Don't play with the fire

di JoAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The beginning ***
Capitolo 2: *** Memories of the past ***
Capitolo 3: *** The truth ***
Capitolo 4: *** The day of the end ***
Capitolo 5: *** The first meeting ***
Capitolo 6: *** A new job ***
Capitolo 7: *** Close relationship with the devil ***
Capitolo 8: *** The confession ***
Capitolo 9: *** A fiery night ... ***
Capitolo 10: *** Something is changing ... ***
Capitolo 11: *** Secrets that are revealed ... ***
Capitolo 12: *** Call from Heaven ... ***
Capitolo 13: *** The trap ... ***
Capitolo 14: *** The strange confession ... ***
Capitolo 15: *** The end of everything ... ***
Capitolo 16: *** A new beginning ... after all ... ***



Capitolo 1
*** The beginning ***


 

Capitolo 1

 

Una fotografia. Una sola fotografia può racchiudere molte emozioni e ricordi, e questo Jo lo sapeva fin troppo bene.

Stava sfogliando il suo album fotografico con malinconia del passato, le foto dei giorni passati insieme a lui e che non poteva riavere. O forse sì.

Si stese sul letto guardando il soffitto mentre una arietta sottile entrava nella stanza attraverso la finestra poco aperta.

“Ciao cucciola.” disse con voce soffocata alla gatta, Kira, che le saltò addosso come una palla lanciata da una catapulta. La micia fece le fusa ed incominciò  a strofinarsi su Jo in cerca di coccole.

Lei sorrise dolcemente e le fece due grattini sulla testa, poi si alzò e guardò fuori dalla finestra sospirando. Era una mattina di primavera, i fiori stavano sbocciando uno dopo l’altro.

Decise di uscire per fare una passeggiata dato il bel tempo, prese la giacchetta di pelle leggera e si diresse alla porta principale.

“ Tu fai la brava, capito?” si raccomandò con la gattina che si stava strusciando sulle sue gambe.

Prese le chiavi di casa e poi uscì, chiuse la porta e scese la scaletta di legno. Diede un occhiata alla casa voltandosi per un secondo e poi si rivoltò incamminandosi per andare al lavoro.

Mise le mani in tasca e canticchiava una delle sue canzoni preferite, voltò l’angolo e attraversò la strada. Arrivò davanti alla porta del bar e, appena entrata, ricevette un grembiule in faccia.

“Ehi! Sei in ritardo! Ho capito che ti avevo detto di venire a metà giornata, ma almeno arriva in orario, benedizione!” le urlò il capo mentre lei annuiva facendo finta di sentirlo e mettendosi il grembiule alla vita.

Prese il blocchetto delle note e la penna, mettendosela tra i capelli e l’orecchio, poi si avvicinò ad un tavolo.

“Buon giorno posso servirla?” chiese all’uomo con la giacca scura seduto a quel tavolo che guardava fuori dalla finestra ma, non appena udì la voce fine di Jo, si voltò e la guardò dritto negli occhi.

“Un caffè amaro, grazie.” rispose l’uomo con tono deciso osservando Jo, che stava scrivendo l’ordinazione su un foglietto di carta mordicchiando un po’ il tappo della penna. Finito di scrivere, alzò il capo e guardò l’uomo, annuì sorridente e si avviò verso il bancone. Poggiò il foglietto di carta e guardò Charlie. Lui prese il foglietto e sospirò.

Jo si sentiva osservata ma non ne capiva il motivo mentre serviva i tavoli.

“L’ho trovata, signore.”

“Bene, dove si trova?”

“Lavora in un bar. Spero ne valga la pena.”

“Ne varrà, ne sono certo.”

L’uomo annuì alla voce nella sua testa e aspettò che il caffè arrivasse. Jo si avvicinò di nuovo al tavolo e poggiò la tazza davanti a lui.

“Tenga. Questo è il conto se non vuole altro.” gli disse abbozzando un sorriso notando gli occhi di un colore particolare, gialli vivo. L’uomo annuì ancora e prese la tazza in mano sorseggiando un po’ di caffè, lei si allontanò dal tavolo e rabbrividì. Aveva una strana sensazione e non le piaceva.

L’uomo finì il caffè e lasciò la mancia sul tavolo. Jo passò a prenderla e notò un biglietto: “ So che lo rivuoi indietro, ed io potrei fartelo riavere. Se ne sei interessata incontriamoci al vicolo vicino.” c’era scritto. Lei aggrottò la fronte non capendo, poi giocò con una ciocca di capelli e guardò fuori dalla vetrata, sospirò.

Mise il bigliettino nella tasca dei jeans e pulì con uno straccetto i tavoli vuoti. Guardò l’orologio.

“Io stacco.” disse semplicemente togliendosi il grembiule, poggiandolo sul bancone. Uscì dal bar mentre il capo le urlava dietro.

Jo corse al vicolo vicino e non vide nessuno. Si guardò intorno in cerca dell’uomo.

“Ciao Jo. Sei venuta, non credevo bastasse così poco per convincerti.” ammise una voce da dietro di lei.

Si voltò di colpo facendo un sobbalzo e fissò l’uomo. “Chi, chi diavolo sei? Come fai a conoscere il mio nome?” domandò guardandolo dritto negli occhi.

“Troppe domande, Jo, troppe domande. Sei diventata ancora più graziosa di quanto non lo fossi già da piccola.” ammise l’uomo squadrandola con lo sguardo.

Jo indietreggiò deglutendo a vuoto Perché sono venuta qui? si chiese prima di tentare di correre via, ma l’uomo misterioso la fermò prendendola da un polso.

“Lasciami!” gli urlò contro prima che l’uomo le andò faccia a faccia.

“Io ho quello che desideri da anni Jo, tuo fratello Matt. Ma devi venire con me per riaverlo.” le dice a voce bassa quasi come se ammettesse un sibilo.

“Mio, mio fratello è morto da anni ormai. Non posso riaverlo ed è meglio che non rivanghi il passato, non serve a nulla.” disse Jo agitandosi e cercando di liberarsi dalla presa dell’uomo.

“Jo, ragiona: non sono un mago da strapazzo, potrai davvero riavere tuo fratello, in carne ed ossa, come era prima. Devi solo venire con me.” ribadisse l’uomo con voce sicura.

Lei ci pensò un attimo, smettendo di agitarsi e abbassando lo sguardo pensierosa. Poi cedette e sospirò.

“V- va bene. Dove, dove dobbiamo andare?” si informò passandosi una mano fra i capelli.

L’uomo sorrise soddisfatto. “Bene, allora …” disse prima di schioccare le dita.

Nero. Tutto era diventato improvvisamente nero.

Aprì poco gli occhi e intravide una figura umana che si muoveva.

 “Ooooh … Vedo che è migliorata nel tempo.” disse una voce maschile.

“Già. Dov’è Lui?” chiese un'altra voce, che aveva già sentito, probabilmente quella dell’uomo misterioso.

“Non ha tempo per una ridicola ragazzina, lei aspetterà. Intanto legala così che non scappi” suggerì il primo uomo mentre si chinava verso il viso di Jo, che stava ancora cercando di capire dove si trovasse.

Il primo l’uomo la osservava da vicino, come per studiarla.

“La madre sarà contenta di riavere il figlio.” commentò l’uomo misterioso incrociando le braccia sul petto.

“Signori, come mai tutto questo interesse per una sporca e minuscola anima umana?” chiese un terzo uomo in lontananza.

“Nessun interesse in particolare, Crowley.” rispose la voce conosciuta a Jo.

“Mmmmh però qualche giochino IO potrei farlo con lei, se non vi dispiace.” disse il secondo uomo con una risatina alquanto meschina.

“Alaistar, sai che puoi farci tutto quello che vuoi di questo mucchietto di ossa.” ammise la voce conosciuta come Crowley.

“Bene.” disse la voce oscura strusciando le mani e guardando Jo.

 Lei alzò il capo aprendo un poco di più gli occhi e vide i tre uomini davanti a lei, indietreggiò subito e sentì la terra sotto le sue mani.

“Dove, dove mi trovo?” si chiese impaurita guardandosi intorno e cercando di alzarsi.

Loro non risposero  e l’uomo conosciuto come Alaistar le prese il viso con una mano e la guardò dritto negli occhi.

“Ci divertiremo noi due, vero?” chiese l’uomo percuotendole il viso e lei gli morse la mano.

“Ahia! Brutta str … ” iniziò a dire lui tenendosi la mano, facendo una smorfia di dolore.

“Buttala insieme alle altre … LUI sarà contento forse.” consigliò il primo uomo di cui Jo non aveva ancora udito il nome.

“Ne ha già tante, poi sono meglio i demoni. Questa umana non resisterebbe.” confessò poi Alaistar.

“Deciderà lui, tu fai come ti ho detto.” ordinò poi il primo uomo guardando Alaistar. Quest’ultimo sospirò e annuì, prese Jo per un braccio e la strattonò, conducendola in un'altra stanza. La buttò al muro.

“Se scappi da qui, morirai tra atroci sofferenze” la informò prima di sbattere la porta della cella per chiuderla bene.

Lei si guardò intorno per studiare in che posto fosse e toccò i muri, un po’ sgretolati e umidi, con ragnatele. Rabbrividì per il freddo e si rannicchiò in un angolo della cella, appoggiò il mento sulle ginocchia e si morse il labbro.

“Qualcuno mi aiuti … “ riuscì a sussurrare prima di iniziare a singhiozzare e poi si addormentò restando chiusa a riccio stringendo le spalle.

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Capitolo 2
*** Memories of the past ***


Capitolo 2

 

16 anni prima

 

“Dai vieni a giocare Matt! Dai Matt! Matt!” ripeteva Jo in continuazione ma il fratello non l' ascoltava.

“Non ho voglia di venire a giocare con le tue stupide bambole.” le disse Matt sbuffando mentre voltava la pagina del giornaletto. Lui era sdraiato sul letto muovendo su e giù le gambe e guardava con la coda dell’occhio Jo agitarsi lì vicino.

Lei sbuffò delusa e se ne andò in cameretta sua. Si sedette sul pavimento e cominciò a giocare con le bambole di pezza.

Rose camminava per la stanza aspettando notizie dall’ospedale. Si mordeva le unghie nervosa e guardava l’ora che sembrava non passare mai.

Uno squillo, all’improvviso. Rose prese subito il telefono e accettò la chiamata.

“P -pronto?” disse con voce tremolante. Era finalmente l’ospedale, Robert stava molto male dopo l’accoltellata ricevuta la sera prima.

Rose annuì singhiozzando per la notizia ricevuta e riattaccò la chiamata. Andò poi dai bambini.

“Piccoli ...” disse con voce bassa non sapendo come dirlo. “Papà è peggiorato e dobbiamo andare all’ospedale.” aggiunse poi tirando su con il naso.

Loro smisero di giocare e di leggere e guardarono la mamma. Matt la abbracciò e Jo stette lì a guardarli, senza far nulla. Rose piangeva insieme a suo fratello e lei non faceva nulla. Il padre stava male, ma lei niente. Fece solo un sospiro e tornò a giocare.

Matt la guardò male. “Jo papà sta male e tu non fai nulla?” le chiese stupito.

“Lasciala stare Matt, è ancora piccola, non capisce ancora. E' stupida.” rispose per lei la madre accarezzando i capelli del figlio.

Jo a quelle parole si alzò offesa e andò in soffitta, per stare da sola, in pace, senza nessuno che le dicesse che era stupida.

“Jo! Vieni qui dai! Mamma non voleva dire quello che pensi! Si è espress …” iniziò a dire salendo la scaletta di legno che portava alla soffitta ma si bloccò vedendo Jo piangere in un angolino. Lui sospirò e le andò vicino.

“Piccola, vedrai che papà starà meglio e tornerà a casa come sempre, come ogni sera, portandoci a te un peluche e a me un altro giornalino, ceneremo insieme a lui e alla mamma e poi, prima di andare a dormire, ci leggerà la tua storia preferita. Vedrai, sarà così Jo …” la rincuorò Matt accarezzandole i capelli raccolti i due semplici codine.

Jo si asciugò i lacrimoni guardando il fratello essere stranamente dolce con lei.

Matt le sorrise come non aveva mai fatto prima e le accarezzò una guancia. “Tu sei più forte di me Jo, lo sei sempre stata. Per questo non piangi ad una notizia  genere. Vorrei essere come te sorellina delle volte.” confessò Matt tutto di un fiato guardando fuori dalla piccola finestrella.

Lei accennò un sorriso e gli tirò la manica della maglietta. “Mamma ora è da sola in salotto triste?” chiese tirando su con il naso cercando l’attenzione del fratello.

“Si, e ha bisogno di noi ora.” rispose lui portando lo sguardo sulla sorellina e annuendo.

Jo prese Matt per mano e andò vicino alla scaletta. “Andiamo da lei.” gli disse guardandolo dal basso della sua altezza. Lui annuì e scese per primo, poi toccò a lei e arrivata alla fine della scaletta, Matt la prese dai fianchi e la poggiò a terra. Jo corse dalla mamma e la abbracciò subito, Rose accennò un sorriso e accarezzò i capelli alla bambina.

Qualche ora dopo si ritrovarono in macchina sulla statale, in coda per andare all’ospedale.

Rose aveva i nervi a fior di pelle e i bambini litigavano su cosa leggere per primo.

“Leggiamo questo!” diceva Jo. “No questo è meglio!” ammetteva Matt. “Quello è brutto, mi fa paura.”.

I due continuavano a litigare futilmente e Rose non c’è la faceva più.

La strada era bagnata per colpa del temporale di poche ore prima, era tarda sera e il buio dominava il cielo ormai.

“Basta voi due ora!” tuonò Rose voltandosi verso i due, distogliendo lo sguardo dalla strada. Mollò il volante e si voltò verso i ragazzi per fermarli.

“Mamma!” esclama Matt prima che si sentisse un botto e la macchina si accartocciò come una lattina.

Si sentiva il rumore assordante dal clacson suonare in continuazione, Rose era appoggiata con la testa al volante che perdeva sangue dalla fronte. Matt era svenuto dopo il colpo preso ed era accasciato sul sedile. Jo era l’unica cosciente. Si guardò intorno non capendo cosa fosse successo. Aprì con tutta la forza che aveva nel suo esile corpicino la portiera ed uscì dal rottame dell’auto. Iniziò di nuovo a piovere.

Camminò fino alla strada, era sporca di sangue su tutto il vestitino.

 La macchina era sbandata ed era finita sul guard rail. Un auto si fermò vedendo questa bambina di appena dieci anni, camminare senza meta facendosi quasi investire.

“Oddio … ” esclamò  la donna scendendo dalla macchina e vedendo il disastro. Chiamò immediatamente un ambulanza.

Dopo qualche minuto arrivarono i soccorsi. Un paramedico prese Jo imbraccio e la mise sull’ambulanza dopo che gli altri aiutanti tolsero Matt e Rose dai rottami e aver messo il primo su una brandina. Fecero salire Rose sull’ambulanza dopo aver posizionato la brandina dentro alla macchina.

Rose era in stato confusionale e Jo la osservava senza dir nulla, poi si voltò e si vide riflessa nel finestrino: non aveva nessun graffio né sul viso né su altre parti del corpo.

Dopo qualche minuto di coda arrivarono all’ospedale più vicino, portarono immediatamente Matt in sala operatoria. La piccola aspettò in sala d’attesa aspettando che pure la mamma si riprendesse dalla botta. Stava seduta su una sedia della stanza e osservava le altre persone senza dir parola.

Rose si riprese e sapendo la notizia che il figlio più grande fosse sotto i ferri le spezzò il cuore ed iniziò a piangere disperata. L’infermiere cercò di rincuorarla inutilmente, soprattutto dopo la notizia della morte di Matt.

“Noooo!!!” urlò Rose con il cuore in gola continuando a piangere, Jo guardava la mamma piangere e non ne capiva il motivo.

“Piccola stai bene tu?” chiese un’ infermiera con tono gentile accarezzando i capelli alla bambina.

Lei annuì continuando a guardare la madre.


I giorni seguenti furono i più difficili: Rose stava malissimo, per non dire da schifo, e Jo sentiva la mancanza del fratello.

La piccola si avvicinò alla madre, che stava sdraiata sul divano e guardare la tv con in mano una bottiglia di vodka forte.

“Mamma dov’è Matt?” chiese Jo cercando lo sguardo della madre.

“E’ partito.” rispose semplicemente lei bevendo un sorso dalla bottiglia.

“Partito per dove? E quando torna?” continuò a chiedere abbracciando l’orsacchiotto.

“Per un luogo … Per un luogo migliore, e non torna …” rispose ancora la mamma asciugandosi le lacrime.

Jo non disse più nulla e tornò davanti alla finestra: fuori continuava a piovere, lei odiava la pioggia.

 

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Capitolo 3
*** The truth ***


Capitolo 3

 

Non riusciva a dormire, fuori da quella cella buia c’era troppo rumore.

Aprì lentamente gli occhi e si avvicinò stando, a gattoni, alla porticina di ferro e cercò di scrutare quale fosse la causa di tanto frastuono. Non riusciva a vedere nulla. Fece un sobbalzo quando qualcosa o, molto più probabilmente, qualcuno diede un colpo alla porta delle cella.

“Sveglia!!!” urlò una voce da fuori e Jo si strusciò gli occhi. Si spalancò di colpo la porticina e si vide un uomo davanti agli occhi, che la prese per un braccio e la buttò fuori da lì.

“Ahia! Che modi!” disse lei toccandosi l’arto dolorante e si voltò. “Cosa, cosa volete farmi?” si informò poi osservando le altre persone che vennero trattate come lei.

“Non fare domande dato che IO non ti risponderò sicuramente” disse l’uomo guardandola. “Però non sono così scortese da non presentarmi a una ragazza della tua evidente bellezza. Io sono …” non finì la frase perché venne interrotto dalla stessa Jo che si alzò e gli andò faccia a faccia.

“Tu sei solo un bastardo … Cosa diavolo volete …” iniziò a dire lei prima che l’uomo le tirasse una cinquina in piena guancia. Jo si tenne lo zigomo colpito e lo guardò.

“Ti ho detto che non puoi fare domande, inutile umana. Ora vieni con me” le ripeté l’uomo prendendola per i capelli e buttandola con gli altri, un ammasso di persone, o come sentì dire da qualche uomo, un ammasso di anime. Era forse morta?

Arrivò un altro uomo, lo aveva già visto, lo riconobbe dalla voce.

“Allora oggi chi si diverte con me sulla ruota?” chiese guardando tutte quelle povere anime spintonarsi per sfuggire allo sguardo di quell’uomo.

“Mmmm avevo promesso a … a te dolcezza che saremmo stati per un po’ a giocare insieme vero?” domandò prendendo il viso con una mano a Jo che quasi gli ringhiava contro. “Non ti piace l’idea? Fa nulla!” esclama lui mentre due demoni, così aveva sentito dire da qualcuno che si chiamavano, le legavano i polsi con delle catene, quasi al punto di farli sanguinare.

“Tu sei … “ incominciò a dire Jo facendo un piccolo gemito di dolore e guardandolo in malo modo.

“Alaistar tesoro, il tuo nuovo compagno di giochetti simpatici …” finisce lui per Jo facendo un sorrisino ironico. Poi tornò immediatamente serio e fece cenno ai due demoni di trascinarla nella stanza indicata con un gesto della mano senza essere visto, i due annuirono e fecero quello chiesto.

Lei sentì la porta chiudersi dietro le sue spalle e osservò con aria preoccupata la ruota usata per torturare altre anime. Andò subito sulla porta iniziando a sbattere i pugni su di essa chiedendo aiuto. Una mano le accarezzò i capelli e si voltò subito ma non fece il tempo di scappare che Alaistar le prese il polso e la sbatté sullo strumento di tortura, lei inarcò la schiena da dolore mentre lui la immobilizzava con altre catene.

“Cosa vuoi farmi stronzo?” chiese Jo mordendosi il labbro per il dolore che provava sentendo le catene stringerle le vene.

“Oooh nulla di che … Ti dispiace se ti tagliuzzo un po’ la tua morbida pelle?” chiese Alaistar prima di prendere un coltello appuntito e sfregiarle il viso ferendole la guancia.

Lei digrignò i denti e cercò di dargli un calcio agli stinchi ma con nulli risultati.

Alaistar ridacchiò divertito e continuò a sfregiarle la pelle scendendo dal viso al collo, guardandola fissa negli occhi. “Non ti piace tesoro?” le domandò con un sorrisino sul volto.

Jo gli sputò in faccia aggrottando la fronte con, negli occhi, rabbia e dolore. 

Lui si pulì dalla saliva con espressione schifata e si schiarì la voce “Una ragazza come te si comporta così?” chiese poi tagliandole la maglietta con la punta della lama facendola scivolare verticalmente, squarciando in due il capo d’abbigliamento.

“Mmmmmh mi mancava farlo …” ammise l’uomo appoggiando la punta della lama sul ventre di Jo, che tenne il respiro e la pancia in dentro. “Hai paura che ti ferisca anche qui? Non ti preoccupare, non voglio ucciderti, o per lo meno non ancora …” aggiunse con mezzo sorrisino ridacchiando a labbra serrate.

“Cosa vuoi da me? Io, io sono solo una ragazza non, non ho nulla da offrire a voi, voi demoni …” fece notare lei cercando con sforzo invano di liberarsi dalla morsa delle catene.

“Beh la tua anima e il tuo corpo ormai appartengono a questo luogo, dolcezza … Non puoi più farci nulla.” la informò Alaistar tornando con la lama sul viso di lei.

“Cosa, cosa vuoi dire con ciò?” domandò Jo senza capire guardando con la coda dell’occhio la punta del pugnale accarezzarle lo zigomo.

“Mi spiace, non posso rispondere alle tue futili domande tesoro, io ho solo il compito di torturarti …” rispose lui semplicemente con tono allegro sul finale della frase.

Lei si guardò intorno deglutendo a vuoto e poi porse lo sguardo sul viso di Alaistar. “Ti piace così tanto tagliarmi la pelle con quel pugnale che hai lì in mano? Cos’è? Ti piace vedere il mio …” non finì la frase che lui le diede un accoltellata alla pancia che le fece sputare il sangue a terra.

“ Il tuo sangue? Si, molto tesoro …” continuò Alaistar per lei con un sorriso finto sulle labbra. Poi leccò il pugnale sporco di sangue guardando le labbra di Jo.

Lei chinò la testa e non aveva quasi più respiro per la posizione alquanto scomoda.

“Evidentemente non sai nulla del tuo passato.” sbottò all’improvviso lui mentre decideva un'altra arma con cui provocarle dolore.

“Sul mio passato? Cosa diavolo stai blaterando brutto …” non riuscì a continuare per un'altra coltellata ma stavolta nel petto, vicino al cuore.

“Si, sul tuo passato … Se mi fai queste domande vuol dire che non sai nulla del patto che fece tua madre …” disse lui facendo girare la lama nella ferita e sorrise divertito quando sentì Jo fare un urletto di dolore.

“Mia, mia madre? Cosa … cosa centra lei ora? Patto? Che …” riusciva a respirare con fatica e aveva il sangue che le scivolava dalle labbra sulla pelle e gocciolava per terra.

“Un patto … Un patto con Lui dolcezza … Un patto per riavere il tuo caro fratellino.” la informò pulendo la lama con uno straccio e la lucidò per bene.

“Mio, mio fratello? Come, com’è possibile? Lui, lui è … morto …” dice Jo deglutendo a vuoto trattenendo le lacrime.

“Lo era, tesoro … Ora è vivo e vegeto grazie a te, grazie al tuo sacrificio.” la corresse Alaistar strappandole ancora di più la maglietta.

“Mio, mio sacrificio?” domandò ancora non capendo il discorso fatto dal demone scalciando per fermarlo ma senza risultati.

Alaistar la guardò senza dir nulla. Poi le sfiorò i capelli e la guardò negli occhi. “Per oggi ti ho detto abbastanza, non ci sarebbe gusto dirti tutto ora no? Quindi …” disse prima di schioccare le dita e far cadere Jo per terra. Lei si tenne il ventre sputando ancora sangue e cercò di alzare il viso con scarsi risultati.

Il demone sospirò e trascinò Jo per i capelli fuori dalla stanza per poi buttarla di nuovo nella sua buia e orrida cella. “A presto dolcezza …” sentì dire lei prima che la porticina si chiudesse con forza.

Jo si pulì la bocca dal sangue con gli stracci della maglietta e si guardò i polsi viola e doloranti, una lacrima cadde sulla pelle e tirò su con il naso.

Stette lì, in ginocchio, a piangere in silenzio con la testa china e non disse nulla, nemmeno una parola.

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Capitolo 4
*** The day of the end ***


Capitolo 4

 

10 anni prima

 

Anche se erano passati 6 anni dall’accaduto, Rose non si era ancora ripresa del tutto. Ne aveva provate tutte per avere il suo piccolo Matt, ma senza alcun risultato reale.

“Mamma cosa fai?” le chiese un giorno Jo vedendola cercare con interesse nella libreria in salotto.

“Nulla tesoro, torna di là …” rispose lei velocemente.

“Io sono preoccupata per te mamma … Non ho più sette anni, mi dici cosa stai facendo?” continuò a chiedere con tono serio Jo cercando lo sguardo della madre.

Rose sospirò e si voltò a guardare la figlia. “Sto cercando un libro Jo.” rispose di nuovo ma con tono freddo.

La ragazzina chinò la testa alle parole della madre e tornò in camera, si sedette alla scrivania ed aprì il quaderno dei compiti. Prese la sua penna preferita, osservò il foglio tutto scritto, espressioni su espressioni. Sospirò e posò la penna su un lato del quadernetto, si alzò e andò alla finestra.

“Matt, che cos’ha mamma? Io non la capisco più ... Da quando te ne sei andato, lei è sempre triste ed io non so cosa fare … Darei di tutto per vederla di nuovo sorridere.” disse guardando il sole splendere in cielo.

La madre intanto continuava a cercare un libro. Trovato, lo prese e di corsa lo appoggiò sul tavolo della cucina, si mise gli occhiali da vista e lo aprì all’indice.

“Dov’è … a pagina … mmmh okei …” disse mentre leggeva, girò le pagine e si fermò trovato ciò che cercava. “Ecco … oggetti necessari … scatoletta: presa, foto di chi fa il rituale: presa …” continuò a dire prendendo vari oggetti, scritti sulla pagina del libro che stava leggendo. “Ho tutto l’occorrente … ora devo soltanto … perfetto.” disse infine sorridendo.

Jo intanto continuava a fissare il cielo, appoggiando la testa al vetro della finestra. “Papà è lontano, a casa non viene mai, è sempre fuori per lavoro, mi sento così sola senza te fratellino …”ammise la piccola tirando su con il naso e passandosi la mano sugli occhi per asciugarsi le lacrime.

Rose prese la scatoletta, che riempì con i vari oggetti letti sulla pagina del libro, e si mise la giacca, guardò la porta della stanza di Jo e poi uscì di casa di corsa prendendo le chiavi dell’auto.

“Un incrocio … Si certo …” si disse mentre saliva in macchina e accendeva il motore. Guardò la cartina autostradale e la studiò per bene, poi trovò il luogo adatto e si allacciò la cintura.

La piccola sentì il rombo di un motore e vide la madre uscire dal garage con l'auto, si affacciò dalla finestra e guardò la macchina fare retro marcia con occhi sgranati. “Mamma ora dove vai?” si chiese lei vedendo l’auto sfrecciare verso la campagna.

Jo sospirò abbattuta e scese dal davanzale della finestra.

Rose, arrivata vicino ad un incrocio, si fermò di colpo e mise il freno a mano, scese dall’auto tenendo in mano la scatoletta e prese la pala nel baule. Si mise a scavare una piccola buca; finito di scavare, mise la scatoletta nel piccolo fosso fatto con la pala e sotterrò il tutto.

“Ciao.” udì da dietro le sue spalle, si voltò di colpo. “E’, è con te che devo parlare per fare il patto?” chiese lei deglutendo a vuoto.

L’uomo  annuì e la guardò intensamente. “Allora, dimmi cosa vuoi in cambio di cosa.” la informò lui.

Rose ci pensò un po’ e poi decise di parlare. “Rivoglio mio figlio, Matt … in cambio ti darò mia figlia, anima e corpo.”

“Anima e corpo? Sicura? Condannerai tua figlia ad essere un … beh è una tua decisione, quindi io non devo giudicare …” ammise l’uomo alzando le spalle. “Quindi va bene, patto fatto, tra dieci anni verrò a prendere tua figlia e quello stesso giorno riavrai il tuo adorato figlio.” disse poi avvicinandosi a Rose.

“Cosa, cosa vo … ” iniziò a dire lei prima che l’uomo la interruppe con un gesto della mano. “Prima però dovete darmi un bacio perché il patto sia firmato.” aggiunse lui.

Rose si avvicinò al viso dall’uomo e lo baciò. Poi indietreggiò subito e lo guardò senza dir nulla.

“Ci vediamo tra dieci anni, Rose.” disse prima di svanire.

 Lei rimase lì in piedi e guardò la terra un po’ smossa in mezzo all’incrocio. Sospirò profondamente e salì in auto, prendendo la pala appoggiata al palo della luce lì vicino. Accese il motore e mise la retro, fece manovra e ritornò sulla strada per tornare in città.

Jo sentì di nuovo il rumore delle gomme della macchina e alzò la testa dal libro che stava leggendo. Corse fino all’entrata e vide la mamma entrare dalla porta.

“Dove sei stata?” le domandò la bambina vedendola silenziosa mentre Rose chiudeva la porta e posava la giacca. Jo notò l’orlo dei jeans sporchi di terra bagnata e guardò la madre negli occhi. “Sei sporca di terra mamma, cos’hai fatto?” domandò ancora con sguardo serio.

Rose la guardò e respirò profondamente, si grattò la nuca non sapendo cosa dire e poi infine volle rispondere. “Nulla che ti interessi, p-piccola …” disse con tono sforzato andando in  cucina per preparare la cena.

Lei ci rimase male per la risposta e sospirò abbattuta avente sul viso una smorfia di pianto.

Rose iniziò a tagliare nervosa le verdure per lo stufato mentre guardava l’ora. Per distrazione di tagliò con il coletto e mise subito il dito sotto l’acqua.

Jo osservò i gesti della madre entrando in cucina e guardò le verdure un po’ sminuzzate. Andò in bagno e le prese un cerotto, ritornò in cucina e glielo porse. Rose si voltò e prese subito il cerotto, avvolse il dito con esso e chiuse il rubinetto del lavabo.

Almeno dimmi grazie … pensò la bambina guardando la madre essere indifferente al gesto della figlia.

Rose riprese a tagliare le verdure e la piccola tornò in camera sua sbattendo la porta. Si buttò sul letto piagnucolando. “Perché mi odia così tanto?!” si chiese mentre il suo viso affondava nel cuscino.

Dieci anni … pensò Rose mentre cucinava e preparava il tavolo per lei e la figlia.


Dopo cena, Jo spreparò tavola e andò in camera sua senza fiatare. Si mise il pigiama e cercò rifugio sotto le coperte. La madre, quando ebbe finito di lavare i piatti, la raggiunse in camera e la guardò dormire sospirando. “Cosa ho fatto …” si disse tirando su con il naso e si sedette sul letto della piccola. “Ti ho condannato per sempre ad essere una, una di loro … Potrai mai perdonarmi?”  aggiunse poi amareggiata accarezzandole i capelli.

“Mamma, ti voglio bene anche dopo tutto quello che subisco in silenzio …” disse la piccola mentre dormiva e Rose strizzò gli occhi a quelle parole e si mise a piangere silenziosamente. Deglutì a vuoto e si asciugò la lacrime che le solcavano il viso.

“Perdonami …” finì poi dandole un bacio tra i capelli e si alzò, andò sulla porta e si voltò per un secondo a guardare la piccola, spense la luce e chiuse con delicatezza la porta per non svegliare la figlia. Uscita dalla stanza, si accasciò a terra, restando attaccata alla porta, e iniziò a singhiozzare in silenzio. Si chiuse a riccio e appoggiò la fronte sulle ginocchia.

Jo intanto continuò a dormire, ignara di quello che successe. Quel giorno segnò il suo destino … per sempre.

 

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Capitolo 5
*** The first meeting ***


Capitolo 5

 

Il tempo. Lì, in qualunque posto si trovasse, lì sembrava non passasse mai.

Era appoggiata al muro della cella, mentre canticchiava un canzone guardando il suo riflesso nello specchietto d’acqua creatosi per terra a causa delle perdite del soffitto.

 

“If you only knew
I'm hanging by a thread
The web I spin for you
If you only knew
I'd sacrifice my beating
Heart before I lose you
I still hold onto the letters
You returned
I swear I've lived and learned…”

 

Un uomo sentì la voce di Jo e si fermò dal suo camminare vicino alle celle.

“Abbiamo una cantante qui …” disse la voce, lei fece un sobbalzo e guardò l’uomo dallo spioncino della porta.

“Cosa, cosa vuoi? Tocca di nuovo a me?” chiese passandosi una mano sulle vecchie ferite.

“No, o almeno non credo” rispose alzando le spalle “Continueresti a cantare per me?” domandò poi accennando un sorriso.

“Io, io non stavo cantando …” disse lei alzandosi e rannicchiandosi in un angolo.

Si sentì uno scricchiolio e la porta si aprì lentamente. Jo guardò l’ombra entrare. “Non farmi del male.” lo pregò spaventata chiudendo gli occhi e stringendo le gambe al petto.

“Oddio come ti ha ridotto quello stronzo di Alaistar …” disse dispiaciuto l’uomo avvicinandosi a lei.

“Ti prego non toccarmi.” disse con un filo di voce piagnucolando, lui si chinò vicino a lei e le accarezzò i capelli. Jo aprì gli occhi e alzò la testa. “Perché non mi picchi?” gli domandò guardandolo negli occhi.

“Perché dovrei farlo?” chiese lui stupito inarcando un po’ il sopracciglio sostenendo il suo sguardo.

“Perché tutti qui mi fanno del male: aprono di colpo la porta, mi prendono per un braccio e mi trascinano per i capelli in quella … in quella stanza là in fondo …” rispose lei asciugandosi le lacrime.

Lui sospirò e le accarezzò il viso delicatamente. “Da quanto sei qui, emh come ti chiami?” si informò guardando le chiazze di sangue sui brandelli di vestiti.

“Mi chiamo Jo e non ne ho idea da quanto io sia qui …” rispose lei tirando su con il naso.

“Io sono Brady, piccola Jo.” le disse con tono pacato porgendole la mano.

Lei guardò il gesto di lui un po’ stupita e poi prese la mano tirandosi su da terra, si ritrovò faccia a faccia con lui. “Grazie …” sussurrò lei stringendo le spalle.

Brady si tolse la giacca e la mise sulle spalle di lei. “Avrai freddo … Vieni, ti porto in un altro luogo, qui non è alla tua altezza.” ammise lui facendola uscire dalla cella, guardata con invidia e gelosia dalle altre povere anime, che come lei, erano rinchiuse in un metro quadro.

Lui le fece strada fino ad una stanza, molto più accogliente di quella cella buia e umida.

“Perché mi hai portato qui? Io sono come gli altri …” disse Jo guardandosi intorno.

“Tu non sei come gli altri … Tu sei molto di più, cara piccola Jo …” ammise lui guardandola negli occhi.

“Di più? In che senso?” domandò lei non capendo.

“Lo scoprirai quando sarà il momento, ora fatti un bagno caldo e vestiti, il Capo vuole parlarti.” la informò prima di sparire.

Jo si strofinò gli occhi e guardò la vasca piena di acqua e schiuma. Mi devo fidare? si chiese mentre studiava la stanza. Scosse il capo e si tolse di dosso gli ultimi brandelli rimasti dei suoi vestiti, per poi immergersi nell’acqua e rilassarsi socchiudendo gli occhi. Appoggiò la testa e sospirò profondamente.

Dopo ciò, uscì dalla vasca e prese uno tra gli accappatoi appoggiati su tavolino lì vicino. Strinse la cinta e strizzò i capelli. “Pronta?” sentì dire da dietro le sue spalle. Lei fece un sobbalzo e si voltò immediatamente diventando un po’ rossa. “B-beh in un certo senso … Non, non ci sono dei …” cercò di chiedere prima che lui si avvicinasse a lei e divenne tutto nero. Riaprì gli occhi e si ritrovò in un'altra stanza.

“D-dove … ?” iniziò a domandare, ma venne zittita da Brady. Lui le fece cenno indicando col capo un uomo seduto su una specie di trono che la osservava interessato.

“Sarebbe lei?” chiese l’uomo seduto porgendo lo sguardo su Brady.

Quest’ultimo annuì senza dir parola e spinse Jo in avanti, la quale deglutì a vuoto sentendosi a disagio davanti a quell’uomo.

Lui si alzò e le andò vicino, la guardò dall’alto al basso. “Cosa avrebbe lei di così tanto speciale?” si informò guardando Brady.

“ Non è solamente un anima, potrebbe diventare un demone Signore. Ed io la prenderei sotto la mia ala per insegnarle ogni cosa.” rispose lui sicuro.

“Capisco …” disse prendendo una ciocca di capelli di lei e Jo lo guardava con le labbra socchiuse senza muovere un muscolo. “Ti faccio paura?” le domandò chinandosi sul viso di lei e sussurrandoglielo all’ orecchio.

Il suo cuore batteva forte e lei non ne capiva il perché. Scosse il capo alla domanda di lui e lo guardò fisso negli occhi.

L’uomo le scostò i capelli dal viso e porse lo sguardo su Brady. “Fanne ciò che vuoi.” disse infine.

Lui annuì e si avvicinò a Jo, le prese il polso delicatamente e la fece indietreggiare, mentre le teneva lo sguardo fisso su quell’uomo, quell’uomo che le fece battere il cuore solo guardandola.

“Ora dobbiamo andare piccola Jo, ci sono tante cose di cui ti devo parlare.” le disse Brady con voce bassa.

Lei annuì e si voltò verso il demone. “ Lui, lui chi è?” domandò riferita all’uomo che si risedette sulla specie di trono guardando i due. Lui sentì la domanda di Jo e accennò un sorriso divertito. “Molti mi chiamano Satana o il Diavolo, ma il mio vero nome è Lucifero.” rispose lui appoggiando il gomito sul legno del trono guardando Jo.

“Lu-lucifero?” chiese ancora incredula.

“Sicuro che sia una ragazza sveglia?” si informò lui ridacchiando.

“Io, io sono sveglissima.” fece notare Jo balbettando un pochino.

Lui rise e si grattò la nuca. “Da quel che vedo non mi sembra …” ammise Lucifero fregandosi le mani l’una all’altra.

“H-ho molte doti.” disse lei abbastanza sicura, infastidita dalla sua risata.

“Le vedo le tue doti, non ti preoccupare.” confessò Lucifero ridacchiando e con sguardo malizioso.

Lei si coprì meglio e andò dietro Brady, tenendo lo sguardo basso. “Noi andremo, signore. Quando avremo informazioni su quella cosa, le farò sapere. Con permesso.” disse il demone facendo un mezzo inchino, Lucifero fece un cenno il capo e Brady sparì insieme a Jo.

Ricomparirono in una stanza di motel sulla terra.

“Tesoro, sei quasi una di noi adesso. Al capo non disgusti, quindi è una cosa a tuo favore.” disse mentre apriva un po’ le tendine della finestra. Jo si sedette sul letto e guardò i movimenti del demone. “Ma, ma perché mi hai portato qui adesso? Cosa, cosa vuoi farmi?” si informò non capendo nulla di quello che stava succedendo.

“Nulla Jo, non voglio farti nulla. Mi servi. Devi aiutarmi in una cosa. Sarai una informatrice perfetta per questo compito.” ammise il demone passandole dei vestiti puliti.

Jo prese i vestiti e si schiarì la voce. “Ehm ehm.” disse tenendosi l’accappatoio ben chiuso. Lui capì e si voltò di spalle. Jo lo tolse e lo fece scivolare a terra. “Che, che compito scusa? Io non sono solamente un anima come tutte le altre?” chiese infilandosi l’intimo.

“No … Chi l’ha detto è un ingenuo. Tu hai molto potenziale, piccola Jo, solo che devi ancora scoprirlo e con questo semplice compito, lo farai vedere a tutti.” rispose Brady rimanendo di spalle.

“Cosa dovrei fare? Qual è questo compito?” domandò ancora lei sospirando stancamente mentre si infilava la maglietta.

“E’ molto semplice: devi solamente abbordare un uomo, Dean Winchester, e con il tuo corpo non avresti aver problemi.” ammise Brady facendo un sorrisino malizioso.

Jo divenne un po’ rossa in viso e finì di vestirsi. “Puoi girarti.” gli disse, lui si voltò e la guarda negli occhi. “Quindi devo solo provarci con uno? Chi è questo qui? E perché poi dovrei aiutarvi dopo tutto quello che mi avete fatto?” si informò guardandosi le cicatrici.

“Jo, ritieniti fortunata che non sei ancora in quella cella buia che tu ami tanto.” disse il demone con tono sarcastico. “Comunque lui è un cacciatore, ti basti sapere questo.” rispose poi passandosi una mano nei capelli.

Lei annuì e si grattò il collo sospirando. “Perché sono capitata qui, con voi? Cos’ho fatto di male?” chiese quasi più a se stessa che a Brady, lasciandosi cadere sul letto.

“Jo, veramente non sai perché sei capitata all’Inferno?” domandò dispiaciuto lui.

La ragazza scosse il capo facendo spallucce.

“Tua madre ha venduto la tua anima e il tuo corpo al nostro Signore per riavere indietro tuo … tuo fratello.” le spiegò con un filo di amarezza nelle parole.

“C-cosa?! Lei, lei mi ha venduto per …” esclamò incredula portando una mano davanti alla bocca spalancata.

“Mi spiace Jo, so che è brutto ma è la dura verità.” potette solamente dire lui sospirando abbattuto.

Lei si prese il viso tra le mani e fissò un angolo vuoto della stanza. Poi sospirò e si alzò dal letto.

“Ora tu devi stare qui, okei? Ti verrò a trovare quando sarà l’ora.” disse prima di sparire.

Jo stette in quella stanza, in piedi vicino al letto e guardò fuori dalla finestra.

E’ questa la vita che mi aspetterà, eh?   

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Capitolo 6
*** A new job ***


Capitolo 6

 

Passò una settimana dall’incontro di Jo con Brady e Lucifero. Come le disse il demone, restò in quella stanza di motel, escluso quando doveva uscire per non impazzire del tutto dato che restare chiusa per sette giorni in una stanza di quattro metri quadri non era così stupendo.

Quella mattina lei stava dormicchiando, disturbata dai rumori del traffico. Si stiracchiò e scostò un po’ le coperte dal suo corpo. Aprì gli occhi e si vide davanti il demone. Lei fece subito un sobbalzo e indietreggiò guardandolo stranita.

“Ehi Jo, rilassati, sono io.” disse Brady con tono allegro e divertito.

Lei sospira e china la testa. “Mi hai fatto prendere un …” inizia a dire prima di essere fermata da lui mettendola un dito davanti alle labbra.

“Sssh… Zitta un po’.” le disse ridacchiando. “Ci sono novità: il nostro ricercato cacciatore è stato avvistato in città, qui. Una buona occasione per conoscerlo e farlo tuo Jo.” aggiunse poi facendole l’occhiolino.

Jo annuì e si alzò da letto. “Ma dopo questo, cosa dovrei farne di lui?” si informò mentre si sfilava la canottiera, non curante ci fosse Brady.

Lui guardò i suoi movimenti alzando un sopracciglio e sorridendo malizioso. “Beh, scopatelo, ubriacatevi insieme, fanne ciò che vuoi basta che tu lo divida dal fratello, Sam.” rispose in modo chiaro ed esplicito.

“Capisco … E perché tutto questo? O non posso chiederlo? Se no so troppe cose eh?” domandò Jo sarcastica mentre si cambiava l’intimo dandogli le spalle.

Brady si avvicinò un po’ a lei osservando le sue curve. “Lo scoprirai a tempo debito.” rispose solamente lui deglutendo a vuoto continuando a fissare il suo corpo.

“Odio quelle parole. Beh dove si trova di preciso questo tale?” chiese infine vestendosi con una semplice maglietta e un paio di jeans. Si legò i capelli e si voltò verso il demone.

“Alloggia con il fratello in questo motel.” le rispose porgendole un pezzettino di carta con scritto sopra un indirizzo. Lei annuì e lo prese. “Ma è dall’altr…” iniziò a dire prima di accorgersi di essere rimasta da sola. Sospirò profondamente e prese la giacca. Uscì dalla stanza del motel e scese di corsa le scale di servizio senza essere vista, sgattaiolò dalla porta di emergenza e arrivò sul marciapiede. Guardò il cielo plumbeo, fece uno smorfia al solo pensiero che potesse piovere e fermò un taxi quasi buttandosi sulla strada.

“Ehi! Ma s…” cercò di dire l’automobilista prima di vedersi sul sedile dietro Jo che lo fissava. “Dove ti porto?” chiese sospirando stancamente guardandola dallo specchietto retrovisore.

“A questo indirizzo grazie.” rispose lei con un mezzo sorrisino sul viso facendogli vedere il post it. Il taxista annuì e iniziò a guidare verso il posto indicatogli.

Arrivato lì, scaricò Jo bruscamente e quasi imprecò per il modo scortese usato nei suoi confronti. Si sistemò la giacca ed entrò nel motel. Ma una cosa la fermò. Si voltò di scatto e incontrò lo sguardo di un uomo. Uno sguardo glaciale che le fece battere il cuore. Tenne la mano sulla maniglia della porta di ingresso dell’hotel e socchiuse le labbra.

Lo aveva già visto. Che fosse … ? No, perché avrebbe dovuto seguirla sulla Terra?

Scosse la testa ed entrò nel motel cercando di rilassarsi. Si diresse al bancone della hall, appoggiò i gomiti e guardò il signore. “Vorrei un informazione: potreste dirmi dove si trovano i signor Winchester?” domandò guardandosi intorno.

“Emh io non potrei dirvelo però …” iniziò a dire prima che i suoi occhi divenissero neri. “ … però si trovano nella stanza 209, fai buon lavoro Jo.” finì con un sorrisino malefico.

Le venne quasi un colpo vedendo gli occhi dell’uomo cambiare colore, poi si ricordò cosa le insegnò Brady riguardo queste cose: “ Jo, ci sono due cose che devi sapere sui noi demoni: una è che non mentiamo mai su le cose importanti. Due, è che per riconoscerci i nostri occhi ogni tanto cambiano colore, in base alla potenza e forza del demone possono diventare dal nero, livello base, a bianchi, che spero non incontrassi mai demoni così forti.”.

Sospirò e si passò una mano sul viso, poi annuì alle parole dell’uomo e si avviò verso la stanza dettale.

Arrivò davanti alla porta che si aprì davanti ai suoi occhi. Il ragazzo alto davanti a lei la guardò stranito.

“Emh si?” le chiese con sguardo stranito e un po’ insospettito. Chi è questa ora? pensò osservandola per bene.

“Scusa, sono … Sono una cacciatrice … Ho sentito che i famosi fratelli Winchester erano qui in città e allora volevo chiedervi se potevo unirvi a voi per questa caccia che probabilmente state svolgendo.” rispose lei tutto di un fiato notando il borsone a tracolla del ragazzo.

“Beh … Noi veramente cacciamo da soli ma … Dovrei chiedere a mio fratello veramente perch …” iniziò a dire prima che Jo si avvicinasse a lui guardandolo negli occhi. “Cosa, cosa c’è?” domandò indietreggiando un po’.

“Nulla.” disse lei semplicemente facendo un sorrisino.

Lui deglutì a vuoto e sospirò. “Mio fratello, mio fratello è al bar qui sotto se vuoi conoscerlo così puoi chiedere dirattameeeen…” disse fino a quando Jo lo prese da una manica della giacca e corse insieme a lui fuori dal motel, tenuti sotto occhio dall’uomo della hall.

Uscirono per strada ed andarono al bar di fronte all’edificio. Entrarono e Dean fece subito cenno a Sam appena lo ebbe visto e osservo con aria stranita la ragazza al fianco del fratello.

“Dean questa è … aspetta co…” cercò di presentarla quando Jo allungò la mano verso Dean sorridente. “Jo, piacere. Cacciatrice come voi due.” finì lei per Sam.

 Dean alzò un sopracciglio e sospirò, posando lo sguardo sul corpo di lei, e fece un sorriso malizioso. “Beh piacere Jo, come mai non ci siamo mai incontrati sulla strada?” domandò poi.

“Oh non ne ho idea. Sono nuova tra “voi” quindi penso sia normale.” rispose lei semplicemente prendendo posto al tavolo seguita da Sam.

Dean appoggiò i gomiti sul legno del tavolino e la guardò incuriosito. “Beh, Jo, come mai qui?” domandò ordinando un caffè nero come piaceva lui.

“Mmmmh voi perché siete qui? Non penso che siate venuti in questa monotona città, o almeno fino a poco tempo fa, per passare il week-end. Per quello di sono gli stadi.” disse con tono sarcastico chiedendo se potessero portarle un caffè espresso.

Lui sorrise divertito per la risposta sentita e si avvicinò un po’ di più al viso di lei. “Un caso. Da poco.” le disse in modo coinciso Dean guardandola negli occhi.

“Capisco. Beh, potremmo lavorare insieme no?” chiese alzando le spalle prendendo la sua ordinazione portatole da un cameriere e sorrise.

“ Mmmmh… Noi lavoriamo da … Ahi!” esclamò Sam quando Dean gli pesto il piede e quest’ultimo accennò un sorriso. “Perché no? Aiuto ce ne serve sempre.” ammise poi osservando il particolare colore degli occhi. Wow, che bella ragazza … pensò deglutendo a vuoto.

Jo annuì Perfetto, fase uno fatta  si disse fra sé e sé voltandosi verso Sam. “Io alloggio in questo motel, se trovate delle informazioni sul caso che state seguendo avvertitemi ed io scambierò le informazioni che ho a voi.” disse bevendo tutto di un colpo l’espresso e sospirò posando la tazzina sul tavolo.

Dean annuì “Accettiamo vero Sam?” chiese guardando il fratello per storto, quest’ultimo sospirò e alzò le spalle. “Se proprio dobbiamo.” rispose guardando Jo, che sorrise e si alzò di scatto.

“Beh, signori, io ora devo tornare al motel, il perché non ve lo dico dato che non vi interessa, quindi ci si vede.” disse andando vicino al bancone per poi pagare il caffè. Pagato, salutò i due con un gesto della mano ed uscì dal locale.

“Senti, non guardarmi così. Quando ci ricapita una come quella che fa la cacciatrice come noi, figa oltre tutto, e anche volenterosa, che si offre a darci una mano?” chiese facendo spallucce.

“Faci come credi, però di lei non mi fiderei molto.” ammise Sam sospirando guardando e fuori dalla finestra.


Intanto Jo era tornata al motel, si buttò sul letto e guardò il soffitto.

“Brava, piccola Jo, lo avevo detto che c’è l’avresti fatta.” disse una voce vicino a lei.

La ragazza fece un sobbalzo e sospirò vedendo che era … “Brady …” disse lei tirandogli un cuscino in pieno viso. “Pirla, mi hai fatto prendere un colpo.”

Lui rise mettendo a posto il cuscino e la guardò. “Ora che hai stretto “amicizia” con il nemico, devi stringere di più con il bel soldatino tutti muscoli e niente cervello di Dean.” le ricordò.

“Lo so, lo so, non sono stupida.” disse lei facendogli la linguaccia con tono da superiore, Brady ridacchiò e si mise a posto la giacca.

“Ah! Il Capo vuole vederti.” la informò. “Con una certa urgenza pure.”

“Perché mai?” domandò Jo stranita grattandosi la tempia.

“Non ne ho idea …” rispose lui semplicemente alzando le spalle.

Jo sopirò e si fece cadere sul letto a faccia in giù.

Lui volle accarezzarle i capelli ma retrasse la mano a malincuore.

“Vedrai che non sarà nulla di grave.” riuscì solamente a dire. So cosa vuole farti quel cazzo di bastardo, e non posso far nulla per questo … pensò stringendo il pugno mentre la guardava lì, nel suo splendore, che solo lui aveva saputo cogliere. Chiuse gli occhi per poi riaprirli porgendo lo sguardo sulla schiena di lei, mezza scoperta.

Jo tirò su la testa e lo guardò. “Cos’hai?” gli domandò vedendolo pensieroso.

“Nulla. Ti porto dal Capo prima che si inferocisca.” le disse prima di sparire con lei e riapparire all’Inferno.

Lei si avviò alla stanza di Lucifero mentre Brady la osservava da lontano. Piccola Jo, fai attenzione. disse guardandola chiudersi alle spalle l’enorme portone di metallo. Restò lì, si sedette a terra, sarebbe restato così fino a quando non avrebbe visto Jo, quella ragazza che ormai riteneva importante, uscire da lì, senza un solo graffio. Neanche uno.

 

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Capitolo 7
*** Close relationship with the devil ***


Capitolo 7

 

Il grande portone si chiuse dietro di se, con un grande tonfo. Si guardò intorno e sospirò.

“Guarda chi è venuta dallo zio Lucy.” le disse accarezzandole un fianco.

Lei rabbrividì e si voltò di colpo, ritrovandosi facci a faccia con Lucifero.

“Ehi, non devi avere paura di me.”  la rassicurò sfiorandole il viso.

Le incominciò a battere il cuore. Di nuovo. Come la prima volta che lo vide.

Scosse il capo e lo guardò dritto negli occhi. “Non ho paura di te e poi perché dovrei averne? Perché sei il Re dell’Inferno? Ma fammi il piacere.” disse poi facendo l’altezzosa facendo un gesto con la mano, con il quale si scostò i capelli dal viso.

Lucifero accennò un sorriso divertito porgendo il suo sguardo altrove. “Te la stai cavando bene come aiutante, devo ammetterlo. Vuoi diventare un demone?” le domandò con voce profonda avvicinandosi al suo orecchio.

Jo respirò lentamente, quella sensazione, la stessa che provò quando lui la prima volta le parlò da così vicino. Si voltò verso di lui e lo guardò negli occhi, in quegli occhi colore del ghiaccio, così intensi e puri.

“Perché dovrei diventarlo? Per diventare del tutto una come voi? No grazie, io sono un essere umano e rimarrò tale fino alla morte.” rispose deglutendo a vuoto sentendo il respiro di lui sul suo collo.

“Ne sicura Jo? Io potrei farti diventare tutto ciò che vuoi essere.” ammise Lucifero camminando verso di lei, così che Jo indietreggiasse fino al letto lì vicino.

“Si, ne sono sicura, e poi sono già cosa voglio essere: me stessa.” disse lei sicura mentre indietreggiava ed, ad un certo punto,  inciampò su un qualcosa e cadde sul morbido, sul letto.

Lui sorrise divertito e la guardò coricata, si chinò verso di lei e la fissò intensamente negli occhi, quasi come voler catturarle l’anima con un solo sguardo.

Jo cominciò a respirare in modo irregolare, agitandosi lievemente.

“Ti metto in soggezione, Jo?” le domandò avvicinandosi ancora di più a lei, così da farla scivolare ancora di più sul letto.

“N-no …” rispose lei balbettando un po’ e continuò a guardarlo negli occhi.

Lui si sedette sul letto e allungò una mano verso le gambe di lei, che ritrasse subito deglutendo a vuoto.

Lucifero si mise sopra di lei. “Non voglio.” disse Jo prima che lui la baciasse.

“Puoi anche non volerlo, Jo, ma sei mia, di mia proprietà e di te posso farne ciò che voglio.” le fece notare mordendole il labbro e lei gemette anche se non voleva farlo, non voleva dargli questa soddisfazione.

Fece scivolare una mano sotto la maglietta di lei e le accarezzò la pelle, Jo voleva liberarsi ma non ci riusciva. “Non voglio.” continuò a ripetere cercando di sgattaiolare via da quella presa.

“Non puoi fermarmi, la tua anima e il tuo corpo mi appartengono e non puoi farci nulla …” le ricordò sussurrandoglielo all’orecchio, per poi leccarle il collo con la punta della lingua.

Lei gemette ancora e rabbrividì, lasciandosi andare sul letto, e comprendendo che non poteva far nulla che lasciarlo fare.

Lucifero sorrise e le sfilò la maglietta e con grande sorpresa vide che era senza reggiseno. Cominciò a baciarle la pelle, mentre lei sospirava e guardava il soffitto, facendo dei piccoli gemiti di piacere.

“Sarà una dolce tortura.” le promise arrivando a baciarle la vita guardandola, poi si tolse la maglietta e lei continuò a non ricambiare il suo sguardo.

Lui la bloccò ai polsi e cercò il suo sguardo, guardandola fissa negli occhi. Jo respirò affannosamente e riusciva a malapena a sostenere lo sguardo di lui.

Lucifero le sbottonò i jeans e le morse la gola, lei continuò a gemere ed inarcò la schiena.

“Perché vuoi me? Le altre sono o … occupate?” chiese tra i gemiti mentre lui le sfilava lentamente i pantaloni, accarezzandole le cosce.

“Le altre non sono occupate, ma sono meno disponibili di te, Jo.” rispose semplicemente Lucifero sfiorandole le parti intime e lei fece un piccolo gemito.

Le tolse le mutandine e continuò a baciarle la pelle mentre lei si agitava, cercando di respirare normalmente.

Lucifero si tolse i pantaloni ed i boxer tutto insieme ed entrò in lei baciandola con passione.

Quando lo sentì in lei, Jo gemette e si aggrappò d’istinto alle sue spalle. “Brava così, concediti a me.” le disse all’orecchio con voce calda e mordicchiandole il lobo dell’orecchio.

Jo si avvinghiò a lui mentre la baciava passionalmente e si muoveva in lei con voglia.


Intanto, fuori dalla stanza, c’era Brady, che si aggirava per il salone nervoso e stringendo i denti.

Stronzo, sa cosa provo per lei e me la porta via … pensò mentre fissava il portone di metallo in attesa che lei uscisse.

“Brady …” disse una voce vicina a lui. Il demone si voltò e sospirò abbassando lo sguardo. “Meg … Cosa vuoi?” le chiese sedendosi sulla panchina nera e tenne lo sguardo basso.

“Era suo piano sin dall’inizio e lo sapevi. E sapevi anche che non puoi innamorarti di …” iniziò a dire prima che fosse fermata da lui. “Io, io non la amo … Mi sono affezionato a lei e …” le disse non molto sicuro e poi sospirò passandosi una mano fra i capelli.

“Vedi, lo sapevo. Ormai se la sta sbattendo Brady, e diventerà un demone ed una sua concubina così.” gli fece notare fintamente dispiaciuta.

“No!” esclamò lui dando un pugno al muro. “Perché?! Lei era sotto la mia protezione.”  continuò tenendosi le nocche un po’ sanguinanti.

Meg gli prese la mano e gli sfiorò la pelle sospirando. “Brady, non devi farti del male, è sempre stato così Lui e sempre lo sarà. Sai com’è fatto il Capo.” gli ricordò guardandolo negli occhi.

Lui sospirò ancora abbattuto e si risedette sulla panchina, guardando il pavimento. Meg si sedette vicino a lui e gli accarezzò la spalla. Stettero lì, in silenzio senza dir nulla, perché non c’era nulla da dire.


Passò un oretta. Lui era seduto sul letto ad abbottonarsi la camicia.

Jo lo guardava da dietro, restando sotto le coperte cercando di recuperare fiato.

“ Mmmmh ... è da così tanto tempo che non stavo bene dopo un po’ di sesso.” ammise Lucifero facendo scrocchiare il collo.

“Dovrei essere onorata di aver fatto godere il Re dell’Inferno?” domandò lei girandosi su un lato e sospirando stancamente.

Lui inarcò un sopracciglio e si voltò verso di lei sorridendo divertito. “Come vuoi tu, mia piccola demone.” rispose lui guardandola maliziosamente.

Jo si nascose sotto le coperte e deglutì a vuoto.

Lucifero si avvicinò a lei e la scoprì fino alla vita. “Come mai ti nascondi da me?” le domandò accarezzandole la pelle.

“Non, non mi sto nascondendo, ho solamente freddo.” rispose lei rapita dal suo sguardo.

“Capisco. Vuoi che ti scaldi di nuovo?” le chiese leccandole tutto il fianco. Jo gemette, riuscendo a malapena a tenera gli occhi aperti, ma scosse la testa.

Lucifero salì sopra di lei e sorride divertito, accarezzandole il viso con un pugnale, fatto apparire come per magia. Lei guardò la punta della lama deglutì a vuoto, sbarrando gli occhi. Lui finì ad accarezzarle il collo con la punta della lama ricambiando il suo sguardo. “Cosa, cosa vuoi farmi?” gli chiese un po’ spaventata.

“Nulla, mia piccola rosa.” rispose lui incidendole un po’ la pelle in mezzo al petto. Lei fece un gemito, non di dolore, ma di piacere e Lucifero sorrise leccandole il sangue che fuoriusciva dalla ferita infertale.

Jo gonfiò il petto e osservò i gesti di lui, un po’ preoccupata ma anche divertita.

“Vedo che non ti dispiace … Però ora, mia piccola servetta, ti devo chiedere con gentilezza di andare.” le disse all’orecchio con voce profonda, facendola gemere.

Lei annuì e si alzò da letto, scivolando da sotto la morsa di lui e raccolse i suoi vestiti. Lucifero la osservò cambiarsi con sorrisino malizioso. Finito di rivestirsi, si voltò e respirò profondamente ricambiando lo sguardo gelido di lui. Lucifero si alzò e si avvicinò a lei, le sfiorò il viso facendo cadere lo sguardo sulle labbra di Jo. “ Ci vedremo molto presto mi sa.” disse lui sicuro prima di baciarle il collo con voglia e poi le fece cenno di uscire. Jo annuì e si incamminò verso il portone, lo aprì e lasciò che si chiudesse dietro le sue spalle.

Brady, sentendo il tonfo, alzò la testa e guardò Jo. Andò vicino a lei e la fissò negli occhi. “Sei un demone ora, ne sarai felice.” le disse abbassando un po’ lo sguardo.

“Brady, io non volevo diventarlo, ora sarà più difficile per me instaurare un rapporto con Dean.” ammise Jo guardando il demone, che le sembrava arrabbiato e abbattuto.

Lui disse niente e sospirò sfiorandole i capelli. “Perché non dici nulla?” gli domandò non capendo cosa avesse il demone.

“Perché non c’è nulla da dire. Ora che ti sei divertita possiamo passare al lavoro?” le domandò frettolosamente passandole vicino e andando avanti. Jo annuì chinando la testa. Cosa aveva fatto? Perché la trattava così? Eppure non aveva fatto nulla che …

Alzò la testa e guardò il demone allontanarsi con passo nervoso.

“Brady …” sussurrò Jo, poi non disse più niente, sparì ritornando alla sua stanza di motel.

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Capitolo 8
*** The confession ***


Capitolo 8

 

Era al pc. Digitava nomi a caso per cercare qualcosa sul caso che stava seguendo con Dean e Sam, ma non trovava nulla. Sospirò e bevette un sorso di birra.

Guardò l’ora. E’ già così tardi? pensò ritornando con lo sguardo sullo schermo del portatile respirando stancamente e strofinandosi gli occhi.

Brady non si era fatto più sentire, e non ne capiva il motivo. Non riusciva a lavorare con tutti quei pensieri in testa. Decise di smettere e concedersi una pausa.

“Mia piccola rosa.” disse una voce da dietro le sue spalle. Lei saltò sulla sedia e si voltò di colpo. “Tu …” disse Jo sospirando e alzandosi dalla sedia.

“Non sei contenta di vedermi?” le chiese Lucifero mettendosi comodo sul letto e osservando i suoi movimenti.

“No … Devo andare avanti con il caso, se no sarann ...” iniziò a rispondere prima che lui si alzasse e le baciasse il collo. Lei gemette e lo allontanò. “Non posso, non ora.” disse deglutendo a vuoto.

“Ooooh si che puoi invece. Perché lo voglio io.” le fece notare avvicinandola a se prendendola per un fianco. Jo inarcò la schiena quando lui le mise una mano a fine schiena e lo guardò negli occhi. “Vuoi capirlo che non sei tu che controlli me ma il contrario?” le domandò a fior di labbra.

Lei cercò di indietreggiare un po’ e trattenne il respiro.

“D- d- devo cercare delle informazioni sul, sul, sul caso ..” disse poi balbettando e agitandosi un po’.

Lucifero sorrise vedendo la reazione di lei e le sfiorò il viso guardandola negli occhi. “Jo, puoi farlo dopo, quando ti sarai rilassata …” ammise lui baciandole il collo.

“No.” ribadì la ragazza cercando di sgattaiolare dalla braccia di lui ma non vani risultati.

Lui la buttò sul letto e si tolse la camicia. Si mise sopra di lei ed incominciò a baciarla passionalmente.

Non riesco a muovermi … si disse tra sé e sé guardando i muscoli di lui contrarsi e muoversi sulla sua pelle. Lucifero continuava a baciarla, scendendo a leccarle il collo e fece scivolare le mani sotto la maglietta di lei.

Si sentì uno squillo, che interruppe i gemiti di Jo.  Lei fece andare Lucifero su un lato del letto e si alzò, prendendo il cellulare in mano.

“Dean? Oh ciao … No no, sono libera.” disse guardando Lucifero, che intanto sospirò e si rimise la maglietta sbuffando infastidito. “Certamente, arrivò il più presto possibile anche a quest’ora tarda. A dopo.” finì poi chiudendo la chiamata, mise il cellulare nella tasca del giubbotto e se lo mise. “Puoi anche andare ora, devo incontrarmi con i Winchester.” gli disse spegnendo il computer e prendendo con se degli appunti scritti su un blocco note.

Lui sospirò e le andò davanti. “ Tanto verrai tu da me.” le disse prima di baciarle le labbra con passione e poi svanì nel nulla.

Jo si tenne il collo respirando profondamente, poi prese le chiavi della stanza ed uscì.

Prese l’ascensore e diede in custodia la chiave all’uomo dietro il bancone della hall, poi corse fuori dal motel e si diresse al pub dettagli da Dean.

Arrivata lì, entrò e cercò con lo sguardo i due, che erano seduti ad un tavolo vicino alla finestra. Dean le fece cenno e lei lo notò, camminò verso di loro e li salutò.

“Ehi ciao, sei sempre in splendida forma.” ammise il fratello più grande osservando il corpo di Jo.

“Beh grazie, lo so.” disse sedendosi al tavolo con loro e ordinò una birra.

Dean ridacchiò e si schiarì la voce. “Allora, cos’hai trovato su questa cittadina?” si informò bevendo un sorso della sua birra.

“Mmmmh, cose interessanti direi.” rispose Jo porgendogli gli appunti, lui li prese e li studiò per bene.

“Va bene, diciamo che non è poi così tranquilla come città.” ammise passando i fogli a Sam, che li lesse con interesse.

“Già, beh … Voi cosa avete trovato? Oltre a quel finto gruppetto di vampiri intendo.” chiese mentre il cameriere le portò la sua birra e le sorrise prendendola in mano e ne bevve un sorso.

“Mmmmh poco purtroppo, diciamo che non è una città conosciuta per avvenimenti sovrannaturali.” rispose Dean guardando i movimenti di Jo.

“Capisco … Beh iniziamo dalle cose che ho trovato io, studiatevele bene, io mi arrangio da me.” disse finendo di bere la birra e si mise comoda, stiracchiandosi.

Dean la osservò malizioso e bevve un altro sorso di birra.” Mmmh stanotte sei impegnata?” si informò gustandosi il sorso.

“S- stasera? Emh non …” iniziò a dire prima che una voce bisbigliò nella sua mente. “Tutto bene?” le chiese Sam vedendola un po’ preoccupata. Lei annuì e si alzò. “Scusatemi credo che debba andare ora, sto dormendo praticamente in piedi.” disse alzandosi dal tavolo e poi si avvicinò a Dean. “Accetto l’offerta di “dormire insieme” ma sarà per un'altra volta.” gli sussurrò all’orecchio maliziosa. Lui si voltò verso di lei e le diede un bacio sulle labbra, mentre Sam girò il capo e fece finta di avere la tosse. Jo ridacchiò e accarezzò il viso a Dean. Lo salutò con un gesto della mano accennando un sorrisino ed andò a pagare la birra, poi uscì dal pub e sospirò lentamente.

Tornò al motel e si tolse lentamente la giacca. La buttò sul letto e aprì un po’ la finestra.

“Ciao Jo.” disse una voce dietro le sue spalle.

Lei si voltò e vide Brady seduto sul letto che la osservava. “Ciao Brady.” gli disse avvicinandosi a lui. “Non ti sei fatto più vivo, ero preoccupata.” ammise poi sedendosi vicino al demone e lo guardò negli occhi.

Lui abbassò lo sguardo e sospirò abbattuto. “Non so quanto tu potessi esserlo dato che … lascia stare.” disse il demone alzandosi ed andando alla finestra per guardare la luna.

Jo lo guardò dispiaciuta. “Non è colpa mia se devo stare qui sulla Terra.” ammise giocando con una ciocca dei suoi capelli.

“Non è per quello.” disse Brady senza voltarsi.

Jo strizzò gli occhi. “E per cosa allora?” domandò senza capire e aggrottando la fronte.

“Ti ho detto di lasciar perdere.” disse il demone sospirando profondamente.

Lei si alzò di scatto e gli andò dietro. “No, ora me lo dici.” disse decisa prendendolo per un polso facendolo voltare verso di lei.

Brady la guardò negli occhi senza dir nulla.”Odio come ti tratta.” sbottò con tono innervosito pensando a Lucifero.

“Chi?” domandò Jo passandosi una mano sul viso.

“Lui … Quello di cui il tuo corpo puzza del suo odore.” rispose Brady stringendo i denti.

Jo abbassò lo sguardo e sospirò lentamente. “Non posso farci nulla. Ogni volta che provo a fermarlo lui …” inizia a dire ma poi si bloccò.

“Lui …? Lo sai che è Lucifero, il Re dell’Inferno, e che non può amare nessuna vero? Sarai solo una sua puttanella come tutte le altre.” le fece notare duramente.

“Io non lo amo Brady, e poi se fosse perché ti interessa?” chiese Jo puntandogli il dito sul petto.

“Perché mi interessa?! Perché io ti …” cercò di rispondere ma non ce la fece.

“Tu mi …?” domandò per farlo continuare avvicinando il viso verso di lui.

Lui non rispose e la baciò dolcemente, accarezzandole la guancia. Jo sbarrò gli occhi a quel gesto e lo lasciò fare.

Si staccò subito da lei e si prese il viso tra le mani. “S- scusami, non, non dovevo farlo.” disse Brady un po’ imbarazzato scostandosi da davanti a lei e camminò verso la porta.

“Brady …” sussurrò Jo guardandolo allontanarsi. Lui si voltò e la guardò intensamente negli occhi. “Jo, ho capito che tengo molto a te e non voglio che uno stronzo ti faccia fare quello che tu non vuoi. Non mi è mai capito di provare queste cose per qualcuna prima di te e credo che sia importante. Proprio per questo io devo fare una cosa.” le disse con sincerità e con tono deciso prima di sparire.

Lei sospirò e si lasciò andare sul letto, fissò il soffitto mentre si accarezzava le labbra, incredula su quello che era appena successo.

Perché tutte a me? si chiese socchiudendo gli occhi, mentre sprofondava nel  materasso.

Un sospiro, poi più nulla. Si addormentò, sperando che fosse solo un sogno, un sogno da cui voleva svegliarsi.

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Capitolo 9
*** A fiery night ... ***


Capitolo 9

 

Brady comparì davanti al portone di metallo e bussò ripetutamente.

“ Mmmmh scusami tesoro …” disse Lucifero alla demone con cui lo stava facendo, lei sospirò e lo aspettò sdraiata sul letto.

Lui si alzò e andò ad aprire. “ Oooh Brady, qual buon vento ti porta qui?” chiese con tono sarcastico e il demone strinse il pugno. Non posso darti un cazzotto, ma lo vorrei tanto fare … pensò mentre gli faceva la domanda. “Smetti di importunare Jo.” gli disse poi, quasi ringhiando.

“ Ehi ehi … Calmati cowboy, come mai tutto questo interesse per lei?” si informò curioso appoggiandosi alla porta.

“Non te ne frega nulla il perché, non darle più fastidio facendola per forza stare con te e basta.” rispose Brady guardandolo fisso negli occhi in malo modo.

Lucifero rise alle sue parole e fece finta di asciugarsi le lacrime.

Il demone a quel punto non si trattenne più e gli diede un rovescio in viso con rabbia.

Lui barcollò un po’ e si tenette lo zigomo colpito. “Cosa cazzo hai fatto?!” tuonò inferocito buttando al muro Brady, che dopo il colpo sputò sangue a terra e chinò la testa.

“Solo quello che ti meriti, stronzo.” rispose il demone tossendo liquido rosso cercando di liberarsi dalla presa di Lucifero.

Quest’ultimo lo guardò in cagnesco e poi sorrise maleficamente. “Ma guarda un po’, il demone che si innamora della propria allieva umana. Bravo. Ah no scusami, non è più umana ora, l’ho trasformata IO in un demone.” disse sogghignando divertito vedendo l’espressione del viso del demone.

“Io non la amo … Tengo troppo a lei per vedere come la tratti.” disse sputandogli in viso.

Lucifero si pulì schifato e girò un po’ il collo a Brady. “Amico, non è colpa mia se è di mia proprietà e ne posso fare ciò che voglio.” gli disse con tono sarcastico guardandolo negli occhi.

Brady strinse i denti per non far vedere che provava dolore e non disse nulla.

“Fattene una ragione.” disse infine Lucifero lasciandolo cadere a terra, il demone si tenne lo stomaco e sputò ancora sangue. Lo guardò allontanarsi e rientrare nella sua stanza. Sospirò abbattuto. Forse ha ragione, lei non potrà provare le stesse cose che provo io nei suoi confronti per me … pensò mentre cercava di rialzarsi da terra.

Qualcuno gli porse una mano. “Ti rendi solo ridicolo per difenderla Brady.” ammise la voce davanti a lui.

“Meg …” disse lui prendendo la mano di lei ed alzandosi. “Lo so, ma mi da fastidio come la tratta. Lei non è una ragazza come le altre, non è un demone, non è una puttana.” ammise toccandosi il collo per sentire se fosse ancora intero.

Lei sospirò alle parole di lui e scosse la testa. “Brady, non puoi comportarti così: per una cazzata di sei quasi fatto uccidere dal Capo.” gli fece notare accarezzandogli il viso.

Lui la guardò negli occhi e le prese la mano con cui lo accarezzava. “Meg, non capisci.” le disse prima di stringerle la mano e sparire nel nulla.

Meg sospirò e chinò la testa, poi svanì pure lei. Ricomparve nella stanza di motel di Jo.

“Alzati stronza.” le disse con rabbia buttandola giù dal letto. Jo si svegliò per colpa della botta presa cadendo per terra. Si tenne il gomito e guardò la demone. “Chi cazzo sei?!” esclamò spaventata.

“Smetti di far soffrire Brady! Sta da schifo per colpa tua, perché ti scopi il Capo. Ed oggi si è quasi fatto ammazzare per te.” le urlò contro stringendo i denti.

“C- cosa?!” chiese preoccupata sbarrando gli occhi.

“Già …” disse Meg sospirando e si grattò il collo.

Jo si agitò un po’. “Ora dov’è?” domandò poi.

Meg alzò le spalle e la guardò negli occhi. “Spero solo che non stia facendo cazzate.” rispose infine posando lo sguardo sul cielo.

Lei sospirò abbattuta e svanì nel nulla. Ricomparve vicino a Brady, seduto su una panchina. Lui si voltò di poco.

“Brady, io …” iniziò a dire Jo guardandolo. Il demone si alzò e le andò davanti. “ Tu non hai colpa, piccola Jo. E’ colpa mia, che lo odio così tanto per come ti tratta, come se fossi un oggetto.”ammise accarezzandole il viso.

Jo abbassò lo sguardo e lui cercò i suoi occhi, le prese il mento con una mano. “Non mi arrenderò così facilmente: se ora non provi ciò che provo io per te, avanti nel tempo, ti farò cambiare idea.” le promise con tono dolce prima di svanire nel nulla.

“Brady …” disse lei quando il demone se ne andò. Si tenne il collo sospirando e guardò il cielo. Perché è tutto così complicato? si chiese mentre camminava senza una metà per il parco.

“Ehi! Fai … Jo?” chiese Dean dopo la botta che gli diede Jo sulla spalla scontrandosi con lui.

“Ciao Dean.” disse lei mettendogli a posto la giacca.

“Tutto bene?” le domandò vedendola un po’ giù.

Jo annuì e sospirò tenendo lo sguardo basso. Lui alzò un sopracciglio e la fece sedere su una panchina. “Problemi di famiglia? Di cuore?” si informò cercando il suo sguardo. Lei scosse il capo e si voltò verso di lui. Dean la guardò negli occhi, si poteva perdere in quell’azzurro intenso, finì sulle labbra, così carnose e da baciare. Distolse lo sguardo e si grattò la nuca. Lei si avvicinò poco a lui e gli sfiorò il viso. “Problemi di famiglia? Di cuore?” fece la stessa domanda detta da lui ridacchiando.

Dean rise e tornò a guardarla. “Non copiarmi le battute.” le disse fingendo un tono minaccioso.

Jo gli diede una spinta e rise insieme a lui. “Non mi fai paura.” gli fece con espressione torva. “Sicura?” domandò Dean ricambiando lo sguardo con in volto un sorrisino divertito.

Lei si avvicinò al suo viso, guardandolo dritto negli occhi. “Si.” rispose con la esse serpentina.

Dean le diede un bacio accarezzandole una guancia dolcemente. Lei ricambiò il bacio e si sedette a cavalcioni su di lui continuando a baciarlo.

Lui sorrise malizioso e fece scivolare le mani sotto la maglietta di lei accarezzandole la schiena. Lei la inarcò e gemette mordendogli il labbro inferiore.

“Forse è meglio andare da qualche altra parte.” ammise lui gemendo per il morso infertogli da Jo.

Lei annuì toccandogli il petto e lo guardò negli occhi. “ Mmmmh che fisico, signor Winchester.” disse poi mordendogli il collo.

“Vieni.” le disse all’orecchio prendendola per i fianchi, facendola aggrappare a lui, e salirono sull’Impala. La fece sdraiare sui sedili posteriori e riprese a baciarla.

“Bell' auto, complimenti.” disse lei mentre Dean le tolse la maglietta e il reggiseno. Cominciò a baciarle la gola finendo sulla vita.

“ Era di mio padre, è passata in eredità a me. Amo questa piccola.” ammise tra i baci. Lei gemette ed inarcò la schiena sfilandogli la camicia e poi la canottiera.

Gli accarezzò il petto guardandogli i pettorali e armeggiò con la cintura dei jeans di lui. Quando riuscì a slacciargliela, gli tolse i jeans ed i boxer tutto insieme e gli morse il collo. Dean le sbottonò i pantaloni e glieli sfilò accarezzandole le cosce e li buttò davanti, sul parabrezza. Le tolse l’intimo ed entrò in lei dolcemente. Jo gemette ed inarcò la schiena.

Lo fecero per tutta la notte sotto la luce della luna che entrava dai finestrini e risplendeva sulla pallida e bianca pelle di lei.

 

“Buon giorno.” disse Dean vedendo Jo aprire un po’ gli occhi e le diede un bacio dolce sulle labbra. Lei sorrise e ricambiò il bacio.

“Giorno a te.” disse stiracchiandosi e facendo un piccolo sbadiglio.

Dean si mise seduto e si infilò i boxer. “Mmmmh che ore sono?” chiese lei cercando il reggiseno.

Lui guardò l’ora sul cruscotto. “Beh sono le otto. Lo abbiamo fatto per tutta la notte. Sei instancabile eh?”domandò poi ridacchiando mentre la osservava rivestirsi.

“Ti aiuto.” le sussurrò all’orecchio, le diede un bacio sul collo mentre le allacciava il reggiseno. “Grazie.” disse lei rabbrividendo per il bacio datole e si infilò la maglietta.

Dean finì di rivestirsi e si sedette sul sedile avanti, accese il motore.

“Dove ti lascio?” domandò poi guardandola dallo specchietto retrovisore, lei ricambiò lo sguardo e si abbottonò i jeans. “Al mio motel, di fronte al bar nel quale siamo andati giorni fa.” rispose guardandosi al finestrino per sistemarsi un po’.

Lui annuì ed imboccò la strada verso il motel.

Arrivato davanti all’edificio, Jo scese dall’auto e diede un lieve bacio a Dean.

“Grazie per la notte passata.” gli disse con un sorrisino malizioso.

“Grazie a te.” ammise lui guardandola negli occhi e le accarezzò il viso. “Ci sentiamo se vuoi. Una birra stasera?” domandò chiudendo la portiera e affacciandosi al finestrino.

Jo annuì e gli fece l’occhiolino. Dean sgommò via con l’auto e lei sospirò guardando il cielo.

Ora puzzerò di sesso … ammise voltandosi ed entrando nel motel. Andò nella sua stanza e chiuse la porta alle sue spalle, si fece una doccia veloce e si avvolse in un asciugamano. Tornò di là e si buttò sul letto, fissò il soffitto in silenzio e poi s addormentò non avendo neanche voglia di vestirsi.

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Capitolo 10
*** Something is changing ... ***


Capitolo 10

 

Passarono qualche settimane, Jo si stava rilassando nella vasca.

Troppi pensieri. Troppi. Tutto complicato. Tutto... pensò guardando le gocce d’acqua scivolare sulla parete e sospirò, poggiando la testa alla ceramica e si passò una mano sulla gola.

 

Intanto all’Inferno Lucifero si aggirava inquieto per la sua stanza tenendo lo sguardo fisso su un librone posto sul tavolo, centrale alla stanza.

“Come mai così nervoso?” gli domandò Meg comparendo vicino a lui. Quest’ultimo non distolse lo sguardo dal libro e sospirò, continuando a camminare in cerchio tamburellandosi il labbro inferiore con l’indice della mano sinistra.

“Ho scoperto una cosa.” rispose semplicemente fermandosi dal camminare e sospirò di nuovo. Lei non capì e si avvicinò al tavolo. “Cos’è?” domandò cercando di leggere cosa ci fosse scritto su quelle pagine.

“Una profezia, su di me.” le disse grattandosi il collo sbuffando.

“E come mai sei così nervoso?” chiese ancora non capendo la sua preoccupazione.

“Quella cazzo di profezia dice che per sconfiggere Michael nella grande battaglia devo trovare … devo trovare la mia metà.” rispose avvicinandosi al libro e stropicciando le pagine. Meg lo guardò stranita inarcando un sopracciglio.

 “La tua metà?” chiese ridendo, ma si fermò subito vedendo Lucifero fulminarla con lo sguardo. Lei si schiarì la voce ammutolendosi.

“Non ridere, stupida.” disse serio sospirando mentre si sedette sul letto pensieroso.

Meg deglutì a vuoto e gli si avvicinò. “Sei preoccupato perché non sai chi sia la lei?”  chiese poi guardandolo.

“Non sono preoccupato, è che vorrei solamente sapere chi è e basta.” rispose grattandosi il polso un filo assortato nei suoi pensieri.

“Una cosa del genere ti mette così in agitazione?” si informò lei guardando i movimenti di Lucifero.

Lui si alzò e ritornò a camminare per la grande stanza, guardando il soffitto. “Il fatto è che non c’è scritto nulla su come sia fatta o come dovrebbe essere. Un' umana, un demone o che cazzo ne so.” ammise poi alzando le spalle.

“Capisco … Beh tanto la grande battaglia non ha una scadenza, una data. Hai tutto il tempo di …” iniziò a spiegare Meg prima che lui desse un calcio alla gamba del tavolo e lei fece un sobbalzo.

“Non c’è tempo per nulla, scema. Devo trovare questa … questa e farla mia.” disse perdendosi nei suoi pensieri, poi guardò Meg. “Esci, mi sei inutile adesso.” le ordinò con tono rigido. Lei annuì e si congedò, poi scomparve nel nulla.

Lucifero sospirò profondamente e porse ancora lo sguardo sulla pagina in cui il librone era aperto. “Proprio ora dovevi venir fuori eh?” chiese al libro sbuffando.

Continuò a parlare da solo mentre gli altri demoni lo sentivano da fuori sogghignando.

 

Jo finì di rilassarsi e uscì dalla vasca e prese un asciugamano per coprirsi. Sciolse lo chignon e si guardò allo specchio. Sospirò abbassando lo sguardo e si toccò il collo sul morso infertole da Dean la notte prima. Bene, ora questo quanto ci metterà ad andare via? si chiese mentre  ritornava di là e si asciugava i capelli sedendosi sul letto. Osservò il traffico da fuori la finestra, poi si alzò e si cambiò velocemente per non prendere freddo. Si sistemò la maglietta e guardò l’ora. Sospirò e svanì dalla stanza.

 

Un gruppetto di demoni si era riunito poco avanti al portone della stanza del grande Capo per ascoltare il suo delirio.

“Ora parla anche da solo?” chiese Alaistar ridendo.

“Meglio che non ridi tanto, amico.” ammise Crowley sedendosi su una panchina. Guardò il portone della stanza e sospirò. “Ci sarà un motivo per questo, penso o almeno credo.”

“ Mmmmh beh la compagnia non gli manca, se vuole parlare, dovrebbe farlo con qualche demone prima di scoparselo.” suggerì giocando con il suo pugnale.

“ Perché tu parli prima di farlo? Se lo fai ancora …” lo stuzzicò Crowley ridendo sotto i baffi. Alaistar alzò un sopraciglio e lo guardò un cagnesco, lui ricambiò lo sguardo.

“Basta litigare voi due.” disse Azazel guardandoli litigare come due infanti.

Jo comparì all’Inferno e guardò stranita il gruppetto di demoni. “Ooooh guardate chi è arrivata … La mia compagna di giochi.” esclamò Alaistar vedendola apparire e le sorrise. Lei fece una smorfia di disgusto e si avvicinò agli altri. “Che succede? Come mai tanta …” iniziò a chiedere prima di sentire una voce provenire dall’interno della stanza di Lucifero. “Che ha?” domandò facendo un sorrisino di risata.

“Non lo sappiamo. Non so da quanto è là dentro a parlare da solo come un folle.” rispose Crowley guardando Jo. “Qualcuno dovrebbe andare a vedere.” aggiunse poi continuando a guardarla.

Lei strinse le spalle sentendosi osservata da tutti. “Ehi, no, io non ci entro là di nuovo.” ammise indietreggiando un po’.

Loro continuarono a camminare verso di lei e Alaistar sorrise divertito. “ Oh si che ci andrai tu, piccola Jo.” le disse poi prendendola per le spalle e la spinse sino davanti al portone. Lei deglutì a vuoto e osservò l’uscio di metallo. Alaistar tornò vicino agli altri e tutti le puntarono lo sguardo addosso. Quelli sguardi le pungevano quasi la schiena, spingendola sempre di più addosso alla porta. Decise di bussare. La voce fermò di parlare e sentì dei passi avvicinarsi sempre di più, ben scanditi. La porta si aprì davanti ai suoi occhi e si vide davanti Lucifero che la guardava male.

“Sì?” chiese solamente lui dal piccolo spiraglio di porta e fissando i suoi occhi con sguardo gelido.

“Ehm tu … tutti si chiedevano perché parlassi da …” iniziò a chiedere prima che lui la prendesse per un polso e la portasse dentro con sé. “Ma che d … Cos’è?” domandò, riprendendosi dallo spostamento e tenendosi la tempia, notando poi il libro sul tavolo.

“Cose che non ti …” disse Lucifero prima di fermarsi a pensare. “Spogliati.” le ordinò subito dopo guardandola. “C-Cosa?!” chiese Jo voltandosi di colpo. “Io non mi …” cercò di dire prima che lui le baciasse il collo e lei gemette.

“Deve provare una cosa. Se fosse …” iniziò a pensare a voce alta.

”Non, non voglio.” disse lei prima che Lucifero la buttasse sul letto e lei lo guardò iniziando a respirare in modo accelerato.

Lui si tolse i vestiti restando solo in boxer, Jo cercò di scappare ma inciampò nelle lenzuola e cadde a terra. “Vieni qui, bocconcino, non ti farò del male.” le promise abbracciandola da dietro e la strinse così tanto che lei non ebbe quasi più respiro. Lei si morse il labbro e iniziò a piangere silenziosamente. Lucifero le leccò il collo con la punta della lingua guardando le lacrime solcarle il viso e gliene leccò via una. “Non devi piangere, Jo. Sono mai stato violento con te?” le chiese accarezzandole la gola con la punta di un pugnale, preso da sopra il tavolo poco prima.

Lei deglutì a vuoto e sbarrò gli occhi. “No ti prego.” lo supplicò singhiozzando.

“Perché? Non ti eccita un pugnale che scivola sulla tua candida e linda pelle?” le domandò facendole un taglietto sul viso e le levò via il sangue con un bacio.

“N-No ...” rispose Jo cercando di liberarsi dalla presa di lui ma non ci riuscì. Lucifero continuò a procurarle degli taglietti sulla pelle e le tagliò, con un colpo deciso, la maglietta sulla schiena e Jo, d’istinto, la inarcò per non farsi ferire. Lui iniziò a baciargliela mentre con il pugnale le accarezzava la coscia. Lei gemette per i baci e guardava la punta della lama preoccupata avvicinarsi sempre di più a lei. Lucifero, con un taglio netto, le lacerò la pelle sul fianco destro e Jo gemette dal dolore mordendosi il labbro. Lui leccò il sangue dal pugnale e lo gustò. “Mmmmh hai un sangue così dolce, piccola Jo.” ammise inspirando il profumo dei suoi capelli. “Sanno di miele.” aggiunse poi scostandole i capelli dalla nuca e mordendole il trapezio.

Jo sbarrò gli occhi quando lui la morse e cercò di dargli una spinta per scappare, ma lui a fermò e la strinse tra le sue possenti braccia.

“Tu non vai da nessuna parte, ora.” le sussurrò all’orecchio scostandole i capelli dal viso e baciandole il collo. 

Jo rabbrividì e socchiuse gli occhi. Lui le sfilò i resti della maglietta facendola rimanere solo in reggiseno e fece passare la punta della lama fredda sulla pancia di lei tenendola per la gola. Lei continuava a piangere silenziosamente mentre lui continuava a torturarla.

 

Brady comparì tra il gruppetto di demoni e li guardò. “Cosa succede?” chiese vedendo la folla guardare il portone di metallo.

“ Non lo sappiamo: il Capo ha preso Jo per un braccio e l’ha trascinata dentro.” rispose Crowley alzando le spalle.

Il demone strinse i denti e i pugni, guardando la porta con profonda gelosia.

Jo, devo liberarti da quel mostro. pensò continuando a fissare con lo sguardo l’uscio di metallo che lo separava dall’unica ragazza che riuscì a fargli provare un sentimento a lui sconosciuto, l’amore.

 

Era passata un ora, Jo era sul letto piena di tagli e mezza nuda che guardava un punto vuoto del muro e stava con le braccia aperte respirando lentamente, mentre lui era seduto al tavolo e leggere e a giocherellare con il pugnale, lo stesso con cui infierì sul corpo di lei.

Lei cercò di alzarsi ma non aveva le forze. Lo guardava da lontano, lui era di spalle e non diceva una parola. Jo tremava come una foglia e si guardava le ferite sui polsi e sulle braccia tossendo, poi chiuse lentamente gli occhi. Lucifero si voltò di poco e sospirò.

“Hai freddo?” le chiese alzandosi e andandole vicino, poi le sfiorò la pelle e vedette che era più pallida del solito. Le toccò la fronte e la ritrasse subito.”Scotta.” disse facendo apparire subito un piumone e coprendola bene. Si sedette sul letto e la guardò. “Matt …” sussurrò lei nel sonno delirando per la febbre, si agitava e quasi si scoprì dalle lenzuola.

“Matt?” si chiese lui continuando ad osservarla sgrovigliarsi dalle coperte.

“Matt … Ti prego … Non lasciarmi …” continuò a ripetere lei agitandosi sempre di più, Lucifero la bloccò per i polsi mettendosi su di lei e la studiò, avvicinando il suo viso a quello di lei, senza secondi fini.

Chi è questo Matt? pensò poggiando le labbra su una guancia di lei guardando le sue palpebre ancora chiuse. Lei si fermò un po’ dall’agitarsi e respirò profondamente. Lui restò sopra di lei e le accarezzò la gola dolcemente. “Calma Jo.” le sussurrò poi all’orecchio lentamente. Lei si calmò del tutto e aprì poco gli occhi, fece un sobbalzo vedendo Lucifero su di lei e fece una smorfia di pianto. “No basta ti …” cercò di dire prima di svenire. Lui accennò un sorriso e le diede un bacio sulla fronte, la avvolse nelle coperte e la prese in braccio come se fosse una bimba, le sfiorò il viso con un gesto delicato e la guardò. Sospirò e poi aprì il portone.

“Brady.” disse solamente con voce imperiosa.

Lui, con malavoglia, scattò sull’attenti e guardò ad occhi spalancati Jo tra le braccia di lui, strinse il pugno e si avvicinò a Lucifero senza fare mosse avventate.

“Portala alla sua stanza di motel e curala.” gli ordinò senza muovere un solo muscolo facciale. Lui annuì e prese Jo dalle sue braccia. La guardò e sospirò abbattuto, poi sentì il portone chiudersi ed alzò lo sguardo.

Svanì sotto gli occhi degli altri demoni e comparve nella stanza di lei. La adagiò sul letto e prese uno straccio bagnato e una bacinella di acqua. Iniziò la lavarle le ferite dal sangue sospirando profondamente e la guardava dormire con sguardo perso.

Come farò a salvarti da lui, piccola Jo? si chiese Brady finendo di pulirla e disinfettarla, la fasciò con delle garze e le rimboccò le coperte. Le diede un bacio sulla fronte chiudendo gli occhi e sospirò, poi svanì nel nulla.

Lei aprì un po’ gli occhi. “Lucifero …” disse mettendosi seduta e guardandosi intorno, capì che non si trovava all’Inferno e sospirò. Si guardò il corpo tutto fasciato e si chiuse a riccio poggiando la fronte sulle ginocchia. Perché mi deve far questo? si chiese mentre fuori tutta taceva. Stranamente.

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Capitolo 11
*** Secrets that are revealed ... ***


Capitolo 11

 

Un'altra settimana, passata a letto per le ferite sul corpo.

Era sotto le coperte. Le 5 del mattino. Non era riuscita a dormire per il dolore. L’aveva ferita con l’argento. Bastardo. Si guardava la mano, tutta fasciata di bianco. Sospirò e si mise su un lato guardando fuori dalla finestra.

“Jo.” disse una voce alle sue spalle. Lei si voltò spaventata. “Dean?” chiese stupita.

Lui annuì e la guardò. “Era aperto e sono entrato, scusa. Ero preoccupato perché non ti sei fatta più viva. Come …” iniziò a chiedere prima di notare le fasciature.

“Cos’hai fatto?” le domandò scoprendola un po’ e accarezzandole la pelle dolcemente.

“Una caccia. Grossa. Mi sono distratta e mi hanno ferita.” rispose semplicemente sospirando profondamente e facendo una piccola smorfia di dolore.

“Capisco. Mi spiace. Posso vedere le ferite?” chiese scostandole i capelli dalla spalla.

“No, sono quasi guarite tanto, fa nulla Dean.” rispose Jo accennando un sorriso. “Ma tu come mai così mattiniero?” gli domandò ricoprendosi fino alla punta del naso e guardandolo con la coda dell’occhio.

“ Mmmh ieri io e Sam non siamo andati a caccia e allora questa notte ho dormito un po’ di più, dopo tanto tempo.” rispose accarezzandole una guancia e abbozzando un sorriso. “Quanto devi stare a riposo?” si informò coricandosi vicino a lei e dandole un piccolo bacio sul braccio.

Ma che ha questo ora? Come mai così dolce? pensò Jo mentre lui le faceva la domanda, scosse la testa e si schiarì la voce. “Emh, non ne ho idea veramente …” ammise con voce ancora un po’ roca.

“Capisco …. Vuoi che ti faccia compagnia? “ le domandò guardando la sua pelle coperta da quelle fasciature, orrende fasciature.

Lei scosse il capo e sospirò profondamente. “No grazie …” rispose alzandosi da letto e andando in bagno, lasciò la porta socchiusa e si sedette sullo sgabello.

Dean restò sdraiato sul letto e fischiettò per un po’, mentre lei iniziava a sfasciarsi la pelle sospirando.

“Emh, posso portarti qualcosa per colazione?” domandò lui guardando il soffitto.

“Io non faccio mai colazione, quindi niente grazie.” rispose lei sospirando ancora di più, non sapeva perché ma non gradiva la sua presenza … Finì di sfasciarsi la parte superiore del corpo e si mise in piedi, guardandosi allo specchio. Fece scivolare le mani sulle cicatrici, prima sui polsi, poi sulle braccia, infine alla gola. Chiuse per un secondo gli occhi e si ricordò di quando Lucifero le tagliò la gola col pugnale e li riaprì, provando quasi dolore alla visione di quella scena. Deglutì a vuoto e fissò lo specchio in un punto vuoto. Si sfasciò pure la parte inferiore e si buttò sotto la doccia, accese l’acqua fredda e alzò la testa, così che si bagnasse tutto il viso. Tirò un profondo sospiro e aprì un po’ gli occhi, per vedere l’acqua cadere come piombo caldo sulla sua pelle. Tenne gli occhi socchiusi e bevve un po’ di acqua, poi si passò le mani sul corpo e si strinse nelle spalle sentendo freddo, un freddo penetrante.

Dean iniziò a preoccuparsi e decise di alzarsi, andò vicino alla porta del bagno e bussò piano. “Ehi, tutto a posto?” chiese non facendo notare il filo di preoccupazione nel tono di voce.

Lei si affacciò dalla cabina della doccia. “Si tutto bene.” finse chiudendo l’acqua e strizzando i capelli, poi prese un asciugamano velocemente e si avvolse dentro esso rabbrividendo.

Stette un po’ lì, in piedi, in mezzo al bagno. Si guardò di nuovo il corpo pieno di cicatrici e fece un lungo respiro, poi tornò in camera da letto e si scontrò con Dean.

“Scusami, non volevo spiarti. Sicura di stare bene Jo?” le domandò conferma sfiorandole il viso, lei annuì e andò verso l’armadio. Aprì un anta e ci frugò dentro, trovò una camicia tutta stropicciata blu, una canottiera nera e un paio di jeans stretti. Prese il tutto e l’intimo, poi tornò in bagno ed uscì cambiata.

“Ho cambiato idea, andiamo a fare colazione dai.” disse abbozzando un sorriso e prendendolo a braccetto. Dean sorrise e le aprì la porta, lei uscì prendendo le chiavi della stanza e oltrepassò l’uscio seguita da lui, che chiuse la porta alle sue spalle.

Uscirono dal motel e si diressero verso il bar vicino. Entrarono e si sedettero ad un tavolo a due, uno di fronte all’altra.

Dean ordinò due caffè neri stretti e porse lo sguardo sugli occhi di lei. “Come stai? Almeno una chiamata dopo quella notte potevi farmela.” ammise sincero giocherellando con un tovagliolo.

“Scusami … E’ che …” iniziò a dire ma fu interrotta dal cameriere che portò le due tazze di caffè ordinate, lei accennò un sorriso al ragazzo e poi strinse con poca forza la tazza con le due mani e sospirò.

“ E’ che …?“ domandò lui bevendo un sorso del suo caffè e guardando i suoi movimenti. Jo fece un altro sospiro e si tenne il collo con una mano. “ Dire che me ne sono dimenticata sarebbe di cattivo gusto e direi una bugia. Ti volevo chiamare, veramente, ma mi sono trovata in un casino e non volevo coinvolgere nessuno, soprattutto persone a cui tengo.” continuò soffiando sul caffè e guardando le piccole ondine che si formavano e si andavano ad infrangere sui lati della tazza.

“Che problemi? Forse io e Sam possiamo aiutarti.” disse lui osservandola, mentre bevve un altro sorso di caffè.

Jo scosse la testa. “Non credo, è da anni che sono nei casini per colpa di mia madre quindi …” confessò lei, per poi portare una mano davanti alle labbra essendosi scottata dopo aver cercato di bere un sorso di caffè.

“Non capisco cosa tu stia dicendo. Cosa centra tua madre?” si informò appoggiando i gomiti sul tavolo e guardandola fisso negli occhi.

Jo sospirò amareggiata e bevve un sorso dalla sua tazza, poi la posò sul tavolo e ricambiò lo sguardo di lui. “Non l’ho mai detto a nessuno ma, ma mia madre vendette la mia anima e il mio corpo ad un demone.” ammise con voce bassa.

“Cosa?! E come fai a camminare tra i …” iniziò a dire lui prima di alzarsi e guardarla con fronte aggrottata. “Tu sei un fottuto demone!” arrivò alla conclusione stringendo i denti.

“Dean, non, non è così io …” cercò di spiegare prima che lui la guardasse con rabbia e prese la giacca, per poi andare al bancone a pagare il caffè. “Vuoi fermarti?!” gli disse seguendolo ed uscendo con lui dal bar.

“Perché dovrei fermarmi?! Tu sei un cazzo di demone, io credevo in te … Iniziavo a provare qualcosa per te … Mi sbaglio sempre con le ragazze …” ammise con alzando le braccia furioso e si incamminò verso l’auto.

“Iniziavi a … a provare qualcosa per me?” chiese stupita fermandosi dal camminare e guardandolo aprire la portiera dell’auto.

“Si! E mi capita poche volte … Appena ti ho visto devo ammettere che ti credevo una come tante, ma tutti quei piccoli gesti che facevi mentre parlavi, quando cacciavamo insieme, ecco ho capito che mi mancavano in queste settimane in cui non ci siamo visti.”  confessò Dean con il cuore in mano e restò di spalle, pronto ad entrare in auto e pieno di rabbia dentro per la confessione della ragazza.

“Dean … Io, io non volevo farti del male. Anche, anche io provo qualcosa per te ma …” iniziò a dire Jo avvicinandosi poco a lui ma si fermò appena lui si voltò e la guardò fisso negli occhi.

“Ma …?” chiese poi lui tenendo la portiera aperta aspettando una risposta.

“ Ma non credevo che il mio essere demone ti … ti potesse …” non finì per colpa del botto della portiera dell’Impala. “Non mi potesse cosa Jo?! Io caccio quelli come te … Questo è stato tutto un piano … Per chi lavori eh?! Per Crowley? Certo … Quello stronzo …” pensò a voce alta accendendo il motore e allacciandosi la cintura.

“Dean, io, io non lavoro per ness …” cercò di spiegargli ma senza buoni risultati.

“Meglio che non ci vediamo più, perché la prossima volta che i miei occhi incontreranno i tuoi, sarà la tua fine.” promise con voce potente sgommando via con l’auto, senza meta.

Jo si morse il labbro per non piangere e si strinse il petto, chinò la testa abbattuta e tornò in motel. Una fitta al cuore. Quelle parole di lui, dritte al cuore come una lama d’argento che le oltrepassava la carne e le squarciava il cuore in due, per poi finire con il colpo di grazia, una bella girata di lama all’interno della ferita. Ecco. Si sentiva così. E tutto per colpa di quell’essere, che tanto odiava e tanto … amava? No. Non era amore quello che provava per lui, era … Cos’era?

I suoi pensieri vennero interrotti da una voce. Non sapeva di chi fosse.

“Il Grande Capo è arrabbiato, ragazzina.” disse il demone apparendo nella stanza.

Jo si voltò appena sospirando e annuì. Ora che vorrà quello? si chiese immaginando cosa volesse farle. Scomparirono insieme per poi comparire all’Inferno, davanti al portone di metallo. Lei lo squadrò con lo sguardo ed aprì lentamente un’anta, per poi entrare e chiuderla alle sue spalle.

Era tutto buio. Aveva un  brutto presentimento. Fece due passi avanti e cadde in una fossa. Gemette per il dolore e si tenne il braccio. Si era slogata una caviglia, o almeno credeva fosse così. Cercò di alzarsi ma una grata le impediva di uscire.

“Che cazzo succede?” chiese a chiunque ci fosse lì fuori tenendo la grata con una mano e cercando di guardare fuori.

“Sei fottuta stronzetta.” disse una voce di donna con un ghigno alquanto odioso.

“Meg …” disse Jo percuotendo la grata. “Fammi uscire.” le ordinò stringendo i denti.

“E disubbidire al Grande Capo come hai fatto tu? Ma manco morta carina …” rispose lei incrociando le braccia sul petto e guardandola dall’alto al basso.

Jo la guardò male e continuò a percuotere la grata. “Sembri una scimmia allo zoo, scema, smettila di agitarti come un babbuino in calore e goditi lo spettacolo in prima persona.” disse Meg facendo un risatina malefica per poi sparire. La grata si aprì e lei sgattaiolò fuori. Si guardò intorno e poi sentì dei passi, ma non di persone, più che altro di … Un ringhio. A quel verso Jo si preoccupò ed iniziò a corre, verso dove non lo sapeva, ma sapeva che doveva correre. Respirava affannosamente, quella stanza sembrava non finire. Inciampò in qualcosa e cadde a terra, rantolò e cercò di andare avanti quando sentì la camicia e la maglietta squarciarsi. Sentì un qualcosa penetrarle la pelle e lei cacciò un urlo, un urlo che poteva spaccare i timpani. 

Graffò il terreno quasi rompendosi le unghie e si morse il labbro per il dolore che stava provando. Un altro artiglio, ecco cos’ erano: artigli. Le lacerarono tutta la schiena, mentre le lacrime le solcavano le guance. Strusciava per terra cercando di scappare prima che un'altra zampata le strappasse via altra pelle.

“Ti basta?!” tuonò una voce davanti a lei. Lei alzò di poco la testa e i suoi occhi si incontrarono con quei due pezzi di ghiaccio. Quei due pezzi di ghiaccio che la fissavano con rabbia.

“Io …” disse con le lacrime le gocciolavano a terra e creavano chiazze miste tra sangue e acqua.

“Verrai sbranata dai mastini infernali, come giusto sia.” ammise con voce imperiosa Lucifero guardandola dall’alto della sua altezza. 

“Basta Lucifero!” urlò una voce in lontananza. Lui alzò lo sguardo e vide Brady acquietare i due mastini inferociti.

“Tu! Non darmi ordini!” disse Lucifero sbattendo il demone al muro e quest’ultimo sputò sangue e lo guardò male. “Jo …” rantolò poi guardando la ragazza a terra senza sensi. “Perché le fai questo stronzo?!” gli chiese con rabbia nella voce.

“Perché è quello che merita. Ha fatto capire ai Winchester di essere un demone e di lavorare per noi.” rispose Lucifero dando un calcio al corpo di Jo, che si girò su un lato. Brady cercò di ribellarsi al potere di lui ma non ci riuscì, e dovette guardare le atrocità compiute sul corpo della ragazza amata.

Lucifero prese Jo dai capelli e la mise su una sua spalla. “Lei è di mia proprietà, fattelo entrare in quella tua cazzo testa di demone di basso rango.” gli fece notare prima di scomparire e ricomparire nella stanza di motel di Jo.

La buttò sul letto e andò nel bagno vicino. Jo rimase lì sul letto inerme.

Lucifero tornò con garze e fasce e la bottiglia di disinfettante. Si sedette vicino a lei e la guardò sospirando. Perché lo faccio dico io …  pensò lui mentre bagnava uno straccio con il disinfettante e glielo passava sulla pelle lacerata.

La sfiorò delicatamente, la sentì gemere e avvicinò al suo viso, sentì il suo respiro sulla sua pelle e un qualcosa gli scattò dentro. Non riusciva a capire cosa, doveva continuare a picchiarla per quello che fece ed invece … Nulla. Riuscì solamente ed accarezzarle la guancia con dolcezza. Non voleva più farle del male. Non ci riusciva. E questo lo preoccupava. Molto.

Si alzò subito e si schiacciò con la schiena all’armadio.

Oddio che mi sta succedendo? si chiese tenendosi sull’anta del mobile e guardando Jo ancora svenuta che giaceva sul letto senza muovere muscolo.

Si agitò un po’ e poi svanì nel nulla. Lei dopo qualche ora si riprese e si svegliò in una stanza di ospedale. Guardò la luce bianca del lampadario e sospirò, cercò di alzarsi ma non ce la fece, troppo dolore le provocavano le ferite. Tenne le labbra socchiuse e fissò la luce accecante. Fuori c’erano delle persone che parlavano. Chissà di cosa … Di lei? Non lo sapeva. Sapeva solo che non voleva star lì dentro. Odiava gli ospedali. Voltò la testa su un lato e guardò fuori dalla finestra. Pioveva. Un altro sospiro e poi più nulla. Silenzio. Cos’è successo? fu l’ultimo suo pensiero prima di addormentarsi. E dormì tanto … Troppo.

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Capitolo 12
*** Call from Heaven ... ***


Capitolo 12

 

Immagini confuse e senza senso. Dolore. E poi la luce bianca.

Le sue palpebre si riaprirono all’improvviso. Si mise seduta, con le ferite che macchiavano ancora le bende. Respirò lentamente e si guardò intorno. Era in uno ospedale. Perché? Cos’era successo? Non lo ricordava. Ricordava solamente l’Impala sgommare via sull’asfalto e lei che tornava al motel. Poi una faccia. E basta.

Si alzò dal lettino e si trascinò fino alla porta, guardò il corridoio vuoto. Fece due passi e si dovette sostenere al muro, era ancora stanca ma voleva capire come fosse arrivata lì. Camminò senza meta, fino a quando non arrivò all’entrata dell’ospedale.

“Signorina! Non può alzarsi nelle condizioni che …” cercò di dire una infermiera prima che Jo la uccidesse con un piccolo gesto della mano. Uscì fuori dall’ospedale e guardò il cielo deglutendo a vuoto. Comparsero due uomini davanti a lei e quest’ultima si spaventò.

“Tu vieni con noi.” disse uno dei due fissandola negli occhi. Lei cercò di indietreggiare per scappare via ma venne bloccata dall’altro uomo, alto e scuro di carnagione.

“Chi siete?!” domandò lei provando dolore per la presa dell’uomo alto al suo polso.

“Messaggeri del Signore.” rispose quello con gli occhi color cielo.

“Mess …” iniziò a dire Jo prima che l’uomo alto la buttasse addosso all’altro uomo. “Zitta scimmia donna! Non ti è permesso parlare.” le disse l’uomo alto con voce potente. “Andiamo Castiel.” suggerì poi all’uomo con gli occhi azzurri, quest’ultimo annuì e svanirono nel nulla.

Quando Jo riaprì gli occhi, si trovò distesa a terra in una stanza bianca. Aveva una forte emicrania e le ferite, non ancora totalmente cicatrizzate, le procuravano un dolore tale da quasi farla svenire, di nuovo.

Cercò di alzarsi, ma invano. Cedette alla tentazione di restare sdraiata a terra, con il sangue che ricominciava a macchiare di rosso porpora le fasciature.

Un uomo la guardava dall’alto senza dir nulla.

“Aiuto …” rantolò lei alzando poco la testa per vedere in faccia l’uomo che la fissava senza muovere un solo muscolo.

Lui si chinò col corpo vicino a lei e ruotò la testa su un lato, continuando a fissarla. “Perché mai dovrei? Ti abbiamo portata qui per ucciderti.” ammise con voce inquietamente pacata.

“Co - Cosa?!” esclamò lei facendo un movimento brusco così che si riaprì la ferita sul torace, che iniziò a sanguinare molto.

“Ti abbiamo portata qui per ucciderti perché …” cercò di spiegare prima che comparisse un altro uomo affianco a lui.

“Castiel, non dare spiegazione ad una insulsa demone.” disse il nuovo uomo senza guardare le condizioni della povera Jo. Le diede un calcio che la fece ribaltare e lei sputò sangue.

Castiel annuì agli ordini e guardò il sangue della giovane formare una chiazza rossa sul pavimento bianco lindo.

Lei strisciò un po’ per terra e poi si fermò stremata. Delle lacrime fini cominciarono a scivolare sul suo viso pallido e le bagnarono le labbra, già sporche di rosso sangue.

“Legala con le catene.” ordinò l’uomo prima di sparire senza aggiungere altro. Lui non esitò e prese Jo per i polsi e la appoggiò al muro, le strinse i polsi con delle catene di argento e lei iniziò ad urlare per il dolore. Castiel fece una smorfia sentendola gridare fino a restare senza voce e la azzittì, legandole alla bocca una benda. “Mordi quanto vuoi.” le disse con voce bassa mentre le legava stretto il fazzoletto dietro la nuca. Lei si agitò e gli diede una testa in mezzo al petto, che lo fece barcollare un po’. La guardò senza dir nulla. Eppure non credevo potesse essere così la sua … i pensieri di Castiel furono interrotti da una entrata. Si voltò e vide la donna avvicinarsi.

 “Allora? Questa stronzetta come sta?” chiese la donna con un ghigno, mentre Jo mordeva lo straccio che le impediva di urlare per la sofferenza procuratole dalla catene imbevute di acqua santa.

“Come vedi. Soffre.” rispose semplicemente Castiel guardando la donna. “Cosa ci fai Anna?” le chiese poi voltando il corpo verso lei.

“Mi ha mandato Michael. Voleva vedere se tu avessi fatto il lavoro e non ti fossi perso, dato che in questo periodo lo fai spesso.” ammise Anna avvicinandosi alla ragazza. “Ma ciao occhi d’angelo.” disse a Jo con tono sarcastico prendendole il mento con una mano e scuotendole il viso. Lei fece quasi un ringhio gemendo per il dolore. Anna rise divertita e le diede uno schiaffo. Lei sputò sangue  sullo stracciò e il sangue le colò da una cavità nasale. “Ti ho fatto male?” chiese a Jo ma non capì la risposta. “Non capisco, parla più forte.” la istigò ridacchiando e tirandole i capelli. Lei fece per morderle la mano ma, dato la banda che le fermava la bocca, non potette ed Anna rise ancora di più.

“Fai proprio pena.” disse la donna prima di allontanarsi poco da lei. “La torturerà Zaccaria, tu puoi andare Cass.” aggiunse poi guardando l’angelo, che era rimasto lì in piedi senza dir parole a guardare il dolore della ragazza. Annuì all’affermazione di Anna e sospirò, passandosi una mano sul viso. Poi sparì nel nulla.

 

“Heeeat of the moment … Na na na na na na! Heat of the moment …” si sentiva cantare da sotto la doccia.

Dean sbuffò e mise la testa sotto il cuscino per non sentire lo strazio cantato da Sam. Si tolse il cuscino da sopra la testa sospirando, prima di vedersi il viso di Castiel davanti al naso. “C-Cass!Brutto co …” iniziò a dire mettendosi una mano sul petto, poi respirò lentamente e lo guardò. “Cosa c’è?” chiese poi alzandosi dal letto e mettendosi i jeans dandogli le spalle.

“Emh, forse abbiamo trovato la tua amica.” rispose Cass osservandolo.

“La mia amica?” domandò con tono sarcastico. “Chi sarebbe?” chiese tirandosi su la cerniera dei jeans facendo un saltino.

“Jo.” rispose semplicemente l’angelo mettendo le mani nelle tasche del cappotto.

Dean a quelle parole e si passò una mano sui capelli. Poi si voltò. “Non è più mia amica, anzi, è sempre stata una stronza.” ammise poi socchiudendo gli occhi ricordando quella ragazza che, anche se gli aveva mentito, non riusciva ad odiare, e non ne capiva il perché. Sospirò profondamente e rialzò lo sguardo.

“Capisco … Però lo sapevi che è importante?” gli chiese Cass sedendosi sulla sponda del letto guardandosi intorno.

“Importante? In che senso?” si informò lui mettendosi la maglietta e cercando la camicia nel casino della stanza.

“Nel senso che è così importante che Lui si scomoderà per ucciderla, dopo averla fatta torturare.” confessò Castiel guardando i movimenti di lui.

Sbarrò gli occhi alla confessione dell’angelo, mentre si infilava la camicia. Era preoccupato, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Infondo a lei ci teneva, molto, anche se non gli sembrava più la stessa ragazza che aveva conosciuto quel giorno al bar. Si ricordò il suo sorriso e gli venne di ridacchiare dolcemente, poi scosse la testa per cancellare quel pensiero. Un altro sospiro. Più lungo.

“Saaaam! Esci da quella doccia e basta cantare gli Asia.” gli urlò guardando la porta del bagno. Il fratello uscì e si avvolse in un asciugamano, si asciugò e si vestì velocemente. “Calmati Dean! Che … Cass? Come mai qua?” gli domandò asciugandosi i capelli con un altro asciugamano ed uscendo dal bagno.

“Informazioni.” rispose Dean prima che Cass potesse parlare, e quest’ultimo chiuse la bocca sospirando.

Sam annuì e buttò l’asciugamano sul suo letto, poi si mise una camicia pulita e guardò i due. “Io vado a prendere due caffè, ci vediamo.” disse prima di uscire dalla porta della stanza.

Dean si avvicinò a Cass e lo guardò. “Dove si trova ora lei?” chiese mettendosi la giacca di pelle. L’angelo sospirò e ricambiò lo sguardo. “Probabilmente sarà …”

 

Un urlo. Atroce. Che poteva spaccare il cuore e i timpani in due.

Sangue che colava sul muro e sulla sua pelle chiara. Lo sguardo spento, il viso e il morale distrutti. Non aveva più forze. Neanche di gridare il dolore che provava.

“ Bene bene … Allora, un ultimo tango dolcezza?” le domandò Zaccaria ridacchiando divertito e infilzandola con un pugnale d’argento. Il liquido rosso porpora scendeva e colava dalle sue labbra fino a terra, con il ritmo lento e regolare. Non aveva più voce, aveva urlato troppo. Non riusciva nemmeno a scuotere la testa.

“Non mi rispondi? Peccato … Avrei ballato volentieri con te …” ammise accarezzandole i capelli per poi tirarglieli e guardarla negli occhi. Lei sembrava che neanche lo guardasse, una patina di sofferenza offuscava i suoi occhi color cielo primaverile. Zaccaria sbuffò e lasciò andare la testa di lei facendola sbattere contro il muro. “Credevo resistessi di più, mi deludi …” le disse guardandola in viso, quel viso ormai sfigurato dai tagli e ripetute botte. Sospirò e mise via il pugnale d’argento, sistemò i suoi attrezzi di tortura e tornò a guardarla. Si avvicinò al suo orecchio e si schiarì la voce. “Non ti verrà a prendere nessuno stasera al ballo …” disse come una cantilena e poi ridacchiò tra sé e sé. Si allontanò da lei e uscì dalla porta cigolante.

Silenzio. Di nuovo. Pensava a quanto tempo potesse passare prima che un altro fottuto angelo venisse a torturarla. Per l’ennesima volta.

 

“Cosa, cosa cosa?!” esclamò Brady alla notizia.

“Non scaldarti tanto Brady, non ne puoi nulla tu … Non riuscirai mai a salvarle il suo bel culetto di ex umana.” ammise Meg incrociando le braccia sul petto e sospirando vedendo il demone camminare nervoso per la stanza.

“Si invece che posso! Non sottovalutarmi così tanto …” le suggerì fulminandola con lo sguardo. Lei sospirò e si sedette sulla panchina. “E cosa vorresti fare, tu, cavaliere dalla lucida corazza?” domandò lei sogghignando.

“Io … mi inventerò qualcosa pur di salvarla. Tu non puoi capire Meg. Lei è …” iniziò a dire prima che lei scoppiasse a ridere, forse un po’ troppo esageratamente.

“Lei è cosa Brady? Una stupida ex umana che non sa neanche liberarsi di un cacciatore da due soldi … Doveva ucciderlo, la prima volta che lo ebbe visto e basta. Un lavoro semplice e pulito, ma no! Lei va a complicare il tutto facendo innamorare quel pirla di sé e il piano salta. Se il Capo non andasse a simpatia, quel lavoro sarebbe aspettato a me!” si lamentò lei con tono abbastanza irritato.

“Dillo che sei gelosa di lei Meg, e tutto si risolve … Sei invidiosa di lei perché si è scopata il Capo al posto tuo.” la istigò Brady guardandola negli occhi come per sfidarla. Meg alzò un sopracciglio quasi oltraggiata e sempre più irritata.

“Tu brutto …” iniziò a dire prima di essere interrotta dall’entrata di Lucifero. Si mise subito in piedi e tenne la testa chinata in segno di rispetto.

“Di cosa parlavate?” chiese guardandoli con fare un po’ sospetto.

“Di nulla mio sig …” cercò di rispondere Meg prima di essere interrotta da Brady. “In realtà stavamo parlando del fatto che Jo è stata catturata da due angeli del suo avversario, signore, e che probabilmente ora sta MORENDO!” spiegò il demone con tono alterato alla fine della frase.

“Non alzare il tono con me.” disse Lucifero prendendolo per la gola e stringendo la presa, ma fortunatamente lo fermò Meg. Lui allentò la presa e fece sbattere Brady al muro con il pensiero. Quest’ultimo cadde e si tenette il braccio. Guardò Lucifero con odio e sospirò. “Da quando l’hanno presa?” chiese poi a Meg con tono tranquillo aprendo e chiudendo la mano con cui quasi soffocò il demone.

“Emh non ne ho idea. La notizia l’abbiamo avuta pochi minuti fa da un demone di basso rango, signore.” rispose Meg con tono rispettoso.

Lucifero sospirò e guardò un punto vuoto della stanza. Quella notizia. Forse non aveva sbattuto Brady al muro per come gli aveva parlato, ma forse per la notizia stessa e gli venne una rabbia dentro sentendo la parola “MORENDO”. Stava realmente morendo? Il demone non avrebbe mai mentito su una cosa del genere dato che a lei ci teneva. Ma lui? Teneva anche lui a Jo?

Si massaggiò una tempia a quei pensieri, mentre gli altri due demoni avevano iniziato a discutere su quanto Meg fosse invidiosa eccetera eccetera.

“BASTA!” tuonò innervosito e con tono imperioso. Gli altri due smisero di litigare e Meg sospirò. “Potete andare.” disse prima di tornare dentro alla sua stanza, chiudendo con un grande tonfo il portone di metallo.

Brady guardò l’uscio chiudersi e digrignò i denti. “Quello stronzo non farà nulla per lei, ma io si.” giurò prima di sparire nel nulla.

“Stupido.” disse solamente lei sedendosi affranta sulla panchina. Poi fissò il portone senza dir parola. Lui invece farà qualcosa, ma lei non se lo merita … pensò rannicchiandosi sulla panchina e appoggiando la fronte sulle ginocchia. Un sospirò e poi più nulla. Ancora silenzio.

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Capitolo 13
*** The trap ... ***


Capitolo 13

 

“Si potrebbe fare …” ammise l’angelo tamburellandosi il labbro inferiore con l’indice.

“ Mmmmh dici? Non penso siano così stupidi …” disse Anna guardando fuori dalla finestra della casa abbandonata in cui si trovavano.

“Ah! Tu hai mai sentito parlare di cacciatori astuti e furbi?” chiese Uriel ridendo divertito e guardando la donna dai rossi capelli.

Anna ridacchiò e si voltò. “Cass, non fare così. Ce ne saranno altri cacciatori con cui giocherellare. Fai in bel sorriso.” gli disse poi facendo un sorriso finto.

L’angelo sospirò e la guardò negli occhi. Non disse nulla e si sedette sulla poltroncina lì vicino. “Sei sempre così depresso Cass, dovresti sfogarti un po’.” ammise lei osservando i suoi gesti. Lui alzò un sopracciglio stranito e scosse la testa sospirando.

“Non faremo nulla di male al tuo cacciatore. Faremo solamente avverare la profezia e basta.” aggiunse sedendosi sul davanzale della finestra e accavallando le gambe.

“Appunto. Solamente.” ripeté Castiel passandosi una mano sul viso.

Anna sbuffò e lo guardò senza dir nulla. L’angelo si alzò e osservò i due. Poi svanì.

“Allora, cosa facciamo?” chiese Uriel porgendo lo sguardo su Anna. Quest’ultima alzò le spalle. “Credo che dobbiamo chiedere consenso a Zaccaria.” rispose poi scostandosi una ciocca di capelli dal viso.

Uriel annuì e sospirò. “Ci sarà da divertirsi.” furono le sue ultime parole prima di scomparire insieme ad Anna nel nulla.

 

“Casa impestata da fantasmi.” disse Sam indicando una riga dell’articolo del quotidiano mentre assaporava il suo caffè.

Dean sospirò e guardò fuori dalla vetrata. “Questa è la quinta, Sammy, la quinta che dovremo a vistare. Le altre non erano infestate, per te questa si?” chiese girando il caffè con il cucchiaino.

Il fratello lo guardò con un sopracciglio inarcato e bevve un sorso di caffè. “Dean, abbiamo sempre fatto così. Cos’hai?” gli domandò continuando ad osservarlo.

Lui voltò il capo e i suoi occhi incontrarono quelli di Sam. Sospirò di nuovo. “Nulla, ieri ho dormito male, scusa.” mentì abbozzando un sorriso forzato. Non poteva dire che era in pensiero per Jo dopo la notizia appresa da Cass. No. Non le avrebbe dato questa soddisfazione. Però stava male dentro per quello che le giurò. Sbatté il pugno sul tavolo e Sam fece un sobbalzo. “Ehi ma sei scemo?!” chiese poi il fratello pulendo gli schizzi di caffè con un tovagliolo dal legno del tavolo. “Tu stai male … Ma tanto.” aggiunse scuotendo la testa amareggiato. Dean bevve tutto di un colpo il caffè e andò alla cassa. “Oh, adesso dove vai?!” gli domandò alzandosi di scatto e seguendolo. Dean pagò il conto ed uscì dal bar, seguito da Sam che sembrava fosse la sua ombra. Salì in macchina senza dire una parola. “Dov’è sta casa?” decise finalmente di parlare guardando il fratello senza muovere un solo muscolo facciale.

Sam sospirò e gli indicò un indirizzo sul giornale, lui si allacciò la cintura e accese il motore, con il suo tipico rombo di moto.

Dopo una mezz’oretta di viaggio arrivarono davanti alla suddetta casa e scesero uno dopo l’altro dall’auto. Dean squadrò la casa con espressione sospetta e fece due passi avanti. “Mmmmh c’è troppo silenzio.” ammise Sam arrivando alla porta e aprendola lentamente. Un cigolio alquanto fastidioso e ambiguo. Un passo oltre la soglia e si guardò intorno. “Il pavimento sembra abbastanza reggere.” disse al fratello che intanto prese due fucili carichi di proiettili al sale. Tolse la sicura e entrò anche lui. Appena fatti altri due soli passi la porta si chiuse di colpo alle loro spalle e i due si guardarono negli occhi, tornarono a camminare con il fucile pronto a sparare. Passi attenti e sguardo sveglio.

“Ma salve …” disse una voce dietro a loro, si voltarono di colpo e …

“Tu chi diavolo sei?” chiese Dean guardando la donna dai rossi capelli. “ E tu …” aggiunse puntando Zaccaria con lo sguardo.

“Ben trovati cari ragazzi, bisogna fare le presentazioni qui: Anna loro sono i Winchester e cari Winchester lei è Anna, nostra obbediente servitrice.” li presentò con un sorrisino in viso falso, poi tornò serio e guardò i due ragazzi. “Ora passiamo al lavoro. Anna.” disse poi facendole un cenno, lei annuì e buttò Jo, ovviamente svenuta, legata con catene di argento imbevute in acqua santa.

Dean sgranò gli occhi a quella immagine. “Stronzi cosa le avete fatto?!” urlò contro ai due con rabbia.

“Noi? Noi niente. L’abbiamo trattata come si meritava.” rispose Zaccaria tirando una catena legata al collo della ragazza così che tirasse su la testa per far vedere in che condizioni fosse il suo viso. Dean guardò i tagli e le botte inferte sulla faccia di lei e guardò con odio i due angeli. “Voi …” iniziò a dire prima che Jo tossì sangue e respirò a malapena intravedendo due figure davanti a lei. “A …” cercò di dire prima che Anna le desse un calcio sulla schiena che le fece sbattere il viso sul pavimento di legno, quasi sfondarlo.

“Non toccarla!” ringhiò Dean puntandole il fucile alla tempia, anche se sapeva non potesse servire a nulla.

“Ehi, moschettiere, calmati … Sai che tanto non servirebbe a niente. Quindi calmati.” disse la donna dai rossi capelli guardandolo fisso negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo e abbassò il fucile. Sospirò e porse lo sguardo su Jo.

“Potresti aiutare la tua amichetta caro ragazzo.” ammise di botto Zaccaria rompendo il silenzio di quella stanza. A quelle parole il cacciatore portò lo sguardo sul viso dell’angelo. “Come?” domandò secco.

“Facciamo un patto: la tua amichetta sarà salva se tu concederai a Michael di prendere le tue vesti al Gran Ballo.” rispose Zaccaria sogghignando.

“C-cosa?” chiese Sam non capendo. “Come cosa Sammy? Anche tu serviresti a Lucifero …” ammise l’angelo con tono ovvio. Lui alzò un sopracciglio e guardò il fratello. Quest’ultimo sospirò e tenne lo sguardo fisso su Zaccaria. “Cosa vuoi dire con ciò?” si informò non riuscendo a capire cosa volesse intendere.

“Cosa voglio dire? Che siete I tramiti … I prescelti ragazzi e tu, mio caro Dean, sei Il tramite di Michael.” spiegò l’angelo tirando Jo a se con la catena e facendola alzare in piedi. “Ma a Lucifero potrebbe bastare un'altra cosa …” aggiunse asciugando una goccia di sangue dalla tempia di Jo.

“In che senso non …” iniziò a dire Sam prima che comparissero due demoni dietro di loro. “Lasciatela andare!” gridò uno di essi.

“Ooooh ma guarda chi si vede … I servetti di Lucifero. La volete indietro vero?” chiese Zaccaria percuotendo Jo la quale non dava segno di resistenza.

“Lasciala andare.” ripeté Brady, mentre Meg puntò con lo sguardo Anna.

“E se non lo facessi?” domandò l’angelo ridacchiando sbattendo Jo al muro.

“Lasciala andare Zaccaria.” disse una voce da dietro di lui. “Cass?! Cosa diavolo dici?” chiese prima di ritrovarsi a terra. Guardò il fratello stupito. “Ti stai mettendo contro nostro Padre! Ci ucciderà tutti idiota così!” gli disse senza che Cass lo ascoltasse, facendo finta di niente. Prese imbraccio Jo e la porse a Dean, guardato male da Brady. “Non è finita Cass.” disse Zaccaria prima di scomparire insieme ad Anna.

“Cass ma …” iniziò a dire Dean, l’angelo scosse il capo e sospirò. “Non chiedetemi perché l’ho fatto … Eri preoccupato per lei ed ecco, ora puoi fare quel …” cercò di dire prima di essere interrotto da Brady.

“Ehi! Lei appartiene a noi! Appartiene a …” disse prima di sospirare profondamente e guardare Jo tra le braccia di Cass.

“Appartiene a Lucifero.” finì l’angelo per lui e guardò i due Winchester. “A Lucifero?” chiese Dean non capendo. L’angelo annuì e sospirò. A quelle parole a Brady cadette il mondo addosso. Lo sapeva che il suo amore non poteva essere ricambiato ma … Faceva male lo stesso … Sentire che lei appartenesse ad un altro era … era …

“Non ci cedo. Non può essere! Perché?” chiese Dean dando un pugno al muro incazzato nero. “Mi spiace Dean ma è così …” potette dire lui solamente sospirando amareggiato.

“Ora datela a noi, ci prenderemo cura noi di lei.” disse Meg prendendola dalla braccia dell’angelo.

“Ehi ehi ehi un attimo … No, la prendiamo NOI.” disse Dean tenendosi le nocche della mano con cui aveva sferrato il pugno alla parete.

“Lei appartiene all’Inferno ora. Non potete curarla.” ammise Meg guardando i tre.

Sam guardò il fratello e sospirò vedendo come stesse. “Purtroppo ha ragione, Dean, mi spiace.” aggiunse Cass guardando il corpo inerme di Jo.

Dean sospirò, mentre le sue spalle cedettero e guardò fuori dalla finestra. “E sia. Ma voglio vederla quando starà meglio.” ammise accarezzandole i capelli dolcemente.

Meg annuì e guardò Brady prima di sparire nel nulla, il demone si avvicinò a Dean e lo guardò negli occhi. “Non sarà mai sua, MAI.” gli giurò prima di sparire anche lui.

Dean diede un calcio alla gamba del tavolino e strinse i pugni. “Cazzo!” esclamò uscendo fuori dalla casa. Sam lo seguì con lo sguardo e poi guardò Cass. “Non si può fare nulla per questo?” gli chiese sentendo il fratello la portiera dell’auto. L’angelo scosse la testa amareggiato e sospirò. Sam chinò lo sguardo e poi andò sulla porta. “Tu ora che farai? Hai tradito i tuoi fratelli.” ammise il cacciatore. Castiel alzò le spalle. “Perché non vieni con noi?” gli domandò mettendo la sicura al fucile.

“Non lo so, ora non posso.” disse prima di scomparire nel nulla. Sam inarcò un sopracciglio e fece spallucce, poi raggiunse il fratello in macchina e tornarono al motel.

 

I due demoni comparirono all’Inferno e Meg guardò Brady.

“Portala dove sai.” gli disse porgendogli Jo, lui la prese tra le braccia e la strinse a sé. Il demone guardò la scena. “Brady, se non la porti subito potrebbe morire.” ammise poi. Lui annuì e si incamminò verso una stanza poco lontano dal punto in cui furono apparsi. Aprì la porta e adagiò Jo su un letto coperto da un velo nero. Si sedette vicino a lei e le tolse le pesanti catene. “Cosa ti hanno fatto piccola mia.” Bisbigliò mentre sfilava una ad una le catene attorno al corpo di lei. Respirava lentamente, molto lentamente, ma almeno era viva. Dopo le catene, tolse degli spilli dalla sua pelle color porcellana. Lei ad ogni singolo spillo emetteva dei gemiti, fini e silenziosi.

Brady prese una ciotola con dell’acqua e uno straccio, iniziò a lavarle la pelle con cura e delicatezza. Le passò il viso dolcemente e le scostò i capelli dagli occhi. Jo li aprì, vide il viso del demone e abbozzò un piccolo sorriso. “Ciao piccola Jo.” le dice lui sorridendole mentre le passava lo straccio sul petto. Lei rabbrividì e cercò di muoversi. “No stai ferma, ti devo curare.” le disse mettendole una mano sulla spalla e lei si sdraiò di nuovo. Brady prese un boccetta con un olio dentro ed iniziò a versarglielo sul corpo nudo. Lei tenne le labbra socchiuse ed osservò i movimenti del demone, anche se guardava ancora sfocato. Tossì e si tenne la pancia.

“Dove sono? A casa spero.” riuscì a dire con il fiato corto e lentamente.  

“Se ormai l’Infero è diventata la tua casa, sì.” rispose lui guardandola in viso, quel suo viso così perfetto ma pieno di piaghe per colpa degli angeli.

Lei voltò il viso e poggiò la guancia sul morbido cuscino, facendo una smorfia di dolore. “Cos’è successo?” chiese poi a fatica.

Brady guardò i suoi gesti e finì di oliarle il corpo, si alzò e prese un velo rosso scuro e la avvolse in esso.  “Sei stata rapita dagli angeli per non so quale motivo.” mentì sospirando e porse lo sguardo altrove. Lei strinse le spalle e guardò il demone. Cos’ha? si chiese mettendosi in ginocchio sul letto e passandosi una mano sul viso sentendo i tagli.

“Ora è meglio che tu riposa. Passerò più tardi a controllare che le ferite si siano rigenerate. Fai buon riposo piccola Jo.” le disse dandole un bacio dolce sulla fronte e accarezzandole i capelli. Jo lo guardò con occhi da cerbiatta e poi lo fermò per un polso prima che lui se ne andasse. “Brady …” sussurrò con un filo di voce stringendogli il polso. Lui sospirò e si voltò per guardarla negli occhi. “Jo non posso.” le rispose anche se non gli porse alcuna domanda e uscì dalla stanza.

Lei si rannicchiò sul letto e guardò la porta. “Resta con me …” disse al vuoto chiudendo gli occhi. Poi più nulla. Di nuovo silenzio.

 

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Capitolo 14
*** The strange confession ... ***


Capitolo 14

 

Passò una settimana in quella stanza, senza uscire né alzarsi dal letto. Restava solo lì, rannicchiata a guardare la parete nera senza dir parola.

“Mi sto preoccupando. Possibile che non voglia uscire da lì?” chiese Brady girando per la stanza nervoso.

“E’ diventata peggio di una droga per te quella ragazza.” ammise Crowley standosene appoggiato al muro mentre sorseggiava un po’ di vecchio scotch.

Il demone sospirò a quella affermazione e fissò la porta senza riuscire a stare fermo. Crowley guardò il soffitto e scosse la testa. “Tu diventerai pazzo per lei, ma sai che non sarà mai tua.”gli disse poi bevendo un sorso del drink.

Brady lo fulminò con lo sguardo anche se sapeva che aveva ragione. Sospirò e le gambe cedettero facendolo sedere su una panchina e continuò a fissare la porta.

All’improvviso la porta si aprì lentamente e loro porsero lo sguardo sulla sottile apertura. Un piede pallido varcò la soglia e la porta si aprì del tutto.

Brady sorrise vedendo Jo uscire dalla stanza e le andò incontro. “Come, come stai?” le chiese sfiorandole i capelli mentre la guardava negli occhi.

Lei alzò le spalle e sospirò. “Migliorata diciamo.” disse lei guardando Crowley restarsene indifferente e sorseggiare il suo drink.

“Ne sono felice.” ammise prima che il portone di metallo si aprisse e ne uscì una figura umana. Si chiuse con un tonfo.

“Brady, Crowley. Invece di stare qui a far nulla, preparatevi.” ordinò con voce imperiosa Lucifero avvicinandosi a Jo. Loro annuirono e il demone si allontanò dalla ragazza anche se con malavoglia. Dopo di che scomparirono nel nulla.

Jo deglutì a vuoto e guardò gli occhi color ghiaccio di lui e tenne il velo rosso scuro per non farlo cadere a terra.

“Hai ancora paura di me?” le chiese con tono pacato fissandola negli occhi.

“Non ho paura di te. Io, io ti odio.” ammise lei indietreggiando un po’ da lui.

Odio? Perché? Cosa aveva fatto per farsi odiare da lei?

Si passò una mano sulla guancia e continuò ad osservarla senza dir nulla.

“Tutto quello che mi è successo è stato colpa tua. Io, io odio te, odio questo posto … Solo Brady mi capisce un po’.” continuò chinando lo sguardo e pensando a ciò che aveva passato nell’ultimo periodo.

Lui si innervosì non poco a quella affermazione e si avvicinò a lei costringendola al muro. “Perché mi odi?” le chiese quasi a fior di labbra.

Lei deglutì a vuoto e sentì il cuore impazzire. Si stava agitando e non ne capiva il motivo. Lo odiava, quindi dovrebbe farle ribrezzo, e invece … Sentire il respiro di lui sulle sue labbra la … la eccitava e non doveva essere così. No.

“I- io …” iniziò a rispondere porgendo lo sguardo altrove delle labbra di lui e cercò di respirare lentamente. “Tu, tu mi hai torturato ripetutamente, traendo godimento da ciò. Ti basta?” gli chiese con voce fine cercando di sgattaiolare via, ma non ci riuscì oppure non lo volle veramente.

Lucifero sospirò e chinò lo sguardo. Una fitta al cuore ebbe quando sentì le parole di lei. Peggio di una lama. Non aveva mai provato una sensazione simile. Mai.

Lui si allontanò da lei e si voltò di spalle, per poi camminare verso il portone di metallo. “Lucifero …” sussurrò lei guardandolo andare via. Lui si voltò e il suo sguardo incontrò gli occhi di Jo.

“Non uscire da lì, mai più.” disse infine lui prima di chiudere la porta alle sue spalle.

Jo si strinse il petto con una mano e rientrò in quella stanzetta buia, si buttò sul letto e piagnucolò nel cuscino.

 

“Lui è più nervoso del solito, vero?” chiese conferma Anna standosene seduta sulla seggiola bianca vicino al muro e guardò Uriel.

“Già … Quello sporco traditore …” disse lui stringendo il pugno ripensando a ciò che fece Castiel.

“Si è fatto troppo rincitrullire da quei due cacciatori. Ha pure liberato la prigioniera. Michael sarà incazzato nero.” ammise lei incrociando le braccia sul petto e sospirando. Uriel la guardò e poi porse lo sguardo sul portone di legno bianco.

“Quindi quel giorno si sta avvicinando, eh?” domandò poi respirando profondamente.

“Così sembra. Hai fatto tutto quello che desideravi?” si informò lei ridacchiando.

L’angelo la guardò con un mezzo sorriso in voltò e ridacchiò insieme ad Anna. “Mmmmh, no. Tu?” chiese curioso di una possibile risposta di lei.

“Io? Neanche io. Ho sempre avuto un sogno quando ero umana ma non l’ho mai realizzato.” ammise malinconica ricordando i suoi giorni da umana.

“Ah sì? Quale?” chiese lui guardandola e sedendosi di fronte a lei.

Lei scosse la testa e sospirò. “Nulla di ché.” rispose semplicemente portando lo sguardo sull’uscio bianco e non disse più nulla.

Da quella stanza uscì un uomo.

“Allora?” chiese Uriel all’uomo dai biondi capelli e dallo sguardo vivace.

“Allora?! Ragazzi, preparatevi, truccatevi e ripassate la parte che tra un po’ si va in scena.” rispose lui facendo l’occhiolino ad Anna, che si alzò e gli andò vicino.

“Quindi è veramente …?” iniziò a chiedere prima che l’uomo annuisse. “Già fratelli miei.” rispose ancora alzando le spalle. Anna sospirò rammaricata e guardò Uriel.

Quest’ultimo sparì senza dir parola.

“Hai paura Anna?” le chiese l’altro angelo accarezzandole i capelli. Lei scosse la testa e lo guardò negli occhi. “So che vinceremo, Gabriel, dobbiamo vincere. Lo convinceremo e poi sappiamo che lei non farà mai ciò che dice la profezia.” confessò lei avvicinandosi ancora di più a l’angelo. “Ne sei così sicura?” chiese conferma Gabriel cingendole i fianchi. Lei annuì e gli diede un bacio. “Andiamo?” domandò lei maliziosa indicando una porta. Lui annuì con un sorriso divertito e la trascinò dentro la stanza.

 

Lei mi odia, lei mi odia, LEI MI ODIA! pensava mentre camminava per la stanza inquieto e stringendo i pugni. Si fermò vicino alla sponda del letto e si morse il labbro.

“Mio signore …” disse Meg accarezzandogli la schiena, però a lui diede fastidio e si allontanò da lei.

“Adesso no.” le disse riprendendo a camminare e fissando il portone in cerca di qualche segno. Lei sbuffò e restò seduta sul letto. Perché la vuoi così tanto? Perché tutti così la vogliono così tanto? si chiese infastidita dall’indifferenza di Lucifero nei suoi confronti. Eppure aveva sempre detto che la voleva, che la voleva più di tutte. Lei era solo con indosso le mutandine e lo fissava sospirando profondamente.

Decise di rivestirsi e continuò a fissarlo sperando che le dicesse qualcosa che la facesse fermare … ma nulla. Quando fu vestita, andò vicino al portone e lo guardò negli occhi. “Vedo che non ne hai voglia quindi me ne vado. Troverò qualcuno più disponibile.” ammise uscendo dalla stanza e lui rimase a camminare.

Basta, doveva dirglielo. Sentiva come un peso sul cuore e fin ché non le avrebbe parlato, non poteva esserne libero. Varcò la soglia del portone e si diresse alla porta della piccola stanza buia e aprì la porta di colpo.

Lei era stesa sul letto, che si era addormentata a forza di piagnucolare  nel cuscino, ma lui non se ne accorse. Si sedette vicino a lei e le accarezzò i capelli. Da cosa poteva cominciare? Lui non aveva mai fatto una confessione del genere.

“Io … Io mi sono comportato da bastardo con te, è vero. Anzi, diciamo pure da gran bastardo: ti ho torturato fino a quasi toglierti i sensi, ti ho …” iniziò a dire prima di fare un bel sospiro, poi continuò. “Ma ho capito che ho sbagliato ed ora me ne sono pentito. E’, è successo qualcosa in me che non riesco a spiegarmi.”

Si sdraiò vicino a lei e riprese a parlare. “Il tuo nome popola i miei pensieri e più ti guardo e più … più mi viene voglia di baciarti.” ammise scostandole una ciocca di capelli dal viso. Vide una lacrima scivolare come una goccia di rugiada su una foglia e gliela asciugò con un dolce bacio sulla pelle chiara.

“Anche se stai riposando volevo solamente dirti questo.” si avvicinò al suo orecchio e le sfiorò il viso dolcemente. “Perdonami per tutto il dolore che ti ho fatto passare e …” la fece voltare a viso in su e si mise sopra di lei, poggiò le sue labbra su quelle della ragazza e la guardò dormire. “ … mi hai stregato e non capisco come tu abbia fatto. Saranno stati i tuoi occhi color cielo, saranno stati i tuoi capelli così splendenti come diamanti, sarà stata la tua pelle, bianca come la neve … o le tue labbra, morbide e di sapor di rosa.” le disse a fior di labbra e le accarezzò una guancia.

“Mi sono innamorato di te, piccola fragile Jo. “ confessò infine prima di darle un dolce bacio.

“Brady …” sussurrò lei nel sonno muovendosi un po’ sotto il lenzuolo.

Lui digrignò i denti e si alzò da sopra di lei. Diede un pugno alla porta ed uscì dalla stanza.

Jo si svegliò di colpo e si toccò le labbra, sentendo un sapore di …

Si alzò con il velo addosso e guardò fuori dalla porta. Nel sonno aveva sentito una voce ma … Di chi era la voce? Che fosse …?

Una botta alla nuca, secca. “Lui non potrà mai essere tuo … Lui è MIO!” esclamò una voce e diventò buio. Di nuovo. Ancora una volta.

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Capitolo 15
*** The end of everything ... ***


Capitolo 15

 

Gli aveva giurato di non fare cazzate, ma ormai era deciso. Doveva farlo.

Con la scusa che aveva trovato un caso, era partito con l’Impala verso un edificio vicino ad un boschetto. Fermò il motore poco distante al tronco di un albero secolare e scese dall’auto.

“Vieni fuori!” gridò al cielo stringendo un pugno. Lo avrebbe fatto solo per lei.

Zaccaria comparì e sorrise divertito vedendo il cacciatore. “Oooh … Chi si vede.” disse facendo una risatina e mettendosi a posto la giacca.

“Senti, non voglio fare giochetti. So ciò che vuoi e te lo darò.” disse Dean tutto di un fiato guardandolo.

L’angelo fu sorpreso dalle parole del ragazzo e lo guardò interessato. “Quindi …?” iniziò a chiedere prima di essere interrotto. “Sì, sì e sì. Volevi questo no? Io voglio Jo e Michael voleva il mio corpo per vincere l’Apocalisse, quindi sì!” esclamò Dean quasi come se si fosse tolto un peso di dosso.

“Finalmente! Hai ceduto dopo così poco tempo. Credevo fossi più resistente, Dean.” ammise l’angelo sogghignando prima che una luce bianco puro irradiasse il corpo del cacciatore.

“Sto così stretto in questo minuscolo corpo.” Disse Michael stiracchiandosi e facendo scrocchiare il collo fissando Zaccaria. “Mio Signore, ora che ha il suo tramite vuole …?” cercò di chiedere prima che si ritrovasse a terra con una ferita enorme sul petto. “Idiota! Ti sei fatto sfuggire la Sua sposa!” tuonò con sguardo arrabbiato.

“Ma si –signore noi …” iniziò a spiegare ma Michael gli bloccò la gola con il piede e lo fissò negli occhi. “Niente ma!” urlò con tono imperioso e Zaccaria deglutì a vuoto.

Anna apparse accanto ai due e fece un inchino regale. “Mio Signore, stranamente qualcuno ha riportato la prigioniera da noi.” gli comunicò tenendo la testa bassa in segno di rispetto.

Lui annuì e diede un calcio a Zaccaria. Quest’ultimo tossì e poi a fatica si rialzò prendendo fiato.

“Andiamo Anna.” disse Michael prima di sparire insieme all’angelo e Zaccaria sospirò e strinse un pugno.  “Dannato, io gli lecco il culo e cosa ricevo? Botte.” pensò a voce alta prima di scomparire anche lui.

 

Era di nuovo legata. Le catene le stringevano i polsi e le vene. E la gola. Respirava a malapena. Non aveva più lacrime da versare.

“Di nuovo qui?” chiese Uriel ridendo davanti a Jo. Lei digrignò i denti e lo guardò con odio. “ Oooh, non fare così. Ormai sei di casa.” ammise lui facendo un sorrisino.

In quel momento apparsero gli altri due angeli e Jo strabuzzò gli occhi vedendo Dean. “L’hai legata bene?” chiese Anna ad Uriel guardandolo. Lui annuì e Jo si dimenò un po’.

“Dean …” sussurrò lei guardando Michael avvicinarsi a lei. “Dean?” disse lui prima di scoppiare a ridere. “Io non sono il tuo cacciatore, io sono Michael ora.” aggiunse guardandola negli occhi in modo intenso.

“Cosa volete da me?” domandò lei deglutendo a vuoto.

“Cosa vogliamo da te … Bella domanda … Peccato tu sia solo la nostra esca per un fine più alto.” la informò sfiorandole il viso con un sorrisino malefico sul volto.

Jo non riusciva quasi più a respirare per le catene troppo strette sulla gola e girò gli occhi quasi sul punto di svenire.

All’improvviso si spalancò la porta ed un angelo entrò di corsa. “Nostro Signore, i demoni stanno attaccando le nostre difese!” informò tutti in preda al panico.

“Dannazione. Andate!” ordinò Michael ai due angeli facendo gesto con la mano, loro annuirono e sparirono nel nulla.

Erano venuti a salvarla? Ma chi? E perché poi? Non ci stava capendo più nulla di quella storia … ed ora era spaventata.

“Jo …” sussurrò una voce nella sua testa. Lei cercò di resistere ma ormai le catene erano troppo strette, non riusciva più a respirare regolarmente e ormai l’acqua santa stava facendo il suo effetto.

“Jo devi resistere … Deve compiersi il tuo destino …” continuò a dire la voce ma lei la sentiva sempre più distante.

“Chi sei?” riuscì a dire con un filo di voce, l’ultimo rimastole.

“Non riconosci più la mia voce, sorellina?” le chiese comparendole davanti.

“M- Matt …” disse lei mentre delle lacrime sottili scivolavano sulle sue pallide guance.

Il fratello sorrise e si avvicinò a lei. “Sorellina mia, in che condizioni ti hanno ridotta i miei ormai lontani fratelli?” le domandò asciugandole le lacrime.

“I, i tuoi fratelli? Tu allora eri …” iniziò a dire prima di essere fermata dallo stesso Matt. “Già … Diventai un angelo dopo la mia morte. La mia anima era pura e venni scelto come angelo. Per te invece, piccola Jo, il tuo destino fu diverso: era destinata ad esserlo.” ammise lui stando sul misterioso.

“Essere cosa?” domandò mentre lui sciolse le catene e lei finalmente riuscì a respirare.

“Essere La Sua sposa.” rispose Matt guardandola negli occhi.

“La sua …” cercò di chiedere prima che lui le si avvicinasse e le mise una mano sulla fronte. Scomparirono nel nulla.

 

Alle porte del Paradiso era (scusate il gioco di parole) un Inferno.

Chiazze di sangue, corpi a terra. Il fuoco accerchiava ormai i pochi restanti angeli in vita. “Voi! Immonde creature!” esclamò Gabriel uccidendo un altro demone e si pulì dal sangue. Anna gli parò le spalle da un altro demone ma venne ferita ad una gamba e cadde a terra. “Anna!” disse lui voltandosi verso di lei, cercò di curarle la ferita ma venne gettato sul portone, ormai quasi distrutto del tutto, e si accasciò a terra. “Dov’è lei?!” chiese urlando contro all’arcangelo guardandolo con rabbia.

“Non te lo dirò mai traditore! La tua sposa verrà uccisa e Michael ti giustizierà, come venne scritto dai nostri avi!” rispose Gabriel sputando sangue e digrignando i denti.

Lucifero si avventò su di lui e lo prese per la gola, sbattendolo al portone.

“Fratello …” disse Lucifero stringendo la presa alla gola dell’arcangelo.

“Tu non sei mio fratello da secoli ormai!” sbottò lui cercando di liberarsi.

Lui lo guardò con odio e lo fece volare dall’altra parte della barricata di difesa e spalancò le porte del Paradiso. “Morirai per mano di Michael stronzo!” furono le ultime parole di Gabriel prima di svenire.

Lucifero continuò a camminare fino ad arrivare alle porte della stanza di Michael. Le buttò giù con un solo sguardo ma, prima di poter fare mosse avventate, venne spedito al muro dallo stesso Michael, che lo guardava con un sorriso divertito.

“Sorpresa caro mio: ora sono in piene mie forze.” gli fece notare stringendogli la gola con il solo pensiero.

Lui cercò di respirare e guardò con odio Michael. Proprio mentre lui volle dare il colpo di grazia, apparse Brady, che si mise in mezzo ai due e ricevette lui la pugnalata al cuore e sbarrò gli occhi.

In quel momento comparirono Jo e Matt nella stessa stanza ed assistettero alla scena. “Bradyyyyy!!!” urlò lei vedendo il demone accasciarsi a terra come una foglia in autunno. Gli andò vicino e guardò negli occhi Michael con disprezzo mentre delle lacrime cominciarono a colare sul suo pallido viso.

“Tu …” iniziò a dire prima che Brady allungasse una mano verso il suo viso. “Jo … Era il mio destino morire in battaglia. Non … non voglio che tu sia triste e non voglio vederti …” disse prima di tossire e tenersi il petto pugnalato. “Non parlare Brady …” dice Jo accarezzandogli una guancia e tirando su con il naso.

“Piccola Jo … Prima che … prima che muoia puoi farmi un favore?” le chiese con un filo di voce e deglutendo a vuoto ormai quasi sul punto di morire. Lei annuì e lo guardò negli occhi, spenti, con l’ultimo spiraglio di vita. Brady si avvicinò al viso di Jo e le diede un bacio dolce sulle labbra, poi fece un ultimo respiro.

Morì, con un sorriso in volto, tra le braccia dell’amata.

Jo scoppiò a piangere e diede un bacio sulla fronte al corpo senza vita del demone e poi alzò il capo incontrando lo sguardo di Michael.

“Dopo questo bel teatrino ora puoi morire anche tu, sposa di Lucifero.” disse l’angelo  facendo volare Jo al muro e lei curvò la schiena per lo schianto e tossì sangue. “Jo!” esclamò Lucifero guardandola e poi si voltò verso Michel. Quest’ultimo sorrise divertito e ricambiò lo sguardo di Lucifero.

“Non osare più picchiare la mia sposa, stronzo!” tuonò con tono imperioso e sguardo arrabbiato. “Ah, se no cosa mi fai?”domandò Michael ridendo sfacciatamente.

Lucifero, a quella frase, si liberò dalla presa di potere di Michael e lo infilzò con una mano. Sentiva in lui una forza mai provato prima.

Lo tenne per non farlo cadere e lo guardò negli occhi. “Ti è piaciuto eh, fratellino?” gli chiese con un ghigno divertito. Lui tenne la bocca aperta e il sangue cominciò a colare dalle sue labbra. Lucifero rigirò la mano nella ferita e Michael sputò sangue e trattenne il respiro spalancando gli occhi e guardò il fratello.

“Le tue ultime parole?” gli chiese come un sussurro ricambiando lo sguardo. “T- ti …” non riuscì a finire che la vita gli venne portata via dalla mano della morte. Lucifero lo fece cadere a terra e Jo scese dal muro non essendo più sotto il potere di Michael. Ma non toccò terra grazie allo stesso Lucifero, che la prese imbraccio e la guardò intensamente negli occhi.

“Lucifero …” disse lei tenendo le labbra socchiuse e lui le mise l’indice davanti alle labbra. “Non parlare.” la scongiurò lui prima di darle un dolce bacio. Lei ricambiò lo e chiuse gli occhi.

Dopo il bacio, lei stette vicino al viso di lui e lo fissò. “Quello … Quello che mi ha parlato nel sonno eri …” iniziò a chiedere prima che lui facesse un sorriso e annuisse.

Lei sorrise dolcemente. “Però hai, hai detto che io sono la Tua Sposa … Cosa vuol dire?” gli domandò lei mentre Lucifero le accarezzava delicatamente una guancia.

Lui diede una occhiata altrove e poi sospirò non sapendo come spiegare. “Una, una profezia.” le rispose grattandosi la nuca.

Lei aggrottò la fronte non capendo. “Una profezia? E che …” cercò di chiedere prima di essere interrotta da lui. “Questa profezia dice che … Cum imbres et flumina sanguis erit, rex inferni pars dimidia invenies et in aeternum manebit animas una.” le spiegò giocando con una ciocca di capelli di lei. Jo, però, si mise a ridere. “Perché ridi?” le domandò lui con un mezzo sorriso in viso.

Lei smise e lo guardò strabuzzando gli occhi. “Che lingua era? Mi puoi decifrare?” gli chiese con voce fine.

Lui annuì e si schiarì la voce. “Quando i fiumi e le piogge di sangue saranno, degli Inferi il Re troverà la sua metà e per l'eternità loro anime insieme staranno.”

Jo lo ascoltò attentamente e poi scese dalle sue braccia. “Capisco …” disse prima di dirigersi vicino al corpo inerme sul pavimento di Brady.

Lucifero la guardò a labbra strette ed incrociò le braccia sul petto.

“Erano finte quelle parole che mi hai detto prima?” gli chiese tenendo a stento le lacrime. Lui spalancò gli occhi a quella domanda e le andò dietro. Aveva sentito quasi come una fitta al cuore e si tenne un po’ il petto.

“Non potrei mai mentire sull’amore Jo. Non mettere mai in dubbio le mie parole.” le confessò sfiorandole la spalla. Lei si voltò di poco e incontrò il suo sguardo. “Non ti … non ti è stato imposto di …” iniziò a chiedere prima che lei la facesse alzare, prendendola da un polso, e la guardasse negli occhi. “Non pronunciare mai quelle parole in una stessa frase, piccola Jo.” le disse prima di stringerla tra le sue braccia.

Lei arrossì di colpo e rabbrividì nella presa di lui. Nascose il viso nel suo petto ed inspirò il profumo di Lucifero. Socchiuse gli occhi.

“ Lo … lo sai che non potrò mai perdonarti per quello che mi … mi hai fatto, vero?” chiese lei quasi in lacrime e sentendo come se le ferite si riaprissero e ritornassero a sanguinare come fiumi in piena.

“ Io … io mi castigherò ogni giorno per questo” rispose lui. “Non potrò mai farti dimenticare ciò che hai passato per colpa mia. Ma voglio cambiare e rimediare in qualche modo a ciò.” aggiunse guardandola negli occhi.

“E in che modo?” domandò lei chinando lo sguardo.

Lui prese una lama di argento e si infilzò sull’addome iniziando a sanguinare dalla ferita. Jo lo guardò ad occhi sbarrati e lo fermò subito.

“Non così.” gli disse lei sfilandogli la lama e buttandola a terra. Lui si tenne la pancia e la guardò. “ Jo …” sussurrò e lei scosse la testa. La ragazza si strappò la maglietta e gli bendò come le era possibile la ferita restando in silenzio. Lucifero le sfiorò i capelli e sospirò. Il rimorso rimarrà per sempre vivo. pensò lui mentre Jo lo abbracciò lentamente. E’ questo il modo con cui dovrò ripagare? si chiese poi sospirando. Ma i suoi pensieri vennero interrotti.

“Una … una cosa. P- possiamo dargli degna sepoltura?” gli chiese quasi come supplicante e lui annuì subito. “Tutto quello che vuoi.” le rispose accarezzandole dolcemente i capelli. Lei tirò su con il naso e strusciò il viso sulla camicia di lui per asciugarsi le lacrime. Lucifero le diede un piccolo bacio sui capelli e lei alzò la testa per poi guardarlo negli occhi.

Lui si scostò da lei e prese tra le braccia il corpo senza vita del demone. “Torniamo nel nostro Regno.” le disse porgendo lo sguardo sugli occhi di lei. Quest’ultima annuì e gli andò dietro, poggiò le mani sulla schiena di lui e chiuse gli occhi. Svanirono nel nulla, lasciandosi dietro la distruzione e il sangue dei fratelli.

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Capitolo 16
*** A new beginning ... after all ... ***


Capitolo 16

 

Terra.

 

Mattina fredda di gennaio. Il focolare. Il corpo fasciato con bende. Lacrime che rigavano le guance del cacciatore.

“Ragazzo …” riuscì a dire Bobby, mentre lo aiutava a mettere il defunto fratello sulle travi di legno.

Lui si asciugò le lacrime silenziose e tirò su con il naso. Sistemò tutto e prese l’accendino. Una fiammata. Un pezzo di giornale. Le fiamme si propagarono sul corpo bendato.

Sam mise le mani nelle tasche e rimase in silenzio. Diede un occhiata al cielo e respirò irregolarmente.

Bobby nascose le lacrime con uno straccio passatosi sul viso e guardò Sam, che fissava a labbra strette il fuoco bruciare i resti del fratello.

Lui rabbrividì e si rifugiò nel giaccone. Prese tra le mani la collana che aveva regalato a Dean e fece un sorriso amaro. “Fratello …” disse con un filo di voce con gli occhi grondanti di lacrime. Non voleva farlo, era un uomo, ma non riusciva a smettere …

Strinse nel palmo il ciondolo e alzò la testa al cielo.

Puzza di cenere si sentiva ormai. Bobby prese una sacchettina nera e la aprì. Raccolse le ceneri e la richiuse sospirando tristemente.

Andò vicino a Sam e gliela porse. “Lui voleva morire da cacciatore, figliolo.” gli ricordò con tono amaro.

Sam annuì prendendo il sacchetto e guardò l’uomo. “Lo so …” disse solamente lui ritirando la sacchettina nella tasca e socchiuse gli occhi.

“Ora … ora io devo andare, Sam. Di demoni ce ne saranno ancor di più ora.” ammise raccogliendo il giornale e l’accendino.

Lui annuì ancora e osservò i suoi movimenti. “E anche noi moriremo così. Ma a noi chi farà il funerale?” chiese passandosi una mano sul viso per asciugarsi le guance.

Bobby sospirò amareggiato e chinò di poco la testa. “Non lo so Sam …” disse con voce fievole. Diede una pacca sulla spalla al ragazzo. “Riguardati …” aggiunse infine prima di incamminarsi verso la sua auto.

Sam fece altrettanto. Nell’auto c’era silenzio, non volava neanche una mosca.

 

Paradiso.

 

Il dopo scontro c’era da aspettarselo. Gli angeli non avevano più un capo che li comandasse e Dio non regnava da tempo ormai su di loro. Lassù era un disastro.

 

“Cass, questa situazione bisogna rimediarla … Non possiamo andare avanti così. Mezzo Paradiso è andato e il portone non è stato ancora ristrutturato. Abbiamo perso molti uomini nella battaglia e siamo rimasti si e no un centinaio.” disse Gabriel camminando avanti e indietro per un corridoio.

L’angelo lo guardò e sospirò amareggiato. “Gabe … Cosa ne posso io? Cosa dovrei fare? Una magia?” chiese sarcastico facendo spallucce.

“Non pigliarmi per il culo, fratellino … Sto solo dicendo che bisogna trovare qualcuno che sia in grado di comandare noi angeli.” gli spiegò fermandosi in mezzo al corridoio.

“Fallo tu. Tanto hai sempre sognato di prendere il posto di nostro padre e di Michael no?” ammise Castiel guardandolo. Lui sospirò e ricambiò lo sguardo del fratello.

“Non ne sarei capace, Cass …” disse grattandosi la nuca facendo un sospiro profondo.

“Che alternative ci sono? O te o chi?” domandò l’angelo appoggiandosi al muro del corridoio.

“Tu …” rispose semplicemente Gabe incrociando le braccia sul petto fissandolo.

“Io? Ma …” iniziò a dire prima di essere zittito dal fratello. “Ma nulla Castiel. Sono queste le alternative.” ammise lui avvicinandosi all’angelo.

“Gabriel io, io ho tradito il Paradiso liberando la sposa di Lucifero solo per amore di Dean Winchester.” gli ricordò sospirando abbattuto.

“Lo so Cass ma … Nostro Padre voleva questo. Voleva che Tu prendessi il tuo posto e nessun altro.” gli confessò guardandolo negli occhi.

“P- perché?” domandò lui curioso.

“Perché mi disse che tu eri migliore di noi. Stando con gli esseri umani, hai imparato ad essere migliore di ciò che eri e siamo tutti noi.” rispose sincero Gabriel.

Castiel sbarrò gli occhi a quelle parole. “M – migliore?” chiese ancora stupito.

Il fratello annuì abbozzando un sorriso. “E aveva ragione. Ti sei quasi fatto ammazzare per colpa del tuo coraggio e del tuo senso di bontà: avevi visto quanto soffrisse quell’umano senza la sua amata e lo hai aiutato. Io … io non so se l’avrei fatto detto sinceramente.” ammise pensieroso. “Per questo devi essere tu la nostra futura guida, Castiel.” aggiunse poi con un mezzo sorriso.

Lui ricambiò il gesto. “Ti darà fastidio però vero?” gli chiese, sospettando la risposta.

Gabriel sospirò e alzò le spalle. “Forse, ma è meglio così, fidati.” rispose dandogli una pacca sulla spalla.

“Quindi sarò il nuovo “sovrano” del Paradiso eh?” chiese incamminandosi verso la sala principale. Gabriel lo seguì e si mise sul fianco di lui. “Già … Castiel, il nuovo re del Paradiso!” esclamò ridendo e camminando con passo buffo.

Lui strinse il pugno. “Ehi!” disse infastidito dandogli uno spintone. Gabe lo schivò e prese Cass per la testa e gli fece i grattini con le nocche sopra i capelli continuando a ridere. “Il mio fratellino è diventato grande eh?” disse mentre Cass si liberava dalla sua presa e lo guardava in cagnesco. “E dai! Ridi!” disse Gabe al fratello.

Castiel sospirò e aprì la porte del salone principale. I due entrarono e tutti i restant angeli erano lì ad aspettarli. “Vi presento la nostra nuova guida, fratelli e sorelle … Castiel!” esclamò Gabriel acclamando il fratello.

La folla applaudì e, insieme, gli angeli alzarono le braccia al cielo.

“Sarà una nuova vita per noi …” ammise Gabe guardando il fratello sorridendo. Castiel annuì e applaudì con la folla

“Un nuovo inizio …” continuò lui. “Finalmente …”

 

Inferno.

 

Jo era rannicchiata vicino ad un albero del cimitero dei demoni e teneva gli occhi chiusi. Una mano si posò sui suoi capelli. Lei alzò la testa e sorrise incontrando lo sguardo glaciale che aveva imparato ad amare.

“Come mai qui?” le domandò Lucifero chinandosi verso il suo viso.

Lei voltò il capo e indicò con un cenno della testa una lapide. “S – scusa, so che ti da fastidio ma …” iniziò a dire lei prima che Lucifero la fermasse mettendole l’indice davanti alle labbra. “So che ci tenevi a lui … Mi può dar fastidio, ma non posso impedirti di venire qua.” le disse accarezzandole i capelli dolcemente.

Lei abbozzò un sorriso. “Grazie, lo apprezzo molto.” ammise lei tirandolo su di se e facendolo sedere davanti a lei. “Non ti rubo tempo, vero?” chiese lei andandogli imbraccio. “Puoi rubarmi tutto il tempo che vuoi, piccola Jo.” le rispose prima di baciarla con dolcezza. Lei ricambiò il bacio e prese il viso di lui tra le mani.

“Cosa c’è?” domandò lui guardandola negli occhi. “N – nulla. V- volevo chiederti se …” cercò di chiedere lei ma gemette per il contatto con la mano di Lucifero, che le accarezzava la schiena.

“Volevi chiedermi?” le domandò dandole dei baci sul collo aspettando la risposta.

Jo socchiuse le labbra e gemette di nuovo. “ N – nulla di importante …” disse mentre lui la faceva coricare a terra. “Che vuoi fare?” si informò guardandolo sbottonarla la camicia.

“Per te cosa voglio fare?” disse lui con un sorrisino malizioso. Le sfilò la camicia per poi accarezzarle la pelle.

“G – giocare a carte?” chiese lei ridacchiando e fremendo al tocco di Lucifero. Lui ridacchiò e le sbottonò i jeans per poi toglierglieli. Le accarezzò la cosce con delicatezza e poi giocò con l’elastico delle sue mutandine. Jo gemette di nuovo e gli tolse la maglietta iniziando a baciargli il petto.

Lucifero le sganciò il reggiseno e le mordicchiò il collo dolcemente. Lei, gemendo, armeggiò con la cintura dei jeans di lui e, quando riuscì a slacciargliela, glieli sfilò e li buttò vicino al tronco dell’albero.

“Mia dolce regina …” le sussurrò all’orecchio con voce profonda per poi baciarle il seno. Lei gemette ancora e gli tolse i boxer. “Ti voglio.” disse con un filo di voce.

Lui sorride e la fece sdraiare di nuovo a terra per poi mettersi su di lui, le sfilò le mutandine con lentezza, accarezzandole nell’interno coscia, e poi, dopo un bacio passionale, le entrò dentro dolcemente.

“Non daremo nell’occhio qui?” chiese lei gemendo e aggrappandosi alle spalle di lui.

Lucifero rise e incominciò a muoversi in lei. “E’ un cimitero. Non ci viene mai nessuno.” le rispose leccandole il seno.

Lei gemette ed inarcò la schiena.”E tutte quelle lapidi? Nessuno viene qui per … per onorare i defunti?” domandò ancora tra i gemiti.

“Sono demoni Jo, non importa loro dei loro fratelli morti.” rispose lui aumentando il ritmo e cominciando ad ansimare.

“C – capisco …” disse tra l’ansimare e il gemere lei. Lo baciò con voglia mordicchiandoli il labbro inferiore e lui gemette ansimando.

Lei iniziò a muoversi sotto di lui ansimando sempre di più e Lucifero le accarezzò il fondoschiena dolcemente continuando a muoversi in lei voglioso.

“Sì … così …” disse lei gemendo e ansimando sempre di più, lui le morse il collo e lei gli sfiorò l’inguine, facendolo eccitare.

Lucifero aumentò di tanto le spinte e lei urlò di piacere nel petto di lui. “Lucy …” disse lei con voce spezzata ansimando, poi tornò a dargli piacere muovendosi con lui. Quest’ultimo gemette e poi urlò anche lui, Jo strinse le gambe sui fianchi di lui per sentirlo di più e lui sorrise divertito mordendole la gola e muovendosi sempre di più in lei. Lei ansimava ancora gemendo e poi gli fece un succhiotto sul collo lasciandogli il segno. Lucifero gemette forte e le diede un colpo secco che la fece urlare di nuovo. Jo gli graffiò le spalle e poi gli leccò la gola ansimando ancora.

“Ahi … Sembri una gattina per come graffi …” disse lui gemendo. Lei ridacchiò e scese a leccargli il petto ansimando.

“Urla il mio nome, dolce Jo.” la pregò con il fiato corto lui gemendo e poi aumentò ancora di più il ritmo delle spinte che fece urlare lei il suo nome. Lui sorrise divertito e le leccò le labbra.

Continuarono a farlo fino ad essere senza fiato.

Lui rotolò su un fianco e guardò Jo stesa vicino a lui. Le accarezzò dolcemente la pelle mentre cercava di riprendere fiato. Lei gli diede un bacio sul braccio e poggiò la mano sul petto di lui.

“E’ stato …” cominciò a dire lei prima di essere interrotta da Lucifero. “… fantastico.” finì per lei prima di baciarla con dolcezza.

Lei ricambiò il bacio e poi si strinse a lui cercando rifugio nelle sue braccia.

“Sai una cosa?” disse lui guardando il cielo.

“Cosa?” chiese lei osservandolo con un mezzo sorriso.

“Ti amo …” rispose Lucifero porgendo lo sguardo sugli occhi di lei che divennero luccicanti. “Anche io ti amo.” sussurrò lei con voce fine arrossendo in viso.

Lucifero sorrise dolcemente vedendola arrossire e le diede un bacio sulla punta del naso. “Sei stupenda quando arrossisci.” ammise lui accarezzandole una guancia.

“E tu sei stupendo sempre.” disse lei dandogli un bacio dolce. Lui sorrise e la strinse ancora di più a sé.

“Vorrei stare così per sempre …” ammise Jo accoccolandosi su di lui.

“Possiamo farlo …” disse Lucifero sulle labbra di lei.

“Per sempre?” domandò lei guardandolo negli occhi e sentendosi sciogliere.

“Per sempre …” rispose lui con un sorriso sulle labbra.

Jo si strinse a lui chiudendo gli occhi e Lucifero le baciò i capelli dolcemente.

E sarebbero restati così … Per l’eternità.

 

Fine … ?

 

Nove mesi dopo.

 

Lei era sdraiata sul letto con un fagotto in braccio che piangeva.

Era ancora sudata marcia e guardava ciò che aveva imbraccio con occhi meravigliati.

Lucifero si avvicinò a lei e le accarezzò i capelli dolcemente.

“Come stai?” le domandò sedendosi vicino a lei e guardando rapito la neonata.

“Un … un po’ stanca ma, ma sto bene grazie.” rispose Jo cercando di sorridere e cercò di calmare la piccola.

Lui osservò rapito le due e si avvicinò al viso della piccolina.

“Ciao tesoro …” disse con tono dolce sfiorandole guancia con un dito. La piccola si calmò e chiuse i pugnetti facendo un piccolo sbadiglio.

Lui la prese dalle braccia della madre e la guardò.

“Credo che le piaci.” ammise Jo con una risatina e guardò Lucifero negli occhi.

Lui le sorrise e lei appoggiò il capo sulla spalla di lui guardando la piccolina chiudere gli occhi e respirare lentamente. Le diede un bacio sulla fronte e Lucifero inclinò il capo sul lato fino ad appoggiarlo su quello della ragazza.

“Sei felice, Jo?” le domandò coccolando la figlia.

“Si, ed ora, ancora di più.” rispose lei dandogli un bacio sulla spalla e chiudendo gli occhi esausta.

“Riposa piccola mamma.” disse lui con tono dolce dandole un lieve bacio.

“Starai qui?” chiese lei coricandosi vicino a lui e abbracciandolo alla vita.

“Certo, voglio stare qui con te e questa bella bimba e in nessun altro luogo.” le disse lui sorridendole, lei ricambiò il sorriso prima di addormentarsi come una bimba.

Lucifero la coprì con il piumone e le rimboccò le coperte come poteva. Poi tornò a guardare la piccolina che si era anch’essa addormentata tra le braccia del papà.

Lui le diede un bacino sulla fronte senza svegliarla.

 

“Benvenuta in questo mondo … Allison”

 

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