Con la nebbia nell'anima

di lady lina 77
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Legami strappati ***
Capitolo 2: *** Nuovo passato, nuovo futuro ***
Capitolo 3: *** I tormenti di Aramis ***
Capitolo 4: *** D'artagnan e Grethel ***
Capitolo 5: *** Passeggiando per La Rochelle... ***
Capitolo 6: *** In battaglia ***
Capitolo 7: *** Fuga ***
Capitolo 8: *** Un incontro fortuito ***
Capitolo 9: *** L'unione fa la forza ***
Capitolo 10: *** Operazione di salvataggio ***
Capitolo 11: *** D'artagnan o Denis? ***
Capitolo 12: *** C'era una volta una bambina... ***
Capitolo 13: *** Una nuova, vecchia vita ***
Capitolo 14: *** Attrazione pericolosa ***
Capitolo 15: *** Un beffardo scherzo del destino ***
Capitolo 16: *** Come un buon padre... ***
Capitolo 17: *** Ritrovare se stessi - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Legami strappati ***




Legami strappati



La Rochelle bruciava, la battaglia infuriava. Ovunque guerriglia, combattimenti, disordini, morti e feriti. Ugonotti contro esercito reale, guardie cardinaliste e moschettieri in una feroce battaglia come solo le guerre di Religione possono essere...

Athos, Porthos, Aramis e D'artagnan vi erano giunti ormai da tre mesi, insieme ai loro compagni e al capitano De Treville che seguiva e comandava le operazioni di guerra da un campo fuori città.

Avevano dovuto lasciare la tranquilla e sonnolenta Parigi, dove la pace regnava ormai da due anni dopo la fine di Maschera di Ferro e ributtarsi in una guerra feroce e sanguinaria che tanti morti aveva già fatto.

Athos e Porthos erano partiti preoccupati ma decisi a combattere come sempre. Fra i quattro, erano quelli che avevano più esperienza in questo genere di guerre e sapevano che scherzare troppo col fuoco poteva essere pericoloso. Erano tesi nonostante Porthos cercasse di smorzare la situazione con qualche battuta quà e là proprio perchè sapevano cosa li aspettava, ci erano già passati in altre occasioni... La guerra non era una battaglia contro un singolo, per quanto potente quel singolo potesse essere, in una guerra si doveva combattere sempre, dubitare di chiunque, guardarsi le spalle in ogni momento della giornata. E questo, Athos e Porthos lo sapevano bene e mai si erano stancati di ripeterlo, durante il viaggio da Parigi, ai loro due amici più giovani ed inesperti.

Dal canto suo Aramis era partita seria e decisa come sempre. Aveva scelto di vivere come un uomo, di vivere da moschettiere e questa sua scelta di vita veniva portata avanti con rigore. Anche se, combattere in una guerra, spaventava un pò il lato femminile che comunque mai se ne sarebbe andato da lei. La paura dell'ignoto forse... Sulla guerra aveva sempre sentito racconti tremendi...

D'artagnan invece era partito baldanzoso e curioso, come sempre. La sua natura era di scavezzacollo combina-guai ed era eccitato di combattere in una guerra vera. Certo, sapeva che non c'era da scherzare, De Treville e i suoi compagni glielo avevano ripetuto fino allo sfinimento. Però, nonostante le raccomandazioni di prudenza, il suo spirito avventuroso e ribelle sembrava averla vinta. Aveva lasciato Parigi per combattere la sua prima vera guerra, finalmente una battaglia seria dopo anni di tranquillità post-Milady e in cuor suo sperava che questa esperienza potesse migliorarlo come moschettiere. Era stato triste, certo, lasciare la casa di Monsieur Bonacieux, Marta, la sua amata Constance che un giorno avrebbe voluto sposare... Ma in fondo sarebbe tornato, glielo aveva promesso, tempo di vincere gli Ugonotti e sarebbe stato di nuovo da lei...

E così erano giunti nel cuore della battaglia... Loro, i moschettieri, tutti gli altri corpi d'armata del re, Richelieu in persona coi suoi uomini...

Tutti lì, a combattere per la vittoria di Luigi XIII.

A d'Artagnan erano bastati pochi giorni per scoprire che la guerra non era un'avventura meravigliosa, da romanzo. La guerra portava morte, distruzione, spossava e uccideva la popolazione, nessuno escluso... La guerra, col suo carico di morte, non guardava in faccia a nessuno, nemmeno ai bambini. Spesso, nelle sue perlustrazioni, ne aveva visti... Piccoli morti, dilaniati, raggomitolati senza più un filo di vita ai bordi delle strade... Bimbi che mai sarebbero diventati grandi, che mai più avrebbero giocato e riso, com'era in loro diritto...

Bimbi di strada, bimbi magari di buona famiglia... Ma pur sempre bambini...

Già, d'Artagnan aveva capito presto che la guerra non era una cosa divertente... E spesso, proprio davanti alle piccole vittime, ripensava a Jean, partito due anni prima con lui alla ricerca della sua mamma e mai più tornato. Lo stomaco gli si contorceva al ricordo...

"Jean..." - mormorò sotto voce...

Aramis gli ficcò una mano sulla testa, costringendo il guascone a rannicchiarsi dietro alla trincea di fortuna che aveva costruito con assi e carri semi-distrutti dalla battaglia. "D'artagnan, vuoi stare attento alla battaglia? Non devi pensare, devi solo salvaguardare la pelle!!! NON sporgerti!!!".

D'artagnan annuì e si mise al riparo. Accidenti a lui, non doveva perdersi nei suoi pensieri!!! Lui e Aramis si trovavano al cento di La Rochelle, nel cuore della battaglia, erano circondati da nemici e stavano cercando di raggiungere i loro compagni sulle retrovie, sgattaiolando per i vicoletti della città.

Un gruppo di dieci Ugonotti non li lasciava, li tallonava, li inseguiva passo passo...

D'artagnan si morse il labbro. "Aramis, e se ci dividessimo? Potremmo confondere loro le idee, non se lo aspettano, no? Pensaci, se stiamo insieme rallentiamo la nostra ritirata e rischiamo di farci ammazzare tutti e due, se ci dividiamo, probabilmente almeno uno di noi ce la farà. Da soli possiamo mimetizzarci meglio che stando insieme".

Aramis fissò l'amico accigliata. Un piano azzardato, in perfetto stile d'Artagnan. Pieno di rischi forse, ma in fondo non stupido. E non avevano troppe scelte. Guardò il suo giovane amico. "Tu ti farai ammazzare prima dei trent'anni, lo sai?" - disse, mascherando un sorriso.

D'Artagnan annuì. "Mio nonno diceva che è meglio vivere pochi anni ma da leone che cent'anni da coniglio!".

"Tuo nonno era saggio! ...E un tantino... incosciente..." - lo rimbeccò la giovane donna.

D'artagnan annuì. "Buon sangue non mente, no? Comunque, che si fa? Ci stai?".

Aramis si fece seria. "Ci sto! E speriamo vada tutto bene e di trovarci a cenare stasera al campo con Porthos e Athos, tutti e quattro insieme!!! Al mio tre tu vai a destra e io a sinistra. Mi raccomando d'Artagnan, corri, corri e non voltarti mai! E tieni sempre la mano ferma sull'elsa della spada!".

D'artagnan annuì. "Certo! Attenta anche tu! Ci rivediamo più tardi...". La guardò negli occhi. Era bello combattere con Aramis, lei univa in se la grazia e l'intelligenza di una donna con l'abilità di un moschettiere. All'inizio, sapendo la verità, aveva avuto imbarazzi e reticenze a trattarla come un commilitone. Ma poi aveva capito... Aramis, donna o uomo o moschettiere che fosse, era sempre e solo Aramis. L'Aramis che aveva conosciuto e apprezzato come amico e moschettiere al suo arrivo a Parigi. Aramis, aveva un passato con cui riusciva a convivere serenamente, che non le impediva di essergli amica e moschettiere. E se ci riusciva tanto bene lei, aveva deciso che ci sarebbe riuscito anche lui. E così era stato e da tanto non provava più alcun imbarazzo a stare solo con lei. Tutto era tornato come all'inizio della loro conoscenza, quando non sapeva davvero chi Aramis fosse... Due semplici, grandi amici...

La donna moschettiere si inginocchiò, pronta a scattare e correre. "D'artagnan... Uno... due... TREEEEE!!!".

In una frazione di secondo, con la velocità di un felino, i due furono in piedi. E come d'accordo, presero le due direzioni opposte e concordate.

Aramis si intrufolò in un vicoletto che portava alla periferia ovest della città, d'Artagnan prese a correre per un breve tratto sulla via principale, diretto a un vicolo stretto dall'altra parte della strada, che portava al porto.

I dieci Ugonotti intravidero appena Aramis ma la direzione che aveva preso d'Artagnan fu loro subito chiara.

Il capo dei dieci uomini, Marcel DeMotte, lo indicò ai compagni. "Si sono divisi, il più giovane è andato verso vicolo Roucard. Inseguiamolo!!! Quel vicolo porta al porto e lì ci sono i nostri compagni, si metterà in trappola da solo! Dobbiamo catturarlo e carcare di non ucciderlo, un moschettiere nelle nostre mani sarebbe un ottimo affare e un'ottima merce di scambio e di trattativa con il re e i suoi armati".

Gli altri Ugonotti annuirono e poi corsero dietro al guascone.

D'artagnan accelerò la corsa. La strada scelta era pericolosa, sapeva di essere inseguito e sapeva che dirigendosi verso il porto avrebbe potuto incontrare numerosi nemici pronti a sbarrargli la strada. Ma sapeva anche che il porto era pieno di nascondigli adatti a rintanarsi fino a che non si fosse fatta sera e l'oscurità avrebbe potuto aiutarlo a tornare dai suoi compagni senza essere visto. Doveva solo raggiungerli quei nascondigli, bastava poco, molto poco...

Corse, fino a che ragginse una piazzetta che dava sul mare. E si bloccò. Era piena, stra-piena di Ugonotti che combattevano con alcune truppe delle guardie cardinaliste. Era in corso una furiosa battaglia e non mancavano, oltre alle spade, anche i temutissimi cannoni.

Marcel e i suoi uomini intanto lo avevano quasi raggiunto.

D'artagnan si voltò. Gli Ugonotti che lo avevano inseguito come seguci tutto il giorno erano dietro di lui, altri, a centinaia, affollavano il porto. Cosa doveva fare?

La prima idea fu di correre ancora e sperare di raggiungere gli uomini di Richelieu. E così fece...

Corse qualche decina di metri, inseguito da Marcel e gli altri...

Poi udì solo un forte rumore metallico...

Un cannone alle sue spalle tuonare, minaccioso...

Un fischio, un qualcosa di violento gli si avvicinò, sempre di più...

La sua mente fece appena in tempo a capire che una cannonata era appena partita, diretta contro di lui e i cardinalisti...

Solo un fugace pensiero... 'Mi salverò?'...

Poi un fragore spaventoso, polvere e dolore lo invasero...

Tutto divenne nero, nebbioso, doloroso, MOLTO doloroso, come se la sua carne si smembrasse in mille pezzi...

Il suo corpo sembrava perdere consistenza, dopo un pò anche il dolore potente lo abbandonò, lasciandolo in uno strano stato di tranche...

Tutto attorno a lui divenne nebbioso, urla e grida pian piano sembravano allontanarsi lasciandolo solo in un'assordante silenzio...

E una strana sensazione sconosciuta lo invase, come di una spugna che gli lavava l'anima, la mente, i ricordi, proprio come se lavasse una lavagna...

'Athos... Porthos... Aramis... Constance... Jean...'...

I volti delle persone che amava danzarono per un istante davanti a lui...

Poi quella strana spugna lavò anche quei ricordi...

E tutto divenne nero come la pece...


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Capitolo 2
*** Nuovo passato, nuovo futuro ***


Grazie a tutti per il caloroso benvenuto dato a questa mia nuova storia, siete stati davvero carinissimi. Grazie a Jenny (scusa se sono rimasta indietro nel leggere la tua fics ma ho poco tempom e seguo più sezioni quì su efp, spero di rimettermi in pari prestissimo!), alla grande fans Aramis/Athos Citosol (in questa fics vorrei approfondire il personaggio di Aramis, coi suoi tormenti dati dalla sua doppia vita e natura, spero ti piacerà), alla tenerissima e simpaticissima Hello Kitty e infine a Tetide, colei che con la sua stupenda fics mi ha ispirato per questa storia (mi è venuta in mente leggendo dell'incontro fra D'artagnan e Constance nella tua storia, grazie!!!).

Alla prossima ragazzi, spero continuerete a seguirmi e a lasciarmi due righe con le vostre impressioni!

Un bacione!!!






Nuovo passato, nuovo futuro




Marcel DeMotte era uno di quegli uomini che avevano fatto della ideologia Ugonotta la propria ragione di vita. Opposto al potere di re Luigi XIII, del Cardinale Richelieu e ai Cattolici, aveva abbandonato la sua fattoria fuori città per entrare nel vivo della battaglia, nella lotta che vedeva La Rochelle bruciare di fermenti rivoluzionari.

Aveva circa trent'anni di età e nella vita, fino allo scoppio della rivolta, non aveva fatto altro che il contadino. Però fin da piccolo, spinto da un padre estremo oppositore della monarchia che considerava il male del popolo, aveva sviluppato sentimenti anti reali e anti cattolici. E lo scoppio di quella battaglia era stata una manna dal cielo per i suoi ideali e non aveva esitato a partire con un gruppo di suoi seguaci, per mettersi al centro della battaglia. Quale occasione migliore avrebbe potuto presentarsi per combattere da vicino Richelieu, le sue guardie e gli odiati soldati del re, moschettieri in testa?

Marcel DeMotte era quello che, in tempi più moderni e durante una guerra di alcuni secoli dopo, sarebbe stato definito partigiano. Fuori dagli schemi, guerrigliere che non seguiva regole precise dettate dall'alto ma che agiva decidendo solo di sua coscienza, senza nessun capo sopra la sua testa, si era presto distino a La Rochelle, diventando in breve quasi una leggenda.

Lui e il suo gruppo di fedelissimi erano considerato guerrieri forti, integerrimi e senza macchia, degli eroi.

Nei mesi di battaglia aveva deciso che i moschettieri del re erano il bersaglio ideale da sconfiggere, per giungere allo scopo e conquistare fama e gloria. E presto aveva adocchiato i migliori quattro, Athos, Porthos, Aramis e D'artagnan. Erano gli uomini migliori del corpo dei moschettieri, i più valorosi, i più fidati, i più abili. Colpire loro era come infliggere un colpo mortale alla monarchia il lotta. Uno o tutti e quattro prigionieri nelle sue mani, sarebbero stati un'ottima merce di scambio e di trattativa con Luigi XIII. Ed era stato la loro ombra, il loro incubo peggiore, sempre alle calcagna... I quattro moschettieri avevano ben presto imparato a riconoscerlo e a battersi con lui e i suoi fedelissimi...

Ed ora eccolo lì Marcel DeMotte, soddisfatto di aver catturato una delle sue prede più ambite, il più giovane dei moschettieri, il più scavezzacollo e abile, un pupillo e futura promessa per quel corpo di soldati. D'artagnan!

Aveva catturato un pezzo da novanta!!!

Il giovane moschettiere, catturato pochi giorni prima durante gli scontri al porto, giaceva privo di sensi e ferito dal colpo di cannone che lo aveva investito, su un letto fatto da del semplice pagliericcio. Mai si era destato dal suo torpore dovuto alle gravi ferite da quando era stato preso e non aveva quindi alcuna coscienza di dove fosse, con chi fosse e cosa lo circondava.

Marcel e i suoi uomini si erano prodigati a curargli le ferite per salvarlo. Quel ragazzo gli serviva vivo, al momento. Cadavere non sarebbe stato di alcuna utilità... In un certo senso avevano maledito quel colpo di cannone che lo aveva centrato.

Si trovavano nello scantinato di un caseggiato che si perdeva e passava inosservato, fra le strette vie di La Rochelle, nascosti da tutti i nemici monarchici e cardinalisti che li cercavano assiduamente per stanarli. L'intreccio di vie e la popolazione che aiutava la loro lotta però, consentivano agli Ugonotti di mimetizzarsi efficacemente e nessuno era venuto, fino a quel momento, a cercare il moschettiere disperso...

Un bussare sommesso fece sussultare Marcel e i due uomini che erano di guardia con lui ma l'uomo sorrise, tranquillizzandoli. "Tranquilli, conosco questo bussare. E' Grethel con i viveri". Poi si voltò verso la porta. "Avanti!".

E infatti nell'angusta stanza entrò una giovane donna di circa vent'anni, dai capelli lisci e neri, lunghi fino alle spalle, pettinati e perfettamente lucidi e dagli ammaglianti occhi verde smeraldo. Fisico atletico, magro, alta e truccata, spiccava fra le normali donne di La Rochelle. Aveva un modo di fare ammiccante e elegante insieme, un passo felpato che ricordava quello dei gatti, un'aria sicura di se che avrebbe intimorito ogni uomo, abiti eleganti, attillati e provocanti. Un'ottima alleata da spedire per la città alla ricerca di viveri e informazioni, che arrivava ovunque grazie ai suoi sorrisi ammiccanti, alla sua bellezza e alla sua sensualità. Un'ottima spia che non destava sospetti. Spesso Marcel aveva visto moschettieri e guardie del Cardinale con occhi sognanti e imbambolati, quando lei passava nei pressi della lotta. E Grethel gliela faceva sotto al naso, senza che quei babbei in piena crisi ormonale si accorgessero di niente.

"E allora Grethel, che si dice in città?" - chiese Marcel alla nuova arrivata, con fare di confidenza.

La ragazza alzò le spalle. "Sempre le solite cose! La lotta coi governanti è giunta a una fase di stallo. Le cose si faranno terribilmente lunghe, temo..." - rispose appoggiando un sacchetto con dentro del cibo sul tavolo. Poi si avvicinò al letto dove giaceva il moschettiere catturato. "Ma questo sta ancora nel mondo dei sogni? Non è che dopo tutto il lavoro per catturarlo e salvarlo, ci muore senza esserci di minimo aiuto?".

Marcel fece segno di diniego con la testa. "L'ha visitato poche ore fa il dottor Frocard e ha detto che è in ripresa. Si salverà, ha la pellaccia dura questo moschettiere!".

Grethel si morse l'unghia del pollice. "E quando si sarà svegliato, come ti servirai di lui?".

Un sorriso crudele si dipinse sul viso di Marcel. "Oh, intanto lo torturerò per carpirgli informazioni. E' giovane, basterà qualche frustata e canterà come un grillo, svelandoci nascondigli e piani dei suoi colleghi! E poi, lo userò come 'trattativa' con i nostri nemici. E' uno degli uomini migliori di sua maestà e il re tenterà ogni carta per riaverlo. Scenderà a patti con noi, ne sono sicuro!".

"Speriamo..." - sussurrò Grethel poco convinta, osservando d'Artagnan.

In quell'istante il moschettiere si mosse, ansimando e mugugnando per il dolore.

Marcel, Grethel e i due Ugonotti a guardia della casa si avvicinarono al letto, increduli. Finalmente si stava svegliando, dopo giorni di sonno profondissimo.

Il moschettiere aprì a fatica i grandi occhi blu, sussultando per il dolore che si irradiava in ogni angolo del suo corpo. Si guardò intorno smarrito, spaesato, confuso...

"Finalmente ti sei svegliato, bell'addormentato!" - sussurrò severamente Marcel.

D'artagnan lo fissò stranito. "E tu chi sei? D... Dove sono?".

Grethel si appoggiò alla sponda del letto. "Nel covo degli Ugonotti più feroci di La Rochelle" – disse in modo cupo, per intimorirlo.

D'artagnan si guardò intorno. La sua mente, i suoi pensieri erano bianchi, come non esistessero... Non aveva coscienza di se, di chi fosse, di dove fosse, di chi fossero le persone con lui e del perchè stesse tanto male. Era una sensazione sgradevolissima, di caos totale nella testa. Non riusciva a capire nulla ne di se stesso ne di quello che dicevano quelle persone. "U... Ugonotti? E chi sarebbero? Chi siete voi?" - chiese a fatica, confuso.

Marcel spalancò gli occhi. Lo stava prendendo in giro? Ferito o non ferito, a quel moschettiere avrebbe fatto sentire subito lo schioppo della frusta se avesse osato prendersi gioco di lui! "Ehi, l'opzione del finto tonto non ti è concessa!".

"I... Io non so di cosa voi parliate signore!" - rispose intimorito d'Artagnan. Era vero! Non sapeva nulla di se, non ricordava nulla di se, come se la sua mente fosse stata ripulita di ogni cosa, come poteva sapere di altri? Era come se fosse nato in quel momento, tutto ciò che poteva esserci stato prima... non esisteva più...

"BRUTTO...". Marcel si gettò su di lui, pronto a stringergli il collo con le mani, per far terminare quella che per lui era una recita.

Ma Grethel, con un gesto veloce lo afferrò per la cinta, bloccandolo. "Fermo, non sta mentendo! Non mi sembra almeno..." - gli sussurrò all'orecchio, studiando contemporaneamente con lo sguardo il loro prigioniero. "Guardalo, ha gli occhi smarriti. Temo che il colpo ricevuto gli abbia fatto perdere la memoria..." - proseguì bisbigliando.

Con un gesto secco di rabbia, Marcel diede un pugno alla sponda del letto. "Dannazione! Se è così, il piano è andato a rotoli!".

Grethel osservò fugacemente d'Artagnan, poi prese Marcel per la cintola dei pantaloni, incitandolo a seguirla fuori dalla casa. "Non è detto" – disse pensierosa.

Lasciarono d'Artagnan coi due uomini di guardia e uscirono fuori, nello spiazzo antistante.

Marcel era rosso di rabbia. La sfortuna si era abbattuta su di lui. "In questo stato di cose quel ragazzo non ci serve e quindi deve morire!".

Grethel sorrise, scuotendo la testa. "No, non è detto, ho un'idea".

"Quale?" - chiese Marcel scettico e adirato.

Lo sguardo di Grethel si fece curioso. "Senti, quel tizio era un bravo spadaccino, vero?".

Marcel annuì. "Ottimo, uno dei migliori".

A quelle parole, Grethel si sedette su una botte, accavallando le gambe. "Bene, i talenti non si perdono con un'amnesia e quindi, rimesso in sesto, quel tipo potrebbe combattere per noi".

"E' un nostro nemico, ti ricordo!" - la rimbeccò Marcel con sarcasmo.

La ragazza assunse un'aria maliziosa. "Ma lui non lo sa... E teoricamente, potremmo raccontargli qualunque frottola e lui ci crederà. E' confuso e totalmente nelle nostre mani. Ho già un'idea a proposito...".

Marcel sospirò. Ciò che diceva Grethel aveva senso ma... "Ci servirebbero nuovi adepti però di quel tizio possiamo farne a meno. Non erano questi i piani originali!!!".

"Tu sei veramente IDIOTA!!!" - lo rimproverò la ragazza – "Non passerà inosservato ai moschettieri, durante la battaglia lo noteranno e capiranno che c'è qualcosa che non va in lui, quindi tenteranno di riprenderlo con ogni mezzo. E per farlo, dovranno scendere a patti con noi. Lo sfrutteremo come spadaccino e poi come ostaggio. Che poi era quello che volevi fare tu, giusto?".

DeMotte ci pensò su. Come sempre, quella vipera di Grethel aveva avuto un'idea geniale. Ci poteva stare... "Ma... ci crederà? Non avrà dubbi? Come possiamo essere certi che ci sarà fedele?".

Grethel sorrise di nuovo, maliziosamente. "Ecco, è un moschettiere leale e questa parte del suo carattere non è andata persa. E io so come sfruttarla, come ti ho detto prima ho in mente un piano, so come farlo sentire in dovere verso di noi. Entriamo e fammi parlare con lui, senza interrompermi. Andrà bene, vedrai...".

Poco convinto, Marcel annuì e insieme rientrarono nella casa. D'artagnan giaceva ancora a letto, con gli occhi chiusi dal gran mal di testa e debole per la febbre.

Grethel gli si avvicinò, facendo segno alle due guardie di andarsene, poi si sedette famigliarmente accanto a lui. "Ehi, sono quì..." - sussurrò.

D'artagnan riaprì gli occhi, trovandosi davanti il bellissimo viso di Grethel. Prima l'aveva vista solo di sfuggita ma ora, vedendola da vicino... Arrossì, di riflesso. Quella donna sconosciuta e bellissima sembrava stregarlo con il solo sguardo... "E voi chi siete?" - chiese con un filo di voce.

Grethel sorrise dolcemente. "Il colpo in testa che hai ricevuto, a quanto pare è stato violento e hai perso la memoria. Ma sta tranquillo, mi prenderò cura di te. Sono Grethel... Tua moglie..." - disse accarezzandogli famigliarmente i capelli.

A quelle parole pronunciate in tono tranquillo, in simultanea Marcel e d'Artagnan spalancarono gli occhi.

Marcel la guardava allucinato mentre il guascone la fissò, smarrito e shoccato. "M... Mia moglie?". Accidenti, non ricordava nulla del passato ma sicuramente doveva essere stato un passato favoloso con una donna del genere. Doveva essere stato un uomo fortunato... Ah come avrebbe voluto ricordare...

"Si, tua moglie. Purtroppo siamo impegnati in una guerra terribile contro il re e il Cardinale di questa nazione, persone crudeli che schiacciano noi Ugonotti e affamano il popolo sopraffatto dai loro capricci. E durante gli scontri tu sei rimasto gravemente ferito e hai perso la memoria. Ma ora stai bene, per fortuna sei di nuovo con me" – disse abbracciandolo e stendendosi accanto a lui, fingendo commozione.

D'artagnan sussultò. Il contatto ravvicinato con quella donna risvegliava i suoi sensi sopiti... Non ricordava nulla di lei, di se stesso, di quello di cui era appena venuto a conoscenza ma nonostante il gran casino che aveva in testa, avvertiva chiaramente il piacere dello stare accanto a quella donna...

Però...

Le prese la mano sinistra, studiandola e studiando poi la sua mano sinistra. "E la fede nuziale?" - chiese.

Grethel fu subito pronta con una nuova bugia. "L'abbiamo tolta di comune accordo, quando è iniziata la battaglia. Per dell'oro sono disposti a uccidere di questi tempi e non volevamo rischiare la nostra vita e il simbolo del nostro amore. Le nostre fedi sono custodite in un posto sicuro e lontano da quì. Quando sarà tutto finito andremo a riprenderle e le rimetteremo al dito".

D'artagnan annuì, convinto da quella spiegazione logica, mentre Marcel fissava ammirato la capacità di Grethel di inventare frottole al momento, senza nessun problema...

Il guascone fissò la donna in volto. "Come mi chiamo, chi sono io? E..." - alzò la testa a guardare Marcel accanto a loro – "Chi è lui?".

Grethel si morse il labbro. Vero, ci voleva un nuovo nome per il loro inconsapevole prigioniero! "Tu sei Denis Rimaud e lui è Marcel DeMotte, il nostro capo, colui che guida la rivolta contro il potere monarchico. Si è preso cura di te, aiutandomi molto e sostenendomi, in questi ultimi durissimi giorni in cui stavi male. E non vediamo l'ora che tu ti riprenda per continuare la nostra lotta. Siamo una grande famiglia quì, tutti uniti nella nostra battaglia... E tu sei parte di noi, una parte importante!".

D'artagnan l'ascoltò assorto, poi ripetè meccanicamente, nella sua mente, il suo nome che Grethel gli aveva appena rivelato. 'Denis Rimaud... Io mi chiamo Denis Rimaud'. Tentò di sforzarsi di ricordare ma un dolore acuto alla testa lo fece accasciare sul materasso con un gemito.

Grethel gli fu subito a fianco. "Tesoro, tranquillo, ora devi solo riposare per rimetterti presto. Senza fretta, non sforzarti... Ci siamo noi a prenderci cura di te...".

A quelle parole, il moschettiere si tranquillizzò e in breve scivolò in un sonno pesante. Era in buone mani, era impaurito e non ricordava nulla ma si sentiva sicuro, circondato da una bellissima e premurosa moglie e da un capo ribelle che lo aveva a cuore.

Quando fu profondamente addormentato, Grethel si voltò vittoriosa verso Marcel. "Tutto a posto, visto!?".

Marcel sorrise freddamente. "Sei un genio. Ora possiamo proseguire il nostro piano".

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Capitolo 3
*** I tormenti di Aramis ***


Et voità, nuovo capitolo dopo la mega ispirazione arrivata dopo aver letto le fantastiche e nuove storie di questa sezione!

Grazie a tutti quelli che leggono, recensiscono e mi incitano a scrivere!

A presto!!!





I tormenti di Aramis



"Allora, ancora nessuna notizia su d'Artagnan?" - chiese ai tre moschettieri il capitano De Treville con tono preoccupato. Il giovane moschettiere mancava ormai da tre settimane e si disperava di ritrovarlo vivo, a questo punto.

Ogni sera il capitano e i tre moschettieri si riunivano in una seduta privata nella tenda da campo di De Treville, dopo la consueta adunata con tutto il corpo d'armata per discutere sulle ultime novità della battaglia e sui progressi ottenuti sui campi di battaglia di La Rochelle. E rimasti poi soli, loro quattro, discutevano poi degli sviluppi della ricerca del giovane. Ma da quando d'Artagnan era scomparso, nulla di lui era stato trovato, ne notizie ne indizi che facessero comprendere loro quale fosse stato il suo destino...

Il capitano era un uomo d'esperienza, tante le battaglie che aveva combattuto, e sapeva che un uomo disperso da più di venti giorni durante una guerra, difficilmente sarebbe stato trovato ancora in vita. Certo, anche De Treville si aggrappava alla speranza che sembrava animare i moschettieri, al fatto che d'Artagnan era un giovane pieno di vita, iniziativa e con più vite di un gatto... Ma i giorni passavano e attimo dopo attimo, in ognuno di loro la speranza svaniva gradualmente.

Di giorno si combatteva e la furia della battaglia impediva ad Athos, Porthos e Aramis di pensare, ragionare, disperarsi... Ma quando giungeva la sera, quando si ritiravano al loro campo, nelle loro tende, quando gli echi della battaglia si facevano più lontani e ovattati, quando a tu per tu con De Treville erano messi davanti alla dura ed ineluttabile realtà, allora lo scoramento, la tristezza e la frustrazione avevano la meglio su di loro.

Athos era diventato silenzioso, imperscrutabile nei suoi sentimenti. Era raro che il moschettiere esternasse ciò che provava, soprattutto dolore, perchè era abituato a tenersi tutto dentro e quindi in quei giorni era più sfuggente e malinconico del solito.

Porthos... Il mastodontico Porthos aveva perso il suo enorme appetito e ora appariva depresso e poco incline a scherzare e sdrammatizzare come al suo solito. Di aspetto sembrava la roccia del gruppo ma d'animo era il più sensibile e spesso, quando sapeva di non essere visto, aveva lasciato che qualche lacrima gli rigasse il volto.

Aramis invece era annientata. Era con lei che d'Artagnan aveva passato i probabili ultimi istanti della sua vita e si sentiva responsabile per quanto successo. Se lei non avesse acconsentito a quel piano pericoloso, se lei non l'avesse lasciato andare, se lei gli fosse stata accanto, forse non sarebbe successo nulla. O forse sarebbero morti tutti e due... Beh, anche in quel caso sarebbe stato meglio. La morte sarebbe stato niente in confronto al dolore e al senso di colpa che provava e che la attanagliava. D'artagnan era giovane, pieno di vita, con una carriera e un'esistenza brillante davanti... Perchè non era andata lei su quella maledetta strada??? Lei in fondo aveva perso tutto, viveva una vita non sua e che non l'avrebbe portata da nessuna parte in quanto donna, era in un vicolo cieco... Non sarebbe stato infinitamente meglio, più giusto che fosse lei a morire???

De Treville scrutò il viso dei tre che stavano davanti a lui in silenzio, a testa bassa. "Capisco, ancora niente. Nemmeno oggi...".

Athos strinse i pugni con forza. "No capitano..." - rispose in tono piatto.

De Treville abbassò lo sguardo, prendendo a guardare distrattamente le carte che giacevano sulla sua scrivania. "Capisco... Beh, ci si vede domani sera, sperando ci siano novità positive. Ora vi ordino di andare a coricarvi nelle vostre tende, in brandina. Domani, come vi ho detto pocanzi all'adunata, combatteremo nella zona del porto, una delle più brulicanti di Ugonotti. E sarà una battaglia dura e violenta, voglio che ci arriviate riposati e pronti. Domani sera non voglio che manchi nemmeno un uomo all'appello dell'adunata! E' un ordine il mio!" - disse. Già, era un ordine. Dopo d'Artagnan non voleva perdere più nessun giovane. Era il loro capitano ma si sentiva anche un pò il padre di quei giovani spadaccini che si affacciavano alla vita. E non voleva soffrire più per la morte di nessuno di loro. Li aveva visti arrivare poco più che ragazzini alla sede dei moschettieri a Parigi, li aveva visti migliorare con la spada, giorno dopo giorno, tanti li aveva visti farfalloni ma poi mariti innamorati, li aveva visti crescere e diventare spadaccini eccezionali... E voleva continare a vederli crescere!

"E allora, col vostro permesso, ci congediamo capitano!" - rispose Athos, intimando ai due compagni di uscire.

E insieme, tutti e tre si accomiatarno, salutando il loro capitano.

Quando furono fuori dalla tenda di De Treville percorsero senza parlare la strada fino alla loro tende e nel silenzio sonnecchioso del campo, furono invasi da un freddo vento che spirava dal mare.

"Preannuncia tempesta..." - disse sotto voce Porthos quando furono arrivati davanti alla tenda-dormitorio.

Athos si morse il labbro. "Male, combattere con grandine e pioggia non mi è mai piaciuto troppo...".

A quelle parole, Aramis alzò il viso furiosa. Come potevano quei due pensare alle condizioni climatiche quando d'Artagnan non c'era, forse era morto, forse non esisteva nemmeno più??? La battaglia, la guerra, l'onore... Tutte cose importanti ma niente in confronto alla morte di un giovane amico, la cui assenza pesava nel loro gruppo come un macigno... "SMETTETELA!!! LA PIOGGIA... E' LA PIOGGIA CHE VI DA FASTIDIO??? SIETE PATETICI!!!" - urlò rabbiosa, vogliosa di schiaffeggiare entrambi.

Porthos abbassò lo sguardo, trattenendo a stento le lacrime. "Aramis... Non prendertela, non è insensibilità la nostra... E' che certe volte... parlare del futile... aiuta a non impazzire... pensando a cose serie che ci fanno soffrire... E' una difesa codarda anche questa al dolore, lo so... Ma noi... IO... ne ho bisogno. LUI manca terribilmente a tutti...".

"Aramis, mi dispiace..." - commentò Athos sotto voce, a conferma di quanto appena detto da Porthos.

Aramis si accasciò davanti alla tenda, singhiozzando. Accidenti a lei, non doveva piangere, era una cosa dannatamente femminile e rischiava di compromettersi davanti ai suoi amici e di farsi scoprire. Ma non riusciva a farne a meno... "E' tutta colpa mia!!! Dannatamente colpa mia!!!" - urlò in quello che ormai era diventato uno sfogo troppo a lungo trattenuto.

Athos le si inginocchiò a fianco. "Che dici? Non è così, questa è una guerra e lo sai anche tu che rischiamo continuamente la nostra vita! E' che non si è mai pronti a perdere un amico...".

Aramis scosse furiosamente la testa. "No, voi non capite! Io dovevo sapere che separarsi era pericoloso, dovevo rifiutarmi!!! Sono più grande di d'Artagnan, ho più esperienza, dovevo guidarlo. E invece...". Le lacrime continavano a scendere incessantemente, mentre Aramis nascondeva il viso fra le ginocchia piegate. Aveva bisogno di piangere ma si sentiva idiota. Athos e Porthos la conoscevano come indomito moschettiere, non come donnicciola frignona. E in fondo non potevano nemmeno capire i suoi sentimenti. Lei era una donna, benché vivesse da uomo aveva sentimenti diversi, più delicati e fini di quelli che animavano Athos e Porthos. Loro in d'Artagnan vedevano un amico fidato, un compagno inseparabile ma lei... Nel giovane d'Artagnan vedeva anche un fratellino da difendere, a cui insegnare a essere responsabile e attento... Forse anche sentimenti materni la animavano, in quei giorni di disperazione... Da quando era scomparso d'Artagnan, il peso di essere donna che viveva da uomo si era palesato pesantemente davanti ai suoi occhi come non mai. Non sarebbe mai stata come i suoi amici, per quanto si fosse impegnata il suo animo sarebbe sempre stato diverso, più sensibile, più attento agli affetti e ai particolari...

"Ascolta Aramis..." - disse Porthos in tono gentile ma serio – "Tu non potevi fare da bambinaio a d'Artagnan. Questa è una guerra e ognuno di noi è uguale davanti ad essa. Siamo tutti soldati, sia i più giovani che i più anziani e ognuno di noi è responsabile della sua vita. D'artagnan, lo sai, era indomito, uno scavezzacollo che amava lanciarsi nei guai. Difficilmente lo avresti fermato, se lui aveva già deciso il da farsi. E se non l'hai fermato è perchè ti fidavi di lui e rispettavi il suo essere moschettiere che decide in autonomia. Ti sei comportato da amico, da compagno d'arme, hai rispettato il suo volere e avete deciso insieme una comune strategia di battaglia. Tu hai portato a casa la pelle, lui putroppo no. Il piano è riuscito solo a metà ma se foste rimasti insieme, probabilmente sareste morti entrambi. Quindi la scelta di d'Artagnan è stata quella giusta, la migliore in termini di risultato. Non fartene una colpa, non ne hai... Sapeva a cosa andava incontro!".

Aramis chiuse gli occhi, assorta dalle parole dell'amico. Porthos aveva ragione, ma il dolore era comunque troppo. Aveva già perso una persona cara e ora si ritrovava a soffrire allo stesso modo... Era difficilissimo andare avanti per lei... "Era così giovane... Come lo diremo a Constance, a Monsieur Bonacieux? I suoi nonni che già hanno pianto un figlio, come sopporteranno anche la morte del nipote?".

Athos le appoggiò amichevolmente una mano sulla spalla. "E' la guerra Aramis. Tante famiglie piangeranno i loro morti. Diventare moschettiere non vuol dire solo banchettare nelle osterie di Parigi, frequentare il Louvre, duellare con le guardie del Cardinale. Essere un soldato vuol dire anche questo, vedere la morte in faccia e piangere un amico. Dobbiamo mettercelo tutti in testa e andare avanti nel migliore dei modi, per ciò che siamo e per onorare la memoria di d'Artagnan! Stare a disperarci ci rende più vulnerabili e meno concentrati in battaglia e il nostro amico non lo vorrebbe, non credi? Non sarebbe più giusto combattere al meglio per ricordarlo, perchè lui sia fiero di noi?".

Le ultime parole di Athos fecero sussultare Aramis. Già, onorare il sacrificio di d'Artagnan... Aveva ragione il suo amico, combattere al meglio e vincere avrebbe fatto felice il guascone, non sarebbe morto per nulla. Annuì. "Già, per amicizia di d'Artagnan..." - disse sforzandosi di sorridere.

Sarebbe stato difficile proseguire, ma sicuramente lei ci avrebbe provato...



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Capitolo 4
*** D'artagnan e Grethel ***


Nuovo aggiornamento domenicale. Non potevo non andare avanti a scrivere, con le vostre storie mi date una carica e un'ispirazione pazzesca!!! Siete tutte scrittrici fantastiche, fate sognare!!!

Grazie per le recensioni, tutte belle e molto gradite! Spero che la storia continui a piacervi!!!

Un bacione a tutte e a presto!!!

Da domani mi ributterò nella lettura di ciò che mi manca per mettermi in pari ;)





D'artagnan e Grethel



Le ferite, quelle fisiche almeno, si erano ormai rimarginate e guarite. Ma la sua mente restava avvolta in un buio indistricabile, una nebbia fitta e scura come la notte.

Ormai d'Artagnan si alzava, era in grado di camminare, di parlare, di pranzare e cenare a tavola con gli altri. Ma non ricordava nulla di se stesso, del suo passato e tutto ciò che sapeva proveniva dalle spiegazioni che Grethel e Marcel gli fornivano quando lui si azzardava a domandare qualcosa.

Aveva imparato che lui era un Ugonotto, cioè un protestante in guerra contro il re e il Cardinale Richelieu che gli negavano il diritto a professare la sua Religione.

Aveva imparato che era francese, che era un valente spadaccino e che il suo nome era Denis Rimaud... Anche se quel nome non gli diceva nulla, nessuna emozione, nessun ricordo...

Aveva poi imparato a conoscere la gente che andava e veniva da quello che, gli era stato spiegato, era la loro casa provvisoria ma anche un rifugio e un luogo di ritrovo per gli Ugonotti, alla fine della guerriglia giornaliera. Infatti era molto l'andirivieni in quella casa, giovanotti che andavano, venivano confabulavano sotto voce. Molti lo guardavano in cagnesco, molti, fissandolo, poi finivano per parlottare fra loro sotto voce, lanciandogli occhiatacce.

Però, a parte questo, era trattato bene. Marcel era un capo carismatico, deciso, forse severo con i suoi uomini. Di certo poi non si poteva dire che non fosse determinato nella sua lotta. Avrebbe dato la vita per la causa degli Ugonotti, glielo si leggeva in viso... Con lui era cordiale ma d'Artagnan talvota avvertiva anche una certa reticenza dell'uomo a parlare con lui, quasi un senso di fastidio... Non ne sapeva il motivo e di certo non poteva chiedere nulla ne lamentarsi visto che, apparentemente, i modi di quell'uomo erano corretti ed educati nei suoi confronti.

Poi c'era lei, Grethel... La bellissima donna che gli si era presentata come sua moglie. Dolce, gentile, affettuosa e sensuale, il sogno di ogni uomo... Era sempre presente e pronta ad aiutarlo, si era presa cura di lui medicandogli le ferite, gli era stata accanto senza mai lasciarlo quando, i primi giorni, aveva febbroni che gli toglievano quasi la coscienza. Sempre aveva risposto alle sue domande, sempre lo aveva incoraggiato a rimettersi per continuare la battaglia... Però, nonostante questa parvenza di moglie perfetta, nonostante la bellissima donna che era, Grethel a lui non diceva nulla...

Di fatto si era presentata come sua moglie, ma in concreto, a parte prendersi cura di lui come un'infermiera fa con un malato, fra loro non c'era quella classica intimità che ci può essere fra un marito ed una moglie. Mai un bacio, eccetto sulla guancia, qualche carezza sui capelli, ma per il resto...

"Grethel, perchè non dormiamo insieme?" – chiese d'Artagnan smarrito mentre, con la ragazza, passeggiavano di sera nei dintorni del loro rifugio nel cuore storico e più antico di La Rochelle. Era ormai sera, la parte più calma della giornata, quella senza scontri e dove si poteva uscire per una breve passeggiata senza correre il rischio di venire coinvolti in qualche battaglia. Ancora a d'Artagnan non era stato consentito di uscire a combattere, era convalescente, ma Marcel gli aveva detto che, visto che ormai stava bene, dal giorno dopo avrebbero cominciato loro due degli allenamenti con la spada, per rimetterlo in sesto e renderlo pronto a ributtarsi nella mischia. Già, dal giorno dopo avrebbe dovuto darsi da fare pure lui, non poteva certo fare il mantenuto in eterno, in una situazione del genere... Ma per quella sera voleva godersi un pò di pace prima della guerra, con una banale passaeggiata rilassante. E Grethel, come sempre, lo aveva accontentato. "E allora...?" - la incalzò nella domanda, vedendo che la ragazza non rispondeva subito.

Grethel sorrise maliziosamente, pronta con una nuova scusa. "Perchè eri debole e ferito e pensavo che una persona nel letto ti avrebbe impedito di riposarti come si deve. In realtà, ora che stai bene... credo sia ora che io riprenda il mio posto accanto a te anche la notte...". Pronunciò quella frase con una punta di sensualità. In realtà sapeva che quel momento sarebbe arrivato, che d'Artagnan si sarebbe presto fatto domande a quella loro mancata intimità e sapeva che avrebbe dovuto fare l'amante appassionata quando quel momento sarebbe giunto. O la frottola sua e di Marcel sarebbe stata scoperta. Di d'Artagnan come spadaccino e moschettiere, Grethel conosceva poco e quel poco glielo aveva raccontato Marcel. Gli aveva detto che era un giovane proveniente dalla Guascogna, brillante pupillo di De Treville e del re e grande promessa per i moschettieri. Che era uno scavezzacollo, uno spadaccino senza eguali, onesto, giusto e con un sesto senso molto arguto. E proprio in virtù di ciò non poteva permettersi di fare errori nella sua commedia di brillante mogliettina o d'Artagnan, con o senza amnesia, avrebbe capito subito che qualcosa non quadrava. Senza memoria ma non stupido, Grethel lo sapeva bene! E onestamente non si faceva nemmeno troppe remore davanti all'ipotesi di diventare l'amante di un perfetto sconosciuto. Dovevano legarlo a loro in maniera indissolubile, Marcel con storie eroiche di battaglie Ugonotte, lei puntando sulla onesta del ragazzo che mai avrebbe tradito e voltato le spalle ad una donna sposata, appassionata e innamorata di lui...

D'artagnan avvampò alla risposta della donna. Di Grethel non ricordava nulla, la sua era stata una domanda dettata più dalla curiosità che dalla reale voglia di dividere il letto con una ragazza che, benché sua moglie, gli appariva come una sconosciuta. Però ecco... non che la cosa gli dispiacesse... "Però..." - la sua mente di Guascone giusto e corretto gridava – "vuoi davvero dividere il letto con una persona che non ricorda niente di te?" - gli disse confuso.

Grethel sorrise, fingendo dolcezza. "Beh, tu non ti ricordi di me ma io mi ricordo di te!". Lo prese familiarmente sotto braccio, stringendosi a lui, pronta a raccontargli la loro... 'storia d'amore'... "Sai Denis, io e te ci siamo conosciuti durante una gara di cavalli, a Marsiglia. Avevamo puntato sullo stesso stallone e avevamo vinto un sacco di soldi. Solo io e te! Abbiamo incassato la vincita, ci siamo guardati negli occhi e, benché non ci conoscessimo, abbiamo deciso di cenare insieme per festeggiare il gruzzolo che ci eravamo guadagnati. E laa serata è finita in maniera... piccante... In una locanda sul mare...".

La voce di Grethel si fece sensuale e d'Artagnan avvampò, cercando di focalizzare quegli avvenimenti nella sua mente. Ma non riusciva a ricordare! Perchè, ogni volta che Grethel gli raccontava del suo passato, la nebbia in cui era avvolta la sua mente, invece che diradarsi, aumentava? "E poi?".

Grethel alzò le spalle. "E poi... una settimana dopo eravamo già sposati e siamo venuti a vivere quì, a La Rochelle. Tu vivevi da vagabondo per la Francia, facevi il mercenario e per questo sei uno spadaccino tanto bravo. Io quì avevo una casetta mia e il resto è venuto da se. Poi abbiamo conosciuto Marcel, gli altri Ugonotti e ci siamo votati alla loro battaglia. Il resto lo sai, la guerra con re e Cardinale, il tuo incidente e... eccoci quì!" - concluse con semplicità.

D'artagnan abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa. "Mi spiace Grethel, io non ricordo niente!".

La donna gli prese le mani fra le sue, stringendogliele affettuosamente. "Tesoro, non sforzarti o ti verrà di nuovo mal di testa. Su, la memoria tornerà...". Poi si alzò in punta di piedi, baciandolo con passione sulle labbra perchè non si sforzasse di ricordare, perchè non facesse più domande.

D'artagnan si irrigiedì, colto di sorpresa. Il primo bacio da quando c'era stato l'incidente... Le labbra di Grethel erano calde, carnose, sensuali e appassionate... Rispose al bacio, stringendola fra le braccia. Da una parte si sentiva stranamente colpevole nel baciare quella donna e non ne capiva il motivo... Dall'altra non riusciva a resisterle e a staccarsi da lei. Era un dolce, dolcissimo oblio quello...

Dopo lunghi istanti Grethel si staccò da lui e gli sorrise, prendendolo per mano. "Su tesoro, torniamo a casa. E' tardi, fa freddo e domani inizierai gli allenamenti. Devi riposare!" - gli sussurrò sorridendo.

D'artagnan annuì, ancora imbambolato dalle sensazioni di stordimento che quel bacio gli aveva regalato, e si fece condurre per mano a casa.

Quando rientrarono c'era solo Marcel che puliva con un panno, nella cucina, la canna di un fucile. "Ben rientrati!" - disse senza guardare la coppia, intento nel suo lavoro.

"Grazie!" - rispose Grethel riponendo il suo mantello su una sedia – "E buona notte! Io e mio marito andiamo a... dormire...".

Davanti a quel tono sensuale che lasciava ben trasparire i piani notturni di Grethel, Marcel alzò lo sguardo stupito. A quanto pare la sua complice era ben decisa a fare la mogliettina perfetta fino in fondo... Non che fosse geloso, Grethel non era la sua donna, ma era però una ragazza affascinante, fuori dal comune e su cui aveva messo gli occhi. E il fatto che il loro prigioniero avrebbe passato la notte con lei quando lui non ci era ancora riuscito era un pò... frustrante...

La coppia non aggiunse altro. Raggiunsero la loro camera, Grethel chiuse l'uscio dietro di se a chiave e lentamente prese a spogliarsi senza dire nulla.

D'artagnan deglutì, osservandola come ipnotizzato e non sapendo come comportarsi. Donna bellissima, dalle curve perfette e ben pronunciate nei punti giusti... E decisa a fare la moglie... Si sentiva imbarazzato... E perchè poi, non era normale fra marito e moglie quello che stava per succedere? Ricordò il loro bacio di poco prima e la voglia di avere quelle labbra premute contro le sue ancora si fece insopportabile... E quando Grethel gli si avvicinò la strinse a se, la fece scivolare sul letto e... il buio della notte fece da coperta ai due amanti appassionati...


....


Grethel si alzò presto la mattina successiva, uscendo dalla stanza quando d'Artagnan era ancora nel mondo dei sogni. Bugia o no, si sentiva appagata come donna. Il loro prigioniero si era dimostrato un amante appassionato e insaziabile, proprio come piaceva a lei. Quella commedia iniziava a produrre effetti positivi e piacevoli anche per lei, oltre che alla causa Ugonotta...

Uscì dalla porta, pronta come sempre a recarsi in paese alla ricerca di scorte di cibo.

E appena fuori dall'uscio, nella strada ancora deserta, Marcel che la aspettava la fermò, prendendola per un braccio e spingendola contro il muro. "Che intenzioni hai col prigioniero?" - le chiese in tono duro e senza troppi convenevoli.

Grethel sorrise. Gli uomini erano creature troppo scontate, quella reazione dal suo capo se l'aspettava. "Faccio la moglie, il piano era quello no? Dopo questa notte d'Artagnan si sentirà legato a me in maniera indissolubile e farà tutto ciò che io gli chiederò. Quindi la tua causa ne guadagnerà di conseguenza. Dovresti ringraziarmi invece che arrabbiarti!".

"Come hai fatto a portartelo a letto? Quello manco sa chi è, è confuso..." - ruggì Marcel.

Anche quella era una domanda scontata. "Gli ho raccontato la nostra storia d'amore, ho inventato un pò di frottole romantiche e la serata ha preso la piega che hai ben intuito anche tu...".

Marcel sorrise malignamente. "Brava come sempre a inventare balle al momento è! Come faccio a credere che non ne hai raccontate anche a me, quando sei entrata nelle nostre fila? Tu sei Cattolica, non Ugonotta dopo tutto...".

A quelle sibilline accuse, Grethel smise di ridere e si rabbuiò. "Ti ho detto la verità allora! Io mi sono avvicinata a voi perchè la vostra lotta è contro al re e ai moschettieri. E nei moschettieri, come sai, c'è un uomo che sto cercando da tanto, da sempre... Vi sarò SEMPRE fedele perchè grazie a voi troverò LUI, non ho altro modo per avvicinarmi a quegli uomini. La vostra lotta fa al caso mio e non mi lascerò scappare l'occasione! E ora..." - si allontanò da lui – "Hai altro da dire o posso andare? Avrei da fare...".

Marcel la fissò in cagnesco. "Vai Grethel, vai!".

La donna si incamminò nella strada mentre lo sguardo di Marcel non abbandonava la sua schiena. "Vai ragazza, vai! Ma attenta a non fregarmi... Perchè in quel caso io ti taglierò la gola senza problemi...".

Poi rientrò in casa, pronto a prendere la sua spada e a svegliare d'Artagnan. Avrebbe fatto sputare sangue a quel ragazzino che aveva osato portarsi a letto Grethel prima di lui...

Oh sì, sarebbero stati allenamenti durissimi...


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Capitolo 5
*** Passeggiando per La Rochelle... ***


Voilà, non potevo non aggiornare anch'io, visti i ritmi di questa sezione!

Grazie a tutti per le recensioni :)

Ahah, tutte pensate che Grethel cerchi Athos, vero? Spiacente, avete sbagliato! Si scoprirà fra molti capitoli!

Alla prossima girls!!!





Passeggiando per La Rochelle...



D'artagnan non aveva un osso che non gli facesse male. Ormai gli allenamenti con Marcel erano iniziati da più di una settimana e il capo degli Ugonotti si era dimostrato, oltre che un abilissimo spadaccino, anche un maestro severissimo e spietato. D'artagnan era giunto alla conclusione che Marcel dovesse tenere molto alla sua causa di lotta, non c'era altra spiegazione a quel suo accanimento contro di lui quando lo allenava, lo voleva pronto per riprendere la guerra. Però... C'era sempre quel non so che di strano, quasi come se percepisse, da parte del suo maestro, una specie di rabbia e avversione verso di lui. Non lo dava a vedere, Marcel non gli aveva mai rimproverato nulla e anzi, più di una volta si era complimentato per i progressi che stava facendo con la spada. Ma, e d'Artagnan non ne capiva il motivo, si avvertiva anche una certa frustrazione repressa nel rapporto che Marcel aveva con lui... Boh, non capiva, forse era confuso o forse in quel passato che lui non riusciva a ricordare c'erano stati screzi fra loro... O magari quella sgradevole sensazione era solo frutto di quel particolare periodo, dello stress del non ricordare nulla, di quella vita in cui si era ritrovato catapultato e che di fatto, benché fosse sua, non sentiva appartenergli.

Solo con in mano la spada la sua mente sembrava ritrovare pace. La spada, nelle sue mani, sembrava dare senso ad ogni cosa, come se facesse da sempre parte di lui, come se fosse un'amica di vecchia data che da sempre gli stava accanto. D'artagnan non ricordava nulla di chi fosse ma tante cose aveva imparato in quegli ultimi dieci giorni. Che era un bravo spadaccino, anche Marcel gliel'aveva confermato e ne aveva avuto prova nel battersi con lui. Che gli piaceva duellare, che era un uomo atletico e forte, nonostante le recenti e gravi ferite.

Non vedeva l'ora che Marcel gli desse il permesso di ributtarsi in battaglia. Per il momento, gli avevano detto, non era ancora pronto per combattere e in fondo lo sapeva anche lui, benché scalpitasse a causa di quell'inattività. Ma si rendeva conto di essere ancora debole, di non essere al massimo delle forze e che un impiego in battaglia, in quello stato di cose, avrebbe rischiato di mettere in pericolo i suoi compagni Ugonotti.

Al momento – e in fondo era anche una cosa piacevole – con sua moglie Grethel si occupava della cucina, della pulizia della loro sede segreta, delle faccende quotidiane, quando non era occupato con Marcel negli allenamenti. Sopratutto negli ultimi giorni che la battaglia si era fatta molto cruenta e il suo maestro non c'era quasi mai...

Sua moglie era una donna incantevole. Bellissima, dolce, gentile, premurosa e un'amante appassionata e fedele. Certe volte, durante la giornata, ripensando alle notti trascorse con lei, finiva con l'arrossire. Era così incredibile pensare che una donna come Grethel fosse sua moglie. Eppure... anche con lei c'erano sensazioni contorte... Quando la baciava, quando si amavano, tutto era molto appagante... Ma non lo sentiva SUO e non riusiva a spiegarsene il motivo. Perchè quando pensava all'amore, al rapporto con una donna, la sua mente inquadrava lunghi capelli biondi invece che quelli neri come la notte di sua moglie? Grethel era sempre stata al suo fianco, era una persona squisita con lui però alcuni tratti del suo carattere gli sfuggivano. Con lui aveva una faccia, osservandola alle prese con Marcel sembrava averne un'altra, sembrava trasformarsi. Da donna dolce e premurosa di trasformava in una persona dallo sguardo freddo, penetrante, deciso e furbo... Non riusciva a inquadrarla ancora bene e la sua memoria assente non lo aiutava... Però non aveva azzardato mai domande, Grethel non gliene aveva dato occasione. Ogni suo dubbio, ogni sua domanda, sul nascere venivano spente da un bacio, una carezza, un sorriso civettuolo e sensuale...

I momenti che preferiva, con lei, erano quelli in cui, da soli, si occupavano della gestione della casa, dei viveri, dell'ordine. Era favoloso lavorare con lei, vederla agire per il bene della causa per cui loro lottavano.

E finalmente, era arrivato anche il momento di uscire con lei a comprare cibo! Era il compito principale di Grethel e lui non l'aveva mai seguita fino a quel giorno, nei suoi spostamenti, a causa della sua debolezza fisica. Ma ora stava bene e finalmente poteva gustarsi un giro in pace con sua moglie. Certo, in una città assediata, in uno stato di guerra, però... era piacevole lo stesso stare all'aria aperta con lei.

Grethel dimostrava di sapersi muovere bene in una città sotto sopra, piena di nemici, di distruzione e di misera e lui aveva ben presto imparato, dopo poche centinaia di metri percorsi, che era meglio dismettere da subito i panni di maritino apprensivo.

"Grethel, dove li troviamo i soldi per comprare cibo?" - chiese il guascone, notando che erano usciti senza un centesimo.

La donna sorrise maliziosamente. "I soldi ce li procuriamo strada facendo, durante la guerra il mercato nero è florido e si fanno scambi vantaggiosi anche utilizzando oggetti preziosi e non il denaro!".

"Oh..." - obiettò d'Artagnan con ovvietà – "ma noi non abbiamo nemmeno oggetti preziosi!".

"Li troveremo!" - rispose tranquillamente Grethel.

"E come???".

La donna sorrise. "Vedrai mio caro...".

E d'Artagnan vide. Grethel lo condusse in una zona residenziale dove, poche ore prima, c'era stata una cruenta battaglia e diverse abitazioni giacevano distrutte, in macerie, ai bordi delle strade. Morte, distruzione, il lato più duro della guerra di dipanò davanti agli occhi del moschettiere che fino a quel momento aveva vissuto la guerra da una posizione privilegiata, al covo degli Ugonotti. Ora vedeva cos'era davvero... O forse l'aveva già visto, prima del suo incidente... E anche allora, aveva la sensazione, ne era rimasto turbato...

Grethel invece sembrava muoversi con disinvoltura in mezzo a quella distruzione. Tranquilla, per nulla turbata, si era messa a rovistare fra le macerie ancora fumanti alla ricerca di oggetti da scambiare alla borsa nera.

"Grethel, che fai?" - chiese d'Artagnan irritato, capendo al volo cosa stava combinando la sua compagna e non condividendolo per niente... Rubare a persone ferite, forse morte, era una cosa orribile...

Grethel si voltò verso di lui, sorpresa da quel tono severo e tanto inusuale per il loro prigioniero. "Mi procuro i mezzi per non morire di fame!".

D'artagnan le si avvicinò, prendendola per il polso e tirandola, per farla spostare. "No! Sotto a quelle macerie ci potrebbero essere corpi senza vita! E quegli oggetti sono loro, non abbiamo diritto di prenderli!".

Grethel si fece scura in volto, quella reazione dal 'prode moschettiere' non se l'aspettava. A quanto pare il suo animo puro sembrava avere la meglio sull'amnesia... Con uno strattone si liberò dalla presa del ragazzo. "Appunto, sono morti! E l'oro non gli serve più! A noi sì! Sono gli ordini, ricorda! In guerra non ci si deve fare remore in nulla, se si vuole sopravvivere. Manda a nanna la tua coscienza Denis".

D'artagnan si rabbuiò. "Io... prima dell'incidente... anche io facevo...".

"Si, l'hai fatto!" - disse fredda Grethel, sperando di convincerlo a non fare storie. Quella situazione la irritava!

D'artagnan abbassò lo sguardo. Era tutto così ingiusto! No, lui non poteva essere stato uno sciacallo! No, non ricordava nulla di se stesso, del suo passato ma sapeva di se stesso abbastanza per sapere che non era vero!!! NO, NON POTEVA ESSERE VERO!!!

Grethel lo guardò di sfuggita, indecisa se costringerlo ad aiutarla o no. Alla fine decise che avrebbe fatto da sola, meglio evitare ulteriori discussioni con lui. Lo vedeva, era scosso e temeva che emozioni troppo forti potessero risvegliare in lui lontani ricordi...

In silenzio rovistò fra le rovine mentre d'Artagnan la guardava rabbuiato e senza muoversi. E infine trovò fra i massi un bicchiere in argento intarsiato. Rovinato dalla distruzione e dal crollo della casa ma perfetto da barattare per del cibo. "Con questo, oggi siamo a posto con la spesa!" - disse mettendo l'oggetto nella tasca del suo mantello.

Senza dire nulla d'Artagnan annuì e seguì la ragazza senza proferire parola.

Con passo veloce Grethel si incamminò nei vicoletti stretti della parte storica. I più lontani dai combattimenti del porto, i più riparati, dove si nascondeva la popolazione civile logorata dalla guerra. Erano stradine piccole, lastricate con vecchie pietre, strette in case cadenti ma con un fascino antico. Cani randagi, mendicanti e panni appesi facevano da contorno alla miseria di quel posto.

"Dove stiamo andando?" - chiese d'Artagnan gelido.

"Ora lo vedrai!" - anche la voce di Grethel era fredda.

D'artagnan sbuffò ma non rispose. Non aveva voglia di parlare.

Arrivarono a una casa gialla e fatiscente e scesero le scale interne che portavano alle cantine. Grethel bussò e la voce di un vecchio la invitò ad entrare.

D'artagnan si guardò intorno sbalordito. Quella cantina era una specie di magazzino nascosto dove c'era di tutto, dal cibo, all'oro ai vestiti, alle spezie. Il cosidetto 'mercato nero', supponeva...

Il vecchio che faceva da 'negoziante' sorrise alla ragazza, vedendola entrare. "Grethel siete una mia cliente preziosa, ogni giorno mi portate oggetti davvero interessanti! E lui..." - chiese indicando con il viso d'Artagnan – "lui è...?".

Grethel annuì, frettolosa. "Mio marito! Ve ne ho parlato, ricordate?".

"Oh, si,vostro marito...". Il viso grinzoso del vecchietto fece un sorriso furbo.

Grethel si irrigidì a quella situazione. Mhmh, gli sguardi allusivi del vecchio potevano essere pericolosi. "Senta, ho fretta! Con cosa me lo può scambiare questo?" - chiese prendendo dalla tasca il bicchiere d'argendo.

Il vecchio lo prese in mano, osservandolo attentamente. "Il valore non è molto Grethel! Direi, al massimo, dieci pagnotte e un due etti di carne secca!".

"Ok, datemi quello che avete detto allora! Dobbiamo andare!" - rispose la ragazza sbrigativamente.

Il vecchio capì l'irritazione della sua interlocutrice e gli diede il sacchetto con il pane.

Grethel, una volta servita, fece cenno a d'Artagnan di uscire e i due si trovarono in strada. L'umore del guascone era sempre nero ed era anche arrabbiato con sua moglie. No, quello che aveva appena fatto non gli piaceva per niente.

Camminarono in silenzio, Grethel apparentemente frettolosa e d'Artagnan cupo.

Finché la ragazza, dopo essersi guardata in giro, si fermò di scatto, turbata. D'artagnan si fermò ad osservarla, preso alla sprovvista da quel cambio repentino di umore della sua consorte. Sembrava improvvisamente... triste... Era a causa della loro lite? O c'era dell'altro? Fino a pochi istanti prima era decisa e sbrigativa, di colpo era diventata malinconica e non camminava più... Perchè?

Il guascone si voltò a guardare nella direzione che fissava la moglie e vide, seduta sulle scale esterne di una Chiesa cadente, una bambina magra, in lacrime, con abiti stracciati e sola, completamente sola. Il cuore del guascone si strinse a quella visione. Ecco un'altra delle piccole vittime della guerra!

Grethel le si avvicinò, inginocchiandosi davanti a lei. "Piccola" – chiese in tono gentile - "Perchè piangi?".

La bimba alzò lo sguardo, singhiozzando. "Ho fame... A casa non abbiamo più niente!".

Grethel la osservò. Non fingeva, non faceva la commedia, era affamata davvero, come tanti bambini di La Rochelle. D'isntinto aprì il sacchetto del pane e diede una pagnotta alla bambina. "Tieni! Non posso darti di più però almeno sarai a posto fino a stasera!".

La bimba spalancò gli occhi, grata. "Grazie signora, siete un angelo!". Poi afferrò rapidamente il pane e di corsa sparì in un piccolo vicolo.

D'artagnan sorrise. Eccola la sua Grethel! Non il mostro di freddezza visto fino a quel momento ma una donna che lottava per sopravvivere a una guerra e che non si risparmiava di aiutare gli altri. Forse aveva sbagliato, poco prima, a giudicarla male. Era una guerra quella in cui si trovavano e i buoni propositi mal si conciliavano con la dura vita di battaglia. Si avvicinò e le accarezzò i capelli. "Ora ricordo!" - disse felice.

Grethel, presa alla sprovvista, sussultò. "R... Ricordi COSA???". Panico!!!

D'artagnan annuì. "No, non è che ricordi qualcosa! E' che ora so perchè mi sono innamorato di te! Il tuo cuore è gentile, sei coraggiosa, forte, bellissima. E non ti risparmi di aiutare chi è in difficoltà! Sei una bellissima persona Grethel!".

Grethel fissò d'Artagnan stupita ma anche... piacevolmente sorpresa da quelle parole. D'artagnan non conosceva nulla di lei, non sapeva minimamente con chi aveva a che fare, ma le sue parole... D'artagnan sembrava, in quel momento, guardarla con occhi diversi dal resto del mondo... Certo, lui non sapeva la verità e quella ingenuità la faceva un pò sorridere però... Abbassò lo sguardo. "Tu... non sai cosa dici!" - disse tristemente.

"Siamo senza cibo ma hai aiutato una povera bambina! Non tutti l'avrebbero fatto!" - spiegò d'Artagnan con ovvietà.

Grethel sorrise, un sorriso sincero e un pò imbarazzato. "Vedi... Mio padre è morto che io avevo un anno e io e mia madre abbiamo vissuto miseramente. Lei non si risparmiava nel lavoro ma non avevamo mai cibo a sufficienza. Da piccola avevo sempre fame. Quella bambina mi ricorda me stessa, qualche anno fa... Mi è venuto naturale..." - disse sotto voce, osservando d'Artagnan negli occhi... Con sentimenti diversi... In quel momento, davanti a lei non vedeva un prigioniero da circuire ma un giovane gentile, puro e sincero... Si scosse da quei pensieri che non poteva permettersi. "Senti, andiamo a casa, ti va?" - disse prendendolo sotto braccio e tagliando il discorso.

"Marcel si arrabbierà per quello che hai appena fatto?" - chiese d'Artagnan preoccupato. Marcel era molto attaccato a cibo e denaro...

"Non glielo diremo!" - tagliò corto Grethel – "Non saprà nulla e non si accorgerà di nulla!".

D'artagnan annuì. La giornata, inziata male, prendeva una piega più piacevole... Era bello tornare in armonia con lei...

Camminarono frettolosamente fra i vicoli finché, in lontananza, Grethel vide di sfuggita giungere in loro direzione la sagoma di due uomini, due moschettieri. Uno grande, grosso e mastodontico, l'altro con lunghi capelli neri e un fare elegante. Fissò d'Artagnan che non si era accorto di nulla e camminava tranquillo accanto a lei senza guardarsi troppo in giro. E lo spinse in un vicolo. "Nascondiamoci!" - bisbigliò al marito.

"Che succede?" - chiese d'Artagnan.

Grethel si morse il labbro. I compagni di d'Artagnan... Marcel gliene aveva parlato. Uno biondo, uno grande e grosso e uno raffinato e dai lunghi capelli neri. Quei due uomini potevano essere compagni del loro prigioniero. Fugacemente, pensò di farsi scoprire. D'artagnan era stato gentile, premuroso come nessuno con lei, poco prima. Era un ragazzo dolce e gentile, non meritava quello che gli stavano facendo... Ma poi decise di no! Marcel l'avrebbe uccisa, lei lottava per gli Ugonotti e per una questione personale e poi... più di tutto... in quel momento capì che d'Artagnan gli sarebbe mancato...

Passarono lunghi minuti nascosti e poi, quando non si udì più nessun passo uscirono fuori allo scoperto e di fretta ritornarono alla loro base.

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Capitolo 6
*** In battaglia ***


Tornata! Grazie di cuore davvero, a tutti quanti per i vostri commenti, siete un ottimo stimolo a scrivere!

E rinnovo anche quì i complimenti per le altre bellissime storie di questa sezione!

Era ora che quest'anime bellissimo avesse il suo fedele seguito!!! E che seguito ;)





In battaglia



"Stamattina Denis, verrai a combattere con noi! Ormai stai bene, è ora!" - disse perentorio, a sopresa, Marcel, in una mattina che era partita come tutte le altre...

Gli altri Ugonotti presenti alla scena, una manciata di uomini in tutto, sussultarono. E anche Grethel e d'Artagnan spalancarono gli occhi stupiti.

Nell'animo della coppia si agitavano sensazioni diverse. Nel guascone la prospettiva di ributtarsi in battaglia era al tempo stesso ricca di incognite ma stuzzicante perchè non vedeva l'ora di porre fine all'inattività causata dal suo ferimento e quindi le parole di Marcel erano pane per i suoi denti.

Grethel invece sembrava meno felice. In un certo senso quella strana routine data da quel finto matrimonio gli piaceva, la trovava rilassante e piacevole. E d'Artagnan era una persona limpida, gentile, diversa da quegli Ugonotti assetati di guerra e sangue. Sapeva che il piano di mentire al loro prigioniero era partito da lei perchè sua era stata l'idea del finto matrimonio e della storia fasulla sul passato Ugonotto del giovane catturato. Però ora, la prospettiva che lui andasse in battaglia, che rischiasse la vita, la consapevolezza che sarebbe stato probabilmente notato dai suoi vecchi compagni, che sarebbe stato riconosciuto e usato come merce di scambio, non la allettava più. A quello strano ed ingenuo ragazzo si era in qualche modo... affezionata. E anche alla loro vita insieme, benché frutto di menzogne, funzionava bene. Se tutto fosse andato come nei piani originari, presto d'Artagnan avrebbe scoperto la verità, l'avrebbe forse disprezzata, verso di lei avrebbe probabilmente adottato lo stesso atteggiamento degli altri uomini del gruppo. Una semplice ed insignificante pedina che poteva essere destinata e sacrificata alla causa come un banale oggetto, nulla più di questo. O una donna da odiare, che si era presa gioco di lui mentendogli, allontanandolo dalla sua vera vita e dai suoi veri ideali... Fino a quel momento d'Artagnan invece l'aveva trattata come un essere umano prezioso, l'aveva rispettata, in un certo senso 'amata'.

Sarebbe finito tutto.

"Marcel, devo parlarti in privato, SUBITO!" - disse prendendo il capo degli Ugonotti per il braccio fino a spingerlo fuori dalla porta. Sbatté l'uscio e i due rimasero soli in strada. "Non puoi portarlo ora in battaglia! E' ancora debole!" - sentenziò decisa.

Marcel la fissò inespressivo, per nulla turbato dalle parole della donna. "A me pare che stia meglio di me e te messi insieme invece. E onestamente, è giunto il momento che si guadagni la pagnotta anche lui. Mantenere un prigioniero, offrirgli vitto e alloggio gratuito non rientrano nei miei piani! Soprattutto perchè stiamo parlando di uno schifoso moschettiere, un servo di quel dannato Luigi XIII!!!".

"Lo uccideranno!" - sibilò Grethel.

Marcel alzò le spalle, incurante. "Se succederà, cattureremo qualcun altro! O c'è forse qualche problema da parte tua...?". Il viso dell'uomo si fece sospettoso, si avvicinò alla ragazza, prendendola rudemente per il mento. "Signorinella, sentimenti e cuore li lasciamo fuori da questa storia, d'accordo? Perchè ho idea, temo, che come una donnetta qualsiasi tu ti stia innamorando, perdendo di vista il nostro VERO scopo... O mi sbaglio?" - chiese sibillino.

Grethel si morse il labbro. Accidenti, non doveva provare sentimenti, non poteva permettersi che Marcel perdesse fiducia in lei o altrimenti l'avrebbe allontanata dal gruppo e non sarebbe più riuscita a cercare l'uomo che voleva stanare. D'artagnan o non d'Artagnan, la cosa prioritaria era rimanere fra le fila degli Ugonotti. Con un gesto secco, si liberò dalla stretta di Marcel. "Non dire sciocchezze, volevo solo preservare un pò il nostro prigioniero! Catturarlo, dopo tutto, non è stato facile!".

Marcel la fissò torvo, accigliato. "Sarà... Ma attenta a non deludermi troppo mia cara. O potrai scordarti la tua vendetta... o la tua vita e il tuo bel faccino!".

"Non ti deluderò!" - rispose Grethel cupa.

"Bene!". Marcel rientrò nella casa, ordinando ai suoi uomini di uscire a combattere, nella zona del porto. Poi si rivolse a d'Artagnan. "Denis, preparati che li raggiungiamo!". E così dicendo gli lanciò dei logori vestiti scuri, un cappellaccio verdognolo da mendicante, una spada e una pistola e gli intimò di cambiarsi. Gli Ugonotti erano persone povere, vestite di stracci, un combattente vestito 'da casa' avrebbe stonato col gruppo.

Anche Grethel rientrò nella stanza, prendendo ad osservare il 'marito' che si cambiava senza fare storie. "Andrete quindi al porto?" - chiese a Marcel.

"Esattamente! Al centro della battaglia..." - disse sibillino l'uomo. Poi le si avvicinò, sussurrandole in un orecchio. "Al porto combattono i suoi amici, lo noteranno... Non voglio perdere troppo tempo con questa falsa, voglio usare l'ostaggio ed entrare in contatto, subito, con quei dannati monarchici e cardinalisti e trattare!".

Grethel sussultò. La zona del porto era la più pericolosa, il fulcro della battaglia... Marcel voleva arrivare subito al sodo, mettendo d'Artagnan in pericolo. Che non lo facesse solo per la missione però, ai suoi occhi di donna apparve chiaro. Avvertiva, senza ombra di dubbio, anche una grande avversione ed antipatia verso il priogioniero, da Marcel. Ma decise di tacere, non poteva intromettersi ulteriormente. "Bene, allora buon lavoro! Ci si rivede stasera!" - disse abbassando lo sguardo. Poi si avvicinò a d'Artagnan, baciandolo fugacemente sulle labbra. "Stai attento..." - sussurrò.

Il giovane annuì, le accarezzò dolcemente i capelli neri e poi, su comando di Marcel, uscì dalla stanza, pronto a tuffarsi in una nuova avventura. Non vedeva l'ora...

Grethel li guardò allontanarsi dall'uscio di casa. Teoricamente avrebbe dovuto andare in cerca di cibo come sempre, quelli erano gli ordini...

Eppure...

Per una volta, contro ogni sua logica, decise che avrebbe seguito i due uomini da lontano, senza essere vista. Marcel non l'avrebbe probabilmente mai scoperta, il cibo poteva procurarselo anche più tardi senza troppi problemi, magari rovistando proprio fra le rovine del porto. Già, almeno avrebbe 'vegliato' su suo marito. E così facendo, avrebbe anche visto da vicino i moschettieri e forse individuato l'uomo che cercava... Sì, in fondo era una buona idea, lo faceva per la sua causa oltre che per se stessa e per controllare che il suo giovane, dolce e finto marito stesse bene...

E così dicendo si mise il mantello, calò il cappuccio sul viso e quatta quatta come un gatto, sgattaiolò fra i vicoli di La Rochelle, a poche decine di metri da d'Artagnan e Marcel.


...


"Stai dietro le barricate, dannazione! Non vorrai farti ammzzare subito?!" - gridò Marcel a d'Artagnan che si era esposto troppo per osservare i combattimenti che fervevano nel porto.

Per il giovane guascone tutto era spaventoso e maestoso insieme. Il porto brulicava di combattenti, spadaccini, duelli, spade, cannoni e pistole. Gente che moriva, gente che combatteva, gruppi di Ugonotti più o meno organizzati che organizzavano imboscate, scontri, con gruppi di guardie del Cardinale e moschettieri nella loro sfavillante divisa blu.

Già, la divisa blu...

Era bellissima, gli occhi del giovane brillavano nell'osservarla tanto da vicino... Si vergognò di quei pensieri, loro erano NEMICI, non persone da ammirare!!!

Però non poteva farci niente, il richiamo verso quella divisa era troppo forte. La sua testa prese a fargli male, osservandola.

"Cos'hai?" - chiese severamente Marcel vedendolo sbiancare – "Non stai bene o hai solo, semplicemente, paura?".

D'artagnan arrossì. "N... niente, niente! Sto bene!" - disse, tentando di ricomporsi.

"Bene..." - mugugnò Marcel, prima di tornare ad osservare la scena. C'era decisamente casino sulla banchina del porto, un ottimo momento per entrare nel vivo della battaglia, con le giuste mosse. "Ascolta Denis, c'è modo e modo per entrare in scena! Il tuo, camminando piano, perso nei pensieri, come poco fa, è SBAGLIATO e decisamente IDIOTA! Si osserva, si notano i punti più tranquilli e via, con uno scatto li si raggiungono. Correndo decisi, spada sguainata, pistola nell'altra mano libera! Poi si focalizza la preda e si combatte! Capito?".

D'artagnan annuì. "Capito!".

I due si misero ad osservare la battaglia da dietro la barricata fatta di vecchie casse di legno. E d'Artagnan, con l'occhio scaltro da moschettiere, vide, a ridosso di una vecchia casa rossa, una zona con meno uomini dove i nemici erano in netta minoranza rispetto agli Ugonotti. La distanza era di pochi metri, andava bene! "La!" - disse sotto voce a Marcel, indicando il punto esatto.

L'Ugonotto sorrise. "Là e perfetto!".

E i due si lanciarono come furie in battaglia!

E per la prima volta dopo settimane di inattività, d'Artagnan si sentì vivo. Impugnare la spada, combattere uomo contro uomo in duelli entusiasmanti. Come se non avesse mai fatto altro in vita sua. Combattere dava un senso al suo essere, gli faceva sentire l'argento vivo addosso. Fino a pochi minuti prima, nascosto nelle viuzze strette di La Rochelle con Marcel aveva avuto un pò di timore all'idea di buttarsi nella mischia, come sempre si ha timore di qualcosa che non si conosce o che non ricordiamo. Ma ora lì, in quella battaglia forsennata, si sentiva a casa... Grethel e Marcel avevano ragione, lui era stato un grande combattente... E ora era tornato ad esserlo...


....


"Oggi c'è più casino del solito, vero ragazzi?" - disse Porthos fra un colpo di spada e l'altro.

Athos sorrise. "Beh, ti pagano per combattere, no?".

Aramis non partecipò allo scambio di battute fra i due. Non le andava di scherzare, di dire frivolezze, non le andava nulla che non fosse finire quella guerra assurda che le aveva portato via un giovane amico senza un perchè. Già, loro erano pagati per combattere. Ma i soldi valevano anche la loro vita? Gli uomini trovavano un senso nelle battaglie, nella morte, trovando in esse la gloria. A lei sembrava maledettamente stupido... Per questo, anche se si era illusa che era uguale agli altri, si era resa conto che mai sarebbe stata un moschettiere come Athos e Porthos. Uomini e donne avevano modi di pensare troppo diversi, aspettative di vita opposte, visioni diverse dell'onore, della gloria e di quanto importante e unica fosse la vita... Ma essere moschettiere era l'unica cosa che le fosse rimasta e quindi l'avrebbe fatta al meglio. Ma di scherzare... No, con d'Artagnan morto non ci riusciva più...

Si guardò intorno. Quegli uomini che combattevano con fervore, quanto assomigliavano al suo giovane amico? Tanto... Gli pareva di vederlo lì, in mezzo alla mischia, con la spada sguainata e il suo consueto entusiasmo giovanile... Oh si, d'Artagnan avrebbe trovato elettrizzante una giornata come quella, in quel porto...

Improvvisamente però, una figura di spalle attirò l'attenzione della donna...

Un uomo combatteva con un cappellacio in testa, vestito di abiti logori. Stessa corporatura del suo giovane amico, stessa giovane età probabilmente, si vedeva che non era un uomo adulto ma un giovanissimo Ugonotto buttato in battaglia come carne al macello. Combatteva bene, oltre all'aspetto fisico sembrava essere simile a d'Artagnan anche nel modo di maneggiare la spada. "Ragazzi..." - disse avvicinandosi a Porthos e Athos che avevano appena atterrato tre uomini – "Quel ragazzo... non vi ricorda...?".

Gli occhi di Athos si incupirono nel vedere il giovane indicato da Aramis. Era lontano circa venti metri da loro, impegnato in un duello con una delle guardie del Cardinale. E somigliava in modo inequivocabile a d'Artagnan!!! "I giovani sono tutti uguali quando combattono Aramis, non farti ingannare..." - disse piatto, senza tradire alcuna emozione.

Athos stava per aggiungere altro quando il giovane Ugonotto si voltò, pronto ad affrontare un nuovo avversario.

E il cuore dei tre moschettieri si fermò nel vederlo in viso.

"D'ARTAGNAN!!! PERBACCO, QUELLO E' D'ARTAGNAN!!!" - urlò Porhos.

Athos rimase pietrificato, indeciso se quella fosse realtà o una qualche sorta di allucinazione comune. Non aveva senso, non poteva che essere un parto malato delle loro menti addolorate. D'Artagnan era morto e se anche non lo fosse stato, di certo non avrebbe combattuto a fianco dei loro nemici!!!

Aramis invece pareva la più convinta e realista dei tre. "E' d'Artagnan! Qualunque cosa stia succedendo, quello è d'Artagnan!". E, improvvisamente rinfrancata, corse verso l'amico, schivando i colpi dei nemici che gli si paravano davanti. Una mossa pericolosa, ma non gliene importava nulla. Se quello era d'Artagnan, allora tutto tornava ad avere un qualche senso!

E Athos e Porthos non poterono far altro che seguirla, guidati dall'entusiasmo della donna moschettiere e dall'emergenza di guardarle le spalle.

Nel frattempo d'Artagnan aveva atterrato con successo tre Cardinalisti. Era soddisfatto e anche se nella mischia, aveva perso di vista Marcel, si sentiva forte e sicuro.

Vide i tre uomini che gli si avvicinavano di corsa gridando un nome che nel frastuono non riusciva a sentire e qualcosa in loro gli apparve famigliare. Ma fu un attimo. Indossavano quella fantastica divisa blu che fino a poco prima aveva ammirato, erano moschettieri e quindi nemici.

Si preparò a combatterli, brandendo la spada davanti a lui.

Quando i tre furono a pochi metri, uno sparo fra loro, giunto dalle barricate, fermò i tre uomini.

Sorpreso, d'Artagnan si voltò.

E fra le casse delle barricate vide il visino di Grethel che brandiva una pistola fumante e con la mano gli faceva segno di raggiungerla.

Una forte esplosione causata da una cannonata investì proprio in quel momento un'area vicina al gruppetto, avvolgendo tutto e tutti in una pesante coltre di fumo che impediva ogni visuale.


....


Grethel, nascosta dietro alle barricate, non aveva perso di vista suo marito, vegliando su di lui con una pistola rubata ad un cadavere che giaceva inerme vicino alla grossa pira di casse di legno.

D'artagnan se la stava cavando egregiamente, dimostrando ampiamente quale grande moschettiere in realtà lui fosse. Ma un occhio in più non faceva male comunque...

Nel frattempo si era guardata attorno, per scorgere la persona che tanto cercava. Ma era rimasta delusa, quei moschettieri che combattevano al porto erano troppo giovani per essere lui.

E proprio mentre osservava la scena, aveva notato quei tre uomini correre verso d'Artagnan, gridando il suo vero nome. Un moschettiere biondo, uno grosso, uno dall'aria raffinata. Descrizione perfetta degli amici di d'Artagnan. Non voleva che lo trovassero, non voleva che i piani di Marcel andassero in porto. Era presto e lei non era pronta!

Per questo, d'istinto, sparò per fermare la loro corsa e dare modo a d'Artagnan di raggiungerla.

L'esplosione fece il resto.

Con un balzo e approfittando del fumo, Grethel saltò fuori dalle barricate, prese un troppo sorpreso d'Artagnan per il braccio e lo scaraventò in una viuzza laterale, lontano dai combattimenti.

"M... Ma Grethel!? Che... che cosa fai? E CHE CI FAI QUI'???" - si lamentò d'Artagnan incredulo della piega presa dagli avvenimenti negli ultimi istanti.

"Shhh, dobbiamo scappare!" - disse strattonandolo via.

"Non posso!" - si bloccò d'Artagnan.

Grethel lo prese violentemente per il braccio, spingendolo a correre, non dandogli modo di fare altro. "Quei tre uomini sono feroci assassini, li conosco! Non voglio che tu muoia, non sei pronto ancora per un duello del genere, ti avrebbero ucciso! Scappiamo lontano da quì!".

"Ma non posso, la lotta..." - disse d'Artagnan, confuso...

Grethel abbassò lo sguardo, tristemente. "Fallo per me...".

D'artagnan la fissò, incerto e anche stupito da quella arrendevolezza che tanto poco si addiceva a Grethel. La amava... Odiava vederla triste e per lei si sarebbe buttato nel fuoco. Era stato bello combattere, poco prima, ma in fondo sua moglie non doveva venire prima di tutto? Altre battaglie avrebbe combattuto, in fondo era giovane... E sua moglie aveva bisogno di lui... "Mi hai seguito perchè eri preoccupata per me?" - le chiese dolcemente.

Grethel sorrise. "Si...". In cuor suo sapeva di non mentire, non completamente almeno.

D'artagnan la prese per mano, decidendo quale era la cosa giusta da fare. "Ok, scappiamo da questa guerra, noi due soli!".

La donna annuì. Il suo piano in fondo poteva continuare anche su binari paralleli a quelli scelti in partenza, al fianco degli Ugonotti. D'artagnan dopo tutto era un moschettiere, aveva fiducia in lei e l'amava. E di di certo, se lei gliel'avese chiesto, l'avrebbe aiutata a trovare chi stava cercando...

Fuggirono insieme, correndo per le viuzze di La Rochelle che Grethel conosceva bene, mano nella mano...

Il fumo coprì parzialmente la loro fuga, ma i tre moschettieri riuscirono ad intravedere quanto successo.

L'entrata in scena di Grethel, il suo portar via d'Artagnan dalla zona della battaglia, la loro fuga nelle piccole e strette vie del porto.

E pur non capendo cosa stesse succedendo, d'istinto, insieme decisero di abbandonare la lotta, prendendo a correre dietro ai due fuggiaschi.







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Capitolo 7
*** Fuga ***


Ciao ragazzi e scusate la lunga assenza! Sono rimasta indietro sia con la scrittura di questa storia, sia con la lettura delle altre (devo mettermi in pari con la splendida storia di Jenny!). Ma al momento sono stra-oberata di lavoro, devo preparare le elezioni sia comunali che i referendum e passo in ufficio, a volte, anche 13 o 14 ore consecutive e quindi non riesco a fare altro! Prometto che appena mi finisce sto periodo caotico, torno più attiva e mi rimetto in pari con tutto!

Per ora, vi lascio questo breve capitolo, scritto a spizzichi fra uno straordinario e l'altro *__*

Grazie a tutti quelli che leggono, commentano e incitano a continuare!

Un bacione!






Fuga



Grethel, per sfortuna dei moschettieri, conosceva bene le strette viuzze di La Rochelle. Conosceva ogni anfratto, ogni angolo, ogni via buia e nascosta, ogni stratagemma per seminare inseguitori inopportuni.

Lei e d'Artagnan, proprio come i moschettieri che li inseguivano, erano a piedi. Questa era una buona cosa e le sue conoscenze della città facevano il resto. Erano in vantaggio sui loro inseguitori, nessuno conosceva bene La Rochelle come lei...

Grethel e d'Artagnan corsero come matti travolgendo soldati, persone, civili, chiunque si fosse posto davanti al loro cammino.

Il giovane moschettiere era confuso. Sapeva che i tre inseguitori erano suoi nemici, che erano probabilmente pericolosi però... Non avrebbe, a onor di logica, dovuto fermarsi e affrontarli? Non era quello il suo ruolo e compito? Certo, si era piegato al volere di sua moglie e si era allontanato con Grethel dal campo di battaglia e di conseguenza Vincent si sarebbe arrabbiato molto, ma forse con quell'azione, battendo quei tre, si sarebbe riscattato ai suoi occhi! Certo, aveva ben inteso cosa volesse fare Grethel e quanto fosse contraria al fatto che lui fosse tornato in guerra però... Dannazione, lui voleva combattere!!! E sua moglie invece voleva tenerlo lontano dai campi di battaglia! Un bel casino davvero! Certo, capiva la preoccupazione di Grethel, capiva le sue intenzioni e la sua buona fede nel volerlo mettere al sicuro dopo il grave ferimento di cui era stato vittima ma quei pochi minuti di lotta gli avevano fatto capire una cosa di quel passato che ancora gli sfuggiva: Lui amava impugnare una spada, amava combattere ed era affascinato da tutti quegli uomini in divisa che sì erano suoi nemici ma anche uomini che combattevano per i loro alti ideali. E che per quegli ideali avrebbero dato senza alcun problema la vita...

Ma probabilmente quegli uomini non avevano una moglie, una famiglia, doveri di sposi... Forse erano uomini che passavano le loro serate in osteria, circondati da donne allegre e facili, non avevano una donna a casa che li aspettava...

Lui si, aveva Grethel. E l'amava! E, anche se il suo istinto era di combattente, per prima cosa doveva onorare le promesse di matrimonio e rendere felice la donna che aveva sposato!

Capiva perchè dovevano fuggire. Loro due avevano abbandonato il campo di battaglia durante una guerra, tradendo gli ordini del loro capitano. E questa era una macchia grave, che poteva essere punita con la morte. In guerra funzionava così, lo sapeva!

Seguendo Grethel in quella fuga, lui e sua moglie erano diventati disertori! La Rochelle ormai non era più un posto sicuro. Cardinalisti e moschettieri erano i loro nemici ed ora lo erano anche gli Ugonottti!

Corsero per viuzze strette, girando come trottole da una via all'altra. D'artagnan era scosso, si faceva guidare dalla saggezza di Grethel che più volte gli aveva dimostrato di sapersi muovere perfettamente in quella città e di sapersela cavare in ogni situazione. Probabilmente il continuo cambio di vie e direzioni che Grethel gli stava facendo fare era un modo per confondere e seminare i loro inseguitori. Ma poi, che avrebbero fatto...?

"Grethel, che faremo? Dove andremo? Se Vincent ci vedesse..." - urlò col fiato corto per la corsa.

Grethel si voltò, non smettendo di correre come una matta. "Torneremo al nostro rifugio. A quest'ora lo sai, non c'è nessuno... Prenderemo un cavallo e andremo via da quì! E' pericoloso per me, per te, per tutta questa assurda guerra e questa situazione! Ce ne andremo a cavallo e nessuno saprà più nulla di noi! Cominceremo tutto da capo, da zero!". Già, da una tranquillità nuova e acquisita... Lontana da una guerra e sola con un uomo che teneva a lei davvero. Un moschettiere! Che forse, l'avrebbe condotta dall'uomo che cercava da tanto, da sempre! In fondo, con d'Artagnan nelle sue mani, Vincent e gli Ugonotti diventavano superflui per lei. In due, sola con il suo finto marito, avrebbe saputo muoversi meglio e arrivare più velocemente alla sua meta.

Corsero come matti e come prevedeva Grethel, riuscirono a seminare i tre moschettieri. Non fu facile, se si fossero trovati a Parigi, nella loro città, la donna sapeva che li avrebbero acciuffati.

Seguendo i meandri di La Rochelle più nascosti li staccarono, giungendo al covo degli Ugonotti.

Senza perdere tempo, Grethel corse alla stalla, prendendo un cavallo nero già sellato. Poi corse in casa, mentre d'Artagnan la guardava smarrito e attonito, senza muoversi, senza capire. Quando Grethel decideva qualcosa, tutto di solito si svolgeva in fretta e solo dai suoi gesti e mai dalle sue parole capiva cosa aveva in mente. Anche quella volta, tanto che pensava che avesse in mente quella fuga da un pò e l'avesse già progettata da tempo, vista la rapidità e la sicurezza con cui si muoveva.

Grethel uscì dalla casa con in mano due mantelli scuri. Ne lanciò uno a d'Artagnan, intimandogli di indossarlo. Coperti con quelli, con in testa il cappuccio, avrebbero avuto meno problemi e probabilmente nessuno li avrebbe riconosciuti durante la fuga.

Il resto, d'Artagnan lo capì da solo. Montò in sella al cavallo, prese sua moglie fra le braccia e poi via, partì velocemente al galoppo.

In fuga...

Da La Rochelle...

Dalla guerra...

Dagli Ugonotti...

Dai – anche se non poteva saperlo – suoi amici...


...


La Rochelle era ormai lontana, la sua fisionomia si perdeva indefinitivamente nell'orizzonte del tramonto. Avevano galoppato come forsennati e solo dopo parecchie miglia si erano fermati. Il cavallo era esausto e aveva bisogno di riposarsi mentre loro avevano bisogno di raccogliere le idee...

Grethel si voltò verso di lui ridendo soddisfatta e felice. "Immagini la faccia che farà Marcel quando scoprirà la nostra fuga con un SUO cavallo? Accidenti, vorrei essere una mosca per volare nel nostro covo e vederlo!".

D'artagnan la fissò di rimando, torvo in viso. Sì, immaginava la faccia di Marcel! E la situazione a lui non faceva propriamente ridere. Si era allontanato da una guerra che, da come gli avevano detto, rappresentava uno dei suoi più alti ideali. Era fuggito, tradendo il suo gruppo, il suo capo, le sue idee... Certo, aveva dovuto scegliere e aveva scelto la donna che aveva sposato ma di fatto, il comportamento appena tenuto non gli piaceva. Si vergognava di se stesso, si era comportato da codardo... E allo stesso tempo era comunque conscio che si era comportato da buon marito. "Senti Grethel... perchè???" - chiese confuso.

La donna smise di ridere. Gli si avvicinò, gli cinse la vita e appoggiò il viso al suo petto. "Perchè... Non è la nostra guerra... Noi non siamo propriamente Ugonotti Denis, siamo solo anti-monarchici e per questo ci eravamo uniti al gruppo di Marcel. Ma io... io non voglio perderti per una semplice ideologia politica, non ne vale la pena! Sei stato tanto vicino alla morte, non voglio ripassarci! Avevamo tanti sogni noi, ricominciamo a lottare per realizzarli!". Già, i suoi piani avevano deviato percorso e doveva convincerlo che era giusto così! Basta frottole sugli Ugonotti, su una guerra della quale non aveva interesse, basta Marcel e quell'ambiente che lei odiava! Doveva portare di nuovo d'Artagnan dalla sua parte, proprio come aveva fatto quando si era risvegliato dopo il terribile incidente che l'aveva coinvolto quando lottava coi moschettieri.

D'artagnan le accarezzò i capelli. "Ma ora, che faremo?". Già, senza casa, in fuga...

Grethel sorrise. "Andremo a Rouen. Da ragazzina ci ho vissuto un pò di tempo e ho qualche amicizia che può aiutarci a trovare una casa di fortuna a poco prezzo". Già, quello era vero! Lei conosceva Rouen, ci era vissuta un anno. E Rouen era abbastanza vicina a Parigi e ai moschettieri. Con una scusa avrebbe organizzato un viaggio a Parigi con d'Artagnan e sarebbe andata alla ricerca dell'uomo che le aveva rovinato la vita. Ma prima dovevano sistemarsi, rimettere in sesto le cose, dopo quella precipitosa fuga.

Rouen era perfetta! Grande abbastanza per riuscire a nascondersi e passare inosservati, una città amica e conosciuta, con persone che l'avrebbero aiutata. Lì si sarebbe riorganizzata e da lì sarebbe ripartita alla carica. Con un nuovo piano, lontano dalla guerra e dalle prepotenze di Marcel.

Si strinse di più a d'Artagnan. "Ti amo... E ce la faremo!" - sussurrò. "Ti amo perchè, anche se ami combattere hai scelto me! Ti amo perchè per me vai contro tutto e tutti, anche contro le tue convinzioni e i tuoi ideali. Ti amo perchè mi hai seguita e ora sei quì!".

A quelle parole d'Artagnan si sciolse e ogni dubbio svanì dalla sua mente. Aveva fatto bene, la scelta giusta! Un vero uomo è tale se sa rendere felice la donna che ama, con onore e onestà, facendo fede alle promesse di matrimonio. E lui l'aveva fatto, era nel giusto!

La prese fra le braccia e la baciò a lungo.

Poi si rimisero in sella e a spron battuto e si diressero verso Rouen.


...


"Era d'Artagnan, ne sono sicuro!!!" - urlò Aramis, ormai senza più voce. Le bruciava terribilmente quanto fosse successo quel pomeriggio. Un susseguirsi di emozioni fortissime che si erano concluse con una grande rabbia e frustrazione. Dal dolore per la morte presunta di d'Artagnan erano passati all'incredulità di trovarselo davanti, dall'attimo di sbandamento dovuto alla sorpresa erano poi passati a quell'inseguimento forsennato per le vie di La Rochelle. E poi fine, era sparito nel nulla. Come, con chi, perchè scappasse da loro non gli era dato sapere... Tutto non aveva senso, che d'Artagnan fosse vivo, che fosse fuggito da loro con una donna sconosciuta, che avesse fatto perdere le sue tracce... Ma nonostante ogni logica, Aramis lo sapeva! Era lui e tutto DOVEVA avere una spiegazione! Dovevano solo cercarla!

Ma davanti a lei e ai suoi amici si frapponevano una guerra e le decisioni e il tono fermo e deciso del capitano De Treville.

Non credeva che avrebbe potuto irritarsi tanto col suo amato capitano... De Treville, tanto serio, tanto saggio, che l'aveva accolta nei moschettieri non tradendo mai il suo segreto con nessuno...

Porthos batté i pugni sul tavolo. "L'abbiamo perso di vista! Ma era lui e se voi ci permetteste di andare a cercarlo...".

"BASTA!!!". De Treville si alzò di scatto dalla sedia, pallido in volto e colmo di rabbia. Era una situazione difficile anche per lui ma mai avrebbe permesso a un suo moschettiere di obbiettare a degli ordini. "La vostra priorità è servire il nostro amato re! E ora la priorità è vincere questa guerra! D'artagnan o non d'Artagnan, questo non è un fatto rilevante! Vorrei che il vostro amico fosse vivo ma onestamente, dubito che fosse lui! Combatteva a fianco dei nostri nemici, me l'avete detto voi, ed è scappato con una donna che probabilmente appartiene alle fila degli Ugonotti! Era somigliante a d'Artagnan ma non era lui! E anche se lo fosse stato... un comportamento del genere significa TRADIMENTO verso il nostro corpo dei moschettieri e verso il re! Quindi, non c'è alcuna ragione per cui voi andiate a cercarlo! Non ora almeno, non con questa guerra in corso e non senza avere certezze! Allo stato attuale dei fatti, non posso concedervi alcun congedo per cercarlo, anche perchè non avete traccia alcuna! E io non permetterò che i tre migliori uomini del nostro corpo lascino il campo di battaglia all'inseguimento di un sogno, di un'illusione! Perchè, è di questo che si tratta...". Si accasciò nuovamente sulla sedia, stanco... "Certo, se sapessimo cose più certe, se sapessimo che è lui e che è nei guai, sarebbe mio dovere correre in aiuto di un mio fidato uomo... Ma così, NO! Gli ordini per voi rimangono gli stessi, rimarrete quì a combattere, come sempre!". E così dicendo, con un cenno della mano fece segno loro di congedarsi. Il cuore del vecchio capitano gridava di dolore... Avrebbe voluto che fosse davvero d'Artagnan ma non poteva, nel suo ruolo, privarsi di uomini come Athos, Porthos e Aramis nel corso di una guerra così terribile come quella che stavano combattendo...

Athos appoggiò le mani sulle spalle di Aramis e Porthos. Capiva perfettamente il dolore dei due amici ma capiva al contempo anche la posizione scomoda di De Treville. Non poteva conceder loro alcun congedo... "Capitano, col vostro permesso ci ritiriamo... E scusateci per il disturbo...".

Aramis e Porthos non fecero altre contenstazioni. Non ce n'era motivo, il capitano non avrebbe cambiato idea...

E mestamente i tre si avviarono alle loro tende per riposarsi per la notte...

Al momento, c'era ben poco da fare...


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Capitolo 8
*** Un incontro fortuito ***


Eccomi! Ci ho messo un pò ma sono stata oberata di lavoro, le elezioni mi hanno risucchiato tempo ed energia!

Però, per festeggiare il quorum raggiunto nei referendum, eccomi col nuovo capitolo!

Grazie a tutti quelli che leggono e commentano, grazie di ♥

Un bacione e a presto!!!





Un incontro fortuito



Rouen era una splendida cittadina. Non molto grande, allegra, vitale, storica per la maggior parte, formata da piccoli viottoli e casette dai tetti rossi, spioventi e a punta. Ed era in pace, non come La Rochelle...

E, sebbene lottare lo facesse sentire vivo, d'Artagnan non aveva potuto non innamorarsene... Finalmente un pò di pace, finalmente un pò di calore e intimità casalinga con sua moglie Grethel, finalmente un posto dove si viveva e non si moriva per le strade, durante i combattimenti.

Erano giunti due settimane prima e i signori Geronielle, una vecchia coppia amica di Grethel, gli avevano prestato una loro casetta in pieno centro. Piccolissima ma accogliente e arredata modestamente ma con buon gusto. L'ideale per una giovane coppia di sposi in fuga dalla guerra e alla ricerca di un pò di pace...

Quelle due settimane erano state belle... Per lui, perchè scoprire davvero, senza fretta e occhi indiscreti, una donna di cui non ricordava nulla era paragonabile alla gioia e alla sorpresa di quando si è piccoli e si scarta un regalo. Grethel era bella, in gamba, femminile, intelligente e amava ridere. A La Rochelle non si era accorto di questo lato del suo carattare perchè era sempre irascibile e sospettosa, mentre lì a Rouen era solare, felice... E d'Artagnan, giorno dopo giorno, capiva di aver fatto bene a compiere la scelta di abbandonare la guerra. A sua moglie aveva fatto bene. E anche a lui!

Anche Grethel era serena. E non era una farsa quella, le due settimane appena trascore con d'Artagnan erano state belle. Mai le era capitato accanto un uomo, seppur molto giovane, così gentile, onesto, innamorato, sincero e leale. Ben altri uomini aveva conosciuto nella sua vita e l'incontro con d'Artagnan sembrava messo apposta dal destino sulla sua strada per dare un raggio di luce alla sua esistenza... Certo, tutto si basava e fondava su una bugia, certo, c'era qualcuno che doveva raggiungere e d'Artagnan gli serviva allo scopo ma... c'era dell'altro... Pian piano, si stava scoprendo... innamorata... Davvero! Ed era la prima volta che le capitava sul serio. Gli piaceva quel giovane, gli piaceva stare con lui e amava il senso di pace che d'Artagnan riusciva a infonderle con la sua sola presenza. Niente e nessuno avrebbe dovuto mettersi fra loro, non lo avrebbe permesso!

La donna si rigirò nel letto, baciandolo sensualmente sulle labbra. "Forse... dovremmo uscire a comprare qualcosa, del cibo... Stiamo passando troppo tempo sotto alle lenzuola e fra un pò finirà che moriamo di fame!" - disse sensualmente...

D'artagnan sorrise, poi ci pensò su. In effetti, tutto quel 'movimento' gli aveva messo appetito. "Mh, si dovremmo... Non ne ho voglia ma abbiamo la dispensa vuota!".

Grethel annuì, poi sorridendo si alzò dal letto, rivestendosi con gesti lenti. "Bravo... Perchè sai, io sono come la vedova nera... Se ho fame, mangio i miei uomini!".

"E'?". D'artagnan la fissò spaesato, poi scoppiò a ridere, seguito di gusto da Grethel.

La ragazza si avvicinò al letto, lo prese per un braccio e lo tirò su. "Muoviti, i negozi chiuderanno fra un pò, è ormai il tramonto!".

Il guascone annuì. E un pò per necessità, un pò controvoglia, si vestì e uscì con la moglie per le vie di Rouen. In fondo, una bella passeggiata non ci stava male!

Grethel lo prese per mano, camminando allegramente, investita da quel bagaglio di sensazioni buone che d'Artagnan risvegliava in lei. Di sfuggita lo guardò mentre camminavano. Era poco più di un ragazzino, chissà che tipo era prima dell'incidente a La Rochelle? Insomma, di lui sapeva davvero poco, oltre al fatto che fosse un moschettiere fra i migliori, gli altri aspetti della sua vita gli sfuggivano. Chissà di dov'era originario, chissà chi erano i suoi genitori, chissà perchè era entrato nel corpo dei moschettieri, chissà se a Parigi aveva una fidanzata o una donna che amava e lo aspettava...? All'inizio, quando poco gli importava di lui, non si era mai posta quelle domande ma ora, sempre più insistentemente, affioravano alla sua mente...

"Siamo arrivati dal panettiere!" - disse d'Artagnan indicando il negozio – "Entra tu, ti aspetto fuori!".

"Perchè non vuoi mai entrare?" - chiese Grethel incuriosita da quella strana repulsione di d'Artagnan ai negozi.

D'artagnan alzò le spalle. "Perchè quei posti son pieni di massaie assatanate, mi è bastato il primo giorno per capire che non son posti per me!" - esclamò serio, ricordando il primo giorno a Rouen e la spesa infernale fatta per i negozi della città, pieni zeppi di donne alla caccia del miglior prezzo.

Grethel scoppiò a ridere a quelle parole. "Ma non ti piaceva combattere a La Rochelle? Questa è più o meno la stessa cosa! La guerra alla pagnotta migliore!".

D'artagnan scosse la testa convinto, mentre si tratteneva dallo scoppiare a ridere. "Ah no, i soldati sono MENO pericolosi della casalinghe!".

Grethel sorrise dolcemente, poi si avviò verso il negozio. "Come vuoi, aspettami quì!"'.

Rimasto solo, d'Artagnan si sedette tranquillamente su una botte posta fuori dal negozio, ammirando l'andirivieni tranquillo della gente che tornava a casa per la sera. Quella situazione gli metteva pace... Era frustrato dal fatto di non ricordare, ma da quando era arrivato a Rouen tutto era diventato talmente stabile e tranquillo che la fretta di riappropriarsi del proprio passato si era pian piano affievolita...

"D'ARTAGNAN!!!???".

La voce infantile di un bambino giunto in un lampo e paratosi davanti a lui come una furia lo fece sobbalzare, destandolo dai suoi pensieri. Il guascone guardò il piccolo che, con occhi sgranati lo fissava, eccitato. Era un monello di strada dai capelli castani lunghi, piedi scalzi e abiti sgualciti, di circa cinque o sei anni. "Scusa?" - chiese il giovane.

"D... D'artagnan, che sorpresa, che ci fai quì?" - chiese il bambino eccitato e sorpreso.

D'artagnan lo fissò. Non lo conosceva, evidentemente lo stava confondendo con qualcun altro, però in un certo senso, non gli era del tutto sconosciuto... Ma... "Mi spiace bambino, credo che tu mi abbia scambiato per un altro!" - disse gentilmente.

"Cosa?". Il bimbo sgranò gli occhi, poi gli corse vicino. "Mi prendi in giro? D'artagnan, sono io, sono Jean! Dai, smettila di scherzare, non sei contento di vedermi?" - disse aggrappandosi disperatamente alla camicia del giovane, scuotendola con forza.

D'artagnan indietreggiò, staccando il bambino da lui. "Scusa..." - mormorò stranamente turbato, mentre strane e nebulose immagini a cui non riusciva a dare senso, sembravano formarsi nella sua mente – "ma io... io non mi chiamo d'Artagnan! Il mio nome è Denis Rimaud, mi spiace...".

Jean spalancò gli occhi sorpreso, ma deciso ad insistere. Era d'Artagnan, ne era certo... Anche se la sua espressione sembrava annebbiata, confusa... Non ci capiva un accidente ma non si sarebbe arreso senza capire cosa stesse succedendo. "Cosa? D'artagnan, che ti prende???" - insistette disperatamente mentre, parlando, si accorgeva che lo sguardo vaquo di d'Artagnan assomigliava in modo impressionante allo sguardo perso che aveva Constance quando era rimasta ferita e priva di memoria a causa di Milady.

Il bambino fece per replicare quando una donna giovane e dai bellissimi capelli neri si parò fra lui e il suo amico. "Moccioso, cosa vuoi? Hai sentito mio marito, no? L'hai confuso con un altro, quindi sparisci e smettila di rompere!" - disse Grethel con aria minacciosa e furente, fulminandolo con lo sguardo.

Jean indietreggiò. E quella donna chi era? Poi... MARITO??? Lo sguardo del bambino divenne confuso... Era d'Artagnan, l'avrebbe riconosciuto ad occhi chiusi solo dal tono di voce... Però... Perchè quel nome falso? E perchè diceva di non conoscerlo? Chi diavolo era quella donna il cui sguardo tanto ricordava la perfida Milady? Cosa ci faceva d'Artagnan a Rouen e dov'erano i moschettieri?

Grethel gli lanciò un ultimo sguardo rabbioso, poi si avvicinò a d'Artagnan, prendendolo sotto braccio. "Andiamo a casa tesoro, questo bambino ci sta importunando e ho fatto la spesa! E' ora di cena!" - disse frettolosa, intenzionata ad allontanarsi il prima possibile da quel dannato bambino che, inaspettatamente gli si era parato davanti. Dannazione, un intoppo del genere non se lo aspettava! Chi diavolo era quel bambino? Probabilmente un altro pezzo del puzzle del passato di d'Artagnan che lei non conosceva. Però va beh, poco male, era un moccioso, non avrebbe dato più di tanto problemi, tuttal'più in virtù del fatto che a d'Artagnan, rivedendolo, non era tornata la memoria... Solo un piccolo moscerino fastidioso... "Andiamo?" - intimò frettolosamente al marito che fissava il ragazzino.

D'artagnan annuì, confuso. "Andiamo!".

Si incamminarono e Grethel si voltò un'ultima volta verso Jean. "E tu, tornatene a casa!" - intimò perentoria.

Jean rimase fermo a guardarli allontanarsi. Il suo istinto gli diceva che d'Artagnan era in pericolo. E poi... Lui mica era uno che prendeva ordini da una donna maleducata qualunque! Altro che andare a casa, li avrebbe spiati e seguiti di nascosto! E magari così ci avrebbe capito qualcosa.

Come un gatto agile, lesto e silenzioso, Jean seguì a debita distanza i due, nascondendosi dietro a muri, botti di vino, persone. Ogni tanto, si accorse, Grethel si voltava per vedere se li stesse seguendo ma, a occhio, sembrava non essersi accorta di niente...

E così facendo, Jean arrivò davanti alla piccola casa della coppia. Si accucciò dietro ad un muro, aspettando che qualcosa succedesse.

Nel mentre, giunti a casa, d'Artagnan e Grethel entrarono, chiudendo bene la porta. La donna mise il cibo comprato sul tavolo, simulando indifferenza. "Tesoro, ti preparerò una zuppa coi fiocchi!" - disse allegra.

Pensieroso, d'Artagnan guardò fuori dalla finestra. Quel bambino, quel nome... 'D'artagnan'... gli continuavano a frullare nella testa e non riusciva a levarsi quei pensieri. "S... Si..." - rispose, senza averla udita davvero parlare.

Grethel sospirò. Doveva riprendere in mano la situazione. "Ascolta Denis, era solo un moccioso di strada che probabilmente stava cercando di spillarti qualche soldo con quel mezzuccio di far finta di conoscerti! Dimenticatelo, a volte capitano queste cose e tu sei troppo sensibile per fartele scivolare addosso! Tutto quì!".

"Però" – obbiettò d'Artagnan – "Se avesse avuto bisogno d'aiuto?".

Grethel lo fissò. Ok, c'erano due modi per distrarre un uomo. Il primo era il cibo e non aveva funzionato. Il secondo era una piacevole attività sotto le coperte, cosa che lui amava. "Dimenticatelo..." - disse sensualmente avvicinandosi a lui, cingendolo con le proprie braccia prima di baciarlo e trascinarlo in camera da letto...


....


Era ormai notte. D'artagnan dormiva profondamente, spossato dalle doti amatoriali di Grethel. Lei invece era sveglia, sospettosa... Quel bambino non aveva l'aria di uno che si arrendeva tanto facilmente.

Si alzò silenziosamente dal letto e nel buio raggiunse la finestra. Sbirciò fra le tende e gli bastarono solo pochi minuti per avere una conferma ai suoi dubbi. Jean dormiva semi-nascosto all'angolo della casa davanti alla loro.

Bene, era ora di far capire a quel bambino che doveva girare al largo...

Si rivestì e poi, silenziosamente per non svegliare il marito, uscì fuori...

Scese in strada e si parò davanti a Jean, svegliandolo con uno strattone. "E allora moccioso, non hai capito cosa ti ho detto oggi?" - disse minacciosa.

Jean indietreggiò spaventato, preso alla sprovvista e mezzo addormentato. Accidenti, si era fatto beccare!!! "Cos'hai fatto al mio amico?" - disse senza mezzi termini, con la voce ancora impastricciata dal sonno.

Grethel lo prese per il bavero, sollevandolo di peso. "Il tuo amico NON è il tuo amico, capito? Vattene e non metterti in mezzo a cose più grandi di te! Se insisti, non hai idea del guaio in cui ti cacceresti!".

"NO!!!" - gridò Jean dimenandosi.

Grethel gli mise la mano sulla bocca. "Zitto! E ora oscoltami bene" – disse penetrandolo con lo sguardo dei suoi profondi occhi verde smeraldo – "Il tuo amico non esiste più, d'accordo!? Quindi, o tu ora te ne vai per la tua strada tranquillo e la smetti di rompere, oppure ti faccio fare una brutta fine, sicura di farla franca perchè sei un dannato moccioso di strada e nessuno verrà a cercarti... Chiaro?" - concluse sibillina.

Jean, ancora bloccato e impossibilitato a parlare, annuì con la testa.

E solo a quel cenno affermativo, Grethel lo liberò. "E ora sparisci! Se ti becco a gironzolare ancora quì in giro, me la pagherai!".

Jean non rispose nulla, indietreggiò di alcuni passi, poi fuggì. Ma non si arrese! Ora era certo, era d'Artagnan ed era nei guai. Ma da solo lui non poteva fare niente, lo sapeva bene! Era in viaggio per la Francia alla ricerca della sua mamma e un posto valeva l'altro. Quindi... Immaginava dove fossero Athos, Porthos e Aramis! A La Rochelle, impegnati in una guerra di cui tutti parlavano... C'erano tutte le forze del re impegnate in quella città, lo aveva sentito in giro...

Decise di partire. Li avrebbe cercati e gli avrebbe raccontato quello che aveva visto. E forse avrebbe scoperto una volta per tutte cosa era successo al suo migliore amico.



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Capitolo 9
*** L'unione fa la forza ***


Eccomi di nuovo fra voi con un nuovo aggiornamento (fatto il 14 luglio, festa nazionale francese, vale doppio XD). Come sempre, ringrazio chi segue e commenta questa storia. E per gli appassionati di Athos e Aramis, lascio una piccola, piccolissima scena. Spero vi piaccia, non sono amante particolarmente di questa coppia ma volevo fare un regalo a voi che mi seguite e che invece spasimate per loro. E' una scena piccolina è, però spero vi piaccia lo stesso ;)

Un bacione e alla prossima!!!






L'unione fa la forza



Per il piccolo Jean era stata una passeggiata arrivare a La Rochelle. Era un bimbo di strada e, a parte il periodo parigino in cui aveva vissuto a casa di monsieur Bonacieux, era avvezzo alla dura vita di senza tetto. Come tanti bambini di quella Francia seicentesca, sapeva bene come sopravvivere senza la certezza del cibo, senza la protezione di una famiglia, con unico tetto nelle giornate di pioggia, un ponte.

Sapeva viaggiare da solo senza mai piangere, senza farsi sconfortare dalla fame o dalle avversità che incontrava sul suo cammino, sapeva procurarsi cibo nei modi più disparati, sapeva lavarsi nei ruscelli che incontrava, sapeva capire con un solo sguardo se un suo eventuale interlocutore era una persona di cui fidarsi o no.

Per questo era riuscito a viaggiare da Rouen a La Rochelle senza particolari problemi. Spinto dalla sua furbizia, dal suo coraggio, dalla voglia di capire cosa fosse successo a d'Artagnan e di aiutarlo.

Ma giunto a La Rochelle il tutto si era fatto più difficile. Era una zona di guerra piena di militari e di Ugonotti inferociti. E lui era un bambino solo. Certo, non era un obiettivo militare, quindi dubitava di venire ferito o ucciso in qualche azione di guerra. Però quello era comunque un territorio ostile, pericoloso e niente e nessuno gli avrebbe garantito di non essere ferito casualmente in qualche azione di guerra.

Aveva individuato abbastanza in fretta la zona dove era accampato il corpo dei moschettieri del re e si era avvicinato e mischiato fra i militari con umiltà, silenziosamente. Per non disturbare le azioni di guerra, per non farsi scoprire e magari allontanare. In fondo, a lui di quei combattimenti non importava proprio niente. Voleva solo trovare Athos, Porthos e Aramis! Digli cosa gli era successo, raccontar loro di d'Artagnan, sentire da loro la storia dell'amico...

Ci aveva messo tre giorni per trovarli. Di giorno il campo era pressocché deserto, solo le reclute più giovani rimanevano a guardia di tende e munizioni.

Era stato notato, gli era stato anche chiesto di allontanarsi, che quello non era posto per un bambino. Ma non l'aveva fatto! Se n'era stato accucciato, in silenzio, senza disturbare troppo. In attesa del momento in cui avrebbe incontrato i tre moschettieri! L'avevano probabilmente scambiato per qualche monello curioso o per il figlio di qualcuno, non aveva importanza. Non l'avevano cacciato, era riuscito a rimanere, nascondendosi nell'ombra.

E finalmente, alla terza sera, li vide...

Stanchi, con gli abiti pieni di polvere, Athos, Porthos e Aramis avanzavano fra le tende. I loro visi erano spenti, distrutti da guerra, desolazione e spossatezza...

Il cuore di Jean prese a battere all'impazzata! Quanto era felice di rivederli!!! Gli erano mancati quei valorosi uomini di guerra, quel gruppo di amici affiatati e fidati che avevano fatto quadrato con d'Artagnan, che si erano presi cura di lui, che avevano combattuto contro i peggiori nemici di Francia, che per lui che non ne aveva mai avuta, erano stati una famiglia...

Gli corse incontro, felice.

Aramis spalancò gli occhi, sorpresa. Un'allucinazione??? "Jean???".

Anche Porthos e Athos si fermarono spaesati. Che ci faceva lì il loro piccolo amico???

Ma non era ancora tempo di domande. Solo di abbracci.

Jean corse loro incontro, saltò al collo di Aramis e si strinse a lei. La tensione abbandonò il suo piccolo corpo e il bambino scoppiò in un pianto a dirotto. Un pianto liberatorio. Finalmente, in quel luogo di guerra, non era più solo...


...


Mezz'ora dopo si trovavano tutti nella tenda di Porthos. Avevano rinfocillato Jean, lo avevano aiutato a calmarsi e ora tutti aspettavano da lui qualche risposta. Perchè si trovava lì? Cos'era successo? Nessuno si sarebbe mai aspettato di vederlo, non a La Rochelle almeno...

"Allora Jean, che ci fai quì? E' un campo di battaglia questo, non è un luogo adatto a te, lo sai...?" - chiese gentilmente ma con il tono serio che sempre lo contraddistingueva, Athos. Gli era balenata l'idea che Jean fosse giunto lì perchè alla ricerca di d'Artagnan ma aveva evitato di nominare il loro amico scomparso. Per Jean sarebbe stato un terribile shock scoprire cos'era successo al guascone e Athos, per quanto possibile, voleva evitargli ulteriori sofferenze. Era ancora troppo scosso per sapere della scomparsa dell'amico!

Jean inghottì l'ultimo pezzo di pane. Poi sospirò, ripensando all'incontro di poche settimane prima con Grethel e d'Artagnan a Rouen. "Io...". Deglutì, non riuscendo però a continuare... Brutta cosa il groppo in gola, quando devi dire qualcosa!!!

Aramis gli si inginocchiò davanti e dolcemente gli accarezzò una guancia. "Coraggio, ora sei fra amici! Dicci cosa ti è successo...".

Jean la guardò. Era tanto dolce Aramis... Si vedeva lontano un chilometro che possedeva una grazia e un'eleganza nei gesti che difficilmente si conciliavano col rude mondo dei moschettieri... Eppure, era una donna e nonostante questo, era fra i migliori di quel corpo di soldati! Jean sorrise... Era vero, era fra amici! E d'Artagnan non c'era, conferma che quello che aveva visto a Rouen era proprio lui e non si era confuso con un'altro! Doveva parlare... "Io sono quì perchè vi cercavo... Ho girato, da quando sono partito, il nord della Francia alla ricerca della mia mamma! E negli ultimi tempi ero a Rouen. E' una città grande e pensavo che magari la mia mamma fosse lì! Beh, non ho trovato lei ma un'altra donna... Una donna molto bella, coi capelli neri e gli occhi verdi... E con lei c'era... c'era... d'Artagnan!". Il bambino alzò lo sguardo e incontrò gli occhi sorpresi dei tre moschettieri che lo guardavano sbalorditi.

Athos deglutì. Una donna dai capelli neri... Ricordava l'incontro con d'Artagnan durante gli scontri del porto e la sua fuga con una donna simile alla descrizione che stava facendo Jean. Allora non si erano sbagliati, allora davvero quello era d'Artagnan!!! Dannazione, erano davvero tanto vicini al loro amico disperso... "Cosa...?" - chiese con un filo di voce.

Aramis gli si avvicinò con più foga. "D'artagnan??? Hai visto davvero d'Artagnan a Rouen???" - urlò. Da quando il ragazzo era scomparso, quel senso di colpa per non averlo protetto non l'aveva mai abbandonata...

Jean indietreggiò, preso un pò alla sprovvista da quella reazione e intimorito. "Sì, con quella donna dai capelli neri!".

"E che ti ha detto?" - chiese Porthos con tono grave.

Jean scosse la testa. "Nulla! Non mi ha riconosciuto. E quella donna diceva che era suo marito! E lui diceva che era vero e che non mi conosceva! Quella donna mi ha minacciato, mi ha detto di stare lontano da lui che se no mi sarebbe successo qualcosa di brutto! Mi ricordava tanto Milady, cattiva uguale!". Sbuffò, poi alzò il viso a guardare i tre uomini. "E così, sono venuto a cercare voi! Ma cos'è successo a d'Artagnan?".

I tre abbassarono lo sguardo e solo Athos se la sentì di parlare. Aramis era troppo scossa e Porthos non era mai stato un mago della conversazione e del tatto. "D'artagnan è stato dato per disperso e morto in un'azione militare tempo fa... Non sapevamo più nulla di lui e il suo corpo putroppo non è mai stato ritrovato. Pensavamo tutti fosse morto ma poi l'abbiamo visto anche noi, tempo dopo... Ci è apparso davanti in battaglia, come per magia... Siamo rimasti sconvolti, abbiamo cercato di avvicinarlo, anche se non eravamo convinti che fosse davvero lui! Ma non ci ha riconosciuti, ci ha combattuti ed è scappato con una donna molto somigliante alla descrizione che stai facendo tu! Quindi, era davvero d'Artagnan quel giorno... E' ancora vivo e di questo sono felice! Ma non capisco cosa sia successo, chi è la donna che lo ha fatto scappare da quì e che si spaccia per sua moglie a Rouen. E perchè lui la asseconda...".

"Dobbiamo scoprire cosa è successo ragazzi!!!" - tuonò il vocione di Porthos.

Aramis era rimasta in silenzio, ascoltando sia il racconto di Jean, sia rivivendo mentalmente il giorno in cui avevano rincontrato il guascone... Il comportamento di d'Artagnan era apparso strano a tutti allora... Perso, smarrito, come se fosse un'altra persona... "Ha perso la memoria!!!" - scattò. Ma certo, in fondo non era la soluzione più ovvia!!!???

"Cosa???" - chiesero Athos, Porthos e Jean in coro.

Aramis, rossa in viso, spiegò... "Vi ricordate Constance? Anche lei dopo un incidente aveva perso la memoria e non riconosceva nessuno! E ora d'Artagnan ha vissuto un trauma simile, non potrebbe essere che abbia un'amnesia come era capitato a Constance ee non si ricordi di noi?".

Athos si lisciò i baffi, pensieroso... "Come spiegazione ci potrebbe stare, è logica e ha senso! Se tu avessi ragione Aramis, saremmo sulla giusta strada per capire cosa è successo al nostro amico... Però, è tutto il contorno che non quadra! Chi è la donna che era con lui? Cos'ha in mente? E in che rapporti sono?".

"C'è solo un modo per scoprirlo!!! Si va a Rouen tutti e quattro! Jean ci farà da guida, lo troveremo e lo leveremo dalle grinfie di quella donna!" - urlò entusiasta Porthos.

Athos annuì... "Già, ma c'è un problema...".

L'entusiasmo di Porthos si sgonfiò... In effetti... la guerra... E soprattutto... "De Treville, giusto?" - sussurrò, mentre l'entusiasmo scemava e già si vedeva davanti il capitano che faceva NO con la testa...

Aramis si avviò verso l'uscita della tenda. "Andremo a parlare con lui insieme a Jean! Gli spiegheremo cosa abbiamo scoperto e gli chiederemo un congedo!!!". Era risoluta, niente l'avrebbe fermata. Il senso di colpa che era nato in lei dal giorno in cui d'Artagnan era scomparso stava scomparendo, lasciando posto alla voglia di salvare l'amico. Niente era perso davvero per sempre! E, ne la guerra, ne il capitano, ne il re sarebbero riusciti a farla desistere dai suoi propositi!!!


...


"NO!!!". L'urlo di De Treville tuonò per tutto l'accampamento addormentato. "E con questo, ogni discorso è chiuso!". Il viso del vecchio comandante era stanco e spossato da mesi di guerra e di sofferenze. Le privazioni, il vedere molti suoi uomini partire per non tornare lo avevano segnato nell'animo e in quelle ultime settimane era più cupo, intrattabile e severo del solito. Aveva ascoltato attentamente quanto riferito dal piccolo Jean e le spiegazioni a cui erano giunti i moschettieri. Sapere che il giovane guascone era molto probabilmente vivo – anche se nei guai quasi sicuramente – lo riempivano di una gioia che però, nel suo ruolo, non poteva esternare. E nemmeno, nel suo ruolo, poteva concedere licenze agli uomini migliori al servizio del re per andarlo a cercare. L'avrebbe volentieri fatto lui stesso, ma non poteva nemmeno pensare a una cosa del genere...

Athos protestò vivamente. "Ma capitano, avete sentito quello che vi abbiamo detto? D'artagnan è vivo e noi dobbiamo...".

"VOI DOVETE COMBATTERE PER IL RE!!! E' IL VOSTRO COMPITO, LA VOSTRA MISSIONE!!! SIETE MOSCHETTIERI E NON RAGAZZINI CHE INSEGUONO UN SOGNO!!! E C'E' UNA GUERRA IN ATTO!!!". De Treville urlò talmente forte che divenne rosso in viso, mentre il fiato gli si faceva corto.

"Anche d'Artagnan è un moschettiere e ha sempre servito il re con fedeltà!!! Non merita aiuto, ora che ne ha bisogno??? Ricordate i suoi servigi alla corona, sia nelle faccende riguardanti Milady e il Cardinale, sia per quanto riguarda Maschera di Ferro!!!??? Se non fosse stato per lui, forse non ne saremmo usciti vincenti!!!". Aramis era disperata! Capiva la posizione del capitano e quanto dolore provasse ma non lo accettava.

"Ho detto di ritirarvi nelle vostre cuccette!!!" - sbiascicò il capitano fra i denti, innervosito.

Aramis lo fissò... De Treville era stato la sua salvezza, l'inizio della sua rinascita e della sua nuova vita. A lui doveva tanto, tutto. Se ora aveva amici, una casa, sogni forse, lo doveva a lui e alla grande opportunità che gli aveva dato... Ma riteneva di aver saldato, in anni di fedele servizio, il suo debito verso di lui. E decise. Lentamente si tolse la casacca da moschettiere e la pose sulla scrivania del capitano. "Se il problema è il mio ruolo da moschettiere che non può abbandonare il campo di battaglia, allora rassegno le mie dimissioni! Me ne vado, lascio i moschettieri!" - disse risoluta.

Athos la fissò. Aramis era diversa da loro... Di lei – perchè era sicuro ormai si trattasse di una lei, l'aveva capito in anni di stretta vicinanza – tutto si poteva dire ma non che non fosse cocciuta. Era una donna e come tale, se si metteva in testa una cosa, era difficile farle cambiare idea. Le donne sanno essere testarde molto più degli uomini e più battagliere per le cose che stanno loro a cuore e Athos lo sapeva bene. Non sapeva nulla del perchè lei fosse un moschettiere e della sua vita passata. Ma decise che non gli improtava. La apprezzava e basta... E l'avrebbe ammirata sempre, anche in silenzio, anche fingendo di non sapere... Lentamente, anche Athos si tolse la casacca. "Io faccio lo stesso capitano! Da oggi non sono più un moschettiere!".

Aramis si voltò verso di lui. Fiero, alto ed elegante, Athos fissava De Treville fisso negli occhi, senza nessuna ombra di esitazione per quanto aveva appena fatto e detto. La ragazza arrossì... Athos era bello, intelligente, colto... La vera mente del gruppo... Solo lui riusciva a farla arrossire come solo la donna che una volta era stata riusciva a fare... Odiava questa cosa ma era così e col tempo aveva accettato questa sua debolezza. Anche se, accuratamente, aveva evitato di chiedersene il motivo...

E infine toccò a Porthos. "Mi dimetto anche io capitano!" - disse semplicemente.

De Treville fissò i tre sorpreso e pensieroso, poi si abbandonò sulla sua sedia con aria sconfitta. "Riprendetevi le vostre casacche!" - disse in tono stanco e un pò più gentile di poco prima – "non è necessario dimettersi...".

"Si che lo è, se non ci lasciate andare!!!" - obiettò Porthos.

De Treville sospirò. Spiegarlo al re e al Cardinale non sarebbe stato facile ma si sarebbe inventato qualcosa... I suoi tre migliori uomini erano decisi e determinati in quello che volevano. E che voleva anche lui in fondo, era innegabile... Riportare a casa d'Artagnan sarebbe stata la sua più grande vittoria e gioia, in quella guerra assurda... "E sia! Vi concedo un congedo! Per un'azione di guerra segreta, ecco cosa dirò al re! Dirò che d'Artagnan è stato individuato e che voi tre, in incognito, siete andati a liberarlo dal nemico che lo tiene prigioniero. Il re era molto rammaricato per la sua scomparsa e credo non obbietterà se vi assentate – per il più BREVE tempo possibile – per riportarlo da noi. Rimarrò sul vago con il re e credo che andrà tutto bene... Se ci fossero problemi, vedrò di risolverli in via confidenziale con lui... In fondo, siamo amici da anni! Per quanto riguarda il Cardinale... Beh, lui ha le sue gatte da pelare coi suoi uomini impegnati in battaglia, quindi dubito verrà a ficcare il naso nelle nostre questioni interne". Già, non poteva fare altro. Il re si sarebbe infuriato di più per tre valorosi uomini dimissionari e disertori che per qualche giorno di congedo per un'azione, dopo tutto, di guerra...

Gli occhi dei tre moschettieri brillavano di gioia. Il loro amato capitano non li aveva delusi nemmeno quella volta. "Grazie capitano!!!" - esclamarono allegri, riprendendo le loro casacche blu.

De Treville annuì. "Aspettate a ringraziarmi! Se tornerete con un nulla di fatto, assaggerete la mia punizione! Questa vostra missione NON deve fallire, capito?".

"Ci conti capitano!" - lo rassicurò Porthos con rinnovata allegria.

Uscirono allo scoperto, seguiti da Jean che non aveva fiatato durante il colloquio con De Treville.

"E allora, si parte?" - chiese Athos.

"Certo, subito!" - rispose Aramis.

Porthos estrasse la spada. "Prima di andare a salvare quello scavezzacollo di d'Artagnan che come al solito si è cacciato nei guai con una bella donna, ci vuole il nostro rito propiziatorio ragazzi, che ne dite?".

Athos e Aramis annuirono. E mentre Jean li guardava estasiato, pronunciarono il loro famoso motto con le spade alzate al cielo. "Uno per tutti, tutti per uno!!!".

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Capitolo 10
*** Operazione di salvataggio ***


Ci sono, ci sono!!! Scusate per l'immenso ritardo, quì a parte me siete tutti velocissimi a scrivere e ciò mi ha spronato! Fra ferie e tutto, non sono riuscita ad aggiornare prima e spero di farmi perdonare con questo capitolo. Di nuovo, scusate per i tempi lungi di aggiornamento, ma se può farvi star meglio, sappiate che son stata punita dalla maledizione dei vacanzieri e ho passato delle ferie di m...da XDDDDDD

Grazie a chi legge, recensisce, ha messo la storia fra le preferite, seguite o da ricordare, grazie anche a chi legge solo in silenzio. Thank you, grazie a Tetide, Kitty, Citosol e Dagen_Aramis, giusto per citare gli ultimi recensori ♥






Operazione di salvataggio



I tre moschettieri e il piccolo Jean erano giunti a Rouen tranquillamente, senza grossi intoppi nel viaggio. La cavalcatura e l'andatura erano stati veloci, così come veloce batteva il loro cuore in tumulto.

Per Athos, Porthos e Aramis era stato uno shock scoprire che d'Artagnan era ancora vivo, anche se tutto ciò che sembrava circondare il loro amico scomparso, pareva offuscato da un alone di mistero. Il racconto del piccolo Jean aveva lasciato molti punti oscuri e difficilmente sarebbero venuti a capo di tutta la verità. Ma a loro poco importava! Chi fosse la donna che lo teneva prigioniero e che si fingeva sua moglie, il perchè lui fosse a Rouen, il tipo di ferite riportate passavano in secondo piano. Ai moschiettieri non interessavano queste cose, loro volevano solo ripendersi l'amico, liberarlo dalle grinfie di una donna apparentemente crudele e tornare insieme a Parigi dove avrebbero aiutato d'Artagnan a ritrovare se stesso, la sua vita e i suoi affetti. Era un dovere, una missione, un non venir meno all'amicizia che si erano giurati dal primo momento!

Partire da La Rochelle era stato facile, dopo il benestare di De Treville, ora veniva il difficile. Rouen era una cittadina tranquilla, in pace, lontana dai tumulti che avevano scatenato gli Ugonotti e dalle trame tessute nei palazzi dei potenti di Parigi. L'ambiente circostante li avrebbe aiutati, mantenendoli in una situazione tutelante e serena ma tutti sapevano che dovevano stare attentissimi. Chi fosse la donna in compagnia di d'Artagnan, quali amicizie avesse, quali fossero i suoi piani e i limiti fin dove si sarebbe spinta, questo loro non lo sapevano e quindi dovevano muoversi coi piedi di piombo!

"Che si fa, si usa la forza?" - chiese Porthos cavalcando, per spezzare il silenzio pesante che si era formato sulla strada verso Rouen.

Athos ci pensò su. "Mh... non so! Dobbiamo valutare i pro e i contro e non sappiamo ancora bene in che ambiente ci muoveremo!". Se d'Artagnan e la donna fossero stati solo in due, forse l'azione di forza sarebbe stata efficace ma allo stato dei fatti non sapevano se ci fossero complici ad aiutare la misteriosa dama che si fingeva la moglie del guascone.

"Jean, in che zona si trova la casa dove vivono d'Artagnan e quella donna?" - chiese Aramis.

Il bimbo annuì. "Ecco, si trova quasi al centro di Rouen, in uno dei vicoletti in zona est che danno sulla piazza principale. Son tutte casettine piccole e le vie, a ridosso della casa, sono strette ma man mano che ci si avvicina alla piazza si allargano e ci si può passare anche con un carro. E da lì, dalla piazza e percorrendo la via principale che va verso sud, poi si arriva alla periferia e infine alle campagne".

Athos sospirò. "Bene... Questa è un'ottima cosa!".

"In che senso?" - chiese Porthos.

"Vedete, sia che decidiamo di intraprendere un atto di forza, sia che si decida di agire con altri mezzi, il fatto che la zona circostante a quella in cui d'Artagnan vive sia inarrivabile con mezzi di trasporto, gioca a nostro favore. Se lo recuperiamo, con la forza o con l'astuzia e riusciamo a trascinarlo fino alla piazza dove uno di noi attende con carro e cavalli, poi la fuga ci sarebbe anche abbastanza semplice. Sempre che la donna sia sola e non abbia complici!".

Aramis annuì. "L'idea è buona ma..." - si voltò verso Jean, in cerca di risposte – "C'erano altri con loro due, quando sei stato di vedetta fuori da quella casa?".

Jean scosse la testa. "No, non mi pare! Quando ho visto d'Artagnan la prima volta, era fuori da un panettiere che aspettava lei ed erano soli. E quando poi li ho seguiti fino a casa e son stato di guardia, a parte loro non ho visto entrare e uscire nessuno. E ci son stato per ore!".

Porthos scoppiò in una risata fragorosa. "Ottimo, la sorte ci è amica!!! Tre forti moschettieri contro una donnetta! Ha spaventato Jean, ma che mai potrebbe fare a noi? E' una donna sola...".

"Anche Milady era una donna sola, eppure ci ha creato – e a lungo – numerosi problemi! Non sottovalutiamola!!!" - rispose, gelida, Aramis.

Porthos smise subito di ridere, mentre le gesta di Milady sfilavano nella sua memoria. "Già, scusate... Quindi, che si fa?".

Athos annuì. "Aramis ha ragione, MAI sottovalutare un nemico, soprattutto quando ci sembra innocuo. Da come l'ha descritta Jean, quella donna pare determinata e pericolosa, ragion per cui io scarterei l'ipotesi di un attacco di forza e punterei invece sull'astuzia!".

"Cioè?" - chiese Porthos.

Lo sguardo di Athos si fece saggio e determinato. "Vedete, dopo aver incontrato Jean, probabilmente quella donna teme un qualche altro 'avvicinamento' inopportuno... D'Artagnan, se davvero di amnesia soffre, può essere forse raggirato da lei, ma dubito sappia riconoscere eventuali amici o nemici che gli si avvicinano e nemmeno la donna sa da dove potrebbero arrivare eventuali incursioni esterne. Ma però, se lei era a La Rochelle, potrebbe essere che mirasse a d'Artagnan dall'inizio e che sia stata lei a catturarlo. E se mirava a d'Artagnan, sicuramente sa chi siamo noi!".

Porthos era sempre più scoraggiato... Altro che azione facile facile, man mano che Athos parlava, l'entusiasmo andava a farsi benedire e subentrava la paura dell'ignoto. "E se così fosse, amico, siam fregati!".

Athos sorrise di nuovo, con sguardo sempre più furbo. "Non è detto! Lei non sa cosa aspettarsi, non sa se, come e quando arriveremo e non sa nemmeno con certezza che sappiamo dove si trova col nostro amico. Sa forse chi siamo, ma se a Rouen non sembrassimo noi...".

Gli occhi di Porthos, Aramis e Jean si piantarono sul moschettiere con faccia incuriosita. "Che vuoi dire???".

Athos scoppiò a ridere, di gusto. "Dico che ho un piano in mente... Arriveremo a Rouen in incognito, alloggeremo in una bella locanda nelle vicinanze della casa di d'Artagnan e poi...". E sotto voce, per timore di essere sentito da terzi, spiegò ai suoi compagni di viaggio come intendeva salvare il loro amico.


...


Da quando aveva incontrato il piccolo Jean, Grethel era diventata ancor più paranoica e malfidente verso chiunque. Le occasioni di uscita con d'Artagnan si erano ridotte di molto, al minimo indispensabile, e lei ogni volta che diceva di no a una proposta del guascone di uscire, si barcamenava a trovare una buona scusa per stare in casa. Era nata per raccontare frottole ma, man mano che i giorni passavano, la sua capacità di inventare bugie era comunque messa a dura prova.

Era una situazione logorante ma non poteva farne a meno. Ancora non erano così saldamente legati perchè lei potesse ottenere da lui aiuto e fiducia incondizionati. E poi... forse, cominciava davvero ad amare quella pace 'domestica', la compagnia di quel giovane gentile. Mai nella sua vita si era trovata tanto bene con qualcuno, solo da piccola, vicino a sua madre che la accudiva e amava, si era sentita tanto tranquilla e in pace con se stessa...

Fu proprio il pensiero di sua madre a farla tornare alla realtà. Non poteva ammorbidirsi e farsi trascinare dai sentimentalismi e da quello strano rapporto d'amore che stava nascendo con quel giovane moschettiere. Lei aveva una missione da compiere, l'aveva giurato sulla tomba della madre. Doveva trovare chi aveva rovinato la vita di entrambe e vendicarsi. E quel qualcuno si trovava nel corpo dei moschettieri. E d'Artagnan era un moschiettiere, il viatico ideale per avvicinarsi a quel mondo!!! Che ne fosse innamorata o no, l'avrebbe usato, sarebbe arrivata a chi voleva arrivare servendosi di lui e poi... e poi chissà se dopo la vendetta, fra loro sarebbe potuto nascere qualcosa di autentico...?

Un pò ci sperava in fondo. Le piaceva quel ragazzo dagli occhi gentili, dal faccino pulito, dai mille ideali... Era una bella persona ed era sicura che lo fosse anche prima di perdere la memoria... Ed era gentile, la trattava come un qualcosa di prezioso da rispettare e amare, si metteva sempre in secondo piano rispetto a lei. Tenero e appassionato quando facevano l'amore, d'Artagnan si era dimostrato un finto marito perfetto e, ne era sicura, sarebbe stato un ottimo marito anche una volta sposato sul serio. Ma non era ancora tempo per quelle fantasie romantiche, ora era tempo di vendetta e di odio... Doveva farlo, non poteva voltar pagina ora che tanto vicina era alla meta!

"Grethel, la dispensa è vuota!" - esclamò d'Artagnan aprendo una delle ante della loro piccola cucina.

La donna si morse il labbro. "Forse, abbiamo ancora nella cesta un pò di verdure per farci una zuppa per cena però!".

D'artagnan alzò il cesto di fianco al tavolo, irrimediabilmente vuoto. "No... A meno che tu non voglia digiunare, mi sa che oggi ci toccherà di uscire per fare un pò di spesa!".

Grethel sospirò. L'idea di uscire non la entusiasmava troppo... E se il moccioso impiccione fosse stato ancora nei paraggi? Il rischio che d'Artagnan lo vedesse una, due, tre volte e pian piano ricordasse era alto... Certo, il bambino non si era fatto più vedere dal loro colloquio e probabilmente si era spaventato davanti alle sue minacce, ma era meglio essere cauti... Però, questo mal si conciliava con la sua scarsa voglia di digiunare!!! "Va bene, usciamo... Però, facciamo presto, ho ancora un pò di emicrania..." - si lamentò.

D'artagnan le si avvicinò preoccupato, accarezzandole i capelli. "Ancora? Non sarebbe meglio chiamare un dottore? Sono giorni ormai che non stai bene!".

Grethel sorrise davanti alla preoccupazione del giovane, sentendosi in colpa per le continue bugie. "Tranquillo, ne soffro da molto, va tutto bene ed è tutto nella norma. Passerà, è solo colpa di quest'umidità che c'è nell'aria! Magari, uscire per qualche minuto mi farà bene". E così dicendo, lo baciò sulle labbra...

D'artagnan sorrise, felice di uscire. Stare chiuso in casa lo faceva sentire come un animale in gabbia. L'inattività era una cosa che odiava e poi... dava troppo da pensare il non far niente... Da quando aveva visto il bambino alla panetteria alcune settimane prima, strane visioni improvvise affollavano la sua mente, sia da sveglio che nei suoi sogni. Non riusciva a dare un significato a quelle visioni e ciò lo turbava. Un qualcosa di conosciuto e allo stesso tempo sconosciuto, ecco cos'era quello che vedeva nei flash back della sua mente. Uomini con la divisa da moschettiere, una casetta bianca, i capelli lunghi e biondi di una giovane ragazza, un cavallo giallo e spellacchiato e poi grandi palazzi, spade, balli... Tutte cose di una vita che, all'apparenza, non gli appartenevano...

Eppure, quelle visioni gli apparivano tanto come parte di lui...

Chissà chi era davvero quel bambino...? Probabilmente però, nessuno gli avrebbe mai dato risposte... Non certo Grethel che, ogni volta che ne aveva parlato, si era decisamente alterata!

Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta. "APRITE!!!" - urlò il vocione di un uomo.

Grethel, che si stava mettendo il mantello per uscire, sussultò. E ora, chi diavolo era??? L'ansia l'assalì...

"Chi è?" - rispose d'Artagnan incuriosito, avvicinandosi alla porta prima che Grethel potesse fermarlo.

"Aiutatemi, mia moglie è stata colta da doglie all'improvviso e non sappiamo dove andare! Siamo due viandanti!!! Aprite per favore, ho bisogno d'aiuto!!! Mia moglie sta male!!!" - gridò l'uomo.

Dalla porta, sia d'Artagnan che Grethel sentirono dei lamenti di donna.

"Non apriamo!!! E' pericoloso!!!" - tuonò Grethel.

"Ma dai Grethel, hai sentito, sono una coppia che sta per avere un bambino e sono in difficoltà. Cosa vuoi che succeda se facciamo una buona azione? Siamo viaggiatori anche noi e siamo sposati... E magari un giorno ci troveremo nella stessa situazione e... se anche noi trovassimo porte sbarrate e nessun aiuto?" - obiettò d'Artagnan.

Quelle parole fecero sussultare la donna che, ancora una volta, si ricordò della madre e di quanto, da sola e senza aiuti, avesse faticato per farla crescere e garantirle almeno un pasto al giorno. Forse d'Artagnan aveva ragione... Si avvicinò alla porta e, meccanicamente, l'aprì... "Va bene..." - disse, spalancando l'uscio.

"Brava!" - rispose d'Artagnan.

La porta si aprì e davanti alla coppia comparve un uomo gigantesco, coperto da un mantello blu, che teneva fra le braccia una donna anch'essa coperta da un lungo mantello da cui fuoriuscivano dei lunghi capelli biondi, che si lamentava vistosamente. L'uomo si guardò in giro, squadrò prima Grethel e poi, sussultando, il giovane d'Artagnan. "Grazie..." - disse lentamente entrando.

"Appoggiate vostra moglie sul divano!" - disse frettolosamente Grethel.

L'uomo annuì, appoggiando la donna. Poi si voltò verso Grethel. "Credo che sia in travaglio già avanzato. Avete dell'acqua signora?".

Grethel annuì. "Si, nel cortile interno della casa c'è un pozzo! Dovete aiutarmi a portarne dentro dei secchi però, è pesante e da sola non riesco a trasportarla. Ne servirà molta. Mi dovrete aiutare, siete grande e grosso, faremo in un attimo!". Poi si voltò verso d'Artagnan. "Denis, sta con lei, torneremo subito!".

D'artagnan annuì. "Va bene!" - rispose, sedendosi al bordo del divano accanto alla donna bionda.

Grethel si voltò verso il nuovo venuto. "Voi, venite con me!".

Da sotto il mantello, Porthos sorrise sornione. Ora aveva la conferma... Era d'Artagnan e lui e la donna sembravano soli... Il piano di Athos era perfettamente riuscito! Lui marito preoccuato e Aramis, perfetta nei panni di donna come aveva presagito Athos, mogliettina incinta! Attraversarono la cucina, mentre Porthos si guardava intorno guardingo, alla ricerca di possibili complici. Che per fortuna non c'erano!!! Una volta arrivati in cortile e appurato che erano soli, si mise alle spalle di Grethel che si era avvicinata al pozzo.

"Che aspettate, non volevate dell'acqua per vostra moglie?" - chiese Grethel frettolosa, indicando il secchio del pozzo.

Porthos sorrise. Poi si infilò la mano sotto al mantello, fino alla sua cintura dove teneva legata una lunga corda. "Uso i miei mezzi signora, per ottenere quello che voglio!".

"Cosa?".

Grethel non fece in tempo a replicare. Con un gesto secco Porthos si scansò del mantello, estrasse la corda, balzò contro la donna e la immobilizzò col suo peso. Infine la legò, stretta. "Siete mia!!!" - urlò, quando ormai Grethel era inerte.

La donna fece per divincolarsi ma la stretta di Porthos era ferrea. "E' inutile mia cara, tutto inutile!".

"Chi siete???" - urlò Grethel, anche se temeva di sapere la risposta.

"Porthos, moschettiere di sua maestà. E voi avete un qualcosa che a me sta a cuore, un mio amico!!! Son venuto a riprendermelo per riportarlo a Parigi. E ringraziate che siete una donna e che non ho tempo di star quì ad indagare sul perchè avete fatto ciò che avete fatto e ad uccidervi, se no a quest'ora sareste già finita all'inferno!".

Grethel tentò di urlare ma Porthos la imbavagliò e poi la riportò di forza in cucina, chiudendola dentro.

Poi tornò da d'Artagnan e Aramis, che faceva ancora finta di essere una donna in preda alle doglie, in attesa di notizie da Porthos.

Quando il gigantesco moschettiere entrò, il guascone lo guardò incuriosito. Non aveva più il mantello, non aveva in mano il secchio dell'acqua e sua moglie non c'era. "Dov'è Grethel?" - chiese a Porthos.

"Di la a scaldare l'acqua!" - rispose l'omone, mentre realizzava che finalmente conosceva il nome della donna che aveva appena aggredito, della loro nuova nemica.

"Vado ad aiutarla allora!" - fece d'Artagnan alzandosi.

Ma Aramis lo chiamò. "Aspettate, devo parlarvi..." - disse prendendolo per un braccio.

"E'?". Il giovane si voltò verso di lei e Aramis, da sotto al mantello, tirò fuori un'ampollina contenente un liquido rosaceo. Con decisione spruzzò il contenuto dell'ampolla sul viso di d'Artagnan prima che si scansasse e in un attimo il ragazzo era a terra, privo di conoscenza.

I due moschettieri si guardarono soddisfatti. "Missione compiuta Porthos?!" - esclamò Aramis sollevata e felice. Era d'Artagnan, ERA D'ARTAGNAN!!! Ed era vivo!!! In vita sua, forse, non era mai stata felice come in quel momento!!!

Porthos era egualmente felice. "Missione compita! Ora la donna è di là, legata come un salame e imbavagliata!".

Con un balzo Aramis saltò giù dal divano. Porthos prese sulle spalle un addormentato d'Artagnan e di corsa scapparono via, verso la piazza dove Athos e Jean li aspettavano su un carro guidato da veloci cavalli.

Missione compiuta!!!





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Capitolo 11
*** D'artagnan o Denis? ***


Eccomi quì, dopo un pò troppo tempo!

Lavoro sette giorni su sette ultimamente, anche dodici o tredici ore al giorno e non sono riuscita ad aggiornare prima, mi spiace! Però ho approfittato di questo week end relativamente tranquillo per mettermi in pari, sia con la scrittura, sia con la lettura! Un pò ci sono riuscita, ora devo leggere solo gli ennemila capitoli che mi mancano della splendida fics di Phoenix e sono alla pari XD

Grazie a chi mi lascia recensioni o anche a chi solo perde un pò di tempo a leggere questa storia!

Come sempre, recensioni e critiche sono più che graditi!

Grazie a tutti, un bacione e a presto, spero!!!






D'artagnan o Denis?



Athos spronava i cavalli a galoppare sempre più forte. Aramis e Porthos erano giunti di corsa, portando con se un d'Artagnan privo di coscienza che pendeva a peso morto dalle immense spalle di Porthos.

Jean, sul retro del carro, controllava che non ci fossero inseguitori durante la fuga e, man mano che si allontanavano a spron battuto da Rouen, sia il bambino che i moschettieri cominciarono a tirare un sospiro di sollievo.

L'operazione era stata abbastanza facile. La donna che teneva prigioniero d'Artagnan era stata colta di sorpresa e messa fuori gioco, il loro amico era stato ritrovato vivo ed erano riusciti a recuperarlo e a portarlo via da quell'assurda situazione.

La missione poteva dirsi perfettamente riuscita!!!

I cuori di Athos, Porthos e Aramis grondavano di gioia! Per settimane, mesi, avevano pianto il loro giovane amico, disperandosi, chiedendosi come avrebbero fatto senza quello sbruffoncello guascone, senza la sua allegria, il suo coraggio, il suo cacciarsi nei guai da bravo scavezzacollo quale era, senza la sua amicizia e la sua lealtà. Era entrato nelle loro vite come un uragano e ormai faceva parte integrante dei moschettieri. Non erano più i TRE moschettieri ormai, ma i QUATTRO moschettieri. Così li conoscevano tutti a Parigi e così sarebbero tornati ad essere!

Certo, c'era da capire cosa fosse successo al loro amico, aiutarlo a ritrovarsi e a tornare in se... Ma erano insieme, d'Artagnan era con loro, la sua rapitrice era stata messa fuori gioco e tutto sarebbe andato per il verso giusto.

Athos condusse il carro finché i cavalli ebbero fiato in corpo. Poi si fermò in aperta campagna, in un grande prato che delimitava un bosco, ormai a parecchie miglia di distanza da Rouen.

D'artagnan era ancora esanime e pareva non essersi accorto di nulla.

Non appena Athos ebbe legato il cavalli e procurato loro un pò d'acqua, i tre amici e il piccolo Jean lo tirarono giù dal carro, adagiandolo sulla morbida erba del prato. Un pò di aria fresca, il profumo di campagna, gli avrebbero fatto sicuramente bene, ne erano certi!

"Allora, come lo svegliamo il bell'addormentato?" - chiese Porthos, ancora inebriato dalla gioia di aver recuperato l'amico.

Athos sorrise. "Direi che un pò d'acqua fresca in viso gli farà solo bene!". Il moschettiere aveva urgenza che d'Artagnan si svegliasse. Athos era da sempre la mente del gruppo, l'osservatore, quello che capiva il problema ed elaborava le soluzioni. Ma ciò che aveva circondato il giovane guascone negli ultimi mesi era un mistero e se non si fosse svegliato in fretta, se non avesse parlato, se non l'avesse ascoltato, difficilmente avrebbe capito come aiutarlo.

Jean annuì alle parole di Athos e, preso un secchio dal carretto, corse verso il vicino ruscello a riempirlo d'acqua. Poi tornò dagli amici.

Porthos afferrò il secchio e, trionfante... "Ci penso io!!!". Poi buttò l'acqua sul viso dell'amico.

D'artagnan sobbalzò, al contatto con l'acqua fredda. Poi tossì con forza e infine, finalmente, riaprì gli occhi.

Il guascone si guardò attorno, spaesato. Dov'era? Chi erano le persone che lo circondavano? E Grethel? La sua testa prese a fargli immensamente male, mentre nella sua mente i pensieri si confondevano... Era un sogno? Oppure no? DECISAMENTE no!!! Era bagnato fradicio!!!

"D'artagnan...!" - lo chiamò la vocina infantile di Jean.

"D'artagnan..." - ripeterono uno dopo l'altro, commossi, i tre moschettieri.

Il giovane riaprì a fatica gli occhi. D'artagnan... Quella parola, quel nome... L'aveva già sentito da qualche parte... Però... Non ci stava capendo un accidenti! Si guardò attorno spaesato, poi... "E... E voi chi siete? Dove mi trovo? E cosa è successo?". Era intimorito e tramortito, spaesato e circondato da persone sconosciute che lo chiamavano con un nome che non era il suo ma che gli suonava famigliare... Si sentiva confuso... Ma non spaventato, come chiunque in quella strana e assurda situazione, si sarebbe sentito... Strano ma, non percepiva pericolo in quel momento.

Aramis sorrise amaramente. "Non ci riconosci, è?".

D'artagnan guardò quel fine uomo biondo, spaesato. "No... Non so chi siate signore!". Già... Non sapeva chi fossero quei tre uomini e quel bambino, non sapeva dov'era, cosa volessero da lui... I suoi ultimi ricordi erano a casa, con sua moglie, tranquilli nel loro piccolo salotto. Dov'era Grethel? "Dov'è mia moglie? E perchè mi trovo quì?" - chiese tirandosi su e sedendosi sull'erba.

"Moglie, è?" - chiese Porthos grattandosi la guancia – "Ah, quella streghetta dai capelli neri? Fuori gioco, non ti creerà nessun guaio ormai!".

D'artagnan, a quelle parole, scattò in piedi. Fuori gioco? Che significava??? Che era successo a Grethel??? Improvvisamente quei tre strani tipi divennero nemici. Le forze riconfluirono in lui in un'istante e con un balzo si lanciò contro Porthos. "Cosa volete dire? Che gli avete fatto? Cosa volete da me???" - urlò, stringendo l'amico per il collo della camicia.

Aramis e Athos, presi alla sprovvisata dal movimento repentino di d'Artagnan, intervenirono a separare i due poi, una volta divisi, gettarono a terra il guascone, immobilizzandolo col loro corpo. "Fermo e tranquillo! Ora ti spieghiamo ma tu, mantieni la calma!".

"LASCIATEMI!!!" - urlò d'Artagnan dimenandosi.

Athos, con presa ferrea, lo strinse ancora di più, intimandolo con voce ferma a tranquillizzarsi. "Ti lascierò quando mi giurerai che starai tranquillo e non darai di matto! Lei sta bene ma non è quì. Questo voleva dire il mio amico Porthos. E, se mi ascolterai, risponderò a tutte le tue domande! Allora, collabori?".

D'artagnan annuì, sconfitto. Quegli uomini erano forti, non aveva possibilità di scappare e non aveva con se nemmeno una spada. "D'accordo" – rispose, sconfitto.

"Bene!" - esclamò ridacchiando Porthos mentre si rialzava – "Comunque, ottima ripresa mio caro, mi fa piacere! Non hai perso il tuo smalto!".

D'artagnan lo guardò torvo, poco propenso a scherzare. "Allora? Chi siete? Cosa volete da me? E dov'è mia moglie?" - chiese nuovamente.

"Tua moglie non è tua moglie! E tu non sei chi credi di essere!" - disse, semplicemente, Athos.

"Cosa?". D'artagnan non ci stava capendo niente.

Il piccolo Jean gli si avvicinò. "Già! Quella donna ti chiamava Denis, ma il tuo nome non è quello! Tu sei d'Artagnan, un nostro amico e moschettiere del re! Non ti ricordi di me?".

D'artagnan li guardò con sguardo allucinato. Non ci stava capendo un accidente! Quei quattro tipi, di certo, erano pazzi da legare! Moschettiere del re? Lui??? Era stato dalla parte degli Ugonotti, era stato nemico dei moschettieri!!! Quelle persone dovevano averlo confuso per qualcun altro... "Io... credo che ci sia uno scambio di persona signori. Non sono chi credete, mi spiace!".

Fece per alzarsi ma la voce seria e allo stesso tempo gentile di Athos lo fece desistere. "Ascoltaci solo per un pò, noi possiamo aiutarti!" - disse il moschettiere dai lunghi capelli neri, fissandolo negli occhi.

D'artagnan rimase fermo, rapito da quello sguardo acuto, intelligente, sapiente... Strano, quell'uomo gli dava fiducia, sicurezza... Parlava lentamente, elegantemente, sicuro di se stesso... "Vi ascolterò qualche minuto! Ma poi lasciatemi andare! Devo tornare a casa!".

Athos sospirò. "Casa tua non è a Rouen ma a Parigi. Da Monsieur Bonacieux! Ti ricordi di lui? E di Marta? E di Constance, la TUA Constance ti ricordi? Da sempre, ti dichiari innamorato follemente di lei...".

D'artagnan fissò Athos. Quei nomi gli erano sconosciuti ma anche, in un certo senso noti. Anche se nella sua mente non gli si affacciava nessun ricordo di loro. "No, non so chi siano!" - si risolse infine a dire.

Intervenne Aramis. Lei si sentiva in colpa per quanto era successo e lei doveva, VOLEVA risolvere le cose. "Ascolta d'Artagnan, tu sei un nostro compagno d'arme e uno dei nostri migliori amici. Hai lottato tanto per essere un moschettiere e ormai da un bel pò sei uno di noi! Uno dei moschettieri più valenti che sua maestà possa avere, uno di quelli più stimati e arditi. In te, molti vedono un futuro radioso fra il nostro corpo di combattenti. Siamo partiti insieme per La Rochelle per combattere gli Ugonotti e purtroppo sei stato ferito e catturato dai nemici. Pensavamo che fossi morto, eravamo disperati! Finché ti abbiamo visto con una donna. Siete scappati e non capivamo... Se non fosse stato per Jean, non saremmo riusciti a ritrovarti. Non sappiamo cosa ti sia successo ne il perchè, ma probabilmente nel ferimento hai battuto la testa e perso la memoria".

"E per qualche motivo che noi non conosciamo, ti hanno fatto credere di essere quello che non sei!" - concluse con semplicità Porthos.

D'artagnan fissò i quattro con gli occhi sbarrati dallo stupore. Quella che gli avevano raccontato, era la storia più fantasiosa che avesse mai sentito! Insomma, era assurdo!!! Oppure... no? Ricordò i giorni trascorsi a La Rochelle e la strana sensazione che aveva provato, il trasporto, quando aveva visto le divise dei moschettieri. Uno strano senso di appartenenza che mai era riuscito a spiegarsi e che aveva catalogato come semplice ammirazione per un corpo di combattenti tanto elegante e organizzato... E se quella storia fosse stata vera, forse avrebbe potuto spiegarsi il perchè, un tassello sarebbe tornato a posto. E magari anche altri... Quelle strane immagini di persone sconosciute che a volte affollavano i suoi sogni e quei lunghi capelli biondi di donna che ogni tanto, come in un miraggio, lo tormentavano. "Avete detto che c'è una ragazza che mi piace, giusto?!" - chiese semplicemente, per metterli alla prova – "Di che colore ha i capelli?".

"Biondi, lunghi capelli biondi..." - rispose Athos, stupito per quella domanda strana.

D'artagnan spalancò gli occhi. Ecco, questo coincideva! Però... era tutto assurdo lo stesso! Insomma, che senso aveva quello che stavano dicendogli quegli uomini? Che interesse avrebbero avuto Marcel e Grethel a mentirgli? Grethel... il pensiero della donna tornò prepotentemente in lui... Lei lo amava, gliel'aveva detto! E anche lui la amava... Non poteva essere tutta una bugia, non poteva, non dopo quello che avevano condiviso!!! "Perchè dovrei credervi? Insomma, chi mi dice che non siete voi quelli che mentono, quelli che mi vogliono far credere di essere chi non sono?".

Athos si inginocchiò davanti a lui. Si era aspettato quella domanda! Anche senza memoria, d'Artagnan rimaneva un tipo arguto e attento. "So che sei confuso e ti giuro, lo siamo anche noi. Hai tante domande e non sappiamo rispondere a tutte perchè non sappiamo cosa volessero da te i tuoi rapitori. Ne sappiamo chi era la donna che tu chiami 'moglie' che ti teneva con se. La nostra unica preoccupazione è stata ritrovarti e metterti in salvo e così abbiamo fatto! Vogliamo portarti a Parigi e aiutarti a recuperare la memoria!".

D'artagnan non era convinto, come poteva esserlo? Si alzò in piedi con uno scatto. "Come posso credere a una storia tanto assurda? Insomma, perchè dovrei venire con voi a Parigi, lasciando mia moglie, una moglie che si prende cura di me da quando ho avuto... l' incid...". D'artagnan si bloccò. Un momento, un momento, un momento!!! C'era qualcosa che gli era sfuggito! Quei quattro avevano ragione, LUI aveva perso la memoria in un combattimento. Si era svegliato in quel letto con Marcel che lo teneva sotto scacco. E Grethel era arrivata solo in un secondo momento... Grethel gli aveva detto che si erano sposati ma lui in effetti non aveva nessun ricordo dei momenti precedenti al suo ferimento. Ne immagini che, nella mente, potessero ricordarglielo... Mentre di quello che i moschettieri gli stavano dicendo, sì, qualcosa la sua mente gli suggeriva, insistentemente, da settimane...

Crollò a terra. Allora era tutta una bugia, se le sue supposizioni erano giuste... Grethel non era usa moglie, l'aveva usato per qualche strano motivo, lo aveva ingannato e raggirato... "Perchè Grethel?" - si chiese, prendendo a pugni il terreno. Si sentiva stupido. Umiliato e stupido!!!

Porthos gli pose una mano sulla spalla. "Non crucciarti troppo! Son donne e quando son belle, ci fanno fare cose da scemi! Ci girano, rigirano e raggirano come vogliono! E' anche piacevole è, a volte! Ma poi quando ti rendi conto di tutto, ti senti immensamente cretino! Era una donna bella e molto astuta, per quel poco che ho visto! E probabilmente ti ha spinto a fare cose che tu non faresti! Ma non è colpa tua, non potevi fare nulla. Mentre in condizioni normali, ti conosco e lo so, non ti saresti fatto ingannare!".

"Ho bisogno di parlare con lei!" - sussurrò d'Artagnan. Ancora non sapeva se credere completamente ai moschettieri, ma alla luce di quello che gli avevano detto, la loro era la storia più plausibile. Piccoli tasselli della sua vita tornavano a posto, forse...

"Lascia stare, che senso avrebbe? Ti mentirebbe ancora, probabilmente..." - lo consigliò Athos.

Già, che senso aveva? Se era vero che era stata tutta una farsa, quel saggio moschettiere aveva ancora ragione, constatò d'Artagnan. Si alzò di nuovo in piedi. "Signori, posso sapere i vostri nomi per intero? E chi sono io, per davvero?".

"Io sono Athos, il membro più anziano del nostro gruppo" – disse Athos.

"Porthos, quello a cui piace banchettare, come puoi notare!" - esclamò Porthos strizzandogli l'occhio e accarezzandosi la pancia.

"E io, sono Aramis" – disse la donna moschettiere, impossibilitata a dire altro circa la sua identità.

"Io sono Jean, il tuo amico! Ne abbiamo fatte un sacco insieme!" - disse il bimbo, allegramente, ricordando i vecchi tempi.

"E io... io chi sono?" - chiese il guascone alla ricerca di risposte.

Fu Athos a rispondere per tutti. "D'artagnan De Batz De Castelmore (1), giovane moschettiere guascone, figlio di un altrettanto valoroso moschettiere, Charles De Batz!".

D'artagnan lo fissò. Aveva un nome lungo e sembrava anche importante! E soprattutto, gli era meno sconosciuto di come gli era sembrato il nome Denis all'inizio delle menzogne di Grethel. "Grazie!" - rispose mestamente.

"Allora ti abbiamo convinto, tornerai a Parigi con noi?" - chiese Porthos.

"Verrò e tenterò di ricordare! Non dico che mi fido di voi ma vi do il beneficio del dubbio... Molte cose che mi avete detto, corrispondono a quel poco di realtà che io so. E per il resto, cercherò di dimenticare questa storia assurda che ho vissuto e le persone che ne hanno fatto parte!". Il suo pensiero corse a Grethel... Era furibondo! Se davvero le cose stavano come gli avevano appena comunicato, avrebbe dovuto odiarla. Eppure... il pensiero di non rivedere più quella donna, di non poterla più toccare, stringere... Era una strana specie di tortura. Il suo corpo e la sua mente reagivano in maniera diversa davanti alla realtà. La sua mente aveva capito cosa era successo, il suo corpo continuava ad essere attratto da quella donna.

"Ok, allora si torna a Parigi!!!" - esclamò Porthos, all'oscuro di quanto si agitava nelle giovane mente del guascone.


....


Grethel riuscì a liberarsi. I suoi occhi erano iniettati d'ira verso quei guastafeste che l'avevano colta di sorpresa e verso se stessa che si era fatta fregare.

Era tutto perso! Denis era stato ripreso dai suoi amici!

Ma non si sarebbe arresa!

Oh si, l'avrebbe ripreso con se!

Sapeva, immaginava, che lo avrebbero riportato a Parigi, viste le sue condizioni. E lei a Parigi sarebbe andata, per riprenderselo!

Gli serviva, doveva ritrovarlo!!! Magari lui conoseva che lei stata cercando, magari sapeva come contattarlo, come indirizzarla a lui!

E col suo aiuto, lei lo avrebbe ritrovato sicuramente il moschettiere che odiava: Charles De Batz De Castelmore...




1. Il nome completo di d'Artagnan l'ho preso dal romanzo, nell'anime non si fa menzione al suo cognome infatti!



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Capitolo 12
*** C'era una volta una bambina... ***


Non ci credete vero???!!! Non ci credo nemmeno io di essere stata tanto veloce, a dire il vero XD

Ma questo capitolo mi ispirava e più avanti avrò meno tempo per scrivere e quindi, eccomi ancora quì! Ma non fateci l'abitudine a questi aggiornamenti rapidi ;)

Grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato il precedente capitolo, spero di non deludervi nemmeno stavolta. Come sempre, recensioni o critiche mi fanno tanto piacere.

Grazie a tutti e di nuovo, a presto.






C'era una volta una bambina...



Grethel galoppava a spron battuto verso Parigi. Il giovane moschettiere di cui si era finta moglie era sicuramente stato portato lì per essere curato e lei doveva recuperarlo e riportarlo dalla sua parte. Doveva riguadagnarsi la sua fiducia con ogni mezzo, farlo suo e convincerlo ad aiutarla. Sicuramente i moschettieri gli avevano raccontato la verità circa la sua identità e ora la donna sapeva che se voleva avere una mano da lui avrebbe dovuto o passare alle maniere forti oppure essere sincera, renderlo partecipe della sua storia e sperare che lui capisse...

Le maniere forti le aveva escluse. D'artagnan era nel suo ambiente, attorniato dai suoi forti amici e anche con l'amnesia poteva diventare un nemico temibile. Inoltre, i sentimenti contrastanti che provava verso di lui le facevano scartare l'opzione di forza, se non costretta. Quel moschettiere gli era entrato nel cuore e stranamente non riusciva a scacciare i sentimenti che aveva risvegliato in lei. Quindi, meglio la sincerità. A questo punto, se lui era a conoscenza di chi era, doveva puntare solo su quella.

Il suo cavallo galoppava nella fredda pioggia tardo autunnale e la donna aveva il viso completamente bagnato. Ma non si fermava, non ne aveva il tempo. Più d'Artagnan stava coi suoi amici e recuperava la sua vita, meno possibilità avrebbe avuto di farsi aiutare.

Il suo pensiero, mentre galoppava nella pioggia, fra le campagne francesi, era rivolto a sua madre. "Mamma, c'ero quasi... Ma recupererò, te lo prometto! Troverò quell'uomo, il giovane moschettiere mi aiuterà!".

Già, sua madre...

I ricordi di Grethel corsero ad un tempo lontano, quando lei era ancora viva... Corsero all'infanzia triste e povera, alla tenacia della donna che l'aveva messa al mondo per garantirle pasti e un tetto sulla testa, seppur modesto...


...


"Mamma, cosa mangiamo oggi?" - chiese Grethel, una frugoletta dai lucenti capelli neri di appena tre anni.

Sua madre, una donna bella, ancora giovane ma consumata da povertà e lavoro, la guardò, fingendo che tutto andasse bene. I lunghi capelli castani raccolti in una crocchia le scivolavano sulle spalle in ciuffi disordinati, i suoi abiti erano poveri e lisi, gli occhi azzurri erano spenti e stanchi e la stanza che avevano preso in affitto e che faceva loro da casa era piccola, disadorna, con gli infissi cadenti, umida e fredda. Non potevano permettersi altro, suo marito era morto due anni prima lasciandola sola con una figlia di un anno e l'unica fonte di sostentamento era un lavoro come venditrice in un panificio. Un lavoro che dava a loro poche monete al giorno per mangiare e pagare l'affitto, un lavoro che spesso non garantiva loro nemmeno quello, sempre sull'orlo di uno sfratto e con tanti, troppi pasti spesso saltati. Era dura la vita in quel paesello disperso nelle montagne francesi di inizio seicento, era una vita che non regalava nulla.

Dalla borsa tirò fuori una pagnotta, l'unico pagamento della giornata. I clienti erano stati pochi e il proprietario della panetteria le aveva dato solo quello di paga, dicendo che non aveva diritto ad altro, visto che si era lavorato quasi nulla. "Tieni Grethel, questo è per te!" - disse, porgendolo alla figlia.

La bimba la osservò preoccupata. "Ma tu?".

"Io ho già mangiato, non preoccuparti!" - rispose la madre, mentendo. Non era vero che aveva mangiato ma quel poco pane era appena sufficiente a sfamare una bambina che stava crescendo, non poteva toglierle anche quel misero sostentamento dividendoselo in due.

Grethel però non le credette. Scoppiò a piangere, capendo bene come stavano davvero le cose, con quello strano sesto senso che hanno tutti i bambini di capire quando qualcosa non va e gli adulti mentono loro per proteggerli. "Mamma, mamma, mangia anche tu!" - singhiozzò saltandole sulle gambe.

"Ho già mangiato..." - ribatté con calma la madre tentando di calmarla. Sapeva che non l'avrebbe convita, conosceva sua figlia ed era ben cosciente di quanto fosse sveglia ed intuitiva.

"Nooo!!!" - pianse più forte la bambina.

La donna non si fece scoraggiare. Con infinita pazienza, fra un singhiozzo e l'altro di Grethel, la imboccò. Finché la piccola fu talmente spossata dalle lacrime che si addormentò fra le sue braccia.


...


"Mio padre è tornato a casa dal lavoro e devo andare a cenare!" - disse Joseph, bimbo lentigginoso di otto anni, alla sua compagna di gioco Grethel, sua coetanea. Erano ormai le sette di sera ed era buio, aveva il coprifuoco.

"Oh... ma di già?" - rispose Grethel, invidiandolo un pò. Già... sua madre tornava sempre ben più tardi dal lavoro e un padre non ce l'aveva. Salutò Joseph e da sola rientrò a casa, correndo fra i vicoli storici del paese.

E da sola aspettò che la madre tornasse dal lavoro. Quanto odiava la sera!!! Le famiglie erano unite, solo lei passava lunghe ore silenziose in casa in attesa della mamma.

Grethel cominciava a diventare grande. Era una bambina alta, snella, dai lunghi capelli neri che raccoglieva in due trecce e dagli occhi verde cristallo, penetranti come la luce dei diamanti e si stava ormai delineando la bellezza prorompente che la avrebbe distinta alcuni anni più tardi.

Spesso si chiedeva, in quelle ore serali di solitudine, il perchè della loro condizione.
Perchè erano così povere lei e sua madre? Perchè era sempre sola? Di cosa era morto suo padre? La madre non gliene aveva mai parlato e lei non aveva mai osato chiedere. Ma ultimamente la curiosità si era fatta forte, molto. "Stasera le chiedo di papà!" - si decise infine. Del genitore non sapeva niente, solo che era morto quando lei aveva un anno.

Aspettò in silenzio la madre e a sera tardi finalmente lei arrivò.

"Mamma!!!" - le corse incontro, salutandola allegramente.

"Grethel, ciao! Tutto bene oggi?" - chiese la donna, stanca e pallida. Ultimamente la sua salute, già di per se cagionevole, era peggiorata a causa del tanto lavoro fatto ed era dimagrita molto, inoltre spesso era preda di febbri alte. Ma teneva duro, non poteva mollare, sua figlia era ancora troppo piccola per rimanere sola.

"Si, tutto bene! Ho giocato con Joseph!" - rispose la bambina.

"Non vi sarete picchiati di nuovo, spero!?" - la rimbeccò la madre.

Grethel fece un sorriso furbo. "Un pò, ma non troppo! Non gli ho fatto male, tranquilla! Piuttosto..." - le si fece vicina con circospezione – "Mamma, posso chiederti una cosa importante?".

"Adesso? Non possiamo mangiare prima? E' tardi!" - protestò la donna appoggiando del pane e della carne secca sulla credenza.

Grethel si sedette sul tavolo. "No, adesso! Magari poi, se aspetto, mi manca il coraggio".

La madre le si avvicinò preoccupata. "Tesoro, è successo qualcosa?".

Grethel si morse il labbro. "Mamma, mi dici di papà? Perchè non c'è, perchè è morto? Com'era? Non mi dici mai niente di lui... E' un pò che voglio conoscere qualcosa...". Lo disse tutto d'un fiato, con tutto il coraggio dei suoi otto anni. Aveva paura a fare quella domanda, immaginava che sua madre ne avrebbe sofferto.

La donna sussultò. Sapeva che prima o poi quella domanda sarebbe arrivata e sua figlia aveva diritto di sapere, anche se raccontare, significava ricordare fatti dolorosi di tanti anni prima. Ma Grethel aveva ormai otto anni e stava crescendo, ormai era abbastanza grande per capire. Suo marito era stato un giovane pieno di ideali per i quali aveva lottato ed era morto. Sapeva che non sempre era stato corretto e onesto ma di fatto aveva avuto sempre una grande ammirazione per lui, per la passione con cui portava avanti le cause in cui credeva, giuste o sbagliate che fossero. "Lui..." - prese a dire la donna con fatica – "si chiamava Anton Leroux e tu sei Grethel Leroux, sua figlia. Sìì sempre orgogliosa del tuo cognome! Era un uomo alto, bello, coi capelli neri e lucenti, proprio come i tuoi! Hai preso da lui anche il colore degli occhi, era così orgoglioso quando sei nata! Era una persona allegra, solare, tenace e forte. Lui lottava per le cose in cui credeva e anche tu Grethel dovrai farlo, quando sarai grande!" - disse con tono dolce, accarezzandole la nuca.

"Cosa gli è successo, perchè è morto?" - chiese la bimba quasi con timore, assorta da quel racconto.

La donna sorrise, tristemente. "E' stato ucciso per quegli ideali che serviva. Lottava contro le disuguaglianze, il potere che rende pochi ricchi e tanti poveri come noi. Era scomodo e l'hanno fatto tacere per sempre".

Grethel spalancò gli occhi. "U... Ucciso? Da chi?".

La madre scosse la testa, sconsolata. "Da chi quel potere invece lo difendeva. Erano tanti i suoi nemici ma uno più di tutti. So solo il suo nome e che era un moschettiere del re. Quell'uomo si chiama Charles De Batz De Castelmore... Lui ha ucciso tuo padre e se n'è preso la gloria".

Grethel sussultò. Per la prima volta in vita sua sentiva nella pacata voce della madre rabbia e odio per qualcuno. E anche lei... Charles De Batz De Castelmore... Era colpa di quell'uomo se tutto andava male, sei lei non aveva un papà, se la sua mamma era sola, povera e malata a mandare avanti la famiglia, se erano povere, se spesso avevano fame. Se suo padre fosse stato vivo, tutto sarebbe stato diverso.

Grethel saltò giù dal tavolo e abbracciò sua madre. "Mamma, non fare così... Ricorderò sempre il papà e da grande diventerò come lui! Tu stai tranquilla però, le persone cattive che gli hanno fatto del male avranno quello che si meritano, i buoni vincono sempre e noi siamo i buoni!".

La donna sorrise tristemente. Era bella l'incondizionata fiducia infantile in cui Grethel credeva. Crescendo l'avrebbe persa, avrebbe capito che la vita spesso era ingiusta. Ma per ora era giusto che la sua bambina credesse nella giustizia delle cose. Di tempo per crescere ce n'era ancora tanto davanti a se...


...


La dodicenne Grethel fissava la spoglia tomba di sua madre, morta pochi giorni prima. La sua cagionevole salute l'aveva infine annientata. Il lavoro, la fame, le febbri ricorrenti e la mancanza di soldi per curarsi avevano spento la vita dell'unico genitore che lei avesse mai avuto. Era rimasta sola al mondo e la sua infanzia era finita. Perchè, nonostante tutto, un'infanzia sua madre era riusita a dargliela, pur tra mille difficoltà. E di questo le sarebbe sempre stata grata. Era stata una bambina povera ma con una madre che l'aveva amata più di ogni altra cosa e che per lei si era annullata... E per sua madre avrebbe fatto di tutto, anche ora che non c'era più!

La ragazzina si strinse nel manello, tirandosi su il cappuccio. Poi si voltò, prendendo la strada per la campagna. Ma, giunta al cancello del cimitero, non riuscì a non voltarsi di nuovo verso il luogo dov'era sepolta la donna. "Mamma..." - disse col volto velato di lacrime – "Vado via! Voglio diventare grande, forte! E quando sarò diventata adulta e imbattibile com'era papà, cercherò l'uomo che l'ha ucciso! E lo vendicherò! Vendicherò anche te e quello che hai dovuto soffrire a causa sua. Io troverò il moschettiere Charles De Batz De Castelmore e lo ucciderò! Lo farò al posto di papà e lui sarà orgoglioso di me! E anche tu! Riposa in pace mamma, io starò bene!".

Poi si allontanò dal cimitero e dal villaggio dov'era cresciuta, prendendo una sperduta via di campagna. Non sapeva bene dove andare ne chi potesse insegnarle come stare al mondo ma sapeva che a La Rochelle si annidiavano gli Ugonotti, oppositori del potere che suo padre aveva combattuto.

Forse loro avrebbero potuto aiutarla...


...


Grethel galoppava, la pioggia era diventata incessante e furiosa.

Finché Parigi apparve ai suoi occhi. Era arrivata! Il suo giovane finto marito moschettiere era laggiù ed indagando, presto l'avrebbe trovato e ripreso con se.

La ragazza guardò il cielo. "Mamma, ci siamo quasi. Presto troverò quell'uomo e vendicherò tutti noi!".

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Capitolo 13
*** Una nuova, vecchia vita ***


Cucù, eccomi quì! E' un pò che non aggiorno, ma dai, son perdonata perchè sto scrivendo anche l'altra storia A/A ;)

Come sempre, grazie per i commenti e gli incoraggiamenti, spero continuiate a leggere e recensire, mi fa davvero piacere!

Un bacione a tutti!!!





Una nuova, vecchia vita



Tornare a Parigi e a casa Bonacieux non era stato facile per d'Artagnan. Aveva deciso, pur fra mille tentennamenti, di dare fiducia al racconto che gli era stato fatto, di credere di non essere Denis, di non essere un Ugonotto, di non essere marito di Grethel ma bensì d'Artagnan, giovane moschettiere del re. Tutto sembrava tornare ad avere senso, ogni suo dubbio, ogni sua strana visione o offuscato ricordo... Quegli uomini sembravano un gruppo unito, onesto, sincero. E pareva davvero che si preoccupassero per lui. Non aveva parlato molto, sulla strada del ritorno, e si era limitato ad osservarli. E a farsi un'idea di loro.

Athos era il più anziano e doveva essere il capo spirituale del gruppo. Il suo sguardo sprizzava intelligenza, persipacia, saggezza... Modi e fisico fini, gentile, educato. Probabilmente aveva origini nobili...

Porthos era il più simpatico, quello incline alle battute, allo scherzo. Ma dietro alla sua giovialità si nascondeva un vero e sincero attaccamento e affetto verso i suoi compagni. Era talmente palese che d'Artagnan più volte, osservandolo, era riuscito a fatica a trattenere un sorriso.

Aramis era invece una strana creatura. Un uomo dai lineamenti delicati, fini, quasi da fanciulla... D'artagnan ne era incuriosito, molto! Pareva il più attaccato a lui, il più preoccupato. Gli aveva detto di sentirsi in colpa, che era a causa sua se lui era rimasto ferito nei combattimenti di La Rochelle. Il giovane guascone avrebbe voluto di cuore ricordare... Non sapeva che legame lo unisse a quei tre ma sentiva che ricordare gli avrebbe fatto ritrovare una specie di famiglia, affetti sinceri, un senso alla sua vita...

Poi c'era infine il piccolo Jean, un monello di forse cinque, sei anni. Sveglio, perfettamente in grado di occuparsi di se stesso, era quello che gli stava più attaccato. Spesso gli raccontava delle loro avventure parigine e anche verso di lui d'Artagnan sentiva uno strano, antico affetto...

E osservandoli, galoppando, ascoltando i loro discorsi, era finalmente giunto a Parigi...

Una città che in lui risvegliava un senso di appartenenza ma che ancora non riusciva a sentire perfettamente sua. Quanto avrebbe voluto ricordare, sapere, riconoscere quei luoghi, girarli. Era in un certo senso frustrante. Il suo cuore sapeva dove lui fosse, la sua mente invece aveva ancora bisogno di un lungo periodo di convalescenza per guarire...

E le stesse sensazioni le provò quando varcò la soglia di quella che, gli avevano detto, era la sua casa.

Molto gli avevano raccontato, durante il tragitto.

Di come era arrivato dalla Guascogna, delle sue origini, di com'era diventato moschettiere, delle sue avventure, delle lotte contro Cardinale, Milady, Maschera di Ferro... Di Monsieur Bonacieux, di Marta, di Constance, la ragazza che, gli avevano detto, gli faceva battere il cuore.

Quando se li ritrovò davanti in un certo senso era come si li conoscesse. Le stesse offuscate sensazioni che aveva sempre, certo, ma anche i racconti fatti dai suoi compagni.

Monsieur Bonacieux e Marta la cameriera lo abbracciarono con le lacrime agli occhi. Lo credevano morto, pensavano di non rivederlo più... Athos aveva spiegato loro cosa fosse successo, avevano annuito e le loro espressioni si erano fatte preoccupate, soprattutto davanti al racconto di com'era stato rapito dagli Ugonotti, di Grethel, della strana situazione in cui si era cacciato.

Infine, aveva rincontrato lei...

Lunghi capelli biondi, occhi azzurro cielo...

Constance aveva ascoltato in silenzio il racconto di Athos, l'assurdità di quanto era successo a d'Artagnan, aveva ben capito il legame che lo aveva unito a Grethel e in un primo momento era stata timorosa, riluttante a riavvicinarsi a lui...

Ma alla fine l'amore, l'affetto, il sollievo di averlo di nuovo lì la fecero cedere e anche lei si sciolse in un forte abbraccio.

D'artagnan si irrigidì. Aveva sussultato quando l'aveva vista... I suoi capelli biondi erano l'immagine che l'aveva tormentato nei mesi a La Rochelle e in fuga con Grethel. Sentiva con quella ragazza un legame fortissimo ma non ricordava... E per questo non poteva lasciarsi andare come avrebbe fatto probabilmente in un'altro momento, per questo non poteva rispondere con passione a quell'abbraccio, per questo non poteva accarezzare quegli splendidi, agognati capelli color oro. Anche perchè, nella sua mente c'era ancora lei...

Grethel...

Non riusciva, nonostante tutto, a togliersela di mente...

Grethel, che lo aveva legato a se in un turbine di passione, di bugie, ma anche di momenti teneri.

Probabilmente, per qualche strano motivo, si era presa gioco di lui... Ma non riusiva ad odiarla e soprattutto, a dimenticarla... Qualcosa di profondo li univa e anche se lui non era Denis, anche se lui non era suo marito, in un certo senso continuavano ad essere una cosa sola, anche a distanza... Ovviamente non aveva accennato dei suoi pensieri a nessuno. Erano amici quei moschettieri ma non ricordava nulla di loro e non sapeva ancora quanto e come fidarsi di loro.

Era a casa sua, nelle sue vesti, con la sua 'famiglia'. La sua vita...

Ma non gli apparteneva nulla, non ancora, non del tutto... Si sentiva estraneo in quella casa, in imbarazzo, impossibilitato a fare o dire nulla... Era una sensazione spiacevole, in un certo senso...

"D'artagnan, noi torniamo a casa nostra per riposare, lavarci e cenare! Saremo da te domanttina. Dobbiamo aiutarti a ricordare e a guarire e quindi..." - disse Porthos, congedandosi da casa Bonaciueux dopo che le spiegazioni di quanto successo erano finalmente finite e il guascone era stato reintrodotto a casa.

Athos concluse la frase per lui. "Quindi da domani si comincia il tuor per i tuoi posti, quelli che possono aiutarti a ritrovare te stesso. La nostra sede, i nostri compagni, il Louvre, le strade di Parigi. E a giorni tornerà anche il capitano De Treville per fare rapporto al re. Così gli racconteremo quello che è successo e di certo potrà esserti d'aiuto anche lui!".

D'artagnan annuì, spaesato. Dal giorno dopo avrebbe ricominciato a riprendersi la sua vita... Forse...

Non vedeva l'ora di ricordare! Sentirsi estraneo fra amici era una sensazione assolutamente sgradevole...

E così iniziò la sua prima serata e nottata a casa Bonacieux...


...


Era passata ormai una settimana dal suo ritorno. Giorni duri, passati a sforzarsi di ricordare. Di giorno i moschettieri che gli raccontavano fatti ed anedotti, di sera Monsieur Bonacieux, Marta, Constance e Jean che cercavano di aiutarlo a ritrovare se stesso...

Erano tutti gentili, premurosi con lui.

Ma si sentiva soffocare!

Non un momento di riposo, di relax, di tranquillità...

Certo, era grato a tutti per l'impegno che ci stavano mettendo ma... a volte avrebbe voluto scappare.

Da quella casa, dai moschettieri... Tornare da Grethel, perdersi in Grethel, senza pensieri... Una vita basata sulla menzogna, ma forse più lieve, leggera...

Sapeva che doveva odiarla, che una volta guarito avrebbe dovuto cercare di scoprirne di più... Ma in quel momento non ne aveva voglia, voleva solo abbandonarsi all'oblio, sfuggire da quella realtà sua e non più sua allo stesso tempo...

Aveva girato per giorni fra le vie di Parigi, nella sede dei moschettieri... E a cosa era servito dopo tutto? A nulla!!! Nessun ricordo riaffiorato, nessuna guarigione...

Ci voleva tempo, il medico lo aveva detto!

Ma era stanco e il suo spirito indomito scalpitava...

Si rigirò nel letto, in cerca della posizione giusta per dormire... Era ormai notte e la mattina dopo, molto presto, sarebbero giunti i tre moschettieri per la consueta giornata insieme...

Nel buio della notte la porta si aprì e Constance entrò nella sua stanza.

D'artagnan la fissò stupito, come se si trattasse di una visione. Indossava la sua camicia da notte, i capelli erano raccolti in una lunga coda. Era sempre stata gentile con lui, premurosa ma quasi timorosa di stargli troppo vicino... Per questo non si aspettava di vederla lì, benché gli avessero detto tutti che erano fidanzati ormai ufficialmente. "Constance...?".

La ragazza sorrise timidamente, prima di avvicinarsi al letto e sedersi accanto a lui. "Posso stare quì un pò con te? E' tanto che non chiaccieriamo davvero...". Anche lei era stanca di quel tempo passato solo a cercare di fargli ricordare. Non un momento solo per loro, per ridere, per rilassarsi insieme...

D'artagnan annuì. "Certo! Anche se dubito di essere una buona compagnia!".

Constance si voltò verso di lui, fissandolo in viso. "Ti senti confuso e stanco, vero? Io ti capisco, anche a me era capitato, anni fa... E tu mi hai aiutata a ritrovare la memoria!".

Il guascone spalancò gli occhi. Questa cosa non la sapeva! "Davvero? Anche tu hai perso la memoria? Quando? Perchè?".

Constance sorrise. "Storia lunga! Una nostra comune nemica ha tentato di farci fuori e... avevo riportato qualche ferita!" - concluse con semplicità, alzando le spalle.

D'artagnan sorrise. "Ma sei guarita! E forse, ci riuscirò anche io!".

"Lo spero tanto d'Artagnan!" - sussurrò la ragazza in un soffio – "perchè mi manchi...".

Il ragazzo arrossì davanti a quella dichiarazione. Era tanto diversa da Grethel... Più dolce, delicata, gentile, meno audace, meno esperta forse... Ma assolutamente adorabile. Era strano, ma anche a lei si sentiva legato indissolubilmente. In modo diverso da Grethel, ma altrettanto forte... Si sentì in colpa verso quella ragazza candida, al ricordo di quanto l'aveva legato alla sua finta moglie, della passione, del piacere provato con Grethel...

E Constance dovette intuire i suoi pensieri... Si stese accanto a lui, cingendogli la vita con le braccia, in un tenero abbraccio. "Non sono arrabbiata con te! Non eri tu, eri Denis... Me l'hanno raccontato Athos, Porthos e Aramis... Tu d'Artagnan non ti saresti mai legato a una donna del genere e solo l'inganno ti ha fatto sbagliare. Eri inerme, indifeso davanti a quelle persone. E hai finito per credergli! Tutto quì... Per questo, spero tu possa ricordare presto, sarebbe la fine di questa assurda storia...".

D'artagnan scosse la testa, impossibilitato a mentire e a essere ottimista. Troppe cose lo legavano ancora a Grethel... "Io... Io non so... Non è così facile, sai?".

Constance deglutì. "Lei ti piace ancora? Ancora pensi a lei?".

D'artagnan sospirò. "Non lo so, è strano da spiegare. Ma mi sento... legato... da qualcosa di forte... Non capisco, non capisco davvero!".

"E' forse... per ciò che avete condiviso insieme?" - chiese la ragazza con fatica, con una smorfia di dolore in viso, quasi che porre quella domanda fosse stata la cosa più difficile di quella giornata.

Il guascone scosse la testa. "Anche... Ma non solo quello! Voglio ricordare, capire chi sono e capire me stesso! Per capire perchè Grethel non abbandona i miei pensieri".

"E io ti aiuterò d'Artagnan!" - rispose lei. Era doloroso ma l'avrebbe fatto... Rivoleva d'Artagnan, voleva scacciare in lui il ricordo di quella donna che lo aveva sedotto. Certo, nulla sarebbe stato più come prima ma... quei ricordi persi erano preziosi tanto per lui quanto per lei... Li rivoleva, rivoleva LUI!!!

"Grazie!". Il guascone non aggiunse altro. Non era ancora tempo di promesse, d'amore, di passione, di condivisione di qualcos'altro che non fosse quell'abbraccio notturno... Non poteva ancora essere completamente suo, non finché non avesse dimenticato Grethel... Non poteva, Constance non meritava di averlo a metà...

E nel silenzio della notte, i due si addormentarono...

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Capitolo 14
*** Attrazione pericolosa ***


Dunque dunque, l'ultimo aggiornamento di questa storia è datato novembre... Nel mentre è passato Natale, Capodanno, Carnevale, Pasqua, e ancora un pò che aspetto, pure Ferragosto XD. A mio discapito posso dire che ho on-work su efp altre storie e che quindi non riesco a tenere tutto aggiornato in fretta, che ho avuto un calo di ispirazione, che ho dovuto fare un grosso lavoro dal dentista che mi ha messa ko, che dal lavoro torno con le palle girate e umore pessimo ogni giorno, che infine abbiamo provato anche l'ebrezza dei ladri in casa... =____= Insomma, non ero molto per la quale a scrivere, ultimamente...

Comunque, è il rush finale, mancano pochi capitoli e spero ci sia ancora qualcuno che legge e a cui interessa questa storia. Critiche e commenti sono graditissimi come sempre!

Un bacione!





Attrazione pericolosa



Era un autunno assolutamente piovoso a Parigi e Grethel, appena giunta, oltre a lottare per mantenere nascosta la sua presenza, aveva anche dovuto combattere con la pioggia che veniva giù violenta ed impetuosa.

Parigi era una città che le era sconosciuta ma ne aveva sempre sentito parlare molto. Per questo, nascosta dal suo mantello che la proteggeva dalla pioggia e dalla curiosità della gente, era riuscita a trovare e ad arrivare alla sede dei moschettieri senza problemi. Nascosta nei vicoli, negli antri bui delle vie, aveva osservato avidamente la vita dei moschettieri, sperando di trovare qualcosa, una traccia, un indizio sulla persona che cercava tanto disperatamente da anni... Beh, non aveva trovato quel che cercava ma quanto meno, in compagnia dei moschettieri, aveva rivisto d'Artagnan. Di nascosto, da lontano...

Lo aveva ritrovato!!!

E pedinandolo, aveva scoperto dove abitava...

Grethel aveva capito subito che, senza l'aiuto del guascone, difficilmente sarebbe riuscita ad introdursi nel corpo dei moschettieri per le sue ricerche, aveva bisogno di lui! Quel palazzo era troppo grande, troppo imponente, troppo pieno di soldati combattivi. Lei era in gamba ma loro erano decisamente troppi!

Ma la fortuna pareva essere dalla sua parte... Osservandolo da lontano, inseguendolo di nascosto come una ladra, ascoltando le sue conversazioni con quelli che dovevano essere i suoi amici e che ricordava di aver visto anche a La Rochelle e a Rouen, al loro inseguimento durante la fuga da quella città, aveva capito che d'Artagnan non aveva ancora recuperato la memoria... Ottimo! Se lui ancora non sapeva chi fosse davvero, sicuramente lei avrebbe fatto meno fatica a convincerlo ad aiutarla! Ed inoltre, sempre pedinandolo, ormai aveva anche capito dove abitasse il giovane...

Ma nonostante questo, Grethel sapeva anche che, se voleva raggiungere i suoi scopi, doveva raccontare al giovane la verità... D'artagnan probabilmente ormai sapeva, i suoi amici gli dovevano aver raccontato chi lei fosse e come lo avesse usato... E questo, oltre ad essere un ostacolo, la irritava... D'artagnan... La sua purezza, la sua dolcezza, la attraevano... Era inutile girarci troppo intorno, questioni private e di cuore si erano pericolosamente mischiate insieme in lei... Ed era una realtà che doveva affrontare!

Ora lo sapeva...

E ora che aveva capito che il giovane d'Artagnan non rappresentava per lei solo un mezzo per raggiungere i suoi scopi ma ben di più, non restava che una cosa da fare...

Riuscire ad avvicinarlo, di nuovo...

Ma come?

Di giorno era pressocchè impossibile, era sempre in compagnia dei moschettieri. Forse di sera, approfittando di una uscita solitaria... Di solito con lui, quando era a casa, vedeva sempre o il proprietario dell'immobile o la sua domestica anziana e robusta, o una ragazza bionda. Oppure il dannato marmocchio che aveva conoscito e minacciato a Rouen. C'era sempre qualcuno attorno al guascone... Soprattutto nei primi giorni, difficilmente aveva visto d'Artagnan da solo... Poi però, col passare del tempo, aveva notato che il ragazzo ogni tanto, raramente, si azzardava a fare due passi la sera tardi, in solitudine. Oppure si intratteneva nel cortile a strigliare il cavallo. Segno che pian piano stava riacquistando fiducia in se stesso e coraggio nel girare da solo in una città che, a causa dell'amnesia, per lui era sconosciuta...

Grethel era brava a pedinare, era brava ad osservare. E dopo giorni di attenta osservazione aveva capito che la sera, in quei brevi momenti di solitudine che si concedeva d'Artagnan, era l'unico momento in cui avrebbe potuto riavvicinarsi al giovane.

E con la pazienza che la contraddistingueva, Grethel decise che doveva aspettare senza fretta il momento giusto...

E il momento giusto arrivò in una sera piovosa di fine autunno, dopo dieci giorni di pazienti appostamenti...

Grethel aveva osservato di nascosto i movimenti in casa Bonacieux. La ragazza bionda era uscita di mattino presto e di solito, quando se ne andava a quell'ora, era per andare a lavorare a palazzo e non faceva ritorno a casa per alcuni giorni. I moschettieri avevano riportato lì d'Artagnan nel tardo pomeriggio e poi erano tornati nelle loro dimore, il padrone di casa e la governante, abbastanza in là con gli anni, non sarebbero certo usciti con quel tempo da lupi e nemmeno il bambino lo avrebbe fatto. Era buio, pioveva e faceva freddo e quindi, se c'erano faccende da sbrigare in esterno, di certo il più adatto a svolgerle era d'Artagnan.

E infatti, quando ormai erano le dieci di sera passate, vide il giovane uscire di casa con un secchio in mano. Diretto alla Senna, per fare approvvigionamenti d'acqua.

Grethel lo osservò di nascosto. I suoi movimenti, il suo viso assorto... Era inutile negarlo a se stessa, i giorni trascorsi con quel giovane erano stati belli, aveva assaporato il sapore dolce di una famiglia... D'artagnan era suo! Suo e solo suo!!! e lo rivoleva! Non era di quelle persone, non doveva fare nulla per loro! Solo per lei...

Lo osservò allontanarsi, coperto da un pesante mantello. Poi lo seguì di soppiatto... Era meglio affrontarlo lontano da quella casa, lontano da orecchie ed occhi indiscreti...

Lo seguì fino alla Senna e lo osservò, nascosta dietro a una carrozza parcheggiata, inchinarsi per raccogliere l'acqua dal fiume. La ragazza si guardò in giro. Era sera tardi, faceva freddo e la pioggia cadeva incessante. La strada era deserta... E così, senza il fastidio di qualcuno che potesse disturbarli, si avvicinò a lui... "D'artagnan"- lo chiamò, usando per la prima volta il vero nome del guascone.

Il suono improvviso ed inaspettato di quella dolce voce femminile fece sobbalzare il ragazzo. Grethel?! Non poteva essere, non poteva! Lentamente, per paura di stare sognando, si voltò. E quando la vide, il secchio pieno d'acqua cadde dalle sue mani, rovinando a terra e bagnandogli gli stivali. "Grethel..." - ripeté lentamente. Lei... Lei che lo aveva usato, che gli aveva mentito, che si era presa gioco di lui... Lei... che lui aveva amato con tutto se stesso, con tutta la sua passione... Lei, che tutti gli dicevano di dimenticare, di odiare, che era una nemica... Lei, che nonostante tutto, non riusciva a cancellare dalla sua mente ovattata... Grethel... Una donna bellissima, calcolatrice, forse spietata... Ma anche il più dolce oblio...

Era lì davvero? Era un sogno? Un'allucinazione?

Come presagendo i suoi pensieri, Grethel lo precedette... "Non sono un sogno, sono reale e quindi tu non sei pazzo, se è questo che temi!" - spiegò con praticità.

D'artagnan la osservò in silenzio, non sapendo cosa fare. L'istinto gli suggeriva di abbracciarla. La sua dignità di respingerla. Ma era difficile, Grethel era forse davvero una nemica ma in quel momento era l'unico aspetto 'dolce' della sua vita. Con Grethel non aveva mai dovuto pensare, fare qualcosa per gli altri, sforzarsi di ricordare, non doveva fare nulla se non abbandonarsi a quella donna bellissima. Era stata facile, nonostante tutto, la vita con lei. Benché frutto di una finzione!L'esatto opposto di quella di Parigi, dove tutti lo scrutavano, lo osservavano, impazienti che lui ricordasse. Era frustrante dover dimostrare in continuazione qualcosa a qualcuno e deludere sempre tutti! Le persone che a Parigi lo circondavano gli dimostravano continuamente affetto, vicinanza. Ma era frustrante. Per lui loro erano estranei mentre Grethel... Con lei aveva ricordi, belli! Frutto di finzione, di una menzogna, ma nonostante tutto, gli unici ricordi che avesse... Eppure, sapeva di dover essere forte, di doverla allontanare. Era un moschettiere e lei una nemica che per qualche strano motivo lo aveva manovrato, usato... "Non so perchè sei quì e non lo voglio sapere ma... vattene!" - disse infine con poca convinzione – "Dovrei arrestarti ma... preferisco immaginarti al sicuro, lontana da me e da Parigi!".

Grethel lo scrutò. Immaginava una reazione più forte, invece era palese che d'Artagnan, dicendo quelle frasi, stava lottando contro ogni fibra del suo essere. "Non mi chiedi perchè sono quì?" - chiese, seria.

"No...".

Il silenzio cadde fra loro due... Restarono a fissarsi negli occhi per lunghi istanti, senza che nessuno muovesse un muscolo.

E alla fine fu d'Artagnan a cedere. "Perchè sei quì? Come hai fatto a trovarmi e cosa vuoi da me?". In fondo, c'erano tante cose che voleva chiederle, prima di costringerla ad andarsene. Credeva che non ne avrebbe mai avuto l'occasione ed invece, quasi come per magia, quella donna che non aveva mai dimenticato, a cui di nascosto aveva sempre pensato da quando si erano separati, era lì...

Grethel alzò le spalle con noncuranza. "Ti ho pedinato, è stato abbastanza facile trovarti! Sei un moschettiere e stando appostata davanti alla sede dei moschettieri, sapevo che prima o poi ti avrei trovato. E così è stato! Ti ho pedinato, sono abile in questo, sono bravissima a non farmi scoprire".

D'artagnan scosse la testa. In effetti Grethel era scaltra, non doveva stupirsene... Anche se in cuor suo si rimproverò di non essersi accorto della sua presenza. "Non avresti dovuto farlo! I miei amici ti hanno risparmiata dall'essere catturata e processata perchè volevano recuperarmi e allontanarsi con me il prima possibile, ma seguendomi a Parigi tu rischi molto! Non so perchè tu mi stia seguendo e cosa vuoi da me, non so il perchè delle tue bugie e delle tue macchinazioni che mi hanno raccontato e onestamente, anche se vorrei conoscerle, ti invito di nuovo ad andartene!". Voleva che lei sparisse! Per la sicurezza di Grethel perchè lui non le avrebbe mai fatto del male ma i suoi amici, se avessero saputo, sì! E forse perchè sapeva che non sarebbe riuscito a resisterle a lungo, a tenere con lei quell'atteggiamento distaccato, dopo quello che li aveva uniti... Grethel era una calamita per lui...

La ragazza abbassò lo sguardo, prendendo a giocare col piede con la sabbia della spiaggia della Senna. Era ora di spiegare... "Ti ho mentito a lungo, è vero! Ti ho affibiato un nome falso, mi sono presa gioco di te! All'inizio pensavo fosse una cosa di pochi giorni, per aiutare Marcel e gli Ugonotti nella battaglia. Dovevamo confonderti, usarti! Potevi esserci utile nelle trattative coi nemici a La Rochelle. Ma poi, conoscendoti, mi sono affezionata a te e ho deciso di portarti via da quel posto!".

"Quindi, hai tradito i tuoi ideali?" - chiese d'Artagnan con una punta di rimprovero nel suo tono di voce. Il suo animo puro di moschettiere fedele stava prendendo il sopravvento a quelle parole...

Grethel scosse la testa. "Io non sono Ugonotta e della battaglia contro il re che loro stanno facendo me ne infischio... Stare con Marcel era una questione di comodità, un modo per guadagnarmi da vivere come un altro. Gli Ugonotti combattevano il re e io, per questioni personali, sono in guerra con un uomo che fa parte del corpo dei moschettieri e che da anni spero di trovare. Insomma, ideali diversi ma conciliabili fra loro per comodità mia, in poche parole! Stando accanto agli Ugonotti speravo, purtroppo inutilmente, di rincontrare la persona che cerco da sempre a La Rochelle, in mezzo alla battaglia! Per questo mi sono unita alla loro lotta all'inizio! Ma quando sei arrivato tu ho capito che non aveva bisogno di quelle persone per trovare chi sto cercando! Tu eri un moschettiere e siccome ti consideravo una persona in gamba, ho deciso che tu potevi aiutarmi. L'uomo che cerco non era a La Rochelle, non l'ho mai ne trovato ne sentito nominare e pensavo che tu avresti potuto aiutarmi, che tu avresti potuto conoscerlo e sapere dov'era o quanto meno, che mi conducessi nel luogo dove potevo ritrovare le sue tracce o sue informazioni. Per questo, dopo la fuga da La Rochelle, ho continuato con la mia finzione. Era troppo tardi per tornare indietro e spiegarti il perchè delle mie menzogne, per spiegarti chi ero davvero! E così ho continuato a fingere, nella speranza che l'affetto che provavi per me crescesse, che mi avresti aiutato nonostante tutto... E mentre speravo in te, mentre imparavo a conoscerti, anche io ho finito per l'affezionarmi davvero a te... La storia è tutta quì! Mi spiace di averti mentito, ma sappi che se l'ho fatto, è per motivi ottimi! Io e te non siamo davvero sposati, io e te non abbiamo avuto un passato comune insieme ma a parte all'inizio, quello che dopo ci ha uniti era vero!".

D'artagnan si rabbuiò. La storia di Grethel era difficilmente credibile, poteva benissimo essere una sua abile e astuta finzione per riprenderselo con se. Dopo tutto, non gli aveva mentito dall'inizio? Perchè avrebbe dovuto crederle adesso? Ma ora, in qualche modo lui aveva il coltello dalla parte del manico... Era ancora senza memoria ma questo non significava che fosse stupido e con qualche domanda intelligente e contorta, forse avrebbe potuto farla cadere in errore, smascherando le sue menzogne. E allora, forse così avrebbe imparato a detestarla davvero... "Chi sarebbe l'uomo che cerchi e che io dovrei aiutarti a ritrovare? Cosa vuoi da lui?".

Grethel sostenne lo sguardo indagatore del ragazzo. "Era un moschettiere! Come te! Ma a differenza tua d'Artagnan, lui non era puro di cuore! Era un uomo corrotto, crudele, un traditore! Che nel nome del re, coperto dal suo ruolo pubblico, compiva nefandezze di ogni genere!".

D'artagnan fece una risatina ironica. Che i moschettieri non fossero propriamente stinchi di Santo, lo sapeva... Ma dubitava che nel suo corpo d'armata si nascondesse una persona come quella descritta da Grethel. "Io non ti credo! Non ricordo nulla del mio passato ma i moschettieri che ho conosciuto sono TUTTI persone leali ed oneste, leali al re e al giuramento fatto al nostro capitano!".

Grethel strinse i pugni, irritata. Che non sarebbe stato facile convincerlo lo sapeva dall'inizio, ma le sembrava beffardamente ironico che d'Artagnan mettesse in dubbio la sua parola proprio nel momento in cui lei aveva iniziato ad essere sincera con lui... "Credimi! Io lo so, io non mento d'Artagnan! Quello che ti ho raccontato è vero, l'ho vissuto sulla mia pelle, anno dopo anno... Io e mia madre! Cosa ne sai tu, di quella che è stata la mia vita, del disastro che ha combinato quell'uomo?".

D'artagnan sussultò. Il tono di voce di Grethel si era alzato molto, era rabbioso e la sua voce pareva tremare, come se stesse a fatica trattenendo le lacrime. E il giovane vacillò... Poteva essere che Grethel non mentisse...? "Qual'è il nome di quell'uomo? E cosa ha fatto a te e tua madre? Vuoi il mio aiuto e se lo vuoi davvero, devi dirmi tutto!".

Grethel annuì, poi gli si avvicinò di alcuni passi, arrivando davanti a lui. E, con un gesto gentile, gli accarezzò la guancia. "Si chiama Charles De Batz De Castelmore! E ha ucciso mio padre! Lo conosci? Hai sentito parlare di lui, da quando sei rientrato a Parigi?" - chiese con urgenza, rossa in viso.

"Charles De Batz De Castelmore...". D'artagnan ripeté lentamente quel nome sovrapensiero. Poi scosse la testa. "Mi spiace, non lo conosco e non mi pare di avere udito il suo nome alla sede dei moschettieri... Hai detto che ha ucciso tuo padre? Quando? E perchè?". Era strano, non aveva mai sentito nessuna storia simile alla sede dei moschettieri...

Grethel sospirò. "Mio padre fu ucciso alcuni mesi prima della mia nascita, non l'ho mai conosciuto. So che era un uomo dai mille ideali, che lottava con coraggio per le cose in cui credeva... Voleva la libertà, l'uguaglianza fra gli uomini, lottava per una Francia in cui non ci fossero differenze fra ricchi e poveri... Questo mi ha raccontato mia madre di lui... Fu ucciso da quell'uomo per queste sue idee, un uomo corrotto che non voleva rinunciare ai privilegi dati dalla famiglia reale a chi lavorava per loro... Per questo lo cerco, voglio vendicarmi! Mia madre si trovò sola, con una figlia neonata... Fummo scacciate da Parigi e abbiamo vissuto in povertà fino alla sua morte. Se mio padre fosse stato con noi, tutto sarebbe stato diverso... E invece, a causa di quell'uomo...". Una solitaria lacrima rigò il viso della ragazza...

Il guascone scosse la testa. Era turbato e stupito da quella lacrima... Mai l'aveva vista piangere, mai l'aveva vista tanto limpida in quello che diceva, faceva, mai l'aveva vista manifestare i suoi sentimenti a quel modo... Era difficile resisterle... E non crederle... Dopo quel racconto, tutto aveva riacquistato senso per lui. Sapeva di recare un torto ai suoi amici e a Constance, sapeva che non avrebbe dovuto farlo. Ma non poteva fare altrimenti, non voleva fare altrimenti!!! Era inutile, Grethel lo stregava... Ancor più in quel momento, bagnata, in lacrime, con quell'espressione triste in viso... Era un'attrazione troppo forte, irresistibile... E non gli restò che dichiararsi sconfitto... "Ti aiuterò perchè ti credo. Sarò pazzo ma ti credo! Io non so chi sia l'uomo che cerchi ma se le cose che mi hai raccontato sono successe prima della tua nascita, può essere che l'uomo che cerchi non faccia più parte dei moschettieri e viva da qualche altra parte con il vitalizio concesso dal re a chi l'ha servito in gioventù. In fondo son passati molti anni e sarà invecchiato, quindi mi pare normale che tu non l'abbia visto a La Rochelle e io non l'abbia visto quì a Parigi. Ma nonostante questo, ti aiuterò lo stesso a trovarlo, possiamo rintracciarlo senza troppa fatica!". Trasse dalla tasca una chiave e la porse alla ragazza, strizzandole l'occhio.

Grethel sussultò. Aveva capito bene? Le credeva? La aiutava??? "Sei dalla mia parte..." - sussurrò stupita... "Cos'è quella chiave?".

"La chiave della sede dei moschettieri, me l'ha lasciata il capitano De Treville perchè potessi gironzolare nella nostra sede a mio piacimento e a qualsiasi ora per aiutarmi a guarire e ricordare. Nello studio del capitano ci sono i registri con le informazioni di tutti quelli che han fatto parte del corpo dei moschettieri, anche quelli di molti anni fa! Li troveremo quello che cerchi, spero!".

Grethel smise di piangere e annuì. Era strano, ora vedeva d'Artagnan sotto occhi diversi... Non più un burattino da maneggiare a suo piacimento ma un valente stratega e un uomo assolutamente intelligente... Era delle caratteristiche del giovane che aveva forse intravisto durante la loro convivenza ma che solo lì a Parigi le si palesavano tanto bene davanti agli occhi. "E' tradimento il tuo, lo sai?" - gli chiese, in tutta onestà. Avere il suo aiuto era fantastico, era quello che aveva sempre voluto, ma ora tutto si faceva complicato e mille remore si facevano ormai strada nella mente della ragazza... Remore, preoccupazioni... Per lui...

D'artagnan annuì. "Ora è notte e non ci vedrà nessuno! Prenderò una scusa a casa per uscire e poi ci avvieremo alla sede dei moschettieri, entreremo nell'ufficio di De Treville, guarderai quei registri e troverai chi cerchi... In fondo, non sarebbe proprio tradimento il mio! Ho il permesso di entrare in quel palazzo e nessuno mi ha mai propibito di guardare quei registri...". Il suo sguardo era furbo, indisponente come alcuni anni prima, quando era un ragazzino di provincia appena giunto a Parigi, alle prime armi.

La ragazza sorrise, avvicinandosi ancora più a lui. "Perchè lo fai?" - chiese, in un soffio...

Il guascone la strinse. "Perchè mi sei mancata, nonostante tutto... E ora voglio crederti perchè se la storia che mi hai raccontato è vera, allora forse non ho così tanti motivi per odiarti, come mi dicono tutti... Cioè, non sei stata sincera e avresti dovuto esserlo dall'inizio, ma fa niente, in un certo senso ti giustifico! Ti aiuterò perchè...".

Grethel lo guardò negli occhi, bloccandolo... "Mi sei mancato anche tu... E ti ho cercato perchè...".

Si fissarono...

Le loro labbra si sfiorarono...

Dapprima brevemente, poi con un bacio lungo ed intenso...

D'artagnan non poteva saperlo e nemmeno Grethel...

Ma quell'alleanza avrebbe condotto entrambi a scoprire aspetti di un passato beffardo e a portarli davanti a scelte difficili e dolorose...

E pericolose...



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Capitolo 15
*** Un beffardo scherzo del destino ***




Un beffardo scherzo del destino



Decidere di aiutare Grethel era stata una scelta difficile da compiere ma una volta fatta, tutto il resto era venuto naturale. Naturale era stato tornare a casa Bonaciuex e fare finta di nulla, naturale era stato tenere nascosta Grethel mentre lui cercava una scusa per allontanarsi con lei, naturale era stato mentire a Constance e agli altri circa il motivo per cui sentiva la necessità di recarsi alla sede dei moschettieri in piena notte, da solo.

Si sentiva un verme forse, ma l'attrazione che provava per Grethel, il dolore nel vederla piangere, la sua storia erano stati più forti di tutto!

Lasciata la sua casa, con Grethel scivolò nei vicoli bui di Parigi, furtivamente, con passo spedito.

Anche se – e il guascone non poteva saperlo – il piccolo Jean aveva fiutato qualcosa di strano. E una volta uscito d'Artagnan, corse in camera sua, chiedendo e inviando il fedele pappagallo Copy a pedinarlo.

Giunti alla sede dei moschettieri, nessuno gli disse nulla quando lo videro entrare con una donna incappucciata. Tutti sapevano il problema di d'Artagna, tutti sapevano che De Treville gli aveva dato le chiavi della sede per aiutarlo a ricordare e tutti avevano pensato che la donna con lui fosse Constance. Stessa corporatura, stesso passo svelto...

Grethel era stata furba e al gioco, si era stretta nel suo mantello, aveva nascosto i suoi lucenti capelli neri sotto al cappuccio con cui teneva celato il viso, nascondendolo dietro alla stoffa. Un abbigliamento dopo tutto normale per una donna che usciva in quella fredda sera autunnale.

I corridoi a quell'ora erano deserti e solo poche guardie erano presenti in quel luogo, solo in cortile.

Gli studi, gli uffici... Tutto era avvolto dal silenzio e dal buio.

Grethel si guardò attorno nervosa, seguendo il suo compagno in quei lunghi corridoi. "Sei sicuro che in giro non ci sia nessuno?".

D'artagnan annuì. "Certo, a quest'ora le uniche guardie presenti, presidiano i giardini. Quì dentro invece, la sera e la notte non c'è mai nessuno e solo all'alba cominciano ad arrivare i moschettieri che hanno il turno al mattino. Siamo soli, nessuno ci disturberà!".

Grethel si guardò attorno, tesa. Era quasi giunta alla sua meta, presto avrebbe scoperto che fine aveva fatto l'assassino di suo padre, presto avrebbe messo le mani su di lui... Uno strano misto di impazienza e nervosismo si impadronì di lei. Non vedeva l'ora di aprire quei registri, trovare le informazioni che la interessavano e poi sparire e compiere la sua vendetta! "Come entreremo nello studio di De Treville?".

D'artagnan, nell'oscurità, sorrise. "Te l'ho detto, mi ha dato le chiavi! Posso venire quì quando voglio, pensano possa aiutarmi a ricordare e a guarire!".

La ragazza lo fissò nell'oscurità. "Perchè fai questo? Loro si fidano di te, sono tuoi amici... E rischi molto, aiutandomi! Se venissi scoperto, come minimo ti sbatterebbero fuori dal corpo dei moschettieri e rischieresti anche pene più severe per alto tradimento... Perchè lo fai per me, per una donna che non ha fatto altro che mentirti?".

A quelle parole, d'Artagnan sussultò. Sapeva cosa rischiava, li sapeva tutti quei pericoli appena elencati da Grethel. E ancora di più, sapeva che i suoi amici sarebbero stati delusi da lui, che avrebbe ferito Constance e tutti quelli che lo amavano ma... "Grethel, non lo sò! Ma voglio farlo, sento che DEVO farlo! Non so il perchè ma il mio istinto mi dice che quello che tu cerchi, è una cosa importante!".

Grethel parve confusa da quella risposta. "Sei strano, lo sai? Ma sei gentile, magari i tuoi amici fossero come te...".

"Beh, i moschettieri non sono tutti come pensi tu, crudeli e senza ideali... Anzi, se li conoscessi, potrebbero stupirti positivamente. Ricordo poco nulla del mio passato ma i miei amici non mi lasciano mai, cercano di aiutarmi in tutti i modi, si stanno prodigando per me in ogni modo, per farmi guarire!".

Grethel gli si affiancò, mentre salivano gli ultimi scalini che portavano allo studio del capitano. "Ascolta, proprio per questo! Sei davvero sicuro di quello che fai? Se ti scoprissero... perderesti i tuoi amici!".

D'artagnan camminò fino alla grande porta in ebano, aspettando alcuni attimi prima di risponderle... Mise la chiave nella toppa e la girò piano... "Beh Grethel, ovviamente io SPERO di non venire scoperto! Non ho intenzioni suicide!".

A dispetto della tensione e dei sensi di colpa che l'attanagliavano, Grethel sorrise. Era bella in fondo quella situazione... Era bello lui... Lui sapeva farla stare bene... Lui, con il suo cuore puro, il suo coraggio, la sua semplicità... Un essere umano totalmente opposto a quello che lei era, un essere umano incontrato per caso che aveva finito per renderla una persona migliore... "Speriamo...".

D'artagnan annuì e poi aprì la porta. Si trovarono nel grande studio di De Treville, circondati da librerie, vecchi tomi, scartoffie. Al centro stava la grande scrivania del capitano, ordinata con il suo pennino e l'inchiostro in un angolo e alcune mappe al centro.

Grethel si guardò attorno stupita. Non era mai stata in un ambiente tanto elegante, tanto sofisticato. Pareti dipinte dai più grandi pittori di Francia, affreschi, soffitti lavorati da abili scultori... "Accidenti...".

"Grethel!". La voce di d'Artagnan la richiamò alla realtà. Il giovane stava davanti ad uno scaffale pieno di registri impignati fra loro. "Guarda, quì c'è quello che cerchi!".

Grethel annuì, mentre l'ansia ricominciava ad attanagliarla. "Bene, cominciamo a cercare! Che cosa troviamo su questi registri, semplici elenchi di nomi o anche altre informazioni?" - chiese, correndo vicino al compagno.

D'artagnan sfogliò un registro preso a caso. "Beh, direi che c'è qualcosa di più del semplice nominativo. Ci sono luogo e data di nascita e nome dei genitori! Credo che la persona che cerchi, sia nei registri risalenti al primo decennio del secolo!".

Grethel fissò lo scaffale. I registri erano tanti, ci avrebbero messo ore a trovare quel nome! Charles De Batz De Castelmore... "Come saranno catalogati, in ordine alfabetico?".

D'artagnan scosse la testa. "Non credo, De Treville aggiunge man mano i nomi dei nuovi cadetti e quindi, suppongo che siano per ordine di arrivo nel corpo dei moschettieri!".

A quella notizia, Grethel grugnì, esasperata. Se le cose stavano così, era come cercare un ago in un pagliaio! Quando era diventato moschettiere quell'uomo? Non lo sapeva, non sapeva nemmeno quanti anni avesse quando aveva ucciso suo padre!!! "Dannazione, sei sicuro d'Artagnan?".

Il guascone annuì. "Certo che sono sicuro, guarda?". E prese dallo scaffale il penultimo registro, prendendo a sfogliarlo. "Quì c'è il mio nome, lo so perchè quando De Treville mi ha parlato del mio arrivo, ha preso questo volume! E' il penultimo e, considerando che sono moschettiere da pochi anni, il mio nome è riportato alla fine della raccolta! Guarda!".

Grethel gli si avvicinò, guardando con curiosità le pagine che scorrevano davanti a lei, che d'Artagnan faceva correre fra le sue dita, mentre cercava il suo nome. Infine... "Ecco, guarda Grethel! Quì ci sono io! Sai, non l'ho mai visto! De Treville li legge ma non ce li mostra mai!".

La ragazza, incuriosita, gli prese il registro dalle mani. Era curiosa di vedere quei registri, come fossero tenuti. Ed era curiosa anche, di sapere qualcosa in più sul suo giovane complice...

Ma forse, a volte la curiosità fa danni...

E forse, a volte il destino sa rivelarsi crudele più dei propri nemici...

Lesse...


"D'artagnan De Batz De Castelmore, nato a Lupiac (Guaascogna) il 1 dicembre 1609. Figlio del moschettiere Charles De Batz De Castelmore (nel corpo dei moschettieri fino alla sua morte, avvenuta nel gennaio 1610) e di Isabelle Chevreux".


Il cuore parve fermarsi a Grethel in quel momento. No, non poteva, non doveva essere così!!!

L'uomo che cercava, il moschettiere che voleva trovare ed uccidere era già morto!

E fra mille uomini che potevano essere il suo bersaglio... il suo nemico era proprio il padre del giovane che la stava aiutando, inconsapevole di tutto!

D'artagnan... figlio di Charles De Batz De Castelmore...

Non era possibile, era un incubo!!!

Il destino era stato crudele e subdolo...

Chiuse energicamente il volume, sbattendolo con violenza sul ripiano dello scaffale.

Era pallida, le mani le tremavano...

"Grethel, che c'è?" - chiese d'Artagnan, preoccupato per quel cambio d'espressione improvviso.

Grethel lo fissò, senza trovare per alcuni attimi le parole. E ora cosa doveva fare? La vendetta che per anni aveva atteso, preparato... Il suo nemico era morto!!! E ora ne aveva davanti il figlio!!! D'artagnan...

Che forse amava...

'Ma io ho promesso vendetta a mia madre...' - pensò. E alla fine decise! Avrebbe onorato la memoria dei suoi genitori, vendicato la vita e la morte infame che avevano fatto, avrebbe mantenuto fede alla sua promessa! Andando contro ai suoi sentimenti, alla fiducia che quel giovane che stava rischiando tutto per aiutarla, riponeva in lei, andando contro ai suoi stessi sentimenti. "Nulla d'Artagnan, ho solo sentito un rumore..." - mentì.

D'artagnan sbatté gli ingenui occhioni blu. "Davvero? Non ho sentito nulla...".

Grethel gli sorrise. "Io sì e forse per ora, visto che la ricerca sarà lunga, è meglio che ce la filiamo da quì! Torneremo la notte prossima a fare quello che dobbiamo!".

Confuso da quel cambio di programma repentino e dal vederla così turbata, d'Artagnan non replicò e con un cenno del capò annuì, d'accordo con l'idea della donna. "Ok, verrò con te! Ma dovrò trovare una scusa anche domani sera allora, per uscire di casa. E temo che questo finirà per insospettire tutti quanti...".

Grethel scosse la testa. "Non tornerai a casa. Ci nasconderemo nel casolare che sta nei boschi di Saint Jacques e lì aspetteremo il tramonto! E domani torneremo quì!". Lo disse con convinzione, come se non mentisse...

In realtà, i suoi piani sarebbero stati altri...

D'artagnan da quel bosco non sarebbe mai tornato!

E mentre loro scappavano nelle vie di Parigi come fuggitivi, Copì volava disperatamente verso casa Bonacieux.

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Capitolo 16
*** Come un buon padre... ***


Penultimo capitolo!

Grazie a chi continua a seguire la storia e mi incoraggia con commenti graditissimi!

Alla prossima allora!





Come un buon padre...



Il piccolo Jean correva nelle strade deserte di Parigi, mentre una timida e fredda alba si affacciava sulla città.

Il bambino era terrorizzato e preoccupato. Il pappagallo Copy era tornato dalla missione che il piccolo gli aveva affidato, pedinare d'Artagnan, e ora era consapevole del fatto che il suo amico era in compagnia della temibile Grethel. Per fortuna sapeva la meta dei due, Grethel aveva detto a d'Artagnan che si sarebbero nascosti nel casolare dei boschi di Saint Jacques. Ma per fare cosa? D'artagnan era un maestro a cacciarsi nei guai e la donna con cui si accompagnava non poteva che avere cattive intenzioni... Cercava un uomo a Parigi e ora, grazie a Copy, sapeva anche il nome di quell'uomo: Charles De Batz De Castelmore... Il padre di d'Artagnan!!! E ora che Grethel sapeva chi era davvero il guascone, che avrebbe fatto con lui? D'artagnan era in pericolo e Jean ne era cosciente. Doveva chiedere l'aiuto dei moschettieri e doveva fare dannatamente in fretta!

Il ragazzino arrivò, trafelato, davanti alla casa di Athos, la più vicina alla residenza Bonacieux. "ATHOS, ATHOS!!!" - urlò, battendo vigorosamente la mano contro la porta.

Dopo qualche istante, il moschettiere moro comparve sull'uscio. Mezzo addormentato ma già vestito e pronto per il suo turno mattutino come moschettiere. Athos, vedendosi davanti Jean, assunse un'aria preoccupata e perplessa. "Ciao, che ci fai quì a quest'ora?".

Jean, ancora spossato per la corsa, inspirò profondamente e prese fiato. "Athos, d'Artagnan è nei guai!".

Il viso del moschettiere si indurì. Che cosa era successo ancora? Era preoccupato per il suo amico a causa dell'amnesia e per come lo vedeva, smarrito e confuso... "Cosa è successo?".

Jean annuì. "Ieri sera se n'è uscito di fretta e furia, non dicendo a nessuno dove sarebbe andato! Era così misterioso... Mi sono preoccupato e ho detto a Copy di seguirlo!".

"E allora?" - lo incalzò Athos.

Jean si aggrappò alle gambe del moschettiere, disperato e sull'orlo di una crisi di pianto. "E' con Grethel! Sono andati di nascosto alla sede dei moschettieri perchè lei voleva cercare informazioni su un uomo che quella donna sta cercando, su un moschettiere! Copy ha detto che hanno sbirciato negli archivi del capitano e poi, di colpo Grethel è voluta fuggire con d'Artagnan nei boschi di Saint Jacques, alla masseria!".

Athos si accigliò. Che cos'era ora quella storia? Si era beato nell'illusione che Grethel stesse a Parigi solo per riprendersi d'Artagnan ma a quanto pareva, le cose erano più complicate! "Chi starebbe cercando Grethel?".

Il viso di Jean si fece terreo. "Sta cercando il padre di d'Artagnan per vendicarsi di qualcosa... L'ha detto: Charles De Batz De Castelmore!!! Quando ha guardato gli archivi ha letto le informazioni riguardanti d'Artagnan, di colpo si è bloccata e di fretta, lo ha convinto a seguirla! Così, almeno, mi ha detto Copy... Quando lei ha scoperto che d'Artagnan è figlio dell'uomo che cerca... è voluta fuggire con lui!".

L'ansia prese ad attanagliare Athos. Quella storia non gli piaceva per niente! Se il suo istinto non sbagliava, d'Artagnan era nei guai! "Andiamo!" - ordinò a Jean, prendendo il suo cavallo dalla stalla a fianco della casa e montandoci sopra.

Il bimbo annuì, salendo sul cavallo insieme a lui. "Chiamiamo gli altri?".

Athos scosse la testa. "Non c'è tempo! Aramis e Porthos vivono troppo distanti da quì! Ma il capitano potrebbe aiutarci ed è da lui che andremo! Vive a pochi isolati da quì e a quest'ora è ancora in casa!".

Jean spalancò gli occhi, stupito. "Da De Treville?".

Athos annuì. "Esatto!". Non era solo questione di vicinanza a casa sua. De Treville forse poteva aiutarlo più di tutti perchè conosceva sia d'Artagnan che suo padre e quindi, probabilmente, anche Grethel. Non sapeva chi era quella ragazza, non sapeva perchè cercava il padre di d'Artagnan e nemmeno cosa fosse successo. Ma confidava che De Treville invece ne sapesse di più e riuscisse a sistemare la situazione.

E con Jean fra le braccia, Athos corse al galoppo verso la casa del capitano.


...


Grethel si sedette accanto a d'Artagnan, sul fieno che ricopriva un lato del casolare del bosco. Era taciturna e nervosa, arrabbiata e frustrata. Il destino le aveva giocato un tiro mancino tremendo ma sarebbe andata avanti... Era furente! Per anni aveva cercato, inseguito un uomo ormai morto, senza che lei lo sapesse. E poi aveva incontrato un giovane che era riuscito a farla innamorare di lui e ad amarla davvero... Un giovane che forse sarebbe riuscito a migliorarla e cambiarla... E aveva scoperto che quel ragazzo era figlio del suo più acerrimo nemico!

Odiava farlo ma quella vendetta... doveva essere compiuta! Non ne avrebbe tratto gioia ma avrebbe almeno vendicato la morte di suo padre e il dolore di sua madre...

La donna si voltò verso il giovane seduto accanto a lei. Ora inizava la recita, la menzogna... La parte più difficile! "C'è una dispensa quì, ho visto, all'entrata! Potremmo accedervi e berci un buon bicchiere di quel vino che sta sopra la mensola, per festeggiare la nostra riunione!" - disse indicando il luogo della stanza con i viveri e le bevande.

D'artagnan fissò la mensola coi vini, titubante. "Ecco, credo che quelli siano per i cacciatori che vengono quì col re a fare battute di caccia! Non credo che la prenderebbero troppo bene, se aprissimo una di quelle bottiglie!".

Grethel ridacchiò. "Ah, sei troppo un bravo ragazzo! Non è stagione di caccia questa e non se ne accorgeranno! Quando torneranno quì sarà primavera e nemmeno ricorderanno cosa hanno lasciato quaggiù. I nobili sono così, hanno talmente tante cose che se ne dimenticano!".

D'artagnan sollevò le spalle. Un bicchiere di buon vino in fondo non faceva male a nessuno! Non era una cattiva idea... "Ok, apro la bottiglia?".

Grethel si alzò, strizzandogli l'occhio. "No, faccio io! Lasciati servire... Devo pur sdebitarmi per quello che stai facendo per me!".

Il guascone sorrise. "Non è niente di eccezionale!". Era vero, non lo faceva solo per lei ma anche per se stesso... Per Grethel provava una strana, forte attrazione e stare in sua compagnia lo inebriava...

La donna sorrise, poi si alzò. Si diresse alla mensola, prendendo una bottiglia di vino, due bicchieri e il cavatappi accanto ad essi. Poi li appoggiò al tavolaccio all'angolo della sala, dando le spalle al guascone che così non poteva vedere le sue mosse. Aprì la bottiglia, facendo scorrere il vino nei bicchieri. Poi, senza essere vista, tirò fuori da una tasca del suo vestito una piccola bustina bianca contenente una strana polverina grigiastra. La versò in uno dei bicchieri, aspettando che si sciogliesse. Si sentiva come in tranche... Avrebbe compiuto la sua vendetta ma non lo avrebbe fatto soffrire... Con quella polverina, con quel sonnifero versato nel vino, lo avrebbe addormentato. E poi... avrebbe fatto tutto il resto, senza che lui se ne accorgesse, senza che lui sentisse dolore. Sarebbe stato un attimo, solo un attimo...

Infine sospirò, prese i bicchieri e tornò dal guascone. Si sedette accanto a lui, porgendogli il vino col sonnifero. "Alla salute!" - sussurrò, seria, facendo tintinnare il suo bicchiere contro quello di d'Artagnan.

Il ragazzo sorrise. "Alla salute! E a noi..." - aggiunse poi, dolcemente. Poi bevve il vino. Era buono, dal gusto intenso, inebriante, dall'aroma fruttato. Dell'ottimo vino francese!

Grethel lo fissò silenziosa. Un groppo le attanagliava la gola e lo stomaco e sapeva perchè questo succedeva. Quel giovane non riusciva a vederlo come un nemico, odiava il doverlo tradire, odiava se stessa per quello che stava per fargli... E amava quel suo modo gentile di aiutarla, la sua dolcezza, la sua purezza... Ma dannazione, non poteva tirarsi indietro, lo aveva promesso a sua madre! E quella vendetta era la sua ragione di vita! 'Già... e dopo averla compiuta, però...?' - pensò. Già, dopo che avrebbe fatto?

Osservò d'Artagnan sbadigliare e poi stendersi sulla paglia, rilassato e sereno. "Questo vino e la nottata in bianco Grethel, mi hanno messo un sonno terribile!" - riuscì a sussurrare, prima di cadere profondamente addormentato.

Grethel sorrise, tristemente. "Dormi amore mio... dormi... Fra poco... sarà tutto finito...". Lo guardò addormentarsi sempre più profondamente... Ora era davvero giunto il momento. Qualsiasi cosa avesse fatto, d'Artagnan non se ne sarebbe accorto, non si sarebbe svegliato. "Perdonami, se puoi..." - sussurrò, senza smettere di fissare quel sonno tranquillo.

Poi si alzò e si diresse alla sedia dove aveva appoggiato il suo mantello quando erano giunti lì insieme, come due fuggiaschi. Rovistò nella tasca ed estrasse un lungo pugnale dal manico dorato. Lo fissò intensamente, poi guardò l'uomo che dormiva steso sul fieno...

Un colpo solo, netto e preciso al cuore... Non se ne sarebbe nemmeno accorto, sarebbe bastato un attimo...

E la sua vendetta si sarebbe compiuta, i suoi genitori avrebbero ritrovato la pace e Charles De Batz De Castelmore sarebbe stato finalmente punito.

Grethel si avvicinò a d'Artagnan brandendo il pugnale, come in tranche. Si inginocchiò accanto a lui, avvicinando l'arma al suo petto.

Ma proprio quando trovò il coraggio di farlo, di ucciderlo, la porta del casolare si aprì di colpo.

"FERMA!!!" - urlò la voce del capitano De Treville. L'anziano capitano entrò nella stanza, seguito da Athos e Jean.

Grethel si voltò verso di loro, stupita ma perfettamente pronta ad affrontarli. Non ci voleva quell'interruzione e non si spiegava come mai quegli uomini fossero lì ma non avrebbe permesso loro di averla vinta. "E voi chi siete?" - chiese. In realtà Athos lo ricordava, così come si ricordava del piccolo Jean. Ma l'uomo anziano, chi diavolo era? "State lontani o per lui sarà la fine!" - minacciò, non allontanando il coltello dal corpo di d'Artagnan.

Athos fissò il compagno, riverso sulla paglia. "Che cos'ha?" - chiese allarmato, vedendolo privo di sensi.

Grethel lo guardò freddamente. "Sta solo dormendo... per ora!".

De Treville squadrò la ragazza. Capelli neri come la pece, occhi verde smeraldo, fisico snello e slanciato... Jean e Athos gli avevano detto il suo nome... Grethel... Conosceva una Grethel una volta, tanti anni prima... E sapere chi stesse cercando, aveva confermato i suoi sospetti... Grethel Leroux... Dopo tanti anni, De Treville se la trovava ancora davanti. "Io sò chi sei!" - tuonò, mentre si avvicinava alla donna.

Grethel si alzò in piedi, pronta a difendersi, brandendo il pugnale. "Ho detto, lontani da quì!".

Ma De Treville non diede cenno di ascoltarla, di fermarsi, continuando a camminare verso di lei. Tanti anni erano passati da allora, da quando l'aveva vista l'ultima volta, fra le braccia della madre. Era solo una neonata in fasce allora... Piccola e già orfana. Si ricordava di lei, si ricordava di suo padre Anton. Anton Leroux... Il suo più acerrimo nemico e antagonista di gioventù. Lui e Charles, il padre di d'Artagnan avevano lottato a lungo, eroicamente contro di lui. Prima, giovani ragazzini in cerca di avventure, poi uomini che lottavano per cause diverse. "Cosa vuoi fare, ragazzina? Attaccarmi? Sono il capitano dei moschettieri, dubito che se tu mi ferissi o uccidessi, ne ricaveresti granché... Stessa cosa se tu uccidessi uno dei miei uomini. Dammi retta Grethel Leroux, uccidere d'Artagnan non ti porterà a nulla!".

Grethel sussultò. "Come diavolo fate a sapere il mio nome?".

De Treville annuì. "Io conosco molto di te e trovarti davanti ora... è difficile, credimi... Conoscevo tuo padre e conoscevo il padre di d'Artagnan che era il mio migliore amico. Credo di sapere il perchè sei venuta quì, cosa cerchi, perchè vuoi ottenere vendetta... Ma ci sono tante cose che non sai e se mi vorrai ascoltare, te le racconterò!".

Grethel sorrise, freddamente. "Non riuscirete a incantarmi con le vostre parole, mio 'caro' capitano...".

De Treville scosse la testa. "Testarda come tuo padre! E con la stessa lingua lunga... Ma più codarda!".

"Che volete dire?" - chiese lei, con ira. Come osava???

Il capitano fissò d'Artagnan, riverso al suolo. "Tuo padre combatteva alla pari coi suoi nemici, ci metteva la faccia, rischiava... Combatteva per qualcosa che io invece cercavo di difendere ma lo faceva con onore e coraggio. Di certo, non avrebbe colpito a morte un uomo impossibilitato a difendersi...".

"State zitto!!!" - minacciò lei, colpita da quelle parole.

Ma il capitano non si fermò, avvicinandosi ancora di più a lei, mentre Athos e Jean si cominciavano ad allarmare per la vicinanza all'arma brandita da Grethel.

"Capitano!" - lo richiamò Athos.

De Treville si voltò verso di lui. "Tu non ti intromettere ora! Questa cosa la devo risolvere io!". Poi si rivoltò verso Grethel. "Ragazza, conoscevo tuo padre come le mie tasche. Era un combattente valoroso e forte, nonché un ottimo spadaccino. Ma era anche una testa calda che aveva fatto l'errore di avvicinarsi a persone sbagliate che lo avevano portato a combattere per cause sbagliate. Io e Charles eravamo suoi antagonisti, amavamo sfidarci per vedere fin dove arrivava la nostra bravura con la spada. Finché tutto cambiò... Quel rapporto di odio-amicizia si inclinò per sempre quando tuo padre entrò a far parte del gruppo che attentò alla vita del nostro re Enrico IV. Era il 1610, lo ricordo... E allora i nostri giochi, le nostre sfide finirono. Come la nostra giovinezza... Anton divenne nostro nemico e Charles lo affrontò in duello. Lo uccise perchè questo meritava chi attentava alla vita di un re! Tuo padre ha combattuto per ciò in cui credeva, conoscendone i rischi... Così come Charles!".

Grethel sussultò. Era la prima volta che sentiva quella storia... Non sapeva il perchè suo padre fosse stato ucciso ma solo che era morto inseguendo i suoi ideali. Ma in fondo non importava, il capitano De Treville, tanto fedele alla corona, non poteva capire... "Mio padre combatteva questo sistema corrotto, dove i nobili vivono nel lusso più sfrenato e il popolo muore di fame! Charles ne era un degno membro, proprio come voi capitano! Avete ucciso un uomo, un marito, un padre di una figlia appena nata! E non ve ne siete preoccupati! Chi vi diceva che stavate dalla parte giusta? Chi vi diceva che non fosse mio padre ad avere ragione?".

De Treville sospirò, mentre avvenimenti lontani e dolorosi si riaffacciavano alla sua memoria. "Nessuno può dire chi di noi avesse ragione, solo la storia potrà dirlo, un giorno... Ognuno di noi combatteva per quello in cui credeva Grethel, con l'ardore e la passione giovanile che contraddistingue ogni ragazzo di vent'anni. Charles conosceva tua madre e se ne era preoccupato dopo la morte di Antoin. Voleva aiutarla perchè anche lui era diventato padre da poco e poteva comprenderne la disperazione ma lei sparì da Parigi dopo la morte del marito e di voi non abbiamo saputo più nulla...".

Gli occhi di Grethel si assottigliarono, pieni di rancore. "Cercate solo di difendere la memoria di un vostro amico!".

Il capitano posò gli occhi su d'Artagnan. "Non è vero Grethel! Charles non era una cattiva persona, anzi, era il migliore di tutti noi. E d'Artagnan ne è il degno figlio! Stesso cuore d'oro, stessa lealtà, stesso coraggio, stessa abilità con la spada... E non è nemmeno vero, come tu pensi, che io abbia cattivi ricordi di tuo padre. Lo conoscevo, lo conoscevo bene! E sapevo che per te avrebbe desiderato il meglio Grethel! Forse proprio pensando a te e al tuo futuro, ha fatto quello che ha fatto! BADA, non lo giustifico! Ma comprendo perchè abbia agito così! E' passato tanto tempo Grethel e non puoi portare avanti questa tua lotta! Perchè non è la tua lotta! La battaglia è finita allora, con la morte di Antoin, con la morte di Charles poco dopo... Anche d'Artagnan è cresciuto senza genitori, sono stati i suoi nonni a tirarlo sù, facendone quello che è ora! Lui non c'entra con quella storia, come non c'entri tu!".

"State zitto!" - ringhiò Grethel, vedendolo avvicinarsi troppo a lei.

De Treville scosse la testa, avvicinandosi ancora... Non aveva paura di lei, di quel pugnale... Era come se Antoin stesso l'avesse messo sulla strada della figlia, per impedirle di fare quell'errore che le sarebbe costato caro. E appena le fu davanti, non disse più nulla. A sorpresa alzò la mano, colpendola con un forte schiaffo sulla guancia che la fece cadere a terra e fece rotolare lontano il pugnale.

De Treville la fissò severamente, mentre Jean correva a recuperare l'arma di Grethel. "Questo schiaffo Grethel, fa che te l'abbia dato tuo padre! Se lui fosse quì, avrebbe fatto lo stesso, te l'assicuro! Pensi che sia morto lottando per una figlia che potrebbe finire impiccata a poco più di vent'anni per aver ucciso un servitore del re? Credi che lui per te volesse questo? Una vita di odio e rancore, passata ad inseguire i fantasmi del passato? Era la SUA battaglia Grethel, non la tua! Tuo padre è morto ma ovunque lui sia... non vorrebbe vederti così! Per te voleva una vita felice, libera... Non aspirava certo ad avere una figlia assassina e vendicatrice, che uccide solo per odio! I suoi ideali non sono i tuoi Grethel! Vivi la tua vita lontano da quì, vattene e ricomincia da zero! E lascia in pace d'Artagnan, lui come te è innocente! Non permettere che le colpe dei padri ricadano su voi figli...".

Il tono di De Treville si era fatto più dolce e la sua voce pareva incrinarsi davanti ai ricordi e al dolore. Quella ragazza avrebbe potuto essere sua figlia...

Grethel si massaggiò la guancia, poi si rialzò a fatica. Fissò d'Artagnan... Lui era innocente, era vero... E forse lo era anche lei... Quella vendetta! L'aveva inseguita senza sapere davvero cosa fosse successo a suo padre, senza chiedersi il perchè di tante cose. Era vero! Cosa avrebbe ottenuto uccidendo d'Artagnan? Sensi di colpa per sempre e una probabile condanna a morte. E suo padre non poteva desiderare qualcosa di simile per lei! Ne sarebbe stato deluso e amareggiato...

Calde lacrime presero a scorrerle sul viso... E crollò singhiozzando fra le braccia del capitano.

De Treville la abbracciò. Un abbraccio paterno... Quando Antoin era morto non aveva potuto aiutarla, ne lei ne sua madre. Ora invece poteva saldare i conti lasciati in sospeso col passato. "Piangi Grethel, piangi...".

"Mi denuncerete?".

De Treville scosse la testa. "No! D'artagnan sta bene e non avete fatto nulla di male! Ma per il suo bene, sarà meglio che tu...".

Grethel annuì. "Lo sò... Che io me ne vada... Ho stravolto troppo la sua vita!". Si voltò a fissarlo. Era vero! Sapeva che d'Artagnan aveva affetti, un amore a Parigi. Di cui non si era mai interessata, di cui se n'era sempre fregata per raggiungere i suoi scopi. Era stata ingiusta con lui mentre d'Artagnan era stato dolce e puro, gentile e fiducioso. Sempre! Era ora di lasciarlo stare, di farlo tornare alla sua vita. Avrebbe ricordato, sarebbe tornato quello che era prima degli scontri di La Rochelle. Era ora che anche lei finalmente, facesse qualcosa per lui... Anche se un pensiero... "Cosa gli direte di me?".

De Treville sorrise. "La verità. Che sei una ragazza forte e che saprai ricominciare da capo la tua vita. E che suo padre e tuo padre sono stati rivali e nemici ma che si sono sempre rispettati. E che anche tu sei degna di rispetto come lui! E che gli hai voluto bene!".

Grethel annuì. "Grazie... E perdonatemi, se potete...".

Si abbandonò ancora un istante a quell'abbraccio paterno che sempre le era mancato nella sua vita. De Treville era il miglior rappresentate di quello che era stato un tempo. Un suo abbraccio, le sue parole, erano quanto di più vicino a quello che era stato suo padre. E quell'uomo, le sue parole... Avrebbe ascoltato. E voltato pagina alla sua vita!



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Capitolo 17
*** Ritrovare se stessi - Epilogo ***


EVVIVA!!! Finalmente, dopo lunga epopea, sono arrivata alla fine di questa storia! Grazie di cuore a tutti quelli che l'hanno seguita, commentata, messa fra le seguite, preferite, ecc...

Scusate ancora per i lunghi tempi di aggiornamento ma... si fa quel che si può XD

Un bacione immenso a tutti tutti!!!

Presto, proseguirò anche con l'altra storia! :)






Ritrovare se stessi - Epilogo



Parigi al tramonto era deserta. L'autunno era ormai avanzato, il freddo si era impossessato dell'aria e le piante ormai spoglie apparivano spettrali nella penombra della sera imminente...

La Senna continuava a scorrere placida, tranquilla e la città era avvolta dal silenzio a quell'ora.

D'artagnan camminava solo, immerso nei suoi pensieri...

Si sentiva perso, senza una meta, senza un passato, con un futuro nebuloso davanti a se... Avrebbe voluto ricordare, tornare ad essere quello che era sempre stato ma aveva la vaga sensazione che anche se fosse successo, tutto sarebbe stato diverso.

C'era stata Grethel nella sua vita e, amnesia o non amnesia, con lei aveva vissuto momenti importanti.

Sapeva cosa era successo, glielo avevano raccontato.

Si era svegliato confuso e con un gran mal di testa nel casolare raggiunto poche ore prima insieme alla ragazza. Ma lei non c'era e al suo posto si era ritrovato davanti il capitano De Treville, Athos e Jean.

Che gli avevano raccontato tutto, che avevano dato finalmente un perchè e un senso logico a tutto quello che gli era successo negli ultimi tempi. Aveva appreso cose di un passato che nemmeno conosceva prima dell'incidente, aveva scoperto la storia di suo padre, del padre di Grethel e di cosa li avesse divisi e alla fine travolti.

E aveva appreso anche i veri piani di Grethel... Se De Treville non fosse arrivato in tempo, forse sarebbe morto.

Forse...

Ma non riusciva a crederci fino in fondo! Davvero Grethel lo avrebbe fatto se non fosse stata interrotta? Davvero lo avrebbe ucciso, dopo quello che c'era stato fra loro? Non ne era certo... Ma sperava, credeva che la sua mano si sarebbe fermata un millimetro prima di colpirlo... Una stupida speranza... A cui però voleva credere più di qualsiasi altra cosa!

Sapeva cosa De Treville le avesse detto, glielo avevano raccontato... Sapeva delle sue lacrime, del dolore che si era portata dietro per tanti anni e ora gli sembrava di conoscerla ancora meglio... Sapeva, intuiva perchè se ne fosse andata senza salutarlo. Tutto sarebbe stato troppo difficile per lei, ora... E anche per lui!

Non l'avrebbe più rivista...

Il suo cuore soffriva al solo pensiero. Forse immaginava perchè si sentisse così legato a lei. Inconsciamente, le esistenze di entrambi erano legate da un passato che non apparteneva loro ma che aveva comunque condizionato la vita di tutti e due. E per un capriccio del destino o forse per volere di qualcuno che da lassù li vegliava, le loro strade si erano intrecciate. Per risolvere quanto lasciato in sospeso tanti anni prima fra i loro padri... Nessun odio, nessun dolore avrebbe mai più tediato le vite di quelle due famiglie. Ora lui e Grethel potevano costruire il loro futuro serenamente, senza più legami dolorosi col passato, lasciarsi tutto alle spalle ed essere felici.

Già, felici...

D'artagnan non si sentiva felice al pensiero che non l'avrebbe rivista mai più! Si sentiva vicino a quella ragazza, si sentiva attratto da lei, dalla sua bellezza, dal suo sguardo profondo. Anche se era cosciente che la sua vita fosse lì, a Parigi. Che in quella città ci fossero i suoi più grandi affetti... Che il rapporto con Grethel non era stato QUASI MAI sereno e sincero...

Però...

Cosa avrebbe fatto ora? Se almeno avesse ricordato, avrebbe potuto forse avere più il polso della situazione, forse la sua mente sarebbe stata meno annebbiata... Forse avrebbe ritrovato se stesso... Un se stesso cresciuto, forse cambiato, sicuramente maturato! Un se stesso che avrebbe saputo qual'era il suo posto nel mondo! Come, sperava, sarebbe riuscita a fare anche Grethel prima o poi...

Improvvisamente una figura si parò davanti a lui...

D'artagnan si arrestò, restando a fissarla. Era una figura conosciuta, lunghi capelli biondi, fisico snello, occhi azzurri. "Constance?". Che ci faceva lì?

La ragazza lo raggiunse, con aria preoccupata. "D'artagnan, finalmente ti ho trovato!". Era stata in ansia... Già una volta era sparito, con Grethel! E l'eventualità che se ne andasse di nuovo, alla sua ricerca, era tutt'altro che remota!

D'artagnan la fissò confuso. "Eri preoccupata? Perchè?".

Constance sbuffò, vagamente alterata. "E' tardi! Dovresti smetterla di sparire senza dire dove vai e quando torni!".

Il guascone abbassò lo sguardo. Era vero, lei aveva ragione! E lui era ingiusto! Constance non faceva altro che preoccuparsi per lui... "Scusa... E' che vorrei stare solo a volte, per pensare...". Scusa sciocca, sciocca giustificazione, lo sapeva che la stava ferendo! Ma non sapeva che altro dire! Da quando era tornato, non riusciva a starle vicino! Sensi di colpa, dolore, confusione! Era pessimo con lei!

A dispetto di tutto, Constance sorrise. "Lo so cosa provi! Te l'ho detto, ci sono passata anche io un pò di tempo fa! E non ne sarei uscita se non fosse stato per te!".

D'artagnan scosse il capo. "Non è la stessa cosa e tu lo sai! Tu non hai mai tradito te stessa, io si! E ho tradito te!". Era vero, inutile fare troppi giri di parole! Sapeva, gli avevano raccontato cosa lo legasse a Constance. Lo sapeva benissimo anche quando era fuggito via con Grethel... E lo aveva fatto lo stesso!

Constance abbassò lo sguardo, sconfitta. "Non ti voglio trattenere quì con la forza e se vuoi andare da lei..." - strinse i pugni – "sei libero di farlo! Ma so cosa voglia dire per te essere un moschettiere, so chi sei davvero e... cosa siamo noi due davvero! Quindi, prima di prendere qualsiasi decisione, vorrei solo che tu ci pensassi bene! Perchè un giorno potresti pentirtene!".

D'artagnan le sorrise. Constance aveva un modo di amarlo puro, semplice, disinteressato. Lei era preoccupata solo che lui stesse bene e non gli chiedeva niente in cambio... Era così diversa da Grethel e sapeva che lei era una persona importante per lui. Anche senza ricordi, accanto a lei provava un miscuglio di sensazioni forti che non sapeva ancora definire ma che erano comunque indubbiamente piacevoli... Per questo faceva fatica ad averla vicina. Ne era attratto ma si sentiva in colpa per quello che provava anche nei confronti di Grethel! Però... Quei capelli biondi... Quanto li aveva sognati, mentre era a La Rochelle? Senza sapere di chi fossero, nonostante tutto quello che stava vivendo, non li aveva dimenticati! "Sai, se me ne fossi voluto andare, lo avrei già fatto! Grethel... è importante per me ma... anche se non ricordo... so che la mia vita è quì, con te, con i miei amici, con i moschettieri! E so che amo te e quello che sei... Vorrei ricordare, vorrei sapere, vorrei avere con te il rapporto di prima e so che devo avere pazienza per guarire! E so anche che se me ne andassi... il tuo ricordo mi tormenterebbe per sempre, più del ricordo di Grethel. A La Rochelle io vivevo nel buio più totale, senza ricordi! A parte... la tua figura che mi appariva spesso in sogno, lontana! E i tuoi capelli biondi, quelli mi venivano sempre in mente! E non sarebbe successo se tu... non fossi tanto importante per me! Te lo assicuro!".

Constance sussultò a quelle parole. Rendendosi conto solo in quel momento di quanto avesse desiderato sentirle. Era tanto stanca di essere preoccupata, di essere forte a dispetto di tutto... Si avvicinò a lui e lo strinse fra le braccia.

D'artagnan ricambiò l'abbraccio, stringendola forte, ispirando il profumo dei suoi capelli... Lo sapeva, il suo istinto lo gridava. Avrebbe ritrovato se stesso con lei accanto. Un amore diverso da quello travolgente e passionale vissuto con Grethel ma altrettanto forte, altrettanto intenso... "Constance... io... voglio ricominciare con te!" - sussurrò, avvertendo la tensione che lo aveva attanagliato fino a poco prima, abbandonarlo, lasciando spazio alla pace.

Constance sorrise. Si alzò in punta di piedi, raggiunse il suo viso e lo baciò a lungo, sulle labbra. Un bacio profondo. L'inizio di una nuova vita. "Si, ricominciamo d'Artagnan!" - sussurrò, fra un bacio e l'altro.

Il guascone la strinse più forte a se, baciandola di nuovo. Era strano ma quel semplice tocco, quel semplice e dolce contatto... faceva apparire tutto più facile, più chiaro.

E finalmente gli sembrò che la nebbia nella sua anima si stesse finalmente per diradare.


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