Con la nebbia nell'anima di lady lina 77 (/viewuser.php?uid=18117)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Legami strappati ***
Capitolo 2: *** Nuovo passato, nuovo futuro ***
Capitolo 3: *** I tormenti di Aramis ***
Capitolo 4: *** D'artagnan e Grethel ***
Capitolo 5: *** Passeggiando per La Rochelle... ***
Capitolo 6: *** In battaglia ***
Capitolo 7: *** Fuga ***
Capitolo 8: *** Un incontro fortuito ***
Capitolo 9: *** L'unione fa la forza ***
Capitolo 10: *** Operazione di salvataggio ***
Capitolo 11: *** D'artagnan o Denis? ***
Capitolo 12: *** C'era una volta una bambina... ***
Capitolo 13: *** Una nuova, vecchia vita ***
Capitolo 14: *** Attrazione pericolosa ***
Capitolo 15: *** Un beffardo scherzo del destino ***
Capitolo 16: *** Come un buon padre... ***
Capitolo 17: *** Ritrovare se stessi - Epilogo ***
Capitolo 1 *** Legami strappati ***
Legami
strappati
La Rochelle bruciava, la battaglia
infuriava. Ovunque
guerriglia, combattimenti, disordini, morti e feriti. Ugonotti contro
esercito reale, guardie cardinaliste e moschettieri in una feroce
battaglia come solo le guerre di Religione possono essere...
Athos, Porthos, Aramis e D'artagnan vi
erano giunti
ormai da tre mesi, insieme ai loro compagni e al capitano De Treville
che seguiva e comandava le operazioni di guerra da un campo fuori
città.
Avevano dovuto lasciare la tranquilla e
sonnolenta
Parigi, dove la pace regnava ormai da due anni dopo la fine di
Maschera di Ferro e ributtarsi in una guerra feroce e sanguinaria che
tanti morti aveva già fatto.
Athos e Porthos erano partiti preoccupati
ma decisi a
combattere come sempre. Fra i quattro, erano quelli che avevano
più
esperienza in questo genere di guerre e sapevano che scherzare troppo
col fuoco poteva essere pericoloso. Erano tesi nonostante Porthos
cercasse di smorzare la situazione con qualche battuta quà e
là
proprio perchè sapevano cosa li aspettava, ci erano
già passati in
altre occasioni... La guerra non era una battaglia contro un singolo,
per quanto potente quel singolo potesse essere, in una guerra si
doveva combattere sempre, dubitare di chiunque, guardarsi le spalle
in ogni momento della giornata. E questo, Athos e Porthos lo sapevano
bene e mai si erano stancati di ripeterlo, durante il viaggio da
Parigi, ai loro due amici più giovani ed inesperti.
Dal canto suo Aramis era partita seria e
decisa come
sempre. Aveva scelto di vivere come un uomo, di vivere da
moschettiere e questa sua scelta di vita veniva portata avanti con
rigore. Anche se, combattere in una guerra, spaventava un pò
il lato
femminile che comunque mai se ne sarebbe andato da lei. La paura
dell'ignoto forse... Sulla guerra aveva sempre sentito racconti
tremendi...
D'artagnan invece era partito baldanzoso e
curioso, come
sempre. La sua natura era di scavezzacollo combina-guai ed era
eccitato di combattere in una guerra vera. Certo, sapeva che non
c'era da scherzare, De Treville e i suoi compagni glielo avevano
ripetuto fino allo sfinimento. Però, nonostante le
raccomandazioni
di prudenza, il suo spirito avventuroso e ribelle sembrava averla
vinta. Aveva lasciato Parigi per combattere la sua prima vera guerra,
finalmente una battaglia seria dopo anni di tranquillità
post-Milady
e in cuor suo sperava che questa esperienza potesse migliorarlo come
moschettiere. Era stato triste, certo, lasciare la casa di Monsieur
Bonacieux, Marta, la sua amata Constance che un giorno avrebbe voluto
sposare... Ma in fondo sarebbe tornato, glielo aveva promesso, tempo
di vincere gli Ugonotti e sarebbe stato di nuovo da lei...
E così erano giunti nel cuore
della battaglia... Loro,
i moschettieri, tutti gli altri corpi d'armata del re, Richelieu in
persona coi suoi uomini...
Tutti lì, a combattere per la
vittoria di Luigi XIII.
A d'Artagnan erano bastati pochi giorni per
scoprire che
la guerra non era un'avventura meravigliosa, da romanzo. La guerra
portava morte, distruzione, spossava e uccideva la popolazione,
nessuno escluso... La guerra, col suo carico di morte, non guardava
in faccia a nessuno, nemmeno ai bambini. Spesso, nelle sue
perlustrazioni, ne aveva visti... Piccoli morti, dilaniati,
raggomitolati senza più un filo di vita ai bordi delle
strade...
Bimbi che mai sarebbero diventati grandi, che mai più
avrebbero
giocato e riso, com'era in loro diritto...
Bimbi di strada, bimbi magari di buona
famiglia... Ma
pur sempre bambini...
Già, d'Artagnan aveva capito
presto che la guerra non
era una cosa divertente... E spesso, proprio davanti alle piccole
vittime, ripensava a Jean, partito due anni prima con lui alla
ricerca della sua mamma e mai più tornato. Lo stomaco gli si
contorceva al ricordo...
"Jean..." - mormorò sotto voce...
Aramis gli ficcò una mano sulla
testa, costringendo il
guascone a rannicchiarsi dietro alla trincea di fortuna che aveva
costruito con assi e carri semi-distrutti dalla battaglia.
"D'artagnan, vuoi stare attento alla battaglia? Non devi
pensare, devi solo salvaguardare la pelle!!! NON sporgerti!!!".
D'artagnan annuì e si mise al
riparo. Accidenti a lui,
non doveva perdersi nei suoi pensieri!!! Lui e Aramis si trovavano al
cento di La Rochelle, nel cuore della battaglia, erano circondati da
nemici e stavano cercando di raggiungere i loro compagni sulle
retrovie, sgattaiolando per i vicoletti della città.
Un gruppo di dieci Ugonotti non li
lasciava, li
tallonava, li inseguiva passo passo...
D'artagnan si morse il labbro. "Aramis, e
se ci
dividessimo? Potremmo confondere loro le idee, non se lo aspettano,
no? Pensaci, se stiamo insieme rallentiamo la nostra ritirata e
rischiamo di farci ammazzare tutti e due, se ci dividiamo,
probabilmente almeno uno di noi ce la farà. Da soli possiamo
mimetizzarci meglio che stando insieme".
Aramis fissò l'amico accigliata.
Un piano azzardato, in
perfetto stile d'Artagnan. Pieno di rischi forse, ma in fondo non
stupido. E non avevano troppe scelte. Guardò il suo giovane
amico.
"Tu ti farai ammazzare prima dei trent'anni, lo sai?" -
disse, mascherando un sorriso.
D'Artagnan annuì. "Mio nonno
diceva che è meglio
vivere pochi anni ma da leone che cent'anni da coniglio!".
"Tuo nonno era saggio! ...E un tantino...
incosciente..." - lo rimbeccò la giovane donna.
D'artagnan annuì. "Buon sangue
non mente, no?
Comunque, che si fa? Ci stai?".
Aramis si fece seria. "Ci sto! E speriamo
vada
tutto bene e di trovarci a cenare stasera al campo con Porthos e
Athos, tutti e quattro insieme!!! Al mio tre tu vai a destra e io a
sinistra. Mi raccomando d'Artagnan, corri, corri e non voltarti mai!
E tieni sempre la mano ferma sull'elsa della spada!".
D'artagnan annuì. "Certo!
Attenta anche tu! Ci
rivediamo più tardi...". La guardò negli occhi.
Era bello
combattere con Aramis, lei univa in se la grazia e l'intelligenza di
una donna con l'abilità di un moschettiere. All'inizio,
sapendo la
verità, aveva avuto imbarazzi e reticenze a trattarla come
un
commilitone. Ma poi aveva capito... Aramis, donna o uomo o
moschettiere che fosse, era sempre e solo Aramis. L'Aramis che aveva
conosciuto e apprezzato come amico e moschettiere al suo arrivo a
Parigi. Aramis, aveva un passato con cui riusciva a convivere
serenamente, che non le impediva di essergli amica e moschettiere. E
se ci riusciva tanto bene lei, aveva deciso che ci sarebbe riuscito
anche lui. E così era stato e da tanto non provava
più alcun
imbarazzo a stare solo con lei. Tutto era tornato come all'inizio
della loro conoscenza, quando non sapeva davvero chi Aramis fosse...
Due semplici, grandi amici...
La donna moschettiere si
inginocchiò, pronta a scattare
e correre. "D'artagnan... Uno... due... TREEEEE!!!".
In una frazione di secondo, con la
velocità di un
felino, i due furono in piedi. E come d'accordo, presero le due
direzioni opposte e concordate.
Aramis si intrufolò in un
vicoletto che portava alla
periferia ovest della città, d'Artagnan prese a correre per
un breve
tratto sulla via principale, diretto a un vicolo stretto dall'altra
parte della strada, che portava al porto.
I dieci Ugonotti intravidero appena Aramis
ma la
direzione che aveva preso d'Artagnan fu loro subito chiara.
Il capo dei dieci uomini, Marcel DeMotte,
lo indicò ai
compagni. "Si sono divisi, il più giovane è
andato verso
vicolo Roucard. Inseguiamolo!!! Quel vicolo porta al porto e
lì ci
sono i nostri compagni, si metterà in trappola da solo!
Dobbiamo
catturarlo e carcare di non ucciderlo, un moschettiere nelle nostre
mani sarebbe un ottimo affare e un'ottima merce di scambio e di
trattativa con il re e i suoi armati".
Gli altri Ugonotti annuirono e poi corsero
dietro al
guascone.
D'artagnan accelerò la corsa. La
strada scelta era
pericolosa, sapeva di essere inseguito e sapeva che dirigendosi verso
il porto avrebbe potuto incontrare numerosi nemici pronti a
sbarrargli la strada. Ma sapeva anche che il porto era pieno di
nascondigli adatti a rintanarsi fino a che non si fosse fatta sera e
l'oscurità avrebbe potuto aiutarlo a tornare dai suoi
compagni senza
essere visto. Doveva solo raggiungerli quei nascondigli, bastava
poco, molto poco...
Corse, fino a che ragginse una piazzetta
che dava sul
mare. E si bloccò. Era piena, stra-piena di Ugonotti che
combattevano con alcune truppe delle guardie cardinaliste. Era in
corso una furiosa battaglia e non mancavano, oltre alle spade, anche
i temutissimi cannoni.
Marcel e i suoi uomini intanto lo avevano
quasi
raggiunto.
D'artagnan si voltò. Gli
Ugonotti che lo avevano
inseguito come seguci tutto il giorno erano dietro di lui, altri, a
centinaia, affollavano il porto. Cosa doveva fare?
La prima idea fu di correre ancora e
sperare di
raggiungere gli uomini di Richelieu. E così fece...
Corse qualche decina di metri, inseguito da
Marcel e gli
altri...
Poi udì solo un forte rumore
metallico...
Un cannone alle sue spalle tuonare,
minaccioso...
Un fischio, un qualcosa di violento gli si
avvicinò,
sempre di più...
La sua mente fece appena in tempo a capire
che una
cannonata era appena partita, diretta contro di lui e i
cardinalisti...
Solo un fugace pensiero... 'Mi
salverò?'...
Poi un fragore spaventoso, polvere e dolore
lo
invasero...
Tutto divenne nero, nebbioso, doloroso,
MOLTO doloroso,
come se la sua carne si smembrasse in mille pezzi...
Il suo corpo sembrava perdere consistenza,
dopo un pò
anche il dolore potente lo abbandonò, lasciandolo in uno
strano
stato di tranche...
Tutto attorno a lui divenne nebbioso, urla
e grida pian
piano sembravano allontanarsi lasciandolo solo in un'assordante
silenzio...
E una strana sensazione sconosciuta lo
invase, come di
una spugna che gli lavava l'anima, la mente, i ricordi, proprio come
se lavasse una lavagna...
'Athos... Porthos... Aramis... Constance...
Jean...'...
I volti delle persone che amava danzarono
per un istante
davanti a lui...
Poi quella strana spugna lavò
anche quei ricordi...
E tutto divenne nero come la pece...
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Capitolo 2 *** Nuovo passato, nuovo futuro ***
Grazie a tutti per
il caloroso
benvenuto dato a questa mia nuova storia, siete stati davvero
carinissimi. Grazie a Jenny (scusa se sono rimasta indietro nel
leggere la tua fics ma ho poco tempom e seguo più sezioni
quì su
efp, spero di rimettermi in pari prestissimo!), alla grande fans
Aramis/Athos Citosol (in questa fics vorrei approfondire il
personaggio di Aramis, coi suoi tormenti dati dalla sua doppia vita e
natura, spero ti piacerà), alla tenerissima e simpaticissima
Hello
Kitty e infine a Tetide, colei che con la sua stupenda fics mi ha
ispirato per questa storia (mi è venuta in mente leggendo
dell'incontro fra D'artagnan e Constance nella tua storia,
grazie!!!).
Alla prossima
ragazzi, spero
continuerete a seguirmi e a lasciarmi due righe con le vostre
impressioni!
Un bacione!!!
Nuovo
passato, nuovo futuro
Marcel DeMotte era uno di quegli uomini che
avevano
fatto della ideologia Ugonotta la propria ragione di vita. Opposto al
potere di re Luigi XIII, del Cardinale Richelieu e ai Cattolici,
aveva abbandonato la sua fattoria fuori città per entrare
nel vivo
della battaglia, nella lotta che vedeva La Rochelle bruciare di
fermenti rivoluzionari.
Aveva circa trent'anni di età e
nella vita, fino allo
scoppio della rivolta, non aveva fatto altro che il contadino.
Però
fin da piccolo, spinto da un padre estremo oppositore della monarchia
che considerava il male del popolo, aveva sviluppato sentimenti anti
reali e anti cattolici. E lo scoppio di quella battaglia era stata
una manna dal cielo per i suoi ideali e non aveva esitato a partire
con un gruppo di suoi seguaci, per mettersi al centro della
battaglia. Quale occasione migliore avrebbe potuto presentarsi per
combattere da vicino Richelieu, le sue guardie e gli odiati soldati
del re, moschettieri in testa?
Marcel DeMotte era quello che, in tempi
più moderni e
durante una guerra di alcuni secoli dopo, sarebbe stato definito
partigiano. Fuori dagli schemi, guerrigliere che non seguiva regole
precise dettate dall'alto ma che agiva decidendo solo di sua
coscienza, senza nessun capo sopra la sua testa, si era presto
distino a La Rochelle, diventando in breve quasi una leggenda.
Lui e il suo gruppo di fedelissimi erano
considerato
guerrieri forti, integerrimi e senza macchia, degli eroi.
Nei mesi di battaglia aveva deciso che i
moschettieri
del re erano il bersaglio ideale da sconfiggere, per giungere allo
scopo e conquistare fama e gloria. E presto aveva adocchiato i
migliori quattro, Athos, Porthos, Aramis e D'artagnan. Erano gli
uomini migliori del corpo dei moschettieri, i più valorosi,
i più
fidati, i più abili. Colpire loro era come infliggere un
colpo
mortale alla monarchia il lotta. Uno o tutti e quattro prigionieri
nelle sue mani, sarebbero stati un'ottima merce di scambio e di
trattativa con Luigi XIII. Ed era stato la loro ombra, il loro incubo
peggiore, sempre alle calcagna... I quattro moschettieri avevano ben
presto imparato a riconoscerlo e a battersi con lui e i suoi
fedelissimi...
Ed ora eccolo lì Marcel DeMotte,
soddisfatto di aver
catturato una delle sue prede più ambite, il più
giovane dei
moschettieri, il più scavezzacollo e abile, un pupillo e
futura
promessa per quel corpo di soldati. D'artagnan!
Aveva catturato un pezzo da novanta!!!
Il giovane moschettiere, catturato pochi
giorni prima
durante gli scontri al porto, giaceva privo di sensi e ferito dal
colpo di cannone che lo aveva investito, su un letto fatto da del
semplice pagliericcio. Mai si era destato dal suo torpore dovuto alle
gravi ferite da quando era stato preso e non aveva quindi alcuna
coscienza di dove fosse, con chi fosse e cosa lo circondava.
Marcel e i suoi uomini si erano prodigati a
curargli le
ferite per salvarlo. Quel ragazzo gli serviva vivo, al momento.
Cadavere non sarebbe stato di alcuna utilità... In un certo
senso
avevano maledito quel colpo di cannone che lo aveva centrato.
Si trovavano nello scantinato di un
caseggiato che si
perdeva e passava inosservato, fra le strette vie di La Rochelle,
nascosti da tutti i nemici monarchici e cardinalisti che li cercavano
assiduamente per stanarli. L'intreccio di vie e la popolazione che
aiutava la loro lotta però, consentivano agli Ugonotti di
mimetizzarsi efficacemente e nessuno era venuto, fino a quel momento,
a cercare il moschettiere disperso...
Un bussare sommesso fece sussultare Marcel
e i due
uomini che erano di guardia con lui ma l'uomo sorrise,
tranquillizzandoli. "Tranquilli, conosco questo bussare. E'
Grethel con i viveri". Poi si voltò verso la porta.
"Avanti!".
E infatti nell'angusta stanza
entrò una giovane donna
di circa vent'anni, dai capelli lisci e neri, lunghi fino alle
spalle, pettinati e perfettamente lucidi e dagli ammaglianti occhi
verde smeraldo. Fisico atletico, magro, alta e truccata, spiccava fra
le normali donne di La Rochelle. Aveva un modo di fare ammiccante e
elegante insieme, un passo felpato che ricordava quello dei gatti,
un'aria sicura di se che avrebbe intimorito ogni uomo, abiti
eleganti, attillati e provocanti. Un'ottima alleata da spedire per la
città alla ricerca di viveri e informazioni, che arrivava
ovunque
grazie ai suoi sorrisi ammiccanti, alla sua bellezza e alla sua
sensualità. Un'ottima spia che non destava sospetti. Spesso
Marcel
aveva visto moschettieri e guardie del Cardinale con occhi sognanti e
imbambolati, quando lei passava nei pressi della lotta. E Grethel
gliela faceva sotto al naso, senza che quei babbei in piena crisi
ormonale si accorgessero di niente.
"E allora Grethel, che si dice in
città?" -
chiese Marcel alla nuova arrivata, con fare di confidenza.
La ragazza alzò le spalle.
"Sempre le solite cose!
La lotta coi governanti è giunta a una fase di stallo. Le
cose si
faranno terribilmente lunghe, temo..." - rispose appoggiando un
sacchetto con dentro del cibo sul tavolo. Poi si avvicinò al
letto
dove giaceva il moschettiere catturato. "Ma questo sta ancora
nel mondo dei sogni? Non è che dopo tutto il lavoro per
catturarlo e
salvarlo, ci muore senza esserci di minimo aiuto?".
Marcel fece segno di diniego con la testa.
"L'ha
visitato poche ore fa il dottor Frocard e ha detto che è in
ripresa.
Si salverà, ha la pellaccia dura questo moschettiere!".
Grethel si morse l'unghia del pollice. "E
quando si
sarà svegliato, come ti servirai di lui?".
Un sorriso crudele si dipinse sul viso di
Marcel. "Oh,
intanto lo torturerò per carpirgli informazioni. E' giovane,
basterà
qualche frustata e canterà come un grillo, svelandoci
nascondigli e
piani dei suoi colleghi! E poi, lo userò come 'trattativa'
con i
nostri nemici. E' uno degli uomini migliori di sua maestà e
il re
tenterà ogni carta per riaverlo. Scenderà a patti
con noi, ne sono
sicuro!".
"Speriamo..." - sussurrò Grethel
poco
convinta, osservando d'Artagnan.
In quell'istante il moschettiere si mosse,
ansimando e
mugugnando per il dolore.
Marcel, Grethel e i due Ugonotti a guardia
della casa si
avvicinarono al letto, increduli. Finalmente si stava svegliando,
dopo giorni di sonno profondissimo.
Il moschettiere aprì a fatica i
grandi occhi blu,
sussultando per il dolore che si irradiava in ogni angolo del suo
corpo. Si guardò intorno smarrito, spaesato, confuso...
"Finalmente ti sei svegliato,
bell'addormentato!"
- sussurrò severamente Marcel.
D'artagnan lo fissò stranito. "E
tu chi sei? D...
Dove sono?".
Grethel si appoggiò alla sponda
del letto. "Nel
covo degli Ugonotti più feroci di La Rochelle" –
disse in
modo cupo, per intimorirlo.
D'artagnan si guardò intorno. La
sua mente, i suoi
pensieri erano bianchi, come non esistessero... Non aveva coscienza
di se, di chi fosse, di dove fosse, di chi fossero le persone con lui
e del perchè stesse tanto male. Era una sensazione
sgradevolissima,
di caos totale nella testa. Non riusciva a capire nulla ne di se
stesso ne di quello che dicevano quelle persone. "U... Ugonotti?
E chi sarebbero? Chi siete voi?" - chiese a fatica, confuso.
Marcel spalancò gli occhi. Lo
stava prendendo in giro?
Ferito o non ferito, a quel moschettiere avrebbe fatto sentire subito
lo schioppo della frusta se avesse osato prendersi gioco di lui!
"Ehi, l'opzione del finto tonto non ti è concessa!".
"I... Io non so di cosa voi parliate
signore!"
- rispose intimorito d'Artagnan. Era vero! Non sapeva nulla di se,
non ricordava nulla di se, come se la sua mente fosse stata ripulita
di ogni cosa, come poteva sapere di altri? Era come se fosse nato in
quel momento, tutto ciò che poteva esserci stato prima...
non
esisteva più...
"BRUTTO...". Marcel si gettò su
di lui,
pronto a stringergli il collo con le mani, per far terminare quella
che per lui era una recita.
Ma Grethel, con un gesto veloce lo
afferrò per la
cinta, bloccandolo. "Fermo, non sta mentendo! Non mi sembra
almeno..." - gli sussurrò all'orecchio, studiando
contemporaneamente con lo sguardo il loro prigioniero. "Guardalo,
ha gli occhi smarriti. Temo che il colpo ricevuto gli abbia fatto
perdere la memoria..." - proseguì bisbigliando.
Con un gesto secco di rabbia, Marcel diede
un pugno alla
sponda del letto. "Dannazione! Se è così, il
piano è andato a
rotoli!".
Grethel osservò fugacemente
d'Artagnan, poi prese
Marcel per la cintola dei pantaloni, incitandolo a seguirla fuori
dalla casa. "Non è detto" – disse pensierosa.
Lasciarono d'Artagnan coi due uomini di
guardia e
uscirono fuori, nello spiazzo antistante.
Marcel era rosso di rabbia. La sfortuna si
era abbattuta
su di lui. "In questo stato di cose quel ragazzo non ci serve e
quindi deve morire!".
Grethel sorrise, scuotendo la testa. "No,
non è
detto, ho un'idea".
"Quale?" - chiese Marcel scettico e adirato.
Lo sguardo di Grethel si fece curioso.
"Senti, quel
tizio era un bravo spadaccino, vero?".
Marcel annuì. "Ottimo, uno dei
migliori".
A quelle parole, Grethel si sedette su una
botte,
accavallando le gambe. "Bene, i talenti non si perdono con
un'amnesia e quindi, rimesso in sesto, quel tipo potrebbe combattere
per noi".
"E' un nostro nemico, ti ricordo!" - la
rimbeccò Marcel con sarcasmo.
La ragazza assunse un'aria maliziosa. "Ma
lui non
lo sa... E teoricamente, potremmo raccontargli qualunque frottola e
lui ci crederà. E' confuso e totalmente nelle nostre mani.
Ho già
un'idea a proposito...".
Marcel sospirò. Ciò
che diceva Grethel aveva senso
ma... "Ci servirebbero nuovi adepti però di quel tizio
possiamo
farne a meno. Non erano questi i piani originali!!!".
"Tu sei veramente IDIOTA!!!" - lo
rimproverò
la ragazza – "Non passerà inosservato ai
moschettieri,
durante la battaglia lo noteranno e capiranno che c'è
qualcosa che
non va in lui, quindi tenteranno di riprenderlo con ogni mezzo. E per
farlo, dovranno scendere a patti con noi. Lo sfrutteremo come
spadaccino e poi come ostaggio. Che poi era quello che volevi fare
tu, giusto?".
DeMotte ci pensò su. Come
sempre, quella vipera di
Grethel aveva avuto un'idea geniale. Ci poteva stare... "Ma...
ci crederà? Non avrà dubbi? Come possiamo essere
certi che ci sarà
fedele?".
Grethel sorrise di nuovo, maliziosamente.
"Ecco, è
un moschettiere leale e questa parte del suo carattere non è
andata
persa. E io so come sfruttarla, come ti ho detto prima ho in mente un
piano, so come farlo sentire in dovere verso di noi. Entriamo e fammi
parlare con lui, senza interrompermi. Andrà bene, vedrai...".
Poco convinto, Marcel annuì e
insieme rientrarono nella
casa. D'artagnan giaceva ancora a letto, con gli occhi chiusi dal
gran mal di testa e debole per la febbre.
Grethel gli si avvicinò, facendo
segno alle due guardie
di andarsene, poi si sedette famigliarmente accanto a lui. "Ehi,
sono quì..." - sussurrò.
D'artagnan riaprì gli occhi,
trovandosi davanti il
bellissimo viso di Grethel. Prima l'aveva vista solo di sfuggita ma
ora, vedendola da vicino... Arrossì, di riflesso. Quella
donna
sconosciuta e bellissima sembrava stregarlo con il solo sguardo... "E
voi chi siete?" - chiese con un filo di voce.
Grethel sorrise dolcemente. "Il colpo in
testa che
hai ricevuto, a quanto pare è stato violento e hai perso la
memoria.
Ma sta tranquillo, mi prenderò cura di te. Sono Grethel...
Tua
moglie..." - disse accarezzandogli famigliarmente i capelli.
A quelle parole pronunciate in tono
tranquillo, in
simultanea Marcel e d'Artagnan spalancarono gli occhi.
Marcel la guardava allucinato mentre il
guascone la
fissò, smarrito e shoccato. "M... Mia moglie?". Accidenti,
non ricordava nulla del passato ma sicuramente doveva essere stato un
passato favoloso con una donna del genere. Doveva essere stato un
uomo fortunato... Ah come avrebbe voluto ricordare...
"Si, tua moglie. Purtroppo siamo impegnati
in una
guerra terribile contro il re e il Cardinale di questa nazione,
persone crudeli che schiacciano noi Ugonotti e affamano il popolo
sopraffatto dai loro capricci. E durante gli scontri tu sei rimasto
gravemente ferito e hai perso la memoria. Ma ora stai bene, per
fortuna sei di nuovo con me" – disse abbracciandolo e
stendendosi accanto a lui, fingendo commozione.
D'artagnan sussultò. Il contatto
ravvicinato con quella
donna risvegliava i suoi sensi sopiti... Non ricordava nulla di lei,
di se stesso, di quello di cui era appena venuto a conoscenza ma
nonostante il gran casino che aveva in testa, avvertiva chiaramente
il piacere dello stare accanto a quella donna...
Però...
Le prese la mano sinistra, studiandola e
studiando poi
la sua mano sinistra. "E la fede nuziale?" - chiese.
Grethel fu subito pronta con una nuova
bugia. "L'abbiamo
tolta di comune accordo, quando è iniziata la battaglia. Per
dell'oro sono disposti a uccidere di questi tempi e non volevamo
rischiare la nostra vita e il simbolo del nostro amore. Le nostre
fedi sono custodite in un posto sicuro e lontano da quì.
Quando sarà
tutto finito andremo a riprenderle e le rimetteremo al dito".
D'artagnan annuì, convinto da
quella spiegazione
logica, mentre Marcel fissava ammirato la capacità di
Grethel di
inventare frottole al momento, senza nessun problema...
Il guascone fissò la donna in
volto. "Come mi
chiamo, chi sono io? E..." - alzò la testa a guardare Marcel
accanto a loro – "Chi è lui?".
Grethel si morse il labbro. Vero, ci voleva
un nuovo
nome per il loro inconsapevole prigioniero! "Tu sei Denis Rimaud
e lui è Marcel DeMotte, il nostro capo, colui che guida la
rivolta
contro il potere monarchico. Si è preso cura di te,
aiutandomi molto
e sostenendomi, in questi ultimi durissimi giorni in cui stavi male.
E non vediamo l'ora che tu ti riprenda per continuare la nostra
lotta. Siamo una grande famiglia quì, tutti uniti nella
nostra
battaglia... E tu sei parte di noi, una parte importante!".
D'artagnan l'ascoltò assorto,
poi ripetè
meccanicamente, nella sua mente, il suo nome che Grethel gli aveva
appena rivelato. 'Denis Rimaud... Io mi chiamo Denis Rimaud'.
Tentò
di sforzarsi di ricordare ma un dolore acuto alla testa lo fece
accasciare sul materasso con un gemito.
Grethel gli fu subito a fianco. "Tesoro,
tranquillo, ora devi solo riposare per rimetterti presto. Senza
fretta, non sforzarti... Ci siamo noi a prenderci cura di te...".
A quelle parole, il moschettiere si
tranquillizzò e in
breve scivolò in un sonno pesante. Era in buone mani, era
impaurito
e non ricordava nulla ma si sentiva sicuro, circondato da una
bellissima e premurosa moglie e da un capo ribelle che lo aveva a
cuore.
Quando fu profondamente addormentato,
Grethel si voltò
vittoriosa verso Marcel. "Tutto a posto, visto!?".
Marcel sorrise freddamente. "Sei un genio.
Ora
possiamo proseguire il nostro piano".
|
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Capitolo 3 *** I tormenti di Aramis ***
Et
voità, nuovo
capitolo dopo la mega ispirazione arrivata dopo aver letto le
fantastiche e nuove storie di questa sezione!
Grazie
a tutti quelli
che leggono, recensiscono e mi incitano a scrivere!
A
presto!!!
I
tormenti di Aramis
"Allora, ancora nessuna notizia su
d'Artagnan?"
- chiese ai tre moschettieri il capitano De Treville con tono
preoccupato. Il giovane moschettiere mancava ormai da tre settimane e
si disperava di ritrovarlo vivo, a questo punto.
Ogni sera il capitano e i tre moschettieri
si riunivano
in una seduta privata nella tenda da campo di De Treville, dopo la
consueta adunata con tutto il corpo d'armata per discutere sulle
ultime novità della battaglia e sui progressi ottenuti sui
campi di
battaglia di La Rochelle. E rimasti poi soli, loro quattro,
discutevano poi degli sviluppi della ricerca del giovane. Ma da
quando d'Artagnan era scomparso, nulla di lui era stato trovato, ne
notizie ne indizi che facessero comprendere loro quale fosse stato il
suo destino...
Il capitano era un uomo d'esperienza, tante
le battaglie
che aveva combattuto, e sapeva che un uomo disperso da più
di venti
giorni durante una guerra, difficilmente sarebbe stato trovato ancora
in vita. Certo, anche De Treville si aggrappava alla speranza che
sembrava animare i moschettieri, al fatto che d'Artagnan era un
giovane pieno di vita, iniziativa e con più vite di un
gatto... Ma i
giorni passavano e attimo dopo attimo, in ognuno di loro la speranza
svaniva gradualmente.
Di giorno si combatteva e la furia della
battaglia
impediva ad Athos, Porthos e Aramis di pensare, ragionare,
disperarsi... Ma quando giungeva la sera, quando si ritiravano al
loro campo, nelle loro tende, quando gli echi della battaglia si
facevano più lontani e ovattati, quando a tu per tu con De
Treville
erano messi davanti alla dura ed ineluttabile realtà, allora
lo
scoramento, la tristezza e la frustrazione avevano la meglio su di
loro.
Athos era diventato silenzioso,
imperscrutabile nei suoi
sentimenti. Era raro che il moschettiere esternasse ciò che
provava,
soprattutto dolore, perchè era abituato a tenersi tutto
dentro e
quindi in quei giorni era più sfuggente e malinconico del
solito.
Porthos... Il mastodontico Porthos aveva
perso il suo
enorme appetito e ora appariva depresso e poco incline a scherzare e
sdrammatizzare come al suo solito. Di aspetto sembrava la roccia del
gruppo ma d'animo era il più sensibile e spesso, quando
sapeva di
non essere visto, aveva lasciato che qualche lacrima gli rigasse il
volto.
Aramis invece era annientata. Era con lei
che d'Artagnan
aveva passato i probabili ultimi istanti della sua vita e si sentiva
responsabile per quanto successo. Se lei non avesse acconsentito a
quel piano pericoloso, se lei non l'avesse lasciato andare, se lei
gli fosse stata accanto, forse non sarebbe successo nulla. O forse
sarebbero morti tutti e due... Beh, anche in quel caso sarebbe stato
meglio. La morte sarebbe stato niente in confronto al dolore e al
senso di colpa che provava e che la attanagliava. D'artagnan era
giovane, pieno di vita, con una carriera e un'esistenza brillante
davanti... Perchè non era andata lei su quella maledetta
strada???
Lei in fondo aveva perso tutto, viveva una vita non sua e che non
l'avrebbe portata da nessuna parte in quanto donna, era in un vicolo
cieco... Non sarebbe stato infinitamente meglio, più giusto
che
fosse lei a morire???
De Treville scrutò il viso dei
tre che stavano davanti
a lui in silenzio, a testa bassa. "Capisco, ancora niente.
Nemmeno oggi...".
Athos strinse i pugni con forza. "No
capitano..."
- rispose in tono piatto.
De Treville abbassò lo sguardo,
prendendo a guardare
distrattamente le carte che giacevano sulla sua scrivania.
"Capisco... Beh, ci si vede domani sera, sperando ci siano
novità positive. Ora vi ordino di andare a coricarvi nelle
vostre
tende, in brandina. Domani, come vi ho detto pocanzi all'adunata,
combatteremo nella zona del porto, una delle più brulicanti
di
Ugonotti. E sarà una battaglia dura e violenta, voglio che
ci
arriviate riposati e pronti. Domani sera non voglio che manchi
nemmeno un uomo all'appello dell'adunata! E' un ordine il mio!"
- disse. Già, era un ordine. Dopo d'Artagnan non voleva
perdere più
nessun giovane. Era il loro capitano ma si sentiva anche un
pò il
padre di quei giovani spadaccini che si affacciavano alla vita. E non
voleva soffrire più per la morte di nessuno di loro. Li
aveva visti
arrivare poco più che ragazzini alla sede dei moschettieri a
Parigi,
li aveva visti migliorare con la spada, giorno dopo giorno, tanti li
aveva visti farfalloni ma poi mariti innamorati, li aveva visti
crescere e diventare spadaccini eccezionali... E voleva continare a
vederli crescere!
"E allora, col vostro permesso, ci
congediamo
capitano!" - rispose Athos, intimando ai due compagni di uscire.
E insieme, tutti e tre si accomiatarno,
salutando il
loro capitano.
Quando furono fuori dalla tenda di De
Treville
percorsero senza parlare la strada fino alla loro tende e nel
silenzio sonnecchioso del campo, furono invasi da un freddo vento che
spirava dal mare.
"Preannuncia tempesta..." - disse sotto
voce
Porthos quando furono arrivati davanti alla tenda-dormitorio.
Athos si morse il labbro. "Male, combattere
con
grandine e pioggia non mi è mai piaciuto troppo...".
A quelle parole, Aramis alzò il
viso furiosa. Come
potevano quei due pensare alle condizioni climatiche quando
d'Artagnan non c'era, forse era morto, forse non esisteva nemmeno
più??? La battaglia, la guerra, l'onore... Tutte cose
importanti ma
niente in confronto alla morte di un giovane amico, la cui assenza
pesava nel loro gruppo come un macigno... "SMETTETELA!!! LA
PIOGGIA... E' LA PIOGGIA CHE VI DA FASTIDIO??? SIETE PATETICI!!!"
- urlò rabbiosa, vogliosa di schiaffeggiare entrambi.
Porthos abbassò lo sguardo,
trattenendo a stento le
lacrime. "Aramis... Non prendertela, non è
insensibilità la
nostra... E' che certe volte... parlare del futile... aiuta a non
impazzire... pensando a cose serie che ci fanno soffrire... E' una
difesa codarda anche questa al dolore, lo so... Ma noi... IO... ne ho
bisogno. LUI manca terribilmente a tutti...".
"Aramis, mi dispiace..." -
commentò Athos
sotto voce, a conferma di quanto appena detto da Porthos.
Aramis si accasciò davanti alla
tenda, singhiozzando.
Accidenti a lei, non doveva piangere, era una cosa dannatamente
femminile e rischiava di compromettersi davanti ai suoi amici e di
farsi scoprire. Ma non riusciva a farne a meno... "E' tutta
colpa mia!!! Dannatamente colpa mia!!!" - urlò in quello che
ormai era diventato uno sfogo troppo a lungo trattenuto.
Athos le si inginocchiò a
fianco. "Che dici? Non è
così, questa è una guerra e lo sai anche tu che
rischiamo
continuamente la nostra vita! E' che non si è mai pronti a
perdere
un amico...".
Aramis scosse furiosamente la testa. "No,
voi non
capite! Io dovevo sapere che separarsi era pericoloso, dovevo
rifiutarmi!!! Sono più grande di d'Artagnan, ho
più esperienza,
dovevo guidarlo. E invece...". Le lacrime continavano a scendere
incessantemente, mentre Aramis nascondeva il viso fra le ginocchia
piegate. Aveva bisogno di piangere ma si sentiva idiota. Athos e
Porthos la conoscevano come indomito moschettiere, non come
donnicciola frignona. E in fondo non potevano nemmeno capire i suoi
sentimenti. Lei era una donna, benché vivesse da uomo aveva
sentimenti diversi, più delicati e fini di quelli che
animavano
Athos e Porthos. Loro in d'Artagnan vedevano un amico fidato, un
compagno inseparabile ma lei... Nel giovane d'Artagnan vedeva anche
un fratellino da difendere, a cui insegnare a essere responsabile e
attento... Forse anche sentimenti materni la animavano, in quei
giorni di disperazione... Da quando era scomparso d'Artagnan, il peso
di essere donna che viveva da uomo si era palesato pesantemente
davanti ai suoi occhi come non mai. Non sarebbe mai stata come i suoi
amici, per quanto si fosse impegnata il suo animo sarebbe sempre
stato diverso, più sensibile, più attento agli
affetti e ai
particolari...
"Ascolta Aramis..." - disse Porthos in tono
gentile ma serio – "Tu non potevi fare da bambinaio a
d'Artagnan. Questa è una guerra e ognuno di noi è
uguale davanti ad
essa. Siamo tutti soldati, sia i più giovani che i
più anziani e
ognuno di noi è responsabile della sua vita. D'artagnan, lo
sai, era
indomito, uno scavezzacollo che amava lanciarsi nei guai.
Difficilmente lo avresti fermato, se lui aveva già deciso il
da
farsi. E se non l'hai fermato è perchè ti fidavi
di lui e
rispettavi il suo essere moschettiere che decide in autonomia. Ti sei
comportato da amico, da compagno d'arme, hai rispettato il suo volere
e avete deciso insieme una comune strategia di battaglia. Tu hai
portato a casa la pelle, lui putroppo no. Il piano è
riuscito solo a
metà ma se foste rimasti insieme, probabilmente sareste
morti
entrambi. Quindi la scelta di d'Artagnan è stata quella
giusta, la
migliore in termini di risultato. Non fartene una colpa, non ne
hai... Sapeva a cosa andava incontro!".
Aramis chiuse gli occhi, assorta dalle
parole
dell'amico. Porthos aveva ragione, ma il dolore era comunque troppo.
Aveva già perso una persona cara e ora si ritrovava a
soffrire allo
stesso modo... Era difficilissimo andare avanti per lei... "Era
così giovane... Come lo diremo a Constance, a Monsieur
Bonacieux? I
suoi nonni che già hanno pianto un figlio, come
sopporteranno anche
la morte del nipote?".
Athos le appoggiò amichevolmente
una mano sulla spalla.
"E' la guerra Aramis. Tante famiglie piangeranno i loro morti.
Diventare moschettiere non vuol dire solo banchettare nelle osterie
di Parigi, frequentare il Louvre, duellare con le guardie del
Cardinale. Essere un soldato vuol dire anche questo, vedere la morte
in faccia e piangere un amico. Dobbiamo mettercelo tutti in testa e
andare avanti nel migliore dei modi, per ciò che siamo e per
onorare
la memoria di d'Artagnan! Stare a disperarci ci rende più
vulnerabili e meno concentrati in battaglia e il nostro amico non lo
vorrebbe, non credi? Non sarebbe più giusto combattere al
meglio per
ricordarlo, perchè lui sia fiero di noi?".
Le ultime parole di Athos fecero sussultare
Aramis. Già,
onorare il sacrificio di d'Artagnan... Aveva ragione il suo amico,
combattere al meglio e vincere avrebbe fatto felice il guascone, non
sarebbe morto per nulla. Annuì. "Già, per
amicizia di
d'Artagnan..." - disse sforzandosi di sorridere.
Sarebbe stato difficile proseguire, ma
sicuramente lei
ci avrebbe provato...
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Capitolo 4 *** D'artagnan e Grethel ***
Nuovo
aggiornamento domenicale. Non
potevo non andare avanti a scrivere, con le vostre storie mi date una
carica e un'ispirazione pazzesca!!! Siete tutte scrittrici
fantastiche, fate sognare!!!
Grazie per le
recensioni, tutte
belle e molto gradite! Spero che la storia continui a piacervi!!!
Un bacione a tutte
e a presto!!!
Da domani mi
ributterò nella
lettura di ciò che mi manca per mettermi in pari ;)
D'artagnan
e Grethel
Le ferite, quelle fisiche almeno, si erano
ormai
rimarginate e guarite. Ma la sua mente restava avvolta in un buio
indistricabile, una nebbia fitta e scura come la notte.
Ormai d'Artagnan si alzava, era in grado di
camminare,
di parlare, di pranzare e cenare a tavola con gli altri. Ma non
ricordava nulla di se stesso, del suo passato e tutto ciò
che sapeva
proveniva dalle spiegazioni che Grethel e Marcel gli fornivano quando
lui si azzardava a domandare qualcosa.
Aveva imparato che lui era un Ugonotto,
cioè un
protestante in guerra contro il re e il Cardinale Richelieu che gli
negavano il diritto a professare la sua Religione.
Aveva
imparato che era francese, che era un valente spadaccino e che il suo
nome era Denis
Rimaud... Anche se
quel nome non gli diceva nulla, nessuna emozione, nessun ricordo...
Aveva poi
imparato a conoscere la gente che andava e veniva da quello che, gli
era stato spiegato, era la loro casa provvisoria ma anche un rifugio
e un luogo di ritrovo per gli Ugonotti, alla fine della guerriglia
giornaliera. Infatti era molto l'andirivieni in quella casa,
giovanotti che andavano, venivano confabulavano sotto voce. Molti lo
guardavano in cagnesco, molti, fissandolo, poi finivano per
parlottare fra loro sotto voce, lanciandogli occhiatacce.
Però, a
parte questo, era trattato bene. Marcel era un capo carismatico,
deciso, forse severo con i suoi uomini. Di certo poi non si poteva
dire che non fosse determinato nella sua lotta. Avrebbe dato la vita
per la causa degli Ugonotti, glielo si leggeva in viso... Con lui era
cordiale ma d'Artagnan talvota avvertiva anche una certa reticenza
dell'uomo a parlare con lui, quasi un senso di fastidio... Non ne
sapeva il motivo e di certo non poteva chiedere nulla ne lamentarsi
visto che, apparentemente, i modi di quell'uomo erano corretti ed
educati nei suoi confronti.
Poi c'era
lei, Grethel... La bellissima donna che gli si era presentata come
sua moglie. Dolce, gentile, affettuosa e sensuale, il sogno di ogni
uomo... Era sempre presente e pronta ad aiutarlo, si era presa cura
di lui medicandogli le ferite, gli era stata accanto senza mai
lasciarlo quando, i primi giorni, aveva febbroni che gli toglievano
quasi la coscienza. Sempre aveva risposto alle sue domande, sempre lo
aveva incoraggiato a rimettersi per continuare la battaglia...
Però,
nonostante questa parvenza di moglie perfetta, nonostante la
bellissima donna che era, Grethel a lui non diceva nulla...
Di fatto si
era presentata come sua moglie, ma in concreto, a parte prendersi
cura di lui come un'infermiera fa con un malato, fra loro non c'era
quella classica intimità che ci può essere fra un
marito ed una
moglie. Mai un bacio, eccetto sulla guancia, qualche carezza sui
capelli, ma per il resto...
"Grethel,
perchè non dormiamo insieme?" – chiese d'Artagnan
smarrito
mentre, con la ragazza, passeggiavano di sera nei dintorni del loro
rifugio nel cuore storico e più antico di La Rochelle. Era
ormai
sera, la parte più calma della giornata, quella senza
scontri e dove
si poteva uscire per una breve passeggiata senza correre il rischio
di venire coinvolti in qualche battaglia. Ancora a d'Artagnan non era
stato consentito di uscire a combattere, era convalescente, ma Marcel
gli aveva detto che, visto che ormai stava bene, dal giorno dopo
avrebbero cominciato loro due degli allenamenti con la spada, per
rimetterlo in sesto e renderlo pronto a ributtarsi nella mischia.
Già, dal giorno dopo avrebbe dovuto darsi da fare pure lui,
non
poteva certo fare il mantenuto in eterno, in una situazione del
genere... Ma per quella sera voleva godersi un pò di pace
prima
della guerra, con una banale passaeggiata rilassante. E Grethel, come
sempre, lo aveva accontentato. "E allora...?" - la incalzò
nella domanda, vedendo che la ragazza non rispondeva subito.
Grethel
sorrise maliziosamente, pronta con una nuova scusa. "Perchè
eri
debole e ferito e pensavo che una persona nel letto ti avrebbe
impedito di riposarti come si deve. In realtà, ora che stai
bene...
credo sia ora che io riprenda il mio posto accanto a te anche la
notte...". Pronunciò quella frase con una punta di
sensualità.
In realtà sapeva che quel momento sarebbe arrivato, che
d'Artagnan
si sarebbe presto fatto domande a quella loro mancata
intimità e
sapeva che avrebbe dovuto fare l'amante appassionata quando quel
momento sarebbe giunto. O la frottola sua e di Marcel sarebbe stata
scoperta. Di d'Artagnan come spadaccino e moschettiere, Grethel
conosceva poco e quel poco glielo aveva raccontato Marcel. Gli aveva
detto che era un giovane proveniente dalla Guascogna, brillante
pupillo di De Treville e del re e grande promessa per i moschettieri.
Che era uno scavezzacollo, uno spadaccino senza eguali, onesto,
giusto e con un sesto senso molto arguto. E proprio in virtù
di ciò
non poteva permettersi di fare errori nella sua commedia di brillante
mogliettina o d'Artagnan, con o senza amnesia, avrebbe capito subito
che qualcosa non quadrava. Senza memoria ma non stupido, Grethel lo
sapeva bene! E onestamente non si faceva nemmeno troppe remore
davanti all'ipotesi di diventare l'amante di un perfetto sconosciuto.
Dovevano legarlo a loro in maniera indissolubile, Marcel con storie
eroiche di battaglie Ugonotte, lei puntando sulla onesta del ragazzo
che mai avrebbe tradito e voltato le spalle ad una donna sposata,
appassionata e innamorata di lui...
D'artagnan
avvampò alla risposta della donna. Di Grethel non ricordava
nulla,
la sua era stata una domanda dettata più dalla
curiosità che dalla
reale voglia di dividere il letto con una ragazza che,
benché sua
moglie, gli appariva come una sconosciuta. Però ecco... non
che la
cosa gli dispiacesse... "Però..." - la sua mente di
Guascone giusto e corretto gridava – "vuoi davvero dividere
il
letto con una persona che non ricorda niente di te?" - gli disse
confuso.
Grethel
sorrise, fingendo dolcezza. "Beh, tu non ti ricordi di me ma io
mi ricordo di te!". Lo prese familiarmente sotto braccio,
stringendosi a lui, pronta a raccontargli la loro... 'storia
d'amore'... "Sai Denis, io e te ci siamo conosciuti durante una
gara di cavalli, a Marsiglia. Avevamo puntato sullo stesso stallone e
avevamo vinto un sacco di soldi. Solo io e te! Abbiamo incassato la
vincita, ci siamo guardati negli occhi e, benché non ci
conoscessimo, abbiamo deciso di cenare insieme per festeggiare il
gruzzolo che ci eravamo guadagnati. E laa serata è finita in
maniera... piccante... In una locanda sul mare...".
La voce di
Grethel si fece sensuale e d'Artagnan avvampò, cercando di
focalizzare quegli avvenimenti nella sua mente. Ma non riusciva a
ricordare! Perchè, ogni volta che Grethel gli raccontava del
suo
passato, la nebbia in cui era avvolta la sua mente, invece che
diradarsi, aumentava? "E poi?".
Grethel alzò
le spalle. "E poi... una settimana dopo eravamo già sposati
e
siamo venuti a vivere quì, a La Rochelle. Tu vivevi da
vagabondo per
la Francia, facevi il mercenario e per questo sei uno spadaccino
tanto bravo. Io quì avevo una casetta mia e il resto
è venuto da
se. Poi abbiamo conosciuto Marcel, gli altri Ugonotti e ci siamo
votati alla loro battaglia. Il resto lo sai, la guerra con re e
Cardinale, il tuo incidente e... eccoci quì!" - concluse con
semplicità.
D'artagnan
abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa. "Mi spiace Grethel,
io
non ricordo niente!".
La donna gli
prese le mani fra le sue, stringendogliele affettuosamente. "Tesoro,
non sforzarti o ti verrà di nuovo mal di testa. Su, la
memoria
tornerà...". Poi si alzò in punta di piedi,
baciandolo con
passione sulle labbra perchè non si sforzasse di ricordare,
perchè
non facesse più domande.
D'artagnan
si irrigiedì, colto di sorpresa. Il primo bacio da quando
c'era
stato l'incidente... Le labbra di Grethel erano calde, carnose,
sensuali e appassionate... Rispose al bacio, stringendola fra le
braccia. Da una parte si sentiva stranamente colpevole nel baciare
quella donna e non ne capiva il motivo... Dall'altra non riusciva a
resisterle e a staccarsi da lei. Era un dolce, dolcissimo oblio
quello...
Dopo lunghi
istanti Grethel si staccò da lui e gli sorrise, prendendolo
per
mano. "Su tesoro, torniamo a casa. E' tardi, fa freddo e domani
inizierai gli allenamenti. Devi riposare!" - gli sussurrò
sorridendo.
D'artagnan
annuì, ancora imbambolato dalle sensazioni di stordimento
che quel
bacio gli aveva regalato, e si fece condurre per mano a casa.
Quando
rientrarono c'era solo Marcel che puliva con un panno, nella cucina,
la canna di un fucile. "Ben rientrati!" - disse senza
guardare la coppia, intento nel suo lavoro.
"Grazie!"
- rispose Grethel riponendo il suo mantello su una sedia – "E
buona notte! Io e mio marito andiamo a... dormire...".
Davanti a
quel tono sensuale che lasciava ben trasparire i piani notturni di
Grethel, Marcel alzò lo sguardo stupito. A quanto pare la
sua
complice era ben decisa a fare la mogliettina perfetta fino in
fondo... Non che fosse geloso, Grethel non era la sua donna, ma era
però una ragazza affascinante, fuori dal comune e su cui
aveva messo
gli occhi. E il fatto che il loro prigioniero avrebbe passato la
notte con lei quando lui non ci era ancora riuscito era un
pò...
frustrante...
La coppia
non aggiunse altro. Raggiunsero la loro camera, Grethel chiuse
l'uscio dietro di se a chiave e lentamente prese a spogliarsi senza
dire nulla.
D'artagnan
deglutì, osservandola come ipnotizzato e non sapendo come
comportarsi. Donna bellissima, dalle curve perfette e ben pronunciate
nei punti giusti... E decisa a fare la moglie... Si sentiva
imbarazzato... E perchè poi, non era normale fra marito e
moglie
quello che stava per succedere? Ricordò il loro bacio di
poco prima
e la voglia di avere quelle labbra premute contro le sue ancora si
fece insopportabile... E quando Grethel gli si avvicinò la
strinse a
se, la fece scivolare sul letto e... il buio della notte fece da
coperta ai due amanti appassionati...
....
Grethel si
alzò presto la mattina successiva, uscendo dalla stanza
quando
d'Artagnan era ancora nel mondo dei sogni. Bugia o no, si sentiva
appagata come donna. Il loro prigioniero si era dimostrato un amante
appassionato e insaziabile, proprio come piaceva a lei. Quella
commedia iniziava a produrre effetti positivi e piacevoli anche per
lei, oltre che alla causa Ugonotta...
Uscì dalla
porta, pronta come sempre a recarsi in paese alla ricerca di scorte
di cibo.
E appena
fuori dall'uscio, nella strada ancora deserta, Marcel che la
aspettava la fermò, prendendola per un braccio e spingendola
contro
il muro. "Che intenzioni hai col prigioniero?" - le chiese
in tono duro e senza troppi convenevoli.
Grethel
sorrise. Gli uomini erano creature troppo scontate, quella reazione
dal suo capo se l'aspettava. "Faccio la moglie, il piano era
quello no? Dopo questa notte d'Artagnan si sentirà legato a
me in
maniera indissolubile e farà tutto ciò che io gli
chiederò. Quindi
la tua causa ne guadagnerà di conseguenza. Dovresti
ringraziarmi
invece che arrabbiarti!".
"Come
hai fatto a portartelo a letto? Quello manco sa chi è,
è
confuso..." - ruggì Marcel.
Anche quella
era una domanda scontata. "Gli ho raccontato la nostra storia
d'amore, ho inventato un pò di frottole romantiche e la
serata ha
preso la piega che hai ben intuito anche tu...".
Marcel
sorrise malignamente. "Brava come sempre a inventare balle al
momento è! Come faccio a credere che non ne hai raccontate
anche a
me, quando sei entrata nelle nostre fila? Tu sei Cattolica, non
Ugonotta dopo tutto...".
A quelle
sibilline accuse, Grethel smise di ridere e si rabbuiò. "Ti
ho
detto la verità allora! Io mi sono avvicinata a voi
perchè la
vostra lotta è contro al re e ai moschettieri. E nei
moschettieri,
come sai, c'è un uomo che sto cercando da tanto, da
sempre... Vi
sarò SEMPRE fedele perchè grazie a voi
troverò LUI, non ho altro
modo per avvicinarmi a quegli uomini. La vostra lotta fa al caso mio
e non mi lascerò scappare l'occasione! E ora..." - si
allontanò
da lui – "Hai altro da dire o posso andare? Avrei da fare...".
Marcel la
fissò in cagnesco. "Vai Grethel, vai!".
La donna si
incamminò nella strada mentre lo sguardo di Marcel non
abbandonava
la sua schiena. "Vai ragazza, vai! Ma attenta a non fregarmi...
Perchè in quel caso io ti taglierò la gola senza
problemi...".
Poi rientrò
in casa, pronto a prendere la sua spada e a svegliare d'Artagnan.
Avrebbe fatto sputare sangue a quel ragazzino che aveva osato
portarsi a letto Grethel prima di lui...
Oh sì,
sarebbero stati allenamenti durissimi...
|
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Capitolo 5 *** Passeggiando per La Rochelle... ***
Voilà, non
potevo non aggiornare
anch'io, visti i ritmi di questa sezione!
Grazie a tutti per le
recensioni :)
Ahah, tutte pensate che
Grethel cerchi
Athos, vero? Spiacente, avete sbagliato! Si scoprirà fra
molti
capitoli!
Alla prossima girls!!!
Passeggiando
per La Rochelle...
D'artagnan non aveva un osso che non gli
facesse male.
Ormai gli allenamenti con Marcel erano iniziati da più di
una
settimana e il capo degli Ugonotti si era dimostrato, oltre che un
abilissimo spadaccino, anche un maestro severissimo e spietato.
D'artagnan era giunto alla conclusione che Marcel dovesse tenere
molto alla sua causa di lotta, non c'era altra spiegazione a quel suo
accanimento contro di lui quando lo allenava, lo voleva pronto per
riprendere la guerra. Però... C'era sempre quel non so che
di
strano, quasi come se percepisse, da parte del suo maestro, una
specie di rabbia e avversione verso di lui. Non lo dava a vedere,
Marcel non gli aveva mai rimproverato nulla e anzi, più di
una volta
si era complimentato per i progressi che stava facendo con la spada.
Ma, e d'Artagnan non ne capiva il motivo, si avvertiva anche una
certa frustrazione repressa nel rapporto che Marcel aveva con lui...
Boh, non capiva, forse era confuso o forse in quel passato che lui
non riusciva a ricordare c'erano stati screzi fra loro... O magari
quella sgradevole sensazione era solo frutto di quel particolare
periodo, dello stress del non ricordare nulla, di quella vita in cui
si era ritrovato catapultato e che di fatto, benché fosse
sua, non
sentiva appartenergli.
Solo con in mano la spada la sua mente
sembrava
ritrovare pace. La spada, nelle sue mani, sembrava dare senso ad ogni
cosa, come se facesse da sempre parte di lui, come se fosse un'amica
di vecchia data che da sempre gli stava accanto. D'artagnan non
ricordava nulla di chi fosse ma tante cose aveva imparato in quegli
ultimi dieci giorni. Che era un bravo spadaccino, anche Marcel
gliel'aveva confermato e ne aveva avuto prova nel battersi con lui.
Che gli piaceva duellare, che era un uomo atletico e forte,
nonostante le recenti e gravi ferite.
Non vedeva l'ora che Marcel gli desse il
permesso di
ributtarsi in battaglia. Per il momento, gli avevano detto, non era
ancora pronto per combattere e in fondo lo sapeva anche lui,
benché
scalpitasse a causa di quell'inattività. Ma si rendeva conto
di
essere ancora debole, di non essere al massimo delle forze e che un
impiego in battaglia, in quello stato di cose, avrebbe rischiato di
mettere in pericolo i suoi compagni Ugonotti.
Al momento – e in fondo era anche
una cosa piacevole –
con sua moglie Grethel si occupava della cucina, della pulizia della
loro sede segreta, delle faccende quotidiane, quando non era occupato
con Marcel negli allenamenti. Sopratutto negli ultimi giorni che la
battaglia si era fatta molto cruenta e il suo maestro non c'era quasi
mai...
Sua moglie era una donna incantevole.
Bellissima, dolce,
gentile, premurosa e un'amante appassionata e fedele. Certe volte,
durante la giornata, ripensando alle notti trascorse con lei, finiva
con l'arrossire. Era così incredibile pensare che una donna
come
Grethel fosse sua moglie. Eppure... anche con lei c'erano sensazioni
contorte... Quando la baciava, quando si amavano, tutto era molto
appagante... Ma non lo sentiva SUO e non riusiva a spiegarsene il
motivo. Perchè quando pensava all'amore, al rapporto con una
donna,
la sua mente inquadrava lunghi capelli biondi invece che quelli neri
come la notte di sua moglie? Grethel era sempre stata al suo fianco,
era una persona squisita con lui però alcuni tratti del suo
carattere gli sfuggivano. Con lui aveva una faccia, osservandola alle
prese con Marcel sembrava averne un'altra, sembrava trasformarsi. Da
donna dolce e premurosa di trasformava in una persona dallo sguardo
freddo, penetrante, deciso e furbo... Non riusciva a inquadrarla
ancora bene e la sua memoria assente non lo aiutava... Però
non
aveva azzardato mai domande, Grethel non gliene aveva dato occasione.
Ogni suo dubbio, ogni sua domanda, sul nascere venivano spente da un
bacio, una carezza, un sorriso civettuolo e sensuale...
I momenti che preferiva, con lei, erano
quelli in cui,
da soli, si occupavano della gestione della casa, dei viveri,
dell'ordine. Era favoloso lavorare con lei, vederla agire per il bene
della causa per cui loro lottavano.
E finalmente, era arrivato anche il momento
di uscire
con lei a comprare cibo! Era il compito principale di Grethel e lui
non l'aveva mai seguita fino a quel giorno, nei suoi spostamenti, a
causa della sua debolezza fisica. Ma ora stava bene e finalmente
poteva gustarsi un giro in pace con sua moglie. Certo, in una
città
assediata, in uno stato di guerra, però... era piacevole lo
stesso
stare all'aria aperta con lei.
Grethel dimostrava di sapersi muovere bene
in una città
sotto sopra, piena di nemici, di distruzione e di misera e lui aveva
ben presto imparato, dopo poche centinaia di metri percorsi, che era
meglio dismettere da subito i panni di maritino apprensivo.
"Grethel, dove li troviamo i soldi per
comprare
cibo?" - chiese il guascone, notando che erano usciti senza un
centesimo.
La donna sorrise maliziosamente. "I soldi
ce li
procuriamo strada facendo, durante la guerra il mercato nero
è
florido e si fanno scambi vantaggiosi anche utilizzando oggetti
preziosi e non il denaro!".
"Oh..." - obiettò d'Artagnan con
ovvietà –
"ma noi non abbiamo nemmeno oggetti preziosi!".
"Li troveremo!" - rispose tranquillamente
Grethel.
"E come???".
La donna sorrise. "Vedrai mio caro...".
E d'Artagnan vide. Grethel lo condusse in
una zona
residenziale dove, poche ore prima, c'era stata una cruenta battaglia
e diverse abitazioni giacevano distrutte, in macerie, ai bordi delle
strade. Morte, distruzione, il lato più duro della guerra di
dipanò
davanti agli occhi del moschettiere che fino a quel momento aveva
vissuto la guerra da una posizione privilegiata, al covo degli
Ugonotti. Ora vedeva cos'era davvero... O forse l'aveva già
visto,
prima del suo incidente... E anche allora, aveva la sensazione, ne
era rimasto turbato...
Grethel invece sembrava muoversi con
disinvoltura in
mezzo a quella distruzione. Tranquilla, per nulla turbata, si era
messa a rovistare fra le macerie ancora fumanti alla ricerca di
oggetti da scambiare alla borsa nera.
"Grethel, che fai?" - chiese d'Artagnan
irritato, capendo al volo cosa stava combinando la sua compagna e non
condividendolo per niente... Rubare a persone ferite, forse morte,
era una cosa orribile...
Grethel si voltò verso di lui,
sorpresa da quel tono
severo e tanto inusuale per il loro prigioniero. "Mi procuro i
mezzi per non morire di fame!".
D'artagnan le si avvicinò,
prendendola per il polso e
tirandola, per farla spostare. "No! Sotto a quelle macerie ci
potrebbero essere corpi senza vita! E quegli oggetti sono loro, non
abbiamo diritto di prenderli!".
Grethel si fece scura in volto, quella
reazione dal
'prode moschettiere' non se l'aspettava. A quanto pare il suo animo
puro sembrava avere la meglio sull'amnesia... Con uno strattone si
liberò dalla presa del ragazzo. "Appunto, sono morti! E
l'oro
non gli serve più! A noi sì! Sono gli ordini,
ricorda! In guerra
non ci si deve fare remore in nulla, se si vuole sopravvivere. Manda
a nanna la tua coscienza Denis".
D'artagnan si rabbuiò. "Io...
prima
dell'incidente... anche io facevo...".
"Si, l'hai fatto!" - disse fredda Grethel,
sperando di convincerlo a non fare storie. Quella situazione la
irritava!
D'artagnan abbassò lo sguardo.
Era tutto così
ingiusto! No, lui non poteva essere stato uno sciacallo! No, non
ricordava nulla di se stesso, del suo passato ma sapeva di se stesso
abbastanza per sapere che non era vero!!! NO, NON POTEVA ESSERE
VERO!!!
Grethel lo guardò di sfuggita,
indecisa se costringerlo
ad aiutarla o no. Alla fine decise che avrebbe fatto da sola, meglio
evitare ulteriori discussioni con lui. Lo vedeva, era scosso e temeva
che emozioni troppo forti potessero risvegliare in lui lontani
ricordi...
In silenzio rovistò fra le
rovine mentre d'Artagnan la
guardava rabbuiato e senza muoversi. E infine trovò fra i
massi un
bicchiere in argento intarsiato. Rovinato dalla distruzione e dal
crollo della casa ma perfetto da barattare per del cibo. "Con
questo, oggi siamo a posto con la spesa!" - disse mettendo
l'oggetto nella tasca del suo mantello.
Senza dire nulla d'Artagnan
annuì e seguì la ragazza
senza proferire parola.
Con passo veloce Grethel si
incamminò nei vicoletti
stretti della parte storica. I più lontani dai combattimenti
del
porto, i più riparati, dove si nascondeva la popolazione
civile
logorata dalla guerra. Erano stradine piccole, lastricate con vecchie
pietre, strette in case cadenti ma con un fascino antico. Cani
randagi, mendicanti e panni appesi facevano da contorno alla miseria
di quel posto.
"Dove stiamo andando?" - chiese d'Artagnan
gelido.
"Ora lo vedrai!" - anche la voce di Grethel
era fredda.
D'artagnan sbuffò ma non
rispose. Non aveva voglia di
parlare.
Arrivarono a una casa gialla e fatiscente e
scesero le
scale interne che portavano alle cantine. Grethel bussò e la
voce di
un vecchio la invitò ad entrare.
D'artagnan si guardò intorno
sbalordito. Quella cantina
era una specie di magazzino nascosto dove c'era di tutto, dal cibo,
all'oro ai vestiti, alle spezie. Il cosidetto 'mercato nero',
supponeva...
Il vecchio che faceva da 'negoziante'
sorrise alla
ragazza, vedendola entrare. "Grethel siete una mia cliente
preziosa, ogni giorno mi portate oggetti davvero interessanti! E
lui..." - chiese indicando con il viso d'Artagnan – "lui
è...?".
Grethel annuì, frettolosa. "Mio
marito! Ve ne ho
parlato, ricordate?".
"Oh, si,vostro marito...". Il viso grinzoso
del vecchietto fece un sorriso furbo.
Grethel si irrigidì a quella
situazione. Mhmh, gli
sguardi allusivi del vecchio potevano essere pericolosi. "Senta,
ho fretta! Con cosa me lo può scambiare questo?" - chiese
prendendo dalla tasca il bicchiere d'argendo.
Il vecchio lo prese in mano, osservandolo
attentamente.
"Il valore non è molto Grethel! Direi, al massimo, dieci
pagnotte e un due etti di carne secca!".
"Ok, datemi quello che avete detto allora!
Dobbiamo
andare!" - rispose la ragazza sbrigativamente.
Il vecchio capì l'irritazione
della sua interlocutrice
e gli diede il sacchetto con il pane.
Grethel, una volta servita, fece cenno a
d'Artagnan di
uscire e i due si trovarono in strada. L'umore del guascone era
sempre nero ed era anche arrabbiato con sua moglie. No, quello che
aveva appena fatto non gli piaceva per niente.
Camminarono in silenzio, Grethel
apparentemente
frettolosa e d'Artagnan cupo.
Finché la ragazza, dopo essersi
guardata in giro, si
fermò di scatto, turbata. D'artagnan si fermò ad
osservarla, preso
alla sprovvista da quel cambio repentino di umore della sua consorte.
Sembrava improvvisamente... triste... Era a causa della loro lite? O
c'era dell'altro? Fino a pochi istanti prima era decisa e sbrigativa,
di colpo era diventata malinconica e non camminava più...
Perchè?
Il guascone si voltò a guardare
nella direzione che
fissava la moglie e vide, seduta sulle scale esterne di una Chiesa
cadente, una bambina magra, in lacrime, con abiti stracciati e sola,
completamente sola. Il cuore del guascone si strinse a quella
visione. Ecco un'altra delle piccole vittime della guerra!
Grethel le si avvicinò,
inginocchiandosi davanti a lei.
"Piccola" – chiese in tono gentile - "Perchè
piangi?".
La bimba alzò lo sguardo,
singhiozzando. "Ho
fame... A casa non abbiamo più niente!".
Grethel la osservò. Non fingeva,
non faceva la
commedia, era affamata davvero, come tanti bambini di La Rochelle.
D'isntinto aprì il sacchetto del pane e diede una pagnotta
alla
bambina. "Tieni! Non posso darti di più però
almeno sarai a
posto fino a stasera!".
La bimba spalancò gli occhi,
grata. "Grazie
signora, siete un angelo!". Poi afferrò rapidamente il pane
e
di corsa sparì in un piccolo vicolo.
D'artagnan sorrise. Eccola la sua Grethel!
Non il
mostro di freddezza visto fino a quel momento ma una donna che
lottava per sopravvivere a una guerra e che non si risparmiava di
aiutare gli altri. Forse aveva sbagliato, poco prima, a giudicarla
male. Era una guerra quella in cui si trovavano e i buoni propositi
mal si conciliavano con la dura vita di battaglia. Si
avvicinò e le
accarezzò i capelli. "Ora ricordo!" - disse felice.
Grethel, presa alla sprovvista,
sussultò. "R...
Ricordi COSA???". Panico!!!
D'artagnan annuì. "No, non
è che ricordi
qualcosa! E' che ora so perchè mi sono innamorato di te! Il
tuo
cuore è gentile, sei coraggiosa, forte, bellissima. E non ti
risparmi di aiutare chi è in difficoltà! Sei una
bellissima persona
Grethel!".
Grethel fissò d'Artagnan stupita
ma anche...
piacevolmente sorpresa da quelle parole. D'artagnan non conosceva
nulla di lei, non sapeva minimamente con chi aveva a che fare, ma le
sue parole... D'artagnan sembrava, in quel momento, guardarla con
occhi diversi dal resto del mondo... Certo, lui non sapeva la
verità
e quella ingenuità la faceva un pò sorridere
però... Abbassò lo
sguardo. "Tu... non sai cosa dici!" - disse tristemente.
"Siamo senza cibo ma hai aiutato una povera
bambina! Non tutti l'avrebbero fatto!" - spiegò d'Artagnan
con
ovvietà.
Grethel sorrise, un sorriso sincero e un
pò
imbarazzato. "Vedi... Mio padre è morto che io avevo un anno
e
io e mia madre abbiamo vissuto miseramente. Lei non si risparmiava
nel lavoro ma non avevamo mai cibo a sufficienza. Da piccola avevo
sempre fame. Quella bambina mi ricorda me stessa, qualche anno fa...
Mi è venuto naturale..." - disse sotto voce, osservando
d'Artagnan negli occhi... Con sentimenti diversi... In quel momento,
davanti a lei non vedeva un prigioniero da circuire ma un giovane
gentile, puro e sincero... Si scosse da quei pensieri che non poteva
permettersi. "Senti, andiamo a casa, ti va?" - disse
prendendolo sotto braccio e tagliando il discorso.
"Marcel si arrabbierà per quello
che hai appena
fatto?" - chiese d'Artagnan preoccupato. Marcel era molto
attaccato a cibo e denaro...
"Non glielo diremo!" - tagliò
corto Grethel –
"Non saprà nulla e non si accorgerà di nulla!".
D'artagnan annuì. La giornata,
inziata male, prendeva
una piega più piacevole... Era bello tornare in armonia con
lei...
Camminarono frettolosamente fra i vicoli
finché, in
lontananza, Grethel vide di sfuggita giungere in loro direzione la
sagoma di due uomini, due moschettieri. Uno grande, grosso e
mastodontico, l'altro con lunghi capelli neri e un fare elegante.
Fissò d'Artagnan che non si era accorto di nulla e camminava
tranquillo accanto a lei senza guardarsi troppo in giro. E lo spinse
in un vicolo. "Nascondiamoci!" - bisbigliò al marito.
"Che succede?" - chiese d'Artagnan.
Grethel si morse il labbro. I compagni di
d'Artagnan...
Marcel gliene aveva parlato. Uno biondo, uno grande e grosso e uno
raffinato e dai lunghi capelli neri. Quei due uomini potevano essere
compagni del loro prigioniero. Fugacemente, pensò di farsi
scoprire.
D'artagnan era stato gentile, premuroso come nessuno con lei, poco
prima. Era un ragazzo dolce e gentile, non meritava quello che gli
stavano facendo... Ma poi decise di no! Marcel l'avrebbe uccisa, lei
lottava per gli Ugonotti e per una questione personale e poi...
più
di tutto... in quel momento capì che d'Artagnan gli sarebbe
mancato...
Passarono lunghi minuti nascosti e poi,
quando non si
udì più nessun passo uscirono fuori allo scoperto
e di fretta
ritornarono alla loro base.
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Capitolo 6 *** In battaglia ***
Tornata!
Grazie di cuore davvero, a tutti quanti per i vostri commenti, siete
un ottimo stimolo a scrivere!
E
rinnovo anche quì i complimenti per le altre bellissime
storie di
questa sezione!
Era
ora che quest'anime bellissimo avesse il suo fedele seguito!!! E che
seguito ;)
In
battaglia
"Stamattina Denis, verrai a combattere con
noi!
Ormai stai bene, è ora!" - disse perentorio, a sopresa,
Marcel,
in una mattina che era partita come tutte le altre...
Gli altri Ugonotti presenti alla scena, una
manciata di
uomini in tutto, sussultarono. E anche Grethel e d'Artagnan
spalancarono gli occhi stupiti.
Nell'animo della coppia si agitavano
sensazioni diverse.
Nel guascone la prospettiva di ributtarsi in battaglia era al tempo
stesso ricca di incognite ma stuzzicante perchè non vedeva
l'ora di
porre fine all'inattività causata dal suo ferimento e quindi
le
parole di Marcel erano pane per i suoi denti.
Grethel invece sembrava meno felice. In un
certo senso
quella strana routine data da quel finto matrimonio gli piaceva, la
trovava rilassante e piacevole. E d'Artagnan era una persona limpida,
gentile, diversa da quegli Ugonotti assetati di guerra e sangue.
Sapeva che il piano di mentire al loro prigioniero era partito da lei
perchè sua era stata l'idea del finto matrimonio e della
storia
fasulla sul passato Ugonotto del giovane catturato. Però
ora, la
prospettiva che lui andasse in battaglia, che rischiasse la vita, la
consapevolezza che sarebbe stato probabilmente notato dai suoi vecchi
compagni, che sarebbe stato riconosciuto e usato come merce di
scambio, non la allettava più. A quello strano ed ingenuo
ragazzo si
era in qualche modo... affezionata. E anche alla loro vita insieme,
benché frutto di menzogne, funzionava bene. Se tutto fosse
andato
come nei piani originari, presto d'Artagnan avrebbe scoperto la
verità, l'avrebbe forse disprezzata, verso di lei avrebbe
probabilmente adottato lo stesso atteggiamento degli altri uomini del
gruppo. Una semplice ed insignificante pedina che poteva essere
destinata e sacrificata alla causa come un banale oggetto, nulla
più
di questo. O una donna da odiare, che si era presa gioco di lui
mentendogli, allontanandolo dalla sua vera vita e dai suoi veri
ideali... Fino a quel momento d'Artagnan invece l'aveva trattata come
un essere umano prezioso, l'aveva rispettata, in un certo senso
'amata'.
Sarebbe finito tutto.
"Marcel, devo parlarti in privato, SUBITO!"
-
disse prendendo il capo degli Ugonotti per il braccio fino a
spingerlo fuori dalla porta. Sbatté l'uscio e i due rimasero
soli in
strada. "Non puoi portarlo ora in battaglia! E' ancora debole!"
- sentenziò decisa.
Marcel la fissò inespressivo,
per nulla turbato dalle
parole della donna. "A me pare che stia meglio di me e te messi
insieme invece. E onestamente, è giunto il momento che si
guadagni
la pagnotta anche lui. Mantenere un prigioniero, offrirgli vitto e
alloggio gratuito non rientrano nei miei piani! Soprattutto
perchè
stiamo parlando di uno schifoso moschettiere, un servo di quel
dannato Luigi XIII!!!".
"Lo uccideranno!" - sibilò
Grethel.
Marcel alzò le spalle,
incurante. "Se succederà,
cattureremo qualcun altro! O c'è forse qualche problema da
parte
tua...?". Il viso dell'uomo si fece sospettoso, si avvicinò
alla ragazza, prendendola rudemente per il mento. "Signorinella,
sentimenti e cuore li lasciamo fuori da questa storia, d'accordo?
Perchè ho idea, temo, che come una donnetta qualsiasi tu ti
stia
innamorando, perdendo di vista il nostro VERO scopo... O mi sbaglio?"
- chiese sibillino.
Grethel si morse il labbro. Accidenti, non
doveva
provare sentimenti, non poteva permettersi che Marcel perdesse
fiducia in lei o altrimenti l'avrebbe allontanata dal gruppo e non
sarebbe più riuscita a cercare l'uomo che voleva stanare.
D'artagnan
o non d'Artagnan, la cosa prioritaria era rimanere fra le fila degli
Ugonotti. Con un gesto secco, si liberò dalla stretta di
Marcel.
"Non dire sciocchezze, volevo solo preservare un pò il
nostro
prigioniero! Catturarlo, dopo tutto, non è stato facile!".
Marcel la fissò torvo,
accigliato. "Sarà... Ma
attenta a non deludermi troppo mia cara. O potrai scordarti la tua
vendetta... o la tua vita e il tuo bel faccino!".
"Non ti deluderò!" - rispose
Grethel cupa.
"Bene!". Marcel rientrò nella
casa, ordinando
ai suoi uomini di uscire a combattere, nella zona del porto. Poi si
rivolse a d'Artagnan. "Denis, preparati che li raggiungiamo!".
E così dicendo gli lanciò dei logori vestiti
scuri, un cappellaccio
verdognolo da mendicante, una spada e una pistola e gli
intimò di
cambiarsi. Gli Ugonotti erano persone povere, vestite di stracci, un
combattente vestito 'da casa' avrebbe stonato col gruppo.
Anche Grethel rientrò nella
stanza, prendendo ad
osservare il 'marito' che si cambiava senza fare storie. "Andrete
quindi al porto?" - chiese a Marcel.
"Esattamente! Al centro della battaglia..."
-
disse sibillino l'uomo. Poi le si avvicinò, sussurrandole in
un
orecchio. "Al porto combattono i suoi amici, lo noteranno... Non
voglio perdere troppo tempo con questa falsa, voglio usare l'ostaggio
ed entrare in contatto, subito, con quei dannati monarchici e
cardinalisti e trattare!".
Grethel sussultò. La zona del
porto era la più
pericolosa, il fulcro della battaglia... Marcel voleva arrivare
subito al sodo, mettendo d'Artagnan in pericolo. Che non lo facesse
solo per la missione però, ai suoi occhi di donna apparve
chiaro.
Avvertiva, senza ombra di dubbio, anche una grande avversione ed
antipatia verso il priogioniero, da Marcel. Ma decise di tacere, non
poteva intromettersi ulteriormente. "Bene, allora buon lavoro!
Ci si rivede stasera!" - disse abbassando lo sguardo. Poi si
avvicinò a d'Artagnan, baciandolo fugacemente sulle labbra.
"Stai
attento..." - sussurrò.
Il giovane annuì, le
accarezzò dolcemente i capelli
neri e poi, su comando di Marcel, uscì dalla stanza, pronto
a
tuffarsi in una nuova avventura. Non vedeva l'ora...
Grethel li guardò allontanarsi
dall'uscio di casa.
Teoricamente avrebbe dovuto andare in cerca di cibo come sempre,
quelli erano gli ordini...
Eppure...
Per una volta, contro ogni sua logica,
decise che
avrebbe seguito i due uomini da lontano, senza essere vista. Marcel
non l'avrebbe probabilmente mai scoperta, il cibo poteva procurarselo
anche più tardi senza troppi problemi, magari rovistando
proprio fra
le rovine del porto. Già, almeno avrebbe 'vegliato' su suo
marito. E
così facendo, avrebbe anche visto da vicino i moschettieri e
forse
individuato l'uomo che cercava... Sì, in fondo era una buona
idea,
lo faceva per la sua causa oltre che per se stessa e per controllare
che il suo giovane, dolce e finto marito stesse bene...
E così dicendo si mise il
mantello, calò il cappuccio
sul viso e quatta quatta come un gatto, sgattaiolò fra i
vicoli di
La Rochelle, a poche decine di metri da d'Artagnan e Marcel.
...
"Stai dietro le barricate, dannazione! Non
vorrai
farti ammzzare subito?!" - gridò Marcel a d'Artagnan che si
era
esposto troppo per osservare i combattimenti che fervevano nel porto.
Per il giovane guascone tutto era
spaventoso e maestoso
insieme. Il porto brulicava di combattenti, spadaccini, duelli,
spade, cannoni e pistole. Gente che moriva, gente che combatteva,
gruppi di Ugonotti più o meno organizzati che organizzavano
imboscate, scontri, con gruppi di guardie del Cardinale e
moschettieri nella loro sfavillante divisa blu.
Già, la divisa blu...
Era bellissima, gli occhi del giovane
brillavano
nell'osservarla tanto da vicino... Si vergognò di quei
pensieri,
loro erano NEMICI, non persone da ammirare!!!
Però non poteva farci niente, il
richiamo verso quella
divisa era troppo forte. La sua testa prese a fargli male,
osservandola.
"Cos'hai?" - chiese severamente Marcel
vedendolo sbiancare – "Non stai bene o hai solo,
semplicemente, paura?".
D'artagnan arrossì. "N...
niente, niente! Sto
bene!" - disse, tentando di ricomporsi.
"Bene..." - mugugnò Marcel,
prima di tornare
ad osservare la scena. C'era decisamente casino sulla banchina del
porto, un ottimo momento per entrare nel vivo della battaglia, con le
giuste mosse. "Ascolta Denis, c'è modo e modo per entrare in
scena! Il tuo, camminando piano, perso nei pensieri, come poco fa,
è
SBAGLIATO e decisamente IDIOTA! Si osserva, si notano i punti
più
tranquilli e via, con uno scatto li si raggiungono. Correndo decisi,
spada sguainata, pistola nell'altra mano libera! Poi si focalizza la
preda e si combatte! Capito?".
D'artagnan annuì. "Capito!".
I due si misero ad osservare la battaglia
da dietro la
barricata fatta di vecchie casse di legno. E d'Artagnan, con l'occhio
scaltro da moschettiere, vide, a ridosso di una vecchia casa rossa,
una zona con meno uomini dove i nemici erano in netta minoranza
rispetto agli Ugonotti. La distanza era di pochi metri, andava bene!
"La!" - disse sotto voce a Marcel, indicando il punto
esatto.
L'Ugonotto sorrise. "Là e
perfetto!".
E i due si lanciarono come furie in
battaglia!
E per la prima volta dopo settimane di
inattività,
d'Artagnan si sentì vivo. Impugnare la spada, combattere
uomo contro
uomo in duelli entusiasmanti. Come se non avesse mai fatto altro in
vita sua. Combattere dava un senso al suo essere, gli faceva sentire
l'argento vivo addosso. Fino a pochi minuti prima, nascosto nelle
viuzze strette di La Rochelle con Marcel aveva avuto un pò
di timore
all'idea di buttarsi nella mischia, come sempre si ha timore di
qualcosa che non si conosce o che non ricordiamo. Ma ora lì,
in
quella battaglia forsennata, si sentiva a casa... Grethel e Marcel
avevano ragione, lui era stato un grande combattente... E ora era
tornato ad esserlo...
....
"Oggi c'è più casino
del solito, vero ragazzi?"
- disse Porthos fra un colpo di spada e l'altro.
Athos sorrise. "Beh, ti pagano per
combattere,
no?".
Aramis non partecipò allo
scambio di battute fra i due.
Non le andava di scherzare, di dire frivolezze, non le andava nulla
che non fosse finire quella guerra assurda che le aveva portato via
un giovane amico senza un perchè. Già, loro erano
pagati per
combattere. Ma i soldi valevano anche la loro vita? Gli uomini
trovavano un senso nelle battaglie, nella morte, trovando in esse la
gloria. A lei sembrava maledettamente stupido... Per questo, anche se
si era illusa che era uguale agli altri, si era resa conto che mai
sarebbe stata un moschettiere come Athos e Porthos. Uomini e donne
avevano modi di pensare troppo diversi, aspettative di vita opposte,
visioni diverse dell'onore, della gloria e di quanto importante e
unica fosse la vita... Ma essere moschettiere era l'unica cosa che le
fosse rimasta e quindi l'avrebbe fatta al meglio. Ma di scherzare...
No, con d'Artagnan morto non ci riusciva più...
Si guardò intorno. Quegli uomini
che combattevano con
fervore, quanto assomigliavano al suo giovane amico? Tanto... Gli
pareva di vederlo lì, in mezzo alla mischia, con la spada
sguainata
e il suo consueto entusiasmo giovanile... Oh si, d'Artagnan avrebbe
trovato elettrizzante una giornata come quella, in quel porto...
Improvvisamente però, una figura
di spalle attirò
l'attenzione della donna...
Un uomo combatteva con un cappellacio in
testa, vestito
di abiti logori. Stessa corporatura del suo giovane amico, stessa
giovane età probabilmente, si vedeva che non era un uomo
adulto ma
un giovanissimo Ugonotto buttato in battaglia come carne al macello.
Combatteva bene, oltre all'aspetto fisico sembrava essere simile a
d'Artagnan anche nel modo di maneggiare la spada. "Ragazzi..."
- disse avvicinandosi a Porthos e Athos che avevano appena atterrato
tre uomini – "Quel ragazzo... non vi ricorda...?".
Gli occhi di Athos si incupirono nel vedere
il giovane
indicato da Aramis. Era lontano circa venti metri da loro, impegnato
in un duello con una delle guardie del Cardinale. E somigliava in
modo inequivocabile a d'Artagnan!!! "I giovani sono tutti uguali
quando combattono Aramis, non farti ingannare..." - disse
piatto, senza tradire alcuna emozione.
Athos stava per aggiungere altro quando il
giovane
Ugonotto si voltò, pronto ad affrontare un nuovo avversario.
E il cuore dei tre moschettieri si
fermò nel vederlo in
viso.
"D'ARTAGNAN!!! PERBACCO, QUELLO E'
D'ARTAGNAN!!!"
- urlò Porhos.
Athos rimase pietrificato, indeciso se
quella fosse
realtà o una qualche sorta di allucinazione comune. Non
aveva senso,
non poteva che essere un parto malato delle loro menti addolorate.
D'Artagnan era morto e se anche non lo fosse stato, di certo non
avrebbe combattuto a fianco dei loro nemici!!!
Aramis invece pareva la più
convinta e realista dei
tre. "E' d'Artagnan! Qualunque cosa stia succedendo, quello
è
d'Artagnan!". E, improvvisamente rinfrancata, corse verso
l'amico, schivando i colpi dei nemici che gli si paravano davanti.
Una mossa pericolosa, ma non gliene importava nulla. Se quello era
d'Artagnan, allora tutto tornava ad avere un qualche senso!
E Athos e Porthos non poterono far altro
che seguirla,
guidati dall'entusiasmo della donna moschettiere e dall'emergenza di
guardarle le spalle.
Nel frattempo d'Artagnan aveva atterrato
con successo
tre Cardinalisti. Era soddisfatto e anche se nella mischia, aveva
perso di vista Marcel, si sentiva forte e sicuro.
Vide i tre uomini che gli si avvicinavano
di corsa
gridando un nome che nel frastuono non riusciva a sentire e qualcosa
in loro gli apparve famigliare. Ma fu un attimo. Indossavano quella
fantastica divisa blu che fino a poco prima aveva ammirato, erano
moschettieri e quindi nemici.
Si preparò a combatterli,
brandendo la spada davanti a
lui.
Quando i tre furono a pochi metri, uno
sparo fra loro,
giunto dalle barricate, fermò i tre uomini.
Sorpreso, d'Artagnan si voltò.
E fra le casse delle barricate vide il
visino di Grethel
che brandiva una pistola fumante e con la mano gli faceva segno di
raggiungerla.
Una forte esplosione causata da una
cannonata investì
proprio in quel momento un'area vicina al gruppetto, avvolgendo
tutto e tutti in una pesante coltre di fumo che impediva ogni
visuale.
....
Grethel, nascosta dietro alle barricate,
non aveva perso
di vista suo marito, vegliando su di lui con una pistola rubata ad un
cadavere che giaceva inerme vicino alla grossa pira di casse di
legno.
D'artagnan se la stava cavando
egregiamente, dimostrando
ampiamente quale grande moschettiere in realtà lui fosse. Ma
un
occhio in più non faceva male comunque...
Nel frattempo si era guardata attorno, per
scorgere la
persona che tanto cercava. Ma era rimasta delusa, quei moschettieri
che combattevano al porto erano troppo giovani per essere lui.
E proprio mentre osservava la scena, aveva
notato quei
tre uomini correre verso d'Artagnan, gridando il suo vero nome. Un
moschettiere biondo, uno grosso, uno dall'aria raffinata. Descrizione
perfetta degli amici di d'Artagnan. Non voleva che lo trovassero, non
voleva che i piani di Marcel andassero in porto. Era presto e lei non
era pronta!
Per questo, d'istinto, sparò per
fermare la loro corsa
e dare modo a d'Artagnan di raggiungerla.
L'esplosione fece il resto.
Con un balzo e approfittando del fumo,
Grethel saltò
fuori dalle barricate, prese un troppo sorpreso d'Artagnan per il
braccio e lo scaraventò in una viuzza laterale, lontano dai
combattimenti.
"M... Ma Grethel!? Che... che cosa fai? E
CHE CI
FAI QUI'???" - si lamentò d'Artagnan incredulo della piega
presa dagli avvenimenti negli ultimi istanti.
"Shhh, dobbiamo scappare!" - disse
strattonandolo via.
"Non posso!" - si bloccò
d'Artagnan.
Grethel lo prese violentemente per il
braccio,
spingendolo a correre, non dandogli modo di fare altro. "Quei
tre uomini sono feroci assassini, li conosco! Non voglio che tu
muoia, non sei pronto ancora per un duello del genere, ti avrebbero
ucciso! Scappiamo lontano da quì!".
"Ma non posso, la lotta..." - disse
d'Artagnan, confuso...
Grethel abbassò lo sguardo,
tristemente. "Fallo
per me...".
D'artagnan la fissò, incerto e
anche stupito da quella
arrendevolezza che tanto poco si addiceva a Grethel. La amava...
Odiava vederla triste e per lei si sarebbe buttato nel fuoco. Era
stato bello combattere, poco prima, ma in fondo sua moglie non doveva
venire prima di tutto? Altre battaglie avrebbe combattuto, in fondo
era giovane... E sua moglie aveva bisogno di lui... "Mi hai
seguito perchè eri preoccupata per me?" - le chiese
dolcemente.
Grethel sorrise. "Si...". In cuor suo
sapeva
di non mentire, non completamente almeno.
D'artagnan la prese per mano, decidendo
quale era la
cosa giusta da fare. "Ok, scappiamo da questa guerra, noi due
soli!".
La donna annuì. Il suo piano in
fondo poteva continuare
anche su binari paralleli a quelli scelti in partenza, al fianco
degli Ugonotti. D'artagnan dopo tutto era un moschettiere, aveva
fiducia in lei e l'amava. E di di certo, se lei gliel'avese chiesto,
l'avrebbe aiutata a trovare chi stava cercando...
Fuggirono insieme, correndo per le viuzze
di La Rochelle
che Grethel conosceva bene, mano nella mano...
Il fumo coprì parzialmente la
loro fuga, ma i tre
moschettieri riuscirono ad intravedere quanto successo.
L'entrata in scena di Grethel, il suo
portar via
d'Artagnan dalla zona della battaglia, la loro fuga nelle piccole e
strette vie del porto.
E pur non capendo cosa stesse succedendo,
d'istinto,
insieme decisero di abbandonare la lotta, prendendo a correre dietro
ai due fuggiaschi.
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Capitolo 7 *** Fuga ***
Ciao
ragazzi e scusate la lunga assenza! Sono rimasta indietro sia con la
scrittura di questa storia, sia con la lettura delle altre (devo
mettermi in pari con la splendida storia di Jenny!). Ma al momento
sono stra-oberata di lavoro, devo preparare le elezioni sia comunali
che i referendum e passo in ufficio, a volte, anche 13 o 14 ore
consecutive e quindi non riesco a fare altro! Prometto che appena mi
finisce sto periodo caotico, torno più attiva e mi rimetto
in pari
con tutto!
Per
ora, vi
lascio questo breve capitolo, scritto a spizzichi fra uno
straordinario e l'altro *__*
Grazie
a
tutti quelli che leggono, commentano e incitano a continuare!
Un
bacione!
Fuga
Grethel, per sfortuna dei moschettieri,
conosceva bene
le strette viuzze di La Rochelle. Conosceva ogni anfratto, ogni
angolo, ogni via buia e nascosta, ogni stratagemma per seminare
inseguitori inopportuni.
Lei e d'Artagnan, proprio come i
moschettieri che li
inseguivano, erano a piedi. Questa era una buona cosa e le sue
conoscenze della città facevano il resto. Erano in vantaggio
sui
loro inseguitori, nessuno conosceva bene La Rochelle come lei...
Grethel e d'Artagnan corsero come matti
travolgendo
soldati, persone, civili, chiunque si fosse posto davanti al loro
cammino.
Il giovane moschettiere era confuso. Sapeva
che i tre
inseguitori erano suoi nemici, che erano probabilmente pericolosi
però... Non avrebbe, a onor di logica, dovuto fermarsi e
affrontarli? Non era quello il suo ruolo e compito? Certo, si era
piegato al volere di sua moglie e si era allontanato con Grethel dal
campo di battaglia e di conseguenza Vincent si sarebbe arrabbiato
molto, ma forse con quell'azione, battendo quei tre, si sarebbe
riscattato ai suoi occhi! Certo, aveva ben inteso cosa volesse fare
Grethel e quanto fosse contraria al fatto che lui fosse tornato in
guerra però... Dannazione, lui voleva combattere!!! E sua
moglie
invece voleva tenerlo lontano dai campi di battaglia! Un bel casino
davvero! Certo, capiva la preoccupazione di Grethel, capiva le sue
intenzioni e la sua buona fede nel volerlo mettere al sicuro dopo il
grave ferimento di cui era stato vittima ma quei pochi minuti di
lotta gli avevano fatto capire una cosa di quel passato che ancora
gli sfuggiva: Lui amava impugnare una spada, amava combattere ed era
affascinato da tutti quegli uomini in divisa che sì erano
suoi
nemici ma anche uomini che combattevano per i loro alti ideali. E che
per quegli ideali avrebbero dato senza alcun problema la vita...
Ma probabilmente quegli uomini non avevano
una moglie,
una famiglia, doveri di sposi... Forse erano uomini che passavano le
loro serate in osteria, circondati da donne allegre e facili, non
avevano una donna a casa che li aspettava...
Lui si, aveva Grethel. E l'amava! E, anche
se il suo
istinto era di combattente, per prima cosa doveva onorare le promesse
di matrimonio e rendere felice la donna che aveva sposato!
Capiva perchè dovevano fuggire.
Loro due avevano
abbandonato il campo di battaglia durante una guerra, tradendo gli
ordini del loro capitano. E questa era una macchia grave, che poteva
essere punita con la morte. In guerra funzionava così, lo
sapeva!
Seguendo Grethel in quella fuga, lui e sua
moglie erano
diventati disertori! La Rochelle ormai non era più un posto
sicuro.
Cardinalisti e moschettieri erano i loro nemici ed ora lo erano anche
gli Ugonottti!
Corsero per viuzze strette, girando come
trottole da una
via all'altra. D'artagnan era scosso, si faceva guidare dalla
saggezza di Grethel che più volte gli aveva dimostrato di
sapersi
muovere perfettamente in quella città e di sapersela cavare
in ogni
situazione. Probabilmente il continuo cambio di vie e direzioni che
Grethel gli stava facendo fare era un modo per confondere e seminare
i loro inseguitori. Ma poi, che avrebbero fatto...?
"Grethel, che faremo? Dove andremo? Se
Vincent ci
vedesse..." - urlò col fiato corto per la corsa.
Grethel si voltò, non smettendo
di correre come una
matta. "Torneremo al nostro rifugio. A quest'ora lo sai, non
c'è
nessuno... Prenderemo un cavallo e andremo via da quì! E'
pericoloso
per me, per te, per tutta questa assurda guerra e questa situazione!
Ce ne andremo a cavallo e nessuno saprà più nulla
di noi!
Cominceremo tutto da capo, da zero!". Già, da una
tranquillità
nuova e acquisita... Lontana da una guerra e sola con un uomo che
teneva a lei davvero. Un moschettiere! Che forse, l'avrebbe condotta
dall'uomo che cercava da tanto, da sempre! In fondo, con d'Artagnan
nelle sue mani, Vincent e gli Ugonotti diventavano superflui per lei.
In due, sola con il suo finto marito, avrebbe saputo muoversi meglio
e arrivare più velocemente alla sua meta.
Corsero come matti e come prevedeva
Grethel, riuscirono
a seminare i tre moschettieri. Non fu facile, se si fossero trovati a
Parigi, nella loro città, la donna sapeva che li avrebbero
acciuffati.
Seguendo i meandri di La Rochelle
più nascosti li
staccarono, giungendo al covo degli Ugonotti.
Senza perdere tempo, Grethel corse alla
stalla,
prendendo un cavallo nero già sellato. Poi corse in casa,
mentre
d'Artagnan la guardava smarrito e attonito, senza muoversi, senza
capire. Quando Grethel decideva qualcosa, tutto di solito si svolgeva
in fretta e solo dai suoi gesti e mai dalle sue parole capiva cosa
aveva in mente. Anche quella volta, tanto che pensava che avesse in
mente quella fuga da un pò e l'avesse già
progettata da tempo,
vista la rapidità e la sicurezza con cui si muoveva.
Grethel uscì dalla casa con in
mano due mantelli scuri.
Ne lanciò uno a d'Artagnan, intimandogli di indossarlo.
Coperti con
quelli, con in testa il cappuccio, avrebbero avuto meno problemi e
probabilmente nessuno li avrebbe riconosciuti durante la fuga.
Il resto, d'Artagnan lo capì da
solo. Montò in sella
al cavallo, prese sua moglie fra le braccia e poi via, partì
velocemente al galoppo.
In fuga...
Da La Rochelle...
Dalla guerra...
Dagli Ugonotti...
Dai – anche se non poteva saperlo
– suoi amici...
...
La Rochelle era ormai lontana, la sua
fisionomia si
perdeva indefinitivamente nell'orizzonte del tramonto. Avevano
galoppato come forsennati e solo dopo parecchie miglia si erano
fermati. Il cavallo era esausto e aveva bisogno di riposarsi mentre
loro avevano bisogno di raccogliere le idee...
Grethel si voltò verso di lui
ridendo soddisfatta e
felice. "Immagini la faccia che farà Marcel quando
scoprirà la
nostra fuga con un SUO cavallo? Accidenti, vorrei essere una mosca
per volare nel nostro covo e vederlo!".
D'artagnan la fissò di rimando,
torvo in viso. Sì,
immaginava la faccia di Marcel! E la situazione a lui non faceva
propriamente ridere. Si era allontanato da una guerra che, da come
gli avevano detto, rappresentava uno dei suoi più alti
ideali. Era
fuggito, tradendo il suo gruppo, il suo capo, le sue idee... Certo,
aveva dovuto scegliere e aveva scelto la donna che aveva sposato ma
di fatto, il comportamento appena tenuto non gli piaceva. Si
vergognava di se stesso, si era comportato da codardo... E allo
stesso tempo era comunque conscio che si era comportato da buon
marito. "Senti Grethel... perchè???" - chiese confuso.
La donna smise di ridere. Gli si
avvicinò, gli cinse la
vita e appoggiò il viso al suo petto. "Perchè...
Non è la
nostra guerra... Noi non siamo propriamente Ugonotti Denis, siamo
solo anti-monarchici e per questo ci eravamo uniti al gruppo di
Marcel. Ma io... io non voglio perderti per una semplice ideologia
politica, non ne vale la pena! Sei stato tanto vicino alla morte, non
voglio ripassarci! Avevamo tanti sogni noi, ricominciamo a lottare
per realizzarli!". Già, i suoi piani avevano deviato
percorso e
doveva convincerlo che era giusto così! Basta frottole sugli
Ugonotti, su una guerra della quale non aveva interesse, basta Marcel
e quell'ambiente che lei odiava! Doveva portare di nuovo d'Artagnan
dalla sua parte, proprio come aveva fatto quando si era risvegliato
dopo il terribile incidente che l'aveva coinvolto quando lottava coi
moschettieri.
D'artagnan le accarezzò i
capelli. "Ma ora, che
faremo?". Già, senza casa, in fuga...
Grethel sorrise. "Andremo a Rouen. Da
ragazzina ci
ho vissuto un pò di tempo e ho qualche amicizia che
può aiutarci a
trovare una casa di fortuna a poco prezzo". Già, quello era
vero! Lei conosceva Rouen, ci era vissuta un anno. E Rouen era
abbastanza vicina a Parigi e ai moschettieri. Con una scusa avrebbe
organizzato un viaggio a Parigi con d'Artagnan e sarebbe andata alla
ricerca dell'uomo che le aveva rovinato la vita. Ma prima dovevano
sistemarsi, rimettere in sesto le cose, dopo quella precipitosa fuga.
Rouen era perfetta! Grande abbastanza per
riuscire a
nascondersi e passare inosservati, una città amica e
conosciuta,
con persone che l'avrebbero aiutata. Lì si sarebbe
riorganizzata e
da lì sarebbe ripartita alla carica. Con un nuovo piano,
lontano
dalla guerra e dalle prepotenze di Marcel.
Si strinse di più a d'Artagnan.
"Ti amo... E ce la
faremo!" - sussurrò. "Ti amo perchè, anche se ami
combattere hai scelto me! Ti amo perchè per me vai contro
tutto e
tutti, anche contro le tue convinzioni e i tuoi ideali. Ti amo
perchè
mi hai seguita e ora sei quì!".
A quelle parole d'Artagnan si sciolse e
ogni dubbio
svanì dalla sua mente. Aveva fatto bene, la scelta giusta!
Un vero
uomo è tale se sa rendere felice la donna che ama, con onore
e
onestà, facendo fede alle promesse di matrimonio. E lui
l'aveva
fatto, era nel giusto!
La prese fra le braccia e la
baciò a lungo.
Poi si rimisero in sella e a spron battuto
e si
diressero verso Rouen.
...
"Era d'Artagnan, ne sono sicuro!!!" -
urlò
Aramis, ormai senza più voce. Le bruciava terribilmente
quanto fosse
successo quel pomeriggio. Un susseguirsi di emozioni fortissime che
si erano concluse con una grande rabbia e frustrazione. Dal dolore
per la morte presunta di d'Artagnan erano passati
all'incredulità di
trovarselo davanti, dall'attimo di sbandamento dovuto alla sorpresa
erano poi passati a quell'inseguimento forsennato per le vie di La
Rochelle. E poi fine, era sparito nel nulla. Come, con chi,
perchè
scappasse da loro non gli era dato sapere... Tutto non aveva senso,
che d'Artagnan fosse vivo, che fosse fuggito da loro con una donna
sconosciuta, che avesse fatto perdere le sue tracce... Ma nonostante
ogni logica, Aramis lo sapeva! Era lui e tutto DOVEVA avere una
spiegazione! Dovevano solo cercarla!
Ma davanti a lei e ai suoi amici si
frapponevano una
guerra e le decisioni e il tono fermo e deciso del capitano De
Treville.
Non credeva che avrebbe potuto irritarsi
tanto col suo
amato capitano... De Treville, tanto serio, tanto saggio, che l'aveva
accolta nei moschettieri non tradendo mai il suo segreto con
nessuno...
Porthos batté i pugni sul
tavolo. "L'abbiamo perso
di vista! Ma era lui e se voi ci permetteste di andare a
cercarlo...".
"BASTA!!!". De Treville si alzò
di scatto
dalla sedia, pallido in volto e colmo di rabbia. Era una situazione
difficile anche per lui ma mai avrebbe permesso a un suo moschettiere
di obbiettare a degli ordini. "La vostra priorità
è servire il
nostro amato re! E ora la priorità è vincere
questa guerra!
D'artagnan o non d'Artagnan, questo non è un fatto
rilevante! Vorrei
che il vostro amico fosse vivo ma onestamente, dubito che fosse lui!
Combatteva a fianco dei nostri nemici, me l'avete detto voi, ed
è
scappato con una donna che probabilmente appartiene alle fila degli
Ugonotti! Era somigliante a d'Artagnan ma non era lui! E anche se lo
fosse stato... un comportamento del genere significa TRADIMENTO verso
il nostro corpo dei moschettieri e verso il re! Quindi, non
c'è
alcuna ragione per cui voi andiate a cercarlo! Non ora almeno, non
con questa guerra in corso e non senza avere certezze! Allo stato
attuale dei fatti, non posso concedervi alcun congedo per cercarlo,
anche perchè non avete traccia alcuna! E io non
permetterò che i
tre migliori uomini del nostro corpo lascino il campo di battaglia
all'inseguimento di un sogno, di un'illusione! Perchè,
è di questo
che si tratta...". Si accasciò nuovamente sulla sedia,
stanco... "Certo, se sapessimo cose più certe, se sapessimo
che
è lui e che è nei guai, sarebbe mio dovere
correre in aiuto di un
mio fidato uomo... Ma così, NO! Gli ordini per voi rimangono
gli
stessi, rimarrete quì a combattere, come sempre!". E
così
dicendo, con un cenno della mano fece segno loro di congedarsi. Il
cuore del vecchio capitano gridava di dolore... Avrebbe voluto che
fosse davvero d'Artagnan ma non poteva, nel suo ruolo, privarsi di
uomini come Athos, Porthos e Aramis nel corso di una guerra
così
terribile come quella che stavano combattendo...
Athos appoggiò le mani sulle
spalle di Aramis e
Porthos. Capiva perfettamente il dolore dei due amici ma capiva al
contempo anche la posizione scomoda di De Treville. Non poteva
conceder loro alcun congedo... "Capitano, col vostro permesso ci
ritiriamo... E scusateci per il disturbo...".
Aramis e Porthos non fecero altre
contenstazioni. Non ce
n'era motivo, il capitano non avrebbe cambiato idea...
E mestamente i tre si avviarono alle loro
tende per
riposarsi per la notte...
Al momento, c'era ben poco da fare...
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Capitolo 8 *** Un incontro fortuito ***
Eccomi!
Ci ho messo un pò ma sono stata oberata di lavoro, le
elezioni mi
hanno risucchiato tempo ed energia!
Però,
per festeggiare il quorum raggiunto nei referendum, eccomi col nuovo
capitolo!
Grazie
a tutti quelli che leggono e commentano, grazie di ♥
Un
bacione e a presto!!!
Un
incontro fortuito
Rouen era una splendida cittadina. Non
molto grande,
allegra, vitale, storica per la maggior parte, formata da piccoli
viottoli e casette dai tetti rossi, spioventi e a punta. Ed era in
pace, non come La Rochelle...
E, sebbene lottare lo facesse sentire vivo,
d'Artagnan
non aveva potuto non innamorarsene... Finalmente un pò di
pace,
finalmente un pò di calore e intimità casalinga
con sua moglie
Grethel, finalmente un posto dove si viveva e non si moriva per le
strade, durante i combattimenti.
Erano giunti due settimane prima e i
signori Geronielle,
una vecchia coppia amica di Grethel, gli avevano prestato una loro
casetta in pieno centro. Piccolissima ma accogliente e arredata
modestamente ma con buon gusto. L'ideale per una giovane coppia di
sposi in fuga dalla guerra e alla ricerca di un pò di pace...
Quelle due settimane erano state belle...
Per lui,
perchè scoprire davvero, senza fretta e occhi indiscreti,
una donna
di cui non ricordava nulla era paragonabile alla gioia e alla
sorpresa di quando si è piccoli e si scarta un regalo.
Grethel era
bella, in gamba, femminile, intelligente e amava ridere. A La
Rochelle non si era accorto di questo lato del suo carattare
perchè
era sempre irascibile e sospettosa, mentre lì a Rouen era
solare,
felice... E d'Artagnan, giorno dopo giorno, capiva di aver fatto bene
a compiere la scelta di abbandonare la guerra. A sua moglie aveva
fatto bene. E anche a lui!
Anche Grethel era serena. E non era una
farsa quella, le
due settimane appena trascore con d'Artagnan erano state belle. Mai
le era capitato accanto un uomo, seppur molto giovane, così
gentile,
onesto, innamorato, sincero e leale. Ben altri uomini aveva
conosciuto nella sua vita e l'incontro con d'Artagnan sembrava messo
apposta dal destino sulla sua strada per dare un raggio di luce alla
sua esistenza... Certo, tutto si basava e fondava su una bugia,
certo, c'era qualcuno che doveva raggiungere e d'Artagnan gli serviva
allo scopo ma... c'era dell'altro... Pian piano, si stava
scoprendo... innamorata... Davvero! Ed era la prima volta che le
capitava sul serio. Gli piaceva quel giovane, gli piaceva stare con
lui e amava il senso di pace che d'Artagnan riusciva a infonderle con
la sua sola presenza. Niente e nessuno avrebbe dovuto mettersi fra
loro, non lo avrebbe permesso!
La donna si rigirò nel letto,
baciandolo sensualmente
sulle labbra. "Forse... dovremmo uscire a comprare qualcosa, del
cibo... Stiamo passando troppo tempo sotto alle lenzuola e fra un
pò
finirà che moriamo di fame!" - disse sensualmente...
D'artagnan sorrise, poi ci pensò
su. In effetti, tutto
quel 'movimento' gli aveva messo appetito. "Mh, si dovremmo...
Non ne ho voglia ma abbiamo la dispensa vuota!".
Grethel annuì, poi sorridendo si
alzò dal letto,
rivestendosi con gesti lenti. "Bravo... Perchè sai, io sono
come la vedova nera... Se ho fame, mangio i miei uomini!".
"E'?". D'artagnan la fissò
spaesato, poi
scoppiò a ridere, seguito di gusto da Grethel.
La ragazza si avvicinò al letto,
lo prese per un
braccio e lo tirò su. "Muoviti, i negozi chiuderanno fra un
pò,
è ormai il tramonto!".
Il guascone annuì. E un
pò per necessità, un pò
controvoglia, si vestì e uscì con la moglie per
le vie di Rouen. In
fondo, una bella passeggiata non ci stava male!
Grethel lo prese per mano, camminando
allegramente,
investita da quel bagaglio di sensazioni buone che d'Artagnan
risvegliava in lei. Di sfuggita lo guardò mentre
camminavano. Era
poco più di un ragazzino, chissà che tipo era
prima dell'incidente
a La Rochelle? Insomma, di lui sapeva davvero poco, oltre al fatto
che fosse un moschettiere fra i migliori, gli altri aspetti della sua
vita gli sfuggivano. Chissà di dov'era originario,
chissà chi erano
i suoi genitori, chissà perchè era entrato nel
corpo dei
moschettieri, chissà se a Parigi aveva una fidanzata o una
donna che
amava e lo aspettava...? All'inizio, quando poco gli importava di
lui, non si era mai posta quelle domande ma ora, sempre più
insistentemente, affioravano alla sua mente...
"Siamo arrivati dal panettiere!" - disse
d'Artagnan indicando il negozio – "Entra tu, ti aspetto
fuori!".
"Perchè non vuoi mai entrare?" -
chiese
Grethel incuriosita da quella strana repulsione di d'Artagnan ai
negozi.
D'artagnan alzò le spalle.
"Perchè quei posti son
pieni di massaie assatanate, mi è bastato il primo giorno
per capire
che non son posti per me!" - esclamò serio, ricordando il
primo
giorno a Rouen e la spesa infernale fatta per i negozi della
città,
pieni zeppi di donne alla caccia del miglior prezzo.
Grethel scoppiò a ridere a
quelle parole. "Ma non
ti piaceva combattere a La Rochelle? Questa è più
o meno la stessa
cosa! La guerra alla pagnotta migliore!".
D'artagnan scosse la testa convinto, mentre
si
tratteneva dallo scoppiare a ridere. "Ah no, i soldati sono MENO
pericolosi della casalinghe!".
Grethel sorrise dolcemente, poi si
avviò verso il
negozio. "Come vuoi, aspettami quì!"'.
Rimasto solo, d'Artagnan si sedette
tranquillamente su
una botte posta fuori dal negozio, ammirando l'andirivieni tranquillo
della gente che tornava a casa per la sera. Quella situazione gli
metteva pace... Era frustrato dal fatto di non ricordare, ma da
quando era arrivato a Rouen tutto era diventato talmente stabile e
tranquillo che la fretta di riappropriarsi del proprio passato si era
pian piano affievolita...
"D'ARTAGNAN!!!???".
La voce infantile di un bambino giunto in
un lampo e
paratosi davanti a lui come una furia lo fece sobbalzare, destandolo
dai suoi pensieri. Il guascone guardò il piccolo che, con
occhi
sgranati lo fissava, eccitato. Era un monello di strada dai capelli
castani lunghi, piedi scalzi e abiti sgualciti, di circa cinque o sei
anni. "Scusa?" - chiese il giovane.
"D... D'artagnan, che sorpresa, che ci fai
quì?"
- chiese il bambino eccitato e sorpreso.
D'artagnan lo fissò. Non lo
conosceva, evidentemente lo
stava confondendo con qualcun altro, però in un certo senso,
non gli
era del tutto sconosciuto... Ma... "Mi spiace bambino, credo che
tu mi abbia scambiato per un altro!" - disse gentilmente.
"Cosa?". Il bimbo sgranò gli
occhi, poi gli
corse vicino. "Mi prendi in giro? D'artagnan, sono io, sono
Jean! Dai, smettila di scherzare, non sei contento di vedermi?"
- disse aggrappandosi disperatamente alla camicia del giovane,
scuotendola con forza.
D'artagnan indietreggiò,
staccando il bambino da lui.
"Scusa..." - mormorò stranamente turbato, mentre strane e
nebulose immagini a cui non riusciva a dare senso, sembravano
formarsi nella sua mente – "ma io... io non mi chiamo
d'Artagnan! Il mio nome è Denis Rimaud, mi spiace...".
Jean spalancò gli occhi
sorpreso, ma deciso ad
insistere. Era d'Artagnan, ne era certo... Anche se la sua
espressione sembrava annebbiata, confusa... Non ci capiva un
accidente ma non si sarebbe arreso senza capire cosa stesse
succedendo. "Cosa? D'artagnan, che ti prende???" -
insistette disperatamente mentre, parlando, si accorgeva che lo
sguardo vaquo di d'Artagnan assomigliava in modo impressionante allo
sguardo perso che aveva Constance quando era rimasta ferita e priva
di memoria a causa di Milady.
Il bambino fece per replicare quando una
donna giovane e
dai bellissimi capelli neri si parò fra lui e il suo amico.
"Moccioso, cosa vuoi? Hai sentito mio marito, no? L'hai confuso
con un altro, quindi sparisci e smettila di rompere!" - disse
Grethel con aria minacciosa e furente, fulminandolo con lo sguardo.
Jean indietreggiò. E quella
donna chi era? Poi...
MARITO??? Lo sguardo del bambino divenne confuso... Era d'Artagnan,
l'avrebbe riconosciuto ad occhi chiusi solo dal tono di voce...
Però... Perchè quel nome falso? E
perchè diceva di non conoscerlo?
Chi diavolo era quella donna il cui sguardo tanto ricordava la
perfida Milady? Cosa ci faceva d'Artagnan a Rouen e dov'erano i
moschettieri?
Grethel gli lanciò un ultimo
sguardo rabbioso, poi si
avvicinò a d'Artagnan, prendendolo sotto braccio. "Andiamo a
casa tesoro, questo bambino ci sta importunando e ho fatto la spesa!
E' ora di cena!" - disse frettolosa, intenzionata ad
allontanarsi il prima possibile da quel dannato bambino che,
inaspettatamente gli si era parato davanti. Dannazione, un intoppo
del genere non se lo aspettava! Chi diavolo era quel bambino?
Probabilmente un altro pezzo del puzzle del passato di d'Artagnan che
lei non conosceva. Però va beh, poco male, era un moccioso,
non
avrebbe dato più di tanto problemi, tuttal'più in
virtù del fatto
che a d'Artagnan, rivedendolo, non era tornata la memoria... Solo un
piccolo moscerino fastidioso... "Andiamo?" - intimò
frettolosamente al marito che fissava il ragazzino.
D'artagnan annuì, confuso.
"Andiamo!".
Si incamminarono e Grethel si
voltò un'ultima volta
verso Jean. "E tu, tornatene a casa!" - intimò perentoria.
Jean rimase fermo a guardarli allontanarsi.
Il suo
istinto gli diceva che d'Artagnan era in pericolo. E poi... Lui mica
era uno che prendeva ordini da una donna maleducata qualunque! Altro
che andare a casa, li avrebbe spiati e seguiti di nascosto! E magari
così ci avrebbe capito qualcosa.
Come un gatto agile, lesto e silenzioso,
Jean seguì a
debita distanza i due, nascondendosi dietro a muri, botti di vino,
persone. Ogni tanto, si accorse, Grethel si voltava per vedere se li
stesse seguendo ma, a occhio, sembrava non essersi accorta di
niente...
E così facendo, Jean
arrivò davanti alla piccola casa
della coppia. Si accucciò dietro ad un muro, aspettando che
qualcosa
succedesse.
Nel mentre, giunti a casa, d'Artagnan e
Grethel
entrarono, chiudendo bene la porta. La donna mise il cibo comprato
sul tavolo, simulando indifferenza. "Tesoro, ti preparerò
una
zuppa coi fiocchi!" - disse allegra.
Pensieroso, d'Artagnan guardò
fuori dalla finestra.
Quel bambino, quel nome... 'D'artagnan'... gli continuavano a
frullare nella testa e non riusciva a levarsi quei pensieri. "S...
Si..." - rispose, senza averla udita davvero parlare.
Grethel sospirò. Doveva
riprendere in mano la
situazione. "Ascolta Denis, era solo un moccioso di strada che
probabilmente stava cercando di spillarti qualche soldo con quel
mezzuccio di far finta di conoscerti! Dimenticatelo, a volte capitano
queste cose e tu sei troppo sensibile per fartele scivolare addosso!
Tutto quì!".
"Però" –
obbiettò d'Artagnan – "Se
avesse avuto bisogno d'aiuto?".
Grethel lo fissò. Ok, c'erano
due modi per distrarre un
uomo. Il primo era il cibo e non aveva funzionato. Il secondo era una
piacevole attività sotto le coperte, cosa che lui amava.
"Dimenticatelo..." - disse sensualmente avvicinandosi a
lui, cingendolo con le proprie braccia prima di baciarlo e
trascinarlo in camera da letto...
....
Era ormai notte. D'artagnan dormiva
profondamente,
spossato dalle doti amatoriali di Grethel. Lei invece era sveglia,
sospettosa... Quel bambino non aveva l'aria di uno che si arrendeva
tanto facilmente.
Si alzò silenziosamente dal
letto e nel buio raggiunse
la finestra. Sbirciò fra le tende e gli bastarono solo pochi
minuti
per avere una conferma ai suoi dubbi. Jean dormiva semi-nascosto
all'angolo della casa davanti alla loro.
Bene, era ora di far capire a quel bambino
che doveva
girare al largo...
Si rivestì e poi,
silenziosamente per non svegliare il
marito, uscì fuori...
Scese in strada e si parò
davanti a Jean, svegliandolo
con uno strattone. "E allora moccioso, non hai capito cosa ti ho
detto oggi?" - disse minacciosa.
Jean indietreggiò spaventato,
preso alla sprovvista e
mezzo addormentato. Accidenti, si era fatto beccare!!! "Cos'hai
fatto al mio amico?" - disse senza mezzi termini, con la voce
ancora impastricciata dal sonno.
Grethel lo prese per il bavero,
sollevandolo di peso.
"Il tuo amico NON è il tuo amico, capito? Vattene e non
metterti in mezzo a cose più grandi di te! Se insisti, non
hai idea
del guaio in cui ti cacceresti!".
"NO!!!" - gridò Jean dimenandosi.
Grethel gli mise la mano sulla bocca.
"Zitto! E ora
oscoltami bene" – disse penetrandolo con lo sguardo dei suoi
profondi occhi verde smeraldo – "Il tuo amico non esiste
più,
d'accordo!? Quindi, o tu ora te ne vai per la tua strada tranquillo e
la smetti di rompere, oppure ti faccio fare una brutta fine, sicura
di farla franca perchè sei un dannato moccioso di strada e
nessuno
verrà a cercarti... Chiaro?" - concluse sibillina.
Jean, ancora bloccato e impossibilitato a
parlare, annuì
con la testa.
E solo a quel cenno affermativo, Grethel lo
liberò. "E
ora sparisci! Se ti becco a gironzolare ancora quì in giro,
me la
pagherai!".
Jean non rispose nulla,
indietreggiò di alcuni passi,
poi fuggì. Ma non si arrese! Ora era certo, era d'Artagnan
ed era
nei guai. Ma da solo lui non poteva fare niente, lo sapeva bene! Era
in viaggio per la Francia alla ricerca della sua mamma e un posto
valeva l'altro. Quindi... Immaginava dove fossero Athos, Porthos e
Aramis! A La Rochelle, impegnati in una guerra di cui tutti
parlavano... C'erano tutte le forze del re impegnate in quella
città,
lo aveva sentito in giro...
Decise di partire. Li avrebbe cercati e gli
avrebbe
raccontato quello che aveva visto. E forse avrebbe scoperto una volta
per tutte cosa era successo al suo migliore amico.
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Capitolo 9 *** L'unione fa la forza ***
Eccomi
di
nuovo fra voi con un nuovo aggiornamento (fatto il 14 luglio, festa
nazionale francese, vale doppio XD). Come sempre, ringrazio chi
segue e commenta questa storia. E per gli appassionati di Athos e
Aramis, lascio una piccola, piccolissima scena. Spero vi piaccia, non
sono amante particolarmente di questa coppia ma volevo fare un regalo
a voi che mi seguite e che invece spasimate per loro. E' una scena
piccolina è, però spero vi piaccia lo stesso ;)
Un
bacione e
alla prossima!!!
L'unione
fa la forza
Per il piccolo Jean era stata una
passeggiata arrivare a
La Rochelle. Era un bimbo di strada e, a parte il periodo parigino in
cui aveva vissuto a casa di monsieur Bonacieux, era avvezzo alla dura
vita di senza tetto. Come tanti bambini di quella Francia
seicentesca, sapeva bene come sopravvivere senza la certezza del
cibo, senza la protezione di una famiglia, con unico tetto nelle
giornate di pioggia, un ponte.
Sapeva viaggiare da solo senza mai
piangere, senza farsi
sconfortare dalla fame o dalle avversità che incontrava sul
suo
cammino, sapeva procurarsi cibo nei modi più disparati,
sapeva
lavarsi nei ruscelli che incontrava, sapeva capire con un solo
sguardo se un suo eventuale interlocutore era una persona di cui
fidarsi o no.
Per questo era riuscito a viaggiare da
Rouen a La
Rochelle senza particolari problemi. Spinto dalla sua furbizia, dal
suo coraggio, dalla voglia di capire cosa fosse successo a d'Artagnan
e di aiutarlo.
Ma giunto a La Rochelle il tutto si era
fatto più
difficile. Era una zona di guerra piena di militari e di Ugonotti
inferociti. E lui era un bambino solo. Certo, non era un obiettivo
militare, quindi dubitava di venire ferito o ucciso in qualche azione
di guerra. Però quello era comunque un territorio ostile,
pericoloso
e niente e nessuno gli avrebbe garantito di non essere ferito
casualmente in qualche azione di guerra.
Aveva individuato abbastanza in fretta la
zona dove era
accampato il corpo dei moschettieri del re e si era avvicinato e
mischiato fra i militari con umiltà, silenziosamente. Per
non
disturbare le azioni di guerra, per non farsi scoprire e magari
allontanare. In fondo, a lui di quei combattimenti non importava
proprio niente. Voleva solo trovare Athos, Porthos e Aramis! Digli
cosa gli era successo, raccontar loro di d'Artagnan, sentire da loro
la storia dell'amico...
Ci aveva messo tre giorni per trovarli. Di
giorno il
campo era pressocché deserto, solo le reclute più
giovani
rimanevano a guardia di tende e munizioni.
Era stato notato, gli era stato anche
chiesto di
allontanarsi, che quello non era posto per un bambino. Ma non l'aveva
fatto! Se n'era stato accucciato, in silenzio, senza disturbare
troppo. In attesa del momento in cui avrebbe incontrato i tre
moschettieri! L'avevano probabilmente scambiato per qualche monello
curioso o per il figlio di qualcuno, non aveva importanza. Non
l'avevano cacciato, era riuscito a rimanere, nascondendosi
nell'ombra.
E finalmente, alla terza sera, li vide...
Stanchi, con gli abiti pieni di polvere,
Athos, Porthos
e Aramis avanzavano fra le tende. I loro visi erano spenti, distrutti
da guerra, desolazione e spossatezza...
Il cuore di Jean prese a battere
all'impazzata! Quanto
era felice di rivederli!!! Gli erano mancati quei valorosi uomini di
guerra, quel gruppo di amici affiatati e fidati che avevano fatto
quadrato con d'Artagnan, che si erano presi cura di lui, che avevano
combattuto contro i peggiori nemici di Francia, che per lui che non
ne aveva mai avuta, erano stati una famiglia...
Gli corse incontro, felice.
Aramis spalancò gli occhi,
sorpresa.
Un'allucinazione??? "Jean???".
Anche Porthos e Athos si fermarono
spaesati. Che ci
faceva lì il loro piccolo amico???
Ma non era ancora tempo di domande. Solo di
abbracci.
Jean corse loro incontro, saltò
al collo di Aramis e si
strinse a lei. La tensione abbandonò il suo piccolo corpo e
il
bambino scoppiò in un pianto a dirotto. Un pianto
liberatorio.
Finalmente, in quel luogo di guerra, non era più solo...
...
Mezz'ora dopo si trovavano tutti nella
tenda di Porthos.
Avevano rinfocillato Jean, lo avevano aiutato a calmarsi e ora tutti
aspettavano da lui qualche risposta. Perchè si trovava
lì? Cos'era
successo? Nessuno si sarebbe mai aspettato di vederlo, non a La
Rochelle almeno...
"Allora Jean, che ci fai quì? E'
un campo di
battaglia questo, non è un luogo adatto a te, lo sai...?" -
chiese gentilmente ma con il tono serio che sempre lo
contraddistingueva, Athos. Gli era balenata l'idea che Jean fosse
giunto lì perchè alla ricerca di d'Artagnan ma
aveva evitato di
nominare il loro amico scomparso. Per Jean sarebbe stato un terribile
shock scoprire cos'era successo al guascone e Athos, per quanto
possibile, voleva evitargli ulteriori sofferenze. Era ancora troppo
scosso per sapere della scomparsa dell'amico!
Jean inghottì l'ultimo pezzo di
pane. Poi sospirò,
ripensando all'incontro di poche settimane prima con Grethel e
d'Artagnan a Rouen. "Io...". Deglutì, non riuscendo
però
a continuare... Brutta cosa il groppo in gola, quando devi dire
qualcosa!!!
Aramis gli si inginocchiò
davanti e dolcemente gli
accarezzò una guancia. "Coraggio, ora sei fra amici! Dicci
cosa
ti è successo...".
Jean la guardò. Era tanto dolce
Aramis... Si vedeva
lontano un chilometro che possedeva una grazia e un'eleganza nei
gesti che difficilmente si conciliavano col rude mondo dei
moschettieri... Eppure, era una donna e nonostante questo, era fra i
migliori di quel corpo di soldati! Jean sorrise... Era vero, era fra
amici! E d'Artagnan non c'era, conferma che quello che aveva visto a
Rouen era proprio lui e non si era confuso con un'altro! Doveva
parlare... "Io sono quì perchè vi cercavo... Ho
girato, da
quando sono partito, il nord della Francia alla ricerca della mia
mamma! E negli ultimi tempi ero a Rouen. E' una città grande
e
pensavo che magari la mia mamma fosse lì! Beh, non ho
trovato lei ma
un'altra donna... Una donna molto bella, coi capelli neri e gli occhi
verdi... E con lei c'era... c'era... d'Artagnan!". Il bambino
alzò lo sguardo e incontrò gli occhi sorpresi dei
tre moschettieri
che lo guardavano sbalorditi.
Athos deglutì. Una donna dai
capelli neri... Ricordava
l'incontro con d'Artagnan durante gli scontri del porto e la sua fuga
con una donna simile alla descrizione che stava facendo Jean. Allora
non si erano sbagliati, allora davvero quello era d'Artagnan!!!
Dannazione, erano davvero tanto vicini al loro amico disperso...
"Cosa...?" - chiese con un filo di voce.
Aramis gli si avvicinò con
più foga. "D'artagnan???
Hai visto davvero d'Artagnan a Rouen???" - urlò. Da quando
il
ragazzo era scomparso, quel senso di colpa per non averlo protetto
non l'aveva mai abbandonata...
Jean indietreggiò, preso un
pò alla sprovvista da
quella reazione e intimorito. "Sì, con quella donna dai
capelli
neri!".
"E che ti ha detto?" - chiese Porthos con
tono
grave.
Jean scosse la testa. "Nulla! Non mi ha
riconosciuto. E quella donna diceva che era suo marito! E lui diceva
che era vero e che non mi conosceva! Quella donna mi ha minacciato,
mi ha detto di stare lontano da lui che se no mi sarebbe successo
qualcosa di brutto! Mi ricordava tanto Milady, cattiva uguale!".
Sbuffò, poi alzò il viso a guardare i tre uomini.
"E così,
sono venuto a cercare voi! Ma cos'è successo a d'Artagnan?".
I tre abbassarono lo sguardo e solo Athos
se la sentì
di parlare. Aramis era troppo scossa e Porthos non era mai stato un
mago della conversazione e del tatto. "D'artagnan è stato
dato
per disperso e morto in un'azione militare tempo fa... Non sapevamo
più nulla di lui e il suo corpo putroppo non è
mai stato ritrovato.
Pensavamo tutti fosse morto ma poi l'abbiamo visto anche noi, tempo
dopo... Ci è apparso davanti in battaglia, come per magia...
Siamo
rimasti sconvolti, abbiamo cercato di avvicinarlo, anche se non eravamo
convinti che fosse davvero lui! Ma non ci ha riconosciuti, ci
ha combattuti ed è scappato con una donna molto somigliante
alla
descrizione che stai facendo tu! Quindi, era davvero d'Artagnan quel
giorno... E' ancora vivo e di questo sono felice! Ma non capisco cosa
sia successo, chi è la donna che lo ha fatto scappare da
quì e che
si spaccia per sua moglie a Rouen. E perchè lui la
asseconda...".
"Dobbiamo scoprire cosa è
successo ragazzi!!!"
- tuonò il vocione di Porthos.
Aramis era rimasta in silenzio, ascoltando
sia il
racconto di Jean, sia rivivendo mentalmente il giorno in cui avevano
rincontrato il guascone... Il comportamento di d'Artagnan era apparso
strano a tutti allora... Perso, smarrito, come se fosse un'altra
persona... "Ha perso la memoria!!!" - scattò. Ma certo, in
fondo non era la soluzione più ovvia!!!???
"Cosa???" - chiesero Athos, Porthos e Jean
in
coro.
Aramis, rossa in viso, spiegò...
"Vi ricordate
Constance? Anche lei dopo un incidente aveva perso la memoria e non
riconosceva nessuno! E ora d'Artagnan ha vissuto un trauma simile,
non potrebbe essere che abbia un'amnesia come era capitato a
Constance ee non si ricordi di noi?".
Athos si lisciò i baffi,
pensieroso... "Come
spiegazione ci potrebbe stare, è logica e ha senso! Se tu
avessi
ragione Aramis, saremmo sulla giusta strada per capire cosa
è
successo al nostro amico... Però, è tutto il
contorno che non
quadra! Chi è la donna che era con lui? Cos'ha in mente? E
in che
rapporti sono?".
"C'è solo un modo per
scoprirlo!!! Si va a Rouen
tutti e quattro! Jean ci farà da guida, lo troveremo e lo
leveremo
dalle grinfie di quella donna!" - urlò entusiasta Porthos.
Athos annuì... "Già,
ma c'è un problema...".
L'entusiasmo di Porthos si
sgonfiò... In effetti... la
guerra... E soprattutto... "De Treville, giusto?" -
sussurrò, mentre l'entusiasmo scemava e già si
vedeva davanti il
capitano che faceva NO con la testa...
Aramis si avviò verso l'uscita
della tenda. "Andremo
a parlare con lui insieme a Jean! Gli spiegheremo cosa abbiamo
scoperto e gli chiederemo un congedo!!!". Era risoluta, niente
l'avrebbe fermata. Il senso di colpa che era nato in lei dal giorno
in cui d'Artagnan era scomparso stava scomparendo, lasciando posto
alla voglia di salvare l'amico. Niente era perso davvero per sempre!
E, ne la guerra, ne il capitano, ne il re sarebbero riusciti a farla
desistere dai suoi propositi!!!
...
"NO!!!". L'urlo di De Treville
tuonò per
tutto l'accampamento addormentato. "E con questo, ogni discorso
è chiuso!". Il viso del vecchio comandante era stanco e
spossato da mesi di guerra e di sofferenze. Le privazioni, il vedere
molti suoi uomini partire per non tornare lo avevano segnato
nell'animo e in quelle ultime settimane era più cupo,
intrattabile e
severo del solito. Aveva ascoltato attentamente quanto riferito dal
piccolo Jean e le spiegazioni a cui erano giunti i moschettieri.
Sapere che il giovane guascone era molto probabilmente vivo –
anche
se nei guai quasi sicuramente – lo riempivano di una gioia
che
però, nel suo ruolo, non poteva esternare. E nemmeno, nel
suo ruolo,
poteva concedere licenze agli uomini migliori al servizio del re per
andarlo a cercare. L'avrebbe volentieri fatto lui stesso, ma non
poteva nemmeno pensare a una cosa del genere...
Athos protestò vivamente. "Ma
capitano, avete
sentito quello che vi abbiamo detto? D'artagnan è vivo e noi
dobbiamo...".
"VOI DOVETE COMBATTERE PER IL RE!!! E' IL
VOSTRO
COMPITO, LA VOSTRA MISSIONE!!! SIETE MOSCHETTIERI E NON RAGAZZINI CHE
INSEGUONO UN SOGNO!!! E C'E' UNA GUERRA IN ATTO!!!". De Treville
urlò talmente forte che divenne rosso in viso, mentre il
fiato gli
si faceva corto.
"Anche d'Artagnan è un
moschettiere e ha sempre
servito il re con fedeltà!!! Non merita aiuto, ora che ne ha
bisogno??? Ricordate i suoi servigi alla corona, sia nelle faccende
riguardanti Milady e il Cardinale, sia per quanto riguarda Maschera
di Ferro!!!??? Se non fosse stato per lui, forse non ne saremmo
usciti vincenti!!!". Aramis era disperata! Capiva la posizione
del capitano e quanto dolore provasse ma non lo accettava.
"Ho detto di ritirarvi nelle vostre
cuccette!!!"
- sbiascicò il capitano fra i denti, innervosito.
Aramis lo fissò... De Treville
era stato la sua
salvezza, l'inizio della sua rinascita e della sua nuova vita. A lui
doveva tanto, tutto. Se ora aveva amici, una casa, sogni forse, lo
doveva a lui e alla grande opportunità che gli aveva dato...
Ma
riteneva di aver saldato, in anni di fedele servizio, il suo debito
verso di lui. E decise. Lentamente si tolse la casacca da
moschettiere e la pose sulla scrivania del capitano. "Se il
problema è il mio ruolo da moschettiere che non
può abbandonare il
campo di battaglia, allora rassegno le mie dimissioni! Me ne vado,
lascio i moschettieri!" - disse risoluta.
Athos la fissò. Aramis era
diversa da loro... Di lei –
perchè era sicuro ormai si trattasse di una lei, l'aveva
capito in
anni di stretta vicinanza – tutto si poteva dire ma non che
non
fosse cocciuta. Era una donna e come tale, se si metteva in testa una
cosa, era difficile farle cambiare idea. Le donne sanno essere
testarde molto più degli uomini e più battagliere
per le cose che
stanno loro a cuore e Athos lo sapeva bene. Non sapeva nulla del
perchè lei fosse un moschettiere e della sua vita passata.
Ma decise
che non gli improtava. La apprezzava e basta... E l'avrebbe ammirata
sempre, anche in silenzio, anche fingendo di non sapere...
Lentamente, anche Athos si tolse la casacca. "Io faccio lo
stesso capitano! Da oggi non sono più un moschettiere!".
Aramis si voltò verso di lui.
Fiero, alto ed elegante,
Athos fissava De Treville fisso negli occhi, senza nessuna ombra di
esitazione per quanto aveva appena fatto e detto. La ragazza
arrossì... Athos era bello, intelligente, colto... La vera
mente del
gruppo... Solo lui riusciva a farla arrossire come solo la donna che
una volta era stata riusciva a fare... Odiava questa cosa ma era
così
e col tempo aveva accettato questa sua debolezza. Anche se,
accuratamente, aveva evitato di chiedersene il motivo...
E infine toccò a Porthos. "Mi
dimetto anche io
capitano!" - disse semplicemente.
De Treville fissò i tre sorpreso
e pensieroso, poi si
abbandonò sulla sua sedia con aria sconfitta. "Riprendetevi
le
vostre casacche!" - disse in tono stanco e un pò
più gentile
di poco prima – "non è necessario dimettersi...".
"Si che lo è, se non ci lasciate
andare!!!" -
obiettò Porthos.
De Treville sospirò. Spiegarlo
al re e al Cardinale non
sarebbe stato facile ma si sarebbe inventato qualcosa... I suoi tre
migliori uomini erano decisi e determinati in quello che volevano. E
che voleva anche lui in fondo, era innegabile... Riportare a casa
d'Artagnan sarebbe stata la sua più grande vittoria e gioia,
in
quella guerra assurda... "E sia! Vi concedo un congedo! Per
un'azione di guerra segreta, ecco cosa dirò al re!
Dirò che
d'Artagnan è stato individuato e che voi tre, in incognito,
siete
andati a liberarlo dal nemico che lo tiene prigioniero. Il re era
molto rammaricato per la sua scomparsa e credo non
obbietterà se vi
assentate – per il più BREVE tempo possibile
– per riportarlo da
noi. Rimarrò sul vago con il re e credo che andrà
tutto bene... Se
ci fossero problemi, vedrò di risolverli in via
confidenziale con
lui... In fondo, siamo amici da anni! Per quanto riguarda il
Cardinale... Beh, lui ha le sue gatte da pelare coi suoi uomini
impegnati in battaglia, quindi dubito verrà a ficcare il
naso nelle
nostre questioni interne". Già, non poteva fare altro. Il re
si
sarebbe infuriato di più per tre valorosi uomini
dimissionari e
disertori che per qualche giorno di congedo per un'azione, dopo
tutto, di guerra...
Gli occhi dei tre moschettieri brillavano
di gioia. Il
loro amato capitano non li aveva delusi nemmeno quella volta. "Grazie
capitano!!!" - esclamarono allegri, riprendendo le loro casacche
blu.
De Treville annuì. "Aspettate a
ringraziarmi! Se
tornerete con un nulla di fatto, assaggerete la mia punizione! Questa
vostra missione NON deve fallire, capito?".
"Ci conti capitano!" - lo
rassicurò Porthos
con rinnovata allegria.
Uscirono allo scoperto, seguiti da Jean che
non aveva
fiatato durante il colloquio con De Treville.
"E allora, si parte?" - chiese Athos.
"Certo, subito!" - rispose Aramis.
Porthos estrasse la spada. "Prima di andare
a
salvare quello scavezzacollo di d'Artagnan che come al solito si
è
cacciato nei guai con una bella donna, ci vuole il nostro rito
propiziatorio ragazzi, che ne dite?".
Athos e Aramis annuirono. E mentre Jean li
guardava
estasiato, pronunciarono il loro famoso motto con le spade alzate al
cielo. "Uno per tutti, tutti per uno!!!".
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Capitolo 10 *** Operazione di salvataggio ***
Ci
sono, ci
sono!!! Scusate per l'immenso ritardo, quì a parte me siete
tutti
velocissimi a scrivere e ciò mi ha spronato! Fra ferie e
tutto, non
sono riuscita ad aggiornare prima e spero di farmi perdonare con
questo capitolo. Di nuovo, scusate per i tempi lungi di
aggiornamento, ma se può farvi star meglio, sappiate che son
stata
punita dalla maledizione dei vacanzieri e ho passato delle ferie di
m...da XDDDDDD
Grazie
a chi
legge, recensisce, ha messo la storia fra le preferite, seguite o da
ricordare, grazie anche a chi legge solo in silenzio. Thank you,
grazie a Tetide, Kitty, Citosol e Dagen_Aramis, giusto per citare gli
ultimi recensori ♥
Operazione
di salvataggio
I tre moschettieri e il piccolo Jean erano
giunti a
Rouen tranquillamente, senza grossi intoppi nel viaggio. La
cavalcatura e l'andatura erano stati veloci, così come
veloce
batteva il loro cuore in tumulto.
Per Athos, Porthos e Aramis era stato uno
shock scoprire
che d'Artagnan era ancora vivo, anche se tutto ciò che
sembrava
circondare il loro amico scomparso, pareva offuscato da un alone di
mistero. Il racconto del piccolo Jean aveva lasciato molti punti
oscuri e difficilmente sarebbero venuti a capo di tutta la
verità.
Ma a loro poco importava! Chi fosse la donna che lo teneva
prigioniero e che si fingeva sua moglie, il perchè lui fosse
a
Rouen, il tipo di ferite riportate passavano in secondo piano. Ai
moschiettieri non interessavano queste cose, loro volevano solo
ripendersi l'amico, liberarlo dalle grinfie di una donna
apparentemente crudele e tornare insieme a Parigi dove avrebbero
aiutato d'Artagnan a ritrovare se stesso, la sua vita e i suoi
affetti. Era un dovere, una missione, un non venir meno all'amicizia
che si erano giurati dal primo momento!
Partire da La Rochelle era stato facile,
dopo il
benestare di De Treville, ora veniva il difficile. Rouen era una
cittadina tranquilla, in pace, lontana dai tumulti che avevano
scatenato gli Ugonotti e dalle trame tessute nei palazzi dei potenti
di Parigi. L'ambiente circostante li avrebbe aiutati, mantenendoli in
una situazione tutelante e serena ma tutti sapevano che dovevano
stare attentissimi. Chi fosse la donna in compagnia di d'Artagnan,
quali amicizie avesse, quali fossero i suoi piani e i limiti fin dove
si sarebbe spinta, questo loro non lo sapevano e quindi dovevano
muoversi coi piedi di piombo!
"Che si fa, si usa la forza?" - chiese
Porthos
cavalcando, per spezzare il silenzio pesante che si era formato sulla
strada verso Rouen.
Athos ci pensò su. "Mh... non
so! Dobbiamo
valutare i pro e i contro e non sappiamo ancora bene in che ambiente
ci muoveremo!". Se d'Artagnan e la donna fossero stati solo in
due, forse l'azione di forza sarebbe stata efficace ma allo stato dei
fatti non sapevano se ci fossero complici ad aiutare la misteriosa
dama che si fingeva la moglie del guascone.
"Jean, in che zona si trova la casa dove
vivono
d'Artagnan e quella donna?" - chiese Aramis.
Il bimbo annuì. "Ecco, si trova
quasi al centro di
Rouen, in uno dei vicoletti in zona est che danno sulla piazza
principale. Son tutte casettine piccole e le vie, a ridosso della
casa, sono strette ma man mano che ci si avvicina alla piazza si
allargano e ci si può passare anche con un carro. E da
lì, dalla
piazza e percorrendo la via principale che va verso sud, poi si
arriva alla periferia e infine alle campagne".
Athos sospirò. "Bene... Questa
è un'ottima
cosa!".
"In che senso?" - chiese Porthos.
"Vedete, sia che decidiamo di intraprendere
un atto
di forza, sia che si decida di agire con altri mezzi, il fatto che la
zona circostante a quella in cui d'Artagnan vive sia inarrivabile con
mezzi di trasporto, gioca a nostro favore. Se lo recuperiamo, con la
forza o con l'astuzia e riusciamo a trascinarlo fino alla piazza dove
uno di noi attende con carro e cavalli, poi la fuga ci sarebbe anche
abbastanza semplice. Sempre che la donna sia sola e non abbia
complici!".
Aramis annuì. "L'idea
è buona ma..." - si
voltò verso Jean, in cerca di risposte – "C'erano
altri con
loro due, quando sei stato di vedetta fuori da quella casa?".
Jean scosse la testa. "No, non mi pare!
Quando ho
visto d'Artagnan la prima volta, era fuori da un panettiere che
aspettava lei ed erano soli. E quando poi li ho seguiti fino a casa e
son stato di guardia, a parte loro non ho visto entrare e uscire
nessuno. E ci son stato per ore!".
Porthos scoppiò in una risata
fragorosa. "Ottimo,
la sorte ci è amica!!! Tre forti moschettieri contro una
donnetta!
Ha spaventato Jean, ma che mai potrebbe fare a noi? E' una donna
sola...".
"Anche Milady era una donna sola, eppure ci
ha
creato – e a lungo – numerosi problemi! Non
sottovalutiamola!!!"
- rispose, gelida, Aramis.
Porthos smise subito di ridere, mentre le
gesta di
Milady sfilavano nella sua memoria. "Già, scusate... Quindi,
che si fa?".
Athos annuì. "Aramis ha ragione,
MAI sottovalutare
un nemico, soprattutto quando ci sembra innocuo. Da come l'ha
descritta Jean, quella donna pare determinata e pericolosa, ragion
per cui io scarterei l'ipotesi di un attacco di forza e punterei
invece sull'astuzia!".
"Cioè?" - chiese Porthos.
Lo sguardo di Athos si fece saggio e
determinato.
"Vedete, dopo aver incontrato Jean, probabilmente quella donna
teme un qualche altro 'avvicinamento' inopportuno... D'Artagnan, se
davvero di amnesia soffre, può essere forse raggirato da
lei, ma
dubito sappia riconoscere eventuali amici o nemici che gli si
avvicinano e nemmeno la donna sa da dove potrebbero arrivare
eventuali incursioni esterne. Ma però, se lei era a La
Rochelle,
potrebbe essere che mirasse a d'Artagnan dall'inizio e che sia stata
lei a catturarlo. E se mirava a d'Artagnan, sicuramente sa chi siamo
noi!".
Porthos era sempre più
scoraggiato... Altro che azione
facile facile, man mano che Athos parlava, l'entusiasmo andava a
farsi benedire e subentrava la paura dell'ignoto. "E se così
fosse, amico, siam fregati!".
Athos sorrise di nuovo, con sguardo sempre
più furbo.
"Non è detto! Lei non sa cosa aspettarsi, non sa se, come e
quando arriveremo e non sa nemmeno con certezza che sappiamo dove si
trova col nostro amico. Sa forse chi siamo, ma se a Rouen non
sembrassimo noi...".
Gli occhi di Porthos, Aramis e Jean si
piantarono sul
moschettiere con faccia incuriosita. "Che vuoi dire???".
Athos scoppiò a ridere, di
gusto. "Dico che ho un
piano in mente... Arriveremo a Rouen in incognito, alloggeremo in una
bella locanda nelle vicinanze della casa di d'Artagnan e poi...".
E sotto voce, per timore di essere sentito da terzi, spiegò
ai suoi
compagni di viaggio come intendeva salvare il loro amico.
...
Da quando aveva incontrato il piccolo Jean,
Grethel era
diventata ancor più paranoica e malfidente verso chiunque.
Le
occasioni di uscita con d'Artagnan si erano ridotte di molto, al
minimo indispensabile, e lei ogni volta che diceva di no a una
proposta del guascone di uscire, si barcamenava a trovare una buona
scusa per stare in casa. Era nata per raccontare frottole ma, man
mano che i giorni passavano, la sua capacità di inventare
bugie era
comunque messa a dura prova.
Era una situazione logorante ma non poteva
farne a meno.
Ancora non erano così saldamente legati perchè
lei potesse ottenere
da lui aiuto e fiducia incondizionati. E poi... forse, cominciava
davvero ad amare quella pace 'domestica', la compagnia di quel
giovane gentile. Mai nella sua vita si era trovata tanto bene con
qualcuno, solo da piccola, vicino a sua madre che la accudiva e
amava, si era sentita tanto tranquilla e in pace con se stessa...
Fu proprio il pensiero di sua madre a farla
tornare alla
realtà. Non poteva ammorbidirsi e farsi trascinare dai
sentimentalismi e da quello strano rapporto d'amore che stava
nascendo con quel giovane moschettiere. Lei aveva una missione da
compiere, l'aveva giurato sulla tomba della madre. Doveva trovare chi
aveva rovinato la vita di entrambe e vendicarsi. E quel qualcuno si
trovava nel corpo dei moschettieri. E d'Artagnan era un
moschiettiere, il viatico ideale per avvicinarsi a quel mondo!!! Che
ne fosse innamorata o no, l'avrebbe usato, sarebbe arrivata a chi
voleva arrivare servendosi di lui e poi... e poi chissà se
dopo la
vendetta, fra loro sarebbe potuto nascere qualcosa di autentico...?
Un pò ci sperava in fondo. Le
piaceva quel ragazzo
dagli occhi gentili, dal faccino pulito, dai mille ideali... Era una
bella persona ed era sicura che lo fosse anche prima di perdere la
memoria... Ed era gentile, la trattava come un qualcosa di prezioso
da rispettare e amare, si metteva sempre in secondo piano rispetto a
lei. Tenero e appassionato quando facevano l'amore, d'Artagnan si era
dimostrato un finto marito perfetto e, ne era sicura, sarebbe stato
un ottimo marito anche una volta sposato sul serio. Ma non era ancora
tempo per quelle fantasie romantiche, ora era tempo di vendetta e di
odio... Doveva farlo, non poteva voltar pagina ora che tanto vicina
era alla meta!
"Grethel, la dispensa è vuota!"
- esclamò
d'Artagnan aprendo una delle ante della loro piccola cucina.
La donna si morse il labbro. "Forse,
abbiamo ancora
nella cesta un pò di verdure per farci una zuppa per cena
però!".
D'artagnan alzò il cesto di
fianco al tavolo,
irrimediabilmente vuoto. "No... A meno che tu non voglia
digiunare, mi sa che oggi ci toccherà di uscire per fare un
pò di
spesa!".
Grethel sospirò. L'idea di
uscire non la entusiasmava
troppo... E se il moccioso impiccione fosse stato ancora nei paraggi?
Il rischio che d'Artagnan lo vedesse una, due, tre volte e pian piano
ricordasse era alto... Certo, il bambino non si era fatto
più vedere
dal loro colloquio e probabilmente si era spaventato davanti alle sue
minacce, ma era meglio essere cauti... Però, questo mal si
conciliava con la sua scarsa voglia di digiunare!!! "Va bene,
usciamo... Però, facciamo presto, ho ancora un pò
di emicrania..."
- si lamentò.
D'artagnan le si avvicinò
preoccupato, accarezzandole i
capelli. "Ancora? Non sarebbe meglio chiamare un dottore? Sono
giorni ormai che non stai bene!".
Grethel sorrise davanti alla preoccupazione
del giovane,
sentendosi in colpa per le continue bugie. "Tranquillo, ne
soffro da molto, va tutto bene ed è tutto nella norma.
Passerà, è
solo colpa di quest'umidità che c'è nell'aria!
Magari, uscire per
qualche minuto mi farà bene". E così dicendo, lo
baciò sulle
labbra...
D'artagnan sorrise, felice di uscire. Stare
chiuso in
casa lo faceva sentire come un animale in gabbia.
L'inattività era
una cosa che odiava e poi... dava troppo da pensare il non far
niente... Da quando aveva visto il bambino alla panetteria alcune
settimane prima, strane visioni improvvise affollavano la sua mente,
sia da sveglio che nei suoi sogni. Non riusciva a dare un significato
a quelle visioni e ciò lo turbava. Un qualcosa di conosciuto
e allo
stesso tempo sconosciuto, ecco cos'era quello che vedeva nei flash
back della sua mente. Uomini con la divisa da moschettiere, una
casetta bianca, i capelli lunghi e biondi di una giovane ragazza, un
cavallo giallo e spellacchiato e poi grandi palazzi, spade, balli...
Tutte cose di una vita che, all'apparenza, non gli appartenevano...
Eppure, quelle visioni gli apparivano tanto
come parte
di lui...
Chissà chi era davvero quel
bambino...? Probabilmente
però, nessuno gli avrebbe mai dato risposte... Non certo
Grethel
che, ogni volta che ne aveva parlato, si era decisamente alterata!
Improvvisamente, qualcuno bussò
alla porta. "APRITE!!!"
- urlò il vocione di un uomo.
Grethel, che si stava mettendo il mantello
per uscire,
sussultò. E ora, chi diavolo era??? L'ansia
l'assalì...
"Chi è?" - rispose d'Artagnan
incuriosito,
avvicinandosi alla porta prima che Grethel potesse fermarlo.
"Aiutatemi, mia moglie è stata
colta da doglie
all'improvviso e non sappiamo dove andare! Siamo due viandanti!!!
Aprite per favore, ho bisogno d'aiuto!!! Mia moglie sta male!!!"
- gridò l'uomo.
Dalla porta, sia d'Artagnan che Grethel
sentirono dei
lamenti di donna.
"Non apriamo!!! E' pericoloso!!!" -
tuonò
Grethel.
"Ma dai Grethel, hai sentito, sono una
coppia che
sta per avere un bambino e sono in difficoltà. Cosa vuoi che
succeda
se facciamo una buona azione? Siamo viaggiatori anche noi e siamo
sposati... E magari un giorno ci troveremo nella stessa situazione
e... se anche noi trovassimo porte sbarrate e nessun aiuto?" -
obiettò d'Artagnan.
Quelle parole fecero sussultare la donna
che, ancora una
volta, si ricordò della madre e di quanto, da sola e senza
aiuti,
avesse faticato per farla crescere e garantirle almeno un pasto al
giorno. Forse d'Artagnan aveva ragione... Si avvicinò alla
porta e,
meccanicamente, l'aprì... "Va bene..." - disse,
spalancando l'uscio.
"Brava!" - rispose d'Artagnan.
La porta si aprì e davanti alla
coppia comparve un uomo
gigantesco, coperto da un mantello blu, che teneva fra le braccia una
donna anch'essa coperta da un lungo mantello da cui fuoriuscivano dei
lunghi capelli biondi, che si lamentava vistosamente. L'uomo si
guardò in giro, squadrò prima Grethel e poi,
sussultando, il
giovane d'Artagnan. "Grazie..." - disse lentamente
entrando.
"Appoggiate vostra moglie sul divano!" -
disse
frettolosamente Grethel.
L'uomo annuì, appoggiando la
donna. Poi si voltò verso
Grethel. "Credo che sia in travaglio già avanzato. Avete
dell'acqua signora?".
Grethel annuì. "Si, nel cortile
interno della casa
c'è un pozzo! Dovete aiutarmi a portarne dentro dei secchi
però, è
pesante e da sola non riesco a trasportarla. Ne servirà
molta. Mi
dovrete aiutare, siete grande e grosso, faremo in un attimo!".
Poi si voltò verso d'Artagnan. "Denis, sta con lei,
torneremo
subito!".
D'artagnan annuì. "Va bene!" -
rispose,
sedendosi al bordo del divano accanto alla donna bionda.
Grethel si voltò verso il nuovo
venuto. "Voi,
venite con me!".
Da sotto il mantello, Porthos sorrise
sornione. Ora
aveva la conferma... Era d'Artagnan e lui e la donna sembravano
soli... Il piano di Athos era perfettamente riuscito! Lui marito
preoccuato e Aramis, perfetta nei panni di donna come aveva presagito
Athos, mogliettina incinta! Attraversarono la cucina, mentre Porthos
si guardava intorno guardingo, alla ricerca di possibili complici.
Che per fortuna non c'erano!!! Una volta arrivati in cortile e
appurato che erano soli, si mise alle spalle di Grethel che si era
avvicinata al pozzo.
"Che aspettate, non volevate dell'acqua per
vostra
moglie?" - chiese Grethel frettolosa, indicando il secchio del
pozzo.
Porthos sorrise. Poi si infilò
la mano sotto al
mantello, fino alla sua cintura dove teneva legata una lunga corda.
"Uso i miei mezzi signora, per ottenere quello che voglio!".
"Cosa?".
Grethel non fece in tempo a replicare. Con
un gesto
secco Porthos si scansò del mantello, estrasse la corda,
balzò
contro la donna e la immobilizzò col suo peso. Infine la
legò,
stretta. "Siete mia!!!" - urlò, quando ormai Grethel era
inerte.
La donna fece per divincolarsi ma la
stretta di Porthos
era ferrea. "E' inutile mia cara, tutto inutile!".
"Chi siete???" - urlò Grethel,
anche se
temeva di sapere la risposta.
"Porthos, moschettiere di sua
maestà. E voi avete
un qualcosa che a me sta a cuore, un mio amico!!! Son venuto a
riprendermelo per riportarlo a Parigi. E ringraziate che siete una
donna e che non ho tempo di star quì ad indagare sul
perchè avete
fatto ciò che avete fatto e ad uccidervi, se no a quest'ora
sareste
già finita all'inferno!".
Grethel tentò di urlare ma
Porthos la imbavagliò e poi
la riportò di forza in cucina, chiudendola dentro.
Poi tornò da d'Artagnan e
Aramis, che faceva ancora
finta di essere una donna in preda alle doglie, in attesa di notizie
da Porthos.
Quando il gigantesco moschettiere
entrò, il guascone lo
guardò incuriosito. Non aveva più il mantello,
non aveva in mano il
secchio dell'acqua e sua moglie non c'era. "Dov'è Grethel?"
- chiese a Porthos.
"Di la a scaldare l'acqua!" - rispose
l'omone,
mentre realizzava che finalmente conosceva il nome della donna che
aveva appena aggredito, della loro nuova nemica.
"Vado ad aiutarla allora!" - fece
d'Artagnan
alzandosi.
Ma Aramis lo chiamò. "Aspettate,
devo parlarvi..."
- disse prendendolo per un braccio.
"E'?". Il giovane si voltò verso
di lei e
Aramis, da sotto al mantello, tirò fuori un'ampollina
contenente un
liquido rosaceo. Con decisione spruzzò il contenuto
dell'ampolla sul
viso di d'Artagnan prima che si scansasse e in un attimo il ragazzo
era a terra, privo di conoscenza.
I due moschettieri si guardarono
soddisfatti. "Missione
compiuta Porthos?!" - esclamò Aramis sollevata e felice. Era
d'Artagnan, ERA D'ARTAGNAN!!! Ed era vivo!!! In vita sua, forse, non
era mai stata felice come in quel momento!!!
Porthos era egualmente felice. "Missione
compita!
Ora la donna è di là, legata come un salame e
imbavagliata!".
Con un balzo Aramis saltò
giù dal divano. Porthos
prese sulle spalle un addormentato d'Artagnan e di corsa scapparono
via, verso la piazza dove Athos e Jean li aspettavano su un carro
guidato da veloci cavalli.
Missione compiuta!!!
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Capitolo 11 *** D'artagnan o Denis? ***
Eccomi
quì, dopo un pò troppo tempo!
Lavoro
sette giorni su sette ultimamente, anche dodici o tredici ore al
giorno e non sono riuscita ad aggiornare prima, mi spiace!
Però ho
approfittato di questo week end relativamente tranquillo per mettermi
in pari, sia con la scrittura, sia con la lettura! Un pò ci
sono
riuscita, ora devo leggere solo gli ennemila capitoli che mi mancano
della splendida fics di Phoenix e sono alla pari XD
Grazie
a chi mi lascia recensioni o anche a chi solo perde un pò di
tempo a leggere questa storia!
Come
sempre, recensioni e critiche sono più che graditi!
Grazie
a tutti, un bacione e a presto, spero!!!
D'artagnan
o Denis?
Athos spronava i cavalli a galoppare sempre
più forte.
Aramis e Porthos erano giunti di corsa, portando con se un d'Artagnan
privo di coscienza che pendeva a peso morto dalle immense spalle di
Porthos.
Jean, sul retro del carro, controllava che
non ci
fossero inseguitori durante la fuga e, man mano che si allontanavano
a spron battuto da Rouen, sia il bambino che i moschettieri
cominciarono a tirare un sospiro di sollievo.
L'operazione era stata abbastanza facile.
La donna che
teneva prigioniero d'Artagnan era stata colta di sorpresa e messa
fuori gioco, il loro amico era stato ritrovato vivo ed erano riusciti
a recuperarlo e a portarlo via da quell'assurda situazione.
La missione poteva dirsi perfettamente
riuscita!!!
I cuori di Athos, Porthos e Aramis
grondavano di gioia!
Per settimane, mesi, avevano pianto il loro giovane amico,
disperandosi, chiedendosi come avrebbero fatto senza quello
sbruffoncello guascone, senza la sua allegria, il suo coraggio, il
suo cacciarsi nei guai da bravo scavezzacollo quale era, senza la sua
amicizia e la sua lealtà. Era entrato nelle loro vite come
un
uragano e ormai faceva parte integrante dei moschettieri. Non erano
più i TRE moschettieri ormai, ma i QUATTRO moschettieri.
Così li
conoscevano tutti a Parigi e così sarebbero tornati ad
essere!
Certo, c'era da capire cosa fosse successo
al loro
amico, aiutarlo a ritrovarsi e a tornare in se... Ma erano insieme,
d'Artagnan era con loro, la sua rapitrice era stata messa fuori gioco
e tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Athos condusse il carro finché i
cavalli ebbero fiato
in corpo. Poi si fermò in aperta campagna, in un grande
prato che
delimitava un bosco, ormai a parecchie miglia di distanza da Rouen.
D'artagnan era ancora esanime e pareva non
essersi
accorto di nulla.
Non appena Athos ebbe legato il cavalli e
procurato loro
un pò d'acqua, i tre amici e il piccolo Jean lo tirarono
giù dal
carro, adagiandolo sulla morbida erba del prato. Un pò di
aria
fresca, il profumo di campagna, gli avrebbero fatto sicuramente bene,
ne erano certi!
"Allora, come lo svegliamo il
bell'addormentato?"
- chiese Porthos, ancora inebriato dalla gioia di aver recuperato
l'amico.
Athos sorrise. "Direi che un pò
d'acqua fresca in
viso gli farà solo bene!". Il moschettiere aveva urgenza che
d'Artagnan si svegliasse. Athos era da sempre la mente del gruppo,
l'osservatore, quello che capiva il problema ed elaborava le
soluzioni. Ma ciò che aveva circondato il giovane guascone
negli
ultimi mesi era un mistero e se non si fosse svegliato in fretta, se
non avesse parlato, se non l'avesse ascoltato, difficilmente avrebbe
capito come aiutarlo.
Jean annuì alle parole di Athos
e, preso un secchio dal
carretto, corse verso il vicino ruscello a riempirlo d'acqua. Poi
tornò dagli amici.
Porthos afferrò il secchio e,
trionfante... "Ci
penso io!!!". Poi buttò l'acqua sul viso dell'amico.
D'artagnan sobbalzò, al contatto
con l'acqua fredda.
Poi tossì con forza e infine, finalmente, riaprì
gli occhi.
Il guascone si guardò attorno,
spaesato. Dov'era? Chi
erano le persone che lo circondavano? E Grethel? La sua testa prese a
fargli immensamente male, mentre nella sua mente i pensieri si
confondevano... Era un sogno? Oppure no? DECISAMENTE no!!! Era
bagnato fradicio!!!
"D'artagnan...!" - lo chiamò la
vocina
infantile di Jean.
"D'artagnan..." - ripeterono uno dopo
l'altro,
commossi, i tre moschettieri.
Il giovane riaprì a fatica gli
occhi. D'artagnan...
Quella parola, quel nome... L'aveva già sentito da qualche
parte...
Però... Non ci stava capendo un accidenti! Si
guardò attorno
spaesato, poi... "E... E voi chi siete? Dove mi trovo? E cosa
è
successo?". Era intimorito e tramortito, spaesato e circondato
da persone sconosciute che lo chiamavano con un nome che non era il
suo ma che gli suonava famigliare... Si sentiva confuso... Ma non
spaventato, come chiunque in quella strana e assurda situazione, si
sarebbe sentito... Strano ma, non percepiva pericolo in quel momento.
Aramis sorrise amaramente. "Non ci
riconosci, è?".
D'artagnan guardò quel fine uomo
biondo, spaesato.
"No... Non so chi siate signore!". Già... Non sapeva chi
fossero quei tre uomini e quel bambino, non sapeva dov'era, cosa
volessero da lui... I suoi ultimi ricordi erano a casa, con sua
moglie, tranquilli nel loro piccolo salotto. Dov'era Grethel?
"Dov'è
mia moglie? E perchè mi trovo quì?" - chiese
tirandosi su e
sedendosi sull'erba.
"Moglie, è?" - chiese Porthos
grattandosi la
guancia – "Ah, quella streghetta dai capelli neri? Fuori
gioco, non ti creerà nessun guaio ormai!".
D'artagnan, a quelle parole,
scattò in piedi. Fuori
gioco? Che significava??? Che era successo a Grethel???
Improvvisamente quei tre strani tipi divennero nemici. Le forze
riconfluirono in lui in un'istante e con un balzo si lanciò
contro
Porthos. "Cosa volete dire? Che gli avete fatto? Cosa volete da
me???" - urlò, stringendo l'amico per il collo della camicia.
Aramis e Athos, presi alla sprovvisata dal
movimento
repentino di d'Artagnan, intervenirono a separare i due poi, una
volta divisi, gettarono a terra il guascone, immobilizzandolo col
loro corpo. "Fermo e tranquillo! Ora ti spieghiamo ma tu,
mantieni la calma!".
"LASCIATEMI!!!" - urlò
d'Artagnan
dimenandosi.
Athos, con presa ferrea, lo strinse ancora
di più,
intimandolo con voce ferma a tranquillizzarsi. "Ti lascierò
quando mi giurerai che starai tranquillo e non darai di matto! Lei
sta bene ma non è quì. Questo voleva dire il mio
amico Porthos. E,
se mi ascolterai, risponderò a tutte le tue domande! Allora,
collabori?".
D'artagnan annuì, sconfitto.
Quegli uomini erano forti,
non aveva possibilità di scappare e non aveva con se nemmeno
una
spada. "D'accordo" – rispose, sconfitto.
"Bene!" - esclamò ridacchiando
Porthos mentre
si rialzava – "Comunque, ottima ripresa mio caro, mi fa
piacere! Non hai perso il tuo smalto!".
D'artagnan lo guardò torvo, poco
propenso a scherzare.
"Allora? Chi siete? Cosa volete da me? E dov'è mia moglie?"
- chiese nuovamente.
"Tua moglie non è tua moglie! E
tu non sei chi
credi di essere!" - disse, semplicemente, Athos.
"Cosa?". D'artagnan non ci stava capendo
niente.
Il piccolo Jean gli si avvicinò.
"Già! Quella
donna ti chiamava Denis, ma il tuo nome non è quello! Tu sei
d'Artagnan, un nostro amico e moschettiere del re! Non ti ricordi di
me?".
D'artagnan li guardò con sguardo
allucinato. Non ci
stava capendo un accidente! Quei quattro tipi, di certo, erano pazzi
da legare! Moschettiere del re? Lui??? Era stato dalla parte degli
Ugonotti, era stato nemico dei moschettieri!!! Quelle persone
dovevano averlo confuso per qualcun altro... "Io... credo che ci
sia uno scambio di persona signori. Non sono chi credete, mi
spiace!".
Fece per alzarsi ma la voce seria e allo
stesso tempo
gentile di Athos lo fece desistere. "Ascoltaci solo per un
pò,
noi possiamo aiutarti!" - disse il moschettiere dai lunghi
capelli neri, fissandolo negli occhi.
D'artagnan rimase fermo, rapito da quello
sguardo acuto,
intelligente, sapiente... Strano, quell'uomo gli dava fiducia,
sicurezza... Parlava lentamente, elegantemente, sicuro di se
stesso... "Vi ascolterò qualche minuto! Ma poi lasciatemi
andare! Devo tornare a casa!".
Athos sospirò. "Casa tua non
è a Rouen ma a
Parigi. Da Monsieur Bonacieux! Ti ricordi di lui? E di Marta? E di
Constance, la TUA Constance ti ricordi? Da sempre, ti dichiari
innamorato follemente di lei...".
D'artagnan fissò Athos. Quei
nomi gli erano sconosciuti
ma anche, in un certo senso noti. Anche se nella sua mente non gli si
affacciava nessun ricordo di loro. "No, non so chi siano!"
- si risolse infine a dire.
Intervenne Aramis. Lei si sentiva in colpa
per quanto
era successo e lei doveva, VOLEVA risolvere le cose. "Ascolta
d'Artagnan, tu sei un nostro compagno d'arme e uno dei nostri
migliori amici. Hai lottato tanto per essere un moschettiere e ormai
da un bel pò sei uno di noi! Uno dei moschettieri
più valenti che
sua maestà possa avere, uno di quelli più stimati
e arditi. In te,
molti vedono un futuro radioso fra il nostro corpo di combattenti.
Siamo partiti insieme per La Rochelle per combattere gli Ugonotti e
purtroppo sei stato ferito e catturato dai nemici. Pensavamo che
fossi morto, eravamo disperati! Finché ti abbiamo visto con
una
donna. Siete scappati e non capivamo... Se non fosse stato per Jean,
non saremmo riusciti a ritrovarti. Non sappiamo cosa ti sia successo
ne il perchè, ma probabilmente nel ferimento hai battuto la
testa e
perso la memoria".
"E per qualche motivo che noi non
conosciamo, ti
hanno fatto credere di essere quello che non sei!" - concluse
con semplicità Porthos.
D'artagnan fissò i quattro con
gli occhi sbarrati dallo
stupore. Quella che gli avevano raccontato, era la storia
più
fantasiosa che avesse mai sentito! Insomma, era assurdo!!! Oppure...
no? Ricordò i giorni trascorsi a La Rochelle e la strana
sensazione
che aveva provato, il trasporto, quando aveva visto le divise dei
moschettieri. Uno strano senso di appartenenza che mai era riuscito a
spiegarsi e che aveva catalogato come semplice ammirazione per un
corpo di combattenti tanto elegante e organizzato... E se quella
storia fosse stata vera, forse avrebbe potuto spiegarsi il
perchè,
un tassello sarebbe tornato a posto. E magari anche altri... Quelle
strane immagini di persone sconosciute che a volte affollavano i suoi
sogni e quei lunghi capelli biondi di donna che ogni tanto, come in
un miraggio, lo tormentavano. "Avete detto che c'è una
ragazza
che mi piace, giusto?!" - chiese semplicemente, per metterli
alla prova – "Di che colore ha i capelli?".
"Biondi, lunghi capelli biondi..." -
rispose
Athos, stupito per quella domanda strana.
D'artagnan spalancò gli occhi.
Ecco, questo coincideva!
Però... era tutto assurdo lo stesso! Insomma, che senso
aveva quello
che stavano dicendogli quegli uomini? Che interesse avrebbero avuto
Marcel e Grethel a mentirgli? Grethel... il pensiero della donna
tornò prepotentemente in lui... Lei lo amava, gliel'aveva
detto! E
anche lui la amava... Non poteva essere tutta una bugia, non poteva,
non dopo quello che avevano condiviso!!! "Perchè dovrei
credervi? Insomma, chi mi dice che non siete voi quelli che mentono,
quelli che mi vogliono far credere di essere chi non sono?".
Athos si inginocchiò davanti a
lui. Si era aspettato
quella domanda! Anche senza memoria, d'Artagnan rimaneva un tipo
arguto e attento. "So che sei confuso e ti giuro, lo siamo anche
noi. Hai tante domande e non sappiamo rispondere a tutte
perchè non
sappiamo cosa volessero da te i tuoi rapitori. Ne sappiamo chi era la
donna che tu chiami 'moglie' che ti teneva con se. La nostra unica
preoccupazione è stata ritrovarti e metterti in salvo e
così
abbiamo fatto! Vogliamo portarti a Parigi e aiutarti a recuperare la
memoria!".
D'artagnan non era convinto, come poteva
esserlo? Si
alzò in piedi con uno scatto. "Come posso credere a una
storia
tanto assurda? Insomma, perchè dovrei venire con voi a
Parigi,
lasciando mia moglie, una moglie che si prende cura di me da quando
ho avuto... l' incid...". D'artagnan si bloccò. Un momento,
un
momento, un momento!!! C'era qualcosa che gli era sfuggito! Quei
quattro avevano ragione, LUI aveva perso la memoria in un
combattimento. Si era svegliato in quel letto con Marcel che lo
teneva sotto scacco. E Grethel era arrivata solo in un secondo
momento... Grethel gli aveva detto che si erano sposati ma lui in
effetti non aveva nessun ricordo dei momenti precedenti al suo
ferimento. Ne immagini che, nella mente, potessero ricordarglielo...
Mentre di quello che i moschettieri gli stavano dicendo, sì,
qualcosa la sua mente gli suggeriva, insistentemente, da settimane...
Crollò a terra. Allora era tutta
una bugia, se le sue
supposizioni erano giuste... Grethel non era usa moglie, l'aveva
usato per qualche strano motivo, lo aveva ingannato e raggirato...
"Perchè Grethel?" - si chiese, prendendo a pugni il
terreno. Si sentiva stupido. Umiliato e stupido!!!
Porthos gli pose una mano sulla spalla.
"Non
crucciarti troppo! Son donne e quando son belle, ci fanno fare cose
da scemi! Ci girano, rigirano e raggirano come vogliono! E' anche
piacevole è, a volte! Ma poi quando ti rendi conto di tutto,
ti
senti immensamente cretino! Era una donna bella e molto astuta, per
quel poco che ho visto! E probabilmente ti ha spinto a fare cose che
tu non faresti! Ma non è colpa tua, non potevi fare nulla.
Mentre in
condizioni normali, ti conosco e lo so, non ti saresti fatto
ingannare!".
"Ho bisogno di parlare con lei!" -
sussurrò
d'Artagnan. Ancora non sapeva se credere completamente ai
moschettieri, ma alla luce di quello che gli avevano detto, la loro
era la storia più plausibile. Piccoli tasselli della sua
vita
tornavano a posto, forse...
"Lascia stare, che senso avrebbe? Ti
mentirebbe
ancora, probabilmente..." - lo consigliò Athos.
Già, che senso aveva? Se era
vero che era stata tutta
una farsa, quel saggio moschettiere aveva ancora ragione,
constatò
d'Artagnan. Si alzò di nuovo in piedi. "Signori, posso
sapere i
vostri nomi per intero? E chi sono io, per davvero?".
"Io sono Athos, il membro più
anziano del nostro
gruppo" – disse Athos.
"Porthos, quello a cui piace banchettare,
come puoi
notare!" - esclamò Porthos strizzandogli l'occhio e
accarezzandosi la pancia.
"E io, sono Aramis" – disse la
donna
moschettiere, impossibilitata a dire altro circa la sua
identità.
"Io sono Jean, il tuo amico! Ne abbiamo
fatte un
sacco insieme!" - disse il bimbo, allegramente, ricordando i
vecchi tempi.
"E io... io chi sono?" - chiese il guascone
alla ricerca di risposte.
Fu Athos a rispondere per tutti.
"D'artagnan De
Batz De Castelmore (1), giovane moschettiere guascone, figlio di un
altrettanto valoroso moschettiere, Charles De Batz!".
D'artagnan lo fissò. Aveva un
nome lungo e sembrava
anche importante! E soprattutto, gli era meno sconosciuto di come gli
era sembrato il nome Denis all'inizio delle menzogne di Grethel.
"Grazie!" - rispose mestamente.
"Allora ti abbiamo convinto, tornerai a
Parigi con
noi?" - chiese Porthos.
"Verrò e tenterò di
ricordare! Non dico che mi
fido di voi ma vi do il beneficio del dubbio... Molte cose che mi
avete detto, corrispondono a quel poco di realtà che io so.
E per il
resto, cercherò di dimenticare questa storia assurda che ho
vissuto
e le persone che ne hanno fatto parte!". Il suo pensiero corse a
Grethel... Era furibondo! Se davvero le cose stavano come gli avevano
appena comunicato, avrebbe dovuto odiarla. Eppure... il pensiero di
non rivedere più quella donna, di non poterla più
toccare,
stringere... Era una strana specie di tortura. Il suo corpo e la sua
mente reagivano in maniera diversa davanti alla realtà. La
sua mente
aveva capito cosa era successo, il suo corpo continuava ad essere
attratto da quella donna.
"Ok, allora si torna a Parigi!!!" -
esclamò
Porthos, all'oscuro di quanto si agitava nelle giovane mente del
guascone.
....
Grethel riuscì a liberarsi. I
suoi occhi erano
iniettati d'ira verso quei guastafeste che l'avevano colta di
sorpresa e verso se stessa che si era fatta fregare.
Era tutto perso! Denis era stato ripreso
dai suoi amici!
Ma non si sarebbe arresa!
Oh si, l'avrebbe ripreso con se!
Sapeva, immaginava, che lo avrebbero
riportato a Parigi,
viste le sue condizioni. E lei a Parigi sarebbe andata, per
riprenderselo!
Gli serviva, doveva ritrovarlo!!! Magari
lui conoseva
che lei stata cercando, magari sapeva come contattarlo, come
indirizzarla a lui!
E col suo aiuto, lei lo avrebbe ritrovato
sicuramente il
moschettiere che odiava: Charles De Batz De Castelmore...
1.
Il nome completo di d'Artagnan l'ho preso dal romanzo, nell'anime non
si fa menzione al suo cognome infatti!
|
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Capitolo 12 *** C'era una volta una bambina... ***
Non
ci credete
vero???!!! Non ci credo nemmeno io di essere stata tanto veloce, a
dire il vero XD
Ma
questo
capitolo mi ispirava e più avanti avrò meno tempo
per scrivere e
quindi, eccomi ancora quì! Ma non fateci l'abitudine a
questi
aggiornamenti rapidi ;)
Grazie
a tutti
quelli che hanno letto e commentato il precedente capitolo, spero di
non deludervi nemmeno stavolta. Come sempre, recensioni o critiche mi
fanno tanto piacere.
Grazie
a tutti
e di nuovo, a presto.
C'era
una volta una bambina...
Grethel galoppava a spron battuto verso
Parigi. Il
giovane moschettiere di cui si era finta moglie era sicuramente stato
portato lì per essere curato e lei doveva recuperarlo e
riportarlo
dalla sua parte. Doveva riguadagnarsi la sua fiducia con ogni mezzo,
farlo suo e convincerlo ad aiutarla. Sicuramente i moschettieri gli
avevano raccontato la verità circa la sua
identità e ora la donna
sapeva che se voleva avere una mano da lui avrebbe dovuto o passare
alle maniere forti oppure essere sincera, renderlo partecipe della
sua storia e sperare che lui capisse...
Le maniere forti le aveva escluse.
D'artagnan era nel
suo ambiente, attorniato dai suoi forti amici e anche con l'amnesia
poteva diventare un nemico temibile. Inoltre, i sentimenti
contrastanti che provava verso di lui le facevano scartare l'opzione
di forza, se non costretta. Quel moschettiere gli era entrato nel
cuore e stranamente non riusciva a scacciare i sentimenti che aveva
risvegliato in lei. Quindi, meglio la sincerità. A questo
punto, se
lui era a conoscenza di chi era, doveva puntare solo su quella.
Il suo cavallo galoppava nella fredda
pioggia tardo
autunnale e la donna aveva il viso completamente bagnato. Ma non si
fermava, non ne aveva il tempo. Più d'Artagnan stava coi
suoi amici
e recuperava la sua vita, meno possibilità avrebbe avuto di
farsi
aiutare.
Il suo pensiero, mentre galoppava nella
pioggia, fra le
campagne francesi, era rivolto a sua madre. "Mamma, c'ero
quasi... Ma recupererò, te lo prometto! Troverò
quell'uomo, il
giovane moschettiere mi aiuterà!".
Già, sua madre...
I ricordi di Grethel corsero ad un tempo
lontano, quando
lei era ancora viva... Corsero all'infanzia triste e povera, alla
tenacia della donna che l'aveva messa al mondo per garantirle pasti e
un tetto sulla testa, seppur modesto...
...
"Mamma, cosa mangiamo oggi?" - chiese
Grethel,
una frugoletta dai lucenti capelli neri di appena tre anni.
Sua madre, una donna bella, ancora giovane
ma consumata
da povertà e lavoro, la guardò, fingendo che
tutto andasse bene. I
lunghi capelli castani raccolti in una crocchia le scivolavano sulle
spalle in ciuffi disordinati, i suoi abiti erano poveri e lisi, gli
occhi azzurri erano spenti e stanchi e la stanza che avevano preso in
affitto e che faceva loro da casa era piccola, disadorna, con gli
infissi cadenti, umida e fredda. Non potevano permettersi altro, suo
marito era morto due anni prima lasciandola sola con una figlia di un
anno e l'unica fonte di sostentamento era un lavoro come venditrice
in un panificio. Un lavoro che dava a loro poche monete al giorno per
mangiare e pagare l'affitto, un lavoro che spesso non garantiva loro
nemmeno quello, sempre sull'orlo di uno sfratto e con tanti, troppi
pasti spesso saltati. Era dura la vita in quel paesello disperso
nelle montagne francesi di inizio seicento, era una vita che non
regalava nulla.
Dalla borsa tirò fuori una
pagnotta, l'unico pagamento
della giornata. I clienti erano stati pochi e il proprietario della
panetteria le aveva dato solo quello di paga, dicendo che non aveva
diritto ad altro, visto che si era lavorato quasi nulla. "Tieni
Grethel, questo è per te!" - disse, porgendolo alla figlia.
La bimba la osservò preoccupata.
"Ma tu?".
"Io ho già mangiato, non
preoccuparti!" -
rispose la madre, mentendo. Non era vero che aveva mangiato ma quel
poco pane era appena sufficiente a sfamare una bambina che stava
crescendo, non poteva toglierle anche quel misero sostentamento
dividendoselo in due.
Grethel però non le credette.
Scoppiò a piangere,
capendo bene come stavano davvero le cose, con quello strano sesto
senso che hanno tutti i bambini di capire quando qualcosa non va e
gli adulti mentono loro per proteggerli. "Mamma, mamma, mangia
anche tu!" - singhiozzò saltandole sulle gambe.
"Ho già mangiato..." -
ribatté con calma la
madre tentando di calmarla. Sapeva che non l'avrebbe convita,
conosceva sua figlia ed era ben cosciente di quanto fosse sveglia ed
intuitiva.
"Nooo!!!" - pianse più forte la
bambina.
La donna non si fece scoraggiare. Con
infinita pazienza,
fra un singhiozzo e l'altro di Grethel, la imboccò.
Finché la
piccola fu talmente spossata dalle lacrime che si addormentò
fra le
sue braccia.
...
"Mio padre è tornato a casa dal
lavoro e devo
andare a cenare!" - disse Joseph, bimbo lentigginoso di otto
anni, alla sua compagna di gioco Grethel, sua coetanea. Erano ormai
le sette di sera ed era buio, aveva il coprifuoco.
"Oh... ma di già?" - rispose
Grethel,
invidiandolo un pò. Già... sua madre tornava
sempre ben più tardi
dal lavoro e un padre non ce l'aveva. Salutò Joseph e da
sola
rientrò a casa, correndo fra i vicoli storici del paese.
E da sola aspettò che la madre
tornasse dal lavoro.
Quanto odiava la sera!!! Le famiglie erano unite, solo lei passava
lunghe ore silenziose in casa in attesa della mamma.
Grethel cominciava a diventare grande. Era
una bambina
alta, snella, dai lunghi capelli neri che raccoglieva in due trecce e
dagli occhi verde cristallo, penetranti come la luce dei diamanti e
si stava ormai delineando la bellezza prorompente che la avrebbe
distinta alcuni anni più tardi.
Spesso si chiedeva, in quelle ore serali di
solitudine,
il perchè della loro condizione.
Perchè erano così povere lei
e sua madre? Perchè era sempre sola? Di cosa era morto suo
padre? La
madre non gliene aveva mai parlato e lei non aveva mai osato
chiedere. Ma ultimamente la curiosità si era fatta forte,
molto.
"Stasera le chiedo di papà!" - si decise infine. Del
genitore non sapeva niente, solo che era morto quando lei aveva un
anno.
Aspettò in silenzio la madre e a
sera tardi finalmente
lei arrivò.
"Mamma!!!" - le corse incontro, salutandola
allegramente.
"Grethel, ciao! Tutto bene oggi?" - chiese
la
donna, stanca e pallida. Ultimamente la sua salute, già di
per se
cagionevole, era peggiorata a causa del tanto lavoro fatto ed era
dimagrita molto, inoltre spesso era preda di febbri alte. Ma teneva
duro, non poteva mollare, sua figlia era ancora troppo piccola per
rimanere sola.
"Si, tutto bene! Ho giocato con Joseph!" -
rispose la bambina.
"Non vi sarete picchiati di nuovo, spero!?"
-
la rimbeccò la madre.
Grethel fece un sorriso furbo. "Un
pò, ma non
troppo! Non gli ho fatto male, tranquilla! Piuttosto..." - le si
fece vicina con circospezione – "Mamma, posso chiederti una
cosa importante?".
"Adesso? Non possiamo mangiare prima? E'
tardi!"
- protestò la donna appoggiando del pane e della carne secca
sulla
credenza.
Grethel si sedette sul tavolo. "No, adesso!
Magari
poi, se aspetto, mi manca il coraggio".
La madre le si avvicinò
preoccupata. "Tesoro, è
successo qualcosa?".
Grethel si morse il labbro. "Mamma, mi dici
di
papà? Perchè non c'è,
perchè è morto? Com'era? Non mi dici mai
niente di lui... E' un pò che voglio conoscere qualcosa...".
Lo
disse tutto d'un fiato, con tutto il coraggio dei suoi otto anni.
Aveva paura a fare quella domanda, immaginava che sua madre ne
avrebbe sofferto.
La donna sussultò. Sapeva che
prima o poi quella
domanda sarebbe arrivata e sua figlia aveva diritto di sapere, anche
se raccontare, significava ricordare fatti dolorosi di tanti anni
prima. Ma Grethel aveva ormai otto anni e stava crescendo, ormai era
abbastanza grande per capire. Suo marito era stato un giovane pieno
di ideali per i quali aveva lottato ed era morto. Sapeva che non
sempre era stato corretto e onesto ma di fatto aveva avuto sempre una
grande ammirazione per lui, per la passione con cui portava avanti le
cause in cui credeva, giuste o sbagliate che fossero. "Lui..."
- prese a dire la donna con fatica – "si chiamava Anton
Leroux
e tu sei Grethel Leroux, sua figlia. Sìì sempre
orgogliosa del tuo
cognome! Era un uomo alto, bello, coi capelli neri e lucenti, proprio
come i tuoi! Hai preso da lui anche il colore degli occhi, era
così
orgoglioso quando sei nata! Era una persona allegra, solare, tenace e
forte. Lui lottava per le cose in cui credeva e anche tu Grethel
dovrai farlo, quando sarai grande!" - disse con tono dolce,
accarezzandole la nuca.
"Cosa gli è successo,
perchè è morto?" -
chiese la bimba quasi con timore, assorta da quel racconto.
La donna sorrise, tristemente. "E' stato
ucciso per
quegli ideali che serviva. Lottava contro le disuguaglianze, il
potere che rende pochi ricchi e tanti poveri come noi. Era scomodo e
l'hanno fatto tacere per sempre".
Grethel spalancò gli occhi.
"U... Ucciso? Da
chi?".
La madre scosse la testa, sconsolata. "Da
chi quel
potere invece lo difendeva. Erano tanti i suoi nemici ma uno
più di
tutti. So solo il suo nome e che era un moschettiere del re.
Quell'uomo si chiama Charles De Batz De Castelmore... Lui ha ucciso
tuo padre e se n'è preso la gloria".
Grethel sussultò. Per la prima
volta in vita sua
sentiva nella pacata voce della madre rabbia e odio per qualcuno. E
anche lei... Charles De Batz De Castelmore... Era colpa di
quell'uomo se tutto andava male, sei lei non aveva un papà,
se la
sua mamma era sola, povera e malata a mandare avanti la famiglia, se
erano povere, se spesso avevano fame. Se suo padre fosse stato vivo,
tutto sarebbe stato diverso.
Grethel saltò giù dal
tavolo e abbracciò sua madre.
"Mamma, non fare così... Ricorderò sempre il
papà e da grande
diventerò come lui! Tu stai tranquilla però, le
persone cattive che
gli hanno fatto del male avranno quello che si meritano, i buoni
vincono sempre e noi siamo i buoni!".
La donna sorrise tristemente. Era bella
l'incondizionata
fiducia infantile in cui Grethel credeva. Crescendo l'avrebbe persa,
avrebbe capito che la vita spesso era ingiusta. Ma per ora era giusto
che la sua bambina credesse nella giustizia delle cose. Di tempo per
crescere ce n'era ancora tanto davanti a se...
...
La dodicenne Grethel fissava la spoglia
tomba di sua
madre, morta pochi giorni prima. La sua cagionevole salute l'aveva
infine annientata. Il lavoro, la fame, le febbri ricorrenti e la
mancanza di soldi per curarsi avevano spento la vita dell'unico
genitore che lei avesse mai avuto. Era rimasta sola al mondo e la sua
infanzia era finita. Perchè, nonostante tutto, un'infanzia
sua madre
era riusita a dargliela, pur tra mille difficoltà. E di
questo le
sarebbe sempre stata grata. Era stata una bambina povera ma con una
madre che l'aveva amata più di ogni altra cosa e che per lei
si era
annullata... E per sua madre avrebbe fatto di tutto, anche ora che
non c'era più!
La ragazzina si strinse nel manello,
tirandosi su il
cappuccio. Poi si voltò, prendendo la strada per la
campagna. Ma,
giunta al cancello del cimitero, non riuscì a non voltarsi
di nuovo
verso il luogo dov'era sepolta la donna. "Mamma..." - disse
col volto velato di lacrime – "Vado via! Voglio diventare
grande, forte! E quando sarò diventata adulta e imbattibile
com'era
papà, cercherò l'uomo che l'ha ucciso! E lo
vendicherò! Vendicherò
anche te e quello che hai dovuto soffrire a causa sua. Io
troverò il
moschettiere Charles De Batz De Castelmore e lo ucciderò! Lo
farò
al posto di papà e lui sarà orgoglioso di me! E
anche tu! Riposa in
pace mamma, io starò bene!".
Poi si allontanò dal cimitero e
dal villaggio dov'era
cresciuta, prendendo una sperduta via di campagna. Non sapeva bene
dove andare ne chi potesse insegnarle come stare al mondo ma sapeva
che a La Rochelle si annidiavano gli Ugonotti, oppositori del potere
che suo padre aveva combattuto.
Forse loro avrebbero potuto aiutarla...
...
Grethel galoppava, la pioggia era diventata
incessante e
furiosa.
Finché Parigi apparve ai suoi
occhi. Era arrivata! Il
suo giovane finto marito moschettiere era laggiù ed
indagando,
presto l'avrebbe trovato e ripreso con se.
La ragazza guardò il cielo.
"Mamma, ci siamo
quasi. Presto troverò quell'uomo e vendicherò
tutti noi!".
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Capitolo 13 *** Una nuova, vecchia vita ***
Cucù,
eccomi
quì! E' un pò che non aggiorno, ma dai, son
perdonata perchè sto
scrivendo anche l'altra storia A/A ;)
Come
sempre,
grazie per i commenti e gli incoraggiamenti, spero continuiate a
leggere e recensire, mi fa davvero piacere!
Un
bacione a
tutti!!!
Una
nuova, vecchia vita
Tornare a Parigi e a casa Bonacieux non era
stato
facile per d'Artagnan. Aveva deciso, pur fra mille tentennamenti, di
dare fiducia al racconto che gli era stato fatto, di credere di non
essere Denis, di non essere un Ugonotto, di non essere marito di
Grethel ma bensì d'Artagnan, giovane moschettiere del re.
Tutto
sembrava tornare ad avere senso, ogni suo dubbio, ogni sua strana
visione o offuscato ricordo... Quegli uomini sembravano un gruppo
unito, onesto, sincero. E pareva davvero che si preoccupassero per
lui. Non aveva parlato molto, sulla strada del ritorno, e si era
limitato ad osservarli. E a farsi un'idea di loro.
Athos era il più anziano e
doveva essere il capo
spirituale del gruppo. Il suo sguardo sprizzava intelligenza,
persipacia, saggezza... Modi e fisico fini, gentile, educato.
Probabilmente aveva origini nobili...
Porthos era il più simpatico,
quello incline alle
battute, allo scherzo. Ma dietro alla sua giovialità si
nascondeva
un vero e sincero attaccamento e affetto verso i suoi compagni. Era
talmente palese che d'Artagnan più volte, osservandolo, era
riuscito
a fatica a trattenere un sorriso.
Aramis era invece una strana creatura. Un
uomo dai
lineamenti delicati, fini, quasi da fanciulla... D'artagnan ne era
incuriosito, molto! Pareva il più attaccato a lui, il
più
preoccupato. Gli aveva detto di sentirsi in colpa, che era a causa
sua se lui era rimasto ferito nei combattimenti di La Rochelle. Il
giovane guascone avrebbe voluto di cuore ricordare... Non sapeva che
legame lo unisse a quei tre ma sentiva che ricordare gli avrebbe
fatto ritrovare una specie di famiglia, affetti sinceri, un senso
alla sua vita...
Poi c'era infine il piccolo Jean, un
monello di forse
cinque, sei anni. Sveglio, perfettamente in grado di occuparsi di se
stesso, era quello che gli stava più attaccato. Spesso gli
raccontava delle loro avventure parigine e anche verso di lui
d'Artagnan sentiva uno strano, antico affetto...
E osservandoli, galoppando, ascoltando i
loro discorsi,
era finalmente giunto a Parigi...
Una città che in lui risvegliava
un senso di
appartenenza ma che ancora non riusciva a sentire perfettamente sua.
Quanto avrebbe voluto ricordare, sapere, riconoscere quei luoghi,
girarli. Era in un certo senso frustrante. Il suo cuore sapeva dove
lui fosse, la sua mente invece aveva ancora bisogno di un lungo
periodo di convalescenza per guarire...
E le stesse sensazioni le provò
quando varcò la soglia
di quella che, gli avevano detto, era la sua casa.
Molto gli avevano raccontato, durante il
tragitto.
Di come era arrivato dalla Guascogna, delle
sue origini,
di com'era diventato moschettiere, delle sue avventure, delle lotte
contro Cardinale, Milady, Maschera di Ferro... Di Monsieur Bonacieux,
di Marta, di Constance, la ragazza che, gli avevano detto, gli faceva
battere il cuore.
Quando se li ritrovò davanti in
un certo senso era come
si li conoscesse. Le stesse offuscate sensazioni che aveva sempre,
certo, ma anche i racconti fatti dai suoi compagni.
Monsieur Bonacieux e Marta la cameriera lo
abbracciarono
con le lacrime agli occhi. Lo credevano morto, pensavano di non
rivederlo più... Athos aveva spiegato loro cosa fosse
successo,
avevano annuito e le loro espressioni si erano fatte preoccupate,
soprattutto davanti al racconto di com'era stato rapito dagli
Ugonotti, di Grethel, della strana situazione in cui si era cacciato.
Infine, aveva rincontrato lei...
Lunghi capelli biondi, occhi azzurro
cielo...
Constance aveva ascoltato in silenzio il
racconto di
Athos, l'assurdità di quanto era successo a d'Artagnan,
aveva ben
capito il legame che lo aveva unito a Grethel e in un primo momento
era stata timorosa, riluttante a riavvicinarsi a lui...
Ma alla fine l'amore, l'affetto, il
sollievo di averlo
di nuovo lì la fecero cedere e anche lei si sciolse in un
forte
abbraccio.
D'artagnan si irrigidì. Aveva
sussultato quando l'aveva
vista... I suoi capelli biondi erano l'immagine che l'aveva
tormentato nei mesi a La Rochelle e in fuga con Grethel. Sentiva con
quella ragazza un legame fortissimo ma non ricordava... E per questo
non poteva lasciarsi andare come avrebbe fatto probabilmente in
un'altro momento, per questo non poteva rispondere con passione a
quell'abbraccio, per questo non poteva accarezzare quegli splendidi,
agognati capelli color oro. Anche perchè, nella sua mente
c'era
ancora lei...
Grethel...
Non riusciva, nonostante tutto, a
togliersela di
mente...
Grethel, che lo aveva legato a se in un
turbine di
passione, di bugie, ma anche di momenti teneri.
Probabilmente, per qualche strano motivo,
si era presa
gioco di lui... Ma non riusiva ad odiarla e soprattutto, a
dimenticarla... Qualcosa di profondo li univa e anche se lui non era
Denis, anche se lui non era suo marito, in un certo senso
continuavano ad essere una cosa sola, anche a distanza... Ovviamente
non aveva accennato dei suoi pensieri a nessuno. Erano amici quei
moschettieri ma non ricordava nulla di loro e non sapeva ancora
quanto e come fidarsi di loro.
Era a casa sua, nelle sue vesti, con la sua
'famiglia'.
La sua vita...
Ma non gli apparteneva nulla, non ancora,
non del
tutto... Si sentiva estraneo in quella casa, in imbarazzo,
impossibilitato a fare o dire nulla... Era una sensazione spiacevole,
in un certo senso...
"D'artagnan, noi torniamo a casa nostra per
riposare, lavarci e cenare! Saremo da te domanttina. Dobbiamo
aiutarti a ricordare e a guarire e quindi..." - disse Porthos,
congedandosi da casa Bonaciueux dopo che le spiegazioni di quanto
successo erano finalmente finite e il guascone era stato reintrodotto
a casa.
Athos concluse la frase per lui. "Quindi da
domani
si comincia il tuor per i tuoi posti, quelli che possono aiutarti a
ritrovare te stesso. La nostra sede, i nostri compagni, il Louvre, le
strade di Parigi. E a giorni tornerà anche il capitano De
Treville
per fare rapporto al re. Così gli racconteremo quello che
è
successo e di certo potrà esserti d'aiuto anche lui!".
D'artagnan annuì, spaesato. Dal
giorno dopo avrebbe
ricominciato a riprendersi la sua vita... Forse...
Non vedeva l'ora di ricordare! Sentirsi
estraneo fra
amici era una sensazione assolutamente sgradevole...
E così iniziò la sua
prima serata e nottata a casa
Bonacieux...
...
Era passata ormai una settimana dal suo
ritorno. Giorni
duri, passati a sforzarsi di ricordare. Di giorno i moschettieri che
gli raccontavano fatti ed anedotti, di sera Monsieur Bonacieux,
Marta, Constance e Jean che cercavano di aiutarlo a ritrovare se
stesso...
Erano tutti gentili, premurosi con lui.
Ma si sentiva soffocare!
Non un momento di riposo, di relax, di
tranquillità...
Certo, era grato a tutti per l'impegno che
ci stavano
mettendo ma... a volte avrebbe voluto scappare.
Da quella casa, dai moschettieri... Tornare
da Grethel,
perdersi in Grethel, senza pensieri... Una vita basata sulla
menzogna, ma forse più lieve, leggera...
Sapeva che doveva odiarla, che una volta
guarito avrebbe
dovuto cercare di scoprirne di più... Ma in quel momento non
ne
aveva voglia, voleva solo abbandonarsi all'oblio, sfuggire da quella
realtà sua e non più sua allo stesso tempo...
Aveva girato per giorni fra le vie di
Parigi, nella sede
dei moschettieri... E a cosa era servito dopo tutto? A nulla!!!
Nessun ricordo riaffiorato, nessuna guarigione...
Ci voleva tempo, il medico lo aveva detto!
Ma era stanco e il suo spirito indomito
scalpitava...
Si rigirò nel letto, in cerca
della posizione giusta
per dormire... Era ormai notte e la mattina dopo, molto presto,
sarebbero giunti i tre moschettieri per la consueta giornata
insieme...
Nel buio della notte la porta si
aprì e Constance entrò
nella sua stanza.
D'artagnan la fissò stupito,
come se si trattasse di
una visione. Indossava la sua camicia da notte, i capelli erano
raccolti in una lunga coda. Era sempre stata gentile con lui,
premurosa ma quasi timorosa di stargli troppo vicino... Per questo
non si aspettava di vederla lì, benché gli
avessero detto tutti che
erano fidanzati ormai ufficialmente. "Constance...?".
La ragazza sorrise timidamente, prima di
avvicinarsi al
letto e sedersi accanto a lui. "Posso stare quì un
pò con te?
E' tanto che non chiaccieriamo davvero...". Anche lei era stanca
di quel tempo passato solo a cercare di fargli ricordare. Non un
momento solo per loro, per ridere, per rilassarsi insieme...
D'artagnan annuì. "Certo! Anche
se dubito di
essere una buona compagnia!".
Constance si voltò verso di lui,
fissandolo in viso.
"Ti senti confuso e stanco, vero? Io ti capisco, anche a me era
capitato, anni fa... E tu mi hai aiutata a ritrovare la memoria!".
Il guascone spalancò gli occhi.
Questa cosa non la
sapeva! "Davvero? Anche tu hai perso la memoria? Quando?
Perchè?".
Constance sorrise. "Storia lunga! Una
nostra comune
nemica ha tentato di farci fuori e... avevo riportato qualche
ferita!" - concluse con semplicità, alzando le spalle.
D'artagnan sorrise. "Ma sei guarita! E
forse, ci
riuscirò anche io!".
"Lo spero tanto d'Artagnan!" -
sussurrò la
ragazza in un soffio – "perchè mi manchi...".
Il ragazzo arrossì davanti a
quella dichiarazione. Era
tanto diversa da Grethel... Più dolce, delicata, gentile,
meno
audace, meno esperta forse... Ma assolutamente adorabile. Era strano,
ma anche a lei si sentiva legato indissolubilmente. In modo diverso
da Grethel, ma altrettanto forte... Si sentì in colpa verso
quella
ragazza candida, al ricordo di quanto l'aveva legato alla sua finta
moglie, della passione, del piacere provato con Grethel...
E Constance dovette intuire i suoi
pensieri... Si stese
accanto a lui, cingendogli la vita con le braccia, in un tenero
abbraccio. "Non sono arrabbiata con te! Non eri tu, eri Denis...
Me l'hanno raccontato Athos, Porthos e Aramis... Tu d'Artagnan non ti
saresti mai legato a una donna del genere e solo l'inganno ti ha
fatto sbagliare. Eri inerme, indifeso davanti a quelle persone. E hai
finito per credergli! Tutto quì... Per questo, spero tu
possa
ricordare presto, sarebbe la fine di questa assurda storia...".
D'artagnan scosse la testa, impossibilitato
a mentire e
a essere ottimista. Troppe cose lo legavano ancora a Grethel...
"Io... Io non so... Non è così facile, sai?".
Constance deglutì. "Lei ti piace
ancora? Ancora
pensi a lei?".
D'artagnan sospirò. "Non lo so,
è strano da
spiegare. Ma mi sento... legato... da qualcosa di forte... Non
capisco, non capisco davvero!".
"E' forse... per ciò che avete
condiviso insieme?"
- chiese la ragazza con fatica, con una smorfia di dolore in viso,
quasi che porre quella domanda fosse stata la cosa più
difficile di
quella giornata.
Il guascone scosse la testa. "Anche... Ma
non solo
quello! Voglio ricordare, capire chi sono e capire me stesso! Per
capire perchè Grethel non abbandona i miei pensieri".
"E io ti aiuterò d'Artagnan!" -
rispose lei.
Era doloroso ma l'avrebbe fatto... Rivoleva d'Artagnan, voleva
scacciare in lui il ricordo di quella donna che lo aveva sedotto.
Certo, nulla sarebbe stato più come prima ma... quei ricordi
persi
erano preziosi tanto per lui quanto per lei... Li rivoleva, rivoleva
LUI!!!
"Grazie!". Il guascone non aggiunse altro.
Non
era ancora tempo di promesse, d'amore, di passione, di condivisione
di qualcos'altro che non fosse quell'abbraccio notturno... Non poteva
ancora essere completamente suo, non finché non avesse
dimenticato
Grethel... Non poteva, Constance non meritava di averlo a
metà...
E nel silenzio della notte, i due si
addormentarono...
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Capitolo 14 *** Attrazione pericolosa ***
Dunque
dunque, l'ultimo aggiornamento di questa storia è datato
novembre...
Nel mentre è passato Natale, Capodanno, Carnevale, Pasqua, e
ancora
un pò che aspetto, pure Ferragosto XD. A mio discapito posso
dire
che ho on-work su efp altre storie e che quindi non riesco a tenere
tutto aggiornato in fretta, che ho avuto un calo di ispirazione, che
ho dovuto fare un grosso lavoro dal dentista che mi ha messa ko, che
dal lavoro torno con le palle girate e umore pessimo ogni giorno, che
infine abbiamo provato anche l'ebrezza dei ladri in casa... =____=
Insomma, non ero molto per la quale a scrivere, ultimamente...
Comunque,
è
il rush finale, mancano pochi capitoli e spero ci sia ancora qualcuno
che legge e a cui interessa questa storia. Critiche e commenti sono
graditissimi come sempre!
Un
bacione!
Attrazione
pericolosa
Era un autunno assolutamente piovoso a
Parigi e Grethel,
appena giunta, oltre a lottare per mantenere nascosta la sua
presenza, aveva anche dovuto combattere con la pioggia che veniva
giù
violenta ed impetuosa.
Parigi era una città che le era
sconosciuta ma ne aveva
sempre sentito parlare molto. Per questo, nascosta dal suo mantello
che la proteggeva dalla pioggia e dalla curiosità della
gente, era
riuscita a trovare e ad arrivare alla sede dei moschettieri senza
problemi. Nascosta nei vicoli, negli antri bui delle vie, aveva
osservato avidamente la vita dei moschettieri, sperando di trovare
qualcosa, una traccia, un indizio sulla persona che cercava tanto
disperatamente da anni... Beh, non aveva trovato quel che cercava ma
quanto meno, in compagnia dei moschettieri, aveva rivisto d'Artagnan.
Di nascosto, da lontano...
Lo aveva ritrovato!!!
E pedinandolo, aveva scoperto dove
abitava...
Grethel aveva capito subito che, senza
l'aiuto del
guascone, difficilmente sarebbe riuscita ad introdursi nel corpo dei
moschettieri per le sue ricerche, aveva bisogno di lui! Quel palazzo
era troppo grande, troppo imponente, troppo pieno di soldati
combattivi. Lei era in gamba ma loro erano decisamente troppi!
Ma la fortuna pareva essere dalla sua
parte...
Osservandolo da lontano, inseguendolo di nascosto come una ladra,
ascoltando le sue conversazioni con quelli che dovevano essere i suoi
amici e che ricordava di aver visto anche a La Rochelle e a Rouen, al
loro inseguimento durante la fuga da quella città, aveva
capito che
d'Artagnan non aveva ancora recuperato la memoria... Ottimo! Se lui
ancora non sapeva chi fosse davvero, sicuramente lei avrebbe fatto
meno fatica a convincerlo ad aiutarla! Ed inoltre, sempre
pedinandolo, ormai aveva anche capito dove abitasse il giovane...
Ma nonostante questo, Grethel sapeva anche
che, se
voleva raggiungere i suoi scopi, doveva raccontare al giovane la
verità... D'artagnan probabilmente ormai sapeva, i suoi
amici gli
dovevano aver raccontato chi lei fosse e come lo avesse usato... E
questo, oltre ad essere un ostacolo, la irritava... D'artagnan... La
sua purezza, la sua dolcezza, la attraevano... Era inutile girarci
troppo intorno, questioni private e di cuore si erano pericolosamente
mischiate insieme in lei... Ed era una realtà che doveva
affrontare!
Ora lo sapeva...
E ora che aveva capito che il giovane
d'Artagnan non
rappresentava per lei solo un mezzo per raggiungere i suoi scopi ma
ben di più, non restava che una cosa da fare...
Riuscire ad avvicinarlo, di nuovo...
Ma come?
Di giorno era pressocchè
impossibile, era sempre in
compagnia dei moschettieri. Forse di sera, approfittando di una
uscita solitaria... Di solito con lui, quando era a casa, vedeva
sempre o il proprietario dell'immobile o la sua domestica anziana e
robusta, o una ragazza bionda. Oppure il dannato marmocchio che aveva
conoscito e minacciato a Rouen. C'era sempre qualcuno attorno al
guascone... Soprattutto nei primi giorni, difficilmente aveva visto
d'Artagnan da solo... Poi però, col passare del tempo, aveva
notato
che il ragazzo ogni tanto, raramente, si azzardava a fare due passi
la sera tardi, in solitudine. Oppure si intratteneva nel cortile a
strigliare il cavallo. Segno che pian piano stava riacquistando
fiducia in se stesso e coraggio nel girare da solo in una
città che,
a causa dell'amnesia, per lui era sconosciuta...
Grethel era brava a pedinare, era brava ad
osservare. E
dopo giorni di attenta osservazione aveva capito che la sera, in quei
brevi momenti di solitudine che si concedeva d'Artagnan, era l'unico
momento in cui avrebbe potuto riavvicinarsi al giovane.
E con la pazienza che la
contraddistingueva, Grethel
decise che doveva aspettare senza fretta il momento giusto...
E il momento giusto arrivò in
una sera piovosa di fine
autunno, dopo dieci giorni di pazienti appostamenti...
Grethel aveva osservato di nascosto i
movimenti in casa
Bonacieux. La ragazza bionda era uscita di mattino presto e di
solito, quando se ne andava a quell'ora, era per andare a lavorare a
palazzo e non faceva ritorno a casa per alcuni giorni. I moschettieri
avevano riportato lì d'Artagnan nel tardo pomeriggio e poi
erano
tornati nelle loro dimore, il padrone di casa e la governante,
abbastanza in là con gli anni, non sarebbero certo usciti
con quel
tempo da lupi e nemmeno il bambino lo avrebbe fatto. Era buio,
pioveva e faceva freddo e quindi, se c'erano faccende da sbrigare in
esterno, di certo il più adatto a svolgerle era d'Artagnan.
E infatti, quando ormai erano le dieci di
sera passate,
vide il giovane uscire di casa con un secchio in mano. Diretto alla
Senna, per fare approvvigionamenti d'acqua.
Grethel lo osservò di nascosto.
I suoi movimenti, il
suo viso assorto... Era inutile negarlo a se stessa, i giorni
trascorsi con quel giovane erano stati belli, aveva assaporato il
sapore dolce di una famiglia... D'artagnan era suo! Suo e solo suo!!!
e lo rivoleva! Non era di quelle persone, non doveva fare nulla per
loro! Solo per lei...
Lo osservò allontanarsi, coperto
da un pesante
mantello. Poi lo seguì di soppiatto... Era meglio
affrontarlo
lontano da quella casa, lontano da orecchie ed occhi indiscreti...
Lo seguì fino alla Senna e lo
osservò, nascosta dietro
a una carrozza parcheggiata, inchinarsi per raccogliere l'acqua dal
fiume. La ragazza si guardò in giro. Era sera tardi, faceva
freddo e
la pioggia cadeva incessante. La strada era deserta... E
così, senza
il fastidio di qualcuno che potesse disturbarli, si avvicinò
a
lui... "D'artagnan"- lo chiamò, usando per la prima volta
il vero nome del guascone.
Il suono improvviso ed inaspettato di
quella dolce voce
femminile fece sobbalzare il ragazzo. Grethel?! Non poteva essere,
non poteva! Lentamente, per paura di stare sognando, si
voltò. E
quando la vide, il secchio pieno d'acqua cadde dalle sue mani,
rovinando a terra e bagnandogli gli stivali. "Grethel..." -
ripeté lentamente. Lei... Lei che lo aveva usato, che gli
aveva
mentito, che si era presa gioco di lui... Lei... che lui aveva amato
con tutto se stesso, con tutta la sua passione... Lei, che tutti gli
dicevano di dimenticare, di odiare, che era una nemica... Lei, che
nonostante tutto, non riusciva a cancellare dalla sua mente
ovattata... Grethel... Una donna bellissima, calcolatrice, forse
spietata... Ma anche il più dolce oblio...
Era lì davvero? Era un sogno?
Un'allucinazione?
Come presagendo i suoi pensieri, Grethel lo
precedette... "Non sono un sogno, sono reale e quindi tu non sei
pazzo, se è questo che temi!" - spiegò con
praticità.
D'artagnan la osservò in
silenzio, non sapendo cosa
fare. L'istinto gli suggeriva di abbracciarla. La sua
dignità di
respingerla. Ma era difficile, Grethel era forse davvero una nemica
ma in quel momento era l'unico aspetto 'dolce' della sua vita. Con
Grethel non aveva mai dovuto pensare, fare qualcosa per gli altri,
sforzarsi di ricordare, non doveva fare nulla se non abbandonarsi a
quella donna bellissima. Era stata facile, nonostante tutto, la vita
con lei. Benché frutto di una finzione!L'esatto opposto di
quella
di Parigi, dove tutti lo scrutavano, lo osservavano, impazienti che
lui ricordasse. Era frustrante dover dimostrare in continuazione
qualcosa a qualcuno e deludere sempre tutti! Le persone che a Parigi
lo circondavano gli dimostravano continuamente affetto, vicinanza. Ma
era frustrante. Per lui loro erano estranei mentre Grethel... Con lei
aveva ricordi, belli! Frutto di finzione, di una menzogna, ma
nonostante tutto, gli unici ricordi che avesse... Eppure, sapeva di
dover essere forte, di doverla allontanare. Era un moschettiere e lei
una nemica che per qualche strano motivo lo aveva manovrato, usato...
"Non so perchè sei quì e non lo voglio sapere
ma... vattene!"
- disse infine con poca convinzione – "Dovrei arrestarti
ma...
preferisco immaginarti al sicuro, lontana da me e da Parigi!".
Grethel lo scrutò. Immaginava
una reazione più forte,
invece era palese che d'Artagnan, dicendo quelle frasi, stava
lottando contro ogni fibra del suo essere. "Non mi chiedi
perchè
sono quì?" - chiese, seria.
"No...".
Il silenzio cadde fra loro due... Restarono
a fissarsi
negli occhi per lunghi istanti, senza che nessuno muovesse un
muscolo.
E alla fine fu d'Artagnan a cedere.
"Perchè sei
quì? Come hai fatto a trovarmi e cosa vuoi da me?". In
fondo,
c'erano tante cose che voleva chiederle, prima di costringerla ad
andarsene. Credeva che non ne avrebbe mai avuto l'occasione ed
invece, quasi come per magia, quella donna che non aveva mai
dimenticato, a cui di nascosto aveva sempre pensato da quando si
erano separati, era lì...
Grethel alzò le spalle con
noncuranza. "Ti ho
pedinato, è stato abbastanza facile trovarti! Sei un
moschettiere e
stando appostata davanti alla sede dei moschettieri, sapevo che prima
o poi ti avrei trovato. E così è stato! Ti ho
pedinato, sono abile
in questo, sono bravissima a non farmi scoprire".
D'artagnan scosse la testa. In effetti
Grethel era
scaltra, non doveva stupirsene... Anche se in cuor suo si
rimproverò
di non essersi accorto della sua presenza. "Non avresti dovuto
farlo! I miei amici ti hanno risparmiata dall'essere catturata e
processata perchè volevano recuperarmi e allontanarsi con me
il
prima possibile, ma seguendomi a Parigi tu rischi molto! Non so
perchè tu mi stia seguendo e cosa vuoi da me, non so il
perchè
delle tue bugie e delle tue macchinazioni che mi hanno raccontato e
onestamente, anche se vorrei conoscerle, ti invito di nuovo ad
andartene!". Voleva che lei sparisse! Per la sicurezza di
Grethel perchè lui non le avrebbe mai fatto del male ma i
suoi
amici, se avessero saputo, sì! E forse perchè
sapeva che non
sarebbe riuscito a resisterle a lungo, a tenere con lei
quell'atteggiamento distaccato, dopo quello che li aveva uniti...
Grethel era una calamita per lui...
La ragazza abbassò lo sguardo,
prendendo a giocare col
piede con la sabbia della spiaggia della Senna. Era ora di
spiegare... "Ti ho mentito a lungo, è vero! Ti ho affibiato
un
nome falso, mi sono presa gioco di te! All'inizio pensavo fosse una
cosa di pochi giorni, per aiutare Marcel e gli Ugonotti nella
battaglia. Dovevamo confonderti, usarti! Potevi esserci utile nelle
trattative coi nemici a La Rochelle. Ma poi, conoscendoti, mi sono
affezionata a te e ho deciso di portarti via da quel posto!".
"Quindi, hai tradito i tuoi ideali?" -
chiese
d'Artagnan con una punta di rimprovero nel suo tono di voce. Il suo
animo puro di moschettiere fedele stava prendendo il sopravvento a
quelle parole...
Grethel scosse la testa. "Io non sono
Ugonotta e
della battaglia contro il re che loro stanno facendo me ne
infischio... Stare con Marcel era una questione di comodità,
un modo
per guadagnarmi da vivere come un altro. Gli Ugonotti combattevano il
re e io, per questioni personali, sono in guerra con un uomo che fa
parte del corpo dei moschettieri e che da anni spero di trovare.
Insomma, ideali diversi ma conciliabili fra loro per
comodità mia,
in poche parole! Stando accanto agli Ugonotti speravo, purtroppo
inutilmente, di rincontrare la persona che cerco da sempre a La
Rochelle, in mezzo alla battaglia! Per questo mi sono unita alla loro
lotta all'inizio! Ma quando sei arrivato tu ho capito che non aveva
bisogno di quelle persone per trovare chi sto cercando! Tu eri un
moschettiere e siccome ti consideravo una persona in gamba, ho deciso
che tu potevi aiutarmi. L'uomo che cerco non era a La Rochelle, non
l'ho mai ne trovato ne sentito nominare e pensavo che tu avresti
potuto aiutarmi, che tu avresti potuto conoscerlo e sapere dov'era o
quanto meno, che mi conducessi nel luogo dove potevo ritrovare le sue
tracce o sue informazioni. Per questo, dopo la fuga da La Rochelle,
ho continuato con la mia finzione. Era troppo tardi per tornare
indietro e spiegarti il perchè delle mie menzogne, per
spiegarti chi
ero davvero! E così ho continuato a fingere, nella speranza
che
l'affetto che provavi per me crescesse, che mi avresti aiutato
nonostante tutto... E mentre speravo in te, mentre imparavo a
conoscerti, anche io ho finito per l'affezionarmi davvero a te... La
storia è tutta quì! Mi spiace di averti mentito,
ma sappi che se
l'ho fatto, è per motivi ottimi! Io e te non siamo davvero
sposati,
io e te non abbiamo avuto un passato comune insieme ma a parte
all'inizio, quello che dopo ci ha uniti era vero!".
D'artagnan si rabbuiò. La storia
di Grethel era
difficilmente credibile, poteva benissimo essere una sua abile e
astuta finzione per riprenderselo con se. Dopo tutto, non gli aveva
mentito dall'inizio? Perchè avrebbe dovuto crederle adesso?
Ma ora,
in qualche modo lui aveva il coltello dalla parte del manico... Era
ancora senza memoria ma questo non significava che fosse stupido e
con qualche domanda intelligente e contorta, forse avrebbe potuto
farla cadere in errore, smascherando le sue menzogne. E allora, forse
così avrebbe imparato a detestarla davvero... "Chi sarebbe
l'uomo che cerchi e che io dovrei aiutarti a ritrovare? Cosa vuoi da
lui?".
Grethel sostenne lo sguardo indagatore del
ragazzo. "Era
un moschettiere! Come te! Ma a differenza tua d'Artagnan, lui non era
puro di cuore! Era un uomo corrotto, crudele, un traditore! Che nel
nome del re, coperto dal suo ruolo pubblico, compiva nefandezze di
ogni genere!".
D'artagnan fece una risatina ironica. Che i
moschettieri
non fossero propriamente stinchi di Santo, lo sapeva... Ma dubitava
che nel suo corpo d'armata si nascondesse una persona come quella
descritta da Grethel. "Io non ti credo! Non ricordo nulla del
mio passato ma i moschettieri che ho conosciuto sono TUTTI persone
leali ed oneste, leali al re e al giuramento fatto al nostro
capitano!".
Grethel strinse i pugni, irritata. Che non
sarebbe stato
facile convincerlo lo sapeva dall'inizio, ma le sembrava
beffardamente ironico che d'Artagnan mettesse in dubbio la sua parola
proprio nel momento in cui lei aveva iniziato ad essere sincera con
lui... "Credimi! Io lo so, io non mento d'Artagnan! Quello che
ti ho raccontato è vero, l'ho vissuto sulla mia pelle, anno
dopo
anno... Io e mia madre! Cosa ne sai tu, di quella che è
stata la mia
vita, del disastro che ha combinato quell'uomo?".
D'artagnan sussultò. Il tono di
voce di Grethel si era
alzato molto, era rabbioso e la sua voce pareva tremare, come se
stesse a fatica trattenendo le lacrime. E il giovane
vacillò...
Poteva essere che Grethel non mentisse...? "Qual'è il nome
di
quell'uomo? E cosa ha fatto a te e tua madre? Vuoi il mio aiuto e se
lo vuoi davvero, devi dirmi tutto!".
Grethel annuì, poi gli si
avvicinò di alcuni passi,
arrivando davanti a lui. E, con un gesto gentile, gli
accarezzò la
guancia. "Si chiama Charles De Batz De Castelmore! E ha ucciso
mio padre! Lo conosci? Hai sentito parlare di lui, da quando sei
rientrato a Parigi?" - chiese con urgenza, rossa in viso.
"Charles De Batz De Castelmore...".
D'artagnan
ripeté lentamente quel nome sovrapensiero. Poi scosse la
testa. "Mi
spiace, non lo conosco e non mi pare di avere udito il suo nome alla
sede dei moschettieri... Hai detto che ha ucciso tuo padre? Quando? E
perchè?". Era strano, non aveva mai sentito nessuna storia
simile alla sede dei moschettieri...
Grethel sospirò. "Mio padre fu
ucciso alcuni mesi
prima della mia nascita, non l'ho mai conosciuto. So che era un uomo
dai mille ideali, che lottava con coraggio per le cose in cui
credeva... Voleva la libertà, l'uguaglianza fra gli uomini,
lottava
per una Francia in cui non ci fossero differenze fra ricchi e
poveri... Questo mi ha raccontato mia madre di lui... Fu ucciso da
quell'uomo per queste sue idee, un uomo corrotto che non voleva
rinunciare ai privilegi dati dalla famiglia reale a chi lavorava per
loro... Per questo lo cerco, voglio vendicarmi! Mia madre si
trovò
sola, con una figlia neonata... Fummo scacciate da Parigi e abbiamo
vissuto in povertà fino alla sua morte. Se mio padre fosse
stato con
noi, tutto sarebbe stato diverso... E invece, a causa di
quell'uomo...". Una solitaria lacrima rigò il viso della
ragazza...
Il guascone scosse la testa. Era turbato e
stupito da
quella lacrima... Mai l'aveva vista piangere, mai l'aveva vista tanto
limpida in quello che diceva, faceva, mai l'aveva vista manifestare i
suoi sentimenti a quel modo... Era difficile resisterle... E non
crederle... Dopo quel racconto, tutto aveva riacquistato senso per
lui. Sapeva di recare un torto ai suoi amici e a Constance, sapeva
che non avrebbe dovuto farlo. Ma non poteva fare altrimenti, non
voleva fare altrimenti!!! Era inutile, Grethel lo stregava... Ancor
più in quel momento, bagnata, in lacrime, con
quell'espressione
triste in viso... Era un'attrazione troppo forte, irresistibile... E
non gli restò che dichiararsi sconfitto... "Ti
aiuterò perchè
ti credo. Sarò pazzo ma ti credo! Io non so chi sia l'uomo
che
cerchi ma se le cose che mi hai raccontato sono successe prima della
tua nascita, può essere che l'uomo che cerchi non faccia
più parte
dei moschettieri e viva da qualche altra parte con il vitalizio
concesso dal re a chi l'ha servito in gioventù. In fondo son
passati
molti anni e sarà invecchiato, quindi mi pare normale che tu
non
l'abbia visto a La Rochelle e io non l'abbia visto quì a
Parigi. Ma
nonostante questo, ti aiuterò lo stesso a trovarlo, possiamo
rintracciarlo senza troppa fatica!". Trasse dalla tasca una
chiave e la porse alla ragazza, strizzandole l'occhio.
Grethel sussultò. Aveva capito
bene? Le credeva? La
aiutava??? "Sei dalla mia parte..." - sussurrò stupita...
"Cos'è quella chiave?".
"La chiave della sede dei moschettieri, me
l'ha
lasciata il capitano De Treville perchè potessi gironzolare
nella
nostra sede a mio piacimento e a qualsiasi ora per aiutarmi a guarire
e ricordare. Nello studio del capitano ci sono i registri con le
informazioni di tutti quelli che han fatto parte del corpo dei
moschettieri, anche quelli di molti anni fa! Li troveremo quello che
cerchi, spero!".
Grethel smise di piangere e
annuì. Era strano, ora
vedeva d'Artagnan sotto occhi diversi... Non più un
burattino da
maneggiare a suo piacimento ma un valente stratega e un uomo
assolutamente intelligente... Era delle caratteristiche del giovane
che aveva forse intravisto durante la loro convivenza ma che solo
lì
a Parigi le si palesavano tanto bene davanti agli occhi. "E'
tradimento il tuo, lo sai?" - gli chiese, in tutta onestà.
Avere il suo aiuto era fantastico, era quello che aveva sempre
voluto, ma ora tutto si faceva complicato e mille remore si facevano
ormai strada nella mente della ragazza... Remore, preoccupazioni...
Per lui...
D'artagnan annuì. "Ora
è notte e non ci vedrà
nessuno! Prenderò una scusa a casa per uscire e poi ci
avvieremo
alla sede dei moschettieri, entreremo nell'ufficio di De Treville,
guarderai quei registri e troverai chi cerchi... In fondo, non
sarebbe proprio tradimento il mio! Ho il permesso di entrare in quel
palazzo e nessuno mi ha mai propibito di guardare quei registri...".
Il suo sguardo era furbo, indisponente come alcuni anni prima, quando
era un ragazzino di provincia appena giunto a Parigi, alle prime
armi.
La ragazza sorrise, avvicinandosi ancora
più a lui.
"Perchè lo fai?" - chiese, in un soffio...
Il guascone la strinse. "Perchè
mi sei mancata,
nonostante tutto... E ora voglio crederti perchè se la
storia che mi
hai raccontato è vera, allora forse non ho così
tanti motivi per
odiarti, come mi dicono tutti... Cioè, non sei stata sincera
e
avresti dovuto esserlo dall'inizio, ma fa niente, in un certo senso
ti giustifico! Ti aiuterò perchè...".
Grethel lo guardò negli occhi,
bloccandolo... "Mi
sei mancato anche tu... E ti ho cercato perchè...".
Si fissarono...
Le loro labbra si sfiorarono...
Dapprima brevemente, poi con un bacio lungo
ed
intenso...
D'artagnan non poteva saperlo e nemmeno
Grethel...
Ma quell'alleanza avrebbe condotto entrambi
a scoprire
aspetti di un passato beffardo e a portarli davanti a scelte
difficili e dolorose...
E pericolose...
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Capitolo 15 *** Un beffardo scherzo del destino ***
Un
beffardo scherzo del destino
Decidere di aiutare Grethel era stata una
scelta
difficile da compiere ma una volta fatta, tutto il resto era venuto
naturale. Naturale era stato tornare a casa Bonaciuex e fare finta di
nulla, naturale era stato tenere nascosta Grethel mentre lui cercava
una scusa per allontanarsi con lei, naturale era stato mentire a
Constance e agli altri circa il motivo per cui sentiva la
necessità
di recarsi alla sede dei moschettieri in piena notte, da solo.
Si sentiva un verme forse, ma l'attrazione
che provava
per Grethel, il dolore nel vederla piangere, la sua storia erano
stati più forti di tutto!
Lasciata la sua casa, con Grethel
scivolò nei vicoli
bui di Parigi, furtivamente, con passo spedito.
Anche se – e il guascone non
poteva saperlo – il
piccolo Jean aveva fiutato qualcosa di strano. E una volta uscito
d'Artagnan, corse in camera sua, chiedendo e inviando il fedele
pappagallo Copy a pedinarlo.
Giunti alla sede dei moschettieri, nessuno
gli disse
nulla quando lo videro entrare con una donna incappucciata. Tutti
sapevano il problema di d'Artagna, tutti sapevano che De Treville gli
aveva dato le chiavi della sede per aiutarlo a ricordare e tutti
avevano pensato che la donna con lui fosse Constance. Stessa
corporatura, stesso passo svelto...
Grethel era stata furba e al gioco, si era
stretta nel
suo mantello, aveva nascosto i suoi lucenti capelli neri sotto al
cappuccio con cui teneva celato il viso, nascondendolo dietro alla
stoffa. Un abbigliamento dopo tutto normale per una donna che usciva
in quella fredda sera autunnale.
I corridoi a quell'ora erano deserti e solo
poche
guardie erano presenti in quel luogo, solo in cortile.
Gli studi, gli uffici... Tutto era avvolto
dal silenzio
e dal buio.
Grethel si guardò attorno
nervosa, seguendo il suo
compagno in quei lunghi corridoi. "Sei sicuro che in giro non ci
sia nessuno?".
D'artagnan annuì. "Certo, a
quest'ora le uniche
guardie presenti, presidiano i giardini. Quì dentro invece,
la sera
e la notte non c'è mai nessuno e solo all'alba cominciano ad
arrivare i moschettieri che hanno il turno al mattino. Siamo soli,
nessuno ci disturberà!".
Grethel si guardò attorno, tesa.
Era quasi giunta alla
sua meta, presto avrebbe scoperto che fine aveva fatto l'assassino di
suo padre, presto avrebbe messo le mani su di lui... Uno strano misto
di impazienza e nervosismo si impadronì di lei. Non vedeva
l'ora di
aprire quei registri, trovare le informazioni che la interessavano e
poi sparire e compiere la sua vendetta! "Come entreremo nello
studio di De Treville?".
D'artagnan, nell'oscurità,
sorrise. "Te l'ho
detto, mi ha dato le chiavi! Posso venire quì quando voglio,
pensano
possa aiutarmi a ricordare e a guarire!".
La ragazza lo fissò
nell'oscurità. "Perchè fai
questo? Loro si fidano di te, sono tuoi amici... E rischi molto,
aiutandomi! Se venissi scoperto, come minimo ti sbatterebbero fuori
dal corpo dei moschettieri e rischieresti anche pene più
severe per
alto tradimento... Perchè lo fai per me, per una donna che
non ha
fatto altro che mentirti?".
A quelle parole, d'Artagnan
sussultò. Sapeva cosa
rischiava, li sapeva tutti quei pericoli appena elencati da Grethel.
E ancora di più, sapeva che i suoi amici sarebbero stati
delusi da
lui, che avrebbe ferito Constance e tutti quelli che lo amavano ma...
"Grethel, non lo sò! Ma voglio farlo, sento che DEVO farlo!
Non
so il perchè ma il mio istinto mi dice che quello che tu
cerchi, è
una cosa importante!".
Grethel parve confusa da quella risposta.
"Sei
strano, lo sai? Ma sei gentile, magari i tuoi amici fossero come
te...".
"Beh, i moschettieri non sono tutti come
pensi tu,
crudeli e senza ideali... Anzi, se li conoscessi, potrebbero stupirti
positivamente. Ricordo poco nulla del mio passato ma i miei amici non
mi lasciano mai, cercano di aiutarmi in tutti i modi, si stanno
prodigando per me in ogni modo, per farmi guarire!".
Grethel gli si affiancò, mentre
salivano gli ultimi
scalini che portavano allo studio del capitano. "Ascolta,
proprio per questo! Sei davvero sicuro di quello che fai? Se ti
scoprissero... perderesti i tuoi amici!".
D'artagnan camminò fino alla
grande porta in ebano,
aspettando alcuni attimi prima di risponderle... Mise la chiave nella
toppa e la girò piano... "Beh Grethel, ovviamente io SPERO
di
non venire scoperto! Non ho intenzioni suicide!".
A dispetto della tensione e dei sensi di
colpa che
l'attanagliavano, Grethel sorrise. Era bella in fondo quella
situazione... Era bello lui... Lui sapeva farla stare bene... Lui,
con il suo cuore puro, il suo coraggio, la sua semplicità...
Un
essere umano totalmente opposto a quello che lei era, un essere umano
incontrato per caso che aveva finito per renderla una persona
migliore... "Speriamo...".
D'artagnan annuì e poi
aprì la porta. Si trovarono nel
grande studio di De Treville, circondati da librerie, vecchi tomi,
scartoffie. Al centro stava la grande scrivania del capitano,
ordinata con il suo pennino e l'inchiostro in un angolo e alcune
mappe al centro.
Grethel si guardò attorno
stupita. Non era mai stata in
un ambiente tanto elegante, tanto sofisticato. Pareti dipinte dai
più
grandi pittori di Francia, affreschi, soffitti lavorati da abili
scultori... "Accidenti...".
"Grethel!". La voce di d'Artagnan la
richiamò
alla realtà. Il giovane stava davanti ad uno scaffale pieno
di
registri impignati fra loro. "Guarda, quì c'è
quello che
cerchi!".
Grethel annuì, mentre l'ansia
ricominciava ad
attanagliarla. "Bene, cominciamo a cercare! Che cosa troviamo su
questi registri, semplici elenchi di nomi o anche altre
informazioni?" - chiese, correndo vicino al compagno.
D'artagnan sfogliò un registro
preso a caso. "Beh,
direi che c'è qualcosa di più del semplice
nominativo. Ci sono
luogo e data di nascita e nome dei genitori! Credo che la persona che
cerchi, sia nei registri risalenti al primo decennio del secolo!".
Grethel fissò lo scaffale. I
registri erano tanti, ci
avrebbero messo ore a trovare quel nome! Charles De Batz De
Castelmore... "Come saranno catalogati, in ordine alfabetico?".
D'artagnan scosse la testa. "Non credo, De
Treville
aggiunge man mano i nomi dei nuovi cadetti e quindi, suppongo che
siano per ordine di arrivo nel corpo dei moschettieri!".
A quella notizia, Grethel
grugnì, esasperata. Se le
cose stavano così, era come cercare un ago in un pagliaio!
Quando
era diventato moschettiere quell'uomo? Non lo sapeva, non sapeva
nemmeno quanti anni avesse quando aveva ucciso suo padre!!!
"Dannazione, sei sicuro d'Artagnan?".
Il guascone annuì. "Certo che
sono sicuro,
guarda?". E prese dallo scaffale il penultimo registro,
prendendo a sfogliarlo. "Quì c'è il mio nome, lo
so perchè
quando De Treville mi ha parlato del mio arrivo, ha preso questo
volume! E' il penultimo e, considerando che sono moschettiere da
pochi anni, il mio nome è riportato alla fine della
raccolta!
Guarda!".
Grethel gli si avvicinò,
guardando con curiosità le
pagine che scorrevano davanti a lei, che d'Artagnan faceva correre
fra le sue dita, mentre cercava il suo nome. Infine... "Ecco,
guarda Grethel! Quì ci sono io! Sai, non l'ho mai visto! De
Treville
li legge ma non ce li mostra mai!".
La ragazza, incuriosita, gli prese il
registro dalle
mani. Era curiosa di vedere quei registri, come fossero tenuti. Ed
era curiosa anche, di sapere qualcosa in più sul suo giovane
complice...
Ma forse, a volte la curiosità
fa danni...
E forse, a volte il destino sa rivelarsi
crudele più
dei propri nemici...
Lesse...
"D'artagnan
De Batz De Castelmore, nato a Lupiac (Guaascogna) il 1 dicembre 1609.
Figlio del moschettiere Charles De Batz De Castelmore (nel corpo dei
moschettieri fino alla sua morte, avvenuta nel gennaio 1610) e di
Isabelle Chevreux".
Il cuore parve fermarsi a Grethel in quel
momento. No,
non poteva, non doveva essere così!!!
L'uomo che cercava, il moschettiere che
voleva trovare
ed uccidere era già morto!
E fra mille uomini che potevano essere il
suo
bersaglio... il suo nemico era proprio il padre del giovane che la
stava aiutando, inconsapevole di tutto!
D'artagnan... figlio di Charles De Batz De
Castelmore...
Non era possibile, era un incubo!!!
Il destino era stato crudele e subdolo...
Chiuse energicamente il volume, sbattendolo
con violenza
sul ripiano dello scaffale.
Era pallida, le mani le tremavano...
"Grethel, che c'è?" - chiese
d'Artagnan,
preoccupato per quel cambio d'espressione improvviso.
Grethel lo fissò, senza trovare
per alcuni attimi le
parole. E ora cosa doveva fare? La vendetta che per anni aveva
atteso, preparato... Il suo nemico era morto!!! E ora ne aveva
davanti il figlio!!! D'artagnan...
Che forse amava...
'Ma io ho promesso vendetta a mia madre...'
- pensò. E
alla fine decise! Avrebbe onorato la memoria dei suoi genitori,
vendicato la vita e la morte infame che avevano fatto, avrebbe
mantenuto fede alla sua promessa! Andando contro ai suoi sentimenti,
alla fiducia che quel giovane che stava rischiando tutto per
aiutarla, riponeva in lei, andando contro ai suoi stessi sentimenti.
"Nulla d'Artagnan, ho solo sentito un rumore..." - mentì.
D'artagnan sbatté gli ingenui
occhioni blu. "Davvero?
Non ho sentito nulla...".
Grethel gli sorrise. "Io sì e
forse per ora, visto
che la ricerca sarà lunga, è meglio che ce la
filiamo da quì!
Torneremo la notte prossima a fare quello che dobbiamo!".
Confuso da quel cambio di programma
repentino e dal
vederla così turbata, d'Artagnan non replicò e
con un cenno del
capò annuì, d'accordo con l'idea della donna.
"Ok, verrò con
te! Ma dovrò trovare una scusa anche domani sera allora, per
uscire
di casa. E temo che questo finirà per insospettire tutti
quanti...".
Grethel scosse la testa. "Non tornerai a
casa. Ci
nasconderemo nel casolare che sta nei boschi di Saint Jacques e
lì
aspetteremo il tramonto! E domani torneremo quì!". Lo disse
con
convinzione, come se non mentisse...
In realtà, i suoi piani
sarebbero stati altri...
D'artagnan da quel bosco non sarebbe mai
tornato!
E mentre loro scappavano nelle vie di
Parigi come
fuggitivi, Copì volava disperatamente verso casa Bonacieux.
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Capitolo 16 *** Come un buon padre... ***
Penultimo
capitolo!
Grazie
a
chi continua a seguire la storia e mi incoraggia con commenti
graditissimi!
Alla
prossima allora!
Come
un buon padre...
Il piccolo Jean correva nelle strade
deserte di Parigi,
mentre una timida e fredda alba si affacciava sulla città.
Il bambino era terrorizzato e preoccupato.
Il pappagallo
Copy era tornato dalla missione che il piccolo gli aveva affidato,
pedinare d'Artagnan, e ora era consapevole del fatto che il suo amico
era in compagnia della temibile Grethel. Per fortuna sapeva la meta
dei due, Grethel aveva detto a d'Artagnan che si sarebbero nascosti
nel casolare dei boschi di Saint Jacques. Ma per fare cosa?
D'artagnan era un maestro a cacciarsi nei guai e la donna con cui si
accompagnava non poteva che avere cattive intenzioni... Cercava un
uomo a Parigi e ora, grazie a Copy, sapeva anche il nome di
quell'uomo: Charles De Batz De Castelmore... Il padre di
d'Artagnan!!! E ora che Grethel sapeva chi era davvero il guascone,
che avrebbe fatto con lui? D'artagnan era in pericolo e Jean ne era
cosciente. Doveva chiedere l'aiuto dei moschettieri e doveva fare
dannatamente in fretta!
Il ragazzino arrivò, trafelato,
davanti alla casa di
Athos, la più vicina alla residenza Bonacieux. "ATHOS,
ATHOS!!!" - urlò, battendo vigorosamente la mano contro la
porta.
Dopo qualche istante, il moschettiere moro
comparve
sull'uscio. Mezzo addormentato ma già vestito e pronto per
il suo
turno mattutino come moschettiere. Athos, vedendosi davanti Jean,
assunse un'aria preoccupata e perplessa. "Ciao, che ci fai
quì
a quest'ora?".
Jean, ancora spossato per la corsa,
inspirò
profondamente e prese fiato. "Athos, d'Artagnan è nei guai!".
Il viso del moschettiere si
indurì. Che cosa era
successo ancora? Era preoccupato per il suo amico a causa
dell'amnesia e per come lo vedeva, smarrito e confuso... "Cosa
è
successo?".
Jean annuì. "Ieri sera se
n'è uscito di fretta e
furia, non dicendo a nessuno dove sarebbe andato! Era così
misterioso... Mi sono preoccupato e ho detto a Copy di seguirlo!".
"E allora?" - lo incalzò Athos.
Jean si aggrappò alle gambe del
moschettiere, disperato
e sull'orlo di una crisi di pianto. "E' con Grethel! Sono andati
di nascosto alla sede dei moschettieri perchè lei voleva
cercare
informazioni su un uomo che quella donna sta cercando, su un
moschettiere! Copy ha detto che hanno sbirciato negli archivi del
capitano e poi, di colpo Grethel è voluta fuggire con
d'Artagnan nei boschi di Saint Jacques, alla masseria!".
Athos si accigliò. Che cos'era
ora quella storia? Si
era beato nell'illusione che Grethel stesse a Parigi solo per
riprendersi d'Artagnan ma a quanto pareva, le cose erano più
complicate! "Chi starebbe cercando Grethel?".
Il viso di Jean si fece terreo. "Sta
cercando il
padre di d'Artagnan per vendicarsi di qualcosa... L'ha detto: Charles
De Batz De Castelmore!!! Quando ha guardato gli archivi ha letto le
informazioni riguardanti d'Artagnan, di colpo si è bloccata
e di
fretta, lo ha convinto a seguirla! Così, almeno, mi ha detto
Copy...
Quando lei ha scoperto che d'Artagnan è figlio dell'uomo che
cerca... è voluta fuggire con lui!".
L'ansia prese ad attanagliare Athos. Quella
storia non
gli piaceva per niente! Se il suo istinto non sbagliava, d'Artagnan
era nei guai! "Andiamo!" - ordinò a Jean, prendendo il suo
cavallo dalla stalla a fianco della casa e montandoci sopra.
Il bimbo annuì, salendo sul
cavallo insieme a lui.
"Chiamiamo gli altri?".
Athos scosse la testa. "Non c'è
tempo! Aramis e
Porthos vivono troppo distanti da quì! Ma il capitano
potrebbe
aiutarci ed è da lui che andremo! Vive a pochi isolati da
quì e a
quest'ora è ancora in casa!".
Jean spalancò gli occhi,
stupito. "Da De
Treville?".
Athos annuì. "Esatto!". Non era
solo
questione di vicinanza a casa sua. De Treville forse poteva aiutarlo
più di tutti perchè conosceva sia d'Artagnan che
suo padre e
quindi, probabilmente, anche Grethel. Non sapeva chi era quella
ragazza, non sapeva perchè cercava il padre di d'Artagnan e
nemmeno
cosa fosse successo. Ma confidava che De Treville invece ne sapesse
di più e riuscisse a sistemare la situazione.
E con Jean fra le braccia, Athos corse al
galoppo verso
la casa del capitano.
...
Grethel si sedette accanto a d'Artagnan,
sul fieno che
ricopriva un lato del casolare del bosco. Era taciturna e nervosa,
arrabbiata e frustrata. Il destino le aveva giocato un tiro mancino
tremendo ma sarebbe andata avanti... Era furente! Per anni aveva
cercato, inseguito un uomo ormai morto, senza che lei lo sapesse. E
poi aveva incontrato un giovane che era riuscito a farla innamorare
di lui e ad amarla davvero... Un giovane che forse sarebbe riuscito a
migliorarla e cambiarla... E aveva scoperto che quel ragazzo era
figlio del suo più acerrimo nemico!
Odiava farlo ma quella vendetta... doveva
essere
compiuta! Non ne avrebbe tratto gioia ma avrebbe almeno vendicato la
morte di suo padre e il dolore di sua madre...
La donna si voltò verso il
giovane seduto accanto a
lei. Ora inizava la recita, la menzogna... La parte più
difficile!
"C'è una dispensa quì, ho visto, all'entrata!
Potremmo
accedervi e berci un buon bicchiere di quel vino che sta sopra la
mensola, per festeggiare la nostra riunione!" - disse indicando
il luogo della stanza con i viveri e le bevande.
D'artagnan fissò la mensola coi
vini, titubante. "Ecco,
credo che quelli siano per i cacciatori che vengono quì col
re a
fare battute di caccia! Non credo che la prenderebbero troppo bene,
se aprissimo una di quelle bottiglie!".
Grethel ridacchiò. "Ah, sei
troppo un bravo
ragazzo! Non è stagione di caccia questa e non se ne
accorgeranno!
Quando torneranno quì sarà primavera e nemmeno
ricorderanno cosa
hanno lasciato quaggiù. I nobili sono così, hanno
talmente tante
cose che se ne dimenticano!".
D'artagnan sollevò le spalle. Un
bicchiere di buon vino
in fondo non faceva male a nessuno! Non era una cattiva idea... "Ok,
apro la bottiglia?".
Grethel si alzò, strizzandogli
l'occhio. "No,
faccio io! Lasciati servire... Devo pur sdebitarmi per quello che
stai facendo per me!".
Il guascone sorrise. "Non è
niente di
eccezionale!". Era vero, non lo faceva solo per lei ma anche per
se stesso... Per Grethel provava una strana, forte attrazione e stare
in sua compagnia lo inebriava...
La donna sorrise, poi si alzò.
Si diresse alla mensola,
prendendo una bottiglia di vino, due bicchieri e il cavatappi accanto
ad essi. Poi li appoggiò al tavolaccio all'angolo della
sala, dando
le spalle al guascone che così non poteva vedere le sue
mosse. Aprì
la bottiglia, facendo scorrere il vino nei bicchieri. Poi, senza
essere vista, tirò fuori da una tasca del suo vestito una
piccola
bustina bianca contenente una strana polverina grigiastra. La
versò
in uno dei bicchieri, aspettando che si sciogliesse. Si sentiva come
in tranche... Avrebbe compiuto la sua vendetta ma non lo avrebbe
fatto soffrire... Con quella polverina, con quel sonnifero versato
nel vino, lo avrebbe addormentato. E poi... avrebbe fatto tutto il
resto, senza che lui se ne accorgesse, senza che lui sentisse dolore.
Sarebbe stato un attimo, solo un attimo...
Infine sospirò, prese i
bicchieri e tornò dal
guascone. Si sedette accanto a lui, porgendogli il vino col
sonnifero. "Alla salute!" - sussurrò, seria, facendo
tintinnare il suo bicchiere contro quello di d'Artagnan.
Il ragazzo sorrise. "Alla salute! E a
noi..."
- aggiunse poi, dolcemente. Poi bevve il vino. Era buono, dal gusto
intenso, inebriante, dall'aroma fruttato. Dell'ottimo vino francese!
Grethel lo fissò silenziosa. Un
groppo le attanagliava
la gola e lo stomaco e sapeva perchè questo succedeva. Quel
giovane
non riusciva a vederlo come un nemico, odiava il doverlo tradire,
odiava se stessa per quello che stava per fargli... E amava quel suo
modo gentile di aiutarla, la sua dolcezza, la sua purezza... Ma
dannazione, non poteva tirarsi indietro, lo aveva promesso a sua
madre! E quella vendetta era la sua ragione di vita! 'Già...
e dopo
averla compiuta, però...?' - pensò.
Già, dopo che avrebbe fatto?
Osservò d'Artagnan sbadigliare e
poi stendersi sulla
paglia, rilassato e sereno. "Questo vino e la nottata in bianco
Grethel, mi hanno messo un sonno terribile!" - riuscì a
sussurrare, prima di cadere profondamente addormentato.
Grethel sorrise, tristemente. "Dormi amore
mio...
dormi... Fra poco... sarà tutto finito...". Lo
guardò
addormentarsi sempre più profondamente... Ora era davvero
giunto il
momento. Qualsiasi cosa avesse fatto, d'Artagnan non se ne sarebbe
accorto, non si sarebbe svegliato. "Perdonami, se puoi..."
- sussurrò, senza smettere di fissare quel sonno tranquillo.
Poi si alzò e si diresse alla
sedia dove aveva
appoggiato il suo mantello quando erano giunti lì insieme,
come due
fuggiaschi. Rovistò nella tasca ed estrasse un lungo pugnale
dal
manico dorato. Lo fissò intensamente, poi guardò
l'uomo che dormiva
steso sul fieno...
Un colpo solo, netto e preciso al cuore...
Non se ne
sarebbe nemmeno accorto, sarebbe bastato un attimo...
E la sua vendetta si sarebbe compiuta, i
suoi genitori
avrebbero ritrovato la pace e Charles De Batz De Castelmore sarebbe
stato finalmente punito.
Grethel si avvicinò a d'Artagnan
brandendo il pugnale,
come in tranche. Si inginocchiò accanto a lui, avvicinando
l'arma al
suo petto.
Ma proprio quando trovò il
coraggio di farlo, di
ucciderlo, la porta del casolare si aprì di colpo.
"FERMA!!!" - urlò la voce del
capitano De
Treville. L'anziano capitano entrò nella stanza, seguito da
Athos e
Jean.
Grethel si voltò verso di loro,
stupita ma
perfettamente pronta ad affrontarli. Non ci voleva quell'interruzione
e non si spiegava come mai quegli uomini fossero lì ma non
avrebbe
permesso loro di averla vinta. "E voi chi siete?" - chiese.
In realtà Athos lo ricordava, così come si
ricordava del piccolo
Jean. Ma l'uomo anziano, chi diavolo era? "State lontani o per
lui sarà la fine!" - minacciò, non allontanando
il coltello
dal corpo di d'Artagnan.
Athos fissò il compagno, riverso
sulla paglia. "Che
cos'ha?" - chiese allarmato, vedendolo privo di sensi.
Grethel lo guardò freddamente.
"Sta solo
dormendo... per ora!".
De Treville squadrò la ragazza.
Capelli neri come la
pece, occhi verde smeraldo, fisico snello e slanciato... Jean e Athos
gli avevano detto il suo nome... Grethel... Conosceva una Grethel una
volta, tanti anni prima... E sapere chi stesse cercando, aveva
confermato i suoi sospetti... Grethel Leroux... Dopo tanti anni, De
Treville se la trovava ancora davanti. "Io sò chi sei!" -
tuonò, mentre si avvicinava alla donna.
Grethel si alzò in piedi, pronta
a difendersi,
brandendo il pugnale. "Ho detto, lontani da quì!".
Ma De Treville non diede cenno di
ascoltarla, di
fermarsi, continuando a camminare verso di lei. Tanti anni erano
passati da allora, da quando l'aveva vista l'ultima volta, fra le
braccia della madre. Era solo una neonata in fasce allora... Piccola
e già orfana. Si ricordava di lei, si ricordava di suo padre
Anton.
Anton Leroux... Il suo più acerrimo nemico e antagonista di
gioventù. Lui e Charles, il padre di d'Artagnan avevano
lottato a
lungo, eroicamente contro di lui. Prima, giovani ragazzini in cerca
di avventure, poi uomini che lottavano per cause diverse. "Cosa
vuoi fare, ragazzina? Attaccarmi? Sono il capitano dei moschettieri,
dubito che se tu mi ferissi o uccidessi, ne ricaveresti
granché...
Stessa cosa se tu uccidessi uno dei miei uomini. Dammi retta Grethel
Leroux, uccidere d'Artagnan non ti porterà a nulla!".
Grethel sussultò. "Come diavolo
fate a sapere il
mio nome?".
De Treville annuì. "Io conosco
molto di te e
trovarti davanti ora... è difficile, credimi... Conoscevo
tuo padre
e conoscevo il padre di d'Artagnan che era il mio migliore amico.
Credo di sapere il perchè sei venuta quì, cosa
cerchi, perchè vuoi
ottenere vendetta... Ma ci sono tante cose che non sai e se mi vorrai
ascoltare, te le racconterò!".
Grethel sorrise, freddamente. "Non
riuscirete a
incantarmi con le vostre parole, mio 'caro' capitano...".
De Treville scosse la testa. "Testarda come
tuo
padre! E con la stessa lingua lunga... Ma più codarda!".
"Che volete dire?" - chiese lei, con ira.
Come
osava???
Il capitano fissò d'Artagnan,
riverso al suolo. "Tuo
padre combatteva alla pari coi suoi nemici, ci metteva la faccia,
rischiava... Combatteva per qualcosa che io invece cercavo di
difendere ma lo faceva con onore e coraggio. Di certo, non avrebbe
colpito a morte un uomo impossibilitato a difendersi...".
"State zitto!!!" - minacciò lei,
colpita da
quelle parole.
Ma il capitano non si fermò,
avvicinandosi ancora di
più a lei, mentre Athos e Jean si cominciavano ad allarmare
per la
vicinanza all'arma brandita da Grethel.
"Capitano!" - lo richiamò Athos.
De Treville si voltò verso di
lui. "Tu non ti
intromettere ora! Questa cosa la devo risolvere io!". Poi si
rivoltò verso Grethel. "Ragazza, conoscevo tuo padre come le
mie tasche. Era un combattente valoroso e forte, nonché un
ottimo
spadaccino. Ma era anche una testa calda che aveva fatto l'errore di
avvicinarsi a persone sbagliate che lo avevano portato a combattere
per cause sbagliate. Io e Charles eravamo suoi antagonisti, amavamo
sfidarci per vedere fin dove arrivava la nostra bravura con la spada.
Finché tutto cambiò... Quel rapporto di
odio-amicizia si inclinò
per sempre quando tuo padre entrò a far parte del gruppo che
attentò
alla vita del nostro re Enrico IV. Era il 1610, lo ricordo... E
allora i nostri giochi, le nostre sfide finirono. Come la nostra
giovinezza... Anton divenne nostro nemico e Charles lo
affrontò in
duello. Lo uccise perchè questo meritava chi attentava alla
vita di
un re! Tuo padre ha combattuto per ciò in cui credeva,
conoscendone
i rischi... Così come Charles!".
Grethel sussultò. Era la prima
volta che sentiva quella
storia... Non sapeva il perchè suo padre fosse stato ucciso
ma solo
che era morto inseguendo i suoi ideali. Ma in fondo non importava, il
capitano De Treville, tanto fedele alla corona, non poteva capire...
"Mio padre combatteva questo sistema corrotto, dove i nobili
vivono nel lusso più sfrenato e il popolo muore di fame!
Charles ne
era un degno membro, proprio come voi capitano! Avete ucciso un uomo,
un marito, un padre di una figlia appena nata! E non ve ne siete
preoccupati! Chi vi diceva che stavate dalla parte giusta? Chi vi
diceva che non fosse mio padre ad avere ragione?".
De Treville sospirò, mentre
avvenimenti lontani e
dolorosi si riaffacciavano alla sua memoria. "Nessuno può
dire
chi di noi avesse ragione, solo la storia potrà dirlo, un
giorno...
Ognuno di noi combatteva per quello in cui credeva Grethel, con
l'ardore e la passione giovanile che contraddistingue ogni ragazzo di
vent'anni. Charles conosceva tua madre e se ne era preoccupato dopo
la morte di Antoin. Voleva aiutarla perchè anche lui era
diventato
padre da poco e poteva comprenderne la disperazione ma lei
sparì da
Parigi dopo la morte del marito e di voi non abbiamo saputo
più
nulla...".
Gli occhi di Grethel si assottigliarono,
pieni di
rancore. "Cercate solo di difendere la memoria di un vostro
amico!".
Il capitano posò gli occhi su
d'Artagnan. "Non è
vero Grethel! Charles non era una cattiva persona, anzi, era il
migliore di tutti noi. E d'Artagnan ne è il degno figlio!
Stesso
cuore d'oro, stessa lealtà, stesso coraggio, stessa
abilità con la
spada... E non è nemmeno vero, come tu pensi, che io abbia
cattivi
ricordi di tuo padre. Lo conoscevo, lo conoscevo bene! E sapevo che
per te avrebbe desiderato il meglio Grethel! Forse proprio pensando a
te e al tuo futuro, ha fatto quello che ha fatto! BADA, non lo
giustifico! Ma comprendo perchè abbia agito così!
E' passato tanto
tempo Grethel e non puoi portare avanti questa tua lotta!
Perchè non
è la tua lotta! La battaglia è finita allora, con
la morte di
Antoin, con la morte di Charles poco dopo... Anche d'Artagnan
è
cresciuto senza genitori, sono stati i suoi nonni a tirarlo
sù,
facendone quello che è ora! Lui non c'entra con quella
storia, come
non c'entri tu!".
"State zitto!" - ringhiò
Grethel, vedendolo
avvicinarsi troppo a lei.
De Treville scosse la testa, avvicinandosi
ancora... Non
aveva paura di lei, di quel pugnale... Era come se Antoin stesso
l'avesse messo sulla strada della figlia, per impedirle di fare
quell'errore che le sarebbe costato caro. E appena le fu davanti, non
disse più nulla. A sorpresa alzò la mano,
colpendola con un forte
schiaffo sulla guancia che la fece cadere a terra e fece rotolare
lontano il pugnale.
De Treville la fissò
severamente, mentre Jean correva a
recuperare l'arma di Grethel. "Questo schiaffo Grethel, fa che
te l'abbia dato tuo padre! Se lui fosse quì, avrebbe fatto
lo
stesso, te l'assicuro! Pensi che sia morto lottando per una figlia
che potrebbe finire impiccata a poco più di vent'anni per
aver
ucciso un servitore del re? Credi che lui per te volesse questo? Una
vita di odio e rancore, passata ad inseguire i fantasmi del passato?
Era la SUA battaglia Grethel, non la tua! Tuo padre è morto
ma
ovunque lui sia... non vorrebbe vederti così! Per te voleva
una vita
felice, libera... Non aspirava certo ad avere una figlia assassina e
vendicatrice, che uccide solo per odio! I suoi ideali non sono i tuoi
Grethel! Vivi la tua vita lontano da quì, vattene e
ricomincia da
zero! E lascia in pace d'Artagnan, lui come te è innocente!
Non
permettere che le colpe dei padri ricadano su voi figli...".
Il tono di De Treville si era fatto
più dolce e la sua
voce pareva incrinarsi davanti ai ricordi e al dolore. Quella ragazza
avrebbe potuto essere sua figlia...
Grethel si massaggiò la guancia,
poi si rialzò a
fatica. Fissò d'Artagnan... Lui era innocente, era vero... E
forse
lo era anche lei... Quella vendetta! L'aveva inseguita senza sapere
davvero cosa fosse successo a suo padre, senza chiedersi il
perchè
di tante cose. Era vero! Cosa avrebbe ottenuto uccidendo d'Artagnan?
Sensi di colpa per sempre e una probabile condanna a morte. E suo
padre non poteva desiderare qualcosa di simile per lei! Ne sarebbe
stato deluso e amareggiato...
Calde lacrime presero a scorrerle sul
viso... E crollò
singhiozzando fra le braccia del capitano.
De Treville la abbracciò. Un
abbraccio paterno...
Quando Antoin era morto non aveva potuto aiutarla, ne lei ne sua
madre. Ora invece poteva saldare i conti lasciati in sospeso col
passato. "Piangi Grethel, piangi...".
"Mi denuncerete?".
De Treville scosse la testa. "No!
D'artagnan sta
bene e non avete fatto nulla di male! Ma per il suo bene,
sarà
meglio che tu...".
Grethel annuì. "Lo
sò... Che io me ne vada... Ho
stravolto troppo la sua vita!". Si voltò a fissarlo. Era
vero!
Sapeva che d'Artagnan aveva affetti, un amore a Parigi. Di cui non si
era mai interessata, di cui se n'era sempre fregata per raggiungere i
suoi scopi. Era stata ingiusta con lui mentre d'Artagnan era stato
dolce e puro, gentile e fiducioso. Sempre! Era ora di lasciarlo
stare, di farlo tornare alla sua vita. Avrebbe ricordato, sarebbe
tornato quello che era prima degli scontri di La Rochelle. Era ora
che anche lei finalmente, facesse qualcosa per lui... Anche se un
pensiero... "Cosa gli direte di me?".
De Treville sorrise. "La verità.
Che sei una
ragazza forte e che saprai ricominciare da capo la tua vita. E che
suo padre e tuo padre sono stati rivali e nemici ma che si sono
sempre rispettati. E che anche tu sei degna di rispetto come lui! E
che gli hai voluto bene!".
Grethel annuì. "Grazie... E
perdonatemi, se
potete...".
Si abbandonò ancora un istante a
quell'abbraccio
paterno che sempre le era mancato nella sua vita. De Treville era il
miglior rappresentate di quello che era stato un tempo. Un suo
abbraccio, le sue parole, erano quanto di più vicino a
quello che
era stato suo padre. E quell'uomo, le sue parole... Avrebbe
ascoltato. E voltato pagina alla sua vita!
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Capitolo 17 *** Ritrovare se stessi - Epilogo ***
EVVIVA!!!
Finalmente, dopo lunga epopea, sono arrivata alla fine di questa
storia! Grazie di cuore a tutti quelli che l'hanno seguita,
commentata, messa fra le seguite, preferite, ecc...
Scusate
ancora per i lunghi tempi di aggiornamento ma... si fa quel che si
può XD
Un
bacione
immenso a tutti tutti!!!
Presto,
proseguirò anche con l'altra storia! :)
Ritrovare
se stessi - Epilogo
Parigi al tramonto era deserta. L'autunno
era ormai
avanzato, il freddo si era impossessato dell'aria e le piante ormai
spoglie apparivano spettrali nella penombra della sera imminente...
La Senna continuava a scorrere placida,
tranquilla e la
città era avvolta dal silenzio a quell'ora.
D'artagnan camminava solo, immerso nei suoi
pensieri...
Si sentiva perso, senza una meta, senza un
passato, con
un futuro nebuloso davanti a se... Avrebbe voluto ricordare, tornare
ad essere quello che era sempre stato ma aveva la vaga sensazione che
anche se fosse successo, tutto sarebbe stato diverso.
C'era stata Grethel nella sua vita e,
amnesia o non
amnesia, con lei aveva vissuto momenti importanti.
Sapeva cosa era successo, glielo avevano
raccontato.
Si era svegliato confuso e con un gran mal
di testa nel
casolare raggiunto poche ore prima insieme alla ragazza. Ma lei non
c'era e al suo posto si era ritrovato davanti il capitano De
Treville, Athos e Jean.
Che gli avevano raccontato tutto, che
avevano dato
finalmente un perchè e un senso logico a tutto quello che
gli era
successo negli ultimi tempi. Aveva appreso cose di un passato che
nemmeno conosceva prima dell'incidente, aveva scoperto la storia di
suo padre, del padre di Grethel e di cosa li avesse divisi e alla
fine travolti.
E aveva appreso anche i veri piani di
Grethel... Se De
Treville non fosse arrivato in tempo, forse sarebbe morto.
Forse...
Ma non riusciva a crederci fino in fondo!
Davvero
Grethel lo avrebbe fatto se non fosse stata interrotta? Davvero lo
avrebbe ucciso, dopo quello che c'era stato fra loro? Non ne era
certo... Ma sperava, credeva che la sua mano si sarebbe fermata un
millimetro prima di colpirlo... Una stupida speranza... A cui
però
voleva credere più di qualsiasi altra cosa!
Sapeva cosa De Treville le avesse detto,
glielo avevano
raccontato... Sapeva delle sue lacrime, del dolore che si era portata
dietro per tanti anni e ora gli sembrava di conoscerla ancora
meglio... Sapeva, intuiva perchè se ne fosse andata senza
salutarlo.
Tutto sarebbe stato troppo difficile per lei, ora... E anche per lui!
Non l'avrebbe più rivista...
Il suo cuore soffriva al solo pensiero.
Forse immaginava
perchè si sentisse così legato a lei.
Inconsciamente, le esistenze
di entrambi erano legate da un passato che non apparteneva loro ma
che aveva comunque condizionato la vita di tutti e due. E per un
capriccio del destino o forse per volere di qualcuno che da
lassù li
vegliava, le loro strade si erano intrecciate. Per risolvere quanto
lasciato in sospeso tanti anni prima fra i loro padri... Nessun odio,
nessun dolore avrebbe mai più tediato le vite di quelle due
famiglie. Ora lui e Grethel potevano costruire il loro futuro
serenamente, senza più legami dolorosi col passato,
lasciarsi tutto
alle spalle ed essere felici.
Già, felici...
D'artagnan non si sentiva felice al
pensiero che non
l'avrebbe rivista mai più! Si sentiva vicino a quella
ragazza, si
sentiva attratto da lei, dalla sua bellezza, dal suo sguardo
profondo. Anche se era cosciente che la sua vita fosse lì, a
Parigi.
Che in quella città ci fossero i suoi più grandi
affetti... Che il
rapporto con Grethel non era stato QUASI MAI sereno e sincero...
Però...
Cosa avrebbe fatto ora? Se almeno avesse
ricordato,
avrebbe potuto forse avere più il polso della situazione,
forse la
sua mente sarebbe stata meno annebbiata... Forse avrebbe ritrovato se
stesso... Un se stesso cresciuto, forse cambiato, sicuramente
maturato! Un se stesso che avrebbe saputo qual'era il suo posto nel
mondo! Come, sperava, sarebbe riuscita a fare anche Grethel prima o
poi...
Improvvisamente una figura si
parò davanti a lui...
D'artagnan si arrestò, restando
a fissarla. Era una
figura conosciuta, lunghi capelli biondi, fisico snello, occhi
azzurri. "Constance?". Che ci faceva lì?
La ragazza lo raggiunse, con aria
preoccupata.
"D'artagnan, finalmente ti ho trovato!". Era stata in
ansia... Già una volta era sparito, con Grethel! E
l'eventualità
che se ne andasse di nuovo, alla sua ricerca, era tutt'altro che
remota!
D'artagnan la fissò confuso.
"Eri preoccupata?
Perchè?".
Constance sbuffò, vagamente
alterata. "E' tardi!
Dovresti smetterla di sparire senza dire dove vai e quando torni!".
Il guascone abbassò lo sguardo.
Era vero, lei aveva
ragione! E lui era ingiusto! Constance non faceva altro che
preoccuparsi per lui... "Scusa... E' che vorrei stare solo a
volte, per pensare...". Scusa sciocca, sciocca giustificazione,
lo sapeva che la stava ferendo! Ma non sapeva che altro dire! Da
quando era tornato, non riusciva a starle vicino! Sensi di colpa,
dolore, confusione! Era pessimo con lei!
A dispetto di tutto, Constance sorrise. "Lo
so cosa
provi! Te l'ho detto, ci sono passata anche io un pò di
tempo fa! E
non ne sarei uscita se non fosse stato per te!".
D'artagnan scosse il capo. "Non
è la stessa cosa e
tu lo sai! Tu non hai mai tradito te stessa, io si! E ho tradito
te!". Era vero, inutile fare troppi giri di parole! Sapeva, gli
avevano raccontato cosa lo legasse a Constance. Lo sapeva benissimo
anche quando era fuggito via con Grethel... E lo aveva fatto lo
stesso!
Constance abbassò lo sguardo,
sconfitta. "Non ti
voglio trattenere quì con la forza e se vuoi andare da
lei..."
- strinse i pugni – "sei libero di farlo! Ma so cosa voglia
dire per te essere un moschettiere, so chi sei davvero e... cosa
siamo noi due davvero! Quindi, prima di prendere qualsiasi decisione,
vorrei solo che tu ci pensassi bene! Perchè un giorno
potresti
pentirtene!".
D'artagnan le sorrise. Constance aveva un
modo di amarlo
puro, semplice, disinteressato. Lei era preoccupata solo che lui
stesse bene e non gli chiedeva niente in cambio... Era così
diversa
da Grethel e sapeva che lei era una persona importante per lui. Anche
senza ricordi, accanto a lei provava un miscuglio di sensazioni forti
che non sapeva ancora definire ma che erano comunque indubbiamente
piacevoli... Per questo faceva fatica ad averla vicina. Ne era
attratto ma si sentiva in colpa per quello che provava anche nei
confronti di Grethel! Però... Quei capelli biondi... Quanto
li aveva
sognati, mentre era a La Rochelle? Senza sapere di chi fossero,
nonostante tutto quello che stava vivendo, non li aveva dimenticati!
"Sai, se me ne fossi voluto andare, lo avrei già fatto!
Grethel... è importante per me ma... anche se non ricordo...
so che
la mia vita è quì, con te, con i miei amici, con
i moschettieri! E
so che amo te e quello che sei... Vorrei ricordare, vorrei sapere,
vorrei avere con te il rapporto di prima e so che devo avere pazienza
per guarire! E so anche che se me ne andassi... il tuo ricordo mi
tormenterebbe per sempre, più del ricordo di Grethel. A La
Rochelle
io vivevo nel buio più totale, senza ricordi! A parte... la
tua
figura che mi appariva spesso in sogno, lontana! E i tuoi capelli
biondi, quelli mi venivano sempre in mente! E non sarebbe successo se
tu... non fossi tanto importante per me! Te lo assicuro!".
Constance sussultò a quelle
parole. Rendendosi conto
solo in quel momento di quanto avesse desiderato sentirle. Era tanto
stanca di essere preoccupata, di essere forte a dispetto di tutto...
Si avvicinò a lui e lo strinse fra le braccia.
D'artagnan ricambiò l'abbraccio,
stringendola forte,
ispirando il profumo dei suoi capelli... Lo sapeva, il suo istinto lo
gridava. Avrebbe ritrovato se stesso con lei accanto. Un amore
diverso da quello travolgente e passionale vissuto con Grethel ma
altrettanto forte, altrettanto intenso... "Constance... io...
voglio ricominciare con te!" - sussurrò, avvertendo la
tensione
che lo aveva attanagliato fino a poco prima, abbandonarlo, lasciando
spazio alla pace.
Constance sorrise. Si alzò in
punta di piedi, raggiunse
il suo viso e lo baciò a lungo, sulle labbra. Un bacio
profondo.
L'inizio di una nuova vita. "Si, ricominciamo d'Artagnan!"
- sussurrò, fra un bacio e l'altro.
Il guascone la strinse più forte
a se, baciandola di
nuovo. Era strano ma quel semplice tocco, quel semplice e dolce
contatto... faceva apparire tutto più facile, più
chiaro.
E finalmente gli sembrò che la
nebbia nella sua anima
si stesse finalmente per diradare.
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