come fare. Lo capisco, non serve che aggiungi nulla”.

Possibile che quella donna avesse capito così tanto su Damon dopo solo qualche sguardo? E possibile che davvero Damon mi amasse?

A dire il vero lui non lo aveva mai detto. Quando Isobel tempo prima mi aveva rivelato che lui era innamorato di me, lui non aveva confermato la cosa, ma a pensarci bene non l’aveva neppure smentita.

Possibile che quel ragazzo dovesse essere così complicato per i miei gusti?

Salutai Lucy e mi diressi anche io all’uscita vedendo che Damon mi aspettava già in macchina. Salii e subito lui mise in moto e partii.

“Avresti potuto essere più gentile” mi lamentai.

“E per quale motivo? È stato inutile venire qui”.

“Ha provato ad aiutarci. Ci ha detto quello che sapeva”.

Damon non mi rispose. Gli occhi puntati sulla strada e le mani strette sul volante, chiaro segno che fosse nervoso.

“Andrà bene” dissi per cercare di calmarlo.

Lui si voltò a guardarmi per la prima volta da quando eravamo entrati in macchina e poi mi sorrise scuotendo la testa.

“Che c’è?” domandai.

“Sei sempre la solita. Dovrei essere io a rassicurare te e, invece, accade il contrario”.

Sorrisi anche io. In effetti la situazione era un po’ strana, surreale quasi.

“Tu mi rassicuri costantemente. Forse non te ne sei accorto, ma la tua sola presenza ha il potere di farlo” mi lasciai scappare prima di lasciarmi andare ad uno sbadiglio.

“Perché non dormi se hai sonno?” mi domandò notando lo sbadiglio e non commentando la mia frase. Gliene fui grata.

“No grazie. Ho la schiena a pezzi. Odio dormire in macchina”.

Lui sorrise e non aggiunse nulla, ma notai che al primo motel fermò la macchina.

“Che fai?”.

“Mi fermo. La signorina è troppo snob per dormire in macchina”.

“Hey” lo colpii con una gomitata “io non sono snob”.

Lui sorrise e scese dalla macchina e poi affacciò la testa e parlò.

“Aspettami qui”.

Dopo cinque minuti la portiera dell’auto si aprì.  

“Madame” mi disse porgendomi la mano e invitandomi ad uscire.

Insieme ci dirigemmo verso la camera che aveva prenotato.

“Una?” chiesi notando che aveva solo una chiave in mano.

“Pensi che ti lasci davvero da sola per tutta la notte?” mi domandò sarcastico.

Io sorrisi e scuotei la testa, poi entrai insieme a lui.

Notai che c’era un solo letto in camera, una scrivania con una poltrona e un piccolo divano vicino la finestra.

Osservai il divano, mi avvicinai e mi sedetti sopra per vedere se fosse comodo.

“Non pensarlo neanche”.

“Pensare cosa?” gli domandai.

“Non ho intenzione di dormire lì sopra”.

“Invece si”.

“No”.

“Si”.

“No”.

Adoravo questi scambi di battute con lui. Mi divertivo un casino.

La cosa bella di quando stavo con Damon era che mi sentivo sempre al sicuro e stranamente bene.

Lasciai correre il nostro battibecco e mi sdraiai sul letto, poi sbattei la mia mano sulla parte libera del letto.

“Vieni a dormire scemo”.

Lui sorrise soddisfatto di aver vinto e mi raggiunse.

Si sdraiò e io mi appoggiai al suo petto, mentre lui scansò la coperta e mi coprii.

Quando la mia testa si adagiò al suo petto sentii un brivido percorrermi tutto il corpo e la pancia sembrò contorcersi.

“Hai fame?” mi chiese forse sentendo il brontolio dello stomaco.

“No”.

Non potevo certo dirgli che avevo lo stomaco pieno…di farfalle.

Credo che fu in quell’esatto momento che mi resi conto che quel viaggio era servito davvero.

Un’intera giornata con Damon mi aveva schiarito le idee molto più di quanto avrebbero potuto fare settimane di solitudine.

La verità era solo una e finalmente l’avevo compresa: mi ero innamorata di Damon, di un amore totalizzante e definitivo.

 

Robsten23

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Volevo inoltre avvisarvi che per tutti coloro che inseriranno una recensione invierò un piccolo spoiler del capitolo successivo. Non lo inserisco qui perché possibilmente non tutti vogliono leggerlo. Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Venerdì 11 Marzo

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Sette

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Pov Elena

 

Per tutta la notte non avevo fatto altro che muovermi visto che non riuscivo a dormire, ma mi ero tenuta sempre stretta al petto di Damon. Sapevo che un’occasione del genere non sarebbe ricapitata presto, dovevo godermi ogni singolo momento di pace che solo la sua presenza era capace di darmi.

Riuscii poi finalmente ad addormentarmi e quando il sole mattiniero entrò dalla finestra della camera del motel mi svegliai, ma non aprii subito gli occhi.

Volevo essere certa che Damon fosse ancora lì, che non fosse fuggito come più di una settimana prima aveva fatto, che fosse lì per me, lì a bearsi come me di quel nostro contatto.

Le mie mani erano appoggiate al suo petto e così anche la mia testa, chiaro segno che fosse ancora lì.

Ebbi la sensazione che qualcuno mi stesse fissando e quando mi decisi ad aprire gli occhi mi resi conto che non mi ero sbagliata.

Due pozze color del ghiaccio mi stavano fissando intensamente.

“Buongiorno”.

Le mie parole sembrarono farlo tornare nel mondo normale e non potei fare a meno che farmi sfuggire un sorriso che lui stesso ricambiò con enfasi.

Era così bello quando sorrideva.

Alzai leggermente la testa per riuscire a guardarlo negli occhi e vidi i suoi fissarmi intensamente. Non mi ero mai resa conto dell’intensità di quel suo sguardo, non fino a quel momento almeno.

E mai come in quell’istante desiderai che quelle labbra così perfette si posassero sulle mie. Era già capitato in passato, ma ero certa che oggi sarebbe stato diverso.

Ricordavo perfettamente quel momento, il giorno in cui Katherine era tornata a Mystic Falls dopo essere scomparsa per 150 anni.

 

Inizio Flashback

Uscii dal bagno e quasi sussultai per la paura. Damon era seduto sul mio letto.

“Mi hai spaventata” gli dissi seria..

“Sto solo facendo la mia parte nella vigilanza di quartiere”.

“Grazie…per la tua premura verso di noi, verso di me”.

“Sono io la tua fidata guardia del corpo. Calmo davanti a una crisi…”

“Hai bevuto?” lo interruppi.

Lui fece un gesto con la mano come ad indicare “un pochetto”.

“E sei sconvolto. Non è una buona combinazione” continuai.

“No, non sono sconvolto. Per essere sconvolto bisogna che ti importi qualcosa”.

“Avanti, Damon. È una bugia. A te importa”.

Lui cambiò totalmente argomento.

“Sei sorpresa che abbia pensato che ricambieresti un mio bacio? Non riesci neanche ad immaginare che io potrei credere che vorresti ricambiare?”

“Damon”.

“Che quello che abbiamo fatto significhi qualcosa? Sei tu la bugiarda, Elena. Tra noi due c’è qualcosa e lo sai. E stai mentendo a me, stai mentendo a Stefan e soprattutto stai mentendo a te stessa”.

Nel frattempo si era alzato e si era avvicinato pericolosamente a me.

“Posso dimostrartelo”.

“No”.

Fu un secondo e le sue labbra toccarono le mie in un bacio del tutto violento, mentre io mi sforzai per cercare di respingerlo.

“Damon, no. Qual è il tuo problema?” gli dissi quando finalmente riuscii a farlo allontanare anche se di poco.

“Non mentire”.

“Fermati. Sei migliore di così, dai”.

“È qui che ti sbagli”.

“No, no, no, Damon!”

Si avvicinò e mi baciò ancora, ma riuscii ad allontanarlo quel tanto che bastava per riuscire a parlargli.

“Ti voglio bene. Ascoltami, ti voglio bene. Davvero, ma…amo Stefan. Sarà sempre Stefan”.

Lui mi guardò ferito, un’espressione che non gli avevo mai visto fare da quando lo conoscevo.

Fine Flashback

 

Ricordavo perfettamente quell’episodio, ricordavo come lui senza pietà avesse rotto il collo di Jeremy facendolo accasciare a terra morto, ricordavo come mi ero sentita morire al solo pensiero di aver perso mio fratello per sempre, ricordavo la gioia nell’avergli visto l’anello al dito, ricordavo l’odio che avevo provato nei confronti di Damon, ricordavo la promessa che avevo fatta a me stessa di non voler avere più nulla a che fare con lui. E ricordavo anche l’assenza di emozioni che avevo provato quando mi aveva baciata.

Eppure adesso era diverso, adesso che il suo volto era a pochi centimetri dal mio la voglia di toccare le sue labbra era qualcosa di assoluto, non sapevo spiegarlo.

Damon era cambiato, ma ero cambiata anche io e soprattutto erano cambiati i miei sentimenti.

Potevo mentire a chiunque, ma non a me stessa.

Era Damon l’uomo che amavo davvero, per Stefan, ormai, provavo solo del grande e puro affetto fraterno.

Spinta non so da cosa, forse da quella nuova consapevolezza che era nata in me, mi avvicinai a lui accorciando le distanze e in un battito di ciglia le mie labbra furono sulle sue.

Dapprima lui parve impreparato a quel contatto, poi si lasciò subito andare e ricambiò il bacio e fu allora che mi resi conto davvero di cosa si provava a baciare l’uomo che si amava davvero.

Era tutto completamente nuovo per me, non avevo mai provato tutte quelle emozioni in una volta sola. Le farfalle nello stomaco avevano preso a svolazzare come impazzite, l’elettricità sembrava percorrere il mio corpo come se fosse un campo magnetico e il mio cuore sembrò uscirmi dal petto.

Era tutto meraviglioso, magico quasi.

Damon mi attirò di più a sé e mi baciò con più passione, ma allo stesso tempo con più amore, mentre io lo strinsi a me posando una mano sul suo petto e l’altra tra i capelli.

Dio da quanto tempo desideravo giocare con quella massa informe, ma setosa che erano i suoi capelli, forse da sempre, solo che non me ne ero mai resa conto.

Quando ci staccammo dal bacio per riprendere fiato, soprattutto io che in quanto umana ne avevo davvero bisogno, sentii le sue labbra spostarsi sul mio orecchio per poi passare al collo e mi sembrò di essere finalmente andata in Paradiso. Stavo assaporando la felicità, quella felicità che avevo da sempre cercato, ma che non riuscivo mai a trovare.

Eccola adesso, proprio lì davanti a me, nelle sembianze di un vampiro sexy e maledettamente irresistibile.

Mi stavo beando al massimo di quel Paradiso quando all’improvviso mi ritrovai nel letto da sola. Spaesata mi guardai attorno. Damon era vicino alla parete di fronte e mi dava le spalle.

Cosa diavolo gli era preso?

“Damon” provai a chiamarlo.

Lui rimase fermo nella sua posizione, ma ad un certo punto tirò un pugno alla parete. Riuscii a contenere la forza altrimenti avrebbe lasciato un buco.

Mi alzai dal letto e mi avvicinai a lui. Gli toccai una spalle e lui si voltò a guardarmi.

“Mi dispiace. Non avrei dovuto” furono le sue uniche parole.

“Si infatti non avresti dovuto” gli risposi riferendomi al fatto che si fosse staccato.

Lui mi guardò sorpreso dalle mie parole e io continuai.

“Perché?” chiesi alla fine.

“Perché cosa?”

“Hai capito”.

“È stato meglio così”

“Per te o per me?” domandai leggermente stizzita da quella sua affermazione.

“Se ci fossimo spinti oltre non saremo più potuti tornare indietro. Cambierebbe tutto”.

“Damon, ma che diavolo dici? È già cambiato tutto. Non possiamo più tornare indietro, non dopo quello che è successo. Lo sappiamo entrambi”.

Lui non mi rispose, si limitò solo a guardarmi negli occhi con sguardo quasi assente, così io continuai.

“Non so tu, ma io non posso farlo, non posso fare finta che non sia successo nulla, non adesso che ho finalmente capito cosa o meglio chi c’è nel mio cuore. Non posso e non voglio”.

Lui si avvicinò, i nostri visi a pochi centimetri l’uno dall’altro. Mi sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e poi prese a parlare con gli occhi che sembravano tanto lucidi che per una frazione di secondo ebbi paura che potesse piangere.

“No, non hai capito nulla, Elena. Sei solo spaventata per tutto quello che sta succedendo, non sei lucida. Quando tutto questo finirà, quando tu sarai finalmente al sicuro ripenserai ad oggi e sorriderai. C’è Stefan nel tuo cuore, sarà sempre lui, l’hai detto tu stessa, ricordi? Non puoi buttare il tuo amore così, non posso permetterlo”.

Aveva faticato a dire quelle parole, glielo leggevo negli occhi, ma lo stava facendo per me, ne ero certa. Solo che io ero lucidissima, io sapevo benissimo cosa volevo, adesso lo sapevo finalmente e volevo lui.

“L’ho detto è vero, ma sono cambiate tante cose da allora, i miei sentimenti sono cambiati”.

“Sei solo spaventata” mi ripeté lui.

“Smettila. Non ci credi nemmeno tu a quello che stai dicendo. Io so cosa voglio”.

“Ah si? Credi davvero di saperlo? Non sai niente Elena, non sai niente”.

“Si che lo so. Finalmente l’ho capito. Io ti…” provai a dire, ma lui mi mise l’indice in bocca per non farmi continuare a parlare.

“Shh, non dirlo, non farlo ti prego” mi disse con sguardo sofferente come se avesse bisogno di sentire quelle parole, ma allo stesso tempo non avesse il coraggio di sentirle “non è reale quello che provi”.

“E quello che provi tu, invece, anche quello non è reale?”

“Io non provo nulla, non provo nulla da troppo tempo ormai”.

A sentire quelle parole sembrò come se qualcuno mi avesse infilzato il cuore, ma nei suoi occhi non riuscivo a vederci la verità in quelle parole. Era vero che non avevo la certezza che lui mi amasse, ma una parte di me era convinta che lui questa conferma me la stesse dando adesso con questo suo atteggiamento.
Voleva il mio bene, la mia felicità proprio perché mi amava. Se non fosse stato così non si sarebbe comportato in questo modo.

“Non ci credo. Io non ti credo” dissi convinta e con un movimento impercettibile mi avvicinai a lui.

In qualche secondo le mie labbra furono di nuovo sulle sue. Rispose subito al bacio, questa volta, sembrava quasi che lo attendesse, sembrava quasi che non aspettasse altro.

Il bacio da casto diventò qualcosa di decisamente passionale. Misi le mie mani dietro il suo collo e inizia a giocherellare con i suoi capelli, mentre lui si godeva quel bacio che ero certa aspettasse da tanto tempo. Quando ci staccammo i suoi occhi puntarono dritti i miei e guardando quel cielo infinito non potei fare a meno che pensare che finalmente tutto mi era chiaro.

Se dovevo morire per mano di Katherine o per mano di chiunque, se semplicemente la mia vita non era destinata a durare a lungo mi andava bene così, perché almeno potevo morire in pace, potevo morire con la sensazione di appagamento di anima e di corpo, potevo morire con la consapevolezza di aver fatto capire a Damon che il mio cuore batteva per lui.

Non gli avevo detto “ti amo”, ma in quel momento ero certa che quelle due paroline fossero solo un’ulteriore conferma a qualcosa che già lui stesso aveva percepito.

Mi strinse a sé con maggiore enfasi e in breve tempo le sue labbra furono sul mio collo, lasciava baci infuocati proprio nelle parti che più mi eccitavano, come se lui conoscesse ogni minimo segreto del mio corpo, come se lui fosse stato lì a studiarmi in attesa soltanto di un mio piccolo e, forse, insignificante gesto.

Non sapevo come, né quando, ma ben presto mi ritrovai sdraiata a letto con lui addosso, mentre le sue labbra perfetta mi baciavano il collo prima di disegnare il profilo delle mie labbra per poi baciarle ancora.

Le sue labbra, quelle meravigliose, perfette e sexy labbra bruciavano sulle mie, bruciavano come mai altre labbra avevano fatto e la certezza che lo amassi davvero, che non fosse tutto frutto di un’immaginazione un po’ contorta fu talmente reale, talmente tangibile da fare male.

Potevo sentire, percepire in lui tutto il desiderio di avermi finalmente sua e il cuore sembrò perdere un battito non appena mi resi conto di quanto inconsapevolmente e senza volerlo io lo avessi fatto soffrire.

Gli avevo provocato dolore, ma non tanto per non averlo ricambiato, quanto per avergli sempre in passato sbattuto in faccia che persona lui fosse e l’odio che provavo in qualche modo verso di lui.

Eppure avrei dovuto saperlo.

Miranda, mia madre, amava raccontare a me e Jeremy di come lei e papà si fossero incontrati, odiati e poi amati fino alla fine. Ci ripeteva sempre: “L’odio è solo l’inizio di una storia d’amore”.

Allora quelle parole mi sembravano senza significato, adesso, invece, assumevano delle sfumature nuove. Non si capisce mai qualcosa fintanto che non la si sente sulla la propria pelle.

Scacciai via ogni pensiero e mi concentrai solo sul Paradiso che stavo vivendo in quel momento. Strinsi più forte a me Damon e vidi lui sorridere prima di tornare a baciarmi con vigore e quando entrambi sembravamo pronti a scoprire il corpo dell’altro qualcosa ruppe la magia: lo squillare di un telefono, del mio telefono.

Damon con uno scatto fulmineo si staccò da me e tornò alla finestra guardando il paesaggio fuori, mentre io ancora immobile dove lui mi aveva lasciata mi avvicinai alla borsa estraendo il cellulare e controllando il mittente.

“È Stefan” riuscii a dire solamente.

“Vado a pagare la camera e ti aspetto in macchina”.

Queste furono le sue uniche parole, parole pronunciate con uno sguardo distante, uno sguardo che riconoscevo perfettamente. Era lo sguardo che indossava quando indossava la maschera per farsi vedere duro e impenetrabile come solo lui sapeva essere.

A malincuore premetti il tasto verde e accettai la chiamata, ma me ne pentii all’istante in quanto il tornado Stefan prese a parlare rimproverandomi del fatto che non lo avessi più chiamato da quando ero partita, rimproverandomi del fatto che lo avessi fatto stare in pena.

“Credevo che tra tutti e due ci fosse un solo irresponsabile” si lamentò alla fine.

“Ti ho detto che mi dispiace, ma…”

“Ma cosa? Hai idea di quanto io fossi preoccupato?”

“Ero con Damon, cosa credi che mi potesse succedere?” urlai esasperata.

Possibile che dovesse sempre comportarsi da fidanzato iperprotettivo? Cavolo non ero una bambina e sinceramente non mi andava di dover chiamare ogni dieci minuti il mio fidanzato solo perché questo in caso contrario usciva fuori di senno.

“Ok, scusa, hai ragione. Sto esagerando. È solo che è successo tutto così in fretta. Katherine, l’incantesimo, non ero preparato”.

“Si è fatta vedere?”

“Non qui. Jeremy dice che si è presentata a scuola facendo finta di essere te e ha creato un po’ di scompiglio, ma nulla di grave visto che Caroline l’ha convinta ad andare via. Stamattina, inoltre, è stato trovato un cadavere dissanguato nel bosco. Dicono sia stato un animale, ma posso dire con certezza che è stata lei. Il suo modo per dirci che ha aperto i giochi”.

“Tienila lontana da Jeremy, dalla scuola e da chiunque. Non voglio che qualcuno si faccia male per colpa mia”.

Se era me che voleva, era me che avrebbe avuto. Gli altri non c’entravano nulla. Dovevamo tenere tutti fuori da questa storia.

“Come è andata con Lucy? Damon mi ha detto che l’avete trovata”.

“Non bene, ma è una lunga storia. Ne parliamo quando torno. Entro qualche ora dovremmo essere di ritorno”.

“Ok, a dopo, allora. Ti amo Elena, devi di non scordarlo”.

Chiusi il telefono senza aggiungere nulla e senza riflettere sul significato di quelle ultime parole “vedi di non scordartelo”. In quel momento non volevo pensare al perché le avesse dette.

Non potevo dirgli che lo amavo anche io, non adesso che ero certa di non amarlo, ma non potevo neppure continuare a stargli accanto, ad essere la sua ragazza quando nel mio cuore c’era un altro.

Con ogni probabilità sarebbe stato tutto inutile, Katherine mi avrebbe uccisa in men che non si dica, ma per quello che mi restava da vivere non potevo permettere di comportarmi come lei, di far soffrire entrambi.

Adesso che ciò che volevo era chiaro avrei dovuto affrontare tutto a testa alta e con profondo coraggio.

Mi diedi una sistemata veloce e poi mi chiusi la porta del motel alle spalle e mi diressi in macchina dove mi aspettava già un Damon più serio che mai.

Salii e lui mise in moto partendo senza dire nulla.

Restammo in silenzio per una manciata di minuti, alla fine sembrai scoppiare.

“Per quanto ancora dobbiamo giocare al gioco del silenzio?” domandai.

“Non ho nulla da dire”.

“Io si, invece”.

“Allora fallo. Proverò ad ascoltarti, se ci riesco”.

“Credi che facendo così cambierai le cose? Non attacca più questo genere di comportamento con me”.

Lui rimase in silenzio senza dire nulla, così io ripresi.

“Fare finta che non sia successo nulla non aiuterà nessuno dei due”.

“E invece faremo esattamente finta che non sia successo nulla. È stato un errore”.

“Tutte e due le volte?” chiesi ironica.

“Non è il momento di fare sarcasmo”.

“Per te è sempre il momento di fare sarcasmo, perché non dovrebbe essere lo stesso per me?”.

“Possibile che tu davvero non ci arrivi?” sbottò alla fine fermando la macchina e voltandosi a guardarmi.

“A cosa?”

“Io non ti merito, non merito nulla di te, ma Stefan si, lui è perfetto. Voi siete perfetti. Io sono solo un amico e tale resterò”.

Guardai i suoi occhi e vidi quanto gli costasse pronunciare quelle parole, ma se lui non voleva essere sincero in quel momento lo sarei stata io.

“Non so più vederti solo come un amico, non ci riesco più da tanto tempo. E vorrei che non fosse così, ma lo è. Credi che non ci abbia riflettuto? Che non abbia pensato alle conseguenze? Se ho aspettato è proprio perché avevo paura, paura che cambiando il nostro rapporto non saremmo stati felici come lo siamo ora”.

“Elena…”.

“No Damon, fammi finire. Avevo paura e c’è l’ho ancora, ma non voglio averla perché so che possiamo cambiare le cose, che possiamo essere molto più felici di così, basta solo che noi lo vogliamo”.

“Non è così semplice”.

“Si che lo è. Un giorno tu mi hai detto che per cambiare le cose basta avere solo un po’ di coraggio in più e io voglio averlo questo coraggio perché voglio essere felice”.

“Non potrai mai essere felice così. Io sono il cattivo, ricordi? Credi che io sia cambiato, ma non è vero. Sono sempre il cinico, doppiogiochista, presuntuoso e crudele vampiro di sempre. Io non ti merito, lo capisci? Ma mio fratello si ed è per questo che questa conversazione deve finire qui”.

“Sono le scelte che facciamo che dimostrano chi siamo veramente, molto più delle nostre capacità. Non ti ostinare a dire che sei cattivo, perché lo sappiamo tutti che in fondo non lo sei”.

“Non posso essere egoista con te”.

“Quindi mi stai dicendo che dovremmo rinunciare ad un ipotetico noi”.

“Non esiste un noi, Elena, e non esisterà mai. Un demone e un angelo non potranno mai andare d’accordo. Discorso chiuso. Oggi non è successo nulla”.

Una lacrima con forza spinse per uscire fuori e nonostante con il dito la scacciai via subito percepii la mia guancia bagnata.

Non potevo farmi vedere piangere, non da lui, non per le sue parole.

“Bene” dissi cercando di essere convincente.

“Bene” mi rispose lui rimettendosi in marcia.

Alzai il volume della radio e poi mi voltai a guardare il paesaggio fuori dal finestrino, ma quando iniziai a sentire gli occhi pensanti di lacrime presi gli occhiali da sole che avevo in borsa e li misi agli occhi.

Dalla posizione in cui ero messa, Damon non avrebbe mai potuto vedermi piangere ed evitai di fare qualunque rumore in modo che non attirasse il suo udito vampiresco.

Facemmo tutto il ritorno senza dire una parole. Ogni tanto lui diceva qualcosa, ma prontamente incontrava il mio muro di silenzio e smetteva subito di parlare, per poi aggiungere qualcos’altro mezz’ora dopo.

Mi veniva da prenderlo a pugni. Io non facevo altro che lottare con me stessa per non piangere e lui, invece, era tanto tranquillo da far sembrare come se davvero non fosse successo nulla.

Durante quel viaggio rischiavo lo scleramento, se non fosse stato per il mio cervello che non faceva altro che ripetere quattro parole, le uniche quattro parole che potevano calmare i miei nervi: stiamo parlando di Damon.

Ed era appunto perché stavamo parlando di lui che potevo in qualche modo sperare che il suo comportamento non fosse altro che una maschera, non potevo che sperare che mi avesse detto quelle cose solo perché non si sentiva alla mia altezza, non si sentiva in grado di poter stare con me visto il suo modo di essere.

Speravo davvero che il motivo per cui mi avesse allontanata fosse che lui credeva di non meritarmi, perché non avrei retto il peso di sapere che lui non mi amava. Eppure adesso iniziavo anche a pensare che fosse così, in fondo lui non lo aveva mai detto. Il fatto che non lo avesse mai negato non significava che lo fosse.

Dopo qualche ora la mia attenzione venne colpita da un grande cartello: “Welcome to Mystic Falls”. Eravamo arrivati.

Mi resi conto subito che Damon si stava dirigendo verso villa Salvatore.

“Casa mia è da quelle parte se te ne fossi scordato”.

Le mie prime parole da quando avevo smesso di litigare e avevo usato un tono che non usavo da parecchio tempo con lui.

Sembravamo essere tornati indietro nel il tempo.

“Wow, la signorina ha ripreso a parlare. Pensavo avessi perso la lingua”.

“Non sto scherzando. Voglio andare a casa”.

“Ti ci sto portando”.

“A casa mia intendo” alzai leggermente il tono di voce.

“Ti porterò nella mia, invece. E resterai lì fino a quando questa storia non sarà finita. È troppo pericoloso andare da te”.

“Damon metti subito una dannata freccia e svolta verso casa perché è l’unico posto dove andremo. Sono stanca e ho bisogno di una doccia che farò nel mio bagno” urlai enfatizzando la parola “mio”.

“Fiato sprecato”.

“Non vorrai costringermi a scendere dall’auto mentre ancora la macchina è in marcia, vero?”

Vidi lui alzare gli occhi al cielo, consapevole che avrei vinto io.

“Detesto quando apri la bocca. Era meglio se continuavi con lo sciopero della parola” rispose sbuffando e svoltando per dirigersi a casa mia.

Restai in silenzio fino a quando non raggiungemmo la meta, poi scesi dalla macchina e senza nemmeno dargli il tempo di aggiungere nulla entrai in casa, ma non considerai la sua velocità sovrumana, il che implicava che me lo ritrovai ai piedi delle scale.

“Non ti ho chiesto di entrare” furono le mie parole prima di scansarlo e salire le scale che mi avrebbero condotto al piano superiore.

“Spiacente, l’hai già fatto in passato. Un suggerimento per il futuro, invece. Fai attenzione a chi inviti ad entrare in casa tua”.

Le sue parole mi arrivarono forte e chiaro nonostante io fossi già arrivata al piano di sopra. Sentii poi la porta dell’ingresso sbattere, segno che probabilmente fosse andato via.

Corsi nel mio bagno in camera e mi buttai sotto il getto dell’acqua ringraziando che non ci fossero né Jenna né Jeremy in casa. Quando l’acqua colpii il mio corpo mi lasciai cadere ad un pianto liberatorio e tutti i singhiozzi che ero stata costretta a trattenere per non farmi sentire da lui li liberai.

Restai sotto il flusso dell’acqua non so per quanto tempo e l’unica cosa che fui in grado di fare fu pensare a me e Damon, ad alcuni tra i tanti momenti che avevamo condiviso insieme, quei momenti in cui non avrei mai pensato di potermi innamorare di lui.

La prima volta che lo avevo visto, ad esempio.

 

Inizio Flashback

Ero andata a casa di Stefan. Bussai, ma nessuno venne ad aprire. Mi resi conto che la porta era aperta così entrai.

“Stefan” provai a chiamare.

Nessuna risposta.

Mi guardai attorno rendendomi conto che quella non era una casa normale, ma una sorta di reggia antica. Sembrava quasi un castello principesco.

Ad un tratto sentii un cigolio di porta, mi avvicinai alla direzione dalla quale avevo sentito provenire il rumore e vidi una finestra aperta dalla quale entrò furiosamente un corvo. Sussultai per la paura e mi voltai subito ritrovandomi a pochi centimetri dal viso di un ragazzo mai visto prima.

Era di una bellezza decisamente eterea, ma qualcosa mi incuteva timore nel suo sguardo, anche se non sapevo dire esattamente cosa.

“Scusa se sono entra così, ma la porta era aperta”.

Il ragazzo continuò a fissarmi per un po’, poi sorrise impercettibilmente e parlò.

“Tu devi essere Elena. Io sono Damon, il fratello di Stefan”.

“Non mi aveva detto di avere un fratello”.

“Stefan non è uno che se la tira” mi rispose e non mi fu difficile capire che era un complimento che rivolgeva a se stesso più che al fratello “prego accomodati. Stefan arriverà a momenti” mi disse poi facendomi strada nel salotto.

“Wow, questo è il vostro soggiorno?” dissi ridendo guardandomi attorno.

“Soggiorno, salotto, buono per un’asta. È un po’ troppo chic per i miei gusti”.

Sembrava sincero, fino a quando non prese a parlare di Katherine per insinuare su di me dubbi su dubbi.

Fine Flashback

 

Solo dopo mi resi conto che tra i due non scorreva buon sangue, ma avevo creduto davvero alle parole di Damon e dovevo ammettere che quel giorno, anche se per una frazione di secondo la mia preferenza era ricaduta su Damon.

Si era mostrato scherzoso, gagliardo, mentre Stefan non faceva altro che mostrarsi in qualche modo tormentato da qualcosa.

Non potevo sapere nulla allora, ma per un attimo l’avevo pensato davvero.

Chi avrebbe potuto dirlo che alla fine quell’attimo che in passato mi era sembrato un istante di pura follia alla fine si fosse mostrato reale. Alla fine era Damon che preferivo, era su di lui che avrei riposto la mia felicità se solo lui mi avesse concesso di farlo.

Cercai di scacciare via quei pensieri, di scacciare via il suo sorriso, i suoi occhi, ma più cercavo di farlo più il suo volto mi appariva chiaramente e un altro ricordo si impossessò della mia mente: il ballo per l’incoronazione della Reginetta di Mystic Falls.

 

Inizio Flashback

Quella doveva essere una giornata speciale. Mamma, quando era ancora in vita, aveva insistito tanto perché vi partecipassi.

“La nostra è una delle famiglie fondatrici e devi partecipare all’evento, ne hai diritto” continuava a ripetermi.

Alla fine mi aveva convita e mi ero iscritta, ma dopo l’incidente mi ero perfino dimenticata di averlo fatto, invece, oggi mi ritrovavo a dovermi vestire e acconciare pronta per partecipare ad un evento che sentivo, ormai, tanto lontano da me da non riuscire neppure a ricordarmi il motivo vero che mi avesse spinto a inserire il mio nome sulla lista.

Per di più Damon mi aveva appena confessato le attività “extracurriculari”, come le aveva definite lui stesso, di Stefan e il mio ragazzo non aveva fatto altro che ammettere quanto stava succedendo.

Il sangue umano lo stava trasformando in qualcosa di orribile e io non sapevo cosa fare per cambiare le cose.

Mi vestii cercando di mantenere la calma, poi uscii in corridoio aspettando che venisse chiamato il mio nome. Mi ritrovai da sola con Caroline mentre mi sporgevo dalla balconata per cercare il mio ragazzo.

“Vedi Stefan là sotto?” domandai alla mia amica.

Lei mi raggiunse e controllò.

“No. Solo il mio noioso accompagnatore di ripiego”.

“Cos’è successo a Matt?”

“Al lavoro non gli hanno fatto prendere un permesso per venire” mi spiegò “hey, cos’è successo a Stefan?” continuò poi.

“Non lo so. È sparito da qualche parte. Non lo so”.

Non appena pronunciai quelle parole mi resi conto di quanto fosse assurda la mia presenza lì. Dovevo correre a cercare Stefan, non restare lì in attesa che mi chiamassero per fare uno stupido ballo. Non ero più quel genere di persona.

Caroline, però, mi fece ragionare ricordandomi che se ero lì lo stavo facendo per mia madre e per nessun altro. Dovevo farlo, punto, glielo dovevo.

Chiamarono il suo nome e lei scese le scale.

“Elena, tu sei la prossima, andiamo” mi sussurrò la mamma di Tyler invitandomi ad avvicinarmi alle scale.

Acconsentii e mi preparai ad essere chiamata.

“La signorina Elena Gilbert accompagnata dal signor Stefan Salvatore”.

A quelle parole feci un bel respiro e iniziai a scendere le scale, ma di Stefan nessuna traccia. Avrei fatto la più brutta figura di tutta la mia vita.

Poi qualcosa cambiò. Ai piedi delle scale comparve Damon, nel suo magnifico completo nero e con la sua tipica espressione da bello e dannato che gli si addiceva alla perfezione.

E fu in quel momento che capii: Stefan non sarebbe apparso e Damon aveva preso il suo posto. Era lì ad attendermi, era lì a risparmiarmi una cattiva figura, era lì che mi permetteva di realizzare il sogno di mia madre di vedermi gareggiare per il titolo di reginetta di Mystic Falls.

Quando mi porse la mano e io gli diedi la mia avrei voluto dirgli “grazie”, grazie per essere stato lì per me nonostante io mi fossi sempre comportata in modo non troppo gentile con lui, nonostante io non mi fossi mai risparmiata di urlargli in faccia quanto lo odiassi, ma le parole che mi uscirono fuori furono altre.

“Dov’è Stefan?”

“Non lo so”.

Mano nella mano ci dirigemmo fuori e lì non potei fare a meno di sentire il commento di Jenna rivolto ad Alaric.

“Cosa ci fa con Damon?”

“Non ne ho idea” le rispose lui.

La musica riempii l’aria e noi iniziammo a ballare.

“Cosa faremo?” gli domandai.
“Al momento dobbiamo arrivare fino in fondo a questa cosa”.

C’era decisamente un forte imbarazzo iniziale, ma all’improvviso più andavamo avanti più mi veniva naturale ballare con lui.

L’imbarazzo ben presto lasciò il posto alla naturalezza, alla sincronia e quando il distacco venne colmato e mi ritrovai a ballare tra le sue

braccia sentii una strana sensazione. Sembrava come se ci fossimo solo io e lui, come se tutto il mondo fosse scomparso per lasciare il posto a quell’unione che si era creata, un’unione di anime che si sfioravano, senza riuscire a prendersi davvero.

Mi sciolsi come non credevo di poter fare e sorrisi, sorrisi in modo sincero seguita a ruota da lui. Mi dimenticai perfino di Stefan in quel momento.

Eravamo due esseri che si stavano in qualche modo fondendo in qualcosa di unico. Non avrei mai saputo spiegare quella sensazione che provai in quel momento e quando ci staccammo di nuovo sembrò come se la magia fosse svanita, come se il filo che ci aveva appena avvolto si fosse spezzato e stranamente mi dispiacqui di questo.

Quei pochi minuti insieme a lui, stretta tra le sua braccia mi avevano fatto sentire meravigliosamente bene e non sapevo spiegarmi il motivo di tutto quello.

Fine Flashback

 

Adesso che ripensavo a quel momento era tutto chiaro. Era stato quello il momento in cui qualcosa dentro di me era cambiata, era stato quello il momento in cui avevo iniziato ad innamorarmi di Damon, ma non avevo mai voluto ammetterlo a me stessa, perché ammetterlo avrebbe fatto soffrire troppe persone, in primis me stessa.

Scacciai via quei pensieri, non potevo permettermi di continuare a pensare a lui, a lui che non mi aveva neppure permesso di rivelargli i miei reali sentimenti, a lui che aveva scelto per entrambi facendomi tacere una verità che finalmente avevo trovato il coraggio di urlare a gran voce.

Perché? Mi domandavo solo questo.

Forse il motivo era molto più semplice di quello che credevo. Forse Damon credeva davvero di non meritarmi, o forse semplicemente quella era una scusa campata in aria tanto per non farmi soffrire, ammesso che lui davvero avesse capito che ciò che cercavo di dirgli da quella mattina era appunto che lo amassi.

Uscii dalla doccia con una consapevolezza nuova: io e Damon non saremmo mai potuti stare insieme, viaggiavamo su due binari opposti, o almeno questo era quello che lui mi aveva fatto capire.

Ero pronto ad arrendermi? No, in realtà non lo ero.

Se lo amavo davvero, se davvero il mio amore era tanto forte come credevo avrei dovuto lottare per questo, i miei genitori me lo ripetevano sempre.

Io amavo Damon e avrei fatto di tutto per farlo capire a lui, l’avrei anche fatto innamorare di me se fosse stato necessario e se lui non lo fosse stato ancora.

Dovevo farlo per la mia felicità, anche se a dire il vero con ogni probabilità mi restava davvero poco da vivere, ma a maggior ragione dovevo farlo per questo. Se ero destinata a morire così giovane dovevo prima coronare il mio sogno d’amore e per farlo avrei prima dovuto fare una cosa, qualcosa che avrebbe fatto capire a Damon che ero certa delle mie idee, dei miei sentimenti, una cosa che dovevo fare per me stessa e soprattutto per Stefan perché io non ero Katherine e l’ultima cosa che volevo era giocare con i sentimenti di uno dei due o con quelli di entrambi.

Avrei dovuto parlare con Stefan, dirgli la verità e sperare che lui capisse le mie ragioni. Glielo dovevo.

Mi vestii in fretta e mi asciugai i capelli lasciandoli stranamente mossi, non avevo voglia di allisciarli. Quando fui pronta mi diressi in camera, non avevo nessuna voglia di andare a casa Salvatore e al diavolo se Katherine fosse venuta a cercami in casa mia. Prima o poi mi avrebbe trovata lo stesso e quando lo avrebbe fatto poteva uccidermi in ogni momento lei avesse voluto.

L’incantesimo gli permetteva di fare tutto ciò che voleva con me senza che gli altri avrebbero potuto tentare di ucciderla.

“Mi sembra il momento sbagliato per un cambio di look, non trovi?”

Sobbalzai a sentire quella voce, ma in fondo dovevo aspettarmelo. Conoscendolo dovevo immaginare che non mi avrebbe lasciata in casa da sola, non con Katherine in giro.

Sapevo che si riferisse ai capelli. Di solito erano proprio questi che mi distinguevano dalla vampira, i miei lisci e i suoi mossi, ma non avevo voglia di discutere, non in quel momento.

Era comodamente seduto sul mio letto con il mio peluche preferito posizionato sulla sua pancia, come sempre ogni volta che mi sorprendeva facendosi trovare in camera mia. Aveva messo su l’espressione tipica di quando tirava le sue solite battutine e nonostante fossi arrabbiata con lui non potevo evitare di pensare a quanto fosse dannatamente sexy.

“Cosa diavolo ci fai in camera mia?”

“Mi accerto solamente che mi seguirai a casa mia”.

“Ti avevo detto che sarei venuta”.

“Spiacente, ma non mi fido. So che non lo avresti fatto”.

“Grazie, ah” mi lamentai pur sapendo che aveva ragione.

“Dico solo la verità, ti conosco”.

“Quale verità?”

“Quella in cui cerchi di elaborare folli missioni suicide”.

“Ok” alzai le mani in segno di resa “andiamo”.

Presi la borsa e lo seguii cercando di non guardarlo. Il sorrisino straffottente che aveva messo su mi dava proprio sui nervi.

Era come se non fosse successo nulla tra noi e questo oltre che infastidirmi parecchio mi faceva male, davvero tanto.

Quando arrivammo a destinazione, dopo che per tutto il viaggio non avevo aperto bocca limitandomi ad ascoltare le stupide battutine di Damon, sbottai.

“Hai intenzione di fingere che vada tutto bene?” domandai.

“Non va tutto bene, non fin quando Katherine è in vita”.

“Non mi riferisco a lei e lo sai”.

“Ne abbiamo già parlato, discorso chiuso. Non è successo nulla”.

“Non sono certa che Stefan la penserà allo stesso modo quando lo saprà”.

“Stefan non lo saprà” mi disse serio voltandosi a guardarmi.

“Si, invece e sarò proprio io a dirglielo”.

“Elena non costringermi a usare il trucchetto degli occhi ammalianti” disse riferendosi alla possibilità di soggiogarmi.

“Non lo faresti”.

“No fino a quando non mi costringerei a farlo”.

“Mi fido di te”.

“E fai male”.

Non gli diedi ascolto e uscii dall’auto dirigendomi verso l’ingresso di casa, ma lui fu più veloce e mi precedette bloccandomi il passaggio.

Si avvicinò a me pericolosamente e quando fu a qualche centimetri dal mio viso prese a parlare addolcendo decisamente il suo sguardo.

“Elena, ti prego. Non hai idea di quello che dici. Sei confusa. Non rovinare tutto quello che hai costruito solo per qualcosa di passeggero” mi disse dolcemente.

“Tu non sei passeggero”.

Anche io ammorbidì il mio tono.

“Promettimelo”.

“Non credo di poterlo fare”.

“Allora promettimi che almeno ci penserai bene”.

“Questo posso farlo” risposi sinceramente.

“Bene”.

“Bene”.

Dopo un’ultima occhiata entrammo dentro. Non sapevo quanto avrei potuto reggere lo sguardo di Stefan, non adesso che sapevo, non adesso che gli nascondevo qualcosa.

Amavo Damon, lo amavo troppo per far finta di nulla e nonostante le parole di Damon, nonostante la promessa che gli avevo fatto, non potevo fare finta di nulla.

Avrei dovuto parlare con quello che nella mia testa consideravo, ormai, il mio ex fidanzato.

 

Robsten23

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 15 Marzo

 

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Otto

u

 

 

 

Pov Elena

 

Era passata una settimana da quando io e Damon eravamo tornati a Mystic Falls dopo il viaggio in Georgia per andare a cercare Lucy.

La situazione, però, non era affatto cambiata rispetto a quel giorno. Con Damon non avevamo più parlato di quello che era successo e lui sembrava tranquillo, come se non fosse successo nulla. Il giorno prima era sparito per un’intera giornata senza dire nulla e quando la sera era tornato a casa non aveva saputo giustificare il motivo di quella sua assenza. Era strano, alle volte faticavo davvero a capirlo.

Con Stefan, invece, tutto procedeva normalmente anche se ultimamente era un po’ strano o forse semplicemente ero io quella strana e lui si comportava solo di conseguenza.

Non avevo ancora detto nulla a lui perché avevo promesso a Damon di pensare bene a tutte le conseguenze delle mie scelte, ma dopo una settimana ero arrivata alla stessa identica conclusione di prima: ero innamorata di Damon ed era giunto il momento di parlare con Stefan, non c’è la facevo più a fingere.

Con Katherine la situazione era stabile. Non si era fatta vedere, ma sapevamo che era a Mystic Falls. Come? Semplice. Nel giro di una settimana erano stati ritrovati quattro cadaveri. Il responso della polizia? Erano stati attaccati da qualche animale, ma noi sapevamo che non era così.

Il Consiglio dei Fondatori era all’erta e lo sceriffo aveva chiesto a Damon una nuova scorta di verbena e soprattutto il suo aiuto in caso c’è ne fosse bisogno.

Alaric per il momento si era trasferito a casa mia per tenere d’occhio la situazione e Jeremy lo aiutava, mentre io mi ero trasferita a casa Salvatore nonostante non volessi farlo.

Alla fine avevo dovuto acconsentire, tutti mi avevano obbligato a farlo, dicevano che era più sicuro così e perfino Caroline aveva fatto i bagagli per farmi compagnia in quella grande cosa. “Tre vampiri sono sempre meglio di due” così avevano giustificato tale decisione Damon e Stefan.

Io e Damon avevamo raccontato a tutti quello che ci aveva detto Lucy e ancora non eravamo arrivati a nessuna conclusione, nessuno aveva un piano e questo infastidiva terribilmente tutti, soprattutto Damon che era sempre stato abituato ad avere un piano su tutto.

Per il momento l’unica cosa che tutti si prodigavano a fare era proteggermi, al resto, dicevano, ci avrebbero pensato a tempo debito.

Eravamo in una situazione di stallo, motivo per cui mi ero decisa a parlare con Stefan. Non aveva senso aspettare ancora. Dovevo essere sincera con lui, se lo meritava.

 “Elena mi stai ascoltando?” mi domandò Caroline mentre eravamo sedute nel salotto di casa Salvatore.

“No, scusa, stavo riflettendo”.

“Hai sempre la testa fra le nuvole, mi dici che succede? Da quando sei tornata dal viaggio con Damon sembri un’altra persona”.

Restai in silenzio e mi limitai a scrollare le spalle.

Lei mi fissò con un’espressione che la diceva lunga su quelli che erano i suoi pensieri e potevo essere certa che stava per dire qualcosa, stava per chiedermi se fosse successo qualcosa con Damon, la conoscevo troppo bene.

“Avanti Elena, dì qualcosa” mi esortò a parlare, ma vedendo che io non ero intenzionata ad aprire bocca continuò “cosa è successo? E non dirmi nulla, perché qualcosa deve essere successa per forza tra di voi”.

“Ci siamo baciati”.

“Baciati o baciati baciati?”

“Caroline che razza di domanda è? Ci siamo baciati e se non fosse stato per lo squillo del mio cellulare non credo ci saremmo fermati solo ad un bacio”.

La mia amica mi guardò cercando di capire se stessi dicendo tutta la verità o se stessi tralasciando qualcosa.

“E tu non ti saresti voluta fermare, non è così?”

Abbassai lo sguardo non avendo il coraggio di rispondere e il mio silenzio bastò a lei per capire tutto.

“Lo ami?” mi domandò, ma io ancora non rispondevo.

Ammetterlo a voce alta faceva male, mi faceva sentire inadeguata, sbagliata forse e sapevo che il motivo era dovuto al senso di colpa, all’aver tradito Stefan nel modo peggiore in cui un uomo si può tradire, l’avevo tradito con il cuore.

“Elena, rispondimi, lo ami?” continuò lei alzandomi il volto con l’indice permettendo ai nostri occhi di incontrarsi.

“È così sbagliato amarlo?” domandai mentre le lacrime spingevano per uscire.

Caroline non mi rispose, ma si avvicinò e mi strinse in un abbraccio, uno di quelli sinceri, uno di quelli che solo una buona amica sa darti per farti stare meglio.

Restammo immobili in quella posizione per un po’, poi ci staccammo e lei tornò a guardarmi negli occhi.

“Mi spieghi cosa è successo?”

Iniziai a raccontargli tutto, senza tralasciare nulla. Caroline con molta probabilità era l’unica persona che in quel momento poteva capirmi senza giudicarmi, cercando di essere razionale senza farsi condizionare da niente e da nessuno.

Quando terminai di raccontarle quanto successo sentii un peso in meno dentro di me, come se mi fossi tolta un macigno che in quella settimana mi stava opprimendo sempre di più.

“E adesso cosa vuoi fare?”

“Caroline io lo amo, ho provato a non amarlo, a fare finta che non fosse successo nulla, ma non ci riesco. Mi vengono in mente tutti i momenti con lui, il nostro rapporto, i nostri battibecchi, tutto. Io ho bisogno di lui”.

“E Stefan?”

“Non sai quanto mi sento in colpa. L’ho tradito nel modo peggiore, ma io non lo amo. Gli voglio bene, Dio solo sa quanto, ma non lo amo. Lo guardo e vedo Jeremy, ecco, lo considero come un fratello. Damon, con lui è tutto diverso. Quando sto con lui mi sento completa, come se non avessi bisogno di nient’altro. Non ho mai voluto ammetterlo a me stessa, ma è sempre stato così e adesso lui dice che sto sbagliando, che non sono lucida, che non so cosa provo, ma io lo so, invece, lo so benissimo: so che voglio stare con lui”.

Caroline mi guardò e sorrise pronta ad aggiungere qualcosa, ma la interruppi prima che lei iniziasse, volevo finire di dire ciò che pensavo. Avevo bisogno di pronunciare a voce alta tutto quello che per un’intera settimana mi aveva tormentata.

“No so perché, ma quando penso a lui i miei pensieri non hanno mai il punto. Solo virgole, sono una valanga di immagini e parole senza punteggiatura. Senza volerlo è diventato il mio tutto, lui è un respiro, un pensiero, un’emozione, è confusione e chiarezza, è tutto. Credimi ho cercato di riflettere sulle cose che mi piacciono di lui, su quelle cose che mi hanno permesso di innamorarmi di lui, ma sono arrivata ad una conclusione: mi piace tutto di lui e non per quello che è, non solo almeno, ma per quello che sono io quando sto con lui. Mi fa sentire diversa e stare con lui mi da la certezza di poter essere quello che voglio essere in qualunque momento della mia vita. Lui è per me come una casa con il tetto di vetro: posso osservare il cielo sentendomi sempre al sicuro. Damon è il paese dove voglio vivere e questo è tutto. E adesso non so cosa fare, come comportarmi” conclusi liberandomi finalmente di tutti i pensieri che ultimamente mi avevano assillato.

Caroline mi guardò e sorrise ancora, poi mi prese una mano e la strinse nella sua.

“Stai cercando una riposta che non sai se arriverà mai. Non c’è sempre una risposta a tutto. Magari sì, magari no, non importa. Il tuo cuore ha già scelto e se ami così tanto intensamente Damon non puoi far altro che correre a prendertelo. Credi davvero che se lui ti abbia detto quelle cose l’abbia fatto perché non ti ama? Elena apri gli occhi. È venuto qui per distruggere questa città, per fare del male a Stefan e a tutte le persone a cui lui voleva bene e invece? Eccolo qui dopo un anno totalmente diverso. È rimasto qui per cercare di trovare una soluzione per salvare te, le persone che ami e la città. È qui per salvarti ancora una volta ed è pronto a sacrificare la sua felicità perché non crede di essere alla tua altezza. Se non è amore questo, cosa lo è? Ti guardo e vedo quello che provi e credimi non l’ho mai visto negli occhi di nessuno e ti invidio perché vorrei poter provare qualcosa del genere anche io e mi auguro di poterlo provare un giorno perchè l’amore è la cosa più bella del mondo”.

Mi buttai tra le sue braccia e l’abbracciai stretta più che potei. Non poteva immaginare quanto fossero importante per me le parole che mi aveva detto.

“Non farlo” mi disse quando mi staccai.

“Cosa?”

“Quello che stai per fare”.

La guardai stranita non capendo e lei continuò.

“Non ringraziarmi”.

Sorrisi perché ancora una volta aveva capito cosa stavo per fare.

“Come posso non farlo dopo tutto quello che fai per me?”

“Elena, la tua felicità è tutto ciò che voglio e vederti felice davvero sarà il ringraziamento migliore che puoi fare a me”.

“Ti ho mai detto che ti adoro?” le domandai sorridendo asciugandomi le lacrime.

“Ti ho mai detto che la cosa è ricambiata?” mi rimbeccò lei e guardandoci scoppiammo a ridere riempiendo il salone delle nostra risate.

Ad un tratto le vidi cambiare espressione e tornare seria.

“Damon” canzonò lei come per salutarlo e subito il vampiro comparve in stanza.

Grazie al suo superudito vampiresco si era accorta della sua presenza.

Sperai che fosse appena rientrato e non avesse sentito nulla. Non potevo aprirmi in quel modo con lui, non in quel momento.

“Da quanto tempo sei lì?” domandai.

“Sono appena rientrato. Stefan ti aspetta in macchina, muoviti”.

Lo guardai e vidi un’espressione strana nel suo sguardo e non riuscii a capire se mi avesse detto la verità o meno.

“Dove dovete andare?” mi domandò Caroline curiosa rompendo l’imbarazzo che sembrava essersi creato con l’arrivo di Damon.

“Al Grill per una serata normale, “umana” direi” le risposi sincera.

A dire il vero non sarebbe stata normale, non dopo la mia confessione a Stefan.

“E io dovrei restare con Mister Simpatia?” domandò lei.

“Hey Barbie non fare la sostenuta, lo so che mi adori” la canzonò lui mentre lei lo guardò furente.

Mi piaceva vederli insieme, Caroline e Damon, Damon e Caroline. Sembravano una coppia comica da film. In fondo si volevano bene, lo sapevo con certezza. Caroline era una delle poche che aveva capito che persona fosse davvero Damon, nonostante in passato lui avesse fatto molti sbagli con lei.

“Bene, vi lascio litigare. Io vado”.

Mi diressi verso l’uscita, non prima di aver lanciato uno sguardo a Damon e in quel momento incrociai i suoi occhi per la prima volta in quella giornata e quasi mi tremarono le ginocchia. Mi faceva sempre uno strano effetto.

Distolsi lo sguardo e mi diressi all’ingresso, ma qualcuno mi afferrò per il polso. Mi bastò percepire l’elettricità di quel contatto percorrermi il corpo per capire di chi si trattasse.

Mi voltai e incontrai nuovamente quegli occhi cerulei che avevo imparato ad amare senza nemmeno accorgermene e non potei fare a meno che leggergli amore. Forse mi sbagliavo, ma riuscivo a vedere solo un grande, sconfinato amore, nonostante le sue parole dimostrassero il contrario.

E in quel momento, in quel preciso istante mi vennero in mente le parole che un giorno Jenna mi lesse da un libro di filosofia di Emerson: “quando gli occhi dicono una cosa e la bocca un’altra, l’uomo avveduto si fida del linguaggio dei primi”.

Io ero una persona attenta e in quel momento mi volli fidare di quello che vedevo negli occhi di lui: mi amava esattamente come lo amavo io che volesse ammetterlo o meno.

Troppo occupata a leggere la sua anima all’interno dei suoi occhi non mi resi conto che si era avvicinato pericolosamente al mio viso e in una manciata di secondi sentii le sue labbra sulla mia fronte. Un bacio casto, pulito, puro, ma che allo stesso tempo mi faceva avvampare.

Non stava baciando le mie labbra, ma solo la mia fronte eppure riuscivo a sentire il paradiso. Solo con Damon mi ero resa conto che questo posto non andava cercato fuori, ma andava cercato dentro, quando si sentiva nella propria vita di far parte di qualcosa e io l’avevo trovato nell’ultima persona dalla quale me lo sarei aspettato.

Lasciò le sue labbra lì per qualche secondo, mentre io pregavo perché non le staccasse mai. Quando poi lo fece tornò a guardarmi intensamente e con una mano accarezzò la mia guancia con dolcezza, una dolcezza talmente potente che non credevo che gli potesse mai appartenere.

Qualche secondo dopo non c’era più. Con la sua velocità sovrumana era sparito e la voce cristallina di Caroline mi giunse alle orecchie, segno che era tornato in salone con lei e avessero ripreso a parlare.

Che avesse sentito davvero le mie parole e quello era un modo tutto suo per farmi capire qualcosa?

Avrei voluto correre da lui e farmi spiegare quel gesto, ma avevo paura, paura di farlo, paura di ascoltare le sue parole che avrebbero potuto rovinare la magia che quel suo comportamento aveva creato, paura che le sue parole avrebbero potuto cancellare il coraggio inconsapevole che mi aveva appena dato, il coraggio di affrontare Stefan e rivelargli come stavano davvero le cose.

Adesso lo sapevo più forte che mai: non c’era più tempo, il mio cuore non potevo più aspettare.

Mi toccai la fronte, proprio lì dove si erano posate le sue labbra e poi portai la mano alla bocca in un gesto involontario. Era un modo sicuramente sciocco e infantile di sentire il suo tocco anche lì.

Feci un respiro intenso e poi uscii di casa dove trovai Stefan seduto in macchina che mi aspettava. Quando mi vide mi sorrise felice, poi io salii in macchina e sfrecciammo via nella notte, in quella che doveva essere una serata tra due normali fidanzati. In realtà noi di normale non avevamo nulla, lui era un vampiro e io ero una ragazza innamorata pazzamente del fratello. Che coppia potevamo mai formare?

Per tutta la durata del viaggio parlottammo tra noi, anche se io ero piuttosto distratta, troppo presa a pensare a Damon e al gesto appena fatto e Stefan sembrò accorgersene in quanto mi domandò più di una volta se andasse tutto bene.

Quando raggiungemmo il Grill posteggiammo ed entrammo dentro. Ci sedemmo ad un tavolo e ordinammo qualcosa da mangiare e da bere e fu allora che per la prima volta notai la differenza tra Damon e Stefan anche su ciò che mangiavano.

Damon era il classico tipo da birra o drink alcolico e hot dog e patatine fritte a non finire, Stefan, al contrario, invece, era il tipo da coca cola e panini salutari con pomodoro e insalata, come se davvero altre tipologie di cibo potevano fargli male.

Scacciai via quei pensieri e mi dedicai al mio hot dog, avevo proprio fame quella sera e soprattutto avevo bisogno di energie per poter sganciare una bomba come quella che avevo in serbo per Stefan quella sera.

Iniziammo a chiacchierare del più e del meno trascorrendo gran parte della serata, poi ad un certo punto non riuscii più a mantenere quella farsa. Mi zittii all’istante e mi portai una mano sulla fronte, tipico gesto di quando ero nervosa.

“Che c’è che non va?” mi chiese lui notando subito il mio cambio d’umore.

Feci un bel respiro e poi lo guardai negli occhi, la prima volta in quell’intera serata.

“Stefan, credo che dovremmo parlare”.

“Inizio a crederlo anche io. È un periodo che sei molto strana”.

Come volevasi dimostrare era una fidanzato troppo attento per non accorgersi che c’era qualcosa che non andava.

“Non so da dove iniziare”.

“Prova a cominciare dall’inizio. So già cosa mi vuoi dire” mi disse abbassando lo sguardo.

Assunse un’espressione strana in volto, un’espressione che gli avevo visto addosso solo la sera in cui mi ero presentata a casa sua, dopo che Jenna si era ficcata un pugnale in pancia, per comunicargli la fine della nostra storia. Allora il problema era Katherine, dovevamo lasciarci per far contenta lei, adesso, invece, era tutto diverso.

“Da quando ci siamo conosciuti sono successe tante cose, cose belle che porto nel cuore e cose brutte che vorrei dimenticare, ma non posso. Nei momenti più difficili non posso negare di aver pensato a come sarebbe stata la mia vita se tu non ti fossi trasferito a Mystic Falls, se la tua strada non avesse incrociato la mia, ma alla fine mi ritrovavo a pensare sempre alla stessa cosa e cioè che se avessi potuto scegliere tra incontrarti e non farlo avrei scelto di farlo perché l’ultimo anno della mia vita è stato il più bello e magico di sempre. Ho imparato a vedere a fondo alle cose, a non soffermarmi alla superficie come facevo sempre prima e credo di essere diventata una persona migliore rispetto a quello che ero prima”.

Mi fermai e lo guardai ancora negli occhi. Non potevo esserne certa, ma qualcosa dentro di me mi diceva che lui aveva già capito dove sarei andata a parare.

“Ti ho visto e mi sono innamorata di te forse prima ancora di sentirti parlare. È stato come un fulmine a ciel sereno. Uscivo da una storia importante con Matt, il ragazzo con il quale in qualche modo era cresciuta, e mi sembrava prematuro iniziare una storia con un’altra persona, ma poi sei arrivato tu e le mie convinzioni hanno iniziato a vacillare. È stato amore a prima vista, ci ho creduto in noi, nel nostro amore e credevo sarebbe stato per sempre”.

Mi fermai non riuscivo quasi più a parlare, le lacrime si stavano impadronendo dei miei occhi come anche dei suoi e in quel preciso momento avrei tanto voluto che lui fosse più forte, che lui riuscisse a trattenere le lacrime perché vederlo piangere mi straziava il cuore.

“Lasciami indovinare, c’è un ma non è vero?” mi domandò e non appena io annuii impercettibilmente lui riprese a parlare “credevi sarebbe stato per sempre, ma non hai fatto i conti con lui, non è vero?”

Non c’era rancore, né rabbia nella sua voce, c’era dolcezza, comprensione e soprattutto consapevolezza.

Lui sapeva che amavo Damon, lo aveva capito, forse anche prima di me.

“Stefan io…” provai a dire, ma lui non me lo permise perché mi prese la mano e me la strinse guardandomi dolcemente mentre cercava a stento di trattenere le lacrime.

“Non cercare di giustificarti, Elena, non serve. Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato questo momento, sapevo che prima o poi ti saresti trovata di fronte ad una scelta”.

“Io non…”

Di nuovo mi interruppe.

“All’inizio non ti nego che volevo che nemmeno ti avvicinassi a lui, Damon era crudele, cattivo, sadico, ma poi qualcosa è cambiato. Più tu gli stavi accanto più lui mostrava quello che io tanto avevo cercato di tirargli fuori, la sua umanità. Che tu ci creda o meno io non ho mai odiato mio fratello, se l’ho costretto alla trasformazione era solo perché lo volevo al mio fianco, solo perché un’eternità senza la persona a cui più tenevo al mondo mi sembrava impossibile anche solo da concepire, ma Damon si è trasformato in un vero mostro e sono arrivato al punto di credere che in lui non ci fosse più umanità. Poi sei arrivata tu e pian piano hai tirato fuori in lui quella parte che lui stesso credeva di aver perso”.

Una lacrima gli bagnò il volto e subito si premurò ad asciugarla.

“Non mi sono reso conto subito che lui ti amasse, poi però l’ho capito. Isobel mi ha aperto gli occhi e Damon non ha mai voluto o potuto negare questa verità, non l’ha confermata questo è vero, ma non l’ha negata e questo è ciò che conta. A quel punto volevo che si allontanasse da te, sapevo il fascino che riesce ad avere e avevo paura, paura di perderti, ma alla fine non sono riuscito ad allontanarlo. Non potevo per due motivi: tu non me lo avresti permesso perché gli volevi bene e poi io ero pronto ad accettare l’amore che provava per te se questo significava far riaffiorare il fratello che avevo tanto amato e che ancora amavo”.

“Ti ho amato davvero credimi. È solo che mi sono resa conto che amo lui di più. Non credevo che sarebbe potuto succedere. Per me esistevi solo tu, lui era solo un amico, ma adesso non lo è più”.

“Lo so, l’ho capito da un po’, ma non volevo affrontare l’argomento perché affrontarlo significava perderti e egoisticamente volevo godermi qualche altro momento con te. La verità Elena è che tu probabilmente lo ami da molto prima che te ne accorgessi, ma eri troppo spaventata per ammetterlo. Hai sempre creduto di non avere una scelta, o meglio di averla già fatta, ma ti sbagliavi”.

“Credevo soltanto di amarti talmente tanto da non poter fare spazio dentro di me a nessun altro, ma Damon è stata un’eclissi che ha spazzato via tutto con la sua luce. Dio solo sa quanto ho cercato di scacciare i sentimenti che sentivo nascere per lui, ma non c’è l’ho fatta. Forse sarà un fiasco o forse no, chi può dirlo, ma se c’è una sola possibilità che le cose funzionino io devo tentare e comunque non sarebbe stato giusto continuare a starti accanto sapendo che il mio cuore batte per un’altra persona”.

“Ti credo quando dici che hai lottato per scacciare i sentimenti che provi per lui, ma la verità è che non dovevi nemmeno privarci perché avresti fallito già in partenza. Se c’è una cosa che ho imparato in un secolo è mezzo è che l'amore ti sceglie, ti sceglie e basta. E non importa se è il momento giusto, se lui o lei ha un carattere opposto al tuo, se è l'uomo o la donna di un'altra persona o vive nell'altra metà del mondo. L'amore arriva, così per caso, non ti chiede il permesso, non ti chiede nulla. Ti sceglie, punto”.

In quel momento non riuscii più a trattenere le lacrime che come un fiume in piena uscirono dai miei occhi bagnandomi le guance. Stefan si alzò dalla sedia e ci avvicinò a me cercando di asciugarle una ad una e in quel momento mi sentii ancora più uno schifo.

Lui era perfetto, era la persona più meravigliosa dell’universo, ma purtroppo non era perfetta per me e non riuscivo a darmi pace per questo, non riuscivo a darmi pace perché lo stavo facendo soffrire e lui non lo meritava.

“Mi dispiace Stefan, Dio solo sa quanto mi dispiace”.

Lui mi fissò e mi sorrise nonostante i suoi occhi fossero lucidi e la sofferenza palpabile sul suo volto.

“Hey, va tutto bene”.

“Avrebbe dovuto essere diverso”.

“Non sarebbe mai potuto essere diverso, tutto è come dev'essere”.

“Che succederà adesso?”

“Succederà che cercheremo di sconfiggere Katherine senza che nessuno si faccia male, succederà che tu sarai felice con lui, succederà che io ti starò accanto comunque se tu lo vorrai”.

Lo guardai intensamente e in quel momento mi sentii felice, felice davvero.

Non avrei mai creduto che lui potesse dire quelle cose. Pensavo che l’avrebbe presa malissimo, che mi avrebbe fatto una scenata per poi correre a casa e combinare qualche sciocchezza con suo fratello, ma no, non stava succedendo nulla di tutto questo. In fondo stavamo parlando di Stefan, una reazione come me la ero immaginata io era tipica di Damon, non di suo fratello.

“Quindi nonostante tutto possiamo essere amici? Non voglio che tu sparisca dalla mia vita, non voglio neppure che ci sia imbarazzo tra noi”.

“Ci sono persone che non finiscono mai di volersi bene, semplicemente perchè ciò che li lega, è più forte di ciò che li divide. Continuerò a starti accanto perché il fatto che tu abbia scelto lui non implica che io non possa fare parte della tua vita. Voglio solo che tu sia felice. Sii felice e potrai avere di me quanto vuoi: una parte o niente, se preferisci, ma io sono qui e ci sarò sempre per te” provò a dire mentre io ripresi a piangere.

Non mi meritavo quella reazione. Cavolo lo stavo facendo soffrire come un cane eppure era sempre composto, pronto a guardare alla mia felicità e molto poco alla sua.

Vedendo che non risposi riprese a parlare.

“E poi devo per forza starti accanto. Chi ascolterà i tuoi lamenti quando mio fratello farà il cazzone? Cioè praticamente sempre?”

Lo guardai e sorrisi, sorrisi di cuore.

Con quella frase non solo mi aveva fatto capire che non c’è l’aveva con me, ma che non portava rancore nemmeno a Damon.

“Lui, lui dice di non meritarmi, che sei tu quello perfetto per me”.

Glielo dissi non per essere compatita, ma per fargli capire che Damon ci teneva a lui, che gli voleva bene davvero.

“Credo che Damon si sottovaluti un po’ troppo quando si tratta di te”.

“Cambierà tutto tra di voi, non è così? Per colpa mia tutti i passi avanti che…” provai a dire, ma lui mi mise l’indice alla bocca per farmi zittire.

“Non cambierà nulla, non da parte mia almeno. Tu e lui siete le persone più importanti della mia vita e voglio solo che siate felici. Il resto non conta. Soffrirò questo lo so, ma la vostra felicità vale più di qualunque cosa al mondo e poi Elena, la verità è che Damon dopo tutto quello che ha passato un po’ di felicità se la merita davvero”.

Non dissi nulla, lo guardai e gli sorrisi e lui fece lo stesso con me, poi mi abbracciò e io ricambiai la stretta abbracciandolo più che potevo.

Avevo davvero bisogno di quel contatto in quel momento, quell’unico contatto che era in grado di farmi capire se Stefan mi avesse detto la verità o meno.

In quella stretta ci vidi solo sincerità e per questo sorrisi, sorrisi perché era andata decisamente meglio di come me l’aspettavo, sorrisi perché avevo appena acquistato un amico, sorrisi perché Stefan nonostante tutto aveva scelto la mia felicità e quella di Damon a discapito della sua e anche se questo era egoista da parte mia ero contenta, contenta di non averlo perso.

Senza di lui nulla sarebbe stato più come prima. Gli volevo un bene dell’anima, ma il mio cuore aveva smesso di battere per lui.

Una cosa era certa, però. Prima o poi anche lui avrebbe trovato la persona giusta, quella che gli avrebbe fatto battere il cuore e non lo avrebbe deluso come avevo fatto io.

Forse, semplicemente non mi meritavo una persona come lui. Lui meritava molto meglio. E se c’era una cosa che mi auguravo era proprio quella di poterlo vedere un giorno finalmente felice.

Adesso dovevo fare solo un’altra cosa. Parlare con Damon e fargli capire che non mi interessava quanto giusto o sbagliato avrebbe potuto essere il nostro futuro insieme, ma se c’era solo una piccola possibilità di poterlo vivere dovevamo tentare.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con l’ottavo capitolo. Finalmente Elena ha chiarito con Stefan e lui l’ha lasciata andare.

Voglio precisare che la reazione di Stefan non è dovuta al fatto che lui poco la ami, ma semplicemente al fatto che proprio perché la ama troppo vuole solo che lei sia felice e comprendendo che la felicità di lei non porta il suo nome ha deciso di lasciarla andare.

Non può avercela con lei solo perché l’amore di Elena è nato per un’altra persona. Non si sceglie chi amare, purtroppo o per fortuna.

Vi lascio una piccola immagine come spoiler del capitolo nove e anche un piccolissimo pezzettino:

 

 

 

“Da-mo-n io ti…” provai a dire, ma lui mi mise l’indice in bocca facendomi zittire.

“Shh, non dire nulla. Andrà tutto bene, andrà tutto bene” prese a dire preoccupato prendendomi tra le sua braccia per quanto gli fosse possibile.

“Va già be-ne” provai a dire, ma ci riuscii a fatica.

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Sabato 19 Marzo

 

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Nove

u

 

 

 

Pov Elena

 

Dopo aver parlato con Stefan ed esserci chiariti restammo al Grill ancora per un po’ a parlare come due buoni amici anche se la situazione mi sembrava completamente assurda.

Quando poi io iniziai a sbadigliare Stefan si alzò dal tavolo dirigendosi verso il bancone per pagare e in quell’esatto istante sentii un cellulare vibrare sul tavolino. Era quello di Stefan.

Lo presi in mano e vidi la scritta “Nuovo messaggio da Damon” lampeggiare. Spinta non so da quale curiosità decisi di leggere il messaggio:

Tieni Elena lontana da casa nostra.

Un messaggio breve e conciso, tipico di Damon, ma sentii un brivido percorrermi il corpo, un brivido di paura.

Se io dovevo restare lontana da casa Salvatore c’era un solo motivo: stava succedendo qualcosa e con molta probabilità Katherine era lì.

Cancellai il messaggio in modo che Stefan non potesse leggerlo altrimenti non mi avrebbe mai riportato a casa e poi finsi un sorriso quando lo vidi avvicinarsi di nuovo a me.

“Chi era?” mi domandò.

“Chi era cosa?” feci finta di non capire.

“Ho sentito il cellulare vibrare”.

Dannato udito vampiresco. A loro non sfuggiva mai nulla.

“Oh, niente. Era il mio. Bonnie voleva augurarmi la buona notte”.

Sorrisi cercando di essere convincente e dovetti mostrarmi davvero una brava attrice perché Stefan si bevve la cosa senza aggiungere altro.

“Sono molto stanca, ho proprio bisogno di una bella dormita. Andiamo a casa?”

“Non avevi detto che volevi passare a casa tua per salutare Jenna?”

“L’ho detto, ma sono troppo stanca. Ci andrò domani”.

“Ci andremo domani o comunque ci andrai con Damon o Caroline” precisò lui assumendo un’espressione seria dalla quale si poteva, però, intravedere una grande preoccupazione.

“Ok papà” commentai sarcastica e lui mi guardò e sorrise mentre io feci lo stesso.

In fretta uscimmo fuori e salimmo in macchina. Non mi piaceva dovergli mentire, ma era l’unica soluzione. Damon e Caroline probabilmente erano da soli con quella psicopatica, l’aiuto di Stefan avrebbe potuto giovare e soprattutto la mia presenza sarebbe stata utile. Se era me che voleva era me che avrebbe avuto. Gli altri doveva lasciarli stare.

In poco tempo arrivammo davanti casa e subito scesi entrando in casa senza dare il tempo a Stefan di capire cosa stava succedendo grazie al suo fantastico udito.

Quando mi ritrovai nel salone della casa capii di non essermi sbagliata e vidi Stefan proprio accanto a me che mi si parava davanti. Dannata velocità.

Katherine era comodamente seduta sul divano di casa come se nulla fosse, mentre Damon era esattamente posizionato di fronte a lei in piedi che la osservava truce. Caroline era poco distante da loro mentre cercava di cogliere ogni minimo particolare sul volto della vampira.

“Quale parte della frase tieni Elena lontana da casa nostra non ti è stata chiara, fratellino?” domandò Damon stizzito senza nemmeno voltarsi a guardarci.

Ci aveva sentiti arrivare grazie al suo super udito.

“Di che stai parlando?” chiese Stefan cadendo dalle nuvole e mostrandosi preoccupato alla vista di Katherine.

A quel punto Damon si voltò e i suoi occhi puntarono i miei. Solo allora comprese e mi stupii di quanto a fondo lui riuscisse a conoscermi visto che un solo mio sguardo gli era bastato più di mille parole.

Si avvicinò a me e quando fu ad un palmo dal mio volto mi guardò truce.

“Cos’è, hai ripreso la via del martirio?”

La sua voce era pungente come la lama di un coltello, ma cercai di non dargli tanto peso. Era solo preoccupato per me e certo io non facevo nulla per allontanare il pericolo, anzi sembravo andare a cercarlo.

“Mi spiegate cosa succede?” intervenne Stefan.

“Succede che la tua fidanzatina ha pensato bene di non farti arrivare il messaggio che gentilmente e non poco faticosamente ti avevo inviato”.

Stefan mi guardò con aria preoccupata, ma allo stesso tempo arrabbiata e io abbassai lo sguardo perché non mi andava di guardare nessuno dei due in quel momento. Avevano tutti e due la stessa espressione in viso.

“Bene, molto bene. Pensavo di dovermene andare via senza prima aver visto la mia copia mal riuscita, ma noto con piacere che mi sbagliavo” disse Katherine battendo il piede sul pavimento facendo rumore per via del tacco.

“Che diavolo sei venuta a fare ancora?” chiese Stefan.

“Volevo assicurarmi che vi foste ben informati sul fatto che non c’è modo per eliminarmi, non senza eliminare anche la vostra amata umana. Credo che una settimana sia stata sufficiente per prendere le dovute informazioni”.

Il suo tono era superbo, impassibile, il tono di una persona che sa quello che vuole, il tono di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico.

“Se proprio devi uccidermi perché non lo fai e la facciamo finita?” sbottai alla fine.

Non riuscivo più a sopportare quella situazione. Damon, Stefan e Caroline si voltarono a guardarmi e mi fulminarono con lo sguardo, mentre Katherine prese a ridere sommessamente come se avessi appena fatto la battuta del secolo.

Pian piano si alzò e si avvicinò a me, ma Damon mi si parò davanti, mentre Caroline e Stefan mi raggiunsero da dietro in modo che la vampira non potesse avvicinarmi.

“Non ho intenzione di farle male, smettetela di essere così protettivi”.

Continuò ad avanzare, ma Damon non gli permise di procedere. Il mio corpo e quello di Katherine erano divisi da quello di Damon. Vedendo che non aveva un passaggio per avvicinarsi a me ci rinunciò e prese a camminare avanti e indietro per la stanza facendo ticchettare i suoi tacchi sul pavimento a cadenza rallentata.

“Vedi Elena, se c’è una cosa che amo fare è vendicarmi. E in questo momento sei tu la mia pedina, è con te che devo liberare la mia vendetta. Chiunque mi abbia conosciuto sa qual è la cosa che odio di più al mondo. Ti starai chiedendo di cosa si tratta. Semplice: perdere ciò che è mio. In questo caso è diverso, però. Io non ho perso nulla, sei tu che mi hai tolto tutto, tu con quella faccia d’angelo e quel caratterino da prendi me e salva chi amo” iniziò a dire lei fermandosi a guardare Stefan e poi Damon.

Nessuno disse nulla, forse perché tutti avevamo un pensiero comune: finalmente Katherine ci avrebbe rivelato il suo piano.

“Ho conosciuto Damon e Stefan quando erano due fratelli così amorevoli tra di loro. Andavano così d’accordo e si spalleggiavano a vicenda. Ricordo ancora chiaramente il momento in cui Damon informò suo padre di non voler più andare a combattere e di quanto intensamente Stefan abbia difeso suo fratello. Poi tutto cambiò. Ricordi la maledizione? Gli uomini della famiglia Salvatore sono stati maledetti dalla rivalità tra fratelli e Damon e Stefan ne furono il modello esemplare non appena mi conobbero e si innamorarono di me”.

“Questa maledizione è solo un’idiozia. Può essere sfatata”.

“E come? Alla fine finiscono sempre per innamorarsi della stessa donna”.

“Basta” urlò Stefan non riuscendo più a sopportare la situazione o forse non riuscendo più a restare calmo di fronte ai ricordi che Katherine stava tirando fuori.

Katherine lo osservò, poi si avvicinò a lui ponendo i loro volti ad una distanza davvero minima. Mi resi conto solo in quel momento come quella vicinanza non sortisse in me nessun fastidio, se non per il fatto che avevo paura della reazione di Katherine e del fatto che avrebbe potuto fare del male a lui. Lo amava questo lo sapevo, ma restava pur sempre una vampira imprevedibile e dannatamente stronza.

Stefan la guardava con aria minacciosa, mentre lo sguardo di lei sembrò per un attimo addolcirsi. Che anche lei avesse un cuore? Probabilmente, ma in questo momento non lo stava mostrando per nulla.

“Cosa ti fa male Stefan? Che richiamo alla mente vecchi ricordi o che ti sbatto in faccia il fatto che tu e Damon dopo 150 anni siete ancora al punto di partenza? Che dopo tutto questo tempo non avete imparato la lezione e di nuovo vi siete innamorati tutti e due della stessa donna?”

“Non c’è nulla che possa farmi male, non se detto o fatto da te”.

“Così mi deludi amore mio” gli rispose lei sprezzante, ma accarezzandogli una guancia in quello stesso momento.

Stefan afferrò la sua mano e la scacciò via con talmente tanta forza che la stessa Katherine venne sbattuta nella parete di fronte frantumando a terra due bicchieri che erano posti sul tavolino.

Damon sorrise sardonico e anche Caroline non riuscii a nascondere un sorrisetto per quanto era appena successo. In fondo tutti in quella stanza odiavamo Katherine.

Lei si rialzò come se nulla fosse e lanciò uno sguardo infuocato a Stefan, poi prese una scheggia di vetro da terra proveniente da uno dei bicchieri che si erano rotti e si avvicinò di nuovo al mio ormai ex fidanzato.

“Ti credevo più intelligente Stefan. Questo le farà molto male” disse pronta a infilarsi la scheggia di vetro sul braccio.

Ero già pronta a sentire il dolore, ma l’unica cosa che arrivò forte e chiara fu l’urlo di Stefan.

“Non farlo, ti prego”.

“Adoro quando qualcuno mi prega, ma devo farlo. Dovete capire chi è che comanda”.

Mi guardai il braccio destro, lo stesso a cui Katherine stava puntando e quando ero pronta per vederlo macchiarsi di sangue sentii un forte rumore.

Mi voltai e vidi Katherine a terra con Damon addosso a lei, mentre la scheggia di vetro era caduta dalle mani della vampira finendo poco distante.

Gli occhi di Damon erano intrisi di rabbia, ero certa che se avesse potuto l’avrebbe uccisa in quello stesso momento, avrebbe ucciso senza pietà quella donna che aveva amato per un secolo e mezzo.

Caroline nel frattempo a velocità vampiresca raccolse tutti i cocci a terra e li gettò nel fuoco, poi si avvicinò a me.

“Stai bene?”

Incapace di risponderle annuii solamente e lei mi sorrise.

Katherine nel frattempo si era liberata dalla presa di Damon e adesso aveva ripreso a camminare facendo avanti e indietro nella stanza, mentre i tre vampiri mi avevano circondata per farmi da scudo.

“Katherine che cosa vuoi da me?” domandai sfinita da tutta quella situazione.

“Ci stavo arrivando se i tuoi protettori mi avessero permesso di continuare”.

“Bene, allora fallo”.

“Stavo dicendo che il mio arrivo cambiò la vita di Damon e Stefan. Si innamorarono talmente tanto di me che fecero di tutto per salvarmi da morte certa, ma ciò che non sapevano era che io non volevo essere salvata, ero molto più furba di quello che credevano e avevo già trovato il modo per salvarmi. Alla fine morirono entrambi per poi rinascere ed essere quello che sono oggi e io sono stata costretta a continuare a fuggire da Klaus non potendo tornare a godermi il gioco che avevo iniziato con loro”.

“Hai detto di amare Stefan, come fai adesso a dire che era un gioco?”

“Perché l’amore è anche un gioco. Io non vedo l’amore come lo vedi tu, non credo al principe azzurro e al cavallo bianco come fate voi stupide umane. Sono tornata qui pronta a riprendermi la mia vita, ma tu me l’avevi rubata. Tu hai preso il mio posto nella vita di tutti e due. Ho provato a separare te e Stefan, ma alla fine avete trovato il modo di stare insieme e io non ho opposto resistenza, in fondo ne andava della mia vita. Salvata quella poi mi sarei occupata di ciò che mi interessava. Ho collaborato con voi sopportando di vedere l’uomo che amo tra le braccia di un’altra donna” disse guardando Stefan per poi spostare lo sguardo su Damon e continuare “sopportando di vedere l’uomo che mi ha amata per 150 anni, dedicando la sua esistenza al solo scopo di liberarmi da una cripta, dimenticarsi di me e innamorarsi di un’altra donna”.

Quando terminò di parlare i miei occhi si posarono su quelli di Damon, volevo vedere il suo sguardo dopo l’affermazione di Katherine e potei notare che l’azzurro dei suoi occhi mi fissava intensamente, ma subito distolse lo sguardo, anche perché Katherine riprese a parlare.

“Credi davvero che io possa accettare una cosa del genere? Avevo solo due cose al mondo per cui valesse la pena camminare su questa terra e tu me le hai tolte. Stefan era mio e te lo sei presa, Damon era mio e te lo sei presa. Adesso sarò io a prendermi qualcosa di tuo” concluse perfida guardando con sguardo omicida Caroline.

“Che cosa hai intenzione di fare?” domandai spaventata.

“Ripagarti con la tua stessa moneta. Qui tutti credono che ti ucciderò, ma no, non lo farò, non ancora almeno. La tua morte non mi soddisfa in pieno, non prima di averti vista soffrire. Morirai solo dopo aver visto perire tutte le persone a cui tieni di più. Una dopo l’altra moriranno sotto i tuoi occhi e non potrai fare nulla per cambiare le cose. Ma sta tranquilla, alla fine arriverà anche il tuo turno. Vedi che non sono cattiva come tutti credete? Potrei lasciarti in vita e farti vivere un’esistenza senza le persone che ami, invece, non lo farò. Farai la loro stessa fine”.

Il suo sguardo lasciava ben poco all’immaginazione. Stava dicendo la verità.

Rabbrividii al pensiero di perdere le persone che amavo e calde lacrime solcarono le mie guance mostrandomi debole per la prima volta davanti a Katherine.

Non serviva a nulla lottare, combattere quella battaglia quando il suo destino era già stato segnato. La verità era che io senza le persone che amavo non ero nulla.

Avevo perso i miei genitori e mi sembrava di essere morta anche io, non sarei riuscita a sopportare di andare avanti senza Jenna o Jeremy, senza Bonnie o Caroline, senza i miei amici, senza Stefan e soprattutto senza Damon.

Che senso aveva lottare quando avevo già perso tutto? Ci aveva in pugno e noi non avremmo potuto far altro che guardarla compiere la sua vendetta.

La guardai con occhi imploranti, molto probabilmente non sarebbe servito a nulla, ma dovevo provarci. Se davvero provava dei sentimenti per Stefan e in qualche modo anche per Damon come diceva significava che anche lei aveva un cuore e forse avrebbe potuto rinunciare a quel folle piano.

“Non guardarmi cercando in me un qualche lato positivo. Non c’è n’è neanche uno” mi disse seria.

Non riuscii ad aprire bocca, non riuscivo nemmeno a pensare in modo razionale. Sembravo come se fossi stata dentro un tunnel dal quale non avevo via d’uscita.

“Katherine puoi essere migliore di così” tentai con le ultime parole che sembravo essere in grado di pronunciare.

“I giochi iniziano adesso” fu la sua unica risposta poi scomparii dalla mia visuale.

Si era mossa a velocità vampiresca e qualche secondo dopo era di nuovo di fronte a me tra Damon e Caroline con un paletto di legno in mano.

“Sarà piuttosto divertente” aggiunse poi guardando malamente Caroline.

Una vampira di poco più di un anno non poteva nulla contro una vampira vecchia più di 500 anni. Caroline era spacciata.

Stefan comprese cosa stava per succedere e si mosse per fermare la vampira, ma non ebbe tempo di fare nulla perché Katherine gli lanciò un bicchiere con dell’acqua e Stefan urlò dal dolore, poi gli diede una spinta talmente potente da scaraventarlo non so bene a quale distanza inchiodandolo a terra con un paletto di legno che si andò a conficcare nella sua coscia.

L’acqua era di sicuro intrisa alla verbena, altrimenti non avrebbe mai reagito in quel modo.

“Sapevo che lo avresti fatto, tipico di te” sorrise divertita.

Tornò a guardare Caroline e sorrise malefica pronta a colpirla. La mia amica si spostò a grande velocità per non essere raggiunta, ma anche a velocità Katherine la superava così le fu davanti in un battito di ciglia e la sbatté al muro prendendola per la gola.

Non so come, ma Caroline riuscì a liberarsi dalla stretta e tornò vicino a me e Damon che sembrava stesse studiando la situazione per capire come comportarsi, ma Katherine si fece trovare di nuovo pronta e raggiunse la mia amica non appena questa si fermò.

La guardò e sorrise beffarda, poi si preparò e quando il paletto stava per colpire il cuore di Caroline vidi l’ultima cosa che mi sarei aspettata di vedere, ma anche l’ultima cosa che avrei voluto vedere.

Con uno scatto fulmineo Damon si parò davanti alla mia amica facendole da scudo e vista la differenza di altezza tra lui e Caroline il paletto gli si conficcò in una spalla provocando in lui un urlo di dolore.

Caroline approfittò della sorpresa di Katherine che come me non si aspettava quel gesto e la spinse contro il muro, per poi cercare di tenerla occupata.

Mi avvicinai a Damon che si era accasciato a terra e gli tolsi il paletto dalla spalla sperando che così facendo il dolore fosse meno intenso, ma solo allora mi resi conto che la punta di questo era bagnata di verbena. Per questo Damon non riusciva a rialzarsi, la verbena gli era entrata in circolo, ma nonostante questo mi guardò e mi sorrise debolmente, mentre io cercavo di scuoterlo per cercare di farlo riprendere.

Sapevo che solo un po’ di sangue avrebbe potuto aiutarlo e quando ero pronta per ferirmi con lo stesso paletto e dargli qualche goccia di sangue sentii un rumore sordo che attirò la mia attenzione e vidi Caroline accasciata a terra mentre si contorceva dal dolore e si toccava un braccio che sembrava del tutto ustionato. Katherine l’aveva colpita con della verbena.

Era una donna senza cuore, senza sentimenti, ma soprattutto senza umanità. Non gli importava di niente e di nessuno, se non di se stessa.

Guardai di nuovo Stefan consapevole di non poter correre ad aiutarlo. Stava cercando di strisciare con l’intento di avvicinarsi e fare qualcosa, ma la verità era che non sarebbe potuto essere d’aiuto, non se non avesse bevuto sangue. Nessuno di loro avrebbe potuto essere d’aiuto, ormai.

Katherine si avvicinò a me e non so come Damon riuscì ad alzarsi con grande difficoltà e dolorante si posizionò tra me e lei per farmi da scudo.

“Devo ammetterlo, mi hai stupito. Sai, a pensarci bene è questo uno dei tanti motivi che mi ha sempre affascinato di te, sapere che con te non c’era mai nulla di sicuro, eri sempre una sorpresa in ogni cosa che facevi, ma questo no, questo proprio non l’avrei mai immaginato. Eri pronto a morire piuttosto che vedere morire quell’inutile vampira. Oh l’amore cosa non ci fa fare” commentò sardonica lei mentre spostava lo sguardo da Damon a me e viceversa.

“Fottiti” disse lui con fatica visto il dolore.

Il sorriso della vampira si spense all’istante e lo guardò con furia omicida.

“Dio che figo che sei? Quando sei diventato così figo?” gli domandò lei avvicinandosi e accarezzandogli il petto con fare sensuale mentre un moto di gelosia e rabbia sembrò scoppiarmi nel petto “è uno spreco quello che sto per fare, ma mi conosci e lo sai cosa succede a chi mi rovina i piani” concluse lei continuando ad accarezzargli il petto, ma con uno sguardo decisamente diverso, lo sguardo di un predatore che ha scelto la sua preda e sta per farla fuori.

Damon non riusciva a muoversi, faceva fatica perfino a restare alzato. Katherine si mosse a velocità sovrumana e il paletto che poco prima era tra le mie mani adesso era nelle sue e lei era di nuovo di fronte a Damon.

“Quanto mi dispiace doverlo fare, avremmo potuto fare grandi cose noi tre” disse lanciando uno sguardo a Stefan che era poco più in là a terra immobile mentre si contorceva dal dolore, ma allo stesso tempo cercava di muoversi per aiutare.

Caroline, invece, era in preda agli spasmi. Lei a differenza di Damon e Stefan, che avevano iniziato a berla diluita con l’acqua per cercare di essere più forti, non era per nulla abituata alla verbena. In quel caso anche i due fratelli non potevano fare nulla contro quell’erba che era per loro micidiale. Stefan l’aveva ricevuta in piena faccia e sembrava completamente ustionato, mentre Damon ne aveva ricevuto una dose che adesso circolava nelle sue vene, mentre la ferita provocata dal paletto stava velocemente cicatrizzandosi.

Katherine tornò a guardare Damon che la guardava sprezzante.

“Potrei anche fare un’eccezione per questa volta, ma sai che non faccio nulla per niente. Unisciti a me, a questa vendetta. In fondo ci guadagneresti anche tu. La faresti soffrire esattamente come lei sta facendo soffrire te. Hai ancora una possibilità” gli propose lei e Damon la guardò e seppur forzatamente riuscii a sorridere.

Una parte di me pregava che non accettasse, che la mandasse a quel paese, non avrei mai potuto sopportare di averlo contro, ma l’altra parte voleva che lui dicesse di si, perché solo un suo si gli avrebbe potuto risparmiare la vita e l’unica cosa che mi importava davvero era che lui restasse in vita.

Il sorriso di Damon si allargò sempre di più, si voltò a guardarmi per una frazione di secondo, poi tornò a guardare la vampira.

“Và all’inferno” furono le sue uniche parole.

Katherine sembrò sputare veleno dalla bocca tanta era la sua ira.

“Bene” furono le sue uniche parole e vidi che prese il paletto pronta a colpire Damon.

No, non poteva farlo. Damon non poteva morire. Io avevo bisogno di lui, io non potevo vivere senza di lui. Era la mia vita e me ne rendevo bene conto adesso che stavo per perderlo definitivamente.

E in quella frazione di secondo mi venne in mente una frase letta in uno dei miei libri preferiti, Cime tempestose: Se tutto il resto perisse e lui rimanesse io continuerei ad esistere. E se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato l’universo per me diverrebbe un’immensa cosa estranea.

Non avevo mai compreso a fondo quelle parole, ma adesso tutto mi era chiaro.
Elena Gilbert senza Damon Salvatore non era nessuno. Io non potevo essere felice senza la sua presenza e così senza nemmeno rendermene conto cacciai un urlò che riecheggiò per tutto il salone, poi mi fiondai verso di lui e prima che Katherine colpisse mi ritrovai fra lei e Damon e quando il paletto colpì la carne seppi con certezza di averlo salvato.

Sentii un dolore fortissimo e vidi la stessa Katherine accasciarsi a terra dolorante segno che per via dell’incantesimo anche lei era stata colpita esattamente nel punto in cui ero stata colpita io, poco sotto il cuore. Un paio di centimetri più in su e sarebbe morta liberando tutti i miei amici dalla sua condanna.

Mi toccai nel punto in cui sentii dolore e mi resi conto che c’era sangue, tanto sangue, il mio sangue. Caddi a terra in preda al dolore, mentre un Damon sconvolto guardava la scena non capacitandosi di quanto era successo.

Si avvicinò a me con fatica e l’unica cosa che fui in grado di fare fu sorridergli e avvicinare la mia mano sporca di sangue alla sua bocca per permettergli di prendere qualche goccia di sangue umano. Gli sarebbe servita, ma lui la allontanò da sé troppo sconvolto nel vedermi in quello stato.

Sentii un urlo provenire da Stefan e uno da Caroline, ma in quel momento l’unica cosa che mi interessava era godermi gli occhi di Damon per quella che sapevo essere l’ultima volta.

Dovevo dirgli che lo amavo, dovevo farlo.

Lo guardai e gli sorrisi.

“Da-mo-n io ti…” provai a dire, ma lui mi mise l’indice in bocca facendomi zittire.

“Shh, non dire nulla. Andrà tutto bene, andrà tutto bene” prese a dire preoccupato prendendomi tra le sua braccia per quanto gli fosse possibile.

“Va già be-ne” provai a dire, ma ci riuscii a fatica.

Sentivo le forze che mi stavano abbandonando. Era giunto il momento, il mio momento ed ero felice, felice perché non avevo paura della morte, né di quello che sarebbe venuto poi.

Io il mio paradiso me l’ero vissuto sulla terra, anche se per pochi, pochissimi istanti, ma mi bastavano, me li sarei fatti bastare.

Sentii il respiro farsi affannato e il cuore pompare con meno energie. Damon mi guardò, poi si tagliò il polso con i canini per farmi bere il suo sangue, l’unica cosa in grado di aiutarmi a sopravvivere, ma quando appoggiò il suo polso alla mia bocca era già troppo tardi.

Le ultime parole che sentii prima che tutto terminasse, prima che l'energia vitale mi abbandonasse per sempre furono le urla agghiaccianti di Damon.

“ELENAAAAAAAAAA NOOOOOOOOOOOOOOO” urlò e poi aggiunse qualcosa in un sussurrò. Mi sembrò che avesse detto: “io ho bisogno di te”, ma non ero certa che avessi capito bene.

La sua voce iniziò ad apparire lontana e poi fu solo buio: i polmoni avevano smesso di funzionare e il cuore di pompare.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Ecco il capitolo nove. Ho notato che dallo spoiler che ho lasciato nello scorso capitolo vi siete spaventati un po’ tutti e come vedete avevate ragione a farlo.

Damon purtroppo non ha fatto in tempo a dare a Elena il suo sangue per guarirla. Quindi, che succederà adesso?

Come la volta scorsa vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del capitolo dieci e anche un piccolissimo pezzettino (anche se a dire il vero era un altro lo spoiler che volevo inserira, ma avrei rivelato troppo, quindi accontentatevi):

 

 

“È stata colpa di Damon, è sempre colpa sua” urlava Bonnie piangendo disperatamente.

“Smettila di dare sempre la colpa a lui. È stata Elena a fargli da scudo con il suo corpo. Lui debole com’era non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo” le rispose Caroline arrabbiata mentre anche lei singhiozzava.

“Elena non c’è più ed è morta per salvare la vita di quell’emerito idiota”.

“Damon ha salvato la vita di Caroline, non credi che meriterebbe un po’ più di considerazione?” chiese Stefan.

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Lunedì 21 Marzo

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Dieci

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Pov Elena

 

Non so quando, né come, ma improvvisamente aprii gli occhi ritrovandomi nella stanza di Stefan.

Mi guardai attorno e non vidi nessuno, sentivo solo rumori provenire dal piano di sotto. Urla, singhiozzi, gemiti.

Cercai di ricordare cosa fosse successo e l’immagine che mi si parò davanti era quella di un’Elena morente che chiudeva gli occhi cedendo alla morte dopo aver udito un urlo straziante da parte di Damon.

Si, io ero morta. Eppure adesso ero sveglia, nel pieno delle mie forze come se nulla fosse successo.

Mi guardai la maglia sporca di sangue e poi la alzai per controllare la ferita, ma non c’era nulla, nemmeno una misera cicatrice.

Provai ad alzarmi dal letto e ci riuscii senza problemi, ero in ottima forma, come se non fosse successo nulla, eppure io ricordavo ogni cosa alla perfezione.

Uscii dalla camera e mi diressi al piano inferiore dove sentivo provenire i rumori.

“È stata colpa di Damon, è sempre colpa sua” urlava Bonnie piangendo disperatamente.

“Smettila di dare sempre la colpa a lui. È stata Elena a fargli da scudo con il suo corpo. Lui debole com’era non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo” le rispose Caroline arrabbiata mentre anche lei singhiozzava.

“Elena non c’è più ed è morta per salvare la vita di quell’emerito idiota”.

“Damon ha salvato la vita di Caroline, non credi che meriterebbe un po’ più di considerazione?”

Era la voce di Stefan. Dolore, riuscivo a percepire solo quello dalle sue parole.

La discussione tra loro continuò, anche Jeremy e Alaric cercarono di far capire a Bonnie come stavano le cose, ma lei era dura di comprendonio. Sentii le voci di tutti, c’era Matt e Tyler, perfino zia Jenna. La sentivo singhiozzare sommessamente e potevo riconoscere quel pianto anche a mille miglia di distanza.

Solo una voce non percepivo, l’unica che in quel momento avrei voluto sentire, l’unica di cui avevo veramente bisogno.

Mi affacciai al salone e mi resi conto che c’erano tutti, mancava solo lui e non potei fare a meno che chiedermi cosa diavolo fosse successo.

“Elena” sentii dire da Jenna mentre mi guardava con sguardo assente.

Erano tutti troppo addolorati, troppo straziati dal dolore per accorgersi della mia presenza nonostante due di loro fossero vampiri e avessero i sensi nettamente più sviluppati.

“Amore calmati” provò a dire Alaric, ma Jenna si alzò e si diresse verso di me e fu allora che tutti si voltarono e mi guardarono.

Mi ritrovai circondata dalle braccia della zia che mi strinse forte, poi quando si staccò osservai gli altri: avevano tutti lo stesso sguardo.

“Hey sembra che abbiate visto un fantasma”.

Bastò questa mia frase perché tutti corsero verso di me iniziando ad abbracciarmi senza farmi respirare.

Quando poi si staccarono le loro facce non erano cambiate.

“Come è possibile?” chiese Stefan che sembrava quello al momento più lucido.

“Non lo so, mi sono svegliata in camera tua e ricordo tutto, ma non so spiegarmi cosa sia successo. La ferita, beh, è scomparsa”.

“Ci deve essere una spiegazione, deve esserci per forza”.

“Un incantesimo?” azzardò Tyler.

“Impossibile, lo sentirei altrimenti” rispose Bonnie dopo avermi toccata.

“È come se qualcosa ti abbia protetta”.

“Beh sei morta, ma sei tornata in vita, qualcosa tipo l’anello di Rick e Jeremy”.

Jeremy si controllò la mano e il suo anello faceva bella mostra di sé nella mano, quanto a Rick, ormai, non possedeva più l’anello. L’aveva restituito a John.

“Elena controllati le tasche” mi disse Stefan avvicinandosi a me.

“Scusa?”

“Fallo e basta”.

Sembrava come se gli fosse arrivata un’illuminazione. Controllai le tasche dei pantaloni e non c’era nulla se non il cellulare, poi guardai nella felpa e se da un lato non trovai nulla, dall’altro sentii qualcosa di rotondo e duro.

Presi l’oggetto in questione e con grande sorpresa di tutti mi ritrovai tra le mani un anello del tutto identico a quello di Jeremy.

“Che diavolo ci fa nella mia felpa?”

Stefan scrollò le spalle cercando di cercare una soluzione a quel dilemma, ma non ne trovò nessuna.

Alaric nel frattempo si avvicinò e prese l’anello in mano scrutandolo attentamente.

“Questo è il mio anello. Insomma quello che mi ha detto Isobel e che ho poi restituito a John. Ciò che non capisco è come abbi fatto a finire nella tua tasca” commentò alla fine.

“Ti giuro che non lo so”.

“Almeno sappiamo che funziona anche se non viene portato al dito”.

“È stata una fortuna averlo”.

Tutti presero a parlare, a chiedersi chi o cosa lo avesse messo nella mia tasca, ma al momento mi venne in mente una sola persona: Damon.

L’unica che mancava all’appello e avrebbe potuto spiegare la cosa.

Ma anche ammesso che fosse stato lui dove diavolo lo aveva preso?

Vidi Stefan avvicinarsi e mettermi un braccio sullo spalla mentre gli altri continuavano a parlare.

“Stai pensando quello che penso io?” mi domandò.

“Damon”.
“Lo credo anche io”.

“Ma come ha fatto e perché?”

“Quando è andato a riprenderlo e come diavolo ha fatto?” continuò Stefan con le domande.

“Qualche giorno fa è sparito per un’intera giornata, non ha voluto dire dove fosse andato, forse è stato quel giorno” disse Caroline avvicinandosi a noi.

A differenza degli altri lei aveva un udito vampiresco e ci aveva sentiti parlare nonostante lo avessimo fatto a bassa voce.

“Possibile”.

“Ma dov’è finito?”

“Non lo sappiamo” mi rispose Stefan.

Lo guardai come a voler ricevere informazioni in più, ma a parlare ci pensò Caroline.

“È uscito fuori di testa” mi disse indicando un angolo del salone completamente distrutto “ha bevuto, poi sono arrivati tutti, Bonnie ha avuto una visione ed ha avvisato gli altri. Lo sai com’è fatta, ha iniziato ad incolparlo, dicendo che era tutta colpa sua e ti giuro non so cosa lo abbia fatto controllare a non farle del male. Poi è sparito senza dire nulla. E non sappiamo cosa potrebbe fare lì fuori”.

Non ci potevo credere, non potevo credere che Bonnie avesse davvero dato la colpa a lui e non potevo credere che fosse sparito.

“Katherine?” domandai poi.

“Si è ripresa subito dopo il colpo, ma ha capito che per lei si metteva male. Morta tu non aveva più protezione ed è scappata via”.

“C’è ne siamo liberati?” domandai.

“Non credo. Scoprirà ben presto che non sei morta, ma faremo bene a tenerlo nascosto ancora un po’, fino a quando, almeno, non avremmo un piano” disse Stefan preoccupato.

“Che c’è che non va?” domandai.

Lo conoscevo troppo bene.

“Damon era sconvolto. Non vorrei che fosse andato a cercarla. Ho paura per lui e adesso anche per te. Se dovesse trovarla e provare ad ucciderla farebbe del male a te senza nemmeno saperlo. Non ha con se nemmeno il cellulare”.

“Ha l’anello adesso” fece notare Alaric intervenendo nella discussione.

Tutti avevano smesso di confabulare e ci stavano ascoltando.

“No, l’anello è tuo e sei tu che lo riavrai” gli risposi.

“Non se ne parla nemmeno. Sei al sicuro con quell’anello”.

“Forse, o forse no. In tutti i casi voglio che lo tenga tu, devo essere sicura che tutti voi siate al sicuro. Katherine non vuole me per adesso, ma vuole voi per colpire me. Questo anello ti appartiene”.

Allungai la mano con l’anello e glielo porsi. Seppur restio alla fine lo prese e se lo mise al dito, forse incoraggiato anche dallo sguardo di Stefan che sembrava essere dalla mia parte, mentre io gli sorrisi.

“Quanto tempo è passato dalla mia morte?”.

“Tre ore”.

“Come mai l’anello ci ha messo così tanto?”

“Forse perché non lo indossavi al dito”.

“Da quanto tempo è fuori Damon?”

“Due ore e mezzo all’incirca”.

“E speriamo che ci resti. Qui non lo vogliamo” commentò Bonnie.

“È casa sua questa” sbottai io.

“Non importa. Deve andarsene. È un pericolo per tutti. Ti rendi conto di cosa poteva succedere se tu non avessi avuto quell’anello?”

“E tu ti rendi conto cosa sarebbe successo se Damon non ci fosse stato? A quest’ora Caroline sarebbe un pezzo di marmo. Quanto a me, sono stata io a fargli da scudo, è stata una mia decisione. Per te Damon non significa nulla, per me si, invece, e molto. Sinceramente Bonnie mi sono stufata di sentire sempre te che lo critichi. Damon ha i suoi difetti, ma ha anche tanti pregi e faresti bene ad aprire gli occhi e a rendertene conto”.

Ero arrabbiata, non ne potevo più di quella situazione. Ero davvero arrivata allo stremo.

“Pregi? Beh mi dispiace Elena, ma io non ne vedo nemmeno uno”.

A quel punto sbottai. Non riuscivo più a tollerare quella situazione.

“Sai una cosa Bonnie? Non me ne frega nulla se tu non vedi i suoi pregi e sai perché? Perché so che non li vedi perché ti piace fare l’ottusa e restare sempre fedele alle tue prime impressioni, ma fai male. A volte il giudizio iniziale che si ha su una persona può non essere quello reale, ma ti ripeto non me frega nulla. Sappi solo una cosa, una cosa che non sarei mai voluta arrivare al punto di dirti, ma mi costringi a farlo. Io sono la tua migliore amica da quando? Da sempre credo, bene, sappi che se accetti me, se prendi me ti tocca prendere pure Damon. Prendi me, prendi lui. Pacchetto completo. Se non ti sta bene quella è la porta, sappi solo che non tollererò più questi tuoi atteggiamenti da so tutto io nei confronti di Damon”.

Ero arrabbiata e quelle parole le avevo quasi urlate.

Tutti mi guardarono straniti non capendo il mio atteggiamento, il perché di quel comportamento. Solo Caroline e Stefan sapevano, solo loro mi guardarono come a dire “ben fatto”, gli altri erano rimasti quasi sconvolti.

“Elena…” provò a dire Bonnie, ma non glielo permisi.

Anche lei era stranita. Ci era rimasta male, glielo leggevo negli occhi, ma era stata lei che mi aveva portato all’esasperazione.

“Non c’è bisogno di replicare. Riflettici solamente. Adesso se volte scusarmi vado a prendere un po’ d’aria, credo di averne bisogno. È stata una serata piuttosto movimentata”.

Mi avviai verso l’uscita, ma Stefan mi bloccò per un polso.

“È pericoloso qui fuori da sola”.

“Resterò davanti la porta e poi se dovesse succedere qualcosa tu e Caroline mi sentireste. Fidati di me”.

Lui mi sorrise, si avvicinò e mi baciò una guancia.

Sapevo quanto anche lui stava soffrendo, ma in fondo tutti in quella situazione stavamo male. Chi più chi meno.

Uscii fuori e quando l’aria settembrina colpii la mia pelle mi sentii come rinascere. C’era un clima troppo pesante in quella casa e Bonnie non faceva nulla per alleggerire la tensione.

Mi domandavo perché lei non riuscisse a vedere con oggettività le cose. In fondo cosa le aveva fatto Damon di così orribile? Di cose terribili ne aveva fatte tante, ma non a lei in prima persona. Perché c’è l’aveva così tanto con lui?

Restai lì fuori per un bel po’ di tempo sperando che Damon tornasse. Ero preoccupata per quello che avrebbe potuto fare. Ricordavo perfettamente la sua reazione alla morte di Rose e avevo paura, paura che si comportasse allo stesso modo.

Dopo non so quanto decisi di rientrare dentro, mi affacciai al salone e mi resi conto che tutti stavano per andare a casa, li salutai e mi diressi su.

Avrei dormito in camera di Caroline per quella notte, non potevo più dormire con Stefan, non dopo la nostra rottura.

Mi diressi verso quella camera, ma una porta attirò la mia attenzione. Era quella della stanza di Damon.

La porta era socchiusa, ma la tentazione di entrare era troppo forte.

Alla fine fu proprio la curiosità a spingermi a varcare la soglia e non appena vidi la stanza mi sembrò come di tornare indietro nel tempo. La prima e ultima volta che ero stata lì dentro era stato quando Rose stava male e ricordavo la mia sorpresa nel vedere quella camera, quella camera che immaginavo decisamente diversa e che mi aveva sorpresa in modo esponenziale, una camera che mi aveva mostrato un Damon diverso, che mi aveva dato conferma del fatto che non mi fossi sbagliata e che lui fosse esattamente come io avevo sempre creduto che fosse.

Mi avvicinai al letto notando che era ancora disfatto, l’unica nota stonata in quella camera perfettamente in ordine. Mi sedetti sul bordo del letto e mi avvicinai al comodino notando che c’erano un sacco di libri. Ne presi in mano uno e notai che era “Via col vento”, decisamente una lettura che non avrei mai associato a Damon. Controllai ancora e vidi che c’era anche “Cime tempestose”, uno dei miei libri preferiti.

Eccolo il potere di Damon, aveva ragione Katherine. Damon aveva il potere di stupire sempre, quando pensavi di conoscerlo fino in fono lui faceva sempre qualcosa riuscendoti a stupire.

Mi allontanai e mi avvicinai alla scrivania. Curiosa aprii un paio di cassetti. C’erano un sacco di fogli, di documenti, di libri e anche un paio di fotografie.

Quella che mi colpii maggiormente fu una foto che ritraeva Damon e Stefan ai tempi in cui ancora erano due comuni fratelli che si volevano bene, tanto bene.

Perché Damon teneva quella foto? Era decisamente consumata il che significava che era stata presa molte volte e mi domandavo quanto ancora non sapessi di quel ragazzo.

Era la prima foto che vedevo di loro due umani e non erano cambiati molto, avevano sempre lo stesso sguardo: Damon strafottente e spavaldo e Stefan tenebroso.

Una lacrima solitaria solcò le mie guance. Avrei tanto voluto che entrambi potessero tornare a guardarsi in modo fraterno, potessero tornare ad essere quelli che erano prima.

Dovevo ammettere che erano sulla buona strada, ma la paura che un qualunque gesto, una qualunque parola sbagliata potessero rovinare tutto era sempre presente.

Conservai la foto esattamente dove l’avevo trovata e chiusi il cassetto poi mi alzai e mi guardai attorno, avvicinandomi alla porta che dava alla terrazza e notai il panorama che si vedeva fuori immaginandomi un Damon pensieroso nella mia stessa posizione osservare la vita scorrere fuori da quella casa.

Credevo di conoscerlo fino in fondo, ma forse non così in fondo quanto credevo. Lui sarebbe rimasto sempre un mistero. Il suo essere era un profondo oceano di segreti, segreti che non avrebbe mai permesso a nessuno di conoscere.

Le lacrime iniziarono ad impadronirsi di me e i ricordi di me e lui tornarono prepotenti, ricordi dolorosi di tutte le volte che lo avevo ferito.

 

Inizio Flashback

Eravamo stati alla Duke University e stavamo tornando a casa. Alaric era rimasto indietro a parlare con Vanessa per salutarla, mentre io e Damon ci eravamo diretti in macchina. Stavo per aprire la portiera, ma lui mi precedette.

“Ecco. Lascia fare a me” mi disse aprendola.

Mi spostai per entrare, ma lui si mise davanti bloccandomi il passaggio. Eravamo ad una distanza talmente ravvicinata che potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle.

“Non potrai odiarmi per sempre”.

“Possiamo andarcene e basta?”

Lui mi guardò, poi prese un libro e me lo porse.

“Non hai scavato abbastanza in profondità”.

Lo presi e guardai l’iscrizione.

“Petrova?” domandai “l’ho visto sullo scaffale”.

“Katherine era originaria dell’Europa. Il suo vero nome era Petrova. Katharina Petrova per la precisione”.

“Come facevi a saperlo?”

“Ai tempi lo vidi inciso su un vecchio cimelio di famiglia. Anche gli uomini ficcanasano, sai? Fammi sapere cosa scopri, sono parecchio curioso anch’io”.

Non dissi nulla, lo guardai, poi abbassai lo sguardo e cercai di entrare in macchina, ma anche questa volta me lo impedì riprendendo a parlare.

“Hai tutto il diritto di odiarmi. Lo capisco, ma anche prima mi odiavi e siamo diventati amici. Sarebbe uno schifo perdere per sempre quell’amicizia”.

Rimase in silenzio per un po’ aspettando che dicessi qualcosa, ma visto che non avevo intenzione di dire nulla riprese a parlare.

“Allora…È così? Ti ho persa per sempre?”

Non sapevo cosa dirgli o forse non volevo dirgli nulla.

“Grazie per il libro, Damon”.

Lui abbassò lo sguardo rassegnato e si spostò facendomi entrare in macchina.

Salii anche lui e regnò il silenzio, poi ci raggiunse Alaric e tornammo a Mystic Falls nel silenzio più assoluto. Nessuno aprì la bocca, la tensione si poteva tagliare con un coltello.

Quando arrivammo a destinazione, Alaric posteggiò davanti a casa mia ed entrò per raggiungere Jenna, diceva che doveva parlargli.

Io e Damon restammo fuori, ma subito gli diedi le spalle pronta ad entrare dentro.

“Road trip e noi due, grande accoppiata” mi disse seguendomi.

“Non significa che le cose siano tornate ad essere com’erano prima, Damon”.

“Oh, andiamo. Lo so che ho scalfito un pochino quel tuo muro di odio”.

Mi fermai e mi voltai a guardarlo. Avevo bisogno di chiedergli una cosa.

“Ho bisogno di sapere la verità” mi interruppi e lui mi guardò con uno sguardo che non riuscivo a interpretare perciò continuai “quando hai spezzato il collo di Jeremy, sapevi che aveva l’anello al dito?”

Lui rimase in silenzio per un po’, ma potei vedere il suo volto trasformarsi in una maschera di dolore, o forse, ero io che volevo vedere questo.

“No” disse poi abbassando lo sguardo “non lo sapevo. Katherine mi aveva davvero fatto incazzare e ho perso il controllo. E…” si interruppe per poi riprendere dopo qualche secondo “mi è andata bene che avesse l’anello. E non so cosa avrei fatto se non avesse avuto al dito quell’anello”.

Si zittì guardandomi per cercare di capire cosa stavo pensando. Io rimasi a fissarlo per un po’ fortemente amareggiata per le sue parole, anche se dal suo tono, dal suo sguardo potevo notare il suo dispiacere, il suo dolore per quanto aveva fatto.

“Elena, mi dispiace” concluse poi.

“Grazie di essere stato onesto con me” gli risposi “e la risposta alla tua domanda sulla nostra amicizia è si. Mi hai persa per sempre” conclusi guardandolo negli occhi, per poi voltarmi per entrare dentro.

Non avrei retto il suo sguardo ferito.

Mi fermò per un braccio e tornai a guardarlo.

“Lo sapevi già, vero? Oggi mi hai usato”.

“Avevi delle informazioni su Katherine che avevo bisogno di sapere”.

“Pensavo che gli amici non manipolassero gli amici” mi rispose usando le parole che avevo detto a lui qualche ora prima.

Lo guardai senza riuscire a dire nulla e lui abbassò lo sguardo, poi tornò a guardarmi con sguardo sprezzante.

“Tu e Katherine avete molto di più in comune, oltre all’aspetto”.

Detto questo se ne andò lasciandomi sul portico di casa a guardarlo allontanarsi e per la prima volta mi resi conto che forse lui  non aveva tutti i torti.

Fine Flashback

 

Quel giorno mi sentii davvero uno schifo perché ero consapevole che avevo detto quelle parole solo con l’intento di ferirlo, di ferirlo esattamente come lui aveva ferito me.

Quante volte lo avevo fatto? Quante volte lo avevo ferito consapevole di farlo? Tante, troppe.

Mi domandavo chi tra noi si fosse comportato più male. Io ero stata un disastro, eppure lui mi era rimasto accanto, aveva lottato con me e con gli altri, anzi forse aveva lottato più di tutti e aveva rischiato spesso la sua vita pur di proteggere la mia.

Ero uno schifo, era questa la verità.

Le lacrime continuarono a scendere copiose e altre immagini di noi due insieme mi tornarono alla mente.

Cercai di scacciarle via, concentrandomi sul panorama che si vedeva dalla finestra, ma mi veniva difficile.

“Elena”.

Una voce bassa, sconvolta, sorpresa, addolorata, una voce che riconoscevo bene anche se non l’avevo mai sentita tanto angosciata.

Mi voltai e guardai il proprietario di quella voce.

Damon era appena entrato nella sua stanza, aveva chiuso la porta e guardava dritto davanti a sé come se stesse vedendo un fantasma.

“Elena” ripeté ancora con sguardo sconvolto.

Guardava me, ma sembrava come se guardasse il vuoto.

Gli sorrisi, ma lui non cambiò espressione.

Senza nemmeno pensarci corsi verso di lui e mi buttai tra le sue braccia, ma lui rimase ancora immobile senza muovere un muscolo.

“Devo smettere di bere” mi sembrò di sentirgli sussurrare, ma non potevo esserne certa.

Credeva davvero che fossi un’allucinazione?

Non dissi nulla, ma all’improvviso lui ricambiò l’abbraccio con vigore, con talmente tanto vigore che sentii mancarmi il respiro. Mi stava stritolando.

Provai a staccarmi, ma non ci riuscivo. Lui era troppo forte.

“Damon, mi fai male” dissi a fatica spingendo la mia mano contro la sua spalla per allontanarlo.

Fu quel mio gesto o le mie parole che lo ridestarono dalla sua trance e mi lasciò andare. Ripresi fiato e tornai a guardarlo, ma era troppo distrutto, aveva un’espressione che non gli avevo mai visto prima.

Avrebbe dovuto vederlo Bonnie. Forse si sarebbe resa conto di quanta umanità ci fosse ancora in lui.

Mi avvicinai al suo volto, potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle e gli accarezzai una guancia con dolcezza.

“Sono io, sono qui” gli sussurrai nella penombra della sua stanza.

Lui mi fissò per qualche istante, poi prese la mia mano che stava toccando il suo volto e la strinse a sé, poi passò le sue dita sul contorno del mio viso, soffermandosi sul profilo delle mie labbra.

“Non può essere, io ti ho vista…non respiravi, il tuo cuore ha smesso di battere. Non sono riuscito ad aiutarti” disse più a se stesso che a me mentre continuava con le dita il suo viaggio sul mio volto.

“Sto bene, sono qui”.
“Come è possibile?”

“L’anello, l’anello di John mi ha riportato indietro”.

In quel momento la sua espressione mutò inesorabilmente, ma non riuscii a capire cosa stesse pensando.

“L’anello, giusto l’anello. Come ho fatto a non pensarci?” ripeté a se stesso per poi guardare me “Dio sei tu, sei qui, sei…sei viva” disse infine prima di avvicinarsi e abbracciarmi.

Un abbraccio del tutto diverso da quello di prima, un abbraccio in cui sentii le braccia dell’uomo che amavo, un abbraccio dal quale non mi sarei mai voluta staccare.

Restammo in quel modo non so per quanto tempo, poi si staccò e mi guardò intensamente sorridendo.

“Non farmi più uno scherzo del genere” mi informò serio.

Era il suo modo per dirmi che si era preoccupato, ma quando stavo per rispondere lui continuò.

“Non hai idea di quello che ho passato. Sono state le cinque ore più infernali di tutta la mia esistenza e credimi di inferni ne ho visti tanti”.

“Dovresti essere contento, ti saresti potuto liberare di me” commentai io per sdrammatizzare la situazione.

Metterla sullo scherzo era, forse, la cosa migliore in quel momento soprattutto visto il suo stato d’animo.

Non so come, ma mi ritrovai sbattuta sul vetro della finestra che dava sul terrazzo mentre Damon era davanti a me che mi teneva stretta per le braccia mentre mi guardava intensamente e fu allora che grazie alla luce della luna lo vidi in volto chiaramente.

Aveva gli occhi arrossati e lucidi, segno che probabilmente aveva pianto. Possibile? Non avevo mai visto Damon piangere, ma stranamente e

egoisticamente provai piacere.

Era il segno di quanto davvero tenesse a me.

“Non dirlo mai più. Ti prego non farlo. Non può esistere un mondo senza di te, non il mio mondo almeno”.

Restai spiazzata da quelle parole e avrei voluto aggiungere qualcosa, chiedergli spiegazioni, ma al momento c’era qualcos’altro di cui dovevamo parlare.

“Stavo…stavo scherzando” provai a dirgli.

“Non è divertente”.

Era completamente scosso, sofferente e nonostante avessi voluto fare molte cose né riuscii a fare una sola.

Mi avvicinai a lui e poggiai le mie labbra sulle sue, un contatto impercettibile, uno sfiorarsi di labbra, uno sfiorarsi di anime.

Lui non si staccò, non si mosse, non fece nulla, ma lo feci io perché avevo bisogno di capire cosa fosse successo quella sera, aveva bisogno di parlargli e dirgli come stavano le cose, ma prima avevo avuto bisogno di quel contatto anche se durato pochi secondi.

Quando mi staccai gli sorrisi e lui stranamente ricambiò il mio sorriso, poi tornò ad abbracciarmi e a stringermi come se davvero non riuscisse a capacitarsi del fatto che fossi lì ancora in vita.

Quando si staccò mi guardò serio.

“Cos’è successo?” mi domandò.

“Non lo so. Quando mi sono svegliata mi sono ritrovata sul letto di Stefan. Sono scesa in salone e tutti piangevano la mia morte. Abbiamo subito capito che qualcosa mi aveva salvata, ma che non poteva essere un incantesimo altrimenti Bonnie lo avrebbe sentito. Poi Stefan ha avuto un’illuminazione e mi ha chiesto di controllare le tasche e in quella della felpa ci ho trovato l’anello. Alaric dice che è quello che gli ha dato Isobel, solo che dovrebbe averlo John”.

“Avrebbe dovuto averlo John” precisò lui prima di lasciare la presa da me e di allontanarsi iniziando a percorrere la stanza avanti e indietro.

Mi ricordava Katherine qualche ora prima.

“Che vuoi dire?”

“Ricordi tre giorni fa che sono sparito senza dire nulla?”

“Si, mi hai detto che eri andata a spassartela con una ragazza incontrata al Grill”.

Se ripensavo a quelle sue parole dette con tanto sarcasmo e malizia mi si spezzava il cuore.

“Beh, non c’era nessuna ragazza. Ho mentito”.

“E perché l’avresti fatto?” domandai nonostante mi sentissi sollevata di scoprire quella verità.

“Era l’unica scusa plausibile che ho trovato. E a quanto pare ha funzionato visto che miss testardaggine non ha fatto domande”.

Ovviamente miss testardaggine era un chiaro riferimento alla sottoscritta.

“E allora?”

“Allora ho fatto delle ricerche e ho trovato Isobel grazie al numero che tempo fa Rick aveva dato a Stefan. Ho chiamato, ma ovviamente lei si è fatta negare da John. Ciò che non sapevano loro era che non mi interessava lei, ma proprio John. Ho fatto finta di cercare Isobel, ma John non ha voluto dirmi dove si trovava”.

Smise di parlare e si fermò un attimo, poi riprese a camminare.

“Alla fine sono riuscito a rintracciare il luogo grazie alle intercettazioni della chiamata e mi sono messo in macchina. Due ore di viaggio, non erano lontani. Sono arrivato e ho trovato John, di Isobel nessuna traccia. E beh, ho preso l’anello e sono tornato”.

“E…” lo esortai a continuare.

“E cosa?”

“Hai preso l’anello. Come hai fatto a prendere l’anello?”

“Non l’ho ucciso, se è questo che ti stai domandando. È pur sempre tuo padre, anche se devo ammettere di averci pensato a farlo. Quell’uomo è proprio odioso”.

Non potevo dargli torto su quell’ultima affermazione, ma era pur sempre il fratello di Grayson, colui che io consideravo davvero mio padre.

“E allora come hai fatto?”

“So essere molto convincente quando voglio” mi sorrise beffardo.

Non riuscivo a capire se lo avesse minacciato o se lo avesse soggiogato, ma in quel momento non mi interessava saperlo.

“Perché l’hai preso?” domandai curiosa.

“Volevo darlo ad Alaric, credo che sia lui che ha il diritto di portarlo e poi ci serve uno con la sua esperienza e sinceramente senza quell’anello non è che possiamo contare troppo su di lui”.

Un sorriso mi venne spontaneo. Damon poteva anche dire che il motivo era quello di farci aiutare, ma la verità era che voleva che Rick fosse protetto perché anche se non lo avrebbe mai ammesso, Alaric, era una delle prime persone che gli erano state accanto e che dopo i pregiudizi iniziali gli era diventato amico. 

“E allora come ha fatto quell’anello a finire nella tasca della mia felpa?”

Adesso si che ero curiosa.

“Stamattina avevo una brutta sensazione, non so spiegarti cosa. Forse sarà il fiuto di anni e anni di esistenza, non lo so. Mi sono intrufolato in camera di Stefan. Stavate dormendo” disse interrompendosi un attimo inclinando la voce forse per le ultime parole che aveva pronunciato, poi continuò “e sulla sedia della scrivania c’erano i tuoi vestiti, così ho messo l’anello nella tasca. Non ero certo che avrebbe funzionato se non veniva indossato, ma ci ho provato. In fondo la mia era solo una sensazione, poteva non esserci nulla di sensato in questo”.

“Come facevi a sapere che i vestiti sulla sedia sarebbero stati quelli che avrei indossato?”

“Perché sei una maniaca dell’ordine e sistematicamente tutte le sere scegli i vestiti da indossare il giorno dopo e li posizioni sulla sedia per non perdere tempo la mattina per vestirti” mi disse fermandosi al centro della stanza e guardandomi.

“Come fai a saperlo?”

Ero sconvolta. Non sapevo cosa pensare. Non avevo mai detto a nessuno di questa mia abitudine.

“Lo so e basta”.

No, decisamente quella risposta non mi bastava.

Mi avvicinai a lui che era ancora fermo al centro della stanza e gli presi una mano guardandolo negli occhi.

“Mi hai spiato?”

Il mio tono era dolce, decisamente troppo mentre gli accarezzavo la mano.

“E se anche fosse?”

Non mi avrebbe mai dato la soddisfazione di ammetterlo, in fondo restava sempre Damon Salvatore.

“Quante volte?”

“Un paio”.

“Un paio tante o un paio poche?”

“Quante sarebbero esattamente tante?” mi domandò sarcastico, ma sorridendomi dolcemente e in quel momento tutto mi sembrò perfetto.

Mi avvicinai leggermente a lui cercando le sue labbra nella penombra della stanza e quando potei sentirle sfiorare, sentii lui allontanarsi di qualche centimetro.

Lo guardai cercando di capire il motivo di quel rifiuto.

“Non farlo mai più” mi disse serio.

Il mio cuore sembrò rompersi in mille pezzi.

Lo sguardo che aveva messo e il modo in cui aveva detto quelle parole la dicevano lunga su tante cose, soprattutto su una cosa: Damon non mi amava.

Lo guardai e una lacrima solitaria mi solcò le guance, ma lui non si scompose più di tanto.

“Mi dispiace” riuscii a dire abbassando lo sguardo.

“La mia vita non vale nemmeno un decimo di quanto vale la tua”.

Non riuscivo a capire cosa volesse dire. Che c’entravano quelle parole con quello che era appena successo?

Alzai di nuovo lo sguardo non capendo.

“Scusa?”

Volevo delle risposte.

“Sai benissimo a cosa mi riferisco. Se non avessi avuto quel dannato anello saresti morta e per cosa poi? Per salvare la mia vita. Non farlo mai più” mi disse serio e arrabbiato quasi.

Mi resi conto che quelle sue parole non erano riferite al bacio, ma al fatto che gli avessi fatto da scudo con il mio corpo e mi sentii sollevata.

“Quante volte tu hai salvato la mia vita?” domandai retorica.

“Elena, non sto scherzando”.

“Nemmeno io. Io non ho mai contestato il fatto che rischi la tua vita per salvare la mia, adesso non farlo tu”.

“È diverso, decisamente diverso”.

“No, è uguale”.

“Promettilo”.

“Non posso farlo”.

“Devi”.

“Non posso”.

“Perché?”

“Perché la tua vita è preziosa per me”.

Lui rimase stupito dalle mie parole, ma non lo diede troppo a vedere, non era da lui farsi trovare impreparato.

“La mia non è vita”.

“Allora mettiamola così: la tua non-vita è preziosa per me”.

“Elena…”

“Damon smettila. Non ho intenzione di farti una promessa che so già di non poter mantenere”.

“Elena…”

Mi avvicinai a lui e lo baciai. Era l’unico modo per zittirlo.

Sembrò impreparato a quel bacio, ma si lasciò andare, anche se per una frazione di secondo perché subito si staccò e mi guardò sofferente.

“Dovresti andare adesso. Stefan si starà chiedendo che fine hai fatto”.

Si staccò da me voltandosi dall’altra parte, ma lo bloccai per il polso costringendolo a voltarsi e guardarmi di nuovo.

“Non credo che lo stia facendo”.

“Scusa?”

“Io e Stefan…beh, noi…è finita” dissi leggermente imbarazzata.

Damon non disse nulla, rimase in silenzio per un qualche secondo, poi avvicinò il suo viso al mio di qualche centimetro.

“Io e te…noi” provai a dire, ma lui mi interruppe.

“Siamo così diversi”.

“Si, lo siamo. Siamo così diversi che ci completiamo”.

Lui non disse nulla e io eliminai la distanza tra di noi e mi misi in punta di piedi per arrivare con facilità alle sue labbra. Poi gli misi una mano sul volto accarezzandogli una guancia e alla fine le mie labbra delicatamente si posarono sulle sue.

Ricambiò il bacio con enfasi e mi strinse a sé.

Nella penombra di quella stanza, tra le braccia dell’uomo che amavo mi sentii finalmente completa, completa come non mi ero mai sentita.

E sapevo che lui era quello giusto, lo sapevo perché quando in un bacio, quando in un abbraccio senti tutto quello di cui hai bisogno significa che tra le braccia hai la persona giusta e io c’è l’avevo.

Sapevo che avremmo dovuto parlare, che ci saremmo dovuti chiarire, che avremmo dovuto dare un nome al nostro rapporto, ma in quel momento non serviva, in quel momento erano le nostre emozioni a parlare.

Avremmo dovuto fare tante cose, ma le avremmo fatte domani. Quella sera, quella notte era nostra.

Eravamo insieme in quel momento, io e lui, Elena e Damon…tutto il resto del mondo non contava più, non in quel momento, almeno.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Ecco il capitolo dieci, credo che tutti lo aspettavate con ansia visto come si è concluso lo scorso capitolo.

Le cose sembrano si siano sistemati, ma una cosa è certa, Elena e Damon devono ancora parlare e capire come affrontare la situazione, capire se possono stare insieme oppure no.

In fondo non si sono detti nulla, hanno solo lasciato parlare i loro sentimenti.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo pezzettino:

 

 

“Tutto quello che è successo, durante il viaggio, ieri sera e poco fa, tutto questo è…” provò a dire Damon, ma lo zittì.

“Non dire che è sbagliato, non dire che è un errore perché non è così e lo so io come lo sai tu”.

“Non volevo dire questo, voglio solo dire che se andiamo avanti così questa situazione diverrà insostenibile. È meglio finirla qui”.

“Spesso ciò che è meglio non è quello che fa star bene”.

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Mercoledì 23 Marzo

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo Undici ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Undici

u

 

 

 

Pov Elena

 

A svegliarmi furono i raggi del sole che prepotenti entrarono dalla finestra della camera e quando aprii gli occhi notai subito come lì dentro il sole emanasse una luce diversa rispetto a quella a cui ero abituata, ma mi bastò fare mente locale di quanto successo la sera prima per capirne il motivo.

I raggi del sole non stavano entrando dalla finestra della stanza di Stefan, ma dalla grande porta-finestra della camera di Damon.

Non avrei più fatto un solo risveglio in quella vecchia camera, ma speravo con tutto il cuore di farne milioni in questa.

Con gli occhi aperti potevo vedere il grande soffitto della camera dove mi trovavo, poi voltai lo sguardo alla mia destra e vidi il Paradiso fatto persona. Ammettevo che era una metafora un po’ strana in quel contesto visto che stavamo parlando di un vampiro, ma per me lo era, lui era il mio angolo di Paradiso.

Damon era comodamente sdraiato sul letto che dormiva. Il petto perfetto e nudo, un braccio a penzoloni e l’altro avvolgeva il mio corpo visto che avevo dormito tutta la notte appoggiata al suo fantastico petto scultoreo. La sua testa era rivolta dall’altro lato, motivo per cui riuscivo a scorgere solo il suo profilo. Eppure mi sembrava talmente rilassato, talmente in pace che avevo paura che un qualunque movimento brusco potesse svegliarlo.

Molto lentamente mi strinsi sempre di più al suo petto e alzai leggermente la testa per riuscire a guardarlo meglio e quando ci riuscii mi incantai a osservare il suo volto. Non avevo mai notato quanto i suoi lineamenti potessero sembrare morbidi e delicati e mi chiedevo quanto e se gli venisse complicato trasformare quel volto che adesso mi sembrava tanto angelico in un volto “demoniaco”.

Ripensai alla sera prima e a quanto quella notte fosse stata magica anche se non era successo nulla. Si, perché nulla era successo tra noi.

Eravamo rimasti fermi ad abbracciarci per un tempo sconsiderevole, poi ci eravamo baciati una volta, poi due, poi ancora e ancora, senza dire una parola perché al momento ci bastava quello.

Poi quando la stanchezza da parte mia si era iniziata a fare sentire ci eravamo sdraiati a letto. Mi aveva offerto una sua camicia per togliermi la mia maglietta sporca di sangue e io gli avevo chiesto di darmi quella che indossava. Non aveva fatto domande e se l’era tolta dandola a me, ecco perché adesso era a petto nudo.

La verità era che volevo la sua camicia per poter dormire con il suo odore addosso, un odore che avevo iniziato ad amare esponenzialmente, un odore che, ormai, avrei riconosciuto dappertutto.

Poi avevo appoggiato il mio volto sul suo petto e lui mi aveva stretta a sé. Non una parola, non un sussurro. Nulla. Solo due anime che avevano deciso di sfiorarsi senza dirsi nulla. E in quella posizione mi ero addormentata cullata da un suo leggero bacio sulla nuca.

E adesso che mi ero svegliata potevo rendermi conto di quanto quella notte fosse stata la più serena da tanto tempo e lo era perché adesso tutto mi era chiaro, dentro di me non c’era più dubbi, paure, incertezze o sensi di colpa. Dentro di me c’era solo amore e accanto a me la persona a cui avrei voluto donare quell’amore. Era tutto perfetto e poco importava cosa sarebbe successo non appena i suoi occhi si fossero riaperti e saremmo tornati di nuovo alla realtà.

Restai a guardarlo ancora per un po’, completamente assorta. E non potei fare a meno di chiedermi come fosse possibile essermi accorta solo adesso di quello che provavo, o meglio di come solo ora fossi riuscita ad ammettere quell’amore.

“Per quanto ancora hai intenzione di ammirare le mie straordinarie bellezze?”

La sua voce, perfetta nonostante si fosse appena svegliato, risuonò nell’aria e mi sentii avvampare.

Quando mi sarei abituata al fatto che fosse un vampiro e non un comune umano?

Aveva ancora gli occhi chiusi e non si era mosso di un millimetro dalla posizione in cui si trovava.

“Sempre il solito modesto ah” gli risposi dandogli uno scappellotto sul petto allontanandomi da lui per alzarmi.

Era sempre capace di rovinare tutto, ma in fondo non mi piaceva anche per questo? E sinceramente, poi, in tutta la settimana passata mi erano mancati i nostri finti litigi.

“Sempre la solita permalosa ah” ripeté lui aprendo finalmente gli occhi e voltandosi per guardarmi.

Io mi ero già alzata dal letto e gli davo le spalle, ma potevo sentire i suoi occhi fissare la mia figura. Fu una frazione di secondo e mi voltai avvicinandomi di nuovo a letto e salendo con un ginocchio mi avvicinai alla sua figura e gli stampai un bacio a fior di labbra.

Sembrò impreparato a quel contatto, ma poi si lasciò andare. Quando poi ci staccammo lo guardai negli occhi.

“Dovresti farci l’abitudine”.

Era ovvio che mi riferissi a quei baci. Non poteva sempre stupirsi ogni volta che lo facevo.

Gli sorrisi e poi mi alzai di nuovo dal letto avvicinandomi allo specchio per vedere in che situazione disastrosa era il mio viso.

“A proposito di questo. Credo che dovremmo parlare noi due”.

Non feci nemmeno in tempo a voltarmi che dallo specchio vidi la sua figura esattamente dietro di me. Era perfetto, Dio se lo era, ma non era il momento di pensare a questo.

“Lo credo anche io” dissi e poi mi voltai a guardarlo.

Eravamo a pochi centimetri l’uno dall’altro, ma stranamente negli occhi di entrambi non c’era nient’altro se non la voglia di chiarire quella situazione e c’era solo un modo per farlo, dovevamo capire se iniziare insieme un capitolo nuovo delle nostre vite o se mettere un punto a quello che sarebbe potuto essere.

“Tutto quello che è successo, durante il viaggio, ieri sera e poco fa, tutto questo è…” provò a dire Damon, ma lo zittì.

“Non dire che è sbagliato, non dire che è un errore perché non è così e lo so io come lo sai tu”.

“Non volevo dire questo, voglio solo dire che se andiamo avanti così questa situazione diverrà insostenibile. È meglio finirla qui”.

“Spesso ciò che è meglio non è quello che fa star bene”.

Lo guardai negli occhi intensamente, più intensamente di quanto avessi mai fatto.

“E sarei io? Sarei io quello che ti fa stare bene?” mi domandò sorridendomi beffardo, come a prendermi in giro.

Dio quanto lo odiavo.

“Ti fa ridere la cosa?”

“Su Elena, è ridicolo. Io sono solo un’egoista, non ti merito”.

“Ancora con questa storia del non meritarmi? Dio, non ti sopporto. Conosci il significato della parola egoismo?” urlai spazientita di sentirmi ripetere quella frase.

Lui continuò con il suo sorriso ironico e io ripresi a parlare.

“Pensare a se stessi non è egoismo. Egoismo semmai è occuparsi solo di se stessi. Quando mai ti sei occupato solo di te stesso? Quando? Se dal momento in cui sei arrivato qui non hai fatto altro che occuparti di me, di proteggermi e di proteggere le persone che amo?”

“Elena…”

“Elena un tubo. Come fai a dire di essere egoista? È egoista una persona che è pronto a morire per salvare la vita di un’altra persona? Perché questo è quello che hai fatto per me e questo è quello che hai fatto ieri sera per Caroline. Eri pronto a morire per salvare lei”.

Era sconvolto dalle mie parole urlate con troppa enfasi e il sorrisino ironico che aveva messo su scomparve dalle sue labbra.

 “Lei è la tua migliore amica” si giustificò.

Si stava arrampicando agli specchi lo sapevo bene, e sapevo anche perfettamente che non avrebbe mai ammesso come stavano davvero le cose, non avrebbe mai ammesso cosa lo avesse spinto a comportarsi in quel modo. Era fatto così e gettare la maschera del cattivo gli veniva troppo difficile.

“E speri che io ci creda?”

“E per quale altre motivo avrei dovuto farlo allora?” mi domandò prima di voltarsi dall’altra parte e prendere la cintura dalla sedia infilandosela nei pantaloni.

Poi tornò a guardarmi e mentre ancora se la sistemava attendeva la mia risposta mettendo su il suo sorriso ironico

“Perché non sei il cattivo che vuoi far apparire, non più almeno. Ci sono persone che non riescono a costruirsi un'armatura e altre che, invece, c’è la fanno, ma non riescono più a liberarsene. E tu l’armatura te la sei creata, ma te ne stai anche liberando, solo che una parte di te non vuole che questo accada, non lo vuole perché in fondo hai paura a iniziare una nuova fase della tua vita, una fase fatta di fragilità, amore, emozioni, dolore e gioia. Hai salvato Caroline ieri non perché è la mia migliore amica, ma perché è anche tua amica e le vuoi bene”.

Non rispose subito, sembrò pesare attentamente le mie parole.

“Tutto questo è ridicolo” sbottò alla fine guardandomi come se avessi appena detto la più grossa fesseria della terra.

“Il fatto che tu non l’ammetta è ridicolo”.

“Ok, stiamo decisamente tergiversando il discorso. Stavamo parlando di noi, che c’entra Caroline?”

A sentirgli pronunciare quelle parole sorrisi e lui mi guardò stranito.

“Cos’ho detto adesso?” si lamentò con la sua solita espressione.

“Noi, hai detto noi. Fino alla settimana scorsa hai detto che non esisteva un noi”.

“Giusta osservazione” disse sorridendo sarcastico.

“La smetti?” urlai non riuscendo più a sopportare quel suo modo di fare.

“Di fare cosa?”

“Di comportarti come se non te ne importasse niente”.

“Cosa ti fa credere che, invece, me ne importi?”

“Oddio come sei odioso. Giuro che se non mi fossi innamorata di un’idiota come te ti manderei al diavolo seduta stante” gli urlai rendendomi conto solo dopo di aver detto davvero quelle parole.

Non avrei dovuto dirglielo in quel modo, cavolo.

Lui si tolse dalla faccia quel sorriso che in quel momento detestavo e mi guardò intensamente, con uno sguardo che non mi sembrava di ricordare di averglielo mai visto. La sua espressione rasentava l’impossibile.

“Cosa…cosa hai detto?”

Dolcezza, la sua voce era impregnata di dolcezza. Ecco il Damon che amavo.

“Che ti manderei al diavolo”.

“Prima, cosa hai detto prima?”

“Che sei un’idiota”.

“Prima ancora”.

Non risposi subito. Abbassai lo sguardo imbarazzata. Aprirmi in quel modo con lui mi faceva paura, in fondo non avevo idea di cosa davvero lui provasse. Con molta probabilità potevo essere per lui solo un divertimento, una sfida, non riusciva ad avermi e quindi faceva di tutto per cambiare le cose.

Adesso che mi aveva non era detto che mi volesse.

Rimasi in silenzio ancora un po’ e quando alzai di nuovo lo sguardo Damon era ad una spanna dal mio viso, tanto vicino che sentivo il suo respiro sul mio. Si avvicinò ancora di più e poi mi accarezzò una guancia con una dolcezza senza eguali.

“Ti dispiacerebbe ripetere quello che hai detto?” mi sussurrò appena.

Non mi sembrava nemmeno di trovarmi di fronte Damon, era un’altra persona, una persona, però, che avevo sempre saputo fosse insita in lui.

“Mi sono…mi sono innamorata di te” mormorai fissandolo in quel cielo che erano i suoi occhi “Damon io…io ti amo” conclusi.

Lui rimase immobile, come pietrificato da quelle parole. La sua mano che era sulla mia guancia non si mosse e i suoi occhi cercarono una conferma qualsiasi nel mio sguardo, una conferma che ero certa avrebbero trovato.

“Damon, dì qualcosa, per favore” gli sussurrai vedendo che sembrava una statua.

Lui sembrò ridestarsi e la sua mano tornò ad accarezzarmi la guancia asciugando con il pollice la lacrima solitaria che mi stava solcando la guancia.

“Tu…avevi detto di odiarmi” furono le sue uniche parole.

Non riusciva a credere che io potessi amarlo e non riuscivo a spiegarmi il perché.

Era così impossibile che fosse successo?

“Mamma mi diceva che l’odio è solo l’inizio di una storia d'amore ed aveva ragione. Sai che c’è? C’è che con te ho imparato che il contrario dell’amore non è l’odio. L’odio è assenza di amore, così come il buio è assenza di luce. L’opposto dell’amore è la paura e io ho sempre avuto paura, paura di cosa avrebbe comportato amarti”.

“E cosa credi che comporterà?”

Sembrava un bambino che aveva bisogno di conferme.

“Non lo so, non ne ho idea e non voglio nemmeno cercare e trovare delle risposte a questo interrogativo, non più. Adesso voglio vivere quello che mi capita”.

Quando terminai di parlare fu la mia mano a posarsi sul suo volto e ad accarezzarlo, accarezzarlo per la prima volta come avrei voluto fare da tanto, troppo tempo.

“E Stefan?” mi domandò.

“Stefan sa tutto. Non è lui che amo, non più e forse non l’ho mai amato con la stessa intensità con cui amo te. Non lo so cosa mi spinge verso di te, ma è come se ci fosse un filo invisibile che ci tiene uniti, un filo che non riesco a spezzare e che non sei riuscito a spezzare nemmeno tu nonostante tutto quello che hai fatto”.

“Elena, Stefan è perfetto”.

“Si, hai ragione. È perfetto, ma non per me. Sei tu quello perfetto”.

“Io sono il cattivo. Io sono un demone, tu sei un angelo, riesci a capirlo?”

“Ogni demone ha bisogno del suo angelo”.

Lui rimase in silenzio, senza dire nulla. E io cercai di interpretare quel silenzio come meglio potevo, ma non ci riuscii e alla fine non potei che pensare all’unica soluzione possibile: Damon non mi amava.

“Lo capisco sai e non ti giudico. Non è amore il tuo, attrazione forse, ma non amore e va bene così. Era giusto che tu sapessi quello che provavo. Se c’era anche una sola possibilità per noi dovevo provare. Del resto la colpa è mia. Dovevo capirlo prima, quando ancora eri lì pronto ad aspettarmi ed è ovvio che non potevi aspettare in eterno”.

Ripensai al giorno in cui Damon si era presentato a casa mia dopo aver saputo che aveva baciato Katherine e non me e aveva poi ucciso Jeremy. Quella volta mi aveva detto delle parole che adesso ricordavo alla perfezione: ”Tra noi due c’è qualcosa e lo sai. E stai mentendo a me, stai mentendo a Stefan e soprattutto stai mentendo a te stessa”.

Se lo avessi capito allora di amarlo, forse, a quest’ora saremmo stati felici insieme, ma non potevo tornare indietro, non più purtroppo.

Con questa consapevolezza mi staccai da lui e abbassando lo sguardo, mi diressi verso la porta. Dovevo uscire da quella stanza, dovevo allontanarmi da lui, non volevo che mi vedesse piangere.

Non appena raggiunsi la porta e alzai lo sguardo per aprirla mi ritrovai Damon proprio di fronte a me.

“Il problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti”.

Possibile che quel ragazzo dovesse sempre essere così dannatamente misterioso?

“Che vuoi dire?” domandai cercando di non piangere.

Non potevo farlo, non davanti a lui almeno.

“Che dipende chi aspetti può valere la pena aspettare anche una vita intera”.

Mi sorrise, un sorriso sincero e cristallino, uno di quelli che amavo tanto.

“Che significa?”

“Che ho sempre creduto che tra di noi ci fosse qualcosa, ma tu sei ottusa” mi disse sorridendo all’ultima parola e io gli diedi una pacca sul braccio facendo finta di mettere il broncio “senza offesa ovviamente. Così mi sono messo all’angolo ad aspettare. Ammetto, però, che, ormai, ci stavo perdendo le speranze” mi confessò e io sorrisi, sorrisi perché forse non era tutto perduto.

“Damon…”

“Fammi finire, è già difficile senza che tu mi interrompa. Non sono abituato ad essere la prima scelta di nessuno. Da bambino tutti preferivano Stefan a me, poi anche Katherine e alla fine pure tu. Qualunque cosa di buono lui facesse andava bene, ma se ero io a comportarmi giustamente per una volta nessuno se ne accorgeva. Volente o nolente sono sempre stato la seconda scelta, sempre”.

“Se ho aspettato tutto questo tempo è perché dovevo essere sicura, sicura di quello che volevo. E adesso lo sono e tu non sei assolutamente la seconda scelta, tu sei la prima scelta, l’unica scelta che potevo fare perché è te che amo davvero” gli dissi tutto d’un fiato per paura che mi fermasse visto che aveva detto che dovevo farlo finire di parlare.

Lui sorrise e mi guardò come a dire “sei sempre la solita”, poi riprese a parlare.

“Ho vissuto una vita nel ricordo di Katherine, di quell’amore che avevo perso senza una ragione valida, poi sei arrivata tu. La prima volta che ti ho vista mi sei sembrata lei, poi ti ho guardata mentre sorridevi e mi sono reso conto di quanto foste diverse e più ti conoscevo e più me ne accorgevo, e più ti conoscevo e più mi innamoravo di te. E alla fine mi sono reso conto di amarti come non avevo mai amato nessuno, nemmeno Katherine. Sei stata l’unica che è riuscita a leggermi dentro e io riesco a sentimi più uomo con te. Ho sempre desiderato poter essere quell’abbraccio in cui desideravi perderti. Ho sempre voluto che ti sentissi protetta e libera di fare qualunque cosa perché tanto c’ero io a prendermi cura di te, a difenderti dal freddo e dal male” mi sussurrò piano accarezzandomi una guancia.

Lo osservai bene e mi resi conto che dai suoi bellissimi occhi color del ghiaccio stava scendendo una lacrima, solitaria e splendente.

Fu in quel momento che mi resi conto di amarlo ancora di più ed ero certa che quell’amore sarebbe diventato ogni giorno sempre più grande perché Damon era quello che aspettavo da tutta una vita.

“Puoi ancora farlo. Tutto questo, tutto quello che hai sempre desiderato puoi realizzarlo” gli mormorai a qualche centimetro dalle labbra.

Lui mi guardò e sorrise, come se non riuscisse ancora a crederci.

“Non credo di meritarti, ma non posso più starti lontano, non adesso che so quello che provi”.

“Non devi starmi lontano infatti, non è quello che voglio”.

“Potrebbe non essere perfetto” disse riferendosi al nostro rapporto.

Non sapevo se stesse cercando di convincere me o se stesso, ma una cosa la sapevo. Dentro di noi sapevamo che l’amore che ci legava era tanto, troppo e che sarebbe stato tutto assoluto.

“Un amore non deve essere perfetto, deve essere vero” gli sussurrai sorridente, mentre lui con le sua dita perfette tracciava i contorni delle mie labbra.

Era ufficiale: Elena Gilbert era pazza di Damon Salvatore.

Non ci avrei scommesso nemmeno un dollaro, dovevo essere sincera.

Era forse questo il bello dell’amore?

Il fatto che riesce sempre a stupirti?

“Ti amo Elena” mi sussurrò guardandomi negli occhi.

Questa volta fui io a sorridere, sorrisi perché era un “ti amo” che aspettavo da tempo, un “ti amo” che bramavo, un “ti amo” che per la prima volta in tutta la mia vita mi aveva fatto sentire viva, parte di qualcosa.

Si, io mi sentivo parte di quell’amore.

“Ti amo anche io Damon”.

Un sussurro appena udibile, quasi non riuscii a sentire la mia stessa voce pronunciare quelle parole, ma ero certa che lui le avesse sentite grazie al suo speciale udito e la conferma mi arrivò non appena guardai le sue labbra distendersi in un sorriso che non gli avevo mai visto fare, uno di quei sorrisi capaci di illuminare il mondo.

La sua mano continuò a tracciare il profilo delle mie labbra e i nostri occhi non facevano altro che scrutarsi, cioccolato fuso contro ghiaccio. Sapevo cosa vedevo io ed ero certa che lui vedesse la stessa cosa. Vedevamo negli occhi dell’altro la nostra stessa immagine riflessa.

Fu questione di secondi prima che il suo sguardo si posasse sulle mie labbra e lo stessero fecero i miei occhi e prima ancora che riuscissi a pensare qualunque cosa le nostre bocche si toccarono e le nostre labbra si dischiusero pronte ad accogliere quelle dell’altro.

Le nostre lingue presero a giocare tra loro come se si conoscessero da sempre e non avessero aspettato altro.

Quando ci staccammo, e lo facemmo solo perché la sottoscritta aveva bisogno di respirare, le labbra di Damon si impossessarono del mio orecchio, poi del mio collo e di nuovo dell’orecchio. Quando si rese conto che il collo era il mio punto debole tornò a giocarci lasciandomi scie di fuoco che mi facevano accapponare la pelle tante era la frenesia.

Un gemito mi uscii dalle labbra e non appena questo arrivò alle orecchie del vampiro lo vidi sorridere, soddisfatto di quanto stava facendo, inconsapevole forse che la sua sola presenza bastava a farmi bramare per l’eccitazione.

Tornai a cercare le sua labbra e quando le trovai mi sentii completa, ma ciò che non potevo immaginare era che quello era ancora niente, niente in confronto alla completezza che avrei provato quando, qualche istante dopo, divenni sua in tutti i modi in cui una donna poteva essere di un uomo.

“Credo che farò la doccia più tardi” sussurrò malizioso Damon all’orecchio prima che il mio corpo finisse sul materasso e il suo sopra di me.

“Anche senza saperlo ci siamo sempre cercati, dal primo momento in cui ci siamo visti e questa è un’emozione che non potremmo mai cambiare” mormorai vicino al suo orecchio mentre sembrava che stessi toccato il cielo con un dito.

“Se un’emozione la senti conviene viverla” mi rispose lui malizioso tornando a brandire le mie labbra.

E dopo un mio consenso lo sentii dentro di me come non avrei mai creduto potesse succedere e mi resi conto di quello che davvero si provava.

Era come fare l’amore per la prima volta e noi lì, su quel letto, ci stavamo donando per la prima volta l’una all’altro, la prima di una lunga serie di volte perché era con lui che avevo intenzione di vivere.

Come diceva un famoso scrittore inglese, Oscar Wilde, vivere era la cosa più rara al mondo e la maggior parte della gente non viveva, ma esisteva solamente, sopravviveva.

L’avevo fatto anche io fino ad allora, ma adesso era diverso. Adesso era il momento di vivere, di farlo davvero e l’avrei fatto con Damon.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Ecco il nuovo capitolo.

Finalmente questi due hanno chiarito la loro situazione e sembra che entrambi abbiano l’intenzione di stare insieme finalmente.

Elena è molto decisa e meno male viste le paranoie di Damon.

Spero di non aver rappresento i personaggi diversi da come appaiono, non vorrei averli fatti diventare OOC, se è così vi prego di farmelo notare.

Adesso resta da risolvere il problema Katherine, un grosso, nevrotico problema.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo pezzettino:

 

 

“Barbie dov’è Lon Chaney Junior?” domandò Damon sarcastico.

Sapevo si stesse riferendo a Tyler. Lon Chaney Junior non era altro che l’attore che al cinema aveva interpretato un uomo lupo, anzi a dire il vero era il figlio di un uomo lupo, ma lo era anche lui.

“Scusa?” chiese Caroline non capendo.

“Il cucciolo Barbie, dov’è il cucciolo?” domandò con espressione esasperata.

Faceva sempre così quando qualcuno non capiva le sue battute.

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Sabato 26 Marzo

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo Dodici ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Dodici

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Pov Elena

 

Aprii il frigo della grande cucina Salvatore e controllai che la mousse al cioccolato fosse pronta. L’avevo preparata qualche ora prima perché quella mattina mi ero alzata con una strana voglia di cioccolato.

Era sempre così, il cioccolato mi reclamava tutte le volte che mi sentivo felice e Bonnie e Caroline mi prendevano sempre in giro dicendomi che ero fatta tutta al contrario, visto che di solito la voglia di cioccolata veniva sempre quando si era un po’ giù.

Presi uno dei tanti bicchieri che avevo preparato e poi mi richiusi il frigo alle spalle.

Ci avevo messo uno spruzzo di panna sopra e mi veniva l’acquolina in bocca solo a guardarla.

Era stata nonna a insegnarmi quella ricetta. Quando io e Jeremy eravamo bambini ne andavamo ghiotti e tutte le volte che andavamo a trovarla c’è la faceva sempre trovare, poi una volta quando avevo circa dodici anni eravamo andati da lei, ma di mousse non c’era traccia. La nonna mi aveva preso per mano e mi aveva condotto in cucina.

“È arrivato il momento che ti insegni a prepararla” mi aveva detto e così mi aveva messo all’opera svelandomi poi all’orecchio il segreto nascosto di quella ricetta, quello che non aveva voluto svelare nemmeno alla mamma.

Mi diressi verso il salone e accesi la tv, poi mi sedetti sul divano e mi coprii con una coperta iniziando a mangiare quella delizia.

Erano trascorsi quattro giorni da quando io e Damon ci eravamo messi insieme e procedeva tutto alla grande, forse pure troppo.

Damon era sempre il solito, ma sapeva mostrarsi dolce quando eravamo da soli, ma soprattutto il fatto che stessimo insieme non gli impediva di fare di tutto per farmi saltare i nervi, come faceva in passato, difatti i nostri battibecchi continuavano ad essere all’ordine del giorno per fortuna. Mi divertiva troppo punzecchiarmi con lui.

Stefan e Caroline erano a conoscenza di questa relazione ovviamente. Del resto vivendo nella stessa casa era impossibile tenerglielo nascosto.

Tra Stefan e Damon le cose andavano al solito. Tranne che per la minaccia che tre giorni prima Stefan aveva fatto a suo fratello. Se mi avesse fatto soffrire lo avrebbe fatto fuori. Damon lo aveva guardato beffardo e gli aveva risposto con il suo solito tono di voce “mi spiace fratellino, ma tra i due sono io il più forte”, poi gli aveva dato una pacca sulla spalla ed era uscito.

Stefan aveva poi guardato me e insieme avevamo sorriso. Damon non sarebbe mai cambiato, ma il minore tra i fratelli Salvatore era certo che quello era il modo che suo fratello aveva usato per dargli la sua parola.

Avevo raccontato ad Alaric e Jenna della mia storia con Damon e se il primo aveva sorriso e si era poi raccomandato con il mio ragazzo, la seconda si era mostrata un po’ meno diplomatica. Mi aveva elencato l’infinità dei rischi che correvo, ma alla fine mi aveva abbracciata ripetendomi che tutto quello che più gli interessava era che io fossi felice. Aveva poi scoccato non poche frecciatine a Damon e alla fine dopo una sonora minaccia gli aveva sorriso dando a modo suo la benedizione a quella storia.

Per me era importante il pensiero di entrambi. Jenna perché era mia zia, l’unica persona che insieme a Jeremy mi restava della mia famiglia, ma anche perché era un’amica per me, lo era sempre stata e Alaric perché eravamo entrati talmente in sintonia che lo consideravo come una specie di padre, ma allo stesso tempo un amico.

Matt, Tyler e Bonnie non sapevano ancora nulla. I primi due perché non avevo avuto occasione di parlare con loro, la terza perché come minimo mi avrebbe ucciso, motivo per cui non avevo detto nulla nemmeno a Jeremy, sincero com’era non avrebbe retto a mentire alla sua fidanzata.

Sapevo di dover parlare con Bonnie, ma al momento non mi andava. Mi volevo godere il momento e poi avrei dovuto trovare le parole giuste per farle capire e soprattutto accettare che mi ero innamorata della persona che lei odiava di più al mondo lasciando quello che per lei era il ragazzo perfetto.

Altro che parole giuste, serviva un miracolo.

Katherine non si era fatta viva e i ragazzi non sapevano se era un bene o un male e soprattutto tutti ci chiedevamo se avesse scoperto che la sottoscritta non fosse morta o meno.

Scacciai quei pensieri e tornai al presente godendomi il tepore del camino, la compagnia della tv e il delizioso sapere della mia mousse.

“Hey ne voglio una anche io” disse una voce alle mie spalle.

Mi voltai e vidi mio fratello insieme a Bonnie sulla soglia del salone.

Jeremy le adorava, forse ancora più di quanto lo facessi io. Era sempre stato il golosone di famiglia.

“Sono in frigo, vai tu, io non mi muovo di qui”.

“Hey io sono l’ospite, dovresti andare tu” si lamentò lui.

“Anche io sono un’ospite” precisai.

“Ma per adesso vivi qui”.

“Jeremy se vuoi muovi il culo da qui e vai a prendertene una, altrimenti viene a sederti qui e ti accontenterai di guardare me magiare questa delizia. Non ho nessuna intenzione di muovere un solo muscolo”.

“Che sorella ingrata” si lamentò mentre io sorrisi.

“Muoviti scemo e portane una anche a me” aggiunse Bonnie prima che il fidanzato si allontanasse.

La mia amica si avvicinò a me e poi si sedette sul divano.

Dapprima non disse nulla, poi prese a parlare.

“Mi dispiace per l’altro giorno, ma…”

“Bonnie va tutto bene. Non dire nulla, non ho voglia di litigare” le dissi rendendomi conto che lei non aveva cambiato idea così come non lo avevo fatto io.

“Ultimamente litighiamo un po’ troppo spesso, prima non succedeva mai”.

“Si vede che prima la pensavamo allo stesso modo su tutto, adesso le esperienze passate ci hanno fatto cambiare”.

“Ma io non voglio che questo ci separi”.

“Non ci separerà, non se noi non lo permettiamo”.

Lei mi sorrise e io feci lo stesso. In fondo era la mia migliore amica, eravamo state sempre insieme: io, lei e Caroline, il trio perfetto. Diverse in ogni cosa, ma legate in modo indissolubile.

Si avvicinò e mi abbracciò e a quel punto non potei fare a meno che ricambiare affettuosamente quell’abbraccio consapevole che se avesse scoperto la verità ci sarebbero volute molto più di due semplici parole per risolvere il problema.

Non avevo intenzione di rinunciare alla sua amicizia, ma certo non ero intenzionata neppure a rinunciare a Damon.

Avrebbero dovuto convivere entrambi con i rapporti che avevano con me: Bonnie avrebbe dovuto accettare Damon e lui avrebbe dovuto accettare lei.

Missione impossibile? Forse, ma valeva la pena provarci.

Quando ci staccammo fece nuovamente il suo ingresso Jeremy con in mano qualche bicchiere di mousse e si sedette con noi sul divano.

“Sembra che tu abbia preparato questa roba per un reggimento, quando l’unica umana sei tu qui dentro”.

“Sarò pure l’unica umana, ma gli altri tre fidati che non scherzano. Caroline solo stamattina ne ha mangiate cinque e gli altri due gli hanno fatto concorrenza” gli spiegai.

“Mi chiedo che senso ha per loro mangiare. In fondo è il sangue che li nutre”.

Lo guardai e sorrisi. Jeremy sembrava uno studioso attento di vampiri, voleva sapere sempre di più, non sembrava mai sazio.

“Beh non lo so. Se può aiutarti una volta Damon mi ha detto che purché assumano abbastanza sangue regolarmente il loro corpo funziona come quello di un comune umano”.

“Grazie sorella” mi rispose contento di aver scoperto qualcosa in più.

Sembrava un bambino al quale era appena stata data una caramella.

Restammo in salotto a parlottare tutti e tre e poco dopo ci raggiunse anche Caroline che si unii a noi mangiando altri tre bicchieri di mousse. Diceva che mangiare la distraeva dalla voglia di sangue, la verità era che quella delizia le piaceva tantissimo e golosa com’era non riusciva a rinunciarci e faceva bene, ormai, non aveva più problemi di linea.

Poco dopo in salone ci raggiunsero Alaric e Stefan e iniziò a sorgermi il dubbio che quella fosse più una riunione che una visitina di amici.

“Che succede?” chiesi.

“Cosa dovrebbe succedere?” mi domandò Stefan come se avessi detto chissà cosa.

“Prima Bonnie e Jeremy, adesso Alaric. È una riunione o sbaglio?”

“Una specie” sentii dire da una voce che avrei riconosciuto fra mille: Damon.

Mi voltai verso la direzione della voce e lo vidi arrivare più bello che mai. Pantaloni neri e giubbotto di pelle dello stesso colore dal quale si intravedeva una maglietta bianca che gli aderiva perfettamente facendo risaltare i suoi muscoli perfetti.

O mio Dio. Ok, dovevo smetterla. Non era il momento per sbavare alla vista del mio ragazzo. Come suonava bene questa parola. Damon era il mio ragazzo.

Lui mi lanciò un’occhiata maliziosa, l’unica cosa che poteva fare al momento vista la presenza di Jeremy e Bonnie, poi si avvicinò a me e quando fu ad una spanna dal mio viso credetti che stesse per baciarmi e io l’avrei ucciso se fosse stato così. Non dovevano certo scoprirlo in quel modo, ma invece lui prese il mio terzo bicchiere di mousse e si allontanò iniziando a mangiarlo.

“Damon” gli urali rimproverandolo.

“Pardon madame, ma mi è venuto un certo languorino”.

Gli lanciai uno sguardo furente come a dire “te la faccio pagare”, poi sorrisi. Dio, a volte, riusciva ad essere un bambino dispettoso.

“Allora Damon, che succede?” chiese Alaric e fu in quel momento che compresi che era stato proprio il mio ragazzo ad organizzare la cosa.

Mi guardai attorno ed erano tutti in piedi nel salone ad attendere di capirci qualcosa. Le facce serie e concentrate e non mi fu difficile capire che l’argomento che avremmo affrontato sarebbe stata Katherine.

“Barbie dov’è Lon Chaney Junior?” domandò Damon sarcastico.

Sapevo si stesse riferendo a Tyler. Lon Chaney Junior non era altro che l’attore che al cinema aveva interpretato un uomo lupo, anzi a dire il vero era il figlio di un uomo lupo, ma lo era anche lui.

“Scusa?” chiese Caroline non capendo.

“Il cucciolo Barbie, dov’è il cucciolo?” domandò con espressione esasperata.

Faceva sempre così quando qualcuno non capiva le sue battute.

“Sta arrivando, ma cosa c’entra Lon Chaney Junior e poi chi è?”

“Oddio non sa chi è”.

Damon era sconvolto.

“È solo un attore che ha interpretato il ruolo di un licantropo” le spiegò Stefan con calma.

“E cosa posso saperne io? Sai com’è, io non sono il tipo da film dell’horror”.

Fece finta di mettere il broncio, ma Damon non si scompose.

“E ci sei finita dentro” commentò alla fine mentre io gli lanciai un’occhiataccia e lui alzò le mani in segno di resa.

In effetti non aveva tutti i torti. La nostra vita era diventata un film dell’orrore, ma ricordarlo non era piacevole.

Per fortuna Tyler arrivò in poco tempo seguito da Matt e non appena entrò Damon non poté che fare un commento sarcastico su quanto fossero inaffidabili i cani, come li aveva definiti lui.

Per fortuna tutti lì dentro lo conoscevano quel tanto che bastava per non dargli corda e Tyler aveva sorriso della battuta lasciando correre. La verità era che in fondo a parte Bonnie lì dentro tutti conoscevano Damon, sapevano come era fatto e gli volevano bene, avevano imparato a volergliene. In fondo se la vita di tutti era salva lo era anche grazie a lui.

“Allora, ci rendi partecipi dei tuoi pensieri contorti?”

“Ci sono solo tre modi per uccidere un vampiro: un paletto di legno nel cuore, il fuoco oppure il morso di un licantropo” spiegò Damon.

Aveva lo sguardo vitreo come se mentre stesse parlando stava pensando a qualcos’altro.

“Ma davvero? Grazie per l’informazione fratello, non ci eravamo ancora arrivati a questo” disse Stefan sarcastico.

“Hai fatto una battuta, Stefan. Dovrei bere qualcosa per festeggiare” gli rispose il fratello sorridendo e avvicinandosi al bicchiere dei liquori per prendere uno scotch e offrirne uno anche a Alaric che si era avvicinato per servirsi.

“Andiamo avanti” lo esortò quest’ultimo.

“Qualunque cosa uccida Katherine ucciderà anche Elena, tranne qualcosa di sovrannaturale. Questo ha detto la strega. Bene, il morso di un licantropo è qualcosa che non rientra nel naturale, quindi se uccidiamo Katherine con questo mezzo Elena non corre rischi” spiegò Damon.

“Cioè stai dicendo che io dovrei uccidere quella psicopatica?” domandò Tyler preoccupato.

“Vedi qualche altro licantropo?”

“Damon io non riesco ancora a controllarmi, lo sai bene. Potrei fare una strage e a rimetterci non sarebbe solo Katherine”.

“Sappiamo badare a noi stessi”.

“Damon, Tyler ha ragione. È troppo rischioso” dissi io.

“Non abbiamo chiesto il tuo parere” mi rispose sorridendomi al suo solito.

Guardai Stefan e lo vidi riflettere su quella proposta, mentre Damon non stava aspettando altro che una accenno proprio da lui. Gli sarebbe bastato un si da parte del fratello e quella missione suicida si sarebbe messa in pratica anche a costo di costringere Tyler con la forza.

Sperai che Stefan fosse più giudizioso di quanto fosse Damon.

“Fratellino non abbiamo tutta la vita” disse Damon sperando che Stefan si muovesse.

“Ci sono troppi contro in questo piano. È già quasi impossibile controllarsi per un licantropo esperto, pensa per lui. Quante volte si è trasformato da quando è diventato quello che è? Quattro, quattro misere volte e non è riuscito a controllarsi mai, nemmeno con lo strozza lupo” gli rispose Stefan.

“Stiamo parlando di Elena, c’è lo siamo forse scordati? È l’unico modo per fare in modo che non gli succeda nulla. Non abbiamo alternative”.

“È pericoloso Damon” intervenne Caroline.

“Pericoloso per chi? Per me, per te e per lui, punto. Nessun altro rischia nulla. Tu starai lontana, ci penseremo io e Stefan”.

“È una missione suicida” mi lamentai alzandomi dal divano e avvicinandomi a lui.

“Proprio tu parli di missione suicida? L’anno scorso avremmo dovuto darti il premio come martire dell’anno”.

Non l’avrei convinto in nessuno modo, lo sapevo bene.

“Damon…” provò a dire Rick.

“Damon niente. Sentite è la nostra unica possibilità. Io e Stefan terremmo Katherine occupata, poi arriva Tyler, la morde e noi la rinchiudiamo nel seminterrato fino a quando non muore. È il piano più semplice del mondo, ma soprattutto è l’unico che abbiamo”.

“È un piano stupido” iniziò Bonnie “chi ci dice che non appena Katherine vedrà Tyler non scappi via senza che voi riusciate a fermarla? Potrebbe averne tutto il tempo visto il pessimo controllo di Tyler. Potrebbe trasformarsi e dimenticarsi chi è davvero il nemico e attaccare voi” concluse e per la prima volta da mesi fui d’accordo con le sue parole.

“Hai un’idea migliore strega?”

“C’è ne faremo venire una” provò Jeremy con tatto.

“C’è sempre l’anello che può proteggerla. Lo mette al dito, voi uccidete Katherine e Elena torna in vita” propose Matt.

L’anello, che stupida a non averci pensato prima.

“Matt ha ragione” disse Stefan.

“L’anello la protegge è vero, ma in quel caso non funzionerebbe”.

“Cosa ne sai tu?” gli urlò contro Bonnie al limite della pazienza.

“Ho fatto delle ricerche. Elena è sotto il flusso di un incantesimo e quell’anello non può proteggerla” spiegò Damon calmo, anche fin troppo visto il modo in cui Bonnie gli aveva parlato.

“Ma l’ha già fatto” disse Rick.

“È stato accidentale. Quel colpo non era mirato a lei, ma a me, per questo l’anello ha funzionato. Qualunque colpo parta rivolto a lei o a Katherine non la salverà. L’incantesimo è chiaro: Elena può sopravvivere solo se la psicopatica viene uccisa in modo sovrannaturale”.

“Damon, come fai a sapere questo?” domandai.

“Ripeto ho fatto le mie ricerche”.

“Cioè?” chiese Stefan.

“Ho trovato un libro ed era spiegato in modo chiaro. Ho rintracciato Lucy e ho chiesto a lei visto che la nostra strega ha delle competenze pari a zero e mi ha confermato tutto” spiegò lanciando una frecciatina a Bonnie.

“Come hai fatto a rintracciare Lucy?” chiesi.

“Ho i miei metodi”.

“È impossibile. Ci vuole un’altra soluzione” disse Stefan iniziando a girare per la stanza avanti e indietro.

“Tyler è la nostra unica possibilità”.

“Non posso farlo. Non mi controllo, sarei capace di fare di tutto”.

“Stefan?” chiese cercando l’appoggio del fratello.

“Damon, deve esserci un altro modo, dobbiamo trovarlo”.

Tutti annuirono con la testa come a dargli ragione e io fui una delle prime. Era pericoloso non solo per loro, ma per tutti.

“Cioè fammi capire. La nostra vita al posto della sua? È così che funziona adesso?” domandò Damon non riuscendo a credere a quanto stava succedendo.

Perché doveva mettere la sua vita e quella di Stefan su un piano inferiore rispetto alla mia?

“No, ovvio che no, ma non è pericoloso solo per noi due, è pericoloso per tutti. Non mi interessa delle nostre vite, ma delle loro si. Far uscire Tyler durante la luna piena è una missione suicida”.

“Una missione suicida che salverà Elena”.

“E potrebbe uccidere qualunque altro di voi” dissi guardando lui e poi guardami attorno “non se ne parla e con questo il discorso è chiuso”.

“Aiuterò con la mia forza se sarà necessario, ma non potete chiedermi di fare questo. Non posso rischiare di perdere nessuno di voi” spiegò Tyler nonostante quelle parole gli venissero difficili da pronunciare.

Damon era da solo e non avrebbe mai potuto combattere questa battaglia senza il sostegno di qualcuno.

La sua ultima speranza era Alaric, ma anche lui abbassò il capo non riuscendo a guardarlo negli occhi.

Se solo Tyler fosse stato più esperto sarebbe stato tutto più semplice.

“E allora che si fa? Aspettiamo che il cucciolo diventi competente e nel frattempo rinchiudiamo Elena e tutti voi in una palla di vetro? Non si tratta solo di Elena, si tratta di tutti voi se non vi foste chiaro il concetto. Elena sarà l’ultima pedina che muoverà” spiegò Damon.

Era arrabbiato glielo si leggeva in faccia. Fissava un punto indecifrato a terra cercando ci trattenersi nel non combinarne una delle sue.

Per come la vedeva lui era impossibile che nessuno fosse dalla sua parte. In qualche modo il suo piano non faceva una piega, ma dall’altra era impossibile attuarlo.

Non avrei sopportato di perdere nessuno, men che meno lui.

Avremmo trovato una soluzione, ne ero certa.

Mi avvicinai a lui e gli toccai una spalla, l’unico gesto che al momento mi era consentito fargli.

Volevo calmarlo e sapevo di poterci riuscire solo io al momento.

“Troveremo un modo tutti insieme e riusciremo a vincere” gli sussurrai piano consapevole che, oltre a lui, solo Stefan e Caroline mi avessero sentito.

“Non esiste un altro modo” mi disse lui a voce normale, non curandosi del fatto che ci fossero gli altri.

“Damon, c’è sempre un modo. Anche con Klaus credevamo che non esistessero possibilità, ma l’abbiamo sconfitto. C’è la faremo anche questa volta” gli disse Alaric con tono calmo, ma convincente.

“Sarà” disse lui bevendo l’ultimo sorso di scotch che gli restava nel bicchiere.

Per un momento ci fu silenzio dentro quel salone. Nonostante fossimo in tanti, si sentiva solo il rumore dei nostri respiri e i battiti dei cuori, nient’altro.

All’improvviso sentimmo la porta dell’ingresso aprirsi e ci voltammo tutti in quella direzione con aria spaventata.

“È solo Jenna” ci avvisò Damon vedendo le nostre faccia.

Aveva ragione. In pochi secondi la zia entrò in salone, ma l’espressione che aveva in volto non prometteva nulla di buono.

“Che succede?” chiese Alaric spaventato.

“Katherine” riuscii a dire la zia prima di bloccarsi.

“Katherine cosa?” continuò Alaric preoccupato.

Non mi era difficile capire come si sentiva. Aveva lasciato Jenna da sola solo per qualche ora non preventivando che gli potesse succedere qualcosa.

“Come stai Jenna? Che succede?” mi affrettai a chiedere io avvicinandomi a lei che si era appena seduta al divano.

“È entrata in casa. Ero in cucina mentre stavo preparando la cena. Ho capito subito che non eri tu perché Rick ha detto che sarebbe venuto qui a parlare il che significava che Damon e Stefan erano qui quindi non potevi essere tu quella in casa nostra perché nessuno dei due ti avrebbe fatta allontanare senza di loro” prese a raccontare la zia.

Si interruppe per riprendere fiato e poi continuò.

“Ha finto di essere te e ha iniziato a parlare dicendo che dopo lo spavento dell’altro giorno ti stavi riprendendo”.

“Sa che sei viva” fece notare Caroline.

“E poi si è avvicinata e ha cercato di soggiogarmi. Ha detto che avrei dovuto venire qui e davanti ai tuoi occhi mi sarei dovuta infilzare di nuovo con un coltello. Avrei dovuto colpire il cuore questa volta, dovevo morire”.

“Non capisco” disse Jeremy “sei qui a raccontarlo, come è possibile?”

“Non lo so. Lei mi ha soggiogata, ma io ricordo tutto, anche se ho fatto finta di credere alle sue parole. Ho preso un coltello e sono corsa in macchina mentre lei mi guardava, proprio come voleva lei. Non so come sia possibile”.

“Verbena, è l’unica soluzione” disse Damon.

“Non avevo verbena con me” gli rispose lei.

“Hai presenta la tisana che ti faccio bere tutte le mattine?” le chiese Alaric e quando lei annuì lui continuò “beh, ci metto della verbena. Hai il sangue pieno di questa sostanza da settimane, non avrebbe mai potuto soggiogarti”.

Ringraziai mentalmente Alaric. Senza di lui non sapevo come avremmo fatto. Ci aveva aiutato davvero tante volte senza chiedere nulla in cambio.

“Perché non me l’hai detto?” gli domandò la zia guardandolo stranita e allo stesso tempo sorpresa.

“Volevo che ti sentissi al sicuro. Se te lo avessi detto avresti pensato che avevo paura, che te la facevo prendere perché correvi qualche pericolo e non volevo che tu lo pensassi” spiegò lui e lei si avvicinò e lo baciò a fior di labbra.

Un segno per ringraziarlo di averle salvato la vita, perché si, era quello che aveva appena fatto.

“Come volevasi dimostrare” disse Damon dopo qualche attimo di silenzio.

“Scusa?” chiese Matt non capendo il senso delle sue parole.

“Ha aperto i giochi” furono le uniche parole di Damon pronunciate guardando negli occhi Stefan.

Loro erano quelli che meglio di tutti la conoscevano e dallo sguardo che entrambi si lanciarono potei facilmente capire che, come previsto, non c’era da aspettarsi nulla di buono.

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Ecco il capitolo dodici.

Mi scuso per non essere riuscita a postare ieri come avevo detto, ma purtroppo sono stata tutto il giorno fuori casa e non era previsto e non ho proprio avuto modo di inserire il capitolo nuovo. Spero possiate scusarmi sperando che ciò non capiti più.

Tornando alla storia, come vedete il problema Katherine non si è ancora riuscito a risolvere. Troveranno mai il modo di togliersela dai piedi? Speriamo.

Tyler era certamente una buona possibilità, ma mettere in pericolo gli altri sarebbe stato rischioso.

Katherine in compenso sembra aver aperto i giochi come Damon stesso ci fa notare. Vedremo cosa succederà.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo pezzettino:

 

 

“Mi dispiace”.

“Di cosa scusa?”

“Di non aver voluto affrontare subito Bonnie e di costringerti a tutto questo”.

Lui non disse nulla, restò in silenzio così continuai io.

“Quando Jeremy mi ha chiesto di Stefan perché hai risposto in quel modo?”

“Ti ho tolto dall’imbarazzo, dovresti ringraziarmi”.

“Ero intenzionata a dire loro la verità”.

“Ma non l’hai fatto”.

“Tu…” provai a dire, ma lui si alzò, fece qualche passo e poi si voltò di nuovo a guardarmi.

La sua espressione era un misto di rabbia, gelosia e soprattutto delusione.

 

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 29 Marzo

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo Tredici ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Tredici

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Pov Elena

 

Carol Lockwood, la mamma di Tyler aveva organizzato nella sua villa una delle solite feste a cui mezza Mystic Falls avrebbe partecipato. Nessuno in quella piccola cittadina rinunciava a momenti come quelli, né tanto meno rinunciava a partecipare a quelli che sembravano essere dei veri e propri eventi mondani.

Io a dire il vero non ero molto eccitata all’idea di partecipare, non con una vampira che dava la caccia a me e a tutti quelli a cui volevo bene, ma Damon e Stefan si erano premurati a farmi notare che la mia vita, la nostra vita doveva andare avanti normalmente. A loro dire Katherine non doveva sospettare che avessimo paura di lei, ma anzi che fossimo tranquilli, talmente tanto tranquilli dall’esporci partecipando ad una festa.

La verità era che i giorni passavano e non riuscivamo a fare passi avanti visto che nessuno di noi riusciva ad elaborare un piano che ci facesse uscire da quella situazione. L’unica cosa che potevamo fare era imbottirci di verbena e avere come guardia del corpo un vampiro, e questi purtroppo erano solo tre, il che significava che erano in netta minoranza rispetto alle persone che c’erano da proteggere. Alaric e Jeremy erano apposto avendo l’anello, ma restavamo io, Bonnie, Matt, Tyler e Jenna.

Tutta Mystic Falls era in pericolo a dire il vero, ma eravamo certi che Katherine avrebbe prima puntato a loro perché erano le persone che più mi stavano a cuore.

Scesi dalla macchina e in men che non si dica Damon mi fu accanto e appoggiò le sue labbra alle mie, uno sfiorarsi appena che riuscii a mandare in palla i miei ormoni. Avrei dovuto controllarmi, quella sera io e Damon eravamo due semplici amici.

“Quand’è che hai intenzione di dirlo alla strega?” mi soffiò Damon all’orecchio.

Sapevo che si stesse riferendo a noi.

“Vorrei tenerla calma fin quando la situazione con Katherine non si risolve. Come minimo ti uccide e fidati, abbiamo bisogno di te al momento”.

L’ultima frase era un’evidente provocazione e lo sapevo bene.

“Questa me la segno” mi sorrise sghembo.
“E su scherzavo”.

Eccome se scherzavo. Io personalmente avrei avuto bisogno di lui sempre.

“Spiacente, quel che detto è detto”.

Accarezzò il mio orecchio con le sue labbra perfette, poi scese lentamente al collo e quando si avvicinò alle labbra ero pronta a sollevarmi mille metri da terra, ma non fu così.

Avvicinò le sue labbra alle mie e quando io dischiusi la bocca pronta per ricevere il suo bacio, lui si allontanò e quando aprii gli occhi consapevole che quel contatto non sarebbe mai avvenuto lo vidi di fronte a me che mi guardava sorridendo beffardo scuotendo la testa come a dire “no, no”.

“Stronzo” riuscii solamente a dirgli facendo la finta offesa, anche se non proprio finta.

Uffi, io lo volevo quel bacio.

“Me lo dicono in molti” mi sorrise avvicinandosi di nuovo.

“Ma com’è che voi due state sempre a battibeccarvi?” domandò qualcuno dietro di noi.

Non mi serviva voltarmi per capire che si trattava di Caroline. Dietro di noi, infatti, comparve proprio lei e Stefan che avevano deciso di venire con la macchina di lui per lasciarci un po’ da soli visto che durante la serata non avremmo concluso nulla.

L’idea ovviamente era stata di Caroline.

“Non è colpa mia, è lui che fa l’idiota” mi giustificai e Damon non aggiunse nulla, si limitò solo a guardarmi e sorridermi sornione.

Caroline e Stefan sorrisero e lasciarono correre così tutti e quattro insieme ci dirigemmo verso l’ingresso della grande tenuta Lockwood.

La villa era già gremita di gente e in poco tempo ci mischiammo tra la folla.

Damon e Stefan si allontanarono dicendo che avrebbero controllato in giro se tutto fosse apposto, mentre io e Caroline ci dirigemmo verso la pista da ballo dove non fu difficile trovare mio fratello e Bonnie ballare abbracciati talmente rapiti l’uno dall’altra da non notarci neppure.

Poco distanti c’erano Tyler e Matt appoggiati al tavolo dei drink. Non appena ci videro si avvicinarono.

“Com’è la situazione con Matt?” sussurrai a Caroline consapevole che lei riuscisse a sentirmi nonostante il mio tono di voce così basso rispetto al frastuono della musica.

“Stabile”.

“Che diavolo significa stabile?”

“Il dizionario dovrebbe riportare testuali parole credo: Stabile = costante, immutabile, che dura nel tempo, che non varia”.

Sembrava stesse leggendo davvero dal dizionario.

“So cosa significa letteralmente, intendo il significato che riporta il tuo di dizionario”.

“Non è cambiato nulla. Siamo ancora in una fase di stallo”.

Non riuscii a replicare perché i due ci raggiunsero e io e Caroline mostrammo un sorriso che ben poco collimava con il discorso che avevamo appena introdotto.

“Da quando siete qui?” chiese Tyler.

“Qualche minuto”.

Caroline era concisa il che significa che voleva allontanarsi da lì il prima possibile e potevo capirla. Si trovava di fronte un fidanzato o ex, questo ancora non era stato stabilito con certezza, e un amico che in realtà avrebbe dovuto essere nemico. Un triangolo un po’ contorto diciamo, molto di più, forse, di quello che era stato il mio triangolo.

“Elena posso invitarti a ballare?” mi chiese Matt sorridendomi “se a te non dispiace ovviamente” aggiunse poi guardando Caroline.

“No, no fate pure” rispose lei sorridendo sincera.

Si vedeva lontano un miglio che gli voleva bene, ma forse aveva ragione nel credere che l’amore per lui fosse svanito. Nei suoi occhi non riuscivo più a leggere nulla. Non erano più gli occhi innamorati che le avevo visto in passato, quegli occhi che mi imploravano di essere chiara e di assicurarle che tra me e lui non ci fosse più nulla.

Sorrisi a Matt e gli porsi la mano, chiaro segno che si, potevamo ballare. Lui la prese e mi accompagnò al centro della pista dove mi strinse di più a sé iniziando a farmi volteggiare nell’aria.

Ricordavo i primi tempi, quando c’era ancora un forte imbarazzo tra noi. Adesso, invece, era tutto passato. Eravamo tornati ad essere gli amici di un tempo, quelli che eravamo prima di decidere di metterci insieme, che a quanto pareva era stata una scelta davvero pessima.

Controllai Caroline e vidi che si era diretta anche lei nella pista accompagnata da Tyler. Ero contenta che dopo i disappunti passati fossero tornati ad essere amici. Strano a dirsi, ma un vampiro e un licantropo potevano essere amici, si, potevano esserlo, ma solo se davvero lo volevano e entrambi l’avevano voluto, entrambi avevano lottato per diventarci.

“È strano” mi disse Matt.

“Cosa?”

“Il fatto che siamo qui come se nulla fosse quando lì fuori qualcuno ci vuole morti”.

“Non più, ormai”.

“Che intendi dire?”

“Che era strano prima, adesso non più. Da quando conosco questo mondo, che prima mi sembrava solo leggenda, è cambiato tutto e soprattutto mi sono resa conto che la mia vita è un pericolo costante. Fidati, nell’ultimo anno questa non è la prima festa a cui partecipo cercando di apparire tranquilla quando lì fuori c’è qualcuno che mi cerca, quindi, non è più così strano”.

“Come ci riesci? A mostrarti tranquilla, intendo? Cioè, io non mi sono ancora bene abituato a tutto questo. Mi sembra di star vivendo un film”.

“Domanda da un milione di dollari, la tua”.

“Ti sei mai chiesta come sarebbe stata più semplice la tua vita se non avessi incontrato Stefan?”

“L’ho fatto, tante volte”.

“E…” mi esortò a continuare.

“E sono felice che lo abbia incontrato, sono felice perché nonostante tutto e tutti l’averlo conosciuto mi ha condotto qui e non importa se rischio costantemente la vita o se deve camminare con la scorta” sorrisi alla mia ultima parola e lui fece lo stesso “niente ha importanza rispetto a quello che ho acquistato, a quello che adesso ho” conclusi.

Lui scansò la sua faccia dalla mia spalla e mi guardò negli occhi, poi sorrise e tornò a posizionarsi esattamente dov’era prima continuando a ballare in silenzio cullati, però, dalla verità delle mie parole.

Ballammo fino a quando la canzone non terminò, poi qualcuno appoggiò una mano alla mia spalla.

Mi voltai e vidi che era stato Jeremy che insieme a Bonnie erano a pochi centimetri di distanza da me.

“Hey, non siete venuti nemmeno a salutare” si lamentò la mia amica.

“Eravate troppo…ecco come dire…impegnati” risposi con malizia.

Jeremy abbassò lo sguardo imbarazzato, mentre le guance di Bonnie si imporporano leggermente.

“Dove sono gli altri?” domandò poi mio fratello per cambiare discorso.

“Caroline ballava con Tyler, gli altri due dovrebbero essere in giro a controllare che tutto sia apposto”.

“Errato” sentii dire da una voce dietro di me.

Mi voltai e mi ritrovai Caroline e Stefan ad un passo da me.

“Dov’è Damon?” domandai non vedendolo con loro.

Stefan non disse nulla fece solo un gesto con la testa e mi indicò un punto dietro di me e Matt.

Mi voltai e vidi Damon appoggiato alla parete con una spalla che fissava nella nostra direzione, nella mia a dire la verità e lo sguardo che aveva non prometteva nulla di buono.

Guardai Caroline in cerca di una risposta a quel comportamento, ma scrollò le spalle facendo un debole sorriso.

Nel frattempo iniziò una nuova canzone e Jeremy e Bonnie si eclissarono nuovamente andando a ballare. Matt venne raggiunto da Tyler che lo invitò ad andare un attimo su a prendere delle cose che servivano per la festa.

“Ho voglia di ballare” disse semplicemente Caroline.

“Balla” rispondemmo io e Stefan all’unisono.

“Da sola?”

“Sono sicuro che qui dentro sono in tanti che farebbero a gara per ballare con te”.

Sorrisi già consapevole di come sarebbe andata a finire quella discussione.

“Stefan, tu sei mio amico, vero?”

“Certo”.

“Bene, allora muovi il culo e invitami a ballare”.

“Non mi piace ballare”.

“Te lo farai piacere. Avanti non farti pregare”.

“Ti consiglio di farlo ubriacare” dissi rivolgendomi a Caroline “com’è che mi hai detto una volta?” continuai poi rivolgendomi a Stefan e facendo finta di pensarci “ah, si ora ricordo. Hai detto testuale: Devi pregare quello sobrio, con quello ubriaco non devi farlo”.

Sorrisi e lui fece lo stesso, mentre Caroline ci osservava come a chiedersi cosa diavolo ci stessimo dicendo.

“Ok, non ci ho capito nulla, ma ti consiglio di venire con me a ballare, altrimenti seguirò il consiglio di Elena qualunque cosa significasse”.

Una cosa era certa: quando Caroline voleva qualcosa sapeva sempre come ottenerla, motivo per cui Stefan mi lanciò uno sguardo affranto e poi diede il suo braccio a Caroline. Lei lo afferrò e insieme si diressero nella pista da ballo.

Mi voltai di nuovo verso Damon consapevole adesso di poterlo finalmente raggiungere senza dare troppo nell’occhio e lo vidi ancora fermo nella sua posizione. Non si era spostato di un millimetro e la sua espressione sul viso era una maschera indecifrabile dalla quale potevo scorgere solo irritazione.

Mi avvicinai a lui e gli sorrisi sincera del tutto ignara del motivo di quello sguardo indispettito.

“Ti stai divertendo?” mi chiese indecifrabile quando fui ad un passo da lui.

“Non più del solito”.

“Non si direbbe”.

“Scusa?”

“Ballavi così animatamente, il tuo sorriso quasi illuminava la stanza”.

Era arrabbiato? No, era semplicemente geloso.

Possibile?

Scoppiai a ridere senza riuscire a controllarmi e la sua espressione si indurì ancora di più.

“Ti fa ridere?” mi domandò.

“Sei…sei geloso” riuscii a dire tra una risata e l’altra.

Lui non rispose subito, ma dal suo cambio d’espressione era facilmente intuibile che avessi centrato il segno.

“Damon Salvatore geloso. Questa si che è una novità”.

Io continuavo a ridere, mentre lui si faceva sempre più serio.

“Io non sono geloso”.

“Ah no? Non si direbbe”.

“Ti dispiacerebbe smetterla di ridere. Non lo trovo divertente”.

“Perché non la smetti tu, invece, e mi inviti a ballare?” domandai ancora sorridendo.

“E perché, invece, non chiedi a Matt di farlo? Ti assicuro che ne sarebbe molto contento”.

“Lo sto chiedendo a te”.

Lui rimase in silenzio fissandomi ancora con quella sua aria impassibile ed imperturbabile. Non si era neppure mosso dalla sua posizione iniziale. La sua spalla, infatti, era ancora appoggiata alla parete.

“Ok, ho capito” gli dissi vedendo che non sembrava avere intenzione di rispondermi “ritorno da Matt. Devo dire che questa sera è particolarmente carino” conclusi voltandomi dall’altra parte e dirigendomi verso il ragazzo in questione.

Ovviamente la mia era una provocazione bella e buona. Volevo solo vedere fino a quando avrebbe mantenuto quell’apparente freddezza che stava mostrando.

Avevo imparato a conoscerlo e sapevo come comportarmi, anche se l’ultima cosa che mi aspettavo di vedere in lui era gelosia e questo non poteva che farmi piacere perché mi faceva capire quanto ci tenesse a me.

Non riuscii a fare nemmeno un passo che Damon mi prese per i fianchi e mi attirò a sé stringendomi. Il mio corpo era stretto al suo, divisi soltanto dai sottili vestiti che indossavamo e non potei fare a meno che sentire un brivido di eccitazione attraversarmi la schiena.

Mi stupivo sempre di più del potere che riusciva ad avere su di me.

Sentii le sua labbra appoggiarsi al mio orecchio e fremetti di accettazione. Stava giocando sporco.

“Tu non vai da nessuna parte” mi soffiò all’orecchio con malizia “sei mia, solo mia” aggiunse poi stringendo di più la stretta tra il mio corpo e il suo.

Impiegai qualche secondo prima di capire cosa stava davvero succedendo e cioè che non eravamo da soli, ma nel bel mezzo di una festa e che chiunque avrebbe potuto vederci.

Per tutta la gente lì dentro Elena Gilbert stava con Stefan Salvatore e quello che mi stava stringendo a sé con fare malizioso era decisamente il fratello sbagliato.

Cercai di tornare in me per quel poco che mi riusciva.

“Damon potrebbero vederci” sussurrai appena consapevole che nemmeno io volevo staccarmi da quel contatto.

“Non credo, sono troppo impegnati” mi fece notare.

E in effetti mi resi conto che tutti erano intenti a ballare, ma questo non significava che qualcuno non avrebbe potuto buttare l’occhio su di noi, magari qualcuno che entrava da fuori o peggio qualcuno che si avvicinava per prendere da bere visto che poco distante da noi c’era il tavolo dei drink.

Il signorino consapevole dell’ascendente che aveva su di me avvicinò le sua labbra al mio collo andando a depositare un bacio rovente proprio nel punto debole della sottoscritta.

“Damon non adesso, ti prego” mormorai cercando di nascondere un gemito di piacere.

“A giocare con il fuoco si rischia di bruciarsi”.

In effetti aveva ragione. Ero io che lo avevo provocato non rendendomi conto che il mio ragazzo era uno di quelli ben poco capaci al controllo.

Lo sentii alleggerire la stretta e riuscii così a staccarmi seppur a malincuore. Tornai nella posizione a cui ero precedentemente cioè proprio di fronte a lui e potei notare quanto la sua espressione fosse cambiata. Adesso era fiero di se stesso mentre io ero ancora scossa per quello che era successo.
Se non mi avesse lasciata andare non ero certa che sarei riuscita a tenere gli ormoni a bada ancora per molto.

“Balliamo?” mi chiese con fare tranquillo sorridendomi maliziosamente.

Era come se non fosse successo nulla per lui, mentre io ancora sentivo il cuore galoppare come ad una corsa.

Non riuscii a dire nulla, ma mi limitai a dargli la mano e insieme ci dirigemmo al centro della pista e proprio in quel momento la musica terminò per dare inizio ad un’altra canzone.

Damon mi mise una mano sulla vita, mentre io misi la mia sulle sue spalle e con l’altra mi prese per mano iniziando così a volteggiare nell’aria.

Il contatto con lui mi faceva sentire a casa ed era una sensazione molto piacevole, una sensazione che non avevo mai provato con nessun ragazzo prima di allora.

“Ti ho mai detto che giochi sporco?” gli chiesi poi riferendomi a quanto avesse fatto poco prima.

“Non ho mai detto di non volerlo fare” mi sussurrò all’orecchio.

“Avrei potuto non sapermi controllare”.

“Ci speravo”.

“Scusa?” chiesi guardandolo negli occhi.

Fino a quel momento la mia testa era all’altezza della sua spalla.

“Beh almeno avremmo smesso con questa farsa dell’essere amici e…” disse, ma si interruppe senza continuare la frase.

“E… cosa?”

“E avrei potuto spaccare la faccia a Matt” mi disse beffardo.

Sorrisi appoggiando la fronte alla sua spalla.

“La cosa ti fa ridere? Credo che lui non la pensi come te”.

A quel punto alzai di nuovo lo sguardo.

“Perché mai avresti dovuto spaccargli la faccia?”

“Perché ciò che è mio non si tocca” mi rispose guardandomi negli occhi più serio che mai.

“Noto con piacere che marchi stretto il tuo territorio” dissi sorridendo di cuore.

“Ne ho tutto il diritto”.

“Su questo non discuto”.

Tornai a posizionare la mia faccia all’altezza della spalla e sorrisi tra me e me cercando di non farmi sentire, ma ovviamente era impossibile: il suo udito era troppo perfetto.

“La vuoi smettere di ridere?” mi domandò retorico.

“Scusa” gli risposi non riuscendo però a fermarmi.

“Almeno fai ridere anche me”.

“Tu non sei geloso vero?”

“Assolutamente no”.

“Quindi quella di prima e questa non è una scenata di gelosia, non è vero?”

“Ovvio che no”.

Mi domandavo se lo avrebbe mai ammesso.

“E quindi cosa sarebbe?”

“Non ricordavo che ballassi così bene” cambiò discorso lui.

“Damon…” lo canzonai io.

“E non ti ho neppure detto quanto sei meravigliosa stasera”.

“Damon…” continuai io a canzonarlo.

“Dannazione ok, sono geloso. Contenta?” mi disse agitandosi appena.

Ammetterlo era difficile per lui, lo sapevo bene.

“Ne ero certa”.

“E allora che senso ha chiedere?”

“Volevo solo che lo ammettessi. Essere gelosi non è mica una debolezza”.

“E adesso che l’ho ammesso cosa cambia?” mi domandò guardandomi e alzando un sopracciglio.

“Cambia”.

Non sapevo dire in realtà cosa cambiasse, forse, semplicemente mi piaceva sentirmelo dire e basta.

“Cambia perché sei donna”.

“Che vorresti dire?”

“Che una donna  raramente perdona al suo uomo di essere geloso, ma non gli perdonerà mai di non esserlo”.

“E questa da dove è uscita?” gli domandai consapevole che, però, avesse ragione.

“Secoli di esperienza a studiare gli umani. Qualcosa dovevo pur fare per ingannare il tempo”.

Sorrisi e impercettibilmente e velocemente gli baciai una guancia, non volevo che qualcuno mi vedesse.

“Caroline dice sempre che senza gelosia amano soltanto i cani” sorrisi ricordando tutte le volte in cui lo ripeteva.

“Tyler incluso?” mi domandò beffardo.

Lo guardai e solo un secondo dopo capii il senso di quelle parole. Tyler uguale licantropo, licantropo uguale cane o lupo che fosse.

“Scemo”.

Gli diedi una pacca sulla spalla, poi mi strinsi di più a lui.

“Comunque sia adoro quando sei geloso”.

“Potrei diventare pericoloso” mi sorrise e capii dalla sua espressione che era contento di quello che gli avevo detto.

“Mi fido di te”.

Continuò a sorridermi e in silenzio ci godemmo quanto ci restava di quel ballo.

Quando le ultime note si diffusero nella sala, io e Damon, come tutti gli altri del resto, fummo costretti a fermarci anche se di malavoglia.

La signora Lockwood si avvicinò all’orchestra e prendendo il microfono iniziò a parlare ringraziando tutti coloro che avevano colto l’invito e si era prodigati per partecipare alla festa.

Io e Damon ci allontanammo dalla pista e ci avvicinammo al bancone dei drink dove il mio ragazzo prese un calice di champagne per se e uno per me. A noi si unirono, poi, Jenna e Alaric e non potemmo fare a meno che sorbirci mia zia farci la ramanzina in quanto a suo dire il ballo che avevamo fatto non sembrava nemmeno lontanamente un ballo tra amici.

“Ringraziate che tutti erano intenti a ballare, altrimenti sareste diventati il pettegolezzo della festa” ci ripeté più volte, mentre io non potei che abbassare lo sguardo consapevole che aveva ragione.

E meno male che non ci aveva visti prima del ballo, altrimenti come minimo ci avrebbe linciati.

Poco dopo a noi si unirono Bonnie e Jeremy e zia e Rick si allontanarono per salutare dei vecchi amici di lei appena arrivati.

“Stasera tu e Stefan avete divorziato?” mi chiese Jeremy sorridendomi scherzosamente, mentre Bonnie quasi non si strozzava con lo champagne appena preso.

Non sapevo cosa dire. Sarebbe potuto essere il momento giusto per dire la verità, ma lo sguardo che Bonnie stava lanciando a Damon non prometteva nulla di buono ed ero certa che se lo avessi fatto non si sarebbe risparmiata una scenata e io non volevo diventare lo zimbello della festa, ma allo stesso tempo non avevo voglia di mentire oltre. Io volevo godermi il mio ragazzo alla luce del sole, senza dovermi nascondere da niente e da nessuno.

Stavo per aprire la bocca e dire la verità, quando Damon mi precedette.

“Come se fosse possibile” disse.

E io mi voltai a guardarlo sconvolta. Perché diavolo aveva risposto al posto mio?

“Una cosa giusta l’hai detta. Non è possibile” ribadì Bonnie sorridendo a qualcuno dietro di me.

Mi votai e vidi Stefan avvicinarsi.

“Ho sbagliato momento?” chiese lui vedendo che lo sguardo di tutti si era posato su di lui.

“Assolutamente. Stavamo solo notando quanto tu sia perfetto”.

A volte Bonnie riusciva ad essere proprio odiosa.

“Credevo non ti piacesse ballare” commentò Jeremy rivolto al minore dei fratelli Salvatore.

“Infatti, ma Caroline…Dio stiamo parlando di Caroline Forbes. Riesce ad essere convincente quando vuole”.

Io e Bonnie scoppiammo a ridere. Conoscevamo troppo bene la nostra amica e sapevamo anche fino a dove riusciva a spingersi.
“Per fortuna sono riuscito a scappare e a quanto pare ha già trovato il sostituto. Povero Matt, credo che non lo lascerà respirare per tutta la serata” continuò Stefan.

“Tranquillo, Matt adora ballare” rispondemmo io e Bonnie all’unisono.

Nel frattempo la musica riprese e Jeremy posò il bicchiere di champagne sul tavolino e si voltò a guardare Bonnie.

“Permetti?” le chiese sorridente.

La stava invitando a ballare.

A volte, come in quel momento, quei due riuscivano a risultare smielati.

“Solo se Stefan ed Elena si uniscono a noi” gli rispose la mia amica e Damon strinse talmente forte il bicchiere che aveva in mano fino a romperlo.

Tutti ci voltammo verso di lui e nonostante gli si leggeva negli occhi quanto avesse voglia di uccidere Bonnie, riuscì a regalarci uno dei suoi tanti sorrisi sfacciati.

“Ops” disse sarcastico come a scusarsi per il bicchiere “ma la proposta indecente della strega mi ha proprio spiazzato” aggiunse poi sorridendo.

“Idiota mi riferivo al ballo” gli sputò contro Bonnie.

“Hey strega, vacci piano con i complimenti. Il tuo fidanzatino potrebbe diventare geloso”.

Jeremy li osservò entrambi e poi prese a ridere. Per lui tutta quella situazione era divertente, per me, invece, era molto, ma molto estenuante.

“Dio quanto sei odioso”.

“E tu quanto sei ripetitiva. Un po’ d’inventiva ogni tanto non guasterebbe”.

“Jeremy andiamo. Non so fino a quando riuscirò a controllarmi”.

“E io che pensavo di averti fatta arrabbiare. Che peccato. Avrei tanto avuto bisogno di uno dei tuoi trucchetti. Sai quelli che usavi una volta per farmi scoppiare il cervello? Ne avrei davvero avuto bisogno adesso, ho un certo prurito alla testa, non lo sopporto più” la prese in giro lui sorseggiando un altro calice di champagne che aveva preso dal tavolo.

Era chiaro che la stesse provocando, visto che sapevamo tutti quanto, ormai, quei giochetti mentali non sortissero più nessun effetto su Damon che, ormai ci aveva fatto l’abitudine, ma soprattutto era chiaro quanto fosse arrabbiato con la mia amica. C’era da ammettere, però, che riusciva a nasconderlo bene per chi non lo conosceva.

“Toglietemelo da davanti gli occhi o giuro che non risponderò delle mie azioni”.

“Volete smetterla entrambi?” li esortai.

“Si, hai ragione. Andiamo a ballare ragazzi” aggiunse lei prendendo Jeremy da una parte e Stefan dall’altra “su Elena andiamo” aggiunse poi spingendomi alla pista da ballo visto che di mia volontà non lo avrei mai fatto.

In qualche secondo mi ritrovai tra le braccia di Stefan a ballare una canzone che avrei riconosciuto fra mille: Eternal Flame, la canzone che tempo prima Caroline aveva cantato al Grill per far capire a Matt che era lui il ragazzo che amava.

Dopo di allora, avevo ascoltato altre volte quella canzone e mi era rimasta impressa dentro. Avrei tanto voluto ballarla con Damon. In qualche modo la sentivo mia e sua, non sapevo spiegarmi il motivo, forse semplicemente perché adesso che sapevo che anche Damon ricambiava i miei sentimenti, ci

rivedevo lui in quelle parole.

“Mi dispiace” disse semplicemente Stefan mentre iniziammo a ballare e sapevo che quel sussurrò non era riferito solo a me, ma anche a Damon.

Come se davvero fosse sua la colpa.

Se c’era una cosa che il maggiore dei fratelli Salvatore non sopportava era proprio una scena del genere.

Avrebbe sopportato di tutto, ne ero certa, ma me tra le braccia di Stefan no, non adesso che avevo scelto lui.

E in quel momento mi ripromisi di cercare di dare a Damon tutte le certezze di cui aveva bisogno. Dovevo essere certa che lui sapesse che non avrei cambiato idea, che era lui la mia scelta, ora e per sempre.

Non risposi alle parole di Stefan, mi limitai solo ad annuire, senza sapere bene neanche perché l’avessi fatto.

Vidi Caroline avvicinarsi a Damon e parlare con lui. Con ogni probabilità non se l’era sentita di ballare quella canzone proprio con Matt.

Il mio ragazzo nonostante rispondesse a monosillabi, o così pareva a me mentre cercavo di leggere il suo labiale, continuava a guardare me. Poi vidi Caroline sbuffare e poco dopo Damon alzare gli occhi al cielo.

“Ha trovato la sua prossima vittima” mi disse Stefan e non mi fu difficile capire che si stesse riferendo a quei due.

Con ogni probabilità aveva capito che con il corpo era lì con lui, ma con la testa e con il cuore non c’ero.

Sorrisi a quella sua battuta e mentre lo feci vidi Damon continuare a guardarmi mentre si dirigeva insieme a Caroline verso la pista da ballo e, quindi, verso di noi.

Si avvicinarono e iniziarono a ballare al nostro fianco e mentre Caroline sorrideva felice di aver trovato un altro cavaliere, Damon continuava a guardare me così come io guardavo lui.

Le note della canzone continuavano a diffondersi nell’aria.

 

Close your eyes, give me your hand, darling.
Do you feel my heart beating?
Do you understand?
Do you feel the same?
Am I only dreaming?

Is this burning an eternal flame?

Damon mi guardava, quello stesso sguardo che metteva su quando voleva leggermi l’anima e per un momento pensai davvero che quel suo sguardo e le parole di quella canzone volessero dirmi la stessa cosa.

 

I believe it's meant to be, darling.
I watch you when you are sleeping.
You belong to me.
Do you feel the same?
Am I only dreaming?
Or is this burning an eternal flame?

 

Si, lo sento, sento esattamente quello che senti tu. Lo stesso identico e definitivo sentimento. Era questo che avrei voluto urlargli, ma che dovevo accontentarmi di urlargli con lo sguardo. I miei occhi avrebbero fatto capire a lui tante cose, ne ero certa. You belong to me. Si, io appartenevo a lui, solo a lui, per sempre.

Fu proprio quando quelle quattro parole si diffusero nell’aria che il suo sguardo si fece più intenso e dopo un accenno a Caroline si scostò leggermente da lei e si diresse di nuovo al bancone dei drink senza smettere un attimo di guardarmi.

Say my name. The sun shines through the rain.
A whole life so lonely.
And then you come and ease the pain.
I don't want to loose this feeling.

No, adesso non era più solo, non più. Aveva trascorso tutta la vita solo con se stesso, con il suo dolore, con i suoi tormenti, ma adesso era diverso. Adesso eravamo insieme e insieme avremmo affrontato ogni cosa. Sarei stata la sua medicina, la medicina alle sue ferite. And then you come and ease the pain. Allora vieni e lenisci il mio dolore. Sembrava come se quella parole le avesse scritte lui e ebbi la conferma che le sentiva sue quando al loro suono distolse lo sguardo da me e si diresse fuori.

A quel punto non riuscii più a ragionare lucidamente, non riuscii a collegare testa e cuore e feci quello che avrei dovuto fare fin dall’inizio.

“Mi dispiace Stefan, non posso” furono le mie uniche parole prima di staccarmi da lui e correre fuori fregandomene di chiunque mi avrebbe visto fuggire dalle braccia di quello che credevano il mio ragazzo per correre tra le braccia di suo fratello.

Non mi interessava nulla, solo una cosa: Damon.

Era lui tutto ciò che, ormai, aveva preso a contare nella mia vita.

Corsi fuori velocemente, per quanto i tacchi alti me lo permettevano, ecco perché adoravo le comode scarpe basse.

Quando fui fuori mi resi conto che c’era parecchia gente e le ultime note della canzone si sentivano anche da lì. Trovare Damon non sarebbe stato facile.

Mi guardai attorno cercandolo e sperai con tutta me stessa che non fosse sparito. Del resto con la velocità vampiresca che si trovava in dote non gli sarebbe risultato difficile.

Quando stavo per arrendermi al fatto che fosse sparito vidi una figura seduta al bordo della grande fontana Lockwood. Era notte fonda e nonostante le luci che illuminavano il giardino era difficile capire con certezza se fosse lui o meno, ma volli tentare.

In poco tempo mi avvicinai e quando fui ad una vicinanza ristretta il mio cuore sembrò tornare a battere. Seduto sul bordo della fontana c’era proprio lui.

Avanzai di qualche passo e poi senza dire una parola mi sedetti sul bordo accanto a lui. Ero certa che mi avesse sentito arrivare.

“La canzone non è ancora finita” disse solamente senza nemmeno voltarsi.

Di sicuro si riferiva al fatto che in quel momento avrei dovuto essere ancora con Stefan a ballare e, invece, ero lì.

“Mi dispiace”.

“Di cosa scusa?”

“Di non aver voluto affrontare subito Bonnie e di costringerti a tutto questo”.

Lui non disse nulla, restò in silenzio così continuai io.

“Quando Jeremy mi ha chiesto di Stefan perché hai risposto in quel modo?”

“Ti ho tolto dall’imbarazzo, dovresti ringraziarmi”.

“Ero intenzionata a dire loro la verità”.

“Ma non l’hai fatto”.

“Tu…” provai a dire, ma lui si alzò, fece qualche passo e poi si voltò di nuovo a guardarmi.

Anche io mi alzai e lo guardai alla debole luce della luna e dei fari del giardino.

“Tu cosa? Io l’ho detto per te perché credevo non fossi pronta, ma se tu davvero volevi dire la verità, allora, perché non l’hai fatto? Potevi controbattere alla mia affermazione, ma non l’hai fatto, non hai speso una parola a riguardo”.

Potei notare dal suo tono che non era arrabbiato, non del tutto almeno, era piuttosto deluso e io rimasi in silenzio, non riuscendo a dire nulla perché in quel momento, nel suo strano modo

Damon aveva dato voce a quella che era la mia sensazione mentre ballavo con Stefan. Aveva paura, paura che alla fine mi pentissi di ciò che stavo facendo.

“Senti, lascia perdere. Non ho voglia di litigare. Torna dentro e finisci di goderti la serata. Ci vediamo a casa” mi disse notando che sembravo non riuscire a dire nulla.

Si voltò pronto ad andarsene, ma lo bloccai per un polso.

“Aspetta” gli sussurrai, ma ciò bastò a farlo voltare di nuovo a guardarmi.

Restai in silenzio qualche secondo mentre i suoi meravigliosi occhi mi fissavano indagatoti, poi presi a parlare.

“Damon io ti amo, ti amo davvero” riuscii a dire.

“Lo so, l’ho capito”.

“No invece, non l’hai capito perché se tu davvero lo avessi capito non avresti paura”.

“Paura? Paura di cosa per l’esattezza?”

Aveva assunto un’espressione accigliata come se nel suo modo di vedere il mondo non potesse esserci nulla che gli mettesse davvero paura.

“Paura che io un giorno possa pentirmi della mia scelta, paura che un giorno mi renda conto che è stata solo attrazione, paura che ti lasci andare per tornare da Stefan”.

Lui non disse nulla, abbassò lo sguardo e questo valse per me più di mille parole.

“Come volevasi dimostrare” sussurrai a me stessa, ma consapevole che lui avesse sentito “ok, ammetto di essere una frana, un’adolescente un po’ troppo cresciuta e forse un po’ troppo incasinata, ammetto di non essere la persona più semplice del pianeta e ammetto anche di aver fatto un sacco di sbagli. Ho creduto di aver amato davvero Matt, ma poi mi sono resa conto che era solo amicizia, ho creduto di avere amato davvero Stefan e credimi è così. Io l’ho amato, tanto, davvero tanto” dissi fermandomi per cercare di elaborare le idee mentre il suo viso si storpiava nel sentir nominare l’amore per il fratello “ho creduto che io e lui saremmo stati per sempre, che il nostro amore sarebbe stato per sempre, ma poi tutto è cambiato. Quell’amore si stava trasformando in affetto fraterno e l’amore, quello vero nasceva per te. La verità è che credo di essermi innamorata di te da molto prima che me ne rendessi conto”.

“Elena…”

“No Damon, aspetta. Ricordi il giorno della festa della Fondazione? Non dimenticherò mai quel giorno. Sei venuto da me e Stefan avvisandoci del pericolo, ci hai detto di scappare e tu sei rimasto lì a cercare di salvare la mia città e solo allora mi sono resa conto che Mystic Falls era anche la tua città, non solo la mia. Poi ho scoperto che eri rinchiuso dentro una stanza alla quale avevano dato fuoco. Stavi morendo e non potevi morire, non era concepito nella mia testa che tu potessi sparire dalla mia vita. E non potevo accettare che rischiavi di andartene a causa di un atto altruistico, uno tra i pochi che avevi compiuto nella tua esistenza. Dovevo salvarti perché tu dovevi vivere. Ed è stato mentre pregavo Bonnie di fare qualcosa per salvarti che mi sono accorta che qualcosa non quadrava, che qualcosa dentro di me non andava per il verso giusto, ma quando ti ho visto uscire sano e salvo da lì dentro mi sono detta che qualunque cosa ci fosse dentro di me doveva essere assopita e ho creduto di farcela fino a quando Klaus non è stato sconfitto, poi tutto mi è apparso più forte e splendente che mai, sei apparso tu e l’amore che avevo cercato di tenere segregato dentro di me. Mi sentivo come quando fissi per qualche secondo il sole. Dopo, su tutto quello che guardi, trovi un cerchio nero. Così mi succedeva con te. In ogni cosa che vivevo, in ogni cosa che vivo ci trovo la tua immagine”.

Feci una pausa e lui non disse nulla, si limitò a guardarmi fisso negli occhi.

“Ti amo Damon e credo di non aver mai amato nessuno in vita mia come amo te, nemmeno Stefan. Lui resterà dentro di me sempre, una parte di me gli appartiene perché mi ha dato tanto, ma il mio cuore quello è al 100% tuo e di nessun altro. Non c’è nessun Stefan che tenga. Ho bisogno di tuo fratello, ho bisogno della sua amicizia perché gli voglio bene, un bene fraterno, ma nulla di più. È te che voglio ed è te che vorrò sempre. E non voglio che tu viva nel timore, nella paura che io mi possa pentire di quanto sto facendo adesso perché non succederà e lo so per certo, lo so perché mi sono sentita sola tutta la vita, tranne che con te. Tu ed io, noi. Questo è tutto ciò che importa, l’unica cosa a cui hai il permesso di pensare”.

“Io…” provò lui, ma di nuovo lo zitti appoggiando il mio indice alle sue labbra.

“Parlerò con Bonnie, con Jeremy e con il mondo intero se necessario. Tutti sapranno che saremmo sempre io e te e non mi importa di cosa succederà, però Damon voglio che tu capisca davvero quello che provo. Voglio che tu ti senta l’unico per me perché è questo che sei. Non voglio e non posso stare con te sapendo che sorridere a Stefan, abbracciare lui o parlargli ti fa stare male”.

Le lacrime scesero copiose sul mio volto, ma non me ne curai, non avevo nulla da nascondere, non con lui e non avevo nemmeno intenzione di asciugarle perché l’unica cosa che mi interessava al momento era guardare i suoi occhi e non smettere mai di farlo.

Mi fissava intensamente come se avesse avuto davvero bisogno di quelle parole e io lo sapevo, lo sapevo perché lui sembrava forte all’apparenza, ma aveva dovuto subire tante cose, troppo dolore per poter essere davvero quell’essere insensibile che voleva apparire.

“Quindi io adesso me ne torno a casa e tu rifletti su quanto ti ho detto, rifletti e capisci cosa davvero desideri perché io lo so già cosa voglio e voglio te, voglio te perché sei tu la persona che amo”.

Mi avvicinai a lui e gli bacia una guancia, l’unico gesto che in quel momento mi sentii di fare, poi mi voltai pronta a raggiungere la macchina.

Non feci neppure una manciata di passi che mi sentii afferrare per i fianchi in una stretta che avrei riconosciuto fra tutte. Non feci resistenza e in poco tempo la mia schiena combaciò perfettamente con il suo petto.

“Lo so anche io cosa voglio, l’ho sempre saputo da quando ti conosco. Mi dispiace, sono un’idiota” mi sussurrò all’orecchio mentre mi teneva stretta a sé.

“Wow, Damon Salvatore che si dà dell’idiota è un evento da appuntarsi” provai a scherzare.

Lui rimase in silenzio, ma lo sentii immergere la testa tra i miei capelli come a carpirne il profumo prima di lasciarci un leggere bacio. Mi voltai e lo guardai negli occhi.

“Non sei un’idiota, semplicemente volevi delle conferme che avrei dovuto darti prima. Mi dispiace” furono le mie uniche parole.

Avrei dovuto chiarire molto prima come stavano le cose, rassicurarlo su ogni cosa, specialmente sui miei sentimenti verso di lui.

“Ti amo scemo” aggiunsi poi prima di avvicinarmi e sfiorargli le labbra.

Lui mi lasciò fare, ma attirò a sé il mio corpo e mi strinse di più a sé, così tanto che potevo essere certa non mi avrebbe lasciato mai più.

“Ti amo anch’io principessa” mi disse staccandosi un attimo per poi attaccare di nuovo le nostre labbra.

Sorrisi dentro di me per ciò che aveva appena detto. Quel suo modo di chiamarmi “principessa” era stato pronunciato con un amore talmente intenso che non credevo che mai nessuno avrebbe potuto provare per me.

Quando ci staccammo le sue labbra presero a giocare con il mio orecchio e poi con il mio collo e quando andò a stuzzicare quella parte di pelle che sembrava farmi impazzire dal piacere non potei fare a meno di gemere, mentre lui sorrideva orgoglioso.

Mentre continuava a stuzzicarmi il collo iniziò a giocare con la bratellina del mio vestitino e non mi ci voleva molto per capire cosa avesse in mente di fare.

Mi dispiaceva? No, decisamente no, ma non era quello il luogo adatto.

“Damon” provai a dire cercando di mostrare una voce normale e non impastata dal piacere e dall’eccitazione “non qui. Andiamo…” mi interruppi quando iniziò a tracciare i contorni del mio corpo con le dita “a casa” aggiunsi dopo un gemito.

Lui continuò imperterrito poi tornò a brandire le mie labbra e quando fu soddisfatto di quel contatto si staccò e mi prese in braccio.
“Che stai facendo?” chiesi non capendo.

“Eseguo gli ordini”.

“Così?” chiesi stupita.

“Non avrai mica intenzione di tornare a casa in macchina, vero?” mi chiese come se tutto ciò fosse una pazzia.

“No?” domandai retorica.

“Ci metteremmo troppo e sinceramente è tutta la serata che desidero divertirmi con la signorina in questione” mi rispose malizioso.

Prima ancora che potessi aggiungere qualcosa iniziò a correre a velocità sovrumana e io ne approfittai per distrarlo il più che potevo.

Gli accarezzavo i capelli, gli sfioravo le labbra, gli baciavo il collo percependo facilmente come la cosa lo stesse eccitando più del dovuto.

“Ti conviene smetterla se non vuoi che mi fermi in mezzo al nulla”.

Sorrisi per quelle sue parole, ma continuai il mio gioco e in qualche secondo arrivammo a destinazione.

Nemmeno il tempo di notare la casa davanti a noi che già mi ritrovai nella camera del mio vampiro mentre lui chiuse la porta alle nostre spalle con il piede.

Ancora in braccio a lui gli tolsi la giacca e iniziai a sbottonargli la camicia della quale mi liberai subito.

Damon, nel frattempo, abbassò le bratelline del mio vestito, il quale in pochi secondi cadde a terra.

A quel punto mi sistemai meglio su di lui. Posizionai le gambe a cavalcioni sui suoi fianchi e le sue braccia presero a stringermi a sé in modo quasi spasmodico, come se avesse paura che io potessi sparire da un momento all’altro, ma a dire il vero io non ne avevo nessuna intenzione. Non c’era posto al mondo in cui avrei voluto essere se non quello.

A quel punto la mia mano andò a sfiorargli la faccia e la sua il mio collo, dopodiché unimmo finalmente le nostre labbra in quello che mi sembrò il bacio migliore di tutta la mia vita. Un bacio che sapeva di amore, ma soprattutto di passione, perché con Damon, beh con lui non poteva non esserci l’eros, il pathos. Era impossibile visto e considerato che già lui di per sé era un essere passionale allo stato puro.

Ciò che mi meravigliava infatti non era lui, ma me stessa perché non avrei mai creduto di poter essere così, ma in fondo c’era da aspettarselo: l’amore, come la morte, cambia tutto.

E mentre ancora le nostre labbra si toccava, le nostre lingue si sfioravano, Damon mi adagiò sul letto ponendosi sopra di me con delicatezza per non farmi male e fu allora che riprese a giocare con ogni lembo del mio corpo.

E quando lo sentii entrare dentro di me mi resi conto di una piccola verità che non avevo mai colto, anzi che avevo sempre cercato di allontanare da me perché credevo che fosse una sciocchezza, una stupida illusione, una bugia insulsa: l’amore è un concetto estensibile che va dal Cielo all’Inferno, riunisce in sé il Bene e il Male, il sublime e l’infinito.

Adesso, invece, stretta tra le braccia di Damon sapevo che tutto ciò era vero.

L’amore ci aveva uniti, eravamo lontani seppur vicinissimi, opposti seppur molto simili, ma ci aveva trovato e unito, ci aveva trovato e accolto e adesso nessuno avrebbe mai potuto portarci via quello che con fatica ci eravamo conquistati.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con il capitolo tredici.

Come potete notare Damon è parecchio geloso della sua Elena, ma soprattutto rivederla tra le braccia di Stefan lo ha fatto scattare. Prima o poi avrebbero dovuto affrontare l’argomento Stefan ed Elena credo che sia stata molto chiara a riguardo.

Damon sembra finalmente aver capito che sarà lui sempre, quindi augurandoci che non ci saranno altre “litigate” in vista potremo dire che da adesso possiamo goderci a pieno i nostri Delena.

Ops, mi ero quasi scordata Katherine. Beh chissà.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo pezzettino:

 

 

“Perfetto” dicemmo io e Jeremy all’unisono.

“Perfetto se non fosse per un piccolo particolare” aggiunse Alaric.

“Cioè?” chiese Damon curioso.

“Come attiriamo Katherine nella trappola? Cioè non sappiamo dove sia né quando farà la sua prossima mossa” spiegò Rick.

Cavolo, a questo non avevamo pensato.

“Bazzecole” fece notare Damon.

“Bazzecole? Damon, non so se ti è chiaro, ma questo è un grosso problema” si lamentò Stefan.

“Fratellino hai mai sentito dire quel detto: se Maometto non va dalla montagna, la montagna va da Maometto?”

 

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Venerdì 01 Aprile

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Capitolo 15
*** Capitolo Quattordici ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Quattordici

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Pov Elena

 

Erano passati due giorni dalla festa a casa Lockwood e non avevo ancora parlato con Bonnie. Il motivo? Semplice. Io e Damon eravamo rimasti chiusi in camere per due giorni beandoci solo l’una dell’altro e del nostro amore.

Avevamo staccato la spina da tutto e tutti godendoci dei dolci momenti solo nostri. Ovviamente nessuno ci aveva disturbato a parte la mia amica strega che mi aveva fatto un sacco di chiamate per chiedermi che fine avessi fatto alla festa.

Per fortuna c’era Caroline che mi aveva coperto sia per quanto cerneva la festa, sia per la mia scomparsa di due giorni.

Purtroppo oggi eravamo tornati alla normalità, alla realtà, a quella triste realtà che ci ricordava che c’era ancora un pericolo per noi, che Katherine era in agguato e non avremmo potuto goderci a pieno quello che avevamo.

Una cosa positiva c’era, però. Quei due giorni erano serviti a Damon per capire che nella mia vita adesso c’era spazio solo per lui e questo mi rendeva felice.

Adesso, proprio noi due, eravamo nel salone di casa a leggere libri su libri per cercare di capirci qualcosa su questo dannato incantesimo e su un modo per uscire da questa dannatissima situazione.

Ovviamente ci eravamo dovuti staccare, perché stando entrambi sul divano non riuscivamo a combinare nulla se non coccolarci come due adolescenti alla prima cotta. Motivo per cui lui era rimasto sdraiato sul divano, mentre io mi ero seduta su una poltrona appoggiando i piedi al tavolino.

Mi voltai un attimo a guardarlo. Era concentrato nella lettura, sembrava quasi una statua visto che era talmente immobile che sembrava non respirasse neppure. Dio quanto era bello.

Distolsi lo sguardo e tornai alla lettura consapevole che altrimenti non avrei concluso niente.

Stefan era andato a cercare qualche traccia di Katherine. Dopo l’episodio di Jenna non si era più fatta viva e non si erano sentiti nemmeno casi di omicidi insoliti. Questo spaventata entrambi i Salvatore, in quanto a loro dire, Katherine stava tramando qualcosa.

Caroline, invece, era uscita da quella mattina e non era ancora tornata.

Continuai a leggere un altro po’, poi sbuffai e con un sonoro scatto chiusi il libro posandolo sul tavolo.

“Basta, sono sfinita” mi lamentai.

“E sono sette” disse lui a voce bassa, ma non così bassa perché non lo sentissi.

Mi voltai a guardarlo notando che era ancora intento a leggere.

“Sono sette cosa?”

“Le volte in cui oggi hai ripetuto questa frase nelle ultime due ore”.

“Non è vero” mentii.

“L’importante è crederci”.

Mi alzai e mi avvicinai al divano sedendomi, ma lui rimase ancora con gli occhi fissi sul libro aperto. Iniziai a stuzzicarlo come amavo fare e con le dita inizia a tracciare il profilo di tutti i suoi pettorali scolpiti, poi avvicinai il mio viso al suo collo e inizia a sfiorarlo con le labbra mentre con le mani mi impossessai dei suoi capelli.

“Elena per favore” cercò di dirmi lui.

“Cosa?” feci finta di non capire continuando a stuzzicare il suo collo con baci roventi.

“Devo ancora finire”.

“Ti serve un po’ di pausa e io posso essere una distrazione perfetta” dissi maliziosa.

“Su questo non ho dubbi”.

Avvicinai le mie labbra alle sue e riuscii a catturarle in un bacio, ma mi dovetti scostare subito.

“Elena ti prego, non possiamo goderci il lusso di perdere tempo”.

“E su amore, una piccola pausa” dissi sorridendogli “piccola piccola” aggiunsi facendogli un gesto con il pollice e l’indice per indicargli quanto piccola fosse stata.

A quel punto chiuse il libro e prese a guardarmi negli occhi sorridendo.

Avevo attirato la sua attenzione? Faticavo a crederci.

“Cos’hai detto?” mi domandò.

“Che hai bisogno di una piccola pausa, proprio piccola, prometto”.

“No, come mi hai chiamato, intendo”.

Capendo a cosa si riferiva sorrisi di gusto.

“Amore, ti ho chiamato amore”.

Lui avvicinò le sue labbra alle mie e le catturò in una frazione di secondo, mentre io gongolai soddisfatta.

“Ripetilo”

“Amore, amore, amore”.

Il suo sorriso si fece ancora più radioso e in quel momento mi prese fra le braccia e invertì le posizioni. Mi ritrovai così sotto di lui che mi guardava malizioso e con un sorriso da ritenersi illegale.

Lo attirai a me e lo baciai, mentre lui prese a giocare con i miei capelli. Poi quando il bacio diventò bollente, sentii le sua mani sotto la mia maglietta e un brivido di eccitazione mi pervase dalla testa ai piedi già conscia di quello che sarebbe successo di lì a poco.
“Oh mio Dio, un po’ di contegno” disse una voce che riconobbi subito essere quella di Caroline e la magia si ruppe.

Mi alzai all’istante mettendomi a sedere mentre le mie guance erano diventate rosse per la vergogna. Meno male che, almeno, era lei, non osavo immaginare se fosse entrato Stefan al suo posto.

“Barbie possibile che tu rompa sempre nei momenti meno opportuni?” scherzò Damon, anche se nel suo scherzo un fondo di verità c’era.

“Vivo qui se te lo fossi scordato e questo è il salone. Se dovete fare queste cose sconce andate in camera e che diavolo”.

Mi resi conto solo allora che forse tra tutti e tre era lei quella più imbarazzata.

“Ok tregua. Non succederà più” azzardai io.

“Sti cazzi” fu l’unica risposta di Damon, mentre io gli diedi una gomitata sul petto che, ovviamente, per lui fu come una carezza.

“Comunque ero venuta per parlare con te” mi disse la bionda rivolgendosi a me e sedendosi.

Damon nel frattempo, ancora sdraiato, passò una mano nella mia vita come ad abbracciarmi e con l’altra mano riprese il libro tornando a leggere.

Il suo gesto non passò inosservato a Caroline che si soffermò a guardare quel braccio di Damon esattamente sulla mia vita e sorrise, prima di tornare a guardarmi.

“Mi ha detto Bonnie che vai da lei fra un pò”.

“Si, devo parlarle”.

“Non vorrei essere nei tuoi panni”.

“Nemmeno io a dire il vero”.

Io e Caroline sorridemmo all’unisono, mentre Damon era come se non ci fosse visto che era totalmente assorto nella lettura.

“Che ne dici se andiamo al Grill per un po’ e poi vai da lei?” mi disse sorridendo raggiante “È due giorni che non parliamo” aggiunse volgendo poi lo sguardo verso Damon “a causa di qualcuno ovviamente”.

“Barbie evitiamo le battutine a doppio senso” intervenne lui sorridendo beffardo senza distogliere gli occhi dal libro.

“Hey ogni riferimento a cosa o persone era puramente casuale” si giustificò lei.

“Va beh, vada per il Grill. Sinceramente mi sono stufata a continuare a leggere questi inutile libri nei quali, per giunta, non si trova niente che può servici”.

“Bene, ti aspetto in macchina. Muoviti” mi disse “Damon” canzonò poi per salutarlo.

“Barbie” fu l’unica risposta di lui.

In pochi secondi Caroline scomparve dalla stanza e io tornai a guardare Damon che aveva ancora il braccio appoggiato alla mia vita.

“Ti dispiace?” chiesi riferendomi al fatto che andassi via prima.

“No, vai. Senza di te in giro credo che concluderò qualcosa in più”.

“Hey” lo rimproverai.

“Senza offesa ovviamente, ma per il sottoscritto sei una fonte costante di distrazione”.

Mi avvicinai e lo baciai, poi gli lasciai una carezza.

“Sei sicura?” mi domandò.

“Di cosa?”

“Di voler parlare adesso con Bonnie? Potresti aspettare che risolviamo prima il problema Katherine”.

“No Damon, non se ne parla. Ci parlerò oggi. Ho già aspettato troppo e poi non sappiamo quanto tempo passerà prima di risolverlo questo problema e sinceramente mi sono stancata di dovermi nascondere da lei”.

“Ma…”

“Niente ma…”

Mi avvicinai e lo baciai a fior di labbra prima di alzarmi dal divano per dirigermi alla porta, ma prima di uscire dal solone mi voltai a guardarlo.

“Vedi di finire quel dannato libro perché quando torno ho intenzione di fare altre cose con te” gli dissi maliziosa.

“Non vedo l’ora” fu la sua unica risposta accompagnata da un sorriso che superava di gran lunga la mia innocente malizia.

Mi diressi fuori e trovai Caroline già in macchina. La raggiunsi e in poco tempo arrivammo al Grill. Scendemmo e prendemmo posto al bar iniziando a parlare del più e del meno. Ad un certo punto vidi Bonnie entrare al locale.

“Che ci fa lei qui?” chiesi a Caroline indicando la nostra amica che si stava dirigendo verso di noi.

“Beh, mentre ero in macchina ad aspettarti gli ho detto di venire qui così saremmo state insieme un po’ tutte e tre”.

“Caroline lo sai che devo dirgli di Damon” la rimproverai.

“Appunto. Fidati è meglio parlargliene qui piuttosto che a casa. Siamo in un luogo pubblico vedrai che qui si saprà contenere”.

Mi sorrise e io non potei fare a meno di ricambiare il sorriso. Ero certa che l’avesse fatta venire per stare tutti e tre insieme visto che aveva un po’ che non passavamo del tempo tutte insieme.

Bonnie ci raggiunse e si sedette al tavolo con noi. Sembrava euforica quel giorno, il che era un buon segno visto la bomba che dovevo sganciare. Se fosse stata già di pessimo umore di suo non osavo immaginare come sarebbe potuta finire.

Prendemmo a parlare, a ridere e scherzare come ai vecchi tempi e dovevo ammettere che la cosa mi piaceva più del lecito.

Quasi avevo perso l’abitudine di chiacchierare con loro di cose normali, spettegolare o raccontarci i reciproci problemi di coppia.

Era tutto come ai vecchi tempi.

Caroline ci mise al corrente che la storia con Matt era definitivamente finita. La loro pausa di riflessione si era conclusa e avevano deciso, di comune accordo, di rimanere amici. Tra loro non poteva esserci nient’altro se non questo.

Bonnie, invece, era contentissima di come procedevano le cose con Jeremy e si stupiva di come non avesse notato prima quanto maturo fosse diventato mio fratello negli ultimi tempi.

“E tu Elena? Come vanno le cose con Stefan?” esordì poi lei.

In effetti mancavo solo io ed era giunto il momento di dirgli tutto.

A dire il vero non ero ancora pronta. Mi ero preparata tutto il discorso, ma ero certa di doverlo affrontare qualche ora dopo, quando sarei andata a casa sua, invece, era arrivato il momento.

Caroline mi lanciò uno sguardo, poi fece finta di controllare qualcosa sul cellulare e ci sorrise.

“Scusate, ma io devo andare. I fratelli Salvatore mi reclamano” mentii spudoratamente alzandosi dal tavolo.

Ci salutò con un sorriso smagliante e poi sparii con la sua auto prima che c’è ne rendessimo davvero conto.

“È pazza o cosa?” chiese Bonnie vedendo la fretta con la quale Caroline si era prodigata ad andarsene.

“Te lo stai ancora chiedendo?” domandai io retorica come a dire che era ovvio che la bionda fosse pazza.

“Stare in quella casa non aiuta la sua sanità mentale, fidati di me. Damon ha un effetto devastante su di lei. Inizia ad assomigliargli in quanto a battutine” disse riferendosi a tutte quelle che aveva pronunciato da quando ci eravamo messe sedute a parlare.

Sorrisi di quella battuta e lei fece lo stesso. Era la prima volta che la vedevo sorridere per qualcosa che seppur lontanamente riguardava il vampiro che lei più detestava al mondo.

“Allora, non hai ancora risposto alla mia domanda” disse lei poi tornando seria.

“Quale domanda?”

“Come vanno le cose con Stefan?”

Feci un respiro profondo e poi la guardai negli occhi.

“Ecco Bonnie, è proprio di questo che volevo parlarti quando stamattina ti ho detto che nel pomeriggio sarei passata da te”.

“È successo qualcosa? Devo preoccuparmi?”

“No, non serve. È solo che c’è qualcosa che devo dirti”.

“Sono qui Elena, avanti. Lo sai che puoi dirmi qualunque cosa”.

Qualunque cosa tranne questa ero certa che mi avrebbe risposto non appena le avrei detto la verità.

In fondo con lei il problema non sarebbe stato solo il fatto che mi fossi messa con Damon, quanto soprattutto che avessi mollato Stefan.

Il minore tra i fratelli Salvatore, a dire di Bonnie, era la persona migliore al mondo. Un ragazzo divenuto un mostro che aveva lottato contro la sua natura diventando una persona decisamente migliore, forse, anche migliore di tanti umani.

Non l’avrebbe presa bene. Per lei era come se io avessi sostituito il platino con la peggior specie di rame.

“A dire il vero avrei dovuto parlartene da circa una settimana, ma mi è mancato il coraggio”.

“Elena mi stai spaventando così. Ti decidi a dirmi che succede?”

 “Beh, io e Stefan, ecco noi…” provai a dire, ma lo squillo del suo cellulare mi fece zittire.

“Scusa” mi disse prendendolo dalla borsa.

Guardò il mittente della chiamata e la sua espressione mutò.

Alzò lo sguardo e mi guardò stranita, come se potesse leggere in me la risposta alle domande che ero certa gli stavano frullando in testa.

“Che succede?” chiesi.

“È Damon” riuscii a dire “cosa diavolo vuole da me al punto da spingerlo a chiamarmi?”

Non sapevo cosa dire. Certo era che ero sorpresa esattamente quanto lo era lei.

Damon non chiamava mai Bonnie, a meno che non si trattasse di un’emergenza.

La mia amica mi guardò e non appena vide nel mio sguardo lo specchio del suo si decise a premere il tasto verde.

“Che diavolo vuoi?” disse non appena rispose.

Non riuscivo a sentire cosa gli stesse dicendo lui. Per mia sfortuna non avevo l’udito dei vampiri.

“Sono affari miei”.

“Diavolo” saettò gli occhi al cielo e potevo essere certa che gli avesse detto qualcosa che la costringesse a rispondere a qualunque fosse stata la sua domanda “sono al Grill con Elena”.

“Lo so, ma abbiamo anticipato”.

Di sicuro si stava riferendo al fatto che dovevamo incontrarci fra qualche ora e non adesso.

“Damon, mi hai chiamato per farmi un interrogatorio? Sono affari miei”.

Era spazientita, lo potevo capire subito dal suo sguardo e dal suo tono di voce.

“Adesso non posso. Appena finisco con Elena la riaccompagno ed entro”.

Che diavolo stava succedendo? Mai come in quel momento avrei voluto avere l’udito del mio fidanzato.

“Ok, calmati. Arrivo” furono le sue uniche parole prima di guardare il cellulare con sguardo furente.

“Mi ha appena chiuso il telefono in faccia. Giuro che prima o poi lo uccido” mi disse arrabbiata.

“Meglio poi che prima” gli sorrisi “cosa voleva?” aggiunsi.

“E che diavolo ne so. Lo sai com’è fatto. Mi ha fatto un interrogatorio su dove ero e con chi ero, poi quando gli ho detto che ero con te mi ha chiesto di cosa parlavamo. Va beh, alla fine ha detto di andare da lui. Gli ho detto che ci sarei andata quando finivamo di parlare, ma mi ha urlato in faccia parole incomprensibili per dirmi semplicemente che era urgente e poi mi ha staccato il cellulare in faccia non appena gli ho detto che sarei andata” mi informò sommariamente.

“Non ti ha detto cosa voleva?”

“No, solo che gli serviva il mio aiuto e ha specificato “ci serve” il che significa che è qualcosa che riguarda questa assurda situazione di Katherine, altrimenti non avrebbe mai chiamato”.

“Lo credo anche io, forza andiamo”.

Lei annui e pagammo, poi salimmo sulla sua macchina e ci dirigemmo verso casa Salvatore.

“Cosa stavi cercando di dirmi prima che il guastafeste chiamasse?” mi domandò.

“Nulla di importante” mentii “ne riparliamo dopo, adesso muoviti” conclusi.

Restammo in silenzio per tutto il tragitto, troppo scosse entrambe per riuscire a dire qualunque cosa.

Quando arrivammo a destinazione scesi dalla macchina il più in fretta possibile senza curarmi di aspettare Bonnie. Ero preoccupata, volevo sapere cosa ci fosse di così urgente da mandare all’aria la mia importantissima chiacchierata con Bonnie.

Damon sapeva quanto ci tenevo a dirle la verità, quindi, se l’aveva chiamata significava che in qualche modo ciò che doveva dirle era urgente.

Mi diressi nel salone e trovai Jeremy vicino al camino, Alaric poco distante e di fronte a lui Damon che mi dava le spalle intento a fare qualcosa. Non mi ci volle molto per capire che stava leggendo qualcosa.

“Non è successo nulla, calmati” furono le parole di Damon non appena mi sentì arrivare senza bisogno che si voltasse per guardarmi.

Mi aveva sentito arrivare a grazie ai suoi affinati sensi aveva percepito che fossi preoccupata.

“Hai detto che era urgente” mi arrabbiai.

“Lo è, ma urgente non significa pericoloso”.

In quel momento Bonnie mi raggiunse e non appena vide Jeremy un sorriso le si stampò in faccia.

“Posso sapere perché tutta questa urgenza?” chiese poi senza nemmeno salutare.

Fu a quel punto che Damon si voltò e notai che in una mano teneva un foglio che stava leggendo accuratamente, mentre nell’altra mano aveva un bicchiere pieno di chissà che genere di liquore.

“Te l’ho già spiegato. Ci serve il tuo aiuto” le rispose lui.

“Dov’è Stefan?” domandai.

“Sta arrivando” disse Alaric intervenendo per la prima volta nella discussione.

Damon mi guardò come a voler sapere se avevo parlato con Bonnie, ma scossi la testa e lui comprese subito. Mi sembrò sollevato. Forse, al momento, avevamo bisogno di una Bonnie calma e non infuriata a morte con me e con lui.

Nemmeno il tempo di dire altro che anche Stefan entrò nel salone.

“Scusate, ma Caroline dov’è?” chiese Bonnie rendendosi conto che non era con nessuno dei due Salvatore a differenza di quanto lei ci aveva detto poco fa.

Guardai il mio ragazzo sperando che comprendesse che doveva inventare una qualunque balla e mi stupii ancora una volta quando lui comprese il problema solo guardandomi negli occhi.

“Da Jenna” rispose semplicemente.

Alaric stava per controbattere, ma gli bastò uno sguardo da parte di Damon per zittirsi senza dire nulla.

“Damon, mi spieghi bene cosa volevi dire per telefono?” chiese Stefan avvicinandosi al fratello.

Il mio ragazzo finì quello che doveva essere dello scotch e poi riempii il bicchiere di altro liquido color ambra.

“Abbiamo compreso tutti quanti che cercare di spezzare questo stupido incantesimo si sta rivelando più difficile del previsto e non abbiamo tempo in quanto Katherine potrebbe giocare la sua prossima mossa in qualunque momento”.

“E il fatto che non l’abbia ancora fatto non promette nulla di buono” fece notare Stefan.

“Appunto. Ci serve un modo per tenere Katherine sotto controllo, per impedirle di fare qualunque cosa e c’è un solo modo per farlo. Dobbiamo rinchiuderla e dovrai farlo tu Bonnie”.

Era la prima volta che si rivolgeva a lei con il suo nome e con l’appellativo di “strega”.

“I miei poteri non sono così forti da potercela fare. Anche Lucy ve l’ha detto”.

“Lo so, lo so benissimo, ma Barbie ha avuto un’idea decisamente carina”.

“Caroline?” domandai non capendo.

“Beh diciamo che involontariamente mi ha risolto un rebus” mi disse sornione mentre sorseggiava il suo scotch come se nulla fosse.

“Ti dispiacerebbe, allora, risolvercelo anche a noi questo enigma?” gli chiese Alaric.

Damon continuò a bere godendosi a pieno il suo liquore. Sembrava tranquillo.

“Allora? Ti decidi?”

Bonnie era spazientita.

“Devi solo fare un incantesimo che hai già fatto in passato”.

“Che vuoi dire?” dicemmo io e Stefan all’unisono.

“Festa in maschera, paletti nascosti sotto la giacca, desiderio di liberarsi di qualcuno, Katherine bloccata, stesso incantesimo che le lega. Tutto questo non vi dice nulla?” chiese lui come se stesse parlando con dei bambini alzando gli occhi al cielo.

A quel punto capimmo tutti a cosa si stesse riferendo.

“Vuoi che rinchiuda Katherine in una stanza?” gli chiese Bonnie.

“Hey, dovrei farti un applauso. Ci sei arrivata, finalmente”.

“Vediamo se ho compreso il piano. Rinchiudiamo Katherine in una stanza per tenerla sotto controllo e evitare che faccia del male a qualcuno e noi nel frattempo troviamo il modo di spezzare l’incantesimo?” chiese Stefan.

“Complimenti fratellino, non avrei saputo spiegarmi meglio”.

“Si può fare?” chiesi a Bonnie riguardo l’incantesimo.

“Si, questo posso farlo”.

“Perfetto” dicemmo io e Jeremy all’unisono.

“Perfetto se non fosse per un piccolo particolare” aggiunse Alaric.

“Cioè?”

“Come attiriamo Katherine nella trappola? Cioè non sappiamo dove sia né quando farà la sua prossima mossa” ci spiegò.

Cavolo, a questo non avevamo pensato.

“Bazzecole”.

“Bazzecole? Damon, non so se ti è chiaro, ma questo è un grosso problema”.

“Fratellino hai mai sentito dire quel detto: se Maometto non va dalla montagna, la montagna va da Maometto?”

“Che c’entra questo adesso?”

“Sveglia. Cos’è i coniglietti del bosco ti hanno bacato il cervello oggi?”

“Senti Damon non è giornata. Se hai qualcosa da dire parla per piacere”.

Guardai Stefan cercando di capire cosa non andasse, ma non appena vidi i suoi occhi puntati su di me capii che il problema era io.

Sentii una fitta al cuore. Mi stavo godendo la mia felicità senza pensare a quanto Stefan potesse soffrire. Ero un’egoista.

“Se Katherine non verrà da noi, saremo noi ad andare da Katherine o meglio saremo noi a farla venire da noi” spiegò Damon evitando di commentare le parole del fratello e gliene fui grata.

“E come avresti intenzione di fare se non abbiamo idea di dove sia?”.

“Katherine ci sta con il fiato addosso. Sa perfettamente come ci muoviamo, quindi sa che stiamo all’erta. Bisogna solo farle credere che abbiamo abbassato la guardia e lei si farà vedere”.

“Non capisco” dissi ed era vero.

“Niente più verbena”.

“Scusa?” urlammo tutti all’unisono.

“Hey calma. Terremmo gli occhi aperti, ma la verbena deve scomparire. Katherine dovrà pensare di poter soggiogare chi vuole senza complicazioni”.

“È troppo pericoloso” disse Alaric.

“Katherine è troppo imprevedibile”.

Dovevamo trovare una soluzione diversa, una soluzione che fosse meno pericolosa.

Cercai di riflettere e come una lampadina che si accendeva all’improvviso arrivò l’illuminazione, l’idea giusta che avrebbe potuto aiutare senza far correre nessun pericolo alle persone che amavo.

“È l’unica soluzione” disse Damon.

“No, non lo è” lo corressi.

Tutti guardarono nella mia direzione e il mio fidanzato mi guardò con uno sguardo talmente indagatore che dovetti distogliere lo sguardo per paura di non riuscire più a comunicare la mia idea.

“Che hai in mente?” chiese Jeremy che, ormai, mi conosceva molto bene.

“Non useremo nessuno come esca, nessuno che non sia io almeno”.

“Che vuoi dire?” mi domandò Stefan.

Damon non disse nulla, si limitò a fissarmi cercando di capire quale piano idiota la mia mente avesse appena elaborato.

“Se io mi faccio male, si farà male anche lei. Credo che sia il modo migliore per attirarla nella trappola. Si domanderà cosa sta succedendo e correrà a controllare”.

“Non se ne parla” furono le parole di Damon e Stefan pronunciate allo stesso momento.

“Credete che l’idea di Damon sia migliore?” domandai a tutti.

“No, è un’idea idiota pure quella, ma se devo scegliere preferisco la sua” confessò Stefan.

Bonnie, Jeremy e Rick annuirono alla sua affermazione e a quel punto sbottai.

“Adesso basta. Tutti vi prodigate tanto per cercare di proteggermi mettendo a rischio le vostre vite e quando io voglio fare lo stesso, allora non va bene. Mi sono stufata. Stavolta si farà come dico io e basta”.

“Mi spieghi dove li trovi questi piani suicidi?” mi domandò Damon calmo.

Era certo che avrebbe vinto lui, ma non glielo avrei permesso, non questa volta.

“Allo stesso posto dove tu trovi i tuoi”.

“Spiritosa, davvero spiritosa”.

“Damon, stavolta si fa così e né tu né nessun altro mi farà cambiare idea”.

“Mi sottovaluti”.

“No, non lo faccio, ma non ho intenzione anche questa volta di stare zitta e fare quello che tu e Stefan volete che io faccia”.

“Invece lo farai” disse Stefan.

“E come pensate di impedirmi di fare ciò che voglio?”

“Per quanto mi riguarda posso pure chiuderti nello scantinato e lasciarti lì fino a quando questa storia non sarà finita” mi fece notare Damon.

“Non lo farai”.

“Io credo di si, invece, e sinceramente ha tutto il mio appoggio” aggiunse Stefan.

“Per una volta, una sola volta in tutta la vostra vita non potreste semplicemente fidarvi di me? Io mi fido di voi costantemente, posso capire perché per una dannata volta voi non potete fare lo stesso con me?”

“Elena è pericoloso, lo capisci? Non si tratta di non avere fiducia”.

“Ma pericoloso cosa? Mi procurerò qualche ferita, Bonnie farà il suo incantesimo per non provare dolore e se proprio vorrete mi darete il vostro sangue per rimarginare subito le ferite. Non sentirò nulla, sarà indolore e nessuno si farà male. Pericoloso potrebbe essere per gli altri. Senza verbena non c’è protezione” dissi con tono implorante.

Li stavo pregando e sapevo che avrei dovuto convincere solo loro due. Gli altri mi guardavano con uno sguardo comprensivo, loro avevano capito le mie ragioni e con ogni probabilità anche il fatto che per me non fosse per nulla pericoloso.

“Elena…” provò a dire Stefan.

“Ti prego, fidati di me” gli dissi avvicinandomi a lui e prendendogli una mano stringendola nella mia.

Lui mi fissò per qualche istante, poi quando vide il mio sguardo implorante e la mia determinazione negli occhi abbassò lo sguardo come a dare la sua approvazione.

“Grazie” dissi solamente consapevole di quanto quella sua concezione gli fosse costata.

Mi restava da convincere Damon e quando guardai i suoi occhi mi resi conto che non sarebbe stato semplice come con Stefan.

“Bonnie tu e Jeremy, mentre noi cerchiamo un modo per attirare Katherine in trappola, andate a prendere il Grimorio da casa. Non abbiamo tempo da perdere” dissi a loro due consapevole che se avevo una sola possibilità di convincere Damon dovevo restare da sola con lui.

“D’accordo, noi andiamo”.

In pochi secondi uscirono dal salone e poi dalla casa, mentre noi restammo lì immobili.

“Damon andiamo di sopra un attimo” proposi.

“Non andiamo da nessuna parte perché non abbiamo nulla di cui parlare. Abbiamo già trovato il modo di risolvere il problema”.

“Damon ti prego, solo dieci minuti”.

Lo guardai con gli occhi da cucciola, quegli occhi a cui non era mai stato capace di dire di no, almeno non in situazioni di stallo e sembrò funzionare anche questa volta, perché senza nemmeno che me ne accorgessi mi ritrovai esattamente al centro della camera di lui, mentre il mio fidanzato si era distanziato da me trovandosi davanti la porta.

Non mi sarei mai abituata a “viaggiare” a quella velocità. Ogni volta sembrava come se all’improvviso mi teletrasportassi da qualche parte senza nemmeno che me ne accorgessi.

Damon mi dava le spalle e la cosa non mi piaceva assolutamente.

“Non mi farai cambiare idea” furono le sue uniche parole.

Dovevo riuscirci, invece, dovevo riuscirci ad ogni costo. La mia era la soluzione migliore e dovevo farlo capire anche a lui.

Mi avvicinai e quando fui ad una spanna da lui lo costrinsi a voltarsi.

Gli misi una mano sul braccio e lo guardai con tutta l’intensità di cui ero capace nonostante il suo sguardo sembrava del tutto impassibile.

“Se tu avessi un modo per non mettere in pericolo me anche a costo di mettere in pericolo te stesso cosa faresti?” gli domandai.

Non sapevo se girando così tanto intorno al problema sarei riuscita ad ostacolarlo, ma dovevo tentare.

“È diverso”.

“Non hai risposto”.

“La sai già la mia risposta”.

“Sto aspettando”.

“Farei qualunque cosa perché tu possa sempre essere al sicuro”.

“Esattamente”.

“Cosa volevi dimostrare con questo?”

“Che visto che la pensi così non dovresti opporti così ostinatamente al fatto che io voglia fare lo stesso per le persone che amo”.

Avvicinai il mio viso di più al suo incastrando i miei occhi nei suoi.

Mai come in quel momento avevo bisogno che lui riuscisse a leggermi l’anima.

“Tu non capisci” furono le sue uniche parole.

Le disse con uno sguardo talmente ferito che quasi mi sentii tremare le ginocchia, come se in quelle parole ci fosse rinchiuso tutto il suo dolore.

“Fammi provare a capire allora”.

“Io ti ho persa, ti ho persa te ne rendi conto. Ti ho vista morire sotto i miei occhi senza poter fare nulla e so cosa si prova. È stato come morire per la seconda volta, solo che stavolta era più doloroso, più oscuro. Tu non puoi capire come io mi sia sentito e non posso e non voglio rischiare che succeda di nuovo”.

“Amore non succederà. Farò solo qualche ferita marginale solo per attirare la sua attenzione e non sentirò nemmeno dolore per via dell’incantesimo di Bonnie. Non corriamo nessun pericolo”.

Lo inchiodai con lo sguardo e per un attimo mi sembrò di vederlo cedere, motivo per cui avrei dovuto continuare. 

“Prova a metterti nei miei panni. Katherine c’è l’ha con me e non è giusto che per colpa mia debbano pagare altre persone. Ricordi cosa mi hai detto la sera in cui Rose è morta?” sapevo quanto quei ricordi fossero dolorosi per lui, ma era l’unico modo che avevo per convincerlo “hai detto che l’attacco di Jules doveva essere destinato a te, non a Rose, che eri tu quello che l’aveva provocata e, invece, c’ha rimesso lei. Ti sei sentito in colpa, anche se non lo ammetterai mai. Non permettere che a me succeda lo stesso, non permettere che anche io mi senta in colpa se qualcosa dovesse andare male. Sarebbe colpa mia, è me che Katherine vuole colpire”.

“Elena…” provò a dire, ma lo interruppi avvicinandomi ancora di più a lui.

Ero ad un passo dalle sue labbra, il suo respiro sembrava essere diventato il mio e i suoi occhi erano scrutatori come mai prima di allora.

“Ti devi solo fidare di me, ti prego” sussurrai le ultime parole.

Ero certa che se non lo avessi convinto con quelle parole non c’era più nulla che io potessi dire o fare per riuscirci.

Lui non disse nulla, si limitò ad accorciare quei pochi centimetri di distanza tra i nostri volti e appoggiò la sua fronte alla mia prendendo il mio viso tra le mani. Sorrisi impercettibilmente consapevole che era tutto ciò di cui avevo bisogno.

“Non ho mai conosciuto una persona testarda come te”.

“Mi posso ritenere fortunata allora, visto tutte le persone che hai conosciuto in un secolo e mezzo”.

Lui sorrise alle mie parole, poi mi baciò la fronte.

“È un si?” chiesi.
“Se non lo fosse cambierebbe qualcosa?”

Io non dissi nulla, ma il mio silenzio bastò a fargli capire come la pensavo.

“Come volevasi dimostrare” aggiunse più a se stesso che a me.

Sorrisi della sua espressione e avvicinai le mie labbra alle sue.

“Faremo attenzione” disse poi quando ci staccammo.

Io annuii impercettibilmente, prima di affondare di nuovo le mie labbra su quelle di lui stringendolo a me più che potevo.

Dopo qualche minuto ci staccammo e io andai a buttarmi sul grande letto. Qualche istante dopo lui mi raggiunse e si mise sopra di me facendo attenzione a non farmi male. Mi prese la mano e mi sorrise come solo lui sapeva fare.

“Perché alla fine sei sempre tu quella che deve avere la meglio?” mi domandò retorico.

“Perché mi ami troppo?” provai a dire ridendo.

Non ci fu risposta, solo un bacio, uno di quelli che poi non piove più per una settimana.

“Non ho fatto in tempo a parlare con Bonnie” dissi quando ci staccammo.

“L’ho notato. Non sembrava odiarmi più del solito”.

“C’ero quasi prima che tu la chiamassi”.

“Lo farai un’altra volta”.

“Lo farò adesso, quando ritorna” precisai io.

Non avevo più nessuna intenzione di aspettare.

“Io avrei in mente qualcos’altro da fare adesso” mi disse con malizia.

“Tipo?”

Sorrisi facendo finta di non capire.

“Tipo questo” mi rispose baciandomi la fronte “o questo” continuò posando le sue labbra sul mio orecchio “oppure questo” passò al collo “o ancora questo” disse infine posando le sue labbra sulle mie.

“Credo che Bonnie possa aspettare” furono le mie uniche parole prima di invertire le posizioni e ritrovarmi a cavalcioni sopra di lui.

Gli tolsi la maglietta e iniziai a baciargli il suo perfetto petto scolpito, anche lui nel frattempo tolse la mia di maglietta e fu così che ci ritrovammo in pochissimo tempo a fare l’amore.

Sembrava come se entrambi non potessimo fare a meno l’uno dell’altra, come se avessimo bisogno del corpo dell’altro per sentirci in pace con noi stessi.

Non mi era mai capitata una cosa del genere, era la prima volta ed ero certa sarebbe stata anche l’ultima.

Con Damon c’era tanto amore, ma anche un’estrema passione perché noi due ci desideravamo, ci desideravamo da tanto tempo e adesso avevamo finalmente la possibilità di stare insieme senza più remore.

Difficilmente qualcuno avrebbe potuto comprenderci, difficilmente qualcuno avrebbe potuto comprendere questo nostro bisogno di sentirci un tutt’uno con l’altro e non potevo farne una colpa a nessuno.

Ero fermamente convinta di una cosa. Chi non aveva mai provato l’ansia dell’attesa, i lunghi tormenti del desiderio insoddisfatto, la paura di perdere la persona che ama, i dubbi dell’essenza, non avrebbe mai potuto dire o capire fino a quale altezza è capace di giungere la passione.

Io e Damon, invece, sapevamo fino a dove questa poteva spingersi e, forse, era per questo che spesso non riuscivamo a controllarla, ma in fondo nessuno di noi due sembrava volerci provare.

La verità era che avevamo bisogno l’uno dell’altra più di ogni altra cosa al mondo, avevamo bisogno l’uno dell’altro in tutti i modi a noi concessi.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con un nuovo capitolo.

Finalmente Elena si era decisa a raccontare tutto a Bonnie, ma Damon li ha interrotti. Del resto al momento la cosa più importante è liberarsi di Katherine.

Come vi sembra il piano? Direi che qualche falla c’è anche qui, soprattutto per via della parte che dovrà fare Elena.

Lei alla fine sembra essere riuscita a convincere Damon, ma sarà davvero così. Permetterà Damon alla sua amata di farsi male o di correre un qualunque pericolo? Non ci resta che aspettare il prossimo capitolo per scoprirlo.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo pezzettino:

 

 

“Sistemato tutto?” chiese Jeremy quando poi Bonnie si staccò da me.

“Si, dovrebbe funzionare”.

“Quando mi toccherà fare la mia parte?” domandai poi io seria.

Damon, fino a quel momento tranquillo mentre si versava del whisky in un bicchiere, si voltò verso di me con sguardo furente.

[…]

 “Credo che sia arrivato il momento” mi rispose Stefan abbassando lo sguardo.

Neppure lui era molto convinto di questo mio intervento in quello che entrambi ritenevano un piano folle.

“Bene” riuscii solamente a dire prima di dirigermi verso la scrivania, dove sapevo che i due fratelli tenevano dei paletti.

“Frena un attimo” disse all’improvviso Damon e tutti ci voltammo a guardarlo.

“Prima o poi deve farlo” disse Bonnie schierandosi dalla mia parte.

“Non ho chiesto il tuo parere mi sembra”.

“E nessuno mi vieta di esprimerlo”.

“Smettetela prima ancora di iniziare” alzai leggermente la voce io.

“Che hai in mente?” domandò Stefan a Damon ignorando bellamente ciò che avevo appena detto.

 

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 05 Aprile

 

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Capitolo 16
*** Capitolo Quindici ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Quindici

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Pov Elena

 

Un brivido di freddo mi rubò dalle braccia di Morfeo portandomi di nuovo nel mondo reale.

Aprii gli occhi e mi resi conto che la finestra era leggermente aperta e che da essa entrava un leggero venticello. Mi coprii di più con il lenzuolo e appoggiai la mano dall’altra parte del materasso, ma non appena lo feci mi resi conto che il letto era vuoto.

Possibile che lui si fosse già alzato?

Mi voltai e ci passai sopra la mano. Le lenzuola erano fredde segno che Damon si fosse alzato già da un po’. Mi resi conto solo in quel momento che era il mio primo risveglio senza avere Damon accanto. Di solito, anche se si svegliava prima di me, restava sempre a letto a guardarmi dormire.

Un moto di tristezza si impadronii di me, ma la scaccia via subito. Se Damon non c’era significava che aveva qualcosa di importante da fare, qualcosa come risolvere il dannato problema Katherine.

A quanto mi aveva detto, Bonnie avrebbe fatto l’incantesimo al seminterrato quel giorno in modo poi da catturare la vampira per il tempo necessario a spezzare quella dannata maledizione che univa il suo corpo al mio.

Mi alzai dal letto seppur di malavoglia e infilatami una sua camicia che trovai ai piedi del letto mi diressi in bagno per farmi una doccia. Ne avevo proprio bisogno.

Feci scorrere il getto dell’acqua calda e quando mi resi conto che questa si era riscaldata mi infilai dentro permettendo all’acqua di sfiorarmi la pelle e di rilassarmi. Restai lì per un’abbondante mezz’oretta, poi uscii e mi diedi una sistemata.

Quando fui pronta sistemai il letto e poi mi chiusi la porta della camera di Damon alle spalle e scesi diretta in cucina dove presi un bicchiere di spremuta. Poi mi diressi nel salone dove trovai solo Jeremy.

“Hey, ciao fratellino. Dove sono gli altri?” domandai non appena lo vidi.

“Nello scantinato, Bonnie sta facendo l’incantesimo”.

“E tu come mai qui?”

“Aspettavo te”.

“Me? è successo qualcosa?” domandai cercando di scorgere una risposta dal suo sguardo.

“Mi chiedevo se c’è qualcosa che vorresti dirmi”.

Restai basita da quelle parole, non riuscendo a coglierne il significato.

Lo guardai stranita con la coda degli occhi, come a dirgli “è uno scherzo?”

“Ti dispiacerebbe essere più chiaro?” gli chiesi, invece, mentre sorseggiavo la mia spremuta.

“Che diavolo ci facevi nel letto di Damon?” mi domandò serio “va bene così oppure vuoi che sia ancora più chiaro?” concluse poi sarcastico.

Sputai quasi la spremuta dalla bocca e iniziai a tossire visto che mi era pure andata di traverso.

Tra tutte le domande che poteva farmi quella era l’unica che non mi aspettavo.

Cercai di riprendermi, poi lo guardai.

“Ti sei messo a spiarmi?”

“Non essere ridicola. Ero solo salito in camera a svegliarti, ma non ti ho trovato in quella di Stefan. Pensavo avessi dormito da Caroline, così mi sono diretto verso la sua camera, ma la porta della camera di Damon era socchiusa e…”

Si interruppe e non ci volle molto a capire cosa stava per dire.

“E hai pensato bene di entrare per curiosare” conclusi la frase per lui.

“A dire il vero volevo solo vedere che aspetto avesse visto che non ci sono mai entrato. E comunque non tergiversare il discorso. Ho solo aperto la porta e ti ho vista a letto che dormivi placidamente”.

“Non è come pensi” dissi e non mi resi conto nemmeno del perché lo avessi detto.

“Ah no? Cioè tu dormi nel letto di Damon e lui era uscito da quella camera si e no cinque minuti prima e non è come penso?”

Io rimasi in silenzio e abbassai lo sguardo imbarazzata.

“Elena non sono più un ragazzino. Queste scuse risparmiale per qualcun altro. Adesso ti dispiacerebbe dirmi che succede o devo scoprire da solo la verità?” mi domandò voltandosi e guardandomi negli occhi.
“Ok, è esattamente come pensi” riuscii a dire e lui strabuzzò gli occhi.

“Cioè tu e Damon, Damon e tu…voi…o mio Dio” iniziò a blaterare.

Non dissi nulla. Conoscevo Jeremy e sapevo che questo era il momento in cui avrebbe iniziato a sproloquiare fino a quando, esaurite tutte le parole, tutti i concetti, si sarebbe zittito guardandomi con uno sguardo di rimprovero aspettando impaziente che io aprissi la bocca per spiegargli tutta quella situazione.

Faceva sempre così. Fin da quando era piccolo e crescendo non era cambiato di una virgola.

A volte mi bastava chiudere gli occhi per qualche secondo per riuscire a rivederlo nel ragazzo che mi stava di fronte il bambino che era un tempo, il mio piccolo, ma protettivo fratellino.

“Cioè, ma dico siete pazzi. E se Stefan vi avesse visti come la mettiamo? Diavolo Elena, ma usala la testa ogni tanto. Poi sotto lo stesso tetto, ma almeno abbiate il buon gusto di farlo fuori di qui. Dio, mia sorella fa sesso con il fratello del suo ragazzo. Non ci posso credere” continuò a ciarlare con espressione sbigottita.

“No, no, frena fratellino” lo bloccai dopo ciò che aveva detto.

Non aveva capito nulla.

“Cosa c’è da frenare? La situazione è chiara come il sole”.

“Jeremy ti dispiacerebbe calmarti? Ti sei fatto un’idea totalmente sbagliata della situazione”.

Mi guardò negli occhi per qualche secondo, poi sembrò tranquillizzarsi.

“Ok, mi calmo, ma voglio che mi spieghi tutto”.

“Avrei dovuto parlartene fin da subito, ma so quanto poco sai mentire e sapevo che involontariamente avresti detto tutto a Bonnie e volevo essere io a farlo non appena avrei potuto”.

“Parlarmi di cosa?”

“Io e Damon stiamo insieme”.

“L’ho capito questo Elena, credimi. L’ho capito eccome” mi disse con espressione scandalizzata.

“No, non hai capito. Io e Damon stiamo insieme nel senso che ci siamo messi insieme”.

“Scusa?”

Dalla sua espressione vedevo tanta confusione. Perché doveva sempre complicarsi la vita quando tutto era chiaro come il sole?

“Hai presente quando ami una persona e credi che sarà per sempre e poi ti rendi conto che quel per sempre l’hai sottovalutato? Che in fondo non sarà per sempre perché all’improvviso capisci che ami un’altra persona?” gli domandai.

Lui non rispose subito, sembrò fissare il vuoto come se stesse pensando a qualcosa. Dopo qualche secondo, però, tornò a guardarmi e prese a parlare.

“Si, più o meno mi è successo con Anna. Quando Vicki è scomparsa credevo che non avrei mai più potuto amare nessuno in vita mia, poi ho scoperto che era morta è tutto si è spento in me. Sembrava come se i miei sentimenti non esistessero più, poi è arrivata Anna ed è stata come la luce in quel tunnel buio che stavo attraversando. Mi sono reso conto che Vicki sarebbe rimasta dentro di me sempre, ma che non l’avrei amata per sempre perché mi ero reso conto di amare Anna”.

“Ecco, non è proprio la mia stessa situazione, ma più o meno hai capito cosa voglio dire”.

“Mi stai dicendo che ti sei innamorata di…di Damon?”

“Più di ogni altra cosa al mondo. Ho cercato di negarlo per tanto tempo, di non ammetterlo nemmeno con me stessa, ma alla fine quando i sentimenti diventano troppo forti non riesci più a contenerli e quello che provo per lui è uscito fuori senza che io me ne accorgessi davvero”.

“E…e Stefan?”

“Ci siamo lasciati. Gli ho detto la verità e lui mi ama troppo per tenermi legata a lui, mi ha lasciato andare perché per lui la mia felicità conta più di ogni altra cosa”.

“E sa di te e Damon?”

“Certo che lo sa. Lo ha capito senza che io dicessi nulla”.

“Quindi tu e…” provò a dire, ma io lo interruppi.

“Si, io e Damon stiamo insieme”.

“Tanto per la cronaca, chi è che lo sa?”

“Stefan, Caroline, Rick e Jenna”.

“Dio Elena, quando imparerai a raccontarmi le cose prima che sia io a scoprirle?”

Era stizzito dalla situazione.

“Volevo farlo, ma tu non sai mentire e la tua ragazza sembra leggerti l’anima”.

“Perché non l’hai detto a lei?”

“Perché? Davvero me lo chiedi?”

Jeremy annuii impercettibilmente e io ripresi a parlare.
“Bonnie odia Damon più di ogni altra cosa al mondo. È intollerante a lui adesso, immagina quando saprà che ci sto insieme. Come minimo ci uccide entrambi”.

“Forse o forse no”.

“Jeremy?” lo canzonai.

“Ok, hai ragione. Vi ucciderà, anzi lo ucciderà. Penserà che ti ha soggiogata o chissà che altro”.

“Grazie per l’incoraggiamento”.

“Sono solo realista”.

“Comunque tu non dirle nulla, glielo dirò io al più presto. Non ho più intenzione di nascondermi. Io Damon lo amo sul serio”.

“Mi dici come hai fatto a innamorarti di lui? Lo odiavi prima”.

“Ti ricordi cosa diceva sempre mamma?”

Lui sembrò rifletterci su poi mi sorrise.

“L’odio è solo l’inizio di una storia d’amore” dicemmo entrambi all’unisono ricordando le parole di mamma.

“Continuo a non spiegarmelo però”.

“Jeremy, tu come hai fatto a diventare suo amico?”

Era una risposta che attendevo da tanto tempo. Come si fa a diventare amico di qualcuno che ti ha ucciso?

“Bella domanda” mi rispose lui “Damon è un tipo particolare, difficile e stronzo se vogliamo, ma se riesci a perforare l’armatura sei a posto perché riesci a vedere il suo vero essere e obiettivamente quella del cinico vampiro è solo una maschera”.

Lo guardai e sorrisi.

“Non avrei saputo spiegarmi meglio”.

Anche lui ricambiò il mio sorriso.

“E così tu e lui state insieme. Wow, faccio fatica a crederci, giuro”.

“Io no. Mi viene naturale come respirare”.

Lui rimase colpito dalla mia frase. Si avvicinò a me e quando fu ad una spanna dal mio viso si fermò per osservarmi attentamente negli occhi.

“Non ti ho mai vista più sicura di una cosa come in questo momento”.

“Non sono mai stata più innamorata come in questo momento”.

“Lo vedo e mi sento uno stupido a non averlo capito prima. In fono di segnali ne ho visti abbastanza, soprattutto dopo la festa a casa di Tyler”.

“Siamo stati bravi a non farci scoprire”.

“No, sono io che sono un’idiota di fratello”.

“Hey, nemmeno io mi sono accorta subito di cosa stava succedendo tra te e Bonnie” gli dissi dandogli una gomitata.

“È diverso”.

“No, non lo è”.

“Si, che lo è. In quel periodo avevi un Originale che ti stava alle calcagne e una psicopatica che non si capiva da che parte stava. Non potevi certo accorgerti di me e Bonnie”.
“Avrei dovuto farlo lo stesso. Comunque se per questo la psicopatica è ancora presente, quindi anche tu sei giustificato”.

Lui mi guardò e sorrise.

“La solita testarda” mi disse scompigliandomi i capelli.

“Come la vedi?” gli chiesi poi.

“Cosa?”

“Questa storia, me e Damon”.

“Come devo vederla? Lui ti ama e questo anche un cieco lo avrebbe capito, tu ami lui. È tutto apposto. Dovete solo cercare di essere felici. In tutti i casi vampiro o no se ti fa soffrire lo infilzo con un paletto”.

Lo guardai e sorrisi. L’aveva presa molto meglio di quanto mi aspettassi.

“Lui è tutto ciò che voglio e tutto ciò che non pensavo di volere” riuscii a dire alla fine guardandolo negli occhi.

Per me era importante che Jeremy capisse, non volevo che pensasse male di me e del fatto che mi fossi messa con Damon, ma ciò che non avevo ancora capito era che ero solo una sciocca.

Jeremy aveva perdonato Damon fin dall’inizio per ciò che gli aveva fatto, anzi, forse non c’è l’aveva mai davvero avuta con lui ed ora era felice perché aveva capito che con lui lo sarei stata anche io.

Mi guardò e mi sorrise, poi si avvicinò a me e mi strinse forte in un abbraccio, uno di quegli abbracci fraterni che ti scaldano il cuore, uno di quegli abbracci che mi faceva capire che Jeremy sarebbe stato mio fratello sempre, a prescindere dai legami di sangue.

“Riunione di famiglia?” disse una voce dietro di noi, la voce di Caroline.

Ci staccammo e sorridemmo alla vampira notando poi che insieme a lei erano arrivati in salone anche Bonnie, Stefan e Damon e fu proprio su di lui che si soffermò il mio sguardo.

Dio, era bello come il sole, no, molto di più.

Aveva dei pantaloni neri e un maglione a V che lo rendeva etereo fasciandogli i suoi muscoli perfetti. Su tutto quel nero che erano i suoi vestiti c’era una cosa che più di tutte spiccava, i suoi fantastici occhi di un azzurro identico al ghiaccio.

Mi domandavo se poteva esistere qualcuno più bello, sexy e affascinante di lui, ma ero certa che no, non esisteva.

Bonnie venne verso di me per abbracciarmi e in quel momento Damon ne approfittò per farmi l’occhiolino in modo del tutto malizioso. Avrei dovuto ricordargli di evitare di comportarsi così se non voleva che gli saltassi addosso davanti a tutti.

“Sistemato tutto?” chiese Jeremy quando poi Bonnie si staccò da me.

“Si, dovrebbe funzionare”.

“Quando mi toccherà fare la mia parte?” domandai poi io seria.

Damon, fino a quel momento tranquillo mentre si versava del whisky in un bicchiere, si voltò verso di me con sguardo furente.

Sapevo che seppur avesse accettato la cosa, non la digeriva per nulla, ma prima o poi l’avremmo dovuta fare, quindi non aveva senso aspettare oltre. Prima risolvevamo il problema, meglio era.

“Credo che sia arrivato il momento” mi rispose Stefan abbassando lo sguardo.

Neppure lui era molto convinto di questo mio intervento in quello che entrambi ritenevano un piano folle.

“Bene” riuscii solamente a dire prima di dirigermi verso la scrivania, dove sapevo che i due fratelli tenevano dei paletti.

“Frena un attimo” disse all’improvviso Damon e tutti ci voltammo a guardarlo.

“Prima o poi deve farlo” disse Bonnie schierandosi dalla mia parte.

“Non ho chiesto il tuo parere mi sembra”.

“E nessuno mi vieta di esprimerlo”.

“Smettetela prima ancora di iniziare” alzai leggermente la voce io.

“Che hai in mente?” domandò Stefan a Damon ignorando bellamente ciò che avevo appena detto.

“C’è un altro modo per attirare Katherine in trappola, un modo più astuto e innocente che non farà del male a nessuno se non a lei stessa”.

Vidi le labbra di Damon curvarsi in un sorriso sardonico prima di avvicinare il suo whisky alle labbra e per un momento mi domandai cosa davvero avesse in mente.

“A volte mi fai paura” commentò Caroline osservando l’espressione diabolica che aveva in volto.

“A volte?” domandò sarcastico lui.

“A parte la modestia infinita che ti ritrovi, ci spieghi cosa ti passa per la testa?” domandai io, mentre il suo sguardo si posò sul mio.

“Semplice. Se il tuo corpo è legato a quello di Katherine tu e lei dovreste provare le stesse cose. I tagli fanno male a te, ma non a lei e la psicopatica punta su questo. Ebbene, noi punteremo su quella che per lei è una debolezza, mentre per te non lo è”.

“Verbena?” chiese Stefan che sembrava essere l’unico ad aver capito il piano del fratello.

“Esattamente”.

“Giusto. Come abbiamo fatto a non pensarci prima?” fece notare Caroline.

“Una tisana può andare?” domandò Bonnie.

“No, una non basterebbe. Katherine beve un po’ di verbena al giorno per essere più forte, quindi bisognerà farne assumere ad Elena una quantità più elevata” spiegò Stefan.

“Jeremy in cantina ci sono un sacco di piante alla verbena. Prendi dell’acqua, non troppa però, e diluiscici quanta più verbena puoi, poi torna qui”.

Mio fratello ascoltò le parole di Damon e poi corse a fare quanto gli era stato detto. Di certo era un lavoro che non avrebbe potuto fare né il mio fidanzato né gli altri due vampiri presenti.

“Credi che funzionerà?” domandò Stefan al fratello.

“Katherine è abituata a bere qualche sorso di verbena diluito con l’acqua, un po’ come facciamo noi, ma in questo caso non sarà la verbena ad essere diluita con l’acqua, ma il contrario. L’acqua ci serve solo per farla digerire a Elena, il contenuto deve essere prevalentemente verbena”.

“Spero tu sia di stomaco forte” scherzò Caroline e io sorrisi insieme a lei e Bonnie.

“Mi duole ammetterlo, ma hai avuto un’idea geniale” disse proprio la mia amica strega a Damon stupendo tutti.

“Io ho sempre idee geniali”.

Io e Caroline ci guardammo e scoppiammo a ridere di gusto.

“Mmhh quanta modestia” dicemmo entrambe all’unisono volgendo lo sguardo in altro prima di riprendere a ridere.

Anche Stefan e Bonnie si unirono a noi, mentre Damon senza far trapelare nulla continuò a bere il suo amato whisky.

In effetti la sua idea era stata ottima, avremmo potuto così indurre Katherine nella trappola senza farle capire nulla. Avrei solamente spiegato la cosa dicendo che con la verbena mi sentivo più sicura, ma non avevo idea che potesse nuocere anche a lei.

Qualche minuto dopo Jeremy tornò con in mano un bicchiere che avrebbe dovuto essere acqua, ma già dal colorito si capiva quanto verbena ci stava dentro. Aveva un colorito giallognolo che mi faceva venire il voltastomaco solo a guardarlo.

Damon lo prese in mano e odorò il contenuto, poi lo passò a Stefan.

Entrambi fecero la stessa faccia disgustata e sofferente quasi. Possibile che quel miscuglio fosse talmente intriso di verbena da infastidire quei due solo con l’odore?

Stefan passò poi il bicchiere a Caroline, ma l’espressione della mia amica fu eloquente.

“No, grazie, io passo. Mi fido di voi” furono le sue uniche parole.

Presi io il bicchiere pronta per bere, ma Stefan non me lo permise.

“Aspetta. È meglio che Jeremy e Bonnie vadano via. Se Katherine arriva sarebbe pericoloso soprattutto per Bonnie e comunque vedendola qui potrebbe capire la trappola” spiegò mentre io annuii.

Mio fratello e la sua fidanzata salutarono tutti e si dileguarono in fretta visto che anche Damon e Caroline si erano mostrati favorevoli all’idea di Stefan.

“Adesso che si fa?” domandò la bionda.

“Dobbiamo far credere a Katherine che ha campo libero con Elena, quindi deve pensare che è da sola. Lei, quindi, scende sotto e beve il miscuglio, noi, invece, restiamo di sopra in modo che se Katherine arriva non percepisce la nostra presenza. Quando si dirige lì arriviamo noi e la rinchiudiamo. Siamo in tre, dovremmo farcela” propose Stefan.

“Perfetto” dicemmo io e Caroline.

“Mi sembra un piano stupido. Lasciare Elena da sola, insomma, non so fino a che punto convenga”.

Guardai Damon e notai che stava guardando nella mia direzione, poco convinto dalle parole del fratello.

“È perfetto così. Saprò cavarmela, fidati” gli dissi per convincerlo e a quel punto lui abbassò il capo come ad acconsentire.

In fondo si trattava di pochissimo tempo, un paio di minuti al massimo.

Mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio a fior di labbra, poi presi il mio miscuglio e scesi in cantina, mentre loro tre salirono su.

Raggiunsi in fretta il seminterrato e quando arrivai a destinazione mi fermai sedendomi a terra e iniziando a bere la verbena.

Dopo il primo sorso quasi mi venne da rimettere, faceva proprio schifo, ma strinsi i denti e continuai a bere e lo feci tutto d’un sorso. Quando ebbi finito mi alzai e posai il bicchiere su un tavolino dove facevano bella mostra di sé un sacco di piantine di verbena.

Spinta dalla tentazione ne toccai qualcuna non potendo fare a meno che domandarmi se tutto quella messa in scena avrebbe funzionato o meno. Staccai un ramoscello di verbena e tornai a sedermi nella stanza a cui era stato fatto l’incantesimo.

Mi rigirai tra le mani la verbena notando che aveva una sorta di effetto calmante su di me e osservai la stanza intorno a me, quella stanza in cui era successe tante cose. La stanza dove Stefan aveva rinchiuso Damon non appena era tornato a Mystic Falls, la stanza dove io e il maggiore dei fratelli avevano rinchiuso Stefan quando sembrava essere diventato un drogato di sangue umano e la stanza dove lui stesso si era rinchiuso con Katherine per farsi spiegare i motivi che l’avevano indotta a tornare in città. E adesso quella stessa stanza l’avrebbe accolta di nuovo, o almeno lo avrebbe fatto se tutto fosse andato per il meglio.

Mi resi conto che era passato già parecchio tempo e quando, ormai, iniziai a credere che il nostro piano fosse miseramente fallito sentii un urlo provenire da sopra e non mi fu difficile capire che si trattava di Katherine.

In pochissimi istanti, infatti la vampira apparve nello scantinato a pochi metri da me e mi guardò con sguardo furente, ma allo stesso tempo dolorante.

Solo pochi passi la dividevano da quella stanza dalla quale non ne sarebbe più uscita, almeno non fino a quando avremmo spezzato l’incantesimo.

Nonostante i suoi occhi facevano intravedere il suo dolore, non si scompose più di tanto. Si parò a qualche metro di distanza da me mettendo le mani sui fianchi e guardandomi con fare omicida.

Io assunsi un’espressione spaventata, come se davvero non mi aspettassi di vederla.

“Che diavolo stai facendo?” mi domandò furente.

“Ka…Katherine” dissi fingendomi sorpresa.

“Cosa ti salta in mente sciocca, insulsa umana? Bere verbena, credi davvero che questo possa bastare a mettermi fuori gioco” disse prendendo a

tossire.

Ero certa che se non fosse stata abituata a prendere regolarmente la verbena a quest’ora sarebbe stata sdraiata a terra in preda agli spasmi.

“Io…io non sapevo facesse effetto anche su di te. Era un modo per sentirmi al sicuro” mentii rigirandomi tra le mani la foglia di verbena che avevo preso poco prima.

Katherine urlò dal dolore e si contorse un po’ e fu in quel momento che notai le sue mani. Erano ustionate. Il mio giochetto involontario con la verbena le stava facendo male e io non avevo neppure pensato alla cosa.

“Ahi, brucia” disse più a se stessa che a me “butta quello schifo” mi urlò poi contro.

Io non lo feci, anzi continuai a rigirarla tra le mani e fu allora che in una frazione di secondo la vidi proprio accanto a me che mi teneva ferma la mano in cui avevo l’erba.

Solo in quel momento la buttai a terra e sorrisi, sorrisi come non avevo mai fatto in sua presenza.

“Che diavolo ridi?”

Mi lasciò andare il polso e la mia risata aumentò a dismisura.

“Credevo che dopo esserti fatta fregare una volta, non avresti permesso che succedesse anche la seconda” le spiegai tra una sorriso e l’altro “non sei poi così furba come dici di essere” conclusi e in quel momento la vidi guardarmi con sguardo di fuoco.

Le bastò una frazione di secondo per collegare insieme le mie parole, poi scattò verso l’uscita della stanza, ma si rese subito conto che c’era come un vetro che non gli permetteva di uscire.

“Spiacente, non si va da nessuna parte”.

Avrei riconosciuto quel tono beffardo ovunque. Mi voltai verso l’ingresso e vidi Damon, Stefan e Caroline.

Era stato il mio fidanzato a parlare e sorrideva soddisfatto.

“Non potete farmi questo”.

“Oh si che possiamo, l’abbiamo appena fatto” continuò lui.

“Cosa avete in mente?”

“Resterai chiusa qui sotto fino a quando non troveremo il modo di spezzare l’incantesimo che ti tiene legata ad Elena. Solo quando ci saremmo riusciti sarai libera di uscire di qui” gli spiegò Stefan.

“Si, ti faremo uscire e poi ti pianteremo un paletto nel cuore” disse Caroline spavalda più che mai.

“Hey Barbie, non rubarmi le battute” la beffeggiò Damon ridendo mentre tutti e due si scambiavano uno sguardo d’intesa.

Katherine alternava il suo sguardo sul volto di tutti e tre i vampiri di fronte a lei come se non riuscisse a capacitarsi di quanto fosse appena successo.

Non si aspettava nulla di tutto ciò. Credeva di averci in pugno, ma adesso si ritrovava con le spalle al muro.

“Elena esci fuori, adesso” disse poi Stefan rivolgendosi a me.

Mi alzai e mi diressi verso l’uscita, ma in quel momento una risata agghiacciante si diffuse in tutta la stanza, la risata malefica e cattiva di Katherine.

“Credi davvero di poter uscire da qui?” mi domandò inchiodandomi al muro con le poche forze che aveva visto che era parecchio debole per via della verbena “se questa è la mia prigione, beh sappi che sarà anche la tua” mi disse poi lasciandomi libera.

Raggelai a quelle parole. Non avevamo valutato quella ipotesi o meglio nessuno l’aveva mai presa in considerazione visto che nessuno di loro mi aveva detto di entrare lì dentro, ero stata io l’ingenua a farlo.

Mi bastò un secondo prima di sentire il ringhio di Damon che si propagava nell’aria.

Lo guardai e la sua espressione mi raggelò all’istante. Aveva gli occhi che sembravano essergli diventate due palle da golf, la bocca dischiusa in un ghigno e l’espressione furente.

Percepii dalla sua espressione che stava scattando, ma vidi Caroline trattenerlo per il maglione, mentre io mi avvicinai quel poco che Katherine mi permetteva.

“Non farlo. Che nessuno si azzardi ad entrare” dissi seria più che mai.

Damon mi ignorò bellamente e cercò di strattonare Caroline per farsi lasciare andare, ma Stefan diede manforte alla mia amica e gli bloccò il passaggio.

“Toglietevi dai piedi” ringhiò.

“Damon tu non entrerai qui dentro, né tu né nessun altro. Se entri non puoi più uscire e devi restare lì fuori. Gli altri hanno bisogno del tuo aiuto per spezzare questo dannato incantesimo” cercai di convincerlo.

“Katherine hai tre secondi per farla uscire di qui” urlò.

La vampira in risposta riprese a ridere malefica.

“Altrimenti che fai? Entri e mi impaletti?

Mi avvicinai all’uscita, ma Katherine non me lo permise bloccandomi per un polso. Mi fermai e guardai Damon dritto negli occhi.

“Starò bene e sarà per poco. Giusto il tempo per trovare un modo per spezzare la maledizione” provai a dirle.

“Non ti lascerò qui dentro”.

“Si, che lo farai”.

“No.

“Damon, Katherine non può farle niente. Ha bevuto un sacco di verbena e ci metterà giorni a smaltirla e gliene porteremo altra se sarà necessario, motivo per cui non potrà cibarsi di lei e ucciderla, beh ucciderla non le conviene. Se uccide Elena sa per certo che noi uccideremo lei prima che possa rendersi conto di quello che ha fatto”.

“Caroline ha ragione. Katherine non potrà bere il suo sangue e nessuno gliene porterà e pian piano si indebolirà sempre di più. Ad Elena, invece, daremo tutto ciò che gli serve. Pian piano la psicopatica si indebolirà e faremo uscire lei da qui dentro” provò a convincerlo Stefan.

“Speraci” fu l’unica parole della vampira pronunciata con un ghigno cattivo.

“Ascoltali. Stanno dicendo la verità. Starò bene, te lo prometto” lo guardai intensamente negli occhi ignorando le parole della psicopatica.

“Toccala e giuro che la tua morte sarà lenta e dolorosa” ringhiò Damon contro la vampira.

Io lo ringraziai con lo sguardo, mentre la vampira in tutta risposta gli rise in faccia.

Guardai Damon negli occhi e senza che nessuno se ne accorgesse gli mimai un “ti amo”. Non lo sussurrai perché ci avrebbero sentiti, mi limitai a mimarlo e lui lo vide e mi sorrise debole.

Sapevo quanto quella situazione gli costasse, quello che non sapevo era fino a quando avrebbe sopportato la cosa.

“E così io e te passeremo molto tempo insieme” mi disse Katherine avvicinandosi a me e girandomi attorno “credo che mi divertirò parecchio” continuò “e nessuno potrà disturbarci” concluse poi maliziosa, una malizia perfida, disumana.

Rabbrividii a quelle parole, consapevole che per quanto avessi cercato di convincere Damon, ero io la prima a dover auto convincermi che sarebbe andato tutto bene.

Dopo aver parlato andò a sedere sull’unica sedia presente nello scantinato e si mise a fissare i tre vampiri fuori con sguardo diabolico.

Damon e Stefan ringhiarono mentre Caroline la fissava preoccupata.

Ero certa che avesse qualcosa in mente, ma non riuscivo a capire cosa e avevo paura, paura che un qualunque suo gesto avrebbe fatto scattare uno dei tre lì fuori costringendoli ad entrare.

Non potevo permetterlo perché chiunque tra loro sarebbe entrato lì dentro non ne sarebbe uscito, non senza permettere anche a lei la fuga.

Ad un certo punto Katherine prese a ridere diabolica, una risata che sembrò riecheggiare per tutta la grande casa, una di quelle risate che difficilmente si possono dimenticare, ma che al contrario si impregnano nella pelle non andandosene mai più.

“Che diavolo hai da ridere?” chiese Stefan furioso tanto quanto lo era Damon.

La vampira non rispose subito, ma continuò a ridere aumentano ogni secondo di più il suo tono e rendendosi alle nostre orecchie sempre più indisponente. L’avrei volentieri uccisa in quel preciso istante, anche a costo di morire io stessa.

“Credete davvero che l’incantesimo possa essere spezzato?” domandò retorica “si, ci credete, ma siete solo degli sciocchi. Non esiste un modo, o meglio, esisteva, ma l’ho eliminato. Non credete anche voi di quanto inutili possano essere le streghe senza i loro stupidi poteri?” domandò.

Li stava provocando, ne ero certa, ma non gli avrei permesso di prendersi così deliberatamente gioco di loro e di tutti noi.

“Smettila” le urlai.

“Ma sentitela. Un’insulsa umana che vuole darmi degli ordini. Non finirò mai di stupirmi”.

“La sciocca sei tu se pensi che non troveremo un modo per liberarci di te”.

Caroline parlò con voce ferma e risoluta, come se stesse parlando con un suo pari e sorrisi per questo.

Lei a differenza di Damon e Stefan aveva timore della vampira. Gli incuteva una paura che lei non era in grado di affrontare per quanto si sforzasse di provarci, ma oggi si stava comportando egregiamente bene.

Ero fiera di lei.

“Bene, allora correte a cercarlo, mentre io mi diverto con la mia “gemella” buona”.

Riprese a ridere, mentre vidi Damon ringhiare più forte.

Era meglio che se ne andassero. Non ero certa che avrebbe resistito a lungo.

“Possibile che non l’abbiate ancora capito? Alla fine che lo vogliate o meno sono sempre io quella a vincere” disse poi riprendendo a ridere sguaiatamente prima di mettersi il braccio in bocca e strapparsi la pelle con un morso.

Urlai dal dolore controllandomi il polso e ritrovandolo sporco di sangue. Dio se bruciava, ma non feci scendere nemmeno una lacrima. Non gliel’avrei data vinta, per questo la guardai con sguardo sprezzante.

“Damon no” urlò Caroline.

Mi voltai per capire cosa stesse succedendo e ciò che vidi mi raggelò all’istante.

Proprio dentro la stanza, a pochi passi da me, c’era Damon che mi guardava sofferente.

Non feci in tempo a dire nulla che sentii un urlo da parte di Katherine.

Mi voltai e la vidi sbattuta al muro con Damon che la teneva per la gola. Indebolita com’era dalla verbena aveva difficoltà a muoversi e a liberarsi dalla presa.

“Fallo di nuovo e giuro che ti faccio pentire di avermi incontrato sulla tua strada” le ringhiò contro stringendole di più il collo.

In quel momento mi sentii soffocare e iniziai a tossire.

“Diavolo Damon fermati, la stai strozzando” urlò Stefan che si stava precipitando dentro se non fosse stato per Caroline che lo fermò per la maglietta.

A quelle parole il mio fidanzato si voltò e non appena si rese conto che involontariamente stava facendo del male anche a me lasciò la presa facendo cadere la vampira a terra.

In meno di una frazione di secondo era già in ginocchio davanti a me che cercava di capire come stavo.

“Mi dispiace, non ho pensato che anche questo facesse male a te” furono le sue uniche parole mentre i suoi occhi sembravano l’immagine della sofferenza.

Cercai di prendere aria e poi lo guardai sorridendogli, ma mi bastò poco per smettere di farlo, giusto il tempo di rendermi conto che lui era lì, che era entrato in quella stanza per proteggermi da quella psicopatica e che, quindi, non sarebbe più potuto uscire.

“Sei un’idiota” gli urlai.

“Mi…mi dispiace” continuò lui mortificato quasi riferendosi ovviamente al fatto che stava per strozzarmi.

“Sei entrato, diavolo sei entrato” ripetei più a me stessa che a lui “sei un’idiota, un’idiota, un’idiota, un emerito idiota” continuai a imprecare urlando iniziando a colpire il suo petto con dei pugni, pugni che sul suo corpo di marmo risultavano essere delle carezze.

Dio, non poteva averlo fatto sul serio. Non poteva essere entrato. Non ne sarebbe uscito. Come avrei fatto senza di lui? No, non poteva essere, non adesso che tutto stava andando così bene.

Katherine iniziò a ridere senza riuscire a contenersi mentre io smisi di prenderlo a pugni e adagiai la mia faccia al suo petto bagnando il suo maglione con le lacrime, con milioni di lacrime.

Lui mi strinse a se e prese ad accarezzarmi la testa, ma quelle carezze, quelle carezze non bastavano, non adesso.

Io avevo bisogno di lui e adesso lui non c’era.

“Non potevo fare altrimenti” mormorò in un sussurro.

Non riuscivo più a vedere una via d’uscita. Quel tunnel buio aveva solo una luce, la sua. Era grazie a lui, alla sua presenza che lottavo ogni giorno la battaglia Katherine, ma adesso non serviva più a nulla.

Non avrei più avuto un attimo da sola con lui, avrei dovuto ponderare ogni parola, ogni gesto perché lei ci sarebbe stata sempre. Non avrei più goduto il sapore dei suoi baci, delle sue carezze, dei suoi “ti amo”, di tutti quei piccoli gesti che solo lui era in grado di regalarmi.

L’avrei dovuto dividere con lei e Dio solo sapeva quanto questo mi faceva paura. Damon l’aveva amata, tanto, troppo forse. Aveva sacrificato tutta la sua vita nella possibilità di liberarla e nonostante adesso sembrava la odiasse non potevo essere certa che passando del tempo con lei le cose non potessero tornare quelle di prima.

E se avesse scoperto di amarla ancora? Se avesse scelto lei a me?

No, non potevo lasciarlo lì.

Era entrato lì per me, per aiutarmi, per farla smettere, per liberarmi dalle grinfie di quella stronza, ma a che valore? La mia libertà valeva davvero un prezzo tanto alto?

Damon prese il mio volto tra le sue mani e asciugò ogni mia singola lacrima e quando terminò mi baciò sulla fronte, esattamente con la stessa intensità usata il giorno in cui ero morta per noi tornare in vita grazie all’anello.

Mentre le sue labbra toccarono la mia pelle mi passarono davanti tutti quei giorni con lui, tutti i momenti meravigliosi trascorsi in quelle due settimane con lui, momenti che non avrei mai potuto scordare.

Fu in quel momento che una lacrima, una sola e solitaria lacrime uscii dai miei occhi, bagnò le mie ciglia e mi attraversò le guance. Damon non fece nulla per asciugarla, forse consapevole che quella lacrima era diversa, era unica proprio come lo era il nostro amore.

Sentivo Katherine continuare a ridere, ma non me ne curai più di tanto. Non mi vergognavo a piangere davanti a lei.

Le lacrime sono il balsamo di chi soffre. Jenna lo ripeteva sempre e io stavo soffrendo, in quel momento soffrivo talmente tanto da non riuscire a vedere più nulla lucidamente.

“Vai adesso” mi sussurrò dolcemente all’orecchio invitandomi ad uscire.

Alzai lo sguardo per incastrare i miei occhi ai suoi e percepii chiaramente come quella situazione facesse soffrire anche lui.

Era in prigione, costretto a restare lì dentro senza poter scappare.

Una volta avevo letto in un libro una cosa che mi aveva colpito e a ripensarci adesso mi venivano i brividi: La prigione è una fabbrica che trasforma gli uomini in animali. Le probabilità che uno esca peggiore di quando c'è entrato sono altissime.

No, non sarebbe successo. Damon sarebbe uscito da lì dentro esattamente com’era adesso. Katherine non avrebbe avuto su di lui nessun effetto, lei non avrebbe fatto scomparire l’umanità che con fatica gli avevo tirato fuori, quell’umanità che Damon adesso aveva mostrato e che avrebbe mostrato per sempre e soprattutto lui non si sarebbe di nuovo innamorato di lei, no perché lui amava me.

Non l’avrei permesso, per nessuna cosa al mondo.

Damon era mio e lo sarebbe stato per sempre. Punto.

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con il capitolo quindici.

Non mi uccidete ok, è stato già abbastanza difficile scrivere un capitolo così. Povero il mio Damon. Questo proprio non ci voleva.

Cosa non si fa per amore.
E così il nostro Damon è rinchiuso lì dentro con Katherine. Che succederà? Povera Elena, non vorrei proprio essere nei suoi panni.

Ho notato un calo delle recensioni. Mi domandavo come mai? La storia non piace più come prima? Mi auguro di no, ma credo sia così visto che le recensioni sono diminuite.

Se c’è qualcosa nella storia che non va ditelo, cercherò di migliorare. Le critiche quando sono costruttive aiutano sempre.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo pezzettino:

 

 

“Oh si, invece. Te ne stai raggomitolato in quell’angolino da giorni, senza dire né fare nulla e sappiamo entrambi perché lo fai”.

“Ah si? E sentiamo perché?”

“Hai paura di me, di quello che potrebbe succedere. Lo sappiamo entrambi che tu non mi hai mai dimenticata, così come non l’ha fatto Stefan. Con lui c’era amore, con te, con te c’era la passione” fece un attimo di pausa, poi mi sembrò sentirla muoversi “ricordi come ci divertivamo io e te?”

[…]

“Katherine sta zitta” ripeté nuovamente lui.

“A volte tu e Stefan siete così simili” sbuffò lei, ma poi riprese a parlare “però vi divide una grossa differenza. Stefan è razionale ed è perfettamente in grado di controllarsi, tu, invece sei irrazionale, non sei in grado di gestire i tuoi istinti”.

Damon dovette fare un’espressione strana in volto, perché la vampira continuò.

“Cos’è non ci credi? Posso dimostrartelo”.

 

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 12 Aprile

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo Sedici ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Sedici

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Pov Elena

 

Era passata una settimana, una dannata settimana da quando Damon era rinchiusa nello scantinato insieme a Katherine e purtroppo io e gli altri non avevano fatto passi avanti. Al momento il modo, sempre se c’era uno, per spezzare quel maledetto incantesimo che teneva unite me e la vampira era per tutti un mistero.

Avevo pregato Bonnie e tutti gli altri perché facessero uscire Damon anche se questo avrebbe comportato far uscire anche Katherine, ma nessuno era dalla mia parte, neppure quel testone del mio fidanzato. Era meglio così, dicevano tutti, ma io non ci vedevo niente di buono in tutto quello che stava succedendo.

Una settimana senza poter stare con Damon, senza potermi fare cullare tra le sue braccia, una settimana da quando mi svegliavo la mattina senza averlo accanto e sinceramente quella situazione mi faceva soffrire più del normale.

Ero certa di amare Damon, lo ero già da un bel po’, ma credevo che non l’avrei mai potuto amare più di quanto già non facessi, invece, quei sette giorni lontana da lui mi avevano fatto capire quanto, invece, mi sbagliassi. A volte mi domandavo se il mio fosse un amore malato, non nel senso dispregiativo del termine, ma semplicemente un modo un po’ troppo eccessivo di amare qualcuno.

Avevo già affrontato una situazione del genere. Si, proprio un anno prima quando Stefan, per salvare Jeremy, era entrato nella cripta restando imprigionato con Katherine. Stavolta era diverso, però. Era terribilmente diverso e faceva troppo male, molto di più di quanto avessi dovuto sopportare allora.

E stavolta, a differenza di allora, nessuno mi impediva di scendere giù e restare ore e ore davanti alla porta di quella dannata stanza a guardare l’uomo che amavo, a fargli capire a sguardi che io ero lì e non me ne sarei andata. Damon, né gli altri, volevano che entrassi lì dentro. Dicevano che era pericoloso soprattutto adesso che la verbena in circolo nel mio corpo era stata espulsa. Katherine poteva attaccarmi nonostante fosse debole per via del sangue che noi rifiutavamo di darle e Damon lo stesso, visto che rifiutava tutto ciò che gli davamo dicendo che avrebbe dovuto condividerlo con lei e non ne aveva nessuna intenzione.

E così era trascorsa una settimana, una lunga ed estenuante settimana in cui non avevamo fatto un misero passo avanti. Stefan e gli altri non trovavano una soluzione e io, io ero completamente assente, come rinchiusa in una bolla dalla quale solo Damon avrebbe potuto farmi uscire, ma lui non c’era e seppur sentivo la sua presenza non riuscivo a reagire come avrei dovuto.

Poco mi importava di come il mio comportamento stesse influendo sugli altri, né tanto meno mi importavano le parole di Bonnie che non si spiegava i motivi del mio comportamento e sinceramente non ero neppure in vena di cercare di spiegarglieli anche perché erano rari i momenti in cui stavo con lei o con gli altri. Trascorrevo le mie giornate in camera di Damon, oppure seduta a terra vicino all’entrata dello scantinato.

Erano solo quelle due le mie mete giornaliere e me ne fregavo altamente che tutti fossero preoccupati, che tutti avessero un problema in più visto il mio assurdo e poco responsabile comportamento.

“Elena ti prego sali su e vai a riposare” mi disse Damon debolmente per la centesima volta nel giro di qualche ora.

Non mi ci voleva un genio per capire che non era nel pieno delle forze e mi faceva soffrire molto vederlo in quel modo.

Stava iniziando a diventare grigio come il cemento e sapevo che questo era solo l’inizio. Se non avrebbe bevuto sangue sarebbe solo peggiorato.

“Resto ancora un pò”.

“Sono ore che sei qui” si lamentò.

Lo so che lo faceva per me. Non voleva che lo vedessi in quello stato e non voleva che trascurassi così tanto me stessa.

“Ti do fastidio?” urlai quasi.

Non sopportavo più nulla, ogni minima parola, anche detta da lui, la interpretavo sempre nel modo sbagliato.

“Non sto dicendo questo”.

“Bene”.

Ci fu silenzio per qualche istante, poi lui riprese a parlare.

“Ti prego, sali su a mangiare”.

“Non ho fame”.

“Non fare la stupida e comunque restare qui non migliorerà la situazione”.

“Non mi importa”.

“Perché devi essere così testarda?” mi domandò sfinito.

“Per lo stesso motivo per cui lo sei tu”.

“Elena…” tentò ancora.

“Damon non mi muoverò di qui fin quando non lo deciderò io, fine del discorso” gli dissi cercando di mostrarmi dolce per quanto potevo vista la situazione e soprattutto alla vista del sorriso beffardo di Katherine.

“Bene” disse lui arrendendosi.

“Bene” ripetei io mentre lui abbassò di nuovo la testa portandola in mezzo alle ginocchia. Era tutto il giorno che era fermo in quella posizione: seduto a terra con la testa tra le gambe.

Mi voltai e guardai Katherine. Lei a differenza di Damon era comodamente seduta sulla sedia e nonostante fosse pallida come un lenzuolo manteneva la sua aria diabolica e il suo sorrisino malizioso.

Restai lì ancora per un bel po’ di tempo, poi mi decisi a salire su. Non dissi nulla, non serviva, tanto sarei tornata tra qualche ora.

Mi alzai e mi diressi verso l’uscita, ma sentii Katherine iniziare a parlare. Allora mi nascosi cercando di non fare rumore per non farmi sentire.

I loro sensi si erano indeboliti leggermente per via della mancanza di sangue, quindi potevo sperare che ciò unito al fatto che stavano per intavolare una discussione li avrebbe fatti distrarre dal capire che ero ancora lì.

“E così adesso state insieme” gli disse lei.

“Scusa?” domandò lui non comprendendo le sue parole.

“L’ho capito sai. Tu ed Elena, voi state insieme. L’ho osservata in questi giorni e ti guarda come se non esistesse nessuno al di fuori di te. Non le ho visto guardare nemmeno Stefan con quell’intensità”.

Damon non disse nulla e lei riprese.

“Ero sicura che ci saresti riuscito. Ti conosco molto bene e so che quando vuoi qualcosa trovi sempre il modo di prendertela”.

“Katherine sta zitta”.

“Mi domando solo fino a che punto sei riuscito a spingerti per ottenerla”.

“Non sono cose che ti riguardano”.

“Invece si, tesoro. Tutto quello che riguarda te e Stefan riguarda anche me”.

Potei leggere una nota di malizia in quella frase, ma non ci badai più di tanto.

“La amate così tanto che sareste disposti a tutto pur di salvarla. Guardati. Damon Salvatore, costretto dentro una stanza solo per aver salvato una donzella dalla grinfie della cattiva” disse con fare teatrale.

“Katherine chiudi quella dannata bocca. Non ho voglia di fare conversazione”.

“Di cosa hai paura Damon?”

Rabbrividì a quelle parole pensando a quello che poteva avere in mente quella stronza psicopatica.

“Io non so nemmeno cosa sia la paura”.

“Oh si, invece. Te ne stai raggomitolato in quell’angolino da giorni, senza dire né fare nulla e sappiamo entrambi perché lo fai”.

“Ah si? E sentiamo perché?”

“Hai paura di me, di quello che potrebbe succedere. Lo sappiamo entrambi che tu non mi hai mai dimenticata, così come non l’ha fatto Stefan. Con lui c’era amore, con te, con te c’era la passione” fece un attimo di pausa, poi mi sembrò sentirla muoversi “ricordi come ci divertivamo io e te?”

Un moto di rabbia mi percorse tutto il corpo. Ero certa che questo momento sarebbe arrivato. Katherine doveva pur trascorrere il suo tempo lì dentro in qualche modo e quale miglior modo per giocare?

“Katherine sta zitta” ripeté nuovamente lui.

“A volte tu e Stefan siete così simili” sbuffò lei, ma poi riprese a parlare “però vi divide una grossa differenza. Stefan è razionale ed è perfettamente in grado di controllarsi, tu, invece sei irrazionale, non sei in grado di gestire i tuoi istinti”.

Damon dovette fare un’espressione strana in volto, perché la vampira continuò.

“Cos’è non ci credi? Posso dimostrartelo”.

Dopo quelle parole sentii un rumore sordo, come di due massi che si scaraventano a terra. Affacciai leggermente la testa per vedere cosa era successo e ciò che vidi mi raggelò all’istante, mentre lacrime mute e silenziose presero a scendere copiose sul mio volto.

Katherine lo aveva buttato a terra e si era messa a cavalcioni su di lui accarezzandogli il petto con fare suadente. Il suo viso si avvicinava sempre di più a quello di lui e la mia gelosia cresceva a vista d’occhio. Non riuscivo a tollerare una scena del genere.

Damon era a terra immobile. Sembrava anche aver smesso di respirare.

“Lo so che mi desideri e so che non puoi resistermi. Tu mi ami ancora anche se non lo ammetterai mai” gli soffiò a qualche centimetro dalle labbra.

Damon non disse, né fece nulla e la mia rabbia ribolliva sempre di più. Io qui a soffrire per lui e loro lì che stavano per dare inizio al divertimento.

“Avanti Damon, possiamo trascorrere il nostro tempo qui in modo decisamente più utile”.

Dopo aver pronunciato quelle parole avvicinò le sua labbra a quelle di Damon, ma lui in quel momento sembrò come risvegliarsi dalla trans in cui era caduto.

In una frazione di secondo invertì le posizione e adesso era lui a trovarsi sopra di lei e ad avvicinare pericolosamente le sue labbra a quelle di lei.

Dio non ci potevo credere, non ci volevo credere.

“C’è una donna che desidero ed è la stessa donna che amo. E sai una cosa? Ti somiglia molto nell’aspetto, decisamente troppo, ma spiacente per il resto è totalmente opposta a te e vuoi o non vuoi tu non sei lei, quindi rimettiti a sedere e chiudi quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca” gli disse glaciale prima di prenderla per il braccio e scaraventarla al muro.

Una gioia inumana, inspiegabile, qualcosa che non avevo mai provato si impossessò di me. Lui amava me, solo me. Katherine era solo un lontano ricordo, ormai.

Avrei voluto correre da lui e abbracciarlo, baciarlo, farci l’amore, ma non potevo e mi sentivo perfino in colpa per non essermi fidata di lui, per aver pensato anche solo per un istante che lui avrebbe ceduto.

Katherine assunse un’espressione furiosa. Non credeva che Damon l’avrebbe rifiutata.

“Che diavolo vi ha fatto quella spocchiosa umana?” urlò furente.

Damon scattò verso di lei e la bloccò al muro.

“Chiamala di nuovo così e ti farò passare qui dentro le peggiori giornate della tua vita”.

“La ami così tanto da rinnegare l’amore che provi per me?” continuò lei imperterrita.

“È qui che ti sbagli. Non rinnego l’amore che ho provato per te” sottolineò la parola provato per farle capire meglio il fatto che adesso non era più così “rinnego solo la parte di me stesso che lo ha fatto, la parte che avrebbe fatto di tutto pur di riportarti alla vita”.

La lasciò andare e lei rimase a terra immobile prendendo però a ridere sguaiatamente.

“Mi fa piacere che lo trovi divertente”.

“Trovo divertente il fatto che tu credi che lei razionalmente ricambi i tuoi sentimenti. L’ho vista. In questi giorni l’ho osservata, ho sentito tutti i discorsi che fa su con gli altri e l’ho capito che state insieme, ho capito che anche Stefan ha accettato la cosa, ma ciò che con capisci è che il suo amore non può essere duraturo. Non potrà mai amarti per sempre. Lei ama questa umanità che ti ha fatto uscire fuori, ma lo sappiamo entrambi che è falsa. Tu sei crudele e spietato come me e quando lei se ne renderà conto, quando lei capirà che questa di adesso è solo una maschera ti lascerà solo e ti ritroverai di nuovo il cuore a pezzi” gli urlò contro.

Avrei voluto correre da lei e dirgli che erano tutte bugie. Io amavo Damon in tutto, anche nella sua parte crudele e sapevo che quella parte non sarebbe più uscita fuori. Lui non era il cattivo che tutti e perfino lui stesso avevano dipinto, era quella la maschera, non quello che era adesso.

“Correrò il rischio” furono le uniche parole di lui.

“Non impari mai, non è vero?” chiese lei sprezzante.

“Se hai ragione tu avrò tutta l’eternità per ricucire queste ferite. Adesso chiudi il becco e fai silenzio. Non ho più voglia di ascoltarti” gli urlò contro riuscendo a zittirla stavolta.

Katherine non aveva capito nulla e ringraziai con tutta me stessa Damon per non essersi fatto abbindolare da quelle parole. Ero orgogliosa di lui, di quello che era e di come aveva affrontato la situazione.

I due tornarono a fare silenzio e così mi decisi a salire in camera, ma incontrai Caroline che vedendomi in uno stato pietoso mi portò nella sua camera. Poco dopo sentimmo bussare piano alla porta e non ci volle molto per capire che fosse Bonnie.

Quando entrò vidi che aveva con sé un vassoio con del cibo.

Lo posò sul comodino, poi si sedette sul letto e mi abbracciò forte. A noi si unii anche Caroline e ci stringemmo in uno dei nostri abbracci collettivi, quelli che ci facevamo per darci forza l’una con l’altra, per dimostrarci che ognuna di noi c’era per l’altra indipendentemente da tutto e tutti.

Mi sentii un po’ in colpa per come le avevo trattate in quei giorni, ma se pensavo a Damon non potevo non fare così. In fondo era anche colpa loro se lui restava chiuso lì dentro, visto che nessuno era intenzionato a spezzare via l’incantesimo.

Poco dopo ci staccammo e tutte e tre ci mettemmo con le gambe incrociate sul grande letto che da più di un mese era diventato il rifugio di Caroline in quella grande casa.

Non dicemmo nulla. Restammo in silenzio per un tempo sconsiderevole. Spiegarmi il motivo era facile. Succedeva sempre così quando qualcuno di noi stava male e le altre non volevamo essere pesanti nei discorsi e nelle prediche, quindi ci limitavamo al silenzio consapevoli che era un modo per far sentire la propria presenza a chi tra noi stava male.

Quel silenzio, però, in quel momento non mi faceva affatto bene perché mi permetteva di ripensare a tutto quello che stava succedendo, a tutto quello che pian piano si stava sgretolando sotto le mie mani, a tutto quello che mi stavo perdendo con Damon spaventata più che mai che sarebbe rimasto lontano da me chissà ancora per quanto tempo.

“Elena, perchè non mangi qualcosa?” chiese poi Caroline all’improvviso indicando il vassoio che aveva portato Bonnie.

Scossi la testa, senza dire nulla.

“Non hai toccato niente oggi” mi informò l’altra.

“Non ho fame”.

“Non magiare non ci aiuterà a sistemare questa assurda situazione”.

“Non ho fame” ripetei insistente.

“Io non capisco perché stai reagendo così male alla cosa. In fondo sta bene lì sotto, più o meno” mi disse pacatamente Bonnie.

Alzai lo sguardo fino ad allora posato sulla coperta del letto e la guardai negli occhi notando davvero le sue perplessità. Fu a quel punto che non riuscii più a trattenere le lacrime, le ennesime lacrime di quella settimana.

“Tu non capisci mai nulla” sbottai e mi alzai dal letto correndo verso il mio unico rifugio: la camera di Damon.

Possibile che davvero fosse tanto ottusa su ciò che riguardava Damon da non capire davvero come stavano le cose?

Prima di arrivare a destinazione mi sentii bloccare per un polso. Era Stefan, avrei riconosciuto la sua stretta tra tante.

Mi voltai e incontrai il verde dei suoi occhi. Mi bastò leggergli dentro per capire che in fondo tra tutti lui era quello che mi capiva di più. La mia sofferenza era la sua sofferenza. Sapeva di non poter fare nulla per suo fratello, sapeva di non poter fare nulla per me. La stessa situazione in cui si era trovato Damon tempo prima, solo che lui e suo fratello era diversi e certo Stefan era quello meno combattivo tra i due.

In una frazione di secondo si avvicinò a me e senza dire nulla mi abbracciò più forte che poté.

Restai un attimo basita non aspettandomi quella reazione da parte sua, ma alla fine ricambiai l’abbraccio stringendomi a lui fortissimo, come se quelle braccia fossero la mia unica ancora di salvezza e, forse, forse lo erano.

Stefan in quella settimana c’era sempre stato, con uno sguardo, una parola, un abbraccio. Lo sentivo costantemente. Era lui che ogni notte entrava in camera di Damon per consolare le mie lacrime, era lui che mi teneva stretta a sé cercando per quanto gli era possibile di farmi stare meglio, era lui che usava il suo potere per incantare i miei sogni nonostante le immagini che metteva nella mia mente fossero per lui dannose.

E io ero un’egoista, ero egoista perché non lo scacciavo via, perché mi stringevo a lui come in quel momento e mi lasciavo cullare senza curarmi di quanto male lui dovesse sentirsi nel vedermi soffrire per qualcuno che non era lui. Sapevo bene tutte quelle cose, ma non riuscivo a mandarlo via. Io avevo bisogno di lui, avevo bisogno che mi sussurrasse piano che andava tutto bene, che si sarebbe risolto tutto, che Damon sarebbe uscito da lì dentro tornando a fare lo sbruffone di sempre.

“Lo farò uscire da lì, te lo prometto” furono le sue uniche parole mentre io lo strinsi più forte.

Poco dopo senza nemmeno che me ne accorgessi mi ritrovai sdraiata in camera di Damon con Stefan che mi stringeva a lui infondendomi quel coraggio che sembravo avere perso e mentre ancora le lacrime rigavano i miei occhi mi addormentai sperando che quando i miei occhi si fossero riaperti tutto sarebbe cambiato.

E invece, invece, non cambiò nulla. Qualche ora dopo mi svegliai accorgendomi che era notte fonda. Stefan era andato via e in quella grande stanza c’eravamo solo io, il mio dolore e le mie lacrime, quelle lacrime che continuavano a scendere copiose sul mio volto ogni misero secondo che pensavo a quegli occhi ghiaccio che mi avevano stregato.

Vidi una sua camicia appoggiata ai piedi del letto. Mi avvicinai e la presi annusandone il profumo. Sapeva ancora maledettamente di lui. C’era impresso sopra l’odore del profumo che usava, ma soprattutto l’odore naturale della sua pelle, quell’odore che accompagnava tutte le mie notti da un po’ di tempo a questa parte.

Mi domandavo cosa avessi fatto per meritarmi tutto quello che mi era successo nella mia vita. Possibile che meritassi tutte quelle sofferenze? Possibile che non potessi godermi un po’ di meritata felicità?

Tolsi la mia maglietta e infilai la sua camicia, ne avevo maledettamente bisogno, poi tornai a letto e mi rannicchiai in posizione fetale continuando a piangere cercando di non farmi sentire. Ero certa che ogni minimo rumore, anche il meno impercettibile fosse saltato all’orecchio di Stefan e Caroline, ma anche di Damon nonostante fosse notte fonda e di certo erano tutti addormentanti. Avrai tanto voluto non piangere, eppure non

riuscivo a trattenerle quelle lacrime. Ero disperata, una disperazione che non ero certa se ne sarebbe andata facilmente, non senza di lui di nuovo al mio fianco.

Restai tra quelle lenzuola bagnate di lacrime ancora per un po’, ferma immobile cercando di scacciare le lacrime, di mandarle lontane, ma mi veniva difficile, troppo.

Dopo non so quanto tempo mi alzai dal letto e uscii da quella camera, quella camera che mi ricordava i momenti più belli di tutta la mia vita, tutti quei preziosi momenti con lui.

Silenziosamente mi diressi verso la cucina e mi versai un po’ d’acqua, poi andai in salone, quel salone che in quei giorni era gremito di gente e che adesso era vuoto. Vicino al camino ormai quasi spento vidi un paio di libri aperti e dei fogli qua e là e non mi fu difficile capire che servivano per fare ricerche in merito a quel dannato incantesimo che mi teneva unita a Katherine, o almeno così credevo.

Provai a sfogliare qualche foglio, ma mi resi conto che era scritto tutto in perfetto latino e per quanto mi sforzassi, non riuscivo a capirci nulla. I fogli sparsi per terra erano invece pezzi di traduzione dei libri e sembravano vecchie maledizioni o informazioni varie su alcuni incantesimi.

Sistemai di nuovo tutto come lo avevo trovato e mi diressi nel corridoio pronta a salire in camera, ma qualcosa mi bloccò. Era come una spinta che mi diceva che non era quello il mio posto e io sapevo bene, invece, qual’era quello giusto, per questo cercando di non far rumore scesi le scale che conducevano al seminterrato.

Quando arrivai a destinazione mi avvicinai alla stanza e mi resi conto che sia Katherine che Damon dormivano.

Lei era sdraiata nella parete di fronte alla porta, mentre Damon era molto più vicino all’uscio, ma era seduto con le spalle al muro, le ginocchia quasi al petto, le braccia sulla pancia e la testa leggermente inclinata di lato. Doveva stare scomodissimo.

La sua espressione era comunque angelica, ma era stanco e sfinito. Il suo volto

sembrava essere diventato un pezzo di cemento.

Senza pensarci due volte varcai quella soglia che durante tutta la settimana mi era stata vietato da chiunque di oltrepassare e a passo felpato mi avvicinai al mio ragazzo. Mi sedetti poco vicino a lui e gli baciai una guancia prima di prendere la sua mano e portarla nella mia rendendomi conto che era fredda come il ghiaccio.

Dio da quanto desideravo un contatto con lui.

Non feci in tempo a stringermi al petto quella mano che vidi i suoi occhi aprirsi e due iridi zaffiro fissarmi intensamente, ma allo stesso tempo con sorpresa.

“Cosa ci fai qui dentro?” mi mimò con le labbra.

Non poteva parlare, farlo avrebbe fatto svegliare i sensi acuti della vampira a qualche metro da noi.

Non risposi alla sua domanda, ma feci quello che avrei voluto fare da tanto tempo. Gli buttai le braccia al collo e lo stritolai in un abbraccio.

Lui rimase fermo, non aveva nemmeno più la forza di parlare e non potevo fargliene una colpa. Era abituato a nutrirsi regolarmente e una settimana senza sangue era inconcepibile anche solo da pensare.

Lo strinsi a me più forte che potei, ma senti subito che c’era qualcosa di diverso. In quell’abbraccio per quanto mi sentissi a casa mancava qualcosa, mancava quel calore che solo lui riusciva a darmi.

Avrei tanto voluto correre a prendergli del sangue, ma sapevo che non me l’avrebbe permesso. Avrebbe dovuto condividerlo con Katherine e al momento ciò che più ci serviva era una Katherine sfinita, stanca e attaccabile.

Fu questione di pochi secondi prima che mi venne un’idea.

Mi staccai dall’abbraccio e lo guardai dritto negli occhi.

“Ti amo” gli mimai e lui mi sorrise debolmente.

“Non dovresti essere qui” mi disse a fatica.

Non gli risposi, ma mi avvicinai a lui e posai le mie labbra sulle sue. Un bacio stampo molto casto, forse il più casto che ci eravamo mai dati.

Mi era mancato da morire quel contatto.

Quando ci staccammo avvicinai il mio polso alle sue labbra sorridendogli fiduciosa, ma lui allontanò il suo viso voltandolo dall’altro lato.

Appoggiai la mia mano alla sua faccia costringendolo a voltarsi. Lui fece resistenza, ma alla fine mi guardò.

“Ne hai bisogno”.

“Ma anche no”.

“Perché sei così testardo?”

Lui sorrise e non mi rispose, ma ciò che fece mi mandò in tilt.

Si avvicinò nuovamente a me e mi fece appoggiare la mia testa nell’incavo tra il suo collo e il suo petto, poi appoggiò una mano sulla mia testa e mi strinse forte lasciandomi un delicato bacio sulla testa.

In quel momento il mondo si sarebbe anche potuto fermare, non mi interessava nulla. Avevo tutto ciò di cui avevo bisogno.

E strano come a volte stai accanto ad una persona per tanto tempo e magari non ci fai neppure caso, poi un giorno sembra come se per magia i tuoi occhi si fossero aperti e ti rendi conto che quella persona che hai avuto accanto è l’unica della quale non puoi più fare a meno.

“Ti prego, fallo” sussurrai appena.

Ero certa che capisse a cosa mi stavo riferendo.

“No”.

“Amore, ti prego. Ne hai dannatamente bisogno”.

“Forse o forse no”.

Mi scansai leggermente per poterlo guardare negli occhi e alzai un sopracciglio come a fargli capire che sapevamo tutti e due come stavano le cose.

“Ok, ne ho bisogno, ma non lo farò”.

“Te lo sto chiedendo io”.

“Elena potrei…” provò a dire, ma lo interruppi.

“Non dire che potresti farmi male, non lo farai”.

“Ne sembri certa”.

“Lo sono infatti. Io mi fido di te”.

“Non so se questo sia un bene o un male”.

“La smetti di parlare? Mi fido di te più di chiunque altro. Stop. Io mi fido, io credo in te”.

Gli feci una leggera carezza, poi avvicinai di nuovo il mio braccio alle sue labbra.

“Ti prego” lo esortai ancora.

Lui non si mosse, ma mi guardò negli occhi forse cercando di capire cosa davvero pensavo. Non so cosa ci vide, ma mi sorrise debolmente.

“Non ti farò del male, te lo prometto”.

“Non serve che tu lo prometta, io lo so già”.

Gli sorrisi cercando di infondere in quel movimento di labbra tutto il mio amore, poi sentii qualcosa di appuntito perforarmi la carne del polso. Credevo che sarebbe stato doloroso, eppure non sentii nulla, forse perché in quel momento il dolore fisico non aveva importanza in paragone a quello che stavo facendo per Damon.

Sentii il mio sangue scorrere via e in quel momento mi sembrò come se il rapporto con Damon stesse diventando più profondo. Donargli spontaneamente il mio sangue era un gesto forte, me lo aveva detto Stefan una volta, diceva che per gli esseri come loro ricevere sangue volontariamente era qualcosa di intimo, qualcosa che creava un rapporto intenso con una persona.

Quando Damon si staccò vidi finalmente l’uomo di cui mi ero innamorata. I suoi occhi erano tornati a brillare, la sua pelle aveva ripreso bene o male il solito colorito e il suo sorriso e la sua espressione era tornata ad essere quella spavalda di sempre.

Mi guardò e poi si avvicinò baciando le mie labbra in un bacio che di casto non aveva nulla e ad essere sincera non aspettavo altro. Era una settimana intera che bramavo quelle labbra.

“Prendine ancora un po’” gli dissi quando poi ci staccammo.

“Questo basta”.

“Damon…” lo rimproverai.

“Mi sento molto meglio. Giuro che questo mi basta”.

“Sicuro?”

“Ti amo Elena” mi disse all’improvviso ignorando bellamente quanto gli avevo appena detto.

Sorrisi a quelle parole. Sapevo che mi amava, ma era sempre bello sentirselo dire, soprattutto da lui che difficilmente riusciva ad esternare a parole i suoi sentimenti.

“Mi sei mancato” riuscii a dire io appoggiando di nuovo il mio volto al suo petto.

“Ah si?” mi sussurrò malizioso al mio orecchio prima di baciarlo.

Sembrava come se lì dentro adesso ci fossimo solo noi. Ci eravamo completamente dimenticati di Katherine che per fortuna era troppo debole per riuscire a sentire i nostri sussurri visto che dormiva.

Mi avvicinai e lo baciai una volta, due, tre e poi ancora e ancora. Non desideravo altro.

“Mi sei mancata anche tu” mi disse poi.

“E dovrei crederci? Direi che sei stato in ottima compagnia” lo provocai lanciando uno sguardo veloce a Katherine.

“Sei gelosa della stronza?” mi domandò sorridendo.

“Dovrei esserlo?”

“In effetti diciamo che ci siamo divertiti in questi giorni” mi provocò.

“Stronzo” gli risposi dandogli uno sberla sul petto, ma senza staccarmi dalle sue braccia.

“Me lo dicono in tanti in effetti” mi disse sorridendo soddisfatto per poi baciarmi la fronte.

“Non mi fa ridere”.

“Per me esisti solo tu e nessun’altra” mi sussurrò appena.

A quel punto lo guardai e sorrisi sincera prima di tuffarmi nelle sue labbra morbide, invitanti e tremendamente sexy.

In quel momento sentii un mugolio e mi voltai a guardare Katherine. Si era spostata mugugnando qualcosa di incomprensibile. Damon che, ormai, grazie al mio sangue aveva i sensi di nuovo più o meno acuti assunse un’espressione strana.

“Si sta per svegliare”.

Mi strinsi di più a lui perché sapevo il significato di quelle parole. Dovevo andare.

“Non mandarmi via” lo pregai.

“Non saresti nemmeno dovuta entrare. È pericoloso” mi rispose prima di buttare gli occhi di nuovo sulla vampira “fra due minuti esatti si sveglierà” concluse poi forse notando che il respiro della psicopatica stava tornando regolare.

“Non mandarmi via” ripetei di nuovo.

“Vorrei non doverlo fare”.

“Non farlo allora”.

“Devo”.

“Solo fino a domattina, ti prego. Sei più forte di lei adesso e non mi potrà fare nulla”.

“Elena…” provò a dire.

“Ti prego” lo supplicai scansandomi da lui e guardandolo negli occhi.

“Non posso correre questo rischio. È di Katherine che stiamo parlando e sai quanto può essere imprevedibile”.

“Ho bisogno di te, lo capisci? Senza di te non riesco a sostenerla più questa situazione”.
“Elena…” tentò di nuovo lui.

“Damon hai idea di cosa significhi trascorrere una settimana lontano dalla persona che ami più di ogni altra cosa? Vederla, ma non poterla toccare, sentirla, ma non poterla baciare? Non c’è la faccio più. Se correre pericoli, se rischiare di finire cibo per vampiro è il prezzo da pagare per doverti stare accanto allora sono pronta a pagarlo” gli sussurrai a qualche centimetro dalle sue labbra.

“Lo so cosa significa, lo so benissimo” mi disse interrompendosi con sguardo sofferente e non potei fare a meno di capire che lui lo sapeva meglio di me cosa significasse.

Lui stava vivendo la mia stessa situazione, ma soprattutto lui l’aveva già vissuta in passato quando mi era stato accanto per tanto tempo restando nell’ombra e solo adesso riuscivo a capire davvero cosa questo significasse.

Senza nemmeno volerlo davvero ero stata un’egoista, mi ero comportata male ferendo i suoi sentimenti molto più di quanto avessi mai potuto credere.

Poi riprese a parlare.

“Ti prometto che troveremo una soluzione, che uscirò da qui, ma adesso devi andartene”.

“Damon…” tentai ancora.

“È difficile per te tanto quanto lo è per me. Cosa credi che non vorrei che restassi qui? Che non ti vorrei accanto?”

Katherine mugugnò nuovamente e al quel punto Damon si alzò in piedi facendo alzare anche me.

“Ti amo Elena, ti amo più di ogni altra cosa al mondo e se anche tu mi ami ti prego vai via adesso” mi disse guardandomi serio e disperato prendendo il mio volto tra le mani.

Puntò proprio sull’unica cosa che sapeva mi avrebbe fatto cedere.

“Quando finirà tutto questo?” domandai mentre le lacrime iniziarono di nuovo a bagnarmi il viso.

“Presto, finirà presto, è una promessa”.

“Una di quelle che non sei certo di poter mantenere”.

“Non faccio mai una promessa che so di non poter mantenere, dovresti saperlo”.

Mi avvicinai e lo baciai a fior di labbra in quello che sembrò essere un bacio di disperazione, ma allo stesso tempo di amore, tanto amore.

“Staremo insieme per sempre, promettimelo?”

Damon stava per aprire la bocca, ma vidi la sua espressione cambiare radicalmente e prima ancora che una risata malefica si diffuse nell’aria mi ritrovai schiacciata al muro dal suo corpo.

Non ci volle molto per capire che Katherine si era svegliata e mi aveva sentito, per questo adesso rideva, mentre Damon si era parato di fronte a me per farmi da scudo.

Il mio sangue non aveva più verbena. Se solo Katherine si fosse avvicinata si sarebbe potuta cibare di me, in men che non si dica.

“Sciocca, non te l’hanno mai insegnato che per quelli come te è vietato dire per sempre? Il per sempre per voi umani è un’illusione. Voi siete per l’adesso” disse alzandosi da terra e avvicinandosi.

Non riuscii a dire nulla. Ero troppo spaventata, ma sapevo che c’erano Damon. Lui aveva bevuto il mio sangue ed era certamente più forte di lei.

In una frazione le fu accanto e la scaraventò al muro parandosi davanti per non farla muovere.

“Elena esci” mi disse Damon.

Io ero come impietrita. Le parole di Katherine risuonavano ancora nella mia testa e mi impedivano di essere lucida.

“Adesso” urlò lui di nuovo e solo in quel momento sembrai tornare in me.

Corsi fuori e quando superai l’uscio Damon era già tornato dove era prima lasciando Katherine a terra più debole che mai. Il suo volto però, nonostante tutto, mostrava lo stesso un’espressione diabolica.

“Stupida umana” si lamentò riuscendo a fatica a parlare.

A quel punto non c’è la feci più e scoppiai. Ero stanca di restare in silenzio nel vedere quella situazione, ero stanca di dover restare ferma ad aspettare che qualcosa cambiasse, ma soprattutto ero stanca di dover rinunciare alla mia felicità per colpa di quella sua stupida vendetta.

“Sai che c’è Katherine? C’è che puoi continuare a fare la stronza quanto vuoi, c’è che puoi continuare ad elaborare tutti i piani di vendetta che più desideri, ma non riuscirai mai a togliermi quello che mi appartiene. Io non ti ho rubato nulla, non è colpa mia se Damon e Stefan non ti amano più, è solo colpa tua e dei tuoi giochetti. Hai fatto la burattinaia fin quando hai voluto e adesso i burattini sono stanchi di correre dietro ai tuoi capricci. Continua pure a credere di avere la vittoria in pugno, continua a credere di potermi rendere infelice come stai facendo, ma sappi che prima o poi le cose cambieranno. Riavrò indietro la mia vita, riavrò indietro Damon. Non può piovere per sempre” dissi alzando leggermente il tono di voce.

Il mio ragazzo era stupito da quella mia reazione, ma mi regalò un sorriso beffardo da ritenersi illegale, un sorriso che sembrò dirmi “sono fiero di te”, mentre la psicopatica mi guardò sconvolta da quelle mie parole, come se non se le aspettasse, ma fu solo un attimo perché poi riprese a ridere malefica.

“L’importante è crederci” mi disse solamente.

Non risposi, non avevo nient’altro che aggiungere. Avremmo vinto noi, non sapevo come né quando, ma sapevo che sarebbe successo.

“Buonanotte amore” dissi poi rivolgendomi a Damon.

Lui mi sorrise e mi mimò qualcosa con le labbra. Non mi fu difficile capire cosa mi stessi dicendo.

“Te lo prometto”.

Sapevo che era la risposta alla richiesta che gli avevo fatto poco prima.

Saremmo stati insieme per sempre e se lo aveva promesso significava che era la verità.

Se c’era una cosa in cui potevi fidarti in modo assoluto era della parola di Damon.

A malincuore mi allontanai per salire in camera.

“Elena” mi sentii chiamare da Damon e mi voltai di nuovo per capire cosa volesse.

“Si?”

“Bella questa camicia” mi disse indicando ciò che avevo addosso.

Solo allora mi ricordai che sopra i jeans indossavo la sua camicia.

Sorrisi alle sue parole, poi ne presi un lembo e ne annusai il profumo, il suo profumo.

“Concordo mister modestia” scherzai io.

Anche lui mi sorrise, poi mi fece cenno con la testa di tornare su e non me lo feci più ripetere.

Girai i tacchi e salii in camera sua, mentre sentii la vampira lamentarsi, ma non riuscii a capire cosa diceva. Parlava troppo piano.

Arrivai in camera di lui con una consapevolezza nuova. Qualunque cosa fosse successa Damon sarebbe stato al mio fianco e avrebbe continuato ad amarmi, ma soprattutto sarebbe uscito da lì presto, me lo aveva promesso e lui manteneva sempre fede alla promesse fatte.

Era fatto così, sarebbe morto pur di mantenere una promessa.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con un nuovo capitolo.

Ho notato dalle recensioni che tutti eravate molto preoccupate da come si sarebbe comportato Damon e, invece, come avete notato è stato perfetto.

Ha dato il ben servito a Katherine e questo credo sia stata una grande dimostrazione nei confronti di Elena, anche se lui non aveva idea che lei stesse assistendo a tutta la scena.

Damon ha promesso a Elena che uscirà e lui mantiene sempre le promesse fatte. Ci riuscirà anche stavolta? Anche Stefan ha promesso la stessa cosa. Ci riuscirà anche lui a mantenere fede alla parola data?

Non possiamo che sperarlo.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:

 

 

“Vuoi la verità? La vuoi davvero? Bene, ti accontento. Non è stato Stefan a dare del sangue a Damon” dissi quasi in un sussurro.

“Scusa?”

Era stupita, non riusciva a capire.

[…]

 “Sono stata io” riuscii a sussurrare sperando che mi sentisse.

Il suo sguardo divenne una maschera di terrore. Rimase in silenzio per qualche secondo poi mi guardò furiosa mentre io misi di nuovo il polsino per nascondere la ferita.

“Che diavolo ti salta in mente si può sapere? E se non si fosse controllato? Dio Elena, ti avrebbe potuta uccidere. Tu sei completamente fuori di testa” mi urlò contro.

“Io mi fido di lui e faresti bene a farlo anche tu”.

“Ti fidi? Tu sei pazza. Era a digiuno da una settimana, avrebbe potuto non sapersi fermare. Ti rendi conto che grande rischio hai corso? Damon non ha l’autocontrollo di Stefan”.

“Damon e Stefan sono due persone distinte, sono diversi in tutto, non serve che li metti sempre a paragone”.

“Ecco appunto, sono due opposti”.

“Uno è buono e l’altro è cattivo, non è vero? Non è forse questo quello che pensi? Se al posto di Damon ci fosse stato Stefan non ci sarebbero stati problemi se gli avessi dato il mio sangue per farlo stare meglio, non è forse così?”

“Stefan non ti avrebbe mai fatto del male”.

“E invece Damon si?” gli urlai più arrabbiata che mai.

Era ottusa, ecco cos’era.

 

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 19 Aprile

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciassette ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Diciassette

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Pov Elena

 

Il tempo passa, anche quando sembra impossibile, anche quando il rintocco di ogni secondo fa male come il sangue che pulsa nelle ferite. Passa in maniera disuguale, tra strani scarti e bonacce prolungate, ma passa. Persino per me.

Altri tre giorni erano trascorsi e non avevamo fatto nessun passo avanti, se non per il fatto che ogni notte mi intrufolavo nello scantinato aspettando che Katherine si mettesse a dormire per poi entrare dentro buttandomi tra le braccia del mio vampiro dandogli un po’ del mio sangue per mantenerlo quanto meno in forze.

Gli altri si erano chiesti come fosse possibile che Damon avesse riacquistato le forze, ma Stefan che aveva capito tutto mi aveva coperto con Bonnie dicendo che era stato lui a dare una sacca di sangue a Damon approfittando nel momento in cui Katherine dormiva.

Lei sembrava averci creduto, ma se credevo di passarla liscia mi sbagliavo, in quanto Stefan mi aveva fatto una predica assurda sul fatto che rischiavo un casino a fare quello che stavo facendo, esattamente le stesse cose che ogni notte mi ripeteva Damon. In fondo non erano poi così diversi come credevano.

Finii di mangiare, avevo promesso a Damon di farlo, e mi alzai dal tavolo per pulire ciò che avevo sporcato.

“Posso darti una mano?” mi domandò Bonnie entrando in cucina.

Annuii e lei si avvicinò al lavandino e insieme iniziammo a ripulire tutto.

Restammo in silenzio per un po’, poi lei si decise a parlare.

“Damon sta molto meglio, non trovi?” mi domandò.

“Solo perché ha bevuto del sangue non significa che stia meglio”.

“Mi chiedo solo come abbia fatto a convincere Stefan a farselo dare. In fondo era pericoloso se Katherine si fosse svegliata”.

“Cosa ti fa credere che sia stato Stefan a farsi convincere e non il contrario?” le domandai leggermente stizzita dal fatto che sembrava fosse ovvio come aveva detto lei.

“Beh, conosco Damon” mi disse mentre le passavo una ciotola, una ciotola che non arrivò mai alle sue mani perché mi cadde finendo a terra.

Per fortuna era di plastica e non si ruppe.

Lei mi guardò stranita e dalla mia espressione comprese come la sua frase mi avesse mandato il cervello in fumo.

“Ma che diavolo dici? Tu non conosci Damon, non l’hai mai voluto conoscere” le sputai in faccia cercando di mantenere però un tono pacato riuscendoci a malapena.

“Elena calmati” disse lei voltandosi a guardarmi.

Non le diedi retta e sbottai senza nemmeno volerlo fare davvero.

“No, non mi calmo Bonnie. Mi sono stufata di tutta questa storia. Damon ha fatto tanti sbagli e io sono la prima a riconoscerlo. Ha trasformato Vicki costringendo poi Stefan ad ucciderla, ha ucciso Lexie, la migliore amica di suo fratello, si è nutrito di un sacco di persone uccidendole poi e ha ucciso Jeremy. Potrei stare ore e ore ad elencare le cose brutte che ha fatto, ma potrei stare giorni ad elencare anche le cose buone che ha fatto e credimi ne ha fatte tante solo che tu non le hai mai volute vedere perché ti faceva più comodo così. Cosa conosci di lui, eh? Avanti Bonnie illuminami, cos’è che sai di lui?”

Stavo urlando lo sapevo, ma forse era giusto così. Eravamo alla resa dei conti, una resa dei conti che avremmo dovuto avere molto tempo prima.

“Potresti evitare di urlare? Ci sentono tutti”.

“E allora? Qual è il problema?”

“Senti Elena, lo so che non hai preso bene la storia di lui chiuso là sotto, ma datti una calmata. Stai esagerando”.

“Sto esagerando? Ma dico ti senti? Le senti le cose che dici? Non perdi occasione per attaccarlo, come adesso ad esempio. Come se fosse scontato che fosse stato lui a costringere Stefan a dargli del sangue. Beh non è stato lui a farlo, anche se ne avrebbe avuto tutti i diritti visto che era lì sotto a digiuno da una settimana” sbottai furiosa.

Era giunto il momento della verità e in quel momento maledii me stessa per non aver trovato il coraggio di parlarle prima e rivelarle come davvero stavano le cose.

“Scusa se mi sembra strano che non sia stato lui a costringerlo, in fondo Stefan era stato categorico: Niente sangue. Non potevamo correre il rischio che anche Katherine ne bevesse” mi rispose lei.

“A dire il vero è stato Damon quello categorico e tutti ci siamo limitati a fare come diceva lui” la corressi.

“E allora cosa è cambiato?”

Aveva alzato il tono di voce, così mi voltai a guardarla e potei notare che anche lei si stava leggermente stizzendo.

Non volevo litigare con lei, era la mia migliore amica, ma era giunto il momento che mettessimo le cose in chiaro. Lei avrebbe dovuto accettare Damon.

“Vuoi la verità? La vuoi davvero? Bene, ti accontento. Non è stato Stefan a dare del sangue a Damon” dissi quasi in un sussurro.

“Scusa?”

Era stupita, non riusciva a capire.

Mi avvicinai a lei e mi tolsi un polsino che avevo indossato per nascondere il morso sul polso per evitare che qualcuno si accorgesse della cosa.

Avvicinai il polso a lei e gli mostrai quei due puntini rossi che non erano ancora andati via visto e considerato che fino alla sera prima Damon aveva bevuto il mio sangue.

Bonnie non capii subito il mio gesto, ma quando guardò il polso e vidi i due segni si rese conto di cosa era successo.

“Sono stata io” riuscii a sussurrare sperando che mi sentisse.

Il suo sguardo divenne una maschera di terrore. Rimase in silenzio per qualche secondo poi mi guardò furiosa mentre io misi di nuovo il polsino per nascondere la ferita.

“Che diavolo ti salta in mente si può sapere? E se non si fosse controllato? Dio Elena, ti avrebbe potuta uccidere. Tu sei completamente fuori di testa” mi urlò contro.

“Io mi fido di lui e faresti bene a farlo anche tu”.

“Ti fidi? Tu sei pazza. Era a digiuno da una settimana, avrebbe potuto non sapersi fermare. Ti rendi conto che grande rischio hai corso? Damon non ha l’autocontrollo di Stefan”.

“Damon e Stefan sono due persone distinte, sono diversi in tutto, non serve che li metti sempre a paragone”.

“Ecco appunto, sono due opposti”.

“Uno è buono e l’altro è cattivo, non è vero? Non è forse questo quello che pensi? Se al posto di Damon ci fosse stato Stefan non ci sarebbero stati problemi se gli avessi dato il mio sangue per farlo stare meglio, non è forse così?”

“Stefan non ti avrebbe mai fatto del male”.

“E invece Damon si?” gli urlai più arrabbiata che mai.

Era ottusa, ecco cos’era.

“Senti Elena, io lo so che Damon ti vuole bene, so anche che a modo suo ti ama, ma è fuori controllo. Non puoi mai prevedere cosa può fare. Mi chiedo solo perché, perché hai rischiato così tanto”.

“Proprio non ci arrivi, vero Bonnie?” diminuii il mio tono di voce.

Eravamo giunti al punto.

“Non ci arrivo a cosa?”

“Io…io lo amo” sussurrai appena.

“Cosa?” mi urlò addosso sconvolta.

Non riuscivo a capire perché dovesse reagire in quel modo.

“Io mi sono innamorata di Damon” le risposi questa volta usando un tono di voce alto, fermo e deciso.

“Tu sei pazza. Non puoi amare un mostro”.

“Mi dici cosa diavolo ti ha fatto di così terribile per giudicarlo così aspramente? Gli altri sono riusciti a perdonarlo, tutti, nonostante avesse fatto a loro cose decisamente peggiori di quelle che ha fatto a te”.

“Provo a riassumerti tutto in un’unica parola, forse ti renderà il concetto più semplice: è un assassino”.

A quel punto sbottai. Mi voltai a guardarla e la fulminai con lo sguardo.

“Allora te lo riassumo io un altro concetto. Io sto con Damon e ci amiamo. Se ti sta bene sono contenta, altrimenti a questo punto non so proprio cosa fare. È un problema tuo, non mio”.

“Tu e lui…voi state assieme? E Stefan?” mi domandò sconvolta.

“Stefan ha capito che amo Damon e mi ha lasciata libera di vivermi la mia felicità”.

“E questo non dovrebbe farti capire che è lui la persona migliore? Damon non lo avrebbe mai fatto se fosse successo il contrario”.

“Probabilmente hai ragione, non lo avrebbe fatto, ma stiamo parlando di Stefan non di Damon”.

“Possiamo almeno ragionare sulla cosa?” mi chiese calmando i toni.

“Non c’è nulla su cui ragionare. Io e lui stiamo insieme e non c’è niente che tu o nessun altro possiate fare per cambiare le cose”.

“Da quanto tempo va avanti la cosa?”

“Da un mese più o meno”.

“E posso capire perché lo vengo a sapere solo adesso?” urlò inferocita.

“Per questa”.

“Questa cosa?”

“La tua assurda e immotivata reazione. Ero certa che l’avresti presa malissimo e sinceramente volevo trovare un modo meno indolore per fartelo sapere, magari riuscendo a farti capire quanto Damon sia diverso dalla persona che era quando è arrivato qui”.

“Chi altri lo sa?” mi domandò lasciando correre le mie parole e io abbassai lo sguardo “Jeremy?” continuò poi lei.

“Si”.

“Caroline?”

“Anche”

Provò a dire qualcosa, ma la fermai subito.

“Ti risparmio l’elenco. Lo sanno tutti. Gli ultimi a saperlo sono stati Tyler e Matt. L’ho detto loro ieri, ma l’avevano già capito”.

“Cioè tu mi stai dicendo che tutti sapevano questa cosa e nessuno si preso la briga di venirlo a dire a me?”

“Sinceramente avevamo un problema molto più grosso da risolvere che una tua scenata isterica”.

Stavo esagerando lo sapevo, ma era giusto che sapesse tutto ciò che pensavo. Solo così avremmo potuto sperare di superare le cosa, di mettere una pietra sopra a tutti questi rancori e dissapori e andare avanti.

“È assurdo”.

“No, sei tu assurda. Hai gli occhi bendati”.

“Elena io ti voglio bene come ad una sorella, forse di più e non posso permettere che tu ti rovini la vita con un’esemplare del genere”.

Dire che a quelle parole il fumo mi uscii dal naso e dalle orecchie era dire una baggianata.

Non è che ero arrabbiata, di più.

“Riusciremo a trovare un punto d’unione?” domandai prima di scoppiare.

“Damon non mi piace e non mi piacerà mai”.

“Non deve piacerti, non sei tu che devi starci”.

“Sei la mia migliore amica”.

“E allora accetta la mia decisione e basta”.
“Non posso accettare uno sbaglio di cui ti pentirai per il resto della vita”.

“Se è davvero uno sbaglio, fammi sbagliare”.

“Non voglio essere qui un giorno a doverti dire te lo avevo detto”.

“E allora cosa dovremmo fare?”

“Sai benissimo cosa dovresti fare”.

“Ok, Bonnie, ci ho provato a fartelo capire e credevo che alla fine dopo un po’ di storie lo avresti capito e mi avresti appoggiato, ma mi sbagliavo. Forse non ti conosco così bene come credevo…” iniziai a dire.

“Elena…” mi interruppe lei.

“No, fammi finire. Io amo Damon e non ho intenzione di rinunciare a noi due, quindi ti chiedo solo di capirmi e comportarti da amica. Bonnie, ti prego, non costringermi a fare una scelta perché sai quanto ti voglio bene, non farlo perché sceglierei lui”.

Non avrei mai voluto dire quelle cose, ma purtroppo non riuscivo a pentirmene. Io non avrei mai potuto rinunciare a Damon, non adesso che avevo capito di amarlo così tanto.

Vidi la sua espressione cambiare e i suoi occhi diventare lucidi per via delle lacrime che cercava di non far uscire.

Sarei voluta correre tra le sua braccia e abbracciarla dicendole che tutto si sarebbe risolto, ma non potevo, non se lei si ostinava a non voler approvare la mia storia.

“Voglio solo il tuo bene” riuscì a dirmi abbassando lo sguardo e asciugandosi una lacrima che prepotente era uscita fuori bagnandole una guancia.

“Il mio bene è Damon” le dissi forse un po’ troppo dura.

Stava per dire qualcosa, per ribattere, ma l’ingresso di Jenna in cucina non lo permise.

“Scusate, non volevo interrompere nulla” disse non appena vide la scena che le si parava davanti agli occhi “Bonnie, Stefan ti vuole di là. È importante” aggiunse poi riferendosi alla mia amica.

Bonnie non disse nulla, annuii solamente, poi si asciugò gli occhi e uscii dalla stanza.

Jenna mi venne vicino e mi mise una mano sulla spalla e fu allora che non c’è la feci più e scoppiai a piangere buttandomi tra le sua braccia.

“Non capirà mai” dissi solamente.

Lei non disse nulla e mi strinse a sé. Restammo in quella posizione per minuti interminabili, poi mi staccai e lei mi guardò cercando di asciugarmi le lacrime.

“Le hai detto di Damon?” mi domandò anche se sapeva già quale fosse la risposta.

Annuii impercettibilmente e lei continuò.

“E l’ha presa male, giusto?”

“È Bonnie e lui è Damon, come vuoi che l’abbia presa”.

“Vedrai che si aggiusterà tutto. Ti vuole bene e capirà”.

“Non credo”.

“Ci vorrà del tempo, ma capirà, fidati”.

“E se così non fosse?”

“Sarà così vedrai. Quando capirà quanto tu sia felice con lui metterà i suoi disappunti di lato. La vostra amicizia è più forte di tutto”.

“Lo spero, lo spero tanto”.

Jenna mi accolse nuovamente in un abbraccio e quando mi staccai le sorrisi.

“Grazie”.

“Hey, grazie di cosa? Io che ci sto a fare qui, altrimenti?”

Ci guardammo e sorridemmo entrambe.

“Vado a prendere un po’ d’aria”.

“Un po’ d’aria? Elena fuori c’è un temporale” mi fece notare quasi sconvolta.

“Lo so, ma mi farà bene. Tu sai che amo la pioggia e che in momenti come questi mi aiuta”.

“Già è vero. Tu sei come tua madre”.

Le sorrisi e mi diressi fuori, incurante del fatto che fossi uscita con una maglietta leggera e senza giubbotto.

In quel momento l’ultima cosa a cui pensavo era la mia salute.

Mi sedetti su una specie di blocco di pietra posto dopo il portico e finalmente sentii le gocce di pioggia colpire il mio corpo, la mia pelle, i miei capelli, i miei vestiti.

Stranamente era salutare tutto quello perché lì, potei finalmente scoppiare a piangere senza nessuno che mi vedesse.

Mamma diceva sempre che la pioggia era bella, era meravigliosa perché permetteva a chiunque di girare a testa alta con il viso coperto dalle lacrime. Nessuno se ne sarebbe accorto perché le lacrime si sarebbero mischiate con le gocce di pioggia.

E in quel momento cullata da quelle parole le mie lacrime iniziarono a scorrere copiose pensando a tutto quello che era successo nella mia vita nell’ultimo periodo.

Ero stanca di dover sempre spigare tutto, di dover sempre trovare delle giustificazioni ai miei comportamenti, stanca di non poter essere felice come avrei voluto, stanca che succedesse sempre qualcosa che mi impedisse di sorridere a testa alta.

Non avrei rinunciato a Damon né per Bonnie, né per nessun altro e questo lo sapevo con certezza.

Ero sempre stata educata in un certo modo e avrei portato alla tomba tutti gli insegnamenti dei miei genitori. Mi avrebbero accompagnata per sempre e loro mi dicevano sempre: Non rinunciare mai a quello che ami altrimenti perderai per sempre la tua parte migliore”.

Non l’avrei mai creduto possibile, ma la mia parte migliore era quella che usciva fuori quando stavo con lui, era lui la mia parte migliore, l’unica parte della quale non avrei mai potuto fare a meno. Non potevo e sinceramente nemmeno volevo.

Forse, avrei sbagliato come diceva Bonnie, o forse no, ma se non avrei tentato non l’avrei mai saputo.

Il cuore detta regole insensate, lo sapevo bene, mentre la testa è quella che ci suggerisce la giusta via e forse razionalmente mi stavo impelagando in qualcosa di più grande di me, ma poco importava. Io ero un essere umano e l'essere umano è incline a complicarsi la vita, perciò ascolta il cuore ed era quello che stavo facendo io.

Era giusto, tutto quello che avevo detto a Bonnie era giusto. Lei lo avrebbe dovuto solo capire.

Sentii il portone di casa aprirsi, segno che qualcuno stava uscendo, ma non volevo parlare con nessuno.

“Voglio stare da sola” dissi solamente senza nemmeno voltarmi.

Nessuno rispose, sentii solo dei passi muoversi nella mia direzione e a quel punto mi alzai e mi voltai, ma ciò che vidi mi lasciò senza parole.

Davanti a me in tutto il suo splendore c’era l’ultima persona che pensavo di vedere, ma l’unica che avrei voluto vedere davvero.

Non riuscivo a capacitarmi di come potesse essere ad un passo da me, ma certo non poteva essere una mia immaginazione. No, proprio no. Il suo sorriso, il suo modo di guardarmi erano veri, lui era vero.

Senza nemmeno rendermene conto iniziai a correre e in una frazione di secondo mi ritrovai fra le sue braccia.

Mi prese in braccio e mi sollevò da terra stringendomi a lui, mentre io portai le mie mani sul suo viso e poi lo baciai con tutto l’amore che provavo fregandomene della pioggia che continuava a cadere incessante su di noi.

Un bacio che sembrò essere violento tanta era la foga, ma che ben presto si trasformò in un bacio carico solo di passione e amore, quella che provavamo entrambi l’uno per l’altra.

Quando ci staccammo lo osservai per bene negli occhi e presi a sorridere come un’ebete.

“Come è possibile?” chiesi solamente prima di affondare di nuovo le mie labbra sulle sue.

“Una promessa è una promessa” mi rispose lui tornando a baciarmi.

Dio quanto mi era mancato quel contatto. Era così diverso dai nostri baci chiusi lì dentro, sempre pronti a scattare non appena Katherine facesse il minimo movimento.

Adesso, invece, eravamo liberi di amarci, liberi nei riguardi di tutti. Non c’era più nessuno dal quale dovevamo nasconderci.

E mentre le mie labbra giocavano con le sue mi resi conto di quanto io e lui, noi, valessimo più di ogni altra cosa al mondo.

Non sapevo cosa avrei pensato un giorno di questi anni, non sapevo nemmeno cosa c’era dopo la morte, ma adesso, in quel preciso momento, tra le braccia di Damon mi sentivo come se non dovessi morire mai e mi resi conto che l’amore contava più di tutto, contava più della paura di innamorarsi, più della paura di morire, più della voglia di non essere omologati e della voglia di fare qualcosa per cambiare questo mondo e cambiarlo non era affatto facile.

Restammo lì ancora per un po’, poi ci staccammo e Damon mi sorrise come solo lui era capace di fare.

“Forse è meglio se entriamo. Ti verrà un malanno” mi disse con fare dolce.

“Non importa”.

“A te forse, a me si”.

“Ok, hai vinto. Però ti voglio tutto per me oggi”.

“Sono tutto per te sempre” mi sorrise.

“Ti amo” gli sussurrai felice di quello che mi aveva appena detto.

“Pensavo mi odiassi” disse beffardo.

“Un po’ tutte e due” gli feci notare sorridendo.

“Hey, io scherzavo” si lamentò.

“Io no”.

Guardai la sua espressione accigliata e scoppiai a ridere e alla fine anche lui rise con me.

Scesi dalle sue braccia e finalmente i miei piedi toccarono di nuovo il terreno, ma la mia mano cercò subito la sua e in pochi secondi le nostre dita si intrecciarono tra loro.

Bagnati fradici ci dirigemmo dentro e quando eravamo pronti a salire in camera sentimmo la voce di Stefan.

“Damon la sacca” disse solamente.

Ci voltammo entrambi e vidi Stefan con una sacca di sangue in mano, ma soprattutto lo vidi sorridere orgoglioso di essere riuscito a mantenere la sua promessa.

Sapevo quanto ciò significasse per lui. Non era solo felice per me, né solo per Damon, era anche felice per se stesso perché aveva liberato suo fratello da quella che era una vera e propria prigione.

“Lo berrò più tardi” gli rispose il mio ragazzo.

“No, lo berrai adesso” lo ammonii io.

“Ma anche no”.

“Ma anche si. Forza” gli dissi.

“Fossi in te non la farei arrabbiare” aggiunse Stefan che mi guardò sorridendo e io feci lo stesso.

A quel punto Damon non poté fare a meno che prendere quella sacca e iniziare a bere. Nel frattempo, però, ci spostammo in salone insieme a Stefan, ma quando Damon vide lì tutti provò a togliere la mia mano dalla sua, ma non glielo permisi. Quello che lui ancora non sapeva era che non dovevamo più nasconderci da nessuno.

Mi guardò stranito dalla mia reazione, ma io gli sorrisi solamente e questo credo che gli bastò per capire come stavano davvero le cose.

Erano tutti lì dentro e quando il mio sguardo si posò su Bonnie potei vedere che la mia amica ci guardava e soprattutto guardava le nostre mani intrecciate con una maschera di freddezza, ma dispiacere allo stesso tempo e vidi anche del disgusto, anche se non potevo esserne certa.

Non ci badai e guardai tutti gli altri.

“Non so come abbiate fatte, ma grazie, grazie davvero” dissi loro.

“Se ti metti qualcosa di asciutto te lo spieghiamo, tanto il signorino deve rimettersi in sesto” mi disse Rick.

“A dire il vero io sono già in ottima forma” si lamentò Damon.

“Vado a cambiarmi e torno” dissi ghiacciandolo con lo sguardo e in una frazione di secondo salii in camera togliendomi i vestiti bagnati e mettendo quelli asciutti.

In pochi minuti tornai di nuovo giù e trovai tutti seduti sul divano in salotto, mentre Damon era vicino al camino che sorseggiava la sua sacca di sangue come se fosse il più dolce dei liquori. Era ancora piuttosto bagnato, ma su di lui il problema non sussisteva. Di certo non si sarebbe ritrovato con la febbre o peggio ancora con la bronchite.

Raccolsi i capelli ancora bagnati in uno chignon e poi mi sedetti anche io sul divano.

“Sto aspettando spiegazioni?” esordii curiosa di sapere cosa fosse successo.

“Katherine era troppo debole a differenza di Damon che bevendo sangue ha riacquistato le forze” iniziò a spiegare Caroline.

“Beh, abbiamo giocato su questo. Damon l’ha inchiodata al muro, poi Tyler e Alaric sono entrati dentro e l’hanno legata con delle corde bagnate di verbena” continuò Stefan.

“Alla fine Bonnie ha tolto l’incantesimo e Damon è riuscito ad uscire. Ovviamente Katherine è rimasta chiusa lì dentro e abbiamo sigillato la porta in modo che non esca, anche se è troppo debole per farlo” concluse Jeremy.

“È chiusa lì dentro senza incantesimo?” domandai stupita.

“Esattamente”.

“Non credete che sia pericoloso? Insomma potrebbe riuscire ad uscire”.

In fondo da una come lei c’era da aspettarsi di tutto.

“Sorveglieremo la stanza e comunque fino a quando le corde non si asciugheranno dalla verbena con la quale le abbiamo bagnate lei non potrà muoversi. Dopo dovremmo tenerla sotto controllo”.

“Se quella lì riesce in qualche modo ad uscire ci fa le scarpe” esordì io sicura di me.

“Sempre positiva ah” mi canzonò Damon parlando per la prima volta.

Lo guardai e vidi la sua faccia trasformarsi in un’espressione a cui non riuscivo nemmeno a dare il nome, sembrava quasi buffa. Non potei fare a meno di sorridere, in fondo al momento l’unica cosa che mi interessava era averlo con me.

“Non posso più fare l’incantesimo in quella stanza. Non funzionerebbe” mi disse Bonnie spiegandomi il motivo per cui non potevamo ricorrere alla magia.

La guardai e vidi il suo sguardo assente, come se quasi poco gli importasse di tutto quello che era successo.

“Grazie Bonnie” le dissi in un sussurro “grazie a tutti” continuai poi rivolta agli altri.

A parte lei mi sorrisero tutti e mi resi conto come non le fosse passato niente. Eravamo sempre punto e accapo.

Lasciai correre. Quello doveva essere un momento di gioia, non di tristezza.

“Bene, se la riunione è finita noi andremo” disse poi Damon all’improvviso riferendosi a me e sorridendomi.

“Dove scusa?” commentò Caroline per stuzzicarlo.

“Hey Barbie, poco spirito”.

Tutti lo guardammo e scoppiammo a ridere, mentre lui fece un’espressione che ben poco lasciava all’immaginazione.

L’unica che sembrava completamente assente era Bonnie, ma non me ne curai più di tanto.

“Va beh, noi andiamo. Ci vediamo più tardi” esordì poi Rick.

Ad uno ad uno uscirono tutti. Restammo solo io, Damon, Caroline e Stefan e a quel punto io e il mio fidanzato salimmo in camera.

Lui si avvicinò a me e mi imprigionò contro il muro, poi malizioso come non mai avvicinò le mie labbra alle sue e in poco tempo le nostre lingue presero a giocare tra loro.

Quando ci staccammo lo guardai negli occhi e mi persi in quell’azzurro che, ormai, riempiva la mia vita dandole un colore diverso.

“Vai a farti la doccia, sei tutto bagnato” gli dissi poi liberandomi dalla sua presa e avvicinandomi alla finestra della camera.

In una frazione di secondo me lo ritrovai alle spalle, mi cinse la vita con le sua  braccia e appoggiò la testa nell’incavo del mio collo.

“Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a lavare la schiena” mi sussurrò malizioso.

“Ah si?” gli dissi voltandomi a guardarlo.

“Decisamente” furono le sue uniche parole prima di catturare nuovamente le mie labbra.

“Non conosco nessuno che sarebbe disposto a darti una mano” gli dissi poi.

“Nessuno nessuno?”

Mi baciò il collo e poi mi mordicchiò l’orecchio e a quel punto tutti i miei buoni propositi di autocontrollo andarono a farsi friggere.

“Beh forse qualcuno ci sarebbe”.

“E allora direi di andare. Abbiamo più di una settimana da recuperare” mi sussurrò con una malizia senza fine.

“Porco” riuscii a dirgli.

Mi allontanai di qualche passo e gli diedi le spalle, poi mi voltai a guardarlo.

Si era appoggiato alla parete e aveva iniziato a guardarmi con sguardo malizioso, poi mi fece un sorriso beffardo.

“Questa mi è decisamente nuova”.

“A me decisamente no”.

“Cos’è, Barbie ti ha passato l’ironia anche a te?”

“Può darsi” gli sussurrai maliziosa avvicinandomi a lui “o forse io l’ho trasmessa a lei” conclusi poi prendendo a baciarlo di nuovo.

Mentre ancora le nostre labbra erano posate le une sulle altre mi prese in braccio e mi portò in bagno.

Non sapevo cosa sarebbe successo il giorno dopo, né la settimana seguente, non sapevo cosa sarebbe successo fra un anno o cinque, ma una cosa era certa: quella serata era tutta nostra, nostra e del nostro amore.

Problemi, incomprensioni, minacce…nulla aveva importanza, non per il momento almeno.

Io e Damon, noi due finalmente insieme, questo era tutto quello a cui avevo il permesso di pensare.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con il capitolo diciassette.

Finalmente l’allegra combriccola (oddio tanto allegra al momento non è) ha liberato il nostro Damon e la stronza è rimasta, invece, lì sotto.

Finalmente Elena ha riavuto il suo Damon che come al solito non la smette mai con le sue battutine. Riuscirà mai qualcosa a farlo smettere?

Beh credo di no, altrimenti che Damon sarebbe?

Cosa succederà adesso?

Katherine è in “prigione”, ma purtroppo non può essere uccisa visto che l’incantesimo non è stato spezzato.

Che faranno i nostri? Chissà, non ci resta che attendere.

Posso solo anticipare che il prossimo capitolo sarà molto importante perché succederanno due avvenimenti fondamentali. Uno decisamente positivo, l’altro, invece, di positivo non avrà nulla. Come una volta ha detto Damon, saremo di fronte ad “una catastrofe a livello mondiale”. Questo avvenimento, infatti, comporterà un bel po’ di problemi e chissà, forse, anche qualche disgrazia.

Ok, stavolta ho decisamente detto troppo. È meglio che la smetta.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:

 

 

“In effetti lui è Il Vampiro, l’unico e solo. Tutti fanno riferimento a Dracula quando parlano di quelli come te” gli dissi ridendo beffarda.

“Solo perché non conoscono Damon Salvatore” si giustificò lui.

“Ah si? E chi sarebbe questo qui?” continuai io.

“Il vampiro più sexy, irresistibile e affascinante che esiste” mi rispose sorridendomi sghembo.

Si avvicinò a me e mi bloccò con le spalle alla macchina avvicinando il suo viso al mio.

“E il meno modesto che esiste, aggiungerei” dissi io.

Non mi diede nemmeno il tempo di dire altro che le sue labbra si erano già incollate alle mie in un bacio che di casto non aveva nulla.

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 26 Aprile

 

Visto che il prossimo aggiornamento avverrà dopo Pasqua, volevo fare a tutti voi tantissimi auguri di una Buona e Serena Pasqua. Auguri di cuore.

 

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciotto ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Diciotto

u

 

 

 

Pov Elena

 

Il suono incessante della sveglia mi rubò dalle braccia di Morfeo riportandomi alla realtà.

Mi rigirai nel letto e allungai la mano verso la sveglia che segnava le sette e la spensi, poi mi voltai verso Damon, ma al posto del mio fidanzato non trovai nessuno.

Mi alzai mettendomi a sedere sul letto e mi guardai attorno alla ricerca di qualcosa che mi potesse fare capire che fine avesse fatto. Non trovai nulla.

Quando stavo per alzarmi tastai sotto le mani un bigliettino con una grafia che conoscevo molto bene, la sua. Lo presi in mano e potei sentire che c’era ancora il suo profumo addosso.

A quel punto lo aprii e curiosa ne lessi il contenuto:

Sono uscito presto e non volevo svegliarti. Sei bellissima quando dormi. Forse abbiamo trovato una soluzione al problema, poi ti spiego. Vai a scuola con Caroline, ti vengo a prendere io all’uscita. Ti amo........D.

Sorrisi pensando a quanto potesse essere dolce quando voleva. Possibile che fosse cambiato così

tanto?

Beh a quanto pareva sembrava di si.

Mi guardai attorno e mi resi conto che sul comodino del suo lato spiccava un grosso libro. Lo presi incuriosita e mi resi conto che era molto vecchio e che era tutto in latino e io purtroppo non ci capivo nulla.

Forse era da quello che aveva trovato quest’ipotetica soluzione.

Lo riposai e poi mi alzai dal letto andando a buttarmi sotto il getto d’acqua della doccia.

L’acqua calda sembrò l’ideale per i miei muscoli e mi fece rilassare del tutto.

Da quando gli altri avevano liberato Damon dalla cripta era passata quasi una settimana, giorno più giorno meno.

Katherine era rinchiusa nel seminterrato ed era in pessime condizioni. Era più di due settimane che non beveva sangue e si stava spegnendo ogni giorno di più, ma il suo sguardo maligno non cessava a scomparire.

In compenso io e Damon ci eravamo goduti questi momenti tutti per noi, mentre Bonnie non aveva più messo bocca su niente. A dire la verità era da quel giorno che non veniva qui se non perché Stefan o Caroline la chiamavano in merito a Katherine. Era una settimana che non parlavamo e nonostante mi mancasse un casino non avevo fatto nulla per avvicinarla. In fondo credevo di essere nel giusto.

Quando terminai di lavarmi uscii e mi vestii, poi mi asciugai i capelli e mi diedi una leggera truccata. Non appena fui pronta, presi la borsa e uscii dalla camera.

“Finalmente, credevo che non ti saresti più data una mossa” mi rimproverò Caroline quando la raggiunsi in salotto.

“Come sapevi che dovevi aspettarmi?” le domandai.

“La tua dolce metà mi ha svegliato nel cuore della notte per avvisarmi” mi disse sarcastica.

“Dove è andato?”

“Dove sono andati vorrai dire”.

“C’è anche Stefan con lui?” chiesi.

A quel punto mi venne in mente cosa aveva scritto sul bigliettino che mi aveva lasciato: “forse abbiamo trovato una soluzione”. Era chiaro che fosse con Stefan, aveva usato il plurale.

“Esattamente”.

“E posso sapere…” provai a dire, ma lei mi interruppe.

“Non chiedermi dove sono andati perché non lo so. Non hanno voluto dirmelo. Hanno detto che più tardi ci spiegheranno tutto”.

“Bene, allora andiamo. Una noiosissima mattinata di scuola ci attende”.

Uscimmo di casa e ci dirigemmo verso la scuola.

Arrivammo in pochi minuti e quando Caroline posteggiò la macchina io scesi seguita a ruota da lei.

Il cortile era già fremito di gente e in poco tempo individuammo Bonnie e Jeremy a poca distanza da noi.

Anche loro avevano appena parcheggiato. Mio fratello non appena ci vide fece un segno a Bonnie e prese ad avvicinarsi. Guardai la mia amica e mi resi conto che a differenza del fidanzato non aveva molta voglia di raggiungerci e sapevo che il motivo ero io, quindi feci l’unica cosa possibile.

“Caroline io vado. Ci vediamo dentro” dissi alla bionda.

Lei comprese subito quale fosse il problema.

“Vai, ma prima o poi dovrete parlare” furono le sue uniche parole prima che io mi allontanassi.

Feci un gesto di saluto verso mio fratello e gli mandai un bacio, poi entrai nell’edificio e in poco tempo la campanella suonò e mi diressi verso l’aula.

Non avrei mai potuto credere che una mattinata durasse così tanto. Controllavo l’orologio praticamente ogni cinque minuti e più lo guardavo più il tempo sembrava essersi fermato.

Quando finalmente la campanella segnò la fine di quella giornata scolastica ringraziai tutti i santi del Paradiso. Sinceramente non ne potevo più di stare chiusa in quelle mura, quando i miei pensieri, la mia mente erano decisamente altrove.

Uscii di fretta dalla classe e incrociai mio fratello. Mi avvicinai a salutarlo frettolosamente, poi mi diressi all’uscita controllandomi il braccio che stranamente poco prima lo avevo sentito bruciare. Lo toccai e vidi che c’era una piccolissima ferita, un taglio di poco conto. Non mi spiegavo cosa fosse successo, ma non ci badai più di tanto. Lo pulì con un fazzoletto e poi uscii fuori.

Quando varcai la soglia il mio sguardo vagò al posteggio e in pochi attimi lo vidi. Bello come il sole, nascosto dietro i suoi Ray Ben scuri e appoggiato alla sua Ferrari. Se non era quella una visione, mi chiedevo cosa lo fosse.

Quando mi vide mi sorrise euforico e io presi a camminare nella sua direzione cercando di ignorare gli sguardi di tutte le ragazze che avevano preso a guardarlo quasi fosse un dio. Beh in fondo non potevo dare loro torto, ma quello lì era mio, nessuno poteva guardarlo con la bava alla bocca, nessuno che non fosse la sottoscritta.

“Elena…” mi sentii chiamare e mi voltai.

Vidi Bonnie proprio dietro di me leggermente imbarazzata e mi stupii del perché mi avesse chiamato.

“Ciao Bonnie” riuscii solamente a dirle.

“Volevo parlarti”.

“Dimmi”.

“Io…in questi giorni noi non abbiamo avuto occasione di parlare, non dopo quello che ci siamo detti una settimana fa…” iniziò a dire, poi distolse lo sguardo e si fermò di botto.

Mi voltai a guardare nella sua direzione e mi resi conto che i suoi occhi erano puntati sulla figura di Damon.

“Che ci fa lui qui?” mi domandò dolcemente.

Non c’era astio o rabbia nel suo tono, era solo una semplice domanda, una curiosità che voleva sfatare.

“È venuto a prendermi”.

“Beh allora vai, non farlo aspettare” mi disse abbassando lo sguardo.

“No Bonnie, non importa. Continua” la esortai.

“No davvero, vai. Ne riparliamo in un altro momento. In fondo la scuola non è nemmeno il posto adatto”.

Stavo provando a dire qualcosa, ma mi fissò negli occhi.

“Davvero, ne riparliamo, promesso” mi disse con sguardo sincero.

“Come vuoi. Ci vediamo, allora” le risposi e mi allontanai raggiungendo Damon.

In pochi attimi fui proprio davanti a lui e prima che potessi catturare le sue labbra in un bacio vidi lui togliersi gli occhiali e guardarmi il braccio, quello stesso braccio che mi ero ferita, ma non ci badai più di tanto. Vidi che distolse lo sguardo e poi mi baciò.

Quando ci staccammo lo vidi sorridere malizioso.

“Che hai da ridere?” gli domandai senza nemmeno salutarlo.

“Notavo l’effetto che il mio fascino incute sulle ragazze” mi provocò.

Mi voltai a guardare dietro di me e mi resi conto che, in effetti, molte ragazze stavano guardando nelle sua direzione.

“Ogni giorno che passa diventi sempre più modesto, ah” scherzai io.

Non mi importava delle altre, ero gelosa questo si, ma non mi importava. Io sapevo che Damon amava me, solo me.

“Sono solo obiettivo”.

“La smetti di guardarle?” dissi lo stesso leggermente infastidita.

“Non le sto guardando”.

“Si, invece”.

“Io ho occhi solo per te” mi disse sorridendomi beffardo prima di avvicinarsi e darmi un altro bacio.

“Ti ho già detto che sei un gran paraculo?” gli domandai allontanandomi un po’ e aprendo la portiera dal lato passeggeri.

Sapeva sempre come uscire da ogni situazione.

A quel punto lui mise il braccio sullo sportello e poi appoggiò il suo volto sul braccio e prese a guardarmi con un’espressione che solo lui riusciva a mettere su.

“Sei sicura?” mi domandò.

“Decisamente”.

“E io ti ho già detto che la gelosia ti dona particolarmente?” mi chiese poi sorridendo.

“Non sono gelosa” mentii spudoratamente.

“Ah no? Beh allora io sono Dracula” ironizzò lui.

“Beh in effetti hai ragione” lo stuzzicai.

“Scusa?”

“Sei proprio Dracula”.

“Ma non farmi ridere”.

“Beh siete così dannatamente vampiri entrambi” lo presi in giro io.

“Elena…” mi chiamò per farmi smettere.

Non si era ancora mosso dalla sua posizione però.

“Beh una differenza c’è però”.

A quelle parole sorrise, non capendo che stavo per provocarlo ancora.

“Esatto” mi rispose.

“In effetti lui è Il Vampiro, l’unico e solo. Tutti fanno riferimento a lui quando parlano di quelli come te” gli dissi ridendo beffarda.

“Solo perché non conoscono Damon Salvatore” si giustificò lui.

“Ah si? E chi sarebbe questo qui?” continuai io.

“Il vampiro più sexy, irresistibile e affascinante che esiste” mi rispose sorridendomi sghembo.

Si avvicinò a me e mi bloccò con le spalle alla macchina avvicinando il suo viso al mio.

“E il meno modesto che esiste, aggiungerei” dissi io.

Non mi diede nemmeno il tempo di dire altro che le sue labbra si erano già incollate alle mie in un bacio che di casto non aveva nulla.
“Beh, nonostante mi duole ammetterlo, devo darti ragione” gli dissi poi maliziosa quando ci staccammo.

“Su cosa?” fece finta lui di non capire.

“Sul fatto che sei il vampiro più sexy, irresistibile e affascinante che esiste” gli rispose “e sei solo mio” aggiunsi poi.
“Sempre” fu la sua unica risposta prima di regalarmi un altro bacio.

Dopodiché salimmo in macchina e ci dirigemmo verso casa. Gli chiesi spiegazioni in merito a quanto avesse scoperto, ma mi disse che me ne avrebbe parlato a casa.

Stranamente fece un giro più lungo per arrivare al pensionato e quando arrivammo mi resi conto che dentro non saremmo stati soli.

Capii che l’aveva fatto apposta per permettere agli altri di raggiungere casa.

Scendemmo e mano nella mano ci dirigemmo in salone, dove appunto trovammo Jeremy, Alaric e Bonnie.

“Finalmente” disse Caroline sbuffando.

Era impaziente di sapere cosa stesse succedendo.

“Allora, adesso che ci siamo tutti, potete spiegarci che succede?” chiese Alaric.

“Ieri sera io e Damon abbiamo trovato dei vecchi libri in cantina e stanotte li abbiamo vagliati uno ad uno, fino a quando Damon non ha trovato qualcosa di molto interessante” spiegò Stefan.

“Esattamente cosa?” chiesi io.

“C’è un modo per spezzare l’incantesimo che tiene unita te alla psicopatica” mi spiegò il minore dei fratelli.

“Ma Lucy aveva detto che non c’era modo, che solo la strega che aveva compiuto la magia poteva spezzarla” dissi “ricordi Damon?” domandai poi a lui.

Possibile che si fosse dimenticato di un dettaglio tanto rilevante?

“Nemmeno Lucy era a conoscenza di questo dettaglio che abbiamo scoperto. Solo le vecchie streghe, quelle di secoli e secoli fa, solo loro sapevano che c’era una possibilità” mi spiegò Damon.

“E quale sarebbe?” domandò Jeremy.

“Ci sono vari tipi di incantesimi, quelli che richiedono sacrifici di sangue, quelli che non hanno bisogno di nulla se non di un abracadabra” disse beffardo sull’ultima parte “e quelli che, invece, hanno bisogno di un qualunque oggetto che possa contenere al loro interno quella magia. Vi ricordate il medaglione di Emily?” chiese.

Tutti noi annuimmo e lui continuò.

“In quel medaglione c’era la magia di Emily e grazie a quello avrei potuto attuare la magia inversa e quindi riuscire a liberare Katherine dalla cripta. Oppure la pietra di luna, avete presente? La magia era insita nella pietra e la maledizione che Klaus avrebbe voluto spezzare non poteva essere spezzata se non ci fosse stata anche la pietra di luna e la magia che essa conteneva” spiegò infine.

“Cosa significa tutto questo?”

Non riuscivo a capire e non sembravo essere l’unica. Avevamo tutti la stessa espressione stranita, tutti a parte i due fratelli Salvatore.

“Significa che Lucy ha usato un oggetto per fare l’incantesimo che lega Elena e Katherine” spiegò Stefan.

“Un oggetto?” domandò Bonnie intervenendo nella discussione per la prima volta.

“Questo” disse solamente Damon uscendo dalla tasca una bracciale rigido d’argento con una pietra d’ambra al centro “esattamente la magia è stata fatta sulla pietra del bracciale” concluse Damon.

“Dove l’hai preso?” chiesi.

“C’è l’aveva Katherine al polso. Lo abbiamo preso non appena siamo tornati” mi rispose lui.

“Tornati da dove? E soprattutto come sapevate che era il bracciale ciò che cercavate?”

“Siamo andati da Lucy. Abbiamo detto a lei quanto avevamo scoperto e lei ci ha detto che in effetti il suo incantesimo è stato fatto usando una pietra d’ambra rivelandoci poi che Katherine l’ha fatta incastonare in un bracciale in modo da non separarsene mai” disse Stefan.

“Scusate, ma pur avendo adesso la pietra, che c’è ne facciamo? Insomma Lucy non può fare nulla” spiegò Bonnie.

“Lei no, ma tu si” le rispose Damon.

“Io?”

Era stupita e noi tutti insieme a lei.

“Sul libro c’è scritto che tutti gli incantesimo possono essere spezzati solo dalla strega che li fa, tranne che nel caso in cui la magia è insita in un oggetto. In questo caso ci sono due modi per spezzarlo: o viene spezzato dalla strega che lo ha fatto oppure c’è la possibilità che a spezzarlo sia una sua discendente o qualcuno che comunque appartenga al ramo della stessa famiglia”.

Adesso tutto mi era chiaro. Lucy e Bonnie erano cugine.

“Damon, mi stai dicendo che io in quanto imparentata con Lucy ho il potere di spezzare l’incantesimo?” domandò la mia amica.

“Esattamente”.

“Sei la nostra unica possibilità” continuò Stefan.

Bonnie posò il suo sguardo su di me, poi guardò Damon e subito dopo Stefan.

“Che stiamo aspettando allora? Al lavoro” disse sicura di sé.

Non appena Bonnie pronunciò queste parole vidi Damon allontanarsi a velocità sovrumana e qualche secondo dopo tornare in mano con lo stesso libro che avevo visto quella mattina in camera di lui.

“Non tutte le streghe sono a conoscenza di questa possibilità e il motivo è semplice. L’incantesimo non è stato trascritto in nessun Grimorio, lo trovi solo in libri come questi, vecchi di secoli e secoli” spiegò Stefan quando Damon diede il libro a Bonnie.

Lei lo aprii e lesse tutto ciò che gli serviva.

“Mi serve una ciotola, del liquore, una goccia del sangue di Elena e una di quello di Katherine e il bracciale” spiegò Bonnie.

Stefan prese l’occorrente e Damon posò sul tavolo il bracciale e un coltello sporco di sangue.

“Questo è di Katherine” spiegò lui e in quel momento tutto mi fu chiaro.

“Il braccio” sussurrai appena.

Damon si voltò e mi guardò con espressione sofferente.

“Mi dispiace tanto, ma era necessario” mi disse.

Prima di avvicinarsi e controllarmi la ferita.

“Damon non è nulla, solo che adesso capisco il motivo per cui sanguinava senza un’apparente motivo”.

“Ho fatto un leggerissimo taglio proprio per non farti male”.

“Non me ne hai fatto infatti. Me ne sono accorta solo perché bruciava un pò”.

Gli sorrisi e gli baciai una guancia.

“Elena mi serve il tuo di sangue” disse Bonnie interrompendo il momento.

Mi avvicinai e presi lo stesso coltello con il quale Damon aveva preso il sangue di Katherine che nel frattempo Bonnie aveva ripulito e mi tagliai leggermente la mano.

Uscirono un paio di gocce e quando la mia amica mi fece cenno, allontanai la mano ripulendola con un fazzoletto che nel frattempo mi aveva dato Damon.

“Per favore, adesso fate silenzio” ci disse Bonnie.

Stefan era di fronte a lei e Damon le era accanto. Mise tutto nella ciotola e poi si concentrò e il contenuto prese fuoco mentre lei iniziò a parlare in una strana lingua.

La cosa durò qualche minuto, poi all’improvviso il fuoco si spense e Bonnie smise di parlare, ma prima ancora che potessi rendermi conto di cosa stesse succedendo la ritrovai tra le braccia di Damon.

Capii solo dopo cosa fosse successo. Aveva perso troppa energia e stava per cadere a terra se Damon, che era proprio accanto a lei, non l’avesse presa in tempo.

“Tutto ok?” le domandò il mio fidanzato quando Bonnie riaprii gli occhi.

Nel frattempo Jeremy e noi altri ci eravamo avvicinati.

La mia amica guardò Damon negli occhi, poi distolse lo sguardo e posò gli occhi su Jeremy, poi tornò a guardare Damon.

“Grazie” riuscii a dire solamente prima di allontanarsi dalle braccia di Damon per mettersi in quelle di Jeremy mentre Damon si avvicinò a me e io lo presi per mano.

“Come ti senti?” chiese mio fratello alla sua ragazza.

“Tutto apposto. È stato solo un giramento di testa” rispose lei.

“Sei riuscita a spezzarlo?” domandò Caroline.

“Si certo”.

“Questo significa che possiamo uccidere Katherine senza fare del male a Elena?” domandò Damon.

“Esattamente”.

“Bene. Stefan andiamo a prendere la psicopatica” disse Caroline e lei insieme al minore dei fratelli scomparvero dalla nostra vista.

“Bonnie?” la chiamò Damon.

Lei si voltò e lo guardò negli occhi.

“Grazie”.

“Elena è importante anche per me” fu la sua unica risposta.

La ringraziai con lo sguardo e poi mi voltai verso il mio ragazzo. Mi sollevai appena e lo baciai.

“Che diavolo succede?” disse voltandosi con espressione preoccupata non appena ci staccammo.

Mi voltai anche io e mi resi conto che non stava parlando con me, ma con chi c’era dietro. Mi voltai e vidi che dietro di noi erano riapparsi Caroline e Stefan da soli. Katherine non c’era.

“Abbiamo un problema” disse Caroline.

“Perché quando sento la parola problema mi viene da pensare ad una crisi a livello mondiale?” commentò sardonico Damon.

“Perché lo è” furono le uniche parole di Stefan.

“Ci fate capire anche a noi cosa succede?” chiesi mentre gli altri annuirono insieme a me.
“Katherine…Katherine è scomparsa” furono le parole di Stefan pronunciate guardando negli occhi Damon.

No, non poteva essere vero. Adesso che l’incubo sembrava finito, eravamo di nuovo punto e a capo e stavolta era molto peggio.

“Che significa che è scomparsa?” domandò Rick preoccupato.

“Che non c’è traccia di lei giù. È scappata” gli rispose Caroline.

Come diavolo era possibile? Era troppo debole, non poteva essere andata da nessuna parte a meno che qualcuno non la avesse aiutata, qualcuno che si fosse intrufolato in casa quella mattina mentre noi non c’eravamo.

Troppe domande, nessuna risposta.

Una cosa era certa, però, e me ne resi conto quando Damon mi mise un braccio intorno alla spalla stringendomi a sé e baciandomi una tempia.

Katherine si sarebbe vendicata in modo allucinante. Non ci avrebbe fatto passare liscia il fatto che l’avessimo rinchiusa in una stanza per due settimane senza nemmeno darle sangue.

Eravamo nei guai, in guai belli grossi.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con il capitolo diciotto.

Come vedete finalmente i nostri sono riusciti a rompere questo dannato incantesimo che teneva unite Katherine ed Elena.

Ovvio che era questa la notizia positiva che vi avevo anticipato nello scorso capitolo.

La notizia negativa come avrete capito è quella finale: Katherine è scomparsa.

Come dicono loro qualcuno l’ha aiutata, è difficile che da sola poteva farcela, soprattutto con le corde ancora bagnate di verbena.

Chi è stato/a ad aiutarla? Oppure ha fatto tutto da sola?

Chissà lo scopriremo nel prossimo, alla fine del quale sono sicura che preparerete i forconi per uccidermi.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:

 

 

“E così credevate di esservi liberati di me, non è vero? Rinchiudermi, rompere l’incantesimo e poi impalettarmi. Non era questo il piano?” esordii Katherine senza nemmeno salutarli.

Per fortuna riuscivo a sentirli, anche se non chiaramente.

“Esattamente. Ed è proprio quel piano che stiamo per portare a termine” le rispose Damon.

“Ucciderti adesso non fare nessun male ad Elena” continuò Stefan.

“E voi credete che sarà così semplice liberarvi di me?”

“Chi ti ha fatto uscire?”

“Ho avuto un piccolo aiuto”.

“Che morirà insieme a te”.

“Ho qualche dubbio su questo”.



 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 03 Maggio

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo Diciannove ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Diciannove

u

 

 

 

Pov Elena

 

Era impossibile ed inconcepibile per tutti il fatto che Katherine fosse riuscita a scappare.

Una vampira che non beve sangue da due settimane e per giunta indebolita dalla verbena non può scappare così, motivo per cui Damon, Stefan e tutti gli altri erano convinti che Katherine aveva approfittato dell’assenza di tutti in casa per chiedere aiuto a qualcuno che poi era corso lì e l’aveva aiutato esattamente come in passato era successo a Damon quando Stefan l’aveva rinchiuso lì sotto privandolo del sangue.

L’unica cosa che non tornava, però, era chi potesse aver fatto una cosa del genere. Chi stava aiutando Katherine? Da chi altri a parte lei dovevamo aver paura? Da chi dovevamo proteggerci?

Dalla sua scomparsa, cioè esattamente da ieri, non avevamo notizie della vampira e non ci stupivamo più di tanto, visto e considerato che di sicuro la psicopatica si stava rimettendo in forze e stava elaborando un nuovo piano per rendere un inferno la vita della sottoscritta.

Ero in cucina con Damon, avevamo appena finito di cenare e stavamo ripulendo tutto visto quello che avevamo combinato mettendoci insieme ai fornelli. Lui si era gentilmente offerto di darmi una mano, anche se con i suoi sorrisetti maliziosi e le sue battutine a doppio fine non ero certa di riuscire a resistere ancora molto.

Mi voltai a guardarlo e lo scoprii intento a fissarmi solo come lui sapeva fare.

“La smetti?” gli dissi.

“Di fare cosa?” mi rispose con fare innocente.

“Di guardarmi in questo modo”.

“In questo modo come?”

“Come se mi stessi facendo una radiografia”.

“Non ti sto guardando in questo modo” mi rispose prendendo l’asciugamano che stava usando e mettendoselo in spalla con fare sensuale.

“Si, invece. Sembri un lupo affamato”.

Risi io stessa rendendomi conto della battuta che mi era appena uscita fuori: paragonarlo al suo nemico naturale. Roba da matti. Solo io ne sarei stata capace.

“Ah si?” fu la sua unica affermazione.

Sperare che lui non se ne accorgesse sarebbe stato stupido, difatti lo vidi avvicinarsi a me con espressione maliziosa.

Cercai di non farci caso e presi i piatti puliti per conservarli, ma non ne ebbi il tempo perché mi ritrovai il mio vampiro, bello più del sole, praticamente di fronte a me.

Mi impedii il passaggio con il suo corpo e prese a guardarmi con fare prettamente malizioso.

“Amore dobbiamo finire di ripulire” gli dissi alzando gli occhi al cielo consapevole dal suo sguardo che non aveva assolutamente intenzione di finire il lavoro.

“Sono un lupo affamato, l’hai detto tu stessa. E adesso il lupo reclama il suo cibo” mi disse malizioso portando le sue labbra sul mio collo.

“Damon…” mi uscii un gemito soffocato “smettila” ancora un altro “ti prego” lo implorai quasi.

Purtroppo il signorino non aveva nessuna intenzione di smettere e le sue labbra che presero a tracciare tutto il contorno del mio collo, per poi posarsi sulle mie labbra ne furono la prova.

La sua lingua prese a giocare con la mia e con il suo corpo mi spinse sempre di più verso il bancone bloccandomi e fu in quel momento che non ci vidi più, tutto perse di significato.

Lasciai cadere i piatti a terra che con un tonfo secco si ruppero e posai le mie mani tra i suoi capelli stringendolo sempre di più a me e lui mi strinse tra le sue braccia come se avesse paura che potessi sfuggirgli via.

 “Che diavolo è stato questo rumore?” sentii la voce di Caroline in cucina.

Di sicuro si riferiva ai piatti che erano caduti a terra rompendosi.

Damon si staccò leggermente dalle mie labbra e senza nemmeno voltarsi verso la mia amica prese a parlare.

“Barbie fuori di qui, adesso” disse serio più che mai.

Io sorrisi sotto i baffi per la sua espressione seria e Caroline prese a ridere e uscii con la stessa velocità con la quale era entrata.

“Dove eravamo rimasti?” mi domandò poi lui.

“Il lupo aveva fame”.

“Esatto”.

Tornò sulle mie labbra e mi sentii completa, come solo con lui riuscivo a sentirmi.

Cosa me ne facevo del Paradiso se lui con un semplice bacio era capace di regalarmi l’Universo?

Quando ci staccammo ci guardammo negli occhi e non mi ci volle un genio per capire quali fossero le sue intenzioni.

“Damon non qui e non adesso. Dobbiamo finire di sistemare il casino che abbiamo combinato e poi potrebbe entrare chiunque” gli feci notare.

“Possiamo sistemare più tardi”.

“Amore?” lo canzonai.

“Si?” mi domandò facendo finta di non capire.

Non mi diede il tempo di aprire bocca per rispondergli che mi prese in braccio facendomi sedere sul bancone della cucina prese a baciarmi.

Lo strinsi a me e mi lasciai cullare da quelle labbra così dannatamente morbide e sexy.

“Hai idea di quanti benefici ci siano nel fare l’amore?” mi domandò poi lui malizioso staccandosi leggermente da me, ma non smettendo di guardarmi.

“Per te sicuramente molti e a dire il vero anche per me”.

“Sto dicendo sul serio”.

“Anche io”.

“Fa bene alla colonna vertebrale e potenzia l'elasticità muscolare, stabilizza la pressione sanguigna e riduce i rischi di infarto e ictus, favorisce un migliore sonno notturno e rilascia le endorfine che producono buon umore” iniziò a dire lui mentre io lo guardai stranita.

Sembrava un dottore competente in materia.

“Scusa?”

Ero sconvolta. Che diavolo stava dicendo?

“Ogni atto sessuale brucia 200 calorie, l'equivalente di una barretta di cioccolato, la pelle si tende e il viso ha un aspetto luminoso, la difese immunitarie vengono potenziate, l'attività erotica rilascia prolattina che ha un'azione antistress”.

“Damon si può sapere che diavolo stai dicendo?”

“Che secondo delle ricerche fare l’amore porta a un beneficio globale pari a sette anni di vita in più”.

“Ma se hai l’eternità davanti a te” lo canzonai io.

“Ma tu no, quindi per te è molto più utile” mi fece notare.

“Baciami e basta, stupido” gli dissi buttandomi fra le sua braccia e coprendo la poca distanza che c’era tra le nostre labbra con un bacio.

“Lunghi baci producono saliva che protegge denti e gengive” mi disse quando ci staccammo.

Ancora con sta storia?

“Ti uccido se non la smetti, giuro” gli dissi e lui scoppiò ridere prima di baciarmi di nuovo.

Fu in quel momento che iniziai a giocherellare con i bottoni della sua camicia e in poco tempo li sfilai tutti dalle asole, ma prima ancora che riuscissi a toglierla sentii qualcuno tossicare e ci staccammo subito.

Damon non si voltò, con i suoi sensi non ne aveva bisogno, mentre io guardai chi fosse entrato e quando vidi mio fratello avvampai all’istante.

“O Dio, questo è troppo” si lamentò mio fratello “Damon vieni di là che serve il tuo aiuto” terminò lui prima di uscire dalla cucina in fretta e furia.

“Oddio che vergogna. Voglio sprofondare” dissi solamente.

“E per quale motivo?” fece finta di nulla lui.

“È mio fratello”.

“E allora?”

“Ti rendi conto in che condizioni ci avrebbe trovato se fosse entrato due minuti dopo?”

“Sono sicuro in ottime condizioni” mi disse riprendendo a baciarmi.

Quando ci staccammo gli sorrisi. L’imbarazzo era andato via, con lui andava sempre via tutto. C’eravamo solo io e Damon.

“Amore, forse è meglio che vai” gli dissi consapevole che Jeremy era venuto per chiedere il suo aiuto.

“Stasera non avrai scampo”.

“Con te non voglio avere scampo mai”.

Si avvicinò e mi baciò con tutta la foga di cui era capace trasmettendomi tutto l’amore che sentivo lui provasse per me, lo stesso amore che io sentivo nei suoi confronti.

Quando si staccò, mi sorrise sghembo e poi sparii dalla stanza non distogliendo lo sguardo dai miei occhi fin quando non scomparve dalla mia vista.

Io rimasi in cucina e mi misi di buona volontà ripulendo tutto lo schifo che avevamo fatto.

Ci eravamo messi a giocare con ogni ingrediente presente lì dentro e avevamo sporcato tutto.

Restai lì per circa un’ora e mezza e quando terminai mi sentivo talmente stanca che salii subito in camera chiudendomi nella doccia.

Avevo bisogno di rilassarmi. Mi sentivo sfinita e non solo fisicamente. Era trascorso solo un giorno da quando Katherine era scomparsa, ma sentivo il fiato sul collo in ogni istante.

Nonostante cercassi di non darlo a vedere ero troppo preoccupata, non tanto per me quanto per gli altri, soprattutto per Damon e Stefan. Se avevo imparato a conoscere un pochino Katherine era per loro che temevo di più perché se c’era una cosa che la vampira sapeva fare bene era farla pagare a chi gli rovinava il gioco e volente o nolente erano stati i fratelli Salvatore a renderle la vita quasi impossibile da quando lei si era presentata a casa dicendo che si era fatta legare a me con un incantesimo.

Scacciai via quei pensieri e uscii dalla doccia. Mi vesti, asciugai i capelli rendendomi conto che era già sera e poi scesi nuovamente giù.

Nel corridoio incontrai Jeremy e cercai di non pensare a quello che aveva visto, in fondo non era nulla di che, e sperai che non facesse battutine.

“Dove vai?” gli domandai.

“Hanno finito di confabulare, quindi a casa” mi rispose sorridendo.

“E Bonnie?”

“La aspetto in macchina. Si è fermata un attimo a parlare con Damon”.

Rimasi stupita. Possibile che fosse davvero così?

“Con Damon?” chiesi sorpresa più che mai.

“Si, lui gli ha chiesto se potevano parlare un attimo, così io ho tolto il disturbo. A proposito, non avete ancora chiarito voi, non è vero?” mi domandò alla fine.

“No, non abbiamo più parlato da quel giorno”.

“Vedrai che si sistemerà tutto. Prima o poi capirà”.

“Lo spero”.

“Va beh, io vado. E mi raccomando, la prossima volta certe cose fatele in camera o per lo meno chiudetevi a chiave” mi disse malizioso.

Mi sentii avvampare, ma non avevo intenzione di darla vinta a lui.

“Vuoi dirmi che tu e Bonnie vi guardate in faccia?”

“Certo che no e so che anche tu e Damon non lo fate. Non avevo certo bisogno di conferme, ma sai com’è? Una cosa è pensare, una cosa è vedere quanto sia attiva la vita sessuale di tua sorella”.

“Ok, basta. Chiudiamo il discorso. È leggermente imbarazzante” lo pregai.

“Concordo”.

“Vado. Ci vediamo domani. Mi raccomando occhi aperti”.

“Come se c’è ne fosse bisogno. Damon e Stefan non mi lasciano neppure respirare da sola” commentai.

“Lo vedo, soprattutto Damon”.

“Ancora?”

“Ok, la smetto. Me ne vado”.

Si avvicinò e mi baciò una guancia, poi sparii mentre io silenziosamente mi diressi verso il salone dove sentii Bonnie e Damon parlottare.

Cercai di non farmi sentire e mi misi a distanza in modo da riuscire a sentire, ma da non farmi vedere.

Erano l’uno di fronte all’altra e parlavano. Sembravano tranquilli, almeno non stavano litigando e questo era già un gran bel passo avanti.

“Io lo capisco che tu non puoi dimenticare il mio passato e nemmeno te lo sto chiedendo. Vorrei solo che riuscissi a guardare avanti senza farti condizionare da quello che ho fatto. Il passato non posso cambiarlo, il presente si” furono le parole di Damon.

Avrei voluto assistere all’inizio di quella conversazione, ma non era possibile, quindi dovevo limitarmi ad ascoltare quello che ne restava.

“Damon io lo so che sei cambiato, che non sei più il mostro che eri un tempo lo so perché lo vedo negli occhi di Elena, nei suoi occhi vedo la persona che sei diventato, ma Elena è una delle persone più importanti che ho. Non è solo la mia migliore amica, ma è parte della mia famiglia e per lei non posso che volere il meglio. Cerca di capirmi. Io…io credo che tu non puoi essere il suo meglio”.

Non c’era cattiveria nella sua voce, per la prima volta non riuscivo a percepirla. Vedevo solo un’amica preoccupata per un’altra, solo questo.

Di sicuro Damon aveva notato il mio malessere nei confronti di questa situazione con Bonnie e voleva dare una mano. Apprezzai tantissimo quel suo gesto. Non era facile per lui abbassare la guardia con Bonnie e soprattutto farsi vedere da lei così umano e io questo lo sapevo bene.

“Anche io lo credo, anzi ne sono convinto e forse sono un’egoista, sono un’egoista perché avrei dovuto essere più forte e lasciarla tra le braccia di mio fratello invece che tenerla con me. Credevo che ci sarei riuscito e per tanto tempo c’è l’ho fatta, ma quando mi ha detto che mi amava non sono più riuscito a tenerla lontana, non c’è l’ho fatta”.

“Se anche tu credi di non meritarla perché te la sei presa? Perché?”

“Perché la amo troppo”.

Lo vidi abbassare lo sguardo, come se si imbarazzasse a parlare così apertamente dei suoi sentimenti.

“L’amore a volte non basta”.

“Lo so, ma so anche che nessuno potrà amarla nello stesso modo in cui la amo io, nessuno saprà adorarla in questo modo, nessuno riuscirà a scorgere tutti i suoi piccoli difetti, nessuno, nemmeno Stefan per quanto lui sia migliore di me”.

“Elena è così complicata”.

“Lo so. È la persona più complicata che esista. Elena è quella che quando dice che sta bene significa che sta malissimo, è quella che quando ti dice di fare come ti pare in realtà vuole dire che se fai quella determinata cosa ti uccide, quella che dice di non essere gelosa, ma poi sarebbe capace di uccidere chiunque si avvicini alle persone che ama, quella che si lamenta di sentire freddo tutte le volte che, invece, vuole essere solamente abbracciata, quella che quando ti dice di andare via in realtà vuole che resti con lei e la stringi forte. È quella che è capace di fare un sacco di sorrisi diversi a seconda di chi si trova di fronte”.

Solo in quel momento mi resi conto di quanto davvero lui mi conoscesse, forse mi conosceva meglio di quanto lo facessi io stessa.

“Damon…” provò a dire lei, ma lui la interruppe.

“No aspetta, fammi finire. Non ti ho chiesto di parlare per convincerti sulle mie buone intenzioni. Voglio solo che tu sappia che Elena ti vuole un gran bene e che nonostante non lo dia a vedere ci sta da schifo per questa situazione con te. Io amo lei e lei ama me, tu vuoi bene a lei e lei ne vuole a te. Io e te non c’entriamo niente tra di noi. È lei che ci accomuna. Non dobbiamo per forza diventare amici, dovremmo solo cercare di andare d’accordo per non ferire lei. Lo so che non condividerai mai questa storia e, forse, fai bene a farlo, forse io e lei insieme…insomma la nostra storia, forse, è sbagliata, ma fino a quando lei avrà voglia di sbagliare io ci sarò perché la amo troppo e non riesco a lasciarla andare. Stagli accanto mentre sbaglia, fagli capire che non condividerai mai questa storia, ma che almeno la accetti. Lei ha solo bisogno di questo”.

“Forse non sei così male come credevo, ma…” gli disse lei, ma lui la interruppe.

“Bonnie, io voglio solo che Elena sia felice, tutto qui e so che per esserlo nella sua vita devi esserci anche tu”.

Bonnie stava per rispondere, ma in quel momento feci involontariamente un passo indietro e feci cadere una matita a terra. Quel leggero rumore bastò per catturare l’udito finissimo di Damon.

“Elena esci fuori” disse in quel momento e così non potei fare a meno di mostrare la mia presenza.

“Cosa mi sono persa?” domandai “voi due insieme e niente di rotto. Devo preoccuparmi?” conclusi ed entrambi sorrisero.

“Non ti sei persa nulla. Stavo giusto andando via. Ci vediamo” disse Bonnie salutando entrambi e lanciando un ultimo sguardo a Damon.

Quando sparii dalla stanza i miei occhi si posarono su quelli di lui e avrei tanto voluto saltargli addosso per quanto gli avevo sentito dire, ma non potevo farlo, non volevo che sapesse che io avessi ascoltato.

“Da quanto tempo eri lì?” mi domandò alzando un sopracciglio.

“Ero appena arrivata”.

“E devo crederci?”

“Mi avresti sentita altrimenti”.

“Ero distratto”.

“Da chi? Da Bonnie? Mi devo preoccupare?” scherzai per cambiare argomento.

“Scema” mi rispose.

Non gli diedi tempo di dire altro che gli catturai le labbra nello stesso momento in cui sentii qualcuno arrivare. Quando ci staccammo mi accorsi che era Caroline, ma lei sembrò non notarci, ormai, abituata alle nostre smancerie e andò a sedersi sul divano per leggere un libro, mentre io ripresi a baciare il mio ragazzo.

All’improvviso lo vidi irrigidirsi all’istante e si staccò immediatamente. Vidi la sua espressione preoccupata e non riuscivo a spiegarmene il motivo.

“Che succede?” chiesi.

Damon si voltò senza nemmeno darmi retta e guardò verso Caroline che aveva preso a guardarci.

“Hai sentito?” le domandò.

“No, cosa?” chiese lei.

“Stefan, corri” disse lui solamente.

Non urlò, né alzò la voce. Era certo che Stefan, dal piano di sopra lo avrebbe sentito lo stesso e, infatti, così fu.

“Che succede Damon?” mi voltai e vidi il minore dei fratelli a pochi metri da noi.

“Hai sentito?”

“Cosa? Stavo parlando al telefono con Tyler, ero distratto”.

“E dov’è?” chiesi consapevole che quella era sera di luna piena.

“Si stava preparando per andare alla vecchia tenuta Lockwood” mi rispose Stefan.

“Caroline rimani qui con Elena. Non uscite per nessun motivo, nessuna delle due, intesi?” disse Damon ignorando quanto aveva detto Stefan in merito a Tyler.

“Che succede?” chiedemmo io e Caroline all’unisono.

“Non mettete un piede fuori” ci ribadì “Stefan, andiamo fuori noi due” concluse poi riferendosi al fratello.

“Non ho intenzione di restare qui dentro se non mi dici che succede” lo rimproverai io.

“Non lo so che succede. Io e Stefan adesso andiamo a controllare. Tu resti qui e non ti muovi. Caroline mi raccomando”.

“Come se fosse facile” mi rispose lei conoscendomi bene.

“Sei una vampira. Non dovresti avere problemi a tenerla qui dentro, anche a costo di legarla se dovesse succedere qualcosa”.

“Damon…” provai a dire io mentre lui con la testa aveva già fatto cenno a Stefan di uscire.

Mi voltai e, infatti, il minore dei fratelli era già scomparso.

“Caroline mi fido di te. Ti riterrò responsabile se dovesse succederle qualcosa. Al massimo caccia un urlo” furono le ultime parole di Damon accompagnate da un delicato bacio sulla mia fronte prima di vederlo sparire dalla mia vista.

“Che succede?” domandai alla mia amica.

“Non ne ho idea. Avrà sentito qualcosa. Aspettiamo, magari è un falso allarme”.

“Credi che me ne starò qui, mentre lui e Stefan chissà che stanno facendo?” domandai.

“Elena non ho intenzione di far infuriare Damon. So perfettamente come può diventare e non ci tengo a passare sotto la sua ira. Quindi tu ti siedi e non ti muovi da qui. Non si discute” furono le sue uniche parole.

Non le diedi retta e mi diressi verso la porta aprendola pronta ad uscire fuori, ma Caroline grazie alla sua velocità mi superò e mi bloccò il passaggio.

“Non vai da nessuna parte” mi disse.

“Caroline…” provai a dire.

“Niente Caroline. Rientra”.

Vidi Damon e Stefan all’erta che sembravano aspettare qualcuno. Uno più avanti, l’altro dietro.

“Ok, non andrò da loro, ma permettimi di restare qui a capire che succede”.

Caroline mi osservò attentamente negli occhi e poi annuii e in quel momento vidi Katherine apparire di fronte ai due fratelli con il sorriso più malefico che le avevo mai visto fare.

“Dammi la mano” mi disse la mia amica.

“Perché?”

“Perché così sono sicura che non potrai correre da loro. Sono più forte di te”.

“Caroline…”

“O mi dai la mano o ti faccio entrare dentro a costo di legarti davvero. A te la scelta”.

Era seria, non l’avevo mai vista più seria di così. Presi la mano e la portai nella sua, poi entrambe ci concentrammo a vedere la scena.

“E così credevate di esservi liberati di me, non è vero? Rinchiudermi, rompere l’incantesimo e poi impalettarmi. Non era questo il piano?” esordii lei senza nemmeno salutarli.

Per fortuna riuscivo a sentirli, anche se non chiaramente.

“Esattamente. Ed è proprio quel piano che stiamo per portare a termine” le rispose Damon.

“Ucciderti adesso non fare nessun male ad Elena” continuò Stefan.

“E voi credete che sarà così semplice liberarvi di me?”

“Chi ti ha fatto uscire?”

“Ho avuto un piccolo aiuto”.

“Che morirà insieme a te”.

“Ho qualche dubbio su questo”.

“Sapete cosa odio di più?”

“Chi rovina i tuoi piani. Katherine sei così ripetitiva, dici sempre le stesse cose” la beffeggiò Damon.

“Esattamente e stavolta siete stati voi a rovinarli. Non ho mai davvero avuto l’intenzione di uccidere nessuno di voi due, ma vi siete spinti oltre. Vi siete schierati completamente a favore di lei rinnegando me. Non posso accettarlo ed è per questo che adesso morirete”.

“Non ti sei mai chiesta perché ti abbiamo rinnegato?”

“Perché siete troppo deboli per stare al mio fianco”.

“Noi ti abbiamo amato, talmente tanto da diventare ostili l’uno con l’altro. Per 145 anni ci siamo fatti la guerra, ma adesso non sarà più così. Adesso è diverso” fece notare Stefan.

“Niente è diverso. È tutto uguale. Fratelli Salvatore, doppelganger Petrova. La mia copia esatta vi ha fatto innamorare entrambi come un tempo è successo con me e di entrambi lei si è innamorata come è successo a me. Non vedo cosa ci sia di diverso”.

“Lei ha scelto chi amare, ha scelto di chi non può fare a meno. Tu no e non lo avresti mai fatto perché volevi solo giocare” fu la risposta di Stefan.

“Stupidi, idioti e cechi, ecco cosa siete. Non riuscirete mai a vedere la realtà perché l’amore vi rende ottusi, ma adesso non serve più che vi sforziate. È arrivata la vostra ora, ma sappiate che mi costa doverlo fare, mi costa tantissimo”.

“E allora perché lo fai?”

“Sapete qual è il mio motto. Meglio gli altri che io”.

“E sentiamo come avresti intenzione di ucciderci? Siamo in netta maggioranza”.

“Non sarò io a farvi fuori, ma lui” disse.

In quel momento un ragazzo si mostrò alla luce del lampione del giardino.

Non riuscivo a scorgerlo chiaramente, ma mi sembrò un bel ragazzo.

Era un tipo abbastanza muscoloso, alto, pelato, con gli occhi azzurri anche se non potevo essere certa che fosse così.

Sorrise sfuggente, chiaro segno che sembrava essere molto sicuro di sé.

“E così voi siete i famosi fratelli Salvatore. È un piacere conoscervi, ho così tanto sentito parlare di voi” disse il ragazzo.

“Tu saresti?”

Damon era visibilmente irritato da questa nuova comparsa.

“Il mio nome non è importante, ciò che conta è che il mio sarà l’ultimo viso che vedrete”.

Damon e Stefan non dissero nulla, sembravano scrutare il ragazzo per capire chi e soprattutto cosa fosse.

“Beh, è stato un piacere incontrarvi sulla mia strada. Addio” furono le parole di Katherine rivolte ai due “Cam, sai già cosa fare” concluse poi rivolgendosi al ragazzo.

Prima ancora che qualcuno tra i tre potesse dire qualcosa, la vampira era già sparita.

Damon e Stefan ringhiarono forte e non mi fu difficile capire che quel ringhio era un brontolio rabbioso dovuto alla sparizione di Katherine.

“Hey, non rubatemi il verso” disse il ragazzo che a quanto pareva doveva chiamarsi Cam, o almeno così lo aveva chiamato la psicopatica.

Non riuscii a capire a quale verso si riferisse, ma non appena gli vidi alzare gli occhi al cielo capii tutto.

In un cielo più nero del solito faceva bella mostra di sé la luna piena e in quel momento non mi fu difficile capire che il verso non era altro che il ringhio che Damon e Stefan avevano appena fatto. Il ringhio non era altro che il brontolio rabbioso emesso da animali come cani o lupi.

Cam era un licantropo e ne ebbi la conferma quando vidi i suoi occhi trasformarsi. Da azzurri divennero gialli e risplendevano nella notte.

“Oh cazzo” dissero all’unisono tutti e due i fratelli e in quel momento compresi che entrambi avevano capito tutto e prima ancora che potessero fare qualcosa il ragazzo si era già trasformato in un enorme lupo. 

Un brivido di paura mi fece venire la pelle d’oca e in quel momento una sola immagine mi venne in mente: Rose.

Un morso, bastava un semplice morso di quella bestia e Stefan e Damon ci avrebbero lasciato la pelle. Non potevo perderli. Non era concepibile nella mia visione del mondo.

“Dio Caroline, fa qualcosa” urlai disperata.

“Non posso fare nulla” furono le sue parole.

Sentii il suo tono di voce e compresi che davvero non c’era nulla che potesse fare. Aveva le mani legate e si sentiva in colpa per questo.

“Elena resta qui, prometti di non muoverti” disse poi dopo un’attenta analisi.

“Che intenzioni hai?” domandai preoccupata.

“Vado a dare una mano”.

Non feci neanche in tempo a risponderle che la vidi allontanarsi da me per raggiungere gli altri.

“Caroline non ti muovere da lì. Resta con Elena” urlò Damon voltandosi verso la mia amica.

Era la prima volta che la chiamava per nome dopo la sua trasformazione e la cosa mi spaventava parecchio perché significava che Damon era davvero preoccupato. Caroline non gli diede retta e continuò a camminare nella loro direzione.

“Diavolo Caroline torna da Elena” urlò con talmente tanta rabbia che la mia amica si bloccò di colpo.

Stefan le lanciò uno sguardo come a dare ragione al fratello e lei tornò indietro prendendomi di nuovo per mano.

Quello che segui si svolse talmente tanto velocemente che non riuscii a seguire facilmente i movimenti dei tre con i miei occhi. Caroline a differenza mia, invece, percepiva ogni singolo movimento e la sua espressione non prometteva nulla di buono.

Si muovevano troppo velocemente perché io potessi seguirli e questo mi rendeva ancora più inquieta.

All’improvviso vidi Damon scaraventato lontano contro un albero e il licantropo avvicinarsi pericolosamente ad un Stefan tramortito a terra. Lanciò un ululato e con il muso si scaraventò sul minore dei fratelli.

Non mi serviva un genio per capire che il suo intento era morderlo e lanciai un urlo che sembrò riecheggiare nell’aria.

Prima che me ne potessi accorgere, però, Damon si era rialzato e ad una velocità sovrumana si era parato di fronte il fratello.

Feci un respiro di sollievo visto lo scampato pericolo provvisorio, ma quando sentii un urlo agghiacciante di Damon mi si accapponò la pelle. 

Cosa diavolo stava succedendo?

Vidi una lacrima uscire dagli occhi di Caroline e poi un’altra e un’altra ancora e questo bastò per farmi capire che qualcosa non andava.

Tornai a guardare verso di loro e vidi il licantropo scagliarsi sul corpo di Damon, ma Stefan lo bloccò con un braccio e Damon approfittò della cosa per puntare al cuore dell’animale.

In pochi secondi vidi la bestia accasciarsi a terra, mentre nella mano di Damon c’era un cuore sanguinante.

L’aveva ucciso. Erano riusciti ad ucciderlo.

Lasciai la mano di Caroline e corsi verso i due fratelli, ma solo in quel momento mi accorsi che il cuore nelle mani di Damon cadde a terra e lo stesso Damon si accasciò.

Senza nemmeno rendermene conto iniziai a piangere fragorosamente e quando arrivai da loro Stefan mi bloccò il passaggio.

“Che succede?” urlai.

“Elena, entra dentro” mi pregò lui.

“Che succede?” ripetei io.

“Per favore, entra dentro”.

“Elena, andiamo dai” furono le parole di Caroline che tra le lacrime mi pregava di entrare dentro.

“Voglio sapere cosa succede” tornai ad urlare, ma nessuno sembrava volermi rispondere.

Provai ad avvicinarmi a Damon, ma Stefan me lo impedii di nuovo.

“Stefan togliti” gli dissi guardandolo negli occhi, ma lui non sembrava intenzionato a farlo “mi dici cosa diavolo sta succedendo? Ti prego. Perchè non mi lasci avvicinare a lui?” urlai alla fine, un urlo che risultò essere una preghiera.

“È stato morso” furono le sue uniche parole.

“Cosa? Chi?” non riuscivo a capire o, forse, semplicemente non volevo capire.

La verità faceva troppo male.

“Il lupo…l’ha morso”.

L’urlo che lanciai fu disumano e non so da dove mi uscii fuori, ma riuscii a trovare la forza per spostare Stefan e riuscire a raggiungere Damon.

Mi inginocchiai vicino a lui e mi resi conto che la sua camicia era tutta strappata e all’altezza del braccio faceva bella mostra di sé un morso, identico a quello che avevo visto sulla spalla di Rose.

“Damon…amore come stai?” gli dissi piangendo.

“In splendida forma, come sempre” mi rispose lui voltandosi a guardarmi.

Non so dove trovò le forze per rispondermi e per sorridermi in quel modo, ma dalla sua espressione sembrava come se davvero fosse tutto apposto.

Si alzò perfino da terra e mi prese per mano, mentre Stefan e Caroline lo osservavano straniti.

“Entriamo dentro dai” disse a me, ma rivolgendosi anche agli altri due.

“Damon…” provò a dire Stefan, ma il mio ragazzo lo interruppe.

“Hey fratellino smettila di preoccuparti. Sto bene” gli disse sorridendo beffardo.

Mi baciò poi a fior di labbra e dopo avermi presa per mano entrammo dentro seguiti dagli altri due.

Le lacrime non smettevano di scendere e avevo tutti i buoni motivi per piangere.

Sapevo perfettamente che fine avesse fatto Rose e sapevo perfettamente che fine avrebbe fatto Damon, ma non potevo accettarlo. Damon non poteva morire. Io avevo bisogno di lui.

Mi bloccai di colpo quando quella verità mi sbatté in faccia e mi raggomitolai sul suo petto urlando e disperandomi come mai avevo fatto prima.

“Shh” mi disse solamente lui “si sistemerà tutto, tranquilla”.

A quelle parole presi a piangere ancora più forte, incurante del fatto che c’erano Caroline e Stefan ad assistere alla scena.

“Te lo pro…” provò a dire, ma lo zittì.

“Non dirlo…” dissi tra un singhiozzo e l’altro “non fare promesse che questa volta sai di non poter mantenere, ti prego” conclusi piangendo sempre più forte.

Damon non disse nulla, si limitò solo a stringermi più forte.

Era giunta la fine.

Potevo fare finta di nulla, ma sapevo che non mi sarebbe servito, sarebbe stato solo più doloroso.

Non sapevo quanto tempo avrei ancora avuto un Damon lucido, tanto o forse poco, dipendeva dai singoli casi, ma una cosa era certa, lucido o meno prima o poi avrebbe iniziato ad impazzire, proprio come Rose, e alla fine sarebbe sparito per sempre dalla mia vita.

Avrei tanto voluto sapere come si faceva ad aspettare la morte. Come si faceva a vivere sapendo che il minuto dopo, l’ora seguente o il giorno successivo la morte della persona a cui tieni di più al mondo sarebbe sopraggiunta.

Non lo sapevo, sapevo solo che in quel momento stavo abbracciando, anzi stavo stritolando il corpo della morte.

Eccola lì, tra le mie braccia, la morte paziente, perché questo sarebbe stata la fine di Damon, una fine lenta e dolorosa e io non ero avvezza a questo. La vita mi aveva abituato ad altri tipi di morte, come quella feroce che ti prende di colpo con un coltello, un proiettile, o un incidente come era capitato ai miei. Ero abituata a quella crudele, quella che ti prende e ti lascia sanguinante nel pavimento come le morti di tutte le persone che avevano perso la vita da quando conoscevo questo mondo sovrannaturale. Quelle morti sapevo come trattarle, sapevo, ormai, cosa pensare quando mi chinavo su un cadavere. La morte lenta, però, quella che ti scava dentro come avrebbe fatto quella di Damon, no a quella non era pronta, quella mi incuteva timore. Non era un incidente di percorso che si poteva scansare stando attenti.

No, era semplicemente il destino inevitabile, il saldo del conto.

La vita, la mia vita, per l’ennesima volta mi stava porgendo un conto da pagare, un conto che non avrei mai potuto accettare di pagare.

La morte di Damon equivaleva alla mia e una cosa era certa. Quando il suo respiro si sarebbe fermato, beh, allora ero certa che nello stesso istante anche il mio lo avrebbe fatto perché una vita senza Damon non era per me concepibile.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con il capitolo diciannove.

Che ne pensate? Sono stata un po’ sadica non è vero?

A dire la verità ho pensato di modificare la storia, ma poi alla fine non c’è l’ho fatta.

Ho scritto questo capitolo circa un mese fa e dopo la puntata 2x20 mi sono detta: ma ci ho buttato io il malocchio a Damon? Cioè anche lì morso non si può accettare.

Ok, meglio non parlare della puntata perché altrimenti inizio a sclerare e a parlare a sproposito.

Incrocio solo le dita e spero nella clemenza di Kevin e Julie. Abbiate pietà di noi povere fan dipendenti da Damon.

Che succederà adesso? Damon ha cercato di rassicurare Elena e gli altri, ma sa meglio di chiunque altro (vista l’esperienza con Rose) che non c’è “medicina” al morso di un licantropo.

Dannata Katherine.

Va beh, credo che non ho altro da dire. Mi ritiro nel mio angolino e mi nascondo da voi che di sicuro avete già preso i forconi in mano.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:

 

 

“Vuoi lasciarti morire?” riuscii solamente a dire ignorando le sue parole.

“Ho per caso un’altra scelta? Succederà comunque”.

“Non è detto, troveremo un modo per curare la ferita”.

“Ma ti senti? Ma in che mondo vivi Elena? Non ci sono antidoti contro un morso di un licantropo. Svegliati, non serve a nulla continuare a vivere nel mondo delle fiabe” mi sputò in faccia arrabbiato.

In quel momento non riuscii più a frenare le lacrime che copiose presero a bagnarmi gli occhi e le guance.

“Oddio smettila” mi disse vedendo le mie lacrime “risparmiami questo piagnisteo” continuò con rabbia.

Dove diavolo era finito il mio Damon? Possibile che stesse già iniziando a dare di matto?

“Damon smettila, non sei in te” lo pregai convinta che fosse così anche se dai suoi occhi riuscivo ancora a capire che era lucido, ma non poteva essere così.

Se fosse stato lucido non mi avrebbe mai parlato in quel modo.

Non potevo e non volevo credere che quelle parole dure e taglienti le stesse dicendo nel pieno delle sue facoltà.




 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 10 Maggio

 

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo Venti ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Venti

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Pov Elena

 

Ventisei ore, quaranta minuti e una manciata di secondi erano passati da quando avevo scoperto che Damon era stato morso, morso da un licantropo, ventisei ore, quaranta minuti e una manciata di secondi da quando la mia vita stava cadendo a pezzi minuto dopo minuto.

Più passavano le ore e più Damon sembrava stare male e nel giro di poche ore dopo ciò che era successo eravamo stati costretti a metterlo a letto iniziando a portargli una sacca di sangue ogni quarto d’ora.

Sapevo che non lo avrebbe guarito, ma almeno lo manteneva quanto meno lucido. Non volevo che facesse la fine di Rose, di lei che si era ritrovata perfino ad avere le allucinazioni, lei che aveva perso di lucidità faticando a riconoscere chi gli stava attorno. Non volevo e non potevo guardare Damon e capire che non mi riconosceva o peggio ancora che mi potesse scambiare per Katherine come era successo con Rose.

Il mio corpo cercava di reagire a quanto stava succedendo, non volevo farmi vedere debole da Damon, ma dentro di me, la mia anima, il mio essere si stava lentamente assopendo insieme a lui.

Dal giorno prima erano venuti tutti qui, tutti tranne Tyler che al momento doveva ancora riprendersi dalla trasformazione e al quale non avevamo ancora detto nulla, e cercavano di aiutare il più possibile anche se tutti lì dentro eravamo consapevole della realtà dei fatti: le possibilità di salvare Damon rasentavano lo zero.

“Elena dove vai?” mi chiese Jenna vedendomi nel corridoio.

Ero scesa in cantina per prendere una sacca di sangue dall’emoteca personale di Damon e stavo andando a portarla a lui.

“Ha bisogno di sangue” le risposi mostrandole la sacca.

“Perché non mangi qualcosa prima?” mi propose Bonnie.

“Dopo magari. Adesso non ho tempo” le risposi cercando di essere gentile e dirigendomi su.

I rapporti con lei non erano cambiati, si era addolcita parecchio questo si, ma non avevamo parlato da quando era successo tutto quel casino e sinceramente il problema Bonnie era decisamente l’ultima delle mie preoccupazioni.

Mentre salivo le scale notai che Alaric, Jeremy e Matt erano sparsi in salone mentre cercavano di leggere ogni singolo libro di quella casa nel vano tentativo di trovare qualcosa che potesse aiutare nell’impresa, ma le speranze erano davvero poche. Sapevamo che nulla avrebbe aiutato.

Stefan e Caroline non c’erano. Era usciti quella mattina per andare a casa Martin in modo da passare in rassegna ogni sorta di libro dello stregone e del figlio. Stefan non voleva tralasciare nulla, diceva che avrebbe fatto qualunque cosa per salvare suo fratello, anche l’impossibile.

Io lo capivo perfettamente perché noi due eravamo fra tutti quelli che sicuramente più tenevamo alla vita di Damon, o meglio quelli che non sarebbe riusciti a vivere se lui se ne fosse andato per sempre.

Salii le scale e non appena raggiunsi la camera di Damon entrai trovandolo esattamente come lo avevo lasciato: sdraiato in quel letto con un’espressione se possibile ancora più sofferente di quella che aveva prima.

Era pallido come un lenzuolo, l’espressione sofferente, gli occhi circondate da occhiaie e i suoi bellissimi zaffiri completamente spenti.

Non mi guardò neppure, anzi non appena mi vide entrare si voltò dall’altro lato quasi infastidito.

Da quando avevamo appurato che fosse stato morso, Damon era strano, quasi assente e se dapprima la cosa non mi aveva preoccupata perché credevo fosse solo la causa di quello che era successo, adesso, invece, mi spaventava proprio.

Sembrava come se lui volesse starmi lontano. Ogni volta che mi avvicinavo sembrava respingermi, quasi fossi un peso per lui, quasi fosse infastidito di avermi tra i piedi e non c’era cosa che potesse farmi più male di questa.

Potevo riassumere il suo atteggiamento in una sola parola: freddezza.

Chiusi la porta e mi avvicinai al letto sedendomi dal lato in cui lui aveva posato lo sguardo, ma non appena lo feci lui si voltò dall’altra parte.

Fu in quel momento che le lacrime prepotenti cercarono di uscire, ma cercai di trattenerle. Non volevo che mi vedesse piangere, io volevo e dovevo essere la sua forza.

“Ti ho portato questa” gli dissi porgendogli la sacca.

Lui non mi rispose e io provai a farlo girare, ma non ci riuscii. Nonostante fosse molto debole la mia forza non poteva competere con la sua.

“Hai bisogno di sangue, bevilo” continuai.

A quel punto si voltò e puntò i suoi occhi nei miei, ma erano spenti, avevano perso tutto il brio che prima li caratterizzava.

“A che pro berlo? Cambierebbe qualcosa?” mi disse con sguardo arrabbiato e in quegli occhi vidi il Damon che era stato quando era arrivato a Mystic Falls, vidi gli occhi di un mostro quale lui era stato in passato.

“Che stai dicendo?”

“Morirò comunque e prima succederà meglio sarà, quindi smettila di fare la crocerossina. Non ti voglio tra i piedi, né te né queste stupide sacche”.

Il suo tono di voce era freddo e maligno quasi e raggelai a sentirgli pronunciare quelle parole. La paura si impossessò di me, ma non paura di lui, ero certa non mi avesse fatto del male, ma paura di quello che avrebbe potuto dire, paura delle sue parole che sembravano lame affilate, parole che non avrei potuto reggere, non in quel momento almeno.

Mi aveva appena dato della crocerossina? Possibile che non capisse quanto diavolo stavo male? Quanto paura avevo di perderlo?

“Vuoi lasciarti morire?” riuscii solamente a dire ignorando le sue parole.

“Ho per caso un’altra scelta? Succederà comunque”.

“Non è detto, troveremo un modo per curare la ferita”.

“Ma ti senti? Ma in che mondo vivi Elena? Non ci sono antidoti contro un morso di un licantropo. Svegliati, non serve a nulla continuare a vivere nel mondo delle fiabe” mi sputò in faccia arrabbiato.

In quel momento non riuscii più a frenare le lacrime che copiose presero a bagnarmi gli occhi e le guance.

“Oddio smettila” mi disse vedendo le mie lacrime “risparmiami questo piagnisteo” continuò con rabbia.

Dove diavolo era finito il mio Damon? Possibile che stesse già iniziando a dare di matto?

“Damon smettila, non sei in te” lo pregai convinta che fosse così anche se dai suoi occhi riuscivo ancora a capire che era lucido, ma non poteva essere così.

Se fosse stato lucido non mi avrebbe mai parlato in quel modo.

Non potevo e non volevo credere che quelle parole dure e taglienti le stesse dicendo nel pieno delle sue facoltà.

“Vuoi fare qualcosa per me?” mi domandò ignorando quanto gli avessi detto.

“Sai che farei qualsiasi cosa per te”.

“Bene, allora prendi un paletto e ficcamelo nel cuore, così la smettiamo con tutta questa storia”.

“Stai scherzando?” gli dissi alzando la voce sconvolta mentre le lacrime iniziarono a scendere ancora più copiose.

“Non sappiamo quanto possa durare questa situazione. Potrei restare in questo stupido letto per giorni, mesi prima di morire perché tanto succederà e lo sappiamo entrambi, quindi facciamola finita adesso. Mi sono già stufato di avere tutti voi tra i piedi che giocate a fare i dottori” mi disse in tono beffardo.

“Non fa ridere Damon, non fa ridere per nulla tutto quello che stai dicendo. E non è detto che morirai. Stiamo vagliando tutte le possibilità, potrebbe esserci un modo per curare questa ferita e ti posso assicurare che se c’è lo troveremo”.

“Non c’è un modo lo capisci? Ti ricordi di Rose o ti sei già dimenticata di lei?” sbottò arrabbiato.

“Smettila” dissi solamente.

Sapevo quanto l’argomento Rose fosse delicato per lui e quanto nel profondo lo facesse soffrire. Non ne aveva mai voluto parlare perché dentro di lui si sentiva ancora in colpa per quanto era successo.

Potevo essere certa che mai avrebbe potuto scacciare via i sensi di colpa che aveva, che sempre si sarebbe sentito in debito con lei, lei che era morta per una colpa che non aveva, per una colpa che toccava a lui espiare.

“Pensi che se ci fosse stato un modo per salvarla l’avrei uccisa? Pensi che se davvero ci fosse stata una possibilità su un milione perché lei non morisse le avrei infilato un paletto nel cuore? Diavolo io le volevo bene e lei è morta beccandosi un morso che era destinato a me”.

“E tu te ne sei preso uno che avrebbe preso in pieno Stefan. Se non fossi intervenuto a quest’ora non ci saresti tu in questo letto, ma lui e finchè non troveremo un modo per farti alzare da lì nessuno di noi troverà pace” gli urlai convinta.

La verità era questa. Stefan mi aveva detto che Damon si era schiantato sul licantropo prima che questo potesse colpire Stefan e quel morso diretto al fratello se lo era beccato lui. Un po’ come era successo con Rose, solo che stavolta i ruoli erano invertiti.

“Povera ingenua Elena” disse sprezzante ridendo per quanto gli fosse concesso.

Il mio cuore si stava lacerando minuto dopo minuto e a lacerarlo era l’unica persona che avrebbe potuto risanarlo.

“Damon smettila. Non sai ciò che dici”.
“Oh si che lo so. Sei tu che non sai nulla, tu, l’idiota di mio fratello e i tuoi stupidi amici”.

I singhiozzi aumentarono mentre i suoi occhi diventavano sempre più freddi. Paragonarli al ghiaccio era la metafora più indicata al momento, in tutti i sensi.

“Credi davvero che tutto quello che è successo sia stato tutta opera di Katherine?” iniziò a dire e in quel momento il mio cuore smise di battere.

Non sapevo cosa stava per dirmi, ma sentivo dentro di me che quelle parole non promettevano nulla di buono, di questo ne ero certa.

“Facciamo che ti racconto una storia, ci stai?” mi disse beffardo.

“Ti prego smettila” lo implorai, ma il suo sorriso divenne ancora più grande.

“Dio quanto sei patetica” mi disse guardandomi negli occhi.

Non riuscivo a dire nulla, ogni fibra del mio corpo sembrava essersi congelata.

Damon non mi aveva mai parlato così, non si era mai rivolto a me in questi toni nemmeno quando era davvero il cattivo della situazione e non potevo credere che lo stesse facendo adesso.

Non riuscii a dire nulla e fu per questo che lui riprese a parlare.

“Io e Katherine eravamo d’accordo su tutto fin dall’inizio. È venuta da me dicendomi che voleva la sua vendetta su di te e mi ha chiesto di aiutarla e io ho acconsentito, in fondo anche io volevo distruggere Stefan, doveva pagare per avermi portato via Katherine” prese a dire.

Ero immobile, non riuscivo a proferire parola così lui continuò.

“Sono stato io che le ho dato una mano ad organizzare questo assurdo piano, sono stata io ad averla aiutata. Io ho ucciso lo stregone che ha tolto i poteri a Lucy, io ho l’ho avvisata della storia della verbena e sempre io le ho detto di non lasciarti uscire da lì nel caso fossi entrata e sapevo lo avresti fatto. E quando sciocca come sei l’hai fatto mi hai servito tutto su un piatto d’argento, era giunta la mia parte di fare il salvatore, così sono entrata per salvarti tanto sapevo che sarei uscito, sapevo che avresti fatto di tutto per convincere quel branco di idioti a farmi uscire. Sono stato io a liberarla da lì dentro e poi sono corso a scuola da te” mi raccontò orgoglioso e strafottente allo stesso tempo.

Che diavolo stava dicendo?

Dire che ero sconvolta era dire poco. Non potevo credere alle sue parole, non potevo credere di essermi innamorata così intensamente di una persona che non esisteva.

Non potevo essere stata tanto cieca.

“Il morso comincia a fare i suoi effetti. Sei pazzo” provai a dire, ma nemmeno io credevo alle mie parole.

Mentirmi adesso non aveva senso, ma non mi spiegavo perché avesse deciso di essere sincero proprio ora.

“Sono lucidissimo, invece”.

“E allora perché adesso sei in questo fottuto letto a soffrire come mai hai fatto in vita tua? Dov’era Katherine quando il licantropo ti ha morso?” urlai e mi resi conto che, forse, ero io quella che iniziava ad essere meno lucida.

“Ho dato per scontato che Katherine sarebbe rimasta fedele al nostro patto fino alla fine, ma non l’ha fatto. Quando ha capito di avere la vittoria in pungo ha tradito pure me”.

“Tu sei pazzo. Io non credo ad una singola parola di quello che stai dicendo” continuai ad urlare “tu hai detto di amarmi, noi ci amiamo” dissi poi abbassando il tono di voce.

Lui mi guardò e scoppiò a ridere.

“Io ti amo? Erano tutte bugie, volevo solo portarti via da Stefan. Doveva soffrire come ho sofferto io. Credevi davvero che io potessi innamorarmi di te? Su Elena non ti facevo tanto sciocca. Il mio cuore è sempre appartenuto a Katherine, e lei che ho amato ed è lei che amo” mi disse serio, ma potei notare una punta di tristezza nei suoi occhi.

Lui…lui non mi amava. Mi aveva solo preso in giro. Era Katherine l’unica donna che avrebbe mai occupato il suo cuore e io mi ero solo illusa di essere importante per lui, invece, era tutto un gioco, tutta una stupida vendetta ai danni di suo fratello e non gliene era importato nulla se a pagare le conseguenze dei suoi gesti fossi stata io.

Poi mi venne in mente un particolare che non coincideva con le sue parole. Se davvero amava Katherine perché non aveva ceduto alla tentazione mentre erano chiusi nella cripta?

“E allora perché quando lei ti ha provocato mentre eravate chiusi non sei caduto ai suoi piedi? Perché non te la sei presa? Perché non hai ceduto?” gli urlai.

“Di che diavolo parli?”

Era stupito, sembrava non avere idea davvero di ciò che gli stavo dicendo.

“Non ero ancora salita sopra quel giorno, mi sono nascosta e vi ho sentiti, vi ho visti. Lei ti ha buttato a terra salendoti sopra e dicendoti che potevate divertirti. E tu l’hai scaraventata al muro, tu le hai detto che amavi me, gliel’hai detto guardandola negli occhi. Non potevi fingere, eravate solo tu e lei, non sapevi che io ci fossi e non c’era nessun’altro. Avresti potuto fare con lei tutto ciò che volevi, avresti potuto amarla come sei così bravo a fare, ma non l’hai fatto”

Restò imperterrito per un po’, poi tornò a sorridere malefico quasi.

“Credi davvero che non ti avessi sentito? Che non avessi capito che eri lì e che ci stavi spiando? Faceva tutto parte della recita” mi disse, ma mi sembrò tanto una scusa inventata al momento.

A quel punto non riuscii a trattenermi più. I singhiozzi aumentarono e lanciai un urlo talmente forte che anche un sordo mi avrebbe sentito. Poi mi alzai dal letto e scaraventai a terra tutto quello che c’era sulla scrivania continuando ad urlare come una forsennata.

Una parte di me mi diceva che le sue parole erano bugie, ma l’altra parte non si capacitava del perché lui dovesse mentire in quel modo. A che pro farmi soffrire così se erano tutte bugie?

“Io non ci credo, io ti conosco” dissi abbassando il tono di voce.

“Tu credi di conoscermi, ma nessuno riuscirà mai a conoscere quante tenebre ci sono dentro di me. Tu, Stefan e tutti gli altri cercate di vedere il buono in me, ma non c’è, è inutile che vi sprechiate tanto. Io e Katherine siamo più simili di quanto tutti voi possiate credere” mi rispose lui sicuro di sé.

“Non è vero” continuai ancora io con il chiaro intento di convincere me stessa piuttosto che lui.

“Io e lei ci completiamo. È sempre stato così”.

“Sei un bugiardo” urlai.

“Credi quello che vuoi, ma adesso che sai la verità possiamo finirla con questa recita, pertanto apprezzerei che tu uscissi dalla mia camera. Gradirei dormire” mi disse freddo e glaciale.

“Perché ti stai comportando così?”

“Dopo tutto quello che ti ho raccontato stai ancora a chiedermi perché? Ti ho dovuto sopportare per un mese intero. Sempre appiccicati, non ne posso più” mi disse.

“Non puoi aver finto, io non ti credo. Io so che tu mi ami, ma non capisco perché ti stai comportando così”.

Volevo credere che niente di ciò che mi aveva detto fosse vero, ma il dubbio, ormai, si era insinuato come un tarlo dentro di me e più lo guardavo negli occhi più mi sembrava di avere la testimonianza certa che le sue parole fossero vere.

“Finto? Beh diciamo che in fondo con te non ho dovuto poi fingere così tanto”.

“Che vuoi dire?”

“Ti vedevo e vedevo Katherine. Era lei che baciavo, era con lei che facevo l’amore. Tu eri solo l’involucro che la conteneva”.

Non avevo più nulla da dire, non dopo quelle parole.

Se fosse stato bene sarei corsa da lui e lo avrei preso a pugni, a sberle fino a fargli male, ma non potevo farlo. Non adesso.

Mi avvicinai e lo guardai negli occhi e ci vidi la verità in quegli occhi, vidi che tutto ciò che aveva detto era vero, vi lessi la consapevolezza della veridicità di quelle parole e a quel punto non ebbi più dubbi.

Mi aveva preso in giro. Il suo amore era falso tanto quanto lo era stato lui. Ero stata un gioco per lui, uno strumento per vendicarsi del fratello.

“Mi fai schifo Damon” gli dissi, poi mi voltai e mi diressi verso la porta.

Avevo bisogno di uscire da lì.

“Meglio così” sussurrò appena.

Appoggiai la porta alla maniglia, ma prima di aprirla mi voltai di nuovo a guardarlo.

“Io non ho mai finto di amarti invece. Il mio amore per te è sempre stato vero e sincero. Avrei dato la mia vita per te” dissi più a me stessa che a lui, poi aprii la porta ed uscii da quella camera che mi ricordava troppi momenti felici, momenti che a quanto pareva erano finti.

Scesi di corsa le scale pronta per uscire da quella casa, ma qualcuno mi fermò per un braccio.

“Che diavolo è successo? Le tue urla si sentivano da fuori. Stavamo salendo a controllare” mi disse Rick tenendomi ancora per il polso.

Vidi l’attenzione di tutti posata su di me e in quel momento non sapevo bene come affrontare la cosa.

Avevo paura che rivelando loro la verità tutti lì dentro avrebbero smesso di prodigarsi tanto per aiutare Damon, per salvarlo.

Abbassai lo sguardo cercando di non guardare gli occhi di Rick, non avrei saputo mentirgli altrimenti.

In quel momento lui staccò la presa dal mio braccio e si avvicinò posando in modo paterno le sue mani sul mio viso. Rimasi con gli occhi bassi, ma quando percepii il suo sguardo fisso sul mio non potei che far scontrare i suoi occhi con i miei.

“Elena sei sconvolta” mi disse dolcemente vedendo i miei occhi rossi e le lacrime che ancora scendevano copiose “cosa è successo?” concluse poi e nel suo sguardo potei vedere tutto ciò che, poco prima, per la prima volta non avevo visto in quello di Damon: un senso infinito di protezione.

“Damon…lui…” provai a dire mentre i singhiozzi continuavano a non lasciarmi via di fuga “lui e Katherine…loro erano d’accordo” riuscii solamente a dire prima di abbassare di nuovo lo sguardo.

“Cosa?” fu l’urlo di Bonnie e Jenna che erano a pochi passi dalle spalle di Rick.

“Lui l’ha aiutata in questo folle piano. È stato tutto finto, noi due, la nostra storia era tutto finto. Damon ama Katherine, sarà sempre lei” cercai di spiegare loro prima di approfittare del momento di turbamento di Alaric per sfuggire dalla sua presa e uscire correndo più che potevo da quella casa.

Corsi fino alla macchina e in pochi istanti salii, misi in moto e sfrecciai via nella notte.

Non avevo una meta, né una destinazione. Volevo solo allontanarmi da quella casa, allontanarmi dalla verità che mi era sbattuta in faccia in modo così violento.

Avrei preferito che fosse morto portandosi alla tomba quel segreto, avrei continuato a vivere sapendo che ci eravamo amati in modo sincero e puro, invece no, come al solito lui doveva rovinare tutti i piani.

Non mi amava, questa era l’unica consapevolezza che avevo, l’unica certezza che si era impadronita di me e faceva male, più male di ogni altra cosa, perfino più male del fatto che fin dall’inizio era d’accordo con Katherine in merito a tutto quel folle piano.

Perché? Come aveva potuto mentirmi così spudoratamente per tutto quel tempo? Come? Aveva finto anche in passato? Anche durante la caccia a Klaus aveva finto di provare qualcosa per me? Anche allora vedeva in me Katherine?

Era assurdo, non riuscivo a credere alla cosa.

Con quelle parole aveva spento ogni cosa in me, aveva premuto il tasto off alle mie emozioni, aveva spento ogni mio soffio vitale, non c’era più conoscenza nel mio corpo non dopo aver visto l’assenza di amore nelle sue mani fredde, non c’era più gioia nei miei occhi ormai spenti.

All’improvviso con poche semplici parole aveva messo la parola fine a tutto, non ci sarebbe stato più un futuro con lui, tutto quello che poteva essere era già accaduto nonostante fosse falso. Il riflesso di quello che credevo il nostro amore era ancora nei miei occhi, ma lui era lontano, irraggiungibile, ed io ero ferma in mezzo al nulla dentro una macchina, io galleggiavo alla deriva senza più forze in una notte nera e fredda.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con il capitolo venti.

Damon è stato molto duro con Elena e le ha detto tutto quello che pensava. Il loro amore era davvero basato su una bugia? Su una vendetta di Damon ai danni del fratello?

Elena è distrutta, si sente presa in giro, umiliata, respinta e cosa più grave sa che comunque vada perderà Damon comunque.

A parte questo nessuna cura è stata ancora trovata. Riusciranno a trovarla? E soprattutto dopo quello che Damon ha detto siamo certi che gli altri saranno ancora disposti a cercare di aiutarlo, a trovare un antidoto?

Certo Bonnie avrà avuto la conferma che tutto quello che pensava di Damon non era altro che la verità.

E come prenderà la notizia Stefan non appena rientrerà a casa insieme a Caroline?

Che succederà tra i nostri amati fratelli Salvatore?

Abbiate pazienza e non uccidetemi. Ricordatevi che se mi fate fuori non potrete sapere cosa sarebbe successo.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:

 

 

Avrei fatto qualunque cosa per farlo stare meglio, qualunque cosa per salvargli la vita a qualunque costo. Avrei barattato perfino la mia vita pur di salvare la sua.

Presi una sacca di sangue e tornai su.

“Dove vai?” mi chiese Bonnie preoccupata.

“Dove vuoi che vada? Da Damon, mi sembra ovvio”.

“Dovresti stargli lontano dopo quello che ti ha detto”.

“Dovresti rispettare le mie decisioni” la rimbeccai io infastidita prima di voltarle le spalle e dirigermi nella camera di lui.

Quando fui davanti alla porta la trovai socchiusa e sentendo le voci capii che Stefan era lì dentro con il fratello.

Di sicuro gli altri avevano raccontato a lui e Caroline quanto fosse successo mentre non c’erano e non ci voleva un genio per capire che Stefan era andato a parlare con il fratello per capire le ragioni di quel comportamento.

“Vorrei solo capire cosa ti salta in quella mente bacata” gli disse il minore dei fratelli.

Non sapevo di cosa stavano parlando, ma non avevo intenzione di andare via. Volevo sentire quel discorso, capire le vere ragioni di Damon.

“Cosa dovrebbe passarmi? Le ho solo detto la verità” gli rispose il maggiore mentre il mio cuore perse un battito.

Non potevo permettermi di piangere, non potevo permettermi di farmi sentire dai sensi sviluppati di Stefan.





 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 17 Maggio

 

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Capitolo 22
*** Capitolo Ventuno ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Ventuno

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Pov Elena

 

Avevo passato l’intera notte fuori casa incurante del fatto che Katherine fosse ancora in giro e che con molta probabilità se mi avesse trovata sola e indifesa com’ero ci avrebbe messo una frazione di secondo a porre fine alla mia vita e a dire il vero, forse, una parte di me lo sperava.

Del resto, ormai, nulla aveva più alcun senso. Avevo perso Damon, il suo amore e presto lo avrei perso in tutti i modi in cui una persona può essere persa.

Alle primi luci dell’alba mi diressi nuovamente verso il pensionato Salvatore, quella che, ormai, per me era la mia unica e vera casa.

Posteggiai davanti casa e scesi dirigendomi verso l’ingresso.

Non appena aprii la porta mi furono tutti addosso e con mio stupore notai che c’era perfino Caroline il che significava che lei e Stefan erano tornati, ma non riuscivo a vedere lui.

Non ci badai più di tanto e cercai di scostarmi da loro.

“Diavolo Elena ci hai fatto preoccupare. Non si fa così” mi rimproverò Jenna.

“Hai lasciato il cellulare a casa e sei sparita per tutta la notte” continuò Rick.

“Ti rendi conto che Katherine è ancora lì fuori da qualche parte e che se ti avrebbe trovata a quest’ora saresti un cadavere in mezzo al nulla?” mi disse Bonnie alzando la voce.

“Smettetela di urlare” iniziai a dire “ho mal di testa e voglio solo riposare. Non mi è successo nulla e anche se così non fosse stato non sarebbe cambiato nulla” conclusi.

“Elena ti sei bevuta il cervello? Che diavolo dici?” mi domandò Caroline seriamente preoccupata.

La guardai e nemmeno le risposi, mi limitai ad allontanarmi e scendere in cantina per prendere una sacca di sangue da portare a Damon.

Nonostante tutto ciò che mi aveva detto, nonostante per lui fossi stata solo un gioco, non potevo fingere che non mi importasse di lui, non potevo ignorare che fosse steso su un letto in attesa della morte.

Avrei fatto qualunque cosa per farlo stare meglio, qualunque cosa per salvargli la vita a qualunque costo. Avrei barattato perfino la mia vita pur di salvare la sua.

Presi una sacca di sangue e tornai su.

“Dove vai?” mi chiese Bonnie preoccupata.

“Dove vuoi che vada? Da Damon, mi sembra ovvio”.

“Dovresti stargli lontano dopo quello che ti ha detto”.

“Dovresti rispettare le mie decisioni” la rimbeccai io infastidita prima di voltarle le spalle e dirigermi nella camera di lui.

Quando fui davanti alla porta la trovai socchiusa e sentendo le voci capii che Stefan era lì dentro con il fratello.

Di sicuro gli altri avevano raccontato a lui e Caroline quanto fosse successo mentre non c’erano e non ci voleva un genio per capire che Stefan era andato a parlare con il fratello per capire le ragioni di quel comportamento.

“Vorrei solo capire cosa ti salta in quella mente bacata” gli disse il minore dei fratelli.

Non sapevo di cosa stavano parlando, ma non avevo intenzione di andare via. Volevo sentire quel discorso, capire le vere ragioni di Damon.

“Cosa dovrebbe passarmi? Le ho solo detto la verità” gli rispose il maggiore mentre il mio cuore perse un battito.

Non potevo permettermi di piangere, non potevo permettermi di farmi sentire dai sensi sviluppati di Stefan.

“La verità? Damon io non sono Elena te ne rendi conto? Smettila con queste balle. Puoi essere sincero con me”.

“Fratellino vuoi farmi un favore? Lasciami in pace, non rompermi l’anima ancora. Non vedi in che condizioni sono? Goditi il momento e smettila”.

“Goditi il momento? Damon sei mio fratello e l’ultima cosa che voglio è che tu soffra”.

“Mi hai sempre odiato, adesso non fare il buonista come sempre”.

“Sei tu che hai sempre odiato me. Io mi sono solo comportato di conseguenza, ma non c’è stato mai un momento in cui ti ho odiato davvero. Piuttosto ho odiato me stesso per quello che ti avevo fatto, per averti costretto a diventare un mostro”.

Damon non disse nulla, ma da quel poco che potevo vedere dal suo sguardo vista la distanza, la cosa lo aveva colpito parecchio.

In realtà io ero certa che lui quelle cose le avesse sempre sapute, ma tra saperle, sospettarle e sentirsele dire c’è una grande differenza.

“Mi dispiace” disse solamente Damon.

“Di cosa?” chiese Stefan stupito di quelle parole.

“Di tutto. Di averti fatto la guerra per un secolo e mezzo, di averti fatto soffrire, di averti disprezzato. Mi dispiace di averti fatto tutto questo male”.

Una lacrima scese senza controllo dal mio occhio destro e in quel momento mi resi conto che, forse, era questo il vero Damon, quello che aveva detto quelle cose al fratello e non la persona che la sera prima mi aveva urlato quelle cose.

Era ovvio comunque che si fosse aperto così tanto perché sapeva di essere sull’orlo del baratro altrimenti non avrebbe mai messo da parte l’orgoglio.

“Dovrei scrivermela questa” commentò bonariamente Stefan.

“Hey, hai fatto una battuta, sono io che dovrei scrivermela” scherzò Damon prima di iniziare a tossire brutalmente.

Stefan si avvicinò a lui e lo fece alzare un pochino e Damon smise di tossire, ma aveva una faccia sconvolta.

Non sapevo cosa mi stava trattenendo ad entrare, ma dovevo resistere.

Stefan prese una sacca di sangue e la diede al fratello aiutandolo a bere.

“Grazie” si limitò a dire Damon dopo averne bevuto un po’.

“Sono qui per questo” gli rispose l’altro.

Ci fu un attimo di silenzio, poi il minore dei fratelli riprese a parlare.

“Perché le hai mentito così spudoratamente?”

Era chiaro che Stefan si stesse riferendo a me e sperai che Damon gli desse una risposta, ma soprattutto che ammettesse di aver mentito, anche se, ormai, la sua mi sembrava davvero la più grossa balla mai sentita prima.

“Crederà che sono un mostro, che lo sono sempre stato e che lo sono stato fino alla morte”.

Era per questo? Per questo che mi aveva mentito?

“Perché? Perché deve farlo?”

Stefan aveva preso a piangere, lo percepivo perfettamente.

“Perché così sarà più facile per lei dimenticarmi, sarà più facile che smetta di amarmi”.

Come aveva potuto dire quelle cose? Perché? Aveva davvero detto di non amarmi solo per fare il mio bene? Non era quello il mio bene, non lo era assolutamente.

Le lacrime iniziarono a scorrere lungo le mie guance appannandomi la vista, ma cercai di restare in silenzio, non potevo farmi sentire, non adesso.

“Non smetterà mai di amarti e non riuscirà mai a dimenticarti anche se gli hai detto quelle cose. L’amore che prova per te è troppo forte perché lei possa riuscirci. Adesso può anche aver creduto alle tue parole, ma quando si siederà e ci rifletterà capirà che sono state solo bugie. Ti conosce, forse ti conosce meglio di chiunque altro, perfino meglio di me”.

“E tu dovrai farglielo credere invece. Stefan, voglio che tu la convinca che ciò che le ho detto è la verità. Non so come, inventati qualcosa, ma fai in modo che ci creda”.  

“Non lo farò, non posso farlo. Non la farò soffrire in questo modo, non le farò credere di aver amato un mostro”.

“Cazzo Stefan la conosci. Soffrirà comunque, solo che in quel modo forse riuscirà a rassegnarsi”.

“Damon…” provò a dire, ma lui lo interruppe.

“Devi promettermelo questo e anche un’altra cosa, un’altra cosa che è di vitale importanza per me”.

“Cioè?”

“Promettimi che la proteggerai anche a costo della vita e la farai sempre sentire al sicuro. Le starai sempre vicino e le farai capire che la ami. Devi riuscire a farla innamorare di nuovo di te e soprattutto dovrai renderla felice sempre”.

“Damon…”

“Giuro che se le vedrò versare una lacrima ti renderò la vita un inferno anche dalla tomba. Promettilo”.

“Te lo prometto, ma non chiedermi di mentirle, non ne sarò capace. Lei saprà la verità, lei saprà che lei hai mentito ieri”.

“Da quando sei così testardo?” gli chiese Damon.

“Da quando sono fermamente convinto in quello in cui credo”.

“Ma fammi il piacere” ci scherzò su Damon.

Sorrisero entrambi e io non potei che fare lo stesso. Mi si rallegrava il cuore a vederli comportarsi da fratelli.

“L’hai fatta sentire uno schifo. Rick dice che era sconvolta. Non sappiamo neppure dove sia” gli disse Stefan, ma stranamente gli vidi volgere lo sguardo verso la porta.

Prima che potessi anche solo pensare che si fosse accorto di me distolse lo sguardo e prese a fissare il pavimento.

Aveva un’espressione strana, sembrava tranquillo nonostante avesse appena comunicato al fratello che ero chissà dove e di certo rischiavo la vita con Katherine in giro.

“Cosa? Come diavolo avete potuto farla uscire?” prese a dire Damon come impazzito.

Il suo volto era una maschera di preoccupazione.

“Io e Caroline non c’eravamo e gli altri non hanno saputo trattenerla. Erano sconvolti per quello che lei gli ha detto. Bonnie ha perfino smesso di cercarti una cura” gli spiegò, ma era troppo tranquillo per essere uno che mi sapeva fuori in pericolo.

“Al diavolo Bonnie. Dobbiamo andare a cercare Elena”.

Dopo aver pronunciato quelle parole sentii Damon tossicare e quasi alzarsi dal letto, ma Stefan lo fermò.

“Tu non vai da nessuna parte. Non sei in grado di fare nulla al momento”.

“Stefan tu non capisci. È di Elena che stiamo parlando. Non me lo perdonerei mai se le succedesse qualcosa a maggior ragione sapendo che la colpa è mia”.

“Damon calmati”.

“Damon un cazzo. Dobbiamo cercarla, dobbiamo trovarla. Mi sono comportato come uno stronzo”.

“Uno stronzo? Non è questa la parte che hai sempre voluto mostrare di te?” gli domandò il fratello sarcastico.

Damon abbassò lo sguardo senza dire nulla.

“Capisci adesso perché ho deciso di tornare a Mystic Falls dopo averla salvata dall’incidente? L’ho capito subito quando l’ho guardata. Elena ha il potere di cambiare le persone e ha cambiato te”

“Non lo so cosa ha fatto, so solo che io la amo più di ogni altra cosa al mondo e solo ora mi rendo conto che non voglio e non posso morire sapendo che lei mi odia e ne avrebbe tutti i diritti dopo quello che le detto”.

A quelle parole mi asciugai le lacrime e sorrisi.

Come avevo potuto pensare che lui mi avesse sempre mentito? Come avevo potuto pensare che lui non mi amasse.

A quel punto non c’è la feci più ed entrai in stanza sbattendo la porta con un rumore sordo.

Stefan si irrigidii all’improvviso, ma mi sorrise mentre Damon mi osservò con uno sguardo che non seppi decifrare.

Lo guardai furente perché nonostante tutto ero arrabbiata per il piano fallito di Damon, poi guardai Stefan.

“Era ora che entrassi” mi disse solamente quest’ultimo.

Mi immobilizzai subito. Possibile che lui mi avesse sentito arrivare? Ero stata talmente silenziosa.

“Tu sapevi che ero fuori?” domandai cercando di calmarmi.

“Elena sono un vampiro, era ovvio che ti avessi sentita arrivare”.

A quel punto Stefan guardò il fratello, il quale gli lanciò uno sguardo furente comprendendo che l’aveva spinto a dire la verità proprio per farla sentire a me.

“Prima o poi mi ringrazierai” gli fece notare Stefan.

“Come se mi fosse concesso un poi” commentò sarcastico Damon certo, ormai, che la sua fine fosse giunta.

Non sapeva, però, che avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarlo. Lui non sarebbe morto, non poteva morire. Non era possibile.

Stefan scosse la testa e poi si decise ad uscire. Mi passò una mano sulla spalle e mi fissò per qualche secondo.

“Era il suo modo per proteggerti, per tenerti lontano da tutto questo. Prova a capirlo” mi sussurrò all’orecchio prima di uscire comprendendo che ero arrabbiata per la situazione.

Quando la porta si chiuse alle sue spalle presi a guardare Damon con sguardo infuriato.

“Perché?” riuscii a dirgli solamente mentre ciò che volevo dirgli davvero erano altre cose, ma non riuscivo ad agitarmi troppo vedendolo in quello stato.

“Cosa hai sentito?” mi domandò.

“Quanto basta per prenderti a calci”.

“Cosa aspetti allora?”

“Damon non sono in vena di scherzare, ok. Togliti la maschera di buffone e fai il serio” gli dissi alzando la voce e alterandomi leggermente.

Era inconcepibile che ancora la voglia di fare battutine non gli fosse passata.

“Cosa dovrei dirti? Dovrei chiederti scusa per ciò che ti ho detto ieri? Avevo i miei buoni motivi per farlo perché per proteggerci sarei disposto a fare qualunque cosa, anche a fingere come ho fatto ieri e sinceramente se mio fratello non avesse fatto il buon samaritano non avresti mai scoperto che erano delle bugie quelle che ti ho detto”.

“Perché?” dissi soltanto.

Volevo una spiegazione, seppur minima che mi facesse capire davvero cosa gli passava in quella testa bacata.

“Perché cosa?”

“Perché devi sempre sottovalutare l’amore che provo per te?”

“Non lo sto facendo”.

“Si, invece. Perché se davvero tu ti rendessi conto di quanto ti amo non avresti detto quelle cose. Non mi avresti chiesto di infilarti un paletto nel cuore, ma avresti lottato fino alla fine per riuscire a sopravvivere, non mi avresti riempito di bugie solo per cercare di farti odiare, solo per farmi cambiare opinione sul tuo conto perché avresti capito che nessuna cosa che avresti mai potuto dire mi avrebbe fatto smettere di amarti e non avresti chiesto a Stefan di farmi innamorare di nuovo di lui perché avresti saputo che dopo aver amato così intensamente una persona come io amo te non la si può dimenticare né sostituire. Mi hai praticamente servita a Stefan in un piatto d’argento senza sapere cosa ne pensavo io”.

“Se l’ho fatto è solo perché voglio che tu possa essere felice”.

“Volevi che fossi felice odiando il ricordo che avevo di te?”

“Si” mi rispose sincero.

“Sei un’idiota Damon. L’idiota più colossale che io abbia mai conosciuto”.

Lui non rispose, abbassò solamente lo sguardo e in quel momento mi avvicinai al letto e mi sedetti vicino a lui guardandolo, ma non toccandolo.

“Avresti preferito che ripensassi a quelli che sono stati i momenti migliori di tutta la mia vita dandomi della stupida per non aver capito che erano finti, che tu mi stavi prendendo in giro?”

“Elena volevo solo che tu riuscissi a dimenticarmi e potessi andare avanti, ma ero certo che una minuscola parte del tuo cuore avrebbe capito che erano tutte bugie. Una parte, però, talmente minuscola che forse non ti saresti neppure accorta di avere”.

Non dissi nulla. Restai in silenzio per qualche secondo, poi gli passai la sacca di sangue che gli avevo preso.

Lui  mi ringraziò con lo sguardo poi iniziò a bere avidamente. Potevo percepire quanto bisogno ne avesse.

“Mi avevi fatto una promessa” dissi quasi in un sussurro.

Sapevo che avrebbe capito che mi riferivo al fatto che aveva promesso che saremmo stati insieme per sempre.

“Lo so, ma quando ho visto quel lupo avventarsi su mio fratello mi sono premurato di mantenere un’altra promessa. In quel momento non ho pensato ad altro”.

“Di che parli?”

“Avevo sette anni quando mia madre morì. Era molto malata, ma ciò che la preoccupava di più era lasciare me e Stefan. Mamma è stata l’unica a non aver mai fatto preferenze, lei voleva bene a me esattamente come ne voleva a Stefan, per lei non c’erano prime o seconde scelte, lei ci amava entrambi. La sera in cui morì mi intrufolai di nascosto nella sua camera, volevo vederla anche se mi era stato vietato. Avevano tutti paura che potesse contagiare qualcuno. Quando mamma mi vide mi disse di andare via, ma non lo feci, volevo stare con lei” iniziò a raccontarmi perdendosi nei ricordi.

Non si era mai davvero aperto così tanto nemmeno con me e non sapevo se interpretarlo come qualcosa di positivo o meno.

“Restai lì per un po’ e io ero un bambino troppo sveglio per la mia età. Sapevo che, forse, quella sarebbe stata l’ultima volta che la vedevo. Mi disse che sarebbe andata lontano, in cielo, ma che avrebbe sempre vegliato su di me e su Stefan. Mi chiese di essere ubbidiente con mio padre e soprattutto mi chiesi di prendermi cura di mio fratello. Le promisi che mi sarei occupato di lui, che lo avrei protetto sempre, che avrei dato la vita per lui, per quel fratellino che tanto amavo. Poi la governante mi trovò lì e mi mandò fuori, ma quella promessa non la dimenticai mai”.

“Tua madre…” provai a dire non sapendo nemmeno bene cosa volessi dirgli, ma non ne ebbi comunque la possibilità perché lui mi interruppe prima ancora che riuscissi a dire qualcos’altro.

Aveva gli occhi quasi vitrei ed ero certa che nella sua mente stava rivivendo alla perfezione quegli attimi di vita indelebili per lui, mentre io stavo lottando con le lacrime per impedire loro di uscire.

“Mia madre è stata la prima donna che ho amato davvero, quella che amerò per il resto dei miei giorni e le ho fatto una promessa in punto di morte e le promesse in punto di morte vanno rispettate sempre e comunque, ad ogni costo. Ho fatto tanto male a Stefan, gli ho reso la vita impossibile per tanto tempo, troppo forse e nonostante l’inferno che gli ho fatto passare, nonostante l’odio che ho accumulato verso di lui mi sono sempre assicurato che mai nessuno gli torcesse un capello, non lo avrei permesso”.

Non dissi nulla consapevole che quello che doveva dirmi non fosse finito.

“Era come se concedessi solo a me stesso di ferirlo, nessun altro poteva farlo. E probabilmente sarebbe andata avanti così all’infinto se lui non avesse deciso di tornare a Mystic Falls e non avesse conosciuto te. Stefan aveva permesso che Katherine morisse, ma soprattutto lui se l’era presa e io non potevo accettarlo, non potevo vivere con la consapevolezza che non ero l’unico per la donna che amavo e Dio solo sa quanto Katherine sia stata importante per me. È stata l’unica donna dopo mia madre che ho amato e doveva essere solo mia. Ho odiato mio fratello per secoli, ma forse quel sentimento non è mai stato davvero odio. Quando ho visto quel lupo scaraventarsi su di lui l’unica cosa che ho pensato era che dovevo proteggerlo. Che poi quella bestia mi abbia morso è stato un caso. Mi sono distratto a vedere se Stefan stesse bene e quello ne ha approfittato, ma va bene così, forse per la prima volta nella mia non-vita sono orgoglioso di me stesso e delle mie azioni” concluse lui sicuro di sé.

Fu a sentire quelle parole che non c’è la feci più a stargli lontana, nonostante una piccola parte di me fosse ancora arrabbiata per ciò che aveva fatto, nonostante avrei voluto prenderlo a pugni per aver solo pensato che io avessi potuto dimenticarmi di lui.

Mi avvicinai e mi sdraiai accanto a lui sul letto. A quel punto lui si sollevò leggermente mettendosi quasi seduto e appoggiando la testa al cuscino, poi allargò un braccio per invitarmi ad avvicinarmi e non me lo feci ripetere due volte. Appoggiai con estrema delicatezza il mio volto al suo petto mentre con le mani lo stringevo a me.

“Ti amo Damon e non farti progetti perché nessuna cosa Stefan o chiunque altro potrà dire o fare cambierà questo dato di fatto” gli sussurrai piano baciandogli il petto seppur coperto dalla maglietta.

Lui rimase in silenzio per un po’, poi prese a parlare.

“Mi dispiace”.

“Per cosa?”

“Per quello che ti ho detto, per come l’ho detto e per le parole che ho usato. Non pensavo nessuna di quelle cose che ho detto, nessuna. Era l’unico modo che ho trovato per riuscire a farti dimenticare di me anche a costo di farmi odiare”.

“Non ti avrei mai potuto odiare, io ti amo, ti amo come non ho mai amato in vita mia”.

“E mi dispiace soprattutto perché non posso mantenere la promessa che ti ho fatto, ma in qualche modo io e te saremo sempre insieme. Sarò sempre accanto a te, non mi vedrai, ma mi sentirai. Sarò qui sempre” mi disse.

Fu in quel momento che lo sentii per la prima volta piangere e a conferma che non mi fossi sbagliata sentii qualcosa bagnare il mio volto, una lacrima che si univa a quelle tante che stavo già versando io.

Piansi più forte che potei incurante di far soffrire anche lui in quel momento. Avevo un disperato bisogno di sfogarmi.

“Non posso Damon, non posso perderti” gli sussurrai tra un singhiozzo e l’altro.

“Hey, piagnona sono ancora qui” mi disse sorridendo beffardo.

Alzai gli occhi verso di lui e nonostante le sue guance erano rigate di lacrime vidi la sua espressione sorniona, la solita espressione di quando mi prendeva in giro, ma in quel momento non ero in grado di reggere quel nostro gioco, non c’è la facevo, il dolore era troppo forte.

Come diavolo potevo accettare di vederlo morire sotto i miei occhi? Semplice: non potevo.

La morte della persona che si ama è uno scollamento esistenziale, l'aprirsi di una voragine sotto i piedi della vita, lui scivola aleggiando nelle pieghe dell'infinito, mentre tu resti sul ciglio dell'abisso a contemplare l'immensità della tua impotenza.

Era così che mi sentivo, era questo quello che mi sarebbe toccato quando Damon avrebbe chiuso gli occhi per sempre.

Solo adesso che potevo sentire le sue braccia stringermi a me mi rendevo davvero conto di quello che il mio vampiro aveva voluto fare dicendomi la sera prima tutte quelle cose.

Damon non era più quello di prima, non era più quel vampiro cinico e senza cuore che era al suo arrivo, era una persona diversa, migliore, ma in realtà era sempre lo stesso, solo che era riuscito a tirare fuori tutto il meglio che aveva e adesso stava rischiando di perdere tutto.

Damon non era più quello di prima, quello a cui non importava nulla degli altri. Anche se l’aveva beffata per tutta una vita, la morte si era insinuata dentro di lui e adesso che questa bruciava sulla sua pelle si sentiva indifeso, aveva paura di tutto, il suo stesso volto lo spaventava e per questo voleva fare di tutto per allontanare coloro a cui voleva bene, specialmente me.

Io non lo avevo capito subito, forse perché ero troppo una parte in causa, ma Stefan, lui se ne era reso conto per fortuna e in fondo dovevo ringraziarlo perché senza di lui molto probabilmente Damon avrebbe continuato a fingere parlottando di un accordo con Katherine che non era mai esistito.

“Amore?” mi chiamò e solo allora mi resi conto che era la prima volta che lo faceva, ma non mi aveva mai dato fastidio la cosa semplicemente perché sapevo che lui non era il tipo da grandi gesti e dimostrazioni d’affetto.

Lui era quello che era in grado di guardarti negli occhi e con la sola forza dello sguardo era capace di dimostrarti quanto grande fosse il suo amore.

Sorrisi nel sentirgli pronunciare quella piccolissima parola, ma cercai di non dare a vedere questa mia contentezza, non volevo che lui si sentisse obbligato a chiamarmi sempre così perché sapeva di rendermi felice.

Alzai leggermente la testa non scostandomi, però, dal suo petto e lo guardai come a fargli capire che lo stavo ascoltando e che poteva continuare.

“Sei tutta la mia vita adesso” mi disse guardandomi intensamente negli occhi.
Ghiaccio contro cioccolato. Non c’era lotta che teneva.

“E prima allora?” gli chiesi per spezzare quella tensione che si era irrimediabilmente creata.

“Cosa?”

Non aveva capito, glielo si leggeva in faccia.

“Voglio dire prima dov’era la tua vita? Cos’era la tua vita?”

Lo vidi rifletterci su qualche secondo poi prese a parlare.

“La mia vita prima? La mia vita prima non era vita. Era soltanto attesa”.

A quelle parole non resistetti più e mi avvicinai con foga per baciarlo.

Lo vidi mugugnare per il dolore e cercai di essere più calma e delicata, ma non potevo staccarmi dalle sue labbra. No, non ci riuscivo.

Con molta probabilità quello era uno degli ultimi, se non davvero l’ultimo momento che ci restava per poter stare insieme, abbracciati l’uno all’altra e non potevo sprecarlo.

Quando ci staccammo appoggiai nuovamente il mio volto al suo petto e lo strinsi a me facendomi cullare dalle sue braccia.

Mi serviva un contatto con lui che avrei dovuto ricordare per il resto della mia vita, se di vita potevo parlare dopo che lui se ne sarebbe andato.

Su una cosa aveva ragione. Io ero la sua vita esattamente come lui era la mia.

No, non potevo sopportare quella situazione, non potevo sopportare la sola idea di perderlo per sempre, proprio non ci riuscivo.

Se questo era quello che mi attendeva, se questo era la vita che si prospettava davanti a me, beh non avevo dubbi: qualcuno doveva fermare il mondo, il mio mondo. Elena Gilbert voleva disperata scendere.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Lo so, avrei dovuto postare domani che è martedì, ma purtroppo domani sarò tutto il giorno fuori casa quindi non avrei potuto.

Mi sono detta: o posto oggi quindi in anticipo di un giorno oppure mercoledì e quindi in ritardo di un giorno. Soluzione? Ho deciso di postare oggi. Esse in anticipo è sempre meglio che essere in ritardo e visto che sono una ritardataria cronica, almeno stavolta ho deciso di non esserlo.

Come vedete le parole di Damon era tutte delle bugie, ma quasi tutti di voi lo avete supposto, alcuni l’hanno sperato, ma insomma era chiaro quasi a tutti che Damon non poteva davvero pensare quelle cose, non dopo tutto quello che aveva fatto per avere la sua Elena.

Abbiamo visto alla fine un lato umano di Damon, la promessa alla madre e la consapevolezza di avere fatto tanti errori anche e soprattutto con suo fratello.

Damon nei riguardo di suo fratello è uno di quelli che dice: “avrei voluto dare un pugno a mio fratello tanto tempo fa e ancora adesso, ma certo non permetterò a te di farlo”. Credo che calzi a pennello la cosa.

I ragazzi, però, non hanno ancora trovato nessuna cura. Ci riusciranno? Il tempo stringe. Speriamo.

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:

 

 

“C’è un modo per salvarlo? Voglio dire, non voglio che tu mi dica come, voglio solo sapere se sei a conoscenza di una qualunque possibilità perché si salvi” chiesi a Katherine e solo Dio sapeva quanto mi erano costate quelle parole, eppure per Damon avrei fatto di tutto.

“Cosa ti fa credere che se lo sapessi te lo direi?”

“Perché non faresti del bene solo a me, ma anche a lui e Stefan e a quanto pare credo che siano gli unici a cui tieni anche se in modo un po’ strambo e inusuale”.

“Vorrei poterti dire che c’è, ma che non te la rivelerei mai, ma purtroppo non esistono cure, non esistono antidoti. Fidati, cammino su questa terra da quasi trecento anni e non ho mai visto nessun vampiro guarire da un morso di licantropo. La vita di Damon è segnata. Anzi, se vuoi un consiglio, infilagli un paletto nel cuore e fallo morire in pace”.

“Non lo farei mai. Troverò il modo di aiutarlo”.

“Non esiste Elena, non esiste nessun modo. L’unica cosa che può aiutarlo è che qualcuno velocizzi i tempi uccidendolo”.

“Nessuno di noi lo farà” gli dissi sicura di me.

“Conosco Damon e quando capirà che nessuno lo farà con ogni probabilità lo farà da solo. Ucciderlo è l’ultimo atto di gentilezza che potreste fare per lui”.

“Gentilezza? Sarebbe gentile ucciderlo?” le urlai.

“Morirà comunque Elena, avrà fatto pure i suoi errori, ma non merita certo di finire i suoi giorni in questo modo”.

“Che ne sai tu? Che cavolo ne sai tu? L’hai ridotto tu così, sei stata tu ad ucciderlo. Se morirà così sarà solo colpa tua” le urlai con tutta la rabbia che avevo dentro.

“Posso farlo io” mi disse solamente.

“Cosa?” chiesi curiosa.

“Posso porre fine a tutto questo se voi non volete farlo. È quello che lui vorrebbe”.






 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

LEGGETE: Per chi non l'avesse capito, nella foto c'è della cenere. Detto questo voglio dirvi che questa storia è arrivata quasi alla conclusione, manca davvero pochissimo e visto che i capitoli mancanti sono giù quasi tutti scritti (sono avanti con la scrittura rispetto a voi) mi sono cimentata in un’altra storia sempre rigorosamente Delena. Vi lascio il link se a qualcuno verrebbe voglia di leggerla. Si intitola: “I now like you as you are”

 

Cosa succederebbe se a causa di un incantesimo i nostri amati personaggi finissero in un Universo parallelo? E se lì incontrassero i loro “se stessi” del futuro? È questo che succederà quando, dopo un incantesimo sbagliato, Elena, Damon, Stefan e tutti gli altri si troveranno costretti a convivere con la loro copia futura. Cosa scopriranno? Di lì a cinque anni la loro vita sarà la stessa, oppure cambierà qualcosa? I legami e i rapporti di coppia saranno sempre gli stessi? Come reagirà elena quando scoprirà che nel futuro la sua vita e quella di tutti gli altri sarà inesorabilmente cambiata? Può una sola, unica scelta cambiare la vita? E pensare che tutto ha inizio con una semplice confessione: “Tu mi piaci ora, così come sei”.

 

Link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=714924&i=1

 

 

 

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 24 Maggio

 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo Ventidue ***


LA RAGIONE DEL CUORE

 

Capitolo Ventidue

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Pov Elena

 

Erano passati due giorni da quando io e Damon avevamo chiarito tutta la questione in merito alle bugie che mi aveva detto per cercare di tenermi lontana da lui.

Gli altri erano stati ben contenti di scoprire che erano tutte bugie e seppur mi sembrava strano, mi era parso di vedere anche Bonnie rasserenarsi. Sembrava come se lei avesse creduto davvero alle parole di Damon, ma allo stesso tempo una parte di lei non voleva crederci e sapere che erano solo bugie l’aveva sollevata tantissimo.

Purtroppo in quei due giorni non eravamo riusciti a trovare una cura per Damon nonostante tutti ci impegnassimo tantissimo per farlo. Neppure Tyler in quanto licantropo aveva idea di come aiutarlo.

Aveva cercato di scovare nei suoi ricordi relativi al periodo in cui era andato via con Jules ogni possibile reminiscenza che potesse condurlo alla soluzione del problema, ma non ne era uscito nulla.

A suo dire, Jules non gli aveva mai parlato di una possibile cura per il morso di licantropo e io iniziavo a perdere attimo dopo attimo tutte le speranze.

Damon nel frattempo peggiorava sempre di più ed erano iniziate quello che più temevo: le allucinazioni.

Aveva, infatti, iniziato a confondere la realtà con la sua immaginazione, ma soprattutto il presente con il passato.

Ero nel bagno nella stanza di Damon e mi stavo lavando la faccia cercando di eliminare ogni traccia di pianto anche se visti gli occhi gonfi e rossi i risultati di fare un buon lavoro sarebbero stati davvero irrisori. Sembrava come se mi avessero preso a pugni talmente sconvolto era il mio viso.

Non volevo farmi vedere debole e fragile, Damon doveva potermi guardare negli occhi nei suoi momenti di lucidità e capire che io ero certa che ci fosse una soluzione, che io ero certa che non sarebbe morto.

Io dovevo essere assolutamente la mia e la sua forza perché entrambi ne avevamo bisogno. E nonostante dentro tutte le mie speranze si stavano sciogliendo come neve al sole, al di fuori non potevo mostrarmi così debole e indifesa.

Mi asciugai con una tovaglia e poi mi diressi di nuovo in stanza con lo sguardo puntato sul pavimento, ma non appena alzai gli occhi vidi l’ultima cosa che avrei creduto di vedere e la mia espressione era una maschera di stupore, preoccupazione e incredulità.

Vicino al letto c’era la mia esatta copia che accarezzava delicatamente il viso di un Damon dormiente.

Era talmente intenta a guardare il volto di lui che non si era neppure accorta che fossi appena apparsa in stanza.

“Mi dispiace Damon, non sarebbe dovuta finire così” le sentii sussurrare e mi stupì di quelle parole.

Perché le aveva pronunciate? Perché sembrava seriamente dispiaciuta? Ma soprattutto con che coraggio si presentava qui dopo quello che aveva fatto?

Mi domandai come mai Stefan o Caroline con il loro super udito non l’avessero sentita arrivare, ma mi ricordai subito dopo che non potevano averla sentita perché erano tornati a casa Martin per cercare altre informazioni per il nostro problema nei vecchi libri dello stregone.

Mi voltai e vidi la tenda della camera svolazzare e la finestra era del tutto spalancata, segno che la vampira fosse entrata da lì.

La rabbia iniziò a ribollire dentro di me e mi mossi di qualche passo cercando di avvicinarmi e fu allora che la lei si accorse della mia presenza e subito scostò la mano dal volto di Damon e grazie alla sua velocità vampiresca raggiunse la finestra pronta a saltare da lì per uscire.

“Katherine, aspetta” le dissi in tono quasi implorante.

Non avevo idea del perché l’avessi fatto, ma quelle parole bastarono a farla bloccare all’istante.

“Non sarei mai dovuta venire” mi disse dandomi ancora le spalle.

“E perché l’hai fatto allora? Perché sei qui?” le urlai stavolta in preda alle lacrime.

Era lei la responsabile di quello che era successo a Damon e io non avrei mai potuta perdonarla. Gli avrei, forse, perdonato tutto perché era nel mio carattere cercare e trovare del buono in tutti, ma quello, no, quello non potevo perdonarglielo.

Mi aveva strappato l’uomo che amavo, l’unico uomo che, con ogni probabilità, avrei mai amato con quell’intensità.

“Ciò che mi ha spinto a venire non ha importanza. Addio Elena” mi disse in tono neutrale continuando a darmi le spalle.

Mi avvicinai di qualche passo e ripresi a parlare.

“Aspetta. Devo sapere una cosa prima che tu vada via” le dissi cercando di calmarmi.

“Cosa?”

“Perché?”

“Perché cosa?”

“Perché hai permesso questo? Perché hai portato quel licantropo con te? Perché li volevi morti entrambi?”

Quando terminai di parlare lei rimase in silenzio per qualche secondo, poi lentamente si voltò verso di me dandomi la possibilità di guardarla negli occhi e ciò che vidi mi lasciò senza parole.

I suoi occhi erano velati di lacrime, lacrime che ero certa lei non avrebbe mai permesso di scendere, ma c’erano. Erano lì sull’orlo dei suoi occhi che lottavano per scendere.

Non avevo mai visto Katherine in procinto di piangere, non credevo neppure che fosse possibile.

“Non li ho mai voluti morti, nessuno dei due” mi disse fissandomi negli occhi.

“Non sembrerebbe da come ti sei comportata”.

“Se non avessi agito in quel modo mi avrebbero ucciso loro e tu conosci già il mio motto. Meglio gli altri che io. Stefan e Damon non mi avrebbero mai lasciato vivere. Dovevo intervenire”.

Quando terminò di parlare ogni traccia di lacrima scomparve dai suoi occhi e mi domandai se davvero io le avessi viste o se fosse stato tutto frutto della mia immaginazione.

Molto probabilmente quella corretta era la mia seconda ipotesi.

“Dovevi vendicarti di me, non di loro”.

“Hai ragione”.

Mi stava dando ragione? Era forse impazzita? Che diavolo era successo alla Katherine che conoscevo?

“Non sono impazzita Elena” mi disse come se mi avesse letto nel pensiero “semplicemente il mio piano mi è sfuggito di mano. Dovevi essere tu a soffrire, non loro”.

“Credi che io non stia soffrendo?” le urlai come una pazza conscia del fatto che Damon era troppo debole e non si sarebbe svegliato visto che si era appena messo a dormire “mi hai portato via l’uomo che amo” continuai.

“L’ho portato via anche a me” si limitò a rispondermi lei.

“Che vuoi dire?”

“Amo Stefan, lo amo davvero. È stato e sarà l’unico uomo che io abbia mai amato e che mai amerò, ma anche Damon per me è sempre stato importante e lo anche adesso. Sono state le uniche due persone da quando sono diventata una vampira per le quali mi sia mai importato qualcosa e non era questa la fine che volevo per loro. Non volevo che Damon soffrisse anche nella morte, come se non avesse già sofferto abbastanza durante la sua vita, e non volevo che Stefan perdesse suo fratello, né che mi odiasse ancora più di prima se possibile. Volevo solo fare del male a te, tu che mi hai portato via loro, ma mi è sfuggito tutto di mano perché il sentimento che unisce loro a te è perfino più forte di quello che unisce me a loro e questo non l’ho mai compreso a pieno, mai fino ad ora” prese a dire credo con tutta la sincerità che potesse avere.

“Volevi farmi del male? Cosa aspetti, Katherine? Sono sola. Stefan e Caroline non ci sono e lo sai meglio di me altrimenti ti avrebbero sentita arrivare e sarebbero già qui e gli altri non ci sentono e non verranno. Siamo solo io e te. Una vampira sanguinaria e il suo peggior nemico che altri non è che una fragile umana. Avanti, Katherine, uccidimi” le dissi quasi implorante.

Lei scosse la testa e sorrise quasi sardonica.

“Non ti ucciderò Elena, non lo farò”.

“Avevi promesso che dopo avermi fatto soffrire, dopo avermi portato via le persone che amavo mi avresti fatta fuori. Mantieni la tua promessa”.

La vampira mi osservò attentamente e mise su nuovamente la sua espressione menefreghista e senza cuore.

“Ho cambiato idea. Credo che lasciarti in vita adesso che Damon morirà sarà la punizione migliore per te” mi disse.

Ci avevo davvero visto del buono in lei fino a cinque minuti prima? Come avevo potuto? Katherine era sempre la solita, non sarebbe mai cambiata.

“Perché sei venuta qui allora? Che diavolo speravi di ottenere?” le urlai in faccia arrabbiata.

Non avevo paura di lei, non più. Non avevo più nulla da perdere.

“Vuoi la verità Elena? La vuoi davvero?” mi chiese.

“Si”.

“Bene, ti accontenterò. Quando qualche mese fa ho deciso di tornare a Mystic Falls volevo solo vendicarmi di te, di te stupida umana che avevi rubato il cuore non a uno, ma ad entrambi i Salvatore. Ho cercato di fare qualunque cosa per portare avanti il mio piano fino alla fine, ma qualcosa è andato storto nel momento in cui mi avete rinchiuso nel seminterrato. In quel momento mi sono detta che non c’era nulla che potessi fare per ferirti, per farti del male, perché tu avevi qualcosa che io non avevo. Avevi Stefan, avevi Damon e soprattutto avevi degli amici. Io non avevo nulla da perdere in questa storia, ma ognuno di voi si e molto e io non ho considerato questo, non ho considerato che era questa la vostra forza, l’unione. Io ero sola, voi eravate in tanti” iniziò a dire lei.

Provai ad interromperla per dire qualcosa, ma lei non me lo permise.

Mi guardò con il suo tipico sguardo da “comando io” e riprese a parlare.

“Fammi finire” disse prima di cominciare nuovamente “chiusa in quel seminterrato mi sono detta che se sarei riuscita ad uscire avrei abbandonato il mio piano che mai come in quel momento mi sembrò folle. Decisi che se sarei stata libera me ne sarei andata lontano da qui,

dove Stefan e Damon non mi avessero potuto trovare. Sapevo che Damon non me l’avrebbe fatta passare liscia. Lui non ama le persone che gli pestano i piedi e mi avrebbe cercato anche in capo al mondo, ma sapevo che Stefan e tu l’avreste convinto a lasciar perdere perché ciò che contava era che io mi fossi tolta dai piedi, ma poi ho capito che tu e Stefan non stavate più insieme, ho capito che tu ti eri innamorata di Damon e stavate insieme ed è stato allora che mi sono resa conto che fuggire non sarebbe servito a nulla. Damon non si sarebbe fatto convincere da nessuno, lui mi avrebbe cercata dappertutto e non si sarebbe dato pace fino a quando non mi avrebbe trovato. Non si trattava più solo di te in quanto donna che lui amava, ma si trattava di te in quanto sua donna. Eri sua e nessuno meglio di me sa quanto Damon voglia e sappia marcare stretto il suo territorio. Non avevo scelta. O loro o io e ovviamente ho scelto me stessa nonostante mi sia costato farlo. Ed ecco spiegato perché sono qui. Sono qui perché prima di sparire avevo bisogno di vedere quello che ho combinato. Ho visto prima Stefan chiuso nella sua camera a piangere e adesso ho visto Damon ormai andato. Adesso posso sparire da qui per sempre” mi spiegò e io rimasi interdetta dalle sue parole.

Riuscivo a scorgere dell’umanità in lei attraverso quelle parole, ma non sapevo se fosse davvero così o meno.

“E non hai paura di Stefan adesso?” chiesi.

“Mi odierà come non ha mai fatto in vita sua e cercherà vendetta, ma sarò già troppo lontana e nel frattempo lui avrà voi che lo aiuterete. Adesso devo andare” mi disse voltandosi e dandomi le spalle.

Se avessi avuto la possibilità di ucciderla l’avrei fatto io stessa, ma non ne avevo la possibilità e non potevo fare nulla per tenerla lì in attesa che Stefan tornasse. Era Katherine e certo non era stupida.

Si girò e mi voltò le spalle per dirigersi verso la finestra. Scansò la tenda pronta ad uscire.

“Katherine, aspetta” le dissi.

“Che altro c’è?” mi chiese spazientita.

“C’è un modo per salvarlo? Voglio dire, non voglio che tu mi dica come, voglio solo sapere se sei a conoscenza di una qualunque possibilità perché si salvi” le chiesi e solo Dio sapeva quanto mi erano costate quelle parole, eppure per Damon avrei fatto di tutto.

“Cosa ti fa credere che se lo sapessi te lo direi?”

“Perché non faresti del bene solo a me, ma anche a lui e Stefan e a quanto pare credo che siano gli unici a cui tieni anche se in modo un po’ strambo e inusuale”.

“Vorrei poterti dire che c’è, ma che non te la rivelerei mai, ma purtroppo non esistono cure, non esistono antidoti. Fidati, cammino su questa terra da quasi trecento anni e non ho mai visto nessun vampiro guarire da un morso di licantropo. La vita di Damon è segnata. Anzi, se vuoi un consiglio, infilagli un paletto nel cuore e fallo morire in pace”.

“Non lo farei mai. Troverò il modo di aiutarlo”.

“Non esiste Elena, non esiste nessun modo. L’unica cosa che può aiutarlo è che qualcuno velocizzi i tempi uccidendolo”.

“Nessuno di noi lo farà” gli dissi sicura di me.

“Conosco Damon e quando capirà che nessuno lo farà con ogni probabilità lo farà da solo. Ucciderlo è l’ultimo atto di gentilezza che potreste fare per lui”.

“Gentilezza? Sarebbe gentile ucciderlo?” le urlai.

“Morirà comunque Elena, avrà fatto pure i suoi errori, ma non merita certo di finire i suoi giorni in questo modo”.

“Che ne sai tu? Che cavolo ne sai tu? L’hai ridotto tu così, sei stata tu ad ucciderlo. Se morirà così sarà solo colpa tua” le urlai con tutta la rabbia che avevo dentro.

“Posso farlo io” mi disse solamente.

“Cosa?” chiesi curiosa.

“Posso porre fine a tutto questo se voi non volete farlo. È quello che lui vorrebbe”.

“Katherine esci immediatamente da qui dentro e non tornarci mai più o giuro che sarò la prima ad attizzare Stefan o chiunque altro per venirti a cercare e farti fuori” le urlai indicandole la finestra.

La vampira mi guardò e poi prese a ridere malefica.

“Succederà comunque povera sciocca ed ingenua umana. Addio” mi disse prima di scomparire senza che io me ne rendessi davvero conto.

La tenda prese a svolazzare, ma di lei non c’era più ombra. Era sparita con la stessa velocità con la quale era arrivata e mi aveva messo addosso ancora più agitazione.

Aveva detto che non esistevano modi per guarirlo e lei era molto “anziana”, se ci fosse stato qualcosa, forse, l’avrebbe saputo.

Al diavolo le parole di Katherine, lei era sadica e senza scrupoli. Molto probabilmente quella era stata tutta una sceneggiata, anche se all’inizio dalla sua espressione potevo capire che fosse seriamente dispiaciuta per quello che era successo.

Mi voltai a guardare Damon cercando di scacciare via quei pensieri e lo vidi rigirarsi a letto.

Mi avvicinai e mi sdraiai vicino a lui baciandogli una guancia e in quel momento gli vidi aprire gli occhi sorpreso.

“Katherine” mi disse non appena i suoi occhi incontrarono i miei.

“Damon, sono Elena, Elena” gli risposi ripetendo due volte il mio nome, ma lui non sembrava capire.

Lui mi guardò e mi sorrise, un sorriso innocente che non gli avevo mai visto in volto.

“Vi va una passeggiata nella tenuta, Katherine?” mi domandò con fare dolce.

“Guardami, non sono Katherine”.

“Allora una cavalcata a cavallo o una corsa tra i prati. Voi amate correre e io amo inseguirvi. Ci divertiremo” continuò lui continuando a guardarmi.

Stava delirando e non mi era difficile capire che nella sua mente si stavano affacciando vecchi ricordi del passato. Era già capitato nelle ultime 24 ore che succedesse.

“Potreste leggermi un libro se vi va e deliziarmi con la vostra voce melodiosa. Stefan non è qui, nessuno ci disturberà”.

“Damon guardarmi ti prego. Sono Elena, mi riconosci? Elena” gli dissi implorandolo con lo sguardo e costringendolo a guardarmi negli occhi.

Quando le sue pozze azzurre incontrarono le mie cioccolato sembrò ridestarsi da uno sogno.

“Elena” disse solamente.

“Sono io, amore mio, sono io” gli dissi stringendolo a me.

“Voglio trovare la pace, non posso morire da mostro” mi sussurrò appena.

“Tu non sei un mostro”.

“Si che lo sono”.

“I mostri non amano, i mostri non hanno sentimenti, i mostri non rischiano la vita per salvare quella degli altri”.

I suoi occhi mi guardavano fissi e in brevi secondi vidi una luce nuova nascere in loro: rabbia e odio. Riuscivo a vedere solo questo.

Era tornato in balia della sua immaginazione.

“Katherine” sputò con rabbia.

Mi resi conto che stavolta non stava parlando alla vampira del 1864, ma alla vampira che era adesso, al mostro che lui avrebbe voluto uccidere.

“Katherine non c’è, non tornerà più” provai a dire.

“Dopo oggi non ci sarai più davvero. Ti pianterò un paletto dritto al cuore” continuò lui con rabbia avvicinandosi sempre di più a me.

Fu in quel momento che mi alzai dal letto cercando di allontanarmi da lui e dalla furia che vedevo nei suoi occhi.

Mai come in quel momento non era se stesso.

Mi allontanai indietreggiando e lui si alzò e lentamente si avvicinò a me, poi senza che nemmeno me ne rendessi conto mi ritrovai sbattuta la muro con le sue mani sul mio collo che stringevano forte. Il suo sguardo era furente e colmo di rabbia.

Davanti ai suoi occhi non c’era nessuna Elena, c’era solo Katherine, la donna che lo aveva ridotto in quel modo, l’artefice di tutto quel disastro.

Per quanto la forza me lo permetteva cercai di mettere una mano su un suo braccio per fargli allentare la presa sul mio collo, ma non ci riuscivo visto che i suoi muscoli sembravano fatti d’acciaio e nonostante adesso fosse più debole era comunque più forte di me.

“Damon…sono io…” provai a dire a fatica visto che la sua presa sul mio collo si faceva sempre più ferrea “sono Elena, la tua Elena” continuai nonostante respirare mi veniva, ormai, difficile “Katherine non c’è…non sono lei…sono Elena” ripresi a dire e la sua presa si fece più debole, ma non abbastanza perché io potessi liberarmi.

Guardò i miei occhi, li fissò per minuti interminabili, ma se non avessi ripreso a parlare non ero certa che avrebbe capito.

“Sono io…” iniziai di nuovo “i miei…i miei capelli sanno di cocco…le mie labbra di fragole…” continuai cercando di fargli venire alle mente particolari che lui stesso mi aveva fatto notare “sono Elena e ti amo” conclusi poi approfittando del suo momento di sbandamento e riflessione per avventarmi sulle sue labbra.

E quando queste toccarono le mie la sua presa mi sciolse del tutto e ricambiò il bacio.

Quando ci staccammo mi osservò.

“Elena, oddio scusami, io…io non volevo. Non ero in me” prese a dire.

“Lo so amore mio, lo so”.

“Io ti amo”.

“So anche questo”.

“Mi dispiace”.

“Per cosa?

“Per non essere riuscito a renderti felice, per non averti dato l’amore di cui avevi bisogno e per non averti dato il vissero felice e contenti che meritavi”.

“Mi rendi felice sempre e mi hai dato tutto il tuo amore, questo vale più di ogni altra cosa” gli risposi e in quello stesso istante lui prese a tossire.

Mi avvicinai a lui e cercai di riportarlo a letto, ma la tosse aumentò e del sangue iniziò a uscirgli dalla bocca.

Oddio, cosa dovevo fare?

Lanciai un urlo più forte che potei sperando che qualcuno sotto venisse a darmi una mano.

In pochi secondi Rick aprii la porta con forza.

“Elena che succede?” mi domandò avvicinandosi affannato per via della corsa.

“Non lo so. Sputa sangue e in quanto a delirio siamo messi sempre peggio” gli dissi prendendo a piangere.

Rick mi aiutò a sdraiarlo sul letto, poi gli ripulì la faccia e gli diede un’altra sacca di sangue che Damon bevette in poco tempo.

Quando terminò crollò di nuovo nel mondo dei sogni e Rick riprese a guardarmi e si soffermò sul mio collo.

“Che è successo?” mi domandò forse notando il rossore.

“Niente” dissi cercando di coprire il collo con le mani.

“Cosa ti ha fatto?” insistette lui.

“Credeva fossi Katherine mi ha sbattuto al muro cercando di strangolarmi, ma sono riuscita a farlo tornare in sé”.

“Non è più prudente che resti qui con lui da sola. D’ora in poi a turno qualcuno starà qui con te”.

“No, non serve. So cavarmela da sola. So come gestirlo”.

“Non più”.

“Fidati di me, Rick, per favore. Adesso andiamo giù. Ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. È un giorno intero che non mangio e voglio approfittarne mentre dorme” gli dissi.

A dire la verità non avevo poi così fame, anzi non ne avevo per nulla, ma dovevo mantenermi in forze per potergli stare accanto al meglio.

Lui annuii senza dire nulla, così io mi avvicinai delicatamente al volto di Damon e lo baciai a fior di labbra.
“Ti amo” gli sussurrai all’orecchio, ma consapevole che anche Rick mi avesse sentito, poi entrambi uscimmo dalla stanza dirigendoci sotto.

Restai lì per circa due ore. Mangiai un misero toast tanto per restare in piedi e poi mi misi a cercare anche io nei libri qualsiasi cosa che avrebbe potuto aiutarci.

Quando mi decisi a tornare su consapevole che di lì a poco Damon si sarebbe svegliato vidi Stefan e Caroline rientrare.

“Dov’è Damon?” chiese Stefan preoccupato non appena mise il piede dentro casa.

“È su che dorme” gli risposi.

“Impossibile” rispose lui.

“Che significa impossibile? L’abbiamo lasciato lì a dormire nemmeno due ore fa” spiegò loro Rick.

“Car c’è qualcosa che non va? Lo senti?” disse Stefan rivolgendosi a Caroline.

“Non c’è nulla da sentire” gli rispose quella.

“Appunto” furono le uniche parole di Stefan prima che a velocità vampiresca insieme a Caroline si dirigessero al piano superiore.

“Che diavolo sta succedendo?” chiesi agli altri.

“Non ne abbiamo idea” mi rispose Tyler a nome di tutti.

“NOOOOOOOOOOOOOO DAMONNNNNNNNNNNNNNNNN” fu l’urlo straziante che sentimmo da parte sia di Stefan che di Caroline, un urlò che sembrò riecheggiare per tutta la casa.

Un brivido mi percorse tutto il corpo e corsi verso il piano superiore diretta nella camera di Damon, ma non appena arrivai alla soglia Stefan a velocità vampiresca mi prese per i fianchi e mi allontanò.

Iniziai a scalciare per farmi lasciare, ma lui non sembrava intenzionato a mollare la presa.

Riuscii a sentire le sue lacrime bagnarmi la maglietta e vidi Caroline che, inginocchiata a terra, versava lacrime copiose.

“Stefan lasciami andare. Che succede?” urlai sperando che questo potesse servire.

Nel frattempo tutti gli altri ci raggiunsero, ma a loro a differenza mia era permesso vedere e quando lo fecero le lacrime scesero sul volto di tutti, lacrime che sapevano solo di dolore e disperazione.

“Ho detto lasciami”.

“Calmati per favore” mi supplicò lui.

“Mi calmerò solo quando mi lascerai andare”.

“Non puoi vedere Elena, non posso fartelo vedere”.

“Stefan” gli sussurrò Rick avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla spalla “lasciala andare. Ne ha diritto. Vedere o non vedere non cambierà il suo dolore” concluse e a quel punto Stefan mi lasciò andare davvero.

Corsi verso l’interno della camera e ciò che vidi mi tolse anima e cuore in un solo istante.

Lanciai un urlo che tanta era la potenza sembrava avesse il potere di far crollare tutta la casa, poi mi misi le mani sulla testa del tutto sconvolta.

Il letto era vuoto e su di esso faceva bella mostra di sé l’anello di Damon. Mi avvicinai e lo presi accorgendomi che al centro c’era incisa proprio una “D”, l’unico segno che differenziava i due anelli dei fratelli Salvatore. In uno c’era una “D” nell’altro una “S”, non c’erano dubbi, quindi che quello fosse di Damon.

Sul letto c’era anche un biglietto stropicciato, lo presi e lo lessi a voce alta con il cuore in gola:

Questo non gli servirà più. Ho solo fatto quello che nessuno di voi avrebbe mai avuto il coraggio di fare, ho fatto quello che lui stesso avrebbe voluto che qualcuno facesse: ho fatto cessare le sue sofferenze. Ricordate che la morte non è il morire, ma ciò che avviene prima di morire, immediatamente prima, quando questa non ha ancora penetrato il corpo, e se ne sta immobile, bianca, nera, viola, livida, seduta sulla sedia più vicina. La sua ora era già arrivata, ho solo accelerato i tempi. Non ci sono cure per un morso di licantropo. Addio,Katherine.

Non potevo credere a quello che leggevo, non poteva averlo fatto davvero. Con che diritto? Non ci aveva già fatto male abbastanza.

“Ha segnato la sua condanna a morte. La troverò anche se dovessi girare tutto il mondo e la farò morire in modo lento e doloroso” urlò Stefan sconvolto mentre io cercavo ancora di elaborare quanto fosse successo.

Non potevo credere a quelle parole. Katherine non aveva potuto uccidere Damon, no, era impossibile.

“Stefan dimmi che non l’ha fatto davvero” dissi prendendo l’anello tra le mani e voltandomi a guardare il minore dei fratelli che mi aveva raggiunto dietro cercando di calmarsi e di calmare anche me.

Lui abbassò la testa e mi strinse forte, ma io cercai di liberarmi da quella stretta per guardarlo di nuovo negli occhi.

“Ti prego Stefan, dimmelo” lo supplicai, ma ancora lui non rispondeva così continuai “dov’è? Dov’è Damon?” conclusi iniziando a dare dei pugni sul suo petto.

Non c’è l’avevo con lui, ma era l’unico che mi avrebbe capito fino in fondo. Le sue lacrime iniziarono a bagnarmi la maglietta e compresi che come me anche lui si stava disperando piangendo.

“Dove Stefan? Dov’è?” continuai a urlare colpendolo.

Lo guardai e vidi i suoi occhi fissare qualcosa proprio dietro le mie spalle e a quel punto smisi di prendermela con il suo petto e mi voltai notando che tutti guardavano in quella direzione.

Quando i miei occhi puntarono quel preciso punto raggelai all’istante e tutto il sangue mi confluii in testa.

La tenda della finestra era stata spostata in modo da far entrare il sole e lì, a terra c’era della cenere, tanta, troppa cenere.

Nella mia mente si affollarono i ricordi della morte di Isobel, di mia madre che strappatosi la collana aveva preso a bruciare al sole decomponendosi

sotto i miei occhi fino a formare della semplice cenere che il vento aveva portato via.

Mi staccai da Stefan e mi avvicinai alla finestra. Quando fui ad un passo dalla cenere mi inginocchia e ne presi un po’ in mano, poi iniziai a piangere come una forsennata.

“NO DAMON, NOOOOOOO” urlai con tutto il fiato che avevo in gola “DAMONNNN” continuai come se lui potesse davvero sentirmi, ma non arrivò nessuna risposta.

Nessun sorriso sghembo o sardonico, nessun ghigno soddisfatto, nessuna battutina tagliente o a doppio fine, niente.

Damon era sparito, anzi no, Damon era morto e c’era una differenza tra le due cose.

Chi sparisce può sempre tornare, chi muore no.

Sentii qualcuno avvolgermi con le sue braccia e non mi fu difficile capire che era Stefan e nonostante in quel momento erano altre le braccia che volevo mi lasciai cullare da quella stretta.

“Stefan ti prego, dimmi che queste ceneri non sono le sue, ti prego dimmelo” lo supplicai.

Sapevo perfettamente che non fosse così, sapevo che appartenevano a Damon, ma non potevo crederci e in quel momento avrei creduto a qualunque cosa Stefan mi avesse detto, anche ad un bugia e sperai con tutta me stessa che lui me la dicesse questa bugia.

“Shh, Elena non piangere” mi disse, invece, stringendomi più forte.

“Stefan ti prego dimmelo, anche se devi dire una bugia dimmelo ti prego” lo supplicai.

“Non posso, non posso farlo. E tu adesso non hai bisogno di bugie. Damon non c’è più, è morto, Elena, ma vivrà sempre qui” mi disse toccandomi il cuore.

“NOOOOOO” presi ad urlare più forte che potei iniziando a scalciare, lanciare pugni, tirarmi i capelli.

Volevo farmi male, volevo che il dolore fisico potesse essere più intenso di quello psicologico.

Stefan si fece più vicino e mi strinse più forte a sé. Anche gli altri si avvicinarono in quel momento e non sfuggirono ai miei occhi le lacrime di molti di loro. Perfino Bonnie sembrava molto addolorata.

“Si aggiusterà tutto” mi disse Jenna mettendomi una mano sulla spalla.

Guardai l’anello che avevo in mano, poi tornai a guardare tutta quella cenere e a quel punto non c’è la feci più.

Mi allontanai da loro e li guardai come se fossero degli sconosciuti.

“Non ho bisogno della vostra compassione. Niente si aggiusterà e lo sapete meglio di me. Nessuno è capace di far resuscitare un morto” urlai con tutto il fiato che avevo.

“Elena ci saremo noi con te, ti aiuteremo” mi disse Jeremy.

“Lo capite che nessuno può aiutarmi?” continuai ad urlare “voi non siete Damon e io è solo lui che voglio” conclusi correndo verso il bagno e chiudendomi lì dentro.

Appoggiai la schiena alla porta e mi lasciai cadere posando la testa tra le ginocchia e prendendo a piangere come non avevo mai fatto in vita mia.

“Elena apri, ti prego” mi disse Stefan dolcemente.

“Andate via” urlai.

“Tesoro, apri la porta. Per favore” mi supplicò Caroline tra un singhiozzo e l’altro.

“No, lasciatemi da sola. Va tutto bene” li pregai sperando che comprendessero il mio volere.

Ci fu un attimo di silenzio, poi sentii qualcuno dare uno spintone alla porta molto forte.

“Rick lascia stare. Vuole rimanere da sola, ne ha bisogno” disse la voce di Jenna.

Compresi che era stato lui a strattonare la porta.

“Non possiamo lasciarla sola in questo stato” provò a dire lui.

“Saremo di sotto e loro due sentiranno tutto se dovesse succedere qualcosa” continuò la zia riferendosi ovviamente ai due vampiri.

“Jenna ha ragione, lasciamola da sola” disse Caroline con fare dolce.

“Non posso lasciarla chiusa lì dentro da sola” fece notare Stefan piangendo e disperandosi.

Aveva perso un fratello. Il suo dolore era intenso quanto il mio.

“Non farà nulla”.

“Ho promesso a lui che mi sarei preso cura di lei” continuò.

“Lo farai, ma adesso ha bisogno di restare sola” gli disse Caroline e non so come lo convinse.

Li sentii andare via uno ad uno e ringraziai mentalmente Jenna e Caroline per aver compreso le mie ragioni.

“Elena, ti voglio bene” sentii dire dalla mia amica vampira prima che anche lei uscisse dalla stanza.

Quando sentii la porta chiudersi uscii dal bagno e mi avvicinai a quelle ceneri inginocchiandomi.

Fu in quel momento che iniziai a bagnarle con le mie lacrime, lacrime che copiose scendevano sul mio volto.

Damon non c’era più, se ne era andato con la stessa velocità con la quale era arrivato e non potevo accettare che fosse stata Katherine a portarmelo via. Lei non aveva nessun diritto di farlo. Poteva esserci una cura, doveva esserci una cura e io, noi l’avremmo trovata, invece lei non c’è ne aveva nemmeno dato il tempo.

E adesso?

Adesso Damon era morto e con lui ero morta anche io. Che potevo fare? Potevo solo continuare a farlo vivere dentro di me e ospitarlo nella mia intimità costringendomi quasi a donargli la vita più felice che si potesse avere, quella vita felice che lui non aveva avuto il tempo di godersi.

Il dolore che provavo era immenso, ma lo sapevo già. Io avevo già perso delle persone importanti per me, ma Damon, con lui era diverso.

Credevo ci sarebbe stato sempre per me, fino alla fine.

E solo ora mi rendevo conto che era vero quello che si diceva sulla morte di una persona amata: questa non è mai una cosa naturale, è sempre un omicidio, un vero e proprio furto.

È come perdere un arto: non ci si può rassegnare e io sapevo già che non mi sarei rassegnata mai.

 

Robsten23

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui con un altro capitolo.

Lo so che mi volete uccidere e ne avreste tutti i diritti, ma ricordate che anche io come voi amo, adoro e stravedo per Damon.

Non ho molto da dire dopo un capitolo del genere. Voglio solo avvisarvi che siamo giunti quasi alla fine di questa storia. Mancano due capitoli più un altro che sarà l’epilogo.

Lo so che dopo un capitolo del genere non avrete più voglia di leggere. Cavolo, direte, è morto Damon, chi se ne frega della storia. La storia è lui, ma fidatevi di me, continuate a leggerla, tanto manca davvero poco. Potrebbe valerne comunque la pena.

Ok, adesso la smetto. Mi ritiro nel mio angolino sperando che nessuno di voi mi trovi.  

Come sempre vi lascio sempre una piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:

 

 

In un momento di ira gettai il libro lontano da me e solo in quel momento mi resi conto che da questo cadde un foglio.

Mi avvicinai e lo presi. Era piegato a metà e con una calligrafia che riconoscevo perfettamente essere quella di Damon notai che c’era scritta una data: 17 Gennaio 2011.

Leggere ciò mi fece subito comprendere che quella lettera fosse stata scritta dopo che Damon era stato morso.

Lo aprii e riconobbi subito la sua perfetta calligrafia. Una parte di me non voleva leggere per paura di quello che ci avrei potuto trovare, l’altra parte, invece, non riuscii a resistere all’impulso e così dopo un respiro profondo presi a leggere.







 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

 

 

 

Prossimo aggiornamento: Martedì 31 Maggio

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo Ventitre ***


Capitolo Ventitre

Capitolo Ventitre

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Pov Elena

 

Inizio Flashback

Ero sdraiata sul comodo letto di Damon. A dire il vero, ormai, era anche mio, ma mi piaceva considerarlo ancora solo suo, mi faceva sentire in qualche modo più felice perchè era come se concedesse solo a me di arrotolarmi tra quelle lenzuola di seta, di dormirci, di rifugiarmi quando più ne avevo bisogno.

Stavo leggendo una rivista che avevo preso dalla camera di Caroline. Era un giornale di magazine che lei seguiva mensilmente e per occupare il tempo era divertente da leggere. C’era scritto di tutto, sui problemi di coppia ai modi per risolverli, ai pettegolezzi sui vip alle notizie di moda.

In una parola c’era tutto quello che era stato il mondo superficiale di Caroline prima di diventare una vampira.

Mentre ero intenta nella lettura sentii delle risate provenire dal corridoio e non mi fu difficile capire che erano quelle di Damon e della mia amica bionda. Quando pochi secondi dopo vidi Damon entrare in camera ridendo e scuotendo il capo ebbi la conferma di aver avuto ragione.

“Nell’ultimo anno non credo di averti mai ringraziata” esordì lui.

Lo vidi appoggiare il braccio alla parete e guardarmi con la sua tipica espressione alla Damon e il suo sorriso di chi la sa lunga.

“Per cosa, scusa?” gli domandai non capendo.

“Per non avermi permesso di uccidere la Barbie”.

Restai stranita da quella risposta perché era come ammettere che le voleva bene, ma la sorpresa passò subito perché in fondo io avevo sempre

saputo che c’era qualcosa di profondo che aveva preso a legare quei due, una sorta di sentimenti quasi fraterno.

“Deduco che lo stai facendo adesso”.

“Esatto. Io quella lì la adoro, è una forza della natura” mi spiegò ancora sorridendo senza muoversi dalla sua iniziale posizione.

“Non avevo dubbi su questo”.

“No, dico davvero. È fantastica. Non credevo che l’avrei potuto dire”.

“Caroline è Caroline”.

Lo vidi e notai che scoppiò a ridere più forte stavolta avvicinandosi a me.

“Che hai da ridere tanto?” gli chiesi.

“La Barbie ha sentito cosa ho detto” mi spiegò.

“Voglio sapere esattamente cosa ha detto”.

Ero certa che qualcosa doveva aver detto conscia del fatto che sapeva che Damon l’avrebbe sentita.

“Testuale: grazie, ti voglio bene anche io Damon” mi rispose lui cercando di imitare la voce della mia amica.

“Io non parlo così” sentii la voce di lei urlare dalla sua stanza per rendere chiaro il concetto.

Io e Damon scoppiammo a ridere e nel frattempo lui si avvicinò e si sdraiò sul letto accanto a me.

“Inizio ad essere gelosa” gli dissi maliziosa scherzando riferendomi a ciò che aveva detto di Caroline.

In realtà mi faceva un sacco piacere che lui avesse detto quelle cose. Era solo un conferma a ciò che avevo sempre pensato.

Lui non mi rispose, ma si avvicinò alle mie labbra e le catturò in un bacio.

Adoravo quei momenti e me li godevo fino all’ultimo.

Damon era uscito da qualche giorno dalla cripta e non avevamo smesso un attimo di stare attaccati e di goderci il nostro amore fino alla fine.

“Cosa leggi?” mi domandò quando ci staccammo.

“Un articolo molto interessante sui metodi per far funzionare una coppia” gli risposi accentuando la parola molto interessante.

Era ovvio che stessi scherzando, ma sapevo che lui avrebbe iniziato a punzecchiarmi e io adoravo quando lo faceva.

“Di chi è quell’affare?” mi domandò alzando un sopracciglio e indicando la rivista “no, anzi non dirlo. So già di chi è e ritiro quello che ho detto sulla Barbie” concluse cercando di prendermi il giornale di mano per togliermelo.

Io riuscii a spostarlo prima che lui lo afferrasse e lo guardai dritto negli occhi.

“Che c’è che non va?” domandai cercando di restare seria e non ridergli in faccia.

“Dai Elena, non crederai davvero che uno stupido giornale ti dica come far funzionare una coppia?”

“E perché no scusa? Dice tutte cose vere”.

“Si lo immagino”.

“Amore, fiducia, sincerità. Questi gli ingredienti necessarie perché una coppia funzioni e duri nel tempo” dissi leggendo passo passo un pezzetto di quell’articolo.

“Vere o non vere, non dovresti leggere comunque queste cose”.

“E perché scusa?”

“Perché tu non fai parte di una coppia normale. Devo ricordarti che hai un fidanzato vampiro?”

“Non serve. Mi ricordo perfettamente di avere un fidanzato sexy, bellissimo, affascinante, misterioso e vampiro” gli dissi maliziosa.

Lasciai cadere a terra il giornale e mi voltai verso di lui che aveva preso a guardarmi con sguardo beffardo, soddisfatto delle mie parole.

Mi attirò a sé e io mi misi a cavalcioni su di lui e avvicinai il mio volto al suo, volto che lui prese tra le mani con una dolcezza disarmante come se fosse la cosa più fragile e importante che avesse mai toccato in tutta la sua vita.

Ci guardammo negli occhi per qualche secondo e poi nello stesso istante distogliemmo lo sguardo guardando ognuno le labbra dell’altro avvicinandoci sempre di più fino a colmare quella distanza con uno dei baci più roventi che in quei mesi ci eravamo scambiati.

“Amore c’è, non è vero?” gli domandai quando si staccammo, ma solo di pochi millimetri in modo da poter parlare.

“Cosa?”mi domandò non comprendendo.

“Noi due ci amiamo non è vero?”

“Incondizionatamente” mi rispose.

“Ci fidiamo l’uno nell’altra?”

Sapevo che quello che c’era scritto nella rivista erano stupidaggini, ma io credevo davvero che quelle tre caratteristiche dovevano essere presenti in un rapporto.

Damon capii il mio intento e sorrise impercettibilmente scuotendo a malapena la testa.

“Totalmente” fu la sua risposta.

“Siamo sempre stati sinceri? Intendo non c’è nessun segreto tra di noi, non è vero?” domandai infine e gli vidi cambiare espressione.

“Elena…” iniziò a dire, ma qualcuno bussò alla porta proprio in quel preciso momento.

“Damon scendi giù un attimo. Stefan ha trovato una cosa che potrebbe essere utile” disse Caroline senza nemmeno entrare conscia che ci avrebbe trovato in atteggiamenti che ben poco lasciavano all’immaginazione.

Il mio vampiro si avvicinò alle mie labbra e le baciò, poi delicatamente mi adagiò all’altra parte del letto alzandosi.

“Cosa stavi dicendo prima?” gli domandai curiosa.

“Ne parliamo appena torno. Non ci metto molto” fu la sua unica risposta prima di uscire dalla camera.

Non feci nulla per fermarlo, in fondo sapevo che se Stefan lo aveva fatto chiamare da Caroline significava che la cosa che aveva trovato poteva aiutarci nella nostra impresa volta a liberarci di Katherine.

Restai immobile sul letto a rimuginare a cosa avesse potuto volermi dire, ma presto la stanchezza si fece sentire e senza nemmeno accorgermene mi addormentai sprofondando tra le braccia di Morfeo.

Fu proprio quando presi sonno che feci un sogno stranissimo:

 

http://www.youtube.com/watch?v=kYqWHAOuz30

 

Aprii gli occhi alla velocità della luce non appena il sogno terminò e cercai di capire dove mi trovassi.

Mi sollevai leggermente dal letto sconvolta per le immagini che avevano accompagnato il mio sonno e mi accorsi di essere ancora in camera di Damon e che lui era sdraiato proprio accanto a me che mi guardava con espressione seria.

“Ho fatto un sogno stranissimo” gli dissi subito raggomitolandomi sul suo petto.

“Lo so” mi rispose comprensivo.

“Ho sognato che sei stato tu a ridarmi il ciondolo quando Elijah me l’ha strappato di dosso il giorno in cui Rose mi ha rapito, ho sognato che sei venuto in camera mia e mi hai detto…” presi a dire, ma mi interruppi rendendomi conto solo in quel momento di ciò che aveva detto Damon “come fai a sapere che ho fatto un sogno strano?” gli chiesi alzando la testa dal suo petto e osservandolo sorpresa.

“Perché sono stato io a farti fare questo sogno” mi rispose come se la cosa fosse ovvia.

“Mi sono persa. Credo che tu mi debba delle spiegazioni”.

Mi misi a sedere sul letto incrociando le gambe e fissandolo negli occhi. Lui si alzò leggermente dal letto appoggiando le spalle allo schienale e poi prese a parlare.

“Poco fa, prima che Caroline venisse e chiamarmi mi hai chiesto se c’erano segreti tra di noi. Beh, quello che hai appena visto nel tuo sogno, è l’unico segreto che avevo nei tuoi confronti e preferivo farti rivivere la cosa piuttosto che parlartene io”.

“Che stai dicendo?”

“Non era un sogno Elena, quello che hai visto l’hai vissuto davvero solo che non te lo ricordi”.

“Mi stai dicendo che…” privai a dire, ma lui mi interruppe.

“Si, ti sto dicendo che ti ho soggiogata. È successo una sola volta, te lo giuro, ma l’ho fatto” mi disse e nei suoi occhi potei vedere tutta la tristezza nel confessarmi quelle parole.

“Perché? Dimmi perché l’hai fatto”.

Non ero arrabbiata con lui per quello che avevo scoperto, ero solo curiosa si capire le sue ragioni.

Con ogni probabilità se lo avessi saputo prima sarei andata su tutte le furie, ma adesso no, adesso era diverso.

“Perché ho fatto cosa? Perché ti ho rivelato di amarti, perché te l’ho fatto dimenticare o perché te lo sto dicendo adesso?” mi domandò lui.

“Perché me l’hai detto se avevi intenzione di farmelo dimenticare?”

“Quando ho capito di amarti avevo solo due possibilità: rivelarti tutto e perdere la tua amicizia perché sapevo che non saresti più riuscita ad essere naturale con me oppure nasconderti i miei sentimenti e restare ancorato alla tua amicizia. Tra le due opzioni ho scelto la seconda perché era ovvio che io non potevo perderti, ma allo stesso tempo avevo bisogno di rivelare i miei sentimenti a voce alta perché non potevo tenermi tutto dentro e potevo farlo solo con te. Così ti ho detto tutto e poi ti ho fatto dimenticare ogni cosa” mi spiegò.

“Non ne avevi il diritto. Se tu non mi avesse soggiogata forse sarebbe…”

“Cosa Elena? Forse sarebbero cambiate le cose? Forse ti saresti accorta di amarmi prima? No, non sarebbe successo e non doveva succedere. Allora non ti meritavo ancora, allora era Stefan la persona giusta per te e, forse, lo è tutt’ora” mi disse triste in volto.

“Come hai fatto a tenertelo dentro per tutto questo tempo?” gli domandai.

“Nessun momento mi sembrava quello giusto per dirtelo e prima che ci mettessimo insieme non avevo nessuna intenzione di rivelartelo”.

“Perché?”

“Perché era un peso che dovevo portare da solo, era un peso che dovevo risparmiarti di portare”.

“Il tuo amore non sarebbe stato un peso” gli feci notare.

“Non lo sarebbe stato adesso che mi ami anche tu, ma prima fidati che lo sarebbe stato eccome”.

“Promettimi che non succederà più, promettimi che non ci saranno più segreti”.

“Te lo prometto”.

“In fondo al cuore ho sempre saputo che mi amavi, ma pensarlo e vederlo è un’altra cosa. Stasera mi hai donato il regalo più bello del mondo, mi hai regalato un momento straordinario. E credimi la tua è stata la dichiarazione più bella di sempre” gli dissi avvicinandomi di nuovo a lui e baciandolo con tutto l’amore che avevo.

“Ti amo Elena ed è questo che devi ricordarti sempre, qualunque cosa accada”.

“Ti amo anche io Damon e ti amerò sempre. Scusami solo di essermene resa conto tardi, scusami di averti fatto soffrire così tanto in passato” gli sussurrai.

Solo nel rivedere quel momento, quel ricordo mi resi conto di quanto davvero lo avessi fatto soffrire. In quel suo sguardo, in quella sua lacrima solitaria c’era tutta la sofferenza che gli avevo arrecato e non mi sarei mai maledetta abbastanza per questo.

“Credo di conoscere un modo per farti perdonare” mi sussurrò malizioso al mio orecchio prima di lasciargli un bacio che di casto non aveva nulla.

Un gemito fuoriuscii dalle mie labbra e lui prese a baciarmi con foga il collo e poi una guancia prima di avvicinarsi pericolosamente alle mie labbra e fu allora che non ci vidi più e la razionalità fece un viaggio di sola andata in una destinazione sconosciuta.

Ci amammo per tutta la notte, non sembravamo mai sazi e quando alla fine sfiniti ci adagiammo al letto ebbi la conferma che in quella stanza, in quel letto c’era tutto quello che avevo sempre voluto, tutto ciò che mi sarebbe bastato per vivere bene.

Mi resi conto che a volte la vita ci da la possibilità di incontrare l’amore, quello vero, ma noi non siamo pronti per amare. Sofferenti ed abbattuti da troppi dolori e delusioni passate, lo lasciamo andare e io avevo rischiato di fare la stessa cosa. Non avevo mai ammesso in passato di amare Damon nemmeno con me stessa perché avevo paura, paura che lui diventasse il centro del mio tutto e avevo ragione perché lui adesso era davvero il centro di tutto, il fulcro della mia vita, ma quello che non potevo sapere prima era che ero felice che così fosse, ero felice di questo perché la cosa più bella nell’amore era amare e lasciarsi amare senza paure e io adesso non avevo più paura.

Fine Flashback

 

Ricordavo perfettamente quel giorno. Damon era uscito dalla cripta un paio di giorni prima e in quei momenti credevamo che tutta quella assurda situazione si sarebbe risolta al meglio. Katherine era nella cripta e non appena avremmo trovato il modo di spezzare l’incantesimo che ci teneva unite l’avremmo uccisa tornando ad essere felici e spensierati come non ci era ancora mai stato concesso.

E invece? Invece tutto era andato storto. Tutto era caduto in rovina.

Damon era morto.

Era passato un mese e mai trentuno giorni mi era sembrati tanto lunghi.

Quattro intere settimane trascorse nel buio più assoluto.

Erano trascorse 744 ore da quando il mio cuore aveva smesso di battere,  46440 secondi da quando la mia vita sembrava essere sparita insieme a quelle cenere che il vento soffiando aveva portato via con sé.

Cosa mi restava? Niente se non un anello, ma non un anello qualsiasi, il suo anello e quella “D” incisa sopra ne era la conferma.

Quante volte negli ultimi due mesi mi ero soffermata a guardare le sue mani e giocherellare con le dita, quante volte appoggiata al suo petto mi divertivo a girare e girare quell’anello nel suo dito mentre lui mi guardava come se al mondo non esistesse nient’altro se non io.

Un mese in cui non avevo fatto altro che cercare di andare avanti con la mia vita, non avevo fatto altro che cercare di apparire forte dicendo e gridando a tutti di stare bene quando, invece, dentro di me mi sentivo morire.

Ero rimasta a vivere a casa Salvatore, del resto quella era al momento l’unica abitazione che sentivo mia, in quanto l’unica che mi tenesse legata al ricordo di Damon.

Mi alzavo tutte le mattine alla stessa ora, mi infilavo sotto la doccia strofinando il mio viso per nascondere le traccia del pianto, mi vestivo, andavo a scuola cercando di mascherare con tutti il mio stare male. Ascoltavo le lezioni senza prestare nessuna attenzione alle parole dei professori, ma limitandomi a riempire pagine e pagine con la scritta “Damon” accompagnata da cuoricini come facevano le ragazzine alla loro prima cotta, poi mi dirigevo a mensa quando me ne ricordavo e poi tornavo a casa cercando di farmi vedere normale. Mi chiudevo in camera e restavo lì tutto il pomeriggio, poi scendevo a cena perché non volevo che nessuno si preoccupasse e subito dopo mi andavo a richiudere in stanza trascorrendo lì tutta la serata e la nottata per poi svegliarmi al mattino e iniziare tutta quello teatrino daccapo.

Piangevo, mi disperavo e ricordavo. Solo questo riuscivo a ricordare di quel lungo ed eterno mese passato senza Damon, tutto il resto era tabù.

Non riuscivo a ricordare nient’altro. Facevo qualcosa e il minuto dopo me ne ero già dimenticata.

Non sapevo cosa fare, cosa dire, come comportarmi, solo di una cosa ero certa: ricordare era vietato, dimenticare mi faceva paura.

“Elena perché non vieni di là con noi?” mi disse Caroline entrando in cucina con sguardo addolorato.

Nell’ultimo mese la mia amica mi era stata molto vicino e lo stesso aveva fatto con Stefan. Era nato un bel rapporto tra loro, decisamente più profondo rispetto a prima e dentro di me speravo che potesse nascere qualcosa tra loro.

In fondo insieme era perfetti, si completavano quasi e lei era al momento l’unica che poteva far tornare il sorriso a Stefan, l’unica che poteva consolarlo.

Anche Damon, se fosse stato ancora vivo, sarebbe stato d’accordo con me, ne ero certa.

“No Caroline grazie. Sono scesa solo per prendere dell’acqua. Ho mal di testa preferisco salire in camera a fare una dormita” le risposi.

“Possiamo parlare un attimo?” mi domandò avvicinandosi dolcemente.

“Sto bene, davvero” le dissi.

“Non volevo sapere questo. Chiederti come stai è la domanda più stupida che ti possano fare. Lo so che stai da schifo, io ti conosco e so che non ti passerà mai. Voglio solo che tu sappia che io sono qui e ci sarò sempre”.

“Lo so Caroline, lo so”.

“Elena voglio che tu ricordi una cosa: la morte di un individuo non esiste perché la morte è una cosa universale. Anche se non hanno voce i morti vivono comunque. Damon ci sarà sempre, sarà sempre qui con noi, con te per sempre”.

Avrei voluto dirgli che volevo che quel sempre durasse il meno possibile perché la mia vita senza quella di Damon non aveva senso, ma non potevo dirlo, l’avrei fatta preoccupare troppo.

“Lo so Caroline” ripetei.

Era così che funzionava. Loro parlavano cercando di starmi accanto e io ripetevo solo “sto bene” oppure “lo so” abbassando la testa.

“La smetti di ripeterlo? Non hai fatto altro in tutto questo mese”.

“Cosa ti vuoi sentir dire Caroline?” le domandai.

“Magari quello che senti davvero dentro. Credo ti aiuterebbe”.

“Cosa devo dirti, eh? La persona che amavo sopra ogni cosa è morta e tutto il resto per me può finire. Questa messa in scena del mondo che gira può terminare, possono anche smontare, portare via, schiodare tutto, arrotolare tutto il cielo e caricarlo su un camion col rimorchio, possono spegnere questa luce bellissima del sole che mi piace tanto, ma tanto” presi a dire alzando leggermente il tono di voce, ma mantenendo la calma “lo sai perché mi piace tanto? Perché mi piaceva lui illuminato dalla luce del sole. Possono portare via tutto, questa casa, questo tavolo, questo tappeto, queste colonne, la sabbia, il vento, gli animali, la grandine, le 7 del pomeriggio, maggio, giugno, luglio, il mare, qualunque cosa. Non mi serve a niente il mondo e tutto ciò che c’è dentro se non posso condividerlo con Damon. Riesci a capirlo Caroline? Riesci a capire cosa provo, come mi sento?” conclusi prendendo un bicchier d’acqua e uscendo dalla cucina in preda alle lacrime.

Raggiunsi la camera di corsa e mi buttai sul letto affondando il viso sul cuscino che profumava ancora di Damon, anche se, ormai, il suo odore iniziava a scomparire sempre di più.

Dopo qualche secondo mi misi a pancia in su e osservai il soffitto iniziando a giocherellare con l’anello di Damon che avevo legato ad una catenina che da quel giorno portavo sempre al collo. Era un modo per sentirlo sempre vicino a me.

Restai chiusa lì a piangere per gran parte del pomeriggio, poi mi alzai e andai diretta in bagno a farmi una doccia. Quando uscii mi infilai una camicia di Damon e tornai in camera, ma quasi caddi a terra inciampando su un libro che era caduto a terra, o meglio che avevo fatto cadere a terra durante i miei momenti di schizofrenia, quei momenti in cui il dolore era troppo forte e allora buttavo a terra tutto.

Mi abbassai e lo presi appoggiandolo alla scrivania, ma poi me ne pentii e decisi di sistemarlo nella libreria in cui Damon riponeva accuratamente tutti i libri. Ricordavo ancora quanto fossi rimasta sbalordita dallo scoprire che fosse un amante della lettura visto che non credevo che fosse possibile.

Lo posizionai in mezzo agli altri, ma quando stavo per allontanarmi un libro in particolare attirò la mia attenzione: “Via col Vento”.

Sapevo che quello era uno dei libri preferiti di Damon, lo avevo scoperto con sorpresa, ma con un sorriso smagliante perché quella piccola scoperta mi faceva vedere lui con occhi diversi.

Lo aprii, nonostante sapessi che fosse sbagliato. Damon non mi aveva mai permesso di usare quel libro. Quando gli avevo detto che volevo leggerlo, ricordavo perfettamente che aveva preso quello della biblioteca del salone e me lo aveva dato, ma quello della sua camera non mi aveva mai permesso di prenderlo.

Ormai, non aveva più importanza. Lo aprii e lo sfogliai distrattamente accorgendomi che alcune parti, alcune frasi erano evidenziate:

"Ma di una cosa sono certo: che vi amo Rossella. A dispetto vostro e mio, a dispetto dello stupido mondo che ci crolla intorno, vi amo” .

"Voi non siete un gentiluomo" ."E voi non siete una signora. Non è un titolo di demerito: le signore non mi hanno mai interessato".

"Aprite gli occhi e guardatemi. No, non vi bacerò neanche, benché ne abbiate bisogno. È questo il guaio: dovreste essere baciata, e spesso, e da un esperto".

Mi scappò un sorriso nel vedere quella frase sottolineata perché quelle parole mi ricordavano lui e la sua finta o per meglio dire inesistente modestia. Mi resi conto che forse era questo il motivo per cui non mi aveva mai permesso di prendere quel libro, perché dentro aveva racchiuso un po’ si se stesso.

 

"Ne ho abbastanza di tutto. Cerco la pace. Vedrò se la vita può darmi ancora un po' di serenità e di dolcezza" .

No, la vita non gli aveva dato né serenità, né dolcezza, ma gli aveva tolto tutto non appena queste due cose si erano affacciate a lui. Ricordavo perfettamente le parole che mi disse in un momento di lucidità quello stesso giorno che Katherine lo aveva strappato alla vita: “voglio trovare la pace”. L’aveva trovata? Era riuscito a trovarla adesso che non camminava più su questa terra?

Le lacrime ripresero a scendere copiose e nulla di quello che potevo fare sembravano capaci di placarle.

 

"E' un soldato del Sud che vi ama, Rossella, che vuole stingervi tra le sue braccia, che vuol portare con sé il ricordo dei vostri baci. Non mi importa che mi amiate: manderete un soldato incontro alla morte con un dolce ricordo. Rossella , baciami. Baciami ora!"

Cercai di immaginarlo mentre leggeva e sottolineava quelle parole, ma non ci riuscivo, era come se non mi fosse concesso pensarlo così intimamente.

In un momento di ira gettai il libro lontano da me e solo in quel momento mi resi conto che da questo cadde un foglio.

Mi avvicinai e lo presi. Era piegato a metà e con una calligrafia che riconoscevo perfettamente essere quella di Damon notai che c’era scritta una data: 17 Gennaio 2011.

Leggere ciò mi fece subito comprendere che quella lettera fosse stata scritta dopo che Damon era stato morso.

Lo aprii e riconobbi subito la sua perfetta calligrafia. Una parte di me non voleva leggere per paura di quello che ci avrei potuto trovare, l’altra parte, invece, non riuscii a resistere all’impulso e così dopo un respiro profondo presi a leggere:

 

Amore mio,

non ti ho mai chiamata così e solo ora me ne pento, adesso che so che con ogni probabilità non avrò più la possibilità di farlo. Sono sgattaiolato fuori dal letto non appena hai preso sonno, sentivo il bisogno di scrivere anche se non so spiegarmi perché. Stefan lo fa sempre quando sta male o quando è felice e anche tu lo fai. Mi sono sempre chiesto perché, ma adesso lo capisco da solo. Un foglio di carta è bianco e solo attraverso le nostre parole si può colorare, si colora dei nostri pensieri, dei nostri stati d’animo, dei nostri sentimenti. E così eccomi qui a scrivere per la prima e ultima volta nella mia lunga esistenza.

Ho creduto che mai sarei stato felice, che la mia esistenza non avrebbe goduto della felicità, eppure mi sbagliavo e me ne sono accorto quando quel giorno di quasi un anno e mezzo fa ho incontrato i tuoi occhi nel corridoio di questa casa. “È identica a Katherine”. Questa è stato il mio primo pensiero, ma poi ti ho osservato bene, mentre goffamente cercavi di spiegarmi che eri entrata perché avevi trovato la porta aperta, ti ho osservato e ti ho trovata così dannatamente diversa da lei.

I tuoi occhi sono più luminosi e brillanti, il tuo sorriso più semplice e puro, i tuoi lineamenti più perfetti, la tua fronte più piccola, le tue labbra più carnose, il tuo profumo più intenso, la tua pelle più delicata.

Io non sono un eroe Elena, non lo sono mai stato e mai lo sarò. Sono solo un uomo che si è innamorato della donna sbagliata e che a causa sua ha perso la vita, sono solo un uomo che è stato costretto a diventare un mostro quando l’unica cosa che voleva era lasciarsi raggiungere dalla morte, sono un uomo che si è ritrovato nel corpo di un mostro e non è stato in grado di lottare per non esserlo, che si è semplicemente lasciato andare a ciò che era diventato.

Ho ucciso Elena, ho ucciso tanto, troppo. Ho giocato con la vita di molte persone, le ho usate, bevuto il loro sangue, prosciugate, incurante dei loro occhi supplichevoli, dei loro occhi che mi imploravano di lasciarle andare. E mi divertivo Elena, mi divertivo come non credevo avrei mai potuto fare. Mi avevano privato di tutto nella mia vita e io volevo privare di tutto anche gli altri.

Non sono riuscito mai a combattere la mia natura, per me non c’è stata nessuna Lexie che mi indicasse la strada maestra come è successo a Stefan e, forse è anche per questo che non c’ho pensato due volte quando ho deciso di ucciderla per proteggere il segreto mio e di Stefan. Lei aveva dato una possibilità a mio fratello, non a me. Lui era e sarebbe stato il migliore tra i due anche da vampiro e tu, tu avresti scelto sempre lui perché si, già da allora iniziavo a provare qualcosa per te.

Ho cercato di non farti preoccupare stasera, ma so benissimo cosa succederà, farò la fine di Rose. Il morso è ancora piccolo, ma inizia a bruciare e a dare fastidio, fra qualche ora, diverrà grosso e insopportabile ed è per questo che mi sono messo a scrivere adesso.

So che non troverai mai questa lettera perché non aprirai mai “Via col Vento”. Ti ho sempre impedito di farlo e so che sei una persona leale, quindi posso scrivere tutto ciò che voglio ed è per questo che voglio confidarti un segreto, un segreto che ho confidato solo ad una ragazza prima di ucciderla.

Da quando sono diventato ciò che sono io mi sono perso a livello esistenziale. Non voglio guai, ma tutto quello che ho sono guai. Ho un segreto, uno bello grosso, ma a che servirebbe, ormai rivelartelo? Non cambierà di certo le cose, non mi farà diventare buono, non mi farà di certo adottare un cucciolo. Non posso essere quello che gli altri vogliono che io sia, quello che tu vuoi che io sia. Quello che sono è questo, un mostro. Io non sono umano Elena e mi manca, mi manca più di ogni altra cosa al mondo. Questo è il mio segreto, ma c'è un limite al dolore che un uomo può sopportare e io credevo di averlo raggiunto, poi, invece, ti ho sentito pronunciare quelle due parole che mai avrei creduto di udire.

Hai idea di quello che provato quando mi hai detto di amarmi? Hai idea di come mi sia sentito finalmente in pace e completo?

La persona che ero, il mostro che ero prima di conoscerti vorrebbe non essere tornato in questa città, vorrebbe non doversi trovare adesso con la consapevolezza di avere, ormai, il destino segnato, ma il Damon che tu hai fatto uscire fuori, quel Damon che per troppo tempo è rimasto sopito dentro di me non può che essere contento di essere arrivato fin qui, di essere arrivato ad un passo dalla morte perché adesso so che non mi importa di morire, non mi importa perché questo percorso mi ha condotto a te, al tuo amore.

Voglio dirti grazie Elena, grazie per aver tirato fuori la mia umanità, quell’umanità che tu e Stefan avete sempre visto in me, ma che io non credevo di possedere più, grazie per avermi amato come nessuno aveva mai fatto, grazie per i tuoi sorrisi, le tue occhiatacce, le tue mani strette alle mie, grazie per i tuoi occhi nei miei, per i tuoi baci, per i tuoi abbracci, grazie di essermi stata accanto anche quando non me lo meritavo, grazie per avermi perdonato errori intollerabili, grazie per il tuo sostegno, per il tuo amore e per la felicità che hai saputo donarmi anche se per poco tempo, grazie perché mi hai riempito d’amore.

Non ho mai avuto paura della morte perché la mia vita era vuota e senza significato, poi sei arrivata tu e tutto è cambiato. Adesso devo ammetterlo: è difficile accettare di dover morire proprio ora che avevo trovato la mia isola felice.

Mi ero abituato ad averti accanto, mi ero abituato al tuo odore, alle nostre litigate e poi ai nostri travolgenti momenti d’amore, a tutti i tuoi piccoli gesti. Il mio cuore aveva disegnato il tuo nome con il sangue e nemmeno la morte riuscirà a cancellarlo.

Me ne vado Elena, morirò, ma non ho rimpianti, nessuno. Avrei solo voluto dimostrarti di più, avrei solo voluto che tu capissi realmente quanto tutta la mia vita dipendesse dalla tua, quanto io abbia bisogna di te. Avrei voluto dimostrarti che da quando ti conosco ti vedo in ogni cosa bella che mi colpisce gli occhi, avrei voluto dirti che sei un brivido che mi percorre da mattina a sera, che con te per la prima volta ho desiderato di scoprire davvero il mondo solo per poterlo raccontare, vorrei dirti che mi sono ridotto ad avere un disperato e costante bisogno di te, una sete assurda dei tuoi baci, ma soprattutto avrei voluto che tu capissi lo sgomento di aver vissuto senza di te per così tanto tempo e al contempo avrei voluto celarti la paura che fino a qualche istante fa mi attanagliava lo stomaco nel timore di vivere i prossimi anni senza più averti.

So di non poter morire sapendo che tu mi odi, ma non posso essere egoista con te, ed è per questo che quando aprirai gli occhi dovrò recitare come ho sempre saputo fare.

Ti dirò cose assurde e spero che tu mi creda. Devo dimostrarti di essere un mostro, preferisco vederti soffrire adesso che dopo, perché so che l’odio, la rabbia e il rancore verso di me ti aiuteranno a superare la mia perdita e a non soffrire troppo.

Non voglio che la mia sia un’altra tomba sulla quale devi piangere, non posso permetterlo.

Spero solo che le cose che dirò o che farò non scalfiranno la tua anima.

Prima di andare via vorrei che tu mi facessi una promessa, ma non posso fartela fare perché mi guarderesti e diresti che sono sempre il solito, diresti che dopo tutto quello che mi hai dimostrato io dubito ancora del tuo amore per me, ma qui, in questa lettera che tu non leggerai mai voglio farlo.

Vorrei che mi promettessi di donare a qualcun altro in futuro tutto l’amore che hai dentro, donalo, senza avidità e senza rimpianti o sensi di colpa, donalo a qualcuno che saprà apprezzarti in modo autentico e puro come ho fatto io.

Resta quella che sei amore mio, non cambiare e non permettere che nessuno ti cambi, mai, hai capito? Cerca di essere sempre te stessa e scegli, non farti scegliere.

Una volta da qualche parte ho letto che l’incontro di due persone è come il contatto di due sostanze: se si scatena una reazione entrambe vengono trasformate. Tra noi due è successo. Tu mi hai totalmente trasformato e non te ne sarò mai grato abbastanza, ma con presunzione credo di averti trasformata anche io in qualche modo, credo di averti resa più determinata e per certi versi anche un po’ più egoista, ma credo che nel tuo caso fosse utile. Hai sempre pensato solo agli altri e poco a te stessa e questo non sempre è un bene.

Vivi amore mio, vivi anche quando non ci sarò più, vivi e dimostra agli altri quanto forte tu sia. Ti amo Elena, ti ho amata dal primo momento.

Damon... 

 

Quando terminai di leggere mi resi conto di trovarmi in ginocchio con quel foglio tra le mani completamente bagnato dalle lacrime copiose che scendevano dai miei occhi.

Era un Damon diverso quello della lettera, era il Damon che era diventato adesso, era il Damon che c’era sempre stato dentro di lui, ma che non riusciva a uscire fuori e mi rendeva orgogliosa sapere che ero stata io a riuscire in questa impresa titanica.

Ma a che pro tutto questo? A che pro farlo tornare ad essere la persona che era se questa era la fine che aveva fatto?

No, non riuscivo ad accettarlo, non potevo accettare che fosse morto davvero, non lui, non l’unico amore della mia esistenza.

Cacciai un urlo fortissimo e mi accasciai a terra in posizione fetale iniziando ad urlare il nome di Damon come fossi una pazza uscita da un manicomio.

In pochi secondi sentii la porta della stanza aprirsi e riconobbi i passi felpati di Stefan.

Non disse nulla, si limitò ad avvicinarsi a me e stringermi tra le sue braccia.

“Voglio Damon, Stefan, ti prego, portami da Damon” iniziai ad imprecare conscia che, ormai, la pazzia stava davvero colpendo ogni fibra della mia mente.

“Elena calmati per favore” mi implorò lui con sguardo supplichevole.

“Sono stanca di fingere. È un mese che lo faccio. Io voglio solo Damon, non riesco più a concepire la mia vita senza di lui. Questo non è vivere, lo capisci? È sopravvivere e sono stanca di farlo” gli urlai staccandomi da lui e guardandolo negli occhi.

“Damon non vorrebbe che tu ti facessi così male”.

“Non sarebbe dovuto morire allora”.

“Non è colpa sua, non è colpa di nessuno”.

“Si invece. È colpa mia. Avreste dovuto lasciare che Katherine mi uccidesse, invece no. Voi dovete sempre complicare tutto, dovete sempre mettere me prima degli altri”.

“Noi…noi ti vogliamo bene” mi disse lui colpito dalle mie parole dure.

“E perché i vostri sentimenti contano sempre più dei miei? Voi proteggete me perché mi volete bene e il bene che voglio io a voi? Quello non conta?” iniziai a urlare in preda alla rabbia.

Mi ero tenuta dentro tutto quel dolore per un intero mese e adesso non riuscivo più ad andare avanti.

“Elena calmati, per favore. Risolveremo tutto, vedrai” mi disse cercando di avvicinarsi, ma lo respinsi.

“Risolveremo tutto?” urlai in preda alle lacrime “sei in grado di riportarlo in vita?” domandai urlando sempre di più.

“Elena…” provò a calmarmi lui.

“Ti ho chiesto se sei in grado di riportarlo in vita. Rispondimi”.

“Io…Elena sai che non è possibile”.

“Bene, allora smettila di dire che risolveremo tutto e vattene”.

Stefan abbassò lo sguardo colpito dalle mie parole e si diresse verso la porta pronto ad uscire, ma solo allora mi resi conto di esserla presa con lui che non c’entrava nulla, con lui che tra tutti meglio capiva come mi sentivo.

“Mi dispiace Stefan, scusa” gli dissi correndogli incontro e abbracciandolo stringendolo forte a me.

“No, scusami tu, non dovevo dirti che avremmo sistemato tutto. Non si sistemerà nulla” mi disse mentre le lacrime presero ad uscire anche dai suoi occhi.

Per la prima volta lo vedevo debole anche davanti ai miei occhi. Come me anche lui in quell’ultimo mese si era mostrato forte quando dentro stava morendo. Noi due avevamo molto più in comune di chiunque altro.

“Giuro che la ucciderò Elena, te lo giuro” mi disse stringendomi forte.

“Ucciderla ci restituirà forse Damon? Stefan basta, smettila di tormentarti, smettila di cercarla. Non è della vendetta che abbiamo bisogno” riuscii a dirgli senza poter aggiungere altro.

Lui non disse nulla, si limitò solo a stringermi a se e per un momento tra le sue braccia riuscii a sorridere di nuovo, ma fu solo un attimo, giusto quella frazione di secondo che mi fece immaginare di stringere delle altre braccia, di annusare un altro odore.

La verità era che in qualunque persona avrei abbracciato, in qualunque persona avrei avuto accanto

ci avrei sempre visto Damon, ma Damon non c’era, Damon era morto e prima l’avrei accettato prima potevo sperare di risalire da quel tunnel buio in cui ero caduta.

 

SPAZIO AUTRICE:

Lo so che sono in tremendo ritardo. Quasi sette mese di ritardo, praticamente metà anno, ma non sono riuscita a postare prima a causa di vari impegni che non mi hanno permesso di concludere questa storia.

Adesso per fortuna l’ho fatto. Ho scritto la parola fine e adesso che la storia è davvero finita ho deciso di postare i restanti capitoli che vi avviso già non saranno molti, anzi tutto il contrario.

Siamo decisamente in dirittura d’arrivo, manca un altro capitolo e poi l’epilogo.

Spero che chi seguiva la mia storia la riprenderà, ma non posso giudicare tutti coloro che non lo faranno visto che sono imperdonabile.

Ringrazio comunque tutti quelli che decideranno di leggerla e scoprirne il finale.

Posterò il prossimo capitolo tra pochissimi giorni.

Come sempre vi lascio un piccolo pezzettino come spoiler del nuovo capitolo:

 

“L’abbiamo trovata” mi rispose Stefan.

“Chi?” domandai non capendo.

“Katherine” mi spiegò Caroline.

A quel punto distolsi lo sguardo dal soffitto e presi a guardare Stefan.

“Che intenzioni hai?”

“Lo sai benissimo”.

“Che sei venuto a fare qui, allora?” domandai non capendo perché venisse da me a raccontarmi la cosa.

“Voglio sapere…” provò a dire, ma lo interruppi.

“Sai benissimo come la penso e no, non ho cambiato idea. Anche se vai lì e la uccidi non riavrò…non riavremo Damon” dissi riprendendo a guardare il soffitto.

 





LEGGETE:

Ho iniziato a scrivere una storia nuova su Twilight. La trama è questa:

“Bella è una ragazza come tante altre, con una vita normale. La morte di Mike le ha fatto perdere la fiducia nell’altro sesso, le ha fatto credere che affezionarsi ed aprirsi a qualcuno risulta essere terribilmente sbagliato e spesso doloroso. Ma poi arriva Edward, un volto conosciuto, un pilota di moto, ma un ragazzo normale che non si è fatto contaminare dalla notorietà. Lei non si fida, non vuole aprirsi, lui non si arrende perché lei è diversa, gli basta guardarla per capire che lei è quella giusta, perché quando lei sorride tutto diventa migliore. Una storia semplice che pubblico senza troppe pretese, ma con la consapevolezza che è molto importante per me. La dedico a tutte quelle persone che coltivano una passione e che lottano per portarla avanti, a quelli che sognano l’amore, ma soprattutto a tutti coloro che in seguito ad una delusione credono che non riusciranno più ad aprirsi con qualcuno, che non riusciranno mai più ad amare. Leggetela se vi ho incuriosito perché ricordate che “nel momento in cui ci convinciamo che non riusciremmo più ad affezionarci a nessuno, beh, in quel momento arriva quel nessuno”.”

Se vi va di leggerla vi lascio il link qui sotto:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=905995&i=1

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

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Capitolo 25
*** Capitolo Ventiquattro ***


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Capitolo Ventiquattro

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Pov Elena

 

Altri due giorni erano trascorsi e nulla sembrava cambiare. Tutti continuavano a ripetermi che il dolore sarebbe passato con il tempo, che avrei portato Damon sempre con me e che il suo ricordo un giorno mi avrebbe anche fatto sorridere e, invece, nulla cambiava.

I minuti passavano e diventavano ore, le ore giorni e i giorni settimane, ma il ricordo di Damon continuava a farmi troppo male, continuava a farmi versare copiose e salate lacrime che io non riuscivo più a controllare.

Non facevo altro che ripensare a lui, a noi, al nostro amore e più passava il tempo più mi domandavo come potessi essere stata tanto sciocca da non aver capito prima cosa mi legasse a lui. Solo adesso mi rendevo conto che forse alcuni legami nascono prima che c’è ne accorgiamo, forse ci si attrae senza saperlo davvero. Così quello che sembra nato per caso diventa la cosa più importante, la ragione di un lungo percorso ed era questo che era successo a noi, a me e a lui.

“Elena possiamo?” mi chiese Stefan bussando alla porta della camera di Damon.

Annuii impercettibilmente consapevole che mi avrebbero sentito lo stesso e un attimo dopo lui insieme a Caroline entrarono nella stanza.

Come sempre mi trovarono sdraiata a letto a fissare il soffitto e in poco attimi si avvicinarono sedendosi nei due rispettivi margini del letto.

“Che succede?” chiesi senza nemmeno guardarli, ma consapevole che dovevano dirmi qualcosa.

“L’abbiamo trovata” mi rispose Stefan.

“Chi?” domandai non capendo.

“Katherine” mi spiegò Caroline.

A quel punto distolsi lo sguardo dal soffitto e presi a guardare Stefan.

“Che intenzioni hai?”

“Lo sai benissimo”.

“Che sei venuto a fare qui, allora?” domandai non capendo perché venisse da me a raccontarmi la cosa.

“Voglio sapere…” provò a dire, ma lo interruppi.

“Sai benissimo come la penso e no, non ho cambiato idea. Anche se vai lì e la uccidi non riavrò…non riavremo Damon” dissi riprendendo a guardare il soffitto.

Vidi i suoi occhi farsi lucidi e ne compresi subito il motivo. Potevo leggere nel suo sguardo lo specchio del mio: dolore e sofferenza, quel dolore e quella sofferenza capace di distruggerti anima e corpo, di dilaniarti dentro fino a farti diventare una marionetta nelle mani della vita.

Riuscivo a capire cosa lo spingesse a desiderare la vendetta, ma allo stesso tempo quella conversazione non mi interessava per nulla. Qualunque cosa succedesse nella mia vita o nel mondo in generale non avrebbe cambiato niente e certo non avrebbe scaturito in me nessun tipo di interesse.

“Katherine è in Georgia, capisci? Non molto lontana da qui” prese a dire Caroline.

“Una mia vecchia conoscenza mi ha avvisato di averla vista camminare tranquillamente per le strade di Atlanta. Capisci? Tranquillamente. Ci ha distrutto l’esistenza e noi non dovremmo fare finta di nulla?” continuò Stefan.

“Non so cosa vuoi da me, Stefan. Insomma perché sei qui? Cosa vuoi che ti dica? Che ti dia la mia benedizione?” dissi portandomi in posizione seduta sul letto e alzando leggermente la voce.

“Elena io…noi…” provò a dire.

“Te lo dico io perché sei qui. Sei qui perché dentro di te sai che non ha senso ucciderla perché la sua morte non cambierà nulla, la sua morte non sistemerà le cose e tu lo sai, sei qui perché speri di convincere me che sia la cosa giusta quando il primo che deve convincersi sei tu. Katherine ci ha già rovinato abbastanza la vita, non voglio più sentir parlare di lei. Vuoi ucciderla? Bene, vai e uccidila, ma non venire da me a chiedermi il permesso. Per me lei è già morta” gli urlai alzandomi dal letto e afferrando un felpa prima di correre fuori dalla camera.

Scesi le scale di corsa e dopo aver afferrato le chiavi della macchina uscii fuori mettendomi alla guida senza una meta precisa. Non sapevo dove andare, sapevo solo che volevo allontanarmi da lì dentro, da quella casa che ultimamente mi andava stretta, da quella casa che mi ricordava troppi momenti felici.

Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai davanti al cimitero, davanti a quel posto in cui prima o poi saremmo andati tutti, quel posto grigio dove non importa chi tu sia, quanto guadagni o che titolo hai, non importa se tu sia vecchio, ricco o povero, importa solo quanto sei stato capace di dare, quel luogo in cui si è ospiti naturalmente che lo vogliamo o meno.

Posteggiai di tutta fretta e scesi dalla macchina dirigendomi a passo spedito verso quel punto esatto in cui andavo molto spesso negli ultimi due anni, verso la lapide dove erano stati sepolti Grayson e Miranda Gilbert, quelle due persone che per me sarebbero stati per sempre i miei veri genitori, coloro che mi avevano cresciuto e dato tutto l’amore del mondo.

Mi sedetti a terra appoggiando le spalle ad una vecchia statua proprio accanto alle lapidi e lì ferma come pietrificata presi a guardare tutte le pietre tombali presenti rendendomi conto solo in quel momento che in nessuno di esse ci avrei trovato Damon.

Non che mi servisse una tomba su cui piangerlo, ma sapere che non c’era più nulla che mi legava a lui, neppure uno stupido e insignificante pezzo di

marmo mi faceva stare male.

Andare al cimitero e vedere la lapide dei miei genitori mi permetteva di sentirli in qualche modo vicini, mentre con Damon questo non era possibile e più passavano i giorni, le settimane più sembrava come se tutto mi allontanasse da lui, sembrava come se lui, il nostro amore fosse stato solo tutto frutto della mia immaginazione.

Toccai il mio petto dove faceva bella mostra di sé oltre al ciondolo con la verbena che mi aveva regalato Stefan anche e soprattutto la collanina alla quale avevo inserito l’anello di Damon. Lo strinsi nella mia mano più forte che potei, unico oggetto che, ormai, mi ricordava che lui era esistito e che io l’avevo perso.

Restai lì ferma e immobile fino quando iniziò a fare buio, dopodiché mi decisi a tornare in macchina. Diedi un’occhiata al cellulare che avevo lasciato sul cruscotto e mi resi conto che c’erano un sacco di chiamate da parte di Stefan e Caroline.

Non avevo nessuna voglia di parlare con loro, a dire il vero non avevo voglia di parlare con nessuno. Decisi così di mandargli un semplice messaggio per fargli sapere che stavo bene, almeno questo glielo dovevo.

Aprii la rubrica messaggi e iniziai a scrivere:

Sto bene, state tranquilli. Sono andata un po’ al cimitero a trovare i miei. Non aspettatemi, stasera sento il bisogno di andare a dormire a casa mia. Ci vediamo domani. Un bacio...Elena.

Inviai lo stesso messaggio sia a Stefan che a Caroline e poi misi in moto con destinazione casa Gilbert.

Raggiunsi la mia meta in poco tempo e in fretta posteggiai e scesi dalla macchina entrando dentro con le chiavi che portavo sempre con me anche adesso che non vivevo più lì.

Quando aprii la porta di casa mi resi conto che non c’era nessuno, c’era pace e tranquillità, segno che sia Jenna che Jeremy non fossero in casa. Senza pensarci due volte mi diressi in cucina a prendere un po’ di succo e quando raggiunsi il frigo mi resi conto che c’era un post-it scritto di proprio pugno da Jenna:

Jeremy sono uscita con Rick. Resto a dormire da lui, mi raccomando. Ti ho lasciato qualcosa in frigo, devi solo pensare a riscaldarlo. A domani...

Sorrisi al pensiero di sapere Jenna insieme a Rick, finalmente aveva trovato la persona giusta, una persona che la amasse e che la rispettasse, una persona disposta a dare anche la sua vita per lei.

Presi il mio succo e mi diressi in camera, ma prima diedi un’occhiata nella camera di Jeremy trovandola vuota e così dopo essere entrata nella mia ed essermi seduta sul letto composi il suo numero e lo chiamai.

Al quarto squillo rispose.

“Sorellina che succede?” mi chiese preoccupato senza nemmeno dire pronto.

Capivo i motivi che lo spingevano a comportarsi in quel modo. Nell’ultimo mese non mi ero mai fatta sentire e anche quando era lui a venirmi a trovare cercavo sempre di evitare ogni tipo di contatto prolungato.

Jeremy mi conosceva bene e sapeva che i miei “sto bene” erano solo bugie e non volevo che leggesse nei miei occhi tutta la mia sofferenza.

“Nulla tranquillo. Volevo solo sapere dove sei” gli domandai cercando di rassicurarlo.

“Da Bonnie. Stasera mi fermo da lei”.

“Ah ok” riuscii solamente a dire conscia dentro di me che era una vera fortuna.

Avrei avuto casa tutta per me e avrei potuto piangere tutte le mie lacrime senza avere il timore di far soffrire chi mi sentiva.

“Perché me lo chiedi?”

“Curiosità. Avevo solo voglia di sentirti, non posso?” chiesi.

“Certo che puoi. Mi è solo sembrato strano”.

“Non deve”.

“Elena stai bene? Sei strana stasera. Vengo da te, vuoi?”

“No Jeremy, non serve davvero. Volevo solo sentire la tua voce, nulla di più. Ci vediamo domani, ok?” gli dissi sperando di convincerlo.

“Ok tesoro come vuoi. Mi raccomando”.

“Mi raccomando io a te” provai a scherzare maliziosa sperando così di rendere credibile il fatto che stessi bene.

“Te la saluto, ok?”

“Si certo, divertitevi”.

Non gli diedi nemmeno il tempo di rispondere che chiusi la telefonata spegnendo il cellulare e appoggiandolo al comodino. Non volevo sentire nessuno, volevo finalmente godermi una serata di solitudine a tutti gli effetti, una solitudine che quando vivi con due vampiri non puoi mai avere perché ogni minimo gesto, rumore o sospiro sai che viene percepito da loro.

Mi alzai dal letto e aprii la finestra in un gesto del tutto involontario. Lo facevo sempre in passato, soprattutto quando sapevo che Stefan sarebbe passato per farmi visita e non voleva che Jenna scoprisse le sue visite notturne.

Dopodiché mi diressi in bagno gettandomi sotto la doccia. Avevo bisogno di rilassarmi un po’. Restai lì per momenti interminabili e quando mi sentii soddisfatta decisi di uscire.

Mi asciugai i capelli in modo frettoloso, poi mi infilai un paio di pantaloncini da pigiama e una felpa di Damon. Da quando lui non c’era più non potevo dormire se non indossavo qualcosa di suo. Non sapevo spiegarmene il motivo, forse era tutto fattore psicologico, ma era così e non potevo farci nulla. Avere qualcosa di suo addosso era come sentire lui vicino a me e Dio solo sapeva quanto bisogno io ne avessi.

Avrei pagato qualunque cosa per riavere indietro un unico ieri insieme a lui, ma sapevo che non era possibile. Nonostante avessi scoperto un mondo fatto di esseri sovrannaturali e di magia sapevo che non si poteva tornare indietro, ma soprattutto sapevo che non si potevano resuscitare i morti.

Mi diedi una guardata allo specchio notando le profonde occhiaie che solcavano i miei occhi e senza dilungarmi troppo tornai in camera. Guardarmi allo specchio era l’ultima cosa che mi serviva in quel momento.

Mi sdraiai sul letto a pancia in giù dando le spalle alla finestra e alla scrivania e presi il mio peluche preferito stringendolo a me e in quel momento non potei fare a meno di pensare a tutte le volte in cui Damon si era intrufolato in camera mia e sdraiandosi sul letto aveva giocherellato con quel peluche conscio che la cosa mi avrebbe infastidito.

In un impeto di nostalgia strinsi il peluche ancora più forte quasi a stritolarlo e una lacrima solitaria prese a scendere dai miei occhi.

“Se continui così finirai per farlo a pezzi” disse all’improvviso una voce dietro di me.

“È già a pezzi” risposi io conscia del fatto che possedevo quel peluche da quando ero molto piccola e, ormai, l’avevo ridotto quasi a brandelli.

Sentii da dietro un sospiro prolungato e una risata sommessa e solo in quel momento ripresi lucidità di me stessa e cercai di analizzare cosa fosse successo.

Quella voce, la voce che aveva appena parlato non era una normale voce, era quella voce che avrei riconosciuto ovunque, quella voce che riconoscevo sempre con emozione, che fossi sveglia o addormentata, quella voce che avrei riconosciuto persino da morta, quella voce per cui ero disposta a camminare nel fuoco, oppure, senza esagerare, a sguazzare per una vita intera sotto un’interminabile pioggia fredda, quella voce per cui avrei pure donato la mia vita.

Non appena realizzai tutto questo mi alzai velocemente dal letto e mi voltai di scatto per vedere chi ci fosse, ma dietro di me c’era solo il vuoto, un terribile e insopportabile vuoto.

La mia immaginazione mi aveva giocato un brutto scherzo. Stavo davvero diventando pazza perché era impossibile che io avessi potuto sentire davvero la voce di Damon, la voce dell’uomo che amavo più di ogni altra cosa al mondo.

“Damon” riuscii solamente a sussurrare mentre le lacrime presero a bagnarmi le guance.

Mi voltai di nuovo dando le spalle alla finestra e non appena lo feci vidi l’ultima cosa che avrei mai immaginato di vedere.

A pochissimi millimetri dal mio viso c’è ne era un altro che non avrei mai più pensato di poter vedere, non di nuovo almeno, non dopo quello che era successo.

“Mi ha chiamato?” disse l’uomo davanti a me sorridendomi come solo lui sapeva fare.

Avevo appena sussurrato il suo nome e adesso lui mi chiedeva se lo avessi chiamato? Doveva essere tutto un sogno, oppure la mia immaginazione mi stava davvero giocando un bruttissimo scherzo.

“Damon” ripetei nuovamente guardandolo attentamente.

Non poteva non essere lui. Era il suo corpo, il suo viso, i suoi capelli, i suoi occhi, ecco proprio gli occhi non potevano farmi cadere in inganno, erano i suoi. Due pozze di cielo che splendevano solo per me e poi il sorriso, quel sorriso dannatamente sfacciato che solo lui sapeva fare.

Lo vidi avvicinarsi ancora di più e quando fu ad una spanna dal mio viso posizionò le sue mani sul mio viso e fu allora che sentii anche il suo inconfondibile odore. Era lui, non poteva essere altrimenti.

Aprii la bocca per provare a dire qualcosa, ma non ne uscii una sola sillaba e lui ne approfitto per fare qualcosa che i suoi occhi stavano bramando di fare dal primo momento in cui l’avevo visto pochi attimi prima.

Prima ancora che io potessi rendermi conto di cosa stava succedendo sentii le sue labbra premere sulle miei e mi bastò questo per avere la conferma che attendevo. Era Damon, solo lui era in grado di baciarmi in questo modo.

Mi avvicinai a lui stringendolo a me in modo spasmodico, come se avessi paura che potesse sfuggirmi dalle mani e ricambiai il suo bacio con tutto l’amore che avevo dentro.

Non era una bacio casto, non lo era per nulla, anzi tutto il contrario. Era un bacio che sapeva di separazione e dolore, di angoscia e sofferenza, di bisogno e possesso, di amore e desiderio.

Non sapevo come fosse possibile, forse era solo frutto di un sogno, ma sogno o realtà non mi importava, avevo Damon tra le braccia e volevo godermi il momento indipendentemente se fosse vero o meno.

Si staccò da me dopo minuti interminabili, ma io lo costrinsi ad avvicinarsi di nuovo per un altro bacio e quando alla fine si impose di staccarsi mi guardò con i suoi occhi cerulei e mi fissò come se anche lui avesse paura che svanissi da un momento all’altro.

“Ti amo Elena” mi disse solamente prima di catturare le mie labbra in un nuovo bacio.

Lo strinsi più forte a me godendo del momento, godendo di quel “ti amo” troppo spesso sognato in quel lungo mese e quando lo vidi prendermi in braccio e adagiarmi sul letto mi sentii come non mi sentivo da troppo tempo, mi sentii come non credevo di potermi sentire di nuovo.

Su quel letto ci amammo per la prima volta visto che in passato non era mai successo di farlo in camera mia e mi sembrò come se quella fosse stata la prima volta in assoluto.

Quando lo sentii entrare dentro di me tutto sembrò svanire, il dolore, le sofferenze, le angosce di quei giorni, tutto era sparito per fare spazio a qualcosa di più grande qualcosa che portava un solo nome: Amore, ma non un amore qualsiasi, ma quello con la A maiuscola, quello che non ti fa dormire la notte e non ti fa essere razionale, quello per cui daresti anche la tua vita.

Quando entrambi raggiungemmo l’apice ci sdraiammo sfiniti l’uno accanto all’altra con la mia testa sul suo petto.

“Mi sveglierò da tutto questo e farà male” dissi più a me stessa che a lui.

“Sei già sveglia amore mio” furono le sue uniche parole.

La dolcezza disarmante con la quale aveva pronunciato quell’ “amore mio” mi lasciarono senza fiato.

“Mi hai lasciata da sola” dissi.

“Lo so, ma non succederà più. Da adesso in poi saremo sempre io e te, per sempre”.

“Non mentire Damon, quando mi sveglierò tutto questo svanirà”.

Non appena pronunciai quelle parole vidi lui scostarmi dal suo petto facendo scontrare i nostri occhi. Prese il mio volto tra le mani e mi fissò intensamente.

“Elena guardami, non stai sognando, non è un sogno. Io sono qui e ci sarò sempre”.

“Tu non puoi essere qui, tu sei morto”.

“No, no che non lo sono. È stata tutta una finzione. Katherine ha inscenato tutto” mi disse e al sentire quelle parole mi rizzai a letto sconvolta.

“Cosa?” chiesi sconvolta non riuscendo a capire bene la situazione “io ho visto il tuo anello, le tue ceneri” prosegui.

“Non erano le mie ceneri. Katherine ha ucciso un vampiro e vi ha fatto trovare le sue ceneri per farvi credere che fossi io, quanto all’anello beh quello è mio davvero, anzi, se me lo restituisci te ne sarei grato. Sai non è così bello dover restare chiuso in casa e poter uscire solo la notte” mi disse assumendo un tono beffardo quando aveva parlato dell’anello.

Istintivamente portai una mano sul mio collo stringendo nel pugno l’anello di Damon, ma allo stesso tempo guardavo lui.

“Non è possibile. Perché? Perché tutto questo?” domandai sconvolta.

“Katherine era a conoscenza di due modi per curare un morso di licantropo. Uno, il più sicuro ed efficace, era il sangue di Klaus, ma c’è lo siamo giocati visto che l’abbiamo ucciso, il secondo era un antidoto di cui aveva sentito parlare ad Emily in passato, ma che non era sicura potesse funzionare. Così ha deciso di farvi credere che fossi morto in modo tale che voi foste già preparati all’evenienza se l’antidoto non avesse funzionato” iniziò a spiegarmi lui.

“Continua” lo esortai.

“Non voleva che io o Stefan morissimo e quando si è resa conto che il suo stupido piano gli è sfuggito di mano voleva tornare indietro, ma era troppo tardi. Sapeva che l’avrei trovata anche in capo al mondo e l’avrei uccisa. Così ha trovato il licantropo ed è successo quel che è successo. Quando si è resa conto di quello che ha fatto, però, ha deciso di tornare indietro sui suoi passi e così consapevole che poteva esserci una cura per salvarmi mi ha portato via con lei per cercare l’antidoto”.

“Perché non ne ha parlato con noi allora?”

“Perché non era sicura che avrebbe funzionato e Katherine a modo suo ama davvero Stefan. Non sarebbe riuscita a sopportare lo sguardo ferito e arrabbiato di lui se avesse fallito, così ha pensato bene di inscenare la mia morte. Se tutto fosse andato come sperato sarei tornato da voi, se così non fosse stato tutti avreste pensato che la cattiva e sadica Katherine mi aveva messo fuori gioco”.

“Ma Stefan avrebbe potuto cercarla, avrebbe potuto ucciderla. Voleva farlo” spiegai a lui.

“Ne era cosciente lei, ma ha puntato su di te. Era sicura che non lo avresti permesso, che avresti convinto Stefan che uccidere lei non vi avrebbe restituito me, era certa che lo avresti convinto a non fare niente visto che finalmente vi eravate liberati di lei” mi spiegò guardandomi intensamente negli occhi.

Fu solo in quel momento che realizzai davvero che quello davanti a me non era un sogno, ma era davvero il mio Damon e che stava benissimo.

Non lo feci più parlare perché mi gettai tra le sue braccia riempiendolo di baci e lui non sembrò disnegare per nulla.

Dopo un paio di minuti mi staccai per guardarlo negli occhi e fu allora che lui prese di nuovo a parlare.

“Non vuoi sentire il resto della storia?” mi domandò sorridendomi.

“Solo se prima mi prometti che non te ne andrai mai più e che staremo insieme sempre”.

“Te lo prometto Elena. Insieme per sempre” mi disse guardandomi serio.

Mi avvicinai e lo baciai a fior di labbra.

“Ti amo” gli dissi dopo un altro bacio “e adesso continua” conclusi.

“Mi ha portato in Georgia, ad Atlanta ed è stato lì che mi ha curato”.

“Quindi è lei che ti ha salvato?” domandai.

“No, sei stata tu”.

“Non prendermi in giro scemo”.

“No, dico sul serio. Sei stata tu a salvarmi”.

“Che diavolo stai dicendo?”

“Emily nel lontano 1864 raccontò a Katherine che il sangue delle dopplanger ha poteri speciali e che può essere uno speciale antidoto per diversi problemi che colpiscono le creature sovrannaturali. Ovviamente lei non ha dato molto peso alla cosa, ma più avanti negli anni ha fatto delle ricerche e ha scoperto che il sangue della dopplanger umana ha davvero dei poteri. Comunque alla fine mi ha portato in una vecchia villa disabitata e lì ha fatto delle ricerche scoprendo che per salvarmi serviva il sangue di un vampiro e quello di un licantropo, ma il vero antidito era legare questi due gruppi sanguigni con il sangue della dopplanger. È come se il tuo sangue unendosi a quello di vampiro e di licantropo crei un miscuglio in grado di curare il morso di licantropo” mi spiegò cercando di essere il più chiaro possibile.

“Mi stai dicendo che è stato il mio sangue a salvarti?”

“Conosci qualche altra dopplanger ancora umana in circolazione?” mi domandò beffardo.

“Ma io non ho dato il mio sangue a nessuno” gli spiegai.

“Lo so. È stata Katherine a prenderlo senza che tu te ne accorgessi. Un pomeriggio ha aspettato che Stefan e Caroline non fossero in casa per intrufolarsi nella mia camera mentre tu dormivi. Ti ha ammaliata con un sogno e ha preso la quantità necessaria di sangue, poi è sparita e ovviamente tu non ricordi nulla”.

“No, assolutamente nulla”.

“È così che doveva essere”.

“Ha usato il suo sangue di vampira?”

“Si certo, mentre per quello di licantropo ha preso quello di Cam, il lupo che mi ha morso. Gliene aveva preso un po’ mentre lui era ancora in vita perché a detta di lei sarebbe potuto sempre essere utile”.

“Ma perché allora ci hai messo così tanto a tornare?”

“Katherine ha impiegato due settimane per capire come dovesse funzionare l’antidito e quest’ultimo non era rapido come lo sarebbe stato il sangue di Klaus. Ci voleva del tempo perché facesse effetto e soprattutto una sola dose non era sufficiente. Ci ho messo molto a riprendermi, altrimenti sarei tornato molto prima”.

“Quando avete capito che funzionava potevate avvisare”.

“No, non potevamo. Dovevamo essere sicuri”.

“Damon…” provai a dire, ma lui mi interruppe.

“Voglio che tu sappia che io non sapevo nulla di tutto questo. Ho iniziato a capire come stavano le cose dopo che Katherine ha iniziato a farmi bere l’antidito e solo alla fine, quando stavo già bene, mi ha spiegato tutto. Non le avrei mai permesso di avvicinarsi a te altrimenti, men che meno di prenderti del sangue”.

“Beh allora sia lodata Katherine che non te l’ha detto. Protettivo come sei avresti preferito morire piuttosto che prendermi del sangue. Tu sei impossibile” lo rimproverai.

“Io sono solo innamorato” mi disse e al sentire quelle parole non riuscii a non sorridere.

Mi avvicinai e lo baciai a fior di labbra e quando ci staccammo lo vidi sorridere.

“Sei piuttosto pallida amore” mi disse e solo a sentir pronunciare la parola amore un sorriso spontaneo mi si dipinse sul volto.

Capii subito che la sua era una battuta poiché il suo sorriso sornione la diceva lunga.

“Ah si?” domandai reggendogli il gioco.

“Si, sei pallida. Hai finito il rossetto o hai sofferto per la mia assenza?” mi chiese e mi resi subito conto che non poteva che essere il mio Damon quello di fronte a me.

Non sapevo cosa pensare, come comportarmi, ma una cosa era certa. Qualunque cosa fosse successa in quel mese non mi interessava, nulla, ormai, aveva più importanza, l’unica cosa che contava era che in qualche modo e per qualche scherzo del destino Damon era vivo ed era tornato da me.

“Ti amo Damon, più di quanto tu possa immaginare” gli soffiai ad un palmo dalle sue labbra.

“Mai quanto ti amo io” mi rispose lui baciandomi con assoluta e inconfutabile passione.

“Sei rimasto sempre il solito presuntuoso” lo ammonii quando ci staccammo.

“Ovvio, ma tu mi ami anche per questo” fu la sua unica risposta prima di avvicinarsi a me facendomi sdraiare di nuovo sul letto posizionandosi sopra di me.

Eravamo insieme di nuovo e stavolta sapevo che sarebbe stato per sempre.

Solo io, lui e il nostro amore.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Come promesso eccomi qui di nuovo. Come avete certamente capito questo era l’ultimo capitolo di questa storia, ma ovviamente prima di mettere davvero la parola fine ci sarà l’epilogo.

Visto che il prossimo sarà proprio la chiusura definitiva della storia ho deciso di non lasciarvi nessuno spoiler.

L’epilogo sarà una sorpresa, quindi niente anticipazioni. Metterò qualche puntino sulle “i” e vedremo come sono andati avanti i miei Delena. Quindi aspettate l’epilogo, che posterò tra qualche giorno.

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

 

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Capitolo 26
*** Epilogo ***


 

Epilogo

u

 

 

 

 

Pov Elena

 

…Sei mesi dopo…

Se un anno fa mi avessero detto che oggi avrei partecipato al matrimonio di Jenna, circondata per giunta da tutte le persone che amavo non ci avrei mai creduto.

Troppe incertezze, troppe paure, troppo tutto. Klaus e il suo maledetto piano per uccidermi e poi, poi quando tutto sembrava essersi ristabilito erano iniziati i miei problemi di cuore. Io divisa tra due persone totalmente opposte, da un lato quello che credevo l’amore della mia vita e dall’altro quella passione e quel desiderio folle che mi spingeva tra le braccia di quella persona che in passato avevo odiato con ogni fibra del mio essere. Poi l’arrivo di Katherine e la nostra lotta contro un mostro che sembrava conoscere in anticipo ogni nostra mossa, i litigi con Bonnie, l’amore con Damon e poi la sua inscenata morte, tutto nel giro di pochi mesi.

Dolore tanto, sofferenze altrettanto, ma un sacco di gioie, di momenti felici, di amore incondizionato.

E adesso eccomi qui dopo sei mesi dal “ritorno” di Damon a partecipare all’evento più importante nella vita di mia zia.

“Mi concede questo ballo signorina?” mi disse una voce all’orecchio proprio dietro di me.

“Con estremo piacere” risposi prendendo la sua mano e dirigendomi nella pista da ballo dove c’erano tutti gli invitati insieme agli sposi che felici ballavano.

C’era solo nero nella mia vita fino a sei mesi fa, nero, nero, nient’altro che nero, poi ecco la sua voce e finalmente nel sentirla mi sono resa conto che aprendo gli occhi, ma facendolo davvero, il nero sarebbe sparito e affidandomi a lui, al suo amore non ho fatto altro che vivere i mesi migliori di tutta la mia vita circondata da un amore che non credevo di poter donare né di possedere.

Mi strinsi a lui più forte che mai e tra le sue braccia iniziammo a volteggiare nell’aria mentre io non potei fare a meno di vedere tutte le coppie che come noi si divertivano a ballare.

C’era Jeremy con Bonnie, il mio fratellino che tanto piccolo, ormai, non era più, c’era Matt insieme ad una nuova ragazza e Tyler che passava da una coppia all’altra cercando di rubare la dama a chiunque. C’era zia Jenna con un pancione di cinque mesi abbracciata a Rick in quella che era la colonna sonora del loro amore e c’erano perfino Stefan e Caroline, si, proprio loro.

La loro affinità era parecchio aumentata nel mese in cui credevamo Damon morto e io troppo presa dal mio dolore non me ne ero nemmeno resa conto davvero. Poi, con il ritorno di Damon, le cose si erano evolute. Un mese prima avevano deciso di tentare di stare insieme e le cose sembravano funzionare parecchio. Caroline era molto presa, non l’avevo mai vista così presa da qualcuno e anche Stefan sembrava sulla buona strada. Sapevo che una parte di lui sarebbe sempre appartenuta a me, ma ero certa che potesse dare a Caroline tutto l’amore di cui lei aveva bisogno.

“A che pensi?” mi domandò Damon vedendomi con la testa tra le nuvole.

“Stavo considerando che Stefan e Caroline sono proprio una bella coppia”.

“Beh diciamo che come cognata non potevo sperare in meglio” mi rispose sardonico.

“Ah si?”

“Beh, poi è giusto che anche Stefan provi. Devo dire che la Barbie ci sa proprio fare. Me lo ricordo ancora…” prese a dire consapevole di colpirmi nel mio punto debole: la gelosia.

“Damon Salvatore se non la smetti giuro che ti cospargo di verbena” lo rimproverai.

Gelosona” mi disse prima di unire le sue labbra alle mie.

Nonostante, ormai, fossi avvezza a quel tipo di contatto non mi sarei mai abituata perché ogni volta era una sensazione nuova, ogni volta un’emozione nuova, unica.

Damon era tutta la mia vita, si lo era, perché solo grazie a lui mi ero resa conto che la vita di prima, ciò che c’era prima del suo arrivo era solo e soltanto attesa.

Quando mi staccai dalle sue labbra osservai per l’ennesima volta Jenna e Rick guardarsi negli occhi innamorati più che mai e non potei fare a meno di pensare al mio di amore, a quello che mi teneva legata a Damon.

“Tu sei disposto a tutto questo?” gli dissi all’improvviso cogliendolo di sorpresa.

“Di che parli?”

Indicai con lo sguardo mia zia e suo marito e poi ripresi a parlare.

“Sei disposto a regalarmi sorrisi, a darmi il buongiorno ogni mattina e la buonanotte tutte le sere prima di dormire? Avrai voglia di scompigliarmi i capelli, di ballare in mezzo alla strada come due folli e di preoccuparti per me e di ogni mio pianto, anche di quello più insensato? Ti senti pronto a dedicarmi canzoni, a farmi ridere fino a piangere e a stringermi forte quando non avrò abbastanza forza per stare in piedi da sola? Insomma, sei disposto ad amarmi per sempre?”

“Per sempre è troppo poco, io ti amerò per l’eternità” mi rispose sorridendomi come io amavo.

“Dici così sempre, ma sai che io non vivrò in eterno”.

Era un discorso che avevamo già affrontato parecchie volte ed ogni volta le nostre opinioni erano sempre divergenti. Si rifiutava categoricamente di trasformarmi.

“Amore ti prego, non oggi, non adesso” mi disse riferendosi al discorso che avevo intrapreso.

“Non possiamo sempre rimandare, prima o poi dovremmo affrontare per bene questo discorso”.

“Non cambierò idea, non ti farò diventare come me”.
“E invece si”.

“E invece no”.

“Si”.

“No”.

“Mi ami e lo farai. Non puoi vivere senza di me” dissi con tono presuntuoso.

Sapevo che era così, non avremmo potuto più vivere l’uno senza l’altra e questo era un dato di fatto per entrambi.

“Troveremo un modo”.

“Ne conosciamo già uno”.

“Ne parleremo ancora, ma non oggi”.

“Ti amo, lo sai” aggiunsi io cambiando discorso consapevole che in quel momento non avrei concluso nulla.

“Io di più” mi rispose tornando a baciarmi.

Sull’argomento trasformazione nessuno di noi due si sarebbe arreso, ma una cosa è certa: io non mi sarei data per vinta perché io sapevo perfettamente quello che volevo.

 

 

Fine

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qui a postare l’epilogo di questa storia.

L’avventura di “La ragione del cuore” è iniziata più di un anno fa e ha avuto alti e bassi. All’inizio ho postato con regolarità, poi purtroppo verso la fine ho rallentato un po’ a causa di qualche problema, ma voi che leggete non avete smesso di farlo nonostante i miei ritardi pazzeschi e per questo voglio dirvi grazie, grazie davvero di cuore.

Quando ho iniziato a scrivere doveva concludersi ancora la seconda stagione, mentre adesso che ho messo la parola fine siamo già alla conclusione della terza serie e le cose sono decisamente diverse da come le ho raccontate io, anche se con il senno di poi qualcosina l’ho azzeccata (vedi il morso di Damon da parte di un licantropo e il fatto che qui si è salvato come anche nel telefilm).

In tutti i casi la mia storia è stata scritta per raccontare l’amore tra Elena e Damon e non per seguire il filo conduttore della storia. È esattamente quello che ho fatto.

Nella terza serie, Elena può non aver scelto Damon, ma io ci credo ancora a questa coppia e ci crederò fino alla fine perché quello che mi danno loro insieme non riescono a darmelo lei e Stefan.

Che volete farci? Io sono una Delena super convinta.

Elena ha detto che l’amore per Damon la divora e credo che questo tipo di sentimento non possa non essere tenuto in considerazione. Sono certa che non è finita qui. Ci saranno altri sviluppi e chissà che prima o poi il Delena non diventi realtà.

Nella mia storia lo è diventato e spero di non aver deluso le aspettative di nessuno. Mi auguro che la storia vi abbia incuriosito, vi abbia fatto emozionare e vi sia piaciuta.

 

 

Eccomi alla fine e ovviamente non posso non ringraziare tutti voi che avete letto e commentare e anche tutti coloro che si sono soffermati solo a leggere. Grazie a chi mi ha dato un appoggio e un sostegno, grazie a chi si è complimentato con me e grazie a chi sinceramente ha espresso la sua opinione in merito ai miei personaggi sperando che questi non siano stati OOC.

Grazie davvero a tutti e con un po’ di tristezza vi saluto. Si, con un po’ di tristezza perché mi sono affezionata a questi personaggi e dirgli addio non è facile, ma chissà magari presto ci rivedremo con qualche nuova storia.

Un bacione a tutti voi e grazie ancora.

 

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