When we collide,sparks fly

di yourtenderlips
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** escape from reality. ***
Capitolo 2: *** sunny day. ***
Capitolo 3: *** coffee break. ***
Capitolo 4: *** jellied heart. ***
Capitolo 5: *** something change (?) ***
Capitolo 6: *** just choose. ***
Capitolo 7: *** not a ordinary day. ***
Capitolo 8: *** breathing in Soho. ***



Capitolo 1
*** escape from reality. ***


Finita anche questa estenuante mattinata a scuola, non ce la facevo più.
Per fortuna che esco alle 12.30 e mai alle 13.20 sennò morirei mi ritrovai a pensare mentre vagavo più o meno consciamente verso l’atrio della scuola,
le mie amiche mi circondavano e parlavano con me senza che io sentissi nulla, era un periodo strano,
non ero mai stata una di quelle amiche passive che non proponevano mai nulla e se ne stavano in un angolo alle feste,
tutt’altro io ero quasi sempre il centro indiscusso delle feste,ma da 3 mesi a quella parte dicevano «Ashley hai perso la tua brillantezza»
che poi io mi dico è vero,ma cosa vuol dire?Starò così per sempre? Scesi l’ultimo gradino della scalinata e percorsi a braccetto con Holly il vialetto che portava al cancello.
Possibile che nessuno si accorgesse di come stavo? Non ero tipa da far notare queste cose,odiavo far pesare i miei problemi sugli altri
e  non l’avrei mai e poi mai fatto, però un po’ di solidarietà l’avrei voluta. Diedi un bacetto a Holly, anzi me lo diede lei sporgendosi verso la mia guancia che semplicemente non ritrassi.
Misi le cuffie e premetti play,il momento migliore della giornata, da sola, musica e il verde degli alberi del parco.
Andavo a scuola alla Central Park High School da due anni e adoravo il fatto di potermi perdere a Central Park dopo scuola.
Mi sedetti su una panchina solo dopo essermi comprata un milkshake al cioccolato doppio.
Gli scherzi del destino mi piacciono molto,cosa c’è di più azzeccato di Nick Jonas nelle orecchie dopo una giornata stressante? Nulla fidatevi.
Chiusi gli occhi mi distesi sulla panchina e cominciai ad ondeggiare la testa a ritmo di Olive & An Arrow.
Mi sentii strana,forse perché dopo un giorno intero la musica aveva creato una curva con le punte in sù sul mio viso, un sorriso, espressione ormai rara.
Due erano le persone che in quel momento avrebbero potuto farmi sorridere anche senza cuffiette, una era e restava un sogno, appunto Nicholas l’altra era Mark il mio migliore amico,
che si era dovuto trasferire in Montana due anni fa, proprio prima delle superiori, fu una disgrazia.
Non so perché ma con lui avevo sempre avuto uno strano rapporto, non era assolutamente un brutto rapporto, solo strano.
Tutti quelli che ci vedevano dicevano che eravamo fidanzati ma nulla di tutto questo era mai passato per l’anticamera del mio cervello, e credo neanche della sua,
perché sennò non saremmo potuti essere amici in questo modo, uno dei due non avrebbe retto se ci fosse stato quel qualcosa in più.
Lo volevo così tanto che mi ritrovavo a chiamarlo alle ore più impensate,
dovevo contare anche il fatto che avevamo fusi orari diversi ma a nessuno dei due sembrava pesare se l’altro lo chiamava anche alle 4 di notte.
Mi misi istintivamente la cannuccia in bocca e deglutii con calma, aaaah il cioccolato,sostanza divina davvero.
Bere un milkshake da distesi con gli occhi chiusi era una sensazione fantastica,
Ashley segnati cose imparate oggi IN:bere milkshake da distesi con gli occhi chiusi. OUT:stare distesi su una panchina a Central Park senza distenderci nulla sopra.
Infatti avevo la strana sensazione di avere qualcosa fra i capelli,ma non volevo preoccuparmene adesso,continuai ad ondeggiare la testa a ritmo.

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Capitolo 2
*** sunny day. ***


Ok,era sicuro,avevo qualcosa nei capelli…e si muoveva.
Mi alzai dalla panchina di colpa agitandomi per mandare via l’insetto.
E’ proprio in quel momento che successe,una macchia indistinta di riccioli neri e umidi mi percorse davanti agli occhi per poi cadere a terra più veloce di come era arrivata,
facendomi cadere a mia volta,ma per fortuna non sopra al ragazzo e con altrettanta fortuna il mio milkshake era intatto appoggiato inerme sull’erba verdissima di Central Park.
Non volevo guardarlo negli occhi, anzi non lo guardai affatto.
Borbottai qualche miliardo di scuse indefinite mentre velocemente raccoglievo la mia maxibag Chanel e il mio milkshake,
per poi iniziare a camminare rapida verso un luogo che non sapevo nemmeno io quale fosse.
Ma cavolo Ashley,cosa ti succede? Continuavi a ripetermi incredula mentre frugavo nella borsa in cerca del mio iPhone che non trovavo,
trovai invece il sidekick, forse semplicemente non l’avevo messo in borsa quella mattina.
Composi il numero a memoria e attesi «Pronto?» rispose una voce femmine ed estranea dall’altro capo della cornetta.
Non so cosa fosse questo rumore. Anzi lo sapevo fin troppo bene, era il rumore del mio cuore che si spezzava,
per gli altri era silenzioso,quasi muto ma a me sembrava un urlo a squarciagola.
Riattaccai subito.
Controllai il numero che avevo digitato, no era quello giusto, era proprio quello di Mark. Ma perché stavo così? Ero solo la sua migliore amica,nulla di più di questo.
Dentro di me lo ripetevo al’infinito, quasi cercando di autoconvicermi.
Non potevo starmene qua con le mani in mano ad aspettare che qualcuno si accorgesse di me.
Frenai e mi sedetti di nuovo sull’erba,ripresi il cellulare e dalle ultime chiamate premetti verde.
La stessa voce femminile rispose, sta volta un po’ scocciata «Pronto,chi sei?» non credevo alle mie orecchie «No,chi sei tu…,dov’è Mark?» chiesi gelida come il ghiaccio.
«Cosa ti interessa?Mark è in doccia!» sentii un brusio che mi frenò dall’insultarla e poi una voce calda, la ormai più che familiare voce di Mark. «Ash,sei tu?»,
«No,sono un lupo mannaro…Sì che sono io, e quest’oca chi è invece?» sentii un silenzio e poi un sospiro, capii, era la sua fidanzata, ma c’era qualcosa per cui non era felice.
«Va bè,ho capito» dissi «Chiamami quando LEI non c’è…» e riattaccai un'altra volta,fredda e veloce, consapevole che avrei dovuto aspettare molto.

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Capitolo 3
*** coffee break. ***


Gettai nervosamente il sidekick in borsa,non sapevo che fare, che pensare, che dire.
Chiusi gli occhi e ispirai più volte fino a trovare uno stato di calma apparente, non volevo rischiare di riagitarmi, misi le gambe in posizione joga e stetti così per un po’.  
Non mi resi contro di quanto tempo fosse passato, l’unica cosa che sapevo era che il cuore aveva preso a pulsare mille volte più forte di prima,
senza aprire gli occhi immersi disperata le dita nei lunghi capelli mossi e neri e mi feci una treccia.
Era proprio quando stavo più male che sentii tossicchiare, avete presente quella tosse finta che si fa per avvisare della tua presenza? Bè quel tipo di tosse.
Aprii pianissimo gli occhi e un ammasso di ricci neri, già visti, mi coprì l’intera visuale,o almeno quello era il soggetto in primo piano appena guardavi quel ragazzo.
Ovvio appena non spostavi lo sguardo su quei bellissimi occhi nocciola.
Poi, quando il cervello riprese a funzionare, pensai d’istinto sono morta? Questo è il paradiso? Poi capii, no è la realtà e quel ragazzo c’è l’ha con te Ashley. Cosa vorrà mai?
Siccome non avevo dato alcun segnale della mia situazione mentale a lui, gli sorrisi felice.
Fece lo stesso e prese parola «Ciao!Sono Jerry» rise ,non so cosa ci sia di così divertente, apparte il fatto che  portava una sciarpa che li copriva tutta la bocca e buona parte del naso. «Ehm,ciao!?» dissi quasi come una domanda, volevo sapere di più.
«Ah,scusa io sono Ashley.» Sorrisi nuovamente,sta volta con più entusiasmo.
Esordì «Allora,se ti chiami Ashley sei proprio tu la proprietaria di questo…» e mi passo il mio iPhone bianco dove sul retro c’era una sottospecie di graffito con scritto Ash.
Lo presi dalle sue mani, mi trattenne la mia un po’ più del necessario, non mi dispiaceva aveva qualcosa che mi rendeva quel approccio molto facile rispetto a tanti sconosciuti
«Oh,grazie mille! Credevo di averlo lasciato a casa..siccome non lo trovavo. Devo averlo perso prima quando ti sono…*coffcoff* caduta sopra,approposito,scusami.»
ero sicura, ero arrossita, sentivo le guancie calde come il fuoco.
Ma stranamente lo fece anche lui, si vedeva poco visto la sciarpa, ma era di una tonalità abbastanza intensa da renderlo visibile.
«Figurati,cose che capitano! Vuoi venire a prendere un caffè? In un locale un po’ più tranquillo?» e per giustificarsi indicò la massa di persone,
che seppure non fossero fitti e gremiti ma erano sicuramente un numero enorme,affollava la Central Park di ora di pranzo.
Non potei che essere d’accordo con lui, poi dopo la brusca telefonata, fare amicizia era una bella novità.
«Certo,però pago io,devo pur ringraziarti per l’iPhone,no?» era una domanda retorica, non voleva risposta, e difatti lui non rispose si limitò a sorridere,
sebbene ci fosse la sciarpa perfino i suoi occhi erano in grado di sorridere meravigliosamente.
Ci incamminammo verso lo starbucks meno affollato di NY.

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Capitolo 4
*** jellied heart. ***


Mi sentivo strana.
Bè d’altro canto non era la cosa più normale del normale del mondo stare a parlare con un ragazzo che seppur all’apparenza molto carino,
si copriva interamente il viso con una sciarpa.
Non so che cosa mi avesse incantato in quel ragazzo,non era mia abitudine, cioè non lo era in questo periodo smorto della mia vita,
andare a prendere un caffè con una persona che non conoscevo almeno da un paio d’anni.
Lo stavo fissando un po’ troppo? Forse sì, anzi sicuramente dato che ormai conoscevo a memoria le pagliuzze nei suoi occhi e i quadrati concentrici della sua sciarpa a fantasia Burberry. Ma la cosa non sembrava turbarlo, tutt’altro ricambiava gli sguardi con altrettanta attenzione.
Parlammo tutto il tratto di strada che portava da Central Park allo starbucks, ed era parecchia, perché volevamo un posto tranquillo, relativamente quanto meno per le statistiche di NY.
Di cosa parlavamo? Di tutto, mi sembrava di conoscerlo da sempre.
Si chiamava Jerry e aveva 17 anni, al momento non andava a scuola ma non avevo chiesto il perché e lui aveva elegantemente sorvolato sulle ragioni, mi sembrava giusto non insistere. Entrammo nello starbucks e ci sedemmo nelle poltroncine più distanti dall’entrata.
Si tolse la sciarpa solo dopo essersi guardato intorno per un po’ di tempo.
ODDIO,ora collasso lo so. Pensai.
«Cioè vuoi dirmi che t..tttt…tu sei Nicholas JERRY Jonas? Oddiomio» Ebbi un attimo di mancamento, per fortuna non avevo urlato senno avrei rovinato tutto.
Lui divenne nuovamente rosso e sorrise, uno di quei sorrisi naturali che ti vengono quando qualcosa ti piace e vuoi farlo vedere.
«Direi che al quanto sembra,lo sono…» disse con una voce roca che mi uccisi per non aver riconosciuto,
cappero era così riconoscibile che mi chiesi come avevo fatto a non collegare tutti i pezzi subito.
«Non scappi vero,rimani giusto?» ero emozionata e si vedeva, ma lui lo era quasi più di me.
«Dove vuoi che vada? E poi tu mi devi un caffè…!» rise, era il suono più incantevole che potessi voler sentire.
«Io,bè sono una tua grande fan…cioè dei tuoi fratelli ma soprattutto tua,prima che mi venissi addosso stavo ascoltando Olive & An Arrow e ora tu sei qui, non posso crederci.
Ma cosa ci fai a NY, cioè poi in un bar con me che neanche mi conosci..cioè perché io?
» risi io sta volta e piano appoggiai la borsa sul divanetto mettendomi comoda.
Riprese lui,prendendomi un po’ in giro
«Cioè io penso che cioè,bè cioè io sono a NY in vacanza cioè in pausa,poi sono qui con te perché cioè mi sembri una ragazza interessante cioè…»
rise e si arricciò uno dei suoi boccoli che avevo sempre fissato, attraverso schermi e poster, affascinata.
No,aspetta devo riavvolgere il nastro,ha per caso detto che sono i n t e r e s s a n t e,io? «Non prendermi in giro,daiii sono emozionata,e lo sei pure tu…si vede sai»
feci una faccia da chi la sa lunga. «Ti ho sempre seguito su twitter,ma non sei di molte parole su quello che fai,
e ovviamente non hai avvisato di essere a NY, non che mi sarei mai immaginata di vederti anche se avessi avvisato, ma per quanto stai?
»
sospirai già triste al pensiero che se ne dovesse andare, sospirò anche lui «Sto qui ancora per 15 giorni poi si torna ad L.A,sai,per JONAS.»
Bè 15 giorni erano più di quello che avrei mai sperato, già avevo avuto l’opportunità di vederlo, che poi cosa mi dava la certezza che lui avrebbe voluto rivedermi?
Insomma ero una semplicissima ragazza di 16 anni…c’è ne erano a miliardi meglio di me nella sola New York.

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Capitolo 5
*** something change (?) ***


Arrivarono il mio frapuccino con caramello e il suo doppio espresso, cioè andò a prenderli lui dopo essersi rimesso la sciarpa.
Appoggiò il vassoio sul tavolo e si sedette ritogliendosi la sciarpa, non ci credo ancora, Nicholas era imparte a me, potevo sfiorarlo semplicemente allungando la mano.
«Sai che ancora non ci credo?!?» disse lui sorridendomi. Eeeeeeeeeh cosa? Il mio cuore fece una capriola seguito dal mio stomaco e del mio dono di parola
«No,mi sono persa qualcosa? Sono diventata Kim Kardashian e non me ne sono accorta?» presi lo specchietto dalla borsa e mi controllai mentre ridacchiavo, lui rise tanto che quasi piangeva. «Davvero,come mai dici così?» sospirai e appoggiai la testa sul tavolo. Mi sorrise e mi indicò «Hai davanti a te uno dei Jonas» fece le virgolette per aria «ne sei pure fan e sei così naturale e spontanea, non mi sorprenderei se ora cominciassi a farmi il solletico…per questo dico.» disse tutto come se fosse ovvio che fosse stupito.
«Ti confido che era da un po’ che non mi comportavo così, solitamente però sono sempre stata parecchio spontanea» aprii il bicchierone levando il coperchio e cominciai a tirar su il caramello e a mangiarlo così. Mi guardava, non so a cosa pensasse fatto sta che allungò la mano fino alla mia bocca e con il dito percorse il perimetro della mia bocca,
mi ero sporcata di caramello e lui l’aveva pulito, poi fece una cosa che mi sconvolse tutta, si lecco il caramello dal suo dito.
Quella scena superò, e di molto la scena porno che Mark mi aveva obbligato a vedere, in sensualità. «Eri sporca…» si scusò e tornò a sorridere
«Ash,comunque questa combinazione frapuccino con caramello è troppo buona, davvero ottima scelta» non potevo rimanere calma, ma neanche assalirlo quindi mi limitai a scorticarmi le mani ed arrossire violentemente. Gli presi dalle mani il suo caffè e sorseggiai tranquilla «Mmmh, buono anche il tuo doppio espresso,monotono ma buono» lo presi in giro. Mi prese dalle mani il suo caffè e lo appoggiò sul tavolino e poi iniziò a farmi il solletico, impazzì, quando mi si faceva il solletico ero così, incominciai anche io. «Scusascusascusascusascusascusa» continuava a ripetere implorandomi di smettere,dopo un po’ sfinita dal ridere smisi.
«Mai sfidarmi alla sfida del solletico» feci finta di avvertirlo facendo segno col dito verso la sua pancia con un sorrisino malefico. «Prometto che non la sfiderò mai più,ahahahahah» disse all’inizio serio e poi scoppiando ridere. Finii l’ultimo sorso e andai a pagare mentre lui si rimetteva la sciarpa.
«Dove vuoi andare?» chiese lui improvvisamente timido, «Non so,cioè io non vorrei costringerti a fare nulla, sono più che contenta così…una tua foto e un autografo e sono la ragazza più felice del mondo, davvero» guardai per terra. «Vuoi dire che non posso passare altro tempo con te?» disse, sembrava leggermente triste.
Sorrisi piacevolmente sorpresa «Ovvio che puoi, andiamo a fare shopping? Hai abbastanza pazienza?» chiesi curiosa «Dovresti sapere che…» continuai io
«sei un appassionato di vestiti? Sì,lo sò» Mi prese la mano e uscimmo dal bar.

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Capitolo 6
*** just choose. ***


Ogni tanto con la mano libera, cioè quella che non stringeva le sue dita mi davo dei pizzicotti abbastanza forti sulla coscia,
ma nulla voleva riportarmi in un mondo dove Nicholas era solo “il ragazzo talentuoso e bellissimo,con cui avevo come legame solo alcune centinaia di followers”.
Sebbene lui continuasse a parlarmi e a portarmi dentro negozi, quindi doveva essere per forza di cose, REALE, non riuscivo a capacitarmene.
Senza che me ne accorgessi entrammo da Chanel, adoravo perdermi in queste boutique che profumavano perennemente di pelle nuova.
«Hai bisogno di qualche cosa?» lo guardai interrogativa ma anche lievemente curiosa lui sorrise e mi disse «ABBIAMO bisogno di molte cose» sbarrai gli occhi.
«No dai,so che non hai problemi di soldi, però non è il caso che tu spenda questo capitale per me…»
dissi alquanto imbarazzata dalla quantità di vestitini che mi aveva chiesto di provarmi.
«No,infatti,prima devi provarli e vedere se ti vanno bene e se,soprattutto ti piacciono»
disse mandandomi gentilmente dentro un camerino che sembrava il salotto di casa mia, e non è esagerato come commento.
Iniziai con il provarmi un vestito blu scuro corto sopra il ginocchio con un fiocco bianco dietro la schiena, era non bello, di più.
Non avevo il coraggio però, non avevo il coraggio di uscire e mostrami, passai 5 minuti buoni seduta su una poltroncina quando Nick sbuco dalla tendina visibilmente preoccupato, all’inizio, poi sorrise. «Che ci fai là seduta te?Credevo ti fossi persa…» venne vicino a me e tentò di guardarmi mentre io mi coprivo tutta, rannicchiata sulla poltrona.
«Eddai,così non mi rendi lo shopping facile» disse serio mentre mi faceva alzare e mi guardava attentamente «Ma stai divinamente…» disse quasi adorante,
mentre allungava la mano verso i miei capelli e gli scioglieva dalla lunga treccia color della pece «Così è molto meglio,ora provati quello verde e non metterci molto» disse mentre usciva dalla stanza ridendo. Tolsi quello blu e cercai dove fosse quello verde, lo presi e lo indossai.
Questo era molto più semplice, un tubino anche questo sopra il ginocchio, verde smeraldo senza spalline, uscii dalla stanza e senza aspettare che lui parlasse dissi
«Amo questo vestito» Nicholas stava cercando nel reparto da uomo delle cravatte si girò e mi guardò quasi sbalordito «Cosa credi?» dissi trattenendo una risata,
mentre cercavo di fare la sexy diva «So essere anche io bella, eh» si avvicinò e affermò «Mai detto ne pensato il contrario» io arrossii.
Lo guardai categorica «Non gli voglio nemmeno provare gli altri là dentro, ora voglio una tua sfilata!» mi andai a cambiare nuovamente e quando uscii pescai senza troppa difficoltà un completo giacca e pantaloni blu, un paio di jeans molto ben invecchiati e una camicia a quadri rossa e verde scuro.
Glieli passai e lo spinsi a forza nella stanza/camerino «Ora muoviti e vedi di essere più bello possibile, senno scappo» dissi fra le risa mie e sue.
Ci mise davvero poco e uscii con il completo che gli stava molto bene, anche se gli ricordai era troppo elegante per un concerto e lui mi assicurò che lo avrebbe indossato solo nella situazione più importante dell’anno rise nuovamente. Tornò dentro e ne uscì 5 minuti dopo con i jeans invecchiati e la camicia a quadri, sembrava uscito da uno di quei cataloghi da modelli ma non glielo avrei mai detto si limitò ad un esauriente e pieno  «WOOW» con la mano davanti alla bocca accompagnato da un risolino di Nicholas che richiamò la commessa che fino a quel momento era stata molto rispettosa della privacy che un personaggio come Nick aveva richiesto, ma appena lo vide vestito così non si poté trattenere nemmeno lei e disse «Signor Jonas sicuro che non voglia fare da sponsor per la nostra casa?» Nicholas all’inizio guardò la commessa, poi me e io annuii felice e così lui acconsentì dicendo «Chiamate mio padre, vi dirà tutto lui» e così dicendo le passò un cartoncino. Pensai che se non lo avessi conosciuto quel pomeriggio avrei creduto fosse da snob e arroganti fare un gesto del genere, quasi di sufficienza verso la commessa ma poi capii che era il suo lavoro che lo obbligava a volte ad essere distaccato con alcune persone, soprattutto se legate strettamente al lavoro. Di fatti con noi fans, sia lui che i suoi fratelli erano sempre stati molto cordiali e amichevoli quindi non potevo pensare male in questa occasione. Si andò a cambiare e uscimmo con due borse piene di bellissimi vestiti.
Lo riempii di «Grazie» per tutto il resto della camminata.
Andammo di nuovo a sederci in un bar per prendere un the freddo, il caldo di maggio a New York stava facendo finalmente sentire. Sì,pagò nuovamente lui.

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Capitolo 7
*** not a ordinary day. ***


Quando il nostro rapporto stava diventando, non dico unito, ma quanto meno quando cominciavamo a sentirci a nostro agio anche semplicemente a prenderci in giro,
feci la cosa che in tutto quel pomeriggio non avevo fatto, tirai fuori l’iPhone e lessi l’ora.
«Cazzo» dissi senza pensarci più di tanto.
Nicholas mi guardò con un espressione che ancora non so decifrare,un misto fra sorpreso e tendente alle risa.
«Sono le 9 e mezza,lo sai no?» mi fissò di nuovo e annui piano
«Certo» ammise tranquillo.
«Ok,che mia madre non c’è e mio padre ha le vedute aperte, però di solito torno a casa verso le 3 dopo scuola e se sto di più avviso, gli prenderà un colpo.»
Guardai l’altro cellulare,il sidekick appunto, avevo 9 chiamate senza risposta.
3 da Mark e non mi importava stranamente e le altre 6 venivano rispettivamente 2 da casa, 3 dal cellulare di papà e 1 da quello di Trace mio fratello più grande.
Mostrai la schermata della chiamate perse a Nick e lui lievemente corrucciato disse «Chi sono Mark e Trazz?»
mi venne spontaneo scoppiare a ridergli in faccia «NICHOLAS JERRY JONAS in imbarazzo?» sembrava perfino geloso,
ma non avevo voluto dirlo perché comunque ci conoscevamo di persona da qualche ora e non potevo pensare di interessarli come persona fino a quel punto così intimo e profondo. Così mi misi le mani sui fianchi e con nonchalance dissi «Trazz è il mio fratellone…»
poi il mio tono di voce si fece involontariamente diverso «…mentre Mark è il mio migliore amico».
Nicholas non sembrava essersi accorto del mio cambio di voce e ne fui segretamente felice, anzi sembrò molto più sollevato.
«Comunque mi sa che se non è tuo solito fare queste ore è meglio se avvisiamo almeno tuo padre eh…»
e detto questo mi prese il telefono dalle mani e premette il verde sul numero di mio padre,
che evidentemente rispose subito e anche lievemente turbato potei solo immaginare cosa disse dalle risposte di Nick
«Sono Nicholas Jonas…» esordì, mio padre che sapeva la mia passione per i fratelli dovette fargli qualche altra domanda
«Sì,quello dei Jonas Brothers» continuò Nicholas sforzandosi di non ridacchiare al telefono
«Ci siamo incontrati a Central Park….sìsì verso l’una e poi abbiamo passato il pomeriggio girando per NY,
so che avremmo dovuto avvisarla ma abbiamo entrambi perso la cognizione del tempo.»

Più meno alla fine della lunga conversazione vidi Nicholas sorridere soddisfatto, tirai un sospiro di sollievo,
infine disse «Riaccompagnerò personalmente Ashley a casa, stia tranquillo.» e riattaccò.
Lo guardai  con una faccia che doveva avere mille domande. Rise e chiamò Big Rob che lo venisse a prendere,arrivò poco dopo.
Cioè vi rendete conto Big Rob? Io me lo ero sempre immaginato grande e grosso e…GRANDE&GROSSO.
Ma in verità è, sì okay grande e grosso, però quanto può esserlo un orsacchiotto morbido e dolce.
Scese dall’auto,una Range Rover bianca e venne incontro a Nick sorridendo malizioso e con un vocione cavernoso ma simpatico chiese a Nick ma rivolto a me
«Chi è questa dolce donzella Jerry?» risi perché mi vennero in mente tutte le volte in cui su twitter avevo nominato Jerry,
senza intendere Nicholas come cervello pensate ma ben altro, ma questa è un’altra storia.
Subito sia io che Nicholas rispondemmo insieme dicendo però due cose diverse.
Io dissi tranquilla «Sono Ashley una fan di Nick e dei suoi fratelli» mentre Nicholas si affrettò a dire «Una mia amica Rob,un’amica» ridendo visibilmente nervoso.
Rob prese a ridere, come del resto avrei fatto anche io se non fossi stata la protagonista di quella discussione.
I vetri della macchina erano oscurati e io non avevo notato nulla, ma appena io avevo detto  ‘e dei suoi fratelli’ piombarono fuori dalla’auto Joseph,
Kevin e anche il piccolo Frankie che mi sorrisero divertiti.
Frankie mi si affiancò come se fossi stata sua  amica da sempre e mi chiese  facendomi gli occhioni dolci «Sei anche una mia fan? Sai io sono suo fratello...»
e indicò un Nicholas alquanto scocciato dalla sua famiglia, sorrisi fra me e me.
«Guarda che lo so che sei loro fratello eh, e trovo che tu sia anche il più intelligente fra loro» e sia io che Rob ridemmo fra gli sbuffi di Joe, Kevin e il trascurato Nicholas
«Sono una tua grande fan, infatti non vedo l’ora che esca l’album della tua band, sai?» Frankie mi abbraccio il fianco e mi fece  entrare in macchina,
volle a tutti i costi che ci sedessimo vicini ma io continuavo a fissare Nick che invece si sedette davanti imparte a Big Rob che guidava,
rimanendo zitto quasi tutto il tragitto che avevo dato al tomtom per portarci a casa mia.
Joseph era un fiume in piena,non la smetteva di riempirmi di domande ‘e che scuola fai, quanti anni hai, qual è il tuo cibo preferito, suoni qualche strumento o se facevo qualche sport'
«Faccio il  liceo scientifico  alla Central Park High School da tre anni, quindi ho compiuto 16 anni quest’estate,
amo la pizza ma anche i pancake con lo sciroppo d’acero, suonicchio la chitarra ed è tutto merito vostro se ho iniziato»
ammisi
«faccio la cheerleader da ehm...da 9 anni buoni e lo considero ormai il mio sport a tutti gli effetti» sorrisi
«So che ora dovrei io riempirvi di domande tutti, ma praticamente conosco a memoria anche il colore delle vostre trapunte o quante volte andate in bagno…» dissi ridendo imbarazzata. Mi sentii vibrare la coscia, controllai, era il mio iPhone, avevo ricevuto un messaggio, sbloccai e lessi il mittente ‘eeeh?’ , pensai,
come faceva Nicholas ad avere già il mio numero e soprattutto come facevo io ad averlo memorizzato sotto ‘Nicholas Jerry’? lessi, il messaggio che diceva

‘non volevo che lo scoprissi mentre ancora ero con te,

comunque non spaventarti l’ho salvato prima da starbucks mentre andavi a pagare,spero non ti dispiaccia ;) Nick.’

Risposi immediatamente anche se mi sentivo un po’ ridicola a messaggiare con qualcuno che potevo toccare allungando semplicemente la mano davanti a me, scrissi comunque.

‘Stai scherzando? Guarda che mi sa che ancora non hai capito che qui la rock star sei tu e non io C:
Certo che mi fa piacere, perché invece di scriverci messaggi non ti giri e mi parli? Perché non ti sei seduto imparte a me già dall’inizio?’

Joseph stava un po’ troppo in silenzio e appena mi girai lo vidi che mi guardava il telefono, lo guardai male,
ma come si guarda un bambino quando combina un guaio, non seriamente arrabbiata, rise sottovoce.
Kevin in silenzio aveva preso a farmi le treccine ai capelli cosa che trovavo rilassantissima, adoravo quando mi toccavano i capelli in quel modo,
mentre il piccolo Frankie si era addormentato con la testa sulle mia gambe che ora cercavo di tenere più ferme possibili,
e a mia volta gli arricciolavo i capelli morbidi e del colore del miele. La risposta non tardò ad arrivare ma sta volta allontanai Joe dalla portata dell’iPhone e lessi

‘Bene sono contento che ti faccia piacere :D Ma hai detto di sapere tutto su di noi, dovresti sapere che sono timido,
e poi non mi sono seduto dietro perché Joe mi ha quasi tirato una gomitata per scansarmi,
Frankie ti aveva abbracciato e portata in macchina e bè Kevin mi ha chiesto se volevo salire dietro ma ormai cosa potevo fare?
Tutti i posti erano occupati…ma poi ti sei accorta che sono tutti che ti venerano? Fra un po’ più di come fanno con mamma…’

Anche Joe e Kevin si erano addormentati e io ero troppo colpita dalle parole scritte da Nicholas,
era incredibile pensare che la mattina a scuola stavo scrivendo il suo nome su tutto il diario e ora ero in macchina con la famiglia Jonas al completo.
Mi sporsi verso i posti davanti dalla parte del finestrino, così che Rob non se ne accorgesse e diedi un bacio sulla guancia a Nicholas che velocissimo mi bloccò,
dolcemente, il viso con una mano e mi accarezzò una guancia. Piano gli sussurrai all’orecchio
«Credo non servano risposte al messaggio» fu una cosa veloce ma vidi Nicholas chiudere gli occhi e sorridere, tornai dietro e poco dopo Rob annunciò che ero a casa.
Scendemmo tutti, anche Frankie che era stato alzato da un calcio forte ma dolce di Joe diedi una sberla in testa a Joseph.
«Antipatico» dicemmo io e Frankie all’unisono per poi scoppiare a ridere tutti.
La mia casa non era quella che si poteva dire una lussuosa dimora, però era una casa singola,cosa strana a NY e con la piscina cosa che io adoravo,
e poi era CASA MIA e non l’avrei mai cambiata, fatto non da escludere mi ricordava di quando mamma era viva ed era uno dei pochi ricordi.
Suonai il campanello e papà aprì il cancello per le macchine e Rob entrò.
Papà scese e gli presentai, cosa strana da dire siccome gli avevo fatto una testa grande come  una casa per i Jonas, tutta la famiglia e per ultimo Nicholas.
Che disse molto educatamente «Mi scusi ancora per oggi pomeriggio signor…» cavolo è vero, mi venne in mente che non gli avevo mai detto il mio cognome,
mi sentii come in debito che aggiunsi io «Signor Lively, mi chiamo anzi ci chiamiamo così» ridendo imbarazzata.
Alla fine non fu neanche così imbarazzante, papà aveva cucinato, e lui era davvero un ottimo cuoco, cosa che mamma aveva sempre adorato, finì che gli invitò a fermarsi a cena. Cenammo tranquilli, come se ci conoscessimo da sempre, davanti ad un piatto di ottima pizza italiana tutto diventa più facile e alla mano,
venne fuori così che sia la nostra che la famiglia Jonas aveva origini italiane e che appena potevamo noi andavamo a trovare i parenti che però a loro non erano rimasti,
Big Rob non era in legami di sangue con i fratelli, però non sembrava curarsene,
rispondeva alle domande  sentendosi pienamente un Jonas, Jonas adottato come diceva lui ridendo divertito.
Dopo cena, papà e BR rimasero a tavola a parlare di politica e soldi mentre noi andammo in salotto dove proposi una battagli a Guitar Hero,
che era come fare una gara di corsa con Asafa Powell. Decidemmo che  Kevin, Joe e Nick giocavano con il livello Esperti e io e Frankie ci saremmo battuti con il livello Difficile.
Chi vinceva alla fine si doveva scontrare con il livello Esperti. Iniziarono Kevin contro Joe e vinse e aggiungerei di molto, Kevin,
mentre forse poco sportivamente ma sia io che Nick che Frankie facevamo il solletico a Joe, poi fu il turno di me e Frankie che raggiungemmo un pareggio.
Nick contro Kevin anche loro pareggio. Rifacemmo e le coppie finaliste erano, come dovevo aspettarmi io e Nick per il primo e secondo posto e  Kevin e Frankie per il terzo e il quarto.
I primi a ‘battersi a colpi di note’ furono  il fratello maggiore contro quello più piccolo e incredibilmente anche se erano al livello Esperti vinse Frankie di un distacco non enorme ma soddisfacente e poi fu il turno di Nicholas che all’inizio sbaglio delle note così facili da prendere che misi il gioco in pausa e  lo guardai male
«Non fare il caritatevole con me  Nicholas Jerry Jonas» e dietro Joe, Kev e Frankie che urlacchiavano degli ‘oooh’ di sfida.
Nick ridendo disse «Semplicemente non volevo farti sentire in imbarazzo davanti alla mia bravura alla chitarra…»
altri ‘oooh’ risuonarono per le stanza mentre in silenzio tolsi la pausa dal gioco e ripresi a giocare, questa volta Nick non mi prese in giro giocò senza farmi vincere ma…
VINSI LO STESSO.
Joe e Kev diedero una pacca sulla spalla al fratello che aveva una faccia alquanto umiliata mentre io  avevo Frankie sulle spalle e andavo in giro per la casa correndo e urlando
«We’re the Champions» infatti eravamo i ‘sottovalutati’ e invece avevamo il primo e il terzo posto.
Subito dopo, erano circa le 2 di notte, Frankie e Joe si addormentarono sul divano e Kevin andò a videochiamare sua moglie con l’iPad.
Nicholas ed io rimanemmo soli.
«Giornata strana» esordii lui,ero sempre più meravigliata.
«Per te è una giornata strana? Io ho incontrato l’intera famiglia dei Jonas in un giorno solo, e ci ho cenato insieme, cosa dovrei dire?»
Lui rise e non potei che seguirlo divertita «Forse hai ragione» acconsentì
«La giornata più strana l’hai avuta tu, poi hai anche vinto a Guitar Hero con una fantastica, bravissima e soprattutto bellissima rock star»
disse mentre si indicava ma io feci finta di non vederlo e  dissi «Eh già, non mi sarei mai immaginata che Joe perdesse così,subito»
Lo guardai, non aveva capito che stavo scherzando e sbuffò
«Trovi che Joe sia migliore, vero?» Sorrisi e presi ad arricciarli i capelli con un dito «No, mille volte no, preferisco te.»
Si avvicinò di molto e il mio cuore ebbe un pericolante scossone.
Ormai  le mie lunghe  ciglia dorate potevano facilmente sfiorare il suo naso.
Si sporse in avanti e verso il basso allo stesso tempo e io feci lo stesso però verso l’alto...

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Capitolo 8
*** breathing in Soho. ***


NO, NON CI BACIAMMO.
Se è quello che volevate sapere.
Perchè?
Indovinate?
Joe si era svegliato cadendo dal divano e svegliando anche Frankie che urlò spaventato per la confusione. Nessuno ci vide così vicini.
Arrivò anche Rob richiamato dall’urlo di Frankie ma anche dal Rolex che aveva al polso,
erano le 3 di notte e  il giorno dopo i Jonas avevano non tantissimi, ma non trascurabili impegni.
Salutai tutti i fratelli con un bacio sulla guancia e mente tutti andavano alla macchina io e Nick tornammo volutamente a essere soli.
«Ci sentiamo io e te, eh…» disse quasi con la paura di non rivedermi mai più.
«Ovvio, sai dove abito, il mio numero di cellulare, la scuola in cui vado, il mio cognome….non mi perdi no!» dissi ridacchiando
e lui mi abbracciò per un tempo che a me sembrò infinito ma  che durò allo stesso tempo troppo poco,
gli diedi un bacio sulla guancia e un sorriso, che era la promessa di rivederci a breve.
«NICHOOOOOOOOOOOOOOOOLAS» urlarono da fuori e Nick corse alla macchina mentre io salivo le scale per andare in camera mia a mettermi la maglietta dei Jonas,
che in quel momento mi fece ridere, e i pantaloncini da basket di mio padre, il mio pigiama appunto.
Mio padre venne in camera mia e mi diede il bacio della buonanotte, non fece domande su Nick,
non era mai stato tipo da mettersi in mezzo alle mie questioni personali, anche perché ero io stessa a riferirgli tutto subito,
ma ancora con Nick non c’era nulla e non potevo avere la presunzione di credere che ci fosse qualcosa dopo  neanche una giornata passata insieme,
i pensieri e le cose che pensavo su Nicholas Jerry Jonas già li sapeva, così si limitò a dire
«Certo che ti devi sentire fortunata ad abitare a NY, queste cose succedono solo qui.» 
e poi dopo avermi fissato per un buon secondo esplose in sorriso malizioso e disse «Mi piace la famiglia Jonas, sai?»
La mia risposta fu un grande sorriso e ci intendemmo.
Andò a dormire anche lui, il giorno dopo era sabato, lavorava, ma io ero a casa.
Infatti quando il giorno dopo verso le 11 mi alzai, anzi apri gli occhi, l’odore di brioches pervadeva la casa ma  di mio padre non c’era già più l’ombra.
Feci colazione con la mia solita enorme tazza di caffè e la brioche alla crema.
Accessi il portatile e mi distesi a letto, due nuove e-mail da Trazz, una in cui era tutto preoccupato per la mia ‘scomparsa’ e l’altra invece,
evidentemente dopo la rassicurazione di papà, dove mi raccontava del tour con la sua band.
Io gli scrissi velocemente l’esperienza del giorno precedente e di come eravamo stati tutti felicemente a casa a pranzare e giocare,
e ovviamente gli raccontai di aver  battuto Nick Jonas e tutti i suoi fratelli a Guitar Hero.
Chissà se mi avrebbe creduto subito o avrei dovuto convincerlo con altre mail o addirittura con una foto.
Controllai l’iPhone e vedi che c’erano altri 2 messaggi (cavolo ma si erano messi d’accordo?) da Nicholas,
uno della notte prima in cui mi ringraziava della giornata e l’altro di sta mattina nella quale mi avvisava che a mezzogiorno sarebbe stato a Soho per un Brunch,
se volevo andarci, e aggiungeva che  Frankie  non ci sarebbe stato e prendendomi in giro  mi chiedeva se sarei andato lo stesso.

‘Grazie per la buonanotte. Comunque ora avviso papà,ci troviamo direttamente a Soho?
Ah come ci si veste per un brunch?’

inviai mentre ero già disperata su cosa indossare, ero stata ad un unico brunch in tutta la mia vita ed ero talmente piccola che mi aveva vestito mia madre.
Chiamai subito papà e gli esposi l’invito e acconsentì a mandarmi a patto di non tornare  troppo tardi,
gli chiesi cosa si indossava ad un brunch e lui mi disse che potevo mettermi uno di quei vestitini estivi che non erano così impegnativi
e siccome più meno uguale fu la risposta di Nicholas presi  il primo vestito che trovai in armadio e lo indossai.
Era senza spalline, di quel tessuto così leggero che sembra tulle ed era completamente rosso tranne  per un grande fiocco blu sulla schiena,
misi il mio tacco 8 blu e sentii suonare il citofono. Chi poteva essere?  Era una macchina mai vista prima, un macchinone nero e alto, ne scese Nicholas.
Scesi le scale del vialetto ed andai ad aprirli il cancelletto.
Cavolo sembrava essere uscito da una di quelle riviste di moda, e indossava dei semplici jeans scuri invecchiati a dovere e una t-shirt azzurra con sopra un  cardigan grigio aperto. Venne verso di me sorridendo «Che hai scemo?» gli chiesi pizzicandogli un braccio
«Aaah,buon giorno signorina Lively …e io che pensavo anche di farle un complimento ,ma se lei mi tratta così…»
tentava di farmi incuriosire, ecchecavolo ero sempre e comunque una ragazza adoravo i complimenti e soprattutto se venivano dalla bocca di un ragazzo così…
«Dai su,spara..» feci la sostenuta, ma mi scappò un sorriso che lui ricambiò.
«Sei bellissima, ed è solo un brunch, se ti invito a cena cosa fai? Chiedi a Valentino di produrre un vestito solo per te?» Arrossì
«Tanto è una possibilità remota, che tu mi inviti a cena, quindi…» rimase in silenzio e non aggiunse nulla.
«Andiamo allora?» chiese «Vado a prendere la borsa e arrivo in un attimo».
Chiusi casa e usci saltando in macchina dove mi aspettava Nicholas.
«Non avevi questa macchina nelle ultime foto…» dissi curiosa, lui fece una faccia metà fra il sorpreso e l’arrabbiato
«Ahahaha,i miei amici paparazzi ormai mi beccano dovunque, ebbene sì questa è la macchina di Joe,
la mia ce l’ha lui perché è una Porsche e a lui oggi serviva una macchina veloce…quindi io ho la sua e lui la mia.
Hai buon occhi anche in fatto di macchine,mi stupisci ogni volta di più Ash»
feci la finta offesa
«Sei sempre te quello che mi sottovaluta, ti ricordo che giusto ieri sera hai perso contro di me, una femmina che suonicchia la chitarra a Guitar Hero
mentre tu sei anche un maschio pop star, quindi non è il caso di sottovalutami».

Fece una smorfia e appoggiò la sua mano destra sulla mia mano che a sua volta era appoggiata alla mia coscia,
devo dire che apprezzai quel modo di zittirmi.
Abitavo abbastanza vicino a Soho e il traffico, per gli standard di NY, era abbastanza limitato, quindi raggiungemmo il posto in poco tempo.

 

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