Hogwarts Asylum

di ASTG
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogno e reatà ***
Capitolo 2: *** Ciocche Rosse ***
Capitolo 3: *** Tornare ***
Capitolo 4: *** I Nuovi Professori ***
Capitolo 5: *** Matti da Legare ***
Capitolo 6: *** Brillante ***
Capitolo 7: *** Fantasmi ***



Capitolo 1
*** Sogno e reatà ***


Sogno e Realtà

Erano passati pochi mesi dall’ultima lotta con Voldemort e Harry Potter oramai sembrava
felice nella sua nuova vita accanto a Ginny e ai suoi amici Ron e Hermione. Aveva deciso di
tornare a Hogwarts per finire gli studi, i M.A.G.O. sarebbero stati importanti per trovare un
lavoro decente e adesso quella era la sua preoccupazione maggiore, com’era giusto che fosse.
Nel mondo magico si respirava un’insolita aria di allegria, le strade sembravano più luminose
, ora che i dissennatori erano chiusi di nuovo ad Azkaban e le persone stesse sembravano
più sorridenti. Harry era seduto sul letto della sua nuova casa a Godric Hollow.
Un ragazzo poco più grande di lui che era stato arrestato per un giro illegale di bacchette
magiche durante il governo di Voldemort era finito sul lastrico e stava vendendo la casa per
racimolare qualche galeone. Harry ne aveva approfittato per avere una dimora vicino a quella
dove avrebbe dovuto passare l’infanzia. Così si era trovato con una casa di proprietà e tante
stanze inutilizzare che venivano spesso occupate da: Ron, Hermione, Ginny, Neville, Luna
o qualunque dei suoi amici volesse andarlo a trovare. Per comprare quella casa aveva quasi
svuotato la sua camera blindata alla Gringott, ma a lui non erano mai interessati tanto i
soldi e a conti fatti con i restanti galeoni avrebbe in ogni caso potuto vivere per qualche anno
senza lavorare. Stava seduto sul letto pensando al piccolo Ted Lupin che era stato momentaneamente
affidato ai Weasley, Harry non era certo un irresponsabile e adempiva ai suoi doveri di padrino,
ma sapeva che con una vera famiglia come quella sarebbe stato molto meglio. Almeno
finché non sarebbe stato in grado di allevarlo da solo. Pensando a Ted fu preso da un po
’ di angoscia, anche lui come Harry sarebbe cresciuto senza i veri genitori, anche lui come
Harry sarebbe stato additato come orfano e ricordato come il figlio di due persone che avevano
compiuto grandi gesta, ma almeno sarebbe cresciuto in una vera famiglia che gli voleva bene.
Inevitabilmente il pensiero andò a Remus e Tonks, la loro vita era finita prima che quel bambino
dicesse la prima parola o facesse il suo primo passo. Gli era capitato spesso di ripensare ai suoi compagni
deceduti in quella orrenda guerra: Il professor Piton, Fred, Tonks, Remus, Sirius, Silente, Dobby e tutti gli altri. 
L’angoscia lo prendeva e spesso doveva ricorrere a mezzi poco ortodossi per dimenticare: Il pensatoio.
Quest’ultimo era sempre poggiato sul tavolo del suo salotto e i suoi amici avevano cominciato a prenderlo
di malocchio pensando che non era un buon modo per dimenticare ciò che era successo.
Però per lui erano ore di libertà, riusciva a: riprendersi , uscire, stare un po’ tranquillo e  smettere
di pensare a coloro che quei momenti felici non potevano più viverli. Ma in quel caso, su quel letto
stava pensando a loro, i deceduti, i caduti nella guerra all’Oscuro Signore, le persone i cui nomi
ora erano incisi nella nuova statua che era stata edificata al centro del Ministero della Magia.
Silente gli avrebbe detto di farsi forza, che alcuni fatti spiacevoli non dovevano rovinarci l’esistenza,
che soffrire era un piccolo prezzo da pagare per vivere e avere la felicità che ne conseguiva,
ma Silente lavorava per un bene superiore ed era sicuramente migliore di lui, il ragazzo che era sopravvissuto.
Sirius lo avrebbe rimproverato, sdraiato su un letto a pensare ai morti quando fuori c’erano migliaia di avventure da vivere,
Dobby avrebbe detto che Harry Potter era troppo gentile nel pensare a Dobby anche dopo la sua morte,
Fred ci avrebbe scherzato su, avrebbe detto che era passato a miglior vita, una vita migliore della loro.
Piton probabilmente lo avrebbe guardato carico di odio e gli avrebbe detto che doveva smetterla di fare l’impertinente e
credere che il mondo girasse intorno a lui. Il consiglio del professor Piton era sicuramente il migliore,
ma nonostante tutto Harry era lì, gli occhiali premuti sul naso, le lacrime che scendevano copiose
mostrando in ognuna il suo animo, in ognuna le sue paure, in ognuna la fotografia di uno dei suoi
amici morti. Fra le lacrime quella sera si addormentò cadendo in un sonno profondo dal quale si
riscosse col vago ricordo di una strana scena: Si trovava in un ambulatorio babbano e Silente lo stava visitando,
poi entrava Voldemort che voleva fargli una puntura con un ago enorme e cominciava a uccidere chiunque
si frapponesse fra l’ago e Harry. Si era addormentato pensando a coloro che aveva perso e quindi era logico
averli sognati, ma perché il tutto era ambientato in un ambulatorio babbano non sapeva davvero spiegarselo.
Non si fece troppe domande erano lontani i tempi in cui sognare Voldemort poteva avere
un significato maggiore del semplice sogno. Era mattina da un po’ oramai, il sole era alto quasi a mezzodì.
Si avvicinò al pensatoio e tirò fuori dalla sua mente alcuni ricordi poi uscì per un'altra giornata alla Tana.
Passava molto tempo dai Weasley, erano la sua famiglia, ma nonostante tutto arrivato alla
Tana si rese conto di quanto fosse cambiata negli ultimi tempi. I Weasley, notoriamente disagiati
dato il numero  di figli e il lavoro impopolare del capo famiglia, avevano avuto un colpo di fortuna
che aveva portato Arthur ad un lavoro di alto livello nell’ufficio misteri. Harry aveva capito ben
poco del nuovo lavoro com’era giusto che fosse perché nessuno doveva sapere nulla
degli Indicibili. L’avvento di Kingsley Shacklebolt aveva portato la prosperità nel mondo magico e
aveva portato a galla anche le tante bugie dette dai precedenti Ministri e gli orrori che erano
stati nascosti nell’ufficio misteri. Uno di questi orrori che a Harry tornava spesso alla mente
era la presenza di un progetto che svolgeva studi sui poteri dei maghi e sulle possibilità di sottrarli,
scambiarli o donarli a proprio piacimento ad altri maghi. Questo progetto però s’incentrava molto
sulla sottrazione e a quanto pareva era ben avviato e quasi concluso, per fortuna il nuovo ministro se
ne era occupato egregiamente distruggendo i documenti al riguardo e cancellando il programma.
Aveva indugiato fin troppo sulla porta della nuova Tana che adesso era stata ristrutturata e messa a nuovo,
così bussò lentamente e sentì una voce dall’interno gridare
-“Questo è Harry, Ginny apri tu cara?”- Molly era ai fornelli come suo solito. Stava preparando
sicuramente un delizioso pranzetto e Harry doveva ammettere che, da quando la famiglia Weasley
aveva cominciato a guadagnare davvero bene, le portate della signora Weasley erano
se possibile migliorate. Ciò che era impagabile però era l’atmosfera che si sentiva
in quella casa, una vera famiglia unita. Hermione era sempre in visita a casa Weasley
e il fidanzamento era quasi ufficiale, mentre per quanto riguardava Harry e Ginny: Ron,
aveva accettato di buon grado dicendo “meglio tu che altri”, ma cominciava a divenire
scorbutico se si scambiavano troppe effusioni. In più il piccolo Ted Lupin metteva un
’armonia e una felicità che solo un bambino può dare con i suoi vagiti e i cambi d’umore,
i sorrisi, i gemiti e i pianti. Un viso dolce e lentigginoso aprì la porta di casa Weasley e
Harry ne fu ammaliato come ogni volta che lo vedeva, le ciocche di capelli rossi erano
ancora in movimento per la fretta di aprire la porta, il ragazzo diede uno sguardo
velocissimo dentro e notando che Molly era girata baciò quella sagoma angelica
che era giunta ad aprire la porta. I signori Weasley non sapevano ancora nulla
della storia fra i due e di certo loro non facevano nulla per farla venire a galla,
c’era già troppa agitazione per Ron e Hermione come se si dovessero sposare a momenti,
quindi preferivano tenersi nell’oscurità e godersi quei momenti che erano ancora più
dolci perché nascosti agli occhi di tutti. Lei appoggiò le mani sul suo petto e lo spinse
delicatamente indietro guardandolo con un misto di paura e divertimento,
fece un breve movimento con la testa indicando la mamma e disse
-“Vediamo di non farci beccare proprio oggi okay?”- Harry sorrise e annuì, quello era
un giorno particolare per i Weasley, Fleur era incinta e per nessun motivo i festeggiamenti
dovevano essere interrotti. Così Ginny annunciò a Molly del suo arrivo la donna sorrise
salutandolo e riprese a lavorare ai fornelli. Non era più come quando tornava alla tana
dopo un anno che non lo vedevano, nessuno lo abbracciava forte, nessuno aveva più paura
che morisse in quei mesi che passava dai Dursley e di questo Harry era infinitamente
grato al destino, perché adesso ogni giorno poteva ritrovarsi insieme a quella che poteva
chiamare senza giri di parole: Famiglia. I Dursley li aveva rivisti la settimana dopo la caduta
di Voldemort, in quella occasione li aveva informati che sarebbe andato via e che ora
che non c’era più pericolo non si sarebbero rivisti più. Con lo stupore di tutti, Dudley,
si era avvicinato e lo aveva quasi abbracciato dicendo che per lui era come perdere
un fratello e che avrebbe voluto rivederlo, Harry non si spiegava come due individui
come i Dursley alla fine avessero allevato un ragazzo che nonostante i modi bruti
cominciava a dimostrare di avere dei sentimenti e un carattere buono. Seguì Ginny
per la cucina ed entrarono in quello che era il nuovo salotto dei Weasley, con sua sorpresa
Harry vi trovò più persone di quanto non si aspettasse. La stanza era circolare e
ricordava la sala comune di Grifondoro, c’era un tavolo per i grandi eventi al centro,
con tante sedie attorno, e poi delle poltrone vicino al camino dove vide dei volti familiari: Ron,
Hermione, Percy, Bill, Fleur, Charlie, Arthur, alcuni membri anziani dell’ordine, George,
Hagrid e, inspiegabilmente, Neville e Luna. Guardandoli tutti mentre lo salutavano si rese
conto di come erano cambiate le cose negli ultimi mesi, c’erano stato molte notizie felici,
ma anche alcune che Harry avrebbe preferito non sentire. Fra quest’ultime c’era la nuova vita
di George Weasley che non era riuscito a superare la morte del gemello con cui aveva
trascorso tutta la sua vita. Aveva dato in gestione il negozio di scherzi perché non riusciva
più ad avere idee e per un periodo si era dato all’alcool, quel periodo era passato,
ma lui non era più lo stesso: Non scherzava più, era sempre triste e vestito di nero
e qualche volta l’aveva sentito lamentarsi del suo orecchio mozzato.  Era stata dura per tutti,
soprattutto per i Weasley che avevano perso Fred e Percy in quella guerra, ma George
non sembrava riuscirsi a rialzare in nessun modo, mentre gli altri erano tornati piano piano
a vivere una vita serena. Lì osservò tutti uno per uno e sorridendo li salutò. Aveva una strana sensazione,
come un leggero mal di testa e la stanza sembrava tremare un po’ davanti ai suoi occhi
, poi piano piano questa sensazione aumentò, mentre salutava Neville e Luna che adesso
stavano insieme ebbe una fitta alla cicatrice e il panico lo sopraffece, Ginny lo fece sedere
ma la testa gli stava esplodendo, non riusciva ad aprire gli occhi, non riusciva a parlare non
riusciva a pensare e improvvisamente svenne. Quando riaprì gli occhi si ritrovò davanti un
paio di occhi celesti e degli occhiali a mezzaluna, quello sguardo era inconfondibile,
quegli occhi che ti scrutavano l’anima erano inconfondibili
-“S-Silente?”-  non era  molto stupito in realtà, aveva già vissuto una scena simile pochi mesi
prima quando Voldemort lo aveva ucciso e sapeva che forse si trovava nello stesso luogo in quel
limbo fra la vita e la morte in cui era già stato, quindi si guardò attorno aspettandosi che la
realtà si formasse sotto il suo sguardo, ma così non fu, le cose erano già presenti e
si trovava in una stanza bianca ornata di mobili bianchi, sdraiato su un letto bianco.
Silente aveva sorriso e annuito, era sempre lo stesso, saggio e vecchio,
gentile e silenzioso, guardandolo spaesato sembrò però incupirsi un poco
-“Va tutto bene Harry?”- la sua voce era la stessa, sembrava essere proprio lui,
ma non poteva essere vero doveva essere il frutto della sua immaginazione
-“Si professore”- disse semplicemente, poi la frase gli usci spontanea senza che dovesse
nemmeno pensarla -“Sono morto stavolta?”-  a quella frase Silente tornò a sorridere
-“Il fatto che tu dica stavolta significa che tu ricordi di essere stato qui
e questo è già un grande passo avanti”- Harry lo fissò con sguardo interrogativo
-“Un passo avanti per cosa?”-
-“Ogni volta che ritorni fra noi dobbiamo spiegarti cos’è questo luogo e chi sei tu, ma se
ora ricordi non ce n’è più bisogno”-  Harry era sempre più confuso, ma allora quel luogo
era lo stesso dove era stato qualche mese fa? E poi che significava ogni volta? Quante volte era già stato lì?
-“Non so che luogo sia questo, ma so chi sono”- ma Silente sembrò incupirsi di nuovo
-“Harry prima di rispondere a qualunque tua domanda, voglio che tu risponda alle mie”- annuì,
conosceva quel gioco, con Silente era stato sempre stato così prima
doveva rispondere ai suoi interrogativi e poi poteva ricevere delle spiegazioni
-“Quanto tempo è passato dalla mia morte Harry?”- ora almeno sapeva che se quello
fosse un sogno o il limbo, il Silente che aveva davanti era consapevole di essere morto
-“Quasi due anni professore”- l’aria solenne che assunse l’uomo dalla lunga barba,
Harry non la ricordava, sembrava che non avesse mai avuto un’espressione così corrucciata
-“E come va la guerra?”- disse sommessamente
-“E’ finita Voldemort è morto?”- rispose Harry con un sorriso, ma Silente non sorrise, anz
i sembrava proprio di cattivo umore, le uniche parole che disse fecero
pensare a Harry che in fondo non gli importava della guerra contro Voldemort
-“Ora puoi farmi le tue domande”-a Harry passarono per la testa tante cose, ma visto
che sapere dove fosse era superfluo e che sperava che quella fosse solo una frase
transitoria si concentrò su altri aspetti della vicenda, se poteva parlare con Silente forse avrebbe
potuto parlare anche con i suoi genitori, con Sirius, con Remus e Tonks o con Piton, per ringraziarlo
-“Professore c’è anche Piton qui?”- gli occhi azzurri dell’uomo
indugiarono sul ragazzo, aveva uno sguardo incuriosito
-“Si Harry il Dottor Piton è qui”- sottolineò la parola dottor come in passato aveva sottolineato
la parole professor quando lui la dimenticava, ma lo stesso
non capiva cosa intendesse, perché lo aveva chiamato dottore?
-“Potrei vederlo?”- Silente prese posto su una sedia poco distante dal letto di Harry
che, ora che gli occhi si erano abituati alla luce riusciva a distinguere la stanza, sembrava
l’ambulatorio di un medico, come quello che aveva sognato poche
ore prima e lo stesso Silente portava un lungo camice bianco
-“Harry non hai altre domande? Non vuoi sapere dove siamo? O ti sembra che questo sia
un sogno? Oppure pensi di essere morto?”- Silente era visibilmente agitato, c’era qualcosa
che non andava, la situazione era troppo strana, sembrava tutto assurdo e incompatibile
-“Se non sono morto e questo non è un sogno, dove sono?”- Silente prese
fiato e cominciò il monologo che sembrava aver imparato a memoria
-“Questa è la realtà Harry”- il ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta sorrise, che significava
che quella era la realtà? Lui sapeva benissimo di essere appena svenuto per un mal di testa
a casa dei Weasley, certo era una cosa ridicola e avrebbero riso di lui, ma sapeva di stare su
un divano in un’accogliente salotto circondato dai suoi più cari
amici o forse con questo Silente voleva dire che era morto?
-“Sono morto allora?”-
-“No Harry, tu definiresti reale la morte?”- Silente era sempre lo stesso enigmatico uomo,
ma a Harry i suoi enigmi ora davano solo fastidio, i suoi inutili giochi di parole, i suoi segreti
avevano portato alla morte di tutte quelle persone, se solo avesse detto chiaramente cosa
doveva fare e come, se solo gli avesse dato quella maledetta spada in
anticipo, sarebbero ancora tutti vivi e fu per questo che rispose con risentimento
-“E allora cosa diamine intende per realtà?”- Silente non fu smosso da quelle parole,
semplicemente, continuò a sorridere, prese lentamente una
cosa dalla tasca e Harry la riconobbe in un oggetto babbano: Un Telefonino.
-“Severus ho bisogno di te nell’ambulatorio uno e porta le medicine del signor Potter”-
Harry non capiva, Silente parlava al cellulare con Piton e gli parlava di medicine,
niente pozioni, niente gufi che diavolo stava succedendo? Dove diavolo era?
-“Harry la realtà è quella in cui viviamo, quella in cui le nostre azioni portano a delle
conseguenze, dove invecchiamo e moriamo, la realtà è dove viviamo Harry”-
-“Mi scusi professore allora questa è la sua realtà, io non vivo qui”- rispose semplicemente
Harry, ma prima che il bianco uomo potesse dire qualcosa Severus Piton entrò dall’unica
porta della stanza con un vassoio con sopra una siringa colma di un liquido rosa e delle
pilloline bianche in un barattolo arancione
-“Grazie della tempestività Severus”- l’ex professore di pozioni era vestito di bianco come
Silente, un colore che non gli donava affatto e che lo rendeva se possibile ancora più lugubre
di quanto non lo sarebbe stato con la sua solita tenuta nera
-“Come sta il ragazzo?”- chiese con quella voce che Harry non riusciva a non odiare,
quella voce carica di odio e disprezzo
-“Stavo proprio per accertarmene ”- e detto questo fece segno a Piton di sedersi
sull’unica sedia libera e si rivolse di nuovo a Harry
-“Allora qual è la tua realtà Harry, parlamene”- il ragazzo rimase sbalordito da quella
domanda al punto che non rispose fissandoli incredulo, poi Piton fece un gesto
d’impazienza con la mano e Harry capì che volevano una risposta
-“La mia realtà è la vostra stessa realtà”- cominciò –“E’ il mondo, l’Inghilterra, Londra, il ministero”-
i due uomini si guardarono stupiti ma le parole che seguirono gli dipinsero di nuovo sul volto un’aria
di rassegnazione -“Diagon Alley, la Gringott, Hogwarts, la Tana”- e con quest’ultima concluse
aspettando una risposta dai due, sperava che bastasse, sperava di non dover raccontare
degli anni passati in quel mondo per convincerli, dei Dursley, di Draco Malfoy o dei Weasley.
La situazione era insostenibile e Harry sentiva montare una rabbia dentro di se che non riconosceva,
come se qualcuno si fosse impadronito del suo corpo e vi avesse iniettato un sentimento non suo.
Aveva voglia di saltare addosso a quei due e farli tacere, e cavargli quegli occhi maligni che lo fissavano
studiandolo, che lo giudicavano, ma non aveva senso tutto questo, Piton e Silente non lo stavano
giudicando, non erano state in fondo le uniche due persone di cui si sarebbe dovuto ciecamente
fidare nella sua vita? Perché adesso avrebbe dovuto fare diversamente?
-“Harry prima che io ti dica qualunque cosa voglio che tu prenda le tue pillole”- Silente gli stava
porgendo due pasticche bianche con un bicchiere d’acqua, Harry non capiva, ma cosa avrebbero
fatto due pasticche al suo corpo se quello era un sogno? Così lo assecondò e mandò giù i medicinali,
immediatamente sentì la rabbia dentro di se affievolirsi e un senso di pace pervaderlo
-“Ora voglio che tu ascolti attentamente Harry”- cominciò Silente alzandosi in piedi e dirigendosi verso il
comodino –“Quello che tu pensi sia reale in realtà non è nient’altro che frutto della tua fantasia”- aprì di scatto il cassetto
e tirò fuori dei fogli e li poggiò sul letto, dovette ripetere l’operazione tre volte per riuscire a svuotare il cassetto,
solo in quel momento Harry si rese conto di essere vestito di bianco, quando allungò una mano per afferrare
un fogliò e notò il suo camice, bianco a pallini blu, come quello dei pazienti babbani.  Più di cinque mila fogli
erano sparsi sul letto e Harry li osservava mentre Silente continuava il suo monologo
-“Tu sei un ragazzo di ventidue anni che è entrato in cura da noi quattro anni fa dopo aver ucciso i suoi genitori
in preda ad un raptus omicida”- Harry sgranò gli occhi e tornò a guardare attentamente l’ex preside, non era
riuscito a leggere nulla dal foglio -“Non hai mai accettato la morte dei tuoi genitori così hai creato un mondo
immaginario dove ti sei rifugiato”-Harry non riusciva a credere a nemmeno una parola di quello che l’uomo,
che oramai sapeva non essere Silente, stava dicendo, ma non trovava la forza di parlare, anzi le palpebre
piano piano stavano diventando pesanti e il professore se ne stava accorgendo così aveva cominciato a
gridare le sue ultime parole -“Ogni volta che ti addormenti cadi in quel mondo e quando ti svegli pensi di
sognare”- Harry sentiva ancora la sua voce ma oramai le palpebre erano calate e il corpo si stava piano
piano intorpidendo, sentiva che stava per addormentarsi-“Questa volta però abbiamo deciso di indurti il
sonno sperando che tu  conservi qualche ricordo di questa chiacchierata e ti renda conto di come il mondo
in cui vivi sia irreale”- poi ci fu il silenzio.
Quando Harry si risvegliò era fra le braccia di Ginny che lo stava coccolando amabilmente mentre
tutt’intorno i suoi amici erano accorsi ad aiutarlo, c’erano tutti, era stato solo un brutto sogno, un orribile e stupido sogno.

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Capitolo 2
*** Ciocche Rosse ***


Innanzitutto Chiedo scusa a chi aveva cominciato a seguire questa FF. Avevo smesso perché ero partito per lavoro e non avevo internet scusate, spero comunque che possiate apprezzare questo secondo capitolo grazie :) In ritardo di appena qualche mese XD

Ciocche Rosse

Immediatamente fu sommerso da domande riguardo alla sua salute e
al fatto che avesse o meno mangiato. Per sfuggire alle grinfie dei suoi
amorevoli amici Harry disse che aveva solo bisogno di rinfrescarsi la faccia.
Nel bagno dei Weasley c’era uno specchio, come in tutti i bagni, che però, come
ogni specchio magico che si rispetti, se domandavi com’era il tuo look quella mattina te
lo diceva apertamente. Gli erano sempre piaciute le stranezze dei maghi: Orologi
che non segnavano l’ora, specchi che riflettevano il tuo aspetto e sul tuo aspetto, ferri
che lavoravano a maglia da soli, quadri che non stavano fermi e che anzi parlavano.
Chi non sarebbe rimasto affascinato da un mondo dove tutto era semplice, dove tutto
era a portata di mano, dove con una piccola asticella di legno potevi muovere gli oggetti,
distruggerli e ripararli, curare le persone, ma anche torturarle e ucciderle. Guardandosi
allo specchio Harry si rese conto di quanto fosse cambiato negli anni, come il suo viso
sembrasse più maturo, più vecchio e stanco, mentre alcune cicatrici sembravano rimanere
immobili sul suo volto senza essere scalfite dal tempo. Aveva due occhiaie quella mattina
che avrebbero spaventato anche un panda, ma nessuno aveva detto niente perché quelle
occhiaie facevano parte del suo nuovo aspetto, perché quelle occhiaie erano il risultato di
notti insonni passate a pensare ai suoi amici scomparsi, erano il risultato di sveglie
notturne dovute agli incubi, per questo adesso aveva quel pensatoio, almeno avrebbe potuto
dormire e far sparire quelle occhiaie. Si accorse che tutto il suo volto era più incavato che la
barba, che quella mattina aveva dimenticato di rasare, cresceva oramai come quella di un
adulto, che i suoi occhi non erano più verdi, ma avevano un’ombra dietro, un’ombra che
raccontava ciò che aveva visto, che raccontava la morte. Gli occhi di Silente lampeggiarono
nello specchio, era svenuto e aveva sognato una scena molto strana. Ancora nella sua testa
rimbombavano le parole di quell’uomo saggio che era stato preside di Hogwarts
-“Quando ti svegli pensi di sognare”- ed era quello che pensava ora, pensava di aver sognato,
pensava che era stato solo un brutto incubo, ma se fosse stata quella la realtà? Se dove si trovava
adesso fosse il sogno? Era impossibile, lui non conservava ricordi di quello che Silente chiamava
la realtà mentre ricordava tutta la sua vita in quel mondo magico da quando aveva 5 anni, da quando
Dudley lo prendeva in giro e lo usava come sacco da Boxe. Ricordava del boa che aveva liberato al
compleanno di suo cugino, dell’arrivo di Hagrid a casa sua, della camera dei segreti, della pietra
filosofale, dei dissennatori, di Sirius, dell’ufficio misteri e del ritorno di Voldemort durante il torneo
Tre Maghi. Ricordava i giorni di scuola noiosi a Hogwarts e quelli emozionanti, le amicizie e gli amori,
Cho Chang e Ginny, l’esercito di Silente e la Umbridge, quelli non potevano essere ricordi fittizi, lui aveva
vissuto quelle cose. Mentre si fissava allo specchio, notò qualcosa sulla spalla, un capello rosso, lungo,
probabilmente di Ginny, lo prese fa le dita e lo allungò fissandolo. Fuori dal mucchio era invisibile e cambiava
colore in base a come il sole batteva su di lui, non poteva essere tutta una sua fantasia, quei colori, quelle
sensazioni, lui stava vivendo davvero, mentre in quella stanza insieme a Silente e Piton tutto era intriso di
una velata irrealtà. Mentre alzava di nuovo la testa verso lo specchio, sentì bussare alla porta, quella era
una scena che aveva già vissuto, sentì come un brivido dietro la schiena e seppe che dall’altra parte c’era Ron
-“Chi è?”- rispose facendo tacere quella sensazione dietro il collo
-“Harry sono Ron tutto okay?”- conosceva quel tono, lo ricordava, era il tono premuroso che era riservato
solo ai suoi mal di testa, il tono premuroso che si riserva a quelli che potrebbero essere portatori di sventure,
infatti spesso in passato i suoi mal di testa erano un avvertimento che Voldemort era vicino, ma non era questo il caso
-“Si Ron tutto apposto”- rispose semplicemente Harry
-“Ho notato che ti sei toccato la fronte”- *per non dire la cicatrice* pensò Harry –“E mi domandavo se andasse
tutto bene”- infondo la sua tensione era comprensibile, avevano distrutto sette Horcrux, ma solo le informazioni
che gli aveva passato Lumacorno faceva pensare che fossero sette. Magari poi Voldemort aveva cambiato i suoi
piani e aveva spezzato la sua anima in più parti, nessuno poteva saperlo e la paura per il suo ritorno spesso
aleggiava nei discorsi fra Ron, Harry e Hermione
-“Tranquillo Ron solo mal di testa”- mancava solo Hermione al quadretto e sarebbe stata la solita scena che
si ripeteva oramai da anni a intervalli regolari
-“Sicuro che vada tutto bene?”- ecco la voce della ragazza oltre la porta, non era diffidente, ma solo preoccupata,
Hermione era sempre stata più brava di Ron a mascherare quel misto di ansia e paura che seguivano i suoi mal
di testa. Ginny non conosceva bene tutta la storia quindi non era accorsa come gli altri due, non aveva paura, lo
avrebbe tartassato di domande dopo in separata sede ma sapere tutte quelle cose, aver anticipato anche l’arrivo
di Hermione inquietò il ragazzo, era come se già sapesse, anzi era come se lo avesse voluto lui. Si rese conto di
essere stupido, in fondo, come aveva pensato pochi attimi prima, quella era una scena che si ripeteva da anni e non
poteva pensare che fosse stata la sua mente a crearla, così lasciò il capello nel lavandino e si sciacquò di nuovo la faccia.
Non rispose alla domanda di Hermione, semplicemente sapeva che finché non l’avessero visto uscire da quel bagno
non avrebbero smesso di tartassarlo. Così quando uscì dal bagno e lo videro sorridere si ripresero un po’
e tornarono nel salotto. L’estate era oramai agli sgoccioli, come previsto Ginny lo martellò di domande
quando si ritrovarono da soli nella sua camera, gli chiese se non stesse esagerando col pensatoio,
se non fosse il caso di fare qualche controllo, Harry la liquidò dicendo che era paranoica e che di mal
di testa lui aveva sempre sofferto. Non era una bugia, ma lei non conosceva il perché, non sapeva che
soffriva di forti emicranie perché era sempre in contatto con Voldemort e ora quel collegamento era finito
e lui avrebbe dovuto smettere di soffrire. Non le disse nulla continuarono le sue giornate un po’
monotone fra la Tana e casa sua, insieme ai suoi amici, era una monotonia che gli piaceva e senza
che se ne accorgesse venne il trenta di agosto e fu il momento di comprare le ultime cose per andare
a Hogwarts. Il gruppetto si avviò per Diagon Alley come ogni anno, era tutto tornato alla normalità:
Olivander aveva riaperto, bambini correvano a destra e manca e i negozi erano di nuovo lucidi e pieni
di oggetti interessanti. Per il suo compleanno Harry si era regalato un libro: “Incantesimi Oscuri che
nessuno dovrebbe conoscere”. L’aveva trovato in un negozietto di Nocturne Alley, ultimamente frequentava
spesso posti tipici dei maghi oscuri, e ne era stato attratto. Da quando aveva visto ciò che era stato capace
di fare Voldemort aveva provato un senso di inadeguatezza, sentiva che doveva saperne di più perché se
un giorno qualche altro mago oscuro fosse arrivato non doveva essere impreparato. Questa scusa non
era bastata a Hermione che lo aveva tartassato di rimproveri e gli aveva ricordato cosa era successo
con l’incantesimo Sectumsempra qualche anno prima, lui disse solamente che se voleva restituirlo
ci sarebbe dovuta andare lei perché Harry non ne aveva alcuna intenzione. Ron era stato in silenzio
senza prendere una posizione così aveva litigato con Hermione, ma a Harry non importava, stava
imparando molto da quel libro e stava pensando di farsi accordare un permesso speciale per
entrare nel reparto proibito di Hogwarts, non sapeva perché ma dentro di lui una voglia di apprendere
incantesimi oscuri cresceva lentamente, come un virus. Il primo giorno di scuola del suo settimo
anno ad Hogwarts si stava avvicinando e Harry non aveva più fatto quegli strani sogni su Silente
e Piton così si era convinto che forse era un po’ stressato dai ricordi, ma non sapeva come
avrebbe potuto smettere di sentire la mancanza di quelle persone che oramai erano troppo lontane.
Quella mattina il gruppetto formato da Harry, Ron, Hermione e Ginny si avviò per Diagon Alley tranquillo,
avevano deciso che avrebbero fatto i loro acquisti da soli e quindi avevano davanti a loro una bella giornata.
Erano stati riammessi a Hogwarts con un permesso speciale della McGranitt, di solito chi veniva bocciato
in quella scuola non poteva ripetere l’anno, veniva spedito a casa senza possibilità di appello. Però
come al solito per Potter e compagni era stata fatta una eccezione, infondo loro non avevano
frequentato proprio Hogwarts per il settimo anno e visto l’importante onere che gli era stato
lasciato da Silente erano stati riammessi. Harry e Ginny avrebbero frequentato gli stessi corsi,
entrambi avevano l’ambizione di diventare Auror. Le cose da comprare erano tante così per le nove
si erano già avviati per Diagon Alley. Hermione era l’unica che avesse voglia di parlare, tutti sembravano
dormire mentre camminavano fra le vie illuminate della strada magica
-“Avete saputo chi è il nuovo insegnante?”- chiese semplicemente, nessuno rispose di si così si sentì
autorizzata a continuare. Fino a quel momento si era tenuto il massimo riservo sui nuovi insegnanti,
ma i nomi erano trapelati alla fine -“Per sostituire la McGranitt a Trasfigurazione hanno preso Hestia Jones”-
cominciò Hermione, Harry ricordava quel nome, apparteneva ad una donna dell’ordine dal volto roseo e dai
capelli corvini, non pensava che la donna fosse un insegnante, ma a pensarci bene se avesse visto la
McGranitt o Piton ai tempi dell’ordine senza sapere che erano professori, probabilmente non avrebbe
mai pensato che lo fossero -“Poi per babbanologia e questa è forse la cosa più strana” continuò
Hermione cercando di attirare l’attenzione dei suo compagni addormentati -“E’ stato preso, per
la prima volta nella storia di Hogwarts, un vero babbano”- quella notizia ebbe l’effetto sperato.
I ragazzi si girarono verso di lei con gli occhi spalancati, il primo a parlare fu Ron che disse
-“E’ vero che col nuovo ministero e la morte di voi-sapete-chi l’odio per i babbani è diminuito,
ma con ancora tanti sostenitori dei Purosangue pensate che sia stato saggio prendere un
babbano come professore ad Hogwarts? Cioè si sarebbe potuto evitare no? Un Mago è sicuramente
meglio di un babbano no?”- Hermione lo guardò un po’ risentita e allora lui si affrettò nel correggersi
-“ Cioè non intendo dire che sia un male o che i babbani siano inferiori, non l’ho mai pensato lo sai,
ma non crederete mica che gente come i Malfoy accettino che un babbano metta piede ad Hogwarts
no?”- si era salvato per un pelo dall’ira della sua ragazza e a Harry venne un po’ da ridere
-“Che a loro piaccia o no il Professor Green insegnerà Babbanologia”- così mise fine alla discussione
Hermione, ma Harry aveva già sentito del trambusto che si era formato intorno a quella vicende:
I purosangue e non solo erano insorti. Alla gazzetta del profeta la McGranitt aveva spiegato che: “Babbanologia
è una materia facoltativa” e aveva aggiunto, quando le avevano chiesto perché ammettere un babbano ad
Hogwarts: “Chi meglio di un babbano può insegnarci le loro abitudini e le loro difficoltà, spero che così
molti maghi aprano gli occhi e si accorgono di come noi siamo dei privilegiati e dovremmo solo
aiutare i babbani nella loro vita di tutti i giorni”. Harry ricordava anche che la McGranitt aveva
messo come esempio Fiorenzo, il centauro che insegnava Divinazione, dicendo che nessuna
razza era brava in quella materia come quella dei centauri ed era per questo che Hogwarts
aveva lui come professore. La professoressa li aveva zittiti tutti ma, in ogni caso, le controversie
non sarebbero finite lì, infondo si trattava comunque di introdurre una persona ignorante in fatto
di magia in una scuola che pullulava di ragazzini con la bacchetta, Harry pensava che sarebbe
stato un disastro. Tutto procedeva nella più assoluta normalità fino a quando il gruppo di ragazzi
non si ritrovò di fronte al “Ghirigoro”, la libreria di Diagon Alley, lì si trovarono davanti uno spettacolo
abbastanza inusuale: la gente era radunata intorno al negozio dal quale fuoriuscivano libri a tutta
velocità sorretti da una luce azzurrina, appena i libri si alzavano a cinque metri di altezza, dopo
essere usciti dal negozio, esplodevano come fuochi di artificio. Tutti la gente radunata fuori dal
negozio si guardava intorno cercando di capire chi stesse stregando i libri, ma Harry fu attirato
dal titolo in lettere scarlatte sulla copertina dei libri che esplodevano che mostrava sempre: “Babbani non babbei”
come titolo e come sottotitolo “Un libro a cura di E. Green”. Harry aveva letto quel titolo fra i libri
che avrebbe dovuto comprare per Hogwarts, si vociferava che il Professor Green non avesse
trovato un libro di testo adatto e che prendendo spunto da quelli già esistenti ne avesse scritto
uno che ritenesse consono alla funzione. Il titolo del libro era, secondo molti, una denuncia di
Green nei confronti di chi scriveva dei babbani, in quanto in quei testi si facesse sempre
riferimento a come i problemi dei babbani fossero di facile risoluzione. Bastarono queste
cose a far capire cosa stesse succedendo: Qualcuno stava protestando per l’uscita del
libro e quindi anche per la nuova assunzione ad Hogwarts. La più veloce del gruppo fu
Hermione che estrasse la bacchetta e prima che chiunque potesse dire qualcosa esclamò
-“Stupeficium”- la ragazza era sempre stata brava nel riconoscere gli incantesimi e chi
li stava eseguendo, anche se quest’ultimo stava usando incantesimi non verbali. Un uomo
vestito da damerino cadde a terra , i libri smisero di esplodere, e, colto in fallo ,lo sconosciuto
cerco di scappare, Ginny fu più veloce eseguendo un incantesimo della pastoia esclusivamente
sulle gambe dell’uomo. Nel Ghirigoro tornò la tranquillità e Harry pensò che non avrebbero
potuto trovare modo meno plateale per fare il loro ingresso a Diagon Alley. L’uomo risultò
essere un certo Arcibald Nox, un poco noto ma comunque ricercato Mangiamorte. Harry si
stupiva di quanti ce ne fossero ancora in giro, il ministero stava facendo di tutto per acciuffarli
tutti, ma molti non si erano presentati alla chiamati dell’Oscuro Signore la notte dello scontro
o erano scappati quando avevano visto che Harry Potter per l’ennesima volta era sfuggito
all’anatema che uccide. Come accadeva sempre quando andava in luoghi affollati Harry e
i suoi amici furono assaliti da una folla urlante che gridava i loro nomi e inneggiava le loro
gesta, Harry ne era totalmente stufo. Riuscirono ad entrare nel Ghirigoro e quando il proprietario
li costrinse a prendere i libri gratuitamente Ron gongolò
-“Infondo la celebrità ai suoi vantaggi”- a fine serata si ritrovarono con pochi galeoni in meno a
mangiare un gelato offerto da Florian Fortebraccio
-“Harry avevi mai sentito parlare di quell’Arcibald?”- chiese Hermione mentre si gustava il suo
gelato alla menta
-“No”- rispose Harry, la testa gli si era appesantita, era stata una giornata pesante soprattutto
perché, a causa dell’insistenza di Ginny, quella mattina non aveva usato il pensatoio
-“Sembra quasi che ne escano di nuovi ogni giorno”- disse Ron a metà fra lo stupefatto e il divertito
-“Forse alcuni di loro reclutano ancora sperando in un nuovo ritorno di Voi-Sapete-Chi”- Harry
alzò gli occhi per guardare Ginny che aveva pronunciato quelle parole e per un attimo rimase
bloccato e cominciò a sentire delle voci
-“Uccidere”- fu per lui come tornare indietro di anni, a quel giorno in cui quella voce lo perseguitò
per i corridoi di Hogwarts, non poteva essere un basilisco
-“Uccidere adesso”-
-“Si uccidere”- sembrava che ci fossero più voci, si fece forza e si guardò in torno, giusto in tempo
per vedere un Runespoor, un serpente a tre teste, avvolgersi su una gamba della sedia di Ginny
-“Sectumsempra”- il suo gesto fu istantaneo e dettato dall’istinto, afferrò Ginny col braccio sinistro
mentre l’incantesimo tagliava in più pezzi il serpente e il pezzo di legno a cui era avvinghiato, ebbe
solo il tempo di sentire Ron che diceva
-“Per la barba di Merlino, Harry hai usato il serpentese”- e Hermione che aggiungeva sottovoce
-“Ma non doveva finire questa storia?”- Poi svenne.
I suoi occhi si aprirono su quella che sembrava una cella. Era in una stanza buia, aveva una porta di
fronte a se con delle feritoie sbarrate, il letto sul quale era seduto era comodo e l’ambiente aveva un
odore asettico. Le luci al neon davano a tutto una luce fredda e irreale. Un occhio azzurro si affacciò
dalla feritoia, poi un clangore di chiavi e la porta si aprì, Silente lo guardò dall’uscio e Harry pensò che
quel camice bianco gli stava proprio male. Si sarebbe aspettato di avere una camicia di forza addosso,
ma non era così, tutt’altro le sue mani erano libere di spaziare su quei fogli che nel sogno precedente
Silente aveva tirato fuori dal cassetto; ora poteva leggerle e non gli ci volle molto a capire che c’ho che
era scritto era la sua vita ad Hogwarts, i suoi amici e i suoi ricordi. Si passo una mano sulla spalla e
sentì un capello, lo vide contro luce e gli sembrò quello di Ginny, rosso con tanti riflessi che variavano,
era reale come lo aveva visto alla tana
-“L’infermiera Weasley ti ha preso molto a cuore”- quindi Ginny in realtà era solo un infermiera che lo
coccolava più delle altre, non poteva crederlo -“Harry devi credermi, quello che vedi non è reale”- ma Harry
non lo ascoltava, voleva tornare da Ginny, l’aveva appena salvata da un Runespoor, doveva vedere come stava,
se fosse tutto apposto -“Harry devi combattere questa tua dissociazione o non potrai mai avere una vita normale”-
-“ Io ho già una vita normale”- disse semplicemente il ragazzo dagli occhi verdi, che in quella realtà era privo di una cicatrice
-“Per dimostrarti che questo non è un sogno faremo un esperimento”- Harry guardò Silente con diffidenza,
solo ora che il dottore si era avvicinato aveva notato il coltello che portava con se -“Se credi davvero che
questo sia un sogno allora non dovresti aver paura di un piccolo taglio no?”-
-“Ma le pare”- disse cercando di ostentare un coraggio che non aveva
-“Ti farò un taglio e quando ti risveglierai potrai vedere se quella ferita è ancora prese”-
-“Dice quando mi sveglierò a Diagon Alley?”-
-“No quando ritornerai alla realtà, alla nostra realtà, vedrai che quel taglio è ancora lì e ti dimostreremo
che questo non è un sogno-“ avevano già provato di tutto in passato, ma Harry Potter non era mai riuscito
a riprendersi da quello shock e non era mai riuscito ad uscire dal suo mondo fittizio. Ora con il sonno indotto
riusciva a non dimenticare i suoi momenti di lucidità anche se li catalogava come sogni e a questo Silente bastava,
forse con un sonno indotto e un taglio poteva fargli riprendere contatto con la realtà.
Avvenne tutto in fretta, un taglio sul palmo destro e una siringa piena di un liquido verde che mando Harry
nelle braccia di Morfeo, poi per un attimo il buio e, subito dopo, il risveglio a Diagon Alley. Era bianco in volto,
tutto sudato, e i suoi amici lo fissavano intensamente
-“Cosa hai visto?“- chiese Ron e Harry capì che si riferiva a Voldemort, forse aveva urlato nel sonno,
forse si era mosso come non aveva fatto il quella prigione con Silente, in ogni caso doveva rassicurarli
-“Niente, solo un brutto sogno, ho bisogno del pensatoio”- lo rimisero in piedi mentre, Ginny protestò
cercando di fargli cambiare idea sul pensatoio, ma fu tutto inutile, aveva preso la sua decisione.
Presero la strada per la tana con i loro pacchi e le loro buste senza accorgersi che dietro di loro
un negozio era stato dato alle fiamme e che da esso volavano non lingue di fuoco, ma migliaia di ciocche rosse, simili a quelle di Ginny.

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Capitolo 3
*** Tornare ***


Per voi in anteprima Mondiale, O.O XD, Il terzo Capitolo di questa FF senza senso :) Spero vi Piaccia

Tornare

Arrivati a casa i loro discorsi si incentrarono sul come e il perché un serpente
così pericoloso si trovasse a Diagon Alley
-“Secondo voi è colpa di qualche Mangiamorte?”- chiese Ron, ma ad Harry quella
discussione non interessava. Nella sua testa erano ancora vivide le immagini di
Silente che gli faceva un taglio sul dorso della mano e le parole dette da quel vecchio
saggio che una volta lo aveva guidato nella sconfitta dell’Oscuro Signore. Ginny ed
Hermione era come convinte che quell’animale fosse scappato da Nocturne Alley,
mentre Ron credeva che fosse l’ultima vendetta del Mangiamorte che aveva fatto esplodere
i libri del Professor Green, Harry voleva solo togliersi dalla mentre la visione di una siringa
fra le mani di Silente. Quando Ginny si assentò per pochi minuti fu il momento dell’interrogatorio
-“Non crederai che ce la siamo bevuta”- esordì Ron
-“Ti dimenavi abbastanza da farci credere che ti avessero colpito con un Crucio”- aggiunse
Hermione preoccupata
-“Non è stato nulla è solo un sogno frequente”- aveva scelto male le parole, anche quello dove
Sirius veniva torturato era solamente un sogno frequente
-“Che tipo di sogno?”- disse a mezza voce Ron
-“Ci sono Piton e Silente e sono babbani, ma è una stupidaggine non preoccupatevi”-
-“Ne sei sicuro?”-
-“Vi ho sempre detto la verità perché dovrei mentire questa volta?”- i due lo fissarono e, forse, giunsero
alla conclusione che dopotutto aveva ragione
-“Ci hai fatto prendere un colpo”- esclamò Ron accennando un sorriso, mentre Hermione si alzava di
scatto dicendo
-“Aspettatemi qui devo controllare una cosa”- i due si guardarono a metà fra il divertito e lo stupito
mentre lei si dirigeva al piano di sopra
-“Era un po’ di tempo che non la vedevo fare così”- sussurrò Ron quando la vide abbastanza lontana
-“Un po’ mi mancava”- aggiunse.
 
Ginny ed Hermione fecero ritorno insieme, entrambe avevano dipinta sul volto un’espressione sconvolta
-“Forse avevi ragione Ron”- cominciò Hermione, mentre l’aria interrogativa di Ron ed Harry la esortava a
continuare -“Ho fatto una ricerca veloce ed ho trovato qualcosa che forse vi interesserà leggere”- tra le
mani reggeva un librone il cui titolo lampeggiò appena per un attimo: “Sortilegi oscuri: Come riconoscerli”.
Quell’attimo bastò ad Harry che la provocò
-“E a me hai fatto tante storie”- Hermione rispose con una occhiataccia delle sue, sapeva cosa stava pensando
la ragazza, che lui era attirato da quegli incantesimi, mentre lei li studiava per riconoscerli e sconfiggerli
-“Leggete qua”- l’unghia perfettamente tenuta della ragazza puntava su una riga a metà della pagina, come al
solito fu Ron a leggere ad alta voce
-“Sumnium Cruciatus: Questa variante dell’incantesimo Cruciatus è poco conosciuta in quanto totalmente inutile
per degli interrogatori. Induce la vittima al sonno e la tortura a sua insaputa riproducendo nella sua mente sogni,
per lo più incubi, impressi nella memoria a breve termine”- dopo la lettura Harry si accorse di un senso di stanchezza
che lo stava perseguitando da quando era caduto in quel sogno insensato
-“Forse c’era davvero qualche Mangiamorte a Diagon Alley”- disse Ginny, ma nella mente di Harry lentamente
si andò a formare una nuova teoria: Quella storia non poteva essere vera, la verità era che la sua mente aveva
creato quell’illusione per distoglierlo dalla realtà che il Dottor Silente gli aveva svelato. Era talmente assorto nei
suoi pensieri da non ascoltare le parole dei suoi compagni. La possibilità che quella non fosse la sua realtà lo
attanagliava, gli torceva le budella, lo faceva stare male
-“Harry ci stai ascoltando?”- la voce di Hermione sembrava provenire da un altro continente
-“Si”- rispose lui flebilmente -“Ma non credo sia colpa di quell’incantesimo”- aggiunse semplicemente
-“Qui dice che di solito le vittime dopo la tortura sentono solo stanchezza e dolori sparsi, ma non si rendono
conto di essere stati torturati”- in effetti si sentiva stanco, si sentiva debole, ma quello poteva essere anche il
motivo per cui era svenuto, la debolezza unita a quell’incantesimo forse l’avevano fatto svenire
-“Pensi che qualcuno della cerchia di Tu-sai-chi voglia farti fuori?”- Ron era un catastrofista, Harry lo sapeva,
se lo ricordava bene, ma la testa in quel momento era così pesante che non ebbe la forza di contraddirlo
-“Non essere sciocco Ron, quelli più vicini a Voldemort sono stati catturati, qui stiamo parlando di qualcuno
che odia Harry e che con Voldemort ha avuto poco a che fare”- come al solito Hermione era più ragionevole
-“Pensate che sia stato Draco?”-  sembrava di essere tornati a qualche anno prima, quando Katie Bell aveva
preso in mano quella collana, a quei tempi nessuno credeva alle accuse di Harry e, a quanto pareva dalle
parole di Ginny, nessuno credeva a Ron questa volta
-“Ma non gli avete salvato la vita davanti alla stanza delle necessità?”-
-“Si”- fu l’unica risposta di Hermione, poi tutti e tre si fermarono a guardare Harry che era tutto sudato e aveva
l’aria stanca di chi aveva combattuto chissà quale battaglia. Nella sua testa solo una frase: “E’ tutto frutto
della mia fantasia”.
-“C’è anche scritto che questo incantesimo porta alla pazzia?”- chiese Harry cercando di sdrammatizzare o
almeno di togliersi quegli sguardi preoccupati di dosso
-“No”- disse Hermione -“Perché credi di esserlo?”- cosa avrebbe dovuto rispondere? Era confuso, era stordito,
era stanco, non sapeva cosa credere
-“Era uno scherzo”- disse semplicemente sperando che lo lasciassero in pace, poi si alzò, con un grande sforzo
-“Forse è meglio se vado, non mi sento tanto bene”- i suoi amici insistettero per accompagnarlo e lui li fece fare.
Si smaterializzarono nei pressi di Godric’s Hollow e camminarono fino a quella casa piccola, ma accogliente,
che era la dimora di Harry.
Si addormentò presto e non sognò nulla, il giorno seguente giunse alla conclusione che forse era stato davvero
colpito da qualche incantesimo e depositò nel pensatoio tutti i ricordi di quel sogno assurdo e delle persone che
erano morte a causa sua. Passò quella domenica mattina a preparare il baule per Hogwarts, il treno lo attendeva
l’indomani , e nel pomeriggio passò alla tana dove la notizia che il giorno prima il Ghirigoro era stato distrutto
aveva sconvolto tutti
-“Chi può aver fatto una cosa simile?”- diceva sconvolto il signor Weasley
-“Ma soprattutto perché l’ha fatto?”- aggiunse sua moglie, ma nessuno sapeva rispondere perché del colpevole
non vi era traccia, come non vi era traccia del proprietario del Ghirigoro. Non si discusse molto sull’argomento,
in fondo avevano poche notizie e non potevano giungere a nessuna conclusione sensata, così presto l’argomento
di conversazione fu il matrimonio di un certo Weasley e la festa di apertura di Hogwarts alla quale, a detta di alcuni,
avrebbero partecipato alcune figure importanti del mondo magico. Ad Harry non interessava molto di chi avrebbe
partecipato, a lui bastava tornare a quella che un tempo era stata la sua unica casa. Rivedere quei muri che lo
avevano protetto e consolato, dopo la guerra era stata ricostruita in fretta per permettere agli studenti di riprendere
le lezioni al più presto. Il resto della giornata non riservò sorprese ai ragazzi ed Harry si addormentò quella sera
col pensiero di Hogwarts.
 
La barriera del binario 9 e ¾ era davanti a lui, come sette anni prima, Ginny alla sua destra, Ron ed Hermione dietro
di lui, una piccola rincorsa e poi quel senso di trasporto, quella sensazione di impatto mancato. Quando riaprì gli
occhi non aveva davanti il solito treno, sul solito binario, pronto a trasportarlo a casa, ma qualcosa era cambiato.
A Ron era bastata un’occhiata per capire i suoi pensieri
-“Harry non leggi più la Gazzetta del Profeta?”-
-“Non la leggo più da molto tempo perché?”-
-“Allora non sai che il vecchio treno è andato distrutto durante la guerra magica”- Harry lo fissò per un attimo
sbalordito -“Credi che si sia combattuto solo ad Hogwarts?”- aggiunse Ron con un sorriso
-“Voldemort aveva paura di un colpo di mano durante la sua assenza”- cominciò Hermione -“E’ per questo che
ci sono ancora molti Mangiamorte in giro, non voleva certo che qualche gruppo di ribelli occupasse il ministero
mentre lui attaccava Hogwarts”-
-“Gruppo di ribelli?”-
-“Harry stai scherzando vero?”- disse Ron sconvolto -“L’ordine della Fenice era solo una delle tante organizzazioni
che combatteva Tu-Sai-Chi”-
-“Tenersi in contatto con le altre organizzazioni era un altro dei compiti di Kingsley”- disse a sorpresa Ginny, Harry
non credeva alle sue orecchie
-“Mentre noi combattevamo ad Hogwarts c’era un manipolo di persone che assaltava il ministero, mentre altri che
non conoscevano i passaggi segreti per entrare nel castello cercavano di entrare da Diagon Alley dove alcuni
Mangiamorte erano rimasti per prevenire un attacco da quel fronte ed è stato lì che è andato distrutto il treno”- in
quella guerra quindi non si era salvato nulla, neanche il treno era più lo stesso. In realtà la nuova locomotiva non
era molto diversa, ma bastava un’occhiata veloce a capire quanto fosse nuova e lucente, in più aveva un che di
moderno, assomigliava molto di più ai treni babbani. Non gli piaceva per nulla. Uno sbuffo di fumo più forte lì
avvertì che stavano per partire, così si affrettarono a salire. Harry sentiva quella sensazione sul il collo che gli
diceva di essere osservato da molti occhi, non ci fece caso, era abituato a quella sensazione ed ai bisbigli o
alle dita che lo indicavano. Salendo su quel treno la sua mente si era svuotata, per alcuni momenti era tornato
quel bambino che aveva scoperto di essere un mago da poco, osservato da tutti, ma allo stesso tempo solo.
Aprendo uno scompartimento ebbe un tuffo al cuore. Neville Paciock era seduto sull’ultimo sedile vicino
finestrino e una figurina bionda, che Harry riconobbe come Luna Lovegood, aveva la testa poggiata sulle
sue ginocchia, stesa sui due sedili. Si rigirava uno strano aggeggio fra le mani, cosa che capitava spesso,
e nel vederlo sorrise, e lo stesso fece Neville
-“Ehi ragazzi ci avete trovati”- disse semplicemente Neville. Ginny si sedette sulle ginocchia di Harry, mentre
Hermione e Ron occuparono i posti rimanenti. Quest’ultimo sembrava molto perplesso e, tempo di finire i
saluti, esplose
-“Cosa diavolo ci fai qui Neville?”- chiese Ron, aveva sempre avuto poco tatto, forse era il suo più grande
difetto e infatti Hermione lo redarguì con un’occhiataccia, ma Neville non sembrò prendersela
-“Ho vinto la borsa di studio per Erbologia che prevede un periodo di studio e tirocinio presso un’insegnante
in carica”-
-“Ma non ho mai visto nessun tirocinante ad Hogwarts”- obiettò Hermione risentita, era impossibile che non
fosse a conoscenza di questa possibilità
-“La borsa di studio non è indetta da Hogwarts e negli ultimi anni chi l’ha vinta ha deciso per lo più di studiare
all’estero, soprattutto quando a vincerla era un ragazzo di Hogwarts”- rispose quel ragazzo che un tempo era
stato paffuto ed imbranato e che ora sprigionava sicurezza da tutti i pori
-“Chi vorrebbe mai andare da qualche parte che non sia Hogwarts?”- si ritrovò a dire Harry distratto dai suoi
stessi pensieri, senza accorgersi dei suoi amici che gli sorridevano amorevolmente, quelle parole ricordavano
tanto quel ragazzino dagli occhiali rotti che aveva visto Hogwarts come la sua unica casa
-“Quello che ho detto anch’io”- furono le uniche parole che aggiunse Neville e per un attimo Harry si perse nel
ricordo di una profezia.
Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore...
nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo mese...
l'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale

Voldemort aveva scelto Harry, ma alla fine Neville aveva avuto una parte molto importante nella storia. Alla fine
pensò Harry Chiunque dei due avesse scelto ci saremmo ritrovati a combatterlo insieme come è successo. Mentre
lui pensava ciò Ginny era stata presa dalla curiosità e aveva chiesto a Luna cosa fosse quell’oggetto che aveva in
mano
-“E’ un richiamo”- lo sguardò di Harry si precipitò sull’oggetto, aveva molti spigoli e non sembrava essere di una
forma geometrica ben definita, ma ora che lo guardava bene aveva un foro dove soffiare e un altro piccolo foro
dove probabilmente usciva il richiamo
-“Un richiamo per cosa?”- la solita Hermione, nella voce quella velata, forse non troppo, nota scettica  
-“Per il Ricciocorno Schiattoso”- Hermione spalancò gli occhi e li puntò al cielo, mentre Ron non riuscì a soffocare
una risata, Luna si offese come suo solito, ma le accarezzò i capelli dicendo
-“Vedrai che ad Hogwarts ce n’è almeno uno”- Harry non si spiegava perché l’assecondasse, ma non disse nulla,
non gli interessa di convincere Luna dell’inesistenza dei Ricciocorni. Il viaggio procedette come l’ombra di un passato
che non esisteva più, fra risate e scherzi, fra racconti di un’estate di festeggiamenti e quella degli esami che aveva
sostenuto Neville dopo la guerra, che a suo dire erano stati “Peggio che combattere contro i Mangiamorte”. Come
potevano scherzarci sopra, come potevano ridere dai Mangiamorte e del male che avevano fatto? Harry non se lo
spiegava, quel senso di pace che aveva avuto salendo sul treno si era attenuato, ma sapeva che rivedere Hogwarts
forse avrebbe fatto tacere quelle voci dentro di se, quelle voci che gli parlavano di: Morte, disperazione e sofferenza.
Vide quella sofferenza negli occhi di Hermione e di Ron quando arrivando alla stazione di Hogsmeade videro le carrozze
-“Primo anno, primo anno”- era Hagrid, come secoli prima
-“Ora li vedo anche io”- disse semplicemente Ron e nella mente di Harry ritornò in mente la prima volta che vide i
Thestral, gli scheletrici cavalli alati che trainavano le carrozze ad Hogwarts
-“Anch’io”- risposero in coro Ginny ed Hermione, infondo qualcosa era cambiato, la morte li aveva perseguitati e
gli aveva ricordato che potevano ridere quanto volevano, ma ciò che era successo non sarebbe cambiato. Durante
il viaggio in carrozza nessuno riuscì a parlare, ognuno si era immerso nei ricordo a volte basta veramente poco per
distruggere gli scudi delle persone.  Passarono sopra il lago, videro il Platano Picchiatore a cui erano stati troncati
molti rami. Vedendo il platano Harry si chiese se i passaggi di Hogwarts fossero stati tutti chiusi, la mappa del
malandrino non gli serviva più in quel caso. Pensò un secondo alla stanza delle necessità, poi si ricordò dell’incantesimo
che l’aveva distrutta: “Il Fuoco Perpetuo”. Quando vide finalmente il castello Harry pensò che fosse come una bestia
mitologica a cui però era stato strappato via parte del corpo. Era magnifica, ma non era più la stessa, l’ombra di
qualcosa di leggendario che oramai non esisteva più. Le torri erano state ricostruite, i vetri messi a posto,
intere ali del castello erano state ricostruite. Era identica a come se la ricordava, ma senza i suoi segreti era
solo una scuola di magia come le altre. Fu allora che una domanda rimasta in sospeso uscì dalla bocca di Harry
-“Chi insegnerà difesa contro le arti oscure?”- un altro delle stranezze, potremmo dire dei segreti, di Hogwarts
era la sventura che perseguitava chi accettava quella materia. Tutti coloro che avevano insegnato quella materia
erano oramai morti, almeno quelli degli ultimi sette anni, tutti tranne uno che si trovava al San Mungo incapace di
ricordare il proprio nome
-“Frank Williamson, un ex Auror”-  una notizia del genere anni prima avrebbe provocato nel loro gruppo un allarme
, il ministero cercava di intrufolarsi ad Hogwarts, ma le cose erano cambiate: il Ministero ed Hogwarts erano così
vicine da sembrare indivisibili ora.
 
Ad accogliere gli studenti del primo anno c’era Vitious, era stato promosso a Vicepreside, era strano vedere il tavolo
degli insegnanti senza Silente, era strano vedere la McGranitt seduta al centro, sulla sedia più importanti. Sfilarono
nomi sconosciuti e cognomi altisonanti, ma gli occhi erano tutti per Potter e i suoi amici. La canzone del cappello
parlante non espresse nulla di particolare, era tornato tutto alla normalità, era tornato tutto a molti anni prima,
quando Voldemort sembrava sconfitto e la gente viveva in pace. Il discorso di apertura della McGranitt era carico
di rimorso per le cose successe nei giorni precedenti
-“Alla luce degli avvenimenti di Diagon Alley dobbiamo essere ancora più calorosi con il Professor Green”- Harry
sentì qualcuno dire che “caloroso” forse era la parola sbagliata e gli venne da ridere, in effetti il Ghirigoro era stato
dato alle fiamme, più caloroso di così. Seguirono la solita tiritera sui divieti di Hogwarts, Harry quasi si aspettava di
sentirle dire che il corridoio del terzo piano era precluso a chi non volesse fare una fine molto dolorosa. -“Vi chiedo di dare il benvenuto, inoltre, ai nuovi insegnati di Trasfigurazione e Difesa contro le Arti oscure”- i due
professori di alzarono -“Che sono rispettivamente Hestia Jones e Frank Williamson”- ci fu in lieve applauso poi la
McGranitt diede il via al banchetto, nessun ospite speciale o se c’era la preside non ne aveva parlato. La faccia di
Frank Williamson non convinceva Harry, ricordava di aver già visto quella coda da cavallo, ma aveva degli occhi
grigi che scrutavano tutto con diffidenza e distacco, occhi che in quel momento scrutavano lui. Una fitta alla
cicatrice, come non succedeva da mesi, chi era quell’uomo e perché gli faceva male fissarlo? Perché aveva
la sensazione di aver già vissuto quella sensazione? Il dolore passò all’improvviso com’era venuto, quella
sera Harry salì nel dormitorio e tirò fuori il pensatoio, era pieno di ricordi e nonostante ciò lui non riusciva a
non essere triste, tirò fuori altri ricordi che lo facevano stare male, quel pensatoio era una specie di droga
per lui in quel momento. Avrebbe potuto tenere tutti i suoi ricordi in delle fiale, ma il pensatoio conteneva
tutti i suoi ricordi mischiandoli, in modo che non gli venisse voglia di vederli in un momento di debolezza.
Si addormentò pensando che era tornato a casa, che quello era il suo dormitorio, quella era la sua casata,
quella era la sua Hogwarts. Aveva dimenticato anche che non era più la stessa. Dormì senza sognare al
suo risveglio lo aspettava il primo giorno di lezioni, il settimo anno, ma il suo primo pensiero fu: “E questo taglio sulla mano quando me lo sono fatto?

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Capitolo 4
*** I Nuovi Professori ***


 

I nuovi insegnanti

Espresse le sue perplessità ai suoi amici a colazione
-“Harry hai quel taglio da una settimana”- fu l’obiezione di Hermione e subito partirono le tiritere -“Non stai esagerando con il pensatoio vero ,Harry?”- il ragazzo e si limitò a dire di no con la testa. Poteva essere che quel taglio se lo fosse fatto in un attacco di rabbia? Sapeva di un disturbo psicologico, o meglio gliene aveva parlato Hermione, dove le persone per non sentire più il dolore psicologico si facevano male davvero, tagliandosi per esempio. Era quello che era successo? E poi aveva eliminato il ricordo? Non lo sapeva, forse avrebbe controllato a fine giornata, cercando nel pensatoio il ricordo collegato. Durante la colazione passò il professor Vitious che distribuì i programmi ai ragazzi. Alle prime due ore aveva Pozioni, una delle materie che i tre ragazzi seguivano ancora insieme, ed era con i Serpeverde. Il programma era più o meno lo stesso che aveva seguito il sesto anno, dopo i G.U.F.O. Infondo non c’era motivo per cui non continuasse a seguire i corsi che lo avrebbero portato a divenire Auror . Harry in ogni caso non vedeva l’ora di cominciare. Buttarsi a capofitto negli impegni forse lo avrebbe aiutato a dimenticare. Da quando era arrivato ad Hogwarts aveva sentito gli occhi di tutti addosso, ma l’incontro con i Serpeverde fu la conferma che, anche se Draco Malfoy non era più in quella scuola, c’era sempre chi tra Serpeverde aveva delle parole da dire ad Harry. Infatti un ragazzetto moro di poco più basso di lui e dalla dentatura cavallina di fece avanti nel vederli arrivare e disse
-“Oh guardate ci sono gli eroi”- Ron sussurrò all’orecchio di Harry che quello era Harper. Aveva l’età di Ginny e Harry una volta le aveva sentito dire che era un idiota, ma non sapeva nulla di più sul conto del ragazzo -“Non sei occupato a salvare il mondo, oggi, Potter?”- Harry non era più il ragazzetto stupido che se la prendeva per questo genere di cose, quindi non gli diede corda. Purtroppo il ragazzo non si diede per vinto -“Cosa c’è Potter? Non parli?”- Harry gli passò affianco per dirigersi verso la classe, Lumacorno non era ancora arrivato -“Se non fossimo stati portati via ti avrei fatto vedere io”- sussurrò il ragazzo mentre lo stava superando, riferendosi  al fatto che tutti i Serpeverde erano stati portati fuori dal castello perché c’era la possibilità che combattessero più contro la scuola che contro Voldemort. Un fitta trafisse Harry, veloce, quanto efficacie e l’attimo dopo la punta della sua bacchetta era poggiata sul petto del ragazzo, a contatto con la tunica. L’eroe, come lo aveva chiamato quel ragazzo, non proferì parola, ma furono i suoi occhi a esprimere ciò che gli passava per la testa e vide sbiancare lo sgorbietto che aveva davanti. Harry aveva visto la morte, anzi era egli stesso morto e come osava quel ragazzetto parlargli in quel modo. Ron afferrò la mano di Harry e la scostò dal ragazzo, che riprese colore e coraggio dicendo, mentre il rosso portava Harry verso l’entrata dell’aula
-“Mi hai fatto un buco nella divisa Potter. Che paura”- non erano molto credibili quelle parole, tutti avevano visto la faccia impaurita di Harper mentre Harry gli puntava la bacchetta addosso. Quando furono abbastanza distanti Ron disse
-“Cosa ti è preso, non vorrai metterti nei guai al primo giorno”- insieme al rosso c’erano anche Ginny e Hermione. Harry lo guardò sconcertato, lui che gli faceva la ramanzina su cosa fosse giusto fare cosa no, erano davvero cambiate le cose. Un tempo Ron gli avrebbe detto che meritava una lezione -“E’ un Serpeverde, cosa ti aspettavi”- era quello il punto, Harry doveva aspettarselo e reagire in quel modo era da ragazzini, farsi prendere dalla rabbia era da ragazzini e loro non erano più ragazzini, non dopo quello che era successo almeno. Ora era diventati adulti e quei giochetti non dovevano più irritarlo. Infondo Ron era cresciuto ed Harry non se ne era accorto. Entrarono nell’aula di pozioni e Lumacorno iniziò la sua lezione elogiando Harry e i suoi amici per le gesta eroiche di pochi mesi prima, nessuno ebbe nulla da ridire, ma i Serpeverde lo guardarono torvi, in ogni caso non era saggio mettersi contro un professore. A fine lezione Lumacorno chiese ad Harry di rimanere
-“Harry, caro mio”- cominciò l’uomo titubante, il ragazzo non si aspettava di essere tratto da parte. Lo osservava, un po’ di rancore nell’anima, infondo quell’uomo aveva cancellato per anni un’informazione fondamentale su Voldemort, l’aveva nascosta a tutti, solo per tenersi pulita l’anima -“Volevo avvertirti chela settimana prossima ci sarà il primo raduno del nostro piccolo gruppetto”- Stava scherzando? A quanto sembrava no. Quell’uomo stava veramente dicendo ad Harry di partecipare ad una serata al Lumaclub? -“Sarei lieto di avere te e i tuoi amici come ospiti quella sera”- Harry lo guardò con disprezzo, ma mantenne la calma. Da Lumacorno doveva aspettarselo, a lui la guerra magica non aveva insegnato nulla. Era sempre l’insegnante che amava circondarsi di studenti dotati. Harry ammetteva che per qualcuno poteva essere un buon trampolino di lancio, infondo quel professore aveva molti contatti, ma cosa importava ad Harry Potter di lui?
-“Mi dispiace professore, non ho mai avuto interesse ad essere un trofeo”- E fece per andarsene, Harry aveva sempre odiato il modo di fare di Lumacorno ed era stato solo per Silente che aveva accettato, solo per recuperare quel ricordo. Il professore lo fermò mettendogli una mano sulla spalla
-“Ragazzo mio, hai frainteso”- cominciò -“Vi voglio come ospiti per quella sera e quella soltanto come esempio per i più giovani”- Harry si scrollò quella mano da dosso con un gesto della spalla e cominciò a camminare verso la porta senza guardare il professore
-“Gli assassini non dovrebbero mai essere presi ad esempio, se lo ricordi professore”- e uscì senza attendere alcuna risposta. Non voleva essere preso ad esempio, non voleva essere visto come un eroe. Lui era Harry, solo Harry, lo era sempre stato e nessuno lo aveva mai capito e adesso non si poteva fare nulla per cambiare il suo destino
-“Cosa voleva Lumacorno?”- chiese Ron, il ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta non si era nemmeno accorto di averli raggiunti
-“Riunione del Lumaclub”- disse Harry, i due lo guardarono sbalordito -“Ho gentilmente respinto, voleva che andassimo lì come gli eroi di turno da cui tutti devono prendere esempio”-
-“Che razza di idiota”- esclamò Hermione
-“Già”- disse Ron e poi inaspettatamente aggiunse -“Perché hai detto di no Harry”- Hermione gli lanciò un occhiataccia delle sue, ma Harry penso che non bastava. Così si girò di scatto
-“Senti se a te piace essere adulato per aver ucciso delle persone e aver distrutto l’anima di un altro essere umano un pezzo alla volta va pure, ma non tirarmi in mezzo ai tuoi sogni di gloria”- Hermione guardò Ron esasperata, mentre Harry allungava il passo, la prossima lezione era incantesimi
-“Cosa ho detto?”- chiese semplicemente Ron
-“Sta zitto Ronald”- rispose Hermione imbronciata. Le altre lezioni passarono come al solito. La sensazione di essere a casa stava inebriando Harry, i soliti professori, le solite lezioni che a volte suonavano lente e noiose e, a dirla tutta, anche il solito Ron in cerca di fama che non aveva ancora imparato a tenere la bocca chiusa. L’ultima lezione della giornata era Trasfigurazione, dove la figura di Hestia Jones veniva per la prima volta associata a quella di un professore. Harry ricordava di aver vista appena un anno prima quando era andata a ritirare i Dursley per portarli al sicuro, in quella occasione si era irritata per i comportamenti dei Dursley, cosa che Harry aveva imparato a ritenere normale. Certo al figura Dedalus, l’uomo che l’accompagnava, era più forte e quindi Harry non aveva potuto capire davvero quali fossero le caratteristiche della donna. A lezione però capì che era una donna di severa e che poteva, forse, sostituire degnamente la McGranitt
-“Potter, Weasley, Granger siete in ritardo”- i tre ragazzi la guardarono con un misto di stupore ed amarezza. Aveva un cipiglio molto simile a quello della McGranitt e se non fosse stato per i capelli neri e per l’aspetto molto più avvenente i ragazzi avrebbero stentato a riconoscerla. Harry la ricordava con una frase “Sei nei nostri pensieri”, ma quella donna non sembrava lei.
-“Ci scusi professoressa non ricapiterà più”- la donna li guardò compiaciuta. Harry pensò che forse era contenta di vedere che Harry Potter non si era montato la testa
-“Certo che non ricapiterà più”- disse la donna sorridendo -“Soprattutto se non vorrete altri compiti supplementari, ma ne riparleremo a fine lezione, ora prendete posto”- Harry, Ron ed Hermione presero posto e quando la donna cominciò a presentarsi alla classe, il rosso sbottò
-“Brutta megera, non aveva nemmeno cominciato a spiegare”-
-“Suvvia Ron l’avrà fatto per acquisire un po’ di forza agli occhi degli studenti”- Hermione come al solito era dalla parte dei professori, a Harry non importavano compiti aggiuntivi, ma era piuttosto felice di essere stato trattato come uno studente qualsiasi, quella professoressa le piaceva. E poi non aveva notato il giorno che l’aveva visto quanto fosse giovane e attraente la professoressa. Aveva cominciato a far domande alla classe su incantesimi trasfigurativi che avevano appreso negli anni passati, per fortuna erano con Corvonero che erano famosi per la loro mente veloce e quasi tutti ricordavano ciò che avevano imparato l’anno scorso. Harry sperava con tutto se stesso che non toccasse a lui
-“Harry Potter”- Se lo sentiva, quelle lezioni se aveva seguite due anni fa, Hermione cominciò ad agitarsi, sapeva che probabilmente Harry non aveva riguardato i libri durante l’estate e chi lo avrebbe mai costretto a farlo? Dopo tutto quello che era successo? -“Cosa mi sai dire geli incantesimi di camuffamento?”- il panico. Non solo la donna le aveva dato un argomento generico, ma anche qualcosa di abbastanza importante, perché Harry ricordava quanto la McGranitt avesse insistito perché lo studiassero, i M.A.G.O. sarebbero dipesi anche da quegli incantesimi, così si alzò in piedi e cominciò balbettando
-“Gli incantesimi di camuffamento raggruppano tutti quegli incantesimi che servono a trasfigurare il corpo”- non aveva detto nulla, lo sapeva, ricordava che erano incantesimi che trasformavano piccole parti quelli che avevano studiato, ma nient’altro. Poi sentì una stretta allo stomaco e una sensazione vecchia lo afferrò. Si sentì come alcuni anni prima nell’ufficio di Piton, mentre lui gli frugava nella testa e sentì una voce. -“Ripeti quello che ti dico”- disse semplicemente, la voce era contraffatta, chiunque gli era entrato nella testa doveva essere un mago abile, forse la professoressa stessa, decise di seguire il consiglio, solo se le sue frasi sembravano sensate -“Fanno parte degli incantesimi di trasfigurazione umana. Quelli che abbiamo imparato lo scorso hanno sono quelli di camuffamento facciale e quelli della modifica delle proporzioni. Nella prima categoria ricordiamo il Trasmutus, mentre della seconda il Robur Reduco”- da questo punto in poi Harry ricordava, ma prima che cominciasse a descrivere gli effetti degli incanti la professoressa lo interruppe
-“Molto bene Signor Potter”- mentre si sedeva Harry si guardò intorno cercando di vedere se qualcuno tenesse con lui il contatto visivo necessario per un incantesimo del genere, ma nulla. Ron era sbalordito
-“Ma come diavolo facevi a ricordare quelle cose”- esclamò
-“Vi racconto dopo”- disse semplicemente e continuò a guardare la professoressa, cercando di capire se fosse stata lei a frugargli nella mente.  A fine lezione i due rimasero per ricevere il compito supplementare, per essere la prima lezione la donne era andata leggera, pretendeva che per la settimana successiva i ragazzi riuscissero ad eseguire anche in modo striminzito l’incantesimo trasfigurativo che aveva spiegato che consisteva nel trasfigurare un animale di taglia media in un essere umano. L’incantesimo era complicato e abbastanza inutile, perché l’animale avrebbe tenuto il suo cervello e il suo comportamento, ma era molto utile come esercizio iniziale per poi passare alla trasfigurazione umana complessa.
-“Innanzitutto intendi chiederti scusa Potter”- Sul viso di Ron apparve un sorriso gongolante e Harry capì che stava pensando che Hermione avesse ragione e che la donna si stesse scusando per quello. Invece Harry sapeva che era stata lei ad entrargli nella mente, chi altri se non lei, un’abile Auror -“Non intendevo essere così severa, ma la mia posizione di insegnante non deve essere compromessa”- Harry rimase sbalordito, non era quello che si aspettava, assolutamente
-“Si figuri professoressa”-
-“Ti ho fatto quella domanda sperando proprio che te la ricordassi, infondo era l’argomento più importante del sesto anno no?”- allora non era stata lei? Oppure fingeva per non farlo sapere a Ron ed Hermione? Harry sorrise solamente, Ron invece sembrava che aspettasse il via per scappare fuori dalla classe, probabilmente stava pensando che non ci fosse più nessuna punizione -“In ogni caso foglio una ricerca di almeno tre fogli di pergamena sugli effetti di un incantesimo di camuffamento mal riprodotto”- come al solito a trasfigurazione i compiti extra servivano ad approfondire gli effetti catastrofici che poteva avere gli incantesimi. Ron sembrava molto deluso quando uscirono salutando la professoressa, che si era presentata molto più gentile che a lezione
-“Tre fogli di pergamena?!”- esclamò Ron -“Non so nemmeno se ce li ho tre fogli di pergamena nel baule”- Hermione lo guardava divertita, Harry sorrise e disse semplicemente
-“Infondo è su un argomento che crede che io sappia bene”- infatti aveva capito che quel compito per uno che conosceva bene gli incantesimi di camuffamento doveva essere una stupidaggine, infondo c’erano un sacco di incantesimi diversi di quel genere
-“A proposito Harry quest’estate ti sei messo sui libri?”- disse Ron sorridendo, sapeva che se avesse risposto si probabilmente avrebbe cominciato a paragonarlo ad Hermione, ma a loro due non poteva dire una bugia. Come al solito i due ragazzi avevano fatto pace senza dover parlare nemmeno di ciò che era successo, bastava un nuovo strano evento
-“Ci doveva essere qualcuno che padroneggia bene la Legilimanzia in quella classe, ho sentito una voce nella testa che mi dettava tutto”- Ron rimase sbalordito, Hermione invece arrossì vistosamente e cercò di nascondersi dietro una faccia fintamente sconvolta, non era mai riuscita a dire le bugie e come al solito Ron non si era accorto della sua reazione
-“Qualcuno nella tua testa? Chi pensi che fosse?”-
-“Non lo so Ron, ma ho un sospetto”- disse fissando Hermione la quale arrossì ancora di più
-“Era ingiusta quella domanda, tu l’anno scorso hai combattuto Voldemort, era giusto che ti riposassi questi un po’ ”- Harry ebbe la sensazione che a Ron cadessero gli occhi fuori dalle orbite, come al solito Hermione aveva una scusa razionale ai suoi comportamenti
-“Cosa?”- fu l’unica parola che Ron riuscì a proferire, seguita da un -“Quando? Come?  E Perché non me lo hai detto?”-
-“Ron non fare così è successo quest’estate”- stava mentendo, era ancora rossa in volto e quelle erano cose che non si imparavano in tre mesi. Erano arrivati al corridoio che portava alla sala comune di Grifondoro mentre Ron ed Hermione cominciavano a discutere
-“Era questo che intendevi per sincerità eh Hermione?”-
-“Che c’entra ti ho detto che te ne avrei parlato”-
-“Si questo è come il fatto della Giratempo eh? Non te l’abbiamo detto perché Silente ce l’ha proibito”- disse facendole il verso -“Si come no”- sapeva perché Ron era così arrabbiato, a parte la situazione strana in cui si erano ritrovati e a parte che Ron avrebbe potuto sfruttare la situazione per alzare i suoi voti, tra i due durante l’estate c’erano stati alcuni dissapori su vecchi avvenimenti che uno dei due aveva tenuto nascosto all’altro. Erano venute fuori storie come quella della Giratempo o il libro di Ron che lo aveva aiutato a capire le donne. Harry sorrise appena ricordando Hermione che correva per tutta la tana inseguendo Ron e dicendo “Quindi era per questo che mi facevi quei complimenti, non perché fossero sinceri, ma era un tuo tentativo di abbindolarmi. Se ti prendo brutto stupido”. Per fortuna avevano sempre fatto pace, Harry non avrebbe retto alla rottura del trio. Un trio che piano piano stava diventando un quartetto, visto che Ginny avrebbe seguito le stesse lezioni di Harry. Proprio per questo aveva saltato il primo giorno di lezioni, per parlare con la McGranitt della modifica dei suoi orari. Erano quasi arrivati all’ingresso della sala comune quando una sagoma urtò Harry, mandandolo quasi al tappeto. Era spuntato da un passaggio segreto laterale che Harry conosceva bene
-“Mi perdoni Signor Potter ero un po’ di fretta, spero non si sia fatto male”- quella voce non era di un professore, ma perché gli dava del lei, sei una mano robusta tirarlo su e porgergli gli occhiali -“Scusate se non mi fermo, ma vado di fretta. Addio”- quell’addio suonò molto strano ai tre ragazzi e Harry ebbe infine la possibilità di vederlo bene. Era più alto di lui di almeno dieci centimetri, portava la toga di Tassorosso e dei capelli lunghi alla rinfusa
-“Chi era quello?”- chiese Ron. Harry fece spallucce e per un attimo fu silenzio. Poi il rosso ricominciò a litigare con la ragazza.
I due non si parlarono per quasi tutta la mattina e ad Harry andava anche bene, tanto aveva Ginny con lui alla quale era stato approvato il nuovo programma di studi. Non era un programma per divenire Auror, diceva che non faceva per lei, e nemmeno quello per diventare Medimago come Hermione. A dirla tutta Ginny era talmente confusa sul suo futuro che la McGranitt aveva creato un programma apposito per lei che non le avrebbe creato difficoltà se in futuro avrebbe voluto cambiare idea. Al momento sembrava volesse divenire una obliviatrice, ma tutti sapevano che presto avrebbe di nuovo cambiato idea.  La terza lezione del secondo giorno era, finalmente, Difesa contro le arti Oscure. Harry era molto in apprensione, voleva conoscere il nuovo professore e visto lo stile della professoressa Jones, sperava che anche questi si rivelasse almeno abbastanza severo da non trattare Harry come un privilegiato. Gli altri professori, come Vitious o Lumacorno, lo avevano lodato ad inizio lezione, per fortuna quando cominciò Difesa Harry capì che non avrebbe ricevuto lo stesso trattamento da Williamson
-”Buongiorno ragazzi e benvenuti alla prima lezione di Difesa contro le arti oscure del settimo anno. Credo che abbiamo capito tutti quanto questa materia sia importante dopo gli eventi di tre mesi fa, quindi se fossi in voi non la sottovaluterei per nessuna ragione”- seguì a quelle parole uno sproloquio sulla Difesa contro le arti oscure e domande sparse agli studenti. Dopodiché il professore si presentò per bene e cominciò la spiegazione. Quello era l’anno delle maledizioni. Avrebbero scoperto quanto poteva essere perfida la magia e ad Harry piaceva molto
-“Oggi vi spiegherò gli effetti dell’Ardemonio. Chi ni voi ne ha mai sentito parlare?”- la mano di Hermione scattò immediatamente, mentre quella di Ron ed Harry arrivò su dopo pochi secondi. Nessun  altro sapeva nulla su quell’incantesimo, l’uomo li guardò incuriosito, ma non sorpreso -“Bene Potter, Granger e Weasley, chi altri se no?”- Harry non sapeva se li stesse deridendo o adulando, in entrambi i casi non gli piaceva. Poi in lontananza vide un’altra mano alzarsi. Era un Tassorosso. Anzi era il Tassorosso con cui si era scontrato il giorno prima. Il professore la notò e diede uno sguardo anche al ragazzo. Sembrava che cercasse di capire quali fra quegli studenti poteva essere un Mangiamorte e chi no. Per come li osservava e come li scrutava. O Forse era il contrario? Harry aveva la sensazione che quell’uomo stesse cercando in mezzo a loro coloro che erano avvezzi alle arti oscure, piuttosto che coloro che volevano combatterle, ma forse era tutto dovuto a quella fitta che aveva avuto in Sala Grande nel guardarlo, gli aveva ricordato molto Raptor per un certo senso e forse era quello ad ingannarlo. Il professore continuò la sua lezione come se quella domanda non l’avesse mai fatta e Harry disse sottovoce
-“Pensavo che i Carrow insegnassero Arti Oscure”-
-“Certo, però il Fuoco Maledetto è un incantesimo da settimo anno, erano stupidi ma Piton non gli avrebbe permesso di insegnare cose del genere a ragazzini che non potevano controllarlo”- disse Hermione
-“E si è visto che brutta fine a fatto Tiger”- aggiunse Ron serio. Era per quel motivo che conosceva quell’incantesimo, l’avevano visto in azione appena tre mesi prima. Hermione aveva spiegato come al solito che incantesimo fosse. A fine lezione tutti sembravano soddisfatti del nuovo professore, non troppo severo, abbastanza interessante. Harry purtroppo non fece in tempo a raggiungere il Tassorosso che cominciava ad attirare la sua attenzione. Come mai gli sembrava di non averlo mai visto prima? E che ne sapeva lui dell’Ardemonio? Non riuscì a chiedergli nulla di tutto ciò perché il professor Williamson gli chiese se poteva parlargli. Non era il primo dei professori che glielo chiedeva, chi per dargli compiti extra, chi per il suo club, chi per congratularsi. In effetti dopo la caduta di Voldemort aveva certo di nascondersi al mondo magico e sicuramente non era stata una scelta sbagliata. Kingsley gli aveva detto che al ministero in molti volevano parlare con lui, ma lui li teneva lontani dicendo che aveva patito abbastanza e che era ora che vivesse una vita normale
-“Forse non è il luogo o il tempo per certi discorsi”- cominciò l’Auror
-“Allora perché cominciarli?”- chiese Harry, forse sapeva cosa voleva quell’uomo
-“Perché il ministero deve indagare e deve capire se Tu-sai-chi può tornare”- aveva paura di pronunciare quel nome, un’Auror che aveva paura di pronunciare un nome, Harry rimase allibito
-“Non può tornare”- disse semplicemente Harry -“Tom Riddle è morto e non tornerà in più io non voglio parlarne”- Harry fece per andarsene e come con Lumacorno fu fermato da una mano sulla spalla
-“Potter dovrai collaborare alla fine”- furono le uniche sue parole, Harry non si girò
-“Non ho mai collaborato con il Ministero e non comincerò ora”- e si chiuse la porta alle spalle sbattendola. Non pensò più al ragazzo di Tassorosso, ne alla Legilimanzia di Hermione. Pensò solamente ad arrivare a fine giornata. Aveva bisogno di nuovo del pensatoio, aveva di nuovo troppi ricordi. Le domande di quell’uomo gli avevano messo l’ansia, vecchi interrogativi erano tornati. Erano sicuri che gli Horcrux fossero solo sette? Infondo Harry era stato un Horcrux involontario e forse Voldemort ne aveva fatti già sette prima di tentare di ucciderlo. Troppe domande a cui non poter dare risposta, così attese di potersene liberare e finalmente la sera riuscì a buttare tutto nel pensatoio. E si addormentò pensando che domani si sarebbe dedicato a Ginny, perché l’aveva trascurata, perché l’amava.

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Capitolo 5
*** Matti da Legare ***


Vorrei solo chiedere a chi legge la mia FF se gentilmente fa una recensione ogni tanto XD Okay che mi piace scriverla, ma un incoraggiamento mi piacerebbe riceverlo ogni tanto XDXD

Matti da Legare
Cominciò a sentire qualcosa di strano nell’aria già prima di svegliarsi. L’odore acre di quando si trovava nell’aula di pozioni. In realtà era  alcol etilico, lo sapeva, perché era l’alcol a dare quell’odore all’aula e ai sotterranei in generale. Harry non aprì gli occhi, ma attese di comprendere cosa gli stava accadendo e perché nella sala comune ci fosse quello strano odore. Non sentiva il respirare assonnato dei suoi compagni di stanza, ma mentre tendeva meglio l’orecchio e si concentrava sui suoni si rese conto di due respiri, non erano profondi, anzi erano precisi, poi uno sfogliare di fogli e infine due voci coincise
-“Cosa ne pensi Albus?”- era la voce di Piton, la ricordava bene
-“Non va per niente bene, ha messo in atto un nuovo sistema di difesa”- rispose Silente, Harry non sapeva di cosa stessero parlando
-“Posso parlarci io?”- non poteva vedere i due, non voleva aprire gli occhi e scoprire che stava sognando ad occhi aperti. Non voleva svegliarsi nel dormitorio e scoprire che aveva immaginato tutto
-“Sta attento Severus”- disse semplicemente Silente e poi di nuovo il silenzio. Rumore di passi e la porta che si chiude. Piton era rimasto nella stanza e forse stava aspettando che Harry si svegliasse. Il ragazzo si decise finalmente ad aprire gli occhi dopo pochi minuti. Non riusciva a sopravvivere a quella tensione e dentro di se sentiva che non si sarebbe ritrovato nel suo dormitorio. Gli occhi si abituarono subito alla luce, ma più che altro si abituarono ai colori chiari della stanza, la bianco che troneggiava su ogni cosa
-“Professore”- disse semplicemente Harry guardando Piton. Stonava con il mondo bianco, stonava in quel suo camice da dottore. Solo l’odore ricordava ad Harry realmente Piton, quell’odore di alcol e di strane pozioni -“Dove sono?”- chiese
-“Non importa dove Potter, importa di più il perché”- non vi era traccia dei fogli che aveva sentito sfogliare. La stanza in cui si trovava doveva essere una specie di prigione, forse esisteva solo nella sua mente
-“Allora perché mi trovo qui professore?”-
-“Non ricordi di essere mai stato qui Harry?”- aveva qualcosa di diverso nella voce, non era il solito disprezzo che in vita aveva riservato solo al famoso Harry Potter, no, vi era una sorta di preoccupazione e, forse, pena o affetto.
-“No”- quel posto non assomigliava minimamente a nessun luogo nel quale fosse state, nemmeno alla versione eterea di King Cross che aveva visto quand’era morto. Era forse morto davvero stavolta?
-“Potter”- disse riprendendo un tono che Harry conosceva bene  -“Da te dipendono di nuovo molte vite del mondo magico, non so perché capitino sempre a te questi grandi destini”- cominciò l’uomo sarcastico -“Ma la prima cosa che devi fare e recuperare i ricordi dal pensatoio, Potter”- l’uomo lo guardava serio, nella mano destra luccicò l’ago di una siringa -“E’ importante che tu possieda i tuoi ricordi. È importantissimo che tu non ti privi di nessuno di essi”- Harry lo fissò spaesato, non voleva tornare a soffrire per i ricordi, non voleva rivedere le morti di Silente e Piton, le aveva rimosse, aveva coscienza delle loro morti, ma aveva dimenticato le scene -“Tutto il mondo soffre Potter e tu più di tutti dovrai affrontare la sofferenza”- poi Piton si avvicinò senza staccare gli occhi neri da quelli verdi del ragazzo, quelli di Lily, quelli che aveva amato -“E ora che tu ti svegli Potter”- Harry sentì l’ago penetrare nella pelle, non poté evitarlo, era bloccato non dalla paura, ma da una camicia di forza. Sentì le forze mancargli e cadde in un sonno profondo. Mentre Piton scandiva parole che per lui non avevano senso -“A volte bisogna spingere sul fondo marino per riemergere dal mare”- e poi il silenzio.
Harry si risvegliò zuppo nel suo letto. Il dormitorio era ancora addormentato, il che significa che non aveva urlato per via di quel sogno. Il ricordo di Piton era così vivido che gli sembrava ancora di vederlo nella stanza. Di vedere i suoi occhi neri che lo fissavano e quell’ago entrargli nelle vene. Prese il pensatoio e la scatoletta dove custodiva le fiale con i suoi ricordi. Entrò nel bagno del dormitorio e sussurrò in serpentese la parola “Ricordi” alla scatola. La scatola si aprì. Nessuno sapeva nulla di quella scatola e del fatto che si aprisse solo se gli si parlava in serpentese. Sapeva che Ron ed Hermione non avrebbero approvato, ma ultimamente faceva molte cose che loro non approvavano. Su ogni fiala era segnata una data. La data in cui aveva estratto il ricordo. Una data indicativa insomma perché non poteva ricordare a cosa si riferissero i ricordi all’interno. Cominciò da quello che aveva rimosso più di recente. E pian piano riprese coscienza di tutto ciò che era successo. Gli venne in mente dove aveva visto già quel luogo. Dove aveva visto già Piton vestito da medico babbano. E di nuovo il dubbio gli saltò alla mente. Che fosse impazzito davvero? Silente in uno di quei sogni gli aveva detto che Hogwarts non esisteva, che quel mondo non esisteva, ma lui non aveva voluto crederci, Harry Potter amava il mondo dei maghi e non sarebbe tornato ad essere babbano per nulla al mondo. Sperava che fosse tutta colpa del suo inconscio che cercava di inviargli messaggi. La visione di Piton era solo un modo per dire a se stesso che era giunto il momento di abbandonare il pensatoio e tornare a vivere una vita normale. Anche se normale non lo sarebbe mai più stata. Rivide la morte di Sirius, Silente, Piton, George, i corpi senza vita di Lupin e Tonks. Pianse. Per una mezz’ora chiuso in quel bagno pianse lacrime amare come non le piangeva da settimane. Poi si ricompose. Era pronto a riaffrontare il mondo. Tutti quei sogni che aveva fatto li aveva infine catalogati come allucinazioni e preferiva credere di essere pazzo nel mondo dei maghi piuttosto che in quello babbano. Cominciò la sua nuova giornata scolastica raccontando a Ron ed Hermione tutto, spiattellando i suoi segreti tenuti fino a quel momento. Soprattutto perché un dubbio gli rimaneva: “Come si era fatto quella cicatrice?”.
-“Tu cosa?”- Ron aveva quasi urlato quelle parole a colazione e molti si erano girati a guardarli
-“Non gridare”- disse Harry, Hermione invece era ammutolita. Sapere che aveva una scatola che si apriva in serventese, sapere che vi custodiva i ricordi come fossero qualcosa di oscuro e conoscere le teorie su i suoi sogni, le avevano dato molto da pensare -“L’importante è che ho deciso di smettere no?”- i due ragazzi lo guardarono scettico, senza parlare -“Dai ragazzi”- cominciò Harry, ma fu allora che Hermione esplosa
-“Cosa vuoi che ti diciamo Harry? Dopo quello che è successo, dopo quello che abbiamo passato, ci menti ancora e ci nascondi il fatto che fai dei sogni strani. Dove sogni Silente e Piton che dicono che sei pazzo e ti fanno delle cicatrici che poi ti ritrovi nella vita reale”- disse indicandogli la mano -“Adesso ne hai parlato perché vuoi il nostro aiuto? Adesso ti fidi perché ti serviamo?”- poche volte l’aveva vista così arrabbiata. Aveva paura che gli puntasse contro la bacchetta pronta a schiantarlo o qualcosa di simile
-“Non è così Hermione, fino a stamattina non ricordavo nemmeno di aver fatto quei sogni”- sapeva di non averla convinta
-“Harry non credi che questi sogni siano causati da un contatto con tu-sai-chi?”- Ron aveva sempre il terrore di veder tornare Voldemort -“Mica ti fa male la”- il ragazzo fece una pausa drammatica -“Cicatrice”- quella domanda mandò Harry nel pallone. Non gli bruciava la cicatrice, ma ricordava che quando aveva incrociato per la prima volta lo sguardo con Williamson aveva avuto una fitta, come era successo tanti anni prima quando aveva guardato Raptor
-“In realtà”- cominciò Harry, raccontando ai ragazzi tutta la storia, era forse la goccia che fece traboccare il vaso. Hermione si alzò in piedi rossa in volto e andò via senza dire una parola
-“Ti rendi conto di quello che potrebbe significare tutto questo?”- chiese Ron alzandosi a sua volta e seguendo Hermione senza attendere una risposta. Nello stesso momento Ginny entrò nella sala grande e andò a sedersi accanto a lui
-“Cos’è successo Ron ha fatto di nuovo innervosire Hermione?”- chiese con tono ironico e sorridendo
-“No stavolta è colpa mia”- disse Harry e il sorriso scomparve dal volto della ragazza. Gli accarezzò il volto e disse
-“Vedrai che le passerà”- il ragazzo guardò la rossa negli occhi e sorrise. Cosa gli importava di Voldemort, cosa gli importava di Ron ed Hermione, quando aveva lei accanto? Aveva ragione le sarebbe passato presto, quindi perché preoccuparsi. Così quella giornata seguì le lezioni insieme a Ginny, mentre Ron ed Hermione lo evitavano in aula, nei corridoio e nella sala grande. La sera nel dormitorio i due ragazzi ebbero la possibilità di parlare
-“Perché tu non ce l’hai con me?”- chiese Harry al rosso
-“Qualcuno deve pur negoziare”- rispose Ron sorridendo. Anche lui allora non l’aveva presa un granché bene -“Hermione l’ha preso come un tradimento Harry, ha detto che sembra quasi non riconoscerti e che mai hai avuto così tanti segreti”- era vero, in parte. Anche quando avevano cercato gli Horcrux, Harry, aveva raccontato tutto ciò che sapeva e loro erano stati davvero di aiuto
-“Non so cosa posso fare più che chiedere scusa”- disse Harry
-“In una settimana le passerà”- disse Ron con un sorriso -“Solo se però non lascerai perdere”- Harry sapeva cosa intendeva. Ron ne aveva combinate molte ed Hermione lo aveva sempre perdonato perché lui le chiedeva scusate e continuava a ronzarle intorno fino a che qualcosa non facesse in modo che i due tornassero a parlarsi. Il problema era che Harry aveva litigato con entrambi e quindi si era creata una vera spaccatura nel gruppo, ma non avrebbe lasciato perdere
-“Seguirò il consiglio”- disse Harry e poi si congedò, prima di andare a letto Ron aggiunse
-“Soprattutto non rifare lo stesso errore una terza volta, non te lo perdonerebbe”- aveva ragione. Era già successo che lui non raccontasse la verità ai suoi amici e molte cose erano venute fuori quell’estate, dopo la fine della guerra. Ora Hermione pretendeva la verità sia da Ron che da Harry ed entrambi sapevano che non era saggio commettere tre volte lo stesso errore, la ragazza aveva il perdono difficile in certi casi. Specialmente se non era Ron a farla arrabbiare.
Dopo una settimana Harry non poté più sopportare quella situazione. Stavano mangiando in sala grande. Harry e Ginny seduti l’uno affianco all’altra, mentre Ron ed Hermione si erano seduti a nove o dieci persone di distanza in modo da porteli evitare. Quando in settimana li avevano adocchiati per i corridoi Hermione aveva salutato Ginny e aveva fatto finta che Harry non ci fosse, cosa che aveva fatto chiedere alla rossa cosa avesse combinato. Stanco di quella situazioni, stanco di piangere in silenzio per i ricordi di cui non poteva liberarsi, stanco di tutto. Ginny si era accorta delle occhiaie che pian piano erano tornate ed Harry aveva vuotato il sacco, lei era semplicemente felice che avesse smesso di usare il pensatoio. Quei giorni con lei erano stati stupendi ma la tensione con Ron ed Hermione lo stava uccidendo. Così si alzò di scatto per andare a parlare con quei due, ma nel farlo urtò qualcuno
-“Scusa”- disse semplicemente Harry dandogli una mano ad alzarsi, mezzo tavolo dei Grifondoro si era girato a guardarli, purtroppo ad orario di pranzo la sala grande era sempre piena ed era facile urtare le persone.
-“Non si preoccupi”- quella voce fece girare Harry di scatto, aveva ripreso a marciare verso i suoi amici. Era quel Tassorosso che aveva visto a difesa e con cui si era scontrato al settimo piano una settimana prima. Si era completamente dimenticato di lui, era troppo preso dalla nuova situazione, ma adesso che era di fronte a lui poteva osservarlo meglio. Un naso non troppo pronunciato, occhi verdi e profondi, un viso magro e i capelli neri chiusi in delle treccine. Una lunga cicatrice sul suo collo, profonda, inquietante. Non sembrava avere l’età per essere al settimo anno eppure seguivano alcune lezioni insieme
-“Piacere Tom”- la sua mano era scattata verso Harry. Quindi non si erano mai conosciuti prima. Doveva essere un anno più piccolo di lui per questo forse non lo aveva mai visto.
-“Per favore chiamami Harry”- disse stringendogli la mano. Il sorriso del ragazzo era inquietante, voleva sapere di più di lui. Come conosceva il fuoco maledetto per esempio o perché aveva quella cicatrice. Nel complesso quel ragazzo sembrava una figura oscura e poi quel nome: Tom. Non prometteva nulla di buono. L’ultimo Tom che Harry aveva conosciuto, non era stato propriamente un suo amico. Poi Harry sentì un senso di invasione nella sua testa. Chiuse un secondo gli occhi e sentì la voce di Hermione nella sua testa
-“Harry allontanati da quel ragazzo lo dico per il tuo bene”- il ragazzo con la cicatrice a forma di saetta non si scompose, sorrise a Tom e con voce naturale disse
-“Scusa Tom ora devo andare, magari ci ribecchiamo qualche altra volta”-
-“Puoi scommetterci”- disse il ragazzo avviandosi per primo. Harry si avvicinò a Ron ed Hermione come aveva intenzione di fare, rosso in volto
-“La smetti di entrarmi nella testa?”- non era il modo migliore per fare pace, ma Hermione sapeva cosa aveva fatto di sbagliato. Infondo le ultime volte che qualcuno gli era entrato nella testa erano morte delle persone, era morto Sirius. -“Cosa c’ha che non va quel ragazzo?”- chiese smorzando la rabbia, infondo stava di nuovo parlando con i suoi migliori amici e questo lo faceva stare bene. Ginny lo aveva seguito in silenzio e aveva sgranato gli occhi alla notizia che Hermione era una legilimens, ma aveva taciuto a causa di uno sguardo di Ron
-“Ho fatto delle ricerche”- il rosso a quelle parole sorrise e Harry lo imitò, alla fine quel sorriso ebete pervase anche Hermione. L’unica che non capì cosa avessero da sorridere era Ginny -“Prima ho chiesto a un po’ di studenti in giro, però non ho ottenuto nessuna informazione decente, neanche dai Tassorosso che sono suo compagni di corso. Sembra comparso dal nulla all’inizio dell’anno scorso a loro dire. Sono andata dalla McGranitt”-
-“Che probabilmente ci avrebbe cacciato fuori se non fossimo stati noi, gli amici di Harry Potter”- aggiunse ironicamente Ron sorridendo ad Harry, Hermione fece finta che il ragazzo non avesse aperto bocca
-“E mi ha raccontato la sua storia Harry. Neanche immagini chi è quel ragazzo”- Hermione era facile da sconvolgere, ma era il viso di Ron a preoccupare Harry -“Il ragazzo un Grindelwald, probabilmente mezzo parente di quel Grindelwald”- quella storia cominciava a piacergli sempre meno
-“E per di più è pazzo da legare”- disse Ron
-“In che senso?”- Harry cominciava ad avere timore che stessero tenendo la chicca per la fine, fu Hermione a tirare fuori la storia tutto d’un fiato
-“Harry quel ragazzo è finito ad Azkaban quando aveva appena sedici anni perché era sospettato di essere un Mangiamorte. La McGranitt mi ha detto che era il migliore del suo corso quando fu arrestato nel novantadue”- Harry sconvolto fece due calcoli. Quel ragazzo era stato arrestato quando lui era al secondo anno. E facendo due calcoli doveva avere ventidue anni, Harry non gliene aveva dati nemmeno sedici -“Ha passato i G.U.F.O. con il massimo dei voti, grazie ad un accordo col Ministero che gli ha dato la possibilità di studiare per gli esami mentre era in attesa di giudizio, poi quando è stato definitivamente scarcerato è tornato ad Hogwarts per finire gli studi, l’anno scorso, proprio nel periodo in cui Voldemort aveva la scuola in mano”- la cosa puzzava fin troppo di bruciato e quel ragazzo era da tenere d’occhio
-“Come possono tenere uno come quello dentro la scuola?”- fu la domanda a sorpresa di Ginny
-“Beh è stato scagionato e il Ministero ha spinto perché fosse riammesso in quanto è per colpa loro che non ha potuto completare gli studi”- puntualizzò Hermione
-“O almeno questo è quello che dice la McGranitt”- aggiunse Ron
-“Cosa intendete per mezzo parente di Grindelwald?”- ora Harry voleva sapere tutta la storia, probabilmente aveva un Mangiamorte che lo pedinava, visto i loro precedenti, dentro Hogwarts e non sapeva nemmeno chi fosse
-“La McGranitt ha confermato che Gellert aveva avuto un figlio di cui nessuno sapeva nulla e che si dicesse addirittura dato in adozione ad un orfanotrofio”- chiarì Hermione -“Quindi non possiamo essere sicuri che sia suo figlio, ma il cognome e il fatto che si chiami Albus Tom Grindelwald, la dice lunga”- Harry sapeva che Silente e Grindelwald avevano intrattenuto una forte amicizia, ma da quello a chiamare suo figlio come l’ex Preside pensava ci passasse molto. Qualunque fosse la sua discendenza quel ragazzo era da tenere d’occhio
-“Comunque volevo chiedervi scusa ragazzi”- disse Harry un po’ mortificato, lesse subito sul volto di Hermione quell’espressione d’intenerimento che di solito faceva a Ron quando lo perdonava per le sue stupidaggini, certo non avrebbe detto nulla subito e gli avrebbe tenuto il muso per un po’, ma il trio era riunito.
-“Harry c’è un’altra cosa”- Ginny sembrava molto incuriosita da tutta la situazione, infondo non aveva mai partecipato ai loro dibattiti sul cosa stesse succedendo di oscuro, ad Harry sembrava di essere tornati ai tempi di Fuffi al terzo piano -“Su strega oggi ho letto una notizia che riguarda Hogsmeade”- tirò fuori il giornale, anche Ron sembrava stupito, lo mise al centro del tavolo in modo che tutti potessero leggere:
Il ritorno dei fantasmi
Secondo molte testimonianze la famosa “Stamberga Strillante”, un casolare abbandonato ad Hogsmeade vicino Hogwarts, sarebbe tornata a “strillare”. Molte leggende dicono che la casa infestata perché circa trent’anni fa, i meno giovani lo ricordano, la stamberga aveva attirato i turisti grazie a urla notturne e rumori strani provenienti dall’interno. Dopo più di trent’anni di silenzio in questi giorni in molti testimoniano che la Stamberga è tornata ad essere Strillante e che la notte pianti e urla di dolore si sentono provenire da quel luogo spettrale. Che sia invasa da fantasmi in pensa? Che sia il ritorno di qualche strano demone?
L’articolo continuava con teorie inverosimili su cosa fosse accaduto all’interno della casa e con le testimonianze di alcuni abitanti
-“Sono matti da legare”- esclamò semplicemente Ron, Hermione lo guardò interrogativa
-“Come scusa?”-
-“Dai Hermione tutti sappiamo che era Lupin a fare quei rumori trent’anni fa, queste testimonianze sono solo un modo per far un po’ di pubblicità ad Hogsmeade infondo anche loro hanno subito molte perdite di clientela durante la guerra magica”- per una volta Ron non aveva tutti i torti, ma Hermione era preoccupata
-“No Ronald, questi non sono negozianti”- obiettò Hermione
-“Cosa proponi di fare?”- chiese semplicemente Harry
-“Dobbiamo controllare che sia tutto a posto. A quanto pare tutte le notti si sentono le urla della stamberga”-
-“Ma potrebbe essere qualche scherzo stupido”- Ron era riluttante
-“Tutte le notti Ronald?”- il cipiglio scettico di Hermione aveva messo fine alla discussione
-“Questa volta però agiamo diversamente”- disse Harry, gli altri aspettarono che parlasse. Ginny in realtà sembrava più sconvolta che in attesa del piano -“Aspettiamo la prima gita ad Hogsmeade perché oramai tutti sanno del passaggio segreto sotto il platano picchiatore e i professori potrebbero aver messo qualche sentinella o addirittura averlo chiuso”-
-“Oppure per una volta potremmo chiedere il permesso alla McGranitt”- disse Ron -“Secondo me se glielo chiedi Harry ci fa andare tranquillamente alla Stamberga”- i tre si guardarono e risero. La McGranitt non era il tipo che negoziava su certe cose, probabilmente avrebbe tolto 10 punti a Grifondoro solo per averlo pensato.
-“Harry”- era la voce di Ginny -“Sapete che è contro le regole vero?”- l’aveva detto con poca convinzione, guidata più che altra dallo shock dovuto dalla tranquillità con cui i tre ne parlavano
-“No macché Ginny, hai dimenticato che lui è Harry Potter?”- disse Ron cominciando a ridere -“Per lui le regole sono diverse non ricordi?”- anche la ragazza lo fissò a metà fra lo sconvolto e il divertito. Certo anche lei l’anno prima aveva infranto molte regole, ma la situazione era diversa, non era solo un suo sfizio, era combattere contro il preside ei Carrow. Harry si era accorto del suo stupore
-“Ginny”- le accarezzò dolcemente il volto -“Abbiamo imparato che quando c’è qualcosa di strano ad Hogwarts purtroppo ciò che c’è sotto non è mai buono”-
-“Quindi cerchiamo di prevenire”- aggiunse Hermione.
-"Siete matti da legare"- disse la ragazza ridendo convinta e i quattro si avviarono alle lezioni del pomeriggio. Harry immerso nei pensieri. Gli sembrava che stessero accadendo troppe cose. Come se la sua mente cercasse di distrarlo da qualcosa. Come se cercasse di non fargli pensare a quanto quel mondo potesse essere finto o una proiezione della sua stessa mente.

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Capitolo 6
*** Brillante ***


Brillante

Ottobre era cominciato da poco e il caldo era via via svanito dietro le nuvole minacciose di pioggia che si mostravano su Hogwarts. Però Harry sentiva caldo, troppo caldo. Non sentiva il peso delle coperte sul suo corpo ed era come se non stesse nemmeno più nel dormitorio. Riconobbe subito quella sensazione, ma soprattutto riconobbe gli odori appena fu abbastanza sveglio da percepirli. Era di nuovo nel sogno. Di nuovo in quel sogno in cui Silente e Piton gli dicevano strane cose. Il ragazzo aprì gli occhi, era arrabbiato. Si alzò di scatto e si guardò attorno. Non aveva la camicia di forza, ma solo una leggera vestaglia bianca. Era seduto su un letto sotto delle coperte leggere. Non c’erano finestre, ma solo luci al neon nella sua “cella”. Poi vide un viso conosciuto

-“Ginny”- disse semplicemente, la ragazza lo fissò malinconica, stava mettendo a posto la scrivania, unico oggetto di arredamento della stanza

-“Ciao Harry”- anche lei sembrava ricordarsi il suo nome in quel sogno
-“Dove mi trovo?”- chiese
-“Non mi è permesso risponderti, chiamerò immediatamente il Dottor Piton”- una rabbia non sua sembrò farlo vibrare nell’animo. Si alzò di scatto, perché lo trattava così? Perché aveva paura di lui? Non era forse sempre Harry Potter? Quel sogno cominciava a infastidirlo. La ragazza doveva aver notato lo scatto perché era corsa fuori dalla stanza chiudendolo dentro.
-“Sta calmo Harry, il dottore sarà qui a momenti”- era in lacrime. La sua Ginny in lacrime per colpa sua. Ebbe un tuffo al cuore e sentì lacrime salirgli dalla gola, un brivido e voglia di scusarsi. Non lo fece, sapeva che non sarebbe servito. Invece si avvicinò alla scrivania e vide dei fogli. Cominciò a sfogliarli e a leggere:
“Quel ragazzo di nome Tom non mi convinceva per niente. Ancora di meno ora che Hermione mi aveva raccontato la sua storia e come era stato, forse, in combutta con Voldemort”. Non sapeva quanto tempo prima lo avesse scritto, ma raccontava di quando a settembre aveva fatto pace con Ron ed Hermione e aveva scoperto di quel Tom Grindelwald. C’erano altri fogli, migliaia di fogli. Non ricordava quando li aveva scritti, ma c’era la sua vita la sopra. Forse non li aveva scritti, infondo quello era un sogno e quei fogli erano frutto della sua immaginazione. Dopo pochi minuti entrarono Piton e Silente nella stanza, Harry era abituato oramai a vederli in quegli abiti bianchi
-“Voglio sapere che diavolo sta succedendo”- gridò Harry. Di nuovo quella rabbia che non gli apparteneva, di nuovo uno scatto inaspettato del suo corpo. Ma Piton era stato più veloce, gli aveva afferrato il braccio e gli aveva fatto una puntura
-“E’ solo un calmante Harry”- disse semplicemente con una voce apprensiva. Sentì la rabbia svanire e si sentì allo stesso tempo debole. Davanti alla scrivania c’era una sedia, vi si sedette senza troppi indugi.
-“Spiegatemi che succede, vi prego”- aveva le lacrime agli occhi, non ne poteva più di quei sogni, non ne poteva più di ritrovarsi davanti Silente e Piton
-“Prima Harry dimmi”- cominciò il più anziano -“A quale mondo appartieni? Cosa ricordi?”- Harry spiegò che non sapeva più quale fosse il suo mondo e che ricorda di Silente e Piton e dei discorsi sul fatto che aveva ucciso i suoi genitori. Gli raccontò gli altri sogni e i due sembravano entusiasti
-“Ora dicci cosa vuoi sapere”- furono le sole parole di Silente
-“Cosa sono quei fogli?”- chiese la prima cosa che gli veniva in mente. Mentre raccontava i suoi ricordi di quel luogo si era accorto che a molte domande aveva già una risposta. Secondo i suoi interlocutori non esisteva Hogwarts era solo, tutto, nella sua testa e che il mondo reale era quell’istituto dove era tenuto dopo che aveva ucciso i suoi genitori
-“Quando torni nel tuo mondo Harry hai due principali reazioni”- cominciò Silente sedendosi sul letto di fronte a lui -“A volte sei cosciente a te stesso e altre volte, come ora, no”- Harry lo ascoltava assorto mentre Piton aveva cominciato a ispezionare i fogli sulla scrivania
-“Nulla di nuovo Albus”- disse semplicemente mentre il vecchio riprendeva il suo discorso
-“Ogni volta che sei cosciente a te stesso, che ricordi di aver ucciso i tuoi genitori, scrivi alla tua scrivania, per ore, i ricordi che hai di Hogwarts e così appena ti riaddormenti la tua mente resetta i ricordi e lascia solo ciò che hai vissuto nella tua mente, solo i ricordi del mondo dei maghi”- quindi quei fogli li scriveva quando era cosciente e ogni volta che ci tornava pensando di sognare era solo a causa del suo cervello, solo perché la sua mente gli giocava dei brutti scherzi
-“Ma lui mi ha detto di recuperare i ricordi perché erano importanti per il mondo magico”- disse Harry puntando il dito verso Piton
-“Il Dottor Piton”- si affrettò a dire Silente -“Ha solo soggiogato la tua mente e fatto in modo che recuperassi la consapevolezza di essere già stato nel mondo reale”- quindi quell’uomo doveva ringraziarlo? Quel Piton così diverso dal suo insegnante di pozioni, ma così identico nella voce, negli occhi, nei capelli e nello sguardo. Mentre Silente continuava a parlare Harry cominciò a guardarsi intorno e infine si guardò le mani, aveva quella cicatrice sulla mano, quel taglio che ricordava essergli stato inferto da Silente
-“Harry hai una mente brillante”- stava dicendo, Harry passò un dito sulla ferita, non gli bruciava, dovevano essere passati giorni -“Ogni volta che troviamo un nuovo modo per metterti a conoscenza di chi sei realmente”- forse il tempo passava ad Hogwarts come in quel sogno, o in quella realtà. Non sapeva più a cosa credere. Una cosa era sicura, era pazzo in entrambi i mondi -“Si innesta un meccanismo strano e il tuo subconscio ti trascina in una realtà che prevede anche questo mondo”- a quella frase Harry lo guardò interrogativo -“Harry, figliolo”- negli occhi di quell’uomo c’era amore, o forse pietà, doveva essere uno dei suoi casi più strani -“Quando abbiamo scoperto che se ti inducevamo al sonno ricordavi questo mondo, nell’altro, hai usato il pensatoio per eliminarli e hai inventato un incantesimo come protezione aggiuntiva nel caso il pensatoio non fosse abbastanza”- il Sumnium Cruciatus, non l’aveva dimenticato, l’incanto che secondo Hermione ti faceva cadere in un sonno maledetto, proprio come quello -“Brillante”- ripeté il vecchio -“Perché non solo combatte la realtà, ma fa in modo che quella del tuo mondo non venga intaccata, previene ogni tua possibile fuga”- non poteva crederci, non voleva. Hogwarts solo una sua invenzione. L’inesistenza dei suoi amici, il fatto che lui fosse solo un babbano e che fosse nella solitudine, non poteva crederci, lui aveva vissuto tutto quel male,tutto quel dolore, aveva combattuto Voldemort per davvero, quello era solo un sogno molto realistico, nulla di più.
-“Perché dovrei credere a tutto questo?”- scetticismo, gli era stato insegnato da Hermione e al momento si poteva fidare più di lei che di quei due
-“Non ti chiediamo di crederci Harry, tutt’altro”- disse Silente. Harry aveva sbadigliato e Piton aveva preparato una siringa con un liquido rosa che il ragazzo aveva già visto. Capì, in quell’istante, che la siringa si sarebbe abbattuta su di lui prima che il sonno, anticipato da quello sbadiglio, potesse prenderlo. Sembrava una gara a chi facesse prima se il sonno a venire da se o lo stesso ad essere indotto tramite quel liquido -“Ti chiediamo solo di non dimenticare e di vedere le incongruenze del tuo mondo. Di cercare di capire se quello che vedi è reale, perché solo quando ti accorgerai di ciò potrai tornare alla realtà interamente”- il ragazzo sgranò gli occhi e in un attimo capì
-“Non è me che volete”- l’uomo che oramai non riconosceva più come Silente il mago, ma come un dottore con lo stesso nome e dallo stesso aspetto, sorrise
-“Brillante”- per la terza volta disse quella parola -“Noi vogliamo l’altro Harry, è lui quello da curare, è lui che appartiene a questo mondo. Tu sei Harry Potter il mago e devi rimanere ad Hogwarts, mentre è lui che deve tornare a noi”- non furono dette altre parole. Piton iniettò il suo liquido nella pelle, nelle vene, di Harry e lui si addormentò, pensando che quello di Harry Potter doveva essere, anche, un grave caso di personalità multiple.
Si risvegliò nel suo dormitorio, forse due minuti o forse due ore dopo, con la testa dolorante e la cicatrice che gli bruciava, non era per nulla un buon segno. Mancavano ancora molti minuti a l’alba e alla sveglia. Andò in bagnò e si sciacquò la faccia, la cicatrice sulla mano gli ricordava del sogno, i canali sotto gli occhi che oramai non dormiva più bene. Aveva passato un buon settembre, ma non era bastato. Ottobre era appena iniziato e presto ci sarebbe stata la gita ad Hogsmeade. Lui, Ron, Hermione e Ginny avevano organizzato tutto nei minimi particolari, anche se non c’era molto da preparare, infondo andavano lì con il permesso della preside e non c’era un vero divieto di entrare nella Stamberga. Il problema vero erano le voci che giravano. Tutti oramai sapevano dei fantasmi e in molti già dicevano di voler controllare appena sarebbero stati ad Hogsmeade, quindi dovevano intrufolarsi di soppiatto e sperare di non incontrare nessuno. Adesso che si guardava allo specchio però, Harry, si rendeva conto che tutti quei preparativi lo avevano distratto da altre cose importanti. Come quel Grindelwald o il professor Williamson che lo perseguitava. Le parole di Silente gli rimbombavano ancora nella testa, ma soprattutto una: Incongruenze. Così cominciò a pensare e pensare a ciò che era successo negli ultimi giorni. E si rese conto che ce ne erano troppe. Che la sua vita era diventato un miscuglio di conti che non tornano. La legilimanzia di Hermione, il Runespoor che avevano visto ad Hogsmeade, i Mangiamorte che sembravano non essere scomparsi, il dolore alla cicatrice, il taglio sulla mano. Tutte cose che aveva bisogno di chiarire, tutti punti oscuri che non combaciavano e che gli facevano credere che davvero il Dottor Silente avesse ragione. Durante tutta la giornata non diede segni d’insofferenza. Rise con i suoi amici, seguì le lezioni e quando giunse la sera, finalmente nella sala comune, poté dare sfogo ai suoi pensieri
-“Ragazzi vi devo parlare”- era serio, forse troppo. I tre si avvicinarono alla poltrona di Harry, la sala comune era quasi vuota, il fuoco scoppiettava in un modo quasi triste. Harry raccontò del sogno e i tre non fecero domande, la cosa cominciava a farsi strana
-“Quel sogno mi ha fatto riflettere”- cominciò il ragazzo, i tre lo fissavano assorti -“Hermione quando hai imparato a leggere nel pensiero”- la ragazza dapprima sembrò spiazzata, poi sorrise
-“Harry se era quello il problema potevi chiedere”- guardò per un secondo Ron, a quanto pareva il ragazzo le aveva già posto quella domanda, e poi sorridente rispose al ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta -“Quando cercavamo gli Horcrux ho cominciato a studiare la Legilimanzia per poterti aiutare con l’Occlumanzia, alla fine però i risultati sono arrivati troppo tardi”- Harry non era convinto, certo era un comportamento da Hermione, ma il dubbio di Silente si faceva strada nel suo animo. Per il taglio sulla mano, non poteva chiedere una risposta a loro, ma chiese lo stesso cosa ne pensavano
-“Harry hai detto di non ricordare quando te lo sei fatto, magari prima ti sei tagliato e poi hai sognato che fosse Silente a tagliarti”- la spiegazione di Ron filava e perché doveva contraddirlo? Infondo Harry non aveva nulla a sostenere la tesi che loro fossero frutto della sua immaginazione e di certo non voleva farsi prendere per pazzo esternando i suoi pensieri
-“Vi ricordate di quel Runespoor a Diagon Alley?”- doveva chiederlo, perché non sapeva nulla di quel serpente, forse ne avevano parlato sulla Gazzetta del Profeta, anche se non avevano scoperto ancora chi avesse incendiato il Ghirigoro
-“Si e allora?”- Chiese Ron
-“Non si è scoperto cosa ci facesse a Diagon Alley?”-
-“Harry ne sappiamo quanto te”- furono le parole di Hermione. Harry tirò un lungo respiro, non era sollievo, ma un po’ si sentiva meglio. Le incongruenze c’erano, ma purtroppo erano quelle di una vita normale, era il normale trascorrere del tempo che gli aveva nascosto dei particolari, forse un giorno li avrebbe scoperti. Continuarono a parlare del più o del meno tutta la serata. Delle lezioni di trasfigurazioni che erano interessantissime e di quanto la professoressa però fosse severa, quasi peggio della McGranitt e poi si arrivò a parlare di quel ragazzo, Grindelwald, Harry tirò fuori l’argomento quasi per caso
-“Avete visto oggi a difesa contro le arti oscure quel Grindelwald?”- il ragazzo dalle treccine castane aveva corretto il professore su una definizione, scatenando l’ira di quest’ultimo. In realtà non aveva corretto il professore, ma il libro di testo che, a quanto diceva il ragazzo, aveva usato impropriamente alcuni vocaboli per la descrizione di un incantesimo oscuro che stavano studiando in quei giorni: Cruore Marat. Nella descrizione si parlava di una specie di trasfigurazione dei liquidi corporei, come il sudore, in sangue che ostruivano i pori dell’avversario. Il ragazzo aveva tenuto a precisare che non era una trasfigurazione, ma bensì una fuoriuscita copiosa di sangue. La vittima poteva morire infatti dissanguata. Dopo una lunga discussione col professore gli erano stati conferiti venti punti a Tassorosso quando aveva spiegato che la sua fonte era nel Reparto proibito di Hogwarts al quale aveva avuto accesso l’anno scorso grazie ad uno dei professori Carrows
-“Lo trovo brillante”- le parole di Hermione fecero fare a Ron una smorfia inconsulta, accortasi dell’errore la ragazza cercò di recuperare, mentre Ginny ed Harry si guardavano divertiti, ma anche preoccupati da quell’affermazione -“Cioè è obiettivamente brillante cosa ho detto di male? Non è da tutti essere così informati”- infondo era vero. Quel ragazzo aveva surclassato Hermione in tutte le materie e lei sembrava averla presa fin troppo bene, forse il fatto che sapeva la sua vera età non la faceva sentire in competizione, infondo rimaneva la strega più brillante della sua età. Ron ed Hermione litigarono appena un pochino, poi tutti si salutarono e andarono a dormire.
Arrivò la giornata ad Hogsmeade e Harry non aveva fatto brutti sogni. L’inverno era alle porte, ma si poteva ancora godere di alcune giornate di sole niente male e per fortuna la gita capitò in una giornata di quelle. Dopo il solito controllo di Gazza all’uscita dalla scuola e le solite avvertenze si ritrovarono a girare per le stradine, non troppo affollate, del villaggio magico. Era più armonioso dell’ultima volta che Harry lo aveva visto, durante la guerra magica, e poteva leggere qualche nuova insegna di negozio con oggetti scintillanti. Uno di questi vendeva oggetti di antiquariato e si chiamava “Ars Arcana”, sembrava carino, ma non entrarono, avevano una missione da portare avanti. Come previsto una piccola folla si era radunata dinanzi alla stamberga strillante, ma tutto taceva dentro quel luogo. Forse chi aveva fatto quei rumori sapeva della gita ad Hogsmeade e taceva, o forse semplicemente era presto. I ragazzi non indugiarono e aggirarono la casa. Per fortuna nessuno stava sul retro e tutti erano impegnati al cancello principale, decidendo chi dovesse o non dovesse entrare. I ragazzini del secondo erano i più spavaldi e spaventati, un brutto mix purtroppo. Infatti spronavano le persone ad entrare, ma erano i prima a dire che solo un pazzo ci avrebbe messo piede. Quelli più grandi erano del quinto, infondo a quelli del sesto e settimo non interessava di quel luogo erano troppo adulti per quelle stupidaggini. I quattro sperarono che nessuno entrasse prima di aver potuto scoprire qualcosa. Nessuno dei quattro dovette nascondersi sotto il mantello dell’invisibilità, oramai conoscevano molto mente gli incantesimi di dissimulazione e bastarono quelli, nella folla,a  nasconderli ad occhi indiscreti.  Tolsero alcune assi da una finestra sbarrata e si piombarono dentro. Girarono un po’ per il piano inferiore e videro, da una finestra, che erano rimasti in pochi davanti alla stamberga. Meglio così pensò il gruppetto, c’erano poche possibilità che entrassero. Non sapevano cosa cercare, come prima cosa Hermione tirò fuori la bacchetta e disse
-“Homenum Revelio”- la bacchetta si accese e li avvertì della presenza di due persone, oltre a loro, in quella casa. Forse qualcuno era già entrato a vedere cosa stesse succedendo. Cominciarono a salire le scale lentamente, poi sentirono delle voci provenire da una stanza del piano di sopra, incredibilmente era la stanza che Sirius aveva occupato anni prima
-“Severus Piton”- diceva la voce impaurita, sembrava uno studente
-“Come sei arrivato in questo luogo?”- l’altra voce era mascherata, forse con un incantesimo e suonava roca e metallica
-“Attraverso un passaggio nel platano picchiatore, lo conoscono in molti”- quella voce era familiare ai ragazzi, gli ricordava qualcuno, ma non sapevano chi. Comunque la notizia del passaggio segreto sotto il platano era volata ad Hogwarts e tutti sapevano come calmare l’albero oramai
-“E’ sorvegliata ventiquattro ore su ventiquattro, non mentirmi”- le ultime parole suonarono più come una minaccia
-“No, te lo giuro. Mi sono appostato e ho cercato un attimo in cui Gazza si distraesse”- il gruppetto si stava avvicinando, a momenti avrebbero potuto vedere la scena
-“Perché sei tornato qui allora?”- prima che il ragazzo potesse rispondere si sentì un flebile pop e quando il gruppetto poté osservare la scena, si accorse che un ragazzo di Corvonero si trovava seduto sul pavimento, con la faccia bianca, da solo.
-“Per fortuna siete arrivati”- sembrava stremato, non c’era traccia del suo interlocutore, quel ragazzo spaventato era Stewart Ackerley
-“Cos’è successo?”- chiese Harry avvicinandosi, mentre gli altri ragazzi cominciavano a perlustrare la stanza
-“Stavano scommettendo su chi avrebbe avuto il coraggio di entrare e io mi sono fatto avanti perché qui dentro ci sono già venuto la settimana scorsa attraverso il passaggio segreto e quando sono salito al piano di sopra c’era un tipo incappucciato con una maschera celeste che mi ha disarmato e ha cominciato a chiedermi cosa avevo visto”-
-“Harry vieni un attimo qui”- Ron sembrava aver visto qualcosa di strano
-“Arrivò subito”- disse, poi guardo di nuovo il ragazzo, quello che aveva visto sembrava essere la descrizione esatta di un qualunque mangia morte -“Perché hai nominato Severus Piton?”-
-“Harry muoviti qui c’è un cadavere”- a quelle parole Harry fece un gesto al ragazzo che gli intimava di non muoversi e andò nell’angolo nascosto fra il letto e l’armadio, dall’altra parte della stanza. Lì un uomo visibilmente trasfigurato per essere reso irriconoscibile, giaceva in una posizione scomposta
-“Che diavolo è successo qua dentro”- furono le uniche parole di Harry
-“Bisogna avvertire la McGranitt”- disse Hermione
-“Prima Stewart ci dice perché ha nominato Piton vero?”- il ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta tornò a guardare il nervoso ragazzo di Corvonero. I suoi capelli corvini erano impastati dal sudore e i suoi occhi dorati cercavano comprensione per la propria situazione
-“Quel tizio voleva sapere cosa avevo visto venendo alla stamberga strillante nella notte”- per un attimo Harry pensò che il cadavere di Piton non fosse stato spostato, ma poi si ricordò del funerale che fu fatto, in quella bara c’era il cadavere dell’insegnante di pozioni -“Ed io ho detto quello che ho visto o che mi è sembrato di vedere”-
-“Cosa intendi dire?”- ora aveva gli occhi dei quattro ragazzi puntati addosso e cominciò a martoriarsi le mani, sotto lo stress di quelli sguardi
-“Mi è sembrato di vedere il professor Piton, aggirarsi per questo piano. Sembrava vestito di bianco, anzi sembrava brillare”- Harry sgranò gli occhi, ma non fece altro
-“Alzati, dobbiamo andare dalla McGranitt e raccontare tutto”-  il ragazzo si rimise in piedi con difficoltà, Harry gli diede una mano e poi, quasi se lo mise in spalla -“Ron non possiamo lasciare il cadavere lì, il Mangiamorte potrebbe tornare a prenderlo”- aveva pronunciato quella parola senza quasi accorgersene. Forse erano stati tutti degli stupidi a credere che dopo la morte di Voldemort il mondo magico sarebbe stato al sicuro. Infondo aveva seguaci e non tutti erano stati presi, alcuni di loro potevano crederlo ancora vivo, come l’ultima volta. E altri forse avevano atteso la sua morte per prendere il suo posto. Ron estrasse la bacchetta e fece levitare il cadavere per uscire dalla stamberga strillante. Era quello il momento di agire e non di pensare a ciò che il ragazzo aveva visto. Forse Piton era vivo? Era impossibile, Harry lo aveva visto esalare l’ultimo respiro davanti ai suoi occhi. Davanti alla Stamberga alcuni ragazzi stavano aspettando il ritorno di Steward e quando li videro uscire corsero per dare una mano. Harry ne mando due al villaggio per chiamare un professore, mentre il Corvonero si sedeva sul pavimento a riprendere fiato, fuori da quel luogo sembrava cominciare a riprendere colorito. Il Mangiamorte doveva aver sentito i loro passi e si era smaterializzato prima di essere colto sul fatto, forse aveva paura di non reggere il confronto con più di uno studente, o forse aveva già ottenuto abbastanza informazioni. Il professor Williamson arrivò dopo pochi minuti e in men che non si dice si ritrovarono nell’ufficio della preside. La McGranitt era sempre stata dura con Harry, ma negli anni aveva imparato a prendere quel che gli veniva detto dal ragazzo come la realtà. Così aveva ascoltato tutta la storia assorta, il primo a parlare fu Williamson
-“Professoressa un mese fa è scomparso Gunner, un Auror del ministero, potrebbe essere lui”-
-“Accertatene”- furono le uniche parole della donna e l’uomo uscì portentosi il cadavere galleggiante, probabilmente quell’uomo era stato tenuto in ostaggio un mese intero, prima di essere ucciso
-“Ecco cos’erano quelle grida”- disse Ron
-“E’ stato stupido il ministero a non fare dei controlli”- sentenziò Hermione, ma la McGranitt sembrava pensare ad altro
-“Prima di tutto mi vedo costretta a togliere quaranta punti a Corvonero”- lo avevano immaginato, infondo Ackerley era uscito dalla scuola di notte e per di più si era infilato in un passaggio segreto vietato per puro divertimento. Aveva corso un grande pericolo e per sua fortuna quella sera non aveva incontrato quel Mangiamorte, altrimenti sarebbe morto -“E dieci punti a testa a Grifondoro”-
-“Cosa?”- Ron era furibondo
-“Non mi contraddica Signor Weasley”- purtroppo la McGranitt era sempre stata fin troppo severa
-“Ma professoressa se non fossimo entrati probabilmente Ackerley sarebbe morto”- disse Ron cercando di difendersi, ma la decisione era presa
-“Weasley non è stato per amore del vostro compagno che siete entrati, ma per semplice curiosità, stesso motivo per cui il Signor Ackerley si trovava lì dentro, le conseguenze che ne sono scaturite sono il frutto di un caso”- aveva ragione dopotutto e nessuno ebbe il coraggio di contro battere -“Per quanto riguarda questa faccenda statene fuori, sarà il ministero ad occuparsene”- stava guardando soprattutto Harry. Sperava che lui, Harry, che aveva salvato il mondo magico e che più di una volta ad Hogwarts aveva impedito che cose orribili accadessero, venisse preso in considerazione e invece proprio a lui era stato detto di mettersi in disparte. Non una parola per chiedere di Voldemort, non una confidenza. Nulla. Trattato come il ragazzino che era stato ai tempi in cui nascondevano la Pietra Filosofale o quando aveva sognato di Sirius. Come se lui non avesse voce in capitolo. Poco dopo si ritrovarono nella sala comune, nessuno era contento della decisione della McGranitt. E tutti erano così presi dalla situazione da non essersi resi conto che nulla nell’ufficio era cambiato dopo la morte di Silente
-“Non è giusto”- sbottò Ron -“Se non fosse stato per noi quel cadavere sarebbe marcito lì dentro”- ma nessuno lo ascoltava, ognuno immerso nei proprio pensieri. Fu Hermione stavolta ad esternare un timore che aveva colto tutti, chi più, chi meno
-“Harry, non credi che Voldemort sia ancora vivo?”- Harry non seppe che rispondere, la cicatrice aveva bruciato, ma non potevano prendere quel segno con le pinzette, poteva significare qualunque
-“Non lo so Hermione, ma fatto sta che i suoi Mangiamorte sono ancora in giro”- disse lui
-“Hai qualche sospetto su chi possa essere?”- perché si aspettavano che lui sapesse qualcosa? Forse perché in passato spesso ci aveva preso. Con Draco e Piton, per esempio. Il primo a venirgli in mente fu Grindelwald, ma quell’incantesimo trasfigurativo forse era troppo per lui, così esterno una sua paura
-“E se fosse Williamson? Infondo mi ha bruciato la cicatrice proprio guardando lui”- purtroppo l’idea di accusare un Auror, per di più professore, non piacque a nessuno e rimasero con un nulla di fatto. Il resto della giornata la passarono chiusi nel castello e quando andarono a dormire si sentirono un po’ appressi da quel terrore e dall’essere allo scuro di tutto. Fu pensando che il giorno dopo avrebbe parlato con la McGranitt per chiarire quel punto che Harry si addormentò. E forse per quel che era successo che sognò Piton vestito di bianco, che si sposava con un Mangiamorte.

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Capitolo 7
*** Fantasmi ***


Fantasmi

I giorni che seguirono il ritrovamento del cadavere nella Stamberga Strillante furono strani e carichi di tensione. Harper, il Serpeverde, diceva a chiunque lo ascoltasse che Harry Potter portava iella e allegava a queste tesi una serie di avvenimenti. E non aveva tutti i torti nel dire che ogni volta che Harry Potter era a Hogwarts succedeva qualcosa di strano. Il professor Williamson aveva cominciato a pedinare il quartetto e le voci che nella Stamberga Strillante vivesse un Mangiamorte si diffusero a macchia d’olio. La storia, che tutti sembravano conoscere, raccontava dell’arrivo al momento giusto di Potter e compagni mentre un Mangiamorte stava eseguendo dei sortilegi oscuri sull’indifeso Ackerley. In realtà questa versione era stata messa in giro dal ragazzo di Corvonero per evitare critiche da parte dei compagni di casata per aver perso quaranta punti. A tutto questo si aggiunsero lo stress dei troppi compiti, i litigi fra Hermione e Ron, la sensazione di essere tagliato fuori dalle indagini su ciò che stava succedendo e Tom Grindelwald. Quest’ultimo non faceva molto per mettere nervi ad Harry, ma il fatto che girasse per Hogwarts con quell’aria da persona superiore elogiata da tutti i docenti, lo metteva sulle spine. Aveva sempre la sensazione che tramasse qualcosa. Per fortuna non aveva fatto sogni strani, ma quella era una magra consolazione, perché rimaneva in ogni caso delle settimane più stressanti che avesse vissuto. Superata solo dalle settimane di vagabondaggio con Ron ed Hermione quando erano alla ricerca degli Horcrux. Fu grato a Merlino quando il lunedì seguente, riunitosi il gruppetto a colazione, la gazzetta del Profeta divulgò ai ragazzi la seguente notizia:

Il Mangiamorte della Stamberga

Finalmente il Ministero della Magia scioglie il silenzio stampa sulle vicende che la settimana scorsa hanno interessato Hogsmeade e, in particolare, la Stamberga Strillante. Un addetto del ministero ha finalmente svelato che il corpo rinvenuto apparteneva a un Auror, Steve Gunner, e che probabilmente era coinvolto un Mangiamorte. Hanno inoltre che la Stamberga è stata ispezionata più volte e non ci sono tracce utili al riconoscimento del malfattore. Le uniche notizie che si hanno sono date da uno dei ragazzi coinvolti, Steward Ackerley, che racconta di un uomo vestito di nero, con una maschera azzurra e altro intorno al metro e novanta. Steve Gunner lavora all’ufficio Misteri e, secondo fonti indiscrete, era a conoscenza di alcuni segreti che sarebbero tornati utili a qualunque mago Oscuro. Gli Auror non sanno ancora se la persona in questione possa aver agito per conto di qualcuno, quindi in veste di Mangiamorte, o abbia agito per scopi personali. In tutti i casi, il ministero, invita ai ragazzi di Hogwarts che andranno in gita a Hogsmeade di stare lontani dal luogo in quanto si potrebbero inquinare eventuali prove. In più un addetto agli interrogatori si è fatto sfuggire che hanno fra le mani un testimone di tutto rispetto che non vuole parlare, ma nulla di più.
Intanto a Hogwarts le voci del coinvolgimento nella faccenda di Harry Potter hanno portato a credere in un ritorno al potere del Signore Oscuro. Il Ministero su quest’argomento ci tiene a precisare che: “Il Signor Potter si trovava solamente nel posto giusto al momento giusto”. Nessuno però ha chiesto al diretto interessato cosa ne pensi, soprattutto perché gli stessi studenti dicono che è difficile avvicinarlo.

L’articolo continuava con qualche notizia poco importante sulla Stamberga Strillante e con la promessa, da parte dello scrittore dell’articolo, di strappare un’intervista al famoso Harry Potter. Dopo aver letto l’articolo, il ragazzo, osservò i suoi amici, prima di esprimere ogni sua perplessità, disse
-“Che venga pure, ho quattro cose da dire al Mondo Magico”- era un po’ arrabbiato dal fatto che, anche in quell’articolo, si sottolineava quanto Harry Potter fosse fuori da tutta quella questione
-“Harry devi anche capirli”- disse semplicemente Hermione -“Tutti collegano il tuo nome a quello di Voldemort. Se sanno che sei invischiato in qualche strana faccenda di Mangiamorte non ci mettono nulla a temere di nuovo il suo ritorno”-
-“Ma non possono continuare a vivere nel terrore”- sbottò Harry, i tre ragazzi lo guardarono tristemente, ma sapevano che aveva ragione
-“Tornando all’articolo”- cercò di esordire Ginny, soprattutto per distogliere gli amici da pensieri oscuri e di cattivo auspicio -“Hai ricevuto qualche Gufo per essere intervistato Harry?”- chiese
-“No”- rispose il ragazzo con espressione convinta
-“Leggete chi ha scritto l’articolo”- la voce di Ron era rotta dallo stupore. Harry, Hermione e Ginny si fiondarono a leggere il nome in minuscolo sotto l’articolo. Il ragazzo si stupì di non averlo notato
-“Albus Tom Grindelwald?”- disse il ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta stupito -“Non sapevo si potesse avere un lavoro mentre si è ancora a Hogwarts”- Harry notò che anche Hermione era rimasta senza parole, probabilmente non si era mai sentito di un ragazzo di Hogwarts che scrivesse per la gazzetta
-“Più che altro quando ha potuto intervistare dei membri del Ministero se doveva stare chiuso qua dentro a studiare?”- nella voce di Ron un po’ di risentimento, da quando Hermione aveva fatto quell’osservazione, il rosso, aveva cominciato a odiare ogni comportamento del ragazzo, Hermione continuava a tacere
-“Devono avergli concesso qualche permesso speciale, per forza”- sbottò Harry, rendendosi conto che da quel momento avrebbe avuto il ragazzo alle calcagna a causa di quell’intervista
-“Ma gli studenti possono uscire da Hogwarts?”- la domanda di Ginny cadde nel vuoto e il silenzio calò fra i quattro. Hermione sembrava immersa in una lotta interna, mentre Ron la osservava come se cercasse di esercitare su di lei la Legilimanzia. Dopo alcuni minuti finalmente la ragazza si sbloccò
-“Non è mai successa una cosa simile ad Hogwarts”- aveva cominciato -“E c’è solo una spiegazione plausibile”- i ragazzi la osservarono assorti e lei capì che erano concentrati su ciò che stava per dire -“Il Ministero gli ha fatto ottenere qualche particolare permesso”-
-“Perché avrebbero dovuto?”- disse Ron che, quando si trattava di Grindelwald, aveva sempre voglia di contraddire la ragazza
-“Per colpa loro si è fatto un paio di anni ad Azkaban, direi che hanno un bel debito con lui, no?”-
-“Sì, ma a me sembra pericoloso lasciare che uno sospettato, in passato, di essere un Mangiamorte abbia la possibilità di entrare ed uscire da Hogwarts”- disse Ginny
-“Questa faccenda la risolviamo subito”- disse Harry convinto, i tre lo guardarono con aria interrogativa -“E’ una mia intervista che vuole? E l’avrà a patto che mi spieghi com’è possibile che scriva per la Gazzetta”- i tre non sembravano molto convinti da quella faccenda
-“Non dimenticare che è un giornalista Harry, ricordati della Skeeter”- Hermione non aveva tutti i torti. L’ultima volta che era stato intervistato quella donna aveva traviato tutte le sue parole. Poi quell’intervista era la prima dopo la fine della guerra Magica e Harry lo sapeva che non avrebbe riguardato solo gli avvenimenti della gazzetta. Non che non ci avessero provato ad intervistarlo, ma lui non aveva accetto neanche le ingenti offerte di denaro che sovente gli venivano proposte
-“Lo so, Hermione, ma è giunto il momento che chiacchieri con quel ragazzo”- disse risoluto, non lo avevano visto mai tanto convinto. Forse un paio di volte e non era finita mai bene. Il ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta insaccò una salsiccia e se la mise nel piatto, mentre Hermione rileggeva più attentamente l’articolo e Ron era concentrato sul suo bacon. Ginny sembrava assorta nei suoi pensieri.
-“Chi credete che sia il testimone di cui parla nell’articolo?”- chiese Hermione a un certo punto. Harry aveva dimenticato anche quel particolare. Se in quella Stamberga c’era solo il Mangiamorte e loro, chi altri potevano aver visto qualcosa?
-“Credete che abbia a che fare con l’allucinazione di Steward?”- la domanda di Ron era legittima. I ragazzi avevano archiviato il racconto del Corvonero su Piton come un’allucinazione, ma forse aveva visto veramente qualcuno. Forse c’era stato veramente qualcun altro nella Stamberga Strillante. Un’idea passò per la testa di Harry. Aveva un che di folle, d’impossibile, ma come ogni cosa nel mondo magico poteva avere il suo senso proprio per questo
-“E se Steward avesse visto davvero Piton?”- i tre lo guardarono con gli occhi spalancati
-“Harry, Piton è morto, l’hai visto con i tuoi occhi”- la solita ragionevole Hermione
-“Però era un abile pozionista, magari ha usato un antidoto per il veleno di Nagidi”- si affrettò a dire Ron sempre alla ricerca del battibecco con hermione ma Harry scosse il capo
-“No, ha ragione Hermione era morto”- cominciò -“Ma mi chiedevo se non fosse divenuto un fantasma”- sul volto di Hermione si dipinse un sorriso amorevole e triste
-“Harry tutti vorremmo che non fosse morto. Era un uomo di grande coraggio”- Harry fece un gesto di stizza, ma, prima che potesse ribattere, una pacca dietro la schiena lo fece girare
-“Ehi, ragazzi”- era Neville, Harry aveva totalmente dimenticato che stava facendo tirocinio presso -“Sapete l’anno scorso mi è mancato vedervi seduti qui a confabulare. Mi davate sempre l’impressione di avere grandi progetti quando vi stringevate così a parlare fitto”- non si sarebbero mai aspettati che Neville negli anni li aveva osservati così bene, in fondo aveva dimostrato pochi mesi fa di essere molto più in gamba di quanto non sembrasse
-“Ehi, Neville, non ti si vede molto in giro, che fai tutto il tempo?”- disse Ron con un sorriso, il ragazzo arrossì vistosamente, cosa che probabilmente notarono tutti
-“Sono molto impegnato con Erbologia”- disse, ma non riuscì ad aggiungere altro
-“Scusa, Neville, ma dove dormi?”- a quella domanda Neville sembrò calmarsi e riprese a parlare in modo più sciolto
-“C’è un intero dormitorio per i Tirocinanti”- esclamò Neville entusiasta -“Però essendo io l’unico tirocinante di Hogwarts soffro un po’ di solitudine a volte”-
-“E non hai nessuno che ti fa compagnia”- Ginny disse quella frase con un po’ di malizia, forse sapeva qualcosa in più degli altri su Neville. Quest’ultimo in tutta risposta arrossì di nuovo e, prima che potesse dire qualunque cosa, uno scricciolo dai capelli biondi gli piombò addosso. Neville sembrava abituato a come Luna lo salutava. Lei era saltata sulle spalle del ragazzo e lo aveva baciato su una guancia. Harry non aveva visto molto in giro i due, ma mai si sarebbe aspettato tali effusioni in pubblico da parte dei due. Per un attimo capì anche perché Neville arrossiva a quel modo. I due facevano coppia oramai da mesi, ma qualcosa di più doveva essere successa, qualcosa che faceva arrossire il ragazzo
-“Ciao”- furono le uniche parole che la bionda Corvonero disse ai quattro, prima di scendere dalla schiena del suo ragazzo. Harry si accorse di quanto entrambi erano cambiati. Luna rimaneva la solita, ma qualcosa nei suoi lineamenti sembrava più dolce. Harry sapeva che lei aveva perso la madre da piccola e che spesso le sue manie erano dovute al fatto che assecondasse il padre, ma non pensava che soffrisse per quella situazione, ora sembrava felice. In quanto a Neville il cambiamento lo aveva visto già durante la guerra Magica ma, ora che poteva guardarlo senza sangue e senza la battaglia che infuriava, sembrava diverso. Il volto era più magro, ma anche lui aveva qualcosa di più negli occhi, una specie di sicurezza che non aveva mai avuto. Non era più il ragazzo impaurito che si faceva mettere sotto da Malfoy al primo anno. Harry sorrise per quei minuti di piacevole conversazione dimenticò tutto. La settimana infernale che aveva passato, Grindelwald, Williamson, Harper, i Mangiamorte. Sembrò arretrare di qualche passo. Tornando a quando entrare nella Camera dei Segreti o cercare di capire chi fosse Nicholas Flamel era quasi un gioco. Poi però tutti quei pensieri gli piombarono addosso di nuovo durante la prima lezione della giornata. Non aveva certo nostalgia di Piton, ma sembrava quasi volesse che per forza non fosse morto.
Fu talmente ossessionato da questo pensiero che quella sera, in sala comune, mentre gli altri parlavano di andare a dormire, aveva deciso di sgattaiolare fuori ed entrare nella Stamberga Strillante. L’idea era maturata durante la giornata. Il Ministero consigliava di non entrare nella Stamberga, aveva fra le mani un testimone che non voleva parlare e Steward aveva visto Piton proprio nella Stamberga. Troppe cose non quadravano in quella storia. Il ministero aveva i suoi metodi per far parlare i testimoni più restii, ma cosa potevano fare con un fantasma? E logicamente un fantasma non poteva muoversi a suo piacimento, quindi il divieto di entrare nella Stamberga era un modo per tenere lontani gli studenti dalla verità. Per questi motivi quella notte era uscito dal suo letto a baldacchino e si era infilato nel buco del ritratto, in sala comune. Incantesimo di disillusione, muffliato, il mantello dell’invisibilità, che ora riusciva a coprire solo lui interamente, e la mappa del Malandrino. Non voleva di certo essere beccato. Aveva notato che tutti i passaggi segreti erano sorvegliati e quelli che non lo erano, probabilmente, erano stati bloccati dopo che quell’ala del castello era stata ricostruita. Gazza si trovava nei sotterranei, poi c’erano: Il professor Williamson, la professoressa Jones e Neville. Quest’ultimo era dalle parti della stanza delle necessità, in effetti chi meglio di lui poteva sorvegliarla. Harry riuscì ad uscire da Hogwarts con facilità. Al terzo piano aveva quasi incrociato Pix, ma per fortuna il Poltergeist era impegnato in un’accesa discussione con un quadro. A guardia del Platano Picchiatore c’era Lumacorno e Harry si ritenne fortunato. L’uomo sembrava molto stanco e osservandolo per alcuni minuti, il ragazzo, si accorse che in alcuni momenti si addormentava. Non sarebbe stato difficile, ora che sapeva il metodo, tenere a bada l’albero. Infatti, puntando la bacchetta contro un sasso, sussurrò “Wingardium Leviosa” e, guidandola con la bacchetta, la lanciò contro la sezione nodosa che faceva da pulsante. Aveva approfittato di un sonnacchioso momento del professore. Entrò nel cunicolo terroso che ricordava bene. La stradina saliva e scendeva, si stringeva e si allargava. In alcuni punti riuscì a muoversi carponi, ma in altre dovette addirittura strisciare. Finalmente arrivò alla Stamberga Strillante. Non sapeva dove cercare, sapeva che doveva tenersi nascosto perché i fantasmi sapevano rendersi invisibili e, probabilmente, se Piton avesse avvertito la sua presenza, lo avrebbe fatto. Cercò di non fare alcun rumore mentre si aggirava per la villa abbandonata. Fuori la notte aveva inghiottito tutto, nessun rumore, nessuna luce, il mondo sembrava morto. Per sua fortuna Harry si era mosso con molta lentezza perché se fosse stato più avventato, la persona che era nella stanza, l’avrebbe notato. Quella persona che ora stava parlando con una voce distorta
-“Il Ministero ti sta addosso, eh?”- la voce sembrava divertita
-“Non è consigliabile che tu ti faccia vedere da queste parti, dopo quello che è successo”- a Harry si gelò il sangue nelle vene. Quella voce, quelle parole. Uno dei due era il Mangiamorte che aveva ucciso quell’Auror e, l’altro, quello che gli sconsigliava di farsi vedere in giro, era Severus Piton. L’aveva riconosciuto dalla voce, da quel tono strascicato e pieno d’odio
-“C’è qualcuno”- sentì dire Harry e poi sentì un flebile pop. Qualcuno si era smaterializzato. Come aveva fatto il Mangiamorte ad avvertire la sua presenza? Harry non si era mosso, aveva trattenuto anche il respiro per quanto gli fosse possibile
-“Vieni fuori”- disse con calma Piton, non sembrava volersi nascondere. Forse sarebbe stato meglio per Harry non mostrarsi, in fondo a quanto sembrava il fantasma di Piton era in combutta con un Mangiamorte. Era poi sicuro che fosse un fantasma? Piton poteva aver escogitato tutto per occupare il posto di Voldemort, per ottenere il suo potere, per divenire il nuovo Signore Oscuro. A Harry sembrava impossibile, ma il suo ex insegnante di pozioni era stato bravo a fare il doppio gioco, chi gli diceva che non fosse tutto organizzato nella testa di quell’uomo? Il ragazzo con gli occhiali aveva capito che Piton era stato un altro genio, un altro uomo fuori dal comune, non quanto Silente, ma come gli era stato detto una volta: “Ci sono incantesimi che Silente non si sogna nemmeno di fare”. Mentre nella sua testa questi pensieri prendevano forma sentì la voce di Piton aggiungere -“So che sei tu, Potter”- sentire il suo nome detto in quel modo, con quell’odio, con quella voce, come non lo sentiva da tempo, diede un brivido al ragazzo, che si guardò intorno in cerca di Piton nell’oscurità.
Non riuscendo a vederlo, non cogliendo nell’oscurità la sua sagoma, decise di parlare, decise di scoprirsi
-“Professore, come sa che sono io”- lo aveva chiamato Professore, come Silente aveva sempre voluto che Harry facesse e come lui si era sempre rifiutato di fare
-“Ti conosco bene, Potter”- disse semplicemente -“Dopo quell’articolo della Gazzetta avevo previsto che saresti venuto a fare un controllo, fregandotene come al solito delle regole”- quindi Piton sapeva dell’articolo. Lo aveva letto? Era fatto di carne? Poteva reggere un giornale?
-“Si faccia vedere professore”- Harry doveva capire
-“Prima tu, Potter”- rispose -“In fondo sei venuto tu a cercare me, non viceversa”- il ragazzo si tolse il mantello dell’invisibilità e dissolse l’incantesimo di disillusione. Dopo alcuni istanti apparve Piton. Era bianco. Non era vestito di bianco, era bianco da testa a piedi. Come aveva previsto Harry era un fantasma. Il ragazzo tornò ad odiarlo. Ad Odiare la sua immagine ora che, anche da fantasma, lo guardava con quello sguardo di odio
-“Con chi stava parlando, professore?”- il ragazzo mantenne un tono gentile, cercando di indurlo a parlare
-“Che cosa vuoi che importi, Potter”- fu la sua risposta. Ma Harry sapeva con chi stava parlando, non aveva bisogno di conferma, però aveva anche altri pensieri per la testa, altre domande
-“Perché è rimasto, professore?”- Piton lo stava guardando, per un attimo sembrò non riuscire ad odiarlo, per un attimo sembrò non poter odiare quegli occhi
-“Finché tu vivrai, Potter, io non potrò avere pace”- cos’era una specie di profezia anche quella? Era una cosa da Silente, quella. Una frase con la quale il suo vecchio Preside avrebbe spiegato come i morti ci rimanevano accanto per sempre. -“Tu non sarai mai al sicuro, Potter”- lui era un fantasma ora e quelle parole avevano un significato più reale. Aveva promesso di proteggerlo nel nome di Lily e quindi era vincolato alla vita fino a quando il ragazzo andava protetto
-“Mi dispiace”- furono le uniche parole che disse Harry
-“Non dispiacerti per la mia condizione, Potter. È stata una mia scelta”- il ragazzo alzò gli occhi verso la versione eterea del suo ex insegnante di pozioni
-“Ma lei ora è costretto a rimanere qui”- Piton rise
-“Il mondo non gira intorno a te, Potter”- disse -“È il ministero ad avermi intrappolato qui, come al solito non hai studiato. Cinque punti in meno a Grifondoro”- lo disse con una voce seria e poi scomparve. Harry provò a chiamarlo per qualche minuto, ma non ebbe risposta. Capì che l’uomo, il fantasma, non si sarebbe fatto vivo quella sera. E forse non si sarebbe fatto vedere dal ragazzo mai più. Mentre risaliva il passaggio sotto il platano picchiatore, Harry, si annotò di chiedere a Hermione come fossero vincolati i fantasmi. Perché, a quanto ricordava lui, dovevano restare sempre in un luogo, precisamente nel luogo in cui erano morti. Come Mirtilla Malcontenta. Ma Severus non sembrava essere d’accordo.

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