I Marini

di Nikkina Cullen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A prima vista ***
Capitolo 2: *** Una luce insolita XD ***
Capitolo 3: *** Comportamento insolito XD ***
Capitolo 4: *** L'essere non umano XD ***
Capitolo 5: *** Confusa XD ***
Capitolo 6: *** Una cosa scontata XD ***
Capitolo 7: *** Famiglia Marini XD ***
Capitolo 8: *** La Storia di Cris e May XD ***
Capitolo 9: *** La storia di Gabriele XD ***
Capitolo 10: *** Le leggi dei Volturi XD ***
Capitolo 11: *** Andrea & Carlisle XD ***
Capitolo 12: *** E io ero pronta? XD ***



Capitolo 1
*** A prima vista ***


  Era inevitabile pensare a loro mentre stavo conoscendo altri come loro.
Il fatto di averli conosciuti la consideravo la mia grande fortuna.
Lo avrei anche pensato dell'altra famiglia?
Non avevo cosi tanta certezza.
Loro erano speciali, molto speciali.
E a renderli speciali era un segreto che solo io e quelli come loro conoscevano.
La prima volta che avevo notato Cris e May fu in un supermercato. Un luogo troppo comune troppo umano per loro. Eppure erano li.
Non li si vedeva molto in giro, specie nelle giornata in cui il sole era più caldo e visibile dalla nube di nebbia che spesso lo nascondeva. Molto spesso.
Vedere il sole era una di quelle cose che mi rendeva felice appena aprivo gli occhi. Specie in un posto dove il sole non si faceva vedere cosi spesso. L'umidità era spesso padrona dell'atmosfera cosi anche la pioggia fitta e sottile non mancava mai dalle mie parti.
Un giorno senza umidità era qualcosa simile ad un regalo che poteva riscaldare lo strato bruno del mio corpo.
Troppo bruno rispetto a quello degli abitanti del paese in cui vivevo. Infatti non ero delle loro parti.
E chi lo sapeva di dove ero?
Io di certo no.
Ero stata trovata dai servizi sociali quando avevo tre anni smarrita senza una casa e dato la mia tenera età e la mia sensibile adattabilità ai nuovi ambienti era bastato poco trovare una coppia che non poteva avere figli mi adottasse trovandomi irresistibile.
L'avevano chiamata la fortuna dei principianti.
Il primo incontro con la coppia li aveva rimasti estasiati.
Loro erano benestanti ne poveri e ne ricchi, mi avrebbero dato tutto ciò che era necessario, e anche di più, ma infondo era questo che doveva fare una famiglia. E loro erano la mia famiglia.
A cinque anni mi dissero la verità.
Troppo presto? No. Era la scelta giusta.
Io seppi quasi subito chi non ero. Non senza provare qualche dubbio in seguito. Erano sicuri che gli avrei ascoltati e capiti.
In effetti avevo fatto entrambi le cose e invece di sentirmi smarrita mi sentivo ancora più sicura e grata a quella coppia che aveva salvato il mio futuro. Loro mi avrebbe dato qualsiasi cosa, anche la luna se l'avessi chiesta ma a me bastava solo il loro amore e tutto ciò che mi davano in contorno una casa un presente un futuro ecc ecc.
Mi riempivano d'affetto come se comunque fossi uscita dai loro stessi corpi come se ormai ero veramente parte di loro.
Niente metteva in dubbio il bene che mi volevano.
Ogni tanto però i dubbi sulla mia esistenza mi venivano, naturalmente. Sapere di avere dei dubbi da non poter risolvere non era una bella sensazione, ma non pesava quando ero circondata dal loro calore, pesava quando rimanevo sola.
Quel giorno al supermercato ero sola.
Mi piaceva fare la spesa.
Mi ricordavano i pranzi e le cene spensierate con la mia famiglia e le nostre risate.
Quando rientravo da scuola non vedevo l'ora di sedermi a tavola e non solo per mangiare buonissimi piatti che preparava mia madre, ma per stare con loro e sentirmi protetta da loro.
Capitava che qualche mio  compagno era stato maleducato per via del colore scuro della mia pelle, ma a me bastava ritornare dalla mia famiglia che mi amava più di ogni altra cosa per stare bene e rendere fesserie quelle parole che tanto mi avevano disturbato.
Un giorno successe una cosa davvero strana.
Un mio compagno mi prese in giro per la milionesima volta e io non ce la feci più a sopportarlo in quel momento.
Mi sentii invadere dalla rabbia e i miei occhi si accesero di qualcosa che nemmeno io sapevo cosa fosse ma puntava su quel bambino senza vedere più esattamente quello che io stesso dovevo puntare. Era come se andava per i fatti suoi e io non riuscivo a controllarla. Quella cosa mi spaventò ma non quanto spaventò il ragazzino.
La sua reazione spontanea fu quella di buttarsi per terra, come se lo avessi colpito con lo sguardo.
Cosi esattamente fu ma a lui naturalmente nessuno gli credette.
I genitori lo portarono addirittura dal psicologo della scuola e questa disse che si era creato l'illusione che io potessi colpirlo dopo avermi detto quelle brutte parole.
La causa fu la paura di una mia reazione che in realtà per gli adulti non c'era mai stata. Lo avevo solo guardato male ed era una reazione più che consentita la mia. Naturalmente da quel giorno il bambino non mi rivolse più la parola ne mi guardò mai più negli occhi, sapeva di aver ragione nonostante sembrava folle anche a lui che una bambina potesse far del male solo con uno sguardo.
 E io stessa avevo qualche dubbio sulla non verità delle sue parole. Quel fuoco invadermi dentro e colpirlo cosi brutalmente io l'avevo sentito veramente.
Ma dovevo proteggermi, come mi protessero i miei genitori da quelle accuse folli, quindi mi dissi io stessa che non potevo aver fatto una cosa del genere o comunque non ero sicura.
In paese nessuno ci credette fortunatamente erano molto ragionevoli su queste cose e molto scettici sui poteri paranormali.
E se un paese quello in cui vivi non ti condanna, stai sicuro che nessuno avrà il coraggio di farlo da nessuna parte.
Ero coperta dal fatto che tutti adoravano i miei genitori specie mia madre.
Mia madre lavorava al comune del mio paese ed era conosciuta da tutti. Quel sorriso che mi rincuorava ogni sera prima di dormire, meglio di una carezza non aveva sciolto solo me o miei dubbi, ma anche il resto della cittadina in cui risiedevamo da quando io ero con loro.
Mio padre era suo marito. Il fortunato signore Guanci che aveva avuto la possibilità di sposare una donna del genere. E sapeva anche lui quanto era stato fortunato. Tanto fortunato da essere padre anche di una figlia come me che anche in età di adolescente non gli avevo dato i soliti grattacapi che i miei coetanei concedevano ai loro genitori.
Mi avrebbe concesso tutto anche se io non chiedevo niente.
Non avevo bisogno di altro che di loro a sostenermi come avevano sempre fatto. Sembrava un quadro perfetto il nostro come nelle migliori famiglie americane che si vedono all'inizio di un film ma solo all'inizio poi c'è qualcosa che gli sconvolge e io forse lo aspettavo inconsciamente quel qualcosa.
Io non mi sentivo adolescente per niente.
Quel giorno ne era una prova.
Quale adolescente avrebbe fatto la spesa per la sua famiglia?
Con tutto ciò che circondava la vita di un'adolescente la spesa rientrava tra le cose noiose che mai avrebbero fatto se non per una serata tra amici. Amici. Divertimento. Amici. Divertimento.
Il giro che circonda la vita di un adolescente è quello.
Qualche volta anche i compiti ma solo in caso in cui un brutto voto incombeva alle porte. E questo voleva dire vita ritirata di conseguenza meglio un minimo sforzo prima che una vita di prigione dopo. Questo non tutti lo capivano. Non tutti erano abbastanza furbi da capirlo e quindi la vita di prigionia era più frequente rispetto al minimo sforzo prima.
Da quel punto di vista li trovavo … poco furbi.
Solo tre ragazzi erano furbi come me.
May era al supermercato con la madre. Questo spiegava quanto avessimo in comune tra di noi.
Quel giorno al supermercato ripensavo al fatto accaduto da piccola, in particolare all'insulto sul colore della mia pelle e fui invidiosa della pelle bianco latte di May e di sua madre. La loro pelle era bellissima, sembrava che dovesse luccicare da un momento all'altro per quanto era bella.
Le osservai facendo finta di fare altro anche se era difficile farsi distrarre da loro. Avendo una madre cosi al centro dell'attenzione dovunque andavamo sapevo benissimo quanto era sgradevole essere fissati. Ma loro mi ipnotizzavano inconsapevolmente. Mi prendeva una stretta allo stomaco ogni volta che incrociavo un loro sguardo e quegli occhi erano di uno splendido giallo dorato, come se ero convinta che sarebbero dovuti essere di un altro colore … ma quello mia andava più che bene.
Era il colore sbagliato ma allo stesso tempo quel colore li rendeva speciali.
Superate loro ormai ero nel vortice dei miei pensieri come spesso accadeva dopo aver visto quei ragazzi e non mi accorsi che qualcun altro stava osservando lo svolgersi della situazione.
Il suo saluto mi portò alla quasi realtà molto più strana delle mie fantasie. 
 "Ciao!" mi disse una voce melodiosa che solo quella somigliava a un tono festoso di campane in festa. Quel suono che manco se stai dormendo ti sveglia male.
Mi salutava? Questo si che era veramente strano.
"Ciao" risposi timidamente e molto sorpresa.
Era il fratello di May, Gabriele Marini, che se non avesse fatto segnali come un saluto lo avrei travolto con il mio carrello.
Di nuovo il mio stomaco si strinse in una stretta che non capivo perché mi prendesse ma non era una cosa positiva, strideva assolutamente con loro.
"Anche tu qua?" mi chiese disinvolto lui come se ci conoscessimo da sempre.
"E si - dissi io - qualcuno dovrà pur pensare a riempire il frigo dentro casa."
Il suo sorriso mi riempì il cuore inspiegabilmente come se avessi detto qualcosa di sbagliato.
"Già beh noi siamo in tre se è per questo!" ma non sembrava molto convinto che la sua battuta fosse naturale come la mia.
"Ok - aggiunse - ci vediamo a scuola!"
"Ah, si ciao!" risposi come se le sue parole mi avessero distratta da qualcosa di più bello che poteva essere solo il suo viso.
E mi sorpasso raggiungendo la sorella e la madre.
In paese loro non godevano dello stesso rispetto di cui godeva la mia famiglia.
Lo trovavo ingiusto.
Erano bravi ragazzi raccolti dalla strada come me.
E affidati a due genitori troppo giovani per avere figli della loro età.
Il destino era stato ingiusto anche per Cris e Andrea ma nessuno gli risparmiava i pettegolezzi che risparmiavano alla mia famiglia.
Credevo fossero ingiusti perché i loro pettegolezzi costringevano la famiglia Marini a fare una vita molto solitaria ma a loro stessi sembrava andare bene.
Anzi ero sicura che se ci fosse stato un pericolo ci avrebbero anche protetti nonostante il pensiero comune del resto del paese.
Ma protetti da che cosa?
Mi sentii onestamente stupida per aver pensato qualcosa del genere.
Non erano mica supereroi!
 
 
 

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Capitolo 2
*** Una luce insolita XD ***


  Rientrai in casa e fui felice di essere sola.
Ero troppo frastornata e mi avrebbero fatto delle domande alle quali io non avrei saputo rispondere.  Mi chiedevo il motivo. Perché dei semplici esseri umani mi creavano uno scompiglio cosi grande come lo creavano loro.  Avendo incontrato per la prima volta anche la loro madre mi accorsi che era una cosa che riguardava tutta la famiglia. Pensavo che la cosa fosse circoscritta solo ai ragazzi e invece no ero sicura che anche se avrei incontrato il signor Andrea mi avrebbe fatto lo stesso effetto.
I loro tratti erano molto comuni per appartenere a famiglie diverse, ma loro provenivano dalla Finlandia e forse il colore della pelle dalle loro parti era cosi bianca per quanto ne potevo sapere io.
Che stupida che ero!
Mi soffermavo su un dettaglio tanto piccolo come il colore della pelle. Chissà loro cosa pensavano della mia pelle dato che era molto più scura della loro?
Non era giusto fare queste congetture sull'aspetto fisico.
Eppure non ero pentita perché non era in senso dispregiativo che li osservavo come avrebbe fatto qualcun altro del mio paese, ma mi affascinavano, a parte la piccola invidia che provavo inizialmente che lasciava subito posto alla meraviglia.  Cercavo di fare gesti meccanici come mettere le cose nella credenza o nel frigo per non pensare, ma non mi aiutava un granché.
Non sentii nemmeno la porta aprirsi e mi ritrovai mio padre in cucina mentre ero quasi completamente ficcata nel frigo, mi spaventò.
"Se avevi intenzione di smantellare il frigo, me lo potevi dire e ti davo una mano."
"Veramente stavo solo mettendo la spesa apposto!" e sorrisi benché sapevo che la sua non era solo una battuta.
Di quei lavoretti sapevo che se ne occupava lui ed era geloso se qualcun altro gli prendeva  anche quel posto.
Mio padre non aveva molto da fare fuori.
Il lavoro di mia madre bastava alla famiglia per farci vivere più che agiatamente e mio padre credeva fosse un sopruso prendere un posto di lavoro che avrebbe fatto gola ad un altro padre di famiglia che non aveva la fortuna come la sua cioè una moglie che portava uno stipendio che copriva le spese delle casa, della scuola, della famiglia e ci permetteva anche di andare in vacanza ad agosto per altro il mese più costoso per una vacanza.
Se avessi voluto fare un hobby particolare come danza o qualche sport me lo avrebbero anche concesso ma non avevo testa per qualche sport specifico e da piccola mi avevano fatto provare di tutto e di più.
Per la danza ero molto distratta e quindi quando si trattava di lavoro di gruppo ero sempre messa in ultima fila proprio per non rendere evidenti i miei errori al pubblico.
Per quanto riguardava lo sport correre non mi piaceva. Il senso di perdere anche momentaneamente la mia sicurezza non mi riusciva a concentrare sui miei passi e su quello che dovevo fare come tenere una palla in mano ad esempio nel caso del Basket oppure prendere la palla volante come nel caso della Pallavolo.
Io e lo sport non eravamo una cosa sola, anzi le ore di ginnastica non mi affascinavano molto malgrado le facessi per dovere e malgrado me la cavassi tanto da prendere un buon voto in pagella.
Lo sport non mi aveva nemmeno aiutato a socializzare con il resto dei miei coetanei quindi  restavo uno spirito solitario e questo mi penalizzava nella vita sociale anche della scuola, preoccupando i miei genitori e non poco. Amavano la solitudine che mi distingueva dai miei coetanei, ma avvolte penalizzava me e la mia vita con gli altri adolescenti.
Io stavo sempre a casa e per questo avevo un ottimo rapporto con mio padre.
Non capivo la sua dedizione per il calcio ma a parte quello le cose andavano benissimo fra di noi.
Questa era un'altra cosa che mi distingueva dai miei coetanei: il rapporto genitori e figlio adolescente.
Io ero uno specchio per loro.
Non avevano bisogno di leggere libri o riviste che riguardavano la mia età, bastava leggermi negli occhi e capivano cosa stavo provando.
Fu quello il motivo per cui fui felice di essere sola al ritorno dal supermercato, ma la cosa non bastò a tranquillizzarmi.
"È successo qualcosa di cui vuoi parlare?" chiese mio padre interrompendo i miei pensieri.
"No papà, solo che al supermercato ho parlato con il figlio dei signori Marini"
"Ah, discorso interessante?" anche se lui era d’accordo con me sulle stupide dicerie della gente, la cosa lo stupì lo stesso.
"Niente, mi ha solo salutato!"
"Cosa c'è di cosi sconvolgente nell'essere educati?"
Le sue parole rimettevano tutto nella prospettiva giusta.
Era stato solo educato.
"Si papà hai ragione!" cosi dicendo gli detti un bacio e me ne andai nella mia camera. "Devo finire qualche compito!" Alla parola compito i genitori non obbiettavano mai, e anche se io gli avevo già finiti quelli per il giorno dopo pensai di anticiparne qualcuno che avevo per i prossimi giorni.
Tutto pur di non dire una bugia.
La mia mente vagabondò un po’ troppo per i fatti suoi.
Ragazzi come loro avrebbero potuto occupare come niente il centro della vita scolastica, belli ricchi e anche notati, eppure se ne stavano in disparte solo loro e tre come se avessero qualcosa da nascondere, come se si creassero una maschera.
Forse avevano solo una riservatezza molto stretta come la mia. Anche io grazie a mia madre ero spesso al centro dell'attenzione in modo positivo. Tutti l'adoravano e cosi a scuola venivo adorata anche io specialmente dai miei insegnanti, questo era anche un altro motivo che mi allontanavano dai miei coetanei invidiosi per la mia influenza sugli insegnanti.
Non avrei mai occupato io un posto di rilievo con la tensione che creavo e non me ne rammaricavo più di tanto non quanto infastidiva i miei genitori. Io preferivo leggere un buon libro, magari seduta su un telo in riva al mare.
Essere vicini al mare aiuta a stemperare la tensione interiore.
Se la giornata era bella non mi richiudevo in casa andavo alla spiaggia. Questo era un tratto che mi accumunava a quelli della mia specie, ma sfidavo chiunque a non gradire una magnifica giornata di sole in riva al mare se poi sei a due passo da esso.
Mi armavo del libro che stavo leggendo al momento e di buona musica ritrovandomi di colpo io e il mare.
Meglio se in vicinanza c'erano gli scogli, l'odore di iodo era uno dei miei odori preferiti.
Quella giornata era bella quindi sicuramente l'avrei trascorsa alla spiaggia. Finii i compiti che stavo facendo e mi preparai per andare verso la mia meta. Il mare era stupendo in quel periodo.
Le belle giornate di inizio primavera erano quelle che amavo di più.
La spiaggia non è molto affollata come capita nel periodo alto dell'estate ed è più bello godersi il mare cosi.
Quel giorno fu la prima volta che mi accorsi di non essere sola.
Il mio sguardo era concentrato sul movimento delle onde che andavano e venivano sul bagnasciuga stavo valutando se la giornata fosse esattamente calda per bagnarmi i piedi, non riuscivo a decidere consapevole che l'acqua non sarebbe stata adatta alla temperatura che io mi aspettavo, troppo fredda probabilmente per la mia logica.
L' improvviso annuvolarsi del cielo mi portò oltre a un cattivo umore anche alla decisione di non fare più il bagnetto ai miei piedi.
E in quel momento mentre distoglievo lo sguardo dal mare per  guardare il cielo, mi accorsi di un luccichio proveniente dalla boscaglia, il mio stomaco si contorse dalla paura.
Il luccicare mi incuriosì e mentre una voce mi diceva di non muovermi da dove ero e anzi di scappare, io incurante di quella voce detti spazio alla mia curiosità, mi alzai e mi diressi verso il punto in cui mi sembrava che quella specie di luce fosse apparsa.
I raggi erano non erano ancora troppo intensi per illuminare anche il bosco, ma non era un raggio solare quello che avevo visto.
Ne ero certa.
Mi affacciai in quel punto del bosco, dove tutto era più scuro ma a quel punto la paura si fece più forte della curiosità e le gambe non mi permisero di proseguire.
Di certo se ci fosse stato mio padre mi sarei inoltrata con lui che mi teneva la mano come facevamo quando ero piccola, ma da sola la cosa mi metteva timore quindi decisi che era più saggio rientrare a casa.
Essere al sicuro mi tranquillizzò per un po’. 
Rientrare e trovare i miei genitori che mi aspettavano per cena fu la cosa che mise a tacere di più la mia paura innata di qualche ora prima.
Fu più dura tranquillizzarmi quando mi ritrovai da sola nel mio letto a notte fonda, pensando a quella macchia bianca che mi aveva infastidita.
Non mi aiutò a dormire avevo ancora un inspiegabile fastidio agli occhi.
Cercai di ricordare qualcosa attinente a quella macchia bianca ma il cervello era troppo stanco per stare a passo con i suoi stessi pensieri tanto che mi dette la buona scusa di smettere per quella notte di capirci qualcosa e dormire beatamente.
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Comportamento insolito XD ***


   
Quella mattina fu difficile alzarmi.
Avevo dormito poco e male.
Mia madre per giunta se ne accorse. Come se le poteva passare inosservato ogni mio piccolo gesto o in quel caso turbamento.
Dopo il suo solito bacio sulla mia fronte, arrivò la domanda che mi aspettavo.
"Cosa c'è?" mi chiese ripetutamente, ma io non risposi, non avevo la forza per rispondere.
Di solito ero attenta a mia madre a prima mattina, come lei lo era con me e infatti subito capivamo se ad una delle due era successo qualcosa che la turbava. Quella domanda sarebbe partita anche da me, se nel caso inverso, sarebbe stata lei ad essere turbata, quindi era una domanda consona all'occasione. Ma quella mattina le mie palpebre si chiudevano ogni volta che cercavo di mandare giù il latte con qualche biscotto. E quindi era chiaro anche senza chiedere ulteriormente il motivo del mio apparente turbamento.
Erano le conseguenze di essere stata accecata da quella luce?
O era solo la stanchezza che provavo per non aver dormito bene?
Con due possibilità era difficile stabilire quale era quella giusta. Anche se per mia madre sarebbe stata la seconda e sicuramente la mia parte razionale avrebbe scelto la stessa risposta.
Mi lavai un'altra volta la faccia anche se il getto di acqua fresca più che svegliarmi mi rigenerò per essere vigile solo durante il tragitto, il ché non fu male dato che non volevo che una macchina mi mettesse sotto per colpa di una notte insonne.
La musica aiutava la mia mente a tenersi sveglia.
Avevo scelto musica ritmata proprio per questo scopo.
Provai di nuovo quella stretta allo stomaco prima di alzare gli occhi e me lo ritrovai al mio fianco che camminava vicino a me.
Reagii con stupore a quella constatazione che mi fece passare la stretta allo stomaco molto velocemente.
Un sorriso spontaneo si inarcò sulle mie labbra a risposta del suo splendido e favoloso sorriso.
"Ciao, dormito male?"
"C-come lo sai?" e mi levai l'auricolare dell'orecchio sinistro anche se la sua voce era arrivata limpida e dolce nonostante la musica a tutto volume. "Le occhiaie …  ci potevo mettere un po’ di correttore!" era una battuta ma non riuscii a ridere, lui ce le aveva uguali alle mie.
"Anche tu non hai dormito molto a quanto pare!" e indicai il sotto delle sue sottociglia e lui mi rispose alzando le spalle come fosse una cosa ovvia:
"Mi piace molto la notte! Perché perderci del tempo a dormirci su?"
Poi si affretto a rispondere "Dormo il pomeriggio" ma non fu altrettanto naturale come quando aveva dato la prima risposta.
"Capito" aspettò la mia risposta per sgattaiolare via sussurrandomi solo un "Ciao" e non dandomi neanche il tempo di proseguire il discorso.
Le lezioni erano una manna dal cielo. Dalla mia prima fila poi non potevo che stare attenta alla voce dell'insegnate di turno tenendomi sveglia anche se poco concentrata, ma mi bastava solo cercare di guardare il professore per tenermi sull'attenti.
Arrivò l'intervallo cosi la classe come spesso succedeva si svuotò. In classe rimanemmo in pochi e io di certo non avevo la forza di alzarmi non che lo facessi abitudinariamente. Puntavo la porta distratta dal via vai che si era creato nel corridoio e vidi anche lui che passando davanti alla porta della mia classe mi fissò, sorridendomi.
Cominciai a pensare che il sonno mi stava dando anche qualche problema con la parte visiva ma la mia compagna di banco in quelle rari occasioni in cui parlavano mi smentì "Hai visto anche tu che Marini ti ha sorriso?" "Davvero?" risposi io confusa e imbarazzata " non me ne ero proprio accorta, ehm grazie per avermelo detto!" le concessi con un tono gentile. Fui risucchiata in un vortice di timidezza  nei confronti di Claudia che non le rivolsi più lo sguardo fino a che la campanella non suonò e la salutai come sempre educatamente, prima di precipitarmi fuori dall'edificio.
Claudia non era una secchione ne una da primi posti di fila. Il suo primo banco era una tortura per lei perché le era stato affibbiato per punizione. Il primo giorno di scuola lei e la sua amica Dora si precipitavano per prime a scuola a prendere i posti delle ultime file ma nemmeno dopo il passare del primo mese delle lezione, lei o la sua amica veniva cambiata di posto facendole mettere avanti e a me mi era toccato dividere il banco con lei. Sapevo che non ne era felice  nemmeno lei, appena poteva infatti si  alzava e si dirigeva dietro a parlare con la sua amica. Sapevo anche che non era una cosa personale quindi non ci davo peso. Ma quel fatto ci scommettevo sarebbe stato motivo di pettegolezzo con la sua amichetta del cuore. Era stato cosi evidente che avesse sorriso a me? Forse prima di dirlo se ne era già accertata che non fosse rivolto a lei. Poverina, uno dei Marini considerato il ragazzo più fico della scuola, sorrideva a un' anonima ragazza secchiona come me. Sbuffai non volevo proprio stare al centro dei pettegolezzi e non volevo nemmeno provocare altra invidia nei miei confronti.
Mi bastava quella che suscitava mia madre!
Era proprio una giornata no quella e oltre alla stanchezza a metterci lo zampino era arrivato anche il nervosismo.
A cena i miei genitori pensarono che il nervoso provenisse dall'insonnia e mi lasciarono andare in camera senza chiedere spiegazioni.
Sapevano già entrambi che avevo dormito male.
In camera però non riuscii a stare serena.
Pensavo a quello che era successo a scuola.
Perché mi ha parlato?
Perché mi ha sorriso?
Non si comporta mai con nessuno cosi a parte i suoi fratelli.
Cercavo risposte a domande che mi sembravano già strane fatte in partenza.
E non le trovavo le risposte il che mi faceva stare ancora più in ansia.
Dovevo lasciarmi stupire da quei gesti?
Dovevo credere che fossero fatti solo per educazione?
Oppure chiedere spiegazioni alla persona interessata? Sarei arrivata a tanto?
Perché mi irritavano cosi tanto i suoi gesti?
"Uffa" fu la mia unica affermazione sensata, tanto che mi decisi a spegnere la luce e lasciarmi cullare da Morfeo.
Anche quella notte fu difficile chiudere occhio ma dopo aver contato qualche pecorella smarrita il sonno arrivò relativamente subito anche perché non era tenuto lontano dalla paura come la notte precedente e non ebbi problemi di insonnia il giorno dopo.
Una cosa buona Marini l'aveva fatta.
Non avevo più pensato alla cosa bianca intravista nel bosco il giorno prima.
 
 

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Capitolo 4
*** L'essere non umano XD ***


  Quel giorno ritornò di nuovo il sole e anche il caldo. Mi rilassò ulteriormente anche se mi aspettava una giornata dura a scuola. Ma siccome Marini non c'era e io si, non destai sospetti in graditi alla mia compagna di banco che non mi fece pesare quel sorriso, anche se ero sicura che lo avesse già riferito alla sua migliore amica.
Il solo pensiero mi irritò parecchio come il giorno prima. Mi chiedevo come facesse mia madre a sopportare tutto quell'accanimento delle donne nei suoi confronti. Ma poi mi resi conto di una cosa: io non ero bella come mia madre. Lei era bionda slanciata e con corpo da modella. La sua unica sfortuna nella vita era stata quella di non poter concepire, ma la riteneva sfortuna solo fino a quando non aveva trovato me in quell'orfanotrofio. La sua vita era felice ed era forse per questo che non le pesava se il prezzo che doveva pagare era un po’ di invidia da parte delle altre.
Un giorno speravo anche io di poter avere un po’ della felicità che aveva avuto mia madre, speravo proprio che fosse ereditaria, anche se io non ero biologicamente sua figlia. Questo mi preoccupava. Avevo paura che questo fosse il reale problema per cui io non sarei mai potuta essere felice come lei.
Dopo scuola mi precipitai a casa. Era piacevole camminare se non dovevi stare attenta all'acqua che veniva da sopra o a quella che si era depositata sul suolo formando delle pozzanghere. In più il caldo sulla pelle mi creava la stessa sensazione piacevole di sempre e mi faceva nascere la stessa voglia di andare a godermi un po’ la spiaggia e il mare.
L'episodio accaduto durante l'ultima mia spiaggiata non mi avrebbe fermato.
Anche perché non sapevo nemmeno io cosa era successo in realtà.
Non avendo prove sufficiente non potevo impedirmi di non andare là.
Stavolta mi caricai lo zaino di compito e il mio ipod già in tasca e funzionante. Salutai mio padre dicendoli dove stavo andando e uscii dalla porta entusiasta senza nemmeno aspettare una sua risposta. Lo sentii solo dire di non dirigermi dalla parte del bosco. La cosa mi gelò sulla porta ma ero troppo lontana dal suo sguardo perché lui se ne accorgesse.
Il gelo si sciolse subito al calore tanto da farmi dimenticare il motivo per cui non dovessi andare proprio in quella direzione, in realtà avevo sentito solo di non andare nel bosco e non altro.
Di certo non sarei andata nel bosco ma stare nelle vicinanze non mi avrebbe fatto male.
Quel pomeriggio le nubi tornarono molto più velocemente con mio grande rammarico. Ma a gelarmi non fu il sole che rientrava nella nuvola. Qualcuno mi osservava. Avevo paura a girarmi di nuovo e vedere qualcosa che sicuramente mi avrebbe fatto male agli occhi e non fatto dormire la notte. Poi una voce che cominciava  ad essere famigliare mi spaventò … "Buh!" saltai sul posto e senza nemmeno sentire la mia pelle toccata dalle sue dita. Mi si strinse di nuovo lo stomaco avrei voluto urlare ma sapevo consciamente chi era e mi risparmiai in tempo di degenerare la mia pessima figura.
"Ciao" dissi con tono acido e solo per educazione.
"Ti ho spaventata?"
"Sei contento se ti dico si?" ero ancora incavolato con lui con il mio sarcasmo lo avrei voluto pungere.
"Ti piace il brivido?"
"No per niente ecco perché se non lo hai ancora notato sono arrabbiata con te!"
"Non mi sembra sei tu che scegli i posti sbagliati dove stare."
"Cosa?"
" Non hai sentito quello che dicono in giro?"
"Non mi piacciono i pettegolezzi!"
"Ma questo non è un pettegolezzo, dicono che nel bosco c'è qualcosa che fa del male … alle persone"
"Ah mio padre mi aveva detto di non andare nel bosco!"
"Si vedo che lo hai ascoltato bene!"
"Ma io non sono nel bosco!"
"A pochi centimetri si però la cosa potrebbe uscire e farti dal male non è detto che le aspetti dentro le sue vittime" qualcosa nei suoi occhi si intristì. Il suo sguardo mi sembrava spento come se avesse detto la piena verità su un'altra cosa che lo riguardava direttamente.
"Tu come la fai a sapere?" chiesi io quasi aspettandomi la verità
"E' un animale agisce d'istinto!" e si sedette accanto a me come se ci volesse veramente rimanere.
Il gesto mi stupì più delle sue parole.
Per lo stupore mi dimenticai il discorso che stavamo facendo e mi dimenticai persino il motivo per cui ero arrabbiata.
Quella meraviglia di ragazzo era seduta accanto a me e  non ci potevo ancora credere.
Malgrado fosse la realtà, mi sembrava un sogno.
Uno di quei sogni da cui ti penti di aver riaperto gli occhi, come il sogno ad occhi aperti che viveva mia madre.
Solo le sue stesse parole dette con voce melodiosa mi fecero ritornare in me.
"Che cosa stavi facendo prima che io ti spaventassi?"
"Compiti" storse la bocca come ogni adolescente avrebbe fatto davanti alla mia parola, sorrisi.
"Se venivi nella mia classe ti potevo passare quelli che ti servivano per domani"
"Già recuperato non ti preoccupare comunque grazie del pensiero!"
"Figurati" non sapevo più cos'altro dire ma non volevo che si annoiasse e decidesse di andare via.
"Come mai non sei venuto oggi?"
Sembrava la domanda più sbagliata che li potessi fare, ma non avevo altro in testa.
"Ehm, quando c'è il sole mio padre ci fa fare Trekking!"
"Trekking? Nel bosco?"
"Ehm si!"
"Tuo padre è uno smidollato lo sai?"
"Si" sorrise alla mia battuta. Il suo sorriso mi mandò in tilt.
"Sai come gli piacciono questo genere di cose!"
"Gli piacciono gli Horror?"
"Eh eh tu non sai quanto!" sembrava che le sue battute rivolte a lui avevano più effetto.
"A te?"
"Convivo con il suo hobby!" e si scrollo le spalle
"Sai quando ero piccola con mio padre andavo spesso nel bosco! Hanno una cosa in comune i nostri genitori, magari potrebbero fare trekking insieme?"
La domanda mi sembrò inadeguata, avrei dovuto prima chiedere a mio padre ci risi su prima che potesse prenderla seriamente lui.
"Proverò a porre la domanda a mio padre e poi ti dico cosa mi risponde!"
"Già mi sembra giusto non che a mio padre non farebbe piacere ma credo sia più giusto chiedere a lui!"
Mi sentivo aggrovigliata dal pettegolezzo cittadino e non volevo coinvolgere mio padre dato che era uno dei pochi che odia quei pettegolezzi sulla famiglia Marini.
Lui si intristì e io non volevo ma mi anticipò quando cercai di parlarli di nuovo.
"Lo sappiamo che in paese non ci posso tanto digerire!"
"Scusami non volevo dire questo, anzi mio padre non crede ai pettegolezzi che dicono su di voi … "
Alzò il sopracciglio e aggiunse "carino da parte sua e uno dei pochi o forse è l'unico … "
"Beh veramente ci sarei anche io ehm mi ha educato in questo modo!"
"Bene allora siete in due!" ma poi si corresse "anzi è Male!"
"Perché è male?" ma qualcosa interruppe il nostro discorso.
"Te l'avevo detto di non stare qua signorina Granci" mentre si metteva in posizione di difesa davanti a me.
Io non capivo … non volevo crederci a ciò che vedevo davanti a me.
E non volevo che lui mi proteggesse, gli avrei voluto dire di scappare ma la mia voce non emetteva alcun suono era come sparita. Solo il vento soffiava gelido tra noi e lui. E  non era un animale. Era qualcosa di molto più brutto di un animale feroce. Era qualcosa che mi terrorizzava e mi gelava le gambe. Ringhiava. Ringhiava qualcosa che non capivo.
"Vai via finché sei ancora in tempo non voglio far del male a te!" riuscii infine a capire "Non te la prendere tanto ho solo fame!"
"Nooooo, lei non si tocca!" disse lui alla creatura di cui iniziavo a capire le parole. "Mi dispiace ma è troppo invitante per ascoltarti!" Era ad un passo dai noi. Sentii i suoi passi brutali e veloci raggiungerci ma d'improvviso i miei occhi si infuocarono e la belva mentre lo fissavo con gli occhi brucianti dalla rabbia perché stava facendo del male al mio amico, cadde a terra come se il mio sguardo lo avesse tramortito. "Te l'avevo detto di non toccarla." disse lui soddisfatto del mio lavoro. Si avvicinò al nostro nemico e lo finì mentre io impietrivo al mio posto senza che potessi fare nient'altro, in preda dal panico e della shock che stava salendo piano piano divorandomi. Sarei dovuta scappare ma non volevo rimanere lui da solo. Avevo troppa paura di lasciare Gabriele da solo.  Mentre accendeva un falò mi disse "Ottimo lavoro di squadra amica!" ritornai in me sentendo il suono delle sue parole "Ehm si grazie!" poi capii a che serviva il falò. La puzza aumentava man mano che buttava i pezzi di quell'essere nel fuoco e io non capii più niente tanto da non riuscire a controllore più le vertigini che mi fecero svenire in un attimo.
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Confusa XD ***


  Quando riaprii gli occhi  mi sentii girare la testa, ma sapevo di stare al sicuro, anche se non sapevo dove stavo.
"Ga-Gabriele?"
"Si, sono qua tranquilla sei a casa mia!"
"Ah ok, ma cosa è successo?"
"Sei svenuta sulla spiaggia ti ho trovato e ti ho portato qua!"
Non era molto convincente con le parole sapevo che se voleva poteva anche imbabucchiarmi ma non lo stava facendo. Perché? Più cercavo di ricordare è più mi veniva mal di testa.
"Non ricordo niente!"
"Non è successo niente tu ora stai bene e ti riprenderai dopo aver riposato un po’ non sforzarti o potresti danneggiarti."
Seguii il suo consiglio e mi riaddormentai già mezza incosciente mentre parlavamo.
Sentivo che non era casa mia, ma avevo lo stesso la sensazione di sicurezza dopo quelle parole.  Non mi ci volle molto per capire il motivo per cui ero là.
Impietrita dal ricordo non riuscivo più a stare stesa e mi alzai. Lui evidentemente mi sentì e fu subito in quella che doveva essere la sua camera non feci nemmeno in tempo a guardarmi intorno.
"Perché ti sei alzata? Devi stare stesa!" mi stava rimproverando.
"Non ce la faccio a stare stesa, voglio sapere che era quella cosa?"
"Ah, te lo sei ricordato?"
"Si! Non tramortisco tutti i giorni un essere del genere!" non ce la facevo a stare in piedi e mi risedetti, tenendomi la testa fra le mani per le vertigini.
"Ascoltami prima stenditi e facciamo passare il mal di testa e poi ti spiegherò tutto, promesso!"
"Promesso?"
"Si, ma se non ti riposi non ti passano le vertigini e non posso stare meglio finché non ti rimetti."
Non finii nemmeno di sentirlo che ero già piombata nel sonno profondo, l'unico sollievo al mal di testa atroce che provavo.
Non so per quanto tempo dormii e mi chiedevo anche perché i miei genitori non si fossero ancora precipitati lì per venirmi a prendere.
Ma riaprii di nuovo gli occhi ed ero già in camera mia.
Mia madre era ai piedi del letto stretta dall'angoscia e dall'ansia.
"Mamma sto bene!" anche se fui un po’ delusa di vedere lei e non qualcun altro.
"Si lo so ma sentirtelo dire mi fa stare ancora meglio!"
"Mamma è notte fonda vai a dormire per favore!"
Accolse la mia supplica più che rimprovero, mi baciò la fronte e uscì dalla mia stanza, solo perché aveva sentito da me stessa che stavo bene e si fidava di ciò che gli dicevo io.
"Ah riposati figlia mia, abbiamo deciso con papà che oggi non vai a scuola!". Appresi con sollievo quella notizia, perché io non stavo bene, per niente. Mi sentivo soffocare dalla paura e non sapevo nemmeno da dove iniziare ad analizzare il tutto. Sembrava cosi irrazionale. Cosi irreale. Ma era successo. Tutto era realmente successo. E io non ci credevo. Non ci avevo creduto quando stava succedendo figuriamoci lontana da quel luogo, lontana da quello che ormai era un ricordo che faceva parte della mia giornata appena passata.
Cercai di riaddormentarmi perché era l'unico modo per non pensare e stranamente ci riuscii. 
Forse mi avevano date un tranquillante per farlo. Non lo so ma mi aiutò.
Da una parte mi sembrava strano che i miei genitori non avessero chiamato il medico, dall'altra parte invece me ne sentii sollevata avrebbe fatto delle domande alle quali io non potevo rispondere.
Forse la famiglia Marini gli aveva convinti che avevo solo bisogno di riposo ma era strano che i miei si lasciassero convincere in quel modo da degli sconosciuti.
Sentii i tocchi di una mano sulla porta della mia stanza, non mi girai sapevo che era mio padre. Infatti era proprio lui gli rivolsi uno sguardo solo quando era vicino a letto, portava tra le mani una tazza di tè con dei biscotti.
"Grazie" gli dissi mentre la stava poggiando sul comodino vicino al letto.
Non volevo fargli domande ma nemmeno lui voleva farmene mi chiese solo se stavo bene ed evidentemente credette al mio si dato il colorito della mia pelle era ritornato decente. Mi disse di riposare ancora un po’ se ne avevo bisogno e uscì dalla mia stanza chiudendo la porta.
I Marini era proprio stati bravi erano stati tanto convincenti nella loro esposizione dei fatti da non farmi fare domande a riguardo.
Solo quando girai lo sguardo sulla finestra da cui si intravedeva il tipico cielo nuvoloso mi accorsi che avevo un osservatore seduto sul davanzale.
"Che fai là? Ti farai male, scendi!" sembrava che le mie parole si riferissero all'aria e non ad una persona in bilico tra il vuoto e il pavimento della mia stanza. Con scioltezza e senza fare rumore poso i piedi all'interno della mia stanza cercando più di tranquillizzare me che per una vera e propria paura per lui stesso.  
"Che ci fai qui? Mio padre è in casa e può scoprirti da un momento all'altro!"
"Si se non smetti di urlare in quel modo … non mi hai sentito manco arrivare tu!"
Aveva ragione. Solo i miei occhi avevano percepito la sua presenza nessun'altro senso mi aveva avvertito, nemmeno la tipica stretta allo stomaco che mi lacerava se stava lui nei paraggi.
"Ero pensierosa. Cosa hanno detto i tuoi ai miei genitori?"
"Un orso ti ha attacco mentre eri sulla spiaggia. Io ero da quelle parti ti ho sentito urlare e ti ho aiutato a scappare. Sei svenuta per lo spavento"
A quanto pare solo l'ultima parte del discorso era vera e infatti anche lui la disse con più tranquillità e meno serietà rispetto alle altre parole.
"Sappiamo entrambi che non è andata cosi!" dissi sottovoce sperando che lui mi capisse.
"Ah no? Come è andata?" e lui aveva sentito perfettamente le mie parole ma continuava a fare il finto tonto.
"Non fare il finto tonto con me c'ero anche io e ti ricordo che ho tramortito quel essere senza nemmeno toccarlo!"
"Ehm si interessante mi chiedevo come hai fatto?"
"Bella domanda non lo so nemmeno io!"
"Bella risposta siamo in due a non saperlo allora!"
"La tua famiglia cosa dice?"
"Pensa che hai qualche speciale potere di autodifesa."
Lo guardai attonita.
"Sai capita che qualcuno di noi abbia delle qualità speciali che provengono dalla sua vita umana. E capita anche che sono abbastanza percepibili e sfruttabili durante la vita umana come nel tuo caso!"
"Che significa quelli come me?"
Lui si fermò come se non doveva continuare e mi aveva spiegato fin troppo rispetto a quello che potevo sapere.
"Allora? Come hai fatto a ucciderlo cosi, senza che lui potesse farti del male!"
"Ricordi? Tu lo avevi messo a KO"
Già, era un discordo che ridirezionava sempre a me, ogni volta che ponevo domande su di lui.
"Cos'era?" stavolta non poteva coinvolgermi.
"Non lo sai tu, lo devo sapere io?" sapevo che mentiva ma ero troppo stordita per insistere. Lui aveva parlato con quella cosa e tra l'altro nel discorso precedente si era differenziato dalla classe di essere umani.
Non era un essere umano? Difficile crederci, era apparentemente come me.
Mentre stavo per fare un'altra domanda la tenda della finestra si mosse come se gli avessero dato un colpo di vento, sentii i brividi sulla pelle per quel colpo di freddo e lui era sparito nel nulla.
Ma tanto non poteva scappare per sempre. Mi avrebbe dovuto riaffrontare prima o poi se io avessi avuto il coraggio di riaffrontarlo.
 
 

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Capitolo 6
*** Una cosa scontata XD ***


  Richiusi gli occhi. Era più semplice dormire che fare altro.
Ma il sonno non era più molto profondo e il suono del campanello mi svegliò. Sentii i passi di mio padre andare a rispondere per vedere chi fosse.
"Buona sera, posso esservi utili?"
"Siamo delle compagne di classe di sua figlia, siamo venute a portarle i compiti"
Non ci credevo. Claudia e Dora erano venute a casa mia.
"Fantastico" dissi poi me ne pentii sperando non avessero sentito.
Mio padre bussò alla mia porta e sulla faccia gli si era spuntato un sorriso da mille ed una notte. Sicuramente pensava che se avevo avuto delle compagne tanto carine da portarmi i compiti a casa la mia vita sociale non era tanto asociale. In realtà non sapeva che le due nascondevano un'altra intenzione. Smascherarmi. Si perché se fossero venute a casa con quella scusa avrebbero sgamato subito se l'espressione di mio padre era al corrente della mia assenza la mattina a scuola. Solo perché nemmeno Gabriele si era presentato alle lezioni. Avevano fatto due più due, sbagliando il risultato. Non erano molto brave in matematica. La loro visita fu molto breve. Giusto il tempo esatto per estrarre un diario delle due  e permettermi di copiare i compiti da fare. Sgattaiolarono via come se avessero capito che io avessi capito il loro vero intento. E io non ebbi altro da fare che alzarmi e fare i compiti.
Mi innervosì la mia ultima visita, anche se almeno mi aveva dato la scusa per alzarmi dal letto. Una scusa che loro stesse avrebbero rifiutato. A me invece faceva piacere avere quella scusa. Mi chiesi se io non avessi qualcosa che non andava … ero troppo matura per la mia età. Mi ricordai della smorfia sulle labbra di Gabriele alla parola compito.
Io ero più  anormale di lui?
Il non essere umano?
O cosi si era definito lui stesso non volendo o non potendomi dire di più?
Ero troppo distratta per concentrarmi su altro.
Collegai il PC ad internet ed entrai nel browser. Digitai non umani. Non trovai niente di che. Ma dal nulla mi venne un'altra parola: FREDDI.
Nulla nemmeno sui Freddi. Mi sentii una stupida. Poi un'altra cosa nella mia mente si mise a fuoco piano piano quasi avendo paura di mostrarmela. Gli occhi. Gli occhi di quell'essere erano rossi. Rossi come il fuoco freddo che mi aveva scatenato. OCCHI ROSSI. Il primo sito parlava di Horror. Lui mi aveva chiesto se mi piacevano gli horror prima di ritrovarmi proprio parte di un horror. Cliccai sull'indirizzo del sito. La pagina era scura. Cliccai sulla parola racconti. Era una raccolta delle storie sugli occhi rossi come vampiri, sangue, mostri, morte e demoni. La parola Vampiro mi sobbalzo agli occhi meglio di qualsiasi altra parola, come se avesse un senso maggiore. Anche se quelli erano solo racconti di fantasia e di leggende metropolitane. Leggende.
Erano tutte solo leggende?
Cercai tra quelle pagine qualcosa come esseri leggendari.
C'era di tutto. Dalle streghe alle fate ai licantropi e ai vampiri.
Vampiro figura mostruosa presente in innumerevole forme in tutto il mondo.
La parola mostruosa mi fece sobbalzare dalla sedia. Quell'essere era veramente mostruoso.
Cliccai di nuovo sulla parola vampiri.
La pagina che mi aprì ne parlava apertamente come figura mitologica ma non vera. Io però l'avevo vista quella creatura orribile davanti a me. Non era stato un incubo. Lui era vero. Come era vero Gabriele. Essere non vivi che ritornano dalla tombe per uccidere gli essere viventi o succhiare il loro sangue. "Ho solo fame" aveva detto il nostro avversario a Gabriele "Non prenderla in modo personale!"
Mi avrebbe succhiato il sangue? La mia pelle divenne bucherellata dal freddo che la pervase. Il mio stomaco si strinse come sempre accadeva davanti a quegli esseri. Si. Era la risposta esatta.
Sapevo che ero in pericolo. Sapevo di dover scappare. Ma il fatto che lui era più in pericolo di me mi aveva preoccupato ancora di più tanto da scatenarmi una reazione che mi venne solo da piccola quando quel bambino come me aveva provato a toccare con le sue sole parole mia madre.
Ma io ero un essere umana se avevo questo potere auto difensivo?
Avevo bisogno di risposte e so chi me le avrebbe date. Avrei avuto il coraggio di chiedere cosa o chi era. Ma se fosse stato veramente chi io supponevo fosse, come avrei reagito? In quell'episodio il solo pensiero che fosse in pericolo a causa mia, mi aveva causato l'autodifesa. Lui non era un mio problema, non lo era mai stato. Perché?
Lui sapeva chi ero io? Sapeva che mi doveva difendere da essere umano o da qualcos'altro? 
Erano domande alle quali solo lui poteva rispondere e mi doveva rispondere.
Il giorno dopo non c'era motivo di bighellonare in casa. E anche se i miei genitori non erano d’accordo andai a scuola. Solo prima o dopo avrei avuto il momento per fermarlo e chiedere spiegazioni. La cosa non fu tanto difficile come mi aspettavo. Tutti e tre May, Gabriele e Roby mi aspettarono all'uscita del cancello. Quando May mi vide mi chiese come stavo e io risposi di stare bene e la ringrazia per l'interessamento. Roby mi salutò solamente poi prese per la mano la sua compagna e si allontanarono da me e Gabriele.
Lontano dai fratelli anche lui mi chiese come stavo e io risposi allo stesso modo cui avevo risposto alla sorella.
Mi sorrise. Cosa avrei dovuto chiedergli? Ah si se era un vampiro!
Lo stomaco si strinse a quelle parole ma non perché avessi lui davanti perché per me un vampiro era quello che aveva pensato di succhiarmi il sangue perché aveva fame …
C'era qualcosa che non mi quadrava.
"Ti va di ritornare alla spiaggia?"
"Si" risposi silenziosamente come mi ero abituata a fare in camera mia.
Passeggiamo in silenzio fino al luogo stabilito. Tutta la determinazione davanti al PC era svanita da quando ero di fianco a lui.
Era giusto farli quelle domande?
O entravo in una privacy in cui non dovevo entrare?
Ci fermammo più o meno nello stesso punto del giorno prima. Il falò improvvisato era ancora là, con la legna un po’ bagnata dato che la notte aveva piovuto e la pioggia si era portato l'odore sgradevole che mi aveva fatto svenire. Meglio cosi non mi sarebbe successo di nuovo.
In quel luogo tutto mi sembrava più reale. Non era stato un incubo ne ero certa. Come se potessi avere altri dubbi, a quel punto la determinazione riappari e io mi ritrovai faccia a faccia con lui e la mia voglia di sapere la verità.
"Chi sei tu?" gli chiesi a brucia pelo come se non potesse scappare dalla mia domanda.
"Credo che tu l'abbia capito oramai!"
"Per favore dimmelo … cosa era quella cosa che ci ha attaccato ieri?"
Era quella la risposta che mi importava di più.
"Di sicuro non era un orso" continuò ancora lui che non voleva più confondermi le idee.
"No non era un orso, era qualcosa di più mostruoso che non dovrebbe esistere ma c'è."
"Un vampiro?" chiesi io con tutto lo sconvolgimento che quella parola mi creava.
"Si era un vampiro!" disse lui, quasi rassegnandosi a dirmi la verità, una verità che bruciava dentro di lui come una lama che lo squagliava.
"E io chi sono?" si chiese quasi aspettandosi la domanda che gli stavo per fare io e infatti era proprio quella ma risposi io a quella domanda.
"Un vampiro"
"Si, ma la mia famiglia è diversa da quel vampiro che hai visto ieri! Noi non vogliamo essere mostri come loro. Non vogliamo fare del male agli essere umani. Noi beviamo solo sangue animale. Questo ci permettere di esistere ma non di essere forti come lo era il vampiro di ieri, se non ci fossi stata tu, se al tuo posto ci fosse stata un'altra persona non con le tue potenzialità non so se sarei riuscito a distruggerlo e a fermarlo. È la prima volta che vengo salvato da qualcosa. Di regola sono io che salvo qualcuno"e le sue labbra si inarcarono in un sorriso amaro.
"Ce ne sono altri come quello di ieri?"
"Oh si quasi tutti quelli della nostra specie sono come lui. Noi e altre due famiglie che però vivono in America siamo gli unici gruppi che si definiscono vegetariani perché appunto beviamo solo sangue animale."
"Ma non sarebbe più normale essere vampiri che uccidono persone?"
"Oh si, ma noi non vogliamo essere come loro, noi vogliamo essere diversi, vogliamo essere ancora umani in un certo senso."
"Ci sono molti umani che si uccidono fra di loro quindi perché tanta pietà per noi?"
"Beh noi vogliamo essere come quei pochi umani che si rispettano tra di loro e rispettano la loro specie!"
"Ma non ha senso, non che non ne sia felice se avete scelto questo stile di vita, ma non lo capisco da parte vostra! La gente che difendete da voi stessi, parla male di voi"
"E' normale hanno paura e la paura si protegge cosi, noi ci siamo abituati ormai. Tu hai paura?"
Pensai a quella domanda. Dormire sul divano di casa sua o dormire sul suo letto non aveva fatto differenza, mi sentivo protetta in entrambi i casi.
"No, non ho paura di voi!"
La mia risposta lo stupì.
"Allora sei tu quella che non è normale!" sorrise
"Ho sempre sostenuto che avessi qualcosa che non andava, ricorda che ho buttato a terra un vampiro ieri e non è cosa da essere umano."
"Direi proprio di no. Come hai fatto?"
"Non è che non ti voglio rispondere alla domanda tu sei stato fin troppo sincero con me e solo che non lo so nemmeno io come ho fatto!"
"Ti aiuterò a capire se per te va bene frequentare uno come me!"
"Si te l'ho detto tu non mi fai paura."
"Peccato sarebbe molto più salutare per te se mi stessi lontano."
"Perché?"
"Perché se perdessi il controllo vicino a te potrei essere io stesso quel mostro che ci ha attaccati ieri pomeriggio" e guardò verso il falò.
"Si, ma ricordati anche che io ti posso mettere a KO se voglio!"
"Ok allora ci penserò su prima di provare ad attaccarti!"
"bene" e sorridemmo delle nostre varie battute.
"Ah ti posso chiedere un favore?"
"Si chiedi pure."
"Mia madre è stata in ansia per tutto giorno aspettando notizie su di te, credo che May l'abbia tranquillizzata dopo scuola, ma io sono sicuro che vedendoti in salute si sentirebbe ancora meglio, ti va di fare un salto a casa mia?"
"Si certo che mi va, a proposito volevo  ringraziare te e la tua famiglia per esservi presi cura di me."
"Per me non è stato un problema credo nemmeno per loro!"
 
 
 

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Capitolo 7
*** Famiglia Marini XD ***


  

Stavolta ero in piedi e procedevo al suo fianco mentre ci recavamo a casa sua. In realtà da conscia era la prima volta che facevo quella strada, perché del giorno prima non mi ricordavo quel passaggio. Ero svenuta. Mi ricordai. Prendemmo un vialetto fatto di pietre quadrate affiancate due alla volta che portavano ad una porta enorme di legno. Non busso. Aprì il pomello dorato e fummo dentro alla sua abitazione.

"Mamma … Cris?" una voce melodiosa rispose dal giardino opposto al punto dove eravamo noi. "Si, Gabriele sono qua!" "C'è una visita mam … Cris!" mentre mi trascinava verso la serra. Arrivati sulla soglia ci fermammo e una massa di capelli neri lunghi fino alle spalle si alzarono fino a superarmi nettamente. Era altissima. Salutò il figlio in modo affettuoso e poi si rivolse a me "Mi fa piacere che sia tornata nella mia umile dimora, anche se non vorrei provocarti turbamento ulteriore, mi fa piacere vedere che stai meglio. Seguitemi per favore" ci chiese educatamente. Loro stavano al mio passo e ci ritrovammo dopo qualche secondo in cucina, mi stupii di quel luogo più che umano, dato che sapevo che loro non avevano bisogno. Lui percepì il mio stupore "Dobbiamo tenere le apparenze! Gli hai dato la scusa per usare la cucina, non la usa mai" e mi sorrise ironico.

"Beh sinceramente ero sicura che mio figlio volesse farmi stare tranquilla portandoti a casa mia cosi avevo la prova sotto i miei occhi che stavi bene quindi ho preparato qualcosa per la mia ospite!" uscii una torta di mele dal forno che sembrava squisita in apparenza.

"Grazie non doveva prendere cosi tanto disturbo!" le dissi educatamente.

"No non è stato un disturbo purtroppo non sono certa del risultato quindi non ti posso assicurare che sia digeribile." e rise della sua stessa battuta.

"Oh lei sicuramente lo sarebbe!" una voce proveniente dall'esterno della cucina aveva interrotto il monologo ironico della donna.

"Roby comportati bene con la nostra ospite!"

"Si assolutamente non voglio essere messo a KO come il tipo di ieri pomeriggio, Ciao ragazzi."

Un ragazzo enorme che a scuola mi faceva persino paura era docile e affettuoso con la sua mamma adottiva. Era alto anche lui con gli stessi capelli neri della madre. Gli stessi occhi color oro del fratello e della madre e poi da sotto il suo braccio saltò fuori lei, May.

Mi cinse in un abbraccio che voleva essere rassicurante anche se mi percossero i brividi lungo la schiena e si sedette affianco a me.

"Tranquilla non ti farà del male Roby, lui scherza un po’ pesante su queste cose. Ma infondo è innocuo come tutti noi."

"Ci provo almeno!" rispose Roby con una battuta alla compagna sorella.

Dopo una linguaccia verso il compagno, May si girò di nuovo verso di me

"Quindi sai tutto su di noi?" mi chiese con i suoi occhi splendenti dorati che puntavano un essere misero come me. Ne sembrava sollevata di questa cosa non infastidita anche se io ebbi incertezza.

A quel punto a fatica distolsi lo sguardo dalla ragazza per un intesa verso Gabriele che acconsentì.

"Si so tutto quello che posso sapere!"

Una risata esplose da Roby "Beh in realtà tu non dovresti sapere niente di noi, solo che secondo mio padre tu non sei proprio umana!"

E sorrise di nuovo di quella ironia.

Molto più tranquilla May e meno spaccona del compagno mi spiegò

"Noi in realtà abbiamo delle leggi, non molte ma una deve essere assolutamente rispettata: non rilevare la nostra esistenza agli umani."

"Ah, quindi in questo caso lui ha violato questa legge."dedussi io.
"Per metà si, ma Andrea sostiene che tu sei insomma, non sei proprio umana quindi per metà non lo ha fatto. Vediamo il bicchiere mezzo pieno"

"Ma se questi giuristi esaminerebbero il caso lui avrebbe torto davanti a loro."
"I Volturi, Aro Marcus e Caius, sono i protettori delle nostre leggi. Ma Andrea a seguito lo stile di vita di uno che ha fatto parte di loro per poco tempo. Il suo nome è Carlisle."

May continuava a raccontare e a rispondere alla mia domande inconsciamente come se già sapeva che le avrei fatte.

"È Grazie a Carlisle se abbiamo scoperto un altro stile di vita. Mio padre gli era molto amico il periodo della loro permanenza a Volterra, anche se allora era ancora carnivoro per cosi dire. Fu dopo che capì quanto Carlisle avesse ragione, quando incontrò Cris e decisero di andarsene per i fatti loro, lontani dai Volturi. Non li rinneghiamo però. Non possiamo. Loro sono la nostra legge e d'altronde fanno anche del loro meglio per mantenere segrete le nostre esistenze cosi ci adoperiamo anche noi. Quando Andrea e Cris lasciarono Volterra erano stanchi del loro stile vita. Nessuno di loro aveva voluto essere quello che era e si ritrovarono a combattere con un istinto al quale non volevano soccombere. Andrea racconto di Carlisle a Cris. E Cris prese la decisione per entrambi. Avrebbero provato di tutto per non essere dei mostri proprio come faceva Carlisle. La prima volta che ci incontrammo eravamo in Francia e la gente soccombeva alla seconda guerra mondiale. Fu qualcosa di mostruoso. Dovevamo stare il più nascosti possibile per non suscitare sospetto alle guardie della Germania. Cosi ce ne andammo al sicuro in Svizzera. Io mi sentivo peggio di quei mostri che trattavano le persone come oggetti. In quel momento arrivò la mia ancora di salvataggio. Incontrai Cris e Andrea e dicesi di unirmi al loro stile di vita. Ma la Germania aveva invaso anche la Svizzera non tenendo conto della sua richiesta di neutralità. A quel punto vedemmo Roby. Si batteva per la libertà contro le SS ma fu colpito. Credevano di averlo ucciso del tutto o forse a loro nemmeno interessava. Aspettammo che evacuassero il campo per portare i feriti negli ospedali. Io, Cris e Andrea facevamo parte della croce rossa svizzera. Servivano braccia maschili che non erano impegnate al fronte e quindi non obbiettarono su Andrea. Quando ci trovammo per la prima volta su quel campo era uno sterminio tantissimi di noi chiedevano aiuto e molto troppi erano morti. Roby lo portarono all'obitorio credendo fosse morto, ma noi sentivamo che era ancora vivo e sarebbe morto dopo qualche ora. Io chiesi ad Andrea di trasformarlo per me perché lui aveva quel viso di chi non doveva morire in quel modo. Non so come spiegartelo. Mi aveva presa la sua espressione beata di chi a fatto di tutto per salvare la propria nazione. Volevo che lui fosse con noi da quel momento in poi. Andrea lo prese appena il tempo. Il destino ha voluto che lui fosse cosciente e sereno per la vita che avevamo scelto per lui. E da quel momento non ci siamo mai più separati."

Non voleva che avessi una cattiva idea sul suo compagno ecco perché May mi raccontava la sua storia.

In effetti le mie opinioni su Roby cambiarono dopo aver sentito quello che aveva passato. La sua durezza era solo una maschera per nascondere il dolore che lo avrebbe prevalso della sua esistenza umana finita in un modo orribile, ma iniziata di nuovo con la speranza di tranquillità.

Era difficile essere lì ed ascoltare le loro storie. Per me il loro mondo non esisteva, non doveva esistere.

Non mi accorsi nemmeno che si era fatto cosi tardi con il tempo. Me ne accorsi solo quando Andrea rientrò dal lavoro.

"Famiglia buonasera!"

"Buona sera Andrea abbiamo visite stasera!" disse Cris ancora felice della mia permanenza a casa sua.

"Ah chi ha avuto il coraggio di unirsi a noi?" disse nello stesso tono ironico che aveva usato Roby quando mi aveva scovato nella sua cucina.

"L'amica di Gabriele caro."
Non ci impiegò molto a passare dall'ingresso in cucina, infatti la risposta della compagna la ascoltò mentre già mi osservava.

"Buona sera signorina, mi fa piacere che stia meglio dopo ieri sera hai un po’ scosso la mia signora mi fa piacere che la state tranquillizzando."

E abbracciò affettuosamente Cris.

Io mi resi conto che dovevo andare a cena dalla mia famiglia anche se mi dispiaceva lasciare quello strano quadro che sembrava perfetto in ogni sua sfaccettatura piccolissima e imperfetta e la mia curiosità mi voleva seduta a quel tavolo ancora per un po’.

Con un bel sospiro che andava contro le mie volontà, annunciai che per me si era fatto tardi e con dispiacere dover lasciare quella casa tanto rassicurante.

Gabriele si offri di accompagnarmi per non farmi andare a casa da sola anche se poi aggiunse che nessuno avrebbe resistito al mio sguardo micidiale. Sembrava che io fossi diventata un argomento divertente per loro. La cosa non mi infastidì come era successo con il pettegolezzo delle mie compagne mortali. Sapevo che loro non cercavano pettegolezzi da scambiarsi con chissà chi.

 

 

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Capitolo 8
*** La Storia di Cris e May XD ***


  Ritornare a casa fu dura. Non avevo ancora capito in pieno quanto la mia voglia di stare ancora con la famiglia di Gabriele fosse profonda, ma la capii quando fui sulla soglia di casa e dovetti salutare il mio accompagnatore. "Buona cena" mi disse prima di salutarci io gli risposi grazie e con rammarico mi sentii da sola mentre aprivo il pomello della porta di casa mia e una volata di capelli mi annunciava la sua separazione da me.
I miei genitori erano già a tavola. Mia madre era con il cellulare in mano. Mi stava per chiamare ma i rumori della porta l'avevano fermata.
Mi venne incontro abbracciandomi era ansiosa, mio padre affamato e indifferente all'ansia di mia madre che probabilmente aveva cercato di calmare in mia assenza.
"Hai visto che sta bene! Che ti avevo detto?" le disse lui mentre lei ancora mi abbracciava portandomi al tavolo della cucina.
Mi sedetti anche se non avevo fame. Avevo mangiato due fette della torta di Cris squisita, anche se lei diceva che la mia fosse solo educazione e per confermarle vere le mie parole avevo mangiato un'altra fetta.
Quello era bastato a riempirmi lo stomaco.
Uno stomaco non proprio di ferro dopo la storia che avevo sentito. Sapevo che May non l'aveva raccontata per farmi spaventare ma un conto era leggere la guerra sui libri di scuola e un altro conto era sentirla da chi l'aveva vissuta. E i superstiti che raccontavano di quelle guerre erano uomini o donne rugose che prestavano la loro testimonianza a emittenti televisive per un reportage completo. Non avevano una pelle levigata come la pietra, bianca e splendente e occhiaie sotto gli occhi.
"Dove sei stata tutto il pomeriggio?" non era un interrogatorio. Mio padre doveva aver raccontato a mia madre dell'episodio sui compiti che le mie compagne mi avevano portato. Quando stavo male da piccola se ne occupava lei di chiamare una mamma di un mio compagno di classe per chiedere queste informazioni. Alle superiori avevo pregato di non farlo più ed ero io stessa che il giorno dopo al rientro a scuola dalla mia convalescenza, cercavo quelle informazioni dalla mia vicina di banco. Era senza alcun dubbio una novità che due mie coetanee erano venute apposta a casa per farmi quel favore.
La risposta che diede non fui quella che si aspettavano.
"Sono stata dai Marini."
Mio padre mi guardò circospetto, mia madre dubbiosa.
"Come mai?"
"Beh la signora voleva vedere se stavo bene, si era preoccupata per me dopo l'episodio di ieri e quindi sono passata da casa loro per tranquillizzarla."
"Che persona premurosa e gentile a preoccuparsi di te!"fu la risposta materna di mia madre, accarezzandomi il volto. Mio padre non disse niente, continuò a mangiare gli spaghetti nel piatto prima che il sugo li raffreddasse. Notai però che non fu tranquillo sulla mia risposta.
"Ieri hai corso proprio un brutto rischio, se non ci fosse stato lui … non voglio nemmeno pensarci. Hai fatto bene ad essere cosi educata da ringraziarli personalmente  dell'aiuto che ti hanno dato. Credo che io ero troppo sconvolta dalla notizia e sinceramente non ricordo se ho detto grazie alla signora Marini o al figlio!" continuò a dire mia madre, velando le parole del dubbio di cui si era impossessa.
"Non ti preoccupare mamma, credo di averli ringraziati io per tutti noi."
Cercai di tranquillizzarla.
E non sapevano quanto la nostra cittadina doveva a quei Marini. Quanto li doveva ringraziare sinceramente per come tenevano al sicuro il nostro paese da esseri che non avevano nulla a che fare con animali feroci come orsi.
Io naturalmente fui l'ultima persona ad aver visto orsi nel bosco vicino al paese. Il mio compagno non era una persona, quindi non potevo catalogarla come tale. Anche se agli occhi delle altre persone eravamo in due gli ultimi essere umani che avevano visto quell'orso che girovagava nel bosco.  Dopo ciò che era accaduto a me, da nessuno come turisti o avventurieri senti più  nominare le parole orsi nel bosco. Ciò accade perché non c'erano mai stati veri orsi nel bosco e quindi nemmeno se ne trovarono per davvero. Quindi gli avventurieri che speravano in qualche colpo di fortuna ne furono delusi tanto che dopo qualche settimana, iniziarono a spargere la voce nel nostro paese che le acque si erano calmate. Quando quelle voci iniziarono a spargersi io sapevo che dicevano il vero. Sapevo che l'orso era sparito dal bosco. Sapevo anche che forse un vero e proprio orso non c'era mai stato nel bosco. Come sapevo che le voci sui Marini non erano vere. Sapevo chi erano veramente, ma sapevo anche che loro facevano di tutto per non essere parte di quella loro natura spietata che li voleva mostri. Mostri come quello che girovaga nel bosco e aveva ucciso delle persone. Ma loro con il mio aiuto in quella occasione, cercavano di scacciare quel mostruoso pericolo che incombeva su tutta la cittadina.
Sapevo che non era la prima volta che accadeva una cosa del genere e sapevo anche che loro se ne erano occupati per me e per tutto il resto degli essere umani nelle loro vicinanze.
Mi pesavano maggiormente i pettegolezzi nei loro riguardi perché benché sapevo fossero in parte spinti da una paura razionale alla loro presenza, sapevo anche che quella paura nei loro riguardi era irrilevante, ma non pensavo sarebbe bastata a loro per farli passare per buoni. Restavano solo i cattivi davanti agli occhi di chi non avrebbe capito,  di chi non avrebbe voluto capire. La paura spinge a mosse veramente incomprensibili. E specialmente genera sentimenti come odio e invidia verso chi provoca insicurezza.
Alle persone non piace sentirsi insicure specie sulle loro convinzioni anche se in realtà non sono vere per loro lo sono e basta.
La mia vita era cambiata. Io ero cambiata.
Nuove certezze si insinuavano in me. Certezze che portavano dentro di loro altre domande. Domande e risposte di un mondo di cui non avrei dovuto sapere la conoscenza, ma io oramai ero parte di quel mondo e mi ero impegnata nel momento in cui ne ero entrata a mantenere il segreto.
Le loro storie sembravano simili una all'altra. Un morso dal loro simile ed erano diventati quello che erano.
Cris mi raccontò la sua storia.
"Ero una bella ragazza degli inizi del secolo del novecento. Bruna e con gli occhi scuri. Alta e magra. Aspettavo il mio principe azzurro che mi portava via dal luogo isolato della mia campagna e mi facesse scoprire il mondo. Mio padre era un coltivatore. Mia madre si prendeva cure dei pezzi di terra con lui. Eravamo benestanti. Io molto presto mi sarei dovuta sposare con un loro amico di famiglia. Ai miei tempi i matrimonio erano ancora combinati specie della menti chiuse come mio padre che non accettavano la donna come essere uguale a loro ma come strumento nelle mani loro capace di creare un futuro migliore alla sua famiglia. Il suo amico era un uomo di alta società. Io gli piacevo molto ma lui per me era solo un amico di famiglia. Io sognavo ancora il principe non avendo capito che il mio principe era lui. Credevo di poter scegliere, di poter dire di no. Quando pronuncia quella parola mi resi conto solo dopo di non poterla dire. Mio padre si infuriò e mi caccio di casa. Io mi ritrovai persa e da sola con me stessa ma libera. Assorbivo la libertà che mi ero concessa disobbedendo a quell'uomo che non voleva accettare il mio futuro.  Non avevo il cavallo bianco che mi era venuta a prendere da quel luogo sperduto. Qualcosa era andata a male. Ero io stessa a cavalcare un cavallo scuro, come me, che mi portava lontano da quella terra che non avrei mai più rivisto. - i suoi occhi dorati si erano accessi mentre raccontava quegli eventi - lui mi salvò. Era un nomade. Io stavo per essere assalita da delle guardie ubriache. Dicevano di volermi dare una mano, ma io sapevo cosa volevano veramente da me. La loro malizia e le loro risate fra di loro mi spaventavano moltissimo. Essere donna ai miei tempi era difficilissimo ed essere sola lo era ancora di più. Io non conoscevo la mia vera condizione chiusa nelle mura della mia campagna. Non avevo capito di aver peggiorato la mia condizione quando avevo scelto il mio futuro e non ero sottostata alla scelta della mia famiglia. Ma lo capii quando mi ritrovai inerme davanti a quegli uomini. Sentii la mia libertà sgretolarmi sotto le mani.
Essere pestata dai piedi di quei delinquenti.
Ero sola. Potevo urlare quanto potevo ma nessuno sarebbe venuto a salvarmi. Avevo il terrore negli occhi mentre la mia vita stava per finire. Poi una luce bianca mi accecò. Chiusi gli occhi. Quando gli riaprii avevo la sensazione di volare. Mi chiedevo se fossi morta. Il freddo si era preso possesso di me. Ma non era il mio corpo. Era il corpo dell'uomo che mi portava in braccio a se. Non avevo il coraggio di chiedere cosa stava succedendo. Avevo paura. Non ne capivo il senso. Avevo paura di qualcuno che mi aveva salvato?
Mi portò nel suo rifugio. Era sazio. Aveva fatto di tutto per nutrirsi di quegli uomini pur di non farmi del male a me. Per me aveva tutto un altro destino. Ricordo solo che qualcosa affilata come una lama, mi tagliò il collo. Urlavo. Non capivo cosa stava succedendo. Il dolore aumentava invece di diminuire ed era lento maledettamente lento. Dopo circa tre giorni aprii gli occhi il dolore era passato. Io mi sentivo diversa. l'essere era ancora affianco a me e mi spiegò cosa ero diventata e chi era lui. Mentre ero umana non poteva dirmi niente. Doveva mantenere il segreto oppure avrebbe dovuto uccidermi. Era uno che prendeva molto sul serio le leggi dei nostri simili. Sapeva che un passo falso gli sarebbe stato fatale. E lui era troppo orgoglioso della sua esistenza per poter anche solo pensare di fare qualcosa che la potesse mettere fine.
Restò con me giusto il tempo di spiegarmi le cose come andava fatte poi se ne andò per la sua strada, lasciandomi sola. Io avevo sperato fino all'ultimo che qualcosa lo facesse stare con me ma non  andò come speravo. Senza il mio creatore non aveva senso la mia nuova vita. Mi aveva parlato dei Volturi come i nostri protettori e giustizieri. Mi stavo recando da loro quando incrociai Andrea nel mio cammino. Lui veniva da loro e io ci stavo andando per due motivi completamente opposti. Entrambi però eravamo stanchi di uccidere quelli che una volta eravamo stati noi. Andrea mi parlò di Carlisle. In me si accese una speranza. Potevo essere diversa da quella che ero. Non era vero quello che aveva detto il mio creatore. Le cose non dovevano andare per forza in  quel modo. Sostenendoci l'un l'altra con Andrea, iniziammo ad inseguire quello stile di vita. All'inizio fu difficile. Come ogni sacrificio, richiedeva costanza. Ma con il passare del tempo le cose iniziarono ad andare meglio. Per chi non ha mai assaggiato sangue umano è diverso, come Roby ad esempio per lui è più facile sopprimere tutto perché non conosce il peso della sua sofferenza in pieno. Per noi fu un altro paio di maniche. Ma insieme siamo riusciti a sopportare quel sacrificio e ad avere molto di più in cambio, come la  nostra famiglia. Durante le guerre ci siamo impegnati nel sociale, salvando le vite che credevano gli umani essere morte. Noi ci siamo mai permessi a salvare qualcuno di loro a renderlo come noi, perché non sapevamo quanto fosse giusto rendere un essere umano uno di noi, anche se il destino che gli toccava era la morte. Quando incontrammo May cambiammo la nostra opinione. Inizialmente però non avevamo nessuna intenzione di infliggere la nostra natura ad una ragazza cosi graziosa rispettosa ed educata specie nei nostri riguardi. May non aveva paura di noi, come il resto degli essere umani che ci circondavano. Aveva una visione del mondo tutta sua, molto particolare. Lei era particolarmente insofferente a quelle distinzioni sociali che io avevo vissuto da privilegiata. Lei era una cameriera quasi una schiava, in un periodo in cui quel termine stava affievolendo. Fu in cerca di lavoro quando venne a bussare alla nostra porta. Io ne restai basita. Credimi, nessun essere umano aveva osato tanto ma la sua disperazione la determinava molto. Io accettai molto volentieri anche se le differenze sulla nostra natura e la sua iniziarono ad essere palesi. Noi non mangiavamo in casa. Per lei eravamo in qualche ristorante di lusso a cenare, anche se sotto sapeva che non era la verità. Noi non eravamo molto favorevoli alla vita mondana e in città se potevano ci stavano lontani. Anche a May iniziarono a trattare come noi nonostante lei era come loro. May non se ne lamentava le piace il lavoro che svolgeva presso di noi. All'epoca ebbi l'idea di ricostruire la fattoria da cui ero scappata quando ero ancora umana. Questo ci dava dei vantaggi a me e Andrea, gli animali venivano spesso da noi perché volevano attaccare il nostro raccolto. Successero due cose contemporaneamente. May ci vidi una sera cacciare e ne restò traumatizzata. Io non potevo raggiungerla presa come ero dalla caccia le avrei fatto del male e la lascia scappare cosi fece Andrea. Qualche settimana dopo ci arrivò una chiamata dall'ospedale: May stava morendo. Era stata investita da una macchina. Le sue condizioni erano gravi e non aveva altro che noi da chiamare per chiedere aiuto. Voleva essere salvata, ma da noi. Sapeva chi eravamo. Non aveva detto niente a nessuno per proteggerci. Voleva essere come noi. Andrea esaudì il suo desiderio e da quel momento lei ha sempre fatto parte della nostra famiglia. Ci seguiva ovunque andavamo e noi eravamo lieti di avere la sua presenza cosi come accade tutto ora."
Una voce leggera e sinuosa interrupe il racconto di Cris.
"Stavo morendo, lo sentivo, giorno dopo giorno, notte dopo notte, nessuno mi avrebbe dato una mano per sollevarmi da quella agonia. Nessun essere umano. Conoscevo la mente dei miei simili, se non avevi credibilità nel loro giro non eri nessuno. Io ero solo una cameriera perché sprecare tempo con me? Avevo ancora quelle immagini nella testa che mi terrorizzavano ma loro a me non mi avevano mai fatto del male, quando avevano gli occhi neri cercavano di starmi il più lontano possibile. Sapevo che loro mi avrebbero salvato, a modo loro certo, ma se non mi avevano mai fatto dal male, non doveva essere un modo brutto di vivere. Per questo mi decisi a chiamarli. E quella chiamata ha cambiato totalmente la mia vita ma mi ha salvato, come volevo."
Le sue parole mi sembravano cosi ovvie anche se strane dette da lei. Aveva rinunciato a morire per esistere per sempre. In un modo però tutto diverso da come avevano iniziato Cris e Andrea. La speranza perpetua nei suoi occhi proveniva da questo. Ora la potevo comprendere. Man mano che le loro storie mi si snodavano davanti agli occhi potevo capirne la sofferenza della loro natura ma anche la speranza. La sofferenza e la speranza in un mondo cosi diverso dal mio ma in un certo senso simile per molti aspetti. Il loro mondo quanto meno. Il mondo degli occhi dorati. Quali segreti racchiudeva il mio mondo? Il mondo che non avevo ancora conosciuto ma dal quale provenivo. Sapevo che non ero solo umana e volevo conoscere quella parte di me che mi mancava proprio come la conoscevano Cris e May.
 
 
 

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Capitolo 9
*** La storia di Gabriele XD ***


  Il profilo di quella famiglia mi sembrava sempre più chiaro e più strano allo stesso tempo. Una storia mi turbò di più su tutte quelle che ascoltai,quella di Gabriele.
Gabriele non era stato creato da Andrea per volontà di May o di Cris. Gabriele aveva fatto un cammino solitario come  Cris prima di incontrare Andrea, ma lui si ritrovò vampiro senza che nessuno gli spiegasse quello a cui andava incontro. Diceva che l'ultima cosa che ricordava della sua vita umana fu il dolore della trasformazione come era vivo nei ricordi di chi me ne aveva parlato come Cris e May.
Lui non si ricordava chi era nella vita precedente o fingeva di non ricordarsi. Il dubbio mi venne quando Cris mi disse che i suoi ricordi umani erano ombre difficili da cercare nella sua mente.
Il suo creatore le aveva detto che se li teneva vivi dentro di se poteva riuscire per qualche tempo a non dimenticarsene ma non sapeva se sarebbero rimasti per sempre nella sua mente. 
Quindi mi sembrava strano che Gabriele non ricordasse niente della sua vita. Non voleva ricordare. Voleva dimenticare perché?
Sentivo qualcosa che lo disturbava dentro ma non voleva tirar fuori i suoi pensieri.
Fu difficile per me attenermi alla sua storia. Sapevo che Andrea era stato creato dai Volturi per alcune sue particolarità. Sapevo che Cris era stata creata dopo che un vampiro l'aveva salvata da un sicuro stupro. Sapevo che May era stata salvata da Andrea dopo che un incedente le sarebbe costata la vita. Sapevo che lo stesso burbero Roby era stato salvato da Andrea per volere di May dopo una battaglia persa contro i nazisti.
Gabriele non si ricordava chi lo aveva trasformato o forse non me lo voleva dire, ma perché?
Non l'aveva detto nemmeno alla sua famiglia. Lui diceva di aver trovato da solo la strada per non fare del male agli essere umani e si era unito alla famiglia perché rispettavano il suo stesso stile di vita.
Erano a caccia dalle stesse parti. Lui si accorse di loro e non credette ai suoi stessi occhi. Nel suo cammino aveva incontrato altri come lui ma erano tutti bevitori di sangue umano e con loro la convivenza era difficile dato che  cercavano in ogni modo di distogliere l'amico da quello stile di vita assurdo per loro. 
Inizialmente erano curiosi del loro compagno poi quando la curiosità passava iniziavano le parole quelle parole che lui non voleva accettare. Noi siamo fatti cosi. Non possiamo cambiare la nostra natura. Ti ucciderà tutto questo. Tu sei fuori. E roba del genere che lo costringeva a lasciare i compagni che si era trovato.
Quando si ritrovò a cacciare nello stesso modo con dei suoi simili la cosa fu abbastanza strana. Credeva fosse un sogno, una sua illusione che si era creato per non essere solo.
May fu la prima ad accorgersi di lui. Anche lei si stupì quando si rese conto che lo sconosciuto aveva lo stesso colore dei loro occhi.
Lui si guarda intorno stupito e guardava anche loro stupiti.
Cris fu la prima che gli si avvicinò abbracciandolo, non aveva alcun dubbio su quello che era Gabriele, dandoli il benvenuto nella sua famiglia. Gabriele con loro non avrebbe avuto i soliti problemi che aveva avuto con le sue precedenti compagnie e ne era felice. Era felice perché i suoi sforzi erano serviti a qualcosa e quando Cris lo abbracciò capì anche il motivo per cui erano serviti. Con loro stava più stabilmente nei luoghi dove si fermavano e ciò che gli univa era di più di un comune stile di vita, era affetto era fiducia era fratellanza. Il sentirsi liberi da loro stessi gli gratifica. Ogni giorno che passavano insieme nutrendosi solo di sangue animale era un giorno che li rendeva più forti rispetto al giorno precedente e più vivi nei confronti di loro stessi e degli umani che avevano risparmiato. Potevano farsi forza l'un l'altro senza oppressione senza sentirsi prigionieri di loro e del nucleo familiare. Si erano costruiti quella famiglia che li aveva uniti nel nome di qualcosa in cui credevano. Non volevano più essere i mostri. Loro non erano mostri. E solo io ero riuscita a capirlo e a sentirlo veramente perché sapevo che le apparenze su di loro dicevano altro. Quella stretta allo stomaco che mi prendeva quando di loro non sapevo niente in loro presenza man mano che li conoscevo spariva da dentro di me perché io stessa mi sentivo al sicuro in loro. La paura che mi prendeva stando vicino a loro si affievolì perché non aveva nessun senso malgrado Gabriele mi tenesse sempre in guardia sulla sua vera natura. A me sembrava che al contrario del suo volere di volermi stare vicino, lui metteva davanti quella maschera, usata spesso con gli altri essere umani, che lo voleva lontano da me e da quelli come me ma se loro avrebbero lasciato scivolare via quella maschera se loro si fossero mostrati semplicemente loro nel loro aspetto umano non sapevo quanti l'avrebbero pensata come me. Quanti avrebbero lasciato che la loro paura si mettesse da parte per conoscere veramente i Marini? Tutti avrebbero guardato quel lato che li rendeva troppo peggiore di fronte a loro subconscio. Non avrebbero capito mai. Di questo ero cosciente mentre mi ritrovavo a pensare a tutto ciò che mi accadeva, dopo una splendida giornata passata a casa Marini.
Ma anche altri erano i miei pensieri.
Non avevo mai nascosto ai miei genitori la mia amicizia con quella famiglia e a loro non gli piaceva quella situazione. A mia sorpresa il contrariato era mio padre. Mia madre era relativamente tranquilla. A lei bastava che mi vedesse varcare la porta della nostra casa ogni sera. A mio padre questo non bastava e non capivo il motivo. Era stato lui stesso a parlami sempre bene di quella famiglia e che li prendeva?
Parole e fatti erano due cose diverse? Sapevo che mio padre non era un tipo incoerente ma quella situazione non piaceva nemmeno a me perché ci stava allontanando. Lo sentivo giorno dopo giorno. Se c'è qualcosa che unisce c'è anche qualcosa che divide. I segreti ad esempio. Il silenzio. E io con mio padre non parlavo più da quella prima sera che seppero dove ero stata. Infondo era stato lui stesso a tranquillizzare mamma su dove ero stata. Il discorso non valeva anche per lui? Era umano proprio come tutti gli altri. E si preoccupava per me. Questo lo potevo capire ma la scontrosità quando Gabriele veniva a casa nostra, come se lo accusasse di un crimine che non aveva commesso non la potevo sopportare. Mi sentivo morire dentro ogni volta che lui apriva bocca verso il nostro ospite, era una pugnalata anche a me. Tra l'altro mi sentivo stupida nei confronti del mio amico al quale avevo detto che mio padre non aveva gli stessi pregiudizi che avevano gli altri concittadini su di loro. Poteva anche prendermi per bugiarda. A Gabriele la situazione non sembrava pesare più di tanto. La trattava come tutte le situazioni con cui aveva a che fare quando la gente non lo sopportava. Per lui era il loro istinto che li diceva di non fidarsi e avevano anche ragione, anzi diceva che io avevo qualcosa che non andava.  Presupposto che avesse ragione in quel che diceva, mio padre non aveva alcun diritto di trattarlo in quel modo, perché da quando io lo frequentavo non mi aveva mai fatto del male. Per me contavano i fatti e il fatto che io fossi al sicuro con loro, non le chiacchiere della gente impaurita senza alcuna ragione evidente per cui averne. Lui diceva che la ragione era lui senza alcun dubbio. E  allora io alzavo gli occhi e il ragionamento riprendeva punto a capo. Non ne uscivamo mai. Nemmeno con  mio padre e con lui non avevo il coraggio di parlare perché sapevo e non potevo far altro che darli ragione ma non li davo ragione sul fatto che non li dovessi frequentare. Quello non me lo avrebbero mai negato nessuno. Il solo pensiero mi uccideva. Non stare più con Gabriele, non parlare più con May, non ridere più alle battute di Roby, non poter più ricevere l'abbraccio di Cris anche se era freddo e umido, per me era caldo e accogliente ogni volta che aveva la certezza di vedermi a casa sua. A scuola non stavo più da sola. Il mio posto era stare con loro appena potevo. Mi riempivano la giornata meglio dei libri di cui avevano preso il posto. Ogni loro storia  era meglio di tante parole scritte da qualcun altro essere umano perché erano assolutamente vere e uniche nel loro essere. Mi sarei mai stancata di ascoltarle?
La sapevo, la risposta era no. E loro con me si trovavano bene. Sapevano di potersi fidare.
Era passato tanto tempo e loro erano ancora i Marini strani del paese che nessuno capiva il motivo della loro stranezza o non lo volevano capire veramente. Loro avevano fiducia in me quella stessa fiducia che univa la loro famiglia oltre all'affetto e alla fratellanza. Mi sentivo parte di loro e loro sapevano di poter contare su di me. Un nuovo essere su cui contare. Ero orgogliosa di essere proprio io quell'essere che stava cosi vicino a loro. Non mi abbandonava mai il motivo per cui ero proprio io la prediletta per cui potevo essere cosi vicina. Una metà di me si avvicinava alla loro natura. Solo che io al contrario loro non sapevo che cosa fossi. Io ero cosi vicino a loro anche per scoprirlo.

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Capitolo 10
*** Le leggi dei Volturi XD ***


  Non sapevamo come fare.
Ne sapevamo da dove iniziare qualcosa. Qualcosa senza ne capo e ne coda.
Io chi ero?
Loro sapevano chi erano, anche se la loro natura gli faceva cosi ribrezzo. La mia natura allora cos'era? Faceva cosi tanto ribrezzo da doverla bannare dalla mia mente fragile e umana?
Non lo capivo.
Non lo volevo capire.
Era una possibilità però.
In preda dalla mia intuizione stavo per precipitarmi da loro, quando vidi Gabriele sulla soglia della mia finestra.
Non era più una novità.
Non come la prima volta che lo vidi in quella posizione e che mi sentii quasi morire del suo gesto per paura che si facesse veramente male, ma avevo saputo che non gli poteva far male una caduta, quindi quella posizione non mi faceva più andare in  panico.
"Per oggi è meglio che non vieni a casa."
"Perché?"
"Abbiamo un ospite … come noi"
"Ah ok volevo parlare con Andrea ma forse dovrò aspettare."
"Si meglio cosa dovevi dirci?"
"Sai stanotte ho pensato un po’."
"Sai che preferisco se la notte dormi invece di pensare!"
"Si va bene lo so, ma se a me interiormente fosse successo quello che succede agli essere umani quando ci siete voi?"
"Cosa intendi?"
"Beh io sono di più di un essere umano giusto?"
"Non ne siamo cosi certi. Ti ricordi che ti ho parlato di alcuni di noi che hanno poteri extrasensoriali a parte quelli che abbiamo già? Il tuo potere potrebbe essere cosi forte da essersi sviluppato nella tua vita umana quindi resteresti comunque umano ma un umano speciale." e alzò le spalle convinto forse che io non avrei obbietto.
"E se invece io non sono solo umano. Pensaci per un attimo!" si stava già opponendo. "Aspetta fammi parlare!"
"Va bene continua" disse per farmi continuare.
"Mettiamo il caso io non fossi solo umana. La mia fragile mente umana questa mia condizione non l'avrebbe accettata quindi ha rimosso tutto come se non fosse mai esisto. Io ho avuto paura di me stessa e ho cancellato quei ricordi che non volevo accettare. Sarebbe una spiegazione plausibile dato che non ricordo niente dai tre anni indietro"
"Nessun essere umano ha una visione limpida della sua infanzia"
"Perché non ha ancora la capacità piena di ricordare perché vive solo nel presente e non si rende ancora conto di avere un passato da dover ricordare. E se invece io il mio passato ce l'avevo e a contrasto con il mio presente infantile non ha retto la battaglia? Io infondo, ero solo una bambina umana con immagini forse spiacevoli. Il mio primo ricordo infantile è quello della mia famiglia che mi sceglie all'orfanotrofio. Da quel momento ricordo tutto esattamente come se fosse successo ieri. Perché quello che ce stato prima è un vuoto? Ho la sensazione che qualcosa c'era prima ma non riesco a farla uscire dal mio subconscio. È quella parte che mi manca della mia vita capisci?"
"Ora capisco … si …"
"Veramente?" credevo di non essere stata molto chiara con le mie parole sparate a raffica.
"Si, capisco quanto ti fa male a stare con noi!" sbuffai alle sue parole e continua a parlare. Ora era chiaro che le mie parole erano assurde anche per lui. Un vampiro che trova assurde le mie parole, da non credere!
"No Gabriele per favore. Pensaci. A me può essere successo il processo inverso rispetto al vostro. Voi siete diventati degli essere sovrannaturali ricordando poco il vostro passato umano. Io invece sono diventa umana non ricordando niente del mio passato sovrannaturale."
"Processo inverso dici?"
"Si dico proprio cosi!"
"Bene ma a noi è stato il veleno a farci essere cosi. A te?"
"A me qualcosa di naturale, una predisposizione ad essere umana che ha completato la sua opera cancellando la parte irrazionale di me e rimanendo quella plausibile quella che poteva andare bene nella mia nuova condizione."
Lui mosse la testa da destra a sinistra.
"Si, ti fa proprio male stare con noi!" insisteva con la sua versione, naturalmente.
"Io sto dicendo sul serio Gabriele!" lo ammonii non trovando più divertente la sua battuta.
"Anche io, credimi!"
Poi mi ricordai di un film che mi aveva molto colpito.
"E già successo!"
"Cosa?"chiese lui, ma senza alcun interesse vero sulle mie parole.
"Che un essere umano da grande è diventato piccolo!"
"E succede anche che tu stai farneticando … è domenica mattina e puoi dormire quindi rimettiti pure a letto, non mi va di vederti in questo stato!"
Mi fece arrabbiare molto con quelle parole ma non tanto da concentrarmi e metterlo a KO anche perché in realtà avevo veramente sonno quindi accolsi il suo suggerimento e mi rimisi sotto le lenzuola. Non ebbi alcuna difficoltà a chiudere gli occhi e abbandonarmi a sonno, nonostante non era notte e le nuvole bianche illuminavano la mia stanza ma non a sufficienza per non permettermi di dormire. Era dicembre faceva molto freddo ed era ideale per quella giornata stare sotto il piumone. 
Mi svegliai ad ora di pranzo.
L'odore del sugo della domenica fu un ottimo risveglio ma sapevo che quel giorno non avrei potuto vedere i miei amici e questo mi portò un po’ di malumore. 
Pranzai con la mia famiglia. Avevamo anche noi ospiti. Me ne resi conto solo quando in cucina vidi apparecchiata la tavola.
"Abbiamo ospiti a pranzo?"
"Si tua zia ha deciso di degnarci della sua presenza" rispose mia madre con ovvio riferimento alla sorella di mio padre.
Tornai in camera e mi vestii non potevo certo presentarmi in pigiama, avevo accolto l'occhiata critica nei riguardi del mio look dallo sguardo di mia madre, non voleva mi presentassi in pigiama davanti ai nostri ospiti, anche se non gli erano graditi a lei. Alle volte mi sentivo oppressa dalla sua maniacale ossessione per la perfezione.
Zia Rosa da quel che sapevo io, dato che si faceva vedere molto raramente, non era contenta della scelta che aveva fatto mio padre sposando mia madre. Questo dissidio la portavo a frequentarci meno volenterosamente rispetto alla famiglia dell'altro fratello di mio padre. Mia madre aveva una sua teoria.
La moglie del fratello di mio padre era stata un'amica della adolescenza di mia zia, mentre, lei era una sconosciuta. Inoltre ha sempre cercato di far fidanzare mio padre con una sua amica che per il tentativo fallito della sua amica, era rimasta ancora single e lei invece di dare a se stessa la colpa, come era giusto, la dava a mia madre perché si era messa in mezzo tra la sua amica e mio padre.
Quando veniva a pranzo o a cena portava sempre i saluti della sua amica a suo fratello ma mai ne a mia madre ne a me, nonostante la conoscessimo anche noi.
A una cena di natale organizzata da mia zia, ci eravamo ritrovati commensali alla stesso tavolo. Io leggevo un velo di imbarazzo dalla parte della signora e dalla parte di mio padre, ma non dalla parte di mia madre sempre sicura dei sentimenti che provava il marito per lei. Mio padre era imbarazzato perché al contrario della sorella, non voleva dare la colpa alla signora malcapitata ma appunto alla sorella che ancora non si rassegnava alla realtà della situazioni, lui amava solo mia madre.
Il pranzo quindi non fu per niente una passeggiata. Non solo perché mio padre ancora non mi parlava, ma anche perché la tensione tra mia madre e mia zia era ancora evidente e poteva sfociare con un niente in un litigio. Fortunatamente l'atmosfera natalizia alle porte aveva aiutato a stemperare il dissidio quindi il pranzo andò bene e più che buona fu la reazione di mio padre quando invece di uscire di casa per andarmi a fare il solito caffè con la signora Marini, andai nella mia stanza.
Ironia della sorte, in assenza di argomenti, si era parlato del mio futuro, quando io non pensavo ad altro che al mio passato.
Prima che iniziasse quella storia, io sapevo cosa avrei fatto. Mi sarei iscritta a lettere e avrei continuato fino a farmi venire un idea originale per crearmi un lavoro collegato a ciò che stavo studiando. Mi piaceva molto un telefilm su un archeologa che seguiva strani casi di opere scomparse, ma quella era finzione, io volevo trovare qualcosa di più attinente alla realtà e solo sul posto mi sarebbe venuto in mente qualcosa di interessante. Forse avrei cercato di capire se le leggende fossero vere oppure false. I misteri di cui ci circonda la terra dai tempi dei tempi. Infondo ne avevo già scoperta una di leggenda vera, chissà quante ne erano vere realmente.
La cosa mi affascinava molto.
Riuscii il giorno dopo ad esporre le mie opinione ad Andrea che le accolse con molta meno incredulità rispetto al suo presunto figlio. Ma Andrea era turbato. Chiesi cosa lo preoccupasse e mi disse che un suo amico era nei guai. Gli chiesi perché non potesse darli una mano. Lui mi guardò.
"Non posso farti vedere nella mia mente dai Volturi. Aro ha già Jane con le tue stesse qualità ma se scopre che qualcun altro di noi ha qualcosa che lo può contrastare non esiterà ad eliminarla e io non posso permetterli di farti del male. Ti devo proteggere come si è impegnata a fare la mia famiglia nel momento in cui abbiamo deciso di raccontarti la verità."
Io ero la causa per cui lui non poteva aiutare il suo amico. Mi si stringeva il cuore.
"No, non essere triste da un lato ci fai un bene, nessuno sopravvive se i Volturi decidono di porre fine ad una famiglia e sinceramente non so quante possibilità hanno loro di riuscire a distruggere i Volturi." un segno di amarezza concluse la sua frase.
"Cosa hanno fatto di cosi orribile?" chiesi io rabbrividendo all'amarezza di Andrea. I suoi amici sarebbero morti.
"Ci sono alcune leggi che non possiamo tradire in alcun modo. Tutte le leggi sono collegate ad un unica legge sovrana: non rilevare la nostra esistenza agli umani. Questo non lo si deve fare in vari modi: non si può parlare di noi agli essere umani, non ci si deve mostrare in nessun modo agli essere umani e non bisogna creare situazioni che non si possono controllare. I bambini neonati ad esempio, sono un nostro tabu. Tempo fa alcune famiglie in America iniziarono a creare dei bambini vampiri. Aro studiando queste creature, decretò che non avevano permesso e da quel momento non era stato concesso ai bambini neonati di esistere e chi li avrebbe creati sarebbe morto insieme a loro. Molte volte sono andato alla ricerca di questi peccatori per punirli con il mio gruppo e capivo perché fossero cosi sconvolgenti. Non potevano essere controllati. Ero adorabili, angelici ma anche demoni incontrollabili e avevano messo a rischio la nostra stessa esistenza. A quanto pare ieri dalla visita della mia ospite mi è giunta voce che il mio amico abbia tradito questa legge, ma io non credo che lui possa essere arrivato fino a tanto. E nemmeno chi è stato creato da lui. Non lo accetto come pensiero. Prima l'ho chiamato. Ho fatto molta attenzione a non rilevare il motivo per cui non potevo unirmi a loro e lui non me lo ha fatto pesare ma io sento dentro che potevo fare qualcosa per loro e non la posso fare e mi dispiace."
Sentivo il suo rammarico che mi spezzava il cuore. Non sapevo cosa dire. Andrea non voleva farmi pesare la sua mancata presenza per aiutare il suo amico. Lui voleva farmi capire la totale appartenenza della sua famiglia alla mia protezione da esseri che mi avrebbero fatto del male se a loro gli fosse stata data la possibilità di farmi del male. Di questo gli e ne ero grata, lui non aveva alcun motivo di proteggermi. Non ero come loro. Probabilmente sarei anche appartenuta ad una natura che andava contro la loro vera natura. Ma ci univa proprio questo. Combattere la stessa natura che faceva del male a chi aveva rifiutato di viverla come loro e a chi non poteva far niente per opporsi se non aveva particolarità come le mie.
Ma mi dispiacque comunque. Nonostante Gabriele, una volta lasciata casa sua e la disperazione di suo padre, faceva di tutto per non farmi pesare quella situazione.
"ti posso sembrare egoista, ma io ti ringrazio invece. Tu mi hai salvato da una morte sicura. Se non ci fossi stata tu, probabilmente saremmo partiti in America in aiuto dell'amico di Andrea e anche se so dal racconto di Andrea che probabilmente questo essere avrebbe fatto la stessa cosa per noi, io non posso far altro che ringraziarti, per avermi fatto evitare una morte certa. Con i Volturi non si scherza.  E questi essere hanno fatto qualcosa di veramente grosso. E noi avremmo solo rischiato di morire con loro e invece siamo qua. Tu mi proteggi. Tu mi hai salvato ancora ed è la seconda volta che lo fai."
Alle parole di Gabriele sembravo superman in gonnella, ma negli occhi e ad appesantirmi il cuore avevo Andrea e la sua impotenza nella situazione.
 

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Capitolo 11
*** Andrea & Carlisle XD ***


  Anche Roby la pensava come Gabriele, portando tutto il rispetto all'amico di Andrea ma non voleva mettere fine alla sua vita e mettere specialmente in pericolo May, che invece considerava egoiste le parole dei suoi due fratelli. Anche io la pensavo come May. Altro che eroina, avevo combinato proprio un bel casino.
E se avessero avuto bisogno loro di aiuto e questa famiglia non lo avrebbe concesso per come si erano comportati loro in precedenza?
Mi aveva detto Gabriele che i vampiri erano molto egoisti e anche vendicativi. Poteva anche succedere e la colpa sarebbe stata solo mia. Quindi non sopportavo le parole di Gabriele e Roby  velate di ringraziamenti, quando c'era un membro della loro famiglia che soffriva per la scelta che io gli avevo costretto a fare.
Loro avevano intrapreso un viaggio dal quale non si potevano più tirare indietro. Avevano preso una posizione in questa storia. Non potevano fare niente che in qualche modo mettesse a repentaglio la mia esistenza. No, non gli interessava mettere le loro vite in pericolo, gli interessava non mettere la mia vita in pericolo. Ero io il soggetto da tenere lontano da quei Volturi. Tre esseri che detenevano il potere della legge, il potere su quelli della loro specie e probabilmente anche in parte sulla mia specie. Per loro il loro segreto era più importante di qualsiasi altra cosa e la famiglia dell'amico di Andrea sarebbe morta e cosi chiunque avrebbe dato una mano a loro.
E io non avevo permesso ad Andrea di andare ad aiutare il suo amico.
Era questo che premeva malamente il mio cuore.
Io ero il vero mostro?
La mia presenza impediva a loro di fare qualcosa di bello per quelli della loro stessa specie.
Mi sentivo un mostro, quando non stavo con Gabriele che invece non faceva altro che ringraziarmi.
Io non volevo sentire le sue parole.
Le parole di Gabriele stonavano con quello che veramente sentivo dentro.
Io avevo fatto del male ad Andrea e in quel modo avrei potuto fare male a chiunque di quella famiglia.
Il fatto che io sapessi e non potevo sapere era un male per loro.
Il fatto che loro mi proteggevano da chi invece non avrebbe toccato loro se non per difendere me era un male per loro.
Quanto dovevo a quella famiglia?
Di più di quanto io avevo dato a loro.
Gabriele naturalmente non la vedeva come me.
Lui mi guardava ancora come la prima volta che i miei occhi si accorsero del suo sguardo su di me. Per lui io ero la cosa migliore che li fosse successo in duecento anni di vita vampiresca e ogni giorno coglieva il modo per dimostrarmelo.
Per me era difficile vedermi allo stesso modo con cui mi vedeva Gabriele. Cosa avevo fatto io per meritarmi un essere come lui?
E cosa avevo fatto io a lui e alla sua famiglia?
Non potevano più scegliere di tirarsi indietro.
Non poteva più fare un'altra vita finché ci fossi stata io nelle loro vite.
A me pesava molto di più rispetto a quanto pesasse realmente a loro.
Loro non avevano la mia stessa idea su quella situazione.
"Tu ora vieni prima di tutto. Prima dei nostri amici. Prima dei Volturi. Prima di qualsiasi altra cosa che metta a repentaglio la tua vita. Questo interessa a noi e nient'altro. Se ci sarà modo di spiegarlo agli altri lo faremo ma se non lo abbiamo fatto fino ad ora era per non mettere loro nella nostra stessa condizione di non poter scegliere più. Noi lo abbiamo fatto prima che tu potessi entrare nella nostra famiglia. Abbiamo valutato i rischi e le conseguenze e accettandoli ci siamo fatti carichi di essi. Tu non sei colpevole in questa storia. Qualsiasi cosa sia successa non sei stata tu a generarla. Probabilmente hai protetto di più tu la mia famiglia che io se avessimo deciso di andare ad aiutare i nostri amici."
Era lo stesso Andrea che la pensavo come Roby e come Gabriele. O forse probabilmente le sue parole non erano sincere dato che le diceva solo perché aveva saputo dei miei tumulti su quella situazione.
Era qualcos'altro che turbava Andrea.
"Li ci saranno le famiglie che hanno scelto il nostro stesso stile di vita. Non è solo il problema di aver creato un essere che non si doveva essere creare. E in questo ho dei dubbi che Carlisle abbia concesso qualcosa di cosi inverosimile a qualche membro della sua famiglia. Lui sapeva a quali rischi andava incontro avendo vissuto per molto tempo con i Volturi come me. Sappiamo meglio degli altri cosa si deve e cosa non si deve fare per tenerli lontani. Il dubbio per cui sono cosi assente in questo periodo non è essere mancato a questo evento per aver protetto te, ma aver scelto io stesso il loro stesso stile di vita. Non leggere le mie parole in senso negativo io come la mia famiglia siamo felici di ciò che siamo riusciti ad essere ma questo può portare a non essere compresi da chi non vuole capire. Aro ha cercato molte volte di convincere Carlisle a smettere con il suo stile di vita che per lui era inaccettabile. Credo che la chiave di tutto sia questo. Non vedo altro motivo per precipitarsi cosi velocemente e con tutto il suo reggimento in America. Sconfiggere uno stile di vita che potrebbe danneggiare la loro visibilità di protettori del nostro mondo. Se qualcuno mette in dubbio la loro verità può anche mettere in dubbio il loro stesso stile vita, trovando nel nostro stile valori più degni.
Questo è qualcosa che va oltre la natura di ciò che dovrebbero fare i Volturi. Loro dovrebbero mettere fine alle guerre che mettono a rischio la nostra esistenza non mettere fine a stili di vita differenti dai loro, solo perché hanno paura di essere considerati meno potenti dei loro stessi simili. È come se si seguono due visioni diverse di vita, come nella politica. c'è chi è di destra e c'è chi è di sinistra. Si convive pacificamente finché ne una e ne l'altra frazione cercano di imporsi come filosofia di vita vincente. Quando lo si cerca di fare allora questo prende il nome di dittatura. I Volturi non possono impedirci di scegliere il nostro stile di vita solo perché a loro non gli va a genio. È un crimine contro la loro stessa posizione di protettori. Loro si sono assunti il compito di proteggere la nostra razza non di comandarla. E se è questo il loro vero scopo, se le mie supposizioni sono esatte io come altri non lo scopriremo mai se quella famiglia viene distrutta perché i Volturi non guarderanno in faccia nessuno pur di raggiungere il loro scopo. E questa è la cosa che più mi ha fatto capire quanto io ero lontano dal loro modo di fare e quindi decidere di seguire una strada tutta mia. Io ho rispetto per i Volturi protettori, non per i Volturi dittatori e se questi dovrebbero essere più potenti dei protettori allora io non posso essere più indulgente nei loro riguardi. Io non accetterò più di essere protetto da loro da chi in realtà vuole imporre il proprio stile di vita. Da chi vuole imporre le proprie regole con la forza. E non solo io nessuno di noi accetterà più di essere protetto da chi invece ci vuole comandare."
Era molto di più di una punizione. E io sapevo cosa voleva dire.
Sapevo cosa volevano dire le parole. Quelle parole. Quante volte avevo studiato la seconde guerra mondiale. Quante volte avevo cercato di capire il motivo per cui la dittatura in quel periodo si era cosi rafforzata. E avevamo proprio la spiegazione nelle parole di Andrea.
Quanti di loro avevano accettato solo perché era una protezione maggiore che li potevano garantire rispetto a quelle esistenti. Ma la dittatura implica un altro fattore importante per ogni condizione umana e non umana: la non libertà. E nessuno mette a repentaglio la propria libertà per una maggiore protezione.
Quella nuova visione della situazione aveva messo in un certo modo pace al mio senso di colpa nei loro riguardi ma creato altre domande che nemmeno loro avrebbero potuto rispondere.
Se il potere avesse vinto, cosa molto logica, chi viveva come aveva scelto di vivere Carlisle era in pericolo? Questo mi preoccupava molto di più di tutti i pensieri che mi aveva destabilizzato fino a che non avevo avuto chiara la visione della situazione. Ed era molto più pericoloso rispetto ai miei precedenti dubbi. Questo avvenimento avrebbe provocato qualcosa di importante nella storia dei vampiri.
Bisognava scegliere da che parte stare e Andrea aveva già fatto la sua scelta prima che tutto ciò accadesse. Lui si era allontanato dai Volturi quando sentiva che ciò in cui credeva non corrispondeva più alla loro stessa visione di vita quindi lui sarebbe stato contro i dittatori.
Capivo quanto doveva pesarli ancora di più la scelta di non poter intervenire ma mi aveva anche detto che se le cose si fossero risolte bene per i suoi amici allora avrebbe avuto modo di spiegarli la sua posizione. Se … e i se non erano molto quotati anzi contro un esercito ben impostato, solo una cosa poteva fermarli: la parola. E se loro avrebbero avuto modo di parlare. Se li fosse stata data questa possibilità allora la situazione poteva volgersi a vantaggio del suo amico. Andrea sapeva che il suo amico era nella verità, poteva anche non essere là fisicamente per vederlo con i propri occhi, ma sentiva dove stava la ragione.
Aveva notato che la sua informatrice era accecata da qualche genere di odio verso la famiglia del suo amico e questo aveva macchiato la buona fede della ragazza, che senza alcun dubbio stava facendo una cosa onesta spinta però da un sentimento che andava ben oltre la giustizia stessa. Era una giustizia sua personale. Dalla sua lontananza non aveva nemmeno costatato personalmente se i fatti mostratisi davanti a lei erano quelli o no. E Andrea aveva dei dubbi che lo fossero. Dovevo conoscere l'amico di Andrea per capire quello che lui stesso diceva.
Una chiamata stemperò le tensione accumulata da Andrea in tutta questa situazione.
Era sereno.
Non lo avevo mai visto cosi sereno e in pace con il suo stesso essere.
Ci aspettò sereno e ansioso ma l'ansia non era quella stessa ansia che lo aveva quasi reso un fantasma nella sua stessa casa, nei giorni passati.
Era un ansia di cui si voleva liberare con quelle parole che teneva sulla bocca portandosi il tormento via con loro nell'aria che solo io avevo bisogno veramente di respirare in quella casa.
"Ragazzi ho da darvi buone notizie! Vengono dall'America direttamente!" esplose mentre noi ci stavamo sedendo e tutto rallentava nella loro vita quando c'ero io.
"Cosa succede Andrea?" chiese May impaziente di primo acchito ma poi mi resi conto che era solo curiosità come io stessa ero curiosa.
"I Cullen sono vivi! Sapete cosa vuol dire? Sono VIVI e vegeti!"
La cosa mi stupì e allo stesso tempo mi rincuorò per quella famiglia che non conoscevo ma di cui avevo capito la disperazione della loro azione impossibile di vivere a discapito di ciò che pensavano i Volturi di loro.
"Cosa vuol dire?" chiesi io, incurante forse della felicità che provavano gli altri nella notizia.
"Vuol dire che tutto resta come è, cara mia. Nessun dittatore al momento ci priverà del nostro stile di vita. Siamo ancora liberi di essere noi. Vuol dire tutto!"
"E il bambino immortale? Non era quella la scusa che avevano trovato per punire la famiglia Cullen?"
"Beh Carlisle mi ha spiegato che la piccola è un essere ibrido, metà umano metà vampiro e non comporta alcun problema per la nostra specie perché è controllabile e si controlla già da sola e protegge perfettamente il nostro segreto."
La cosa mi sembrava strana, ma se era riuscita a salvare le sorti di una famiglia già segnate non potevo far altro che rallegrarmene e festeggiare con il resto della famiglia.
"Tra l'altro ho chiesto a Carlisle se può raggiungerci appena può per spiegare la nostra posizione sul fatto. Lui non ha espresso alcun tipo di rimprovero nei miei confronti. Ma io lo devo fare per me stesso e per voi. Siete la mia famiglia e voglio mettere in chiaro alcune cose con Carlisle perché non possa dubitare del nostro intervento in futuro, se ce ne sarà bisogno."
Andrea si sentiva ancora in colpa per non essere stato al fianco del suo amico.
Era questo che lo spingeva in un gesto cosi estremo come quello di coinvolgerlo nella nostra situazione.
Ma non voleva coinvolgerlo se l'amico non avrebbe voluto non sarebbe stato parte della nostra storia, ma doveva almeno spiegare il suo punto di vista, ciò che non gli aveva permesso di essere al suo fianco in una situazione cosi delicata per il loro stile di vita.
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** E io ero pronta? XD ***


  

E io ero pronta?

Ero pronta a mettere a repentaglio un'altra famiglia con qualcosa di cui nemmeno io sapevo cosa fosse?

Io non potevo scegliere.

Dovevano scegliere gli altri se stare o no dalla mia parte.

Con quella parte di cui io stessa aveva scelto di non stare a favore.

Chi avrebbe messo a repentaglio la propria vita per proteggere qualcuno che non voleva accettare la propria condizione di esistenza?

Solo chi non era veramente vivo.

Solo chi meglio di me sapeva cosa voleva dire accettare la propria condizione e far in modo che questa condizione fosse alla pari con il proprio stile di vita.

Solo chi non poteva più vivere nel vero senso della parola e quindi conosceva molto di più rispetto a chi viveva veramente.

Solo un vampiro dagli occhi dorati.

In quegli occhi c'era di più di tutto quello che avrebbe detto mille parole sovraffollate.

E io lo sapevo, io lo sapevo perché avevo messo da parte la paura nei loro riguardi e gli avevo conosciuti per quello che erano. Nelle loro debolezze, nella loro lealtà, nella loro famigliarità.

Loro avevano salvato me.

Il loro stile di vita. Il loro ribellarsi alla loro natura. I loro sacrifici per non essere quello che le persone simili a me volevano fossero.

Spesso mi chiedevo se erano più umani di loro, di coloro che si giudicavano tale solo perché ne avevano le sembianze.

E io chi ero? Io cosa avevo fatto di me?

Perché avevo dimenticato?

Era cosi indecoroso per la coscienza umana quello che io ero da non poterlo sopportare?

Difficile ora farsi domande alle quali io stessa avevo deciso di non rispondere.

I Cullen non avevano rifiutato l'invito da parte di Andrea.

Aspettavamo con ansia la chiamata di conferma della loro visita che non giunse troppo tardi dalla chiamata di Andrea.

Cosi loro stavano arrivando ma a me il loro arrivo sembrò non giungere mai.

Era come se tutto si ripeteva ma in una situazione ben diversa perché già sapevo dell'esistenza dei vampiri. Sapevo io chi stava arrivando a farci visita. Erano loro che dovevano scoprire per la prima volta un essere come me.

Andrea mi disse che Carlisle era affascinato dal mondo stregato al quale io appartenevo ed era sicuro che la mia conoscenza per lui sarebbe stata un ottima occasione per scambiare visioni di vita diverse, ma io della mia visione di vita che intendeva Andrea non sapevo praticamente ancora niente a parte il fatto che potevo incenerire un vampiro cattivo con lo sguardo se solo provava ad avvicinarsi a me.

Era poco ma avrebbe incuriosito molto l'amico che veniva da lontano ignaro della situazione che lo attendeva.

In quei giorni era tutto proiettato per l'arrivo di questi nuovi amici.

Si cercava di capire come avrebbero iniziato ad impostare il discorso su di me ai loro. Andrea però sapeva che il primo essere creato da Carlisle era un abile lettore della mente, quindi non aveva molto scampo su quello che doveva dire, il ragazzo lo avrebbe letto prima di tutti nella stanza. Poi disse che sarebbe arrivato anche un loro giovane amico che però non era vampiro come loro, ma sapeva tutto perché lui era un uomo-lupo. Chiesi di più a riguardo di questa faccenda ma Andrea non mi seppe dire niente di nuovo se non quello che aveva già detto.

                                                                           FINE

GRAZIE a ELLESSE che ha commentanto con passione la mia storia.
Grazie a chi l'ha messa nei preferiti come MARIA SWAN.
Grazie a chi l'ha messa in storie da seguire come CUORICINA1996 e  SSAPHIRAS.
Grazie a chi l'ha messa nei da ricordare come  CARLIE_SMILE
Un grazie immenso a chi ha sprecato cinque minuti del suo tempo ogni tanto per leggere queste righe ^_^

 

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