Freiheit

di miss_schwarzen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Come back to school ***
Capitolo 3: *** Nightmare ***
Capitolo 4: *** The other side of the world ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 PROLOGO

Eveline e Bill. Impossibile immaginarli separati.
Sin dai tempi dell’asilo erano una cosa sola, persino nella fila e a pranzo stavano insieme; si sentivano sicuri  e avevano capito che avere una persona fidata accanto era la cosa più bella che potesse esistere.
La prima volta che si incontrarono, risaliva al primo giorno di asilo.
La piccola Eveline notò un bimbo biondino che, all’angolo della classe, consumava la merenda da solo. Senza pensarci si alzò e andò da questo bambino, che alzò lo sguardo non appena si accorse che lei lo aveva raggiunto.
<< Ciao! Sono Eveline!>> disse entusiasta porgendo la mano al bambino.
Lui corrugò la fronte poi si sciolse in un timido sorriso.
<< Bill>>.
La bambina si sedette accanto a lui e poggiò il cestino della merenda sulle gambe.
<< Perché eri solo?>> chiese ingenuamente, dando un morso al panino con la marmellata che le aveva preparato la mamma.
<> rispose leggermente imbronciato, indicando un tavolo assediato da bimbi che giocavano con le costruzioni.
<< Non ti preoccupare!Ora ci sono io.>> disse sicura Eveline stringendo la mano del suo nuovo compagno.
Lui si limitò a sorridere e a ricambiare la stretta.
Dopo questo episodio, i due bambini crebbero insieme, vennero iscritti nella stessa classe delle elementari e rimasero insieme anche quando gli alunni furono divisi nei tre indirizzi scolastici. Entrambi, grazie alle loro doti e alla loro puntualità nello studio, furono mandati al Gymnasium.
Il loro essere amici, il loro essere complici non aveva mai dato fastidio a nessuno, nemmeno nei primi anni del gymnasium. Ma quando iniziarono a crescere e ad avere la loro libertà di esprimere il loro essere come volevano, sono iniziati periodi più travagliati per i due amici che, nonostante tutto, sono rimasti uniti da un fortissimo legame indivisibile.

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Capitolo 2
*** Come back to school ***


 CAPITOLO 1:  COME BACK TO SCHOOL
 
<< Cavolo Bill! Hai 18 anni e sei ancora così ritardatario?! >> sussurrò Eveline mentre suonava il campanello di casa Trümper e attendeva che qualche povera anima la aprisse e la salvasse da quel freddo mattutino classico di ottobre.
Bill, come ogni giorno, faceva tardi e per evitare una bella ramanzina di Eveline la faceva stare qualche minuto fuori la porta così da mascherare il suo mostruoso ritardo. La ragazza ormai ne era abituata ma aveva sperato che, essendo il primo giorno dell’ultimo anno scolastico, Bill potesse fare un’eccezione. Invece no.
Premette il dito, ormai congelato, sul campanello e sentì dei passi avvicinarsi.
La porta si aprì.
<< Oh Simone!Ti ringrazio! Se avessi aspettato tuo figlio, sarei diventata un ghiacciolo! >> esclamò precipitandosi all’interno dell’abitazione.
<< Oh su! Entra! Riscaldati un po’! >> rispose premurosa la donna.
<< Bill!! Se non scendi, ti farò ricordare questo ultimo primo giorno di scuola a vita!!! >> urlò Eveline, poi si voltò verso Simone <<  Vorrei capire da chi ha preso... Tu sei precisa, puntuale! Oh... Che strazio crescere un figlio ritardatario come Bill! >> .
Simone sorrise e scosse la testa.
Conosceva Eveline da quando aveva 3 anni, la aveva accolta in casa sua subito, dato che abitavano vicine.
La adorava e adorava quell’istinto materno che era nato in lei da quando conosceva Bill. Ora che stava crescendo, aveva notato che diventava ogni giorno sempre più responsabile e, avendola vista come una seconda figlia, poteva semplicemente dire di essere fiera di lei.
La osservava mentre compiva gesti alquanto banali, e da lì aveva capito che Eveline era stata quasi una benedizione per suo figlio, soprattutto dopo la separazione dal marito.
Bill aveva solo sei anni quando accadde e Eveline gli stette vicino come non mai.
I pensieri di Simone furono interrotti da Bill che, come un camaleonte, scendeva le scale.
<< Oh! Buon giorno sua maestà!! Finalmente si è alzato! Sai, credevo ti servisse una mano e ti stavo venendo a sollevare quel culetto d’oro dal tuo caro lettino di piume svizzere! Ma ti rendi conto?! Sono le otto e dieci! Tra venti minuti iniziano le lezioni e noi siamo ancora qui!!! >> sbraitò Eveline contro Bill.
Lui rimase impassibile e si stampò un sorriso da ebete sulla faccia, sapeva che essere ignorata era una cosa che Eveline odiava.
<< Buon giorno anche a te tesoro!! >> rispose lui dandole un bacio sulla guancia e ricevendo un’occhiata fulminea da parte di lei.
Simone sorrise un’altra volta e, dopo le solite e noiosissime raccomandazioni, salutò i ragazzi.
Quella mattina Eveline inaugurava il suo nuovo regalo di compleanno: una bella Audi A1 di seconda mano. Bill non era stato molto fiducioso in questa scelta, infatti le continuava a ripetere “Donna al volante, pericolo costante!” ma Eveline gli aveva promesso di essere più premurosa possibile e lui si era lasciato convincere.
Entrarono in macchina.
<<  Beh, pronto per l’ultimo anno?? >> chiese Eveline mentre metteva in moto l’auto.
<< Certo! >> ,rispose sarcastico Bill, << non vedo l’ora di rivedere quelle quattro facce di cazzo della squadra di basket! Soprattutto non vedo l’ora di rivedere Mike e la sua gang!!>>.
Eveline sorrise tristemente e si mise in carreggiata, diretta a scuola.
<< Dai Bill, magari saranno cambiati! Infondo sono passati cinque anni da quando hanno iniziato ad insultarci, magari si saranno stancati e avranno già preso di punta le prime matricole di tredici anni !>>
Bill la osservò sottecchi e inarcò le sopracciglia. Eveline si voltò leggermente per vedere lo sguardo di Bill.
Si diede la risposta sola: << No, non lo faranno mai. >>
<< No.. >> ripeté Bill.
<< Ma almeno ci possiamo sperare Bill! Cavolo! Prima o poi si devono stancare! E poi non possono continuare a fare la stessa cosa fino alla fine dell’anno! Ci sarà pure qualcosa che li distoglierà questa voglia per un po’ di tempo no?! >>, si domandò Eveline continuando a guidare.
<< Il ballo di fine anno? >> si domandò sarcastico Bill.
<< Dai scemo!! Non stiamo parlando delle oche da giardino della nostra scuola. Stiamo parlando di Mike e dei suoi quattro amichetti. >>.
<<  Eve non cambieranno mai, ormai è andata così. Forse saremo più fortunati all’università! >> disse sarcastico Bill mentre si accendeva una sigaretta.
<< Hey! Non si fuma nella mia auto! Comunque il peggio che ci possa accadere all’università è perdere qualche lezione o essere rimandati ad un esame. >>.
Bill sbuffò e buttò la sigaretta fuori dal finestrino.
<< Che palla che sei, Eve! E comunque speriamo di andarci all’università! Dobbiamo passarlo l’anno e non dobbiamo fare come l’anno scorso!! >> Bill iniziò a ridere.
Eveline lo seguì e iniziò ad imitare la voce di Bill: << Caro prof! Io e Eveline ce ne andiamo in vacanza! Bye- bye e arrivederci! >> continuò a ridere, << I diciotto anni ti stavano dando alla testa!! >> .
<< Oh Eve! Era marzo! Mi ero scocciato di tutte quelle noiose lezioni, ormai stavo sopportando tutto quello strazio da ottobre! >>
<< Oh! Povero il mio Bill!!>> disse Eveline imitando un piccolo cagnolino bastonato.
Bill assunse una faccia soddisfatta che si rattristì non appena varcarono la soglia dell’ “Albert Einstein Gymnasium” .
<< Eccoci arrivati >> sussurrò Bill.
<< Dai Bill, ora non ci pensare e piuttosto. Aiutami a cercare un parcheggio abbastanza lontano dalle super car dei “VIP”. Ci tengo alla mia auto, e non voglio vederle fare una brutta fine. >>
<< Assolutamente no! E inoltre è l’unico mezzo che ci faccia spostare senza chiedere il consenso dei genitori. >>
<< Freiheit. Ormai è diventato il tuo motto? >>disse Eveline guardando Bill negli occhi e sorridendogli mentre metteva il freno a mano.
<< Assolutamente! >> rispose lui ricambiando l’occhiata.
Entrambi scesero dall’auto e si incamminarono verso l’entrata della struttura.
Non appena oltrepassati i tre gradini del portone principale, udirono una voce rauca e molto conosciuta.
<< Hey frocio. Anche quest’anno sei qui. Ma non ti arrendi proprio eh?! E continui a portarti dietro la tua cara amichetta... Che dolce! Tanto dolce da farmi vomitare!! >>.
Già, era proprio lui. Mark Schneller. La persona più odiosa e riluttante sulla faccia della terra. Tutti lo temevano e quasi nessuno lo adorava. Incuteva paura e tutti decidevano di sottostare ai suoi ordini piuttosto che essere sbattuti in qualche sgabuzzino dopo aver ricevuto un bel pugno come souvenir.
Eveline e Bill avevano deciso di non sottostare a quella sottospecie di persona e, ovviamente, diventarono gli zimbelli della scuola, i diversi. Anche i secchioni non volevano stare con loro, sapevano che loro facevano parte della lista nera di Schneller e diventare amici di coloro che appartenevano a quella lista, significava entrare direttamente a far parte di quella stupida razzia.
Bill e Eveline ci avevano fatto l’abitudine e oramai trovavano quasi normale il fatto di tornare a casa con un bell’occhio nero.
Eveline strinse leggermente la mano a Bill e lo sentì respirare più affannosamente.
Perdere la pazienza il primo giorno di scuola, sarebbe stato un abbonamento annuale ad insulti e dispetti da parte di tutta la “squadra Schneller”.
Aumentarono il passo e, ignorando le risate macabre di quei quattro giocatori di basket, andarono verso i loro armadietti.
<< Benvenuto Bill!! >> esclamò sottovoce il ragazzo aprendo il suo armadietto rosso.
<< Cazzo Bill! Fregatene! >> lo incitò Eveline mentre faceva la stessa azione dell’amico. << Sai come sono fatti! Mi sarei preoccupata se non l’avessero ancora fatto! >>.
Bill non la stava ascoltando e stava continuando a pronunciare le stesse frasi di Mark mentre lanciava i suoi libri nell’armadietto
<<  “Oh bella signorina! Dove andiamo? Andiamo in bagno così ti contorno quell’occhio ancora più nero di quanto ce l’hai?!” oppure “ Hey queer Trümper! Dove hai lasciato la
gonnellina?”  >>.
Eveline perse la pazienza e gli bloccò un braccio.
<< Bill. Abbiamo affrontato questo discorso milioni di volte! Mark è un bastardo ok? E tu non devi pensarlo! Lo so che ti ha ridotto l’occhio nero più volte di quante se ne possano contare su venti mani, ma sai anche che Bill non è un queer e non è un frocio. Bill è una persona splendida! E non lo dico perché sei il mio migliore amico, ma lo dico perché lo penso veramente. Tu sei speciale, Bill. Sei speciale perché nella testa non ti ronzano solo idiozie da crisi ormonali, ma anche valori che non tutti hanno in questo fottuto mondo.
Tu sai amare Bill, loro lo sanno fare? No! E non sei un brutto frocio. Perché, se sta mattina non ti fossi visto allo specchio, devi sapere che hai un sorriso fantastico e degli occhi che parlano da sé. Quindi, lascia stare quei quattro deficienti e iniziamo l’anno come si deve! >>.
La ragazza a stento prese fiato, ma sapeva che Bill aveva bisogno di sentirsi dire certe cose ogni tanto, e non gliele diceva perché era un dovere. No. Per lei era un piacere immenso descrivere il suo migliore amico. Semplicemente perché era fiera di quello che Bill era, ed era fiera di averlo conosciuto quel giorno, all’asilo.
Bill, dal suo canto, odiava quando Eveline diventava una donnetta autoritaria ma sapeva che lei era la sua ancora di salvezza e sapeva che senza quella marine autoritaria, lui starebbe già sotto qualche ponte a piangersi addosso.
Erano una perfetta fusione di due caratteri opposti e entrambi avevano bisogno dell’altro.
Questa cosa non poteva essere diversa.
Bill le sorrise con gli occhi leggermente velati e l’abbracciò dolcemente.
<< Grazie Eve. >>.
Eveline ricambiò l’abbraccio e tirò leggermente su con il naso, staccandosi dall’amico.
<< Ora andiamo in classe, altrimenti la signora Müller ci disintegra! >> disse la ragazza chiudendo il suo armadietto.
<< Oh! Ci manca solo lei!! >> aggiunse Bill e, prendendo Eveline sotto braccio, si incamminarono verso la classe.
Il primo giorno di scuola, per gli alunni dell’ultimo anno, prevedeva un discorso-noiosissimo- da parte del preside che mostrava le direttive per il nuovo anno e per l’esame.
Bill e Eveline presero posto nell’auditorium e attesero insieme agli altri ragazzi che il preside e il collegio docenti prendessero parola.
In quel giorno si poteva notare benissimo la gerarchia scolastica del gymnasium: nelle prime file si trovavano i leccapiedi e i figli di papà che ci tenevano ad essere raccomandati per l’esame; più sopra si trovavano le cheerleader con i loro bei giocatori della squadra di basket; subito dopo si trovavano i secchioni che tenevano ad avere una buona presa d’occhio dalla squadra di basket; poi c’erano le minoranze hip-hop e metal e infine c’erano loro: Eveline e Bill. Distanti da tutti e distanti da una realtà di cui non volevano far parte. Forse, all’apparenza, potevano pur essere collocati in qualche categoria della scuola ma non era così perché il loro modo di pensare era diverso, il loro essere era diverso da tutti quegli stampini da fabbrica.
Bill era una persona che adorava avere uno stile proprio. All’età di quindici anni si tinse i capelli di nero e, quell’anno, li portava lunghi sulle spalle con qualche ciocca platinata. Vestiva in un modo alquanto strano e bizzarro, ma era quello che rendeva Bill “diverso” e purtroppo era anche quello che lo faceva catalogare come un “queer, frocio”. Era solito indossare tutto ciò che aveva a che fare con pelle, borchie e gotic-dress.
Aveva un viso bellissimo e talmente perfetto da potersi confondere con un viso da donna, e lui amava evidenziare quelli che erano i suoi tratti perfetti, come gli occhi, con del trucco.
Era così. Ed era fiero di esserlo.
Eveline si poteva piazzare nella sezione hip-hop. Adorava quello stile. Ogni tanto sembrava appena tornata dall’Africa o dall’America latina; amava vestirsi con magliette piuttosto larghe e pantaloni che accentuavano la vita. Poteva benissimo essere paragonata a una latina, se non fosse per gli occhi azzurri e la carnagione molto chiara. Nel tempo libero si dedicava alla danza, infatti il suo sogno più grande era quello di entrare nella crew della scuola; sogno che fu spezzato non appena fu presa di punta anche dalla minoranza hip hop che la riteneva una brutta copia di quello stile.
Eveline e Bill sapevano benissimo che quello strazio sarebbe finito nel giro di nove mesi, infatti anche in quel primo giorno di scuola tentarono di ignorare quegl’insulti che volavano in tutte le occasioni.
Alle due suonò la campanella: primo giorno finito.
Non appena si chiusero in macchina e uscirono dal cancello della Albert Einstein, Bill e Eveline presero un sospiro di sollievo.
<< Primo giorno, finito! >> esclamò Bill appoggiando la testa al sedile.
<< Primo noiosissimo giorno, finito! >> puntualizzò Eveline.
<< Non ricordarmelo! Odio il discorso del preside, dei docenti e dei rappresentanti degli alunni! Sono una noia, e sono tutti discorsi falsi e costruiti! >>.
<< Lo so Bill, sono cinque anni che frequentiamo questa fottuta scuola. Lo so benissimo. Ma ora non ci voglio pensare! Voglio godermi questi ultimi giorni di libertà pomeridiana! >>.
<< Certo! Mangi da me? >> chiese Bill voltandosi verso Eveline che era concentrata nella guida.
<< Va bene! Ma domani si mangia da me! Ho intenzione di preparare un piattino tanto succulento da leccarti i baffi! >>  scherzò la ragazza.
<< Oh! Stai iniziando a fare pratica per quando andremo a vivere soli a Berlino?? >> chiese Bill sorridendo.
<< Ahahah! Sai che io so cucinare e che non mi serve pratica! Comunque sto cercando di responsabilizzarmi a tal punto da riuscire a vivere con una scimmia disordinata e ritardataria come te! >> controbatté Eveline.
Bill spalancò gli occhi.
<< Io?? Scimmia io? E io cosa devo fare? Starò con una persona che è l’alleato di Crudelia  Demon!! >> scherzò Bill.
<< Beh proprio la sua alleata non sono! Ricordi che sono vegetariana??!! >> Bill annuì scocciato e prese una sigaretta dallo zaino. << E NON si fuma nella mia macchina! Bill quante volte te lo devo dire?! >> .
<< E quante volte ti devo dire che sei una palla? >> sbuffò il ragazzo riponendo il pacchetto nello zaino.
<< E poi sai che odio che tu fumi. Mi da sui nervi. >> disse fredda Eveline dando un’occhiata di sbieco al ragazzo, che ricambiò allo stesso modo.
<< Eve ma te ne ho chiesta una al giorno! Solo una! >> si provò a giustificare Bill.
<< Lo so Bibi! Ma una al giorno ti farà ammalare lo stesso; più lentamente, ma lo farà! Non voglio vederti con bronchiti causate dal fumo o malattie causate dalla nicotina. Ne abbiamo già parlato. Fine della storia. >>.
Ebbene sì. La loro amicizia poteva anche essere egoistica, ma era così. Se a uno dei due non andava a genio quello che l’altro aveva deciso di fare, se ne sarebbe discusso e si sarebbe trovata una soluzione.
Bill aveva iniziato a fumare a sedici anni, senza che Eveline lo sapesse.
Aveva trovato un pacco di sigarette in macchina di suo padre e aveva deciso di rubargliene una e di fare questa esperienza.
Quell’esperienza, che lo fece sentire più appagato e rilassato, diventò un vizio nel giro di qualche mese. Ogni volta che non si vedeva con Eveline, prendeva una sua sigaretta e se ne andava in qualche vicolo a fumarla. Finché un giorno Eveline, notando i comportamenti strani di Bill, iniziò a chiedere a Simone se fosse successo qualcosa con il padre – che vedeva una volta la settimana-. La donna disse di non sapere nulla e Eveline si rivolse direttamente a Bill che confessò subito questa debolezza all’amica.
Eveline la prese male e quel giorno stesso gli promise che non si sarebbe più fatta in quattro per lui e per quello che lo riguardava. Ma ovviamente non fu così. Dopo appena due ore dal litigio, la ragazza corse a scusarsi con l’amico e insieme decisero che Bill poteva fumare solo una volta al giorno.
Simone non seppe nulla dell’accaduto e Eveline promise di non raccontarle nulla.
Solitamente, quando Bill aveva qualche problema più serio, Eveline parlava con Simone che le dava consigli e cercava di trovare una soluzione anche dalla sua posizione di mamma.
Eveline voleva molto bene a Simone e Simone ricambiava con lo stesso affetto di Eveline.
Erano questi i pensieri che affollavano la mente di Eveline durante i momenti di silenzio con Bill.
Parcheggiò fuori  la casa del ragazzo e spense l’auto.
<< Comunque rimani a mangiare da me! Ho chiamato tua mamma mentre eri nel mondo dei sogni! >> disse Bill scendendo dall’auto.
Eveline spalancò gli occhi e sorrise al ragazzo.
<< Dai, entriamo a casa scemo! >> disse Eveline prendendo la mano del ragazzo e conducendolo verso la porta d’entrata della dimora.
Bill estrasse le chiavi e aprì la porta.
Simone non era in casa.
Da quando si era lasciata col marito aveva due lavori: impiegata in una profumeria la mattina e assistente make- up il pomeriggio. La sera l’aveva risparmiata per dedicarsi a Bill ma, da quando era cresciuto, aveva trovato un lavoretto serale come cameriera presso la pizzeria vicino casa sua; così ogni giorno Bill si trovava solo e puntualmente chiedeva ad Eveline di fargli compagnia.
Quando non stavano a casa di Bill, si ritrovavano in camera di Eveline a chiacchierare tra i mille cuscini che regnavano sul suo letto.
In pratica, passavano la maggior parte del tempo insieme. Anche la notte, quando Simone tornava tardi, Eveline rimaneva a dormire da Bill e Bill, alcune volte, era rimasto a casa di Eveline.
<< Eve! Lascia tutto sul divano così iniziamo a cucinare!>> disse Bill sfregandosi le mani.
<< Va bene chef! Cosa cuciniamo?? >> chiese curiosa Eveline entrando in cucina e rovistando nel frigo.
Bill, molto più alto di lei, si sporse anche lui per rovistare e appoggio il mento sulla testa.
La ragazza alzò gli occhi verso Bill e lui li abbassò verso di lei.
Entrambi iniziarono a ridere. Facevano così sin da quando erano bambini e quel vizio non se l’erano ancora fatto passare.
<< E dopo questo nostro rituale epico, cosa cuciniamo?? >> disse Eveline sedendosi sul tavolo.
<< Uova?? >> propose Bill prendendone uno scatolo.
Eveline storse le labbra.
<< No... non mi vanno le uova! >> si lamentò lei. Bill scrollò le spalle.
<< E cosa facciamo, grande genia?? >> chiese mettendo una mano sul fianco.
La ragazza riaprì il frigo e prese l’insalata e il mais.
Poi si voltò verso Bill che sembrava la statua della libertà con le uova al posto della fiaccola e disse sconfitta: << Facciamo anche le uova. >>
Bill sorrise soddisfatto e saltellò verso i fornelli.
<< Allora Bill! Ora devi seguire i miei ordini, siamo una squadra. Ok? >> disse Eveline prendendo posto accanto all’amico, di fronte ai fornelli.
<< Ricevuto capo!!Ma prima, fammi andare a mettere in ordine la mia camera ok? >> rispose Bill a mo’ di cadetto.
<< Va bene Bibi! Ti aspetto qui, nel frattempo inizio a cuocere le uova! >>.
Bill annuì e andò verso la sua camera. Non appena entrò, si spaventò.
Aveva lasciato un disordine assurdo.
Il letto ad una piazza e mezzo era coperto da magliette e cappotti di pelle, la scrivania era ricoperta da pigmenti neri di ombretto, aveva lasciato l’eye-liner aperto e dal bagno alla sua camera c’era una scia di asciugamani e panni sporchi.
Eveline aveva ragione: era peggio di una scimmia, quando metteva in disordine.
Si rimboccò le maniche e iniziò a mettere in ordine tutto il macello che aveva combinato nel giro di mezz’ora, quella mattina.
Non appena finì, sentì l’odore di uova. Trasportato dalla fame, scese in cucina e osservò Eveline, intenta a preparare il pranzo.
Sorrise. Non sapeva perché. Molti potevano pensare che lui fosse innamorato di lei, ma in realtà non era così o per lo meno, quello non era l’amore che avrebbe provato per una fidanzata.
La considerava come una sorella, una mamma, un’amica e una confidente invidiabile.
Era contento di averla tutta per sé.
Con passo felpato, si avvicinò verso la ragazza e l’abbracciò da dietro.
Lei sussulto leggermente ma non appena riconobbe il profumo di Bill si rilassò.
<< Qualche giorno mi farai venire un infarto! >>
<< Ma và! Ti volevo solo abbracciare! >> si difese Bill continuando ad abbracciarla.
<> .
Bill roteò gli occhi divertito. E’ vero: era un coccolone.
Dopo dieci minuti Simone arrivò dal lavoro e trovò la tavola già apparecchiata.
Durante il pranzo chiese ai due studenti com’era andata la mattinata ed entrambi risposero con poco entusiasmo: << Come al solito >>.
Bill chiese alla mamma com’era andata la sua e lei rispose entusiasta che era andata bene e  che aveva ricevuto una chiamata dal capo della pizzeria dove lavorava. Quella sera, al Moonlight ci sarebbe stato un famoso imprenditore tedesco che si era appena trasferito a Magdeburgo e Simone doveva raggiungere il posto di lavoro due ore prima del previsto.
Bill era contento per la mamma ma allo stesso tempo si preoccupava per lei.
Fare tre lavori al giorno non era uno scherzo e tutto si sarebbe potuto riscuotere negativamente sulla sua salute.
A pranzo finito, i due ragazzi salirono in camera di Bill e si stesero sul letto.
<< Secondo me tua mamma dovrebbe trovarsi qualche svago. >> osservò Eveline.
<< Svago?? Meglio dire un po’ di riposo! >> ribatté Bill.
<< Certo Bill, sono d’accordo! Ma ha appena quarant’anni! Si potrebbe permettere una serata di svago! >>
<< Boh.. Forse hai ragione, però Eveline! Ha quarant’anni! Sicuramente se li sa gestire da sola, i suoi impegni! >>  disse il moro allargando le braccia.
<< Si... Lo spero per lei. >> commentò Eveline.
<< Dai Eve! Basta deprimerci sulla vita sociale di mia mamma! Piuttosto! Andiamo a fare shopping con la tua supercar??!! >> chiese Bill sbattendo le folti ciglia coperte da mascara.
Eveline lo guardò.
<< Va bene! Andiamo tra un’oretta! >>
Detto questo, si alzò dal letto e salutò Bill, raccomandandogli di essere pronto per le quattro in punto.
Lui sventolò la mano con nonchalance e salutò l’amica.
 
 
Il centro commerciale di Magdeburgo era abbastanza grande.
Ovviamente non era come quello che Bill e Eveline avevano visto a Berlino, ma poteva essere accettabile.
I due amici percorsero le gallerie più belle.
Eveline volle entrare per l’ennesima volta nel negozio di articoli hip hop.
Bill, contro voglia, seguì l’amica all’interno del “ghetto” –come lo chiamava lui-.
Eveline prese un cappellino e andò verso gli specchi per provarselo, se lo posizionò sul capo e iniziò a muoversi a ritmo della musica.
Ad un certo punto sentì l’equilibrio venirle meno, qualcosa l’aveva colpita; si voltò, recuperando l’equilibrio e notò che qualcuno l’era andato a sbattere contro.
Osservò il ragazzo con il cappuccio e lo bloccò per un braccio.
<< Hey! Stai attento quando cammini! >> disse lei all’uomo.
Lui si abbassò leggermente il cappuccio e Eveline potè notare che era un ragazzo più o meno della sua età, aveva dei corn e una fascia che gli copriva la fronte e gli dava un’aria da duro.
<< E tu invece sta attenta a come parli. >> rispose glaciale il misterioso ragazzo.
Eveline spalancò gli occhi e lo vide mentre se ne andava, rimettendosi il cappuccio.
Bill corse verso di lei e la scosse leggermente << Hey! Tutto ok? >>.
Eveline continuava a guardare quel ragazzo che si mischiava nella folla.
<< Si. Tutto ok.  >>.
Odiava essere contraddetta. Per fortuna non conosceva quel ragazzo, altrimenti non gliel’avrebbe fatta passare liscia per i prossimi cinquant’anni.
 
 

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Capitolo 3
*** Nightmare ***


 Nightmare
 
Incubo. Era ormai diventato un incubo.
Dopo quell’incontro, Eveline sognava quel misterioso ed irritante ragazzo ogni notte. Non le dava un attimo di pace e lei era costretta a ricordarsi il suo viso ogni singolo giorno.
I suoi pensieri furono bloccati dal campanello.
Osservò la sveglia sul comodino: erano le otto e venti e lei era seduta inerme sul letto e pensava ancora a quel corn-man ; Bill l’avrebbe ammazzata.
Si passò una linea di matita all’interno dell’occhio e corse verso la cucina, vide Bill che la guardava stranito e si limitò a sorridergli , essendo troppo occupata ad infilare le scarpe mentre apriva il frigorifero.
<< Ancora in ritardo?! >> chiese il moro scrollando le spalle e raggiungendo l’amica in cucina.
<< Scusa Bill! Non mi ero accorta dell’orario... >>.
Il ragazzo roteò gli occhi ed Eveline si appoggiò su una sua spalla, ancora intenta ad allacciare le scarpe e ad addentare uno spicchio di arancia.
<< Io vorrei capire che ti passa per la testa! Piuttosto, che VI passa per la testa! Mia mamma sta anche lei fra le nuvole! >> disse Bill esasperato aprendo le braccia e buttando la testa leggermente indietro.
<< Pronta!! Andiamo! >> disse Eveline ignorando per qualche minuto lo sfogo di Bill. Prese le chiavi dell’auto e uscirono di casa.
Una volta entrati in macchina,  la ragazza riprese il discorso di Bill.
<< Cosa dicevi di tua mamma?  >> chiese curiosa mentre imboccava la strada per andare a scuola.
<< E’ strana... Sta così da una settimana. E’ sempre con la testa fra le nuvole, si dimentica di alcune cose e ha un sorriso da ebete stampato sulla faccia. >> spiegò il ragazzo abbattuto.
Eveline corrugò la fronte e pensò per qualche secondo. Tutte quelle caratteristiche erano di una persona... << Bill non è che tua mamma è innamorata???  >> chiese Eveline maliziosa.
Bill si voltò spalancando gli occhi.
<< Ma è impossibile! Non ha una vita sociale da...beh, da mai! >>
<< Che ne sai?! Magari l’ha incontrato al supermercato, oppure è lo stesso cassiere del supermercato. >> osservò Eveline.
Bill si voltò verso di lei quasi sconvolto.
<< Cosa?! Ma se quel tizio è gay?! E poi no. Mia mamma non si innamora. >>
<< Mai dire mai caro mio! >> disse l’amica al moretto mentre si era voltata verso di lui per mostragli un sorriso malizioso.
Poi, accadde tutto in qualche secondo, mentre entrava nel cancello del gymnasium.
Una suonata insistente di clacson le fece riprendere il controllo dell’auto e notò che aveva quasi tagliato la strada a una Cadillac nera che usciva dal parcheggio della scuola.
Il guidatore dell’auto rallentò e Eveline, ancora scossa dallo spavento, osservò il conducente da dietro al finestrino.
Due occhi. Gli stessi che aveva incontrato, o meglio dire, scontrato in quel negozio una settimana prima.
Lui la osservò per qualche secondo e la fulminò col solo sguardo, poi se ne andò.
Eveline rimase quasi paralizzata.
Era possibile che doveva sempre scontrarsi, in un modo o nell’altro, con quel tizio?!
Questa situazione le stava iniziando a dare i nervi.
Mise la quinta e occupò il primo posto libero nella zona parking sul retro della scuola, prese la sua cartella e scese dall’auto sbattendo la portiera.
<< Eve! >>
<< Bill per favore. Non abbiamo tempo. Siamo in ritardo... >> disse lei con un tono nervoso e leggermente acido, ma fu bloccata dall’amico: <<  ...ma...  >>.
Eveline raggiunse Bill, prendendolo per un braccio.
<< Niente “ma” Bill. Abbiamo lezione adesso. >>
Il ragazzo la guardò per l’ennesima volta stranito.
<< Donne. Quanto le odio quando fanno così! >>
 
 
Bill guardò l’orologio e poi Eveline.
Erano appena passati venti minuti dall’inizio della lezione, ma era come se fosse passato un secolo.
La professoressa Müller stava spiegando con enfasi un nuovo autore Tedesco e ne stava presentando l’opera; ovviamente Bill non aveva preso uno stralcio di appunti e non aveva l’intenzione di farlo.
Decise che seguire quel discorso sarebbe stato noioso più di quanto non lo fosse stato già; mandò, quindi, un foglietto ad Eveline che era assorta nei suoi pensieri e fissava il vuoto con un’aria abbastanza crucciata.
 
Cosa ti è successo oggi, quando siamo arrivati?
 
Bill fece svolazzare il foglietto sul banco dell’amica, che lo lesse non appena si accorse di averlo ricevuto.
Il ragazzo, nel frattempo, era curioso di conoscere la risposta.
Non aveva ancora capito la motivazione per quel cambiamento di umore improvviso, certo: aveva quasi preso in pieno una Cadillac da 140.000 euro, ma il conducente non era nemmeno sceso a chiedere spiegazioni o a lamentarsi dell’accaduto.
Dopo qualche secondo di attesa, arrivò il foglietto.
 
Niente Bibi! Tranquillo J
 
Rilesse quel foglio e guardò l’amica stranito.
Non si fidava di quel “tranquillo”. C’era sicuramente qualcosa che non gli aveva detto e lui doveva scoprirlo.
 
Sicura Eve??!!
 
Ricevuto il messaggio, Eveline si voltò verso Bill mostrandogli un lieve sorriso e annuendo, cercando di sembrare più convincente possibile.
<< Mi farebbe piacere se voi TUTTI seguiste la lezione prestandomi una certa attenzione!  >> disse la prof. Müller, interrompendo il suo discorso.
Eveline e Bill alzarono lo sguardo verso la professoressa e iniziarono a prendere appunti, subito dopo essere stati fulminati dallo sguardo della professoressa.
<< Ed ora. Vorrei parlarvi di una cosa. >> iniziò seria la Müller.
Gli alunni alzarono lo sguardo verso di lei.
Bill sussurrò all’orecchio di Eveline: << Come se non avesse fatto altro nelle ultime due ore!  >>
Eveline sorrise impercettibilmente e tirò un leggero buffetto sul braccio all’amico.
<< Allora. Questa classe riceverà un nuovo acquisto, alias: avrete un nuovo compagno tra voi. Per ora non posso dirvi nulla, ma lo conoscerete molto presto. Anche se credo che alcuni di voi conoscano già la sua prestigiosa famiglia di imprenditori. >> concluse la prof. con un tono serio, ma allo stesso tempo sognante.
Tra i ragazzi si sollevò un leggero brusio.
Tutti si chiedevano chi fosse questo “nuovo ragazzo”: Mark Schneller sorrideva ai suoi compagni trionfante, la capo cheerleader sorrideva sognante, i secchioni erano impassibili.
Eveline guardò Bill.
<< Chi è?!  >>.
Come risposta ricevette un semplice e secco “boh”.
Una sensazione prese il sopravvento nella testa della ragazza: che ci faceva quel “corn-man” nel parcheggio della sua scuola? Poteva essere lui il ragazzo tanto atteso?
No. Non DOVEVA assolutamente essere lui.
Già rivederlo nel parcheggio non era stato un bel buongiorno, e soprattutto rivederlo in quel modo!
Rabbrividì per qualche secondo e cercò di non pensarci, almeno per un po’. Almeno fino a quando quell’incubo non avesse visto la parola fine comparire nel suo corso.
Prese il suo zaino e uscì dalla classe accompagnata da Bill che, sempre più preoccupato, la osservava in silenzio.
Era l’ora della ricreazione e, di solito, loro andavano a consumare la merenda nel posto meno popolato.
Quel giorno scelsero le scale della porta di emergenza: un posto sicuro e nascosto.
<< Eveline. Ti vedo strana. >> incominciò Bill accarezzando la spalla dell’amica.
Eveline socchiuse gli occhi.
<< Ma Bill. Ti ho già detto che sto bene. >>
Niente. Il ragazzo non la credeva ancora.
<< E’ da una settimana che stai così. Ti conosco meglio di chiunque altro, meglio di te stessa. Non puoi negarmi una cosa che è evidente. >>
La ragazza sbuffò leggermente e si voltò verso l’amico, toccandogli una guancia.
<< Bill sto benissimo. Fidati. Non ci sarebbe nessun motivo al mondo che mi porterebbe a mentirti. E se anche lo facessi, è per una buona causa... Davvero... Fidati. >> sorrise ripensando a quanto fosse sensibile l’amico nei suoi confronti.
<< Ti voglio bene. >> disse infine, come per porre un punto al suo discorso.
<< Anche io.  >> sussurrò Bill.
 
Come ogni giorno, Eveline pranzò a casa di Bill e notò anche  lei un certo cambiamento nell’atteggiamento di Simone: sorrideva sempre, canticchiava mentre puliva i piatti e aveva persino preparato una torta alle mele.
Qualcosa non andava.
<< Simone! Ti vedo particolarmente solare oggi! >> esclamò Eveline, mentre sorseggiava il The.
L a donna sorrise, mostrando tutta la sua bellezza.
<< Oh mia cara Eveline! E’ una sensazione bellissima essere solari e gioiosi! L’ho detto anche a mio figlio sai?! Dovrebbe essere più colorato e gioioso anche lui! >>.
Bill simulò un conato di vomito e scosse la testa.
<< Certo mamma ! E così ritorniamo alla moda dei figli dei fiori! >>.
Eveline lo rimproverò con lo sguardo e Simone scompigliò i capelli del figlio.
<< Ah! Voi adolescenti! Con le vostre crisi ormonali vedete tutto il mondo scuro e grigio!! Ma adesso non ci pensiamo: voi andate a fare i compiti e io finisco di sistemare qui. >>.
La donna si alzò dal tavolo e iniziò a cantare “Somewhere over the rainbow”.
Bill e Eveline salirono in camera del ragazzo e si buttarono sul letto.
<< Ma la vedi?! E’ particolarmente suonata! >> esclamò il moro.
<< Dai Bill! Lasciala stare, te l’ho detto: secondo me è innamorata. >> disse convinta Eveline sorridendo sognante.
<< Mah.. a me sembra più una donna psicopatica e bisognosa di cure, quando fa così. >>
<< Quanto sei catastrofico!!! >>
<< A proposito di catastrofe!! >> disse Bill prendendo il libro di letteratura inglese, << Sai che il prof. Lesley farà una catastrofe domani, se non studio tutto Wilde?! >>.
<< Solo a te?? Guarda che c’ero anche io nella “ lista nera ” >> disse la ragazza virgolettando le ultime due parole.
<< Ah è vero. Beh... mi farai compagnia! >>
<< Oh! Non vedo l’ora!!>> esclamò con falso entusiasmo Eveline, ricordando le interrogazioni fatte con il suo migliore amico. Erano perlopiù delle performance di gesti e suggerimenti vari, che si concludevano con una sufficienza tirata per entrambi.
 
 
Nuovo giorno. Stessa scuola. Stesse facce e stesse situazioni.
Ecco cosa si provava nella metà della seconda settimana dell’anno scolastico.
Lezione di letteratura inglese. Aula numero 5.
Bill Trümper e Eveline Franz interrogati su Oscar Wilde.
Il  professore osservava annoiato i suoi alunni, soffermandosi qualche secondo su ognuno di essi; Bill stava esponendo le trame delle opere più famose dell’autore inglese quando qualcuno bussò alla porta.
<< Avanti! >> disse Lesley con un tono altrettanto annoiato.
Il vicario del preside varcò la porta, catturando l’attenzione di tutti i ragazzi. Bill sospese il suo discorso e Eveline si voltò verso la porta.
<< Ecco il vostro nuovo compagno: Tom Kaulitz! >> esclamò il vicario mentre il ragazzo entrava.
Non appena entrò spalancò gli occhi.
<< Di nuovo lei! >> pensò il ragazzo.
Eveline ebbe la stessa reazione.
<< Di nuovo lui. >> pensò la ragazza.
<< Benvenuto Tom! Prendi quel banco vuoto lì infondo. Se non stai bene, parlane con la coordinatrice e ti troverà  un’altra postazione.
Tom rimase ancora concentrato sugli occhi della ragazza, che lo guardava con un misto di sorpresa e odio.
Dopo qualche secondo si accorse che il prof. Lesley gli aveva appena detto una cosa e si precipitò a risponderlo.
<< Certo. >>
Eveline abbassò lo sguardo incredula e Tom la oltrepassò lasciando un’ondata di profumo maschile dietro di sé.
Il suo incubo, forse quello più grande e quello più insistente e irritante era diventato realtà.
Aveva bisogno di riflettere. Di ragionare.
Avere a che fare con un incubo di qualche ora della notte era una cosa, ma avere a che fare con una realtà che ti gira intorno era un’altra.
Eveline si sentì improvvisamente debole. Si sentì mancare la capacità di reagire e di trovare una soluzione giusta e razionale.
No. Tom Kaulitz sarebbe rimasto al suo posto e soprattutto non sarebbe riuscito a distruggere, nel giro di qualche secondo, tutte le sue sicurezze.  Mai più, o almeno lo sperava.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** The other side of the world ***


 THE OTHER SIDE OF THE WORLD
 
Aveva sempre detestato tutte le materie scientifiche, ma la biologia aveva il primato come materia più stressante e noiosa dell’intero corso.
Era questo che pensava Bill mentre osservava impassibile la professoressa che tentava di spiegare ai suoi alunni i meccanismi basilari della respirazione della cellula.
A dir la verità quella povera donna gli faceva un po’ pena: si vedeva che ci metteva tanto amore quando esprimeva i concetti della sua materia e di vedeva che era consapevole che davanti a sé non aveva un gruppo di persone intenzionate a darle retta.
Si voltò leggermente per guardare i suoi compagni dietro di sé: avevano tutti la stessa espressione annoiata in volto.
Tutti tranne lui, il ragazzo nuovo.
Sedeva all’ultimo banco, la sua cartella era stata appoggiata a terra con nonchalance, sul banco aveva un quaderno e delle matite appoggiate in modo disordinato.
Aveva uno sguardo serio e fisso, mascella serrata e aveva assunto un atteggiamento di concentrazione quasi perfetto, se non fosse per le sue mani, che stavano rigirando la matita da più di un’ora; il che significava che nemmeno lui aveva preso appunti.
Non appena era entrato in classe, Bill aveva notato che Tom aveva avuto un piccolo momento di trans. Era andato completamente in palla. Non aveva capito il perché, ma aveva capito che c’era qualcosa sotto.
“ Potresti fare Sherlock, Bill”, pensò il moro sorridendo tra sé.
La campanella suonò.
Fine delle lezioni.
Bill raggiunse Eveline, che aveva deciso di saltarsi l’ora di biologia.
<< Eve! >>
La ragazza, seduta sulle scale di emergenza, si voltò verso l’amico sorridendogli.
<< Hey Bibi!! Possiamo andare? >>
<< Certo! Sai, ti sei persa una lezione fantastica! >>, scherzò il moro.
<< Oh! Immagino che parlare di meiosi sia stato altamente eccitante, vero?? >>
<< Non immagini quanto! Preferirei avere un dente cariato, che studiare tutte quelle cavolate. >> affermò diventando serio.
<< Sono convinta di questo anche io. Ma adesso andiamo, mi scoccia stare bloccata nel parcheggio della scuola in attesa che i vip escano per primi. >>
Bill, come risposta, roteò gli occhi ripensando a quegli esseri e si alzò.  
<< Hai ragione. Andiamo! >>
I due si incamminarono verso l’auto bianca e lasciarono il cortile della scuola nel giro di dieci minuti.
Una volta imboccata la strada di casa, Bill iniziò a parlare.
<< Interessante il nuovo tipo no?! >>
Eveline sentì il suo cuore bloccarsi per un millesimo di secondo e spalancò gli occhi.
<< Chi?! >>, chiese cercando di sembrare più calma possibile.
<< Quel Tom. Il ragazzo hip hop >>.
Eveline trattenne il respiro per qualche secondo: non si poteva mettere anche Bill a parlare di lui! Già il suo cervello lo rendeva il protagonista dei suoi pensieri.
<< Mmh. >>
<< Che c’è?! Non sei d’accordo? >>
Eveline socchiuse leggermente gli occhi: mancavano solo pochi minuti all’arrivo.
<< NO! Cioè... sì. Non so Bill! A stento l’ho notato. >>, mentì.
Bill inarcò un sopracciglio, cosa che non passò inosservata ad Eveline.
<< Che vuoi? >> chiese la ragazza.
<< Scusa! Non sapevo che non volessi parlare di lui! >> accusò il moro.
<< Ma chi? Io?! Se nemmeno lo conosco!!! Dai Bill... E’ solo che non l’ho visto bene e non so dare un giudizio. Punto. >>
<< Ok. Cambiamo discorso: la prof di biologia ha detto che dobbiamo fare un progetto a coppie. >>
Eveline ringraziò mentalmente l’amico, poi rispose:
<< Ok e in cosa consiste? >>
<< Dobbiamo creare un modellino di cellula vegetale. Una noia mortale, ma noi lo faremo insieme e mia mamma ci darà una mano! >>, esclamò entusiasta il ragazzo.
<< Faremo un po’ di shopping per acquistare il materiale! Non vedo l’ora!! >>
<< Sarà sicuramente la parte più bella di tutto il progetto! >>
<< Assolutamente! >>.
 
 
 
Il dolore le invadeva la testa.
Di certo non poteva andare a scuola in quello stato.
Eveline allungò la mano verso il comodino e prese il cellulare per chiamare Bill.
Attese qualche secondo e udì una voce leggermente assonnata.
<< Eveline... >>
<< Bill. Oggi non vengo a scuola, non mi aspettare. >>
<< Non stai bene, Eve? >>
<< No Bill. Ho mal di testa. Ora prendo un’aspirina e mi passerà sicuramente. >>
<< Va bene dai... Ti chiamo appena posso! Un bacio! >>
<< Baci! Buona giornata. >>
Eveline buttò il telefono in qualche angolo remoto della stanza e si mise supina sul letto.
Da una parte aveva gradito quel mal di testa: non avrebbe visto quel Kaulitz per un giorno.
Non voleva pensarci, ma era più forte di lei.
Quel ragazzo era il distruttore di tutti i suoi punti di forza e la cosa che le dava più ai nervi era che nemmeno lo conosceva. C’ era solamente andata a sbattere contro.
Pensandoci, non aveva motivo di avercela con lui: era un semplice ragazzo, sembrava serio e abbastanza maturo –visto che non si era lasciato abbagliare dalle attenzioni delle cheerleader e della banda di Mark, ma qualcosa non andava. Non sapeva perché; semplicemente non era andato bene l’incontro d’impatto che avevano avuto al negozio e a scuola.
Forse erano destinati a non andare d’accordo.
O forse era lei che aveva creato quella situazione di disagio?
Non lo sapeva e non voleva nemmeno pensarci più di tanto.
Si alzò dal letto e prese subito un’aspirina, nel giro di qualche ora il mal di testa iniziò a diminuire fino a sparire.
Guardò l’orologio: erano le due.
“ Bill doveva essere tornato a casa”, pensò.
Decise di andare a casa del ragazzo, quindi si vestì, sgranocchiò qualche cosa e uscì di casa.
Raggiunse casa Trümper nel giro di qualche secondo e bussò il campanello; un Bill raggiante aprì la porta.
<< Eveline!! Ciao tesoro! Come stai?? >>
La ragazza entrò in casa di Bill, dirigendosi verso la cucina.
<< Molto meglio tesoro!! Senti riguardo il progetto... >>
Bill non le diede il tempo di finire.
<< Ah aspetta Eve... >>
Appena furono sull’uscio della porta, la ragazza si sentì mancare.
Tom Kaulitz. Il corn-man era comodamente seduto e stava bevendo il caffè mentre spulciava gli appunti di biologia.
<< ... Ecco quello che ti dovevo dire. >>, disse Bill indicando Tom, che nel frattempo si era bloccato a guardare la ragazza mantenendo il bicchiere del caffè a mezz’aria.
Eveline si sentì mancare la saliva. Non voleva essere lì, ma voleva, anzi, esigeva delle spiegazioni da Bill.
Dopo il discorso in macchina aveva sperato che Bill avesse afferrato il concetto “Tom Kaulitz argomento chiuso ermeticamente”. Invece no. Tom Kaulitz era a casa di Bill.
Bill si schiarì la voce, cercando di spezzare quel clima di tensione che si stava creando.
<< La prof ha messo Tom insieme a noi! Faremo il progetto di scienze a tre. >>, spiegò.
La ragazza non rispose.
Il solo pensiero: “Tom ed Eveline = coppia per progetto di scienze” non andava.
Bill capì che, per quel momento, avrebbe parlato solo lui.
<< Bene! Coraggio Eveline, entra. >>
Spinse la ragazza da dietro le spalle e le cinse un fianco.
<< Lui è Tom. Lei è Eveline >>
I due si mandarono un’occhiata fulminea.
<< Ciao. >> disse il ragazzo abbassando lo sguardo sul libro.
<< Ciao. >> disse la ragazza sedendosi dall’altra parte del tavolo,anche se in quel momento avrebbe voluto essere dall’altra parte del mondo.

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