Centosei giorni alla maturità - Diario di un lager

di Lely1441
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Martedì 8 marzo 2011 ***
Capitolo 2: *** Mercoledì 9 marzo 2011 ***
Capitolo 3: *** Sabato 12 marzo 2011 ***
Capitolo 4: *** Martedì 29 marzo 2011 ***
Capitolo 5: *** Venerdì 1 aprile 2011 ***
Capitolo 6: *** Sabato 2 aprile 2011 ***
Capitolo 7: *** Sabato 30 aprile 2011 ***
Capitolo 8: *** Sabato 4 giugno 2011 ***
Capitolo 9: *** Lunedì 13 giugno 2011 ***
Capitolo 10: *** Giovedì 23 giugno 2011 ***



Capitolo 1
*** Martedì 8 marzo 2011 ***



Centosei giorni alla maturità - Diario di un lager
 
 
 
These are the seasons of emotion
and like the winds they rise and fall.
This is the wonder of devotion
I see the torch we all must hold.
This is the mystery of the quotient
upon us all a little rain must fall.
(*)
 
 
Martedì 8 marzo 2011
 
Sicuramente Mish non si aspettava tutto questo pienone, stasera. Il pub è strapieno, vedo la piccola Cris cercare di farsi largo con il vassoio sopra la testa, e sono sinceramente stupita dalla sua abilità: nessuna birra è stata ancora versata, e pensare che i bicchieri sono pieni fino all’orlo. La schiuma ondeggia come la spuma del mare, ma si rifiuta di traboccare.
«Mish, non credi di dover dare un aumento a tua figlia?»
L’omone mi fissa, truce.
«Per cosa? Per saper fare bene il suo lavoro, così come lo fanno bene suo padre e sua madre?»
Decido di lasciar perdere: a volte la zucca dura di Mish è troppo persino per me.
«Tu, piuttosto? Non credi che porti male andare in giro conciati in quel modo?»
Silvia scoppia in un’allegra risata, e anch’io mi apro in un sorriso, mio malgrado.
«Non sapevo fossi così superstizioso! Hai paura della morte?»
Mish fa un gestaccio e contemporaneamente si tocca i gioiellini di casa, sputando alcuni insulti nella sua lingua. Sapevo che l’avrei fatto arrabbiare, ma andiamo: è Martedì Grasso, un po’ di divertimento!
«Non potevi fare qualcosa di più normale, come lei?»
Sorrido. Silvia è la mia principessina, e il vaporoso abito rosa pastello è quanto di più atroce e fuori luogo si possa vedere in un pub arredato come se ne vedono tanti, sì, ma in Irlanda. La cosa che più mi diverte è pensare che se fossimo in una favola e lei dovesse impersonare il ruolo della fragile nobile che è, nel caso in cui arrivasse il suo principe azzurro dovrebbe fare i conti con la Morte in persona. Una Morte piuttosto incazzata e possessiva, a voler essere sinceri.
Che io sia tanto egoista quanto la nera signora?
«Ti prego, parli con me. La tua avventrice preferita, che non può neanche bere birra perché è celiaca…»
Mish borbotta, raddolcito. Come si fa a non voler bene ad un uomo che è disposto a sputare sul suo Credo (passandomi birra senza glutine, e quindi non vera birra) pur di avermi intorno a rompergli le balle?
«È tardi, vai a casa. Quest’anno non dovrebbe essere l’anno del giudizio?»
«Sì, universale… Mish, sono solo le undici! Non puoi cacciarmi, è presto!»
«Domani hai scuola, fila».
Improvvisamente non è più l’uomo della mia vita, dato che vige una sola regola con lui e sceglie di usarla sempre a tradimento: quando mi dice di filare, io filo. Raccatto la mia stupenda falce e prendo per mano Silvia, creandomi un percorso con la lunga asta. Uscita dal locale, sistemo meglio l’enorme cappuccio nero che mi cade sugli occhi, cercando di ripararmi da questa pioggerellina leggera che ha deciso di spuntare all’improvviso.
L’anno del giudizio.
Già, questo dovrebbe esserlo. Perché mancano solamente centosei fottutissimi giorni agli esami.
E io devo ancora cominciare a studiare.
 
 
 
 
Pubblicherò un po’ come viene. Tutti i capitoli saranno così brevi, perché sono solo dei rapidi flash - quasi - giornalieri che si concentrano su determinati dettagli. Ciò non significa che i personaggi non avranno luogo di venire illustrati via via, anzi! Li scoprirete pian piano :)
Ovviamente, ogni segno di vita - aliena o meno - sarà gradito ^^
 
 
(*)
Queste sono le stagioni delle emozioni
e come i venti salgono e ricadono.
Questa è la meraviglia della devozione
vedo la torcia che noi tutti dobbiamo reggere.
Questo è il mistero del quoziente
sopra tutti noi una piccola pioggia deve cadere.
 
Led Zeppelin - The rain song

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Capitolo 2
*** Mercoledì 9 marzo 2011 ***


Singin' in the sunshine,
laughin' in the rain,
hittin' on the moonshine,
rockin' in the grain,
got no time to pack my bag,
my foot's outside the door.
I got a date, I can't be late
For the high I'm headed for.
(*)
 
Mercoledì 9 marzo 2011
 
 
«Marta, comincia pure tu con la traduzione».
«Clarorum virorum facta moresque posteris tradere, antiquitus usitatum, ne nostris quidem…»
Alla quinta ora di una giornata che ha previsto materie leggere come fisica, matematica e greco alla seconda, mi chiedo quanto il vicepreside si sia divertito nel redigere l’orario scolastico. Tanto più che a seguire c’è religione. Ma chi è quell’idiota che metterebbe religione all’ultima ora, dico io!
Appoggio la guancia al gomito sul banco, facendo finta di essere profondamente impegnata nel prendere appunti, quando in realtà ne approfitto per fare una pausa mentale. La voce monotona e sofferta di Marta sta mietendo molte vittime: alcuni sono caduti in catalessi - fissano il libro con sguardo vitreo e sgomento, un po’ come immagino fosse l’espressione delle vittime di Medusa nel momento della pietrificazione -, altri si sforzano di stare attenti, ma solo le solite tre riescono a farlo davvero. Una fila strana, la loro: è un po’ come se il QI di tutti i ricercatori della NASA fosse concentrato in quei pochi metri quadrati. A dirla tutta, fanno anche parecchio paura, soprattutto quando scopri che sono davvero in grado di tradurre decentemente dal greco al latino (e viceversa!) senza sembrare delle povere epilettiche. Gira la voce che tra loro si rivolgano nella lingua di Cicerone o quella di Demostene (alcuni hanno proposto il sanscrito, addirittura), ma sono abbastanza sicura che questa eventualità non sussista: non le vedo mai parlare se nelle interrogazioni o negli interventi, figuriamoci se chiacchierano tra di loro rischiando di compromettere il loro voto di condotta.
L’unico vero movimento evidente è il gesticolare di Ann, che sta parlottando come sempre con Mat. Ann è di quella categoria di persone che hanno una bellezza ed un carisma straordinari, quelle che ti immagini a capo di una grande azienda petrolifera o di una rivolta in Bolivia, indifferentemente. Per quattro anni si è candidata come rappresentante di classe - tranne l’anno scorso, quando è stata eletta rappresentante degli studenti -, e ha sempre vinto. Non che la cosa stupisca nessuno, e non ci rodo. Non di Ann: non si può invidiarla o detestarla, è impossibile. Insieme a lei c’è sempre Mat, il suo migliore amico; una figura decisamente più nell’ombra rispetto alla sua, ma è impossibile vederli separati. Un po’ come me e Sì, ma almeno io non sono innamorata di lei.
Mi chiedo cosa accadrà quando Ann se ne accorgerà, dato che le sarebbe impossibile contraccambiarlo. O forse se ne è già accorta, ma per tacito assenso fanno entrambi finta di niente. Che grandi casini, i sentimenti.
Mentre bisbiglia concitatamente, alza lo sguardo e mi sorride: mi saluta e mi sillaba qualcosa, che interpreto come un “hai qualche proposta per i cento giorni”?
Oh, cazzo. I cento giorni.
Spalanco gli occhi e faccio segno di no con la testa, quindi lei mi dice di aspettare e mi manda un biglietto, facendolo volare per la classe. Grazie al cielo, quella di latino sembra si sia addormentata, cullata dalla voce di Marta: ha smesso da tempo di correggerla.
“Io e Mat pensavamo di andare al Gatto Nero, perché almeno chi vuole ballare e stare lì fino a tardi può farlo, mentre gli altri possono rimanere ai tavolini a chiacchierare - giusto per non sentire le Moire rompere tanto le palle! -
A te e a Silvia potrebbe andare bene?
P.S. Se hai un modo per convincere quelle tre a bigiare la scuola almeno quel giorno, te ne sarei grata! Per ora proponevamo la costrizione fisica o il pestaggio coatto, ma c’è il pericolo che ci denuncino, ‘azz”.
Rido piano. Che carina, ha pensato anche a Silvia. Le do l’ok con la mano, perché credo che non sarà un problema per i nostri parenti, ma ovviamente non ho idea di come fare per l’altra faccenda. Ann annuisce ancora e ricomincia a borbottare con Mat, probabilmente di dove trovare dei passamontagna senza essere scoperti.
Lunedì ci saranno esattamente cento giorni a dividerci da quel giorno maledetto. Siamo sparati al massimo verso una meta di cui non conosciamo la collocazione, qualcosa che gli altri identificano come “futuro”.
Ho già il mal di pancia.
 
 
 
 
Prima presentazione alquanto sommaria di Ann - e ancora più sommaria di Mat.
Altro capitolo incentrato sull’ansia da esami, un po’ per esorcizzare la situazione. Credo che il prossimo aggiornamento sarà venerdì, se riesco a tornare per un orario decente, o direttamente sabato.
Da noi esiste la tradizione dei cento giorni - andare a scuola è vietato, chi viola la regola andrà per forza male agli esami (o almeno, così tramandano XD), io ho optato per l’opzione “centro benessere”.
Attendo lunedì come la manna dal cielo +_____+
La frase in latino citata è di Tacito, ed è l’inizio dell’Agricola. Questa la traduzione: Tramandare ai posteri le azioni e i costumi degli uomini illustri, cosa abituale sin dall’antichità, neppure nel nostro tempo…
 
 
(*)
Cantando nel sole,
ridendo sotto la pioggia,
scoprendo il chiaro di luna,
rotolandosi nel grano,
non ho tempo di fare le valigie
sono già oltre la porta.
Ho un appuntamento, non posso tardare
per il massimo verso cui sono diretto.

 
Led Zeppelin - The Ocean

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Capitolo 3
*** Sabato 12 marzo 2011 ***


Communication breakdown,
it's always the same,
I'm having a nervous breakdown,
drive me insane!
(*)
 
Sabato 12 marzo 2011
 
Il Sabato, finalmente il Sabato. Niente di meglio per riprendersi dalla solita settimana traumatica.
E non un’ora qualunque, bensì l’ultima: quando qualsiasi professore getta la spugna e rinuncia a fare lo stronzo – be’, almeno quasi tutti.
Quello d’italiano ha riportato i compiti della settimana scorsa, Chiara li distribuisce: io sorrido tra me e me, perché è una delle poche materie in cui mi è impossibile andare sotto l’otto.
Accolgo il mio nove con un moto d’orgoglio, e leggo subito il giudizio che mi è stato lasciato.
“Molto soddisfacente. Come tuo solito, d’altronde”.
Ecco, questo è precisamente uno di quei momenti da incorniciare. Mi guardo intorno come se sperassi che il mio voto si sia tatuato sulla fronte, quando Chiara, tornata a sedersi al suo posto, si gira e mi comunica preoccupata:
«Bas ha preso dieci. L’ho visto quando gli ho consegnato il suo compito!»
Silenzio. Bagatelli è uno dei pochi professori per cui nutro la più smisurata ammirazione, bevo letteralmente ogni parola che dice, e ricordo chiaramente il suo “non metto dieci di principio, dato che la perfezione non esiste”. Per me è una delle solite cazzate da svitati, ma finché io vado bene non mi lamento.
E ora osa cambiare linea? Ora? Dopo tre fottutissimi anni in cui ho sputato sangue per cercare di fargli cambiare idea, tre anni in cui ho sognato la sua entrata in classe mentre, commosso dal perfetto lavoro di una sua allieva, annuncia la scoperta di un vero e proprio talento geniale?
Cristo. È davvero un uomo.
Un uomo morto.
Cerco Bas con gli occhi, e visualizzo subito la sua felpa enorme e la testa tutta ricci. Nessuno, dal quarto ginnasio, è riuscito a vederlo in viso per più di qualche istante, dato che i ciuffi abbastanza lunghi e del tutto indomiti gli ricadono da tutte le parti. Sempre zitto, sempre calmo, non è uno da cui ti aspetteresti un dieci da quello stronzo di Bagatelli.
«Bas, Bas!»
Si volta e gli chiedo se mi fa vedere il suo compito, con il mio più largo sorriso. Lui deve avermi intravisto da dietro quella cortina che porta davanti agli occhi, perché dopo qualche istante mi fa cenno di no e torna a chinare la testa sul banco, perso come al solito nel suo anonimo mondo di anonimi.
Il sorriso mi si congela sul volto.
Cosa avrà mai da nascondere? Lo schifo più totale? Bene, quindi il tuo compito ha fatto schifo, ma il professore ti protegge e ti ha messo dieci per qualche sordido motivo! Magari ha una relazione con tua madre! Magari lo stai ricattando in qualche modo!
Stronzo più stronzo.
Bene.
Benissimo.
Perfetto.
«Nad, tutto bene?»
Chiara deve essersi accorta della mia espressione feroce. Sbatto le palpebre e riacquisto la calma.
«Sì, tranquilla».
Stupido Bas, scoprirò cosa nascondi.
 
 
(*)
Blocco delle comunicazioni
è sempre lo stesso,
sto avendo un esaurimento nervoso,
mi fa uscire pazzo!
 
Led Zeppelin - Communication breakdown

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Capitolo 4
*** Martedì 29 marzo 2011 ***


What did you bring me, my dear friends,
to keep me from the Gallows Pole?
 
I couldn’t get no silver, I couldn’t get no gold,
you know that we're too damn poor
to keep you from the Gallows Pole.
(*)
 
Martedì 29 marzo 2011
 
«Giuro che se sopravvivo ad oggi, andrò in chiesa ogni domenica…»
«Chiara, ma tu non eri agnostica?»
«Seguo i dettami di Pascal, faccio una sfida. Se passo l’esame, significa che qualcuno lassù esiste».
Io invece giuro che se sopravvivo ad oggi, resuscito Gentile e la sua stupida riforma per riammazzarlo di nuovo. Ma perché devi inserire un esame da dieci materie su un programma di un intero anno? No, dico, quale razza di sadico è uno che gode nel gettare ciclicamente migliaia di ragazzi nel più totale sconforto, aumentando drasticamente il livello di suicidi?
L’avessi davanti, gli farei davvero molto, molto male.
Ore 9.15, inizio ufficiale della prima simulazione della terza prova. C’è gente che dondola su sé stessa, chi scoppia in funeree risate isteriche, chi si lascia ad andare ad una serie di espressioni colorite, alcune delle quali decisamente fantasiose - ho sentito un per Ercole! giungere dal fondo. Sempre detto che il Classico fa male.
«Spero ci metta Marx…»
Sbuffo con aria di sufficienza. Per forza che ci metterà Marx, è l’unico filosofo che non è mai stato verificato, a differenza di tutti gli altri. Non mi sono nemmeno data pena di ripassare (in alcuni casi, come per Fichte e Schelling, si tratta proprio di studiare) il resto. Le centocinquanta pagine di scienze sono bastate a farmi desistere da un simile spreco di tempo.
«Buoni, ragazzi, buoni… Fate girare i fogli, non parlate! Gasparini, la gomma la mastichi a casa, non in classe! Sputala subito! Non parlate!»
Arrivano le prove. Latino - traccia prevedibile -, inglese - argomento annunciato -, scienze - tutto sommato una cavolata, le galassie non sono difficili -.
E filosofia.
“L’assoluto; come i tre grandi fondatori dell’idealismo tedesco (Fichte, Schelling, Hegel) hanno posto il problema del finito e dell’infinito”.

Vaffanculo.
 
 
 
 
 
Scusate il ritardo, sostenere la terza prova mi ha tenuta occupata prima e impigrita poi. Ammetto di essere messa esattamente come Nad (Fichte? Cos’è, si mangia?) dato che pur avendoci dato l’intero programma da ripassare, quei due li ho proprio saltati. (Scherzo, Schelling mi stava più simpatico, almeno i riassunti li ho preparati).
Ammetto che si è trattato di un’esperienza terribile in quanto ansia, ma anche abbastanza sorprendente davanti alla realtà dei fatti. Tre prove svolte in tre quarti d’ora (ho avuto più di due ore per fare quella di francese, incluso un sonnellino).
Ci si rivede con Nad alla ricerca del segreto di Bas! (Ora torneranno aggiornamenti più regolari, lo prometto ^^)
 
(*)
Cosa mi avete portato, cari amici,
Per salvarmi dalla forca?
 
Non ho trovato argento, non ho trovato oro
Sai che siamo troppo poveri
Per salvarti dalla forca.

Led Zeppelin - Gallows Pole

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Capitolo 5
*** Venerdì 1 aprile 2011 ***


Well, they call me the hunter, that’s my name,
call me the hunter, that’s how I got my fame.
Ain’t no need to hide,
ain’t no need to run,
‘cause I got you in the sights of my gun.
(*)
 
Venerdì 1 aprile 2011
 
«Ok, questo è il piano».
Come si suol dire, siamo al regolamento dei conti. Sì mi aiuterà ad intrufolarmi nella Sala Insegnanti e io rovisterò nel cassetto di Bagatelli per scoprire tutte le sue sordide macchinazioni… Chissà se insieme ai compiti tiene anche delle foto compromettenti - che so, il primo bagnetto o la prima sbronza. Sarebbe divertente vederle.
Silvia ridacchia, ma con discrezione. So benissimo cosa pensa di questa storia, ma io non ho intenzione di rinunciarvi neppure per i suoi begli occhioni blu.
Perché, perché detta così sembra sempre altro?!
«Nad, lo so, io uscirò per fare delle fotocopie e tu per andare in bagno, così mi aggirerò nel corridoio e se vedrò arrivare qualcuno comincerò a tossire come una tisica dell’Ottocento allo stato terminale e tu avrai il tempo di scappare via o perlomeno di inventarti una balla decente».
Perché nella mia testa non suonava così sbagliato? Forse è per il tono serafico che ha usato. È una delle capacità più inquietanti della mia piccola: sa dire cose orribili con la stessa inflessione che usano negli spot dei pannolini per bambini.
L’unico inconveniente è che la D’Agostino si rifiuta di farci uscire in due, anche se dobbiamo fare cose diverse. Quant’è assurda questa stupida regola! Come se noi studenti andassimo in giro a spaccare le finestre del bagno o a terrorizzare le bidelle agitando cadaveri di galline sgozzate! Siamo due innocue ragazze di diciott’anni, per la miseria! Non vede che faccia angelica che abbiamo?
«Panbianco, falla finita. Vai in bagno e torna subito, non credo ti serva la scorta per espellere i tuoi liquidi, non sei più all’asilo. O ti serve il tifo per essere riuscita a capire come si tira lo sciacquone?»
Dio, quanto odio quella di matematica. E non si tratta della sola leggenda metropolitana alla “ho fatto il Classico perché non mi piaceva la matematica”: si tratta proprio di questa donna e della sua stronzaggine intrinseca.
E quest’anno è pure interna! Preferivo vedere Satana in persona cantare “I will survive” agitando i pompon durante la mia prova orale.
Esco digrignando i denti, e una volta chiusa la porta corro verso la Sala Insegnanti. Fortunatamente non ho incontrato nessuno, e anche la stanza è vuota (per forza, ho calcolato personalmente quale fosse l’orario migliore per avere una maggiore libertà d’azione. Lo so, lo so, sono un genio). Ignoro l’enorme cartello che vieta l’entrata e l’uso dei pc agli studenti - è più minaccioso il Keep Off che mia sorella di otto anni ha attaccato sulla porta della sua camera - e comincio immediatamente a rovistare nel cassetto dell’armadio metallico che mi interessa. Trovare il fascio dei fogli protocollo dell’ultimo compito è un gioco da ragazzi, così come recuperare quello di Sebastiano Ulissi. Sento il cuore in gola e la mia mano scivola un paio di volte prima di riuscire a recuperare il cellulare dalla tasca. Basterà fotografare tutte le pagine e poi ingrandirle per leggere questo benedetto compit-
«Nadia, cosa ci fai qua dentro?»
Avete presente la sensazione di una secchiata d’acqua gelida sulla schiena? No? Non ve la auguro.
«Io… Ehm, stavo solo fotografando il giudizio del mio compito. Sa che per fotocopiarlo serve una richiesta scritta alla preside e bla bla bla, ma davvero, volevo solo avere la mia valutazione, dato che ero assente quando il prof li ha riconsegnati e ho saputo solo il voto!»
Cavolo, la prof di religione. Mi guarda con un po’ di sospetto, quindi sfoggio il mio più bel sorriso e sto lì, in attesa. Grazie a Dio, è una svampita di prim’ordine.
«Per questa volta chiuderò un occhio… Ma che non ti trovi di nuovo qui dentro, sai bene che non è permesso a voi studenti stare qui dentro».
Annuisco, metto tutto a posto e corro via. Accidenti, ora mi toccherà ricorrere al piano B.
 
«Bas, ti concedo l’onore di invitarmi a casa tua per un’operazione di ripasso in previsione della verifica di storia di lunedì. Oh, ovviamente verranno anche Silvia, Anna, Matteo e Mel-ehm, Melissa».
Bas mi guarda stralunato. O almeno credo, dato che non riesco a vedergli nemmeno il naso. «Domani alle quattro, e per favore, cerca qualcosa per la merenda che non contenga glutine, almeno per me: sai, sono celiaca».
«Lo so», dice, prima di tornare a dedicarsi ai suoi fumetti. Pensavo di incontrare più resistenza, in tutta onestà. Ma meglio così, avere a che fare con persone senza spina dorsale sarà pure snervante, ma torna sempre utile.
Ora devo solo convincere gli altri a passare il sabato pomeriggio sui libri. O meglio, Ann e Melassa. Mat seguirà Ann e Sì seguirà me.
Non è una trovata geniale?
 
 
(*)
Be’, mi chiamano il cacciatore, questo è il mio nome,
chiamami il cacciatore, è così che ho ottenuto la mia fama.
Non c’è alcun bisogno di nascondersi,
non c’è alcun bisogno di scappare,
perché sei già nel mirino della mia pistola.
 
Led Zeppelin - How many more time

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Capitolo 6
*** Sabato 2 aprile 2011 ***


Didn’t take too long ‘fore I found out
what people mean by down and out.
Spent my money, took my car,
started tellin' her friends she gon' be a star.
(*)
 
Sabato 2 aprile 2011
 
«Non è molto carino isolarsi dagli altri. Se volevi una pausa, bastava chiederlo».
Mi tiro su di scatto dal cassetto della scrivania. Ma cos’è, la settimana del gioco “divertiamoci a trovare Nadia con le mani nella marmellata”?! Lo chiudo con uno scatto e mi volto a guardare Bas, replicando sicura: «Avevo solo bisogno di un fazzoletto, lo stavo cercando».
Lui si stacca dallo stipite e mi si avvicina, a braccia incrociate. China la testa e mi osserva (o almeno credo che mi osservi, con quel ciuffo da pechinese non è che si riesca a esserne poi così sicuri); la mia lingua vorrebbe muoversi, confessare tutto, ma il mio orgoglio, grazie al cielo, mi tiene ancorata alla mia faccia di bronzo. Ciò che mi ha insegnato l’esperienza è che non importa che bugia dirai: il segreto è tutto nel saperla dire. E in quanto a faccia tosta, modestamente io sono un as-
«Nad, cosa vuoi realmente da me? Non ci siamo mai parlati in praticamente cinque anni, e improvvisamente ti interessi della mia famiglia, mi mandi bigliettini quantomeno minacciosi e ti autoinviti a casa mia. Cos’è che ti interessa tanto?»
Apro la bocca, ma poi la richiudo. Bisogna saper riconoscere la sconfitta. Almeno, così dicono.
«Ok, va bene. Lo sanno tutti che nella nostra classe sono l’unica a saper scrivere decentemente, poi arrivi tu e strappi un dieci a quello stronzo che aveva giurato che non l’avrebbe mai messo a nessuno, neppure a me! Scusa, ma non credo assolutamente che te lo sia guadagnato lealmente. Non contro di me, almeno».
Le guance mi vanno a fuoco per la vergogna, ma tengo il mento sollevato e lo sguardo fisso su quelli che dovrebbero essere i suoi occhi. Lui sospira e sembra abbandonare ogni atteggiamento di ostilità.
«Tutto qui? Non ti bastava chiedere?»
«Ma se l’ho fatto e tu hai rifiutato! Ti ho chiesto di farmi vedere il compito e mi hai detto di no!»
«Volevo rileggerlo prima di riconsegnarlo, sai che ci lascia a malapena il tempo di vederli».
«Balle».
Non esiste che io abbia torto. Proprio non esiste. Si avvicina di nuovo e io faccio un balzo di lato, ma non mi calcola e si inginocchia vicino al letto. Infila una mano tra il materasso e le molle, e ne tira fuori un piccolo quadernino con delle scritte argentee e dei disegni sulla copertina.
«Goditelo. Scoprirai che non ho nulla da nascondere». Me lo lancia e io me lo rigiro tra le mani, non sapendo cosa rispondere. «Dagli un’occhiata e torna da noi, Melissa sta andando in crisi di nervi perché nessuno la ascolta: Ann e Mat hanno iniziato a tirarsi delle palline di carta e Silvia canticchia Over the rainbow a testa in giù sul divano».
Se ne va e la stanza torna nel più assoluto silenzio. Apro quel quaderno e vi scopro una scrittura minuscola, fittissima, che ha riempito ogni più piccolo angolo di carta. Sono perlopiù versi e aforismi, ma di una profondità di cui non l’avrei mai ritenuto capace. Di tanto in tanto, anche qualche pagina dedicata a dei pezzi che sembrano frammenti di una storia fantasma mai scritta.
Benissimo. A quanto pare, dovrò impegnarmi di più d’ora in avanti.
 
Ho smesso di credermi invisibile ed ho cominciato ad esserlo veramente.
 
 
(*)
Non ci misi molto a scoprire
cosa la gente intenda con “rovinato”.
Spendeva i miei soldi, usava la mia macchina,
aveva iniziato a dire ai suoi amici che sarebbe diventata una star.
 
Led Zeppelin - Black Dog

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Capitolo 7
*** Sabato 30 aprile 2011 ***


I never thought I'd do anybody no wrong, no, no-one, so.
Ahh do it! Oh! I did somebody some good,
Somebody some good yeah, I saw.
Uh! Oh! Did somebody some good yeah.
I musta' did somebody some good yeah.
Oh! I believe I did.
(*)
 
Sabato 30 aprile 2011
 
Ciò che più è problematico a scuola è il tentare di stare attenti quando si ha un mal di testa degno di quello che deve aver provato Zeus nel partorire Atena (l’intelligenza di un uomo nello scegliere di partorire da lì, bah). È come cercare di espellere una pallottola infuocata dalla fronte mentre il mostro che ci insegna matematica parla in ostrogoto e pretende pure che tu la stia a sentire. E non solo sentire, addirittura capire.
«Mi viene da vomitare», sussurro a Sì, che mi mette una mano sul braccio, comprensiva.
«Dai, vedrai che non è così difficile da ca-»
«Sì», la interrompo, vagamente seccata. Sto male, non mi va di sprecare troppo fiato. «Mi viene davvero da vomitare».
«Oh».
Perfetto, ora mi sento davvero impermalita. Solamente perché lei è uno di quei geni alla Will Hunting - e non saprebbe distinguere un participio presente latino da uno perfetto, ci tengo a sottolinearlo - non significa che io faccia poi così schifo. Qualche quattro ogni tanto non pregiudicano un’onorata carriera di sufficienza.
Un ronzio fastidiosissimo alle orecchie mi fa strabuzzare gli occhi, e il malessere si fa insopportabile.
«Prof, posso uscire un attimo? Non mi sento granché bene…»
Sento solo la sua voce, perché non sono più in grado di capire cosa stia accadendo intorno a me.
«No. Non vedi che sto spiegando? Rimettiti seduta».
Solitamente, un “brutta bagascia frigida” sottovoce non me lo sarei risparmiato, ma onestamente riesco solo ad avvertire una forte fitta al fianco, e poi più nulla. Black-out totale.
 
«È stato solo un calo di zuccheri, niente di grave».
Calo di zuccheri? Allora quella strega è davvero peggio di un Dissennatore: altro che anima e felicità, ti porta via persino il glucosio.
«Quella bagascia…», sussurro, ancora frastornata. Sento una risata soffocata e sprofondo ancora di più la testa nel cuscino. Non solo ho uno schifosissimo ago piantato in vena, devo anche avere degli ospiti indesiderati a infestare il mio letto di morte.
«Bas, se non la pianti immediatamente scoprirai cosa so fare con un bisturi».
«Uh, aggressiva la ragazza. Fortuna che i nostri bisturi sono nelle sale chirurgiche, bene al sicuro dalla nostra Kill Bill».
Gemo. Non solo Bas, pure il padre. Perché ovviamente cos’altro poteva farci suo padre in ospedale? Il dottore. Un fottutissimo dottore. Io odio i dottori, quasi quanto odio i clown.
«Dovrò sopportare tutto questo ancora per molto?»
Socchiudo gli occhi e di nuovo la luce mi acceca.
«Be’, direi che una volta finita la flebo basta aspettare tua madre e poi puoi tornare a casa».
Porca miseria.
«I miei sono in viaggio con mia sorella. Bahamas, Mauritius, qualcosa del genere. Il piccolo è dagli zii, quindi me la cavo da sola queste settimane».
Quei maledettissimi esseri che si proclamano miei genitori hanno deciso di lasciarmi a casa per un futile motivo quale l’esame di stato. Dannati.
«Sei venuta in macchina, stamattina? L’hai lasciata a scuola?»
«No, prendo la corriera. Non ha senso cercare di trovare un posto in quel minuscolo parcheggio dietro la biblioteca, non quando sei perennemente in ritardo».
«Hai programmi questo pomeriggio?»
Quasi mi soffoco con la mia stessa saliva.
«Senta, non so se è un fissato di Lolite o cos’altro, ma oltre al fatto che è troppo vecchio per i miei gusti… non le sembra decisamente da pervertito chiedermi di uscire davanti a suo figlio?»
Il dottore Ulissi mi guarda disorientato, e poi fissa Bas, che sembra perplesso e vagamente disgustato. Sembra, non posso capire cosa ci sia dietro quella massa informe di riccioli; ma di solito me la cavo bene con questa sorta di cose - l’empatia o come diavolo la chiamano.
«Papà, dimmi che è uno scherzo».
Ed è a causa della mia empatia che afferro il fatto che non si stia riferendo a ciò che io penso.
«E perché no, Bas? Tua madre sarà felicissima di avere un’altra piccola per casa di cui occuparsi!»
Oh. Mio. Dio.
«Cosa sta dicendo? Mi vuole rapire e portare a casa, per poi ingrassarmi e cucinarmi al forno?!»
«No, pensavo solo di invitarti a casa nostra. Sai, ho come l’impressione che tu non stia curando adeguatamente la tua alimentazione, questi giorni, ed è molto pericoloso, data la celiachia… Mi sentirei più tranquillo ad averti sott’occhio; abbiamo una camera per gli ospiti che è sempre pronta per ogni evenienza. In più, Bas è figlio unico, e sono convinto che gli manchi la sensazione di avere una sorellina!»
Mi ripeto: oh. Mio. Dio. Questa è una gabbia di matti.
«Non ci pensi nemmeno. Posso denunciarla per molestie e per tentato rapimento!»
Ma il dottore è già uscito correndo per chiamare la sua adorabile mogliettina. Le mie braccia, usate per il mio solito gesticolamento folle, ricadono pesantemente sul lettino.
«Bas, davvero. Dimmi che mi odi e che questo è un tuo complotto per eliminarmi».
Lui si stringe nelle spalle.
«È papà, è fatto così. Non puoi combatterlo. E fidati, non l’ho istigato, perché altrimenti quella flebo ti starebbe iniettando cianuro o un pesticida».
«Lascerebbe una prova, non saresti mai così stupido. La tortura psicologica invece è un omicidio intelligente».
La sua bocca si stira lievemente in un sorriso, e torno a chiudere gli occhi.
«Forse hai ragione. Dopotutto, non hai ancora conosciuto mia madre».
Lo so che ho diciannove anni e dovrei essere la “cazzuta” di turno. Ma, seriamente… Se mi mettessi a piangere avrei un’attenuante, in questo caso?
Non credo di aver ucciso nessuno nella mia precedente vita. Quindi, perché tutto questo?
 
 
 
 
(*)
Non credo di aver mai fatto del male a nessuno, credo.
Ah, l’ho fatto! Oh! A qualcuno ho fatto del bene
un po’ di bene a qualcuno sì, credo.
Uh! Oh! A qualcuno ho fatto del bene,
devo aver fatto bene a qualcuno, no?
Oh! Credo di averlo fatto.
 
Led Zeppelin - In my time of dying

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Capitolo 8
*** Sabato 4 giugno 2011 ***


We come from the land of the ice and snow,
from the midnight sun where the hot springs blow.
How soft your fields so green
can whisper tales of gore,
of how we calmed the tides of war?
We are your overlords.
(*)
 
Sabato 4 giugno 2011
 
«Silvia, vuoi chiudere quella dannatissima porta?»
Dio, che nervi. Già la mattina era iniziata male, con mia madre che mi urlava che se provavo a tagliare il mio lenzuolo in due avrebbe ridotto me in più che due pezzi, ma l’essere in cinque in un cubicolo da un metro per un metro non aiuta, in ogni caso.
«Non si chiude!», pigola lei, schiacciata contro la maniglia. Ho l’istinto di prendere per la collottola Chiara, Melissa e Ann, che si sono allegramente infiltrate insieme a noi per cambiarsi, e sbatterle fuori, ma resisto stoicamente.
Oggi è l’ultimo sabato di scuola della nostra vita, e abbiamo deciso di dar guerra a quelli dello scientifico, che come tradizione si sono vestiti elegantemente, e a quelli del linguistico, in tenuta da mare, con l’uniforme che più si addice ai nostri studi: le toghe romane.
«Ok, ho capito, esco io». E basta, non resisto più, dopo una gomitata di Melassa nell’intestino chiunque preferirebbe spogliarsi in mezzo alla strada piuttosto che passare altri minuti con loro. Anche perché siamo talmente incastrate che non riesco neppure ad alzare un gomito.
Esco e chiudo finalmente la porta - che ne sarà di loro? Francamente, me ne infischio -, lasciandole in balia dei loro pochi centimetri d’aria. Mi guardo furtivamente intorno per vedere se arriva qualcuno, nel corridoio che collega i bagni femminili a quelli maschili, e mi aggiusto la toga. Decisamente, dal video su youtube sembrava facilissimo, invece no! Non lo è! Questo lenzuolo non vuole saperne di star su e le spille non reggono.
«Aspetta, ti aiuto».
Oh, Mat, mio salvatore!
«Se riesci a ricavarne qualcosa…»
Lui guarda pensoso il drappo e s’inventa una soluzione che decisamente mi fa rivalutare l’abilità maschile nel campo della sartoria. Mi appunta la spilla dorata sulla spalla e fissa soddisfatto il suo lavoro.
«Hai un futuro come sarto, non ne sei felice?»
Scoppia a ridere e proprio in quel momento si apre la porta del bagno, da cui saltellano fuori le altre. Il riso gli muore in gola quando vede Ann - eh, lo so, starebbe da Dio anche vestita da mascotte americana, è sempre in grado di oscurare qualsiasi altra ragazza nel raggio di chilometri -, ma lei non sembra farci caso. Come sempre, d’altronde.
«Oh, splendido lavoro!», esclama Melassa, ammirata. «Aiuteresti anche me?»
Mat sorride e le aiuta un po’ tutte, mentre Ann mi prende per mano per riportarmi in classe.
«Io direi di fare incursione nelle altre sezioni e vantarci della nostra bellezza!»
«Con te di mezzo non è poi tanto una novità, Ann».
Anche lei ride, e improvvisamente penso che tutto questo mi mancherà. Mi mancheranno i compagni (be’, non tutti), i bidelli, le aule, le cazzate. Questi cinque anni che sembravano non sarebbero mai terminati.
Glielo dico.
«Mi mancherete tutti».
«Oddio, non piangere!»
«Non sto piangendo!», strillo, allarmata, e lei scoppia a ridere davanti alla mia espressione terrorizzata. Però è vero che ho gli occhi lucidi.
«Non pensarci. Godiamoci semplicemente il momento, e spacchiamo il culo a tutti quelli che non hanno mai creduto in noi».
Ed è con un senso di vittoria che, una volta riunita la classe, andiamo a bussare ai ginnasi, ai novellini, a far vedere loro come diventeranno, a far capire loro che, nonostante tutto, il Classico rimarrà sempre il Classico, e niente potrà oscurarlo.
 
«Dici che abbiamo fatto male a dir loro di fuggire finché sono in tempo?»
«Non ti preoccupare, in ogni caso le finestre hanno le inferriate. Non possono suicidarsi da lì».
«Mi fido».
 
 
 
Oddio, ritardo immenso. Ma tra seconda simulazione di terza prova, compleanni, interrogazioni a go go, momenti di coma profondo, contest ed altro a volte mi sono persino dimenticata di questa storia.
Chiedo venia, mi è anche sfuggita di mano, e lo ammetto. Pensavo sarebbe stato più facile riuscire a gestire tutto, ma mi sono lievemente sopravvalutata.
Vi lascio perché devo scappare a prepararmi, ma prometto che domani risponderò con calma alle recensioni! ^^
(Oggi ci siamo veramente vestite da romane, in compenso. Sto valutando quanto poter sfruttare certe foto per ricatti e quant’altro).
A presto!
 
(*)
Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve
dal sole di mezzanotte dove scorrono le sorgenti d’acqua bollente.
Quanto dolcemente i vostri campi così verdi
possono sussurrare favole di sangue,
di come abbiamo calmato le maree della guerra?
Noi siamo i vostri sovrani.

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Capitolo 9
*** Lunedì 13 giugno 2011 ***


Measuring a summer’s day,
I only find it slips away to grey.
The hours… they bring me pain.
(*)
 
Lunedì 13 giugno 2011
 
«Mi ricordi perché sono qui?»
Bas fa spallucce e proprio in quel momento la madre entra cinguettante in cucina, brandendo un mestolo di legno.
«Cara, ti vanno le omelettes per cena?»
«Mi va bene qualsiasi cosa», sospiro, accasciandomi sulle braccia incrociate sopra il libro di scienze. Giuro che al termine di una giornata simile sarei capace di mangiarmi anche un rinoceronte ancora vivo, ma forse è meglio non dirlo ad alta voce. La signora Ulissi ha la graziosa abitudine di non saper cogliere la mia vena sarcastica: questo significa che parlare con lei è come parlare contro un muro. Sarebbe capace di credermi sul serio. Terrificante.
Bas inizia a togliere i libri e i quaderni dalla tavola, e io mi alzo per aiutarlo ad apparecchiare. Guardo con un senso di nausea la pila di roba che ci resta da fare, soprattutto in considerazione che mancano solo otto fottutissimi giorni all’inizio del nostro personalissimo inferno. Le ore passano fin troppo velocemente per i miei gusti, portando con sé angoscia e terrore.
Non ce la faremo mai.
«Prima mi ha mandato un sms Ann. Mi ha chiesto se per la cena con i professori ci va bene sabato questo, così la D’Agostino è sicuramente fuori per il week-end e non sarà presente».
«Oh, benissimo!»
Non sono l’unica ad odiare quella di matematica, sapete?
Ha passato gli ultimi giorni di scuola minacciando di bocciare chi non aveva la piena sufficienza nelle sue materie dato che, testuali parole, “a me cosa interessa se dovete ripetere l’anno?”
Ha mandato in totale paranoia metà classe - inclusa me e il mio splendido cinque e mezzo di matematica -. Razionalmente sai che non verrai mai bocciato, ma vogliamo metterla con il fattore delirio presente nell’aria già da maggio? Siamo improvvisamente diventati tutti superstiziosi. Melissa ha incrociato un povero piccione spiaccicato sulla strada, venendo a scuola mercoledì, ed è scoppiata a piangere. L’abbiamo trovata devastata cinque minuti prima del nostro discorso d’addio, rintanata in un bagno a mugugnare tra sé e sé.
Leggenda vuole che ne abbia letto le interiora come un aruspice vero e proprio, e vi abbia tirato fuori che non riuscirà a prendere il suo benedetto cento e lode.
Per noi è solo spaventata a morte dall’idea di avere un incidente il giorno prima degli esami e non poterli sostenere. Io faccio continuamente questo incubo. Insieme a Satana che mi propone di mollare tutto e andare insieme a lui a vendere ghiaccioli al Polo Nord.
«Ragazzi, ancora non mi avete raccontato com’è andato l’ultimo giorno di scuola! Aspettavo giusto te, Nadia, perché sai com’è fatto Sebastiano… Non riesco a cavargli di bocca una parola che sia una! Ma io sono così curiosa!»
Oh. Ohohoh.
Bas alza di scatto la testa e stavolta giuro di poter vedere il lampo allarmato nei suoi occhi nocciola - sono finalmente riuscita a capire di che diamine di colore siano, e vi assicuro che non è poco. Il collo diventa teneramente roseo, e capisco che la sua faccia debba essere andata in fiamme. Scuote la testa per implorarmi di tacere, ma non ha fatto i conti con la mia voglia di vendicarmi. Mercoledì il dannato mi ha versato addosso metà bottiglia di spumante (mi ha mirata, l’ho visto! Lui e la sua aria da sadico, mentre con Mat e Fabio faceva saltare il tappo), e il fatto che poi sia dovuta ritornare a casa in corriera, puzzando come un barbone alcolizzato, tra gli sguardi sconvolti delle vecchiette non lo ha minimamente scalfito.
“Eddai, quanto sei permalosa, abbiamo spruzzato tutti! Non sai stare al gioco…”
Bene, vediamo se anche lui non sa stare al gioco.
Dopotutto, non ero mica io quella che, in preda ad un momento di esaltato delirio, saltellava in giro coi calzoni abbassati, esponendo il suo grazioso didietro fasciato dai boxer alla popolazione mondiale femminile riunita nel cortile per sentire i saluti dei quinti. Ammetto però che quello di Mat non era decisamente male…
«Posso fare di meglio! Ho un video registrato da una mia amica dell’altra sezione, salvato sul cellulare… Lo vuole vedere?»
«Oddio, ma certamente! Ho solamente intravisto la bozza del vostro discorso dissacrante, quindi se non sono importuna…»
«Macché!»
Bas - Nad: 1 - 1. Così impara a fare il bastardo.
«Sebastiano, tesoro, perché scappi? Dai, sono sicura che non sarà nulla di così vergognoso…»
«Nah, assolutamente. Siamo pur sempre liceali del Classico, seri e studiosi, no?»
Credo che Bas mi abbia appena lanciato il malocchio. Meglio che recuperi un cornetto.
Non sono superstiziosa, eh, ma non si sa mai.
 
 
Sono senza connessione da mercoledì. Ridete pure - riderei anche io, se non dovessi finire la tesina e non fossi quindi nel famoso liquame maleodorante tanto spesso invocato a teatro. Ho passato delle singolari ore al telefono con i gestori dell’Adsl (nel bel mezzo della chiamata: “Io sono Roberto, e lei?” Ma che ti frega!) e ormai questa casa è il rifugio degli operatori. Sono giorni che trafficano senza risultato (bellissima la domanda: “Ma siete sicuri di aver sempre avuto l’Adsl?” No, guarda, mi è schiattato il criceto nella ruota che faceva andare avanti l’ambaradan, solo che lavorava in nero e non posso denunciarne la scomparsa), e quindi non riesco a controllare recensioni e quant’altro. Smollo questo capitolo alla mia piccola Nori, così me lo pubblica lei, sperando non mi trapani il cervello in preda anche lei allo sclero da esame. Per ora sono ancora viva, quindi ho fiducia.
Intanto è iniziato il ripasso. Cito la scritta di una mia amica sul diario:
“Non senti nell’aria quella NEVROSI da pre-maturità? Io sì! :(“
Mercoledì è stato l’ultimo giorno. Ho dovuto occuparmi, insieme alla santa addetta alla pubblicazione sopracitata, del discorso irriverente d’addio di cui sono abbastanza fiera. Mentre ci davamo alla pazza gioia con il Gioca Jouer - no comment, please, io ero del partito “prima sigla dei Pokemon” - il nostro caro ex-rappresentante di istituto con l’ancor più caro ex-ex-rappresentante d’istituto (infiltratosi non si sa come, dato che a momenti non facevano entrare noi a scuola, figurati un universitario di cui hanno le foto segnaletiche appese ai muri) hanno dato sfogo ai loro istinti più primitivi facendoci il bagno con lo spumante e sì, saltellando in giro seminudi. Dico solo che a momenti avevo le lacrime agli occhi per il troppo ridere. Semplicemente epico, troppo per non riportarlo qui. E abbiamo il video!
Chiudo questa parentesi parecchio lunga (non ho voglia di tornare a storia, si vede?), vi abbandono e vado a votare. E magari anche a recuperare qualcosa per pranzo.
Aggiornerò appena possibile, a costo di farmi un cavo nuovo con la pelle del cranio degli operatori.
See ya
 
(*)
Calcolando le dimensioni di un giorno d’estate,
scopro soltanto che scivola nel grigio.
Le ore… mi arrecano sofferenza.
 
Led Zeppelin - Tangerine

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Capitolo 10
*** Giovedì 23 giugno 2011 ***


Heard a cry for mercy, in the city of the damned
oh oh babe, damned down in the pits you go no lower
the next stop’s underground… Oh, hello underground!
(*)
 
Giovedì 23 giugno 2011
 
La proposta che vorrei fare al Ministero è quella di farci subire gli esami a gennaio, possibilmente dentro un freezer. Anzi, l’idea sarebbe quella di eliminarli direttamente, ma si sa quanto siano ristretti di mente.
Non sono ancora pronti per il grande passo.
Però, seriamente, ciò che più uccide sono i trenta gradi all’ombra; dubito che nel deserto del Sahara faccia più caldo, a mezzogiorno.
«Dormito bene?», mi chiede sorridente Ann, appena arrivata nell’atrio pieno di gente. Io faccio bruscamente cenno di sì con la testa, ma essendo rimasta fino alle due a farmi una maratona di film da suicidio, non si può dire che la cosa sia a tutti gli effetti vera.
Nel frattempo si avvicina anche Melassa, bianca e pallida come uno straccio. Eccone una che ha riposato persino meno di me.
«’giorno», mugugna, gli occhi stravolti. Spero che almeno stamattina non corra a chiudersi nel bagno prima della consegna delle prove come ieri. Credo abbia vomitato anche l’anima.
«III A, III B, III C! Avanti, potete andare in classe!»
Noi tre ci guardiamo e ci facciamo avanti nella calca, salendo la scalinata e recuperando, nel mentre, alcuni nostri compagni.
L’aula è afosa già di prima mattina, e dopo aver abbandonato borse e zaini nella stanza attigua vorresti solamente trovare il modo di fuggire via.
Mi metto a sedere esattamente dietro a Mat, e gli sussurro:
«Hai visto ieri il link della versione che girava? Parlavano di Seneca…»
Lui si volta e mi sorride.
«Sai, non conviene. Se si tratta di quella, annullano la prova e ci tocca rifarla».
Oddio, che prospettiva oscena. Preferisco Tacito alla ripetizione di questo suicidio neuronale. I minuti passano lenti, mentre il Commissario finalmente apre la busta e chiama Melissa per farle proclamare l’autore.
«Seneca», legge con voce incerta.
Oddio, voglio morire.
«Mat!», sibilo inorridita. Sembra più impietrito di me.
«Calma, aspettiamo le tracce».
Quei maledetti minuti sembrano passare al rallenty. Prima delle 8.30 non iniziano a farci passare i fogli, e quasi lo strappo di mano al professore che me lo porge.
“Il vero bene è la virtù”
Dio, ti ringrazio. Non parla di sbocchi di sangue.
Hanno appena evitato una crisi isterica in grande stile.
 
 
 
Nulla da aggiungere, sono troppo stanca. Ma AMO Seneca, l’ho mai detto? Caro e simpatico vecchietto. A presto!
 
(*)
Ascolta il pianto per la grazia, nella città dei dannati
oh oh piccola, dannata, giù nella fossa non vai oltre
la prossima fermata è sottoterra… Oh, ciao, sottoterra!
 
Led Zeppelin - For your life

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