Who's your mother...?

di redspecial
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Greg era pensieroso. Se ne stava sdraiato sulla poltrona chiara del suo studio, la gamba come al solito gli dava il tormento e ora poteva solo imbottirsi di ibuprofene e immergersi nella vasca di Wilson. Nessun caso all’attivo, solo i suoi pensieri ed i giochetti col bastone; negli anni era diventato anche piuttosto bravo! Lentamente decise rialzarsi e combinare qualcosa, la somma della sua esistenza non poteva certo ridursi al contemplare le pareti del suo studio. “Però, oggi è una bella giornata di primavera!” esclamò infilandosi il suo inseparabile giubbotto nero. L’ideale per una gita in moto, anche se da solo non avrebbe avuto lo stesso effetto. Non che il fatto non avere compagnia lo disturbasse, vista la fama di misantropo che lo accompagnava da 50 anni a questa parte ma non si sentiva a suo agio in quel momento.
Pensava e lei, il suo raggio di sole; era lontana dal Plainsboro per un convegno e lui ne sentiva maledettamente la mancanza, visto anche il clima di tempesta degli ultimi giorni; non avevano fatto altro che litigare e le loro schermaglie, seppur divertenti viste da fuori, erano più aspre che mai condannando il pacifico Wilson a stabilire delle tregue, se non altro per avere la forza di affrontarsi il giorno seguente. Prese il suo zaino e le chiavi della moto dirigendosi verso il garage dell’ospedale quando alle spalle udì una voce più che familiare.
“Greg, che piacere vederti! Sono appena stata a salutare James che mi stava accompagnando nel tuo studio, sai questo posto è proprio un labirinto!” esclamò una donna bionda dall’aspetto curato e materno.
“Mamma che ci fai qui? Avremmo dovuto sentirci la settimana prossima…” non fece in tempo a finire la frase che Wilson lo interruppe con una leggera pressione al braccio “è già la settimana prossima… I vostri litigi vi mandano talmente in tilt che non ricordi più nemmeno di dare tue notizie a tua madre!”
“Blythe forse è meglio che torni in hotel, House ha avuto un caso molto complicato per le mani e ha perso la nozione del tempo, sa quanto il lavoro lo tenga impegnato…”
“Hai ragione James... magari ci sentiamo domani, eh?” e con quelle parole diede una carezza al volto del figlio e posò sull’altra guancia un leggero bacio che però risultò pieno di significato. La sig.ra Blythe House così chiamò un taxi e tornò nel suo hotel, con un’aria mista tra il pensieroso e l’indagatore, era una macchina della verità umana ma pensò che suo figlio era abbastanza grande per dirle che cosa stava accadendo senza passare a quel metodo a cui era ricorsa tante volte quando era ragazzino.
Wilson accompagnò House al gararge, con la scusa di aver dimenticato qualcosa in auto. “House tutto bene? Hai parlato con Lisa? Vi siete chiariti?” disse con un tono serio l’oncologo.
“Avanti, puntami contro la lampada da interrogatorio! Sono innocente sceriffo!” esclamò House col suo tono canzonatorio. Si era stizzito per un attimo quando aveva pronunciato quel nome ma ben presto assunse un’espressione malinconica.
“House non fare il bambino! Litigate da una settimana a più riprese, questo convegno è una distrazione. Lei soffre e tu soffri, dovete trovare un equilibrio, non potete andare avanti così… è un gioco al massacro, il problema è che però giocate ad armi pari.”
Il diagnosta nel frattempo si era infilato il casco con noncuranza sedendosi a cavalcioni della sua moto, guardando intensamente l’amico. “Wilson… ci sentiamo.”
E con un rombo del motore partì lasciando l’oncologo solo nel garage. Quante cose avrebbe voluto dire in quel momento ma prese atto che non ne era stato capace. Non gli mancavano di certo le parole ma lei gli faceva spesso questo effetto; l’argomento in questione era talmente delicato da portarlo a riflettere ulteriormente… Raggio di sole l’aveva proprio rovinato!
Imboccando il vialetto di casa gli venne un’illuminazione…

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Lisa era un po’ stanca, camminava su e giù per il corridoio tenendo in mano quella stupida relazione per quello stupido convegno. Avrebbe partecipato in veste di decano di medicina del Princeton Plainsboro ma soltanto al suo arrivo a Philadelphia le avrebbero comunicato che un partecipante era indisposto e avrebbe dovuto relazionare lei al suo posto. Era partita con l’intenzione di staccare la spina per qualche giorno, ma ora si ritrovava in un pasticcio vero e proprio.
Finalmente si era fermata e squadrava con aria torva lo striscione dell’argomento principe del convegno: “ENDOCRINOLOGIA, LE NUOVE FRONTIERE”. Pensò a quello che avrebbe voluto in quel momento e senza accorgersene si ritrovò a percorrere nuovamente quel corridoio, doveva scaricare il nervosismo. Dopo una settimana per così dire, travagliata, si sarebbe meritata un po’ di riposo e quel convegno avrebbe potuto essere una valida distrazione; Rachel era con sua madre e Marina le avrebbe sicuramente dato una mano, non avrebbe dovuto preoccuparsi di nulla. House, questo era ovviamente ciò che la tormentava. Se n’era andata da casa sbattendo la porta e doveva proprio essere furiosa visto che la casa in questione non era quella del diagnosta, ma la sua.
“Dott.ssa Cuddy! Che onore averla fra i partecipanti!” recitò un uomo sulla quarantina intento ad osservare il suo comportamento.
“Dott. Evans salve, non l’avevo notata!” rispose Lisa un po’ imbarazzata.
“Camminare su e giù dev’essere faticoso, soprattutto indossando una gonna stretta e i tacchi alti, posso avere il piacere di offrirle un caffè?"
“Effettivamente ha ragione ma ero concentrata sulla relazione da esporre e un caffè non mi sembra un buon rilassante” cercò così di sviare il discorso e declinare l’invito; l’aveva osservata bene prima di salutarla…
“Capisco, allora ci vediamo dopo in sala, ti terrò un posto Lisa.” Detto questo la liquidò con un sorriso luminoso tornando nella sala principale del convegno; continuava a sorridere tentando di nasconderlo.
“Ci mancava anche questo!” Non che ci fosse stato nulla di male a prendere un caffè con un collega ma il suo cuore ed il suo spirito meritavano un po’ di tregua dalle faccende che non fossero strettamente mediche.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Spingeva l’acceleratore al limite fregandosene della velocità; l’adrenalina in quel momento gli permetteva di non ragionare sulla pazzia che stava compiendo. Una macchina gli stava dietro chiedendogli prepotentemente strada ma lui non aveva intenzione di diminuire quando l’auto tentò un sorpasso a dir poco azzardato, pochi secondi in cui decise che sarebbe stato meglio decelerare altrimenti avrebbe finito col dare ulteriore concime agli alberi del camposanto. Deviò verso una stazione di servizio, una sosta non gli avrebbe fatto male.
“Greg…?” sentì una voce femminile alle spalle che lo chiamava con stupore e voltandosi vide che apparteneva ad una creatura sublime.
“Alexandra…” si bloccò, non vedeva quella donna da 25 anni e non era cambiata di una virgola, stesso viso dolce e pulito, capelli rossi ondulati che le ricadevano armoniosamente sulle spalle.
“Alex o Lexy, come mi chiamavi tu…Che ci fai qui…? E la tua gamba? Che è successo?”
“Tu che ci fai qui! Siamo nel New Jersey, non ti sei sposata e hai messo su famiglia in un ranch sperduto del Colorando con…Dylan?!”
“David comunque, sempre carino. Si, mi sono sposata non ho messo su famiglia e no non è andata bene, contento?” rispose tagliente la donna.
“Non hai ancora detto perché sei qui” House era sorpreso ma tutt’altro che divertito, quella donna aveva fatto riaffiorare ferite non piacevoli. Ricordava ancora quando lo lasciò solo in mezzo ad un paese sperduto per gli Stati Uniti, accampando come unica scusa quella del fratello che voleva farle conoscere la futura cognata. Ma questa era solo una delle tante.
“Greg direi che sono passati anni non è ora di crescere e se vuoi abbracciarmi?” il suo tono era dolce ma deciso allo stesso tempo.
“Alexandra scusa ma devo andare, e per la precisione ne sono passati 25.” il suo tono era distaccato e desideroso di lasciarsi alle spalle quella strana coincidenza.
“Greg, sei sempre il solito. Ho divorziato, non ho figli e mio fratello non ha sposato quella famosa ragazza. Possiamo piantarla ora?”
Aveva un sorriso beffardo a riempirgli il volto, aveva visto giusto e non solo perché ne era innamorato, il suo intuito era infallibile. “Ci vediamo Lexy” salutando la donna e girando la moto verso la strada.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


grazie a tutti coloro che stanno seguendo la mia fic!è la terza che scrivo ed è la prima long fic a capitoli, spero sia di vostro gradimento! Non sono ancora entrata proprio nel vivo della storia ma ho disseminato particolari nei vari capitoli. Grazie mille a tutti, fatemi sapere che cosa ne pensate!



L’esposizione della sua relazione, tra l’altro abbozzata e corretta nel giro di un paio d’ore, aveva avuto molti consensi positivi, poteva considerarsi soddisfatta e ora che finalmente era nella sua camera d’albergo poteva rilassarsi lasciandosi così alle spalle tutto quanto. Si era spogliata, aveva disfatto le valigie e si era preparata un bagno profumato e ad alto contenuto di relax, stava per entrare quando il telefono squillò; pensò che fosse sua madre in difficoltà con Rachel ma dovette ricredersi quando vide ID sconosciuto. “Pronto…? Chi parla?”
“Ciao Lisa sono Wilson, tutto bene al convegno?”
“Oh James ciao, si per fortuna è filato tutto liscio, viste le premesse! Quando un relatore non interviene ci sono sempre dei problemi, soprattutto se è la sottoscritta a doversene occupare! Ma da che numero stai chiamando? Devi dirmi qualcosa?” “Chiamo dallo studio, no volevo soltanto sapere come stavi, tutto qui.”
“Con quel tono non mi sembra…” “Davvero volevo assicurarmi che tutto stesse andando per il meglio e…”
“E cosa?”
“...House, vi siete sentiti?”
“Lo sapevo che c’era altro sotto. Scusami ma preferirei non parlarne e poi sai già tutto! Sei tu l’arbitro nei nostri litigi, altrimenti penso che ci saremmo già uccisi!” nel dire questo aveva un tono malinconico ma le scappò una flebile risata pensando anche all’assurdità di tutte le parole che si erano tirati contro come fossero stati oggetti.
“Ok Lisa ti lascio, stammi bene mi raccomando.”
“Ok James, ti ringrazio, ci vediamo al lavoro tra qualche giorno” rincuorando un po’ Wilson riattaccò infilandosi finalmente nella vasca colma di schiuma. Slegò i capelli e poggiò la testa sul bordo di marmo. Stette immobile per un tempo indefinito, avrebbero potuto essere ore o minuti, non aveva importanza. Lentamente si addormentò scivolando sempre di più dallo scalino, tanto da trovarsi completamente sommersa dalla schiuma, in un attimo si ridestò decidendo che era ora di concedersi una buona nottata di sonno. Il cellulare squillò ancora ma il suono si interruppe prima che facesse in tempo a rispondere.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Blythe House osservava le foto che aveva disposto nella sua camera d’albergo, non che fosse una sentimentale ma le piaceva viaggiare con qualcosa che la facesse sentire più a suo agio; aveva sempre cercato di essere una buona madre ed una brava moglie, ma oramai si era dovuta abituare a pensare per sé. Crescere un figlio come Gregory aveva richiesto molte energie, così come seguire un pilota dei marines fino in capo al mondo. Poteva comunque ritenersi soddisfatta della sua esistenza anche se riconosceva nel carattere del figlio alcune delle sue curiose peculiarità. Qualcuno bussò alla sua porta, era Wilson, quel ragazzo le era sempre piaciuto e aveva sempre sperato che avesse una buona influenza su Gregory nonostante non fossero proprio ragazzini quando si conobbero.
“James, che sorpresa! Prego entra, accomodati!”
“Grazie sig. ra Blythe, è sempre molto gentile. E’ riuscita a parlare con suo figlio?” nel frattempo si era accomodato nel piccolo soggiorno di cui la camera disponeva.
“No caro, ma ho capito che c’è qualcosa che non va. Presumo che tu ne sappia qualcosa, vero? Greg non è un chiacchierone quando si tratta di cose personali ma immagino che tu sappia anche questo” rispose in modo garbato ma facendo capire al suo interlocutore che avrebbe voluto saperne di più.
“Già, è vero che lei riesce a leggere tra le righe come e più di lui. Non so se posso ma… ecco la cosa mi riguarda, cioè non dovrebbe, o almeno in parte… cioè non è possibile…”
“Si James, ora credo di comprendere, anche se le ultime parole non sono state così chiare…” disse lei sempre in tono molto pacato e ragionevole ma sostenendo direttamente lo sguardo dell’oncologo.
“Blythe, volevo dire che le cose con Lisa non stanno andando bene, cioè andavano bene fino a poco fa ma assistendo alle loro discussioni penso che qualcosa non torni! Si amano, ovviamente a modo loro, non hanno fatto altro che amarsi in silenzio per 20 anni, finalmente hanno fatto il passo, tutto andava bene e… c’è qualcosa sotto!”
“Pensi che uno dei due, per intenderci Greg, stia fuggendo dalle proprie responsabilità?”
“Non so che pensare, sono una bomba esplosiva insieme, ma…”
“Ma…?” continuò la donna.
“E’ riuscita a parlare con Greg?”
“No caro, l’ho detto anche prima”
“Non risponde da ieri, da quando ha lasciato l’ospedale non l’ho più sentito. Ascolti venga con me, andiamo a casa sua!”
Cinque minuti dopo i due interlocutori stavano lasciando l’albergo in direzione della casa di House.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Scese al piano terra dell’albergo, le porte dell’ascensore si spalancarono lasciandole intravedere una figura familiare: Hamilton Evans, l’uomo che prima dell’esposizione l’aveva invitata a prendere un caffè per rilassarsi. Era davvero molto bella fasciata in quel completo blu notte e la spilla che aveva applicato sulla giacca dava risalto ai suoi splendidi occhi; l’aveva messa in valigia dopo l’ultima di quella serie di litigate furiose, le ricordava House visto che gliel’aveva regalata lui. “Buongiorno dott.ssa Cuddy, Lisa…” disse l’uomo in un misto di imbarazzo, gioia e sfrontatezza.
“Salve dott. Evans” salutò lei educatamente.
“Lisa, chiamami Hamilton, sono anni che ci conosciamo!”
“Hamilton lo so che ci conosciamo da più di dieci anni ma preferisco rimanere nella sfera professionale, sai mia sorella non ha un buon ricordo del vostro primo incontro e nemmeno io ad essere sincera.” Lisa aveva un tono pacato ma decisamente fermo; Hamilton aveva iniziato a frequentare casa Cuddy come collega di Lisa uscendo un paio di volte con Julie ma le cose tra loro non erano andate bene, così decisero di indirizzare il loro rapporto verso l’amicizia, facendo finta di ignorare il fatto più che evidente che lui volesse l’altra Cuddy.
“Dai Lisa, vieni a prendere un caffè, almeno potremo fare un paio di chiacchere in santa pace! E’ un’eternità che non ci vediamo, dammi occasione di rimediare al nostro ultimo incontro…!”
“Ok Evans andiamo, sai che lo sfinimento rimane sempre la tua tattica?” fece lei in tono scherzoso ma un po’ brutale, chissà da chi aveva imparato…

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Ecco un nuovo capitolo, spero che la storia vi piaccia!razie a tutti coloro che hanno seguito, letto e commentato il mio lavoro! Questo è un capitolo molto di passaggio, giusto per far sapere le azioni compiute dai personaggi nel lasso di tempo. Il prossimo arà un capitolo di svolta, un pò più lungo e un pò spiritoso! grazie a tutti!




House era in sella alla sua moto, stava percorrendo un tratto particolarmente rilassante, un rettilineo con una vista panoramica magnifica. “Ecco raggio di sole, questo ti piacerebbe molto, ma sei testarda come un mulo!” esclamò d’un tratto mentre stava liberandosi dal casco dopo aver parcheggiato la sua adorata Honda; un passante l’aveva guardato in modo strano ma lui rispose a quell’occhiata con noncuranza. Si sedette in una piccola insenatura vicino agli scogli, attento a non bagnarsi; scrutava le onde che si infrangevano contro gli scogli, il loro lento movimento gli dava tranquillità e lo aiutava a riflettere, anche se il top sarebbe stato avere con se la sua palla rossa. Pensava agli avvenimenti di quegli ultimi giorni, infondo lo sapeva che entrambi avevano un bel caratterino e che prima o poi gli effetti sarebbero stati devastanti; Cuddy non era tipo da mollare, in tutti quegli anni gliel’aveva ampiamente dimostrato, e ora più che mai. Dopo quest’ultima riflessione si rimise il casco e ripartì a gran velocità in sella alla sua moto.
Nel frattempo Wilson e Blythe House fecero una rapida ispezione dell’appartamento B di Baker Street, ragionando sul luogo in cui il diagnosta potesse essersi cacciato.
“James, sono un po’ preoccupata”
“Blythe se non è qui sarà andato a fare un giro, a riflettere da qualche parte” rispose cortesemente l’oncologo in modo da rassicurare la donna. Lui aveva una propensione naturale a cacciarsi in quelle situazioni e House era il suo degno compare… “Magari è tornato in ospedale!” fece la sig.ra House cercando di risolvere il mistero e nel frattempo rassicurarsi riguardo alle condizioni del figlio.
“Può essere ma io ho un’altra sensazione… mi segua, questa volta penso davvero di sapere dove sia…”

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Una donna sulla sessantina andante scrutava la sala del buffet da dietro i suoi occhiali scuri ed un cappello a tesa larga che le nascondeva quasi interamente i capelli biondi e mossi. Nessuno sapeva chi era e lei ne fu molto felice; pensò che se fosse stata più giovane avrebbe sicuramente avuto un gran futuro da investigatrice privata. Ad un tratto vide una bella donna bruna fasciata in un abito blu notte che discuteva amabilmente con un uomo circa della stessa età; la scena che osservava era molto gradevole, lui la riempiva di attenzioni, lei rideva ma cercava di mantenersi distante, ad un tratto lui le prese la mano e la guardò intensamente… fu allora che la donna gli resttituì un’occhiata di fuoco. L’osservatrice ne rimase molto colpita e sussurrò “Hamilton…caro Hamilton, rimani sempre un’idiota…! Bravo ragazzo, ottimo medico ma pur sempre un’idiota!”
Lisa a quel punto salutò Hamilton e con una scusa lasciò la sala, voleva starsene sola e soprattutto in pace. Si cambiò e sul pigiama infilò una semplice vestaglia che gli stava alquanto larga…nella fretta di fuggire da quell’inferno aveva scambiato la sua con quella di House. Si accoccolò sulla poltrona affianco al letto e riflettè su quanto sarebbe stato bello averlo con sé a quel convegno, tra l’altro le fu data comunicazione della sua partecipazione in ritardo… sua madre quasi ne sapeva più di lei. Si addormentò con un libro in mano ma il continuo bussare alla sua porta la destò da quello che doveva essere il principio di un bel sogno, visto lo sguardo assassino con cui andò ad aprire.
“Raggio di sole! Lo so che ti sono mancato ma ora basta tenere il muso!” esordì House e fu così che House ricevette in faccia un colpo di porta ben assestato. “Cuddy dai, lo so che ti faccio sempre un certo effetto ma questo proprio non me l’aspettavo!” piagnucolò con quel fare da bambino cresciuto massaggiandosi contemporaneamente naso e mascella.
“House! Fila via o quando torniamo ti raddoppio le ore di ambulatorio! Ringhiò lei da dietro la porta
“dai mammina fammi entrare…” finì la frase e la porta s aprì presentando il decano di medicina Cuddy con un vestaglia il doppio di lei.
“Quanto mi sei mancata…ecco dov’eri finita!”
“Mi sei mancato anche tu, sai…”
“Sei così morbida…”
“House smettila di accarezzarti il viso con la vestaglia!” lo ragguardì lei con tono minaccioso ma al contempo divertito.
“Raggio di sole ascolta, noi non riusciamo a stare separati, io non riesco a stare senza di te…dai…” non finì la frase stavolta, era impegnato a baciare Lisa con una tale passione che tutto sembrava essersi fermato a quell’istante.
“Ahi! Ma che fai!” esclamò un attimo dopo che Cuddy gli ebbe “regalato” un sonoro schiaffo ovviamente sulla stessa guancia colpita dalla porta.
“Sono ancora arrabbiata con te… forse la seconda volta andrà meglio”e con fare da gatta lo invitò a slacciarle la vestaglia. Di lì al letto il passo fu breve, erano entrambi ancora risentiti reciprocamente ma ancora di più verso sé stessi ma la loro passione era talmente incontenibile da rimandare qualsiasi altra parola. In Intimo si infilarono tra le lenzuola fresche ed iniziarono ad accarezzarsi, Greg non aveva smesso un attimo di baciarla e Lisa lo liberò dall’ultimo indumento che separava i loro corpi. Fecero l’amore con passione, poi teneramente e poi ancora con passione. Quelle liti avevano lasciato molto poco spazio alla sfera intima, concentrandosi più che altro sulla reciproca voglia di demolirsi.
Oramai era quasi mezzanotte e House si girò verso la sua metà, osservandola sonnecchiare. Sentì un rumore ma subito non vi diede peso e sbagliò perché in un secondo si trovò in camera ai piedi del letto un Wilson traballante e sua madre in imbarazzo sulla soglia.
“House…Lisa…!” gemette Wilson
“Jimmy guarda e impara!” fece Greg scontroso e incredulo
“Gregory…!”
“Ciao mamma…”
Da sotto le coperte riemerse Lisa in vistoso imbarazzo invitando gli “ospiti” ad uscire e lasciare loro il tempo di ricomporsi.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Ecco un nuovo capitolo, spero che vi piaccia! ora sto entrando veramente nel vivo della storia e con questo capitolo ho cercato di mettere un pò di suspence sperando di esserci riuscita. Si accettano scommesse sull'identità della misteriosa bionda...! grazie a tutti!




Il vantaggio di trovarsi in un grande albergo dava l’opportunità di muoversi a proprio piacimento senza dover rendere conto ad anima viva, permetteva l’osservazione mirata ed una più frivola, specialmente se ospitava un grande convegno medico. Si era sempre ritenuta una donna con la testa sulle spalle, una madre di polso determinata a raggiungere il meglio per i propri figli. Percorreva quel corridoio da ormai una decina di minuti senza riuscire a trovare la stanza in cui era diretta, un altro giro e finalmente arrivò a destinazione, la camera era proprio dietro ad una rientranza. Bussò con vigore un paio di volte finchè la porta non si aprì e rivelò un uomo sulla quarantina che l’accolse con calore misto a soggezione.
“Salve sig.ra si accomodi!”
“Grazie Hamilton, sei sempre un gentiluomo, come vanno le cose?”
“Discretamente grazie. Sa ho per le mani un progetto con dei finanziatori…” non fece in tempo a finire la frase che la donna lo interruppe in modo determinato “Si Hamilton ma intendevo riguardo alla faccenda che abbiamo in sospeso…”
“Ah, quella faccenda…ci sto lavorando” rispose vago.
“Che significa…?” la donna incitò il medico ad essere più esplicito facendo seguire un gesto della mano.
“Sa è difficile, inoltre ho qualche senso di colpa…”
“E’ ovvio che è difficile, ma se non lo fosse stato certamente non avrei scelto te Hamilton caro…” la donna fu molto suadente tanto che Evans sentì un calore improvviso al volto.
“Cercherò di portare a termine ciò che mi ha chiesto sig.ra, spero entro domani”
“Ecco caro, così va meglio. Ricorda che c’è in gioco la tua felicità e anche quella di un’altra persona. Ricorda che anche tu meriti di essere felice” e detto ciò la donna bionda si alzò dalla poltrona imboccando l’uscita della camera. Era sicura di aver fatto breccia nelle perplessità del suo interlocutore calcando la mano sull’ultima frase; un po’ le dispiaceva perché Hamilton era davvero una brava persona, non un genio ma davvero un gentiluomo, uno che col tempo impari ad amare e che non ti farà mai mancare nulla. L’aveva sempre pensato e sarebbe stata felice di averlo come genero un giorno o l’altro.
Nella stanza in cui era avvenuta quell’insolita conversazione Hamilton Evans rifletteva coricato sul letto; si era sempre considerato una brava persona, onesta e soprattutto un bravo medico, un altruista che a volte però perdeva il senso di ciò che era veramente importante. Aveva fatto indubbi sacrifici per il bene di altri e si convinse che stavolta avrebbe dovuto pensare soprattutto a sé stesso. Lentamente si girò sul fianco e nobile di quelle considerazioni si addormentò pensando che era quasi ad un passo dalla felicità.

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


La stanza n° 205 situata al 6° piano del Resort Hotel di Philadelphia aveva ospitato numerose personalità di spicco dell’ambiente politico del passato, al suo interno vi si erano svolte trattative, riunioni straordinarie ma nulla a che vedere con quello che stava accadendo in quel preciso momento, alle ore 00. 15 del 18 aprile 2010. Lisa e Greg si erano ricomposti alla velocità della luce cercando di dare spiegazioni e al contempo rassicurare i due intrusi che li avevano sorpresi in un momento in cui non è bene interrompere.
“House! Sei sparito per un giorno intero! Eravamo preoccupati…!” tuonò Wilson rosso per l’imbarazzo e la furia di quelle parole.
“James calmati ti prego” rispose a tono Lisa educatamente.
“Lisa non difenderlo! Se siamo qui è per pura intuizione!” esclamò l’oncologo. “Già Jimmy, ottima intuizione! Comunque se volevi imparare realmente qualcosa avresti dovuto sfondare la porta 15 minuti prima, sai eravamo ancora in piena azione, e che azione…” ma la frase fu lasciata in sospeso, Cuddy aveva assestato un sonoro calcio nello stinco di House cercando di terminare all’istante quell’imbarazzante argomento.
“Gregory! Insomma, non ti ho proprio insegnato nulla?!” Blythe era ancora in preda ad un vistoso imbarazzo, suo figlio era oramai un uomo adulto ma rimaneva comunque il suo bambino, oltre ad essere lei stessa di un’altra generazione.
“Dimmi un po’ Wilson perché hai sfondato la porta, sai è cortesia bussare…!” “House smettila, non è questo il punto! Sei sparito ed io mi preoccupo per te, per la tua salute mentale e ovviamente anche per la mia…”
“Grazie Jimmy ma come vedi sto benissimo!” House rispose con tono canzonatorio cercando comunque di dimostrarsi grato al suo migliore amico. “Stop! Che ne dite se andiamo giù al buffet a prenderci una camomilla? Un caffè sarebbe rischioso!” esclamò Lisa cercando di calmare gli animi e raggiungere una tregua. Tutti furono d’accordo, strano da immaginare ma dieci minuti dopo si ritrovarono seduti ad un tavolino della sala al paino terra, con tanto di orchestra per allietare i partecipanti al convegno che sarebbe terminato l’indomani.
House e Wilson erano uno di fronte all’altro scambiandosi reciproci sguardi di disapprovazione che comunque lasciavano spazio ad accenni di sorriso, la tempesta tra loro non era mai così duratura, poteva essere benissimo catalogata come un temporale estivo. Blythe e Lisa sedevano vicine e si osservavano sorridendosi cordialmente anche se non perdevano l’occasione per rituffarsi velocemente nelle loro tazze fumanti; dopo tutto quello non era certo nè il modo né il momento migliore per approfondire la loro conoscenza. Fu all’accenno di una sonata di Bach che House notò un particolare che attirò la sua attenzione per un tempo indefinito: aveva già visto quella camminata, quel sorriso, ma dove? Si alzò in piedi prendendo Wilson da parte lasciando le due donne al tavolo a studiarsi.
“Vedi quella donna laggiù? Chi è?”
“House non sapevo che tra i tuoi gusti ci fossero anche le over sessanta…” “Avevi dubbi? Lo sai che raggio di sole è così giovane…! Intendevo dire che non mi sembra di aver mai visto quella donna ma alcuni dettagli mi sembrano familiari…”
“E così in ospedale sei senza un caso e ti diverti a creartene uno lontano da Princeton?”
“Insomma mi vuoi dare ascolto? Quella donna ora che ci penso è venuta in ambulatorio un paio di mesi fa…”
“Si, ed è riamsta talmente impressionata dalle tue doti di seduttore che ti seguirebbe perfino in capo al mondo… House è una persona come un’altra!”
“E’ qui che ti sabgli!” e si allontanò andando da uno dei dipendenti dell’albergo. Tornò pochi minuti dopo con aria interrogativa e tutt’altro che soddisfatta. “Allora, saputo qualcosa?”
“Solo che alloggia qui dalla sera prima del convegno, ma non è un medico partecipante. Oltretutto il suo nome non mi dice nulla, Camille Taylor…”
“House smettila! Dai torniamo al tavolo” concluse Wilson convincendolo a tornare dalle sue donne. La situazione era del tutto diversa rispetto a come l’avevano lasciata e ora le due donne, passata la coltre di imbarazzo, chiacchieravano tranquillamente del più e del meno.
“Finalmente sei tornato” disse Lisa baciando sulla guancia House
“Si, raggio di sole mi mancavi troppo ma sai Jimmy era avido di particolari…”
La faccia di Lisa cambiò totalmente espressione, ovviamente assieme a quella di james che tentava di smentire l’irriverenza del diagnosta.
Hamilton aveva appena messo piede nella sala, quando notò una scena che non gli piacque affatto: Lisa era in atteggiamenti affettuosi con un altro uomo e la cosa lo faceva ingelosire non poco. Con passo quasi felpato si diresse verso il tavolo intento a prendersi la felicità
“Lisa, che piacere! Vedo che dopo il nostro caffè ti è tornato il sorriso, d’altronde se potessi farei anche di più… Se vorrai la settimana prossima potremo vederci per una cena, sarò a Princeton per ottenere dei finanziamenti e non mi spiacerebbe affatto la tua compagnia…”
“Dott. Evans qual buon vento…” Lisa era decisamente in imbarazzo e pregò che House chiudesse il becco per una volta e la lasciasse sola a districare la situazione.
“Ti lascio il mio numero, ci conto, chiamami. Potrei renderti molto felice” e con quell’affermazione si eclissò lasciando sbigottiti tutti i presenti.

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Hamilton Evans non poteva crederci, l’aveva fatto, ora non poteva più tornare indietro. Da vicino aveva riconosciuto l’uomo accanto a Lisa, avevano parlato una volta forse due e non gli aveva mai fatto una gran impressione: irriverente, scorbutico, burbero, cinico… Lisa meritava di più, meritava un uomo che la trattasse con dolcezza e non le facesse mancare nulla e di questo ne era ceto, era proprio lui. Il suo sentimento per lei era sempre rimasto latente, soffocato dalla sua timidezza e dalla continua ricerca del compiacimento altrui ma ora aveva detto basta. Aveva continuamente impresse nella mente le parole della donna bionda, proprio non riusciva a scordarle; forse era davvero arrivato il suo momento.
Nel frattempo il tavolo centrale della sala buffet era ancora ammutolito da ciò che era successo un momento prima. L’imbarazzo era tornato a farla da padrone e prima che House si alzasse Cuddy ruppe il ghiaccio, doveva farlo in qualche modo.
“Mi scuso per la scena a cui avete assistito, non avevo alcuna intenzione di incoraggiarlo…” quelle furono le uniche parole che le uscirono dalla bocca e quelle stesse parole furono le più sbaglaite in assoluto.
“Cuddy dimmi che non ho sentito bene…Quello è venuto a importunarti, ti ha chiesto un appuntamento e di andare oltre e tu…” la frase gli morì in gola.
“House ci conosciamo da 10 anni, è amico di mia sorella, mi ha salutata e abbiamo bevuto un caffè…” Lisa si stava giustificando.
“Non provarci…non giustificarti…qualcosa deve aver letto in te, non che sia un genio e si vede a occhio! Non sei di porcellana e riesci a tirar fuori gli artigli, ma lo fai soltanto con me!” detto questo si alzò il più velocemente che potè e altrettanto velocemente cercò di uscire dalla sala ancora affollata di medici nottambuli. Era arrivato alla porta e senza un perché si girò di scatto, la donna bionda che aveva notato lo stava fissando… Lei sorrise maliziosamente, aveva un’espressione compiaciuta. Tornò al tavolo, doveva parlare con Wilson.
“Wilson guarda quella donna!”
“L’hai notata prima, ore che centra? House sei sconvolto…”
“Wilson è compiaciuta, non vedi?! Che diavolo vuole questa Camille Taylor o come diavolo si chiama!”
Lisa non rimase indifferente a quel nome…non poteva crederci…Che diavolo ci faceva lì sua madre?!
“House…ripeti quel nome…”
“Camille Taylor” disse con tono secco e distaccato guardandola con sufficienza “House dov’è…cioè descrivimela!” “Alta, sulla sessantina, capelli biondi ondulati, la conosci?” il tono era totalmente distaccato, non la guardava nemmeno negli occhi. “House…è mia madre!”
“Non provarci, tua madre si chiama Arlene e purtroppo ho già fatto la sua conoscenza…” non riuscì a terminare quando ebbe uno dei flash che lo portavano a risolvere i suoi puzzle.
“House…mia madre, è mia madre…è il suo nome da ragazza…il suo secondo nome è Camille!”
“Cuddy vieni con me, dobbiamo parlare e non solo noi…” e trascinò Lisa in fondo alla sala verso l’uscita sperando di trovare la donna. Si guardarono intorno studiando le persone ancora nella sala, era sparita, non ve n’era più traccia.

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Uscirono, perlustrarono la hall e finalmente la trovarono accanto al bancone della reception pronta a chiedere il conto e tornare a riprendere Rachel a casa di Julia.
“House mia madre mi ha indirizzato a questo convegno, o meglio sapevo che era in programma ma avrei voluto parlartene, avrei voluto che venissi con me così avremmo potuto starcene per qualche giorno da soli…”
“Cuddy è possibile che quell’arpia conosca quell’idiota che è venuto a fare il cascamorto al nostro tavolo?”
“Vacci piano, è sempre mia madre…si, Evans è amico di mia sorella, ma non avevo letto il suo nome tra gli accreditati…aspetta, mia madre mi ha spinto ad intervenire a questo convegno, ho chiesto a Julie di non dire nulla…”
“Che centra tua sorella?! I tuoi geni sono prorpio tarati raggio di sole!”
“Questa settimana è stata tosta, mia sorella mi è stata vicina e probabilmente mia madre ha capito che c’era qualcosa che non andava tra noi. Probabilmente ha verificato la situazione sentimentale di Evans…non ci posso credere!”
“Invece faresti bene a capire chi è quell’arpia che continui a chiamare mamma…raggio di sole, quando vuoi sei sveglia…”
“House piantala, non mi sembra il momento!"
Si avvicinarono al bancone della hall, Arlene sembrava non essersi accorta della loro presenza quando sentì un lieve tocco sulla sua spalla e subito un brivido le percosse la schiena. Lentamente si voltò.
“Mamma…dimmi che non è vero” fece Lisa con un tono supplichevole ma deciso.
“Qual buon vento!Arlene non sapevo che anche lei fosse medico, sua figlia non me l’aveva accennato…oppure, vediamo, lei è venuta qui a cercare di distruggere il mio rapporto con Cuddy servendosi di quell’idiota…” replicò House prima che la donna potesse rispondere a Cuddy.
“Lisa ecco perché l’ho fatto…!come fai a stare con un individuo a cui non importa nulla di te, un cinico bastardo che ti spezzerà il cuore ogni volta che ne avrà l’occasione! Mi dispiace ma io non raccoglierò i pezzi!”
“Mamma non puoi decidere al mio posto! Se dici che ad House non importa nulla di me a te importa ancora meno…quasi mi escludi dalla tua vita e ora che probabilmente ho trovato chi mi rende felice vorresti distruggere tutto…? ” ora Lisa era davvero furiosa.
“Hamilton è un bravo ragazzo, se solo tu gli avessi dato un’opportunità ti avrebbe dimostrato che è lui che fa per te e non questo cinico bastardo con deliri di onnipotenza!”
House si scostò dalle due donne che continuavano a discutere senza sosta, lui aveva avuto la sua rivincita. Quelle parole significavano molto e tutto il resto non contava; nonostante i continui litigi e le schermaglie che avevano sempre contraddistinto il loro rapporto, lei probabilmente era felice… Sul suo volto si dipinse un leggero sorriso seppure un po’ amaro, visto il modo in cui era venuto a conoscenza dei sentimenti che Cuddy provava.

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