Stagioni di guerra di Inessa (/viewuser.php?uid=567)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Autunno ***
Capitolo 2: *** Inverno ***
Capitolo 3: *** Primavera ***
Capitolo 4: *** Estate ***
Capitolo 1 *** Autunno ***
Disclaimer:
Arthur e Merlin non
appartengono a me ma a chi ne detiene i diritti e con loro non mi appartengono
nemmeno Camelot ecc ecc.
Blablabla:
Ho in mente questa raccolta
da novembre. Sono quattro minishot legate tra loro ma da potersi considerare
autoconclusive, una per ogni stagione. Questa è l’Autunno, seguirà
presto l’Inverno, che ho già scritto, e poi la Primavera e l’Estate,
che ho già più o meno in mente.
Doveva essere una AU storica, ma poi mi son detta che,
forse, se scrivo una canon!era ogni quattro AU, posso alleviare i miei sensi di
colpa nell’amare tanto il genere e ho deciso di cambiare il progetto iniziale.
Ne consegue che è molto più semplice di quello che volevo scrivere, perché
pensavo a qualcosa ambientato durante la seconda guerra mondiale (di cui ho
trattato, diciamo, un aspetto nella mia tesi di laurea - per questo mi è venuta
l'idea per questa raccolta) su cui sono decisamente più informata, però alcuni
elementi ho deciso di lasciarli e li ho disseminati per il testo, soprattutto in
Inverno. Non escluderei, in futuro, una vera AU storica, perché mi
piacciono e quindi bon, pace XD spero che non mi odierete troppo se invado il
fandom di AU ç_ç
Smetto di cianciare e vi lascio alla lettura, con un grazie
grande grande a _ichigo_85 per aver letto, avermi dato un parere e per il
sostegno :)
Stagioni di guerra
Autunno
Gli artigli la schiena sudata con le dita e ti mordi un
labbro per non gemere troppo forte, perché quand’è così non riesci a fare
altro. Quando si abbandona a te sul suo letto, in maniera così completa, così
totale, così disinibita da far male non riesci a trattenerti, a non sussurrare
il suo nome ancora e ancora, perché lui è il tuo Principe, è l’altra faccia
della tua medaglia, è la tua profezia… è Arthur.
- Non trattenerti, Merlin, - ti sussurra in un orecchio con
un’altra spinta e solleva la testa per guardarti negli occhi, - Voglio sentirti,
dimenticati del castello, dimenticati delle guardie…
E anche se non te lo avesse chiesto te ne saresti
dimenticato lo stesso, perché ora ha gli occhi affondati nei tuoi e i capelli
biondi sono incollati alla fronte e siete così vicini che è impossibile
ricordarsi di tutto quello che c’è fuori, figurarsi del domani.
Quando raggiungi il culmine è lui stesso a divorare i tuoi
gemiti insieme alle tue labbra e per i secondi successivi non riesci a
respirare, perché è troppo e ti senti già gli occhi pizzicare.
Nel pomeriggio girovagate dentro le mura del castro, tra il
popolo. Gli occhi della gente sono fissi su di lui e tu ne sei orgoglioso,
perché un principe va rispettato, ma il tuo Principe viene anche adorato e
l’adorazione non è solo nei Sire e Maestà che gli rivolge il
fornaio o il contadino, ma nella lealtà e nella paura (non di lui, perché è un
principe giusto) che leggi nei loro volti mentre cammina per le strade. È negli
ultimi frutti della stagione che se ne va che gli regalano anche se sanno che
forse non basteranno per il loro inverno.
Arthur ride e parla dell’anno prossimo. Sa che a loro serve
anche questo e non glielo nega, anche se non promette nulla. Però se lui ci
crede, allora anche loro ci credono un po’ di più. E più che un principe nel suo
giorno di riposo, sembra un giovane qualsiasi che parla delle sue speranze, uno
di quelli che costruisce castelli in aria e che si fa bacchettare le mani dalla
madre col mestolo, perché sta per le strade a cianciare anziché andarsene a
lavorare nei campi.
Tu, però, lo vedi che ha gli occhi come l’autunno, pronti a
spogliarsi di qualsiasi emozione terrena e assumere l’aspetto freddo del ferro e
della difesa, ma non dici nulla e lo segui lealmente.
Tuttavia ami vederlo ridere, coi capelli biondi che
riflettono la luce dell’ultimo sole caldo. Su di lui il cielo è ancora azzurro e
vedi alcune rondini passare di albero in albero, delle sagome nere ed eleganti.
Anche loro se ne stanno andando, perché ormai l’estate è finita, e porteranno
Arthur con sé. E con lui il suo sorriso. Ed il tuo.
Poi, a primavera, torneranno, le rondini, è la legge della
natura. Diversa è quella degli uomini.
Al tramonto ti senti inquieto e deve esserlo pure Arthur,
perché inizia a muoversi per la cittadella, trascinandoti qua e là, come se non
riuscisse a trovare pace. Non dice nulla e tu non sai se sia il caso di
sdrammatizzare e alleggerire l’atmosfera o stargli vicino in silenzio e fargli
sapere così che tu di lui ti fidi e gli affideresti la tua vita anche in questo
momento.
Prima che tu prenda una decisione, ha imboccato la strada
per salire sul mastio. Gli corri dietro su per le scale a chiocciola, ormai
abituato alla sentinella appostata ad ogni finestra scavata nella pietra e,
quando siete in cima, ormai l’unica luce che vedi proviene dalle torce e la
città si prepara per l’ultima notte.
Lui guarda in basso come ha fatto tante altre volte e ti
ricorda il momento in cui lo hai salutato prima di tornare ad Ealdor, senza
sapere cosa ne sarebbe stato di te e di lui e di voi. Solo che adesso è
lui che se ne va e tu non sai bene nemmeno stavolta quello che sarà, però
qualcosa ti dice che non è ancora il momento, perché lui se ne andrà tra le tue
braccia, non può andarsene da solo.
Ti circondi il petto con le braccia quando una sferzata di
vento ti colpisce e ti ricordi del calore che hai provato quella mattina, quando
eravate stretti l’uno all’altro e pronunciavate promesse senza senso a fior di
labbra. Le avevi gonfie, le labbra, per tutte le volte che te le aveva morse e
baciate, ma ora sono di nuovo fredde, secche e screpolate.
- Questo dovrebbe essere il momento in cui mi giuri amore
eterno, oltre la morte, - la sua voce ti arriva ironica alle orecchie e se non
l’avessi conosciuta come la conosci, non avresti notato il leggero tremolio alla
fine della frase.
Sorridi alla morte e stai al gioco.
- Sono sicuro che se solo alzaste un dito trovereste
centinaia di donzelle pronte a farlo, - rispondi col suo stesso tono, indicando
la città in basso, e poi sollevi lo sguardo su di lui.
- Vuoi che te lo ordini, Merlin? – ti chiede
avvicinandosi appena a te e riparandoti dal vento che soffia sul mastio.
- Sapete cosa me ne faccio dei Vostri ordini, - continui
imperterrito. Poi alzi le braccia e gliele porti sulle spalle, gli sfiori il
collo scoperto in una carezza.
- Non morirò, Merlin, - ti sussurra poggiando la fronte
sulla tua e tu senti l’immenso bisogno di crederci. Forse due presentimenti
fanno una profezia, pensi, e lo speri ardentemente.
- La Vostra fiducia in Voi stesso è impressionante, -
rispondi nonostante la piega seria delle sue parole.
Lui ti bacia, sulle labbra, incurante dei cavalieri di
guardia che potrebbero vedervi, e tu ricordi di nuovo com’è quel lieve
formicolio che ti provoca.
- Non morirai, - concludi infine, ignorando l’etichetta e
baciandolo di nuovo, reimparando il suo profumo, il suo sapore, la consistenza
dei suoi capelli sotto le tue dita. Bruci del suo calore per conservarlo e
viverne quando verrà l’inverno. Sai che passerà un tempo impossibile prima di
poter riavere tutto questo. Se lo riavrai.
Fine.
Blablabla finali: Come potete ben vedere, del canon io me ne sbatto molto. L'Arwen non è canon e Bradley non ci crede, quindi non vedo perché dovrei occuparmene proprio io. Vi sembro una crocerossina? Deliri a parte, grazie per aver letto e
grazie anche a chi ha letto, commentato, inserito tra le preferite/ricordate/whatever
Friends With Benefits. Vi amo quando amate i clichè insieme a me
*O*
Conigli
(no, non è un errore di
battitura, è spirito di patata)
per la lettura:
Ho
tradotto da poco la fic
Caro Arthur di snowblood7, una storia che amo tanto e che ho pensato potesse
piacere anche a voi. Enjoy!
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Capitolo 2 *** Inverno ***
Izu parla a vanvera:
solo per dire che questa
è la mia one-shot preferita delle quattro e che è quella che ha maggiori
riferimenti alla vita del popolo in guerra di cui parlavo nel primo capitolo.
Sono riferimenti lievi, come lieve è la mia fedeltà al canon (l’ambientazione è
quella, gli eventi li ignoro volutamente *fischietta*).
Vi posso anche
assicurare che ho finito di scrivere tutte e quattro le storie, quindi entro la
fine della settimana le metterò tutte e quattro online, vorrei solo avere il
tempo di riguardarmele con calma, perché a volte ho l’impressione che manchi
qualcosa. Ho aggiunto "Guerra" tra i generi. Prima non volevo farlo per evitare
fraintendimenti, ma penso che sia comunque adatto come genere.
Grazie ancora a _ichigo_85 che ha letto in
anteprima.
Stagioni di guerra
Inverno
Le tue mattine iniziano col sapore caldo di Arthur sulle
labbra. Poi ti svegli davvero e scopri che non è che un’illusione, che dentro la
tua bocca c’è solo il sapore freddo della fame e della solitudine.
Per Camelot sono tempi difficili, il freddo impedisce alla
terra di sfamare il popolo e la guerra impedisce ai mercanti di arrivare fino a
questo posto quasi dimenticato dalle dee. La debolezza impedisce agli uomini di
cacciare abbastanza e la fame ormai è compagna costante.
Hai preso l’abitudine di appuntarti alcune cose su carta,
quando ne hai e quando puoi permetterti di sprecare un po’ d’inchiostro. Ti
tiene compagnia e pensi che forse potresti fare leggere queste poche righe ad
Arthur, quando tornerà, perché il tuo Principe ci tiene a stare accanto al suo
popolo, anche nei momenti di carestia, come è già successo ai tempi della
maledizione di Gedref. All’epoca gli hai propinato uno stufato di ratto e lui ti
ha costretto a mangiarlo. Ridi al pensiero e pensi che adesso un ratto lo
mangeresti quasi volentieri.
Uscendo di casa incontri Gwen. Anche lei è debole e
smagrita, sta portando un secchio d’acqua. Mormori un incantesimo per alleviarle
il peso, non vuoi essere invadente ed aiutarla anche in un’operazione così
semplice, perché sai che Gwen è forte, ma la tua magia non è che ridotta ad una
scintilla e lei continua a faticare come se tu non avessi fatto nulla. Allora ti
arrendi e ti avvicini a lei, afferri il manico del secchio e le sorridi.
Trasportarlo assieme ti sembra un buon compromesso, anche perché nemmeno tu sei
poi tanto in forze.
D’un tratto sentite le sentinelle agitarsi sulle torri di
guardia e, come ogni volta, non sapete se gioirne od esserne atterriti, anche se
è quest’ultimo sentimento che di solito prevale. Presto la voce si sparge:
arriva un’altra delegazione di cavalieri. Ciò significa che la retroguardia è
ancora vicina, ma loro sono ancora vivi.
Arthur non è mai rientrato con loro. Arthur è un
maledettissimo cavaliere da avanguardia, anche se è un principe e dovrebbe
impegnarsi a restare vivo e comandare il suo esercito anziché farsi ammazzare
stando in avamposto. Ma è Arthur ed è un dannato, eroico, stupidissimo,
valoroso, asino d’avanguardia.
E tu vorresti essere con lui, ma è stato lui stesso ad
impedirtelo. Pensava che saresti stato più utile al castello e meno d’impaccio
sul campo, ma come puoi essere utile mentre sei qui a morire di fame col
pensiero costantemente rivolto a lui e al fatto che salvarlo è la tua ragione di
vita e senza di te potrebbe stupidamente ed eroicamente farsi ammazzare?
Ti avvii verso il castello, tentando davvero di renderti
utile e sperando, o temendo, che i cavalieri arrivati possano dirti qualcosa che
non sai.
Corri per i corridoi di pietra, per quanto il tuo fisico
possa permettertelo, e ti guardi i piedi perché inciampi già abbastanza quando
sei nel pieno delle tue forze, figurarsi quando sei così debole. Così facendo
non ti rendi conto di avere qualcuno sul tuo cammino, fino a quando non gli
finisci addosso.
Stai per scusarti, ma il fiato ti resta bloccato in gola
non appena alzi gli occhi e ti trovi impigliato nelle iridi blu del tuo
Principe.
- Merlin, - è il sussurro che gli esce dalle labbra.
Resti immobile a guardarlo, perché è inequivocabilmente
Arthur eppure non lo è. Ha i capelli troppo lunghi, la barba incolta, l’armatura
– è sangue, quello? - sembra troppo grande per lui, per quanto è magro.
L’espressione del suo viso è stanca, meno giovane. Ma gli occhi sono i suoi. E
non lo hai mai amato come in questo momento.
- Sire, - rispondi in un soffio che si condensa nell’aria
umida e subito le tue mani sono sul suo volto.
Sembra restio, ti guarda con gli occhi spalancati, ma poi
si abbandona al tuo tocco e pensi che lui ti è mancato da morire, ma, a
giudicare da come non riesce ad avvicinarsi troppo, a lui deve essere mancato
del tutto il contatto umano, in questi mesi.
- Venite con me, - dici, afferrandogli un polso, e aspetti
un suo cenno prima di voltarti e trascinarlo verso le sue stanze. Vorresti
trascinarlo, almeno, ma non riesci a correre per la debolezza e lui sta al
passo.
Chiudi la porta alle vostre spalle e torni a guardarlo,
cercando meglio il tuo Principe sotto quella barba bionda. Gli prendi il volto
tra le mani e gli dai un bacio leggero (Dei, le sue labbra!). Sembra
riscuoterlo e ti affonda il viso nel collo – non sei abituato alle setole sulla
sua mascella - circondandoti la vita con le braccia. Resti lì a stringerlo e
farti stringere per un tempo inquantificabile, ascolti il suo respiro, ti bei
del profumo della sua pelle e fa male, fa male perché sai che ti è mancato, che
sta soffrendo e che se ne andrà di nuovo, e lì dove andrà non ci sarai tu ad
abbracciarlo quando soffre.
- Venite, vi faccio la barba, - dici sorridendogli e lo fai
sedere. Mentre lo radi e gli tagli i capelli gli racconti di Camelot. Niente di
quello che gli dici è scritto sui pezzetti di carta che collezioni nella tua
stanza, perché non ha bisogno di sapere quanto sia difficile per il suo popolo.
Ometti tante di quelle cose che ti sembra persino di inventarti quello che
narri, ma lo fai sorridere e il resto non importa.
Quando finisci è un po’ più Arthur e ne sei fiero, quasi
fosse merito tuo. È lo stesso magro da morire, e te ne accorgi quando ti stringe
e ti bacia, privo dell’armatura. Sei sempre stato tu quello mingherlino con le
costole in evidenza, ma ora le vostre costole quasi si toccano e non è bello. È
meraviglioso, però, perché è lui, perché ce l’hai di nuovo fra le braccia e
perché brucia lo stesso, anche se tutt’intorno è il gelo.
Rispondi al bacio, gli imprigioni le ciocche tra le dita,
gli passi le labbra sul collo, sulle spalle coperte dalla maglia, su ogni
centimetro di lui che riesci a raggiungere. Lo spogli e le differenze sul suo
corpo sono ancora più evidenti. Ci sono tante cicatrici che prima non c’erano,
noti con disappunto, e le tracci ad una ad una con le dita. Alcune sono già
chiuse, altre sono più recenti ed Arthur ancora sibila quando le tocchi. Ti
chini a baciargliene una particolarmente lunga sul petto, come se potesse
compensare al fatto che non c’eri quando se l’è procurata.
A poco a poco i movimenti delle vostre mani si fanno più
frenetici ed è evidente che non basta.
- Ti prego, Arthur, ho bisogno di sentirti, - sussurri
aggrappandoti alle sue spalle.
- No, - risponde ansimando e sollevi lo sguardo stupito, -
Sei troppo debole, - conclude secco.
- Non mi importa, ho bisogno di te, - insisti guardandolo
negli occhi e ondeggiando i fianchi, incontro al suo e al tuo bisogno.
Quando ti allontana ti ferisce.
- Ho visto i miei uomini morire di fronte ai miei occhi,
Merlin, ho dovuto saccheggiare villaggi pur di sfamarli, ho visto così tanto
sangue che, - si interrompe e porta una mano chiusa a pugno sulla fronte, - Non
voglio far soffrire anche te.
Gli accarezzi il viso.
- Pensi che io sia stato bene a pensarti là fuori sotto il
ferro nemico? Ogni santo giorno a chiedermi se fossi vivo, se saresti
sopravvissuto abbastanza da tornare dal tuo popolo, da me, a chiedermi se
io sarei sopravvissuto abbastanza da rivederti? Ho bisogno di te, Arthur,
soffrirei di più se non ti avessi adesso.
Sospira e ti avvicina a sé. Ti stringe e ti bacia, ti bacia
e ti bacia ancora fino a stordirti. Ti solleva la maglia e appena sente sotto le
dita le tue coste in evidenza si raggela un attimo, però non si ferma e ti
spoglia.
- Sei così fragile, - sussurra con gli occhi fissi sul tuo
petto.
Lotti contro l’impulso di coprirti, perché un po’ ti
vergogni per essere un così brutto spettacolo, ma è Arthur e ti guarda come se
fossi l’unica cosa meravigliosa del suo mondo e tu ti fidi di lui.
- Anche tu lo sembri, ma non lo sei. E non lo sono nemmeno
io, - rispondi sulle sue labbra.
Ti fa voltare e tu poggi le mani al muro di pietra. È
freddo, ma non lo senti, mentre Arthur ti sfiora le vertebre con la lingua, ad
una ad una, e ti prepara. Poi affonda in te e per te non esiste nient’altro se
non le sue spinte, i vostri gemiti, il suo corpo contro il tuo, lui dentro di te. E fa male,
dei, se fa male, ma ti fa anche sentire vivo ed è vivo anche lui. È sempre
un po’ di più il tuo Arthur, il piacere si fonde con il dolore e ancora una
volta non c’è nient’altro al di fuori di voi.
Fine.
Thanks finali: a chi ha aggiunto la storia tra le
preferite/ricordate/seguite, a chi ha letto e a chi ha recensito *si inchina*
alcune parole mi hanno quasi commossa, era una cosa che non mi era mai capitata,
quindi i ringraziamenti sono doppi.
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Capitolo 3 *** Primavera ***
Izu parla a vanvera: non ho
molto da dire su questo capitolo, se non che non mi piace particolarmente
*fischietta* ringrazio ancora chi ha commentato, preferito, seguito, ricordato e
Ichigo per la disponibilità e pazienza ♥ sono stata davvero felice
di sapere che abbiate apprezzato Inverno che, ripeto, è la mia preferita.
Stagioni di guerra
Primavera
Una rondine non fa primavera,
hai pensato la prima volta che ne hai vista una volare sul cielo azzurro di
Camelot. Poi ne hai vista una seconda, poi una terza, poi uno stormo intero.
Volavano eleganti e libere proprio come lo scorso autunno, quando Arthur stava
per andarsene. Forse ti ricorderanno per sempre quel momento e il suo sorriso,
gli occhi dell’autunno.
Anche la terra ha iniziato a svegliarsi e tutto ora è molto
più verde e più colorato. A primavera torna il bel tempo, è noto. Ed è comune
convinzione che la primavera sciolga i problemi come fossero neve al sole. È la
legge della natura. Diversa è quella degli uomini.
Non sei mai stato così consapevole di questa differenza
fino a quando non ti sei reso conto che, più le giornate si scaldavano, più tu
rimpiangevi l’inverno, che ti aveva restituito Arthur – smagrito, pieno di
cicatrici, con la barba e i capelli lunghi – anche se solo per brevi momenti.
Per te la primavera non è ancora arrivata, pensi con un
sorriso amaro.
In realtà non è arrivata nemmeno per il popolo, eppure il
re ha deciso di dare il via ai festeggiamenti di maggio. È una decisione che non
accetti, perché non può esserci qualcosa da festeggiare quando mariti, padri,
figli, principi sono in guerra e il modo di agire di Uther ti sembra più
folle del solito.
Poi vedi il popolo in fermento, i falegnami che cantano nel
montare delle rudimentali impalcature, le contadine che sorridono
nell’intrecciare i fiori e decorare l’Albero. Il loro chiacchiericcio si
spande per l’aria e se chiudi gli occhi per un attimo riesci ad immaginare di
camminare al fianco di Arthur, mentre lui ti urla ordini che non hai nessuna
voglia di eseguire. I suoni che ti circondano stridono così tanto con le
sentinelle appostate sulle torri, eppure la gente semplice segue sempre il ritmo
delle stagioni per essere felice e pensi che forse non è un così gran peccato
voler sorridere.
La notte di Beltane te ne resti seduto in disparte, su un
tronco, a guardare il popolo e i servitori che festeggiano. Le loro figure sono
ancora smunte e deboli, ma la melodia dei canti propiziatori, insieme ai versi
del bestiame, ti stringe il cuore per un attimo. Se Arthur fosse lì lo
trascineresti ad assistere alla festa e lui accetterebbe borbottando, dicendoti
che lo fa solo per controllare che tutto vada bene e nessuno si faccia male,
perché lui è il Principe e non può permettersi di stare in giro a
divertirsi con i contadini.
Lo faresti assistere alle danze della Regina di Maggio
e lo costringeresti a bere un po’ di vino, anche se sai che si lagnerebbe a
morte perché non è pregiato quanto quello a cui è abituato.
La parte che più ami della festa è l’accensione dei fuochi
e ti assicuri che dall’angolino in cui sei seduto ci sia una buona visuale della
legna accatastata appositamente per essere bruciata. Sai che è tutto inutile,
perché poi la gente vi si chiuderà attorno in cerchio, a cantare, e si vedranno
solo le fiamme alte che si rispecchiano sui volti. L’anno scorso, proprio in
questo momento, avevi avuto un sussulto, perché, approfittando del buio, Arthur
aveva intrecciato brevemente le sue dita con le tue e le aveva strette. Potrebbe
anche aver sussurrato un Grazie, ma non ne sei certo, perché aveva lo
sguardo rivolto alle fiamme, che gli danzavano negli occhi, e, un secondo dopo,
l’attimo era passato ed eravate di nuovo a ragionevole distanza.
Non ci era voluto molto, però, prima che lui ti chiedesse
di rientrare nelle sue stanze, perché man mano che i festeggiamenti vanno avanti
i contadini bevono di più e finiscono per ubriacarsi e figuriamoci. Tu però
avevi continuato a guardare i fuochi dalla finestra e avevi sorriso malinconico,
senza accorgerti che Arthur era accanto a te. Lui ti aveva afferrato di
sorpresa, ti aveva voltato verso di lui e ti aveva baciato a lungo. Aveva il
sapore del vino contadino e sui vestiti l’odore di bruciato dei falò.
«Direi che i rituali di
Beltane possiamo anche continuarli qui, no?»
ti aveva detto con la voce
roca, così vicino che le sue labbra e le tue si erano sfiorate ad ogni parola.
Tu avevi riso e lui ti aveva trascinato sul letto con sé, facendoti sedere a
cavalcioni su di lui e baciandoti tra le reciproche risate. Avevate fatto
l’amore tutta la notte, come se davvero foste parte di un disegno della natura.
Torni alla realtà quando senti qualcuno picchiettarti con
un dito su una spalla e hai ormai gli occhi lucidi, perché per quanto in certi
momenti ti possa sembrare di toccare Arthur, lui non c’è e tu non sai
quando e se tornerà. Incontri lo sguardo stupito di Gwen, che forse non
si aspettava tanto dolore sul tuo viso. Si sforza di sorriderti, ma anche lei ha
qualcuno là fuori che rischia di non tornare più e non ci sarà canto di maggio
che vi distoglierà da questo pensiero.
La fai sedere accanto a te e la abbracci, le fai seppellire
il viso sulla tua spalla. Lei inizia a piangere, facendoti stringere il cuore
ancora un po’.
- Tornerà, - sussurri tra i suoi capelli, anche se ormai
non ne sei convinto nemmeno tu.
Tira su col naso prima di parlare.
- Non c’è giorno che non pensi a lui, - risponde con la
voce rotta dai singhiozzi. A quel punto nemmeno tu riesci a trattenerti, perché
lo sai cosa si prova, e due lacrime ti rigano gli zigomi.
- Tornerà anche Arthur, - dice poi lei in un soffio, - E in
men che non si dica sarai già stanco di averlo tra i piedi, - conclude
sorridendo.
Ridi goffamente tra le lacrime e custodisci dentro di te il
sentimento che provi per Arthur, perché non lo immagina nemmeno Gwen, che pure
sta soffrendo con te in questo momento. E sai che devi farti forza, perché lui,
dovunque sia, che ti stia pensando o meno con la stessa intensità e lo stesso
dolore con cui tu pensi a lui, non ha nessuno con cui condividere le sue
lacrime.
Fine.
Noticina finale:
Spero di non aver detto troppe castronerie su Beltane. Ho fatto
qualche ricerca, prima di scriverle, però non si sa mai. Ci vediamo giovedì (venerdì al massimo, ma dovrei farcela) per Estate.
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