Sparklade: Il Labirinto della Disgrazia

di Red Leaves
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO: Segni Premonitori ***
Capitolo 2: *** I Rapimenti e la prima Vittima ***
Capitolo 3: *** Divisi ***
Capitolo 4: *** Lame dall'Alto ***
Capitolo 5: *** Un servitore e una cantante tra gli Oleandri ***
Capitolo 6: *** Spine Sanguinarie ***
Capitolo 7: *** Flora ***
Capitolo 8: *** Due Giorni, Due Sgraal, Due Braccia ***
Capitolo 9: *** Rottura di Fedeltà ***
Capitolo 10: *** Il Centro ***
Capitolo 11: *** La Spiegazione Irrazionale ***
Capitolo 12: *** Gli Ultimi Istanti ***
Capitolo 13: *** EPILOGO: Cadute le foglie, i semi germogliano ***



Capitolo 1
*** PROLOGO: Segni Premonitori ***


 

Il primo capitolo potrà sembrarvi l'inizio di un normale racconto di avventura o fantasy, ma serve da introduzione ai personaggi, che sembrano l'invenzione di un bambino...scegliete il vostro preferito e vediamo se riuscirà a sopravvivere....Buona lettura!

 


                                                                                             THE SPARKLADE PROPHECY: IL LABIRINTO DELLA DISGRAZIA

La leggenda racconta del mitico mostro Sparklade, che ogni ottantacinque anni raggruppa le personalità più influenti di una determinata area per sottoporle a quello che è chiamato il Dolore Finale. Testare la loro resistenza in un labirinto pieno di trappole mortali, con lo scopo di spaventarli, martoriarli, ucciderli nei modi più orrendi e sanguinolenti uno dopo l'altro, seguendo una precisa serie. Il motivo è sconosciuto, perché praticamente nessuno è sopravvissuto per raccontarlo.

                                                                                                               *

La principessa Mahoney si svegliò di colpo spalancando gli occhi nel terrore. Era sudata e tutte le lenzuola di seta del suo letto regale erano stropicciate. Aveva appena fatto un incubo. Aveva sognato di trovarsi assieme ad altre persone che non aveva saputo riconoscere in un luogo verdeggiante e apparentemente sereno. Poi, all’improvviso, dal nulla era apparsa una creatura simile ad un serpente che aveva cominciato ad attaccare tutti i presenti. Nella realtà avrebbe combattuto la bestia, ma nel sogno si era rivelata molto codarda. Stava scappando quando sotto i suoi piedi si era aperta una voragine. Cadeva, urlava, si disperava. E poi le aveva viste. Picche acuminate che non aspettavano altro che lei. Sempre più vicine, non c’era possibilità di scampo. Le punte stavano per trafiggerle gli occhi…

Si era svegliata in quel momento. Sognare è qualcosa di speciale, ma lei gradiva molto di aver smesso.
Mentre si stava alzando, la porta della sua camera venne spalancata con fragore. Glorianna, la sua guardia del corpo, era appena entrata con la sua solita mancata grazia da uomo mancato.
“Principessa, deve prepararsi per la Riunione!”
“Cosa? Oh, giusto! È già quel periodo dell’anno?”
Mahoney era una giovane donna che non aveva ancora trent'anni. I lineamenti della sua faccia erano delicati, ma mostravano anche una certa determinazione. Il suo carattere andava dallo spensierato e generoso al risoluto e senza rimorsi. Aveva dei lunghi e lisci capelli tra il rosso e l'arancione che ondeggiavano come foglie al vento. I suoi occhi erano color miele, un colore non inusuale per la regione in cui abitava. Indossò un vestito bianco la cui forma ricordava la corolla di un iris.

In effetti le piante avevano un'importanza non secondaria nella sua vita: la città sulla quale regnava, I Boschi Sopraelevati, era costruita sugli alberi e rampicanti, foglie e fiori facevano parte integrante degli edifici. Il suo palazzo, per esempio, era un trionfo ingarbugliato di enormi caprifogli e ibiscus che dominava la città.
Era arrivato il giorno della Riunione dei Capi della Regione. Una riunione noiosissima che si svolgeva ogni anno in una città diversa della Regione. Questa volta si sarebbe svolta proprio ai Boschi Sopraelevati .
Mahoney, indossò anche una corazza protettiva sopra il vestito elegante, la Regione non era in Guerra, ma la sicurezza non era mai troppa.
Era una delle migliori spadaccine del Regno, ma comunque Glorianna la seguiva ovunque andasse. Glorianna era vestita e pettinata nello stesso modo della principessa. Era una donna forte e coraggiosa, muscolosa e considerava l'onore e la disciplina i massimi valori della sua vita. Non era una donna di molte parole in compenso, anzi Mahoney a volte si chiedeva
se fosse davvero una donna.

Alla riunione avrebbero partecipato i capi delle altre città della Regione con i loro assistenti o servi che fossero. Mahoney odiava le riunioni, richiedevano diplomazia e pazienza, due qualità che doveva ancora maturare. E soprattutto vi avrebbero partecipato i nemici storici dei Boschi Sopraelevati: i rappresentanti delle città di Olepoison e Vitlives, che a loro volta non si sopportavano.
“Ho fatto un incubo questa notte, Glorianna...”
“Succede, per fortuna gli incubi non sono reali, dobbiamo andare alla Sala del Trono, presto.” rispose la guardia del corpo.
Le due stavano attraversando una piazza decorata con forme geometriche per arrivare alla Sala. Il sole splendeva nel cielo e le ombre delle donne erano proiettate sulla pavimentazione. Mahoney era stranamente dietro Glorianna quando un'ombra indefinita si avvicinò di colpo a quella della guardia. La principessa vide l'ombra che colpì l'altra...staccandole la testa! C'era chiaramente qualcosa che non andava.
“Attenta!” urlò la principessa pensando che qualche animale stesse per attaccare Glorianna che continuava a camminare tranquillissima.
“Che succede?”
“Come?” Mahoney scosse la testa e si disse che doveva svegliarsi una buona volta. Era comunque nervosa: un brivido freddo le percorse la schiena nonostante il sole la inondasse di calore.

In quel momento nella piazza arrivò anche George, il suo assistente personale, accompagnato dal Viceré dei Boschi Sopraelevati, un uomo pomposo e che cercava sempre il modo per diventare lui il capo della città, accompagnato a sua volta dal suo assistente.
Il Viceré aveva almeno dieci anni in più di Mahoney e non sopportava che una donna fosse a capo della sua città, ma non poteva farci niente. Indossava sempre dei vestiti costosi e dei copricapi simili a corone, nella speranza che la gente si rivolgesse a lui come principe e non a Mahoney. Quel giorno aveva sulla testa un cappello formato da delle foglie di palma, un mantello rosso e una tunica sfavillante arancione, tutto per mettere in ombra la principessa.
George era sempre stato una persona modesta e dai modi miti, aveva i capelli molto corti, non era altissimo, si vestiva sempre con tuniche ocra per non farsi notare.
“Principessa, gli altri capi sono già arrivati, da questa parte per favore.” disse accostandosi a Mahoney.
“Mi sono permesso di cominciare la riunione senza di lei, sa, con un discorso che ho preparato...” cominciò il Viceré prima che Glorianna gli desse uno spintone per farlo spostare.
I cinque entrarono nella Sala e ad accoglierli c'erano una decina di persone che pensavano ai fatti loro.

Il primo era il principe Vait della città di Vitlives, un arrogante trentenne che non perdeva l'occasione per litigare. Alto, slanciato, con i capelli molto corti, squadrava tutti da lontano con i suoi occhi verdi. Era seguito dalla sua consigliera, Toxa, un'anziana donna dal fisico asciutto, il cui aspetto da cariatide acida non aiutava le relazioni tra le città. Entrambi erano vestiti di verde con degli ingombranti mantelli e decorazioni.

Seguivano i rappresentanti degli Sgraal, creature dell'Ovest conosciute per la loro inutilità nelle faccende politiche. Erano creature filiformi e antropomorfe molto simili a piante, e per questo non erano amati dal resto del mondo. Erano spesso deformi e leggermente storpi.
Vi erano tre rappresentanti: il Conte Sgraal, un “uomo” che si dava delle arie nonostante la sua carica per gli altri era molto simile a quella di un contadino. Era molto alto e magro, le sue braccia arrivavano alle ginocchia e vestiva con una tunica con delle maniche lunghe che intralciavano il passaggio. Sgradel, suo servitore fedele, era un giovane di circa vent'anni, non troppo alto né troppo muscoloso, ma otteneva comunque le attenzioni dell'altra assistente del conte: Aniva, una “ragazza” slanciata e sorridente, aveva dei lunghi capelli verdi che le davano un'aria gioiosa, nonostante odiasse profondamente il suo lavoro.

Infine, lontano da tutti stava il principe Oleander, che meno di tutti voleva partecipare alle conversazioni civili. Era un uomo con dei folti capelli castani, un corpo robusto e resistente alle intemperie e alle ferite, degli occhi verdi che non guadavano mai nessuno in faccia e un temperamento collerico. Odiava avere tirapiedi a e partecipava alla Riunione da solo.
Quando Glorianna spalancò la porta della Sala tutti i presenti si girarono.
“Bene, se rispettate i trattati di pace come la puntualità credo che in breve tempo si potrà parlare di guerra!” sibilò Toxa.
“Il suo sarcasmo la fa sembrare una persona simpatica, lo sa?” ribatté Mahoney.
“D'altronde il sarcasmo è tutto ciò che vi resta...” si intromise Oleander.
“Prego?” ribatté Vait.
“Ottimo, vedo che gli spiriti sono allegri come al solito e...” cercò di intromettersi il Viceré notando che la Riunione stava per scaldarsi “...e vorrei che faceste un applauso al colei che vi intratterrà quest'oggi: Flora Pinqlapet!” e con un gesto teatrale la introdusse.
“Oh, la adoro!” esclamò Aniva.
Da un'altra porta uscì Flora: una cantante con atteggiamenti da star, aveva come copricapo un grande fiore fucsia e indossava un vestito da sera rosa e verde, decisamente fuori luogo per un luogo serio.
“Buongiorno! Buongiorno!” esclamò mentre i presenti le facevano dei tiepidi applausi.

                                                                                                                                                              *

Xilfis stava correndo per le strade dei Boschi Sopraelevati. L'aveva visto, l'aveva visto distintamente. Non era stato uno scherzo della sua mente. Era uno dei segni premonitori! Aveva visto Sparklade correre per la città sotto le sembianze di un gigantesco serpente. Era stato un flash, ma era successo. Se era tutto vero, sarebbero stati rapiti in di lì a poco tempo e catapultati chissà dove!
Era un rappresentante delle Silfidi, un popolo decaduto e decimato e anche se non era stato invitato alla Riunione doveva avvertirli. Stava per succedere qualcosa di davvero orribile.

                                                                                                                                                              *
 
La sala del Trono era praticamente vuota, erano rimasti solo Mahoney che guardava nel vuoto, Glorianna in piedi come una statua, Flora ad annoiarsi e Oleander a sbuffare.
Due porte vennero spalancate allo stesso tempo: dalla prima arrivò Xilfis che urlò "Presto! Andatevene tutti!".
"Xilfis? Non mi pare tu sia stato invitato..." sottolineò Oleander.
"Non c'è tempo per questo!"

Dall'altra entrarono trafelati George e l'assistente del Viceré.
"Principessa, è successo qualcosa di gra..."

I due vennero spinti per terra da una figura nera che si catapultò nella sala.

Mahoney lo vide davanti a lei: un enorme serpente verde scuro stava invadendo la stanza. Non capiva, non aveva mai visto niente del genere.
"Principessa, giù!" urlò Glorianna spingendola a terra.
Il serpente le ignorò e si buttò su Oleander prima che questo potesse reagire.


Ci fu solo un lampo di luce verde e poi entrambi erano scomparsi, lasciando solo delle foglie svolazzanti sul pavimento.

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Capitolo 2
*** I Rapimenti e la prima Vittima ***


I presenti rimasero a guardare il vuoto per qualche secondo in un misto di incredulità e di paura. George e l'assistente del Viceré si rialzarono più che scossi, il secondo era leggermente ferito alla testa e sanguinava: era caduto su di un sasso appuntito, ma non era niente di troppo grave.
La prima a parlare fu Flora “Cos'era? Lo avete visto anche voi, no?”

Xilfis si accasciò per terra mormorando “Dunque è iniziato...”
Mahoney era ancora bloccata nei suoi pensieri. Fu Glorianna a farla tornare in sé con un “Principessa, è ferita?”.
“Io? No, va tutto ancora bene...Xilfis, dicci tutto!”
Xilfis, si passò la mano sulla fronte e cominciò un discorso ben poco rassicurante.

“Avete presente la leggenda di Sparklade? Sì, quella storia che probabilmente non avete mai considerato vera perché non riuscivate a capacitarvi di una cosa simile? Non avete mai voluto crederci perché...”
“Intende quella leggenda su quel mostro che rapisce le persone per ucciderle? Nessuno ci ha mai creduto! Non è possibile che esista una creatura così sadica!” esclamò George.
“Quello che è successo ad Oleander mi sembra possibile...” commentò Mahoney.
“Purtroppo, quello che avete appena visto era il Serpente di Sparklade, il suo emissario...lui ha il compito di rapire quelli che parteciperanno alla sua Caccia e ha cominciato da Oleander...presto cercherà gli altri. Una volta che li avrà catapultati tutti nel Labirinto il Dolore Finale potrà cominciare.”
“Ma come fai a saperlo?”
“Ho visto i segni premonitori e anche voi avreste dovuto notarli...nessuno di voi ha fatto sogni strani?”
Mahoney stava per intervenire quando fu interrotta da George che disse“Intendi che quell'enorme bestia non è Sparklade?”
“Ma perché è qui?” continuava a dire Flora.
“Non lo so, stando ai calcoli della leggenda non dovrebbe presentarsi per anni! Credo che la Riunione e la concentrazione di persone importanti della Regione possa averlo attirato!”
“Chi è il prossimo?” chiese Glorianna.
“Non è sicuro...ma se punta ai capi dobbiamo riunirci per provare a sconfiggerlo al prossimo attacco, dobbiamo avvertire gli Sgraal, il Viceré e Vait.”
“Credo che questo non sia più possibile...” intervenne l'assistente del Viceré, guardandosi la mano sporca di sangue.
“Come?”
“Prima che il Serpente arrivasse stavamo per dirvelo: Vait e la sua consigliera sono scomparsi allo stesso modo di Oleander. Stavamo camminando nella piazza quando abbiamo sentito delle urla e abbiamo visto la vecchia...uhm, Toxa...agitare le braccia mentre Vait si contorceva a terra e dopo qualche secondo sono spariti avvolti da delle enormi spire!”
“Non voglio crederci...” disse Mahoney.
“Principessa, contegno.” le sussurrò Glorianna.
“Significa che siamo tutti in pericolo?”
“Io avverto il Viceré!” disse l'assistente, ma nessuno lo aveva ascoltato e se ne andò da solo.
Xilfis si rialzò e disse “Dobbiamo cercare gli altri o potrebbe già essere tardi! Principessa, stia con Glorianna e George mentre io vado a recuperare gli Sgraal.”
“Non credo abbiate bisogno di me, dunque se non vi spiace, io mi ritiro...” disse Flora risistemandosi il vestito e avviandosi all'uscita più vicina.

Doveva liberarsi della principessa, non sapeva come, ma doveva trovare un modo. Mahoney era l'unico ostacolo tra lui e il potere. Non era giusto che a governare fosse una giovane ragazza totalmente sprovvista di diplomazia! Certo, era un'ottima combattente, ma questo non cambiava le cose.
Il Viceré stava camminando per uno dei tanti corridoi del Palazzo dei Boschi Sopraelevati. Stava pensando a quanto avesse fatto affinché la Riunione fosse un successo e nessuno lo aveva degnato di attenzione, l'unica a cui si rivolgevano era Mahoney. Mahoney un nome inutile!
“Viceré!” echeggiò nelle sale.
Era ancora quell'insopportabile assistente, cosa voleva adesso?
Non voleva parlare e continuò a camminare fino a che non arrivò in un chiostro nascosto del Palazzo contornato da delle colonne antiche di pietra. Lì si stava in tranquillità.
“Viceré! La prego, è importante!”
Che fastidioso. Nel mezzo del chiostro crescevano delle piante rigogliose e dalle foglie scure. Il Viceré si fermò a contemplarle.
“Viceré!” esclamò l'assistente da lontano.
Si mossero.
“Viceré, la principessa Mahoney e gli altri la stanno cercando!”
Le foglie si mossero ancora.
Sentì di essere trasportato da qualcosa di potentissimo e scaraventato a terra, il dolore iniziò pochi secondi dopo.
L'ultima cosa che vide furono delle spire taglienti che lo avvolgevano sempre di più, notò che l'assistente era lì a dire delle cose e poi perse i sensi.

                                                                                                                              *

“Non è probabile!” commentò il Conte.
“Mi dovete credere!” disse Xilfis.
Aniva e Sgradel guardavano il loro capo che continuava a muovere le sue lunghe maniche e a sbuffare invece di prendere una decisione.
“E poi...chi lo ha mai visto questo mostro?”
“Conte, io darei ascolto a...” cominciò Sgradel.
“Silenzio, cosa vuoi saperne tu?” ribatté il Conte buttandogli una manica in faccia.
Sgradel tacque pensando che un giorno quelle maniche sarebbero state un problema.
Xilfis sapeva che Sparklade avrebbe attaccato prima o poi.
“Venite con me!” disse.

                                                                                                                              *

Mahoney, Glorianna e George stavano aspettando nella Sala del Trono in silenzio. Tutto era tranquillo. Il Viceré non si era visto e il suo assistente non era tornato.
“Vuole che vada a cercare qualcuno?” chiese George.
“Se ci tieni...”
Mahoney si stupiva del comportamento del suo assistente, non era mai stato qualcuno di nervoso, eppure adesso era lì a girare a vuoto per la Sala aspettando che qualcosa succedesse. Perché ormai era certa che qualcosa sarebbe successo, doveva succedere prima o poi.
Un brivido di freddo le percorse la schiena quando vide che George si stava allontanando.
“Aspetta, non è sicuro!”
“Principessa, non credo che quella creatura cerchi me...”
Ci fu un breve bagliore di luce verde.
Mahoney si sentì come sollevata di colpo quando un muso conico l'investì di colpo: l'aveva attaccata da dietro.
La principessa venne scagliata sul pavimento freddo della Sala mentre Glorianna sfoderava la spada e George rimaneva pietrificato dal terrore.
“Principessa, scappi!”
Mahoney si girò a guardarlo: il Serpente di Sparklade era a pochi metri da lei che la fissava con i suoi occhi verdastri, aveva la forma di un enorme cobra verde scuro e dalla bocca spuntavano dei denti acuminati e una lingua biforcuta rossa come il sangue.
Glorianna spiccò un salto e gli conficcò la spada nella carne. La bestia quasi non reagì e si dimenò per liberarsi di quello che gli appariva come una spina fastidiosa.
“Se ne vada, ora!”
Il Serpente colpì la guardia del corpo con la coda e si diresse verso Mahoney. Dietro di lei si creò dal nulla una fessura luminosa che cominciò a vorticare: doveva trattarsi di un portale per il Labirinto, doveva evitarlo ad ogni costo.
Il Serpente afferrò George e lo stritolò con la coda e lo gettò nella fessura. In un lampo George sparì come era successo ad Oleander.
Mahoney si mise a correre mentre la stessa cosa succedeva a Glorianna.
Uscì zoppicando dalla Sala quando si vide arrivare incontro Xilfis e gli Sgraal.
“Che succede?” chiese il Conte.
“Andatevene!”
Per tutta risposta il Serpente sfondò il muro che era dietro Mahoney e lei vide che altri vortici dimensionali si stavano aprendo attorno agli altri.
“Non entrate in quelli!”
Mahoney sentì le spire della bestia passare sopra di lei.
Il Conte Sgraal si rifugiò dietro Aniva che non riuscì a reagire e venne investita dalla creatura assieme a lui.
“No, Aniva!” urlò Sgradel.
In quel momento uno dei vortici risucchiò orribilmente Xilfis.
Mahoney ricominciò a correre, ormai erano stati tutti catturati, ma non voleva arrendersi.
Il sudore le inumidiva la fronte, i capelli le oscuravano la vista e il caldo della giornate le rendeva difficile la corsa. Stava correndo lungo un corridoio tra gli enormi alberi dei Boschi Sopraelevati. L'aveva distanziato dalla Sala, ma sentiva che il Serpente le stava dietro, se non accanto. Le sembrò di vedere la sua ombra strisciare tra le piante.
Inciampò. Non in una radice, non in un solco, ma in una persona. Era Flora.
“Ah principessa, riguardo a...”
“Flora? No!”


Il Serpente si scagliò su di loro.
Mahoney sentì le proprie membra dissolversi e sbrindellarsi, delle spire stritolarle il petto, gli arti contrarsi ed accartocciarsi mentre una luce accecante l'allucinava.
Era insopportabile.

Mahoney si svegliò. Il dolore pulsava nel suo corpo in vari punti. Aprì gli occhi: era stesa su di un terreno di sassi aguzzi e di foglie secche.
Si trovava in una piccola radura nel mezzo di un'enorme foresta di sassi e alberi giganti, costeggiata da altissimi muri di roccia. Il sole lasciava sul luogo una luce non rassicurante. La zona era vasta e vuota, niente si muoveva. Ovunque crescevano delle piante enormi. Se guardato oggettivamente poteva sembrare un bello scorcio sulla Natura, ma non era così.
“Oh, la principessa è di nuovo tra noi!” commentò acidamente Toxa.
Erano tutti lì. Vait si stava mettendo sistemando il mantello seduto su una pietra, Toxa scuoteva la testa con le braccia incrociate, Oleander osservava il posto strappando foglie dalle piante circostanti, Glorianna le stava vicino, George stava in piedi preoccupato, il Conte Sgraal stava sgridando Aniva e Sgradel per averlo fatto finire nel Labirinto, Xilfis guardava gli alberi rassegnato, Flora stava piangendo e mormorando “Io non c'entro niente...”, il Viceré stava sbuffando e il suo assistente era seduto per terra.

“Benvenuti!” una voce tagliente e stridente echeggiò nella zona. Tutti si voltarono verso una figura che li scrutava dall'alto di un albero.

Il Serpente di Sparklade era lì e stava parlando.

“Benvenuti nel Labirinto del Dolore, quello che sta per cominciare è un.... gioco... per testare il vostro valore e la vostra forza. Le regole le sapete, Xilfis ve ne avrà parlato...”
“Sei in combutta con lui?” chiese sconcertato Vait.
“No! Ma come...?”
“Sparklade vi ha osservato a lungo prima di scegliervi, sa le vostre abilità e le vostre conoscenze. Sparklade sa tutto e ha già scritto il vostro destino, sta a voi sfidarlo...un consiglio, state in gruppo, c'è più probabilità che muoia un altro...State attenti, qui tutto è mortale, anche la più piccola foglia, i massi sono vivi, gli alberi si muovono, le piante sono velenose...i vostri compagni saranno inaffidabili.”
“Ma perché tutto questo?” chiese Sgradel “Alcuni di noi non dovrebbero essere qui!”.
“Mi tocca essere d'accordo...” disse il Viceré.
“Ognuno di voi ha ragione di essere qui...è ora di cominciare!”
“E se restassimo fermi? Non incapperemmo in nessun pericolo!” disse George.
Il Serpente si arrotolò su sé stesso e assunse le sembianze di un uomo magro dai tratti aguzzi, vestito di pelle di rettile.
“Ottima osservazione...” disse scomparendo.

All'improvviso un masso nero di cinque metri di larghezza uscì dalle piante precipitandosi sul gruppo. I componenti si sparpagliarono. Il masso colpì con violenza inaudita uno di loro fratturandogli la cassa toracica. Uno schizzo di sangue inondò l'aria e macchiò i vestiti dei presenti. Il masso trasportò il corpo con sé schiantandosi contro il tronco di un albero. Si sentì il rumore delle ossa craniche frantumarsi tra la roccia e la pianta. Il masso rimase per qualche secondo attaccato al tronco e poi se ne allontanò rivelando il cadavere martoriato e orribilmente mutilato dell'assistente del Viceré che cadde sulla terra sporca.


I massi erano vivi.



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Capitolo 3
*** Divisi ***


Erano tutti immobili. Paralizzati dallo stupore e dall'orrore. Quello che aveva detto Sparklade si era avverato, e si era avverato in un modo improvviso e raccapricciante. Mahoney era stesa per terra e osservava quasi ipnotizzata il sangue mescolarsi all'umido muschio del tronco. Osservava gli arti posizionati in modo innaturale conficcati tra i sassi e le ossa spezzate. Osservava quello che restava di quell'uomo con cui non aveva praticamente mai parlato, la cui morte non la rattristava per nulla. A dire il vero la spaventava. Era la prova dell'incombere della Morte su di lei e sugli altri.

Glorianna non disse niente e aiutò Mahoney a rialzarsi.

Mi pare di capire che quell'essere fa sul serio...” commentò Toxa.
“Se non altro è morto lui, nessuno lo conosceva...” aggiunse il Viceré.
“Come può dire una cosa del genere? Lavorava con lei!” chiese scioccato Sgradel.
“Ma non era importante per la Regione! Certo, era un valido collaboratore ma non sapevo nemmeno il suo nome! E poi, non venirmi a dire che avresti preferito morire al suo posto! Credo che ti faccia piacere essere ancora vivo!”
Sgradel non seppe cosa rispondere.

Erano rimasti in dodici e sapevano che restare fermi era inutile, anzi pericoloso, anche se avanzare nel Labirinto era ancora peggio.

“E adesso?” chiese Oleander “Hai qualche idea, Xilfis?”
“Perché dovrei?”
“Perché è colpa tua se siamo qui!”
“Si vede che non vuoi capire, ci avrebbero rapito lo stesso!”
In quel momento la terra tremò.
“No! Che succede adesso?” urlò Flora.

Le piante tutt'intorno si stavano agitando e il terreno rigonfiando. Si creò una spaccatura, una crepa che divise e innalzò il suolo. Glorianna portò via Mahoney prima che la fessura le raggiungesse. Si stava creando un dislivello tra le due parti staccate. Oleander si trovava sulla zona che che stava salendo e saltò giù. La spaccatura aumentava sempre di più di larghezza e la terra non la smetteva di salire. Gli Sgraal si divisero mentre Vait e Toxa cadevano uno sull'altro. Il Conte si riparò dietro Flora. George inciampò in una radice e finì nella parte che si stava elevando. Xilfis rimase fermo aspettando che il Destino decidesse per lui.
Il suolo continuò a tremare, la polvere e il terriccio si riversarono sui presenti finché non si formarono due gruppi separati e distanti. Allora la Foresta smise di muoversi.
Xilfis aprì gli occhi e vide com'erano stati disposti da Sparklade. Si trovava su quella che era diventata un'altura di almeno cinque metri e separata da una fessura di sette. Con lui, distesi sull'erba, c'erano Vait, Toxa, Flora, il Conte e George.

Raggiungere l'altro gruppo era impossibile.

Aniva si guardò attorno: Sgradel era vicino a lei e la teneva per mano, erano nella parte sottostante assieme a quella principessa inesperta e alla sua guardia del corpo per metà uomo. Poco più lontano, coperto dall'ombra di un arbusto c'era il Viceré.

“Ci ha divisi: vuole che procediamo in due gruppi! Vuole vedere quali sono gli elementi forti, chi è degno di sfidarlo...” disse con voce raggelante Xilfis.
“Questa situazione è assurda: come può possiamo difenderci?” chiese il Conte.
“Lui non vuole che ci difendiamo! Lui ci vuole morti!” disse disperata Flora.
“Restiamo calmi!” intimò Toxa “Dobbiamo stabilire dei capi per ogni gruppo, io propongo Vait per il nostro!”
“Perché? E se muore?”
“Non è mia intenzione!” ribatté l'altro.
“Principessa, se la sente?” chiese Glorianna poco dopo.
“Io...”
“Forse è meglio che sia io a prendere il suo posto.” intervenne il Viceré.
“Perché? La principessa ha più autorità di te!”
“Non darmi del tu! Sono il Viceré e pertanto devi rispettarmi!”
“Non vi metterete a discutere su chi ha più importanza? Qui siamo tutti uguali!” si intromise Aniva, senza essere ascoltata.
“Il capo sarà quello che camminerà davanti a tutti, dunque quello che correrà il maggior rischio di essere...” disse Mahoney “Dunque se il Viceré insiste, lo considero un atto di coraggio!”

Il Viceré fu prima felice che finalmente Mahoney lo considerasse, poi pensò a quanto azzardato fosse il suo gesto e valutò un'altra cosa: se la principessa camminava per prima aumentavano le probabilità che morisse lei e di conseguenza lui avrebbe potuto prendere il suo posto ai Boschi Sopraelevati...bastava che lui sopravvivesse.
“D'accordo, andrò io!” disse alla fine.

“Principessa, vuole che la raggiunga?” chiese George dall'alto.
“Credo che sia meglio rischiare di perderti nella fossa, resta con loro!”
“Ora dove andiamo? Se questo è un labirinto ci dev'essere un'uscita...” chiese Sgradel.
“Sparklade salverà solo quelli capaci di arrivare alla fine, ovvero al Centro del Labirinto.” disse Xilfis.
“Qualcuno di voi giù ha delle armi? Perché noi ne siamo sprovvisti e potrebbero sempre servire, non sappiamo che creature si annidano in questo posto...” considerò il Conte.
Mahoney e Oleander avevano una spada a testa, fu però lui a dire “Vi presto la mia, ci tengo a riaverla indietro, dunque non morite!” e slegò la cintura che la teneva attaccata alle sue anche.
Lanciò l'arma verso Vait. La spada piroettò scintillando nell'aria. All'improvviso però il masso che aveva travolto l'assistente si mosse ancora e come se avesse avuto le gambe, per una forza sconosciuta, saltò in direzione della spada e l'intercettò con un colpo. Con un suono metallico l'arma venne rispedita al mittente e cadde a pochi centimetri da Oleander.
Il masso ricadde con fragore.

“Non vuole che ci aiutiamo! Dobbiamo cavarcela con le risorse che il destino ci ha assegnato!” disse Xilfis.
“Come sei fatalista!”
“Dobbiamo andarcene!” disse Mahoney mentre anche altre pietre attorno a loro cominciavano ad agitarsi: i due gruppi si dispersero senza aggiungere altro.

Mahoney lanciò un ultimo sguardo al corpo dimenticato dell'assistente, chiedendosi se avrebbe visto di peggio, o se avesse continuato a vedere.

 


La Caccia era iniziata.



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Capitolo 4
*** Lame dall'Alto ***


Le facevano già male le gambe, eppure non camminavano da tanto. Flora non era abituata alla fatica. Amava il lusso, i bei vestiti, le cose comode. Non riusciva a capacitarsi di essere sporca di terra e polvere. E quelle due piccole macchie? Erano di sangue? Non voleva pensarci. Il suo vestito rosa era era strappato alla fine delle gambe e questo le dava davvero fastidio. Era così bello fino a qualche ora prima. Certo, non riusciva a capacitarsi neanche di essere così superficiale ed egoista. Era comunque morta una persona.
Ma nel gruppo in cui era finita non era successo ancora niente. Vait guidava gli altri con arroganza, ma sembrava un buon capo.
George camminava vicino a lei. Senza la sua principessa sembrava smarrito, aveva perso la calma che aveva sempre avuto durante la Riunione. Ora si guardava intorno impaurito da ogni rumore e da ogni ombra che gli passava vicino.
Avrebbe potuto consolarlo, ma era una donna. E non tocca alle donne consolare gli uomini.
Avevano sceso la collina che Sparklade aveva creato e ora stavano raggiungendo un bosco di alberi giganti.


Un altro bosco di alberi giganti.

                                                                                                                                      *

Il Viceré arrancava in testa al suo gruppo. Dietro di lui Glorianna lo controllava come se fosse un pericolo, mentre Mahoney scambiava qualche parola di conforto con Sgradel e Aniva. Oleander era l'ultimo...il furbo, non aveva detto niente quando avevano scelto il capo del gruppo. Ora poteva analizzare la situazione senza che nessuno gli dicesse niente.

“Dove può essere l'uscita?” chiese ad un certo punto Mahoney.
“Xilfis aveva parlato del centro, ma dov'è questo centro?” rispose il Viceré asciugandosi la fronte con la manica sporca d'erba.
Faceva caldo. Come se non fosse abbastanza, l'aria era pesante e umida. Il sole irradiava le loro teste con i suoi raggi tra le foglie delle piante. Non era però qualcosa di piacevole.
Sembravano delle lame pronte a ferirli da un momento all'altro.
Sentiva come se un peso potesse cadergli in testa.
“Viceré, vorrei parlarle.” disse seria la principessa.
“Non lo stiamo già facendo?”
“Capisco il suo disprezzo nei miei confronti, ma adesso dobbiamo collaborare. Se io non dovessi...ecco...farcela, lei sarebbe il mio successore.”
“Lo so.” rispose secco l'altro.
Il Viceré sapeva cosa stava per succedere: lei stava per rovinare tutto. Stava per rovinare l'avversione di lui con dei discorsi di collaborazione, di fiducia e di ringraziamento.
“Ed essendo il mio successore, voglio solo dirle che se toccasse a me di scomparire so che i Boschi Sopraelevati sarebbero governati da qualcuno di cui ci si può fidare...”
Evidentemente o era molto astuta nell'adulazione o era molto stupida a non rendersi conto che il desiderio del Viceré era di diventare capo indiscusso e autoritario della città.
“E se nessuno dei due morisse?” chiese lui.
“Allora il problema...voglio dire, le cerimonie di successione non si porrebbero...”
“E se morissimo tutti e due?” domandò l'altro fermandosi.
Mahoney non si aspettava che lui facesse davvero quella domanda ed esitò.
Fu Glorianna a rispondere velocemente “Bisogna essere positivi nella vita, andiamo avanti!”.
“Già...” pensò il Viceré “Nella vita...”

“Sono stanca, non è che potremmo fermarci?” chiese Aniva.
“Non abbiamo fatto tanta fatica...se è debole tanto vale che si arrenda a Sparklade!” la rimproverò Glorianna.
“Non se la prenda con lei!” intervenne Sgradel, sempre mantenendo un tono di cortesia dettato dalla disciplina degli Sgraal “Aniva non dovrebbe nemmeno essere qui, se il Conte non l'avesse spinta nel Vortice ora sarebbe al sicuro!”
“Allora si chiama sfortuna assistita...” commentò Oleander.
Il gruppo arrivò in una radura sassosa costellata di piccoli arbusti, non sembrava nemmeno di essere nel Labirinto. Al centro della radura svettava un'alta sequoia dal tronco vecchio e con la corteccia che si staccava come pelle di serpente.
“Potremmo fermarci qui per riposare qualche minuto...” suggerì il Viceré, guadagnandosi l'approvazione di Aniva.
“Se insistete...” disse Glorianna.

Non lontano dalla sequoia c'era anche, incastrato nella terra, un gambo di foglia di palma lungo più di una persona. Era incurvato e seccato, restavano comunque le spine tipiche della pianta che facevano assumere al gambo la forma di una sega.

Mahoney osservò il gambo e le parve per un attimo che quello si fosse mosso di colpo piroettando su sé stesso come aveva fatto il masso qualche ora prima.
“Attenti!” urlò.
“Che succede?”
In effetti non era successo niente, Mahoney continuava ad avere la cattiva abitudine di immaginarsi persone con la testa tagliata.
“Ha ancora visioni, principessa?” le chiese Glorianna.
“Io, non so...preferirei andarmene...fa caldo...”
“Oh la prego, ci siamo appena seduti!” protestò Aniva.
“Mahoney, mi sembra che possiamo rilassarci per un attimo...” disse il Viceré.
“Mi ha chiamato col mio nome...non dovrebbe...” disse lei sedendosi.

Quello che vide dopo non se l'era immaginato: la Trappola scattò e gli arbusti attorno a loro presero vita. Uscirono uno dopo l'altro da terra sollevando terriccio che era rimasto incastrato nelle loro radici. In quel nugolo di polvere il Viceré fece appena in tempo a vedere la sega di palma schizzare verso di lui.
Sgradel si buttò su di Aniva per coprirla dalla terra. Oleander estrasse la spada tagliando qualche arbusto che aveva vicino, come se loro fossero i veri nemici.
Quando il Viceré vide la lama della palma, si abbassò e quella gli tranciò solo parte del copricapo che ricadde a terra svolazzando.
La lama di spine, presa da una magica forza occulta, si buttò su di Oleander e cominciò un vero e proprio duello con quella della spada di lui che riuscì a respingerla. Quella volteggiò nell'aria e ripartì all'attacco. La lama gli schizzò a tutta velocità, ferendo Oleander alla spalla e poi continuò dritta fino a sparire nelle piante.
“Dov'è?” chiese Glorianna dopo qualche secondo di silenzio.
Oleander vide che la sua spalla aveva un taglio non indifferente.
Ma la lama non voleva Oleander, rispuntò levitando a mezz'aria, colpendo a velocità inaudita il Viceré sul torace spingendolo verso il tronco della Sequoia.
Il Viceré sapeva cosa stava per succedere, Sparklade gli avrebbe fatto fare la stessa fine del suo assistente. In volo, con tutte le sue forze, spinse il gambo più in alto. I due si scontrarono sulla sequoia.
La Lama lo lasciò stare e salì orizzontalmente il tronco dell'albero.
Il Viceré si guardò attorno, togliendosi le schegge di tronco dagli occhi. Aveva la schiena appoggiata al tronco e le gambe erano distese.
Vide gli altri guardare in alto e sentì che altre schegge gli cadevano sul collo.

Poco dopo non sentì più nulla.

La lama aveva sceso il tronco come una ghigliottina. Lo aveva raggiunto tranciandogli il collo in meno di un secondo.
Quello che gli altri videro fu solo un'ombra gialla scendere verso il Viceré e una convulsione del corpo di questo.
Capirono dopo un minuto che quella cosa che era caduta per terra non era un cappello, ma la testa del Viceré. Era strano vedere un corpo elegantemente vestito e in condizioni perfette con però uno squarcio indescrivibile all'altezza delle spalle, sporco di rosso e di legno vecchio.


Tutti quei bei discorsi sulla collaborazione. Utili solo per passare il tempo.



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Capitolo 5
*** Un servitore e una cantante tra gli Oleandri ***


Xilfis ebbe un sussulto. Era successo qualcosa all'altro gruppo, se lo sentiva.
Sin dall'infanzia aveva avuto dei poteri paranormali. Gli permettevano di avvertire quello che alle altre persone era inconoscibile. C'era qualcosa di preoccupante in quella sensazione. Preoccupante non solo perché probabilmente qualcuno aveva fatto una brutta fine, ma perché adesso sentiva una minaccia invisibile incombere su di lui e gli altri.

Era il loro turno.

Vait si era addentrato in un vasto bosco all'interno del Labirinto. Camminavano tra alberi dai tronchi spezzati e dai rami appuntiti come lance. Sembravano degli enormi oleandri.
“Una pianta interessante l'oleandro...” cominciò Toxa “Ha foglie e fiori velenosi...sembra quasi che crescano dicendo lasciateci crescere o ve ne pentirete...li ho sempre odiati!
“Rassicurante...” commentò Flora.

La luce intorno a loro spariva poco a poco. Le foglie si facevano sempre più grandi e taglienti. I tronchi apparivano sempre più aguzzi e minacciosi, simili a pali per le inguardabili esecuzioni del medioevo.
Nessuno parlava ancora e tutti immaginavano come dovesse far male finire su una di quelle lance naturali.
“Solo un pazzo può averci dirottati qui...” disse Vait.
“Ma proprio per questo bosco dobbiamo passare?” chiese il Conte.
“Non mi riferivo a questo tratto in specifico, chi mai riunirebbe delle persone per il solo scopo di farle soffrire? Sparklade dev'essere davvero frustrato!”
“C'è una cosa che non mi torna.” intervenne Xilfis.
“Ovvero?”
“La Caccia di Sparklade è qualcosa di regolare nel tempo, circa ogni ottant'anni o forse di più...il punto è che avrete sicuramente sentito parlare della sparizione dei capi della Regione di Aikon.”
“Esiste?” chiese disinteressata Toxa.
“E chi l'ha mai sentita?” completò Vait.
“Questa mi manca...” disse Flora tanto per intervenire nella conversazione.
“Io la conosco.” disse George “È a nord di qui, no?”
“Esatto...una cosa molto simile a quella che sta accadendo a noi è successa lì circa quarant'anni fa: tutti i capi delle città sparirono in circostanze misteriose e nessuno li hai mai più trovati!” raccontò Xilfis, sempre incline ai discorsi allegri.
“Sparklade avrà ucciso anche loro!” disse il Conte.
“Infatti è quello che pensavo...e qui c'è qualcosa che non quadra: se è successo quarant'anni fa e Sparklade ne aspetta almeno ottanta...perché siamo qui?”

                                                                                                                                                       §

Li guardava con divertimento.
Vedeva ancora con più soddisfazione e con perverso piacere l'orrore nelle loro facce.
La loro reazione era stata la stessa, tutti fermi ad aspettare che qualcuno facesse qualcosa al posto loro. Il corpo del Viceré era praticamente seduto sotto la sequoia come se si stesse riposando. Certo, si riposava per l'eternità...adorava i macabri giochi di parole.
Probabilmente dopo un'altra morte avrebbero cominciato ad essere egoisti e a non scioccarsi più. L'orrore si trasformava in banalità.
Avrebbero potuto dire che era sadico, semplicemente amava la sofferenza di chi se lo meritava.


                                                                                                                                                        §

“Siamo in cinque...” fu l'unica cosa che Oleander pensò di dire.
“Complimenti per saper contare...” pensò Sgradel.
“Insomma, non possiamo fermarci a fare preghiere per le anime di persone che ci stavano antipatiche, è ora di continuare!” disse Glorianna.
Mahoney ammirava sempre di più la determinazione ferrea e il sangue freddo della sua guardia del corpo.
“Sembra che avremo bisogno di un nuovo capogruppo...” disse Aniva.
“Sembra anche una funzione di breve durata...” commentò Mahoney “Ma posso farlo io!”
Meglio fare le cose da soli, piuttosto che affidarsi agli altri.
“Allora è deciso, mettiamoci in marcia!”
“Verso dove?”
“Credo che dovremo passare attraverso quelle...” disse preoccupato Sgradel indicando quelle che da lontano sembravano delle scale di pietra, qualcosa di finalmente artificiale, erano però avvolte da dei possenti rovi e da un roseto scuro, intricato e di crescente grandezza. Alcune rose rosso scuro gli davano un aspetto più dolce, ma ad essere inquietanti erano le appuntite spine nere che crescevano sulle piante.
Sarebbero dovuti passare per di là.

                                                                                                                                                      §

“Da quanto lavora per la principessa?” chiese Xilfis a George mentre camminavano tra gli oleandri.
“Almeno da dieci anni...” disse George con malinconia.
“Ed è sempre stato un assistente?”
“Sì, per lei sempre...siamo praticamente cresciuti assieme, sa? E ho potuto sempre solo darle del lei...spero solo di poter rivederla e di darle del tu almeno una volta.”
“Sa George, all'inizio non mi sembrava qualcuno di romantico...anzi...” si intromise Flora.
“La smettiamo di fare convenevoli?” chiese Toxa acidamente mentre seguiva Vait “Pensate a dove mettete i piedi piuttosto!”

Più tempo passavano in quel luogo più il vero carattere delle persone usciva: Vait era diventato sempre più antipatico, George aveva assunto toni malinconici e paurosi, il Conte si considerava indispensabile ma doveva ammettere la sua inefficacia, Toxa si era inasprita ulteriormente, Flora aveva rivelato una parte determinata inaspettata e Xilfis cominciava a diventare sospettoso e quasi paranoico su ogni ombra che si muovesse attorno a lui.

Avevano raggiunto una piccola radura di erba bassa al cospetto di una vera e propria torre di oleandri giganti. L'albero sembrava preparato per loro, e c'era la possibilità che fosse così.
“Pare che dovremo salire per di là per arrivare al Centro...” disse George.
“Io non intendo arrampicarmi per quella roba, non vedete che è facile cadere da quei tronchi mozzi? Non notate che sotto ci sono tutti quei rami rotti che sporgono?” si lamentò Toxa.
“Però è l'unica via...” ammise Flora.
Infatti la torre-oleandro era l'unica via per passare oltre: tutt'intorno a loro era costruito un alto muro di pietra invalicabile che circondava la radura.

Xilfis rabbrividì: non erano soli.
Avvertiva degli occhi che lo fissavano. Lo studiavano. Nascosti nell'erba c'erano degli esseri pronti ad attaccarli.

“Zitti, sento qualcosa!”

“Eh?” disse Vait.
“Sparklade ci ha mandato degli emissari, sono qui intorno!”
Per tutta risposta dall'erba saltò fuori una figura veloce e affilata che si avventò sul Conte, ma mancò il bersaglio perché Xilfis intervenne prima, buttandolo a terra.

Altre due creature emersero dall'erba raggiungendo la terza: avevano la forma di lucertole, avevano delle zampe posteriori più possenti delle anteriori e si reggevano su quelle, avevano la pelle rugosa e di colore verde scuro e degli occhi gialli iniettati di perfidia, erano grandi quanto un cane. Quello che spaventava di più erano però gli artigli che avevano sulle zampe.

“Pensavo fosse un labirinto di trappole, non di mostri!” esclamò Flora.
“Non abbiamo di che difenderci! Dobbiamo andarcene!” urlò il Conte.

Le tre bestie sibilavano stando ferme.
“Forse è quello che vogliono!” rifletté Xilfis.
“Che importa? Scappiamo!” esclamò George dirigendosi verso la torre.

A quel punto le creature si avventarono su di loro.
Toxa cominciò a salire. I tronchi tagliati formavano una scala.
George prese per mano Flora e la portò via.
Xilfis e Vait restarono ad affrontare le bestie. Queste li ignorarono e schizzarono verso gli altri quattro. Saltavano agilmente i gradini e presto li avrebbero raggiunti.
“Maledizione!” esclamò Vait, spezzando con tutta la sua forza uno dei rami appuntiti che aveva intorno.
Xilfis lo imitò e i due si diedero all'inseguimento.

Sparklade l'aveva previsto: si stavano dando da soli alla Morte.

Il Conte si stava arrampicando più velocemente che poteva, ad un tratto una delle sue maniche si incastrò in una dei rami sporgenti. Inciampò e cadde sulle scale, evitando per la seconda volta l'attacco di uno dei rettili che precipitò giù dalla torre.
O era fortunato, o non era ancora il suo turno.

George seguiva Toxa, mentre Flora era rimasta indietro.
La seconda creatura li raggiunse e bloccò loro la via. Ringhiava, li fece indietreggiare, si trovavano molto vicini al limite della scala, sotto di loro crescevano piante scure che si muovevano nel vento.
Il rettile attaccò: Toxa venne ferita al braccio da un artiglio e George perse l'equilibrio senza però cadere dalla scala.
Vait intervenne. La creatura lo vide e gli si buttò addosso, il capo di Vitlives sfoderò la lancia di legno e la bestia venne infilzata senza fatica.
Ci fu uno scossone: l'albero e i suoi stessi rami si stavano muovendo! Era quella la trappola, non i rettili.
Flora inciampò nella scala e si ritrovò sull'orlo della torre. Il cappello a forma di fiore le oscurò la vista. Tutto si muoveva, il vento le scompigliava i capelli, la confusione la attanagliava. Non voleva morire, non meritava di morire, era solo una cantante!
“Mi dia la mano!”
Era la voce di Xilfis. Sentì un movimento nelle vicinanze, ma il cappello le impediva di vedere.
“Xilfis?”
Raddrizzò il cappello. L'albero oscillò ancora. Vide gli artigli saltare verso il suo viso.

Si sentì scaraventata nel vuoto assieme al rettile. Tre cose l'avrebbero uccisa: o la bestia, o l'altezza o le lance che l'aspettavano nella caduta.
I rami dell'oleandro le passarono in faccia a tutta velocità.

“No!” urlò Xilfis cercando di fermare l'inevitabile.
Se fosse arrivato qualche secondo prima avrebbe potuto uccidere il rettile.

L'albero smise di muoversi...qualcuno era morto.
Xilfis si guardò intorno: Vait stava aiutando Toxa a rialzarsi.
“Io scendo a cercare Flora! Dov'è il Conte?” urlò.
“Sono qui!” rispose quello uscendo da un incavo dell'albero dove si era nascosto tutto quel tempo.

Xilfis scese a tutta velocità le scale addentrandosi nelle piante scure.
I gambi erano stretti ed era difficile passare.
Si fermò di colpo. Si aspettava di trovare un cadavere, ma non quello.

George era caduto dall'orlo della torre durante le scosse, ma nessuno se n'era accorto perché nessuno l'aveva considerato come potenziale vittima.
Ora si trovava davanti a Xilfis, infilzato nella schiena da uno dei pali di oleandro che fuoriusciva dall'addome. Gli intestini erano completamente lacerati e la colonna vertebrale era spezzata in modo brutale. Anche il collo aveva subito la stessa fine, con un ramo appuntito che gli aveva trafitto la giugulare.
Sulla sua faccia c'era un'espressione di sconforto. Era morto solo e inosservato.



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Capitolo 6
*** Spine Sanguinarie ***


Nota: la prossima morte è un po' molto dolorosa, non so nemmeno io come certe cose mi vengano in mente...mi scuso se è brutta...

 

Toxa si stava controllando il braccio, quello inferto dalla creatura era solo un graffio, ma provava una strana sensazione, come se un misterioso fluido attraversasse le sue vene. Guardò gli oleandri. Erano velenosi. Che lo fossero anche quelle creature? Chiaramente non avevano modo di fermare il diffondersi del veleno, veloce o lento che fosse.
George e Flora erano spariti, era chiaro cos'era successo. Nessuno del loro gruppo era morto fino a quel momento. Che Sparklade avesse voluto toglierne tre in un colpo solo?
Toxa...il suo nome ricordava la parola tossico...per un attimo rise dell'ironia del destino.

Xilfis tornò dagli altri.
“George è stato impalato da quei rami e Flora è scomparsa...” disse a bassa voce.
“L'assistente di una qualunque principessa e una cantante fallita, non disperiamoci...” consigliò sottovoce il Conte.
Erano rimasti in quattro e tutti lo sentirono.
“Perché ci ostiniamo a portarcelo dietro?” chiese Vait seccato.
“Perché sono comunque un rappresentante non secondario degli Sgraal!”
“Complimenti, creature brutte e storpie dalla nascita che credono di essere importanti nella politica!” esclamò Toxa.
“Ci ostiniamo a port...voglio dire, è giusto stare tutti uniti.” si corresse Xilfis.
“Prossima tappa?” chiese il Conte sorridendo.
“Sembra non mancare molto al Centro, da qui vedo una piazza di pietra...” disse Vait, sporgendosi dalla Torre.
“Devi avere una buona vista perché io non vedo nulla...” disse Xilfis “Non ci resta che seguirti.”


                                                                                                                                                            §

Mahoney stava guardando con preoccupazione i rovi di crescente grandezza che aveva intorno. Mano a mano che salivano le scale, il sole spariva sempre di più oscurato da spirali di liane scure e spinose. Vicino a lei correva un grande roseto dalle spine ricurve e grosse quanto il pugno di una mano.
Dove le aveva viste quelle spine?
“Oh, no...sono quelle del sogno!” pensò tra sé fermandosi per un secondo.
“Ricomincia a camminare oppure Glorianna ti chiederà se stai bene...”
“Sapete una cosa?” cominciò Sgradel.
“Illuminaci...” disse Oleander.
“Si dice che Sparklade non sempre agisca da solo...a volte ha degli aiutanti!”
“Aiutanti? Devono essere ancora più pazzi di lui!” esclamò Aniva.

Mahoney inciampò in un gradino, ma ritrovò l'equilibrio subito. Alzò la testa e vide un enorme rovo verde dalle spine viola scuro distante solo pochi centimetri dai suoi occhi.
Era un segno. Ne aveva avuti sin dall'inizio: il sogno, l'ombra su Glorianna, la previsione sul gambo-ghigliottina.
Quelle spine erano lì per lei.

“Vai avanti...” disse Glorianna a Sgradel.
“Xilfis me l'ha ricordato: è effettivamente possibile che ci siano delle persone che aiutano Sparklade nella sua Caccia e...non vorrei che il sospetto si diffondesse tra di noi, ma Sparklade può anche essere evocato.”
“Evocato? Allora sì che bisogna essere pazzi!” concluse Oleander.
“Significa che c'è qualcuno che ci ha buttati qui solo per ucciderci?” chiese Glorianna girandosi di scatto.
“No! Era solo per dire qualcosa...” si scusò Sgradel.
“Beh, potremmo parlare d'altro, no?” intervenne Aniva.
Sgradel adorava la spensieratezza della sua amica, o forse era solo un modo per dimenticare di essere in un incubo.

Mahoney camminava sempre più lentamente.
Non si accorgeva però che sotto i gradini si stavano muovendo come serpenti dei rovi sottili che invadevano di poco la scala.

La scala li condusse a quello che sembrava un corridoio, solo che i muri erano fatti di roseti che si attorcigliavano fino a formare delle arcate simili a quelle di alcune cattedrali.
Non c'erano più le rose, solo spine. Lì sarebbe successo qualcosa. Ogni tanto, attaccate alle piante c'erano delle palle di legno che erano chiaramente sul punto di esplodere.
Per una volta sapeva qual'era la trappola, era ora di intervenire.
“Credo sia meglio...fare attenzione dove stiamo camminando.” disse lei, estraendo la spada. La Minaccia era palpabile.
Erano a metà del corridoio, tornare indietro era inutile e avanzare era pericoloso.
Un rumore, un formicolio.
“Oh no...”
I rovi le si attorcigliarono sui piedi, la buttarono per terra, lei batté la testa e loro cominciarono a tirarla verso i roseti con violenza. Non mollò la spada.

Le spine erano veri e propri coltelli. Che fine le avevano riservato? Essere tagliuzzata e martoriata da migliaia di lame?

“Mahoney!” urlò qualcuno.
Era Oleander che sfoderò la spada e corse in suo aiuto.

Mancava poco. Non voleva morire. Come se fossero i tentacoli di una piovra i rovi la avvolsero ancora di più.
“Ma sono solo rovi!” pensò decidendosi ad agire. Colpì ripetutamente le piante che la tenevano legata con la spada, ma nella posizione in cui si trovava era difficile.
Quelli continuavano a tirare.
Un colpo di spada di Oleander tranciò di netto i rovi e il viaggio di Mahoney verso la Morte venne momentaneamente fermato.
“Tutto bene?” chiese Sgradel.
“Insomma...” disse lei rialzandosi.
“Andiamocene, vi prego!” implorò Aniva.

Dalle fessure dei roseti saettarono due liane che si avvolsero intorno al collo di Glorianna senza preavviso. Non aveva detto niente fino a quel momento e c'era il rischio che non avesse occasione di continuare a farlo.
Le liane stringevano, il suo corpo cercava di stare in piedi ma respirare diventava sempre più difficile, un dolore cominciò a pervaderle la testa e una macchia nera ad oscurarle la vista.
“Glorianna!”
Mahoney doveva salvarla e senza riflettere prese la spada e tagliò la liana.
Glorianna emise un rantolo, ma era viva.
Mahoney guardò la sua spada: era stata lei ad averlo fatto. Lei aveva azionato quello che venne dopo.

“Tutti giù!” gridò Sgradel.

Le palle esplosero scaraventando sui presenti una pioggia di spine delle dimensioni di un pugnale.
Erano lì per lei. Le sentì arrivare, ma il suo istinto la fece abbassare e quelle volarono sopra di lei.
Udì un grido sommesso e uno schizzo di sangue le macchiò il braccio.

Si girò e vide Aniva venire colpita da tutte le spine che non l'avevano raggiunta.
Una le infilzò il braccio sinistro, un'altra si conficcò nel ginocchio destro, quella dopo la colpì nel ventre, la seguente le trafisse la mano destra, la successiva le impalò una spalla. Non aveva nemmeno il tempo di urlare dal dolore e il suo corpo si contraeva come una marionetta rotta ogni volta che una nuova spina la flagellava. Nel suo viso si potevano leggere disperazione e angoscia. Non era ancora morta.
“Sgr...Sg...” esalò sputando sangue.
Sgradel non voleva guardarla.
Un'ultima spina arrivò in ritardo e si conficcò in pieno volto con inaudita forza, perforando un occhio e la testa.
Il corpo della ragazza rimase ad oscillare per qualche secondo prima di crollare sul pavimento. I bei capelli lunghi coprirono quello che era successo alla faccia.

“Aniva...” cercò di compitare Sgradel senza riuscire a muoversi.
Mahoney era combattuta dalla gioia di essersi salvata e dall'orrore per la fine di Aniva.
Oleander ansimava vicino a Glorianna guardando in basso.
“Lei non doveva essere qui! Lei non doveva essere qui! No! No! No! No! Lei non aveva niente a che fare qui!” si disperò Sgradel battendo i pugni sul pavimento.

Era stato l'unico a piangere.



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Capitolo 7
*** Flora ***


Provava dolore ovunque. Sentiva schegge conficcate nella pelle, il freddo della sera avvolgerle il corpo ferito e soffiare nel vestito strappato.
C'era però qualcosa di insolito in quel dolore: lo sentiva.


Era ancora Viva.

Flora aprì gli occhi e si rese conto di essere a testa in giù, appesa per un piede ad una pianta e con la schiena poggiata sul muschio della radura sotto la Torre degli Oleandri.. Il rettile non l'aveva squartata, la caduta non l'aveva ridotta in poltiglia, i rami non l'avevano trapassata. Certo, non era al massimo della forma, ma non era morta.
La sorpresa era tale che dimenticò di essere in un Labirinto mortale e cinque minuti dopo era seduta in maniera più tranquilla sotto la Torre.
“C'è qualcuno?” urlò.
Sentì i versi di altre creature in lontananza. Non era al sicuro. Non lo sarebbe mai stata.
Adesso era sola e gli altri erano distanti. Era abbandonata...sarebbe sopravvissuta? Era questo che voleva il Destino?
Una lacrima le scivolò lungo la guancia, bruciando sulla pelle quando venne a contatto con una ferita che aveva sul mento
.



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Capitolo 8
*** Due Giorni, Due Sgraal, Due Braccia ***


Il tipo di Foglia di Palma di cui si parla

NOTA: Avverto che anche qui ci sarà una morte decisamente poco piacevole e piuttosto brutta. Intanto ringrazio Sintesi, RoxxyeNeko ed Ekathle
e gli altri pochi che ci saranno per la "Fiducia accordata" ovvero per seguire la mia storia con amabile regolarità, perché mi fa molto piacere!
L'immagine che si vede (o che si dovrebbe vedere temo...) è di una foglia di Palma utile per quello che succede nel capitolo perché desciverlo senza supporto visivo è abbastanza difficile.
Per ora abbiamo passato la metà della Vicenda e i misteri cominceranno ad essere svelati! Buona lettura!

Ormai stavano diventando insensibili alla morte dei loro compagni, l'egoismo li stava pervadendo lentamente.

Vait non aveva mai avuto problemi in questo genere di situazioni: era nato individualista e non sarebbe mai cambiato. L'istinto di sopravvivenza gli diceva di non perdere tempo a piangere e di tenersi ben stretto l'arma che si era procurato.
Toxa gli sembrava preoccupata per qualcosa che non riusciva a capire, ma sapeva che poteva essere più forte e antipatica di lui. Xilfis gettava su tutti un'aurea di sconforto e di meditativa tensione. Il Conte non la smetteva di lamentarsi.
Davvero un'ottima compagnia.

Non si era sbagliato: si stavano dirigendo verso una piazza di pietra vicina al Centro del Labirinto, non mancava tanto.
Non mancava tanto a cosa? Di sicuro il Centro sarebbe stato il luogo più pericoloso del Labirinto, ma era, ovviamente, necessario arrivarci.

Dopo gli Oleandri avevano raggiunto una collina, da lì si vedeva la Piazza, ma prima c'era un folto bosco di palme.
“Sentite, quel bosco ha dell'inquietante ed è quasi notte: propongo di fermarci qui a dormire!” disse il Conte.

Effettivamente...da quanto tempo non dormivano? Avevano passato un'intera giornata di orrori pensando solo alla fuga. Era il momento di fermarsi.
“Per una volta, e probabilmente l'unica, mi trovo d'accordo con lui, basta così per oggi.” disse infine Vait.

                                                                                                                                               §

Il sole stava calando rapidamente. Oleander si era arrampicato su di un albero per vederci meglio. Da lontano si scorgeva una piazza di pietra quadrangolare nel mezzo della boscaglia. Doveva essere piuttosto grande se era visibile da lì.
“Che dite? Ci riposiamo?” chiese il principe, saltando giù dalla sua sistemazione.

Sgradel non aveva più parlato dalla morte di Aniva dunque non rispose. Glorianna non parlava di suo e non disse niente. Mahoney era persa nei suoi pensieri, ma fu l'unica a dare un cenno d'assenso.

“Vedo che siamo tutti d'accordo...riuscite a vedere quella piazza laggiù? Può darsi che l'abbiano notata anche quelli dell'altro gruppo, magari riusciamo a riunirci...”
“Sì, chissà che fine hanno...spero che George stia bene.” disse infine Mahoney.
“Dunque si fida a restare nel buio in questo posto infame?” proruppe Glorianna.
“Insomma, che altro proponi? È tutto il giorno che corriamo, saltiamo e...” Oleander non seppe cosa aggiungere.
“Noi abbiamo corso e saltato solo perché non siamo morti...” parlò Sgradel, la sua voce si era fatta fredda e poco rispettosa.
“Ha visto cos'è successo l'ultima volta che ci siamo fermati, vero? Il Viceré è stato decapitato!”

Anche Glorianna aveva cominciato a comportarsi in maniera diversa, pensò Mahoney, che avesse paura? No, non era da Glorianna.

“Lo so cos'è successo! C'ero anch'io!”
“Insomma, non è una situazione da prendere sottogamba!” continuò la guardia del corpo.
“Glorianna, che ti prende? Non perdere la testa!” disse Mahoney.
“Sentite, più tempo perdete adesso, meno ne avrete domani, se ci fossero trappole non potremmo comunque evitarle...dormite e state in silenzio!” sentenziò Sgradel sedendosi sull'erba.

Quasi interdetti dalla risoluzione di quello che era solo un servitore, i tre obbedirono e si distesero anche loro. Dormire sulla terra, non molto comodo, ma non c'era di meglio e avevano visto di molto peggio.
La notte arrivò in fretta, sembrava che gli alberi li stessero avvolgendo nelle loro fronde, ogni luce scomparve.
Buio.

Oleander non riusciva a chiudere occhio anche se l'idea era stata sua, non la smetteva di pensare ad un peso che incombeva su di lui. Il buio era brulicante di movimenti e di rumori. Sentiva che vicino a lui dormiva Mahoney, una ragazza determinata dopo tutto, era scappata alla Morte senza arrendersi.
Sentì un fruscio di foglie muoversi vicino a lui. Chi voleva prendere in giro? Era chiaro che qualcosa sarebbe successo quella notte, a lui o agli altri. Certo, sarebbe stato molto banale attaccare nell'oscurità.

Un urlò tra l'assonnato e lo spaventato squarciò l'attesa. I movimenti degli altri corpi lo svegliarono.
“Aiuto! Mi ha preso le gambe!”
Qualcosa, forse delle liane, serpeggiavano nel buio, le foglie si muovevano, le piante e il vento creavano una baraonda di confusione.
“Sgradel! Dove sei?” chiese Mahoney.
“Qui!” gridò l'altro, non potendo dare altre informazioni.
Il buio era pesto e non si riuscivano a distinguere figure di alcun genere.
“Principessa, aspetti!”

Qualcosa si era avvolto ai piedi di Sgradel e lo stava trainando via, liane. Non come i rovi di Aniva. Si sentì sollevato nel buio e scosso mentre Mahoney cercava di raggiungerlo. Le braccia gli ricaddero all'indietro, era a testa ingiù e le liane lo facevano girare.

Udirono un rumore di piante spostate e poi un pesante silenzio cadde sul posto.
Era successo così velocemente e si erano comportati con arrendevolezza.
Erano rimasti in tre.

                                                                                                                                                 §

Palme.
Dopo gli Oleandri avevano decisamente cambiato tipo di alberi. Peccato che rimanessero comunque enormi. Le foglie avevano la forma di ventagli e sembravano più lame aguzze che prodotti della natura.

“Quando arriviamo a quella piazza?” chiese il Conte.
“Non manca molto...” disse laconico Vait.
La notte era passata tranquillamente almeno per loro. Ma adesso il sole che filtrava da quelle foglie dritte e immobili dava un'idea di avvertimento.
“Da qui la vedo!” esclamò Xilfis, che era più avanti di loro.
“Ottimo!” disse Vait saltando in avanti.
Il terreno oscillò.
“Prego?” fu quello che disse Toxa.
Il terreno non oscillò...ondeggiò! C'era qualcosa che non era normale.
“Ma che...?”
Guardarono sotto di loro: la terra su cui stavano camminando era scomparsa. Ora vedevano solo delle linee verdi lunghe concave, sembravano le venature di una foglia. Xilfis si guardò intorno e capì: erano su una foglia!
“Ditemi che non siamo su una foglia di palma gigante...” si lamentò il Conte.

La foglia era larga almeno una quarantina di metri, ma sembrava comunque terribilmente instabile. Vait guardò sotto di sé e intravide prima il tronco della palma, ricoperto di spine seghettate, e poi il vuoto. Erano molto in alto, dalla collina non si erano accorti di niente.
Alla Piazza non mancava molto, anzi distava solo un centinaio di metri...nell'aria.

Un colpo di vento scosse la foglia.
“Tornerei indietro!” disse Toxa.
“Ci sarà un'altra via!” pensò Xilfis “Torniamo sulla collina!”

Il vento colpì di nuovo la Palma e la Foglia si staccò dal terreno: non c'era più modo di andarsene se non scendendo dal tronco. Il colpo fece cadere i quattro che si aggrapparono disperatamente alla pianta per evitare di cadere. La foglia ondeggiò come una paurosa giostra.
Avrebbero dovuto raggiungere prima l'inizio della diramazione della foglia e poi procedere per il gambo di questa.

Il Conte scivolò più indietro di tutti e riuscì a stringere un'estremità della foglia: i piedi si muovevano nel vuoto.
“In qualche modo dobbiamo raggiungere il tronco e provare a scendere da lì!” ordinò Vait.
“Aiuto!” urlò l'altro.
“Si regga!”
“Non è questo il problema!”
“Cosa?”
Sotto la foglia correva una liana che si avvinghiò alle caviglie del Conte e strinsero forte.
“Qualcosa mi ha preso i piedi!”
La liana era legata al gamo della Palma, se si muoveva quello l'altra tirava.
“Resista!” disse Vait, ma in quel momento un altro scossone gli fece perdere l'equilibrio: la lancia presa sull'Oleandro gli scappò di mano e scivolò dirigendosi di punta verso il viso del Conte seguendo l'incavo perfetto della Foglia.
“Attento!”
O spostava la testa e cadeva o aspettava una fine incerta. A dargli una risposta fu la liana, che lo tirò verso il centro della foglia, facendolo spostare in dentro. La lancia lo evitò e cadde nel vuoto.

                                                                                                                                                      §

“Che succede laggiù?” chiese Oleander vedendo delle strane figure su una Palma che si muoveva innaturalmente.
“Oddio! Sono loro!” gridò Mahoney.
I tre avevano raggiunto una distesa di sassi dopo il bosco e avevano capito che la Piazza non era che un enorme rettangolo sorretto da possenti Colonne di pietra, dall'alto non si poteva capire.
Comunque non distavano molto dall'altro gruppo, una ventina di minuti a piedi, se correvano di meno.

Il rumore che sentirono alle spalle fece loro capire che avrebbero dovuto correre.

                                                                                                                                            §

Il vento diventava sempre più forte e la liana stringeva sempre di più.
La parete delle foglia cedeva con straordinaria facilità. Ora il Conte sembrava il cursore di una cerniera, solo che invece di chiudere la foglia la apriva. La sua era una situazione brutta: le gambe e il busto erano “libere” nel vuoto e a evitare la sua caduta erano le braccia che erano sulla superficie della foglia aggrappate con tutte le sue forze, pareva un crocifisso.
La parete della foglia si faceva sempre più dura e gli stringeva le costole.
“Presto!”
“Ci stiamo provando!” urlò Xilfis, ma scivolò ritrovandosi più in basso.
La liana tirò ancora per il vento. Il Conte venne trascinato indietro verso l'origine del ventaglio e lì si bloccò!
Il dolore era lancinante: sentiva le ossa delle spalle e i muscoli delle braccia incurvarsi all'insù mentre il resto del corpo veniva tirato giù.

Toxa provò a dargli una mano ma il veleno si fece sentire e le annebbiò la vista.
Nessuno poteva aiutarlo: era questa la sfida, vedere se era capace di sopravvivere.
Vait non distava molto e decise di intervenire.
“Vait! Ora!”
Il principe di Vitlives corse sulla superficie verde e tese il braccio al Conte.
“Mi dia la mano!”

Un altro colpo di vento scosse la foglia. Era un colpo forte, secco e senza perdono. La liana venne tirata di colpo verso il basso facendo lo stesso col corpo che aveva catturato.
Un colpo forte, un colpo mortale: le ossa si ruppero, le braccia saltarono via e la faccia disperata del Conte scomparve dalla foglia in uno spruzzo di sangue. Le maniche che amava tanto restarono sulla Palma.
Videro il corpo cadere in basso in una cascata rossa di urla.
La Foglia smise di muoversi.
Vait si accorse solo dopo qualche secondo che quello che stringeva era sì un braccio, ma non più collegato ad alcunché.

Non manca molto gli aveva detto, più profetico di così...

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Capitolo 9
*** Rottura di Fedeltà ***



Qualche minuto prima...

Correvano su dei sassi aguzzi, facevano male, ma non erano niente in confronto a quello che avevano dietro.

Cos'era successo? Si erano distratti a guardare l'altro gruppo sulla Palma, senza accorgersi dei movimenti che avvenivano alle loro spalle.
Avevano sentito un tonfo. Qualcosa di pesante aveva scosso la terra e i sassi circostanti.
Oleander si era girato ed aveva esclamato “Non poteva essere così facile...”

Un masso bianco e spigoloso della grandezza di un carro svettava sopra le loro teste. Era un altro di quei Massi Vivi che abitavano il Labirinto. Era apparso dal nulla e sembrava che non aspettasse altro che scaraventarsi su di loro.

“Avete idea che se quel coso ci investe non rimarrà molto di noi, vero?” aveva chiesto Mahoney, quasi tranquilla, dato che il suo turno l'aveva saltato con le Spine.
“Corriamo!” aveva urlato Glorianna mettendo subito in pratica quello che aveva detto.
Gli altri due erano rimasti un secondo interdetti dalla vera e propria fuga della guardia del corpo e poi l'avevano imitata senza esitare.

Il Masso rimase inizialmente fermo, poi indietreggiò e cominciò a
correre verso i tre. Non rotolava, era come se stesse levitando condotto da una forza oscura. Acquistava sempre più velocità sparpagliando sassi più piccoli come proiettili mano a mano che avanzava.

“Dobbiamo raggiungere la Piazza, lì non potrà salire!” disse Oleander.
“Risparmia fiato e muoviti!”

Si poteva raggiungere la Piazza salendo delle scale che erano sulle colonne portanti, ma il tutto distava almeno un chilometro.
Glorianna era avanti rispetto agli altri, come se avesse dimenticato di dover proteggere Mahoney.

Il Masso si scagliò in avanti piroettando su sé stesso, un solo colpo e avrebbe fatto saltare via parti del corpo di qualcuno.
Mahoney si buttò sulla destra cadendo per terra e Oleander fece lo stesso sulla sinistra.

Il Masso li superò, ricadendo a parabola nelle vicinanze di Glorianna. Altri sassi vennero sparati verso di lei che inciampò e cadde di testa sul terreno aspro e freddo.

“Glorianna, attenta!” urlò Mahoney.
“Non serve che me lo dica!”

Il Masso ripartì all'attacco verso la donna che prontamente riuscì ad evitarlo dato che in quel momento era lento. La Pietra Bianca scivolò per qualche decina di metri e si fermò, si girò e si precipitò verso Oleander.

Questo era pronto all'arrivo: saltò in avanti con forza mentre mancavano pochi metri all'impatto col Masso e, nonostante non fosse assolutamente piacevole, si ritrovò attaccato al Masso in corsa!
Il Masso accelerò mentre Oleander si arrampicava su di esso. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma almeno non era stato schiacciato o squartato. L'aria gli sfrecciava in faccia, ma riuscì ad aggrapparsi stabilmente alla “testa” del Masso.
“Voi due andate alla Piazza, ora!” urlò.
Mahoney non aveva mai pensato che Oleander potesse essere tanto eroico e obbedì.

Glorianna aveva quasi raggiunto la Piazza sospesa: da lontano non le era parsa così imponente e vasta. Poco lontano da lei c'era una delle colonne che la reggevano. Erano dei cilindri a spirale larghi e possenti e lunghi poco più di una ventina di metri. Mentre li stava raggiungendo aveva visto l'altro gruppo dimenarsi sulla Palma, cosa stava succedendo lì?
Nelle colonne erano scavate delle scale, cominciò a salirle.

Il Masso tentava di disarcionare Oleander, ma l'umano non voleva arrendersi. Il principe sapeva benissimo che non avrebbe potuto fermare il suo nemico, con sé aveva solo una spada inutile contro la roccia e l'impotenza di comandare un Masso assassino. Capì che per trovare un modo per fermarlo doveva scendere.
Mentre veniva scosso dall'enorme mole di pietra aveva notato un altro Masso, nero, della stessa grandezza vicino alla piazza.
C'era un'unica speranza. Quel masso non era lì per caso. Niente in quel Labirinto era messo a caso.
Il Masso bianco inchiodò e rallentò.
Era il momento: Oleander saltò giù e cominciò a correre nella direzione dell'alto Masso.

Quello che aveva dietro ricominciò a caricare.
O moriva schiacciato tra le due pietre. O veniva martoriato e smembrato dal colpo di quello bianco.
O viveva.
Era una questione di metri.
Sentiva il peso della Morte dietro di lui.
Saltò a lato.
Il Masso bianco si scagliò in avanti...scontandosi violentemente con quello nero e spaccandosi a metà.
Per via dell'impatto i sassi piccoli volarono ovunque e il Masso nero venne scaraventato in avanti fermandosi sotto l'ombra della Piazza.

Oleander esultò: era sopravvissuto.

Mahoney salì le scale a spirale delle colonne. Aveva sentito un fragore in lontananza e un urlo raccapricciante di un uomo. Ma la voce non era quella di Oleander.
Raggiunse la fine delle scale ed uscì nella luce del sole.
La Piazza era un enorme e semplice rettangolo di pietra chiara. Occupata solo da Glorianna che guardava le Palme.
“Glorianna, tutto bene?”
Quella non rispose.
Poi guardò anche lei nella direzione delle Palme e riconobbe Xilfis, Toxa e Vait, il quale stava gridando nell'orrore. Doveva essere accaduto qualcosa di grave e...dov'erano Flora, George e il Conte?

Glorianna aveva visto la fine del Conte ed era rimasta sconvolta.

“Basta...” uscì dalla bocca della guardia del corpo.
“Glorianna, che ti succede?”
“Basta...basta...BASTA!” urlò l'altra dimenandosi.
“Dobbiamo avvertire gli altri che siamo qui...”
“No! Non capisci che è tutto inutile, idiota?” ribatté l'altra.

Glorianna non si era mai rivolta in tal modo alla sua principessa.

“Come mi hai chiamato?”
“Oddio, si può essere più stupidi di te? Non serve a nulla chiamare gli altri o collaborare! Moriremo tutti comunque! Lui ci vuole morti! Ho visto la morte di quattro persone in meno di un giorno e non ne posso più!”
“Glorianna, è normale avere paura...”
“La fai semplice, stupida principessina ingenua, tu sei sopravvissuta! Fai morire gli altri al posto tuo, mi sembra facile!” la voce della guardia del corpo era fredda, disperata e minacciosa.
“Glorianna, ti ricordo che hai un vincolo di fedeltà con me e sei tenuta a...”
“A cosa? Ormai me ne frego di te! Morirai anche tu! In maniera orribile! Impalata, squartata, affettata o decapitata come è successo agli altri!”
“Non ti permetto di parlarmi così!”
“E allora? La tua autorità non serve a nulla qui! Sparklade comanda! L'unica cosa che ci tiene unite sono i tuoi soldi!”

“Principessa! Restate dove siete!” urlò dalla Palma Xilfis.
“Ignoralo! Io ti abbandono, non serve a nulla stare uniti! Tanto vale continuare da soli!”
“Ma manca poco ormai al Centro, ormai è quasi finita! Se...”
“Sempre se e ma! Sarà finita per tutti! Non sai cos'è successo all'unico sopravvissuto di Aikon? No?
È morto comunque in strano modo dopo essere scappato dal Labirinto!”

Mentre Glorianna riversava addosso a Mahoney tutto quello che pensava stava camminando all'indietro, sempre più vicino al bordo della Piazza.

Dalla Palma Xilfis vedeva tutto, e vedeva anche che il Masso Nero si era mosso con un impercettibile balzo in alto.

All'improvviso una forte raffica di vento si abbatté sulla Piazza. Non era un vento naturale, era un vento funesto.
Fece oscillare Glorianna, che ormai era ad un metro dall'orlo dell'altura. La guardia del corpo cadde all'indietro sulla schiena, ritrovandosi supina con tutto il busto all'infuori della Piazza e con solo le gambe a impedirne la caduta. Si trovava esattamente perpendicolare al Masso.

“Aiuto! Aiuto! Sto per cadere! Fai qualcosa Mahoney, adesso!” urlò.
“Resisti!Non dimenarti!”

Chiaramente Glorianna fece tutto il contrario e per un attimo rischiò di precipitare. Mahoney corse verso di lei.
Il Masso nero si agitò ancora, come se la “vita” di quello bianco fosse passata al suo interno.

Il vento mortale investì Mahoney che, già provata dalla corsa sulla distesa di sassi, venne scaraventata sulla nuda e fredda pietra.

“Non voglio morire! Non io! Non è giusto!” urlò Glorianna.

Il Masso fece un altro salto in alto. Dritto e perfettamente lineare. Un salto più lungo delle colonne. L'impatto con busto di Glorianna fu atroce. Le costole vennero compresse l'una con l'altra, le vertebre furono fracassate in più punti e, cosa peggiore, il Masso colpì con estrema violenza il collo. La testa, in una smorfia di ultimo lamento, schizzò via dal corpo volando in alto in un'esplosione di sangue scuro.
Il Masso, sporco della vita di qualcuno ricadde sfracellandosi al suolo.
Pochi secondi dopo la testa di Glorianna fece lo stesso precipitando sulla Piazza in una pozza di sangue inguardabile.

Mahoney guardò il tutto impotente ed incredula.
Si ricordò cosa le aveva detto la sera prima della scomparsa di Sgradel...
”Glorianna, che ti prende? Non perdere la testa!”
Mahoney si inginocchiò e pianse non potendone più di quel posto mentre Oleander correva per sorreggerla.



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Capitolo 10
*** Il Centro ***


Intanto quelli sulla Palma erano riusciti a scendere dal Tronco. Finirono in una radura di erba alta e scura, ma senza ulteriori pericoli.
Toxa si avvicinò a Xilfis.

“Xilfis, posso parlarti un attimo?” chiese con un'insolita pacatezza.
“Certo...” rispose l'altro di spalle, ormai stanco dagli avvenimenti della mattinata.
“Credo che potrei essere la prossima a morire...”
Xilfis si bloccò e si girò verso di lei.
“Cosa? Come può?”
“Non ve ne ho parlato prima, ma sull'Oleandro è successo qualcosa...ti ricordi quei tre rettili che ci hanno attaccati? Ecco...uno di loro mi ha ferita al braccio e credo che fosse velenoso...un veleno lento ad agire certo, ma sicuramente efficace!”
“Ma...ma...perché non ce l'ha detto prima?”
“A che sarebbe servito? Di sicuro non c'è una cura in questo posto...speravo che avrei resistito per ancora tempo, ma prima...sulla Palma...l'effetto si è fatto sentire e ritengo che ora avanzi più velocemente...”
“Toxa...io...”
“Non preoccupiamoci ulteriormente, tanto è inutile, anzi dato che Sparklade ne uccide uno alla volta, finché vivo io voi non correte...”
“Non è mia intenzione far morire nessun altro!” la interruppe Xilfis.
“Già...sarebbe bello...” disse Vait intromettendosi tra i due “Ehi, guardate là!”

Poco lontano da loro, conficcata nel terreno c'era la lancia di oleandro che era caduta dalla Palma. Per un attimo controllò che non ci fossero eventuali braccia strappate tra l'erba e poi staccò la lancia, felice di avere di nuovo la sua arma.
                                                                                                                                                    §
Mahoney camminò per la Piazza vuota nel silenzio e nel vento della mattina. Una piazza occupata solo da un cadavere e da un Oleander che l'osservava da lontano.
Ora erano rimasti in due, la Morte li aveva risparmiati una volta, ma ora sarebbe tornata da loro... Poi sentì delle voci. Voci di speranza. Vait e gli altri la stavano chiamando.

                                                                                                             §

Li scrutava dall'alto: gli ultimi cinque sopravvissuti si stavano riunendo nella Piazza. Non potevano vederlo. I più deboli...otto... erano stati eliminati dalla Caccia...o almeno così gli sembrava.

                                                                                                             §

I divisi erano finalmente tornati insieme.
Si abbracciarono. Cosa che non sarebbe mai successa nella vita normale, nella vita sociale.
Ognuno venne a conoscenza della fine degli altri. Mahoney ebbe un altro momento di tristezza ancora dopo aver saputo quello che era successo a George, anche se non avendolo visto sospettava già qualcosa.
“Bene, ora che otto sono...morti...dobbiamo collaborare affinché non succeda altro.” disse Xilfis “Il Centro non è lontano.”

Non appena disse quelle parole un vento freddo li fece girare tutti: poco lontano dalla Piazza c'era un boschetto di Allori e al suo interno svettava un tempietto. I Muri del Labirinto convergevano lì e indicavano che erano giunti alla fine.

“Prima di continuare, vorrei rendervi partecipi di una mia riflessione...” disse Xilfis.
“Ovvero?”
“Siamo qui per colpa di qualcuno.”
“Chiaro: Sparklade! Ormai l'abbiamo capito!” esclamò Vait.
“Infatti ho pensato a lungo a questo. Noi non dovremmo essere qui perché Sparklade appare secondo determinati periodi. Dunque, c'è qualcosa che non va. O qualcuno. Mi hanno detto che Sparklade può essere evocato con un rituale specifico per realizzare fini personali...”
“Fini personali? Che razza di fini si possono avere per uccidere persone in quei modi che abbiamo visto?” intervenne Mahoney.
“Il Potere. Se notate sono state rapite solo persone importanti e con un rango politico basilare per l'andamento della Regione. Morendo, avrebbero lasciato un vuoto tale da indebolire ogni Regno e...”
“Gli Sgraal non mi sembravano tanto basilari...” commentò Toxa.
“Beh, alcuni soggetti sono finiti qui per sbaglio. Per esempio Flora non c'entrava nulla...”
“Nemmeno tu Xilfis.” tagliò corto Oleander.
“Prego?”
“Nemmeno tu hai motivo di essere qui francamente. Anzi, perché sei venuto ai Boschi Sopraelevati? Ti sei presentato senza che nessuno ti avesse convocato.”
“Per avvertirvi!”
“Gentile...ma lascia che ti chieda una cosa: c'è stata una sola volta in cui hai rischiato la vita qui?” chiese Vait.

Xilfis rimase interdetto.

“In che senso?”
La voce di Vait si fece più minacciosa.
“Non mi ricordo un singolo istante in cui tu abbia rischiato di morire o sia incappato in qualche trappola...anzi, mi sei sempre parso molto sicuro di te! Quasi conoscessi già il posto!”
“Io...significa che la trappola dedicata a me non è stata ancora usata!”
“Già...e magari non scatterà mai! Com'è che conosci così tanto Sparklade e sai tutto sui suoi rituali e le sue abitudini?” riattaccò Oleander.
“Infatti, la tua potrebbe essere una vendetta perfetta: guardare morire i capi dei Regni che hanno annientato il tuo! Un modo per far tornare le Silfidi nella nostra Regione!”

Xilfis non sapeva che dire, perché aveva sempre provato un forte desiderio di vendetta.

“Vi ricordo che anche voi due siete ancora vivi!”
“Io ho appena rischiato di farmi maciullare da due Massi e Vait...e Vait?” disse Oleander.
“Cosa? Io ho combattuto contro quelle creature e ho cercato di salvare il Conte!”
“Insomma! Nessuno di noi è colpevole!” intervenne Mahoney “Che senso avrebbe? Non abbiamo nemici!”
“Siamo noi stessi i nostri nemici...” disse tranquillamente Toxa “Da sempre i nostri regni sono in competizione, ci odiamo! L'avete dimenticato! Ognuno avrebbe avuto ragione di evocare Sparklade per eliminare gli altri e comandare sulla Regione!”
“Mi sembra di sentir parlare il Viceré! Solo che a differenza vostra lui è sotto una sequoia senza una testa! Usciamo da questo posto maledetto!” disse risoluta Mahoney e cominciò a scendere le scale dei Pilastri.

                                                                                                                                                   §

Mano a mano che si inoltravano tra gli allori l'erba lasciava spazio a dell'umida terra marrone scuro e a dei sassi della grandezza della testa di un uomo, grigi e assolutamente poco rilevanti all'occhio.

Era tutto calmo e piatto. Non sembrava nemmeno la fine di un Labirinto di orrori e paranoie.
Sassi, maledetti sassi.
Il tempio si scorgeva oltre degli alberi, al suo interno c'era una luce verde che brillava. Doveva essere un varco dimensionale, li avrebbe portati fuori. Ma non poteva essere così facile, ma volevano comunque crederci.

“Ci siamo quasi...” disse Oleander.
Il tempio era lì, il Varco li chiamava.
Mancava davvero poco. Poco alla fine della Caccia. Alla fine di qualcuno.

La terra esplose verso l'alto spargendo polvere ovunque. I sassi vennero sparati come mine in cielo. Saltavano ad intervalli diversi.
“No, no!” urlò qualcuno.
Per la polvere nessuno riusciva a vedere gli altri.
Un sasso colpì il braccio che teneva la lancia di Vait che saltò in aria.
Un altro sasso lo colpì sul mento facendolo cadere a schiena in giù.
Gli altri sassi, assieme alla lancia, cominciarono il loro voto verso il basso.
“Ricadono! Nascondetevi sotto gli alberi!” gridò Mahoney.


Con la gravità le pietre avrebbero potuto sfasciare la testa a qualcuno, ma quello che accadde fu complicato.
La lancia ricadde centrando il petto di Vait, ferendolo. Non era affondata molto. Il dolore fu comunque lancinante: era un oleandro velenoso che penetrava nella sua carne.
Una pietra cadde precisamente sull'estremità della lancia, affondando come fa un martello con un chiodo la lancia nel corpo di Vait, tranciando gli organi interni.
In quegli ultimi secondi Vait rifletté su quello che aveva fatto: lui aveva spezzato il ramo dall'Oleandro, lui se l'era portato dietro e lui l'aveva staccato da terra poco prima...lui si era dato la morte.
La morte era sempre stata al suo fianco.
Guardò un'ultima volta il sole filtrare tra la polvere sollevata e le piante, era un peccato perché ce l'aveva quasi fatta.
Un'ultima roccia cadde e lo impalò definitivamente.
Era stata una morte così poco “spettacolare” rispetto alle altre, così improbabile e così crudele allo stesso tempo.
Le sue membra persero rigidità e la vita lasciò quel corpo a pochi metri dal Varco.

La polvere ricadde rivelando la fine di un principe che non si aspettava di morire mai.
“Vait...” fu l'unico commento di Toxa.
“Non c'è più nulla da fare...ora siamo in quattro e in quattro sopravviveremo!” disse Oleander poco dopo.


Il gruppetto entrò nel tempio e osservò il Varco: uno squarcio di luce verde.
“Non sarà pericoloso? Ci porterà davvero fuori di qui?” chiese Mahoney.
“Non potrà essere più terribile di quello che abbiamo visto, saltiamoci dentro e...”
Non si mossero e il vortice di luce fece tutto da solo avvolgendoli completamente.

                                                                                                      §

Freddo. Questo era quello che Xilfis sentiva. Ferro. Ferro bianco.
Quella era l'ultima stanza, non era ancora finita. Si accorse di non potersi muovere. Gli altri tre erano nelle stesse condizioni: distesi per terra e paralizzati dal bacino in giù da una forza invisibile.
“E adesso?” chiese Mahoney.

“Interessante, di solito non sono in così tanti a raggiungere quest'ultima parte del Labirinto, siete davvero coriacei!” esclamò una voce a loro familiare.

Sgradel era lì, davanti a loro con un enorme serpente dietro che li guardava.
Sgradel rideva.



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Capitolo 11
*** La Spiegazione Irrazionale ***



Erano all'interno di un'enorme stanza il cui pavimento era un cerchio di ferro bianco, una luce innaturale filtrava dal soffitto e tutt'intorno crescevano comunque alberi dalle forme strane. Loro erano in mezzo.

Il Serpente di Sparklade li fissava senza dire nulla, come un giudice con una sentenza da emettere ancora.

“Sgradel? Sei vivo?” chiese Oleander.
“Complimenti per la perspicacia, devo ammetterlo...”
“Ma, ma...le liane, quella notte...” cominciò Mahoney.
“Le liane, quella notte? Sarà successo qualche ora fa! Neanche ci fossimo visti per giorni!” rispose lo Sgraal acidamente.
“Ma che posto è questo? E perché non possiamo muoverci? Dov'è Sparklade?” chiese la principessa.
“Siete nell'ultima stanza e Sparklade vi sta osservando...”
Un dubbio atroce assalì Xilfis, una verità che aveva sospettato fin dall'inizio.
“Non può essere, tu...?”
“Io sono Sparklade? Ma non farmi ridere!”

In quel momento il Serpente che li aveva rapiti si contorse e si accartocciò su sé stesso come una foglia secca.
La massa di spire si dimenò assumendo tratti sempre più vegetali. Dalla pelle ammassata spuntò un essere dalle sembianze umane, l'essere che avevano scorto all'Inizio del Labirinto. Il suo corpo era filiforme e grandi foglie correvano lungo le sue braccia. Due occhi neri brillavano in una faccia verdastra e inespressiva. Non aveva gambe ma un'unica coda di serpente che finiva con un ciuffo di foglie aguzze. Il suo corpo era di un verde prato quasi piacevole.
Era alto più di due metri e si mise a levitare vicino a Sgradel.
Ecco il responsabile di tanti orrori, il sadico programmatore di trappole impensabili, il fautore della Morte di tanti.

Il Padrone del Labirinto.

“La legge del più forte ha lasciato a cinque concorrenti l'onore di lottare l'ultima volta per dimostrare il loro valore.”

“Quello è Sparklade?” chiese Oleander.
“Sei davvero sagace! Peccato che i Massi non ti abbiano smembrato, sarebbe stato divertente da guardare!” rispose Sgradel.
“Cosa? Ma come fai a saperlo?”
“Non ci arrivi?” chiese Toxa “Lui lo ha evocato!”

Ci fu un momento di silenzio, di stupore, di incredulità.

“Esatto, vedo che anche se stai per morire non hai perso la tua solita arroganza, vecchia! Credevo che saresti stata una delle prime a lasciarci, ma a quanto pare sei una di quelle che sa resistere alle difficoltà. Ebbene sì. Io ho evocato Sparklade! Io ho organizzato questo momento fin dall'inizio. Io ho guardato gli altri trapassare con gratificazione e gioia interiore! Perché? Perché il mio piano aveva funzionato! Era magnifico! Tutto come io e Sparklade avevamo pattuito! Volete sapere come ho fatto? Effettivamente Xilfis ha ragione: Sparklade appare autonomamente circa ogni ottant'anni...ma io ne avevo bisogno prima! Così mi sono informato sul rituale da svolgere: recitare una semplice formula in un dato posto per creare il Labirinto! Niente di più semplice se non fosse per il fatto che mi serviva il sangue di uno dei sopravvissuti della Regione di Aikon! Ecco perché non li hanno più trovati: l'ultimo l'ho rapito io e ucciso con le mie stesse mani! Non è stato nemmeno difficile, anzi mi è piaciuto! Una volta evocato, Sparklade obbedisce a chi lo ha liberato e il resto viene da solo...”

Sgradel disse tutto questo girando attorno ai quattro, in maniera spettrale e perfida.

“Significa che tu...perché?”
“Avete diritto anche a sapere perché ho fatto questo. La risposta è semplice: il potere. Da decenni i vostri maledetti regni stanno opprimendo la mia società! State facendo degli Sgraal quello che è successo alle Silfidi anni fa! Bisognava fermarvi. Ho pensato: e se tutti i capi della Regione che opprime il Regno Sgraal da decenni sparissero improvvisamente? Si creerebbe un vuoto di potere tale da mandare in crisi tutti i regni rendendoli deboli e vacillanti e...facilmente conquistabili da un esercito guidato da un nuovo paladino sopravvissuto ad un orribile destino! La Leggenda di Sparklade era un modo perfetto per liberarmi di voi! Questo l'avrei detto dopo...c'è solo un problema: siete ancora vivi! Lo siete perché ho fatto degli errori di calcolo, dovevate essere di meno a finire nel Labirinto, invece anche solo l'arrivo di una persona in più come Xilfis che non ha potuto fare a meno di mettersi in mezzo ha allungato la faccenda!”

“Questo mi fa odiare ancora di più gli Sgraal...” commentò Toxa.
“Aspetta, ma il Conte...”
“Il Conte l'ho sempre odiato, non sapeva nulla del mio piano ed era solo un capo debole ed ininfluente! Quando l'ho visto perdere le sue braccia su quella palma è stato bellissimo! Quand'è caduto probabilmente non era ancora morto, sarà deceduto per dissanguamento, fatti suoi! D'altronde ho sempre assistito alle morti degli altri sapendo quando sarebbero scattate le trappole. Bastava starsene in disparte a guardarvi mentre facevate mille congetture su chi sarebbe stato il prossimo o su perché Sparklade vi aveva mandato nel Labirinto...È stato così divertente vedere le vostre facce quando l'assistente è stato fracassato da quel masso e per non parlare della decapitazione del Viceré, quanto lo odiavo! Poi Sparklade mi ha riferito delle simpatiche morti di George, il servo fedele e...”
“E Aniva?” chiese Mahoney.

Sgradel si fermò e poi ricominciò.
“Aniva non doveva essere qui! Non sapeva del mio piano, le avevo solo detto che sarebbero cambiate molte cose dopo la Riunione. Se il Conte non l'avesse spinta nel vortice al momento dei rapimenti lei sarebbe ancora viva...anzi, se tu, Mahoney...se tu non ti fossi abbassata le Spine avrebbero colpito te e non l'avrebbero uccisa! Le Spine erano lì per te, ma tu hai deciso di lottare per la tua vita lasciando morire qualcun altro! Dunque Aniva è morta per colpa tua!”
La voce di Sgradel aveva assunto una nota di follia.

“Sono le regole della Caccia, sopravvive il più forte. Chi evita la trappola viene risparmiato e si passa al successivo.” disse Sparklade indifferente.
“Ma ti avevo detto di risparmiarla! Perché non mi hai ascoltato?!?”
Mahoney capì che in fondo c'era della sincerità in lui, quando Aniva era morta lui era stato davvero triste. Si era disperato davvero.
“Le regole del Labirinto sono queste: una volta entrati non si può uscire se non completando le prove. Se è stata presa nel vortice vuol dire che il destino aveva deciso.”
“No, non è giusto!”
“Ci sono molte cose che devi capire allora...”

“Ma le liane avevano rapito anche te!”
“Certo, non potevo lasciare che i sospetti si riversassero su di me e poi così ho potuto preparare il vostro arrivo e godermi l'esplosione di quella loquace di Glorianna e l'infilzamento di Vait, osservandovi sempre da lontano...”

E adesso cosa pensi di fare?”
A rispondere fu Sparklade.
“Siete arrivati all'ultima stanza, qui dovrete combattere un'ultima volta per la vostra vita. Come vedete siamo al chiuso e io sono la chiave per aprire un altro Varco dimensionale. Il modo per uscire sono io. Io sono la vostra prova finale.”
“Non è più semplice ucciderli adesso?” chiese Sgradel.
“Le regole sono mie.”
“Ma io ti ho liberato!”
“Anche tu sei dentro il Labirinto ormai, anche tu devi lottare per sopravvivere!”
“Cosa? Non starò a farmi tanti problemi! Li sgozzerò uno ad uno!” disse l'altro estraendo un pugnale da una custodia.

Sgradel cominciò a camminare verso i quattro. Loro erano ancora paralizzati. Lui guardò Mahoney.
“So esattamente da chi cominciare!”

“E io so esattamente cosa fare!” disse una voce alle sue spalle.

Non riuscì a capire. Vide solo un'ombra e dopo una punta fredda gli si conficcò nella schiena vicino al collo. Non capiva. Il dolore era fortissimo. Sgradel si accasciò a terra ansimando, contorcendosi e sputando sangue.

Dietro di lui apparve una figura che tutti avevano dimenticato.
Flora, con l'odio negli occhi, con dei tagli sul corpo, con gran parte dei vestiti stracciati e con una risolutezza che nessuno avrebbe mai pensato aveva pugnalato Sgradel con una spina simile a quelle di Aniva.

“Bastardo, significa che è per colpa tua che io ho passato tutti questi incubi e ho rischiato di morire ogni tre secondi! Me la pagherai! Non si fanno queste cose a me!”
"Sparklade, avevi...avevi detto che cinque erano sopravvissuti! Cinque!" urlò Sgradel.
"Infatti...cinque oltre a te!"

Flora era riuscita ad arrivare all'Ultima Stanza ancora prima di Sgradel e Sparklade e si era nascosta tra le piante e aveva sentito tutto. Ora chiedeva vendetta.

La paralisi scomparve e Oleander, Mahoney, Toxa e Xilfis si alzarono guardando Sparklade.

Era giunto il momento di lottare.



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Capitolo 12
*** Gli Ultimi Istanti ***


Per uscire da questo posto maledetto dobbiamo uccidere Sparklade, è l'unico modo!” disse Flora.
“Come hai fatto ad arrivare qui?” le chiese Xilfis.
“Spiegheremo tutto a suo tempo!” rispose la cantante.
“Sempre se ci sarà un suo tempo!” disse Toxa. Il veleno circolava sempre più velocemente, se non trovavano una cura entro le prossime ore la Morte l'avrebbe chiamata senza ulteriori indugi.
“Flora, aiuta Toxa mentre al nostro ospite ci pensiamo noi!” disse Oleander.
“Xilfis, prendi il pugnale di Sgradel, meglio che l'abbia tu!” disse Mahoney.
“Certo!” disse la Silfide che eseguì l'ordine mentre lo Sgraal si stava dimenando e contorcendo sul pavimento.

Sparklade aveva osservato levitando lentamente al centro della stanza.
“I concorrenti sono schierati, le armi sono distribuite... iniziamo!” disse.

Oleander e Mahoney sfoderarono le loro spade.
Dopo cinque secondi vennero investiti come da una valanga verde che li buttò a terra senza la minima fatica. Mahoney perse la sua spada che scivolò lontano tra le piante.
“Ma cos'è?”
Sparklade era velocissimo e strisciava nell'aria come un serpente. Era dall'altra parte della stanza. Aprì le braccia e le foglie che vi correvano divennero più scure, più aguzze.
Senza dire niente ripartì all'attacco scagliandosi contro Oleander che non riuscì a reagire e venne scaraventato nelle piante. Il dolore fu più forte, come se venti uomini gli avessero dato un pugno sul mento e sul ventre. Anche lui perse la spada, la sua unica difesa.

“Pensavo foste più stoici. Eppure siete arrivati fin qui, o era tutta fortuna o era bravura. Spero di non ricredermi!”

Xilfis era rimasto al centro della stanza, mentre Flora aveva portato Toxa tra le piante lasciando Mahoney incosciente nelle vicinanze del boschetto. Aveva solo un pugnale con sé, voleva dire che il Destino gliel'aveva affidato, era suo compito usarlo al meglio.
Sparklade si scagliò verso di lui come un'aquila con gli artigli sfoderati.
Xilfis si scansò leggermente e tenne il pugnale con la mano sinistra puntato in avanti.
Il padrone del Labirinto gli colpì il braccio grattugiandogli letteralmente la mano e il pugnale inferse solo un taglio leggero nella coda di Sparklade.

L'urlo di Xilfis fu agghiacciante: era la prima volta che soffriva da quando era entrato nel Labirinto. Il suo sangue si riversò sul pavimento. La pelle della sua mano mancava in gran quantità e il solo pensiero di cosa sarebbe potuto accadere era orribile.

Flora condusse Toxa sotto una palma, si sentiva relativamente al sicuro, ma sapeva che sarebbe morta se nessuno si fosse organizzato per un attacco utile.
Guardò le piante sopra la sua testa e quelle si mossero. Rami molto simili alla lancia di Vait emersero dalla terra all'improvviso. La punta di uno di questi mancò di poco la testa di Oleander nell'altra parte della stanza. Un altro colpo di Sparklade e sarebbe stato trafitto.

Mahoney riprese coscienza. Tutto intorno a lei si muoveva convulsamente, macchie d'ombra correvano lungo le sue pupille. Era a carponi sul pavimento freddo e ferroso e non trovava più la sua spada.
“Maledetta...” sentì.
La sua mente era ancora annebbiata e non capiva.
“Maledetta! Guarda come sono ridotto!”
Era Sgradel a parlare. Era ancora disteso sul pavimento, ma aveva smesso di contorcersi. Le sue braccia stavano risalendo fino al collo. Le sue mani toccarono la spina. Una fitta di dolore nero lo pervase. La spina era incurvata nella sua carne. Avrebbe dovuto estrarla.
“Guarda cosa mi tocca fare per ucciderti, Mahoney!”
Poco dopo urlò e tirò con tutte le sue forze, dell'altro sangue sgorgò, ma la spina era diventata la sua nuova arma.
“Oh no...” disse Mahoney e corse verso le piante.

Un tonfo dietro di lei la fece correre più veloce: un altro masso vivente era apparso in quella che era diventata una vera e propria arena da combattimento. Il masso rotolò per la stanza e poi si fermò, inanimato.

Più tempo durava la lotta, più la stanza prendeva vita. Diventava poco a poco un mausoleo delle morti dei loro compagni: il masso dell'assistente, la palma del Conte, i pali di George...

Sparklade non controllava nessuno di questi.

Il masso riprese a muoversi in direzione di Oleander: decisamente non avevano fantasia. Se il masso l'avesse travolto sarebbe stato sbalzato verso le punte. La sua spada non era lontana. Andava recuperata prima quella. Corse in avanti mentre il masso mangiava terreno nella sua direzione. Oleander spiccò un balzo nello stesso momento in cui Sparklade appariva alle sue spalle.

Prese la spada.

Sparklade si preparò a colpire.

Il Masso saltò vorticando nella loro direzione. Tra il Masso e il pavimento c'era un vuoto di poco più di un metro: andava sfruttato.

Non c'era tempo per pensare: l'adrenalina comandava i suoi movimenti.
Oleander alzò il manico della spada, con la lama rivolta verso Sparklade, in aria. Ritirò il braccio mentre il Masso colpiva la spada scaraventandola nel petto di Sparklade e infilzandolo in quel modo improbabile.

I due collassarono dietro Oleander.

Il Masso però non aveva finito la sua corsa.
Xilfis ebbe solo il tempo di vedere la roccia frantumargli il braccio.

Non capì nient'altro, nemmeno se il sangue sul pavimento era suo o di Sparklade.

                                                                                                                                              §

“Mahoney! Dove sei? Devo solo ucciderti!” urlava Sgradel ansimando tra le palme.
La principessa aveva cercato rifugio nell'ombra, ma ora era in trappola.
Lui si avvicinava con quella spina insanguinata nella mano.
Spine, non ne poteva più.
“Mahoney...”
Sentì la sensazione simile ad un morso percorrerle la gamba. Il pazzo l'aveva trovata.
Si accasciò a terra vedendo solo i piedi di Sgradel.
“Non ti pensavo così coriacea. Avevo un'idea di te più simile alle principesse viziate che chiedono ai servitori di far loro aria perché hanno caldo! E invece sei una persona coraggiosa, astuta e che non si arrende...sono davvero stufo di te! Aniva è morta per colpa tua!”
Sgradel impugnò la spina con le due mani e si preparò ad affondare.

Aveva solo qualche secondo. Non aveva armi. Il Labirinto le aveva date, ma lei le aveva perse. Le opportunità le aveva avute. Era il momento di arrendersi? Oppure c'era un modo per reagire? C'era qualcosa che la Natura le aveva dato fin dalla nascita...era il momento di usarli!
Le gambe di Sgradel erano a pochi centimetri da lei.
Balzò in avanti puntando alle caviglie e vi affondò i denti, stringendo il più possibile.
La reazione di Sgradel non fu delle più melodiche e lasciò andare la spina.
Lei ne approfittò per raccoglierla e gliela piantò nel ventre.
“Aniva è morta per colpa tua!” disse Mahoney prima di correre da Oleander.

                                                                                                                                                      §

Sparklade era nel centro della stanza divincolandosi come da corde invisibili.
La spada era sempre conficcata nel petto.

Xilfis giaceva inerme in una pozza di sangue. Respirava. Chissà per quanto ancora.

“Credi che sia tutto finito? Non essere ridicolo!” disse il Padrone del Labirinto ad Oleander.
Sparklade ondeggiò la coda e si rimise in piedi.
“Non bastano un sasso e uno stuzzicadenti di spada per uccidermi! Ammetto che hai avuto intelligenza, ma quanto può essere utile quando si ha solo quella contro un...”
“Mostro della tua risma?”
Era la voce di Toxa.
“Devo ancora capire perché una creatura così inutile possa esistere su questo pianeta!”
“Interessante, la più vecchia del gruppo è quella che ha resistito così a lungo, lo sai che sono io il tuo antidoto, giusto? Vuoi affrontarmi tu? Tanto da qualcuno devo cominciare...”
“Io sto già morendo, dunque non ho nulla da perdere...”
“Complimenti per la filosofia, e come credi di battermi?”
“L'hai detto tu: il Destino ci ha dato delle armi.”

Flora stava avanzando dietro Sparklade, che continuava a parlare ad Oleander e Toxa, con la spada di Mahoney. Se avessero continuato a distrarlo avrebbe affondato l'arma.
“L'effetto sorpresa non funziona, rassegnatevi!” disse Sparklade e senza nemmeno voltarsi colpì con la coda la cantante che venne spinta a terra.
Sparklade girò la testa a guardarla con arroganza.

Capì quasi immediatamente il suo errore.

Oleander si era già lanciato verso la spada, la impugnò e tirò con tutte le sue forze verso il basso.
Sparklade urlò per la prima volta.
Oleander continuò a tirare, incurante dei movimenti del corpo. Era uccidere o essere uccisi.
Continuò nonostante i colpi. Continuò nonostante l'inascoltabile rumore delle ossa rovinate. Continuò nonostante il sangue che si riversava sulla sua faccia. Continuò nonostante il puzzo degli organi lacerati.

La spada opponeva resistenza, ma poco a poco scorreva nel mostruoso squarcio con più facilità.
Tirò ancora fino a quella non venne via.
Poi accadde qualcosa che non si aspettava: tra gli organi spezzettati e rigurgitanti sangue nel petto di Sparklade si stava apparendo una luce.
Una luce sempre più potente.

Sparklade era la chiave per uscire. Sparklade era l'uscita.
Un varco dimensionale si stava creando dalla sua cassa toracica.

“Qui...Qui! Tutti qui! Presto!”

Il corpo di Sparklade era in preda alle convulsioni. La sua pelle verde si stava seccando, diventando nera. La sua faccia era un misto di stupore e rassegnazione. Sembrava non soffrire dell'essere stato tagliato in due. La sua coda si muoveva automaticamente spruzzando sangue ovunque.

Mahoney uscì dal bosco zoppicando.
Flora la soccorse mentre Toxa cercava di aiutare Xilfis.

Il varco diventava sempre più grande, distruggendo lo spazio circostante.

“No! No! Non finirà qui! Non così!”
I cinque si girarono: Sgradel stava camminando verso di loro, con la disperazione e la disgrazia negli occhi, coperto di terra e sangue, con la spina conficcata nel ventre.
“Basta! Hai perso!”

Infatti le regole erano chiare: chi vinceva condannava l'evocatore.

Sgradel guardò gli altri sul punto di attraversare il varco quando un masso della grandezza di vari metri lo investì. Un braccio si spezzò per il colpo, il resto del corpo venne compresso tra la roccia e il ferro. La testa venne maciullata immediatamente e varie ossa si fratturarono. Le gambe si incurvarono spezzandosi orribilmente. Il corpo venne tagliato in due quando il masso si conficcò nel terreno in un ultimo, assordante fragore.
Una poltiglia di carne e sporco era quello che restava del vero assassino di sette persone innocenti.

Mahoney e gli altri vennero avvolti dalla luce ed attraversarono il corpo di Sparklade. Il Labirinto scomparve senza ulteriori cerimonie.





Avevano vinto.
Erano salvi.




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Capitolo 13
*** EPILOGO: Cadute le foglie, i semi germogliano ***


La sottile luce del tramonto filtrava tra gli imponenti alberi dei Boschi Sopraelevati. La gente camminava frenetica per le strade per sistemare gli ultimi impegni della giornata.
Mahoney li osservava con tranquillità e un po' di invidia. Loro non avevano passato quello che aveva sperimentato lei. Non avevano provato l'angoscia, il sospetto, la paura, non avevano sentito lo scorrere dei minuti che potevano essere gli ultimi della loro vita e non avevano provato il dolore della perdita e nemmeno quello fisico.

Era passato un anno da quando il Serpente l'aveva rapita e ora camminava per quelle strade come se nulla fosse accaduto.
Certo, la notizia della morte di personalità importanti come Vait e i racconti dei sopravvissuti sul piano malato di Sgradel avevano fatto il giro della Regione in pochissimo tempo. Tutti i dettagli, anche quelli più orribili, erano stati raccontati. La gente aveva saputo che la leggenda di Sparklade era più che vera.
Quando passava per strada le riverenze erano subito accompagnate da commenti sulle fini di George, Glorianna e del Viceré e del suo assistente.
Come se fosse stata colpa sua.

Oleander era tornato al suo regno tra i festeggiamenti e gli onori del suo popolo. Era stato acclamato come un eroe, cosa che effettivamente era. Lui aveva salvato gli altri uccidendo il Mostro. Le sue gesta erano conosciute anche oltre la Regione ed era dipinto dai gossip locali come un uomo magnanimo e coraggioso. Coraggioso certo, ma solo quello. Per un certo periodo aveva perso la sua arroganza, ma dopo qualche mese gli era passata ed era tornato lo sfacciato principe di Olepoison. I rapporti tra il suo regno e quello di Mahoney erano immediatamente mutati in positivo con una serie di benefiche alleanze.

L'aver sconfitto Sparklade aveva fatto scomparire istantaneamente e miracolosamente il veleno che aveva colpito Toxa. Nonostante le sofferenze subite, la donna mantenne sempre la sua acidità e non cambiò di una virgola il suo comportamento. Guarita e ristabilita, tornò nel suo regno e prese il posto di Vait intenzionata a vivere ancora a lungo, dopo aver raccontato tutta la vicenda.

Le ferite di Xilfis erano state molto più complicate da guarire e venne accolto nel Palazzo di Mahoney e messo a riposare per mesi, dato che il masso gli aveva rotto gran parte delle ossa. Non aveva di che lamentarsi però: era uscito da quel posto maledetto. Accettò con la fermezza e la calma che aveva (quasi) sempre dimostrato nel Labirinto.

Flora raccontò agli altri come era sopravvissuta da sola dopo gli eventi della torre-oleandro. Con rassegnazione, più che coraggio, aveva accettato la sfida presentatale da Sparklade. Aveva cominciato a girare a vuoto per il Labirinto, aveva affrontato altre creature e aveva studiato tutte le trappole che aveva incontrato e aveva imparato ad evitarle. Aveva anche capito che nulla era casuale, anche il vento freddo che le soffiava contro a volte era un modo per farla finire in luoghi da cui non sarebbe mai tornata. Da sola aveva eluso le peggiori morti ed era arrivata poco prima degli altri nel Centro, dove aveva assistito alle rivelazioni di Sgradel.
Il suo unico desiderio era adesso cantare, cantare e regalare allegria il più possibile.

Una brutta fine la fece invece il Regno degli Sgraal, essere la patria di un assassino pazzoide evocatore di creature sadiche non aveva certo aiutato la sua fama. Il Regno non riuscì a trovare un sostituto al Conte e, pur non avendone colpa, entrò in crisi in poco tempo.


Il sole era calato, la sera avvolse Mahoney che tornò nel suo Palazzo con pensieri pesanti.
D'altronde quella era la Vita.


Ma quello che la gente non aveva considerato era altro. La gente aveva acclamato i vivi, ma si era dimenticata presto che otto corpi straziati e decomposti giacevano ancora nei meandri del Labirinto, che esisteva ancora in un luogo remoto e sconosciuto.
Otto corpi di cui restavano solo degli indumenti strappati e delle ossa sparpagliate, con i segni delle repentine fini ancora evidenti. Un mucchio di polvere di ossa all'inizio di una collina. Uno scheletro senza testa vicino ad un'immobile sequoia. Ossa spezzate tra dei rami velenosi di oleandri. Dei vestiti strappati e bucati da spine. Delle maniche che penzolavano da una palma. Pezzi di cranio attaccati ancora ad un masso. Una lancia conficcata nella terra con dei resti umani accanto. Degli indefiniti pezzi di articolazioni sparpagliati nell'ultima stanza.
Otto vite si erano spente in quel luogo di dolore assieme a chissà quante altre.


Immerso nel silenzio della sconfitta vi era infine il corpo di Sparklade, rinsecchito e divelto nel busto, dove restava solo un buco. C'era però qualcosa di piccolo al centro di quel buco. Un germoglio di un verde chiaro, simile ad un'erbaccia, cresceva lentamente, cibandosi delle anime che aveva rubato.

Al momento non sembrava minaccioso.
Aveva ottantacinque anni per farlo.



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