Time To Marry

di Lyla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Time To Marry

Time To Marry

 

Capitolo uno

 

In un pomeriggio di maggio di inizio secolo, sotto il tiepido sole primaverile, si stava svolgendo una partita di golf che non poteva certo definirsi tranquilla e che durava già da diverse ore.

Quello che aveva tutta l’aria di essere il campione indiscusso degli ultimi tempi stava sfidando una donna sui quarant’anni all’apparenza molto esperta, dai capelli rosso fiamma, un tipo che non si scoraggiava facilmente.

“Ci risiamo… un’altra volta!” esclamò l’uomo in tipico accento inglese, rendendosi conto che la sua avversaria aveva vinto per tre volte di seguito da quando si erano conosciuti al club del golf.

Era inutile negare l’evidenza.

La pallina era entrata nel buco per l’ennesima volta.

Si voltò verso la donna al suo fianco, con espressione sconsolata.

“Non c’è che dire, lei è un’ottima giocatrice, signorina Rebecca, i suoi tiri sono troppo precisi per me” disse l’uomo, sorridendo stancamente.

“La ringrazio mr. Robinson, troppo gentile da parte sua! Che ne dice se ci vedessimo anche domani?” esclamò la donna in tono allegro, le mani sui fianchi.

“Domani? Ma non aveva detto che aveva un impegno?”

“Ho intenzione di darle un’ultima possibilità di vincere, consideri il mio impegno annullato” cinguettò Rebecca, ponendo la sua mazza da golf nella borsa apposita che si era portata dietro con un sorriso malizioso.

 

 

Erano trascorsi undici anni dalla sconfitta di Argo, della Neoatlantide e dalla tragica morte di Nemo, l’uomo che Rebecca aveva amato tanto profondamente anche se non avrebbe dovuto, e per quanto il ricordo della terribile avventura si facesse vivo ogni tanto, la donna stava attraversando un piacevole momento della sua vita.

Il suo soggiorno a Londra si stava rivelando davvero rilassante ed era stata un’ottima idea iscriversi al club del golf tre giorni prima e concentrarsi unicamente sullo sport.

Nonostante avesse trentanove anni compiuti, Rebecca era rimasta l’affascinante donna di sempre, anzi, a dir la verità, la sua bellezza era notevolmente aumentata nel corso del tempo.

La pelle bianca, i lucenti occhi chiari e i lunghi capelli rossi facevano di lei la donna con cui ogni uomo avrebbe voluto trovarsi in compagnia.

Non erano pochi quelli che le facevano la corte, lì al club, e non solo.

Le occhiate maschili compiaciute al suo passaggio non mancavano mai, quando Rebecca andava a fare compere in giro per la città.

Una donna sola di una tale bellezza attirava sempre l’attenzione.

Era da molto tempo ormai, che la gang di Rebecca si era sciolta.

I suoi componenti adesso avevano una loro vita, e lei se ne rendeva pienamente conto, anche se a volte sentiva la mancanza dei bei tempi passati con Sansone e Hanson, quando andavano a caccia di tesori a bordo del Retan, senza lasciarsi spaventare dalle difficoltà della vita.

Aveva ricevuto una lettera di Hanson appena una settimana prima, e Rebecca era stata felice di apprendere come gli affari dell’amico stessero proseguendo nel migliore dei modi.

Senza dubbio quella era la vita che Hanson aveva sempre sognato.

La sua azienda automobilistica si stava rivelando una delle più promettenti dell’intera New York, e la donna non vedeva l’ora di andare a trovare l’amico per vedere con i suoi occhi quanto fosse diventato ricco e rispettato da tutti gli altri magnati degli affari.

Quanto a Sansone le aveva scritto dicendole che sarebbe venuto a trovarla a Londra quella settimana stessa partendo da Le Havre, dove lavorava come autista e dove aveva trascorso qualche giorno a casa di Jean e Nadia.

A quanto pareva, i due giovani stavano bene e si prendevano cura del loro primogenito, Jean junior, un bambino molto vivace che prometteva di diventare un degno successore del padre.

Jean era ormai diventato un bravo inventore, e lui e suo zio avevano molto successo a Parigi e nei dintorni.

Nadia lo aveva pregato di portarle i suoi saluti.

La giovane non sapeva, infatti, quando avrebbe avuto la possibilità di andare a trovare Rebecca, vista l’intensità della vita quotidiana.

Crescere il primo figlio che aveva avuto da Jean non era mica un’impresa facile, soprattutto se il bambino si divertiva a combinare disastri!

 

 

Rebecca tornò alla realtà con un sospiro e si diresse verso il café che era stato aperto da poco all’interno del club per concedersi una pausa, decisa a prendere le distanze dai suoi corteggiatori, ma non appena lei mise un piede all’interno del locale, uno sciame di giovani uomini le venne incontro offrendole mille cortesie.

“Come sta, signorina Rebecca?”

“Signorina Rebecca, vuole sedersi con me laggiù?”

“Ordiniamo qualcosa, signorina?”

Lei sorrise,  si scostò i capelli dalla fronte con una mano con un gesto molto elegante, quindi si guardò intorno senza sapere che fare.

Doveva trovare una via di fuga ad ogni costo!

Prima che potesse fare qualcosa, però, qualcuno la afferrò inaspettatamente per un braccio.

“Mi dispiace, ma la signorina viene con me!” disse una voce familiare.

Rebecca si girò di scatto. Non credeva ai suoi occhi.

Si ritrovò davanti ad un uomo di circa trentotto anni, dagli occhi di ghiaccio e i capelli pettinati con cura, dal fascino indiscutibile nonostante fossero trascorsi alcuni anni dall’ultima volta che la donna l’aveva visto.

“Sansone! Sei proprio tu?” esclamò la donna con gioia, gettandoglisi al collo davanti a tutti, e i suoi corteggiatori si allontanarono mestamente, proponendosi di farle la corte il giorno successivo, chiedendosi chi fosse mai quell’uomo che sembrava essere tanto in confidenza con Rebecca.

“Ciao Rebecca, a quanto pare avevi bisogno di una mano! Non c’è  che dire, ancora una volta sono intervenuto al punto giusto!” rise Sansone, uscendo dall’edificio seguito dall’amica.

Mancavano poche ore al tramonto del sole, e c’era poca gente in giro.

Non gli sembrava vero di trovarsi nuovamente con Rebecca.

“Non mi lasciano in pace un attimo, e non riesco a capire  cosa vogliono da me!”

“Bè, non è difficile capirlo! Anche se gli anni passano per tutti, non si può negare che hai ancora fascino da vendere, e lo stesso vale per il sottoscritto” commentò Sansone, passandosi una mano tra i capelli come per controllare che fossero a posto.

Rebecca rise.

Conosceva fin troppo ben quel piccolo gesto di vanità.

L’amico aveva ragione.

Nonostante tutto, Sansone era ancora l’uomo affascinante di sempre, ma la sua era una bellezza più matura, e Rebecca notò con piacere come fosse diventato un uomo a tutti gli effetti.

I suoi occhi di ghiaccio erano sempre gli stessi, però.

“Non pensavo che saresti arrivato oggi! Perché non me l’hai detto nell’ultima lettera che mi hai mandato? Ti avrei incontrato alla stazione, e almeno sarei stata lontana dai miei corteggiatori!” gli chiese Rebecca.

“Secondo te?” fece lui con espressione eloquente.

“Oh! Volevi farmi una sorpresa?” esclamò Rebecca deliziata.

“So bene che le adori! Ci conosciamo da così tanto tempo che mi è impossibile dimenticare le tue abitudini… come del resto, i bei tempi in cui giravamo per tutta l’Europa in cerca di avventure… o forse è meglio dire, in cerca di guai?” si corresse Sansone in tono allegro.

“La nostra vita era così movimentata!” sospirò Rebecca. “Ma prima o poi ci si deve sistemare in qualche modo, e fare una vita spericolata non è il modo migliore per farlo, non credi?” aggiunse sorridendo malinconicamente.

Sansone la guardò con una strana luce negli occhi, trovandosi perfettamente d’accordo con lei.

Era tempo di sistemarsi.

Che a loro piacesse o meno, il tempo delle avventure era finito.

Adesso era arrivato il momento di darsi da fare e di formare una propria famiglia, o almeno era questo il pensiero fisso di Sansone da alcuni mesi.

Si era trovato molto bene in compagnia di Jean e Nadia e del loro piccolo, ma vederli così uniti e felici gli aveva messo addosso una strana malinconia.

Gli avevano fatto rendere conto di essere solo, e avevano portato alla luce un desiderio che Sansone non avrebbe mai pensato di provare, dopo aver passato una giovinezza da latin lover.

Quello di trovare una buona moglie.

E lui aveva già in mente chi potesse essere la donna con cui voleva passare il resto della vita…

“Per quanto tempo ti fermerai qui?” chiese Rebecca ad un tratto, riportandolo bruscamente alla realtà.

“Dipende…” rispose Sansone, riflettendo. “…da molte cose… diciamo che ho prenotato la mia camera in albergo per un paio di giorni, ma può darsi che resterò a farti compagnia per più tempo!”

“Sei sempre il solito! Non c’è bisogno di fare tanto il misterioso, con me” disse la donna dai capelli rossi in tono autoritario, e Sansone le rivolse il suo sorriso più seducente.

“Immagino di no. Bè, che ne dici? Ti va di fare un giro?” le propose, sicuro che lei avrebbe accettato la sua richiesta.

 

**

 

Una carrozza si fermò davanti a quella che sembrava essere una splendida villa di Londra, facendo scendere una giovane dai capelli castani vestita molto elegantemente.

“Benvenuta nella dimora del conte Ayrton Grenavan, signorina” le disse un uomo dall’aspetto composto e dignitoso.

“Grazie!” esclamò la ragazza, guardandosi intorno con un certo nervosismo.

“Vuole che l’accompagni?” chiese James facendo un mezzo inchino e indicandole il viale interminabile e circondato da un curatissimo prato all’inglese che conduceva all’entrata della villa.

“Sì, grazie” rispose la ragazza, emozionata.

Non riusciva a crederci.

Lei, Marie Lowenbrau, una ragazza come tante, era stata invitata per la prima volta della sua vita a una festa organizzata da Ayrton, ed era persino riuscita a trovare qualcosa di elegante da mettersi per l’occasione.

Ultimamente la fortuna le sorrideva.

La ragazza ripensò alle proteste della zia, con cui viveva a Marsiglia da quando Argo era stato sconfitto.

Era felice di aver trovato un membro della sua famiglia dopo la morte dei suoi genitori, ma la sorella di sua madre era una donna rigida e piuttosto all’antica, che non riteneva “decoroso”, per una giovane donna, partecipare a una festa.

Marie era fiera di essere riuscita a convincerla a lasciarla partecipare al banchetto organizzato dal conte.

Il viaggio per andare a Londra era stato molto tranquillo, ed era stata perfettamente in grado di cavarsela da sola.

Dopotutto non era più una bambina, e aveva il diritto di scegliere cosa fosse meglio per lei, battendosi con ostinazione per ottenere quello che voleva, proprio come le avevano insegnato Sansone e Hanson.

Dopotutto lei e Ayrton erano vecchi amici, e non c’era niente di male nel passare un intero giorno in sua compagnia…

Sarebbe stato divertente.

Si riscosse dai suoi pensieri.

Lei e quello che aveva tutta l’aria di essere il maggiordomo del conte avevano oltrepassato la porta della villa, e ora si trovavano in un ampio e luminoso vestibolo.

“Il signore la sta aspettando, signorina. L’accompagno da lui” disse l’uomo, e Marie si limitò a seguirlo, chiedendosi se i suoi capelli fossero a posto.

Attraversarono una serie di sale splendide, ornate da quadri e arazzi che dovevano appartenere alla famiglia di Ayrton da generazioni e da soprammobili lucidati con cura.

C’erano grandi finestre che davano sul giardino della villa, lampadari scintillanti e domestici in movimento da ogni parte, che portavano con piatti colmi di chissà quali prelibatezze.

Quando varcarono la soglia di una grande sala piena di tavole imbandite e di ragazze che avevano circa la sua stessa età, Ayrton smise di scherzare con una signorina bionda molto elegante e le venne incontro.

“Marie! Che piacere averti qui! Sapevo che saresti venuta!” esclamò l’uomo con gioia.

Era proprio come lo ricordava, ma adesso vestiva con abiti di raffinata eleganza e si era fatto crescere un paio di baffi tenuti con cura.

Marie rise, mentre lui eseguiva un perfetto baciamano e si scostava per guardarla meglio.

“E’ incredibile come sei diventata bella!” aggiunse Ayrton con un sorriso compiaciuto, senza smettere di osservare i lucenti capelli scuri che le scendevano sulle spalle, i grandi, vivaci occhi azzurri e le guance morbide e ancora spruzzate di lentiggini della ragazza.

“Lo pensate davvero, Ayrton?” rise lei, apprezzando il suo complimento.

“Oh, dammi del tu, questi formalismi sono inutili quando ci si conosce da anni!” disse l’uomo trascinandola verso un tavolo pieno di cibo in mezzo alle altre invitate alla festa. “Da quanto tempo non ci vediamo?”

“Bè, da un anno, credo… da quando Jean e Nadia sono venuti a Londra, e…

“Ah, certamente! Ora ricordo!” esclamò Ayrton, quindi le rivolse un sorriso seducente. “Credo di aver fatto proprio bene ad invitarti alla festa, come vedi ho mantenuto la mia promessa!”

“Quella che mi hai fatto tanti anni fa, sull’isola mobile?” gli chiese Marie allegramente.

“Certo! Ora potrai assaggiare tutti i miei manicaretti e divertirti per un’intera giornata in mia compagnia! Vedrai, non vorrai più andartene!” commentò il conte, sicuro di .

Contagiata dalla sua allegria, Marie rise allegramente.

“Sì, credo proprio che mi divertirò” pensò la ragazza.

 

Fine primo capitolo

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Capitolo due

Capitolo due

 

 

Il sole era tramontato da un pezzo, e Sansone, nel suo abito migliore, sedeva con Rebecca a un tavolo riservato a loro in uno dei locali più raffinati dell’intera Londra.

“E’ stata una magnifica giornata! Sei stato così gentile ad accompagnarmi in giro per la città per un intero pomeriggio… proprio un vero signore!” commentò la donna dai capelli rossi.

“Sapevo che ti sarebbe piaciuto fare un giro con me e parlare dei vecchi tempi… e la serata non è ancora finita!” esclamò Sansone lanciandole un’occhiata maliziosa e notando come fosse elegante Rebecca, con quell’abito scollato e stretto in vita che metteva in risalto il suo fisico perfetto.

Si era legata i capelli in una coda alta, lasciando il collo pienamente scoperto, e gli unici gioielli che indossava erano un paio di orecchini semplici, ma di buon gusto.

“Allora Sansone, c’è qualche donna nella tua vita?” gli chiese all’improvviso.

“Bè, a dire il vero sì… ma ci sto ancora lavorando” disse lui, con sguardo eloquente, mentre Rebecca sorrideva.

“Sarebbe ora che ti sistemassi! E dovrei farlo anche io, a dirla tutta” commentò la donna. “Invidio molto Jean e Nadia… piacerebbe anche a me avere un figlio e un marito in gamba.”

Prima che Sansone potesse dire qualcosa, un cameriere chiese loro cosa volevano ordinare, e quando i due ebbero finito e rimasero nuovamente soli, Rebecca cambiò argomento.

“Come sta Marie? E’ da anni che non la vedo! Abita a Marsiglia, se non ricordo male.”

Sansone annuì.

“Le ho scritto una lettera tempo fa, e a quanto mi ha detto, doveva venire a Londra in questo periodo, forse per venire a trovare dei parenti. Non c’è che dire, è cresciuta molto” disse Sansone, riflettendo e pensando a come la ragazza si fosse trasformata da un giorno all’altro.

“Se non sbaglio ora ha sedici anni.”

“Li ha compiuti il mese scorso…” disse Sansone distrattamente, pensando che avrebbe dovuto incontrare anche lei, di lì a qualche giorno.

L’ultima volta che si erano visti, era rimasto così colpito da Marie che non riusciva a credere che la giovane che aveva davanti fosse la stessa bambina con cui aveva affrontato mille peripezie tanti anni prima…

Era diventata bellissima, vivace nel parlare e sempre allegra…

Improvvisamente provò uno strano nervosismo.

Lui era venuto per “sistemare le cose” con Rebecca, non doveva pensare continuamente a Marie…

Non era normale.

“Insomma, si può sapere a cosa stai pensando?”

Sansone si riscosse dai suoi pensieri, fissando Rebecca con sguardo desolato.

“Eh? Io…a niente!” disse l’uomo, mentre lei lo inceneriva con lo sguardo.

“A niente? Con quello sguardo languido e perso nel vuoto? Non me la racconti giusta, Sansone… non è che per caso ti stai facendo venire delle strane idee su Marie? So benissimo che saresti capace di farlo, e…

“Vuoi sapere cosa stavo pensando?” disse Sansone interrompendola, in tono serio ma con un sorriso leggero. “Stavo pensando che sei bellissima.”

Rebecca ammutolì, guardandolo con incredulità.

“Oh… davvero?” riuscì a dire, arrossendo lievemente.

Non ricordava che Sansone le avesse mai fatto un complimento, prima di allora… aveva sempre saputo che il giovane era attratto da lei, ma sentirgli fare un complimento così apertamente…

Il modo in cui la guardava la metteva a disagio, e le venne un presentimento.

Che fosse venuto per… ?

In fondo era possibile.

“Bè, grazie” esclamò Rebecca rivolgendogli un sorriso, mascherando il suo vero stato d’animo e augurandosi che quel momento sarebbe arrivato il più tardi possibile.

 

**

 

Ayrton la stava guardando in modo molto strano.

Non le aveva staccato gli occhi di dosso fin da quando era entrata nella sala dei banchetti…

Marie si sentiva nervosa, anche se si disse che non doveva esserlo.

In fondo non c’era niente di male nell’essere carina ed essere ammirata per questo… ma si sentiva comunque a disagio.

Avrebbe voluto che Sansone fosse con lei, in quel momento.

In quel momento anche lui si trovava a Londra…non vedeva l’ora di incontrarlo e di raccontargli le ultime novità.

Le piaceva confidarsi con lui, che era sempre così disponibile ad ascoltarla e a portarla dove voleva, facendola divertire come sempre…

Ripensò all’ultima volta che si erano visti.

Era andato a trovarla a Marsiglia.

Persino la zia era rimasta colpita da un uomo così alto e affascinante, con quegli occhi di ghiaccio magnetici e quel modo di fare così affabile…

Gli aveva permesso di portare Marie a fare una passeggiata nel parco senza pensarci due volte, tanto si era guadagnato la sua fiducia solo con una prima occhiata.

Avevano passato uno splendido pomeriggio, e da quel momento Marie non aveva mai smesso di pensare a lui e al modo in cui la guardava, e la faceva sentire viva

“Ti stai divertendo, signorina?” le chiese Ayrton all’improvviso, facendola sussultare.

“Certo!” rispose Marie con eccessiva allegria.

Sapeva benissimo che stava mentendo, ma sperava che lui non se ne accorgesse.

“Che ne dici di uscire con me in giardino?” le propose Ayrton sorridendo, e la ragazza notò che aveva le guance arrossate.

Forse aveva esagerato un po’, con il vino…

“Ehm… perché no?” disse Marie.

Dopotutto, forse una boccata d’aria non le avrebbe fatto male.

Aveva bisogno di allontanarsi da tutta quella confusione che le annebbiava la mente, e seguì il conte nel giardino.

L’aria era frizzante, ma era piacevole sentirla sul viso.

“Bella serata, non trovi?” esclamò Ayrton, voltandosi a guardare la giovane al suo fianco.

Marie non sapeva cosa dire, ma si chiese cos’avesse in mente il conte.

“Sono felice di averti invitato alla festa… non mi aspettavo che saresti diventata così bella… e mi chiedevo se ti andrebbe di partecipare anche alla prossima festa che organizzerò” disse Ayrton, allegro.

“Ma certo” rispose Marie pensando che, dopotutto, non le capitava così spesso di partecipare a banchetti simili, con cibi raffinati, musica, e per di più in compagnia di un amico che non vedeva da tempo.

La ragazza era certa che una volta tornata a Marsiglia e alla quotidianità avrebbe rimpianto Londra, doveva smetterla di pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in quello che stava facendo, e soprattutto, doveva divertirsi come tutte le altre ragazze presenti alla festa.

“Bene, allora rientriamo! E’ il momento che preferisco!” esclamò Ayrton, quindi le fece segno di andare avanti per prima, facendo una goffa riverenza. 

Non era abituata a simili cerimonie, pensava Marie, ma doveva ammettere che Ayrton a volte era davvero divertente.

 

**

 

“Eccoci arrivati! Questo è l’appartamento in cui abito!” esclamò Rebecca con un sorriso, rivolgendosi a Sansone.

La serata era ormai giunta al termine, ma la donna era sicura che sarebbe rimasta ben impressa nella sua memoria per molto tempo.

Non solo aveva trascorso delle ore piacevoli insieme a un vecchio amico, ma nessuno dei suoi spasimanti l’aveva importunata… e per ben tre ore di fila!

Di certo avevano scambiato Sansone come l’unico che aveva la possibilità di godere della sua compagnia, e si erano allontanati pensando di non poter competere con lui… con il suo fascino e il suo modo di fare…

“Piaciuta, la passeggiata?” le chiese Sansone dopo aver dato segno di gradire l’aspetto del palazzo in cui Rebecca soggiornava da tempo.

“Moltissimo! E’ stata una magnifica serata, Sansone! Mi fa sempre piacere parlare dei vecchi tempi e avere qualche ora di libertà lontano dai miei spasimanti! A volte si rendono decisamente soffocanti” commentò la donna distogliendo lo sguardo dagli occhi penetranti dell’amico.

“Magari, uno di questi giorni, te li tolgo di torno io, che ne dici?” disse Sansone con voce suadente.

“Toglierli di torno? E perchè mai dovresti farlo? Anche se ammetto che ogni tanto sono fastidiosi, in fondo sono ancora alla ricerca della mia anima gemella. Non credo che troverò mai qualcuno da amare, se smetterò di frequentarli” commentò Rebecca, senza accorgersi dell’effetto delle sue parole sull’uomo davanti a lei.

Sansone avvertì una fitta al petto, mentre la donna gli rivolgeva un cenno di saluto che lui ricambiò balbettando prima di sparire oltre la porta del palazzo.

Un orribile dubbio cominciò a manifestarsi nella sua mente.

“Il modo in cui ha parlato… è come se non mi consideri minimamente come uomo di cui potersi innamorare…

Sansone scosse la testa.

Rebecca aveva detto di non aver ancora trovato qualcuno da amare… e allora perchè non poteva essere lui, quel qualcuno?

“Ho deciso” si disse Sansone risoluto, voltando le spalle al palazzo dove la donna abitava per incamminarsi verso l’albergo.

“Farò in modo che si innamori di me! A ogni costo!”

 

Fine secondo capitolo

 

**

 

Ciao a tutti! Ecco qui il secondo capitolo della fanfic (ne ho scritti altri due, ma credo li posterò solo più avanti) ^^ Grazie a Blustar e a Miyu per aver commentato il primo! Confesso che per un po’ ho abbandonato la fic a causa dello studio, ma ora credo di avere abbastanza tempo libero per portarla a termine ^^

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Capitolo Tre

Capitolo Tre

 

 

Si guardava in torno con ansia, pronta a vederlo arrivare da un momento all’altro.

Sperava che i suoi capelli fossero in ordine, che avesse un aspetto almeno decente… e si chiese subito dopo perchè mai fosse così preoccupata all’idea di rivedere Sansone.

Era felice, ma anche in preda a uno strano nervosismo. 

Marie notò che a quell’ora il parco era discretamente affollato.

Era un tiepido pomeriggio di maggio, e dopotutto era normale che dopo un gelido inverno gli abitanti di Londra preferissero trascorrere più tempo del solito a passeggiare nel parco, a parlare del più e del meno e a godere del vento leggero che soffiava tra le fronde degli alberi.

Si sentì chiamare da una voce familiare, dalla sua voce.

La ragazza si voltò istintivamente, per vedere Sansone che le andava incontro con un sorriso tranquillo.

“Spero di non averti fatto aspettare troppo! Arrivare in ritardo a un appuntamento con una ragazza è un errore imperdonabile per uno come me, che è stato per anni un latin lover!” esclamò l’uomo, portandosi una mano dietro la testa, mentre Marie si voltava bruscamente dall’altra parte, con sguardo cupo e con aria offesa.

Sansone la guardò a bocca aperta per un attimo, poi assunse un’espressione desolata.

“Ascolta Marie, lo confesso, ho fatto tardi perchè ho accompagnato Rebecca a fare shopping, e lo sai anche tu che ha dei gusti difficili e che tende sempre a perdere temp…”

“E’ inutile che ti giustifichi! Non voglio più vederti!” lo interruppe la ragazza, voltandosi a guardarlo con un’espressione adirata che lo lasciò spiazzato per alcuni istanti.

“Ma…Marie…”

La ragazza lo fissò in silenzio per qualche istante, quindi scoppiò in una risata argentina lasciando Sansone di stucco, mentre gli si gettava al collo in preda alla gioia.

“Sansone! Sono così felice di rivederti!” esclamò Marie, mentre l’uomo rideva a sua volta, guadagnandosi occhiate incuriosite e di rimprovero da parte dei passanti.

Gli aveva fatto prendere un colpo!

Ma chi le aveva insegnato a prendersi gioco in quel modo di un vecchio amico innocente?

“Accidenti! Che accoglienza calorosa! Ti sono proprio mancato, eh?” sorrise Sansone sentendosi in imbarazzo per qualche strana ragione, mentre Marie si staccava da lui e lo fissava con gli occhi che brillavano della stessa espressione vispa che aveva da bambina.

“Eccome! Ho passato le ultime settimane a contare i giorni che mi avrebbero separato dal nostro incontro!” confessò apertamente la ragazza per nulla intimidita, in tono tranquillo.

Quella frase colpì Sansone al punto che l’uomo non riuscì a impedirsi di esclamare un “davvero?” di un sincero stupore.

“Scherzavo!” rispose Marie con un sorriso, quindi lo afferrò per il polso e lo costrinse a seguirla, ignorando le sue proteste.

“Ehi, ma… lasciami andare, Marie, ci stanno guardando tutti!” fece lui notando le occhiate divertite della gente intorno.

Avrebbe giurato di aver sentito una donna che diceva alla sua amica: “Guarda quei due, che bella coppia! Sono così teneri!”

Ma lo raggiunse un commento dal tono completamente diverso: “Guardate quell’uomo! Così maturo, eppure va dietro a una ragazza così giovane! Non si vergogna?”

La ragazza lo lasciò andare divertita, mentre Sansone si chiese mentalmente se fossero trascorsi davvero così tanti anni dai tempi del Nautilus e della Nuova Atlantide.

Vedere Marie così allegra e spigliata gli faceva pensare a quanto fosse invecchiato negli ultimi anni, a quanto fosse diversa da lui, e a come lei avesse ancora tutta la vita davanti… decise di concentrarsi su quello che stava facendo, e si rivolse alla ragazza che camminava al suo fianco con un sorriso sereno.

“Allora, piccola Marie… come te la passi, ultimamente?”

“Benone! Non avevo mai viaggiato da sola, e Londra è una città così bella!” esclamò la ragazza.

“Ti piace così tanto?”

“Puoi dirlo! Io adoro i parchi, e Londra ne è piena… sarebbe un sogno vivere qui, Marsiglia non è neanche lontanamente paragonabile a questa città!” disse Marie con un sospiro.

Sansone si trovò d’accordo con lei.

“Già, è vero!”

“Adesso sono a casa di alcuni parenti, due lontane zie da parte di mio padre. Non sai che scuse ho dovuto inventare per poter venire qui al parco! Sono molto all’antica. E poi sono stata a una festa di Ayrton” aggiunse la ragazza.

Qualcosa dentro Sansone sussultò a sentire quelle parole.

“Sembra che abbia una cotta per me, lo trovo divertente. Di sicuro, partecipare a uno dei suoi banchetti lo è!” concluse Marie, ripensando alla piacevole serata che aveva trascorso in compagnia dell’uomo alcune sere prima.

“Quell’idiota… chi l’avrebbe mai immaginato che fosse davvero un conte?” bofonchiò Sansone, infastidito.

Gli dava sui nervi sentire che Marie, la sua Marie, fosse andata a trovare Ayrton.

Quell’uomo non aveva fatto altro che causare problemi, in passato…

Un momento… non aveva appena pensato “la sua Marie”?

Che stava succedendo?

“E tu, Sansone? Cos’hai fatto in questi giorni? So che è già da un po’ che ti trovi a Londra!” cinguettò la ragazza, distogliendolo dai suoi pensieri.

“Bè, tanto per cominciare, ho incontrato Rebecca.”

“E come sta?”

“Lei benone… è ai suoi spasimanti che dà una vita difficile” disse Sansone, forse pensando anche a se stesso.

“Immagino! Chissà se troverà mai la sua anima gemella!”

“Io credo di sì… nessuno può vivere da solo, prima o poi anche lei dovrà sistemarsi” commentò l’uomo in tono lugubre, ma Marie sembrò non notarlo.

“Già! Mi sembra che il discorso valga anche per una persona di mia conoscenza. Si chiama Sansone, mi sembra che tu ne abbia sentito parlare” disse la ragazza allegramente.

Lui la guardò, e si rese conto per un istante che aveva uno splendido sorriso.

“Hai ragione Marie, ma non temere! Vedrai che sistemerò le cose in un batter d’occhio, ci puoi scommettere” disse Sansone, in tono sicuro.

La ragazza lo guardò incuriosita per un momento.

L’uomo guardava dritto davanti a sè, con determinazione.

Marie abbassò lo sguardo e sembrò concentrarsi sui ciottoli del viale che stavano percorrendo.

“Lo sai… mi piacerebbe tanto” esordì in un sussurro, riflettendo.

Sansone si voltò a guardarla, incuriosito.

“Che cosa?”

Si erano fermati sull’erba, a pochi metri da una vasta distesa di alberi scossi da una brezza leggera.

“Sistemarmi. Avere un bambino.”

Sansone la guardò con tanto d’occhi.

“E’ il mio sogno più grande, passeggiare insieme al mio bambino nel parco” disse Marie, con un sorriso sicuro e sereno. “Credi che riuscirò a realizzarlo?”

“Ne sono certo, Marie” commentò Sansone, sapendo che un giorno molto lontano la ragazza avrebbe trovato qualcuno con cui mettere su famiglia e vivere una vita felice.

Chissà chi sarebbe stato… una fitta di gelosia gli attraversò il petto, mentre pensava che forse si sarebbe trattato di Ayrton.

Che gli prendeva, tutt’a un tratto?

Era geloso… di Marie?

 

Fine terzo capitolo

 

**

 

Ciao a tutti! Ho deciso di postare in anticipo il terzo capitolo, e credo di averlo reso un po’ troppo melenso, ma credo che sia almeno decente.

Un altro grazie a Blustar per aver commentato il secondo!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Capitolo Quattro

Capitolo Quattro

 

 

Erano trascorsi alcuni giorni da quando aveva incontrato Marie, eppure continuava a pensare alla loro passeggiata nel parco, ai sorrisi della ragazza e alla sua vivacità come mai aveva fatto prima di allora. 

Le parole di Marie, il fatto che gli aveva confidato il suo desiderio più grande lo tormentavano nel profondo.

Sansone si sentiva confuso.

Fino ad allora non si era mai reso veramente conto del fatto che quella che una volta era la vivace bambina che aveva salvato dalle grinfie di un robot-granchio su un’isola sperduta nell’oceano fosse diventata una donna a tutti gli effetti.

Possibile che avesse trascorso una notte insonne, pensando a lei?

Marie era troppo giovane per potergli interessare, e poi lui non era venuto a Londra per dichiarare i suoi sentimenti a Rebecca?

Da quando aveva parlato con Marie l’ultima volta erano trascorsi cinque intensi giorni che aveva trascorso in compagnia della donna, nell’intento di colpirla con le sue gentilezze e il suo modo di fare.

L’uomo stava aspettando il momento giusto per parlarle dei suoi sentimenti, e non era giusto pensare contemporaneamente anche a Marie.

E poi, lei era così giovane…

Sansone decise che la considerava soltanto una vecchia amica, mentre passeggiava con Rebecca presso il Tamigi all’imbrunire di una delle ultime sere che avrebbe trascorso a Londra in sua compagnia.

“Insomma Sansone, ma mi stai ascoltando o no?” gli chiese Rebecca ad un certo punto, spazientita.

“Eh? Ah sì, certo, Rebecca!”

“Ti avevo chiesto se va tutto bene” esclamò la donna a voce alta.

“Mi sembri strano, da un po’ di giorni a questa parte! Non è da te, tenere il muso in quel modo” aggiunse con il sole che tramontava alle sue spalle lanciando una luce arancione su ogni cosa.

Sansone la guardò negli occhi per un lungo momento.

“D’accordo” cominciò l’uomo, voltandosi completamente verso di lei.

Rebecca assunse un’espressione interrogativa.

“Vuoi sapere perché sono venuto a Londra?”

La donna annuì con lentezza, sentendosi il cuore pesante.

“Ci siamo. Sta succedendo quello che temevo” pensò tristemente. “Sii forte, Rebecca.”

“C’è una cosa che devi sapere. Da quando sono andato a trovare Jean e Nadia a Le Havre e ho visto la famiglia che hanno creato, non ho potuto che sentirmi inutile e senza scopo, a questo mondo. Io ho trentotto anni, Rebecca, eppure non sono ancora riuscito a sistemarmi come vorrei. Non è strano, tutto questo? Ormai non c’è nient’altro che vorrei fare più di ogni cosa al mondo, e mi chiedevo se…

“Parla, ti ascolto” mormorò Rebecca, con sguardo preoccupato.

“…mi chiedevo se vorresti aiutarmi a costruire una famiglia, Rebecca. Vedi, io…”

La donna avvertì una dolorosa fitta al petto.

“…credo di amarti da sempre. Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi, anche tanto tempo fa, quando eravamo coinvolti nella guerra contro Argo e tu non avevi occhi che per il capitano Nemo. Non riuscivo a capire come fosse possibile che ti interessassi a un uomo così maturo, e non a un ragazzo giovane e bello com’ero allora. Ti confesso che, quando poi è morto per salvare tutti noi, ho sperato che allora ti saresti accorta di me. Invece mi sbagliavo. Ognuno ha preso la sua strada, com’era giusto che fosse, ma anche se per un po’ siamo stati lontani, io ho continuato a sperare che un giorno anche tu mi avresti ricambiato e ti saresti accorta di provare qualcosa per me. Io ho bisogno di saperlo, Rebecca, devo sapere se mi ami… oppure mi consideri soltanto un amico.

La donna abbassò gli occhi, sconvolta.

Fino all’ultimo aveva sperato che Sansone non le confessasse di amarla, e invece era appena successo quello che lei aveva temuto.

Lei aveva sempre provato affetto nei confronti di quell’uomo, ma non riusciva a pensare di poter ricambiare i suoi sentimenti in modo diverso da una semplice amicizia.

Eppure lui le era stato vicino per anni, si era sempre preoccupato per la sua incolumità, le aveva fatto capire più volte di essere geloso di lei, quando Rebecca era innamorata di Nemo e litigava continuamente con Sansone per questioni futili nei lontani giorni di undici anni prima…

Non poteva costringersi ad amarlo, quando lo considerava soltanto un amico.

Decise di dirgli la verità.

“Mi dispiace, Sansone. Ho provato a ricambiarti, ma non ci sono riuscita. Non riesco a pensare a te come a qualcosa di diverso da un amico” disse Rebecca senza riuscire a guardarlo negli occhi.

Per un po’ nessuno disse nulla.

Poi Sansone alzò lo sguardo e sorrise.

“Grazie per avermi dato una risposta, Rebecca. Ho fatto bene a venire a parlarti dopo tanto tempo” disse l’uomo in tono calmo e sicuro.

La donna si spaventò terribilmente.

Credeva che lui avrebbe gridato in preda alla disperazione che non poteva non amarlo, ma evidentemente si era sbagliata.

Sansone era maturato davvero, non era più lo stesso giovane che anni prima si lamentava della monotonia della sua cucina a bordo del Nautilus e che guidava il Retan con tanto orgoglio eseguendo ogni suo ordine…

“Sansone, io…”

“Andiamo Rebecca, ci stanno aspettando al ristorante. Tra alcuni giorni tornerò a Le Havre, godiamoci questi ultimi momenti insieme. Chissà quanto tempo passerà, prima che ci rivedremo” concluse l’uomo, voltandosi e lasciando la donna profondamente dispiaciuta per lui.

Era sicura di aver visto un lampo di disperazione nei suoi occhi di ghiaccio, prima che Sansone distogliesse lo sguardo e ricominciasse a parlare del più e del meno come se niente fosse successo.

 

**

 

Settembre.

A Marie l’autunno piaceva, anche se la rendeva malinconica.

Erano passati quattro mesi da quando era andata a Londra a trovare le sue zie.

Ed erano passati quattro mesi da quando aveva visto Sansone per l’ultima volta.

Le giornate trascorrevano abbastanza serenamente, ma anche con monotonia mentre la ragazza si dedicava alle faccende di sempre nella casa che divideva a Marsiglia insieme alla zia.

Ogni tanto Marie si ritrovava a pensare con un sorriso che Sansone sarebbe venuto presto a trovarla.

Sapeva che sarebbe stato così, e il suo sesto senso non l’aveva mai ingannata, fino ad allora.

Pensare a lui la turbava sempre.

Anche quando si erano visti a Londra l’ultima volta, stare con Sansone l’aveva fatta stare bene, e allo stesso tempo le aveva fatto venire un forte dubbio: che si fosse innamorata di lui?

Non c’era altro modo di spiegare le sensazioni che lui le provocava, il fatto che le agitava il sonno e che la ragazza viveva giorno dopo giorno nella speranza di rivederlo.

Aveva capito anche che lui amava un’altra.

Era quella la verità, lei l’aveva intuito dal modo in cui l’uomo le aveva detto che presto si sarebbe sistemato senza guardarla negli occhi, con il tono di chi sapeva il fatto suo.

E dopotutto lui era un uomo adulto, come poteva solo pensare che si potesse interessare a lei?

Lei era solo una ragazzina.

Marie scosse la testa.

Non era il caso di negare l’evidenza.

Ormai era diventata una donna a tutti gli effetti, le bastava guardarsi allo specchio per rendersene conto.

Ma allora perché non se ne rendeva conto anche Sansone?

La ragazza sospirò, affrettandosi ad andare in cucina.

Presto sarebbe stata ora di cena, e sua zia avrebbe avuto bisogno di una mano per preparare da mangiare.

 

Fine quarto capitolo

 

**

 

Ciao a tutti!

Ci ho messo un bel po’ a completare questo capitolo di transizione. Un enorme grazie a Blustar che commenta puntualmente ogni capitolo della fic, e anche a Jack83 e a tutti quelli che leggono senza commentare! ^^

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Capitolo Cinque

Capitolo Cinque

 

 

Da quando aveva fatto ritorno da Londra, non aveva potuto fare altro che concentrarsi sul lavoro.

Aveva guadagnato discretamente in quegli ultimi mesi, ma la cosa non era riuscita a sollevargli il morale.

Cosa se ne faceva dei soldi se non riusciva nemmeno a capire perchè uno come lui, un ex playboy, avesse d’improvviso così tanti problemi con le donne?

I soldi non facevano la felicità, ormai se n’era reso conto da tempo.

In fondo era comprensibile che Rebecca l’avrebbe rifiutato.

Come aveva potuto pretendere per un solo momento che lei gli avrebbe detto di ricambiare i suoi sentimenti?

Al cuore di una donna non si comandava.

Soprattutto a quello di una donna come Rebecca.

Lei era sempre stata particolarmente difficile da capire.

Ormai non pensava più a lei come alla donna della sua vita.

Certo, aveva passato settimane a chiedersi dove avesse sbagliato e se valesse la pena di soffrire così tanto per lei, ma il peggio era passato.

Non doveva abbattersi così per il rifiuto di Rebecca.

Non era forse un duro?

Lo era stato di certo, in passato.

O almeno era stato convinto di esserlo.

Sansone sbadigliò all’improvviso.

La stanchezza cominciava già a farsi sentire.

Ed erano appena le quattro del pomeriggio.

La giornata lavorativa non era ancora finita, e lui era già stanco.

“Mi ci vuole un po’ di riposo. Di questo passo mi verranno le occhiaie e finirò per somigliare ad Hanson!” pensò l’uomo tra sé, portando l’ennesimo cliente della giornata a destinazione.

“Devo smetterla di pensare al passato. Devo prendere una boccata d’aria al più presto.”

L’immagine di una ragazza bruna e dagli occhi azzurri gli comparve per un attimo nella mente, mentre Sansone tornava con la memoria all’ultima volta in cui aveva incontrato Marie a Londra.

Sorrise senza quasi rendersene conto.

Incredibile. Gli sembrava di non vederla da secoli, piuttosto che da soli quattro mesi.

Ricordava perfettamente quello che lei gli aveva scritto nell’ultima lettera, risalente ad alcune settimane addietro.

A quanto pareva la ragazza non vedeva l’ora di rivederlo.

Sottolineava più volte come si divertisse e si sentisse bene in sua compagnia, oltre al fatto che ripensava spesso ai momenti trascorsi insieme.

Sansone si rese conto che era lo stesso anche per lui.

Ricordava le parole, i gesti e i sorrisi di Marie come qualcosa di molto piacevole in mezzo a tanti problemi e alla monotonia della quotidianità…

Sì, decisamente aveva voglia di rivederla.

Stare con lei per un po’ gli avrebbe fatto bene.

Era sempre così allegra.

Chissà se era cresciuta ancora.

Di sicuro era diventata ancora più bella di quanto ricordava.

Si era accorto di una cosa soltanto in quel momento.

Quando pensava a Marie, tutto il resto sembrava scomparire.

Persino l’immagine di Rebecca diventava ancora più sbiadita nella sua mente, come se appartenesse ad un’altra vita o a un sogno fatto troppo tempo prima, per essere ancora nitido nei suoi ricordi.

 

**

 

“Sansone!”

Marie agitò una mano per attirare l’attenzione dell’uomo alto e con gli occhi azzurri che era appena arrivato alla stazione di Marsiglia e si stava guardando in giro con aria spaesata.

Lui si voltò immediatamente, sentendosi chiamare dalla voce argentina e così familiare di Marie.

Le andò incontro facendosi strada tra la folla, portandosi dietro un piccolo bagaglio.

“Quanto tempo! Non vedevo l’ora di rivederti!” esclamò Marie al colmo della felicità, gli occhi che brillavano di gioia.

Sembrava una bambina che avesse appena ricevuto il più bello dei regali…

Sansone aprì la bocca e fece per dirle che anche lei gli era mancata quando la ragazza lo abbracciò costringendolo ad abbassarsi, lasciandolo di stucco.

Perché si sentiva così agitato? Non era la prima volta che succedeva.

In fondo Marie stava facendo la cosa più naturale del mondo… stava abbracciando… un amico.

“Caspita, che accoglienza calorosa! Mi sei mancata anche tu, piccola Marie!” rise l’uomo quando lei lo lasciò andare e si diressero insieme verso l’uscita della stazione.

La ragazza gli rispose con un sorriso, e annuì più volte con il capo, i capelli bruni che rilucevano di riflessi ramati alla luce del sole di mezzogiorno.

“Sì, mi sembra che sia passato un secolo dall’ultima volta! E comunque guarda che non sono più tanto piccola! Tra pochi mesi compirò diciassette anni!” esclamò Marie fingendosi offesa.

“Hai ragione! Sei proprio cresciuta, da quando ci siamo visti a Londra…”

“E diventi più bella a vista d’occhio” pensò Sansone per chiedersi un attimo dopo che diamine gli stesse saltando in testa.

Lui era venuto per stare con un’amica… non era questo, per lui, Marie?

“Andiamo a casa! Sarai sicuramente affamato! Mia zia non vede l’ora di rivederti, sai bene quanto ti adora!” stava dicendo la ragazza, sentendosi fremere dentro.

Sansone a casa sua…

Avrebbe trascorso con lui un’intera, indimenticabile, meravigliosa settimana!

Non le sembrava possibile…

Avrebbe avuto il suo Sansone tutto per lei…

Il suo Sansone?

“Stai calma, Marie… lui ti vede solo come un’amica… è venuto qui per amicizia, non è questo quello che provi per lui?”

“Sei troppo gentile a offrirmi ospitalità a casa tua… con quello che costano oggi le camere di albergo… e poi sono felice di rivedere tua zia! E’ una donna in gamba, e quello che è certo è che cucina molto meglio di…”

S’interruppe.

No, non doveva pensare a Rebecca.

Non adesso, mentre era con Marie e stava andando a casa sua…

“Ad ogni modo non vedo l’ora di mettere qualcosa sotto i denti” rise Sansone, passandosi una mano sui capelli castani.

La ragazza accanto a lui sembrò rabbuiarsi per un momento.

Quell’allusione a Rebecca non le era certo sfuggita.

Sansone pensava ancora a quella donna.

Ma non importava.

Dopotutto ora si trovava con lei, no?

Marie sorrise, contenta al pensiero della settimana che le si prospettava davanti…

 

Fine quinto capitolo

 

**

 

Ciao a tutti! Ringrazio Blustar, Marty87 e Maggie per i commenti, spero che la storia continui a piacervi! Per eagle88: non credo che Jean e Nadia compariranno, ma ciò non toglie che potrebbero apparire alla fine, chi lo sa…

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


Capitolo Sei

Capitolo Sei

 

 

Erano trascorsi sei giorni da quando Sansone era andato a far visita a Marie per evadere un po’ dalla routine quotidiana.

La sua idea si era rivelata un ottimo toccasana: non aveva pensato a Rebecca che di rado, ed era un peccato che la settimana che stava trascorrendo ospitato dalla zia della ragazza sarebbe presto giunta al termine.

Andare a trovare Marie aveva costituito la sua via di fuga ai suoi tormenti interiori, e la sua compagnia era sempre più piacevole ad ogni ora che trascorrevano insieme.

“Sai chi mi ha telefonato la scorsa settimana?” stava dicendo l’adolescente intenta a lavare i piatti.

Avevano appena finito di cenare, e Sansone guardò la sua schiena mentre si affaccendava per rimettere a posto la cucina: aveva scoperto da poco che osservarla intenta a svolgere le più quotidiane delle faccende gli piaceva.

Era una visione che gli trasmetteva calore,  e per qualche strana ragione si era sorpreso a pensare più volte che sarebbe stata una mogliettina perfetta.

Quando Marie gli rivolse la parola l’uomo tornò bruscamente alla realtà, cercando di non dare a vedere i suoi pensieri.

“Non mi dirai che si è trattato del tuo spasimante non tanto segreto” le rispose con un certo fastidio, e la ragazza rise allegramente.

“Dai, non fare quella faccia! Ayrton è tanto gentile! Se non fosse stato per lui non avrei mai frequentato un collegio così prestigioso!”

“Quale, quello noiosissimo e lugubre in cui sono venuto a trovarti anni fa?” la provocò Sansone, incapace di trattenere l’irritazione quando si parlava del conte in sua presenza.

Anche a distanza tempo dal loro primo incontro sull’isola mobile, non riusciva a farselo piacere.

Da quando sembrava avere maturato una certa predilezione per Marie, poi, la situazione era persino peggiorata.

“Sansone!” disse la ragazza in tono di finto rimprovero. “Bè, noioso e lugubre lo è eccome” ammise un attimo dopo lanciandogli un’occhiata di intesa, e lui le sorrise. “Se non esistessero le vacanze credo che non potrei sopportarlo oltre. Comunque non c’è niente di male se ogni tanto mi telefona per sapere come vanno le cose! Mi ha anche invitato alla sua prossima festa, e credo proprio che ci andrò. In fondo glielo devo, e poi che razza di amica sarei se mi rifiutassi?”

“Secondo me quello lì vuole qualcos’altro da te, altro che amicizia…”

“Invece di startene lì a borbottare, perché non vieni a darmi una mano?”

L’uomo si alzò da tavola e l’aiutò ad asciugare i piatti puliti, la sgradevole visione del volto di Ayrton che non accennava ad abbandonargli la mente.

Cosa voleva quell’idiota da Marie?

Se solo si fosse azzardato a torcerle un solo capello…

“Stai pensando che io e Ayrton ci sposeremo, vero?”

“Ma no, che dici, niente affatto!” si affrettò a dire in modo troppo frenetico.

Si sentì a disagio.

Cos’avrebbe pensato Marie se avesse saputo che quello che aveva detto rispecchiava la realtà?

“Stavo solo scherzando. E comunque non mi sembra il caso di essere così gelosi, caro il mio maritino!”

D’accordo, la situazione stava degenerando. Marie rideva, divertita dalla sua reazione.

Doveva avere proprio uno sguardo sconvolto per divertirla così tanto.

“Ma quale geloso, mi stavo solo assicurando che quel tipo non ti desse fastidio, perché sai benissimo che in quel caso ci penserei io a fargliela vedere. Sai come la penso! I farabutti come lui devono essere puniti come si deve!”

“Ma che cavaliere! Ti ringrazio, ma non è il caso. Che ne dici di andare a fare quattro passi, non appena avremo finito? C’è un posto in cui devo assolutamente portarti” esordì Marie cambiando discorso all’improvviso con leggerezza, gli occhi blu che scrutavano speranzosi il viso assorto dell’uomo al suo fianco.

Chissà se stava pensando ancora a Rebecca… la ragazza cancellò immediatamente quel pensiero, augurandosi di essersi sbagliata.

Sansone la guardò incuriosito per un attimo, poi si affrettò ad annuire.

“Con piacere!” le disse con le labbra stirate in un sorriso di quelli che la affascinavano tanto, e nel suo sguardo non le sembrò di scorgere altro che un’affettuosa, serena amicizia, la stessa che anche lei avrebbe dovuto provare per lui.

Cercando di nascondere la sua delusione, si tolse il grembiule e si affrettò a uscire dalla cucina.

“Perfetto, non vedo l’ora! Vado a cambiarmi, ci vediamo tra poco!”

Sparì oltre la porta della stanza, il bagliore del suo sorriso che lo lasciò stordito per qualche attimo prima che Sansone si rimettesse al lavoro pensando che non era più giovane come un tempo: in passato si sarebbe rifiutato con tutto se stesso di fare certi lavori da donna, oltre che manuali, e ora invece le era bastata una sola occhiata perché Marie lo convincesse ad aiutarla in cucina.

Le possibilità erano due: o lui era spaventosamente invecchiato, oppure era soltanto quella ragazzina dai lunghi capelli castani ad avere quel potere su di lui…

 

 

Era pomeriggio inoltrato, e Sansone e Marie camminavano l’uno accanto all’altra verso una meta a lui ignota.

Chissà dove lo stava portando, quella ragazza… c’era qualcosa di diverso in lei, era come se fosse nervosa ma allegra al tempo stesso.

Poteva capire come si sentiva: non era la prima volta che si trovavano insieme da soli, ma in quel momento c’era un’atmosfera insolita: era proprio come se fossero una coppia, mentre Marie gli lanciava diverse occhiate e si stringeva al suo braccio con assoluta naturalezza.

“Ci siamo quasi!” esclamò vivace, quindi si fermò davanti a lui con il volto arrossato dall’impazienza. “Chiudi gli occhi, Sansone!” lo incitò in modo infantile, e lui impallidì brevemente.

 “Come vuoi, ma ti avverto! Non farmi strani scherzi, oppure…” 

Una mano minuta si insinuò delicatamente tra le sue, e Sansone rimase senza fiato per un attimo.

L’esitazione lasciò il posto a una piacevole sensazione di calore, e di lì a poco gliela strinse, affidandosi totalmente a lei.

“Vieni con me, ormai siamo vicini!”gli disse con voce argentina guidandolo su quella che, a giudicare dalla conformazione del terreno sotto i suoi piedi, aveva tutta l’aria di essere una collina… o forse un promontorio.

Sentiva un rumore lontano, che gli ricordava quello delle onde che si infrangevano sugli scogli, le urla dei gabbiani che lo raggiungevano distintamente mentre Sansone non desiderava altro che lasciarsi trascinare da Marie verso qualunque meta, la mente sgombra da ogni pensiero che non riguardasse lei e la strana felicità che stava provando nel seguirla in quel luogo sconosciuto che era impaziente di mostrargli.

Prima che aprisse gli occhi e si sentisse troppo vecchio per fare certe cose, però, la ragazza si fermò davanti a lui senza lasciargli la mano.

“Ecco, ora puoi aprirli!”

Il campo visivo di Sansone si ritrovò occupato per intero dal mare più blu che avesse mai visto che si perdeva all’orizzonte, il cielo solcato da nuvole dal colore dorato per via dei raggi del sole che stava lentamente tramontando.

Uno stormo di gabbiani volava leggero sulle onde e soffiava un vento tiepido, segno che l’autunno era ormai inoltrato.

“Accidenti! Non pensavo che ci fosse una vista del genere, a pochi passi da casa tua” fu tutto quello che disse incredulo, la consapevolezza che la mano di Marie era ancora stretta ancora tra le sue ad offuscare tutto il resto.

“Lo sapevo che ti sarebbe piaciuta!” rispose lei, e la sua risata lo raggiunse come un’onda piacevole e improvvisa. “Lo sai, ci tenevo tanto a mostrartela. A me ricorda tanto quando ero bambina e mio padre mi portava a vedere le navi al porto nelle giornate di sole. E’ passato tanto tempo da allora, eppure me lo ricordo ancora bene. Oh, che cosa stupida da dire.”

“Non è affatto stupida! Ricordare il passato non significa essere infantili” ribatté Sansone senza riuscire a trattenersi, e d’un tratto provò la spiacevole sensazione di essere come un padre che cercava di rassicurare la propria figlia.

“Hai ragione, però… mettermi a dire certe cose! Non sono più una bambina” disse Marie con un sorriso interrompendo i suoi pensieri, e guardandola, l’uomo pensò che era la pura e semplice realtà.

Sebbene riuscisse ancora a scorgere l’innocenza di quando aveva appena quattro anni nel suo volto, lui sapeva che Marie era davvero diventata una donna.

Inutile continuare a negarlo. Inutile continuare a negare l’effetto che gli faceva da tempo.

“Lo so. Neanch’io sono più tanto giovane, ormai. Gli anni passano per tutti, Marie” mormorò l’uomo parlando forse più con se stesso che con la ragazza al suo fianco, come se stesse cercando di convincersi che non avrebbe dovuto essere lì con lei, in quel momento, per il bene di entrambi.

“Ma che dici? Tu non sei affatto vecchio!” rise Marie, e per un attimo rimasero in silenzio ad ascoltare il rumore del mare sottostante.

Strinse ancora di più la mano dell’uomo, voltandosi a guardarlo intensamente.

Aveva deciso.

Non aveva più paura di nulla, ormai.

“Sai, Sansone... io non sono fatta per stare rinchiusa in un collegio. Non lo credi anche tu? Ayrton è stato gentile con me, ma vedi, è solo in momenti come questi che riesco a sentirmi me stessa e… ad essere felice.”

“Sei sempre stata uno spirito libero, Marie” commentò lui guardando il mare. “Non c’è da stupirsi che quel posto ti faccia sentire così.”

“Sapevo che mi avresti capito. Chiudi gli occhi!” gli disse all’improvviso.

L’uomo obbedì divertito, chiedendosi cos’aveva in mente questa volta… ma quando sentì qualcosa di morbido e tiepido scontrarsi con le sue labbra rimase senza fiato, incapace di reagire.

Il contatto durò pochi secondi, e quando riaprì gli occhi, il volto arrossato di Marie, incorniciato dai capelli castani mossi dal vento, occupava la sua intera visuale.

“Ma Marie… tu…” disse incredulo, incapace di formulare un pensiero coerente.

“Scusami. Forse non avrei dovuto, ma da quando ti ho rivisto per la prima volta dopo tanto tempo io… credo di… ”

Si sentiva la bocca asciutta.

Eppure aveva ripetuto a se stessa quel discorso così tante volte…

Il suo primo bacio.

Aveva appena dato il suo primo bacio a Sansone.

Si era sempre immaginata così sicura di sé nei momenti che aveva immaginato in compagnia dell’uomo… e ora invece si ritrovava a corto di parole.

Una mano gentile le sollevò il mento, e gli occhi di Marie incontrarono nuovamente quelli incredibilmente chiari di Sansone.

Riflettevano una serenità e un calore che la ragazza non aveva mai visto prima, tali da confonderla.

“Non dire altro, piccola. Ho capito benissimo.”

La strinse a sé con sicurezza, incurante di qualunque cosa, anche del fatto che lui fosse troppo maturo e lei troppo giovane perché potesse permettersi di farlo, e Marie chiuse gli occhi in preda alla felicità, il cuore che le batteva freneticamente nel petto mentre lasciava che le sue mani vagassero sulla schiena dell’uomo.

Quindi, le loro labbra si incontrarono nel bacio che Marie aveva sempre sognato, un bacio da adulti fatto di dolcezza mista a passione, di delicatezza mista a decisione, che lasciò entrambi senza fiato.

Rimasero stretti in quell’abbraccio in preda a una nuova consapevolezza, ed era come se in quel momento non esistesse nient’altro che quel promontorio, gli ultimi raggi di sole che illuminavano i loro volti carichi di nuove aspettative verso il futuro.

 

Fine sesto capitolo

 

 **

 

Ciao a tutti!

Sono passati quattro anni dall’ultimo aggiornamento, ma ho ritrovato l’ispirazione per continuare questa fanfiction su una delle mie coppie preferite di Nadia ascoltando alcuni brani delle OST, e credo proprio che la completerò al più presto (esami permettendo), ma è assolutamente sicuro che non ci metterò altri quattro anni per pubblicare il prossimo capitolo.

Forse il mio stile è un po’ cambiato rispetto a quando questa fic ha visto la luce, ma del resto gli anni passano anche per me, e non solo per i protagonisti di questa storia : )

Ringrazio tutti quelli che sono passati di qui! Se vi va lasciate un commento, anche se sperare che gli stessi che avevano letto i primi cinque capitoli (che ho rivisto approfittando dell’occasione) leggeranno anche questo è… chiedere un po’ troppo, dopo tutto questo tempo : )

Al prossimo aggiornamento!

Lyla

 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


Capitolo Sette

Capitolo Sette

 

 

“Devi proprio fare ritorno a Le Havre?”

Le sue parole erano perfettamente udibili nel confuso mormorio dei viaggiatori che affollavano la stazione quella mattina, e Sansone guardò la donna che gli stava davanti con calma rassegnazione.

La settimana trascorsa con Marie era giunta al termine, e sebbene ne fossero stati entrambi consapevoli fin da quando era iniziata, il momento di salutarsi si stava rivelando più difficile del previsto.

“Il lavoro mi aspetta, lo sai.”

Un fischio prolungato annunciò a entrambi che era ora di separarsi, e Sansone rimase ad ascoltarlo in silenzio per alcuni attimi, mentre Marie si mordeva le labbra cercando di trattenere l’improvvisa angoscia che l’assaliva.

Sarebbe stata dura attendere il loro prossimo incontro.

Questa volta più delle altre volte.

“Promettimi che tornerai presto a trovarmi, d’accordo?” gli disse riuscendo a formare un sorriso sulle labbra contratte dall’ansia, e l’uomo le rivolse un’occhiata di intesa.

“Ci puoi contare, Marie” la rassicurò in tono fermo. “Au revoir, stammi bene signorina!”

“Anche tu, Sansone!” riuscì a dire, la voce leggermente venata di tristezza.

Le voltò le spalle e fece per salire sul treno, la presenza della ragazza perfettamente percepibile alle sue spalle.

Ma prima che potesse sparire all’interno, decise di voltarsi un’altra volta verso di lei: c’era un’ultima cosa che doveva fare.

Senza pensarci più di tanto, la attirò a sé senza lasciarle il tempo di reagire, e la strinse in un abbraccio deciso che Marie ricambiò prontamente, affondando il viso nella sua spalla.

“Mi mancherai…”

“Su, non fare quella faccia. Mi rifarò vivo prima di quanto immagini!” le assicurò l’uomo guardandola negli occhi e tranquillizzandola all’istante con la sua serenità.

“Ti aspetterò.”

Le loro labbra si trovarono nell’attimo di un respiro come a suggellare la promessa che si erano appena scambiati, in un contatto a entrambi ormai familiare che rifletteva la loro voglia di restare insieme ancora per qualche minuto.

Quindi, dopo un ultimo cenno di saluto, Sansone salì sul treno che lo avrebbe riportato a Le Havre, e Marie rimase a guardarlo fino a quando non sparì alla sua vista.

Aveva ragione. Non era il caso di abbattersi.

Loro due si sarebbero rivisti presto… e fino ad allora, non avrebbe fatto altro che ripensare ai momenti che avevano trascorso insieme, godendo del loro calore.

 

 

Cosa gli stava succedendo?

Da quando era tornato a Le Havre, non faceva altro che pensare a Marie e all’ultimo bacio che si erano scambiati.

C’era qualcosa di sbagliato, in lui?

Non poteva credere di essersene innamorato… non era possibile.

Il suo cuore non avrebbe dovuto essere ancora ferito dal rifiuto di Rebecca?

Era lei la donna che aveva sempre amato.

Marie, invece, era una vecchia amica che conosceva da quando era una bambina…

O forse avrebbe dovuto esserlo.

Nella realtà dei fatti aveva smesso di considerarla tale da tempo.

Desiderava ardentemente rivederla.

Senza di lei, le giornate di Sansone erano tutte uguali e monotone.

L’aveva stretta a sé più di una volta, mosso da un impulso improvviso.

L’aveva baciata.

Aveva baciato la piccola Marie.

E lei si era abbandonata ai suoi abbracci con totale fiducia, donandogli la freschezza dei suoi anni e rispondendo ai suoi baci con giovanile innocenza.

Gli aveva rivolto un sorriso infantile, ma allo stesso tempo animato dalla saggezza di una donna matura.

Gli aveva detto di essere felice, quando si trovava insieme a lui.

Anche Sansone lo era, quando trascorreva anche solo dei brevi attimi insieme a quella bambina che era cresciuta così in fretta diventando una splendida donna che non riusciva più a togliersi dalla testa.

Il pensiero di respingerla non gli era passato nella mente nemmeno per un attimo.

Neanche uno.

No, senza dubbio c’era qualcosa che non andava.

Però non gliene importava affatto.

Sansone sollevò il ricevitore, preparandosi a sentire nuovamente la sua voce dopo settimane, animato da una gioia baldanzosa.

Sapeva perfettamente che Marie avrebbe accettato il suo invito senza pensarci due volte.

 

**

 

Si sistemò i capelli con impazienza, raggiante all’idea del pomeriggio che aveva davanti, e quando sentì il clacson di un’auto a lei familiare, seppe che era ora di andare.

“Mi raccomando, signorina Lowenbrau. Non rientri oltre l’ora prestabilita dalle regole.”

“Non si preoccupi, signora. Arrivederci!”

Marie salutò la direttrice del collegio con un irriverente gesto della mano che la donna ricambiò con un’alzata di sopracciglio, ma non le importava.

Era libera, finalmente!

Si diresse di corsa verso la donna dai lunghi capelli rossi che era appena scesa dall’auto e la stava aspettando a braccia incrociate.

“Rebecca! Quanto tempo!” esclamò Marie abbracciandola, e l’amica apparve incredula per qualche attimo.

“Caspita, come sei cresciuta. Sapevo che Sansone non si era sbagliato, quando mi ha detto che eri diventata una donna!” le disse, e Marie pensò che lei invece non era affatto cambiata, bella ed elegante come sempre.

“Davvero? Sansone ti ha detto questo?”

L’allusione all’uomo dagli occhi di ghiaccio le illuminò lo sguardo per un attimo, e Rebecca se ne accorse, constatando con calma quello che sospettava da qualche tempo.

“Eccome. Forza, sali in macchina!” la invitò dirigendosi verso il posto di guida. “Abbiamo un intero pomeriggio per poter parlare come ai vecchi tempi!”

Marie fece come la donna le aveva detto, prendendo posto nell’auto accanto a lei prima di sistemarsi sulla testa il cappellino che aveva comprato nella sua ultima visita in città in modo che non volasse via alla prima folata di vento.

“Non vedevo l’ora! Avevo proprio voglia di una chiacchierata tra amiche!” le confidò, il volto spruzzato di lentiggini animato dalla prospettiva di allontanarsi dalla routine quotidiana in compagnia della donna che costituiva per lei un’amica di vecchia data.

 

 

Sedute in un cafè con l’intento di concedersi un attimo di riposo dallo shopping, Marie e Rebecca chiacchieravano allegramente del più e del meno da un quarto d’ora: avevano tante cose da raccontarsi, e quella era la prima volta che si vedevano sul serio dopo anni.

Non era strano che la donna le telefonasse ogni tanto al collegio, ma era raro che potessero trascorrere del tempo insieme come si deve, guardandosi negli occhi e scambiando qualche parola senza l’ausilio del telefono.

“Allora Marie, che mi dici della tua vita sentimentale? Avanti, non essere timida. So bene che c’è un uomo, te lo leggo negli occhi.”

L’argomento della conversazione si spostò con una tale naturalezza su Sansone che Marie non ebbe il tempo di stupirsene.

Del resto sapeva com’era fatta Rebecca.

Andava dritta al punto senza troppi problemi, ed era uno dei lati della sua personalità che le piacevano di più, tanto che aveva deciso da tempo di cercare di imitarla.

Chissà fino a che punto c’era riuscita.

“Bè, hai fatto centro! Un uomo c’è eccome” ammise sorseggiando il suo cappuccino, e vide l’amica esultare, orgogliosa di lei.

“Bravissima, Marie! Non è mai troppo presto per il primo amore. E dimmi un po’, che tipo è?”

“A dire il vero lo conosci già. Si tratta…” fece un respiro profondo, quindi alzò gli occhi con decisione. “… di Sansone” disse semplicemente.

“Ah.”

Rebecca impallidì dallo stupore, trovandosi improvvisamente a corto di parole.

Brutto segno.

Avrebbe dovuto aspettarselo che avrebbe reagito in un modo non esattamente accondiscendente, ma non voleva che partisse alla carica con una ramanzina delle sue.

“Ci siamo visti diverse volte negli ultimi mesi, e ieri mi ha persino chiesto di uscire con lui” si affrettò a dire nel tentativo di mettersi ai ripari, parlando con convinzione e con assoluta padronanza di sé.

“Stai dicendo sul serio? Parliamo della stessa persona?”

“Rebecca, non è affatto come immagini. Noi siamo solo… amici. Però è venuto a trovarmi il mese scorso da Le Havre, e allora qualcosa è cambiato. Mi sono resa conto che non lo vedevo più come un amico da tempo, e così l’ho baciato. Poi lui ha baciato me” le confidò in tono tranquillo, ma lo stupore della donna non accennava a diminuire, lasciando il posto a una profonda incredulità.

“L’hai baciato? Sansone ti ha baciata? Marie, ma ti rendi conto di cosa mi stai dicendo? E’…”

“Non è affatto vecchio! E poi, Rebecca, sbaglio o anche tu sei sempre stata attratta da uomini più maturi?”

Colpito e affondato.

Per un attimo la donna dai capelli rossi non seppe cosa ribattere.

Poi parve riprendersi.

“Ma questa volta è diverso” disse con una punta di disperazione nella voce. “E’ di Sansone che stiamo parlando.”

“Tranquilla, non c’è motivo di preoccuparsi! E’ vero, è sempre stato un tipo energico e avventato, ma con il tempo ha messo proprio la testa a posto, e credo anche di non averlo mai trovato così affascinante, prima d’ora!” cercò di rassicurarla in tono allegro prima di finire il suo cappuccino con aria sognante.

“In effetti non è più lo scavezzacollo di un tempo, me ne sono accorta” ammise Rebecca, cercando di ricomporsi, l’incredulità che lasciava il posto a una strana luce nei suoi occhi. “Il punto è un altro.”

“A che cosa ti riferisci?” s’informò la ragazza che aveva davanti con una certa curiosità.

“Vedi, Marie… mettiamola così. Il fatto è che… non vorrei che ti lasciassi andare troppo facilmente, con lui” disse Rebecca in tono cauto, e lei si sentì arrossire violentemente, pensando di avere intuito a cosa alludeva.

“Ah, ma… per quello non è il caso che…”

“Le pene d’amore fanno parte delle esperienze che ci fanno crescere come donne, ma se sei ancora in tempo per aprire gli occhi ed evitarlo, perché soffrire inutilmente?” la interruppe Rebecca con aria di sfida facendo tintinnare il suo cucchiaino contro la tazza ormai vuota del caffè che aveva ordinato poco prima.

“Io non sto affatto soffrendo, Rebecca.”

La voce di Marie era incredibilmente calma.

“So badare a me stessa, e poi lui prova qualcosa per me. Ne sono sicura” disse ripensando ai momenti che avevano trascorso insieme.

Era impossibile dubitarne.
“E se ti dicessi che l’ho respinto non molto tempo fa?”

Le parole di Rebecca la colpirono all’improvviso, lasciandola senza respiro per alcuni secondi.

“Tu… cosa?”

“Ascolta Marie. Te lo dico da amica e confidente. Devi sapere che Sansone… bè, è stato innamorato di me per molto tempo. E io non gli ho mai dato una possibilità. Ci ho provato, ma non sono riuscita a ricambiare i suoi sentimenti, per quanto… lo avessi voluto.”

“Rebecca…”

In fondo sapeva che era vero.

Lei l’aveva sempre sospettato.

E ora la donna che la guardava in modo materno gliene stava dando la conferma.

Sansone l’aveva amata per anni. Tanti anni.

 “Volevo solo che lo sapessi” aggiunse in tono materno, come se stesse cercando di proteggerla da qualunque delusione con la forza delle sue parole. “Non vorrei che quell’uomo stesse cercando da te qualcosa che avrebbe voluto trovare in un’altra donna e che ti stesse illudendo, ecco tutto.”

Inaspettatamente Marie le rivolse un luminoso sorriso, profondamente grata del fatto che avesse deciso di dirle tutta la verità come una vera amica.

“Ma Rebecca, non è il caso che ti preoccupi per questo. Io l’ho sempre saputo. Che aveva un debole per te, intendo. Era così evidente! Però da qualche tempo lui sembra averlo dimenticato.”

“D’accordo, Marie. Ti credo” disse la donna dopo un attimo di silenzio. Poi ricambiò il sorriso increspando appena le labbra dipinte di rosso. “Però promettimi che mi telefonerai per qualsiasi problema dovesse presentarsi tra te e quello zuccone, sono stata chiara?”

Fu come se la Rebecca di un tempo, quella autoritaria e abituata al comando, fosse tornata a manifestarsi davanti ai suoi occhi, e la ragazza dai capelli castani non riuscì a trattenere una risatina.

“Certo! Lo farò senz’altro! Allora, cosa potrei indossare per il nostro prossimo appuntamento?”

Il resto del pomeriggio trascorse come se nulla fosse, ma sebbene Marie avesse sostenuto il contrario, la confessione di Rebecca l’aveva turbata più di quanto avesse dato a vedere.

Incapace di credere che Sansone amasse ancora quella donna, la ragazza si gettò sul letto della stanza che le era stata assegnata, senza smettere di pensare a lui e al dialogo appena avvenuto con Rebecca: gli ultimi momenti trascorsi con lui sembravano inconciliabili in confronto all’immagine dell’uomo che l’amica aveva cercato di darle.

Sansone provava davvero qualcosa per lei, Marie ne era sicura.

Ma allora perché si sentiva così nel dubbio?

E se Rebecca avesse avuto ragione?

Dopotutto era una donna matura, che sapeva bene come andava la vita, mentre lei era soltanto una ragazzina…

Però Sansone aveva baciato lei.

Lei, e non Rebecca.

Si addormentò di lì a poco, in preda a strani pensieri.

 

 

Fine settimo capitolo

 

**

 

Ciao a tutti!

Tra quattro capitoli la fanfiction sarà finalmente completa, e con questo aggiornamento spero di essere riuscita a mettere in evidenza i dubbi di Marie e il suo rapporto di amicizia con Rebecca (Grandis per chi ha visto la serie ridoppiata), nonché il fatto che Sansone si stia innamorando sempre più di lei nonostante la differenza di età (ricorda un po’ Scusa ma ti chiamo amore, ora che ci penso, ma anni fa non ci ho pensato e comunque non l’ho mai letto).

Ringrazio tutti quelli che hanno letto lo scorso capitolo, hanno aggiunto la fic ai preferiti o alle seguite, e in particolare Blustar (Ciao, quanto tempo! I tuoi complimenti mi hanno fatto molto piacere: è stato un po’ un azzardo riprendere la fic dopo tanti anni trascorsi nel fandom di Naruto, ma sapere che c’è ancora qualcuno a cui interessa mi sprona ad andare avanti, e infatti sono a un passo dallo scrivere l’ultimo capitolo! Ricordi bene, nell’epilogo dell’anime guardano il mare da un promontorio, e in questa fic ho deciso di renderlo il luogo del loro primo bacio ^^ Ancora grazie per i complimenti, cercherò di aggiornare al più presto!).

Alla prossima,

Lyla

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


Capitolo Otto

Capitolo Otto

 

 

Quando aveva ricevuto la telefonata di Rebecca appena una settimana prima, Sansone aveva capito subito per quale motivo la donna aveva deciso di fargli visita a Le Havre così all’improvviso.

“Sarò di passaggio” aveva detto, “e sai com’è, visto che andrò a trovare Jean e Nadia ne approfitterò per salutare anche te!”

Il che, in parole povere, significava che lo aspettava un pomeriggio più complicato del solito.

Si passò una mano tra i capelli nel tentativo di ravvivarli ulteriormente anche se non ce n’era bisogno, si sistemò la giacca ancora una volta e si guardò intorno con discrezione.

I suoi occhi non incontrarono altro che la piazza ricoperta di foglie autunnali e i passanti che cercavano di ripararsi dal vento ottobrino che aveva cominciato a soffiare da giorni.

Il tempo trascorreva sempre troppo in fretta, per i suoi gusti.

Alla soglia dei trentanove anni, poi, Sansone lo notava molto più di prima.

Stava invecchiando.

Marie invece era così giovane…

Che Rebecca volesse parlargli di lei?

Eppure ormai avrebbe dovuto accettarlo, che loro due avevano una relazione.

Uscivano insieme già da mesi, e comunque non era il caso che si scomodasse da Londra per fargli una ramanzina di cui non aveva affatto bisogno.

Le cose, tra lui e Marie, andavano a gonfie vele.

Erano entrambi adulti e vaccinati.

Anche se, ogni tanto, Sansone si rendeva conto di quanto fosse giovane la ragazza al suo fianco e si chiedeva se stesse facendo la cosa giusta…

Ricacciava indietro quel pensiero ogni volta che gli attraversava la mente, ma quello tornava a tormentarlo.

Quando riconobbe la donna che veniva verso di lui, Sansone le rivolse un sorriso, grato a Rebecca per avere interrotto il flusso dei suoi pensieri.

“Rebecca, qual buon vento!”

“Sansone! Ti trovo bene.”

Non si vedevano da quando le aveva confessato di amarla mesi addietro, e per un attimo si sentì assalire da una sensazione di disagio, ma quando Rebecca ricambiò il suo sorriso in modo cordiale e familiare si sentì come se la faccenda della dichiarazione appartenesse a un’altra vita.

“Anche tu sei splendida come sempre. Mi permetti di offrirti qualcosa da bere?” le chiese con voce suadente, e Rebecca si accorse per l’ennesima volta che i suoi modi da latin lover erano rimasti immutati nel tempo.

“Che gentiluomo! Ma sì, ho deciso di concedertelo. In fondo non capita spesso di poter andare in un locale con un vecchio amico, però dovremo fare in fretta: Nadia e Jean mi aspettano per cena!”

“Nessun problema. Conosco un posto che fa al caso nostro!” la rassicurò Sansone, deciso a rendere quel pomeriggio il più breve possibile.

In quel momento Rebecca sembrava calma, l’aria seria e sofisticata come sempre, ma lui la conosceva fin troppo bene.

Sapeva che di lì a poco sarebbe esplosa, era solo questione di pochi minuti.

Più o meno.

“Sansone! Fino a che punto hai intenzione di andare avanti?” esordì bruscamente non appena si sedettero a un tavolino del bar che l’uomo frequentava abitualmente.

Ecco. Era iniziata.

Decise di fingere di non aver capito a cosa stesse alludendo, in modo da prepararsi meglio ad incassare i colpi.

“Eh? Di cosa stai parlando, Rebecca?”

“Andiamo, non fare il finto tonto! Sai benissimo a chi mi sto riferendo!” lo incalzò la donna, gli occhi azzurri animati da un lampo di determinazione.

A quanto pareva, non aveva intenzione di mollare.

“Ah, intendi Marie! Un tempismo perfetto… chissà perché me lo aspettavo che prima o poi me l’avresti chiesto!” fece Sansone sarcastico, ma l’amica lo fulminò con lo sguardo.

“Smettila di fare lo spiritoso!”

“Non sono affatto spiritoso!”

Stavano battibeccando proprio come ai vecchi tempi.

Gli anni passavano, era vero, ma certe cose erano rimaste immutate, esattamente le stesse di undici anni prima.

Se ne resero conto entrambi, e d’un tratto la loro conversazione assunse un tono più calmo, come se si fossero sentiti estremamente ridicoli a discutere in quel modo acceso davanti a tutti.

“Lascia perdere. Piuttosto, dimmi la verità.”

Rebecca cominciò a sorseggiare il suo caffè, mentre lui fissava assorto il fondo della sua tazza.

“La verità la conosci già. Non c’è bisogno che dica altro, no?”

“Tu e Marie avete una relazione, su questo non ci piove. Ma tu, sei proprio sicuro di provare qualcosa per lei?”

Cosa stava cercando di insinuare?

Che stesse solo giocando con i sentimenti della ragazza?

Non era affatto quel tipo di uomo.

Strano che Rebecca non lo avesse ancora capito.

“E perché non dovrei? C’è qualcosa in lei che riesce a farmi sentire ancora vivo, dopo tutti questi anni. Ed è la sola donna a cui pensi da tempo, ormai” le confidò apertamente. “Non c’è niente di male a uscire con Marie, credimi, Rebecca. E poi… so quello che faccio. Non farei mai niente per renderla infelice, te lo assicuro.”

“Bene” disse Rebecca dopo alcuni attimi di silenzio, assimilando il significato delle sue parole. “Benissimo. Ma ti avverto: se le combini qualcosa di spiacevole giuro che non la passerai liscia, Sansone. Sono stata chiara?”

Ecco. Stava usando un’altra volta quel tono perentorio che non aveva mai sopportato.

“Chiarissima” disse, scandendo bene le sillabe. “Vedrai, non ci sarà più bisogno di venire fin qui a dirmene quattro!”

“Sansone!”

“Calma, calma, stavo solo scherzando!”

“Sai perfettamente che sono soltanto passata a salutarti” ribatté Rebecca, gettando indietro i lunghi capelli rossi e allontanando la tazza vuota con un gesto della mano. “E ora scusami, ma devo proprio andare. Ci vediamo!”

Si alzò dal tavolo sotto gli occhi ammirati e incuriositi degli avventori del bar e si diresse verso l’uscita a passi veloci.

Di lì a poco, Sansone la raggiunse dopo aver tempestivamente pagato il conto.

Non poteva lasciarla andar via in quel modo. Era o non era un gentiluomo?

“A presto, Rebecca” le disse con un sorriso sicuro. “Manda i miei saluti a Jean e Nadia. E a presto!”

“Au revoir, Sansone. E tu salutami la piccola Marie, non appena la vedi!”

Un rombare di motori e Rebecca scomparve nelle strade cittadine a bordo della sua auto, additata a vista dagli uomini nei dintorni.

Era strano e inconsueto che una donna fosse in grado di guidare una macchina in modo così spavaldo e incurante di cosa la gente potesse pensare di lei.

Ma Rebecca non era una donna qualunque.

Era venuta lì da Londra apposta per avvertirlo che lo teneva d’occhio.

Sansone scosse la testa, pensando che era unica e che di donne così se ne contavano sulla punta delle dita, di quei tempi.

Era proprio fortunato ad avere ottenuto la sua amicizia.

 

**

 

Avrebbe dovuto essere alla festa di Ayrton, in quel momento.

E invece, Marie si trovava in un elegante locale del centro di Marsiglia in compagnia di Sansone.

La serata stava trascorrendo bene: la ragazza era raggiante, consapevole di calamitare tutta l’attenzione dell’uomo seduto davanti a lei.

Le faceva piacere il modo in cui la guardava, e del resto neanche lei riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

Quella sera Sansone era più affascinante che mai nei suoi abiti impeccabili come sempre, il volto maturo incorniciato dai capelli tenuti con cura.

Marie, da parte sua, aveva seguito i consigli di Rebecca, e aveva acquistato degli abiti sotto suo consiglio che mettevano in risalto il suo fisico in modo elegante e per nulla volgare, i lunghi capelli castani legati in una coda tenuta insieme da un fermaglio alla moda.

“Sei bellissima stasera. Non che sia una novità, in ogni caso.”

“Ti ringrazio Sansone! Lo sai che ho annullato il mio invito alla festa di Ayrton apposta per uscire a cena con te?”

“Cerchi di farmi ingelosire? Ormai l’ho capito che quel tipo non ha alcuna speranza contro di me!” disse l’uomo con un sorriso soddisfatto, ma si accorse che Marie era diventata improvvisamente seria.

“Bè, a dire il vero…” mormorò la ragazza, e lui spalancò gli occhi, sulle spine.

“A dire il vero?”

Marie proruppe in una risata argentina, rilassandosi contro lo schienale della sedia e guardandolo divertita.

“Dovresti vedere la tua faccia, in questo momento!”

Sansone fece un sospiro di sollievo, pensando che quella ragazza ci stava proprio prendendo gusto a fargli prendere un colpo di tanto in tanto.

Forse era perché lui continuava a cascarci in pieno… avrebbe dovuto capirlo subito!

“Ma guarda! Ti diverti a prendermi in giro, eh?”

“Non lo so! Chi lo sa?”

Il resto della serata trascorse perfettamente, fino a quando la coppia non uscì dal ristorante, ritrovandosi nel corso principale di una Marsiglia illuminata dai raggi lunari.

Si ritrovarono a passeggiare l’uno accanto all’altra, un braccio dell’uomo stretto intorno alla vita dell’adolescente come se volesse ribadire fermamente che apparteneva a lui e volesse proteggerla da qualunque pericolo.

“Non vedevo l’ora di stare un po’ con te!” gli sussurrò alzando apertamente gli occhi verso di lui, e Sansone ricambiò il suo sguardo.

“Anche tu mi sei mancata, Marie.”

“Dai, ammettilo. Senza di me ti sei sentito terribilmente solo!” lo punzecchiò nell’intento di sentirselo dire davvero dall’uomo al suo fianco, ma Sansone le sorrise senza scomporsi.

“Bè, Rebecca è venuta a farmi visita giusto ieri…”

“Rebecca?”

All’improvviso Marie si sentì raggelare.

Non le aveva detto che si sarebbero rivisti.

Forse non aveva avuto tempo.

O forse c’era sotto qualcos’altro…

“A quanto pare era ospite dei Raltique…” stava dicendo Sansone mentre continuavano a incamminarsi lungo un viale tra gli altri passanti. “…ma lascia che ti dica una cosa. La conosco perfettamente, e sono in grado di giurare che era venuta soltanto per me.”

Per lui? Cosa significava?

“E cosa ti ha detto?” s’informò freddamente, allentando la presa sul braccio di Sansone in preda a un brutto presentimento.

“Mi ha detto… di non illuderti, e le ho assicurato che non sono quel tipo di uomo. Però devo ammettere che capisco la sua preoccupazione” proseguì in tono assorto, e Marie capì che stava riflettendo.

Smisero di camminare, trovandosi faccia a faccia sotto la luce di un lampione, la tensione perfettamente percepibile nell’aria.

“Che intendi dire?”

“Bè, tra di noi c’è una bella differenza di età, Marie. Crede che io sia troppo vecchio per avere una relazione con te, e devo confessarti di averlo pensato più di una volta, negli ultimi tempi” le rivelò in tutta sincerità.

Non aveva senso mentirle, anche se le sue parole stavano pericolosamente mutando l’umore di Marie.

“Stai dicendo che mi trovi una bambina?” disse lei con voce appena udibile, come se fosse troppo sconvolta per articolare chiaramente le parole.

“No, niente affatto!” si affrettò a rassicurarla. “E’ solo che…”

“Sansone! Avevi detto che non avevi nessun problema, che mi vedevi come una donna…”

Marie aveva praticamente urlato.

Doveva fare qualcosa, e in fretta!

Non aveva pensato di essere sincero con lei con l’intento di farla infuriare e rovinare la serata.

“Ma è la realtà” esclamò afferrandole un braccio. “A volte penso…”

“Pensi che sia sbagliato, vero?”

Marie si divincolò con uno strattone, gli occhi che mandavano dei bagliori d’ira conficcati in quelli allarmati di Sansone.

“Guarda che so benissimo che provi ancora qualcosa per Rebecca, cosa credi?”

Ecco. Gliel’aveva detto.

“Rebecca? Cosa c’entra Rebecca, adesso?”

Marie era furibonda come mai l’aveva vista prima d’allora, e capì che la faccenda di Rebecca le bruciava nel profondo, anche se non l’aveva ammesso neppure una volta da quando si frequentavano.

“Non fingere di non sapere niente! Tu pensi ancora a lei, è per questo che mi vedi come una ragazzina!” stava dicendo con rabbia, e Sansone le afferrò le spalle costringendola a guardarlo negli occhi.

“Stai sbagliando, Marie! Non è affatto così, Rebecca fa parte del passato, ormai ci sei soltanto tu!”

Un lampo di tristezza e delusione le attraversò il viso contratto, e l’uomo sentì qualcosa di doloroso muoversi da qualche parte nel suo petto.

“Cerchi di consolarti tra le mie braccia, ma in realtà ne sei ancora innamorato!”

“Ma che dici? Insomma, vuoi deciderti ad ascoltarmi?”

“No! Ne ho abbastanza. Me ne vado!”

Allontanò le sue mani e gli voltò le spalle, diretta verso una meta sconosciuta, e Sansone si ritrovò a guardarla allontanarsi, gli occhi sbarrati.

Non poteva lasciare che andasse via così.

Non poteva permettere che finisse tutto in quel modo.

Non adesso che le cose stavano andando per il verso giusto…

“Aspetta, Marie! Non è quello che intendevo…”

“E’ inutile! Tanto ormai hai rovinato tutto!”

Le prese il polso costringendola a voltarsi verso di lui, ma la ragazza non riusciva a guardarlo in viso, sconvolta da quello che stava accadendo.

Non aveva mai litigato con Sansone, neanche una volta.

E ora stava accadendo davvero.

Ed era terribile e devastante.

“Volevo solo dirti che mi dispiace” le disse con sguardo sincero. “Non volevo ferirti, Marie.”

“Belle parole, peccato che tu l’abbia fatto!” ribatté irritata. “Lasciami andare, per favore!”

L’uomo smise di stringerle il polso, deciso a farle capire una volta per tutte come stavano le cose in modo da non perderla per sempre, e la guardò ancora una volta negli occhi.

Si accorse che Marie tremava leggermente, le guance arrossate, ma nonostante fosse riuscito a farle del male con la verità delle sue parole, la ragazza era lì in piedi davanti a lui, come se dopotutto fosse ancora disposta ad ascoltarlo.

Buon segno.

Ma non era ancora sicuro di cosa sarebbe accaduto di lì a poco.

Eppure decise di fare un ultimo tentativo.

“Ti chiedo solo di perdonarmi e di ascoltare quello che ho da dirti, Marie. Dopo sarai libera di andartene e smettere di vedermi, se lo riterrai la cosa giusta da fare. Però, voglio che tu sappia… che farei di tutto per renderti felice.”

La ragazza si morse il labbro, come se stesse lottando per non scoppiare in lacrime, e Sansone decise di andare avanti, sperando ardentemente che riuscisse a trattenersi dal piangere.

“Ho pensato più volte che tra di noi ci fosse una differenza di età troppo grande, lo ammetto. Ma mi sono reso conto che i miei sentimenti per te non sono legati a cose futili come il numero degli anni… e ti assicuro che se potessi tornare indietro non penserei di respingerti neanche per un attimo, Marie.”

Le stava parlando nella più totale sincerità, ed era come se potesse leggere veramente nel suo animo per la prima volta dopo averlo desiderato per tanto tempo.

“Sei tu l’unica donna a cui penso, non Rebecca” continuò l’uomo imperterrito. “E non hai bisogno di ascoltarmi per capire che lo sai già perfettamente! Ora smetti di piangere, non ho mai sopportato la vista di una donna in lacrime.”

Incapace di trattenersi, Marie singhiozzò ancora più forte, cercò un fazzoletto nella borsa ma non riuscì a trovarlo.

Quindi si gettò tra le sue braccia, nascondendo il viso nella giacca dell’uomo che a modo suo le aveva appena detto di amarla.

Le aveva dato la conferma che le sue non erano altro che paure prive di fondamento, che Rebecca non gli interessava che come una semplice amica, che la differenza di età non gli importava affatto… che l’unica cosa che contava era starle vicino.

“Sansone! Io… io… non volevo…” balbettò in modo confuso, e lui la strinse a sé cercando di rassicurarla.

“Tranquilla, è tutto a posto. Sono qui.”

Non appena Sansone ebbe pronunciato quelle parole, Marie seppe che era la verità, le lacrime che scomparivano dai suoi occhi per lasciare il posto a un leggero sorriso.

Era tutto a posto: lui era lì con lei, e niente poteva andare storto.

Quando le loro labbra si incontrarono, la ragazza si strinse a lui ancora di più si lasciò trasportare dai suoi sentimenti, attirandolo a sé più che poteva: avrebbe voluto che quella notte non avesse mai fine.

 

Fine ottavo capitolo

 

**

 

Ciao a tutti! Siamo a tre capitoli dalla fine, e la storia di Sansone e Marie è giunta a una svolta, nonché al momento in cui i sentimenti di entrambi vengono confermati dopo il chiarimento dei vari dubbi di Sansone e dei sospetti di Marie riguardo a quello che lui proverebbe ancora per Rebecca.

E’ stato difficile scrivere questo capitolo cruciale, e temevo di cadere nell’OOC soprattutto nell’ultima parte, ma come sempre faccio il possibile per mantenere i personaggi nel loro carattere originario! Se volete lasciate pure un commento, mi fa sempre piacere riceverne.

Alla prossima,

Lyla

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


Capitolo Nove

Capitolo Nove

 

Gennaio 1902.

I corridoi dell’istituto erano come sempre affollati da capannelli di ragazze intente a chiacchierare tra loro tra una lezione di buone maniere e l’altra.

Era l’unico modo di concedersi una temporanea via di fuga dalla rigidità delle regole alle quali erano costrette a soggiacere giornalmente tra le mura delle aule.

Marie si muoveva tra loro con abilità, scansandole quando era necessario e camminando a passo sicuro, diretta al centralino del collegio che la ospitava da anni e che non era del tutto riuscito a reprimere il lato più ribelle del suo carattere.

Già le uscite avvenivano in via quasi eccezionale, se poi la direttrice avesse saputo che aveva una relazione con un uomo, poi, la vita sarebbe stata ancora più difficile, per lei. 

Fortunatamente negli ultimi tempi nasconderlo non era troppo complicato, si ritrovò a constatare Marie con risentimento misto ad apprensione.

“Un chiamata per la signorina Marie Lowenbrau della stanza numero ventidue. Signorina Lowenbrau della stanza numero ventidue. C'è una chiamata esterna per lei. Venga qui sotto con urgenza.”

“Sì, sto arrivando!” esclamò la ragazza distogliendosi dai suoi pensieri, rivolta a se stessa più che alla voce che la chiamava da dieci minuti dall’altoparlante urtando diverse compagne.

Non appena giunse a destinazione afferrò la cornetta del telefono dopo aver rivolto un cenno di ringraziamento all’addetta alle comunicazioni, facendo un respiro profondo prima di rispondere alla persona che la stava aspettando dall’altro capo dell’apparecchio.

“Pronto?” esordì con voce troppo alta, tormentandosi nervosamente una ciocca degli scompigliati capelli bruni.

“Pronto? Sei tu, Marie?”

Conosceva quella voce. E non apparteneva a lui.

“Nadia!” esclamò cercando di dissimulare il suo disappunto e concentrandosi sulla voce dell’amica. “Oh, ciao Nadia! Quanto tempo! Come stai?”

“Benissimo!” fece allegra la donna dall’altro lato del telefono. “Avevo un momento libero e ho pensato di chiamarti, sai com’è, Jean jr. non mi dà mai tregua… e a te come va, Marie?”

“Oh, benone…”

La ragazza si morse le labbra, sperando che Nadia non avvertisse la nota di tensione nella sua voce.

“Non faccio altro che studiare, e i miei voti sono abbastanza alti, anche se potrei fare di più!”

“Marie! Lo studio è importante, vedi di non trascurarlo!”

La ragazza sorrise tra sé, pensando che Nadia era proprio diventata una madre a tutti gli effetti: non solo aveva usato un tono severo, ma le aveva ricordato l’importanza dello studio per l’ennesima volta da quando avevano preso l’abitudine di sentirsi al telefono tanti anni addietro.

“Non lo sto trascurando!” ribatté punta sul vivo. “Il fatto è che… ultimamente ho avuto delle distrazioni!” aggiunse un attimo dopo con voce appena udibile per non farsi sentire dall’addetta che la guardava a vista a pochi metri da lei.

“Che genere di distrazioni?” s’informò Nadia con discrezione.

Possibile che non avesse intuito a cosa si stesse riferendo?

“Ecco, si tratta di… Sansone. Stiamo insieme da mesi, ormai” disse dopo aver fatto un sospiro profondo.

“Ah, ho capito. Rebecca mi aveva accennato qualcosa, l’ultima volta che è venuta a trovarci. A quanto pare sembra proprio una cosa seria! E tu, quando hai intenzione di venire a mangiare i miei manicaretti?”

“Lo farò appena possibile.”

“D’accordo, ma ricordati di avvertirmi! Ti preparerò tutte le mie specialità… ah, e comunque, puoi portare anche Sansone. A Jean fa sempre piacere rivederlo, per non parlare di King! Sente la tua mancanza… in ogni caso, spero che le cose vadano bene, tra te e Sansone. Non ho mai visto esattamente di buon occhio quell’uomo, e poi non è un po’ troppo vecchio, per te?”

“No, affatto” si affrettò a rassicurarla alzando gli occhi al cielo. Ormai ci stava facendo l’abitudine a quel genere di discorsetto, ma continuava comunque a darle fastidio. “E comunque tra noi va tutto benissimo!” precisò un attimo dopo calcando la pronuncia sull’ultima parola.

“Meno male!” Nadia sembrava allegra. “Chissà, magari potrebbe rivelarsi l’uomo della tua vita.”

“Infatti, chi può dirlo?” Marie si sentì a disagio, reprimendo una fitta allo stomaco che non accennava a diminuire.

In ogni caso doveva cambiare discorso: aveva la sensazione che continuare a parlare di Sansone l’avrebbe solo fatta stare peggio, e quel pensiero la colpì dolorosamente.

“Come sta Jean? E il bambino?”

“Non fa altro che lavorare con suo zio a nuove invenzioni, quindi tocca a me occuparmi di Jean jr. per la maggior parte del tempo, e… vuoi sapere la novità?”

“Dimmi! Cos’è successo? Si tratta di un segreto?”

Marie trattenne il respiro, sentendosi sulle spine.

“Bè, non proprio. Il fatto è che da qualche tempo mi sento un po’ strana.”

Non appena Nadia ebbe pronunciato quelle parole, qualcosa di gelido si mosse appena dentro di lei.

“In che senso?” disse nervosamente.

“A volte mi gira la testa, sono più nervosa del solito, e spesso ho la nausea… credo anche di essere ingrassata. Ma prima che tu possa dire qualcosa in proposito, ti assicuro che no, non sto esagerando col cibo.”

Marie rimase senza parole, gli occhi sbarrati fissi nel vuoto davanti a lei.

“Nadia… tu…” balbettò incapace di formulare altre parole.

“Non sono ancora andata dal medico, ma il mio intuito non si sbaglia su queste cose. E poi ricordo bene com’è andata la prima volta… in ogni caso… credo di sì, Marie. Aspetto un bambino.”

L’orgoglio perfettamente percepibile nella voce, Nadia, la sua amica da una vita, le aveva appena detto di essere… incinta per la seconda volta.

“Oh, io… non so cosa dire! Congratulazioni, sono così felice per te e per Jean!” si affrettò a dire emozionata all’idea che una nuova vita stesse per arrivare in casa Raltique.

“Ti ringrazio! Sapessi quanto ho aspettato che arrivasse un fratellino o una sorellina per Jean jr… suo padre non lo sa ancora, però. Ho deciso di confidarlo a te in via del tutto eccezionale: anche se non ci vediamo spesso, io  ti considero sempre una delle mie più grandi amiche, Marie!”

“Anch’io ti considero una grande amica, Nadia!” mormorò l’adolescente in preda a un’improvvisa sensazione di nausea. “Ora scusami ma… devo andare. Ci sentiamo un’altra volta. Ancora congratulazioni!”

“A presto, Marie! E mi raccomando, ricorda che vi aspetto!”

Dopo aver chiuso la telefonata e ringraziato la signora che gliel’aveva passata, si sentì stordita come se si trovasse su un pianeta sconosciuto.

Incinta.

Aspetta il suo secondogenito.

Suo e di Jean.

L’allegria nella voce di Nadia le rimbombò nella mente a lungo, mentre Marie si dirigeva verso la sua stanza decisa a distendersi a letto per qualche minuto, circondata dalle ombre simili a fantasmi delle sue compagne d’istituto.

Era come se non riuscisse a vederle.

Come se non riuscisse a percepire nulla del mondo che le vorticava intorno.

Qualcosa era irrimediabilmente, inesorabilmente cambiato, benché tutto fosse uguale al giorno prima.

Non era possibile.

Non poteva essere vero.

I malesseri che Nadia le aveva appena descritto relativamente alla sua nuova gravidanza erano spaventosamente simili a quelli che accusava da qualche tempo anche lei.

 

**

 

Le Havre.

L’aria era stranamente tesa, all’interno dell’automobile.

Le mani strette al volante, Sansone gettò un’occhiata alla ragazza seduta di fianco a lui, osservando la sua figura avvolta in un cappotto invernale, i lunghi capelli castani più lunghi di quanto ricordava, le mani strette in grembo.

Il volto contratto, per qualche strana ragione Marie sembrava diversa dal solito.

Forse era per il fatto che non si erano visti nemmeno una volta, negli ultimi tre mesi.

“Fa freddo, non trovi?”

Il tentativo di fare conversazione andò miseramente a vuoto, e l’uomo continuò a guidare verso il centro di Le Havre, chiedendosi come mai Marie fosse così turbata.

“Fa freddo, vero?”

D’accordo, forse avrebbe dovuto chiamarla, almeno una volta.

I suoi occhi si soffermarono brevemente su di lei.

Sembrava aver preso qualche chilo.

“Ti trovo cresciuta. Era da un po’ che non ci vedevamo.”

Nessuna risposta.

La ragazza fissava un punto imprecisato davanti a sé, e aveva tutta l’aria di non volergli parlare.

Strano. Di solito era così loquace…

“Dove vuoi andare? Hai fame?”

Possibile che non ci arrivasse da solo?

Marie strinse le labbra, gli occhi induriti dall’atteggiamento indifferente dell’uomo intento a guidare a pochi centimetri da lei, la mente allo scorrere monotono degli ultimi tre mesi e al loro ultimo incontro prima della lontananza alla quale lei aveva deciso di porre fine senza perdere un minuto di più.

Si era assentata dal collegio apposta per andare a parlargli a Le Havre di persona, e lui si comportava come se nulla fosse?

Come se desse per scontato la sua presenza?

Come se non gliene importasse niente di niente?

Marie era irrequieta, nervosa, delusa… e Sansone sembrava non capirlo minimamente.

Di lì a poco l’uomo accostò e spense il motore senza riuscire a incontrare il suo sguardo, e lei gli lanciò una rapida occhiata avendo cura di mantenere il broncio.

“Sembri di cattivo umore… ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio, Marie?” le stava chiedendo Sansone con una linea di preoccupazione sulla fronte.

“Certo! Mi sembra evidente!” esclamò la ragazza voltandosi a guardarlo, e la durezza nei suoi occhi solitamente così allegri lo fece raggelare lasciandolo a corto di parole per un attimo.

“Lo so che non ci siamo visti per tre mesi e non ti ho chiamato al telefono nemmeno una volta…” disse l’uomo lentamente. “…ma tra il lavoro e tutto il resto non ne ho proprio avuto il tempo, Marie” disse Sansone cercando di addolcire il suo stato d’animo con la pura e semplice verità.

Ma la ragazza era irremovibile.

Non aveva avuto tempo? Che scusa patetica!

Come poteva parlarle in quel modo dopo...

Basta, era troppo.

“Invece avresti potuto!” saltò su con rabbia.

“No, non ho potuto!” disse Sansone deciso.

“Invece sì!” insisté Marie avvicinando pericolosamente il volto a quello dell’uomo.

“Invece no! Dico davvero!” ripeté Sansone esasperato, gli occhi fissi in quelli penetranti della sedicenne.

Marie crollò all’indietro sul sedile, con aria sconsolata.

Io avrei potuto chiamarti… ma non l’ho fatto. Non ne avevo il coraggio” ammise debolmente, e all’improvviso gli apparve molto stanca.

Che fosse malata?

“Vuoi dirmi cosa ti succede, Marie?” le chiese cautamente, preparandosi alla sua risposta con un certo nervosismo.

“E’ proprio per questo sono venuta qui. Volevo parlarti di persona.”

Per un attimo ci fu solo silenzio, interrotto dai suoni della strada circostante.

Poi la ragazza fece un respiro profondo, lasciando che l’aria le entrasse nei polmoni per fuoriuscirne alcuni attimi più tardi, quindi lo trafisse ancora una volta con lo sguardo.

“Io… aspetto un bambino, Sansone.”

 

 

Com’era possibile?

Era stato così attento a evitare una cosa simile… evidentemente non era stato sufficiente.

Non riusciva a trovare risposta, mentre l’idea che quello che stava capitando a Marie era successo solo a causa sua emergeva tra i suoi pensieri lasciandolo in preda ai sensi di colpa.

“Abbiamo fatto bene a venire qui. E’ così carino, nonostante sia pieno inverno!”

Si trovavano al parco di Le Havre da qualche minuto, e la ragazza gli rivolse un sorriso pieno di serenità, per poi alzare gli occhi verso i lembi di cielo appena visibili tra le nuvole.

Era incredibile pensare che dentro quel ventre all’apparenza privo di vita ci fosse un essere umano che aspettava solo di crescere e svilupparsi prima di venire alla luce.

Un essere umano che esisteva dentro Marie soltanto grazie a lui.

Stava per diventare padre.

Il bambino che aspettava Marie era suo.

Che bisogno c’era di chiederglielo?

Lo sapeva perfettamente.

Si erano lasciati andare alla passione per la prima volta la sera stessa in cui avevano litigato mesi addietro, e lui aveva rischiato di perderla.

Poi c’era stata una seconda volta, una terza…

Com’era possibile che ora Marie fosse incinta nonostante tutte le sue attenzioni?

Era o non era un uomo con la testa sulle spalle?

E invece…

“Ne sei sicura, Marie? Sei sicura di… aspettare un bambino?” le chiese inutilmente nella speranza che stesse soltanto vivendo un sogno.

La ragazza annuì con un infantile gesto del capo, sentendosi leggera per la prima volta dopo settimane.

Dire la verità a Sansone era stato come liberarsi di un peso troppo grande perché lei potesse sostenerlo da sola, e con sua sincera meraviglia scoprì che non le importava più di tanto di cosa volesse farne l’uomo che, davanti a lei, la guardava in preda all’incredulità e a un muto stupore.

“Certo. Ormai ho deciso… lascerò il collegio” disse in tono allegro lasciando che la sua determinazione trasparisse dalle parole. “Crescerò il bambino che porto in grembo. Posso farlo da sola, non è un problema, se preferisci che sia così. Farò proprio come Electra… non chiederò aiuto a nessuno, e non parlerò neanche con Rebecca. Che ne dici, Sansone?”

Si voltò a guardarlo carica di aspettativa, ma lui non si sentiva pronto a risponderle.

Sapeva che il sogno di Marie era proprio quello di avere un figlio e che all’idea di crescerne uno di cui era il padre si sentiva al settimo cielo, ma… loro non erano sposati, e lei, così giovane, avrebbe smesso di frequentare il collegio solo a causa sua…

Era stato tutto così improvviso che Sansone si sentiva la mente confusa e divisa sul da farsi.

“Io… non lo so, davvero. Ho bisogno di pensarci, d’accordo?” disse dopo qualche minuto accennando un debole sorriso.

“D’accordo” mormorò Marie senza guardarlo, chiedendosi cosa c’era che non andava.

Si era aspettata che Sansone le chiedesse di sposarlo, che le dicesse di essere felice per il bambino che avrebbero avuto sei mesi più tardi.

Si era aspettata che la abbracciasse in preda alla felicità, che avrebbero parlato del loro futuro… e invece Sansone sembrava preoccupato, come se si fosse pentito di quello che provava per lei.

Stava fuggendo.

Non erano mai stati così lontani, prima d’ora.

 

Fine nono capitolo

 

**

 

Ciao a tutti!

Eccoci arrivati al nono capitolo, per il quale ho tratto ispirazione da un dialogo realmente avvenuto dopo la serie e disponibile su cd (che qui in Italia non avremo mai), e grazie al quale cui ho sviluppato l’idea che Marie fosse incinta ancora prima di sposare Sansone, fatto che ovviamente complica ulteriormente il rapporto dei due.

L’happy ending arriverà comunque (bè, visto il modo in cui finisce la serie era scontato), e non condanno Sansone perché le sue paure sono assolutamente normali, anche se in questo capitolo sembra davvero un vigliacco e approfittatore! XD

Ringrazio tutti quelli che hanno letto gli scorsi capitoli, e in particolare Blustar che ha commentato: sono contenta che ti siano piaciuti e che Rebecca ti abbia colpito in particolare così come la discussione tra Marie e Sansone, e il fatto che li trovi IC mi fa molto piacere!

Se riesci a emozionarti mentre leggi non può che significare che sono in grado di avvicinarmi al lettore tramite quello che scrivo, e anche questo mi fa piacere!

Alla prossima,

Lyla

 

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


Capitolo Dieci

Capitolo Dieci

 

 

“Questa non la passerai liscia, Sansone!” stava dicendo Rebecca , gli occhi azzurri che mandavano lampi d’ira mentre cercava di scagliarsi contro di lui.

“Calmati Rebecca, calmati!”

Accanto a lei, un trafelato Hanson la tratteneva saldamente per un braccio, pronto a impedirle di tempestare Sansone di pugni.

“Calmarmi? Non posso calmarmi!” ribatté la donna voltandosi di scatto verso il magnate.

Era da anni che i due non la vedevano così in collera, ed era in occasioni come questa che perdeva tutta la sua grazia e compostezza e diventava più simile a una specie di arpia.

Ma d’altra parte, Sansone se l’era aspettato.

Si era precipitata da lui a Le Havre non appena le aveva telefonato per parlarle della “novità” in cerca di consigli.

Gli sfuggiva però il motivo per cui si trovasse con lei anche Hanson.

Incredibilmente maturato, il suo vecchio amico portava un monocolo e un paio di baffi tenuti con cura.

Inoltre i suoi abiti, la sua compostezza, lasciavano intuire come il diventare un magnate ricchissimo avesse inciso sul suo portamento e sul suo carattere, donandogli una sconosciuta sicurezza.

“Era proprio necessario venire fin qui a dirmene quattro, Rebecca?” sospirò Sansone, passandosi una mano dietro la nuca in un gesto che tradiva il suo stato d’animo spossato, e la donna gli rivolse un’occhiataccia.

“E come pensavi che avrei reagito, dopo che mi hai detto cosa le hai fatto? Ti avevo avvertito che se l’avresti fatta soffrire non avresti avuto scampo, e poi parlare a quattr’occhi non è certo come al telefono!”

L’uomo alzò gli occhi al cielo e si rivolse ad Hanson.

“Ci risiamo… e tu perché saresti qui?”

“Ecco, io…”

L’amico apparve per un attimo disorientato, in preda a uno strano imbarazzo, come se Sansone gli avesse appena chiesto di confessare un reato che aveva commesso tempo addietro, e per un attimo fu come se fosse tornato l’Hanson di una volta.

Poi parve riprendersi, e abbozzò un sorriso sul volto bonario.

“Sono venuto a farvi visita per un giorno o due, Rebecca mi ha detto tutto non appena l’ha saputo e mi ha chiesto di venire con lei… come va, Sansone?”

“Ma insomma Hanson, ti pare il momento dei convenevoli? Sansone si è comportato da vigliacco!” sbottò Rebecca liberandosi dalla sua stretta. “Lasciare Marie in quel modo, dopo quello che le ha combinato! Immagino che te la sia passata bene, in questi giorni. Troppo facile scrollarsi di dosso le proprie responsabilità come un vigliacco della peggior specie!” esclamò dopo aver fatto pochi passi nel salotto, girando intorno all’amico e guardandolo dritto negli occhi.

Sansone ripensò ai giorni che erano trascorsi dall’ultima volta che aveva visto Marie, gli tornò in mente la sua figura che saliva sul treno e spariva alla sua vista, ricordò l’aria triste ma risoluta nel suo sguardo e quello che si erano detti al parco… no, non se l’era passata affatto bene, da quando lei gli aveva detto di aspettare un bambino e lui l’aveva lasciata andare chiedendole del tempo per pensare.

Risoluto, ricambiò l’occhiata della donna dai capelli rossi che gli stava davanti come in attesa di una risposta, mentre Hanson li osservava da un metro di distanza, intento a pulirsi la lente ma senza perdersi una mossa, i pigri occhi azzurri che vagavano da Sansone a Rebecca e viceversa.

“No, Rebecca” esordì Sansone facendo un respiro profondo, lasciando che la sua schiena toccasse la parete come a sostenerlo. “Sappi che non sono stati affatto dei giorni felici, per me. Però ho intenzione di andare da lei il più presto possibile… non voglio che finisca tutto così. Sarebbe da codardo, e quando mai lo sono stato?”

La donna lo guardò attentamente, come se volesse scrutargli l’animo e capire se diceva la verità o stava solo cercando di allontanare lei e l’uomo che l’aveva accompagnata da lui, ma non disse nulla, e Sansone riprese a parlare.

“Mi conosci, e anche tu, Hanson… come potete credere che non m’importi niente di Marie e… del bambino? Sistemerò tutto, credetemi. Partirò domani mattina. Sto dicendo la verità!”

Cadde un silenzio carico di tensione.

Gli occhi di Rebecca cercarono brevemente quelli di Hanson che annuì con il capo, accondiscendente, poi si mossero sul cumulo di carta sul mobile d’ingresso e che aveva tutta l’aria di essere costituito da due biglietti di andata e ritorno di treno.

Si arrese, lo sguardo che tornava a posarsi sul volto di Sansone: brillava di un’assoluta sicurezza di sé, e non le sfuggirono le occhiaie che gli solcavano gli occhi, il colorito pallido e la piega delle labbra in tensione in attesa che la donna dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.

Sì, senza dubbio non aveva passato dei bei momenti, dall’ultima volta che lui e Marie si erano visti.

Alla fine, Rebecca scosse la testa, abbozzando un lieve sorriso carico di amarezza.

“Ma certo che ti conosciamo, Sansone. Che sciocca sono stata, a venire qui così con Hanson come se fossi diventato una specie di criminale e a puntarti il dito contro… ma per un attimo ho creduto che non fossi più l’uomo che conoscevo. Sono successe tante cose ultimamente, e pensavo… ma non importa. Spero che tu faccia la cosa giusta. Noi ce ne andiamo” disse la donna all’improvviso, dirigendosi all’ingresso per infilarsi il cappotto imitata da Hanson, e Sansone rimase a guardarli per alcuni attimi in preda allo stupore.

“Ma come? Così di colpo?”

“C’è qualcosa che devi fare, Sansone, e noi non siamo certo qui per intralciarti” gli rispose Rebecca con un sorriso, le dita che si stringevano intorno alla maniglia della porta, e Hanson si voltò verso di lui, sistemandosi il cappello sui corti capelli castani.

“Torneremo presto, non appena si calmeranno le acque. Stammi bene, amico mio!” disse cordiale.

“Au revoir, Sansone!”

Erano già nel cortile, a pochi passi dall’auto di Rebecca, e prima di salire a bordo, la donna gli rivolse un ultimo gesto di saluto. “Mi raccomando: pensa bene a quello che stai per fare. Marie ha bisogno di te.”

La verità di cui erano intrise le sue parole colpirono Sansone all’improvviso, risvegliando in lui un senso di colpa che aveva tentato a lungo di tenere a freno e che ora tornava a manifestarsi in tutta la sua forza.

“Lo so, Rebecca. Lo so” disse abbozzando un sorriso. “Arrivederci!”

L’auto si accese sbuffando, quindi partì con uno scoppiettio e si allontanò velocemente.

In breve fu come svanita, inghiottita dal traffico cittadino, e a Sansone parve di sentire in lontananza il fischio di un treno che era appena arrivato alla stazione, seppe che era tempo di partire.

 

**

 

In cima al promontorio c’era una figura solitaria e inconfondibile, vestita di un abito color grano e con lunghi capelli ramati che ondeggiavano sulle sue spalle, una figura minuta e volta verso l’infinita distesa del mare.

La riconobbe immediatamente come il suo futuro che lo stava aspettando fiducioso e paziente, e l’uomo si diresse verso di esso con passo deciso, animato dalla voglia di accoglierlo a braccia aperte, il volto illuminato dai raggi del sole del tramonto.

Aveva tanto atteso di poterla rivedere, di rivedere Marie, che non riusciva ad aspettare un minuto di più per trovarsi nuovamente con lei.

Affrettò il passo, e vide che la ragazza si voltava lentamente verso di lui, i grandi occhi blu che brillavano di una luce di consapevolezza: seppe che lo stava aspettando.

Pochi secondi e fu davanti a lei, le urla dei gabbiani che raggiungevano entrambi, il silenzio spezzato soltanto dalla brezza marina.

Si guardarono a lungo, la tensione tra loro perfettamente percepibile. Poi l’uomo aprì la bocca.

“Marie, io…”

“Sansone, non c’è bisogno che tu dica nulla!” lo interruppe la ragazza in un sussurro. “Io ho già deciso, e…”

No. Lei doveva ascoltarlo. Doveva sentire quello che doveva dirle, doveva sapere!

“Sono stato uno stupido ad andarmene, quella volta” esordì con un leggero sorriso. “Non ho avuto il coraggio di dirti come stavano veramente le cose, ed è per questo che sono venuto qui. Io devo dirti la verità!”

In preda alla meraviglia, Marie annuì mentre l’uomo le prendeva delicatamente una mano e gliela stringeva, lo sguardo fisso sulle loro dita intrecciate.

“Quale verità, Sansone?”

“E’… è mio figlio, vero?” disse l’uomo all’improvviso con voce venata di orgoglio, e lei apparve spiazzata per un attimo.

“No, è nostro figlio!” si affrettò a dire con un sorriso, trovandolo stranamente buffo.

“Nostro figlio…” mormorò lui con decisione, guardandola negli occhi con serietà mista a una felicità tutta nuova. “Non credi che meriti di nascere e crescere in una famiglia come si deve, che gli dia tutte le cure di cui ha bisogno? Una famiglia composta da un marito, e una moglie…” s’interruppe, stranamente impacciato, e quando sollevò delicatamente la mano di Marie perché lei potesse vederla bene, la ragazza rimase senza fiato: sul dito anulare era apparso un anello con un brillante, un inequivocabile anello di fidanzamento.

Sansone gliel’aveva fatto scivolare sul dito senza che lei se ne fosse resa conto, ipnotizzata com’era dalle sue parole.

Le stava chiedendo di… dopo tutto quello che era successo…

“Vorresti dire che noi dovremmo sposarci? Mi stai chiedendo di sposarti?” gli chiese incredula, in preda all’agitazione.

“Sì, Marie. Avrei dovuto farlo già da tempo. Scusami se mi sono deciso a farlo soltanto adesso, ma volevo fare le cose per bene, e quella volta non ne ho avuto l’occasione…”

La ragazza capì che non voleva costruire una famiglia con lei perché aspettava il loro bambino, ma perché era innamorato di lei.

Lo era da tempo…

Senza alcun dubbio.

Si sentì mancare il fiato, e in breve gli gettò le braccia al collo, fuori di sé dalla gioia.

“Oh, Sansone! Certo che lo voglio!”

Si abbracciarono a lungo, il futuro luminoso che attendeva entrambi e che ora sembrava incredibilmente più vicino.

 

Fine decimo capitolo

 

**

 

Ciao a tutti!

Dopo quasi due mesi senza aggiornare, ecco il penultimo capitolo della storia… era chiaro che alla fine Sansone avrebbe scelto di sposare Marie, e non solo perché aspettava un bambino… dopotutto il finale della serie lo conosciamo tutti, e anche se personalmente avrei preferito che Sansone sposasse Rebecca, si vede chiaramente da come la ragazza parla nell’epilogo della serie che il loro è stato un vero matrimonio d’amore! E’ stato comunque un piacere scrivere la mia versione dei fatti, e conto di pubblicare la fine vera e propria al più presto. Se vi va, lasciate un commento!

Lyla

 

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Epilogo

Epilogo

 

 

Era stata una magnifica cerimonia.

Attorniati da tutti i loro amici, vestiti di un bianco luminoso, erano appena diventati ufficialmente marito e moglie, e si stavano concedendo agli abbracci e ai saluti dei numerosi invitati.

C’erano proprio tutti: persino Nadia era riuscita a venire al loro matrimonio nonostante fosse appesantita dalla sua seconda gravidanza, il volto raggiante mentre teneva il suo primogenito per mano e Jean le stava accanto scambiando con lei qualche occhiata d’intesa di tanto in tanto, allegro come sempre.

All’uscita della chiesa, un enorme leone bianco e i suoi cuccioli li attendevano muovendosi su e giù per il cortile decorato a festa.

Anche Electra, ormai quasi quarantenne, e suo figlio, che aveva da poco compiuto tredici anni, erano stati invitati alle nozze: il ragazzo somigliava incredibilmente a sua madre, pur avendo ereditato qualcosa della fierezza paterna che gli brillava negli occhi scuri e severi.

Rebecca, splendida ed elegante come sempre, non aveva smesso di asciugarsi le lacrime di commozione per un attimo da quando la cerimonia era cominciata, e accanto a lei Hanson, vestito di un completo molto costoso, la sosteneva con lieve imbarazzo, perfettamente consapevole del suo stato d’animo e felice per l’amico che convolava finalmente a nozze con la piccola Marie.

Non erano mai stati più felici di allora, ed era incredibile come il tempo fosse trascorso velocemente.

Un attimo prima giocavano nelle cabine del Nautilus e un attimo dopo erano diventati marito e moglie.

Sansone, un tempo un famoso latin lover, aveva trovato moglie in una fanciulla che gli era sempre stato accanto fin da bambina… chi avrebbe potuto immaginarlo solo alcuni anni addietro?

Non appena fecero per uscire dalla chiesa, il conte Ayrton Grenavan si tolse il cappello al loro passaggio con un gesto elegante, chinando il capo con un sorriso compiaciuto, e Sansone gli rivolse un’occhiata amichevole per la prima volta da anni: ora che Marie era sua, magari avrebbero potuto mettere da parte la loro rivalità e cercare di costruire qualcosa di simile a un’amicizia.

Le amiche della sposa erano lì insieme alla direttrice del collegio, che per una volta aveva abbandonato il suo cipiglio severo, e tutte si asciugavano le lacrime di commozione nello stesso momento con i loro fazzolettini ricamati, salutando con gioia Marie e Sansone.

Uscirono all’esterno per essere investiti da una pioggia di raggi solari e di chicchi di riso, e le campane della chiesa cominciarono ad acclamare gli sposi, allegre e festanti.

“Sansone?”

Marie si rivolse a suo marito in preda alla gioia, e lui ricambiò l’occhiata cercando di schermarsi il viso dai chicchi che qualcuno, probabilmente Jean a giudicare dalla statura e dal colore dei capelli, gli aveva appena lanciato contro.

“Sì?”

“Resteremo insieme per sempre, nei giorni di sole, nei giorni di pioggia, e fino al giorno del giudizio!” disse la ragazza allegramente mentre si dirigevano verso l’auto che li attendeva.

“No, Marie” rispose l’uomo risoluto. “Quel giorno non arriverà mai, e anche se arrivasse, noi non lo vedremo… perché ci sarà prima il nostro futuro e quello di nostro figlio!”

Lei sorrise, perfettamente d’accordo su quelle parole, e gettò un’occhiata agli amici che li acclamavano dai gradini della chiesa e con i quali di lì a poco avrebbero ripreso i festeggiamenti.

Si passò una mano sul ventre con leggerezza, e seppe che il figlio che aspettava dal marito era sereno e pronto a nascere e a crescere circondato dall’amore dei suoi genitori.

Il suo sogno stava per realizzarsi: le sembrò di vedere un bambino dai capelli castani e gli occhi azzurri correre nel parco insieme a lei, poi la sua immagine svanì sostituita dal volto di Sansone, e gli strinse delicatamente la mano.

C’era ancora tempo, e per il momento le bastava sapere che lui era al suo fianco, lì dove sarebbe per sempre stato per l’eternità.

 

FINE

 

**

 

Ciao a tutti! Dopo dieci mesi di silenzio (!) ecco come promesso l’ultimo capitolo… scrivere questa storia è stato un processo lunghetto e un pochino discontinuo per via di vari impegni e imprevisti, ma finalmente ho potuto inserirlo: spero di pubblicare altri lavori su questo bellissimo anime, e ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno letto e commentato la fanfiction!

Lyla

 

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