Sotto questo sole

di Ellens
(/viewuser.php?uid=76024)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Image and video hosting by TinyPic Juliet Sunders: un nome, una garanzia

 

Sotto questo sole

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Juliet Sunders: un nome, una garanzia.

Un guaio, forse.

Tendeva ad attaccare briga con tutti, nessuno escluso.

Le normali adolescenti si dividevano in tre categorie, a Bellflower: quelle snob, con la puzza sotto il naso e pronte a guardare dall'alto in basso anche il cane del vicino, e quelle troppo timide o insignificanti, figlie perfette e tutto il resto. Infine, ultima ma forse più importante, la categoria delle ragazze diverse, alla ricerca di disastri, tentatrici, coloro che provavano gioia infinita nel finire in presidenza e nel dare del filo da torcere a tutti. Più che coloro, però, qui bisognava parlare di colei: Juliet Sunders, unica componente della terza categoria, che disgraziatamente faceva per cento.

Leggenda scolastica, piaga cittadina, finiva in presidenza un giorno sì e l'altro pure, uscendone stranamente sempre pulita.

Sfacciata, odiata e pericolosa: aveva la capacità di tirarsi fuori dai casini, e l'innata dote di ficcare gli altri nei guai. Sempre.

Ma, forse, la cosa più grave, se così vogliamo definirla, era la percentuale di divertimento che l'accompagnava durante le sue ore in presidenza, o comunque impegnate a far la cattiva ragazza.

Ne traeva beneficio, forse.

Restava il fatto che alla Bellflower High School, non c'era spazio per il giocatore da football palestrato e aitante che chiudeva nel gabinetto i poveri sfigati occhialuti e poco popolari.

O almeno, non c'era spazio per lui nei gabinetti, per questo Juliet si limitava a rovinargli l'esistenza. Non per generosità od altruismo verso gli sfigatelli, ovviamente.

Il problema grosso ed evidente, infatti, era che si divertiva. Si divertiva troppo.

 

 

 

- Juls, comportati bene- la madre della ragazza s'appoggiò allo stipite della porta, mentre la figlia raccoglieva le ultime penne dal tavolo e si preparava ad uscire.

Quel giorno, Juliet Sunders, detta Juls da pochi eletti, ovvero la madre, il padre e l'amica Alice, si sentiva particolarmente in vena di divertirsi.

- Sì, mamma, sarò una brava scolara: seguirò la lezione, mangerò la merenda e soprattutto non chiuderò nel gabinetto le matricole. Infine, te lo prometto, gli occhi del preside Wilson oggi non avranno motivo di posarsi sul mio bel faccino- rispose la ragazza, prendendo l'ultimo quaderno e schiaffandolo con noncuranza nella borsa.

- Tesoro, sono più che seria. Non so se l'hai notato, ma l'anno scolastico è iniziato da un mese e tu sei finita diciassette volte in presidenza-

Juls si voltò a guardare la madre ostentando un'aria offesa - Mamma, è tutto un losco giro, m'incastrano perchè sanno che è facile dar la colpa a me- sbuffò, falsamente contrariata, poi afferrò la felpa posata sulla sedia e se la infilò velocemente; era in ritardo, cavolo, in un grosso, gigantesco ritardo.

Alice si sarebbe incazzata.

- E comunque, me ne tiro sempre fuori- aggiunse sulla soglia della porta, poi, senza dare il tempo alla madre di ribattere con una frase del tipo "allora stai ammettendo, lurida bugiarda", corse giù per il vialetto, mentre il sole, addormentato quasi quanto lei, le dava un tiepido buongiorno.

 

Alice, all'angolo della strada, scalpitava come ogni giorno lanciando occhiate all'orologio e maledicendo l'amica.

Se solo non si fossero conosciute da diciassette anni, forse, anzi no, sicuramente, l'avrebbe piantata in asso da almeno mezzora.

Ma per sua immensa sfortuna, Juliet Sunders era quella che le mocciose chiamavano migliore amica, o amica per la pelle, e il destino gliel'aveva affibbiata forse nella speranza che la cambiasse.

O forse perchè nella vita precedente aveva fatto una strage devastante nel pieno di un centro commerciale, o giù di lì, meritandosi di conseguenza una punizione tanto letale.

O forse, lei era così masochista e stupida da volerle comunque bene, troppo bene.

- Non sono in ritardo, è solo un effetto ottico- le soffiò Juls alle spalle, con ancora il fiatone per la corsa.

- Juls, domani non ti aspetto- decretò Alice, visibilmente irritata.

- Lo dici sempre-

- Ecco, appunto, stai attenta-

Juls rise- Ma non potresti mai andartene senza di me, a malapena ti ricordi la strada per andare a scuola-

- Non infierire, Sunders. Il fatto che il mio senso dell'orientamento presenti delle pecche, non è materiale d'insulto-

Juls afferrò il braccio dell'amica, allungando il passo - Sento che oggi è una bella giornata. Sento proprio che oggi mi divertirò- disse, sorridendo al giorno che andava illuminandosi.

- Cerca di divertirti in mattinata e tieniti libero il pomeriggio, Juls, non posso spenderlo tutto ad aspettare che tu esca dalla presidenza- si lamentò Alice.

Juls, i cui capelli neri e mossi le sfioravano appena il viso coprendole gli occhi grandi e color nocciola, piegò la testa di lato nello stesso atteggiamento che assumeva quando era soprappensiero.

- Mh, forse vedrò di sbrigarmi entro le undici- decretò infine, mentre varcavano i cancelli della scuola.

- Grazie-

- Oh, di niente, Alice. Per te questo ed altro- disse, pregustando un divertimento che appariva decisamente sfrenato.

Il suo divertimento, in quei giorni, si chiamava Chase Turner.

Non figo, assolutamente no.

Chase Turner era bello, il che, secondo Juls, era assai diverso: il figo attirava, il bello faceva venire la tremarella, allontanando la gente.

Ma non lei.

Non che si reputasse alla sua altezza, né puntava a qualche storia d'amore con quest'ultimo, ma provava una devastante sete di vendetta.

Voleva fargli assolutamente passare le pene dell'inferno, puntava alla bocciatura o qualcosa di simile, un'espulsione bella grave per il loro ultimo anno.

Qualcosa che lo rovinasse definitivamente.

- Che ti ha fatto di male, poverino?- chiese Alice, leggendola nel pensiero.

Juls scrollò le spalle, non sapendo darle una vera e propria motivazione - Non so, il fatto è che mi irrita. E sa di essere bello, e se ne approfitta. Il che mi irrita. Crede di avere la scuola ai suoi piedi, non ha ancora capito chi comanda qui- sussurrò infine le ultime parole, impregnando il tutto con un misto di possessione.

Alice la guardò preoccupata - Mi fai paura-

- Oh, Alice, non è a te che devo far paura- chiarì alla fine, allontanandosi dall'amica e andando incontro al ragazzo.

Non lo degnò di uno sguardo, né rallentò in sua presenza, ma quando loro si trovarono a pochi millimetri, Juls li bruciò dandogli una spallata.

Una minatoria, per la precisione; una di cui sia lei che Alice sapevano il significato.

- Guarda dove metti i piedi- Chase si spostò, accigliato.

A Juls irritava quel suo modo di fare. Lei non era una brava ragazza, lei era la stronza della situazione. Il gioco lo conduceva lei, e quel tipo di giocatori le davano ai nervi.

- Scusa, ero accecata dalla tua bellezza- gli sorrise, tutt'altro che sincera.

Chase la guardò allontanarsi, pensando che l'avrebbe pestata molto volentieri.

Non si pose neanche il problema che era una femmina o quant'altro: Juliet Sunders era sopra le righe, se c'era da pestarla, andava pestata, perchè lei sicuramente non si faceva paranoie riguardo al disturbarlo.

 

Juls avanzava a grandi falciate verso il laboratorio di fotografia, mentre una malsana idea, o almeno, una davvero scorretta, le balenava in testa.

Bussò alla porta con due dita, aspettando che un ragazzo si voltasse e le prestasse attenzione.

- Sì?- chiese questo, senza degnarla di molti sguardi.

- Ciao, mi chiamo Juliet Sunders-

- So chi sei- sussurrò lui, alquanto annoiato; sembrava non avere la minima intenzione di lasciar perdere le sue stupide fotografie: continuava a giocherellarci con le dita, senza realmente divertirsi.

- Davvero?- era sorpresa.

- Certo. Tutti sanno chi è Juliet Sunders. Tutti sanno che è meglio starti alla larga, che sei una fonte di guai e che è meglio tenerti buona-

Juls lo osservò, abbastanza sconvolta. Non che quella non fosse la pura e cruda verità, ma nessuno gliel'aveva mai detto esplicitamente.

- Bene. Meglio così, allora, non ci sarà bisogno delle presentazioni. Senti- iniziò, sfoderando un sorrisino - so che tu fotografi bene. E so che ti piace seguire la gente, quindi ora ti farò una  proposta che non potrai rifiutare-

- Chi ti dice che non declinerò l'offerta?-

Juls lo guardò dritto negli occhi - Vuoi davvero perdere l'occasione di smerdare Chase Turner?-

Il tipo, che in quel momento sembrò risvegliarsi dal letargo, aprì gli occhi - No, ovvio che no-

Juls sembrò soddisfatta e si sedette sul bordo del banco - Non mi hai detto come ti chiami-

- Liam. Liam Baker-

- Bene, Liam. Credo che da oggi tu avrai una nuova amica, e io un nuovo amico-  sorrise lei.

- Un affare, direi-

- Uno grosso, Baker. Uno grossissimo-

 

 

Juls entrò nell'aula di scienze, essendo consapevole di essere in ritardo di ben dieci minuti.

- Sunders, grazie per averci degnato della sua presenza. Si sieda qui davanti, accanto a Turner, così eviteremo che complotti qualcosa negli ultimi banchi- il professor Quirrel le indicò il posto accanto a Turner, dove al momento sedeva un ragazzo poco interessato che giocava a tris da solo. E perdeva.

- McKenzie, si alzi e vada infondo, qui davanti non è d'aiuto- il professore liquidò il ragazzo e si voltò di nuovo verso la lavagna, prendendo tutto interessato a spiegare la cellula.

Juliet affondò nella sedia, mentre il suo vicino di banco non dava segni di vita.

- Ah, Sunders- il professore si girò nuovamente, per squadrarla da capo a piedi - Una sola parola con Chase e la sbatto dal preside. Turner, per te è lo stesso-

- Professore, non ci sarà pericolo: Turner è in grado di dialogare come il mio cane-

Il ragazzo, alla sua destra, fece per aprir bocca. Juls lo guardò invitante, sperando con tutto il suo cuore che dicesse qualcosa di cattivo, giusto per divertimento.

Amava vederlo irritarsi, amava dargli fastidio.

- Sunders, all'uscita nasconditi nel gabinetto- digrignò.

- Oh, ma per affrontare te va benissimo uno spazio affollato, così tutti potranno vederti all'opera e notare le tue capacità da lottatore di sumo. Sei un figo, potresti ingrandire la tua reputazione ancora di più, se questo è possibile- Juls si portò la matita alla bocca - a meno che tu non abbia paura di fare una figuraccia-

- Sunders, ti sei mai sentita femmina?-

Lei si voltò, avvicinando il viso a quello del ragazzo - Solo quando ti vedo, sai. Sento le farfalle qui, sotto lo stomaco, credo di amarti-

Quirrel si voltò per fulminarli - Sunders, Turner, un'altra parola-

Quel professore, a detta di Juliet, era estremamente irritante. Parlava sempre, non concedendo una chiacchierata amichevole ai suoi alunni.

- Ma professore, una sola parola è troppo generico. Potrei dire casa, come pizza, come sternocleidomastoideo-

L'uomo, alquanto sovrappeso, divenne un secondo rosso, poi aprì la bocca per dire la frase magica. -  Sunders, in presidenza. E tu pure, Turner-

Gioia pura.

 

 

 

- Preside Wilson - Turner si sedette alla poltrona, guardando dritto negli occhi l'ometto dinanzi.

Non era un frequentatore abituale dell'ufficio del preside, non quanto Sunders, almeno.

- Turner, qual è il problema?-

- Il professor Quirrel mi ha mandato qui perchè parlavo con Juliet Sunders durante la sua ora- disse semplicemente il ragazzo, prendendo ad osservare le sue unghie.

- Mh. Chi ha iniziato?-

- Lei, preside-

- Esca, Turner. Non ho tempo da perdere con lei, la signorina Sunders mi occuperà gran parte della giornata, oggi- disse l'uomo, quasi abituato a quella frase.

Restò a fissare un punto indefinito nello spazio, finché la ragazza non si materializzò sulla poltrona, prendendo a toccare ogni cosa vi fosse sulla scrivania.

- Preside-

- Sunders, che c'è oggi?-

- Il professor Quirrel mi invita a parlare, e quando io lo faccio mi caccia fuori dall'aula-

- Non farnetichi, Sunders. Sono stanco di lei, dei suoi problemi e della sua faccia tosta-

- Preside, ma il professor Quirrel ha detto esplicitamente "Sunders, un'altra parola". Era un invito bell'e buono a parlare, non trova? Altrimenti avrebbe detto "Sunders, la finisca di parlare". Non è colpa mia se lei assume personale incapace di formulare un pensiero coerente con i propri desideri-

Wilson digrignò i denti, evidentemente irato: quella ragazza era una piaga.

- Sunders, oggi è lunedì, non iniziamo male la settimana. La prego di uscire immediatamente dal mio ufficio e non farsi vedere più, almeno per stamattina-

- Sono in punizione, preside?-

- Sì, Sunders-

Juls sorrise sotto i baffi - Per aver interpretato correttamente una frase esposta in modo scorretto? Non crede che sia ingiusto? Forse dovrei chiamare la professoressa di lettere ed esporle il nostro dubbio, non trova?-

Il preside sbuffò, passandosi una mano sul viso. Vittoria.

- Ci vediamo domani, Sunders. Esca dal mio ufficio-

- Devo presentarmi nell'aula di punizioni, oggi pomeriggio?-

- No, Sunders, non deve. Esca dal mio ufficio immediatamente, però-

- E' sempre un piacere fare affari con lei, preside, lo sa?- e, così dicendo, uscì felice e appagata nel corridoio.

Turner l'aspettava appoggiato al muro, le braccia conserte e l'aria minacciosa.

- Turner, risparmiatelo per domani, il pestaggio. O un altro giorno, comunque. Non credere che abbia finito qui-

- Che ti ho fatto, Sunders? Non possiamo far finta di non esistere l'un per l'altro, come abbiamo fatto fino ad ora?- Chase allargò le braccia, indeciso se sbatterla al muro o andarsene.

- Potremmo, ma in questo periodo la tua esistenza mi irrita particolarmente, Turner, e se qualcosa mi irrita, ho imparato ad utilizzarla per divertirmi un po'-

- Sunders, farai una brutta fine- le puntò il dito addosso, decisamente incazzato.

- Turner, tu prima di me- lei gli sorrise, alquanto divertita.

Quel ragazzo non aveva autocontrollo, il che era proprio ciò che faceva al caso suo.

Juliet si voltò, dirigendosi verso l'aula di fotografia, sperando di trovare Baker e dirgli che doveva mettersi al lavoro subito, perchè lei si sentiva proprio in vena.

 

 

 

Ma voi vi rendete conto che ho scritto una cagata assurda, vero?

.-.

Okay, il fratto è che mi sono un po' stancata del solito prototipo di ragazza sfigata che trova il ragazzo figo che s'innamora di lei.

E mi sono anche stancata della ragazza con il carattere che risponde al ragazzo figo.

Ora ho deciso che la mia protagonista sarà figa, sarà forte, sarà la stronza della situazione.

Voglia che la gente la rispetti, abbia un po' paura di lei, sappia che non è una santa, ma un'abituale frequentatrice della presidenza. La voglio un po' più cattivella, pronta a fare di tutto per rovinare la gente, una che ama irritare il prossimo, una che se c'è da fare una cosa proibita è lì, in prima fila.

E quindi basta, questa era l'introduzione :D

Spero che vi piaccia, spero che calcoliate la frase "inserisci una recensione" e spero che la recensione sia positiva.

In caso contrario, credo che sopravvivrò, cercando di non affogare nelle mie stesse lacrime di disperazione.

Okay, basta, ho davvero finito.

Grazie :D

 

 

~Ellens

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Image and video hosting by TinyPic - Liam, Liam, Liam

 

- Liam, Liam, Liam. Credo che non smetterò mai di stimarti- Juls guardò le foto che Liam le tendeva con gli occhi che quasi le luccicavano.

L'immagine di un Chase Turner poco fedele spiccava nitida e compromettente; anzi che essere avvinghiato come una piovra alla sua deliziosa Spencer, il ragazzo appariva decisamente divertito fra le braccia di una certa Penelope Montgomery, tutt'altro che casta nel suo vestito/francobollo.

Il che, ovviamente, non andava bene.

O meglio, non andava bene a lui: perchè a Juls, tre giorni dopo la visitina dal preside, quelle fotografie sembravano poco meno di una manna dal cielo. Un miracolo, un qualcosa che l'avrebbe fatta scoppiare di felicità.

Aveva fatto centro, la cara Sunders, e ora bisognava che ritirasse il premio che le spettava.

- E' stato facile: Turner è abbastanza stupido, se la baciava amabilmente in un giardino poco distante da casa sua- rispose il ragazzo, non nascondendo l'orgoglio.

Era carino, pensò Juls.

Baker, intendeva, era carino. Ma niente di che, alla fine dei conti; e poi le stava troppo simpatico perchè nascesse qualcosa capace di finire tra le lenzuola di un letto.

- Sì, sulla stupidità di Turner nessuno avrà da ridire- disse lei, continuando a sfogliare le fotografie- Le hai anche sul computer, vero?-

- Certo-

- Bene, mettimele su una penna, per favore. Queste qui- le sventolò- le terrò io, per sicurezza-

- Che ne farai? Delle foto sulla penna, intendo- Liam la guardò di sottecchi, mentre trasferiva tutto su una nuova cartella. Quella ragazza era inquietante, oltre che subdola.

- Oh, credo che qualcuno le dovrebbe vedere- buttò lei lì, sfoderando un sorriso tutt'altro che rassicurante.

- Hai intenzione di ricattarlo?- lui alzò un sopracciglio: Turner poteva anche essere stupido, ma ricattarlo non sarebbe stata una buona idea. le braccia e le mani gli funzionavano bene e di certo non si sarebbe fatto problemi a rinchiudere Juliet nello sgabuzzino del bidello.

- Oh, no. Non sarebbe molto divertente- sorrise ancora, poi afferrò la penna che Baker le tendeva e se la squagliò, mentre la campanella della terza ora suonava, ricordando agli studenti che era ora di una pausa.

Juls, dal canto suo, il tempo per un break proprio non lo aveva: doveva fare in fretta, e l'aula d'informatica era dall'altra parte dell'edificio.

Camminava veloce tra la miriade di ragazzi che, naturalmente, si scansavano. Juliet Sunders, effettivamente, non aveva mai avuto problemi nella questione dello spintonarsi tra i corridoi.

La gente, al vederla, si scansava a prescindere, chi per la diffidenza, chi perchè aveva qualche conto in sospeso con lei; la cosa strana, forse, era che non le dava alcun fastidio. odiava tutta quella massa di persone senza personalità, o per lo meno palle, che non facevano altro che comprarsi qualche maglietta nuova alla settimana, spendere i soldi di papà e sprecare l'acqua: più si teneva alla larga da gente simile, meglio avrebbe vissuto.

Entrò nell'aula d'informatica trovandola fortunatamente vuota.

Sospiro di sollievo.

Il professor Miller aveva la bella abitudine di spiegare una volta al mese spagnolo in aula informatica, facendo vedere ai suoi alunni filmati in lingua madre direttamente dai computer.

Per essere sicuro che i suoi alunni non andassero su internet o robe varie, aveva deciso che tutti i computer dell'aula dovevano essere collegati al suo,  il che significava che se lui avesse cambiato la schermata del desktop, tutti i computer nell'aula l'avrebbero a loro volta cambiata con la stessa.

Juls infilò la chiavetta e scelse nella cartella la foto più compromettente. Quella in cui turner era praticamente sopra la cara Penny sarebbe andata più che bene.

Inviò l'immagine a tutti i computer, attendendo che anche questi cambiassero sfondo; due secondi dopo, le mani di Turner sulle tette della Montgomery spiccavano scandalose da ogni dove.

Juls, dopo aver conservato la chiavetta nella tasca dei jeans, passò a mettere in stand-by ogni schermo, infine si sedette al suo banco, decisamente soddisfatta di se stessa, attendendo l'arrivo dei compagni.

Cinque minuti dopo, la figura di Alice sbucò da dietro la porta.

- Hai fatto?- chiese, sedendosi accanto all'amica. Lei, sin troppo felice, accese il monitor di un computer e le mostrò l'opera, sorridendo a trentadue denti.

- Cazzo, se non ti fa fuori oggi, potresti considerarti immune dalla morte- sussurrò, decisamente scandalizzata.

Il vociare dei ragazzi e il suono della campanella spinsero Juls a spegnere nuovamente il monitor, mentre il professor Miller entrava in classe, seguito dagli studenti.

Quando tutti furono seduti ai loro posti, l'uomo sulla quarantina li salutò - Buonos días, chicos. Hoy vamos a ver una nueva pelicula. Sentaos*- disse, rivolgendosi agli ultimi arrivati che ancora s'aggiravano per l'aula.

Gli occhi del professore squadrarono tutti i suoi alunni, finché non si posarono su quelli di Juls, che sostenne lo sguardo, come al suo solito.

- Sunders, non mi fido a lasciarti in ultima fila. Ti voglio qui, al primo banco- decise infine, un po' riluttante. Al primo banco sedeva Turner,alquanto contrariato.

- Professore- tentò Chase- vicino a Sunders non credo sia una buona idea: l'ultima volta siamo finiti dal preside-

- Niente storie, Turner. Bisogna fare amicizia con il prossimo-

- Professore, ci conosciamo da cinque anni, non crede che avremmo già dovuto aver fatto amicizia?-

- Turner, si rimedia- concluse Miller.

- Ma professore- tentò ancora una volta il ragazzo, quasi implorandolo: non aveva alcuna intenzione di stare vicino a quella piaga.

Juls, tutt'altro che infastidita, si era accomodata accanto al suo nemico giurato, sorridendogli.

- Come te la passi, Chase?- gli chiese, sfoderando un'aria innocente.

- Male, Sunders, sento puzza di stronza-

- Allora non ti sei lavato, stamattina-

Mentre Chase stava per ribattere, i computer di tutta l'aula s'accesero, dando alla luce ciò che Juls aveva "partorito": da ogni angolo dell'aula, Turner spuntava in posizioni per niente consone all'ambiente.

Il ragazzo boccheggiò un attimo, mentre il professor Miller s'alzò, indeciso se imbarazzarsi o incazzarsi fortemente.

- Che storia è questa?- chiese, mentre un brusio andava crescendo sempre più.

Qualcuno rideva, qualcuno sghignazzava senza ritegno, ma la persona che più attirò l'attenzione non fu Turner, bensì Spencer Golness, la cara e vecchia cornuta.

S'alzo pallida e mezza barcollante, puntando un dito verso il suo imminente ex ragazzo.

 - Sei uno stronzo!- gracchiò, mentre le lacrime spingevano visibilmente per sgorgar fuori e scivolare giù per le guance.

Juls si voltò verso Turner, gli mise una mano sulla spalla e sussurrò - Ehi, ma quella non è Spencer-

La ragazza in questione, intanto, era uscita dall'aula biascicando qualcosa sul gabinetto e sul voler restare sola.

Turner, infine, la ciliegina della torta, più che dispiaciuto sembrava scioccato.

- No, perchè non sembra proprio Spencer, sai?- rincarò la dose.

Il ragazzo s'allontanò - Sei stata tu?-

Lei spalancò gli occhi - Io? Ma no! Ma ti pare?!-

Il professore tossicchiò - Bueno, chicos... No sé que decir...-

Turner saltò su, indicandola - Professor Miller, è stata lei!- Juls trattenne una risata.

Lo sguardo del professore corse sul viso della ragazza, indagatore - Sunders, sei stata tu?-

- Professore, ma le pare! Non saprei neanche come fare! Turner vuole infangare la mia reputazione- saltò su anche lei, a sua volta.

- Professore, ma non si aspetterà mica che lo ammetta- ribattè Chase.

Lo sguardo di Miller, come quello degli altri studenti, vagava dal ragazzo alla ragazza - Turner, hai le prove?- poi si fece molto più serio - E' una cosa decisamente grave, Turner, non possiamo accusare una ragazza in questo modo-

- Ma professore, è stata sicuramente lei-

- Professore, io non credo proprio-

Juls lanciò un attimo lo sguardo alla porta: da dietro la lastra di vetro, poteva chiaramente intravedere Baker, che si era appostato secondo il piano: Miller, da lì a poco, avrebbe detto la frase magica e lei, uscendo dall'aula, avrebbe dato uno spintone a Liam, facendo casualmente scivolare la chiavetta nella sua tasca.

Miller osservò ancora i due ragazzi, alla fine cedette - Ragazzi, credo proprio che dovreste parlarne col preside-

Due a zero per Sunders.

 

 

Quando Juliet uscì dall'ufficio del preside, quel giovedì mattina si prospettava ancora lungo e decisamente vuoto.

Aveva sperato che Wilson le rifilasse qualche punizione, o che comunque avesse la voglia di tenerle testa, ma la situazione si era subito calmata: l'ometto basso e tarchiato li aveva rimandati in classe dicendo che non aveva tempo da perdere con sciocchezze tali.

Un po' delusa, Juls s'incamminò verso la mensa, sapendo che da lì a poco sarebbe suonata la campanella di fine mattinata.

- Sunders, questa me la paghi- Turner la raggiunse, mantenendo il suo passo.

- Cosa, per la precisione, Turner?-

- Lo sai benissimo, stupida. Cosa credi- e qui la fermò, tenendola per un braccio- eh? cosa credi? Pensi di essere intoccabile perchè fai la dura? Pensi che se il preside Wilson non sa tenerti testa, allora io starò qui a osservarti mentre mi rovini l'esistenza girandomi i pollici e lasciandoti fare? Eh?-

Juls ostentò un'aria pensierosa - Sì, era pressappoco quello il mio piano-

- E cosa ti fa credere che non sarò io a rovinarti la giornata, domani?-

Juls lo guardò dritto negli occhi, come solo lei sapeva fare. Non aveva mai distolto lo sguardo da qualcuno, aveva sempre fissato tutti con la stessa faccia tosta con cui era venuta al mondo, che neanche sua madre era riuscita a farle togliere - Perchè qualunque cosa tu farai, Turner, non sarà mai abbastanza. Credi che tutti questi anni mi abbiano resa una dura all'apparenza, ma fragile e sensibile dentro? Credi che io sia uno stupido personaggio da film?- continuò a guardarlo negli occhi- Se io sono così, Turner, avrò le mie buone ragioni. Se io faccio la dura, è perchè sono dura, e non mi scalfirò di certo per qualche tuo stupido dispetto. Ci vuole più di un Chase Turner per farmi del male- e, detto questo, gli mostrò le spalle, andandosene a lunghi passi.

Appena girò nel corridoio numero 33, Liam Baker le si parò davanti - Ehi, Sunders, è vero quello che hai detto a Turner? Del fatto che hai le tue buone ragioni per fare la dura... Sei passata come la tormentata di turno- disse tutto d'un fiato, mentre entrava in mensa con lei.

Juls si voltò, sorridendogli amichevole - Ovviamente no, Liam, era per far scena. Faccio la stronza perchè sono nata così, e mi diverte, ecco tutto. Ma almeno ho esercitato le mie doti teatrali, non trovi?-

Liam ridacchiò un po', poi lei si fermò -  Ehi, Baker, ma che fai? Origli?-

 

 

All'uscita da scuola, Alice prese a tormentarsi una ciocca di capelli dorati, girandosela attorno alle dita, passandosela dietro l'orecchio destro, riprendendo a girarsela intorno alle dita.

- Alice, vieni con me, ho elemosinato un passaggio in macchina da un amico-

Alice la guardò spalancando gli occhi, poi sbottò- Grazie a Dio, Juls. Pensavo ti avessero sbattuto in aula punizioni: non ti sei fatta più sentire da stamattina, non sapevo come rintracciarti-

- Be', saresti potuta venire in aula punizioni, no?-

- No, non fanno entrare più nessuno che non sia in punizione da quando McFloyd e Ginger si sono azzuffati in corridoio: tecnicamente Ginger era in punizione, e McFloyd lo è andato a cercare apposta per attaccar briga- spiegò Alice.

- Ah, non lo sapevo. Comunque sia, sali in macchina- le disse, indicando un'auto rossa che le aspettava pochi metri più in là.

- Chi è? Non è tuo, vero?- chiese Alice.

- Oh, no. Papà si rifiuta di comprarmi un'altra macchina, dopo che sono andata a sbattere contro un camion, il mese scorso- le ricordò Juls - E' di Liam Baker-

- Il tipo fissato con le foto?-

- Esattamente-

- Come dovrei considerarlo? Intendo, è un amico o... altro?- la ragazza si guardò intorno, come se sperasse che nessuno la sentisse.

- E' un amico, Alice. E da oggi sarà anche amico tuo- ridacchiò Juls.

La ragazza scrollò le spalle, entrando nell'autovettura e sedendosi sul sedile posteriore.

- Piacere, Alice Powell- disse, facendo un cenno con la mano.

- Liam Baker-

- Il fotografo?- chiese una seconda volta, quasi per assicurarsi.

- Sì, e tu sei la migliore amica?- lui le sorrise dallo specchietto retrovisore.

- Sì- gli sorrise lei, a sua volta.

- Basta flirtare con la mia amica, Baker, scarrozzaci a casa- Juls sprofondò nel sedile accanto a quello dell'amica.

- Quindi- riprese Alice, poco dopo- ora sei del gruppo-

Baker continuò a fissarla dal retrovisore, scrollando le spalle - Se la vogliamo mettere così-

Juls s'appoggiò allo schienale- Alza la musica, Baker- disse, mentre un sorriso le si apriva sul volto.

 

 

 

* buon giorno, ragazzi, oggi vedremo un nuovo film (per chi non lo sapesse, ma credo si capisca xD)

 

Salve, gente!

Avevo il capitolo mezzo pronto, e contando che la prossima settimana iniziano un po' di verifiche massacranti, ho pensato proprio che postare sarebbe stato più che giusto.

ringrazio le 3 persone che hanno messo la storia tra le preferite, e le 8 che l'hanno inserita tra le seguite.

Siete sempre tanto buoni *_*

Inoltre, ringrazio le fantastiche 3 persone che hanno recensito la storia :D

Spero che anche questo capitolo vi piacerà

Un bacio

 

 

~Ellens

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Image and video hosting by TinyPic Juls si passò una mano sugli occhi, lasciandosi scappare uno sbadiglio devastante; quella non era decisamente giornata

 

 

 

Juls si passò una mano sugli occhi, lasciandosi scappare uno sbadiglio devastante; quella non era decisamente giornata.

Strisciò giù dal letto, appollaiandosi sulla tazza del gabinetto.

- Juls, fai presto in bagno, devo andarci io - Elijah Sunders, gli occhi appestati e la camicia aperta, si abbandonò appoggiandosi alla porta del gabinetto.

- Elijah, non rompere, sono in coma- borbottò lei, lasciandosi pendere verso i piedi.

- Se aspetto ancora vomiterò qui sul posto- biascicò il fratello, il cui colorito, se Juls l'avesse visto in quel momento, variava dal verde al giallo.

La ragazza si tirò su e a piccoli passi arrivò alla porta, aprendola.

Il ventenne Elijah Sunders, bello come sempre nella sua aria post sbronza super forte, la fissava barcollante.

- Grazie a Dio- sussurrò, scansandola e chiudendosi nel bagno.

- La prossima volta che ti ubriachi coi tuoi amici evita di tornare a casa- urlò lei, consapevole di essere solo in casa, fratello a parte - E dovresti proprio smetterla di scolarti bottiglie di birra dicendo a mamma che sei da Eloise, perchè inizia a non crederci- continuò - Ah, è un'altra cosa, la prossima volta che ti becco così mi dai  dieci dollari per tenermelo per me- concluse.

Ondeggiò quindi fino in camera sua, gettandosi sul letto e abbandonandosi alla disperazione pre scuola; era decisamente stremata: ormai da due settimane lei e Turner non facevano altro che rovinarsi le giornate.

Un giorno lui le faceva trovare l'armadietto pieno di schiuma da barba, l'altro giorno lei gli bucava le gomme della macchina; una volta lui le buttava i vestiti che lei depositava con noncuranza nell'armadietto aperto negli spogliatoi, la volta dopo lei gli gettava la cartella con tanto di chiavi di casa nella spazzatura.

Il giorno prima, Juls aveva avuto la brillante idea di incidere sull'armadietto del ragazzo "Ti puoi permettere solo ragazze troie"; quando Alice aveva chiesto spiegazioni, Juls non aveva fatto altro che riferirle l'accoppiamento ufficiale tra Penelope e Chase.

Per risposta, a fine giornata, lei aveva trovato la porta del suo armadietto scardinata, con all'interno fango.

Fango.

Sudicio fango che imbrattava i suoi quaderni.

Quel giorno Turner avrebbe avuto la lezione finale, decisamente.

Sospirò, tirandosi su e prendendo a vestirsi alla velocità di una lumaca ferita.

 

* * *

 

Alice, i capelli dello stesso colore del sole raccolti in una coda, aspettava l'amica nell'autovettura di Barker, parcheggiata davanti a casa Sunders.

Il rapporto creatosi tra quei due era diventato decisamente strano: non parlavano, ma stavano perennemente attaccati.

In qualunque momento la gente li vedesse, erano all'incirca a un metro di distanza l'un dall'altro, senza rivolgersi la parola; eppure restavano vicini.

Juls aveva passato due pomeriggi interi a chiedersi che ci fosse di strano in quei due, che si comportavano come delle cozze mute, ma non aveva capito un bel niente; si era quindi arresa all'evidenza che prima o poi si sarebbero sposati, o giù di lì.

- Ciao- salutò, entrando in macchina.

- Ciao- risposero quelli, all'unisono.

Tirò un sospiro, ravviandosi i capelli mossi con le dita - Elijah è tornato di nuovo sbronzo a casa- biascicò - Prima o poi mio padre lo becca e lo fa nero-

- Poverino. Sta ancora male per Eloise?- chiese Alice, voltandosi a guardarla.

- Penso proprio di sì, ma non lo ha detto né a nostra madre né a nostro padre. Prima o poi ci resta secco... Immagina che continua a dir loro che passa le serate con lei-

Alice non rispose, e Juls lanciò un'occhiata fuori dal finestrino abbassato, osservando gli studenti che iniziavano ad entrare nell'istituto.

A Bellflower raramente pioveva o faceva freddo e, nonostante fossero ad ottobre inoltrato e nelle altre città dell'emisfero nord le persone s'imbacuccassero, da loro una maglietta a maniche lunghe era peggio di una sauna; una mandria di adolescenti accaldati, quindi, accolse come ogni giorno la ragazza che, sempre senza sgomitare, arrivò scortata dalla sua migliore amica all'aula di lettere.

Quella, compresa matematica, era una delle sue ore preferite: la professoressa Thompson, una giovane donna di all'incirca trent'anni, sedeva sorridente alla cattedra nell'attesa che i suoi alunni raggiungessero l'aula.

Quando Juls entrò in classe, il sorriso della professoressa si sbiadì un attimo - Juliet, c'è una comunicazione per lei- le disse, sporgendosi verso la ragazza con un foglietto in mano.

La Sunders era una delle poche alunne che le davano soddisfazioni, in realtà, nonostante fosse un po' troppo senza freni.

Juls afferrò il foglietto e lo lesse a bassa voce:

 

Juliet Sunders è attesa nell'ufficio del preside alla prima ora.

La si prega di non far ritardo.

La presidenza

 

 

Stranamente, quel giorno Juls non aveva proprio voglia di vedere la faccia del preside Wilson, soprattutto perché non aveva ancora portato a termine la sua vendetta nei confronti di Turner.

Sospirò, svogliata, e restituì il foglio alla donna che, dinanzi a lei, le sorrideva incoraggiante - Professoressa Thompson, vado e torno- gracchiò, rivolgendo poi una scrollata di spalle ad Alice che la guardava interrogativa - Ti spiego dopo- le sussurrò.

S'incamminò quindi verso la presidenza a grandi passi, mentre la noia andava sfumando e la curiosità crescendo.

Ciò che accrebbe di più quest'ultima, fu il constatare che il povero Chase Turner arrivava dall'ala opposta del corridoio, decisamente diretto anche lui dal preside Wilson.

Il ragazzo le lanciò un'occhiata, chiedendosi se non fosse finito nei guai per quella stupida teppistella da quattro soldi.

- Turner, risparmiati il fiato, non so perché io sia stata convocata, né so perché ci sia anche tu- gli disse lei, entrando nell'ufficio, abbandonandosi nella poltroncina d'attesa e mettendo le mani avanti, per zittire il tipo.

La segretaria fece loro segno di entrare, e Sunders, ormai abituata, s'alzò istintivamente, avviandosi da sola.

- Il preside vuole che entri anche il signor Turner - disse la tizia, i capelli rossi raccolti in una crocchia e gli occhiali spessi che le coprivano il viso.

Quando entrambi i ragazzi si trovarono accomodati nell'ufficio, Wilson alzò lo sguardo sui loro visi, squadrandoli in ogni minimo neo.

- Vi ho fatti convocare per un motivo ben preciso: m'è giunta voce che da qualche settimana il vostro comportamento sia degenerato totalmente- fissò prima la ragazza, dritto negli occhi color nocciola, poi il ragazzo, osservando i suoi occhi color dell'erba fresca- sto parlando di armadietti pieni di schiuma, scardinati, quaderni nel cassonetto della spazzatura e chi più ne ha, più ne metta-

- Anche gomme squarciate, allora, se vogliamo essere precisi- sottolineò Sunders.

Lo sguardo di Wilson lampeggiò un istante, poi continuò - Ho perciò deciso di prendere dei provvedimenti- Turner, accanto alla ragazza, deglutì - Da oggi, lei, Sunders, e lei, Turner, farete parte del gruppo di pittura- concluse.

Juls strabuzzò gli occhi, decisamente sorpresa: non le pareva una di quelle punizioni esemplari, da far passare la voglia di fare le sue solite visitine al preside.

- Tutto qui?- Turner sorrise, sollevato.

- Ovviamente no, signor Turner - un sorriso s'andava aprendo sul volto dell'uomo - Lei e la signorina Sunders dovrete lavorare in coppia cinque giorni su cinque ai lavori del laboratorio, dai quali dipenderà la vostra promozione e il vostro diploma. Il venerdì pomeriggio aiuterete i bidelli con la manutenzione della palestra, il giovedì con la pulizia delle aule e il martedì con quella dei bagni. La signorina Sunders, ogni lunedì, sarà tenuta a presentarsi dalle due alle tre e mezza in refettorio, per aiutare la cuoca con il cibo, mentre lei, signor Turner, dovrà presentarsi dal giardiniere per contribuire al mantenimento delle aiuole nel giardino dietro la palestra. Il mercoledì, infine, entrambi darete una mano alla signorina Allen, la segretaria, con i fascicoli delle iscrizioni e altri documenti vari- il preside tirò un sospiro - vi ricordo, inoltre, che il laboratorio di pittura si tiene nell'aula n 74 dalle cinque e mezza alle sette del giovedì e del lunedì- Turner fece per aprir bocca - Non m'importa se uno di voi due ha altri impegni nei giorni e nelle ore stabilite: si liberi al più presto- concluse, perentorio.

Juls deglutì - Per tutto l'anno?-

- No, signorina Sunders. O per meglio dire, non tutto: il corso di pittura, infatti, lo porterete a termine agli inizi di giugno. Per il resto, tre mesi possono bastare- si sfregò le mani, poi fece segno ai due ragazzi di alzarsi - Comincerete oggi stesso. La cuoca, la signora Morgan, la aspetta alle due in punto in mensa, signorina Sunders, e lo stesso vale per lei con il giardiniere, Turner. Ora vi prego di lasciare l'ufficio, ho varie cose da sistemare-  regalò loro uno dei suoi sorrisi raccapriccianti, poi li congedò.

Juls si passò per la seconda volta in quella giornata la mano sugli occhi: quella era la prima punizione che il preside riusciva ad appiopparle.

 

* * *

 

Juls uscì dalla mensa con una grossa macchia di asparagi sul grembiule; se lo slacciò con odio e lo gettò nel sacco dei grembiuli sporchi che si trovava dietro il bancone.

Alice e Liam l'aspettavano poco lontano, le braccia conserte, appoggiati al muro.

- Come è andata?- chiese l'amica, preoccupata dalla sua espressione.

- Mi sono bruciata due volte- Juls le mostrò le scottature sulle mani - gli asparagi mi hanno invasa e il pomodoro altrettanto! La Morgan è una strega cicciona, non faceva altro che criticare a destra e a manca. All'uscita da scuola ricordami di farle perdere le chiavi di casa-

- Ora che devi fare?- chiese Liam, trattenendo una risata.

- C'è poco da ridere, Baker, si prospetta un inferno. Alle cinque e mezza mi devo presentare nell'aula n 74 per il corso di pittura. Ah, ma questa Wilson me la paga- digrignò - E anche quel tonto di Turner. Sarà andato in giro per tutta la scuola a spifferare il fatto che mi ha riempito l'armadietto di schiuma, così qualche altro deficiente ha pensato bene di dire tutto al preside-

- Guarda, non penso che Turner l'abbia presa molto bene, comunque. Siete sulla stessa barca- Liam scrollò le spalle lasciando le due ragazze e dirigendosi verso l'aula di scienze.

Juls gemette, ricordandosi che avrebbe dovuto trovare una scusa da rifilare ai genitori.

 

* * *

 

- ragazzi, oggi abbiamo due nuovi compagni. Juliet Sunders e Chase Turner si sono uniti a noi e resteranno nel laboratorio per tutto l'anno- la professoressa Shultz presentò i due alunni, tutt'altro che sconosciuti, al resto della classe - Potete accomodarvi a quel tavolo lì- disse poi, indicandone uno in disparte.

- Come degli appestati,professoressa? Non contageremo gli altri con la nostra cattiveria, non so preoccupi- Juls alzò le mani, in segno di resa.

La professoressa Shultz strinse le labbra, continuando ad indicare il tavolo - Dovrete ricopiare il disegno che ho fatto stampare, ve l'ho lasciato lì. Buon lavoro- disse, e voltò loro le spalle per rivolgere un allegro sorriso al resto della classe.

Turner, sedutosi sul tavolo, prese il foglio e lo squadrò, decisamente orripilato. - Fammi vedere- disse lei, strappandoglielo dalle mani - la Guernica di Picasso?! ma è impazzita, forse?!- gracchiò, dopo aver riconosciuto il quadro.

Turner le strappò a sua volta il foglio di mano - Dammi qua, fa vedere-

- Non c'è molto da vedere, no? E' la Guernica, non è che se la vedi tu cambia immagine- le gli strappò per la seconda volta il foglio di mano.

- Sunders, abbassa i toni. Se voglio riguardare l'immagine la riguardo, e non provare a strapparmi un'altra volta il foglio di mano-

- Io ti strappo la testa, deficiente-

- Sunders, non mi sto di certo divertendo, sai? Voglio restare in tua compagnia tanto quanto lo vuoi tu-

- Certo che se non fosse stato per te, ora non saremmo qui a dipingere cagate con un branco di sfigati, no? Cos'hai fatto? Ti sei vantato di avermi scardinato l'armadietto?- lei lo fissò negli occhi, cercando d'incenerirlo.

Se solo non ci fosse stata la professoressa Shultz, che appariva più un incrocio tra uomo e cane, che una donna, lei gli sarebbe saltata addosso e lo avrebbe disintegrato.

- Ascoltami bene, Sunders, io non ho detto proprio niente a nessuno. Sei tu che attiri l'attenzione come il giallo attira i moscerini. E ti ripeto, non alzare la voce con me, la prossima volta ti faccio nera-

- Troppo facile, io sono già nera- disse, indicando i capelli corvini - Certo, ho la pelle abbastanza chiara, ma hai già il gioco mezzo fatto, non trovi sia scorretto?-

- Io trovo che tu debba tacere, per una buona volta-

Juls strinse le labbra, osservando il ragazzo che prendeva a disegnare qualcosa sul foglio.

- Da' qui, sei un incapace- gracchiò infine, strappandogli per l'ennesima volta qualcosa (in tal caso la matita) di mano, e iniziando a disegnare per conto suo.

 

 

 

 

 

Salve, gente!

Allora, ho aggiornato abbastanza in fretta, sono decisamente orgogliosa di me stessa :D

Non ho molto tempo, quindi ringrazierei innanzitutto le 5 stupende persone che hanno inserito la storia tra le preferite e le 13 che l'hanno inserita tra le seguite.

Inoltre, ringrazio le 2 magnifiche è dir poco ragazze che hanno recensito il precedente capitolo :D

Siete sempre tanto buoni *_*

Spero davvero che anche questo capitolo vi piacerà.

Nell'attesa delle vostre recensioni (perché ci saranno, vero? T_T) mi diletterò nello studio dei Promessi Sposi che, a dire il vero, è proprio letale.

Grazie a tutti quelli che leggeranno e recensiranno, a chi non calcolerà la storia ma penserà che ho scelto un bel carattere per la scrittura, a chi la leggerà in silenzio, ora e per sempre, e a chi penserà che devo smettere di fumarmi canne. Vi voglio sempre bene!

Un bacio

 

 

~Ellens

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Image and video hosting by TinyPic Juliet entrò in casa con passo felpato, pregando in aramaico antico che i genitori non la braccassero

Juliet entrò in casa con passo felpato, pregando in aramaico antico che i genitori non la braccassero.

Passò per il soggiorno, sentendo i rumori della madre provenire dalla cucina e voci nella camera adiacente dove, quasi sicuramente, v'era il padre a vedere una sana partita di baseball.

Decisa a non farsi vedere, sapendo di dover informare i genitori, iniziò a salire le scale; ciò con cui non aveva fatto i conti era l'udito ultra sviluppato della signora Sunders - Juls, sei tu?-

Juls imprecò a bassa voce- Sì, mamma-

La madre la raggiunse piantandole gli occhi addosso - Dove sei stata? Sono le sette passate, sono stata in pensiero- disse, guardandola e spiaccicandola al muro con la sola forza dello sguardo penetrante.

In quell'istante, Juls si sentì come un foglio di carta infisso nel legno, con una puntina d'acciaio che lo perforava - Ho... ero... in punizione- sputò infine, con tutta la forza d'animo che raccolse in cuore.

Juliet Sunders non era intimorita da niente e nessuno, eccetto la madre nei suoi giorni no; e a giudicare dalla stanchezza che si poteva leggere sul volto della donna, quello era un giorno no - Tu cosa?!-

Juliet deglutì - Sono in punizione. Il preside Wilson mi costringe a partecipare al corso di pittura il giovedì e il lunedì, fino alle sette e...- e qui tossicchiò- e... altre... varie punizioni-

La madre sgranò gli occhi - Juliet Sunders, sei in punizione- decretò infine.

- Lo so, mamma, lo so- annuì lei: non aveva certo bisogno che la madre glielo ricordasse ulteriormente.

- No, sei in punizione anche in casa! Da oggi non metterai naso fuori dalla tua camera fino a Natale, escluso per andare al bagno e a scuola- decise, perentoria.

Juls boccheggiò - Ma ho diciassette anni, mamma, è finito il tempo delle punizioni- tentò.

- Non finché resti sotto il mio tetto, Juliet-

Eccola, la frase magica; Juliet era dell'idea che tutti i genitori, prima che i figli nascessero, ricevessero lo stesso manuale "Come diventare genitori"; erano diciassette anni che cercava di capire chi fosse stato il cornuto che l'aveva scritto.

La ragazza dette le spalle alla madre risalendo le scale che l'avrebbero portata in camera sua con passi pesanti, cercando di fare più rumore possibile.

Doveva scoprire chi era stato a spifferare tutto al preside. L'avrebbe pagata, oh, se l'avrebbe pagata.

 

* * *

 

La ragazza dai capelli neri, un po' ribelli come sempre, si chiuse la porta alle spalle e corse giù per il vialetto di casa; quel giorno, come sempre, Baker e Alice l'aspettavano in macchina, con la musica a tutto volume e l'aria apparentemente pacifica.

Lei aprì la portiera, sbucando nell'abitacolo e stravaccandosi nel posto dei passeggeri - Gente- disse, in segno di saluto.

- Sunders- Liam le sorrise dal finestrino retrovisore, Alice alzò la mano.

- Oggi mi aspettate?- piagnucolò la ragazza.

- Dipende. A che ora ti liberi?- Liam continuava a tenere lo sguardo fisso sulla strada, senza distogliere l'attenzione dalle due ragazze nell'autovettura.

- Se ce la faccio, entro le cinque la bidella mi lascia andare-

- Hai scoperto chi è stato a mettere in giro la voce?- chiese Alice, guardando fuori dal finestrino, mentre il rombo del motore cessava e Liam usciva dall'auto, appena parcheggiata.

- No, Turner si ostina a dire di non saperlo. Non so- sbuffò lei. Era venerdì, era stanca, ed era incazzata.

Tanto, tanto, ma tanto incazzata.

Accanto a loro passò la signora Morgan, in preda a crisi isteriche, che urlava al telefonino qualcosa sul fatto di aver perso le chiavi di casa. Alice si voltò a squadrarla - Non c'entri tu, no?-

Juls, per la prima volta dopo giorni, sorrise soddisfatta, dimenticandosi all'improvviso dell'odio represso verso Wilson che andava accrescendosi pericolosamente, negli ultimi tempi - Oh, cosa te lo fa pensare, Alice?-

Erano quelle le soddisfazioni della vita.

Alice ridacchiò, lanciando un' ultima occhiata alla donna paffuta, che continuava a gridare al telefono, frugando con foga nella borsa - Certo che è proprio stupida, sono due giorni che le ho fatto sparire le chiavi, se n'accorge solo ora? Come ha fatto ad entrare in casa fino ad oggi?- la guardò ancora Sunders, poi scrollò le spalle - Andiamo a farci una cultura, Alice- disse, afferrando l'amica e trascinandola verso l'aula di algebra.

La dolce Alice, dal canto suo, seguì Juliet, lanciando un sorrisino a Liam, che la salutò di rimando con un gesto della mano, prima d'avviarsi verso l'aula di Spagnolo.

 

 

La giornata passò lenta e poco costruttiva: alla terza ora la ragazza tenne un test sulla Storia dell'America, alla quarta Spagnolo e alla quinta si concesse un riposo, non presentandosi proprio in classe.

Quando, nella pausa pranzo, Sunders fece il suo ingresso in mensa, adocchiò immediatamente i suoi due amici seduti in un tavolo poco distante dall'entrata.

Passando tra gli altri tavoli, il brusio che solitamente accoglieva la sala mensa andò alzandosi notevolmente, qualcuno prese ad indicarla, altri iniziarono a confabulare.

Ciò che Juls aveva sempre detestato erano i pettegolezzi alle sue spalle; si voltò perciò verso il primo gruppetto di ragazzi che beccò con le mani nel sacco, tutti presi a parlare di lei, e avanzò velocemente verso il ragazzo più grosso - Ci sono problemi? No, perché m'è parso che steste parlando di me- disse, fissandolo e adottando lo stesso metodo che sua madre usava con lei; il tutto, ovviamente, risultò efficace - No, no- il ragazzo la guardò sfuggente, scrollò le spalle e fece per andarsene.

Juls, dal canto suo, non aveva proprio voglia di accettare un insulso no, no come risposta; lo afferrò, quindi, per il braccio, trattenendolo.

Non che lei fosse molto muscolosa, anzi, il tipo, decisamente il doppio di lei, l'avrebbe fatta volare senza troppe moine; il fatto era che lei sapeva far paura con la sola forza dello sguardo. Tale madre, tale figlia.

- Senti, te lo ripeto per l'ultima volta: tu stavi parlando di me, ora, possibilmente, fammi partecipare alla conversazione. La mamma non t'ha insegnato che non si parla alle spalle delle ragazzine?- lo squadrò dall'alto in basso, riducendolo ad una brutta copia del gradasso che era pochi minuti prima.

Il tipo spostò lo sguardo sul resto della scuola, che sembrava aver perso la voglia di chiacchierare, ma aver trovato un grande interesse nei maccheroni nel piatto; di certo, erano tutti in ascolto.

- Io non so niente. Niente- disse infine, mentre il suo sguardo indugiava sul tavolo in cui Turner e i suoi amichetti sedevano.

In quel momento, Alice si materializzò al fianco dell'amica - Vieni, dobbiamo parlare- disse, afferrandola per la mano e guidandola fuori dalla mensa.

- Che hanno, oggi? Che è successo?- chiese la ragazza una volta fuori.

- alla quinta ora si è diffusa la voce che a parlare sia stata Penny Montgomery. Stanno... facendo scommesse su quanto male le farai- ridacchiò Alice.

Juls restò in silenzio.

Penny Montgomery era immensamente stupida, imbecille e morta.

Penny Montgomery era una morta che camminava.

Juls si voltò, tornando in mensa; l'attraversò tutta, finché non si trovò dinanzi al tavolo di Turner e Penny. Lei era lì, tutta contenta, che torturava il suo piatto di pasta, già consapevole che non l'avrebbe mangiato: troppi carboidrati.

- Turner, ti devo parlare- disse la ragazza, senza degnare di ulteriori sguardi il resto della combriccola seduta con il ragazzo.

Lui la fissò - Non ho tempo, Sunders-

- Io dico che invece ce l'hai-

- Io dico di no-

- Io dico che faresti meglio a trovarlo- lo gelò lei. Non aveva voglia di stuzzicarsi, voleva solo vendetta per tutti i finesettimana di reclusione che l'attendevano sino a Natale.

Turner la guardò, strafottente, poi s'alzò e si diresse verso l'uscita. Juls lanciò un'occhiata a Penny - Come ti senti, Montgomery?- le chiese.

- Bene- rispose lei, spiazzata: non si erano mai rivolte la parola.

- Goditi questo momento, allora-

 

 

* * *

 

- Che vuoi, Sunders?-

Juliet si passò una mano tra i capelli, giusto per ragionare un attimo sulla costruzione della farse che doveva pronunciare. Più cruda era, meglio sarebbe stato.

- Per correttezza, ti vorrei informare che la tua ragazza è la colpevole della nostra punizione. Ora, non so se tu, per punirla, le abbia tolto qualche ora di sesso dal vostro appuntamento quotidiano, e sinceramente le tue iniziative non catturano la mia attenzione. Vorrei solo ricordarti, giusto perché tu non vada a sputtanarmi da Wilson, poi, che la mia vendetta è più che legittima- gli dette le spalle, avviandosi verso i bagni, poi si voltò, guardando il ragazzo che aveva abbandonato interdetto - E la vendetta, per la cronaca, arriverà presto- urlò.

 

Dieci minuti dopo, la ragazza era decisamente concentrata seduta sul WC del terzo gabinetto, un foglio in mano e la matita in bocca; sul pezzo di carta, finora, aveva scritto:

 

Salve a tutti, il mio nome è Bernard Lewis, nella vita faccio l'insegnante e sono un alcolizzato.

Per me oggi è un giorno molto importante; ho ammesso a me stesso di essere un alcolizzato due anni fa, ma non ho mai fatto davvero molto per aiutarmi.

Ora sono qui, e son deciso ad uscirne.

Juls rilesse tutto.

Il discorso filava, andava più che bene.

Il fatto era che il professor Lewis faceva parte degli alcolisti anonimi, e questo Juls l'aveva scoperto un giorno in cui aveva origliato, nel cambio d'ora, una sua conversazione al telefono; lo stesso Lewis era, per la precisione, il suo professore di storia; e la vecchia e stupida Penny faceva parte della sua classe.

Tutto combaciava, il destino sembrava deciso ad aiutarla.

Juliet s'alzò, correndo per il corridoio ed entrando in segreteria; era pressoché vuota, solo la signorina Allen, decisamente distratta dalle parole crociate, sembrava popolarla.

Juls s'avvicinò alla fotocopiatrice, inserì il foglietto e poi, con un sorriso smagliante, schiacciò il tasto blu.

La vendetta sapeva di buono.

 

- Professore- Sunders entrò nell'aula di storia dieci minuti dopo.

Il professor Lewis alzò uno sguardo, per osservare una delle sue studentesse più odiose - Sunders, mi dica- sbuffò, togliendosi gli occhiali dalla punta del naso e strofinandosi gli occhi.

- C'è un gruppo di ragazzi, all'entrata, che distribuiscono volantini sui quali c'è scritto che lei è un alcolizzato- la ragazza fissò l'uomo che divenne nel giro di pochi secondi paonazzo.

- Co-cosa?- balbettò.

- Ci sono dei ragazzi che distribuiscono volanti...-

Il professore s'alzò, spingendola via dall'uscio della porta e correndo giù per il corridoio.

Ciò che avrebbe trovato una volta giunto all'entrata dell'istituto, sarebbe stata l'intera scuola in subbuglio, volantini da tutte le parti, ma nessuno che li distribuiva; quello era il bello della folla: tutti colpevoli, tutti innocenti.

Juls non se lo fece ripetere una volta e si fiondò sui test che il professore aveva fatto fare ai suoi alunni quel giorno, cercando quello di Penny.

Lo trovò verso gli ultimi fogli del malloppo, lo sfilò dall'insieme e lo osservò.

Prima domanda:

- Chi ha scoperto l'America?

Juls cancellò la risposta che la Montgomery aveva dato, a matita, e la riscrisse, modificandola appena: Topolino.

Quando è stata scoperta l'America?

Juls rifece la stessa operazione: 1997

In che anno è avvenuta la guerra di secessione ? - mi pare ieri

Che è avvenuto nel 1776?- E' morta la mia bis-bis nonna.

Alla domanda qual è stato il primo presidente d'America?, Juls scrisse non ricordo, sono stupida.

Quindi, dopo aver modificato tutto il test facendo ben attenzione a non utilizzare la propria calligrafia, ripose il compito tra i restanti fogli, sistemò le penne che aveva mosso, lanciò un'ultima occhiata all'aula, quasi avesse paura che i muri l'avessero vista e infine uscì, appagata e divertita.

 

* * *

 

- Juls, ti rendi conto che potresti essere espulsa?- Liam la guardò, dopo che la ragazza gli aveva fatto un resoconto dettagliato sulla sua piccola punizione per Penelope.

- Solo se mi scoprono- gli fece notare lei.

- Ecco, e prega che non lo facciano-

- Non lo faranno. Penelope Montgomery è troppo stupida, quel test passerà inosservato-

Liam la guardò ancora, un po' ammirato, un po' contrariato - Tu sei tutta pazza-

Juls scrollò le spalle, poco toccata.

 

 

Due settimane dopo, il professor Lewis consegnò i compiti.

- Montgomery, questa volta ti sei davvero impegnata- disse l'uomo, dando il foglio alla sua allieva, che osservò orripilata un "Non classificato" scritto a lettere cubitali con la penna rossa che spiccava nitida sul foglio bianco.

Juls sorrise sotto i baffi.

Dall'altra parte della classe, Chase Turner la fissava. Se qualcuno avesse potuto leggergli la mente, avrebbe constatato che era divertito e combattuto: come poteva appoggiare Sunders, che molto probabilmente era la causa di un Non classificato appena rifilato alla sua ragazza?

Penelope era stupida, certo, ma non tanto da prendere un non classificato.

Era che Sunders, la vecchia e maligna Sunders, era l'unica che aveva seriamente le sorti di tutti tra le sue mani.

 

  

 

 

 

Eccomi, gente!

Juls questa volta l'ha fatta grossa, decisamente.

Ma la vendetta è la vendetta, e rischiare un po' va più che bene.

scappo, rispondo appena posso alle recensioni! Grazie alle 4 stupende persone che hanno recensito e alle 45 persone che hanno inserito la storia tra seguite, preferite e ricordate.

Grazie, grazie davvero!

E grazie a tutti colore che recensiranno questo capitolo; più siete, gente, più mi rendete felice. Susu, fatemi feliiiiiice :DDD

Okay, me ne vado .-.

Un bacio a tutti

 

~Ellens

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Juls si guardò allo specchio, dandosi una ravviata ai capelli indomabili; gli occhi nocciola brillavano alla luce della lampadina al neon, che rischiarava l'ambiente del bagno

 

 

 

 

 

 

Juls si guardò allo specchio, dandosi una ravviata ai capelli indomabili; gli occhi nocciola brillavano alla luce della lampadina al neon, che rischiarava l'ambiente del bagno.

S'arrese all'evidenza che quei dannati riccioli non si sarebbero mossi d'un millimetro dalla loro postazione, abbandonò il pettine sul lavabo e si passò un filo di matita a sottolineare gli occhi.

Lanciò, nel mentre, un'occhiata all'orologio del cellulare: erano le sette della domenica sera e, se c'era una cosa che Juliet Sunders amava, visitine dal preside e uscite con Baker ed Alice escluse, questa era passare le serate con sua nonna.

Che poi, in realtà, sua nonna naturale non era: alla morte della vecchia e acida nonna Abigail, il marito, poco più che sessantenne, aveva preso a frequentare un corso di balli latinoamericani, la sua grande passione soppressa per amor della moglie; lì, tra un tango e una salsa, era scoccata la scintilla tra lui e una simpatica signora di cinquantasei anni, scapola per scelta e viaggiatrice incallita.

Nonna Amalia era fissata col fatto che la vita fosse una sola, che andasse vissuta fino all'osso e che bisognava divertirsi; ogni qualvolta si tirava fuori, alle cene di Natale, il comportamento scapestrato e sfacciato di Juliet, lei era l'unica che spezzava una lancia a suo favore, affermando che se il preside Wilson era poi così divertente, lei avrebbe dovuto andare nel suo ufficio più volte possibili.

La madre della ragazza s'era messa in testa che la nonna aveva una brutta influenza sulla sua figliola, ma ormai il danno era fatto: era come se si fossero trovate, nonna e nipote.

- Non è tua nonna, Juls, ricordatelo- le ripeteva la signora Sunders, che non aveva digerito il fatto che il padre, da qualche anno a quella parte, avesse sostituito sua madre con la prima scapestrata trovata per strada.

- Certo che è mia nonna- rimbrottava Juliet, infastidita.

- No, non è tua nonna. Tua nonna è al cimitero, e dovresti andarla a trovare un po' più spesso- la rimproverava allora, e Juls, che di andare al cimitero proprio non aveva voglia, usciva di casa e si recava al dipartimento dello Sceriffo, come al solito.

Lì, la nonna era stata assunta in qualità di segretaria, il che era decisamente comodo; una volta al mese il dipartimento mandava degli agenti a controllare gli armadietti della Bellflower High School in cerca di sostanze illegali; Juls, grazie a certe sue conoscenze ( consistenti in un'arzilla donna sulla cinquantina), riusciva sempre a sapere in anticipo il giorno in cui gli agenti avrebbero fatto la loro comparsa trionfale, e sempre grazie ad alcune sue conoscenze non molto rassicuranti, di cui in famiglia proprio non sapevano niente, riusciva ad ottenere un po' d'erba o roba simile che, stranamente, scivolava nell'armadietto di qualcuno che non le andava troppo a genio.

Due settimane fa, Penelope Montgomery, oltre ad aver ottenuto un tragico non classificato, era stata sospesa, poiché nel suo armadietto tutto rosa e brillantini spiccavano trasgressive delle canne di dimensioni sovrannaturali.

Quando Chase Turner l'aveva ghiacciata col suo sguardo decisamente forzato, perché era alquanto palese che trovasse la cosa divertente, ma si sentiva tenuto a fare il fidanzato fedele, lei gli aveva sorriso dall'altra parte del corridoio, sventolando angelicamente la mano.

Quando Penelope s'era fatta trovare davanti alla porta di casa sua, atteggiando un'aria minacciosa, Juls non aveva fatto altro che squadrarla da capo a piedi e sputarle addosso un semplice - Dammi un mesetto e rimpiangerai una stupida sospensione, Penny. Ora, se vuoi scusarmi, vado a confabulare col diavolo per rovinarti la tua prossima manicure-

Nella settimana che seguì, comunque, l'odio che la ragazza provava verso il fidanzato della vecchia e stupida Penny sbollì lentamente, poiché, come spesso le ripeteva Liam, non era mica colpa di Turner se le sue ragazze erano una più stupida delle altre; l'odio, quindi, era scemato, tramutandosi nel semplice e puro fastidio che la presenza di Turner suscitava in Juls, la quale aveva infine deciso di dedicarsi con dedizione al piano di partenza, e cioè fargli pentir d'averla conosciuta.

Non che il ragazzo non se ne fosse già pentito, comunque.

La Sunders era estremamente irritante quando gli donava sorrisini falsi come Tanya, la barbie tarocca, che non preannunciavano altro se non un grande, enorme, infinito giramento di palle; perché quella cavolo di ragazza, tutta casa e presidenza, non faceva altro che farlo incazzare.

C'erano volte, poi, in cui senza accorgersene si ritrovava a ridere delle sue fuoriuscite, pentendosene amaramente: Juliet Sunders era la sua piaga, non poteva certo farlo ridere.

Tra i corridoi della scuola, comunque, iniziarono a girare strane voci; non che i nomi dei due non fossero già prima sulle bocche della gente, ma questa volta, quei santi nomi, erano appaiati.

Le cheerleader, per la precisione, capitanate da Penny, avevano messo in giro la voce che Sunders avesse un debole per Turner, e che si struggesse cercando di nasconderlo dietro qualche stupido dispetto; la ragazza, difatti, dedicava al tipo sin troppe attenzioni.

Il giorno dopo che Penelope mise in giro quelle stupidate, la sua macchina venne trovata senza ruote nel parcheggio desolato della scuola, alle sette di mattina.

- Con Penny non credo finirò mai di vendicarmi- digrignava Juls ad Alice, mentre tornavano a casa.

- Juls, se continui così ti buttano fuori-

- Ne varrà la pena-

- Comunque, Turner non è male- commentava poi Alice, sorridendo a mezz'asta.

- No. Turner non è male, Turner è il male-

- Juls, non esagerare. Se la tira solo un po', e ha tutti i diritti di farlo-

- No, cara Alice. Gli tiro un pugno e finisce a gambe all'aria, non so se mi spiego-

Alice taceva, immaginandosi l'amica alle prese con un Turner nelle vesti di fidanzato.

Juls s'ammirò ancora allo specchio, poi decise di uscire dal bagno e sgusciare via.

Era bella, niente da dire. Lei non era la solita ragazza carina, la cui bellezza era nascosta o quant'altro; lei era proprio bella.

Aveva, però, il brutto vizio di mettere in soggezione chiunque le stesse intorno, tant'è che di ragazzi coetanei ne aveva avuti proprio pochi. Tendeva ad ammaliare quelli più grandi, per i quali aveva delle certe preferenze.

Entrò in camera sua e aprì la finestra: la madre le aveva annullato e proibito tutte le uscite, comprese quelle con Amalia. A quelle, però, v'era un rimedio.

Uscì dalla finestra, camminando un attimo sul bordo del davanzale: se fosse caduta, si sarebbe spappolata al suolo come una cacca di piccione.

L'albero che lei e il padre avevano piantato tredici anni prima era ormai cresciuto abbastanza da essere giunto all'altezza della finestra. Ne afferrò un ramo, come aveva fatto tutte le volte che era stata sbattuta in punizione.

Con un po' d'agilità si aggrappò al tronco, scendendo pian piano giù. All'angolo del marciapiede, in una piccola macchinina degli anni '50, l'aspettava sorridente nonna Amalia.

- Ciao, tesoro- la salutò- salta su, ti porto da un'amica-

Juls si sedette al posto del passeggero - Chi, nonna?-

- Non chiamarmi nonna, lo sai che mi sento più vecchia-

L'unica persona con cui Juls non si sentisse in dovere di fare la sfacciata era Amalia. La ragazza sorrise - Chi, Amalia?-

- Una mia compagna di scuola, quand'ero giovane. Vive con la famiglia del figlio, sono stati molto gentili ad invitarci. Mi pare abbia un nipote- trillò la donna, guidando all'impazzata.

Se c'era una cosa che Amalia proprio non sapeva fare, quella era guidare.

Juls sorrise - Uh, e com'è il nipote?-

- Mi han detto che è un bel giovinetto. Simpatico, un po' con la testa per aria, un po' arrogante e faccia tosta, ma credo andrete d'accordo. Forse lo conosci, so che viene nella tua scuola-

Juls scrollò le spalle - Sarà qualcuno che mi odia. Come al solito-

La nonna ridacchiò - Se t'odiano, avranno qualcosa da invidiarti -

La ragazza annuì: la cosa non la toccava molto, anzi, la lasciava indifferente. Ciò che pensava di lei quella massa insulsa, di certo non l'avrebbe cambiata.

Aprì la portiera della macchina, che intanto era stata parcheggiata in una delle vie secondarie della città, poi uscì, tastando il terreno con le sue vecchie e consumate converse.

La nonna, vestita a tema floreale, bussò al campanello laccato in ottone di un portone grande, in ferro battuto.

Se Juls avesse letto il cognome inciso sul campanello, forse sarebbe riuscita a svignarsela prima che qualcuno la vedesse.

Quando, però, il fantomatico nipote dell'amica di Amalia aprì la porta, decisamente scocciato d'avere estranei in casa, ciò che Juls non riuscì a trattenere fu un verso di ribrezzo: Turner la fissava sconcertato da dietro il ferro battuto della porta della veranda, e su entrambi i visi dei ragazzi si poteva notare quanta voglia avessero di insultarsi.

Persino Juls, il cui più grande obiettivo era irritarlo fino all'estremo, quella sera non aveva davvero la forza di rivolgergli parole carine, false o meno.

- Allora vi conoscete!- Amalia batté le mani, estasiata - Benissimo, non ci sarà bisogno di presentazioni- La donna scostò senza troppi indugi Chase dall'entrata, e s'intrufolò nella tana del nemico urlando qualcosa come " Anne! Sono arrivata!"

- Che vuoi, Sunders?- sputò Turner. Quella stupida non l'avrebbe di certo insultato davanti al padre.

- Ehi, Turner, abbassa i toni. Mi pareva che un tempo fossi più carino- disse lei, facendo un passo verso la casa.

Il ragazzo le mise una mano in fronte, spingendola via - Mi ci è voluto poco per capire che tu non sei normale. Tu non sei una ragazza normale- la guardò, trasudando odio. Non in casa sua, non quella deficiente in casa sua.

La deficiente in questione, dal canto suo, aveva ben afferrato il concetto: girava voce, nella scuola, che il padre di Turner fosse un mezzo esaltato, deciso al cento per cento a far arrivare il figlio dove lui non era giunto.

Afferrò la palla al balzo: la voglia d'irritarlo che all'inizio veniva meno, ora sembrava rinata nel suo petto - Hai paura che t'umili in casa tua, Turner?- disse, sfoderando un sorriso a trentadue denti - Devi essere proprio deboluccio, per aver paura d'un angioletto come me- e, detto questo, lo spostò, entrando in casa e piantandolo lì, a maledire tutti i santi del paradiso e i diavoli dell'inferno.

 

 

- Juliet, tesoro, siediti vicino a Chase- sorrise Amalia, dall'altra parte della sala da pranzo.

Juliet, senza farselo ripetere, affondò nella sedia accanto a quella del ragazzo.

Questo, tutt'altro che felice, s'allontanò.

Nel bel mezzo della cena, mentre le nonne erano tutte impegnate a parlare di vestiti e il signor Turner era catturato dalla partita di football in TV, la signora Turner si voltò ad osservare i due ragazzi - E quindi, come vi conoscete?- chiese, tutta sorrisi e ammiccamenti.

Chase guardò la madre, poi guardò la ragazza che gli sedeva accanto - A scuola- tagliò corto.

La donna, decisamente delusa, incalzò - Frequentate qualche classe insieme?-

Questa volta, Juls non perse l'opportunità - Ooooh, eccome- annuì.

La madre, che sembrava aver finalmente trovato un punto d'appiglio, s'illuminò - Oh, e cosa?-

- Scienze, spagnolo e matematica- chiuse lì Chase: non aveva intenzione di continuare a parlare, assolutamente no.

La signora Turner annuì, nuovamente delusa. Juls, che aveva il cuore tenero, pensò proprio che avesse bisogno di qualche altra informazione - Senza contare tutte le ore di punizione-

Il padre di Turner distolse un attimo lo sguardo dallo schermo TV, poi tornò a fissare la partita, tendendo le orecchie.

- Prego?- la madre di Turner sbatté le palpebre, presa in contropiede.

- Le ore di punizione, sa, no? Tutti i pomeriggio passati a scuola, il laboratorio di pittura...- Juls trattenne un sorriso, sentendo già l'odore di vittoria.

- Chase, tesoro, non ne sapevo niente- balbettò la signora Turner.

Il figlio fulminò Juliet, poi aprì la bocca - Io... ehm... sono in punizione. A scuola-

- Ma avevi detto che erano gli allenamenti prolungati della squadra di nuoto della scuola- protestò la donna.

A quanto pareva il vecchio Chase non aveva detto tutta la verità alla mamma.

Juls rise - Oh, no, signora Turner. Siamo in punizione fino alla fine dell'anno-

Chase le tirò un calcio da sotto il tavolo, Juls sorrise ancor più affabile.

- Ma non mi spiego il perchè- la donna scosse la testa; Amalia, dall'altra parte del tavolo, guardava preoccupata la scena.

- Oh, be', è un po' lunga la cosa, se devo essere sincera. Diciamo che ha scardinato il mio armadietto-

- Hai bucato le gomme della mia macchina-

- Hai messo la schiuma da barba nel mio armadietto-

Chase strinse le labbra, Juls si rivolse ai presenti - Ma perché, lui non ve l'ha detto?-. Sbatté le ciglia.

- No- il padre si voltò a guardare il figlio - Non sapevo che mio figlio si facesse mettere i piedi in testa da una ragazza-

Il silenzio calò nella sala da pranzo.

Nonostante tutto il presunto odio che Juls provava per Turner, forse ne provava di più nei confronti del padre. Oltre ad essere estremamente antipatico, aveva appena messo in discussione la sua posizione nella scuola, e, alla Bellflower High School, da che mondo e mondo, tutti sapevano che Juliet Sunders aveva tutto il diritto, se non il dovere, di fare il bello e cattivo tempo.

Chase, in quel momento di silenzio, si rimangiò tutte le minime cose decenti che aveva pensato della ragazza in quell'ultima settimana, quando era riuscita a strappargli un sorriso: quella tipa era un demonio, e l'avrebbe pagata anche per quello.

Juls bevve un po' d'acqua, giusto per prepararsi al discorso - Signor Turner, sa chi sono io?- l'uomo la guardò appena - Bene, glielo dirò molto volentieri. Io sono quella ragazza di cui tutti parlano male al mercato, il sabato mattina, perché è finita per la ventesima volta in due mesi in presidenza. Quella che è stata beccata due volte a rigare la macchina dello Sceriffo solo perché mi sta decisamente antipatico. Quella che la notte del 31 dicembre di due anni fa, è andata a lanciare uova, sempre sotto casa dello sceriffo, urlando come una pazza con una bottiglia di champagne in mano. Sono quella ragazza che a dodici anni è scappata di casa per tre giorni, non so se ricorda. Sono quella ragazza a cui avrebbe detto di diffidare a sua figlia, se mai ne avesse avuta una, perché ho una strana influenza sulle altre persone. Non per qualcosa, certo, ma solo perché mi faccio prendere la mano quando ho voglia di divertirmi, o di vendetta, dipende dai momenti. Quindi, signor Turner, non credo dovrebbe rimproverare il suo irritante figlio per essere finito in punizione a causa mia. Ci avrei messo due minuti a farla espellere, se fosse stato un mio compagno, e sa perché? perché lei è così deficiente, che pure un babbuino nel periodo degli amori avrebbe più senno di lei- la ragazza, appena accalorata, s'alzò.

Amalia e l'altra nonnetta batterono le mani, Chase continuò a mangiare, incazzato un po' con suo padre, un po' col fatto che quell'idiota l'aveva appena difeso come se lui non ne fosse in grado, mentre la signora Turner e il marito la guardavano sbigottiti.

- Vado a casa, nonna, o mamma s'accorgerà che sono scappata dalla finestra. Buona cena- gettò il tovagliolo sul tavolo e dette le spalle ai presenti, uscendo.

Camminò nel buio della sera per dieci, forse quindici minuti, finché un rumore di passi non la fece voltare: Turner l'inseguiva, correndo.

- Che vuoi?.- chiese, sorridendogli falsa come sempre - Se sei qui per il bacio della buona notte scordatelo, ho promesso a papà che arriverò vergine al matrimonio, e non ho intenzione di cadere in tentazione-

Turner non la calcolò molto - Senti, Sunders, non c'era proprio bisogno di fare quella scenata e di difendermi con mio padre. Ho quasi diciotto anni, non ho bisogno del tuo aiuto- le puntò un dito contro- E la prossima volta che dici i cazzi miei ai miei genitori, giuro che ti faccio pentire di aver imparato a parlare-

Lei scoccò la lingua- Innanzitutto, Turner, le minacce ti vengono male. In secondo luogo, forse hai frainteso. Non avevo alcuna intenzione di difenderti, volevo solo mettere in chiaro la situazione: non sei tu che non devi farti metter ei piedi in testa, sono io che decido se metterli o meno. E non sarà di certo tuo padre a credere che non ne sia in grado, Turner, perché potrei far dimettere Obama, se solo lo volessi- la ragazza portò le mani sotto il seno.

- Davvero?- Chase alzò un sopracciglio, trattenendo una risata: Sunders era la tipa più presuntuosa che avesse mai conosciuto, senza contare il fatto che andava soppressa.

- certo che no, ma crederci mi rende felice- gli dette le spalle, allontanandosi - Ci si vede a scuola, Turner-

 

 

 

Eccomi, eccomi.

Non ho molto da dire su questo capitolo, nonnò.

In questo capitolo conosciamo Amalia, che non so se avrà un ruolo più spesso nella storia o meno, ma per ora l'ho introdotta.

Pooooi, Turner è combattuto, poiché la nostra vecchia Juls sotto sotto gli sta simpatica, ma deve reprimere questa simpatia per principio.

aaaah, l'orgoglio.

In terzo luoooogo, entra in scena anche il padre di Turner, che mi sa proprio lo rivedremo più volte nel corso della storia. Non è quel che si dice un simpaticone, ecco D:

Okaaaaay, me ne vado, davvero.

Non credo vi costi molto, quindi non ignorate la magica frase "inserisci una recensione" e fatemi contenta, vi preeeeeeego T_T fatelo per me, per Juls e per Chase.

Mi va bene anche un "fico" oppure "schifo", a voi la scelta.

Occhei, me ne vado per davvero.

Un bacio a tutti quelli che leggeranno, che recensiranno e a cui farò pena. un bacio a chi leggerà e cestinerà, a chi penserà che sono una fica ma non mi calcolerà più nella sua vita e a chi penserà che devo davvero smetterla di postare stronzate.

Un bacio a chi s'è accorto che ho usato un carattere e una grandezza diversa per incitarvi a fare le recensioni.

Un bacio alle 4 magnifiche persone che hanno recensito, alle 37 che hanno inserito la storia tra le recensite e alle 17 che l'hanno inserita tra le preferite, infine alle 2 che l'hanno inserite tra le ricordate.

Un bacio a mamma che m'ha fatto e basta, perché mi si son seccate le labbra.

Ciao!

 

~Ellens

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Diamo alla Bellflower High School ciò che è della Bellflower High School, dicevano in città

 

 

 

 

 

Diamo alla Bellflower High School ciò che è della Bellflower High School, dicevano in città.

Ebbene, bisognava darlo, allora; quella piccola catapecchia, pullulante di ragazzini in crisi ormonali, aveva una sola cosa positiva, a detta di Juls: la gita di inizio Novembre.

Ogni anno, precisamente l'ultima settimana di Ottobre, la scuola era in totale fermento per i preparativi, la scelta della meta, ma, principalmente, la raccolta fondi.

A questa, solitamente, si dedicavano i rappresentanti d'istituto, chi faceva parte del comitato studentesco e, dulcis in fundo, solo quell'anno, Turner e Sunders.

Quel pomeriggio, Juls se ne stava felice come una pasqua, regina della cucina, a lavorare la pasta all'uovo che aveva appena preparato. Al lato del tavolo, le zucche intagliate e decorate poco prima.

Alice, appollaiata su una sedia, sfogliava una rivista poco interessata -e interessante-, dando di tanto in tanto un'occhiata all'amica.

- Quindi- disse poi- fammi capire, le zucche sono per la raccolta fondi, mentre la pasta all'uovo è per...- lasciò la frase in sospeso, aspettando che la piccola cuoca, nonché sua migliore amica, nonché Juliet, la concludesse.

- Il preside Wilson- disse senza troppi preamboli.

- Precisamente perché?- Alice alzò un sopracciglio come solo lei sapeva fare.

- Perché il preside Wilson in realtà è un uomo dal cuore tenero, mi ama, e gradirà il regalo-

- La pasta all'uovo? Penserà che sia stata avvelenata- decretò l'altra.

- No, ma in realtà un fine ce l'ho-

- E sarebbe?-

- Allora, seguimi bene!- iniziò Juls.

- Ti brillano gli occhi. Non mi piace quando ti brillano in quel modo-

- Zitta e ascolta. Darò il vassoio con la pasta precisamente nella pausa pranzo, quando lui sarà a mensa, e lo poggerò sulla sua scrivania. Poi, discretamente, prenderò dal suo secondo cassetto la lista delle possibili mete per la gita, e la sostituirò con una lista tutta mia- snocciolò con fare puntiglioso.

- Ho un po' di domande da porti- Alice non era sconcertata, di più - uno, come fai a sapere che c'è nel secondo cassetto?; due, cosa ti fa pensare che non noterà la differenza di calligrafia, oltre alle mete prestabilite stranamente mutate in mete che saranno decisamente improbabili?; tre, ma non meno importante, cosa ti spinge a farlo?-

- Uno, io e Wilson ormai siamo di famiglia, diciamo che so pressappoco quante volte va al bagno; due, lui non controlla mai cose simili, in realtà non gliene frega niente; tre, le liste sono state proposte da Leticia Garcia, credi realmente che siano mete anche solo su cui farci un pensierino?- Juls roteò gli occhi eloquente.

Leticia Garcia era una ragazza decisamente cicciottella, le cui massime aspettative erano quelle di diventare bibliotecaria, visitare tutte le biblioteche del mondo e divertirsi alla grande leggendo l'enciclopedia.

Alice aprì la bocca per ribattere qualcosa sulla scorrettezza, quando nella stanza fece il suo ingresso Elijah.

- Ragazze- salutò, alzando la mano e dirigendosi verso il frigo.

- Le birre sono finite- lo precedette la sorella - oggi ti dedicherai all'acqua-

- E tu dedicati ai cazzi tuoi una volta nella vita- disse lui, facendo marcia indietro.

- Come siamo adirati- Juls storse la bocca.

- Alice, come fai a sopportarla?- Elijah regalò uno dei suoi sorrisi accecanti all'amica della sorella. Quella, dal canto suo, restò accecata, come al solito.

Juls, fino a pochi mesi prima, avrebbe giurato che Alice e suo fratello, una volta scomparsa Eloise, si sarebbero dati da fare.

Un po' perché Alice ne era stata sempre segretamente invaghita, ché lui aveva un certo fascino, un po' perché lei gli era sempre stata simpatica, e lui non l'aveva mai negato, infine perché lei, a differenza di Eloise, lo avrebbe davvero completato.

Solo che ormai, con l'arrivo di Baker, i film mentali di Juls erano pian piano scemati.

- Mah, si fa quel che si può- rispose Alice. Era imbarazzata, Juls lo vedeva.

Elijah regalò all'ospite un altro sorriso, poi lasciò la cucina.

Juls prese a rassettare la stanza, mettendo il suo fantastico regalo per Wilson nella credenza e sedendosi su una sedia, di fronte all'amica.

- Allora, come va con Baker?-

- Allora, come va con Turner?-

- Non c'è male, stesso odio, stessa voglia di eliminarlo. Ora rispondi- Juls s'illuminò con un sorriso.

- Non c'è niente da dire, come dovrebbe andare?- Alice sfoderò la sua solita aria evasiva.

- Ti piace?-

- No-

- Ti piace?-

- No!-

- Okay, ti piace-

- Okay, un po'. Ma niente di che. Credo anche stia trafficando con una, quindi la cosa non mi interessa più di tanto- alzò le spalle.

- Menti- sentenziò Sunders.

- Gomiti- rispose l'altra.

- Queste battute mi scatenano davvero molta ilarità. Cavolo, non riesco a trattenermi dalle risate-

- Il tuo sarcasmo non mi è nuovo-

- Neanche le tue bugie-

- Sei un'amica cattiva-

- Tu pure-

- Tu non ammetti che Turner ti piaccia-

- Tu, oltre a non ammettere di essere follemente innamorata di Baker, affermi anche il falso. Sei da bruciare-

- Ti voglio bene- Alice le dette uno spintone amichevole, alzandosi dalla sedia, seguita a ruota da Juls.

Quest'ultima rise sonoramente, spingendo a sua volta l'amica - Comunque ti vedo meglio con mio fratello- disse, scoppiando a ridere per la seconda volta.

Alice sorrise.

 

* * *

 

- Fatto- Juliet Sunders uscì trionfante dall'ufficio del preside, ormai sua seconda casa, sventolando un foglio giallo canarino.

Liam Baker, che l'aspettava con la schiena poggiata agli armadietti rossi nei corridoi, le sorrise di rimando - Tutto liscio?-

- Come l'olio, Baker. Osserva e impara, un giorno, se io non ci sarò più, tu avrai il compito di continuare ciò che ho iniziato-

- Distruzione della classe sociale media di Bellflower?-

- Se vogliamo dirla così- Juls sghignazzò, accartocciando il foglio che stringeva come trofeo nelle mani.

Povera Leticia Garcia.

- Alice dov'è? A rinnegarmi?- chiese la ragazza.

- No, tecnicamente è ora di pranzo, tecnicamente è il tuo turno a servire i piatti alla mensa e, sempre tecnicamente, è lì a pararti il culo-

- Oh, è proprio un'amica perfetta - disse - e tu, piccolo Liam- e qui gli dette una pacca sulla schiena - sei bravo a difendere la tua amata-

Detto ciò si allontanò, allungando il passo verso il refettorio.

Alice, come preannunciato, stava tenendo testa - o quasi - alla signora Morgan che, come ovviamente accadeva tutti i giorni per molteplici motivi, stava sbraitando, le ciocche di capelli giallo paglia che uscivano senza pudore dalla cuffietta, sporca anche quella di salsa verde, mentre la povera Powell arretrava, decisamente intimorita.

- Scusi il ritardo signora Morgan, avevo da ultimare un compito di spagnolo- le tolse dalle mani il mestolo che la donna brandiva in aria- dia a me, dia qua- e, così facendo, si posizionò davanti al pentolone dietro il bancone.

Quando, pochi minuti dopo, Alice comparve di fronte a lei col vassoio, le passò di soppiatto il foglio rubato dalla presidenza.

- Guarda da cosa ci ho salvati- le disse soltanto, ammiccando.

L'amica distese la carta arricciata, leggendo interessata

 

Biblioteca comunale di Sacramento

Museo delle arti antiche di Bellflower

Museo della poesia duecentesca

 

- Allora?- chiese Juls.

- Per quanto ti dovrò ringraziare?- sospirò Alice.

- Mi accontenterò di un decennio. Io ho proposto una gita vera e propria a Sacramento, una agli Universal Studios e una al parco naturale dello Yosemite- le disse lei - Ora prendi la tua salsina e va avanti, c'è già la coda, qualcuno potrebbe ascoltare-

 

* * *

 

- Avviso a tutti gli studenti- l'altoparlante echeggiò nell'aula di pittura - Dopo un'attenta analisi il preside Wilson, per motivazioni varie, ha deciso che la gita di inizio Novembre si terrà agli Universal Studios. Da mercoledì, inizierà la raccolta fondi, il budget necessario per effettuare l'uscita vi sarà comunicato nella mattinata di domani. Buon proseguimento-

Turner, che stava lavorando a ciò che non poteva ancora essere definito un disegno, alzò lo sguardo, esaltato - Agli Universal Studios? Chi ha proposto le mete quest'anno?-

- Leticia Garcia- Juls scrollò le spalle, dandogli poca corda.

La ragazza appena nominata, intanto, si dimenava al banco del decupage, dicendo qualcosa di orribilmente simile a un " Ma non l'ho proposto io!".

- Ehi, Garcia!- Juls la chiamò. La tipa, paffutella e agitata, s'avvicinò paonazza in viso.

- Sì?-

- Ascolta, ho due biglietti per il Museo della poesia duecentesca e Turner mi ha confidato di volerci andare con te. Non vorrai mandarlo in bianco, vero?- le sorrise, calda e felice. Leticia diventò bordeaux, mentre Turner prese a boccheggiare.

- Domani ti porto i biglietti, okay? Scommetto che vi divertirete un mondo- concluse, allontanandosi.

Erano le sette ormai, il laboratorio era terminato e lei non vedeva l'ora di lasciare Leticia a fantasticare sulla sua vita matrimoniale con Turner, ormai poco interessati entrambi alla gita da fare, chi per un motivo, chi per l'altro.

 

 

 

 

 

CHIEDO VENIA

Davvero, chiedo IMMENSAMENTE venia, perchè sono sparita.

Ho avuto, come dire, un blocco, provavo a scrivere ma uscivano fuori schifezze forzate, poco interessanti, e non volevo rovinare questa storia per la fretta di postare.

Quindi, davvero, spero che leggerete e mi perdonerete, in caso contrario, capirò.

Scusate ancora, davvero tanto.

Un bacio

 

~Ellens

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=662971