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Seduta accanto alla
finestra della mia camera osservo la pioggia, di un breve e tempestivo
temporale di fine estate, che incessante e violenta scorre con fragore.
Le gocce di pioggia che battono
sul vetro, il loro continuo ticchettio che mi stordisce, mi fa sempre uno
strano effetto, mi fa sempre fermare a pensare e mi ritrovo a interrogarmi su
mille cose, cose a cui spesso non voglio rimuginare.
Molti odiano la pioggia, la
ritengono portatrice di malinconia e tristezza. Per me non è mai stato così.
Ricordo che da bambina, tutte le volte che pioveva, mi mettevo seduta dietro il
vetro della finestra del salotto di casa e osservavo quelle gocce che cadevano
dal cielo bagnando la terra.
Non so spiegarmi il
perché, ma è sempre stato così.
Forse inconsapevolmente
sono stati i miei genitori a farmi apprezzare la pioggia.
Mio padre, quello che mi
ha cresciuto da quando sono venuta al mondo, mi diceva sempre: “Non maledire ciò che viene dal cielo,
inclusa la pioggia. Non importa cosa ti precipiti addosso, non importa quanto
violento sia il nubifragio o gelida la grandine; non rifiutare quello che il
cielo ti manda”.
Mia madre, invece, non
faceva che ripetere a me e Jeremy quanto imparziale fosse la pioggia. Diceva: “la pioggia cade sempre nello stesso modo
sul giusto e sul malvagio”. C’è lo ripeteva tutte le volte che noi due,
troppo presi da noi stessi, ci mettevamo a giudicare gli altri.
Per mamma, nessuno era
perfetto motivo per cui nessuno poteva permettersi di giudicare qualcun altro.
Lei era come la pioggia, neutrale.
Cercai di scacciare via i
pensieri dei miei genitori, di quelle due persone che fino ad un anno prima era
certa mi avessero messo al mondo e che all’improvviso erano diventate solo un
uomo e una donna innamorati che avevano accolto una bambina nelle loro vita
trattandola come una vera figlia.
Ho passato gli ultimi mesi
cercando di lasciare lontani i pensieri, cercando di concentrarmi solo sul
presente, senza fantasticare come ho sempre amato fare. Sapevo che era giusto
così perché la vita all’improvviso mi aveva avvolta e travolta.
Il turbinio del quotidiano
in tutto lo scorso anno non mi ha permesso di concedermi spazi di riflessione,
non mi ha concesso quel giusto silenzio che occorreva per guardare le cose
serenamente, quel giusto silenzio che oggi, finalmente, riesco a sentire mentre
guardo la pioggia.
Nel corso di quest’ultimo
anno sono cambiate tante cose e certo la scoperta di essere stata adottata è
solo un piccolo tassello di quel grande puzzle che sono stata costretta a
costruire.
Vivi per diciassette anni
in un mondo che credi sia così come appare, invece, in un battito di ciglia ti
accorgi che questo mondo tutto è tranne che quel luogo normale che vuole apparire.
Tutto ciò che credevo
leggenda si è rivelato realtà e io mi sono ritrovata ad essere il bersaglio
preferito di questo mondo leggendario di cui ignoravo l’esistenza.
Dopo un anno adesso tutto
sembra tranquillo. Il pericolo è scampato e stranamente posso circolare per le
strade di Mystic Falls senza dovermi portare dietro un vampiro come guardia del
corpo.
I nemici sono stati
sconfitti e la pace e la tranquillità sono tornati nella mia vita, in quella
dei miei amici e in generale in tutta la città.
Lo so, sembra tanto un
finale da libro, ma purtroppo questa è la vita vera, la vita di una
diciassettenne che ha dovuto affrontare prove che ben poco collimano con le
esperienze di una normale adolescenza.
E adesso eccomi qui, ad un
passo dall’affrontare un nuovo, ultimo anno di liceo cercando di vivere una
vita quantomeno normale insieme a persone che di normale non hanno nulla.
Ma in fondo che vita
normale mi dovevo aspettare? In fondo sono una Gilbert, una discendente dei
Petrova, una delle mie migliori amiche è una Bennett, il mio ragazzo insieme al
fratello sono dei Salvatore, un altro amico è un Lockwood.
Soltanto chi non conosce
Mystic Falls, la sua storia, i suoi fondatori avrebbe potuto credere che la mia
vita potesse essere normale.
Il destino ha scelto per
me una vita diversa da quella che avevo in programma, ma non voglio lamentarmi,
non posso lamentarmi, perché tutto quello che ho vissuto in quest’ultimo anno
mi ha condotto qui.
Eppure adesso, mentre
fisso la pioggia che incessante scorre dietro la finestra, sento qualcosa allo
stomaco, qualcosa che ho imparato a riconoscere come paura, una paura che a
confronto di quello che ho dovuto sopportare lo scorso anno sembra una bazzecola,
eppure in questo momento mi sembra il problema più insormontabile che esista.
Ho imparato tutto sui
vampiri, sulle streghe e su tutto ciò che di sovrannaturale c’è al mondo, ma
nessuno durante tutto lo scorso anno mi ha insegnato una cura per il male
d’amore, nessuno mi ha insegnato come ci si comporta quando all’improvviso ti
rendi conto che il tuo cuore in qualche modo non batte solo per una persona, ma
per due e non due persone normali, due vampiri l’uno l’antitesi dell’altro.
Fino a qualche tempo fa
credevo che il mio cuore sarebbe sempre appartenuto a Stefan. È lui che mi ha
insegnato ad amare davvero e mai ho avuto dubbi sui miei sentimenti per lui,
eppure mentre cercavo di sopravvivere e di proteggere le persone che amavo mi
sono affezionata sempre di più a Damon, il fratello ribelle e apparentemente
senza cuore giunto in città per distruggerla.
Ho osservato con quanta
dedizione mi è stato accanto anche quando lo respingevo, l’ho visto rischiare
la sua vita per proteggere la mia, l’ho vistolottare seppur inconsapevolmente con l’essere spietato che era un tempo
e l’ho visto lottare per non far uscire fuori la sua umanità e tra uno sguardo
e l’altro quel ragazzo, che all’inizio avevo odiato, si è fatto spazio dentro
di me occupando un posto che non credevo mai gli avrei potuto dare.
E adesso eccomi qui,
giunta alla fine di una battaglia per la sopravvivenza e pronta per iniziarne
un’altra per la felicità.
Semplice affetto quello
che provo per Damon? Forse gratitudine per avermi salvato la vita oppure
qualcosa di più?
Confusione, ecco cosa c’è
dentro di me.
Quando hai il cuore diviso
tra due persone non sai nemmeno tu chi ami davvero e ti ritrovi ad un bivio.
Acqua o fuoco, terra o
cielo, razionalità o irrazionalità, destra o sinistra, finito o infinito?
Ero in macchina di Damon
insieme a lui, Stefan e Tyler e dietro di noi sull’auto di Matt c’era
quest’ultimo, Caroline, Bonnie e Jeremy.
La nostra meta era il
Grill. Il giorno seguente sarebbe iniziata la scuola, quello che sarebbe stato
per me l’ultimo anno di liceo.
Avrei preferito di gran
lunga passare la serata a casa, magari scrivendo sul mio diario gli ultimi
avvenimenti e godendomi finalmente quella sensazione di pace che provavo da
quando avevamo sconfitto Klaus. Caroline, invece, si era presentata a casa mia
con il chiaro intento di coinvolgere tutti in una serata di divertimento e alla
fine non avevo saputo dirle di no.
Inizio Flashback
Sentii un fruscio provenire dalla finestra della
mia camera e mi voltai a controllare, ma non vidi nessuno, così tornai a
concentrarmi sul mio diario.
“Stai sempre a scrivere”.
Mi voltai spaventata e mi ritrovai Caroline a pochi
centimetri da me.
Ecco cos’era il fruscio che avevo sentito poco
prima.
“Ma sei scema? Mi hai messo paura”.
“Ops. Non volevo giuro”.
Chiusi il mio diario e lo posai sul letto, poi mi
voltai verso di lei notando la sua espressione raggiante.
“La tua espressione mette paura. Cosa hai in
mente?” le domandai.
“Domani inizia la scuola”.
“Il che significa?”
“Che questo è il nostro ultimo giorno di
divertimento prima dell’inizio del nostro estenuante ultimo anno di liceo”.
“Quindi?”
Era strano da dirsi, ma quando metteva su quell’espressione
mi metteva paura, in senso metaforico ovviamente.
“Andiamo tutti al Grill a festeggiare” mi disse
euforica.
“Non se ne parla proprio”.
“Ti prego” aggiunse facendomi il labbro tremulo.
“Caroline non attacca stavolta”.
“Senti Elena. Questi mesi estivi sono stati i più
terribili delle nostre vite. Abbiamo rischiato di morire tutti e certo non è
stata l’estate che avevamo prospettato di trascorrere, quindi tu adesso muovi
il culo da quel letto, ti togli il pigiama e ti prepari. Io e gli altri ti aspettiamo
sotto” mi disse prima di sparire dalla mia vista a velocità sovrumana.
Uscii dalla mia stanza e mi affacciai alle scale
ritrovandomi tutti i miei amici all’ingresso di casa.
Matt e Tyler, Caroline e Stefan, Bonnie e Jeremy,
perfino Damon.
Se quella pazza di Caroline aveva coinvolto anche Damon
in quella che si prospettava una serata a base di amici certo io non avevo
speranze di resistenza.
Fine Flashback
Grazie alla guida
spericolata di Damon raggiungemmo il locale in pochissimo tempo e subito ci avvicinammo
al bancone per ordinare qualcosa da bere, poi unimmo due tavoli e ci sistemammo
lì iniziando a parlare, ridere e scherzare.
A guardarci da fuori
sembravamo otto normali ragazzi che trascorrevano una serata in compagnia tra
risate e scherzi, ma se c’era qualcosa che avevo imparato nel corso di
quell’ultimo anno era che di normale al mondo non esisteva nulla.
A volte ero certa che
neppure il nostro modo di volerci bene era normale, eravamo diventati troppo
dipendenti l’uno dall’altro, anche se ovviamente c’era sempre l’eccezione che
confermava la regola e in questo caso si
trattava di Bonnie e
Damon.
La mia amica strega non
aveva mai accettato davvero Damon. Nonostante tutto quello che lui aveva fatto
per me, per noi, lei lo vedeva ancora come una minaccia e certo lui non faceva
nulla per entrare nelle sue grazie.
La verità era che, forse,
l’unica ad averlo capito fino in fondo ero stata io, o forse semplicemente mi
piaceva l’idea che fosse così.
Osservai mio fratello
ridere con entusiasmo guardando Bonnie e non potei fare a meno di sorridere
anche io. Da quando quei due si erano messi insieme sembrava che nella vita di
Jeremy fosse finalmente entrato un raggio di sole che faceva risplendere tutte
le sue giornate e io non potevo che essere felice per questo.
Poi i miei occhi si
posarono sui miei tormenti, prima su Stefan, poi su Damon.
Li guardai attentamente
cercando di capire come fosse possibile provare qualcosa per due opposti quali
erano loro due.
Stefan, in jeans chiari e
maglietta marrone, sorrideva alle battute di Tyler intavolando una
conversazione mentre giocherellava con le mie dita baciandole ogni tanto o
rivolgendomi sorrisi da far girare la testa. Sembrava felice, felice come non
lo avevo mai visto.
Damon, invece,
rigorosamente vestito di nero, beveva il suo whiskey in tutta tranquillità.
Silenzioso forse più del solito sembrava avere qualcosa che lo tormentava. Era
completamente assorto nei suoi pensieri e totalmente estraneo alla
conversazione, un po’ come me del resto.
“Che ne dite di una
partita a biliardo?” propose Jeremy euforico.
“Andata” risposero Matt e
Tyler dopo essersi scambiati uno sguardo complice.
“Chi perde paga da bere
per tutti” propose Stefan dopo avermi dato un bacio sulla tempia.
“Io gioco in squadra con
Jeremy” aggiunse Bonnie.
“Ok, allora è ufficiale.
Stasera il mio portafogli piangerà lacrime salate” rispose mio fratello facendo
ridere tutti quanti.
Era risaputo che Bonnie
fosse una frana con il biliardo.
Lei assunse un’espressione
imbronciata, ma quando mio fratello le si avvicinò e le diede un bacio a fior
di labbra sembrò tornargli il sorriso.
Tutti quanti si spostarono
alla carambola, mentre io e Damon restammo al tavolo.
Notai che si erano divisi
in due squadre. Matt, Tyler e Caroline da una parte e Bonnie, Jeremy e Stefan
dall’altra.
“Credo che, forse, Jeremy
ha ancora qualche speranza di vittoria” dissi a voce alta considerando che
Stefan era un bravissimo giocatore e che avrebbe facilmente sopperito le mancanze
di Bonnie.
“Beh Stefan gioca bene,
certo non è un professionista come me, ma è ok”.
“Il solito modesto” dissi
sorridendo e per la prima volta in quella serata lui ricambiò il sorriso, uno
di quei sorrisi che amavo vedergli addosso.
Piombò il silenzio per
qualche secondo, poi decisi di romperlo.
“Andiamo a giocare anche
noi?” proposi.
“Per sembrare un’allegra
combriccola di amici?” mi domandò lui assumendo il suo solito tono di voce
beffardo.
“Non è questo che siamo?”
“Voi, forse, io no di
certo”.
“Damon potresti…” dissi
prima che lui mi interrompesse.
“Io non sono come voi”.
“Perché scusa come siamo
noi?”.
“Umani” mi rispose
abbassando lo sguardo.
“Beh non mi risulta.
Guardali, due vampiri, un licantropo, una strega e due umani. Credo che se i
calcoli non mi inganno gli umani siano in netta minoranza” dissi riferendomi a
loro che giocavano.
“Sai benissimo che non mi
riferivo a questo”.
“E allora a cosa?”
Volevo che fosse lui a
dirlo, perché io avevo già capito a cosa si riferisse.
Lui rimase in silenzio.
Non me l’avrebbe data vinta.
“Umanità, ecco di cosa parli”
gli dissi.
“Una volta ti ho detto che
Stefan non voleva essere come me, ma questo non significava che sotto sotto non lo fosse. Beh, mi sbagliavo. Lui non è come me,
nessuno lì è come me”.
“Forse la verità è che tu
non vuoi essere come loro, come Stefan, ma questo non significa che tu sotto sotto non lo sia. Sei migliore di quello che credi. Io lo
so”.
Lui mi guardò e sorrise,
uno di quei sorrisi da ritenersi illegali.
“Elena, Elena” disse
scuotendo la testa “la gentile donzella sempre pronta a vedere del buono in
tutti”.
Non dissi nulla, ma mi
limitai a sorridere. Damon non sarebbe cambiato mai.
Un cameriere si avvicinò e
portò una birra a Damon.
“Ne prendo una anche io”.
“E da quando?” mi domandò
lui.
“Da adesso” gli risposi
prendendo la birra datami dal cameriere e avvicinandola alla sua facendola
scontrare prima di berne un sorso.
“Mi ricorda qualcosa”
disse solamente lui sorridendomi prima di berne un altro sorso.
In effetti anche a me quella
scena ricordava qualcosa, forse uno dei momenti più importanti di quell’ultimo
anno, il momento in cui avevo iniziato a guardare Damon con occhi diversi.
E quasi senza accorgermene
i pensieri andarono diretti a quel giorno, a quando l’anno prima Damon mi aveva
portato ad Atlanta con lui dopo avermi salvato da un incidente d’auto e da un
vampiro.
Inizio Flashback
Eravamo al bar seduti a mangiare un hamburger e
Damon sembrava diverso, era gentile e divertente.
Era riuscito a farmi accantonare per un momento i
problemi con Stefan e le sue bugie in merito a Katherine e ci eravamo messi a
parlare di cose stupide, banali quasi, ma stranamente mi piaceva.
“Allora supponendo che io discenda da Katherine
questo farebbe di me una mezza vampira?” gli domandai.
“Non possiamo procreare” mi rispose serio “ma ci
piace provarci” aggiunse poi malizioso.
Gli scoccai un’occhiata che lanciava ben poco
all’immaginazione e subito lui riprese a parlare tornando serio.
“No, se foste imparentate avrebbe avuto un bambino
prima della trasformazione”.
“Stefan pensava di potermi usare per rimpiazzarla?”
“Se vuoi un mio parere è un po’ inquietante”.
Scossi la testa pensando alle bugie di Stefan, al
fatto che non mi avesse detto niente e Damon dovette accorgersene, perché
subito torno a parlare.
“Non ti piacciono i sottaceti, scusa?” mi disse
retorico prima di prenderne un paio dal mio piatto e mangiarli.
“Perché puoi mangiare se…tecnicamente sei…” mi
fermai non sapendo bene come esprimere il mio concetto.
Lui si guardò in giro, poi guardò me.
“Moorto…non è mica una parolaccia. Purchè assuma abbastanza
sangue regolarmente, il mio corpo funziona come tutti gli altri” mi rispose
ingozzandosi una patatina fritta con uno sguardo alla Damon Salvatore.
Sorrisi sincera. “Tutta questa gentilezza…c’è
qualcosa di vero?” domandai poi.
Lui mi guardò e rispose con un verso gutturale che
voleva dire “si certo” e stranamente gli credetti.
“Ecco qua” disse Bree porgendogli un'altra birra.
“Grazie” le rispose lui.
“Ne prendo una anche io” dissi.
Damon mi guardò come a dire “scusa?”
“Timeout ricordi, per cinque minuti. Beh quei
cinque minuti hanno bisogno di una birra”.
“Eccola” mi disse Bree porgendomela.
La presi e poi scontrai la mia bottiglia con quella
di Damon prima di iniziare a berla mentre lui mi guardava ancora stranito.
Fine Flashback
Fu quella la prima volta
in cui decisi di fidarmi di Damon. Non avevo certezze e forse me ne sarei
pentita, ma in quel momento vidi un Damon diverso e ne approfittai.
Restammo in silenzio per
un po’. Io intenta a guardare i ragazzi ridere mentre giocavano e beccandomi
qualche occhiata innamorata da parte di Stefan e Damon intento a scrutare
chissà cosa mentre terminava la sua birra.
“Me ne vado” mi disse
mentre anche io bevevo un sorso di birra.
Tossii abbastanza forte da
sputare quasi il liquido che avevo in bocca, tanto forte da farmi sentire
perfino dai ragazzi che giocavano. Vidi Stefan guardarmi e lo rassicurai con lo
sguardo, poi tornai a guardare Damon.
“Hey fai attenzione. Cerca
di non attentare alla tua vita. L’abbiamo appena salvata” mi disse lui con il
suo solito tono di voce.
Possibile che quello che
avesse detto pochi secondi prima non avesse nessun significato per lui?
“Damon smettila di fare
battutine stupide. Che diavolo significa che te ne vai?”.
“Che faccio i bagagli e
tolgo il disturbo”.
“Scusa?” chiesi ancora
sperando che scherzasse.
“La verità è che sono
arrivato a Mystic Falls per due motivi: distruggere questa città e rendere un
inferno la vita di Stefan”.
Si interruppe portando lo
sguardo sul fratello che in quel momento stava cercando di imbucare una palla.
“E poi cosa è successo?”
gli dissi per indurlo a continuare.
“Poi ho incontrato te e
qualcosa è iniziato a cambiare, tutto ciò che per 150 anni ho voluto, ha perso
di significato. Sono rimasto in questa città solo perché qualcosa mi teneva
qui, sentivo di doverti proteggere e l’ho fatto. Il mio compito adesso è
finito, motivo per cui la mia presenza qui non ha più senso” concluse guardandomi
negli occhi.
“Stai scherzando spero.
Questa città è diventata la tua casa, io, Stefan e quelle persone lì” gli dissi
indicando i miei amici “adesso siamo la tua famiglia. Non puoi andartene”.
“Si che posso e lo farò, domattina”.
“No che non puoi”.
“Dammi solo una buona
ragione per non farlo”.
“Io”.
“Tu cosa?”.
“Io non voglio che vai
via”.
“Non mi sembra un motivo valido.
Qui hai tutto ciò che ti serve anche senza di me”.
Non riuscivo a spiegarmi
il motivo per cui lui non riuscisse a capire quanto fosse per me importante che
lui restasse eppure non riuscivo nemmeno a spiegarglielo, a farglielo capire.
“Senti Damon…” provai a
dire, ma lui si alzò dal tavolo.
“Andiamo a far vedere a
quei sei come si gioca davvero a biliardo. Sono delle schiappe” mi disse
facendomi cenno di seguirlo.
“Damon aspetta” dissi, ma
inutilmente.
Era già andato alla
carambola e l’unica cosa che mi restò da fare fu seguirlo e così ci unimmo agli
altri.
Non ero una giocatrice
brava come lui o Stefan, ma ero nella norma. Me la cavavo abbastanza bene.
Era stato Matt a
insegnarmi a giocare proprio in quel locale quando eravamo solo dei bambini e
da allora, spesso, quando andavo al Grill se c’era un’occasione buona per
giocare non mi tiravo mai indietro.
Tra risate, scherzi, prese
in giro e scommesse perse trascorremmo la serata in allegria. E mi sembrò che
perfino Damon si fosse divertito, anche se ero certa non lo avrebbe mai
ammesso.
Al termine della serata ci
dirigemmo alle macchine e ognuno tornò a casa propria. Ad accompagnare me e
Jeremy a casa furono Stefan e Damon, visto che eravamo venuti con l’auto di
quest’ultimo.
“Damon ti dispiacerebbe attendere un secondo?
Jeremy deve darmi una cosa” disse Stefan quando giungemmo a destinazione.
“E cioè?” chiese mio
fratello che sembrava totalmente all’oscuro di ciò che stava dicendo il mio
ragazzo.
Stefan gli fece uno
sguardo che lasciava ben poco all’immaginazione e come per magia Jeremy sembrò
capire.
“Ah si certo, quella cosa.
Dai muoviti” gli disse mio fratello facendogli cenno di entrare dentro e
reggendogli il gioco.
Sapevo cosa era appena
successo ed ero certa che anche Damon l’avesse capito.
“Il tuo ragazzo è
un’idiota” mi disse.
Non potei fare a meno di
sorridere.
“Damon” dissi poi a mo di
rimprovero.
“Mai dai Elena, cos’era
quello che ha appena fatto? “Jeremy deve
darmi una cosa?” ” disse imitando la voce di Stefan “ma dai quello lì non
aveva idea di quello di cui Stefan stesse parlando”.
“Voleva semplicemente
lasciarci un attimo da soli” gli dissi io.
Ero certa che il mio
ragazzo avesse ascoltato tutta la conversazione che io e Damon avevamo fatto al
Grill e potevo essere piuttosto certa che anche lui come me non voleva che
Damon se ne andasse. Io ero l’unica che poteva convincerlo, almeno così credeva
Stefan, visto che io non ne ero affatto convinta.
Ci aveva lasciati soli per
parlare, consapevole che poteva essere l’ultima volta. In fondo Stefan aveva
capito che Damon per me era molto importante, aveva capito che gli volevo un
gran bene e sapeva che quella partenza mi avrebbe fatto soffrire.
“L’ho capito questo, ma
sono convinto che poteva trovare un modo meno esplicito per farlo”.
Non dissi nulla e distolsi
lo sguardo.
Ci fu un attimo di
silenzio, poi mi decisi a scendere dalla macchina e non appena lo feci mi
ritrovai Damon a pochi centimetri da me.
Dannata velocità
vampiresca.
Fui costretta ad alzare di
nuovo lo sguardo e in quel momento incontrai i suoi occhi color del ghiaccio.
“Così questo è un addio,
vero?” domandai a lui.
“Io lo chiamerei un
arrivederci piuttosto”.
“Ah si? Perché hai
intenzione di tornare?” gli domandai ironica.
“Wow, siamo diventate
anche sarcastiche. Devo dire che ho fatto un ottimo lavoro con te”.
“Potresti essere serio per
una volta in vita tua?”
“Cos’è che vuoi sentirti
dire?” mi domandò tornando improvvisamente serio.
Non mi sarei mai abituata
a quegli sbalzi d’umore e, forse, ormai, non serviva più che lo facessi. Lui se
ne andava, per sempre.
“Che resterai, ad esempio”.
“Non voglio”.
“Uhm” dissi alzando un po’
il tono di voce “ti odio lo sai?”.
“Lo sospettavo” mi disse
sorridendo.
Rimasi in silenzio
guardandolo furente.
“Non è un addio” mi fece
notare dopo qualche secondo.
“Si che lo è, ed è uno
schifo perché dire addio significa andare via e andare via significa
dimenticare”.
“Elena…” provò a dire lui
prima che io lo interrompessi.
“Domani non venire a
salutarmi”.
“Scusa?” mi chiese
stranito dalla mia richiesta.
“Non ho mai amato gli
addii o gli arrivederci come l’hai appena definito tu, quindi evita il disturbo”.
Mi allontanai da lui, ma
sentii la sua voce e mi voltai a guardarlo.
“Non fare niente di
insensato e prenditi cura di Stefan, ma non dirgli che te l’ho chiesto. Sai
com’è, non voglio che si monti troppo la testa” concluse con il suo tono
canzonatore.
“Bene” dissi voltandomi di
nuovo e dirigendomi dentro casa.
Entrai e mi richiusi la
porta alle spalle. Una lacrima solitaria si impossessò dei miei occhi, ma la
scaccia prima che qualcuno potesse vedermi.
Stavo per salire sopra
quando sentii qualcosa dentro di me impedirmelo.
Senza nemmeno pensarci due
volte uscii di nuovo fuori e trovai Damon nella stessa posizione in cui lo
avevo lasciato.
Mi avvicinai e quando fui
ad un passo da lui lo guardai negli occhi.
“Ho bisogno di te”.
“Cosa?” mi chiese forse
non comprendendo bene il significato nelle mie parole.
“Prima, al Grill, mi hai
chiesto una buona ragione per non andartene. Beh, te ne ho appena data una, e
credimi non sono mai stata più sincera di così in vita mia”.
Mi avvicinai e gli diedi
un bacio sulla guancia, poi correndo entrai in casa lasciandolo lì impalato ad
attendere l’uscita di Stefan.
Non sapevo cosa avrebbe
deciso di fare, ma la speranza che avrebbe deciso di restare era forte dentro
di me.
Forse ero egoista, forse
avrei dovuto lasciarlo andare, ma non ci riuscivo. Non riuscivo più ad
immaginarmi una vita senza Damon, senza il suo sguardo, senza le sue battutine,
senza i suoi sorrisi.
Mi diressi velocemente in
camera mia chiudendomi la porta alle spalle, ma qualche secondo dopo sentii
qualcuno bussare e in pochi secondi mi ritrovai tra le braccia di Stefan.
Lo strinsi a me più forte
che potei e in quell’abbraccio sentii tutto l’amore di cui avevo bisogno in
quel momento.
Si staccò leggermente e mi
posò un delicato bacio sulla fronte.
“Mi dispiace amore” mi
disse solamente.
“Non riesco a capire
perché. Cavolo noi siamo la sua famiglia, Mystic Falls è diventata la sua casa.
Non può andarsene via, non ha senso”.
“Niente di quello che fa
Damon ha apparentemente senso”.
“È un’idiota”.
Lui mi guardò e mi
sorrise.
“Neanche io voglio che
vada via. Vorrei che restasse qui. L’ho finalmente ritrovato, perché so che
adesso quel fratello che avevo creduto di aver perso è riapparso dentro di lui,
anche se lui non lo ammetterà mai. Vorrei che fossimo finalmente la famiglia
che non siamo mai riusciti ad essere e so che tu lo vorresti qui, ma non
possiamo essere egoisti, non possiamo costringerlo a restare. Magari si renderà
conto da solo che sta sbagliando e fra qualche giorno, qualche settimana c’è lo
ritroveremo di nuovo tra i piedi”.
“Non ci credi neanche tu a
quello che stai dicendo. Sai benissimo che non tornerà”.
“Si, è vero, ma questo non
significa che non io non possa sperarci”.
Mi buttai di nuovo tra le
sue braccia e lo strinsi più forte che mai, forse sperando di trovare in
quell’abbraccio tutto quello che mi sarebbe mancato dopo la partenza di Damon,
ma quando mi staccai da lui mi ritrovai con le stesse identiche paure di prima.
Damon stava andando via
proprio nel momento in cui iniziavo a guardalo con occhi diversi, proprio nel
momento in cui stavo iniziando ad ammettere a me stessa che dentro di me quegli
occhi color del ghiaccio e quel sorriso straffottente non mi erano per niente
indifferenti.
“Vuoi che resti qui
stasera?” mi chiese Stefan.
“No, è meglio che torni a
casa. Hai ancora un’intera notte da trascorrere con lui. Mi sentirei un’egoista
a chiederti di restare e poi sto bene. Insomma me la caverò. Ci sei tu con me,
giusto?”.
“Sempre” mi disse
sorridendomi.
Si avvicinò e mi baciò a
fior di labbra e in quell’istante, per la prima volta da quando conoscevo
Stefan, da quando mi ero accorta di amarlo, sperai che ci fossero altre labbra
sulle mie, altre mani sulle mie guance, altri occhi a guardarmi.
Damon.
Iniziavo seriamente a
credere che quel ragazzo sarebbe diventato per me una dannazione eterna.
Un anno importante quello
che stavo per affrontare, il mio ultimo anno a scuola.
Ricordavo ancora il primo
giorno del mio primo anno.
Era stato papà ad
accompagnarmi a scuola quella mattina e con un sorriso a trentadue denti mi
aveva fatta scendere davanti al cortile della scuola dicendomi che stavo per
iniziare un nuovo percorso. Ed aveva terribilmente ragione. Finisce un
percorso, per far si che ne possa iniziare uno nuovo.
È sempre così nella vita,
finisce una cosa e ne inizia un’altra.
Sarà tutto piuttosto
uguale, questo credo di saperlo già, ma affronto il nuovo anno con una testa
decisamente diversa, una testa in cui dovrebbe esserci la calma, la felicità e,
invece, ci sono tanti dubbi, tante incertezze e tanta paura.
Succede sempre così,
forse, quando ci si ritrova a provare qualcosa per due persone tanto diverse
tra di loro.
Razionalmente so benissimo
come dovrei comportarmi, so che dovrei fare finta di nulla e continuare come se
nulla fosse, continuare a mostrarmi felice insieme ad un ragazzo che non so se
amo ancora, so che questa sarebbe la cosa giusta da fare, e io sono una persona
fondamentalmente razionale.
Finisco di sistemarmi per
andare a scuola, ma prima di uscire gli occhi si posano su una delle tante foto
che ho sulla scrivania, ma non una foto qualsiasi, una che ritrae me e Damon
che sorridiamo all’obiettivo.
Dalla foto si scorge la
figura di Stefan, ma il suo volto non viene ritratto e in questo momento dentro
di me mi sento un po’ come in questa foto.
Ci sono io e il pensiero
costante di Damon, mentre quello di Stefan sfiorisce pian piano, nonostante
cerchi di tenerlo legato a me.
La verità, invece, è che
l’unica cosa che sfiorisce è la presenza di Damon che a quest’ora sarà già
chissà dove e mentre scendo le scale per andare a scuola mi maledico per
avergli chiesto di non venirmi a salutare.
Sarebbe stato un modo per
cercare di convincerlo ancora, anche a costo di legarlo ad una sedia e non
farlo andare da nessuna parte, ma purtroppo, ormai, è tardi.
La vita è questa, gente
che va e gente che viene. Gente che ti stancherà, gente che nonostante tutto ti
mancherà, gente che ricorderai, che rimpiangerai, gente che occuperà una
piccola parte del tuo cuore sempre, gente che si prenderà il tuo cuore e che te
lo restituirà distrutto, ma gente che lascerà un segno comunque vada e questo
sarà Damon, una persona che in qualche modo non potrà essere dimenticata, non
da me.
“Hey Elena, non fai
colazione?” mi chiese Jenna notando che stavo uscendo di casa senza nemmeno
soffermarmi in cucina.
“Non ho molta fame.
Mangerò qualcosa più tardi”.
“Va tutto bene?”
“Benissimo”.
La vidi avvicinarsi e
aprii la porta per uscire prima che mi raggiungesse, ma mi fermò per un polso
costringendomi a guardarla.
“Tesoro, ma che succede?
Hai pianto?” mi domandò notando sicuramente il rossore degli occhi.
“Va tutto bene, Jenna,
davvero”.
“Hai litigato con Stefan?”
continuò a chiedermi lei.
“No, va tutto bene con
lui, anche troppo. Adesso vado altrimenti faccio tardi”.
Le sorrisi e uscii di
fretta salendo in macchina e raggiungendo la scuola il più in fretta che
potevo.
Dovevo trovare un modo per
distrarmi e, forse, una buona dose di lezioni avrebbe potuto giovare.
Purtroppo mi sbagliavo di
grosso visto che come primo giorno di scuola non facemmo nulla di che. C’era da
aspettarselo del resto, motivo per cui avevo trascorso tutta la mattinata a
pensare e ripensare a cosa diavolo mi stava succedendo.
Ero così sicura, così
convinta di amare Stefan che fino all’ultimo avevo evitato l’evidenza,
quell’evidenza che mi avrebbe portato ad ammettere che Damon non mi era
indifferente.
Ricordavo ancora le parole
che lui stesso aveva usato una sera in casa mia, quella stessa sera in cui poi
aveva “ucciso” Jeremy.
“Sei tu la bugiarda Elena. Tra noi due c’è qualcosa e
lo sai. E stai mentendo a me, stai mentendo a Stefan e soprattutto stai
mentendo a te stessa”.
Quelle parole adesso mi
risuonavano alla mente come schiaffi in pieno viso. Ero stata talmente stupida
da auto-convincermi che avessi ragione io, che fosse lui a vedere cose che non
c’erano. Avevo sempre evitato di pensare a tutto ciò, forse, perché avevo paura
che lui avesse ragione, ma adesso, adesso che tutto era finito, adesso che
tutto era tornato normale, adesso che il pericolo era passato, la mia mente si
era svuotata e non avevo potuto fare a meno di pensare a me, a Stefan e
stranamente anche a Damon.
“Hey Elena che ci fai
tutta sola? Dov’è Stefan?” mi domandò una voce scuotendomi dai miei pensieri,
una voce che conoscevo fin da quando ero una bambina.
“Ciao Bonnie, oggi non
verrà a scuola” la salutai per poi guardarla attentamente “sei raggiante”
costatai alla fine.
“In effetti”.
“Beh c’è da esserlo non
trovi. Finalmente oggi tutto è finito, si torna alla normalità, più o meno”.
“Oggi?” domandai non
capendo.
“Intendo dire che la
situazione si era già sistemata, ma c’era qualcosa che non rendeva il tutto
perfetto”.
“E cioè?”
“Damon”.
Non appena sentii
pronunciare il suo nome persi un battito. Possibile che mi facesse questo
effetto?
Diavolo lo avevo avuto
accanto per così tanto tempo e solo adesso mi rendevo conto degli effetti che
aveva su di me.
“Che vuoi dire?” le chiesi
sperando che non notasse il mio cambio di espressione.
“Come che voglio dire?
Finalmente si è tolto dai piedi per sempre”.
Sapevo quanto lei poco
digerisse Damon, ma non credevo fino a questo punto.
“Cioè tu lo sapevi?”
domandai alzando la voce.
Ero arrabbiata,
decisamente arrabbiata.
“Elena ti senti bene?”
“Da quanto lo sai?”
continuai.
“Un paio di giorni. Me
l’ha detto Jeremy a cui l’ha detto Damon”.
“E quando avevi intenzione
di dirmelo?” le urlai mente notai che un paio di ragazzi si erano voltati a
guardarci incuriositi dalla discussione.
“Non credevo che fosse
importante. Non capisco perché te la stai prendendo così. È un’ottima notizia
questa”.
“Per te, forse, non certo
per me”.
“Hey che succede qui?”
disse Caroline raggiungendoci.
Con il suo udito
vampiresco di sicuro doveva aver sentito le urla da dentro.
“Tu lo sapevi?”
“Sapevo cosa?”
“Non fare finta di non aver
capito”.
“Si lo sapevo” mi rispose.
“Quindi ero io l’unica
stupida ad essere all’oscuro di tutto? Bene, grandi amiche che mi ritrovo” gli
urlai.
Mi voltai e mi allontanai
di fretta. La mia direzione era la macchina. Non volevo stare in quel cortile
un minuto di più.
Quel primo giorno di
scuola era stata disastroso.
Se il buongiorno si vede
dal mattino si prospettava un anno da incubo.
“Elena, aspetta” mi urlò
Caroline raggiungendomi e prendendomi per un polso seguita da Bonnie.
“Devo andare”.
Strattonai il braccio per
liberarmi dalla sua presa e devo dire che lei mi permise di farlo, altrimenti
sarebbe stato impossibile.
“Si può sapere che ti
prende?”
“Cosa prende a voi
piuttosto. Ci siamo sempre dette tutto, mi sarei aspettata che mi avreste detto
della sua partenza non appena ne eravate venute a conoscenza”.
Non riuscivo neppure a
chiamarlo per nome, faceva troppo male.
“Non credevamo fosse così
importante per te saperlo in anticipo” mi disse Bonnie.
“Proprio non lo capisci,
vero?”
“Cosa?”
“Per te lui sarà pure un
nemico da combattere, sarà pure un’egoista, un prepotente e uno strafottente,
non mi importa. Io so chi è davvero e tu non gli hai mai dato la possibilità di
farsi conoscere. Sei sempre stata prevenuta. Non sei nessuno per decidere chi è
malvagio e chi non lo è. Damon è mio amico, gli voglio bene e ti assicuro che
se dipendesse da me non gli avrei mai permesso di andarsene. Adesso se non vi
dispiace devo andare”.
Mi infilai in macchina e
subito sfrecciai via.
Non volevo sentire niente
e nessuno. Avevo esagerato lo sapevo, ma stranamente quelle cose le pensavo
davvero.
Damon aveva fatto tante
cose brutte, troppe forse, ma a tutti era concesso di sbagliare. Tutti
guardavano sempre ciò che di brutto aveva fatto, ma le cose belle? Perché
quelle non le guardava nessuno? Perché nessuno si complimentava con lui per tutte
le volte che mi aveva salvato la vita? Per tutte le volte che aveva salvato la vita
a tutti? Per tutte le volte che era pronto a proteggermi anche a costo di rischiare
di morire? Nessuno, non lo faceva nessuno.
Era come se fosse dovuto
il suo aiuto, ma non lo era. Avrebbe potuto andarsene via quando aveva sentito
puzza di pericolo invece era rimasto e aveva lottato insieme agli altri, come
gli altri, anzi forse anche di più.
Senza nemmeno rendermene
conto mi ritrovai a casa Salvatore.
Non sapevo perché ero
giunta lì, forse per via dell’abitudine.
Spensi il motore e mi
diressi verso l’ingresso di casa.
“Stefan è andato a cercare
Bambi, sai com’è, aveva un certo languorino”.
Mi voltai di scatto e ciò
che vidi mi fece scappare un sorriso.
Damon era seduto sull’erba
in giardino con la schiena appoggiata ad una vecchia poltrona mentre leggeva un
libro con una mano e con l’altra beveva uno dei suoi soliti drink.
Aveva parlato senza
neppure alzare lo sguardo per guardarmi, ma aveva assunto la sua tipica
espressione beffarda.
“Che ci fai tu qui?”
Cercai di mostrare un tono
di voce forte, non volevo che pensasse che stavo uscendo pazza sapendo che
poche ore fa il signorino aveva preso il largo.
“Sai com’è? Io ci vivo
qui”.
“Sai benissimo a cosa mi
riferisco? Non dovevi essere in partenza questa mattina?”
“Dovevo” rispose
superficiale.
Non aveva ancora alzato
gli occhi per guardarmi nemmeno una volta. Tipico di lui.
“Sto aspettando”
continuai.
Finalmente alzò lo sguardo
e puntò i suoi occhi nei miei. Mi guardò con uno sguardo indagatore, come se
non riuscisse a capire a cosa mi stessi riferendo.
“Scusa?” mi chiese poi.
“Aspetto una spiegazione”.
“Cosa vuoi che ti dica?
Che resto qui? Che non ho intenzione di partire? Resto qui, non ho intenzione
di partire”.
Lo disse guardandomi negli
occhi, anche se la sua espressione lasciava intendere una superficialità che
sinceramente non sentivo più gli appartenesse.
Non seppi spigarmi il
perché, seppi solo che ad una velocità che nemmeno ero certa di possedere mi
avvicinai a lui e mi buttai letteralmente tra le sue braccia.
Per la prima volta lo
lasciai stupefatto. Non si aspettava questa reazione, lo sapevo e certo non me
l’aspettavo nemmeno io, ma era successo.
Lo abbracciai più forte
che potei e dopo qualche secondo sentii che anche lui stava ricambiando
l’abbraccio.
“Perché?” domandai quando
ci staccammo a malapena.
“Perché cosa?”
“Perché hai cambiato
idea?”.
“Qualcuno avevo bisogno di
me qui, non potevo andarmene” mi rispose sorridendomi beffardo.
Sapevo si stesse riferendo
a me. Lo abbracciai di nuovo dopo avergli regalato un sorriso a 250 watt.
“Ringrazia quel qualcuno
quando lo vedi” dissi poi mentre mi tenevo stretta a lui.
Lo sentii sorridere, ma
non potevo esserne certa in quanto non lo vedevo in volto.
Lasciai perdere questo
dettaglio e mi beai di quel contatto con lui. Fu una frazione di secondo, ma la
sentii.
Quella sensazione di
assoluta pace interiore, quella sensazione che si prova solo quando ci si sente
al sicuro, protetti da tutto e tutti, quando si ci sente amati, ma soprattutto
quando ci si sente a casa.
Era strano da dirsi, ma Damon
era riuscito a farsi spazio dentro di me.
Ci avevo messo tanto a
capirlo, ma finalmente c’ero riuscita. Damon era diventato la mia isola
personale, la mia isola felice.
Era passato più di un mese
da quando la scuola era iniziata, un mese da quando Damon aveva deciso di
restare a Mystic Falls.
Dentro di me sapevo che il merito era mio, ma speravo che in qualche modo fosse
rimasto anche per Stefan, perché quest’ultimo, anche se forse non glielo
avrebbe mai detto, aveva dannatamente bisogno di quel cocciuto e testardo di
Damon. Erano fratelli e vuoi o non vuoi il legame di sangue prima o poi si fa
sentire.
Quanto a me, alla mia vita
tutto era tornato normale, quella normalità che avevo prima dell’arrivo di
Stefan e Damon. L’unica cosa che di normale non aveva nulla era quella
confusione che ancora albergava dentro di me.
Amavo Stefan, ma avevo
dannatamente bisogno di Damon. Non sapevo spiegarmi bene se per il maggiore dei
fratelli Salvatore provassi amore o cosa, sapevo solo che la mia vita senza di
lui non sarebbe mai potuta essere la stessa.
Purtroppo non tutti erano
contenti di questo, e quando dicevo non tutti mi riferivo ovviamente a Bonnie
che non perdeva occasione per ricordarmi di quanto io fossi stupida a fidarmi
di uno come Damon. “Prima o poi scoprirai
davvero che razza di persona è. Credi che sia cambiato, ma è lo spocchioso
vampiro di sempre”. Parole queste che mi ripeteva ogni santo giorno.
“Hey amore a che pensi?”
mi domandò Stefan mentre eravamo nel salone di casa sua.
Lui era sdraiato sul divano
mentre io avevo la testa appoggiata sul suo petto mentre cercavamo entrambi di
studiare. O meglio io lo facevo, lui si divertiva ad ascoltarmi considerato che
la storia la conosceva meglio ancora del professore visto che l’aveva vissuta
in prima persona.
“Niente. Solo al fatto che
mi sono scocciata” mentii anche se non del tutto.
“E sentiamo che vorresti
fare?”.
“Lasciar perdere”.
“Abbiamo quasi finito”.
“Uffi” mi lamentai
guardandolo e sorridendo “che senso ha studiare storia per una verifica quando
il tuo fidanzato può benissimo farti copiare?”.
Assunsi un’espressione
tenerissima e gli feci anche il labbro tremulo. Ero sicura che avrebbe
funzionato.
“Stai giocando sporco” si
lamentò lui.
“Non ho mai detto di non
volerlo fare”.
“Sbaglio o la signorina
qui presente inizia a fare troppa comunella con mio fratello?”
Lo disse sorridendo e io
sapevo quanto non ci fossero doppi fini in quella frase, voleva solo dire che
un’uscita come quella che avevo avuto era tipica di Damon, ma nonostante lo
sapessi sentii un battito in meno al cuore.
Perché dovevamo finire per
parlare di Damon? Faticavo già di mio a non pensarci e in quei brevi attimi in
cui ci riuscivo qualcosa sempre me lo riportava alla mente.
Cercai di non far notare
il mio cambio d’umore e sorrisi.
“Spiritoso” gli dissi
sorridendogli e colpendolo sul braccio.
Lui ricambiò il mio
sorriso poi si avvicinò e mi baciò a fior di labbra e come sempre da qualche
tempo non sentii nulla. Il vuoto incessante di emozioni.
Che non lo amassi più? No,
impossibile. Stefan era il mio grande amore, quello che avevo aspettato tutta
la vita.
E allora cos’era Damon?
Beh lui era il bello e tenebroso e come tutti quelli belli e tenebrosi era
capace di attrarti a sé come una calamita, ma quell’attrazione non poteva
durare troppo.
La verità era che con ogni
probabilità mi stavo prendendo in giro. C’era solo un sostantivo ciascuno che
potesse andare bene per loro. Stefan era la certezza, Damon l’ignoto.
Quando ci staccammo dal
bacio vidi la sua espressione in volto cambiare, mettendo su un’espressione che
conoscevo bene: Stefan aveva fame e la mia presenza, la mia vicinanza non
faceva altro che solleticargli la gola facendolo impazzire.
“Da quando non mangi?”
“Da ieri sera, ma non
importa. Sto benissimo”.
“Non mentire. Ti conosco bene”.
“Beh forse un leggero…”
provò a dire.
“Stai morendo di sete, vai
a caccia”.
Lo baciai e poi mi alzai.
“Hey” mi disse fermandomi
per il braccio “è tutto ok, davvero”.
“Lo so Stefan, ma non
voglio che starmi accanto diventi una sofferenza per te. Vai a caccia, tanto io
comunque devo andarmene. Ho appuntamento con Caroline al Grill e sai cosa
succede quando si ritrova ad aspettare”.
Nel frattempo anche lui si
era alzato e così mettendomi in punta di piedi gli diedi un altro bacio, ma
questa volta lui volle approfondirlo e nonostante io non mi opposi continuai a
non provare nulla.
Sembrava come se tutto ciò
che di bello provavo quando le mie labbra incontravano le sue fosse sparito
insieme alle minacce sulla mia vita.
“Starti accanto non sarà
mai una sofferenza” mi disse quando ci staccammo.
Io gli sorrisi e lui posò
la sua mano sul mio viso accarezzandolo. Quante volte nei momenti più difficili
avevo desiderato quella mano delicata sul mio viso, tante, troppe forse e
adesso che quella mano mi accarezzava con tutto l’amore possibile ero quasi
impassibile, quasi sofferente.
“È meglio che vada”.
“Salutami Caroline e mi
raccomando sta attenta”.
“Hey potresti smettere di
fare il fidanzato protettivo almeno per un po’? Che pericoli vuoi che corra? E
poi sono in compagnia di una vampira, non dimenticartelo”.
“Lo so, ma la prudenza non
è mai troppa”.
“Ok, hai vinto. Per
qualunque cosa ti chiamo”.
Mi avvicinai e lo baciai a
fior di labbra, poi presi la borsa e mi diressi verso l’uscita di casa
Salvatore.
“Hey passo da te stasera,
ok?” mi disse sorridendo.
“No” pronunciai quella
parola con troppa enfasi e vidi lui irrigidirsi “Cioè, mi piacerebbe lo sai, ma
è meglio di no per stasera. Ho promesso a Jenna una serata di tv e popcorn”
mentii spudoratamente.
Non sapevo perché lo
avessi fatto, sapevo solo che una parte di me non lo voleva in quel momento,
voleva solo un po’ di solitudine per riflettere su cosa diavolo mi stava
succedendo.
“Ok. Ci vediamo domani a
scuola, allora”.
Gli sorrisi e uscii di
casa.
“Ti amo” sentii dire da
lui prima di chiudere la porta, ma feci finta di non sentire.
Salii in macchina e mi
diressi al Grill.
Arrivai in poco tempo e
dopo aver posteggiato entrai dentro, ma mi accorsi subito che Caroline non era
ancora arrivata. Stavo per andare a prendere posto in un tavolo quando da
lontano vidi l’ultima cosa che volevo vedere.
Damon e Bonnie erano poco
distanti da me e dalle espressioni che avevano entrambi potevo facilmente
dedurre che stessero litigando. Che novità.
Mi avvicinai di qualche
passo e potei sentire la voce tagliente di Bonnie.
“Io riesco a vedere quanto
male c’è in te. Non ti voglio qui”.
“E perché credi che questo
possa interessarmi?”
“Esci dalle nostre vite.
Tu non sei come noi, non sei nostro amico e mai lo sarai”.
“Sei solo un’inutile
strega. Di basso rango oltretutto”.
“Damon…” provò a dire lei,
ma lui la interruppe.
“Damon, Damon, Damon" le fece il verso lui "certo che parli proprio tanto. Te lo dirò una sola volta e spero che la cosa
possa entrarti finalmente in testa. Io non andrò da nessuna parte e sicuramente
non lo farò perché sei tu a dirmelo. I tuoi giochetti da streghetta da quattro
soldi non mi fa più nemmeno il solletico, quindi, invece, di stare qui a
perdere tempo, ti conviene andare a casa. Magari trovi un modo per liberarti di
me”.
Aveva assunto un tono
strafottente, un tono che conoscevo bene, eppure in quel momento non riuscivo
ad avercela con lui.
Bonnie stava esagerando.
“Le farai del male” disse
poi all’improvviso lei.
“Scusa?”
“Hai capito benissimo.
Restando qui le farai del male, la tua presenza la destabilizza. Possibile che
tu non riesca proprio a capirlo?”
Ero sicura che stesse
parlando di me, anche se non lo aveva detto chiaramente.
“Sei tu quella che non
capisce. Adesso se non ti dispiace, ho il mio drink da finire”.
Damon si allontanò senza
voltarsi motivo per cui non si accorse della mia presenza, ma io lo conoscevo e
sapevo che in qualche modo le ultime parole di Bonnie lo avevano in qualche
modo colpito.
Vidi lei scuotere la
testa, poi si girò e finalmente mi vide.
“Che ci fai tu qui?” mi
domandò.
“Potrei chiederti la
stessa cosa. Ah no, non serve. So già cosa sei venuta a fare” dissi sarcastica
“Ti è così difficile sotterrare l’ascia di guerra?”
“Da come lo difendi sembra
quasi che…” mi rispose, ma subito si zittì.
“Sembra quasi cosa? È mio
amico, gli voglio bene. Non dovrebbe essere così difficile da capire”.
Aspettavo una sua
risposta, ma questa non arrivò perché ci raggiunse Jeremy che era andato a
pagare il conto e in pochi secondi si dileguarono.
Forse era stato meglio così.
Non avevo intenzione di litigare con lei, anche se ultimamente succedeva un po’
troppo spesso e il motivo era sempre lo stesso.
Stavo per avvicinarmi a
Damon, quando vidi una ragazza sedersi proprio accanto a lui al bancone.
Si avvicinò al suo
orecchio e gli sussurrò qualcosa. Lui sorrise beffardo e chiese al barista un
drink anche per la bionda.
Sarei volentieri andata lì
a spaccare la faccia di quell’oca giuliva, ma fortunatamente arrivò Caroline in
mio soccorso e ci sedemmo al bar ordinando un panino e una coca cola.
Iniziammo a parlare del
più e del meno e la mia bionda amica iniziò a elencarmi una serie di problemi
che affliggevano lei e Matt.
A quanto pareva non erano
poi così compatibili come avevano sempre creduto.
Si erano presi una pausa,
entrambi avevano bisogno di riflettere e capire i loro reali sentimenti.
“L’ho amato davvero tanto,
ma ultimamente, non so spiegarti, è diverso. Stefan dice che quando proviamo
qualcosa, quando amiamo lo facciamo con tutte le nostre forze, che non esiste
nessuno al di fuori della persona amata, dice che è tutto più amplificato,
molto di più”.
“E invece?” le domandai
mentre con lo sguardo non avevo smesso un attimo di guardare in direzione di
Damon e della bionda. Stavano flirtando da fare schifo.
“Invece se ci penso bene
da quando sono diventata vampira l’amore per lui è diminuito o meglio si è
trasformato in un affetto fraterno. Se lo amassi come credevo sarebbe tutto
tremendamente più semplice, soprattutto adesso che lui sa”.
Continuai ad ascoltarla
non distogliendo lo sguardo dal maggiore dei fratelli Salvatore e alla fine mi
sembrò di capire che la conversazione con me, le mie risposte monosillabiche le
avevano schiarito le idee. Una pausa di riflessione era quello che serviva ad
entrambi.
Amici o amanti, era questo
che potevano essere e dovevano prendere la decisione giusta.
“Elena, mi spieghi cosa
diavolo guardi da un’ora?” mi domandò alla fine esasperata.
Si voltò all’istante e i
suoi occhi catturarono subito la scena che non avevo smesso di guardare nemmeno
per un attimo.
“Niente”.
“Niente?” ripeté alzando
un sopracciglio “mi spieghi cosa ti succede ultimamente?”
“Cosa dovrebbe
succedermi?”
“Dovresti essere felice.
Sei finalmente libera, non corri pericoli e hai accanto l’uomo che dici di
amare, invece, sei quasi bloccata. Dai l’impressione di essere in un limbo nel
quale al minimo passo falso rischi di cadere”.
“Te l’ho già detto che
passi troppo tempo con Stefan? Hai iniziato a fare discorsi contorti anche tu”.
Ci guardammo e scoppiammo
a ridere, ma la mia risata si spense quasi subito, non appena vidi la bionda
avvicinarsi a Damon per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Caroline si voltò e
non appena vide la scena tornò a guardarmi e scosse la testa.
“Non riesco a crederci”
furono le sue uniche parole.
Nel frattempo la bionda si
staccò da lui e insieme brindarono a qualcosa.
Dio che rabbia.
“A cosa?”
“Sei gelosa di Damon”.
Scoppiai a ridere di
gusto, una risata che sembrò riecheggiare alle mie orecchie come qualcosa di
assolutamente isterico.
Io non potevo essere
gelosa di Damon.
“Non essere ridicola”.
“Ma certo, adesso tutto mi
torna”.
Assunse l’espressione di
una di quelle che sta elaborando qualcosa e alla fine sbottò.
“Dovevo capirlo dalla
scenata che hai fatto a me e Bonnie lo scorso mese, quando Damon aveva detto di
voler partire. Eri troppo disperata per essere un ragazza che deve allontanarsi
da un amico. Poi tutte le stranezze degli ultimi tempi. I tuoi silenzi, il tuo
stare sopra le nuvole, il non voler fare uscite a coppia. Ti sei innamorata di
Damon” concluse alla fine quasi che anche lei stentasse a crederci.
“Caroline ma ti ha dato ti
volta il cervello? Dio santo parla piano. Con l’udito che avete rischi di farti
sentire”.
“Tranquilla. È troppo
occupato a flirtare con la gallina per prendersi la briga di ascoltarci”.
“Parla piano lo stesso”.
“Sto aspettando che mi
confermi la cosa”.
“Non c’è nulla da
confermare. Gli voglio bene e non volevo che andasse via. Tutto qui. E il mio
comportamento negli ultimi giorno è semplicemente dovuto al fatto che mi devo
ancora abituare alla normalità. Fino a un mese fa dovevo aver paura anche ad
aprire la finestra. Tutta questa libertà…non ero ancora preparata
probabilmente”.
“Elena ti conosco da
quando frequentavamo le elementari. Non puoi mentirmi. Non lo dirò a nessuno,
lo sai”.
Non dissi nulla, mi
limitai a fissare quel cretino insieme alla sua nuova conquista e il sangue mi
arrivò al cervello.
“Senti, non lo so che mi
succede. Da quando tutto l’incubo è finito sono stata costretta a pensare, a
fare un resoconto di tutto ciò che è successo e sono arrivati ad una conclusione,
o meglio ad un bivio”.
Mi fermai un attimo.
“Quindi?” mi esortò a
continuare.
“Ho il cuore diviso. Da
una parte c’è la ragione, dall’altra l’istinto, da una parte il ghiaccio,
dall’altra il fuoco, da una parte la certezza, dall’altra ignoto. Non riesco a
capire cosa mi sta succedendo, ma so che provo qualcosa per lui e adesso non
riesco a capire quale sentimento sia più forte, se quello verso Stefan o quello
verso quell’idiota” conclusi guardandolo.
“Non vorrei dirlo, ma sei
in un bel guaio”.
“Grazie per
l’incoraggiamento”.
“Che c’entra stupida.
Voglio dire da una parte c’è Stefan, il calmo, tranquillo, pacato e sempre
impensierito Stefan, dall’altro c’è Damon, lo strafottente, passionale, prepotente
e dannatamente sexy Damon. Due opposti tra loro, ma cavolo scegliere risulta
davvero difficile. Mi chiedo solo come siamo arrivati a questo punto. Insomma
all’inizio lo detestavi Damon”.
“Senti Caroline non lo so
com’è successo, ma adesso è così. Mi sembra di impazzire”.
“Ascoltami, io non sono la
persona giusta che al momento può darti un consiglio, ma posso dirti come la
penso. Se scegliessi Stefan puoi stare tranquilla che lui ti amerà per sempre,
insomma il suo amore è…boh non so nemmeno spiegarlo, ma è reale e forte. Se
scegliessi Damon entreresti nell’ignoto. Sappiamo entrambi com’è fatto, ma se
c’è qualcosa che ho capito da quando lo conosco è che sei l’unica cosa
importante che ha, l’unica per cui è disposto a rischiare la propria vita. Lo
so che suona strano, ma su di loro, su quello che provano per te io non ho
dubbi. Quanto a te, beh sei tu quella che deve capire davvero quello che vuoi.
Sappi che se scegliessi Damon sai cosa perdi, ma non sai ciò che prendi,
potrebbe benissimo essere un’infatuazione passeggera la tua. Infondo sarebbe
comprensibile visto che razza di schianto è Damon, ma ricordati che qualunque
cosa sceglierai alla fine dovrai in qualche modo rinunciare a qualcos’altro.
Non potrai averli tutti e due per sempre. Quello che rifiuterai prima o poi si
stancherà di girarti attorno, soffrirà a farlo e andrà via ed è bene che tu
scelga quello di cui puoi fare a meno”.
Ascoltai le sue parole con
assoluta attenzione. Caroline sembrava una ragazza così superficiale alle
volte, ma non lo era, io avevo sempre saputo che non lo era e da quando si era
trasformata aveva dato davvero esempio di che splendida persona fosse.
Mi aveva appena dimostrato
di non avere pregiudizi su Damon, a differenza di Bonnie.
Per lei dovevo scegliere
quello che mi diceva il cuore, indipendentemente se la scelta fosse ricaduta
sul buono o sul cattivo tra i due.
“Non dire nulla a Bonnie.
Impazzirebbe se lo sapesse”.
La verità era che non
sapevo cosa dirle e l’unica cosa che mi passò per la testa fu quella.
“Elena non lo dirò a
nessuno. Lo sai che so tenere la bocca chiusa”.
“Grazie”.
“Di cosa?”
“Di tutto, di esserci”.
“Grazie a te”.
Restammo a parlare ancora
per un po’ fino a quando vidi Damon alzarsi dal bancone per dirigersi verso
l’uscita e fu in quel momento che i suoi occhi incontrarono i miei. Un sorriso
sardonico dipinse il suo volto e subito si avvicinò al nostro tavolo.
“Hey” disse solamente.
“Hey” ripetei io
canzonatoria mentre Caroline se la rideva sotto i baffi.
“Non mi ero accorto che
foste qui”.
“Si vede che eri troppo
impegnato a civettare con la bionda”.
“Tagliente come la lama di
un coltello, non trovi Barbie?” domandò a Caroline che sorrise, ormai abituata
ad essere definita da lui la “Barbie vampira” “cos’è il mio fratellino ti ha
fatto arrabbiare?” continuò poi rivolgendosi a me.
“Damon non è serata, vedi
di sparire”.
“Come vuoi scricciolo” mi
rispose solamente prima di lanciarmi un sorriso beffardo e uscire seguito
subito dopo dalla ragazza di prima.
“Lo odio, Dio quanto lo
odio”.
“Lo odi? Beh questa mi
sembra più l’inizio di una storia d’amore piuttosto che la fine”.
“Non scherzare. Io lo odio
sul serio”.
“Si infatti, inizio a
capirlo” mi prese in giro lei.
“Hey” la rimproverai
dandogli una gomitata.
Scherzammo per un altro
po’, poi entrambe decidemmo di andare a casa. Era già tardi e io stranamente
ero particolarmente stanca quel giorno.
Salii in macchina e in
poco tempo arrivai a casa.
Entrai dentro e vidi che
sul tavolo della cucina c’era un bigliettino che faceva bella mostra di sé:
Sono
uscita con Rick. Rientro tardi. Un bacio…Jenna.
Sorrisi pensando a quanto
bene Rick avesse fatto alla zia. Dopo tutte le delusioni d’amore che aveva
avuto in passato si meritava davvero un po’ di sana e genuina felicità.
Con ogni probabilità
Jeremy non era ancora rientrato e se lo era di sicuro di era chiuso in camera
con Bonnie. Decisi che non era il caso di controllare così una volta al pieno
di sopra entrai direttamente nella mia camera. Non accesi neppure la luce visto
che la camera era illuminata dalla luce proveniente da fuori. La luna e le
stelle emanavano una luce talmente brillante da essere in grado di entrare
nella mia stanza visto che avevo lasciato la finestra aperta.
Appoggiai la borsa alla
sedia della scrivania e mi avvicinai alla finestra ponendo il mio sguardo verso
il cielo.
La mia attenzione venne
colpita da un grosso puntino che sembrava brillare di luce propria, un puntino
che ben presto si spostò. Era una stella cadente. Mamma mi diceva sempre che
quando si vedeva una stella cadente bisognava esprimere un desiderio e questo
si sarebbe poi realizzato.
Avrei potuto e voluto
chiedere tante cose, ma stranamente solo un’immagine comparve nella mia mente,
un’immagine che ritraeva me felice tra le braccia di un ragazzo.
Eccolo il mio desiderio:
poter chiarire i miei sentimenti ed essere finalmente felice con la persona che
amavo davvero, indipendentemente se questa persona fosse stata Stefan o Damon.
Felice, chiedevo solo di
essere felice.
“Credi davvero che verrà
esaudito?”
Indietreggiai per la paura.
Pensavo di essere da sola, invece a quanto pare non lo ero e sinceramente dalla
voce che avevo sentito mi resi conto che ero in compagnia dell’ultima persona
che avrei voluto vedere.
Accesi subito la luce
nell’interruttore accanto a me e finalmente lo vidi: era sdraiato sul mio letto
con i piedi incrociati mentre con le mani giocherellava con il mio peluche
preferito che aveva posizionato all’altezza della sua pancia.
“Sei scemo? Mi hai messo
paura. Che diavolo ci fai qui?”
“Non si risponde ad una
domanda con un’altra domanda”.
“Di cosa stai parlando?”
“Ti ho chiesto se credi
che verrà esaudito, il desiderio intendo”.
“Come fai a sapere che ho
espresso un desiderio?”
“Non è quello che fate
tutte le donne quando vedete una stella cadente?”
“A dire il vero lo fanno
tutti, non solo le donne”.
“Non io”.
“Ah no? E perché mai?”.
“Perché se esprimi un
desiderio guardando una stella cadente significa che stai guardando il cielo e
se stai guardando il cielo significa che credi ancora in qualcosa. Io non credo
in nulla”.
Quando se ne usciva con
quelle frasi mi veniva voglia di prenderlo a sberle. Possibile che fosse
talmente cinico? Io non avrei mai creduto alle sue parole. Io sapevo che c’era
qualcosa in cui credeva, indipendentemente da cosa fosse questa cosa, io sapevo
che era così, altrimenti non si sarebbe comportato come aveva fatto in tutto
quel tempo, altrimenti sarebbe rimasto lo stronzo che era sempre stato.
Preferii non aggiungere
nulla. Contraddirlo non avrebbe portato a nulla. Damon era il classico tipo che
restava fedele alle sue opinioni.
“Nessuno ti ha mai
insegnato che non bisogna entrare nella camera di una ragazza quando lei non
c’è?”
Azzardai cambiando
discorso.
“Spiacente, non lo
sapevo”.
“Che sei venuto a fare?”
“Sai com’è? Mi mancava
troppo il tuo orsacchiotto” mi prese in giro.
“A quanto vedo ti sei
stancato presto della bionda”.
Lui alzò lo sguardo
puntando per la prima volta i suoi occhi color del ghiaccio nei miei color
nocciola.
“Se non ti conoscessi
direi che sei gelosa”.
Scoppiai a ridere, una
risata che risultò isterica perfino per le mie orecchie.
“Il solito idiota” gli
risposi “vado a mettermi il pigiama, quando torno voglio trovare il letto
libero” conclusi.
Non sapevo il perché
avessi reagito così o, forse, lo sapevo benissimo.
Aveva colto nel segno. Ero
gelosa ed era la prima volta per me. Io non ero mai stata una ragazza gelosa,
mai. Non era successo con Matt, né era successo adesso con Stefan. Con Damon,
beh, con lui era tutto diverso. Io stessa faticavo a riconoscermi nei
sentimenti e nelle emozioni che provavo quando c’è l’avevo vicino.
Mi diressi in bagno senza
nemmeno guardarlo e mi infilai il pigiama. Dieci minuti dopo tornai in camera e
lui si era alzato dal letto e sempre con il mio peluche in mano si era seduto
al bordo della finestra.
“Cosa non ti è stato
chiaro della frase: quando torno voglio trovare il letto libero?”
“Tutto era chiaro. Il tuo
letto è libero, infatti”.
“Se non lo avessi capito
il mio era un modo gentile per dirti di sparire da qui”.
“I modi gentili non sono mai
stati il mio forte”.
“Damon è tardi, sono
stanca e domani ho scuola. Gradirei dormire”.
“Nessuno ti impedisce di
farlo. Ti ho liberato il letto”.
“Cioè fammi capire. Io
dovrei dormire con te che mi guardi? Credo che l’alcool stasera ti abbia dato
alla testa”.
“Non era una così cattiva
idea, ma visto che mi stai cacciando vedrò di togliermi dai piedi”.
Si alzò e si avvicinò a me
che mi ero seduta sul letto. Appoggiò il peluche ai piedi del letto poi si
avvicinò a me pericolosamente, troppo pericolosamente.
Era talmente tanto vicino
che potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle e in poco tempo sentii le sua
labbra lasciarmi un delicato bacio sulla fronte.
Fu in quel preciso istante
che desiderai con tutta me stessa che quelle labbra non si staccassero dalla
mia pelle. La sensazione di averle su di me era una scarica di elettricità che
non avevo mai provato prima e improvvisamente il mio stomaco sembrò riempirsi
come per magia.
Farfalle, ecco cos’erano.
Mamma mi diceva sempre che
era dalle farfalle nello stomaco che si capiva quando veramente qualcuno era
innamorato.
Possibile che io lo fossi
di Damon? Dello stesso Damon che fino a qualche tempo prima detestavo?
Dio che confusione che
avevo.
“Buonanotte Elena” mi
disse quando poi si staccò.
Stava per allontanarsi da
me e raggiungere la finestra, ma lo fermai per un polso.
“Resta qui stanotte”.
Non sapevo nemmeno io
perché gli avessi detto quelle parole.
Era sbagliato,
dannatamente sbagliato, ma non riuscivo a pentirmene.
Vidi lui guardarmi
stranito, poi, invece, sorrise forse vedendo l’espressione decisa sul mio
volto.
“Hey, vacci piano con le
proposte indecenti. Potrei non rispondere delle mie azioni”.
Era sempre il solito. Non
sarebbe mai cambiato.
“Idiota”.
“Ultimamente lo dici
troppo spesso”.
“Chiudi quella bocca e non
farmi pentire di quello che ho detto”.
Lui mi sorrise e per la
prima volta vidi un barlume di speranza dentro di lui. Non sapevo dare un’altra
parola a quello che avevo scorto in quegli occhi così dannatamente magnetici.
Mi infilai sotto le
coperte, mentre lui si sdraiò sul letto restando però fuori dalle lenzuola.
Appoggiò la testa alla
testata del letto e io mi avvicinai a lui e appoggiai la mia testa sul suo
petto.
“Buonanotte scemo” gli
dissi sorridendo, mentre sentii che anche lui l'aveva fatto.
Con ogni probabilità il
giorno dopo mi sarei pentita di quello che avevo appena fatto, ma al momento
quella mi sembrava la cosa più giusta che avessi fatto nelle ultime settimane.
Chiusi gli occhi e prima
che le braccia di Morfeo venissero a rapirmi sentii le labbra morbide di Damon
baciarmi la nuca.
Quando poi si staccò mi
parve di sentirgli dire “Dolce notte principessa”, ma non potevo esserne
sicura, ormai stavo entrando nel mondo dei sogni.
Robsten23
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Volevo inoltre avvisarvi che per tutti
coloro che inseriranno una recensione invierò un piccolo spoiler del capitolo
successivo. Non lo inserisco qui perché possibilmente non tutti vogliono
leggerlo. Un bacione e grazie ancora.
Dalla sera in cui avevo
chiesto a Damon di restare con me era trascorsa una settimana e mezzo e le cose
erano sempre ad un punto morto.
Io non riuscivo a
scegliere, non riuscivo a capire cosa volessi davvero o forse semplicemente
quello che volevo mi faceva paura perché non mi dava certezze e io in quel
momento della mia vita e soprattutto dopo tutto quello che avevo passato aveva
un disperato bisogno di certezze.
La mattina dopo al mio
risveglio Damon non c’era, ma il suo profumo era ancora lì segno che era
rimasto davvero tutta la notte in camera mia. Non riuscivo a spiegarmi il
motivo per cui se ne fosse andato, motivo per cui quando quel pomeriggio andai
a casa Salvatore glielo domandai.
Inizio Flashback
Una settima e mezzo prima
All’uscita di scuola mi diressi a casa Salvatore
insieme a Stefan. Per fortuna lui aveva creduto alla balla che gli avevo detto
il giorno prima in merito alla serata con Jenna e non aveva fatto domande, se
non per chiedermi se mi ero divertita.
Era in momenti come quelli che mi sentivo davvero
uno schifo per come mi stavo comportando. Stefan non meritava quelle bugie, non
le meritava affatto.
Raggiunta la nostra meta scendemmo con la macchina
e ci dirigemmo dentro casa. Arrivati in salone trovammo Damon che ci dava le
spalle mentre beveva la sua dose quotidiana di whiskey. Prima o poi avrei dovuto
chiedergli se quel suo vizio fosse iniziato da dopo la trasformazione o se era
una spugna ancora prima di diventare ciò che era.
“I piccioncini hanno fatto ritorno alla reggia”
disse lui senza nemmeno voltarsi.
Si era accorto di noi grazie al suo super udito.
Non gli sfuggiva mai nulla.
“Non credi di esagerare con quella roba?” domandai
io.
“Cosa, questo?” alzò il bicchiere “ne gradisci uno
pure tu?”
“Damon sei ubriaco e sono ancora le cinque del
pomeriggio” gli fece notare Stefan.
“Fratellino certo che tu sei sempre il solito
guastafeste”
“Damon…” provò a continuare Stefan.
“Sentite perché non andate su a fare gli
sporcaccioni e mi lasciate in santa pace? Proposta allettante la mia non
trovate?”
In quel momento lo avrei volentieri preso a pugni,
peccato solo che sarei stata io a farmi male.
Come poteva fare una battutina tanto pungente dopo
quello che era successo la notte scorsa?
Ok, in realtà non era successo nulla, ma per me
aveva significato qualcosa. Volevo stare da sola per questo non avevo voluto
che Stefan venisse a casa, eppure non avevo voluto che Damon andasse via.
Questo doveva pur significare qualcosa.
“Ottima idea” feci notare io guardando Stefan
maliziosa cercando di nascondere il fatto che ciò che avevo detto fosse una
provocazione bella e buona.
“Signorina non farti strane idee. Dobbiamo
studiare. Ho dimenticato il telefono in macchina. Aspettami in camera, torno in
un secondo”.
Uscii dalla casa lasciando me e Damon nel salone da
soli. Non volevo dirgli nulla, non dopo quello che aveva detto, così presi a
salire le scale, ma me ne pentii all’istante. Dovevo sapere.
Mi avvicinai e quando fui ad un passo da lui presi
a parlare.
“Perché?”
“Perché cosa?”
“Stamattina non c’eri quando mi sono svegliata.
Perché sei andato via?”
“Deve esserci per forza un perché?”
“Damon, ti prego”.
“Non volevo rischiare”.
“Rischiare cosa?”
“Di leggere nei tuoi occhi che fosse stato uno
sbaglio”.
“Non è successo nulla”.
“Come volevasi dimostrare”.
“Io non ti capisco, davvero. Cerco di farlo, ma mi
rendi le cose sempre troppo difficili”.
“Tu puoi anche fare finta che non sia successo
nulla, ma io non posso”.
Stavo per ribattere, per spiegargli bene il senso
delle mie parole. Volevo semplicemente fargli capire che non poteva essere uno
sbaglio perché in fin dei conti non avevamo fatto nulla di male, più o meno,
non che per me non avesse avuto significato, invece, era proprio questo che gli
avevo fatto capire.
Ero proprio una stupida e il fatto che fosse rientrato
Stefan non aiutò per niente, perché non potei aggiungere nulla. Fui costretta a
seguire il mio ragazzo in camera sua senza poter dire nulla a quell’unica
persona con cui avrei voluto davvero parlare in quel momento.
Fine Flashback
Dopo quel giorno Damon non
aveva detto più nulla in merito a quello che era successo e io non avevo fatto
nulla per spiegargli il senso reale delle mie parole. Forse, era più facile
così.
Avrei solo complicato le
cose.
In fondo il mio rapporto
con Damon era sempre stato così. Fatto di alti e bassi, anche se, ormai, ero
stanca di continuare a comportarmi come una stupida ragazzina che non era in
grado di fare chiarezza dentro di lei.
Posteggiai la macchina ed
entrai in casa. Mi diressi in cucina e trovai Jenna e Rick in atteggiamenti che
lasciavano ben poco all’immaginazione.
La zia era seduta
sull’isola della cucina e Rick proprio davanti a lei la riempiva di baci.
Tossii per richiamare la
loro attenzione e quando si accorsero della mia presenza Jenna divenne rossa
come un pomodoro mentre Rick abbassò lo sguardo del tutto imbarazzato.
“Elena cosa ci fai qui?”
“Ci vivo zia”.
“Ma hai detto che saresti
andata da Stefan e saresti rimasta lì per la cena”.
“Stai scherzando spero. Io
non l’ho mai detto”.
“Ti ho sentito anche io Elena, proprio dieci
minuti fa”.
Cosa diavolo stava
succedendo?
Ero appena tornata da casa
di Stefan, quindi era impossibile che avessi potuto dire loro una cosa del
genere.
Non ci volle molto che un
presentimento si fece strada dentro di me e sperai con tutto il cuore di
sbagliarmi.
“Si scusate avete ragione.
È solo che non ci sto con la testa oggi. Io vado, ci vediamo stasera”.
Vidi le loro espressioni
sconvolte, soprattutto quella di Rick, ma non ci feci caso.
Salii in macchina e mi
diressi verso casa Salvatore.
Se Jenna e Rick erano
certi che io mi fossi presentata a casa e gli avessi detto quelle cose
significava solo una cosa, una cosa che mi metteva piuttosto paura. Qualcuno
era tornato a Mystic Falls, qualcuno che aveva giurato di sparire per sempre
dalle nostre vite: Katherine.
Premetti più forte il piede
nell’acceleratore e in poco tempo arrivai a destinazione.
Posteggiai la macchina e
correndo mi diressi subito verso l’ingresso di casa. Raggiunsi il salone e trovai
Damon sdraiato sul divano con le mani dietro la nuca e gli occhi puntati verso
il soffitto.
“Sbaglio o eri andata
via?”
Non mi fu difficile capire
che si riferisse a me, visto che non c’era nessuno in stanza. Si era accorto
immediatamente della mia presenza.
“Katherine” riuscii
solamente a dire.
Lui si alzò immediatamente
e in una frazione di secondo mi fu vicino e solo in quel momento mi resi conto
che la sua camicia, rigorosamente nera, era sbottonata di alcuni bottoni e si
poteva facilmente intravedere il suo petto scolpito.
Ma cosa diavolo andavo a
pensare? Con quello che era appena successo non era normale che mi mettessi a
fantasticare sui pettorali scolpiti del fratello del mio ragazzo.
“Di che stai parlando?”
“Katherine è tornata”.
“Potresti spiegarti
meglio?”
Gli raccontai quello che
era appena successo e dalla sua espressione in viso non mi parve stupito. Prese
il cellulare e scrisse qualcosa, probabilmente un messaggio, poi tornò a
guardarmi.
“Perché non sembri
sorpreso?”
“Conosco Katherine ed ero
certo che prima o poi sarebbe tornata. Io l’avevo detto di farla fuori, ma il
tuo fidanzatino deve sempre fare il gentile, deve sempre vedere del buono in
tutti”.
“Damon che succederà
adesso?”
“Non lo so Elena, dipende
da cosa è venuta a fare, ma se la conosco bene come credo non c’è nulla di
buono in questa sua visita”.
Lo guardai negli occhi e
vidi la preoccupazione nei suoi occhi. Nessuno meglio di lui sapeva cosa c’era
da aspettarsi da un vampiro arrabbiato, a maggior ragione se si trattava di
Katherine.
Senza nemmeno rifletterci
mi avvicinai di più a lui e lo abbracciai.
Sembrò impreparato a quel
mio gesto, ma quasi subito i suoi muscoli si rilassarono e ricambiò l’abbraccio
mentre io potei sentire di nuovo quella protezione che solo lui sembrava,
ormai, riuscirmi a dare.
“Ho paura” riuscì
solamente a dire.
“Non averne. Non ti
succederà nulla”.
“Non ho paura per me, ma
per quelli che amo”.
“Andrà tutto bene, te lo
prometto” concluse lui stringendomi più forte tra le sua braccia e Dio solo
sapeva come avrei voluto che quel momento si fermasse.
Al diavolo Katherine, il
suo ritorno, al diavolo i miei dubbi, le mie incertezze. C’eravamo solo io e
Damon e al momento questo era tutto ciò che mi serviva.
“Damon che succede?”
Mi staccai subito da lui e
mi voltai a guardare il proprietario di quella voce che sapevo già essere
Stefan.
Era sconvolto, lo potevo
leggere dal suo viso e solo allora mi resi conto che con molta probabilità era
destinato a lui il messaggio che pochi attimi prima Damon aveva inviato.
Mi si avvicinò e mi
strinse a sé più forte che poté, ma nulla in quell’abbraccio mi sembrò magico
come quello dal quale la sua voce mi aveva diviso.
“Allora, ti decidi a
parlare?”
Damon rimase per un attimo
in silenzio osservando me tra le braccia del fratello e per una frazione di
secondo mi sembrò di leggere tristezza nei suoi occhi, ma fu solo un attimo,
perché subito vidi di nuovo l’indifferenza che da sempre caratterizzava il suo
sguardo.
“Abbiamo un problema,
Stefan. E quando dico “problema” intendo una crisi a livello mondiale”.
Stefan guardò suo
fratello, poi posò gli occhi su di me e finalmente io riuscii a parlare.
“Katherine”.
“Katherine cosa?”
“Lei…lei è tornata”.
“Cosa?” chiese lui
sconvolto.
Era stato lui ad insistere
a lasciarla andare dopo che avevamo sconfitto Klaus. “Glielo dobbiamo, ci ha aiutati” aveva detto convincendo tutti,
tutti tranne Damon che con la sua solita aria convinta, quando tutti avevamo
acconsentito, aveva detto “C’è ne
pentiremo e quel giorno spero solo di non dover dire “ve lo avevo detto”.
Fu Damon stavolta a
raccontare tutto al fratello, mentre quest’ultimo mi stringeva sempre di più a
sé, come a volermi proteggere.
Io iniziai a tremare e lui
se ne accorse subito.
“Elena calmati, andrà
tutto bene”.
“Come faccio a calmarmi
Stefan? Lei è tornata e se l’ha fatto ci sarà un motivo. Le persone a cui
voglio bene sono di nuovo in pericolo. Non ne posso più”.
“La troveremo e vedremo
cosa vuole”.
“Tu non capisci. Lei è
entrata in casa mia. Ti devo ricordare che un anno fa è stata invitata ad entrare? Cosa possiamo fare?”
“Traslochiamo” rispose
Damon con il suo solito tono beffardo.
Lo guardai e per un attimo
un sorriso nacque sulle mie labbra. Possibile che lui non si scoraggiasse
davanti a niente?
“Lo trovi divertente?” lo
rimproverò Stefan.
“Assolutamente no, ma dai
fratellino avremmo dovuto saperlo che sarebbe tornata. Io vi avevo avvisato. Se
mi aveste ascoltato a quest’ora Katherine sarebbe solo un lontano ricordo,
invece, adesso abbiamo a che fare con una vampira vendicativa e sai quanto
vendicativa può essere lei”.
Damon aveva ragione, aveva
dannatamente ragione.
Avremmo dovuto ascoltare
lui, essere crudeli per una volta. Con Katherine non si poteva essere buoni.
“Che bella riunione di
famiglia. Cercavo proprio voi tre”.
Quella voce. Rabbrividì.
Mi voltai e la vidi. Due facce della stessa medaglia. Capelli lisci come i miei
e vestiti presi dalla mia camera, tutto per meglio immedesimarsi in me.
“Che diavolo sei venuta a
fare?” le disse Damon furioso.
“E’ un piacere anche per
me rivederti Damon”.
Nel frattempo Stefan mi
allontanò da sè, sapevo che lo aveva fatto apposta. In caso fosse stato costretto ad
attaccarla doveva farlo senza avermi tra i piedi. Sarei stata solo di
intralcio.
“Non sei la benvenuta qui”
le disse Stefan e il volto della vampira divenne paonazzo per la rabbia.
“Pensavo in un’accoglienza
migliore”.
“Cosa vuoi Katherine?” le
chiesi io mostrando un tono di voce forte, una forza che non mi apparteneva,
non davanti a lei e non in quel momento, eppure dovevo farmi vedere tranquilla,
non doveva percepire la mia paura.
Lei mi guardò da capo a
piedi e sorrise isterica, poi mi si avvicinò un po’, per quel poco che Damon e
Stefan gli permisero.
“Davvero non ci arrivi
piccola Gilbert?” mi domandò.
“Non credo”.
“Sono venuta a riprendermi
ciò che mi appartiene da sempre” disse guardando Stefan e poi lanciando uno
sguardo veloce anche su Damon.
“Ti sei chiesta se loro
rivogliono te?” continuai.
“Ti trovo più coraggiosa,
ma questo coraggio non ti porterà da nessuna parte” si avvicinò a me
pericolosamente, ma prima che potesse mettermi le mani addosso Damon le saltò
sopra scaraventandola al muro, mentre Stefan mi si parò davanti come scudo.
“Stai lontana da lei” la
minacciò Damon.
Katherine ancora sotto la
presa di Damon si staccò ben presto, si sistemò i capelli e poi riprese a
ridere.
“Quanto amore che c’è qui
dentro, tutto per la nostra piccola Elena” disse guardandomi e sorridendo
perfida “non ti sei mai chiesta perché entrambi si sono innamorati di te?”
Io rimasi in silenzio, non
volevo risponderle, non volevo provocarla più di quanto già non avessi fatto
poco prima.
“Te lo dico io perché.
Guardati e guarda me, siamo identiche. Ti amano, credono di amarti, ma in
realtà è me che amano, entrambi”.
“Ti sbagli” urlai.
“Pensaci bene, Elena. In
150 anni nessuno dei due ha mai trovato una donna, poi arrivi tu e puff, tutti
e due perdono la testa. Non ti dice proprio nulla questo? Guardarci, siamo così
uguali”.
Anche se non volevo che
succedesse, sapevo quanto quelle parole mi avessero ferito e in cuor mio
speravo solo che lei mentisse. Io sapevo che Stefan mi amava per come ero
fatta, non per l’immagine di Katherine che io rappresentavo.
“Non è vero. Io non sono
come te”.
“Oh si che lo sei, invece.
All’inizio credevo fossimo uguali solo esteriormente, ma mi rendo conto che lo
siamo anche dentro. Anche tu stai giocando con loro, con i loro sentimenti.
Stai con Stefan, ma non riesci a staccarti da Damon. Ami uno, ma hai bisogno
dell’altro, proprio come me” concluse lei guardandomi negli occhi.
“Smettila Katherine” urlò
Stefan esasperato.
Lo guardai negli occhi e
ci vidi un amore sconfinato per me, poi guardai Damon e mi bastò leggere il leggero
sorriso che mi rivolse per capire che entrambi non pensavano quello che
Katherine aveva detto. Io non stavo giocando con loro, ero semplicemente
confusa.
“Se hai finito con la
sceneggiata gradiremo conoscere il motivo della tua visita. Non reggerò per
molto la tua fastidiosa e opprimente presenza”.
Le parole di Damon furono
taglienti come la lama di un coltello. Era davvero infastidito per la presenza
di quella che fino a qualche tempo fa credeva essere l’amore della sua vita.
Quanto dolore che quella
donna aveva arrecato a lui, a Stefan, al loro rapporto. Era colpa sua se
avevano smesso di comportarsi come fratelli, ma adesso era diverso. Adesso
entrambi avevano riscoperto il valore di essere sangue dello stesso sangue, un
valore che lei non gli avrebbe potuto togliere mai più.
La osservai per bene e un
brivido mi percorse la schiena.
Non sapevo cosa voleva
davvero e fin dove era disposta a spingersi pur di ottenerlo, mai suoi occhi, la sua espressione non
promettevano nulla di buono.
Robsten23
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Volevo inoltre avvisarvi che per tutti
coloro che inseriranno una recensione invierò un piccolo spoiler del capitolo
successivo. Non lo inserisco qui perché possibilmente non tutti vogliono
leggerlo. Un bacione e grazie ancora.
Era da più di mezz’ora che
eravamo nel salone dei Salvatore in compagnia di Katherine e lei non aveva
fatto altro che venirmi addosso e ripetermi quanto io e lei fossimo simili.
Era altezzosa e presuntuosa,
tutte caratteristiche che odiavo in una persona.
“Senti non ti cadremo ai
piedi venerandoti solo perché ci hai aiutato a sconfiggere Klaus. Sappiamo
tutti qui dentro che l’hai fatto solo per te, per poter essere finalmente
libera e adesso che lo sei torni qui a rendere di nuovo la nostra vita, la mia
vita un inferno. Sei solo una doppiogiochista del cavolo” sbraitai al limite
della rabbia.
Mi pentii all’istante di
ciò che dissi visto che la sua espressione era furente dalla rabbia.
Si avvicinò a velocità
sovrumana e se non fosse stato per Damon che gli bloccò la strada non ero certa
che me la sarei cavata con poco.
“Stupida umana che non sei
altra, sei proprio un’idiota. Adesso non mi servi più a nulla, non ho motivi di
tenerti in vita, quindi fa attenzione a come parli perché credimi non esiterò
un attimo ad ucciderti se mi andrà di farlo, né risparmierò le persone a cui
dici di volere bene”.
Rabbrividii nel sentire
quelle parole, furono peggio di una pugnalata al cuore, non tanto per ciò che
aveva detto della mia vita, ma per quella di quelli che amavo.
“Ti sei presa la mia vita,
i miei uomini, l’amore che era solo mio. Adesso è giunta l’ora di riprendermi
tutto”.
Con una mossa fulminea
scansò Damon e lo stesso Stefan che si era parato davanti a me, poi mi
scaraventò contro il muro bloccandomi per il collo.
In un attimo Damon fu di
nuovo su di lei e la immobilizzò, mentre Stefan mi si parò davanti come se
fosse uno scudo.
Katherine sorrise malefica
e quando vide Stefan prendere un paletto di legno da un cassetto e avvicinarsi
a lei, mentre Damon la teneva ferma, scoppiò a ridere sguaiatamente.
“Fossi in te non riderei.
È stato un errore venire qui. È giunto il momento di fare ciò che avremmo
dovuto fare molto tempo fa”.
La vampira rise ancora più
forte alle parole di Damon e vidi l’espressione di lui diventare indecifrabile.
Odiava quando qualcuno si prendeva gioco di lui.
Stefan si avvicinò a passo
fulmineo e quando fu ad un passo da lei, Katherine si liberò dalla presa
spingendo tutti e due fratelli contro la parete di fronte.
La vampira poi prese il
paletto che poco prima era nelle mani di Stefan e che per la spinta gli era
caduto a terra.
“Non credo sia stato un
errore venire qui” disse lei rispondendo a ciò che Damon le aveva detto poco
prima.
“Ti infilzerò quel paletto
con le mie stesse mani, fosse l’ultima cosa che faccio”.
Damon era deciso, ma
soprattutto arrabbiato e se c’era una cosa che avevo imparato era quella di non
farlo mai arrabbiare.
“Tu, voi non mi farete
nulla. Non potreste mai farmi del male”.
Rise delle sue stesse
parole.
“Vuoi scommettere?”
continuò Damon rialzandosi seguito da Stefan.
“Non ho tempo adesso. Ci
vediamo presto”.
Con quelle parole girò i
tacchi pronta ad andare via, ma Stefan alla velocità della luce le si parò davanti
bloccandola al muro e tenendola per il collo.
Lei sorrise beffarda, poi
prese il paletto che aveva in mano e se lo conficcò in una mano procurandosi un
taglio.
“Aaahhh” urlai dal dolore.
Controllai la mia mano e
vidi il sangue scorrere copioso su quello che era un taglio nella stessa mano
in cui Katherine se lo era inflitta.
Sentii la sua risata
risuonare ancora nella stanza, mentre Damon prontamente si avvicinò a me e lo
stesso fece Stefan.
La mano bruciava e il
taglio era profondo. Faceva un male cane, ma non gliel’avrei data vinta a lei,
non mi sarei lamentata nonostante avrei voluto gridare per il dolore.
“Maledetta” urlò Stefan
preoccupato.
“Mi credevate così sciocca
da tornare senza una garanzia?”
Riprese a camminare pronta
ad uscire, ma Damon le si parò davanti.
“Dove credi di andare? Sei
morta”
“Sei sicuro?” domandò lei
prima di infliggersi un taglio sul braccio.
Urlai di nuovo dal dolore
e guardai Damon negli occhi. Sembrò scusarsi con lo sguardo, ma sapevo che non
voleva farmi del male, ma semplicemente fermarla.
Lo vidi spostarsi per
farla uscire e lei sorrise beffarda avvicinando il suo viso a pochi centimetri
da quello di lui e in un momento disastroso come quello provai un moto di
gelosia verso quel contatto così intimo che sembrava aver creato Katherine.
“Ti credevo diverso,
invece, sei esattamente come Stefan. L’amore ti rende debole”.
Fu un secondo e poi non la
vidi più, mentre un Damon sconvolto lanciò un bicchiere vuoto contro la parete,
un modo come un altro per sfogare i nervi.
Si avvicinò poi a me e io
presi finalmente ad urlare per il tanto dolore.
Avevo la mano e il braccio
in fiamme.
“Andrà tutto bene” furono
le parole consolatorie di Stefan.
Eppure nonostante cercassi
di credere a quelle parole non ci riuscivo. Avevamo sconfitto il male solo da
qualche mese ed ecco che il pericolo tornava.
A volte mi domandavo cosa
avessi fatto di male nella mia vita per meritarmi tutto quello che mi era
successo.
Forse, se non avessi
conosciuto Stefan, se non mi fossi messa con lui non avrei mai dovuto subire
tutto quello che mi era successo, ma quel pensiero sparii nella mia mente nello
stesso istante in cui guardai negli occhi sia lui, sia Damon.
Pericolo o meno, la mia
vita aveva assunto un significato nel momento in cui loro erano entrati nella mia
vita e non potevo che essere felice per questo.
“La strega, chiamala. Ci
penso io a lei” disse Damon a Stefan, mentre si abbassò verso di me.
Stefan lo guardò stranito,
non riuscendo a capire il senso di quelle parole.
“L’altra volta è riuscita a
farle un incantesimo per non provare dolore. Muoviti e chiamala, se lo faccio
io non mi risponderà neppure” gli spiegò poi e in un istante Stefan prese il
telefono andando a chiamare la mia migliore amica.
Sentii un bruciore sempre
più forte, sembrava come se stessi prendendo a fuoco e un urlo incontrollato
uscii fuori dalla mia bocca.
Mi resi conto che
l’espressione di Damon cambiò nel sentirmi urlare e nel suo sguardo ci vidi del
senso di colpa, ma non era colpa sua. Lui aveva solo cercato di fermare Katherine.
“Mi dispiace, non volevo
farla arrabbiare ancora di più”.
La sua voce era bassa e
colpevole e avrei tanto voluto scuoterlo dal quel torpore che sembrava essersi
impossessato di lui, ma non c’è la facevo, non ne avevo le forze.
“Smettila” riuscii a dire.
“Di fare cosa?”
“Di sentirti in colpa. Non
tutto quello che succede è colpa tua”.
Lui non disse nulla, si
limitò a prendermi in braccio e farmi sdraiare sul divano. Poi prese dell’acqua
e pulii le ferite cercando di bloccare il sangue che scorreva.
Qualche minuto dopo
Stefan, Bonnie e Caroline fecero ingresso nel salotto. La mia amica strega si
avvicinò subito a me e dopo aver lanciato uno sguardo furente a Damon pronunciò
qualcosa in una lingua a me sconosciuta e in pochi secondi non sentii più nulla.
Tutto il dolore svanii e subito mi misi a sedere, sorridendo a Damon.
“Grazie” gli sussurrai
consapevole che anche Stefan e Caroline mi avessero sentito.
Lui si limitò a
sorridermi, poi Stefan si avvicinò a me e si sedette sul divano stringendomi a
se.
“Ti amo” furono le sue
uniche parole e io mi limitai a ricambiare il bacio a stampo che mi diede.
“Se avete finito, abbiamo
un problema da risolvere” disse Damon con espressione furente.
Non era arrabbiato solo
per quello che era successo con Katherine, ma anche per la scena tra me e
Stefan a cui aveva dovuto assistere.
Bonnie gli lanciò uno
sguardo che ben poco lasciava all’immaginazione, ma lui non disse, né fece
nulla. La ignorò solamente.
“Ci spiegate con esattezza
cosa è successo?” domandò Caroline sedendosi sul divano.
“C’è poco da raccontare.
Katherine è tornata e questo grazie a voi che avete acconsentito alla scelta
insensata del mio fratellino di farla andare via. Ha legato se stessa ed Elena
con un incantesimo motivo per cui non possiamo ucciderla”.
Damon era fuori di sé
dalla rabbia, lo si capiva dal tono di voce che aveva usato e avrei tanto
voluto fare qualcosa per farlo calmare, ma non c’era modo per riuscirci, non in
quel momento almeno.
“Cosa possiamo fare?”
chiese Bonnie preoccupata.
“Sei tu la strega”.
“Damon vuole dire che sei
tu l’unica che può spezzare l’incantesimo. Solo quando verrà spezzato potremmo
avere una chance per uccidere Katherine” le spiegò Stefan cercando di usare più
tatto rispetto a quanto avesse fatto il fratello.
“Io non ne sono capace”.
“Io l’ho sempre detto che
eri una strega semicompetente” sbottò Damon buttando all’aria tutto ciò che
c’era sulla scrivania alla quale si era avvicinato.
Bonnie fece un saltò
indietro spaventata da quella violenta reazione, mentre Stefan si allontanò da
me per avvicinarsi a lui a velocità sovrumana.
Gli mise una mano sulla
spalla come a calmarlo, ma lui gliela strattonò con forza.
“Solo chi ha fatto
l’incantesimo è in grado di spezzarlo” disse Bonnie con voce tremante.
“Il che significa che
abbiamo una psicopatica che ci sta alle calcagne e l’unica cosa che possiamo
fare è trovare chi ha fatto questo tra le centinaia di streghe sparse in tutto
il mondo. Fantastico”.
“Damon” lo chiamai per
farlo voltare a guardarmi.
Lui lo fece e quando i
suoi occhi incontrarono i miei sembrò calmarsi “andrà tutto bene, me l’hai
promesso”.
Gli sorrisi e lui abbassò
lo sguardo quasi a scusarsi per la sua reazione sconsiderevole.
Stefan mi guardò e mi mimò
un “grazie”, consapevole che ero stata in grado di farlo calmare. L’ultima cosa
che ci serviva era un Damon incazzato e lo sapevamo bene tutti lì dentro.
“Da dove iniziamo con le
ricerche?” chiese il mio ragazzo.
“Lucy”.
“Che intendi dire
Caroline?”
“Pensateci bene. Katherine
ha già fatto fare quest’incantesimo ed è stata Lucy a farlo. Potrebbe essere
stata lei la strega ingaggiata da Katherine”.
“Si, ma poi l’ha spezzato.
Non avrebbe senso rifarlo ancora. Si è chiaramente schierata contro di lei la
volta scorsa”.
“Si, Bonnie ha ragione”.
“Probabilmente, ma
comunque potrebbe sapere come si può spezzare un incantesimo del genere”.
“Non l’avrei mai detto, ma
la Barbie vampira mi stupisce ogni giorno di più” commentò Damon sorridendo
beffardo.
“Abbiamo un punto di
partenza, quindi non perdiamo tempo”.
“Bonnie riusciresti a
dirci dove poter trovare Lucy?” gli chiese Stefan dolcemente.
“Certo. Mi serve solo una
cartina geografica, delle candele e qualche goccia di sangue umano”.
A velocità sovrumana
Stefan prese l’occorrente e io mi offrii di dare il sangue, del resto ero
l’unica umana lì dentro.
Bonnie si concentrò, poi
iniziò il rito e in poco tempo ebbe la soluzione.
“Qui, si trova qui” disse
indicando un punto sulla cartina.
“Bene, vado io”.
“Damon vengo con te”.
“Ma anche no fratellino.
Da solo lavoro meglio”.
“Non fare lo stupido”.
“Sei tu che lo stai
facendo. Se andiamo entrambi chi terrà sotto controllo Katherine? Caroline da
sola è troppo debole contro una vampira di oltre 500 anni” disse sicuro di sé
“senza offesa ovviamente” concluse poi lanciando un sorriso alla bionda, un
sorriso che lei ricambiò.
“C’è Rick che può
aiutarla”.
“Stefan, Damon ha ragione.
Caroline da sola non può farcela e Rick è pur sempre umano. Non ha più con sé
l’anello e non possiamo rischiare che gli succeda qualcosa” provai a
convincerlo guardandolo negli occhi.
“Ok, avete vinto. Resterò
qui”.
“Bene, se volete scusarmi
io andrei”.
“Vengo con te” dissi
decisa.
“Non se ne parla proprio”
risposero all’unisono tutti e due fratelli.
“Sarei più al sicuro con
Damon che qui”.
“Stai dicendo che con me
non sei al sicuro?”
“Ovviamente no Stefan, ma
pensaci. Katherine c’è l’ha con me, tornerà a cercarmi. Se vado con Damon mi
allontanerò da qui e da lei”.
“Elena ha ragione. È più
al sicuro lontana da qui. Katherine non può sapere dov’è e non può trovarla” mi
aiutò Caroline e io la ringraziai con lo sguardo.
“Sei sicura?” mi chiese
Stefan avvicinandosi a me.
“È la cosa giusta da fare.
Con me lontana, tu puoi scoprire meglio che cosa vuole davvero. E poi qui sarei
solo un peso. Penseresti solo a proteggermi e non potresti muoverti come
vorresti”.
Gli sorrisi e lui si
avvicinò a me e mi baciò a fior di labbra, mentre sentii qualcuno sbuffare.
Ovviamente era Damon, nessun altro lo avrebbe fatto.
“E sia” disse quando poi
ci staccammo.
“Perché nessuno chiede il
mio parere?” domandò Damon alla fine “tu non ti muovi da qui. Andrò da solo e
questo è tutto”.
“Damon muovi il culo da
qui e andiamo”.
“Ma anche no”.
“Ti sembra il momento di
fare il testardo?”.
“Elena, stavolta ha
ragione Damon. È una pessima idea andare con lui. Non sai cosa potrebbe
succederti” commentò Bonnie.
Le sue parole erano chiare
e lo sapevo bene, quello che avrebbe voluto dire davvero era: “non andare con lui, potrebbe farti del
male”.
“Concordo con la strega, è
una pessima idea. Su andiamo, siamo già in ritardo” rispose Damon sorridendo
beffardo a Bonnie.
Era disposto a tutto pur
di farla uscire fuori di senno, ma in questo caso dovevo ringraziarla. Se non
fosse stato per lei Damon non si sarebbe convinto. Pur di andargli contro
avrebbe fatto qualunque cosa.
Mi avvicinai a Stefan e
gli diedi un bacio a fior di labbra.
“Mi mancherai” mi disse.
“E su, smettetela di fare
gli sdolcinati. Entrò domani saremo già di ritorno” si lamentò Damon facendo
per uscire.
Stefan a velocità sovrumana
gli fu davanti.
“Prometti che la
proteggerei a qualunque costo”.
“Credevo non ci fosse più
bisogno di queste promesse, non se si tratta di Elena, almeno” gli rispose
Damon uscendo di casa a velocità vampiresca.
Mi avvicinai a Stefan e
gli sorrisi.
“Era il suo modo per dirti
che lo farà”.
“Lo so. Non ho dubbi su
questo, non so bene nemmeno io perché gliel’ho chiesto”.
Si avvicinò e mi baciò.
Quando poi ci staccammo salutai Caroline e Bonnie e mi diressi fuori dove Damon
mi aspettava già dentro l’auto.
Non sapevo cosa sarebbe
successo, ma una cosa era certa. Il nostro sarebbe stato un viaggio davvero
breve, come aveva detto Damon se tutto sarebbe andato bene saremmo stati di
ritorno il giorno dopo, ma 24 ore a volte potevano risultare sufficienti a cambiare
la vita.
Chissà se da quel viaggio
ne sarebbe uscito qualcosa di buono. Magari avrei capito di amare davvero
Stefan, o, forse di amare Damon.
Una cosa era certa. Avevo
la possibilità di allontanarmi da Mystic Falls e schiarirmi tutti i dubbi, almeno
questo era quello che speravo.
Robsten23
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Volevo inoltre avvisarvi che per tutti
coloro che inseriranno una recensione invierò un piccolo spoiler del capitolo
successivo. Non lo inserisco qui perché possibilmente non tutti vogliono
leggerlo. Un bacione e grazie ancora.
Mi godei poco di quel
viaggio visto che dopo circa una mezz’oretta crollai cadendo tra le braccia di
Morfeo. Quando mi svegliai era già sera e mi ritrovai in un territorio che non
conoscevo.
“Dove siamo?”
“Siamo quasi arrivati”.
“Da quanto tempo dormo?”
“Più o meno da quando
siamo partiti?” mi domandò sarcastico.
“Idiota”.
“Era più divertente quando
dormivi”.
“Ti odio” dissi sbuffando.
Non lo sopportavo quando
faceva così, anche se dovevo ammettere che con lui era bello anche litigare.
C’era freschezza nel nostro rapporto, mai monotonia a differenza che con
Stefan, con il quale era diventato, ormai, tutto troppo piatto.
“Giusto, mi odi” si voltò
e mi guardò per poi sorridere beffardo.
Sbuffai nuovamente,
aumentai il volume della radio e mi voltai a guardare il paesaggio da fuori il
finestrino.
Non volevo più parlare con
lui, né guardarlo. Incontrare i suoi occhi mi avrebbe fatto passare tutto e a
me piaceva tenergli il broncio.
Restammo così per un bel
po’ di tempo, poi stanca di restare in silenzio iniziai a canticchiare la
canzone che stava partendo alla radio. Quel gesto aveva da sempre il potere di
tranquillizzarmi e in quel momento, con una vampira che mi dava la caccia, ne
avevo davvero bisogno.
Lui restò ad ascoltarmi
per un po’, mentre con la coda dell’occhio potevo notare che stesse sorridendo,
poi ad un tratto abbassò il volume.
“Hey” lo rimproverai.
“Invece di cantare
dovresti chiamare Stefan. Da quando siamo partiti ha già chiamato tre volte”.
“E quando avevi intenzione
di dirmelo?”
“Lo sto facendo adesso” mi
rispose come se la cosa fosse ovvia.
Alzai un sopracciglio
sembrando accigliata, poi lasciai correre. Tanto era inutile.
“Cosa gli hai detto?”
“Cosa avrei dovuto
dirgli?”
“Damon, smettila. Sono
seria”.
“Anche io”.
“Sto aspettando” dissi
sbuffando.
“Che la sua dolce metà
stava dormendo”.
“Bene” gli risposi
aumentando di nuovo il volume alla radio.
“Bene?” mi domandò
sorpreso diminuendo di nuovo il volume “solo bene? Dovresti richiamarlo”.
“E da quando ti preoccupi
per tuo fratello?” gli domandai con sguardo indagatore.
Lui si voltò e mi guardò
accigliato, ma non disse nulla. Si limitò a scuotere la testa.
“Lo chiamerò più tardi”.
Al momento non avevo
nessuna voglia di sentirlo. Era egoistico da parte mia, lo sapevo bene, ma non
potevo farci nulla.
“Gli ho detto che lo
avresti fatto appena ti fossi svegliata”.
“Quindi?”
“Quindi sei sveglia”.
“Bene”.
“Bene” ripeté lui capendo
che non avrebbe cavato un ragno da un buco.
Aumentai il volume alla
radio e ripresi a cantare, ma presto la sua voce tornò a farsi sentire.
“Certo che voi donne siete
proprio strane. Nemmeno con il dono dell’immortalità un uomo sarà in grado di
capirvi”.
Mi voltai a guardarlo e lo
vidi intento a guardare la strada, ma quando sentì i miei occhi su di lui si
voltò e mi guardò con aria interrogativa.
“Le donne vanno amate, non
capite” gli dissi sorridendo, prima di voltarmi a guardare il paesaggio fuori
dal finestrino.
Dopo la frase con la quale
me ne ero uscita non avrei mai potuto guardare il mare dei suoi occhi, non ne
avevo il coraggio.
Mi ero appena esposta e ne
ero consapevole. Dannato Damon. Mi faceva un effetto troppo strano.
Lui non disse nulla e
gliene fui grata per questo, ma potevo percepire lo stesso il sorriso sghembo
che aveva messo su.
Tornai a concentrarmi
sulla canzone e ripresi a canticchiare, anche se mi resi conto che non serviva
più. Mi era bastato perdermi negli occhi di Damon per riuscire a
tranquillizzarmi.
Era il mio tranquillante
personale. Senza di lui non avrei saputo come fare e adesso ne avevo la
certezza.
“Quanto manca?” mi
lamentai dopo un po’.
C’era troppo silenzio, un
silenzio che mi sembrava imbarazzante.
“Siamo quasi arrivati”.
“L’hai detto un’ora fa”.
“Perché non ti rimetti a
dormire? Lo preferirei di gran lunga” mi disse lanciandomi un’occhiataccia.
“Hai intenzione di
presentarti a casa della strega a quest’ora?”
“Sono solo le otto”.
Controllai l’orologio.
Aveva ragione. Mi sembrava molto più tardi.
“Allora abbiamo il tempo
di mettere qualcosa sotto i denti. Sto morendo di fame”.
In quello stesso momento
il mio stomaco fece un brontolio come a confermare le mie parole.
“Ecco uno dei tanti motivi
per cui volevo che restassi a casa”.
“Ricordavo diversamente”.
“Scusa?” mi domandò con
capendo.
“Non sei uno schifo di
compagnia. Ricordi? L’hai detto tu”.
Mi aveva detto quelle
parole durante il viaggio di ritorno da Atlanta, quando io gli aveva chiesto il
motivo per cui mi aveva portato con sé.
Inizio Flashback
Eravamo in
macchina. Stavamo tornando a Mystic Falls.
“Allora,
perché mi hai portata con te?” domandai curiosa.
“Beh, non sei proprio uno schifo di compagnia, Elena. Dovresti darti più
credito”.
“Il vero motivo?”
Non
credevo alle sue parole, ero certa che ci fosse qualcosa sotto e in fondo non
avevo tutti i torti.
“Non lo so...eri lì, sulla strada. In perfetto stile "damigella in
difficoltà". Sapevo che avrei fatto incazzare Stefan e... non sei uno
schifo di compagnia, Elena”.
Fu in quel
momento che mi resi conto che, forse, vedevo Damon dalla prospettiva sbagliata.
Non era poi così male come voleva far credere.
Fine
Flashback
Damon non rispose alla mia
provocazione, si limitò a sorridermi beffardo.
Dopo qualche minuto
accostò vicino ad un locale. Dovevo mettere qualcosa sotto i denti, non avrei
resistito un attimo di più.
Scendemmo dalla macchina e
vidi lui sbuffare.
“Hey” gli dissi dandogli
una gomitata “non è colpa mia se sono una normale umana e come tale ha bisogno
di nutrirsi”.
Lui scuoté la testa, poi
mi mise una mano dietro la schiena per esortarmi ad entrare dentro.
A quel contatto sentii un
brivido attraversarmi il corpo e quando la sua mano si scostò dalla mia pelle
avrei tanto voluto voltarmi e invitarlo a farlo di nuovo, ma non potevo.
Ci sedemmo al bancone del
bar e subito ordinammo qualcosa da mangiare. Io un panino e una coca cola, lui
due hot dog, delle patatine fritte e una birra. Lo guardai come a dire “meno
male che era io quella che aveva fame”.
“Che c’è?” mi domandò, ma
vedendo che non gli risposi continuò “visto che ci siamo ne approfitto anche
io”.
Non riuscii a fare a meno
di sorridere, mentre rubai una patatina dal suo piatto.
“Giù le mani” mi schernii
lui.
Io in compenso gli feci la
linguaccia, poi tornai a mangiare, mentre potevo facilmente notare lo sguardo
di lui puntato su di me.
Era stano. Rischiavo
nuovamente la vita, una psicopatica voleva uccidermi, eppure ero chiusa in un
bar a mangiare hot dog e scherzare con Damon. Era qualcosa di assurdo.
Se me lo avessero detto
qualche tempo prima sarei scoppiata a ridere. Era troppo inverosimile come
scena.
Quando terminammo di
mangiare, pagò e tornammo in macchina. Damon era deciso a concludere quel
viaggio in poco tempo, anche se la verità era che voleva solamente trovare al
più presto una soluzione a quel problema e a quanto pareva al momento era Lucy
l’unica nostra possibilità.
Dopo altri dieci minuti di
macchina giungemmo in un’abitazione decisamente in periferia. Piccolina, ma
molto carina. Circondata dal giardino e con un lungo portico.
Posteggiammo e scendemmo
dalla macchina. Ero piuttosto agitata e Damon sembrò capirlo subito perché mi
si avvicinò e mi sussurrò qualcosa all’orecchio.
“Andrà tutto bene”.
Rassicurata da lui
arrivammo davanti alla porta e Damon bussò vigorosamente alla porta, ma nessuno
sembrò aprire.
Le luci erano spente, forse
non c’era nessuno in casa, forse Bonnie si era sbagliata.
Damon bussò nuovamente e
poi ancora e ancora. Da quando era sceso dalla macchina potevo notare il suo nervosismo
dietro ad ogni suo più piccolo gesto.
Dopo la quarta bussata
vidi una luce accendersi.
“Chi diavolo è a
quest’ora?” disse una voce maschile che comparve poi alla porta aprendola.
“Dov’è Lucy?” chiese Damon
senza nemmeno presentarsi.
Il suo tono era arrogante
come al solito. Con quell’atteggiamento non avremmo ottenuto nulla.
“Buonasera, ci scusi per l’ora, ma cercavamo Lucy. È una cosa piuttosto
urgente” provai io.
L’uomo mi scrutò
attentamente, poi posò lo sguardo su Damon e non sembrò molto convinto.
“Potrei sapere chi siete?”
“Amici di Lucy. Abbiamo
proprio bisogno di lei. Può chiamarla?”
Non so cosa vide nel mio
sguardo, ma mi sorrise.
“Prego, accomodatevi. Ve
la chiamo subito” disse allontanandosi.
Io entrai senza problemi,
mentre Damon restò davanti alla porta.
“Entra muoviti”.
L’uomo ci aveva dato il
permesso di entrare, lo aveva dato ad entrambi, quindi non doveva avere
problemi.
Mise i piedi dentro casa e
in quel momento apparve una donna in vestaglia. Di sicuro doveva essere Lucy.
Non l’avevo mai vista
prima, ma dalla descrizione dettagliata che ne aveva fatto Bonnie non potevo
sbagliarmi. Guardai Damon e mi resi conto che era davvero lei, lui l’aveva
riconosciuta.
“Josh torna a letto. Ci
penso io qui” disse probabilmente al marito, il quale si dileguò in poco tempo.
“Non sembri sorpresa di
vederci” esordì poi Damon.
Lucy conosceva Damon, lo
aveva visto, quindi sapeva chi eravamo.
“Non lo sono infatti. Ero
certa che prima o poi qualcuno sarebbe venuto”.
“Quindi sai anche cosa
vogliamo”.
“Certo che lo so, ma non
posso aiutarvi”.
Al sentire quelle parole
vidi Damon cambiare espressione e in una frazione di secondo Lucy si ritrovò
sbattuta contro il muro mentre lui le stringeva la gola.
Mi avvicinai a lui e gli
poggiai una mano sulla spalla.
“Damon calmati per
favore”.
Sentii i suoi muscoli
rilassarsi e lasciare andare la presa.
“Tu non mi conosci e so
che non hai motivo per aiutarmi, ma ti prego fai qualcosa. Aiutami, aiutaci”
dissi dolcemente a Lucy guardandola negli occhi.
“Se potessi lo farei, te
lo assicuro, ma non posso”.
“Che significa che non
puoi?”
Damon era glaciale e questo
non avrebbe aiutato, ne ero certa.
“Quando ho spezzato
l’incantesimo che legava te e Katherine e le ho consegnato la pietra di luna,
dopo che su di essa avevo fatto un incantesimo che potesse indebolire lei per
aiutarvi a catturarla, sapevo che finalmente il mio debito con lei era stato
saldato. Non mi avrebbe più potuto ricattare. Sarebbe marcita in una cripta e
non mi avrebbe mai potuto fare del male, non avrebbe mai potuto farmi pagare
caro il mio gesto”.
“Ti dispiacerebbe arrivare
al dunque. Tutto questo non ci interessa”.
“Damon” lo rimproverai
ammonendolo con lo sguardo “ti prego, continua” esortai poi la strega.
“Credevo di essere al
sicuro, poi un giorno lei è riapparsa ed era più arrabbiata che mai. Sapevo che
me l’avrebbe fatta pagare. Katherine sa essere molto vendicativa quando vuole.
Ha ucciso la mia migliore amica. Gli ha squarciato il cuore proprio davanti ai
miei occhi e mi ha assicurato che avrebbe fatto lo stesso con ogni singola
persona a cui io volessi bene. Li avrebbe uccisi tutti sotto i miei occhi
costringendomi a guardarli morire senza poter fare nulla. Credimi, avrei fatto
qualunque cosa pur di salvarli, così la implorai di uccidere me, ma lei diceva
che se lo avrebbe fatto non sarebbe stata un vera vendetta”.
Rabbrividii al pensiero
diciò che Lucy mi stava raccontando e
mi immaginai al suo posto a vedere morire qualcuno che amavo. Non potevo
permetterlo a costo di morire io stessa.
“Poi mi ha fatto una
proposta. Un ricatto l’ho definito io, una tregua lei. Avrei potuto salvare le persone
che amavo facendo qualcosa per lei. Dovevo pagare un debito dopodiché mi
avrebbe lasciato stare e con me tutti gli altri. Non potevo dire di no, ne
andava della loro vita. Mi ha costretto a fare nuovamente un incantesimo che
unisse la tua vita alla sua. Diceva che questa era la sua unica garanzia per
non farsi uccidere dai fratelli Salvatore, né da tutti i tuoi amici che a
quanto pare di umano hanno ben poco. Non avrei mai voluto farlo, ho conosciuto
la tua amica Bonnie, siamo cugine e noi streghe teniamo particolarmente a
questi legami. Ferire te avrebbe ferito lei, ma non potevo fare altrimenti”.
“Bene. Visto che sei stata
tu a farlo, puoi anche spezzarlo, quindi fallo e stavolta ti do la mia parola
che faremo fuori Katherine per sempre”.
Damon si era addolcito un
po’. Forse si era reso conto che non sarebbe arrivato a nulla con
quell’atteggiamento altezzoso.
“Non posso farlo”.
“Ti sto dando la mia
parola”.
“Se c’è una cosa che posso
assicurarti è che Damon mantiene sempre la parola data, a qualunque costo”.
“Non ho dubbi su questo,
ma non posso comunque aiutarvi”.
“Perché?” le chiesi
solamente.
“Perché non ho più i miei
poteri. Tecnicamente adesso non sono più una strega”.
Restai sconvolta da quelle
parole. Avrei tanto voluto non crederci, ma sapevo che poteva accadere.
Jonas tempo addietro aveva
tolto i poteri a Bonnie, anche se alla fine, prima di morire glieli aveva
restituiti.
“Chi te li ha tolti?”
“Katherine non si fidava
più di me. Era convinta che prima o poi quando sarebbe uscita alla scoperto con
voi, qualcuno sarebbe potuto arrivare a me e io mi sarei fatta convincere di
nuovo a tradirla. Diceva che non poteva correre questo rischio”.
“Un vampiro non può
togliere i potere ad una strega” le fece notare Damon.
“Un vampiro no, ma
un’altra strega potente si”.
“Stai dicendo che una
delle tua specie ti ha tolto i poteri?”.
“Dopo aver fatto
l’incantesimo che vi univa, Katherine scomparve. Si presentò qualche giorno
dopo in compagnia di uno stregone. Era molto potente. Lo soggiogò e mi fece
togliere i poteri, poi lo uccise, in modo che io non potessi più riavere i miei
poteri”.
“Il che significa che…”
provò a dire Damon, ma lei lo interruppe.
“Che solo chi mi ha tolto
i poteri avrebbe potuto ridarmeli, ma visto che è morto nessuno potrà più
farlo. Non posso più spezzare l’incantesimo. Nessuno può farlo”.
“Ci deve essere un modo.
Tu lo saprai di sicuro”.
“Purtroppo non c’è. Questo
è un incantesimo molto antico e potente, solo la strega che lo fa è in grado si
spezzarlo”.
“Mi stai dicendo che non
ho possibilità contro Katherine?” le domandai.
Lei non mi rispose subito
abbassò gli occhi, poi disse qualcosa: “Mi dispiace”.
“Cosa credi che possiamo
farcene delle tue scuse?” sbottò Damon incavolato nero.
Gli presi la mano e la
strinsi forte alla mia. Era il mio modo per farlo calmare. All’inizio sembrò
stranito da quel mio comportamento, poi mi guardò e lui stesso strinse più
forte la presa.
“C’è una cosa che mi
domando. Se io e lei siamo legate non ha senso che voglia uccidermi, morirebbe
anche lei”.
Non riuscivo a capire
questa cosa, era assurda.
“Tecnicamente non è così. C’è
solo un modo perché lei possa morire uccidendoti e cioè colpendoti al cuore con
un paletto di legno, l’unica arma in grado di uccidere un vampiro. Lei questo
lo sa, quindi se davvero ti vuole morta ti ucciderà in un altro modo. Tu sei
umana, non ci vuole poi molto per ucciderti”.
“Errato” annunciò Damon
facendo un piccolo sorrisino.
“Scusa?”
Lucy non riusciva a capire
quella reazione e a dire il vero neppure io.
“Un vampiro può essere anche
bruciato. Non serve per forza il paletto”.
“Lo so questo, ma se la
brucerete anche Elena morirà bruciata. Te l’ho detto sono legate”.
Il sorriso di Damon si
spense nuovamente.
“Non abbiamo possibilità
di sconfiggerla. È questo che ci stai dicendo?”
“Quando ho fatto
l’incantesimo mi sono resa conto che Katherine aveva la possibilità di uccidere
Elena senza morire, volevo dare la stessa possibilità ad Elena per quanto mi
fosse possibile”.
“Il che significa?”
“L’unico modo che lei ha
per ucciderti e non morire e non colpirti al cuore con un paletto di legno,
l’unico modo che avete voi, invece, per ucciderla senza che tu muoia è quella
che la sua morte avvenga per cause sovrannaturali”.
“Con cause sovrannaturali
cosa intendi?” domandò Damon.
“Tutto ciò che può
ucciderla in modo non naturale. Sei tu il vampiro, dovresti sapere tu tutto ciò
che di naturale e no può uccidere quelli come te”.
Damon sembrò rifletterci
su, poi spostò il suo sguardo su di me, ma lo distolse subito.
“È stata l’unica cosa che
sono riuscita a fare. Ovviamente so che rasenta l’impossibile tutto questo, ma
non sono riuscita a trovare di meglio. C’è un altro modo per liberarvi di lei,
ma non include la sua morte ovviamente”.
“Rinchiuderla in una
cripta non è così?” chiese Damon.
“Proprio così, ma anche
fare questo è difficile. Ci vuole un incantesimo potente”.
“Bonnie può farlo” dissi
io.
“Bonnie ha grandi
potenzialità, ma è una strega troppo giovane, è troppo poco tempo che pratica
magia. Un incantesimo del genere non rientra tra le sue competenze.
Rischierebbe perfino la vita”.
Le parole di Lucy mi
misero i brividi. Avrei preferito morire io piuttosto che far rischiare la vita
a Bonnie chiedendola di aiutarmi.
“È assurdo” alzò la voce
Damon e io strinsi più forte la sua mano.
Vidi lui guardare con
rabbia Lucy, guardarla così male che sembrava pronto ad attaccarla.
“Lo so che vorresti
uccidermi, lo so benissimo e ne avresti tutti i diritti. Non ti potrei mai
giudicare per questo, ma non avevo altra scelta. Se tu ti fossi trovato nella
mia situazione pur di salvare lei lo avresti fatto. Fare la cosa sbagliata è il
rischio che si corre quando si ama qualcuno”.
“Andiamo via” mi disse poi
lui.
Sapevo che stava faticando
non poco a controllare la rabbia, ma era inutile prendersela con lei. Chiunque
si sarebbe comportata come aveva fatto lei. In qualche modo ci aveva aiutato,
almeno adesso sapevamo qualcosa in più.
Damon sciolse le nostre
mani e si diresse subito verso l’uscita, mentre io restai ancora un attimo.
“Mi dispiace, davvero.
Avrei tanto voluto esservi più utile”.
“Hai già fatto molto. Ti
ringrazio anche a nome di Damon. È un persona un po’…” provai a dire.
“È solo una persona che ha
paura per la donna che ama, che vorrebbe salvarla, ma non sa come fare. Lo
capisco, non serve che aggiungi nulla”.
Possibile che quella donna
avesse capito così tanto su Damon dopo solo qualche sguardo? E possibile che
davvero Damon mi amasse?
A dire il vero lui non lo
aveva mai detto. Quando Isobel tempo prima mi aveva rivelato che lui era
innamorato di me, lui non aveva confermato la cosa, ma a pensarci bene non
l’aveva neppure smentita.
Possibile che quel ragazzo
dovesse essere così complicato per i miei gusti?
Salutai Lucy e mi diressi
anche io all’uscita vedendo che Damon mi aspettava già in macchina. Salii e
subito lui mise in moto e partii.
“Avresti potuto essere più
gentile” mi lamentai.
“E per quale motivo? È
stato inutile venire qui”.
“Ha provato ad aiutarci.
Ci ha detto quello che sapeva”.
Damon non mi rispose. Gli
occhi puntati sulla strada e le mani strette sul volante, chiaro segno che
fosse nervoso.
“Andrà bene” dissi per
cercare di calmarlo.
Lui si voltò a guardarmi
per la prima volta da quando eravamo entrati in macchina e poi mi sorrise
scuotendo la testa.
“Che c’è?” domandai.
“Sei sempre la solita.
Dovrei essere io a rassicurare te e, invece, accade il contrario”.
Sorrisi anche io. In
effetti la situazione era un po’ strana, surreale quasi.
“Tu mi rassicuri costantemente.
Forse non te ne sei accorto, ma la tua sola presenza ha il potere di farlo” mi
lasciai scappare prima di lasciarmi andare ad uno sbadiglio.
“Perché non dormi se hai
sonno?” mi domandò notando lo sbadiglio e non commentando la mia frase. Gliene
fui grata.
“No grazie. Ho la schiena
a pezzi. Odio dormire in macchina”.
Lui sorrise e non aggiunse
nulla, ma notai che al primo motel fermò la macchina.
“Che fai?”.
“Mi fermo. La signorina è
troppo snob per dormire in macchina”.
“Hey” lo colpii con una
gomitata “io non sono snob”.
Lui sorrise e scese dalla
macchina e poi affacciò la testa e parlò.
“Aspettami qui”.
Dopo cinque minuti la
portiera dell’auto si aprì.
“Madame” mi disse
porgendomi la mano e invitandomi ad uscire.
Insieme ci dirigemmo verso
la camera che aveva prenotato.
“Una?” chiesi notando che
aveva solo una chiave in mano.
“Pensi che ti lasci
davvero da sola per tutta la notte?” mi domandò sarcastico.
Io sorrisi e scuotei la
testa, poi entrai insieme a lui.
Notai che c’era un solo
letto in camera, una scrivania con una poltrona e un piccolo divano vicino la
finestra.
Osservai il divano, mi
avvicinai e mi sedetti sopra per vedere se fosse comodo.
“Non pensarlo neanche”.
“Pensare cosa?” gli
domandai.
“Non ho intenzione di
dormire lì sopra”.
“Invece si”.
“No”.
“Si”.
“No”.
Adoravo questi scambi di
battute con lui. Mi divertivo un casino.
La cosa bella di quando
stavo con Damon era che mi sentivo sempre al sicuro e stranamente bene.
Lasciai correre il nostro
battibecco e mi sdraiai sul letto, poi sbattei la mia mano sulla parte libera
del letto.
“Vieni a dormire scemo”.
Lui sorrise soddisfatto di
aver vinto e mi raggiunse.
Si sdraiò e io mi
appoggiai al suo petto, mentre lui scansò la coperta e mi coprii.
Quando la mia testa si
adagiò al suo petto sentii un brivido percorrermi tutto il corpo e la pancia
sembrò contorcersi.
“Hai fame?” mi chiese
forse sentendo il brontolio dello stomaco.
“No”.
Non potevo certo dirgli
che avevo lo stomaco pieno…di farfalle.
Credo che fu in
quell’esatto momento che mi resi conto che quel viaggio era servito davvero.
Un’intera giornata con
Damon mi aveva schiarito le idee molto più di quanto avrebbero potuto fare
settimane di solitudine.
La verità era solo una e
finalmente l’avevo compresa: mi ero innamorata di Damon, di un amore totalizzante
e definitivo.
Robsten23
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Volevo inoltre avvisarvi che per tutti
coloro che inseriranno una recensione invierò un piccolo spoiler del capitolo
successivo. Non lo inserisco qui perché possibilmente non tutti vogliono
leggerlo. Un bacione e grazie ancora.
Per tutta la notte non
avevo fatto altro che muovermi visto che non riuscivo a dormire, ma mi ero
tenuta sempre stretta al petto di Damon. Sapevo che un’occasione del genere non
sarebbe ricapitata presto, dovevo godermi ogni singolo momento di pace che solo
la sua presenza era capace di darmi.
Riuscii poi finalmente ad
addormentarmi e quando il sole mattiniero entrò dalla finestra della camera del
motel mi svegliai, ma non aprii subito gli occhi.
Volevo essere certa che
Damon fosse ancora lì, che non fosse fuggito come più di una settimana prima
aveva fatto, che fosse lì per me, lì a bearsi come me di quel nostro contatto.
Le mie mani erano
appoggiate al suo petto e così anche la mia testa, chiaro segno che fosse
ancora lì.
Ebbi la sensazione che
qualcuno mi stesse fissando e quando mi decisi ad aprire gli occhi mi resi
conto che non mi ero sbagliata.
Due pozze color del
ghiaccio mi stavano fissando intensamente.
“Buongiorno”.
Le mie parole sembrarono
farlo tornare nel mondo normale e non potei fare a meno che farmi sfuggire un
sorriso che lui stesso ricambiò con enfasi.
Era così bello quando
sorrideva.
Alzai leggermente la testa
per riuscire a guardarlo negli occhi e vidi i suoi fissarmi intensamente. Non
mi ero mai resa conto dell’intensità di quel suo sguardo, non fino a quel
momento almeno.
E mai come in
quell’istante desiderai che quelle labbra così perfette si posassero sulle mie.
Era già capitato in passato, ma ero certa che oggi sarebbe stato diverso.
Ricordavo perfettamente
quel momento, il giorno in cui Katherine era tornata a Mystic Falls dopo essere
scomparsa per 150 anni.
Inizio Flashback
Uscii dal bagno e quasi sussultai per la paura. Damon era seduto
sul mio letto.
“Mi hai spaventata” gli dissi seria..
“Sto solo facendo la mia parte nella vigilanza di quartiere”.
“Grazie…per la tua premura verso di noi, verso di me”.
“Sono io la tua fidata guardia del corpo. Calmo davanti a una crisi…”
“Hai bevuto?” lo interruppi.
Lui fece un gesto con la mano come ad indicare “un pochetto”.
“E sei sconvolto. Non è una buona combinazione” continuai.
“No, non sono sconvolto. Per essere sconvolto bisogna che ti
importi qualcosa”.
“Avanti, Damon. È una bugia. A te importa”.
Lui cambiò totalmente argomento.
“Sei sorpresa che abbia pensato che ricambieresti un mio bacio? Non
riesci neanche ad immaginare che io potrei credere che vorresti ricambiare?”
“Damon”.
“Che quello che abbiamo fatto significhi qualcosa? Sei tu la
bugiarda, Elena. Tra noi due c’è qualcosa e lo sai. E stai mentendo a me, stai
mentendo a Stefan e soprattutto stai mentendo a te stessa”.
Nel frattempo si era alzato e si era avvicinato pericolosamente a
me.
“Posso dimostrartelo”.
“No”.
Fu un secondo e le sue labbra toccarono le mie in un bacio del tutto
violento, mentre io mi sforzai per cercare di respingerlo.
“Damon, no. Qual è il tuo problema?” gli dissi quando finalmente
riuscii a farlo allontanare anche se di poco.
“Non mentire”.
“Fermati. Sei migliore di così, dai”.
“È qui che ti sbagli”.
“No, no, no, Damon!”
Si avvicinò e mi baciò ancora, ma riuscii ad allontanarlo quel
tanto che bastava per riuscire a parlargli.
“Ti voglio bene. Ascoltami, ti voglio bene. Davvero, ma…amo Stefan.
Sarà sempre Stefan”.
Lui mi guardò ferito, un’espressione che non gli avevo mai visto
fare da quando lo conoscevo.
Fine Flashback
Ricordavo perfettamente
quell’episodio, ricordavo come lui senza pietà avesse rotto il collo di Jeremy
facendolo accasciare a terra morto, ricordavo come mi ero sentita morire al
solo pensiero di aver perso mio fratello per sempre, ricordavo la gioia
nell’avergli visto l’anello al dito, ricordavo l’odio che avevo provato nei
confronti di Damon, ricordavo la promessa che avevo fatta a me stessa di non
voler avere più nulla a che fare con lui. E ricordavo anche l’assenza di
emozioni che avevo provato quando mi aveva baciata.
Eppure adesso era diverso, adesso che
il suo volto era a pochi centimetri dal mio la voglia di toccare le sue labbra
era qualcosa di assoluto, non sapevo spiegarlo.
Damon era cambiato, ma ero cambiata
anche io e soprattutto erano cambiati i miei sentimenti.
Potevo mentire a chiunque, ma non a me
stessa.
Era Damon l’uomo che amavo davvero,
per Stefan, ormai, provavo solo del grande e puro affetto fraterno.
Spinta non so da cosa, forse da quella
nuova consapevolezza che era nata in me, mi avvicinai a lui accorciando le
distanze e in un battito di ciglia le mie labbra furono sulle sue.
Dapprima lui parve impreparato a quel
contatto, poi si lasciò subito andare e ricambiò il bacio e fu allora che mi
resi conto davvero di cosa si provava a baciare l’uomo che si amava davvero.
Era tutto completamente nuovo per me,
non avevo mai provato tutte quelle emozioni in una volta sola. Le farfalle
nello stomaco avevano preso a svolazzare come impazzite, l’elettricità sembrava
percorrere il mio corpo come se fosse un campo magnetico e il mio cuore sembrò
uscirmi dal petto.
Era tutto meraviglioso, magico quasi.
Damon mi attirò di più a sé e mi baciò
con più passione, ma allo stesso tempo con più amore, mentre io lo strinsi a me
posando una mano sul suo petto e l’altra tra i capelli.
Dio da quanto tempo desideravo giocare
con quella massa informe, ma setosa che erano i suoi capelli, forse da sempre,
solo che non me ne ero mai resa conto.
Quando ci staccammo dal bacio per
riprendere fiato, soprattutto io che in quanto umana ne avevo davvero bisogno,
sentii le sue labbra spostarsi sul mio orecchio per poi passare al collo e mi
sembrò di essere finalmente andata in Paradiso. Stavo assaporando la felicità,
quella felicità che avevo da sempre cercato, ma che non riuscivo mai a trovare.
Eccola adesso, proprio lì davanti a
me, nelle sembianze di un vampiro sexy e maledettamente irresistibile.
Mi stavo beando al massimo di quel
Paradiso quando all’improvviso mi ritrovai nel letto da sola. Spaesata mi
guardai attorno. Damon era vicino alla parete di fronte e mi dava le spalle.
Cosa diavolo gli era preso?
“Damon” provai a chiamarlo.
Lui rimase fermo nella sua posizione,
ma ad un certo punto tirò un pugno alla parete. Riuscii a contenere la forza
altrimenti avrebbe lasciato un buco.
Mi alzai dal letto e mi avvicinai a
lui. Gli toccai una spalle e lui si voltò a guardarmi.
“Mi dispiace. Non avrei dovuto” furono
le sue uniche parole.
“Si infatti non avresti dovuto” gli
risposi riferendomi al fatto che si fosse staccato.
Lui mi guardò sorpreso dalle mie
parole e io continuai.
“Perché?” chiesi alla fine.
“Perché cosa?”
“Hai capito”.
“È stato meglio così”
“Per te o per me?” domandai
leggermente stizzita da quella sua affermazione.
“Se ci fossimo spinti oltre non saremo
più potuti tornare indietro. Cambierebbe tutto”.
“Damon, ma che diavolo dici? È già
cambiato tutto. Non possiamo più tornare indietro, non dopo quello che è
successo. Lo sappiamo entrambi”.
Lui non mi rispose, si limitò solo a
guardarmi negli occhi con sguardo quasi assente, così io continuai.
“Non so tu, ma io non posso farlo, non
posso fare finta che non sia successo nulla, non adesso che ho finalmente
capito cosa o meglio chi c’è nel mio cuore. Non posso e non voglio”.
Lui si avvicinò, i nostri visi a pochi
centimetri l’uno dall’altro. Mi sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio
e poi prese a parlare con gli occhi che sembravano tanto lucidi che per una
frazione di secondo ebbi paura che potesse piangere.
“No, non hai capito nulla, Elena. Sei
solo spaventata per tutto quello che sta succedendo, non sei lucida. Quando
tutto questo finirà, quando tu sarai finalmente al sicuro ripenserai ad oggi e
sorriderai. C’è Stefan nel tuo cuore, sarà sempre lui, l’hai detto tu stessa,
ricordi? Non puoi buttare il tuo amore così, non posso permetterlo”.
Aveva faticato a dire quelle parole,
glielo leggevo negli occhi, ma lo stava facendo per me, ne ero certa. Solo che
io ero lucidissima, io sapevo benissimo cosa volevo, adesso lo sapevo
finalmente e volevo lui.
“L’ho detto è vero, ma sono cambiate
tante cose da allora, i miei sentimenti sono cambiati”.
“Sei solo spaventata” mi ripeté lui.
“Smettila. Non ci credi nemmeno tu a
quello che stai dicendo. Io so cosa voglio”.
“Ah si? Credi davvero di saperlo? Non
sai niente Elena, non sai niente”.
“Si che lo so. Finalmente l’ho capito.
Io ti…” provai a dire, ma lui mi mise l’indice in bocca per non farmi
continuare a parlare.
“Shh, non dirlo, non farlo ti prego”
mi disse con sguardo sofferente come se avesse bisogno di sentire quelle
parole, ma allo stesso tempo non avesse il coraggio di sentirle “non è reale
quello che provi”.
“E quello che provi tu, invece, anche
quello non è reale?”
“Io non provo nulla, non provo nulla
da troppo tempo ormai”.
A sentire quelle parole sembrò come se
qualcuno mi avesse infilzato il cuore, ma nei suoi occhi non riuscivo a vederci
la verità in quelle parole. Era vero che non avevo la certezza che lui mi
amasse, ma una parte di me era convinta che lui questa conferma me la stesse
dando adesso con questo suo atteggiamento.
Voleva il mio bene, la mia felicità proprio perché mi amava. Se non fosse stato
così non si sarebbe comportato in questo modo.
“Non ci credo. Io non ti credo” dissi
convinta e con un movimento impercettibile mi avvicinai a lui.
In qualche secondo le mie labbra
furono di nuovo sulle sue. Rispose subito al bacio, questa volta, sembrava
quasi che lo attendesse, sembrava quasi che non aspettasse altro.
Il bacio da casto diventò qualcosa di
decisamente passionale. Misi le mie mani dietro il suo collo e inizia a
giocherellare con i suoi capelli, mentre lui si godeva quel bacio che ero certa
aspettasse da tanto tempo. Quando ci staccammo i suoi occhi puntarono dritti i
miei e guardando quel cielo infinito non potei fare a meno che pensare che
finalmente tutto mi era chiaro.
Se dovevo morire per mano di Katherine
o per mano di chiunque, se semplicemente la mia vita non era destinata a durare
a lungo mi andava bene così, perché almeno potevo morire in pace, potevo morire
con la sensazione di appagamento di anima e di corpo, potevo morire con la
consapevolezza di aver fatto capire a Damon che il mio cuore batteva per lui.
Non gli avevo detto “ti amo”, ma in
quel momento ero certa che quelle due paroline fossero solo un’ulteriore
conferma a qualcosa che già lui stesso aveva percepito.
Mi strinse a sé con maggiore enfasi e
in breve tempo le sue labbra furono sul mio collo, lasciava baci infuocati
proprio nelle parti che più mi eccitavano, come se lui conoscesse ogni minimo
segreto del mio corpo, come se lui fosse stato lì a studiarmi in attesa
soltanto di un mio piccolo e, forse, insignificante gesto.
Non sapevo come, né quando, ma ben
presto mi ritrovai sdraiata a letto con lui addosso, mentre le sue labbra
perfetta mi baciavano il collo prima di disegnare il profilo delle mie labbra
per poi baciarle ancora.
Le sue labbra, quelle meravigliose,
perfette e sexy labbra bruciavano sulle mie, bruciavano come mai altre labbra
avevano fatto e la certezza che lo amassi davvero, che non fosse tutto frutto
di un’immaginazione un po’ contorta fu talmente reale, talmente tangibile da
fare male.
Potevo sentire, percepire in lui tutto
il desiderio di avermi finalmente sua e il cuore sembrò perdere un battito non
appena mi resi conto di quanto inconsapevolmente e senza volerlo io lo avessi
fatto soffrire.
Gli avevo provocato dolore, ma non
tanto per non averlo ricambiato, quanto per avergli sempre in passato sbattuto
in faccia che persona lui fosse e l’odio che provavo in qualche modo verso di
lui.
Eppure avrei dovuto saperlo.
Miranda, mia madre, amava raccontare a
me e Jeremy di come lei e papà si fossero incontrati, odiati e poi amati fino
alla fine. Ci ripeteva sempre: “L’odio è
solo l’inizio di una storia d’amore”.
Allora quelle parole mi sembravano
senza significato, adesso, invece, assumevano delle sfumature nuove. Non si
capisce mai qualcosa fintanto che non la si sente sulla la propria pelle.
Scacciai via ogni pensiero e mi
concentrai solo sul Paradiso che stavo vivendo in quel momento. Strinsi più
forte a me Damon e vidi lui sorridere prima di tornare a baciarmi con vigore e
quando entrambi sembravamo pronti a scoprire il corpo dell’altro qualcosa ruppe
la magia: lo squillare di un telefono, del mio telefono.
Damon con uno scatto fulmineo si
staccò da me e tornò alla finestra guardando il paesaggio fuori, mentre io
ancora immobile dove lui mi aveva lasciata mi avvicinai alla borsa estraendo il
cellulare e controllando il mittente.
“È Stefan” riuscii a dire solamente.
“Vado a pagare la camera e ti aspetto
in macchina”.
Queste furono le sue uniche parole,
parole pronunciate con uno sguardo distante, uno sguardo che riconoscevo
perfettamente. Era lo sguardo che indossava quando indossava la maschera per farsi
vedere duro e impenetrabile come solo lui sapeva essere.
A malincuore premetti il tasto verde e
accettai la chiamata, ma me ne pentii all’istante in quanto il tornado Stefan
prese a parlare rimproverandomi del fatto che non lo avessi più chiamato da quando
ero partita, rimproverandomi del fatto che lo avessi fatto stare in pena.
“Credevo che tra tutti e due ci fosse un solo irresponsabile” si lamentò alla fine.
“Ti ho detto che mi dispiace, ma…”
“Ma cosa? Hai idea di quanto io fossi preoccupato?”
“Ero con Damon, cosa credi che mi
potesse succedere?” urlai esasperata.
Possibile che dovesse sempre
comportarsi da fidanzato iperprotettivo? Cavolo non ero una bambina e
sinceramente non mi andava di dover chiamare ogni dieci minuti il mio fidanzato
solo perché questo in caso contrario usciva fuori di senno.
“Ok, scusa, hai ragione. Sto esagerando. È solo che è successo
tutto così in fretta. Katherine, l’incantesimo, non ero preparato”.
“Si è fatta vedere?”
“Non qui. Jeremy dice che si è presentata a scuola facendo finta di
essere te e ha creato un po’ di scompiglio, ma nulla di grave visto che
Caroline l’ha convinta ad andare via. Stamattina, inoltre, è stato trovato un
cadavere dissanguato nel bosco. Dicono sia stato un animale, ma posso dire con
certezza che è stata lei. Il suo modo per dirci che ha aperto i giochi”.
“Tienila lontana da Jeremy, dalla
scuola e da chiunque. Non voglio che qualcuno si faccia male per colpa mia”.
Se era me che voleva, era me che
avrebbe avuto. Gli altri non c’entravano nulla. Dovevamo tenere tutti fuori da
questa storia.
“Come è andata con Lucy? Damon mi ha detto che l’avete trovata”.
“Non bene, ma è una lunga storia. Ne
parliamo quando torno. Entro qualche ora dovremmo essere di ritorno”.
“Ok, a dopo, allora. Ti amo Elena, devi di non scordarlo”.
Chiusi il telefono senza aggiungere
nulla e senza riflettere sul significato di quelle ultime parole “vedi di non
scordartelo”. In quel momento non volevo pensare al perché le avesse dette.
Non potevo dirgli che lo amavo anche
io, non adesso che ero certa di non amarlo, ma non potevo neppure continuare a
stargli accanto, ad essere la sua ragazza quando nel mio cuore c’era un altro.
Con ogni probabilità sarebbe stato
tutto inutile, Katherine mi avrebbe uccisa in men che non si dica, ma per quello
che mi restava da vivere non potevo permettere di comportarmi come lei, di far
soffrire entrambi.
Adesso che ciò che volevo era chiaro
avrei dovuto affrontare tutto a testa alta e con profondo coraggio.
Mi diedi una sistemata veloce e poi mi
chiusi la porta del motel alle spalle e mi diressi in macchina dove mi
aspettava già un Damon più serio che mai.
Salii e lui mise in moto partendo
senza dire nulla.
Restammo in silenzio per una manciata
di minuti, alla fine sembrai scoppiare.
“Per quanto ancora dobbiamo giocare al
gioco del silenzio?” domandai.
“Non ho nulla da dire”.
“Io si, invece”.
“Allora fallo. Proverò ad ascoltarti,
se ci riesco”.
“Credi che facendo così cambierai le
cose? Non attacca più questo genere di comportamento con me”.
Lui rimase in silenzio senza dire
nulla, così io ripresi.
“Fare finta che non sia successo nulla
non aiuterà nessuno dei due”.
“E invece faremo esattamente finta che
non sia successo nulla. È stato un errore”.
“Tutte e due le volte?” chiesi
ironica.
“Non è il momento di fare sarcasmo”.
“Per te è sempre il momento di fare
sarcasmo, perché non dovrebbe essere lo stesso per me?”.
“Possibile che tu davvero non ci
arrivi?” sbottò alla fine fermando la macchina e voltandosi a guardarmi.
“A cosa?”
“Io non ti merito, non merito nulla di
te, ma Stefan si, lui è perfetto. Voi siete perfetti. Io sono solo un amico e
tale resterò”.
Guardai i suoi occhi e vidi quanto gli
costasse pronunciare quelle parole, ma se lui non voleva essere sincero in quel
momento lo sarei stata io.
“Non so più vederti solo come un
amico, non ci riesco più da tanto tempo. E vorrei che non fosse così, ma lo è.
Credi che non ci abbia riflettuto? Che non abbia pensato alle conseguenze? Se
ho aspettato è proprio perché avevo paura, paura che cambiando il nostro rapporto
non saremmo stati felici come lo siamo ora”.
“Elena…”.
“No Damon, fammi finire. Avevo paura e
c’è l’ho ancora, ma non voglio averla perché so che possiamo cambiare le cose,
che possiamo essere molto più felici di così, basta solo che noi lo vogliamo”.
“Non è così semplice”.
“Si che lo è. Un giorno tu mi hai
detto che per cambiare le cose basta avere solo un po’ di coraggio in più e io
voglio averlo questo coraggio perché voglio essere felice”.
“Non potrai mai essere felice così. Io
sono il cattivo, ricordi? Credi che io sia cambiato, ma non è vero. Sono sempre
il cinico, doppiogiochista, presuntuoso e crudele vampiro di sempre. Io non ti
merito, lo capisci? Ma mio fratello si ed è per questo che questa conversazione
deve finire qui”.
“Sono le scelte che facciamo che
dimostrano chi siamo veramente, molto più delle nostre capacità. Non ti
ostinare a dire che sei cattivo, perché lo sappiamo tutti che in fondo non lo
sei”.
“Non posso essere egoista con te”.
“Quindi mi stai dicendo che dovremmo
rinunciare ad un ipotetico noi”.
“Non esiste un noi, Elena, e non
esisterà mai. Un demone e un angelo non potranno mai andare d’accordo. Discorso
chiuso. Oggi non è successo nulla”.
Una lacrima con forza spinse per
uscire fuori e nonostante con il dito la scacciai via subito percepii la mia
guancia bagnata.
Non potevo farmi vedere piangere, non
da lui, non per le sue parole.
“Bene” dissi cercando di essere
convincente.
“Bene” mi rispose lui rimettendosi in
marcia.
Alzai il volume della radio e poi mi
voltai a guardare il paesaggio fuori dal finestrino, ma quando iniziai a
sentire gli occhi pensanti di lacrime presi gli occhiali da sole che avevo in
borsa e li misi agli occhi.
Dalla posizione in cui ero messa,
Damon non avrebbe mai potuto vedermi piangere ed evitai di fare qualunque
rumore in modo che non attirasse il suo udito vampiresco.
Facemmo tutto il ritorno senza dire
una parole. Ogni tanto lui diceva qualcosa, ma prontamente incontrava il mio
muro di silenzio e smetteva subito di parlare, per poi aggiungere qualcos’altro
mezz’ora dopo.
Mi veniva da prenderlo a pugni. Io non
facevo altro che lottare con me stessa per non piangere e lui, invece, era
tanto tranquillo da far sembrare come se davvero non fosse successo nulla.
Durante quel viaggio rischiavo lo
scleramento, se non fosse stato per il mio cervello che non faceva altro che
ripetere quattro parole, le uniche quattro parole che potevano calmare i miei
nervi: stiamo parlando di Damon.
Ed era appunto perché stavamo parlando
di lui che potevo in qualche modo sperare che il suo comportamento non fosse
altro che una maschera, non potevo che sperare che mi avesse detto quelle cose
solo perché non si sentiva alla mia altezza, non si sentiva in grado di poter
stare con me visto il suo modo di essere.
Speravo davvero che il motivo per cui
mi avesse allontanata fosse che lui credeva di non meritarmi, perché non avrei
retto il peso di sapere che lui non mi amava. Eppure adesso iniziavo anche a
pensare che fosse così, in fondo lui non lo aveva mai detto. Il fatto che non lo
avesse mai negato non significava che lo fosse.
Dopo qualche ora la mia attenzione
venne colpita da un grande cartello: “Welcome
to Mystic Falls”. Eravamo arrivati.
Mi resi conto subito che Damon si
stava dirigendo verso villa Salvatore.
“Casa mia è da quelle parte se te ne
fossi scordato”.
Le mie prime parole da quando avevo
smesso di litigare e avevo usato un tono che non usavo da parecchio tempo con
lui.
Sembravamo essere tornati indietro nel
il tempo.
“Wow, la signorina ha ripreso a
parlare. Pensavo avessi perso la lingua”.
“Non sto scherzando. Voglio andare a
casa”.
“Ti ci sto portando”.
“A casa mia intendo” alzai leggermente
il tono di voce.
“Ti porterò nella mia, invece. E
resterai lì fino a quando questa storia non sarà finita. È troppo pericoloso andare
da te”.
“Damon metti subito una dannata
freccia e svolta verso casa perché è l’unico posto dove andremo. Sono stanca e
ho bisogno di una doccia che farò nel mio bagno” urlai enfatizzando la parola
“mio”.
“Fiato sprecato”.
“Non vorrai costringermi a scendere
dall’auto mentre ancora la macchina è in marcia, vero?”
Vidi lui alzare gli occhi al cielo,
consapevole che avrei vinto io.
“Detesto quando apri la bocca. Era
meglio se continuavi con lo sciopero della parola” rispose sbuffando e
svoltando per dirigersi a casa mia.
Restai in silenzio fino a quando non
raggiungemmo la meta, poi scesi dalla macchina e senza nemmeno dargli il tempo
di aggiungere nulla entrai in casa, ma non considerai la sua velocità
sovrumana, il che implicava che me lo ritrovai ai piedi delle scale.
“Non ti ho chiesto di entrare” furono
le mie parole prima di scansarlo e salire le scale che mi avrebbero condotto al
piano superiore.
“Spiacente, l’hai già fatto in
passato. Un suggerimento per il futuro, invece. Fai attenzione a chi inviti ad
entrare in casa tua”.
Le sue parole mi arrivarono forte e
chiaro nonostante io fossi già arrivata al piano di sopra. Sentii poi la porta
dell’ingresso sbattere, segno che probabilmente fosse andato via.
Corsi nel mio bagno in camera e mi
buttai sotto il getto dell’acqua ringraziando che non ci fossero né Jenna né
Jeremy in casa. Quando l’acqua colpii il mio corpo mi lasciai cadere ad un
pianto liberatorio e tutti i singhiozzi che ero stata costretta a trattenere
per non farmi sentire da lui li liberai.
Restai sotto il flusso dell’acqua non
so per quanto tempo e l’unica cosa che fui in grado di fare fu pensare a me e
Damon, ad alcuni tra i tanti momenti che avevamo condiviso insieme, quei
momenti in cui non avrei mai pensato di potermi innamorare di lui.
La prima volta che lo avevo visto, ad
esempio.
Inizio Flashback
Ero andata a casa di Stefan. Bussai, ma nessuno venne ad aprire. Mi
resi conto che la porta era aperta così entrai.
“Stefan” provai a chiamare.
Nessuna risposta.
Mi guardai attorno rendendomi conto che quella non era una casa
normale, ma una sorta di reggia antica. Sembrava quasi un castello principesco.
Ad un tratto sentii un cigolio di porta, mi avvicinai alla
direzione dalla quale avevo sentito provenire il rumore e vidi una finestra aperta
dalla quale entrò furiosamente un corvo. Sussultai per la paura e mi voltai
subito ritrovandomi a pochi centimetri dal viso di un ragazzo mai visto prima.
Era di una bellezza decisamente eterea, ma qualcosa mi incuteva
timore nel suo sguardo, anche se non sapevo dire esattamente cosa.
“Scusa se sono entra così, ma la porta era aperta”.
Il ragazzo continuò a fissarmi per un po’, poi sorrise
impercettibilmente e parlò.
“Tu devi essere Elena. Io sono Damon, il fratello di Stefan”.
“Non mi aveva detto di avere un fratello”.
“Stefan non è uno che se la tira” mi rispose e non mi fu difficile
capire che era un complimento che rivolgeva a se stesso più che al fratello
“prego accomodati. Stefan arriverà a momenti” mi disse poi facendomi strada nel
salotto.
“Wow, questo è il vostro soggiorno?” dissi ridendo guardandomi
attorno.
“Soggiorno, salotto, buono per un’asta. È un po’ troppo chic per i
miei gusti”.
Sembrava sincero, fino a quando non prese a parlare di Katherine
per insinuare su di me dubbi su dubbi.
Fine Flashback
Solo dopo mi resi conto che tra i due
non scorreva buon sangue, ma avevo creduto davvero alle parole di Damon e
dovevo ammettere che quel giorno, anche se per una frazione di secondo la mia
preferenza era ricaduta su Damon.
Si era mostrato scherzoso, gagliardo,
mentre Stefan non faceva altro che mostrarsi in qualche modo tormentato da
qualcosa.
Non potevo sapere nulla allora, ma per
un attimo l’avevo pensato davvero.
Chi avrebbe potuto dirlo che alla fine
quell’attimo che in passato mi era sembrato un istante di pura follia alla fine
si fosse mostrato reale. Alla fine era Damon che preferivo, era su di lui che
avrei riposto la mia felicità se solo lui mi avesse concesso di farlo.
Cercai di scacciare via quei pensieri,
di scacciare via il suo sorriso, i suoi occhi, ma più cercavo di farlo più il
suo volto mi appariva chiaramente e un altro ricordo si impossessò della mia
mente: il ballo per l’incoronazione della Reginetta di Mystic Falls.
Inizio Flashback
Quella doveva essere una giornata speciale. Mamma, quando era
ancora in vita, aveva insistito tanto perché vi partecipassi.
“La nostra è una delle famiglie fondatrici e devi partecipare
all’evento, ne hai diritto” continuava a ripetermi.
Alla fine mi aveva convita e mi ero iscritta, ma dopo l’incidente
mi ero perfino dimenticata di averlo fatto, invece, oggi mi ritrovavo a dovermi
vestire e acconciare pronta per partecipare ad un evento che sentivo, ormai,
tanto lontano da me da non riuscire neppure a ricordarmi il motivo vero che mi
avesse spinto a inserire il mio nome sulla lista.
Per di più Damon mi aveva appena confessato le attività
“extracurriculari”, come le aveva definite lui stesso, di Stefan e il mio
ragazzo non aveva fatto altro che ammettere quanto stava succedendo.
Il sangue umano lo stava trasformando in qualcosa di orribile e io
non sapevo cosa fare per cambiare le cose.
Mi vestii cercando di mantenere la calma, poi uscii in corridoio
aspettando che venisse chiamato il mio nome. Mi ritrovai da sola con Caroline
mentre mi sporgevo dalla balconata per cercare il mio ragazzo.
“Vedi Stefan là sotto?” domandai alla mia amica.
Lei mi raggiunse e controllò.
“No. Solo il mio noioso accompagnatore di ripiego”.
“Cos’è successo a Matt?”
“Al lavoro non gli hanno fatto prendere un permesso per venire” mi
spiegò “hey, cos’è successo a Stefan?” continuò poi.
“Non lo so. È sparito da qualche parte. Non lo so”.
Non appena pronunciai quelle parole mi resi conto di quanto fosse
assurda la mia presenza lì. Dovevo correre a cercare Stefan, non restare lì in
attesa che mi chiamassero per fare uno stupido ballo. Non ero più quel genere
di persona.
Caroline, però, mi fece ragionare ricordandomi che se ero lì lo
stavo facendo per mia madre e per nessun altro. Dovevo farlo, punto, glielo
dovevo.
Chiamarono il suo nome e lei scese le scale.
“Elena, tu sei la prossima, andiamo” mi sussurrò la mamma di Tyler
invitandomi ad avvicinarmi alle scale.
Acconsentii e mi preparai ad essere chiamata.
“La signorina Elena Gilbert accompagnata dal signor Stefan
Salvatore”.
A quelle parole feci un bel respiro e iniziai a scendere le scale,
ma di Stefan nessuna traccia. Avrei fatto la più brutta figura di tutta la mia
vita.
Poi qualcosa cambiò. Ai piedi delle scale comparve Damon, nel suo
magnifico completo nero e con la sua tipica espressione da bello e dannato che
gli si addiceva alla perfezione.
E fu in quel momento che capii: Stefan non sarebbe apparso e Damon
aveva preso il suo posto. Era lì ad attendermi, era lì a risparmiarmi una
cattiva figura, era lì che mi permetteva di realizzare il sogno di mia madre di
vedermi gareggiare per il titolo di reginetta di Mystic Falls.
Quando mi porse la mano e io gli diedi la mia avrei voluto dirgli
“grazie”, grazie per essere stato lì per me nonostante io mi fossi sempre
comportata in modo non troppo gentile con lui, nonostante io non mi fossi mai
risparmiata di urlargli in faccia quanto lo odiassi, ma le parole che mi
uscirono fuori furono altre.
“Dov’è Stefan?”
“Non lo so”.
Mano nella mano ci dirigemmo fuori e lì non potei fare a meno di
sentire il commento di Jenna rivolto ad Alaric.
“Cosa ci fa con Damon?”
“Non ne ho idea” le rispose lui.
La musica riempii l’aria e noi iniziammo a ballare.
“Cosa faremo?” gli domandai.
“Al momento dobbiamo arrivare fino in fondo a questa cosa”.
C’era decisamente un forte imbarazzo iniziale, ma all’improvviso
più andavamo avanti più mi veniva naturale ballare con lui.
L’imbarazzo ben presto lasciò il posto alla naturalezza, alla
sincronia e quando il distacco venne colmato e mi ritrovai a ballare tra le sue
braccia sentii una strana sensazione. Sembrava come se ci fossimo
solo io e lui, come se tutto il mondo fosse scomparso per lasciare il posto a
quell’unione che si era creata, un’unione di anime che si sfioravano, senza
riuscire a prendersi davvero.
Mi sciolsi come non credevo di poter fare e sorrisi, sorrisi in
modo sincero seguita a ruota da lui. Mi dimenticai perfino di Stefan in quel
momento.
Eravamo due esseri che si stavano in qualche modo fondendo in
qualcosa di unico. Non avrei mai saputo spiegare quella sensazione che provai
in quel momento e quando ci staccammo di nuovo sembrò come se la magia fosse
svanita, come se il filo che ci aveva appena avvolto si fosse spezzato e
stranamente mi dispiacqui di questo.
Quei pochi minuti insieme a lui, stretta tra le sua braccia mi
avevano fatto sentire meravigliosamente bene e non sapevo spiegarmi il motivo
di tutto quello.
Fine Flashback
Adesso che ripensavo a quel momento
era tutto chiaro. Era stato quello il momento in cui qualcosa dentro di me era cambiata,
era stato quello il momento in cui avevo iniziato ad innamorarmi di Damon, ma
non avevo mai voluto ammetterlo a me stessa, perché ammetterlo avrebbe fatto
soffrire troppe persone, in primis me stessa.
Scacciai via quei pensieri, non potevo
permettermi di continuare a pensare a lui, a lui che non mi aveva neppure
permesso di rivelargli i miei reali sentimenti, a lui che aveva scelto per
entrambi facendomi tacere una verità che finalmente avevo trovato il coraggio
di urlare a gran voce.
Perché? Mi domandavo solo questo.
Forse il motivo era molto più semplice
di quello che credevo. Forse Damon credeva davvero di non meritarmi, o forse
semplicemente quella era una scusa campata in aria tanto per non farmi
soffrire, ammesso che lui davvero avesse capito che ciò che cercavo di dirgli
da quella mattina era appunto che lo amassi.
Uscii dalla doccia con una
consapevolezza nuova: io e Damon non saremmo mai potuti stare insieme,
viaggiavamo su due binari opposti, o almeno questo era quello che lui mi aveva
fatto capire.
Ero pronto ad arrendermi? No, in
realtà non lo ero.
Se lo amavo davvero, se davvero il mio
amore era tanto forte come credevo avrei dovuto lottare per questo, i miei
genitori me lo ripetevano sempre.
Io amavo Damon e avrei fatto di tutto
per farlo capire a lui, l’avrei anche fatto innamorare di me se fosse stato
necessario e se lui non lo fosse stato ancora.
Dovevo farlo per la mia felicità,
anche se a dire il vero con ogni probabilità mi restava davvero poco da vivere,
ma a maggior ragione dovevo farlo per questo. Se ero destinata a morire così
giovane dovevo prima coronare il mio sogno d’amore e per farlo avrei prima
dovuto fare una cosa, qualcosa che avrebbe fatto capire a Damon che ero certa
delle mie idee, dei miei sentimenti, una cosa che dovevo fare per me stessa e
soprattutto per Stefan perché io non ero Katherine e l’ultima cosa che volevo
era giocare con i sentimenti di uno dei due o con quelli di entrambi.
Avrei dovuto parlare con Stefan,
dirgli la verità e sperare che lui capisse le mie ragioni. Glielo dovevo.
Mi vestii in fretta e mi asciugai i
capelli lasciandoli stranamente mossi, non avevo voglia di allisciarli. Quando
fui pronta mi diressi in camera, non avevo nessuna voglia di andare a casa
Salvatore e al diavolo se Katherine fosse venuta a cercami in casa mia. Prima o
poi mi avrebbe trovata lo stesso e quando lo avrebbe fatto poteva uccidermi in
ogni momento lei avesse voluto.
L’incantesimo gli permetteva di fare
tutto ciò che voleva con me senza che gli altri avrebbero potuto tentare di
ucciderla.
“Mi sembra il momento sbagliato per un
cambio di look, non trovi?”
Sobbalzai a sentire quella voce, ma in
fondo dovevo aspettarmelo. Conoscendolo dovevo immaginare che non mi avrebbe
lasciata in casa da sola, non con Katherine in giro.
Sapevo che si riferisse ai capelli. Di
solito erano proprio questi che mi distinguevano dalla vampira, i miei lisci e
i suoi mossi, ma non avevo voglia di discutere, non in quel momento.
Era comodamente seduto sul mio letto con il mio peluche preferito posizionato sulla sua pancia, come sempre ogni volta che mi sorprendeva facendosi trovare in camera mia. Aveva messo su l’espressione tipica di
quando tirava le sue solite battutine e nonostante fossi arrabbiata con lui non
potevo evitare di pensare a quanto fosse dannatamente sexy.
“Cosa diavolo ci fai in camera mia?”
“Mi accerto solamente che mi seguirai
a casa mia”.
“Ti avevo detto che sarei venuta”.
“Spiacente, ma non mi fido. So che non
lo avresti fatto”.
“Grazie, ah” mi lamentai pur sapendo
che aveva ragione.
“Dico solo la verità, ti conosco”.
“Quale verità?”
“Quella in cui cerchi di elaborare
folli missioni suicide”.
“Ok” alzai le mani in segno di resa
“andiamo”.
Presi la borsa e lo seguii cercando di
non guardarlo. Il sorrisino straffottente che aveva messo su mi dava proprio
sui nervi.
Era come se non fosse successo nulla
tra noi e questo oltre che infastidirmi parecchio mi faceva male, davvero
tanto.
Quando arrivammo a destinazione, dopo
che per tutto il viaggio non avevo aperto bocca limitandomi ad ascoltare le
stupide battutine di Damon, sbottai.
“Hai intenzione di fingere che vada
tutto bene?” domandai.
“Non va tutto bene, non fin quando
Katherine è in vita”.
“Non mi riferisco a lei e lo sai”.
“Ne abbiamo già parlato, discorso
chiuso. Non è successo nulla”.
“Non sono certa che Stefan la penserà
allo stesso modo quando lo saprà”.
“Stefan non lo saprà” mi disse serio
voltandosi a guardarmi.
“Si, invece e sarò proprio io a
dirglielo”.
“Elena non costringermi a usare il
trucchetto degli occhi ammalianti” disse riferendosi alla possibilità di
soggiogarmi.
“Non lo faresti”.
“No fino a quando non mi costringerei
a farlo”.
“Mi fido di te”.
“E fai male”.
Non gli diedi ascolto e uscii
dall’auto dirigendomi verso l’ingresso di casa, ma lui fu più veloce e mi
precedette bloccandomi il passaggio.
Si avvicinò a me pericolosamente e
quando fu a qualche centimetri dal mio viso prese a parlare addolcendo
decisamente il suo sguardo.
“Elena, ti prego. Non hai idea di
quello che dici. Sei confusa. Non rovinare tutto quello che hai costruito solo
per qualcosa di passeggero” mi disse dolcemente.
“Tu non sei passeggero”.
Anche io ammorbidì il mio tono.
“Promettimelo”.
“Non credo di poterlo fare”.
“Allora promettimi che almeno ci
penserai bene”.
“Questo posso farlo” risposi
sinceramente.
“Bene”.
“Bene”.
Dopo un’ultima occhiata entrammo
dentro. Non sapevo quanto avrei potuto reggere lo sguardo di Stefan, non adesso
che sapevo, non adesso che gli nascondevo qualcosa.
Amavo Damon, lo amavo troppo per far
finta di nulla e nonostante le parole di Damon, nonostante la promessa che gli
avevo fatto, non potevo fare finta di nulla.
Avrei dovuto parlare con quello che
nella mia testa consideravo, ormai, il mio ex fidanzato.
Robsten23
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Era passata una settimana
da quando io e Damon eravamo tornati a Mystic Falls dopo il viaggio in Georgia
per andare a cercare Lucy.
La situazione, però, non
era affatto cambiata rispetto a quel giorno. Con Damon non avevamo più parlato
di quello che era successo e lui sembrava tranquillo, come se non fosse
successo nulla. Il giorno prima era sparito per un’intera giornata senza dire
nulla e quando la sera era tornato a casa non aveva saputo giustificare il
motivo di quella sua assenza. Era strano, alle volte faticavo davvero a
capirlo.
Con Stefan, invece, tutto
procedeva normalmente anche se ultimamente era un po’ strano o forse
semplicemente ero io quella strana e lui si comportava solo di conseguenza.
Non avevo ancora detto
nulla a lui perché avevo promesso a Damon di pensare bene a tutte le
conseguenze delle mie scelte, ma dopo una settimana ero arrivata alla stessa
identica conclusione di prima: ero innamorata di Damon ed era giunto il momento
di parlare con Stefan, non c’è la facevo più a fingere.
Con Katherine la
situazione era stabile. Non si era fatta vedere, ma sapevamo che era a Mystic
Falls. Come? Semplice. Nel giro di una settimana erano stati ritrovati quattro
cadaveri. Il responso della polizia? Erano stati attaccati da qualche animale,
ma noi sapevamo che non era così.
Il Consiglio dei Fondatori
era all’erta e lo sceriffo aveva chiesto a Damon una nuova scorta di verbena e
soprattutto il suo aiuto in caso c’è ne fosse bisogno.
Alaric per il momento si
era trasferito a casa mia per tenere d’occhio la situazione e Jeremy lo
aiutava, mentre io mi ero trasferita a casa Salvatore nonostante non volessi
farlo.
Alla fine avevo dovuto
acconsentire, tutti mi avevano obbligato a farlo, dicevano che era più sicuro
così e perfino Caroline aveva fatto i bagagli per farmi compagnia in quella
grande cosa. “Tre vampiri sono sempre meglio
di due” così avevano giustificato tale decisione Damon e Stefan.
Io e Damon avevamo
raccontato a tutti quello che ci aveva detto Lucy e ancora non eravamo arrivati
a nessuna conclusione, nessuno aveva un piano e questo infastidiva
terribilmente tutti, soprattutto Damon che era sempre stato abituato ad avere
un piano su tutto.
Per il momento l’unica
cosa che tutti si prodigavano a fare era proteggermi, al resto, dicevano, ci
avrebbero pensato a tempo debito.
Eravamo in una situazione
di stallo, motivo per cui mi ero decisa a parlare con Stefan. Non aveva senso
aspettare ancora. Dovevo essere sincera con lui, se lo meritava.
“Elena mi stai ascoltando?” mi domandò
Caroline mentre eravamo sedute nel salotto di casa Salvatore.
“No, scusa, stavo
riflettendo”.
“Hai sempre la testa fra
le nuvole, mi dici che succede? Da quando sei tornata dal viaggio con Damon
sembri un’altra persona”.
Restai in silenzio e mi
limitai a scrollare le spalle.
Lei mi fissò con
un’espressione che la diceva lunga su quelli che erano i suoi pensieri e potevo
essere certa che stava per dire qualcosa, stava per chiedermi se fosse successo
qualcosa con Damon, la conoscevo troppo bene.
“Avanti Elena, dì
qualcosa” mi esortò a parlare, ma vedendo che io non ero intenzionata ad aprire
bocca continuò “cosa è successo? E non dirmi nulla, perché qualcosa deve essere
successa per forza tra di voi”.
“Ci siamo baciati”.
“Baciati o baciati baciati?”
“Caroline che razza di
domanda è? Ci siamo baciati e se non fosse stato per lo squillo del mio cellulare
non credo ci saremmo fermati solo ad un bacio”.
La mia amica mi guardò
cercando di capire se stessi dicendo tutta la verità o se stessi tralasciando
qualcosa.
“E tu non ti saresti
voluta fermare, non è così?”
Abbassai lo sguardo non
avendo il coraggio di rispondere e il mio silenzio bastò a lei per capire
tutto.
“Lo ami?” mi domandò, ma
io ancora non rispondevo.
Ammetterlo a voce alta
faceva male, mi faceva sentire inadeguata, sbagliata forse e sapevo che il
motivo era dovuto al senso di colpa, all’aver tradito Stefan nel modo peggiore
in cui un uomo si può tradire, l’avevo tradito con il cuore.
“Elena, rispondimi, lo
ami?” continuò lei alzandomi il volto con l’indice permettendo ai nostri occhi
di incontrarsi.
“È così sbagliato amarlo?”
domandai mentre le lacrime spingevano per uscire.
Caroline non mi rispose,
ma si avvicinò e mi strinse in un abbraccio, uno di quelli sinceri, uno di
quelli che solo una buona amica sa darti per farti stare meglio.
Restammo immobili in quella
posizione per un po’, poi ci staccammo e lei tornò a guardarmi negli occhi.
“Mi spieghi cosa è
successo?”
Iniziai a raccontargli
tutto, senza tralasciare nulla. Caroline con molta probabilità era l’unica
persona che in quel momento poteva capirmi senza giudicarmi, cercando di essere
razionale senza farsi condizionare da niente e da nessuno.
Quando terminai di
raccontarle quanto successo sentii un peso in meno dentro di me, come se mi
fossi tolta un macigno che in quella settimana mi stava opprimendo sempre di
più.
“E adesso cosa vuoi fare?”
“Caroline io lo amo, ho
provato a non amarlo, a fare finta che non fosse successo nulla, ma non ci
riesco. Mi vengono in mente tutti i momenti con lui, il nostro rapporto, i
nostri battibecchi, tutto. Io ho bisogno di lui”.
“E Stefan?”
“Non sai quanto mi sento
in colpa. L’ho tradito nel modo peggiore, ma io non lo amo. Gli voglio bene,
Dio solo sa quanto, ma non lo amo. Lo guardo e vedo Jeremy, ecco, lo considero
come un fratello. Damon, con lui è tutto diverso. Quando sto con lui mi sento
completa, come se non avessi bisogno di nient’altro. Non ho mai voluto
ammetterlo a me stessa, ma è sempre stato così e adesso lui dice che sto
sbagliando, che non sono lucida, che non so cosa provo, ma io lo so, invece, lo
so benissimo: so che voglio stare con lui”.
Caroline mi guardò e
sorrise pronta ad aggiungere qualcosa, ma la interruppi prima che lei
iniziasse, volevo finire di dire ciò che pensavo. Avevo bisogno di pronunciare
a voce alta tutto quello che per un’intera settimana mi aveva tormentata.
“No so perché, ma quando
penso a lui i miei pensieri non hanno mai il punto. Solo virgole, sono una
valanga di immagini e parole senza punteggiatura. Senza volerlo è diventato il
mio tutto, lui è un respiro, un pensiero, un’emozione, è confusione e
chiarezza, è tutto. Credimi ho cercato di riflettere sulle cose che mi
piacciono di lui, su quelle cose che mi hanno permesso di innamorarmi di lui,
ma sono arrivata ad una conclusione: mi piace tutto di lui e non per quello che
è, non solo almeno, ma per quello che sono io quando sto con lui. Mi fa sentire
diversa e stare con lui mi da la certezza di poter essere quello che voglio
essere in qualunque momento della mia vita. Lui è per me come una casa con il
tetto di vetro: posso osservare il cielo sentendomi sempre al sicuro. Damon è
il paese dove voglio vivere e questo è tutto. E adesso non so cosa fare, come
comportarmi” conclusi liberandomi finalmente di tutti i pensieri che
ultimamente mi avevano assillato.
Caroline mi guardò e
sorrise ancora, poi mi prese una mano e la strinse nella sua.
“Stai cercando una riposta
che non sai se arriverà mai. Non c’è sempre una risposta a tutto. Magari sì,
magari no, non importa. Il tuo cuore ha già scelto e se ami così tanto
intensamente Damon non puoi far altro che correre a prendertelo. Credi davvero
che se lui ti abbia detto quelle cose l’abbia fatto perché non ti ama? Elena
apri gli occhi. È venuto qui per distruggere questa città, per fare del male a
Stefan e a tutte le persone a cui lui voleva bene e invece? Eccolo qui dopo un
anno totalmente diverso. È rimasto qui per cercare di trovare una soluzione per
salvare te, le persone che ami e la città. È qui per salvarti ancora una volta
ed è pronto a sacrificare la sua felicità perché non crede di essere alla tua
altezza. Se non è amore questo, cosa lo è? Ti guardo e vedo quello che provi e
credimi non l’ho mai visto negli occhi di nessuno e ti invidio perché vorrei
poter provare qualcosa del genere anche io e mi auguro di poterlo provare un
giorno perchè l’amore è la cosa più bella del mondo”.
Mi buttai tra le sue
braccia e l’abbracciai stretta più che potei. Non poteva immaginare quanto
fossero importante per me le parole che mi aveva detto.
“Non farlo” mi disse
quando mi staccai.
“Cosa?”
“Quello che stai per
fare”.
La guardai stranita non
capendo e lei continuò.
“Non ringraziarmi”.
Sorrisi perché ancora una
volta aveva capito cosa stavo per fare.
“Come posso non farlo dopo
tutto quello che fai per me?”
“Elena, la tua felicità è
tutto ciò che voglio e vederti felice davvero sarà il ringraziamento migliore
che puoi fare a me”.
“Ti ho mai detto che ti
adoro?” le domandai sorridendo asciugandomi le lacrime.
“Ti ho mai detto che la
cosa è ricambiata?” mi rimbeccò lei e guardandoci scoppiammo a ridere
riempiendo il salone delle nostra risate.
Ad un tratto le vidi
cambiare espressione e tornare seria.
“Damon” canzonò lei come
per salutarlo e subito il vampiro comparve in stanza.
Grazie al suo superudito
vampiresco si era accorta della sua presenza.
Sperai che fosse appena
rientrato e non avesse sentito nulla. Non potevo aprirmi in quel modo con lui,
non in quel momento.
“Da quanto tempo sei lì?”
domandai.
“Sono appena rientrato.
Stefan ti aspetta in macchina, muoviti”.
Lo guardai e vidi
un’espressione strana nel suo sguardo e non riuscii a capire se mi avesse detto
la verità o meno.
“Dove dovete andare?” mi
domandò Caroline curiosa rompendo l’imbarazzo che sembrava essersi creato con
l’arrivo di Damon.
“Al Grill per una serata
normale, “umana” direi” le risposi sincera.
A dire il vero non sarebbe
stata normale, non dopo la mia confessione a Stefan.
“E io dovrei restare con
Mister Simpatia?” domandò lei.
“Hey Barbie non fare la
sostenuta, lo so che mi adori” la canzonò lui mentre lei lo guardò furente.
Mi piaceva vederli
insieme, Caroline e Damon, Damon e Caroline. Sembravano una coppia comica da
film. In fondo si volevano bene, lo sapevo con certezza. Caroline era una delle poche
che aveva capito che persona fosse davvero Damon, nonostante in passato lui
avesse fatto molti sbagli con lei.
“Bene, vi lascio litigare.
Io vado”.
Mi diressi verso l’uscita,
non prima di aver lanciato uno sguardo a Damon e in quel momento incrociai i
suoi occhi per la prima volta in quella giornata e quasi mi tremarono le
ginocchia. Mi faceva sempre uno strano effetto.
Distolsi lo sguardo e mi
diressi all’ingresso, ma qualcuno mi afferrò per il polso. Mi bastò percepire
l’elettricità di quel contatto percorrermi il corpo per capire di chi si
trattasse.
Mi voltai e incontrai
nuovamente quegli occhi cerulei che avevo imparato ad amare senza nemmeno
accorgermene e non potei fare a meno che leggergli amore. Forse mi sbagliavo,
ma riuscivo a vedere solo un grande, sconfinato amore, nonostante le sue parole
dimostrassero il contrario.
E in quel momento, in quel
preciso istante mi vennero in mente le parole che un giorno Jenna mi lesse da un
libro di filosofia di Emerson: “quando
gli occhi dicono una cosa e la bocca un’altra, l’uomo avveduto si fida del
linguaggio dei primi”.
Io ero una persona attenta
e in quel momento mi volli fidare di quello che vedevo negli occhi di lui: mi
amava esattamente come lo amavo io che volesse ammetterlo o meno.
Troppo occupata a leggere la sua anima
all’interno dei suoi occhi non mi resi conto che si era avvicinato
pericolosamente al mio viso e in una manciata di secondi sentii le sue labbra
sulla mia fronte. Un bacio casto, pulito, puro, ma che allo stesso tempo mi
faceva avvampare.
Non stava baciando le mie labbra, ma
solo la mia fronte eppure riuscivo a sentire il paradiso. Solo con Damon mi ero
resa conto che questo posto non andava cercato fuori, ma andava
cercato dentro, quando si sentiva nella propria vita di far parte di qualcosa e
io l’avevo trovato nell’ultima persona dalla quale me lo sarei aspettato.
Lasciò le sue labbra lì per qualche
secondo, mentre io pregavo perché non le staccasse mai. Quando poi lo fece
tornò a guardarmi intensamente e con una mano accarezzò la mia guancia con
dolcezza, una dolcezza talmente potente che non credevo che gli potesse mai
appartenere.
Qualche secondo dopo non c’era più.
Con la sua velocità sovrumana era sparito e la voce cristallina di Caroline mi
giunse alle orecchie, segno che era tornato in salone con lei e avessero
ripreso a parlare.
Che avesse sentito davvero le mie
parole e quello era un modo tutto suo per farmi capire qualcosa?
Avrei voluto correre da lui e farmi
spiegare quel gesto, ma avevo paura, paura di farlo, paura di ascoltare le sue
parole che avrebbero potuto rovinare la magia che quel suo comportamento aveva
creato, paura che le sue parole avrebbero potuto cancellare il coraggio
inconsapevole che mi aveva appena dato, il coraggio di affrontare Stefan e
rivelargli come stavano davvero le cose.
Adesso lo sapevo più forte che mai:
non c’era più tempo, il mio cuore non potevo più aspettare.
Mi toccai la fronte, proprio lì dove
si erano posate le sue labbra e poi portai la mano alla bocca in un gesto
involontario. Era un modo sicuramente sciocco e infantile di sentire il suo
tocco anche lì.
Feci un respiro intenso e poi uscii di
casa dove trovai Stefan seduto in macchina che mi aspettava. Quando mi vide mi
sorrise felice, poi io salii in macchina e sfrecciammo via nella notte, in
quella che doveva essere una serata tra due normali fidanzati. In realtà noi di
normale non avevamo nulla, lui era un vampiro e io ero una ragazza innamorata
pazzamente del fratello. Che coppia potevamo mai formare?
Per tutta la durata del viaggio
parlottammo tra noi, anche se io ero piuttosto distratta, troppo presa a
pensare a Damon e al gesto appena fatto e Stefan sembrò accorgersene in quanto
mi domandò più di una volta se andasse tutto bene.
Quando raggiungemmo il Grill
posteggiammo ed entrammo dentro. Ci sedemmo ad un tavolo e ordinammo qualcosa
da mangiare e da bere e fu allora che per la prima volta notai la differenza
tra Damon e Stefan anche su ciò che mangiavano.
Damon era il classico tipo da birra o
drink alcolico e hot dog e patatine fritte a non finire, Stefan, al contrario,
invece, era il tipo da coca cola e panini salutari con pomodoro e insalata,
come se davvero altre tipologie di cibo potevano fargli male.
Scacciai via quei pensieri e mi
dedicai al mio hot dog, avevo proprio fame quella sera e soprattutto avevo
bisogno di energie per poter sganciare una bomba come quella che avevo in serbo
per Stefan quella sera.
Iniziammo a chiacchierare del più e
del meno trascorrendo gran parte della serata, poi ad un certo punto non
riuscii più a mantenere quella farsa. Mi zittii all’istante e mi portai una
mano sulla fronte, tipico gesto di quando ero nervosa.
“Che c’è che non va?” mi chiese lui
notando subito il mio cambio d’umore.
Feci un bel respiro e poi lo guardai
negli occhi, la prima volta in quell’intera serata.
“Stefan, credo che dovremmo parlare”.
“Inizio a crederlo anche io. È un
periodo che sei molto strana”.
Come volevasi dimostrare era una
fidanzato troppo attento per non accorgersi che c’era qualcosa che non andava.
“Non so da dove iniziare”.
“Prova a cominciare dall’inizio. So
già cosa mi vuoi dire” mi disse abbassando lo sguardo.
Assunse un’espressione strana in volto,
un’espressione che gli avevo visto addosso solo la sera in cui mi ero
presentata a casa sua, dopo che Jenna si era ficcata un pugnale in pancia, per
comunicargli la fine della nostra storia. Allora il problema era Katherine,
dovevamo lasciarci per far contenta lei, adesso, invece, era tutto diverso.
“Da quando ci siamo conosciuti sono
successe tante cose, cose belle che porto nel cuore e cose brutte che vorrei
dimenticare, ma non posso. Nei momenti più difficili non posso negare di aver
pensato a come sarebbe stata la mia vita se tu non ti fossi trasferito a Mystic
Falls, se la tua strada non avesse incrociato la mia, ma alla fine mi ritrovavo
a pensare sempre alla stessa cosa e cioè che se avessi potuto scegliere tra
incontrarti e non farlo avrei scelto di farlo perché l’ultimo anno della mia
vita è stato il più bello e magico di sempre. Ho imparato a vedere a fondo alle
cose, a non soffermarmi alla superficie come facevo sempre prima e credo di
essere diventata una persona migliore rispetto a quello che ero prima”.
Mi fermai e lo guardai ancora negli
occhi. Non potevo esserne certa, ma qualcosa dentro di me mi diceva che lui
aveva già capito dove sarei andata a parare.
“Ti ho visto e mi sono innamorata di
te forse prima ancora di sentirti parlare. È stato come un fulmine a ciel
sereno. Uscivo da una storia importante con Matt, il ragazzo con il quale in
qualche modo era cresciuta, e mi sembrava prematuro iniziare una storia con
un’altra persona, ma poi sei arrivato tu e le mie convinzioni hanno iniziato a
vacillare. È stato amore a prima vista, ci ho creduto in noi, nel nostro amore
e credevo sarebbe stato per sempre”.
Mi fermai non riuscivo quasi più a
parlare, le lacrime si stavano impadronendo dei miei occhi come anche dei suoi
e in quel preciso momento avrei tanto voluto che lui fosse più forte, che lui
riuscisse a trattenere le lacrime perché vederlo piangere mi straziava il
cuore.
“Lasciami indovinare, c’è un ma non è
vero?” mi domandò e non appena io annuii impercettibilmente lui riprese a
parlare “credevi sarebbe stato per sempre, ma non hai fatto i conti con lui,
non è vero?”
Non c’era rancore, né rabbia nella sua
voce, c’era dolcezza, comprensione e soprattutto consapevolezza.
Lui sapeva che amavo Damon, lo aveva
capito, forse anche prima di me.
“Stefan io…” provai a dire, ma lui non
me lo permise perché mi prese la mano e me la strinse guardandomi dolcemente
mentre cercava a stento di trattenere le lacrime.
“Non cercare di giustificarti, Elena,
non serve. Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato questo momento, sapevo che
prima o poi ti saresti trovata di fronte ad una scelta”.
“Io non…”
Di nuovo mi interruppe.
“All’inizio non ti nego che volevo
che nemmeno ti avvicinassi a lui, Damon era crudele, cattivo, sadico, ma poi
qualcosa è cambiato. Più tu gli stavi accanto più lui mostrava quello che io
tanto avevo cercato di tirargli fuori, la sua umanità. Che tu ci creda o meno
io non ho mai odiato mio fratello, se l’ho costretto alla trasformazione era
solo perché lo volevo al mio fianco, solo perché un’eternità senza la persona a
cui più tenevo al mondo mi sembrava impossibile anche solo da concepire, ma
Damon si è trasformato in un vero mostro e sono arrivato al punto di credere
che in lui non ci fosse più umanità. Poi sei arrivata tu e pian piano hai
tirato fuori in lui quella parte che lui stesso credeva di aver perso”.
Una lacrima gli bagnò il volto e
subito si premurò ad asciugarla.
“Non mi sono reso conto subito che lui
ti amasse, poi però l’ho capito. Isobel mi ha aperto gli occhi e Damon non ha
mai voluto o potuto negare questa verità, non l’ha confermata questo è vero, ma
non l’ha negata e questo è ciò che conta. A quel punto volevo che si
allontanasse da te, sapevo il fascino che riesce ad avere e avevo paura, paura
di perderti, ma alla fine non sono riuscito ad allontanarlo. Non potevo per due
motivi: tu non me lo avresti permesso perché gli volevi bene e poi io ero
pronto ad accettare l’amore che provava per te se questo significava far
riaffiorare il fratello che avevo tanto amato e che ancora amavo”.
“Ti ho amato davvero credimi. È solo
che mi sono resa conto che amo lui di più. Non credevo che sarebbe potuto
succedere. Per me esistevi solo tu, lui era solo un amico, ma adesso non lo è
più”.
“Lo so, l’ho capito da un po’, ma non
volevo affrontare l’argomento perché affrontarlo significava perderti e
egoisticamente volevo godermi qualche altro momento con te. La verità Elena è
che tu probabilmente lo ami da molto prima che te ne accorgessi, ma eri troppo
spaventata per ammetterlo. Hai sempre creduto di non avere una scelta, o meglio
di averla già fatta, ma ti sbagliavi”.
“Credevo soltanto di amarti talmente
tanto da non poter fare spazio dentro di me a nessun altro, ma Damon è stata
un’eclissi che ha spazzato via tutto con la sua luce. Dio solo sa quanto ho
cercato di scacciare i sentimenti che sentivo nascere per lui, ma non c’è l’ho
fatta. Forse sarà un fiasco o forse no, chi può dirlo, ma se c’è una sola
possibilità che le cose funzionino io devo tentare e comunque non sarebbe stato
giusto continuare a starti accanto sapendo che il mio cuore batte per un’altra
persona”.
“Ti credo quando dici che hai lottato
per scacciare i sentimenti che provi per lui, ma la verità è che non dovevi
nemmeno privarci perché avresti fallito già in partenza. Se c’è una cosa che ho
imparato in un secolo è mezzo è che l'amore ti sceglie, ti sceglie e basta. E
non importa se è il momento giusto, se lui o lei ha un carattere opposto al
tuo, se è l'uomo o la donna di un'altra persona o vive nell'altra metà del
mondo. L'amore arriva, così per caso, non ti chiede il permesso, non ti chiede
nulla. Ti sceglie, punto”.
In quel momento non riuscii più a
trattenere le lacrime che come un fiume in piena uscirono dai miei occhi
bagnandomi le guance. Stefan si alzò dalla sedia e ci avvicinò a me cercando di
asciugarle una ad una e in quel momento mi sentii ancora più uno schifo.
Lui era perfetto, era la persona più
meravigliosa dell’universo, ma purtroppo non era perfetta per me e non riuscivo
a darmi pace per questo, non riuscivo a darmi pace perché lo stavo facendo
soffrire e lui non lo meritava.
“Mi dispiace Stefan, Dio solo sa
quanto mi dispiace”.
Lui mi fissò e mi sorrise nonostante i
suoi occhi fossero lucidi e la sofferenza palpabile sul suo volto.
“Hey, va tutto bene”.
“Avrebbe dovuto essere diverso”.
“Non sarebbe mai potuto essere
diverso, tutto è come dev'essere”.
“Che succederà adesso?”
“Succederà che cercheremo di
sconfiggere Katherine senza che nessuno si faccia male, succederà che tu sarai
felice con lui, succederà che io ti starò accanto comunque se tu lo vorrai”.
Lo guardai intensamente e in quel
momento mi sentii felice, felice davvero.
Non avrei mai creduto che lui potesse
dire quelle cose. Pensavo che l’avrebbe presa malissimo, che mi avrebbe fatto
una scenata per poi correre a casa e combinare qualche sciocchezza con suo
fratello, ma no, non stava succedendo nulla di tutto questo. In fondo stavamo
parlando di Stefan, una reazione come me la ero immaginata io era tipica di
Damon, non di suo fratello.
“Quindi nonostante tutto possiamo
essere amici? Non voglio che tu sparisca dalla mia vita, non voglio neppure che
ci sia imbarazzo tra noi”.
“Ci sono persone che non finiscono mai
di volersi bene, semplicemente perchè ciò che li lega, è più forte di ciò che
li divide. Continuerò a starti accanto perché il fatto che tu abbia scelto lui
non implica che io non possa fare parte della tua vita. Voglio solo che tu sia
felice. Sii felice e potrai avere di me quanto vuoi: una parte o niente, se
preferisci, ma io sono qui e ci sarò sempre per te” provò a dire mentre io
ripresi a piangere.
Non mi meritavo quella reazione.
Cavolo lo stavo facendo soffrire come un cane eppure era sempre composto,
pronto a guardare alla mia felicità e molto poco alla sua.
Vedendo che non risposi riprese a
parlare.
“E poi devo per forza starti accanto.
Chi ascolterà i tuoi lamenti quando mio fratello farà il cazzone? Cioè
praticamente sempre?”
Lo guardai e sorrisi, sorrisi di
cuore.
Con quella frase non solo mi aveva
fatto capire che non c’è l’aveva con me, ma che non portava rancore nemmeno a
Damon.
“Lui, lui dice di non meritarmi, che
sei tu quello perfetto per me”.
Glielo dissi non per essere compatita,
ma per fargli capire che Damon ci teneva a lui, che gli voleva bene davvero.
“Credo che Damon si sottovaluti un po’
troppo quando si tratta di te”.
“Cambierà tutto tra di voi, non è
così? Per colpa mia tutti i passi avanti che…” provai a dire, ma lui mi mise
l’indice alla bocca per farmi zittire.
“Non cambierà nulla, non da parte mia
almeno. Tu e lui siete le persone più importanti della mia vita e voglio solo
che siate felici. Il resto non conta. Soffrirò questo lo so, ma la vostra
felicità vale più di qualunque cosa al mondo e poi Elena, la verità è che Damon
dopo tutto quello che ha passato un po’ di felicità se la merita davvero”.
Non dissi nulla, lo guardai e gli
sorrisi e lui fece lo stesso con me, poi mi abbracciò e io ricambiai la stretta
abbracciandolo più che potevo.
Avevo davvero bisogno di quel contatto
in quel momento, quell’unico contatto che era in grado di farmi capire se
Stefan mi avesse detto la verità o meno.
In quella stretta ci vidi solo
sincerità e per questo sorrisi, sorrisi perché era andata decisamente meglio di
come me l’aspettavo, sorrisi perché avevo appena acquistato un amico, sorrisi
perché Stefan nonostante tutto aveva scelto la mia felicità e quella di Damon a
discapito della sua e anche se questo era egoista da parte mia ero contenta,
contenta di non averlo perso.
Senza di lui nulla sarebbe stato più
come prima. Gli volevo un bene dell’anima, ma il mio cuore aveva smesso di
battere per lui.
Una cosa era certa, però. Prima o poi
anche lui avrebbe trovato la persona giusta, quella che gli avrebbe fatto
battere il cuore e non lo avrebbe deluso come avevo fatto io.
Forse,
semplicemente non mi meritavo una persona come lui. Lui meritava molto meglio.
E se c’era una cosa che mi auguravo era proprio quella di poterlo vedere un
giorno finalmente felice.
Adesso dovevo fare solo un’altra cosa.
Parlare con Damon e fargli capire che non mi interessava quanto giusto o
sbagliato avrebbe potuto essere il nostro futuro insieme, ma se c’era solo una
piccola possibilità di poterlo vivere dovevamo tentare.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con l’ottavo capitolo. Finalmente
Elena ha chiarito con Stefan e lui l’ha lasciata andare.
Voglio precisare che la reazione di
Stefan non è dovuta al fatto che lui poco la ami, ma semplicemente al fatto che
proprio perché la ama troppo vuole solo che lei sia felice e comprendendo che
la felicità di lei non porta il suo nome ha deciso di lasciarla andare.
Non può avercela con lei solo perché l’amore
di Elena è nato per un’altra persona. Non si sceglie chi amare, purtroppo o per
fortuna.
Vi lascio una piccola immagine come
spoiler del capitolo nove e anche un piccolissimo pezzettino:
“Da-mo-n io ti…” provai a dire, ma lui mi mise
l’indice in bocca facendomi zittire.
“Shh, non dire nulla. Andrà tutto bene, andrà tutto
bene” prese a dire preoccupato prendendomi tra le sua braccia per quanto gli
fosse possibile.
“Va già be-ne” provai a dire, ma ci riuscii a
fatica.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Dopo aver parlato con
Stefan ed esserci chiariti restammo al Grill ancora per un po’ a parlare come
due buoni amici anche se la situazione mi sembrava completamente assurda.
Quando poi io iniziai a
sbadigliare Stefan si alzò dal tavolo dirigendosi verso il bancone per pagare e
in quell’esatto istante sentii un cellulare vibrare sul tavolino. Era quello di
Stefan.
Lo presi in mano e vidi la
scritta “Nuovo messaggio da Damon” lampeggiare.
Spinta non so da quale curiosità decisi di leggere il messaggio:
Tieni Elena lontana da casa nostra.
Un messaggio breve e
conciso, tipico di Damon, ma sentii un brivido percorrermi il corpo, un brivido
di paura.
Se io dovevo restare lontana
da casa Salvatore c’era un solo motivo: stava succedendo qualcosa e con molta
probabilità Katherine era lì.
Cancellai il messaggio in
modo che Stefan non potesse leggerlo altrimenti non mi avrebbe mai riportato a
casa e poi finsi un sorriso quando lo vidi avvicinarsi di nuovo a me.
“Chi era?” mi domandò.
“Chi era cosa?” feci finta
di non capire.
“Ho sentito il cellulare
vibrare”.
Dannato udito vampiresco.
A loro non sfuggiva mai nulla.
“Oh, niente. Era il mio.
Bonnie voleva augurarmi la buona notte”.
Sorrisi cercando di essere
convincente e dovetti mostrarmi davvero una brava attrice perché Stefan si
bevve la cosa senza aggiungere altro.
“Sono molto stanca, ho
proprio bisogno di una bella dormita. Andiamo a casa?”
“Non avevi detto che
volevi passare a casa tua per salutare Jenna?”
“L’ho detto, ma sono
troppo stanca. Ci andrò domani”.
“Ci andremo domani o
comunque ci andrai con Damon o Caroline” precisò lui assumendo un’espressione
seria dalla quale si poteva, però, intravedere una grande preoccupazione.
“Ok papà” commentai
sarcastica e lui mi guardò e sorrise mentre io feci lo stesso.
In fretta uscimmo fuori e
salimmo in macchina. Non mi piaceva dovergli mentire, ma era l’unica soluzione.
Damon e Caroline probabilmente erano da soli con quella psicopatica, l’aiuto di
Stefan avrebbe potuto giovare e soprattutto la mia presenza sarebbe stata
utile. Se era me che voleva era me che avrebbe avuto. Gli altri doveva
lasciarli stare.
In poco tempo arrivammo
davanti casa e subito scesi entrando in casa senza dare il tempo a Stefan di
capire cosa stava succedendo grazie al suo fantastico udito.
Quando mi ritrovai nel
salone della casa capii di non essermi sbagliata e vidi Stefan proprio accanto
a me che mi si parava davanti. Dannata velocità.
Katherine era comodamente
seduta sul divano di casa come se nulla fosse, mentre Damon era esattamente
posizionato di fronte a lei in piedi che la osservava truce. Caroline era poco
distante da loro mentre cercava di cogliere ogni minimo particolare sul volto
della vampira.
“Quale parte della frase tieni Elena lontana da casa nostra non
ti è stata chiara, fratellino?” domandò Damon stizzito senza nemmeno voltarsi a
guardarci.
Ci aveva sentiti arrivare
grazie al suo super udito.
“Di che stai parlando?”
chiese Stefan cadendo dalle nuvole e mostrandosi preoccupato alla vista di
Katherine.
A quel punto Damon si
voltò e i suoi occhi puntarono i miei. Solo allora comprese e mi stupii di
quanto a fondo lui riuscisse a conoscermi visto che un solo mio sguardo gli era
bastato più di mille parole.
Si avvicinò a me e quando
fu ad un palmo dal mio volto mi guardò truce.
“Cos’è, hai ripreso la via
del martirio?”
La sua voce era pungente
come la lama di un coltello, ma cercai di non dargli tanto peso. Era solo preoccupato
per me e certo io non facevo nulla per allontanare il pericolo, anzi sembravo
andare a cercarlo.
“Mi spiegate cosa
succede?” intervenne Stefan.
“Succede che la tua
fidanzatina ha pensato bene di non farti arrivare il messaggio che gentilmente
e non poco faticosamente ti avevo inviato”.
Stefan mi guardò con aria
preoccupata, ma allo stesso tempo arrabbiata e io abbassai lo sguardo perché
non mi andava di guardare nessuno dei due in quel momento. Avevano tutti e due
la stessa espressione in viso.
“Bene, molto bene. Pensavo
di dovermene andare via senza prima aver visto la mia copia mal riuscita, ma
noto con piacere che mi sbagliavo” disse Katherine battendo il piede sul
pavimento facendo rumore per via del tacco.
“Che diavolo sei venuta a
fare ancora?” chiese Stefan.
“Volevo assicurarmi che vi
foste ben informati sul fatto che non c’è modo per eliminarmi, non senza
eliminare anche la vostra amata umana. Credo che una settimana sia stata
sufficiente per prendere le dovute informazioni”.
Il suo tono era superbo,
impassibile, il tono di una persona che sa quello che vuole, il tono di chi sa
di avere il coltello dalla parte del manico.
“Se proprio devi uccidermi
perché non lo fai e la facciamo finita?” sbottai alla fine.
Non riuscivo più a
sopportare quella situazione. Damon, Stefan e Caroline si voltarono a guardarmi
e mi fulminarono con lo sguardo, mentre Katherine prese a ridere sommessamente
come se avessi appena fatto la battuta del secolo.
Pian piano si alzò e si
avvicinò a me, ma Damon mi si parò davanti, mentre Caroline e Stefan mi
raggiunsero da dietro in modo che la vampira non potesse avvicinarmi.
“Non ho intenzione di
farle male, smettetela di essere così protettivi”.
Continuò ad avanzare, ma
Damon non gli permise di procedere. Il mio corpo e quello di Katherine erano
divisi da quello di Damon. Vedendo che non aveva un passaggio per avvicinarsi a
me ci rinunciò e prese a camminare avanti e indietro per la stanza facendo
ticchettare i suoi tacchi sul pavimento a cadenza rallentata.
“Vedi Elena, se c’è una
cosa che amo fare è vendicarmi. E in questo momento sei tu la mia pedina, è con
te che devo liberare la mia vendetta. Chiunque mi abbia conosciuto sa qual è la
cosa che odio di più al mondo. Ti starai chiedendo di cosa si tratta. Semplice:
perdere ciò che è mio. In questo caso è diverso, però. Io non ho perso nulla,
sei tu che mi hai tolto tutto, tu con quella faccia d’angelo e quel caratterino
da prendi me e salva chi amo” iniziò
a dire lei fermandosi a guardare Stefan e poi Damon.
Nessuno disse nulla, forse
perché tutti avevamo un pensiero comune: finalmente Katherine ci avrebbe
rivelato il suo piano.
“Ho conosciuto Damon e
Stefan quando erano due fratelli così amorevoli tra di loro. Andavano così
d’accordo e si spalleggiavano a vicenda. Ricordo ancora chiaramente il momento
in cui Damon informò suo padre di non voler più andare a combattere e di quanto
intensamente Stefan abbia difeso suo fratello. Poi tutto cambiò. Ricordi la
maledizione? Gli uomini della famiglia Salvatore sono stati maledetti dalla
rivalità tra fratelli e Damon e Stefan ne furono il modello esemplare non
appena mi conobbero e si innamorarono di me”.
“Questa maledizione è solo
un’idiozia. Può essere sfatata”.
“E come? Alla fine
finiscono sempre per innamorarsi della stessa donna”.
“Basta” urlò Stefan non
riuscendo più a sopportare la situazione o forse non riuscendo più a restare
calmo di fronte ai ricordi che Katherine stava tirando fuori.
Katherine lo osservò, poi
si avvicinò a lui ponendo i loro volti ad una distanza davvero minima. Mi resi
conto solo in quel momento come quella vicinanza non sortisse in me nessun
fastidio, se non per il fatto che avevo paura della reazione di Katherine e del
fatto che avrebbe potuto fare del male a lui. Lo amava questo lo sapevo, ma restava
pur sempre una vampira imprevedibile e dannatamente stronza.
Stefan la guardava con
aria minacciosa, mentre lo sguardo di lei sembrò per un attimo addolcirsi. Che
anche lei avesse un cuore? Probabilmente, ma in questo momento non lo stava
mostrando per nulla.
“Cosa ti fa male Stefan?
Che richiamo alla mente vecchi ricordi o che ti sbatto in faccia il fatto che
tu e Damon dopo 150 anni siete ancora al punto di partenza? Che dopo tutto
questo tempo non avete imparato la lezione e di nuovo vi siete innamorati tutti
e due della stessa donna?”
“Non c’è nulla che possa
farmi male, non se detto o fatto da te”.
“Così mi deludi amore mio”
gli rispose lei sprezzante, ma accarezzandogli una guancia in quello stesso
momento.
Stefan afferrò la sua mano
e la scacciò via con talmente tanta forza che la stessa Katherine venne
sbattuta nella parete di fronte frantumando a terra due bicchieri che erano
posti sul tavolino.
Damon sorrise sardonico e
anche Caroline non riuscii a nascondere un sorrisetto per quanto era appena successo.
In fondo tutti in quella stanza odiavamo Katherine.
Lei si rialzò come se
nulla fosse e lanciò uno sguardo infuocato a Stefan, poi prese una scheggia di
vetro da terra proveniente da uno dei bicchieri che si erano rotti e si avvicinò
di nuovo al mio ormai ex fidanzato.
“Ti credevo più
intelligente Stefan. Questo le farà molto male” disse pronta a infilarsi la
scheggia di vetro sul braccio.
Ero già pronta a sentire
il dolore, ma l’unica cosa che arrivò forte e chiara fu l’urlo di Stefan.
“Non farlo, ti prego”.
“Adoro quando qualcuno mi
prega, ma devo farlo. Dovete capire chi è che comanda”.
Mi guardai il braccio
destro, lo stesso a cui Katherine stava puntando e quando ero pronta per
vederlo macchiarsi di sangue sentii un forte rumore.
Mi voltai e vidi Katherine
a terra con Damon addosso a lei, mentre la scheggia di vetro era caduta dalle
mani della vampira finendo poco distante.
Gli occhi di Damon erano
intrisi di rabbia, ero certa che se avesse potuto l’avrebbe uccisa in quello
stesso momento, avrebbe ucciso senza pietà quella donna che aveva amato per un
secolo e mezzo.
Caroline nel frattempo a
velocità vampiresca raccolse tutti i cocci a terra e li gettò nel fuoco, poi si
avvicinò a me.
“Stai bene?”
Incapace di risponderle
annuii solamente e lei mi sorrise.
Katherine nel frattempo si
era liberata dalla presa di Damon e adesso aveva ripreso a camminare facendo
avanti e indietro nella stanza, mentre i tre vampiri mi avevano circondata per
farmi da scudo.
“Katherine che cosa vuoi
da me?” domandai sfinita da tutta quella situazione.
“Ci stavo arrivando se i
tuoi protettori mi avessero permesso di continuare”.
“Bene, allora fallo”.
“Stavo dicendo che il mio
arrivo cambiò la vita di Damon e Stefan. Si innamorarono talmente tanto di me
che fecero di tutto per salvarmi da morte certa, ma ciò che non sapevano era
che io non volevo essere salvata, ero molto più furba di quello che credevano e
avevo già trovato il modo per salvarmi. Alla fine morirono entrambi per poi
rinascere ed essere quello che sono oggi e io sono stata costretta a continuare
a fuggire da Klaus non potendo tornare a godermi il gioco che avevo iniziato
con loro”.
“Hai detto di amare
Stefan, come fai adesso a dire che era un gioco?”
“Perché l’amore è anche un
gioco. Io non vedo l’amore come lo vedi tu, non credo al principe azzurro e al
cavallo bianco come fate voi stupide umane. Sono tornata qui pronta a
riprendermi la mia vita, ma tu me l’avevi rubata. Tu hai preso il mio posto
nella vita di tutti e due. Ho provato a separare te e Stefan, ma alla fine
avete trovato il modo di stare insieme e io non ho opposto resistenza, in fondo
ne andava della mia vita. Salvata quella poi mi sarei occupata di ciò che mi
interessava. Ho collaborato con voi sopportando di vedere l’uomo che amo tra le
braccia di un’altra donna” disse guardando Stefan per poi spostare lo sguardo
su Damon e continuare “sopportando di vedere l’uomo che mi ha amata per 150
anni, dedicando la sua esistenza al solo scopo di liberarmi da una cripta,
dimenticarsi di me e innamorarsi di un’altra donna”.
Quando terminò di parlare
i miei occhi si posarono su quelli di Damon, volevo vedere il suo sguardo dopo
l’affermazione di Katherine e potei notare che l’azzurro dei suoi occhi mi
fissava intensamente, ma subito distolse lo sguardo, anche perché Katherine
riprese a parlare.
“Credi davvero che io
possa accettare una cosa del genere? Avevo solo due cose al mondo per cui
valesse la pena camminare su questa terra e tu me le hai tolte. Stefan era mio
e te lo sei presa, Damon era mio e te lo sei presa. Adesso sarò io a prendermi
qualcosa di tuo” concluse perfida guardando con sguardo omicida Caroline.
“Che cosa hai intenzione
di fare?” domandai spaventata.
“Ripagarti con la tua
stessa moneta. Qui tutti credono che ti ucciderò, ma no, non lo farò, non
ancora almeno. La tua morte non mi soddisfa in pieno, non prima di averti vista
soffrire. Morirai solo dopo aver visto perire tutte le persone a cui tieni di
più. Una dopo l’altra moriranno sotto i tuoi occhi e non potrai fare nulla per
cambiare le cose. Ma sta tranquilla, alla fine arriverà anche il tuo turno.
Vedi che non sono cattiva come tutti credete? Potrei lasciarti in vita e farti
vivere un’esistenza senza le persone che ami, invece, non lo farò. Farai la
loro stessa fine”.
Il suo sguardo lasciava
ben poco all’immaginazione. Stava dicendo la verità.
Rabbrividii al pensiero di
perdere le persone che amavo e calde lacrime solcarono le mie guance
mostrandomi debole per la prima volta davanti a Katherine.
Non serviva a nulla
lottare, combattere quella battaglia quando il suo destino era già stato
segnato. La verità era che io senza le persone che amavo non ero nulla.
Avevo perso i miei
genitori e mi sembrava di essere morta anche io, non sarei riuscita a sopportare
di andare avanti senza Jenna o Jeremy, senza Bonnie o Caroline, senza i miei
amici, senza Stefan e soprattutto senza Damon.
Che senso aveva lottare
quando avevo già perso tutto? Ci aveva in pugno e noi non avremmo potuto far
altro che guardarla compiere la sua vendetta.
La guardai con occhi
imploranti, molto probabilmente non sarebbe servito a nulla, ma dovevo
provarci. Se davvero provava dei sentimenti per Stefan e in qualche modo anche
per Damon come diceva significava che anche lei aveva un cuore e forse avrebbe
potuto rinunciare a quel folle piano.
“Non guardarmi cercando in
me un qualche lato positivo. Non c’è n’è neanche uno” mi disse seria.
Non riuscii ad aprire
bocca, non riuscivo nemmeno a pensare in modo razionale. Sembravo come se fossi
stata dentro un tunnel dal quale non avevo via d’uscita.
“Katherine puoi essere
migliore di così” tentai con le ultime parole che sembravo essere in grado di
pronunciare.
“I giochi iniziano adesso”
fu la sua unica risposta poi scomparii dalla mia visuale.
Si era mossa a velocità
vampiresca e qualche secondo dopo era di nuovo di fronte a me tra Damon e
Caroline con un paletto di legno in mano.
“Sarà piuttosto
divertente” aggiunse poi guardando malamente Caroline.
Una vampira di poco più di
un anno non poteva nulla contro una vampira vecchia più di 500 anni. Caroline
era spacciata.
Stefan comprese cosa stava
per succedere e si mosse per fermare la vampira, ma non ebbe tempo di fare
nulla perché Katherine gli lanciò un bicchiere con dell’acqua e Stefan urlò dal
dolore, poi gli diede una spinta talmente potente da scaraventarlo non so bene
a quale distanza inchiodandolo a terra con un paletto di legno che si andò a
conficcare nella sua coscia.
L’acqua era di sicuro
intrisa alla verbena, altrimenti non avrebbe mai reagito in quel modo.
“Sapevo che lo avresti
fatto, tipico di te” sorrise divertita.
Tornò a guardare Caroline
e sorrise malefica pronta a colpirla. La mia amica si spostò a grande velocità
per non essere raggiunta, ma anche a velocità Katherine la superava così le fu
davanti in un battito di ciglia e la sbatté al muro prendendola per la gola.
Non so come, ma Caroline
riuscì a liberarsi dalla stretta e tornò vicino a me e Damon che sembrava
stesse studiando la situazione per capire come comportarsi, ma Katherine si
fece trovare di nuovo pronta e raggiunse la mia amica non appena questa si
fermò.
La guardò e sorrise
beffarda, poi si preparò e quando il paletto stava per colpire il cuore di
Caroline vidi l’ultima cosa che mi sarei aspettata di vedere, ma anche l’ultima
cosa che avrei voluto vedere.
Con uno scatto fulmineo
Damon si parò davanti alla mia amica facendole da scudo e vista la differenza
di altezza tra lui e Caroline il paletto gli si conficcò in una spalla
provocando in lui un urlo di dolore.
Caroline approfittò della
sorpresa di Katherine che come me non si aspettava quel gesto e la spinse
contro il muro, per poi cercare di tenerla occupata.
Mi avvicinai a Damon che
si era accasciato a terra e gli tolsi il paletto dalla spalla sperando che così
facendo il dolore fosse meno intenso, ma solo allora mi resi conto che la punta
di questo era bagnata di verbena. Per questo Damon non riusciva a rialzarsi, la
verbena gli era entrata in circolo, ma nonostante questo mi guardò e mi sorrise
debolmente, mentre io cercavo di scuoterlo per cercare di farlo riprendere.
Sapevo che solo un po’ di
sangue avrebbe potuto aiutarlo e quando ero pronta per ferirmi con lo stesso
paletto e dargli qualche goccia di sangue sentii un rumore sordo che attirò la
mia attenzione e vidi Caroline accasciata a terra mentre si contorceva dal
dolore e si toccava un braccio che sembrava del tutto ustionato. Katherine
l’aveva colpita con della verbena.
Era una donna senza cuore,
senza sentimenti, ma soprattutto senza umanità. Non gli importava di niente e
di nessuno, se non di se stessa.
Guardai di nuovo Stefan
consapevole di non poter correre ad aiutarlo. Stava cercando di strisciare con
l’intento di avvicinarsi e fare qualcosa, ma la verità era che non sarebbe
potuto essere d’aiuto, non se non avesse bevuto sangue. Nessuno di loro avrebbe
potuto essere d’aiuto, ormai.
Katherine si avvicinò a me
e non so come Damon riuscì ad alzarsi con grande difficoltà e dolorante si
posizionò tra me e lei per farmi da scudo.
“Devo ammetterlo, mi hai
stupito. Sai, a pensarci bene è questo uno dei tanti motivi che mi ha sempre
affascinato di te, sapere che con te non c’era mai nulla di sicuro, eri sempre
una sorpresa in ogni cosa che facevi, ma questo no, questo proprio non l’avrei
mai immaginato. Eri pronto a morire piuttosto che vedere morire quell’inutile
vampira. Oh l’amore cosa non ci fa fare” commentò sardonica lei mentre spostava
lo sguardo da Damon a me e viceversa.
“Fottiti” disse lui con
fatica visto il dolore.
Il sorriso della vampira
si spense all’istante e lo guardò con furia omicida.
“Dio che figo che sei?
Quando sei diventato così figo?” gli domandò lei avvicinandosi e
accarezzandogli il petto con fare sensuale mentre un moto di gelosia e rabbia
sembrò scoppiarmi nel petto “è uno spreco quello che sto per fare, ma mi
conosci e lo sai cosa succede a chi mi rovina i piani” concluse lei continuando
ad accarezzargli il petto, ma con uno sguardo decisamente diverso, lo sguardo
di un predatore che ha scelto la sua preda e sta per farla fuori.
Damon non riusciva a
muoversi, faceva fatica perfino a restare alzato. Katherine si mosse a velocità
sovrumana e il paletto che poco prima era tra le mie mani adesso era nelle sue
e lei era di nuovo di fronte a Damon.
“Quanto mi dispiace
doverlo fare, avremmo potuto fare grandi cose noi tre” disse lanciando uno
sguardo a Stefan che era poco più in là a terra immobile mentre si contorceva
dal dolore, ma allo stesso tempo cercava di muoversi per aiutare.
Caroline, invece, era in
preda agli spasmi. Lei a differenza di Damon e Stefan, che avevano iniziato a
berla diluita con l’acqua per cercare di essere più forti, non era per nulla
abituata alla verbena. In quel caso anche i due fratelli non potevano fare
nulla contro quell’erba che era per loro micidiale. Stefan l’aveva ricevuta in
piena faccia e sembrava completamente ustionato, mentre Damon ne aveva ricevuto
una dose che adesso circolava nelle sue vene, mentre la ferita provocata dal
paletto stava velocemente cicatrizzandosi.
Katherine tornò a guardare
Damon che la guardava sprezzante.
“Potrei anche fare
un’eccezione per questa volta, ma sai che non faccio nulla per niente. Unisciti
a me, a questa vendetta. In fondo ci guadagneresti anche tu. La faresti
soffrire esattamente come lei sta facendo soffrire te. Hai ancora una
possibilità” gli propose lei e Damon la guardò e seppur forzatamente riuscii a
sorridere.
Una parte di me pregava
che non accettasse, che la mandasse a quel paese, non avrei mai potuto
sopportare di averlo contro, ma l’altra parte voleva che lui dicesse di si,
perché solo un suo si gli avrebbe potuto risparmiare la vita e l’unica cosa che
mi importava davvero era che lui restasse in vita.
Il sorriso di Damon si
allargò sempre di più, si voltò a guardarmi per una frazione di secondo, poi
tornò a guardare la vampira.
“Và all’inferno” furono le
sue uniche parole.
Katherine sembrò sputare
veleno dalla bocca tanta era la sua ira.
“Bene” furono le sue
uniche parole e vidi che prese il paletto pronta a colpire Damon.
No, non poteva farlo.
Damon non poteva morire. Io avevo bisogno di lui, io non potevo vivere senza di
lui. Era la mia vita e me ne rendevo bene conto adesso che stavo per perderlo
definitivamente.
E in quella frazione di
secondo mi venne in mente una frase letta in uno dei miei libri preferiti, Cime
tempestose: Se tutto il resto perisse e
lui rimanesse io continuerei ad esistere. E se tutto il resto rimanesse e lui
fosse annientato l’universo per me diverrebbe un’immensa cosa estranea.
Non avevo mai compreso a
fondo quelle parole, ma adesso tutto mi era chiaro.
Elena Gilbert senza Damon Salvatore non era nessuno. Io non potevo essere
felice senza la sua presenza e così senza nemmeno rendermene conto cacciai un
urlò che riecheggiò per tutto il salone, poi mi fiondai verso di lui e prima
che Katherine colpisse mi ritrovai fra lei e Damon e quando il paletto colpì la
carne seppi con certezza di averlo salvato.
Sentii un dolore
fortissimo e vidi la stessa Katherine accasciarsi a terra dolorante segno che
per via dell’incantesimo anche lei era stata colpita esattamente nel punto in
cui ero stata colpita io, poco sotto il cuore. Un paio di centimetri più in su
e sarebbe morta liberando tutti i miei amici dalla sua condanna.
Mi toccai nel punto in cui
sentii dolore e mi resi conto che c’era sangue, tanto sangue, il mio sangue.
Caddi a terra in preda al dolore, mentre un Damon sconvolto guardava la scena
non capacitandosi di quanto era successo.
Si avvicinò a me con
fatica e l’unica cosa che fui in grado di fare fu sorridergli e avvicinare la
mia mano sporca di sangue alla sua bocca per permettergli di prendere qualche
goccia di sangue umano. Gli sarebbe servita, ma lui la allontanò da sé troppo
sconvolto nel vedermi in quello stato.
Sentii un urlo provenire
da Stefan e uno da Caroline, ma in quel momento l’unica cosa che mi interessava
era godermi gli occhi di Damon per quella che sapevo essere l’ultima volta.
Dovevo dirgli che lo
amavo, dovevo farlo.
Lo guardai e gli sorrisi.
“Da-mo-n io ti…” provai a dire,
ma lui mi mise l’indice in bocca facendomi zittire.
“Shh, non dire nulla.
Andrà tutto bene, andrà tutto bene” prese a dire preoccupato prendendomi tra le
sua braccia per quanto gli fosse possibile.
“Va già be-ne” provai a
dire, ma ci riuscii a fatica.
Sentivo le forze che mi
stavano abbandonando. Era giunto il momento, il mio momento ed ero felice,
felice perché non avevo paura della morte, né di quello che sarebbe venuto poi.
Io il mio paradiso me
l’ero vissuto sulla terra, anche se per pochi, pochissimi istanti, ma mi
bastavano, me li sarei fatti bastare.
Sentii il respiro farsi
affannato e il cuore pompare con meno energie. Damon mi guardò, poi si tagliò
il polso con i canini per farmi bere il suo sangue, l’unica cosa in grado di
aiutarmi a sopravvivere, ma quando appoggiò il suo polso alla mia bocca era già
troppo tardi.
Le ultime parole che
sentii prima che tutto terminasse, prima che l'energia vitale mi abbandonasse per sempre furono le urla agghiaccianti di Damon.
“ELENAAAAAAAAAA
NOOOOOOOOOOOOOOO” urlò e poi aggiunse qualcosa in un sussurrò. Mi sembrò che
avesse detto: “io ho bisogno di te”, ma non ero certa che avessi capito bene.
La sua voce iniziò ad
apparire lontana e poi fu solo buio: i polmoni avevano smesso di funzionare e
il cuore di pompare.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Ecco il capitolo nove. Ho notato che
dallo spoiler che ho lasciato nello scorso capitolo vi siete spaventati un po’
tutti e come vedete avevate ragione a farlo.
Damon purtroppo non ha fatto in tempo
a dare a Elena il suo sangue per guarirla. Quindi, che succederà adesso?
Come la volta scorsa vi lascio sempre
una piccola immagine come spoiler del capitolo dieci e anche un piccolissimo
pezzettino (anche se a dire il vero era un altro lo spoiler che volevo inserira, ma avrei rivelato troppo, quindi accontentatevi):
“È stata colpa di Damon, è sempre colpa sua” urlava
Bonnie piangendo disperatamente.
“Smettila di dare sempre la colpa a lui. È stata
Elena a fargli da scudo con il suo corpo. Lui debole com’era non avrebbe potuto
fare nulla per impedirlo” le rispose Caroline arrabbiata mentre anche lei
singhiozzava.
“Elena non c’è più ed è morta per salvare la vita
di quell’emerito idiota”.
“Damon ha salvato la vita di Caroline, non credi
che meriterebbe un po’ più di considerazione?” chiese Stefan.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Non so quando, né come, ma
improvvisamente aprii gli occhi ritrovandomi nella stanza di Stefan.
Mi guardai attorno e non
vidi nessuno, sentivo solo rumori provenire dal piano di sotto. Urla,
singhiozzi, gemiti.
Cercai di ricordare cosa
fosse successo e l’immagine che mi si parò davanti era quella di un’Elena
morente che chiudeva gli occhi cedendo alla morte dopo aver udito un urlo
straziante da parte di Damon.
Si, io ero morta. Eppure
adesso ero sveglia, nel pieno delle mie forze come se nulla fosse successo.
Mi guardai la maglia
sporca di sangue e poi la alzai per controllare la ferita, ma non c’era nulla,
nemmeno una misera cicatrice.
Provai ad alzarmi dal
letto e ci riuscii senza problemi, ero in ottima forma, come se non fosse
successo nulla, eppure io ricordavo ogni cosa alla perfezione.
Uscii dalla camera e mi
diressi al piano inferiore dove sentivo provenire i rumori.
“È stata colpa di Damon, è
sempre colpa sua” urlava Bonnie piangendo disperatamente.
“Smettila di dare sempre
la colpa a lui. È stata Elena a fargli da scudo con il suo corpo. Lui debole
com’era non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo” le rispose Caroline
arrabbiata mentre anche lei singhiozzava.
“Elena non c’è più ed è
morta per salvare la vita di quell’emerito idiota”.
“Damon ha salvato la vita
di Caroline, non credi che meriterebbe un po’ più di considerazione?”
Era la voce di Stefan.
Dolore, riuscivo a percepire solo quello dalle sue parole.
La discussione tra loro
continuò, anche Jeremy e Alaric cercarono di far capire a Bonnie come stavano
le cose, ma lei era dura di comprendonio. Sentii le voci di tutti, c’era Matt e
Tyler, perfino zia Jenna. La sentivo singhiozzare sommessamente e potevo
riconoscere quel pianto anche a mille miglia di distanza.
Solo una voce non
percepivo, l’unica che in quel momento avrei voluto sentire, l’unica di cui
avevo veramente bisogno.
Mi affacciai al salone e
mi resi conto che c’erano tutti, mancava solo lui e non potei fare a meno che
chiedermi cosa diavolo fosse successo.
“Elena” sentii dire da
Jenna mentre mi guardava con sguardo assente.
Erano tutti troppo
addolorati, troppo straziati dal dolore per accorgersi della mia presenza
nonostante due di loro fossero vampiri e avessero i sensi nettamente più
sviluppati.
“Amore calmati” provò a
dire Alaric, ma Jenna si alzò e si diresse verso di me e fu allora che tutti si
voltarono e mi guardarono.
Mi ritrovai circondata
dalle braccia della zia che mi strinse forte, poi quando si staccò osservai gli
altri: avevano tutti lo stesso sguardo.
“Hey sembra che abbiate
visto un fantasma”.
Bastò questa mia frase
perché tutti corsero verso di me iniziando ad abbracciarmi senza farmi
respirare.
Quando poi si staccarono
le loro facce non erano cambiate.
“Come è possibile?” chiese
Stefan che sembrava quello al momento più lucido.
“Non lo so, mi sono
svegliata in camera tua e ricordo tutto, ma non so spiegarmi cosa sia successo.
La ferita, beh, è scomparsa”.
“Ci deve essere una
spiegazione, deve esserci per forza”.
“Un incantesimo?” azzardò
Tyler.
“Impossibile, lo sentirei
altrimenti” rispose Bonnie dopo avermi toccata.
“È come se qualcosa ti
abbia protetta”.
“Beh sei morta, ma sei
tornata in vita, qualcosa tipo l’anello di Rick e Jeremy”.
Jeremy si controllò la
mano e il suo anello faceva bella mostra di sé nella mano, quanto a Rick, ormai,
non possedeva più l’anello. L’aveva restituito a John.
“Elena controllati le
tasche” mi disse Stefan avvicinandosi a me.
“Scusa?”
“Fallo e basta”.
Sembrava come se gli fosse
arrivata un’illuminazione. Controllai le tasche dei pantaloni e non c’era nulla
se non il cellulare, poi guardai nella felpa e se da un lato non trovai nulla,
dall’altro sentii qualcosa di rotondo e duro.
Presi l’oggetto in
questione e con grande sorpresa di tutti mi ritrovai tra le mani un anello del
tutto identico a quello di Jeremy.
“Che diavolo ci fa nella
mia felpa?”
Stefan scrollò le spalle
cercando di cercare una soluzione a quel dilemma, ma non ne trovò nessuna.
Alaric nel frattempo si
avvicinò e prese l’anello in mano scrutandolo attentamente.
“Questo è il mio anello.
Insomma quello che mi ha detto Isobel e che ho poi restituito a John. Ciò che
non capisco è come abbi fatto a finire nella tua tasca” commentò alla fine.
“Ti giuro che non lo so”.
“Almeno sappiamo che
funziona anche se non viene portato al dito”.
“È stata una fortuna
averlo”.
Tutti presero a parlare, a
chiedersi chi o cosa lo avesse messo nella mia tasca, ma al momento mi venne in
mente una sola persona: Damon.
L’unica che mancava
all’appello e avrebbe potuto spiegare la cosa.
Ma anche ammesso che fosse
stato lui dove diavolo lo aveva preso?
Vidi Stefan avvicinarsi e
mettermi un braccio sullo spalla mentre gli altri continuavano a parlare.
“Stai pensando quello che
penso io?” mi domandò.
“Damon”.
“Lo credo anche io”.
“Ma come ha fatto e
perché?”
“Quando è andato a
riprenderlo e come diavolo ha fatto?” continuò Stefan con le domande.
“Qualche giorno fa è sparito per un’intera giornata, non ha voluto dire dove fosse andato, forse è
stato quel giorno” disse Caroline avvicinandosi a noi.
A differenza degli altri lei
aveva un udito vampiresco e ci aveva sentiti parlare nonostante lo avessimo
fatto a bassa voce.
“Possibile”.
“Ma dov’è finito?”
“Non lo sappiamo” mi
rispose Stefan.
Lo guardai come a voler
ricevere informazioni in più, ma a parlare ci pensò Caroline.
“È uscito fuori di testa”
mi disse indicando un angolo del salone completamente distrutto “ha bevuto, poi
sono arrivati tutti, Bonnie ha avuto una visione ed ha avvisato gli altri. Lo
sai com’è fatta, ha iniziato ad incolparlo, dicendo che era tutta colpa sua e
ti giuro non so cosa lo abbia fatto controllare a non farle del male. Poi è
sparito senza dire nulla. E non sappiamo cosa potrebbe fare lì fuori”.
Non ci potevo credere, non
potevo credere che Bonnie avesse davvero dato la colpa a lui e non potevo credere
che fosse sparito.
“Katherine?” domandai poi.
“Si è ripresa subito dopo
il colpo, ma ha capito che per lei si metteva male. Morta tu non aveva più
protezione ed è scappata via”.
“C’è ne siamo liberati?”
domandai.
“Non credo. Scoprirà ben
presto che non sei morta, ma faremo bene a tenerlo nascosto ancora un po’, fino
a quando, almeno, non avremmo un piano” disse Stefan preoccupato.
“Che c’è che non va?”
domandai.
Lo conoscevo troppo bene.
“Damon era sconvolto. Non
vorrei che fosse andato a cercarla. Ho paura per lui e adesso anche per te. Se
dovesse trovarla e provare ad ucciderla farebbe del male a te senza nemmeno
saperlo. Non ha con se nemmeno il cellulare”.
“Ha l’anello adesso” fece
notare Alaric intervenendo nella discussione.
Tutti avevano smesso di
confabulare e ci stavano ascoltando.
“No, l’anello è tuo e sei
tu che lo riavrai” gli risposi.
“Non se ne parla nemmeno.
Sei al sicuro con quell’anello”.
“Forse, o forse no. In
tutti i casi voglio che lo tenga tu, devo essere sicura che tutti voi siate al
sicuro. Katherine non vuole me per adesso, ma vuole voi per colpire me. Questo
anello ti appartiene”.
Allungai la mano con
l’anello e glielo porsi. Seppur restio alla fine lo prese e se lo mise al dito,
forse incoraggiato anche dallo sguardo di Stefan che sembrava essere dalla mia
parte, mentre io gli sorrisi.
“Quanto tempo è passato
dalla mia morte?”.
“Tre ore”.
“Come mai l’anello ci ha
messo così tanto?”
“Forse perché non lo
indossavi al dito”.
“Da quanto tempo è fuori
Damon?”
“Due ore e mezzo all’incirca”.
“E speriamo che ci resti.
Qui non lo vogliamo” commentò Bonnie.
“È casa sua questa”
sbottai io.
“Non importa. Deve
andarsene. È un pericolo per tutti. Ti rendi conto di cosa poteva succedere se
tu non avessi avuto quell’anello?”
“E tu ti rendi conto cosa
sarebbe successo se Damon non ci fosse stato? A quest’ora Caroline sarebbe un
pezzo di marmo. Quanto a me, sono stata io a fargli da scudo, è stata una mia
decisione. Per te Damon non significa nulla, per me si, invece, e molto.
Sinceramente Bonnie mi sono stufata di sentire sempre te che lo critichi. Damon
ha i suoi difetti, ma ha anche tanti pregi e faresti bene ad aprire gli occhi e
a rendertene conto”.
Ero arrabbiata, non ne
potevo più di quella situazione. Ero davvero arrivata allo stremo.
“Pregi? Beh mi dispiace
Elena, ma io non ne vedo nemmeno uno”.
A quel punto sbottai. Non
riuscivo più a tollerare quella situazione.
“Sai una cosa Bonnie? Non
me ne frega nulla se tu non vedi i suoi pregi e sai perché? Perché so che non
li vedi perché ti piace fare l’ottusa e restare sempre fedele alle tue prime
impressioni, ma fai male. A volte il giudizio iniziale che si ha su una persona
può non essere quello reale, ma ti ripeto non me frega nulla. Sappi solo una
cosa, una cosa che non sarei mai voluta arrivare al punto di dirti, ma mi
costringi a farlo. Io sono la tua migliore amica da quando? Da sempre credo,
bene, sappi che se accetti me, se prendi me ti tocca prendere pure Damon.
Prendi me, prendi lui. Pacchetto completo. Se non ti sta bene quella è la porta,
sappi solo che non tollererò più questi tuoi atteggiamenti da so tutto io nei confronti di Damon”.
Ero arrabbiata e quelle
parole le avevo quasi urlate.
Tutti mi guardarono straniti
non capendo il mio atteggiamento, il perché di quel comportamento. Solo
Caroline e Stefan sapevano, solo loro mi guardarono come a dire “ben fatto”,
gli altri erano rimasti quasi sconvolti.
“Elena…” provò a dire
Bonnie, ma non glielo permisi.
Anche lei era stranita. Ci
era rimasta male, glielo leggevo negli occhi, ma era stata lei che mi aveva
portato all’esasperazione.
“Non c’è bisogno di
replicare. Riflettici solamente. Adesso se volte scusarmi vado a prendere un
po’ d’aria, credo di averne bisogno. È stata una serata piuttosto movimentata”.
Mi avviai verso l’uscita,
ma Stefan mi bloccò per un polso.
“È pericoloso qui fuori da
sola”.
“Resterò davanti la porta
e poi se dovesse succedere qualcosa tu e Caroline mi sentireste. Fidati di me”.
Lui mi sorrise, si
avvicinò e mi baciò una guancia.
Sapevo quanto anche lui
stava soffrendo, ma in fondo tutti in quella situazione stavamo male. Chi più
chi meno.
Uscii fuori e quando
l’aria settembrina colpii la mia pelle mi sentii come rinascere. C’era un clima
troppo pesante in quella casa e Bonnie non faceva nulla per alleggerire la
tensione.
Mi domandavo perché lei
non riuscisse a vedere con oggettività le cose. In fondo cosa le aveva fatto
Damon di così orribile? Di cose terribili ne aveva fatte tante, ma non a lei in
prima persona. Perché c’è l’aveva così tanto con lui?
Restai lì fuori per un bel
po’ di tempo sperando che Damon tornasse. Ero preoccupata per quello che
avrebbe potuto fare. Ricordavo perfettamente la sua reazione alla morte di Rose
e avevo paura, paura che si comportasse allo stesso modo.
Dopo non so quanto decisi
di rientrare dentro, mi affacciai al salone e mi resi conto che tutti stavano
per andare a casa, li salutai e mi diressi su.
Avrei dormito in camera di
Caroline per quella notte, non potevo più dormire con Stefan, non dopo la
nostra rottura.
Mi diressi verso quella
camera, ma una porta attirò la mia attenzione. Era quella della stanza di
Damon.
La porta era socchiusa, ma
la tentazione di entrare era troppo forte.
Alla fine fu proprio la
curiosità a spingermi a varcare la soglia e non appena vidi la stanza mi sembrò
come di tornare indietro nel tempo. La prima e ultima volta che ero stata lì
dentro era stato quando Rose stava male e ricordavo la mia sorpresa nel vedere
quella camera, quella camera che immaginavo decisamente diversa e che mi aveva
sorpresa in modo esponenziale, una camera che mi aveva mostrato un Damon
diverso, che mi aveva dato conferma del fatto che non mi fossi sbagliata e che
lui fosse esattamente come io avevo sempre creduto che fosse.
Mi avvicinai al letto
notando che era ancora disfatto, l’unica nota stonata in quella camera
perfettamente in ordine. Mi sedetti sul bordo del letto e mi avvicinai al
comodino notando che c’erano un sacco di libri. Ne presi in mano uno e notai
che era “Via col vento”, decisamente una lettura che non avrei mai associato a
Damon. Controllai ancora e vidi che c’era anche “Cime tempestose”, uno dei miei
libri preferiti.
Eccolo il potere di Damon,
aveva ragione Katherine. Damon aveva il potere di stupire sempre, quando
pensavi di conoscerlo fino in fono lui faceva sempre qualcosa riuscendoti a
stupire.
Mi allontanai e mi
avvicinai alla scrivania. Curiosa aprii un paio di cassetti. C’erano un sacco
di fogli, di documenti, di libri e anche un paio di fotografie.
Quella che mi colpii
maggiormente fu una foto che ritraeva Damon e Stefan ai tempi in cui ancora
erano due comuni fratelli che si volevano bene, tanto bene.
Perché Damon teneva quella
foto? Era decisamente consumata il che significava che era stata presa molte
volte e mi domandavo quanto ancora non sapessi di quel ragazzo.
Era la prima foto che
vedevo di loro due umani e non erano cambiati molto, avevano sempre lo stesso
sguardo: Damon strafottente e spavaldo e Stefan tenebroso.
Una lacrima solitaria
solcò le mie guance. Avrei tanto voluto che entrambi potessero tornare a
guardarsi in modo fraterno, potessero tornare ad essere quelli che erano prima.
Dovevo ammettere che erano
sulla buona strada, ma la paura che un qualunque gesto, una qualunque parola
sbagliata potessero rovinare tutto era sempre presente.
Conservai la foto
esattamente dove l’avevo trovata e chiusi il cassetto poi mi alzai e mi guardai
attorno, avvicinandomi alla porta che dava alla terrazza e notai il panorama
che si vedeva fuori immaginandomi un Damon pensieroso nella mia stessa
posizione osservare la vita scorrere fuori da quella casa.
Credevo di conoscerlo fino
in fondo, ma forse non così in fondo quanto credevo. Lui sarebbe rimasto sempre
un mistero. Il suo essere era un profondo oceano di segreti, segreti che non
avrebbe mai permesso a nessuno di conoscere.
Le lacrime iniziarono ad
impadronirsi di me e i ricordi di me e lui tornarono prepotenti, ricordi
dolorosi di tutte le volte che lo avevo ferito.
Inizio Flashback
Eravamo stati alla Duke University e stavamo
tornando a casa. Alaric era rimasto indietro a parlare con Vanessa per
salutarla, mentre io e Damon ci eravamo diretti in macchina. Stavo per aprire
la portiera, ma lui mi precedette.
“Ecco. Lascia fare a me” mi disse aprendola.
Mi spostai per entrare, ma lui si mise davanti
bloccandomi il passaggio. Eravamo ad una distanza talmente ravvicinata che
potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle.
“Non potrai odiarmi per sempre”.
“Possiamo andarcene e basta?”
Lui mi guardò, poi prese un libro e me lo porse.
“Non hai scavato abbastanza in profondità”.
Lo presi e guardai l’iscrizione.
“Petrova?” domandai “l’ho visto sullo scaffale”.
“Katherine era originaria dell’Europa. Il suo vero
nome era Petrova. Katharina Petrova per la precisione”.
“Come facevi a saperlo?”
“Ai tempi lo vidi inciso su un vecchio cimelio di
famiglia. Anche gli uomini ficcanasano, sai? Fammi sapere cosa scopri, sono
parecchio curioso anch’io”.
Non dissi nulla, lo guardai, poi abbassai lo
sguardo e cercai di entrare in macchina, ma anche questa volta me lo impedì
riprendendo a parlare.
“Hai tutto il diritto di odiarmi. Lo capisco, ma
anche prima mi odiavi e siamo diventati amici. Sarebbe uno schifo perdere per
sempre quell’amicizia”.
Rimase in silenzio per un po’ aspettando che
dicessi qualcosa, ma visto che non avevo intenzione di dire nulla riprese a
parlare.
“Allora…È così? Ti ho persa per sempre?”
Non sapevo cosa dirgli o forse non volevo dirgli nulla.
“Grazie per il libro, Damon”.
Lui abbassò lo sguardo rassegnato e si spostò
facendomi entrare in macchina.
Salii anche lui e regnò il silenzio, poi ci
raggiunse Alaric e tornammo a Mystic Falls nel silenzio più assoluto. Nessuno
aprì la bocca, la tensione si poteva tagliare con un coltello.
Quando arrivammo a destinazione, Alaric posteggiò
davanti a casa mia ed entrò per raggiungere Jenna, diceva che doveva parlargli.
Io e Damon restammo fuori, ma subito gli diedi le
spalle pronta ad entrare dentro.
“Road trip e noi due, grande accoppiata” mi disse
seguendomi.
“Non significa che le cose siano tornate ad essere
com’erano prima, Damon”.
“Oh, andiamo. Lo so che ho scalfito un pochino quel
tuo muro di odio”.
Mi fermai e mi voltai a guardarlo. Avevo bisogno di
chiedergli una cosa.
“Ho bisogno di sapere la verità” mi interruppi e
lui mi guardò con uno sguardo che non riuscivo a interpretare perciò continuai
“quando hai spezzato il collo di Jeremy, sapevi che aveva l’anello al dito?”
Lui rimase in silenzio per un po’, ma potei vedere
il suo volto trasformarsi in una maschera di dolore, o forse, ero io che volevo
vedere questo.
“No” disse poi abbassando lo sguardo “non lo
sapevo. Katherine mi aveva davvero fatto incazzare e ho perso il controllo. E…”
si interruppe per poi riprendere dopo qualche secondo “mi è andata bene che
avesse l’anello. E non so cosa avrei fatto se non avesse avuto al dito
quell’anello”.
Si zittì guardandomi per cercare di capire cosa
stavo pensando. Io rimasi a fissarlo per un po’ fortemente amareggiata per le
sue parole, anche se dal suo tono, dal suo sguardo potevo notare il suo
dispiacere, il suo dolore per quanto aveva fatto.
“Elena, mi dispiace” concluse poi.
“Grazie di essere stato onesto con me” gli risposi
“e la risposta alla tua domanda sulla nostra amicizia è si. Mi hai persa per
sempre” conclusi guardandolo negli occhi, per poi voltarmi per entrare dentro.
Non avrei retto il suo sguardo ferito.
Mi fermò per un braccio e tornai a guardarlo.
“Lo sapevi già, vero? Oggi mi hai usato”.
“Avevi delle informazioni su Katherine che avevo
bisogno di sapere”.
“Pensavo che gli amici non manipolassero gli amici”
mi rispose usando le parole che avevo detto a lui qualche ora prima.
Lo guardai senza riuscire a dire nulla e lui
abbassò lo sguardo, poi tornò a guardarmi con sguardo sprezzante.
“Tu e Katherine avete molto di più in comune, oltre
all’aspetto”.
Detto questo se ne andò lasciandomi sul portico di
casa a guardarlo allontanarsi e per la prima volta mi resi conto che forse
luinon aveva tutti i torti.
Fine Flashback
Quel giorno mi sentii
davvero uno schifo perché ero consapevole che avevo detto quelle parole solo
con l’intento di ferirlo, di ferirlo esattamente come lui aveva ferito me.
Quante volte lo avevo
fatto? Quante volte lo avevo ferito consapevole di farlo? Tante, troppe.
Mi domandavo chi tra noi
si fosse comportato più male. Io ero stata un disastro, eppure lui mi era
rimasto accanto, aveva lottato con me e con gli altri, anzi forse aveva lottato
più di tutti e aveva rischiato spesso la sua vita pur di proteggere la mia.
Ero uno schifo, era questa
la verità.
Le lacrime continuarono a
scendere copiose e altre immagini di noi due insieme mi tornarono alla mente.
Cercai di scacciarle via,
concentrandomi sul panorama che si vedeva dalla finestra, ma mi veniva
difficile.
“Elena”.
Una voce bassa, sconvolta,
sorpresa, addolorata, una voce che riconoscevo bene anche se non l’avevo mai
sentita tanto angosciata.
Mi voltai e guardai il
proprietario di quella voce.
Damon era appena entrato
nella sua stanza, aveva chiuso la porta e guardava dritto davanti a sé come se
stesse vedendo un fantasma.
“Elena” ripeté ancora con
sguardo sconvolto.
Guardava me, ma sembrava
come se guardasse il vuoto.
Gli sorrisi, ma lui non
cambiò espressione.
Senza nemmeno pensarci
corsi verso di lui e mi buttai tra le sue braccia, ma lui rimase ancora immobile
senza muovere un muscolo.
“Devo smettere di bere” mi
sembrò di sentirgli sussurrare, ma non potevo esserne certa.
Credeva davvero che fossi
un’allucinazione?
Non dissi nulla, ma
all’improvviso lui ricambiò l’abbraccio con vigore, con talmente tanto vigore
che sentii mancarmi il respiro. Mi stava stritolando.
Provai a staccarmi, ma non
ci riuscivo. Lui era troppo forte.
“Damon, mi fai male” dissi
a fatica spingendo la mia mano contro la sua spalla per allontanarlo.
Fu quel mio gesto o le mie
parole che lo ridestarono dalla sua trance e mi lasciò andare. Ripresi fiato e
tornai a guardarlo, ma era troppo distrutto, aveva un’espressione che non gli
avevo mai visto prima.
Avrebbe dovuto vederlo
Bonnie. Forse si sarebbe resa conto di quanta umanità ci fosse ancora in lui.
Mi avvicinai al suo volto,
potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle e gli accarezzai una guancia con
dolcezza.
“Sono io, sono qui” gli
sussurrai nella penombra della sua stanza.
Lui mi fissò per qualche
istante, poi prese la mia mano che stava toccando il suo volto e la strinse a
sé, poi passò le sue dita sul contorno del mio viso, soffermandosi sul profilo
delle mie labbra.
“Non può essere, io ti ho
vista…non respiravi, il tuo cuore ha smesso di battere. Non sono riuscito ad
aiutarti” disse più a se stesso che a me mentre continuava con le dita il suo
viaggio sul mio volto.
“Sto bene, sono qui”.
“Come è possibile?”
“L’anello, l’anello di
John mi ha riportato indietro”.
In quel momento la sua
espressione mutò inesorabilmente, ma non riuscii a capire cosa stesse pensando.
“L’anello, giusto
l’anello. Come ho fatto a non pensarci?” ripeté a se stesso per poi guardare me
“Dio sei tu, sei qui, sei…sei viva” disse infine prima di avvicinarsi e
abbracciarmi.
Un abbraccio del tutto
diverso da quello di prima, un abbraccio in cui sentii le braccia dell’uomo che
amavo, un abbraccio dal quale non mi sarei mai voluta staccare.
Restammo in quel modo non
so per quanto tempo, poi si staccò e mi guardò intensamente sorridendo.
“Non farmi più uno scherzo
del genere” mi informò serio.
Era il suo modo per dirmi
che si era preoccupato, ma quando stavo per rispondere lui continuò.
“Non hai idea di quello
che ho passato. Sono state le cinque ore più infernali di tutta la mia
esistenza e credimi di inferni ne ho visti tanti”.
“Dovresti essere contento,
ti saresti potuto liberare di me” commentai io per sdrammatizzare la
situazione.
Metterla sullo scherzo
era, forse, la cosa migliore in quel momento soprattutto visto il suo stato
d’animo.
Non so come, ma mi
ritrovai sbattuta sul vetro della finestra che dava sul terrazzo mentre Damon
era davanti a me che mi teneva stretta per le braccia mentre mi guardava
intensamente e fu allora che grazie alla luce della luna lo vidi in volto
chiaramente.
Aveva gli occhi arrossati
e lucidi, segno che probabilmente aveva pianto. Possibile? Non avevo mai visto
Damon piangere, ma stranamente e
egoisticamente provai
piacere.
Era il segno di quanto
davvero tenesse a me.
“Non dirlo mai più. Ti
prego non farlo. Non può esistere un mondo senza di te, non il mio mondo almeno”.
Restai spiazzata da quelle
parole e avrei voluto aggiungere qualcosa, chiedergli spiegazioni, ma al
momento c’era qualcos’altro di cui dovevamo parlare.
“Stavo…stavo scherzando”
provai a dirgli.
“Non è divertente”.
Era completamente scosso,
sofferente e nonostante avessi voluto fare molte cose né riuscii a fare una
sola.
Mi avvicinai a lui e
poggiai le mie labbra sulle sue, un contatto impercettibile, uno sfiorarsi di
labbra, uno sfiorarsi di anime.
Lui non si staccò, non si
mosse, non fece nulla, ma lo feci io perché avevo bisogno di capire cosa fosse
successo quella sera, aveva bisogno di parlargli e dirgli come stavano le cose,
ma prima avevo avuto bisogno di quel contatto anche se durato pochi secondi.
Quando mi staccai gli
sorrisi e lui stranamente ricambiò il mio sorriso, poi tornò ad abbracciarmi e
a stringermi come se davvero non riuscisse a capacitarsi del fatto che fossi lì
ancora in vita.
Quando si staccò mi guardò
serio.
“Cos’è successo?” mi
domandò.
“Non lo so. Quando mi sono
svegliata mi sono ritrovata sul letto di Stefan. Sono scesa in salone e tutti
piangevano la mia morte. Abbiamo subito capito che qualcosa mi aveva salvata,
ma che non poteva essere un incantesimo altrimenti Bonnie lo avrebbe sentito.
Poi Stefan ha avuto un’illuminazione e mi ha chiesto di controllare le tasche e
in quella della felpa ci ho trovato l’anello. Alaric dice che è quello che gli
ha dato Isobel, solo che dovrebbe averlo John”.
“Avrebbe dovuto averlo
John” precisò lui prima di lasciare la presa da me e di allontanarsi iniziando
a percorrere la stanza avanti e indietro.
Mi ricordava Katherine
qualche ora prima.
“Che vuoi dire?”
“Ricordi tre giorni fa che
sono sparito senza dire nulla?”
“Si, mi hai detto che eri
andata a spassartela con una ragazza incontrata al Grill”.
Se ripensavo a quelle sue
parole dette con tanto sarcasmo e malizia mi si spezzava il cuore.
“Beh, non c’era nessuna
ragazza. Ho mentito”.
“E perché l’avresti
fatto?” domandai nonostante mi sentissi sollevata di scoprire quella verità.
“Era l’unica scusa
plausibile che ho trovato. E a quanto pare ha funzionato visto che miss testardaggine non ha fatto
domande”.
Ovviamente miss testardaggine era un chiaro
riferimento alla sottoscritta.
“E allora?”
“Allora ho fatto delle
ricerche e ho trovato Isobel grazie al numero che tempo fa Rick aveva dato a
Stefan. Ho chiamato, ma ovviamente lei si è fatta negare da John. Ciò che non
sapevano loro era che non mi interessava lei, ma proprio John. Ho fatto finta
di cercare Isobel, ma John non ha voluto dirmi dove si trovava”.
Smise di parlare e si
fermò un attimo, poi riprese a camminare.
“Alla fine sono riuscito a
rintracciare il luogo grazie alle intercettazioni della chiamata e mi sono
messo in macchina. Due ore di viaggio, non erano lontani. Sono arrivato e ho trovato
John, di Isobel nessuna traccia. E beh, ho preso l’anello e sono tornato”.
“E…” lo esortai a
continuare.
“E cosa?”
“Hai preso l’anello. Come
hai fatto a prendere l’anello?”
“Non l’ho ucciso, se è
questo che ti stai domandando. È pur sempre tuo padre, anche se devo ammettere
di averci pensato a farlo. Quell’uomo è proprio odioso”.
Non potevo dargli torto su
quell’ultima affermazione, ma era pur sempre il fratello di Grayson, colui che
io consideravo davvero mio padre.
“E allora come hai fatto?”
“So essere molto
convincente quando voglio” mi sorrise beffardo.
Non riuscivo a capire se
lo avesse minacciato o se lo avesse soggiogato, ma in quel momento non mi
interessava saperlo.
“Perché l’hai preso?”
domandai curiosa.
“Volevo darlo ad Alaric,
credo che sia lui che ha il diritto di portarlo e poi ci serve uno con la sua
esperienza e sinceramente senza quell’anello non è che possiamo contare troppo
su di lui”.
Un sorriso mi venne
spontaneo. Damon poteva anche dire che il motivo era quello di farci aiutare,
ma la verità era che voleva che Rick fosse protetto perché anche se non lo
avrebbe mai ammesso, Alaric, era una delle prime persone che gli erano state
accanto e che dopo i pregiudizi iniziali gli era diventato amico.
“E allora come ha fatto
quell’anello a finire nella tasca della mia felpa?”
Adesso si che ero curiosa.
“Stamattina avevo una
brutta sensazione, non so spiegarti cosa. Forse sarà il fiuto di anni e anni di
esistenza, non lo so. Mi sono intrufolato in camera di Stefan. Stavate dormendo”
disse interrompendosi un attimo inclinando la voce forse per le ultime parole
che aveva pronunciato, poi continuò “e sulla sedia della scrivania c’erano i
tuoi vestiti, così ho messo l’anello nella tasca. Non ero certo che avrebbe
funzionato se non veniva indossato, ma ci ho provato. In fondo la mia era solo
una sensazione, poteva non esserci nulla di sensato in questo”.
“Come facevi a sapere che
i vestiti sulla sedia sarebbero stati quelli che avrei indossato?”
“Perché sei una maniaca
dell’ordine e sistematicamente tutte le sere scegli i vestiti da indossare il
giorno dopo e li posizioni sulla sedia per non perdere tempo la mattina per
vestirti” mi disse fermandosi al centro della stanza e guardandomi.
“Come fai a saperlo?”
Ero sconvolta. Non sapevo
cosa pensare. Non avevo mai detto a nessuno di questa mia abitudine.
“Lo so e basta”.
No, decisamente quella
risposta non mi bastava.
Mi avvicinai a lui che era
ancora fermo al centro della stanza e gli presi una mano guardandolo negli
occhi.
“Mi hai spiato?”
Il mio tono era dolce,
decisamente troppo mentre gli accarezzavo la mano.
“E se anche fosse?”
Non mi avrebbe mai dato la
soddisfazione di ammetterlo, in fondo restava sempre Damon Salvatore.
“Quante volte?”
“Un paio”.
“Un paio tante o un paio
poche?”
“Quante sarebbero
esattamente tante?” mi domandò sarcastico, ma sorridendomi dolcemente e in quel
momento tutto mi sembrò perfetto.
Mi avvicinai leggermente a
lui cercando le sue labbra nella penombra della stanza e quando potei sentirle
sfiorare, sentii lui allontanarsi di qualche centimetro.
Lo guardai cercando di
capire il motivo di quel rifiuto.
“Non farlo mai più” mi
disse serio.
Il mio cuore sembrò
rompersi in mille pezzi.
Lo sguardo che aveva messo
e il modo in cui aveva detto quelle parole la dicevano lunga su tante cose,
soprattutto su una cosa: Damon non mi amava.
Lo guardai e una lacrima
solitaria mi solcò le guance, ma lui non si scompose più di tanto.
“Mi dispiace” riuscii a
dire abbassando lo sguardo.
“La mia vita non vale
nemmeno un decimo di quanto vale la tua”.
Non riuscivo a capire cosa
volesse dire. Che c’entravano quelle parole con quello che era appena successo?
Alzai di nuovo lo sguardo
non capendo.
“Scusa?”
Volevo delle risposte.
“Sai benissimo a cosa mi
riferisco. Se non avessi avuto quel dannato anello saresti morta e per cosa
poi? Per salvare la mia vita. Non farlo mai più” mi disse serio e arrabbiato
quasi.
Mi resi conto che quelle
sue parole non erano riferite al bacio, ma al fatto che gli avessi fatto da
scudo con il mio corpo e mi sentii sollevata.
“Quante volte tu hai
salvato la mia vita?” domandai retorica.
“Elena, non sto
scherzando”.
“Nemmeno io. Io non ho mai
contestato il fatto che rischi la tua vita per salvare la mia, adesso non farlo
tu”.
“È diverso, decisamente
diverso”.
“No, è uguale”.
“Promettilo”.
“Non posso farlo”.
“Devi”.
“Non posso”.
“Perché?”
“Perché la tua vita è
preziosa per me”.
Lui rimase stupito dalle
mie parole, ma non lo diede troppo a vedere, non era da lui farsi trovare
impreparato.
“La mia non è vita”.
“Allora mettiamola così:
la tua non-vita è preziosa per me”.
“Elena…”
“Damon smettila. Non ho
intenzione di farti una promessa che so già di non poter mantenere”.
“Elena…”
Mi avvicinai a lui e lo
baciai. Era l’unico modo per zittirlo.
Sembrò impreparato a quel
bacio, ma si lasciò andare, anche se per una frazione di secondo perché subito
si staccò e mi guardò sofferente.
“Dovresti andare adesso.
Stefan si starà chiedendo che fine hai fatto”.
Si staccò da me voltandosi
dall’altra parte, ma lo bloccai per il polso costringendolo a voltarsi e
guardarmi di nuovo.
“Non credo che lo stia
facendo”.
“Scusa?”
“Io e Stefan…beh, noi…è
finita” dissi leggermente imbarazzata.
Damon non disse nulla,
rimase in silenzio per un qualche secondo, poi avvicinò il suo viso al mio di
qualche centimetro.
“Io e te…noi” provai a
dire, ma lui mi interruppe.
“Siamo così diversi”.
“Si, lo siamo. Siamo così
diversi che ci completiamo”.
Lui non disse nulla e io eliminai
la distanza tra di noi e mi misi in punta di piedi per arrivare con facilità
alle sue labbra. Poi gli misi una mano sul volto accarezzandogli una guancia e
alla fine le mie labbra delicatamente si posarono sulle sue.
Ricambiò il bacio con
enfasi e mi strinse a sé.
Nella penombra di quella
stanza, tra le braccia dell’uomo che amavo mi sentii finalmente completa,
completa come non mi ero mai sentita.
E sapevo che lui era
quello giusto, lo sapevo perché quando in un bacio, quando in un abbraccio
senti tutto quello di cui hai bisogno significa che tra le braccia hai la
persona giusta e io c’è l’avevo.
Sapevo che avremmo dovuto
parlare, che ci saremmo dovuti chiarire, che avremmo dovuto dare un nome al
nostro rapporto, ma in quel momento non serviva, in quel momento erano le
nostre emozioni a parlare.
Avremmo dovuto fare tante
cose, ma le avremmo fatte domani. Quella sera, quella notte era nostra.
Eravamo insieme in quel
momento, io e lui, Elena e Damon…tutto il resto del mondo non contava più, non
in quel momento, almeno.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Ecco il capitolo dieci, credo che
tutti lo aspettavate con ansia visto come si è concluso lo scorso capitolo.
Le cose sembrano si siano sistemati,
ma una cosa è certa, Elena e Damon devono ancora parlare e capire come
affrontare la situazione, capire se possono stare insieme oppure no.
In fondo non si sono detti nulla,
hanno solo lasciato parlare i loro sentimenti.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo
pezzettino:
“Tutto quello che è successo, durante il viaggio,
ieri sera e poco fa, tutto questo è…” provò a dire Damon, ma lo zittì.
“Non dire che è sbagliato, non dire che è un errore
perché non è così e lo so io come lo sai tu”.
“Non volevo dire questo, voglio solo dire che se
andiamo avanti così questa situazione diverrà insostenibile. È meglio finirla
qui”.
“Spesso ciò che è meglio non è quello che fa star
bene”.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
A svegliarmi furono i raggi
del sole che prepotenti entrarono dalla finestra della camera e quando aprii
gli occhi notai subito come lì dentro il sole emanasse una luce diversa
rispetto a quella a cui ero abituata, ma mi bastò fare mente locale di quanto
successo la sera prima per capirne il motivo.
I raggi del sole non
stavano entrando dalla finestra della stanza di Stefan, ma dalla grande
porta-finestra della camera di Damon.
Non avrei più fatto un
solo risveglio in quella vecchia camera, ma speravo con tutto il cuore di farne
milioni in questa.
Con gli occhi aperti
potevo vedere il grande soffitto della camera dove mi trovavo, poi voltai lo
sguardo alla mia destra e vidi il Paradiso fatto persona. Ammettevo che era una
metafora un po’ strana in quel contesto visto che stavamo parlando di un
vampiro, ma per me lo era, lui era il mio angolo di Paradiso.
Damon era comodamente
sdraiato sul letto che dormiva. Il petto perfetto e nudo, un braccio a
penzoloni e l’altro avvolgeva il mio corpo visto che avevo dormito tutta la
notte appoggiata al suo fantastico petto scultoreo. La sua testa era rivolta
dall’altro lato, motivo per cui riuscivo a scorgere solo il suo profilo. Eppure
mi sembrava talmente rilassato, talmente in pace che avevo paura che un
qualunque movimento brusco potesse svegliarlo.
Molto lentamente mi
strinsi sempre di più al suo petto e alzai leggermente la testa per riuscire a
guardarlo meglio e quando ci riuscii mi incantai a osservare il suo volto. Non avevo
mai notato quanto i suoi lineamenti potessero sembrare morbidi e delicati e mi
chiedevo quanto e se gli venisse complicato trasformare quel volto che adesso
mi sembrava tanto angelico in un volto “demoniaco”.
Ripensai alla sera prima e
a quanto quella notte fosse stata magica anche se non era successo nulla. Si,
perché nulla era successo tra noi.
Eravamo rimasti fermi ad
abbracciarci per un tempo sconsiderevole, poi ci eravamo baciati una volta, poi
due, poi ancora e ancora, senza dire una parola perché al momento ci bastava
quello.
Poi quando la stanchezza
da parte mia si era iniziata a fare sentire ci eravamo sdraiati a letto. Mi
aveva offerto una sua camicia per togliermi la mia maglietta sporca di sangue e
io gli avevo chiesto di darmi quella che indossava. Non aveva fatto domande e
se l’era tolta dandola a me, ecco perché adesso era a petto nudo.
La verità era che volevo
la sua camicia per poter dormire con il suo odore addosso, un odore che avevo
iniziato ad amare esponenzialmente, un odore che, ormai, avrei riconosciuto
dappertutto.
Poi avevo appoggiato il
mio volto sul suo petto e lui mi aveva stretta a sé. Non una parola, non un
sussurro. Nulla. Solo due anime che avevano deciso di sfiorarsi senza dirsi
nulla. E in quella posizione mi ero addormentata cullata da un suo leggero
bacio sulla nuca.
E adesso che mi ero
svegliata potevo rendermi conto di quanto quella notte fosse stata la più
serena da tanto tempo e lo era perché adesso tutto mi era chiaro, dentro di me
non c’era più dubbi, paure, incertezze o sensi di colpa. Dentro di me c’era
solo amore e accanto a me la persona a cui avrei voluto donare quell’amore. Era
tutto perfetto e poco importava cosa sarebbe successo non appena i suoi occhi
si fossero riaperti e saremmo tornati di nuovo alla realtà.
Restai a guardarlo ancora
per un po’, completamente assorta. E non potei fare a meno di chiedermi come
fosse possibile essermi accorta solo adesso di quello che provavo, o meglio di
come solo ora fossi riuscita ad ammettere quell’amore.
“Per quanto ancora hai
intenzione di ammirare le mie straordinarie bellezze?”
La sua voce, perfetta
nonostante si fosse appena svegliato, risuonò nell’aria e mi sentii avvampare.
Quando mi sarei abituata
al fatto che fosse un vampiro e non un comune umano?
Aveva ancora gli occhi
chiusi e non si era mosso di un millimetro dalla posizione in cui si trovava.
“Sempre il solito modesto
ah” gli risposi dandogli uno scappellotto sul petto allontanandomi da lui per
alzarmi.
Era sempre capace di
rovinare tutto, ma in fondo non mi piaceva anche per questo? E sinceramente,
poi, in tutta la settimana passata mi erano mancati i nostri finti litigi.
“Sempre la solita
permalosa ah” ripeté lui aprendo finalmente gli occhi e voltandosi per
guardarmi.
Io mi ero già alzata dal
letto e gli davo le spalle, ma potevo sentire i suoi occhi fissare la mia
figura. Fu una frazione di secondo e mi voltai avvicinandomi di nuovo a letto e
salendo con un ginocchio mi avvicinai alla sua figura e gli stampai un bacio a
fior di labbra.
Sembrò impreparato a quel
contatto, ma poi si lasciò andare. Quando poi ci staccammo lo guardai negli
occhi.
“Dovresti farci
l’abitudine”.
Era ovvio che mi riferissi
a quei baci. Non poteva sempre stupirsi ogni volta che lo facevo.
Gli sorrisi e poi mi alzai
di nuovo dal letto avvicinandomi allo specchio per vedere in che situazione
disastrosa era il mio viso.
“A proposito di questo.
Credo che dovremmo parlare noi due”.
Non feci nemmeno in tempo
a voltarmi che dallo specchio vidi la sua figura esattamente dietro di me. Era
perfetto, Dio se lo era, ma non era il momento di pensare a questo.
“Lo credo anche io” dissi
e poi mi voltai a guardarlo.
Eravamo a pochi centimetri
l’uno dall’altro, ma stranamente negli occhi di entrambi non c’era nient’altro
se non la voglia di chiarire quella situazione e c’era solo un modo per farlo,
dovevamo capire se iniziare insieme un capitolo nuovo delle nostre vite o se
mettere un punto a quello che sarebbe potuto essere.
“Tutto quello che è
successo, durante il viaggio, ieri sera e poco fa, tutto questo è…” provò a
dire Damon, ma lo zittì.
“Non dire che è sbagliato,
non dire che è un errore perché non è così e lo so io come lo sai tu”.
“Non volevo dire questo,
voglio solo dire che se andiamo avanti così questa situazione diverrà
insostenibile. È meglio finirla qui”.
“Spesso ciò che è meglio
non è quello che fa star bene”.
Lo guardai negli occhi
intensamente, più intensamente di quanto avessi mai fatto.
“E sarei io? Sarei io
quello che ti fa stare bene?” mi domandò sorridendomi beffardo, come a prendermi
in giro.
Dio quanto lo odiavo.
“Ti fa ridere la cosa?”
“Su Elena, è ridicolo. Io
sono solo un’egoista, non ti merito”.
“Ancora con questa storia
del non meritarmi? Dio, non ti sopporto. Conosci il significato della parola
egoismo?” urlai spazientita di sentirmi ripetere quella frase.
Lui continuò con il suo
sorriso ironico e io ripresi a parlare.
“Pensare a se stessi non è
egoismo. Egoismo semmai è occuparsi solo di se stessi. Quando mai ti sei
occupato solo di te stesso? Quando? Se dal momento in cui sei arrivato qui non
hai fatto altro che occuparti di me, di proteggermi e di proteggere le persone
che amo?”
“Elena…”
“Elena un tubo. Come fai a
dire di essere egoista? È egoista una persona che è pronto a morire per salvare
la vita di un’altra persona? Perché questo è quello che hai fatto per me e
questo è quello che hai fatto ieri sera per Caroline. Eri pronto a morire per
salvare lei”.
Era sconvolto dalle mie
parole urlate con troppa enfasi e il sorrisino ironico che aveva messo su
scomparve dalle sue labbra.
“Lei è la tua migliore amica” si giustificò.
Si stava arrampicando agli
specchi lo sapevo bene, e sapevo anche perfettamente che non avrebbe mai
ammesso come stavano davvero le cose, non avrebbe mai ammesso cosa lo avesse
spinto a comportarsi in quel modo. Era fatto così e gettare la maschera del
cattivo gli veniva troppo difficile.
“E speri che io ci creda?”
“E per quale altre motivo
avrei dovuto farlo allora?” mi domandò prima di voltarsi dall’altra parte e
prendere la cintura dalla sedia infilandosela nei pantaloni.
Poi tornò a guardarmi e
mentre ancora se la sistemava attendeva la mia risposta mettendo su il suo
sorriso ironico
“Perché non sei il cattivo
che vuoi far apparire, non più almeno. Ci sono persone che non riescono a
costruirsi un'armatura e altre che, invece, c’è la fanno, ma non riescono più a
liberarsene. E tu l’armatura te la sei creata, ma te ne stai anche liberando,
solo che una parte di te non vuole che questo accada, non lo vuole perché in
fondo hai paura a iniziare una nuova fase della tua vita, una fase fatta di
fragilità, amore, emozioni, dolore e gioia. Hai salvato Caroline ieri non
perché è la mia migliore amica, ma perché è anche tua amica e le vuoi bene”.
Non rispose subito, sembrò
pesare attentamente le mie parole.
“Tutto questo è ridicolo”
sbottò alla fine guardandomi come se avessi appena detto la più grossa fesseria
della terra.
“Il fatto che tu non
l’ammetta è ridicolo”.
“Ok, stiamo decisamente
tergiversando il discorso. Stavamo parlando di noi, che c’entra Caroline?”
A sentirgli pronunciare
quelle parole sorrisi e lui mi guardò stranito.
“Cos’ho detto adesso?” si
lamentò con la sua solita espressione.
“Noi, hai detto noi. Fino
alla settimana scorsa hai detto che non esisteva un noi”.
“Giusta osservazione”
disse sorridendo sarcastico.
“La smetti?” urlai non
riuscendo più a sopportare quel suo modo di fare.
“Di fare cosa?”
“Di comportarti come se
non te ne importasse niente”.
“Cosa ti fa credere che,
invece, me ne importi?”
“Oddio come sei odioso.
Giuro che se non mi fossi innamorata di un’idiota come te ti manderei al
diavolo seduta stante” gli urlai rendendomi conto solo dopo di aver detto
davvero quelle parole.
Non avrei dovuto dirglielo
in quel modo, cavolo.
Lui si tolse dalla faccia quel
sorriso che in quel momento detestavo e mi guardò intensamente, con uno sguardo
che non mi sembrava di ricordare di averglielo mai visto. La sua espressione
rasentava l’impossibile.
“Cosa…cosa hai detto?”
Dolcezza, la sua voce era
impregnata di dolcezza. Ecco il Damon che amavo.
“Che ti manderei al
diavolo”.
“Prima, cosa hai detto
prima?”
“Che sei un’idiota”.
“Prima ancora”.
Non risposi subito.
Abbassai lo sguardo imbarazzata. Aprirmi in quel modo con lui mi faceva paura,
in fondo non avevo idea di cosa davvero lui provasse. Con molta probabilità
potevo essere per lui solo un divertimento, una sfida, non riusciva ad avermi e
quindi faceva di tutto per cambiare le cose.
Adesso che mi aveva non
era detto che mi volesse.
Rimasi in silenzio ancora
un po’ e quando alzai di nuovo lo sguardo Damon era ad una spanna dal mio viso,
tanto vicino che sentivo il suo respiro sul mio. Si avvicinò ancora di più e
poi mi accarezzò una guancia con una dolcezza senza eguali.
“Ti dispiacerebbe ripetere
quello che hai detto?” mi sussurrò appena.
Non mi sembrava nemmeno di
trovarmi di fronte Damon, era un’altra persona, una persona, però, che avevo
sempre saputo fosse insita in lui.
“Mi sono…mi sono
innamorata di te” mormorai fissandolo in quel cielo che erano i suoi occhi “Damon
io…io ti amo” conclusi.
Lui rimase immobile, come
pietrificato da quelle parole. La sua mano che era sulla mia guancia non si
mosse e i suoi occhi cercarono una conferma qualsiasi nel mio sguardo, una
conferma che ero certa avrebbero trovato.
“Damon, dì qualcosa, per
favore” gli sussurrai vedendo che sembrava una statua.
Lui sembrò ridestarsi e la
sua mano tornò ad accarezzarmi la guancia asciugando con il pollice la lacrima
solitaria che mi stava solcando la guancia.
“Tu…avevi detto di
odiarmi” furono le sue uniche parole.
Non riusciva a credere che
io potessi amarlo e non riuscivo a spiegarmi il perché.
Era così impossibile che
fosse successo?
“Mamma mi diceva che
l’odio è solo l’inizio di una storia d'amore ed aveva ragione. Sai che c’è? C’è che con
te ho imparato che il contrario dell’amore non è l’odio. L’odio è assenza di
amore, così come il buio è assenza di luce. L’opposto dell’amore è la paura e
io ho sempre avuto paura, paura di cosa avrebbe comportato amarti”.
“E cosa credi che
comporterà?”
Sembrava un bambino che
aveva bisogno di conferme.
“Non lo so, non ne ho idea
e non voglio nemmeno cercare e trovare delle risposte a questo interrogativo,
non più. Adesso voglio vivere quello che mi capita”.
Quando terminai di parlare
fu la mia mano a posarsi sul suo volto e ad accarezzarlo, accarezzarlo per la
prima volta come avrei voluto fare da tanto, troppo tempo.
“E Stefan?” mi domandò.
“Stefan sa tutto. Non è
lui che amo, non più e forse non l’ho mai amato con la stessa intensità con cui
amo te. Non lo so cosa mi spinge verso di te, ma è come se ci fosse un filo
invisibile che ci tiene uniti, un filo che non riesco a spezzare e che non sei
riuscito a spezzare nemmeno tu nonostante tutto quello che hai fatto”.
“Elena, Stefan è
perfetto”.
“Si, hai ragione. È perfetto,
ma non per me. Sei tu quello perfetto”.
“Io sono il cattivo. Io
sono un demone, tu sei un angelo, riesci a capirlo?”
“Ogni demone ha bisogno
del suo angelo”.
Lui
rimase in silenzio, senza dire nulla. E io cercai di interpretare quel silenzio
come meglio potevo, ma non ci riuscii e alla fine non potei che pensare
all’unica soluzione possibile: Damon non mi amava.
“Lo
capisco sai e non ti giudico. Non è amore il tuo, attrazione forse, ma non
amore e va bene così. Era giusto che tu sapessi quello che provavo. Se c’era
anche una sola possibilità per noi dovevo provare. Del resto la colpa è mia.
Dovevo capirlo prima, quando ancora eri lì pronto ad aspettarmi ed è ovvio che
non potevi aspettare in eterno”.
Ripensai
al giorno in cui Damon si era presentato a casa mia dopo aver saputo che aveva
baciato Katherine e non me e aveva poi ucciso Jeremy. Quella volta mi aveva
detto delle parole che adesso ricordavo alla perfezione: ”Tra noi due c’è qualcosa
e lo sai. E stai mentendo a me, stai mentendo a Stefan e soprattutto stai
mentendo a te stessa”.
Se
lo avessi capito allora di amarlo, forse, a quest’ora saremmo stati felici
insieme, ma non potevo tornare indietro, non più purtroppo.
Con
questa consapevolezza mi staccai da lui e abbassando lo sguardo, mi diressi
verso la porta. Dovevo uscire da quella stanza, dovevo allontanarmi da lui, non
volevo che mi vedesse piangere.
Non
appena raggiunsi la porta e alzai lo sguardo per aprirla mi ritrovai Damon
proprio di fronte a me.
“Il
problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti”.
Possibile
che quel ragazzo dovesse sempre essere così dannatamente misterioso?
“Che
vuoi dire?” domandai cercando di non piangere.
Non
potevo farlo, non davanti a lui almeno.
“Che
dipende chi aspetti può valere la pena aspettare anche una vita intera”.
Mi
sorrise, un sorriso sincero e cristallino, uno di quelli che amavo tanto.
“Che
significa?”
“Che
ho sempre creduto che tra di noi ci fosse qualcosa, ma tu sei ottusa” mi disse
sorridendo all’ultima parola e io gli diedi una pacca sul braccio facendo finta
di mettere il broncio “senza offesa ovviamente. Così mi sono messo all’angolo
ad aspettare. Ammetto, però, che, ormai, ci stavo perdendo le speranze” mi
confessò e io sorrisi, sorrisi perché forse non era tutto perduto.
“Damon…”
“Fammi
finire, è già difficile senza che tu mi interrompa. Non sono abituato ad essere
la prima scelta di nessuno. Da bambino tutti preferivano Stefan a me, poi anche
Katherine e alla fine pure tu. Qualunque cosa di buono lui facesse andava bene,
ma se ero io a comportarmi giustamente per una volta nessuno se ne accorgeva.
Volente o nolente sono sempre stato la seconda scelta, sempre”.
“Se
ho aspettato tutto questo tempo è perché dovevo essere sicura, sicura di quello
che volevo. E adesso lo sono e tu non sei assolutamente la seconda scelta, tu
sei la prima scelta, l’unica scelta che potevo fare perché è te che amo
davvero” gli dissi tutto d’un fiato per paura che mi fermasse visto che aveva
detto che dovevo farlo finire di parlare.
Lui
sorrise e mi guardò come a dire “sei
sempre la solita”, poi riprese a parlare.
“Ho
vissuto una vita nel ricordo di Katherine, di quell’amore che avevo perso senza
una ragione valida, poi sei arrivata tu. La prima volta che ti ho vista mi sei
sembrata lei, poi ti ho guardata mentre sorridevi e mi sono reso conto di
quanto foste diverse e più ti conoscevo e più me ne accorgevo, e più ti
conoscevo e più mi innamoravo di te. E alla fine mi sono reso conto di amarti
come non avevo mai amato nessuno, nemmeno Katherine. Sei stata l’unica che è
riuscita a leggermi dentro e io riesco a sentimi più uomo con te. Ho sempre
desiderato poter essere quell’abbraccio in cui desideravi perderti. Ho sempre
voluto che ti sentissi protetta e libera di fare qualunque cosa perché tanto
c’ero io a prendermi cura di te, a difenderti dal freddo e dal male” mi
sussurrò piano accarezzandomi una guancia.
Lo
osservai bene e mi resi conto che dai suoi bellissimi occhi color del ghiaccio
stava scendendo una lacrima, solitaria e splendente.
Fu
in quel momento che mi resi conto di amarlo ancora di più ed ero certa che
quell’amore sarebbe diventato ogni giorno sempre più grande perché Damon era
quello che aspettavo da tutta una vita.
“Puoi
ancora farlo. Tutto questo, tutto quello che hai sempre desiderato puoi
realizzarlo” gli mormorai a qualche centimetro dalle labbra.
Lui
mi guardò e sorrise, come se non riuscisse ancora a crederci.
“Non
credo di meritarti, ma non posso più starti lontano, non adesso che so quello
che provi”.
“Non
devi starmi lontano infatti, non è quello che voglio”.
“Potrebbe
non essere perfetto” disse riferendosi al nostro rapporto.
Non
sapevo se stesse cercando di convincere me o se stesso, ma una cosa la sapevo.
Dentro di noi sapevamo che l’amore che ci legava era tanto, troppo e che sarebbe
stato tutto assoluto.
“Un
amore non deve essere perfetto, deve essere vero” gli sussurrai sorridente,
mentre lui con le sua dita perfette tracciava i contorni delle mie labbra.
Era
ufficiale: Elena Gilbert era pazza di Damon Salvatore.
Non
ci avrei scommesso nemmeno un dollaro, dovevo essere sincera.
Era
forse questo il bello dell’amore?
Il
fatto che riesce sempre a stupirti?
“Ti
amo Elena” mi sussurrò guardandomi negli occhi.
Questa
volta fui io a sorridere, sorrisi perché era un “ti amo” che aspettavo da
tempo, un “ti amo” che bramavo, un “ti amo” che per la prima volta in tutta la
mia vita mi aveva fatto sentire viva, parte di qualcosa.
Si,
io mi sentivo parte di quell’amore.
“Ti
amo anche io Damon”.
Un
sussurro appena udibile, quasi non riuscii a sentire la mia stessa voce
pronunciare quelle parole, ma ero certa che lui le avesse sentite grazie al suo
speciale udito e la conferma mi arrivò non appena guardai le sue labbra
distendersi in un sorriso che non gli avevo mai visto fare, uno di quei sorrisi
capaci di illuminare il mondo.
La
sua mano continuò a tracciare il profilo delle mie labbra e i nostri occhi non
facevano altro che scrutarsi, cioccolato fuso contro ghiaccio. Sapevo cosa
vedevo io ed ero certa che lui vedesse la stessa cosa. Vedevamo negli occhi
dell’altro la nostra stessa immagine riflessa.
Fu
questione di secondi prima che il suo sguardo si posasse sulle mie labbra e lo
stessero fecero i miei occhi e prima ancora che riuscissi a pensare qualunque
cosa le nostre bocche si toccarono e le nostre labbra si dischiusero pronte ad
accogliere quelle dell’altro.
Le
nostre lingue presero a giocare tra loro come se si conoscessero da sempre e
non avessero aspettato altro.
Quando
ci staccammo, e lo facemmo solo perché la sottoscritta aveva bisogno di
respirare, le labbra di Damon si impossessarono del mio orecchio, poi del mio
collo e di nuovo dell’orecchio. Quando si rese conto che il collo era il mio
punto debole tornò a giocarci lasciandomi scie di fuoco che mi facevano
accapponare la pelle tante era la frenesia.
Un
gemito mi uscii dalle labbra e non appena questo arrivò alle orecchie del
vampiro lo vidi sorridere, soddisfatto di quanto stava facendo, inconsapevole
forse che la sua sola presenza bastava a farmi bramare per l’eccitazione.
Tornai
a cercare le sua labbra e quando le trovai mi sentii completa, ma ciò che non
potevo immaginare era che quello era ancora niente, niente in confronto alla
completezza che avrei provato quando, qualche istante dopo, divenni sua in
tutti i modi in cui una donna poteva essere di un uomo.
“Credo
che farò la doccia più tardi” sussurrò malizioso Damon all’orecchio prima che
il mio corpo finisse sul materasso e il suo sopra di me.
“Anche senza saperlo ci
siamo sempre cercati, dal primo momento in cui ci siamo visti e questa è
un’emozione che non potremmo mai cambiare” mormorai vicino al suo orecchio
mentre sembrava che stessi toccato il cielo con un dito.
“Se un’emozione la senti
conviene viverla” mi rispose lui malizioso tornando a brandire le mie labbra.
E dopo un mio consenso lo
sentii dentro di me come non avrei mai creduto potesse succedere e mi resi
conto di quello che davvero si provava.
Era
come fare l’amore per la prima volta e noi lì, su quel letto, ci stavamo
donando per la prima volta l’una all’altro, la prima di una lunga serie di
volte perché era con lui che avevo intenzione di vivere.
Come
diceva un famoso scrittore inglese, Oscar Wilde, vivere era la cosa più rara al
mondo e la maggior parte della gente non viveva, ma esisteva solamente, sopravviveva.
L’avevo
fatto anche io fino ad allora, ma adesso era diverso. Adesso era il momento di
vivere, di farlo davvero e l’avrei fatto con Damon.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Ecco il nuovo capitolo.
Finalmente questi due hanno chiarito
la loro situazione e sembra che entrambi abbiano l’intenzione di stare insieme
finalmente.
Elena è molto decisa e meno male viste
le paranoie di Damon.
Spero di non aver rappresento i
personaggi diversi da come appaiono, non vorrei averli fatti diventare OOC, se
è così vi prego di farmelo notare.
Adesso resta da risolvere il problema
Katherine, un grosso, nevrotico problema.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo
pezzettino:
Sapevo si stesse riferendo a Tyler. Lon Chaney
Junior non era altro che l’attore che al cinema aveva interpretato un uomo
lupo, anzi a dire il vero era il figlio di un uomo lupo, ma lo era anche lui.
“Scusa?” chiese Caroline non capendo.
“Il cucciolo Barbie, dov’è il cucciolo?” domandò
con espressione esasperata.
Faceva sempre così quando qualcuno non capiva le
sue battute.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Aprii il frigo della
grande cucina Salvatore e controllai che la mousse al cioccolato fosse pronta.
L’avevo preparata qualche ora prima perché quella mattina mi ero alzata con una
strana voglia di cioccolato.
Era sempre così, il
cioccolato mi reclamava tutte le volte che mi sentivo felice e Bonnie e
Caroline mi prendevano sempre in giro dicendomi che ero fatta tutta al
contrario, visto che di solito la voglia di cioccolata veniva sempre quando si
era un po’ giù.
Presi uno dei tanti
bicchieri che avevo preparato e poi mi richiusi il frigo alle spalle.
Ci avevo messo uno spruzzo
di panna sopra e mi veniva l’acquolina in bocca solo a guardarla.
Era stata nonna a
insegnarmi quella ricetta. Quando io e Jeremy eravamo bambini ne andavamo
ghiotti e tutte le volte che andavamo a trovarla c’è la faceva sempre trovare,
poi una volta quando avevo circa dodici anni eravamo andati da lei, ma di
mousse non c’era traccia. La nonna mi aveva preso per mano e mi aveva condotto
in cucina.
“È arrivato il momento che ti insegni a prepararla” mi aveva detto e così mi aveva messo all’opera
svelandomi poi all’orecchio il segreto nascosto di quella ricetta, quello che
non aveva voluto svelare nemmeno alla mamma.
Mi diressi verso il salone
e accesi la tv, poi mi sedetti sul divano e mi coprii con una coperta iniziando
a mangiare quella delizia.
Erano trascorsi quattro
giorni da quando io e Damon ci eravamo messi insieme e procedeva tutto alla
grande, forse pure troppo.
Damon era sempre il
solito, ma sapeva mostrarsi dolce quando eravamo da soli, ma soprattutto il
fatto che stessimo insieme non gli impediva di fare di tutto per farmi saltare
i nervi, come faceva in passato, difatti i nostri battibecchi continuavano ad
essere all’ordine del giorno per fortuna. Mi divertiva troppo punzecchiarmi con
lui.
Stefan e Caroline erano a
conoscenza di questa relazione ovviamente. Del resto vivendo nella stessa casa
era impossibile tenerglielo nascosto.
Tra Stefan e Damon le cose
andavano al solito. Tranne che per la minaccia che tre giorni prima Stefan
aveva fatto a suo fratello. Se mi avesse fatto soffrire lo avrebbe fatto fuori.
Damon lo aveva guardato beffardo e gli aveva risposto con il suo solito tono di
voce “mi spiace fratellino, ma tra i due
sono io il più forte”, poi gli aveva dato una pacca sulla spalla ed era
uscito.
Stefan aveva poi guardato
me e insieme avevamo sorriso. Damon non sarebbe mai cambiato, ma il minore tra
i fratelli Salvatore era certo che quello era il modo che suo fratello aveva
usato per dargli la sua parola.
Avevo raccontato ad Alaric
e Jenna della mia storia con Damon e se il primo aveva sorriso e si era poi
raccomandato con il mio ragazzo, la seconda si era mostrata un po’ meno
diplomatica. Mi aveva elencato l’infinità dei rischi che correvo, ma alla fine
mi aveva abbracciata ripetendomi che tutto quello che più gli interessava era
che io fossi felice. Aveva poi scoccato non poche frecciatine a Damon e alla
fine dopo una sonora minaccia gli aveva sorriso dando a modo suo la benedizione
a quella storia.
Per me era importante il
pensiero di entrambi. Jenna perché era mia zia, l’unica persona che insieme a
Jeremy mi restava della mia famiglia, ma anche perché era un’amica per me, lo
era sempre stata e Alaric perché eravamo entrati talmente in sintonia che lo
consideravo come una specie di padre, ma allo stesso tempo un amico.
Matt, Tyler e Bonnie non
sapevano ancora nulla. I primi due perché non avevo avuto occasione di parlare
con loro, la terza perché come minimo mi avrebbe ucciso, motivo per cui non
avevo detto nulla nemmeno a Jeremy, sincero com’era non avrebbe retto a mentire
alla sua fidanzata.
Sapevo di dover parlare
con Bonnie, ma al momento non mi andava. Mi volevo godere il momento e poi avrei
dovuto trovare le parole giuste per farle capire e soprattutto accettare che mi
ero innamorata della persona che lei odiava di più al mondo lasciando quello
che per lei era il ragazzo perfetto.
Altro che parole giuste,
serviva un miracolo.
Katherine non si era fatta
viva e i ragazzi non sapevano se era un bene o un male e soprattutto tutti ci
chiedevamo se avesse scoperto che la sottoscritta non fosse morta o meno.
Scacciai quei pensieri e
tornai al presente godendomi il tepore del camino, la compagnia della tv e il
delizioso sapere della mia mousse.
“Hey ne voglio una anche
io” disse una voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi mio
fratello insieme a Bonnie sulla soglia del salone.
Jeremy le adorava, forse
ancora più di quanto lo facessi io. Era sempre stato il golosone di famiglia.
“Sono in frigo, vai tu, io
non mi muovo di qui”.
“Hey io sono l’ospite,
dovresti andare tu” si lamentò lui.
“Anche io sono un’ospite”
precisai.
“Ma per adesso vivi qui”.
“Jeremy se vuoi muovi il
culo da qui e vai a prendertene una, altrimenti viene a sederti qui e ti
accontenterai di guardare me magiare questa delizia. Non ho nessuna intenzione
di muovere un solo muscolo”.
“Che sorella ingrata” si
lamentò mentre io sorrisi.
“Muoviti scemo e portane
una anche a me” aggiunse Bonnie prima che il fidanzato si allontanasse.
La mia amica si avvicinò a me e poi si sedette sul divano.
Dapprima non disse nulla,
poi prese a parlare.
“Mi dispiace per l’altro
giorno, ma…”
“Bonnie va tutto bene. Non
dire nulla, non ho voglia di litigare” le dissi rendendomi conto che lei non
aveva cambiato idea così come non lo avevo fatto io.
“Ultimamente litighiamo un
po’ troppo spesso, prima non succedeva mai”.
“Si vede che prima la
pensavamo allo stesso modo su tutto, adesso le esperienze passate ci hanno
fatto cambiare”.
“Ma io non voglio che
questo ci separi”.
“Non ci separerà, non se
noi non lo permettiamo”.
Lei mi sorrise e io feci
lo stesso. In fondo era la mia migliore amica, eravamo state sempre insieme:
io, lei e Caroline, il trio perfetto. Diverse in ogni cosa, ma legate in modo
indissolubile.
Si avvicinò e mi abbracciò
e a quel punto non potei fare a meno che ricambiare affettuosamente
quell’abbraccio consapevole che se avesse scoperto la verità ci sarebbero
volute molto più di due semplici parole per risolvere il problema.
Non avevo intenzione di
rinunciare alla sua amicizia, ma certo non ero intenzionata neppure a
rinunciare a Damon.
Avrebbero dovuto convivere
entrambi con i rapporti che avevano con me: Bonnie avrebbe dovuto accettare
Damon e lui avrebbe dovuto accettare lei.
Missione impossibile?
Forse, ma valeva la pena provarci.
Quando ci staccammo fece
nuovamente il suo ingresso Jeremy con in mano qualche bicchiere di mousse e si
sedette con noi sul divano.
“Sembra che tu abbia
preparato questa roba per un reggimento, quando l’unica umana sei tu qui
dentro”.
“Sarò pure l’unica umana,
ma gli altri tre fidati che non scherzano. Caroline solo stamattina ne ha
mangiate cinque e gli altri due gli hanno fatto concorrenza” gli spiegai.
“Mi chiedo che senso ha
per loro mangiare. In fondo è il sangue che li nutre”.
Lo guardai e sorrisi.
Jeremy sembrava uno studioso attento di vampiri, voleva sapere sempre di più,
non sembrava mai sazio.
“Beh non lo so. Se può aiutarti
una volta Damon mi ha detto che purché assumano abbastanza sangue regolarmente
il loro corpo funziona come quello di un comune umano”.
“Grazie sorella” mi
rispose contento di aver scoperto qualcosa in più.
Sembrava un bambino al
quale era appena stata data una caramella.
Restammo in salotto a
parlottare tutti e tre e poco dopo ci raggiunse anche Caroline che si unii a
noi mangiando altri tre bicchieri di mousse. Diceva che mangiare la distraeva
dalla voglia di sangue, la verità era che quella delizia le piaceva tantissimo
e golosa com’era non riusciva a rinunciarci e faceva bene, ormai, non aveva più
problemi di linea.
Poco dopo in salone ci
raggiunsero Alaric e Stefan e iniziò a sorgermi il dubbio che quella fosse più
una riunione che una visitina di amici.
“Che succede?” chiesi.
“Cosa dovrebbe succedere?”
mi domandò Stefan come se avessi detto chissà cosa.
“Prima Bonnie e Jeremy,
adesso Alaric. È una riunione o sbaglio?”
“Una specie” sentii dire
da una voce che avrei riconosciuto fra mille: Damon.
Mi voltai verso la
direzione della voce e lo vidi arrivare più bello che mai. Pantaloni neri e
giubbotto di pelle dello stesso colore dal quale si intravedeva una maglietta
bianca che gli aderiva perfettamente facendo risaltare i suoi muscoli perfetti.
O mio Dio. Ok, dovevo
smetterla. Non era il momento per sbavare alla vista del mio ragazzo. Come
suonava bene questa parola. Damon era il mio ragazzo.
Lui mi lanciò un’occhiata
maliziosa, l’unica cosa che poteva fare al momento vista la presenza di Jeremy
e Bonnie, poi si avvicinò a me e quando fu ad una spanna dal mio viso credetti
che stesse per baciarmi e io l’avrei ucciso se fosse stato così. Non dovevano
certo scoprirlo in quel modo, ma invece lui prese il mio terzo bicchiere di
mousse e si allontanò iniziando a mangiarlo.
“Damon” gli urali
rimproverandolo.
“Pardon madame, ma mi è
venuto un certo languorino”.
Gli lanciai uno sguardo
furente come a dire “te la faccio pagare”, poi sorrisi. Dio, a volte, riusciva
ad essere un bambino dispettoso.
“Allora Damon, che
succede?” chiese Alaric e fu in quel momento che compresi che era stato proprio
il mio ragazzo ad organizzare la cosa.
Mi guardai attorno ed
erano tutti in piedi nel salone ad attendere di capirci qualcosa. Le facce
serie e concentrate e non mi fu difficile capire che l’argomento che avremmo
affrontato sarebbe stata Katherine.
Sapevo si stesse riferendo
a Tyler. Lon Chaney Junior non era altro che l’attore che al cinema aveva
interpretato un uomo lupo, anzi a dire il vero era il figlio di un uomo lupo,
ma lo era anche lui.
“Scusa?” chiese Caroline
non capendo.
“Il cucciolo Barbie, dov’è
il cucciolo?” domandò con espressione esasperata.
Faceva sempre così quando
qualcuno non capiva le sue battute.
“Sta arrivando, ma cosa
c’entra Lon Chaney Junior e poi chi è?”
“Oddio non sa chi è”.
Damon era sconvolto.
“È solo un attore che ha
interpretato il ruolo di un licantropo” le spiegò Stefan con calma.
“E cosa posso saperne io?
Sai com’è, io non sono il tipo da film dell’horror”.
Fece finta di mettere il
broncio, ma Damon non si scompose.
“E ci sei finita dentro”
commentò alla fine mentre io gli lanciai un’occhiataccia e lui alzò le mani in
segno di resa.
In effetti non aveva tutti
i torti. La nostra vita era diventata un film dell’orrore, ma ricordarlo non
era piacevole.
Per fortuna Tyler arrivò
in poco tempo seguito da Matt e non appena entrò Damon non poté che fare un
commento sarcastico su quanto fossero inaffidabili i cani, come li aveva
definiti lui.
Per fortuna tutti lì
dentro lo conoscevano quel tanto che bastava per non dargli corda e Tyler aveva
sorriso della battuta lasciando correre. La verità era che in fondo a parte
Bonnie lì dentro tutti conoscevano Damon, sapevano come era fatto e gli
volevano bene, avevano imparato a volergliene. In fondo se la vita di tutti era
salva lo era anche grazie a lui.
“Allora, ci rendi
partecipi dei tuoi pensieri contorti?”
“Ci sono solo tre modi per
uccidere un vampiro: un paletto di legno nel cuore, il fuoco oppure il morso di
un licantropo” spiegò Damon.
Aveva lo sguardo vitreo
come se mentre stesse parlando stava pensando a qualcos’altro.
“Ma davvero? Grazie per
l’informazione fratello, non ci eravamo ancora arrivati a questo” disse Stefan
sarcastico.
“Hai fatto una battuta,
Stefan. Dovrei bere qualcosa per festeggiare” gli rispose il fratello
sorridendo e avvicinandosi al bicchiere dei liquori per prendere uno scotch e
offrirne uno anche a Alaric che si era avvicinato per servirsi.
“Andiamo avanti” lo esortò
quest’ultimo.
“Qualunque cosa uccida
Katherine ucciderà anche Elena, tranne qualcosa di sovrannaturale. Questo ha
detto la strega. Bene, il morso di un licantropo è qualcosa che non rientra nel
naturale, quindi se uccidiamo Katherine con questo mezzo Elena non corre
rischi” spiegò Damon.
“Cioè stai dicendo che io
dovrei uccidere quella psicopatica?” domandò Tyler preoccupato.
“Vedi qualche altro
licantropo?”
“Damon io non riesco
ancora a controllarmi, lo sai bene. Potrei fare una strage e a rimetterci non
sarebbe solo Katherine”.
“Sappiamo badare a noi
stessi”.
“Damon, Tyler ha ragione.
È troppo rischioso” dissi io.
“Non abbiamo chiesto il
tuo parere” mi rispose sorridendomi al suo solito.
Guardai Stefan e lo vidi
riflettere su quella proposta, mentre Damon non stava aspettando altro che una
accenno proprio da lui. Gli sarebbe bastato un si da parte del fratello e
quella missione suicida si sarebbe messa in pratica anche a costo di
costringere Tyler con la forza.
Sperai che Stefan fosse più
giudizioso di quanto fosse Damon.
“Fratellino non abbiamo
tutta la vita” disse Damon sperando che Stefan si muovesse.
“Ci sono troppi contro in
questo piano. È già quasi impossibile controllarsi per un licantropo esperto,
pensa per lui. Quante volte si è trasformato da quando è diventato quello che
è? Quattro, quattro misere volte e non è riuscito a controllarsi mai, nemmeno
con lo strozza lupo” gli rispose Stefan.
“Stiamo parlando di Elena,
c’è lo siamo forse scordati? È l’unico modo per fare in modo che non gli
succeda nulla. Non abbiamo alternative”.
“È pericoloso Damon”
intervenne Caroline.
“Pericoloso per chi? Per
me, per te e per lui, punto. Nessun altro rischia nulla. Tu starai lontana, ci
penseremo io e Stefan”.
“È una missione suicida”
mi lamentai alzandomi dal divano e avvicinandomi a lui.
“Proprio tu parli di
missione suicida? L’anno scorso avremmo dovuto darti il premio come martire
dell’anno”.
Non l’avrei convinto in
nessuno modo, lo sapevo bene.
“Damon…” provò a dire
Rick.
“Damon niente. Sentite è
la nostra unica possibilità. Io e Stefan terremmo Katherine occupata, poi
arriva Tyler, la morde e noi la rinchiudiamo nel seminterrato fino a quando non
muore. È il piano più semplice del mondo, ma soprattutto è l’unico che
abbiamo”.
“È un piano stupido”
iniziò Bonnie “chi ci dice che non appena Katherine vedrà Tyler non scappi via
senza che voi riusciate a fermarla? Potrebbe averne tutto il tempo visto il
pessimo controllo di Tyler. Potrebbe trasformarsi e dimenticarsi chi è davvero
il nemico e attaccare voi” concluse e per la prima volta da mesi fui d’accordo
con le sue parole.
“Hai un’idea migliore
strega?”
“C’è ne faremo venire una”
provò Jeremy con tatto.
“C’è sempre l’anello che
può proteggerla. Lo mette al dito, voi uccidete Katherine e Elena torna in
vita” propose Matt.
L’anello, che stupida a
non averci pensato prima.
“Matt ha ragione” disse
Stefan.
“L’anello la protegge è
vero, ma in quel caso non funzionerebbe”.
“Cosa ne sai tu?” gli urlò
contro Bonnie al limite della pazienza.
“Ho fatto delle ricerche.
Elena è sotto il flusso di un incantesimo e quell’anello non può proteggerla”
spiegò Damon calmo, anche fin troppo visto il modo in cui Bonnie gli aveva
parlato.
“Ma l’ha già fatto” disse
Rick.
“È stato accidentale. Quel
colpo non era mirato a lei, ma a me, per questo l’anello ha funzionato.
Qualunque colpo parta rivolto a lei o a Katherine non la salverà. L’incantesimo
è chiaro: Elena può sopravvivere solo se la psicopatica viene uccisa in modo
sovrannaturale”.
“Damon, come fai a sapere
questo?” domandai.
“Ripeto ho fatto le mie
ricerche”.
“Cioè?” chiese Stefan.
“Ho trovato un libro ed
era spiegato in modo chiaro. Ho rintracciato Lucy e ho chiesto a lei visto che
la nostra strega ha delle competenze pari a zero e mi ha confermato tutto”
spiegò lanciando una frecciatina a Bonnie.
“Come hai fatto a
rintracciare Lucy?” chiesi.
“Ho i miei metodi”.
“È impossibile. Ci vuole
un’altra soluzione” disse Stefan iniziando a girare per la stanza avanti e
indietro.
“Tyler è la nostra unica
possibilità”.
“Non posso farlo. Non mi
controllo, sarei capace di fare di tutto”.
“Stefan?” chiese cercando
l’appoggio del fratello.
“Damon, deve esserci un
altro modo, dobbiamo trovarlo”.
Tutti annuirono con la
testa come a dargli ragione e io fui una delle prime. Era pericoloso non solo
per loro, ma per tutti.
“Cioè fammi capire. La
nostra vita al posto della sua? È così che funziona adesso?” domandò Damon non
riuscendo a credere a quanto stava succedendo.
Perché doveva mettere la
sua vita e quella di Stefan su un piano inferiore rispetto alla mia?
“No, ovvio che no, ma non
è pericoloso solo per noi due, è pericoloso per tutti. Non mi interessa delle
nostre vite, ma delle loro si. Far uscire Tyler durante la luna piena è una
missione suicida”.
“Una missione suicida che
salverà Elena”.
“E potrebbe uccidere
qualunque altro di voi” dissi guardando lui e poi guardami attorno “non se ne
parla e con questo il discorso è chiuso”.
“Aiuterò con la mia forza
se sarà necessario, ma non potete chiedermi di fare questo. Non posso rischiare
di perdere nessuno di voi” spiegò Tyler nonostante quelle parole gli venissero
difficili da pronunciare.
Damon era da solo e non
avrebbe mai potuto combattere questa battaglia senza il sostegno di qualcuno.
La sua ultima speranza era
Alaric, ma anche lui abbassò il capo non riuscendo a guardarlo negli occhi.
Se solo Tyler fosse stato
più esperto sarebbe stato tutto più semplice.
“E allora che si fa?
Aspettiamo che il cucciolo diventi competente e nel frattempo rinchiudiamo
Elena e tutti voi in una palla di vetro? Non si tratta solo di Elena, si tratta
di tutti voi se non vi foste chiaro il concetto. Elena sarà l’ultima pedina che
muoverà” spiegò Damon.
Era arrabbiato glielo si
leggeva in faccia. Fissava un punto indecifrato a terra cercando ci trattenersi
nel non combinarne una delle sue.
Per come la vedeva lui era
impossibile che nessuno fosse dalla sua parte. In qualche modo il suo piano non
faceva una piega, ma dall’altra era impossibile attuarlo.
Non avrei sopportato di
perdere nessuno, men che meno lui.
Avremmo trovato una
soluzione, ne ero certa.
Mi avvicinai a lui e gli
toccai una spalla, l’unico gesto che al momento mi era consentito fargli.
Volevo calmarlo e sapevo
di poterci riuscire solo io al momento.
“Troveremo un modo tutti
insieme e riusciremo a vincere” gli sussurrai piano consapevole che, oltre a
lui, solo Stefan e Caroline mi avessero sentito.
“Non esiste un altro modo”
mi disse lui a voce normale, non curandosi del fatto che ci fossero gli altri.
“Damon, c’è sempre un
modo. Anche con Klaus credevamo che non esistessero possibilità, ma l’abbiamo
sconfitto. C’è la faremo anche questa volta” gli disse Alaric con tono calmo,
ma convincente.
“Sarà” disse lui bevendo
l’ultimo sorso di scotch che gli restava nel bicchiere.
Per un momento ci fu
silenzio dentro quel salone. Nonostante fossimo in tanti, si sentiva solo il
rumore dei nostri respiri e i battiti dei cuori, nient’altro.
All’improvviso sentimmo la
porta dell’ingresso aprirsi e ci voltammo tutti in quella direzione con aria
spaventata.
“È solo Jenna” ci avvisò
Damon vedendo le nostre faccia.
Aveva ragione. In pochi
secondi la zia entrò in salone, ma l’espressione che aveva in volto non
prometteva nulla di buono.
“Che succede?” chiese
Alaric spaventato.
“Katherine” riuscii a dire
la zia prima di bloccarsi.
“Katherine cosa?” continuò
Alaric preoccupato.
Non mi era difficile
capire come si sentiva. Aveva lasciato Jenna da sola solo per qualche ora non
preventivando che gli potesse succedere qualcosa.
“Come stai Jenna? Che succede?”
mi affrettai a chiedere io avvicinandomi a lei che si era appena seduta al
divano.
“È entrata in casa. Ero in
cucina mentre stavo preparando la cena. Ho capito subito che non eri tu perché
Rick ha detto che sarebbe venuto qui a parlare il che significava che Damon e
Stefan erano qui quindi non potevi essere tu quella in casa nostra perché
nessuno dei due ti avrebbe fatta allontanare senza di loro” prese a raccontare
la zia.
Si interruppe per
riprendere fiato e poi continuò.
“Ha finto di essere te e
ha iniziato a parlare dicendo che dopo lo spavento dell’altro giorno ti stavi
riprendendo”.
“Sa che sei viva” fece
notare Caroline.
“E poi si è avvicinata e
ha cercato di soggiogarmi. Ha detto che avrei dovuto venire qui e davanti ai
tuoi occhi mi sarei dovuta infilzare di nuovo con un coltello. Avrei dovuto
colpire il cuore questa volta, dovevo morire”.
“Non capisco” disse Jeremy
“sei qui a raccontarlo, come è possibile?”
“Non lo so. Lei mi ha soggiogata,
ma io ricordo tutto, anche se ho fatto finta di credere alle sue parole. Ho
preso un coltello e sono corsa in macchina mentre lei mi guardava, proprio come
voleva lei. Non so come sia possibile”.
“Verbena, è l’unica
soluzione” disse Damon.
“Non avevo verbena con me”
gli rispose lei.
“Hai presenta la tisana
che ti faccio bere tutte le mattine?” le chiese Alaric e quando lei annuì lui
continuò “beh, ci metto della verbena. Hai il sangue pieno di questa sostanza da
settimane, non avrebbe mai potuto soggiogarti”.
Ringraziai mentalmente
Alaric. Senza di lui non sapevo come avremmo fatto. Ci aveva aiutato davvero
tante volte senza chiedere nulla in cambio.
“Perché non me l’hai
detto?” gli domandò la zia guardandolo stranita e allo stesso tempo sorpresa.
“Volevo che ti sentissi al
sicuro. Se te lo avessi detto avresti pensato che avevo paura, che te la facevo
prendere perché correvi qualche pericolo e non volevo che tu lo pensassi”
spiegò lui e lei si avvicinò e lo baciò a fior di labbra.
Un segno per ringraziarlo
di averle salvato la vita, perché si, era quello che aveva appena fatto.
“Come volevasi dimostrare”
disse Damon dopo qualche attimo di silenzio.
“Scusa?” chiese Matt non
capendo il senso delle sue parole.
“Ha aperto i giochi”
furono le uniche parole di Damon pronunciate guardando negli occhi Stefan.
Loro erano quelli che
meglio di tutti la conoscevano e dallo sguardo che entrambi si lanciarono potei
facilmente capire che, come previsto, non c’era da aspettarsi nulla di buono.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Ecco il capitolo dodici.
Mi scuso per non essere riuscita a
postare ieri come avevo detto, ma purtroppo sono stata tutto il giorno fuori
casa e non era previsto e non ho proprio avuto modo di inserire il capitolo
nuovo. Spero possiate scusarmi sperando che ciò non capiti più.
Tornando alla storia, come vedete il
problema Katherine non si è ancora riuscito a risolvere. Troveranno mai il modo
di togliersela dai piedi? Speriamo.
Tyler era certamente una buona
possibilità, ma mettere in pericolo gli altri sarebbe stato rischioso.
Katherine in compenso sembra aver
aperto i giochi come Damon stesso ci fa notare. Vedremo cosa succederà.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo
pezzettino:
“Mi dispiace”.
“Di cosa scusa?”
“Di non aver voluto
affrontare subito Bonnie e di costringerti a tutto questo”.
Lui non disse nulla,
restò in silenzio così continuai io.
“Quando Jeremy mi ha
chiesto di Stefan perché hai risposto in quel modo?”
“Ti ho tolto dall’imbarazzo,
dovresti ringraziarmi”.
“Ero intenzionata a dire
loro la verità”.
“Ma non l’hai fatto”.
“Tu…” provai a dire, ma
lui si alzò, fece qualche passo e poi si voltò di nuovo a guardarmi.
La sua espressione era
un misto di rabbia, gelosia e soprattutto delusione.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Carol Lockwood, la mamma
di Tyler aveva organizzato nella sua villa una delle solite feste a cui mezza
Mystic Falls avrebbe partecipato. Nessuno in quella piccola cittadina
rinunciava a momenti come quelli, né tanto meno rinunciava a partecipare a
quelli che sembravano essere dei veri e propri eventi mondani.
Io a dire il vero non ero
molto eccitata all’idea di partecipare, non con una vampira che dava la caccia
a me e a tutti quelli a cui volevo bene, ma Damon e Stefan si erano premurati a
farmi notare che la mia vita, la nostra vita doveva andare avanti normalmente.
A loro dire Katherine non doveva sospettare che avessimo paura di lei, ma anzi
che fossimo tranquilli, talmente tanto tranquilli dall’esporci partecipando ad
una festa.
La verità era che i giorni
passavano e non riuscivamo a fare passi avanti visto che nessuno di noi
riusciva ad elaborare un piano che ci facesse uscire da quella situazione.
L’unica cosa che potevamo fare era imbottirci di verbena e avere come guardia
del corpo un vampiro, e questi purtroppo erano solo tre, il che significava che
erano in netta minoranza rispetto alle persone che c’erano da proteggere.
Alaric e Jeremy erano apposto avendo l’anello, ma restavamo io, Bonnie, Matt,
Tyler e Jenna.
Tutta Mystic Falls era in
pericolo a dire il vero, ma eravamo certi che Katherine avrebbe prima puntato a
loro perché erano le persone che più mi stavano a cuore.
Scesi dalla macchina e in
men che non si dica Damon mi fu accanto e appoggiò le sue labbra alle mie, uno
sfiorarsi appena che riuscii a mandare in palla i miei ormoni. Avrei dovuto
controllarmi, quella sera io e Damon eravamo due semplici amici.
“Quand’è che hai
intenzione di dirlo alla strega?” mi soffiò Damon all’orecchio.
Sapevo che si stesse
riferendo a noi.
“Vorrei tenerla calma fin
quando la situazione con Katherine non si risolve. Come minimo ti uccide e
fidati, abbiamo bisogno di te al momento”.
L’ultima frase era
un’evidente provocazione e lo sapevo bene.
“Questa me la segno” mi
sorrise sghembo.
“E su scherzavo”.
Eccome se scherzavo. Io
personalmente avrei avuto bisogno di lui sempre.
“Spiacente, quel che detto
è detto”.
Accarezzò il mio orecchio
con le sue labbra perfette, poi scese lentamente al collo e quando si avvicinò
alle labbra ero pronta a sollevarmi mille metri da terra, ma non fu così.
Avvicinò le sue labbra
alle mie e quando io dischiusi la bocca pronta per ricevere il suo bacio, lui
si allontanò e quando aprii gli occhi consapevole che quel contatto non sarebbe
mai avvenuto lo vidi di fronte a me che mi guardava sorridendo beffardo
scuotendo la testa come a dire “no, no”.
“Stronzo” riuscii
solamente a dirgli facendo la finta offesa, anche se non proprio finta.
Uffi, io lo volevo quel
bacio.
“Me lo dicono in molti” mi
sorrise avvicinandosi di nuovo.
“Ma com’è che voi due
state sempre a battibeccarvi?” domandò qualcuno dietro di noi.
Non mi serviva voltarmi
per capire che si trattava di Caroline. Dietro di noi, infatti, comparve
proprio lei e Stefan che avevano deciso di venire con la macchina di lui per
lasciarci un po’ da soli visto che durante la serata non avremmo concluso
nulla.
L’idea ovviamente era
stata di Caroline.
“Non è colpa mia, è lui
che fa l’idiota” mi giustificai e Damon non aggiunse nulla, si limitò solo a
guardarmi e sorridermi sornione.
Caroline e Stefan
sorrisero e lasciarono correre così tutti e quattro insieme ci dirigemmo verso
l’ingresso della grande tenuta Lockwood.
La villa era già gremita
di gente e in poco tempo ci mischiammo tra la folla.
Damon e Stefan si
allontanarono dicendo che avrebbero controllato in giro se tutto fosse apposto,
mentre io e Caroline ci dirigemmo verso la pista da ballo dove non fu difficile
trovare mio fratello e Bonnie ballare abbracciati talmente rapiti l’uno dall’altra
da non notarci neppure.
Poco distanti c’erano
Tyler e Matt appoggiati al tavolo dei drink. Non appena ci videro si
avvicinarono.
“Com’è la situazione con
Matt?” sussurrai a Caroline consapevole che lei riuscisse a sentirmi nonostante
il mio tono di voce così basso rispetto al frastuono della musica.
“Stabile”.
“Che diavolo significa
stabile?”
“Il dizionario dovrebbe
riportare testuali parole credo: Stabile = costante, immutabile, che dura nel
tempo, che non varia”.
Sembrava stesse leggendo
davvero dal dizionario.
“So cosa significa
letteralmente, intendo il significato che riporta il tuo di dizionario”.
“Non è cambiato nulla.
Siamo ancora in una fase di stallo”.
Non riuscii a replicare
perché i due ci raggiunsero e io e Caroline mostrammo un sorriso che ben poco
collimava con il discorso che avevamo appena introdotto.
“Da quando siete qui?”
chiese Tyler.
“Qualche minuto”.
Caroline era concisa il
che significa che voleva allontanarsi da lì il prima possibile e potevo
capirla. Si trovava di fronte un fidanzato o ex, questo ancora non era stato
stabilito con certezza, e un amico che in realtà avrebbe dovuto essere nemico.
Un triangolo un po’ contorto diciamo, molto di più, forse, di quello che era
stato il mio triangolo.
“Elena posso invitarti a
ballare?” mi chiese Matt sorridendomi “se a te non dispiace ovviamente”
aggiunse poi guardando Caroline.
“No, no fate pure” rispose
lei sorridendo sincera.
Si vedeva lontano un
miglio che gli voleva bene, ma forse aveva ragione nel credere che l’amore per
lui fosse svanito. Nei suoi occhi non riuscivo più a leggere nulla. Non erano
più gli occhi innamorati che le avevo visto in passato, quegli occhi che mi
imploravano di essere chiara e di assicurarle che tra me e lui non ci fosse più
nulla.
Sorrisi a Matt e gli porsi
la mano, chiaro segno che si, potevamo ballare. Lui la prese e mi accompagnò al
centro della pista dove mi strinse di più a sé iniziando a farmi volteggiare
nell’aria.
Ricordavo i primi tempi,
quando c’era ancora un forte imbarazzo tra noi. Adesso, invece, era tutto
passato. Eravamo tornati ad essere gli amici di un tempo, quelli che eravamo
prima di decidere di metterci insieme, che a quanto pareva era stata una scelta
davvero pessima.
Controllai Caroline e vidi
che si era diretta anche lei nella pista accompagnata da Tyler. Ero contenta
che dopo i disappunti passati fossero tornati ad essere amici. Strano a dirsi,
ma un vampiro e un licantropo potevano essere amici, si, potevano esserlo, ma
solo se davvero lo volevano e entrambi l’avevano voluto, entrambi avevano
lottato per diventarci.
“È strano” mi disse Matt.
“Cosa?”
“Il fatto che siamo qui
come se nulla fosse quando lì fuori qualcuno ci vuole morti”.
“Non più, ormai”.
“Che intendi dire?”
“Che era strano prima,
adesso non più. Da quando conosco questo mondo, che prima mi sembrava solo
leggenda, è cambiato tutto e soprattutto mi sono resa conto che la mia vita è
un pericolo costante. Fidati, nell’ultimo anno questa non è la prima festa a
cui partecipo cercando di apparire tranquilla quando lì fuori c’è qualcuno che
mi cerca, quindi, non è più così strano”.
“Come ci riesci? A
mostrarti tranquilla, intendo? Cioè, io non mi sono ancora bene abituato a
tutto questo. Mi sembra di star vivendo un film”.
“Domanda da un milione di
dollari, la tua”.
“Ti sei mai chiesta come
sarebbe stata più semplice la tua vita se non avessi incontrato Stefan?”
“L’ho fatto, tante volte”.
“E…” mi esortò a
continuare.
“E sono felice che lo
abbia incontrato, sono felice perché nonostante tutto e tutti l’averlo
conosciuto mi ha condotto qui e non importa se rischio costantemente la vita o
se deve camminare con la scorta” sorrisi
alla mia ultima parola e lui fece lo stesso “niente ha importanza rispetto a
quello che ho acquistato, a quello che adesso ho” conclusi.
Lui scansò la sua faccia
dalla mia spalla e mi guardò negli occhi, poi sorrise e tornò a posizionarsi
esattamente dov’era prima continuando a ballare in silenzio cullati, però,
dalla verità delle mie parole.
Ballammo fino a quando la
canzone non terminò, poi qualcuno appoggiò una mano alla mia spalla.
Mi voltai e vidi che era
stato Jeremy che insieme a Bonnie erano a pochi centimetri di distanza da me.
“Hey, non siete venuti
nemmeno a salutare” si lamentò la mia amica.
“Eravate troppo…ecco come
dire…impegnati” risposi con malizia.
Jeremy abbassò lo sguardo
imbarazzato, mentre le guance di Bonnie si imporporano leggermente.
“Dove sono gli altri?”
domandò poi mio fratello per cambiare discorso.
“Caroline ballava con
Tyler, gli altri due dovrebbero essere in giro a controllare che tutto sia
apposto”.
“Errato” sentii dire da
una voce dietro di me.
Mi voltai e mi ritrovai
Caroline e Stefan ad un passo da me.
“Dov’è Damon?” domandai
non vedendolo con loro.
Stefan non disse nulla
fece solo un gesto con la testa e mi indicò un punto dietro di me e Matt.
Mi voltai e vidi Damon appoggiato
alla parete con una spalla che fissava nella nostra direzione, nella mia a dire
la verità e lo sguardo che aveva non prometteva nulla di buono.
Guardai Caroline in cerca
di una risposta a quel comportamento, ma scrollò le spalle facendo un debole
sorriso.
Nel frattempo iniziò una
nuova canzone e Jeremy e Bonnie si eclissarono nuovamente andando a ballare.
Matt venne raggiunto da Tyler che lo invitò ad andare un attimo su a prendere
delle cose che servivano per la festa.
“Ho voglia di ballare”
disse semplicemente Caroline.
“Balla” rispondemmo io e
Stefan all’unisono.
“Da sola?”
“Sono sicuro che qui
dentro sono in tanti che farebbero a gara per ballare con te”.
Sorrisi già consapevole di
come sarebbe andata a finire quella discussione.
“Stefan, tu sei mio amico,
vero?”
“Certo”.
“Bene, allora muovi il
culo e invitami a ballare”.
“Non mi piace ballare”.
“Te lo farai piacere.
Avanti non farti pregare”.
“Ti consiglio di farlo
ubriacare” dissi rivolgendomi a Caroline “com’è che mi hai detto una volta?”
continuai poi rivolgendomi a Stefan e facendo finta di pensarci “ah, si ora
ricordo. Hai detto testuale: Devi pregare
quello sobrio, con quello ubriaco non devi farlo”.
Sorrisi e lui fece lo
stesso, mentre Caroline ci osservava come a chiedersi cosa diavolo ci stessimo
dicendo.
“Ok, non ci ho capito
nulla, ma ti consiglio di venire con me a ballare, altrimenti seguirò il
consiglio di Elena qualunque cosa significasse”.
Una cosa era certa: quando
Caroline voleva qualcosa sapeva sempre come ottenerla, motivo per cui Stefan mi
lanciò uno sguardo affranto e poi diede il suo braccio a Caroline. Lei lo afferrò
e insieme si diressero nella pista da ballo.
Mi voltai di nuovo verso
Damon consapevole adesso di poterlo finalmente raggiungere senza dare troppo
nell’occhio e lo vidi ancora fermo nella sua posizione. Non si era spostato di
un millimetro e la sua espressione sul viso era una maschera indecifrabile
dalla quale potevo scorgere solo irritazione.
Mi avvicinai a lui e gli
sorrisi sincera del tutto ignara del motivo di quello sguardo indispettito.
“Ti stai divertendo?” mi
chiese indecifrabile quando fui ad un passo da lui.
“Non più del solito”.
“Non si direbbe”.
“Scusa?”
“Ballavi così
animatamente, il tuo sorriso quasi illuminava la stanza”.
Era arrabbiato? No, era
semplicemente geloso.
Possibile?
Scoppiai a ridere senza
riuscire a controllarmi e la sua espressione si indurì ancora di più.
“Ti fa ridere?” mi
domandò.
“Sei…sei geloso” riuscii a
dire tra una risata e l’altra.
Lui non rispose subito, ma
dal suo cambio d’espressione era facilmente intuibile che avessi centrato il
segno.
“Damon Salvatore geloso.
Questa si che è una novità”.
Io continuavo a ridere,
mentre lui si faceva sempre più serio.
“Io non sono geloso”.
“Ah no? Non si direbbe”.
“Ti dispiacerebbe
smetterla di ridere. Non lo trovo divertente”.
“Perché non la smetti tu,
invece, e mi inviti a ballare?” domandai ancora sorridendo.
“E perché, invece, non
chiedi a Matt di farlo? Ti assicuro che ne sarebbe molto contento”.
“Lo sto chiedendo a te”.
Lui rimase in silenzio
fissandomi ancora con quella sua aria impassibile ed imperturbabile. Non si era
neppure mosso dalla sua posizione iniziale. La sua spalla, infatti, era ancora
appoggiata alla parete.
“Ok, ho capito” gli dissi
vedendo che non sembrava avere intenzione di rispondermi “ritorno da Matt. Devo
dire che questa sera è particolarmente carino” conclusi voltandomi dall’altra
parte e dirigendomi verso il ragazzo in questione.
Ovviamente la mia era una
provocazione bella e buona. Volevo solo vedere fino a quando avrebbe mantenuto
quell’apparente freddezza che stava mostrando.
Avevo imparato a
conoscerlo e sapevo come comportarmi, anche se l’ultima cosa che mi aspettavo
di vedere in lui era gelosia e questo non poteva che farmi piacere perché mi
faceva capire quanto ci tenesse a me.
Non riuscii a fare nemmeno
un passo che Damon mi prese per i fianchi e mi attirò a sé stringendomi. Il mio
corpo era stretto al suo, divisi soltanto dai sottili vestiti che indossavamo e
non potei fare a meno che sentire un brivido di eccitazione attraversarmi la
schiena.
Mi stupivo sempre di più
del potere che riusciva ad avere su di me.
Sentii le sua labbra
appoggiarsi al mio orecchio e fremetti di accettazione. Stava giocando sporco.
“Tu non vai da nessuna
parte” mi soffiò all’orecchio con malizia “sei mia, solo mia” aggiunse poi
stringendo di più la stretta tra il mio corpo e il suo.
Impiegai qualche secondo
prima di capire cosa stava davvero succedendo e cioè che non eravamo da soli, ma
nel bel mezzo di una festa e che chiunque avrebbe potuto vederci.
Per tutta la gente lì
dentro Elena Gilbert stava con Stefan Salvatore e quello che mi stava stringendo
a sé con fare malizioso era decisamente il fratello sbagliato.
Cercai di tornare in me
per quel poco che mi riusciva.
“Damon potrebbero vederci”
sussurrai appena consapevole che nemmeno io volevo staccarmi da quel contatto.
“Non credo, sono troppo
impegnati” mi fece notare.
E in effetti mi resi conto
che tutti erano intenti a ballare, ma questo non significava che qualcuno non
avrebbe potuto buttare l’occhio su di noi, magari qualcuno che entrava da fuori
o peggio qualcuno che si avvicinava per prendere da bere visto che poco
distante da noi c’era il tavolo dei drink.
Il signorino consapevole dell’ascendente
che aveva su di me avvicinò le sua labbra al mio collo andando a depositare un
bacio rovente proprio nel punto debole della sottoscritta.
“Damon non adesso, ti
prego” mormorai cercando di nascondere un gemito di piacere.
“A giocare con il fuoco si
rischia di bruciarsi”.
In effetti aveva ragione.
Ero io che lo avevo provocato non rendendomi conto che il mio ragazzo era uno
di quelli ben poco capaci al controllo.
Lo sentii alleggerire la
stretta e riuscii così a staccarmi seppur a malincuore. Tornai nella posizione
a cui ero precedentemente cioè proprio di fronte a lui e potei notare quanto la
sua espressione fosse cambiata. Adesso era fiero di se stesso mentre io ero
ancora scossa per quello che era successo.
Se non mi avesse lasciata andare non ero certa che sarei riuscita a tenere gli
ormoni a bada ancora per molto.
“Balliamo?” mi chiese con
fare tranquillo sorridendomi maliziosamente.
Era come se non fosse
successo nulla per lui, mentre io ancora sentivo il cuore galoppare come ad una
corsa.
Non riuscii a dire nulla,
ma mi limitai a dargli la mano e insieme ci dirigemmo al centro della pista e
proprio in quel momento la musica terminò per dare inizio ad un’altra canzone.
Damon mi mise una mano
sulla vita, mentre io misi la mia sulle sue spalle e con l’altra mi prese per
mano iniziando così a volteggiare nell’aria.
Il contatto con lui mi
faceva sentire a casa ed era una sensazione molto piacevole, una sensazione che
non avevo mai provato con nessun ragazzo prima di allora.
“Ti ho mai detto che
giochi sporco?” gli chiesi poi riferendomi a quanto avesse fatto poco prima.
“Non ho mai detto di non
volerlo fare” mi sussurrò all’orecchio.
“Avrei potuto non sapermi
controllare”.
“Ci speravo”.
“Scusa?” chiesi
guardandolo negli occhi.
Fino a quel momento la mia
testa era all’altezza della sua spalla.
“Beh almeno avremmo smesso
con questa farsa dell’essere amici e…” disse, ma si interruppe senza continuare
la frase.
“E… cosa?”
“E avrei potuto spaccare
la faccia a Matt” mi disse beffardo.
Sorrisi appoggiando la
fronte alla sua spalla.
“La cosa ti fa ridere?
Credo che lui non la pensi come te”.
A quel punto alzai di
nuovo lo sguardo.
“Perché mai avresti dovuto
spaccargli la faccia?”
“Perché ciò che è mio non
si tocca” mi rispose guardandomi negli occhi più serio che mai.
“Noto con piacere che
marchi stretto il tuo territorio” dissi sorridendo di cuore.
“Ne ho tutto il diritto”.
“Su questo non discuto”.
Tornai a posizionare la
mia faccia all’altezza della spalla e sorrisi tra me e me cercando di non farmi
sentire, ma ovviamente era impossibile: il suo udito era troppo perfetto.
“La vuoi smettere di
ridere?” mi domandò retorico.
“Scusa” gli risposi non
riuscendo però a fermarmi.
“Almeno fai ridere anche
me”.
“Tu non sei geloso vero?”
“Assolutamente no”.
“Quindi quella di prima e
questa non è una scenata di gelosia, non è vero?”
“Ovvio che no”.
Mi domandavo se lo avrebbe
mai ammesso.
“E quindi cosa sarebbe?”
“Non ricordavo che
ballassi così bene” cambiò discorso lui.
“Damon…” lo canzonai io.
“E non ti ho neppure detto
quanto sei meravigliosa stasera”.
“Damon…” continuai io a
canzonarlo.
“Dannazione ok, sono
geloso. Contenta?” mi disse agitandosi appena.
Ammetterlo era difficile
per lui, lo sapevo bene.
“Ne ero certa”.
“E allora che senso ha
chiedere?”
“Volevo solo che lo
ammettessi. Essere gelosi non è mica una debolezza”.
“E adesso che l’ho ammesso
cosa cambia?” mi domandò guardandomi e alzando un sopracciglio.
“Cambia”.
Non sapevo dire in realtà
cosa cambiasse, forse, semplicemente mi piaceva sentirmelo dire e basta.
“Cambia perché sei donna”.
“Che vorresti dire?”
“Che una donnararamente perdona al suo uomo di essere
geloso, ma non gli perdonerà mai di non esserlo”.
“E questa da dove è
uscita?” gli domandai consapevole che, però, avesse ragione.
“Secoli di esperienza a
studiare gli umani. Qualcosa dovevo pur fare per ingannare il tempo”.
Sorrisi e
impercettibilmente e velocemente gli baciai una guancia, non volevo che
qualcuno mi vedesse.
“Caroline dice sempre che
senza gelosia amano soltanto i cani” sorrisi ricordando tutte le volte in cui
lo ripeteva.
“Tyler incluso?” mi
domandò beffardo.
Lo guardai e solo un
secondo dopo capii il senso di quelle parole. Tyler uguale licantropo,
licantropo uguale cane o lupo che fosse.
“Scemo”.
Gli diedi una pacca sulla
spalla, poi mi strinsi di più a lui.
“Comunque sia adoro quando
sei geloso”.
“Potrei diventare
pericoloso” mi sorrise e capii dalla sua espressione che era contento di quello
che gli avevo detto.
“Mi fido di te”.
Continuò a sorridermi e in
silenzio ci godemmo quanto ci restava di quel ballo.
Quando le ultime note si
diffusero nella sala, io e Damon, come tutti gli altri del resto, fummo
costretti a fermarci anche se di malavoglia.
La signora Lockwood si
avvicinò all’orchestra e prendendo il microfono iniziò a parlare ringraziando
tutti coloro che avevano colto l’invito e si era prodigati per partecipare alla
festa.
Io e Damon ci allontanammo
dalla pista e ci avvicinammo al bancone dei drink dove il mio ragazzo prese un
calice di champagne per se e uno per me. A noi si unirono, poi, Jenna e Alaric
e non potemmo fare a meno che sorbirci mia zia farci la ramanzina in quanto a
suo dire il ballo che avevamo fatto non sembrava nemmeno lontanamente un ballo
tra amici.
“Ringraziate che tutti
erano intenti a ballare, altrimenti sareste diventati il pettegolezzo della
festa” ci ripeté più volte, mentre io non potei che abbassare lo sguardo
consapevole che aveva ragione.
E meno male che non ci
aveva visti prima del ballo, altrimenti come minimo ci avrebbe linciati.
Poco dopo a noi si unirono
Bonnie e Jeremy e zia e Rick si allontanarono per salutare dei vecchi amici di
lei appena arrivati.
“Stasera tu e Stefan avete
divorziato?” mi chiese Jeremy sorridendomi scherzosamente, mentre Bonnie quasi
non si strozzava con lo champagne appena preso.
Non sapevo cosa dire.
Sarebbe potuto essere il momento giusto per dire la verità, ma lo sguardo che
Bonnie stava lanciando a Damon non prometteva nulla di buono ed ero certa che
se lo avessi fatto non si sarebbe risparmiata una scenata e io non volevo
diventare lo zimbello della festa, ma allo stesso tempo non avevo voglia di
mentire oltre. Io volevo godermi il mio ragazzo alla luce del sole, senza
dovermi nascondere da niente e da nessuno.
Stavo per aprire la bocca
e dire la verità, quando Damon mi precedette.
“Come se fosse possibile”
disse.
E io mi voltai a guardarlo
sconvolta. Perché diavolo aveva risposto al posto mio?
“Una cosa giusta l’hai
detta. Non è possibile” ribadì Bonnie sorridendo a qualcuno dietro di me.
Mi votai e vidi Stefan avvicinarsi.
“Ho sbagliato momento?”
chiese lui vedendo che lo sguardo di tutti si era posato su di lui.
“Assolutamente. Stavamo
solo notando quanto tu sia perfetto”.
A volte Bonnie riusciva ad
essere proprio odiosa.
“Credevo non ti piacesse
ballare” commentò Jeremy rivolto al minore dei fratelli Salvatore.
“Infatti, ma Caroline…Dio
stiamo parlando di Caroline Forbes. Riesce ad essere convincente quando vuole”.
Io e Bonnie scoppiammo a
ridere. Conoscevamo troppo bene la nostra amica e sapevamo anche fino a dove
riusciva a spingersi.
“Per fortuna sono riuscito a scappare e a quanto pare ha già trovato il
sostituto. Povero Matt, credo che non lo lascerà respirare per tutta la serata”
continuò Stefan.
“Tranquillo, Matt adora
ballare” rispondemmo io e Bonnie all’unisono.
Nel frattempo la musica
riprese e Jeremy posò il bicchiere di champagne sul tavolino e si voltò a
guardare Bonnie.
“Permetti?” le chiese
sorridente.
La stava invitando a
ballare.
A volte, come in quel
momento, quei due riuscivano a risultare smielati.
“Solo se Stefan ed Elena
si uniscono a noi” gli rispose la mia amica e Damon strinse talmente forte il
bicchiere che aveva in mano fino a romperlo.
Tutti ci voltammo verso di
lui e nonostante gli si leggeva negli occhi quanto avesse voglia di uccidere
Bonnie, riuscì a regalarci uno dei suoi tanti sorrisi sfacciati.
“Ops” disse sarcastico
come a scusarsi per il bicchiere “ma la proposta indecente della strega mi ha
proprio spiazzato” aggiunse poi sorridendo.
“Idiota mi riferivo al
ballo” gli sputò contro Bonnie.
“Hey strega, vacci piano
con i complimenti. Il tuo fidanzatino potrebbe diventare geloso”.
Jeremy li osservò entrambi
e poi prese a ridere. Per lui tutta quella situazione era divertente, per me,
invece, era molto, ma molto estenuante.
“Dio quanto sei odioso”.
“E tu quanto sei
ripetitiva. Un po’ d’inventiva ogni tanto non guasterebbe”.
“Jeremy andiamo. Non so
fino a quando riuscirò a controllarmi”.
“E io che pensavo di
averti fatta arrabbiare. Che peccato. Avrei tanto avuto bisogno di uno dei tuoi
trucchetti. Sai quelli che usavi una volta per farmi scoppiare il cervello? Ne
avrei davvero avuto bisogno adesso, ho un certo prurito alla testa, non lo
sopporto più” la prese in giro lui sorseggiando un altro calice di champagne
che aveva preso dal tavolo.
Era chiaro che la stesse
provocando, visto che sapevamo tutti quanto, ormai, quei giochetti mentali non
sortissero più nessun effetto su Damon che, ormai ci aveva fatto l’abitudine, ma
soprattutto era chiaro quanto fosse arrabbiato con la mia amica. C’era da
ammettere, però, che riusciva a nasconderlo bene per chi non lo conosceva.
“Toglietemelo da davanti
gli occhi o giuro che non risponderò delle mie azioni”.
“Volete smetterla
entrambi?” li esortai.
“Si, hai ragione. Andiamo
a ballare ragazzi” aggiunse lei prendendo Jeremy da una parte e Stefan
dall’altra “su Elena andiamo” aggiunse poi spingendomi alla pista da ballo
visto che di mia volontà non lo avrei mai fatto.
In qualche secondo mi
ritrovai tra le braccia di Stefan a ballare una canzone che avrei riconosciuto
fra mille: Eternal Flame, la canzone che tempo prima Caroline aveva cantato al
Grill per far capire a Matt che era lui il ragazzo che amava.
Dopo di allora, avevo
ascoltato altre volte quella canzone e mi era rimasta impressa dentro. Avrei tanto
voluto ballarla con Damon. In qualche modo la sentivo mia e sua, non sapevo
spiegarmi il motivo, forse semplicemente perché adesso che sapevo che anche
Damon ricambiava i miei sentimenti, ci
rivedevo lui in quelle
parole.
“Mi dispiace” disse
semplicemente Stefan mentre iniziammo a ballare e sapevo che quel sussurrò non
era riferito solo a me, ma anche a Damon.
Come se davvero fosse sua
la colpa.
Se c’era una cosa che il
maggiore dei fratelli Salvatore non sopportava era proprio una scena del
genere.
Avrebbe sopportato di
tutto, ne ero certa, ma me tra le braccia di Stefan no, non adesso che avevo
scelto lui.
E in quel momento mi
ripromisi di cercare di dare a Damon tutte le certezze di cui aveva bisogno.
Dovevo essere certa che lui sapesse che non avrei cambiato idea, che era lui la mia
scelta, ora e per sempre.
Non risposi alle parole di
Stefan, mi limitai solo ad annuire, senza sapere bene neanche perché l’avessi
fatto.
Vidi Caroline avvicinarsi
a Damon e parlare con lui. Con ogni probabilità non se l’era sentita di ballare
quella canzone proprio con Matt.
Il mio ragazzo nonostante
rispondesse a monosillabi, o così pareva a me mentre cercavo di leggere il suo
labiale, continuava a guardare me. Poi vidi Caroline sbuffare e poco dopo Damon
alzare gli occhi al cielo.
“Ha trovato la sua
prossima vittima” mi disse Stefan e non mi fu difficile capire che si stesse
riferendo a quei due.
Con ogni probabilità aveva
capito che con il corpo era lì con lui, ma con la testa e con il cuore non
c’ero.
Sorrisi a quella sua
battuta e mentre lo feci vidi Damon continuare a guardarmi mentre si dirigeva
insieme a Caroline verso la pista da ballo e, quindi, verso di noi.
Si avvicinarono e
iniziarono a ballare al nostro fianco e mentre Caroline sorrideva felice di
aver trovato un altro cavaliere, Damon continuava a guardare me così come io
guardavo lui.
Le note della canzone
continuavano a diffondersi nell’aria.
Close your eyes, give me your
hand, darling.
Do you feel my heart beating?
Do you understand?
Do you feel the same?
Am I only dreaming?
Is this burning an eternal
flame?
Damon
mi guardava, quello stesso sguardo che metteva su quando voleva leggermi
l’anima e per un momento pensai davvero che quel suo sguardo e le parole di
quella canzone volessero dirmi la stessa cosa.
I believe it's meant to be,
darling.
I watch you when you are sleeping.
You belong to me.
Do you feel the same?
Am I only dreaming? Or
isthisburninganeternalflame?
Si,
lo sento, sento esattamente quello che senti tu. Lo stesso identico e definitivo
sentimento. Era questo che avrei voluto urlargli, ma che dovevo accontentarmi
di urlargli con lo sguardo. I miei occhi avrebbero fatto capire a lui tante
cose, ne ero certa. You belong to me. Si,
io appartenevo a lui, solo a lui, per sempre.
Fu
proprio quando quelle quattro parole si diffusero nell’aria che il suo sguardo
si fece più intenso e dopo un accenno a Caroline si scostò leggermente da lei e
si diresse di nuovo al bancone dei drink senza smettere un attimo di guardarmi.
Say my name. The sun shines
through the rain.
A whole life so lonely.
And then you come and ease the pain.
I don't want to loose this feeling.
No,
adesso non era più solo, non più. Aveva trascorso tutta la vita solo con se
stesso, con il suo dolore, con i suoi tormenti, ma adesso era diverso. Adesso
eravamo insieme e insieme avremmo affrontato ogni cosa. Sarei stata la sua
medicina, la medicina alle sue ferite. And
then you come and ease the pain. Allora vieni e lenisci il mio dolore.
Sembrava come se quella parole le avesse scritte lui e ebbi la conferma che le
sentiva sue quando al loro suono distolse lo sguardo da me e si diresse fuori.
A
quel punto non riuscii più a ragionare lucidamente, non riuscii a collegare
testa e cuore e feci quello che avrei dovuto fare fin dall’inizio.
“Mi
dispiace Stefan, non posso” furono le mie uniche parole prima di staccarmi da
lui e correre fuori fregandomene di chiunque mi avrebbe visto fuggire dalle
braccia di quello che credevano il mio ragazzo per correre tra le braccia di
suo fratello.
Non
mi interessava nulla, solo una cosa: Damon.
Era
lui tutto ciò che, ormai, aveva preso a contare nella mia vita.
Corsi
fuori velocemente, per quanto i tacchi alti me lo permettevano, ecco perché
adoravo le comode scarpe basse.
Quando
fui fuori mi resi conto che c’era parecchia gente e le ultime note della canzone
si sentivano anche da lì. Trovare Damon non sarebbe stato facile.
Mi
guardai attorno cercandolo e sperai con tutta me stessa che non fosse sparito.
Del resto con la velocità vampiresca che si trovava in dote non gli sarebbe
risultato difficile.
Quando
stavo per arrendermi al fatto che fosse sparito vidi una figura seduta al bordo
della grande fontana Lockwood. Era notte fonda e nonostante le luci che
illuminavano il giardino era difficile capire con certezza se fosse lui o meno,
ma volli tentare.
In
poco tempo mi avvicinai e quando fui ad una vicinanza ristretta il mio cuore
sembrò tornare a battere. Seduto sul bordo della fontana c’era proprio lui.
Avanzai
di qualche passo e poi senza dire una parola mi sedetti sul bordo accanto a
lui. Ero certa che mi avesse sentito arrivare.
“La
canzone non è ancora finita” disse solamente senza nemmeno voltarsi.
Di
sicuro si riferiva al fatto che in quel momento avrei dovuto essere ancora con
Stefan a ballare e, invece, ero lì.
“Mi
dispiace”.
“Di
cosa scusa?”
“Di
non aver voluto affrontare subito Bonnie e di costringerti a tutto questo”.
Lui
non disse nulla, restò in silenzio così continuai io.
“Quando
Jeremy mi ha chiesto di Stefan perché hai risposto in quel modo?”
“Ti
ho tolto dall’imbarazzo, dovresti ringraziarmi”.
“Ero
intenzionata a dire loro la verità”.
“Ma
non l’hai fatto”.
“Tu…”
provai a dire, ma lui si alzò, fece qualche passo e poi si voltò di nuovo a
guardarmi.
Anche
io mi alzai e lo guardai alla debole luce della luna e dei fari del giardino.
“Tu
cosa? Io l’ho detto per te perché credevo non fossi pronta, ma se tu davvero
volevi dire la verità, allora, perché non l’hai fatto? Potevi controbattere
alla mia affermazione, ma non l’hai fatto, non hai speso una parola a riguardo”.
Potei
notare dal suo tono che non era arrabbiato, non del tutto almeno, era piuttosto
deluso e io rimasi in silenzio, non riuscendo a dire nulla perché in quel
momento, nel suo strano modo
Damon
aveva dato voce a quella che era la mia sensazione mentre ballavo con Stefan.
Aveva paura, paura che alla fine mi pentissi di ciò che stavo facendo.
“Senti,
lascia perdere. Non ho voglia di litigare. Torna dentro e finisci di goderti la
serata. Ci vediamo a casa” mi disse notando che sembravo non riuscire a dire
nulla.
Si
voltò pronto ad andarsene, ma lo bloccai per un polso.
“Aspetta”
gli sussurrai, ma ciò bastò a farlo voltare di nuovo a guardarmi.
Restai
in silenzio qualche secondo mentre i suoi meravigliosi occhi mi fissavano
indagatoti, poi presi a parlare.
“Damon
io ti amo, ti amo davvero” riuscii a dire.
“Lo
so, l’ho capito”.
“No
invece, non l’hai capito perché se tu davvero lo avessi capito non avresti
paura”.
“Paura?
Paura di cosa per l’esattezza?”
Aveva
assunto un’espressione accigliata come se nel suo modo di vedere il mondo non
potesse esserci nulla che gli mettesse davvero paura.
“Paura
che io un giorno possa pentirmi della mia scelta, paura che un giorno mi renda
conto che è stata solo attrazione, paura che ti lasci andare per tornare da
Stefan”.
Lui
non disse nulla, abbassò lo sguardo e questo valse per me più di mille parole.
“Come
volevasi dimostrare” sussurrai a me stessa, ma consapevole che lui avesse
sentito “ok, ammetto di essere una frana, un’adolescente un po’ troppo cresciuta
e forse un po’ troppo incasinata, ammetto di non essere la persona più semplice
del pianeta e ammetto anche di aver fatto un sacco di sbagli. Ho creduto di
aver amato davvero Matt, ma poi mi sono resa conto che era solo amicizia, ho
creduto di avere amato davvero Stefan e credimi è così. Io l’ho amato, tanto,
davvero tanto” dissi fermandomi per cercare di elaborare le idee mentre il suo
viso si storpiava nel sentir nominare l’amore per il fratello “ho creduto che io
e lui saremmo stati per sempre, che il nostro amore sarebbe stato per sempre,
ma poi tutto è cambiato. Quell’amore si stava trasformando in affetto fraterno
e l’amore, quello vero nasceva per te. La verità è che credo di essermi
innamorata di te da molto prima che me ne rendessi conto”.
“Elena…”
“No
Damon, aspetta. Ricordi il giorno della festa della Fondazione? Non
dimenticherò mai quel giorno. Sei venuto da me e Stefan avvisandoci del
pericolo, ci hai detto di scappare e tu sei rimasto lì a cercare di salvare la
mia città e solo allora mi sono resa conto che Mystic Falls era anche la tua
città, non solo la mia. Poi ho scoperto che eri rinchiuso dentro una stanza
alla quale avevano dato fuoco. Stavi morendo e non potevi morire, non era
concepito nella mia testa che tu potessi sparire dalla mia vita. E non potevo
accettare che rischiavi di andartene a causa di un atto altruistico, uno tra i
pochi che avevi compiuto nella tua esistenza. Dovevo salvarti perché tu dovevi
vivere. Ed è stato mentre pregavo Bonnie di fare qualcosa per salvarti che mi
sono accorta che qualcosa non quadrava, che qualcosa dentro di me non andava
per il verso giusto, ma quando ti ho visto uscire sano e salvo da lì dentro mi
sono detta che qualunque cosa ci fosse dentro di me doveva essere assopita e ho
creduto di farcela fino a quando Klaus non è stato sconfitto, poi tutto mi è apparso
più forte e splendente che mai, sei apparso tu e l’amore che avevo cercato di
tenere segregato dentro di me. Mi sentivo come quando fissi per qualche secondo
il sole. Dopo, su tutto quello che guardi, trovi un cerchio nero. Così mi
succedeva con te. In ogni cosa che vivevo, in ogni cosa che vivo ci trovo la tua
immagine”.
Feci
una pausa e lui non disse nulla, si limitò a guardarmi fisso negli occhi.
“Ti
amo Damon e credo di non aver mai amato nessuno in vita mia come amo te,
nemmeno Stefan. Lui resterà dentro di me sempre, una parte di me gli appartiene
perché mi ha dato tanto, ma il mio cuore quello è al 100% tuo e di nessun
altro. Non c’è nessun Stefan che tenga. Ho bisogno di tuo fratello, ho bisogno
della sua amicizia perché gli voglio bene, un bene fraterno, ma nulla di più. È
te che voglio ed è te che vorrò sempre. E non voglio che tu viva nel timore,
nella paura che io mi possa pentire di quanto sto facendo adesso perché non
succederà e lo so per certo, lo so perché mi sono sentita sola tutta la vita, tranne che con te. Tu ed io, noi. Questo è tutto ciò che
importa, l’unica cosa a cui hai il permesso di pensare”.
“Io…”
provò lui, ma di nuovo lo zitti appoggiando il mio indice alle sue labbra.
“Parlerò
con Bonnie, con Jeremy e con il mondo intero se necessario. Tutti sapranno che
saremmo sempre io e te e non mi importa di cosa succederà, però Damon voglio
che tu capisca davvero quello che provo. Voglio che tu ti senta l’unico per me
perché è questo che sei. Non voglio e non posso stare con te sapendo che
sorridere a Stefan, abbracciare lui o parlargli ti fa stare male”.
Le
lacrime scesero copiose sul mio volto, ma non me ne curai, non avevo nulla da nascondere,
non con lui e non avevo nemmeno intenzione di asciugarle perché l’unica cosa
che mi interessava al momento era guardare i suoi occhi e non smettere mai di
farlo.
Mi
fissava intensamente come se avesse avuto davvero bisogno di quelle parole e io
lo sapevo, lo sapevo perché lui sembrava forte all’apparenza, ma aveva dovuto
subire tante cose, troppo dolore per poter essere davvero quell’essere
insensibile che voleva apparire.
“Quindi
io adesso me ne torno a casa e tu rifletti su quanto ti ho detto, rifletti e
capisci cosa davvero desideri perché io lo so già cosa voglio e voglio te,
voglio te perché sei tu la persona che amo”.
Mi
avvicinai a lui e gli bacia una guancia, l’unico gesto che in quel momento mi
sentii di fare, poi mi voltai pronta a raggiungere la macchina.
Non
feci neppure una manciata di passi che mi sentii afferrare per i fianchi in una
stretta che avrei riconosciuto fra tutte. Non feci resistenza e in poco tempo
la mia schiena combaciò perfettamente con il suo petto.
“Lo
so anche io cosa voglio, l’ho sempre saputo da quando ti conosco. Mi dispiace,
sono un’idiota” mi sussurrò all’orecchio mentre mi teneva stretta a sé.
“Wow,
Damon Salvatore che si dà dell’idiota è un evento da appuntarsi” provai a
scherzare.
Lui
rimase in silenzio, ma lo sentii immergere la testa tra i miei capelli come a
carpirne il profumo prima di lasciarci un leggere bacio. Mi voltai e lo guardai
negli occhi.
“Non
sei un’idiota, semplicemente volevi delle conferme che avrei dovuto darti
prima. Mi dispiace” furono le mie uniche parole.
Avrei
dovuto chiarire molto prima come stavano le cose, rassicurarlo su ogni cosa,
specialmente sui miei sentimenti verso di lui.
“Ti
amo scemo” aggiunsi poi prima di avvicinarmi e sfiorargli le labbra.
Lui
mi lasciò fare, ma attirò a sé il mio corpo e mi strinse di più a sé, così
tanto che potevo essere certa non mi avrebbe lasciato mai più.
“Ti
amo anch’io principessa” mi disse staccandosi un attimo per poi attaccare di
nuovo le nostre labbra.
Sorrisi
dentro di me per ciò che aveva appena detto. Quel suo modo di chiamarmi
“principessa” era stato pronunciato con un amore talmente intenso che non
credevo che mai nessuno avrebbe potuto provare per me.
Quando
ci staccammo le sue labbra presero a giocare con il mio orecchio e poi con il
mio collo e quando andò a stuzzicare quella parte di pelle che sembrava farmi
impazzire dal piacere non potei fare a meno di gemere, mentre lui sorrideva
orgoglioso.
Mentre
continuava a stuzzicarmi il collo iniziò a giocare con la bratellina del mio
vestitino e non mi ci voleva molto per capire cosa avesse in mente di fare.
Mi
dispiaceva? No, decisamente no, ma non era quello il luogo adatto.
“Damon”
provai a dire cercando di mostrare una voce normale e non impastata dal piacere
e dall’eccitazione “non qui. Andiamo…” mi interruppi quando iniziò a tracciare
i contorni del mio corpo con le dita “a casa” aggiunsi dopo un gemito.
Lui
continuò imperterrito poi tornò a brandire le mie labbra e quando fu
soddisfatto di quel contatto si staccò e mi prese in braccio.
“Che stai facendo?” chiesi non capendo.
“Eseguo gli ordini”.
“Così?”
chiesi stupita.
“Non
avrai mica intenzione di tornare a casa in macchina, vero?” mi chiese come se
tutto ciò fosse una pazzia.
“No?”
domandai retorica.
“Ci
metteremmo troppo e sinceramente è tutta la serata che desidero divertirmi con
la signorina in questione” mi rispose malizioso.
Prima
ancora che potessi aggiungere qualcosa iniziò a correre a velocità sovrumana e
io ne approfittai per distrarlo il più che potevo.
Gli
accarezzavo i capelli, gli sfioravo le labbra, gli baciavo il collo percependo
facilmente come la cosa lo stesse eccitando più del dovuto.
“Ti
conviene smetterla se non vuoi che mi fermi in mezzo al nulla”.
Sorrisi
per quelle sue parole, ma continuai il mio gioco e in qualche secondo arrivammo
a destinazione.
Nemmeno
il tempo di notare la casa davanti a noi che già mi ritrovai nella camera del
mio vampiro mentre lui chiuse la porta alle nostre spalle con il piede.
Ancora
in braccio a lui gli tolsi la giacca e iniziai a sbottonargli la camicia della
quale mi liberai subito.
Damon,
nel frattempo, abbassò le bratelline del mio vestito, il quale in pochi secondi
cadde a terra.
A
quel punto mi sistemai meglio su di lui. Posizionai le gambe a cavalcioni sui suoi
fianchi e le sue braccia presero a stringermi a sé in modo quasi spasmodico,
come se avesse paura che io potessi sparire da un momento all’altro, ma a dire
il vero io non ne avevo nessuna intenzione. Non c’era posto al mondo in cui
avrei voluto essere se non quello.
A
quel punto la mia mano andò a sfiorargli la faccia e la sua il mio collo,
dopodiché unimmo finalmente le nostre labbra in quello che mi sembrò il bacio
migliore di tutta la mia vita. Un bacio che sapeva di amore, ma soprattutto di
passione, perché con Damon, beh con lui non poteva non esserci l’eros, il
pathos. Era impossibile visto e considerato che già lui di per sé era un essere
passionale allo stato puro.
Ciò
che mi meravigliava infatti non era lui, ma me stessa perché non avrei mai
creduto di poter essere così, ma in fondo c’era da aspettarselo: l’amore, come
la morte, cambia tutto.
E
mentre ancora le nostre labbra si toccava, le nostre lingue si sfioravano,
Damon mi adagiò sul letto ponendosi sopra di me con delicatezza per non farmi
male e fu allora che riprese a giocare con ogni lembo del mio corpo.
E
quando lo sentii entrare dentro di me mi resi conto di una piccola verità che
non avevo mai colto, anzi che avevo sempre cercato di allontanare da me perché
credevo che fosse una sciocchezza, una stupida illusione, una bugia insulsa:
l’amore è un concetto estensibile che va dal Cielo all’Inferno, riunisce in sé
il Bene e il Male, il sublime e l’infinito.
Adesso,
invece, stretta tra le braccia di Damon sapevo che tutto ciò era vero.
L’amore
ci aveva uniti, eravamo lontani seppur vicinissimi, opposti seppur molto simili,
ma ci aveva trovato e unito, ci aveva trovato e accolto e adesso nessuno
avrebbe mai potuto portarci via quello che con fatica ci eravamo conquistati.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con il capitolo tredici.
Come potete notare Damon è parecchio
geloso della sua Elena, ma soprattutto rivederla tra le braccia di Stefan lo ha
fatto scattare. Prima o poi avrebbero dovuto affrontare l’argomento Stefan ed
Elena credo che sia stata molto chiara a riguardo.
Damon sembra finalmente aver capito
che sarà lui sempre, quindi augurandoci che non ci saranno altre “litigate” in
vista potremo dire che da adesso possiamo goderci a pieno i nostri Delena.
Ops, mi ero quasi scordata Katherine. Beh
chissà.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo
pezzettino:
“Perfetto” dicemmo io e Jeremy all’unisono.
“Perfetto se non fosse per un piccolo particolare”
aggiunse Alaric.
“Cioè?” chiese Damon curioso.
“Come attiriamo Katherine nella trappola? Cioè non
sappiamo dove sia né quando farà la sua prossima mossa” spiegò Rick.
Cavolo, a questo non avevamo pensato.
“Bazzecole” fece notare Damon.
“Bazzecole? Damon, non so se ti è chiaro, ma questo
è un grosso problema” si lamentò Stefan.
“Fratellino hai mai sentito dire quel detto: se
Maometto non va dalla montagna, la montagna va da Maometto?”
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Erano passati due giorni
dalla festa a casa Lockwood e non avevo ancora parlato con Bonnie. Il motivo?
Semplice. Io e Damon eravamo rimasti chiusi in camere per due giorni beandoci
solo l’una dell’altro e del nostro amore.
Avevamo staccato la spina
da tutto e tutti godendoci dei dolci momenti solo nostri. Ovviamente nessuno ci
aveva disturbato a parte la mia amica strega che mi aveva fatto un sacco di
chiamate per chiedermi che fine avessi fatto alla festa.
Per fortuna c’era Caroline
che mi aveva coperto sia per quanto cerneva la festa, sia per la mia scomparsa
di due giorni.
Purtroppo oggi eravamo
tornati alla normalità, alla realtà, a quella triste realtà che ci ricordava
che c’era ancora un pericolo per noi, che Katherine era in agguato e non
avremmo potuto goderci a pieno quello che avevamo.
Una cosa positiva c’era,
però. Quei due giorni erano serviti a Damon per capire che nella mia vita
adesso c’era spazio solo per lui e questo mi rendeva felice.
Adesso, proprio noi due,
eravamo nel salone di casa a leggere libri su libri per cercare di capirci
qualcosa su questo dannato incantesimo e su un modo per uscire da questa
dannatissima situazione.
Ovviamente ci eravamo
dovuti staccare, perché stando entrambi sul divano non riuscivamo a combinare
nulla se non coccolarci come due adolescenti alla prima cotta. Motivo per cui
lui era rimasto sdraiato sul divano, mentre io mi ero seduta su una poltrona appoggiando
i piedi al tavolino.
Mi voltai un attimo a
guardarlo. Era concentrato nella lettura, sembrava quasi una statua visto che
era talmente immobile che sembrava non respirasse neppure. Dio quanto era
bello.
Distolsi lo sguardo e
tornai alla lettura consapevole che altrimenti non avrei concluso niente.
Stefan era andato a
cercare qualche traccia di Katherine. Dopo l’episodio di Jenna non si era più
fatta viva e non si erano sentiti nemmeno casi di omicidi insoliti. Questo
spaventata entrambi i Salvatore, in quanto a loro dire, Katherine stava
tramando qualcosa.
Caroline, invece, era
uscita da quella mattina e non era ancora tornata.
Continuai a leggere un
altro po’, poi sbuffai e con un sonoro scatto chiusi il libro posandolo sul
tavolo.
“Basta, sono sfinita” mi
lamentai.
“E sono sette” disse lui a
voce bassa, ma non così bassa perché non lo sentissi.
Mi voltai a guardarlo notando
che era ancora intento a leggere.
“Sono sette cosa?”
“Le volte in cui oggi hai
ripetuto questa frase nelle ultime due ore”.
“Non è vero” mentii.
“L’importante è crederci”.
Mi alzai e mi avvicinai al
divano sedendomi, ma lui rimase ancora con gli occhi fissi sul libro aperto.
Iniziai a stuzzicarlo come amavo fare e con le dita inizia a tracciare il
profilo di tutti i suoi pettorali scolpiti, poi avvicinai il mio viso al suo
collo e inizia a sfiorarlo con le labbra mentre con le mani mi impossessai dei
suoi capelli.
“Elena per favore” cercò
di dirmi lui.
“Cosa?” feci finta di non
capire continuando a stuzzicare il suo collo con baci roventi.
“Devo ancora finire”.
“Ti serve un po’ di pausa
e io posso essere una distrazione perfetta” dissi maliziosa.
“Su questo non ho dubbi”.
Avvicinai le mie labbra
alle sue e riuscii a catturarle in un bacio, ma mi dovetti scostare subito.
“Elena ti prego, non
possiamo goderci il lusso di perdere tempo”.
“E su amore, una piccola
pausa” dissi sorridendogli “piccola piccola” aggiunsi
facendogli un gesto con il pollice e l’indice per indicargli quanto piccola
fosse stata.
A quel punto chiuse il
libro e prese a guardarmi negli occhi sorridendo.
Avevo attirato la sua
attenzione? Faticavo a crederci.
“Cos’hai detto?” mi
domandò.
“Che hai bisogno di una
piccola pausa, proprio piccola, prometto”.
“No, come mi hai chiamato,
intendo”.
Capendo a cosa si riferiva
sorrisi di gusto.
“Amore, ti ho chiamato
amore”.
Lui avvicinò le sue labbra
alle mie e le catturò in una frazione di secondo, mentre io gongolai
soddisfatta.
“Ripetilo”
“Amore, amore, amore”.
Il suo sorriso si fece
ancora più radioso e in quel momento mi prese fra le braccia e invertì le
posizioni. Mi ritrovai così sotto di lui che mi guardava malizioso e con un
sorriso da ritenersi illegale.
Lo attirai a me e lo baciai,
mentre lui prese a giocare con i miei capelli. Poi quando il bacio diventò
bollente, sentii le sua mani sotto la mia maglietta e un brivido di eccitazione
mi pervase dalla testa ai piedi già conscia di quello che sarebbe successo di
lì a poco.
“Oh mio Dio, un po’ di contegno” disse una voce che riconobbi subito essere quella
di Caroline e la magia si ruppe.
Mi alzai all’istante
mettendomi a sedere mentre le mie guance erano diventate rosse per la vergogna.
Meno male che, almeno, era lei, non osavo immaginare se fosse entrato Stefan al
suo posto.
“Barbie possibile che tu
rompa sempre nei momenti meno opportuni?” scherzò Damon, anche se nel suo
scherzo un fondo di verità c’era.
“Vivo qui se te lo fossi
scordato e questo è il salone. Se dovete fare queste cose sconce andate in
camera e che diavolo”.
Mi resi conto solo allora
che forse tra tutti e tre era lei quella più imbarazzata.
“Ok tregua. Non succederà
più” azzardai io.
“Sti cazzi” fu l’unica
risposta di Damon, mentre io gli diedi una gomitata sul petto che, ovviamente,
per lui fu come una carezza.
“Comunque ero venuta per
parlare con te” mi disse la bionda rivolgendosi a me e sedendosi.
Damon nel frattempo,
ancora sdraiato, passò una mano nella mia vita come ad abbracciarmi e con
l’altra mano riprese il libro tornando a leggere.
Il suo gesto non passò
inosservato a Caroline che si soffermò a guardare quel braccio di Damon
esattamente sulla mia vita e sorrise, prima di tornare a guardarmi.
“Mi ha detto Bonnie che
vai da lei fra un pò”.
“Si, devo parlarle”.
“Non vorrei essere nei
tuoi panni”.
“Nemmeno io a dire il
vero”.
Io e Caroline sorridemmo
all’unisono, mentre Damon era come se non ci fosse visto che era totalmente
assorto nella lettura.
“Che ne dici se andiamo al
Grill per un po’ e poi vai da lei?” mi disse sorridendo raggiante “È due giorni
che non parliamo” aggiunse volgendo poi lo sguardo verso Damon “a causa di
qualcuno ovviamente”.
“Barbie evitiamo le
battutine a doppio senso” intervenne lui sorridendo beffardo senza distogliere
gli occhi dal libro.
“Hey ogni riferimento a
cosa o persone era puramente casuale” si giustificò lei.
“Va beh, vada per il
Grill. Sinceramente mi sono stufata a continuare a leggere questi inutile libri
nei quali, per giunta, non si trova niente che può servici”.
“Bene, ti aspetto in
macchina. Muoviti” mi disse “Damon” canzonò poi per salutarlo.
“Barbie” fu l’unica
risposta di lui.
In pochi secondi Caroline
scomparve dalla stanza e io tornai a guardare Damon che aveva ancora il braccio
appoggiato alla mia vita.
“Ti dispiace?” chiesi
riferendomi al fatto che andassi via prima.
“No, vai. Senza di te in
giro credo che concluderò qualcosa in più”.
“Hey” lo rimproverai.
“Senza offesa ovviamente,
ma per il sottoscritto sei una fonte costante di distrazione”.
Mi avvicinai e lo baciai,
poi gli lasciai una carezza.
“Sei sicura?” mi domandò.
“Di cosa?”
“Di voler parlare adesso
con Bonnie? Potresti aspettare che risolviamo prima il problema Katherine”.
“No Damon, non se ne
parla. Ci parlerò oggi. Ho già aspettato troppo e poi non sappiamo quanto tempo
passerà prima di risolverlo questo problema e sinceramente mi sono stancata di
dovermi nascondere da lei”.
“Ma…”
“Niente ma…”
Mi avvicinai e lo baciai a
fior di labbra prima di alzarmi dal divano per dirigermi alla porta, ma prima
di uscire dal solone mi voltai a guardarlo.
“Vedi di finire quel
dannato libro perché quando torno ho intenzione di fare altre cose con te” gli
dissi maliziosa.
“Non vedo l’ora” fu la sua
unica risposta accompagnata da un sorriso che superava di gran lunga la mia
innocente malizia.
Mi diressi fuori e trovai
Caroline già in macchina. La raggiunsi e in poco tempo arrivammo al Grill.
Scendemmo e prendemmo posto al bar iniziando a parlare del più e del meno. Ad
un certo punto vidi Bonnie entrare al locale.
“Che ci fa lei qui?”
chiesi a Caroline indicando la nostra amica che si stava dirigendo verso di
noi.
“Beh, mentre ero in
macchina ad aspettarti gli ho detto di venire qui così saremmo state insieme un
po’ tutte e tre”.
“Caroline lo sai che devo
dirgli di Damon” la rimproverai.
“Appunto. Fidati è meglio
parlargliene qui piuttosto che a casa. Siamo in un luogo pubblico vedrai che
qui si saprà contenere”.
Mi sorrise e io non potei
fare a meno di ricambiare il sorriso. Ero certa che l’avesse fatta venire per
stare tutti e tre insieme visto che aveva un po’ che non passavamo del tempo
tutte insieme.
Bonnie ci raggiunse e si
sedette al tavolo con noi. Sembrava euforica quel giorno, il che era un buon
segno visto la bomba che dovevo sganciare. Se fosse stata già di pessimo umore
di suo non osavo immaginare come sarebbe potuta finire.
Prendemmo a parlare, a
ridere e scherzare come ai vecchi tempi e dovevo ammettere che la cosa mi
piaceva più del lecito.
Quasi avevo perso
l’abitudine di chiacchierare con loro di cose normali, spettegolare o
raccontarci i reciproci problemi di coppia.
Era tutto come ai vecchi
tempi.
Caroline ci mise al
corrente che la storia con Matt era definitivamente finita. La loro pausa di riflessione
si era conclusa e avevano deciso, di comune accordo, di rimanere amici. Tra
loro non poteva esserci nient’altro se non questo.
Bonnie, invece, era
contentissima di come procedevano le cose con Jeremy e si stupiva di come non
avesse notato prima quanto maturo fosse diventato mio fratello negli ultimi
tempi.
“E tu Elena? Come vanno le
cose con Stefan?” esordì poi lei.
In effetti mancavo solo io
ed era giunto il momento di dirgli tutto.
A dire il vero non ero
ancora pronta. Mi ero preparata tutto il discorso, ma ero certa di doverlo
affrontare qualche ora dopo, quando sarei andata a casa sua, invece, era
arrivato il momento.
Caroline mi lanciò uno
sguardo, poi fece finta di controllare qualcosa sul cellulare e ci sorrise.
“Scusate, ma io devo
andare. I fratelli Salvatore mi reclamano” mentii spudoratamente alzandosi dal
tavolo.
Ci salutò con un sorriso
smagliante e poi sparii con la sua auto prima che c’è ne rendessimo davvero
conto.
“È pazza o cosa?” chiese
Bonnie vedendo la fretta con la quale Caroline si era prodigata ad andarsene.
“Te lo stai ancora
chiedendo?” domandai io retorica come a dire che era ovvio che la bionda fosse
pazza.
“Stare in quella casa non
aiuta la sua sanità mentale, fidati di me. Damon ha un effetto devastante su di
lei. Inizia ad assomigliargli in quanto a battutine” disse riferendosi a tutte
quelle che aveva pronunciato da quando ci eravamo messe sedute a parlare.
Sorrisi di quella battuta
e lei fece lo stesso. Era la prima volta che la vedevo sorridere per qualcosa
che seppur lontanamente riguardava il vampiro che lei più detestava al mondo.
“Allora, non hai ancora
risposto alla mia domanda” disse lei poi tornando seria.
“Quale domanda?”
“Come vanno le cose con
Stefan?”
Feci un respiro profondo e
poi la guardai negli occhi.
“Ecco Bonnie, è proprio di
questo che volevo parlarti quando stamattina ti ho detto che nel pomeriggio sarei
passata da te”.
“È successo qualcosa? Devo
preoccuparmi?”
“No, non serve. È solo che
c’è qualcosa che devo dirti”.
“Sono qui Elena, avanti.
Lo sai che puoi dirmi qualunque cosa”.
Qualunque cosa tranne questa ero certa che mi avrebbe risposto non appena le
avrei detto la verità.
In fondo con lei il
problema non sarebbe stato solo il fatto che mi fossi messa con Damon, quanto
soprattutto che avessi mollato Stefan.
Il minore tra i fratelli
Salvatore, a dire di Bonnie, era la persona migliore al mondo. Un ragazzo
divenuto un mostro che aveva lottato contro la sua natura diventando una
persona decisamente migliore, forse, anche migliore di tanti umani.
Non l’avrebbe presa bene.
Per lei era come se io avessi sostituito il platino con la peggior specie di
rame.
“A dire il vero avrei
dovuto parlartene da circa una settimana, ma mi è mancato il coraggio”.
“Elena mi stai spaventando
così. Ti decidi a dirmi che succede?”
“Beh, io e Stefan, ecco noi…” provai a dire,
ma lo squillo del suo cellulare mi fece zittire.
“Scusa” mi disse
prendendolo dalla borsa.
Guardò il mittente della
chiamata e la sua espressione mutò.
Alzò lo sguardo e mi
guardò stranita, come se potesse leggere in me la risposta alle domande che ero
certa gli stavano frullando in testa.
“Che succede?” chiesi.
“È Damon” riuscii a dire
“cosa diavolo vuole da me al punto da spingerlo a chiamarmi?”
Non sapevo cosa dire.
Certo era che ero sorpresa esattamente quanto lo era lei.
Damon non chiamava mai
Bonnie, a meno che non si trattasse di un’emergenza.
La mia amica mi guardò e
non appena vide nel mio sguardo lo specchio del suo si decise a premere il
tasto verde.
“Che diavolo vuoi?” disse
non appena rispose.
Non riuscivo a sentire
cosa gli stesse dicendo lui. Per mia sfortuna non avevo l’udito dei vampiri.
“Sono affari miei”.
“Diavolo” saettò gli occhi
al cielo e potevo essere certa che gli avesse detto qualcosa che la
costringesse a rispondere a qualunque fosse stata la sua domanda “sono al Grill
con Elena”.
“Lo so, ma abbiamo
anticipato”.
Di sicuro si stava
riferendo al fatto che dovevamo incontrarci fra qualche ora e non adesso.
“Damon, mi hai chiamato
per farmi un interrogatorio? Sono affari miei”.
Era spazientita, lo potevo
capire subito dal suo sguardo e dal suo tono di voce.
“Adesso non posso. Appena
finisco con Elena la riaccompagno ed entro”.
Che diavolo stava
succedendo? Mai come in quel momento avrei voluto avere l’udito del mio
fidanzato.
“Ok, calmati. Arrivo”
furono le sue uniche parole prima di guardare il cellulare con sguardo furente.
“Mi ha appena chiuso il
telefono in faccia. Giuro che prima o poi lo uccido” mi disse arrabbiata.
“Meglio poi che prima” gli
sorrisi “cosa voleva?” aggiunsi.
“E che diavolo ne so. Lo
sai com’è fatto. Mi ha fatto un interrogatorio su dove ero e con chi ero, poi
quando gli ho detto che ero con te mi ha chiesto di cosa parlavamo. Va beh,
alla fine ha detto di andare da lui. Gli ho detto che ci sarei andata quando
finivamo di parlare, ma mi ha urlato in faccia parole incomprensibili per dirmi
semplicemente che era urgente e poi mi ha staccato il cellulare in faccia non
appena gli ho detto che sarei andata” mi informò sommariamente.
“Non ti ha detto cosa
voleva?”
“No, solo che gli serviva
il mio aiuto e ha specificato “ci serve” il che significa che è qualcosa che
riguarda questa assurda situazione di Katherine, altrimenti non avrebbe mai
chiamato”.
“Lo credo anche io, forza
andiamo”.
Lei annui e pagammo, poi
salimmo sulla sua macchina e ci dirigemmo verso casa Salvatore.
“Cosa stavi cercando di
dirmi prima che il guastafeste chiamasse?” mi domandò.
“Nulla di importante”
mentii “ne riparliamo dopo, adesso muoviti” conclusi.
Restammo in silenzio per
tutto il tragitto, troppo scosse entrambe per riuscire a dire qualunque cosa.
Quando arrivammo a
destinazione scesi dalla macchina il più in fretta possibile senza curarmi di
aspettare Bonnie. Ero preoccupata, volevo sapere cosa ci fosse di così urgente
da mandare all’aria la mia importantissima chiacchierata con Bonnie.
Damon sapeva quanto ci
tenevo a dirle la verità, quindi, se l’aveva chiamata significava che in
qualche modo ciò che doveva dirle era urgente.
Mi diressi nel salone e
trovai Jeremy vicino al camino, Alaric poco distante e di fronte a lui Damon
che mi dava le spalle intento a fare qualcosa. Non mi ci volle molto per capire
che stava leggendo qualcosa.
“Non è successo nulla,
calmati” furono le parole di Damon non appena mi sentì arrivare senza bisogno
che si voltasse per guardarmi.
Mi aveva sentito arrivare
a grazie ai suoi affinati sensi aveva percepito che fossi preoccupata.
“Hai detto che era
urgente” mi arrabbiai.
“Lo è, ma urgente non
significa pericoloso”.
In quel momento Bonnie mi
raggiunse e non appena vide Jeremy un sorriso le si stampò in faccia.
“Posso sapere perché tutta
questa urgenza?” chiese poi senza nemmeno salutare.
Fu a quel punto che Damon
si voltò e notai che in una mano teneva un foglio che stava leggendo
accuratamente, mentre nell’altra mano aveva un bicchiere pieno di chissà che
genere di liquore.
“Te l’ho già spiegato. Ci
serve il tuo aiuto” le rispose lui.
“Dov’è Stefan?” domandai.
“Sta arrivando” disse
Alaric intervenendo per la prima volta nella discussione.
Damon mi guardò come a
voler sapere se avevo parlato con Bonnie, ma scossi la testa e lui comprese
subito. Mi sembrò sollevato. Forse, al momento, avevamo bisogno di una Bonnie
calma e non infuriata a morte con me e con lui.
Nemmeno il tempo di dire
altro che anche Stefan entrò nel salone.
“Scusate, ma Caroline
dov’è?” chiese Bonnie rendendosi conto che non era con nessuno dei due
Salvatore a differenza di quanto lei ci aveva detto poco fa.
Guardai il mio ragazzo
sperando che comprendesse che doveva inventare una qualunque balla e mi stupii
ancora una volta quando lui comprese il problema solo guardandomi negli occhi.
“Da Jenna” rispose
semplicemente.
Alaric stava per
controbattere, ma gli bastò uno sguardo da parte di Damon per zittirsi senza
dire nulla.
“Damon, mi spieghi bene
cosa volevi dire per telefono?” chiese Stefan avvicinandosi al fratello.
Il mio ragazzo finì quello
che doveva essere dello scotch e poi riempii il bicchiere di altro liquido
color ambra.
“Abbiamo compreso tutti
quanti che cercare di spezzare questo stupido incantesimo si sta rivelando più
difficile del previsto e non abbiamo tempo in quanto Katherine potrebbe giocare
la sua prossima mossa in qualunque momento”.
“E il fatto che non
l’abbia ancora fatto non promette nulla di buono” fece notare Stefan.
“Appunto. Ci serve un modo
per tenere Katherine sotto controllo, per impedirle di fare qualunque cosa e
c’è un solo modo per farlo. Dobbiamo rinchiuderla e dovrai farlo tu Bonnie”.
Era la prima volta che si
rivolgeva a lei con il suo nome e con l’appellativo di “strega”.
“I miei poteri non sono
così forti da potercela fare. Anche Lucy ve l’ha detto”.
“Lo so, lo so benissimo,
ma Barbie ha avuto un’idea decisamente carina”.
“Caroline?” domandai non
capendo.
“Beh diciamo che
involontariamente mi ha risolto un rebus” mi disse sornione mentre sorseggiava
il suo scotch come se nulla fosse.
“Ti dispiacerebbe, allora,
risolvercelo anche a noi questo enigma?” gli chiese Alaric.
Damon continuò a bere
godendosi a pieno il suo liquore. Sembrava tranquillo.
“Allora? Ti decidi?”
Bonnie era spazientita.
“Devi solo fare un
incantesimo che hai già fatto in passato”.
“Che vuoi dire?” dicemmo
io e Stefan all’unisono.
“Festa in maschera,
paletti nascosti sotto la giacca, desiderio di liberarsi di qualcuno, Katherine
bloccata, stesso incantesimo che le lega. Tutto questo non vi dice nulla?”
chiese lui come se stesse parlando con dei bambini alzando gli occhi al cielo.
A quel punto capimmo tutti
a cosa si stesse riferendo.
“Vuoi che rinchiuda
Katherine in una stanza?” gli chiese Bonnie.
“Hey, dovrei farti un
applauso. Ci sei arrivata, finalmente”.
“Vediamo se ho compreso il
piano. Rinchiudiamo Katherine in una stanza per tenerla sotto controllo e
evitare che faccia del male a qualcuno e noi nel frattempo troviamo il modo di
spezzare l’incantesimo?” chiese Stefan.
“Complimenti fratellino,
non avrei saputo spiegarmi meglio”.
“Si può fare?” chiesi a
Bonnie riguardo l’incantesimo.
“Si, questo posso farlo”.
“Perfetto” dicemmo io e
Jeremy all’unisono.
“Perfetto se non fosse per
un piccolo particolare” aggiunse Alaric.
“Cioè?”
“Come attiriamo Katherine
nella trappola? Cioè non sappiamo dove sia né quando farà la sua prossima
mossa” ci spiegò.
Cavolo, a questo non
avevamo pensato.
“Bazzecole”.
“Bazzecole? Damon, non so
se ti è chiaro, ma questo è un grosso problema”.
“Fratellino hai mai
sentito dire quel detto: se Maometto non va dalla montagna, la montagna va da
Maometto?”
“Che c’entra questo adesso?”
“Sveglia. Cos’è i
coniglietti del bosco ti hanno bacato il cervello oggi?”
“Senti Damon non è
giornata. Se hai qualcosa da dire parla per piacere”.
Guardai Stefan cercando di
capire cosa non andasse, ma non appena vidi i suoi occhi puntati su di me capii
che il problema era io.
Sentii una fitta al cuore.
Mi stavo godendo la mia felicità senza pensare a quanto Stefan potesse
soffrire. Ero un’egoista.
“Se Katherine non verrà da
noi, saremo noi ad andare da Katherine o meglio saremo noi a farla venire da
noi” spiegò Damon evitando di commentare le parole del fratello e gliene fui
grata.
“E come avresti intenzione
di fare se non abbiamo idea di dove sia?”.
“Katherine ci sta con il
fiato addosso. Sa perfettamente come ci muoviamo, quindi sa che stiamo
all’erta. Bisogna solo farle credere che abbiamo abbassato la guardia e lei si
farà vedere”.
“Non capisco” dissi ed era
vero.
“Niente più verbena”.
“Scusa?” urlammo tutti
all’unisono.
“Hey calma. Terremmo gli
occhi aperti, ma la verbena deve scomparire. Katherine dovrà pensare di poter
soggiogare chi vuole senza complicazioni”.
“È troppo pericoloso”
disse Alaric.
“Katherine è troppo
imprevedibile”.
Dovevamo trovare una
soluzione diversa, una soluzione che fosse meno pericolosa.
Cercai di riflettere e
come una lampadina che si accendeva all’improvviso arrivò l’illuminazione,
l’idea giusta che avrebbe potuto aiutare senza far correre nessun pericolo alle
persone che amavo.
“È l’unica soluzione”
disse Damon.
“No, non lo è” lo
corressi.
Tutti guardarono nella mia
direzione e il mio fidanzato mi guardò con uno sguardo talmente indagatore che
dovetti distogliere lo sguardo per paura di non riuscire più a comunicare la
mia idea.
“Che hai in mente?” chiese
Jeremy che, ormai, mi conosceva molto bene.
“Non useremo nessuno come
esca, nessuno che non sia io almeno”.
“Che vuoi dire?” mi
domandò Stefan.
Damon non disse nulla, si
limitò a fissarmi cercando di capire quale piano idiota la mia mente avesse appena
elaborato.
“Se io mi faccio male, si
farà male anche lei. Credo che sia il modo migliore per attirarla nella
trappola. Si domanderà cosa sta succedendo e correrà a controllare”.
“Non se ne parla” furono
le parole di Damon e Stefan pronunciate allo stesso momento.
“Credete che l’idea di
Damon sia migliore?” domandai a tutti.
“No, è un’idea idiota pure
quella, ma se devo scegliere preferisco la sua” confessò Stefan.
Bonnie, Jeremy e Rick
annuirono alla sua affermazione e a quel punto sbottai.
“Adesso basta. Tutti vi
prodigate tanto per cercare di proteggermi mettendo a rischio le vostre vite e
quando io voglio fare lo stesso, allora non va bene. Mi sono stufata. Stavolta
si farà come dico io e basta”.
“Mi spieghi dove li trovi
questi piani suicidi?” mi domandò Damon calmo.
Era certo che avrebbe
vinto lui, ma non glielo avrei permesso, non questa volta.
“Allo stesso posto dove tu
trovi i tuoi”.
“Spiritosa, davvero
spiritosa”.
“Damon, stavolta si fa
così e né tu né nessun altro mi farà cambiare idea”.
“Mi sottovaluti”.
“No, non lo faccio, ma non
ho intenzione anche questa volta di stare zitta e fare quello che tu e Stefan
volete che io faccia”.
“Invece lo farai” disse
Stefan.
“E come pensate di
impedirmi di fare ciò che voglio?”
“Per quanto mi riguarda posso
pure chiuderti nello scantinato e lasciarti lì fino a quando questa storia non
sarà finita” mi fece notare Damon.
“Non lo farai”.
“Io credo di si, invece, e
sinceramente ha tutto il mio appoggio” aggiunse Stefan.
“Per una volta, una sola
volta in tutta la vostra vita non potreste semplicemente fidarvi di me? Io mi
fido di voi costantemente, posso capire perché per una dannata volta voi non
potete fare lo stesso con me?”
“Elena è pericoloso, lo
capisci? Non si tratta di non avere fiducia”.
“Ma pericoloso cosa? Mi
procurerò qualche ferita, Bonnie farà il suo incantesimo per non provare dolore
e se proprio vorrete mi darete il vostro sangue per rimarginare subito le
ferite. Non sentirò nulla, sarà indolore e nessuno si farà male. Pericoloso
potrebbe essere per gli altri. Senza verbena non c’è protezione” dissi con tono
implorante.
Li stavo pregando e sapevo
che avrei dovuto convincere solo loro due. Gli altri mi guardavano con uno
sguardo comprensivo, loro avevano capito le mie ragioni e con ogni probabilità
anche il fatto che per me non fosse per nulla pericoloso.
“Elena…” provò a dire
Stefan.
“Ti prego, fidati di me”
gli dissi avvicinandomi a lui e prendendogli una mano stringendola nella mia.
Lui mi fissò per qualche
istante, poi quando vide il mio sguardo implorante e la mia determinazione
negli occhi abbassò lo sguardo come a dare la sua approvazione.
“Grazie” dissi solamente
consapevole di quanto quella sua concezione gli fosse costata.
Mi restava da convincere
Damon e quando guardai i suoi occhi mi resi conto che non sarebbe stato
semplice come con Stefan.
“Bonnie tu e Jeremy,
mentre noi cerchiamo un modo per attirare Katherine in trappola, andate a
prendere il Grimorio da casa. Non abbiamo tempo da perdere” dissi a loro due
consapevole che se avevo una sola possibilità di convincere Damon dovevo
restare da sola con lui.
“D’accordo, noi andiamo”.
In pochi secondi uscirono
dal salone e poi dalla casa, mentre noi restammo lì immobili.
“Damon andiamo di sopra un
attimo” proposi.
“Non andiamo da nessuna
parte perché non abbiamo nulla di cui parlare. Abbiamo già trovato il modo di
risolvere il problema”.
“Damon ti prego, solo
dieci minuti”.
Lo guardai con gli occhi
da cucciola, quegli occhi a cui non era mai stato capace di dire di no, almeno
non in situazioni di stallo e sembrò funzionare anche questa volta, perché
senza nemmeno che me ne accorgessi mi ritrovai esattamente al centro della
camera di lui, mentre il mio fidanzato si era distanziato da me trovandosi
davanti la porta.
Non mi sarei mai abituata
a “viaggiare” a quella velocità. Ogni volta sembrava come se all’improvviso mi
teletrasportassi da qualche parte senza nemmeno che me ne accorgessi.
Damon mi dava le spalle e
la cosa non mi piaceva assolutamente.
“Non mi farai cambiare
idea” furono le sue uniche parole.
Dovevo riuscirci, invece,
dovevo riuscirci ad ogni costo. La mia era la soluzione migliore e dovevo farlo
capire anche a lui.
Mi avvicinai e quando fui
ad una spanna da lui lo costrinsi a voltarsi.
Gli misi una mano sul
braccio e lo guardai con tutta l’intensità di cui ero capace nonostante il suo
sguardo sembrava del tutto impassibile.
“Se tu avessi un modo per
non mettere in pericolo me anche a costo di mettere in pericolo te stesso cosa
faresti?” gli domandai.
Non sapevo se girando così
tanto intorno al problema sarei riuscita ad ostacolarlo, ma dovevo tentare.
“È diverso”.
“Non hai risposto”.
“La sai già la mia
risposta”.
“Sto aspettando”.
“Farei qualunque cosa
perché tu possa sempre essere al sicuro”.
“Esattamente”.
“Cosa volevi dimostrare con
questo?”
“Che visto che la pensi
così non dovresti opporti così ostinatamente al fatto che io voglia fare lo
stesso per le persone che amo”.
Avvicinai il mio viso di
più al suo incastrando i miei occhi nei suoi.
Mai come in quel momento
avevo bisogno che lui riuscisse a leggermi l’anima.
“Tu non capisci” furono le
sue uniche parole.
Le disse con uno sguardo
talmente ferito che quasi mi sentii tremare le ginocchia, come se in quelle
parole ci fosse rinchiuso tutto il suo dolore.
“Fammi provare a capire allora”.
“Io ti ho persa, ti ho
persa te ne rendi conto. Ti ho vista morire sotto i miei occhi senza poter fare
nulla e so cosa si prova. È stato come morire per la seconda volta, solo che
stavolta era più doloroso, più oscuro. Tu non puoi capire come io mi sia
sentito e non posso e non voglio rischiare che succeda di nuovo”.
“Amore non succederà. Farò
solo qualche ferita marginale solo per attirare la sua attenzione e non sentirò
nemmeno dolore per via dell’incantesimo di Bonnie. Non corriamo nessun pericolo”.
Lo inchiodai con lo
sguardo e per un attimo mi sembrò di vederlo cedere, motivo per cui avrei
dovuto continuare.
“Prova a metterti nei miei
panni. Katherine c’è l’ha con me e non è giusto che per colpa mia debbano
pagare altre persone. Ricordi cosa mi hai detto la sera in cui Rose è morta?”
sapevo quanto quei ricordi fossero dolorosi per lui, ma era l’unico modo che
avevo per convincerlo “hai detto che l’attacco di Jules doveva essere destinato
a te, non a Rose, che eri tu quello che l’aveva provocata e, invece, c’ha
rimesso lei. Ti sei sentito in colpa, anche se non lo ammetterai mai. Non
permettere che a me succeda lo stesso, non permettere che anche io mi senta in
colpa se qualcosa dovesse andare male. Sarebbe colpa mia, è me che Katherine
vuole colpire”.
“Elena…” provò a dire, ma
lo interruppi avvicinandomi ancora di più a lui.
Ero ad un passo dalle sue
labbra, il suo respiro sembrava essere diventato il mio e i suoi occhi erano
scrutatori come mai prima di allora.
“Ti devi solo fidare di
me, ti prego” sussurrai le ultime parole.
Ero certa che se non lo
avessi convinto con quelle parole non c’era più nulla che io potessi dire o
fare per riuscirci.
Lui non disse nulla, si
limitò ad accorciare quei pochi centimetri di distanza tra i nostri volti e
appoggiò la sua fronte alla mia prendendo il mio viso tra le mani. Sorrisi
impercettibilmente consapevole che era tutto ciò di cui avevo bisogno.
“Non ho mai conosciuto una
persona testarda come te”.
“Mi posso ritenere
fortunata allora, visto tutte le persone che hai conosciuto in un secolo e
mezzo”.
Lui sorrise alle mie
parole, poi mi baciò la fronte.
“È un si?” chiesi.
“Se non lo fosse cambierebbe qualcosa?”
Io non dissi nulla, ma il
mio silenzio bastò a fargli capire come la pensavo.
“Come volevasi dimostrare”
aggiunse più a se stesso che a me.
Sorrisi della sua
espressione e avvicinai le mie labbra alle sue.
“Faremo attenzione” disse
poi quando ci staccammo.
Io annuii
impercettibilmente, prima di affondare di nuovo le mie labbra su quelle di lui
stringendolo a me più che potevo.
Dopo qualche minuto ci
staccammo e io andai a buttarmi sul grande letto. Qualche istante dopo lui mi raggiunse
e si mise sopra di me facendo attenzione a non farmi male. Mi prese la mano e
mi sorrise come solo lui sapeva fare.
“Perché alla fine sei
sempre tu quella che deve avere la meglio?” mi domandò retorico.
“Perché mi ami troppo?”
provai a dire ridendo.
Non ci fu risposta, solo
un bacio, uno di quelli che poi non piove più per una settimana.
“Non ho fatto in tempo a
parlare con Bonnie” dissi quando ci staccammo.
“L’ho notato. Non sembrava
odiarmi più del solito”.
“C’ero quasi prima che tu
la chiamassi”.
“Lo farai un’altra volta”.
“Lo farò adesso, quando
ritorna” precisai io.
Non avevo più nessuna
intenzione di aspettare.
“Io avrei in mente
qualcos’altro da fare adesso” mi disse con malizia.
“Tipo?”
Sorrisi facendo finta di
non capire.
“Tipo questo” mi rispose
baciandomi la fronte “o questo” continuò posando le sue labbra sul mio orecchio
“oppure questo” passò al collo “o ancora questo” disse infine posando le sue
labbra sulle mie.
“Credo che Bonnie possa
aspettare” furono le mie uniche parole prima di invertire le posizioni e
ritrovarmi a cavalcioni sopra di lui.
Gli tolsi la maglietta e
iniziai a baciargli il suo perfetto petto scolpito, anche lui nel frattempo
tolse la mia di maglietta e fu così che ci ritrovammo in pochissimo tempo a
fare l’amore.
Sembrava come se entrambi
non potessimo fare a meno l’uno dell’altra, come se avessimo bisogno del corpo
dell’altro per sentirci in pace con noi stessi.
Non mi era mai capitata
una cosa del genere, era la prima volta ed ero certa sarebbe stata anche
l’ultima.
Con Damon c’era tanto
amore, ma anche un’estrema passione perché noi due ci desideravamo, ci
desideravamo da tanto tempo e adesso avevamo finalmente la possibilità di stare
insieme senza più remore.
Difficilmente qualcuno
avrebbe potuto comprenderci, difficilmente qualcuno avrebbe potuto comprendere
questo nostro bisogno di sentirci un tutt’uno con l’altro e non potevo farne
una colpa a nessuno.
Ero fermamente convinta di
una cosa. Chi non aveva mai provato l’ansia dell’attesa, i lunghi tormenti del
desiderio insoddisfatto, la paura di perdere la persona che ama, i dubbi
dell’essenza, non avrebbe mai potuto dire o capire fino a quale altezza è
capace di giungere la passione.
Io e Damon, invece,
sapevamo fino a dove questa poteva spingersi e, forse, era per questo che
spesso non riuscivamo a controllarla, ma in fondo nessuno di noi due sembrava
volerci provare.
La verità era che avevamo bisogno
l’uno dell’altra più di ogni altra cosa al mondo, avevamo bisogno l’uno
dell’altro in tutti i modi a noi concessi.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con un nuovo capitolo.
Finalmente Elena si era decisa a
raccontare tutto a Bonnie, ma Damon li ha interrotti. Del resto al momento la
cosa più importante è liberarsi di Katherine.
Come vi sembra il piano? Direi che
qualche falla c’è anche qui, soprattutto per via della parte che dovrà fare Elena.
Lei alla fine sembra essere riuscita a
convincere Damon, ma sarà davvero così. Permetterà Damon alla sua amata di
farsi male o di correre un qualunque pericolo? Non ci resta che aspettare il
prossimo capitolo per scoprirlo.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo
pezzettino:
“Sistemato tutto?” chiese Jeremy quando poi Bonnie
si staccò da me.
“Si, dovrebbe funzionare”.
“Quando mi toccherà fare la mia parte?” domandai
poi io seria.
Damon, fino a quel momento tranquillo mentre si
versava del whisky in un bicchiere, si voltò verso di me con sguardo furente.
[…]
“Credo che
sia arrivato il momento” mi rispose Stefan abbassando lo sguardo.
Neppure lui era molto convinto di questo mio
intervento in quello che entrambi ritenevano un piano folle.
“Bene” riuscii solamente a dire prima di dirigermi
verso la scrivania, dove sapevo che i due fratelli tenevano dei paletti.
“Frena un attimo” disse all’improvviso Damon e
tutti ci voltammo a guardarlo.
“Prima o poi deve farlo” disse Bonnie schierandosi
dalla mia parte.
“Non ho chiesto il tuo parere mi sembra”.
“E nessuno mi vieta di esprimerlo”.
“Smettetela prima ancora di iniziare” alzai
leggermente la voce io.
“Che hai in mente?” domandò Stefan a Damon
ignorando bellamente ciò che avevo appena detto.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Un brivido di freddo mi
rubò dalle braccia di Morfeo portandomi di nuovo nel mondo reale.
Aprii gli occhi e mi resi
conto che la finestra era leggermente aperta e che da essa entrava un leggero
venticello. Mi coprii di più con il lenzuolo e appoggiai la mano dall’altra
parte del materasso, ma non appena lo feci mi resi conto che il letto era
vuoto.
Possibile che lui si fosse
già alzato?
Mi voltai e ci passai
sopra la mano. Le lenzuola erano fredde segno che Damon si fosse alzato già da
un po’. Mi resi conto solo in quel momento che era il mio primo risveglio senza
avere Damon accanto. Di solito, anche se si svegliava prima di me, restava
sempre a letto a guardarmi dormire.
Un moto di tristezza si
impadronii di me, ma la scaccia via subito. Se Damon non c’era significava che
aveva qualcosa di importante da fare, qualcosa come risolvere il dannato
problema Katherine.
A quanto mi aveva detto,
Bonnie avrebbe fatto l’incantesimo al seminterrato quel giorno in modo poi da
catturare la vampira per il tempo necessario a spezzare quella dannata
maledizione che univa il suo corpo al mio.
Mi alzai dal letto seppur
di malavoglia e infilatami una sua camicia che trovai ai piedi del letto mi
diressi in bagno per farmi una doccia. Ne avevo proprio bisogno.
Feci scorrere il getto
dell’acqua calda e quando mi resi conto che questa si era riscaldata mi infilai
dentro permettendo all’acqua di sfiorarmi la pelle e di rilassarmi. Restai lì per
un’abbondante mezz’oretta, poi uscii e mi diedi una sistemata.
Quando fui pronta sistemai
il letto e poi mi chiusi la porta della camera di Damon alle spalle e scesi diretta
in cucina dove presi un bicchiere di spremuta. Poi mi diressi nel salone dove
trovai solo Jeremy.
“Hey, ciao fratellino.
Dove sono gli altri?” domandai non appena lo vidi.
“Nello scantinato, Bonnie
sta facendo l’incantesimo”.
“E tu come mai qui?”
“Aspettavo te”.
“Me? è successo qualcosa?” domandai cercando
di scorgere una risposta dal suo sguardo.
“Mi chiedevo se c’è
qualcosa che vorresti dirmi”.
Restai basita da quelle
parole, non riuscendo a coglierne il significato.
Lo guardai stranita con la
coda degli occhi, come a dirgli “è uno scherzo?”
“Ti dispiacerebbe essere
più chiaro?” gli chiesi, invece, mentre sorseggiavo la mia spremuta.
“Che diavolo ci facevi nel
letto di Damon?” mi domandò serio “va bene così oppure vuoi che sia ancora più
chiaro?” concluse poi sarcastico.
Sputai quasi la spremuta
dalla bocca e iniziai a tossire visto che mi era pure andata di traverso.
Tra tutte le domande che
poteva farmi quella era l’unica che non mi aspettavo.
Cercai di riprendermi, poi
lo guardai.
“Ti sei messo a spiarmi?”
“Non essere ridicola. Ero
solo salito in camera a svegliarti, ma non ti ho trovato in quella di Stefan.
Pensavo avessi dormito da Caroline, così mi sono diretto verso la sua camera,
ma la porta della camera di Damon era socchiusa e…”
Si interruppe e non ci
volle molto a capire cosa stava per dire.
“E hai pensato bene di
entrare per curiosare” conclusi la frase per lui.
“A dire il vero volevo
solo vedere che aspetto avesse visto che non ci sono mai entrato. E comunque non
tergiversare il discorso. Ho solo aperto la porta e ti ho vista a letto che
dormivi placidamente”.
“Non è come pensi” dissi e
non mi resi conto nemmeno del perché lo avessi detto.
“Ah no? Cioè tu dormi nel
letto di Damon e lui era uscito da quella camera si e no cinque minuti prima e
non è come penso?”
Io rimasi in silenzio e
abbassai lo sguardo imbarazzata.
“Elena non sono più un
ragazzino. Queste scuse risparmiale per qualcun altro. Adesso ti dispiacerebbe
dirmi che succede o devo scoprire da solo la verità?” mi domandò voltandosi e
guardandomi negli occhi.
“Ok, è esattamente come pensi” riuscii a dire e lui strabuzzò gli occhi.
“Cioè tu e Damon, Damon e
tu…voi…o mio Dio” iniziò a blaterare.
Non dissi nulla. Conoscevo
Jeremy e sapevo che questo era il momento in cui avrebbe iniziato a
sproloquiare fino a quando, esaurite tutte le parole, tutti i concetti, si
sarebbe zittito guardandomi con uno sguardo di rimprovero aspettando impaziente
che io aprissi la bocca per spiegargli tutta quella situazione.
Faceva sempre così. Fin da
quando era piccolo e crescendo non era cambiato di una virgola.
A volte mi bastava
chiudere gli occhi per qualche secondo per riuscire a rivederlo nel ragazzo che
mi stava di fronte il bambino che era un tempo, il mio piccolo, ma protettivo
fratellino.
“Cioè, ma dico siete
pazzi. E se Stefan vi avesse visti come la mettiamo? Diavolo Elena, ma usala la
testa ogni tanto. Poi sotto lo stesso tetto, ma almeno abbiate il buon gusto di
farlo fuori di qui. Dio, mia sorella fa sesso con il fratello del suo ragazzo.
Non ci posso credere” continuò a ciarlare con espressione sbigottita.
“No, no, frena fratellino”
lo bloccai dopo ciò che aveva detto.
Non aveva capito nulla.
“Cosa c’è da frenare? La
situazione è chiara come il sole”.
“Jeremy ti dispiacerebbe
calmarti? Ti sei fatto un’idea totalmente sbagliata della situazione”.
Mi guardò negli occhi per
qualche secondo, poi sembrò tranquillizzarsi.
“Ok, mi calmo, ma voglio
che mi spieghi tutto”.
“Avrei dovuto parlartene
fin da subito, ma so quanto poco sai mentire e sapevo che involontariamente avresti
detto tutto a Bonnie e volevo essere io a farlo non appena avrei potuto”.
“Parlarmi di cosa?”
“Io e Damon stiamo
insieme”.
“L’ho capito questo Elena,
credimi. L’ho capito eccome” mi disse con espressione scandalizzata.
“No, non hai capito. Io e
Damon stiamo insieme nel senso che ci siamo messi insieme”.
“Scusa?”
Dalla sua espressione
vedevo tanta confusione. Perché doveva sempre complicarsi la vita quando tutto
era chiaro come il sole?
“Hai presente quando ami
una persona e credi che sarà per sempre e poi ti rendi conto che quel per
sempre l’hai sottovalutato? Che in fondo non sarà per sempre perché
all’improvviso capisci che ami un’altra persona?” gli domandai.
Lui non rispose subito,
sembrò fissare il vuoto come se stesse pensando a qualcosa. Dopo qualche
secondo, però, tornò a guardarmi e prese a parlare.
“Si, più o meno mi è
successo con Anna. Quando Vicki è scomparsa credevo che non avrei mai più
potuto amare nessuno in vita mia, poi ho scoperto che era morta è tutto si è
spento in me. Sembrava come se i miei sentimenti non esistessero più, poi è
arrivata Anna ed è stata come la luce in quel tunnel buio che stavo
attraversando. Mi sono reso conto che Vicki sarebbe rimasta dentro di me
sempre, ma che non l’avrei amata per sempre perché mi ero reso conto di amare
Anna”.
“Ecco, non è proprio la
mia stessa situazione, ma più o meno hai capito cosa voglio dire”.
“Mi stai dicendo che ti
sei innamorata di…di Damon?”
“Più di ogni altra cosa al
mondo. Ho cercato di negarlo per tanto tempo, di non ammetterlo nemmeno con me
stessa, ma alla fine quando i sentimenti diventano troppo forti non riesci più
a contenerli e quello che provo per lui è uscito fuori senza che io me ne
accorgessi davvero”.
“E…e Stefan?”
“Ci siamo lasciati. Gli ho
detto la verità e lui mi ama troppo per tenermi legata a lui, mi ha lasciato
andare perché per lui la mia felicità conta più di ogni altra cosa”.
“E sa di te e Damon?”
“Certo che lo sa. Lo ha
capito senza che io dicessi nulla”.
“Quindi tu e…” provò a
dire, ma io lo interruppi.
“Si, io e Damon stiamo
insieme”.
“Tanto per la cronaca, chi
è che lo sa?”
“Stefan, Caroline, Rick e
Jenna”.
“Dio Elena, quando
imparerai a raccontarmi le cose prima che sia io a scoprirle?”
Era stizzito dalla
situazione.
“Volevo farlo, ma tu non
sai mentire e la tua ragazza sembra leggerti l’anima”.
“Perché non l’hai detto a
lei?”
“Perché? Davvero me lo
chiedi?”
Jeremy annuii
impercettibilmente e io ripresi a parlare.
“Bonnie odia Damon più di ogni altra cosa al mondo. È intollerante a lui
adesso, immagina quando saprà che ci sto insieme. Come minimo ci uccide
entrambi”.
“Forse o forse no”.
“Jeremy?” lo canzonai.
“Ok, hai ragione. Vi
ucciderà, anzi lo ucciderà. Penserà che ti ha soggiogata o chissà che altro”.
“Grazie per
l’incoraggiamento”.
“Sono solo realista”.
“Comunque tu non dirle
nulla, glielo dirò io al più presto. Non ho più intenzione di nascondermi. Io
Damon lo amo sul serio”.
“Mi dici come hai fatto a
innamorarti di lui? Lo odiavi prima”.
“Ti ricordi cosa diceva
sempre mamma?”
Lui sembrò rifletterci su poi
mi sorrise.
“L’odio è solo l’inizio di
una storia d’amore” dicemmo entrambi all’unisono ricordando le parole di mamma.
“Continuo a non
spiegarmelo però”.
“Jeremy, tu come hai fatto
a diventare suo amico?”
Era una risposta che
attendevo da tanto tempo. Come si fa a diventare amico di qualcuno che ti ha
ucciso?
“Bella domanda” mi rispose
lui “Damon è un tipo particolare, difficile e stronzo se vogliamo, ma se riesci
a perforare l’armatura sei a posto perché riesci a vedere il suo vero essere e
obiettivamente quella del cinico vampiro è solo una maschera”.
Lo guardai e sorrisi.
“Non avrei saputo
spiegarmi meglio”.
Anche lui ricambiò il mio
sorriso.
“E così tu e lui state
insieme. Wow, faccio fatica a crederci, giuro”.
“Io no. Mi viene naturale
come respirare”.
Lui rimase colpito dalla
mia frase. Si avvicinò a me e quando fu ad una spanna dal mio viso si fermò per
osservarmi attentamente negli occhi.
“Non ti ho mai vista più
sicura di una cosa come in questo momento”.
“Non sono mai stata più
innamorata come in questo momento”.
“Lo vedo e mi sento uno
stupido a non averlo capito prima. In fono di segnali ne ho visti abbastanza,
soprattutto dopo la festa a casa di Tyler”.
“Siamo stati bravi a non
farci scoprire”.
“No, sono io che sono
un’idiota di fratello”.
“Hey, nemmeno io mi sono
accorta subito di cosa stava succedendo tra te e Bonnie” gli dissi dandogli una
gomitata.
“È diverso”.
“No, non lo è”.
“Si, che lo è. In quel
periodo avevi un Originale che ti stava alle calcagne e una psicopatica che non
si capiva da che parte stava. Non potevi certo accorgerti di me e Bonnie”.
“Avrei dovuto farlo lo stesso. Comunque se per questo la psicopatica è ancora
presente, quindi anche tu sei giustificato”.
Lui mi guardò e sorrise.
“La solita testarda” mi
disse scompigliandomi i capelli.
“Come la vedi?” gli chiesi
poi.
“Cosa?”
“Questa storia, me e
Damon”.
“Come devo vederla? Lui ti
ama e questo anche un cieco lo avrebbe capito, tu ami lui. È tutto apposto.
Dovete solo cercare di essere felici. In tutti i casi vampiro o no se ti fa
soffrire lo infilzo con un paletto”.
Lo guardai e sorrisi.
L’aveva presa molto meglio di quanto mi aspettassi.
“Lui è tutto ciò che
voglio e tutto ciò che non pensavo di volere” riuscii a dire alla fine
guardandolo negli occhi.
Per me era importante che
Jeremy capisse, non volevo che pensasse male di me e del fatto che mi fossi
messa con Damon, ma ciò che non avevo ancora capito era che ero solo una sciocca.
Jeremy aveva perdonato
Damon fin dall’inizio per ciò che gli aveva fatto, anzi, forse non c’è l’aveva
mai davvero avuta con lui ed ora era felice perché aveva capito che con lui lo
sarei stata anche io.
Mi guardò e mi sorrise,
poi si avvicinò a me e mi strinse forte in un abbraccio, uno di quegli abbracci
fraterni che ti scaldano il cuore, uno di quegli abbracci che mi faceva capire
che Jeremy sarebbe stato mio fratello sempre, a prescindere dai legami di
sangue.
“Riunione di famiglia?”
disse una voce dietro di noi, la voce di Caroline.
Ci staccammo e sorridemmo
alla vampira notando poi che insieme a lei erano arrivati in salone anche
Bonnie, Stefan e Damon e fu proprio su di lui che si soffermò il mio sguardo.
Dio, era bello come il
sole, no, molto di più.
Aveva dei pantaloni neri e
un maglione a V che lo rendeva etereo fasciandogli i suoi muscoli perfetti. Su
tutto quel nero che erano i suoi vestiti c’era una cosa che più di tutte
spiccava, i suoi fantastici occhi di un azzurro identico al ghiaccio.
Mi domandavo se poteva
esistere qualcuno più bello, sexy e affascinante di lui, ma ero certa che no,
non esisteva.
Bonnie venne verso di me
per abbracciarmi e in quel momento Damon ne approfittò per farmi l’occhiolino
in modo del tutto malizioso. Avrei dovuto ricordargli di evitare di comportarsi
così se non voleva che gli saltassi addosso davanti a tutti.
“Sistemato tutto?” chiese
Jeremy quando poi Bonnie si staccò da me.
“Si, dovrebbe funzionare”.
“Quando mi toccherà fare la
mia parte?” domandai poi io seria.
Damon, fino a quel momento
tranquillo mentre si versava del whisky in un bicchiere, si voltò verso di me
con sguardo furente.
Sapevo che seppur avesse
accettato la cosa, non la digeriva per nulla, ma prima o poi l’avremmo dovuta
fare, quindi non aveva senso aspettare oltre. Prima risolvevamo il problema,
meglio era.
“Credo che sia arrivato il
momento” mi rispose Stefan abbassando lo sguardo.
Neppure lui era molto
convinto di questo mio intervento in quello che entrambi ritenevano un piano
folle.
“Bene” riuscii solamente a
dire prima di dirigermi verso la scrivania, dove sapevo che i due fratelli tenevano
dei paletti.
“Frena un attimo” disse
all’improvviso Damon e tutti ci voltammo a guardarlo.
“Prima o poi deve farlo”
disse Bonnie schierandosi dalla mia parte.
“Non ho chiesto il tuo
parere mi sembra”.
“E nessuno mi vieta di
esprimerlo”.
“Smettetela prima ancora
di iniziare” alzai leggermente la voce io.
“Che hai in mente?”
domandò Stefan a Damon ignorando bellamente ciò che avevo appena detto.
“C’è un altro modo per
attirare Katherine in trappola, un modo più astuto e innocente che non farà del
male a nessuno se non a lei stessa”.
Vidi le labbra di Damon
curvarsi in un sorriso sardonico prima di avvicinare il suo whisky alle labbra e
per un momento mi domandai cosa davvero avesse in mente.
“A volte mi fai paura”
commentò Caroline osservando l’espressione diabolica che aveva in volto.
“A volte?” domandò
sarcastico lui.
“A parte la modestia
infinita che ti ritrovi, ci spieghi cosa ti passa per la testa?” domandai io,
mentre il suo sguardo si posò sul mio.
“Semplice. Se il tuo corpo
è legato a quello di Katherine tu e lei dovreste provare le stesse cose. I
tagli fanno male a te, ma non a lei e la psicopatica punta su questo. Ebbene,
noi punteremo su quella che per lei è una debolezza, mentre per te non lo è”.
“Verbena?” chiese Stefan
che sembrava essere l’unico ad aver capito il piano del fratello.
“Esattamente”.
“Giusto. Come abbiamo
fatto a non pensarci prima?” fece notare Caroline.
“Una tisana può andare?”
domandò Bonnie.
“No, una non basterebbe.
Katherine beve un po’ di verbena al giorno per essere più forte, quindi
bisognerà farne assumere ad Elena una quantità più elevata” spiegò Stefan.
“Jeremy in cantina ci sono
un sacco di piante alla verbena. Prendi dell’acqua, non troppa però, e
diluiscici quanta più verbena puoi, poi torna qui”.
Mio fratello ascoltò le
parole di Damon e poi corse a fare quanto gli era stato detto. Di certo era un
lavoro che non avrebbe potuto fare né il mio fidanzato né gli altri due vampiri
presenti.
“Credi che funzionerà?”
domandò Stefan al fratello.
“Katherine è abituata a
bere qualche sorso di verbena diluito con l’acqua, un po’ come facciamo noi, ma
in questo caso non sarà la verbena ad essere diluita con l’acqua, ma il
contrario. L’acqua ci serve solo per farla digerire a Elena, il contenuto deve
essere prevalentemente verbena”.
“Spero tu sia di stomaco
forte” scherzò Caroline e io sorrisi insieme a lei e Bonnie.
“Mi duole ammetterlo, ma
hai avuto un’idea geniale” disse proprio la mia amica strega a Damon stupendo
tutti.
“Io ho sempre idee
geniali”.
Io e Caroline ci guardammo
e scoppiammo a ridere di gusto.
“Mmhh quanta modestia”
dicemmo entrambe all’unisono volgendo lo sguardo in altro prima di riprendere a
ridere.
Anche Stefan e Bonnie si
unirono a noi, mentre Damon senza far trapelare nulla continuò a bere il suo
amato whisky.
In effetti la sua idea era
stata ottima, avremmo potuto così indurre Katherine nella trappola senza farle
capire nulla. Avrei solamente spiegato la cosa dicendo che con la verbena mi
sentivo più sicura, ma non avevo idea che potesse nuocere anche a lei.
Qualche minuto dopo Jeremy
tornò con in mano un bicchiere che avrebbe dovuto essere acqua, ma già dal
colorito si capiva quanto verbena ci stava dentro. Aveva un colorito
giallognolo che mi faceva venire il voltastomaco solo a guardarlo.
Damon lo prese in mano e
odorò il contenuto, poi lo passò a Stefan.
Entrambi fecero la stessa
faccia disgustata e sofferente quasi. Possibile che quel miscuglio fosse
talmente intriso di verbena da infastidire quei due solo con l’odore?
Stefan passò poi il
bicchiere a Caroline, ma l’espressione della mia amica fu eloquente.
“No, grazie, io passo. Mi
fido di voi” furono le sue uniche parole.
Presi io il bicchiere
pronta per bere, ma Stefan non me lo permise.
“Aspetta. È meglio che
Jeremy e Bonnie vadano via. Se Katherine arriva sarebbe pericoloso soprattutto
per Bonnie e comunque vedendola qui potrebbe capire la trappola” spiegò mentre
io annuii.
Mio fratello e la sua
fidanzata salutarono tutti e si dileguarono in fretta visto che anche Damon e
Caroline si erano mostrati favorevoli all’idea di Stefan.
“Adesso che si fa?”
domandò la bionda.
“Dobbiamo far credere a
Katherine che ha campo libero con Elena, quindi deve pensare che è da sola.
Lei, quindi, scende sotto e beve il miscuglio, noi, invece, restiamo di sopra
in modo che se Katherine arriva non percepisce la nostra presenza. Quando si
dirige lì arriviamo noi e la rinchiudiamo. Siamo in tre, dovremmo farcela”
propose Stefan.
“Perfetto” dicemmo io e
Caroline.
“Mi sembra un piano
stupido. Lasciare Elena da sola, insomma, non so fino a che punto convenga”.
Guardai Damon e notai che
stava guardando nella mia direzione, poco convinto dalle parole del fratello.
“È perfetto così. Saprò
cavarmela, fidati” gli dissi per convincerlo e a quel punto lui abbassò il capo
come ad acconsentire.
In fondo si trattava di
pochissimo tempo, un paio di minuti al massimo.
Mi avvicinai a lui e gli
diedi un bacio a fior di labbra, poi presi il mio miscuglio e scesi in cantina,
mentre loro tre salirono su.
Raggiunsi in fretta il
seminterrato e quando arrivai a destinazione mi fermai sedendomi a terra e
iniziando a bere la verbena.
Dopo il primo sorso quasi
mi venne da rimettere, faceva proprio schifo, ma strinsi i denti e continuai a
bere e lo feci tutto d’un sorso. Quando ebbi finito mi alzai e posai il
bicchiere su un tavolino dove facevano bella mostra di sé un sacco di piantine
di verbena.
Spinta dalla tentazione ne
toccai qualcuna non potendo fare a meno che domandarmi se tutto quella messa in
scena avrebbe funzionato o meno. Staccai un ramoscello di verbena e tornai a
sedermi nella stanza a cui era stato fatto l’incantesimo.
Mi rigirai tra le mani la
verbena notando che aveva una sorta di effetto calmante su di me e osservai la
stanza intorno a me, quella stanza in cui era successe tante cose. La stanza
dove Stefan aveva rinchiuso Damon non appena era tornato a Mystic Falls, la
stanza dove io e il maggiore dei fratelli avevano rinchiuso Stefan quando
sembrava essere diventato un drogato di sangue umano e la stanza dove lui
stesso si era rinchiuso con Katherine per farsi spiegare i motivi che l’avevano
indotta a tornare in città. E adesso quella stessa stanza l’avrebbe accolta di
nuovo, o almeno lo avrebbe fatto se tutto fosse andato per il meglio.
Mi resi conto che era
passato già parecchio tempo e quando, ormai, iniziai a credere che il nostro
piano fosse miseramente fallito sentii un urlo provenire da sopra e non mi fu
difficile capire che si trattava di Katherine.
In pochissimi istanti,
infatti la vampira apparve nello scantinato a pochi metri da me e mi guardò con
sguardo furente, ma allo stesso tempo dolorante.
Solo pochi passi la
dividevano da quella stanza dalla quale non ne sarebbe più uscita, almeno non
fino a quando avremmo spezzato l’incantesimo.
Nonostante i suoi occhi
facevano intravedere il suo dolore, non si scompose più di tanto. Si parò a
qualche metro di distanza da me mettendo le mani sui fianchi e guardandomi con
fare omicida.
Io assunsi un’espressione
spaventata, come se davvero non mi aspettassi di vederla.
“Che diavolo stai facendo?”
mi domandò furente.
“Ka…Katherine” dissi
fingendomi sorpresa.
“Cosa ti salta in mente
sciocca, insulsa umana? Bere verbena, credi davvero che questo possa bastare a
mettermi fuori gioco” disse prendendo a
tossire.
Ero certa che se non fosse
stata abituata a prendere regolarmente la verbena a quest’ora sarebbe stata sdraiata
a terra in preda agli spasmi.
“Io…io non sapevo facesse
effetto anche su di te. Era un modo per sentirmi al sicuro” mentii rigirandomi
tra le mani la foglia di verbena che avevo preso poco prima.
Katherine urlò dal dolore
e si contorse un po’ e fu in quel momento che notai le sue mani. Erano
ustionate. Il mio giochetto involontario con la verbena le stava facendo male e
io non avevo neppure pensato alla cosa.
“Ahi, brucia” disse più a
se stessa che a me “butta quello schifo” mi urlò poi contro.
Io non lo feci, anzi
continuai a rigirarla tra le mani e fu allora che in una frazione di secondo la
vidi proprio accanto a me che mi teneva ferma la mano in cui avevo l’erba.
Solo in quel momento la
buttai a terra e sorrisi, sorrisi come non avevo mai fatto in sua presenza.
“Che diavolo ridi?”
Mi lasciò andare il polso
e la mia risata aumentò a dismisura.
“Credevo che dopo esserti
fatta fregare una volta, non avresti permesso che succedesse anche la seconda”
le spiegai tra una sorriso e l’altro “non sei poi così furba come dici di
essere” conclusi e in quel momento la vidi guardarmi con sguardo di fuoco.
Le bastò una frazione di
secondo per collegare insieme le mie parole, poi scattò verso l’uscita della
stanza, ma si rese subito conto che c’era come un vetro che non gli permetteva
di uscire.
“Spiacente, non si va da
nessuna parte”.
Avrei riconosciuto quel
tono beffardo ovunque. Mi voltai verso l’ingresso e vidi Damon, Stefan e
Caroline.
Era stato il mio fidanzato
a parlare e sorrideva soddisfatto.
“Non potete farmi questo”.
“Oh si che possiamo,
l’abbiamo appena fatto” continuò lui.
“Cosa avete in mente?”
“Resterai chiusa qui sotto
fino a quando non troveremo il modo di spezzare l’incantesimo che ti tiene
legata ad Elena. Solo quando ci saremmo riusciti sarai libera di uscire di qui”
gli spiegò Stefan.
“Si, ti faremo uscire e
poi ti pianteremo un paletto nel cuore” disse Caroline spavalda più che mai.
“Hey Barbie, non rubarmi
le battute” la beffeggiò Damon ridendo mentre tutti e due si scambiavano uno
sguardo d’intesa.
Katherine alternava il suo
sguardo sul volto di tutti e tre i vampiri di fronte a lei come se non riuscisse
a capacitarsi di quanto fosse appena successo.
Non si aspettava nulla di
tutto ciò. Credeva di averci in pugno, ma adesso si ritrovava con le spalle al
muro.
“Elena esci fuori, adesso”
disse poi Stefan rivolgendosi a me.
Mi alzai e mi diressi
verso l’uscita, ma in quel momento una risata agghiacciante si diffuse in tutta
la stanza, la risata malefica e cattiva di Katherine.
“Credi davvero di poter
uscire da qui?” mi domandò inchiodandomi al muro con le poche forze che aveva
visto che era parecchio debole per via della verbena “se questa è la mia
prigione, beh sappi che sarà anche la tua” mi disse poi lasciandomi libera.
Raggelai a quelle parole.
Non avevamo valutato quella ipotesi o meglio nessuno l’aveva mai presa in
considerazione visto che nessuno di loro mi aveva detto di entrare lì dentro,
ero stata io l’ingenua a farlo.
Mi bastò un secondo prima
di sentire il ringhio di Damon che si propagava nell’aria.
Lo guardai e la sua
espressione mi raggelò all’istante. Aveva gli occhi che sembravano essergli
diventate due palle da golf, la bocca dischiusa in un ghigno e l’espressione
furente.
Percepii dalla sua
espressione che stava scattando, ma vidi Caroline trattenerlo per il maglione,
mentre io mi avvicinai quel poco che Katherine mi permetteva.
“Non farlo. Che nessuno si
azzardi ad entrare” dissi seria più che mai.
Damon mi ignorò bellamente
e cercò di strattonare Caroline per farsi lasciare andare, ma Stefan diede
manforte alla mia amica e gli bloccò il passaggio.
“Toglietevi dai piedi”
ringhiò.
“Damon tu non entrerai qui
dentro, né tu né nessun altro. Se entri non puoi più uscire e devi restare lì
fuori. Gli altri hanno bisogno del tuo aiuto per spezzare questo dannato
incantesimo” cercai di convincerlo.
“Katherine hai tre secondi
per farla uscire di qui” urlò.
La vampira in risposta
riprese a ridere malefica.
“Altrimenti che fai? Entri
e mi impaletti?
Mi avvicinai all’uscita,
ma Katherine non me lo permise bloccandomi per un polso. Mi fermai e guardai
Damon dritto negli occhi.
“Starò bene e sarà per
poco. Giusto il tempo per trovare un modo per spezzare la maledizione” provai a
dirle.
“Non ti lascerò qui
dentro”.
“Si, che lo farai”.
“No.
“Damon, Katherine non può
farle niente. Ha bevuto un sacco di verbena e ci metterà giorni a smaltirla e
gliene porteremo altra se sarà necessario, motivo per cui non potrà cibarsi di lei
e ucciderla, beh ucciderla non le conviene. Se uccide Elena sa per certo che noi
uccideremo lei prima che possa rendersi conto di quello che ha fatto”.
“Caroline ha ragione. Katherine
non potrà bere il suo sangue e nessuno gliene porterà e pian piano si
indebolirà sempre di più. Ad Elena, invece, daremo tutto ciò che gli serve.
Pian piano la psicopatica si indebolirà e faremo uscire lei da qui dentro”
provò a convincerlo Stefan.
“Speraci” fu l’unica
parole della vampira pronunciata con un ghigno cattivo.
“Ascoltali. Stanno dicendo
la verità. Starò bene, te lo prometto” lo guardai intensamente negli occhi
ignorando le parole della psicopatica.
“Toccala e giuro che la
tua morte sarà lenta e dolorosa” ringhiò Damon contro la vampira.
Io lo ringraziai con lo
sguardo, mentre la vampira in tutta risposta gli rise in faccia.
Guardai Damon negli occhi
e senza che nessuno se ne accorgesse gli mimai un “ti amo”. Non lo sussurrai
perché ci avrebbero sentiti, mi limitai a mimarlo e lui lo vide e mi sorrise
debole.
Sapevo quanto quella
situazione gli costasse, quello che non sapevo era fino a quando avrebbe
sopportato la cosa.
“E così io e te passeremo
molto tempo insieme” mi disse Katherine avvicinandosi a me e girandomi attorno
“credo che mi divertirò parecchio” continuò “e nessuno potrà disturbarci”
concluse poi maliziosa, una malizia perfida, disumana.
Rabbrividii a quelle
parole, consapevole che per quanto avessi cercato di convincere Damon, ero io
la prima a dover auto convincermi che sarebbe andato tutto bene.
Dopo aver parlato andò a
sedere sull’unica sedia presente nello scantinato e si mise a fissare i tre
vampiri fuori con sguardo diabolico.
Damon e Stefan ringhiarono
mentre Caroline la fissava preoccupata.
Ero certa che avesse
qualcosa in mente, ma non riuscivo a capire cosa e avevo paura, paura che un
qualunque suo gesto avrebbe fatto scattare uno dei tre lì fuori costringendoli
ad entrare.
Non potevo permetterlo
perché chiunque tra loro sarebbe entrato lì dentro non ne sarebbe uscito, non
senza permettere anche a lei la fuga.
Ad un certo punto
Katherine prese a ridere diabolica, una risata che sembrò riecheggiare per
tutta la grande casa, una di quelle risate che difficilmente si possono
dimenticare, ma che al contrario si impregnano nella pelle non andandosene mai
più.
“Che diavolo hai da
ridere?” chiese Stefan furioso tanto quanto lo era Damon.
La vampira non rispose
subito, ma continuò a ridere aumentano ogni secondo di più il suo tono e
rendendosi alle nostre orecchie sempre più indisponente. L’avrei volentieri
uccisa in quel preciso istante, anche a costo di morire io stessa.
“Credete davvero che
l’incantesimo possa essere spezzato?” domandò retorica “si, ci credete, ma
siete solo degli sciocchi. Non esiste un modo, o meglio, esisteva, ma l’ho
eliminato. Non credete anche voi di quanto inutili possano essere le streghe
senza i loro stupidi poteri?” domandò.
Li stava provocando, ne
ero certa, ma non gli avrei permesso di prendersi così deliberatamente gioco di
loro e di tutti noi.
“Smettila” le urlai.
“Ma sentitela. Un’insulsa
umana che vuole darmi degli ordini. Non finirò mai di stupirmi”.
“La sciocca sei tu se
pensi che non troveremo un modo per liberarci di te”.
Caroline parlò con voce
ferma e risoluta, come se stesse parlando con un suo pari e sorrisi per questo.
Lei a differenza di Damon
e Stefan aveva timore della vampira. Gli incuteva una paura che lei non era in
grado di affrontare per quanto si sforzasse di provarci, ma oggi si stava
comportando egregiamente bene.
Ero fiera di lei.
“Bene, allora correte a
cercarlo, mentre io mi diverto con la mia “gemella” buona”.
Riprese a ridere, mentre
vidi Damon ringhiare più forte.
Era meglio che se ne
andassero. Non ero certa che avrebbe resistito a lungo.
“Possibile che non
l’abbiate ancora capito? Alla fine che lo vogliate o meno sono sempre io quella
a vincere” disse poi riprendendo a ridere sguaiatamente prima di mettersi il
braccio in bocca e strapparsi la pelle con un morso.
Urlai dal dolore
controllandomi il polso e ritrovandolo sporco di sangue. Dio se bruciava, ma
non feci scendere nemmeno una lacrima. Non gliel’avrei data vinta, per questo
la guardai con sguardo sprezzante.
“Damon no” urlò Caroline.
Mi voltai per capire cosa
stesse succedendo e ciò che vidi mi raggelò all’istante.
Proprio dentro la stanza,
a pochi passi da me, c’era Damon che mi guardava sofferente.
Non feci in tempo a dire
nulla che sentii un urlo da parte di Katherine.
Mi voltai e la vidi
sbattuta al muro con Damon che la teneva per la gola. Indebolita com’era dalla verbena
aveva difficoltà a muoversi e a liberarsi dalla presa.
“Fallo di nuovo e giuro
che ti faccio pentire di avermi incontrato sulla tua strada” le ringhiò contro
stringendole di più il collo.
In quel momento mi sentii
soffocare e iniziai a tossire.
“Diavolo Damon fermati, la
stai strozzando” urlò Stefan che si stava precipitando dentro se non fosse
stato per Caroline che lo fermò per la maglietta.
A quelle parole il mio
fidanzato si voltò e non appena si rese conto che involontariamente stava
facendo del male anche a me lasciò la presa facendo cadere la vampira a terra.
In meno di una frazione di
secondo era già in ginocchio davanti a me che cercava di capire come stavo.
“Mi dispiace, non ho
pensato che anche questo facesse male a te” furono le sue uniche parole mentre
i suoi occhi sembravano l’immagine della sofferenza.
Cercai di prendere aria e
poi lo guardai sorridendogli, ma mi bastò poco per smettere di farlo, giusto il
tempo di rendermi conto che lui era lì, che era entrato in quella stanza per
proteggermi da quella psicopatica e che, quindi, non sarebbe più potuto uscire.
“Sei un’idiota” gli urlai.
“Mi…mi dispiace” continuò
lui mortificato quasi riferendosi ovviamente al fatto che stava per strozzarmi.
“Sei entrato, diavolo sei
entrato” ripetei più a me stessa che a lui “sei un’idiota, un’idiota,
un’idiota, un emerito idiota” continuai a imprecare urlando iniziando a colpire
il suo petto con dei pugni, pugni che sul suo corpo di marmo risultavano essere
delle carezze.
Dio, non poteva averlo
fatto sul serio. Non poteva essere entrato. Non ne sarebbe uscito. Come avrei
fatto senza di lui? No, non poteva essere, non adesso che tutto stava andando
così bene.
Katherine iniziò a ridere
senza riuscire a contenersi mentre io smisi di prenderlo a pugni e adagiai la
mia faccia al suo petto bagnando il suo maglione con le lacrime, con milioni di
lacrime.
Lui mi strinse a se e
prese ad accarezzarmi la testa, ma quelle carezze, quelle carezze non
bastavano, non adesso.
Io avevo bisogno di lui e
adesso lui non c’era.
“Non potevo fare altrimenti”
mormorò in un sussurro.
Non riuscivo più a vedere
una via d’uscita. Quel tunnel buio aveva solo una luce, la sua. Era grazie a
lui, alla sua presenza che lottavo ogni giorno la battaglia Katherine, ma
adesso non serviva più a nulla.
Non avrei più avuto un
attimo da sola con lui, avrei dovuto ponderare ogni parola, ogni gesto perché
lei ci sarebbe stata sempre. Non avrei più goduto il sapore dei suoi baci,
delle sue carezze, dei suoi “ti amo”, di tutti quei piccoli gesti che solo lui
era in grado di regalarmi.
L’avrei dovuto dividere
con lei e Dio solo sapeva quanto questo mi faceva paura. Damon l’aveva amata,
tanto, troppo forse. Aveva sacrificato tutta la sua vita nella possibilità di
liberarla e nonostante adesso sembrava la odiasse non potevo essere certa che
passando del tempo con lei le cose non potessero tornare quelle di prima.
E se avesse scoperto di
amarla ancora? Se avesse scelto lei a me?
No, non potevo lasciarlo
lì.
Era entrato lì per me, per
aiutarmi, per farla smettere, per liberarmi dalle grinfie di quella stronza, ma
a che valore? La mia libertà valeva davvero un prezzo tanto alto?
Damon prese il mio volto
tra le sue mani e asciugò ogni mia singola lacrima e quando terminò mi baciò
sulla fronte, esattamente con la stessa intensità usata il giorno in cui ero
morta per noi tornare in vita grazie all’anello.
Mentre le sue labbra
toccarono la mia pelle mi passarono davanti tutti quei giorni con lui, tutti i
momenti meravigliosi trascorsi in quelle due settimane con lui, momenti che non
avrei mai potuto scordare.
Fu in quel momento che una
lacrima, una sola e solitaria lacrime uscii dai miei occhi, bagnò le mie ciglia
e mi attraversò le guance. Damon non fece nulla per asciugarla, forse
consapevole che quella lacrima era diversa, era unica proprio come lo era il
nostro amore.
Sentivo Katherine
continuare a ridere, ma non me ne curai più di tanto. Non mi vergognavo a
piangere davanti a lei.
Le lacrime sono il balsamo di chi soffre. Jenna lo ripeteva sempre e io stavo soffrendo, in
quel momento soffrivo talmente tanto da non riuscire a vedere più nulla
lucidamente.
“Vai adesso” mi sussurrò
dolcemente all’orecchio invitandomi ad uscire.
Alzai lo sguardo per
incastrare i miei occhi ai suoi e percepii chiaramente come quella situazione
facesse soffrire anche lui.
Era in prigione, costretto
a restare lì dentro senza poter scappare.
Una volta avevo letto in
un libro una cosa che mi aveva colpito e a ripensarci adesso mi venivano i
brividi: La prigione è una fabbrica che
trasforma gli uomini in animali. Le probabilità che uno esca peggiore di quando
c'è entrato sono altissime.
No, non sarebbe successo.
Damon sarebbe uscito da lì dentro esattamente com’era adesso. Katherine non
avrebbe avuto su di lui nessun effetto, lei non avrebbe fatto scomparire l’umanità
che con fatica gli avevo tirato fuori, quell’umanità che Damon adesso aveva
mostrato e che avrebbe mostrato per sempre e soprattutto lui non si sarebbe di
nuovo innamorato di lei, no perché lui amava me.
Non l’avrei permesso, per
nessuna cosa al mondo.
Damon era mio e lo sarebbe
stato per sempre. Punto.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con il capitolo quindici.
Non mi uccidete ok, è stato già
abbastanza difficile scrivere un capitolo così. Povero il mio Damon. Questo
proprio non ci voleva.
Cosa non si fa per amore.
E così il nostro Damon è rinchiuso lì dentro con Katherine. Che succederà?
Povera Elena, non vorrei proprio essere nei suoi panni.
Ho notato un calo delle recensioni. Mi
domandavo come mai? La storia non piace più come prima? Mi auguro di no, ma
credo sia così visto che le recensioni sono diminuite.
Se c’è qualcosa nella storia che non
va ditelo, cercherò di migliorare. Le critiche quando sono costruttive aiutano
sempre.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo
pezzettino:
“Oh si, invece. Te ne stai raggomitolato in
quell’angolino da giorni, senza dire né fare nulla e sappiamo entrambi perché
lo fai”.
“Ah si? E sentiamo perché?”
“Hai paura di me, di quello che potrebbe succedere.
Lo sappiamo entrambi che tu non mi hai mai dimenticata, così come non l’ha
fatto Stefan. Con lui c’era amore, con te, con te c’era la passione” fece un
attimo di pausa, poi mi sembrò sentirla muoversi “ricordi come ci divertivamo
io e te?”
[…]
“Katherine sta zitta” ripeté nuovamente lui.
“A volte tu e Stefan siete così simili” sbuffò lei,
ma poi riprese a parlare “però vi divide una grossa differenza. Stefan è
razionale ed è perfettamente in grado di controllarsi, tu, invece sei
irrazionale, non sei in grado di gestire i tuoi istinti”.
Damon dovette fare un’espressione strana in volto,
perché la vampira continuò.
“Cos’è non ci credi? Posso dimostrartelo”.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Era passata una settimana,
una dannata settimana da quando Damon era rinchiusa nello scantinato insieme a
Katherine e purtroppo io e gli altri non avevano fatto passi avanti. Al momento
il modo, sempre se c’era uno, per spezzare quel maledetto incantesimo che
teneva unite me e la vampira era per tutti un mistero.
Avevo pregato Bonnie e
tutti gli altri perché facessero uscire Damon anche se questo avrebbe
comportato far uscire anche Katherine, ma nessuno era dalla mia parte, neppure
quel testone del mio fidanzato. Era meglio così, dicevano tutti, ma io non ci
vedevo niente di buono in tutto quello che stava succedendo.
Una settimana senza poter
stare con Damon, senza potermi fare cullare tra le sue braccia, una settimana
da quando mi svegliavo la mattina senza averlo accanto e sinceramente quella
situazione mi faceva soffrire più del normale.
Ero certa di amare Damon,
lo ero già da un bel po’, ma credevo che non l’avrei mai potuto amare più di
quanto già non facessi, invece, quei sette giorni lontana da lui mi avevano
fatto capire quanto, invece, mi sbagliassi. A volte mi domandavo se il mio
fosse un amore malato, non nel senso dispregiativo del termine, ma
semplicemente un modo un po’ troppo eccessivo di amare qualcuno.
Avevo già affrontato una
situazione del genere. Si, proprio un anno prima quando Stefan, per salvare
Jeremy, era entrato nella cripta restando imprigionato con Katherine. Stavolta
era diverso, però. Era terribilmente diverso e faceva troppo male, molto di più
di quanto avessi dovuto sopportare allora.
E stavolta, a differenza
di allora, nessuno mi impediva di scendere giù e restare ore e ore davanti alla
porta di quella dannata stanza a guardare l’uomo che amavo, a fargli capire a
sguardi che io ero lì e non me ne sarei andata. Damon, né gli altri, volevano
che entrassi lì dentro. Dicevano che era pericoloso soprattutto adesso che la
verbena in circolo nel mio corpo era stata espulsa. Katherine poteva attaccarmi
nonostante fosse debole per via del sangue che noi rifiutavamo di darle e Damon
lo stesso, visto che rifiutava tutto ciò che gli davamo dicendo che avrebbe
dovuto condividerlo con lei e non ne aveva nessuna intenzione.
E così era trascorsa una
settimana, una lunga ed estenuante settimana in cui non avevamo fatto un misero
passo avanti. Stefan e gli altri non trovavano una soluzione e io, io ero
completamente assente, come rinchiusa in una bolla dalla quale solo Damon
avrebbe potuto farmi uscire, ma lui non c’era e seppur sentivo la sua presenza
non riuscivo a reagire come avrei dovuto.
Poco mi importava di come
il mio comportamento stesse influendo sugli altri, né tanto meno mi importavano
le parole di Bonnie che non si spiegava i motivi del mio comportamento e
sinceramente non ero neppure in vena di cercare di spiegarglieli anche perché
erano rari i momenti in cui stavo con lei o con gli altri. Trascorrevo le mie
giornate in camera di Damon, oppure seduta a terra vicino all’entrata dello
scantinato.
Erano solo quelle due le
mie mete giornaliere e me ne fregavo altamente che tutti fossero preoccupati,
che tutti avessero un problema in più visto il mio assurdo e poco responsabile
comportamento.
“Elena ti prego sali su e
vai a riposare” mi disse Damon debolmente per la centesima volta nel giro di
qualche ora.
Non mi ci voleva un genio
per capire che non era nel pieno delle forze e mi faceva soffrire molto vederlo
in quel modo.
Stava iniziando a
diventare grigio come il cemento e sapevo che questo era solo l’inizio. Se non
avrebbe bevuto sangue sarebbe solo peggiorato.
“Resto ancora un pò”.
“Sono ore che sei qui” si
lamentò.
Lo so che lo faceva per
me. Non voleva che lo vedessi in quello stato e non voleva che trascurassi così
tanto me stessa.
“Ti do fastidio?” urlai
quasi.
Non sopportavo più nulla,
ogni minima parola, anche detta da lui, la interpretavo sempre nel modo
sbagliato.
“Non sto dicendo questo”.
“Bene”.
Ci fu silenzio per qualche
istante, poi lui riprese a parlare.
“Ti prego, sali su a
mangiare”.
“Non ho fame”.
“Non fare la stupida e
comunque restare qui non migliorerà la situazione”.
“Non mi importa”.
“Perché devi essere così
testarda?” mi domandò sfinito.
“Per lo stesso motivo per
cui lo sei tu”.
“Elena…” tentò ancora.
“Damon non mi muoverò di
qui fin quando non lo deciderò io, fine del discorso” gli dissi cercando di
mostrarmi dolce per quanto potevo vista la situazione e soprattutto alla vista
del sorriso beffardo di Katherine.
“Bene” disse lui
arrendendosi.
“Bene” ripetei io mentre
lui abbassò di nuovo la testa portandola in mezzo alle ginocchia. Era tutto il
giorno che era fermo in quella posizione: seduto a terra con la testa tra le
gambe.
Mi voltai e guardai
Katherine. Lei a differenza di Damon era comodamente seduta sulla sedia e
nonostante fosse pallida come un lenzuolo manteneva la sua aria diabolica e il
suo sorrisino malizioso.
Restai lì ancora per un
bel po’ di tempo, poi mi decisi a salire su. Non dissi nulla, non serviva,
tanto sarei tornata tra qualche ora.
Mi alzai e mi diressi
verso l’uscita, ma sentii Katherine iniziare a parlare. Allora mi nascosi
cercando di non fare rumore per non farmi sentire.
I loro sensi si erano
indeboliti leggermente per via della mancanza di sangue, quindi potevo sperare
che ciò unito al fatto che stavano per intavolare una discussione li avrebbe
fatti distrarre dal capire che ero ancora lì.
“E così adesso state
insieme” gli disse lei.
“Scusa?” domandò lui non
comprendendo le sue parole.
“L’ho capito sai. Tu ed
Elena, voi state insieme. L’ho osservata in questi giorni e ti guarda come se
non esistesse nessuno al di fuori di te. Non le ho visto guardare nemmeno
Stefan con quell’intensità”.
Damon non disse nulla e
lei riprese.
“Ero sicura che ci saresti
riuscito. Ti conosco molto bene e so che quando vuoi qualcosa trovi sempre il
modo di prendertela”.
“Katherine sta zitta”.
“Mi domando solo fino a
che punto sei riuscito a spingerti per ottenerla”.
“Non sono cose che ti
riguardano”.
“Invece si, tesoro. Tutto
quello che riguarda te e Stefan riguarda anche me”.
Potei leggere una nota di
malizia in quella frase, ma non ci badai più di tanto.
“La amate così tanto che
sareste disposti a tutto pur di salvarla. Guardati. Damon Salvatore, costretto
dentro una stanza solo per aver salvato una donzella dalla grinfie della
cattiva” disse con fare teatrale.
“Katherine chiudi quella
dannata bocca. Non ho voglia di fare conversazione”.
“Di cosa hai paura Damon?”
Rabbrividì a quelle parole
pensando a quello che poteva avere in mente quella stronza psicopatica.
“Io non so nemmeno cosa
sia la paura”.
“Oh si, invece. Te ne stai
raggomitolato in quell’angolino da giorni, senza dire né fare nulla e sappiamo
entrambi perché lo fai”.
“Ah si? E sentiamo
perché?”
“Hai paura di me, di
quello che potrebbe succedere. Lo sappiamo entrambi che tu non mi hai mai
dimenticata, così come non l’ha fatto Stefan. Con lui c’era amore, con te, con
te c’era la passione” fece un attimo di pausa, poi mi sembrò sentirla muoversi
“ricordi come ci divertivamo io e te?”
Un moto di rabbia mi
percorse tutto il corpo. Ero certa che questo momento sarebbe arrivato.
Katherine doveva pur trascorrere il suo tempo lì dentro in qualche modo e quale
miglior modo per giocare?
“Katherine sta zitta”
ripeté nuovamente lui.
“A volte tu e Stefan siete
così simili” sbuffò lei, ma poi riprese a parlare “però vi divide una grossa
differenza. Stefan è razionale ed è perfettamente in grado di controllarsi, tu,
invece sei irrazionale, non sei in grado di gestire i tuoi istinti”.
Damon dovette fare
un’espressione strana in volto, perché la vampira continuò.
“Cos’è non ci credi? Posso
dimostrartelo”.
Dopo quelle parole sentii
un rumore sordo, come di due massi che si scaraventano a terra. Affacciai
leggermente la testa per vedere cosa era successo e ciò che vidi mi raggelò
all’istante, mentre lacrime mute e silenziose presero a scendere copiose sul
mio volto.
Katherine lo aveva buttato
a terra e si era messa a cavalcioni su di lui accarezzandogli il petto con fare
suadente. Il suo viso si avvicinava sempre di più a quello di lui e la mia
gelosia cresceva a vista d’occhio. Non riuscivo a tollerare una scena del
genere.
Damon era a terra
immobile. Sembrava anche aver smesso di respirare.
“Lo so che mi desideri e
so che non puoi resistermi. Tu mi ami ancora anche se non lo ammetterai mai”
gli soffiò a qualche centimetro dalle labbra.
Damon non disse, né fece
nulla e la mia rabbia ribolliva sempre di più. Io qui a soffrire per lui e loro
lì che stavano per dare inizio al divertimento.
“Avanti Damon, possiamo
trascorrere il nostro tempo qui in modo decisamente più utile”.
Dopo aver pronunciato
quelle parole avvicinò le sua labbra a quelle di Damon, ma lui in quel momento
sembrò come risvegliarsi dalla trans in cui era caduto.
In una frazione di secondo
invertì le posizione e adesso era lui a trovarsi sopra di lei e ad avvicinare
pericolosamente le sue labbra a quelle di lei.
Dio non ci potevo credere,
non ci volevo credere.
“C’è una donna che
desidero ed è la stessa donna che amo. E sai una cosa? Ti somiglia molto
nell’aspetto, decisamente troppo, ma spiacente per il resto è totalmente
opposta a te e vuoi o non vuoi tu non sei lei, quindi rimettiti a sedere e
chiudi quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca” gli disse glaciale
prima di prenderla per il braccio e scaraventarla al muro.
Una gioia inumana,
inspiegabile, qualcosa che non avevo mai provato si impossessò di me. Lui amava
me, solo me. Katherine era solo un lontano ricordo, ormai.
Avrei voluto correre da
lui e abbracciarlo, baciarlo, farci l’amore, ma non potevo e mi sentivo perfino
in colpa per non essermi fidata di lui, per aver pensato anche solo per un
istante che lui avrebbe ceduto.
Katherine assunse
un’espressione furiosa. Non credeva che Damon l’avrebbe rifiutata.
“Che diavolo vi ha fatto
quella spocchiosa umana?” urlò furente.
Damon scattò verso di lei
e la bloccò al muro.
“Chiamala di nuovo così e
ti farò passare qui dentro le peggiori giornate della tua vita”.
“La ami così tanto da
rinnegare l’amore che provi per me?” continuò lei imperterrita.
“È qui che ti sbagli. Non
rinnego l’amore che ho provato per te” sottolineò la parola provato per farle capire meglio il fatto
che adesso non era più così “rinnego solo la parte di me stesso che lo ha
fatto, la parte che avrebbe fatto di tutto pur di riportarti alla vita”.
La lasciò andare e lei
rimase a terra immobile prendendo però a ridere sguaiatamente.
“Mi fa piacere che lo
trovi divertente”.
“Trovo divertente il fatto
che tu credi che lei razionalmente ricambi i tuoi sentimenti. L’ho vista. In
questi giorni l’ho osservata, ho sentito tutti i discorsi che fa su con gli
altri e l’ho capito che state insieme, ho capito che anche Stefan ha accettato
la cosa, ma ciò che con capisci è che il suo amore non può essere duraturo. Non
potrà mai amarti per sempre. Lei ama questa umanità che ti ha fatto uscire
fuori, ma lo sappiamo entrambi che è falsa. Tu sei crudele e spietato come me e
quando lei se ne renderà conto, quando lei capirà che questa di adesso è solo
una maschera ti lascerà solo e ti ritroverai di nuovo il cuore a pezzi” gli
urlò contro.
Avrei voluto correre da
lei e dirgli che erano tutte bugie. Io amavo Damon in tutto, anche nella sua
parte crudele e sapevo che quella parte non sarebbe più uscita fuori. Lui non
era il cattivo che tutti e perfino lui stesso avevano dipinto, era quella la
maschera, non quello che era adesso.
“Correrò il rischio”
furono le uniche parole di lui.
“Non impari mai, non è
vero?” chiese lei sprezzante.
“Se hai ragione tu avrò
tutta l’eternità per ricucire queste ferite. Adesso chiudi il becco e fai
silenzio. Non ho più voglia di ascoltarti” gli urlò contro riuscendo a zittirla
stavolta.
Katherine non aveva capito
nulla e ringraziai con tutta me stessa Damon per non essersi fatto abbindolare
da quelle parole. Ero orgogliosa di lui, di quello che era e di come aveva
affrontato la situazione.
I due tornarono a fare
silenzio e così mi decisi a salire in camera, ma incontrai Caroline che
vedendomi in uno stato pietoso mi portò nella sua camera. Poco dopo sentimmo
bussare piano alla porta e non ci volle molto per capire che fosse Bonnie.
Quando entrò vidi che
aveva con sé un vassoio con del cibo.
Lo posò sul comodino, poi
si sedette sul letto e mi abbracciò forte. A noi si unii anche Caroline e ci
stringemmo in uno dei nostri abbracci collettivi, quelli che ci facevamo per
darci forza l’una con l’altra, per dimostrarci che ognuna di noi c’era per
l’altra indipendentemente da tutto e tutti.
Mi sentii un po’ in colpa
per come le avevo trattate in quei giorni, ma se pensavo a Damon non potevo non
fare così. In fondo era anche colpa loro se lui restava chiuso lì dentro, visto
che nessuno era intenzionato a spezzare via l’incantesimo.
Poco dopo ci staccammo e
tutte e tre ci mettemmo con le gambe incrociate sul grande letto che da più di
un mese era diventato il rifugio di Caroline in quella grande casa.
Non dicemmo nulla.
Restammo in silenzio per un tempo sconsiderevole. Spiegarmi il motivo era
facile. Succedeva sempre così quando qualcuno di noi stava male e le altre non
volevamo essere pesanti nei discorsi e nelle prediche, quindi ci limitavamo al
silenzio consapevoli che era un modo per far sentire la propria presenza a chi
tra noi stava male.
Quel silenzio, però, in
quel momento non mi faceva affatto bene perché mi permetteva di ripensare a
tutto quello che stava succedendo, a tutto quello che pian piano si stava
sgretolando sotto le mie mani, a tutto quello che mi stavo perdendo con Damon
spaventata più che mai che sarebbe rimasto lontano da me chissà ancora per
quanto tempo.
“Elena, perchè non mangi
qualcosa?” chiese poi Caroline all’improvviso indicando il vassoio che aveva
portato Bonnie.
Scossi la testa, senza
dire nulla.
“Non hai toccato niente
oggi” mi informò l’altra.
“Non ho fame”.
“Non magiare non ci
aiuterà a sistemare questa assurda situazione”.
“Non ho fame” ripetei
insistente.
“Io non capisco perché
stai reagendo così male alla cosa. In fondo sta bene lì sotto, più o meno” mi
disse pacatamente Bonnie.
Alzai lo sguardo fino ad
allora posato sulla coperta del letto e la guardai negli occhi notando davvero
le sue perplessità. Fu a quel punto che non riuscii più a trattenere le
lacrime, le ennesime lacrime di quella settimana.
“Tu non capisci mai nulla”
sbottai e mi alzai dal letto correndo verso il mio unico rifugio: la camera di
Damon.
Possibile che davvero
fosse tanto ottusa su ciò che riguardava Damon da non capire davvero come
stavano le cose?
Prima di arrivare a
destinazione mi sentii bloccare per un polso. Era Stefan, avrei riconosciuto la
sua stretta tra tante.
Mi voltai e incontrai il
verde dei suoi occhi. Mi bastò leggergli dentro per capire che in fondo tra
tutti lui era quello che mi capiva di più. La mia sofferenza era la sua
sofferenza. Sapeva di non poter fare nulla per suo fratello, sapeva di non
poter fare nulla per me. La stessa situazione in cui si era trovato Damon tempo
prima, solo che lui e suo fratello era diversi e certo Stefan era quello meno
combattivo tra i due.
In una frazione di secondo
si avvicinò a me e senza dire nulla mi abbracciò più forte che poté.
Restai un attimo basita
non aspettandomi quella reazione da parte sua, ma alla fine ricambiai
l’abbraccio stringendomi a lui fortissimo, come se quelle braccia fossero la
mia unica ancora di salvezza e, forse, forse lo erano.
Stefan in quella settimana
c’era sempre stato, con uno sguardo, una parola, un abbraccio. Lo sentivo
costantemente. Era lui che ogni notte entrava in camera di Damon per consolare
le mie lacrime, era lui che mi teneva stretta a sé cercando per quanto gli era
possibile di farmi stare meglio, era lui che usava il suo potere per incantare
i miei sogni nonostante le immagini che metteva nella mia mente fossero per lui
dannose.
E io ero un’egoista, ero
egoista perché non lo scacciavo via, perché mi stringevo a lui come in quel
momento e mi lasciavo cullare senza curarmi di quanto male lui dovesse sentirsi
nel vedermi soffrire per qualcuno che non era lui. Sapevo bene tutte quelle
cose, ma non riuscivo a mandarlo via. Io avevo bisogno di lui, avevo bisogno
che mi sussurrasse piano che andava tutto bene, che si sarebbe risolto tutto,
che Damon sarebbe uscito da lì dentro tornando a fare lo sbruffone di sempre.
“Lo farò uscire da lì, te lo prometto” furono le sue uniche parole
mentre io lo strinsi più forte.
Poco dopo senza nemmeno
che me ne accorgessi mi ritrovai sdraiata in camera di Damon con Stefan che mi
stringeva a lui infondendomi quel coraggio che sembravo avere perso e mentre
ancora le lacrime rigavano i miei occhi mi addormentai sperando che quando i
miei occhi si fossero riaperti tutto sarebbe cambiato.
E invece, invece, non
cambiò nulla. Qualche ora dopo mi svegliai accorgendomi che era notte fonda.
Stefan era andato via e in quella grande stanza c’eravamo solo io, il mio
dolore e le mie lacrime, quelle lacrime che continuavano a scendere copiose sul
mio volto ogni misero secondo che pensavo a quegli occhi ghiaccio che mi
avevano stregato.
Vidi una sua camicia
appoggiata ai piedi del letto. Mi avvicinai e la presi annusandone il profumo.
Sapeva ancora maledettamente di lui. C’era impresso sopra l’odore del profumo
che usava, ma soprattutto l’odore naturale della sua pelle, quell’odore che
accompagnava tutte le mie notti da un po’ di tempo a questa parte.
Mi domandavo cosa avessi
fatto per meritarmi tutto quello che mi era successo nella mia vita. Possibile
che meritassi tutte quelle sofferenze? Possibile che non potessi godermi un po’
di meritata felicità?
Tolsi la mia maglietta e
infilai la sua camicia, ne avevo maledettamente bisogno, poi tornai a letto e
mi rannicchiai in posizione fetale continuando a piangere cercando di non farmi
sentire. Ero certa che ogni minimo rumore, anche il meno impercettibile fosse
saltato all’orecchio di Stefan e Caroline, ma anche di Damon nonostante fosse
notte fonda e di certo erano tutti addormentanti. Avrai tanto voluto non
piangere, eppure non
riuscivo a trattenerle
quelle lacrime. Ero disperata, una disperazione che non ero certa se ne sarebbe
andata facilmente, non senza di lui di nuovo al mio fianco.
Restai tra quelle lenzuola
bagnate di lacrime ancora per un po’, ferma immobile cercando di scacciare le
lacrime, di mandarle lontane, ma mi veniva difficile, troppo.
Dopo non so quanto tempo
mi alzai dal letto e uscii da quella camera, quella camera che mi ricordava i
momenti più belli di tutta la mia vita, tutti quei preziosi momenti con lui.
Silenziosamente mi diressi
verso la cucina e mi versai un po’ d’acqua, poi andai in salone, quel salone
che in quei giorni era gremito di gente e che adesso era vuoto. Vicino al
camino ormai quasi spento vidi un paio di libri aperti e dei fogli qua e là e
non mi fu difficile capire che servivano per fare ricerche in merito a quel
dannato incantesimo che mi teneva unita a Katherine, o almeno così credevo.
Provai a sfogliare qualche
foglio, ma mi resi conto che era scritto tutto in perfetto latino e per quanto
mi sforzassi, non riuscivo a capirci nulla. I fogli sparsi per terra erano
invece pezzi di traduzione dei libri e sembravano vecchie maledizioni o
informazioni varie su alcuni incantesimi.
Sistemai di nuovo tutto
come lo avevo trovato e mi diressi nel corridoio pronta a salire in camera, ma
qualcosa mi bloccò. Era come una spinta che mi diceva che non era quello il mio
posto e io sapevo bene, invece, qual’era quello giusto, per questo cercando di
non far rumore scesi le scale che conducevano al seminterrato.
Quando arrivai a
destinazione mi avvicinai alla stanza e mi resi conto che sia Katherine che
Damon dormivano.
Lei era sdraiata nella
parete di fronte alla porta, mentre Damon era molto più vicino all’uscio, ma
era seduto con le spalle al muro, le ginocchia quasi al petto, le braccia sulla
pancia e la testa leggermente inclinata di lato. Doveva stare scomodissimo.
La sua espressione era
comunque angelica, ma era stanco e sfinito. Il suo volto
sembrava essere diventato
un pezzo di cemento.
Senza pensarci due volte
varcai quella soglia che durante tutta la settimana mi era stata vietato da
chiunque di oltrepassare e a passo felpato mi avvicinai al mio ragazzo. Mi
sedetti poco vicino a lui e gli baciai una guancia prima di prendere la sua
mano e portarla nella mia rendendomi conto che era fredda come il ghiaccio.
Dio da quanto desideravo
un contatto con lui.
Non feci in tempo a
stringermi al petto quella mano che vidi i suoi occhi aprirsi e due iridi
zaffiro fissarmi intensamente, ma allo stesso tempo con sorpresa.
“Cosa ci fai qui dentro?”
mi mimò con le labbra.
Non poteva parlare, farlo
avrebbe fatto svegliare i sensi acuti della vampira a qualche metro da noi.
Non risposi alla sua
domanda, ma feci quello che avrei voluto fare da tanto tempo. Gli buttai le
braccia al collo e lo stritolai in un abbraccio.
Lui rimase fermo, non
aveva nemmeno più la forza di parlare e non potevo fargliene una colpa. Era
abituato a nutrirsi regolarmente e una settimana senza sangue era inconcepibile
anche solo da pensare.
Lo strinsi a me più forte
che potei, ma senti subito che c’era qualcosa di diverso. In quell’abbraccio
per quanto mi sentissi a casa mancava qualcosa, mancava quel calore che solo
lui riusciva a darmi.
Avrei tanto voluto correre
a prendergli del sangue, ma sapevo che non me l’avrebbe permesso. Avrebbe
dovuto condividerlo con Katherine e al momento ciò che più ci serviva era una
Katherine sfinita, stanca e attaccabile.
Fu questione di pochi
secondi prima che mi venne un’idea.
Mi staccai dall’abbraccio
e lo guardai dritto negli occhi.
“Ti amo” gli mimai e lui
mi sorrise debolmente.
“Non dovresti essere qui”
mi disse a fatica.
Non gli risposi, ma mi
avvicinai a lui e posai le mie labbra sulle sue. Un bacio stampo molto casto,
forse il più casto che ci eravamo mai dati.
Mi era mancato da morire
quel contatto.
Quando ci staccammo
avvicinai il mio polso alle sue labbra sorridendogli fiduciosa, ma lui
allontanò il suo viso voltandolo dall’altro lato.
Appoggiai la mia mano alla
sua faccia costringendolo a voltarsi. Lui fece resistenza, ma alla fine mi
guardò.
“Ne hai bisogno”.
“Ma anche no”.
“Perché sei così
testardo?”
Lui sorrise e non mi
rispose, ma ciò che fece mi mandò in tilt.
Si avvicinò nuovamente a
me e mi fece appoggiare la mia testa nell’incavo tra il suo collo e il suo
petto, poi appoggiò una mano sulla mia testa e mi strinse forte lasciandomi un
delicato bacio sulla testa.
In quel momento il mondo
si sarebbe anche potuto fermare, non mi interessava nulla. Avevo tutto ciò di
cui avevo bisogno.
E strano come a volte stai
accanto ad una persona per tanto tempo e magari non ci fai neppure caso, poi un
giorno sembra come se per magia i tuoi occhi si fossero aperti e ti rendi conto
che quella persona che hai avuto accanto è l’unica della quale non puoi più
fare a meno.
“Ti prego, fallo”
sussurrai appena.
Ero certa che capisse a
cosa mi stavo riferendo.
“No”.
“Amore, ti prego. Ne hai
dannatamente bisogno”.
“Forse o forse no”.
Mi scansai leggermente per
poterlo guardare negli occhi e alzai un sopracciglio come a fargli capire che
sapevamo tutti e due come stavano le cose.
“Ok, ne ho bisogno, ma non
lo farò”.
“Te lo sto chiedendo io”.
“Elena potrei…” provò a
dire, ma lo interruppi.
“Non dire che potresti
farmi male, non lo farai”.
“Ne sembri certa”.
“Lo sono infatti. Io mi
fido di te”.
“Non so se questo sia un
bene o un male”.
“La smetti di parlare? Mi
fido di te più di chiunque altro. Stop. Io mi fido, io credo in te”.
Gli feci una leggera
carezza, poi avvicinai di nuovo il mio braccio alle sue labbra.
“Ti prego” lo esortai
ancora.
Lui non si mosse, ma mi
guardò negli occhi forse cercando di capire cosa davvero pensavo. Non so cosa
ci vide, ma mi sorrise debolmente.
“Non ti farò del male, te
lo prometto”.
“Non serve che tu lo
prometta, io lo so già”.
Gli sorrisi cercando di
infondere in quel movimento di labbra tutto il mio amore, poi sentii qualcosa
di appuntito perforarmi la carne del polso. Credevo che sarebbe stato doloroso,
eppure non sentii nulla, forse perché in quel momento il dolore fisico non
aveva importanza in paragone a quello che stavo facendo per Damon.
Sentii il mio sangue
scorrere via e in quel momento mi sembrò come se il rapporto con Damon stesse
diventando più profondo. Donargli spontaneamente il mio sangue era un gesto
forte, me lo aveva detto Stefan una volta, diceva che per gli esseri come loro
ricevere sangue volontariamente era qualcosa di intimo, qualcosa che creava un
rapporto intenso con una persona.
Quando Damon si staccò
vidi finalmente l’uomo di cui mi ero innamorata. I suoi occhi erano tornati a
brillare, la sua pelle aveva ripreso bene o male il solito colorito e il suo
sorriso e la sua espressione era tornata ad essere quella spavalda di sempre.
Mi guardò e poi si
avvicinò baciando le mie labbra in un bacio che di casto non aveva nulla e ad
essere sincera non aspettavo altro. Era una settimana intera che bramavo quelle
labbra.
“Prendine ancora un po’”
gli dissi quando poi ci staccammo.
“Questo basta”.
“Damon…” lo rimproverai.
“Mi sento molto meglio.
Giuro che questo mi basta”.
“Sicuro?”
“Ti amo Elena” mi disse
all’improvviso ignorando bellamente quanto gli avevo appena detto.
Sorrisi a quelle parole.
Sapevo che mi amava, ma era sempre bello sentirselo dire, soprattutto da lui
che difficilmente riusciva ad esternare a parole i suoi sentimenti.
“Mi sei mancato” riuscii a
dire io appoggiando di nuovo il mio volto al suo petto.
“Ah si?” mi sussurrò
malizioso al mio orecchio prima di baciarlo.
Sembrava come se lì dentro
adesso ci fossimo solo noi. Ci eravamo completamente dimenticati di Katherine
che per fortuna era troppo debole per riuscire a sentire i nostri sussurri
visto che dormiva.
Mi avvicinai e lo baciai
una volta, due, tre e poi ancora e ancora. Non desideravo altro.
“Mi sei mancata anche tu”
mi disse poi.
“E dovrei crederci? Direi
che sei stato in ottima compagnia” lo provocai lanciando uno sguardo veloce a
Katherine.
“Sei gelosa della
stronza?” mi domandò sorridendo.
“Dovrei esserlo?”
“In effetti diciamo che ci
siamo divertiti in questi giorni” mi provocò.
“Stronzo” gli risposi
dandogli uno sberla sul petto, ma senza staccarmi dalle sue braccia.
“Me lo dicono in tanti in
effetti” mi disse sorridendo soddisfatto per poi baciarmi la fronte.
“Non mi fa ridere”.
“Per me esisti solo tu e
nessun’altra” mi sussurrò appena.
A quel punto lo guardai e
sorrisi sincera prima di tuffarmi nelle sue labbra morbide, invitanti e
tremendamente sexy.
In quel momento sentii un
mugolio e mi voltai a guardare Katherine. Si era spostata mugugnando qualcosa
di incomprensibile. Damon che, ormai, grazie al mio sangue aveva i sensi di
nuovo più o meno acuti assunse un’espressione strana.
“Si sta per svegliare”.
Mi strinsi di più a lui
perché sapevo il significato di quelle parole. Dovevo andare.
“Non mandarmi via” lo
pregai.
“Non saresti nemmeno
dovuta entrare. È pericoloso” mi rispose prima di buttare gli occhi di nuovo
sulla vampira “fra due minuti esatti si sveglierà” concluse poi forse notando
che il respiro della psicopatica stava tornando regolare.
“Non mandarmi via” ripetei
di nuovo.
“Vorrei non doverlo fare”.
“Non farlo allora”.
“Devo”.
“Solo fino a domattina, ti
prego. Sei più forte di lei adesso e non mi potrà fare nulla”.
“Elena…” provò a dire.
“Ti prego” lo supplicai
scansandomi da lui e guardandolo negli occhi.
“Non posso correre questo
rischio. È di Katherine che stiamo parlando e sai quanto può essere
imprevedibile”.
“Ho bisogno di te, lo
capisci? Senza di te non riesco a sostenerla più questa situazione”.
“Elena…” tentò di nuovo lui.
“Damon hai idea di cosa
significhi trascorrere una settimana lontano dalla persona che ami più di ogni
altra cosa? Vederla, ma non poterla toccare, sentirla, ma non poterla baciare?
Non c’è la faccio più. Se correre pericoli, se rischiare di finire cibo per
vampiro è il prezzo da pagare per doverti stare accanto allora sono pronta a
pagarlo” gli sussurrai a qualche centimetro dalle sue labbra.
“Lo so cosa significa, lo
so benissimo” mi disse interrompendosi con sguardo sofferente e non potei fare
a meno di capire che lui lo sapeva meglio di me cosa significasse.
Lui stava vivendo la mia
stessa situazione, ma soprattutto lui l’aveva già vissuta in passato quando mi
era stato accanto per tanto tempo restando nell’ombra e solo adesso riuscivo a
capire davvero cosa questo significasse.
Senza nemmeno volerlo
davvero ero stata un’egoista, mi ero comportata male ferendo i suoi sentimenti
molto più di quanto avessi mai potuto credere.
Poi riprese a parlare.
“Ti prometto che troveremo
una soluzione, che uscirò da qui, ma adesso devi andartene”.
“Damon…” tentai ancora.
“È difficile per te tanto
quanto lo è per me. Cosa credi che non vorrei che restassi qui? Che non ti
vorrei accanto?”
Katherine mugugnò
nuovamente e al quel punto Damon si alzò in piedi facendo alzare anche me.
“Ti amo Elena, ti amo più
di ogni altra cosa al mondo e se anche tu mi ami ti prego vai via adesso” mi
disse guardandomi serio e disperato prendendo il mio volto tra le mani.
Puntò proprio sull’unica
cosa che sapeva mi avrebbe fatto cedere.
“Quando finirà tutto
questo?” domandai mentre le lacrime iniziarono di nuovo a bagnarmi il viso.
“Presto, finirà presto, è
una promessa”.
“Una di quelle che non sei
certo di poter mantenere”.
“Non faccio mai una
promessa che so di non poter mantenere, dovresti saperlo”.
Mi avvicinai e lo baciai a
fior di labbra in quello che sembrò essere un bacio di disperazione, ma allo
stesso tempo di amore, tanto amore.
“Staremo insieme per
sempre, promettimelo?”
Damon stava per aprire la
bocca, ma vidi la sua espressione cambiare radicalmente e prima ancora che una
risata malefica si diffuse nell’aria mi ritrovai schiacciata al muro dal suo
corpo.
Non ci volle molto per
capire che Katherine si era svegliata e mi aveva sentito, per questo adesso
rideva, mentre Damon si era parato di fronte a me per farmi da scudo.
Il mio sangue non aveva
più verbena. Se solo Katherine si fosse avvicinata si sarebbe potuta cibare di
me, in men che non si dica.
“Sciocca, non te l’hanno
mai insegnato che per quelli come te è vietato dire per sempre? Il per sempre
per voi umani è un’illusione. Voi siete per l’adesso” disse alzandosi da terra
e avvicinandosi.
Non riuscii a dire nulla.
Ero troppo spaventata, ma sapevo che c’erano Damon. Lui aveva bevuto il mio
sangue ed era certamente più forte di lei.
In una frazione le fu
accanto e la scaraventò al muro parandosi davanti per non farla muovere.
“Elena esci” mi disse
Damon.
Io ero come impietrita. Le
parole di Katherine risuonavano ancora nella mia testa e mi impedivano di
essere lucida.
“Adesso” urlò lui di nuovo
e solo in quel momento sembrai tornare in me.
Corsi fuori e quando
superai l’uscio Damon era già tornato dove era prima lasciando Katherine a
terra più debole che mai. Il suo volto però, nonostante tutto, mostrava lo
stesso un’espressione diabolica.
“Stupida umana” si lamentò
riuscendo a fatica a parlare.
A quel punto non c’è la feci
più e scoppiai. Ero stanca di restare in silenzio nel vedere quella situazione,
ero stanca di dover restare ferma ad aspettare che qualcosa cambiasse, ma
soprattutto ero stanca di dover rinunciare alla mia felicità per colpa di
quella sua stupida vendetta.
“Sai che c’è Katherine?
C’è che puoi continuare a fare la stronza quanto vuoi, c’è che puoi continuare
ad elaborare tutti i piani di vendetta che più desideri, ma non riuscirai mai a
togliermi quello che mi appartiene. Io non ti ho rubato nulla, non è colpa mia
se Damon e Stefan non ti amano più, è solo colpa tua e dei tuoi giochetti. Hai
fatto la burattinaia fin quando hai voluto e adesso i burattini sono stanchi di
correre dietro ai tuoi capricci. Continua pure a credere di avere la vittoria
in pugno, continua a credere di potermi rendere infelice come stai facendo, ma
sappi che prima o poi le cose cambieranno. Riavrò indietro la mia vita, riavrò
indietro Damon. Non può piovere per sempre” dissi alzando leggermente il tono
di voce.
Il mio ragazzo era stupito
da quella mia reazione, ma mi regalò un sorriso beffardo da ritenersi illegale,
un sorriso che sembrò dirmi “sono fiero di te”, mentre la psicopatica mi guardò
sconvolta da quelle mie parole, come se non se le aspettasse, ma fu solo un
attimo perché poi riprese a ridere malefica.
“L’importante è crederci”
mi disse solamente.
Non risposi, non avevo
nient’altro che aggiungere. Avremmo vinto noi, non sapevo come né quando, ma
sapevo che sarebbe successo.
“Buonanotte amore” dissi
poi rivolgendomi a Damon.
Lui mi sorrise e mi mimò
qualcosa con le labbra. Non mi fu difficile capire cosa mi stessi dicendo.
“Te lo prometto”.
Sapevo che era la risposta
alla richiesta che gli avevo fatto poco prima.
Saremmo stati insieme per
sempre e se lo aveva promesso significava che era la verità.
Se c’era una cosa in cui
potevi fidarti in modo assoluto era della parola di Damon.
A malincuore mi allontanai
per salire in camera.
“Elena” mi sentii chiamare
da Damon e mi voltai di nuovo per capire cosa volesse.
“Si?”
“Bella questa camicia” mi
disse indicando ciò che avevo addosso.
Solo allora mi ricordai
che sopra i jeans indossavo la sua camicia.
Sorrisi alle sue parole,
poi ne presi un lembo e ne annusai il profumo, il suo profumo.
“Concordo mister modestia”
scherzai io.
Anche lui mi sorrise, poi
mi fece cenno con la testa di tornare su e non me lo feci più ripetere.
Girai i tacchi e salii in
camera sua, mentre sentii la vampira lamentarsi, ma non riuscii a capire cosa
diceva. Parlava troppo piano.
Arrivai in camera di lui con
una consapevolezza nuova. Qualunque cosa fosse successa Damon sarebbe stato al
mio fianco e avrebbe continuato ad amarmi, ma soprattutto sarebbe uscito da lì
presto, me lo aveva promesso e lui manteneva sempre fede alla promesse fatte.
Era fatto così, sarebbe
morto pur di mantenere una promessa.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con un nuovo capitolo.
Ho notato dalle recensioni che tutti
eravate molto preoccupate da come si sarebbe comportato Damon e, invece, come
avete notato è stato perfetto.
Ha dato il ben servito a Katherine e
questo credo sia stata una grande dimostrazione nei confronti di Elena, anche
se lui non aveva idea che lei stesse assistendo a tutta la scena.
Damon ha promesso a Elena che uscirà e
lui mantiene sempre le promesse fatte. Ci riuscirà anche stavolta? Anche Stefan
ha promesso la stessa cosa. Ci riuscirà anche lui a mantenere fede alla parola
data?
Non possiamo che sperarlo.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:
“Vuoi la verità? La vuoi davvero? Bene, ti
accontento. Non è stato Stefan a dare del sangue a Damon” dissi quasi in un
sussurro.
“Scusa?”
Era stupita, non riusciva a capire.
[…]
“Sono stata
io” riuscii a sussurrare sperando che mi sentisse.
Il suo sguardo divenne una maschera di terrore.
Rimase in silenzio per qualche secondo poi mi guardò furiosa mentre io misi di
nuovo il polsino per nascondere la ferita.
“Che diavolo ti salta in mente si può sapere? E se
non si fosse controllato? Dio Elena, ti avrebbe potuta uccidere. Tu sei
completamente fuori di testa” mi urlò contro.
“Io mi fido di lui e faresti bene a farlo anche
tu”.
“Ti fidi? Tu sei pazza. Era a digiuno da una
settimana, avrebbe potuto non sapersi fermare. Ti rendi conto che grande rischio
hai corso? Damon non ha l’autocontrollo di Stefan”.
“Damon e Stefan sono due persone distinte, sono
diversi in tutto, non serve che li metti sempre a paragone”.
“Ecco appunto, sono due opposti”.
“Uno è buono e l’altro è cattivo, non è vero? Non è
forse questo quello che pensi? Se al posto di Damon ci fosse stato Stefan non
ci sarebbero stati problemi se gli avessi dato il mio sangue per farlo stare
meglio, non è forse così?”
“Stefan non ti avrebbe mai fatto del male”.
“E invece Damon si?” gli urlai più arrabbiata che
mai.
Era ottusa, ecco cos’era.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Il tempo passa, anche
quando sembra impossibile, anche quando il rintocco di ogni secondo fa male
come il sangue che pulsa nelle ferite. Passa in maniera disuguale, tra strani
scarti e bonacce prolungate, ma passa. Persino per me.
Altri tre giorni erano
trascorsi e non avevamo fatto nessun passo avanti, se non per il fatto che ogni
notte mi intrufolavo nello scantinato aspettando che Katherine si mettesse a
dormire per poi entrare dentro buttandomi tra le braccia del mio vampiro
dandogli un po’ del mio sangue per mantenerlo quanto meno in forze.
Gli altri si erano chiesti
come fosse possibile che Damon avesse riacquistato le forze, ma Stefan che aveva
capito tutto mi aveva coperto con Bonnie dicendo che era stato lui a dare una
sacca di sangue a Damon approfittando nel momento in cui Katherine dormiva.
Lei sembrava averci
creduto, ma se credevo di passarla liscia mi sbagliavo, in quanto Stefan mi aveva
fatto una predica assurda sul fatto che rischiavo un casino a fare quello che
stavo facendo, esattamente le stesse cose che ogni notte mi ripeteva Damon. In
fondo non erano poi così diversi come credevano.
Finii di mangiare, avevo
promesso a Damon di farlo, e mi alzai dal tavolo per pulire ciò che avevo
sporcato.
“Posso darti una mano?” mi
domandò Bonnie entrando in cucina.
Annuii e lei si avvicinò
al lavandino e insieme iniziammo a ripulire tutto.
Restammo in silenzio per
un po’, poi lei si decise a parlare.
“Damon sta molto meglio,
non trovi?” mi domandò.
“Solo perché ha bevuto del
sangue non significa che stia meglio”.
“Mi chiedo solo come abbia
fatto a convincere Stefan a farselo dare. In fondo era pericoloso se Katherine
si fosse svegliata”.
“Cosa ti fa credere che
sia stato Stefan a farsi convincere e non il contrario?” le domandai
leggermente stizzita dal fatto che sembrava fosse ovvio come aveva detto lei.
“Beh, conosco Damon” mi
disse mentre le passavo una ciotola, una ciotola che non arrivò mai alle sue
mani perché mi cadde finendo a terra.
Per fortuna era di
plastica e non si ruppe.
Lei mi guardò stranita e
dalla mia espressione comprese come la sua frase mi avesse mandato il cervello
in fumo.
“Ma che diavolo dici? Tu
non conosci Damon, non l’hai mai voluto conoscere” le sputai in faccia cercando
di mantenere però un tono pacato riuscendoci a malapena.
“Elena calmati” disse lei
voltandosi a guardarmi.
Non le diedi retta e
sbottai senza nemmeno volerlo fare davvero.
“No, non mi calmo Bonnie.
Mi sono stufata di tutta questa storia. Damon ha fatto tanti sbagli e io sono
la prima a riconoscerlo. Ha trasformato Vicki costringendo poi Stefan ad
ucciderla, ha ucciso Lexie, la migliore amica di suo fratello, si è nutrito di
un sacco di persone uccidendole poi e ha ucciso Jeremy. Potrei stare ore e ore
ad elencare le cose brutte che ha fatto, ma potrei stare giorni ad elencare
anche le cose buone che ha fatto e credimi ne ha fatte tante solo che tu non le
hai mai volute vedere perché ti faceva più comodo così. Cosa conosci di lui,
eh? Avanti Bonnie illuminami, cos’è che sai di lui?”
Stavo urlando lo sapevo,
ma forse era giusto così. Eravamo alla resa dei conti, una resa dei conti che
avremmo dovuto avere molto tempo prima.
“Potresti evitare di
urlare? Ci sentono tutti”.
“E allora? Qual è il
problema?”
“Senti Elena, lo so che
non hai preso bene la storia di lui chiuso là sotto, ma datti una calmata. Stai
esagerando”.
“Sto esagerando? Ma dico
ti senti? Le senti le cose che dici? Non perdi occasione per attaccarlo, come
adesso ad esempio. Come se fosse scontato che fosse stato lui a costringere
Stefan a dargli del sangue. Beh non è stato lui a farlo, anche se ne avrebbe
avuto tutti i diritti visto che era lì sotto a digiuno da una settimana”
sbottai furiosa.
Era giunto il momento
della verità e in quel momento maledii me stessa per non aver trovato il
coraggio di parlarle prima e rivelarle come davvero stavano le cose.
“Scusa se mi sembra strano
che non sia stato lui a costringerlo, in fondo Stefan era stato categorico: Niente
sangue. Non potevamo correre il rischio che anche Katherine ne bevesse” mi
rispose lei.
“A dire il vero è stato
Damon quello categorico e tutti ci siamo limitati a fare come diceva lui” la
corressi.
“E allora cosa è
cambiato?”
Aveva alzato il tono di
voce, così mi voltai a guardarla e potei notare che anche lei si stava
leggermente stizzendo.
Non volevo litigare con
lei, era la mia migliore amica, ma era giunto il momento che mettessimo le cose
in chiaro. Lei avrebbe dovuto accettare Damon.
“Vuoi la verità? La vuoi
davvero? Bene, ti accontento. Non è stato Stefan a dare del sangue a Damon”
dissi quasi in un sussurro.
“Scusa?”
Era stupita, non riusciva
a capire.
Mi avvicinai a lei e mi
tolsi un polsino che avevo indossato per nascondere il morso sul polso per
evitare che qualcuno si accorgesse della cosa.
Avvicinai il polso a lei e
gli mostrai quei due puntini rossi che non erano ancora andati via visto e
considerato che fino alla sera prima Damon aveva bevuto il mio sangue.
Bonnie non capii subito il
mio gesto, ma quando guardò il polso e vidi i due segni si rese conto di cosa
era successo.
“Sono stata io” riuscii a
sussurrare sperando che mi sentisse.
Il suo sguardo divenne una
maschera di terrore. Rimase in silenzio per qualche secondo poi mi guardò
furiosa mentre io misi di nuovo il polsino per nascondere la ferita.
“Che diavolo ti salta in
mente si può sapere? E se non si fosse controllato? Dio Elena, ti avrebbe
potuta uccidere. Tu sei completamente fuori di testa” mi urlò contro.
“Io mi fido di lui e
faresti bene a farlo anche tu”.
“Ti fidi? Tu sei pazza.
Era a digiuno da una settimana, avrebbe potuto non sapersi fermare. Ti rendi
conto che grande rischio hai corso? Damon non ha l’autocontrollo di Stefan”.
“Damon e Stefan sono due
persone distinte, sono diversi in tutto, non serve che li metti sempre a
paragone”.
“Ecco appunto, sono due
opposti”.
“Uno è buono e l’altro è
cattivo, non è vero? Non è forse questo quello che pensi? Se al posto di Damon
ci fosse stato Stefan non ci sarebbero stati problemi se gli avessi dato il mio
sangue per farlo stare meglio, non è forse così?”
“Stefan non ti avrebbe mai
fatto del male”.
“E invece Damon si?” gli
urlai più arrabbiata che mai.
Era ottusa, ecco cos’era.
“Senti Elena, io lo so che
Damon ti vuole bene, so anche che a modo suo ti ama, ma è fuori controllo. Non
puoi mai prevedere cosa può fare. Mi chiedo solo perché, perché hai rischiato
così tanto”.
“Proprio non ci arrivi,
vero Bonnie?” diminuii il mio tono di voce.
Eravamo giunti al punto.
“Non ci arrivo a cosa?”
“Io…io lo amo” sussurrai
appena.
“Cosa?” mi urlò addosso
sconvolta.
Non riuscivo a capire
perché dovesse reagire in quel modo.
“Io mi sono innamorata di
Damon” le risposi questa volta usando un tono di voce alto, fermo e deciso.
“Tu sei pazza. Non puoi
amare un mostro”.
“Mi dici cosa diavolo ti
ha fatto di così terribile per giudicarlo così aspramente? Gli altri sono
riusciti a perdonarlo, tutti, nonostante avesse fatto a loro cose decisamente
peggiori di quelle che ha fatto a te”.
“Provo a riassumerti tutto
in un’unica parola, forse ti renderà il concetto più semplice: è un assassino”.
A quel punto sbottai. Mi
voltai a guardarla e la fulminai con lo sguardo.
“Allora te lo riassumo io
un altro concetto. Io sto con Damon e ci amiamo. Se ti sta bene sono contenta,
altrimenti a questo punto non so proprio cosa fare. È un problema tuo, non
mio”.
“Tu e lui…voi state
assieme? E Stefan?” mi domandò sconvolta.
“Stefan ha capito che amo
Damon e mi ha lasciata libera di vivermi la mia felicità”.
“E questo non dovrebbe
farti capire che è lui la persona migliore? Damon non lo avrebbe mai fatto se
fosse successo il contrario”.
“Probabilmente hai
ragione, non lo avrebbe fatto, ma stiamo parlando di Stefan non di Damon”.
“Possiamo almeno ragionare
sulla cosa?” mi chiese calmando i toni.
“Non c’è nulla su cui
ragionare. Io e lui stiamo insieme e non c’è niente che tu o nessun altro
possiate fare per cambiare le cose”.
“Da quanto tempo va avanti
la cosa?”
“Da un mese più o meno”.
“E posso capire perché lo
vengo a sapere solo adesso?” urlò inferocita.
“Per questa”.
“Questa cosa?”
“La tua assurda e
immotivata reazione. Ero certa che l’avresti presa malissimo e sinceramente
volevo trovare un modo meno indolore per fartelo sapere, magari riuscendo a
farti capire quanto Damon sia diverso dalla persona che era quando è arrivato
qui”.
“Chi altri lo sa?” mi
domandò lasciando correre le mie parole e io abbassai lo sguardo “Jeremy?”
continuò poi lei.
“Si”.
“Caroline?”
“Anche”
Provò a dire qualcosa, ma
la fermai subito.
“Ti risparmio l’elenco. Lo
sanno tutti. Gli ultimi a saperlo sono stati Tyler e Matt. L’ho detto loro
ieri, ma l’avevano già capito”.
“Cioè tu mi stai dicendo
che tutti sapevano questa cosa e nessuno si preso la briga di venirlo a dire a
me?”
“Sinceramente avevamo un
problema molto più grosso da risolvere che una tua scenata isterica”.
Stavo esagerando lo
sapevo, ma era giusto che sapesse tutto ciò che pensavo. Solo così avremmo
potuto sperare di superare le cosa, di mettere una pietra sopra a tutti questi
rancori e dissapori e andare avanti.
“È assurdo”.
“No, sei tu assurda. Hai
gli occhi bendati”.
“Elena io ti voglio bene
come ad una sorella, forse di più e non posso permettere che tu ti rovini la
vita con un’esemplare del genere”.
Dire che a quelle parole
il fumo mi uscii dal naso e dalle orecchie era dire una baggianata.
Non è che ero arrabbiata,
di più.
“Riusciremo a trovare un
punto d’unione?” domandai prima di scoppiare.
“Damon non mi piace e non
mi piacerà mai”.
“Non deve piacerti, non
sei tu che devi starci”.
“Sei la mia migliore
amica”.
“E allora accetta la mia
decisione e basta”.
“Non posso accettare uno sbaglio di cui ti pentirai per il resto della vita”.
“Se è davvero uno sbaglio,
fammi sbagliare”.
“Non voglio essere qui un
giorno a doverti dire te lo avevo detto”.
“E allora cosa dovremmo
fare?”
“Sai benissimo cosa
dovresti fare”.
“Ok, Bonnie, ci ho provato
a fartelo capire e credevo che alla fine dopo un po’ di storie lo avresti
capito e mi avresti appoggiato, ma mi sbagliavo. Forse non ti conosco così bene
come credevo…” iniziai a dire.
“Elena…” mi interruppe
lei.
“No, fammi finire. Io amo
Damon e non ho intenzione di rinunciare a noi due, quindi ti chiedo solo di
capirmi e comportarti da amica. Bonnie, ti prego, non costringermi a fare una
scelta perché sai quanto ti voglio bene, non farlo perché sceglierei lui”.
Non avrei mai voluto dire
quelle cose, ma purtroppo non riuscivo a pentirmene. Io non avrei mai potuto
rinunciare a Damon, non adesso che avevo capito di amarlo così tanto.
Vidi la sua espressione
cambiare e i suoi occhi diventare lucidi per via delle lacrime che cercava di
non far uscire.
Sarei voluta correre tra
le sua braccia e abbracciarla dicendole che tutto si sarebbe risolto, ma non
potevo, non se lei si ostinava a non voler approvare la mia storia.
“Voglio solo il tuo bene”
riuscì a dirmi abbassando lo sguardo e asciugandosi una lacrima che prepotente
era uscita fuori bagnandole una guancia.
“Il mio bene è Damon” le
dissi forse un po’ troppo dura.
Stava per dire qualcosa,
per ribattere, ma l’ingresso di Jenna in cucina non lo permise.
“Scusate, non volevo
interrompere nulla” disse non appena vide la scena che le si parava davanti
agli occhi “Bonnie, Stefan ti vuole di là. È importante” aggiunse poi
riferendosi alla mia amica.
Bonnie non disse nulla,
annuii solamente, poi si asciugò gli occhi e uscii dalla stanza.
Jenna mi venne vicino e mi
mise una mano sulla spalla e fu allora che non c’è la feci più e scoppiai a
piangere buttandomi tra le sua braccia.
“Non capirà mai” dissi
solamente.
Lei non disse nulla e mi
strinse a sé. Restammo in quella posizione per minuti interminabili, poi mi
staccai e lei mi guardò cercando di asciugarmi le lacrime.
“Le hai detto di Damon?”
mi domandò anche se sapeva già quale fosse la risposta.
Annuii impercettibilmente
e lei continuò.
“E l’ha presa male,
giusto?”
“È Bonnie e lui è Damon,
come vuoi che l’abbia presa”.
“Vedrai che si aggiusterà
tutto. Ti vuole bene e capirà”.
“Non credo”.
“Ci vorrà del tempo, ma
capirà, fidati”.
“E se così non fosse?”
“Sarà così vedrai. Quando
capirà quanto tu sia felice con lui metterà i suoi disappunti di lato. La
vostra amicizia è più forte di tutto”.
“Lo spero, lo spero
tanto”.
Jenna mi accolse
nuovamente in un abbraccio e quando mi staccai le sorrisi.
“Grazie”.
“Hey, grazie di cosa? Io
che ci sto a fare qui, altrimenti?”
Ci guardammo e sorridemmo
entrambe.
“Vado a prendere un po’
d’aria”.
“Un po’ d’aria? Elena
fuori c’è un temporale” mi fece notare quasi sconvolta.
“Lo so, ma mi farà bene.
Tu sai che amo la pioggia e che in momenti come questi mi aiuta”.
“Già è vero. Tu sei come
tua madre”.
Le sorrisi e mi diressi
fuori, incurante del fatto che fossi uscita con una maglietta leggera e senza
giubbotto.
In quel momento l’ultima
cosa a cui pensavo era la mia salute.
Mi sedetti su una specie
di blocco di pietra posto dopo il portico e finalmente sentii le gocce di
pioggia colpire il mio corpo, la mia pelle, i miei capelli, i miei vestiti.
Stranamente era salutare
tutto quello perché lì, potei finalmente scoppiare a piangere senza nessuno che
mi vedesse.
Mamma diceva sempre che la
pioggia era bella, era meravigliosa perché permetteva a chiunque di girare a
testa alta con il viso coperto dalle lacrime. Nessuno se ne sarebbe accorto
perché le lacrime si sarebbero mischiate con le gocce di pioggia.
E in quel momento cullata
da quelle parole le mie lacrime iniziarono a scorrere copiose pensando a tutto
quello che era successo nella mia vita nell’ultimo periodo.
Ero stanca di dover sempre
spigare tutto, di dover sempre trovare delle giustificazioni ai miei
comportamenti, stanca di non poter essere felice come avrei voluto, stanca che
succedesse sempre qualcosa che mi impedisse di sorridere a testa alta.
Non avrei rinunciato a
Damon né per Bonnie, né per nessun altro e questo lo sapevo con certezza.
Ero sempre stata educata
in un certo modo e avrei portato alla tomba tutti gli insegnamenti dei miei
genitori. Mi avrebbero accompagnata per sempre e loro mi dicevano sempre: Non rinunciare mai a quello che ami
altrimenti perderai per sempre la tua parte migliore”.
Non l’avrei mai creduto
possibile, ma la mia parte migliore era quella che usciva fuori quando stavo
con lui, era lui la mia parte migliore, l’unica parte della quale non avrei mai
potuto fare a meno. Non potevo e sinceramente nemmeno volevo.
Forse, avrei sbagliato
come diceva Bonnie, o forse no, ma se non avrei tentato non l’avrei mai saputo.
Il cuore detta regole
insensate, lo sapevo bene, mentre la testa è quella che ci suggerisce la giusta
via e forse razionalmente mi stavo impelagando in qualcosa di più grande di me,
ma poco importava. Io ero un essere umano e l'essere umano è incline a
complicarsi la vita, perciò ascolta il cuore ed era quello che stavo facendo
io.
Era giusto, tutto quello
che avevo detto a Bonnie era giusto. Lei lo avrebbe dovuto solo capire.
Sentii il portone di casa
aprirsi, segno che qualcuno stava uscendo, ma non volevo parlare con nessuno.
“Voglio stare da sola”
dissi solamente senza nemmeno voltarmi.
Nessuno rispose, sentii
solo dei passi muoversi nella mia direzione e a quel punto mi alzai e mi
voltai, ma ciò che vidi mi lasciò senza parole.
Davanti a me in tutto il
suo splendore c’era l’ultima persona che pensavo di vedere, ma l’unica che
avrei voluto vedere davvero.
Non riuscivo a capacitarmi
di come potesse essere ad un passo da me, ma certo non poteva essere una mia
immaginazione. No, proprio no. Il suo sorriso, il suo modo di guardarmi erano
veri, lui era vero.
Senza nemmeno rendermene
conto iniziai a correre e in una frazione di secondo mi ritrovai fra le sue
braccia.
Mi prese in braccio e mi
sollevò da terra stringendomi a lui, mentre io portai le mie mani sul suo viso
e poi lo baciai con tutto l’amore che provavo fregandomene della pioggia che
continuava a cadere incessante su di noi.
Un bacio che sembrò essere
violento tanta era la foga, ma che ben presto si trasformò in un bacio carico
solo di passione e amore, quella che provavamo entrambi l’uno per l’altra.
Quando ci staccammo lo
osservai per bene negli occhi e presi a sorridere come un’ebete.
“Come è possibile?” chiesi
solamente prima di affondare di nuovo le mie labbra sulle sue.
“Una promessa è una
promessa” mi rispose lui tornando a baciarmi.
Dio quanto mi era mancato
quel contatto. Era così diverso dai nostri baci chiusi lì dentro, sempre pronti
a scattare non appena Katherine facesse il minimo movimento.
Adesso, invece, eravamo
liberi di amarci, liberi nei riguardi di tutti. Non c’era più nessuno dal quale
dovevamo nasconderci.
E mentre le mie labbra
giocavano con le sue mi resi conto di quanto io e lui, noi, valessimo più di
ogni altra cosa al mondo.
Non sapevo cosa avrei
pensato un giorno di questi anni, non sapevo nemmeno cosa c’era dopo la morte,
ma adesso, in quel preciso momento, tra le braccia di Damon mi sentivo come se
non dovessi morire mai e mi resi conto che l’amore contava più di tutto,
contava più della paura di innamorarsi, più della paura di morire, più della
voglia di non essere omologati e della voglia di fare qualcosa per cambiare
questo mondo e cambiarlo non era affatto facile.
Restammo lì ancora per un
po’, poi ci staccammo e Damon mi sorrise come solo lui era capace di fare.
“Forse è meglio se
entriamo. Ti verrà un malanno” mi disse con fare dolce.
“Non importa”.
“A te forse, a me si”.
“Ok, hai vinto. Però ti
voglio tutto per me oggi”.
“Sono tutto per te sempre”
mi sorrise.
“Ti amo” gli sussurrai
felice di quello che mi aveva appena detto.
“Pensavo mi odiassi” disse
beffardo.
“Un po’ tutte e due” gli
feci notare sorridendo.
“Hey, io scherzavo” si
lamentò.
“Io no”.
Guardai la sua espressione
accigliata e scoppiai a ridere e alla fine anche lui rise con me.
Scesi dalle sue braccia e
finalmente i miei piedi toccarono di nuovo il terreno, ma la mia mano cercò
subito la sua e in pochi secondi le nostre dita si intrecciarono tra loro.
Bagnati fradici ci
dirigemmo dentro e quando eravamo pronti a salire in camera sentimmo la voce di
Stefan.
“Damon la sacca” disse
solamente.
Ci voltammo entrambi e
vidi Stefan con una sacca di sangue in mano, ma soprattutto lo vidi sorridere
orgoglioso di essere riuscito a mantenere la sua promessa.
Sapevo quanto ciò
significasse per lui. Non era solo felice per me, né solo per Damon, era anche
felice per se stesso perché aveva liberato suo fratello da quella che era una
vera e propria prigione.
“Lo berrò più tardi” gli
rispose il mio ragazzo.
“No, lo berrai adesso” lo
ammonii io.
“Ma anche no”.
“Ma anche si. Forza” gli
dissi.
“Fossi in te non la farei
arrabbiare” aggiunse Stefan che mi guardò sorridendo e io feci lo stesso.
A quel punto Damon non
poté fare a meno che prendere quella sacca e iniziare a bere. Nel frattempo,
però, ci spostammo in salone insieme a Stefan, ma quando Damon vide lì tutti provò
a togliere la mia mano dalla sua, ma non glielo permisi. Quello che lui ancora
non sapeva era che non dovevamo più nasconderci da nessuno.
Mi guardò stranito dalla
mia reazione, ma io gli sorrisi solamente e questo credo che gli bastò per
capire come stavano davvero le cose.
Erano tutti lì dentro e
quando il mio sguardo si posò su Bonnie potei vedere che la mia amica ci
guardava e soprattutto guardava le nostre mani intrecciate con una maschera di
freddezza, ma dispiacere allo stesso tempo e vidi anche del disgusto, anche se
non potevo esserne certa.
Non ci badai e guardai
tutti gli altri.
“Non so come abbiate
fatte, ma grazie, grazie davvero” dissi loro.
“Se ti metti qualcosa di
asciutto te lo spieghiamo, tanto il signorino deve rimettersi in sesto” mi
disse Rick.
“A dire il vero io sono
già in ottima forma” si lamentò Damon.
“Vado a cambiarmi e torno”
dissi ghiacciandolo con lo sguardo e in una frazione di secondo salii in camera
togliendomi i vestiti bagnati e mettendo quelli asciutti.
In pochi minuti tornai di
nuovo giù e trovai tutti seduti sul divano in salotto, mentre Damon era vicino
al camino che sorseggiava la sua sacca di sangue come se fosse il più dolce dei
liquori. Era ancora piuttosto bagnato, ma su di lui il problema non sussisteva.
Di certo non si sarebbe ritrovato con la febbre o peggio ancora con la
bronchite.
Raccolsi i capelli ancora
bagnati in uno chignon e poi mi sedetti anche io sul divano.
“Sto aspettando
spiegazioni?” esordii curiosa di sapere cosa fosse successo.
“Katherine era troppo
debole a differenza di Damon che bevendo sangue ha riacquistato le forze”
iniziò a spiegare Caroline.
“Beh, abbiamo giocato su
questo. Damon l’ha inchiodata al muro, poi Tyler e Alaric sono entrati dentro e
l’hanno legata con delle corde bagnate di verbena” continuò Stefan.
“Alla fine Bonnie ha tolto
l’incantesimo e Damon è riuscito ad uscire. Ovviamente Katherine è rimasta
chiusa lì dentro e abbiamo sigillato la porta in modo che non esca, anche se è
troppo debole per farlo” concluse Jeremy.
“È chiusa lì dentro senza
incantesimo?” domandai stupita.
“Esattamente”.
“Non credete che sia
pericoloso? Insomma potrebbe riuscire ad uscire”.
In fondo da una come lei
c’era da aspettarsi di tutto.
“Sorveglieremo la stanza e
comunque fino a quando le corde non si asciugheranno dalla verbena con la quale
le abbiamo bagnate lei non potrà muoversi. Dopo dovremmo tenerla sotto
controllo”.
“Se quella lì riesce in
qualche modo ad uscire ci fa le scarpe” esordì io sicura di me.
“Sempre positiva ah” mi
canzonò Damon parlando per la prima volta.
Lo guardai e vidi la sua
faccia trasformarsi in un’espressione a cui non riuscivo nemmeno a dare il
nome, sembrava quasi buffa. Non potei fare a meno di sorridere, in fondo al
momento l’unica cosa che mi interessava era averlo con me.
“Non posso più fare l’incantesimo
in quella stanza. Non funzionerebbe” mi disse Bonnie spiegandomi il motivo per
cui non potevamo ricorrere alla magia.
La guardai e vidi il suo
sguardo assente, come se quasi poco gli importasse di tutto quello che era
successo.
“Grazie Bonnie” le dissi
in un sussurro “grazie a tutti” continuai poi rivolta agli altri.
A parte lei mi sorrisero
tutti e mi resi conto come non le fosse passato niente. Eravamo sempre punto e
accapo.
Lasciai correre. Quello
doveva essere un momento di gioia, non di tristezza.
“Bene, se la riunione è
finita noi andremo” disse poi Damon all’improvviso riferendosi a me e
sorridendomi.
“Dove scusa?” commentò
Caroline per stuzzicarlo.
“Hey Barbie, poco
spirito”.
Tutti lo guardammo e
scoppiammo a ridere, mentre lui fece un’espressione che ben poco lasciava
all’immaginazione.
L’unica che sembrava
completamente assente era Bonnie, ma non me ne curai più di tanto.
“Va beh, noi andiamo. Ci
vediamo più tardi” esordì poi Rick.
Ad uno ad uno uscirono
tutti. Restammo solo io, Damon, Caroline e Stefan e a quel punto io e il mio
fidanzato salimmo in camera.
Lui si avvicinò a me e mi
imprigionò contro il muro, poi malizioso come non mai avvicinò le mie labbra
alle sue e in poco tempo le nostre lingue presero a giocare tra loro.
Quando ci staccammo lo
guardai negli occhi e mi persi in quell’azzurro che, ormai, riempiva la mia
vita dandole un colore diverso.
“Vai a farti la doccia,
sei tutto bagnato” gli dissi poi liberandomi dalla sua presa e avvicinandomi
alla finestra della camera.
In una frazione di secondo
me lo ritrovai alle spalle, mi cinse la vita con le suabraccia e appoggiò la testa nell’incavo del
mio collo.
“Ho bisogno di qualcuno
che mi aiuti a lavare la schiena” mi sussurrò malizioso.
“Ah si?” gli dissi
voltandomi a guardarlo.
“Decisamente” furono le
sue uniche parole prima di catturare nuovamente le mie labbra.
“Non conosco nessuno che
sarebbe disposto a darti una mano” gli dissi poi.
“Nessuno nessuno?”
Mi baciò il collo e poi mi
mordicchiò l’orecchio e a quel punto tutti i miei buoni propositi di
autocontrollo andarono a farsi friggere.
“Beh forse qualcuno ci
sarebbe”.
“E allora direi di andare.
Abbiamo più di una settimana da recuperare” mi sussurrò con una malizia senza
fine.
“Porco” riuscii a dirgli.
Mi allontanai di qualche
passo e gli diedi le spalle, poi mi voltai a guardarlo.
Si era appoggiato alla
parete e aveva iniziato a guardarmi con sguardo malizioso, poi mi fece un
sorriso beffardo.
“Questa mi è decisamente
nuova”.
“A me decisamente no”.
“Cos’è, Barbie ti ha
passato l’ironia anche a te?”
“Può darsi” gli sussurrai
maliziosa avvicinandomi a lui “o forse io l’ho trasmessa a lei” conclusi poi prendendo
a baciarlo di nuovo.
Mentre ancora le nostre
labbra erano posate le une sulle altre mi prese in braccio e mi portò in bagno.
Non sapevo cosa sarebbe
successo il giorno dopo, né la settimana seguente, non sapevo cosa sarebbe
successo fra un anno o cinque, ma una cosa era certa: quella serata era tutta
nostra, nostra e del nostro amore.
Problemi, incomprensioni,
minacce…nulla aveva importanza, non per il momento almeno.
Io e Damon, noi due
finalmente insieme, questo era tutto quello a cui avevo il permesso di pensare.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con il capitolo
diciassette.
Finalmente l’allegra combriccola
(oddio tanto allegra al momento non è) ha liberato il nostro Damon e la stronza
è rimasta, invece, lì sotto.
Finalmente Elena ha riavuto il suo
Damon che come al solito non la smette mai con le sue battutine. Riuscirà mai
qualcosa a farlo smettere?
Beh credo di no, altrimenti che Damon
sarebbe?
Cosa succederà adesso?
Katherine è in “prigione”, ma
purtroppo non può essere uccisa visto che l’incantesimo non è stato spezzato.
Che faranno i nostri? Chissà, non ci
resta che attendere.
Posso solo anticipare che il prossimo
capitolo sarà molto importante perché succederanno due avvenimenti
fondamentali. Uno decisamente positivo, l’altro, invece, di positivo non avrà
nulla. Come una volta ha detto Damon, saremo di fronte ad “una catastrofe a
livello mondiale”. Questo avvenimento, infatti, comporterà un bel po’ di
problemi e chissà, forse, anche qualche disgrazia.
Ok, stavolta ho decisamente detto
troppo. È meglio che la smetta.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:
“In effetti lui è Il Vampiro, l’unico e solo. Tutti fanno riferimento a Dracula quando
parlano di quelli come te” gli dissi ridendo beffarda.
“Solo perché non conoscono Damon Salvatore” si
giustificò lui.
“Ah si? E chi sarebbe questo qui?” continuai io.
“Il vampiro più sexy, irresistibile e affascinante
che esiste” mi rispose sorridendomi sghembo.
Si avvicinò a me e mi bloccò con le spalle alla
macchina avvicinando il suo viso al mio.
“E il meno modesto che esiste, aggiungerei” dissi
io.
Non mi diede nemmeno il tempo di dire altro che le
sue labbra si erano già incollate alle mie in un bacio che di casto non aveva
nulla.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Un bacione e grazie ancora.
Prossimo aggiornamento: Martedì 26
Aprile
Visto che il prossimo aggiornamento avverrà dopo Pasqua,
volevo fare a tutti voi tantissimi auguri di una Buona e Serena Pasqua. Auguri
di cuore.
Il suono incessante della
sveglia mi rubò dalle braccia di Morfeo riportandomi alla realtà.
Mi rigirai nel letto e
allungai la mano verso la sveglia che segnava le sette e la spensi, poi mi
voltai verso Damon, ma al posto del mio fidanzato non trovai nessuno.
Mi alzai mettendomi a
sedere sul letto e mi guardai attorno alla ricerca di qualcosa che mi potesse
fare capire che fine avesse fatto. Non trovai nulla.
Quando stavo per alzarmi
tastai sotto le mani un bigliettino con una grafia che conoscevo molto bene, la
sua. Lo presi in mano e potei sentire che c’era ancora il suo profumo addosso.
A quel punto lo aprii e
curiosa ne lessi il contenuto:
Sono
uscito presto e non volevo svegliarti. Sei bellissima quando dormi. Forse
abbiamo trovato una soluzione al problema, poi ti spiego. Vai a scuola con
Caroline, ti vengo a prendere io all’uscita. Ti amo........D.
Sorrisi pensando a quanto
potesse essere dolce quando voleva. Possibile che fosse cambiato così
tanto?
Beh a quanto pareva
sembrava di si.
Mi guardai attorno e mi
resi conto che sul comodino del suo lato spiccava un grosso libro. Lo presi
incuriosita e mi resi conto che era molto vecchio e che era tutto in latino e
io purtroppo non ci capivo nulla.
Forse era da quello che
aveva trovato quest’ipotetica soluzione.
Lo riposai e poi mi alzai
dal letto andando a buttarmi sotto il getto d’acqua della doccia.
L’acqua calda sembrò
l’ideale per i miei muscoli e mi fece rilassare del tutto.
Da quando gli altri
avevano liberato Damon dalla cripta era passata quasi una settimana, giorno più
giorno meno.
Katherine era rinchiusa
nel seminterrato ed era in pessime condizioni. Era più di due settimane che non
beveva sangue e si stava spegnendo ogni giorno di più, ma il suo sguardo
maligno non cessava a scomparire.
In compenso io e Damon ci
eravamo goduti questi momenti tutti per noi, mentre Bonnie non aveva più messo
bocca su niente. A dire la verità era da quel giorno che non veniva qui se non
perché Stefan o Caroline la chiamavano in merito a Katherine. Era una settimana
che non parlavamo e nonostante mi mancasse un casino non avevo fatto nulla per
avvicinarla. In fondo credevo di essere nel giusto.
Quando terminai di lavarmi
uscii e mi vestii, poi mi asciugai i capelli e mi diedi una leggera truccata.
Non appena fui pronta, presi la borsa e uscii dalla camera.
“Finalmente, credevo che
non ti saresti più data una mossa” mi rimproverò Caroline quando la raggiunsi
in salotto.
“Come sapevi che dovevi
aspettarmi?” le domandai.
“La tua dolce metà mi ha
svegliato nel cuore della notte per avvisarmi” mi disse sarcastica.
“Dove è andato?”
“Dove sono andati vorrai
dire”.
“C’è anche Stefan con
lui?” chiesi.
A quel punto mi venne in
mente cosa aveva scritto sul bigliettino che mi aveva lasciato: “forse abbiamo trovato una soluzione”.
Era chiaro che fosse con Stefan, aveva usato il plurale.
“Esattamente”.
“E posso sapere…” provai a
dire, ma lei mi interruppe.
“Non chiedermi dove sono
andati perché non lo so. Non hanno voluto dirmelo. Hanno detto che più tardi ci
spiegheranno tutto”.
“Bene, allora andiamo. Una
noiosissima mattinata di scuola ci attende”.
Uscimmo di casa e ci
dirigemmo verso la scuola.
Arrivammo in pochi minuti
e quando Caroline posteggiò la macchina io scesi seguita a ruota da lei.
Il cortile era già fremito
di gente e in poco tempo individuammo Bonnie e Jeremy a poca distanza da noi.
Anche loro avevano appena
parcheggiato. Mio fratello non appena ci vide fece un segno a Bonnie e prese ad
avvicinarsi. Guardai la mia amica e mi resi conto che a differenza del
fidanzato non aveva molta voglia di raggiungerci e sapevo che il motivo ero io,
quindi feci l’unica cosa possibile.
“Caroline io vado. Ci
vediamo dentro” dissi alla bionda.
Lei comprese subito quale
fosse il problema.
“Vai, ma prima o poi
dovrete parlare” furono le sue uniche parole prima che io mi allontanassi.
Feci un gesto di saluto
verso mio fratello e gli mandai un bacio, poi entrai nell’edificio e in poco
tempo la campanella suonò e mi diressi verso l’aula.
Non avrei mai potuto
credere che una mattinata durasse così tanto. Controllavo l’orologio
praticamente ogni cinque minuti e più lo guardavo più il tempo sembrava essersi
fermato.
Quando finalmente la
campanella segnò la fine di quella giornata scolastica ringraziai tutti i santi
del Paradiso. Sinceramente non ne potevo più di stare chiusa in quelle mura,
quando i miei pensieri, la mia mente erano decisamente altrove.
Uscii di fretta dalla classe
e incrociai mio fratello. Mi avvicinai a salutarlo frettolosamente, poi mi
diressi all’uscita controllandomi il braccio che stranamente poco prima lo
avevo sentito bruciare. Lo toccai e vidi che c’era una piccolissima ferita, un
taglio di poco conto. Non mi spiegavo cosa fosse successo, ma non ci badai più
di tanto. Lo pulì con un fazzoletto e poi uscii fuori.
Quando varcai la soglia il
mio sguardo vagò al posteggio e in pochi attimi lo vidi. Bello come il sole,
nascosto dietro i suoi Ray Ben scuri e appoggiato alla sua Ferrari. Se non era
quella una visione, mi chiedevo cosa lo fosse.
Quando mi vide mi sorrise
euforico e io presi a camminare nella sua direzione cercando di ignorare gli
sguardi di tutte le ragazze che avevano preso a guardarlo quasi fosse un dio.
Beh in fondo non potevo dare loro torto, ma quello lì era mio, nessuno poteva
guardarlo con la bava alla bocca, nessuno che non fosse la sottoscritta.
“Elena…” mi sentii
chiamare e mi voltai.
Vidi Bonnie proprio dietro
di me leggermente imbarazzata e mi stupii del perché mi avesse chiamato.
“Ciao Bonnie” riuscii
solamente a dirle.
“Volevo parlarti”.
“Dimmi”.
“Io…in questi giorni noi
non abbiamo avuto occasione di parlare, non dopo quello che ci siamo detti una
settimana fa…” iniziò a dire, poi distolse lo sguardo e si fermò di botto.
Mi voltai a guardare nella
sua direzione e mi resi conto che i suoi occhi erano puntati sulla figura di
Damon.
“Che ci fa lui qui?” mi
domandò dolcemente.
Non c’era astio o rabbia
nel suo tono, era solo una semplice domanda, una curiosità che voleva sfatare.
“È venuto a prendermi”.
“Beh allora vai, non farlo
aspettare” mi disse abbassando lo sguardo.
“No Bonnie, non importa.
Continua” la esortai.
“No davvero, vai. Ne
riparliamo in un altro momento. In fondo la scuola non è nemmeno il posto
adatto”.
Stavo provando a dire
qualcosa, ma mi fissò negli occhi.
“Davvero, ne riparliamo,
promesso” mi disse con sguardo sincero.
“Come vuoi. Ci vediamo,
allora” le risposi e mi allontanai raggiungendo Damon.
In pochi attimi fui proprio
davanti a lui e prima che potessi catturare le sue labbra in un bacio vidi lui
togliersi gli occhiali e guardarmi il braccio, quello stesso braccio che mi ero
ferita, ma non ci badai più di tanto. Vidi che distolse lo sguardo e poi mi
baciò.
Quando ci staccammo lo
vidi sorridere malizioso.
“Che hai da ridere?” gli
domandai senza nemmeno salutarlo.
“Notavo l’effetto che il
mio fascino incute sulle ragazze” mi provocò.
Mi voltai a guardare
dietro di me e mi resi conto che, in effetti, molte ragazze stavano guardando
nelle sua direzione.
“Ogni giorno che passa
diventi sempre più modesto, ah” scherzai io.
Non mi importava delle
altre, ero gelosa questo si, ma non mi importava. Io sapevo che Damon amava me,
solo me.
“Sono solo obiettivo”.
“La smetti di guardarle?”
dissi lo stesso leggermente infastidita.
“Non le sto guardando”.
“Si, invece”.
“Io ho occhi solo per te”
mi disse sorridendomi beffardo prima di avvicinarsi e darmi un altro bacio.
“Ti ho già detto che sei
un gran paraculo?” gli domandai allontanandomi un po’ e aprendo la portiera dal
lato passeggeri.
Sapeva sempre come uscire
da ogni situazione.
A quel punto lui mise il
braccio sullo sportello e poi appoggiò il suo volto sul braccio e prese a
guardarmi con un’espressione che solo lui riusciva a mettere su.
“Sei sicura?” mi domandò.
“Decisamente”.
“E io ti ho già detto che
la gelosia ti dona particolarmente?” mi chiese poi sorridendo.
“Non sono gelosa” mentii
spudoratamente.
“Ah no? Beh allora io sono
Dracula” ironizzò lui.
“Beh in effetti hai ragione”
lo stuzzicai.
“Scusa?”
“Sei proprio Dracula”.
“Ma non farmi ridere”.
“Beh siete così
dannatamente vampiri entrambi” lo presi in giro io.
“Elena…” mi chiamò per
farmi smettere.
Non si era ancora mosso
dalla sua posizione però.
“Beh una differenza c’è
però”.
A quelle parole sorrise,
non capendo che stavo per provocarlo ancora.
“Esatto” mi rispose.
“In effetti lui è Il Vampiro, l’unico e solo. Tutti fanno
riferimento a lui quando parlano di quelli come te” gli dissi ridendo beffarda.
“Solo perché non conoscono
Damon Salvatore” si giustificò lui.
“Ah si? E chi sarebbe
questo qui?” continuai io.
“Il vampiro più sexy,
irresistibile e affascinante che esiste” mi rispose sorridendomi sghembo.
Si avvicinò a me e mi
bloccò con le spalle alla macchina avvicinando il suo viso al mio.
“E il meno modesto che
esiste, aggiungerei” dissi io.
Non mi diede nemmeno il
tempo di dire altro che le sue labbra si erano già incollate alle mie in un
bacio che di casto non aveva nulla.
“Beh, nonostante mi duole ammetterlo, devo darti ragione” gli dissi poi
maliziosa quando ci staccammo.
“Su cosa?” fece finta lui
di non capire.
“Sul fatto che sei il
vampiro più sexy, irresistibile e affascinante che esiste” gli rispose “e sei
solo mio” aggiunsi poi.
“Sempre” fu la sua unica risposta prima di regalarmi un altro bacio.
Dopodiché salimmo in
macchina e ci dirigemmo verso casa. Gli chiesi spiegazioni in merito a quanto
avesse scoperto, ma mi disse che me ne avrebbe parlato a casa.
Stranamente fece un giro
più lungo per arrivare al pensionato e quando arrivammo mi resi conto che
dentro non saremmo stati soli.
Capii che l’aveva fatto
apposta per permettere agli altri di raggiungere casa.
Scendemmo e mano nella
mano ci dirigemmo in salone, dove appunto trovammo Jeremy, Alaric e Bonnie.
“Finalmente” disse
Caroline sbuffando.
Era impaziente di sapere
cosa stesse succedendo.
“Allora, adesso che ci
siamo tutti, potete spiegarci che succede?” chiese Alaric.
“Ieri sera io e Damon
abbiamo trovato dei vecchi libri in cantina e stanotte li abbiamo vagliati uno
ad uno, fino a quando Damon non ha trovato qualcosa di molto interessante”
spiegò Stefan.
“Esattamente cosa?” chiesi
io.
“C’è un modo per spezzare
l’incantesimo che tiene unita te alla psicopatica” mi spiegò il minore dei
fratelli.
“Ma Lucy aveva detto che
non c’era modo, che solo la strega che aveva compiuto la magia poteva
spezzarla” dissi “ricordi Damon?” domandai poi a lui.
Possibile che si fosse
dimenticato di un dettaglio tanto rilevante?
“Nemmeno Lucy era a
conoscenza di questo dettaglio che abbiamo scoperto. Solo le vecchie streghe,
quelle di secoli e secoli fa, solo loro sapevano che c’era una possibilità” mi
spiegò Damon.
“E quale sarebbe?” domandò
Jeremy.
“Ci sono vari tipi di
incantesimi, quelli che richiedono sacrifici di sangue, quelli che non hanno
bisogno di nulla se non di un abracadabra”
disse beffardo sull’ultima parte “e quelli che, invece, hanno bisogno di un
qualunque oggetto che possa contenere al loro interno quella magia. Vi
ricordate il medaglione di Emily?” chiese.
Tutti noi annuimmo e lui
continuò.
“In quel medaglione c’era
la magia di Emily e grazie a quello avrei potuto attuare la magia inversa e
quindi riuscire a liberare Katherine dalla cripta. Oppure la pietra di luna,
avete presente? La magia era insita nella pietra e la maledizione che Klaus
avrebbe voluto spezzare non poteva essere spezzata se non ci fosse stata anche
la pietra di luna e la magia che essa conteneva” spiegò infine.
“Cosa significa tutto
questo?”
Non riuscivo a capire e
non sembravo essere l’unica. Avevamo tutti la stessa espressione stranita,
tutti a parte i due fratelli Salvatore.
“Significa che Lucy ha
usato un oggetto per fare l’incantesimo che lega Elena e Katherine” spiegò
Stefan.
“Un oggetto?” domandò
Bonnie intervenendo nella discussione per la prima volta.
“Questo” disse solamente
Damon uscendo dalla tasca una bracciale rigido d’argento con una pietra d’ambra
al centro “esattamente la magia è stata fatta sulla pietra del bracciale”
concluse Damon.
“Dove l’hai preso?”
chiesi.
“C’è l’aveva Katherine al
polso. Lo abbiamo preso non appena siamo tornati” mi rispose lui.
“Tornati da dove? E
soprattutto come sapevate che era il bracciale ciò che cercavate?”
“Siamo andati da Lucy.
Abbiamo detto a lei quanto avevamo scoperto e lei ci ha detto che in effetti il
suo incantesimo è stato fatto usando una pietra d’ambra rivelandoci poi che
Katherine l’ha fatta incastonare in un bracciale in modo da non separarsene
mai” disse Stefan.
“Scusate, ma pur avendo
adesso la pietra, che c’è ne facciamo? Insomma Lucy non può fare nulla” spiegò
Bonnie.
“Lei no, ma tu si” le
rispose Damon.
“Io?”
Era stupita e noi tutti
insieme a lei.
“Sul libro c’è scritto che
tutti gli incantesimo possono essere spezzati solo dalla strega che li fa,
tranne che nel caso in cui la magia è insita in un oggetto. In questo caso ci
sono due modi per spezzarlo: o viene spezzato dalla strega che lo ha fatto
oppure c’è la possibilità che a spezzarlo sia una sua discendente o qualcuno
che comunque appartenga al ramo della stessa famiglia”.
Adesso tutto mi era
chiaro. Lucy e Bonnie erano cugine.
“Damon, mi stai dicendo
che io in quanto imparentata con Lucy ho il potere di spezzare l’incantesimo?”
domandò la mia amica.
“Esattamente”.
“Sei la nostra unica
possibilità” continuò Stefan.
Bonnie posò il suo sguardo
su di me, poi guardò Damon e subito dopo Stefan.
“Che stiamo aspettando
allora? Al lavoro” disse sicura di sé.
Non appena Bonnie
pronunciò queste parole vidi Damon allontanarsi a velocità sovrumana e qualche
secondo dopo tornare in mano con lo stesso libro che avevo visto quella mattina
in camera di lui.
“Non tutte le streghe sono
a conoscenza di questa possibilità e il motivo è semplice. L’incantesimo non è
stato trascritto in nessun Grimorio, lo trovi solo in libri come questi, vecchi
di secoli e secoli” spiegò Stefan quando Damon diede il libro a Bonnie.
Lei lo aprii e lesse tutto
ciò che gli serviva.
“Mi serve una ciotola, del
liquore, una goccia del sangue di Elena e una di quello di Katherine e il
bracciale” spiegò Bonnie.
Stefan prese l’occorrente
e Damon posò sul tavolo il bracciale e un coltello sporco di sangue.
“Questo è di Katherine”
spiegò lui e in quel momento tutto mi fu chiaro.
“Il braccio” sussurrai
appena.
Damon si voltò e mi guardò
con espressione sofferente.
“Mi dispiace tanto, ma era
necessario” mi disse.
Prima di avvicinarsi e
controllarmi la ferita.
“Damon non è nulla, solo
che adesso capisco il motivo per cui sanguinava senza un’apparente motivo”.
“Ho fatto un leggerissimo
taglio proprio per non farti male”.
“Non me ne hai fatto infatti.
Me ne sono accorta solo perché bruciava un pò”.
Gli sorrisi e gli baciai
una guancia.
“Elena mi serve il tuo di
sangue” disse Bonnie interrompendo il momento.
Mi avvicinai e presi lo
stesso coltello con il quale Damon aveva preso il sangue di Katherine che nel
frattempo Bonnie aveva ripulito e mi tagliai leggermente la mano.
Uscirono un paio di gocce
e quando la mia amica mi fece cenno, allontanai la mano ripulendola con un
fazzoletto che nel frattempo mi aveva dato Damon.
“Per favore, adesso fate
silenzio” ci disse Bonnie.
Stefan era di fronte a lei
e Damon le era accanto. Mise tutto nella ciotola e poi si concentrò e il
contenuto prese fuoco mentre lei iniziò a parlare in una strana lingua.
La cosa durò qualche
minuto, poi all’improvviso il fuoco si spense e Bonnie smise di parlare, ma
prima ancora che potessi rendermi conto di cosa stesse succedendo la ritrovai
tra le braccia di Damon.
Capii solo dopo cosa fosse
successo. Aveva perso troppa energia e stava per cadere a terra se Damon, che
era proprio accanto a lei, non l’avesse presa in tempo.
“Tutto ok?” le domandò il
mio fidanzato quando Bonnie riaprii gli occhi.
Nel frattempo Jeremy e noi
altri ci eravamo avvicinati.
La mia amica guardò Damon
negli occhi, poi distolse lo sguardo e posò gli occhi su Jeremy, poi tornò a
guardare Damon.
“Grazie” riuscii a dire
solamente prima di allontanarsi dalle braccia di Damon per mettersi in quelle
di Jeremy mentre Damon si avvicinò a me e io lo presi per mano.
“Come ti senti?” chiese
mio fratello alla sua ragazza.
“Tutto apposto. È stato
solo un giramento di testa” rispose lei.
“Sei riuscita a
spezzarlo?” domandò Caroline.
“Si certo”.
“Questo significa che
possiamo uccidere Katherine senza fare del male a Elena?” domandò Damon.
“Esattamente”.
“Bene. Stefan andiamo a
prendere la psicopatica” disse Caroline e lei insieme al minore dei fratelli
scomparvero dalla nostra vista.
“Bonnie?” la chiamò Damon.
Lei si voltò e lo guardò
negli occhi.
“Grazie”.
“Elena è importante anche
per me” fu la sua unica risposta.
La ringraziai con lo
sguardo e poi mi voltai verso il mio ragazzo. Mi sollevai appena e lo baciai.
“Che diavolo succede?”
disse voltandosi con espressione preoccupata non appena ci staccammo.
Mi voltai anche io e mi resi conto
che non stava parlando con me, ma con chi c’era dietro. Mi voltai e vidi che
dietro di noi erano riapparsi Caroline e Stefan da soli. Katherine non c’era.
“Abbiamo un problema”
disse Caroline.
“Perché quando sento la
parola problema mi viene da pensare ad una crisi a livello mondiale?” commentò
sardonico Damon.
“Perché lo è” furono le uniche
parole di Stefan.
“Ci fate capire anche a
noi cosa succede?” chiesi mentre gli altri annuirono insieme a me.
“Katherine…Katherine è scomparsa” furono le parole di Stefan pronunciate
guardando negli occhi Damon.
No, non poteva essere
vero. Adesso che l’incubo sembrava finito, eravamo di nuovo punto e a capo e
stavolta era molto peggio.
“Che significa che è
scomparsa?” domandò Rick preoccupato.
“Che non c’è traccia di
lei giù. È scappata” gli rispose Caroline.
Come diavolo era
possibile? Era troppo debole, non poteva essere andata da nessuna parte a meno
che qualcuno non la avesse aiutata, qualcuno che si fosse intrufolato in casa
quella mattina mentre noi non c’eravamo.
Troppe domande, nessuna
risposta.
Una cosa era certa, però,
e me ne resi conto quando Damon mi mise un braccio intorno alla spalla
stringendomi a sé e baciandomi una tempia.
Katherine si sarebbe
vendicata in modo allucinante. Non ci avrebbe fatto passare liscia il fatto che
l’avessimo rinchiusa in una stanza per due settimane senza nemmeno darle
sangue.
Eravamo nei guai, in guai
belli grossi.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con il capitolo diciotto.
Come vedete finalmente i nostri sono
riusciti a rompere questo dannato incantesimo che teneva unite Katherine ed
Elena.
Ovvio che era questa la notizia
positiva che vi avevo anticipato nello scorso capitolo.
La notizia negativa come avrete capito
è quella finale: Katherine è scomparsa.
Come dicono loro qualcuno l’ha
aiutata, è difficile che da sola poteva farcela, soprattutto con le corde
ancora bagnate di verbena.
Chi è stato/a ad aiutarla? Oppure ha
fatto tutto da sola?
Chissà lo scopriremo nel prossimo,
alla fine del quale sono sicura che preparerete i forconi per uccidermi.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:
“E così credevate di esservi liberati di me, non è
vero? Rinchiudermi, rompere l’incantesimo e poi impalettarmi. Non era questo il
piano?” esordii Katherine senza nemmeno salutarli.
Per fortuna riuscivo a sentirli, anche se non
chiaramente.
“Esattamente. Ed è proprio quel piano che stiamo
per portare a termine” le rispose Damon.
“Ucciderti adesso non fare nessun male ad Elena”
continuò Stefan.
“E voi credete che sarà così semplice liberarvi di
me?”
“Chi ti ha fatto uscire?”
“Ho avuto un piccolo aiuto”.
“Che morirà insieme a te”.
“Ho qualche dubbio su questo”.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Era impossibile ed
inconcepibile per tutti il fatto che Katherine fosse riuscita a scappare.
Una vampira che non beve
sangue da due settimane e per giunta indebolita dalla verbena non può scappare
così, motivo per cui Damon, Stefan e tutti gli altri erano convinti che
Katherine aveva approfittato dell’assenza di tutti in casa per chiedere aiuto a
qualcuno che poi era corso lì e l’aveva aiutato esattamente come in passato era
successo a Damon quando Stefan l’aveva rinchiuso lì sotto privandolo del
sangue.
L’unica cosa che non
tornava, però, era chi potesse aver fatto una cosa del genere. Chi stava
aiutando Katherine? Da chi altri a parte lei dovevamo aver paura? Da chi
dovevamo proteggerci?
Dalla sua scomparsa, cioè
esattamente da ieri, non avevamo notizie della vampira e non ci stupivamo più
di tanto, visto e considerato che di sicuro la psicopatica si stava rimettendo
in forze e stava elaborando un nuovo piano per rendere un inferno la vita della
sottoscritta.
Ero in cucina con Damon,
avevamo appena finito di cenare e stavamo ripulendo tutto visto quello che
avevamo combinato mettendoci insieme ai fornelli. Lui si era gentilmente
offerto di darmi una mano, anche se con i suoi sorrisetti maliziosi e le sue
battutine a doppio fine non ero certa di riuscire a resistere ancora molto.
Mi voltai a guardarlo e lo
scoprii intento a fissarmi solo come lui sapeva fare.
“La smetti?” gli dissi.
“Di fare cosa?” mi rispose
con fare innocente.
“Di guardarmi in questo
modo”.
“In questo modo come?”
“Come se mi stessi facendo
una radiografia”.
“Non ti sto guardando in
questo modo” mi rispose prendendo l’asciugamano che stava usando e mettendoselo
in spalla con fare sensuale.
“Si, invece. Sembri un
lupo affamato”.
Risi io stessa rendendomi
conto della battuta che mi era appena uscita fuori: paragonarlo al suo nemico
naturale. Roba da matti. Solo io ne sarei stata capace.
“Ah si?” fu la sua unica
affermazione.
Sperare che lui non se ne
accorgesse sarebbe stato stupido, difatti lo vidi avvicinarsi a me con
espressione maliziosa.
Cercai di non farci caso e
presi i piatti puliti per conservarli, ma non ne ebbi il tempo perché mi
ritrovai il mio vampiro, bello più del sole, praticamente di fronte a me.
Mi impedii il passaggio
con il suo corpo e prese a guardarmi con fare prettamente malizioso.
“Amore dobbiamo finire di
ripulire” gli dissi alzando gli occhi al cielo consapevole dal suo sguardo che
non aveva assolutamente intenzione di finire il lavoro.
“Sono un lupo affamato,
l’hai detto tu stessa. E adesso il lupo reclama il suo cibo” mi disse malizioso
portando le sue labbra sul mio collo.
“Damon…” mi uscii un
gemito soffocato “smettila” ancora un altro “ti prego” lo implorai quasi.
Purtroppo il signorino non
aveva nessuna intenzione di smettere e le sue labbra che presero a tracciare
tutto il contorno del mio collo, per poi posarsi sulle mie labbra ne furono la
prova.
La sua lingua prese a
giocare con la mia e con il suo corpo mi spinse sempre di più verso il bancone
bloccandomi e fu in quel momento che non ci vidi più, tutto perse di
significato.
Lasciai cadere i piatti a
terra che con un tonfo secco si ruppero e posai le mie mani tra i suoi capelli
stringendolo sempre di più a me e lui mi strinse tra le sue braccia come se
avesse paura che potessi sfuggirgli via.
“Che diavolo è stato questo rumore?” sentii la
voce di Caroline in cucina.
Di sicuro si riferiva ai
piatti che erano caduti a terra rompendosi.
Damon si staccò
leggermente dalle mie labbra e senza nemmeno voltarsi verso la mia amica prese
a parlare.
“Barbie fuori di qui,
adesso” disse serio più che mai.
Io sorrisi sotto i baffi
per la sua espressione seria e Caroline prese a ridere e uscii con la stessa
velocità con la quale era entrata.
“Dove eravamo rimasti?” mi
domandò poi lui.
“Il lupo aveva fame”.
“Esatto”.
Tornò sulle mie labbra e
mi sentii completa, come solo con lui riuscivo a sentirmi.
Cosa me ne facevo del
Paradiso se lui con un semplice bacio era capace di regalarmi l’Universo?
Quando ci staccammo ci
guardammo negli occhi e non mi ci volle un genio per capire quali fossero le
sue intenzioni.
“Damon non qui e non
adesso. Dobbiamo finire di sistemare il casino che abbiamo combinato e poi
potrebbe entrare chiunque” gli feci notare.
“Possiamo sistemare più
tardi”.
“Amore?” lo canzonai.
“Si?” mi domandò facendo
finta di non capire.
Non mi diede il tempo di
aprire bocca per rispondergli che mi prese in braccio facendomi sedere sul
bancone della cucina prese a baciarmi.
Lo strinsi a me e mi
lasciai cullare da quelle labbra così dannatamente morbide e sexy.
“Hai idea di quanti
benefici ci siano nel fare l’amore?” mi domandò poi lui malizioso staccandosi
leggermente da me, ma non smettendo di guardarmi.
“Per te sicuramente molti
e a dire il vero anche per me”.
“Sto dicendo sul serio”.
“Anche io”.
“Fa bene alla colonna
vertebrale e potenzia l'elasticità muscolare, stabilizza la pressione sanguigna
e riduce i rischi di infarto e ictus, favorisce un migliore sonno notturno e rilascia
le endorfine che producono buon umore” iniziò a dire lui mentre io lo guardai
stranita.
Sembrava un dottore
competente in materia.
“Scusa?”
Ero sconvolta. Che diavolo
stava dicendo?
“Ogni atto sessuale brucia
200 calorie, l'equivalente di una barretta di cioccolato, la pelle si tende e
il viso ha un aspetto luminoso, la difese immunitarie vengono potenziate, l'attività
erotica rilascia prolattina che ha un'azione antistress”.
“Damon si può sapere che
diavolo stai dicendo?”
“Che secondo delle
ricerche fare l’amore porta a un beneficio globale pari a sette anni di vita in
più”.
“Ma se hai l’eternità
davanti a te” lo canzonai io.
“Ma tu no, quindi per te è
molto più utile” mi fece notare.
“Baciami e basta, stupido”
gli dissi buttandomi fra le sua braccia e coprendo la poca distanza che c’era
tra le nostre labbra con un bacio.
“Lunghi baci producono
saliva che protegge denti e gengive” mi disse quando ci staccammo.
Ancora con sta storia?
“Ti uccido se non la
smetti, giuro” gli dissi e lui scoppiò ridere prima di baciarmi di nuovo.
Fu in quel momento che
iniziai a giocherellare con i bottoni della sua camicia e in poco tempo li
sfilai tutti dalle asole, ma prima ancora che riuscissi a toglierla sentii
qualcuno tossicare e ci staccammo subito.
Damon non si voltò, con i
suoi sensi non ne aveva bisogno, mentre io guardai chi fosse entrato e quando
vidi mio fratello avvampai all’istante.
“O Dio, questo è troppo”
si lamentò mio fratello “Damon vieni di là che serve il tuo aiuto” terminò lui
prima di uscire dalla cucina in fretta e furia.
“Oddio che vergogna.
Voglio sprofondare” dissi solamente.
“E per quale motivo?” fece
finta di nulla lui.
“È mio fratello”.
“E allora?”
“Ti rendi conto in che
condizioni ci avrebbe trovato se fosse entrato due minuti dopo?”
“Sono sicuro in ottime
condizioni” mi disse riprendendo a baciarmi.
Quando ci staccammo gli
sorrisi. L’imbarazzo era andato via, con lui andava sempre via tutto. C’eravamo
solo io e Damon.
“Amore, forse è meglio che
vai” gli dissi consapevole che Jeremy era venuto per chiedere il suo aiuto.
“Stasera non avrai
scampo”.
“Con te non voglio avere
scampo mai”.
Si avvicinò e mi baciò con
tutta la foga di cui era capace trasmettendomi tutto l’amore che sentivo lui
provasse per me, lo stesso amore che io sentivo nei suoi confronti.
Quando si staccò, mi
sorrise sghembo e poi sparii dalla stanza non distogliendo lo sguardo dai miei
occhi fin quando non scomparve dalla mia vista.
Io rimasi in cucina e mi
misi di buona volontà ripulendo tutto lo schifo che avevamo fatto.
Ci eravamo messi a giocare
con ogni ingrediente presente lì dentro e avevamo sporcato tutto.
Restai lì per circa un’ora
e mezza e quando terminai mi sentivo talmente stanca che salii subito in camera
chiudendomi nella doccia.
Avevo bisogno di
rilassarmi. Mi sentivo sfinita e non solo fisicamente. Era trascorso solo un
giorno da quando Katherine era scomparsa, ma sentivo il fiato sul collo in ogni
istante.
Nonostante cercassi di non
darlo a vedere ero troppo preoccupata, non tanto per me quanto per gli altri,
soprattutto per Damon e Stefan. Se avevo imparato a conoscere un pochino
Katherine era per loro che temevo di più perché se c’era una cosa che la
vampira sapeva fare bene era farla pagare a chi gli rovinava il gioco e volente
o nolente erano stati i fratelli Salvatore a renderle la vita quasi impossibile
da quando lei si era presentata a casa dicendo che si era fatta legare a me con
un incantesimo.
Scacciai via quei pensieri
e uscii dalla doccia. Mi vesti, asciugai i capelli rendendomi conto che era già
sera e poi scesi nuovamente giù.
Nel corridoio incontrai
Jeremy e cercai di non pensare a quello che aveva visto, in fondo non era nulla
di che, e sperai che non facesse battutine.
“Dove vai?” gli domandai.
“Hanno finito di
confabulare, quindi a casa” mi rispose sorridendo.
“E Bonnie?”
“La aspetto in macchina.
Si è fermata un attimo a parlare con Damon”.
Rimasi stupita. Possibile
che fosse davvero così?
“Con Damon?” chiesi
sorpresa più che mai.
“Si, lui gli ha chiesto se
potevano parlare un attimo, così io ho tolto il disturbo. A proposito, non
avete ancora chiarito voi, non è vero?” mi domandò alla fine.
“No, non abbiamo più
parlato da quel giorno”.
“Vedrai che si sistemerà
tutto. Prima o poi capirà”.
“Lo spero”.
“Va beh, io vado. E mi
raccomando, la prossima volta certe cose fatele in camera o per lo meno
chiudetevi a chiave” mi disse malizioso.
Mi sentii avvampare, ma
non avevo intenzione di darla vinta a lui.
“Vuoi dirmi che tu e Bonnie
vi guardate in faccia?”
“Certo che no e so che
anche tu e Damon non lo fate. Non avevo certo bisogno di conferme, ma sai
com’è? Una cosa è pensare, una cosa è vedere quanto sia attiva la vita sessuale
di tua sorella”.
“Ok, basta. Chiudiamo il
discorso. È leggermente imbarazzante” lo pregai.
“Concordo”.
“Vado. Ci vediamo domani.
Mi raccomando occhi aperti”.
“Come se c’è ne fosse
bisogno. Damon e Stefan non mi lasciano neppure respirare da sola” commentai.
“Lo vedo, soprattutto
Damon”.
“Ancora?”
“Ok, la smetto. Me ne
vado”.
Si avvicinò e mi baciò una
guancia, poi sparii mentre io silenziosamente mi diressi verso il salone dove
sentii Bonnie e Damon parlottare.
Cercai di non farmi
sentire e mi misi a distanza in modo da riuscire a sentire, ma da non farmi
vedere.
Erano l’uno di fronte
all’altra e parlavano. Sembravano tranquilli, almeno non stavano litigando e
questo era già un gran bel passo avanti.
“Io lo capisco che tu non
puoi dimenticare il mio passato e nemmeno te lo sto chiedendo. Vorrei solo che
riuscissi a guardare avanti senza farti condizionare da quello che ho fatto. Il
passato non posso cambiarlo, il presente si” furono le parole di Damon.
Avrei voluto assistere
all’inizio di quella conversazione, ma non era possibile, quindi dovevo
limitarmi ad ascoltare quello che ne restava.
“Damon io lo so che sei
cambiato, che non sei più il mostro che eri un tempo lo so perché lo vedo negli
occhi di Elena, nei suoi occhi vedo la persona che sei diventato, ma Elena è
una delle persone più importanti che ho. Non è solo la mia migliore amica, ma è
parte della mia famiglia e per lei non posso che volere il meglio. Cerca di
capirmi. Io…io credo che tu non puoi essere il suo meglio”.
Non c’era cattiveria nella
sua voce, per la prima volta non riuscivo a percepirla. Vedevo solo un’amica
preoccupata per un’altra, solo questo.
Di sicuro Damon aveva
notato il mio malessere nei confronti di questa situazione con Bonnie e voleva
dare una mano. Apprezzai tantissimo quel suo gesto. Non era facile per lui
abbassare la guardia con Bonnie e soprattutto farsi vedere da lei così umano e
io questo lo sapevo bene.
“Anche io lo credo, anzi
ne sono convinto e forse sono un’egoista, sono un’egoista perché avrei dovuto
essere più forte e lasciarla tra le braccia di mio fratello invece che tenerla
con me. Credevo che ci sarei riuscito e per tanto tempo c’è l’ho fatta, ma
quando mi ha detto che mi amava non sono più riuscito a tenerla lontana, non
c’è l’ho fatta”.
“Se anche tu credi di non
meritarla perché te la sei presa? Perché?”
“Perché la amo troppo”.
Lo vidi abbassare lo
sguardo, come se si imbarazzasse a parlare così apertamente dei suoi
sentimenti.
“L’amore a volte non
basta”.
“Lo so, ma so anche che
nessuno potrà amarla nello stesso modo in cui la amo io, nessuno saprà adorarla
in questo modo, nessuno riuscirà a scorgere tutti i suoi piccoli difetti,
nessuno, nemmeno Stefan per quanto lui sia migliore di me”.
“Elena è così complicata”.
“Lo so. È la persona più
complicata che esista. Elena è quella che quando dice che sta bene significa
che sta malissimo, è quella che quando ti dice di fare come ti pare in realtà
vuole dire che se fai quella determinata cosa ti uccide, quella che dice di non
essere gelosa, ma poi sarebbe capace di uccidere chiunque si avvicini alle
persone che ama, quella che si lamenta di sentire freddo tutte le volte che,
invece, vuole essere solamente abbracciata, quella che quando ti dice di andare
via in realtà vuole che resti con lei e la stringi forte. È quella che è capace
di fare un sacco di sorrisi diversi a seconda di chi si trova di fronte”.
Solo in quel momento mi
resi conto di quanto davvero lui mi conoscesse, forse mi conosceva meglio di
quanto lo facessi io stessa.
“Damon…” provò a dire lei,
ma lui la interruppe.
“No aspetta, fammi finire.
Non ti ho chiesto di parlare per convincerti sulle mie buone intenzioni. Voglio
solo che tu sappia che Elena ti vuole un gran bene e che nonostante non lo dia
a vedere ci sta da schifo per questa situazione con te. Io amo lei e lei ama
me, tu vuoi bene a lei e lei ne vuole a te. Io e te non c’entriamo niente tra
di noi. È lei che ci accomuna. Non dobbiamo per forza diventare amici, dovremmo
solo cercare di andare d’accordo per non ferire lei. Lo so che non condividerai
mai questa storia e, forse, fai bene a farlo, forse io e lei insieme…insomma la
nostra storia, forse, è sbagliata, ma fino a quando lei avrà voglia di
sbagliare io ci sarò perché la amo troppo e non riesco a lasciarla andare.
Stagli accanto mentre sbaglia, fagli capire che non condividerai mai questa storia,
ma che almeno la accetti. Lei ha solo bisogno di questo”.
“Forse non sei così male
come credevo, ma…” gli disse lei, ma lui la interruppe.
“Bonnie, io voglio solo
che Elena sia felice, tutto qui e so che per esserlo nella sua vita devi
esserci anche tu”.
Bonnie stava per
rispondere, ma in quel momento feci involontariamente un passo indietro e feci
cadere una matita a terra. Quel leggero rumore bastò per catturare l’udito
finissimo di Damon.
“Elena esci fuori” disse
in quel momento e così non potei fare a meno di mostrare la mia presenza.
“Cosa mi sono persa?”
domandai “voi due insieme e niente di rotto. Devo preoccuparmi?” conclusi ed
entrambi sorrisero.
“Non ti sei persa nulla.
Stavo giusto andando via. Ci vediamo” disse Bonnie salutando entrambi e lanciando
un ultimo sguardo a Damon.
Quando sparii dalla stanza
i miei occhi si posarono su quelli di lui e avrei tanto voluto saltargli
addosso per quanto gli avevo sentito dire, ma non potevo farlo, non volevo che
sapesse che io avessi ascoltato.
“Da quanto tempo eri lì?”
mi domandò alzando un sopracciglio.
“Ero appena arrivata”.
“E devo crederci?”
“Mi avresti sentita
altrimenti”.
“Ero distratto”.
“Da chi? Da Bonnie? Mi
devo preoccupare?” scherzai per cambiare argomento.
“Scema” mi rispose.
Non gli diedi tempo di
dire altro che gli catturai le labbra nello stesso momento in cui sentii
qualcuno arrivare. Quando ci staccammo mi accorsi che era Caroline, ma lei
sembrò non notarci, ormai, abituata alle nostre smancerie e andò a sedersi sul
divano per leggere un libro, mentre io ripresi a baciare il mio ragazzo.
All’improvviso lo vidi
irrigidirsi all’istante e si staccò immediatamente. Vidi la sua espressione
preoccupata e non riuscivo a spiegarmene il motivo.
“Che succede?” chiesi.
Damon si voltò senza
nemmeno darmi retta e guardò verso Caroline che aveva preso a guardarci.
“Hai sentito?” le domandò.
“No, cosa?” chiese lei.
“Stefan, corri” disse lui
solamente.
Non urlò, né alzò la voce.
Era certo che Stefan, dal piano di sopra lo avrebbe sentito lo stesso e, infatti,
così fu.
“Che succede Damon?” mi
voltai e vidi il minore dei fratelli a pochi metri da noi.
“Hai sentito?”
“Cosa? Stavo parlando al
telefono con Tyler, ero distratto”.
“E dov’è?” chiesi
consapevole che quella era sera di luna piena.
“Si stava preparando per
andare alla vecchia tenuta Lockwood” mi rispose Stefan.
“Caroline rimani qui con
Elena. Non uscite per nessun motivo, nessuna delle due, intesi?” disse Damon
ignorando quanto aveva detto Stefan in merito a Tyler.
“Che succede?” chiedemmo
io e Caroline all’unisono.
“Non mettete un piede
fuori” ci ribadì “Stefan, andiamo fuori noi due” concluse poi riferendosi al
fratello.
“Non ho intenzione di
restare qui dentro se non mi dici che succede” lo rimproverai io.
“Non lo so che succede. Io
e Stefan adesso andiamo a controllare. Tu resti qui e non ti muovi. Caroline mi
raccomando”.
“Come se fosse facile” mi
rispose lei conoscendomi bene.
“Sei una vampira. Non
dovresti avere problemi a tenerla qui dentro, anche a costo di legarla se
dovesse succedere qualcosa”.
“Damon…” provai a dire io
mentre lui con la testa aveva già fatto cenno a Stefan di uscire.
Mi voltai e, infatti, il
minore dei fratelli era già scomparso.
“Caroline mi fido di te.
Ti riterrò responsabile se dovesse succederle qualcosa. Al massimo caccia un
urlo” furono le ultime parole di Damon accompagnate da un delicato bacio sulla
mia fronte prima di vederlo sparire dalla mia vista.
“Che succede?” domandai
alla mia amica.
“Non ne ho idea. Avrà
sentito qualcosa. Aspettiamo, magari è un falso allarme”.
“Credi che me ne starò
qui, mentre lui e Stefan chissà che stanno facendo?” domandai.
“Elena non ho intenzione
di far infuriare Damon. So perfettamente come può diventare e non ci tengo a
passare sotto la sua ira. Quindi tu ti siedi e non ti muovi da qui. Non si
discute” furono le sue uniche parole.
Non le diedi retta e mi
diressi verso la porta aprendola pronta ad uscire fuori, ma Caroline grazie
alla sua velocità mi superò e mi bloccò il passaggio.
“Non vai da nessuna parte”
mi disse.
“Caroline…” provai a dire.
“Niente Caroline.
Rientra”.
Vidi Damon e Stefan
all’erta che sembravano aspettare qualcuno. Uno più avanti, l’altro dietro.
“Ok, non andrò da loro, ma
permettimi di restare qui a capire che succede”.
Caroline mi osservò
attentamente negli occhi e poi annuii e in quel momento vidi Katherine apparire
di fronte ai due fratelli con il sorriso più malefico che le avevo
mai visto fare.
“Dammi la mano” mi disse
la mia amica.
“Perché?”
“Perché così sono sicura
che non potrai correre da loro. Sono più forte di te”.
“Caroline…”
“O mi dai la mano o ti
faccio entrare dentro a costo di legarti davvero. A te la scelta”.
Era seria, non l’avevo mai
vista più seria di così. Presi la mano e la portai nella sua, poi entrambe ci
concentrammo a vedere la scena.
“E così credevate di
esservi liberati di me, non è vero? Rinchiudermi, rompere l’incantesimo e poi
impalettarmi. Non era questo il piano?” esordii lei senza nemmeno salutarli.
Per fortuna riuscivo a
sentirli, anche se non chiaramente.
“Esattamente. Ed è proprio
quel piano che stiamo per portare a termine” le rispose Damon.
“Ucciderti adesso non fare
nessun male ad Elena” continuò Stefan.
“E voi credete che sarà
così semplice liberarvi di me?”
“Chi ti ha fatto uscire?”
“Ho avuto un piccolo
aiuto”.
“Che morirà insieme a te”.
“Ho qualche dubbio su
questo”.
“Sapete cosa odio di più?”
“Chi rovina i tuoi piani.
Katherine sei così ripetitiva, dici sempre le stesse cose” la beffeggiò Damon.
“Esattamente e stavolta
siete stati voi a rovinarli. Non ho mai davvero avuto l’intenzione di uccidere
nessuno di voi due, ma vi siete spinti oltre. Vi siete schierati completamente
a favore di lei rinnegando me. Non posso accettarlo ed è per questo che adesso
morirete”.
“Non ti sei mai chiesta
perché ti abbiamo rinnegato?”
“Perché siete troppo
deboli per stare al mio fianco”.
“Noi ti abbiamo amato,
talmente tanto da diventare ostili l’uno con l’altro. Per 145 anni ci siamo
fatti la guerra, ma adesso non sarà più così. Adesso è diverso” fece notare
Stefan.
“Niente è diverso. È tutto
uguale. Fratelli Salvatore, doppelganger Petrova. La mia copia esatta vi ha
fatto innamorare entrambi come un tempo è successo con me e di entrambi lei si
è innamorata come è successo a me. Non vedo cosa ci sia di diverso”.
“Lei ha scelto chi amare,
ha scelto di chi non può fare a meno. Tu no e non lo avresti mai fatto perché
volevi solo giocare” fu la risposta di Stefan.
“Stupidi, idioti e cechi,
ecco cosa siete. Non riuscirete mai a vedere la realtà perché l’amore vi rende
ottusi, ma adesso non serve più che vi sforziate. È arrivata la vostra ora, ma
sappiate che mi costa doverlo fare, mi costa tantissimo”.
“E allora perché lo fai?”
“Sapete qual è il mio
motto. Meglio gli altri che io”.
“E sentiamo come avresti
intenzione di ucciderci? Siamo in netta maggioranza”.
“Non sarò io a farvi
fuori, ma lui” disse.
In quel momento un ragazzo
si mostrò alla luce del lampione del giardino.
Non riuscivo a scorgerlo
chiaramente, ma mi sembrò un bel ragazzo.
Era un tipo abbastanza
muscoloso, alto, pelato, con gli occhi azzurri anche se non potevo essere certa
che fosse così.
Sorrise sfuggente, chiaro
segno che sembrava essere molto sicuro di sé.
“E così voi siete i famosi
fratelli Salvatore. È un piacere conoscervi, ho
così tanto sentito parlare di voi” disse il ragazzo.
“Tu saresti?”
Damon era visibilmente
irritato da questa nuova comparsa.
“Il mio nome non è
importante, ciò che conta è che il mio sarà l’ultimo viso che vedrete”.
Damon e Stefan non dissero
nulla, sembravano scrutare il ragazzo per capire chi e soprattutto cosa fosse.
“Beh, è stato un piacere
incontrarvi sulla mia strada. Addio” furono le parole di Katherine rivolte ai
due “Cam, sai già cosa fare” concluse poi rivolgendosi al ragazzo.
Prima ancora che qualcuno
tra i tre potesse dire qualcosa, la vampira era già sparita.
Damon e Stefan ringhiarono
forte e non mi fu difficile capire che quel ringhio era un brontolio rabbioso
dovuto alla sparizione di Katherine.
“Hey, non rubatemi il
verso” disse il ragazzo che a quanto pareva doveva chiamarsi Cam, o almeno così
lo aveva chiamato la psicopatica.
Non riuscii a capire a
quale verso si riferisse, ma non appena gli vidi alzare gli occhi al cielo
capii tutto.
In un cielo più nero del
solito faceva bella mostra di sé la luna piena e in quel momento non mi fu difficile
capire che il verso non era altro che il ringhio che Damon e Stefan avevano
appena fatto. Il ringhio non era altro che il brontolio rabbioso emesso da
animali come cani o lupi.
Cam era un licantropo e ne
ebbi la conferma quando vidi i suoi occhi trasformarsi. Da azzurri divennero
gialli e risplendevano nella notte.
“Oh cazzo” dissero
all’unisono tutti e due i fratelli e in quel momento compresi che entrambi
avevano capito tutto e prima ancora che potessero fare qualcosa il ragazzo si
era già trasformato in un enorme lupo.
Un brivido di paura mi
fece venire la pelle d’oca e in quel momento una sola immagine mi venne in
mente: Rose.
Un morso, bastava un
semplice morso di quella bestia e Stefan e Damon ci avrebbero lasciato la
pelle. Non potevo perderli. Non era concepibile nella mia visione del mondo.
“Dio Caroline, fa
qualcosa” urlai disperata.
“Non posso fare nulla”
furono le sue parole.
Sentii il suo tono di voce
e compresi che davvero non c’era nulla che potesse fare. Aveva le mani legate e
si sentiva in colpa per questo.
“Elena resta qui, prometti
di non muoverti” disse poi dopo un’attenta analisi.
“Che intenzioni hai?”
domandai preoccupata.
“Vado a dare una mano”.
Non feci neanche in tempo
a risponderle che la vidi allontanarsi da me per raggiungere gli altri.
“Caroline non ti muovere
da lì. Resta con Elena” urlò Damon voltandosi verso la mia amica.
Era la prima volta che la
chiamava per nome dopo la sua trasformazione e la cosa mi spaventava parecchio
perché significava che Damon era davvero preoccupato. Caroline non gli diede
retta e continuò a camminare nella loro direzione.
“Diavolo Caroline torna da
Elena” urlò con talmente tanta rabbia che la mia amica si bloccò di colpo.
Stefan le lanciò uno
sguardo come a dare ragione al fratello e lei tornò indietro prendendomi di
nuovo per mano.
Quello che segui si svolse
talmente tanto velocemente che non riuscii a seguire facilmente i movimenti dei
tre con i miei occhi. Caroline a differenza mia, invece, percepiva ogni singolo
movimento e la sua espressione non prometteva nulla di buono.
Si muovevano troppo
velocemente perché io potessi seguirli e questo mi rendeva ancora più inquieta.
All’improvviso vidi Damon
scaraventato lontano contro un albero e il licantropo avvicinarsi
pericolosamente ad un Stefan tramortito a terra. Lanciò un ululato e con il
muso si scaraventò sul minore dei fratelli.
Non mi serviva un genio
per capire che il suo intento era morderlo e lanciai un urlo che sembrò
riecheggiare nell’aria.
Prima che me ne potessi
accorgere, però, Damon si era rialzato e ad una velocità sovrumana si era
parato di fronte il fratello.
Feci un respiro di
sollievo visto lo scampato pericolo provvisorio, ma quando sentii un urlo
agghiacciante di Damon mi si accapponò la pelle.
Cosa diavolo stava
succedendo?
Vidi una lacrima uscire
dagli occhi di Caroline e poi un’altra e un’altra ancora e questo bastò per
farmi capire che qualcosa non andava.
Tornai a guardare verso di
loro e vidi il licantropo scagliarsi sul corpo di Damon, ma Stefan lo bloccò
con un braccio e Damon approfittò della cosa per puntare al cuore dell’animale.
In pochi secondi vidi la
bestia accasciarsi a terra, mentre nella mano di Damon c’era un cuore
sanguinante.
L’aveva ucciso. Erano
riusciti ad ucciderlo.
Lasciai la mano di
Caroline e corsi verso i due fratelli, ma solo in quel momento mi accorsi che
il cuore nelle mani di Damon cadde a terra e lo stesso Damon si accasciò.
Senza nemmeno rendermene
conto iniziai a piangere fragorosamente e quando arrivai da loro Stefan mi
bloccò il passaggio.
“Che succede?” urlai.
“Elena, entra dentro” mi
pregò lui.
“Che succede?” ripetei io.
“Per favore, entra
dentro”.
“Elena, andiamo dai”
furono le parole di Caroline che tra le lacrime mi pregava di entrare dentro.
“Voglio sapere cosa
succede” tornai ad urlare, ma nessuno sembrava volermi rispondere.
Provai ad avvicinarmi a
Damon, ma Stefan me lo impedii di nuovo.
“Stefan togliti” gli dissi
guardandolo negli occhi, ma lui non sembrava intenzionato a farlo “mi dici cosa
diavolo sta succedendo? Ti prego. Perchè non mi lasci avvicinare a lui?” urlai
alla fine, un urlo che risultò essere una preghiera.
“È stato morso” furono le
sue uniche parole.
“Cosa? Chi?” non riuscivo
a capire o, forse, semplicemente non volevo capire.
La verità faceva troppo
male.
“Il lupo…l’ha morso”.
L’urlo che lanciai fu
disumano e non so da dove mi uscii fuori, ma riuscii a trovare la forza per
spostare Stefan e riuscire a raggiungere Damon.
Mi inginocchiai vicino a lui e mi resi conto che la sua camicia era tutta strappata e all’altezza del
braccio faceva bella mostra di sé un morso, identico a quello che avevo visto
sulla spalla di Rose.
“Damon…amore come stai?”
gli dissi piangendo.
“In splendida forma, come
sempre” mi rispose lui voltandosi a guardarmi.
Non so dove trovò le forze
per rispondermi e per sorridermi in quel modo, ma dalla sua espressione
sembrava come se davvero fosse tutto apposto.
Si alzò perfino da terra e
mi prese per mano, mentre Stefan e Caroline lo osservavano straniti.
“Entriamo dentro dai”
disse a me, ma rivolgendosi anche agli altri due.
“Damon…” provò a dire
Stefan, ma il mio ragazzo lo interruppe.
“Hey fratellino smettila
di preoccuparti. Sto bene” gli disse sorridendo beffardo.
Mi baciò poi a fior di
labbra e dopo avermi presa per mano entrammo dentro seguiti dagli altri due.
Le lacrime non smettevano
di scendere e avevo tutti i buoni motivi per piangere.
Sapevo perfettamente che
fine avesse fatto Rose e sapevo perfettamente che fine avrebbe fatto Damon, ma
non potevo accettarlo. Damon non poteva morire. Io avevo bisogno di lui.
Mi bloccai di colpo quando
quella verità mi sbatté in faccia e mi raggomitolai sul suo petto urlando e
disperandomi come mai avevo fatto prima.
“Shh” mi disse solamente
lui “si sistemerà tutto, tranquilla”.
A quelle parole presi a
piangere ancora più forte, incurante del fatto che c’erano Caroline e Stefan ad
assistere alla scena.
“Te lo pro…” provò a dire,
ma lo zittì.
“Non dirlo…” dissi tra un
singhiozzo e l’altro “non fare promesse che questa volta sai di non poter
mantenere, ti prego” conclusi piangendo sempre più forte.
Damon non disse nulla, si
limitò solo a stringermi più forte.
Era giunta la fine.
Potevo fare finta di
nulla, ma sapevo che non mi sarebbe servito, sarebbe stato solo più doloroso.
Non sapevo quanto tempo
avrei ancora avuto un Damon lucido, tanto o forse poco, dipendeva dai singoli
casi, ma una cosa era certa, lucido o meno prima o poi avrebbe iniziato ad
impazzire, proprio come Rose, e alla fine sarebbe sparito per sempre dalla mia
vita.
Avrei tanto voluto sapere
come si faceva ad aspettare la morte. Come si faceva a vivere sapendo che il
minuto dopo, l’ora seguente o il giorno successivo la morte della persona a cui
tieni di più al mondo sarebbe sopraggiunta.
Non lo sapevo, sapevo solo
che in quel momento stavo abbracciando, anzi stavo stritolando il corpo della
morte.
Eccola lì, tra le mie
braccia, la morte paziente, perché questo sarebbe stata la fine di Damon, una
fine lenta e dolorosa e io non ero avvezza a questo. La vita mi aveva abituato
ad altri tipi di morte, come quella feroce che ti prende di colpo con un
coltello, un proiettile, o un incidente come era capitato ai miei. Ero abituata
a quella crudele, quella che ti prende e ti lascia sanguinante nel pavimento
come le morti di tutte le persone che avevano perso la vita da quando conoscevo
questo mondo sovrannaturale. Quelle morti sapevo come trattarle, sapevo, ormai,
cosa pensare quando mi chinavo su un cadavere. La morte lenta, però, quella che
ti scava dentro come avrebbe fatto quella di Damon, no a quella non era pronta,
quella mi incuteva timore. Non era un incidente di percorso che si poteva
scansare stando attenti.
No, era semplicemente il
destino inevitabile, il saldo del conto.
La vita, la mia vita, per
l’ennesima volta mi stava porgendo un conto da pagare, un conto che non avrei
mai potuto accettare di pagare.
La morte di Damon
equivaleva alla mia e una cosa era certa. Quando il suo respiro si sarebbe
fermato, beh, allora ero certa che nello stesso istante anche il mio lo avrebbe
fatto perché una vita senza Damon non era per me concepibile.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con il capitolo diciannove.
Che ne pensate? Sono stata un po’ sadica
non è vero?
A dire la verità ho pensato di
modificare la storia, ma poi alla fine non c’è l’ho fatta.
Ho scritto questo capitolo circa un
mese fa e dopo la puntata 2x20 mi sono detta: ma ci ho buttato io il malocchio
a Damon? Cioè anche lì morso non si può accettare.
Ok, meglio non parlare della puntata perché
altrimenti inizio a sclerare e a parlare a sproposito.
Incrocio solo le dita e spero nella
clemenza di Kevin e Julie. Abbiate pietà di noi povere fan dipendenti da Damon.
Che succederà adesso? Damon ha cercato
di rassicurare Elena e gli altri, ma sa meglio di chiunque altro (vista l’esperienza
con Rose) che non c’è “medicina” al morso di un licantropo.
Dannata Katherine.
Va beh, credo che non ho altro da
dire. Mi ritiro nel mio angolino e mi nascondo da voi che di sicuro avete già
preso i forconi in mano.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:
“Vuoi lasciarti morire?” riuscii solamente a dire
ignorando le sue parole.
“Ho per caso un’altra scelta? Succederà comunque”.
“Non è detto, troveremo un modo per curare la
ferita”.
“Ma ti senti? Ma in che mondo vivi Elena? Non ci
sono antidoti contro un morso di un licantropo. Svegliati, non serve a nulla
continuare a vivere nel mondo delle fiabe” mi sputò in faccia arrabbiato.
In quel momento non riuscii più a frenare le
lacrime che copiose presero a bagnarmi gli occhi e le guance.
“Oddio smettila” mi disse vedendo le mie lacrime
“risparmiami questo piagnisteo” continuò con rabbia.
Dove diavolo era finito il mio Damon? Possibile che
stesse già iniziando a dare di matto?
“Damon smettila, non sei in te” lo pregai convinta
che fosse così anche se dai suoi occhi riuscivo ancora a capire che era lucido,
ma non poteva essere così.
Se fosse stato lucido non mi avrebbe mai parlato in
quel modo.
Non potevo e non volevo credere che quelle parole
dure e taglienti le stesse dicendo nel pieno delle sue facoltà.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Ventisei ore, quaranta
minuti e una manciata di secondi erano passati da quando avevo scoperto che
Damon era stato morso, morso da un licantropo, ventisei ore, quaranta minuti e
una manciata di secondi da quando la mia vita stava cadendo a pezzi minuto dopo
minuto.
Più passavano le ore e più
Damon sembrava stare male e nel giro di poche ore dopo ciò che era successo
eravamo stati costretti a metterlo a letto iniziando a portargli una sacca di
sangue ogni quarto d’ora.
Sapevo che non lo avrebbe
guarito, ma almeno lo manteneva quanto meno lucido. Non volevo che facesse la
fine di Rose, di lei che si era ritrovata perfino ad avere le allucinazioni,
lei che aveva perso di lucidità faticando a riconoscere chi gli stava attorno.
Non volevo e non potevo guardare Damon e capire che non mi riconosceva o peggio
ancora che mi potesse scambiare per Katherine come era successo con Rose.
Il mio corpo cercava di
reagire a quanto stava succedendo, non volevo farmi vedere debole da Damon, ma
dentro di me, la mia anima, il mio essere si stava lentamente assopendo insieme
a lui.
Dal giorno prima erano
venuti tutti qui, tutti tranne Tyler che al momento doveva ancora riprendersi
dalla trasformazione e al quale non avevamo ancora detto nulla, e cercavano di
aiutare il più possibile anche se tutti lì dentro eravamo consapevole della
realtà dei fatti: le possibilità di salvare Damon rasentavano lo zero.
“Elena dove vai?” mi
chiese Jenna vedendomi nel corridoio.
Ero scesa in cantina per
prendere una sacca di sangue dall’emoteca personale di Damon e stavo andando a
portarla a lui.
“Ha bisogno di sangue” le
risposi mostrandole la sacca.
“Perché non mangi qualcosa
prima?” mi propose Bonnie.
“Dopo magari. Adesso non
ho tempo” le risposi cercando di essere gentile e dirigendomi su.
I rapporti con lei non
erano cambiati, si era addolcita parecchio questo si, ma non avevamo parlato da
quando era successo tutto quel casino e sinceramente il problema Bonnie era
decisamente l’ultima delle mie preoccupazioni.
Mentre salivo le scale
notai che Alaric, Jeremy e Matt erano sparsi in salone mentre cercavano di
leggere ogni singolo libro di quella casa nel vano tentativo di trovare
qualcosa che potesse aiutare nell’impresa, ma le speranze erano davvero poche.
Sapevamo che nulla avrebbe aiutato.
Stefan e Caroline non
c’erano. Era usciti quella mattina per andare a casa Martin in modo da passare
in rassegna ogni sorta di libro dello stregone e del figlio. Stefan non voleva
tralasciare nulla, diceva che avrebbe fatto qualunque cosa per salvare suo
fratello, anche l’impossibile.
Io lo capivo perfettamente
perché noi due eravamo fra tutti quelli che sicuramente più tenevamo alla vita
di Damon, o meglio quelli che non sarebbe riusciti a vivere se lui se ne fosse
andato per sempre.
Salii le scale e non appena
raggiunsi la camera di Damon entrai trovandolo esattamente come lo avevo
lasciato: sdraiato in quel letto con un’espressione se possibile ancora più
sofferente di quella che aveva prima.
Era pallido come un
lenzuolo, l’espressione sofferente, gli occhi circondate da occhiaie e i suoi
bellissimi zaffiri completamente spenti.
Non mi guardò neppure,
anzi non appena mi vide entrare si voltò dall’altro lato quasi infastidito.
Da quando avevamo appurato
che fosse stato morso, Damon era strano, quasi assente e se dapprima la cosa
non mi aveva preoccupata perché credevo fosse solo la causa di quello che era successo,
adesso, invece, mi spaventava proprio.
Sembrava come se lui
volesse starmi lontano. Ogni volta che mi avvicinavo sembrava respingermi,
quasi fossi un peso per lui, quasi fosse infastidito di avermi tra i piedi e
non c’era cosa che potesse farmi più male di questa.
Potevo riassumere il suo
atteggiamento in una sola parola: freddezza.
Chiusi la porta e mi
avvicinai al letto sedendomi dal lato in cui lui aveva posato lo sguardo, ma
non appena lo feci lui si voltò dall’altra parte.
Fu in quel momento che le
lacrime prepotenti cercarono di uscire, ma cercai di trattenerle. Non volevo
che mi vedesse piangere, io volevo e dovevo essere la sua forza.
“Ti ho portato questa” gli
dissi porgendogli la sacca.
Lui non mi rispose e io
provai a farlo girare, ma non ci riuscii. Nonostante fosse molto debole la mia
forza non poteva competere con la sua.
“Hai bisogno di sangue,
bevilo” continuai.
A quel punto si voltò e
puntò i suoi occhi nei miei, ma erano spenti, avevano perso tutto il brio che
prima li caratterizzava.
“A che pro berlo?
Cambierebbe qualcosa?” mi disse con sguardo arrabbiato e in quegli occhi vidi
il Damon che era stato quando era arrivato a Mystic Falls, vidi gli occhi di un
mostro quale lui era stato in passato.
“Che stai dicendo?”
“Morirò comunque e prima
succederà meglio sarà, quindi smettila di fare la crocerossina. Non ti voglio
tra i piedi, né te né queste stupide sacche”.
Il suo tono di voce era
freddo e maligno quasi e raggelai a sentirgli pronunciare quelle parole. La
paura si impossessò di me, ma non paura di lui, ero certa non mi avesse fatto
del male, ma paura di quello che avrebbe potuto dire, paura delle sue parole
che sembravano lame affilate, parole che non avrei potuto reggere, non in quel
momento almeno.
Mi aveva appena dato della
crocerossina? Possibile che non capisse quanto diavolo stavo male? Quanto paura
avevo di perderlo?
“Vuoi lasciarti morire?”
riuscii solamente a dire ignorando le sue parole.
“Ho per caso un’altra scelta?
Succederà comunque”.
“Non è detto, troveremo un
modo per curare la ferita”.
“Ma ti senti? Ma in che
mondo vivi Elena? Non ci sono antidoti contro un morso di un licantropo.
Svegliati, non serve a nulla continuare a vivere nel mondo delle fiabe” mi
sputò in faccia arrabbiato.
In quel momento non
riuscii più a frenare le lacrime che copiose presero a bagnarmi gli occhi e le guance.
“Oddio smettila” mi disse
vedendo le mie lacrime “risparmiami questo piagnisteo” continuò con rabbia.
Dove diavolo era finito il
mio Damon? Possibile che stesse già iniziando a dare di matto?
“Damon smettila, non sei
in te” lo pregai convinta che fosse così anche se dai suoi occhi riuscivo
ancora a capire che era lucido, ma non poteva essere così.
Se fosse stato lucido non
mi avrebbe mai parlato in quel modo.
Non potevo e non volevo credere
che quelle parole dure e taglienti le stesse dicendo nel pieno delle sue
facoltà.
“Vuoi fare qualcosa per
me?” mi domandò ignorando quanto gli avessi detto.
“Sai che farei qualsiasi
cosa per te”.
“Bene, allora prendi un
paletto e ficcamelo nel cuore, così la smettiamo con tutta questa storia”.
“Stai scherzando?” gli
dissi alzando la voce sconvolta mentre le lacrime iniziarono a scendere ancora
più copiose.
“Non sappiamo quanto possa
durare questa situazione. Potrei restare in questo stupido letto per giorni,
mesi prima di morire perché tanto succederà e lo sappiamo entrambi, quindi
facciamola finita adesso. Mi sono già stufato di avere tutti voi tra i piedi
che giocate a fare i dottori” mi disse in tono beffardo.
“Non fa ridere Damon, non
fa ridere per nulla tutto quello che stai dicendo. E non è detto che morirai.
Stiamo vagliando tutte le possibilità, potrebbe esserci un modo per curare
questa ferita e ti posso assicurare che se c’è lo troveremo”.
“Non c’è un modo lo
capisci? Ti ricordi di Rose o ti sei già dimenticata di lei?” sbottò
arrabbiato.
“Smettila” dissi
solamente.
Sapevo quanto l’argomento
Rose fosse delicato per lui e quanto nel profondo lo facesse soffrire. Non ne
aveva mai voluto parlare perché dentro di lui si sentiva ancora in colpa per
quanto era successo.
Potevo essere certa che
mai avrebbe potuto scacciare via i sensi di colpa che aveva, che sempre si
sarebbe sentito in debito con lei, lei che era morta per una colpa che non
aveva, per una colpa che toccava a lui espiare.
“Pensi che se ci fosse
stato un modo per salvarla l’avrei uccisa? Pensi che se davvero ci fosse stata
una possibilità su un milione perché lei non morisse le avrei infilato un
paletto nel cuore? Diavolo io le volevo bene e lei è morta beccandosi un morso
che era destinato a me”.
“E tu te ne sei preso uno
che avrebbe preso in pieno Stefan. Se non fossi intervenuto a quest’ora non ci
saresti tu in questo letto, ma lui e finchè non troveremo un modo per farti
alzare da lì nessuno di noi troverà pace” gli urlai convinta.
La verità era questa.
Stefan mi aveva detto che Damon si era schiantato sul licantropo prima che
questo potesse colpire Stefan e quel morso diretto al fratello se lo era
beccato lui. Un po’ come era successo con Rose, solo che stavolta i ruoli erano
invertiti.
“Povera ingenua Elena”
disse sprezzante ridendo per quanto gli fosse concesso.
Il mio cuore si stava
lacerando minuto dopo minuto e a lacerarlo era l’unica persona che avrebbe
potuto risanarlo.
“Damon smettila. Non sai
ciò che dici”.
“Oh si che lo so. Sei tu che non sai nulla, tu, l’idiota di mio fratello e i
tuoi stupidi amici”.
I singhiozzi aumentarono
mentre i suoi occhi diventavano sempre più freddi. Paragonarli al ghiaccio era
la metafora più indicata al momento, in tutti i sensi.
“Credi davvero che tutto
quello che è successo sia stato tutta opera di Katherine?” iniziò a dire e in
quel momento il mio cuore smise di battere.
Non sapevo cosa stava per
dirmi, ma sentivo dentro di me che quelle parole non promettevano nulla di
buono, di questo ne ero certa.
“Facciamo che ti racconto
una storia, ci stai?” mi disse beffardo.
“Ti prego smettila” lo
implorai, ma il suo sorriso divenne ancora più grande.
“Dio quanto sei patetica”
mi disse guardandomi negli occhi.
Non riuscivo a dire nulla,
ogni fibra del mio corpo sembrava essersi congelata.
Damon non mi aveva mai
parlato così, non si era mai rivolto a me in questi toni nemmeno quando era
davvero il cattivo della situazione e non potevo credere che lo stesse facendo
adesso.
Non riuscii a dire nulla e
fu per questo che lui riprese a parlare.
“Io e Katherine eravamo
d’accordo su tutto fin dall’inizio. È venuta da me dicendomi che voleva la sua
vendetta su di te e mi ha chiesto di aiutarla e io ho acconsentito, in fondo
anche io volevo distruggere Stefan, doveva pagare per avermi portato via
Katherine” prese a dire.
Ero immobile, non riuscivo
a proferire parola così lui continuò.
“Sono stato io che le ho
dato una mano ad organizzare questo assurdo piano, sono stata io ad averla
aiutata. Io ho ucciso lo stregone che ha tolto i poteri a Lucy, io ho l’ho
avvisata della storia della verbena e sempre io le ho detto di non lasciarti
uscire da lì nel caso fossi entrata e sapevo lo avresti fatto. E quando sciocca
come sei l’hai fatto mi hai servito tutto su un piatto d’argento, era giunta la
mia parte di fare il salvatore, così sono entrata per salvarti tanto sapevo che
sarei uscito, sapevo che avresti fatto di tutto per convincere quel branco di
idioti a farmi uscire. Sono stato io a liberarla da lì dentro e poi sono corso
a scuola da te” mi raccontò orgoglioso e strafottente allo stesso tempo.
Che diavolo stava dicendo?
Dire che ero sconvolta era
dire poco. Non potevo credere alle sue parole, non potevo credere di essermi
innamorata così intensamente di una persona che non esisteva.
Non potevo essere stata
tanto cieca.
“Il morso comincia a fare
i suoi effetti. Sei pazzo” provai a dire, ma nemmeno io credevo alle mie
parole.
Mentirmi adesso non aveva
senso, ma non mi spiegavo perché avesse deciso di essere sincero proprio ora.
“Sono lucidissimo,
invece”.
“E allora perché adesso
sei in questo fottuto letto a soffrire come mai hai fatto in vita tua? Dov’era
Katherine quando il licantropo ti ha morso?” urlai e mi resi conto che, forse,
ero io quella che iniziava ad essere meno lucida.
“Ho dato per scontato che
Katherine sarebbe rimasta fedele al nostro patto fino alla fine, ma non l’ha
fatto. Quando ha capito di avere la vittoria in pungo ha tradito pure me”.
“Tu sei pazzo. Io non
credo ad una singola parola di quello che stai dicendo” continuai ad urlare “tu
hai detto di amarmi, noi ci amiamo” dissi poi abbassando il tono di voce.
Lui mi guardò e scoppiò a
ridere.
“Io ti amo? Erano tutte
bugie, volevo solo portarti via da Stefan. Doveva soffrire come ho sofferto io.
Credevi davvero che io potessi innamorarmi di te? Su Elena non ti facevo tanto
sciocca. Il mio cuore è sempre appartenuto a Katherine, e lei che ho amato ed è
lei che amo” mi disse serio, ma potei notare una punta di tristezza nei suoi
occhi.
Lui…lui non mi amava. Mi
aveva solo preso in giro. Era Katherine l’unica donna che avrebbe mai occupato
il suo cuore e io mi ero solo illusa di essere importante per lui, invece, era
tutto un gioco, tutta una stupida vendetta ai danni di suo fratello e non
gliene era importato nulla se a pagare le conseguenze dei suoi gesti fossi
stata io.
Poi mi venne in mente un
particolare che non coincideva con le sue parole. Se davvero amava Katherine
perché non aveva ceduto alla tentazione mentre erano chiusi nella cripta?
“E allora perché quando
lei ti ha provocato mentre eravate chiusi non sei caduto ai suoi piedi? Perché
non te la sei presa? Perché non hai ceduto?” gli urlai.
“Di che diavolo parli?”
Era stupito, sembrava non
avere idea davvero di ciò che gli stavo dicendo.
“Non ero ancora salita
sopra quel giorno, mi sono nascosta e vi ho sentiti, vi ho visti. Lei ti ha
buttato a terra salendoti sopra e dicendoti che potevate divertirti. E tu l’hai
scaraventata al muro, tu le hai detto che amavi me, gliel’hai detto guardandola
negli occhi. Non potevi fingere, eravate solo tu e lei, non sapevi che io ci
fossi e non c’era nessun’altro. Avresti potuto fare con lei tutto ciò che
volevi, avresti potuto amarla come sei così bravo a fare, ma non l’hai fatto”
Restò imperterrito per un
po’, poi tornò a sorridere malefico quasi.
“Credi davvero che non ti
avessi sentito? Che non avessi capito che eri lì e che ci stavi spiando? Faceva
tutto parte della recita” mi disse, ma mi sembrò tanto una scusa inventata al
momento.
A quel punto non riuscii a
trattenermi più. I singhiozzi aumentarono e lanciai un urlo talmente forte che
anche un sordo mi avrebbe sentito. Poi mi alzai dal letto e scaraventai a terra
tutto quello che c’era sulla scrivania continuando ad urlare come una
forsennata.
Una parte di me mi diceva
che le sue parole erano bugie, ma l’altra parte non si capacitava del perché
lui dovesse mentire in quel modo. A che pro farmi soffrire così se erano tutte
bugie?
“Io non ci credo, io ti
conosco” dissi abbassando il tono di voce.
“Tu credi di conoscermi,
ma nessuno riuscirà mai a conoscere quante tenebre ci sono dentro di me. Tu,
Stefan e tutti gli altri cercate di vedere il buono in me, ma non c’è, è
inutile che vi sprechiate tanto. Io e Katherine siamo più simili di quanto tutti
voi possiate credere” mi rispose lui sicuro di sé.
“Non è vero” continuai
ancora io con il chiaro intento di convincere me stessa piuttosto che lui.
“Io e lei ci completiamo.
È sempre stato così”.
“Sei un bugiardo” urlai.
“Credi quello che vuoi, ma
adesso che sai la verità possiamo finirla con questa recita, pertanto
apprezzerei che tu uscissi dalla mia camera. Gradirei dormire” mi disse freddo
e glaciale.
“Perché ti stai
comportando così?”
“Dopo tutto quello che ti
ho raccontato stai ancora a chiedermi perché? Ti ho dovuto sopportare per un
mese intero. Sempre appiccicati, non ne posso più” mi disse.
“Non puoi aver finto, io
non ti credo. Io so che tu mi ami, ma non capisco perché ti stai comportando
così”.
Volevo credere che niente
di ciò che mi aveva detto fosse vero, ma il dubbio, ormai, si era insinuato
come un tarlo dentro di me e più lo guardavo negli occhi più mi sembrava di
avere la testimonianza certa che le sue parole fossero vere.
“Finto? Beh diciamo che in
fondo con te non ho dovuto poi fingere così tanto”.
“Che vuoi dire?”
“Ti vedevo e vedevo
Katherine. Era lei che baciavo, era con lei che facevo l’amore. Tu eri solo
l’involucro che la conteneva”.
Non avevo più nulla da
dire, non dopo quelle parole.
Se fosse stato bene sarei
corsa da lui e lo avrei preso a pugni, a sberle fino a fargli male, ma non
potevo farlo. Non adesso.
Mi avvicinai e lo guardai
negli occhi e ci vidi la verità in quegli occhi, vidi che tutto ciò che aveva
detto era vero, vi lessi la consapevolezza della veridicità di quelle parole e
a quel punto non ebbi più dubbi.
Mi aveva preso in giro. Il
suo amore era falso tanto quanto lo era stato lui. Ero stata un gioco per lui,
uno strumento per vendicarsi del fratello.
“Mi fai schifo Damon” gli
dissi, poi mi voltai e mi diressi verso la porta.
Avevo bisogno di uscire da
lì.
“Meglio così” sussurrò
appena.
Appoggiai la porta alla
maniglia, ma prima di aprirla mi voltai di nuovo a guardarlo.
“Io non ho mai finto di
amarti invece. Il mio amore per te è sempre stato vero e sincero. Avrei dato la
mia vita per te” dissi più a me stessa che a lui, poi aprii la porta ed uscii da
quella camera che mi ricordava troppi momenti felici, momenti che a quanto
pareva erano finti.
Scesi di corsa le scale
pronta per uscire da quella casa, ma qualcuno mi fermò per un braccio.
“Che diavolo è successo?
Le tue urla si sentivano da fuori. Stavamo salendo a controllare” mi disse Rick
tenendomi ancora per il polso.
Vidi l’attenzione di tutti
posata su di me e in quel momento non sapevo bene come affrontare la cosa.
Avevo paura che rivelando
loro la verità tutti lì dentro avrebbero smesso di prodigarsi tanto per aiutare
Damon, per salvarlo.
Abbassai lo sguardo
cercando di non guardare gli occhi di Rick, non avrei saputo mentirgli
altrimenti.
In quel momento lui staccò
la presa dal mio braccio e si avvicinò posando in modo paterno le sue mani sul mio
viso. Rimasi con gli occhi bassi, ma quando percepii il suo sguardo fisso sul
mio non potei che far scontrare i suoi occhi con i miei.
“Elena sei sconvolta” mi disse dolcemente vedendo i
miei occhi rossi e le lacrime che ancora scendevano copiose “cosa è successo?”
concluse poi e nel suo sguardo potei vedere tutto ciò che, poco prima, per la
prima volta non avevo visto in quello di Damon: un senso infinito di
protezione.
“Damon…lui…” provai a dire
mentre i singhiozzi continuavano a non lasciarmi via di fuga “lui e Katherine…loro
erano d’accordo” riuscii solamente a dire prima di abbassare di nuovo lo
sguardo.
“Cosa?” fu l’urlo di
Bonnie e Jenna che erano a pochi passi dalle spalle di Rick.
“Lui l’ha aiutata in
questo folle piano. È stato tutto finto, noi due, la nostra storia era tutto
finto. Damon ama Katherine, sarà sempre lei” cercai di spiegare loro prima di
approfittare del momento di turbamento di Alaric per sfuggire dalla sua presa e
uscire correndo più che potevo da quella casa.
Corsi fino alla macchina e
in pochi istanti salii, misi in moto e sfrecciai via nella notte.
Non avevo una meta, né una
destinazione. Volevo solo allontanarmi da quella casa, allontanarmi dalla
verità che mi era sbattuta in faccia in modo così violento.
Avrei preferito che fosse
morto portandosi alla tomba quel segreto, avrei continuato a vivere sapendo che
ci eravamo amati in modo sincero e puro, invece no, come al solito lui doveva
rovinare tutti i piani.
Non mi amava, questa era
l’unica consapevolezza che avevo, l’unica certezza che si era impadronita di me
e faceva male, più male di ogni altra cosa, perfino più male del fatto che fin
dall’inizio era d’accordo con Katherine in merito a tutto quel folle piano.
Perché? Come aveva potuto
mentirmi così spudoratamente per tutto quel tempo? Come? Aveva finto anche in
passato? Anche durante la caccia a Klaus aveva finto di provare qualcosa per
me? Anche allora vedeva in me Katherine?
Era assurdo, non riuscivo
a credere alla cosa.
Con quelle parole aveva
spento ogni cosa in me, aveva premuto il tasto off alle mie emozioni, aveva
spento ogni mio soffio vitale, non c’era più conoscenza nel mio corpo non dopo
aver visto l’assenza di amore nelle sue mani fredde, non c’era più gioia nei
miei occhi ormai spenti.
All’improvviso con poche
semplici parole aveva messo la parola fine a tutto, non ci sarebbe stato più un
futuro con lui, tutto quello che poteva essere era già accaduto nonostante
fosse falso. Il riflesso di quello che credevo il nostro amore era ancora nei
miei occhi, ma lui era lontano, irraggiungibile, ed io ero ferma in mezzo al
nulla dentro una macchina, io galleggiavo alla deriva senza più forze in una
notte nera e fredda.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con il capitolo venti.
Damon è stato molto duro con Elena e
le ha detto tutto quello che pensava. Il loro amore era davvero basato su una
bugia? Su una vendetta di Damon ai danni del fratello?
Elena è distrutta, si sente presa in
giro, umiliata, respinta e cosa più grave sa che comunque vada perderà Damon
comunque.
A parte questo nessuna cura è stata
ancora trovata. Riusciranno a trovarla? E soprattutto dopo quello che Damon ha
detto siamo certi che gli altri saranno ancora disposti a cercare di aiutarlo,
a trovare un antidoto?
Certo Bonnie avrà avuto la conferma
che tutto quello che pensava di Damon non era altro che la verità.
E come prenderà la notizia Stefan non
appena rientrerà a casa insieme a Caroline?
Che succederà tra i nostri amati
fratelli Salvatore?
Abbiate pazienza e non uccidetemi. Ricordatevi
che se mi fate fuori non potrete sapere cosa sarebbe successo.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:
Avrei fatto qualunque cosa per farlo stare meglio,
qualunque cosa per salvargli la vita a qualunque costo. Avrei barattato perfino
la mia vita pur di salvare la sua.
Presi una sacca di sangue e tornai su.
“Dove vai?” mi chiese Bonnie preoccupata.
“Dove vuoi che vada? Da Damon, mi sembra ovvio”.
“Dovresti stargli lontano dopo quello che ti ha
detto”.
“Dovresti rispettare le mie decisioni” la rimbeccai
io infastidita prima di voltarle le spalle e dirigermi nella camera di lui.
Quando fui davanti alla porta la trovai socchiusa e
sentendo le voci capii che Stefan era lì dentro con il fratello.
Di sicuro gli altri avevano raccontato a lui e
Caroline quanto fosse successo mentre non c’erano e non ci voleva un genio per
capire che Stefan era andato a parlare con il fratello per capire le ragioni di
quel comportamento.
“Vorrei solo capire cosa ti salta in quella mente
bacata” gli disse il minore dei fratelli.
Non sapevo di cosa stavano parlando, ma non avevo
intenzione di andare via. Volevo sentire quel discorso, capire le vere ragioni
di Damon.
“Cosa dovrebbe passarmi? Le ho solo detto la
verità” gli rispose il maggiore mentre il mio cuore perse un battito.
Non potevo permettermi di piangere, non potevo
permettermi di farmi sentire dai sensi sviluppati di Stefan.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Avevo passato l’intera
notte fuori casa incurante del fatto che Katherine fosse ancora in giro e che
con molta probabilità se mi avesse trovata sola e indifesa com’ero ci avrebbe
messo una frazione di secondo a porre fine alla mia vita e a dire il vero,
forse, una parte di me lo sperava.
Del resto, ormai, nulla
aveva più alcun senso. Avevo perso Damon, il suo amore e presto lo avrei perso
in tutti i modi in cui una persona può essere persa.
Alle primi luci dell’alba
mi diressi nuovamente verso il pensionato Salvatore, quella che, ormai, per me
era la mia unica e vera casa.
Posteggiai davanti casa e
scesi dirigendomi verso l’ingresso.
Non appena aprii la porta
mi furono tutti addosso e con mio stupore notai che c’era perfino Caroline il
che significava che lei e Stefan erano tornati, ma non riuscivo a vedere lui.
Non ci badai più di tanto
e cercai di scostarmi da loro.
“Diavolo Elena ci hai
fatto preoccupare. Non si fa così” mi rimproverò Jenna.
“Hai lasciato il cellulare
a casa e sei sparita per tutta la notte” continuò Rick.
“Ti rendi conto che
Katherine è ancora lì fuori da qualche parte e che se ti avrebbe trovata a
quest’ora saresti un cadavere in mezzo al nulla?” mi disse Bonnie alzando la
voce.
“Smettetela di urlare”
iniziai a dire “ho mal di testa e voglio solo riposare. Non mi è successo nulla
e anche se così non fosse stato non sarebbe cambiato nulla” conclusi.
“Elena ti sei bevuta il
cervello? Che diavolo dici?” mi domandò Caroline seriamente preoccupata.
La guardai e nemmeno le
risposi, mi limitai ad allontanarmi e scendere in cantina per prendere una
sacca di sangue da portare a Damon.
Nonostante tutto ciò che
mi aveva detto, nonostante per lui fossi stata solo un gioco, non potevo
fingere che non mi importasse di lui, non potevo ignorare che fosse steso su un
letto in attesa della morte.
Avrei fatto qualunque cosa
per farlo stare meglio, qualunque cosa per salvargli la vita a qualunque costo.
Avrei barattato perfino la mia vita pur di salvare la sua.
Presi una sacca di sangue
e tornai su.
“Dove vai?” mi chiese
Bonnie preoccupata.
“Dove vuoi che vada? Da
Damon, mi sembra ovvio”.
“Dovresti stargli lontano
dopo quello che ti ha detto”.
“Dovresti rispettare le
mie decisioni” la rimbeccai io infastidita prima di voltarle le spalle e
dirigermi nella camera di lui.
Quando fui davanti alla
porta la trovai socchiusa e sentendo le voci capii che Stefan era lì dentro con
il fratello.
Di sicuro gli altri
avevano raccontato a lui e Caroline quanto fosse successo mentre non c’erano e
non ci voleva un genio per capire che Stefan era andato a parlare con il
fratello per capire le ragioni di quel comportamento.
“Vorrei solo capire cosa
ti salta in quella mente bacata” gli disse il minore dei fratelli.
Non sapevo di cosa stavano
parlando, ma non avevo intenzione di andare via. Volevo sentire quel discorso,
capire le vere ragioni di Damon.
“Cosa dovrebbe passarmi?
Le ho solo detto la verità” gli rispose il maggiore mentre il mio cuore perse
un battito.
Non potevo permettermi di
piangere, non potevo permettermi di farmi sentire dai sensi sviluppati di
Stefan.
“La verità? Damon io non
sono Elena te ne rendi conto? Smettila con queste balle. Puoi essere sincero
con me”.
“Fratellino vuoi farmi un
favore? Lasciami in pace, non rompermi l’anima ancora. Non vedi in che
condizioni sono? Goditi il momento e smettila”.
“Goditi il momento? Damon
sei mio fratello e l’ultima cosa che voglio è che tu soffra”.
“Mi hai sempre odiato,
adesso non fare il buonista come sempre”.
“Sei tu che hai sempre
odiato me. Io mi sono solo comportato di conseguenza, ma non c’è stato mai un
momento in cui ti ho odiato davvero. Piuttosto ho odiato me stesso per quello
che ti avevo fatto, per averti costretto a diventare un mostro”.
Damon non disse nulla, ma
da quel poco che potevo vedere dal suo sguardo vista la distanza, la cosa lo
aveva colpito parecchio.
In realtà io ero certa che
lui quelle cose le avesse sempre sapute, ma tra saperle, sospettarle e
sentirsele dire c’è una grande differenza.
“Mi dispiace” disse
solamente Damon.
“Di cosa?” chiese Stefan
stupito di quelle parole.
“Di tutto. Di averti fatto
la guerra per un secolo e mezzo, di averti fatto soffrire, di averti
disprezzato. Mi dispiace di averti fatto tutto questo male”.
Una lacrima scese senza
controllo dal mio occhio destro e in quel momento mi resi conto che, forse, era
questo il vero Damon, quello che aveva detto quelle cose al fratello e non la
persona che la sera prima mi aveva urlato quelle cose.
Era ovvio comunque che si
fosse aperto così tanto perché sapeva di essere sull’orlo del baratro
altrimenti non avrebbe mai messo da parte l’orgoglio.
“Hey, hai fatto una
battuta, sono io che dovrei scrivermela” scherzò Damon prima di iniziare a
tossire brutalmente.
Stefan si avvicinò a lui e
lo fece alzare un pochino e Damon smise di tossire, ma aveva una faccia
sconvolta.
Non sapevo cosa mi stava
trattenendo ad entrare, ma dovevo resistere.
Stefan prese una sacca di
sangue e la diede al fratello aiutandolo a bere.
“Grazie” si limitò a dire
Damon dopo averne bevuto un po’.
“Sono qui per questo” gli
rispose l’altro.
Ci fu un attimo di
silenzio, poi il minore dei fratelli riprese a parlare.
“Perché le hai mentito
così spudoratamente?”
Era chiaro che Stefan si
stesse riferendo a me e sperai che Damon gli desse una risposta, ma soprattutto
che ammettesse di aver mentito, anche se, ormai, la sua mi sembrava davvero la
più grossa balla mai sentita prima.
“Crederà che sono un
mostro, che lo sono sempre stato e che lo sono stato fino alla morte”.
Era per questo? Per questo
che mi aveva mentito?
“Perché? Perché deve
farlo?”
Stefan aveva preso a
piangere, lo percepivo perfettamente.
“Perché così sarà più
facile per lei dimenticarmi, sarà più facile che smetta di amarmi”.
Come aveva potuto dire
quelle cose? Perché? Aveva davvero detto di non amarmi solo per fare il mio
bene? Non era quello il mio bene, non lo era assolutamente.
Le lacrime iniziarono a
scorrere lungo le mie guance appannandomi la vista, ma cercai di restare in
silenzio, non potevo farmi sentire, non adesso.
“Non smetterà mai di
amarti e non riuscirà mai a dimenticarti anche se gli hai detto quelle cose.
L’amore che prova per te è troppo forte perché lei possa riuscirci. Adesso può
anche aver creduto alle tue parole, ma quando si siederà e ci rifletterà capirà
che sono state solo bugie. Ti conosce, forse ti conosce meglio di chiunque
altro, perfino meglio di me”.
“E tu dovrai farglielo
credere invece. Stefan, voglio che tu la convinca che ciò che le ho detto è la
verità. Non so come, inventati qualcosa, ma fai in modo che ci creda”.
“Non lo farò, non posso
farlo. Non la farò soffrire in questo modo, non le farò credere di aver amato
un mostro”.
“Cazzo Stefan la conosci.
Soffrirà comunque, solo che in quel modo forse riuscirà a rassegnarsi”.
“Damon…” provò a dire, ma
lui lo interruppe.
“Devi promettermelo questo
e anche un’altra cosa, un’altra cosa che è di vitale importanza per me”.
“Cioè?”
“Promettimi che la
proteggerai anche a costo della vita e la farai sempre sentire al sicuro. Le
starai sempre vicino e le farai capire che la ami. Devi riuscire a farla
innamorare di nuovo di te e soprattutto dovrai renderla felice sempre”.
“Damon…”
“Giuro che se le vedrò
versare una lacrima ti renderò la vita un inferno anche dalla tomba.
Promettilo”.
“Te lo prometto, ma non
chiedermi di mentirle, non ne sarò capace. Lei saprà la verità, lei saprà che
lei hai mentito ieri”.
“Da quando sei così
testardo?” gli chiese Damon.
“Da quando sono fermamente
convinto in quello in cui credo”.
“Ma fammi il piacere” ci
scherzò su Damon.
Sorrisero entrambi e io
non potei che fare lo stesso. Mi si rallegrava il cuore a vederli comportarsi
da fratelli.
“L’hai fatta sentire uno
schifo. Rick dice che era sconvolta. Non sappiamo neppure dove sia” gli disse
Stefan, ma stranamente gli vidi volgere lo sguardo verso la porta.
Prima che potessi anche
solo pensare che si fosse accorto di me distolse lo sguardo e prese a fissare
il pavimento.
Aveva un’espressione
strana, sembrava tranquillo nonostante avesse appena comunicato al fratello che
ero chissà dove e di certo rischiavo la vita con Katherine in giro.
“Cosa? Come diavolo avete
potuto farla uscire?” prese a dire Damon come impazzito.
Il suo volto era una
maschera di preoccupazione.
“Io e Caroline non
c’eravamo e gli altri non hanno saputo trattenerla. Erano sconvolti per quello
che lei gli ha detto. Bonnie ha perfino smesso di cercarti una cura” gli
spiegò, ma era troppo tranquillo per essere uno che mi sapeva fuori in
pericolo.
“Al diavolo Bonnie.
Dobbiamo andare a cercare Elena”.
Dopo aver pronunciato
quelle parole sentii Damon tossicare e quasi alzarsi dal letto, ma Stefan lo
fermò.
“Tu non vai da nessuna
parte. Non sei in grado di fare nulla al momento”.
“Stefan tu non capisci. È
di Elena che stiamo parlando. Non me lo perdonerei mai se le succedesse
qualcosa a maggior ragione sapendo che la colpa è mia”.
“Damon calmati”.
“Damon un cazzo. Dobbiamo
cercarla, dobbiamo trovarla. Mi sono comportato come uno stronzo”.
“Uno stronzo? Non è questa
la parte che hai sempre voluto mostrare di te?” gli domandò il fratello
sarcastico.
Damon abbassò lo sguardo
senza dire nulla.
“Capisci adesso perché ho
deciso di tornare a Mystic Falls dopo averla salvata dall’incidente? L’ho
capito subito quando l’ho guardata. Elena ha il potere di cambiare le persone e
ha cambiato te”
“Non lo so cosa ha fatto,
so solo che io la amo più di ogni altra cosa al mondo e solo ora mi rendo conto
che non voglio e non posso morire sapendo che lei mi odia e ne avrebbe tutti i
diritti dopo quello che le detto”.
A quelle parole mi
asciugai le lacrime e sorrisi.
Come avevo potuto pensare
che lui mi avesse sempre mentito? Come avevo potuto pensare che lui non mi
amasse.
A quel punto non c’è la
feci più ed entrai in stanza sbattendo la porta con un rumore sordo.
Stefan si irrigidii
all’improvviso, ma mi sorrise mentre Damon mi osservò con uno sguardo che non
seppi decifrare.
Lo guardai furente perché
nonostante tutto ero arrabbiata per il piano fallito di Damon, poi guardai
Stefan.
“Era ora che entrassi” mi
disse solamente quest’ultimo.
Mi immobilizzai subito.
Possibile che lui mi avesse sentito arrivare? Ero stata talmente silenziosa.
“Tu sapevi che ero fuori?”
domandai cercando di calmarmi.
“Elena sono un vampiro,
era ovvio che ti avessi sentita arrivare”.
A quel punto Stefan guardò
il fratello, il quale gli lanciò uno sguardo furente comprendendo che l’aveva
spinto a dire la verità proprio per farla sentire a me.
“Prima o poi mi
ringrazierai” gli fece notare Stefan.
“Come se mi fosse concesso
un poi” commentò sarcastico Damon certo, ormai, che la sua fine fosse giunta.
Non sapeva, però, che
avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarlo. Lui non sarebbe morto, non poteva
morire. Non era possibile.
Stefan scosse la testa e
poi si decise ad uscire. Mi passò una mano sulla spalle e mi fissò per qualche
secondo.
“Era il suo modo per
proteggerti, per tenerti lontano da tutto questo. Prova a capirlo” mi sussurrò
all’orecchio prima di uscire comprendendo che ero arrabbiata per la situazione.
Quando la porta si chiuse
alle sue spalle presi a guardare Damon con sguardo infuriato.
“Perché?” riuscii a dirgli
solamente mentre ciò che volevo dirgli davvero erano altre cose, ma non
riuscivo ad agitarmi troppo vedendolo in quello stato.
“Cosa hai sentito?” mi
domandò.
“Quanto basta per
prenderti a calci”.
“Cosa aspetti allora?”
“Damon non sono in vena di
scherzare, ok. Togliti la maschera di buffone e fai il serio” gli dissi alzando
la voce e alterandomi leggermente.
Era inconcepibile che
ancora la voglia di fare battutine non gli fosse passata.
“Cosa dovrei dirti? Dovrei
chiederti scusa per ciò che ti ho detto ieri? Avevo i miei buoni motivi per
farlo perché per proteggerci sarei disposto a fare qualunque cosa, anche a
fingere come ho fatto ieri e sinceramente se mio fratello non avesse fatto il
buon samaritano non avresti mai scoperto che erano delle bugie quelle che ti ho
detto”.
“Perché?” dissi soltanto.
Volevo una spiegazione,
seppur minima che mi facesse capire davvero cosa gli passava in quella testa
bacata.
“Perché cosa?”
“Perché devi sempre
sottovalutare l’amore che provo per te?”
“Non lo sto facendo”.
“Si, invece. Perché se
davvero tu ti rendessi conto di quanto ti amo non avresti detto quelle cose.
Non mi avresti chiesto di infilarti un paletto nel cuore, ma avresti lottato
fino alla fine per riuscire a sopravvivere, non mi avresti riempito di bugie
solo per cercare di farti odiare, solo per farmi cambiare opinione sul tuo
conto perché avresti capito che nessuna cosa che avresti mai potuto dire mi
avrebbe fatto smettere di amarti e non avresti chiesto a Stefan di farmi
innamorare di nuovo di lui perché avresti saputo che dopo aver amato così
intensamente una persona come io amo te non la si può dimenticare né sostituire.
Mi hai praticamente servita a Stefan in un piatto d’argento senza sapere cosa
ne pensavo io”.
“Se l’ho fatto è solo
perché voglio che tu possa essere felice”.
“Volevi che fossi felice
odiando il ricordo che avevo di te?”
“Si” mi rispose sincero.
“Sei un’idiota Damon.
L’idiota più colossale che io abbia mai conosciuto”.
Lui non rispose, abbassò
solamente lo sguardo e in quel momento mi avvicinai al letto e mi sedetti
vicino a lui guardandolo, ma non toccandolo.
“Avresti preferito che
ripensassi a quelli che sono stati i momenti migliori di tutta la mia vita
dandomi della stupida per non aver capito che erano finti, che tu mi stavi
prendendo in giro?”
“Elena volevo solo che tu
riuscissi a dimenticarmi e potessi andare avanti, ma ero certo che una minuscola
parte del tuo cuore avrebbe capito che erano tutte bugie. Una parte, però,
talmente minuscola che forse non ti saresti neppure accorta di avere”.
Non dissi nulla. Restai in
silenzio per qualche secondo, poi gli passai la sacca di sangue che gli avevo
preso.
Luimi ringraziò con lo sguardo poi iniziò a bere
avidamente. Potevo percepire quanto bisogno ne avesse.
“Mi avevi fatto una
promessa” dissi quasi in un sussurro.
Sapevo che avrebbe capito
che mi riferivo al fatto che aveva promesso che saremmo stati insieme per
sempre.
“Lo so, ma quando ho visto
quel lupo avventarsi su mio fratello mi sono premurato di mantenere un’altra
promessa. In quel momento non ho pensato ad altro”.
“Di che parli?”
“Avevo sette anni quando
mia madre morì. Era molto malata, ma ciò che la preoccupava di più era lasciare
me e Stefan. Mamma è stata l’unica a non aver mai fatto preferenze, lei voleva
bene a me esattamente come ne voleva a Stefan, per lei non c’erano prime o
seconde scelte, lei ci amava entrambi. La sera in cui morì mi intrufolai di
nascosto nella sua camera, volevo vederla anche se mi era stato vietato.
Avevano tutti paura che potesse contagiare qualcuno. Quando mamma mi vide mi
disse di andare via, ma non lo feci, volevo stare con lei” iniziò a raccontarmi
perdendosi nei ricordi.
Non si era mai davvero
aperto così tanto nemmeno con me e non sapevo se interpretarlo come qualcosa di
positivo o meno.
“Restai lì per un po’ e io
ero un bambino troppo sveglio per la mia età. Sapevo che, forse, quella sarebbe
stata l’ultima volta che la vedevo. Mi disse che sarebbe andata lontano, in
cielo, ma che avrebbe sempre vegliato su di me e su Stefan. Mi chiese di essere
ubbidiente con mio padre e soprattutto mi chiesi di prendermi cura di mio
fratello. Le promisi che mi sarei occupato di lui, che lo avrei protetto
sempre, che avrei dato la vita per lui, per quel fratellino che tanto amavo.
Poi la governante mi trovò lì e mi mandò fuori, ma quella promessa non la
dimenticai mai”.
“Tua madre…” provai a dire
non sapendo nemmeno bene cosa volessi dirgli, ma non ne ebbi comunque la
possibilità perché lui mi interruppe prima ancora che riuscissi a dire
qualcos’altro.
Aveva gli occhi quasi
vitrei ed ero certa che nella sua mente stava rivivendo alla perfezione quegli
attimi di vita indelebili per lui, mentre io stavo lottando con le lacrime per
impedire loro di uscire.
“Mia madre è stata la
prima donna che ho amato davvero, quella che amerò per il resto dei miei giorni
e le ho fatto una promessa in punto di morte e le promesse in punto di morte
vanno rispettate sempre e comunque, ad ogni costo. Ho fatto tanto male a
Stefan, gli ho reso la vita impossibile per tanto tempo, troppo forse e
nonostante l’inferno che gli ho fatto passare, nonostante l’odio che ho
accumulato verso di lui mi sono sempre assicurato che mai nessuno gli torcesse
un capello, non lo avrei permesso”.
Non dissi nulla
consapevole che quello che doveva dirmi non fosse finito.
“Era come se concedessi
solo a me stesso di ferirlo, nessun altro poteva farlo. E probabilmente sarebbe
andata avanti così all’infinto se lui non avesse deciso di tornare a Mystic
Falls e non avesse conosciuto te. Stefan aveva permesso che Katherine morisse,
ma soprattutto lui se l’era presa e io non potevo accettarlo, non potevo vivere
con la consapevolezza che non ero l’unico per la donna che amavo e Dio solo sa
quanto Katherine sia stata importante per me. È stata l’unica donna dopo mia madre
che ho amato e doveva essere solo mia. Ho odiato mio fratello per secoli, ma forse
quel sentimento non è mai stato davvero odio. Quando ho visto quel lupo
scaraventarsi su di lui l’unica cosa che ho pensato era che dovevo proteggerlo.
Che poi quella bestia mi abbia morso è stato un caso. Mi sono distratto a
vedere se Stefan stesse bene e quello ne ha approfittato, ma va bene così,
forse per la prima volta nella mia non-vita sono orgoglioso di me stesso e
delle mie azioni” concluse lui sicuro di sé.
Fu a sentire quelle parole
che non c’è la feci più a stargli lontana, nonostante una piccola parte di me
fosse ancora arrabbiata per ciò che aveva fatto, nonostante avrei voluto
prenderlo a pugni per aver solo pensato che io avessi potuto dimenticarmi di
lui.
Mi avvicinai e mi sdraiai
accanto a lui sul letto. A quel punto lui si sollevò leggermente mettendosi
quasi seduto e appoggiando la testa al cuscino, poi allargò un braccio per
invitarmi ad avvicinarmi e non me lo feci ripetere due volte. Appoggiai con estrema
delicatezza il mio volto al suo petto mentre con le mani lo stringevo a me.
“Ti amo Damon e non farti
progetti perché nessuna cosa Stefan o chiunque altro potrà dire o fare cambierà
questo dato di fatto” gli sussurrai piano baciandogli il petto seppur coperto
dalla maglietta.
Lui rimase in silenzio per
un po’, poi prese a parlare.
“Mi dispiace”.
“Per cosa?”
“Per quello che ti ho
detto, per come l’ho detto e per le parole che ho usato. Non pensavo nessuna di
quelle cose che ho detto, nessuna. Era l’unico modo che ho trovato per riuscire
a farti dimenticare di me anche a costo di farmi odiare”.
“Non ti avrei mai potuto
odiare, io ti amo, ti amo come non ho mai amato in vita mia”.
“E mi dispiace soprattutto
perché non posso mantenere la promessa che ti ho fatto, ma in qualche modo io e
te saremo sempre insieme. Sarò sempre accanto a te, non mi vedrai, ma mi
sentirai. Sarò qui sempre” mi disse.
Fu in quel momento che lo
sentii per la prima volta piangere e a conferma che non mi fossi sbagliata
sentii qualcosa bagnare il mio volto, una lacrima che si univa a quelle tante
che stavo già versando io.
Piansi più forte che potei
incurante di far soffrire anche lui in quel momento. Avevo un disperato bisogno
di sfogarmi.
“Non posso Damon, non
posso perderti” gli sussurrai tra un singhiozzo e l’altro.
“Hey, piagnona sono ancora
qui” mi disse sorridendo beffardo.
Alzai gli occhi verso di
lui e nonostante le sue guance erano rigate di lacrime vidi la sua espressione
sorniona, la solita espressione di quando mi prendeva in giro, ma in quel
momento non ero in grado di reggere quel nostro gioco, non c’è la facevo, il
dolore era troppo forte.
Come diavolo potevo
accettare di vederlo morire sotto i miei occhi? Semplice: non potevo.
La morte della persona che
si ama è uno scollamento esistenziale, l'aprirsi di una voragine sotto i piedi
della vita, lui scivola aleggiando nelle pieghe dell'infinito, mentre tu resti
sul ciglio dell'abisso a contemplare l'immensità della tua impotenza.
Era così che mi sentivo,
era questo quello che mi sarebbe toccato quando Damon avrebbe chiuso gli occhi
per sempre.
Solo adesso che potevo
sentire le sue braccia stringermi a me mi rendevo davvero conto di quello che
il mio vampiro aveva voluto fare dicendomi la sera prima tutte quelle cose.
Damon non era più quello
di prima, non era più quel vampiro cinico e senza cuore che era al suo arrivo,
era una persona diversa, migliore, ma in realtà era sempre lo stesso, solo che
era riuscito a tirare fuori tutto il meglio che aveva e adesso stava rischiando
di perdere tutto.
Damon non era più quello
di prima, quello a cui non importava nulla degli altri. Anche se l’aveva
beffata per tutta una vita, la morte si era insinuata dentro di lui e adesso
che questa bruciava sulla sua pelle si sentiva indifeso, aveva paura di tutto,
il suo stesso volto lo spaventava e per questo voleva fare di tutto per allontanare
coloro a cui voleva bene, specialmente me.
Io non lo avevo capito
subito, forse perché ero troppo una parte in causa, ma Stefan, lui se ne era
reso conto per fortuna e in fondo dovevo ringraziarlo perché senza di lui molto
probabilmente Damon avrebbe continuato a fingere parlottando di un accordo con
Katherine che non era mai esistito.
“Amore?” mi chiamò e solo
allora mi resi conto che era la prima volta che lo faceva, ma non mi aveva mai
dato fastidio la cosa semplicemente perché sapevo che lui non era il tipo da
grandi gesti e dimostrazioni d’affetto.
Lui era quello che era in
grado di guardarti negli occhi e con la sola forza dello sguardo era capace di dimostrarti
quanto grande fosse il suo amore.
Sorrisi nel sentirgli
pronunciare quella piccolissima parola, ma cercai di non dare a vedere questa
mia contentezza, non volevo che lui si sentisse obbligato a chiamarmi sempre
così perché sapeva di rendermi felice.
Alzai leggermente la testa
non scostandomi, però, dal suo petto e lo guardai come a fargli capire che lo
stavo ascoltando e che poteva continuare.
“Sei tutta la mia vita
adesso” mi disse guardandomi intensamente negli occhi.
Ghiaccio contro cioccolato. Non c’era lotta che teneva.
“E prima allora?” gli
chiesi per spezzare quella tensione che si era irrimediabilmente creata.
“Cosa?”
Non aveva capito, glielo
si leggeva in faccia.
“Voglio dire prima dov’era
la tua vita? Cos’era la tua vita?”
Lo vidi rifletterci su
qualche secondo poi prese a parlare.
“La mia vita prima? La mia
vita prima non era vita. Era soltanto attesa”.
A quelle parole non
resistetti più e mi avvicinai con foga per baciarlo.
Lo vidi mugugnare per il
dolore e cercai di essere più calma e delicata, ma non potevo staccarmi dalle
sue labbra. No, non ci riuscivo.
Con molta probabilità
quello era uno degli ultimi, se non davvero l’ultimo momento che ci restava per
poter stare insieme, abbracciati l’uno all’altra e non potevo sprecarlo.
Quando ci staccammo
appoggiai nuovamente il mio volto al suo petto e lo strinsi a me facendomi
cullare dalle sue braccia.
Mi serviva un contatto con
lui che avrei dovuto ricordare per il resto della mia vita, se di vita potevo
parlare dopo che lui se ne sarebbe andato.
Su una cosa aveva ragione.
Io ero la sua vita esattamente come lui era la mia.
No, non potevo sopportare
quella situazione, non potevo sopportare la sola idea di perderlo per sempre,
proprio non ci riuscivo.
Se questo era quello che
mi attendeva, se questo era la vita che si prospettava davanti a me, beh non
avevo dubbi: qualcuno doveva fermare il mondo, il mio mondo. Elena Gilbert
voleva disperata scendere.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Lo so, avrei dovuto postare domani che
è martedì, ma purtroppo domani sarò tutto il giorno fuori casa quindi non avrei
potuto.
Mi sono detta: o posto oggi quindi in
anticipo di un giorno oppure mercoledì e quindi in ritardo di un giorno. Soluzione?
Ho deciso di postare oggi. Esse in anticipo è sempre meglio che essere in
ritardo e visto che sono una ritardataria cronica, almeno stavolta ho deciso di
non esserlo.
Come vedete le parole di Damon era
tutte delle bugie, ma quasi tutti di voi lo avete supposto, alcuni l’hanno
sperato, ma insomma era chiaro quasi a tutti che Damon non poteva davvero
pensare quelle cose, non dopo tutto quello che aveva fatto per avere la sua
Elena.
Abbiamo visto alla fine un lato umano
di Damon, la promessa alla madre e la consapevolezza di avere fatto tanti
errori anche e soprattutto con suo fratello.
Damon nei riguardo di suo fratello è
uno di quelli che dice: “avrei voluto dare un pugno a mio fratello tanto tempo
fa e ancora adesso, ma certo non permetterò a te di farlo”. Credo che calzi a
pennello la cosa.
I ragazzi, però, non hanno ancora
trovato nessuna cura. Ci riusciranno? Il tempo stringe. Speriamo.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:
“C’è un modo per salvarlo? Voglio dire, non voglio
che tu mi dica come, voglio solo sapere se sei a conoscenza di una qualunque
possibilità perché si salvi” chiesi a Katherine e solo Dio sapeva quanto mi
erano costate quelle parole, eppure per Damon avrei fatto di tutto.
“Cosa ti fa credere che se lo sapessi te lo direi?”
“Perché non faresti del bene solo a me, ma anche a
lui e Stefan e a quanto pare credo che siano gli unici a cui tieni anche se in
modo un po’ strambo e inusuale”.
“Vorrei poterti dire che c’è, ma che non te la
rivelerei mai, ma purtroppo non esistono cure, non esistono antidoti. Fidati,
cammino su questa terra da quasi trecento anni e non ho mai visto nessun
vampiro guarire da un morso di licantropo. La vita di Damon è segnata. Anzi, se
vuoi un consiglio, infilagli un paletto nel cuore e fallo morire in pace”.
“Non lo farei mai. Troverò il modo di aiutarlo”.
“Non esiste Elena, non esiste nessun modo. L’unica
cosa che può aiutarlo è che qualcuno velocizzi i tempi uccidendolo”.
“Nessuno di noi lo farà” gli dissi sicura di me.
“Conosco Damon e quando capirà che nessuno lo farà
con ogni probabilità lo farà da solo. Ucciderlo è l’ultimo atto di gentilezza
che potreste fare per lui”.
“Gentilezza? Sarebbe gentile ucciderlo?” le urlai.
“Morirà comunque Elena, avrà fatto pure i suoi
errori, ma non merita certo di finire i suoi giorni in questo modo”.
“Che ne sai tu? Che cavolo ne sai tu? L’hai ridotto
tu così, sei stata tu ad ucciderlo. Se morirà così sarà solo colpa tua” le urlai
con tutta la rabbia che avevo dentro.
“Posso farlo io” mi disse solamente.
“Cosa?” chiesi curiosa.
“Posso porre fine a tutto questo se voi non volete
farlo. È quello che lui vorrebbe”.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Un bacione e grazie ancora.
LEGGETE: Per chi non l'avesse capito, nella foto c'è della cenere. Detto questo voglio dirvi che questa storia è arrivata
quasi alla conclusione, manca davvero pochissimo e visto che i capitoli
mancanti sono giù quasi tutti scritti (sono avanti con la scrittura rispetto a
voi) mi sono cimentata in un’altra storia sempre rigorosamente Delena. Vi
lascio il link se a qualcuno verrebbe voglia di leggerla. Si intitola: “I nowlike you as you are”
Cosa succederebbe se a causa di un incantesimo i nostri amati
personaggi finissero in un Universo parallelo? E se lì incontrassero i loro “se
stessi” del futuro? È questo che succederà quando, dopo un incantesimo
sbagliato, Elena, Damon, Stefan e tutti gli altri si troveranno costretti a
convivere con la loro copia futura. Cosa scopriranno? Di lì a cinque anni la
loro vita sarà la stessa, oppure cambierà qualcosa? I legami e i rapporti di
coppia saranno sempre gli stessi? Come reagirà elena quando scoprirà che nel futuro la sua vita e quella di
tutti gli altri sarà inesorabilmente cambiata? Può una sola, unica scelta
cambiare la vita? E pensare che tutto ha inizio con una semplice confessione:
“Tu mi piaci ora, così come sei”.
Erano passati due giorni
da quando io e Damon avevamo chiarito tutta la questione in merito alle bugie
che mi aveva detto per cercare di tenermi lontana da lui.
Gli altri erano stati ben
contenti di scoprire che erano tutte bugie e seppur mi sembrava strano, mi era
parso di vedere anche Bonnie rasserenarsi. Sembrava come se lei avesse creduto
davvero alle parole di Damon, ma allo stesso tempo una parte di lei non voleva
crederci e sapere che erano solo bugie l’aveva sollevata tantissimo.
Purtroppo in quei due
giorni non eravamo riusciti a trovare una cura per Damon nonostante tutti ci
impegnassimo tantissimo per farlo. Neppure Tyler in quanto licantropo aveva
idea di come aiutarlo.
Aveva cercato di scovare
nei suoi ricordi relativi al periodo in cui era andato via con Jules ogni
possibile reminiscenza che potesse condurlo alla soluzione del problema, ma non
ne era uscito nulla.
A suo dire, Jules non gli
aveva mai parlato di una possibile cura per il morso di licantropo e io
iniziavo a perdere attimo dopo attimo tutte le speranze.
Damon nel frattempo peggiorava
sempre di più ed erano iniziate quello che più temevo: le allucinazioni.
Aveva, infatti, iniziato a
confondere la realtà con la sua immaginazione, ma soprattutto il presente con
il passato.
Ero nel bagno nella stanza
di Damon e mi stavo lavando la faccia cercando di eliminare ogni traccia di
pianto anche se visti gli occhi gonfi e rossi i risultati di fare un buon
lavoro sarebbero stati davvero irrisori. Sembrava come se mi avessero preso a
pugni talmente sconvolto era il mio viso.
Non volevo farmi vedere
debole e fragile, Damon doveva potermi guardare negli occhi nei suoi momenti di
lucidità e capire che io ero certa che ci fosse una soluzione, che io ero certa
che non sarebbe morto.
Io dovevo essere
assolutamente la mia e la sua forza perché entrambi ne avevamo bisogno. E nonostante
dentro tutte le mie speranze si stavano sciogliendo come neve al sole, al di
fuori non potevo mostrarmi così debole e indifesa.
Mi asciugai con una
tovaglia e poi mi diressi di nuovo in stanza con lo sguardo puntato sul
pavimento, ma non appena alzai gli occhi vidi l’ultima cosa che avrei creduto
di vedere e la mia espressione era una maschera di stupore, preoccupazione e
incredulità.
Vicino al letto c’era la
mia esatta copia che accarezzava delicatamente il viso di un Damon dormiente.
Era talmente intenta a
guardare il volto di lui che non si era neppure accorta che fossi appena
apparsa in stanza.
“Mi dispiace Damon, non
sarebbe dovuta finire così” le sentii sussurrare e mi stupì di quelle parole.
Perché le aveva
pronunciate? Perché sembrava seriamente dispiaciuta? Ma soprattutto con che
coraggio si presentava qui dopo quello che aveva fatto?
Mi domandai come mai
Stefan o Caroline con il loro super udito non l’avessero sentita arrivare, ma
mi ricordai subito dopo che non potevano averla sentita perché erano tornati a
casa Martin per cercare altre informazioni per il nostro problema nei vecchi
libri dello stregone.
Mi voltai e vidi la tenda
della camera svolazzare e la finestra era del tutto spalancata, segno che la vampira
fosse entrata da lì.
La rabbia iniziò a
ribollire dentro di me e mi mossi di qualche passo cercando di avvicinarmi e fu
allora che la lei si accorse della mia presenza e subito scostò la mano dal
volto di Damon e grazie alla sua velocità vampiresca raggiunse la finestra pronta
a saltare da lì per uscire.
“Katherine, aspetta” le
dissi in tono quasi implorante.
Non avevo idea del perché
l’avessi fatto, ma quelle parole bastarono a farla bloccare all’istante.
“Non sarei mai dovuta
venire” mi disse dandomi ancora le spalle.
“E perché l’hai fatto
allora? Perché sei qui?” le urlai stavolta in preda alle lacrime.
Era lei la responsabile di
quello che era successo a Damon e io non avrei mai potuta perdonarla. Gli
avrei, forse, perdonato tutto perché era nel mio carattere cercare e trovare
del buono in tutti, ma quello, no, quello non potevo perdonarglielo.
Mi aveva strappato l’uomo
che amavo, l’unico uomo che, con ogni probabilità, avrei mai amato con
quell’intensità.
“Ciò che mi ha spinto a
venire non ha importanza. Addio Elena” mi disse in tono neutrale continuando a
darmi le spalle.
Mi avvicinai di qualche
passo e ripresi a parlare.
“Aspetta. Devo sapere una
cosa prima che tu vada via” le dissi cercando di calmarmi.
“Cosa?”
“Perché?”
“Perché cosa?”
“Perché hai permesso
questo? Perché hai portato quel licantropo con te? Perché li volevi morti
entrambi?”
Quando terminai di parlare
lei rimase in silenzio per qualche secondo, poi lentamente si voltò verso di me
dandomi la possibilità di guardarla negli occhi e ciò che vidi mi lasciò senza
parole.
I suoi occhi erano velati
di lacrime, lacrime che ero certa lei non avrebbe mai permesso di scendere, ma
c’erano. Erano lì sull’orlo dei suoi occhi che lottavano per scendere.
Non avevo mai visto
Katherine in procinto di piangere, non credevo neppure che fosse possibile.
“Non li ho mai voluti
morti, nessuno dei due” mi disse fissandomi negli occhi.
“Non sembrerebbe da come
ti sei comportata”.
“Se non avessi agito in
quel modo mi avrebbero ucciso loro e tu conosci già il mio motto. Meglio gli
altri che io. Stefan e Damon non mi avrebbero mai lasciato vivere. Dovevo
intervenire”.
Quando terminò di parlare
ogni traccia di lacrima scomparve dai suoi occhi e mi domandai se davvero io le
avessi viste o se fosse stato tutto frutto della mia immaginazione.
Molto probabilmente quella
corretta era la mia seconda ipotesi.
“Dovevi vendicarti di me,
non di loro”.
“Hai ragione”.
Mi stava dando ragione?
Era forse impazzita? Che diavolo era successo alla Katherine che conoscevo?
“Non sono impazzita Elena”
mi disse come se mi avesse letto nel pensiero “semplicemente il mio piano mi è
sfuggito di mano. Dovevi essere tu a soffrire, non loro”.
“Credi che io non stia
soffrendo?” le urlai come una pazza conscia del fatto che Damon era troppo
debole e non si sarebbe svegliato visto che si era appena messo a dormire “mi
hai portato via l’uomo che amo” continuai.
“L’ho portato via anche a
me” si limitò a rispondermi lei.
“Che vuoi dire?”
“Amo Stefan, lo amo
davvero. È stato e sarà l’unico uomo che io abbia mai amato e che mai amerò, ma
anche Damon per me è sempre stato importante e lo anche adesso. Sono state le
uniche due persone da quando sono diventata una vampira per le quali mi sia mai
importato qualcosa e non era questa la fine che volevo per loro. Non volevo che
Damon soffrisse anche nella morte, come se non avesse già sofferto abbastanza
durante la sua vita, e non volevo che Stefan perdesse suo fratello, né che mi
odiasse ancora più di prima se possibile. Volevo solo fare del male a te, tu
che mi hai portato via loro, ma mi è sfuggito tutto di mano perché il
sentimento che unisce loro a te è perfino più forte di quello che unisce me a
loro e questo non l’ho mai compreso a pieno, mai fino ad ora” prese a dire
credo con tutta la sincerità che potesse avere.
“Volevi farmi del male?
Cosa aspetti, Katherine? Sono sola. Stefan e Caroline non ci sono e lo sai
meglio di me altrimenti ti avrebbero sentita arrivare e sarebbero già qui e gli
altri non ci sentono e non verranno. Siamo solo io e te. Una vampira
sanguinaria e il suo peggior nemico che altri non è che una fragile umana.
Avanti, Katherine, uccidimi” le dissi quasi implorante.
Lei scosse la testa e
sorrise quasi sardonica.
“Non ti ucciderò Elena,
non lo farò”.
“Avevi promesso che dopo
avermi fatto soffrire, dopo avermi portato via le persone che amavo mi avresti
fatta fuori. Mantieni la tua promessa”.
La vampira mi osservò
attentamente e mise su nuovamente la sua espressione menefreghista e senza
cuore.
“Ho cambiato idea. Credo
che lasciarti in vita adesso che Damon morirà sarà la punizione migliore per
te” mi disse.
Ci avevo davvero visto del
buono in lei fino a cinque minuti prima? Come avevo potuto? Katherine era
sempre la solita, non sarebbe mai cambiata.
“Perché sei venuta qui
allora? Che diavolo speravi di ottenere?” le urlai in faccia arrabbiata.
Non avevo paura di lei,
non più. Non avevo più nulla da perdere.
“Vuoi la verità Elena? La
vuoi davvero?” mi chiese.
“Si”.
“Bene, ti accontenterò.
Quando qualche mese fa ho deciso di tornare a Mystic Falls volevo solo vendicarmi
di te, di te stupida umana che avevi rubato il cuore non a uno, ma ad entrambi
i Salvatore. Ho cercato di fare qualunque cosa per portare avanti il mio piano
fino alla fine, ma qualcosa è andato storto nel momento in cui mi avete
rinchiuso nel seminterrato. In quel momento mi sono detta che non c’era nulla
che potessi fare per ferirti, per farti del male, perché tu avevi qualcosa che
io non avevo. Avevi Stefan, avevi Damon e soprattutto avevi degli amici. Io non
avevo nulla da perdere in questa storia, ma ognuno di voi si e molto e io non
ho considerato questo, non ho considerato che era questa la vostra forza,
l’unione. Io ero sola, voi eravate in tanti” iniziò a dire lei.
Provai ad interromperla
per dire qualcosa, ma lei non me lo permise.
Mi guardò con il suo
tipico sguardo da “comando io” e riprese a parlare.
“Fammi finire” disse prima
di cominciare nuovamente “chiusa in quel seminterrato mi sono detta che se
sarei riuscita ad uscire avrei abbandonato il mio piano che mai come in quel
momento mi sembrò folle. Decisi che se sarei stata libera me ne sarei andata
lontano da qui,
dove Stefan e Damon non mi
avessero potuto trovare. Sapevo che Damon non me l’avrebbe fatta passare
liscia. Lui non ama le persone che gli pestano i piedi e mi avrebbe cercato anche
in capo al mondo, ma sapevo che Stefan e tu l’avreste convinto a lasciar
perdere perché ciò che contava era che io mi fossi tolta dai piedi, ma poi ho
capito che tu e Stefan non stavate più insieme, ho capito che tu ti eri
innamorata di Damon e stavate insieme ed è stato allora che mi sono resa conto
che fuggire non sarebbe servito a nulla. Damon non si sarebbe fatto convincere
da nessuno, lui mi avrebbe cercata dappertutto e non si sarebbe dato pace fino
a quando non mi avrebbe trovato. Non si trattava più solo di te in quanto donna
che lui amava, ma si trattava di te in quanto sua donna. Eri sua e nessuno
meglio di me sa quanto Damon voglia e sappia marcare stretto il suo territorio.
Non avevo scelta. O loro o io e ovviamente ho scelto me stessa nonostante mi
sia costato farlo. Ed ecco spiegato perché sono qui. Sono qui perché prima di
sparire avevo bisogno di vedere quello che ho combinato. Ho visto prima Stefan
chiuso nella sua camera a piangere e adesso ho visto Damon ormai andato. Adesso
posso sparire da qui per sempre” mi spiegò e io rimasi interdetta dalle sue
parole.
Riuscivo a scorgere
dell’umanità in lei attraverso quelle parole, ma non sapevo se fosse davvero
così o meno.
“E non hai paura di Stefan
adesso?” chiesi.
“Mi odierà come non ha mai
fatto in vita sua e cercherà vendetta, ma sarò già troppo lontana e nel
frattempo lui avrà voi che lo aiuterete. Adesso devo andare” mi disse
voltandosi e dandomi le spalle.
Se avessi avuto la
possibilità di ucciderla l’avrei fatto io stessa, ma non ne avevo la
possibilità e non potevo fare nulla per tenerla lì in attesa che Stefan
tornasse. Era Katherine e certo non era stupida.
Si girò e mi voltò le
spalle per dirigersi verso la finestra. Scansò la tenda pronta ad uscire.
“Katherine, aspetta” le
dissi.
“Che altro c’è?” mi chiese
spazientita.
“C’è un modo per salvarlo?
Voglio dire, non voglio che tu mi dica come, voglio solo sapere se sei a
conoscenza di una qualunque possibilità perché si salvi” le chiesi e solo Dio
sapeva quanto mi erano costate quelle parole, eppure per Damon avrei fatto di
tutto.
“Cosa ti fa credere che se
lo sapessi te lo direi?”
“Perché non faresti del
bene solo a me, ma anche a lui e Stefan e a quanto pare credo che siano gli
unici a cui tieni anche se in modo un po’ strambo e inusuale”.
“Vorrei poterti dire che
c’è, ma che non te la rivelerei mai, ma purtroppo non esistono cure, non
esistono antidoti. Fidati, cammino su questa terra da quasi trecento anni e non
ho mai visto nessun vampiro guarire da un morso di licantropo. La vita di Damon
è segnata. Anzi, se vuoi un consiglio, infilagli un paletto nel cuore e fallo
morire in pace”.
“Non lo farei mai. Troverò
il modo di aiutarlo”.
“Non esiste Elena, non
esiste nessun modo. L’unica cosa che può aiutarlo è che qualcuno velocizzi i
tempi uccidendolo”.
“Nessuno di noi lo farà”
gli dissi sicura di me.
“Conosco Damon e quando
capirà che nessuno lo farà con ogni probabilità lo farà da solo. Ucciderlo è
l’ultimo atto di gentilezza che potreste fare per lui”.
“Gentilezza? Sarebbe
gentile ucciderlo?” le urlai.
“Morirà comunque Elena,
avrà fatto pure i suoi errori, ma non merita certo di finire i suoi giorni in
questo modo”.
“Che ne sai tu? Che cavolo
ne sai tu? L’hai ridotto tu così, sei stata tu ad ucciderlo. Se morirà così
sarà solo colpa tua” le urlai con tutta la rabbia che avevo dentro.
“Posso farlo io” mi disse
solamente.
“Cosa?” chiesi curiosa.
“Posso porre fine a tutto
questo se voi non volete farlo. È quello che lui vorrebbe”.
“Katherine esci
immediatamente da qui dentro e non tornarci mai più o giuro che sarò la prima
ad attizzare Stefan o chiunque altro per venirti a cercare e farti fuori” le
urlai indicandole la finestra.
La vampira mi guardò e poi
prese a ridere malefica.
“Succederà comunque povera
sciocca ed ingenua umana. Addio” mi disse prima di scomparire senza che io me
ne rendessi davvero conto.
La tenda prese a
svolazzare, ma di lei non c’era più ombra. Era sparita con la stessa velocità
con la quale era arrivata e mi aveva messo addosso ancora più agitazione.
Aveva detto che non esistevano
modi per guarirlo e lei era molto “anziana”, se ci fosse stato qualcosa, forse,
l’avrebbe saputo.
Al diavolo le parole di
Katherine, lei era sadica e senza scrupoli. Molto probabilmente quella era
stata tutta una sceneggiata, anche se all’inizio dalla sua espressione potevo
capire che fosse seriamente dispiaciuta per quello che era successo.
Mi voltai a guardare Damon
cercando di scacciare via quei pensieri e lo vidi rigirarsi a letto.
Mi avvicinai e mi sdraiai
vicino a lui baciandogli una guancia e in quel momento gli vidi aprire gli
occhi sorpreso.
“Katherine” mi disse non
appena i suoi occhi incontrarono i miei.
“Damon, sono Elena, Elena”
gli risposi ripetendo due volte il mio nome, ma lui non sembrava capire.
Lui mi guardò e mi
sorrise, un sorriso innocente che non gli avevo mai visto in volto.
“Vi va una passeggiata
nella tenuta, Katherine?” mi domandò con fare dolce.
“Guardami, non sono
Katherine”.
“Allora una cavalcata a
cavallo o una corsa tra i prati. Voi amate correre e io amo inseguirvi. Ci
divertiremo” continuò lui continuando a guardarmi.
Stava delirando e non mi
era difficile capire che nella sua mente si stavano affacciando vecchi ricordi
del passato. Era già capitato nelle ultime 24 ore che succedesse.
“Potreste leggermi un
libro se vi va e deliziarmi con la vostra voce melodiosa. Stefan non è qui,
nessuno ci disturberà”.
“Damon guardarmi ti prego.
Sono Elena, mi riconosci? Elena” gli dissi implorandolo con lo sguardo e
costringendolo a guardarmi negli occhi.
Quando le sue pozze
azzurre incontrarono le mie cioccolato sembrò ridestarsi da uno sogno.
“Elena” disse solamente.
“Sono io, amore mio, sono
io” gli dissi stringendolo a me.
“Voglio trovare la pace,
non posso morire da mostro” mi sussurrò appena.
“Tu non sei un mostro”.
“Si che lo sono”.
“I mostri non amano, i
mostri non hanno sentimenti, i mostri non rischiano la vita per salvare quella
degli altri”.
I suoi occhi mi guardavano
fissi e in brevi secondi vidi una luce nuova nascere in loro: rabbia e odio.
Riuscivo a vedere solo questo.
Era tornato in balia della
sua immaginazione.
“Katherine” sputò con
rabbia.
Mi resi conto che stavolta
non stava parlando alla vampira del 1864, ma alla vampira che era adesso, al
mostro che lui avrebbe voluto uccidere.
“Katherine non c’è, non
tornerà più” provai a dire.
“Dopo oggi non ci sarai
più davvero. Ti pianterò un paletto dritto al cuore” continuò lui con rabbia
avvicinandosi sempre di più a me.
Fu in quel momento che mi
alzai dal letto cercando di allontanarmi da lui e dalla furia che vedevo nei suoi
occhi.
Mai come in quel momento
non era se stesso.
Mi allontanai
indietreggiando e lui si alzò e lentamente si avvicinò a me, poi senza che
nemmeno me ne rendessi conto mi ritrovai sbattuta la muro con le sue mani sul
mio collo che stringevano forte. Il suo sguardo era furente e colmo di rabbia.
Davanti ai suoi occhi non
c’era nessuna Elena, c’era solo Katherine, la donna che lo aveva ridotto in
quel modo, l’artefice di tutto quel disastro.
Per quanto la forza me lo
permetteva cercai di mettere una mano su un suo braccio per fargli allentare la
presa sul mio collo, ma non ci riuscivo visto che i suoi muscoli sembravano
fatti d’acciaio e nonostante adesso fosse più debole era comunque più forte di
me.
“Damon…sono io…” provai a
dire a fatica visto che la sua presa sul mio collo si faceva sempre più ferrea
“sono Elena, la tua Elena” continuai nonostante respirare mi veniva, ormai,
difficile “Katherine non c’è…non sono lei…sono Elena” ripresi a dire e la sua
presa si fece più debole, ma non abbastanza perché io potessi liberarmi.
Guardò i miei occhi, li
fissò per minuti interminabili, ma se non avessi ripreso a parlare non ero
certa che avrebbe capito.
“Sono io…” iniziai di
nuovo “i miei…i miei capelli sanno di cocco…le mie labbra di fragole…”
continuai cercando di fargli venire alle mente particolari che lui stesso mi
aveva fatto notare “sono Elena e ti amo” conclusi poi approfittando del suo
momento di sbandamento e riflessione per avventarmi sulle sue labbra.
E quando queste toccarono
le mie la sua presa mi sciolse del tutto e ricambiò il bacio.
Quando ci staccammo mi
osservò.
“Elena, oddio scusami, io…io
non volevo. Non ero in me” prese a dire.
“Lo so amore mio, lo so”.
“Io ti amo”.
“So anche questo”.
“Mi dispiace”.
“Per cosa?
“Per non essere riuscito a
renderti felice, per non averti dato l’amore di cui avevi bisogno e per non
averti dato il vissero felice e contenti
che meritavi”.
“Mi rendi felice sempre e
mi hai dato tutto il tuo amore, questo vale più di ogni altra cosa” gli risposi
e in quello stesso istante lui prese a tossire.
Mi avvicinai a lui e
cercai di riportarlo a letto, ma la tosse aumentò e del sangue iniziò a
uscirgli dalla bocca.
Oddio, cosa dovevo fare?
Lanciai un urlo più forte
che potei sperando che qualcuno sotto venisse a darmi una mano.
In pochi secondi Rick
aprii la porta con forza.
“Elena che succede?” mi
domandò avvicinandosi affannato per via della corsa.
“Non lo so. Sputa sangue e
in quanto a delirio siamo messi sempre peggio” gli dissi prendendo a piangere.
Rick mi aiutò a sdraiarlo
sul letto, poi gli ripulì la faccia e gli diede un’altra sacca di sangue che
Damon bevette in poco tempo.
Quando terminò crollò di
nuovo nel mondo dei sogni e Rick riprese a guardarmi e si soffermò sul mio
collo.
“Che è successo?” mi
domandò forse notando il rossore.
“Niente” dissi cercando di
coprire il collo con le mani.
“Cosa ti ha fatto?”
insistette lui.
“Credeva fossi Katherine
mi ha sbattuto al muro cercando di strangolarmi, ma sono riuscita a farlo
tornare in sé”.
“Non è più prudente che
resti qui con lui da sola. D’ora in poi a turno qualcuno starà qui con te”.
“No, non serve. So
cavarmela da sola. So come gestirlo”.
“Non più”.
“Fidati di me, Rick, per
favore. Adesso andiamo giù. Ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. È un
giorno intero che non mangio e voglio approfittarne mentre dorme” gli dissi.
A dire la verità non avevo
poi così fame, anzi non ne avevo per nulla, ma dovevo mantenermi in forze per
potergli stare accanto al meglio.
Lui annuii senza dire
nulla, così io mi avvicinai delicatamente al volto di Damon e lo baciai a fior
di labbra.
“Ti amo” gli sussurrai all’orecchio, ma consapevole che anche Rick mi avesse
sentito, poi entrambi uscimmo dalla stanza dirigendoci sotto.
Restai lì per circa due
ore. Mangiai un misero toast tanto per restare in piedi e poi mi misi a cercare
anche io nei libri qualsiasi cosa che avrebbe potuto aiutarci.
Quando mi decisi a tornare
su consapevole che di lì a poco Damon si sarebbe svegliato vidi Stefan e
Caroline rientrare.
“Dov’è Damon?” chiese
Stefan preoccupato non appena mise il piede dentro casa.
“È su che dorme” gli
risposi.
“Impossibile” rispose lui.
“Che significa
impossibile? L’abbiamo lasciato lì a dormire nemmeno due ore fa” spiegò loro
Rick.
“Car c’è qualcosa che non
va? Lo senti?” disse Stefan rivolgendosi a Caroline.
“Non c’è nulla da sentire”
gli rispose quella.
“Appunto” furono le uniche
parole di Stefan prima che a velocità vampiresca insieme a Caroline si
dirigessero al piano superiore.
“Che diavolo sta
succedendo?” chiesi agli altri.
“Non ne abbiamo idea” mi
rispose Tyler a nome di tutti.
“NOOOOOOOOOOOOOO
DAMONNNNNNNNNNNNNNNNN” fu l’urlo straziante che sentimmo da parte sia di Stefan
che di Caroline, un urlò che sembrò riecheggiare per tutta la casa.
Un brivido mi percorse
tutto il corpo e corsi verso il piano superiore diretta nella camera di Damon,
ma non appena arrivai alla soglia Stefan a velocità vampiresca mi prese per i
fianchi e mi allontanò.
Iniziai a scalciare per
farmi lasciare, ma lui non sembrava intenzionato a mollare la presa.
Riuscii a sentire le sue
lacrime bagnarmi la maglietta e vidi Caroline che, inginocchiata a terra,
versava lacrime copiose.
“Stefan lasciami andare.
Che succede?” urlai sperando che questo potesse servire.
Nel frattempo tutti gli
altri ci raggiunsero, ma a loro a differenza mia era permesso vedere e quando
lo fecero le lacrime scesero sul volto di tutti, lacrime che sapevano solo di
dolore e disperazione.
“Ho detto lasciami”.
“Calmati per favore” mi
supplicò lui.
“Mi calmerò solo quando mi
lascerai andare”.
“Non puoi vedere Elena,
non posso fartelo vedere”.
“Stefan” gli sussurrò Rick
avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla spalla “lasciala andare. Ne ha
diritto. Vedere o non vedere non cambierà il suo dolore” concluse e a quel
punto Stefan mi lasciò andare davvero.
Corsi verso l’interno
della camera e ciò che vidi mi tolse anima e cuore in un solo istante.
Lanciai un urlo che tanta
era la potenza sembrava avesse il potere di far crollare tutta la casa, poi mi
misi le mani sulla testa del tutto sconvolta.
Il letto era vuoto e su di
esso faceva bella mostra di sé l’anello di Damon. Mi avvicinai e lo presi
accorgendomi che al centro c’era incisa proprio una “D”, l’unico segno che
differenziava i due anelli dei fratelli Salvatore. In uno c’era una “D”
nell’altro una “S”, non c’erano dubbi, quindi che quello fosse di Damon.
Sul letto c’era anche un
biglietto stropicciato, lo presi e lo lessi a voce alta con il cuore in gola:
Questo non
gli servirà più. Ho solo fatto quello che nessuno di voi avrebbe mai avuto il
coraggio di fare, ho fatto quello che lui stesso avrebbe voluto che qualcuno
facesse: ho fatto cessare le sue sofferenze. Ricordate che la morte non è il
morire, ma ciò che avviene prima di morire, immediatamente prima, quando questa
non ha ancora penetrato il corpo, e se ne sta immobile, bianca, nera, viola,
livida, seduta sulla sedia più vicina. La sua ora era già arrivata, ho solo
accelerato i tempi. Non ci sono cure per un morso di licantropo. Addio,Katherine.
Non potevo credere a
quello che leggevo, non poteva averlo fatto davvero. Con che diritto? Non ci
aveva già fatto male abbastanza.
“Ha segnato la sua
condanna a morte. La troverò anche se dovessi girare tutto il mondo e la farò
morire in modo lento e doloroso” urlò Stefan sconvolto mentre io cercavo ancora
di elaborare quanto fosse successo.
Non potevo credere a
quelle parole. Katherine non aveva potuto uccidere Damon, no, era impossibile.
“Stefan dimmi che non l’ha
fatto davvero” dissi prendendo l’anello tra le mani e voltandomi a guardare il
minore dei fratelli che mi aveva raggiunto dietro cercando di calmarsi e di
calmare anche me.
Lui abbassò la testa e mi
strinse forte, ma io cercai di liberarmi da quella stretta per guardarlo di
nuovo negli occhi.
“Ti prego Stefan, dimmelo”
lo supplicai, ma ancora lui non rispondeva così continuai “dov’è? Dov’è Damon?”
conclusi iniziando a dare dei pugni sul suo petto.
Non c’è l’avevo con lui,
ma era l’unico che mi avrebbe capito fino in fondo. Le sue lacrime iniziarono a
bagnarmi la maglietta e compresi che come me anche lui si stava disperando
piangendo.
“Dove Stefan? Dov’è?”
continuai a urlare colpendolo.
Lo guardai e vidi i suoi
occhi fissare qualcosa proprio dietro le mie spalle e a quel punto smisi di
prendermela con il suo petto e mi voltai notando che tutti guardavano in quella
direzione.
Quando i miei occhi
puntarono quel preciso punto raggelai all’istante e tutto il sangue mi confluii
in testa.
La tenda della finestra
era stata spostata in modo da far entrare il sole e lì, a terra c’era della
cenere, tanta, troppa cenere.
Nella mia mente si
affollarono i ricordi della morte di Isobel, di mia madre che strappatosi la
collana aveva preso a bruciare al sole decomponendosi
sotto i miei occhi fino a
formare della semplice cenere che il vento aveva portato via.
Mi staccai da Stefan e mi
avvicinai alla finestra. Quando fui ad un passo dalla cenere mi inginocchia e
ne presi un po’ in mano, poi iniziai a piangere come una forsennata.
“NO DAMON, NOOOOOOO” urlai
con tutto il fiato che avevo in gola “DAMONNNN” continuai come se lui potesse
davvero sentirmi, ma non arrivò nessuna risposta.
Nessun sorriso sghembo o
sardonico, nessun ghigno soddisfatto, nessuna battutina tagliente o a doppio
fine, niente.
Damon era sparito, anzi
no, Damon era morto e c’era una differenza tra le due cose.
Chi sparisce può sempre
tornare, chi muore no.
Sentii qualcuno avvolgermi
con le sue braccia e non mi fu difficile capire che era Stefan e nonostante in
quel momento erano altre le braccia che volevo mi lasciai cullare da quella
stretta.
“Stefan ti prego, dimmi
che queste ceneri non sono le sue, ti prego dimmelo” lo supplicai.
Sapevo perfettamente che
non fosse così, sapevo che appartenevano a Damon, ma non potevo crederci e in
quel momento avrei creduto a qualunque cosa Stefan mi avesse detto, anche ad un
bugia e sperai con tutta me stessa che lui me la dicesse questa bugia.
“Shh, Elena non piangere”
mi disse, invece, stringendomi più forte.
“Stefan ti prego dimmelo,
anche se devi dire una bugia dimmelo ti prego” lo supplicai.
“Non posso, non posso
farlo. E tu adesso non hai bisogno di bugie. Damon non c’è più, è morto, Elena,
ma vivrà sempre qui” mi disse toccandomi il cuore.
“NOOOOOO” presi ad urlare
più forte che potei iniziando a scalciare, lanciare pugni, tirarmi i capelli.
Volevo farmi male, volevo
che il dolore fisico potesse essere più intenso di quello psicologico.
Stefan si fece più vicino
e mi strinse più forte a sé. Anche gli altri si avvicinarono in quel momento e
non sfuggirono ai miei occhi le lacrime di molti di loro. Perfino Bonnie
sembrava molto addolorata.
“Si aggiusterà tutto” mi
disse Jenna mettendomi una mano sulla spalla.
Guardai l’anello che avevo
in mano, poi tornai a guardare tutta quella cenere e a quel punto non c’è la
feci più.
Mi allontanai da loro e li
guardai come se fossero degli sconosciuti.
“Non ho bisogno della
vostra compassione. Niente si aggiusterà e lo sapete meglio di me. Nessuno è
capace di far resuscitare un morto” urlai con tutto il fiato che avevo.
“Elena ci saremo noi con
te, ti aiuteremo” mi disse Jeremy.
“Lo capite che nessuno può
aiutarmi?” continuai ad urlare “voi non siete Damon e io è solo lui che voglio”
conclusi correndo verso il bagno e chiudendomi lì dentro.
Appoggiai la schiena alla
porta e mi lasciai cadere posando la testa tra le ginocchia e prendendo a
piangere come non avevo mai fatto in vita mia.
“Elena apri, ti prego” mi
disse Stefan dolcemente.
“Andate via” urlai.
“Tesoro, apri la porta.
Per favore” mi supplicò Caroline tra un singhiozzo e l’altro.
“No, lasciatemi da sola.
Va tutto bene” li pregai sperando che comprendessero il mio volere.
Ci fu un attimo di
silenzio, poi sentii qualcuno dare uno spintone alla porta molto forte.
“Rick lascia stare. Vuole
rimanere da sola, ne ha bisogno” disse la voce di Jenna.
Compresi che era stato lui
a strattonare la porta.
“Non possiamo lasciarla
sola in questo stato” provò a dire lui.
“Saremo di sotto e loro
due sentiranno tutto se dovesse succedere qualcosa” continuò la zia riferendosi
ovviamente ai due vampiri.
“Jenna ha ragione,
lasciamola da sola” disse Caroline con fare dolce.
“Non posso lasciarla
chiusa lì dentro da sola” fece notare Stefan piangendo e disperandosi.
Aveva perso un fratello.
Il suo dolore era intenso quanto il mio.
“Non farà nulla”.
“Ho promesso a lui che mi sarei
preso cura di lei” continuò.
“Lo farai, ma adesso ha
bisogno di restare sola” gli disse Caroline e non so come lo convinse.
Li sentii andare via uno
ad uno e ringraziai mentalmente Jenna e Caroline per aver compreso le mie
ragioni.
“Elena, ti voglio bene”
sentii dire dalla mia amica vampira prima che anche lei uscisse dalla stanza.
Quando sentii la porta
chiudersi uscii dal bagno e mi avvicinai a quelle ceneri inginocchiandomi.
Fu in quel momento che
iniziai a bagnarle con le mie lacrime, lacrime che copiose scendevano sul mio
volto.
Damon non c’era più, se ne
era andato con la stessa velocità con la quale era arrivato e non potevo
accettare che fosse stata Katherine a portarmelo via. Lei non aveva nessun
diritto di farlo. Poteva esserci una cura, doveva esserci una cura e io, noi
l’avremmo trovata, invece lei non c’è ne aveva nemmeno dato il tempo.
E adesso?
Adesso Damon era morto e
con lui ero morta anche io. Che potevo fare? Potevo solo continuare a farlo
vivere dentro di me e ospitarlo nella mia intimità costringendomi quasi a
donargli la vita più felice che si potesse avere, quella vita felice che lui
non aveva avuto il tempo di godersi.
Il dolore che provavo era
immenso, ma lo sapevo già. Io avevo già perso delle persone importanti per me,
ma Damon, con lui era diverso.
Credevo ci sarebbe stato
sempre per me, fino alla fine.
E solo ora mi rendevo
conto che era vero quello che si diceva sulla morte di una persona amata:
questa non è mai una cosa naturale, è sempre un omicidio, un vero e proprio
furto.
È come perdere un arto:
non ci si può rassegnare e io sapevo già che non mi sarei rassegnata mai.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con un altro capitolo.
Lo so che mi volete uccidere e ne
avreste tutti i diritti, ma ricordate che anche io come voi amo, adoro e
stravedo per Damon.
Non ho molto da dire dopo un capitolo
del genere. Voglio solo avvisarvi che siamo giunti quasi alla fine di questa
storia. Mancano due capitoli più un altro che sarà l’epilogo.
Lo so che dopo un capitolo del genere
non avrete più voglia di leggere. Cavolo, direte, è morto Damon, chi se ne
frega della storia. La storia è lui, ma fidatevi di me, continuate a leggerla,
tanto manca davvero poco. Potrebbe valerne comunque la pena.
Ok, adesso la smetto. Mi ritiro nel
mio angolino sperando che nessuno di voi mi trovi.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:
In un momento di ira gettai il libro lontano da me
e solo in quel momento mi resi conto che da questo cadde un foglio.
Mi avvicinai e lo presi. Era piegato a metà e con
una calligrafia che riconoscevo perfettamente essere quella di Damon notai che
c’era scritta una data: 17 Gennaio 2011.
Leggere ciò mi fece subito comprendere che quella
lettera fosse stata scritta dopo che Damon era stato morso.
Lo aprii e riconobbi subito la sua perfetta
calligrafia. Una parte di me non voleva leggere per paura di quello che ci
avrei potuto trovare, l’altra parte, invece, non riuscii a resistere
all’impulso e così dopo un respiro profondo presi a leggere.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Ero sdraiata sul comodo
letto di Damon. A dire il vero, ormai, era anche mio, ma mi piaceva
considerarlo ancora solo suo, mi faceva sentire in qualche modo più felice
perchè era come se concedesse solo a me di arrotolarmi tra quelle lenzuola di
seta, di dormirci, di rifugiarmi quando più ne avevo bisogno.
Stavo leggendo una rivista
che avevo preso dalla camera di Caroline. Era un giornale di magazine che lei
seguiva mensilmente e per occupare il tempo era divertente da leggere. C’era
scritto di tutto, sui problemi di coppia ai modi per risolverli, ai
pettegolezzi sui vip alle notizie di moda.
In una parola c’era tutto
quello che era stato il mondo superficiale di Caroline prima di diventare una
vampira.
Mentre ero intenta nella
lettura sentii delle risate provenire dal corridoio e non mi fu difficile
capire che erano quelle di Damon e della mia amica bionda. Quando pochi secondi
dopo vidi Damon entrare in camera ridendo e scuotendo il capo ebbi la conferma
di aver avuto ragione.
“Nell’ultimo anno non
credo di averti mai ringraziata” esordì lui.
Lo vidi appoggiare il
braccio alla parete e guardarmi con la sua tipica espressione alla Damon e il
suo sorriso di chi la sa lunga.
“Per cosa, scusa?” gli
domandai non capendo.
“Per non avermi permesso
di uccidere la Barbie”.
Restai stranita da quella
risposta perché era come ammettere che le voleva bene, ma la sorpresa passò
subito perché in fondo io avevo sempre
saputo che c’era qualcosa
di profondo che aveva preso a legare quei due, una sorta di sentimenti quasi
fraterno.
“Deduco che lo stai
facendo adesso”.
“Esatto. Io quella lì la
adoro, è una forza della natura” mi spiegò ancora sorridendo senza muoversi
dalla sua iniziale posizione.
“Non avevo dubbi su
questo”.
“No, dico davvero. È
fantastica. Non credevo che l’avrei potuto dire”.
“Caroline è Caroline”.
Lo vidi e notai che
scoppiò a ridere più forte stavolta avvicinandosi a me.
“Che hai da ridere tanto?”
gli chiesi.
“La Barbie ha sentito cosa
ho detto” mi spiegò.
“Voglio sapere esattamente
cosa ha detto”.
Ero certa che qualcosa
doveva aver detto conscia del fatto che sapeva che Damon l’avrebbe sentita.
“Testuale: grazie, ti
voglio bene anche io Damon” mi rispose lui cercando di imitare la voce della
mia amica.
“Io non parlo così” sentii
la voce di lei urlare dalla sua stanza per rendere chiaro il concetto.
Io e Damon scoppiammo a
ridere e nel frattempo lui si avvicinò e si sdraiò sul letto accanto a me.
“Inizio ad essere gelosa”
gli dissi maliziosa scherzando riferendomi a ciò che aveva detto di Caroline.
In realtà mi faceva un
sacco piacere che lui avesse detto quelle cose. Era solo un conferma a ciò che
avevo sempre pensato.
Lui non mi rispose, ma si
avvicinò alle mie labbra e le catturò in un bacio.
Adoravo quei momenti e me
li godevo fino all’ultimo.
Damon era uscito da
qualche giorno dalla cripta e non avevamo smesso un attimo di stare attaccati e
di goderci il nostro amore fino alla fine.
“Cosa leggi?” mi domandò quando
ci staccammo.
“Un articolo molto
interessante sui metodi per far funzionare una coppia” gli risposi accentuando
la parola molto interessante.
Era ovvio che stessi
scherzando, ma sapevo che lui avrebbe iniziato a punzecchiarmi e io adoravo
quando lo faceva.
“Di chi è quell’affare?”
mi domandò alzando un sopracciglio e indicando la rivista “no, anzi non dirlo.
So già di chi è e ritiro quello che ho detto sulla Barbie” concluse cercando di
prendermi il giornale di mano per togliermelo.
Io riuscii a spostarlo
prima che lui lo afferrasse e lo guardai dritto negli occhi.
“Che c’è che non va?”
domandai cercando di restare seria e non ridergli in faccia.
“Dai Elena, non crederai
davvero che uno stupido giornale ti dica come far funzionare una coppia?”
“E perché no scusa? Dice
tutte cose vere”.
“Si lo immagino”.
“Amore, fiducia,
sincerità. Questi gli ingredienti necessarie perché una coppia funzioni e duri
nel tempo” dissi leggendo passo passo un pezzetto di
quell’articolo.
“Vere o non vere, non
dovresti leggere comunque queste cose”.
“E perché scusa?”
“Perché tu non fai parte
di una coppia normale. Devo ricordarti che hai un fidanzato vampiro?”
“Non serve. Mi ricordo
perfettamente di avere un fidanzato sexy, bellissimo, affascinante, misterioso
e vampiro” gli dissi maliziosa.
Lasciai cadere a terra il
giornale e mi voltai verso di lui che aveva preso a guardarmi con sguardo
beffardo, soddisfatto delle mie parole.
Mi attirò a sé e io mi
misi a cavalcioni su di lui e avvicinai il mio volto al suo, volto che lui prese
tra le mani con una dolcezza disarmante come se fosse la cosa più fragile e
importante che avesse mai toccato in tutta la sua vita.
Ci guardammo negli occhi
per qualche secondo e poi nello stesso istante distogliemmo lo sguardo
guardando ognuno le labbra dell’altro avvicinandoci sempre di più fino a
colmare quella distanza con uno dei baci più roventi che in quei mesi ci
eravamo scambiati.
“Amore c’è, non è vero?”
gli domandai quando si staccammo, ma solo di pochi millimetri in modo da poter
parlare.
“Cosa?”mi domandò non
comprendendo.
“Noi due ci amiamo non è
vero?”
“Incondizionatamente” mi
rispose.
“Ci fidiamo l’uno
nell’altra?”
Sapevo che quello che
c’era scritto nella rivista erano stupidaggini, ma io credevo davvero che
quelle tre caratteristiche dovevano essere presenti in un rapporto.
Damon capii il mio intento
e sorrise impercettibilmente scuotendo a malapena la testa.
“Totalmente” fu la sua
risposta.
“Siamo sempre stati
sinceri? Intendo non c’è nessun segreto tra di noi, non è vero?” domandai
infine e gli vidi cambiare espressione.
“Elena…” iniziò a dire, ma
qualcuno bussò alla porta proprio in quel preciso momento.
“Damon scendi giù un
attimo. Stefan ha trovato una cosa che potrebbe essere utile” disse Caroline
senza nemmeno entrare conscia che ci avrebbe trovato in atteggiamenti che ben
poco lasciavano all’immaginazione.
Il mio vampiro si avvicinò
alle mie labbra e le baciò, poi delicatamente mi adagiò all’altra parte del
letto alzandosi.
“Cosa stavi dicendo
prima?” gli domandai curiosa.
“Ne parliamo appena torno.
Non ci metto molto” fu la sua unica risposta prima di uscire dalla camera.
Non feci nulla per
fermarlo, in fondo sapevo che se Stefan lo aveva fatto chiamare da Caroline
significava che la cosa che aveva trovato poteva aiutarci nella nostra impresa
volta a liberarci di Katherine.
Restai immobile sul letto
a rimuginare a cosa avesse potuto volermi dire, ma presto la stanchezza si fece
sentire e senza nemmeno accorgermene mi addormentai sprofondando tra le braccia
di Morfeo.
Fu proprio quando presi
sonno che feci un sogno stranissimo:
Aprii gli occhi alla
velocità della luce non appena il sogno terminò e cercai di capire dove mi
trovassi.
Mi sollevai leggermente
dal letto sconvolta per le immagini che avevano accompagnato il mio sonno e mi
accorsi di essere ancora in camera di Damon e che lui era sdraiato proprio
accanto a me che mi guardava con espressione seria.
“Ho fatto un sogno
stranissimo” gli dissi subito raggomitolandomi sul suo petto.
“Lo so” mi rispose
comprensivo.
“Ho sognato che sei stato
tu a ridarmi il ciondolo quando Elijah me l’ha strappato di dosso il giorno in
cui Rose mi ha rapito, ho sognato che sei venuto in camera mia e mi hai detto…”
presi a dire, ma mi interruppi rendendomi conto solo in quel momento di ciò che
aveva detto Damon “come fai a sapere che ho fatto un sogno strano?” gli chiesi
alzando la testa dal suo petto e osservandolo sorpresa.
“Perché sono stato io a
farti fare questo sogno” mi rispose come se la cosa fosse ovvia.
“Mi sono persa. Credo che
tu mi debba delle spiegazioni”.
Mi misi a sedere sul letto
incrociando le gambe e fissandolo negli occhi. Lui si alzò leggermente dal
letto appoggiando le spalle allo schienale e poi prese a parlare.
“Poco fa, prima che
Caroline venisse e chiamarmi mi hai chiesto se c’erano segreti tra di noi. Beh,
quello che hai appena visto nel tuo sogno, è l’unico segreto che avevo nei tuoi
confronti e preferivo farti rivivere la cosa piuttosto che parlartene io”.
“Che stai dicendo?”
“Non era un sogno Elena,
quello che hai visto l’hai vissuto davvero solo che non te lo ricordi”.
“Mi stai dicendo che…”
privai a dire, ma lui mi interruppe.
“Si, ti sto dicendo che ti
ho soggiogata. È successo una sola volta, te lo giuro, ma l’ho fatto” mi disse
e nei suoi occhi potei vedere tutta la tristezza nel confessarmi quelle parole.
“Perché? Dimmi perché
l’hai fatto”.
Non ero arrabbiata con lui
per quello che avevo scoperto, ero solo curiosa si capire le sue ragioni.
Con ogni probabilità se lo
avessi saputo prima sarei andata su tutte le furie, ma adesso no, adesso era
diverso.
“Perché ho fatto cosa?
Perché ti ho rivelato di amarti, perché te l’ho fatto dimenticare o perché te
lo sto dicendo adesso?” mi domandò lui.
“Perché me l’hai detto se
avevi intenzione di farmelo dimenticare?”
“Quando ho capito di
amarti avevo solo due possibilità: rivelarti tutto e perdere la tua amicizia
perché sapevo che non saresti più riuscita ad essere naturale con me oppure
nasconderti i miei sentimenti e restare ancorato alla tua amicizia. Tra le due
opzioni ho scelto la seconda perché era ovvio che io non potevo perderti, ma
allo stesso tempo avevo bisogno di rivelare i miei sentimenti a voce alta
perché non potevo tenermi tutto dentro e potevo farlo solo con te. Così ti ho
detto tutto e poi ti ho fatto dimenticare ogni cosa” mi spiegò.
“Non ne avevi il diritto.
Se tu non mi avesse soggiogata forse sarebbe…”
“Cosa Elena? Forse
sarebbero cambiate le cose? Forse ti saresti accorta di amarmi prima? No, non
sarebbe successo e non doveva succedere. Allora non ti meritavo ancora, allora
era Stefan la persona giusta per te e, forse, lo è tutt’ora” mi disse triste in
volto.
“Come hai fatto a
tenertelo dentro per tutto questo tempo?” gli domandai.
“Nessun momento mi
sembrava quello giusto per dirtelo e prima che ci mettessimo insieme non avevo
nessuna intenzione di rivelartelo”.
“Perché?”
“Perché era un peso che
dovevo portare da solo, era un peso che dovevo risparmiarti di portare”.
“Il tuo amore non sarebbe
stato un peso” gli feci notare.
“Non lo sarebbe stato
adesso che mi ami anche tu, ma prima fidati che lo sarebbe stato eccome”.
“Promettimi che non
succederà più, promettimi che non ci saranno più segreti”.
“Te lo prometto”.
“In fondo al cuore ho
sempre saputo che mi amavi, ma pensarlo e vederlo è un’altra cosa. Stasera mi
hai donato il regalo più bello del mondo, mi hai regalato un momento
straordinario. E credimi la tua è stata la dichiarazione più bella di sempre”
gli dissi avvicinandomi di nuovo a lui e baciandolo con tutto l’amore che
avevo.
“Ti amo Elena ed è questo
che devi ricordarti sempre, qualunque cosa accada”.
“Ti amo anche io Damon e
ti amerò sempre. Scusami solo di essermene resa conto tardi, scusami di averti
fatto soffrire così tanto in passato” gli sussurrai.
Solo nel rivedere quel
momento, quel ricordo mi resi conto di quanto davvero lo avessi fatto soffrire.
In quel suo sguardo, in quella sua lacrima solitaria c’era tutta la sofferenza
che gli avevo arrecato e non mi sarei mai maledetta abbastanza per questo.
“Credo di conoscere un
modo per farti perdonare” mi sussurrò malizioso al mio orecchio prima di
lasciargli un bacio che di casto non aveva nulla.
Un gemito fuoriuscii dalle
mie labbra e lui prese a baciarmi con foga il collo e poi una guancia prima di
avvicinarsi pericolosamente alle mie labbra e fu allora che non ci vidi più e
la razionalità fece un viaggio di sola andata in una destinazione sconosciuta.
Ci amammo per tutta la notte,
non sembravamo mai sazi e quando alla fine sfiniti ci adagiammo al letto ebbi
la conferma che in quella stanza, in quel letto c’era tutto quello che avevo
sempre voluto, tutto ciò che mi sarebbe bastato per vivere bene.
Mi resi conto che a volte la
vita ci da la possibilità di incontrare l’amore, quello vero, ma noi non siamo
pronti per amare. Sofferenti ed abbattuti da troppi dolori e delusioni passate,
lo lasciamo andare e io avevo rischiato di fare la stessa cosa. Non avevo mai
ammesso in passato di amare Damon nemmeno con me stessa perché avevo paura,
paura che lui diventasse il centro del mio tutto e avevo ragione perché lui
adesso era davvero il centro di tutto, il fulcro della mia vita, ma quello che
non potevo sapere prima era che ero felice che così fosse, ero felice di questo
perché la cosa più bella nell’amore era amare e lasciarsi amare senza paure e
io adesso non avevo più paura.
Fine Flashback
Ricordavo perfettamente
quel giorno. Damon era uscito dalla cripta un paio di giorni prima e in quei
momenti credevamo che tutta quella assurda situazione si sarebbe risolta al
meglio. Katherine era nella cripta e non appena avremmo trovato il modo di
spezzare l’incantesimo che ci teneva unite l’avremmo uccisa tornando ad essere
felici e spensierati come non ci era ancora mai stato concesso.
E invece? Invece tutto era
andato storto. Tutto era caduto in rovina.
Damon era morto.
Era passato un mese e mai
trentuno giorni mi era sembrati tanto lunghi.
Quattro intere settimane
trascorse nel buio più assoluto.
Erano trascorse 744 ore da
quando il mio cuore aveva smesso di battere,46440 secondi da quando la mia vita sembrava essere sparita insieme a
quelle cenere che il vento soffiando aveva portato via con sé.
Cosa mi restava? Niente se
non un anello, ma non un anello qualsiasi, il suo anello e quella “D” incisa
sopra ne era la conferma.
Quante volte negli ultimi
due mesi mi ero soffermata a guardare le sue mani e giocherellare con le dita,
quante volte appoggiata al suo petto mi divertivo a girare e girare
quell’anello nel suo dito mentre lui mi guardava come se al mondo non esistesse
nient’altro se non io.
Un mese in cui non avevo
fatto altro che cercare di andare avanti con la mia vita, non avevo fatto altro
che cercare di apparire forte dicendo e gridando a tutti di stare bene quando,
invece, dentro di me mi sentivo morire.
Ero rimasta a vivere a
casa Salvatore, del resto quella era al momento l’unica abitazione che sentivo
mia, in quanto l’unica che mi tenesse legata al ricordo di Damon.
Mi alzavo tutte le mattine
alla stessa ora, mi infilavo sotto la doccia strofinando il mio viso per
nascondere le traccia del pianto, mi vestivo, andavo a scuola cercando di
mascherare con tutti il mio stare male. Ascoltavo le lezioni senza prestare
nessuna attenzione alle parole dei professori, ma limitandomi a riempire pagine
e pagine con la scritta “Damon” accompagnata da cuoricini come facevano le
ragazzine alla loro prima cotta, poi mi dirigevo a mensa quando me ne ricordavo
e poi tornavo a casa cercando di farmi vedere normale. Mi chiudevo in camera e
restavo lì tutto il pomeriggio, poi scendevo a cena perché non volevo che
nessuno si preoccupasse e subito dopo mi andavo a richiudere in stanza
trascorrendo lì tutta la serata e la nottata per poi svegliarmi al mattino e
iniziare tutta quello teatrino daccapo.
Piangevo, mi disperavo e
ricordavo. Solo questo riuscivo a ricordare di quel lungo ed eterno mese
passato senza Damon, tutto il resto era tabù.
Non riuscivo a ricordare
nient’altro. Facevo qualcosa e il minuto dopo me ne ero già dimenticata.
Non sapevo cosa fare, cosa
dire, come comportarmi, solo di una cosa ero certa: ricordare era vietato,
dimenticare mi faceva paura.
“Elena perché non vieni di
là con noi?” mi disse Caroline entrando in cucina con sguardo addolorato.
Nell’ultimo mese la mia
amica mi era stata molto vicino e lo stesso aveva fatto con Stefan. Era nato un
bel rapporto tra loro, decisamente più profondo rispetto a prima e dentro di me
speravo che potesse nascere qualcosa tra loro.
In fondo insieme era
perfetti, si completavano quasi e lei era al momento l’unica che poteva far
tornare il sorriso a Stefan, l’unica che poteva consolarlo.
Anche Damon, se fosse
stato ancora vivo, sarebbe stato d’accordo con me, ne ero certa.
“No Caroline grazie. Sono
scesa solo per prendere dell’acqua. Ho mal di testa preferisco salire in camera
a fare una dormita” le risposi.
“Possiamo parlare un
attimo?” mi domandò avvicinandosi dolcemente.
“Sto bene, davvero” le
dissi.
“Non volevo sapere questo.
Chiederti come stai è la domanda più stupida che ti possano fare. Lo so che
stai da schifo, io ti conosco e so che non ti passerà mai. Voglio solo che tu
sappia che io sono qui e ci sarò sempre”.
“Lo so Caroline, lo so”.
“Elena voglio che tu
ricordi una cosa: la morte di un individuo non esiste perché la morte è una
cosa universale. Anche se non hanno voce i morti vivono comunque. Damon ci sarà
sempre, sarà sempre qui con noi, con te per sempre”.
Avrei voluto dirgli che
volevo che quel sempre durasse il meno possibile perché la mia vita senza
quella di Damon non aveva senso, ma non potevo dirlo, l’avrei fatta preoccupare
troppo.
“Lo so Caroline” ripetei.
Era così che funzionava.
Loro parlavano cercando di starmi accanto e io ripetevo solo “sto bene” oppure
“lo so” abbassando la testa.
“La smetti di ripeterlo?
Non hai fatto altro in tutto questo mese”.
“Cosa ti vuoi sentir dire
Caroline?” le domandai.
“Magari quello che senti
davvero dentro. Credo ti aiuterebbe”.
“Cosa devo dirti, eh? La
persona che amavo sopra ogni cosa è morta e tutto il resto per me può finire.
Questa messa in scena del mondo che gira può terminare, possono anche smontare,
portare via, schiodare tutto, arrotolare tutto il cielo e caricarlo su un
camion col rimorchio, possono spegnere questa luce bellissima del sole che mi
piace tanto, ma tanto” presi a dire alzando leggermente il tono di voce, ma
mantenendo la calma “lo sai perché mi piace tanto? Perché mi piaceva lui
illuminato dalla luce del sole. Possono portare via tutto, questa casa, questo
tavolo, questo tappeto, queste colonne, la sabbia, il vento, gli animali, la
grandine, le 7 del pomeriggio, maggio, giugno, luglio, il mare, qualunque cosa.
Non mi serve a niente il mondo e tutto ciò che c’è dentro se non posso
condividerlo con Damon. Riesci a capirlo Caroline? Riesci a capire cosa provo,
come mi sento?” conclusi prendendo un bicchier d’acqua e uscendo dalla cucina
in preda alle lacrime.
Raggiunsi la camera di
corsa e mi buttai sul letto affondando il viso sul cuscino che profumava ancora
di Damon, anche se, ormai, il suo odore iniziava a scomparire sempre di più.
Dopo qualche secondo mi
misi a pancia in su e osservai il soffitto iniziando a giocherellare con
l’anello di Damon che avevo legato ad una catenina che da quel giorno portavo
sempre al collo. Era un modo per sentirlo sempre vicino a me.
Restai chiusa lì a
piangere per gran parte del pomeriggio, poi mi alzai e andai diretta in bagno a
farmi una doccia. Quando uscii mi infilai una camicia di Damon e tornai in
camera, ma quasi caddi a terra inciampando su un libro che era caduto a terra,
o meglio che avevo fatto cadere a terra durante i miei momenti di schizofrenia,
quei momenti in cui il dolore era troppo forte e allora buttavo a terra tutto.
Mi abbassai e lo presi
appoggiandolo alla scrivania, ma poi me ne pentii e decisi di sistemarlo nella
libreria in cui Damon riponeva accuratamente tutti i libri. Ricordavo ancora
quanto fossi rimasta sbalordita dallo scoprire che fosse un amante della
lettura visto che non credevo che fosse possibile.
Lo posizionai in mezzo
agli altri, ma quando stavo per allontanarmi un libro in particolare attirò la
mia attenzione: “Via col Vento”.
Sapevo che quello era uno
dei libri preferiti di Damon, lo avevo scoperto con sorpresa, ma con un sorriso
smagliante perché quella piccola scoperta mi faceva vedere lui con occhi
diversi.
Lo aprii, nonostante
sapessi che fosse sbagliato. Damon non mi aveva mai permesso di usare quel
libro. Quando gli avevo detto che volevo leggerlo, ricordavo perfettamente che
aveva preso quello della biblioteca del salone e me lo aveva dato, ma quello
della sua camera non mi aveva mai permesso di prenderlo.
Ormai, non aveva più
importanza. Lo aprii e lo sfogliai distrattamente accorgendomi che alcune
parti, alcune frasi erano evidenziate:
"Ma di
una cosa sono certo: che vi amo Rossella. A dispetto vostro e mio, a dispetto
dello stupido mondo che ci crolla intorno, vi amo” .
"Voi non
siete un gentiluomo" ."E voi non siete una signora. Non è un titolo
di demerito: le signore non mi hanno mai interessato".
"Aprite
gli occhi e guardatemi. No, non vi bacerò neanche, benché ne abbiate bisogno. È
questo il guaio: dovreste essere baciata, e spesso, e da un esperto".
Mi scappò
un sorriso nel vedere quella frase sottolineata perché quelle parole mi
ricordavano lui e la sua finta o per meglio dire inesistente modestia. Mi resi
conto che forse era questo il motivo per cui non mi aveva mai permesso di
prendere quel libro, perché dentro aveva racchiuso un po’ si se stesso.
"Ne ho
abbastanza di tutto. Cerco la pace. Vedrò se la vita può darmi ancora un po' di
serenità e di dolcezza" .
No, la vita non gli aveva
dato né serenità, né dolcezza, ma gli aveva tolto tutto non appena queste due
cose si erano affacciate a lui. Ricordavo perfettamente le parole che mi disse
in un momento di lucidità quello stesso giorno che Katherine lo aveva strappato
alla vita: “voglio trovare la pace”. L’aveva trovata? Era riuscito a trovarla
adesso che non camminava più su questa terra?
Le lacrime ripresero a
scendere copiose e nulla di quello che potevo fare sembravano capaci di
placarle.
"E' un
soldato del Sud che vi ama, Rossella, che vuole stingervi tra le sue braccia,
che vuol portare con sé il ricordo dei vostri baci. Non mi importa che mi
amiate: manderete un soldato incontro alla morte con un dolce ricordo. Rossella
, baciami. Baciami ora!"
Cercai di immaginarlo
mentre leggeva e sottolineava quelle parole, ma non ci riuscivo, era come se
non mi fosse concesso pensarlo così intimamente.
In un momento di ira
gettai il libro lontano da me e solo in quel momento mi resi conto che da
questo cadde un foglio.
Mi avvicinai e lo presi.
Era piegato a metà e con una calligrafia che riconoscevo perfettamente essere
quella di Damon notai che c’era scritta una data: 17 Gennaio 2011.
Leggere ciò mi fece subito
comprendere che quella lettera fosse stata scritta dopo che Damon era stato
morso.
Lo aprii e riconobbi
subito la sua perfetta calligrafia. Una parte di me non voleva leggere per
paura di quello che ci avrei potuto trovare, l’altra parte, invece, non riuscii
a resistere all’impulso e così dopo un respiro profondo presi a leggere:
Amore mio,
non ti ho
mai chiamata così e solo ora me ne pento, adesso che so che con ogni
probabilità non avrò più la possibilità di farlo. Sono sgattaiolato fuori dal
letto non appena hai preso sonno, sentivo il bisogno di scrivere anche se non
so spiegarmi perché. Stefan lo fa sempre quando sta male o quando è felice e
anche tu lo fai. Mi sono sempre chiesto perché, ma adesso lo capisco da solo.
Un foglio di carta è bianco e solo attraverso le nostre parole si può colorare,
si colora dei nostri pensieri, dei nostri stati d’animo, dei nostri sentimenti.
E così eccomi qui a scrivere per la prima e ultima volta nella mia lunga
esistenza.
Ho creduto
che mai sarei stato felice, che la mia esistenza non avrebbe goduto della
felicità, eppure mi sbagliavo e me ne sono accorto quando quel giorno di quasi
un anno e mezzo fa ho incontrato i tuoi occhi nel corridoio di questa casa. “È
identica a Katherine”. Questa è stato il mio primo pensiero, ma poi ti ho
osservato bene, mentre goffamente cercavi di spiegarmi che eri entrata perché
avevi trovato la porta aperta, ti ho osservato e ti ho trovata così
dannatamente diversa da lei.
I tuoi
occhi sono più luminosi e brillanti, il tuo sorriso più semplice e puro, i tuoi
lineamenti più perfetti, la tua fronte più piccola, le tue labbra più carnose,
il tuo profumo più intenso, la tua pelle più delicata.
Io non sono
un eroe Elena, non lo sono mai stato e mai lo sarò. Sono solo un uomo che si è
innamorato della donna sbagliata e che a causa sua ha perso la vita, sono solo
un uomo che è stato costretto a diventare un mostro quando l’unica cosa che
voleva era lasciarsi raggiungere dalla morte, sono un uomo che si è ritrovato
nel corpo di un mostro e non è stato in grado di lottare per non esserlo, che
si è semplicemente lasciato andare a ciò che era diventato.
Ho ucciso
Elena, ho ucciso tanto, troppo. Ho giocato con la vita di molte persone, le ho
usate, bevuto il loro sangue, prosciugate, incurante dei loro occhi
supplichevoli, dei loro occhi che mi imploravano di lasciarle andare. E mi
divertivo Elena, mi divertivo come non credevo avrei mai potuto fare. Mi
avevano privato di tutto nella mia vita e io volevo privare di tutto anche gli
altri.
Non sono
riuscito mai a combattere la mia natura, per me non c’è stata nessuna Lexie che
mi indicasse la strada maestra come è successo a Stefan e, forse è anche per
questo che non c’ho pensato due volte quando ho deciso di ucciderla per
proteggere il segreto mio e di Stefan. Lei aveva dato una possibilità a mio
fratello, non a me. Lui era e sarebbe stato il migliore tra i due anche da
vampiro e tu, tu avresti scelto sempre lui perché si, già da allora iniziavo a
provare qualcosa per te.
Ho cercato
di non farti preoccupare stasera, ma so benissimo cosa succederà, farò la fine
di Rose. Il morso è ancora piccolo, ma inizia a bruciare e a dare fastidio, fra
qualche ora, diverrà grosso e insopportabile ed è per questo che mi sono messo
a scrivere adesso.
So che non
troverai mai questa lettera perché non aprirai mai “Via col Vento”. Ti ho
sempre impedito di farlo e so che sei una persona leale, quindi posso scrivere
tutto ciò che voglio ed è per questo che voglio confidarti un segreto, un
segreto che ho confidato solo ad una ragazza prima di ucciderla.
Da quando
sono diventato ciò che sono io mi sono perso a livello esistenziale. Non voglio
guai, ma tutto quello che ho sono guai. Ho un segreto, uno bello grosso, ma a
che servirebbe, ormai rivelartelo? Non cambierà di certo le cose, non mi farà
diventare buono, non mi farà di certo adottare un cucciolo. Non posso essere
quello che gli altri vogliono che io sia, quello che tu vuoi che io sia. Quello
che sono è questo, un mostro. Io non sono umano Elena e mi manca, mi manca più
di ogni altra cosa al mondo. Questo è il mio segreto, ma c'è un limite al
dolore che un uomo può sopportare e io credevo di averlo raggiunto, poi,
invece, ti ho sentito pronunciare quelle due parole che mai avrei creduto di
udire.
Hai idea di
quello che provato quando mi hai detto di amarmi? Hai idea di come mi sia
sentito finalmente in pace e completo?
La persona
che ero, il mostro che ero prima di conoscerti vorrebbe non essere tornato in
questa città, vorrebbe non doversi trovare adesso con la consapevolezza di
avere, ormai, il destino segnato, ma il Damon che tu hai fatto uscire fuori,
quel Damon che per troppo tempo è rimasto sopito dentro di me non può che
essere contento di essere arrivato fin qui, di essere arrivato ad un passo
dalla morte perché adesso so che non mi importa di morire, non mi importa
perché questo percorso mi ha condotto a te, al tuo amore.
Voglio
dirti grazie Elena, grazie per aver tirato fuori la mia umanità, quell’umanità
che tu e Stefan avete sempre visto in me, ma che io non credevo di possedere
più, grazie per avermi amato come nessuno aveva mai fatto, grazie per i tuoi
sorrisi, le tue occhiatacce, le tue mani strette alle mie, grazie per i tuoi
occhi nei miei, per i tuoi baci, per i tuoi abbracci, grazie di essermi stata
accanto anche quando non me lo meritavo, grazie per avermi perdonato errori
intollerabili, grazie per il tuo sostegno, per il tuo amore e per la felicità
che hai saputo donarmi anche se per poco tempo, grazie perché mi hai riempito
d’amore.
Non ho mai
avuto paura della morte perché la mia vita era vuota e senza significato, poi
sei arrivata tu e tutto è cambiato. Adesso devo ammetterlo: è difficile
accettare di dover morire proprio ora che avevo trovato la mia isola felice.
Mi ero
abituato ad averti accanto, mi ero abituato al tuo odore, alle nostre litigate
e poi ai nostri travolgenti momenti d’amore, a tutti i tuoi piccoli gesti. Il
mio cuore aveva disegnato il tuo nome con il sangue e nemmeno la morte riuscirà
a cancellarlo.
Me ne vado
Elena, morirò, ma non ho rimpianti, nessuno. Avrei solo voluto dimostrarti di
più, avrei solo voluto che tu capissi realmente quanto tutta la mia vita
dipendesse dalla tua, quanto io abbia bisogna di te. Avrei voluto dimostrarti
che da quando ti conosco ti vedo in ogni cosa bella che mi colpisce gli occhi,
avrei voluto dirti che sei un brivido che mi percorre da mattina a sera, che
con te per la prima volta ho desiderato di scoprire davvero il mondo solo per poterlo
raccontare, vorrei dirti che mi sono ridotto ad avere un disperato e costante
bisogno di te, una sete assurda dei tuoi baci, ma soprattutto avrei voluto che
tu capissi lo sgomento di aver vissuto senza di te per così tanto tempo e al
contempo avrei voluto celarti la paura che fino a qualche istante fa mi
attanagliava lo stomaco nel timore di vivere i prossimi anni senza più averti.
So di non
poter morire sapendo che tu mi odi, ma non posso essere egoista con te, ed è
per questo che quando aprirai gli occhi dovrò recitare come ho sempre saputo
fare.
Ti dirò
cose assurde e spero che tu mi creda. Devo dimostrarti di essere un mostro,
preferisco vederti soffrire adesso che dopo, perché so che l’odio, la rabbia e
il rancore verso di me ti aiuteranno a superare la mia perdita e a non soffrire
troppo.
Non voglio
che la mia sia un’altra tomba sulla quale devi piangere, non posso permetterlo.
Spero solo
che le cose che dirò o che farò non scalfiranno la tua anima.
Prima di
andare via vorrei che tu mi facessi una promessa, ma non posso fartela fare
perché mi guarderesti e diresti che sono sempre il solito, diresti che dopo
tutto quello che mi hai dimostrato io dubito ancora del tuo amore per me, ma
qui, in questa lettera che tu non leggerai mai voglio farlo.
Vorrei che
mi promettessi di donare a qualcun altro in futuro tutto l’amore che hai
dentro, donalo, senza avidità e senza rimpianti o sensi di colpa, donalo a
qualcuno che saprà apprezzarti in modo autentico e puro come ho fatto io.
Resta
quella che sei amore mio, non cambiare e non permettere che nessuno ti cambi,
mai, hai capito? Cerca di essere sempre te stessa e scegli, non farti
scegliere.
Una volta
da qualche parte ho letto che l’incontro di due persone è come il contatto di
due sostanze: se si scatena una reazione entrambe vengono trasformate. Tra noi
due è successo. Tu mi hai totalmente trasformato e non te ne sarò mai grato
abbastanza, ma con presunzione credo di averti trasformata anche io in qualche
modo, credo di averti resa più determinata e per certi versi anche un po’ più
egoista, ma credo che nel tuo caso fosse utile. Hai sempre pensato solo agli
altri e poco a te stessa e questo non sempre è un bene.
Vivi amore
mio, vivi anche quando non ci sarò più, vivi e dimostra agli altri quanto forte
tu sia. Ti amo Elena, ti ho amata dal primo momento.
Damon...
Quando terminai di leggere
mi resi conto di trovarmi in ginocchio con quel foglio tra le mani
completamente bagnato dalle lacrime copiose che scendevano dai miei occhi.
Era un Damon diverso
quello della lettera, era il Damon che era diventato adesso, era il Damon che
c’era sempre stato dentro di lui, ma che non riusciva a uscire fuori e mi
rendeva orgogliosa sapere che ero stata io a riuscire in questa impresa
titanica.
Ma a che pro tutto questo?
A che pro farlo tornare ad essere la persona che era se questa era la fine che
aveva fatto?
No, non riuscivo ad
accettarlo, non potevo accettare che fosse morto davvero, non lui, non l’unico
amore della mia esistenza.
Cacciai un urlo fortissimo
e mi accasciai a terra in posizione fetale iniziando ad urlare il nome di Damon
come fossi una pazza uscita da un manicomio.
In pochi secondi sentii la
porta della stanza aprirsi e riconobbi i passi felpati di Stefan.
Non disse nulla, si limitò
ad avvicinarsi a me e stringermi tra le sue braccia.
“Voglio Damon, Stefan, ti
prego, portami da Damon” iniziai ad imprecare conscia che, ormai, la pazzia
stava davvero colpendo ogni fibra della mia mente.
“Elena calmati per favore”
mi implorò lui con sguardo supplichevole.
“Sono stanca di fingere. È
un mese che lo faccio. Io voglio solo Damon, non riesco più a concepire la mia
vita senza di lui. Questo non è vivere, lo capisci? È sopravvivere e sono
stanca di farlo” gli urlai staccandomi da lui e guardandolo negli occhi.
“Damon non vorrebbe che tu
ti facessi così male”.
“Non sarebbe dovuto morire
allora”.
“Non è colpa sua, non è
colpa di nessuno”.
“Si invece. È colpa mia.
Avreste dovuto lasciare che Katherine mi uccidesse, invece no. Voi dovete
sempre complicare tutto, dovete sempre mettere me prima degli altri”.
“Noi…noi ti vogliamo bene”
mi disse lui colpito dalle mie parole dure.
“E perché i vostri
sentimenti contano sempre più dei miei? Voi proteggete me perché mi volete bene
e il bene che voglio io a voi? Quello non conta?” iniziai a urlare in preda
alla rabbia.
Mi ero tenuta dentro tutto
quel dolore per un intero mese e adesso non riuscivo più ad andare avanti.
“Elena calmati, per
favore. Risolveremo tutto, vedrai” mi disse cercando di avvicinarsi, ma lo
respinsi.
“Risolveremo tutto?” urlai
in preda alle lacrime “sei in grado di riportarlo in vita?” domandai urlando
sempre di più.
“Elena…” provò a calmarmi
lui.
“Ti ho chiesto se sei in
grado di riportarlo in vita. Rispondimi”.
“Io…Elena sai che non è
possibile”.
“Bene, allora smettila di
dire che risolveremo tutto e vattene”.
Stefan abbassò lo sguardo
colpito dalle mie parole e si diresse verso la porta pronto ad uscire, ma solo
allora mi resi conto di esserla presa con lui che non c’entrava nulla, con lui
che tra tutti meglio capiva come mi sentivo.
“Mi dispiace Stefan,
scusa” gli dissi correndogli incontro e abbracciandolo stringendolo forte a me.
“No, scusami tu, non
dovevo dirti che avremmo sistemato tutto. Non si sistemerà nulla” mi disse
mentre le lacrime presero ad uscire anche dai suoi occhi.
Per la prima volta lo
vedevo debole anche davanti ai miei occhi. Come me anche lui in quell’ultimo
mese si era mostrato forte quando dentro stava morendo. Noi due avevamo molto
più in comune di chiunque altro.
“Giuro che la ucciderò
Elena, te lo giuro” mi disse stringendomi forte.
“Ucciderla ci restituirà
forse Damon? Stefan basta, smettila di tormentarti, smettila di cercarla. Non è
della vendetta che abbiamo bisogno” riuscii a dirgli senza poter aggiungere
altro.
Lui non disse nulla, si
limitò solo a stringermi a se e per un momento tra le sue braccia riuscii a
sorridere di nuovo, ma fu solo un attimo, giusto quella frazione di secondo che
mi fece immaginare di stringere delle altre braccia, di annusare un altro
odore.
La verità era che in
qualunque persona avrei abbracciato, in qualunque persona avrei avuto accanto
ci avrei sempre visto
Damon, ma Damon non c’era, Damon era morto e prima l’avrei accettato prima
potevo sperare di risalire da quel tunnel buio in cui ero caduta.
SPAZIO AUTRICE:
Lo so che sono in tremendo ritardo.
Quasi sette mese di ritardo, praticamente metà anno, ma non sono riuscita a
postare prima a causa di vari impegni che non mi hanno permesso di concludere
questa storia.
Adesso per fortuna l’ho fatto. Ho
scritto la parola fine e adesso che la storia è davvero finita ho deciso di
postare i restanti capitoli che vi avviso già non saranno molti, anzi tutto il
contrario.
Siamo decisamente in dirittura
d’arrivo, manca un altro capitolo e poi l’epilogo.
Spero che chi seguiva la mia storia la
riprenderà, ma non posso giudicare tutti coloro che non lo faranno visto che
sono imperdonabile.
Ringrazio comunque tutti quelli che
decideranno di leggerla e scoprirne il finale.
Posterò il prossimo capitolo tra
pochissimi giorni.
Come sempre vi lascio un piccolo
pezzettino come spoiler del nuovo capitolo:
“L’abbiamo
trovata” mi rispose Stefan.
“Chi?”
domandai non capendo.
“Katherine”
mi spiegò Caroline.
A quel
punto distolsi lo sguardo dal soffitto e presi a guardare Stefan.
“Che
intenzioni hai?”
“Lo sai
benissimo”.
“Che sei
venuto a fare qui, allora?” domandai non capendo perché venisse da me a
raccontarmi la cosa.
“Voglio
sapere…” provò a dire, ma lo interruppi.
“Sai
benissimo come la penso e no, non ho cambiato idea. Anche se vai lì e la uccidi
non riavrò…non riavremo Damon” dissi riprendendo a guardare il soffitto.
LEGGETE:
Ho iniziato a scrivere una storia nuova su Twilight. La trama è
questa:
“Bella è una ragazza come tante altre, con una vita normale. La
morte di Mike le ha fatto perdere la fiducia nell’altro sesso, le ha fatto
credere che affezionarsi ed aprirsi a qualcuno risulta essere terribilmente
sbagliato e spesso doloroso. Ma poi arriva Edward, un volto conosciuto, un
pilota di moto, ma un ragazzo normale che non si è fatto contaminare dalla
notorietà. Lei non si fida, non vuole aprirsi, lui non si arrende perché lei è
diversa, gli basta guardarla per capire che lei è quella giusta, perché quando
lei sorride tutto diventa migliore. Una storia semplice che pubblico senza
troppe pretese, ma con la consapevolezza che è molto importante per me. La
dedico a tutte quelle persone che coltivano una passione e che lottano per
portarla avanti, a quelli che sognano l’amore, ma soprattutto a tutti coloro
che in seguito ad una delusione credono che non riusciranno più ad aprirsi con
qualcuno, che non riusciranno mai più ad amare. Leggetela se vi ho incuriosito
perché ricordate che “nel momento in cui ci convinciamo che non riusciremmo più
ad affezionarci a nessuno, beh, in quel momento arriva quel nessuno”.”
Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi
l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare.
Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che
recensiscono.
Altri due giorni erano trascorsi e
nulla sembrava cambiare. Tutti continuavano a ripetermi che il dolore sarebbe
passato con il tempo, che avrei portato Damon sempre con me e che il suo
ricordo un giorno mi avrebbe anche fatto sorridere e, invece, nulla cambiava.
I minuti passavano e diventavano ore,
le ore giorni e i giorni settimane, ma il ricordo di Damon continuava a farmi
troppo male, continuava a farmi versare copiose e salate lacrime che io non
riuscivo più a controllare.
Non facevo altro che ripensare a lui,
a noi, al nostro amore e più passava il tempo più mi domandavo come potessi
essere stata tanto sciocca da non aver capito prima cosa mi legasse a lui. Solo
adesso mi rendevo conto che forse alcuni legami nascono prima che c’è ne
accorgiamo, forse ci si attrae senza saperlo davvero. Così quello che sembra
nato per caso diventa la cosa più importante, la ragione di un lungo percorso
ed era questo che era successo a noi, a me e a lui.
“Elena possiamo?” mi chiese Stefan
bussando alla porta della camera di Damon.
Annuii impercettibilmente consapevole
che mi avrebbero sentito lo stesso e un attimo dopo lui insieme a Caroline
entrarono nella stanza.
Come sempre mi trovarono sdraiata a
letto a fissare il soffitto e in poco attimi si avvicinarono sedendosi nei due
rispettivi margini del letto.
“Che succede?” chiesi senza nemmeno
guardarli, ma consapevole che dovevano dirmi qualcosa.
“L’abbiamo trovata” mi rispose
Stefan.
“Chi?” domandai non capendo.
“Katherine” mi spiegò Caroline.
A quel punto distolsi lo sguardo dal
soffitto e presi a guardare Stefan.
“Che intenzioni hai?”
“Lo sai benissimo”.
“Che sei venuto a fare qui, allora?”
domandai non capendo perché venisse da me a raccontarmi la cosa.
“Voglio sapere…” provò a dire, ma lo
interruppi.
“Sai benissimo come la penso e no,
non ho cambiato idea. Anche se vai lì e la uccidi non riavrò…non riavremo
Damon” dissi riprendendo a guardare il soffitto.
Vidi i suoi occhi farsi lucidi e ne
compresi subito il motivo. Potevo leggere nel suo sguardo lo specchio del mio:
dolore e sofferenza, quel dolore e quella sofferenza capace di distruggerti
anima e corpo, di dilaniarti dentro fino a farti diventare una marionetta nelle
mani della vita.
Riuscivo a capire cosa lo spingesse a
desiderare la vendetta, ma allo stesso tempo quella conversazione non mi
interessava per nulla. Qualunque cosa succedesse nella mia vita o nel mondo in
generale non avrebbe cambiato niente e certo non avrebbe scaturito in me nessun
tipo di interesse.
“Katherine è in Georgia, capisci? Non
molto lontana da qui” prese a dire Caroline.
“Una mia vecchia conoscenza mi ha
avvisato di averla vista camminare tranquillamente per le strade di Atlanta.
Capisci? Tranquillamente. Ci ha distrutto l’esistenza e noi non dovremmo fare
finta di nulla?” continuò Stefan.
“Non so cosa vuoi da me, Stefan.
Insomma perché sei qui? Cosa vuoi che ti dica? Che ti dia la mia benedizione?”
dissi portandomi in posizione seduta sul letto e alzando leggermente la voce.
“Elena io…noi…” provò a dire.
“Te lo dico io perché sei qui. Sei
qui perché dentro di te sai che non ha senso ucciderla perché la sua morte non
cambierà nulla, la sua morte non sistemerà le cose e tu lo sai, sei qui perché
speri di convincere me che sia la cosa giusta quando il primo che deve
convincersi sei tu. Katherine ci ha già rovinato abbastanza la vita, non voglio
più sentir parlare di lei. Vuoi ucciderla? Bene, vai e uccidila, ma non venire
da me a chiedermi il permesso. Per me lei è già morta” gli urlai alzandomi dal
letto e afferrando un felpa prima di correre fuori dalla camera.
Scesi le scale di corsa e dopo aver
afferrato le chiavi della macchina uscii fuori mettendomi alla guida senza una
meta precisa. Non sapevo dove andare, sapevo solo che volevo allontanarmi da lì
dentro, da quella casa che ultimamente mi andava stretta, da quella casa che mi
ricordava troppi momenti felici.
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai
davanti al cimitero, davanti a quel posto in cui prima o poi saremmo andati
tutti, quel posto grigio dove non importa chi tu sia, quanto guadagni o che
titolo hai, non importa se tu sia vecchio, ricco o povero, importa solo quanto
sei stato capace di dare, quel luogo in cui si è ospiti naturalmente che lo
vogliamo o meno.
Posteggiai di tutta fretta e scesi
dalla macchina dirigendomi a passo spedito verso quel punto esatto in cui
andavo molto spesso negli ultimi due anni, verso la lapide dove erano stati sepolti
Grayson e Miranda Gilbert, quelle due persone che per me sarebbero stati per
sempre i miei veri genitori, coloro che mi avevano cresciuto e dato tutto
l’amore del mondo.
Mi sedetti a terra appoggiando le
spalle ad una vecchia statua proprio accanto alle lapidi e lì ferma come
pietrificata presi a guardare tutte le pietre tombali presenti rendendomi conto
solo in quel momento che in nessuno di esse ci avrei trovato Damon.
Non che mi servisse una tomba su cui
piangerlo, ma sapere che non c’era più nulla che mi legava a lui, neppure uno
stupido e insignificante pezzo di
marmo mi faceva stare male.
Andare al cimitero e vedere la lapide
dei miei genitori mi permetteva di sentirli in qualche modo vicini, mentre con
Damon questo non era possibile e più passavano i giorni, le settimane più
sembrava come se tutto mi allontanasse da lui, sembrava come se lui, il nostro
amore fosse stato solo tutto frutto della mia immaginazione.
Toccai il mio petto dove faceva bella
mostra di sé oltre al ciondolo con la verbena che mi aveva regalato Stefan
anche e soprattutto la collanina alla quale avevo inserito l’anello di Damon.
Lo strinsi nella mia mano più forte che potei, unico oggetto che, ormai, mi
ricordava che lui era esistito e che io l’avevo perso.
Restai lì ferma e immobile fino
quando iniziò a fare buio, dopodiché mi decisi a tornare in macchina. Diedi
un’occhiata al cellulare che avevo lasciato sul cruscotto e mi resi conto che
c’erano un sacco di chiamate da parte di Stefan e Caroline.
Non avevo nessuna voglia di parlare
con loro, a dire il vero non avevo voglia di parlare con nessuno. Decisi così
di mandargli un semplice messaggio per fargli sapere che stavo bene, almeno
questo glielo dovevo.
Aprii la rubrica messaggi e iniziai a
scrivere:
Sto bene, state tranquilli. Sono andata un po’ al cimitero a
trovare i miei. Non aspettatemi, stasera sento il bisogno di andare a dormire a
casa mia. Ci vediamo domani. Un bacio...Elena.
Inviai lo stesso messaggio sia a Stefan che a Caroline
e poi misi in moto con destinazione casa Gilbert.
Raggiunsi la mia meta in poco tempo e in fretta
posteggiai e scesi dalla macchina entrando dentro con le chiavi che portavo
sempre con me anche adesso che non vivevo più lì.
Quando aprii la porta di casa mi resi conto che non
c’era nessuno, c’era pace e tranquillità, segno che sia Jenna che Jeremy non
fossero in casa. Senza pensarci due volte mi diressi in cucina a prendere un
po’ di succo e quando raggiunsi il frigo mi resi conto che c’era un post-it
scritto di proprio pugno da Jenna:
Jeremy sono uscita con Rick. Resto a dormire da lui, mi
raccomando. Ti ho lasciato qualcosa in frigo, devi solo pensare a riscaldarlo.
A domani...
Sorrisi al pensiero di sapere Jenna insieme a Rick,
finalmente aveva trovato la persona giusta, una persona che la amasse e che la
rispettasse, una persona disposta a dare anche la sua vita per lei.
Presi il mio succo e mi diressi in camera, ma prima
diedi un’occhiata nella camera di Jeremy trovandola vuota e così dopo essere
entrata nella mia ed essermi seduta sul letto composi il suo numero e lo
chiamai.
Al quarto squillo rispose.
“Sorellina che succede?” mi chiese preoccupato senza
nemmeno dire pronto.
Capivo i motivi che lo spingevano a comportarsi in
quel modo. Nell’ultimo mese non mi ero mai fatta sentire e anche quando era lui
a venirmi a trovare cercavo sempre di evitare ogni tipo di contatto prolungato.
Jeremy mi conosceva bene e sapeva che i miei “sto
bene” erano solo bugie e non volevo che leggesse nei miei occhi tutta la mia
sofferenza.
“Nulla tranquillo. Volevo solo sapere dove sei” gli
domandai cercando di rassicurarlo.
“Da Bonnie. Stasera mi fermo da lei”.
“Ah ok” riuscii solamente a dire conscia dentro di me
che era una vera fortuna.
Avrei avuto casa tutta per me e avrei potuto piangere
tutte le mie lacrime senza avere il timore di far soffrire chi mi sentiva.
“Perché me lo chiedi?”
“Curiosità. Avevo solo voglia di sentirti, non posso?”
chiesi.
“Certo che puoi. Mi è solo sembrato strano”.
“Non deve”.
“Elena stai bene? Sei strana stasera. Vengo da te, vuoi?”
“No Jeremy, non serve davvero. Volevo solo sentire la
tua voce, nulla di più. Ci vediamo domani, ok?” gli dissi sperando di
convincerlo.
“Ok tesoro come vuoi. Mi raccomando”.
“Mi raccomando io a te” provai a scherzare maliziosa
sperando così di rendere credibile il fatto che stessi bene.
“Te la saluto, ok?”
“Si certo, divertitevi”.
Non gli diedi nemmeno il tempo di rispondere che
chiusi la telefonata spegnendo il cellulare e appoggiandolo al comodino. Non
volevo sentire nessuno, volevo finalmente godermi una serata di solitudine a
tutti gli effetti, una solitudine che quando vivi con due vampiri non puoi mai
avere perché ogni minimo gesto, rumore o sospiro sai che viene percepito da
loro.
Mi alzai dal letto e aprii la finestra in un gesto del
tutto involontario. Lo facevo sempre in passato, soprattutto quando sapevo che
Stefan sarebbe passato per farmi visita e non voleva che Jenna scoprisse le sue
visite notturne.
Dopodiché mi diressi in bagno gettandomi sotto la
doccia. Avevo bisogno di rilassarmi un po’. Restai lì per momenti interminabili
e quando mi sentii soddisfatta decisi di uscire.
Mi asciugai i capelli in modo frettoloso, poi mi
infilai un paio di pantaloncini da pigiama e una felpa di Damon. Da quando lui
non c’era più non potevo dormire se non indossavo qualcosa di suo. Non sapevo
spiegarmene il motivo, forse era tutto fattore psicologico, ma era così e non
potevo farci nulla. Avere qualcosa di suo addosso era come sentire lui vicino a
me e Dio solo sapeva quanto bisogno io ne avessi.
Avrei pagato qualunque cosa per riavere indietro un
unico ieri insieme a lui, ma sapevo che non era possibile. Nonostante avessi
scoperto un mondo fatto di esseri sovrannaturali e di magia sapevo che non si
poteva tornare indietro, ma soprattutto sapevo che non si potevano resuscitare
i morti.
Mi diedi una guardata allo specchio notando le
profonde occhiaie che solcavano i miei occhi e senza dilungarmi troppo tornai
in camera. Guardarmi allo specchio era l’ultima cosa che mi serviva in quel
momento.
Mi sdraiai sul letto a pancia in giù dando le spalle
alla finestra e alla scrivania e presi il mio peluche preferito stringendolo a
me e in quel momento non potei fare a meno di pensare a tutte le volte in cui
Damon si era intrufolato in camera mia e sdraiandosi sul letto aveva
giocherellato con quel peluche conscio che la cosa mi avrebbe infastidito.
In un impeto di nostalgia strinsi il peluche ancora
più forte quasi a stritolarlo e una lacrima solitaria prese a scendere dai miei
occhi.
“Se continui così finirai per farlo a pezzi” disse
all’improvviso una voce dietro di me.
“È già a pezzi” risposi io conscia del fatto che
possedevo quel peluche da quando ero molto piccola e, ormai, l’avevo ridotto
quasi a brandelli.
Sentii da dietro un sospiro prolungato e una risata sommessa
e solo in quel momento ripresi lucidità di me stessa e cercai di analizzare
cosa fosse successo.
Quella voce, la voce che aveva appena parlato non era
una normale voce, era quella voce che avrei riconosciuto ovunque, quella voce che riconoscevo sempre
con emozione, che fossi sveglia o addormentata, quella voce che avrei
riconosciuto persino da morta, quella voce per cui ero disposta a camminare nel
fuoco, oppure, senza esagerare, a sguazzare per una vita intera sotto un’interminabile
pioggia fredda, quella voce per cui avrei pure donato la mia vita.
Non appena realizzai tutto questo mi
alzai velocemente dal letto e mi voltai di scatto per vedere chi ci fosse, ma
dietro di me c’era solo il vuoto, un terribile e insopportabile vuoto.
La mia immaginazione mi aveva giocato
un brutto scherzo. Stavo davvero diventando pazza perché era impossibile che io
avessi potuto sentire davvero la voce di Damon, la voce dell’uomo che amavo più
di ogni altra cosa al mondo.
“Damon” riuscii solamente a
sussurrare mentre le lacrime presero a bagnarmi le guance.
Mi voltai di nuovo dando le spalle
alla finestra e non appena lo feci vidi l’ultima cosa che avrei mai immaginato
di vedere.
A pochissimi millimetri dal mio viso
c’è ne era un altro che non avrei mai più pensato di poter vedere, non di nuovo
almeno, non dopo quello che era successo.
“Mi ha chiamato?” disse l’uomo
davanti a me sorridendomi come solo lui sapeva fare.
Avevo appena sussurrato il suo nome e
adesso lui mi chiedeva se lo avessi chiamato? Doveva essere tutto un sogno,
oppure la mia immaginazione mi stava davvero giocando un bruttissimo scherzo.
Non poteva non essere lui. Era il suo
corpo, il suo viso, i suoi capelli, i suoi occhi, ecco proprio gli occhi non
potevano farmi cadere in inganno, erano i suoi. Due pozze di cielo che
splendevano solo per me e poi il sorriso, quel sorriso dannatamente sfacciato
che solo lui sapeva fare.
Lo vidi avvicinarsi ancora di più e
quando fu ad una spanna dal mio viso posizionò le sue mani sul mio viso e fu
allora che sentii anche il suo inconfondibile odore. Era lui, non poteva essere
altrimenti.
Aprii la bocca per provare a dire
qualcosa, ma non ne uscii una sola sillaba e lui ne approfitto per fare
qualcosa che i suoi occhi stavano bramando di fare dal primo momento in cui
l’avevo visto pochi attimi prima.
Prima ancora che io potessi rendermi
conto di cosa stava succedendo sentii le sue labbra premere sulle miei e mi
bastò questo per avere la conferma che attendevo. Era Damon, solo lui era in
grado di baciarmi in questo modo.
Mi avvicinai a lui stringendolo a me
in modo spasmodico, come se avessi paura che potesse sfuggirmi dalle mani e
ricambiai il suo bacio con tutto l’amore che avevo dentro.
Non era una bacio casto, non lo era
per nulla, anzi tutto il contrario. Era un bacio che sapeva di separazione e
dolore, di angoscia e sofferenza, di bisogno e possesso, di amore e desiderio.
Non sapevo come fosse possibile,
forse era solo frutto di un sogno, ma sogno o realtà non mi importava, avevo
Damon tra le braccia e volevo godermi il momento indipendentemente se fosse
vero o meno.
Si staccò da me dopo minuti
interminabili, ma io lo costrinsi ad avvicinarsi di nuovo per un altro bacio e
quando alla fine si impose di staccarsi mi guardò con i suoi occhi cerulei e mi
fissò come se anche lui avesse paura che svanissi da un momento all’altro.
“Ti amo Elena” mi disse solamente
prima di catturare le mie labbra in un nuovo bacio.
Lo strinsi più forte a me godendo del
momento, godendo di quel “ti amo” troppo spesso sognato in quel lungo mese e
quando lo vidi prendermi in braccio e adagiarmi sul letto mi sentii come non mi
sentivo da troppo tempo, mi sentii come non credevo di potermi sentire di
nuovo.
Su quel letto ci amammo per la prima
volta visto che in passato non era mai successo di farlo in camera mia e mi
sembrò come se quella fosse stata la prima volta in assoluto.
Quando lo sentii entrare dentro di me
tutto sembrò svanire, il dolore, le sofferenze, le angosce di quei giorni,
tutto era sparito per fare spazio a qualcosa di più grande qualcosa che portava
un solo nome: Amore, ma non un amore qualsiasi, ma quello con la A maiuscola,
quello che non ti fa dormire la notte e non ti fa essere razionale, quello per
cui daresti anche la tua vita.
Quando entrambi raggiungemmo l’apice
ci sdraiammo sfiniti l’uno accanto all’altra con la mia testa sul suo petto.
“Mi sveglierò da tutto questo e farà
male” dissi più a me stessa che a lui.
“Sei già sveglia amore mio” furono le
sue uniche parole.
La dolcezza disarmante con la quale
aveva pronunciato quell’ “amore mio” mi lasciarono senza fiato.
“Mi hai lasciata da sola” dissi.
“Lo so, ma non succederà più. Da
adesso in poi saremo sempre io e te, per sempre”.
“Non mentire Damon, quando mi
sveglierò tutto questo svanirà”.
Non appena pronunciai quelle parole
vidi lui scostarmi dal suo petto facendo scontrare i nostri occhi. Prese il mio
volto tra le mani e mi fissò intensamente.
“Elena guardami, non stai sognando,
non è un sogno. Io sono qui e ci sarò sempre”.
“Tu non puoi essere qui, tu sei
morto”.
“No, no che non lo sono. È stata
tutta una finzione. Katherine ha inscenato tutto” mi disse e al sentire quelle
parole mi rizzai a letto sconvolta.
“Cosa?” chiesi sconvolta non
riuscendo a capire bene la situazione “io ho visto il tuo anello, le tue
ceneri” prosegui.
“Non erano le mie ceneri. Katherine
ha ucciso un vampiro e vi ha fatto trovare le sue ceneri per farvi credere che
fossi io, quanto all’anello beh quello è mio davvero, anzi, se me lo
restituisci te ne sarei grato. Sai non è così bello dover restare chiuso in
casa e poter uscire solo la notte” mi disse assumendo un tono beffardo quando
aveva parlato dell’anello.
Istintivamente portai una mano sul
mio collo stringendo nel pugno l’anello di Damon, ma allo stesso tempo guardavo
lui.
“Non è possibile. Perché? Perché
tutto questo?” domandai sconvolta.
“Katherine era a conoscenza di due
modi per curare un morso di licantropo. Uno, il più sicuro ed efficace, era il
sangue di Klaus, ma c’è lo siamo giocati visto che l’abbiamo ucciso, il secondo
era un antidoto di cui aveva sentito parlare ad Emily in passato, ma che non
era sicura potesse funzionare. Così ha deciso di farvi credere che fossi morto
in modo tale che voi foste già preparati all’evenienza se l’antidoto non avesse
funzionato” iniziò a spiegarmi lui.
“Continua” lo esortai.
“Non voleva che io o Stefan morissimo
e quando si è resa conto che il suo stupido piano gli è sfuggito di mano voleva
tornare indietro, ma era troppo tardi. Sapeva che l’avrei trovata anche in capo
al mondo e l’avrei uccisa. Così ha trovato il licantropo ed è successo quel che
è successo. Quando si è resa conto di quello che ha fatto, però, ha deciso di
tornare indietro sui suoi passi e così consapevole che poteva esserci una cura
per salvarmi mi ha portato via con lei per cercare l’antidoto”.
“Perché non ne ha parlato con noi
allora?”
“Perché non era sicura che avrebbe
funzionato e Katherine a modo suo ama davvero Stefan. Non sarebbe riuscita a
sopportare lo sguardo ferito e arrabbiato di lui se avesse fallito, così ha
pensato bene di inscenare la mia morte. Se tutto fosse andato come sperato
sarei tornato da voi, se così non fosse stato tutti avreste pensato che la
cattiva e sadica Katherine mi aveva messo fuori gioco”.
“Ma Stefan avrebbe potuto cercarla,
avrebbe potuto ucciderla. Voleva farlo” spiegai a lui.
“Ne era cosciente lei, ma ha puntato
su di te. Era sicura che non lo avresti permesso, che avresti convinto Stefan
che uccidere lei non vi avrebbe restituito me, era certa che lo avresti
convinto a non fare niente visto che finalmente vi eravate liberati di lei” mi
spiegò guardandomi intensamente negli occhi.
Fu solo in quel momento che realizzai
davvero che quello davanti a me non era un sogno, ma era davvero il mio Damon e
che stava benissimo.
Non lo feci più parlare perché mi
gettai tra le sue braccia riempiendolo di baci e lui non sembrò disnegare per
nulla.
Dopo un paio di minuti mi staccai per
guardarlo negli occhi e fu allora che lui prese di nuovo a parlare.
“Non vuoi sentire il resto della
storia?” mi domandò sorridendomi.
“Solo se prima mi prometti che non te
ne andrai mai più e che staremo insieme sempre”.
“Te lo prometto Elena. Insieme per
sempre” mi disse guardandomi serio.
Mi avvicinai e lo baciai a fior di
labbra.
“Ti amo” gli dissi dopo un altro
bacio “e adesso continua” conclusi.
“Mi ha portato in Georgia, ad Atlanta
ed è stato lì che mi ha curato”.
“Quindi è lei che ti ha salvato?”
domandai.
“No, sei stata tu”.
“Non prendermi in giro scemo”.
“No, dico sul serio. Sei stata tu a
salvarmi”.
“Che diavolo stai dicendo?”
“Emily nel lontano 1864 raccontò a
Katherine che il sangue delle dopplanger ha poteri speciali e che può essere
uno speciale antidoto per diversi problemi che colpiscono le creature
sovrannaturali. Ovviamente lei non ha dato molto peso alla cosa, ma più avanti
negli anni ha fatto delle ricerche e ha scoperto che il sangue della dopplanger
umana ha davvero dei poteri. Comunque alla fine mi ha portato in una vecchia
villa disabitata e lì ha fatto delle ricerche scoprendo che per salvarmi
serviva il sangue di un vampiro e quello di un licantropo, ma il vero antidito
era legare questi due gruppi sanguigni con il sangue della dopplanger. È come
se il tuo sangue unendosi a quello di vampiro e di licantropo crei un miscuglio
in grado di curare il morso di licantropo” mi spiegò cercando di essere il più
chiaro possibile.
“Mi stai dicendo che è stato il mio
sangue a salvarti?”
“Conosci qualche altra dopplanger ancora
umana in circolazione?” mi domandò beffardo.
“Ma io non ho dato il mio sangue a
nessuno” gli spiegai.
“Lo so. È stata Katherine a prenderlo
senza che tu te ne accorgessi. Un pomeriggio ha aspettato che Stefan e Caroline
non fossero in casa per intrufolarsi nella mia camera mentre tu dormivi. Ti ha
ammaliata con un sogno e ha preso la quantità necessaria di sangue, poi è
sparita e ovviamente tu non ricordi nulla”.
“No, assolutamente nulla”.
“È così che doveva essere”.
“Ha usato il suo sangue di vampira?”
“Si certo, mentre per quello di
licantropo ha preso quello di Cam, il lupo che mi ha morso. Gliene aveva preso
un po’ mentre lui era ancora in vita perché a detta di lei sarebbe potuto
sempre essere utile”.
“Ma perché allora ci hai messo così
tanto a tornare?”
“Katherine ha impiegato due settimane
per capire come dovesse funzionare l’antidito e quest’ultimo non era rapido
come lo sarebbe stato il sangue di Klaus. Ci voleva del tempo perché facesse
effetto e soprattutto una sola dose non era sufficiente. Ci ho messo molto a
riprendermi, altrimenti sarei tornato molto prima”.
“Quando avete capito che funzionava
potevate avvisare”.
“No, non potevamo. Dovevamo essere
sicuri”.
“Damon…” provai a dire, ma lui mi
interruppe.
“Voglio che tu sappia che io non
sapevo nulla di tutto questo. Ho iniziato a capire come stavano le cose dopo
che Katherine ha iniziato a farmi bere l’antidito e solo alla fine, quando
stavo già bene, mi ha spiegato tutto. Non le avrei mai permesso di avvicinarsi
a te altrimenti, men che meno di prenderti del sangue”.
“Beh allora sia lodata Katherine che
non te l’ha detto. Protettivo come sei avresti preferito morire piuttosto che
prendermi del sangue. Tu sei impossibile” lo rimproverai.
“Io sono solo innamorato” mi disse e
al sentire quelle parole non riuscii a non sorridere.
Mi avvicinai e lo baciai a fior di
labbra e quando ci staccammo lo vidi sorridere.
“Sei piuttosto pallida amore” mi
disse e solo a sentir pronunciare la parola amore
un sorriso spontaneo mi si dipinse sul volto.
Capii subito che la sua era una
battuta poiché il suo sorriso sornione la diceva lunga.
“Ah si?” domandai reggendogli il
gioco.
“Si, sei pallida. Hai finito il
rossetto o hai sofferto per la mia assenza?” mi chiese e mi resi subito conto
che non poteva che essere il mio Damon quello di fronte a me.
Non sapevo cosa pensare, come
comportarmi, ma una cosa era certa. Qualunque cosa fosse successa in quel mese
non mi interessava, nulla, ormai, aveva più importanza, l’unica cosa che
contava era che in qualche modo e per qualche scherzo del destino Damon era
vivo ed era tornato da me.
“Ti amo Damon, più di quanto tu possa
immaginare” gli soffiai ad un palmo dalle sue labbra.
“Mai quanto ti amo io” mi rispose lui
baciandomi con assoluta e inconfutabile passione.
“Sei rimasto sempre il solito
presuntuoso” lo ammonii quando ci staccammo.
“Ovvio, ma tu mi ami anche per
questo” fu la sua unica risposta prima di avvicinarsi a me facendomi sdraiare
di nuovo sul letto posizionandosi sopra di me.
Eravamo insieme di nuovo e stavolta
sapevo che sarebbe stato per sempre.
Solo io, lui e il nostro amore.
SPAZIO AUTRICE:
Come promesso eccomi qui di nuovo. Come
avete certamente capito questo era l’ultimo capitolo di questa storia, ma
ovviamente prima di mettere davvero la parola fine ci sarà l’epilogo.
Visto che il prossimo sarà proprio la
chiusura definitiva della storia ho deciso di non lasciarvi nessuno spoiler.
L’epilogo sarà una sorpresa, quindi
niente anticipazioni. Metterò qualche puntino sulle “i” e vedremo come sono
andati avanti i miei Delena. Quindi aspettate l’epilogo, che posterò tra
qualche giorno.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Se
un anno fa mi avessero detto che oggi avrei partecipato al matrimonio di Jenna,
circondata per giunta da tutte le persone che amavo non ci avrei mai creduto.
Troppe
incertezze, troppe paure, troppo tutto. Klaus e il suo maledetto piano per
uccidermi e poi, poi quando tutto sembrava essersi ristabilito erano iniziati i
miei problemi di cuore. Io divisa tra due persone totalmente opposte, da un
lato quello che credevo l’amore della mia vita e dall’altro quella passione e
quel desiderio folle che mi spingeva tra le braccia di quella persona che in
passato avevo odiato con ogni fibra del mio essere. Poi l’arrivo di Katherine e
la nostra lotta contro un mostro che sembrava conoscere in anticipo ogni nostra
mossa, i litigi con Bonnie, l’amore con Damon e poi
la sua inscenata morte, tutto nel giro di pochi mesi.
Dolore
tanto, sofferenze altrettanto, ma un sacco di gioie, di momenti felici, di
amore incondizionato.
E
adesso eccomi qui dopo sei mesi dal “ritorno” di Damon a partecipare all’evento
più importante nella vita di mia zia.
“Mi
concede questo ballo signorina?” mi disse una voce all’orecchio proprio dietro
di me.
“Con
estremo piacere” risposi prendendo la sua mano e dirigendomi nella pista da
ballo dove c’erano tutti gli invitati insieme agli sposi che felici ballavano.
C’era solo nero
nella mia vita fino a sei mesi fa, nero, nero, nient’altro che nero, poi ecco
la sua voce e finalmente nel sentirla mi sono resa conto che aprendo gli occhi,
ma facendolo davvero, il nero sarebbe sparito e affidandomi a lui, al suo amore
non ho fatto altro che vivere i mesi migliori di tutta la mia vita circondata
da un amore che non credevo di poter donare né di possedere.
Mi strinsi a lui
più forte che mai e tra le sue braccia iniziammo a volteggiare nell’aria mentre
io non potei fare a meno di vedere tutte le coppie che come noi si divertivano
a ballare.
C’era Jeremy con Bonnie, il mio fratellino che tanto piccolo, ormai, non era
più, c’era Matt insieme ad una nuova ragazza e Tyler che passava da una coppia
all’altra cercando di rubare la dama a chiunque. C’era zia Jenna con un
pancione di cinque mesi abbracciata a Rick in quella che era la colonna sonora
del loro amore e c’erano perfino Stefan e Caroline, si, proprio loro.
La loro affinità
era parecchio aumentata nel mese in cui credevamo Damon morto e io troppo presa
dal mio dolore non me ne ero nemmeno resa conto davvero. Poi, con il ritorno di
Damon, le cose si erano evolute. Un mese prima avevano deciso di tentare di
stare insieme e le cose sembravano funzionare parecchio. Caroline era molto
presa, non l’avevo mai vista così presa da qualcuno e anche Stefan sembrava
sulla buona strada. Sapevo che una parte di lui sarebbe sempre appartenuta a
me, ma ero certa che potesse dare a Caroline tutto l’amore di cui lei aveva
bisogno.
“A che pensi?” mi
domandò Damon vedendomi con la testa tra le nuvole.
“Stavo considerando
che Stefan e Caroline sono proprio una bella coppia”.
“Beh diciamo che
come cognata non potevo sperare in meglio” mi rispose sardonico.
“Ah si?”
“Beh, poi è giusto
che anche Stefan provi. Devo dire che la Barbie ci sa proprio fare. Me lo
ricordo ancora…” prese a dire consapevole di colpirmi
nel mio punto debole: la gelosia.
“Damon Salvatore se
non la smetti giuro che ti cospargo di verbena” lo rimproverai.
“Gelosona” mi disse prima di unire le sue labbra alle mie.
Nonostante, ormai,
fossi avvezza a quel tipo di contatto non mi sarei mai abituata perché ogni
volta era una sensazione nuova, ogni volta un’emozione nuova, unica.
Damon era tutta la
mia vita, si lo era, perché solo grazie a lui mi ero resa conto che la vita di
prima, ciò che c’era prima del suo arrivo era solo e soltanto attesa.
Quando mi staccai
dalle sue labbra osservai per l’ennesima volta Jenna e Rick guardarsi negli occhi
innamorati più che mai e non potei fare a meno di pensare al mio di amore, a
quello che mi teneva legata a Damon.
“Tu sei disposto a
tutto questo?” gli dissi all’improvviso cogliendolo di sorpresa.
“Di che parli?”
Indicai con lo
sguardo mia zia e suo marito e poi ripresi a parlare.
“Sei disposto a
regalarmi sorrisi, a darmi il buongiorno ogni mattina e la buonanotte tutte le
sere prima di dormire? Avrai voglia di scompigliarmi i capelli, di ballare in
mezzo alla strada come due folli e di preoccuparti per me e di ogni mio pianto,
anche di quello più insensato? Ti senti pronto a dedicarmi canzoni, a farmi
ridere fino a piangere e a stringermi forte quando non avrò abbastanza forza
per stare in piedi da sola? Insomma, sei disposto ad amarmi per sempre?”
“Per sempre è
troppo poco, io ti amerò per l’eternità” mi rispose sorridendomi come io amavo.
“Dici così sempre,
ma sai che io non vivrò in eterno”.
Era un discorso che
avevamo già affrontato parecchie volte ed ogni volta le nostre opinioni erano
sempre divergenti. Si rifiutava categoricamente di trasformarmi.
“Amore ti prego,
non oggi, non adesso” mi disse riferendosi al discorso che avevo intrapreso.
“Non possiamo
sempre rimandare, prima o poi dovremmo affrontare per bene questo discorso”.
“Non cambierò idea,
non ti farò diventare come me”.
“E invece si”.
“E invece no”.
“Si”.
“No”.
“Mi ami e lo farai.
Non puoi vivere senza di me” dissi con tono presuntuoso.
Sapevo che era
così, non avremmo potuto più vivere l’uno senza l’altra e questo era un dato di
fatto per entrambi.
“Troveremo un
modo”.
“Ne conosciamo già
uno”.
“Ne parleremo
ancora, ma non oggi”.
“Ti amo, lo sai”
aggiunsi io cambiando discorso consapevole che in quel momento non avrei
concluso nulla.
“Io di più” mi
rispose tornando a baciarmi.
Sull’argomento
trasformazione nessuno di noi due si sarebbe arreso, ma una cosa è certa: io
non mi sarei data per vinta perché io sapevo perfettamente quello che volevo.
Fine
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui a postare l’epilogo di
questa storia.
L’avventura di “La ragione del
cuore” è iniziata più di un anno fa e ha avuto alti e bassi. All’inizio ho
postato con regolarità, poi purtroppo verso la fine ho rallentato un po’ a
causa di qualche problema, ma voi che leggete non avete smesso di farlo
nonostante i miei ritardi pazzeschi e per questo voglio dirvi grazie, grazie
davvero di cuore.
Quando ho iniziato a scrivere
doveva concludersi ancora la seconda stagione, mentre adesso che ho messo la
parola fine siamo già alla conclusione della terza serie e le cose sono
decisamente diverse da come le ho raccontate io, anche se con il senno di poi qualcosina l’ho azzeccata (vedi il morso di Damon da parte
di un licantropo e il fatto che qui si è salvato come anche nel
telefilm).
In tutti i casi la mia storia è
stata scritta per raccontare l’amore tra Elena e Damon e non per seguire il
filo conduttore della storia. È esattamente quello che ho fatto.
Nella terza serie, Elena può non
aver scelto Damon, ma io ci credo ancora a questa coppia e ci crederò fino alla
fine perché quello che mi danno loro insieme non riescono a darmelo lei e
Stefan.
Che volete farci? Io sono una Delena super convinta.
Elena ha detto che l’amore per
Damon la divora e credo che questo tipo di sentimento non possa non essere
tenuto in considerazione. Sono certa che non è finita qui. Ci saranno altri
sviluppi e chissà che prima o poi il Delena non
diventi realtà.
Nella mia storia lo è diventato e
spero di non aver deluso le aspettative di nessuno. Mi auguro che la storia vi
abbia incuriosito, vi abbia fatto emozionare e vi sia piaciuta.
Eccomi alla fine e ovviamente non
posso non ringraziare tutti voi che avete letto e commentare e anche tutti
coloro che si sono soffermati solo a leggere. Grazie a chi mi ha dato un
appoggio e un sostegno, grazie a chi si è complimentato con me e grazie a chi
sinceramente ha espresso la sua opinione in merito ai miei personaggi sperando
che questi non siano stati OOC.
Grazie davvero a tutti e con un po’
di tristezza vi saluto. Si, con un po’ di tristezza perché mi sono affezionata a
questi personaggi e dirgli addio non è facile, ma chissà magari presto ci
rivedremo con qualche nuova storia.