Stavo giusto pensando di star iniziando a pensare un po' troppo.

di Jimmy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


capitoo primo

Capitolo primo

"Stavo giusto pensando di star iniziando a pensare un po' troppo."
L' ho pensato alle medie. Ai tempi mi piaceva da matti una ragazzina di nome Rebecca. O forse si chiamava Benedetta, non ricordo.
Ad ogni modo, da quel giorno mi sono sempre sforzato per pensare di meno.
Non ho mai dato un bacio a Rebecca, nemmeno a Benedetta, a dirla tutta.
Ero un ragazzino single delle medie che pensava poco.
A Rebecca e Benedetta probabilmente piacevano i ragazzini che pensavano di più.






Jimmy interviene.
Mi vergogno anche a chiamarli "capitoli". Non so quanti sono, nè di cosa parleranno. Io posterò solo le cose che troverò intorno a mè per i priossimi mesi. Se mai vorrete leggere qualcosa di non troppo impegnativo, ma nemmeno così rivoluzionare, bene. Davvero, non chiedetemi che senso abbia questa storia-raccolta, perchè sto cercando di caprlo anche io. Probabilmente è solo un modo per smettere di prenderci troppo sul serio.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Pensiero Ors.

Capitolo secondo

L' altro giorno vidi in televesione lo spot di non mi ricordo quale prodotto. Ad ogni modo, c' era questa bambina con le treccine che piangeva, perchè al suo orsacchiotto di peluche preferito si era appena staccato un orecchio. Che poi cos è questa fissa degli orsacchiotti di peluche? Meno della metà delle persone che conosco avevano come pupazzo del cuore un orsacchiotto di peluche da bambini.
Io ad esempio avevo un cubo di cartoncino blu che ci avevano fatto fare all' asilo. Aveva la bocca sorridente, le braccia, i capelli e tutto il resto. Gli occhi no perchè avevo sbagliato a calcolare il lato su cui disegnarli prima di chiudere il cubo.
Eppure gli orsacchiotti di peluche saranno sempre più famosi e citati dei cubi di cartoncino blu senza gli occhi.
Mi chiedo dove sia ora quel cubo, forse è vicino all' orecchio staccatosi da qualche orsacchiotto di peluche.
Dopotutto è così che è, e sempre così sarà: celebri orsacchiotti sordi e anonimi cubi ciechi.

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


Capitolo tazza

Capitolo terzo

Ho sempre amato le tazze grandi. Fin da quando sono piccolo non c'è luogo in cui sono stato del quale non ho una tazza come ricordo.
Le tazze straniere sono fantastiche. Quasi meglio delle ragazze.
La più grande che ho a casa l' ha rubata mio padre durante una gita a Londra.
Non so se sia più triste il fatto che mio padre rubi le tazze di Londra, o che la tazza più grande che ho a casa è una tazza rubata.

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


Capitolo teatro

Capitolo quarto

Il mio istruttore di recitazione diceva sempre che recitare ti da la possibilità di allontanarti dai tuoi pensieri. Quando reciti smetti di essere te stesso, diventi il personaggio che interpreti, totalmente. Tu sei lui e non c'è più spazio per quello che sei fuori dal palco.
Insomma, la finzione scenica ti permette di staccare dai tuoi problemi per preoccuparti di quelli di qualcun altro. Bella fregatura.

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***


capitolo quinto


Capitolo quinto
Spesso mi chiedevo il perchè dei miei acquisti.
Insomma, conservavo quasi sempre i soldi peggio di una banca, non li prestavo a nessuno se non con interessi elevatissimi e riuscivo a vedere occasioni di guadagno anche nella morte del criceto della mia cuginetta Denise.
Denise voleva fare la veterinaria, poi ha cambiato idea. Non so perchè, non l' ho mai capito.
Tornando ai miei soldi, arrivava puntualmente il giorno in cui, gironzolando per la città, vedevo qualcosa di essenzialmente stupido o, peggio, inutile, per il quale non solo spendevo tutti i miei risparmi, ma spesso mi indebitavo persino con mio nonno.

Chiamare strozzino mio nonno è parlar bene di lui, per farvi intendere il tipo.
Ed è così che mi ritrovavo con la mansarda, poichè io abitavo nella mansarda, dovete sapere, arredata con enormi pneumatici del diamentro non inferiore al metro e mezzo, quadri talmente poveri di dettagli che sembravano dipinti da bambini senza braccia o occhiali da vista che mi avevano assicurato essere originali imitazioni di quelli di John Lennon.
A parte il fatto che non ho mai capito cosa indendessero per "originali imitazioni", il problema era che io non ho mai portato gli occhiali.

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto ***


capitolo sesto

Capitolo sesto.

In generale, sono sempre stato una persona molto tranquilla.
Quando mi ubriaco, lo faccio per lo più da solo, al limite con sconosciuti. Quando incontro qualcuno al quale vorrei rompere la faccia, di solito non lo faccio. Se lo faccio però lo porto subito da mia sorella maggiore, che fa l' infermiera. Quando sono nervoso, resto in silenzio. Non è che mi sfogo, semplicemente sbollo autonomamente. Resto qualche giorno a crogiolarmi nel mio malumore, e basta.
Mio padre ha sempre odiato il mio carattere essenzialmente indifferente, per questo cercava di motivarvi in ogni modo. Calcio, basket, nuoto, sci, rugby, pallavolo, canoa, skateboard, spinelli. Quando avevo tra i diciotto e i venti anni, ogni tanto se ne usciva con un: "Ehi, figliolo. Perchè non ci facciamo un tiro sul retro?"
La prima volta pensai a due tiri a canestro. Poi compresi che noi non avevamo un canestro sul retro, come in ogni telefilm americano che si rispetti.
Il nostro "retro" era una specie di deposito di resti meccanici e/o organici che mia sorella e i miei genitori abbandonavano alla loro naturale decomposizione.
Una volta al mese ero io che portavo tutto alla Discarica.
A pensarci bene, dopo i diciotto anni, ogni volta che volevo fare un tiro andavo alla Discarica.
La Discarica è un bel posto per fare un tiro, nessuno va lì per piacere, perchè a nessuno piace uscire di casa con il suo odore e tornare odorando di tutto ciò che di più sporco c'è in una citta di oltre 500.000 abitanti. E poi a nessuno piace buttare la roba in generale. E' tutto da buttare, ma niente si butta: questa è la verità.
Ad ogni modo, dato che non c'era nessuno che ti importunava mentre ti facevi un tiro, persi l' abitudine di farmi un tiro alla discarica.
Andavo lì, solo per vedere cosa buttavano gli altri. Voi non immagineresta mai cosa la genete si tiene in casa, mentre ha il coraggio di buttare vere opere d' arte.
Misteri metropolitani, mi dicevo. E tornavo a casa puzzando come nessuno.

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