Centosei giorni alla maturità - Diario di un lager di Lely1441 (/viewuser.php?uid=26394)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Martedì 8 marzo 2011 ***
Capitolo 2: *** Mercoledì 9 marzo 2011 ***
Capitolo 3: *** Sabato 12 marzo 2011 ***
Capitolo 4: *** Martedì 29 marzo 2011 ***
Capitolo 5: *** Venerdì 1 aprile 2011 ***
Capitolo 6: *** Sabato 2 aprile 2011 ***
Capitolo 7: *** Sabato 30 aprile 2011 ***
Capitolo 8: *** Sabato 4 giugno 2011 ***
Capitolo 9: *** Lunedì 13 giugno 2011 ***
Capitolo 10: *** Giovedì 23 giugno 2011 ***
Capitolo 1 *** Martedì 8 marzo 2011 ***
Centosei
giorni alla maturità - Diario di un lager
These are the seasons of emotion
and like the winds they rise and fall.
This is
the wonder of devotion
I see
the torch we all must hold.
This is
the mystery of the quotient
upon us
all a little rain must fall.
(*)
Martedì
8 marzo 2011
Sicuramente
Mish non si aspettava tutto questo pienone, stasera. Il pub
è strapieno, vedo
la piccola Cris cercare di farsi largo con il vassoio sopra la testa, e
sono
sinceramente stupita dalla sua abilità: nessuna birra
è stata ancora versata, e
pensare che i bicchieri sono pieni fino all’orlo. La schiuma
ondeggia come la
spuma del mare, ma si rifiuta di traboccare.
«Mish,
non credi di dover dare un aumento a tua figlia?»
L’omone
mi fissa, truce.
«Per
cosa? Per saper fare bene il suo lavoro, così come lo fanno
bene suo padre e
sua madre?»
Decido
di lasciar perdere: a volte la zucca dura di Mish è troppo persino per me.
«Tu,
piuttosto? Non credi che porti male andare in giro conciati in quel
modo?»
Silvia
scoppia in un’allegra risata, e anch’io mi apro in
un sorriso, mio malgrado.
«Non
sapevo fossi così superstizioso! Hai paura della
morte?»
Mish
fa un gestaccio e contemporaneamente si tocca i gioiellini di casa,
sputando alcuni
insulti nella sua lingua. Sapevo che l’avrei fatto
arrabbiare, ma andiamo: è Martedì
Grasso, un po’ di divertimento!
«Non
potevi fare qualcosa di più normale,
come
lei?»
Sorrido.
Silvia è la mia principessina, e il vaporoso abito rosa
pastello è quanto di più
atroce e fuori luogo si possa vedere
in
un pub arredato come se ne vedono tanti, sì, ma in Irlanda.
La cosa che più mi diverte
è pensare che se fossimo in una favola e lei dovesse
impersonare il ruolo della
fragile nobile che è, nel caso in cui arrivasse il suo
principe azzurro dovrebbe
fare i conti con la Morte in persona. Una Morte piuttosto incazzata e
possessiva,
a voler essere sinceri.
Che
io sia tanto egoista quanto la nera signora?
«Ti
prego, parli con me. La tua avventrice preferita, che non
può neanche bere birra
perché è celiaca…»
Mish
borbotta, raddolcito. Come si fa a non voler bene ad un uomo che
è disposto a sputare
sul suo Credo (passandomi birra senza glutine, e quindi non vera birra) pur di avermi intorno a
rompergli
le balle?
«È
tardi,
vai a casa. Quest’anno non dovrebbe essere l’anno
del giudizio?»
«Sì,
universale… Mish, sono solo le undici! Non puoi cacciarmi,
è presto!»
«Domani
hai scuola, fila».
Improvvisamente
non è più l’uomo della mia vita, dato
che vige una sola regola con lui e sceglie
di usarla sempre a tradimento: quando mi dice di filare, io filo.
Raccatto la mia
stupenda falce e prendo per mano Silvia, creandomi un percorso con la
lunga asta.
Uscita dal locale, sistemo meglio l’enorme cappuccio nero che
mi cade sugli occhi,
cercando di ripararmi da questa pioggerellina leggera che ha deciso di
spuntare
all’improvviso.
L’anno
del giudizio.
Già,
questo dovrebbe esserlo. Perché mancano solamente centosei
fottutissimi giorni agli
esami.
E
io
devo ancora cominciare a studiare.
Pubblicherò
un po’ come viene. Tutti i capitoli saranno così
brevi, perché sono solo dei rapidi
flash - quasi - giornalieri che si concentrano su determinati dettagli.
Ciò non
significa che i personaggi non avranno luogo di venire illustrati via
via, anzi!
Li scoprirete pian piano :)
Ovviamente,
ogni segno di vita - aliena o meno - sarà gradito ^^
(*)
Queste
sono le stagioni delle emozioni
e
come
i venti salgono e ricadono.
Questa
è la meraviglia della devozione
vedo
la torcia che noi tutti dobbiamo reggere.
Questo
è il mistero del quoziente
sopra
tutti noi una piccola pioggia deve cadere.
Led
Zeppelin - The rain song
|
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Capitolo 2 *** Mercoledì 9 marzo 2011 ***
Singin' in the
sunshine,
laughin' in the rain,
hittin' on the moonshine,
rockin' in the grain,
got no time to pack my bag,
my foot's outside the door.
I got a date, I can't be late
For the high I'm headed for.
(*)
Mercoledì 9 marzo 2011
«Marta,
comincia pure tu con la traduzione».
«Clarorum
virorum
facta moresque posteris tradere, antiquitus usitatum, ne nostris
quidem…»
Alla
quinta ora di una giornata che ha previsto materie
leggere come fisica, matematica e greco alla seconda, mi
chiedo quanto
il vicepreside si sia divertito nel redigere l’orario
scolastico. Tanto più che
a seguire c’è religione. Ma chi è
quell’idiota che metterebbe religione all’ultima
ora, dico io!
Appoggio
la guancia al gomito sul banco, facendo finta di essere profondamente
impegnata
nel prendere appunti, quando in realtà ne approfitto per
fare una pausa mentale.
La voce monotona e sofferta di Marta sta mietendo molte vittime: alcuni
sono caduti
in catalessi - fissano il libro con sguardo vitreo e sgomento, un
po’ come immagino
fosse l’espressione delle vittime di Medusa nel momento della
pietrificazione -,
altri si sforzano di stare attenti, ma solo le solite tre riescono a
farlo davvero.
Una fila strana, la loro: è un po’ come se il QI
di tutti i ricercatori della NASA
fosse concentrato in quei pochi metri quadrati. A dirla tutta, fanno
anche parecchio
paura, soprattutto quando scopri che sono davvero
in grado di tradurre decentemente dal greco al latino (e
viceversa!) senza sembrare
delle povere epilettiche. Gira la voce che tra loro si rivolgano nella
lingua di
Cicerone o quella di Demostene (alcuni hanno proposto il sanscrito,
addirittura),
ma sono abbastanza sicura che questa eventualità non
sussista: non le vedo mai parlare
se nelle interrogazioni o negli interventi, figuriamoci se
chiacchierano tra di
loro rischiando di compromettere il loro voto di condotta.
L’unico
vero movimento evidente è il gesticolare di Ann, che sta
parlottando come sempre
con Mat. Ann è di quella categoria di persone che hanno una
bellezza ed un carisma
straordinari, quelle che ti immagini a capo di una grande azienda
petrolifera o
di una rivolta in Bolivia, indifferentemente. Per quattro anni si
è candidata come
rappresentante di classe - tranne l’anno scorso, quando
è stata eletta rappresentante
degli studenti -, e ha sempre vinto. Non che la cosa stupisca nessuno,
e non ci
rodo. Non di Ann: non si può invidiarla o detestarla,
è impossibile. Insieme a lei
c’è sempre Mat, il suo migliore amico; una figura
decisamente più nell’ombra rispetto
alla sua, ma è impossibile vederli separati. Un
po’ come me e Sì, ma almeno io non
sono innamorata di lei.
Mi
chiedo
cosa accadrà quando Ann se ne accorgerà, dato che
le sarebbe impossibile contraccambiarlo.
O forse se ne è già accorta, ma per tacito
assenso fanno entrambi finta di niente.
Che grandi casini, i sentimenti.
Mentre
bisbiglia concitatamente, alza lo sguardo e mi sorride: mi saluta e mi
sillaba qualcosa,
che interpreto come un “hai qualche proposta per i cento
giorni”?
Oh,
cazzo. I cento giorni.
Spalanco
gli occhi e faccio segno di no con la testa, quindi lei mi dice di
aspettare e mi
manda un biglietto, facendolo volare per la classe. Grazie al cielo,
quella di latino
sembra si sia addormentata, cullata dalla voce di Marta: ha smesso da
tempo di correggerla.
“Io
e Mat pensavamo di andare al Gatto Nero, perché almeno chi
vuole ballare e stare
lì fino a tardi può farlo, mentre gli altri
possono rimanere ai tavolini a chiacchierare
- giusto per non sentire le Moire rompere tanto le palle! -
A
te
e a Silvia potrebbe andare bene?
P.S.
Se hai un modo per convincere quelle tre a bigiare la scuola almeno quel
giorno, te ne sarei grata! Per ora proponevamo la costrizione fisica o
il pestaggio
coatto, ma c’è il pericolo che ci denuncino,
‘azz”.
Rido
piano. Che carina, ha pensato anche a Silvia. Le do l’ok con
la mano, perché credo
che non sarà un problema per i nostri parenti, ma ovviamente
non ho idea di come
fare per l’altra faccenda. Ann annuisce ancora e ricomincia a
borbottare con Mat,
probabilmente di dove trovare dei passamontagna senza essere scoperti.
Lunedì
ci saranno esattamente cento giorni a dividerci da quel giorno
maledetto. Siamo
sparati al massimo verso una meta di cui non conosciamo la
collocazione, qualcosa
che gli altri identificano come “futuro”.
Ho
già
il mal di pancia.
Prima
presentazione alquanto sommaria di Ann - e ancora più
sommaria di Mat.
Altro
capitolo incentrato sull’ansia da esami, un po’ per
esorcizzare la situazione. Credo
che il prossimo aggiornamento sarà venerdì, se
riesco a tornare per un orario decente,
o direttamente sabato.
Da
noi
esiste la tradizione dei cento giorni - andare a scuola è
vietato, chi viola la
regola andrà per forza male agli esami (o almeno,
così tramandano XD), io ho optato
per l’opzione “centro benessere”.
Attendo
lunedì come la manna dal cielo +_____+
La
frase
in latino citata è di Tacito, ed è
l’inizio dell’Agricola.
Questa la traduzione: Tramandare
ai posteri le azioni e i costumi degli uomini illustri, cosa abituale
sin dall’antichità,
neppure nel nostro tempo…
(*)
Cantando
nel sole,
ridendo sotto la pioggia,
scoprendo il chiaro di luna,
rotolandosi nel grano,
non ho tempo di fare le valigie
sono già oltre la porta.
Ho un appuntamento, non posso tardare
per il massimo verso cui sono diretto.
Led
Zeppelin - The Ocean
|
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Capitolo 3 *** Sabato 12 marzo 2011 ***
Communication breakdown,
it's always the
same,
I'm having a
nervous breakdown,
drive
me insane!
(*)
Sabato
12 marzo 2011
Il
Sabato,
finalmente il Sabato. Niente di
meglio
per riprendersi dalla solita settimana traumatica.
E
non
un’ora qualunque, bensì l’ultima: quando
qualsiasi professore getta la spugna e
rinuncia a fare lo stronzo – be’, almeno quasi
tutti.
Quello
d’italiano ha riportato i compiti della settimana scorsa,
Chiara li distribuisce:
io sorrido tra me e me, perché è una delle poche
materie in cui mi è impossibile
andare sotto l’otto.
Accolgo
il mio nove con un moto d’orgoglio, e leggo subito il
giudizio che mi è stato lasciato.
“Molto
soddisfacente. Come tuo solito, d’altronde”.
Ecco,
questo è precisamente uno di quei momenti da incorniciare.
Mi guardo intorno come se sperassi
che il mio voto si sia tatuato sulla fronte, quando Chiara, tornata a
sedersi al
suo posto, si gira e mi comunica preoccupata:
«Bas
ha preso dieci. L’ho visto quando gli ho consegnato il suo
compito!»
Silenzio.
Bagatelli è uno dei pochi professori per cui nutro la
più smisurata ammirazione,
bevo letteralmente ogni parola che dice, e ricordo chiaramente il suo
“non metto
dieci di principio, dato che la perfezione non esiste”. Per
me è una delle solite
cazzate da svitati, ma finché io vado bene non mi lamento.
E
ora
osa cambiare linea? Ora? Dopo tre fottutissimi anni in cui ho sputato
sangue
per cercare di fargli cambiare idea, tre anni in cui ho sognato la sua
entrata in
classe mentre, commosso dal perfetto lavoro di una sua allieva,
annuncia la scoperta
di un vero e proprio talento geniale?
Cristo.
È davvero un uomo.
Un
uomo
morto.
Cerco
Bas con gli occhi, e visualizzo subito la sua felpa enorme e la testa
tutta ricci.
Nessuno, dal quarto ginnasio, è riuscito a vederlo in viso
per più di qualche istante,
dato che i ciuffi abbastanza lunghi e del tutto indomiti gli ricadono
da tutte le
parti. Sempre zitto, sempre calmo, non è uno da cui ti
aspetteresti un dieci da
quello stronzo di Bagatelli.
«Bas,
Bas!»
Si
volta
e gli chiedo se mi fa vedere il suo compito, con il mio più
largo sorriso. Lui deve
avermi intravisto da dietro quella cortina che porta davanti agli
occhi, perché
dopo qualche istante mi fa cenno di no e torna a chinare la testa sul
banco, perso
come al solito nel suo anonimo mondo di anonimi.
Il
sorriso
mi si congela sul volto.
Cosa
avrà mai da nascondere? Lo schifo più totale?
Bene, quindi il tuo compito ha fatto
schifo, ma il professore ti protegge e ti ha messo dieci per qualche
sordido motivo!
Magari ha una relazione con tua madre! Magari lo stai ricattando in
qualche modo!
Stronzo
più stronzo.
Bene.
Benissimo.
Perfetto.
«Nad,
tutto bene?»
Chiara
deve essersi accorta della mia espressione feroce. Sbatto le palpebre e
riacquisto
la calma.
«Sì,
tranquilla».
Stupido
Bas, scoprirò cosa nascondi.
(*)
Blocco
delle comunicazioni
è
sempre
lo stesso,
sto
avendo un esaurimento nervoso,
mi
fa
uscire pazzo!
Led
Zeppelin - Communication breakdown
|
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Capitolo 4 *** Martedì 29 marzo 2011 ***
What did you bring
me, my dear friends,
to keep me from the
Gallows Pole?
I couldn’t get no
silver, I couldn’t get no gold,
you know that we're
too damn poor
to keep you from
the Gallows Pole.
(*)
Martedì
29 marzo 2011
«Giuro
che se sopravvivo ad oggi, andrò in chiesa ogni
domenica…»
«Chiara,
ma tu non eri agnostica?»
«Seguo
i dettami di Pascal, faccio una sfida. Se passo l’esame,
significa che qualcuno
lassù esiste».
Io
invece
giuro che se sopravvivo ad oggi, resuscito Gentile e la sua stupida
riforma per
riammazzarlo di nuovo. Ma perché devi inserire un esame da
dieci materie su un programma
di un intero anno? No, dico, quale razza di sadico è uno che
gode nel gettare ciclicamente
migliaia di ragazzi nel più totale sconforto, aumentando
drasticamente il livello
di suicidi?
L’avessi
davanti, gli farei davvero molto, molto male.
Ore
9.15, inizio ufficiale della prima simulazione della terza prova.
C’è gente che
dondola su sé stessa, chi scoppia in funeree risate
isteriche, chi si lascia ad
andare ad una serie di espressioni colorite, alcune delle quali
decisamente fantasiose
- ho sentito un per Ercole!
giungere dal
fondo. Sempre detto che il Classico fa male.
«Spero
ci metta Marx…»
Sbuffo
con aria di sufficienza. Per forza che ci metterà Marx,
è l’unico filosofo che non
è mai stato verificato, a differenza di tutti gli altri. Non
mi sono nemmeno data
pena di ripassare (in alcuni casi, come per Fichte e Schelling, si
tratta proprio
di studiare) il resto. Le
centocinquanta
pagine di scienze sono bastate a farmi desistere da un simile spreco di
tempo.
«Buoni,
ragazzi, buoni… Fate girare i fogli, non parlate! Gasparini,
la gomma la mastichi
a casa, non in classe! Sputala subito! Non
parlate!»
Arrivano
le prove. Latino - traccia prevedibile -, inglese - argomento
annunciato -, scienze
- tutto sommato una cavolata, le galassie non sono difficili -.
E
filosofia.
“L’assoluto;
come i tre grandi fondatori dell’idealismo tedesco (Fichte,
Schelling, Hegel) hanno
posto il problema del finito e dell’infinito”.
…
Vaffanculo.
Scusate
il ritardo, sostenere la terza prova mi ha tenuta occupata prima e
impigrita poi.
Ammetto di essere messa esattamente come Nad (Fichte?
Cos’è, si mangia?) dato che
pur avendoci dato l’intero programma da ripassare, quei due
li ho proprio saltati.
(Scherzo, Schelling mi stava più simpatico, almeno i
riassunti li ho preparati).
Ammetto
che si è trattato di un’esperienza terribile in
quanto ansia, ma anche abbastanza
sorprendente davanti alla realtà dei fatti. Tre prove svolte
in tre quarti d’ora
(ho avuto più di due ore per fare quella di francese,
incluso un sonnellino).
Ci
si
rivede con Nad alla ricerca del segreto di Bas! (Ora torneranno
aggiornamenti più
regolari, lo prometto ^^)
(*)
Cosa
mi avete portato, cari amici,
Per
salvarmi dalla forca?
Non
ho trovato argento, non ho trovato oro
Sai
che siamo troppo poveri
Per
salvarti dalla forca.
Led Zeppelin - Gallows Pole
|
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Capitolo 5 *** Venerdì 1 aprile 2011 ***
Well, they call me
the hunter, that’s my name,
call me the hunter,
that’s how I got my fame.
Ain’t no need to
hide,
ain’t no need to
run,
‘cause I got you in
the sights of my gun.
(*)
Venerdì
1 aprile 2011
«Ok,
questo è il piano».
Come
si suol dire, siamo al regolamento dei conti. Sì mi
aiuterà ad intrufolarmi nella
Sala Insegnanti e io rovisterò nel cassetto di Bagatelli per
scoprire tutte le sue
sordide macchinazioni… Chissà se insieme ai
compiti tiene anche delle foto compromettenti
- che so, il primo bagnetto o la prima sbronza. Sarebbe divertente
vederle.
Silvia
ridacchia, ma con discrezione. So benissimo cosa pensa di questa
storia, ma io non
ho intenzione di rinunciarvi neppure per i suoi begli occhioni blu.
Perché,
perché detta così sembra sempre altro?!
«Nad,
lo so, io uscirò per fare delle fotocopie e tu per andare in
bagno, così mi aggirerò
nel corridoio e se vedrò arrivare qualcuno
comincerò a tossire come una tisica dell’Ottocento
allo stato terminale e tu avrai il tempo di scappare via o perlomeno di
inventarti
una balla decente».
Perché
nella mia testa non suonava così sbagliato? Forse
è per il tono serafico che ha
usato. È una delle capacità più
inquietanti della mia piccola: sa dire cose orribili
con la stessa inflessione che usano negli spot dei pannolini per
bambini.
L’unico
inconveniente è che la D’Agostino si rifiuta di
farci uscire in due, anche se dobbiamo
fare cose diverse. Quant’è assurda questa stupida
regola! Come se noi studenti andassimo
in giro a spaccare le finestre del bagno o a terrorizzare le bidelle
agitando cadaveri
di galline sgozzate! Siamo due innocue ragazze di
diciott’anni, per la miseria!
Non vede che faccia angelica che abbiamo?
«Panbianco,
falla finita. Vai in bagno e torna subito, non credo ti serva la scorta
per espellere
i tuoi liquidi, non sei più all’asilo. O ti serve
il tifo per essere riuscita a
capire come si tira lo sciacquone?»
Dio,
quanto odio quella di matematica. E non si tratta della sola leggenda
metropolitana
alla “ho fatto il Classico perché non mi piaceva
la matematica”: si tratta proprio
di questa donna e della sua stronzaggine intrinseca.
E
quest’anno
è pure interna! Preferivo vedere Satana in persona cantare
“I will survive” agitando
i pompon durante la mia prova orale.
Esco
digrignando i denti, e una volta chiusa la porta corro verso la Sala
Insegnanti.
Fortunatamente non ho incontrato nessuno, e anche la stanza
è vuota (per forza,
ho calcolato personalmente quale fosse l’orario migliore per
avere una maggiore
libertà d’azione. Lo so, lo so, sono un genio).
Ignoro l’enorme cartello che vieta
l’entrata e l’uso dei pc agli studenti -
è più minaccioso il Keep
Off che mia sorella di otto anni ha
attaccato sulla porta della sua camera - e comincio immediatamente a
rovistare nel
cassetto dell’armadio metallico che mi interessa. Trovare il
fascio dei fogli protocollo
dell’ultimo compito è un gioco da ragazzi,
così come recuperare quello di Sebastiano
Ulissi. Sento il cuore in gola e la mia mano scivola un paio di volte
prima di riuscire
a recuperare il cellulare dalla tasca. Basterà fotografare
tutte le pagine e poi
ingrandirle per leggere questo benedetto compit-
«Nadia,
cosa ci fai qua dentro?»
Avete
presente la sensazione di una secchiata d’acqua gelida sulla
schiena? No? Non ve
la auguro.
«Io…
Ehm, stavo solo fotografando il giudizio del mio compito. Sa che per
fotocopiarlo
serve una richiesta scritta alla preside e bla bla bla, ma davvero,
volevo solo
avere la mia valutazione, dato che ero assente quando il prof li ha
riconsegnati
e ho saputo solo il voto!»
Cavolo,
la prof di religione. Mi guarda con un po’ di sospetto,
quindi sfoggio il mio più
bel sorriso e sto lì, in attesa. Grazie a Dio, è
una svampita di prim’ordine.
«Per
questa volta chiuderò un occhio… Ma che non ti
trovi di nuovo qui dentro, sai bene
che non è permesso a voi studenti stare qui
dentro».
Annuisco,
metto tutto a posto e corro via. Accidenti, ora mi toccherà
ricorrere al piano B.
«Bas,
ti concedo l’onore di invitarmi a casa tua per
un’operazione di ripasso in previsione
della verifica di storia di lunedì. Oh, ovviamente verranno
anche Silvia, Anna,
Matteo e Mel-ehm, Melissa».
Bas
mi guarda stralunato. O almeno credo,
dato che non riesco a vedergli nemmeno il naso. «Domani alle
quattro, e per favore,
cerca qualcosa per la merenda che non contenga glutine, almeno per me:
sai, sono
celiaca».
«Lo
so», dice, prima di tornare a dedicarsi ai suoi fumetti.
Pensavo di incontrare più
resistenza, in tutta onestà. Ma meglio così,
avere a che fare con persone senza
spina dorsale sarà pure snervante, ma torna sempre utile.
Ora
devo solo convincere gli altri a passare il sabato pomeriggio sui
libri. O meglio,
Ann e Melassa. Mat seguirà Ann e Sì
seguirà me.
Non
è una trovata geniale?
(*)
Be’,
mi chiamano il cacciatore, questo è il mio nome,
chiamami
il cacciatore, è così che ho ottenuto la mia fama.
Non
c’è alcun bisogno di nascondersi,
non
c’è alcun bisogno di scappare,
perché
sei già nel mirino della mia pistola.
Led Zeppelin - How many more time
|
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Capitolo 6 *** Sabato 2 aprile 2011 ***
Didn’t take too
long ‘fore I found out
what people mean by
down and out.
Spent my money,
took my car,
started tellin' her
friends she gon' be a star.
(*)
Sabato
2 aprile 2011
«Non
è molto carino isolarsi dagli altri. Se volevi una pausa,
bastava chiederlo».
Mi
tiro
su di scatto dal cassetto della scrivania. Ma
cos’è, la settimana del gioco
“divertiamoci
a trovare Nadia con le mani nella marmellata”?! Lo chiudo con
uno scatto e mi volto
a guardare Bas, replicando sicura: «Avevo solo bisogno di un
fazzoletto, lo stavo
cercando».
Lui
si stacca dallo stipite e mi si avvicina, a braccia incrociate. China
la testa e
mi osserva (o almeno credo che mi osservi, con quel ciuffo da pechinese
non è che
si riesca a esserne poi così sicuri); la mia lingua vorrebbe
muoversi, confessare
tutto, ma il mio orgoglio, grazie al cielo, mi tiene ancorata alla mia
faccia di
bronzo. Ciò che mi ha insegnato l’esperienza
è che non importa che bugia dirai:
il segreto è tutto nel saperla dire.
E
in quanto a faccia tosta, modestamente io sono un as-
«Nad,
cosa vuoi realmente da me? Non ci siamo mai parlati in praticamente
cinque anni,
e improvvisamente ti interessi della mia famiglia, mi mandi bigliettini
quantomeno
minacciosi e ti autoinviti a casa mia. Cos’è che
ti interessa tanto?»
Apro
la bocca, ma poi la richiudo. Bisogna saper riconoscere la sconfitta.
Almeno, così
dicono.
«Ok,
va bene. Lo sanno tutti che nella nostra classe sono l’unica
a saper scrivere decentemente,
poi arrivi tu e strappi un dieci a quello stronzo che aveva giurato che
non l’avrebbe
mai messo a nessuno, neppure a me! Scusa, ma non credo assolutamente
che te lo sia
guadagnato lealmente. Non contro di me, almeno».
Le
guance
mi vanno a fuoco per la vergogna, ma tengo il mento sollevato e lo
sguardo fisso
su quelli che dovrebbero essere i suoi occhi. Lui sospira e sembra
abbandonare ogni
atteggiamento di ostilità.
«Tutto
qui? Non ti bastava chiedere?»
«Ma
se l’ho fatto e tu hai rifiutato! Ti ho chiesto di farmi
vedere il compito e mi
hai detto di no!»
«Volevo
rileggerlo prima di riconsegnarlo, sai che ci lascia a malapena il
tempo di vederli».
«Balle».
Non
esiste che io abbia torto. Proprio non esiste. Si avvicina di nuovo e
io faccio
un balzo di lato, ma non mi calcola e si inginocchia vicino al letto.
Infila una
mano tra il materasso e le molle, e ne tira fuori un piccolo quadernino
con delle
scritte argentee e dei disegni sulla copertina.
«Goditelo.
Scoprirai che non ho nulla da nascondere». Me lo lancia e io
me lo rigiro tra le
mani, non sapendo cosa rispondere. «Dagli
un’occhiata e torna da noi, Melissa sta
andando in crisi di nervi perché nessuno la ascolta: Ann e
Mat hanno iniziato a
tirarsi delle palline di carta e Silvia canticchia Over the rainbow a
testa in giù
sul divano».
Se
ne
va e la stanza torna nel più assoluto silenzio. Apro quel
quaderno e vi scopro una
scrittura minuscola, fittissima, che ha riempito ogni più
piccolo angolo di carta.
Sono perlopiù versi e aforismi, ma di una
profondità di cui non l’avrei mai ritenuto
capace. Di tanto in tanto, anche qualche pagina dedicata a dei pezzi
che sembrano
frammenti di una storia fantasma mai scritta.
Benissimo.
A quanto pare, dovrò impegnarmi di più
d’ora in avanti.
Ho
smesso di credermi
invisibile ed ho cominciato ad esserlo veramente.
(*)
Non
ci misi molto a scoprire
cosa
la gente intenda con “rovinato”.
Spendeva
i miei soldi, usava la mia macchina,
aveva
iniziato a dire ai suoi amici che sarebbe diventata una star.
Led
Zeppelin - Black Dog
|
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Capitolo 7 *** Sabato 30 aprile 2011 ***
I never thought I'd
do anybody no wrong, no, no-one, so.
Ahh do it! Oh! I
did somebody some good,
Somebody some good
yeah, I saw.
Uh! Oh! Did
somebody some good yeah.
I musta' did
somebody some good yeah.
Oh! I believe I
did.
(*)
Sabato 30 aprile 2011
Ciò
che più è problematico a scuola è il
tentare di stare attenti quando si ha un mal
di testa degno di quello che deve aver provato Zeus nel partorire Atena
(l’intelligenza
di un uomo nello scegliere di partorire da lì, bah).
È come cercare di espellere
una pallottola infuocata dalla fronte mentre il mostro che ci insegna
matematica
parla in ostrogoto e pretende pure che tu la stia a sentire. E non solo
sentire,
addirittura capire.
«Mi
viene da vomitare», sussurro a Sì, che mi mette
una mano sul braccio, comprensiva.
«Dai,
vedrai che non è così difficile da ca-»
«Sì»,
la interrompo, vagamente seccata. Sto male, non mi va di sprecare
troppo fiato.
«Mi viene davvero da
vomitare».
«Oh».
Perfetto,
ora mi sento davvero impermalita. Solamente perché lei
è uno di quei geni alla Will
Hunting - e non saprebbe distinguere un participio presente latino da
uno perfetto,
ci tengo a sottolinearlo - non significa che io faccia poi
così schifo. Qualche
quattro ogni tanto non pregiudicano un’onorata carriera di
sufficienza.
Un
ronzio
fastidiosissimo alle orecchie mi fa strabuzzare gli occhi, e il
malessere si fa
insopportabile.
«Prof,
posso uscire un attimo? Non mi sento granché
bene…»
Sento
solo la sua voce, perché non sono più in grado di
capire cosa stia accadendo intorno
a me.
«No.
Non vedi che sto spiegando? Rimettiti seduta».
Solitamente,
un “brutta bagascia frigida” sottovoce non me lo
sarei risparmiato, ma onestamente
riesco solo ad avvertire una forte fitta al fianco, e poi
più nulla. Black-out totale.
«È
stato
solo un calo di zuccheri, niente di grave».
Calo
di zuccheri? Allora quella strega è davvero peggio di un
Dissennatore: altro che
anima e felicità, ti porta via persino il glucosio.
«Quella
bagascia…», sussurro, ancora frastornata. Sento
una risata soffocata e sprofondo
ancora di più la testa nel cuscino. Non solo ho uno
schifosissimo ago piantato in
vena, devo anche avere degli ospiti indesiderati a infestare il mio
letto di morte.
«Bas,
se non la pianti immediatamente scoprirai cosa so fare con un
bisturi».
«Uh,
aggressiva la ragazza. Fortuna che i nostri bisturi sono nelle sale
chirurgiche,
bene al sicuro dalla nostra Kill Bill».
Gemo.
Non solo Bas, pure il padre. Perché ovviamente
cos’altro poteva farci suo padre
in ospedale? Il dottore. Un fottutissimo dottore. Io odio i dottori,
quasi quanto
odio i clown.
«Dovrò
sopportare tutto questo ancora per molto?»
Socchiudo
gli occhi e di nuovo la luce mi acceca.
«Be’,
direi che una volta finita la flebo basta aspettare tua madre e poi
puoi tornare
a casa».
Porca
miseria.
«I
miei
sono in viaggio con mia sorella. Bahamas, Mauritius, qualcosa del
genere. Il piccolo
è dagli zii, quindi me la cavo da sola queste
settimane».
Quei
maledettissimi esseri che si proclamano miei genitori hanno deciso di
lasciarmi
a casa per un futile motivo quale l’esame di stato. Dannati.
«Sei
venuta in macchina, stamattina? L’hai lasciata a
scuola?»
«No,
prendo la corriera. Non ha senso cercare di trovare un posto in quel
minuscolo parcheggio
dietro la biblioteca, non quando sei perennemente in ritardo».
«Hai
programmi questo pomeriggio?»
Quasi
mi soffoco con la mia stessa saliva.
«Senta,
non so se è un fissato di Lolite o cos’altro, ma
oltre al fatto che è troppo vecchio
per i miei gusti… non le sembra decisamente da pervertito
chiedermi di uscire davanti a suo figlio?»
Il
dottore
Ulissi mi guarda disorientato, e poi fissa Bas, che sembra perplesso e
vagamente
disgustato. Sembra, non posso capire cosa ci sia dietro quella massa
informe di
riccioli; ma di solito me la cavo bene con questa sorta di cose -
l’empatia o come
diavolo la chiamano.
«Papà,
dimmi che è uno scherzo».
Ed
è
a causa della mia empatia che
afferro
il fatto che non si stia riferendo a ciò che io penso.
«E
perché
no, Bas? Tua madre sarà felicissima di avere
un’altra piccola per casa di cui occuparsi!»
Oh.
Mio. Dio.
«Cosa
sta dicendo? Mi vuole rapire e portare a casa, per poi ingrassarmi e
cucinarmi al
forno?!»
«No,
pensavo solo di invitarti a casa nostra. Sai, ho come
l’impressione che tu non stia
curando adeguatamente la tua alimentazione, questi giorni, ed
è molto pericoloso,
data la celiachia… Mi sentirei più tranquillo ad
averti sott’occhio; abbiamo una
camera per gli ospiti che è sempre pronta per ogni
evenienza. In più, Bas è figlio
unico, e sono convinto che gli manchi la sensazione di avere una
sorellina!»
Mi
ripeto:
oh. Mio. Dio. Questa è una gabbia di matti.
«Non
ci pensi nemmeno. Posso denunciarla per molestie e per tentato
rapimento!»
Ma
il
dottore è già uscito correndo per chiamare la sua
adorabile mogliettina. Le mie
braccia, usate per il mio solito gesticolamento folle, ricadono
pesantemente sul
lettino.
«Bas,
davvero. Dimmi che mi odi e che questo è un tuo complotto
per eliminarmi».
Lui
si stringe nelle spalle.
«È
papà,
è fatto così. Non puoi combatterlo. E fidati, non
l’ho istigato, perché altrimenti
quella flebo ti starebbe iniettando cianuro o un pesticida».
«Lascerebbe
una prova, non saresti mai così stupido. La tortura
psicologica invece è un omicidio
intelligente».
La
sua
bocca si stira lievemente in un sorriso, e torno a chiudere gli occhi.
«Forse
hai ragione. Dopotutto, non hai ancora conosciuto mia madre».
Lo
so
che ho diciannove anni e dovrei essere la “cazzuta”
di turno. Ma, seriamente… Se
mi mettessi a piangere avrei un’attenuante, in questo caso?
Non
credo di aver ucciso nessuno nella mia precedente vita. Quindi,
perché tutto questo?
(*)
Non
credo di aver mai fatto del male a nessuno, credo.
Ah,
l’ho fatto! Oh! A qualcuno ho fatto del bene
un
po’ di bene a qualcuno sì, credo.
Uh!
Oh! A qualcuno ho fatto del bene,
devo
aver fatto bene a qualcuno, no?
Oh!
Credo di averlo fatto.
Led Zeppelin - In my time of dying
|
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Capitolo 8 *** Sabato 4 giugno 2011 ***
We come from the
land of the ice and snow,
from the midnight
sun where the hot springs blow.
How soft your
fields so green
can whisper tales
of gore,
of how we calmed
the tides of war?
We are your
overlords.
(*)
Sabato 4 giugno 2011
«Silvia,
vuoi chiudere quella dannatissima porta?»
Dio,
che nervi. Già la mattina era iniziata male, con mia madre
che mi urlava che se
provavo a tagliare il mio lenzuolo in due avrebbe ridotto me in più che due pezzi, ma
l’essere in cinque in un cubicolo da un
metro per un metro non aiuta, in ogni caso.
«Non
si chiude!», pigola lei, schiacciata contro la maniglia. Ho
l’istinto di prendere
per la collottola Chiara, Melissa e Ann, che si sono allegramente
infiltrate insieme
a noi per cambiarsi, e sbatterle fuori, ma resisto stoicamente.
Oggi
è l’ultimo sabato di scuola della nostra vita, e
abbiamo deciso di dar guerra a
quelli dello scientifico, che come tradizione si sono vestiti
elegantemente, e a
quelli del linguistico, in tenuta da mare, con l’uniforme che
più si addice ai nostri
studi: le toghe romane.
«Ok,
ho capito, esco io». E basta, non resisto più,
dopo una gomitata di Melassa nell’intestino
chiunque preferirebbe spogliarsi in mezzo alla strada piuttosto che
passare altri
minuti con loro. Anche perché siamo talmente incastrate che
non riesco neppure ad
alzare un gomito.
Esco
e chiudo finalmente la porta - che ne sarà di loro?
Francamente, me ne infischio
-, lasciandole in balia dei loro pochi centimetri d’aria. Mi
guardo furtivamente
intorno per vedere se arriva qualcuno, nel corridoio che collega i
bagni femminili
a quelli maschili, e mi aggiusto la toga. Decisamente, dal video su
youtube sembrava
facilissimo, invece no! Non lo
è! Questo
lenzuolo non vuole saperne di star su e le spille non reggono.
«Aspetta,
ti aiuto».
Oh,
Mat, mio salvatore!
«Se
riesci a ricavarne qualcosa…»
Lui
guarda pensoso il drappo e s’inventa una soluzione che
decisamente mi fa rivalutare
l’abilità maschile nel campo della sartoria. Mi
appunta la spilla dorata sulla spalla
e fissa soddisfatto il suo lavoro.
«Hai
un futuro come sarto, non ne sei felice?»
Scoppia
a ridere e proprio in quel momento si apre la porta del bagno, da cui
saltellano
fuori le altre. Il riso gli muore in gola quando vede Ann - eh, lo so,
starebbe
da Dio anche vestita da mascotte americana, è sempre in
grado di oscurare qualsiasi
altra ragazza nel raggio di chilometri -, ma lei non sembra farci caso.
Come sempre,
d’altronde.
«Oh,
splendido lavoro!», esclama Melassa, ammirata.
«Aiuteresti anche me?»
Mat
sorride e le aiuta un po’ tutte, mentre Ann mi prende per
mano per riportarmi in
classe.
«Io
direi di fare incursione nelle altre sezioni e vantarci della nostra
bellezza!»
«Con
te di mezzo non è poi tanto una novità,
Ann».
Anche
lei ride, e improvvisamente penso che tutto questo mi
mancherà. Mi mancheranno i
compagni (be’, non tutti), i bidelli, le aule, le cazzate.
Questi cinque anni che
sembravano non sarebbero mai terminati.
Glielo
dico.
«Mi
mancherete tutti».
«Oddio,
non piangere!»
«Non
sto piangendo!», strillo, allarmata, e lei scoppia a ridere
davanti alla mia espressione
terrorizzata. Però è vero che ho gli occhi lucidi.
«Non
pensarci. Godiamoci semplicemente il momento, e spacchiamo il culo a
tutti quelli
che non hanno mai creduto in noi».
Ed
è
con un senso di vittoria che, una volta riunita la classe, andiamo a
bussare ai
ginnasi, ai novellini, a far vedere loro come diventeranno, a far
capire loro che,
nonostante tutto, il Classico rimarrà sempre il Classico, e
niente potrà oscurarlo.
«Dici
che abbiamo fatto male a dir loro di fuggire finché sono in
tempo?»
«Non
ti preoccupare, in ogni caso le finestre hanno le inferriate. Non
possono suicidarsi
da lì».
«Mi
fido».
Oddio,
ritardo immenso. Ma tra seconda simulazione di terza prova, compleanni,
interrogazioni
a go go, momenti di coma profondo, contest ed altro a volte mi sono
persino dimenticata
di questa storia.
Chiedo
venia, mi è anche sfuggita di mano, e lo ammetto. Pensavo
sarebbe stato più facile
riuscire a gestire tutto, ma mi sono lievemente sopravvalutata.
Vi
lascio
perché devo scappare a prepararmi, ma prometto che domani
risponderò con calma alle
recensioni! ^^
(Oggi
ci siamo veramente vestite da romane, in compenso. Sto valutando quanto
poter sfruttare
certe foto per ricatti e quant’altro).
A
presto!
(*)
Veniamo
dalla terra del ghiaccio e della neve
dal
sole di mezzanotte dove scorrono le sorgenti d’acqua bollente.
Quanto
dolcemente i vostri campi così verdi
possono
sussurrare favole di sangue,
di
come abbiamo calmato le maree della guerra?
Noi
siamo i vostri sovrani.
|
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Capitolo 9 *** Lunedì 13 giugno 2011 ***
Measuring a summer’s
day,
I only find it
slips away to grey.
The hours… they
bring me pain.
(*)
Lunedì
13 giugno
2011
«Mi
ricordi perché sono qui?»
Bas
fa spallucce e proprio in quel momento la madre entra cinguettante in
cucina, brandendo
un mestolo di legno.
«Cara,
ti vanno le omelettes per cena?»
«Mi
va bene qualsiasi cosa», sospiro, accasciandomi sulle braccia
incrociate sopra il
libro di scienze. Giuro che al termine di una giornata simile sarei
capace di mangiarmi
anche un rinoceronte ancora vivo, ma forse è meglio non
dirlo ad alta voce. La signora
Ulissi ha la graziosa abitudine di non saper cogliere la mia vena
sarcastica: questo
significa che parlare con lei è come parlare contro un muro.
Sarebbe capace di credermi
sul serio. Terrificante.
Bas
inizia a togliere i libri e i quaderni dalla tavola, e io mi alzo per
aiutarlo ad
apparecchiare. Guardo con un senso di nausea la pila di roba che ci
resta da fare,
soprattutto in considerazione che mancano solo otto fottutissimi giorni
all’inizio
del nostro personalissimo inferno. Le ore passano fin troppo
velocemente per i miei
gusti, portando con sé angoscia e terrore.
Non
ce la faremo mai.
«Prima
mi ha mandato un sms Ann. Mi ha chiesto se per la cena con i professori
ci va bene
sabato questo, così la D’Agostino è
sicuramente fuori per il week-end e non sarà
presente».
«Oh,
benissimo!»
Non
sono l’unica ad odiare quella di matematica, sapete?
Ha
passato
gli ultimi giorni di scuola minacciando di bocciare chi non aveva la
piena sufficienza
nelle sue materie dato che, testuali parole, “a me cosa
interessa se dovete ripetere
l’anno?”
Ha
mandato
in totale paranoia metà classe - inclusa me e il mio
splendido cinque e mezzo di
matematica -. Razionalmente sai che
non
verrai mai bocciato, ma vogliamo
metterla
con il fattore delirio presente
nell’aria
già da maggio? Siamo improvvisamente diventati tutti
superstiziosi. Melissa ha incrociato
un povero piccione spiaccicato sulla strada, venendo a scuola
mercoledì, ed è scoppiata
a piangere. L’abbiamo trovata devastata cinque minuti prima
del nostro discorso
d’addio, rintanata in un bagno a mugugnare tra sé
e sé.
Leggenda
vuole che ne abbia letto le interiora come un aruspice vero e proprio,
e vi abbia
tirato fuori che non riuscirà a prendere il suo benedetto
cento e lode.
Per
noi è solo spaventata a morte dall’idea di avere
un incidente il giorno prima degli
esami e non poterli sostenere. Io faccio continuamente questo incubo.
Insieme a
Satana che mi propone di mollare tutto e andare insieme a lui a vendere
ghiaccioli
al Polo Nord.
«Ragazzi,
ancora non mi avete raccontato com’è andato
l’ultimo giorno di scuola! Aspettavo
giusto te, Nadia, perché sai com’è
fatto Sebastiano… Non riesco a cavargli di bocca
una parola che sia una! Ma io sono così curiosa!»
Oh.
Ohohoh.
Bas
alza di scatto la testa e stavolta giuro di poter vedere il lampo
allarmato nei
suoi occhi nocciola - sono finalmente riuscita a capire di che diamine
di colore
siano, e vi assicuro che non è poco. Il collo diventa
teneramente roseo, e capisco
che la sua faccia debba essere andata in fiamme. Scuote la testa per
implorarmi
di tacere, ma non ha fatto i conti con la mia voglia di vendicarmi.
Mercoledì il
dannato mi ha versato addosso metà bottiglia di spumante (mi
ha mirata, l’ho visto!
Lui e la sua aria da sadico, mentre con Mat e Fabio faceva saltare il
tappo), e
il fatto che poi sia dovuta ritornare a casa in corriera, puzzando come
un barbone
alcolizzato, tra gli sguardi sconvolti delle vecchiette non lo ha
minimamente scalfito.
“Eddai,
quanto sei permalosa, abbiamo
spruzzato tutti! Non sai stare al gioco…”
Bene,
vediamo se anche lui non sa stare al
gioco.
Dopotutto,
non ero mica io quella che, in preda ad un momento di esaltato delirio,
saltellava
in giro coi calzoni abbassati, esponendo il suo grazioso didietro
fasciato dai boxer
alla popolazione mondiale femminile riunita nel cortile per sentire i
saluti dei
quinti. Ammetto però che quello di Mat non era decisamente
male…
«Posso
fare di meglio! Ho un video registrato da una mia amica
dell’altra sezione, salvato
sul cellulare… Lo vuole vedere?»
«Oddio,
ma certamente! Ho solamente intravisto la bozza del vostro discorso
dissacrante,
quindi se non sono importuna…»
«Macché!»
Bas
- Nad: 1 - 1. Così impara a fare il bastardo.
«Sebastiano,
tesoro, perché scappi? Dai, sono sicura che non
sarà nulla di così
vergognoso…»
«Nah,
assolutamente. Siamo pur sempre liceali del Classico, seri e studiosi,
no?»
Credo
che Bas mi abbia appena lanciato il malocchio. Meglio che recuperi un
cornetto.
Non
sono superstiziosa, eh, ma non si sa mai.
Sono
senza connessione da mercoledì. Ridete pure - riderei anche
io, se non dovessi finire
la tesina e non fossi quindi nel famoso liquame maleodorante tanto
spesso invocato
a teatro. Ho passato delle singolari ore al telefono con i gestori
dell’Adsl (nel
bel mezzo della chiamata: “Io sono Roberto, e lei?”
Ma che ti frega!) e ormai questa
casa è il rifugio degli operatori.
Sono giorni che trafficano senza risultato (bellissima la domanda:
“Ma siete sicuri
di aver sempre avuto l’Adsl?” No, guarda, mi
è schiattato il criceto nella ruota
che faceva andare avanti l’ambaradan, solo che lavorava in
nero e non posso denunciarne
la scomparsa), e quindi non riesco a controllare recensioni e
quant’altro. Smollo
questo capitolo alla mia piccola Nori, così me lo pubblica
lei, sperando non mi
trapani il cervello in preda anche lei allo sclero
da esame. Per ora sono ancora viva, quindi ho fiducia.
Intanto
è iniziato il ripasso. Cito la scritta di una mia amica sul
diario:
“Non
senti nell’aria quella NEVROSI da
pre-maturità? Io sì! :(“
Mercoledì
è stato l’ultimo giorno. Ho dovuto occuparmi,
insieme alla santa addetta alla pubblicazione
sopracitata, del discorso irriverente d’addio di cui sono
abbastanza fiera. Mentre
ci davamo alla pazza gioia con il Gioca Jouer - no comment, please, io
ero del partito
“prima sigla dei Pokemon” - il nostro caro
ex-rappresentante di istituto con l’ancor
più caro ex-ex-rappresentante d’istituto
(infiltratosi non si sa come, dato che
a momenti non facevano entrare noi a scuola, figurati un universitario
di cui hanno
le foto segnaletiche appese ai muri) hanno dato sfogo ai loro istinti
più primitivi
facendoci il bagno con lo spumante e sì, saltellando in giro
seminudi. Dico solo
che a momenti avevo le lacrime agli occhi per il troppo ridere.
Semplicemente epico, troppo per non
riportarlo qui. E abbiamo
il video!
Chiudo
questa parentesi parecchio lunga (non ho voglia di tornare a storia, si
vede?),
vi abbandono e vado a votare. E magari anche a recuperare qualcosa per
pranzo.
Aggiornerò
appena possibile, a costo di farmi un cavo nuovo con la pelle del
cranio degli operatori.
See
ya ♥
(*)
Calcolando
le dimensioni di un giorno d’estate,
scopro
soltanto che scivola nel grigio.
Le
ore… mi arrecano sofferenza.
Led
Zeppelin - Tangerine
|
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Capitolo 10 *** Giovedì 23 giugno 2011 ***
Heard a cry for
mercy, in the city of the damned
oh oh babe, damned
down in the pits you go no lower
the next stop’s
underground… Oh, hello underground!
(*)
Giovedì
23
giugno 2011
La
proposta
che vorrei fare al Ministero è quella di farci subire gli
esami a gennaio, possibilmente
dentro un freezer. Anzi, l’idea sarebbe quella di eliminarli
direttamente, ma si
sa quanto siano ristretti di mente.
Non
sono ancora pronti per il grande passo.
Però,
seriamente, ciò che più uccide sono i trenta
gradi all’ombra; dubito che nel deserto
del Sahara faccia più caldo, a mezzogiorno.
«Dormito
bene?», mi chiede sorridente Ann, appena arrivata
nell’atrio pieno di gente. Io
faccio bruscamente cenno di sì con la testa, ma essendo
rimasta fino alle due a
farmi una maratona di film da suicidio, non si può dire che
la cosa sia a tutti
gli effetti vera.
Nel
frattempo si avvicina anche Melassa, bianca e pallida come uno
straccio. Eccone
una che ha riposato persino meno di me.
«’giorno»,
mugugna, gli occhi stravolti. Spero che almeno stamattina non corra a
chiudersi
nel bagno prima della consegna delle prove come ieri. Credo abbia
vomitato anche
l’anima.
«III
A, III B, III C! Avanti, potete andare in classe!»
Noi
tre ci guardiamo e ci facciamo avanti nella calca, salendo la scalinata
e recuperando,
nel mentre, alcuni nostri compagni.
L’aula
è afosa già di prima mattina, e dopo aver
abbandonato borse e zaini nella stanza
attigua vorresti solamente trovare il modo di fuggire via.
Mi
metto
a sedere esattamente dietro a Mat, e gli sussurro:
«Hai
visto ieri il link della versione che girava? Parlavano di
Seneca…»
Lui
si volta e mi sorride.
«Sai,
non conviene. Se si tratta di quella, annullano la prova e ci tocca
rifarla».
Oddio,
che prospettiva oscena. Preferisco Tacito alla ripetizione di questo
suicidio neuronale.
I minuti passano lenti, mentre il Commissario finalmente apre la busta
e chiama
Melissa per farle proclamare l’autore.
«Seneca»,
legge con voce incerta.
Oddio,
voglio morire.
«Mat!»,
sibilo inorridita. Sembra più impietrito di me.
«Calma,
aspettiamo le tracce».
Quei
maledetti minuti sembrano passare al rallenty. Prima delle 8.30 non
iniziano a farci
passare i fogli, e quasi lo strappo di mano al professore che me lo
porge.
“Il
vero bene è la virtù”
Dio,
ti ringrazio. Non parla di sbocchi di sangue.
Hanno
appena evitato una crisi isterica in grande stile.
Nulla
da aggiungere, sono troppo stanca. Ma AMO Seneca, l’ho mai
detto? Caro e simpatico
vecchietto. A presto!
(*)
Ascolta
il pianto per la grazia, nella città dei dannati
oh
oh
piccola, dannata, giù nella fossa non vai oltre
la
prossima
fermata è sottoterra… Oh, ciao, sottoterra!
Led
Zeppelin - For your life
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