Dalla tua, tua sola, tua unica... sorella

di mercutia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quella mattina d'estate ***
Capitolo 2: *** Una regina indomita e fiera ***
Capitolo 3: *** Clair de Lune ***
Capitolo 4: *** Sorrisi ***
Capitolo 5: *** Mantenere le promesse ***
Capitolo 6: *** Abluzione ***
Capitolo 7: *** Cicatrici ***



Capitolo 1
*** Quella mattina d'estate ***



[Riferimento all'episodio 32 - dal minuto 8:07]

Tutto cominciò con un incubo, l'incubo più spaventoso che avesse mai fatto: Fukiko suonava il pianoforte, all'esterno casa Ichinomiya ardeva tra impetuose fiamme celesti mentre donne iraconde marciavano verso di lei inneggiando alla rivolta. Le ampie vetrate del salone si spalancarono lasciando entrare il fuoco, il lampadario di cristalli si frantumò a terra, le fiamme dall'irreale colore schizzavano tra i tasti del pianoforte avviluppando dapprima le dita di Fukiko che imperterrita continuava a suonare, poi presero tutta la sua figura. Qualcosa la spinse a guardarsi alle spalle, solo allora smise di suonare: dietro di lei Rei caricava un fucile per poi puntarglielo contro.
Madida di sudore si ritrovò nel letto con gli occhi sbarrati, erano le 3:00 di notte, il cuore stretto in una morsa d'angoscia: poteva accettare tutto, il suo orgoglio poteva permetterle di affrontare qualsiasi avversità, ma non il tradimento di Rei, della sua Rei.
Era da poco sorto il sole quando scese in cortile cercando l'autista. L'uomo diede appena a vedere il proprio stupore nel sentire la richiesta di accompagnarla a quell'ora all'appartamento di sua sorella. Non lo rimproverò per questo, in mente aveva una cosa sola e non avrebbe avuto pace finchè non avesse parlato con Rei: di tutto quello che aveva visto fare dai membri della Sorority, di ogni meschinità ognuna di loro si fosse macchiata per uno scopo o per l'altro, le parole di Rei all'assemblea erano state le uniche a turbarla e Fukiko doveva capire perchè le aveva pronunciate, doveva sapere quale sentimento l'aveva spinta a trovare la sfrontatezza di opporsi a lei.
La porta dell'ascensore si aprì in quello squallido corridoio che conosceva fin troppo bene, aprì la porta dell'appartamento 507. Gli innumerevoli specchi appesi al tetro ingresso riflettevano più e più volte il bagliore che proveniva dal bagno. Da lì arrivava lo scroscio della doccia. Fukiko si affacciò nello stesso momento in cui Rei apriva la porta a vetri chiedendo
Chi è?
La padrona di casa sgranò gli occhi nel vedere lì sua sorella, quindi farfugliò un
Solo un minuto. Ti raggiungo subito” e si affrettò a chiudere porta e acqua.
Fukiko però entrò con lei. Rei in piedi nuda e bagnata sembrava ancora più fragile di quanto non si mostrasse ad ogni loro incontro.
Ascolta, devo farti una domanda che è estremamente importante per me. Sentila e poi rispondi solo sì o no, mi sono spiegata?” Fukiko attese giusto il tempo di vedere la sorella annuire debolmente e proseguì risoluta, ma serena, come suo solito.
Hai promosso la petizione per l'abolizione della Sorority spinta dal tuo odio per me? Rispondimi soltanto sì o no, ti prego
Rei abbassò lo sguardo e sussurrò
Si
Fukiko sorrise soddisfatta, non le importava cosa provasse per lei, voleva solo che qualsiasi cosa Rei facesse, fosse dovuto a lei, fosse causato dai sentimenti per lei, qualsiasi fossero questi sentimenti. Rei non doveva pensare ad altri che a lei. Rei era sua. Anche l'odio andava bene, se era per lei.
Ti ringrazio” disse già girandosi per andarsene, ma mentre stava per uscire dal bagno, la voce di Rei proruppe alle sue spalle
No!
Fukiko tornò sui suoi passi.
Si invece! No, non è vero!” cominciò l'altra in una specie di delirio girandosi verso la parete opposta
Rei” la riprese
Si hai ragione: io ti odio a morte!” continuò sua sorella, scendendo verso i rubinetti e aprendoli sempre di più, ossessivamente.
Rei
Non è vero! Io ti amo da morire invece!” Rei gridava con la voce spezzata dai singhiozzi, rannicchiata a terra tra i getti d'acqua.
Rei” Fukiko non riusciva a sussurrare altro che il suo nome, stupefatta da quel comportamento.
Io ti odio. No! Io ti amo, si ti amo. No! Ti odio, ti odio!
Rei” mormorò ancora una volta osservando la sorella in lacrime accasciata contro le piastrelle della doccia.
Non sapeva spiegare cosa la turbasse tanto di quella visione, né di quello che aveva appena sentito tra quei disperati singhiozzi, eppure continuava a fissare Rei sgomenta, sentendo addirittura il desiderio di piangere con lei. Riprese il proprio autocontrollo, afferrò con fermezza la maniglia della porta a vetri del bagno e disse secca
“Alzati e asciugati”
Rei si girò di scatto, gli occhi allarmati
“Non andartene!”
“Ti aspetterò qui in soggiorno, se è questo ciò che vuoi.”
Uscì dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle. Con la coda dell'occhio vide la figura snella di Rei offuscata dal vapore condensato sul vetro che si affrettava a spegnere l'acqua e rimettersi in piedi.
L'appartamento era quasi totalmente immerso nel buio, ignorando a fatica la propria sagoma riflessa negli specchi mentre camminava nella penombra di quel lungo corridoio angusto, giunse in sala. Aprendo la grande finestra, dovette coprirsi gli occhi feriti dalla violenza dell'impatto con la luce, una lacrima uscì comunque, rapidamente cacciata via da un dito. Nonostante il calore del sole che si stava levando ad illuminare quella mattina d'estate, le stanze in cui viveva Rei erano fredde, spoglie, cupe quanto chi le abitava: quell'appartamento dava l'idea di un guscio vuoto. Sedette sul divano, schiena dritta, le mani posate in grembo, lo sguardo rivolto fuori, al cielo limpido e attese l'arrivo di Rei.

Rei uscì dalla sua camera da letto prima ancora di essersi vestita e asciugata del tutto, terrorizzata com'era all'idea che Fukiko si stancasse d'aspettarla e se ne andasse. Masticava ancora la dose di pillole che aveva ingoiato per calmarsi, indossava i pantaloni e una camicia con solo un paio di bottoni chiusi, sulla testa si sorreggeva un telo di spugna con cui continuava a asciugarsi i capelli ancora abbondantemente inumiditi. Si bloccò un attimo entrando in sala, felice e turbata allo stesso tempo di vedere sua sorella lì seduta sul divano, ad attendere lei. Fukiko girò appena la testa nel sentirla avvicinarsi, quel tanto che le bastava per poterle puntare addosso il suo sguardo, quel tanto che bastava a Rei per sentirsi in suo potere. Dopo qualche istante Rei si riscosse e avanzò fino a mettersi a sedere nella poltroncina accanto al divano.
Fukiko la squadrò inespressiva. Indossava la camicia bianca e quella sua stupenda gonna nera con fiori rossi che le scendeva lunga e stretta fino ai piedi: era l'immagine stessa dell'austerità. Chissà come appariva agli occhi di chi non la conosceva? Tanta grazia e bellezza erano sufficienti a mascherare il suo animo superbo e crudele? Sembrava una dea benevola o un sadico demonio? Rei stessa non aveva ancora capito come apparisse ai suoi stessi occhi, per questo la sua sola presenza lì in quella stanza la tormentava, come ogni volta che stava con lei, tenendola imprigionata tra due sentimenti che duellavano a sangue tra loro, paura folle da una parte e cieco amore dall'altra.
“Mi hai chiesto di rimanere e come vedi ti ho accontentata. Hai forse qualcosa da dirmi, Rei?” le chiese guardandola dritto negli occhi, il volto sereno e disteso come se non fosse appena accaduto nulla di particolare.
Rei si sforzò di sostenere lo sguardo, ma sapeva che nei suoi occhi, se mai c'era stato un bagliore di forza, si stava spegnendo attimo dopo attimo. Non aveva nulla da dire, solo non voleva che se ne andasse così, come faceva sempre subito dopo averla sconvolta come sapeva fare tanto bene.
“Fukiko... io...”
Seguì il silenzio.
“Tu cosa, Rei? Dimmi, sono qui per ascoltarti. Parla liberamente, sai che a me puoi dire tutto.” dicendolo si alzò e si portò alle spalle di Rei e infilò le mani tra i suoi capelli.
“Hai ancora i capelli bagnati, prenderai un malanno. Vuoi forse far stare in pensiero tua sorella?”
“No”
“Lo sai quanto tengo alla tua salute, dovresti smettere di farmi stare in pena per te”
Rei si irrigidì nel sentire che Fukiko le stava tamponando i capelli con il telo. Alzò le mani per fermarla e incontrò le sue.
“Non devi...” cominciò a farfugliare, finchè Fukiko intrecciò le sue dita a quelle della sorella e le riabbassò le mani, scendendo con esse fino a quando i loro volti furono uno accanto all'altro.
“Qual è il problema Rei? Non vuoi che mi prenda cura di te?” le sussurrò all'orecchio.
Rei rispose solo con un fremito, incapace di parlare.
“Non mi rispondi? Vuoi forse che me ne vada?”
“No, ti prego!” si affrettò a dire “Rimani... rimani qui con me”
Con la coda dell'occhio vide le labbra di Fukiko piegarsi in un sorriso che a chiunque sarebbe parso amorevole.
“E allora perchè ti comporti così? Perchè non vuoi che mi prenda cura della mia sorellina?”
Rei girò la testa per allontanarsi il più possibile da Fukiko che ancora la teneva in quella specie di abbraccio.
“Per ogni carezza che mi regali, mi aspetto almeno due schiaffi come pegno”
Fukiko lasciò subito la presa e si alzò
“E' questo quello che pensi di me? Ti sembra una creatura tanto mostruosa tua sorella?” non c'era rabbia nella sua voce, c'era qualcosa di peggio, c'erano calcolo e misura. Rei emise un profondo sospiro tremante e rispose
“E' quello che tu mi hai portata a pensare.” ancora un lungo respiro e continuò mesta “E nonostante questo, non posso fare a meno di ogni tua carezza.”
Fukiko tornò davanti a lei, il suo sorriso era la cosa più bella e terribile che Rei avesse mai visto, se riusciva a mantenere la calma era solo merito dei farmaci che stavano facendo effetto. Fukiko si chinò lentamente su di lei, appoggiando le mani ai braccioli della poltrona, occhi nei suoi occhi a pochi centimetri di distanza, troppo pochi. Sapeva di torturarla in quel modo: perchè lo stava facendo?
“Mi ami Rei? Voglio sentirtelo dire chiaramente”
“Cosa vuoi da me?” le chiese sforzandosi inutilmente di tenere ferma la propria voce.
“Ti ho fatto una domanda Rei. Ti prego rispondimi chiaramente, è così importante per me. Mi ami?”
Rei si costrinse a reggere il suo sguardo.
“Vorrei che non fosse così, ma ti amo, lo sai, ti amo alla follia” nonostante le pillole prese poco prima, sentiva i nervi cedere alla tensione, gli occhi bruciavano per le lacrime che spingevano per uscire, il fiato si faceva corto.
Fukiko sorrideva placida e compiaciuta, continuando a fissarla, continuando a torturarla, così vicina, così perfida, così bella.
“Cosa vuoi da me?” chiese ancora Rei con un filo di voce.
“Sei stata tu a chiedermi di restare, non te ne ricordi? Dovrei essere io a farti questa domanda. Cosa vuoi da me, Rei? Coraggio, puoi dirmelo.”
Rimasero ferme così ancora per un interminabile istante, poi Fukiko prese a giocare con una ciocca dei capelli di Rei, facendola passare tra le dita di una mano. Il respiro di Rei si faceva sempre più affannoso. E faceva caldo, un caldo soffocante. Rimettendosi in piedi, Fukiko portò la mano al viso della sorella, accarezzandolo si spinse fino ad entrare di nuovo tra i suoi capelli. Rei socchiuse gli occhi seguendo il gesto, aspettando di impazzire da un momento all'altro, ma un dolore improvviso la portò a riaprirli di scatto. Fukiko aveva afferrato i suoi capelli, usandoli per tirarla in piedi davanti a sé. Senza mollare la presa, con un'espressione fuori controllo che non le aveva mai visto in viso prima di quel momento, le chiese ancora
“Cosa vuoi da me, Rei?” gli occhi con cui la guardava erano un abisso in cui Rei non poteva che affogare.
Il desiderio prese il sopravvento su qualsiasi altra cosa: baciarla fu coronare un sogno che nemmeno aveva mai osato fare fino in fondo. Uno di quei sogni da cui Rei si teneva alla larga, conscia che non si sarebbe mai avverato e che l'avrebbe portata alla follia. E ora invece stava accadendo. Le sue labbra toccavano quelle di Fukiko e pareva che niente avrebbe potuto farle smettere. Rei la stringeva a sé con foga, affondando le sue mani tra quei meravigliosi boccoli d'oro, inebriandosi del suo profumo, assaggiando la sua pelle. Sorprendentemente Fukiko rispose con la sua stessa passione, togliendole così ogni freno, ogni inibizione e ogni briciolo di razionalità con cui comprendere a fondo ciò che stava accadendo in quella stanza in quella splendida e radiosa mattina d'estate.

Respirava ancora con affanno, ma non voleva stare lì un attimo di più: per quanto ne fosse irritata, doveva ammettere di non essere in grado di affrontare quella situazione, quindi raccolse i propri indumenti con calma studiata, valutò con cura lo stato della sua camicia e della sua gonna poi si avviò verso il bagno senza dire una parola, mentre Rei rimaneva a guardarla seduta a terra. Fece una doccia rapida, attenta a non bagnarsi i capelli e a non pensare a quanto era appena accaduto e allo stato confusionale in cui l'aveva portata: aveva cominciato a stuzzicare sua sorella ed era finita coinvolta nel suo stesso gioco, non avrebbe permesso che questo cambiasse in qualche modo gli equilibri tra loro, non avrebbe permesso che quanto accaduto le togliesse il suo controllo su Rei e ancor più su sé stessa. Con cura meticolosa si pettinò e si rivestì, per tornare in soggiorno perfetta come sempre, come lo sguardo adorante della sorella le confermò. Sorrise soddisfatta a quegli occhi: erano il segno che nulla nei loro ruoli era cambiato.
Guardò l'orologio
“Ho alcune importanti faccende da sbrigare alla Sorority House quest'oggi, voglio essere a scuola prima dell'orario delle lezioni, preparati velocemente se vuoi venire in auto con me.”
Rei si alzò in fretta e andò dritta sotto la doccia, senza alzare gli occhi verso di lei, senza dire una sola parola. Ottimo.
Oziosamente Fukiko aprì la porta a vetri che dava sul balcone e rimase un po' li appoggiata ad osservare l'orizzonte: non le piaceva l'idea di aver bisogno di calmarsi, forse aveva soltanto bisogno di assorbire con calma quello che era successo in quella stanza poco prima, poi sarebbe diventata un'altra arma con cui tenere il cuore di sua sorella in pugno, eppure temeva come mai prima di quel momento che la situazione le sfuggisse di mano. Era turbata, nel profondo, e spaventata all'idea che quella sensazione sarebbe perdurata.
Dal bagno proveniva il ronzio dell'asciugacapelli, da fuori i rumori della città che si stava svegliando. Richiuse la porta e tornò nel soggiorno, ma, infastidita dai vividi ricordi delle passioni appena consumate in quella stanza, decise di attraversarla e dirigersi nella camera di Rei, forse la più tetra di tutto l'appartamento: oltre il grande letto coperto di rosso cremisi, ad adornare l'ambiente c'era un unico piccolo tavolino che fungeva anche da comodino, sopra il quale erano riposti il telefono, un carillon, una foto incorniciata e una bambola che lei stessa le aveva regalato anni prima. Girò la cornice verso il basso, per non vedere il volto di loro madre e prese in mano la bambola. Le tornò alla mente il loro patto, la loro promessa e quel giorno in quella spiaggia del nord in cui era davvero cominciato tutto, quel giorno in cui Rei era divenuta sua. Qual era il nome di quella spiaggia?
Sentì alle sue spalle l'anta dell'armadio che scorreva, ma non si girò. Poco dopo Rei la raggiunse, con una mano le prese la bambola dalle mani, con l'altra stava per cingerle la vita. Fukiko schivò palesemente l'abbraccio, spostando la mano della sorella mentre la guardava in volto per coglierne la reazione. Lo stupore misto a frustrazione si manifestarono con estrema chiarezza, Rei non era mai stata capace di celare i propri sentimenti, a lei meno che a chiunque altro.
Senza dire altro, si avviò verso l'uscita. Rei afferrò i suoi libri e si affrettò a seguirla, silenziosa come un'ombra.

Lungo il tragitto in macchina nessuna delle due parlava. Rei non sapeva come prendere quello che era successo, sapeva di non poterla considerare una sua vittoria e nemmeno un cedimento della sua incantevole carnefice, comunque era stato troppo bello per non renderla felice. Rei avrebbe riso se fosse stata sola, avrebbe riso come forse non aveva mai fatto in tutta la sua vita, ma sapeva che Fukiko avrebbe richiesto un prezzo troppo esoso per la sua ilarità. Sapeva anche che da quel momento se possibile avrebbe desiderato sua sorella ancora di più, ma per ora godeva dentro di sè di quella gioia, la vibrante sensazione del tocco delle sue labbra e del sapore della sua pelle. Nulla le avrebbe tolto quel ricordo e la prova che la sua passione era ricambiata, cosa che Fukiko non avrebbe mai ammesso a parole, ma non sarebbe stata la sua Fukiko altrimenti. Poco importava, i momenti passati insieme poco prima erano una prova sufficiente del suo amore: con questa consapevolezza sarebbe stata più serena e forte da quella mattina in poi, ne era certa.
All'improvviso Fukiko ruppe il silenzio
Qualche volta mi chiedo il perchè. E' strano, ma non riesco proprio a ricordarlo. Mi chiedo come si chiamava quella spiaggia dove si trovava quella piccola e simpatica cittadina del nord? Quella spiaggia dove il mare ruggiva così forte da assordare le orecchie e nevicava continuamente come se in realtà non avesse mai intenzione di smettere. Una volta ricordavo il nome, ma ora mi sembra mi sfugga sempre di mente. Prima di rendermene conto scivola subito via ed era così importante, così essenziale per tutt'e due. Ti prego Rei, io ti supplico, dimmi il nome di quella costa. Te lo ricordi vero? Non puoi averla dimenticata, era talmente bella” nel dirlo Fukiko aveva preso una mano di Rei e la stringeva dolcemente.
Non insistere. Se tu l'hai dimenticato, vuol dire che l'ho dimenticato anch'io
No! Dimmi quel nome!
Rei gentilmente si liberò delle mani di Fukiko e non disse più nulla.
Sarebbe stata più forte da quella mattina in poi, non avrebbe smesso d'amarla, questo mai, ma avrebbe vissuto serenamente quella loro folle passione.

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Alcune parti sono volutamente prese dalla serie animata Oniisama e... (Caro Fratello) per esigenze di trama.
Sono indicate in corsivo
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Capitolo 2
*** Una regina indomita e fiera ***



[Riferimento all'episodio 32 - dal minuto 0:35]

L'indomani alla fine delle lezioni Rei si attardò in classe con Kaoru, Nanako e le altre ragazze che avevano organizzato la raccolta firme: mancava poco alla realizzazione del loro obiettivo, ma dalle voci che correvano sulle bocche delle studentesse pareva che il destino della Sorority fosse già segnato a prescindere dall'esito di quella petizione. Proprio in quel momento alla Sorority House Fukiko stava ultimando i preparativi per il Tea Party che gli ormai ex membri anziani avevano boicottato: nessuno avrebbe partecipato, sarebbe stato il suo colpo di grazia. Rei si era costretta a non intervenire in alcun modo a quello che già alcune definivano il canto del cigno di Lady Miya, anzi ormai era entrata a far parte della fazione che le si opponeva, con che faccia avrebbe potuto sostenerla? Ma quello che l'aveva spinta, quello da cui era mossa la petizione stessa proposta da Kaoru non aveva niente a che vedere con quanto stavano tramando ora i vecchi membri di quella maledetta istituzione: a loro non importava affatto abolire le stupide disparità tra le studentesse, volevano solo annientare Fukiko, la sua autorità e il suo orgoglio. Sentì addosso gli occhi di Kaoru mentre espirava una nuvola di fumo guardando il giardino fuori dalla finestra: la sua amica sapeva benissimo che sforzo le costasse stare lì in quel momento, ma Rei questa volta aveva deciso non correre a salvare sua sorella, consapevole del fatto che ogni suo intervento a quel punto l'avrebbe offesa.
Il sole stava tramontando quando seguì le compagne fuori dalla scuola. In cortile alcuni ex membri della Sorority stavano dando l'ennesimo becero esempio della loro riprovevole mancanza di principi: liti anche furibonde erano ormai all'ordine del giorno, ogni occasione si trasformava in un pretesto per scambi velenosi carichi di vecchi rancori e invidie. Erano semplicemente patetiche. Nel vedere passare Kaoru, riuscirono a coinvolgere anche lei nella loro faida.
Dille che l'era di Lady Miya è tramontata. Si esatto, questa sarà quella di Orihara, la più probabile candidata a prendere il posto di Lady Miya come presidente del consiglio studentesco...
Ecco quello a cui mirava il cinismo di bassa leva di quelle squallide leccapiedi: estorcere il potere a una per consegnarlo nelle mani di un'altra studentessa da ingraziarsi, era solo quello il subdolo scopo delle loro trame. Che fossero tutte quante maledette! Mentre Kaoru ribatteva alle loro meschinità, Rei non riuscì a trattenersi ulteriormente: Fukiko era stata abbandonata da tutte, non poteva sopportare di lasciarla affondare da sola.
La sera ormai prossima aveva inondato di una pesante luce arancione l'ampio salone della Sorority House addobbato a festa. I tavoli vuoti, con le loro candide tovaglie e gli splendidi vasi colmi di rose rosse erano la misera platea di Fukiko, seduta là davanti completamente sola. Accendendo la luce Rei mise in scena lo spettacolo che sua sorella avrebbe voluto.
Fukiko, mi dispiace di averti fatto aspettare tanto, ma ora l'attesa è finita, guarda qui: ci siamo tutte. Prego, adesso puoi cominciare finalmente
Mentre anche Kaoru e le altre raggiungevano la sala, Fukiko diede il meglio di sé.
Rei ascoltò rapita il suo discorso sul suo incrollabile orgoglio, amandone ogni parola, ogni gesto, ogni espressione. Come faceva ad essere tanto padrona di sé? Come riusciva una creatura dall'aspetto tanto soave e delicato ad essere tenace come acciaio? Manteneva la sua superba espressione ferma, senza dare alcun segno di incertezza o di inquietudine pur sapendo che stava assistendo all'inesorabile inabissarsi della nave che con tanta dedizione aveva condotto per anni. I suoi profondi occhi altezzosi gridavano che sarebbe rimasta comunque a galla, che nulla di tutto ciò che avrebbe potuto distruggere chiunque altro avrebbe minimamente scalfito lei. In quel momento Rei finalmente ritrovava quella bambina che aveva conosciuto anni prima nel giardino di casa Ichinomiya, quella bambina che pur così piccola era già tanto orgogliosa da nascondere le lacrime, versate con disperazione fino ad un attimo prima, di fronte a chi riteneva suo inferiore.
Il discorso finì e Fukiko tornò a sedere su quello che aveva tutta l'aria di essere un trono quando lei vi stava sopra. Guardandola, un brivido corse violento lungo la schiena di Rei: la sua stupenda regina indomita e fiera aveva trionfato anche nella più amara sconfitta e avrebbe continuato a guardare il mondo a testa alta. Quanto l'amava...
Fece un cenno a Kaoru e le altre perchè le lasciassero sole, ma l'amica non obbedì immediatamente, anzi indugiò cercando con lo sguardo di persuadere anche Rei ad andarsene, preoccupandosi come suo solito quando c'era di mezzo Fukiko. Ma dovette rendersi conto della sua risolutezza, perchè dopo poco lasciò la stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Fukiko si accorse d'un tratto di essere sola con Rei, la fissò a lungo poi le chiese
“Rei, saresti tanto gentile da portarmi una tazza di tè?”
Rei si alzò solerte ed eseguì quanto le era stato chiesto. Quindi la raggiunse e le porse la tazza
“Forte e amaro, come piace a te”
Fukiko sorrise prendendo la tazza e, mentre l'appoggiava lentamente sul tavolino accanto per lasciare il tè a raffreddare, disse
“Se pensavi che avessi bisogno del tuo aiuto per affrontare tutto questo, ti sbagli. Non mi serve la pietà di nessuno, la tua soprattutto.”
“Non sono affatto qui per pietà, sono qui per ammirarti. Sono qui per custodire il tuo meraviglioso orgoglio e assicurarmi che nulla possa intaccarlo. Sono qui per vederti fiera e sicura come devi sempre essere. Sono qui perchè questo è il mio ruolo, sono qui ora e sempre ci sarò.”
La mente di Fukiko tornò indietro nel tempo a quel pomeriggio d'estate di tanti anni prima, quando l'aveva conosciuta: l'innocenza di sua sorella era la stessa di allora, il suo animo cristallino non era cambiato, così come l'ammirazione che brillava nei suoi occhi quando la guardava. Fukiko odiava ammettere quanta importanza avessero per lei quello sguardo e quell'affetto tanto intenso da essersi trasformato in un sentimento morboso, ma era la verità. Sapeva fin troppo bene quanto le fosse necessario avere l'attenzione e la devozione di sua sorella per lei, soltanto per lei.
Riprese la tazza di tè. Stupendosi nel sentire il tintinnio della ceramica causato dal proprio tremore, la posò nuovamente e si guardò le mani. Cosa le stava accadendo? Rei gliele afferrò e la tirò in piedi verso di lei, abbracciandola. Fukiko dovette sforzarsi per recuperare velocemente il sufficiente autocontrollo per respingerla: non le avrebbe dato la soddisfazione di farle capire quanto la sua presenza lì in quel momento fosse fondamentale per farla sentire superiore a qualsiasi angheria le avessero inferto, non le avrebbe dato motivo di credere di avere un così grande potere emotivo su di lei. No, Fukiko non avrebbe mai ammesso di aver bisogno di Rei, mai!
“Non è necessario che dimostri a me il tuo orgoglio, io lo conosco. Non è necessario che tu nasconda a me la rabbia e le lacrime, sai che non le giudicherei una debolezza.” disse Rei, prendendole il viso tra le mani.
Ma non erano lacrime quelle di cui Fukiko aveva bisogno in quel momento: gli ex membri della Sorority si erano dimostrate persone di così scarso valore da non meritare nemmeno un suo cruccio, non avrebbe sprecato una sola lacrima, neppure di rabbia, per quanto le avevano fatto. Non era quello a turbarla, affatto, bensì l'ardente desiderio che Rei la baciasse. Non riusciva a pensare ad altro, mentre si sforzava di sostenere il suo sguardo, così penetrante, così puro. Cosa le stava accadendo? Non doveva essere lei a desiderare sua sorella! Incapace di controllare i propri occhi che fissavano desiderosi le labbra di Rei, li abbassò rapidamente, si liberò delle sue mani e si avviò verso la porta, cercando di apparire serena, ma dubitando seriamente di riuscirci.
La voce di Rei echeggiò poco dopo nell'ampia sala semideserta
“Fukiko, non è da te fuggire.”
Fukiko si bloccò a pochi passi dall'uscita, si girò di scatto a guardare sua sorella, ancora ferma come l'aveva lasciata.
“Cosa stai insinuando Rei? Da cosa starei scappando? Sentiamo.”
“Da me e da quello che è successo ieri mattina” dicendolo, Rei si girò a guardarla, segno che si sentiva sicura della propria posizione. Fukiko inspirò profondamente, incrociando le braccia sotto il petto. Il ricordo di quanto avevano fatto la turbava in modo incontrollato, una sensazione a cui non era abituata e che la spaventava. Per questo dalla mattina prima aveva evitato ostinatamente di ripensarci, incapace di farlo senza venirne scossa nel profondo ogni volta. Ma non poteva permettere che Rei notasse quella debolezza, era assolutamente necessario che si mostrasse sicura a suoi occhi e che le facesse credere che quello che era accaduto altro non era per lei che l'ennesimo capriccio con cui torturarla.
Sorrise, poi si lasciò andare anche ad una lieve risata di scherno. Lenta si riavvicinò a Rei, facendosi forza nel vedere il suo sguardo, dapprima sicuro, farsi vacuo e spaventato.
“Non essere ridicola, Rei. Credi davvero che io stia fuggendo da te? Ti sei illusa di aver guadagnato un tale potere su di me da mettermi nella condizione di non saper affrontare la situazione?” L'aveva raggiunta, guardandola negli occhi sfidava lei e anche sé stessa. Non avrebbe ceduto alle emozioni.
“Pensi di avermi conquistata Rei? E' questo che pensi? Credi forse che io sia tua?” rise di nuovo, poi tornò seria.
“Tu sei mia, Rei. Il tuo cuore, i tuoi pensieri, i tuoi stessi desideri mi appartengono. Il contrario non avverrà mai, mi sono spiegata?”
Rei abbassò la testa e fu una fortuna perchè Fukiko dubitava che avrebbe potuto dominarsi ancora a lungo. La rabbia che provava nel constatare la propria mancanza di autocontrollo era come benzina sul fuoco. Strinse forte le mani ai gomiti, era inconcepibile che le tremassero tanto.
“Dimentica quanto è accaduto ieri mattina, Rei, perchè non significa niente”
“Non è vero” la voce di Rei era quasi un sussurro, ma trovò la forza di alzare di nuovo lo sguardo.
“Come osi?”
“Tu stai mentendo! Ieri anche tu...”
La mano di Fukiko sembrò agire di volontà propria, imprimendo uno schiaffo sul volto di sua sorella, tanto forte e inatteso da farla cadere a terra.
Massaggiandosi la guancia, Rei le puntò addosso uno sguardo pieno d'astio.
“Tu mi ami! Tu mi vuoi come io voglio te! Ammettilo Fukiko!” le sue parole divennero un ruggito.
“Puoi picchiarmi e continuare a torturarmi in eterno, ma lo fai perchè non sopporti l'idea di amarmi! Ammettilo maledetta, ammettilo!” era in ginocchio ai suoi piedi, col volto rigato dalle lacrime e deformato da ira e disperazione.
“Smettila Rei! Non tollero comportamenti simili!”
“Dimmi che mi ami. Dimmelo!” urlò stringendo le mani sulla sua gonna.
Fukiko si liberò della presa con uno strattone violento e si allontanò lasciando la sorella accasciata sul pavimento. Cercando disperatamente di mantenere il proprio contegno, procedette risoluta verso l'uscita, i suoi passi e i singhiozzi di Rei assordavano nel profondo silenzio in cui era immersa la Sorority House, mentre fuori la quiete della sera aveva ammantato di un blu intenso gli scorci dei giardini della scuola che si vedevano dalle ampie vetrate.
Sulla porta si fermò, la maniglia stretta nella mano.
“Domani sera... davanti a casa mia... ” con la coda dell'occhio vide Rei alzare di scatto la testa “Aspettami senza farti vedere da nessuno.”
Quindi uscì.

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Alcune parti sono volutamente prese dalla serie animata Oniisama e... (Caro Fratello) per esigenze di trama.
Sono indicate in corsivo
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Capitolo 3
*** Clair de Lune ***



Quante volte era stata lì, nascosta per ore tra gli alberi del giardinetto di fronte a casa Ichinomiya? Non avrebbe mai saputo contarle. Era stata lì in cupe notti autunnali, sotto piogge primaverili, nelle fredde nevicate dell'inverno e anche in splendide nottate d'estate come quella.
La luna piena illuminava la strada che la separava dal cancello della splendida villa in stile classico occidentale quasi come fosse giorno. Di tanto in tanto le tende, gonfiate da una leggera brezza che impediva alla notte di farsi calda, nascondevano Fukiko seduta al pianoforte, così bella da far tremare Rei: indossava un sobrio vestito al ginocchio a righine oblique scure, i capelli erano trattenuti da un largo cerchietto che riproduceva la stessa fantasia, la sua espressione era serena e distesa come ogni altra volta che l'aveva vista suonare. Con la grande portafinestra della sala aperta sul terrazzo, era quasi come essere lì con lei. Stava eseguendo Clair de Lune, indubbiamente appropriato alla serata, ma Debussy non era adatto a lei: era Chopin che avrebbe dovuto suonare, le dita di Fukiko erano fatte per le note di Chopin, sentimento e passione accuratamente celati dietro un impeccabile quanto sottile velo d'eleganza e perfezione.
Le sonate pacate riempivano l'aria di quella serena notte estiva cullando la sua illusione che Fukiko stesse suonando per lei, mentre stava lì appoggiata ad un albero da chissà quanto tempo ormai, rapita da quell'angelica figura che ricattava il suo cuore. Che tormento amarla in quel modo, volerla tanto da sentirsi mancare il fiato: la sola idea di poterla toccare ancora la sconvolgeva, il desiderio di averla ribolliva così ossessivo da farle male, non poteva pensare che quello che era accaduto appena due giorni prima fosse destinato a restare solo un ricordo. Fukiko le aveva detto di aspettarla lì, era questione di poco ancora e l'avrebbe stretta ancora tra le sue braccia. Doveva essere così.
Non c'era nulla di giusto in quell'amore, era un'insana malattia da cui Rei non poteva e non voleva curarsi, a volte pensava che il dolore che ne derivava fosse la sua più normale conseguenza. Non avrebbe mai trovato pace in quel folle sentimento, ma non riusciva a farne a meno: bramava il più insignificante gesto d'affetto da parte di sua sorella, la sola idea di assecondare ogni suo capriccio pur di aver in cambio anche solo un sorriso, l'appagava come nient'altro poteva fare. Fukiko possedeva il suo cuore e ci giocava divertita ed eccitata come avrebbe fatto una bambina, incurante di poterlo rompere. Rendersene conto non serviva affatto ad impedirle di lasciarla continuare ancora e ancora: per quanto volesse convincersi del contrario, sapeva che sarebbe stata sempre disposta a sanguinare pur di avere la certezza di essere il suo giocattolo preferito.
Una stonatura e le dita di Fukiko si bloccarono bruscamente. Rei osservò sua sorella ferma a fissare le proprie mani ancora sulla tastiera del pianoforte, poi alzarsi e avanzare fino ad affacciarsi alla soglia della portafinestra, scostando la tenda che le svolazzava contro. Guardava dritto verso di lei, sapeva che era li: ai suoi occhi non sarebbe stata altro che un'ombra tra gli alberi, ma era impossibile che non la scorgesse con quel chiarore lunare. Una stretta al cuore, il respiro divenne un pesante affanno. Attimi d'attesa di un segno, di un gesto qualunque, ma niente. Con la luce del grande lampadario di cristallo della sala alle sue spalle, il viso di Fukiko era in ombra: forse era solo frutto della sua immaginazione, ma Rei avrebbe giurato di averla vista sorridere. Rientrò infine e si rimise a suonare.
Era un altro dei suoi giochi crudeli quello? Si stava divertendo a tenerla appesa alla speranza che avesse finalmente accettato il suo amore? Eppure quella mattina l'aveva ricambiata, quella mattina aveva sentito il suo cuore, il suo freddo e avido cuore battere insieme al suo, ne era certa. Ne era stata certa.
Non poteva essere solamente un altro gioco, non avrebbe potuto sopportarlo questa volta. Le aveva detto di aspettarla e a costo di passare lì tutta la notte, sarebbe rimasta appoggiata a quell'albero tormentarsi tra fiducia e angoscia fino all'alba. Com'era possibile amare e odiare tanto una persona?
Allungò una mano in tasca e ne estrasse i calmanti: una, due, tre... le pillole riuscivano sempre a farla sentire in pace. Ne era certa: Fukiko sarebbe venuta.
Ancora una nota sbagliata, questa volta Fukiko ritrasse le dita di scatto come se il pianoforte fosse all'improvviso diventato incandescente e restò immobile a fissare i tasti. Da quella distanza Rei non poteva cogliere la sua espressione, ma il gesto che fece un attimo dopo denotava il suo stato d'ira: abbattè con violenza entrambe le mani sulla tastiera, producendo un forte suono sgraziato e poi si alzò facendo cadere lo sgabello.
Una cameriera si affacciò alla sala, Fukiko la congedò con uno sprezzante gesto della mano senza nemmeno degnarla di uno sguardo, quindi si allontanò dalla sua visuale. Poco dopo la luce della sala si spense. Rei colpì con rabbia l'albero a cui era appoggiata, poi gettò in bocca altre pillole. Sarebbe venuta.
Un giramento di testa, i contorni della villa tremolarono, i calmanti presentavano sempre il loro conto, ma almeno non sentiva più il suo petto contrarsi dolorosamente nel tentativo di reprimere i battiti convulsi. Fukiko le aveva detto di aspettarla lì.
La finestra della sua camera da letto s'illuminò. Era al secondo piano, nell'ala destra della villa, proprio sopra la grande quercia sotto la quale l'aveva incontrata la prima volta, una decina di anni prima. La portafinestra, che dava su un piccolo terrazzino a semicerchio, era aperta, ma da laggiù era impossibile vedere chi era nella stanza.
Attese inerte. I grilli erano così fastidiosamente assordanti.
Ancora qualche altra pillola e anche il tremore sarebbe passato. L'albero a cui era appoggiata sembrò muoversi, facendole perdere l'equilibrio. Le gambe la sorreggevano a stento, mentre si spostava in avanti cercando un altro appiglio. La consistenza del terreno sotto i suoi piedi cambiò all'improvviso, non si era accorta di essere arrivata in strada.

“Basta giocare, Fukiko. Ti sto aspettando”
Nel totale silenzio di quella notte di luna piena, la voce malferma di Rei giunse chiaramente da fuori.
Fukiko uscì veloce sul terrazzino di camera sua, sbattendo le mani sul parapetto in marmo con fare che riconobbe collerico. Prima di guardare giù, si impose di calmarsi: incrociando le braccia sotto il petto, si rimise dritta e composta e prese un profondo respiro. Rei stava barcollando in strada, probabilmente imbottita di quei calmanti di cui abusava. Nel vedere Fukiko si bloccò e cadde in ginocchio. La consueta soddisfazione che le dava vederla in quello stato era frenata da inopportune emozioni che si insinuavano con la stessa ostinazione con cui lei le rifiutava. Era furiosa per il comportamento di Rei e ancor più per la fastidiosa morsa di inquietudine da cui non riusciva a liberarsi da quando aveva ceduto a Rei, da quando qualcosa dentro di lei si era spezzato, ammise. Non voleva pensarci, doveva continuare a tenere lontani quei ricordi per poter essere padrona di sé stessa.
La strada era deserta, il quartiere dormiva da tempo a quell'ora tarda.
Rei si rialzò e si avvicinò a passi incerti alla recinzione in muratura di casa Ichinomiya, sempre guardando in alto verso di lei. I cani dapprima abbaiarono feroci, poi la riconobbero e guairono affettuosi mentre lei allungava una mano tra le fessure del muretto per accarezzarli.
Fukiko osservava immobile, mentre Rei si issava sulla recinzione, la valicava e poi spariva sotto le fronde della quercia secolare. Dai rumori e dai movimenti dei rami capì con certo stupore che si stava arrampicando sull'albero.
Quando la rivide, a Rei mancava poco per poter arrivare al terrazzino di camera sua e raggiungerla, nei suoi occhi c'era una determinazione che le aveva visto poche altre volte. Fukiko serrò le dita attorno ai gomiti per non perdere la compostezza o almeno una parvenza di serenità, mentre dentro lottava per reprimere l'inspiegabile ebbrezza che quella visione le suscitava.
Le mancava poco, ma l'equilibrio di Rei vacillava mentre si allungava su quell'ultimo ramo. Fukiko avrebbe potuto tenderle una mano, ma non si mosse: ferma con le braccia incrociate osservò la sorella darsi un'ultima spinta e rimanere appesa al parapetto, sospesa a metri da terra.
“Aiutami” farfugliò affaticata.
Fukiko non cambiò nemmeno espressione.
Rei fece ancora uno sforzo, si sollevò faticosamente e finalmente si lasciò cadere ansante oltre il parapetto, ai suoi piedi.
Solo allora Fukiko si chinò e l'accarezzò premurosa.
“Sei impazzita? Ero così spaventata che ti facessi male, Rei. Quelle pastiglie che prendi ti fanno perdere la testa, voglio che tu smetta di farne uso. Sono stata chiara?”
Rei le afferrò il polso e la strattonò più in basso vero di lei.
“Sei tu a farmi perdere la testa! Avevi detto che saresti venuta.” disse in un ringhio.
Fukiko mascherò al sorpresa con un sorriso.
“Ti avevo solo detto di aspettare”
“Cos'avrei dovuto aspettare?”
Fukiko sorrise ancora, liberò il proprio polso dalla mano di Rei e si rialzò.

Ancora stesa a terra esausta, osservò i piedi nudi di Fukiko dirigersi all'interno della stanza. Lo sforzo fisico doveva aver ridotto gli effetti dei calmanti: la sua mente stava riprendendo lucidità e con essa la consapevolezza che in poco tempo si sarebbe fatta di nuovo attanagliare dalle spire dei suoi folli sentimenti per lei.
A fatica si sollevò ed entrò a sua volta nella stanza. Era la prima volta che vedeva la camera da letto di sua sorella. Si guardò attorno, cercando di catturare con lo sguardo ogni cosa, ogni dettaglio, ogni particolare che avrebbe potuto rivelarle anche la più piccola sfumatura dell'animo più segreto di colei che vi passava ogni notte. Con certa delusione scoprì che invece la stanza rispecchiava l'aspetto esteriore di Fukiko: ovunque guardasse erano decori e oggetti eleganti, pregiati e sicuramente di grande valore, ma nulla di più. Il tappeto con ricchi intarsi ricamati, l'antico tavolino circolare su cui troneggiava un vaso di cristallo colmo di rose rosse, l'orologio in legno mirabilmente intarsiato, quadri e arazzi di fantasie floreali, l'imponente letto a baldacchino con le tende di seta bianca legate ai pali. Era tutto così stucchevolmente perfetto, tutto sfoggio e apparenza, come l'immagine che lei voleva dare di sè.
La luce si spense e solo in quel momento vide Fukiko che la stava guardando, in piedi accanto all'interruttore vicino alla porta. Anche se il lampadario era spento, il chiaro di luna diffondeva nella stanza un uniforme riverbero azzurro che permetteva di vedere perfettamente. Fukiko indossava una sottile vestaglia di seta verde pallido con rari ricami in una tonalità più scura, lunga fino ai piedi e stretta in vita da una sottile cintura dello stesso materiale. Fremette di fronte alla sua bellezza, come ogni volta e tremò ulteriormente realizzando che era con lei nella sua camera da letto.
Doveva mantenere i nervi saldi però, non poteva permetterle di continuare a ferirla tanto deliberatamente: prima di cedere al desiderio, doleva farle ammettere che ricambiava il suo amore.
“Perchè farmi questo? Cosa vuoi dimostrarmi ancora?”
Quant'era bella quando sorrideva, anche se quel sorriso in quel momento era tagliente quanto una lama affilata sulla pelle.
“Le parole che hai detto ieri, Rei, non sono state affatto di mio gradimento.” disse avvicinandosi lentamente “Ti sei convinta che io ricambi i tuoi sentimenti, ti sei illusa che io ti desideri, mi sto forse sbagliando? Dimmelo Rei”
“Non è un'illusione, Fukiko!”
Fukiko rise piano e si avvicinò ancora. Le accarezzò una guancia con una ricercata espressione di pietà dipinta in volto.
“Non essere ridicola, Rei.”
“Non è negando quello che abbiamo fatto che lo puoi cancellare”
Fukiko rise ancora.
“Non nego nulla, così come non fuggo, sorellina. L'altra mattina ti ho solo concesso quello che volevi, quello che TU brami sopra ogni altra cosa. Non è così?”
Non le lasciò il tempo di replicare, perchè continuò.
“Devo però aver commesso un terribile errore perchè ora la mia sorellina sta pretendendo troppo. Insinuare che io desideri te! E' semplicemente ridicolo!”
Rei si stupì nel sentire la propria risata. Il sorriso scomparve dalle labbra di Fukiko.
“Sei tu ad essere ridicola!”
La maschera di serenità sul volto di sua sorella perse un po' della sua perfezione quando per un attimo sgranò gli occhi, dando coraggio a Rei.
“Non ero solo io ad amare te l'altra mattina. Dammi pure un altro schiaffo se può farti sentire meglio, ma voglio dirti quello che è successo, voglio che tu sappia che sentivo perfettamente il tuo corpo tremare di passione, le tue mani e le tue labbra cercami spinte dallo stesso desiderio che provavo io! Non negarlo!”
Era magnificamente evidente lo sforzo che Fukiko faceva per mantenersi calma. Rei scoppiò a ridere.
“Che male c'è ad ammetterlo, Fukiko? Il mio cuore sarà sempre tuo anche sapendo che lo ricambi. Perchè continuare questa farsa?”
Fukiko sorrise per nulla divertita, di nuovo padrona delle espressioni del suo volto, ma non della forza con cui le sue dita si stringevano ai gomiti. Si girò lentamente e, continuando a guardarla con la coda dell'occhio, si avvicinò al tavolino.
“Sei un'illusa, Rei. Non sono io quella che si è appena introdotta in una camera da letto arrampicandosi su un albero. Io sto solo giocando, come ho fatto tante altre volte e come continuerò a fare. Sai quello che provo per te, sai benissimo cosa ci lega, ma bada bene, non è amore.” Rubando una rosa al vaso, l'annusò chiudendo gli occhi, poi tornò a guardare Rei “Non il mio almeno”
Rei le si avvicinò e le prese la rosa.
“Se è un gioco, credo ti stia sfuggendo di mano”
“Mi stai provocando, Rei? Vuoi mettermi alla prova? Va bene, giochiamo ancora allora.”
Fukiko le voltò le spalle e avvicinandosi al letto sciolse il nodo della cintura della vestaglia, lasciando che questa scivolasse a terra in un lieve fruscio che parve un sussurro. Ora indossava soltanto una leggeva camicia da notte bianca che scendeva quasi a lambirle le ginocchia, la seta liscia, adornata appena da una striscia di merletto sopra la vita, lungo le spalline e la scollatura, creava morbide onde seguendo il movimento lento del suo corpo esile. Il chiarore lunare non celava la lieve trasparenza del tessuto, che lasciava intravedere la biancheria intima. Rei sentì il petto stringere tanto che pareva volerla soffocare, mentre Fukiko, giunta accanto al letto si fermò, si raccolse i capelli e li spostò davanti alla spalla sinistra per scoprire quella destra.
“Ora dimmi Rei, ti sembra che io stia fuggendo da te?”
Girò appena la testa per guardarla e Rei si avvicinò stregata da quello sguardo. Qualsiasi fosse lo scopo di Fukiko, Rei smise di preoccuparsene nel momento stesso in cui la toccò, di nuovo finalmente. Con dita tremanti carezzava la seta lungo i suoi fianchi, mentre con le labbra sfiorava il suo collo e la mente già era in balia di vortici di emozioni.

Lasciò che le mani di Rei salissero e le sfilassero le spalline della camicia da notte, per fargliela cadere. Mentre si sedeva sul letto davanti a lei, deliberatamente lenta, si fece ammirare da sua sorella, già chiaramente succube della propria passione. Rei quasi si strappò di dosso la giacca e prese a sbottonarsi la camicia con foga, sotto lo sguardo soddisfatto di Fukiko, poi si chinò su di lei, avvicinandosi alle sue labbra per baciarla.
Fukiko le permise appena di sfiorarla, poi si scostò.
“Puoi andare ora.” disse
Rei la guardò sbigottita.
“Il gioco finisce qui. Puoi tornare a casa.”
“Cosa significa?” la voce di Rei era un sussurro, i suoi occhi la fissavano sgranati e smarriti.
Fukiko sorrise e la respinse con una mano, costringendola a scendere dal letto.
“Pensavi che non fossi in grado di resisterti, no? Volevi mettere alla prova il mio autocontrollo, non è così? Credo che ora tu possa comprendere la differenza che c'è tra noi due, tra il desiderio e il suo oggetto.”
“Fukiko”
Le posò un dito sulle labbra per ammutolirla.
“Ho detto basta, Rei. Esci”
Rei spostò la mano di sua sorella.
“Non puoi farmi questo!”
“Cosa non posso fare, Rei? Se ti lasciassi andava oltre, ti illuderesti di nuovo e non voglio più sentirti dire quelle sciocchezze sui miei sentimenti. Spero che tu ora abbia compreso. Esci per favore.”
“No, ti prego! Ti prego Fukiko!” era inginocchiata davanti a lei, al bordo del letto.
Fukiko le prese il volto tra le mani.
“Non insistere, Rei. Ho dimostrato quel che volevo, non hai ancora capito che sei qui solo per questo? O sei ancora convinta di quelle assurdità che hai osato blaterare? Ti sembra desiderio quello che provo ora? Dimmelo Rei, ho bisogno di sentirtelo dire.”
“No” sussurrò appena, abbassando desolata lo sguardo.
“Non ho sentito bene, Rei, saresti tanto cortese da ripeterlo?”
“No! Tu non mi desideri! Non mi ami affatto!” ammise con la voce rotta dal pianto imminente.
I ricordi che con tanta ostinazione aveva represso, le calde sensazioni delle sue mani e delle sue labbra sulla sua pelle irruppero all'improvviso. Fukiko accarezzò sua sorella, controllando severamente i propri movimenti, le proprie espressioni e la propria maledetta eccitazione. Non avrebbe ceduto proprio ora che finalmente l'aveva di nuovo in pugno.
“Molto bene, Rei. Ora rivestiti e torna a casa, per favore.”
“No” con uno sguardo folle e deciso, Rei si sollevò, la spinse indietro sul letto con violenza e si portò sopra di lei. Fukiko, intrappolata da quegli occhi smaniosi e colmi di lacrime, si sentì avvampare e non oppose resistenza.
“Ti odio!” disse Rei prima di baciarla nell'impeto di passione in cui la trascinò.
Con sforzo immenso, Fukiko si sottrasse alle labbra si sua sorella poco dopo.
“Ferma!” avrebbe voluto dirlo con voce più stabile, ancora di più avrebbe voluto impedirsi di ansimare tanto, ma non le restava che sperare che Rei fosse sufficientemente ottenebrata dalla bramosia per non rendersene conto.
“Non toccarmi. Non ti concedo di andare oltre.”
“Ti prego Fukiko, non farmi questo! Cosa vuoi che ti dica ancora?”
“Ti ho detto di andartene. Obbedisci Rei!”
“Hai vinto tu Fukiko! Cos'altro mi devi dimostrare? Sono io che ti voglio, solo io! Va bene questo? Va bene?” la voce di Rei era ridotta ad un misero gemito “Hai vinto tu.”
Finalmente. Fukiko sentì le proprie labbra piegarsi in un sorriso.
“Baciami”.

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Alcune parti sono volutamente prese dalla serie animata Oniisama e... (Caro Fratello) per esigenze di trama.
Sono indicate in corsivo
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Capitolo 4
*** Sorrisi ***



Con un dito Rei seguì ancora una volta la linea del corpo della sua amante, sdraiata sul ventre accanto a lei, osservandone mai sazia le forme perfette: i boccoli scompigliati le coprivano parzialmente il viso, girato verso di lei a mostrarle certamente in modo involontario un lieve sorriso di cui Rei godeva segretamente, sapendo che sarebbe scomparso nel momento stesso in cui Fukiko si fosse accorta di averglielo regalato così. Non vedeva i suoi occhi, ma li immaginava chiusi: dal movimento lento e regolare del suo torace, sembrava essersi assopita tra le sue carezze, dopo quell'incantevole notte insieme.
Rei no, Rei non avrebbe sprecato uno solo di quei preziosi momenti che poteva condividere con lei, era fisicamente ed emotivamente esausta, ma non riusciva a smettere di toccarla, di riempirsi gli occhi di lei, ora che ne aveva la possibilità. Ancora non le pareva vero: nonostante tutto, nonostante si fosse dovuta prostrare ed umiliare per averla, nonostante avesse dovuto dire il contrario di ciò che pensava per appagare quel suo orgoglio, dannazione e delizia dell'ossessione che aveva nei suoi confronti, quelle ore insieme ricompensavano di tutto. Rei avrebbe fatto e rifatto la stessa cosa, versato ancora le stesse lacrime pur di poter passare un'altra notte come quella. Cercava di cacciare dalla mente il timore che non sarebbe mai più accaduto, ma quella paura l'assillava: Fukiko sarebbe stata capace di negarsi per il solo gusto di dimostrarsi superiore, lo sapeva, avrebbe preteso un prezzo sempre più alto per concedersi... ma Rei avrebbe assecondato quel suo gioco al massacro, era inutile illudersi del contrario.
Sospirò. Il profilo del corpo nudo di Fukiko placidamente disteso accanto a lei si stagliava in netto contrasto contro il chiarore proveniente dalla finestra in fondo, palesando che l'alba imminente stava per mettere la parola fine a quell'idillio.
Rei si sollevò e si avvicinò alla schiena di sua sorella, percorrendola con le labbra, assaporando un ultimo proibito contatto con lei. La sentì trasalire.
“Devo andarmene ora, vero?” le chiese.
“Puoi restare, se ti fa piacere” rispose Fukiko senza muoversi, la voce un po' ovattata dal cuscino su cui era poggiato il suo viso. Forse non si era resa conto del passare del tempo.
“Fuori sta schiarendo. Credo stia albeggiando.”
Fukiko si sollevò sulle braccia e si girò a guardare la finestra, mascherando in ritardo la sorpresa di scoprire che fosse già così tardi. Adagiandosi poi su un fianco, il peso del busto sulla mano destra, le diede le spalle e si fermò a fissare assorta la debole luce che colorava il panorama blu tra le tende.
Rei le si avvicinò nuovamente e posò le labbra sulla sua spalla per un po'.
“Domani... posso tornare domani?”
Il profilo di Fukiko era debolmente irradiato dagli acerbi raggi dell'aurora appena iniziata, la sua espressione non cambiò minimamente nel sentire quelle parole. Rispose dopo qualche momento un distratto “No”
“Allora sabato...” la incalzò Rei.
Fukiko socchiuse gli occhi e sospirò profondamente, oziosamente spazientita.
“Rei, per favore non assillarmi. Detesto dovermi giustificare, ma immagino che mi darei il tormento se non ti spiego perchè non potrai venire nei prossimi giorni: oggi Takashi tornerà a casa, può non importarmi quello che pensano i domestici, ma Takashi non deve certo sapere di noi.” si girò a guardarla, gli occhi dilatati con aria minacciosa “Nessuno lo deve sapere! Nemmeno la tua cara Orihara! Soprattutto Orihara! Mi sono spiegata?”
“Certo Fukiko, sarà il nostro segreto, un altro patto tra me e te” si affrettò a dire Rei, mentre involontariamente si toccava il polso su cui riportava ancora la cicatrice del giorno in cui si era consacrata a quell'avida padrona.
“Ora è meglio che tu vada” la invitò.
Prima di muoversi però Rei si azzardò a chiedere
“Non trasformerai tutto questo nel tuo nuovo modo per tenermi in ostaggio, vero?”
“Rei” sibilò Fukiko indignata “Perchè devi sempre dipingermi tanto crudele nei tuoi confronti? Lo sai quanto è profondo l'affetto che provo per te, tu sei la mia unica sorellina, non è così? E in quanto tale voglio che tu sia felice, ma non voglio che tu t'illuda che tutto questo significhi più di quel che è, mi sembrava di essere stata chiara...”
Rei allungò in avanti il polso ferito, segno indelebile del loro scellerato legame, in modo che Fukiko potesse vederlo.
“Perchè puoi dirmi di voler morire insieme a me, ma non di amarmi come ti amo io?” Rei si stupì di aver trovato il coraggio di chiederlo, di risollevare quell'argomento.
Fukiko fissò sgomenta la cicatrice per qualche istante, poi girò di scatto la testa dall'altra parte.
“Guardala!” insistette Rei “Guardala! Cosa vale questo per te? Non significa forse che mi ami? Dillo!”
“Rei! Copri subito quella cicatrice, sai che non voglio vederla!” e dicendolo si protese verso il comodino su cui era stato appoggiato il bracciale sotto cui da allora gliel'aveva fatta nascondere, ma Rei la bloccò e la trasse verso di sé.
“Ho ancora vivido il ricordo di quel giorno, la mia mente non ha cancellato niente, le tue parole, i tuoi gesti, il tuo sguardo e ogni minima sensazione che provai. Ancora più vivido è il ricordo di soli pochi giorni fa, quando hai voluto dimostrarmi che quella tua promessa era reale e che lo è ancora oggi. Con quella promessa mi hai tenuta aggrappata alla mia misera vita e inchiodata al tuo volere fino ad ora, come se avessi bisogno della costante certezza della mia totale devozione per te! Con quella promessa mi hai resa tua schiava, ma ora basta Fukiko, ti prego... voglio solo...”
Fukiko la zittì baciandola, poi lenta staccò le sue labbra da quelle di Rei
“Non credi di aver già avuto abbastanza?”
“Ho avuto il tuo corpo come una gentile concessione fatta a tua discrezione e non senza farmene pesare il privilegio. E' il tuo cuore che voglio!”
Fukiko sorrise
“Vedi Rei? Ci somigliamo più di quanto non si possa immaginare.” poi si lasciò cadere all'indietro tra le lenzuola stropicciate, le braccia mollemente adagiate attorno alla testa, una conturbante immagine agli occhi di Rei. Come poteva quella maledetta manovrare così la sua forza di volontà? Perchè non era capace di resisterle?
Si chinò su di lei e la baciò. Con una mano le cinse il collo e un violento istinto di stringerlo le balenò fulmineo sconvolgendola per un attimo. Spostò velocemente la mano allontanando quel gesto e quel pensiero, scese sul suo petto, sentendo Fukiko sussultare al contatto col suo seno. Vi indugiò a lungo, poi scese sfiorandole il ventre, giocando sull'ombelico e giungendo poi con estrema lentezza all'inguine. Le labbra di Fukiko si fecero via via sempre più fameliche, finchè l'immagine del suo ferreo autocontrollo e la finta freddezza con cui aveva ostinatamente cercato di celare la passione che bruciava anche dentro di lei andavano in frantumi mentre apriva le cosce ad invitare la mano di Rei a proseguire. Rei tuttavia decise di non assecondarla, ma tenerla in una dolce e febbrile agonia perseverando nelle sue languide e lente carezze.
Resasi evidentemente conto di essere diventata la vittima del gioco, impulsiva e impetuosa come lo era sempre quando il suo autocontrollo veniva sopraffatto dalle emozioni, Fukiko reagì e Rei riuscì per un soffio ad evitare che le mordesse la labbra. Continuando a torturarla con fugaci contatti, dopo poco Rei si ritrovò a sorridere soddisfatta sentendo la sua mano guidata a forza da quella della sorella ad appagare quel desiderio che non voleva ammettere di avere. Mentre la schiena di Fukiko s'inarcava in preda a spasmi di piacere finalmente raggiunto, l'espressione sul suo volto divenne una splendida sintesi d'ira ed eccitazione. Tra i gemiti farfugliò qualcosa di incomprensibile e Rei sorrise nuovamente, prima di lasciarsi ancora rapire dalla voglia di baciarla. Non stava in parole che non avrebbe mai udito la verità di quel loro folle amore.

L'alba era sempre così veloce: Fukiko era sempre stata affascinata dalla potente rapidità con cui il sole riusciva a scalzare l'oscurità della notte al suo sorgere. Avvolta dalle prime luci del mattino, Rei si era alzata dal letto senza che lei avesse bisogno di dirle di andarsene e ora si stava rivestendo in fretta.
“Sarai soddisfatta ora” le disse, ancora sdraiata sul letto.
Rei si fermò un attimo e si girò a guardarla, sorrideva.
“Sono felice, è diverso” poi si avvicinò e scostò la tenda di seta del baldacchino, per poterla vedere meglio “Quando smetterai di vedere tutto questo come una sfida, potrai gioirne anche tu”
Si sedette al bordo del letto, accanto a lei, le sollevò un mano e la baciò.
“Ti amo Fukiko, non hai nessuna sfida da vincere.”
Il suo sguardo era così intenso, così rapito, Fukiko odiava ammettere l'effetto che le faceva. Non riuscì a replicare in nessun modo, ma si limitò a guardarla mentre si rialzava e riprendeva a vestirsi.
Infilando i pantaloni, dalle tasche caddero alcune confezioni di medicinali, che prontamente si abbassò a raccogliere.
“Lasciale!” disse Fukiko perentoria.
Rei alzò la testa di scatto, le confezioni già strette tra le mani.
“Lasciale, ho detto!”
“Fukiko...”
“Voglio che tu smetta di avvelenarti con quella robaccia! Lasciale!”
Rei aprì le mani e osservò poco convinta le pillole cadere nuovamente sul tappeto. Poi tornò a guardarla, negli occhi la debolezza di chi stava per implorare pietà, ma Fukiko non le diede il tempo di parlare.
“Non voglio sentire storie. Svuota le tasche di tutte quelle schifezze e promettimi che non ne prenderai più!”
“Ma Fukiko...”
“Promettimelo!”
Rei abbassò lo sguardo.
“Lo sai bene perchè le prendo” risollevò gli occhi, ora erano due fredde pietre blu “Sai bene di esserne tu la causa.”
Fukiko, che intanto si era seduta sul letto, avvolta dalle lenzuola che la riparavano dalla frizzante aria mattutina, sorrise.
“Vuoi che ti prometta che non ti metterò nelle condizioni di averne bisogno, è questo che stai per chiedermi? Sono la tua sorella maggiore, credo sia mio dovere adoperarmi in ogni modo per proteggerti, non ti sembra? E ho tutta l'intenzione di adempiere a questo mio compito a cominciare da questa tua pessima abitudine. Se è necessario che io ti stia più vicina, posso benissimo prometterlo. E' questo che vuoi?”
Rei svuotò le tasche, lasciando cadere a terra ancora due contenitori di medicinali, sembrava arrendevole più che convinta. A Fukiko importava solo che mantenesse fede a quella promessa, chissà perchè non gliel'aveva mai chiesto prima?
“Ora prometti che non ne prenderai mai più.”
“Si Fukiko, lo prometto...”
“Molto bene, allora vedrò di accontentarti, sorellina. Chiudi i vetri uscendo.” disse stendendosi nuovamente a letto, mentre Rei finiva di vestirsi e senza dire altro usciva sgattaiolando furtivamente giù dal balconcino di camera sua.
Fukiko attese qualche minuto, il cuore in gola per preoccupazioni di cui non voleva indagare la ragione, poi sorrise. Si sentiva così meravigliosamente! Una parte di lei combatteva contro quel benessere, una parte di lei pulsava d'indignazione anche verso sé stessa, una parte di lei caparbiamente non voleva accettare quella splendida sensazione di pura gioia, ma era così appagante che Fukiko se ne lasciò inondare. Scivolò quasi involontariamente nella parte del letto in cui aveva riposato Rei: il cuscino era intriso dell'odore dei suoi capelli, un'essenza così familiare, così forte, così incredibilmente maschile. Era inutile non ammettere quanto ciò che era cominciato come un gioco capriccioso le fosse sfuggito di mano, inutile non ammettere quanto quella maledetta si fosse insinuata in lei, nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti, inutile non ammetterlo... almeno a sé stessa. Inspirò profondamente lasciandosi cullare dai ricordi che giungevano insieme al profumo di Rei, odore di tabacco e di malinconia. Sorrideva, non era capace di smettere di sorridere.


Il sabato mattina Rei era andata a scuola molto presto ed era subito salita alla torre dell'orologio. Aveva bisogno di stare sola: si era svegliata da un brutto sogno, che le avevano riportato alla mente gli ultimi giorni trascorsi con sua madre, prima che si suicidasse, quei giorni in cui le aveva rivelato che lei e Fukiko erano davvero sorelle.
Come evocata dai suoi pensieri, l'auto nera degli Ichinomiya si fermò in fondo al viale dell'istituto Seiran, l'autista scese e aprì lo sportello di Fukiko. Lei uscì, bella ed eterea come sempre, il vento le spingeva di lato i capelli dorati mentre avanzava sicura verso l'ingresso della suola. A metà circa del viale si fermò ed alzò lo sguardo verso la torre, dritto verso di lei, come se sapesse che da lassù, da quella piccola crepa nell'ampio rosone, Rei la stava osservando. Non seppe spiegarsi il motivo, ma, intimorita da quegli occhi, si spostò rapidamente e smise di guardarla.

La giornata era trascorsa noiosamente, tra le occhiate e l'inutile chiacchiericcio delle studentesse che non facevano altro che parlare della petizione contro la Sorority: quella mattina il consiglio d'istituto aveva appeso in bacheca la notizia che la richiesta firmata dai due terzi degli studenti sarebbe stata passata al vaglio. Fukiko aveva già deciso che non avrebbe atteso quella decisione, ma l'avrebbe anticipata chiedendo personalmente l'abolizione dell'istituzione di cui in fin dei conti era ancora a capo. Nessuno le avrebbe imposto nulla, la decisione sarebbe venuta da lei.
Ma ora voleva pensare ad altro e si godeva la serata seduta al pianoforte, era così rilassante.
Sentì suonare il telefono e poco dopo una domestica le passò la telefonata. Era suo padre che chiamava da Londra
“Ciao!
Si stiamo tutti bene.
Ah! Papà non hai finito di raccontarmi la storia dell'altra volta.
Ah! Dici sul serio?”
In quel momento entrò suo fratello.
“Takashi è appena rientrato a casa, se vuoi parlare con lui te lo passo subito.
Scusa sembra che neanche lui voglia parlare con te.
Oh, sei sempre il solito!” rise
“No papà, non c'è assolutamente bisogno che ti preoccupi per la Sorority.
Si, ormai mi conosci, sono proprio come te: non mi arrendo mai, qualsiasi cosa possa succedere.
Rei?
E' la stessa di sempre. Per la verità ultimamente mi sembra più felice del solito.
Sì certo. E non lavorare troppo, mi raccomando.”

Quindi riappese.
Di tutto ciò che poteva importare a Takaschi, che nel frattempo si era accomodato su un divanetto versandosi del brandy, ovviamente sentì il bisogno di sottolineare
“E' veramente strano che il vecchio abbia chiesto notizie di Rei”
Fukiko si riavvicinò al pianoforte
“Se ne preoccupa continuamente” disse sedendosi “Nostro padre vuole sempre sapere come sta ogni volta che mi fa una telefonata” quindi riprese a suonare, sperando di mettere termine a quella discussione.
“Sul serio?” replicò Takashi “Fantastico”


Rei alla fine non aveva resistito e appena aveva fatto buio era passata davanti alla villa degli Ichinomiya. Fukiko non aveva mentito: Takashi era lì con lei in sala, mentre lei suonava il pianoforte. Perchè non poteva avere lo stesso privilegio? Non riuscì a stare lì che poche decine di minuti a crogiolarsi in quel vano desiderio, poi se ne andò, vagando senza meta per le strade buie.
Aveva così bisogno di calore, di un abbraccio: si sentiva confusa, al di là della sensazione meravigliosa che le dava quello che era finalmente sbocciato tra lei e sua sorella, si stava facendo spazio nei suoi pensieri l'ombra inquietante delle implicazioni di quello stesso rapporto. Che futuro avrebbe mai potuto avere?
Non aveva nessuna intenzione di farsene un problema, voleva accogliere quello che stava accadendo così come veniva, voleva solo vivere quel sentimento senza pensare al domani, ma di tanto in tanto quella domanda si affacciava alla soglia della sua coscienza. Le sarebbe bastato stare un po' con lei per cancellare quell'inquietudine, ma lei era capricciosamente inaccessibile, almeno per ora.
Aveva un disperato bisogno di stare con qualcuno, qualcuno che la ascoltasse, qualcuno che non la giudicasse, qualsiasi cosa si fosse spinta a dire... Nanako! Alla prima cabina del telefono, compose il suo numero e le diede appuntamento ad un parchetto a metà strada tra lì e casa sua..
Mentre l'attendeva, dondolandosi su una delle altalene, si rese conto dell'egoismo che c'era dietro quella richiesta di aiuto: l'aveva chiamata senza nemmeno riflettere sul fatto che fosse sera tardi, approfittandosi della sua immensa generosità.
Nanako giunse di corsa e Rei si alzò andandole incontro
“Scusami, non avrei dovuto chiamarti a quest'ora della notte”
“Non importa” rispose lei sorridendo dolcemente
Si incamminarono ai margini del parchetto, verso la balconata che offriva una panoramica sulla città.
“Sai, improvvisamente ho sentito la voglia di vederti”
“Bene”
“Volevo ringraziarti”
“Di cosa? Che cosa ho fatto?”

Rei strinse tra le mani la ringhiera del parapetto a cui si appoggiava
“Non ti ho telefonato soltanto per questo. La verità è un'altra. Avevo bisogno di parlare con qualcuna che fosse sincera, che fosse cristallina, calda, fragile, ma anche molto forte e tanto dolce. Volevo aprire il mio cuore ad una ragazza come te”
Nanako rimase quasi scioccata per la sorpresa di quelle parole. Era davvero così dolce e gentile, così vera! Sospirò, notando forse per la prima volta che era l'esatto opposto di Fukiko.
“Non so spiegarmi il motivo, ma trovo che sei molto strana questa sera” disse.
“Davvero?” rispose Rei in una lieve risata “Ti sembro strana?”
“Si, non ti ho mai vista così prima d'ora”

“Forse perchè non mi sono mai sentita così bene, talmente in pace con me stessa.” Era una mezza verità, ad essere sinceri. Ma certamente quanto era accaduto aveva già portato delle forti mutazioni in lei, nonostante le paure e i dubbi, si sentiva indubbiamente felice come non lo era mai stata prima.
“Guarda, hai visto?” disse Rei cambiando argomento “Da qui il panorama è meraviglioso”
“Già”
rispose Nanako
“Una visione incantevole”
“Si è vero. La città ha un aspetto magico”

Fukiko affollava la sua mente, aveva bisogno di aprirsi, con lei poteva parlare... poteva confessare almeno qualcuno dei tanti segreti che la stringevano a sua sorella.
“Lei non l'ha mai saputo, ma...” cominciò a dire
“Cosa?”
“In realtà Fukiko e io non abbiamo madri diverse. Lei è mia sorella, la mia vera sorella! Non gliel'ho mai confessato fino adesso, però venne adottata dalla famiglia Ichinomiya poche settimane dopo la sua nascita, me lo disse mia madre prima di suicidarsi. Mi disse di aver sempre cura di lei, di proteggerla e di starle sempre vicino. E inoltre mi fece giurare che non le avrei mai rivelato questo segreto. Voleva che vivesse felice nella convinzione di essere la figlia naturale degli Ichinomiya. Quello fu l'ultimo desiderio di mia madre, che era vissuta come l'amante di un uomo e che per questo motivo non si era mai potuta sposare.
Infondo sono stata più felice di Fukiko perchè, sia pur per un breve periodo, sono riuscita a vivere accanto a mia madre.
Ora finalmente capisci anche tu perchè devo proteggere mia sorella o perlomeno devo difendere il suo orgoglio, anche a costo della mia stessa vita.”

Nanako sembrava sconvolta
“Ma per quale ragione? Perchè mi hai detto una cosa così personale? Perchè mi hai raccontato il tuo segreto? Non capisco!”
Rei le si avvicinò
“Perchè ti voglio molto bene. Non è un motivo sufficiente?” quindi la abbracciò. Era così piccola Nanako, come la bambola che le aveva regalato Fukiko.
“Ti ringrazio tanto del tuo affetto. Sento che da questo momento sarò sempre più forte, Nanako”
“Io ne sono sicura”

“Ascoltami, domani ti mostrerò un tramonto speciale, ok?” all'improvviso le venne in mente quel posto, l'avrebbe portata laggiù per ringraziarla di tutto, per tutte le volte che le era stata vicina e per tutte le volte che sarebbe ancora successo.
“Un tramonto?”
“Si, c'è un posto dove il sole assume un colore spettacolare quando tramonta. Da piccola mia madre mi ha portata laggiù un'infinità di volte”
“Dici sul serio? E dove si trova?”
“E' un segreto. Verrai?”

Si! Si certamente! Come potrei mancare?
Rei rise e disse “Ti avverto, è piuttosto lontano!

 

[Riferimento all'episodio 33]

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Alcune parti sono volutamente prese dalla serie animata Oniisama e... (Caro Fratello) per esigenze di trama.
Le parti in corsivo sono originali
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Capitolo 5
*** Mantenere le promesse ***



Fukiko aprì gli occhi: la stanza era appena illuminata dai tenui colori dell'alba, senza muoversi fissò l'altra parte del letto, ora vuota. Evitare che i ricordi di appena due giorni prima fluissero impetuosi le fu impossibile. Serrò gli occhi. Cosa ne era del suo freddo distacco?

Era la seconda notte che passava senza di lei, era assurdo che le mancasse tanto, assurdo! Fukiko si sentiva confusa, eccezionalmente fuori controllo e Rei ne era la sola causa, Rei e ciò che avevano condiviso. Per la prima volta in vita sua sentiva di non essere padrona della situazione, men che meno di sé stessa: lo stato in cui si era lasciata trascinare andava ben oltre l'inaccettabile e la cosa peggiore era la consapevolezza di essere disposta ad ignorar tutto pur di avere ancora Rei lì accanto.
Aveva sempre pensato di essere perfettamente in grado di convivere con il turbamento che le causava la figura di Rei, fin da quel giorno in cui l'aveva portata su al nord con la promessa di morire insieme: da allora credeva di aver imparato a domare la doppia valenza dei sentimenti verso di lei, di saperla gestire e usare per avere la sua totale abnegazione. Rendersi conto che non era così era sconcertante. Cos'era cambiato? Quando?
Cercò invano di riaddormentarsi, ma il conflitto che la tormentava dentro glielo impediva: da un lato il desiderio di abbandonarsi a quel sentimento che si stava dilatando così caldo ed appagante, dall'altro il terrore di diventarne schiava. E inoltre la rabbia, latente e profonda, per la debolezza che dimostrava la sua razionalità.
Spazientita si sollevò a sedere, afferrò quello stesso cuscino su cui due mattine prima aveva affondato il volto alla ricerca del profumo di Rei e lo scaraventò contro la parete. Non era tanto l'ammettere di aver bisogno di Rei a causare la sua collera, questo poteva accettarlo, era il rendersi conto di essere incapace di controllare quella condizione e accoglierla serenamente che le logorava i nervi.
Infine c'era un'altra realtà con cui fare i conti, forse la peggiore di tutte: l'aver palesato quel suo conflitto a sua sorella, l'averle ormai reso fin troppo chiaro di aver ceduto al bisogno della sua presenza rischiava di destabilizzare un equilibrio che aveva creato con cura meticolosa per così tanto tempo. C'erano cose che poteva permettersi di perdere, ma il suo potere su Rei non era certamente tra queste, doveva accertarsi di riuscire a mantenerlo stabile.
Si alzò esasperata, spalancò le imposte della portafinestra, lasciandosi accarezzare dalle tende gonfiate dalla sferzante aria del mattino, che la scosse inaspettatamente. Respirò a pieni polmoni osservando l'alba di quella placida domenica con aria di sfida. Le ci volle qualche respiro profondo, ma si calmò, quindi si preparò con estrema lentezza per uscire: sarebbe andata da Rei, doveva vederla.

Quando giunse sotto il palazzo in cui viveva sua sorella s'indispettì nel sentirsi agitata al pensiero di quanto era accaduto l'ultima volta che c'era stata. Quanto sarebbe durato ancora quel turbamento tanto sconvolgente da rubarle la capacità di dominare i propri stati d'animo?
“Signorina Fukiko, siamo arrivati” fece presente l'autista, che già da un po' le teneva aperta la portiera dell'auto.
Fukiko si girò di scatto a guardarlo e represse a stento il desiderio di redarguirlo: sarebbe stata solo un'ammissione di quanto i suoi nervi fossero a fior di pelle. Il suo autocontrollo, doveva aggrapparsi al suo fermo autocontrollo. Quindi abbassò gli occhi e scese dall'auto.
“Non impiegherò molto tempo, attenda qui” disse formalmente avviandosi verso l'ingresso del condominio, poi salì.
Trovò sua sorella ancora in camicia da notte, intenta a fare colazione seduta davanti al frigorifero
“Ciao Rei” le disse facendole rovesciare il cartone di latte che aveva in mano.
“Fukiko” boccheggiò lei stupita “Scusami, non mi aspettavo... io...” farfugliò raddrizzando solo in quel momento il cartone e ripulendo velocemente la chiazza bianca appena prodotta sul pavimento. Si affrettò poi ad alzarsi.
“Mi vesto subito...”
“Non ce n'è bisogno” tagliò corto Fukiko “Non mi tratterrò a lungo: voglio essere a casa prima che Takashi si svegli.”
Rei smise di affannarsi, così Fukiko continuò
“Il motivo per cui sono venuta è molto semplice, quanto importante” parlando si allontanò dalla cucina per dirigersi in bagno, dove Rei la seguì
“Appena due giorni fa ci siamo scambiate una promessa, lo ricordi vero Rei? Sono qui oggi per accertarmi che tu la stia mantenendo.”
Nel cestino dell'immondizia sotto il lavandino un paio di flaconi e una scatola di medicinali facevano mostra di sé, ma Fukiko aprì comunque l'armadietto e ogni cassetto. Non vi trovò alcuna traccia di quelle pasticche. Uscendo dal bagno oltrepassò Rei, che la guardava appoggiata con un fianco al cornicione della porta in una posa rilassata, per dirigersi verso la sua camera da letto, poi in soggiorno: perlustrò ogni angolo in cui avrebbe potuto tenere nascosti i suoi calmanti, ma non trovò nulla.
“Le ho buttate via tutte quante l'altro giorno, appena sono tornata a casa. Non voglio più averne bisogno”
L'obbedienza, quanto amava la cieca obbedienza di Rei, era il lato di sua sorella che le aveva sempre permesso di tenerla soggiogata, forse lo stesso che ora soggiogava lei, ammise.
“Molto bene.” commentò “Come ti senti?”
Rei le si avvicinò, le prese il volto tra le mani e la baciò, così dolce, così intensa. Fukiko semplicemente la lasciò fare.
“Rimani un po', ti prego” sussurrò allontanando piano le labbra dalle sue. “Ho bisogno di stare con te”
“Ti ho detto che non posso trattenermi. Non essere insistente, Rei.” disse sorprendendosi però a pensare di tornare a baciarla.
Si allontanò da lei bruscamente: doveva decidere quando lasciarsi andare, non farsi trascinare! Caricò il carillon sul comodino per tenere occupate mani tremanti e cambiò argomento
“Volevo anche dirti che ieri sera ha chiamato nostro padre” la giostra del carillon girava lenta su sé stessa. “Mi ha chiesto di te, come sempre”
Dopo una breve pausa in cui dominò solo il suono delle acute note del carillon, Rei chiese
“Cosa gli hai detto?”
“Gli ho detto che stai bene, meglio del solito” rispose tornando finalmente a guardare sua sorella “Ho detto bene?”
Rei sorrise
“Sì. Sarà tutto diverso adesso”
Anche Fukiko sorrise, probabilmente senza molta convinzione però: non sarebbe stato tutto diverso, qualcosa certamente, ma non tutto. Non lo avrebbe mai permesso.
Si avviò verso l'uscita. Rei la fermò afferrandole un polso mentre le passava accanto, poi le sollevò la mano e se la portò alle labbra
“E la tua promessa?” chiese.
Fukiko la guardò con la coda dell'occhio e, dopo una lunga pausa di silenzio, rispose
“Domani sera. Takashi non sarà a casa”
Rei le baciò il dorso della mano, guardandola dritto negli occhi
“Domani sera” sussurrò.
Fukiko ritrasse la propria mano ed uscì. Sarebbero cambiate molte cose, sì, alcune già lo avevano fatto, ma tutto no, non doveva cambiare tutto.

[Riferimento all'episodio 33 - dal minuto 7:02 al munuto 8:02]

A metà mattina il sole era già rovente, mentre Fukiko, da poco rientrata a casa, si rilassava in sala ascoltando un vecchio vinile al grammofono e sorseggiava una tazza di tè.
Takashi bussò alla porta lasciata aperta, entrò e si mise a sedere nella poltrona davanti a lei, sfogliando il giornale
Bello! E' un brano musicale del XVII secolo?” chiese
Si
Takashi guardava distrattamente le pagine del giornale
Chissà se Rei è in casa in questo momento
Fukiko si trovò a dover nascondere un involontario sorriso dietro la tazza di tè, mentre suo fratello la osservava.
Secondo me faresti bene ad avvisarla che ci ha telefonato il vecchio, non credi anche tu?
Di nuovo Fukiko sorrise, portando la tazza alle labbra in ritardo.
Quelle pasticche? Continua a prenderle che tu sappia?
Beh, non preoccuparti: mi ha detto che ha smesso
Davvero?” chiese lui seriamente stupito.
E' sempre stata una ragazza leale e onesta, no?
Che sorpresa!” esclamò Takashi “Questa è la prima volta che ti sento parlare bene di Rei. Cos'è successo?
Maledette labbra! Le nascose ancora con la scusa di un altro sorso di tè.
Takashi la guardava insistentemente, il volto sorridente di un fratello premuroso, a modo suo.
Bene!” disse poco dopo alzandosi “devo andare
Incamminandosi verso la porta continuò
Ti stupirò anch'io: voglio lavare la mia macchina!” ed uscì ridendo.

[Riferimento all'episodio 33 - dal minuto 0:36 al munuto 3:59]

Rei era piena d'energia, leggera e felice come non ricordava di esser stata mai. I turbamenti della sera precedente erano stati spazzati via da quella fugace quanto sorprendente visita di Fukiko. Rei era talmente raggiante che durante la mattina si era messa persino a fare le pulizie in casa e ora stava andando all'appuntamento con Nanako col sorriso stampato sulle labbra. L'avrebbe incontrata alla stazione di Tatsumi e da lì sarebbero andate ad Edogawa a guardare il mare al tramonto. Già pregustava la tenera espressione di stupore sul volto di Nanako quando il crepuscolo avrebbe tinto il mare di rosso.
La colorata vetrina di un fioraio attirò la sua attenzione, facendole balenare un'idea per la testa. Entrò e prontamente la commessa le si avvicinò chiedendole
Posso aiutarla?
Forse” rispose guardandosi attorno “Effettuate consegne a domicilio? L'importante è che arrivino entro stasera
Sì, se è in città garantiamo un servizio immediato
Bene” disse Rei soddisfatta. In quel modo già il giorno dopo avrebbe potuto godere della sua reazione: i gesti incontrollati che dava in risposta a vizi come questo stavano diventando per Rei un delizioso e irrinunciabile piacere, erano segnali ancora poco percettibili, ma sempre più frequenti di quanto le cose stessero cambiando, di quanto Fukiko stesse cambiando. Rei ne era così incredibilmente felice. Domani sera, avrebbe dovuto attendere solo fino a domani sera per averla tutta per sé.
Vorrei quel bouquet di rose” continuò quindi indicando splendide rose, rosse come il sangue, passionali come lo era lei.
Certo. E' un'ottima scelta
Mentre la commessa lavorava, Rei prese un bigliettino e pensò alle parole da scriverle, parole che esprimessero l'immensa gratitudine per la gioia che quel legame le stava donando, ma che non fossero troppo dirette, ond'evitare che occhi indiscreti vi leggessero il loro segreto.
Nel consegnarlo alla commessa, notò dei lilium gialli, così semplici e solari che le fecero venire in mente Nanako.
Ah! E anche un bel mazzo di questi!” disse.
Dobbiamo consegnarli insieme alle rose?
No, sono per una persona che sto per incontrare
Attese che le venissero confezionati, pagò ed uscì sotto il sole cocente di quella domenica pomeriggio. Non c'era molta gente per le strade ed avvicinandosi alla zona portuale, tra i grovigli di canali e binari, ne incontrò sempre meno. Ogni cosa quel giorno sembrava pulsare di vita e di gioia, persino lì su quei ponti poco frequentati, attraversando quartieri semi deserti, Rei riusciva a trovare la bellezza in ogni cosa, anche in quelle più impensabili.
Rise pensando all'ebrezza che stava provando in quei giorni, rise di quell'inattesa felicità che era giunta ad avvolgerla impetuosa e travolgente come quella raffica di vento improvvisa che la fece sbandare leggermente mentre passava sul cavalcavia della metropolitana. Si accorse che il mazzo di fiori per Nanako le era sfuggito di mano, oltre la ringhiera. Si allungò per afferrarlo. Perse l'equilibrio, non sentì più il contatto col terreno sotto i piedi. Il panico durò giusto il tempo di capire quello che stava accadendo, poi il rumore stridente dei freni sui binari coprì tutto. L'ultimo pensiero andò a sua madre, al giorno in cui si tolse la vita.

Il cielo di quell'assolata domenica stava cominciando appena ad imbrunire quando una domestica chiamò Fukiko, intenta ad annaffiare il suo giardinetto privato.
C'è una chiamata per lei. E' la polizia
La polizia?” si stupì, posando l'innaffiatoio per poi dirigersi in casa.
Alzò la cornetta del telefono
Pronto? Sono Fukiko Ichinomiya
Le parole di quella voce distorta dall'apparecchio le strappò il cuore dal petto.
Cosa?” chiese incredula.
Il telefono le scivolò di mano, gambe incapaci di reggerla la fecero accasciare a terra scivolando lungo la parete. Quell'uomo al telefono aveva detto... no, non poteva essere vero, non voleva nemmeno pensarlo.

Fukiko! Che ti succede?
Alzò meccanicamente lo sguardo, trovando suo fratello che scendeva le scale e sentì la propria voce dire quelle orrende parole.
E' morta... hanno detto che Rei è morta

 

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Le parti indicate in corsivo sono volutamente prese dalla serie animata Oniisama e... (Caro Fratello) per esigenze di trama.
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Capitolo 6
*** Abluzione ***



Takashi percorse freneticamente gli ultimi gradini e afferrò la cornetta
“Cosa?” chiese concitato.
“Sono Takashi Ichinomiya, cosa...?
Ma non è possibile! Ne siete certi?
Ma come...?.
Ne siete certi?
Si trova all'estero in questo momento...
Me ne occuperò io...
Sì... la ringrazio...
Arrivederci”
Riappese la cornetta e si girò verso Fukiko, ancora accasciata al pavimento. L'aiutò a rialzarsi e la strinse in un abbraccio, mentre si lasciava andare al pianto. Fukiko si fece stringere dalle braccia del fratello, senza riuscire a ricambiare, i suoi occhi erano fissi verso niente. Non era vero... non poteva essere vero.
“Devo andare all'ospedale per il riconoscimento” disse lui con un filo di voce senza lasciarla.
Fukiko non rispose, i pensieri erano così confusi che non sapevano trovare la strada per giungere alle labbra.
“Devo chiamare papà prima” disse poi allentando l'abbraccio, la sua voce che si sforzava di trovare una difficile stabilità.
Nel perdere il sostegno delle braccia del fratello, Fukiko si trovò nuovamente incapace di reggersi in piedi. Takashi la riafferrò saldamente.
“Fukiko...” esclamò preoccupato, poi l'accompagnò in sala, mentre una giovane domestica gli si faceva incontro.
“Portale un bicchiere d'acqua” disse alla ragazza mentre aiutava la sorella a sedersi su una poltrona. Si chinò poi davanti a lei, i suoi occhi lucidi che volevano confortarla.
“Riposati qui e cerca di stare calma. Mi occuperò di tutto io.”
Si girò a prendere il bicchiere che intanto la domestica aveva portato e cercò invano di metterlo tra le mani tremanti di Fukiko. Sospirò, poi si alzò riconsegnando il bicchiere alla domestica alle sue spalle.
“Stalle accanto un momento” le disse prima di uscire dalla sala.
Gli inconfondibili suoni del telefono mentre lui componeva il numero, una pausa di silenzio, la voce di suo fratello che chiedeva di loro padre, poi le sue parole malferme
“Sono Takashi... devi tornare a casa: è successa una cosa ter...”
“Accendi il grammofono!” Fukiko riuscì di nuovo ad aprir bocca per impartire l'ordine alla domestica, una mano premuta su un orecchio e l'altra che indicava ossessivamente l'apparecchio. Non avrebbe ascoltato quella conversazione!
“Accendi subito quel grammofono!” gridò ancora.

Non erano servite parole per convincere suo fratello a portare anche lei all'ospedale: mentre lui cercava di convincerla a rimanere a casa, Fukiko lo aveva semplicemente guardato dritto negli occhi e lui non aveva opposto altra resistenza.
In cuor suo conservava l'illusione che non fosse vero, che quello che stava per affrontare non fosse davvero l'incubo che temeva: la perdita di Rei era qualcosa che non poteva nemmeno concepire, semplicemente non poteva essere, non poteva accettarlo. Poi l'infermiera li scortò fino a quella stanza in fondo al corridoio: oltre la porta bianca e grigia si trovavano una panca, un tavolo d'acciaio su cui erano appoggiati alcuni oggetti e una portantina anch'essa di freddo acciaio, sulla quale un lenzuolo bianco copriva la sagoma di un corpo disteso. Fukiko si aggrappò alla maniglia della porta mentre un maledetto sguardo più attento le fece mettere a fuoco uno degli oggetti sul tavolo: l'oro del bracciale di Rei emanava una luce spenta su quel ripiano metallico. Il suo respiro si bloccò, la mente si fece labile per l'incapacità di affrontare una realtà che si faceva sempre più ineluttabile.
Mentre l'infermiera parlava con Takashi, Fukiko si avvicinò al lettino, prese i lembi del piccolo fazzoletto di stoffa che copriva la parte della testa di quel corpo lì disteso, lo sollevò e scoprì il volto di Rei. No! Lasciò immediatamente la presa e si allontanò di scatto andando a sbattere contro suo fratello, che la strinse al petto come a cercare di proteggerla da quell'immagine.
“Sì, è lei” gli sentì dire formalmente “E' Rei Asaka”
“Devo chiederle di fare alcune firme qui” disse l'infermiera.
“Sì, mi dia solo un minuto per favore”
“Certamente, posso attendere”
Fukiko si staccò da lui e tornò a guardare sua sorella: il suo volto era sereno, ma così immobile, così... sentì le lacrime farsi strada per irrompere, le trattenne a stento, con determinazione: non c'era chi poteva vederle, non c'era più l'unica persona che poteva capirle. Incapace di guardarlo oltre, ricoprì il volto di Rei e rimase lì in piedi a fissare quel lenzuolo, mentre Takashi si occupava della burocrazia. Non disse una parola, non versò una lacrima, ma quanto bruciavano gli occhi, quanto opprimevano il petto i suoi battiti, dolorose contrazioni di un cuore che sembrava pietrificarsi ogni minuto di più.
Orihara entrò nella stanza poco più tardi con tutto il suo rabbioso dolore: pianse a lungo, gridando la sua angoscia, finchè Takashi non la calmò, poi restò lì con loro, seduta nella panca a capo chino, chiusa nel silenzio. Altri amici e parenti sfilarono in quelle lente ore pomeridiane, il profumo dell'incenso ormai riempiva quella tetra stanza mentre Fukiko continuava a fissare quel lenzuolo, sforzandosi di allontanare ogni pensiero perchè non la trascinasse nella disperazione che avvertiva ai margini del suo stato di semicoscenza.
In serata giunsero infine Tomoko e Nanako. Quest'ultima cercò ostinatamente di negare quello che aveva davanti agli occhi quando sollevò il lenzuolo a scoprire il viso di Rei. Nel rivederlo Fukiko ebbe una nuova scossa di dolore straziante. Apri gli occhi Rei, pensò, guardami ti prego, voglio riavere il tuo sguardo! Guardami! Ne aveva così perdutamente bisogno. Le lacrime erano ondate violente contro la sua volontà di trattenerle. Ricoprì il volto di sua sorella, prima di cedere. Un attimo dopo alle sue spalle Nanako, in un grido di dolore, accettò la realtà e si lasciò andare allo sconforto più assoluto.
Saint Just!

[Riferimento all'episodio 34 - dal minuto 4:00 al munuto 7:00]


L'assillo di un terribile sospetto si era insinuato a torturare Fukiko, mentre le urla di Nanako risuonavano ancora nei suoi pensieri, mischiandosi al ruggire del vento che si era levato quella sera. Le foglie trasportate picchiavano contro le vetrate della sala buia, violente come l'atroce senso di colpa che le imputava la responsabilità della già insopportabile constatazione che Rei non ci fosse più.
Fukiko sapeva di averla portata al limite per anni, sapeva che il desiderio di dominare i suoi pensieri l'aveva spezzata, ma poteva averlo fatto a tal punto? E poi perchè proprio ora? Non riusciva a darsi pace, mentre si dibatteva tra i rimpianti e i senti di colpa.
A far calare l'ombra del suicidio su quell'incidente era stata per prima la polizia già dal pomeriggio, quando i due agenti all'ospedale avevano detto di dover indagare sull'accaduto. Fukiko era stata colpita da quell'idea come fosse stata un affondo su una lancinante ferita appena aperta. Si aggrappava al ricordo di quegli ultimi giorni per rifiutare l'accusa che comunque continuava a fare a sè stessa, perchè loro si erano amate, le aveva ceduto il suo cuore, solo non aveva voluto ammetterlo, solo non era stata capace di dirglielo. Ma Rei lo sapeva, lei lo doveva sapere, doveva! Perchè quel sospetto non se ne andava? Non poteva essere lei la causa di tutto questo, non se lo sarebbe mai perdonato.
Signorina? Signorina Fukiko?
Dalla soglia della sala una domestica le chiese di andare all'ingresso, dove trovò una fioraia che reggeva un bouquet di rose rosse.
Siamo molto dispiaciuti del ritardo” disse la donna “Abbiamo ricevuto l'ordine durante il giorno, ma per un errore abbiamo potuto effettuare la consegna soltanto adesso. Sono un omaggio da parte della signorina Rei Asaka per la signorina Fukiko Ichinomiya
Si sentì soffocare. Osservava sgomenta quei fiori che le gelavano il sangue, incapace di muoversi. Sconvolta infine li prese e tornò in sala, quasi strappando il bigliettino sepolto tra i petali rossi. Si avvicinò alla finestra per leggerlo nella penombra delle luci che provenivano dal giardino

Questi fiori sono per te
come augurio di un brillante futuro
come speranza di un meraviglioso domani
e soprattutto come eterno ringraziamento per il tuo incessante amore

Dalla tua, tua sola, tua unica
sorella.


Stropicciando la carta fino a lacerarla, Fukiko lesse e rilesse quelle poche righe
Come hai potuto morire senza di me lasciandomi soltanto questa lettera? Come hai potuto tradirmi così? Come farò? Chi mi darà il coraggio di seguirti ora che non ci sei più? Rei! REI!
In ginocchio davanti alla vetrata che tante volte l'aveva separata da lei, che se ne stava dall'altra parte della strada ad ascoltarla suonare il pianoforte, Fukiko si lasciò andare ad un pianto amaro e straziante, colmo di rabbia e inconsolabile dolore. Raggiungerla avrebbe alleviato quell'indicibile sofferenza? Era troppo debole per trovare la forza per farlo, troppo debole... troppo sola... Rei!

[Riferimento all'episodio 34 - dal minuto 1:35 al munuto 3:38]


La notte era trascorsa lenta tra lacrime di cui ora non si vedeva la minima traccia, la disperazione cavalcava impetuosa nei pensieri di Fukiko, ma la domava con la freddezza di un atteggiamento tanto composto da apparire probabilmente gelido e insensibile a chiunque la vedesse suonare il pianoforte quella mattina.
Dentro era spezzata, lacerata da una ferita che non sarebbe mai stata risanata, annichilita dalla paura per ciò di cui si sentiva colpevole, complice e in fin dei conti anche la vittima. Ferma come un macigno sul suo cuore la vergogna per la debolezza che stava dimostrando ancora una volta. Rei che le mancava come l'aria, ma non aveva il coraggio di raggiungerla. Le note di Beethoven ricoprivano i suoi stessi pensieri, suonava ossessivamente Beethoven.
Nel pomeriggio la polizia comunicò loro che le indagini avevano infine confermato che si era trattato di un tragico incidente. Fukiko aveva appreso la notizia fingendo ancora freddezza, le sue dita avevano continuato a scorrere sui tasti del pianoforte con la solita calma naturalezza. Aveva sperato che quella notizia, che spazzava via i sospetti sulla natura del triste addio di sua sorella e delle implicazioni che la riguardavano profondamente, le avrebbe portato conforto, ma quale conforto? Non poteva esserci più nessuna consolazione ormai: l'unica certezza era che Rei non sarebbe tornata. Mai più. Quanto dolore si poteva sopportare prima di impazzire? La sua lucidità pareva così fragile, così mostruosamente vulnerabile.
Le dita scorrevano, la musica scorreva sopra ogni cosa. Rei era sempre lì, il vuoto che le lasciava era un costante tormento impresso nei pensieri di Fukiko, un dolore destinato a perpetrarsi, mentre il pianoforte avrebbe continuato a suonare.

[Riferimento all'episodio 34 - dal minuto 0:40 al munuto 2:10]


All'indomani dei funerali, Takashi era andato all'aeroporto a prendere loro padre in arrivo da Londra. Fukiko aveva deciso di rimanere a casa. La sua mente era avvolta da un alienante torpore, dovuto alla tristezza di quelle interminabili giornate e all'indicibile spossatezza per le lacrime versate e quelle caparbiamente trattenute. Quella sarebbe dovuta essere la loro notte, l'avrebbero dovuta passare insieme, questo le aveva promesso soltanto la mattina precedente, soltanto poche ore prima che lei... Era insopportabile. La fitta di dolore che le causava l'idea di non avere più Rei al suo fianco la martoriava nel profondo, era soffocante pensare che sarebbe dovuta andare avanti senza la sua ammirazione, senza il suo sostegno, senza quel cieco e incondizionato amore, di cui si era sempre approfittata, ma che aveva appena imparato a ricambiare, con enorme e imperdonabile ritardo.
L'acqua riempiva lenta la vasca da bagno, mentre Fukiko si spogliava. Sarebbe dovuta essere la loro notte quella: spinta da questo aveva pensato che quella specie di rito potesse essere un ultimo incontro tra loro, voleva illudersi di rievocare i pochi intimi momenti che la sua ostinazione le aveva permesso di trascorrere con lei, voleva illudersi di sentire la presenza di Rei ancora un'ultima volta.
Finì di svestirsi, prese le rose che le aveva regalato sua sorella e si immerse con esse. Alcuni petali si sparsero a circondarla, galleggiando tra le lievi ondulazioni.
Rei, queste sono le rose che mi hai mandato. E' l'ultimo regalo della mia unica sorella.
Io ti amavo e lo sapevi, vero? Ma non immagini quanto!
Rei... sono così sola senza di te!

[Riferimento all'episodio 34 - dal minuto 3:18]

 

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Le parti indicate in corsivo sono volutamente prese dalla serie animata Oniisama e... (Caro Fratello) per esigenze di trama.

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Capitolo 7
*** Cicatrici ***



Anche se non era affatto necessario, prima di uscire si soffermò ancora una volta davanti allo specchio per sistemare il cerchietto nero che le teneva indietro i capelli. S'immobilizzò a guardare la propria immagine riflessa: il tailleur cadeva perfetto, i boccoli biondi risaltavano sul tessuto scuro e incorniciavano un viso imperturbabile, dagli occhi freddi, che nessuno avrebbe potuto pensare fossero stati colmi di lacrime solo fino a pochi minuti prima.
Fukiko si sentiva immensamente vuota, avulsa dalla realtà continuava a fissare il proprio riflesso allo specchio come se appartenesse ad un'altra persona. Dietro di lei un oggetto terribilmente familiare riluceva sullo scrittoio, si girò a guardarlo, nuovamente indecisa se prenderlo o meno, sospirò, poi uscì dalla stanza.
Gli altri membri della sua famiglia l'attendevano in sala già pronti per andare al funerale. Nel vederla arrivare, suo padre si alzò velocemente per andarle incontro, ma mentre apriva le braccia a cingerla in un gesto di conforto, lei lo rassicurò
“Sto bene papà. Possiamo andare”
Takashi osservò la scena senza dire una parola, quindi si alzò per chiamare l'autista.

[Riferimento all'episodio 35]


La chiesa era gremita: parenti, amici, studentesse del Seiran, pianti, singhiozzi e condoglianze. La cerimonia funebre fu lunga e impeccabile: la processione delle studentesse che portavano il loro ultimo saluto fu lenta e commovente, le parole del sacerdote toccarono il cuore di tutti, le rose bianche che decoravano il feretro erano stupende. Rei. Al centro di tutto questo c'era Rei, erano per lei quei fiori, per lei le lacrime, per lei il dolore di tutte quelle persone. Fukiko si trovò a fissare la bara, immagine tangibile dell'incubo che stava vivendo, si sentì sul punto di impazzire o forse fu solo quello che si augurò mentre s'imponeva di distogliere lo sguardo per direzionarlo di nuovo davanti a sé verso un punto impreciso dell'altare, mentre reclinava appena la testa in segno di ringraziamento alle condoglianze. Non avrebbe mostrato loro il suo dolore, non avevano diritto di vedere le sue lacrime.
Il vuoto e la profonda desolazione erano le sole sensazioni che continuava a provare, forti e angoscianti, la chiesa era stracolma di persone, ma Fukiko non si era mai sentita tanto disperatamente sola. Rei.
Quando la funzione terminò, l'eco rimbombò dei passi della folla che lasciava la cattedrale, mentre Fukiko si avvicinava al letto di rose bianche su cui giaceva il corpo di sua sorella. Un formicolio le intorpidì gli arti al punto da paralizzarla, i pensieri turbinarono cercando vie di fuga da ciò che significava vederla lì, i battiti del cuore mutarono in un tremito convulso, ma mantenne la compostezza.
C'era silenzio attorno a lei ora. Non poteva e non voleva togliere gli occhi da Rei, per quanto facesse male, il desiderio di seguirla l'assillava, torturandola insieme alla vergogna di non avere il coraggio di farlo. Come avrebbe potuto vivere senza di lei? Come avrebbe convissuto con la vergogna di averla lasciata andare sola? Come avrebbe sopportato i rimorsi e i rimpianti per tutto quello che stupidamente non aveva fatto? Guardando il volto di Rei, le chiedeva perdono per tutte le sue mancanze, per quel dannato orgoglio che non le aveva consentito di amarla come avrebbe meritato, per non averle concesso il suo amore se non in quegli ultimi giorni, giunti stupendi ma così imperdonabilmente in ritardo.
Fukiko scusami, è ora
La voce gentile e premurosa di suo fratello provenne da dietro, distogliendola dai suoi pensieri.
Non è necessario che tu ti scusi, capisco benissimo” rispose lei senza voltarsi, ancora incapace di muoversi.
Fukiko
Puoi... puoi farmi un favore? Puoi concedermi ancora qualche minuto? Vorrei poter rimanere da sola con lei, se non ti dispiace, per darle un ultimo saluto. Soltanto noi due
Ci fu un attimo di silenzio, poi Takashi acconsentì
Si certo
Lo sentì camminare lungo la navata e respingere le richieste degli addetti dell'impresa funebre. Poi la porta si richiuse e fu di nuovo silenzio.
Il volto di Rei era sereno, il suo corpo era lì, ma lei non avrebbe potuto essere più distante. Sentì la disperazione divorarla mentre metteva a fuoco ancora una volta quella terribile realtà.
Posò una mano su quelle di sua sorella, incrociate sul torace: il freddo contatto la ferì, ma aveva bisogno di parlarle, quindi si fece forza.
Hai visto sorella? L'hai notato vero? Sono stata brava: non ho versato lacrime durante il funerale e non ho perso il controllo neanche per un minuto. Certo, sono rimasta in piedi ad accettare le interminabili condoglianze di tutti col mio solito orgoglio. Vedi? Sono ancora quell'orgogliosa bambina che hai conosciuto in giardino e di cui andavi fiera
Il dolore si fece spazio prepotente e prese il sopravvento sul suo autocontrollo, facendola cadere in ginocchio. La voce sempre meno ferma continuò il triste dialogo al corpo senza vita della persona che aveva amato.
Perchè non devo mostrare le mie lacrime ad altri che a te, che mi comprendevi così bene. Il mio pianto” disse faticosamente tra i singhiozzi “Il mio pianto è unicamente per te, dolce sorella mia
Le lacrime sgorgavano violente
Rei” gridò dolorosamente, protendendosi verso la sorella, cercando di abbracciarla e scontrandosi così più amaramente con quel corpo che non le rispondeva, che, freddo e immobile, non contraccambiava più il suo amore.
Rei, io ti ho amata così tanto! Perchè mi hai lasciata?” sfogò tutto il suo dolore in un pianto straziante.
Lentamente si calmò, si staccò da Rei e si risollevò. Guardandola dolcemente in volto, si rese conto che quella era davvero la fine, che quello sarebbe stato l'ultimo momento in cui l'avrebbe vista. Il rimpianto per il tempo perso a soffocare stupidamente i loro sentimenti sarebbe rimasto come un'indelebile cicatrice, il rimorso per non averle mai detto quanto l'amava avrebbe sempre continuato a far male. Sarebbe stata la sua punizione, l'eterna pena che aveva meritato. Il volto di Rei, bagnato dalle lacrime di Fukiko, assisteva sereno ed imperturbabile a quel dolore. L'accarezzò
Adesso è arrivato il momento di dirci addio” disse chinandosi su di lei “Mi mancherai” e la baciò, per l'ultima volta. Labbra fredde che le strapparono via per sempre una parte di sé.

Lo sgomento negli occhi di Rei fu la scossa che la fece svegliare di soprassalto. Aprì la bocca annaspando per cercare aria che sembrava non bastare a farla respirare. Nella scarsa luce della stanza alle 3:00 di notte Fukiko si fissò le mani convinta che vi avrebbe visto il sangue che un attimo prima aveva sentito sgorgare dalla ferita inferta al cuore di Rei. Era un incubo, quello era un incubo. Per un attimo s'illuse che tutta la storia della morte di sua sorella lo fosse, una maledetta finzione della sua mente. Fece un lungo sospiro nel constatare quella che era invece la realtà, poi portò le mani al viso e pianse, ancora una volta.
Con fare quasi meccanico poi si alzò, si vestì, scese e uscì dalla villa. Senza riflettere su nulla, senza pensare, camminò fino al palazzo in cui aveva vissuto Rei. Salì. Davanti alla porta indugiò, spaventata dal dolore che sapeva le avrebbe dato vedere quell'appartamento vuoto, consapevole per di più di entrarvi nutrendo ancora la vana speranza di trovarci invece colei che lo aveva abitato.
Entrò. Il silenzio la trafisse.
Vagò senza meta per il piccolo e tetro appartamento, soffermandosi ad osservare gli oggetti della vita di Rei. Come poteva accettare l'idea che non l'avrebbe mai più rivista, che avrebbe dovuto convivere con quella solitudine e i senti di colpa? Come? Giunta in sala, prese una sedia e si mise a guardare il panorama dalla grande vetrata sul terrazzo: la città dormiva ancora, il canale era una lingua nero lucido picchiettata di luci colorate, sopra il quale il cielo cominciava lentamente a perdere la piatta oscurità della notte. Era tutto così calmo e immutabile da regalarle un po' di pace.

[Riferimento all'episodio 35 - dal minuto 1:30 del video]

Non sapeva da quanto tempo era li, quando sentì la porta aprirsi e sussultò sbarrando gli occhi. Un lampo di speranza fu presto domato dalla razionalità e poi respinto definitivamente dalla squillante voce di Nanako alle sue spalle.
Sei tornata Saint Just!
Poi quasi un sussurro deluso e stupito.
Lady Miya
Anch'io lo speravo” disse Fukiko senza muoversi “Quando tu sei entrata in casa, pensavo che fosse lei
Mi dispiace
Non importa” Fukiko sospirò, poi si alzò.
Questa notte ho creduto che la morte di mia sorella facesse parte di un orribile incubo e quando ormai ero felice che fosse un sogno, mi sono svegliata e sono venuta automaticamente qui” continuò girandosi poi a guardare Nanako.
La ragazzina si limitava a fissarla con aria stupita, senza dire nulla.
Fukiko notò un piccolo mazzo di rose bianche posato sul tavolo. Lo sistemò con cura, eliminando i petali e le foglie avvizzite, poi prese la rosa più bella e si diresse verso la camera da letto.
Suppongo che la relazione tra me e Rei ti sarà sembrata molto strana, non è vero?” disse, rompendo il silenzio, mentre appoggiava la rosa sul cuscino di sua sorella.
Tu sai bene che l'amavo moltissimo e che non mi sarei sentita sicura finchè non avessi avuto la certezza che mi pensava sempre, continuamente” era strano come all'improvviso le fosse venuto il bisogno di aprire il suo cuore e di spiegare quello strano quanto profondo legame che l'aveva unita a Rei, fino a diventare incontrollabile. Fukiko stessa si stupiva della naturalezza con cui le uscivano quelle confidenze, ma ne sentiva l'esigenza e Nanako sembrava così pura e innocente da poter essere degna di fiducia, di poterle dire qualcosa almeno.
Uscì dalla stanza e camminò in silenzio fino al terrazzo, dove si lasciò incantare dalle luci di quell'alba che veniva ad illuminare un nuovo giorno che doveva affrontare da sola. Era cominciato tutto esattamente una settimana prima, soltanto una settimana prima e ora era già finito tutto.
Sentì Nanako piangere alle sue spalle. Fukiko non era la sola a soffrire per quella perdita: la sua morte aveva lasciato segni profondi nel cuore di molte ragazze, Nanako, con la sua tenera fragilità, era forse quella che più di tutte ne avrebbe sentito la mancanza. Si girò e la raggiunse, inginocchiandosi accanto a lei, faticando nel trattenere le lacrime.
Nanako, se c'è qualcosa che ti piacerebbe avere... mio fratello e mio padre verranno qui oggi per prendere tutti gli oggetti di mia sorella, ma prima che lo facciano, vorrei che prendessi l'oggetto che maggiormente potrebbe aiutarti a ricordarla. Io sono convinta che lei sarebbe felice se volessi accettare: Rei ti voleva bene, me lo ripeteva spesso”.
Nanako, che si era calmata per ascoltarla, la guardò negli occhi e scoppiò di nuovo in lacrime, gettandosi sulle sue ginocchia. Quando riuscì nuovamente a tranquillizzarsi, andò nella camera di Rei e sollevò la bambola che lei le aveva regalato anni prima.
Puoi tenerla tu, sei ti fa piacere. Sai Nanako, sono stata io a regalare questa bambola a mia sorella tanti anni fa” disse Fukiko carezzando i capelli di quel vecchio giocattolo, mentre la sua mente veniva colpita dal ricordo di quel giorno sotto la neve su al nord, lei e Rei sulla spiaggia pronte a scambiarsi quella promessa di morte che le aveva poi legate in quel rapporto d'odio e amore che si era orribilmente spezzato proprio nel momento in cui stava per mostrare la sua vera e profonda natura.
Non disse altro, tornò nella sala ora potentemente illuminata dal giorno appena sorto, il suo sguardo indugiò a lungo su quel luogo, la sua memoria cavalcò tra i ricordi, per un momento risentì sulle labbra il primo stupefacente contatto con Rei, chiuse gli occhi e riassaporò le calde sensazioni di quella mattina così vicina eppur così lontana ora. Sospirando riaprì gli occhi, prese il telefono a chiamò a casa per farsi venire a prendere.

Quando scese dalla palazzina, seguita da Nanako, l'autista le andò incontro concitato
Signorina! Finalmente! L'ho cercata dappertutto!
Fukiko gli sorrise debolmente, poi si girò per invitare Nanako
Coraggio, sali in macchina, ti accompagniamo a casa
Grazie” rispose lei
Si accomodarono sul sedile posteriore e nessuna delle due parlò per quasi tutto il viaggio, finchè Fukiko ruppe il silenzio, senza distogliere lo sguardo placido e fisso davanti a lei
Nanako
Sì?
C'è qualcosa che non ho mai confessato a nessuno prima d'ora, ma sento che di te posso fidarmi e voglio assolutamente che tu lo sappia perchè è troppo importante.
Attese un attimo prima di continuare
La verità è che io e Rei non abbiamo madri diverse: noi siamo figlie naturali degli stessi genitori. La mia matrigna, la signora Ichinomiya, che fino ad allora avevo considerato la mia vera madre, mi confessò la verità poco prima di morire. Fu uno choc tremendo per me: mio padre, che avevo sempre venerato, aveva avuto un'altra donna! Non soltanto, ma quella che credevo fosse mia madre non lo era affatto, era la mia matrigna. Io ero la figlia dell'amante e per di più avevo anche una sorella!
Si fermò di nuovo per un breve istante nel ricordare il rumore delle perle della collana spezzata che rimbalzavano a terra mentre tutto il suo elegante e rispettabile mondo cadeva a pezzi.
Ecco perchè odiavo Rei con tutto il cuore... o dovrei dire cercavo di odiarla
Il paesaggio scorreva imperturbato fuori dal finestrino.
Non potevo, non riuscivo a farlo: lei nonostante tutto era mia sorella, sangue del mio stesso sangue.
E più mi sforzavo d'odiarla, più le infliggevo crudeltà per allontanarla, più lei prendeva possesso del mio cuore, più il legame che volevo a tutti i costi rifiutare si stringeva e mi spingeva a lei. Questo lo pensò soltanto, sarebbe stato troppo da confessare.
Inoltre non potevo dirle la verità perchè avrebbe sofferto di più, ma se l'avesse saputo forse mi avrebbe vista sotto una luce completamente diversa
E non mi avrebbe amata fino a star male, ma anche questo fu solo un pensiero che non giunse fino alle sue labbra.
Non guardò apertamente Nanako, ma sentiva i suoi occhi sbigottiti che la fissavano, mentre stringeva al petto la bambola che aveva tenuto in ricordo di Rei. Non disse nulla e quando la macchina si fermò, si limitò a scendere silenziosamente, ringraziando e inchinandosi educatamente, ma trattenendo nello sguardo un nuovo velo di tristezza.
Casa Ichinomiya era avvolta dallo splendere del caldo sole estivo, quando vi giunse. Scese dalla macchina e risalì in camera sua rispondendo silenziosamente ai saluti dei servitori che già si affaccendavano tra il giardino e i corridoi. Varcata la porta della stanza da letto, la richiuse alle sue spalle e procedette solenne fino allo scrittoio: lentamente sollevò il bracciale dorato che era appartenuto a Rei e lo chiuse attorno al suo polso destro a stringere un legame che la morte non avrebbe cancellato. Ancora una volta quel bracciale avrebbe celato una cicatrice, una ferita che nessun occhio avrebbe mai potuto vedere, ma che avrebbe sempre continuato a sanguinare dolorosamente nel ricordo più intimo e profondo di Fukiko.


FINE

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Le parti indicate in corsivo sono volutamente prese dalla serie animata Oniisama e... (Caro Fratello) per esigenze di trama.

In memoria di Osamu Dezaki

scomparso il 17 aprile scorso, mentre scrivevo questa storia, mentre completavo a modo mio l'opera magistrale dell'impareggiabile Riyoko Ikeda, che lui ha contribuito a farmi amare così tanto.
Eternamente grata a coloro che mi hanno permesso queste fantasie, a coloro che mi hanno regalato questo magico mondo che mi ha stregata e fatta sognare, è a loro che vorrei poter dedicare queste pagine, augurandomi che siano un bel regalo.
Grazie di cuore a Chiara, Marco e Amanda che mi hanno seguita e supportata con i loro calorosi commenti: spero di avervi fatto capire quanto siano significati per me! Chiara, in particolare, che partecipi con impeccabile puntualità ad ogni mia perdizione, non so davvero come dirti GRAZIE!
Grazie a Mai Valentine e principe delle stelle per le recensioni, sperando che me ne concediate altre.
A tutti coloro che hanno letto senza dirmi nulla, grazie comunque, ma vorrei potervi dare almeno un nome e spiegarvi quanto sia bello sapere cosa pensate di quanto ho scritto.
E infine a tutti coloro che leggeranno e magari si prenderanno un minuto di tempo per lasciarmi un'opinione, anticipo il mio sentito ringraziamento.

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