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In un pomeriggio di
maggio di inizio secolo, sotto il tiepido sole primaverile, si stava svolgendo
una partita di golf che non poteva certo definirsi tranquilla e che durava già
da diverse ore.
Quello che aveva
tutta l’aria di essere il campione indiscusso degli ultimi tempi stava sfidando
una donna sui quarant’anni all’apparenza molto esperta, dai
capelli rosso fiamma, un tipo che non si scoraggiava facilmente.
“Ci risiamo…
un’altra volta!” esclamò l’uomo in tipico accento inglese, rendendosi conto che
la sua avversaria aveva vinto per tre volte di seguito da quando si erano
conosciuti al club del golf.
Era inutile negare
l’evidenza.
La pallina era
entrata nel buco per l’ennesima volta.
Si voltò verso la
donna al suo fianco, con espressione sconsolata.
“Non c’è che dire,
lei è un’ottima giocatrice, signorina Rebecca, i suoi tiri sono troppo precisi
per me” disse l’uomo, sorridendo stancamente.
“La
ringrazio mr. Robinson, troppo gentile da parte sua! Che ne dice se ci vedessimo anche domani?” esclamò
la donna in tono allegro, le mani sui fianchi.
“Domani? Ma non aveva detto che aveva un impegno?”
“Ho intenzione di
darle un’ultima possibilità di vincere, consideri il mio impegno annullato”
cinguettò Rebecca, ponendo la sua mazza da golf nella borsa apposita che si era
portata dietro con un sorriso malizioso.
Erano trascorsi
undici anni dalla sconfitta di Argo, della Neoatlantide
e dalla tragica morte di Nemo, l’uomo che Rebecca
aveva amato tanto profondamente anche se non avrebbe
dovuto, e per quanto il ricordo della terribile avventura si facesse vivo ogni
tanto, la donna stava attraversando un piacevole momento della sua vita.
Il suo soggiorno a
Londra si stava rivelando davvero rilassante ed era stata un’ottima idea iscriversi
al club del golf tre giorni prima e concentrarsi unicamente sullo sport.
Nonostante avesse
trentanove anni compiuti, Rebecca era rimasta l’affascinante donna di sempre,
anzi, a dir la verità, la sua bellezza era notevolmente aumentata nel corso del
tempo.
La pelle bianca, i
lucenti occhi chiari e i lunghi capelli rossi facevano di lei la donna con cui
ogni uomo avrebbe voluto trovarsi in compagnia.
Non erano pochi
quelli che le facevano la corte, lì al club, e non solo.
Le occhiate
maschili compiaciute al suo passaggio non mancavano mai, quando Rebecca andava
a fare compere in giro per la città.
Una donna sola di
una tale bellezza attirava sempre l’attenzione.
Era da molto tempo
ormai, che la gang di Rebecca si era sciolta.
I suoi componenti
adesso avevano una loro vita, e lei se ne rendeva pienamente conto, anche se a
volte sentiva la mancanza dei bei tempi passati con Sansone e Hanson, quando andavano a caccia di tesori a bordo del Retan, senza lasciarsi spaventare dalle difficoltà della
vita.
Aveva ricevuto una
lettera di Hanson appena una settimana prima, e
Rebecca era stata felice di apprendere come gli affari dell’amico stessero
proseguendo nel migliore dei modi.
Senza dubbio quella
era la vita che Hanson aveva sempre sognato.
La sua azienda
automobilistica si stava rivelando una delle più promettenti dell’intera
New York, e la donna non vedeva l’ora di andare a trovare l’amico per
vedere con i suoi occhi quanto fosse diventato ricco e rispettato da tutti gli
altri magnati degli affari.
Quanto a Sansone le
aveva scritto dicendole che sarebbe venuto a trovarla a Londra quella settimana
stessa partendo da Le Havre, dove lavorava come
autista e dove aveva trascorso qualche giorno a casa di Jean e Nadia.
A quanto pareva, i
due giovani stavano bene e si prendevano cura del loro primogenito, Jean
junior, un bambino molto vivace che prometteva di diventare un degno successore
del padre.
Jean era ormai
diventato un bravo inventore, e lui e suo zio avevano molto successo a Parigi e
nei dintorni.
Nadia lo aveva
pregato di portarle i suoi saluti.
La giovane non
sapeva, infatti, quando avrebbe avuto la possibilità di andare a trovare
Rebecca, vista l’intensità della vita quotidiana.
Crescere il primo
figlio che aveva avuto da Jean non era mica un’impresa facile, soprattutto se
il bambino si divertiva a combinare disastri!
Rebecca tornò alla
realtà con un sospiro e si diresse verso il café che
era stato aperto da poco all’interno del club per concedersi una pausa, decisa
a prendere le distanze dai suoi corteggiatori, ma non appena lei mise un piede
all’interno del locale, uno sciame di giovani uomini le venne incontro
offrendole mille cortesie.
“Come sta,
signorina Rebecca?”
“Signorina Rebecca,
vuole sedersi con me laggiù?”
“Ordiniamo
qualcosa, signorina?”
Lei sorrise,si scostò i capelli
dalla fronte con una mano con un gesto molto elegante, quindi si guardò intorno
senza sapere che fare.
Doveva trovare una
via di fuga ad ogni costo!
Prima che potesse
fare qualcosa, però, qualcuno la afferrò inaspettatamente per un braccio.
“Mi dispiace, ma la
signorina viene con me!” disse una voce familiare.
Rebecca si girò di
scatto. Non credeva ai suoi occhi.
Si ritrovò davanti
ad un uomo di circa trentotto anni, dagli occhi di ghiaccio e i capelli
pettinati con cura, dal fascino indiscutibile nonostante fossero trascorsi
alcuni anni dall’ultima volta che la donna l’aveva visto.
“Sansone! Sei proprio tu?” esclamò la donna con gioia, gettandoglisi al collo davanti a tutti, e i suoi
corteggiatori si allontanarono mestamente, proponendosi di farle la corte il
giorno successivo, chiedendosi chi fosse mai quell’uomo che sembrava essere
tanto in confidenza con Rebecca.
“Ciao
Rebecca, a quanto pare avevi bisogno di una mano!
Non c’èche
dire, ancora una volta sono intervenuto al punto giusto!” rise Sansone, uscendo
dall’edificio seguito dall’amica.
Mancavano poche ore
al tramonto del sole, e c’era poca gente in giro.
Non gli sembrava
vero di trovarsi nuovamente con Rebecca.
“Non mi lasciano in
pace un attimo, e non riesco a capirecosa vogliono da me!”
“Bè,
non è difficile capirlo! Anche se
gli anni passano per tutti, non si può negare che hai ancora fascino da
vendere, e lo stesso vale per il sottoscritto” commentò Sansone, passandosi una
mano tra i capelli come per controllare che fossero a posto.
Rebecca rise.
Conosceva fin
troppo ben quel piccolo gesto di vanità.
L’amico aveva
ragione.
Nonostante tutto,
Sansone era ancora l’uomo affascinante di sempre, ma la sua era una bellezza
più matura, e Rebecca notò con piacere come fosse diventato un uomo a tutti gli
effetti.
I suoi occhi di
ghiaccio erano sempre gli stessi, però.
“Non
pensavo che saresti arrivato oggi! Perché non me
l’hai detto nell’ultima lettera che mi hai mandato? Ti avrei
incontrato alla stazione, e almeno sarei stata lontana dai miei corteggiatori!”
gli chiese Rebecca.
“Secondo te?” fece
lui con espressione eloquente.
“Oh! Volevi farmi una sorpresa?” esclamò Rebecca
deliziata.
“So
bene che le adori! Ci conosciamo
da così tanto tempo che mi è impossibile dimenticare le tue abitudini… come del
resto, i bei tempi in cui giravamo per tutta l’Europa in cerca di avventure… o
forse è meglio dire, in cerca di guai?” si corresse Sansone in tono allegro.
“La nostra vita era
così movimentata!” sospirò Rebecca. “Ma prima o poi ci si deve sistemare in
qualche modo, e fare una vita spericolata non è il modo migliore per farlo, non
credi?” aggiunse sorridendo malinconicamente.
Sansone la guardò
con una strana luce negli occhi, trovandosi perfettamente d’accordo con lei.
Era tempo di
sistemarsi.
Che a loro piacesse
o meno, il tempo delle avventure era finito.
Adesso era arrivato
il momento di darsi da fare e di formare una propria famiglia, o almeno era
questo il pensiero fisso di Sansone da alcuni mesi.
Si era trovato
molto bene in compagnia di Jean e Nadia e del loro piccolo, ma vederli così
uniti e felici gli aveva messo addosso una strana
malinconia.
Gli avevano fatto
rendere conto di essere solo, e avevano portato alla luce un desiderio che
Sansone non avrebbe mai pensato di provare, dopo aver passato una giovinezza da
latin lover.
Quello di trovare
una buona moglie.
E lui aveva già in
mente chi potesse essere la donna con cui voleva passare il resto della vita…
“Per quanto tempo
ti fermerai qui?” chiese Rebecca ad un tratto, riportandolo bruscamente alla
realtà.
“Dipende…” rispose
Sansone, riflettendo. “…da molte cose… diciamo che ho prenotato la mia camera
in albergo per un paio di giorni, ma può darsi che resterò a farti compagnia
per più tempo!”
“Sei
sempre il solito! Non c’è bisogno
di fare tanto il misterioso, con me” disse la donna dai capelli rossi in tono
autoritario, e Sansone le rivolse il suo sorriso più seducente.
“Immagino
di no. Bè, che ne dici? Ti va di
fare un giro?” le propose, sicuro che lei avrebbe accettato la sua
richiesta.
**
Una carrozza si
fermò davanti a quella che sembrava essere una splendida villa di Londra,
facendo scendere una giovane dai capelli castani vestita molto elegantemente.
“Benvenuta nella
dimora del conte Ayrton Grenavan, signorina” le disse
un uomo dall’aspetto composto e dignitoso.
“Grazie!” esclamò
la ragazza, guardandosi intorno con un certo nervosismo.
“Vuole che l’accompagni?” chiese James facendo un mezzo inchino e
indicandole il viale interminabile e circondato da un curatissimo prato
all’inglese che conduceva all’entrata della villa.
“Sì, grazie”
rispose la ragazza, emozionata.
Non riusciva a
crederci.
Lei, Marie Lowenbrau, una ragazza come tante, era stata invitata per
la prima volta della sua vita a una festa organizzata da Ayrton, ed era persino
riuscita a trovare qualcosa di elegante da mettersi per l’occasione.
Ultimamente la
fortuna le sorrideva.
La ragazza ripensò
alle proteste della zia, con cui viveva a Marsiglia da quando Argo era stato
sconfitto.
Era felice di aver
trovato un membro della sua famiglia dopo la morte dei suoi genitori, ma la
sorella di sua madre era una donna rigida e piuttosto all’antica, che non
riteneva “decoroso”, per una giovane donna, partecipare a una festa.
Marie era fiera di
essere riuscita a convincerla a lasciarla partecipare al banchetto organizzato
dal conte.
Il viaggio per
andare a Londra era stato molto tranquillo, ed era stata perfettamente in grado
di cavarsela da sola.
Dopotutto non era
più una bambina, e aveva il diritto di scegliere cosa fosse meglio per lei,
battendosi con ostinazione per ottenere quello che voleva, proprio come le
avevano insegnato Sansone e Hanson.
Dopotutto lei e
Ayrton erano vecchi amici, e non c’era niente di male nel passare un intero
giorno in sua compagnia…
Sarebbe stato
divertente.
Si riscosse dai
suoi pensieri.
Lei e quello che
aveva tutta l’aria di essere il maggiordomo del conte avevano oltrepassato la
porta della villa, e ora si trovavano in un ampio e luminoso vestibolo.
“Il signore la sta aspettando, signorina. L’accompagno da
lui” disse l’uomo, e Marie si limitò a seguirlo, chiedendosi se i suoi capelli
fossero a posto.
Attraversarono una
serie di sale splendide, ornate da quadri e arazzi che dovevano appartenere
alla famiglia di Ayrton da generazioni e da soprammobili lucidati con cura.
C’erano grandi
finestre che davano sul giardino della villa, lampadari scintillanti e
domestici in movimento da ogni parte, che portavano con sè
piatti colmi di chissà quali prelibatezze.
Quando varcarono la
soglia di una grande sala piena di tavole imbandite e di ragazze che avevano
circa la sua stessa età, Ayrton smise di scherzare con una signorina bionda
molto elegante e le venne incontro.
“Marie! Che piacere averti qui! Sapevo che saresti venuta!”
esclamò l’uomo con gioia.
Era proprio come lo
ricordava, ma adesso vestiva con abiti di raffinata eleganza e si era fatto
crescere un paio di baffi tenuti con cura.
Marie rise, mentre
lui eseguiva un perfetto baciamano e si scostava per guardarla meglio.
“E’ incredibile
come sei diventata bella!” aggiunse Ayrton con un sorriso compiaciuto, senza
smettere di osservare i lucenti capelli scuri che le scendevano sulle spalle, i
grandi, vivaci occhi azzurri e le guance morbide e ancora spruzzate di
lentiggini della ragazza.
“Lo pensate
davvero, Ayrton?” rise lei, apprezzando il suo complimento.
“Oh, dammi del tu,
questi formalismi sono inutili quando ci si conosce da anni!” disse l’uomo
trascinandola verso un tavolo pieno di cibo in mezzo alle altre invitate alla
festa. “Da quanto tempo non ci vediamo?”
“Bè, da un anno,
credo… da quando Jean e Nadia sono venuti a Londra, e…”
“Ah, certamente! Ora ricordo!” esclamò Ayrton, quindi le rivolse un sorriso
seducente. “Credo di aver fatto proprio bene ad invitarti alla festa,
come vedi ho mantenuto la mia promessa!”
“Quella che mi hai
fatto tanti anni fa, sull’isola mobile?” gli chiese Marie allegramente.
“Certo! Ora potrai assaggiare tutti i miei manicaretti e divertirti per
un’intera giornata in mia compagnia! Vedrai, non vorrai più
andartene!” commentò il conte, sicuro di sè.
Contagiata dalla
sua allegria, Marie rise allegramente.
“Sì, credo proprio
che mi divertirò” pensò la ragazza.
Il sole era tramontato da un pezzo, e Sansone, nel suo abito migliore,
sedeva con Rebecca a un tavolo riservato a loro in uno dei locali più raffinati
dell’intera Londra.
“E’
stata una magnifica giornata! Sei
stato così gentile ad accompagnarmi in giro per la città per un intero
pomeriggio… proprio un vero signore!” commentò la donna dai capelli rossi.
“Sapevo che ti
sarebbe piaciuto fare un giro con me e parlare dei vecchi tempi… e la serata
non è ancora finita!” esclamò Sansone lanciandole un’occhiata maliziosa e
notando come fosse elegante Rebecca, con quell’abito scollato e stretto in vita
che metteva in risalto il suo fisico perfetto.
Si era legata i
capelli in una coda alta, lasciando il collo pienamente scoperto, e gli unici
gioielli che indossava erano un paio di orecchini semplici, ma di buon gusto.
“Allora Sansone,
c’è qualche donna nella tua vita?” gli chiese all’improvviso.
“Bè, a dire il vero
sì… ma ci sto ancora lavorando” disse lui, con sguardo eloquente, mentre
Rebecca sorrideva.
“Sarebbe ora che ti
sistemassi! E dovrei farlo anche io, a dirla tutta” commentò la donna. “Invidio
molto Jean e Nadia… piacerebbe anche a me avere un figlio e un marito in gamba.”
Prima che Sansone
potesse dire qualcosa, un cameriere chiese loro cosa volevano ordinare, e
quando i due ebbero finito e rimasero nuovamente soli, Rebecca cambiò
argomento.
“Come sta Marie? E’
da anni che non la vedo! Abita a Marsiglia, se non ricordo
male.”
Sansone annuì.
“Le
ho scritto una lettera tempo fa, e a quanto mi ha detto, doveva venire a Londra
in questo periodo, forse per venire a trovare dei parenti. Non c’è che dire, è cresciuta molto” disse Sansone,
riflettendo e pensando a come la ragazza si fosse trasformata da un giorno
all’altro.
“Se non sbaglio ora
ha sedici anni.”
“Li ha compiuti il
mese scorso…” disse Sansone distrattamente, pensando che avrebbe dovuto
incontrare anche lei, di lì a qualche giorno.
L’ultima volta che
si erano visti, era rimasto così colpito da Marie che non riusciva a credere
che la giovane che aveva davanti fosse la stessa bambina con cui aveva
affrontato mille peripezie tanti anni prima…
Era diventata
bellissima, vivace nel parlare e sempre allegra…
Improvvisamente
provò uno strano nervosismo.
Lui era venuto per
“sistemare le cose” con Rebecca, non doveva pensare continuamente a Marie…
Non era normale.
“Insomma, si può
sapere a cosa stai pensando?”
Sansone si riscosse
dai suoi pensieri, fissando Rebecca con sguardo desolato.
“Eh? Io…a niente!” disse l’uomo, mentre lei lo
inceneriva con lo sguardo.
“A niente? Con
quello sguardo languido e perso nel vuoto? Non me la racconti giusta, Sansone… non
è che per caso ti stai facendo venire delle strane idee su Marie? So benissimo
che saresti capace di farlo, e…”
“Vuoi sapere cosa
stavo pensando?” disse Sansone interrompendola, in tono serio ma con un sorriso
leggero. “Stavo pensando che sei bellissima.”
Rebecca ammutolì,
guardandolo con incredulità.
“Oh… davvero?”
riuscì a dire, arrossendo lievemente.
Non ricordava che
Sansone le avesse mai fatto un complimento, prima di allora… aveva sempre
saputo che il giovane era attratto da lei, ma sentirgli fare un complimento
così apertamente…
Il modo in cui la
guardava la metteva a disagio, e le venne un presentimento.
Che fosse venuto
per… ?
In fondo era
possibile.
“Bè, grazie”
esclamò Rebecca rivolgendogli un sorriso, mascherando il suo vero stato d’animo
e augurandosi che quelmomento sarebbe arrivato il più tardi
possibile.
**
Ayrton la stava
guardando in modo molto strano.
Non le aveva
staccato gli occhi di dosso fin da quando era entrata nella sala dei banchetti…
Marie si sentiva
nervosa, anche se si disse che non doveva esserlo.
In fondo non c’era
niente di male nell’essere carina ed essere ammirata
per questo… ma si sentiva comunque a disagio.
Avrebbe voluto che
Sansone fosse con lei, in quel momento.
In quel momento
anche lui si trovava a Londra…non vedeva l’ora di incontrarlo e di raccontargli
le ultime novità.
Le piaceva
confidarsi con lui, che era sempre così disponibile ad ascoltarla e a portarla
dove voleva, facendola divertire come sempre…
Ripensò all’ultima
volta che si erano visti.
Era andato a
trovarla a Marsiglia.
Persino la zia era
rimasta colpita da un uomo così alto e affascinante, con quegli occhi di
ghiaccio magnetici e quel modo di fare così affabile…
Gli aveva permesso
di portare Marie a fare una passeggiata nel parco senza pensarci due volte,
tanto si era guadagnato la sua fiducia solo con una prima occhiata.
Avevano passato uno
splendido pomeriggio, e da quel momento Marie non aveva mai smesso di pensare a
lui e al modo in cui la guardava, e la faceva sentire viva…
“Ti stai divertendo, signorina?” le chiese Ayrton all’improvviso,
facendola sussultare.
“Certo!” rispose
Marie con eccessiva allegria.
Sapeva benissimo
che stava mentendo, ma sperava che lui non se ne accorgesse.
“Che ne dici di
uscire con me in giardino?” le propose Ayrton sorridendo, e la ragazza notò che
aveva le guance arrossate.
Forse aveva
esagerato un po’, con il vino…
“Ehm… perché no?”
disse Marie.
Dopotutto, forse
una boccata d’aria non le avrebbe fatto male.
Aveva bisogno di
allontanarsi da tutta quella confusione che le annebbiava la mente, e seguì il
conte nel giardino.
L’aria era
frizzante, ma era piacevole sentirla sul viso.
“Bella serata, non
trovi?” esclamò Ayrton, voltandosi a guardare la giovane al suo fianco.
Marie non sapeva
cosa dire, ma si chiese cos’avesse in mente il conte.
“Sono felice di
averti invitato alla festa… non mi aspettavo che saresti diventata così bella… e
mi chiedevo se ti andrebbe di partecipare anche alla prossima festa che
organizzerò” disse Ayrton, allegro.
“Ma certo” rispose
Marie pensando che, dopotutto, non le capitava così spesso di partecipare a
banchetti simili, con cibi raffinati, musica, e per di più in compagnia di un
amico che non vedeva da tempo.
La ragazza era
certa che una volta tornata a Marsiglia e alla quotidianità avrebbe rimpianto
Londra, doveva smetterla di pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in
quello che stava facendo, e soprattutto, doveva divertirsi come tutte le altre
ragazze presenti alla festa.
“Bene,
allora rientriamo! E’ il momento
che preferisco!” esclamò Ayrton, quindi le fece segno di andare avanti per
prima, facendo una goffa riverenza.
Non era abituata a
simili cerimonie, pensava Marie, ma doveva ammettere che Ayrton a volte era
davvero divertente.
**
“Eccoci
arrivati! Questo è l’appartamento
in cui abito!” esclamò Rebecca con un sorriso, rivolgendosi a Sansone.
La serata era ormai
giunta al termine, ma la donna era sicura che sarebbe rimasta
ben impressa nella sua memoria per molto tempo.
Non solo aveva
trascorso delle ore piacevoli insieme a un vecchio amico, ma nessuno dei suoi
spasimanti l’aveva importunata… e per ben tre ore di fila!
Di certo avevano
scambiato Sansone come l’unico che aveva la possibilità di godere della sua
compagnia, e si erano allontanati pensando di non poter competere con lui… con
il suo fascino e il suo modo di fare…
“Piaciuta, la
passeggiata?” le chiese Sansone dopo aver dato segno di gradire l’aspetto del
palazzo in cui Rebecca soggiornava da tempo.
“Moltissimo! E’ stata una magnifica serata, Sansone! Mi fa sempre piacere parlare
dei vecchi tempi e avere qualche ora di libertà lontano dai miei spasimanti! A volte si rendono decisamente soffocanti” commentò la donna
distogliendo lo sguardo dagli occhi penetranti dell’amico.
“Magari, uno di
questi giorni, te li tolgo di torno io, che ne dici?” disse Sansone con voce
suadente.
“Toglierli
di torno? E perchè mai
dovresti farlo? Anche se ammetto che ogni tanto sono fastidiosi, in fondo sono
ancora alla ricerca della mia anima gemella. Non credo che
troverò mai qualcuno da amare, se smetterò di frequentarli” commentò Rebecca,
senza accorgersi dell’effetto delle sue parole sull’uomo davanti a lei.
Sansone avvertì una
fitta al petto, mentre la donna gli rivolgeva un cenno di saluto che lui
ricambiò balbettando prima di sparire oltre la porta del palazzo.
Un orribile dubbio
cominciò a manifestarsi nella sua mente.
“Il modo in cui ha parlato… è come se non mi consideri
minimamente come uomo di cui potersi innamorare…”
Sansone scosse la
testa.
Rebecca aveva detto
di non aver ancora trovato qualcuno da amare… e allora perchè
non poteva essere lui, quel qualcuno?
“Ho deciso” si
disse Sansone risoluto, voltando le spalle al palazzo dove la donna abitava per
incamminarsi verso l’albergo.
“Farò in modo che si innamori di me! A
ogni costo!”
Fine secondo
capitolo
**
Ciao a tutti!Eccoqui il secondo capitolo della
fanfic (ne ho scritti altri due, ma credo li posterò solo più avanti) ^^ Grazie
a Blustar e a Miyu per aver
commentato il primo! Confesso che per un po’ ho abbandonato la fic a causa
dello studio, ma ora credo di avere abbastanza tempo libero per
portarla a termine ^^
Si guardava in
torno con ansia, pronta a vederlo arrivare da un momento all’altro.
Sperava che i suoi
capelli fossero in ordine, che avesse un aspetto almeno decente… e si chiese
subito dopo perchè mai fosse così preoccupata all’idea di rivedere Sansone.
Era felice, ma
anche in preda a uno strano nervosismo.
Marie notò che a
quell’ora il parco era discretamente affollato.
Era un tiepido
pomeriggio di maggio, e dopotutto era normale che dopo un gelido inverno gli
abitanti di Londra preferissero trascorrere più tempo del solito a passeggiare
nel parco, a parlare del più e del meno e a godere del vento leggero che
soffiava tra le fronde degli alberi.
Si sentì chiamare
da una voce familiare, dalla sua
voce.
La ragazza si voltò
istintivamente, per vedere Sansone che le andava incontro con un sorriso
tranquillo.
“Spero di non
averti fatto aspettare troppo! Arrivare in ritardo a un appuntamento con una
ragazza è un errore imperdonabile per uno come me, che è stato per anni un
latin lover!” esclamò l’uomo, portandosi una mano dietro la testa, mentre Marie
si voltava bruscamente dall’altra parte, con sguardo cupo e con aria offesa.
Sansone la guardò a
bocca aperta per un attimo, poi assunse un’espressione desolata.
“Ascolta Marie, lo
confesso, ho fatto tardi perchè ho accompagnato Rebecca a fare shopping, e lo
sai anche tu che ha dei gusti difficili e che tende sempre a perdere temp…”
“E’ inutile che ti
giustifichi! Non voglio più vederti!” lo interruppe la ragazza, voltandosi a
guardarlo con un’espressione adirata che lo lasciò spiazzato per alcuni
istanti.
“Ma…Marie…”
La ragazza lo fissò
in silenzio per qualche istante, quindi scoppiò in una risata argentina
lasciando Sansone di stucco, mentre gli si gettava al collo in preda alla
gioia.
“Sansone! Sono così
felice di rivederti!” esclamò Marie, mentre l’uomo rideva a sua volta,
guadagnandosi occhiate incuriosite e di rimprovero da parte dei passanti.
Gli aveva fatto
prendere un colpo!
Ma chi le aveva
insegnato a prendersi gioco in quel modo di un vecchio amico innocente?
“Accidenti! Che
accoglienza calorosa! Ti sono proprio mancato, eh?” sorrise Sansone sentendosi
in imbarazzo per qualche strana ragione, mentre Marie si staccava da lui e lo
fissava con gli occhi che brillavano della stessa espressione vispa che aveva
da bambina.
“Eccome! Ho passato
le ultime settimane a contare i giorni che mi avrebbero separato dal nostro
incontro!” confessò apertamente la ragazza per nulla intimidita, in tono
tranquillo.
Quella frase colpì
Sansone al punto che l’uomo non riuscì a impedirsi di esclamare un “davvero?”
di un sincero stupore.
“Scherzavo!”
rispose Marie con un sorriso, quindi lo afferrò per il polso e lo costrinse a
seguirla, ignorando le sue proteste.
“Ehi, ma… lasciami
andare, Marie, ci stanno guardando tutti!” fece lui notando le occhiate
divertite della gente intorno.
Avrebbe giurato di
aver sentito una donna che diceva alla sua amica: “Guarda quei due, che bella
coppia! Sono così teneri!”
Ma lo raggiunse un
commento dal tono completamente diverso: “Guardate quell’uomo! Così maturo,
eppure va dietro a una ragazza così giovane! Non si vergogna?”
La ragazza lo
lasciò andare divertita, mentre Sansone si chiese mentalmente se fossero
trascorsi davvero così tanti anni dai tempi del Nautilus e della Nuova
Atlantide.
Vedere Marie così
allegra e spigliata gli faceva pensare a quanto fosse invecchiato negli ultimi
anni, a quanto fosse diversa da lui, e a come lei avesse ancora tutta la vita
davanti… decise di concentrarsi su quello che stava facendo, e si rivolse alla
ragazza che camminava al suo fianco con un sorriso sereno.
“Allora, piccola
Marie… come te la passi, ultimamente?”
“Benone! Non avevo
mai viaggiato da sola, e Londra è una città così bella!” esclamò la ragazza.
“Ti piace così
tanto?”
“Puoi dirlo! Io
adoro i parchi, e Londra ne è piena… sarebbe un sogno vivere qui, Marsiglia non
è neanche lontanamente paragonabile a questa città!” disse Marie con un
sospiro.
Sansone si trovò
d’accordo con lei.
“Già, è vero!”
“Adesso sono a casa
di alcuni parenti, due lontane zie da parte di mio padre. Non sai che scuse ho
dovuto inventare per poter venire qui al parco! Sono molto all’antica. E poi
sono stata a una festa di Ayrton” aggiunse la ragazza.
Qualcosa dentro
Sansone sussultò a sentire quelle parole.
“Sembra che abbia
una cotta per me, lo trovo divertente. Di sicuro, partecipare a uno dei suoi
banchetti lo è!” concluse Marie, ripensando alla piacevole serata che aveva
trascorso in compagnia dell’uomo alcune sere prima.
“Quell’idiota… chi
l’avrebbe mai immaginato che fosse davvero un conte?” bofonchiò Sansone,
infastidito.
Gli dava sui nervi
sentire che Marie, la sua Marie,
fosse andata a trovare Ayrton.
Quell’uomo non
aveva fatto altro che causare problemi, in passato…
Un momento… non
aveva appena pensato “la sua Marie”?
Che stava
succedendo?
“E tu, Sansone?
Cos’hai fatto in questi giorni? So che è già da un po’ che ti trovi a Londra!”
cinguettò la ragazza, distogliendolo dai suoi pensieri.
“Bè, tanto per
cominciare, ho incontrato Rebecca.”
“E come sta?”
“Lei benone… è ai
suoi spasimanti che dà una vita difficile” disse Sansone, forse pensando anche
a se stesso.
“Immagino! Chissà
se troverà mai la sua anima gemella!”
“Io credo di sì… nessuno
può vivere da solo, prima o poi anche lei dovrà sistemarsi” commentò l’uomo in
tono lugubre, ma Marie sembrò non notarlo.
“Già! Mi sembra che
il discorso valga anche per una persona di mia conoscenza. Si chiama Sansone,
mi sembra che tu ne abbia sentito parlare” disse la ragazza allegramente.
Lui la guardò, e si
rese conto per un istante che aveva uno splendido sorriso.
“Hai ragione Marie,
ma non temere! Vedrai che sistemerò le cose in un batter d’occhio, ci puoi
scommettere” disse Sansone, in tono sicuro.
La ragazza lo
guardò incuriosita per un momento.
L’uomo guardava
dritto davanti a sè, con determinazione.
Marie abbassò lo
sguardo e sembrò concentrarsi sui ciottoli del viale che stavano percorrendo.
“Lo sai… mi
piacerebbe tanto” esordì in un sussurro, riflettendo.
Sansone si voltò a
guardarla, incuriosito.
“Che cosa?”
Si erano fermati
sull’erba, a pochi metri da una vasta distesa di alberi scossi da una brezza
leggera.
“Sistemarmi. Avere
un bambino.”
Sansone la guardò
con tanto d’occhi.
“E’ il mio sogno
più grande, passeggiare insieme al mio bambino nel parco” disse Marie, con un
sorriso sicuro e sereno. “Credi che riuscirò a realizzarlo?”
“Ne sono certo,
Marie” commentò Sansone, sapendo che un giorno molto lontano la ragazza avrebbe
trovato qualcuno con cui mettere su famiglia e vivere una vita felice.
Chissà chi sarebbe
stato… una fitta di gelosia gli attraversò il petto, mentre pensava che forse
si sarebbe trattato di Ayrton.
Che gli prendeva,
tutt’a un tratto?
Era geloso… di Marie?
Fine terzo capitolo
**
Ciao a tutti! Ho
deciso di postare in anticipo il terzo capitolo, e credo di averlo reso un po’
troppo melenso, ma credo che sia almeno decente.
Un altro grazie a
Blustar per aver commentato il secondo!
Erano trascorsi
alcuni giorni da quando aveva incontrato Marie, eppure continuava a pensare
alla loro passeggiata nel parco, ai sorrisi della ragazza e alla sua vivacità
come mai aveva fatto prima di allora.
Le parole di Marie,
il fatto che gli aveva confidato il suo desiderio più grande lo tormentavano
nel profondo.
Sansone si sentiva
confuso.
Fino ad allora non si era mai reso veramente conto del fatto che
quella che una volta era la vivace bambina che aveva salvato dalle grinfie di
un robot-granchio su un’isola sperduta nell’oceano fosse diventata una donna a
tutti gli effetti.
Possibile che
avesse trascorso una notte insonne, pensando a lei?
Marie era troppo
giovane per potergli interessare, e poi lui non era venuto a Londra per
dichiarare i suoi sentimenti a Rebecca?
Da quando aveva
parlato con Marie l’ultima volta erano trascorsi cinque intensi giorni che
aveva trascorso in compagnia della donna, nell’intento di colpirla con le sue
gentilezze e il suo modo di fare.
L’uomo stava
aspettando il momento giusto per parlarle dei suoi sentimenti, e non era giusto
pensare contemporaneamente anche a Marie.
E poi, lei era così
giovane…
Sansone decise che
la considerava soltanto una vecchia amica, mentre passeggiava con Rebecca
presso il Tamigi all’imbrunire di una delle ultime sere che avrebbe trascorso a
Londra in sua compagnia.
“Insomma Sansone,
ma mi stai ascoltando o no?” gli chiese Rebecca ad un certo punto, spazientita.
“Eh? Ah sì, certo, Rebecca!”
“Ti avevo chiesto
se va tutto bene” esclamò la donna a voce alta.
“Mi
sembri strano, da un po’ di giorni a questa parte! Non è da te, tenere il muso in quel modo” aggiunse con il sole che
tramontava alle sue spalle lanciando una luce arancione su ogni cosa.
Sansone la guardò
negli occhi per un lungo momento.
“D’accordo”
cominciò l’uomo, voltandosi completamente verso di lei.
Rebecca assunse
un’espressione interrogativa.
“Vuoi sapere perché
sono venuto a Londra?”
La donna annuì con
lentezza, sentendosi il cuore pesante.
“Ci siamo. Sta succedendo quello che temevo” pensò tristemente. “Sii forte,
Rebecca.”
“C’è una cosa che
devi sapere. Da quando sono andato a trovare Jean e Nadia a Le Havre e ho visto
la famiglia che hanno creato, non ho potuto che sentirmi inutile e senza scopo,
a questo mondo. Io ho trentotto anni, Rebecca, eppure non sono ancora riuscito
a sistemarmi come vorrei. Non è strano, tutto questo? Ormai non c’è nient’altro
che vorrei fare più di ogni cosa al mondo, e mi chiedevo se…”
“Parla, ti ascolto”
mormorò Rebecca, con sguardo preoccupato.
“…mi chiedevo se
vorresti aiutarmi a costruire una famiglia, Rebecca. Vedi,
io…”
La donna avvertì
una dolorosa fitta al petto.
“…credo di amarti
da sempre. Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi, anche tanto tempo fa,
quando eravamo coinvolti nella guerra contro Argo e tu
non avevi occhi che per il capitano Nemo. Non riuscivo a capire come fosse
possibile che ti interessassi a un uomo così maturo, e non a un ragazzo giovane
e bello com’ero allora. Ti confesso che, quando poi è morto per salvare tutti
noi, ho sperato che allora ti saresti accorta di me. Invece mi sbagliavo.
Ognuno ha preso la sua strada, com’era giusto che fosse, ma anche se per un po’
siamo stati lontani, io ho continuato a sperare che un giorno anche tu mi
avresti ricambiato e ti saresti accorta di provare qualcosa per me. Io ho
bisogno di saperlo, Rebecca, devo sapere se mi ami… oppure mi consideri soltanto
un amico.”
La donna abbassò
gli occhi, sconvolta.
Fino all’ultimo
aveva sperato che Sansone non le confessasse di amarla, e invece era appena
successo quello che lei aveva temuto.
Lei aveva sempre
provato affetto nei confronti di quell’uomo, ma non riusciva a pensare di poter
ricambiare i suoi sentimenti in modo diverso da una semplice amicizia.
Eppure lui le era stato vicino per anni, si era sempre preoccupato per
la sua incolumità, le aveva fatto capire più volte di essere geloso di lei,
quando Rebecca era innamorata di Nemo e litigava continuamente con Sansone per
questioni futili nei lontani giorni di undici anni prima…
Non poteva
costringersi ad amarlo, quando lo considerava soltanto un amico.
Decise di dirgli la
verità.
“Mi
dispiace, Sansone. Ho provato a ricambiarti, ma non
ci sono riuscita. Non riesco a pensare a te come a qualcosa
di diverso da un amico” disse Rebecca senza riuscire a guardarlo negli occhi.
Per un po’ nessuno
disse nulla.
Poi Sansone alzò lo
sguardo e sorrise.
“Grazie
per avermi dato una risposta, Rebecca. Ho fatto bene a venire a parlarti dopo tanto tempo” disse l’uomo in
tono calmo e sicuro.
La donna si
spaventò terribilmente.
Credeva che lui
avrebbe gridato in preda alla disperazione che non poteva non amarlo, ma evidentemente
si era sbagliata.
Sansone era
maturato davvero, non era più lo stesso giovane che anni prima si lamentava
della monotonia della sua cucina a bordo del Nautilus e che guidava il Retan
con tanto orgoglio eseguendo ogni suo ordine…
“Sansone, io…”
“Andiamo
Rebecca, ci stanno aspettando al ristorante. Tra
alcuni giorni tornerò a Le Havre, godiamoci questi ultimi momenti insieme. Chissà quanto tempo passerà, prima che ci rivedremo” concluse
l’uomo, voltandosi e lasciando la donna profondamente dispiaciuta per lui.
Era sicura di aver
visto un lampo di disperazione nei suoi occhi di ghiaccio, prima che Sansone
distogliesse lo sguardo e ricominciasse a parlare del più e del meno come se
niente fosse successo.
**
Settembre.
A Marie l’autunno
piaceva, anche se la rendeva malinconica.
Erano passati
quattro mesi da quando era andata a Londra a trovare le sue zie.
Ed erano passati
quattro mesi da quando aveva visto Sansone per l’ultima volta.
Le giornate
trascorrevano abbastanza serenamente, ma anche con monotonia mentre la ragazza
si dedicava alle faccende di sempre nella casa che divideva a Marsiglia insieme
alla zia.
Ogni tanto Marie si
ritrovava a pensare con un sorriso che Sansone sarebbe venuto presto a
trovarla.
Sapeva che sarebbe
stato così, e il suo sesto senso non l’aveva mai ingannata, fino ad allora.
Pensare a lui la
turbava sempre.
Anche quando si
erano visti a Londra l’ultima volta, stare con Sansone l’aveva fatta stare
bene, e allo stesso tempo le aveva fatto venire un forte dubbio: che si fosse innamorata di lui?
Non c’era altro
modo di spiegare le sensazioni che lui le provocava, il fatto che le agitava il
sonno e che la ragazza viveva giorno dopo giorno nella speranza di rivederlo.
Aveva capito anche
che lui amava un’altra.
Era quella la
verità, lei l’aveva intuito dal modo in cui l’uomo le aveva detto che presto si
sarebbe sistemato senza guardarla negli occhi, con il tono di chi sapeva il
fatto suo.
E dopotutto lui era
un uomo adulto, come poteva solo pensare che si potesse interessare a lei?
Lei era solo una
ragazzina.
Marie scosse la
testa.
Non era il caso di
negare l’evidenza.
Ormai era diventata
una donna a tutti gli effetti, le bastava guardarsi allo specchio per
rendersene conto.
Ma allora perché
non se ne rendeva conto anche Sansone?
La ragazza sospirò,
affrettandosi ad andare in cucina.
Presto sarebbe
stata ora di cena, e sua zia avrebbe avuto bisogno di una mano per preparare da
mangiare.
Fine quarto
capitolo
**
Ciao a tutti!
Ci ho messo un bel
po’ a completare questo capitolo di transizione. Un enorme grazie a Blustar che
commenta puntualmente ogni capitolo della fic, e anche a Jack83 e a tutti
quelli che leggono senza commentare! ^^
Da
quando aveva fatto ritorno da Londra, non aveva potuto fare altro che
concentrarsi sul lavoro.
Aveva
guadagnato discretamente in quegli ultimi mesi, ma la cosa non era riuscita a
sollevargli il morale.
Cosa
se ne faceva dei soldi se non riusciva nemmeno a capire perchè uno come lui, un
ex playboy, avesse d’improvviso così tanti problemi con le donne?
I
soldi non facevano la felicità, ormai se n’era reso conto da tempo.
In
fondo era comprensibile che Rebecca l’avrebbe rifiutato.
Come
aveva potuto pretendere per un solo momento che lei gli avrebbe detto di
ricambiare i suoi sentimenti?
Al
cuore di una donna non si comandava.
Soprattutto
a quello di una donna come Rebecca.
Lei
era sempre stata particolarmente difficile da capire.
Ormai
non pensava più a lei come alla donna della sua vita.
Certo,
aveva passato settimane a chiedersi dove avesse sbagliato e se valesse la pena
di soffrire così tanto per lei, ma il peggio era passato.
Non
doveva abbattersi così per il rifiuto di Rebecca.
Non
era forse un duro?
Lo
era stato di certo, in passato.
O
almeno era stato convinto di esserlo.
Sansone
sbadigliò all’improvviso.
La
stanchezza cominciava già a farsi sentire.
Ed
erano appena le quattro del pomeriggio.
La
giornata lavorativa non era ancora finita, e lui era già stanco.
“Mi ci vuole un
po’ di riposo. Di questo passo mi verranno le occhiaie e finirò per somigliare
ad Hanson!”
pensò l’uomo tra sé, portando l’ennesimo cliente della giornata a destinazione.
“Devo smetterla di
pensare al passato. Devo prendere una boccata d’aria al più presto.”
L’immagine
di una ragazza bruna e dagli occhi azzurri gli comparve per un attimo nella
mente, mentre Sansone tornava con la memoria all’ultima volta in cui aveva
incontrato Marie a Londra.
Sorrise
senza quasi rendersene conto.
Incredibile.
Gli sembrava di non vederla da secoli, piuttosto che da soli quattro mesi.
Ricordava
perfettamente quello che lei gli aveva scritto nell’ultima lettera, risalente
ad alcune settimane addietro.
A
quanto pareva la ragazza non vedeva l’ora di rivederlo.
Sottolineava
più volte come si divertisse e si sentisse bene in sua compagnia, oltre al
fatto che ripensava spesso ai momenti trascorsi insieme.
Sansone
si rese conto che era lo stesso anche per lui.
Ricordava
le parole, i gesti e i sorrisi di Marie come qualcosa di molto piacevole in
mezzo a tanti problemi e alla monotonia della quotidianità…
Sì,
decisamente aveva voglia di rivederla.
Stare
con lei per un po’ gli avrebbe fatto bene.
Era
sempre così allegra.
Chissà
se era cresciuta ancora.
Di
sicuro era diventata ancora più bella di quanto ricordava.
Si
era accorto di una cosa soltanto in quel momento.
Quando
pensava a Marie, tutto il resto sembrava scomparire.
Persino
l’immagine di Rebecca diventava ancora più sbiadita nella sua mente, come se
appartenesse ad un’altra vita o a un sogno fatto troppo tempo prima, per essere
ancora nitido nei suoi ricordi.
**
“Sansone!”
Marie
agitò una mano per attirare l’attenzione dell’uomo alto e con gli occhi azzurri
che era appena arrivato alla stazione di Marsiglia e si stava guardando in giro
con aria spaesata.
Lui
si voltò immediatamente, sentendosi chiamare dalla voce argentina e così
familiare di Marie.
Le
andò incontro facendosi strada tra la folla, portandosi dietro un piccolo
bagaglio.
“Quanto
tempo! Non vedevo l’ora di rivederti!” esclamò Marie al colmo della felicità,
gli occhi che brillavano di gioia.
Sembrava
una bambina che avesse appena ricevuto il più bello dei regali…
Sansone
aprì la bocca e fece per dirle che anche lei gli era mancata quando la ragazza
lo abbracciò costringendolo ad abbassarsi, lasciandolo di stucco.
Perché
si sentiva così agitato? Non era la prima volta che succedeva.
In
fondo Marie stava facendo la cosa più naturale del mondo… stava abbracciando… un
amico.
“Caspita,
che accoglienza calorosa! Mi sei mancata anche tu, piccola Marie!” rise l’uomo
quando lei lo lasciò andare e si diressero insieme verso l’uscita della
stazione.
La
ragazza gli rispose con un sorriso, e annuì più volte con il capo, i capelli
bruni che rilucevano di riflessi ramati alla luce del sole di mezzogiorno.
“Sì,
mi sembra che sia passato un secolo dall’ultima volta! E comunque guarda che
non sono più tanto piccola! Tra pochi mesi compirò diciassette anni!” esclamò
Marie fingendosi offesa.
“Hai
ragione! Sei proprio cresciuta, da quando ci siamo visti a Londra…”
“E diventi più
bella a vista d’occhio” pensò Sansone per chiedersi un attimo dopo che diamine gli stesse
saltando in testa.
Lui
era venuto per stare con un’amica… non era questo, per lui, Marie?
“Andiamo
a casa! Sarai sicuramente affamato! Mia zia non vede l’ora di rivederti, sai
bene quanto ti adora!” stava dicendo la ragazza, sentendosi fremere dentro.
Sansone
a casa sua…
Avrebbe
trascorso con lui un’intera, indimenticabile, meravigliosa settimana!
Non
le sembrava possibile…
Avrebbe
avuto il suo Sansone tutto per lei…
Il
suo Sansone?
“Stai calma,
Marie… lui ti vede solo come un’amica… è venuto qui per amicizia, non è questo
quello che provi per lui?”
“Sei
troppo gentile a offrirmi ospitalità a casa tua… con quello che costano oggi le
camere di albergo… e poi sono felice di rivedere tua zia! E’ una donna in
gamba, e quello che è certo è che cucina molto meglio di…”
S’interruppe.
No,
non doveva pensare a Rebecca.
Non
adesso, mentre era con Marie e stava andando a casa sua…
“Ad
ogni modo non vedo l’ora di mettere qualcosa sotto i denti” rise Sansone,
passandosi una mano sui capelli castani.
La
ragazza accanto a lui sembrò rabbuiarsi per un momento.
Quell’allusione
a Rebecca non le era certo sfuggita.
Sansone
pensava ancora a quella donna.
Ma
non importava.
Dopotutto
ora si trovava con lei, no?
Marie
sorrise, contenta al pensiero della settimana che le si prospettava davanti…
Fine quinto capitolo
**
Ciao a tutti! Ringrazio Blustar, Marty87 e Maggie per i commenti, spero
che la storia continui a piacervi! Per eagle88: non credo che Jean e Nadia
compariranno, ma ciò non toglie che potrebbero apparire alla fine, chi lo sa…
Erano trascorsi sei
giorni da quando Sansone era andato a far visita a Marie per evadere un po’
dalla routine quotidiana.
La sua idea si era
rivelata un ottimo toccasana: non aveva pensato a Rebecca che di rado, ed era
un peccato che la settimana che stava trascorrendo ospitato dalla zia della
ragazza sarebbe presto giunta al termine.
Andare a trovare
Marie aveva costituito la sua via di fuga ai suoi tormenti interiori, e la sua
compagnia era sempre più piacevole ad ogni ora che trascorrevano insieme.
“Sai chi mi ha
telefonato la scorsa settimana?” stava dicendo l’adolescente intenta a lavare i
piatti.
Avevano appena
finito di cenare, e Sansone guardò la sua schiena mentre si affaccendava per
rimettere a posto la cucina: aveva scoperto da poco che osservarla intenta a
svolgere le più quotidiane delle faccende gli piaceva.
Era una visione che
gli trasmetteva calore, e per qualche
strana ragione si era sorpreso a pensare più volte che sarebbe stata una
mogliettina perfetta.
Quando Marie gli
rivolse la parola l’uomo tornò bruscamente alla realtà, cercando di non dare a
vedere i suoi pensieri.
“Non mi dirai che
si è trattato del tuo spasimante non tanto segreto” le rispose con un certo
fastidio, e la ragazza rise allegramente.
“Dai, non fare quella
faccia! Ayrton è tanto gentile! Se non fosse stato per lui non avrei mai
frequentato un collegio così prestigioso!”
“Quale, quello
noiosissimo e lugubre in cui sono venuto a trovarti anni fa?” la provocò
Sansone, incapace di trattenere l’irritazione quando si parlava del conte in
sua presenza.
Anche a distanza tempo
dal loro primo incontro sull’isola mobile, non riusciva a farselo piacere.
Da quando sembrava
avere maturato una certa predilezione per Marie, poi, la situazione era persino
peggiorata.
“Sansone!” disse la
ragazza in tono di finto rimprovero. “Bè, noioso e lugubre lo è eccome” ammise
un attimo dopo lanciandogli un’occhiata di intesa, e lui le sorrise. “Se non esistessero
le vacanze credo che non potrei sopportarlo oltre. Comunque non c’è niente di
male se ogni tanto mi telefona per sapere come vanno le cose! Mi ha anche
invitato alla sua prossima festa, e credo proprio che ci andrò. In fondo glielo
devo, e poi che razza di amica sarei se mi rifiutassi?”
“Secondo me quello
lì vuole qualcos’altro da te, altro che amicizia…”
“Invece di startene
lì a borbottare, perché non vieni a darmi una mano?”
L’uomo si alzò da
tavola e l’aiutò ad asciugare i piatti puliti, la sgradevole visione del volto
di Ayrton che non accennava ad abbandonargli la mente.
Cosa voleva
quell’idiota da Marie?
Se solo si fosse
azzardato a torcerle un solo capello…
“Stai pensando che io
e Ayrton ci sposeremo, vero?”
“Ma no, che dici,
niente affatto!” si affrettò a dire in modo troppo frenetico.
Si sentì a disagio.
Cos’avrebbe pensato
Marie se avesse saputo che quello che aveva detto rispecchiava la realtà?
“Stavo solo
scherzando. E comunque non mi sembra il caso di essere così gelosi, caro il mio
maritino!”
D’accordo, la
situazione stava degenerando. Marie rideva, divertita dalla sua reazione.
Doveva avere
proprio uno sguardo sconvolto per divertirla così tanto.
“Ma quale geloso,
mi stavo solo assicurando che quel tipo non ti desse fastidio, perché sai
benissimo che in quel caso ci penserei io a fargliela vedere. Sai come la penso!
I farabutti come lui devono essere puniti come si deve!”
“Ma che cavaliere!
Ti ringrazio, ma non è il caso. Che ne dici di andare a fare quattro passi, non
appena avremo finito? C’è un posto in cui devo assolutamente portarti” esordì
Marie cambiando discorso all’improvviso con leggerezza, gli occhi blu che
scrutavano speranzosi il viso assorto dell’uomo al suo fianco.
Chissà se stava
pensando ancora a Rebecca… la ragazza cancellò immediatamente quel pensiero,
augurandosi di essersi sbagliata.
Sansone la guardò
incuriosito per un attimo, poi si affrettò ad annuire.
“Con piacere!” le
disse con le labbra stirate in un sorriso di quelli che la affascinavano tanto,
e nel suo sguardo non le sembrò di scorgere altro che un’affettuosa, serena
amicizia, la stessa che anche lei avrebbe
dovuto provare per lui.
Cercando di
nascondere la sua delusione, si tolse il grembiule e si affrettò a uscire dalla
cucina.
“Perfetto, non vedo
l’ora! Vado a cambiarmi, ci vediamo tra poco!”
Sparì oltre la
porta della stanza, il bagliore del suo sorriso che lo lasciò stordito per
qualche attimo prima che Sansone si rimettesse al lavoro pensando che non era
più giovane come un tempo: in passato si sarebbe rifiutato con tutto se stesso
di fare certi lavori da donna, oltre che manuali, e ora invece le era bastata
una sola occhiata perché Marie lo convincesse ad aiutarla in cucina.
Le possibilità
erano due: o lui era spaventosamente invecchiato, oppure era soltanto quella
ragazzina dai lunghi capelli castani ad avere quel potere su di lui…
Era pomeriggio
inoltrato, e Sansone e Marie camminavano l’uno accanto all’altra verso una meta
a lui ignota.
Chissà dove lo
stava portando, quella ragazza… c’era qualcosa di diverso in lei, era come se
fosse nervosa ma allegra al tempo stesso.
Poteva capire come
si sentiva: non era la prima volta che si trovavano insieme da soli, ma in quel
momento c’era un’atmosfera insolita: era proprio come se fossero una coppia,
mentre Marie gli lanciava diverse occhiate e si stringeva al suo braccio con
assoluta naturalezza.
“Ci siamo quasi!”
esclamò vivace, quindi si fermò davanti a lui con il volto arrossato
dall’impazienza. “Chiudi gli occhi, Sansone!” lo incitò in modo infantile, e
lui impallidì brevemente.
“Come vuoi, ma ti avverto! Non farmi strani
scherzi, oppure…”
Una mano minuta si
insinuò delicatamente tra le sue, e Sansone rimase senza fiato per un attimo.
L’esitazione lasciò
il posto a una piacevole sensazione di calore, e di lì a poco gliela strinse,
affidandosi totalmente a lei.
“Vieni con me,
ormai siamo vicini!”gli disse con voce argentina guidandolo su quella che, a
giudicare dalla conformazione del terreno sotto i suoi piedi, aveva tutta
l’aria di essere una collina… o forse un promontorio.
Sentiva un rumore
lontano, che gli ricordava quello delle onde che si infrangevano sugli scogli,
le urla dei gabbiani che lo raggiungevano distintamente mentre Sansone non
desiderava altro che lasciarsi trascinare da Marie verso qualunque meta, la
mente sgombra da ogni pensiero che non riguardasse lei e la strana felicità che
stava provando nel seguirla in quel luogo sconosciuto che era impaziente di
mostrargli.
Prima che aprisse
gli occhi e si sentisse troppo vecchio per fare certe cose, però, la ragazza si
fermò davanti a lui senza lasciargli la mano.
“Ecco, ora puoi
aprirli!”
Il campo visivo di
Sansone si ritrovò occupato per intero dal mare più blu che avesse mai visto
che si perdeva all’orizzonte, il cielo solcato da nuvole dal colore dorato per
via dei raggi del sole che stava lentamente tramontando.
Uno stormo di
gabbiani volava leggero sulle onde e soffiava un vento tiepido, segno che l’autunno
era ormai inoltrato.
“Accidenti! Non
pensavo che ci fosse una vista del genere, a pochi passi da casa tua” fu tutto
quello che disse incredulo, la consapevolezza che la mano di Marie era ancora
stretta ancora tra le sue ad offuscare tutto il resto.
“Lo sapevo che ti
sarebbe piaciuta!” rispose lei, e la sua risata lo raggiunse come un’onda
piacevole e improvvisa. “Lo sai, ci tenevo tanto a mostrartela. A me ricorda
tanto quando ero bambina e mio padre mi portava a vedere le navi al porto nelle
giornate di sole. E’ passato tanto tempo da allora, eppure me lo ricordo ancora
bene. Oh, che cosa stupida da dire.”
“Non è affatto
stupida! Ricordare il passato non significa essere infantili” ribatté Sansone
senza riuscire a trattenersi, e d’un tratto provò la spiacevole sensazione di
essere come un padre che cercava di rassicurare la propria figlia.
“Hai ragione, però…
mettermi a dire certe cose! Non sono più una bambina” disse Marie con un
sorriso interrompendo i suoi pensieri, e guardandola, l’uomo pensò che era la
pura e semplice realtà.
Sebbene riuscisse
ancora a scorgere l’innocenza di quando aveva appena quattro anni nel suo
volto, lui sapeva che Marie era
davvero diventata una donna.
Inutile continuare
a negarlo. Inutile continuare a negare l’effetto che gli faceva da tempo.
“Lo so. Neanch’io
sono più tanto giovane, ormai. Gli anni passano per tutti, Marie” mormorò
l’uomo parlando forse più con se stesso che con la ragazza al suo fianco, come
se stesse cercando di convincersi che non avrebbe dovuto essere lì con lei, in
quel momento, per il bene di entrambi.
“Ma che dici? Tu
non sei affatto vecchio!” rise Marie, e per un attimo rimasero in silenzio ad ascoltare
il rumore del mare sottostante.
Strinse ancora di
più la mano dell’uomo, voltandosi a guardarlo intensamente.
Aveva deciso.
Non aveva più paura
di nulla, ormai.
“Sai, Sansone... io
non sono fatta per stare rinchiusa in un collegio. Non lo credi anche tu?
Ayrton è stato gentile con me, ma vedi, è solo in momenti come questi che
riesco a sentirmi me stessa e… ad essere felice.”
“Sei sempre stata
uno spirito libero, Marie” commentò lui guardando il mare. “Non c’è da stupirsi
che quel posto ti faccia sentire così.”
“Sapevo che mi
avresti capito. Chiudi gli occhi!” gli disse all’improvviso.
L’uomo obbedì
divertito, chiedendosi cos’aveva in mente questa volta… ma quando sentì
qualcosa di morbido e tiepido scontrarsi con le sue labbra rimase senza fiato,
incapace di reagire.
Il contatto durò
pochi secondi, e quando riaprì gli occhi, il volto arrossato di Marie,
incorniciato dai capelli castani mossi dal vento, occupava la sua intera
visuale.
“Ma Marie… tu…”
disse incredulo, incapace di formulare un pensiero coerente.
“Scusami. Forse non
avrei dovuto, ma da quando ti ho rivisto per la prima volta dopo tanto tempo
io… credo di… ”
Si sentiva la bocca
asciutta.
Eppure aveva
ripetuto a se stessa quel discorso così tante volte…
Il suo primo bacio.
Aveva appena dato
il suo primo bacio a Sansone.
Si era sempre
immaginata così sicura di sé nei momenti che aveva immaginato in compagnia
dell’uomo… e ora invece si ritrovava a corto di parole.
Una mano gentile le
sollevò il mento, e gli occhi di Marie incontrarono nuovamente quelli
incredibilmente chiari di Sansone.
Riflettevano una
serenità e un calore che la ragazza non aveva mai visto prima, tali da
confonderla.
“Non dire altro,
piccola. Ho capito benissimo.”
La strinse a sé con
sicurezza, incurante di qualunque cosa, anche del fatto che lui fosse troppo
maturo e lei troppo giovane perché potesse permettersi di farlo, e Marie chiuse
gli occhi in preda alla felicità, il cuore che le batteva freneticamente nel
petto mentre lasciava che le sue mani vagassero sulla schiena dell’uomo.
Quindi, le loro
labbra si incontrarono nel bacio che Marie aveva sempre sognato, un bacio da
adulti fatto di dolcezza mista a passione, di delicatezza mista a decisione,
che lasciò entrambi senza fiato.
Rimasero stretti in
quell’abbraccio in preda a una nuova consapevolezza, ed era come se in quel
momento non esistesse nient’altro che quel promontorio, gli ultimi raggi di
sole che illuminavano i loro volti carichi di nuove aspettative verso il
futuro.
Fine sesto capitolo
**
Ciao a tutti!
Sono passati
quattro anni dall’ultimo aggiornamento, ma ho ritrovato l’ispirazione per
continuare questa fanfiction su una delle mie coppie preferite di Nadia ascoltando
alcuni brani delle OST, e credo proprio che la completerò al più presto (esami
permettendo), ma è assolutamente sicuro che non ci metterò altri quattro anni
per pubblicare il prossimo capitolo.
Forse il mio stile
è un po’ cambiato rispetto a quando questa fic ha visto la luce, ma del resto
gli anni passano anche per me, e non solo per i protagonisti di questa storia :
)
Ringrazio tutti
quelli che sono passati di qui! Se vi va lasciate un commento, anche se sperare
che gli stessi che avevano letto i primi cinque capitoli (che ho rivisto
approfittando dell’occasione) leggeranno anche questo è… chiedere un po’
troppo, dopo tutto questo tempo : )
Le sue parole erano
perfettamente udibili nel confuso mormorio dei viaggiatori che affollavano la
stazione quella mattina, e Sansone guardò la donna che gli stava davanti con
calma rassegnazione.
La settimana
trascorsa con Marie era giunta al termine, e sebbene ne fossero stati entrambi
consapevoli fin da quando era iniziata, il momento di salutarsi si stava
rivelando più difficile del previsto.
“Il lavoro mi
aspetta, lo sai.”
Un fischio
prolungato annunciò a entrambi che era ora di separarsi, e Sansone rimase ad
ascoltarlo in silenzio per alcuni attimi, mentre Marie si mordeva le labbra
cercando di trattenere l’improvvisa angoscia che l’assaliva.
Sarebbe stata dura
attendere il loro prossimo incontro.
Questa volta più
delle altre volte.
“Promettimi che
tornerai presto a trovarmi, d’accordo?” gli disse riuscendo a formare un
sorriso sulle labbra contratte dall’ansia, e l’uomo le rivolse un’occhiata di
intesa.
“Ci puoi contare,
Marie” la rassicurò in tono fermo. “Au revoir, stammi bene signorina!”
“Anche tu,
Sansone!” riuscì a dire, la voce leggermente venata di tristezza.
Le voltò le spalle
e fece per salire sul treno, la presenza della ragazza perfettamente
percepibile alle sue spalle.
Ma prima che
potesse sparire all’interno, decise di voltarsi un’altra volta verso di lei:
c’era un’ultima cosa che doveva fare.
Senza pensarci più
di tanto, la attirò a sé senza lasciarle il tempo di reagire, e la strinse in
un abbraccio deciso che Marie ricambiò prontamente, affondando il viso nella
sua spalla.
“Mi mancherai…”
“Su, non fare
quella faccia. Mi rifarò vivo prima di quanto immagini!” le assicurò l’uomo
guardandola negli occhi e tranquillizzandola all’istante con la sua serenità.
“Ti aspetterò.”
Le loro labbra si
trovarono nell’attimo di un respiro come a suggellare la promessa che si erano
appena scambiati, in un contatto a entrambi ormai familiare che rifletteva la
loro voglia di restare insieme ancora per qualche minuto.
Quindi, dopo un
ultimo cenno di saluto, Sansone salì sul treno che lo avrebbe riportato a Le
Havre, e Marie rimase a guardarlo fino a quando non sparì alla sua vista.
Aveva ragione. Non
era il caso di abbattersi.
Loro due si
sarebbero rivisti presto… e fino ad allora, non avrebbe fatto altro che
ripensare ai momenti che avevano trascorso insieme, godendo del loro calore.
Cosa gli stava
succedendo?
Da quando era
tornato a Le Havre, non faceva altro che pensare a Marie e all’ultimo bacio che
si erano scambiati.
C’era qualcosa di
sbagliato, in lui?
Non poteva credere
di essersene innamorato… non era possibile.
Il suo cuore non
avrebbe dovuto essere ancora ferito dal rifiuto di Rebecca?
Era lei la donna
che aveva sempre amato.
Marie, invece, era
una vecchia amica che conosceva da quando era una bambina…
O forse avrebbe dovuto esserlo.
Nella realtà dei
fatti aveva smesso di considerarla tale da tempo.
Desiderava
ardentemente rivederla.
Senza di lei, le
giornate di Sansone erano tutte uguali e monotone.
L’aveva stretta a
sé più di una volta, mosso da un impulso improvviso.
L’aveva baciata.
Aveva baciato la piccola Marie.
E lei si era
abbandonata ai suoi abbracci con totale fiducia, donandogli la freschezza dei
suoi anni e rispondendo ai suoi baci con giovanile innocenza.
Gli aveva rivolto
un sorriso infantile, ma allo stesso tempo animato dalla saggezza di una donna
matura.
Gli aveva detto di
essere felice, quando si trovava insieme a lui.
Anche Sansone lo
era, quando trascorreva anche solo dei brevi attimi insieme a quella bambina
che era cresciuta così in fretta diventando una splendida donna che non
riusciva più a togliersi dalla testa.
Il pensiero di
respingerla non gli era passato nella mente nemmeno per un attimo.
Neanche uno.
No, senza dubbio
c’era qualcosa che non andava.
Però non gliene
importava affatto.
Sansone sollevò il
ricevitore, preparandosi a sentire nuovamente la sua voce dopo settimane,
animato da una gioia baldanzosa.
Sapeva
perfettamente che Marie avrebbe accettato il suo invito senza pensarci due
volte.
**
Si sistemò i
capelli con impazienza, raggiante all’idea del pomeriggio che aveva davanti, e
quando sentì il clacson di un’auto a lei familiare, seppe che era ora di
andare.
“Mi raccomando,
signorina Lowenbrau. Non rientri oltre l’ora prestabilita dalle regole.”
“Non si preoccupi,
signora. Arrivederci!”
Marie salutò la
direttrice del collegio con un irriverente gesto della mano che la donna
ricambiò con un’alzata di sopracciglio, ma non le importava.
Era libera,
finalmente!
Si diresse di corsa
verso la donna dai lunghi capelli rossi che era appena scesa dall’auto e la
stava aspettando a braccia incrociate.
“Rebecca! Quanto
tempo!” esclamò Marie abbracciandola, e l’amica apparve incredula per qualche
attimo.
“Caspita, come sei
cresciuta. Sapevo che Sansone non si era sbagliato, quando mi ha detto che eri
diventata una donna!” le disse, e Marie pensò che lei invece non era affatto
cambiata, bella ed elegante come sempre.
“Davvero? Sansone
ti ha detto questo?”
L’allusione
all’uomo dagli occhi di ghiaccio le illuminò lo sguardo per un attimo, e
Rebecca se ne accorse, constatando con calma quello che sospettava da qualche
tempo.
“Eccome. Forza,
sali in macchina!” la invitò dirigendosi verso il posto di guida. “Abbiamo un
intero pomeriggio per poter parlare come ai vecchi tempi!”
Marie fece come la
donna le aveva detto, prendendo posto nell’auto accanto a lei prima di
sistemarsi sulla testa il cappellino che aveva comprato nella sua ultima visita
in città in modo che non volasse via alla prima folata di vento.
“Non vedevo l’ora!
Avevo proprio voglia di una chiacchierata tra amiche!” le confidò, il volto
spruzzato di lentiggini animato dalla prospettiva di allontanarsi dalla routine
quotidiana in compagnia della donna che costituiva per lei un’amica di vecchia
data.
Sedute in un cafè
con l’intento di concedersi un attimo di riposo dallo shopping, Marie e Rebecca
chiacchieravano allegramente del più e del meno da un quarto d’ora: avevano
tante cose da raccontarsi, e quella era la prima volta che si vedevano sul
serio dopo anni.
Non era strano che
la donna le telefonasse ogni tanto al collegio, ma era raro che potessero
trascorrere del tempo insieme come si deve, guardandosi negli occhi e
scambiando qualche parola senza l’ausilio del telefono.
“Allora Marie, che
mi dici della tua vita sentimentale? Avanti, non essere timida. So bene che c’è
un uomo, te lo leggo negli occhi.”
L’argomento della
conversazione si spostò con una tale naturalezza su Sansone che Marie non ebbe
il tempo di stupirsene.
Del resto sapeva
com’era fatta Rebecca.
Andava dritta al
punto senza troppi problemi, ed era uno dei lati della sua personalità che le
piacevano di più, tanto che aveva deciso da tempo di cercare di imitarla.
Chissà fino a che
punto c’era riuscita.
“Bè, hai fatto
centro! Un uomo c’è eccome” ammise sorseggiando il suo cappuccino, e vide
l’amica esultare, orgogliosa di lei.
“Bravissima, Marie!
Non è mai troppo presto per il primo amore. E dimmi un po’, che tipo è?”
“A dire il vero lo
conosci già. Si tratta…” fece un respiro profondo, quindi alzò gli occhi con
decisione. “… di Sansone” disse semplicemente.
“Ah.”
Rebecca impallidì
dallo stupore, trovandosi improvvisamente a corto di parole.
Brutto segno.
Avrebbe dovuto
aspettarselo che avrebbe reagito in un modo non esattamente accondiscendente,
ma non voleva che partisse alla carica con una ramanzina delle sue.
“Ci siamo visti
diverse volte negli ultimi mesi, e ieri mi ha persino chiesto di uscire con
lui” si affrettò a dire nel tentativo di mettersi ai ripari, parlando con
convinzione e con assoluta padronanza di sé.
“Stai dicendo sul
serio? Parliamo della stessa persona?”
“Rebecca, non è
affatto come immagini. Noi siamo solo… amici. Però è venuto a trovarmi il mese
scorso da Le Havre, e allora qualcosa è cambiato. Mi sono resa conto che non lo
vedevo più come un amico da tempo, e così l’ho baciato. Poi lui ha baciato me”
le confidò in tono tranquillo, ma lo stupore della donna non accennava a
diminuire, lasciando il posto a una profonda incredulità.
“L’hai baciato?
Sansone ti ha baciata? Marie, ma ti rendi conto di cosa mi stai dicendo? E’…”
“Non è affatto
vecchio! E poi, Rebecca, sbaglio o anche tu sei sempre stata attratta da uomini
più maturi?”
Colpito e
affondato.
Per un attimo la
donna dai capelli rossi non seppe cosa ribattere.
Poi parve
riprendersi.
“Ma questa volta è
diverso” disse con una punta di disperazione nella voce. “E’ di Sansone che
stiamo parlando.”
“Tranquilla, non
c’è motivo di preoccuparsi! E’ vero, è sempre stato un tipo energico e
avventato, ma con il tempo ha messo proprio la testa a posto, e credo anche di
non averlo mai trovato così affascinante, prima d’ora!” cercò di rassicurarla
in tono allegro prima di finire il suo cappuccino con aria sognante.
“In effetti non è
più lo scavezzacollo di un tempo, me ne sono accorta” ammise Rebecca, cercando
di ricomporsi, l’incredulità che lasciava il posto a una strana luce nei suoi
occhi. “Il punto è un altro.”
“A che cosa ti
riferisci?” s’informò la ragazza che aveva davanti con una certa curiosità.
“Vedi, Marie…
mettiamola così. Il fatto è che… non vorrei che ti lasciassi andare troppo
facilmente, con lui” disse Rebecca in tono cauto, e lei si sentì arrossire
violentemente, pensando di avere intuito a cosa alludeva.
“Ah, ma… per quello non è il caso che…”
“Le pene d’amore fanno
parte delle esperienze che ci fanno crescere come donne, ma se sei ancora in
tempo per aprire gli occhi ed evitarlo, perché soffrire inutilmente?” la
interruppe Rebecca con aria di sfida facendo tintinnare il suo cucchiaino
contro la tazza ormai vuota del caffè che aveva ordinato poco prima.
“Io non sto affatto soffrendo, Rebecca.”
La voce di Marie era incredibilmente calma.
“So badare a me stessa, e poi lui prova
qualcosa per me. Ne sono sicura” disse ripensando ai momenti che avevano
trascorso insieme.
Era impossibile dubitarne.
“E se ti dicessi che l’ho respinto non molto tempo fa?”
Le parole di Rebecca la colpirono
all’improvviso, lasciandola senza respiro per alcuni secondi.
“Tu… cosa?”
“Ascolta Marie. Te lo dico da amica e
confidente. Devi sapere che Sansone… bè, è stato innamorato di me per molto
tempo. E io non gli ho mai dato una possibilità. Ci ho provato, ma non sono
riuscita a ricambiare i suoi sentimenti, per quanto… lo avessi voluto.”
“Rebecca…”
In fondo sapeva che era vero.
Lei l’aveva sempre sospettato.
E ora la donna che la guardava in modo materno
gliene stava dando la conferma.
Sansone l’aveva amata per anni. Tanti anni.
“Volevo
solo che lo sapessi” aggiunse in tono materno, come se stesse cercando di
proteggerla da qualunque delusione con la forza delle sue parole. “Non vorrei
che quell’uomo stesse cercando da te qualcosa che avrebbe voluto trovare in
un’altra donna e che ti stesse illudendo, ecco tutto.”
Inaspettatamente Marie le rivolse un luminoso
sorriso, profondamente grata del fatto che avesse deciso di dirle tutta la
verità come una vera amica.
“Ma Rebecca, non è il caso che ti preoccupi
per questo. Io l’ho sempre saputo. Che aveva un debole per te, intendo. Era
così evidente! Però da qualche tempo lui sembra averlo dimenticato.”
“D’accordo, Marie. Ti credo” disse la donna
dopo un attimo di silenzio. Poi ricambiò il sorriso increspando appena le
labbra dipinte di rosso. “Però promettimi che mi telefonerai per qualsiasi
problema dovesse presentarsi tra te e quello zuccone, sono stata chiara?”
Fu come se la Rebecca di un tempo,
quella autoritaria e abituata al comando, fosse tornata a manifestarsi davanti
ai suoi occhi, e la ragazza dai capelli castani non riuscì a trattenere una
risatina.
“Certo! Lo farò senz’altro! Allora, cosa
potrei indossare per il nostro prossimo appuntamento?”
Il resto del pomeriggio trascorse come se
nulla fosse, ma sebbene Marie avesse sostenuto il contrario, la confessione di
Rebecca l’aveva turbata più di quanto avesse dato a vedere.
Incapace di credere che Sansone amasse ancora
quella donna, la ragazza si gettò sul letto della stanza che le era stata
assegnata, senza smettere di pensare a lui e al dialogo appena avvenuto con
Rebecca: gli ultimi momenti trascorsi con lui sembravano inconciliabili in confronto
all’immagine dell’uomo che l’amica aveva cercato di darle.
Sansone provava davvero qualcosa per lei,
Marie ne era sicura.
Ma allora perché si sentiva così nel dubbio?
E se Rebecca avesse avuto ragione?
Dopotutto era una donna matura, che sapeva
bene come andava la vita, mentre lei era soltanto una ragazzina…
Però Sansone aveva baciato lei.
Lei, e non Rebecca.
Si addormentò di lì a poco, in preda a strani
pensieri.
Fine settimo
capitolo
**
Ciao a tutti!
Tra quattro
capitoli la fanfiction sarà finalmente completa, e con questo aggiornamento
spero di essere riuscita a mettere in evidenza i dubbi di Marie e il suo
rapporto di amicizia con Rebecca (Grandis per chi ha visto la serie
ridoppiata), nonché il fatto che Sansone si stia innamorando sempre più di lei
nonostante la differenza di età (ricorda un po’ Scusa ma ti chiamo amore, ora che ci penso, ma anni fa non ci ho
pensato e comunque non l’ho mai letto).
Ringrazio tutti
quelli che hanno letto lo scorso capitolo, hanno aggiunto la fic ai preferiti o
alle seguite, e in particolare Blustar
(Ciao, quanto tempo! I tuoi complimenti mi hanno fatto molto piacere: è stato
un po’ un azzardo riprendere la fic dopo tanti anni trascorsi nel fandom di
Naruto, ma sapere che c’è ancora qualcuno a cui interessa mi sprona ad andare
avanti, e infatti sono a un passo dallo scrivere l’ultimo capitolo! Ricordi
bene, nell’epilogo dell’anime guardano il mare da un promontorio, e in questa
fic ho deciso di renderlo il luogo del loro primo bacio ^^ Ancora grazie per i
complimenti, cercherò di aggiornare al più presto!).
Quando aveva
ricevuto la telefonata di Rebecca appena una settimana prima, Sansone aveva
capito subito per quale motivo la donna aveva deciso di fargli visita a Le
Havre così all’improvviso.
“Sarò di passaggio” aveva detto, “e sai com’è, visto che andrò a trovare Jean
e Nadia ne approfitterò per salutare anche te!”
Il che, in parole
povere, significava che lo aspettava un pomeriggio più complicato del solito.
Si passò una mano
tra i capelli nel tentativo di ravvivarli ulteriormente anche se non ce n’era
bisogno, si sistemò la giacca ancora una volta e si guardò intorno con
discrezione.
I suoi occhi non
incontrarono altro che la piazza ricoperta di foglie autunnali e i passanti che
cercavano di ripararsi dal vento ottobrino che aveva cominciato a soffiare da
giorni.
Il tempo
trascorreva sempre troppo in fretta, per i suoi gusti.
Alla soglia dei
trentanove anni, poi, Sansone lo notava molto più di prima.
Stava invecchiando.
Marie invece era
così giovane…
Che Rebecca volesse
parlargli di lei?
Eppure ormai
avrebbe dovuto accettarlo, che loro due avevano una relazione.
Uscivano insieme
già da mesi, e comunque non era il caso che si scomodasse da Londra per fargli
una ramanzina di cui non aveva affatto bisogno.
Le cose, tra lui e
Marie, andavano a gonfie vele.
Erano entrambi
adulti e vaccinati.
Anche se, ogni
tanto, Sansone si rendeva conto di quanto fosse giovane la ragazza al suo
fianco e si chiedeva se stesse facendo la cosa giusta…
Ricacciava indietro
quel pensiero ogni volta che gli attraversava la mente, ma quello tornava a
tormentarlo.
Quando riconobbe la
donna che veniva verso di lui, Sansone le rivolse un sorriso, grato a Rebecca
per avere interrotto il flusso dei suoi pensieri.
“Rebecca, qual buon
vento!”
“Sansone! Ti trovo
bene.”
Non si vedevano da
quando le aveva confessato di amarla mesi addietro, e per un attimo si sentì
assalire da una sensazione di disagio, ma quando Rebecca ricambiò il suo
sorriso in modo cordiale e familiare si sentì come se la faccenda della
dichiarazione appartenesse a un’altra vita.
“Anche tu sei
splendida come sempre. Mi permetti di offrirti qualcosa da bere?” le chiese con
voce suadente, e Rebecca si accorse per l’ennesima volta che i suoi modi da
latin lover erano rimasti immutati nel tempo.
“Che gentiluomo! Ma
sì, ho deciso di concedertelo. In fondo non capita spesso di poter andare in un
locale con un vecchio amico, però dovremo fare in fretta: Nadia e Jean mi
aspettano per cena!”
“Nessun problema.
Conosco un posto che fa al caso nostro!” la rassicurò Sansone, deciso a rendere
quel pomeriggio il più breve possibile.
In quel momento
Rebecca sembrava calma, l’aria seria e sofisticata come sempre, ma lui la
conosceva fin troppo bene.
Sapeva che di lì a
poco sarebbe esplosa, era solo questione di pochi minuti.
Più o meno.
“Sansone! Fino a
che punto hai intenzione di andare avanti?” esordì bruscamente non appena si
sedettero a un tavolino del bar che l’uomo frequentava abitualmente.
Ecco. Era iniziata.
Decise di fingere
di non aver capito a cosa stesse alludendo, in modo da prepararsi meglio ad
incassare i colpi.
“Eh? Di cosa stai
parlando, Rebecca?”
“Andiamo, non fare
il finto tonto! Sai benissimo a chi mi sto riferendo!” lo incalzò la donna, gli
occhi azzurri animati da un lampo di determinazione.
A quanto pareva,
non aveva intenzione di mollare.
“Ah, intendi Marie!
Un tempismo perfetto… chissà perché me lo aspettavo che prima o poi me
l’avresti chiesto!” fece Sansone sarcastico, ma l’amica lo fulminò con lo
sguardo.
“Smettila di fare
lo spiritoso!”
“Non sono affatto
spiritoso!”
Stavano
battibeccando proprio come ai vecchi tempi.
Gli anni passavano,
era vero, ma certe cose erano rimaste immutate, esattamente le stesse di undici
anni prima.
Se ne resero conto
entrambi, e d’un tratto la loro conversazione assunse un tono più calmo, come
se si fossero sentiti estremamente ridicoli a discutere in quel modo acceso
davanti a tutti.
“Lascia perdere.
Piuttosto, dimmi la verità.”
Rebecca cominciò a
sorseggiare il suo caffè, mentre lui fissava assorto il fondo della sua tazza.
“La verità la
conosci già. Non c’è bisogno che dica altro, no?”
“Tu e Marie avete
una relazione, su questo non ci piove. Ma tu, sei proprio sicuro di provare
qualcosa per lei?”
Cosa stava cercando
di insinuare?
Che stesse solo
giocando con i sentimenti della ragazza?
Non era affatto
quel tipo di uomo.
Strano che Rebecca
non lo avesse ancora capito.
“E perché non
dovrei? C’è qualcosa in lei che riesce a farmi sentire ancora vivo, dopo tutti
questi anni. Ed è la sola donna a cui pensi da tempo, ormai” le confidò
apertamente. “Non c’è niente di male a uscire con Marie, credimi, Rebecca. E
poi… so quello che faccio. Non farei mai niente per renderla infelice, te lo
assicuro.”
“Bene” disse
Rebecca dopo alcuni attimi di silenzio, assimilando il significato delle sue
parole. “Benissimo. Ma ti avverto: se le combini qualcosa di spiacevole giuro
che non la passerai liscia, Sansone. Sono stata chiara?”
Ecco. Stava usando
un’altra volta quel tono perentorio che non aveva mai sopportato.
“Chiarissima”
disse, scandendo bene le sillabe. “Vedrai, non ci sarà più bisogno di venire
fin qui a dirmene quattro!”
“Sansone!”
“Calma, calma,
stavo solo scherzando!”
“Sai perfettamente
che sono soltanto passata a salutarti” ribatté Rebecca, gettando indietro i
lunghi capelli rossi e allontanando la tazza vuota con un gesto della mano. “E
ora scusami, ma devo proprio andare. Ci vediamo!”
Si alzò dal tavolo
sotto gli occhi ammirati e incuriositi degli avventori del bar e si diresse
verso l’uscita a passi veloci.
Di lì a poco,
Sansone la raggiunse dopo aver tempestivamente pagato il conto.
Non poteva
lasciarla andar via in quel modo. Era o non era un gentiluomo?
“A presto, Rebecca”
le disse con un sorriso sicuro. “Manda i miei saluti a Jean e Nadia. E a
presto!”
“Au revoir, Sansone.
E tu salutami la piccola Marie, non appena la vedi!”
Un rombare di
motori e Rebecca scomparve nelle strade cittadine a bordo della sua auto,
additata a vista dagli uomini nei dintorni.
Era strano e
inconsueto che una donna fosse in grado di guidare una macchina in modo così
spavaldo e incurante di cosa la gente potesse pensare di lei.
Ma Rebecca non era
una donna qualunque.
Era venuta lì da
Londra apposta per avvertirlo che lo teneva d’occhio.
Sansone scosse la
testa, pensando che era unica e che di donne così se ne contavano sulla punta
delle dita, di quei tempi.
Era proprio
fortunato ad avere ottenuto la sua amicizia.
**
Avrebbe dovuto
essere alla festa di Ayrton, in quel momento.
E invece, Marie si
trovava in un elegante locale del centro di Marsiglia in compagnia di Sansone.
La serata stava
trascorrendo bene: la ragazza era raggiante, consapevole di calamitare tutta
l’attenzione dell’uomo seduto davanti a lei.
Le faceva piacere
il modo in cui la guardava, e del resto neanche lei riusciva a staccargli gli
occhi di dosso.
Quella sera Sansone
era più affascinante che mai nei suoi abiti impeccabili come sempre, il volto
maturo incorniciato dai capelli tenuti con cura.
Marie, da parte
sua, aveva seguito i consigli di Rebecca, e aveva acquistato degli abiti sotto
suo consiglio che mettevano in risalto il suo fisico in modo elegante e per
nulla volgare, i lunghi capelli castani legati in una coda tenuta insieme da un
fermaglio alla moda.
“Sei bellissima
stasera. Non che sia una novità, in ogni caso.”
“Ti ringrazio
Sansone! Lo sai che ho annullato il mio invito alla festa di Ayrton apposta per
uscire a cena con te?”
“Cerchi di farmi
ingelosire? Ormai l’ho capito che quel tipo non ha alcuna speranza contro di
me!” disse l’uomo con un sorriso soddisfatto, ma si accorse che Marie era
diventata improvvisamente seria.
“Bè, a dire il
vero…” mormorò la ragazza, e lui spalancò gli occhi, sulle spine.
“A dire il vero?”
Marie proruppe in
una risata argentina, rilassandosi contro lo schienale della sedia e guardandolo
divertita.
“Dovresti vedere la
tua faccia, in questo momento!”
Sansone fece un
sospiro di sollievo, pensando che quella ragazza ci stava proprio prendendo
gusto a fargli prendere un colpo di tanto in tanto.
Forse era perché
lui continuava a cascarci in pieno… avrebbe dovuto capirlo subito!
“Ma guarda! Ti
diverti a prendermi in giro, eh?”
“Non lo so! Chi lo
sa?”
Il resto della
serata trascorse perfettamente, fino a quando la coppia non uscì dal
ristorante, ritrovandosi nel corso principale di una Marsiglia illuminata dai
raggi lunari.
Si ritrovarono a
passeggiare l’uno accanto all’altra, un braccio dell’uomo stretto intorno alla
vita dell’adolescente come se volesse ribadire fermamente che apparteneva a lui
e volesse proteggerla da qualunque pericolo.
“Non vedevo l’ora
di stare un po’ con te!” gli sussurrò alzando apertamente gli occhi verso di
lui, e Sansone ricambiò il suo sguardo.
“Anche tu mi sei
mancata, Marie.”
“Dai, ammettilo.
Senza di me ti sei sentito terribilmente solo!” lo punzecchiò nell’intento di
sentirselo dire davvero dall’uomo al suo fianco, ma Sansone le sorrise senza
scomporsi.
“Bè, Rebecca è
venuta a farmi visita giusto ieri…”
“Rebecca?”
All’improvviso
Marie si sentì raggelare.
Non le aveva detto
che si sarebbero rivisti.
Forse non aveva
avuto tempo.
O forse c’era sotto
qualcos’altro…
“A quanto pare era
ospite dei Raltique…” stava dicendo Sansone mentre continuavano a incamminarsi
lungo un viale tra gli altri passanti. “…ma lascia che ti dica una cosa. La
conosco perfettamente, e sono in grado di giurare che era venuta soltanto per
me.”
Per lui? Cosa significava?
“E cosa ti ha
detto?” s’informò freddamente, allentando la presa sul braccio di Sansone in
preda a un brutto presentimento.
“Mi ha detto… di
non illuderti, e le ho assicurato che non sono quel tipo di uomo. Però devo
ammettere che capisco la sua preoccupazione” proseguì in tono assorto, e Marie
capì che stava riflettendo.
Smisero di
camminare, trovandosi faccia a faccia sotto la luce di un lampione, la tensione
perfettamente percepibile nell’aria.
“Che intendi dire?”
“Bè, tra di noi c’è
una bella differenza di età, Marie. Crede che io sia troppo vecchio per avere
una relazione con te, e devo confessarti di averlo pensato più di una volta,
negli ultimi tempi” le rivelò in tutta sincerità.
Non aveva senso
mentirle, anche se le sue parole stavano pericolosamente mutando l’umore di
Marie.
“Stai dicendo che
mi trovi una bambina?” disse lei con voce appena udibile, come se fosse troppo
sconvolta per articolare chiaramente le parole.
“No, niente
affatto!” si affrettò a rassicurarla. “E’ solo che…”
“Sansone! Avevi
detto che non avevi nessun problema, che mi vedevi come una donna…”
Marie aveva
praticamente urlato.
Doveva fare
qualcosa, e in fretta!
Non aveva pensato
di essere sincero con lei con l’intento di farla infuriare e rovinare la
serata.
“Ma è la realtà”
esclamò afferrandole un braccio. “A volte penso…”
“Pensi che sia
sbagliato, vero?”
Marie si divincolò
con uno strattone, gli occhi che mandavano dei bagliori d’ira conficcati in
quelli allarmati di Sansone.
“Guarda che so
benissimo che provi ancora qualcosa per Rebecca, cosa credi?”
Ecco. Gliel’aveva
detto.
“Rebecca? Cosa
c’entra Rebecca, adesso?”
Marie era furibonda
come mai l’aveva vista prima d’allora, e capì che la faccenda di Rebecca le
bruciava nel profondo, anche se non l’aveva ammesso neppure una volta da quando
si frequentavano.
“Non fingere di non
sapere niente! Tu pensi ancora a lei, è per questo che mi vedi come una
ragazzina!” stava dicendo con rabbia, e Sansone le afferrò le spalle
costringendola a guardarlo negli occhi.
“Stai sbagliando,
Marie! Non è affatto così, Rebecca fa parte del passato, ormai ci sei soltanto
tu!”
Un lampo di
tristezza e delusione le attraversò il viso contratto, e l’uomo sentì qualcosa
di doloroso muoversi da qualche parte nel suo petto.
“Cerchi di
consolarti tra le mie braccia, ma in realtà ne sei ancora innamorato!”
“Ma che dici?
Insomma, vuoi deciderti ad ascoltarmi?”
“No! Ne ho
abbastanza. Me ne vado!”
Allontanò le sue
mani e gli voltò le spalle, diretta verso una meta sconosciuta, e Sansone si
ritrovò a guardarla allontanarsi, gli occhi sbarrati.
Non poteva lasciare
che andasse via così.
Non poteva
permettere che finisse tutto in quel modo.
Non adesso che le
cose stavano andando per il verso giusto…
“Aspetta, Marie!
Non è quello che intendevo…”
“E’ inutile! Tanto
ormai hai rovinato tutto!”
Le prese il polso
costringendola a voltarsi verso di lui, ma la ragazza non riusciva a guardarlo
in viso, sconvolta da quello che stava accadendo.
Non aveva mai
litigato con Sansone, neanche una volta.
E ora stava
accadendo davvero.
Ed era terribile e
devastante.
“Volevo solo dirti
che mi dispiace” le disse con sguardo sincero. “Non volevo ferirti, Marie.”
“Belle parole,
peccato che tu l’abbia fatto!” ribatté irritata. “Lasciami andare, per favore!”
L’uomo smise di
stringerle il polso, deciso a farle capire una volta per tutte come stavano le
cose in modo da non perderla per sempre, e la guardò ancora una volta negli
occhi.
Si accorse che Marie
tremava leggermente, le guance arrossate, ma nonostante fosse riuscito a farle
del male con la verità delle sue parole, la ragazza era lì in piedi davanti a
lui, come se dopotutto fosse ancora disposta ad ascoltarlo.
Buon segno.
Ma non era ancora
sicuro di cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
Eppure decise di
fare un ultimo tentativo.
“Ti chiedo solo di
perdonarmi e di ascoltare quello che ho da dirti, Marie. Dopo sarai libera di
andartene e smettere di vedermi, se lo riterrai la cosa giusta da fare. Però,
voglio che tu sappia… che farei di tutto per renderti felice.”
La ragazza si morse
il labbro, come se stesse lottando per non scoppiare in lacrime, e Sansone
decise di andare avanti, sperando ardentemente che riuscisse a trattenersi dal
piangere.
“Ho pensato più
volte che tra di noi ci fosse una differenza di età troppo grande, lo ammetto.
Ma mi sono reso conto che i miei sentimenti per te non sono legati a cose
futili come il numero degli anni… e ti assicuro che se potessi tornare indietro
non penserei di respingerti neanche per un attimo, Marie.”
Le stava parlando
nella più totale sincerità, ed era come se potesse leggere veramente nel suo
animo per la prima volta dopo averlo desiderato per tanto tempo.
“Sei tu l’unica
donna a cui penso, non Rebecca” continuò l’uomo imperterrito. “E non hai
bisogno di ascoltarmi per capire che lo sai già perfettamente! Ora smetti di
piangere, non ho mai sopportato la vista di una donna in lacrime.”
Incapace di
trattenersi, Marie singhiozzò ancora più forte, cercò un fazzoletto nella borsa
ma non riuscì a trovarlo.
Quindi si gettò tra
le sue braccia, nascondendo il viso nella giacca dell’uomo che a modo suo le
aveva appena detto di amarla.
Le aveva dato la
conferma che le sue non erano altro che paure prive di fondamento, che Rebecca
non gli interessava che come una semplice amica, che la differenza di età non
gli importava affatto… che l’unica cosa che contava era starle vicino.
“Sansone! Io… io…
non volevo…” balbettò in modo confuso, e lui la strinse a sé cercando di
rassicurarla.
“Tranquilla, è
tutto a posto. Sono qui.”
Non appena Sansone
ebbe pronunciato quelle parole, Marie seppe che era la verità, le lacrime che
scomparivano dai suoi occhi per lasciare il posto a un leggero sorriso.
Era tutto a posto:
lui era lì con lei, e niente poteva andare storto.
Quando le loro
labbra si incontrarono, la ragazza si strinse a lui ancora di più si lasciò
trasportare dai suoi sentimenti, attirandolo a sé più che poteva: avrebbe
voluto che quella notte non avesse mai fine.
Fine ottavo
capitolo
**
Ciao a tutti! Siamo
a tre capitoli dalla fine, e la storia di Sansone e Marie è giunta a una
svolta, nonché al momento in cui i sentimenti di entrambi vengono confermati
dopo il chiarimento dei vari dubbi di Sansone e dei sospetti di Marie riguardo
a quello che lui proverebbe ancora per Rebecca.
E’ stato difficile
scrivere questo capitolo cruciale, e temevo di cadere nell’OOC soprattutto
nell’ultima parte, ma come sempre faccio il possibile per mantenere i
personaggi nel loro carattere originario! Se volete lasciate pure un commento,
mi fa sempre piacere riceverne.
I corridoi
dell’istituto erano come sempre affollati da capannelli di ragazze intente a
chiacchierare tra loro tra una lezione di buone maniere e l’altra.
Era l’unico modo di
concedersi una temporanea via di fuga dalla rigidità delle regole alle quali
erano costrette a soggiacere giornalmente tra le mura delle aule.
Marie si muoveva
tra loro con abilità, scansandole quando era necessario e camminando a passo
sicuro, diretta al centralino del collegio che la ospitava da anni e che non
era del tutto riuscito a reprimere il lato più ribelle del suo carattere.
Già le uscite
avvenivano in via quasi eccezionale, se poi la direttrice avesse saputo che
aveva una relazione con un uomo, poi, la vita sarebbe stata ancora più
difficile, per lei.
Fortunatamente
negli ultimi tempi nasconderlo non era troppo complicato, si ritrovò a
constatare Marie con risentimento misto ad apprensione.
“Un chiamata per la signorina Marie Lowenbrau della
stanza numero ventidue. Signorina Lowenbrau della stanza numero ventidue. C'è
una chiamata esterna per lei. Venga qui sotto con urgenza.”
“Sì, sto
arrivando!” esclamò la ragazza distogliendosi dai suoi pensieri, rivolta a se
stessa più che alla voce che la chiamava da dieci minuti dall’altoparlante
urtando diverse compagne.
Non appena giunse a
destinazione afferrò la cornetta del telefono dopo aver rivolto un cenno di
ringraziamento all’addetta alle comunicazioni, facendo un respiro profondo
prima di rispondere alla persona che la stava aspettando dall’altro capo
dell’apparecchio.
“Pronto?” esordì
con voce troppo alta, tormentandosi nervosamente una ciocca degli scompigliati
capelli bruni.
“Pronto? Sei tu, Marie?”
Conosceva quella
voce. E non apparteneva a lui.
“Nadia!” esclamò
cercando di dissimulare il suo disappunto e concentrandosi sulla voce
dell’amica. “Oh, ciao Nadia! Quanto tempo! Come stai?”
“Benissimo!” fece allegra la
donna dall’altro lato del telefono. “Avevo
un momento libero e ho pensato di chiamarti, sai com’è, Jean jr. non mi dà mai
tregua… e a te come va, Marie?”
“Oh, benone…”
La ragazza si morse
le labbra, sperando che Nadia non avvertisse la nota di tensione nella sua
voce.
“Non faccio altro
che studiare, e i miei voti sono abbastanza alti, anche se potrei fare di più!”
“Marie! Lo studio è importante, vedi di non trascurarlo!”
La ragazza sorrise
tra sé, pensando che Nadia era proprio diventata una madre a tutti gli effetti:
non solo aveva usato un tono severo, ma le aveva ricordato l’importanza dello
studio per l’ennesima volta da quando
avevano preso l’abitudine di sentirsi al telefono tanti anni addietro.
“Non lo sto
trascurando!” ribatté punta sul vivo. “Il fatto è che… ultimamente ho avuto
delle distrazioni!” aggiunse un attimo dopo con voce appena udibile per non
farsi sentire dall’addetta che la guardava a vista a pochi metri da lei.
“Che genere di distrazioni?” s’informò
Nadia con discrezione.
Possibile che non
avesse intuito a cosa si stesse riferendo?
“Ecco, si tratta
di… Sansone. Stiamo insieme da mesi, ormai” disse dopo aver fatto un sospiro
profondo.
“Ah, ho capito. Rebecca mi aveva accennato qualcosa,
l’ultima volta che è venuta a trovarci. A quanto pare sembra proprio una cosa
seria! E tu, quando hai intenzione di venire a mangiare i miei manicaretti?”
“Lo farò appena
possibile.”
“D’accordo, ma ricordati di avvertirmi! Ti preparerò
tutte le mie specialità… ah, e comunque, puoi portare anche Sansone. A Jean fa
sempre piacere rivederlo, per non parlare di King! Sente la tua mancanza… in
ogni caso, spero che le cose vadano bene, tra te e Sansone. Non ho mai visto
esattamente di buon occhio quell’uomo, e poi non è un po’ troppo vecchio, per
te?”
“No, affatto” si
affrettò a rassicurarla alzando gli occhi al cielo. Ormai ci stava facendo
l’abitudine a quel genere di discorsetto, ma continuava comunque a darle
fastidio. “E comunque tra noi va tutto benissimo!” precisò un attimo dopo
calcando la pronuncia sull’ultima parola.
“Meno male!” Nadia sembrava
allegra. “Chissà, magari potrebbe rivelarsi
l’uomo della tua vita.”
“Infatti, chi può
dirlo?” Marie si sentì a disagio, reprimendo una fitta allo stomaco che non
accennava a diminuire.
In ogni caso doveva
cambiare discorso: aveva la sensazione che continuare a parlare di Sansone
l’avrebbe solo fatta stare peggio, e quel pensiero la colpì dolorosamente.
“Come sta Jean? E
il bambino?”
“Non fa altro che lavorare con suo zio a nuove
invenzioni, quindi tocca a me occuparmi di Jean jr. per la maggior parte del
tempo, e… vuoi sapere la novità?”
“Dimmi! Cos’è
successo? Si tratta di un segreto?”
Marie trattenne il
respiro, sentendosi sulle spine.
“Bè, non proprio. Il fatto è che da qualche tempo mi
sento un po’ strana.”
Non appena Nadia
ebbe pronunciato quelle parole, qualcosa di gelido si mosse appena dentro di
lei.
“In che senso?”
disse nervosamente.
“A volte mi gira la testa, sono più nervosa del solito, e
spesso ho la nausea… credo anche di essere ingrassata. Ma prima che tu possa
dire qualcosa in proposito, ti assicuro che no, non sto esagerando col cibo.”
Marie rimase senza
parole, gli occhi sbarrati fissi nel vuoto davanti a lei.
“Nadia… tu…”
balbettò incapace di formulare altre parole.
“Non sono ancora andata dal medico, ma il mio intuito non
si sbaglia su queste cose. E poi ricordo bene com’è andata la prima volta… in
ogni caso… credo di sì, Marie. Aspetto un bambino.”
L’orgoglio
perfettamente percepibile nella voce, Nadia, la sua amica da una vita, le aveva
appena detto di essere… incinta per
la seconda volta.
“Oh, io… non so
cosa dire! Congratulazioni, sono così felice per te e per Jean!” si affrettò a
dire emozionata all’idea che una nuova vita stesse per arrivare in casa
Raltique.
“Ti ringrazio! Sapessi quanto ho aspettato che arrivasse
un fratellino o una sorellina per Jean jr… suo padre non lo sa ancora, però. Ho
deciso di confidarlo a te in via del tutto eccezionale: anche se non ci vediamo
spesso, io ti considero sempre una delle
mie più grandi amiche, Marie!”
“Anch’io ti
considero una grande amica, Nadia!” mormorò l’adolescente in preda a
un’improvvisa sensazione di nausea. “Ora scusami ma… devo andare. Ci sentiamo
un’altra volta. Ancora congratulazioni!”
“A presto, Marie! E mi raccomando, ricorda che vi
aspetto!”
Dopo aver chiuso la
telefonata e ringraziato la signora che gliel’aveva passata, si sentì stordita
come se si trovasse su un pianeta sconosciuto.
Incinta.
Aspetta il suo secondogenito.
Suo e di Jean.
L’allegria nella
voce di Nadia le rimbombò nella mente a lungo, mentre Marie si dirigeva verso
la sua stanza decisa a distendersi a letto per qualche minuto, circondata dalle
ombre simili a fantasmi delle sue compagne d’istituto.
Era come se non
riuscisse a vederle.
Come se non
riuscisse a percepire nulla del mondo che le vorticava intorno.
Qualcosa era
irrimediabilmente, inesorabilmente cambiato, benché tutto fosse uguale al
giorno prima.
Non era possibile.
Non poteva essere vero.
I malesseri che
Nadia le aveva appena descritto relativamente alla sua nuova gravidanza erano
spaventosamente simili a quelli che accusava da qualche tempo anche lei.
**
Le Havre.
L’aria era
stranamente tesa, all’interno dell’automobile.
Le mani strette al
volante, Sansone gettò un’occhiata alla ragazza seduta di fianco a lui,
osservando la sua figura avvolta in un cappotto invernale, i lunghi capelli
castani più lunghi di quanto ricordava, le mani strette in grembo.
Il volto contratto,
per qualche strana ragione Marie sembrava diversa dal solito.
Forse era per il
fatto che non si erano visti nemmeno una volta, negli ultimi tre mesi.
“Fa freddo, non
trovi?”
Il tentativo di
fare conversazione andò miseramente a vuoto, e l’uomo continuò a guidare verso
il centro di Le Havre, chiedendosi come mai Marie fosse così turbata.
“Fa freddo, vero?”
D’accordo, forse
avrebbe dovuto chiamarla, almeno una volta.
I suoi occhi si
soffermarono brevemente su di lei.
Sembrava aver preso
qualche chilo.
“Ti trovo
cresciuta. Era da un po’ che non ci vedevamo.”
Nessuna risposta.
La ragazza fissava
un punto imprecisato davanti a sé, e aveva tutta l’aria di non volergli
parlare.
Strano. Di solito
era così loquace…
“Dove vuoi andare?
Hai fame?”
Possibile che non
ci arrivasse da solo?
Marie strinse le
labbra, gli occhi induriti dall’atteggiamento indifferente dell’uomo intento a
guidare a pochi centimetri da lei, la mente allo scorrere monotono degli ultimi
tre mesi e al loro ultimo incontro prima della lontananza alla quale lei aveva deciso di porre fine senza
perdere un minuto di più.
Si era assentata
dal collegio apposta per andare a parlargli a Le Havre di persona, e lui si
comportava come se nulla fosse?
Come se desse per
scontato la sua presenza?
Come se non gliene
importasse niente di niente?
Marie era
irrequieta, nervosa, delusa… e Sansone sembrava non capirlo minimamente.
Di lì a poco l’uomo
accostò e spense il motore senza riuscire a incontrare il suo sguardo, e lei
gli lanciò una rapida occhiata avendo cura di mantenere il broncio.
“Sembri di cattivo
umore… ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio, Marie?” le stava chiedendo
Sansone con una linea di preoccupazione sulla fronte.
“Certo! Mi sembra
evidente!” esclamò la ragazza voltandosi a guardarlo, e la durezza nei suoi
occhi solitamente così allegri lo fece raggelare lasciandolo a corto di parole
per un attimo.
“Lo so che non ci
siamo visti per tre mesi e non ti ho chiamato al telefono nemmeno una volta…”
disse l’uomo lentamente. “…ma tra il lavoro e tutto il resto non ne ho proprio
avuto il tempo, Marie” disse Sansone cercando di addolcire il suo stato d’animo
con la pura e semplice verità.
Ma la ragazza era
irremovibile.
Non aveva avuto
tempo? Che scusa patetica!
Come poteva
parlarle in quel modo dopo...
Basta, era troppo.
“Invece avresti
potuto!” saltò su con rabbia.
“No, non ho
potuto!” disse Sansone deciso.
“Invece sì!”
insisté Marie avvicinando pericolosamente il volto a quello dell’uomo.
“Invece no! Dico
davvero!” ripeté Sansone esasperato, gli occhi fissi in quelli penetranti della
sedicenne.
Marie crollò
all’indietro sul sedile, con aria sconsolata.
“Io avrei potuto chiamarti… ma non l’ho
fatto. Non ne avevo il coraggio” ammise debolmente, e all’improvviso gli
apparve molto stanca.
Che fosse malata?
“Vuoi dirmi cosa ti
succede, Marie?” le chiese cautamente, preparandosi alla sua risposta con un
certo nervosismo.
“E’ proprio per
questo sono venuta qui. Volevo parlarti di persona.”
Per un attimo ci fu
solo silenzio, interrotto dai suoni della strada circostante.
Poi la ragazza fece
un respiro profondo, lasciando che l’aria le entrasse nei polmoni per
fuoriuscirne alcuni attimi più tardi, quindi lo trafisse ancora una volta con
lo sguardo.
“Io… aspetto un
bambino, Sansone.”
Com’era possibile?
Era stato così
attento a evitare una cosa simile… evidentemente non era stato sufficiente.
Non riusciva a
trovare risposta, mentre l’idea che quello che stava capitando a Marie era
successo solo a causa sua emergeva tra i suoi pensieri lasciandolo in preda ai
sensi di colpa.
“Abbiamo fatto bene
a venire qui. E’ così carino, nonostante sia pieno inverno!”
Si trovavano al
parco di Le Havre da qualche minuto, e la ragazza gli rivolse un sorriso pieno
di serenità, per poi alzare gli occhi verso i lembi di cielo appena visibili
tra le nuvole.
Era incredibile
pensare che dentro quel ventre all’apparenza privo di vita ci fosse un essere
umano che aspettava solo di crescere e svilupparsi prima di venire alla luce.
Un essere umano che
esisteva dentro Marie soltanto grazie a lui.
Stava per diventare
padre.
Il bambino che
aspettava Marie era suo.
Che bisogno c’era
di chiederglielo?
Lo sapeva
perfettamente.
Si erano lasciati
andare alla passione per la prima volta la sera stessa in cui avevano litigato
mesi addietro, e lui aveva rischiato di perderla.
Poi c’era stata una
seconda volta, una terza…
Com’era possibile
che ora Marie fosse incinta nonostante tutte le sue attenzioni?
Era o non era un
uomo con la testa sulle spalle?
E invece…
“Ne sei sicura,
Marie? Sei sicura di… aspettare un bambino?” le chiese inutilmente nella
speranza che stesse soltanto vivendo un sogno.
La ragazza annuì
con un infantile gesto del capo, sentendosi leggera per la prima volta dopo
settimane.
Dire la verità a
Sansone era stato come liberarsi di un peso troppo grande perché lei potesse
sostenerlo da sola, e con sua sincera meraviglia scoprì che non le importava
più di tanto di cosa volesse farne l’uomo che, davanti a lei, la guardava in
preda all’incredulità e a un muto stupore.
“Certo. Ormai ho
deciso… lascerò il collegio” disse in tono allegro lasciando che la sua
determinazione trasparisse dalle parole. “Crescerò il bambino che porto in
grembo. Posso farlo da sola, non è un problema, se preferisci che sia così.
Farò proprio come Electra… non chiederò aiuto a nessuno, e non parlerò neanche
con Rebecca. Che ne dici, Sansone?”
Si voltò a
guardarlo carica di aspettativa, ma lui non si sentiva pronto a risponderle.
Sapeva che il sogno
di Marie era proprio quello di avere un figlio e che all’idea di crescerne uno
di cui era il padre si sentiva al settimo cielo, ma… loro non erano sposati, e
lei, così giovane, avrebbe smesso di frequentare il collegio solo a causa sua…
Era stato tutto
così improvviso che Sansone si sentiva la mente confusa e divisa sul da farsi.
“Io… non lo so,
davvero. Ho bisogno di pensarci, d’accordo?” disse dopo qualche minuto
accennando un debole sorriso.
“D’accordo” mormorò
Marie senza guardarlo, chiedendosi cosa c’era che non andava.
Si era aspettata
che Sansone le chiedesse di sposarlo, che le dicesse di essere felice per il
bambino che avrebbero avuto sei mesi più tardi.
Si era aspettata
che la abbracciasse in preda alla felicità, che avrebbero parlato del loro
futuro… e invece Sansone sembrava preoccupato, come se si fosse pentito di
quello che provava per lei.
Stava fuggendo.
Non erano mai stati
così lontani, prima d’ora.
Fine nono capitolo
**
Ciao a tutti!
Eccoci arrivati al
nono capitolo, per il quale ho tratto ispirazione da un dialogo realmente
avvenuto dopo la serie e disponibile su cd (che qui in Italia non avremo mai),
e grazie al quale cui ho sviluppato l’idea che Marie fosse incinta ancora prima
di sposare Sansone, fatto che ovviamente complica ulteriormente il rapporto dei
due.
L’happy ending
arriverà comunque (bè, visto il modo in cui finisce la serie era scontato), e
non condanno Sansone perché le sue paure sono assolutamente normali, anche se
in questo capitolo sembra davvero un vigliacco e approfittatore! XD
Ringrazio tutti
quelli che hanno letto gli scorsi capitoli, e in particolare Blustar che ha commentato: sono
contenta che ti siano piaciuti e che Rebecca ti abbia colpito in particolare
così come la discussione tra Marie e Sansone, e il fatto che li trovi IC mi fa
molto piacere!
Se riesci a
emozionarti mentre leggi non può che significare che sono in grado di
avvicinarmi al lettore tramite quello che scrivo, e anche questo mi fa piacere!
“Questa non la
passerai liscia, Sansone!” stava dicendo Rebecca , gli occhi azzurri che
mandavano lampi d’ira mentre cercava di scagliarsi contro di lui.
“Calmati Rebecca,
calmati!”
Accanto a lei, un
trafelato Hanson la tratteneva saldamente per un braccio, pronto a impedirle di
tempestare Sansone di pugni.
“Calmarmi? Non
posso calmarmi!” ribatté la donna voltandosi di scatto verso il magnate.
Era da anni che i
due non la vedevano così in collera, ed era in occasioni come questa che perdeva
tutta la sua grazia e compostezza e diventava più simile a una specie di arpia.
Ma d’altra parte,
Sansone se l’era aspettato.
Si era precipitata
da lui a Le Havre non appena le aveva telefonato per parlarle della “novità” in
cerca di consigli.
Gli sfuggiva però
il motivo per cui si trovasse con lei anche Hanson.
Incredibilmente
maturato, il suo vecchio amico portava un monocolo e un paio di baffi tenuti
con cura.
Inoltre i suoi
abiti, la sua compostezza, lasciavano intuire come il diventare un magnate ricchissimo
avesse inciso sul suo portamento e sul suo carattere, donandogli una
sconosciuta sicurezza.
“Era proprio
necessario venire fin qui a dirmene quattro, Rebecca?” sospirò Sansone,
passandosi una mano dietro la nuca in un gesto che tradiva il suo stato d’animo
spossato, e la donna gli rivolse un’occhiataccia.
“E come pensavi che
avrei reagito, dopo che mi hai detto cosa le hai fatto? Ti avevo avvertito che
se l’avresti fatta soffrire non avresti avuto scampo, e poi parlare a
quattr’occhi non è certo come al telefono!”
L’uomo alzò gli
occhi al cielo e si rivolse ad Hanson.
“Ci risiamo… e tu
perché saresti qui?”
“Ecco, io…”
L’amico apparve per
un attimo disorientato, in preda a uno strano imbarazzo, come se Sansone gli
avesse appena chiesto di confessare un reato che aveva commesso tempo addietro,
e per un attimo fu come se fosse tornato l’Hanson di una volta.
Poi parve
riprendersi, e abbozzò un sorriso sul volto bonario.
“Sono venuto a
farvi visita per un giorno o due, Rebecca mi ha detto tutto non appena l’ha
saputo e mi ha chiesto di venire con lei… come va, Sansone?”
“Ma insomma Hanson,
ti pare il momento dei convenevoli? Sansone si è comportato da vigliacco!”
sbottò Rebecca liberandosi dalla sua stretta. “Lasciare Marie in quel modo,
dopo quello che le ha combinato! Immagino che te la sia passata bene, in questi
giorni. Troppo facile scrollarsi di dosso le proprie responsabilità come un
vigliacco della peggior specie!” esclamò dopo aver fatto pochi passi nel
salotto, girando intorno all’amico e guardandolo dritto negli occhi.
Sansone ripensò ai
giorni che erano trascorsi dall’ultima volta che aveva visto Marie, gli tornò
in mente la sua figura che saliva sul treno e spariva alla sua vista, ricordò
l’aria triste ma risoluta nel suo sguardo e quello che si erano detti al parco…
no, non se l’era passata affatto bene, da quando lei gli aveva detto di
aspettare un bambino e lui l’aveva lasciata andare chiedendole del tempo per
pensare.
Risoluto, ricambiò
l’occhiata della donna dai capelli rossi che gli stava davanti come in attesa
di una risposta, mentre Hanson li osservava da un metro di distanza, intento a
pulirsi la lente ma senza perdersi una mossa, i pigri occhi azzurri che
vagavano da Sansone a Rebecca e viceversa.
“No, Rebecca”
esordì Sansone facendo un respiro profondo, lasciando che la sua schiena
toccasse la parete come a sostenerlo. “Sappi che non sono stati affatto dei
giorni felici, per me. Però ho intenzione di andare da lei il più presto
possibile… non voglio che finisca tutto così. Sarebbe da codardo, e quando mai
lo sono stato?”
La donna lo guardò
attentamente, come se volesse scrutargli l’animo e capire se diceva la verità o
stava solo cercando di allontanare lei e l’uomo che l’aveva accompagnata da
lui, ma non disse nulla, e Sansone riprese a parlare.
“Mi conosci, e
anche tu, Hanson… come potete credere che non m’importi niente di Marie e… del
bambino? Sistemerò tutto, credetemi. Partirò domani mattina. Sto dicendo la
verità!”
Cadde un silenzio
carico di tensione.
Gli occhi di
Rebecca cercarono brevemente quelli di Hanson che annuì con il capo,
accondiscendente, poi si mossero sul cumulo di carta sul mobile d’ingresso e
che aveva tutta l’aria di essere costituito da due biglietti di andata e
ritorno di treno.
Si arrese, lo
sguardo che tornava a posarsi sul volto di Sansone: brillava di un’assoluta
sicurezza di sé, e non le sfuggirono le occhiaie che gli solcavano gli occhi,
il colorito pallido e la piega delle labbra in tensione in attesa che la donna
dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.
Sì, senza dubbio
non aveva passato dei bei momenti, dall’ultima volta che lui e Marie si erano
visti.
Alla fine, Rebecca
scosse la testa, abbozzando un lieve sorriso carico di amarezza.
“Ma certo che ti
conosciamo, Sansone. Che sciocca sono stata, a venire qui così con Hanson come
se fossi diventato una specie di criminale e a puntarti il dito contro… ma per
un attimo ho creduto che non fossi più l’uomo che conoscevo. Sono successe
tante cose ultimamente, e pensavo… ma non importa. Spero che tu faccia la cosa
giusta. Noi ce ne andiamo” disse la donna all’improvviso, dirigendosi
all’ingresso per infilarsi il cappotto imitata da Hanson, e Sansone rimase a
guardarli per alcuni attimi in preda allo stupore.
“Ma come? Così di
colpo?”
“C’è qualcosa che
devi fare, Sansone, e noi non siamo certo qui per intralciarti” gli rispose
Rebecca con un sorriso, le dita che si stringevano intorno alla maniglia della
porta, e Hanson si voltò verso di lui, sistemandosi il cappello sui corti
capelli castani.
“Torneremo presto,
non appena si calmeranno le acque. Stammi bene, amico mio!” disse cordiale.
“Au revoir,
Sansone!”
Erano già nel
cortile, a pochi passi dall’auto di Rebecca, e prima di salire a bordo, la
donna gli rivolse un ultimo gesto di saluto. “Mi raccomando: pensa bene a
quello che stai per fare. Marie ha bisogno di te.”
La verità di cui
erano intrise le sue parole colpirono Sansone all’improvviso, risvegliando in
lui un senso di colpa che aveva tentato a lungo di tenere a freno e che ora
tornava a manifestarsi in tutta la sua forza.
“Lo so, Rebecca. Lo
so” disse abbozzando un sorriso. “Arrivederci!”
L’auto si accese
sbuffando, quindi partì con uno scoppiettio e si allontanò velocemente.
In breve fu come
svanita, inghiottita dal traffico cittadino, e a Sansone parve di sentire in
lontananza il fischio di un treno che era appena arrivato alla stazione, seppe
che era tempo di partire.
**
In cima al
promontorio c’era una figura solitaria e inconfondibile, vestita di un abito
color grano e con lunghi capelli ramati che ondeggiavano sulle sue spalle, una
figura minuta e volta verso l’infinita distesa del mare.
La riconobbe
immediatamente come il suo futuro che lo stava aspettando fiducioso e paziente,
e l’uomo si diresse verso di esso con passo deciso, animato dalla voglia di
accoglierlo a braccia aperte, il volto illuminato dai raggi del sole del
tramonto.
Aveva tanto atteso
di poterla rivedere, di rivedere Marie, che non riusciva ad aspettare un minuto
di più per trovarsi nuovamente con lei.
Affrettò il passo,
e vide che la ragazza si voltava lentamente verso di lui, i grandi occhi blu
che brillavano di una luce di consapevolezza: seppe che lo stava aspettando.
Pochi secondi e fu
davanti a lei, le urla dei gabbiani che raggiungevano entrambi, il silenzio
spezzato soltanto dalla brezza marina.
Si guardarono a
lungo, la tensione tra loro perfettamente percepibile. Poi l’uomo aprì la
bocca.
“Marie, io…”
“Sansone, non c’è
bisogno che tu dica nulla!” lo interruppe la ragazza in un sussurro. “Io ho già
deciso, e…”
No. Lei doveva
ascoltarlo. Doveva sentire quello che doveva dirle, doveva sapere!
“Sono stato uno
stupido ad andarmene, quella volta” esordì con un leggero sorriso. “Non ho
avuto il coraggio di dirti come stavano veramente le cose, ed è per questo che
sono venuto qui. Io devo dirti la verità!”
In preda alla
meraviglia, Marie annuì mentre l’uomo le prendeva delicatamente una mano e
gliela stringeva, lo sguardo fisso sulle loro dita intrecciate.
“Quale verità,
Sansone?”
“E’… è mio figlio,
vero?” disse l’uomo all’improvviso con voce venata di orgoglio, e lei apparve
spiazzata per un attimo.
“No, è nostro
figlio!” si affrettò a dire con un sorriso, trovandolo stranamente buffo.
“Nostro figlio…”
mormorò lui con decisione, guardandola negli occhi con serietà mista a una
felicità tutta nuova. “Non credi che meriti di nascere e crescere in una
famiglia come si deve, che gli dia tutte le cure di cui ha bisogno? Una
famiglia composta da un marito, e una moglie…” s’interruppe, stranamente
impacciato, e quando sollevò delicatamente la mano di Marie perché lei potesse
vederla bene, la ragazza rimase senza fiato: sul dito anulare era apparso un
anello con un brillante, un inequivocabile anello di fidanzamento.
Sansone gliel’aveva
fatto scivolare sul dito senza che lei se ne fosse resa conto, ipnotizzata
com’era dalle sue parole.
Le stava chiedendo
di… dopo tutto quello che era successo…
“Vorresti dire che
noi dovremmo sposarci? Mi stai chiedendo di sposarti?” gli chiese incredula, in
preda all’agitazione.
“Sì, Marie. Avrei
dovuto farlo già da tempo. Scusami se mi sono deciso a farlo soltanto adesso,
ma volevo fare le cose per bene, e quella volta non ne ho avuto l’occasione…”
La ragazza capì che
non voleva costruire una famiglia con lei perché aspettava il loro bambino, ma
perché era innamorato di lei.
Lo era da tempo…
Senza alcun dubbio.
Si sentì mancare il
fiato, e in breve gli gettò le braccia al collo, fuori di sé dalla gioia.
“Oh, Sansone! Certo
che lo voglio!”
Si abbracciarono a
lungo, il futuro luminoso che attendeva entrambi e che ora sembrava
incredibilmente più vicino.
Fine decimo
capitolo
**
Ciao a tutti!
Dopo quasi due mesi
senza aggiornare, ecco il penultimo capitolo della storia… era chiaro che alla
fine Sansone avrebbe scelto di sposare Marie, e non solo perché aspettava un
bambino… dopotutto il finale della serie lo conosciamo tutti, e anche se
personalmente avrei preferito che Sansone sposasse Rebecca, si vede chiaramente
da come la ragazza parla nell’epilogo della serie che il loro è stato un vero
matrimonio d’amore! E’ stato comunque un piacere scrivere la mia versione dei
fatti, e conto di pubblicare la fine vera e propria al più presto. Se vi va,
lasciate un commento!
Attorniati da tutti
i loro amici, vestiti di un bianco luminoso, erano appena diventati
ufficialmente marito e moglie, e si stavano concedendo agli abbracci e ai
saluti dei numerosi invitati.
C’erano proprio tutti:
persino Nadia era riuscita a venire al loro matrimonio nonostante fosse
appesantita dalla sua seconda gravidanza, il volto raggiante mentre teneva il
suo primogenito per mano e Jean le stava accanto scambiando con lei qualche
occhiata d’intesa di tanto in tanto, allegro come sempre.
All’uscita della
chiesa, un enorme leone bianco e i suoi cuccioli li attendevano muovendosi su e
giù per il cortile decorato a festa.
Anche Electra,
ormai quasi quarantenne, e suo figlio, che aveva da poco compiuto tredici anni,
erano stati invitati alle nozze: il ragazzo somigliava incredibilmente a sua
madre, pur avendo ereditato qualcosa della fierezza paterna che gli brillava
negli occhi scuri e severi.
Rebecca, splendida
ed elegante come sempre, non aveva smesso di asciugarsi le lacrime di
commozione per un attimo da quando la cerimonia era cominciata, e accanto a lei
Hanson, vestito di un completo molto costoso, la
sosteneva con lieve imbarazzo, perfettamente consapevole del suo stato d’animo
e felice per l’amico che convolava finalmente a nozze con la piccola Marie.
Non erano mai stati
più felici di allora, ed era incredibile come il tempo fosse trascorso
velocemente.
Un attimo prima
giocavano nelle cabine del Nautilus e un attimo dopo
erano diventati marito e moglie.
Sansone, un tempo
un famoso latin lover, aveva trovato moglie in una fanciulla che gli era sempre
stato accanto fin da bambina… chi avrebbe potuto immaginarlo solo alcuni anni
addietro?
Non appena fecero
per uscire dalla chiesa, il conte Ayrton Grenavan si
tolse il cappello al loro passaggio con un gesto elegante, chinando il capo con
un sorriso compiaciuto, e Sansone gli rivolse un’occhiata amichevole per la
prima volta da anni: ora che Marie era sua, magari avrebbero potuto mettere da
parte la loro rivalità e cercare di costruire qualcosa di simile a un’amicizia.
Le amiche della
sposa erano lì insieme alla direttrice del collegio, che per una volta aveva
abbandonato il suo cipiglio severo, e tutte si asciugavano le lacrime di
commozione nello stesso momento con i loro fazzolettini ricamati, salutando con
gioia Marie e Sansone.
Uscirono
all’esterno per essere investiti da una pioggia di raggi solari e di chicchi di
riso, e le campane della chiesa cominciarono ad acclamare gli sposi, allegre e festanti.
“Sansone?”
Marie si rivolse a
suo marito in preda alla gioia, e lui ricambiò l’occhiata cercando di
schermarsi il viso dai chicchi che qualcuno, probabilmente Jean a giudicare
dalla statura e dal colore dei capelli, gli aveva appena lanciato contro.
“Sì?”
“Resteremo insieme
per sempre, nei giorni di sole, nei giorni di pioggia, e fino al giorno del
giudizio!” disse la ragazza allegramente mentre si dirigevano verso l’auto che
li attendeva.
“No, Marie” rispose
l’uomo risoluto. “Quel giorno non arriverà mai, e anche se arrivasse, noi non
lo vedremo… perché ci sarà prima il nostro futuro e quello di nostro figlio!”
Lei sorrise,
perfettamente d’accordo su quelle parole, e gettò un’occhiata agli amici che li
acclamavano dai gradini della chiesa e con i quali di lì a poco avrebbero
ripreso i festeggiamenti.
Si passò una mano
sul ventre con leggerezza, e seppe che il figlio che aspettava dal marito era
sereno e pronto a nascere e a crescere circondato dall’amore dei suoi genitori.
Il suo sogno stava
per realizzarsi: le sembrò di vedere un bambino dai capelli castani e gli occhi
azzurri correre nel parco insieme a lei, poi la sua immagine svanì sostituita
dal volto di Sansone, e gli strinse delicatamente la mano.
C’era ancora tempo,
e per il momento le bastava sapere che lui era al suo fianco, lì dove sarebbe
per sempre stato per l’eternità.
FINE
**
Ciao a tutti! Dopo
dieci mesi di silenzio (!) ecco come promesso l’ultimo capitolo… scrivere questa storia è
stato un processo lunghetto e un pochino discontinuo per via di vari impegni e
imprevisti, ma finalmente ho potuto inserirlo: spero di pubblicare altri lavori
su questo bellissimo anime, e ringrazio infinitamente
tutti quelli che hanno letto e commentato la fanfiction!