Il nostro grande sogno

di Amily Ross
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi siamo, come siamo, e... ***
Capitolo 2: *** Una lettera molto speciale ***
Capitolo 3: *** Un giorno come tanti...o meglio non proprio... ***
Capitolo 4: *** Festa a sorpresa (tra gioia e tristezza) ***
Capitolo 5: *** La partita ***
Capitolo 6: *** La villa in tutto il suo splendore ***
Capitolo 7: *** Uno strano episodio ***
Capitolo 8: *** La vera storia di quel giorno ***
Capitolo 9: *** Delle mitiche vacanze ***
Capitolo 10: *** Il liceo, tante novità e i mondiali U.16 ***
Capitolo 11: *** Una stupenda finale ***
Capitolo 12: *** Complimenti speciali ***
Capitolo 13: *** Sogno nel Cassetto ***
Capitolo 14: *** La Primavera della Juve ***
Capitolo 15: *** Tra scuola, allenamenti, e partite ***
Capitolo 16: *** Gli intervanti ***
Capitolo 17: *** Una stupenda stagione ***



Capitolo 1
*** Chi siamo, come siamo, e... ***


Chi siamo, come siamo,e.....

 

 Questa è la storia del nostro gruppo, siamo degli amici proprio inseparabili. Viviamo a Torino, il nostro rapporto è davvero molto speciale, perché ci conosciamo praticamente da sempre, inoltre siamo anche legati da alcune parentele in quanto: Tommaso Basile è cugino di Oliver Baggio (fratellino del grande Roby Baggio). Holly è il mio miglior amico, io sono Benjiamin Del Piero, (nipote del grande Alex Del Piero), sono anche cugino di Patrick, Julian e Tony Ross che a loro volta sono gemelli.

  Inoltre siamo anche compagni di classe, frequentiamo la 3°media, nella scuola privata "S. Françis" e facciamo anche parte della squadra di calcio scolastica riconosciuta a livello agonistico, il nostro grande sogno è diventare calciatori professionisti e giocare tutti insieme in una grande squadra e perché no anche in nazionale!

  Io: sono il portiere sono un ragazzo simpaticissimo, senza peli sulla lingua, mi comporto di conseguenza alle persone, infatti con quelle a cui tengo sono molto dolce, simpatico ed estroverso, mentre con quelle a cui tengo meno divento un po’ distaccato e presuntuoso, dando spesso l'aria di essere asociale e sentirmi un po’ montato, ma chi mi conosce bene sa che non sono così, ma che in realtà sono la persona più sincera che si possa conoscere della quale fidarsi ciecamente.

  Julian, è un attaccante davvero molto bravo, ma un po’ sfortunato, perché purtroppo è nato con una malformazione cardiaca congenita che gli impedisce di giocare una partita intera, questa è una cosa che a lui fa molto male anche, perché non riesce a dare il 100% delle sue capacità, ma nonostante ciò non si arrende e lotta con tutte le sue forze, molto spesso va oltre i suoi limiti, ma non perché vuole dimostrare qualcosa a qualcuno, ma semplicemente perché, vuole sostenere la squadra nei momenti di difficoltà. Lui è un ragazzo simpaticissimo, dolcissimo,affettuoso, sensibile e anche un pochino timido, ma quando prende confidenza dimentichi completamente della sua timidezza.

  Patrick, è il centrocampista, è un ragazzo simpatico, protettivo e dolce, anche se con l'aria da duro che assume non sembra sia così, ma se fanno qualcosa a qualcuno che conosce diventa una bestia soprattutto se si tratta di suo fratello Julian. 

  Tony, è il difensore, è un tipo molto simpatico, ma anche un tipo molto chiuso e riservato, in quanto tende a mettere un muro tra se e le persone con cui passa meno tempo ma che conosce da parecchio.

  Holly, oltre ad essere il mio miglior amico è anche il nostro capitano e la 1°punta della squadra, è un ragazzo simpatico, sensibile e anche un po’ esigente ma rispetta i limiti dei compagni, non sopporta l'ipocrisia, se ha qualche problema con qualcuno cerca di risolverlo subito perché odia tenere musi lunghi.

  Tommy è la 2°punta, no sta mai fermo parla sempre, dice tutto ciò che no gli va giù, odia le critiche e le prese in giro, ma nonostante sia un gran chiacchierone è davvero molto simpatico, anzi è il buffone del gruppo, colui che ci trascina nei momenti di pazzia, la cosa che però lo rende insopportabile è che alcune volte diventa un tantino logorroico, anche se infondo e molto timido. 

  Per quanto avete capito tra di noi non ci sono segreti, condividiamo tutto dalle cose materiali a quelle immateriali, inoltre tra scuola, allenamenti, partite e vita privata siamo sempre insieme e quando qualcuno di noi ha un problema ci facciamo in quattro per risolverlo.
Era novembre la scuola era cominciata da appena due mesi, la squadra andava molto bene...ma purtroppo Julian era fuori per motivi di salute infatti poverino si trovava in ospedale per via di quel suo cuore capriccioso.

[....] 

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Capitolo 2
*** Una lettera molto speciale ***


 

Una lettera molto speciale

 

Torino,16/11/2000

h. 15:30 circa

 

Ciao Julian....! =)

 

Come stai? Speriamo meglio. Siamo le squadre della scuola e insieme ai nostri allenatori abbiamo deciso di scriverti queste righe, per farti sapere che noi e tutta la scuola ti stiamo vicini, in questo momento un pò difficile.

Ci troviamo tutte tre squadre in palestra, perchè come tu sai oggi è giorno di allenamenti, che per l'occasione sono stati rimandati a domani, appunto perchè oggi abbiamo deciso di scriverti questa lettera...ophs...scusa non mi sono ancora presentata....che sbadata...comunque sono una ragazza della squadra di pallavolo, mi chiamo Amy, gli allenatori hanno dato a me l'incarico di scriverti a nome di tutti. È da molto che non vieni a scuola, oramai sono quasi due settimane, quando ti operano...?

July, non ti preoccupare, non aver paura, non ti scoraggiare, perchè noi sappiamo di poter contare su di te e tutti quanti speriamo di riabbracciarti al più presto....!

Qui è tutto noioso...beh del resto siamo a scuola il nostro peggior INCUBO. Sai nell'aria si sente che manca qualcosa, o meglio qualcuno e cioè un ragazzo speciale proprio come te, noi, anche chi non ti conosce di persona siamo tutti un pò tristi...a me ad esempio: manchi tantissimo anche se non ti conosco di persona, in questo momento vorrei che tu fossi qui vicino a me e poterti stringere tra le mie braccia....ophs mi sto dilungando un pò troppo sul personale....perchè questa è un'altra storia e verrà raccontata in un altro momento....! xD

Fra un pò c'è la *Fiera di Natale* che la scuola organizza ogni anno per vendere gli oggetti dei laboratori artistici....speriamo non manchi nessuno(naturalmente mi riferisco a te). La squadra di basket va alla grande, lo stesso quella di pallavolo, e anche quella di calcio...anche se....!

Ah...stavo quasi per dimenticarmelo come al solito i tuoi compagni di classe hanno avuto l'ennesimo rapporto perchè Benji e Holly durante tre ore di buco di lettere hanno deciso con la collaborazione di Patrik, Tony, Tommy, Jeson, Jeims e Bruce di unire i banchi e si sono messi sopra di essi a giocare con un pallone fatto di carta e scotch, facendo una tale confusione che attirò l'attenzione di quell'antipatico del signor Stefano, il quale li ha portati tutti in presidenza, ma come al solito ognuno cerca di toglier le colpe all'altro e il preside si è stancato di questo loro giochino di discolparsi l'uno con l'altro e Benji e Holly si sono assunti tutte le colpe prendendosi la punizione per tutti, ma per fortuna non hanno preso provvedimenti seri, perchè alla fine il nostro preside "pinguino" (Come lo chiamiamo affettuosamente noi ragazzi perchè indossa sempre lo smoking) è stato buono....!

 

Ciao da: I tuoi compagni di classe:

Bruce, Luca, Vicky&Giovy, Jeson&Jeims, Simone, Stefano, Manuel, Norman, Lulù, Alexxia, Jexy, Gaia, Simo, Marika, Chiara, Giulia, Holly, Ralph, Tommy, tuo cugino Benji, i tuoi gemellini Patrik&Tony.

 

I tui amici della II°N:

Ivan, Giorgio, Gabriele, Alissa, Serena, Katia, Erik, Rossana e tutti gli altri.

 

Tutta la mitica squadra di calcio....

 

 

Quella di pallavolo e quella di basket....

 

Pallavolo: Amy, Patty&Genny, Evelyn, Giorgia, Sabry, Melany, e tutte le altre ragazze che ne fanno parte....!

 

Basket: Chris, Ryan, e tutti gli altri...!

 

Tutti i tuoi professori, gli allenatori, in particolare quello della squadra di calcio...non che tuo zio..., Alex Del Piero, Roby Baggio, Gigi Buffon, tutti quelli che ti conoscono...e tutto il resto della scuola...!

 

IL PRESIDE

Orazio Pusateri

LA VICEPRESIDE

Margherita Busalacchi

 

 

 

T.V.Tutti Quanti 
Tantissimo,
tantissimo,
 tantissimo, BENE....!

               By la mitica:

 

3°N(e anche tutti gli altri)

 

 

 

P.s. Al tuo ritorno faremo una grande 
=DFESTA=D tutta quanta per te...

   =) =D =)

...rimettiti presto ti aspettiamo tutti con ANSIA...!

 

P.s.Siamo le tre squadre, sappi che cercheremo di vincere tutte le partite e le vittorie saranno dedicate a te...!

[...]

Passarono circa altre due settimane, finalmente Julian uscì dall'ospedale, stava molto meglio. La festa che avevamo organizzato per lui fu un vero successo; lui era rimasto contento da questa nostra iniziativa, e ora finalmente poteva tornare anche lui alla "vita normale" e riprendere anche ad allenarsi un po'

Ringrazio tutti coloro che hanno letto questo primo capitolo della mia ff, spero che anche questo sia stato di vostro gradimento, dal prossimo si entra nel vivo della storia..xD 
In particolar  modo ringrazio 
sissi149 x la sua recensione, ti aspetto al prossimo capitolo ^^ un bacione a tutti Amy

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Capitolo 3
*** Un giorno come tanti...o meglio non proprio... ***


Un giorno come tanti...o meglio non proprio...
 

 Era un giorno come tanti altri, quando arrivai a scuola, erano circa le 7:55. Come ogni mattina posteggiai il mio motorino nel parcheggio della scuola riservato agli alunni, mi stavo recando nell'aria di ritrovo dove tutte le classi attendono i professori per salire in aula in quell'istante sentì una voce familiare, mi girai: «Aspettami!» credevo di averla immaginata, invece no era Holly.
 
Mi resi subito conto che in lui c'era qualcosa che non andava e sapevo anche di cosa si trattava, ma feci finta di niente; aspettai che mi venne vicino ci salutammo, «Buon compleanno!» gli dissi abbracciandolo e con voce un po’ malinconica. «Beh grazie, ma sai quanto odio questo giorno, oggi sono due anni che è morto, ieri sera alla T.V. c'era il suo film preferito e ci siamo messi a parlare di lui.»
 
Detto questo i suoi occhi trabboccarono di lacrime. (Già, oggi non era solo il suo compleanno, ma anche l'anniversario della morte di suo padre, il quale era stato stroncato da un infarto mentre tornava da lavoro e ci stava raggiungendo alla villa della famiglia Baggio dove stavamo festeggiando appunto l'undicesimo compleanno di Holly). «Ti ricordo che tuo padre diceva sempre che non  bisogna mai piangere e credo non vorrebbe vederti piangere per lui, dai non ci pensare, piuttosto pensa che si trova in un posto migliore di questo e che ti sta sempre vicino.»gli dissi ancora per consolarlo.
 
  Parlando non c'eravamo resi conto che si erano già fatte le 8:10, di corsa raggiungemmo l'aria di ritrovo, ma i nostri compagni erano già saliti con il professore di ed. fisica cioè mio padre. (In realtà lui non è un professore, ma bensì un allenatore di calcio che allena le squadre scolastiche. I ragazzi che fanno parte della squadra si allenano anche durante le ore di ed. fisica, è ovvio però che non è solo la mia classe a far parte della squadra, infatti è formata da tutto il  corso "N". Quando abbiamo lezione in palestra, ci ritroviamo tutte tre le classi giù, grazie al nostro preside che ha fatto in modo da combinare l'orario di uso della palestra in questo modo, coloro che fanno parte della squadra si allenano, mentre le ragazze che ovviamente non ne fanno parte svolgono l'ed. fisica con un altro professore, quando invece rimaniamo in classe a fare teoria ci dividiamo in due classi, noi studiamo tattiche, strategie, formazioni, ecc. mentre le ragazze che dovrebbero fare la classica teoria della materia si mettono a parlare e scherzare con il loro professore che oltre ad insegnare è anche istruttore di nuoto quindi lascio immaginare a voi la loro reazione. Comunque questo regolamento vale anche per la squadra di basket la quale si trova nel corso "E", e per quella di pallavolo che si trova nel corso"A").
 
Conoscendo mio padre e sapendo che tipo è corremmo immediatamente in classe, per fortuna si era svegliato di buon umore, altrimenti sarebbero stati guai. Ci guardò per un momento e poi disse: «Forza andatevi a sedere prima che me ne penta!» (Mio padre è un uomo sia duro che non si lascia intimorire da niente e da nessuno, sia anche abbastanza dolce e simpatico e nonostante a volte cioè molto spesso litighiamo gli voglio un gran bene anche se dico sempre il contrario). Dopo aver fatto l'appello cominciò la lezione, avevamo due ore di teoria per mettere a punto gli schemi per la partita di domani.

  Le sette ore scolastiche passarono velocemente; ma non per noi, infatti,  uscivamo alle 18:00, per via degli allenamenti I quali si svolgevano dalle 15:30 alle 17:30. Holly continuava ad essere giù, se n'erano accorti praticamente tutti compreso mio padre, tanto che su dieci tiri piazzati sei li ho parati, due sono finiti sul palo esterno e gli altri due non sono neanche arrivati perché li ha tirati troppo piano e tutto ciò è veramente molto strano perché lui è uno dei pochi che conosce i miei punti deboli e riesce a farmi goal, dopo Holly toccava ad Erik.
 
Mio padre lo chiamò in disparte, «Cosa ti succede, è da questa mattina che ti osservo e quasi mi sembra di non conoscerti, se c'è qualche problema, se è successa qualcosa con i ragazzi sai che puoi  parlarmene!»gli disse una volta che l’aveva raggiunto «Non è niente, tutto a posto, solo che oggi non mi sento tanto bene. Tutto qui!» rispose lui, cercando di essere più convincente possibile, si rattristò, ma cercò di trattenere le lacrime «Posso andare adesso?» disse in fine sospirando.
 
 Mio padre nel frattempo aveva calato lo sguardo sul registro, «No, non puoi andare, piuttosto dimmi una cosa, sarà che mi  sbaglio, ma per caso c'entra qualcosa che oggi è il 20 aprile?» disse dopo aver riflettuto un attimo. Lui non disse nulla e silenziosamente cominciò a piangere, «So che giorno è oggi, so anche come ti senti, tuo padre manca molto anche a me. Ti ricordo che era il mio miglior amico; ma nonostante ciò continuo ad andare avanti, anche senza di lui. Holly devi cercare di essere forte, perché anche se  non lo vediamo lui è sempre qui vicino a noi, e poi è anche il tuo compleanno, non puoi rovinartelo cosi ogni anno della tua vita.» disse mio padre avvicinandosi a lui e abbracciandolo.

  Holly si asciugò le lacrime e accennò un leggero sorriso, mentre sul viso di mio padre scese una lacrima. (D'altra parte Vincenzo manca tanto a tutti quanti). «Dobbiamo essere forti, l'hai detto poco fa tu!» disse Holly  accorgendosi della lacrima scesa sul viso di mio padre, e lo abbraccio a sua volta, e scoppiarono entrambi a ridere.

  Erik mi aveva fatto 3 goal su 10, non male per un difensore, intanto si erano già fatte le 17:00 e con mezz'ora di anticipo mio padre sospese l'allenamento e ci mandò tutti nello spogliatoio...

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Capitolo 4
*** Festa a sorpresa (tra gioia e tristezza) ***


Festa a sorpresa (tra gioia e tristezza) 
 
   

   Mio padre invece si infilò in ufficio e chiamò a casa di Holly.  «Ciao Freddy, come và?» rispose Maggie sua madre; lui stette zitto un istante poi disse: «Dovrei essere io a chiederti come và?»  «Beh! Certo non benissimo, ma cerco di essere forte per i ragazzi! Comunque cosa volevi dirmi?» Rispose lei, «Beh, a proposito di questo discorso, volevo dirti che oggi Holly è stato tutto il giorno triste pensando a Vincenzo!» disse mio padre.  «Lo immaginavo, questa mattina neanche voleva venire a scuola, capisco benissimo come si sente suo padre manca tanto anche a me! Comunque Roby, Alex, Fabry, Gigi e Chiara (mia madre) hanno organizzato una piccola festicciola al ristorante da tua madre, d'altra parte è pur sempre il suo compleanno!»disse la donna sospirando. «Ok, allora parlo con i ragazzi e gli dico di tirarlo un po' su di morale!» Rispose mio padre,  «Si perfetto punta sulle battute di Tommy, a dopo ciao.» Disse ancora Maggie avviando la conversazione ai saluti,  «Ok, a dopo ciao!» Rispose mio padre ricambiando i saluti, riattaccò il telefono e venne nello spogliatoio per dire a Tommy ciò che gli aveva detto sua zia, ma non ci fu neanche bisogno di aprir bocca, perché Holly rideva come un matto, grazie al cugino che aveva cominciato a fare lo scemo di sua spontanea volontà. 
                                                    
  Mio padre tornò nell'ufficio della palestra, noi sei invece raggiungemmo il resto della squadra che stava già facendo la doccia, Holly era tornato quello di sempre, Tommy affiancato da Erik (l'altro buffone del gruppo) continuava a fare lo scemo.

  Finita la doccia ci vestimmo, sistemammo i borsoni e tornammo in palestra ad aspettare che si facevano le 18:00, parlavamo del più e del meno, quando all'improvviso; «Ragazzi domani vi va di andare alla villa di mio padre?» disse Holly riferendosi a noi cinque.
 
  Intorno piombò il silenzio, i nostri sguardi si fecero perplessi, «Scusa ma a fare cosa? Sono due anni circa che nessuno mette piede li dentro. Comunque per me va bene!» Rispose Tommy.  «Voglio sistemarla in modo da poterci andare quando mi va, anche con mia madre e mio fratello...In fondo è proprio un peccato abbandonarla, in essa abbiamo anche tantissimi bei ricordi!» Tutti insieme gridammo: «Siiiiiiiiiii..!» (Ero felice che l'aveva presa così almeno non era più triste).
 
  Nello stesso istante, mio padre ci aveva sentito esultare ed uscì dall'ufficio, «Bravi ragazzi, questo è lo spirito giusto per una partita importante come quella di domani!» Noi non volevamo svelare il motivo del nostro entusiasmo perché si sarebbe arrabbiato e non ci avrebbe permesso di andare alla villa,  «Siiii...Daremo il massimo per questa partita!» gridammo in coro, e anche tutta la squadra si unì al nostro grido.

    Tornammo a casa a riposarci un po', verso le 20:30 ci ritrovammo al ristorante di mia nonna per festeggiare i 13 anni di Holly, il quale si divertì un mondo, la festa finì intorno 01:00 di notte.
 
   L'indomani alle 08:00 eravamo già fuori; infatti come stabilito ci trovammo di fronte la scuola, chiusa, perché in essa vi è la settimana corta e quindi il sabato non ci sono lezioni. 
 Tutti in sella ai nostri scooter e via verso l'avventura, giunti a destinazione ci sentivamo un po' spaesati, erano due anni circa che non mettevamo piede lì. 
 
  Si trattava di una suntuosa villa settecentesca ultimata nel 1917,  circondata da un parco sconfinato delimitato da un'imponente cancellata in ferro battuto abbellito da riccioli e decorazioni. Holly era un cocktail di felicità e tristezza, ma si fece forza deglutì e finalmente aprì la porta, una volta dentro attaccammo la corrente e ci guardammo intorno; sembrava una casa stregata di quelle che si vedono nei film: era tutto polveroso, fuori posto, i divani erano ricoperti da teli bianchi e tutto ciò dava un'impressione un po' tetra. 

  Ma ci sentivamo comunque a casa, così ci rimboccammo le maniche, ci dividemmo in due gruppi: Patrick, Tony e Tommy cominciarono a pulire la mansarda, io, Holly e Julian cominciammo a pulire il 2°piano, il quale si estendeva su un lunghissimo corridoio, sulla sinistra c'erano le 10 porte delle camere da letto dipinte di bianco e azzurro, tra una porta e l'altra vi erano affreschi e specchi incorniciati da stucchi dorati.
 
  Tutte le camere da letto avevano il bagno al loro interno, sulla parte destra del pianerottolo vi erano altri quadri e vasi con piante. 

  Il tempo passò molto velocemente senza rendercene conto, prendemmo i motori e ci avviammo verso casa.

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Capitolo 5
*** La partita ***


La partita

 
   Circa alle 15:30 ci trovammo al campo della scuola per la partita, eravamo nello spogliatoio a vestirci e mettere a punto gli ultimi dettagli; mentre mi stavo allacciando gli scarpini girando i lacci alle caviglie, sentì una fitta a quella sinistra, pensai di aver stretto troppo il laccio, lo allentai: ma non cambiò nulla, mi tolsi lo scarpino e il calzettone e guardando la caviglia insieme ad Holly ci rendemmo conto che era un po’ gonfia, ci guardammo negli occhi «Lo sai che siamo nei guai vero?» esclamò lui. «Si lo so!» risposi abbassando lo sguardo, «Ti fa così tanto male da non poter giocare?»mi chiese Holly poggiando la sua mano sul mio braccio. «No, non tantissimo! Anche se temo che giocando il dolore aumenti, ma non ho altra scelta devo giocare per forza sono l'unico portiere disponibile.» risposi sospirando.
 
Holly mi spruzzò un antidolorifico sulla caviglia e me la fasciò, era un segreto di spogliatoio visto che c'era tutta la squadra al completo e per -fortuna- non c'era mio padre.

   Giunti in campo si cominciò a giocare, il 1°tempo era nostro conducevamo la partita per 2-0, visto che io non ero nella mia forma migliore con i miei compagni avevamo deciso di giocare con il centrocampo arretrato in difesa; per non fare avanzare troppo i nostri avversari, mantenere il vantaggio e non affaticarmi troppo, così avrei potuto reggere tutti i 90°minuti di gara. Nonostante la difesa rafforzata ero esausto, non riuscivo più a tenere il piede per terra. Fortunatamente l'arbitro fischiò la fine del 1°tempo.

  Una volta dentro lo spogliatoio mi buttai sulla panchina, i miei compagni mi vennero vicino, «Adesso che si fa?» disse Holly in quanto capitano «Non ne ho idea.»risposi stringendo i denti per il dolore.

 Finita la frase si spalancò  la porta; era mio padre al quale non sfugge nulla, infatti: si era accorto che avevamo cambiato la strategia studiata in classe e per di più che la caviglia mi dava fastidio; «Cosa diavolo hai combinato, ieri eri in perfetta forma e oggi hai problemi alla caviglia? Esigo una spiegazione!» disse con un tono di voce arrabbiato ma allo stesso tempo preoccupato. «Questa mattina abbiamo deciso di andarci ad allenare un po' al parco e mi sono fatto male!»dissi cercando di inventare una scusa plausibile sul momento. (Abbassai lo sguardo: sapevo che si stava mettendo a gridare, ma d'altra parte aveva pienamente ragione. Questa volta l'avevo combinata veramente grossa, ripensandoci forse sarebbe stato meglio dirglielo prima di scendere in campo, almeno non si sarebbe arrabbiato così tanto e sicuramente adesso la gamba non mi farebbe così male). «La prossima volta che ti fai venire queste splendide idee quanto meno pretendo che mi avverti, e poi non potevi dirmelo prima? Almeno avrei fatto qualcosa e non saresti arrivato a questo punto. Comunque, forza fammi vedere questa caviglia!» disse iniziando a gridare come da copione.
 
  Era più gonfia di prima e mi faceva anche più male, lui si mise ad osservarla e toccarla, (Stavo morendo dal dolore, mi faceva male pure se la sfiorava). Nello spogliatoio non volava una mosca, i miei compagni erano tutti ammutoliti osservando la scena con preoccupazione, pendendo tutti quanti dalle labbra di mio padre, il quale interrompendo il silenzio che si era creato, scosse la testa in modo negativo, sospirò, «È più grave di quanto immaginavo, questa è una brutta slogatura e non dovresti rientrare in campo in queste condizioni, ma non c'è altra scelta, visto che per adesso sei il nostro unico portiere! Spero solo che la situazioni non peggiori.» disse alzandosi e correndo in'infermeria. (Gli si leggeva chiaramente negli occhi che era molto preoccupato, arrabbiato e che era rimasto anche un po' deluso dal mio comportamento, adesso mi sentivo anche in colpa, in un certo senso avevo tradito la fiducia che mio padre riponeva in me).

  Tornò dall'infermeria, con in mano una siringa già pronta; si sedette nuovamente sullo sgabello, con la mano sinistra afferrò la mia gamba e facendo attenzione a non farmi troppo male la poggiò sul suo ginocchio, mi iniettò il contenuto direttamente nella caviglia: era un antidolorifico misto ad un antinfiammatorio, finita l'iniezione mi rifece la fasciatura molto più rigida di quella che mi aveva fatto Holly.

   Salimmo di nuovo il tunnel che conduceva al campo, il dolore era quasi svanito, mantenemmo lo stesso schema di gioco, ma era evidente che non potevamo reggere a lungo, soprattutto i miei compagni, erano stanchi; nonostante le sostituzioni allentarono un po' la cinghia, i nostri avversari ne approfittarono, ma quel che è peggio si erano accorti della mia caviglia, in men che non si dica ci ritrovammo in parità e per completare sentivo di nuovo un leggero dolore fastidioso, nel giro di 30minuti mi ritrovai a parare  tre tiri di fila. 

   Questa volta però era veramente finita; io ero per terra dolorante, perché adesso dopo le parate mi faceva malissimo e come se non bastasse Mark il capitano della squadra avversaria si accingeva a tirare la sua ennesima cannonata. I tentativi di rialzarmi furono inutili, la difesa si strinse in aria, risalì anche il centrocampo e anche Tommy e Julian (che era entrato da 10minuti) vennero a dare una mano, Holly si avviò verso Mark il quale fece un cenno e Danny con altri due compagni andò a bloccare Holly, gli altri miei compagni che riuscirono a sbloccarsi dalle marcature si precipitarono su Mark il quale se li tolse dai piedi uno dopo l'altro, una volta libero tirò segnando il goal del 3-2 seguito dal triplice fischio dell'arbitro che annunciava la fine dell'incontro.

  Ci recammo nuovamente negli spogliatoi. Mio padre si avvicinò a Julian per assicurarsi che almeno lui stesse bene, io invece stavo veramente male, tanto che la gamba non reggeva, il dolore era così forte che non riuscivo neanche ad alzarmi da terra, Holly ed Erik vennero ad aiutarmi e portandomi a spalla ci recammo anche noi nello spogliatoio. «Ok, a tuo padre hai inventato degli allenamenti al parco, ma io so che non esiste nessun parco, quindi ti dispiacerebbe dirmi la verità?» mi disse il mio migliore amico lungo la strada, «Ti ricordi quando ieri mi è scivolato il motore? Beh...mi è caduto tutto il peso sulla caviglia!» risposi a bassa voce per farmi sentire solo da loro due.
 
 Intanto eravamo giunti nello spogliatoio, dove c'era mio padre ad aspettarmi; mi osservò per qualche istante, stava per dire qualcosa, ma  non ebbe tempo di aprir bocca perché io lo anticipai. «Papà, mi dispiace di aver tradito la tua fiducia nei miei confronti, dovevo dirtelo prima di scendere in campo, scusa mi dispiace!»
 
 Lui si avvicinò, vide i miei occhi diventarono lucidi e abbassai la testa volevo nascondere le lacrime che stavano quasi per uscire, lui mi sollevò il viso con la mano e a quel punto le lacrime uscirono fuori dai miei occhi. «Benji, tranquillo! Non sono arrabbiato, certo devo ammetterlo ci sono rimasto un pochino male, ma più che altro sono preoccupato, forza adesso andiamo in ospedale!»Non volevo andarci, mi seccava troppo sentir lamentare mia madre che è dottoressa, salutai i ragazzi e il resto della squadra, «Ci sentiamo  più tardi, così ti faccio sapere di cosa si tratta!»dissi in fine rivolgendomi ad Holly, «Ok, a più tardi» disse lui guardandomi e  sorridendo perché sapeva che non volevo andarci.

   Arrivati in ospedale mi sono dovuto sopportare anche le lamentele di mia madre mentre mi sottoponevo alla radiografia, quando tornai a casa chiamai subito Holly: «Mi sono slogato la caviglia, ma questo già lo sai, morale della favola; assoluto riposo e in più "le mie fedeli compagne da viaggio" le stampelle, perché continuando a giocare si è quasi rotta e la cosa più noiosa di tutte è che devo tenere il tutore!» dissi sospirando e buttandomi a peso morto sul mio letto. «Sei veramente una cosa assurda. Mi spieghi come hai fatto a farti cadere il motore sulla gamba?»disse lui dall'altro capo del telefono, cercando di non ridere «Ho perso l'equilibrio, perché stavo guardando Julian che respirava un po' affannosamente! Non hai idea di quanto mi da fastidio il tutore e di quanto mi secca portarmi dietro le stampelle, comunque ho detto a mio padre che mi è scivolato il motore perché guardavo July e non si è arrabbiato! Mi dispiace che domani non posso venire ad aiutarvi alla villa!» risposi seccato per tutta la situazione. «Dai non preoccuparti ce la caveremo anche senza di te, piuttosto cerca di sbrigarti a guarire, perché anche se domani torna Alan abbiamo bisogno di te per vincere il campionato, noi ce la metteremo tutta ad arrivare in finale e tu devi mettercela tutta per esserci...! Comunque ci vediamo lunedì a scuola giusto?» disse lui cercando di tirarmi su il morale. «Contaci sarò in campo e insieme alzeremo il trofeo...comunque certo ci vediamo lunedì!»

  Fortunatamente un mese passo molto velocemente e arrivai ad essere in campo giusto per l'ultima di campionato, che si giocava nuovamente contro la squadra di Mark, ovviamente avevamo vinto il campionato nazionale giovanile scolastico, ma solo per pochi punti di vantaggio. Finita la partita andammo tutti in pizzeria a festeggiare, ci divertimmo un mondo, eravamo troppo felici per quella vittoria che credevamo aver perso il giorno del mio infortunio.

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Capitolo 6
*** La villa in tutto il suo splendore ***


 

La villa in tutto il suo splendore

 
   L'indomani ci ritrovammo tutti a scuola perché c'erano gli orali degli esami, li superammo tutti senza nessuna difficoltà! Finito a scuola salimmo in sella ai nostri motori e andammo alla villa, devo ammettere che i miei amici avevano fatto veramente un bel lavoro, era quasi tutto pulito, durante la mia assenza si erano dedicati a pulire e sistemare il terrazzo. Cominciarono anche a lavorare al 1°pian, dove c'era una grande cucina rustica molto accogliente, con un grandissimo camino circondato da panchette, alle pareti c'erano appesi piatti decorati, teglie e tegami di rame di ogni forma e dimensione.

    I mobili erano in gran parte risalenti all'800 e alcuni del '700. Adiacente alla cucina vi era un enorme sala da pranzo con un lunghissimo tavolo in massiccio legno di quercia finemente lavorato, circondato da 30 maestose sedie intarsiate, una grande vetrina piena di argenti, cristalli e porcellane finissime, e un magnifico camino in marmo lavorato a mano.
  C'era anche un salotto in stile '600 di color giallo senape, che anticamente veniva usato dagli antenati i Holly come sala da fumo.

  Infine c'erano uno studio altrettanto antico e due bagni. Al piano terra c'era un'anticamera con mobili risalenti al '600, un salone Vittoriano con un camino in marmo e legno sopra il quale vi era appeso lo stemma di famiglia, successivamente erano stati aggiunti uno stereo e una tv al plasma con schermo ultrapiatto, (ovviamente stonavano un po’ con l'arredamento, ma ai nostri giorni sono oggetti indispensabili).

  Ancora c'era un'immensa biblioteca con un'infinità di libri, molti dei quali antichi e rilegati con molta eleganza, la maggior parte dei quali parlavano di arte e pittura.  Ancora c'era un'enorme salone da ballo; il quale era a dir poco una stanza meravigliosa, immensa con pareti e soffitto ricoperti di specchi e affreschi con dipinti angelici e mitologici, la sala era abbellita con statue, tappeti e raffinatissime applique di cristallo.
Lungo le pareti divani Vittoriani si alternavano con mobili antichi, pieni di lampade, orologi e foto d'epoca, in uno c'era ancora un vecchio giradischi, inoltre c'erano anche piante pregiate; le quali però presentavano un terriccio asciutto e compatto, segno che da tempo alla villa non andava più nessuno, per concludere c'erano altri due bagni.

   Ci siamo divisi nei soliti due gruppi:  Patrick, Tony e Tommy continuarono ad occuparsi del 1°piano, mentre io, Holly e Julian cominciammo a pulire il piano terra, sembrava poco ma ci vollero altre 2 settimane prima di finire i lavori dentro casa.

  Ultimati i lavori all'interno toccava al giardino che appunto era grandissimo, al centro esattamente di fronte la casa lungo il viale principale c'era una grande fontana con un'imponente statua di Nettuno e due bellissime Sirene (l'acqua usciva dal tridenti di Nettuno e dalle conchiglie che le sirene tenevano tra le mani).

  A sinistra, guardando la facciata della villa si estendeva l'elegante caseggiato della scuderia, con il suo lungo porticato ornato da archi e illuminato da lampioni decorati in ferro battuto.
L'architetto aveva disposto l'accesso sul retro, e  aveva aperto sulla parte anteriore deliziose finestre persianate, con davanzali rallegrati da cascate di gerani rossi. (che dire proprio una super stalla no...? Comunque fino a 2anni fa c'erano ancora i cavalli, perché Vincenzo amava molto cavalcare, ma poco dopo la sua morte furono venduti...).

   Poco più in là quasi dietro la scuderia c'era la casa che un tempo ospitava la servitù, la quale oggi era stata adibita e trasformata in un attrezzatissimo garage;  in una stanza si trovava custodita con cura in una teca di vetro una suntuosa ed elegante carrozza (ovviamente in disuso), in un'altra stanza molto più grande si trovavano un'elegante Mercedes bianca ed un Jeppone, in un'altra ancora una Limousine, e in una 4°stanza si trovavano attrezzi di ogni tipo.

  Ancora nel parco Vincenzo aveva fatto costruire una piscina gigante, attorno alla quale erano posizionati quattro sdraio, due tavolini in vimini con rispettive poltroncine, poi c'era un gazebo in legno ricoperto da Edera fiorita sotto al quale c'era un
 tavolo con 20 sedie, un po’ più in là sotto una piccola tettoia c'era un barbecue in muratura.
Infine proprio dietro la casa c'era ricostruito un campetto di calcio.
                       

                                                                           [...]

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Capitolo 7
*** Uno strano episodio ***


Uno stano episodio
 

      Eravamo stanchi, ma soddisfatti, il nostro lavoro era stato un successo, la villa era tornata come qualche anno fa.

   Ci buttammo esausti sul prato a contemplare il frutto del nostro duro lavoro,  «Sono felice, perché mio padre sarebbe stato orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto!» disse Holly mettendosi seduto e sorridendo.

    I ragazzi andarono via, mentre io e Holly che eravamo solo con il suo motore avevamo deciso di restare un altro po’, rientrammo in casa per dare un'ultima occhiata al nostro lavoro, quando ad un certo punto sentimmo scricchiolare il parquet del 2°piano come se qualcuno ci stesse camminando sopra, ma oltre noi due non c'era nessun altro, ci precipitammo di sopra, ci appostammo alla fine della scala.

   I  passi si facevano sempre più vicini e rumorosi, dalle finestre entrava una luce tenue di una giornata un po’ cupa, ma sufficiente per farci vedere un'ombra sul muro, era la sagoma di un uomo ci spaventammo ma eravamo rimasti li fermi, immobili a scorgere la sagoma con lo sguardo finché non scomparve, poi sentimmo il cigolio di una porta e subito dopo qualche istante arrivò alle nostre orecchie il botto della chiusura provocato dalla corrente.

   Cessati i rumori, ci eravamo alzati dal nostro pseudo nascondiglio. «Forza andiamo a vedere...» propose Holly,  io senza farmi pregare acconsentì con lo sguardo. Tanto incuriositi quanto impauriti, andammo nella direzione in cui avevamo sentito il rumore della porta; cioè nella 4°camera a destra, infondo al corridoio, dove si trovava la camera di Holly; entrammo, ma non c'era nessuno. Il nostro sguardo si posò sul portafoto sopra la scrivania, il quale era più vicino alla lampada, mentre noi l'avevamo piazzato al centro della superficie, esattamente di fronte la sedia.

   Holly era immobile ad osservare quella foto, dove era ritratto lui con suo padre, gli misi la mano destra sulla sua spalla sinistra, potevo sentire che tremava leggermente, «Quella foto, io la mettevo sempre al centro, ma ogni volta che mio padre entrava la spostava mettendola esattamente dove si trova adesso!»mormorò lasciando scivolare qualche lacrima. Io non risposi, ma posando lo sguardo sul letto notando che su di esso c'era poggiato un regalo, «Holly, guarda sopra il letto!» dissi riportando il mio amico alla realtà, lui si girò  e rimase a fissare quel pacco, «Prima quando abbiamo la camera non c'era!» disse come ipnotizzato. «È vero! Me ne sono accorto anche io, e adesso che mi ci fai pensare la foto l'avevamo messa al centro. Comunque dai apri il pacco!» risposti stringendo la mia mano poggiata ancora sulla sua spalla.

   Ci sedemmo sul letto, e Holly scartò il regalo; era la macchina radiocomandata che aveva chiesto a suo padre per il suo 11°compleanno. Ci guardammo negli occhi, perplessi, sul suo viso scese ancora una volta una lacrima, mentre dalla scatola cadde un biglietto d'auguri che io afferrai al volo. -I compleanni durante l'anno sono tanti. Ma il tuo è l'unico per il quale vale la pena festeggiare! Buon compleanno campione tanti auguri! Papà.-
 
Holly scoppiò definitivamente in lacrime, io restai in silenzio, a pensare, poi esclamai: «Non trovi che tutto ciò sia strano? Gli uomini della polizia hanno detto che nell'auto non è stato trovato nessun pacco...e adesso misteriosamente l'abbiamo trovato noi, e la cosa più strana è che contiene proprio la macchina che tu avevi chiesto a tuo padre proprio quel giorno! E poi ancora la foto spostata, qui c'è qualcosa di strano.» dissi facendo alzare lo sguardo al mio compagno. «Hai ragione, il problema è scoprire cosa!»rispose asciugando le lacrime che continuavano a rigare il suo viso.

   Nella mia mente si stava facendo spazio un'ipotesi, che detto sinceramente mi spaventava un po', ma ripensandoci meglio forse poteva essere l'unica spiegazione plausibile. «E se tuo padre si trovasse qui?» esclamai di getto quello che stavo pensando, «Ma sei scemo, o cosa? Mio padre è morto e lo sai anche tu!» rispose Holly guardandomi male, «Scusa! Mi sono espresso male, volevo dire che potrebbe essere che l'anima di tuo padre si trova qui!» risposi a mia volta dispiaciuto per aver suscitato in lui tale reazione.
 
Holly rimase muto, a pensare un attimo, poi il suo sguardo si illuminò leggermente, «Beh...potrebbe essere. Ma se cosi fosse allora perché non si fa vedere?» disse infine sorridendo come di solito.

  Ci riavviammo verso casa, Holly portò con se anche il regalo. Sua madre appena lo vide riconobbe la macchina che il marito aveva comprato al figlio quel giorno, «Quello è il regalo che tuo padre avrebbe dovuto farti quel giorno!» disse la donna con voce tremante e sguardo assente fisso sull'oggetto. «Si lo so! Ma questa l'ho comprata oggi con Benji, visto che quella non è mai stata trovata!» rispose lui cercando di trattenere le lacrime, «Tuo padre sarebbe orgoglioso, nel vedere l'ometto che stai diventando! Tu e tuo fratello gli somigliate ogni giorno di più.» disse la donna abbracciando forte il suo ragazzo.
 
Holly non disse più nulla e se ne salì in camera sua, si stese sul letto e osservando la macchina pensava a quanto era successo alla villa poco prima; ma non riusciva a trovare nessuna spiegazione logica.
 
Improvvisamente il flusso dei suoi pensieri si arrestò, il bussare alla porta della sua camera l'aveva riportato alla triste realtà. Si asciugò le lacrime, mise la macchina sotto il letto e si sistemo meglio su di esso, «Avanti!». Era Roberto; suo fratello maggiore, il quale aveva trovato il biglietto d'auguri, «Dove l'hai trovato?» disse il ragazzo più grande un po' confuso, «No, tu dove l'hai trovato?» rispose il minore con aria triste, «Io l'ho trovato a terra in garage, vicino al tuo scooter, devi dirmi dove l'hai trovato e soprattutto come ha fatto a finire lì!» disse Roberto sedendosi sul letto.
 
 Holly inspirò profondamente prima di iniziare a parlare: «Con Benji e gli altri abbiamo sistemato la villa, e oggi l'abbiamo finita. Io e lui ci siamo fermati un po' di più, e siamo tornati dentro per dare un'ultima occhiata. Ad un certo punto abbiamo sentito dei passi al 2° piano, ci siamo precipitati di sopra. Abbiamo visto una sagoma di un uomo avanzare lungo il pianerottolo; poi una porta cigolare, seguito dal botto della chiusura, causato dalla corrente. La porta era in fondo al corridoio. Ovvero la mia, non c’era nessuno, ma la foto sulla scrivania quella dove ci siamo io e papà era spostata dal centro, dove io la mettevo sempre; ed era messa di lato, dove la metteva sempre lui ogni volta che entrava. Poi ho trovato questa!» spiegò Holly uscendo la macchina da sotto il letto.
 
Roberto non credeva ai suoi occhi, quella era proprio la macchina che il padre aveva comprato al fratellino per il compleanno. Anche lui era scosso quanto Holly, quel racconto l’aveva sconvolto. «Domani vengo con voi alla villa, voglio capire di più su questa storia. Per adesso a mamma è meglio non dire nulla!» Esordì il maggiore abbracciando il minore. «Ok! Ehi Roby, grazie ti voglio bene!» Rispose Holly ricambiando l’abbraccio del fratello.
   Qualche minuto dopo i fratelli Baggio si ritrovarono a tavola, chiamati dalla voce della madre.

   Dopo pranzo mi trovavo in camera mia, al pc, quando la vibrazione del cellulare mi ha distratto da ciò che stavo facendo. Un messaggio, era di Holly:

 

-Ho detto tutto a Roby.
Domani viene con noi, alla villa,
vuole capire questo discorso!
P.s. Ti passiamo a prendere con
la macchina alle 9:00.-
 

    Sorrisi leggendo il messaggio, immaginando la faccia di Roberto, nel vedere la villa “rimessa a nuovo”.
 

-Ok a domani. Ahahah non vedo
l’ora di vedere la faccia che farà
tuo fratello nel vederla!-

 
   Contemporaneamente, mentre rispondevo al messaggio di Holly, me ne arrivò un altro di mio cugino Julian; allora lasciai il computer acceso, spegnendo solo lo schermo, e andai a casa sua, ci aspettava un bel pomeriggio: in compagnia del nuovo gioco di calcio per la play, che avevamo comprato insieme ieri.
Circa alle 20:00 tornai a casa, ed andai a cena fuori, con i miei genitori e la mia sorellina Elena. (In realtà non è proprio la mia sorellina, ma una bimba che neonata venne abbandonata in ospedale, mia madre l’aveva presa molto a cuore; infatti scelse lei il nome, e se ne prendeva sempre cura. Nonostante il suo reparto fosse quello chirurgia, e non di pediatria. Un giorno, i miei genitori decisero di adottarla, per loro è come se fosse una figlia, per me una sorellina. La sorellina che mia madre non mi avrebbe mai potuto dare, per problemi subentrati dopo la mia nascita. La stessa figlia, che mi madre ha sempre desiderato, e questo è ciò che vediamo in Elena. )
 

   Tornammo a casa per le 2:00, andai subito a letto, l’indomani mi aspettava una lunga giornata.
 

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Capitolo 8
*** La vera storia di quel giorno ***


La vera storia di quel giorno

 

Il giorno seguente Holly e Roby puntuali come un orologio svizzero, furono a casa mia. Mentre eravamo in “viaggio” Holly non disse una parola: era avvolto da un’ondata di pensieri, e ricordi legati a suo padre; anche se mia aveva detto che non ci credeva, sapevo che in qualche modo sperava, che suo padre fosse ancora in questo mondo.

Arrivati alla villa Roberto rimase stupefatto, nel vederla; ci strinse a se, e con voce tremante disse: «Complimenti! L’avete praticamente rimessa a nuovo; avete fatto davvero un bel lavoro.». stavamo per rispondere, quando ci siamo accorti che le tende del salone Vittoriano si erano mosse, come se qualcuno le avesse spostate da dietro.

Entrammo; e come al solito non c’era nessuno, oltre noi tre, improvvisamente sentimmo della musica provenire dal suddetto salone; (La cosa che più ci colpi, fu che quella era il tipo di musica che piaceva a Vincenzo. Ci chiedevamo se fosse una strana coincidenza, ma soprattutto, chi aveva messo proprio quella musica.)

«Se si tratta di uno scherzo è davvero di cattivo gusto!» sussurrò Roberto, per non farsi sentire, ammesso che ci fosse qualcuno. «Già!» rispondemmo io e Holly insieme; nel frattempo ci precipitammo nel salone Vittoriano: e vidimo che sulla poltrona di legno e velluto rosso, la quale era posizionata con la spalliera verso la porta, c’era seduto un uomo: con la mano sinistra che penzolava fuori dal bracciolo, e stringeva tra le dita una sigaretta accesa.

Nel vedere quella scena ci si gelò il sangue nelle vene; rimanemmo pietrificati, sull’uscio della porta, chiedendoci ognuno nelle propria mente: -se fosse un uomo in carne ed ossa, un fantasma, o cos’altro.- Improvvisamente l’uomo misterioso parlò: «Ciao ragazzi! Roberto, Holiver, ed anche tu Benji; sono veramente molto felice di rivedervi dopo tutto questo tempo... Ah dimenticavo. Holly, Benji complimenti, avete fatto un ottimo lavoro!»

Avevamo riconosciuto quella voce, non c’era alcun dubbio, era proprio quella di Vincenzo. Roby rimase in silenzio, non sapeva cosa dire, era troppo felice da non riuscire nemmeno a parlare; Holly invece a differenza del fratello, manifesto la sua felicità saltando di gioia. «Sei proprio tu, papà...?» disse felice ed emozionato come non mai.

«Si tesoro, sono proprio io, in carne ed ossa!» rispose Vincenzo con le lacrime agli occhi, i due fratelli corsero a stringere il padre, lo feci anche io. Non c’era dubbio; è stato l’abbraccio più bello della nostra vita, e per dirla tutta, le lacrime erano presenti negli occhi di tutti e quattro.

Una volta che ci fummo staccati dall’abbraccio, Roberto guardo il padre e disse: «Papà..com’è  possibile? Tu eri...» il padre sorrise; «No...non sono morto. Sedetevi, devo raccontarvi tutto!»

Ci sedemmo tutti quanti, e Vincenzo iniziò a raccontare. «È successo tutto quanto per colpa del mio patrigno, e dello zio Claudio, il mio gemello. Entrambi volevano impossessarsi dell’eredità che la nonna aveva intestato a me; loro ritennero che non ci sarebbe stata occasione migliore di questa, per sbarazzarsi di me: e decisero di farlo proprio il giorno del compleanno di Holly. Claudio che appunto sapeva di questo evento, si nascose nei paraggi della villa; appena io giunsi nel luogo dove si trovava: lui uscì dall’auto, e mi puntò la pistola, ma, improvvisamente si accasciò per terra; era stato stroncato da un infarto ed è morto sul colpo. Io, mi accorsi che poco più in là c’era il nonno, e misi il corpo dello zio nelle mia macchina, scambiai i miei documenti con i suoi, perché sapevo che il mio patrigno vi avrebbe mentito; poi con un fazzoletto presi la pistola e la tirai lontano, verso il bosco. Il nonno vedendo cosa fosse successo si avvicinò e mi disse: “In un modo o nell’altro, riuscirò ad impadronirmi di tutto.” Per fortuna non mi uccise, cosi scappai, aspettai che la festa fu finita per nascondermi per nascondermi qui. Il nonno vi raggiunse, dandovi la notizia della mia morte. La polizia fece le proprie indagini, una volta che la mamma e il nonno riconobbero il corpo, il mio patrigno disse che; Claudio cercò di uccidermi, ma prima che lo facesse, io fui stroncato da un infarto morendo sul colpo. Ma, invece accadde tutto il contrario!» disse Vincendo raccontandoci come fossero realmente andate le cose quel giorno.

Noi, eravamo sconvolti dal suo racconto. Io e Holly non sapevamo cosa dire, Roberto era anche lui sconvolto, ma allo stesso tempo furioso, «Ma allora quel bastardo sapeva tutto, e ci ha sempre mentito, perché voleva comunque ucciderti ed impadronirsi di tutto quanto. Adesso è morto, ed il testamento della nonna è nelle nostre mani, la mamma l’ha conservato!» disse il figlio maggiore, facendo sapere al genitore come stessero il resto delle cose.

«Vincenzo adesso devi andare alla polizia, e denunciare tutto quanto!» gli dissi io, aprendo bocca, per la prima volta dopo il suo racconto. «Si, lo so! Ma lo farò domani, adesso voglio godermi questi momenti.» mi rispose un  po’ commosso.

Detto questo, chiudemmo la villa, e ci avviammo verso la macchina, direzione casa Baggio. Holly nel frattempo chiamò sua madre; «Ciao mamma, prepara per cinque, stiamo arrivando!» le disse lui, io stavo morendo dalle risate, era troppo comico, non voleva dirle il motivo quindi faceva il vago. «Ok! Ma perché per cinque?» chiese giustamente Maggie , «Ho una fame da lupi..!» ribatte Holly trattenendo le risate. «Ok tesoro, come vuoi.» rispose lei chiudendo la chiamata.

In macchina parlavamo di questi due anni: cosa fosse successo, cosa avessimo fatto, eccetera. Finalmente giunti a casa, posteggiammo l’auto in garage, e decidemmo di suonare, anziché aprire con le chiavi; Maggie venne ad aprire.

Ad entrare fu prima Roberto, poi Holly, e dopo io; lei giustamente non sapeva ci fosse qualcun altro, e non lo sospettava minimamente. Stava quasi per chiudere la porta; «Amore, a me non mi fai entrare?» disse il marito con voce emozionata, -forse come quando pronunciò il si, il giorno del  loro matrimonio.- Lei aprì nuovamente la porta, trovandosi davanti il marito, quasi svenne. Lui la strinse forte a se, lei fece lo stesso, e si baciarono.

A tavola regnava la felicità. Vincenzo rispiegò tutto quanto alla moglie, la quale -come noi prima-, rimase sconvolta nello scoprire quanto fosse realmente crudele e meschino il suocero, che davanti ai suoi occhi e a quelli dei nipoti, sembrava una brava persona, con un cuore grande, che amava alla follia e senza disparità i suoi figli, anche se ne era solo il patrigno.

Finito il pranzo tornai a casa mia, mi aprì Monica, la baby-sitter di mia sorella, la salutai. «Dove sono i miei genitori?» le chiesi, «Sono entrambi fuori! Tuo padre, credo sia andato a fare qualcosa riguardo la squadra; tua madre, è in ospedale. Dovrebbero tornare tutti e due per cena.» mi rispose lei sorridendo in modo dolce. «Capito, comunque io vado in camera mia!» le risposi avviandomi verso le scale che portavano al piano superiore della villa. Sulle suddette scale incrociai quella piccola peste di Elena, la quale mi si butto tra le braccia; «Ciao fratellone, ti voglio bene!» mi disse dandomi un bacio sulla guancia, io la presi imbraccio, «Anche io ti voglio bene, pulce!» le dissi ricambiandole il bacio. La lasciai scendere, e corse in direzione di Monica per andare a guardare i cartoni in salotto, io mi infilai in camera mia, accesi lo stereo e mi misi a giocare con la Playstation.

Intano a casa di Holly: tutta la famiglia si era riunita in salotto, a guardare le foto, dalle più vecchie, alle più recenti.

Verso le 20.00 tornarono i miei, scesi in cucina, avevo un certo appetito. Sul tavolo c’erano quattro cartoni di pizza familiare, stavo allungando la mano per prenderne un pezzo. «aspetta come stiamo facendo tutti, gli zii dovrebbero arrivare a momenti.» mi disse mia madre dandomi un piccolo schiaffo sulla mano. «Che palle, ma io ho fame!» dissi sbuffando, lei sorrise e scosse la testa.

Finalmente, eravamo a tavola a mangiare. Tra un boccone, e una battuta ridevamo come matti. «Devo dirvi una cosa importante. Tenetevi forte!» dissi alzandomi in piedi e guardando i miei cugini, ai quali avevo detto tutto per sms. Si alzarono anche loro, ed insieme esclamammo: «Vincenzo è vivo!» ci guardarono tutti quanti scioccati, «Eh? Cosa cavolo state dicendo tutti e quattro?» disse mio padre dando voce al pensiero di tutti gli adulti presenti. «Praticamente abbiamo sistemato la villa. Oggi; Roberto, Holly e Benji hanno visto che c’era qualcuno, ed hanno scoperto che si trattava appunto di Vincenzo, il quale è stato costretto a nascondersi, dato che il suo patrigno avevo imbrogliato tutti quanti sulla sua morte!» rispose mio cugino lasciandoli ancora più sconvolti, ed anche un tantino disgustati.

Finito di cenare; noi ragazzi, Elena inclusa, andammo in camera mia. Noi ci mettemmo a giocare con la Playstation, mentre la mia sorellina si mise a giocare al computer. Di sotto; invece, erano tutti in salotto, a ricordare i vecchi tempi. Chiamarono a casa di Holly, e rispose Vincenzo, dopo dieci minuti vennero a casa mia. Holly ci raggiunse in camera, mentre i grandi rimasero in salotto a parlare.

 

[…]

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Capitolo 9
*** Delle mitiche vacanze ***


 9° capitolo: Delle mitiche vacanze



 

    La settimana successiva, partimmo tutti quanti insieme; noi, i nostri genitori, i miei nonni, Alex e Fabry, (i quali sono gemelli, e fratelli più piccoli di mio padre.) c’erano anche Roby e Gigi, con le loro rispettive ragazze, ed anche gli altri miei due “zietti” Giovy e Vicky. (Anche loro sono gemelli, ed hanno la mia stessa età, ma, sono figli; di Marcello Lippi, il secondo marito di mia nonna.)

    In totale eravamo sei macchine, la prima era: quella di mio padre, all’interno c’eravamo, io, Holly, Tommy ed i miei genitori.
Nella seconda c’erano: i miei cugini, mio zio Gregorio, e sua moglie, mia zia, Terry. (Gemella di mia madre).

    Nella terza c’erano: Vincenzo, Maggie, Roby e Valeria, vale a dire il resto della famiglia di Holly.
Nella quarta c’erano: i miei nonni, con Giovy e Vicky. Nella quinta: i miei zii più grandi, con le loro ragazze, assieme a Gigi ed Alena. Nella sesta, ed ultima, c’erano: i genitori di Tommy; Antonio, e Veronica, con Marzie ed Elena.

   Il viaggio era al quanto lungo, in quanto, avremmo dovuto attraversare tutta l’Italia, mare compreso. La nostra destinazione era: Palermo. (Abbiamo deciso di partire con le macchine, per essere più autonomi, visto il numero di persone che eravamo).

   Dunque, il viaggio è stato abbastanza lungo, ma poi a Genova abbiamo preso la nave fino a Palermo; dove arrivammo intorno alle 19:30. Andammo ad alloggiare, al ristorante del fratello di mia nonna, -ovviamente, aveva una casa abbastanza grande, per ospitare tutti quanti.- (Se state pensando, che a parte la mia famiglia, si stavano mettendo in casa degli sconosciuti vi sbagliate; e di grosso anche, perché, è come se fossimo una grande famiglia che si conosce da generazioni, insomma, una famiglia allargata).

   Dopo sistemammo le cose nelle nostre camere. Noi, eravamo troppi per stare insieme, ed eravamo divisi in due camere, comunicanti; nella prima c’erano: Holly, Tommy, Giovy e Vicky. Nella seconda; io ed i miei cugini. I genitori, i miei nonni, ed gli altri ragazzi, ne occupavano altre sei, e poi c’erano le bambine che avevano la loro cameretta.

   Circa alle 20:30 il cuoco del ristorante, (il quale oggi era chiuso, per il nostro arrivo. Il cuoco, altri non è che lo zio di mio padre, dunque il fratello di mia nonna.), si mise a cucinare un’infinità di specialità tipiche palermitane, dopo cena, ci trasferimmo sul terrazzo del ristorante a parlare. (L’argomento, era Vincenzo).

   Noi ragazzi, c’eravamo messi da parte a parlare di altre cose, verso le 22:30 andammo a fare una passeggiata per il lungo mare. Noi andammo alla sala giochi, a divertirci un po’, mentre tutti gli altri andarono in piazza a prendere un gelato al bar.

   Tornati al ristorante, noi non avevamo per niente sonno, e ci mettemmo tutti in una stanza, a fare le ore piccole, verso le 4:30 crollammo addormentandoci tutti e otto in quattro letti.
L’indomani, alle 11:30 ci svegliammo, ed avevamo deciso di andare al mare. C’eravamo divertiti un mondo, abbiamo conosciuto dei ragazzi, con i quali ci siamo messi a giocare a pallone; verso le 13:30 ci salutammo, e siamo tornati al ristorante, decisi a riposarci un po’.

   Visto che era sabato sera, al ristornate c’era il tutto esaurito, anche perché dopo cena c’era la discoteca, in terrazza. Ovviamente noi non potevamo mancare, divertirsi come matti era d’obbligo.
  
   Quella sera, avevamo “conosciuto” otto ragazze, davvero molto carine, e la cosa bella era: che anche loro sembravano interessate a noi. (Era un gruppetto molto simile al nostro, in quanto, vi erano: due gemelle, praticamente identiche, di nome Patty e Jenny; poi c’era loro cugina Amy; la sua migliore amica Giorgia; poi ancora, Susy, Sabrina, Evelyn e Noemi. Credo che anche i loro genitori fossero molto amici, come i nostri.)  
 
   Avevamo deciso di invitarle al bar, della discoteca, per bere qualcosa e conoscerci meglio tutti quanti assieme. Dopo un po’ che c’eravamo conosciuti, avevamo deciso di andare a fare un giro a coppie sul lungo mare; io andai con Patty, Holly con Jenny, Julian con Amy, Patrick con Giorgia, Tommy con Evelyn, Tony con Susy, Giovy con Sabrina e Vicky con Noemi.

   La conoscenza funzionava molto bene, si era creata una bella sintonia, sia di gruppo sia di coppia. Parlando avevamo scoperto che avevano frequentato la nostra stessa scuola, e facevano anche parte della squadra di pallavolo.

   (Avrei giurato, di averle già viste da qualche parte, ed infatti: non mi sbagliavo. A scuola, noi delle squadre siamo molto popolari, e di conseguenza sei uno dei più voluti della scuola; ad esempio: Amy, era super cotta di Julian, del quale sapeva praticamente ogni cosa senza conoscerlo di persona. Pensare che quando eravamo a scuola, in giro per i corridoi durante la ricreazione, ci facevamo tutti un po’ antipatia; ed invece ora, ci ritroviamo tutti qui, seduti in spiaggia a conoscerci, scherzare, ridere, e riscoprirci simpatici, ed avere anche molte cose in comune e gli stessi interessi.)

    A fine serata, ci siamo scambiati tutti quanti, i numeri di cellulare, dandoci appuntamento al mare per l’indomani. Tornati al ristorante, andammo di corsa a letto; il giorno seguente alle 8:00 eravamo già fuori, davanti il ristorante, ad aspettare le ragazze; le quali arrivarono per le 8:15. Dopo esserci salutati, attraversammo la strada, e fummo di corsa in spiaggia, sistemate le tovaglie e tolti i vestiti andammo a tuffarci di corsa in acqua.

     La giornata fu una delle più divertenti, ed infatti, volò in un baleno. La sera al ristorante, le persone non mancavano, ma non era del tutto pieno. Quella sera, (13 agosto) era il compleanno di Tommy, (14 anni) ed ovviamente, bisognava festeggiare. Invitammo anche le ragazze, le quali vennero a mangiare al ristorante, con i loro genitori.

    Devo dire che quella sera con le ragazze fu bellissima. Primo; perché i rapporti si erano rafforzati molto velocemente, secondo; perché i nostri genitori avevano legato già con i loro, ed erano felici per noi.

    Tommy, fu il più fortunato, infatti, fu il primo di tutti a ricevere un bacio da Evelyn. Poco dopo il Dj. mise una canzone lenta, e tutte le coppie si precipitarono in pista, e noi ci aggregammo.

    Amy, era la più timida del gruppo, ma vedendo l’amica Eve, baciare Tommy le venne una voglia matta di baciare Julian; ma, aveva troppa paura, che lui non ci sarebbe stato. Julian notò il modo in cui lei lo guardava, infatti si era persa in quei profondi occhi castani che aveva di fronte. Mio cugino, (il quale era anche lui, un po’ attratto da lei.) la prese, abbracciandola, e posando le sue labbra su quelle delicate di lei.

   Amy era felicissima, non ci credeva ancora, pensava di sognare ad occhi aperti, fantasticando di baciare il ragazzo che per il quale andava matta da tre anni. Ma non era un sogno, era la realtà.

   Finita la festa, si erano fatte circa le 3:00 del mattino,ed andammo a dormire. L’indomani, la nostra sveglia fu verso le 12:00, praticamente si può dire che avevamo fatto colazione con la pasta.
Di pomeriggio verso le 16:00siamo usciti con le ragazze, per andare a prendere un gelato, al bar della piazza. Ci siamo seduti sugli scalini della fontana, la quale si trova al centro della piazza, il tempo passò tra: coccole, battute e risate.

   Verso le 18:00, le ragazze tornarono alla villa, che avevano affittato, e noi al ristorante. C’eravamo andati a preparare ed a cambiare, per poi trovarci di nuovo insieme in spiaggia alle 19:45, per festeggiare il ferragosto; ovviamente sia i nostri che i loro genitori erano in spiaggia con noi, ma per fortuna si misero distanti da noi.
  
   Dalle 21:00 sino alle 23:30 ci passò a ballare sulla spiaggia, la quale era stata adibita in mega discoteca. Alle 23:59, scoppiò il conto alla rovescia, ed alle 0:00 ci tuffammo tutti in acqua, per il tanto atteso bagno di mezzanotte.

   Appena uscito dall’acqua, presi la rincorsa e mi tuffai a cavalluccio sulle spalle di Holly, il quale era un po’ più avanti con Jenny. «Ma tu non hai fame?» gli dissi sorridendo, lui mi guardò scoppiando a ridere, pochi minuti dopo esclamo: «Veramente si!»

   Allora tutti insieme andammo al bar, a prendere qualcosa da mangiare. Tornati in spiaggia, ci siamo seduti in cerchio a ridere, scherzare e giocare, di dormire non ne avevamo per niente voglia. Verso le  6:00, con le prime luci dell’alba, le persone cominciavano a svegliarsi, e noi avevamo deciso di andare a fare il bagno.
Appena entrati, ci seguirono anche altre persone. Per quanto ci riguarda, siamo rimasti in acqua per circa un’ora, a schizzarci come degli scemi; infatti, verso le 7:10, eravamo di nuovo al bar a fare colazione con i cornetti caldi.

 

[…]
 

    Le settimane seguenti, passarono tra: mare, passeggiate, visite a monumenti, escursioni in campagna, e divertimenti vari, ed ovviamente non poteva mancare il nostro sport preferito; infatti, ci fu anche quello.

   All’inizio, avevamo organizzato una specie di partita. Ma, poi andò a finire che mio nonno si mise a dirigere la situazione, trasformando la cosa in un mega allenamento, tra campioni e non; devo ammettere che è stato davvero divertentissimo.

  (Ah.. Dimenticavo,  in tutto questo, Tommy ed Evelyn si erano messi insieme, e lo stesso fecero Amy e Julian)

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Capitolo 10
*** Il liceo, tante novità e i mondiali U.16 ***


10° capitolo: Il liceo, tante novità, ed i mondiali U.16

 

   L’ultima settimana passò più velocemente della altre, così, finite le vacanze tornammo tutti quanti a Torino; dopo circa due settimane, dal nostro rientro a casa, iniziò la scuola. C’eravamo iscritti tutti e sei al liceo classico, speravamo solo che tenevano in considerazione la richiesta che avevamo fatto, cioè: metterci tutti nella stessa classe.

   Per fortuna, fu così, e la sorpresa fu tripla; anche Ed e Mark si iscrissero nella nostra stessa scuola, ma anche le ragazze si erano iscritte e capitammo tutti nella stessa classe. Le ragazza appena ci videro ci corsero incontro abbracciandoci.

  Adesso, non giocavamo più nella squadra scolastica; sia perché non era riconosciuta a livello agonistico, sia perché avevamo ricevuto un’offerta migliore. Infatti, ci avevano ingaggiato nelle giovanili della Juventus, il nostro entusiasmo era enorme.

  Purtroppo però, a metà campionato abbiamo perso uno dei nostri migliori giocatori, infatti, Julian aveva avuto qualche problemino, con il suo cuore, che di tanto in tanto fa i capricci. Quindi, era astato per un periodo in ospedale. 

  Aveva subito anche un intervento, ed inoltre c’era il periodo di convalescenza, ma per fortuna, con il mister avevamo deciso che sarebbe tornato a giocare il prossimo anno. Così anche un altro anno volse al termine, tra scuola, studio, allenamenti e partite.
 

                                                                                                          […]
 

  L’anno successivo, ci ritrovammo tutti al 2°liceo, mentre per quanto riguarda il calcio, avevamo cominciato una nuova stagione alle giovanili della Juve. Anche Julian, il quale si era ripreso piuttosto bene, era tornato in squadra. –Anche se, il suo cuore era sempre lo stesso, sempre con gli stessi problemi-.

  Verso metà anno, ci arrivo una notizia al quanto interessante, eravamo stati notati e convocati nella: Nazionale Under.16. A fine anno, siamo partiti verso una nuova avventura; che ci portò in Francia, dove si sarebbero svolti i Campionati del Mondo della categoria Juniores.

  Incontrammo altre squadre, altrettanto forti, come la nostra; con le quali fu bello giocare e confrontarsi, ed anche imparare cose nuove, ma soprattutto crescere facendo ciò che ci piace; scalando sempre di più la vetta della montagna, che ci condurrà al nostro sogno.

  Il girone eliminatorio fu al quanto facile, infatti, tutte le squadre più forti ne uscirono senza problemi. Adesso però, si cominciava a fare sul serio, appunto perché: erano rimaste in gioco le squadre più forti.

  Gli ottavi di finale, li giocammo con l’Austria. Il risultato finale fu: Italia-Austria 4-0, raggiunto senza grossi problemi, perché, i nostri avversari non erano molti forti, avevano passato la fase eliminatoria perché il loro girono non era u granché, e loro erano i favoriti.

  I quarti, li disputammo con l’Olanda, la quale era abbastanza forte da darci del filo da torcere, ma alla fine, raggiungemmo la sofferta vittoria di: Italia-Olanda 2-1.

  La semifinale, fu abbastanza dura, questa volta la nostra avversaria fu: la padrona di casa, -la Francia-. Una squadra molto forte, determinata, ed anche un po’ fallosa. Capitanata da un certo Pierre Le Blanc; un biondino, montato, antipatico e con la puzza sotto il naso. (Secondo me, era anche un po’ finocchio).

  Le difficoltà crescevano, infatti, la partita rimase bloccata sull’1-1. Ci vollero i tempi supplementari, per sbloccare il risultato. Abbiamo avuto anche un po’ di fortuna, infatti, riuscimmo a raddoppiare grazie ad un rigore; battuto stupendamente da Holly, concessoci per l’ennesimo fallo subito in aria ai danni di Tommy.

  Dopo la semifinale, vi fu una settimana di pausa, per concedere un po’ di riposo alle due finaliste: Italia-Germania. (La quale aveva battuto anch’essa la Francia 2-1, ma a differenza in tempo regolamentare, e grazie ad una punizione).

  Questa settimana, la passammo in giro per Parigi, con le nostre ragazze, (si perché nel frattempo c’eravamo fidanzati tutti.) ed i nostri parenti, che ci avevano raggiunto per assistere alla finale.
Il tempo passò anche ad allenarci, ed a studiare le strategie dei nostri avversari, ed a mettere a punto tecniche di contrasto.  

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Capitolo 11
*** Una stupenda finale ***


11°capitolo: Una stupenda finale


  Finalmente, è arrivato il momento tanto atteso: la finale. Domenica, ore: 20:30, lo stadio -Parco dei Principi- di Parigi, è gremito di gente. La tensione e l’emozione sono al massimo; c’eravamo quasi, la finale sarebbe iniziata di lì a poco, ecco le formazioni..

  Per l’Italia vediamo schierato, un 4-3-3. Che prevede: tra i pali Benjiamin Del Piero, nipote del Pinturicchio. In difesa: Tony Ross, Giovanni Lo Monaco, Teodoro Ragolia e Claudio Mineo. Al centrocampo: Philip Callaghan, Daniel Mello e Patrick Ross. In attacco: Holiver Baggio, (c) fratellino del mitico codino. Mark Lenders, (si, proprio lui, il nostro ex avversario delle medie. Anche lui, era stato ingaggiato da una squadra importante, assieme al compagno Danny.)ed in fine Tommaso Basile.  

  Per la Germania, vediamo schierato, un 4-4-2. Con in porta: Deuter Muller. In difesa: Alfred Starchen, Stefan Talker, Manfred Margas e Franz Schester. In centrocampo: Schweil Teigerbran, Hugo Heffenr, Tim Roskhien e Fabien Okhen. In attacco: la coppia, Hermann Kalz, e Karl Heinz Schneider, (c) figlio del grande Thomas Schneider del Bayer Leverkusen.

  Adesso gl’inni nazionali, palla a centro, giocatori schierati in campo, e calcio d’inizio. Batte la Germania, che guidata dal suo capitano,  si rende subito una degna avversaria. Pronta a conquistare la vittoria, con tutta la loro grinta e determinazione, la stessa che animava anche la nostra formazione.

  Karl si fa subito avanti, nonostante sia contrastato dai miei compagni, riesce ad arrivare davanti la mia porta; tira. Una spettacolare rovesciata, che fortunatamente riesco a parare. Rinviai il pallone a Tony, che si spinge subito in avanti, passa a Philip che serve un assist a Patrick, il quale avanza, e viene costretto a passare.

  Holly intercetta il pallone, avanza anche Mark, e fianco a fianco, con Holly; tentano un grandioso calcio a due, ma, niente il risultato rimane fermo sullo 0-0. Il primo tempo, continuò con così, con bellissime azione da entrambe le squadre, ma, senza nessuna rete.

  Si ritorna in campo, per il secondo tempo. Per quanto riguarda la nostra formazione rimase invariata, il mister aveva deciso di giocare la carta delle sostituzioni a metà tempo.
La formazione tedesca, invece, ve ne furono due. Marcus Strauss entrò al posto di, Manfred Margas; mentre, Christian Talarek entrò al posto di, Hugo Heffenr.

  Anche nel secondo tempo il risultato, rimase invariato, fu solo un susseguirsi di bellissime azioni, da parte di entrambe le squadre, che davano sfoggio delle loro capacità. La platea, era in delirio, faceva un tifo indiavolato; per questi piccoli, grandi campioni.  

  A dieci minuti dalla fine, il nostro mister decise di far entrare Julian, al posto di Mark; l’altro cambio, avvenne in difesa, ed entrò Sebastiano Orlando al posto di Giovanni Lo Monaco.

  I  miei due cuginetti insieme, facevano faville, ma servirono a poco, solo a dare altro spettacolo; perché le bellissime azioni venivano prontamente fermate dall’estremo difensore tedesco.

  La partita era volta al termine; erano rimasti solo, cinque minuti di recupero, che servirono ben poco, infatti, il risultato non si ribaltò. Due minuti di pausa, e si andò ai tempi supplementari, i quali fecero ancora da palcoscenico a ventidue piccoli campioni, pronti a difendere e attaccare.

  Giungemmo così, a fatidici, calci di rigore. Noi giocatori, ci avvicinammo verso le rispettive panchine, per decidere assieme al mister i cinque rigoristi. Per la Germania, sono: Kalz, Strauss, Okhen, Talker  e Schneider. Per quanto riguarda i nostri: Ross Julian, Callaghan, Ross Patrick, Basile e Baggio.

  Il pubblico era sempre più in delirio; ogni tifoso urlava, a squarciagola, il nome del proprio giocatore preferito. La stanchezza si faceva sentire, ma eravamo carichi al massimo, entrambe le squadre, eravamo pronte a battere i goal della vittoria, e portarci a casa il trofeo.

  L’arbitro diede il via. Iniziò a battere la Germania, mi posizionai al centro dei pali; Kalz posizionò il pallone sul dischetto degli undici metri, fischio dell’arbitro, ed è goal. La Germania, si porta subito in vantaggio.

  Adesso è il nostro turno. Julian si sistema sul dischetto, Muller si piazza in porta, l’arbitro fischia, ed è goal. Mio cugino ci porta in parità.

  Mi piazzo di nuovo tra i pali, questa volta, dagli undici metri c’è: Strauss. Fischio, tiro, parata. Ancora una volta il risultato rimane bloccato in parità.

  Tocca di nuovo a noi. Sul dischetto abbiamo Philip, fischio dell’arbitro, tira, traversa. Ancora una volta siamo bloccati, il risultato rimane ancora invariato, 1-1.

  Palla in mano alla formazione tedesca, che questa volta si affida ad Okhen. L’arbitro fischia, lui tira, e segna. Riportando la sua squadra nuovamente in vantaggio.

  Per l’Italia sul pallone abbiamo Patrick, che tira, e segna con gran classe, riportando ancora una volta il risultato in parità.

  Tocca di nuova alla Germania, con Talker, che colpì di brutto la traversa; ed ancora una volta il risultato non cambia, 2-2.

  Adesso per noi, batte Tommy, che con grande maestria insacca il pallone all’angolo basso della porta, beffando il portiere tedesco, e riportandoci di nuovo in vantaggio.

  La Germania di nuovo all’attacco. Ha l’ultima speranza di segnare, e l’affida nei piedi del proprio capitano. Karl mi segna uno stupendo goal.

  I tifosi sono tutti in piedi, attendono impazienti, di scoprire chi vincerà questo scontro tra ventidue ragazzini, che con molta probabilità saranno le stelle del calcio di domani.

  Holly si piazza sul dischetto, e segna un clamoroso goal. Il goal che ci portò alla vittoria, ed è così che vincemmo il campionato del mondo Juniores, con il risultato finale di: Italia-Germania 4-3, raggiunto grazie ai calci di rigore.

  Ci consegnarono il trofeo. Giro di campo per i vincitori, inchino sotto la tribuna; e via, verso gli spogliatoi, all’interno dei quali facevamo una confusione madornale.
 

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Capitolo 12
*** Complimenti speciali ***


12°capitolo: Complimenti speciali


 

   Improvvisamente bussarono alla porta,dello spogliatoio, era: mio padre. «Complimenti a tutti quanti, siete stati bravissimi!» disse sorridendo, poi si rivolse a noi, -compresi Mark e Danny-, «Sono fiero, dei miei campioni!» disse, abbracciandoci.

  «Benji, fuori c’è qualcuno che vuole parlarti!» mi disse sorridendo, e strizzando l’occhio, «Davvero? Di chi si tratta?» risposi curioso, non avevo idea di chi potesse essere, «Vedrai tu stesso, corri non farli aspettare.» mi disse sorridendo ancora divertito.

  Uscì fuori dallo spogliatoio, e con mia grande sorpresa, mi trovai di fronte Karl e suo padre. Non credevo a miei occhi, avevo dinnanzi il grande Schneider del Bayer Leverkusen.

  (Ero emozionatissimo, non credevo a miei occhi, e non sapevo nemmeno cosa dire. Per la prima volta nella mia vita, ero rimasto senza parole, io, che non avevo mai avuto problemi di questo genere. Adesso invece, mi sentivo stranissimo, ero fermo, immobile, come se fossi ipnotizzato; la mia lingua era come paralizzata. Ci credo, non capita certo tutti i giorni di trovarsi davanti il proprio idolo.)

  Vista la scena, di totale imbarazzo da parte mia, Thomas sorrise e prese la parola.«Volevo farti i miei complimenti! Sei davvero molto bravo, anzi, sei il miglior portiere della categoria Juniores che io abbia mai visto. Bravissimo, complimenti davvero!» mi disse sorridendo e stringendomi la mano.

«  Grazie. Sono lusingato di aver ricevuto i suoi complimenti, deve sapere che lei, è il mio calciatore straniero preferito.» risposi imbarazzato, probabilmente ero anche diventato rosso. «Intanto, non darmi del lei, puoi chiamarmi semplicemente, Tom. Uno: perché potrei venirti padre, due: ho la stessa età del tuo, e tre: tuo padre è un mio grande amico, in quanto da ragazzi, più o meno quando avevamo la vostra età giocavamo insieme alla Juve. Ma ovviamente, questo lo sai già, quindi, è inutile che io stia qui a dirtelo. Quello che volevo proporti, era di venire con me in Germania, per sottoporti assieme a Karl ad un allenamento speciale!» disse sorridendo.

  Nel frattempo io, ero quasi morto. (Ero completamente fuori giri, la mia immaginazione volava sul filo della fantasia, io in Germania; la città dei miei sogni, a casa del mio calciatore preferito, che per giunta è anche un grande amico di mio padre. Ma sono sveglio, o sto sognando..?)

  «Cosa..tu e mi padre, vi conoscete?» fu quella l’unica cosa logica, (o forse dovrei dire: idiota e scontata?) che mi venne in mente. Tom fece una faccia un po’ perplessa, nello stesso istante arrivò mio padre; il quale aveva sentito ciò che avevamo detti entrambi, e vedendo la mia faccia e quella del suo amico sorrise divertito. «Beh..sai non ho voluto dirgli niente, volevo ti conoscesse in questo modo. Non immagini nemmeno da quanto sognava d’incontrarti, immagina, se gli avessi detto della nostra amicizia!» disse mio padre continuando a sorridere.

  «Capisco! Quindi hai tenuto questa sorpresa per un bel po’, sei sempre lo stesso Freddy..!» disse Tom, e tutti quanti scoppiammo a ridere.

   Tornammo al discorso della proposta, mio padre guardo negli occhi Tom che ricambiò, perfetta l’intesa; nel frattempo mio padre mi mise la mano sulla spalla. «Coraggio! Fossi in te, non mi lascerei mai sfuggire un’occasione d’oro come questa. Inoltre, sono sicuro, che a casa di Tom ti troverai benissimo, e che con Karl andrete d’accordissimo.» mi disse strizzandomi l’occhio ancora una volta.

  Presomi di coraggio ed al settimo cielo dissi: «Si, certo che verrò a casa tua, anzi, non vedo l’ora di partire...».Ci salutammo, e ci avviammo ognuno nel proprio albergo, nel nostro, ci accolsero con una festa. Era tutto quanto bellissimo, sembrava di stare dentro ad un sogno.

   L’indomani intorno alle 17:00, ci recammo all’aeroporto di Parigi, era tempo di tornare a casa, per tutti. Io salutai i miei compagni di squadra, i miei amici, i miei cugini, e parenti, le ragazze, ed in fine la mia Patty; con un passionale bacio sulle labbra. Mi staccai, ed andai all’uscita, dove ad attendermi c’erano: Karl e Tom con la macchina.

  La nostra meta era la Germania, precisamente, eravamo diretti a: Leverkusen per arrivarci ci volevano quattro ore e mezza d’auto.

 

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Capitolo 13
*** Sogno nel Cassetto ***


13°capitolo: Sogno nel cassetto
 


Non ci credevo ancora, ero in macchina con uno dei miei idoli, e mi stavo recando a casa sua; cosa che avevo sempre sognato. Ma chi l’avrebbe mai detto che mio padre conosceva proprio il grande Schneider, e chi avrebbe mai immaginato che un giorno, avrei coronare questo sogno? Io non di certo, ero troppo emozionato, non stavo più nella pelle.

Giungemmo a destinazione, dove Karl abitava, con i suoi genitori e la sorellina, Marie-Kathleen di sette anni. (come la mia). Vivevano in una bella e spaziosa villetta monofamiliare, circondata da un grande giardino, diviso in due parti; in quella più piccola vi era: un orto coltivato da Clara, la mamma di Karl, mentre dall’altra parte, quella più grande, vi era: una piscina, un gazebo, un tavolo con le rispettive sedie, un barbecue, ed in ultimo, -ma non meno importante, anzi,- una porta da calcio, con la quale Karl e Tom si allenavano.

Arrivammo per l’ora di cena, infatti, erano circa le: 19:30. La mamma di Karl, aveva preparato molte specialità tedesche: hot-dog, krauty, le supermitiche patatine fritte, con la mostarda, -che ovviamente è più buona di quella che abbiamo in Italia-, ed in fine, per dolce c’erano: la torta sacher, e lo strudel.

(Se vi stata chiedendo come facevamo a dialogare, la risposta è semplice. In italiano ovvio, infatti, la mamma di Karl è di origini italiane, in quanto i suoi genitori si trasferirono in Germania, dove lei è nata e cresciuta. La madre di Clara, essendo una donna molto legate alle sue origini fece studiare la figlia in un collegio italiano, dove la seconda lingua era il tedesco. Anche Tom parlava molto bene l’italiano, in quanto aveva passato qualche anno in Italia; precisamente a casa di mia nonna, quando era ragazzo appunto, e giocava alla Juve assieme a mio padre. Quindi entrambi i genitori, ed anche i nonni materni insegnarono a Karl e Mary-Kate l’italiano, inoltre, Karl lo studiava anche a scuola.)

Dopo aver finito di mangiare, abbiamo fatto un giro per Leverkusen, tutti quanti insieme; circa alle 2:00 di notte tornammo a casa, ed andammo a dormire. Io dormivo nella camera di Karl, ovviamente. Era una stanza semplicemente fantastica, infatti, si era scelto la mansarda, quindi; il tetto era spiovente.

(Mi piaceva anche la disposizione, beh, che dire? Proprio una bellissima camera, credo che averne una così fosse il sogno di qualsiasi adolescente..)

L’indomani mattina ci svegliammo intorno alle: 8:30/9:00, siamo scesi in cucina per fare colazione, dopo aver finito andammo a farci la doccia, ci vestimmo, ed andammo a fare un giro con la metropolitana. Karl mi portò a Düsseldorf, a Ratingen e Colonia.

Mi fece vedere lo stadio dove giocava il Bayer Leverkusen, la sua scuola, che paragonata a quelle alle nostre era un albergo a cinque stelle. Per pranzo tornammo a casa, Clara aveva preparato gli spätzle, dei gnocchetti, ripieni di speck e funghi, con salsa di panna arricchita con i due ingredienti precedenti.

(Devo dire che erano veramente squisiti, una vera e propria delizia).

Finito il pranzo, andammo in camera di Karl a giocare con la Playstation, più o meno verso le 16:30 andammo in giardino ad allenarci con Tom; non ci rendemmo completamente conto di aver praticamente passato fuori tutto il pomeriggio, a dar calci al nostro adorato pallone.

Insomma, per dirla tutta, se la piccola Mary-Kate non fosse venuta a chiamarci  per la cena, avremmo continuato a giocare con la sfera a scacchi bianchi e neri, fino a che non saremmo crollati a terra sfiniti.

Dopo aver cenato andammo a fare una doccia, ed andammo di corsa a letto. (Eravamo praticamente distrutti, non mi ero mai allenato così tanto in vita mia).

L’indomani mattina non ci svegliammo prima delle 11:00, si può dire che abbiamo quasi fatto colazione con il pranzo. Il pomeriggio, lo passammo a casa, assieme a Clara, Mary-Kate, ed ai nonni di Karl; siamo stati tutto il tempo a parlare di usi e costumi tipici, italiani e tedeschi.

Verso le 20:00, quando Tom tornò a casa, dall’allenamento con il Bayer andammo a mangiare al Burger King. (il Mc Donald tedesco!). ma tornammo a casa presto.

L’indomani, (13 agosto, compleanno di Tommy) era domenica, ed andammo tutti a Berlino; era la prima giornata di Bundesliga (campionato tedesco). Giocavano al mitico “Olympiastadion” appunto della capitale tedesca.

Andammo tutti  vedere la partita, la quale era di sera; quindi tutta la mattina ci passò a in giro per Berlino, e la sera finalmente ci recammo allo stadio.  (Non ci credevo, ero in uno degli stadi più belli al mondo. “La Tartaruga d’Acciaio” nella mia città preferita). Le due sfidanti erano: Bayer Leverkusen ed Hannover 96; quindi la squadra di Tom, e quella di suo fratello Bernd.

È stata una bellissima partita, vinta dal Bayer per: 2-1. I goal furono di: Bernd per l’Hannover, e di Tom e Franca per il Bayer. Dopo la partita, aspettammo che Tom ed il fratello finirono di fare le docce, e poi andammo a mangiare al ristorante; assieme a Bernd, sua moglie Leda, e le lor due gemelline Annie ed Allie (di otto anni).

Finita la cena, quindi intorno alle: 00:30, ci salutammo e tornammo a Leverkusen. Tom batte il record, infatti arrivammo in 45’minuti, tra le grida di Clara la quale ammoniva inutilmente il marito. L’indomani io e Karl ci allenammo da soli, nel pomeriggio, si unì a noi anche Tom.

[…]

 

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Capitolo 14
*** La Primavera della Juve ***


14°capitolo: La Primavera della Juve
 

  Passò così anche l’ultima settimana, la mia vacanza tedesca giunse purtroppo al termine; ed il lunedì 21 agosto, mi accompagnarono all’aeroporto, alle 16:00 presi l’aereo, e dopo circa un’ora arrivai all’aeroporto di Torino; dove ad attendermi c’era mio padre.

  Quando arrivai a casa, trovai tutti lì, pronti a festeggiare; la vittoria, il mio ritorno, ed una grande sorpresa. Fu così, che mio zio Alex mi consegnò una lettera, e disse: «Complimenti campione! Sono fiero di te..»

  (Non capivo cosa volesse dire, ma una volta aperta la busta, mi fu tutto chiaro; ero stato promosso in Primavera). Per un attimo mi rattristai, guardai i miei amici dispiaciuto; pensavo che loro non fossero stati presi. «Non c’è bisogno che fai quella faccia! Ci hanno presi tutti quanti Benji, compreso me, ed in più ci sono anche Erik, Mark e Danny..» che sbucarono da dietro il divano.

  I miei occhi tornarono a brillare, e sorrisi felice, correndo incontro ai miei compagni di squadra, ed amici di vita. Ci abbracciammo, ed iniziarono i festeggiamenti.

  Finalmente, arrivo settembre, e con esso anche la convocazione ufficiale; ma purtroppo arrivo anche l’inizio della scuola. Le sorprese però, non erano ancora finite; la cosa più bella fu che nessuno di noi sospettasse di nulla, ovviamente, tutti lo sapevano tranne noi. Ma ben presto, lo scoprimmo, ed avvenne al primo allenamento.

  La sorpresa riguardava l’allenatore.. (..Indovinate un po’ chi era? Beh, credo abbiate capito che parlo di mio padre, il quale si era stancato di allenare squadre scolastiche; e visto che la Primavera era rimasta senza allenatore, si presento al colloquio con la società).

  Giunse così anche la prima sfida, con la nostra nuova squadra, ma si trattava ancora di una partita non ufficiale; in quanto, ancora il campionato non era iniziato. Per noi si trattava di una specie di provino, mentre, per i nostri avversari di una partita di precampionato, infatti la nostra avversaria fu la Juventus.

  Fu proprio una bellissima partita; uno: perché giocavamo contro la nostra squadra del cuore, due: perche tra i nostri avversari c’erano Alex, Gigi e Roberto. (Quindi, potete immaginare il nostro d’animo; dovevamo dimostrare di essere all’altezza della nuova squadra, e volevamo far vedere a: mio zio, al fratello di Holly, ed a Gigi che eravamo in grado di tener loro testa. Ma soprattutto, volevamo e dovevamo farci notare da Marcello, allora allenatore della Juve; chissà ci fosse stato bisogno di qualcuno in assenza dei big.)

  La partita ovviamente fu vinta dalla Juve, (e mi sembra anche giusto, dal’altra parte i campioni sono loro). Noi, non uscimmo poi così tanto male, perché il risultato finale fu: Juventus 4 Primavera 2.

  Ciò significava solo una cosa, che eravamo stati all’altezza di competere contro di loro. Io avevo parato molti dei tiri che fecero Roberto e mio zio, mentre, Holly e gli altri, erano stati in grado di segnare a Gigi, ed a metterlo anche in difficoltà.

  Finalmente si iniziò a fare sul serio, il campionato cominciava a diventare più emozionante, le altre Primavere cominciavano ad essere anche più forti. L’anno passò molto velocemente; tra scuola, allenamenti e partite.

  Il 30 maggio finì il campionato, noi lo avevamo vinto, ed anche la Juve lo aveva matematicamente vinto; in quanto ancora il loro non fosse finito.

  Il 31 maggio, il giorno dopo quindi, partimmo con la scuola per andare a Barcellona; dove siamo stati una settimana. Alloggiavamo in un albergo a cinque stelle, ci divertimmo un mondo; tra visite ai monumenti, giri per la città, e la sere passate ai pub.

  Il 7 giugno, di sera, tornammo a casa; la prima cosa che ci venne detta all’aeroporto fu che la Juve aveva vinto lo scudetto.

  Tre giorni dopo, quindi il 10, partimmo tutti quanti con le nostre famiglie; per andare a fare un mese di vacanza alla villa di Holly. L’estate ci passò in giro per i boschi, in piscina, al campo a giocare, tra feste e cavalcate. (Nel frattempo Vincenzo aveva ricomprato i cavalli, come una volta).

  Noi dormivamo lì, mentre, le ragazze se ne andavano la sera, e poi la mattina tornavano, per iniziare una nuova giornata piena di divertimenti. 

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Capitolo 15
*** Tra scuola, allenamenti, e partite ***


15°capitolo: Tra scuola, allenamenti, e partite




Finita l’estate, eravamo pronti per tornare alla carica; affrontare la scuola, gli allenamenti e le partite. (Insomma, la nostra routine quotidiana).


Quest’anno ci trovavamo al 2° liceo, cominciavamo a diventare famosi, grazie anche al fatto che il preside ci aveva visto in campo, e ci aveva proposto di entrare a far parte anche della squadra scolastica.


Tutti ci chiedevano autografi, foto, le ragazze erano pazze di noi; cadevano ai nostri piedi, (e provocavano non poco le ire delle nostre ragazze, soprattutto di Patty e Jenny, le più “possessive” ).


Persino i professori, ed i bidelli ci chiedevano gli autografi, (devo dire che era bello essere diventati famosi, e soprattutto lo era ancora di più, per il fatto che lo eravamo diventati grazie al nostro impegno e talento, e non per via dei nostri cognomi).


Questo, sembrava essere l’anno più lungo e difficile, in quanto, la scuola diventava sempre più pesante ed impegnativa, in fondo eravamo al 2° liceo, l’anno di passaggio tra il 1° e d il 3°, quindi, se volevamo passare all’anno successivo, dovevamo impegnarci molto di più; senza però trascurare il calcio, anch’esso era importante soprattutto adesso che eravamo così vicini alla fama.


L’anno andava dunque avanti, tra: scuola, compiti, interrogazioni, allenamenti e partite. Le cose procedevano abbastanza bene, conducevamo la classifica. Però; sabato 17 aprile ci fu uno spiacevole evento, infatti, durante la partita mi sono rotto la caviglia sinistra. (La mia solita insomma. Stavo effettuando una parata, in elevazione, e sono caduto in un brutto modo concentrando tutto il peso del mio corpo sulla gamba.).


Eravamo appena al ‘30°minuto del primo tempo, quando mi condussero fuori dal campo in barella, mi portarono immediatamente all’ospedale; la diagnosi non fu per niente buona, infatti: mi ero rotto sia i tendini, sia i legamenti, e come ciliegina sulla torta, anche l’osso si era rotto per la seconda volta. Il mio campionato era finito, giocandomi così tutta la parte più bella della stagione.


Mi ingessarono il piede, e mi dissero che questa volta avrei dovuto essere operato. (Poverina la mia caviglia, da quando gioco a calcio ne ha viste di tutti i colori, considerando che questa è la seconda volta che me la rompo; ma di certo, non ha dimenticato di tutte le altre botte che ha subito).


Lunedì a scuola, l’attenzione era tutta concentrata su di me. Tutti mi chiedevano cosa mi era successo, perché avevo le stampelle, il gesso ecc...


La scuola continuava, eravamo quasi arrivati agli sgoccioli, il campionato era quasi finito. Improvvisamente le condizioni di Julian peggiorarono, il suo cuore era tornato a fare nuovamente i capricci; e li faceva ogni giorno di più.


Anche lui dovette abbandonare, temporaneamente , il calcio. Finalmente la scuola finì, e per fortuna fummo tutti quanti promossi; insieme a lei, finì anche il campionato, che concludemmo al 4°posto.


Il giorno della mia operazione, si avvicinava velocemente, diventando sempre più vicino. Julian entrava ed usciva dall’ospedale, continuamente, le sue condizioni si erano molto aggravate.


(Mi sa che questa volta, lo avevamo perso per sempre, forse per lui, era davvero giunto il momento di appendere gli scarpini al chiodo, e far diventare il calcio uno dei ricordi più belli della sua vita).

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Capitolo 16
*** Gli intervanti ***


 

16°capitolo: Gli interventi

 

Giunse il giorno del mio intervento alla caviglia, quindi, insieme alla mia famiglia mi recai in Colorado per farmi operare, da un noto specialista americano, specializzato in ricostruzioni di tendini e legamenti danneggiati.

Julian, era svenuto per l’ennesima volta, lo portarono in ospedale, per sottoporlo ad esami di vario genere, bisognava capire meglio le  condizioni in i cui si trovava il  suo cuore, per stabilire come comportarsi di conseguenza.

Intanto, io ero già arrivato in Colorado, dove mi hanno subito ricoverato, e sottoposto anche a me ad alcuni esami, sia i classici che si fanno prima di un qualsiasi intervento, sia alla caviglia, per confermarne nuovamente le condizioni, o verificare eventuali miglioramenti o peggioramenti.

Era tutto come il primo controllo, i tendini ed i legamenti erano rimasti tali e quali alla prima risonanza magnetica, l’osso invece era parzialmente risanato, il che significava, che dovevano intervenire anche su di esso.

A Torino, nell’ospedale in cui era ricoverato Julian, arrivò una telefonata, da un ospedale napoletano; nel quale era ricoverato un ragazzo in coma, tenuto in vita solo dalle macchine.

I genitori, avevano deciso di donare gli organi, ed il cuore era destinato a Torino, in quanto mio cugino era in cima alla lista per i trapianti di cuore.

L’indomani fu sottoposto ad altre nuove analisi, era necessario, prima di procedere con un intervento simile avere un quadro molto dettagliato delle sue condizioni.

 In America, erano le 16:00. L’equipe medica era quasi pronta, aspettavo solo che veniva qualche infermiere per farmi la preanestesia.

In camera, eravamo io, mia madre e mia sorella; nella mia mente c’era spazio solo per Julian, ero più preoccupato per lui, che per me.

(Non mi spaventava nemmeno, l’ipotetica possibilità di dover lasciare il calcio per sempre, l’unica cosa che m’importava era che a July andasse tutto bene).

Mentre attendevo l’infermiere, il mio cervello continuava a divagare, poi guadai fuori dalla finestra, e prima di scorgere fuori di essa, incrociai lo sguardo di mia madre.

«Mamma, quando chiamiamo a Julian?» le dissi con una voce che lasciava emergere tutta la mia preoccupazione.

«Amore, da loro sono le 8:00. Sicuramente, gli staranno facendo delle analisi. Più tardi, quando ti sveglierai dall’anestesia lo chiameremo!» mi rispose carezzandomi la fronte, e scostandomi i capelli da essa, era un modo per rassicurarmi e cercare di farmi stare tranquillo.

(Ma, infondo, sapevo che nemmeno lei lo era come voleva far credere).

Finimmo appena di parlare, che bussarono alla porta era l’infermiere, con una bella siringa piena di sedativo, nel frattempo che mi chiedeva come andava mi fece l’iniezione.

 Poi si rivolse a mia madre, e disse: «Tra 40-45 minuti veniamo a prenderlo, per portarlo in sala operatoria. Il dottor Chase mi ha detto che lei assiste all’intervento, preferisce cambiarsi adesso, o dopo?»

«No, preferisco dopo, anche perché aspetto mio marito per lasciargli la piccola.» rispose mia madre sorridendo all’infermerie. Circa 10 minuti dopo, arrivo mio padre, per portarsi via Martina; io ero un po’ stordito, dalla preanestesia, quasi non mi ero reso conto nemmeno del suo arrivo.

Credeva mi avessero già operato, «Ma che ha, si è svegliato dall’anestesia?» chiese mio padre, a mia madre. «Il dottore gli ha fatto la puntura, e lui si è rimbambito.» rispose Martina, vedendo la situazione con gli occhi di una bimba di dieci anni.

I miei sorrisero, e mamma disse: «Vabbè si, gli hanno fatto la preanestesia, tra un po’ vengono a prenderlo.» continuando a sorridere. «Ah ok, capito!»

Si avvicino a me, si sedette sul letto, «Eih campione tranquillo, andrà tutto bene, anche per quanto riguarda Julian! Al tuo risveglio troverai una bellissima sorpresa.»

Io che appunto, ero un po’ stordito avevo capito tre quarti di discorso. «No, lo sai che odio le sorprese.» risposi con la voce un po’ impastata.

«Vedrai, che questa ti piacerà...» risposte sorridendo e dandomi un bacio sulla fronte, ed un colpetto sulla spalla e disse: «Mi raccomando campione!»

Salutò mia madre, ed andò con mia sorella a prendere la mia sorpresa.

Dopo circa dieci minuti, vennero gli infermieri che mi misero sulla barella, e ci avviamo in sala operatoria. «Dove giochi a calcio?» mi chiese l’infermiere italiano.

«Gioco nella Primavera della Juve da circa due anni.» dissi sorridendo.

«Caspita, complimenti! Ti auguro di arrivare in alto.» rispose sorridendo.

Nel frattempo mia madre, si era cambiata per assistere all’intervento, mentre noi eravamo arrivati in sala operatoria, mi misero sul tavolo operatorio.

Il dottor Chase mi venne vicino, ovviamente, non parlava molto bene l’italiano, quindi si mise a parlare in inglese.

(Ma non avevo nessun problema nel dialogare, visto che modestamente nella materia avevo 8).

«Hello Benji, how are you?» mi chiese controllando le mie lastre.

«So so, because I have a little pain in the ankle!» risposi sorridendo.

«Don’t worry,in a little while you’ll feel better. Good, are you ready?» disse ancora una volta sorridendo.

«Yes, I am!»  risposi sorridendo ancora.

Mi misero la mascherina con l’anestetico, e mi addormentai, i medici cominciarono a tagliare la caviglia, per ricostruire i tendini ed i legamenti.

Intanto in Italia, Julian, stava facendo l’elettrocardiogramma ed era un po’ agitato, il cuore batteva troppo velocemente, per poi diminuire di colpo facendolo andare addirittura in arresto cardiaco.

Sua madre e mio zio, (fratello delle nostre madri, anche loro erano medici.) gli fece il massaggio cardiaco, ma servì a poco.

«Terry, è in fibrillazione ventricolare, abbiamo bisogno del defibrillatore.» disse mio zio, mantenendo la calma.

Fortunatamente, riuscirono a riprenderlo, lasciarono perdere gli esami, lo portarono in rianimazione gli misero la flebo e l’elettrocardiografo per registrare continuamente l’attività del suo cuore.

Io ero appena uscito dalla sala operatoria, mi avevano riportato in camera, l’intervento era riuscito alla perfezione, dovevo solo svegliarmi dall’anestesia.

Dopo circa una mezz’oretta mi svegliai, ero completamente stordito, ma nonostante ciò appena aprii gli occhi il mio primo pensiero andò a mio cugino.

«Mamma chiama la zia, per sapere come sta July!» furono queste le prime parole che uscirono dalle mie labbra la mio risveglio.

Mia madre non disse nulla, prese il telefono, chiamò il centralino, fece passare la chiamata in Italia.

Rispose Giorgia, la centralinista dell’ospedale, le passo mia zia, la quale le raccontò tutto ciò che era successo. «A Napoli, stanno procedendo con l’asportazione degli organi, e tra pochi minuti il cuore arriverà qui.»

Si salutarono.

Mia zia andò a preparare Julian per l’intervento, mia madre posò la cornetta, per non farmi preoccupare evitò di dirmi tutta la parte della crisi e disse: «Sta bene, è tutto a posto! Hanno fatto gli esami, ed adesso lo stanno preparando per il trapianto!»

Ero felice, sospirai, «Per fortuna, ero preoccupatissimo!» risposi sorridendo.

Finita la discussione, bussarono alla porta, era mio padre. «Ciao campione, come va?» esclamò entrando.

«Abbastanza bene, a parte il mal di testa, ed il fastidio dei punti. Comunque, sbaglio o prima hai detto qualcosa su una sorpresa?» risposi, poi sorrisi, non immaginando neanche lontanamente cosa potesse essere.

Mio padre schioccò le dita, ed entrarono: Roberto, Alex, Fabry, Gigi, mio nonno, Holly, Tommy e Karl.

(Il resto della squadra, Tony e Patrick, erano rimasti a Torino con Julian).

«Sorpresa!» gridarono tutti quanti insieme.

 Ero rimasto senza parole, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, ma, a quanto pareva le sorprese non erano ancora finite.

«E adesso la seconda. Martina?» disse mio padre, ed al suo richiamo entrò la mia sorellina, con un  pallone della Nike che mi portò tra le mani.

Era tutto autografato, dai calciatori della Juve, dai miei compagni, dalla nazionale maggiore, da Karl suo padre, e suo zio.

Ero troppo emozionato, che non riuscii a trattenere le lacrime, «Grazie a tutti! Non mi sarei mai aspettato una cosa simile.» dissi piangendo come uno stupido.

«Ma figurati scemo! Per te siamo disposti a tutto, ma basta che con questa frase non ti monti la testa. Comunque, cerca di rimetterti presto in forma, la tua squadra ha bisogno dite, e poi il prossimo anno siete tutti invitati a casa mia!» rispose Karl, ed a quel punto scoppiammo tutti a ridere. 

Bussarono nuovamente alla porta, tutti i ragazzi cercavano di trattenere le risate, io non capivo, ma rimasi a guardare. Tommy andò ad aprire la porta.

«Beh, a quanto pare , le sorprese non sono ancora finite!» disse iniziando a ridere, io lo guardai riducendo gli occhi a fessura.

Si spostò e fece capolino Patty. «Cucù…» esclamò.

 Appena la vidi mi si illuminarono gli occhi, «Amore…» dissi felice e sorridente.

Lei si avvicino, buttandosi delicatamente tra le mie braccia, facendo attenzione a non farmi male nella mano dove avevo la flebo.

Mi diede un bacio lunghissimo sulle labbra, ed io lo ricambiai, ovviamente.

 «Bimbo mio, come ti senti?» mi chiese dopo essersi staccata.

 «Tranquilla! Sto bene, mi bruciano solo un po’ i punti.» le risposi, incrociando la sua mano con la mia.

Il tempo passò velocemente, l’orario delle visite era finito, in quanto erano già le: 19:00, e purtroppo dovettero andare tutti via.

In Italia, invece, erano le 11:00. L’elicottero che trasportava il cuore, era appena atterrato sul tetto dell’ospedale, Julian era già pronto, intubato ed anestetizzato, aspettavano solo che l’organo arrivasse in sala operatoria, non c’era un minuto da perdere.

Non’appena arrivò, iniziarono immediatamente, con l’intervento, il quale durò circa tre, quatto, ore.

Fortunatamente, era andato tutto bene, adesso bisognava solo aspettare le ventiquattro ore, e sperare che non avveniva nessuna crisi di rigetto.

Per quanto mi riguarda, la notte passò al quanto lenta, non riuscivo a prendere sonno, sia perché non potevo girarmi come mi pareva, ed inoltre, la mia mente continuava imperterrita a pensare a Julian.

Per quanto riguarda l’Italia, invece, le ventiquattro ore passarono velocemente, non si manifestò nessuna crisi. Il nuovo cuore, funzionava perfettamente.

 Julian era come rinato. Nel pomeriggio, chiamò mia zia, per informarci della situazione.

«Ciao sorellina! Come sta Benji?» disse mia zia salutando mia madre.

 «Ciao Terry! Tutto bene, adesso sta dormendo, stanotte non ci riusciva. Da voi, come sta Julian?» rispose chiedendo anche del nipote.

«Anche qui tutto bene. Il trapianto è riuscito perfettamente, senza nessuna crisi, Julian sta bene ed è anche più sereno!» rispose mia zia, si sentiva dalla voce che anche lei era più serena.

 «Oh per fortuna, grazie al cielo, non potevi darmi notizia migliore! Salutalo da parte nostra, e digli che gli siamo vicini.» aggiunse mia madre felice.

 «Si certo, tu saluta Benji, e mandagli i saluti anche da parte di Julian. Ciao, un bacio a presto!» chiuse mia zia la conversazione.

Finalmente passò una settimana, e mi tolsero i punti, il dottor Chase mi mandò di nuovo Italia, dicendomi che ci saremo rivisti fra due mesi, per vedere se l’operazione era veramente riuscita, ed anche se la riabilitazione funzionava.

L’estate passò molto velocemente, anche se, per me e Julian fu un po’ noiosa, visto che non potevamo allenarci assieme agli altri, che per fortuna, date le nostre condizioni non si allenarono più di tanto, per non lasciarci troppo soli.

Il tanto atteso 15 settembre, era arrivato, era tempo di controlli.
Questa volta fu il dottor Chase a venire in Italia.

(Devo ammetterlo, in quest’occasione ero più preoccupato per me, che per mio cugino, il quale, aveva fatto anche qualche strappo alla regola, allenandosi un po’. Il suo nuovo cuore funzionava alla perfezione).
(In realtà, non avevo nulla di cui preoccuparmi, ma mi spaventavo troppo se l’intervento per qualche motivo non fosse riuscito. Avrei potuto dire addio per sempre al calcio, al mio mondo, ed era l’ultima cosa che volevo)
.

Torino: 15/09/04, ore: 9:00.

 Io e Julian ci trovavamo all’ospedale, dove lavorano le nostre madri e nostro zio.

Io ero con la mia, e con il dottor Chase in radiologia.

Mio cugino, era con la sua e con lo zio Marcus in cardiologia.

L’intervento era riuscito perfettamente. La caviglia era tornata a funzionare come prima, i tendini ed i legamenti si erano risanati benissimo, e lo stesso valeva anche per l’osso.

 Uscii di corsa dal reparto in cui mi trovavo.

(Che bello! Finalmente potevo correre, dopo tutto questo tempo).

Corsi ad abbracciare Julian, il quale mi veniva incontro, uscendo dalla porta delle scale.

(Le aveva fatte tutte di corsa, ed il suo cuore non dava nessun segno di affaticamento, ero davvero felicissimo, per entrambi!).

Ci stringemmo in un abbraccio, che durò più di cinque minuti, eravamo troppo felici.

La sera, andammo tutti a festeggiare, infondo era d’obbligo, la situazione non poteva che risolversi ne migliore dei modi.

(Ohps…scusate, ho dimenticato a dirvi che: Mark, Danny, Ed, Philip, Erik e Rossana -la sua ragazza- si erano uniti anche loro alla nostra comitiva!).



Nota: Ho cambiato il nome della sorellina di Benji, infatti, da Elena è diventato Martina, ma siccome ho poco tempo negli altri capitoli lo sistemo dopo. A presto Amy! 
 

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Capitolo 17
*** Una stupenda stagione ***


17°capitolo: Una stupenda stagione
 

 

 Erano passati due giorni dai controlli, io e Julian c’eravamo rifatti, avevamo giocato a pallone come matti, recuperando tutto ciò che non avevamo fatto in estate.

(Ovviamente non avevamo esagerato, altrimenti i nostri genitori ci avrebbero ucciso, ma non per averlo fatto, semplicemente per una questione di principio, non volevano che strafacevamo sforzandoci cosi tanto).

L’alba del terzo giorno era appena sorta, sarebbe stato un lunedì mattina come tutti gli altri, se non fosse perché sarebbe stato il primo giorno di scuola.

L’ultimo anno, quello più difficile, ma allo stesso quello più bello, che sarebbe rimasto nel cuore ad ognuno di noi.

La nostra fama oramai, era paragonabile a quella dei calciatori professionisti, ogni giorno all’entrata ed all’uscita eravamo assaliti da: ragazzi e ragazze delle scuole vicine, che volevano a tutti i costi un autografo, una foto, od addirittura, le fans più “innamorate” volevano strappare un bacio dalle nostre labbra.

Ma, purtroppo per loro, l’unica cosa che puntualmente ricevevano erano: le occhiatacce assassine delle nostre ragazze, le quali si avvinghiavano più saldamente a noi, causando le invidie delle pazze scatenate.

Anche all’interno della scuola, la situazione non era molto diversa, infatti, al nostro passaggio si udivano: urla di elogio, e si vedevano: ragazze imbambolate, come se avessero visto un angelo, o chissà cos’altro.

Nonostante questi piccoli inconvenienti, andava tutto allo stesso modo. Ci dividevamo tra: studio, allenamenti, partite, ed ancora studio. Non era per niente facile, conciliare le due cose, richiedevano entrambe costante impegno.

Non potevamo permetterci di trascurare ne la scuola, ne il calcio,  per fortuna le ragazze ci davano una mano con i compiti, infatti, ci passavano la maggior parte dei compiti per casa, noi ci preoccupavamo solo di copiarli e studiare la lezione, facendo cosi metà del lavoro.

Arrivò cosi la fine del primo quadrimestre, ed eravamo felici di constatare, che le nostre medie erano abbastanza alte. Per quanto riguarda il campionato; c’avevano proclamato: “campioni d’inverno”.

Adesso la situazione si complicava, ancora di più, dovevamo impegnarci ancora più a fondo se volevamo diplomarci.

Le interrogazioni erano all’ordine del giorno, ed i compiti in classe, non erano da meno purtroppo.

Passavamo la maggior parte delle notti in bianco, a studiare, o a preparare gli argomenti per gli esami.

L’indomani a scuola, era un miracolo se non ci addormentavamo durante le lezioni.

Il tempo trascorreva, ma, sembrava farlo a rilento. L’ultimo mese sembrava interminabile, addirittura, più lungo dell’intero anno scolastico.

Il campionato era finito, ed ovviamente l’avevamo vinto.

Finalmente, avevamo un po’ più di tempo, anche solo per respirare.

 Il 20 giugno, cominciarono i tanto attesi, e tanto temuti esami: gli scritti.

I primi due giorni: prima e seconda prova.

Poi ci furono quattro giorni di stacco, ed al quarto avevamo fatto la terza prova.

Per fortuna, risultarono più semplici di quanto avevamo previsto, soprattutto se tenevamo in considerazione il poco tempo che avevamo avuto.

Dopo circa due settimane, affrontammo gli orali, li passammo senza grosse difficoltà.

Eravamo già arrivati al 10 luglio, per fortuna nostra, era l’ultimo che passavamo in quella “prigione” chiamata scuola.

Uscimmo fuori. Urlando e saltando come matti, felici per la fine della nostra tortura, fieri di esserci diplomati a pieni voti.

(Ovvio, non sapevamo ancora i risultati, ma eravamo sicuri che andassero ben oltre la sufficienza).

Il pomeriggio, ci passò a preparare le valigie, ci trasferivamo una settimana alla villa di Holly, dove ci saremmo potuti rilassare, finalmente come si deve, ovviamente in compagnia delle nostre ragazze.

La settimana di relax, fu un vero toccasana; ma purtroppo però, come tutte le cose piacevoli, volò in un baleno.

Il giorno dopo esser tornati a casa, io e Julian ci recammo a scuola per vedere i voti, dopo averli scritti tutti, tornammo a casa.

Gli altri ci stavano aspettando, per festeggiare; aprii la porta d’ingresso con le chiavi, e tutti quanti si precipitarono su di noi curiosi, e frementi, di saperli.

«Allora? Forza spara..» disse Tommy saltellando, come se fosse impazzito, io mi schiarii la voce, e li spinsi tutti dentro casa.

«Non li hanno ancora appesi!» dissi con aria seria, gli altri, erano delusi, ma allo stesso tempo anche un po’ increduli.

Io e Julian ci guardammo, e scoppiammo a ridere, gli altri ci seguirono a ruota; mio cugino, estrasse il foglietto dalla tasca dei jeans, e lo mostro agli altri.

«Io, Patty, Jenny, ed Amy 90; Susy, Giò ed Eve 85; Tommy, Tony, Holly e Phil 75;  Benji, e Patrick 80; Ed e Mark 65» disse sorridendo Julian.

Le urla si propagarono per tutta casa, l’abbraccio comune che ne seguì, fu uno dei più lunghi e gioiosi.

Due ragazzi ed una ragazza, si staccarono prima.

«Uffa, non è giusto! Quanto vi invidio...» disse il ragazzo dai capelli mori.

Noi ci staccammo, puntando gli occhi su Danny; «Il prossimo anno toccherà anche a voi...» rispose Ed sorridendo all’amico.

«Mi però... non è giusto, ancora un altro anno di prigione..» strillo Rossana.

«Già, che palle!» aggiunse Erik sospirando.

Noi scoppiamo a ridere, erano troppo comici in quel momento, poco dopo anche loro si unirono alla nostra risata. 

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