LET(DEC)AMERONE

di Per_Aspera_Ad_Astra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: SHANNON'S STORY ***
Capitolo 3: *** TOMO'S STORY ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


« Comincia il libro chiamato Decameron, cognominato Prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in dieci dì dette da sette donne e da tre giovani uomini. »



Racconto a voi una storia che ho in mente da troppo tempo, e la sera che sopraggiunge mi preoccupa perché mi dimentichi tutto…
Ormai il cristianesimo è sopraggiunto, tutti qui a Certaldo adorano quell’uomo che avrebbe salvato tutti noi in un tempo passato, in un tempo ormai corso e non presente.
Pioggia adesso bagna le vetrate colorate della cattedrale facendola diventare come noi, bagnati dentro.
I passanti gioiscono per la grossa acqua che inonda i canali della bella, ma vecchia Firenze, gli anziani signori sedendo sulle lunghe panchine piene d’acqua osservano il cielo diventare oscuro e grigio. Fa paura adesso sapere che da qui a poco forse l’ira di Dio spazzi tutti via in un sol boccone…
Comincio a raccontarvi, quindi, questa storia assai eccellente che ricorda i miei tempi passati ancor molto giovini, ma non potendo rimembrar tutti i momenti invento qualcosa per assaporar meglio il racconto…





In un tempo a noi ignoto, la terra era invasa da mostruosi attacchi di un genere animale sconosciuto, chiamatesi “Holders of nowhere” o anche soprannominati “Bimbi Minch(K)ia” nel gergo del luogo.
Questa giovane stirpe che attaccò la terra, aveva cospirato all’attacco da anni orsono, ma solamente grazie all’arrivo di nuovi acclamate star come : Justin Biber, Selena Gomez e Miley Circus ( potrei continuare all’infinito, ma sinceramente non ne ho voglia), i giovani condottieri della “buona musica” si accalcarono sulle strade facendo una strage.
Murales, foto fatte allo specchio, dediche senza senso e perfino ciucci in bocca anche avendo trent’anni; stavano distruggendo letteralmente quello che ( non i politici) avevamo fatto di buono. Cosi per la salvaguardia del genere umano, le grandi menti terresti avevano creato dei diversi bunker “anti attacco/MUsIcA tRuZzA!1!” che grazie alla loro ampiezza avrebbero contenuto in totale 6823200000 di abitanti, cioè tutti quelli del globo. Ovviamente però, non tutto poteva andare a buon fine perché questi BUNKER erano più grandi della media scelta e per questo sei persone del globo sarebbero dovute uscire senza protezione.
E chi erano quei sfortunati 6 di 6823200000, vi chiederete? ( anche se non ve lo chiedete ve lo dico lo stesso)
Erano sei ragazzi non incontrati a caso, che per colpa dell’orgoglio di uno di questi giovani si sarebbero sacrificati per l’intera umanità.
Un gesto d’amore non credete? No. Non per tutti era stata vista cosi.
Per tutti quelli che adesso ovviamente si trovavano al caldo nel BUNKER e soprattutto salvi, quel gesto significava forse una delle migliori cose che avevano potuto fare in tutta la loro vita…ma non per tutti e sei i ragazzi quella scelta era cosi tanto giusta. Morire per l’umanità poteva essere una cosa da eroi, ma per cinque poveri uomini ( e donne) che dovevano seguire, quello che NON avevano eletto come leader, per non salvarsi il loro piccolo e caldo culetto era un po’ una pazzia.
Chi voleva morire per salvare l’umanità? ( oltre a Superman, Batman..ecc. ecc.)
Loro assolutamente no.


- Mi spieghi dove diavolo ci troviamo?- inveì il più vecchio del gruppo
- Dove la tua mente non ti porta…oh! Senti il fruscio delle foglie. Oh! Senti gli uccellini cinguettare…- cominciò a cantare quello che invece CREDEVA di essere il più piccolo del gruppo.
- Adesso dovete spiegare a me una cosa! Io non c’entro un emerita mazza con voi. Io non canto, non suono, non ballo e non faccio buffonate. Perché sono qui con voi? IO DOVEVO ESSERE NEL BUNKER A BERMI UNA BIRRA!- gridò uno dei sei che fermò il passo andante degli altri
- Perché sei il suo fottutissimo ragazzo.- gli cantilenarono gli altri.
- Ohhh! Ma non diciamo stupidaggini, io questo manco lo conosco!- mentì il giovane Colin grattandosi la testa.
L’aria per un momento si fermò, anche la cacchetta di un uccello che stava cascando sulla testa di una marmotta finì il suo cammino in mezzo al soffice ossigeno. I quattro si guardarono con aria spaventata, avevano paura di non mangiare neanche quella sera. Si fissarono intensamente per qualche istante per poi sentire l’inspirazione di quello che NON era il leader del gruppo
. - Io COSA che COSA? Tuuuu! Essere dannato!- lo indicò con fare diavolesco Jared
- Non fare le solite buffonate, su! Per una volta. Non mangio da due giorni perché ti stai incavolando per niente. – pregò l’altro
- Ah, bene vuoi la guerra? E guerra sia- disse per l’ultimo il giovane amante
I sei continuarono finalmente il viaggio con qualche modifica: il NON leader ( che adesso possiamo chiamare Jared) trascinava con se legato come un cane ( che però non si muoveva) il suo amante Colin, che per la rabbia si era addormentato con il desiderio di avere di nuovo tra le sue braccia una Guinness, una di quelle fredde, anzi ghiacciate, che prendeva ogni volta dal freezer per dissetarsi dopo una partita a calcetto.
-Dove pensi ci accamperemo questa notte? – disse pensierosa Vicky al suo misterioso compagno.
Vicky era la più ingegnosa del gruppo, e anche se era una donna, aveva la forza di tutti e quattro gli uomini del gruppo. Grazie a lei avevano mangiato l’intera settimana lasciando anche gli avanzi per qualsiasi evenienza.
- Non lo so, penso solo che questa sera ci tocca andare chissà dove. Voglio davvero vedere cosa facciamo se troviamo quegli esseri là- penso rabbrividendo Tomo.
Tomo, invece era il compagno della Vicky di cui abbiamo parlato prima, era un uomo abbastanza alto che per colpa dei suoi vestiti neri e i capelli che si confondevano sugli abiti aveva fatto spaventare il gruppo scambiandolo per il Cugino It degli Addams.
-Ehi, ehi! Sentite questa! Come si riproducono le rocce?.. Facendo SASSO! – li interruppe il più vecchio. Shannon.
Lui non era uno di quello che faceva queste cose, ma a causa della pazzia di non vedere più una donnina nuda per le strade gli aveva fatto questo effetto. Essendo il più grosso di corporatura era quello che meglio sapeva picchiare ed è per questo che lo chiamavano Shanimal.
-Io invece dovrei interrompervi per una cosa più seria- disse la povera segretaria Emma – cosa faremo adesso per passare il tempo? E soprattutto dove lo passeremo? Il sole è appena calato e tra poco i truzzo boys infetteranno tutte le vie con le loro stupide idee. Io non voglio diventare come loro- piagnucolo la “finta” bionda rannicchiandosi a terra.
Emma era, quando la terra era ancora una cosa dove tutti potevano vivere sereni, la segretaria di Jared ed grazie alla sua calma e compostezza poteva prendere decisioni in un lampo senza mai arrendersi.
- E’ meglio accamparci lì allora- esclamò Vicky puntando su un fitto bosco
- Ma io là ho paura!- indicò con mano tremante Jared con occhi lucidi
- E chi può esserci lì Jared?- cominciò il fratello – oltre ai lupi mannari che mangiano solo, e dico SOLO le persone con gli occhi azzurri e c che il loro nome finisce in “ared” perché la loro carne è più morbida, non c’è nessuno lì. Fidati fratello. –
-D..da..davvero? Ma io mi chiamo Jared, e..e ho gli occhi azzurri. Ho..qui..qui..quindi la carne morbida?- si impaurì Jared lasciando con un tonfo sordo la corda dove era appeso il malcapitato Colin
-Dai smettila! Sei davvero un’idiota!- rise sotto i baffi Tomo. – Lo sai che preferiscono anche quelli che hanno un ragazzo che si chiama Colin, e che vivono a Los Angeles..e che..- disse quasi per finire quando la gamba di Emma gli fece lo sgambetto.
-Abbiamo finito di fare i cretini?!- picchietto sulla nuca tutti i ragazzi, compreso il povero Colin. -E ma io che c’entro adesso?- disse il povero sfortunato grattandoti la testa. Ne aveva presi di colpi in quella giornata. -Eri nella mia traiettoria! Allora la decidiamo di finirla o vogliamo diventare come loro?- disse indicando un punto vuoto quando degli schiamazzi e flash fotografici facevano l’eco
-Oh cazzo!- disse tutto d’un fiato Shannon – Scappiamo!-
I sei presi dalla paura cominciarono a correre in gran fretta e il povero (come sempre) Colin veniva strangolato ogni volta dalla presa forte e rigida di Jared, che emanava gridolini assurdi e preghiere rivolti a un dio che non conosceva nemmeno lui.
Dopo una corsa di più di mezz’ora ( se vogliamo essere precisi 29’59’’34) si ritrovarono di fronte alla foresta di Schwarzwald piena di alberi e ci cespugli.
- Mi sa che dobbiamo andare da questa parte – iniziò Tomo guardandosi indietro – Io non ci voglio ritornare da quegli esseri orribili – disse rabbrividendo un’altra volta-
- Mi sa che ci tocca tagliare i rami, altrimenti ci faremo male- finì infine Shannon
-Tranquilli! Ci pensa Colin!- esordì Jared alzando lo sconfortato che tenendosi le parte ancora non molli del corpo avanzo verso i grossi rami
-Questa ti giuro che me la paghi! Anzi vi giuro che me la pagherete! Ecco perché mi volevate dentro questa combriccola, perché ho fatto gli SCOUT!-
Dopo un minuto di silenzio immaginandosi Colin Farrel vestito da boy scout tutti iniziarono a ridere..
- Ahahah! Ma tu te lo immagini..LUI! Con il cappello da scout! Ahahah – rise con tono Shannon trascinando con se gli altri -Ridete, ridete..poi quando vi servirà la scaltrezza e la velocità di uno scout io non ci sarò per voi!- disse Colin accigendosi per far strada a gli altri
-Che ne dite se cerchiamo in tanto qualcosa da mettere sotto i denti?- propose il più giovane del gruppo –Almeno mentre il nostro “scout” decide dove accamparci, potremmo usare questo tempo che abbiamo prima che imbrunisca del tutto. –
-Mi sembra una buona idea- lo appoggiò la compagna – comunque qualcuno dovrà dare una mano al povero Colin - concluse guardandolo angelicamente
- Io non lo voglio! Ok?- disse guardando il modo crudo Jared – sta a guardare e basta!- lo ammonì
- Io?- disse riprendendosi mentre limava le unghie con un sasso ruvido
-Ma…ma…lo VEDETE? – appoggiò le mani sulla faccia e le tirò fino a farsi davvero male- io non lo reggo!- Faccio da solo che è meglio!- continuando per la sua strada
Il tempo passò velocemente e i nostri eroi alla ricerca di carne e verdure ( perché il loro NON leader non poteva mangiare carne) ritornarono indietro con un grosso malloppo di cibo. Colin era riuscito a farsi strada per parecchi chilometri incontrando una vasta pianura piena di tronchi e grandi foglie di palma; così da poter creare una grossa capanna.
-Passami quelle erbacce per piacere- disse Shannon che si era occupato del fuoco
Tutti avevano un compito preciso: riuscire a salvarsi senza dare nell’occhio. Shannon si occupava del fuoco e della seconda fase di sorveglianza notturna, Tomo era l’addetto ai tronchi rame e erbacce (perché era il più alto), e soprattutto l’addetto alla prima fase di sorveglianza, Colin invece, che era il più esperto in queste cose ( perché faceva il BOY SCOUT ahahahah!) doveva creare i rifugi o soprattutto i luoghi più adatti dove costruirne uno. Un luogo dove ci fosse la vicinanza di acqua, rami ma soprattutto cibo. Lui invece faceva la quarta ora di sorveglianza notturna. Invece le due giovani donne dovevano cercare di servire al meglio quello che chiamavano “pranzo”, per renderlo più gustoso ma soprattutto mangiabile. Si occupavano del fuoco ma non facevano nessuna ora di sorveglianza. Jared invece era quello che si occupava della manicure e pedicure…
-No, no ‘spè! Tu sei l’addetto a cosa?- chiese Colin mentre si girò a guardare il suo amante incinto a fare una manicure a Vicky
- Alla pedicure e alla manicure!- disse sfornando uno dei suoi magnifici sorrisi
- Cioè io mi spacco la schiena per te, e tu cosa fai? La M-A-N-I-C-U-R-E? Ma noi siamo matti!- disse infine- e voi? Non gli dite niente?- pronunciò a Shannon e Tomo
-E che vuoi farci, noi lo sopportiamo da anni ormai, poi ci farai il vizio- concluse Shannon con aria saggia.
Erano precisamente le 20:35 quando i sei del gruppo ( i CINQUE semmai!) poterono finalmente finire di lavorare e mangiare quello che avevano raccolto qualche ora prima…
-Complimenti per la cacciagione Shan!- si congratulo Tomo che stava assaporando peggio di un vampiro la carne di un cervo che avevano ucciso ( sia ben chiaro era già adulto u.u) - Lavoro di mani!- disse orgoglioso di se il fratello maggiore guardandosi attentamente le mani grosse ma delicate
-Bestie!- infierì il più piccolo ( dei fratelli XD)
- Allora che facciamo per passare in tempo?- si inserì nel discorso Emma
-Potremo raccontarci i desideri più nascosti..- esordì Shannon leccandosi le labbra
-Ma tu non hai nient’altro in mente oltre che il sesso?- rise Colin mentre appoggiava a terra l’osso
- Ahhhhhh! Stai inquinando!- sbraitò il NON leader uscendo dalla sua super mega gigante foglia di lattuga
- E che dovrei fare?-
-Sotterrala, cosi la terra riuscirà ad assorbirla meglio- disse con aria affranta Shannon
- Da quando in qua sapete VOI tutte queste cose sul riciclo? – cominciò Colin accigendosi a eseguire il compito
Tutti fissarono malamente Jared.
- Ah, ok. Capito.- concluse infine
-Allora, dai…raccontiamoci una storia.- invitò Vicky
- Interessante chi comincia?- chiese Tomo
-Cominciò io!- esordi Shannon
 







Una delle mie nuove creazioni a capitoli che spero vi piacerà. E' un'idea alquanto stupida ma io mi sono davvero innamorata di Boccaccio e fare questa cosa in suo onore mi piace un sacco. Spero di non deludervi con questa schifezza.
Grazie di aver letto ( e se volete) recensito.
Al prossimo Chap!
Mary

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: SHANNON'S STORY ***


NOVELLA PRIMA.
NARRATA DA IL “GIOVANE” SHANNON.
TEMA: IL CUORE FORTE E PURO, CORAGGIO.
TITOLO: KINGS AND QUEENS



C’era una volta in un tempo molto, ma moooooolto lontano, un paese nel centro America governato da due re, che per amor della madre rendevano quel regno il più gioioso della terra. Si trovava , come detto prima, nel centro delle nuove terre conosciute e il nome che tutti cercavano di ricordare tutti lo scordavano ( muha…muha!)
Il ‘500 aveva portato pestilenza, morti, malattie, fame ( e chi più ne ha più ne metta! DAJE!) ma soprattutto la crisi che aveva messo al tappeto l’Europa intera ma anche tutti i nuovi commerci di oro e diamante, che grazie ai nuovi contratti, erano riusciti ad istaurare le Americhe con la Spagna e il famigerato ( soprattutto maligno) Portogallo.
Il paesino che vi stavo dicendo prima, era abitato da molte persone che amavano il lavoro ma soprattutto amavano rendere quel piccolo regno economicamente forte. Artigiani, contadini, banchieri commercianti ma anche servitù e giullari riempivano le strade affollate da bancarelle che cercavano di vendere prima che il commercio nero del re li scoprisse.
I due re che governavano quel regno non avevano in mano un pezzo di terra qualunque dell’America, ma la parte più importante che metteva sottostante tutti gli altri paesi.
Si proprio cosi. Governavano l’intera America.
La madre sposatasi con l’uomo che ebbe in mano l’esercito inglese per molti anni, scappò via dall’Inghilterra per trovarsi in una terra a lei sconosciuta ma l’unica via per crescere i suoi figli in modo adeguato…ma soprattutto come veri re. Il marito diede quindi, in possesso all’esercito inglese la salvaguardia delle sue tre perle perché lui non potendoli più vedere voleva che un giorno i figli avessero fatto quello che lui meglio desiderava: essere ricordato.
Fin quando un giorno un corriere arrivò all’abitazione dei giovani guerrieri e diede la scongiurata notizia: il padre morto in guerra aveva lasciato tutto nelle loro mani ma soprattutto ai tre figli nati prima di loro. Per la madre, sconcertata dalla notizia, fu un grosso colpo e per ripicchia si elesse regina delle porte di America e fece guerra ai figliastri ma soprattutto agli inglesi che volevano impadronirsi della nuova terra da lei abitata. Con grosso stupore la madre riuscì a tenere per più di vent’anni il suo grosso impero in mani fidate e sotto soprattutto grande pace e calma; fino a quando per cause ancora oggi non note la madre spirò prima di dare un successore certo, cosi i due fratelli senza farsi guerra decisero che per l’amore della madre avrebbero dovuto governare e “sfornare” successori per far rimanere quello stato l’ideale del mondo.
I re si munirono di persone fidate ma soprattutto coraggiose e leali, piene di idee e geniali come il loro AMBASCIATOR NON PORTA PENA Tomiliovaci Milicevic; un grande personaggio austriaco. Tomiliovaci Milicevic era un generale italiano che emigrato nel regno d’Austria era riuscito a prendere, grazie alle sue idee, in mano più di 3000 territori che non erano posseduti né all’Italia e né all’Austria ma al famigerato Portogallo che era sempre riconosciuto per colpa del suo esercito infallibile. Lo portarono in America perché il re Shannito “il breve” voleva qualcuno di cuoi fidarsi , ma soprattutto voleva qualcuno di bravo. Un buon stratega.
Il sole era già in alto quando il re Shannito si preparava nelle sue camere per il discorso. Lo doveva fare quel discorso, serviva per il popolo ma soprattutto per lui.
- Questo vestito un po’ lo accorcia- rise sotto i baffi lo styling del reame
- E’ inutile che mi prendi in giro. Visto che sei frocio ti faccio mettere questo coso dove sai tu, se non la smetti- disse delicatamente in re
- Siete di buon umore Pipino- disse l’ambasciatore entrando nelle stanze del re.
- Vuoi che te le metta anche a te dentro!? E tu idiota non mi servono i boccoli, ho già quattro peli in testa, mi fai anche i boccoli alla Kandy Kandy? – scherzò il re guardando quei poveri capelli che gli restavano in testa.
- Vuole questa?- comunicò Tomiliovaci porgendo una “parruque remy blanche”
- Vuoi che ti distrugga?-
- No, mio sir. Voglio solamente il meglio per lei.- sorrise a denti stretti il povero ambasciatore.
Nel castello dei re tutto andava in fuga, chi correva, chi preparava le grosse colazioni, i pranzi e le cene e chi invece raccattava quello che poteva per colpa del ballo della sera precedente. I tacchi delle dame che pulivano facevano risuonare un marmo liscio e lucido mentre dei passi grossi e pesanti si facevano strada verso le stanze alte del castello.
- Hai notizie del corriere Colino?- chiese il re mettendo per bene il rialzo sotto i piedi per farsi più alto
- Mi sa che..- disse interronpendosi Milicevic
- Re, oh mio dannatissimo re!- entrò stanco morto il corriere
- Buongiorno, Colino- cominciò il re – Ti vedo in gran forma!-
- TU! Tu..- non fece neanche il tempo a finire di parlare che cadde per terra prendendosi una di quelle FACCIATE che ti rimangono per anni.
- Mi..mi..mi sa che è morto!-
- Ma no, Milicevic! Questo è il mio corriere preferito.. no può lasciarmi ora- disse con occhi infuocati il re mentre stuzzicava il corpo indifeso del povero Colino, con la punta del piede
- Ma signore, se fa cosi non è peggio?-
- Vuoi dirmi cosa devo fareeee? Tu?!- lo incolpò Shannito mentre si sollevava l’abito lungo di un blu scuro.
– E’ meglio che andiamo.. i miei cittadini mi aspettano. Non voglio che tardiamo-
- Ma..lo lascia qui?-
- Poi puliranno i servi.-
I nostri eroi cominciarono a camminare a passo veloce mentre tutti gli inservienti e servi si inchinavano con un “mio signore” al passaggio del re. Tutto era splendidamente pulito e ordinato e l’odore di marsiglia si infondeva nelle narici dei due soggetti donandogli calma e serenità.
- Allora è pronto per il discorso?- gli domando il cameriere che passando si accinse ad aggiustare le ultime cose che non andavano sul corpo del re
- Si, o almeno spero- disse affranto- ma mio fratello? Non posso farlo da solo. – continuando il discorso
- Non saprei dove si sia cacciato, forse nelle sue stanze dopo quello che ha combinato ieri- disse chiudendo il discorso Tomiliovaci, avvicinandosi, quindi, alla grande finestra per preparare il pubblico al grande discorso. Il re si avvicinò inspirando e espirando più aria possibile e prendonsi un sostegno per arrivare almeno al balcone si affaccio salendo sullo sgabello salutò il popolo che lo acclamava sotto un sole cocente.
- Buongiorno miei cari sudditi!!!- gridò a squarcia gola Shannito il breve – Vi ringrazio di esservi riuniti tutti qui perché è davvero importante per me dirvi che siete i migliori cittadini di tutti i paesi che io abbia mai conosciuto. No che io abbia mai conosciuto altri cittadini.-
Il silenzio cospirò per la gente e qualche scoreggia si diramava nell’aria.
-Comunque dopo tutte queste benevolenze volevo darvi la vera notizia importante..ed è quella che mi preoccupa di più.- cominciò Pipino – gli inglesi vogliono di nuovo il nostro regno.-
- E daglielo! Tanto a noi che ci frega- una voce tra le tante si sparse tra il pubblico
- Che io non guadagno più.. ecco cosa- prese la parola l’ambasciator non porta pena
- Te taci! – lo zittì il re – Io non voglio che voi siete sottomessi da qualcuno, ovviamente che non sia io! Dovete aiutarmi, almeno per un’altra volta-
- Noi siamo con te! Alessandrooooo!-
- Io non mi chiamo Alessandro, io sono Shannito e inutile non cambio comunque- disse seccato il re
- E vabbè che voi! Siamo con te lo stesso no?-
- Vi auguro una buona giornata sudditi miei, conto su di voi.- si ritirò nuovamente nelle sue stanze quando capì che non vedeva suo fratello da più di un giorno e quello era seriamente preoccupate. Lui non si faceva mai vedere prima delle cinque di pomeriggio. Non sapeva mai il perché.
- Tomito, accompagnami nelle stanze di mio fratello Jareddio -
Jareddio era il secondo figlio della madre di Shannito, lui però era il fratello di sangue. Jareddio era il solito re che non voleva pensieri per la testa gli bastava il consenso dei cittadini, le guardie e per lui tutto andava bene. Voleva calma e pace. Jareddio veniva soprannominato “quello che ce lo aveva lungo” ma nessuno lo aveva sopranominato cosi, si narrava come leggenda metropolitana che se lo era dato da solo. Per farsi pubblicità. Non era molto più piccolo del fratello ma i segni dell’età si vedevano di meno, grazie al botulino che metteva in omaggio il regno, e quindi si poteva vedere una differenza cospicua tra i due.
-Allora, bussa!-
-Ma lo faccia lei no?-
-Mi si rovinano le unghie! Guarda, GUARDA!- disse il re mostrando le unghie finemente rifatte con il gel L’ambasciatore bussò. Ma niente fu udito.
- Che ore sono?- chiese il re
- Saranno le – disse guardando il super Rolex sul polso
- E questo chi te lo ha dato?-
- Il suo mobiletto della sua camera – disse sorridendo – comunque sono le dieci di mattino, ci troviamo +12,6° dal livello del mare, la temperatura esterna e di 24° e possiamo anche sapere che se andiamo a scalare l’Everest saremmo sopra +305,5° il livello del mare e il vento da ovest sarebbe a nostro favore. Ah! Dimenticavo la longitudine x che si somma a quella t e z non fanno mai y. –
- Si. – disse il re- Adesso me lo smolli che è mio-
- Ma dobbiamo finire la missione-
-Allora BUSSAAAAA! Ti devo dire tutto io come si fa, e alza la mano e falla a forma di pugno, poi picchietta sulla porta-
Dopo i diversi “complimenti” e dopo aver smadonnato per colpa del silenzio i due capirono che era meglio usare L’ARIETE!
- Ok, mettiti in posizione-
- Ma mi farete male, re!-
-Taci, cosi la testa si rinforzerà- prese in braccio Tomiliovaci e mettendolo in posizione di ariete fede qualche passo indietro.
- La prego, la prego.. lo faccia con qualcos’altro!- lo implorò l’ambasciatore
- Dai..uno..due..e..- nemmeno al tre, il re colpì fortemente la testa del Tomito sulla porta
-Caaaaaaa…zeta zeta oooo!- imprecò l’austriaco per non essere volgare
-Possibile che adesso apre…!- disse il re mollandolo alla sua preda
-Certo, certo che deve aprire- Ma ovviamente nessuno aprì.
-Allora adesso abbattila!-
- Con la spalla? Allora mi dia il via-
- Uno, due..via!- E l’ambasciatore presa la rincorsa non sia accorse che la porta accingeva ad aprirsi e cosi scaraventato dentro la stanza arrivo dritto in pieno sul giardino del castello del re. - Si può?-
- Entra- disse una voce femminile
- Ma..tu..chi sei?- il re guardando la bellissima vista della ragazza si acchitò tutto
- Piacere mia dolce dama, io sono Shannito..il..il. lungo!- porgendole la mano – posso sapere come si chiama?- La faccia scettica della ragazza con il lunghi capelli biondi e gli occhi di un color ghiaccio, si disegno il viso fino ad arrivare ad una faccia di disgusto.
- Ma che schifo! Io con te? Ahahah! Mai!- rise a crepapelle la ragazza
- Faccio cosi schifo?- disse il re fattosi piccolo piccolo
- E..che…- disse asciugandosi le lacrime- io sono Jareddio- Una specie di crac si sentì nell’aria e il re diventato di pietra si sbriciolò per terra.
-Tu…tu…tu..mio fratello?- disse Shannito sconcertato
- Si- ammise- E da quando avevo sette anni che sono cosi. -
- Ma tu.. ieri eri lo stesso fratello che vedevo ogni giorno-
- Lo so, ma tutto questo è per colpa di un incantesimo. Se vuoi, posso raccontarti la storia-
Il giovane Jareddio dovette vedersela con il Dio dei Sogni quando ancora era molto piccolo, aveva sette anni quando lo vide per la prima volta. Ed ebbe davvero paura. Nel reame che sua madre aveva preso con le unghie, la gente veniva come le ciliegie e ovviamente il gruppo di gioco del giovane re si ingrandiva ogni giorno, prendendo tutti i nuovi arrivati e assemblandoli nel suo gruppo. Un giorno però, tutti gli amichetti del re vollero raccontarsi delle storie ricche di avventura e ovviamente Jareddio, per essere il primo come sempre, raccontò una storia vera che nessuno però doveva sapere. Nel castello che divideva il confine tra la Porta delle Americhe e la Bocca del Leone si accudiva un cilindro magico che racchiudeva tutti i sogni del mondo intero, e chiunque avrebbe toccato il cilindro sarebbe diventato un dio. Cosi tutti gli amici si incamminarono verso il castello e entrandovi ebbero paura di fare qualcosa di sbagliato, cosi il cuor coraggioso di Jareddio prese il cilindro che era incastrato in alcune rocce. Una luce fortissima, quindi, invase il povero giovane che svenuto fu portato al castello e capì solamente la sera dopo di essere stato vittima di un grosso incantesimo.
- Quindi, il tuo incantesimo era quello di diventare una ragazza?- chiese il re ridendo
- E inutile che ridi, io avevo una dignità sai?-
- vabbè tanto l’incantesimo è e stato facile per te, ti ha tolto una COSA che già non AVEVI- rise a crepapelle il re buttandosi a terra.
- Ridi, ridi…io sto cosi da più di diciotto anni. - disse tristemente la ragazza sedendosi su grosso e morbido letto
-Allora…- cominciò il re- cercherò di salvarti io. Tu però non uscire mai da queste stanze. Per nessun motivo- disse uscendo subito dalle stanze in cerca del suo ambasciatore, che vedendolo arrivare di coprì dietro un grosso vaso in vista.
- E inutile che ti nascondi, miserabile pianta!- urlò il re L’italo-austriaco prendendosi in causa fece qualche passo vergognandosi molto. Era praticamente pieno di rampicanti e rose in mezzo alla testa e con un colpo di tosse dalla sua bocca usci anche una farfalla.
- Complimenti per la capigliatura- disse il re trascinandolo con se- devi fare delle cose per me: per prima cosa metti delle guardie davanti le stanze di mio fratello, devono salvaguardarlo tutti i giorni per ogni ora, poi fai servire i piatti più pregiati a lui senza farlo uscire. Fallo servire da una serva e poi tagliale la lingua, cosi non dirà quello che ha visto. Poi prepara la mia camera con cuscini e infusi vari, devo addormentarmi sempre con il sorriso. Chiudi tutti gli spiragli di luce e fai diventare quella stanza una bellissima stanza relax. Ricordati devi fare questa cosa in meno tempo possibile. Non dimenticare la cosa più importante dici all’esercito di stare sempre all’erta perché gli inglesi sono sempre all’attacco.- concludendo il discorso e smuovendolo in modo che capisse tutto
- Si, si re. Capito. Lei intanto vada nelle sue stanze che arriveranno i servi per servirla e riverirla. Io mi occupo subito di suo fratello.-
Il re si incamminò nelle stanze cercando di capire come poteva essere quel dio tanto spaventoso per Jareddio. Si addormentò molto velocemente grazie a gli infusi che Tomiliovaci aveva preparato appositamente per lui. Il sogno arrivò dolce e calmo, una luce inondò presto gli occhi del “basso” addormentato che volente della sua missione si impersonificò seriamente nel personaggio del suo sogno, quindi durante la parte più bella del sogno ( che adesso non possiamo raccontarvi per la fascia protetta) il Dio dei sogni apparve con la sua grande superbia
. - Come osi svegliare il grande Re ed imperatore dei sogni realizzabili?- cominciò intimando il povero re
- Ehm..io…cioè, non so come spiegarlo…- balbettò Shannito
– io.. io.. CAZZO E’ TUTTA COLPA DI MIO FRATELLO!- disse portandosi le mani sul viso facendosi piccolissimo
. - Che cuor di leone che abbiamo qui!- rise a crepapelle il dio – cosa regni il reame di Topo Gigio?
- E senta! Qui andiamo sul pesante, non insultiamo i disabili eh! Che qui di roba da insultare ne vedo tanta!- disse indicando la pancetta ricadente del dio Il Dio sentendosi colpito fece un grande respiro ritirando tutto quello che poteva e con una voce molto aggraziata cominciò a parlare
– Allora, parlami di tuo fratello. Che ti ha fatto di grave? O anzi cosa ha fatto di male al tuo reame per avermi invocato-
-Beh lui ha rovinato il tuo potere supremo..cioè non voleva ma..-
- Tuo fratello è il ragazzo che ha tolto il POTENTISSIMO CILINDRO?- lo interruppe – sarà dannato!-
- No, no aspetti! – lo trascinò con tutta la forza che aveva – la prego io farò tutto quello che lei vuole se ridarà quello che manca a mio fratello!-
- Dici il pene?- chiese confuso il dio
- Per quello troveremo una soluzione, perché non c’è lo ha mai avuto. Io intendo per il suo aspetto..sta passando un periodo di depressione acuta. Ho paura che adesso comincerà a piastrarsi i capelli e a cantare canzoni rock. - disse con occhi grossi e colmi di dolcezza – la prego, io già non lo reggo di mio..poi vederlo pure cosi mi si spezza il cuore-
- Tutto..ma proprio tutto? – chiese malizioso il dio
- Aspetti se per “proprio tutto” intende mettersi a novanta..NO! Per quello c’è sempre mio fratello…- disse le ultime parola con un soffio di voce.
-Allora facciamo cosi, se tu riesci a far si che il cilindro si riempia di desideri, io potrò far ritornare il tuo fratellino un uomo. Ovvio che poi dovrà ripagarmi anche nell’altro modo - disse ammiccando
- Spero almeno di convincerlo, è molto stretto su queste cose..-
- Uhuhuhu! Bestia!- disse in re scomparendo Il “breve”, quindi, perso dal sogno si sveglio di scattò e preso dalla sua missione si mise all’opera per salvare quel po’ di dignità che restava a suo fratello ( anche se ormai era del tutto andata..)
- TOMILIOVACIIIIII- urlò il re dalle stanze - NON DOVEVI CHIUDERE ME A CHIAVE, MA MIO FRATELLO! CAPRA!-
- Re, Re! Mi scusi! – disse aprendo frettolosamente la porta
– Fortuna che a quello di suo fratello ho messo dei energumeni a fare la guardia. La cosa strana e che fanno a turno per entrare nelle sue stanze. Come sono bravi.-
- Milicevic, mi sa che non hai capito cosa sta facendo mio fratello li dentro vero?-
-No, perché dovrei saperlo?- chiese come un bimbo l’ambasciatore
- Vabbè va- disse il re sistemandosi le grosse ciabatte con la faccia da orso – ora devi fare un altro favore per me. Seguimi.- I due si avviarono nell’atrio del castello, mentre tutti osservavano il re che si faceva concedere ad alcune pose “secsi” grazie alle sue mutande ascellari e quelle stupende ciabatte.
- Allora, per prima cosa devi appendere per tutta la città delle comunicazioni che tutti, e dico TUTTI i cittadini debbano venire nel castello con un sogno da chiedermi.-
- Un sogno? Che tipo?-
- Tutti i sogni che loro vorrebbero realizzare. Domani saranno aperti i cancelli e solo il martedì saranno chiusi definitivamente.- chiuse il discorso il re rendendosi conto della sua posizione un po’ scomoda. Il giorno successivo, la spalla portante del re fece tutto quello che gli aveva chiesto precedentemente.
Tutti erano sorpresi da quegli annunci cosi bizzarri e senza perdere tempo si rifugiavano nelle loro case per scrivere quello che davvero desideravano. La domenica stessa ci fu un gran subbuglio nelle stanze del re..tutti i cittadini erano ammassati alle porte della cittadella urlando i loro sogni pensando che fosse stata tutta una farsa. Il re dovette ascoltare e far registrare tutto nel cilindro magico per più di due gironi consecutivi, ma sapeva che questa cosa doveva essere fatto per una buona causa. Ebbe diversi sogni da esaudire:
“ Caro re, se fossi in te io mi rifarei prima di tutto l’altezza e quel brutto naso che ti ritrovi.. ma fortuna che io non sono lei! Quindi mio re non è che mi regaleresti un BAZOOKA?”
“ Ciao! Allora io vorrei: soldi, donne, poi ancora soldi e tante donne. Se poi vuoi fare una cosa bella ma alla fine, metti un po’ di pace nel mondo..ma prima DAMMI I SOLDI!”
“ Shannito il breve io sono **** e sinceramente non vorrei fare un regalo a me ma a tuo fratello. Ti prego fa si che gli cresca il pisello… ho un grande dispiacere per lui. Vostro ****”

Allibito da alcuni sogni, il re, li mise comunque nel cilindro e come lui voleva la luce inondò tutto quello che poteva essere visto ad occhio umano e una grossa presenza gli si parò davanti.
- Ancora tu?!- chiese seccato il dio
- Adesso tu mi ridai mio fratello e io ti do i tuoi sogni!- disse il re porgendo il cilindro
- SOGNI?!- si leccò i baffi l’immenso - MA TU SEI UN GENIO! Perfetto, ti ridò quello che vuoi ma fammi lavorare!- prese subito i sogni e prima di ritornarsene nel suo mondo disse a bassa voce – Non dimenticarti tuo fratello-



- Allora cittadini, il re vi chiede qualche minuto del vostro silenzio- annunciò Tomiliovaci accarezzando la sua lunga barba e facendosi indietro per far passare i re.
Cittadini miei! Ecco che cosa vi ho portato!- disse indicando il fratello che finalmente aveva preso una forma umana, ma soprattutto maschile.
-Ma c’è la il peneeeeee?- chiese una voce nella folla
- Quanto ne vuoi- disse il giovane re sorridendo divertito
- Quindi meglio di cosi non si può stare!- urlò Shannito – E poi finalmente potremmo dire che…avremmo degli eredi!-
- Dei eredi mezzi dei- sbuffò Jareddio
- Sei pure ricchioneeeee!- ripeté la stessa voce svanendo nel nulla.




Oddio fa davvero schifo questo capitolo! Mi scuso con tutte voi per il ritardo ma sopratutto per non avervi fatto ridere XD Alla prossima con il CHAP di TOMO!

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Capitolo 3
*** TOMO'S STORY ***


NOVELLA SECONDA.
NARRATA DALLO “SBARBATO” TOMO.
TEMA: FORTUNA, TENACIA
TITOLO: C’ERA UNA CASETTA PICCOLINA IN CANADA…
PERSONAGGI:
-TOMOMOS MILCHEVIANDRO: Tomo Milicevic
- LINO CARRELLO: Colin Farrel
- GIARRET LETOLANZI: Jared Leto
- NASCINNO LANZILETO: Shannon Leto
- VICHINGA: Vicky







Avete presente le sconfinate praterie americane? Quelle in cui la fertilità era in ogni angolo, il verde, la vita, il profumo, ma soprattutto la grandezza dei suoi confini. Il profumo degli alberi che danzavano con il vento, l’erba che si muoveva lentamente creando una stupenda illusione ottica, il sole che baciava la meravigliosa vista e gli uccelli che cantavano il gloria della bellezza…
Ecco. Dimenticate tutto questo, perché parleremo di un’altra cosa.
Cominciamo. Avete presente le terre aride e secche del territorio spagnolo*? Tutta quella terra sprecata dalle lavorazioni dei braccianti e dai contadini maldestri? Ecco. Tenete in mente quello.
Era il 15 maggio del 1764 e come ogni mattina tutti i contadini di quella contea portavano il resoconto ai loro braccianti che, contando il lavoro impiegato e la forza, pagavano i contadini stanchi e pieni di lividi.
Quindi, come vi dicevo, ogni mattina una decina di contadini mettevano in moto il carro arrivando al terreno del proprio bracciante che più delle volte o era il re stesso o un alto nobile. Quel giorno toccava al povero contadino Tomomos Milcheviandro, che come ogni santa settimana doveva portare il suo resoconto al suo bracciante /capo Giarret Letolanzi.
Letolanzi era uno dei più famosi braccianti della contea Lostinga.. tutti lo odiavano per i suo grossi terreni e per la sua poca grazia. Abitava nella seconda casa più grande dopo quella del re: era circondato da ancelle, servi, uomini e donne che lo curavano, lo vestivano e gli davano da mangiare; c’era chi diceva che esso mangiava chiunque non gli avesse dato quello che gli spettava. Il contadino arrivò, non con il carro perché non ne aveva la possibilità, ma con i suoi incalliti piedi. Portava insieme a lui un piccolo sacchetto con dei semi e un foglio di carta scarabocchiato. Non aveva frequentato nessuna scuola ma grazie al padre sapeva tutto quello che si doveva sapere per andare avanti in quella che doveva essere chiamata vita.
Rimase imbambolato come sempre a vedere la casa di quel deficiente, che con il suo sudore e quello di altri suoi colleghi poteva permettersi quello che lui non poteva vedere neanche se avesse vissuto dieci vite. La casa si ereggeva su un territorio sconfinato e tutto quello che li circondava era il deserto più arido e polveroso che avesse mai visto. Non si spiegava mai perché avesse scelto di stare lì invece di avvicinarsi alla città che erano solo 10 miglia da quella fottuta reggia. Si, andava in bile quando sapeva che lui era uno stupido ricchione e che nessuno poteva usufruirne alla sua morte.
Fece qualche passo in avanti salendo i tre scalini di cemento bianco lucido, quando con grossi passi famelici gli si avvicinarono due eunuchi ( se si potevano chiamare cosi), depilati e profumati che lo presero per le braccia e lo portarono delicatamente all’ingresso della casa. Quello che gli apparve era la meraviglia più totale: un grosso porta lampadario fatto di diamanti del Messico scintillavano per la luce del sole che filtrava violento dalle finestre lucide, il pavimento ricoperto da grosse lastre di ceramica lavorata con dei bellissimi affreschi dipinti sopra, per non parlare dei muri che sembravano essere stati dipinti da Michelangelo stesso.
E intanto che si corrodeva la vita, dalle scale principali dove si ereggevano busti di dei non identificati, un uomo di 30 anni scese abbracciato da più uomini e donne. -Che grazia- si ripeteva Milcheviandro osservandolo scendere con la camicia di seta praticamente aperta e qualche pelo biondo ornare il petto vigoroso del giovane, che non contento decorava il tutto con miliardi di collanine in oro massiccio.
- Qual buon vento ti porta qui?- disse Giarret scendendo le scale con le gambe aperte abbracciandosi un uomo e una donna che non la smettevano di ciondolarsi su di lui.
- Buongiorno nobile Letolanzi - marcò il “nobile” il contadino abbassando il capo per ammirare meglio quei meravigliosi dipinti.
- Smettetela. – ordinò il più ricco dei due rivolgendosi ai ragazzi che lo accarezzavano da più di due ore – Quindi?- chiese sbattendo le palpebre.
Per quanto poteva odiarlo non poteva dire che fosse brutto.
Ricco e bello.
Cazzo che fortuna, o meglio che razza di ingiustizia.
- Sono venuto a portarle i.. resoconti-
- Non deludermi anche oggi va bene?- si accinse a vedere i pochi semi nel sacchetto di tela scura, per poi leggere molto attentamente quello che gli offriva il terreno del povero Tomomos. -No, no...- disse scuotendo la testa – non andiamo per niente bene ragazzo, qui leggo che hai raccolto solo il 22% di quello che avevo chiesto di ottenere. Stai scendendo sempre di più-
- Ma signore.. – iniziò giustificandosi il contadino - Niente scuse!- esordì il nobile – Io ti chiedo questo e tu lo esegui, guarda come stanno bene quelli che lavorano insieme a me- disse indicando i servi
- Si ma sono senza pisello – disse a bassa voce Milcheviandro
-Quindi- disse inserendosi il mignolo nell’orecchio per poi muoverlo freneticamente, dopo di che sazio del suo lavoro lo tolse per ammirarlo – tu.. mi porti quello che mi spetta- disse in fine pulendosi sulla casacca grigia del contadino
- Ma..-
- Niente ma, guarda cosa porti addosso! E ora fila via prima che cambi idea sul tuo conto.- lo scacciò buttandolo letteralmente fuori dalla sua reggia lasciandolo solo a guardare i suo indumenti fatti di fibra di canapa.
- MAMMA MIAAAAA!- cominciò ad urlare il contadino - SEI UN RIDICOLO RICCHIONE! SCREANZATO! IDIOTA! STUPIDO, DEFICIENTE…E .. POI.. SA CHE TI DICO? ROTTO IN CULOOOOO!- disse prolungando la “o” quando il soggetto a cui tutte quelle “belle” parole erano riferite di affacciò dalla finestra.
- Rotto in cosa?- chiese con un ghigno
- ah..salve!- disse sudando cosi tanto che sembrava gli piovesse addosso – rotto? Ha sentito rotto? Volevo dire cozzo! – disse asciugandosi la nuca.
- mh..vabbè allora vai via.. –
- s…s..si!- disse correndo per non peggiorare le cose più di quanto non stavano andando.
Lui non era come lui.
Non era bello.
Non aveva gli occhi azzurri.
Ma soprattutto, non aveva un briciolo di soldi. Si ritrovava a campare con 4 monete d’oro alla settimana per poi riceverne alcune volte 2, come era successo quel giorno. Non poteva continuare cosi..non era giusto.
Viveva in una casa che puzzava di pesce, un fratello malaticcio che doveva accudire e portare tutto quello che poteva, il terreno che non produceva più nulla per non so quale maledizione di qualche dio, la madre morta da più di due anni e un padre che si lasciava morire in mezzo alle capre puzzolenti. Possibile che tutto gli altri potevano avere una vita decente e lui neanche l’ombra di quello che si poteva chiamare “vivere normalmente”?
- Tomomos!- gridò in un gemito di dolore il fratello grassoccio sul letto fatto di paglia
- Dimmi- chiese preoccupato poggiandosi verso di lui
- Devo fare un…un…peto- disse con la faccia corrucciata per poi ritornare con la solita faccia piena di dolore
- Si, ho sentito- sospirò mettendosi a pulire quello che aveva confusionariamente messo in disordine.
Tomomos non viveva una vita facile, non era proprio il tipo che poteva mettersi seduto e sorseggiare il suo bicchiere di alcol.
No, lui no.
Faceva da balia, da dottore, da becchino, da baby sitter e persino da cuoco.
Lui faceva di tutto e di più.. e si pentiva amaramente di perdere tempo ancora con quella stupida famiglia.
- Adesso torno- disse gridando quel po’ per farsi sentire dal fratello che stava in camera a fare la guerra con il suo maiale domestico a chi faceva più scorregge. Andò fuori dove i 20 metri quadrati di terra offrivano quelle due e secche erbette che uscivano insidiavano nel terreno. - Oggi, vi sistemo io!- disse alla capitan America


TENTATIVO N. 1


Quel giorno provò invece a seminare come ogni comune cristiano, volle invece seminare e annaffiare, seminare e annaffiare..per poi creare per ogni seme una specie di vulcano di terra. Passo per fare quel lavoro più di sei ore e quando il sole era già sotto le colline da tempo poté rialzarsi e mettere le mani su i fianchi, in modo compiaciuto.
- Anche se sembra un campo minato.. non posso fallire –
Andò a riposarsi e passato anche il terzo giorno dalla semina non volle far altro che affacciarsi per vedere il suo lavoro fiorire… Quel che vide fu un meraviglioso giardino, pieno di bacche e pomodori.. ovviamente del vicino.
- Ma che…- disse stupito – Non è giusto! Non per uno che si chiama Tomomos!-
- La mia capra si chiama TOMOMOS!- gridò l’omino che gli tirò un pomodoro – fammi dormire!-



TENTATIVO N. 2



Era sera, Tomomos se lo ricordava bene.
Accese tutti i lumini e dopo aver pregato tutti i santi del suo calendario fece la danza della pioggia. Una strana danza della pioggia.
-Pi..pi..pioggia! Scendi qui, qui da me! Pi..pi..pioggia!- cantava a squarcia gola
- La devi smettereeeeee! Mi sa che non hai capito?!- gridò di rimando lo stesso omino del lancio del pomodoro.
- Si, mi scusi signore- si scusò Tomo per poi rintatarsi in casa.
Ne aveva fatti di tentativi, aveva usato anche l‘uranio impoverito, materiali di riciclo e anche bombe atomiche non proprio legali.
Niente. Niente di tutto ciò che aveva fatto portato a un misero raccolto.
Bastava anche uno stupido pomodoro. Fin quando in un giorno, che neanche lui sapeva che esistesse, il barbone della città gli si avvicino grattando miseramente alla sua porta.
- Fammi entrare! Fammi entrare!- diceva grattando con le unghie sporche
- Non ho cibo per me pensi che possa dartene io a te?- disse acido il contadino guardandolo con occhi truci
- No, ma io non voglio niente di tutto questo!- disse umilmente Nascinno Lanzileto
Il povero barbone Nascinno era cresciuto nella miseria da quando era piccolo, non aveva mai avuto né cure mediche e né cure di familiari. Aveva una strana malattia, detta il nanismo, lui diceva che non era basso lo ripeteva ad alta voce.. ma per un povero pazzo come lui nessuno gli credeva. Perdeva anche i capelli per questa strana malattia, quelli invece diceva che sarebbero ricresciuti un giorno ( ecco perché tutti pensavano fosse pazzo).
Un tempo Lanzileto lavorava per le “tasche” del re. In pratica faceva il tesoriere, ma dopo una lunga crisi il povero Nascinno non fu così abile e bravo per distruggere la crisi che attanagliava il castello; cosi invece di talgiargli la testa gli diedero una possibilità di vita
. - E che vuoi?!- chiese scortese Tomomos
- Ho visto che le tue terre sono infeconde- disse con un tono di superiorità
- E inutile che usi questi termini che hai imparato oggi – disse alzando un sopracciglio – tu non sei acculturato! Addio!- sbattendo la porta
- Hai sbalgiato persona con cui giocare –disse con voce alla Tom Cruise – Adesso apri e mi ascolti.-
- O..o..ok.-
- Questo sacchetto contiene un seme speciale che…si fa crescere l’oro- disse guardandosi le unghie con fare altezzoso – e cresce una volta ogni dieci anni, e solo una persona con tanta tenacia e poca autostima può farcela-
- Aspetta ma questo è un contro senso, se uno con poca autostima non crede in se come può farcela?!- chiese con tono stupito - Idiota! E’ una storia deve avere pure un minimo di fatti carini e sbrillucicosi no?! Leggiti cappucetto rosso.. – lo rimbeccò il barbone
- Capito- disse con fare incerto – e mi dai questi cosi allora??- disse porgendo la mano voglioso
- Alt!- disse con un tono di voce cosi alto che lo stesso contadino saltò in aria – io te lo do, ma tu dovrai farne buon uso. E ti ricordo di credere in te!- disse per poi sparire nel nulla
Milcheviandro si guardò intorno con fare sospettoso e prese quel misero sacchetto e lo portò dentro la sua “dimora”. Non aveva commesso un furto o cose del genre, ma si sentiva di aver rubato. A spese di qualcun altro. Quindi era pulito.
Ripose sul tavolo scuro il sacchetto e lo aprì con molta delicatezza, quando una piccola luce verde lo sorprese. Erano delle meravigliose pietruzze illuminate da un verde smeraldo. Il colore del denaro.
Il profumato e delizioso denaro.
Corse subito, quindi, fuori dalla sua casa e con cura seminò tutti i semini che quel barbone gli aveva donato.
Non poteva fallire.
Lui poteva farcela no?
Infatti, non poteva farcela.
E vi spiegherò anche il perché.

Dopo aver messo tutti i semini nella terra il povero contadino si accinse verso il castello del re Lino Carrello.
La dinastia Carrelo viveva in quelle terre da secoli ormai, il padre del re aveva una vasta catena di centri commerciali ma soprattutto delle aziende di carreli. Loro li amavano i carreli, tanto che il principino Lino si era fatto costruire il castello a forma di grosso carello. Si, loro amavano i carrelli. E quanti ne avevano. Avevano la collezione anche futura dei carrelli, quelli fatti in ferro, loro non amavano quelli in vimini (troppo scontati)…in seguito ne avrebberò progettato uno il placcatura d’oro. - Vorrei parlare con il principe, la scongiuro- disse tristemente il contadino
- No –
- La prego!-
- Giochiamo a sasso, carta e forbici e se vinci passi..se perdi muori-
- Ma un gioco senza sangue?!-
- Can-Can chi è?- chiese una voce squillante dal condo del corridoio che portava all stanza padronale del “carrello/castello”
- Questo appestato vuole parlare con lei-
- Ma appestato ci sarai tu- disse di rimando Tomomos
- Con me?! Uh ma che felicità!- disse saltellando il re dagli occhini scuri e dalla capigliatura stramba – dimmi!-
- Io sono Tomomos Milcheviandro e abito nella parte ovest del vostro regno, e ho avuto numerevoli problemi con il raccolto.-
- Ah! Ma tu sei Tomomos! Quello che non cresce un filo d’erba da anni- rise sonoramente
- Già- disse infine chidendo gli occhi come delle fessure- volevo solo avvertirle che adesso il mio terreno sputa soldi-
- Si certo, soldi! Puoi andare adesso? – chiese con tono stufato il re – non voglio sentire più nessuna parola da te, o misero contadino.-

Ecco perché Milcheviandro non ce la fece, perché non era in possesso di prove per far vedere che avesso quel terreno era diventato molto ricco, molto più di quello che sembrava. Però ormai erano passati mesi da quando aveva depositato quei semini nel terreno e oltre a un folto terriccio secco non c’era niente di interessante sulla proprietà di Tomomos, e come se non bastasse il re – o meglio dire il principino- aveva messo una bella lista di tutti quelli che potevano partecipare ad un concorso – dove sfortunatamente c’era pure lui-
Questo concorso consisteva nell’avere il maggior numero di ricavi in un terreno e di portarne le prove al sottoscritto ( cioè il re); chi riusciva a vincerlo poteva prendere in sposa la sorella: Vichinga.
Vichinga era la secondogenita della dinastia ed era anche la meno esaurita. Era una bellissima fanciulla dalla carnagione non molto chiara e dai capelli e gli occhi corvini, la povera però era sovrastata da fratello Lino che era molto più checca di lei (e lei poteva esserlo perché era una donna.)
Milcheviandro aveva sempre avuto un debole per Vichinga, le era sempre piaciuta dalla prima volta che le aveva visto mettere piete sul balcone del castello: era la più raffinata, la più delicata, la più dolce..un pasticcino insomma. E lui alcune volte pensava di essersi innamorato davvero.
Cosi sapendo di non poter vincere mai Tomomos, come tutti i giorni, si alzò dal letto per dare da mangiare al maiale e a suo fratello che puzzava più di lui..ma una cosa strana accadde quando andò fuori per maledire tutti gli dei trovò una cosa sconcertante: ettari ed ettari di alberi con tantissime banconote da cento, e piccoli rami con delle monetine da dieci cent. Non poteva crederci, era tutto vero.
Non poteva credere ai suoi occhi e cosi com’era conciato – molto peggio del solito- corse al palazzo del re per mostrare a tutti la sua meravigliosa creazione, ringraziando mentalmente quel barbone.
- Io, Milcheviandro ti assecondo vendendo insieme a te.. ma se non troverò nulla giuro che ti talgierò la testa- asserì acido il re dalla capigliatura stramba e biondo cenere
- C..c..c…certo mio sire, non voglio deluderla! Volgio solo rendere Vichinga la donna più felice- si rivolse a lei ocn uno sguard dolce
I tre si avviarono verso le terre di Milcheviandro che, avendo ragione per i suoi possedimenti, fu incoronato “sotto principe” di un regno dell’ovest, dove potè vivere per sempre felice e contento con la sua amata Vichinga.


Ma non vi chiedete che fine abbiano fatto Giarret e Nascinno?


Ecco non ve lo chiedete, perché non ne ho la più pallida idea...

















*il terreno spagnolo lo indico come la parte della Louisiana






Scusate per l'immenso ritardo cari lettori. Si è vero non solo fa schifo ma mi sto rendendo conto che questa storia è molto più grande di me e dei miei pensieri, non credo di essere all'altezza e quindi avrei in mente di lasciarla incompleta. Lo vedo anche dalle recensioni... non sono è molto scontata ma anche non è uno dei temi forti del sito.. quindi forse lascierò spazio a scrittori più bravi ; )
Enjoy!

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