Stavo giusto pensando di star iniziando a pensare un po' troppo. di Jimmy (/viewuser.php?uid=94582)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 1 *** Capitolo primo ***
capitoo primo
Capitolo primo
"Stavo giusto pensando di star iniziando a pensare un po' troppo."
L' ho pensato alle medie. Ai tempi
mi piaceva da matti una ragazzina di nome Rebecca. O forse si chiamava
Benedetta, non ricordo.
Ad ogni modo, da quel giorno mi sono sempre sforzato per pensare di meno.
Non ho mai dato un bacio a Rebecca, nemmeno a Benedetta, a dirla tutta.
Ero un ragazzino single delle medie che pensava poco.
A Rebecca e Benedetta probabilmente piacevano i ragazzini che pensavano di più.
Jimmy interviene.
Mi vergogno
anche a chiamarli "capitoli". Non so quanti sono, nè di cosa
parleranno. Io posterò solo le cose che troverò intorno a mè per i
priossimi mesi. Se mai vorrete leggere qualcosa di non troppo
impegnativo, ma nemmeno così rivoluzionare, bene. Davvero, non
chiedetemi che senso abbia questa storia-raccolta, perchè sto cercando
di caprlo anche io. Probabilmente è solo un modo per smettere di
prenderci troppo sul serio.
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Capitolo 2 *** Capitolo secondo ***
Pensiero Ors.
Capitolo secondo
L' altro giorno vidi in televesione lo
spot di non mi ricordo quale prodotto. Ad ogni modo, c' era questa
bambina con le treccine che piangeva, perchè al suo orsacchiotto di
peluche preferito si era appena staccato un orecchio. Che poi cos è
questa fissa degli orsacchiotti di peluche? Meno della metà delle
persone che conosco avevano come pupazzo del cuore un orsacchiotto di
peluche da bambini.
Io ad esempio avevo un cubo di cartoncino blu che
ci avevano fatto fare all' asilo. Aveva la bocca sorridente, le
braccia, i capelli e tutto il resto. Gli occhi no perchè avevo sbagliato
a calcolare il lato su cui disegnarli prima di chiudere il cubo.
Eppure
gli orsacchiotti di peluche saranno sempre più famosi e citati dei cubi
di cartoncino blu senza gli occhi.
Mi chiedo dove sia ora quel cubo, forse è vicino all' orecchio staccatosi da qualche orsacchiotto di peluche.
Dopotutto è così che è, e sempre così sarà: celebri orsacchiotti sordi e anonimi cubi ciechi.
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Capitolo 3 *** Capitolo terzo ***
Capitolo tazza
Capitolo terzo
Ho sempre amato le tazze grandi. Fin da
quando sono piccolo non c'è luogo in cui sono stato del quale non ho
una tazza come ricordo.
Le tazze straniere sono fantastiche. Quasi meglio delle ragazze.
La più grande che ho a casa l' ha rubata mio padre durante una gita a Londra.
Non so se sia più triste il fatto che mio padre rubi le tazze di
Londra, o che la tazza più grande che ho a casa è una tazza rubata.
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Capitolo 4 *** Capitolo quarto ***
Capitolo teatro
Capitolo quarto
Il mio istruttore di recitazione diceva
sempre che recitare ti da la possibilità di allontanarti dai tuoi
pensieri. Quando reciti smetti di essere te stesso, diventi il
personaggio che interpreti, totalmente. Tu sei lui e non c'è più spazio
per quello che sei fuori dal palco.
Insomma, la finzione scenica ti permette di staccare dai tuoi problemi
per preoccuparti di quelli di qualcun altro. Bella fregatura.
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Capitolo 5 *** Capitolo quinto ***
capitolo quinto
Capitolo quinto
Spesso mi chiedevo il perchè dei miei acquisti.
Insomma, conservavo quasi sempre i soldi peggio di una banca, non li
prestavo a nessuno se non con interessi elevatissimi e riuscivo a
vedere occasioni di guadagno anche nella morte del criceto della mia
cuginetta Denise.
Denise voleva fare la veterinaria, poi ha cambiato idea. Non so perchè, non l' ho mai capito.
Tornando ai miei soldi, arrivava puntualmente il giorno in cui,
gironzolando per la città, vedevo qualcosa di essenzialmente stupido o,
peggio, inutile, per il quale non solo spendevo tutti i miei risparmi,
ma spesso mi indebitavo persino con mio nonno.
Chiamare strozzino mio nonno è parlar bene di lui, per farvi intendere il tipo.
Ed è così che mi ritrovavo con la
mansarda, poichè io abitavo nella mansarda, dovete sapere, arredata con
enormi pneumatici del diamentro non inferiore al metro e mezzo, quadri
talmente poveri di dettagli che sembravano dipinti da bambini senza
braccia o occhiali da vista che mi avevano assicurato essere originali
imitazioni di quelli di John Lennon.
A parte il fatto che non ho mai capito cosa indendessero per "originali
imitazioni", il problema era che io non ho mai portato gli occhiali.
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Capitolo 6 *** Capitolo sesto ***
capitolo sesto
Capitolo sesto.
In generale, sono sempre stato una persona molto tranquilla.
Quando mi ubriaco, lo faccio per lo
più da solo, al limite con sconosciuti. Quando incontro qualcuno al
quale vorrei rompere la faccia, di solito non lo faccio. Se lo faccio
però lo porto subito da mia sorella maggiore, che fa l' infermiera.
Quando sono nervoso, resto in silenzio. Non è che mi sfogo,
semplicemente sbollo autonomamente. Resto qualche giorno a crogiolarmi
nel mio malumore, e basta.
Mio padre ha sempre odiato il mio
carattere essenzialmente indifferente, per questo cercava di motivarvi
in ogni modo. Calcio, basket, nuoto, sci, rugby, pallavolo, canoa,
skateboard, spinelli. Quando avevo tra i diciotto e i venti anni, ogni
tanto se ne usciva con un: "Ehi, figliolo. Perchè non ci facciamo un
tiro sul retro?"
La prima volta pensai a due tiri a
canestro. Poi compresi che noi non avevamo un canestro sul retro, come
in ogni telefilm americano che si rispetti.
Il nostro "retro" era una specie di
deposito di resti meccanici e/o organici che mia sorella e i miei
genitori abbandonavano alla loro naturale decomposizione.
Una volta al mese ero io che portavo tutto alla Discarica.
A pensarci bene, dopo i diciotto anni, ogni volta che volevo fare un tiro andavo alla Discarica.
La Discarica è un bel posto per
fare un tiro, nessuno va lì per piacere, perchè a nessuno piace uscire
di casa con il suo odore e tornare odorando di tutto ciò che di più
sporco c'è in una citta di oltre 500.000 abitanti. E poi a nessuno
piace buttare la roba in generale. E' tutto da buttare, ma niente si
butta: questa è la verità.
Ad ogni modo, dato che non c'era
nessuno che ti importunava mentre ti facevi un tiro, persi l' abitudine
di farmi un tiro alla discarica.
Andavo lì, solo per vedere cosa
buttavano gli altri. Voi non immagineresta mai cosa la genete si tiene
in casa, mentre ha il coraggio di buttare vere opere d' arte.
Misteri metropolitani, mi dicevo. E tornavo a casa puzzando come nessuno.
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