Breath

di _Key
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The first day to Hamburg ***
Capitolo 2: *** The light ***
Capitolo 3: *** In the soul ***
Capitolo 4: *** Tell me would you kill, to prove you're right ***
Capitolo 5: *** A bubble ***
Capitolo 6: *** Strange ***
Capitolo 7: *** Nothing change ***
Capitolo 8: *** We're the same color, maybe ***
Capitolo 9: *** Maybe it's not too late ***
Capitolo 10: *** ''You're beautiful'' ***
Capitolo 11: *** An us ***
Capitolo 12: *** Thoroughly ***
Capitolo 13: *** I want a real promise ***
Capitolo 14: *** Things never go well at all ***
Capitolo 15: *** The name of love ***
Capitolo 16: *** Every atom of me miss you ***
Capitolo 17: *** Nobody know who we are really ***
Capitolo 18: *** 'Nother day, 'nother night ***
Capitolo 19: *** The need for truth ***
Capitolo 20: *** Can you realize that I love you? ***



Capitolo 1
*** The first day to Hamburg ***


La vita di Hayley non proseguiva per niente bene in quegli ultimi anni. Era da ammettere che comunque non è che le sorridesse spesso, ma nonostante tutto, cercava di andare avanti come poteva e con tutte le sue forze.
La morte di sua mamma. Quella fu letale, ne erano passati già quattro di anni. L'aveva persa, e quella volta l'aveva persa per davvero, per sempre. Era l'unica persona che veramente la capiva, l'unica che la sosteneva, sempre, ma che soprattutto la voleva bene davvero. Ma in quel momento? Lei non c'era più, era andata via. Era rimasta sola. Riportava ancora le ferite, la cicatrice sul braccio destro e quella più piccola sulla gamba sinistra, vicino al ginocchio.
Pioveva, la macchina sbandò, si abbracciarono un'ultima volta prima di scontrarsi contro quella maledetta macchina, di cui al volante un quarantenne ubriaco fradicio, in estrema velocità. Poi il buio. Il suo breve coma, e successivamente la sua morte. Ricordava in un modo tremendamente perfetto.
Le capitava spesso di guardarsi allo specchio e guardare inevitabilmente quella cicatrice sul braccio, cercava sempre e in ogni modo di coprirla, è come se per un attimo si ritrovasse lì, che riabbracciasse di nuovo la madre, con quelle stesse e maledette emozioni.
La stessa cosa è per quanto riguardasse il padre, cioè, lui non era morto ma era come se lo fosse. Abbandonò Hayley e la madre quando aveva circa tre anni. Non si lamentava di questo però, perché comunque la mamma non le fece mai mancare nulla, fino all'ultimo suo istante di vita, le voleva bene, a differenza di suo padre, anche se credeva che una persona così non sia degna di questo nome.
Si trasferiva spesso, come quest'ennesima volta, succedeva sempre ed esclusivamente per motivi economici, non per altro.
Questa volta si trovava ad Hamburg, piccola città sempre in Germania. Hamburg, a differenza di Berlino, dove visse gli ultimi otto mesi, era meno popolata. In una prima apparenza sembrava niente male, poi, ovviamente, si sarebbe visto.
Affittò anche in quest'occasione un piccolo appartamento: stanza, bagno, un angoletto per la cucina e un piccolo soggiorno. Era tutto quello che poteva permettersi, e niente ''purtroppo''.
La sera dopo avrebbe cominciato a lavorare come barista in un locale lì vicino, faceva lavoretti così, solo la sera, per mantenersi, la mattina andava a scuola, e per l'ennesima volta una scuola diversa. Aveva alcuni anni arretrati, non perché non fosse brava a scuola, anzi era l'esatto contrario, le piaceva molto, ma quando affrontò la morte della mamma, l'abbandonò per un lungo periodo.
Appena aprì la porta, sentì uno strano odore, poggiò le sue due valige a terra, che tra l'altro sembravano contenere mattoni, e si diresse subito ad aprire qualche finestra, per cambiare aria. Aprendo la finestra del balcone, quella che affacciava sul resto del quartiere, si poggiò sulla ringhiera, con i gomiti. Il vento entrava e passava fra i suoi capelli, c'era il sole, ma non faceva così caldo. Il posto era carino. Pochi secondi e rientrò in casa, che tra l'altro era pulita, pensava fosse stato peggio.
Il viaggio, anche se in macchina, fu abbastanza faticoso e stressante, e quindi, decise di fare una doccia e andare subito a letto.
Hayley in quel momento era nel letto, e le valigie le avrebbe disfatte sicuramente nei giorni successivi, doveva riposare, le aspettava scuola la mattina dopo. Si posizionò bene nel letto cercando di fare mente locale, su tutto. Pensava, e forse nemmeno seguendo un filo logico. Era sola, e completamente, ma non le dispiaceva poi così tanto. Non si era mai arresa, anche quando tutti l'avrebbero fatto, la mamma avrebbe voluto questo. Non si era mai preoccupata, sinceramente, di essere sola. Era sempre stata il tipo di ragazza che se vuole una cosa, la raggiunge da sola, senza aiuti di nessun tipo. Se si vuole una cosa, prima cosa devi crederci, per poi lottare, fino a quando non sarà tua. Ha sempre voluto essere, e fare tutto da sola, ha sempre voluto andare via, da qualsiasi parte, sola, viaggiare, voleva la libertà che all'epoca di quando sua madre era viva, non le fu mai concessa.
 
Sentiva il suono della sveglia, ma ci volle un po' di tempo prima di alzarsi completamente. 
Quando era pronta, erano le otto circa. Prese subito le chiavi della macchina e scese. Si avviò verso scuola, guardando con curiosità dai finestrini, sembrava carino come posto, e anche tranquillo.
Arrivò fuori scuola, parcheggiò la macchina mettendosi le chiavi in borsa. Si fermò un attimo, e fece un respiro profondo prima di proseguire.
Era la prima settimana di Novembre, e faceva abbastanza freddo, non sbagliò, infatti, a portarsi un giubbotto. L'aria era movimentata, ragazzi e ragazze erano sparsi qua e là, e lei si diresse direttamente dentro la scuola. Anche i corridoi erano strapieni, sembrava che non sapesse che quella fosse una scuola. Notò subito i soliti gruppi: le galline starnazzanti che si comportavano da dive, il gruppo dei fighi con il loro leader, e i cosiddetti secchioni. Aveva sempre odiato questo tipo di divisioni, la reputava una cosa al quanto triste.
Camminava spaesata, cercando l'aula dove avrebbe trascorso la giornata se non tutto l'anno, e sotto il suono della campanella la trovò. Entrò, ma c'erano giusto due o tre persone dentro. Si sedette all'ultimo banco.
«Hey, perché non ti siedi qui?» era una voce femminile.
Si voltò, era una ragazza con i capelli castani scuri, la frangia che aveva le copriva leggermente un occhio, e aveva un volto simpatico.
«A me?» rispose Hayley.
«Sì, vieni!» esclamò la ragazza, facendole segno con le mani.
Si alzò prendendo la borsa che aveva poggiato poco prima sul banco, e si sedette vicino alla ragazza.
«Ciao! Sono Andy.» disse la ragazza, porgendole la mano.
«Piacere, io sono Hayley.» rispose lei ricambiando il gesto.
«Sei nuova?» le domandò mentre entravano sempre più ragazzi nell'aula.
«Beh, mi sono trasferita da poco.» rispose Hayley. «Com'è scuola qui?» continuò.
«Diciamo che io non ho frequentato scuola per diversi anni, ma per quelli che ci sono stata, questa scuola non è niente male, tranquilla.»
Hayley annuiva pensando che quindi poteva stare davvero tranquilla per quanto riguardasse la scuola.
«Anche se devi sapere sempre con chi hai a che fare.» continuò Andy.
«In che senso?» le chiese inarcando le sopracciglia.
«Proprio questo.»
La breve conversazione si fermò a quel punto perché entrambe videro entrare un professore; alto, robusto e con degli enormi baffi.
La classe era ormai piena, parlavano tutti con i propri compagni, e non sembrava male.
«Buon giorno.» esclamò il professore. «Ah, bene, vedo vecchi ritorni e nuovi volti presenti oggi.»
Iniziò a fare l'appello, e nel durante una ragazza con aria altamente antipatica, con una maglia azzurra che non era scollata, ma di più, dei tacchi vertiginosi dello stesso colore della maglia, e con dei capelli biondi, aprì di colpo la porta interrompendo il tutto.
«Buon giorno professore!» esclamò la ragazza con una voce al quanto fastidiosa per le 8.15 della mattina.
«Katrina.» si sentì sussurrare all'orecchio da Andy. «Bella, stupida, e perfida. Tanto per descriverla in soli tre aggettivi.» 
«Perfetto.» sfiatò.
«Si segga signorina.» esclamò il professore guardando la ragazza.
La ragazza si diresse al suo banco ancora con quell'aria da diva di Hollywood, Hayley non credeva che la ragazza sapesse di stare a scuola oppure no.
Fortunatamente, il professore iniziò la sua lezione, e dopo appello e ritardi, erano appena le 8.30.
Hayley ascoltava con attenzione ogni ora che passava e quindi ogni lezione che seguiva, fin quando il suono della campanella della terza ora non svuotò l'intera classe.
 
Hayley ed Andy camminavamo normalmente per i corridoi.
«La vedi quella?» le domandò Andy indicandole la ragazza con gli occhi.
«Sì, è in classe con noi. Come hai detto che si chiama?» rispose grattandosi la nuca.
«Sì, Katrina.» rispose. «Beh, lei e il suo gruppo di amiche si sentono le migliori e si comportano da tali, come puoi ben vedere. Ti consiglio solo di starle alla larga.» continuò.
Hayley vedeva negli occhi di Andy molta rabbia mentre le parlava di Katrina e le sue amiche.
«Vengo a scuola per studiare Andy, non per altro.» 
«Anch’io..» sfiatò Andy sembrandole quasi perplessa. 
Hayley ebbe la sensazione che le successe qualcosa in passato, qualcosa che riguardasse la scuola magari, o forse era solo una semplice impressione. Sentiva comunque che era una persona vera.
«Come?» le chiese Hayley facendo finta di non aver capito, come per tirarle fuori dalla bocca altre parole.
«No, niente niente.» affrettò. «Tu quanti anni hai, Hayley?»
«Diciotto, quasi diciannove, tu?» 
«Io diciannove. Hai anche tu qualche anno arretrato, quindi?»
«Sì.» 
«E come mai?»
Hayley guardò per un attimo altrove.
«No, casini di famiglia.» mentì. Non sapeva l'esatto motivo per cui lo fece, agì semplicemente d'istinto.
E mentre stavano parlando, qualcuno si cimentò su Hayley facendola cadere. Capì solo che era un ragazzo in quel momento.
«Brutto stronzo!» quasi urlò lei da terra, mentre sentiva delle mani che cercavano di aiutarla. «Lasciami!»
Hayley cominciò a focalizzare solo in quel momento, ormai in piedi. Vedeva Andy vicino a lei, e un gruppo di ragazzi davanti.
«Hey, hey, hey!» esclamò il ragazzo che l'aveva appena fatta cadere tenendola ancora per le spalle. «Sei viva?» quasi ironizzò.
«Lasciami ho detto!» esclamò Hayley indicando al ragazzo le sue mani con gli occhi. Era furiosa, e lo era più per l'atteggiamento del ragazzo che sembrava ironizzare un po' troppo per i suoi gusti.
«Fatto.» rispose il ragazzo stendendosi la felpa oversize nera che aveva addosso, prima di quel momento Hayley avrebbe giurato di non aver mai visto un ragazzo che se la tirasse così tanto e in quel modo. «E ora?» continuò il ragazzo abbozzando un sorriso quasi malizioso.
«Ora?» Hayley finse un sorriso. «Ciao.» continuò scandendo bene la parola.
Prese il braccio di Andy e andarono via, facendosi spazio tra i ragazzi.
«Niente male, prima d'ora nessuno l'avrebbe mai fatto.» si sentì dire da Andy.
«Fare cosa?»
«Quello che hai appena fatto!»
«Parli della figura di merda?!» Hayley la guardò stranita per un attimo, mentre camminavano ancora. 
«Cazzo no. Quello era Tom!» rispose. 
Hayley la guardò interrogativa.
«Tom, Tom Kaulitz!» ribatté.
«E chi cazzo è?!» rispose Hayley riguardandola nello stesso e identico modo di pochi istanti prima. «Ti ricordo che oggi è il mio primo giorno qui, e già mi è bastato.»
«E' solo il ragazzo più gettonato, più bello, più figo, il più e basta, dell'intera scuola!»
«Oh, peccato, e sai che c'è?!» rispose.
«Cosa?»
«Che forse non me ne frega un cazzo.»

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Capitolo 2
*** The light ***


Hayley aveva fatto tardi, la puntualità non era mai stato il suo forte. Niken's; così si chiamava. Non era niente male come locale, davvero; Grande, spazioso e bello, un bel posto dove andare a bere qualcosa con qualcuno. Era uno dei locali più popolari del posto ed era colmo di gente.
Entrò, la musica era alta, e le persone per parlare e per capirsi, quasi urlavano. Lei si diresse subito dietro al bancone, dove c'era anche un'altra ragazza; Mora, e con dei bellissimi occhi verdi.
Poggiò la borsa a terra e tolse il giubbotto nero che aveva.
La ragazza che vide dietro al bancone le si avvicinò.
«Tu devi essere la ragazza nuova, vero?»
«Sì, sono io.» rispose abbozzando un sorriso.
«Ok, mettiti qui allora.» 
Erano entrambe dietro al bancone ed Hayley cominciò subito a servire bibite, senza nessun tipo di problema.
«Hayley!?» si sentì chiedere alle spalle ad un certo punto. Era passato poco tempo da quando aveva cominciato.
«Hey! Ma cosa ci fai tu qui, Andy?» esclamò poi, abbastanza stupida dalla presenza di Andy.
«Io ci lavoro.» rispose mentre si toglieva il giubbotto, ci stava litigando più che altro.
«Meglio allora, perché da oggi anch'io lavorerò qui.» disse Hayley. «Anche tu in ritardo come vedo!»
«Lei è sempre in ritardo!» introdusse sorridendo la ragazza mora con cui Hayley aveva scambiato quelle poche parole in precedenza. Passò dietro Hayley, e dietro Andy, stava andando via. «Datti da fare adesso!» continuò dando ad Andy una piccola spinta, amichevole.
«Grazie comunque eh.» quasi urlò Andy verso la ragazza che stava andando via.
«Sì certo, ricorda che non posso coprirti sempre però!» 
La voce della ragazza si sentiva a malapena, era ormai lontana, e comunque la musica era alta.
«Lavora anche lei qui?» chiese Hayley, mentre entrambe si sistemavano dietro al bancone.
«Chi, Emily? Sì, lavora qui. Adesso sta andando dall'altra parte del locale, come vedi è grandissimo, e c'è un altro bancone di là, quello è il suo posto.» rispose Andy. «Era qui perché.. beh, mi copre con il capo. La puntualità non fa per me.»
«Ah ecco.» mormorò.
In mente sua pensava che allora non poteva permettersi più di arrivare in ritardo, quello era il primo giorno, passabile. Ad Andy c'era in qualche modo, qualcuno che avrebbe potuto coprirla, lei a differenza, non aveva nessuno che l'avrebbe fatto.
Il locale si riempiva ogni minuto che passava. Ragazzi e ragazze chiedevano bibite e alcolici di qualsiasi genere, e entrambe li servivano come loro dovere. 
Sì, le piaceva. Sicuramente meglio degli altri locali dove lavorò fino a quel momento.
 
«Perchè oltre a quello, non mi dai il tuo numero?» un sorriso malizioso si disegnò sul volto del ragazzo.
Era vicino al bancone dalla parte di Andy; Aveva i capelli corti biondo scuro, degli occhi castani ed uno stile da paura, era bello, dire il contrario sarebbe stato come negare l'evidenza.
«Ehm, perché no.» rispose Andy scrivendogli il numero su un pezzo di carta, mentre gli porgeva la bibita che le aveva chiesto.
Mentre succedeva ciò, Hayley vedeva Andy tranquilla nel farlo, credeva che il tipo le piacesse, e non poco.
Hayley stava servendo una bibita ad una ragazza bassina e con dei lunghi capelli castani, il tipo era andato via, ed Andy era più euforica di quanto lo fosse pochi minuti prima.
«Hayley, hai sentito?!»
Negli occhi di Andy, Hayley leggeva chiaramente che il ragazzo l'aveva colpita.
«Sono di fianco a te, certo che ho sentito.» disse Hayley. «Hai fatto colpo, babe!» continuò poi facendole un occhiolino.
Andy accennò un sorriso mentre stava servendo una semplice bibita ad un ragazzino.
Dopo poco tempo si ritrovò davanti una Andy impegnata più a ridere che a lavorare.
«Oh, guarda chi c'è!» esclamò Andy. 
La guardò interrogativa, mentre lei, invece, era impegnata con un alcolico. 
«Chi?» domandò.
«Beh, un tuo amico.» rispose Andy. «All'entrata, guarda all'entrata!» continuò.
Hayley stava ancora preparando l'alcolico quando si alzò in punta di piedi per guardare chi ci fosse all'entrata. 
«Oh no.» rispose poi. «Solo adesso capisco perché ridi come una gallina impazzita.» continuò sorridendo.
«Le ragazze nel locale ti daranno filo da torcere però.»
«Non ho nessuna intenzione intanto.» rispose sicura. «Di nessun genere.» puntualizzò.
«Non dirmi che non ti piace!» esclamò Andy.
«Hai mai sentito uscire questa frase dalla mia bocca?» disse secca. «Ho solo detto che non ho nessuna intenzione. E' un bel ragazzo, non posso negarlo, ma come ho notato, si sente 'grande'. E questa cosa mi dà non poco fastidio, ma lo è in generale, non vale solo per lui.» continuò mentre serviva un signore con i capelli brizzolati, porgendogli quello che le aveva chiesto.
«Rimane il fatto che..» mormorò. «Sta arrivando!» continuò sorridendo.
Hayley la guardò.
«Andy!» esclamò.
«Dammi uno di questi alcolici leggeri.» si sentì chiedere.
Era lui; quello stronzo che a scuola l'aveva fatto cadere, facendole fare la prima figura di merda davanti a tutti. Aveva una felpa oversize ma questa volta era grigia, un piercing nero sotto al labbro dalla parte sinistra, e le treccine gli cadevano sulle spalle. Era poggiato con i gomiti sul bancone. Sembrava non la riconoscesse, e da una parte credeva che sarebbe stato meglio così. Preparava l'alcolico mentre vedeva e sentiva Andy particolarmente interessata alla conversazione che non c'era. Nel frattempo vedeva dei gruppi di ragazze sparsi un po' qua e là per il locale, attente ad ogni minimo movimento che faceva il ragazzo e assurdo dirlo, anche a quelli che faceva lei.
«Aspetta, aspetta, ma tu sei la ragazza di oggi?» disse il ragazzo. «Vero?» 
«Sì, sono io.» affrettò Hayley. «Tieni.» continuò, porgendogli il bicchiere.  
«Scusa per oggi eh.» ironizzò il ragazzo. «Io sono Tom.» continuò tendendole la mano. Si sentiva figo con quegli atteggiamenti da cretino che aveva, si vedeva proprio, l'avrebbe percepito chiunque anche a distanza di kilometri.
«E a me non interessa.» rispose infastidita da quel suo comportamento. 
Sentì fingere di tossire Andy, sembrava che non avesse capito un cazzo del ragionamento che le aveva fatto poco prima.
«Dai.» mormorò Tom. «Come ti chiami?» continuò, mentre sul suo volto si disegnò un sorriso. Sinceramente, non sapeva che tipo di sorriso fosse.
«Sono Hayley.» rispose.
«Sei nuova di qui?» le domandò mentre cominciava a bere.
«Mi sono appena trasferita.»
Una ragazza dai capelli castani gli si avvicinò mettendogli un braccio attorno al collo. Di minigonna, tacchi e una maglietta scollatissima era vestita, solo di quello.
«Hey tesoro, con chi parli?»
«Ho chiesto solo una bibita.» disse Tom. «Andiamo.» continuò lasciando il bicchiere sul bancone.
«Sì, andiamo.»
La ragazza sembrava voler farsi notare solo ed esclusivamente da Hayley con quei suoi atteggiamenti, e nel momento in cui Tom si alzò la guardò con uno sguardo sicuramente non amichevole.
«Ci si rivede.» si sentì dire da un Tom che si stava alzando e stava andando via.
Non sapeva esattamente il motivo, ma in quell'esatto momento gli avrebbe spaccato la faccia.
 
Era sempre la solita routine; e quella era una delle molte mattine che aveva già passato ad Hamburg.
Il suono della sveglia rimbombava nei timpani già da un bel po', doveva alzarsi.
Facendosi coraggio spostò le coperte e scese dal letto con dei leggeri brividi di freddo sulla pelle, dirigendosi verso la valigia. Prese una delle felpe che aveva, era grigia, e dei semplici jeans. Si diresse in bagno, si lavò in fretta e poi si vestì. Poco dopo ci ritornò, si guardò nuovamente allo specchio, e cominciò a cantare una canzone di una delle sue band preferite facendo finta di avere una chitarra in mano, sì, proprio come una stupida. Prese la spazzola e si pettinò i capelli, divise la frangia da un lato e li stese ancora una volta con le mani. Prese velocemente borsa e giubbotto e scese, prese la macchina e si avviò.
Entrò normalmente a scuola ma la classe stavolta era già piena. Camminò velocemente tra i banchi e si sedette vicino Andy.
«Letteratura. Come ti sembra come prima ora?»
«Al quanto uno schifo.» rispose Hayley facendole una faccia disperata. «Troppo pesante!» 
Hayley era sempre stata il tipo di ragazza a cui piaceva imparare cose nuove, forse l'unica cosa negativa della scuola è l'orario. Qualsiasi cosa alle 8.00 della mattina è pesante, anche mangiare un cornetto lo è; disgusta a quell'ora.
In un modo o nell'altro le ore passarono e arrivò l'ora di tornare a casa. Hayley non si sentiva tanto bene, la testa le girava. Aprì la macchina, mise in moto e si diresse immediatamente verso casa. Non appena aprì la porta di casa, si catapultò sul letto per poi perdersi in un sonno profondo, causato probabilmente dal forte mal di testa.
 
 «Hey tesoro, come stai?»
«Bene, bene.. e tu invece? Come stai?» 
«Bene, tesoro mio. Che mi racconti?»
«Niente di entusiasmante.. mi piace però Hamburg.»
«Ascolti sempre le mie raccomandazioni, vero?»
«Sì, certo..» 
«Fallo sempre, mi raccomando.»
«Perchè non dovrei farlo?» 
«Tu fallo, ascoltami.»
«Sì..» sfiatò Hayley.
«Amore, ti ho portato questo piccolo braccialetto, è di poco valore, ma l'ho preso per te, tieni.. prendilo.»
«Oh, è tanto carino.»
«Son contenta che ti piaccia, tesoro. Forza, mettilo..»
«Sì, ecco.. è bello.» 
«Lo sai che ti penso sempre e che sei sempre nel mio cuore, vero?»
«Mi manchi.. mamma.» sfiatò.
«Anche tu mi manchi tesoro, ed anche tanto. Ce ne ho messo tanto per essere qui eh, son davvero contenta di averti vista.» rispose mentre i suoi occhi cominciarono a velarsi di lacrime.
Una lacrima rigò lentamente il mio viso.
«Mamma.. perché? Perchè te ne sei andata? Perchè mi hai lasciato? Perchè devo affrontare tutto da sola?»
«Non ce l'ho fatta piccola, ho lottato con tutte le mie forze, te lo giuro, ma.. mi dispiace.» rispose abbassando per un attimo il capo.
«Mamma io ti voglio bene..»
«Anch'io te ne voglio, piccola mia.. darei tutto per essere lì con te, ma non posso.»
«Cerco di andare avanti io.. ma non è poi così facile come pensavo.» disse, mentre le lacrime scorrevano in gran quantità ormai sul suo pallido viso.
«E' ora che io vada, amore.»
«No mamma, no, per favore!» esclamò.
«Devo andare.. è terminato il mio tempo.» rispose.
«Rimani ancora mamma, ti prego. Ti prego.»
«Tesoro, se potrei lo farei, ma non si può. Guardami un ultima volta negli occhi.. io ti voglio bene e sono fiera di tutto quello che fai e che continuerai a fare.» rispose abbozzando un leggero sorriso.
«Ti voglio bene, mamma. Ma quando torni?»
«Non ti assicuro un mio ritorno, tesoro.» disse.
«Come, mamma?!»
«Ciao piccola mia..» sfiatò.
«Mamma!» quasi urlò poi, un'ultima volta.

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Capitolo 3
*** In the soul ***


Quel sogno, l'unico pensiero nella mente di Hayley, paragonabile forse ad un tormento. Era tutto così strano per essere solo un sogno. Anche quando si svegliò, tra il chiamare ancora la mamma e le lacrime che ancora le scendevano sul viso. Aveva la sensazione che tutto quello significasse qualcosa, ma cosa? Non sapeva più che pensare, anche se, le fece uno strano piacere rivederla. 
Quei diversi giorni a scuola, erano andati malissimo, non c'era proprio con la testa.
Ad un certo punto sentì squillare il telefono. Lesse Andy sullo schermo e rispose.
«Hey Hayley!» esclamò Andy.
«Andy..» mormorò Hayley sicuramente meno energica.
«Come stai, Hayley?»
«Bene, e tu?» mentì.
«Non si direbbe. Oggi a scuola, come tutti questi giorni, sei stata del tutto assente, e all'uscita continuo a non vederti. Per di più anche a lavoro lo stesso.» disse Andy.
«Ehm.. non mi sono sentita tanto bene in quest'ultimo periodo.. e dopo scuola, mi affretto a tornare a casa per riposare un po'.» mentì.
Come sarebbe passato per la sua mente solo il pensiero di svelare il vero motivo per cui quei giorni era così? Come avrebbe potuto dirle tutta la verità? Per quanto la reputasse una persona vera, forse non avrebbe capito, forse le sarebbe venuto solo da ridere o forse ancora, l'avrebbe creduta pazza e chi sa quale altro aggettivo avrebbe potuto paragonare non solo a lei, ma al tutto.
«Che ti succede, Hayley? Ne vuoi parlare? Guarda che io ci sono.» rispose Andy sembrando abbastanza preoccupata.
«No, grazie Andy. Tutto ok. E' solo un mal di testa, non preoccuparti.»
«Io continuo a pensare che qualcosa ti sia successo, ti sento strana..»
«Parlami di te, invece, tutto ok?» le chiese Hayley per cambiare del tutto argomento.
«Sì, ti ho chiamata per chiederti se oggi ti andrebbe di farmi compagnia al centro?» le domandò.
«Al centro? Per fare cosa?»
«Ho visto una maglia molto carina, e vorrei comprarla. Che dici allora, vieni?»
«Ehm.. non credo sia proprio il caso..» rispose Hayley, pensando che comunque non fosse proprio il momento opportuno.
«Dai Hayley! E' anche un modo per distrarti un po', fidati!» esclamò.
«Ok, dai, forse hai ragione.. mi hai convinta.»
«A che ora facciamo?»
«Non so, facciamo le cinque?»
«Perfetto, ti vengo a prendere io a quell'ora.» disse, con aria convinta.
«Aspetta aspetta, ma tu non sai dove abito!» rispose Hayley cominciando a ridere.
«Vero! Allora fatti trovare fuori al Niken's!» esclamò appena smise di ridere anche lei.
«Ora va meglio! E non fare tardi!» le raccomandò.
«Ok, a dopo!» 
«A dopo!» riattaccò.
Forse era proprio quello che le ci voleva, anche se sapeva certamente che il pensiero di quel sogno fatto, non si sarebbe cancellato, questo indubbiamente.
 
Erano le cinque e dieci, Hayley era fuori al Niken's e di Andy nemmeno l'ombra, fin quando però non sentì il clacson della macchina di Andy arrivare per poi entrarci.
Tra una chiacchiera e l'altra, e la musica dello stereo che Andy aveva in macchina, arrivarono in centro. 
«Vedrai com'è carino questo negozietto, Hayley.» 
«Posso fidarmi dei tuoi gusti, dai.» rispose Hayley sorridendole.
A Hayley piaceva. Tutto le piaceva. In mente sua pensava che non avesse mai trascorso un pomeriggio così bello con un' amica, a camminare per il centro, a fermarsi davanti ai negozi e fare commenti assurdi su ogni tipo di ragazzo che passava. Guardò un istante Andy, e abbozzò un sorriso, forse poteva essere Andy l'amica che le era sempre mancata.
Sul marciapiede c'erano delle bancarelle che vendevano cose di tutti tipi, a partire dagli orecchini e finire alle sciarpe, dalle collane alle borse, ed Hayley si soffermò su quella di un'anziana signora mentre stava ancora camminando con Andy, notando qualcosa di familiare. L'anziana signora sembrava quasi per andare via quando però le si fermò un gruppo di ragazze davanti.
Il braccialetto che le dava la mamma nel sogno era su quella bancarella. Le si fermò tutto davanti agli occhi, tutto, si fermò tutto. Nel più vero senso della parola.
Andy la tirò il braccio portandola a sé e le mostrò la vetrina dove c'era la maglia che doveva comprare.
«Hayley, cosa succede?» le chiese guardandola negli occhi.
«Là.. io.. quello..» balbettò Hayley. 
«Che stai dicendo, Hayley?!» quasi urlò. Era comprensibilmente stranita dal suo comportamento.
«Ascoltami, entra un attimo da sola nel negozio, che io arrivo subito!» esclamò, già indietreggiando.
«Ma come?»
«Ti spiego tutto dopo!» le rispose. «Per favore.» continuò.
«Ma..» sfiatò. «Va bene..» continuò poi, guardando Hayley ancora una volta.
Mentre Andy ancora perplessa entrava nel negozio, Hayley corse dietro la signora anziana che aveva preso quel piccolo tavolino dove teneva appoggiato tutto e l'aveva messo sotto il braccio, e mentre ancora camminava la fermò.
«Mi scusi signora! Ma per favore, mi fa vedere uno dei bracciali che vende?» le chiese la ragazza, mentre era ancora un po' affannata.
«Certo, signorina. Prego..» rispose gentilmente la signora riaprendo il tavolino dove c'erano tutti i bracciali.
«No signora, mi ascolti. Prima qua c'era un braccialetto marrone e con dei ciondolii rossi sopra.. ma non c'è ora!»
«Si calmi, signorina.»
«Il braccialetto!» quasi urlò.
«L'ho appena venduto, ma ce ne sono altri molto carini se vuole.»
«Si ricorda a chi lo ha venduto?» le chiese, mentre il nervoso si faceva sentire sempre più.
«Ehm.. era una ragazza con i capelli biondi e con una sciarpa a pois.»
«Grazie ancora, signora! E mi scusi, arrivederla!»
«Arrivederci.» quasi sfiatò la signora.
Trovare e avere quel braccialetto; questi erano gli unici pensieri rincorrersi nella mente di Hayley, ma.. come? Il centro era strapieno di persone, era impossibile trovarlo. Doveva trovare quella ragazza. 
Si recò subito nel negozio dove Andy avrebbe dovuto essere per comprare quella maglia di cui le aveva parlato, anch'esso colmo di persone. Era talmente persa nel trovare quel bracciale che guardava disperatamente sui polsi di qualsiasi ragazza con la chioma bionda, ma non vedeva nessuna con quella sciarpa che le aveva descritto la signora pochi minuti prima. Stava quasi per perdere le speranze fin quando alla cassa non vide una ragazza con i capelli biondi e con quella maledetta sciarpa a pois, rossa e bianca.
Voleva avvicinarcisi subito, ma poi decise di aspettarla all'uscita giacché era quasi al punto di pagare.
«Hey! Ciao, scusami tanto, ma devo chiederti un grandissimo favore!» esclamò Hayley, con occhi che emanavano quasi disperazione.
La ragazza era a dir poco perplessa, ma era molto, anche troppo comprensibile. Era snob, i suoi polsi oltre a quel bracciale che riteneva suo, erano pieni di altri di diverso tipo e genere, tutti d'oro o argento. Ancora più strano tutto ciò che accadeva dunque. Perché una ragazza che poteva permettersi di avere tutto quello ai polsi, da oro ad argento, si era fermata ad una semplice bancarella su un marciapiede e aveva comprato un braccialetto che sarebbe potuto costare poco e niente?
«Ehm.. dimmi..» rispose gentilmente la ragazza.
«Mi dai quel braccialetto, per favore?» le chiese secca. «E' importante, credimi. Per favore.» continuò.
«Ehm..» mormorò la ragazza guardando il bracciale.
«Aspetta! Posso pagartelo il doppio, o anche il triplo, quello che vuoi! Ma per favore, dammelo.» rispose disperata Hayley, vedendo l'indecisione della ragazza.
«Ma.. perché?» rispose la ragazza guardando nuovamente il bracciale quasi per capire cosa ci fosse in esso di così prezioso.
«E' importante, credimi. Il motivo non posso dirtelo, sarebbe troppo assurdo.. per favore.» sfiatò.
La ragazza sciolse il nodo che manteneva il bracciale al suo polso, e glielo porse.
«Tieni.»
Sul volto di Hayley si disegnò un leggero sorriso ricco di sollievo nel momento in cui la ragazza glielo porse, come quando perdi una cosa e la ritrovi dopo tanto tempo dal momento in cui l'hai smarrita, qualcosa a cui tieni tanto, quella era la sua sensazione.
«Grazie! Non so come ringraziarti! Quanto ti devo?»
La ragazza non rispose, e solo un sorriso le rivolse prima di andarsene definitivamente via.
 
Hayley aveva il bracciale, ma prima di qualsiasi altro pensiero, doveva trovare Andy.
Prese il telefono dalla borsa per cercare di rintracciarla, e notò sullo scherzo che Andy aveva provato a chiamarla ben sei volte. Provò a chiamarla lei, ma risultava non raggiungibile.
Entrò nuovamente nel negozio, cercò un po' tra la folla, ma niente, Andy lì dentro non c'era. Uscì dal negozio per controllare ancora una volta se l'aveva aspettata all'uscita, e finalmente, dopo poco, la vide.
«Eccoti Andy!» esclamò Hayley.
«Hayley! Ma che è successo?! Stai bene?!» le domandò, preoccupata. «Si può sapere che cazzo fai?!»
Hayley non sapeva che dirle, ma una cosa era certa, la verità non gliel'avrebbe mai detta. Aveva quasi paura di quello che avrebbe potuto pensare Andy, e non voleva.
«Senti, perché non torniamo a casa? Ti spiegherò tutto per bene, domani.. non mi sento proprio bene ora, mi è ritornato il mal di testa.. e questa volta è ancora più forte.» disse, ovviamente mentendo.
«Va bene, però voglio una spiegazione degna del suo nome eh, perché la cosa non è normale: lasciarmi fuori ad un negozio, tra l'altro da sola, senza darmi nessuna spiegazione.» disse Andy. «Andiamo ora, la macchina è all'angolo.» continuò.
Per un secondo Hayley si sentì strana, Andy non fece nulla, quando nel momento in cui una persona avrebbe fatto lo stesso a lei, sarebbe stata capace di diventare una belva.
Si avviarono verso la macchina nel dove era parcheggiata, ci salirono, Andy mise in moto, e via dritta verso casa.
«Hai comprato la maglia che volevi poi, Andy?'' le domandò poi.
«Sì, la busta è nella borsa, ma siamo arrivate, te la faccio vedere qualche altra volta, ok?» rispose. «Ma aspetta, ora ci sei tu con me in macchina, fammi vedere dove abiti.»
«Ma per me, puoi lasciarmi anche qui, Andy. Non preoccuparti!»
«Non esiste! Ti fa male anche la testa, non lo pensare nemmeno.» rispose secca Andy.
«Allora ok, vai dritto..» disse poi. «Ora gira a destra.. e di nuovo a destra.»
«Quindi è qui che abiti?» esclamò una volta arrivate.
«Sì, questo è il mio quartiere.» rispose. «Vieni a trovarmi quando vuoi, e grazie ancora per il passaggio.» continuò sorridendole.
«Cerco di passare domani, così mi spieghi tutto per bene, e di niente.» disse Andy, ricambiando il sorriso.
''Oh cazzo'' pensò Hayley, ingoiando un bel po' di saliva.
«Ah.. sì.. va bene..» disse poi quest'ultima, balbettando.
«Ciao!» esclamò la ragazza in macchina andando via.
«Sì.. ciao.» sfiatò, mentre Andy era ormai già andata.
 

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Capitolo 4
*** Tell me would you kill, to prove you're right ***


Hayley si era ritrovata in una situazione che non avrebbe mai voluto sfiorare.
Aveva combinato un casino. Aveva mentito ad Andy, l'unica persona che le era vicina. E tutto per un bracciale, quel bracciale che la mamma le dava in quel maledetto sogno. Sperava solo che in qualche modo avesse fatto la cosa giusta, ossia seguire il cuore, che in quel momento le diceva fermamente di far diventare suo il bracciale. Tutto ciò non le serviva però, a far passare quella sensazione di aver sbagliato con un'amica, un'amica vera, quale riteneva Andy. Non voleva una ragione, aveva bisogno solo di una certezza, di un'affermazione, di una semplice e pura verità. 
Quella mattina a scuola era stata la solita giornata da comune studentessa, anche se la sua testa era leggermente più da un'altra parte, di quanto lo fossero quelle di tutti gli altri.  
Era stesa sul letto, durante il presto pomeriggio, con le auricolari alle orecchie, ascoltando una delle sue canzoni preferite.
Non riusciva a soffermarsi su un solo pensiero, nella mente ne aveva un miscuglio, partivano rispettivamente da quello che aveva fatto per quanto riguardava Andy, e finivano al sogno, e quindi al bracciale.
Si voltò solo con la testa da un lato, dalla parte della finestra che era chiusa. Con le mani che erano stese lungo i fianchi, strinse le coperte azzurrine che ricoprivano il letto chiudendole in un pugno, per poi portarle davanti al viso, coprendole ed oscurandole quindi la vista.
Come aveva fatto a trovarsi in quel casino? Come aveva potuto mentirle? Forse avrebbe dovuto dirle subito tutta la verità, e forse Andy avrebbe capito.. ma no, non gliel'avrebbe mai detto, si sarebbe ritrovata in una situazione ancora più difficile di quanto fosse quella in cui ormai era cimentata. Il suo difetto più grande era sempre stato quello di pensare troppo, e in quel momento lo stavo facendo.
Non poteva farci niente, anche se secondo lei aveva fatto la cosa giusta per il semplice motivo di aver seguito il cuore, sentiva che qualcosa aveva sbagliato, che qualcosa era andato storto, e sicuramente si trattava del suo comportamento con Andy.
 
Cos'aveva Hayley? Andy non la capiva proprio in quell'ultimo periodo. Per non parlare del giorno prima, quando andarono insieme al centro. Fece la parte della sfigata, non reagì e non fece cenno a nulla per quanto riguardasse lo stranissimo comportamento di Hayley, ma lo fece per un solo motivo, perché sapeva che Hayley non si sentisse bene davvero, aveva passato così anche l'ultima settimana. Era arrabbiata in quel preciso momento, ma poi decise di parlarne con lei in un'altra occasione. Giurò che gliene avrebbe dette di tutti i colori se non fosse stato per quei suoi costanti mal di testa, non le disse più niente solo ed unicamente per quello, perché sapeva che fosse la verità. 
Più che altro non ne capiva il motivo, il motivo per cui avrebbe dovuto lasciarla lì, come una stupida, ed andare via, a fare chi sa cosa. Era quello il motivo principale per cui era furiosa. La domanda giusta era perchè? E per fare cosa?
Dalle settimane che aveva passato con lei, aveva pensato che forse aveva ritrovato un'amica, una di quelle su cui poter contare. Era già da tempo che non credeva più nell'amicizia, intendeva quella vera, ed Hayley era quasi riuscita a farleci ricredere. Ed, infatti, ci stava credendo.
Si conoscevano da poco, ma la voleva già un gran bene, assolutamente ricambiata, cosa che però non toglieva il fatto di voler delle risposte da lei. Credeva e si fidava ciecamente di Hayley, e sapeva che avrebbe avuto un motivo valido per aver fatto tutto quello, sarebbe stata anche capace di giocarsi qualcosa, ne era seriamente convinta.
L'unica certezza era che voleva e pretendeva delle spiegazioni da parte sua, voleva e pretendeva la chiarezza che non c'era e che non le era ancora stata data. Ma l'avrebbe avuta presto, presto.
 
Hayley sobbalzò solo nel momento in cui sentì il suono del citofono. Si alzò di scatto posando sul letto l'i-pod e le auricolari, e stranita si avvicinò verso la porta dov'era situato il citofono. Nella parte visiva di cui era composto, vide un volto, e quel volto era di Andy.
«Cazzo!» esclamò. 
Cosa le avrebbe detto? Cosa le avrebbe mai potuto dire? Forse era venuta solo per farle vedere la maglia, e magari si era dimenticata tutto, o ancora, non le sarebbe importato più di tanto e talvolta non le avrebbe chiesto niente. Oppure era venuta per chiederle esattamente quello. Non c'era poi così tanto tempo per pensare, e doveva rispondere a quel citofono. Si fece dunque coraggio, e rispose.
«Chi è?»
«Hey Hayley, sono io, Andy!» esclamò la ragazza.
«Ah sì, Andy.»
«Che fai, mi apri o no?» disse.
«Sì.. certo, ti apro!» rispose. «Quarto piano.. prima porta sulla destra.» continuò.
Era nella merda fino al collo. Si poggiò con la schiena contro la porta come se il tempo potesse fermarsi ad un suo comando. 
Ben presto però, la porta suonò.
''Ed ora? Ora che faccio?'' pensò.
Prese nuovamente coraggio e aprì la porta.
«Andy..» mormorò.
«Hayley!» esclamò Andy salutandola con un bacio sulla guancia.
«Accomodati..» disse Hayley. «Andiamo in cucina.» continuò, notando che in mano Andy aveva qualcosa, ma non si soffermò a capire cosa, sinceramente pensava ad altro in quel momento.
Era un po' rigida nei movimenti e le fece strada verso la cugina invitandola a sedersi.
«Cosa vuoi? Ti va un thè, o una coca cola?» le chiese Hayley, mentre lei si era appena seduta al tavolo della cucina.
«Una coca cola va benissimo, grazie.»
Aprì il frigorifero e le prese una lattina di coca come voleva.
«Tieni.» porgendogliela. 
Andy aprì la lattina, e cominciò a bere.
«Perché non mi fai vedere un po' la casa, Hayley?» le domandò quest'ultima, poggiando la lattina sul tavolo.
«Certo, vieni!» esclamò Hayley. «Non è così grande, ma per me è ok.»
«E' accogliente come casa, invece.» brontolò Andy.
S’incamminarono verso il piccolo corridoio, soffermandosi su una camera.
«Questa è la mia stanza..» disse Hayley, mostrandogliela.
«Com'è carina!» esclamò Andy.
«Questo è il bagno..» disse la ragazza. «E questo è il soggiornetto.» continuò.
«Sì, mi piace.» disse Andy convinta, mentre entrava nel soggiornetto guardandosi un po' attorno.
Quest'ultima si sedette sul piccolo divano che aveva Hayley nel soggiornetto, e solo in quel momento riuscì poi a capire cosa aveva in mano: aveva portato con sé la sua borsa e una busta. 
In un secondo momento, si sedette anche lei vicino Andy.
«Hayley, ascoltami.. mi spieghi un po' che ti succede, per favore.» 
«In che senso, Andy?»
«Come in che senso, Hayley?!» esclamò Andy. «Forse parlo del tuo fottutissimo comportamento negli ultimi tempi, ma forse eh.» continuò. 
«Non mi sono sentita bene, tutto qua! Mi sembra di avertelo detto, no?» rispose.
«Che cazzo c'entra, Hayley?!» esclamò chiara. «Ieri, ma vogliamo veramente parlarne? Mi hai lasciato come una cretina fuori ad un negozio, in pieno centro, per di più da sola. Hayley, da sola!»
«Dovevo fare una cosa.. importante.» rispose fuggitiva.
«Credo che sia troppo facile per te uscirne così, mi dici cosa cazzo avevi di così importante da fare?» esclamò nuovamente Andy.
«Niente, niente!» esclamò raggiungendo il tono di voce di Andy, che a sua volta era ormai abbastanza alto.
«Come niente?! Hayley ma ti rendi conto di quello che stai dicendo, porca miseria?!» 
«Ma scusami Andy, se il fatto che io me ne sia andata ti ha dato così tanto fastidio perché tutta 'sta pagliacciata, e tutte queste cose che mi stai dicendo non me le hai dette appena mi hai vista?!» esclamò Hayley. In quel momento era andata in tilt anche lei.
«Non credo a quello che mi stai dicendo Hayley!» rispose quasi stupita. «Se ti ricordi bene, appena ieri ti facesti rivedere mi dicesti che non ti sentivi bene, e che ti faceva nuovamente male la testa come era successo tutta la settimana d'altronde. Ricordi adesso?!» continuò.
«E.. ma se dovevi dirmi qualcosa me la dicevi lo stesso!» 
«Avrei dovuto parlarti così come stiamo parlando ora, mentre non ti sentivi bene?!» esclamò. «E' questo che mi stai dicendo?!» continuò.
«Sì..» sfiatò.
«Stai proprio sbagliando, Hayley. Non so se tu l'avresti fatto, ma io no, come ho di certo dimostrato..» rispose. «Che persona sarei stata, cazzo?!'' continuò.
«Il fatto è.. che non posso dirtelo.» 
«E sentiamo.. perché?!»
«Perché non posso dirtelo..» rispose Hayley. «..non capiresti
In quel preciso momento, Andy si alzò prendendo la borsa e la busta che aveva appoggiato poco prima sul divanetto. Sì sentì ghiaccio
Hayley capì che la frase che aveva appena pronunciato non era stata per nulla di suo gradimento. 
«Non capirei?! Cosa non capirei?!» esclamò incominciando a gesticolare. «Certo, certo, ora capisco.. il mal di testa tremendo, tu che non ti sentivi bene, era tutta una sceneggiata per non dirmi la verità. Chi sa poi di cosa si tratta realmente!» continuò. «Hayley, tu di me non fai capito un cazzo. Mi credevo tua amica, ma vedo che mi sbagliavo. Tu un'amica come me non l'avrai mai, credimi. Ed io che come una stupida credevo di averne ritrovata una.»
«Andy, non è come credi! Per favore, cerca di capire!» esclamò alzandosi.
«Ma capire cosa, Hayley?! Cosa?!» rispose lei mentre si era già avvicinata alla porta. 
«Io..» sfiatò.
«Ah, e quasi dimenticavo..» riprese Andy, gettando a terra la busta che aveva tra le mani. «Vuoi sapere cosa c'è in quella fottuta busta? E' un regalo, ed era per una persona vera, per un'amica, conosciuta un paio di settimane fa che è stata capace fin da subito di farsi voler bene, ma quell'amica non riesco a vederla più, e sicuramente.. non è quella che è davanti ai miei occhi.» continuò indicando la busta che aveva gettato a terra pochi istanti prima. «Mi dispiace..»
Aprì la porta con gli occhi che nascondevano qualche lacrima, e definitivamente se ne andò.
Dal punto che Hayley era immobilizzata ancora in piedi, tutto il suo corpo fece carico di una rabbia pazzesca.
«Che cazzo ho combinato?!» quasi urlò dando un calcio e diversi pugni nel muro, per poi chinarsi verso terra.
«Non doveva andare così..» sfiatò coprendosi il viso con le mani. «..niente di tutta la mia vita doveva andare così.» continuò mentre una lacrima, una soltanto, scese lentamente sulla guancia destra, finendo poi tra le labbra leggermente aperte ed ormai secche.

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Capitolo 5
*** A bubble ***


Ed anche quella volta aveva mandato tutto a puttane. Andy aveva ragione e fu unicamente lei, Hayley, a sparare cazzate, ed anche se dalla parte del torto durante il loro litigio perse le staffe, cosa che fece anche Andy, ma il punto era che lei ne aveva il motivo, il punto era che lei ne aveva il pieno diritto. La ridusse una merda, e ammetteva di meritarselo, e tutto per una cosa di cui non aveva il coraggio di parlare, di quel sogno, di quel fottuto bracciale.. di sua mamma. Forse doveva anche vergognarsene, e lo stava già facendo. Era come se avesse timore di una reazione, e non valeva solo per Andy in questo caso, nemmeno ad una più cara amica e ad un più vicino familiare l'avrebbe mai detto, perché la riteneva una cosa strettamente personale, e tra l'altro Andy avrebbe potuto non prenderla più sul serio, avrebbe potuto prenderla per pazza, o anche che stava inventando tutto, e che non era possibile niente, cosa che temeva più del resto.
Ne erano passate altre di settimane dal loro turbolento litigio, e Natale era all'angolo. Diciamo che non viveva proprio alla grande, la mattina a scuola, Andy non era più seduta accanto a lei, Hayley sedeva all'ultimo banco, quello, dove si sarebbe dovuta sedere dall'inizio, quello che aveva scelto durante il suo primo giorno di scuola, prima che poi Andy la invitasse a sedersi al suo fianco. Andy era seduta vicino a Marì Hoften, una ragazza che faceva parte della loro classe e che tra l'altro a Andy infastidiva, glielo diceva e confessava spesso ridendo, quando.. sì, quando eravamo ancora amiche. Durante l'intervallo, durante le lezioni, durante i giorni che passavano più veloci, Andy non le rivolgeva parola, non la guardava, e nel momento in cui capitava di scontrarsi entrambe nei corridoi sembrava che non la conoscesse più, che non l'avesse mai conosciuta. 
Al lavoro? Beh, le cose non cambiavano poi così tanto. Per Andy non esisteva più, era l'unica sensazione che riceveva da parte sua, nonostante lavorassero a poco più di un metro di distanza. Com’era la mattina così era la sera, non le parlava, non la guardava, non la conosceva, quello che avevano passato insieme era finito, pff: scomparso nel nulla. Il lavoro stesso era diventato più noioso senza parlare con lei, e senza commentare chiunque si avvicinasse al bancone. Le mancavano anche le cose più semplici, come chiacchierare ridendo o anche le barzellette che le raccontava ma che non le venivano mai bene. 
Sì, era quasi un mese e mezzo che si conoscevano, messo insieme il tempo di quando stavamo bene insieme fino a quel momento, fino a quando bene non lo erano sicuramente più, ma Hayley.. Hayley la voleva bene, l'avrebbe anche giurato. E' possibile che a nessuno sia mai capitato di affezionarsi subito, e così presto ad una persona? In qualsiasi caso, a lei era capitato, e solo lei, e forse anche Andy, sapevano il tipo di rapporto che si era creato tra di loro. Andy le aveva riacceso il sorriso. Non sapeva se era normale avere un rapporto così con un'amica, per di più conosciuta da così poco, ma per lei lo era, percepiva la sua sincerità che era una cosa pazzesca, e questo sempre. E il motivo principale, quello vero, lo conoscevano solo lei, e un'altra parte che le viveva dentro: fin da piccolina, oltre alla madre, non aveva mai ricevuto l'affetto di nessun altro, sì, quello di una mamma è quello più importante, e lei lo sapeva, non avrebbe mai saputo vivere senza la presenza della madre, ma aveva bisogno anche di qualche altra figura, come un papà.. magari uno di quelli di cui ne percepisci la presenza anche se fisicamente non sono lì vicino a te, o di qualsiasi altra persona che almeno le volesse bene, che glielo dimostrasse, e quando morì la mamma perse tutto, tutto. E quella parte che le viveva dentro, morì con lei, insieme, mano nella mano. Nonostante la terribile perdita, il suo carattere non si modificò per niente, non diventò più riservata di quanto già lo fosse, e non si chiuse in se stessa, ma al contrario continuava ad affezionarsi facilmente alle persone, continuava ad instaurare amicizie con esse, continuava a voler bene, e continuava a rimanerci poi delusa, e a pentirsi di qualcosa che in quei momenti riteneva giusto fare. Dedicare tanto tempo, forse troppo, a persone che in fondo non meritavano niente, era questo che in sintesi faceva. In questo senso, di amiche ne aveva avute a centinaia, ma tutte di questo timbro.
Ma Andy non era una di quelle, lo sapeva, lo sentiva, e se ne convinceva ogni giorno di più, ogni giorno che seguiva.
Andy riaccese la parte in lei che ormai era spenta, stava facendo risorgere in lei quella voglia di avere un'amica, quel voler ricredere in un'amicizia vera e duratura. Ed Hayley? Cosa aveva fatto per ricambiarla? Niente. Andy le aveva chiesto solo di essere sincera, e non l'aveva fatto. Aveva solo rovinato tutto. E le ci era bastato un secondo, uno soltanto, e forse anche con l'aggiunta di una sola frase, quella che non avrebbe mai dovuto pronunciare. La frase che quando pronunciata, seccò la gola.
 
I giorni passavano troppo velocemente, ed Hayley era stanca, stanca di tutto.
Una di quelle sere non andò a lavoro, decidendo quindi di staccare per un po' la spina, quella spina che ormai era bruciata da un bel po'. 
Era ubriaca, aveva fatto fuori quasi tre birre, quella che aveva in mano era la terza, ed era quasi a metà. 
Camminava spaesata e comprensibilmente stordita per una via di Hamburg, non tanto lontana dal locale in cui lavorava, e dove c'era abbastanza gente. Gente la fissava, ed altra invece la derideva, ma a lei ovviamente non gliene interessava più di tanto essendo tra l'altro ubriaca. 
Il vento era forte e gelido ed ogni sorso che dava alla birra era sempre più freddo. 
Un gruppo di ragazzi la fissava già da un bel po' senza che Hayley se ne rendesse nemmeno conto.
Ad un tratto si sentì tirare con forza alle spalle, e la bottiglia di vetro contenente la birra cadde a terra, riducendosi in mille pezzi di vetro; ne sentì il rumore.
Era quel gruppo di ragazzi che fino a quel momento l'aveva squadrata dalla testa ai piedi. Sempre con la stessa forza la trascinarono violentemente in un vicoletto nascosto, deserto e solitario. 
Hayley era ubriaca; vedeva intorno a sé sui sei o sette ragazzi, ma effettivamente ne erano quattro. La sua vista era sfocata, e vedeva tanti cassonetti della spazzatura vicino al muro, da entrambe le parti.
A quel punto cominciò ad urlare, ma fu bloccata con una mano sulla bocca, che Hayley sentiva ruvida e forse anche sporca. Quest'ultimo la strinse a sé da dietro con due mani, che rispettivamente aveva già sulla bocca, ed una che si muoveva frettolosamente sul suo stomaco. Lo stesso, ben presto, le si avvicinò con la bocca al collo baciandoglielo diverse volte sempre in modo frettoloso, per poi avvicinarsi all'orecchio.
«Dai, vogliamo solo divertirci un po'.» le sussurrò con respiro pesante.
Incominciarono ad avvicinarsi a lei anche il resto dei ragazzi, suscitando in Hayley ancora più terrore di quanto già ne avesse prima.
Impaurita quindi, iniziò a dimenarsi ancora di più e ad agitarsi seriamente muovendo le braccia e le spalle, mentre uno dei ragazzi riuscì a tirare giù la cerniera del suo giubbotto. Aveva paura, e non avrebbe saputo descrivere cosa nascondessero gli occhi di quei ragazzi; qualcosa simile al ghiaccio.
Riuscì poi, ad allontanarsi dalla mano che le bloccava la voce e l'urlo.
«Aiuto!» urlò più che mai inchinandosi leggermente in avanti, mentre stava iniziando a correre.
Ben presto, però, uno dei ragazzi riuscì a riafferrarla.
«Dove pensi di andare?» si sentì mormorare da quest'ultimo con voce quasi rauca.
Con una gomitata violenta sul viso, Hayley riuscì ad allontanarsi anche da quest'ultimo ragazzo.
«Aiuto! Per favore! Ho bisogno di aiuto!» urlò come non avrebbe mai creduto di fare.
Tremava, era terrorizzata, e i suoi occhi si colmarono di lacrime pronte a dimenarsi sulle sue esili guance.
Cominciò a correre, e quel vicoletto che poteva essere lungo al massimo quindici metri, le sembrò lungo tutta un'eternità. E fu in quel momento che le passò davanti tutta una vita, tutto sotto forma di flash; il primo giocattolo, l'abbraccio forte del papà, la mamma che piangeva perché suo padre era andato via, la scuola, il primo bacio, l'incidente che le portò via la persona più importante della sua vita, le amiche false e finte, i sogni, la libertà, Berlino, Hamburg, il bracciale, Andy.
Mancava finalmente poco all'uscita di quel vicoletto che sembrava un tunnel senza uscita, di quelli che si vedono solo nei film, intravedeva la luce dei pali sulla strada e le scese una lacrima dagli occhi come per esprimere un forse. Forse ce l'aveva fatta, le sembrava tutto un brutto incubo. Le mancava poco più di qualche metro, ma sentiva ancora dietro il respiro affannato del ragazzo che non si dava pace, e per la sua mancata velocità venne riafferrata, e nuovamente le si fermò il mondo.
«Hey, dove scappi? Sei così carina, avanti, che ci divertiamo.»
Ne riconobbe la voce, era quella del primo ragazzo che l'aveva afferrata, il timbro della voce era lo stesso e anche il fiatone, che era migliorato a causa della corsa.
«Aiuto!» urlò ancora più forte, capendo che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe avuto la libertà di farlo. «Per favore.» sfiatò. Come se tutto stesse ormai finendo.
La ritrascinarono in fondo, e nella luce che costituiva l'uscita, vide un'ombra.
Era Tom; aveva sentito le urla di una ragazza già dall'inizio, ma poi aveva pensato che si fosse solo sbagliato, ma nel momento in cui le urla continuavano, si recò immediato dal dove provenivano. Non doveva trovarsi lì quella notte, ma lo era.
«Hey!» urlò. «Cosa diavolo..?!» continuò un po' confuso e per niente impaurito.
Per un attimo in Hayley si riaccese una speranza, e pensò che di chiunque fosse stata quell'ombra, che chiunque fosse stata quella persona, forse l'avrebbe portata in salvo dal pieno di quell'immenso incubo.
Era buio in quel maledetto vico, ma poi grazie ad una macchina che passò alle spalle di Tom, riuscì a fargli capire che si trattava di un gruppo di ragazzi e di quella ragazza di cui ne aveva sentito le urla.
«Lasciate la ragazza!» urlò. 
Il ragazzo che manteneva Hayley abbandonò la presa avvicinandosi all'uscita dov'era Tom, per poi essere seguito dagli altri tre ragazzi.
Hayley era a terra, vicino al muro, le lacrime non riuscivano a scenderle sul viso e tremante, non riusciva a mettere in atto nessun movimento compiuto. La temperatura sembrava essere altamente diminuita, più di quanto lo fosse già, anche per il fatto che era a terra. Continuava a tremare, la paura e il freddo andavano ormai all'unisono.
«E tu chi cazzo sei?!» esclamò il ragazzo altamente infastidito dalla presenza di Tom, cacciando da una tasca un coltellino come minaccia. 
Tom li aveva decisamente interrotti e nell'insieme ogni ragazzo gli avrebbe sfrecciato con piacere un pugno. Tom sembrava per niente impaurito, e si mise una mano dentro l'interno del giubbotto nero che aveva quasi come per prendere qualcosa.
«Io non sono nessuno, ma vi presento una mia cara amica.» rispose deciso.
Era una pistola e la puntò contro i ragazzi. 
«Lei è.. Shirley.» mormorò abbozzando loro un sorriso. «La scelta ora è vostra: o ve ne andate a fare in culo da un'altra parte, o la scelta la facciamo prendere a Shirley.» continuò. «A voi.»
Il ragazzo in un tempo compreso tra gli uno e i due secondi, passò da uno stato di sicurezza e prepotenza, ad uno stato di terrore e panico.
«Hey amico.. mettila giù.» mormorò il ragazzo. «Stavamo giusto andando via. Vero ragazzi?»
«Io non sono tuo amico.» riprese Tom.
A passo veloce il gruppo di ragazzi si avviò verso l'uscita con la pistola di Tom ancora puntata verso i loro visi. In realtà stavano decisamente scappando via.
«Funziona sempre.» sfiatò poi soddisfatto.
A Tom non restava che avvicinarsi alla ragazza. Si diresse in fondo al vico, vide qualcuno, sicuramente si trattava della ragazza, e si chinò.
Hayley aveva gli occhi a malapena aperti e venne accecata da una luce.
Tom prese il telefono e fece luce sulla ragazza.
«Ma.. Hayley!» esclamò Tom.
Hayley non capiva più nulla, non aveva capito nemmeno che quello era Tom.
«Portatemi a casa, per favore.» sfiatò lei con quell'ultima minima dose di voce che l'era rimasta.
«Li ho mandati via quei bastardi. Vieni, che ti porto via da qui.»
Tom la prese in braccio, la sentiva gelida e ancora tremante, e la caricò sui sedili posteriori della sua macchina. Quest'ultimo mise in moto, e mentre erano per strada ad un semaforo che aveva appena acceso rosso, si voltò dietro e vide che si era addormentata. Notò il suo pallido volto, e gli esili lineamenti di cui era disegnato. Ancora tremava, e non pensò due volte a togliersi il giubbotto che era tutto quello che possedeva nella macchina per coprirla, poggiandoglielo delicatamente sulle spalle. 
Era abbastanza grande da coprirle più di metà corpo.

 

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Capitolo 6
*** Strange ***


Hayley sentì il rumore della pioggia battere alla finestra quella mattina di Dicembre. 
A scatti e lentamente cominciò ad aprire gli occhi. Era ancora un po' intontita e anche un po' stordita, e sentiva dei leggeri dolori alla schiena e alle gambe. Era nel letto, e lentamente si alzò, ma non del tutto, solo con la schiena. Delicata, strizzò gli occhi, notando che era ancora vestita, e sbadigliò. Si fermò un momento: la stanza non era la sua e tanto meno lo era il letto, tra l'altro non si trattava di un letto singolo. Subito dopo, si voltò dalla parte destra del letto. Non era da sola, e al suo fianco c'era anche un'altra persona. Le bastarono poi pochi secondi per capire di chi si trattasse. Di scatto e velocemente si girò in avanti. Ma ben presto, si voltò ancora una volta verso Tom; dormiva, e le treccine, i cornrows, erano decisamente in disordine. Come faceva a negare che era bello? E quanto era bello, tanto bello quanto la infastidiva. Notò per bene i suoi occhi, e anche le sue labbra. Si fermò di scatto un'ultima volta scuotendo abbastanza velocemente la testa come per cambiare pensiero.
Cosa ci faceva lì? Per di più vestita e con.. con Tom.
Non ricordava nulla di tutto quello che effettivamente era successo la notte prima.
Tom dormiva ancora profondamente, e le coperte pesanti colorate di bianco lo riscaldavano fino al petto.
«Hey.» mormorò Hayley muovendolo un po', notando fin da subito che non funzionasse per svegliarlo. «Hey!» continuò aumentando sia il volume della voce che il movimento.
Tom si sentì dunque svegliare, e fu così che cominciò ad aprire e chiudere gli occhi. In genere anche Tom di prima mattina era sempre un po' intontito.
«Tom! Porca miseria!» esclamò Hayley facendolo sobbalzare.
«Che c'è? Che c'è?» affrettò lui, alzandosi solo con la schiena e raggiungendo quindi la posizione di Hayley.
«Mi dici che cazzo ci faccio qui?!» esclamò quest'ultima.
Tom cercò per un attimo di attaccare lo spinotto alla corteccia celebrale, e si ristese mettendosi una mano dietro la testa. Fece per focalizzare, e sbadigliò.
«Oh, ma che problemi hai? Hai dormito con il ragazzo più bello di Hamburg se non di tutta la Germania. Perché ti lamenti? Dovresti esserne contenta.» mormorò con voce giusto un po' rauca.
«Davvero? Non l'avevo capito guarda.» disse ristendendosi anche lei. Stavolta dunque fu lei a raggiungere la posizione di Tom, ed entrambi guardavano il soffitto.
«Se proprio vuoi saperlo.. l'abbiamo fatto.» sussurrò.
Hayley si voltò verso Tom e quest'ultimo fece lo stesso abbozzando un sorriso, per poi stringersi le labbra.
«Cosa?!» esclamò lei, alzandosi e sedendosi a gambe incrociate verso di lui.
«Dimmi che stai scherzando, per favore.» ribatté ancora stordita toccandosi la nuca con una mano.
«Ok, sto scherzando.» confessò, sorridendole.
«Ma vaffanculo!» esclamò. «Per un attimo puoi non fare lo stronzo e spiegarmi per quale motivo mi trovo qua?! Presumo a casa tua e nel tuo letto vestita.» continuò.
Tom si alzò con la schiena, e indietreggiando si poggiò con essa e con la testa sulla parte superiore del letto.
«Davvero non ricordi?» mormorò sbadigliando nuovamente ed ormai serio.
«Niente.» sfiatò.
«Ieri sera, o meglio ieri notte, eri ubriaca fradicia. Io stavo passando di là perché casualmente salutavo un amico e la macchina l'avevo parcheggiata un po' più lontano e dovevo camminare a piedi. Ho sentito delle urla e le ho seguite. Erano tue quelle grida. Un gruppo di ragazzi probabilmente vedendo com'eri conciata, ti ha trascinato dentro questo vico solitario, armati di coltellino.» spiegò lui. «Sono arrivato giusto in tempo, Hayley.» 
In Hayley ascoltando, riaffiorarono alcune scene di quella stessa notte.
«Non credo ti abbiano fatto del male. Ma quando ti ho sollevato da terra eri distrutta e ogni cosa che io dicessi non serviva a nulla.» riprese.
Tom non osava nemmeno ricordare quella scena, quando trovò Hayley a terra che tremava. Avrebbe giurato di non aver mai provato sensazioni di quel genere.
«Ho bisogno di un bicchiere di latte caldo.» mormorò lei abbastanza toccata e frastornata.
«Vieni, che ti preparo una cioccolata calda.»
 
Andy era a casa sua stesa sul letto a giocare con il fratellino di quattro anni, ma la sua testa era ferma a quel momento, a quel litigio con Hayley. Quella mattina non sarebbe andata a scuola perché già da qualche giorno erano iniziate le vacanze natalizie. 
Andy c'era rimasta troppo male, e si era convinta ancora di più che non esistessero amiche vere, e che ogni persona che conosceva lo fingesse unicamente. Come Katrina; a Katrina aveva raccontato tutta la sua vita, tutti i suoi segreti, e forse anche troppi dettagli. A partire dal padre che era in carcere per spaccio e che talvolta non voleva più vedere, finendo alle sue paure più grandi. Katrina e lei studiavano molto spesso insieme, e lei conosceva anche la sua famiglia; composta da Andy, una sorella, e tre fratelli maschi. 
E Katrina? Katrina per ringraziarla di tutta la sua sincerità nei suoi confronti, la umiliò. Poco tempo prima che la sua amicizia con Katrina terminasse definitivamente, raccontò a tutti la storia di Andy, cosa di cui non fu mai capace di capirne l'esatto motivo o per meglio dire, lo scopo. Fece sì che tutti sapessero cose che Andy aveva scelto di dire ad una sola persona, quella che riteneva amica, e di certo non a metà scuola. 
Quando precedentemente gliene parlò, Andy le disse chiaramente che voleva che rimanesse un segreto tra loro, e basta. Ma quella promessa, non fu chiaramente mantenuta.
Da quel momento Andy provava molta rabbia nei confronti di Katrina, ed era più che comprensibile.
Però Andy, non poteva credere che Hayley le aveva mentito, che in qualche modo, avesse fatto la stessa ed identica cosa, tra l'altro chi sa per cosa e soprattutto per quale motivo. Era arrabbiata sì, ma più che arrabbiata, era delusa. Delusa da lei stessa che non doveva crederci più di tanto a quell'amicizia, delusa da Hayley che sembrava troppo vera per poi dimostrarsi così, ovvero da una persona che per lei poteva essere davvero un'amica, e delusa da quello che purtroppo era già finito.
 
Hayley era nel bagno ancora a casa di Tom, si guardò un momento allo specchio e ancora pensierosa, aprì il rubinetto regolando l'acqua in modo da essere calda, e delicatamente si sciacquò il volto; pallido. Avrebbe voluto subito togliersi quei vestiti umidi da dosso, e farsi un bagno caldo che sarebbe potuto durare anche ore.
Si diresse in cucina dove l'aspettava Tom per una sorta di colazione.
«Hey, tutto bene?» le chiese Tom una volta sedutasi sullo sgabello di fronte a lui.
«Sì, sì, e..» quasi balbettò. «Grazie.» continuò.
Tom aveva un pigiama caldo colorato di blu e stava prendendo qualcosa dal frigo, si voltò e la guardò.
«Non devi ringraziarmi.» disse. «Tra l'altro è stato tutto merito di Shirley.» sorrise quasi come per tirarla un po' su.
«Shirley?!» esclamò interrogativa.
«Sì, Shirley.» riprese lui avvicinandosi al divano tappezzato color panna, dopo aver poggiato il latte che aveva appena preso dal frigo sul bancone della cucina dov'erano seduti. «Te la presento.» continuò avvicinandosi con la pistola con cui aveva mandato via quei bastardi la sera prima.
«E.. lei sarebbe Shirley?!» esclamò la ragazza.
«Sì, e le devi la vita.» sorrise lui, strappando un sorriso anche a lei, soddisfatto.
«Certo che sei scemo eh. Dare un nome ad una pistola. Che diavolo significa?!» disse. «E un attimo, che ci fai tu con una pistola?!»
«Intanto e grazie a lei che stai bene.» sussurrò. «Ma non puoi immaginare il bello!» continuò.
«Quale? Cosa?» sorrise lei. «Dopo Shirley, posso aspettarmi di tutto.»
«Non è vera.»
«Cosa?!» mormorò lei.
«Shirley è finta.» ironizzò.
«Oh Dio, quindi la mia salvezza la devo ad una pistola che però non è vera.» disse.
«Beh, una parte va anche al sottoscritto.» riprese Tom, mentre versava la cioccolata in due tazze. «Tieni.» continuò poi porgendogliene una.
«Ah, amo la cioccolata calda.» mormorò lei dando un primo sorso.
«Ora parliamo di te.» sussurrò Tom anche lui dando un primo sorso. «Cosa ci facevi ubriaca? Anche da sola eri.»
Il sorso di cioccolata che aveva appena bevuto si trasformò in ghiaccio nella gola di Hayley.
«Ho litigato con un'amica, mi sono capitate delle cose abbastanza strane in questo periodo. E proprio queste mi ci hanno messo in questa situazione.» disse.
«E perché hai litigato?» le domandò Tom interessato.
«Diciamo che non sono stata del tutto sincera, come lo è stata lei a differenza mia.» sussurrò.
«E di che cose strane parli?»
«Cose mie. Tom scusami, ma non voglio parlarne.»
«Va bene, non c'è problema.»
«Ah, e dopo mi riaccompagni tu a casa.» disse lei come se per cambiare argomento, e abbozzando un lieve sorriso.
«Forse.» rispose Tom guardandola.
«Tom..» mormorò lei. «Non era una domanda.»

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Capitolo 7
*** Nothing change ***


Tom ed Hayley erano in macchina, ed erano appena arrivati a casa di quest'ultima. 
Stava quasi per scendere dalla macchina fin quando Tom la fermò.
«Ci si rivede.» mormorò quello.
«Certo, a scuola tra più o meno qualche settimana.» rispose. «Ah, e anche se in anticipo, passa un buon Natale.» continuò la ragazza.
«Grazie, anche tu.» sussurrò Tom. «E non cacciarti in altri casini.»  sorrise.
«Sicuramente.» affermò lei. «Ciao!» continuò, stavolta uscendo del tutto dalla macchina.
A passo veloce si diresse verso casa, anche perché non vedeva l'ora di arrivare a casa per abbandonarsi in un lungo bagno caldo.
Proseguiva verso casa, e aveva in mano già le chiavi con le quali avrebbe aperto il cancello che portava all'interno del quartiere, e la porta, quella di casa sua.
Aprì il cancello e si avviò verso casa.
Aveva i capelli raccolti in una coda e appena aperta la porta sfilò il codino e lasciò la borsa blu cadere a terra. Quando si ritrovò dentro casa, non ci pensò due volte: si spogliò di quei vestiti che non poteva più tenere a dosso e che pensò anche di buttare, e si preparò un bagno. Aspettò per un bel po' che si riempisse la vasca, spostando la maniglia del rubinetto tutta sul rosso, e dopo aver lasciato a terra tutti i vestiti, si cimentò al suo interno, ovviamente una volta riempita; l'acqua era calda, esageratamente calda, esattamente come le piaceva, e oltre a scivolarle l'acqua sulla pelle, le scivolarono via tutti i pensieri che potesse avere per la testa in quel momento. 
Dopo tutto quello che poteva ormai definirsi passato, era proprio quello che le ci voleva.
 
Tom invece, a differenza di Hayley, avrebbe avuto una giornata piena; diciamo che avrebbe avuto vari impegni.
Dopo aver accompagnato Hayley a casa, aveva pensato di andare a casa dei genitori, e così fece. 
In un batti baleno si ritrovò a casa di quest'ultimi, e come suo solito, fuori al cancello di casa dei genitori e senza aver bisogno di bussare alcun tipo di citofono, suonò tre volte il clacson della sua Audi, che tra l'altro era di un bianco da far paura. 
La madre si affacciò alla finestra, sorrise felice come fosse la prima volta dopo dieci anni che non vedeva il figlio, e aprì naturalmente il cancello.
Tom era sicuramente meno felice della madre, non perché non lo fosse, ma dimostrare felicità e tutti gli altri possibili sentimenti che un essere umano poteva provare, non era proprio nel suo carattere.
Lasciò la macchina lì in giardino, e si diresse subito in casa anche perché faceva un freddo cane. La madre non lo fece nemmeno respirare un po' d'aria calda una volta entrato in casa, ma al contrario, lo strinse in un caloroso abbraccio com’era sempre stato suo solito. 
«Mamma, sempre la stessa storia. Mi lasci, o no?» mormorò sorridendo.
«Scusami tanto.» sorrise la madre. «Non ti vedo da tanto tempo Tom, permetti almeno che ti abbracci? Tra un po', non potrò nemmeno più farlo, visto che stai diventando più alto del dovuto.» continuò.
«Da tanto tempo, mamma? Saranno al massimo due giorni.» 
«Stai zitto và. Per il resto, invece? Che mi dici?» gli chiese Simone.
«Niente di ché.» rispose il figlio.
«Ragazze?» riprese la madre con le sue solite domande, cui Tom era solito rispondere sempre con le stesse ed identiche frasi. La madre sembrava non accorgersene mai. In effetti, conoscendo il carattere dell'unico genito, era sempre felice di vederlo anche per un secondo.
«Nessuna.» mentì Tom; nel senso che l'ultima ragazza se l'era scopata tipo tre giorni prima.
«A scuola?»
«Ci sono le vacanze natalizie.» sorrise il ragazzo sedendosi sul divano. «Papà?» domandò subito dopo.
«E' di sopra nel suo ufficio, non si dà pace, sta lavorando da ieri a certe fatture.» rispose la madre avvicinandosi al lavello dove già stava lavando qualche piatto. «Vai tu da lui, o lo chiamo?» continuò.
Tom guardava fisso la televisione spenta e scura davanti a sé ancora seduto sul divano, e con i gomiti era appoggiato alle ginocchia.
«Allora?» chiese la madre non avendo avuto ancora risposta.
«No, no.» mormorò Tom, alzandosi. «Si è anche fatto tardi. Devo andare.» continuò guardando quella specie di bussola che aveva sul polso destro.
«Tom.» disse la madre. «Ci vediamo in questi giorni, no?»
«Sì. Ci vediamo, mamma.» mormorò il ragazzo.
«Ciao, amore.» sussurrò la madre stampando un forte bacio sulla guancia del figlio.
 
Hayley dopo due ore di bagno caldo si decise, e uscì dall'acqua. C'era talmente di quel vapore causato dall'acqua terribilmente calda, che quasi non si riusciva a vedere niente. Come suo solito scrisse il suo nome allo specchio, o meglio, l'iniziale, come faceva già da quando era piccola.
 L'accappatoio l'avvolgeva tutta.
Una volta uscita dal bagno che sembrava una sauna, era indecisa tra il rimanere a casa o andare a fare un giro, ma ben presto decise che stare su un letto non sarebbe stata una delle cose migliori da fare, e quindi decise di uscire.
Scelse un paio di jeans abbastanza scuri, una maglia a maniche lunghe bianca, una sciarpa con disegnati dei teschi sul grigio, un paio di scarpe da ginnastica nere, e un giubbotto dello stesso colore delle scarpe. Si vestì velocemente e scese prendendo l'ascensore.
Non voleva usare la macchina, ma voleva fare quattro passi a piedi, da sola e senza pensieri. Aveva le mani nelle tasche del giubbotto e camminava anche a passo lento.
Vicino casa sua c'era un ponte. Un ponte dove spesso dalla finestra vedeva passeggiare le persone, da una parte c'erano le macchine che sfrecciavano sempre più veloci, mentre dall'altra se vi si affacciava, ci s’imbatteva nel verde di un prato di un parco, e varie panchine. Decise dunque, di volerci salire. 
Non sapeva come si arrivasse lassù, ma intravide da dietro un albero delle scale. Ci si avvicinò subito, e furono proprio quelle scale a portarla sul ponte. 
La vista era bellissima, e con la mano appoggiata al bordo del ponte, cominciò a camminarci anche abbastanza stupita.
Il freddo si faceva sentire sempre di più, e sembrava anche che volesse piovere, ma fortunatamente il tempo mantenne per tutto il resto della giornata.
Non poteva credere che per tutto quel tempo in cui vedeva gente passeggiare su quel ponte, non aveva mai provato a salirci; le erano sempre piaciute le cose così, in qualche modo anche le cose più semplice l'affascinavano fortemente. 
Tra l'altro era ad un passo da casa sua e ci sarebbe potuta andare in qualsiasi momento lei avrebbe voluto. 
 
Andy era stesa sul letto nella sua stanza a leggere un libro, quando la madre aprì la porta.
«Posso, tesoro?» sussurrò quest'ultima.
«Certo mamma, entra» mormorò Andy chiudendo il libro, e appoggiandolo sul letto di fianco a lei.
«Che fai?» domandò Johanna sedendosi vicino alla figlia.
«Niente, leggevo.» 
«Devi dirmi qualcosa, piccola?» fece subito dopo senza aprire un ben che minimo di scorso. Così, di punto in bianco.
«No, perché?» 
La ragazza, in quel preciso momento, non aveva per niente capito di cosa stesse parlando la madre, e di certo non credeva che fosse per il suo comportamento poiché non fece capire niente del suo precedente litigio, con strani atteggiamenti e cose del genere.
«Sicura?» ribatté la madre.
«Sì mamma, sicura.»
«Ho trovato una maglietta nuova, ancora con il cartellino, nella spazzatura.» mormorò, poi. '«Non credo ci sia finita da sola lì dentro.» continuò.
Era la maglietta che Andy comprò al centro con Hayley, una la comprò per questa, ed una la comprò per lei. E sì, fu lei a buttarla. 
«Ehm.. sì.» quasi balbettò la ragazza, abbastanza pensierosa come se per trovarsi una scusa più o meno convincente. 
«Allora? Cos'è successo?» riprese la madre.
Andy guardò la madre negli occhi, per poi spostare nuovamente lo sguardo, cosa che faceva continuamente durante la stessa conversazione.
«La comprai con una mia..» tossì. «Con una mia amica.» si ricompose. «Ma quando l'ho provata, non mi piaceva, ero pure nervosa, e l'ho buttata.» continuò mentendo.
«Sicura che sia andata proprio così, Ander?» insisté nuovamente la madre.
«Sì, mamma. Non preoccuparti.» disse la ragazza fingendo anche un lieve sorriso.
«E va bene. Se hai qualche problema, lo sai no?» 
«Sì, mamma, lo so.» sussurrò con stampato in faccia un sorriso. Un falso sorriso.
«Vado a dare un'occhiata alle altre pesti di là.» sorrise la madre alzandosi.
«Ok.» sussurrò Andy riprendendo il libro che stava leggendo.
La madre si avviò verso la porta, ed Andy cominciò a leggere silenziosamente qualche frase su una pagina presa a caso.
«Ah, e tra poco è pronto il pranzo.» le ricordò la madre.
In questo preciso istante si sentirono delle urla di litigio provenienti da qualche altra parte della casa.
«Scappo! Stanno litigando, di nuovo.» fece subito dopo la madre, aprendo la porta e definitivamente andando via.
Andy sospirò.
«Joseph!» sentì nuovamente la voce della madre, nonostante questa fosse ormai fuori dalla sua stanza.
Chiuse nuovamente il libro e fece un altro respiro profondo come sollievo. 
Non sapeva nemmeno lei come aveva fatto ad inventarsi quella futile scusa.

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Capitolo 8
*** We're the same color, maybe ***


Solo pochi giorni, esattamente cinque, ed Hayley avrebbe trascorso anche l'inizio di un nuovo anno lì ad Hamburg. Altri e nuovi cambiamenti, positivi e negativi; sempre la solita storia. Ma la speranza, come sempre, andava ad un anno migliore.
Il Natale, anche quello passato, lo trascorse dai nonni materni; Natale per lei era semplicemente quello, stare insieme alla famiglia, e quello era il po' di famiglia che le era rimasta. I nonni erano anziani, e ogni volta che lei si recava lì, le veniva proposto di rimanere con loro, accadeva sempre. Ma ad Hayley piaceva, o meglio, le stava bene stare da sola; come abituata.
Con Andy la situazione era sempre la stessa, si sarebbero riviste a scuola l'anno prossimo ormai. Avrebbe tanto voluto passare qualche giorno con lei in quel periodo; le mancava.
Hayley, in quel tardo pomeriggio, si trovava ad un passo dal locale dove lavorava, e aveva fatto un po' di spesa ad un supermercato economico. Le due buste che aveva in mano erano più pesanti del previsto. Camminava quasi attaccata al muro dando un'occhiata alle vetrine; stava tornando a casa.
«Hayley! E tu che ci fai qui?»
La ragazza si voltò, guardò il marciapiede opposto, e vide Tom che stava con dei ragazzi, dei suoi amici presuppose. La felpa oversize non gli mancava mai, come i jeans d'altronde, s'intravedeva anche da sotto il giubbotto, e aveva anche un cappello che gli copriva la fronte.
«Hey Tom.» mormorò la ragazza, mentre lui attraversava la strada per raggiungerla.
«Che ci fai qui?» domandò.
«Ancora Tom? Ormai ci vivo, fattene una ragione.» rispose.
Comparve una strana smorfia sul volto del ragazzo, alla quale Hayley sorrise.
«Allora, che mi dici misshosemprelarispostapronta? Come hai passato il Natale?» continuò Tom.
«Bene, sono stata con la mia famiglia.» sorrise. «E tu?»
«Benissimo.» affermò.
«Ok, io vado allora.» continuò Hayley.
«Dove vai, scusa? Con queste buste.. ti do un passaggio.»
«No, ma non preoccuparti, Tom. Grazie lo stesso!» sorrise.
«Ma sta zitta.» mormorò il ragazzo prendendole da mano le buste della spesa, decisamente con più facilità di lei. «Vieni.» continuò.
«Se proprio insisti.» mormorò sorridendogli, e seguendolo attraversando la strada. La macchina era proprio dove Tom precedentemente stava parlando con quei ragazzi.
«Hey ragazzi, io vado!» esclamò Tom verso gli amici.
«E lei chi è?» chiese uno di questi, mentre Tom posava le buste nella macchina ed Hayley ci saliva.
«Hm.. un’amica.» rispose lui sorridendo.
«Sì, un’amica!» esclamò un altro.
«Ciao!» esclamò Tom aprendo lo sportello ed entrando definitivamente all'interno della macchina.
Fece per suonare il clacson, per poi sfrecciare via.
«Non ti resta che ricordarmi dove abiti.» disse Tom.
«E se non volessi?» scherzò lei. «Hm, la memoria ti va a puttane.»
«Capirei che casa mia ti ha colpito più del previsto.» rispose. 
«Diciamo che, non hai capito allora.»
«Quindi, vuoi andare a mangiare qualcosa?» chiese poi.
«Tom, stavo scherzando.»
«Rispondi sempre così solitamente?» 
«Diciamo la maggior parte delle volte.»
«Lo stai rifacendo.»
«Allora prova a cambiare argomento, no?»
«Che fatica, porca miseria!» esclamò. «Ora ti porto a mangiare in un posto, punto.»
«Ma..»
«Ma niente.» bloccandola. 
«Ma, ma almeno si mangia bene?» rispose la ragazza. «Era questa la domanda.»
Tom con le mani sul volante si voltò verso quest'ultima e sorrise, mentre lei invece, guardava volontariamente ancora la strada.
 
Tom decise di portare Hayley in un pub di sua conoscenza che faceva panini buonissimi, a dir poco.
Si sederono su due sgabelli che portavano il tavolo rialzato. Tom si tolse il giubbotto appoggiandolo allo schienale dello sgabello, mentre Hayley fece a meno di toglierselo anche se nel pub vi era azionata l'aria che riscaldava.
«Oh oh oh, guarda chi si rivede!» esclamò un signore abbastanza grasso con addosso il grembiule verde con scrittovi su il nome del pub, dando una pacca sulla spalla a Tom.
«Frederick!» esclamò questo.
«Come stai, figliolo?» domandò il signore.
«Benissimo, e tu?» 
«Si va avanti.» rispose. «Tuo padre, sta lavorando?» 
«Sì, certo.» mormorò Tom.
«E lei? Chi è, la tua nuova ragazza?» domandò il signore guardando per un attimo Hayley.
Hayley che stava ascoltando la conversazione tra i due, tossì sorridendo.
«No, è un’amica.» sorrise Tom spostando lo sguardo da Hayley a Frederick.
«Ah, ho capito.» annuì questo.
«Piacere sono Hayley.» introdusse la ragazza porgendo la mano a quest'ultimo.
«Piacere mio!» esclamò. «Cosa posso servirvi?»
«A me un panino con wurstel e patatine, signor Frederick.» mormorò gentilmente la ragazza.
«Chiamatemi solo Frederick, bellezza.»
«Oh, ma ci stai provando?!» esclamò Tom verso quest'ultimo, facendo ridere entrambi. «A me il solito.» continuò una volta finiti di ridere.
«Il solito per Tom, e un panino wurstel e patatine per la ragazza!» urlò Frederick al ragazzo dietro al bancone, che sembrava un giocoliere con le piastre per i panini. «Arrivano.» sussurrò subito dopo andando via, verso altra gente appena entrata.
Il verde e l'arancione che coloravano le pareti attiravano lo sguardo di Hayley.
«Cosa guardi?» le domandò Tom.
«Niente, mi piace.» rispose.
«Quindi ho scelto bene.»
«A quanto pare sì.» mormorò lei.
Proprio a quel punto si ritrovarono davanti i due panini che avevano chiesto, tra l'altro erano enormi e colmi rispettivamente di cose diverse, e soprattutto di patatine. Aspettarono un po' in modo da farli freddare, e poi cominciarono a mangiare.
«Buono.» mormorò Hayley dando un primo morso al panino.
«Ci credo, è il pub più importante della città.» rispose Tom, dando anche lui un primo morso.
«Sono di vostro gradimento?» vi si avvicinò nuovamente Frederick.
«Di più.» mormorò la ragazza.
«Io adoro questa ragazza!» esclamò Frederick, facendola sorridere e voltandosi anche verso Tom. «Il lavoro mi chiama.» continuò andando via verso un gruppo di ragazzini appena entrati.
Hayley lasciò una parte del panino proprio perché erano grandissimi, e Tom lo stesso. Quest'ultimo prese il giubbotto che inizialmente si era tolto, e stavano quasi per andare via.
«Tom, dobbiamo ancora pagare.» disse la ragazza.
«No, non preoccuparti.» mormorò lui.
«E per quale motivo, scusa?»
«E' amico di famiglia Frederick.» rispose. «Vieni, non preoccuparti.» continuò.
«Ah.. va bene.» quasi balbettò. «Salutiamolo almeno.»
«Hey Frederick, noi andiamo via!» esclamò Tom alzando una mano per salutarlo visto che davanti a loro c'era molta gente.
«Buona sera, Frederick!» fece lo stesso la ragazza.
«Alla prossima!» esclamò quello.
Entrati nuovamente in macchina, notarono che il freddo era aumentato, ed anche di parecchio.
«Mi dici che ore sono, Tom?» gli chiese Hayley.
Tom guardò quella specie di bussola che aveva al polso.
«Sono quasi le nove.»
«Merda. Devo andare a lavoro.»
«Perché? Anche in questi giorni fanno lavorare?»
«Io lavoro in un locale, quindi sì. Però noi ragazze siamo divise in turni, ed oggi e domani saranno le mie ultime due sere.»
«E ok, ti accompagno io, non c'è problema. Al Niken's giusto?»
«Mi stai salvando, Tom.»
«Non mi suona nuova questa cosa.» mormorò. «Ma tanto a che ora dovresti iniziare?»
«Alle nove.»
Tom mise in moto, e si voltò.
«E allora? Di che ti preoccupi, se ti accompagno io arrivi anche in anticipo.»
 
In effetti quella sera, Hayley era arrivata puntuale. 
Le buste della spesa se l'era portate con sé e le aveva posate in quella specie di camerino dove tutte le ragazze che lavoravano lì usavano per posare le loro cose per non occupare spazio dietro i banconi.
Quella sera Andy non era di turno, ma lo sarebbe stata il giorno dopo.
Cominciò normalmente a servire bibite com'era suo solito, come facevano anche tutte le altre ragazze.
Aveva passato una bella giornata con Tom. All'inizio pensava che non avrebbe nemmeno potuto scambiare più di due parole con lui, e invece ci aveva girato in macchina e c'era andata a mangiare anche un panino.
Forse non era come pensava, forse si era semplicemente sbagliata; Tom in effetti, sostanzialmente, era una questione di apparenza. Dall'inizio; quell'inizio che non c'era mai stato.
Tutti noi siamo come i colori, esistono tinte e tonalità sempre diverse l'una dall'altra, mentre Tom, Tom era un colore scuro; sempre scuro e mai chiaro. 
Tom non era trasparente; come.. come lo era anche lei dopo tutto.

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Capitolo 9
*** Maybe it's not too late ***


Detto fatto, Hayley quella mattina camminava su quel ponte. Non sapeva spiegarsi il perché ma sembrava avere qualcosa di speciale. 
L'unica cosa che sembrava rimanere sempre la stessa era il freddo, o forse sì, cambiava, ma in peggio; sembrava, infatti, aumentare ogni minuto che passava.
Stavolta, i jeans che portava erano chiari, il giubbotto era sempre lo stesso e anche la sciarpa, e inoltre, aveva i suoi adorati stivali, che adorava perché erano caldi, caldissimi. I suoi lunghi capelli neri erano accompagnati da un cappellino grigio che scendeva su un solo lato, ed erano spesso mossi dal forte vento.
Una mano era nella tasca del giubbotto mentre l'altra sempre poggiata sul bordo del ponte, ed era voltata dalla parte dove c'era quel parco, dove già in precedenza si era ripromessa di passare e dare un'occhiata.
Camminava ancora attirata da chi sa che cosa mentre si aggiustava anche la sciarpa.
«Guarda casualmente chi si rivede.»
La voce proveniva da dietro di lei, e senza voltarsi, ne riconobbe la voce; si voltò.
«Tom Kaulitz.» mormorò quest'ultima ancora camminando, camminava all'indietro mettendo anche l'altra mano in una delle tasche vuote del giubbotto.
Tom era abbastanza lontano da Hayley, e camminava col cappuccio grigio della solita felpa oversize in testa, che come al solito s'intravedeva da sotto il giubbotto nero che portava, e aveva le mani all'interno delle tasche dei pantaloni; anch'essi, come sempre, larghi. I cornwors non si vedevano appoggiati su quel giubbotto proprio perché erano dello stesso colore. Il suo camminare sempre lo stesso.
«Hayley. Hayley.. Hayley?» fece il ragazzo anche un po' confuso raggiungendo la ragazza alla sua destra.
«Maier, Hayley Maier.» mormorò lei finalmente voltandosi.
«Ti ho vista da sotto, lì dal parco.»
«Tu? Nel parco? Tu non sei il tipo da passeggiata nel parco, Tom.» sussurrò anche stranita.
«Ero con un amico di vecchia data. E comunque sì, non mi piace il parco.»
«E perché?»
«Non c'è un motivo. Non mi piace e basta.» affermò lui senza trovare alcun altro tipo di spiegazione.
A questo punto Hayley si fermò, e Tom vedendola fece lo stesso. La ragazza sfilò le mani dalle tasche del giubbotto e si poggiò con entrambe le mani sul bordo del ponte, guardò il parco voltandosi, si girò nuovamente verso Tom e sorrise. L'intenzione era palesemente quella di portarlo di sotto, nel parco.
«No.» disse quest'ultimo.
«Guarda che non ho ancora detto niente.»
«Credi davvero che sia così rincoglionito?»
«Ora non più.» mormorò la ragazza. «Sta zitto e vieni con me.» continuò avviandosi correndo all'uscita del ponte; verso le scale.
Mentre correva sentiva il ponte scivoloso, e infatti, dopo poco cadde; prima solo con il sedere, per poi stendersi con tutto il corpo in terra. Quella sua caduta scaturì la risata silenziosa di tutta la gente che era sul ponte, e gli occhi erano tutti rivolti verso di lei.
«Hayley!» esclamò Tom che era rimasto fermo, ma che poi vedendola cadere preoccupato le si avvicinò correndo.
Una volta avvicinatosi capì senza chinarsi che non si era fatta niente, anche perché la ragazza non si era distesa a terra per il dolore, ma per ridere.
«Che fai lì impalato?! Dammi una mano, no?!» esclamò ancora ridente.
«Strano, la prima volta se non sbaglio rifiutasti il mio aiuto. Ricordi?» mormorò. «Ora, aiutati da sola.» continuò.
«Stronzo.» sussurrò la ragazza.
Quest'ultima ancora da terra si aggrappò prima ai pantaloni di Tom per poi arrivargli alle mani; solo così riuscì ad alzarsi e quindi a ritornare in piedi.
A quel punto la distanza tra il viso di Tom e quello di Hayley era minima.
«Tu sei matta. Ci stanno guardando tutti.» mormorò il ragazzo a bassa voce.
Si guardavano, e gli sguardi dagli occhi cadevano anche sulle labbra, e questo valeva per entrambi. Hayley si avvicinò ancora di più a Tom, verso le labbra, ma l'intenzione non era di baciarlo, ma poteva essere definita una leggera provocazione da parte sua; al contrario, portò le sue labbra verso l'orecchio del ragazzo.
«Non c'è bisogno che sia tu a dirmelo.» gli sussurrò ancora più silenziosamente di quanto lo fece lui.
A questo punto Hayley si allontanò nuovamente da Tom, sempre verso l'uscita.
«Dai, vieni!» mormorò poi.
Quest'ultima guardava un po' qua e un po' là aspettando Tom che si decidesse a raggiungerla, per poi aggiustarsi il cappello.
«Che palle che sei, oh!» esclamò la ragazza riavvicinandosi a Tom per poi tirarlo con il braccio verso l'uscita.
«Però.» disse quest'ultimo.
«Cosa però?»
«E non chiedermi sempre spiegazioni, cazzo.»
«Hai ragione, scusa.» mormorò lei. «Dimentico che non sei in grado nemmeno di darla, una spiegazione.»
 
Quella sarebbe stata l'ultima sera lavorativa per Hayley.
Arrivò puntuale e quella sera, lì con lei dietro al bancone, ci sarebbe stata anche Andy.
Riappacificarsi con Andy era tra i suoi desideri prima di chiudere quell'anno, ma sicuramente non in quelli di quest'ultima, visti già i suoi comportamenti. 
Ci pensò spesso quella giornata, e aveva deciso che almeno avrebbe voluto darle gli auguri di un buon anno nuovo visto che sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero viste quell'anno.
Chi sa per quale motivo, ma il locale quella sera era più pieno del solito.
Hayley era già dietro al bancone, mentre Andy ancora doveva arrivare, ma lo fece dopo giusto qualche attimo. Si dispose anche lei dietro al bancone e serviva bibite in un modo più che veloce.
«Hayley.»
Era seduto davanti a lei, su uno di quei sgabelli.
«Hey Tom, come va?»
«Bene, e tu?»
«Il solito.» mormorò. «Che ci fai qui?»
La conversazione, ovviamente, si manteneva su un tono di voce abbastanza alto, causato dall'enorme confusione della musica e la tanta gente.
«Passavo, e poi volevo chiederti una cosa.» disse aggiustandosi il cappello. Stavolta parliamo di un capello hip-hop, e aveva il logo NY sopra.
Il piercing che aveva questa volta era argento, e vizio di Tom era il continuo stringersi le labbra mentre parlava; quella, era la cosa che più in assoluto, le piaceva in quel ragazzo.
«Dimmi tutto.» disse la ragazza mentre serviva bibite continuamente.
«In pratica, l'ultimo dell'anno, c'è una festa a cui mi hanno invitato.»
«Oh, e di cosa ti lamenti?»
«Ma di niente.» mormorò. «Il fatto è che ne ho due di inviti.»
«E scusa non c'è nessuno che..» si bloccò. «Un momento. Lo stai chiedendo a me?»
«Tu che dici?»
«Tom.. io.. non lo so.»
«Non fa niente, se.. non c'è problema.» mormorò il ragazzo. 
«Tom.» sussurrò lei. «Guarda che mica ho detto no.» sorrise.
«Lo sapevo.» disse lui.
«Cosa sapevi?»
«Che avresti detto sì.» mormorò. 
«Tu sei troppo convinto.» disse lei. «Ti stavo quasi per dire no e ti sei incazzato. Figurati se t'avrei dato un no secco.»
Il ragazzo la guardò sorridendo, mentre lei lo guardò per un solo secondo per poi ritornare al suo lavoro. Solo appena il ragazzo spostò lo sguardo sorrise.
«Ti sto incasinando tutto.» mormorò poi ridendo. 
Hayley percepì che Tom stava quasi per andar via.
«Ragazze vado un secondo in bagno.» quasi urlò la ragazza verso le altre due che erano con lei dietro al bancone, ossia Andy, ed Emily.
Andy ovviamente non fece cenno, mentre Emily fece un cenno con la testa annuendo.
«Vieni con me.» sussurrò al ragazzo.
La ragazza s'incamminò da dietro al bancone, e il ragazzo la seguiva davanti.
«Dove pensi di andare?» le chiese quest'ultimo.
«Non lo so.» mormorò lei una volta trovatosi tra la gente che si muoveva ballando al centro della pista.
«Ho un'idea migliore.»
Tom prese la ragazza per il polso e la stava portando sicuramente da un'altra parte del locale. Ben presto, si ritrovarono all'entrata principale di questo; lateralmente. 
Hayley come prima cosa che notò appena uscita, fu la macchina di Tom, che era parcheggiata precisamente in parallela all'entrata del locale.
«Ora va meglio.» mormorò lei. «Non ci sento più.»
«Allora, mi dai il tuo numero?» sussurrò il ragazzo prendendo il cellulare dalla tasca. 
«Sì.» rispose facendo anche lei lo stesso. «Beh, bel telefono.» continuò sorridendo. 
Quello di Hayley era sicuramente un telefono dal costo nettamente minore, ma non le erano mai piaciuti i telefoni, o meglio per lei, perché non sarebbe mai riuscita a curarli più di tanto. Quello di Tom, invece, era paragonabile ad un notebook.
Quest'ultima gli prese il telefono da mano e gli diede il suo. 
«Almeno cambiamo le schede.»
«Perché?»
«Scusa perché, non lo vuoi?»
«Tom, fai sul serio?» disse. «No, che non lo voglio.» mormorò. «Voglio solo scriverti il mio numero.»
«Ah, ok.»
«Ora sorridi!» esclamò la ragazza. 
Tom fece una delle sue smorfie e la ragazza scattò immediatamente la foto perdendosi in una risata di cui non era definibile il tempo. A questo punto Hayley si voltò un attimo verso la strada, ancora ridente. E solo a quel punto vide Katrina. Lì, davanti a lei che stava quasi per entrare con le sue amiche all'interno del locale. I tre sguardi e in particolare quello di Katrina, la squadrarono e sicuramente non amichevolmente; come solito. Il motivo? Beh, Tom
Subito dopo anche il ragazzo fece lo stesso con lei.
Tom puntò il telefono verso la ragazza per scattarle una foto, e questa fece anche lei una smorfia gonfiando le guance; e in questo momento fu Tom a ridere.
Katrina e le sue amiche erano ormai entrate, e chi sa quali film mentali si erano già fatte.
«Tom, ora devo andare.» mormorò questa.
«Va bene, ci vediamo.» rispose lui quasi incamminandosi.
La ragazza fece lo stesso però al contrario, stava rientrando all'interno del locale.
«Tom!» esclamò la ragazza voltandosi.
«Che c'è?»
Sorrise.
«I telefoni.»

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Capitolo 10
*** ''You're beautiful'' ***


Quella mattina faceva notevolmente freddo, ed Hayley era ancora avvolta nel piumino color panna che la riscaldava.
Voleva alzarsi, e magari prendere del latte caldo, ma era di uno stanco pazzesco.
D'un tratto sentì la vibrazione del suo telefono sul comodino, lo prese, e si alzò solo con la schiena; non lesse nemmeno il nome e rispose.
«Pronto?» disse, per poi tossire.
«Hayley, sono Tom.»
«Ah, ciao Tom.»
«Ma che fai, dormi ancora?»
«Hm, sì. Ieri il locale ha chiuso più tardi del solito, sono distrutta.» spiegò. «Ma perché, che ore sono?»
«Quasi mezzo giorno.»
«Cazzo.» mormorò ma senza muoversi comunque.
«Vengo a prenderti alle nove, stasera.»
«..e perché?»
«La festa. Ieri te ne ho parlato.»
«Ah sì, sì.»
«E sarebbe la mia la memoria che va a puttane?»
Sorrise. «A che ora hai detto che vieni?»
«Alle nove.»
«Va bene.»
«Allora a stasera.» la salutò.
«A stasera.»
La chiamata terminò in quel preciso istante, e sbadigliò.
Fece per fare mente locale, e si alzò. Poggiò i piedi a terra irrigidendosi maggiormente dal freddo. Prese poi delle pantofole, e si diresse in cucina. Si sedette, e guardò l'orologio; erano esattamente le 12.11. Sciolse la coda che le reggeva i lunghi capelli neri, e scosse un po' la testa facendo sì che gli stessi scendessero sulle spalle. Non pensava a niente, stranamente. Guardava un punto indefinito davanti a sé con le labbra leggermente aperte e gli occhi che esprimevano ancora il desiderio di chiudersi.
Quella sera
Ora un pensiero le venne alla mente. 
Il termine di un anno.
Se ne aggiunse ancora uno.
La sua unica speranza andava ad un anno migliore, diverso da quelli che aveva già vissuto; quegli anni, dove la vita non l'era stata per niente gentile.
 
Un'ora. Mancava solo un'ora, e si sarebbe trovata Tom sotto casa.
Essendosi svegliata più tardi, la giornata passò più in fretta del solito, e quel momento era decisamente critico; stava decidendo cosa mettersi.
Dopo essere uscita dalla doccia, ed essersi cosparsa il corpo, il viso e le mani delle sue creme preferite, aveva provato minimo quattro completi; ma nessuno la convinceva.
Teneva a vestirsi bene, ma soprattutto teneva a vestirsi adeguatamente. 
Era una festa, cazzo. 
Si avvicinò nuovamente all'armadio e scavò ancora un po' tra i vestiti.
Si ritrovò tra le mani un jeans che non ricordava nemmeno, e che le appariva strettissimo. Non esitò e lo provò. Si avvicinò allo specchio, e come aveva pensato, veniva ben stretto. 
I tacchi. Avrebbe dovuto metterli. Aveva poche scarpe alte, perché in ben poche occasioni le mise. Al color scuro di quel jeans, abbinò un paio di stivaletti che venivano a chiudersi giusto alla caviglia, di uno spaventoso bianco.
Ora toccava alla maglia. Ritornò all'armadio, e cominciò a scavare; giurò che ci sarebbe voluta tutta una giornata per riordinare tutto quel casino.
Infine, scelse una canotta grigia disegnatoci su qualche disegno sul bianco. Sopra a questa avrebbe poi abbinato un caldo giubbotto bianco, con le sue adorate tasche laterali.
Ora toccava ai capelli. Li aveva ancora bagnati, e mentre correva in bagno, tolse le scarpe, per poi raggiungerlo definitivamente. Si posizionò bene davanti allo specchio, e inserì la spina del fono nella presa della corrente, e velocemente, per quanto potesse essere veloce vista la lunghezza dei capelli, li asciugò. Appena finì con il fono, attaccò la piastra per lisciarli. Mentre aspettava che la piastra si riscaldasse, cominciò a truccarsi, soffermandosi maggiormente sugli occhi. Finito ciò, riprese con i capelli, e con la piastra ormai bollente, cominciò a lisciarli. Successivamente, aggiustò il ciuffo, per poi stirare anche quello. 
Tirò la spina, e prima di ritornare nella stanza, passò per la cucina per controllare l'orario; erano le nove meno dieci.
Ora si trovava nella stanza, seduta sul letto per infilare nuovamente le scarpe. Infilata la scarpa destra, squillò il cellulare. Che non a caso, era sul comodino.. dall'altra parte della stanza.
«Cazzo.» mormorò.
Fece il giro del letto e prese il cellulare; tutto, sempre con una scarpa.
«Pronto?»
«Io sì che sono pronto. Tu sei pronta?»
La voce di Tom era come sempre, come dire.. convinta?
«Sì, pronta.» mormorò la ragazza, ritornando a infilare l'altra scarpa. 
«Dammi un minuto.» disse poi, salutandola.
«Va bene.» fece attaccando.
Si alzò dal letto e si diresse ancora una volta allo specchio, allungò la mano verso l'armadio e infilò anche il giubbotto. Lo chiuse per bene e spostò i capelli in avanti aggiustandosi nuovamente il ciuffo.
Ok, ora era veramente pronta. 
Prese il cellulare e lo infilò in borsa.
Dopo pochi minuti quest'ultimo squillò nuovamente, era ovviamente Tom, e rispose.
«Sono giù.» disse quest'ultimo.
«Arrivo.» attaccò.
Prese le chiavi, infilò anche quelle in borsa, e prima di uscire si diresse ancora una volta, l'ultima, allo specchio. Aggiustò ancora i capelli e si controllò in generale. Corse alla porta attenta a non cadere e uscì definitivamente.
In men che non si dica si ritrovò al cancello del quartiere, dove vide splendere il bianco dell'Audi di Tom.
Quando chiuse poi il cancello, si ripeté che era solo una festa e che non c'era motivo di essere agitata.
I vetri della macchina di Tom erano oscurati ed Hayley non riusciva a vederlo. Aprì poi la portiera della macchina, e velocemente entrò; si sedette e poggiò la borsa sulle gambe.
«Ciao, Tom!» mormorò lei sorridendolo.
«Come va?» fece lui ricambiandole il sorriso, e mettendo in moto.
«Hm, bene. E tu?» rispose.
«Sto sempre bene, io.» sorrise. «Andiamo.» finalmente accellerando.
Erano per strada, ora.
«Ci vuole ancora molto?» fece Hayley annullando il silenzio che c'era.
«No, siamo quasi arrivati.» le rispose.
 
La festa stava andando benissimo, la musica era alta e sia Tom che la stessa Hayley si stavano divertendo.
Ad un punto incerto della serata, Tom la portò fuori; nel giardino.
La mezzanotte sarebbe scoccata dopo poco meno di dieci minuti.
«Ti stai divertendo?» le chiese Tom. 
Hayley ebbe la netta sensazione che Tom avrebbe dovuto dirle quant'altro, invece di quel semplice 'ti stai divertendo'. 
«Sì, è tutto fantastico! E questo genere di feste mi piacciono particolarmente.» rispose. «E tu invece, Tom?» guardandolo. «Ti vedo un po'..»
«Hayley.» la bloccò. «Vedi, tu..» era stranamente confuso. «Sei bellissima.»
Non poteva aver udito davvero quelle parole la ragazza.
Tom non avrebbe mai potuto pronunciare quelle parole - che dalla sua bocca sembravano quasi sbagliate - ad una ragazza. Figuriamoci se la ragazza in questione fosse proprio lei, Hayley.
Sembrava un bambino che aveva pronunciato la prima parola, e lei ne era rimasta.
«Come?» provò a far finta di non aver capito. Magari non aveva capito sul serio.
«Sei bellissima.»
Questa volta all’apparente confusione di Tom, s'aggiunge come un senso di indietreggiamento mentale nella frase stessa.
Hayley continuava a guardarlo.
«No, un momento.» mormorò incrociandolo continuamente nello sguardo. «Sembrava quasi il contrario. Da quando sei venuto a prendermi fino a pochi minuti fa..»
«No.» la bloccò nuovamente. «Non voglio che pensi questo.»
«Ma allora..?»
«Non so che mi è preso.» facendo anche qualche gesto. «Il punto è che avrei voluto e avrei dovuto dirtelo fin dall'inizio, da quando sei entrata in macchina, ma..»
«Perché non l'hai fatto, Tom?»
«Non lo so.» mormorò come rimproverandosi del fatto che non l'avesse detto prima. «Tu non sei come tutte le altre, non è così?»
«Io non sono una puttana, sì.» rispose. 
«Tu..»
«Sì, Tom. Io non sono come tutte le altre.»
Ora lo sguardo di Tom cominciava ad essere più deciso, non era più il Tom di pochi istanti prima.
La ragazza lo guardò.
«Ci stai provando?» mormorò lei.
«Tu che dici?»
Hayley continuava a guardarlo, in quel nocciola che la stava decisamente ipnotizzando. 
Mentre Tom sembrava avvicinarsi, quella ad andare in un'immensa confusione fu proprio lei.
Man mano tra i due si riduceva la distanza; ogni secondo che passava.
Lui le spostò i capelli dal viso, mentre continuavano a guardarsi sempre più intensamente. I loro occhi erano attaccati, e lo sguardo di entrambi sembrava non essere interessato più a nient'altro nonostante la mezzanotte si stesse avvicinando. 
Delle calamite, i loro occhi.
Ben presto, Hayley si ritrovò tra le braccia di Tom che con le mani la teneva per la vita.
Le braccia della ragazza erano invece legate al collo del ragazzo, che sembrava apprezzare il gesto.
Il tutto, mentre le loro bocche erano perse in un intenso bacio, voluto da entrambi.
Hayley era al sicuro. Ora sì che lo era.
Le loro bocche, e le loro lingue andavano all'unisono.
Faceva freddo, freddissimo e le labbra gelide - di entrambi pochi secondi prima - diventarono calde sotto quella mezza luna che era proprio sopra di loro; alla loro destra. 
Ben presto, quest'ultima venne ricoperta da fuochi d'artificio. E furono solo questi, a farli staccare per un attimo.
«Hm. Baci bene.» mormorò Tom una volta staccatosi da quelle belle labbra che avrebbe voluto ancora.
La ragazza riuscì a risponderlo solo con una leggera spinta, cosa non da lei. Ma era in piena confusione.
Tornarono ad abbracciarsi, e le braccia di Tom la tenevano sicura, mentre il volto lo teneva appoggiato sul petto di quest'ultimo.
Quella notte qualcosa cambiò.. per entrambi.

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Capitolo 11
*** An us ***


Il rapporto che aveva ora con Tom, era decisamente più sereno.
Hayley e lui si sentivano tutti i giorni, e Tom la faceva sentire come se fosse un posto che lui stesso aveva appena scoperto.
E quel 'piccola'. Quello sì, che la faceva seriamente impazzire.
Non sapeva cosa fosse esattamente Tom, ma lo stava scoprendo.
Il suo cuore sembrava le stesse sussurrando frasi del tipo 'Sono pronto ad amare di nuovo. Ne ho bisogno'.
La sua anima gelida sembrava stesse cominciando a sciogliersi con il calore dei baci, degli abbracci, e degli occhi di quel Tom che con lei era nettamente diverso da quello che lui stesso mostrava agli altri.
L'abbracciava, la baciava, la sentiva sua, stretta. E questo tutti i giorni.
I giorni che passavano, e che man mano, forse, avrebbero fatto risvegliare quei due cuori ormai messi lì, nel petto, giusto perché dovevano restarci.
Lei, non l'avrebbe mai pensato.
Quel ragazzo che la infastidiva in un modo assurdo. 
Quel ragazzo con cui un inizio, non c'era mai stato. 
E come fu bella quella mezzanotte. La ricordava benissimo, nonostante fosse passata una settimana e qualche giorno. Era un momento che le riappariva nella mente, così bene.
«Sei bellissima»
Nessun altro gliel'aveva mai detto, in un modo così.. vero. Così vero al punto di pensare di aver fatto uno sbaglio a dirlo.
Adorava, amava stare nelle sue braccia. Come una bambina ama giocare con la sua barbie preferita.
Il suo sorriso, poi? Se solo avrebbe potuto, avrebbe fermato il tempo per rimanere a guardarlo per un tempo più lungo. Soprattutto, quando ne era lei la causa.
Erano le quattro, quella notte.
Hayley non riusciva a dormire, e il nome di Tom le offuscava la mente, e gli occhi. Ed ogni tanto li strizzava.
Si girava, cambiava posizione, ma l'unica cosa che cambiava erano le lancette dell'orologio che sembravano far un rumore più chiaro del solito.
Tom la stava prendendo, seriamente.
La mattina dopo, si sarebbero visti. 
O almeno sperava.
In qualunque posto, in qualunque momento, basta che stessero insieme.
 
Tom quella mattina si alzò normalmente, e fece colazione, ma solo con un bicchiere di latte.
Fece tutto abbastanza velocemente. E lo stesso fece per vestirsi. 
Il cappello con il logo NY cambiava solamente per il colore.
La sua piccola. Aperto il garage se la ritrovò davanti. 
Lei sì che sarebbe stata per sempre, o almeno fino a quando non sarebbe uscito un nuovo modello più affascinante.
La sua Audi.
Era un fissato di macchine, e fu suo padre a comprargliela.
Si diresse all'interno, e subito mettendo in moto sfrecciò verso la strada.
Hayley.
Cos'era? O cosa stava diventando?
Nessuna risposta, ma era da lei che era diretto.
Giusto pochi minuti e si ritrovò sotto casa della ragazza.
Maier. Bussò.
«Chi è?»
«Piccola.» mormorò Tom.
«Scendo.» rispose.
Tom raggiunse nuovamente la macchina e l'aspettò lì. Nel frattempo pensava a dove l'avrebbe potuta portare che le piacesse.
Poi, eccola. 
Tom riusciva a vederla dai finestrini, ed era bella. 
Indossava un semplice jeans, i soliti caldi stivali, questa volta grigi, una maglia abbastanza lunga, una sciarpa di un bel grigio, il giubbotto, e i suoi capelli così neri che lo facevano impazzire. Per non parlare di quel sorriso che aveva sempre stampato in faccia.
Aprì lo sportello, s'infilò nell'auto, e si sedette.
«Tom» mormorò felice di vederlo.
Una volta seduta del tutto si girò verso di lui e gli stampò un freddoloso bacio sulle labbra.
Ma il ragazzo sembrava averne bisogno, tipo droga.
«Come va?» il suo solito.
«Bene, bene, tu?» 
«Bene» rispose. «Dove vuoi che ti porti, piccola?» fece poi.
«Dove vuoi, però preferirei qualche posto al caldo, sto gelando.»
«Sono appena le undici, vogliamo andare a bere qualcosa? Che so, una cioccolata.»
«Come i vecchi tempi.» rise lei, spostandosi i capelli dietro l'orecchio.
Lui sorrise ancora guardandola, per poi mettere in moto, e andare via da lì.
Questa volta dovevano allontanarsi un po' di più, il posto non era proprio nei dintorni.
La ragazza accese la radio, e in un'emittente a caso stavano trasmettendo una canzone davvero carina. Stava provando a canticchiarla, e Tom la guardava ogni tanto distogliendo lo sguardo dalla strada, e con sorrisi nascosti.
Quando finalmente arrivarono, Tom parcheggiò l'auto nell'apposito parcheggio.
La ragazza aprì lo sportello, lui lo stesso, e una volta vicini, Tom le legò un braccio attorno al collo. 
I suoi capelli, e il suo profumo, erano di una bellezza inaudita.
Si sedettero al primo tavolino che videro libero, mentre gente entrava e usciva disinvolta.
«Buongiorno, benvenuti» esclamò il cameriere tirando fuori un blocchetto-note pronto per le ordinazioni. «Cosa posso servirvi?»
«Io prendo una cioccolata calda.» rispose Hayley guardando prima il cameriere e poi Tom, sorridendo.
«Lei?» riprese il biondino verso il ragazzo.
«Lo stesso.» mormorò Tom, con un sorriso nascosto.
Il ragazzo dai capelli chiarissimi posò il blocchetto senza averne fatto comunque uso, e si diresse via.
«Carino, qui.» mormorò la ragazza scaldandosi un po' le mani.
Una volta arrivate le due cioccolate, Hayley gli propose un argomento su cui discutere.
Prima diede il primo sorso, come lui. 
E poi..
«Tra qualche giorno inizia scuola.» mormorò.
«Sì, lo so.» rispose Tom.
«Come pensi la prenderanno gli altri?» fece Hayley dando un sorso ancora a quella cioccolata così calda.
«Come vuoi che la prendano?»
«Non lo so, tu sei conosciuto a scuola. E non credo che non succederà niente quando ti vedranno insieme alla.. ragazza nuova
«Perché t'interessa?»
«Perché sì, Tom.» esclamò, anche se al limite. «Io sono solo la ragazza appena arrivata, la ragazza nuova. Tu invece sei..» deglutì. «Tom Kaulitz
«Tom Kaulitz.» sorrise. «E' il mio cognome. E' per questo che mi conoscono tutti.» disse. «Sono il figlio dell'imprenditore più conosciuto di Hamburg.» continuò. «Tralasciando però la bellezza, lo stile, e.. la bellezza.»
«Tu non sei questo.» seria.
«Cosa intendi con, questo?»
«Una bella macchina, un grande appartamento, vestiti firmati e scarpe originali.»
«Ti sbagli. E' questo che sono.»
«No, non mi sbaglio.»
«E allora dimmi cos'è che vedi oltre le cose che mi hai appena elencato, cazzo.»
«Quando sei con me, sei diverso, Tom.»
«Perché con te non riesco ad avere la mia solita aria da spaccone, come con il resto delle persone.»
«E questo dà terribilmente fastidio!» esclamò. «Come credi mi sia sentita quando mi facesti cadere davanti a tutti durante il mio primo l'intervallo, in quella fottuta scuola?!»
«Quello fu un incidente.»
«No, Tom. Non lo fu.» mormorò. «E lo sappiamo sia io, che tu.»
«Io..»
«Finiamola, per favore.» disse. «E' che non voglio che questo noi, si possa distruggere così. Da un momento all'altro.»
«Sto provando a ricominciare da capo.» disse Tom. «Fidati, Hayley.»
«Ci sto già provando, Tom.»

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Capitolo 12
*** Thoroughly ***


«Non voglio già riaccompagnarti, piccola.» disse Tom.
«E non farlo.» lei rispose.
Era stato Tom a portarla lì, e lei non sapeva esattamente dove fossero. Sapeva solo che avevano una visuale stupenda da lì su, seduti su quel muretto. E la luna sembrava essere lì solo per loro. 
Il braccio di Tom era avvolto al collo di Hayley, mentre lei gli era appoggiata al petto, come suo solito.
Mentre Hayley si torturava le mani, Tom si aggiustò il cappello firmato NY con la mano sinistra. 
Tom stava diventando qualcosa di importante, di esageratamente importante.
Riusciva a farla sentire viva, ogni volta, semplicemente sfiorandola con una mano. Anche solo per spostarle i capelli prima di baciarla.
Con lui, ne era certa, era più al sicuro di quanto lo fosse mai stata.
A questo punto, il ragazzo rimosse il braccio con cui teneva stretta a se Hayley, e si chinò in avanti poggiandosi con i gomiti sulle ginocchia. Abbassò il capo, e si toccò la nuca con entrambe le mani.
«Hayley.» mormorò subito dopo. «Voglio che resti a casa mia, ‘sta notte.»
Aveva lo sguardo ancora fisso in avanti. 
«Puoi guardarmi mentre me lo dici, per favore?» obiettò calma Hayley.
Dopo pochi istanti il ragazzo ritornò con la schiena dritta, ma lo sguardo era continuo a guardare in avanti.
«Mi guardi, per favore?» 
Tentennò per un momento, il ragazzo.
«Guardami.» sussurrò lei.
Solo a questo suo sussurro, il ragazzo si voltò deciso.
«Mi spieghi perché fai così fatica a guardarmi, Tom?»
Ora Tom ritornò a chinarsi in avanti più deciso.
«Sei tu, Hayley.» mormorò. «Sono i tuoi occhi.» sembrava quasi arrabbiato.
Hayley lo ascoltava, come se le sue parole fossero note adatte alle sue orecchie, e che non aveva mai avuto il piacere di ascoltare.
«Non so cosa mi stai facendo.» disse. «Non riesco a stare senza la tua voce per più di due ore, non riesco a stare con te e non baciarti, senza toccarti e senza sentirti stretta a me.» continuò con lo sguardo fisso in avanti, e le mani sulle ginocchia. 
«Tom..»
«Non mi è mai successo, e non mi riconosco. Non sono io.» mormorò. «Sto perdendo la testa.»
Deglutì, la ragazza.
«Baciami, Tom.» sussurrò finalmente.. «..ora.» più decisa.
Il ragazzo scese lentamente dal muretto, e lo stesso fece Hayley.
Tom non perse tempo, e si posizionò davanti alla ragazza.
Negli occhi di quest'ultima, fuoco.
Come se ne fosse dipendente, Tom cominciò a baciarla, tenendola per i fianchi. Mentre Hayley gli teneva le mani attorno al collo.
Le loro bocche sembravano essere fatte per baciarsi, e per rimanere così per un tempo indefinito. Come due pezzi di puzzle, s'incastravano benissimo l'uno, con l'altro.
«Ti ho trovato, Tom.» disse la ragazza una volta staccatasi da quelle labbra che la desideravano sempre di più. Ogni attimo che passava.
Hayley spostò le braccia dal collo, e lo abbracciò. Tom fece lo stesso, stringendola a se.
Appoggiatogli sul petto, gli occhi della ragazza si chiusero. 
Mentre Tom la stringeva, come mai nessuna.
 
Il collo di Hayley era sempre più caldo, come la bocca di Tom che lo stava consumando.
Erano passati solo pochi istanti dall'aver varcato la porta dell'appartamento di quest'ultimo, ed erano già in stretto contatto l'uno con l'altro.
Tom cominciò a toglierle il giubbotto bianco appoggiandolo chi sa su quale mobile che occupava quell'immenso salone del suo appartamento, e lo stesso fece con il suo.
Hayley, come Tom, sapeva quello che faceva.
Mentre continuavano a baciarsi si diressero pian piano verso la camera da letto. Quel letto che Hayley, aveva già conosciuto in passato; in una situazione completamente diversa. Dove quel noi sembrava davvero.. non impossibile, perché niente è impossibile, ma qualcosa che si avvicinava al termine.
Ancora in piedi davanti al letto, con le bocche attaccate, la ragazza si tolse la sciarpa e la fece cadere sul pavimento, per poi fare lo stesso col cappello del ragazzo. Fatto ciò, avvicinò le sue mani alla cerniera della felpa nera che Tom indossava, e cominciò a tirarla giù, fino a toglierla. Sotto, gli rimaneva una canottiera di un bianco brillante. Non ci pensò due volte, e mentre Tom passava dalla sua bocca al collo, gliela tolse.
Il suo petto, era ormai nudo, e le mani di Hayley gli accarezzavano fortemente quelle forti spalle fino ad arrivare al bacino; con le unghie sembrava farlo rabbrividire ogni tanto.
Ora Tom sembrava quasi cominciar a far sul serio. 
Questo si staccò per un istante da quella bocca che stava amando con sempre più foga, e con le mani le tolse la maglietta, e la restante canottiera che anche la ragazza indossava. 
Tom la stringeva ora, ancora di più. La voleva.
La ragazza che continuava ad accarezzargli la schiena, portò le mani in avanti, verso l'apertura dei jeans scuri di Tom. Dopo aver litigato per qualche secondo con il bottone di questi, riuscì a sbottonarli, e tirata giù anche la zip sentì il piacere di Tom vivo.
Quest'ultimo visto il gesto della ragazza, ricambiò facendo lo stesso. E ben presto jeans e scarpe di entrambi, si persero in un indeterminato punto del pavimento.
Tom era rimasto in boxer, erano neri, e quando si strinsero per un'ulteriore volta, Hayley sentì il membro di Tom eccitato.
Cominciarono a baciarsi con sempre più foga, ancora.
Ora, Tom la prese per entrambe le gambe e la portò con queste divaricate sul letto, e lui si mise sopra continuando a torturarle le labbra.
Dopo pochi istanti fu il ragazzo a trovarsi sotto, e cominciò a toccarle la schiena per poi trovare il gancio del reggiseno che ben presto non ci fu più.
Tutto succedeva nella più completa oscurità. Sembrava quasi che non avessero avuto nemmeno il tempo di poter accendere la luce.
Ora la ragazza cominciò a scendere dalla bocca, al collo, ai capezzoli, fino alle fossette perfette di quel bacino.
Tom cominciò a sudare.
Hayley spostò i capelli da una parte all'altra della testa, senza toccarli con le mani e continuava a torturargli il piercing al labbro.
Il ragazzo non perse tempo, e determinato ripassò sopra la ragazza, che ben presto rimase completamente nuda. 
Non passarono nemmeno cinque secondi, e anche Tom lo fu.
L'aria era fredda, ma né l'uno né l'altra riuscivano a percepirla ormai più. Il calore dei loro corpi stretti così tanto, erano riusciti a riscaldarli completamente.
Ora era Tom ad avere il controllo. Il collo di Hayley, per via del suo profumo, riusciva ad attirarlo più di ogni altra cosa. Era suo territorio, ormai. Ma ben presto trovò altro luogo su cui soffermarsi.
Cominciò a scendere più giù del collo, e cominciò a leccarle i seni, prima quello destro, poi il sinistro.
Tom era completamente fuori di se, ma in un modo diverso dalle volte passate.
Quest'ultimo, come anche la ragazza, cominciò a perdere altre gocce di sudore, e allungando la mano, arrivò al cassetto di quel piccolo comodino che affiancava quel grande letto. Con fatica, per via dell'assenza di luce, riuscì ad aprirlo, e sfilò un preservativo da una delle scatole che occupavano il cassetto.
Si staccò per un momento dal seno della ragazza, e lo infilò.
Si desideravano. Si stavano amando. Ed era amore quello, non sesso.
Tom ora, abbastanza piano, infilò prima uno, poi due dita nel sesso della ragazza. 
Gemette di piacere, lei. Ogni volta. Portando la testa all'indietro.
Ora i due corpi erano strettissimi, e ben presto i due sessi si unirono.
Hayley era finalmente, e completamente sua.
E Tom le apparteneva come nessun altro mai.
Prima una spinta. 
Tom la voleva.
Poi una seconda.
Gemevano di piacere, entrambi.
Poi una terza, una quarta, una quinta.
Fino a quando, non vennero insieme. 
Tom si distese al fianco della ragazza, e la ragazza appoggiò la testa sul suo petto con i capelli che le scendevano di fianco.
Ora una coperta bianca li copriva. A parte quell'amore che avevano appena consumato attorno le bianche mura di quella stanza.

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Capitolo 13
*** I want a real promise ***


In men che non si dica, quei pochi giorni passarono, e il giorno dopo sarebbe iniziata scuola.
Chi sa cosa sarebbe successo, chi sa cosa tutti avrebbero pensato. Erano solo questi i pensieri che torturavano la mente di Hayley. Tom e lei ormai stavano insieme, ma la cosa non sarebbe più rimasta tra loro ancora per molto.
In quel pomeriggio così freddo, la ragazza era sul suo letto inizialmente con l'intento di leggere qualcosa, anche solo una rivista, ma i pensieri la divorarono completamente.
Solo quando il telefono cominciò a squillare distolse lo sguardo dal soffitto.
Lesse Tom, e ovviamente rispose.
«Tom»
«Piccola.» mormorò lui. «Dove sei?»
«A casa.»
«Stasera lavori?»
«Sì.. sì»
«E' successo qualcosa?»
«No, niente» sibilò.
«Che tipo di niente
«No.. pensavo.» strizzando leggermente gli occhi.
«Pensavi a cosa?»
«Domani inizia scuola.» 
«Ancora con questa storia, Hayley?» esclamò il ragazzo aumentando leggermente il tono di voce. 
«Io voglio solo che rimanga tutto così com'è.» mormorò lei portandosi una mano prima sulla fronte per poi posarla per pochi secondi sugli occhi. «Tutto qua.»
«E lo sarà.»
«Io ho paura, Tom
«Avevi detto che ti stavi fidando. Non è così?»
«Sì, ma..»
«Niente ma.» la bloccò. «Tra noi due non cambierà niente.»
«Sicuro?»
«Non dovresti nemmeno chiedermelo, cazzo»
«Se te lo chiedo, è perché c'è tutta me stessa in questa storia.» 
«Dentro ci sono anch'io, Hayley.»
«Promettimi che tu.. tu come persona, non cambierai.»
«Perché mai dovrei cambiare?»
«Ora mi sto fidando, Tom.»
«Non mi sono mai piaciuti i dubbi.» mormorò.
«Promettimelo.»
«Ma..»
«Niente ma.» decisa. «Forza, promettimelo.» proseguì faticosamente, mentre i suoi occhi diventarono più lucidi del dovuto. Molto più lucidi del dovuto.
«..Te lo prometto
 
La vita di Andy era così monotona. Niente che riguardava Hayley, però.
A dir la verità, era arrabbiata. Tristemente, ma lo era.
Hayley non si era ancora presentata a lavoro, e sperava non l'avesse mai più fatto. Ma il ruolo di ritardataria a lavoro, passò da un momento all'altro ad Hayley, e non più a lei.
«Dammi una Heineken» mormorò una ragazza dai capelli rossi.
Solito movimento, nessuna risposta. Si abbassava, apriva il frigorifero e passava la bibita che le veniva chiesta.
La solita routine, insomma. Fin quando poi, si ritrovò davanti, la persona che non avrebbe mai più voluto vedere.
«Mi dai una Bree rossa?» sibilò questa.
Si calò verso il frigorifero, e gliela passò sopra il bancone. 
L'intenzione di questa non era però di andarsene visto che si era appena accomodata sullo sgabello proprio di fronte a lei.
«Senti.»
«Non voglio sentire niente, Katrina.» bloccandole la parola.
«Lo so, lo so, e mi dispiace per tutto quello che è successo tra noi.» mormorò spostandosi dietro l'orecchio una grande ciocca di capelli bionda.
«Non voglio sentire nient'altro detto da te, ho detto.» affermò nuovamente la ragazza dietro al bancone. «Non voglio ripetertelo.»
«Va bene, allora» disse stranamente.
«Ciao.» affrettò Andy.
«Hayley.» fece la bionda alzandosi dallo sgabello. «Ti ricorda qualcosa questo nome?»
Cominciò ad accendersi del fuoco nella mente di Andy.
Ma non poteva aver capito proprio quello. 
«Come?»
«Hayley. Hayley Maier. La ragazza nuova.»
«Non la conosco» rispose facendo finta di riordinare qualcosa al di sotto del bancone.
«Ah, davvero?» guardandosi quelle unghie lunghissime colorate di un blu acceso. «Lei invece sembra conoscerti.» continuò. «E anche molto bene.»
«C..cosa?» riprese.
«Mi ha raccontato parecchie cose sul tuo conto, sai.»
Avrebbe tanto voluto darle un pugno in piena faccia, ma le stava dicendo qualcosa di molto più importante che la riguardava.
«Non sono il tipo di persona che crede subito a quello che le viene detto, e tu mi conosci. Ma sai perché c'ho creduto?» distolse per un momento lo sguardo dalle unghie per guardare lo sguardo di fuoco di Andy. «Perché le cose che mi ha detto, combaciano perfettamente a quello che io conosco di te.» continuò. «E chi ti conosce meglio di me, Andy?»
Cattiva.
La cattiveria di Katrina, dalla sua mente sembrava espandersi anche negli occhi.
Ed Andy era talmente arrabbiata, che stava quasi per andare fuori con la testa. Era eccessivamente arrabbiata, e quelle parole le fecero maledavvero male.
«Dimmi cosa ti ha detto.»
«Io te lo dirò, solo se tu dirai alcune cose a me.» risedendosi.
«Cosa vuoi sapere?» era in tilt, ormai.
«Hai presente Tom?»
«Sì.»
«Beh, gira voce che lui e questa sfigata stiano uscendo insieme o qualcosa di simile.»
«Parli di Tom Kaulitz, o sono io che ho capito male?»
«Sì, parlo di lui.»
«Lei e Tom stanno uscendo insieme?»
«Sì, e non ti sembra assurdo?!»
«No, un momento. Lei mi disse che non ci sarebbe mai uscita con uno come quello, che non era il suo tipo, e roba del genere. »
«Ah, bene.» sussurrò. «Ma lei non lavorava qui?»
«E' solo questione di minuti e arriverà.»
«Ma giusto per curiosità, per cosa avete litigato di preciso?» con la perfidia che le fuoriusciva anche dalle orecchie. «Sai, lei mi ha detto che è stato tutto per colpa tua.»
«Che stronza! Per colpa mia?!» la sua rabbia cominciò a venir fuori. «E' stata tutta colpa sua, e di un fottuto bracciale! Non ti viene da ridere? Per un bracciale!» cominciò a perdere il controllo.
«Davvero dici?» ridendo. 
Andy non stava affatto bene.
«Senti, io voglio solo riavere Tom, tutto qua.» riprese.
«E cosa hai intenzione di fare?»
«Io voglio Tom, punto.» disse. «Quella ragazza è solo una bugiarda, una stronza bugiarda.»
 
La musica, quella sera, la dava più fastidio del solito. Nonostante fosse arrivata in ritardo, di Tom, ancora nemmeno l'ombra.
Andy. Beh, Andy lavorava. Le lavorava di fianco. Ogni volta che passava, le sembrava sempre più strano.
Stava servendo un Bree ad un ragazzo dai capelli scuri, fin quando alle spalle vide un cappello. Uno di quelli che avrebbe riconosciuto, ogni volta.
«Piccola» si sentì poi chiamare.
«Tom» disse sorridendo per poi subito stampargli un leggero bacio sulle labbra.
Il punto è che quando lo vedeva - anche se non lo dimostrava - non pensava più a niente, dimenticava tutto. La mente le si svuotava e oltre Tom non esisteva nient'altro.
«Come va, allora?» le chiese.
«Bene, e a te?»
«Tutt'ok» poi tossì. «Domani ti passo a prendere io.»
«Per andare a scuola, dici?»
«Sì»
Lei sorrise, poi lo guardò.
«Che c'è?» mormorò quello.
«C'è che domani mi presenterò a scuola..» disse avvicinandosi un po' a lui. «..con Tom Kaulitz.» per poi scoppiare a ridere.
«Ed io con..» disse appena smise di ridere anche il ragazzo. «Com'è che ti chiami, scusa?»
«Vaffanculo!» esclamò Hayley.
Tom cominciò a ridere, quando questa gli rubò il cappello bianco NY dalla testa e se lo mise.
«No, il cappello no!» esclamò lui aggiustandosi i cornrows.
«Sì, e lo riavrai domani» aggiunse lei.
«Che poi sembra che m'interessi. Sono bello comunque.» malizioso.
«Te l'ho già detto vero, che sei troppo convinto?»
«Io dico solo la verità.» mormorò. «Perché, poi non sarei bello?»
«Non sei bello.» come suonava male, cazzo!
«Te l'ho già detto io invece, che non sai proprio mentire?»
«E stasera quante volte ti ho già detto di andare affanculo?!» sorrise.
«Però guarda: ora il discorso con te so mantenerlo. Prima sembrava troppo difficile!»
«Tom, vai a dormire!»
«Il cappello ti sta una favola, sì sì.» per cambiare argomento.
«Smettila!» sorrise.
«Ok dai, ora vado sul serio» scendendo dallo sgabello. «Ci vediamo domani, allora?»
Tom le si avvicinò per darle un bacio, ma Hayley tolse il cappello, lo allontanò, e solo in quel momento gli stampò un bacio.
Lui sorrise.
«A domani.» sfiatò. Mentre Tom si era già perso tra la folla.

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Capitolo 14
*** Things never go well at all ***


Quel correttore era fantastico! Faceva sparire del tutto quelle occhiaie sotto gli occhi causate dal poco dormire. Ma non ricordava dove l'avesse comprato precisamente.
I capelli di Hayley, quella mattina erano più mossi del solito, ma stavano bene. Non voleva lisciarli, ma lo fece comunque. A Tom piacevano così. Li aveva lisci quando si diedero quel primo e lungo bacio sotto quella luna di ghiaccio. Quando sentì per la prima volta il suo respiro sulla faccia.
Il jeans scuro che indossava era stretto, mentre la felpa nera sopra era decisamente più larga; aveva anche qualche scritta sul petto di grigio. E gli stivali erano grigi.
Arrivò uno squillo sul cellulare. Era Tom che era già sotto casa.
Prese velocemente la borsa - che era rimasta come l'aveva lasciata l'ultimo giorno di scuola - e scese altrettanto velocemente le scale, poiché non aveva intenzione di aspettare l'ascensore.
Giù faceva decisamente più freddo, e le si irrigidì il naso. Si guardò le mani, anch'esse infreddolite, e le coprì con le maniche del giubbotto entrambe.
Ma appena vide il sorriso di Tom venirle in contro, dall'interno percepì espandersi un bel calore.
Appena entrata in macchina, salutò Tom con un bacio che stavolta però, durò un po' di più. Ed Hayley gli poggiò una mano sulla guancia. Sentì il metallo gelido del piercing di Tom, e ad un certo punto rabbrividì.
«Hai la mano freddissima.» mormorò Tom.
«Ma ora non sento così freddo.» rispose ricomponendosi.
In effetti, una volta con Tom, lo stesso calore che gli diede il suo sorriso sembrava essersi impossessata di tutto il suo corpo. E non sentiva così freddo. Può darsi anche che era fredda, ma che però non lo sentisse il freddo. Una sensazione strana, insomma.
Tom mise in moto e subito proseguì verso la strada scura di quella mattina. Il tempo era così brutto che sembrava volesse piovere anche da un momento all'altro.
«A che ora hai staccato ieri notte?»
«Tardi, erano le tre quando sono tornata a casa.» spiegò. «Tu cos'hai fatto?»
«Niente. Quando sono uscito dal Niken's mi è venuto un mal di testa così forte, che appena sono arrivato a casa mi sono addormentato.»
«Bella serata per entrambi allora!» esclamò. «Come ti senti 'stamattina invece, Tom?»
«Come?»
«Come ti senti 'stamattina?»
«No, quello che hai detto dopo.»
«Non ho detto nient'altro.»
«Sì, hai detto Tom.»
«Non è così che ti chiami, scusa?» mormorò stranita.
«Mi piace come suona il mio nome detto da te.» voltandosi verso di lei per un secondo.
«Tom
«Ora no.»
Lei rispose con una faccia super-interrogativa.
«Ora no perché ora sai che mi piace come lo dici. E quindi non lo dici in quel modo così naturale.»
«Ah.» guardandolo.
«Vorrà dire che aspetterò, per sentirtelo dire di nuovo.»
«Tu.. cioè.. va beh, lascia stare!»
«Oh, siamo arrivati.» terminando l'argomento.
«Senti.. nonvogliodireiltuonome.» sorrise. «Cerchiamo di non fare cazzate.»
«Oh, e basta.» mormorò. «Scendi!» esclamò.
Hayley lo imitò ironicamente per un momento, e poi scese dall'auto.
Mentre Tom parcheggiava, lei si aggiustava capelli, giubbotto, stese per bene i jeans, i stivali, e di nuovo i capelli.
Non l'aveva visto proprio bene poco prima, ma adesso lo stava vedendo più che bene. Anche se non lo faceva notare.
Adorava i suoi jeans, e adorava il suo giubbotto gigante. Adorava i suoi cornrows coperti da fascia e cappello, e adorava il suo sorriso. E il piercing che lo accompagnava.
La scuola a pochi metri, e Tom quando le si avvicinò le legò un braccio intorno al collo, e lei.. beh, lei si sentì la ragazza più felice del mondo. Da quanto non provava una sensazione del genere. Da quanto? Forse troppo.
«Tranquilla.»
Più tranquilla di così. Mentì a se stessa.
La folla fuori scuola ora riusciva ad intravedersi, e tutti cominciarono a guardare.. brutto, bruttissimo da dire. Ma guardavano la coppia del momento.
Tom Kaulitz, e la ragazza nuova.
Ora sì che si sentiva il casino, gente che parlava tra loro per inventare o confermare chi sa cosa, e altra che invece guardava stranita.
Hayley stava così a suo agio tra le braccia di Tom, ma così a disagio contemporaneamente.
«Hey» qualche ragazzo verso Tom stringendogli la mano.
«Come va?» qualcun'altro ancora. Mentre ormai, erano già per i corridoi stra-pieni. Aspettavano tutti il suono della campanella per dirigersi nella propria classe, nessuno sarebbe stato disposto ad entrarci anche dieci secondi prima. Perché farlo?
Gli sguardi prima andavano a Tom, e poi alla ragazza che aveva di fianco. Alcuni non l'avevano ancora nemmeno mai vista. L'unica cosa certa, era che da quel momento lo sarebbe stata eccome. Non è da tutti giorni essere anche solo amica di.. che brutto ripeterlo ancora. Insomma, di Tom Kaulitz.
Da abbastanza lontano poi, intravide tre ragazze che si stavano avvicinando. Tre bionde. Quella al centro, era Katrina. Le due al suo fianco venivano solo chiamate 'le amiche di Katrina', giusto per citarle.
«E chi sarebbe..» esclamò ancora con quella voce da cartone animato indicando varie volte e in diverse parti del corpo Hayley. Masticava fastidiosamente una gomma.
«Senti» cominciò a scaldarsi la ragazza, quando Tom la bloccò sia la parola, sia il movimento verso Katrina. Un pugno in piena faccia come le sarebbe stato bene con i capelli biondi e il rossetto rosa.
«E' la mia ragazza.» rispose secco Tom, ritornando a legarle un braccio attorno al collo.
Hayley rimase muta. Come Katrina. E come tutto il resto dei ragazzi che erano interessati a quella conversazione.
«Lei sarebbe la tua nuova ragazza, quindi?» dopo un po', sotto il suono della campanella.
«Ciao Katrina.» rispose Tom, incamminandosi lungo il corridoio.
«L'hai vista com'è rimasta?!» esclamò Hayley cominciando a ridere.
Tom sorrise: «E tu che ti preoccupavi tanto.»
«Dai» si fermò per un attimo. «Io vado in classe.»
«Se non ci vediamo all'intervallo, ci vediamo all'uscita. Ok?»
«Ok.»
Stava quasi andando via, quando si avvicina a Tom un gruppo di ragazzi a lei familiari.  Forse erano i ragazzi di quel fottuto primo giorno di scuola.
«Hey ragazzi» cominciò Tom.
Hayley doveva andare, fece un cenno a quest'ultimo con la mano e si diresse in classe.
«Buongiorno.» disse appena entrata mentre la classe si stava riempendo.
Dimenticandosi completamente di tutto, si stava dirigendo al suo vecchio posto; quello vicino ad Andy. Ma appena vide la Hoften che sul naso aveva appoggiato un paio di occhiali forse troppo grandi, le si scosse la mente. E così, si diresse verso il suo ultimo banco sulla destra.

Durante l'intervallo, Hayley si diresse direttamente verso il distributore accanto alla I N. Prese una barretta al cioccolato, e poi s'incamminò verso il bagno delle ragazze sotto gli occhi di tutti che la squadravano da testa a piedi.
Girò l'angolo, e s'infilò nel bagno con l'intento di lavare semplicemente le mani.
Stava buttando la carta della barretta che aveva appena finito di mangiare nel cestino nello stesso bagno, quando una voce cominciò a.. starnazzare.
«Allora.» le spuntò Katrina alle spalle. Con le sue due solite amiche come accompagnatrici del cazzo.
«Cosa vuoi?» esclamò Hayley voltandosi verso di lei.
Erano uguali in altezza.
Katrina cominciò a distogliere lo sguardo dalla faccia della ragazza. Quando ad un tratto le sue due amiche la presero violentemente per le braccia e la spinsero meno violentemente al muro. Velocemente Katrina le si avvicinò, le alzò la manica sinistra della felpa nera, e poi la destra. Al polso del braccio destro le tirò l'unico bracciale che aveva. Quello dai ciondoli rossi. E si sentì la caduta di uno dei ciondoli rossi sul bianco di quel pavimento.
«Dammelo!!» quasi urlò con il fuoco negli occhi, e liberandosi violentemente dal tatto di quelle due bionde che la stavano mantenendo.
Poi entrambe si ricomposero. Si aggiustarono i capelli e controllarono se non si fosse spezzata qualche unghia.
A questo punto Hayley si avvicinò a Katrina come se volesse spingerla contro il muro opposto. Era furiosa.
«Aspetta un momento.» mormorò mantenendo ancora il bracciale chiuso in pugno.
«Dammi quel bracciale.»
«Amber. Kathlyn.» disse poi, facendo segno loro di andare fuori.
Una volta da sole, Katrina cominciò ad espandere la sua cattiveria nel modo che più le piaceva al momento.
«Cosa vuoi da me?» esclamò subito Hayley.
«Da te proprio nulla.»
«Dammi quel bracciale, cazzo!» le si buttò nuovamente contro.
Quel bracciale valeva più di qualunque altra cosa per Hayley. Era come se gliel'avesse dato veramente e realmente la madre. Ed era la cosa più importante che le rimanesse di lei.
Katrina si spostò velocemente, e altrettanto velocemente prese il bracciale con entrambe le mani come se volesse spezzarlo.
A quel punto, Hayley si pietrificò.
«Non voglio romperlo, però almeno ascoltami, no?» facendo anche qualche faccia come provocazione.
«Non ti ho fatto niente, io.»
«Non so perché, ma ho la netta sensazione che questo bracciale sia molto importante per te. Non è così?»
«Cosa, vuoi, da me?» mormorò scandendo bene le parole subito dopo.
«Andrò direttamente al punto, visto che ripeti sempre le stesse e ridicole cose.»
Un pugno. Ma no, rimaneva ferma.
«Lo vedi questo bracciale?» prendendolo per un capo e ben guardandolo. «Lo terrò io per qualche giorno, finché non farai quello che ti dico.» infilandolo in una tasca.
«Cosa cazzo potrei mai fare io per te?!» esclamò.
Qualche istante di silenzio, e qualche sorrisino nascosto per Katrina.
«Tom.» mormorò poi. «Dovrai lasciarlo nel giro di qualche giorno.»
Ora si sentì morire.
«E se non lo farai. Beh, non lo riavrai più.» battendo due tocchi sulla tasca dove aveva appena infilato il bracciale.
«Allora è Tom che vuoi.» cominciando quasi a capire.
«Sì, e lo avrò.» rispose. «Non è così?»
«Non vorrai mica, che tutti sappiano che hai lasciato Tom per uno stupido bracciale?»
I suoi occhi divennero lucidi. E una lacrima stava per scendere, ma non voleva che scorresse davanti agli occhi cattivi di quella puttana.
«Ciao.. Hayley.» mormorò sotto il suono della campanella.
«Ah, e un’ altra cosa.» stava per aggiungere. Ancora.
Hayley non si mosse.
«Cerca di fregarmi, e ti giuro che oltre a questo fottuto bracciale non ti darò nemmeno la possibilità di tornare fra questi corridoi.» mormorò. «Come ho fatto anche con quella sfigata della tua amica.» continuò. «Ah, scusa. Dimenticavo: non è più tua amica.» chiudendo finalmente la porta.
Andy, pensò ancora immobile.
Abbassò il capo, e ora sì che quella stessa lacrima le rigò la guancia.

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Capitolo 15
*** The name of love ***


Il gelo di quella mattina era accompagnato dal gelo del fragile cuore già ghiacciato di una ragazza che stava solo cercando qualcuno di cui potersi fidare, qualcuno che in qualsiasi modo potesse dimostrarle e magari potesse farla sentire.. amata?
Tom ci era riuscito, e riusciva a scaldarle il cuore anche solo sorridendo, riusciva a scaldarle anche le mani.
Ci era arrivata puntuale a scuola, e sola; aveva chiesto a Tom di non andare a prenderla quella mattina.
Perché aveva paura, però? Perché aveva così tanta paura della verità?
Aveva già perso Andy, e ora lo stesso stava accadendo con Tom. In effetti quella cittadina non le aveva portato nient'altro di buono a parte Andy, e la persona che al momento sentiva più importante per respirare; Tom.
Ne aveva sempre avuto paura. Proprio paura. Paura di essere lasciata sola, e di non essere creduta. Non essere creduta.
Paura di una verità che tra l'altro non era nemmeno brutta. Cioè, si trattava della persona che le aveva dato oltre la vita, tutto l'affetto di questo mondo nonostante questo le fosse stato contro in tutti i sensi possibili e immaginabili. Ma la paura la divorava ogni secondo che passava, anche quando solo le passava per la mente il pensiero di poterne parlare con Tom. E se l'avrebbe presa per qualcosa che non era? Se avrebbe potuto fraintendere in qualsiasi modo? Insomma, se non l'avrebbe creduta?
Rieccola cominciare a crescere, la paura.
Appena vide sfoggiare il suo sorriso in quei corridoi, i suoi occhi caddero sul suo petto per non cadere a terra. Senza dire altro.
In quel momento stava decisamente male. O forse qualcosa in più.
Delicatamente lo abbracciò; con quella netta sensazione che le lacerava dentro, che sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe fatto così; con quella complicità magnifica che sembrava solo loro potessero avere. Fatta esattamente per loro.
«..Vado.» poi sfiatò tossendo, ormai staccati e lei già di profilo.
«Tutt'ok?» mormorò lui, non riuscendo però ad attaccarsi ai suoi occhi. Perché di certo se l'avrebbe fatto, sarebbe andato oltre al solito fuoco che comprendevano, e avrebbe capito che qualcosa non stava andando. Che quella non era, la sua Hayley.
Lei rispose con uno strano cenno con la testa.
«Ci vediamo all'uscita, allora.» rispose quello.
Lei rispose con un ulteriore cenno, per poi allontanarsi pian piano per il corridoio.
Sembrava quasi una calamita; lei si stava allontanando, ma quel legame, quel contatto sembrava troppo forte.
Forse, lo era per davvero.

Stava andando tutto così perfettamente, fino a pochi giorni prima. Non poteva pensarci.
Ormai non stava più bene, lei. Il mondo, proprio come un puzzle di mille e più pezzi, le era caduto addosso; con tutto il pessimismo di non poterlo più ricomporre. Di nuovo, cazzo. Di nuovo. Un puzzle di quelli che ci metti mesi e più, per farvi incastrare tutti i pezzi.
Risposte molto vaghe, come gli atteggiamenti.
Tom. Come aveva fatto a trovarsi ad essere costretta a lasciarlo? Così, in un momento.
Stava male, malissimo. Un peso allo stomaco che portava dietro ovunque.
Ma doveva farlo, con tutto il dolore di questo mondo doveva farlo. E anche il più presto possibile.
Doveva farlo per la mamma. Per il bracciale, e per quello che rappresentava.
Durante l'intervallo rimase in classe, le mancavano solo gli occhi indiscreti addosso per raggiungere il massimo di quello stato.
All'uscita avrebbe parlato con Tom, e sperava che quelle tre ore non passassero mai. E che come mai, durassero infinitamente.
In frantumi; lei e tutto il resto. Anzi, lasciamo andare tutto il resto, perché ora come ora le interessava solo di Tom, e di come avrebbe reagito. Non poteva nemmeno pensare che avrebbe capito. Come cazzo avrebbe fatto a capire?! Non aveva presupposti da cui partire. Non aveva un motivo, uno solo non lo aveva.
Le toccava mentire nuovamente. Scivolare ancora più in fondo. Sembrava che la vita ne avesse avuto abbastanza di lei, e che cercasse in tutti i modi di portarla alla morte, anche se in un modo tendenzialmente diverso. Soffrendo.
Aveva appena iniziato di piovere, quando suonò la campanella dell'uscita. 
Aspettò qualche minuto, in modo da far ''svuotare'' anche di un po' la scuola.
Poi, lo vide. Con il suo solito gruppo d'amici, e con il sorriso che avrebbe potuto anche fermare il tempo per qualche momento.
I loro occhi ora si incontrarono. Ed Hayley quasi sobbalzò.
Lui salutò i ragazzi, e le si avvicinò.
Ora la scuola era di quel deserto che aveva desiderato. O almeno lo era quel corridoio.
Provò a baciarla, ma con tutto il dolore che Hayley poteva provare in quel momento, e giurò di poter morire, si spostò.
«Che succede?» sibilò lui.
Lei guardò un momento altrove.
«Tom» tossì subito dopo. «Io.. dovrei parlarti.» continuò.
«Sono qua.» allargando le braccia, continuando a non capire guardandola strano.
«Vedi..» guardò nuovamente da un'altra parte, per poi ritornare negli occhi di lui. «Penso di non provare, qualcosa di vero, per te.» con il cuore che le si spezzava lentamente, lentamente.
«Cosa?!» quasi urlò quello, già furioso.
«Calmati, Tom!» alzò anche lei la voce.
Con quanta facilità i suoi occhi diventavano lucidi ultimamente?
«Chi era allora quella che ha parlato con me per tutto questo cazzo di tempo?!» quasi urlò di nuovo.
«Voglio solo essere sincera con te, Tom» facendo distrattamente qualche gesto.
«Cosa cazzo stai dicendo, Hayley?!» incredulo. Ma dimostrare quello che provava, non era proprio nel carattere di Tom. Ed Hayley li sapeva.
«Senti è così. E' inutile continuare. Mi dispiace.» affrettò lei, altrettanto distrutta.
Lui le guardava attentamente gli occhi, loro erano la reale voce di tutto, qualsiasi cosa avesse mai potuto dire. La sua bocca parlava, ma i suoi occhi gli dicevano l'esatto opposto.
Lei spostava continuamente lo sguardo in effetti.
«Katrina.» mormorò lui. «E' stata lei.»
«No, lei non c'entra niente.» rispose.
«E allora cosa cazzo ti è successo, Hayley?!» esclamò.
Le parole di Tom le bruciavo dentro, come un pezzo di carta già sporco di sangue a cui veniva dato fuoco.
D'un tratto Tom si avvicinò al muro che era a poco più d'un metro di fianco a loro.
«Cazzo!» urlò, tirando un pugno al muro, forte.
Hayley, come se spaventata, si diresse velocemente all'uscita poco più avanti, e quando sentì il pesante rumore della pioggia si alzò il cappuccio della felpa.
Lui le corse dietro lasciando cadere lì a terra quella specie di zaino che portava.
«Hayley!» poi urlò.
Lei si voltò.
«Tom.» sfiatò, ma lui a stento sentì.
Il ragazzo non aveva nemmeno alzato il cappuccio della felpa, aveva solo il cappello NY, che bagnato dalla pioggia lasciava scorrere le gocce dalla visiera.
Il volto di Hayley, era in qualche modo molto bagnato dalla pioggia, mentre quello di Tom leggermente meno.
«E' così Tom. Basta!» esclamò distrutta. «Mi dispiace.»
«Non continuare a ripeterlo!» con qualche vena e qualche nervo che sembrava potesse anche fuoriuscirgli.
«..Basta.» in un ultimo sussurro. Quando una lacrima le rigò la guancia destra, che si mimetizzò perfettamente con una qualsiasi goccia di pioggia che le aveva già bagnato il viso.
Ecco la calamita; l'una dall'altra distante poco meno di due metri.
«Vorrei solo sapere una cosa.» mormorò lui, mantenendo un tono di voce non troppo alto, ma che in modo potesse essere ascoltato chiaramente da lei.
Cominciò ad avvicinarsi Tom, e lei perse un battito.
La distanza minima.
La calamita sarebbe potuta scattare da un momento all'altro, ma nonostante ora fossero più vicini, così vicini, la distanza sembrava rimanere tale.
«Con chi cazzo sono stato in questi giorni, fino a un giorno fa?!» continuò. Possibile che aveva l'impressione che improvvisamente gli occhi di Tom fossero diventati lucidi? «Con chi?!» ribatté ancora una volta aumentando il tono di voce.
«Io..» sussurrò. Sembrava aver esaurito anche la voce.
«Perché i tuoi occhi mi dicono il contrario, Hayley?» più ''tranquillo''.
«Tom..»
«Perché continui a dirmi quello che non è?»
Rimasero a guardarsi per un po', fermi. E la ragazza sembrava essere sotto una specie d'ipnosi.
«Credo di amarti.» sfiatò finalmente con la voce rotta, quasi fosse sotto qualche strano incantesimo. Un incantesimo che aveva il nome dell'amore.
Erano immobili entrambi, sotto quel cielo che piangeva sempre più forte. Un cielo che sembrava arrabbiato, come i battiti dei loro cuori. I loro cuori che seguivano i loro respiri; l'uno con l'altro.
La cosa più vera che avrebbe mai potuto sfiatare per spiegare in qualche modo tutto quello che stava succedendo.
«No, no»  affrettò poi distogliendo di nuovo lo sguardo, lasciando violentemente andar via quella sensazione.
«Cosa no?» domandò lui. «Sappiamo entrambi, che è così.»
«Ascolta, Tom.. mi dispiace.» mormorò, allontanandosi nuovamente però senza lasciare i suoi occhi, indietreggiando di qualche passo veloce.
«Non ti dispiace un cazzo, porca miseria!» rialterandosi.
«Smettila di urlare, Tom.»
«Perché?! Perché dovrei smettere di urlare?!»
«Cazzo, basta!» con gli occhi gonfi.
«Avrei solo bisogno che mi dicessi cosa succede, cazzo!» toccandosi con entrambe le mani la nuca.
«Non riesco più a parlare.» mormorò la ragazza. «Lascia che ti dica un'ultima cosa.» stava per finire. «Dimentica tutto quello che è successo. Me, noi e.. tutto. Dimentica tutto.»
«Come cazzo fai a dirlo veramente?» vedendo lo stato di Hayley sembrava essercisi ritrovato anche lui. E perse improvvisamente anche la forza per urlare.
«E' meglio così.» sfiatò. «E' così che doveva andare.» continuò lei.
«Eri tu quella che non voleva che tutto finesse così, da un momento all'altro.» mormorò quello. «Da quando le cose cambiano così in fretta?»
Ora era al limite.
«..Mi dispiace.» pronunciò ancora una volta. Quasi stanca. Distrutta, nel vero senso della parola.
Si voltò incamminandosi a passo non troppo veloce dietro l'angolo del parcheggio dove aveva lasciato la sua auto.
Immersa in un nero, senza fine.

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Capitolo 16
*** Every atom of me miss you ***


«Professore, ho bisogno di uscire.» alzandosi in piedi poggiando entrambe la mani sul banco. Finalmente, interrompendo la lezione in pieno.
«E per quale motivo, signorina Maier?» rispose il professore di algebra ancora alla lavagna che stava scrivendo qualche risultato, quasi infastidito.
«Non sto bene.» portandosi ora una mano allo stomaco, mentre tutti i compagni della classe le rivolgevano lo sguardo.
«Di cosa avrebbe bisogno?» con lo stesso atteggiamento.
«Devo uscire.» incamminandosi velocemente alla porta della classe portandosi la stessa mano però sulla bocca.
«Signorina Maier!» esclamò poi il professore, sentendosi chiuso la porta dell'aula in quella maniera.
«Professore, ma non l'ha vista?!» rispose con lo stesso tono di voce Andy, da posto. Scattò d'impulso.
«Signorina Herrmann, sono cose che non la riguardano!» ribatté.
«Sì, ma..»
«Niente ma.» allargandosi un po' il nodo della cravatta che aveva ben legata al collo. «Continuate a scrivere.» serio.
Andy zittita, ricominciò a prendere appunti.
Mentre Hayley era appena arrivata al bagno. Si guardò un momento allo specchio, poi si portò nuovamente una mano davanti alla bocca. Si girò velocemente ed entrò nella prima porta dei bagni. Cominciò a vomitare varie dosi di vomito, intervallate da un tempo che andava tra i sette e i dieci secondi. Nonostante però, non stessa mangiando quasi nulla in quel periodo.
Era pallida, e fredda. Quel freddo che era plurivalente.
«Cosa..?» esclamò Katrina sentendo quell'odore di vomito e sentendo diversi sforzi appena aprì il rubinetto per sciacquarsi le mani.
Quella era sfiga, sfiga pura.
Con la solita sfrontatezza che quella ragazza aveva, cominciò ad aprire ad una ad una tutte le porte dei bagni.
Appena arrivata la porta di Hayley, questa la precedette e mentre ancora si strofinava la bocca con un fazzoletto, la guardò disprezzante.
«Hey, hey, hey» le mormorò poi. «Guarda chi c'è.»
«Katrina.» fece buttando lo stesso fazzoletto nel cestino, nauseata. Nauseata più da lei, che dalla nausea stessa. «Il bracciale.'' continuò guardandola.
«Cosa?» fece per ridere lei.
Inorridita Hayley.
«Stai buona.» continuò.
«Lo sono stata fin troppo, e per troppo tempo.»
«Mi stai dicendo che hai fatto quello che ti ho detto?»
«Sì.» tossì con la faccia ancora pallida.
«Bene.» rispose.
Dopo di che, aprì la borsetta rigorosamente rosa che aveva con sé, e tirò fuori un rossetto color pesca. Cominciò a spalmarlo ben bene sulle labbra guardandosi attentamente ogni dettaglio allo specchio, mentre Hayley stava cominciando a prenderla come l'ennesima provocazione.
«Sono stanca di stare al tuo fottuto gioco.» con la voce anche un po' rauca. «Ho fatto quello che volevi, ora basta.»
Lei chiuse il rossetto e lo posò nuovamente in borsa. Si girò verso Hayley prima di darsi un ultimo sguardo allo specchio.
«Dovrò pur essere sicura che l'hai fatto per davvero, no?»
Non ce l'avrebbe fatta probabilmente.
«Come?!» esclamò nonostante il suo stato.
«Senti, hai sentito bene.»
«E quanto dovrei aspettare ancora allora?!» ribatté.
«Io ancora non ho visto Tom.»
«Vedi di vederlo, perché da oggi in poi non saranno più problemi miei questi.»
«Quello che mi interessava è che tu lo lasciassi, punto.»
«Quello che interessa a me, invece, è il mio bracciale.»
«Lo avrai quel fottuto bracciale ti ho detto!»
«Mi avevi detto che me l'avresti dato non appena avrei lasciato Tom.»
«Allora sei stupida forte.» rispose. «Ti sto dicendo che non ho ancora visto Tom.» continuò. «Appena lo vedrò, e sarò sicura che l'hai fatto sul serio, te lo darò.»

Ogni atomo del suo corpo sentiva la mancanza di Tom, e ne aveva bisogno. Lo risentiva con il tempo che passava arrabbiato.
Aveva frequentemente la nausea. Sembrava che il suo cuore stesse nella mano, nel pugno di qualcuno di furioso che lo stava stringendo, stringendo sempre più forte.
Era nel letto quel pomeriggio. La sua vita sembrava essere finita lì.
Era avvolta da un piumoncino che per quanto fosse pesante non riusciva a riscaldarla. Nemmeno un minimo di come Tom riusciva a riscaldarla con il più futile sorriso, o anche con il più semplice movimento della bocca. Gli bastava pochissimo per farla sua.
Quanta verità ci può essere in una bugia.
Ogni cosa che le era attorno, anche la più frivola, le ricordavano quegli occhi che probabilmente l'avevano fatta innamorare. Lo stesso piumoncino le ricordava Tom; era dello stesso celestino delle coperte del letto di quest'ultimo quando la portò a casa sua, salvandola.
Si voltò, e vide il telefono lasciato sul comodino giorni prima e che così era rimasto. Anche quello le ricordava Tom, le ricordava quando la chiamava e quando le chiedeva come stava e cosa stava facendo, e anche se la sera avrebbe lavorato perché se sarebbe stato il contrario, sarebbero stati insieme a condividere qualsiasi altra cosa basta che insieme.
Ora aveva gli occhi immersi in un mare di lacrime che però non voleva far scendere per chi sa quale motivo, e per chi sa quale altra sua paranoia. Ma fu inevitabile che riuscirono poi a scendere.
Si alzò e cambiò posizione; stringeva le gambe strette al petto, e la testa appoggiata sulle ginocchia, con le lacrime che scendevano lateralmente.
Continuava a guardare sul comodino. Accanto al telefono c'era la carta di un salatino che non aveva nemmeno finito di mangiare. Diciamo che la fame non le veniva già da qualche giorno.
Si voltò per un momento di fronte a lei per asciugarsi un po' le lacrime. Guardò l'armadio che aveva lasciato spalancato, dove prevaleva un perfetto disordine. Vide poi sporgere da un lato la maglia che indossò la notte dell'ultimo giorno dell'anno.
Era pallida.
Ecco di nuovo la nausea. Con la mano sempre davanti alla bocca  si diresse velocemente al bagno. Non ebbe nemmeno il tempo di infilarsi le ciabatte, e di conseguenza i piedi diffusero un gelo per tutto il corpo. Manteneva i capelli da un lato e cominciò a vomitare. Sforzandosi sempre di più. In effetti, mangiava davvero pochissimo.
Tom riusciva a scaldarle l'anima ormai gelida col passare degli anni, e le mani.
Come nessun altro.
Tom gli era scoppiato nel cuore; come un fuoco d'artificio scoppia nel cielo, rigorosamente colorato di un caldo e acceso rosso.
Tom era la parte che andava perfettamente ad incastrarsi con lei.
I battiti del suo cuore seguivano i respiri di Tom.
Ma lei stava morendo soffocata, in quell'amore che dal rosso così caldo che esprimeva, era passato ad un nero che le bolliva nel cuore e le evaporava dagli occhi.

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Capitolo 17
*** Nobody know who we are really ***


L'acqua bollente le scivolava sul corpo, mentre qualcosa le stringeva forte lo stomaco.
La mancanza di Tom la consumava. Ogni attimo.
Le lacrime, almeno in quella circostanza, sembravano altre inutili gocce d'acqua che le scivolavano sulla pelle pallida del viso.
Si portò le mani dietro la nuca, e il dolore era troppo forte. Un dolore che le lacerava dentro, un dolore acceso, caldo, costante.
Quello che sapeva, era solo che se avesse avuto Tom avrebbe avuto tutto. Se avesse avuto lui, non avrebbe avuto bisogno di nient'altro. I suoi occhi erano il mondo; il mondo che si fermava ad ogni minimo cenno. Come l'aria. Come un respiro.
Qualcosa per cui vivere, e per cui morire.
Nella mente sembrava avesse una cassetta che rimandava sempre le stesse scene; sotto forma di flash.
Quando chiuse l'acqua allungò la mano e afferrò un asciugamano bianca che avvolse poi attorno a sé. Arrivata nella stanza, e una volta messa la biancheria intima, si guardò allo specchio.
Gli occhi già gonfi avevano esaurito le lacrime da versare.
Il suo sguardo si soffermò sulle due cicatrici che riportava dall'incidente; una vicino al ginocchio sinistro e l'altra sul braccio destro.
Vide la mamma per un momento. Vide la morte che la portò con sé e che le strappò una mamma dalle braccia. Vide gli abbracci e svariati sorrisi nascosti. Vide le cose mai dette, e le parole mancate. Quelle parole che forse avrebbe dovuto dire, ogni volta.
Troppo in fretta, tutto.
I capelli bagnati di quel nero così naturale le arrivano all'ombelico, e li aveva tutti da un lato.
Hamburg le aveva fatto perdere anche quel po' che le rimaneva.
Prima Andy, poi Tom, e sembrava aver perso la madre una seconda volta. Perché poteva sembrare anche una paranoia, ma quel bracciale è lei che rappresentava. Rappresentava quel legame di quella vita strappata al mondo in quel modo così ingiusto. O in un secondo modo, per sbaglio. Uno sbaglio cui nessuno avrebbe mai potuto rimediare.

Tom accelerava. Accelerava e basta. La sua Audi correva veloce sull'asfalto, senza momenti di pausa.
Tom non dimostrava mai i suoi sentimenti, le sue emozioni. Mai.
Tom era solo il ragazzo più ricco della scuola, il ragazzo che tutte le ragazze avrebbero voluto al loro fianco anche per un momento. Quello era Tom per gli altri, per tutti. Mentre per Hayley no. Hayley cambiò le cose. Fu l'unica che riuscì a cambiarle veramente. Hayley gli aveva fatto conoscere il vero Tom, quello che a scuola nessuno conosceva e che nessuno avrebbe mai potuto immaginare probabilmente. Il Tom che aveva tanto amore da dare e anche tanto da volerne ricevere.
Una maschera che solo Hayley riuscì a far scomparire, almeno quando stavano insieme.
Non gli era mai successo di attaccarsi così tanto ad una ragazza. Lui faceva solo sesso con le ragazze. Sesso, e basta. Perché lui amava far sentire le ragazze sue. Ma con Hayley no. No. Con Hayley non era stato così.
Correre in macchina, era il suo modo per sfogare la rabbia. La rabbia che gli aveva procurato la persona con cui non aveva cambiato marca di preservativi ogni sera, ma con la ragazza con cui ogni sera cambiava modo di sorridere per farglielo piacere.
Ma perché? Perché l'aveva lasciato così, senza un motivo?
Qualcosa di molto grosso c'era sotto. Perché lei lo amava, e lui lo sapeva. Gliel'aveva detto prima con gli occhi e poi con la bocca.
Avrebbe pagato tutti i soldi che aveva per sentire le sue mani stringersi alla sua schiena ancora una volta.
Non poteva veramente finire così. Ma era successo, davvero.
Era convinto sul fatto che lei lo amasse, ma allora perché?
L'amore combatte tutto, e solitamente vince. Ma allora, perché non c'era segno di vittoria in nessun senso? Perché non c'era nemmeno un minimo segno di vittoria in tutto quello?
Hayley aveva il fuoco negli occhi, anche quando gli parlava.
Qualcosa la frenava.
Qualcosa la obbligava a dire quello che diceva.
Qualcosa la stava uccidendo mentre gli parlava.

Quella sera Andy era più stanca del solito, sarebbe stato l'ultimo suo giorno di turno di quella settimana però.
La sistemazione dei turni fu decisamente una perfetta idea per quanto riguarda una questione lavorativa e di ordine, ma non a caso, tutti i turni suoi combaciavano con quelli di Hayley.
Era abbastanza tardi quando il locale cominciò a riempirsi.
Notò casualmente che Hayley non si era presentata a lavoro quella sera, e pensò alla mattina stessa.
Hayley stava male, e lei lo capiva perché era ovvio che lo capisse. Si sentiva così maledettamente in colpa, ma per niente in effetti.
In effetti, era l'unica che in quella storia non ci aveva mai capito nulla.
Quando la musica cominciò a cambiare genere, servì una coca ad una ragazza sui sedici anni, e una birra ad un signore sui trenta.
Dopo essersi scambiata qualche sorriso con qualche ragazzo che passava lì con la speranza di fare colpo su di lei, si ritrovò una testa bionda davanti.
«Hey, tesoro.» mormorò questa accomodandosi sullo sgabello sempre di fronte a lei.
«Non chiamarmi così, Katrina.»
«Come vuoi.» rispose guardandosi le unghie che questa volta erano tinte di un bordeaux molto lucido.
«Allora?» portando leggermente il mento verso l'alto. «Cosa vuoi?»
«Come cosa voglio?»
«Non allungarli i discorsi.» sistemando qualcosa sul bancone.
«Sono venuta solo per dirti che l'ho sistemata io quella stronza.»
«..Di chi parli?» in confusione.
«Di Hayley.­»
«..Hayley?» deglutì, resettando completamente la mente.
«Si, lei.» rispose.
«Perché? Cosa..?»
«Vedi, tu mi parlasti di quel bracciale che causò il vostro litigio, e io ho pensato che quel bracciale per lei fosse importante, no?» mormorò. «E quindi me lo sono preso.»
«E' solo un bracciale, Katrina.» rispose lei. «Ad Hayley non sarà interessato un bel niente.»
«Ti sbagli.» con qualche smorfietta. «Stava quasi per frignarmi davanti quando me lo sono preso.»
«Cosa?!» sorpresa insomma.
«Si, sembrava quasi che le stessi uccidendo qualcuno.» per poi ridacchiarci un po' su.
Andy sembrava invece non capire.
«E quindi? Cosa hai concluso prendendoti il suo bracciale?»
«E' questione di giorni ormai.»
«Si può sapere di cosa cazzo parli?!»
«Tom! Parlo di Tom!» esclamò avvicinandosi. «Le ho detto che se avrebbe voluto di nuovo il bracciale, l'avrebbe dovuto mollare.» con la stessa risata di prima.
«Ti rendi conto della cattiveria che riesci ad avere?» guardandola con disprezzo.
«Cattiveria? E la mia sarebbe cattiveria, tesoro?»
«Tu non ti rendi conto.»
«Io non mi rendo conto?» rispose. «Hm, vediamo..» continuò. «Chi mi ha parlato del bracciale? Su, chi me ne ha parlato?» sembrava avesse appena sistemato una trappola. «Io non potevo saperne nulla.»
«Io te ne ho parlato solo perch.. un momento.» si bloccò guardano un punto indefinito sul bancone; ci era caduta. Poi rialzò lo sguardo: «Allora..» sfiatò. «Hayley non ti ha mai parlato male di me, non ti ha mai parlato di noi.» continuò capendo i perfetti piani di Katrina controllati fino all'ultimo dettaglio. «..Lei non ti ha nemmeno mai parlato.»
«Vedo che il tuo cervello comincia a comprendere qualcosina.»
«Lurida stronza.» le sbatté in faccia.
«Mi dispiace proprio tanto, cara Andy.» sorridente. «Ma diciamo che la vera stronza in questa situazione, sei stata proprio tu

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Capitolo 18
*** 'Nother day, 'nother night ***


Aveva ottenuto quello che voleva ormai, pensò.
Quella mattina a scuola Katrina era decisamente intenzionata a vedere Tom passare nei corridoi senza il tocco orrido di Hayley. Le sarebbe bastato quello per ridarle quel fottuto bracciale, che ogni tanto voleva spezzare; tanto perché non riusciva a capire il perché di così tanto valore.
Quando parcheggiò la macchina, cominciò ad incamminarsi con Amber e Kathlyn verso l'ingresso della scuola.
Sorrideva. Sorrideva perché sapeva che tutto sarebbe andato come voleva e come già aveva pianificato.
Ad un certo punto, dalla borsa, tirò fuori uno specchietto, e cominciò a controllarsi il viso in ogni suo lineamento. Non poteva nemmeno rischiare di avere qualcosa che non andava nel volto, era la cosa cui teneva di più al mondo essere perfetta. E parliamo in generale.
«Cosa hai fatto con la storia di quella ragazza e Tom, alla fine?» le domandò Amber mentre salivano le scale dell'ingresso muovendosi un po' i capelli.
«Me lo chiedi anche?» sorridente. «Ovvio che l'ha lasciato.»
«Non poteva essere altrimenti.» osservò Kathlyn.
«Io non riesco però a capire perché tiene tanto a quello stupido bracciale.» affermò Amber, che aveva i capelli di un biondo più scuro delle tre.
«In effetti.» disse Kathlyn guardando Katrina.
«Non deve interessarci questo.» rispose quest'ultima. «Quello che volevo, l'ho avuto.»
«Meglio non parlare di Tom poi!» disse Kathlyn. «Come ha fatto a mettersi con quella.. con quei capelli!» finendo con una risata.
«In effetti, fanno schifo, ma basta!» esclamò in una risata Katrina.
«E quando glielo darai il bracciale?» mormorò Amber.
«Dammi il tempo di vedere Tom solo, e lo avrà.»
«Per non parlare del modo di come si veste!» rise nuovamente Kathlyn.
«Poverina!» rispose Katrina anch'ella ridente.
Camminando fra i corridoi alcune persone le salutarono e mancavano poco meno di cinque minuti al suono della campanella d'ingresso.
Fu a quel punto che dal fondo del corridoio, Katrina intravide il cappello di Tom; per poi vederlo pienamente.
Camminava con la solita aria da spaccone mentre salutava non così attivamente gli amici o qualsiasi persona che gli si avvicinava; una stretta di mano e un ''Hey'' andavano più che bene.
Lei si girò verso le due amiche e si aggiustò i capelli, per poi voltarsi nuovamente.
Tom, in quel momento, non la notò, e girò subito l'angolo per raggiungere la classe.
«Ok, ragazze.» mormorò. «E' solo.» continuò. «Quella stronza l'ha lasciato sul serio.» con un sorriso che ai lati raggiungeva quasi le orecchie.
«E lei? Quando la vedrai?» osservò Amber.
«Dopo la vado a cercare, e le do appuntamento.» affermò. «Non voglio più rischiare di farmici vedere insieme, soprattutto quando c'è Tom a scuola.»

Durante l'intervallo di quell'altra giornata, Hayley non uscì dalla classe. E le sue condizioni erano sempre le stesse, non stava bene.
Non ci sarebbe andata, ma a causa delle già troppe assenze, non voleva e non poteva perderlo anche quell'anno.
Ancora seduta nel banco con lo sguardo che fissava un punto indeterminato della parete di fronte a lei colorata di un grigio chiarissimo, vide passare velocemente fuori la porta della classe Katrina, e s'incontrarono nello sguardo.
«Esci l'ora dopo» dicevano le labbra di Katrina senza farsi notare da più occhi.
Hayley rispose con un minimo cenno di testa.
Sembrava quasi che ormai fosse costretta a fare ogni cosa dicesse Katrina. Più o meno lo era in effetti.
Ora con i gomiti sul banco, si portò una mano dietro la nuca e allungò un po' il collo.
Sì, era stanca, e tanto. Di tutto quello che le stava accadendo.
Quando rientrarono tutti i suoi compagni di classe dai corridoi alla fine di quei dieci minuti di intervallo, l'ora - come tutte le volte infinita - di matematica, iniziò.
Appena finito l'appello e dopo aver parlato un po' delle due ragazze assenti perché malate, si alzò.
«Prof, posso uscire un attimo?'' abbassandosi un po' la felpa blu scuro che indossava, che aveva abbinato ad un jeans chiaro.
«Certo, certo» rispose la prof mentre lei era già praticamente alla porta.
«Allora, oggi parliamo..» sentì a malapena quando era già a due passi fuori la classe.
Non sapeva dove doveva incontrarsi con Katrina, probabilmente in bagno pensò. Per non sbagliarsi però, decise comunque di fare un giro nei corridoi per vedere se c'era.
Dopo non aver visto nessuno, si diresse in bagno.
Si guardò allo specchio e i capelli sciolti li tirò un momento come se avesse voluta fare una coda abbassando la testa, poi li fece ricadere sulle spalle.
Muoveva un po' le gambe e tirava continuamente le maniche della felpa sulle mani.
Poi vide la porta aprirsi, ed era proprio lei, Katrina.
«Hey» partì quella.
«Allora?» mormorò subito Hayley. «Hai visto Tom?»
«Sì, l'ho visto.» mettendosi una di fronte all'altra con poco meno d'un metro a separarle.
«Quindi?»
«Beh, brava. Direi che sei stata proprio brava.» sorrise.
«Devi darmi il bracciale Katrina.»
«Certo che hai una brutta cera nell'ultimo periodo, vero?» squadrandole un po' il viso.
«Katrina.» disse. «Il bracciale.»
«Calma, calma.» rispose lei. «Stavo solo ironizzando un po'.» stampandosi in faccia un altro sorriso accompagnato da una risata nascosta.
«A quanto pare non sai farlo.»
«Meglio non perdere tempo a parlare con una come te.»
«Infatti, meglio non parlarmi.» rispose Hayley. «Dammi il bracciale, e la facciamo finita.»
«Domani.» mormorò. «Dove possiamo vederci?»
«Quindi mi stai dicendo che non ce l'hai ora?»
«L'intelligenza!» esclamò. «E' ovvio che io non lo abbia, te lo avrei dato se no.»
«Incontriamoci dove cazzo vuoi allora.»
«Facciamo al centro, alla 72esima.»
«Dove c'è la banca?» osservò.
«Proprio lì, all'angolo.» rispose lei.
«A che ora?»
«Alle sei puntuali.» disse.
«A domani allora.» rispose dirigendosi verso la porta.

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Capitolo 19
*** The need for truth ***


Quella mattina era invece Andy ad esser presente in classe, mentre Hayley no.
Aveva pensato tanto quella notte a cosa avrebbe dovuto fare, e quella stessa giornata l'avrebbe messo in atto.
Katrina non poteva passarla così liscia anche quella volta. Hayley era sua amica, anche se in un modo che nessuno avrebbe mai capito.
Le cinque ore di lezione passarono che sembravano giorni, ma finalmente al suono della campanella della quinta ora le classi e la scuola si svuotarono. Ma lei non aveva bisogno esattamente di quello.
Pochi attimi dopo la campanella si sistemò davanti all'uscita. Non sapeva nemmeno lei come avrebbe fatto, ma l'avrebbe fatto sicuramente. Era stanca.
Una volta uscite le classi del piano inferiore toccava a quelle del piano superiore. E mentre l'ultima mancia di ragazzi stavano uscendo, lei si cimentò nella folla e trattenne uno di essi.
«..Cosa?!» mormorò lui.
«Ehm, scusa, ma ho bisogno di parlare due secondi con te.» spiegò Andy.
«Senti, non sono proprio dell'umore.» disse lui, mentre rimasero soli nel corridoio principale.
Lui si stava già allontanando, prima però che Andy pronunciasse l'unico nome di cui si sarebbe preoccupato e avvicinato ancora una volta.
«Riguarda Hayley.»
Lui rimase immobile per un attimo, giusto per capire quella ragazza chi fosse e che ne sapesse di tutto quello.
«Hayley?» voltandosi e dandole di nuovo lo sguardo.
«Sì, Hayley.» rispose. «Possiamo parlare due secondi, allora?»
Non poteva essere altrimenti, e lui annuì.
«Cioè, chi sei?» disse poi.
«Tom, io ti dirò e ti spiegherò tutto, ma devi fare tutto con estrema tranquillità, perché Hayley ha bisogno di quella.»
Tom si sentì tremendamente impotente.
«Io sono un'amica di Hayley, o almeno lo ero.» cominciò. «Hayley è nei casini.» disse. «Conosci bene Katrina, non è così?»
«Cazzo, sapevo c'entrasse lei!» esclamò lui.
«Devi stare calmo, Tom.» disse Andy. «Le cose si possono rimettere ognuna al loro posto.» continuò. «Ma devi farlo tu.»
«Cosa le ha fatto, cosa le ha detto?»
«Mi è difficile spiegartelo, perché è una cosa davvero strana, ma di una verità inaudita.» mormorò. «Katrina, quando vide che tu ed Hayley stavate insieme, ha cominciato a morire dall'invidia a quanto pare.» continuò. «Lei vuole te, e se la sta prendendo con Hayley.»
Tom ascoltava come se sapesse già cosa avrebbe fatto.
«C'è una cosa però, che avrebbe fatto cadere Hayley nelle mani di Katrina, e così è stato.» disse. «Ed è un bracciale.»
«Un bracciale?» interrogativo al massimo.
«Vedi, secondo me Hayley di questo aveva paura.» cominciando a capire anche lei. «Io, tu.. non l'avremmo creduta.»
«Di cosa parli? Cos'avrebbe di così importante questo bracciale?»
«Non lo so, Hayley non ce ne ha mai parlato perché aveva paura che non l'avremmo creduta.» pensante. «Però chi sa cosa c'è sotto quel bracciale!»
«Mi stai dicendo che Katrina ha preso questo bracciale?»
«Esattamente.» rispose. «E le ha detto che se lo voleva riavere avrebbe dovuto lasciarti.»
«Ma tu che ne sai di tutto questo?»
«Sono stata prima io vittima di Katrina, ma a te non deve interessare questo.» mormorò. «Devi pensare ad Hayley, Tom!»
«Ad Hayley.» sfiatò.
«Tom, devi avere nelle mani quel bracciale per far finita questa storia.»
«Sai se Katrina gliel'ha già dato?»
«No, ancora deve darglielo. Oggi avrebbe visto se Hayley ti avesse davvero lasciato.»
«Quindi devono incontrarsi oggi?»
«Penso di sì.» mormorò. «Katrina non appena ti avrebbe visto solo, gliel'avrebbe dato.» disse. «Conosco bene Katrina, e non lo farà a scuola.»
«Quindi..»
«Ho un’ idea.» disse lei. «Prendi la mia macchina, Tom.» continuò. «Prendila, e sai no, dove abita Katrina?»
«Sì, lo so.»
«E' l'unica soluzione.» mormorò. «Aspetta che si muova, e seguila.»
«Dammi le chiavi della macchina allora.»
«Eccole.» scavando un po' nella tasca dello zaino rosa chiaro.
«Allora grazie.» mormorò lui.
«Tom, Hayley ha bisogno di tranquillità, non sta per niente bene.» disse. «Fallo per lei.»
«Io lo faccio per lei.»
«Tom, tu la ami?»
«Sì...» intenzionato a dire il nome della ragazza che in realtà non conosceva. «La amo.»
«Vai, Tom.» mormorò. «Vai!»

Hayley era tutto per Tom, e stava facendo tutto per lei.
Quando prese la macchina di Andy, si diresse direttamente sotto casa di Katrina, mettendosi in fila con una decina di macchine che già erano parcheggiate.
Pensò che se non sarebbe stato quel giorno, l'avrebbe seguita anche il giorno dopo, e anche il giorno dopo ancora.
Quel bracciale stava diventando anche per lui qualcosa d’importante; la soluzione di tutto.
La voleva sentire stretta, ancora. Voleva la sua bocca più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Aspettò ore lì sotto. Passarono una, due, tre, quattro ore. Non aveva né mangiato, e ha aveva una sete pazzesca. Ma non si sarebbe mosso da lì, Katrina sarebbe potuta scendere da un momento all'altro.
Si guardò l'orologio in quel momento, erano le cinque e mezzo. Aveva il finestrino aperto e il gomito appoggiato alla portiera.
Solo a quell'ora vide la figura di Katrina attraversare la strada per prendere la macchina che aveva parcheggiato anche lei lì.
Scattò Tom. Accese subito la macchina ed era più che pronto ad accelerare.
Quando Katrina si mosse, lo stesso fece lui.
La seguì per circa dieci/quindici minuti, fin quando la vide fermarsi.
Dispose la macchina in modo da non destare sospetti. Erano al centro, alla 72esima, ed erano quasi le sei. Vide Katrina scendere dalla macchina e lo stesso fece lui. Aspettò che Katrina si fermasse del tutto, per poi avvicinarsi.
«Hey, hey, hey» mormorò Tom quasi al rallentatore, mentre Katrina probabilmente riconosciuta la voce sobbalzò.
«Ehm.. Tom!» disse lei. «..Cosa ci fai qui?»
«Niente, passavo.» rispose lui. «E tu, invece, cosa fai?» continuò. «Aspetti qualcuno?»
«Per niente.. stavo quasi andando via.»
«Che peccato. La serata è lunga.» le si avvicinò mentre lei era già spalle al muro.
Lei alzò lo sguardo per guardarlo bene negli occhi. La testa di Tom si stava leggermente incurvando, e le loro bocche erano vicinissime. Mentre lei lo sentiva già.
«Tu non sarai mai, come Hayley.» mormorò lui spezzando ogni minima speranza che Katrina potesse aver avuto in quel momento.
Lei sembrava volersi spostare, ma rimettendo la testa dritta e guardandola, Tom con una mano sulla spalla la spinse di nuovo contro il muro.
«Dammi il bracciale.» guardandola intenso.
«Di cosa stai parlando?!» mormorò lei spostando lo sguardo.
«Cazzo, smettila e dammi il bracciale ti ho detto.»
Non urlavano entrambi perché a quell'ora della sera il centro era molto affollato, e Tom lo fece apposta ad avvicinarsi così tanto a lei.
«Non farmelo ripetere.» continuò.
Lei guardò un momento altrove.
«Te lo do..» mormorò poi. «Però baciami.»
«Baciarti?» rispose. «Mi sei sempre servita solo a letto.»
«Tieni.» sfiatò Katrina, mentre infilò una mano nella tasca e posò il bracciale nella mano di Tom.
Guardò nuovamente altrove. Poi prese Tom per il collo e gli stampò un bacio.
«Cosa cazzo fai?!» allontanandosi dopo un paio di attimi trattenuto da lei, una volta il bracciale nelle mani.
«Se non ti avrò io, non ti avrà nemmeno lei.» guardando un punto dall'altra parte della strada.
Lui si voltò.
Il ghiaccio sarebbe stato meno denso di Tom in quel momento.
«Hayley!» poi urlò riconoscendo i capelli neri della ragazza combattere con il vento e correre.
Di nuovo impotente davanti a quella scena, si girò verso Katrina che non era più lì al muro, ma già in macchina.
«Ciao, Tom.» si sentì poi mormorare in modo da perdere tutto.
Sembrava tutto andare in una velocità elevatissima.
Sentiva d’aver perso veramente tutto.

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Capitolo 20
*** Can you realize that I love you? ***


Aveva perso davvero tutto. Ma era sicuramente possibile che sarebbe potuto accadere, ma non poteva averlo fatto così.
Quella notte la passò di merda, e il freddo era pazzesco.
Aveva perso sul serio Hayley, e in quel modo così stupido. Poteva evitarlo, ma fece la parte dello stronzo. Per colpa di quella puttana.
Aveva quella scena.. con Hayley, dove di schiena aumentava sempre di più il passo, quei capelli che con il vento si muovevano forti, che gli ripartiva in testa continuamente; sembrava quasi che il tasto rewind era rimasto fermo su quella scena, quasi automaticamente.
Poi pensò a quel bracciale. Non ricordava nemmeno dove l'avesse messo non appena glielo diede Katrina; probabilmente nella tasca dei pantaloni, se non in quella del giubbotto nero che il giorno indossava.
Non riusciva a dormire, si alzò. Quel pigiama colorato di un grigio scuro nonostante fosse di un materiale molto caldo non riusciva a riscaldarlo nemmeno un minimo.
La sua stanza era immensa, e quelle mura gli ricordavano la notte forse più vera della sua vita.
Si diresse verso il bagno, dove aveva lasciato i jeans. Infilò una mano prima in una e poi nell'altra tasca, fin quando tra le mani si trovò quel bracciale.
Era semplicissimo, una semplice catenina argento con dei ciondoli rossi; uno però mancava.
Se Hayley l'aveva lasciato era perché quel bracciale era davvero importante per lei. Se aveva davvero fatto esattamente quello che le aveva detto Katrina, quel bracciare rappresentava tanto o forse troppo – di cui lui non era a conoscenza.
La ragazza che lo fermò a scuola parlava di una certa paura da parte di quest'ultima, e forse era la verità. Hayley aveva paura di raccontare, aveva paura di raccontare ancora di sé.
In effetti, quella tra lui ed Hayley era una storia che non aveva avuto un vero e proprio inizio, ma giurò che avrebbe dato tutto quello che aveva, anche sé stesso se sarebbe servito, per un suo bacio. O ancora meno, purchè le sue labbra sfiorassero ancora le sue.
Non sarebbe mai potuto rimanere fermo a guardare tutto ciò per cui combatteva sgretolarsi davanti agli occhi come un castello di sabbia.
Guardò di nuovo quel bracciale nella mano, poi rialzò lo sguardo, che rimase fisso da qualche parte. Era rabbia quella.
Se solo pensava ad Hayley come potesse solo minimamente stare in quello stesso momento, sentiva che la rabbia lo accompagnava in ogni suo più piccolo movimento.
Quando ritornò a letto, poggiò il bracciale sul comodino.
Diceva bene quella ragazza a scuola: doveva essere lui a sistemare le cose. E invece? Aveva deluso la persona di cui lui stesso aveva più bisogno.

Non aveva più lacrime da versare lei. Le rimanevano solo gli occhi gonfi.
Al lavoro si era presa qualche giorno di malattia e a scuola un giorno andava, e altri tre no.
Tom non era quella persona vera di cui si era innamorata. Tom era veramente come diceva di essere. Non poteva cambiare; cambiava solo davanti a lei con ragioni e scopi ben definiti.
E' tutto vero, si è felice sul serio solo nei film. E le promesse solo se su un set cinematografico e quando sono degli attori sotto copione a farle, sono vere.
Tom l'aveva mentita, forse usata; però perché pensava che la amasse quando le parlava? Perché pensava che l'amasse quando la guardava? E perché pensava che l'amasse quando la baciava?
Quella notte fu un vero e proprio inferno per le tre cose che ultimamente facevano fatica a stare bene: mente, anima e cuore. La sua anima ritornò ghiaccio infatti in men che non si dica.
Tom l'aveva ammazzata.
Odiava aver così bisogno d'amarlo. Odiava aver bisogno della sua mano tra i capelli. E odiava aver bisogno del suo respiro sul collo e sulla faccia.
Con Katrina doveva solo incontrarsi per riavere il suo bracciale.
L’aveva seriamente ammazzata, Tom.

Quello era uno dei giorni in cui Hayley era presente a scuola.
Non riusciva a stare nemmeno in classe, la presenza di tutte quelle persone la infastidiva molto.
Non faceva notare il suo reale stato d'animo, e come sempre, aspettava solo la campanella per potersene ritornare a casa.
Si aggiustò il cappello nero di un bel caldo materiale che aveva in testa e mosse un po' i capelli.
Gli occhi erano sempre leggermente gonfi.
Il tempo faceva abbastanza schifo, e inoltre, le previsioni dicevano che avrebbe piovuto.
Quando la classe cominciò a svuotarsi, rimase in classe alcuni minuti in più, proprio perché, soprattutto in quel periodo e con quello stato d'animo, odiava stare tra la folla.
Quando le sembrò opportuno uscì dalla classe, e con passo non troppo veloce si stava dirigendo fuori.
Poi, perse un battito.
«Hayley»pronunciò quella voce che non udiva da fin troppo tempo.
Lei non voleva voltarsi, giurò che non voleva voltarsi; ma il bisogno di guardarlo di nuovo negli occhi prevaleva ed era più forte del suo intero corpo.
«Cosa vuoi, Tom?»con gli occhi lucidi, dopo che gli stessi s'incontrarono con quelli del ragazzo.
La borsa le cadde a terra.
«Di nuovo te.»fissandola, toccandosi la nuca con la mano destra attento a non spostare il cappello.
«Smettila di mentirmi.»
«Scusa, Hayley.»provò ad avvicinarsi. «Scusa»lasciandosi cadere lo zaino alle spalle.
La distanza, a quel punto, da più o meno due metri, si trasformò nella metà.
«Nella vita ho imparato a non accettare più le scuse.»disse lei in un singhiozzo.
«Dipende dalla persona che te le porge.»
«No.»secca. «Chiunque ti porga delle scuse, è perché ha fatto qualcosa contro di te. E che nel momento in cui l'ha fatto, non gli è stato necessario pensare a te.»
«Io ho sempre pensato a te»rispose. «Sempre.»
«Baciare un'altra è pensare a me, Tom?!» facendo qualche gesto distratto e malinconico.
«E' stata lei»
«Tom..»portandosi una mano prima sul naso e poi s'un occhio come per asciugarsi. «Potevi evitarlo se volevi.»
«Mi ha preso il collo mentre ero distratto, Hayley!» esclamò lui.
«Questa notte, l'ho passata a ricordare i momenti passati insieme.»mormorò. «A ricordare cose che prima io e poi tu, abbiamo deciso di cancellare per sempre.»
«Ricordi quando ti dissi che eri bellissima?»chiese. «Io non l'avevo mai detto con il vero senso ad una ragazza. Ti ricordi quando ci baciammo quella stessa notte?»porgendole­ un ulteriore domanda. «Quello è stato il mio primo vero bacio, perché l'ho sentito anch'io.» continuò. «E ti ricordi, invece, quando abbiamo fatto l'amore? Quella notte io non ho fatto sesso. Ho fatto l'amore.»
«E con questo? Credi davvero che con quattro parole così dolci messe insieme riesci a farmi credere che tutto quello che mi hai appena detto è vero?» rispose. «Cosa dici?»
«Che ti amo.»
«Ti sbagli. Sono io ad amarti, Tom.» sibilò. «Se veramente mi amavi, non la baciavi lei.»
«Lei per me non è niente. Lei non sarà mai nemmeno un minimo di quanto sei tu per me.»
«Sono parole dolcissime, Tom.»rispose.
«Mi dici cosa pensi realmente?»
«Nel nostro rapporto c'è troppa poca verità.»mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime.
«Se io ti dirò tutta la verità, farai anche tu lo stesso con me?»
«Mi dispiace Tom, non avrei mai dovuto amarti così tanto.»disse. «Perchè l'unica cosa vera che riesco a dirti, è che ho paura della verità.»
Il dolore la stava consumando, alzò la borsa da terra, e stava già indietreggiando; come l'ultima volta.
«Aspetta.» disse lui.
Lei distrutta si voltò, s'asciugò di nuovo entrambi gli occhi con una mano. Vide poi lui deciso in quello che stava per fare.
«E' tuo, questo?»mormorò Tom.
«Il mio bracciale.»sfiatò lei, perdendo un secondo battito.
«Cos'ha di così importante questo bracciale?»le chiese. «E' questo bracciale la risposta di tutto, non è così?»
La borsa le ricadde dalla mano, e si avvicinò lentamente a Tom.
Lo guardò negli occhi, stava guardando l'amore. E con tutta la forza che le era rimasta, lo abbracciò. Tom la sentì stretta di nuovo, mentre quel bracciale dai ciondoli rossi gli cadde dalla mano scaturendo un leggero rumore.
Ora Tom le prese la testa fra le mani.
«Adesso dimmi cosa c'è dietro tutto questo.»
Lei, prima si abbassò lentamente per recuperare il bracciale, e poi lo strinse in un pugno.
«Io, e la mia mamma.»rispose, superando il nocciola dei suoi occhi.
Erano entrambi nella stessa posizione, con le braccia stese lungo i fianchi; con gli occhi attaccati.
«Dov'è tua madre?»
«E' morta.»ora era Tom ad andare oltre il colore degli occhi della ragazza, e a leggerle l'anima. Tanto che rabbrividì ad un certo punto.
«Perché avevi così paura di parlarne?»
«E' una cosa stupida avere un bracciale che rappresenta tua madre.»
«La cosa stupida è non avermelo detto.»riprendendole la testa fra le mani, mentre lei rimase immobile.
«Sono vittima di questa paranoia da un bel po' di tempo, ormai.»
«Pensavi che non ti avrei creduto, vero?»
«Non solo tu. Non ne ho mai parlato con nessuno.»disse. «Ho paura di rimanere sola.»
«Ci sono io ora.»
Lei rimase a guardarlo incantata da quella frase, quella frase che avrebbe dovuto sentire più volte nel corso così lungo della sua vita.
«Non immagini quanta voglia ho di baciarti.»sfiatò lui.
«Dovresti farlo, ne ho veramente bisogno.»sussurrò.
Le loro bocche non se lo fecero ripetere due volte, e in men che non si dica si ritrovarono attaccate, perse in un amore che era ritornato di quel rosso così caldo che regalava.
L'amore non è complicato, sono le persone ad esserlo.
Le loro bocche, come le loro lingue, andavano all'unisono e il contatto tra loro era fortissimo.
Cominciarono a sentirsi vivi entrambi.
Mentre alle loro spalle, con il respiro sulla faccia, cominciò a nevicare.

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