Vera follia, sicura pazzia

di luceterea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -{ I mali sono meno dannosi alla felicità che la noia. ***
Capitolo 2: *** Non dimenticatevi chi siete! ***
Capitolo 3: *** { Qualche nodo viene al pettine ***
Capitolo 4: *** { Mentre fuori la tempesta infuria ***
Capitolo 5: *** { Di pettinature e spade misteriose ***
Capitolo 6: *** { Prede e cacciatori ***
Capitolo 7: *** {Segreti svelati e sinistri colloqui ***
Capitolo 8: *** {Una macabra sorpresa ***
Capitolo 9: *** {Una risata nell'oscurità. ***
Capitolo 10: *** {Nomi ***
Capitolo 11: *** {Complicazioni ***
Capitolo 12: *** {Menzogne ***
Capitolo 13: *** {Oblio ***
Capitolo 14: *** {Prigionia ***
Capitolo 15: *** {Maschere (Credete forse...?) ***
Capitolo 16: *** {Sorprese ***
Capitolo 17: *** {Tale padre, tale figlio? ***



Capitolo 1
*** -{ I mali sono meno dannosi alla felicità che la noia. ***


Ciao a tutti!
Mi scuso innanzitutto per non avere ancora aggiornato “Il convento”, ma da qualche tempo mi ronzava in testa un’ideuzza per questa fanfic e mi sono lasciata trasportare da una vena creativa.
Fatemi sapere se la devo continuare.
(Perdonate gli eventuali errori di battitura ma l’ho scritta di getto proprio stasera)
albazzurra

  
 
 
20 Maggio 1777
 
Oscar François de Jarjayes si dirigeva al galoppo verso la reggia.
Era ancora presto, ma nell’immenso cielo di Maggio il sole era già alto e illuminava la Francia, la nazione più bella d’Europa.
La giovane cavalcava sicura, elegante e altera sul suo destriero bianco, che sembrava volare lungo le vie ciottolose che portavano a Versailles.
 
In breve tempo la bionda comandante delle Guardie Reali varcò i cancelli dorati di Versailles e si diresse verso la piazza d’armi, dove i suoi soldati la attendevano schierati.
Oscar fece rallentare il cavallo al passo e si avvicinò ai suoi uomini, squadrandoli uno per uno con i suoi penetranti occhi turchesi.
I soldati della Guardia di Sua Maestà costituivano un gruppo privilegiato, formato dagli uomini più abili e più valorosi di Francia. Ognuno di loro era scelto con attenzione e criticità in base al suo coraggio, alla sua bravura nel maneggiare le armi e alla sua lealtà verso la corona.
Osservando il battaglione schierato davanti a Madamigella Oscar, si poteva ben notare che erano disposti in perfetto ordine di altezza: i più bassi in prima linea e i più alti man mano che si procedeva.
I fucili erano rigidamente appoggiati sulla spalla destra, le spade sul fianco sinistro.
Mentre Oscar controllava che ognuno fosse al loro posto, le si avvicinò il tenente Girodelle.
“Madamigella Oscar…” esordì.
“Sì, dite pure Girodelle” replicò lei senza alzare gli occhi dai soldati.
“Ecco…vorrei presentarvi una nuova recluta, Comandante..” continuò il tenente.
“Può presentarsi benissimo da solo, tenente, senza che voi dobbiate fargli da portavoce” disse seccamente la ragazza. “Dunque, chi sarebbe?”
“Sono io, Comandante” disse una voce argentina.
 
Una figura esile, minuta, sottile, fece un passo avanti.
A parlare era stato un giovane con lunghi capelli biondo grano, due occhi cerulei e un’inaspettata grazia nei movimenti.
Avanzava leggero, splendente nella divisa celeste e i suoi piedi, calzanti solidi stivali neri, parevano non toccare il terreno.
Quando giunse davanti a Madamigella Oscar si fermò e le fece il saluto militare, portando rapidamente alla fronte la mano destra e sbattendo i tacchi con la maestria di un ballerino.
Alzati gli occhi verso il comandante, sorrise.
“Marcel de Lemaire, ai vostri ordini, Comandante”.
 
Oscar, dal canto suo, era attonita.
 
No…
Non è possibile...questo è uno scherzo di pessimo gusto.
E’ impensabile che…
Eppure quei capelli…quegli occhi…
Per non parlare della voce…
E poi…
No. Questa è pazzia…
È…
 

“Comandante vi sentite bene?” il tenente Girodelle sembrava piuttosto preoccupato.
“Si grazie Girodelle…” disse Oscar, fissando con la bocca semiaperta quel giovane.
“Vorrei” proseguì la ragazza “ vorrei scambiare due parole con il soldato de Lemaire in privato”.
Detto ciò smontò da cavallo e fece cenno al ragazzo biondo di seguirla.
 
Una volta giunti in un luogo appartato Madamigella Oscar si voltò verso Marcel, che sorrise nuovamente, divertito dall’espressione sconvolta del comandante.
 
“Cosa….Cosa ci fate voi qui?” domandò Oscar, a metà tra il furente e lo sbigottito.
 
“Oh, andiamo Madamigella Oscar. Ve l’ho detto anche l’altro giorno, ricordate?” Marcel voltò le spalle alla ragazza e si mise a guardare il cielo senza nuvole, ricordando gli avvenimenti di alcuni giorni prima.
 
 
8 Maggio 1777
 
Era una bella giornata a Versailles: un cielo terso e i caldi raggi del sole offrivano i loro omaggi alla reggia che si ergeva in tutto il suo splendore circondata da prati verdeggianti e alberi ormai in fiore.
Madamigella Oscar passeggiava lungo un viale secondario, con occhio vigile.
Un tiepido vento primaverile soffiava dolcemente, scompigliandole i lunghi capelli biondi.
 
La reggia era molto affollata. Tra qualche giorno si sarebbe tenuto un gran ricevimento in onore del re Luigi XVI e della sua consorte, la regina Maria Antonietta, per l’anniversario della loro incoronazione e in questa occasione duchi, marchesi, conti e signori affluivano a Versailles da ogni regione di Francia.
Mancavano appena due giorni al ricevimento e ancora molta gente, proveniente dai confini del Paese, doveva arrivare.
Madamigella Oscar, in quanto capitano delle Guardie di Palazzo, aveva il compito di pattugliare tutta la zona circostante alla reggia.
 
I giardini di Versailles erano immensi, tuttavia ogni singola stradina era collegata ad un’altra e Oscar ben presto si ritrovò di fronte al maestoso Bacino di Apollo. Una imponente statua del Dio Sole troneggiava al centro della struttura, guidando il suo cocchio trainato da quattro divini destrieri.
La ragazza si fermò ad osservare: gli occhi della divinità mostravano una fierezza che raramente si sarebbe potuta scorgere in uno sguardo mortale.
Fece per proseguire il suo giro, quando un rumore di passi la distolse dai suoi pensieri.
Si voltò e con suo enorme stupore vide correre nella sua direzione Sua Maestà Maria Antonietta.
 
“Madamigella Oscar, aspettate!”
“Maestà…” la giovane scattò sull’attenti e salutò la Regina di Francia.
 
La ragazza nel frattempo l’aveva raggiunta e si era fermata, ansante,  a un passo da lei, in uno svolazzo di trine e merletti.
Oscar la fissò, perplessa.
 
“Cosa posso fare per voi, Altezza?” chiese cordialmente.
“Oh nulla, Oscar…volevo solo passare un po’ di tempo insieme a voi. Raramente ne abbiamo l’occasione, non vi pare?” la Regina le rivolse un gran sorriso.
“Avete ragione altezza, ma per me essere un soldato viene prima di essere una donna. Per questo motivo devo adempiere ai miei doveri e spesso mi manca il tempo di fare qualsiasi altra cosa”.
“Oh…capisco Madamigella. Vi sto forse recando disturbo?” domandò la regina un po’ delusa.
“Niente affatto, Maestà. E’ un piacere ed un onore poter conversare con voi. Ma, vedete, ho il compito di perlustrare i Giardini della reggia e…”
“Permettetemi di accompagnarvi, allora!” Maria Antonietta, rassicurata, tornò a sorridere felicemente.
 
Camminarono alcuni minuti in silenzio, fianco a fianco.
Il vento, dopo essersi placato per qualche tempo, aveva ripreso a soffiare dolcemente. Gli unici rumori che si udivano erano il frusciare delle foglie, scosse da quella lieve brezza, e quello dei loro passi sulla pietra del viale.
Maria Antonietta osservava di sottecchi la sua accompagnatrice.
 
Madamigella Oscar è una persona molto riservata.
Non so molto sul suo conto. O meglio, so quello che giunge alle mie orecchie tramite le dicerie delle donne di corte, ma Dio solo sa quali cose sono menzogne e quali verità.
C’è da dire che, però, è davvero affascinante e quel suo stesso riserbo le conferisce un’aria di mistero.

 
I ricci biondi di Oscar ondeggiavano mentre camminava. La regina restò abbagliata dalla loro lucentezza e dalla loro strana fisionomia. La luce del sole si rifletteva perfettamente tra quelle buffe onde d’oro, creando ipnotizzanti chiaroscuri. Un soffio di vento li scompigliò e la Regina avvertì il loro profumo. Profumo di rose.
 
Fu Oscar a rompere il silenzio.
 
“Perdonatemi, Altezza, ma non dovreste essere con i vostri ospiti, a quest’ora?”
 
Sua Maestà si riscosse. Poi sospirò.
“Dovrei, Madamigella. Ma vedete…quasi tutte le donne che ci sono a corte non sono altro che sciocche pettegole, che passano la vita a frequentare salotti, e le nobildonne che ho incontrato nell’ultima settimana non sono da meno; la loro conversazione verte la maggior parte delle volte su argomenti frivoli e poco interessanti. Sapete, in loro compagnia si discute solo di abiti e inoltre sono delle vere e proprie impiccione”.
“Capisco la vostra noia, Maestà. Ma permettetemi di ricordarvi che in quanto Regina di Francia voi…”
“…dovrei intrattenere i miei ospiti e mostrarmi disponibile e gentile nei loro confronti, lo so. Madame de Noailles e il Conte de Mercy non fanno che ripetermelo” sbuffò la Regina, chiudendo gli occhi.
Poi continuò.
“Ma parlatemi di voi, Madamigella. Com’è essere comandante delle Guardie Reali? La vostra vita deve essere meravigliosa: piena di avventure, libera... E voi siete così coraggiosa, Oscar… come mi piacerebbe essere come voi! Provare, anche per poco tempo, ad essere un soldato…di sicuro non mi annoierei affatto!”
 
Marcel si voltò verso Oscar che lo stava ancora fissando con le braccia abbandonate lungo i fianchi.
 
“Ricordate anche voi vero, Madamigella?” Marcel le fece l’occhiolino.
 
Oscar sbatté un paio di volte le palpebre prima di rispondere.
Poi si inchinò.
 
“Questa…questa è una vera follia, sicura pazzia…mia Regina.
 
Continua…
 
Grazie per coloro che hanno letto il primo capitolo e per chi vorrà lasciare un commentino :)

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Capitolo 2
*** Non dimenticatevi chi siete! ***


20 Maggio 1777, sera. Strada di ritorno verso Palazzo Jarjayes.
 
Oscar sbirciò il giovane biondo che cavalcava sereno al suo fianco, il cui volto era attraversato da un largo sorriso e nei cui occhi si poteva ben scorgere una luce entusiasta.
 
“Permettetemi di dirvi, Maestà, che avete fatto grandi progressi nell’equitazione.” esordì Oscar.
“Vi ringrazio Madamigella. Ho dovuto prendere molte lezioni e subire altrettanti rimproveri da Madame de Noailles, che interpretava questo mio desiderio di montare tutti i giorni come ‘uno dei miei soliti capricci’. Ma del resto, non potevo certo presentarmi tra i soldati completamente impreparata, non trovate?” replicò gaiamente Maria Antonietta.

La regina scoppiò in una risata cristallina quando una folata di vento le si abbatté contro, sfacendole svolazzare la chioma dorata.
“Guardate Madamigella Oscar! Guardate come volano liberi i miei capelli! Come sono felice! E come soffia forte il vento! Se avessi avuto la gonna di sicuro mi si sarebbe vista di sicuro la sottoveste! Oh, se mi vedesse il conte di Mercy in questo momento, di sicuro morirebbe di crepacuore!”
 
Oscar le lanciò un’occhiata di rimprovero ma subito il suo sguardo si raddolcì.
 
Sua Maestà è davvero unica qui a Versailles.
Non è capace di trattenere il suo carattere vivace…
Eppure com’è diversa: forse se al mio posto ci fosse stata un’altra persona, stamane, essa non sarebbe stata in grado di riconoscere il Marcel de Lamaire la regina di Francia.
Questa sua idea è davvero folle.
Ma…per quanto possa essere rischioso tutto ciò non riesco proprio ad essere adirata con lei…
Ha vissuto per quasi ventidue anni senza poter decidere del suo destino…
Ha diritto a un po’ di libertà.

 
**
 
20 Maggio 1777, mattina
 
Maria Antonietta si voltò verso Oscar, occhi negli occhi.
Poi sospirò e sul suo volto,  fino a poco prima attraversato da un sorriso, si dipinse un'aria affranta .
 
“Madamigella Oscar…mi dispiace recarvi sempre disturbo, con i miei capricci…e mi rendo perfettamente conto che avermi al vostro fianco tra i soldati non sarà facile. Ma vedete…io non ce la facevo più. Quando il conte di Fersen ha lasciato la corte di Versailles, io mi sono sentita abbandonata. Sua Maestà il re non ha molto tempo da dedicarmi…anzi non ne ha mai avuto. E le mie notti, come le mie giornate, sono fredde e vuote. Inoltre da quando sono diventata la Regina di Francia sento di non potermi fidare di nessuno, tranne di poche persone. Voi…voi siete una di quelle persone, Oscar…e io vi chiedo di perdonarmi per tutti i problemi che vi sto creando. Io…” scoppiò in lacrime “Io mi sento così sola…tanto, tanto sola! Permettetemi di rimanervi accanto per un po’ di tempo, Madamigella. Poi io vi do la mia parola che non vi disturberò più”.
 
Oscar guardò sempre più sbalordita la Regina di Francia cadere sulle ginocchia e singhiozzare senza alcun ritegno.
In cuor suo Madamigella era rimasta molto colpita dalle parole della sovrana e in quel momento provò una gran pena per quella ragazza, destinata dalla nascita a portare sulle spalle il peso di una vita che non le apparteneva.
Fece un passo avanti e si accovacciò accanto a Maria Antonietta. Le sollevò gentilmente il mento, costringendola a guardarla negli occhi.
 
“Maestà, non avete motivo di domandare il mio perdono. Ma concedetemi di dirvi una cosa: in ogni occasione, qualunque abito indossiate, sia esso un vestito o una divisa, voi non dovete mai dimenticare di essere la Regina di Francia. Maestà guardatemi! Io vi giuro, Dio mi è testimone, che vi sarò sempre accanto, non dovete temere. Io non permetterò che vi  capiti nulla di spiacevole. Però vi supplico, mia Regina, non dimenticate mai chi siete!”
 
Maria Antonietta, dopo un secondo di smarrimento, causato forse dai sensi di colpa, forse dalla vicinanza di Oscar, che la guardava ancora con quel suo sguardo profondo, decise che quello che le aveva appena detto Madamigella era giusto.
Allora scosse la testa, come per rimettere in ordine tutti i pensieri che le si affollavano nella mente e, con l’aiuto del comandante, si rimise in piedi.
 
“Avete ragione Madamigella! Grazie per i vostri preziosi consigli. Ora sono pronta…volevo dire…sono pronto ad affrontare la dura vita militare!”
Fece per dirigersi, a passo di marcia, verso la piazza d’armi, dove nel frattempo Girodelle aveva iniziato l’allenamento, ma Oscar la trattenne per un braccio.
 
“Perdonatemi, soldato Lemaire” esordì con tono leggermente divertito “Come ve la cavate con la spada?”
 
Maria Antonietta arrossì furiosamente.
 
“Ehm…ecco…veramente non ne ho mai presa in mano una, Madamigella...”
 
Oscar trasse un sospiro rassegnato.
Poi sorrise e continuò.
“C’è anche un’altra cosa che non mi è chiara…Com’è possibile che la Regina Maria Antonietta si sia potuta travestire da soldato, arruolarsi nella sua Guardia Reale senza farsi riconoscere? Come giustificherete la vostra assenza da corte per un periodo di ‘oltre un mese’, come mi avete detto voi poco fa?”
 
La regina aveva già aperto la bocca per rispondere quando un tossicchiare nervoso la fece voltare di scatto.
 
Il tenente Girodelle, non vedendo tornare né Oscar né 'quel Marcel', aveva pensato di andare a dare un’occhiata e ora fissava incuriosito le due figure bionde, spostando gli occhi dall’una all’altra.
 
“E’ tutto a posto, Comandante? Ci sono problemi con questa recluta?” chiese Girodelle, con tono inquisitorio.
 
Oscar, il cui viso alla vista del tenente aveva acquistato una tonalità piuttosto pallida, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
 
Non ha sentito la conversazione, sia lodato il cielo!
 
“Tutto sotto controllo Girodelle. Avevo solo bisogno di fare qualche domanda al soldato Lemaire…adesso arriviamo”.
 
Madamigella Oscar si voltò verso la Regina, che stringeva nervosamente l’elsa della spada, e le fece cenno di seguirla.
 
“Mi spiegherete dopo, Maestà. Mi direte ogni cosa una volta giunti a Palazzo Jarjayes” le sussurrò nell’orecchio quando le fu accanto.
 
**
 
Oscar si riscosse dai ricordi della mattina e si accorse che, mentre ricordava gli avvenimenti della mattina,  aveva continuato a fissare intensamente la Regina, che ora la guardava con aria interrogativa.
 
Finalmente in lontananza si riuscirono a distinguere i cancelli di Palazzo Jarjayes.
Oscar a quel punto fermò il cavallo, che scosse la testa contrariato (evidentemente sperava di poter presto ritrovarsi nella quiete della scuderia e gustare le carote che Andrè era solito offrirgli).

Maria Antonietta la imitò e attese che parlasse.
 
“Maestà, nelle prossime settimane vivrete con me a Palazzo. Prima di giungervi è necessario stabilire i comportamenti che entrambe dovremmo tenere” esordì la ragazza, e la Regina annuì.
“Dunque, tanto per cominciare io non potrò rivolgermi a voi chiamandovi ‘Maestà’ o ‘Regina’ o ‘Altezza’: voi dal momento in cui varcherete le porte d'ingresso sarete solo ‘Marcel de Lemaire’. Ovviamente, nei momenti in cui saremo sole, io tornerò a chiamarvi con i titoli che vi spettano…”
“Oh, non c’è nessun problema Oscar” sorrise Maria Antonietta.
“Inoltre non dimenticatevi che, in quanto soldato, dovete parlare di voi stessa con aggettivi maschili”.

Al vedere l’altra annuire nuovamente, Oscar tolse una mano dalle redini del cavallo e la posò su quella della Regina.
“Maestà…dobbiamo assolutamente evitare che scoprano la vostra vera identità. A corte ci sono diverse persone che non nutrono sentimenti positivi nei vostri confronti…se sapessero che la Regina di Francia si è arruolata come una semplice recluta…non voglio nemmeno pensare a cosa potrebbe accadere. Vi prego Maestà, fate attenzione!”

“Madamigella Oscar, io…”
Maria Antonietta d’Austria si commosse vedendo l’amica, di solito fredda e impenetrabile come il ghiaccio, seriamente preoccupata per lei..e nuovamente l’assalì la vergogna per causarle così tanti problemi…ma ormai era tardi per tirarsi indietro…
“…grazie” disse infine.
 
Oscar sorrise e si voltò verso casa. Prima di spronare il cavallo al galoppo, aggiunse: “Ah, Maestà. Non dimenticatevi che mi dovete ancora spiegare come avete fatto a sparire così dalla corte!”
Maria Antonietta rise.
“Non preoccupatevi Madamigella Oscar. Ve ne parlerò non appena saremo a Palazzo! Lo prometto.”
 
Oscar sembrò piuttosto rassicurata da quella risposta, e le due giovani si diressero velocemente verso casa.
 
**
 
A Palazzo Jarjayes, Andrè aspettava con ansia il ritorno di Oscar.
Quel giorno il Generale gli aveva chiesto di accompagnarlo a Parigi per acquistare un nuovo cavallo, e per questo motivo non aveva potuto accompagnarla a Versailles.
Pur essendo perfettamente consapevole del fatto che Oscar sapeva badare a sé stessa meglio di quanto sapesse fare lui, non si sentiva tranquillo.
Erano anni che la seguiva come un’ombra, ovunque lei andasse, ed erano davvero poche le persone che avessero visto lei senza lui e viceversa. Si dava dello sciocco, pensando a queste cose. Si ripeteva che Oscar non era più una bambina e non aveva certo bisogno che lui le reggesse il moccolo… Eppure…
Non appena sentì un rumore di zoccoli sulla pietra del viale, si precipitò giù dalle scale, diretto verso l’ingresso principale, che lei stava varcando proprio in quel momento.
 
“Ehi Osc..”
Andrè si bloccò a metà della scalinata, gli occhi fissi sulla porta.
 
Oscar era appena entrata e al suo fianco c’era un giovane biondo, con lunghi capelli dorati e due limpidi occhi azzurri.
La sua figura era piuttosto esile e delicata per un ragazzo…ma era di una bellezza mozzafiato.
Andrè rimase incantato da quella visione: quel tipo e Oscar messi insieme gli ricordavano due divinità.
Eppure le pungenti frecce della gelosia cominciarono a stuzzicargli il cuore, quando notò che Oscar aveva posato una mano sulle spalle dell’altro e lo incoraggiava ad entrare con un dolce sorriso.
 
Gli occhi verdi di Andrè si ridussero a fessure.
 
Chi diavolo è costui?
 
Continua…
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Ciaooooo! Eccomi di nuovo qui!
Spero siate rimasti soddisfatti dal secondo capitolo.
Come avete potuto leggere, Andrè è geloso del nostro Marcel!
Come si evolverà la situazione? E che scusa avrà inventato Maria Antonietta per scomparire dalla corte?
Aspetto le vostre ipotesi! Sono curiosa di sapere se avete già qualche idea!
Grazie a tutti coloro che hanno letto questo capitolo e a chi vorrà lasciare un commentino!
A presto :)
albazzurra

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Capitolo 3
*** { Qualche nodo viene al pettine ***


Eccomi qua! Questa volta faccio una prefazione.
Vorrei solo chiarire alcuni punti.
Punto n°1: Si, lo so che sembra incredibile, ma Maria Antonietta riesce a passare per un maschio. E’ necessario che tutti la scambino per un soldato: ne va della trama della storia
Punto n°2: in questo capitolo compare la figura di Nicole Olivier. Io mi attengo alla descrizione riportata nel manga, in cui la ragazza NON è CIECA! Inoltre mi sono presa una piccola licenza letteraria riguardo la sua professione.
 
Queste erano le cose che desideravo chiarire. Ringrazio coloro che mi hanno recensito fino ad adesso e quelli che commenteranno questo nuovo capitolo.
Buona lettura e….spero sia di vostro gradimento. (e, come al solito, perdonate eventuali errori di battitura!)
albazzurra

 
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Maria Antonietta avanzò a piccoli passi nell’ingresso di Palazzo Jarjayes, seguita a ruota da Oscar.
 
Era un po’ intimidita: era la prima volta che entrava nella casa di Madamigella Oscar, mentre lei era già stata innumerevoli volte a farle visita, alla reggia.
Oscar la incoraggiò a proseguire, spingendola delicatamente avanti con la mano. Il suo gesto pareva voler dire: Forza! Non dimenticate che dovete comportarvi da soldato!
 
La regina allora, acquistata maggior sicurezza, giunse a passo marziale ai piedi della scalinata di marmo che si trovava proprio di fronte alla porta.
Una volta raggiunta si fermò e si guardò intorno, curiosa.
Oscar alzò lo sguardo e vide Andrè, immobile a metà scala, che le fissava con sguardo vitreo.
 
“Buonasera Andrè. Cosa ci fai lì impalato?” domandò Oscar.
Andrè sbattè le palpebre e, distogliendo lo sguardo (che era decisamente poco amichevole) dal giovane accanto alla ragazza, si decise a scendere gli ultimi gradini che gli rimanevano per raggiungerli.
 
“Buonasera a te, Oscar” disse il ragazzo, pensando che, visto come era iniziata, quella sera non si preannunciava affatto ‘buona’.
“Andrè, ti presento il conte Marcel de Lemaire, nuovo soldato delle Guardie Reali. Vivrà qui per un po’ di tempo” esordì Oscar.
 
Le spine della gelosia punzecchiarono nuovamente il giovane che disse, senza riflettere “E perché?”
 
Oscar lo fulminò con lo sguardo, stringendo le labbra, e Andrè si pentì subito di aver parlato con così tanta sfacciataggine.
 
“Volevo dire…posso chiedervene il motivo, Madamigella Oscar?” Andrè ripeté la domanda, senza distogliere il suo sguardo da quello azzurro di Oscar, mal celando un tono canzonatorio dietro la domanda apparentemente cortese, e chiedendosi da quando in qua Oscar prestava tanta attenzione all’etichetta.
Inoltre ad Andrè non sfuggì il moto di stizza che aveva attraversato quel nuovo soldato biondo, che ora lo fissava con aria decisamente contrariata.
 
“Il conte de Lemaire” proseguì Oscar guardando a sua volta Andrè negli occhi “è appena giunto a Versailles dalla Bretagna. Non ha ancora avuto modo di trovare una sistemazione qui vicino. Pertanto gli ho messo a disposizione una delle stanze degli ospiti”.
 
Andrè ascoltando la risposta della donna, si sentì ancora più confuso di prima.
 
E da quando Oscar invita a stabilirsi a Palazzo un soldato, anche se è un conte?
 
Andrè, per quanto avrebbe desiderato esporle le sue perplessità, decise che avrebbe fatto meglio ad attendere di rimanere da solo con Oscar, sospettando che la ragazza non avrebbe ammesso un’altra “insubordinazione” alla presenza di un ospite.
 
Il ragazzo dunque, voltosi verso Marcel, inchinatosi, come era solito fare quando incontrava persone di rango più elevato, lo salutò.
“Buonasera anche a voi, conte de Lemaire. Benvenuto a Palazzo Jarjayes. Vi chiedo scusa per la mia maleducazione.” disse rispettosamente il ragazzo.
 
La Regina, dopo un attimo di esitazione e dopo aver lanciato un’occhiata preoccupata ad Oscar, respirò profondamente e disse:
“Buonasera Andrè. Non datevi noia per quanto accaduto poco fa. Sono grato al comandante Oscar, che mi ha gentilmente concesso un posto dove alloggiare. Comunque non temete: non mi fermerò a lungo”.
 
Andrè aggrottò la fronte.
Raramente aveva udito uscire dalla bocca di un soldato una voce tanto soave.
 
Bè, eccetto da quella di Oscar, ma in fondo, lei è una donna.
 
Un dubbio si insinuò per un istante nella mente di Andrè.
 
E se anche questo Marcel fosse…
No. Impossibile. Cosa vado a pensare?
L’amore che provo per Oscar mi sta dando alla testa, temo: comincio a vedere ovunque donne vestite da uomo.
Che sciocchezza…
 
Oscar ruppe il silenzio che si era venuto a creare.
“Bene. Adesso che vi siete presentati, possiamo cominciare ad occuparci della sistemazione del conte de Lemaire. Andrè, per favore, avvisa tua nonna di preparare per lui la camera di fianco alla mia”.
 
La gelosia ricominciò a stringere il cuore di Andrè. Se prima erano spine, adesso quel malvagio sentimento sembrava aver preso le sembianze di un enorme pitone, che stritolava con le sue spire l’anima del ragazzo.
 
“Bene” rispose rigidamente Andrè.
 
“Ah, e poi vai a dire a Camille di riscaldare dell’acqua. Per quanto mi riguarda, sono esausta e vorrei farmi un bagno” aggiunse Oscar massaggiandosi stancamente le tempie.
 
Poi lanciò un’occhiata alla Regina che, al suo fianco, restava in silenzio.
“Ovviamente Camille dovrà portare dell’acqua calda anche nella stanza del conte de Lemaire. Abbiamo entrambi avuto una giornata piuttosto faticosa, e credo che anche al mio ospite non dispiaccia riposarsi un po’.” ridacchiò la ragazza.
“Vi ringrazio Oscar” sorrise di rimando Maria Antonietta.
 
“Tutto quello che desiderate, Madamigella Oscar” concluse Andrè, a cui non era andato per niente giù quel sorriso d’intesa che si erano scambiati.
Decise di non pensarci e, dopo essersi congedato, imboccò in corridoio che portava alle cucine.
 
**
 
Oscar bussò piano alla porta della stanza della Regina.
“Avanti, venite Madamigella!” la voce della sovrana giunse forte e chiara attraverso il legno.
Oscar socchiuse l’uscio ed entrò.
 
Maria Antonietta, dopo il bagno, si era tolta la divisa celeste da soldato e si era abbigliata molto semplicemente, indossando un paio di pantaloni beige e una camicia bianca che, all’arrivo di Madamigella Oscar, stava ancora finendo di abbottonare.
 
“Oh, perdonatemi Maestà, se solo me lo aveste detto, avrei atteso fuori” disse velocemente Oscar, un po’ imbarazzata.
“Nessun problema Madamigella. A corte non sapete quante persone sono presenti quando mi vesto.. Sono abituata.” spiegò sorridendo Maria Antonietta.
“Comunque devo proprio dire” proseguì la regina, assumendo un’aria piuttosto sofferente e stringendosi una mano sul petto, come se facesse fatica a respirare “che queste fasce sono davvero scomode!”
“….ma purtroppo necessarie, Maestà” aggiunse Oscar, con tono comprensivo.
Maria Antonietta annuì, tristemente. Faceva sempre molta fatica a pensare con serenità alla vita che era obbligata a condurre Oscar, e non nascondeva di disapprovare la scelta del Generale Jarjayes.
 
Oscar si riscosse e si ricordò per quale motivo era andata dalla Regina.
“Maestà, credo che sia bene che ora voi mi diciate tutta la verità: come siete potuta sparire dalla reggia?”
 
“Oh ma vi sbagliate Oscar. ‘Sua Maestà la regina’ non è affatto sparita”.
Al vedere l’espressione che si era dipinta sul bel volto della ragazza, Maria Antonietta scoppiò in una sonora risata.
Poi si sedette sul letto e fece cenno ad Oscar di imitarla.
 
“Non vi agitate Madamigella, ora vi spiegherò ogni cosa. Vedete, durante il ricevimento tenutosi a Versailles dieci giorni fa, ho avuto modo di conversare con una vecchia marchesa che giungeva da Parigi. Era la prima volta che quella donna si recava a corte e ha voluto a tutti i costi fare la mia conoscenza. Quando mi vide, ricordo che la marchesa sbarrò gli occhi e…”
 
10 Maggio 1777, reggia di Versailles

“Nicole!” sussurrò la marchesa de Lambroux.
 
“Prego?” chiese educatamente la Regina, con aria interrogativa.
“Oh, perdonatemi Maestà. Ma voi siete davvero identica ad una persona che conosco”.
 
Poiché Maria Antonietta si era fatta attenta, la donna continuò.
“Si chiama Nicole Olivier, è una giovane abitante di Parigi molto povera a cui io ho offerto un lavoro come insegnante di ballo per le mie figlie. È di umili origini e molto povera, ma danza in maniera divina ed è molto educata. Mi scuso con voi, Altezza, per avervi paragonato ad una semplice ragazza parigina, ma vi posso assicurare che lei vi assomiglia come una goccia d’acqua”.
 
La regina, dopo aver parlato con la marchesa de Lambroux, passò gran parte della serata a rimuginare tra sé e sé.
 
“…Pochi giorni dopo feci convocare alla reggia Mme de Lambroux e le chiesi di poter incontrare quella Nicole. Giunsi così a Parigi e, quando vidi quella ragazza, rimasi sconvolta. Quella giovane, credetemi se ve lo dico Madamigella, è assolutamente identica a me. Ha i miei stessi capelli biondi e i suoi occhi sono della medesima sfumatura di azzurro dei miei..”.
 
“Temo di non aver ancora capito, Maestà”  disse Oscar, che in realtà aveva uno strano presentimento riguardo quella Nicole.
 
“Dunque” proseguì la Regina “il giorno dopo averla incontrata in presenza della marchesa, tornai a Parigi in incognito e chiesi a Nicole di poterle parlare in privato. E fu allora che le esposi il mio desiderio di essere un soldato per un mese…e lei acconsentì ad aiutarmi. Due giorni fa la Regina Maria Antonietta di Francia è partita per la penisola iberica, Madamigella Oscar, ospite del principe di Spagna!”
 
Oscar ci mise qualche secondo per registrare il vero significato delle parole della sovrana.
Poi capì.
 
“State forse dicendo….che avete pagato Nicole Olivier affinché impersonasse la regina di Francia in un viaggio diplomatico?”
 
“Proprio così. Ma non temete Madamigella Oscar. Le ho spiegato cosa dire parola per parola. Le ho illustrato come avrebbe dovuto comportarsi in presenza del principe spagnolo. Le buone maniere e il ballo li conosceva già. E non sarà nemmeno sola. Ho disposto che andassero con lei alcune cameriere (ignare di ogni cosa) e Madame de Lambroux, a cui invece ho spiegato la situazione e che ha promesso di mantenere il silenzio. Mi fido di quelle due donne, Madamigella Oscar. Sono sicura che non mi tradiranno!”
 
Lo sguardo di Maria Antonietta era così sicuro ed entusiasta che Oscar non ebbe il coraggio di esprimerle i suoi dubbi.
“E chi vi dovrebbe proteggere? Il viaggio per la Spagna è lungo e pericoloso. Soprattutto per la Regina di Francia…” chiese infine.
“Vostro padre, Madamigella, ha dato ordine che un piccolo contingente di suoi soldati mi accompagnassero. Potete stare tranquilla”.
 
Oscar deglutì. Nonostante la Regina ci avesse messo tutta la sua buona volontà per tranquillizzarla, non riusciva a stare del tutto calma.
Ma era consapevole che, a quel punto, anche volendo, non si poteva più fare niente, né prendere decisioni affrettate.
 
Dunque si alzò dal letto e tese la mano alla Regina.
“Andiamo, Maestà. Credo che la cena sia ormai pronta”
Maria Antonietta la prese e insieme si diressero verso la porta della stanza, sorridendo entrambe.
Sorriso che poi si gelò loro in viso quando, aprendo la porta, si ritrovarono a fissare negli occhi Andrè, che era salito per avvisare il conte de Lemaire che “la cena era servita”.
 
Oscar lasciò immediatamente la mano della Regina ed entrambe assunsero un’aria di circostanza.
 
La gelosia, però, messe ormai le radici nel cuore di Andrè, cominciava ad avvolgerlo come un rampicante e a generare neri fiori.
 
Che cosa ci faceva Oscar in camera con lui?
 
Continua…

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Capitolo 4
*** { Mentre fuori la tempesta infuria ***


28 Maggio 1777, Palazzo Jarjayes
 
Una violenta tempesta primaverile imperversava a Versailles.
Al di fuori delle mura del palazzo si poteva sentire forte e chiaro l’ululato del vento, di fronte alla cui potenza anche gli alberi più robusti si inchinavano. Ogni tanto il cielo plumbeo era squarciato da lampi e scosso da tuoni. La pioggia cadeva così fitta da creare una sorta di muraglia irreale, invalicabile per lo sguardo.
Le vetrate delle ampie finestre tremavano ogni qual volta i cupi rombi del temporale sovrastavano il rumoreggiare delle gocce che si infrangevano sul terreno.
 
Così come all’esterno gli elementi della natura si davano guerra, all’interno di palazzo Jarjayes era in corso una battaglia.
 
“Aaaah!” con un grido Marcel si scagliò contro la sua avversaria, brandendo la spada con la destra, la mano sinistra serrata a pugno.
La lama affilata colpì con un tintinnio argentino il suo metallo gemello, quando Oscar parò il colpo.
 
Era passata poco più di una settimana, e Maria Antonietta si allenava molte ore ogni giorno nel tentativo di diventare una brava spadaccina.
I progressi che era riuscita a fare in un così breve tempo avevano lasciato sbalordita Madamigella Oscar, che aveva cominciato a domandarsi se la regina non le avesse mentito quando aveva affermato di non aver mai preso in mano un’arma.
Anche quel piovoso pomeriggio sua Maestà si era rifiutata di saltare il suo allenamento quotidiano e, non potendo usufruire del giardino, avevano deciso di sistemarsi nell’ingresso.
 
Le due combattenti avevano cominciato a spostarsi di lato, disegnando con i loro cauti passi un cerchio perfetto e mantenendo la stessa distanza tra di loro. Gli occhi dell’una erano puntati dritti in quelli dell’altra, le pupille immobili, i loro sensi allertati.
 
Oscar non aveva intenzione di attaccare: voleva vedere quali movimenti avrebbe fatto la regina. Quest’ultima, dal canto suo, avendo capito che avrebbe dovuto colpire lei per prima, tentò un affondo.
Oscar lo schivò, indietreggiando velocemente e salendo alcuni gradini della scalinata di marmo alle sue spalle, subito imitata da Maria Antonietta.
 
La regina continuò ad attaccare, sferrando un colpo dopo l’altro, l’ultimo dei quali raggiunse il braccio di Madamigella Oscar e le strappò leggermente la stoffa della camicia di seta.
 
“Oh! Mi dispiace!” si affrettò a dire, abbassando un po’ la spada.
Oscar allora, con un gesto fulmineo, le puntò la sua alla gola. Poi sorrise.
“Mai abbassare la guardia, conte” sussurrò ansante.
 
“Splendido! Splendido!” il Generale Jarjayes, che aveva assistito al combattimento, batté forte le mani e si avvicinò.
“Un duello esemplare, mi complimento con voi! Conte, siete davvero molto bravo! Sapete tenere testa anche ad Oscar!”
 
Maria Antonietta sorrise a sua volta.
“Vi ringrazio Generale, ma il merito è tutto di vostra figlia. E’ lei che mi ha insegnato a duellare: io non sono mai stato molto bravo con le armi. Vedete, per tutta la vista mi sono cimentato…in un altro genere di attività. E’ per questo che mi sono arruolato nella Guardia Reale: volevo migliorare le mie abilità, ponendomi sotto la guida esperta di Oscar.”
 
“Me ne compiaccio, Conte! Avete fatto sicuramente la scelta migliore.” concordò il Generale, prima di lasciare l’ingresso, dirigendosi verso il suo studio.
 
Maria Antonietta aspettò che se ne fosse andato per voltarsi, raggiante, verso Oscar, la quale scoppiò a ridere.
 
“Bè, Conte, a quanto pare mi tenete testa. Non starete prendendo la faccenda un po’ troppo sul serio?”
“Cosa c’è, Madamigella, vi siete forse offesa perché vi ho quasi battuto?” replicò di rimando la regina, fingendo un tono superbo e altezzoso.
 
Nel frattempo Andrè, attirato da quelle risa, era giunto nell’ingresso.
Masticava lentamente una mela e, appoggiato con una spalla ad una colonna, osservava in tralice le due figure di fronte a lui.
Oscar rideva scoprendo, nel gesto, dei perfetti denti bianchi. Al suo fianco quel Marcel faceva lo stesso mentre riponeva la spada nel fodero.
 
Una volta ero io quello che duellava con Oscar..
Che rideva insieme a lei, dopo un duro allenamento.
Una volta ero io quello che le stava sempre attorno, era me quello che cercava…
Ma a quanto pare le cose sono ben cambiate.
Io sono solo una parte di un passato lontano..
Un passato in cui Marcel de Lemaire ancora era uno sconosciuto per lei.
Quel maledetto conte biondo.
E adesso che fa?
Le mette una mano sulla spalla? Le sussurra qualcosa all’orecchio?
Ah! Se non fosse un conte…se non fossi un domestico…
Ma cosa le starà dicendo?
 
“Madamigella, io mi ritiro nelle mia stanza. Sono esausta. Scenderò per cena”.
“Come desiderate, Maestà. Fate pure con calma. A più tardi” disse Oscar.
 
Maria Antonietta si avviò su per la scalinata di marmo e sparì alla volta della sua camera.
 
Quando se ne fu andata Oscar fece per dirigersi verso la sua ma venne trattenuta per un braccio.
 
“Andrè. Hai bisogno di qualcosa?”
“In effetti sì, Oscar. Avrei bisogno di parlarti.” rispose il ragazzo, scuro in volto.
 
Teneva gli occhi puntati sul viso di Oscar, preparandosi a captare qualsiasi segnale che questo potesse mandare.
 
**
 
Il Duca Louis Philippe d’Orleans era un uomo sulla trentina, alto, tutto d’un pezzo.
Aveva dei lunghi capelli scuri che sovente teneva legati in un’elegante coda, e dei piccoli occhi, scuri anch’essi, che lasciavano intravedere la sua anima malvagia.
Era un uomo taciturno ma scaltro. Non rideva quasi mai e, le poche volte in cui lo faceva, la sua risata era profonda e roca. Terrificante.
 
Quella piovosa sera di Maggio egli si trovava nel suo palazzo di Parigi, seduto comodamente su una soffice poltrona di velluto rosso scuro, in compagnia del suo tirapiedi più fidato, il duca Henri-Sebastian di Germain.
Quest’ultimo era un tipo arrogante, superbo, con liquidi occhi azzurri e dei folti baffi che era solito arricciarsi all’insù.

Amava dilettarsi con la pistola, mentre il duca d’Orleans preferiva tirare di scherma.
 
Quella sera il duca d’Orleans aveva convocato con grande urgenza l’amico.
 
“A quanto pare quella ragazzina austriaca ne ha combinata un’altra delle sue...” aveva esordito.
“Cosa intendete dire?” il duca di Germain era alquanto confuso.
“Mio caro duca. Siete forse così cieco? Dove si trova adesso la regina?”
“Si trova in viaggio verso la Spagna, è ospite del principe in persona. A quanto pare la sua bella faccina ha riscosso un gran successo anche all’estero…sono molti i re che la invitano alle loro corti. Quanto sono ottusi. Pensano veramente che basti un bel visetto per governare un Paese grande e maestoso come la Francia?” Germain era indignato.
 
Il duca d’Orleans esplose in una delle sue rare risate.
“Ah, Germain…quello che voi dite è giusto. Ma non del tutto. Vedete…a quanto ho potuto constatare, Maria Antonietta non si trova affatto in terra iberica, anzi!, oserei dire che non ha mai lasciato la Francia”
“Siete forse impazzito?! L’ho vista salire su quella maledetta carrozza con i miei occhi, dieci giorni fa! Lei e quella befana della Marchesa di Lambroux!” ribatté Henri-Sebastian, sempre più confuso.
 
Il duca d’Orleans si sistemò più comodamente nella poltrona. Poi disse.
“Vi è giunta voce che da otto giorni la Guardia Reale conta di un nuovo soldato?”
“Un tipo piuttosto esile, biondo…”
“Il suo nome è Marcel de Lemaire. Avete già potuto appurare che la sua costituzione fisica non è propriamente adatta ad un soldato il cui compito è di difendere a costo della vita la famiglia reale. Il corpo di quel soldato è esile, delicato…lo si vede anche se indossa la divisa. Proprio come…”
“…come quello di Madamigella Oscar!” esclamò il duca di Germain, schiaffandosi una mano sulla fronte.
“Proprio così. Fisicamente parlando è molto simile a Madamigella Oscar. E, se aveste avuto modo di osservare per un lungo periodo di tempo i movimenti di quell’uomo, avreste sicuramente notato che gravita attorno ad Oscar proprio come è solita fare…”
“…la Regina!” il duca di Germain balzò in piedi, sconvolto.

“Vedo che avete capito, Henri. Me ne compiaccio” disse il duca.
“Voi state forse insinuando…che quel nuovo soldato…è una donna? E' la regina?”
“Io non insinuo proprio un bel niente mio caro duca. Io lo affermo. Io lo so. È lampante che Marcel de Lemaire è sua Maestà Maria Antonietta. Chi si sarebbe mai potuto arruolare con un fisico così debole? Chi starebbe sempre accanto a Madamigella Oscar, e le parlerebbe con così tanta disinvoltura? E come mai, secondo voi, Oscar ha un atteggiamento così protettivo nei suoi confronti?”
 
Il duca di Germain tornò a sedersi.
“E cosa avete intenzione di fare?” sussurrò.
 
Louis Philippe d’Orleans sogghignò.
“Niente, per ora. Lascerò che questa farsa vada avanti ancora per qualche giorno. Poi smaschererò quella sciocca ragazzina, la umilierò. La farò tornare in Austria da quella cagna di sua madre, con la coda fra le gambe. E, una volta tolto di mezzo mio cugino, diventerò io il nuovo sovrano di Francia!” il duca ora urlava.
 
Scagliò il bicchiere di vino che teneva fra le mani tra le fiamme del camino, gettò la testa all’indietro e scoppiò in un’altra sonora risata, mentre il duca di Germain lo fissava attonito, a metà tra il compiaciuto e il terrorizzato.
 
**
 
Continua…
 
Eccomi di nuovo qui, un po’ in ritardo (e per questo mi scuso!), con un nuovo capitolo, piuttosto breve,  che oserei definire “di transizione”.
Dunque…
Mentre la regina migliora le sue “abilità nascoste”, Andrè sembra arrivato al colmo della sopportazione e decide di parlare con Oscar. Inoltre il duce d’Orleans, che da SEMPRE aspira a diventare re al posto di suo cugino Luigi XVI, ha scoperto tutto e ora trama nell’ombra assieme al duca di Gemain.
Cosa ne pensate? Quali saranno le parole di Andrè? E cosa avrà in mente il losco duca?
Se avete qualche idea o qualche commento (positivo o negativo) da fare al riguardo…non esitate! A presto!
albazzurra

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Capitolo 5
*** { Di pettinature e spade misteriose ***


“Ebbene?” il tono di Oscar si era fatto impaziente e i suoi occhi blu erano fissi su Andrè, la cui mano era ancora serrata attorno al suo polso.
 
“Ecco…” Il ragazzo cercava di ponderare con cura le parole…poi si accorse di non riuscirci.
Lanciò un’occhiata indecisa alla ragazza, poi chiese, diretto
“Chi è veramente quella persona? Che cosa rappresenta per te?”.
 
Oscar sollevò un sopracciglio.
“Parli di Marcel?” chiese.
 
Ah, adesso è ‘Marcel’…
 
“Proprio così. Parlo di Marcel. Ti prego Oscar…devi dirmi cosa c‘è tra voi due. Ho bisogno di saperlo. E’ importante per me” il tono di Andrè ora sfiorava la supplica.
 
“Non sono obbligata a rendere conto a te di quello che faccio o non faccio, Andrè, né delle persone che frequento” replicò lei, glaciale.
 
Andrè abbassò lo sguardo ridendo sommessamente.
Le parole della ragazza lo avevano ferito profondamente.
 
“Certo, certo Oscar. Io sono solo un servo, giusto? Che diritto ho di conoscere i tuoi segreti? Che diritto ho di parlarti, di starti vicino, se c’è di mezzo Monsieur le Comte? Che sciocco. Che illuso sono stato a pensare che le cose fra noi sarebbero sempre state come quando noi eravamo bambini…quando la differenza di rango non sapevamo neppure cosa fosse. Quando non sapevamo cosa volesse dire amare una persona, Oscar, quando per noi esisteva soltanto il gioco. Ma adesso le cose sono cambiate, vero? Adesso che c’è il tuo bel conte tu hai tutto il diritto di mettermi da parte. Hai ragione, Oscar…Oh, scusa…Madamigella Oscar. Dopotutto la padrona sei tu, il comandante sei tu. Che bisogno hai di sprecare il tuo tempo con me?”
 
La presa sul braccio di Oscar si faceva sempre più stretta man mano che parlava e il tono della sua voce, al contrario, diveniva sempre più basso e cupo.
Gli occhi di Andrè, che il ragazzo aveva riaperto, mandavano lampi al pari di quel tempestoso cielo, che faceva da sfondo agli avvenimenti di quella sera.
 
La ragazza, dal canto suo, era rimasta attonita dalle parole di Andrè ed in un certo senso cominciava ad essere un po’ pentita di avergli risposto in modo così freddo e distaccato. Dopotutto era sempre il suo amico Andrè. Ma il un fastidioso dolore che aveva cominciato a diffondersi là dove le nocche del giovane erano diventate bianche a forza di stringere, le impediva di pensare.
 
“Così mi fai male, Andrè” mormorò.
 
Andrè mollò la presa, guardandola sprezzante.
 
“Perdonatemi, Madamigella. Mi dispiace se vi ho stretto troppo.. Ma cosa posso farci? Le mie sono mani da servo, rudi e callose, ben diverse da quelle morbide e curate di un conte…”
 
Andrè si rese conto di avere superato il limite, ma quella frazione di secondo che gli ci volle per capirlo fu comunque troppo.
Lo schiaffo di Oscar lo colpì in pieno viso.
 
La guancia colpita bruciava ed entrambe le gote gli si imporporarono di vergogna.
 
“Oddio, scusami Oscar…non so proprio cosa mi sia preso… E’ solo che…passi tutto il tuo tempo con lui, con quel Marcel…io…io ero geloso, ecco…è da giorni che ci parliamo solamente per dirci ‘Buongiorno’ e ‘Buonasera’. E poi prima ho visto che ridevate, scherzavate insieme…Non ce l’ho più fatta a trattenermi…”
 
Oscar ascoltava ogni parola che il ragazzo pronunciava, la mano ancora sollevata. Andrè teneva gli occhi bassi per non dover sostenere il suo sguardo.
 
Andrè, ma allora…
 
Oscar sospirò, sommessamente.
 
E’ dunque arrivato il momento della verità..
 
“Sai Andrè. Io…da tempo mi chiedevo quando mi avresti posto queste domande. Quando ti sarebbero cominciati a venire dei dubbi sulla presenza di Marcel, sul perché io lo stia ospitando, sul perché io stia sempre accanto a lui…e viceversa. Ecco…devi sapere una cosa Andrè, lui…”
 
Andrè, però, alzò una mano, come per interromperla.
 
“Shh. No, Oscar. Non dire nulla. Io…io credo di aver capito tutto”.
 
La ragazza spalancò gli occhi.
 
“Come?!”
 
“Si. Credo proprio che sia così” proseguì Andrè, parlando più con se stesso che con Oscar, che sembrava sotto shock.
 
Oscar fissava sbalordita Andrè, incapace di credere che il ragazzo avesse capito tutto all’improvviso, senza che lei avesse neppure cominciato a spiegare.
 
Andrè alzò di scatto il viso, piantando gli occhi in quelli di Oscar.
 
“Lui…lui sarà il tuo futuro marito, non è così? Tuo padre si è reso conto dell’enorme errore che ha commesso ventidue anni fa e adesso vuole rimediare dandoti in sposa a quel conte…e tu…tu sei d’accordo…perché lui … ti piace! Ho ragione, vero?” concluse il ragazzo, puntando un dito accusatorio contro di lei, in maniera molto teatrale.
 
Oscar rimase per alcuni secondi senza parole.
 
No…no è impossibile. Si è completamente rimbecillito.
 
“Pff..”
 
Andrè, confuso, abbassò il braccio e si avvicinò alla giovane.
 
“Hem…Oscar? Ti senti bene?”
 
“Mmfah…fh…fh” Oscar si era portata una mano alla bocca.
 
Andrè ora era seriamente preoccupato.
 
La ragazza aveva il viso rivolto verso il pavimento, la cascata di capelli biondi le ricadeva ai lati della faccia e gliela nascondeva quasi del tutto, così che Andrè non riusciva nemmeno a vedere che espressione avesse, fosse questa di dolore o…altro.
 
All’improvviso Oscar gettò indietro la testa, la mano sulla fronte, mulinando la sua folta chioma all’indietro, non riuscendo più a trattenere la risata che così spontaneamente le era salita alle labbra.
 
Andrè, indeciso se considerarsi sollevato, perché era ormai chiaro che Oscar stava bene, o offeso perché la ragazza stava evidentemente ridendo di lui, tossicchiò nervosamente.
 
“Hem...Oscar…ti dispiacerebbe…”
 
Oscar riprese faticosamente fiato.
“Oh Andrè…ma…ma come…come è  potuta venirti in mente una cosa così…assurda?”
 
Si ricompose e tornò a fissarlo con la stessa espressione pacata e tranquilla di sempre.
 
Poi inaspettatamente gli afferrò un polso.
Ora i ruoli erano invertiti rispetto a pochi minuti prima e Oscar trascinava un ancora imbarazzato Andrè su per la scalinata di marmo, verso il piano superiore.
 
“Vieni con me”.


**  
 
Palazzo Reale di Parigi.
 
Il duca d’Orleans congedò il duca di Germain e lo osservò avanzare a gran passi nel viale di fronte all’ingresso in direzione della sua carrozza, sotto la pioggia battente, sacramentare a gran voce e maledire il cocchiere che, per ripararsi dall’acqua si era rifugiato sotto il porticato e lì si era appisolato.
 
Louis Philippe chiuse nuovamente le pesanti tende di velluto e si avvicinò a piccoli passi, con studiata calma, al grande ed imponente arazzo che, affisso sulla parete, ostentava il blasone di famiglia: azzurro a tre gigli d’oro e al lambello d’argento.
Dopo essersi guardato accuratamente alle spalle, il duca posò la mano sul secondo fleur de lys e premette.
Si udì, forte e chiaro, un tonfo sordo, e nel muro dietro l’arazzo comparvero distintamente i contorni di una porta.
Il duca la spinse e la oltrepassò.
Cominciò quindi a scendere, sempre lentamente, una lunga scala a chiocciola, addentrandosi sempre più in profondità, sotto terra.
Sceso il centesimo gradino si trovò all’inizio di un lungo corridoio, scarsamente illuminato da una torcia, collocata sulla parete.
Il duca d’Orleans la prese e percorse quel tetro e umido andito, per trovarsi di nuovo davanti ad una porta.


**  
 
“Oscar…Oscar non correre!”
Andrè era completamente alla mercé della giovane bionda che, tenendolo per un polso, lo trascinava lungo i corridoi del piano superiore.
 
La ragazza, sorda alle sue proteste, proseguiva a passo spedito e con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto.
Giunta davanti alla porta della stanza del conte de Lemaire, finalmente si fermò e lasciò libero Andrè, che prese a massaggiarsi il polso con aria decisamente spaesata.
 
“Oscar…ma che cosa vuoi fare?”
 
Di nuovo la giovane non rispose.
 
Sempre tenendo gli occhi fissi su Andrè, Oscar alzò il braccio e bussò.
 
“Conte, posso entrare?”
 
Dall’interno si udì la voce dolce e cristallina che Andrè aveva imparato a riconoscere fin troppo bene. Inoltre sospettava di averla già sentita da qualche parte ma, pur scervellandosi da giorni, non era ancora riuscito a ricordare dove.
 
“Entrate pure, Madamigella Oscar”.
 
Oscar abbassò la maniglia ed entrò, seguita a ruota da Andrè.
 
Marcel era comodamente seduto sul bordo del letto con un libro in mano. Quando sentì i passi di Oscar avvicinarsi alzò gli occhi dalla pagina che stava leggendo e sfoderò uno dei suoi soliti sorrisi radiosi.
 
“Eccovi Oscar…speravo veniste a chiamarmi...Oh! Andrè, ci siete anche voi…ma…”  
Marcel spostò lo sguardo da Andrè ad Oscar, con aria interrogativa.
 
Notando lo sguardo del conte, Andrè sentì nuovamente la rabbia montargli alla testa.
“Perdonate la mia presenza, conte. Ora me ne vado” disse, cupo, e fece per voltarsi ma la ragazza lo trattenne.
 
“Lasciami andare, Oscar. Non so cosa tu abbia in mente ma mi sembra fin troppo chiaro che il Signor Conte aspettava solo te. Non voglio fare il terzo incomodo” sibilò il giovane tra i denti, infuriato.
 
“Non dire sciocchezze Andrè. Resta qui!” ordinò Oscar, con un tono che non ammetteva repliche.
 
Avanzò verso il conte, gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi.
Poi si mise alle sue spalle e cominciò ad armeggiare con i suoi capelli biondi.
Marcel rimaneva immobile e la lasciava fare, avendo ormai capito le sue intenzioni.
 
Dopo qualche momento Oscar gli raccolse i capelli tutti insieme e glieli sollevò in alto, sulla nuca, come a voler riprodurre una di quelle acconciature che erano tanto in voga a Versailles.
 
Andrè osservava confuso: con quell’improvvisata pettinatura, i contorni del viso del conte cominciavano ad essere più visibili, e a richiamare quelli di un’altra persona…
 
“Allora Andrè…non mi riconoscete senza gonna?” chiese Marcel, sorridendo.
 
Il ragazzo, impallidito, sgranò gli occhi.
 
“Santo cielo…voi...” balbettò Andrè, ancora sbalordito, cercando di mettere in ordine i mille pensieri che gli si affollavano nella mente.
 
Ecco perché mi sembrava di averlo già visto…
Ecco perché la sua voce mi sembrava troppo femminile per un soldato, e il suo fisico mi faceva pensare a quello di Oscar…
 
Dopo un attimo di più completo stupore, fletté il ginocchio.
 
Il giovane attendente abbassò lo sguardo, in segno di rispetto.
 
“Vi chiedo di perdonarmi, non vi avevo proprio riconosciuto…vostra Maestà”.


**  
 
Il duca d’Orleans entrò in una stanza piuttosto ampia, buia come le precedenti.
Le sue pareti, al contrario delle altre, però, non erano affatto spoglie. Su ogni muro era appesa una quantità considerevole di armi di ogni genere.
Pugnali, sciabole, pistole, fucili…
 
L’uomo si diresse a passo sicuro verso una teca di vetro.
 
Al suo interno era contenuta una spada, piuttosto antica.
Essa era stata creata dalla fusione di purissimo oro bianco, e sull’elsa erano incastonati rubini e sembrava catturare dentro di sé tutta la fioca luce di quella stanza.
Il duca, dopo aver spostato il coperchio, fece scorrere il dito sulla lama affilata. Quel minimo contatto gli procurò un sottile e preciso taglio e gocce di sangue scuro colarono sul prezioso metallo.
 
Louis Philippe d’Orleans si osservò la mano e sorrise.
“Sempre affilata, amica mia” sussurrò con voce dolcemente malevola.

 
 
Continua…

Bè, direi che con questo capitolo mi sono fatta perdonare per la brevità del numero 4, dato che è piuttosto lungo e ricco di avvenimenti…no? Comunque lascio a voi il giudizio. :)
Spero che vi sia piaciuto…per qualsiasi domanda, commento, e per esprimere i vostri pensieri lasciate un commentino e vi risponderò.
Un bacio…albazzurra
 
PS: per un po’ non potrò aggiornare perché, in occasione delle tanto agognate vacanze di Pasqua, andrò a  Parigi (che bello!!!) e non mi porterò dietro il portatile. Vi auguro quindi buone feste! Alla prossima!!!

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Capitolo 6
*** { Prede e cacciatori ***


Palazzo Jarjayes, 28 Maggio 1777, ore 23.45
 
Oscar si lasciò cadere pesantemente sul suo morbido letto a baldacchino.
Ripensava agli avvenimenti della giornata…alla strana sensazione che la invadeva quando duellava con la regina…lei sembrava così felice e spensierata…quando era stata l’ultima volta che l’aveva vista tanto contenta?
Si rispose subito.
 
Probabilmente…quando era in compagnia del Conte di Fersen…
Già..Fersen.
 
Si tirò su a sedere.
 
Fersen…
Il biondo conte svedese…
L’uomo che è stato capace di attrarre l’interesse di Maria Antonietta…
L’uomo che è stato capace di attrarre il mio interesse…
Ma cosa provo, io, per Fersen?
Stima?
Fiducia?
Ammirazione?
Può questo chiamarsi “amore”?
 
Le tornarono in mente le parole, piene di tristezza, che Andrè aveva pronunciato quel pomeriggio.
 
“...passi tutto il tuo tempo con lui, con quel Marcel…io…io ero geloso, ecco…”
 
Geloso, Andrè?
Che cosa hai voluto dirmi, con quella parola?
Il tuo sguardo era rivolto a terra e sei arrossito…
Cosa ti succede, Andrè?
Che cosa ci succede?
Perché eri geloso di ‘Marcel’?
Non sarà che…
 
Oscar scosse violentemente il capo, come se stesse cercando di convincere se stessa di aver pensato un’assurdità.
 
No…ma cosa vado a pensare?
Tu non puoi…
No, Andrè.
Noi abbiamo vissuto per vent’anni insieme…come se fossimo fratelli…
Non puoi…non puoi esserti… innamorato…
Di me, Andrè, di tua sorella…
 
Ma tu non ti sei innamorato.
Che idea sciocca!
Già..chi si innamorerebbe di una come me?
Di un essere in bilico tra due nature…
Ma, in fin dei conti, essere uomo… essere donna…è così importante?
Dopotutto…non conta quello che ognuno ha dentro?
 
La ragazza si massaggiò le tempie con le dita.
Poi si raggomitolò su un fianco, chiuse gli occhi, e sprofondò in un sonno senza sogni.
 
**
 
Palazzo Reale di Parigi, stesso giorno, stessa ora.
 
“Allora, hai capito tutto?”
 
Il duca d’Orleans scrutava minacciosamente l’uomo che aveva di fronte.
Era quest’ultimo una figura alta, snella, con lunghi capelli castani e occhi di uno strano e sinistro colore giallo: un felino. Un cacciatore.
Il suo viso era pallido, emaciato...ma la sua espressione tradiva fierezza, furbizia e odio.
Odio contro Maria Antonietta d’Austria…e contro tutti coloro che appoggiavano quella sovrana troppo giovane ed irresponsabile per governare un paese instabile come la Francia.
Il suo nome era Dorian, metà russo e metà francese.
 
“Si, signore” disse, muovendo appena le labbra.
 
“Bene. Spero di non commettere un errore fidandomi di te.. Se fallirai la mia ira sarà grande. Non potrai sfuggirmi. Ti troverò e la mia furia si riverserà su di te...e ti farò maledire la tua fredda patria, quell’ubriacone di tuo padre e la povera cagna che ti mise al mondo”
 
“Si, signore. Non dovete temere. Porto sempre a termine le missioni che mi vengono affidate. Riguardo ai miei parenti…sono già stati maledetti da me…tanto tempo fa”. Dorian non nascose un ghigno malvagio.
 
Il duca d’Orleans sorrise, compiaciuto.
Poi consegnò nelle mani del russo un pacco, legato strettamente da stringhe di cuoio.
 
“Che la tua mano sia infallibile quanto la vostra lingua ardita, allora”
 
Dorian afferrò il sottile pacco con entrambe le mani.
 
Il duca d’Orleans riempì due bicchieri  di vino.
 
“Brindiamo alla riuscita dell’impresa”
 
“Alla riuscita dell’impresa” gli fece eco il russo.
 
Poi entrambi vuotarono i calici.
 
**
 
Palazzo Jarjayes
 
Andrè si sdraiò sul suo letto, le braccia incrociate dietro la nuca.
Guardava il soffitto, ipnotizzato dalla luce lunare che, dalla finestra, penetrava nella stanza, creando sinistri giochi di ombre.
 
Forse quella notte sarebbe riuscito a dormire.
Erano giorni, infatti, che non riusciva a prendere sonno, agitato com’era dalla gelosia che provava verso ‘quel conte’ e, le poche volte che le sue emozioni si lasciavano vincere dalla forza divina di Morfeo, i suoi sogni erano tormentati.
Sognava Oscar… sempre lei.
Oscar che gli confessava di amare Marcel..Oscar che gli diceva che lui non era nessuno in confronto al conte…Oscar che gli diceva che presto si sarebbero sposati…
Oscar e Marcel che si abbracciavano, che si baciavano, ridendo e facendosi beffe di lui.
 
Ogni volta si svegliava in un bagno di sudore, e con il timore che, presto o tardi, i suoi peggiori incubi si sarebbero avverati.
 
Finalmente ho scoperto la verità.
Non ho più nulla da temere.
Ora che so che ‘Marcel’ in realtà è la Regina, mi sento sollevato.
Eppure…
C’è qualcosa che mi inquieta.
Ho un brutto presentimento.
È talmente rischiosa questa pazzia di sua Maestà…che ho paura di quello che potrebbe accadere, se solo qualcuno venisse a sapere tutto…un nemico della corona…qualcuno che ha in odio Maria Antonietta.
Le dicerie vengono alimentate velocemente a Versailles…sarebbe sufficiente che a qualcuno venissero dei dubbi sulla vera identità del conte de Lemaire per far scoppiare il finimondo.
 
Non riusciva a calmarsi, Andrè.
Prese in mano il libro che stava leggendo in quei giorni.
“La nuova Eloisa” di Jean-Jacques Rousseau.
Un romanzo che parla di un amore.
L’amore tra Giulia, una ragazza aristocratica, e Saint-Preux, il suo giovane precettore, costretti a nascondere al mondo i loro sentimenti, a causa della differenza incolmabile tra le loro classi sociali.
Baronessa e precettore.
Aristocratica e borghese.
Padrona e servo.
 
Oscar e Andrè…
 
In queste pagine sembra scritta la nostra storia, Oscar.
Con la differenza che tu non sei a conoscenza dei sentimenti che nutro per te.
Ma, anche se sapessi…come potresti tu, amarmi?
Io non posso darti nulla.
Sono un attendente…non possiedo denaro.
Eppure io sono nato per essere la tua ombra, Oscar.
Ed era inevitabile che l’ombra, vedendo la luce, la trovasse bellissima, e se ne innamorasse.
 
Nobile e non…
E’ davvero così importante?
Non conta ciò che uno prova?
Ciò che ognuno di noi sente, nel cuore?
 
Non riusciva a non pensare ad Oscar. Gettò di lato il libro e chiuse gli occhi.
La donna bionda fece capolino per l’ultima volta nella sua mente prima che lui cadesse in un sonno profondo.
 
**
 
30 Maggio 1777, tramonto.
 
Rumore di vetri infranti.
 
Uno strillo, intriso di panico e terrore.
 
Sibilo di lama.
 
Un ultimo grido strozzato.
 
…e gocce di sangue scuro scivolarono sul terreno, zampillando, roventi, dalla ferita, da cui pochi secondi prima era fuggita un’anima.
 
Una vita.
 
Dorian sorrise, guardando il sole scomparire dietro le montagne.
 
“Missione compiuta”.
 
**
 
3 Giugno 1777, Palazzo Jarjayes, mattina.
 
Oscar e Andrè erano seduti l’una di fronte all’altro alla tavola da pranzo. Facevano colazione, in silenzio.
Oscar sorseggiava distrattamente la sua cioccolata, guardando fuori dalla finestra un punto imprecisato dell’orizzonte, ipnotizzata dalla luce del sole, ancora basso nel cielo estivo.
Andrè addentò una fetta di pane su cui aveva spalmato una generosa dose di burro.
Entrambi sembravano totalmente presi dai loro pensieri.
 
Oscar voltò di nuovo la testa, concentrando la sua attenzione sul ragazzo, che, dal canto suo, sembrava essere ancora nel mondo dei sogni.
Fece scorrere i suoi occhi sui capelli corvini di lui, riccioluti, raccolti in una coda di cavallo e fermati da un nastro blu cielo. Poi, scendendo giù, osservò i suoi occhi verdi, la linea dritta del naso, la ampie spalle e il petto muscoloso, che si intravedeva dalla camicia, lasciata distrattamente aperta.
Arrossì lievemente e tornò a fissare il liquido scuro nella sua tazza.
 
Che mi prende?
Non ho mai guardato Andrè in questo modo…
Spero solo che non si sia accorto di nulla.
 
“Oscar…” esordì il ragazzo ma, prima che potesse continuare, entrambi vennero distratti da urla provenienti dal giardino.
 
Corsero nell’ingresso e aprirono il portone.
 
Davanti a loro, ancora a cavallo, c’era un uomo.
Era avvolto in un mantello nero e teneva un cappello a tesa larga calcato in testa, nonostante il caldo.
 
“Ho l’ordine di recapitare un messaggio” disse, con voce bassa e profonda.
 
Oscar allungò una mano per prendere la missiva ma il misterioso ambasciatore la bloccò.
 
“Non a voi, Comandante de Jarjayes. Questo è un messaggio privato per il conte Marcel de Lemaire”.
 
Oscar e Andrè si lanciarono un’occhiata nervosa.
Poi Andrè rientrò in casa per chiamare Marcel, lasciando Oscar e lo sconosciuto soli.
 
Dopo che si furono squadrati a lungo, lei domandò “Chi è che vi manda?”
 
L’uomo rimase impassibile, tacendo.
 
“Questo non è importante” disse infine.
 
“Lo è dal momento che siete nella proprietà della mia famiglia. Ho il diritto di sapere” ribatté Oscar, sentendo la rabbia montarle alla testa.
 
Prima che l’uomo ebbe il tempo di replicare, Andrè fece ritorno, conducendo con sé il biondo destinatario, che aveva, dipinta sul bel volto, un'espressione decisamente stupita.
 
Il messaggero consegnò la lettera nelle mani del conte, poi, spronato il cavallo, partì al galoppo.
 
Sentendo gli occhi di Madamigella Oscar e di Andrè puntati su di sé, Maria Antonietta svolse il messaggio e cominciò a scorrere le prime righe.
 
La lesse due volte, la seconda molto lentamente, come se stesse decifrando una scrittura in codice.
 
Poi, non appena sembrò comprendere il significato effettivo delle parole che aveva davanti agli occhi, improvvisamente sbiancò e cominciò a tremare violentemente.
 
"N-no.."

Lasciò cadere la lettera.
Poi svenne.
 
 
Continua…
 
Eccomi di nuovo qui…
Questo capitolo si può dividere in due parti: la parte introspettiva, in cui si analizzano i pensieri confusi di Oscar e quelli malinconici di Andrè, e la parte più…”d’azione” di cui vediamo protagonisti il duca d’Orleans e una nuova figura. Quella di Dorian, un russo malvagio  e privo di scrupoli.
 
Cosa ne pensate?
Avete idea di quello che potrebbe essere successo?
Fatemi sapere!!! Attendo le vostre idee.
Come al solito vi mando un bacio e vi ringrazio di seguire la mia storia.
A presto!
albazzurra   

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Capitolo 7
*** {Segreti svelati e sinistri colloqui ***


Oscar fece appena in tempo ad afferrare la Regina prima che cadesse, mentre Andrè si precipitava verso il palazzo per chiedere aiuto.
Dopo pochi istanti, il ragazzo ritornò, seguito a ruota dalla vecchia governante, agitatissima.
 
“O santo cielo! Signor conte…cosa vi è accaduto? Madamigella Oscar perché quel povero ragazzo si trova in questo stato?”
 
“Stai tranquilla nonna” disse Andrè, cercando di calmarla, posandole una mano sulla spalla “E’ stato solo un colpo di calore”
 
“Impossibile!” ribatté ostinata la donna “A quest’ora il sole non è così caldo! E poi Monsieur in quel caso sarebbe febbricitante, mentre ora è freddo come il ghiaccio!”
 
“Andrè, dobbiamo portarlo subito nella sua stanza!” esclamò Oscar, pallida.
 
I due ragazzi cominciarono a correre verso l’ingresso ma furono richiamati dalla voce dell’anziana donna.
 
“Un momento! Cos’è questo?” chiese, chinandosi per raccogliere il foglio che era appena stato recapitato.
 
In un batter d’occhio Andrè le fu accanto e le strappò di mano la missiva.
“Non è niente nonna….solo un documento che stava leggendo Oscar, nulla di importante….la solita noiosa burocrazia” sorrise il ragazzo, rassicurante, esibendo una perfetta faccia da schiaffi che gli costò un’occhiataccia da parte della donna.
 
Entrambi poi si affrettarono a seguire Oscar, che stava salendo le scale portando tra le braccia il soldato svenuto.
 
**
 
Una volta giunti nella stanza, Maria Antonietta venne adagiata sul grande letto a baldacchino.
Andrè accorse con un panno freddo mentre la vecchia governante percorreva in lungo e in largo la camera, torcendosi le mani e parlottando a mezza voce.
All’improvviso si fermò.
“Vado a chiamare il dottor Lasonne!”
 
“NO!” gridarono all’unisono Oscar e Andrè.
 
“Questa è proprio bella! Come sarebbe a dire ‘no’? Questo giovanotto sta male, miei cari. Vi pare normale che un ragazzo di quest’età svenga all’improvviso e per nessun motivo apparente? Io vado a chiamare il medico!” la donna era sconvolta.
 
“Ho detto di no! Non val la pena di scomodare il dottore per una sciocchezza simile! Come ha detto Andrè poco fa, si tratta solo di un colpo di calore.” disse Oscar.
 
“Ma Madamigella Oscar, siate ragionevole…”
 
“Non discutere accidenti!” Oscar si voltò, pallida e infuriata "E ora esci!".
 
La vecchia governante tacque all’istante, ferita.
Si vedeva chiaramente che era spaesata e delusa dalla risposta della ragazza, tuttavia, dopo un inchino appena accennato, lasciò la stanza.
 
Oscar sospirò.
Le dispiaceva aver trattato male la nonna di Andrè, che le era tanto affezionata e che l’aveva sempre coccolata, fin da quando era in fasce.
Lanciò al ragazzo un’occhiata di rammarico.
 
“Non ti preoccupare per mia nonna, Oscar..le passerà subito, vedrai. Adesso dobbiamo occuparci di lei” Andrè fece cenno con il capo alla Regina, ancora svenuta.
 
“Hai ragione Andrè, ma prima…” Oscar si diresse verso di lui, e tese la mano.
 
“Il messaggio Andrè. Voglio scoprire cosa c’è scritto di tanto sconvolgente da averla fatta svenire”.
 
Il ragazzo annuì ed estrasse dalla tasca il foglio che aveva raccolto poco prima, un po’ spiegazzato.
 
Oscar lo avvicinò agli occhi e cominciò a leggere.
 
“Oh mio Dio…” sussurrò pochi secondi dopo.
 
Poiché la ragazza non accennava a spiegare quella sua poco rassicurante esclamazione, Andrè si avvicinò e lesse al di sopra della sua spalla.
 
Il messaggio era davvero breve e conciso, formato solamente da due frasi.
 
“Conosco il vostro segreto.
Subirete le conseguenze della vostra stupidità, maledetta Austriaca”
 
“Oh porc…” Andrè soffocò un’imprecazione, ma Oscar non ci fece nemmeno caso.
 
Anche la ragazza avrebbe volentieri imprecato, tanto era sconvolta.
 
Ma come avranno fatto a capirlo?
Dopotutto…nemmeno Andrè o Girodelle se ne erano accorti...
 
“Oh Andrè…come lo hanno capito?” gemette Oscar, ripetendo ad alta voce ciò che i suoi pensieri, confusamente, le avevano dettato.
 
“La domanda non è come” proferì Andrè, con un tono di voce così basso e sinistro che la ragazza rabbrividì “la vera domanda è…chi?”
 
Oscar annuì, sommessamente, guardando la Regina, ancora priva di sensi.
 
Povera, la mia Regina…
Chi avrebbe mai immaginato che sarebbe stata scoperta…
Una cosa è certa, però: non permetterò che accada qualcosa alla sovrana di Francia…
Dopotutto…tutto questo non sarebbe successo se non fossi stata tanto incosciente, e se non avessi assecondato i suoi desideri…
Stupida, stupida Oscar! Come ho potuto esser così…così…debole?
Ma come avrei potuto dire di no a sua Maestà? E soprattutto…come avrei potuto negare la mia collaborazione, il mio appoggio, il mio aiuto ad una donna che ha sofferto per anni, come Maria Antonietta d’Austria?
 
Ad Oscar tornarono in mente gli occhi, carichi di supplica e di aspettative, della Regina, quando era apparsa tra i suoi soldati poco più di una settimana prima…
Ricordò quanti sforzi, quanta buona volontà ci aveva messo sua Maestà nell’imparare a maneggiare le armi…
 
L’innato coraggio di Maria Antonietta...
Nella storia di Francia mai una sovrana aveva avuto tanto carattere…
 
“Oscar!”
La voce di Andrè la riscosse dai suoi pensieri.
 
“Oscar” ripetè il giovane “guarda!”
 
La ragazza seguì la traiettoria del dito indice di Andrè e si ritrovò a posare gli occhi sul grande letto al centro della stanza, dove sua Maestà la regina stava lentamente riprendendo conoscenza.
 
**
 
Il duca d’Orleans sedeva nel suo studio.
Nonostante non avesse dubbi sulla buona riuscita del suo piano, era nervoso.
 
Un timido bussare alla porta lo fece sobbalzare.
 
“Avanti”
 
Fece capolino dall’uscio socchiuso, la bianca testa del maggiordomo.
 
“Signor Duca” esordì con una voce sottile “il messo che stavate aspettando è arrivato”.
 
“Molto bene, Jacques, fallo accomodare in soggiorno” disse subito il duca, e la sua voce tradì una lieve eccitazione.
 
Jacques chinò il capo, fece un rigido inchino e scomparve nel corridoio.
 
Il duca d’Orleans si appoggiò allo schienale della sedia e chiuse gli occhi.
Tutti i suoi più ambiziosi sogni ben presto si sarebbero avverati.
 
Quando alzò nuovamente le palpebre si trovò faccia a faccia con Dorian.
Il duca urlò per lo spavento e il russo ridacchiò.
 
“Mi fa piacere rivedervi tanto presto…Louis
 
“Maledizione! E tu da dove sbuchi, dannato straniero? Quante volte ti ho ripetuto di non chiamarmi così?” sbottò inviperito il duca d’Orleans.
 
Dorian scoppiò in una sonora risata.
 
“Vi prego di perdonare un umile servo, Monsieur. Ma non mi piace molto il vostro cognome…mi risulta piuttosto difficile, ecco, pronunciarlo.
 
“Non importa!” borbottò il duca, seccato “Non ha assolutamente nessuna importanza! Tanto tra poco potrai chiamarmi vostra Maestà oppure Re”.
 
“Già, re” ripetè il russo, a bassa voce.
 
“Esatto! Io ben presto sarò sua Maestà il re di Francia Luigi XVII…dopo che il mio stupido cugino sarà stato costretto ad abdicare…o sarà andato a far compagnia al suo predecessore. Io salirei al trono automaticamente in quest’ultimo caso, dato che Luigi non ha figli!” il duca d’Orleans scoppiò in una delle sue rare e terrificanti risate.
 
“E…la Regina?” domandò Dorian.
 
“Quella ragazzina? La sua rovina è vicina, molto vicina.”
Il duca si alzò e cominciò a percorrere a grandi passi la stanza.
 
“Debbo confessarti, mio caro amico” continuò poi, con un tono sinistramente dolce “che se fosse solo per il suo aspetto non mi dispiacerebbe affatto prenderla in moglie. Il suo bel visino talvolta è in grado di incantare anche me…ma il suo carattere potrebbe costituire un pericolo per me e per la riuscita dei miei piani…senza contare poi il suo legame con Madamigella Oscar..”
 
“La donna che veste come un uomo?” lo interruppe Dorian.
 
“Sì. Quella ragazza si diverte a mettermi i bastoni fra le ruote…Ah! Ma la pagherà anche lei, molto presto!”
 
“Nel mio Paese” proferì il russo “donne del genere verrebbero senza esitazioni mandate in prigione! Dove mai si è vista una donna a capo di un reggimento di soldati?”
 
Un’idea malvagia attraversò la mente del duca.
I suoi occhi mandarono lampi.
 
Eppure non disse niente.
 
“Oh. Quasi dimenticavo!” borbottò Dorian, tornando a sogghignare.
 
Posò sul tavolo, davanti al duca, un pacco.
 
“Missione compiuta!”
 
L’involucro era sporco di sangue.
 
** Continua…
 
Eccomi qua.
Mi vergogno come una ladra per lo spaventoso ritardo.
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Qualcuno (e non è difficile immaginare CHI) ha scoperto il segreto della regina. Ma quale sarà il losco piano del duca d’Orleans?
Fatemi conoscere le vostre idee!
Un abbraccio!
albazzurra

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Capitolo 8
*** {Una macabra sorpresa ***


3 Giugno 1777, sera
 
Era stato necessario un intero pomeriggio perché Maria Antonietta riuscisse a calmarsi. Da quando aveva ripreso i sensi, la mattina, fino a quel momento (era l’ora di cena) non era riuscita a fare altro che fissare con sguardo vitreo davanti a sé.
Talvolta si riscuoteva un poco e allora si torceva freneticamente le mani e scoppiava in piccoli singhiozzi strozzati.
 
Oscar e Andrè, che non l’avevano lasciata sola nemmeno un istante, si guardavano preoccupati e pallidi, scervellandosi e cercando di capire, per via d’esclusione, chi sarebbe potuto essere il mittente di quel terribile messaggio.
 
“Di sicuro non può essere stato Girodelle” esordì piano Oscar “Non l’aveva riconosciuta quando si è presentata tra i soldati…”
 
“Già” accordò Andrè “inoltre Girodelle non avrebbe mai potuto scrivere quella frase. Appartiene ad una famiglia che da secoli appoggia la monarchia ... Sarebbe più plausibile pensare che sia stato scritto da qualcuno del popolo…in effetti somiglia molto alle locandine che da qualche tempo sono affisse sui muri di Parigi…”
 
Oscar, però, scosse il capo.
“No…è impossibile. Nessuno del popolo avrebbe potuto vedere la Regina tra le Guardie Reali. Anzi…molti parigini non hanno proprio mai visto la loro sovrana..non sarebbero mai stati in grado di riconoscerla, vestita in quel modo…”
Andrè fu costretto a darle nuovamente ragione.
 
“L’unica idea che mi viene in mente…” proseguì la ragazza, guardando mestamente la Regina “è che l’autore di questo messaggio appartenga alla nobiltà, che sia un assiduo frequentatore della corte…ma il solo pensiero mi disgusta, Andrè..”
 
In quell’istante bussarono alla porta, e la nonna di Andrè fece il suo ingresso nella stanza.
 
“Ho portato la cena per il signor Conte” disse, avvicinandosi con un piatto pieno di zuppa fumante “e sarebbe meglio che la mangiasse subito, prima che diventi fredda. È l’unica cosa che posso fare…visto che il medico non è possibile mandarlo a chiamare” aggiunse poi, scoccando un’occhiata penetrante ai due ragazzi.
Evidentemente non aveva ancora perdonato il comportamento brusco e decisamente scortese che Oscar aveva tenuto quella mattina.
 
Quando se ne fu andata, Oscar e Andrè misero il piatto con la cena davanti alla regina, la quale, però, non sembrava intenzionata ad aprir bocca.
 
“Maestà mangiate” la incoraggiò dolcemente Andrè “Vi ricordo che non avete toccato cibo a pranzo. Dovete mantenervi in forze.”
 
Niente.
 
“Mia Regina…vi prego. Non abbattetevi così..troveremo una soluzione…Andrè ha ragione…dovete assolutamente mangiare qualcosa.” la supplicò Oscar.
 
E pronunciò queste parole conun tono talmente stanco ed angosciato, che Maria Antonietta, dopo averla fissata per un po’, con gli occhi pieni di lacrime prese il cucchiaio e cominciò a mangiare.
 
**
 
5 Giugno 1777, mattina
 
Girodelle supervisionava l’addestramento mattutino dei soldati della Guardia Reale.
Dall’alto del suo destriero grigio, poteva vedere per intero la piazza d’armi occupata da una cinquantina di persone.
I soldati si stavano esercitando con la spada ed il tenente osservava, vigile, quel turbinio di divise azzurre.
Poi, il suo sguardo cadde, inevitabilmente, sull’unica macchia scarlatta in mezzo a quell’oceano turchino.
Madamigella Oscar.
 
È da un po’ che Oscar si comporta in modo bizzarro.
Prima di questo periodo non ha mai voluto prendere parte all’addestramento….anzi! La maggior parte delle volte preferiva delegare a me il compito di allenare i soldati..
Mentre ora…che storia è mai questa? Non solo partecipa tutti i giorni alle esercitazioni ma addirittura…si occupa personalmente dell’addestramento di una recluta?
C’è sotto qualcosa…non c’è altra spiegazione!
E poi…quel Marcel de Lemaire non mi è mai piaciuto.
Possibile che tra lui ed Oscar…?
No, no! Cosa mai vado a pensare?
L’addestramento Victor. Tieni gli occhi fissi sui soldati.
 
Oscar, nel frattempo, era persa in ben altri pensieri.
 
Sono giorni che rifletto…e non riesco a concludere nulla.
Accidenti! Devo assolutamente vederci chiaro in questa faccenda!
 
Affondo-parata-affondo.
Affondo-parata-affondo.
 
Girodelle, nonostante i precedenti buoni propositi di tenere gli occhi puntati ovunque tranne che sulla donna in uniforme rossa, posò nuovamente lo sguardo su di lei.
Aveva dipinta sul volto un’espressione totalmente assorta e concentrata. Affondava un colpo, che Marcel parava, seppur con una leggera difficoltà, e poi viceversa, era il suo turno parare il colpo del soldato.
 
Ah…se solo Oscar sbagliasse mira e lo colpisse…
 
Il tenente Girodelle si ritrovò a pensare queste cose, prima di scuotere forte il capo e concentrarsi su un’altra coppia di soldati.
 
“Cosa mi fate pensare…Madamigella Oscar!” mormorò, sorridendo malinconicamente.
 
**
 
Oscar e Maria Antonietta rientrarono più tardi del solito a Palazzo, quella sera.
Erano spossate, dopo una lunga giornata.
In particolare la Regina, per nulla abituata a faticare, aveva un colorito cereo e la sua aria terribilmente stanca e provata non sfuggì all’occhio attento della sua accompagnatrice.
 
“Siete molto pallida, Maestà” osservò Oscar.
 
La regina, riavutasi da quella specie di trance, dovuta sia alla stanchezza, sia al movimento calmo e ritmico del cavallo sotto di lei, scosse la testa.
 
“Oh ma cosa dite Madamigella? Mi sento benissimo! Mai stata meglio in vita mia!” disse Maria Antonietta, con una voce troppo allegra per essere vera.
 
Oscar scoppiò a ridere.
“Non occorre che mi mentiate, mia Regina! So bene quanto è dura la vita militare…soprattutto per voi, che non l’avevate mai provata prima d’ora” disse, con un sorriso divertito dipinto sulle labbra.
 
La regina sospirò forte.
“Avete proprio ragione Madamigella! Sono esausta. Ma la fatica della giornata non è certamente la causa principale della mia stanchezza. La verità è che passo le notti insonne e tormentata da incubi terribili…”
 
“E’ per quel messaggio, vero?”
 
“Sì, debbo confessarvi, Madamigella, che anche se non sono più arrivate lettere di quel tipo io…mi sento in pericolo…non so cosa fare. Inoltre...se davvero mi hanno scoperta temo di non poter rimanere più a lungo in casa vostra…ho paura…tanta paura di mettervi in una brutta situazione” continuò la Regina.
 
“Non dite sciocchezze Maestà! Voi potete rimanere a Palazzo Jarjayes tutto il tempo che volete. Solo che…” Oscar si interruppe.
 
“Ditemi pure Madamigella”
 
Oscar sospirò e fermò il cavallo, imitata da Maria Antonietta.
 
“Maestà, in realtà io penso che per voi non sia più sicuro continuare ad impersonare Marcel…se ciò che era scritto nel biglietto è vero, e se siete davvero stata scoperta, è mio parere che dobbiate al più presto tornare a Versailles…nelle vesti di Regina di Francia. Solo in questo modo sarà possibile…mettere a tacere le voci che, altrimenti, comincerebbero a circolare a corte e che, da lì, temo non tarderebbero a diffondersi rapidamente in tutta la nazione”.
 
La regina puntò gli occhi sulla sua amica, che ricambiò il suo sguardo.
Vide chiaramente l’angoscia nelle iridi blu di Oscar.
Con le lacrime che già le rigavano le guance disse:
“Avete perfettamente ragione, Madamigella. Stasera scriverò una lettera a Nicole e alla Marchesa di Lambroux, e le esorterò a tornare il più presto possibile a Versailles. Solo allora potrò smettere di fare il soldato e tornare alla vita di corte…anche se questo…” la regina tirò su con il naso “anche se questo significa che non potrò starvi più accanto…che tornerò a vedervi raramente e…Oh Oscar! Mi mancherete tanto!” Maria Antonietta non riuscì più a trattenere il pianto.
 
“Maestà io…” riuscì a dire Oscar, completamente spiazzata dalla reazione della regina “io…vi prometto che sarò sempre al vostro fianco. E non dimenticherò mai questi giorni che abbiamo passato insieme” le rivolse un sorriso.
 
Maria Antonietta, asciugatasi le lacrime con il dorso della mano, si sistemò meglio in sella e, con Oscar accanto, lanciò il cavallo al galoppo in direzione di palazzo Jarjayes.
 
**
 
Non appena varcato il grande portone d’ingresso, Oscar e Maria Antonietta si videro venire incontro la vecchia governante.
 
“Oh eccovi qui! Non siete mai tornati così tardi! Anche Andrè era molto preoccupato” esordì l’anziana donna, facendo un cenno verso il nipote che si stava avvicinando di corsa.
 
“Già oggi ci siamo attardati un po’ durante il ritorno” si giustificò la Regina, con un sorriso.
 
“Ah! Prima che andiate in sala da pranzo…” proseguì la nonna di Andrè “stamane è venuto a Palazzo un signore vestito di nero, a cavallo, e mi ha consegnato un pacco per voi, signor Conte”.
 
Oscar, Andrè e Maria Antonietta si lanciarono un’occhiata spaventata.
 
“L’ho fatto portare di sopra da Gastòn!” continuò la vecchia governante, che non si era accorta di nulla “era piuttosto pesante”.
 
Dopo aver mormorato un “grazie”, la regina si precipitò al piano superiore, seguita a ruota da Oscar e Andrè.
 
**
 
Il pacco era di medie dimensioni, avvolto in una rozza carta, di quelle che usa il macellaio per impacchettare la carne, e legato con dello spesso spago.
 
Dalla forma non si sarebbe mai potuto capire che cosa contenesse. Era infatti molto bitorzoluto.
 
Maria Antonietta si avvicinò e, con mano malferma, cominciò a tagliare lo spago.
Dentro il primo involucro era nascosto un altro pacco, rivestito della stessa carta del precedente.
Ma questa volta si capì subito che c’era qualcosa che non andava.
Il pacco era sporco, tinto qua e là di rosso.
 
Tremando evidentemente, la ragazza aprì il secondo pacco.
 
Dapprima parve che l’atmosfera nella stanza si congelasse.
Poi, il viso dei tre cambiò rapidamente colore, passando dal rosa al verde e dal verde al bianco.
 
Andrè non riuscì a trattenere un conato di vomito, Oscar rimase paralizzata dall’orrore.
 
E Maria Antonietta svenne, proprio come qualche giorno prima, nel vedere al suo cospetto una testa mozzata, del tutto identica alla sua, con gli occhi sbarrati che la fissavano, immobili in un’espressione di terrore.
 
Era la testa di Nicole Olivier.
 


  
Ciao a tutti!
Scusate, come al solito, il mega-ritardo ma questa settimana sono stata senza internet e non ho potuto aggiornare anche per questo motivo ;(
 
Il capitolo (di cui non sono tanto convinta :((...) si chiude con una scena piuttosto macabra.
Nicole è stata brutalmente eliminata.
Cosa faranno adesso Oscar, Andrè e la nostra Regina?
E quale sarà la prossima diabolica mossa del duca d’Orleans?
Avete qualche presentimento? Fatemelo sapere!
Un abbraccio! 
albazzurra

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Capitolo 9
*** {Una risata nell'oscurità. ***


Ciao a tutti. Perdonatemi se non ho aggiornato prima ma (vi sembrerà vecchia come scusa) ho avuto seri problemi di connessione in queste settimane :(
Eccovi il nono capitolo. Non accadono cose di particolare rilevanza (come succederà, invece, nel prossimo)...diciamo che è un capitolo di transizione xD.
Buona lettura (perdonate eventuali errori xS)
albazzurra

9
Una risata nell'oscurità

 
Quando, pochi minuti dopo, Maria Antonietta si riebbe dallo svenimento, trovò Andrè intento a chiudere la porta a chiave, e a sbarrare le finestre, e Madamigella Oscar abbandonata su una sedia con la testa fra le mani.
Entrambi erano inverosimilmente pallidi.
 
L’immagine della testa mozzata di Nicole Olivier si fece di nuovo bene vivida nella sua mente.
 
Oh mio Dio
 
Si abbracciò le ginocchia e cominciò a singhiozzare e a urlare.
Era sconvolta.
 
Morta.
Nicole Olivier era morta.
Brutalmente assassinata.
 
Maria Antonietta nascose il volto nel cuscino, cercando di attutire, in quel modo, le grida che non cessavano di uscirle dalla bocca.
 
All’improvviso balzò in piedi e si precipitò verso la scrivania.
E quando afferrò un affilato tagliacarte le sue intenzioni divennero terribilmente chiare.
 
Oscar ebbe appena il tempo di urlare “Andrè, fermala!”
 
Con un gesto fulmineo Andrè si portò alle spalle di Maria Antonietta e le bloccò le braccia prima che potesse avvicinarsi ulteriormente al corpo quell’arma improvvisata.
Oscar gliela strappò di mano.
 
“Non siate sciocca! Cosa volevate fare?!”
 
La regina si liberò con uno strattone dalla presa di Andrè e si diresse a grandi passi verso la ragazza.
 
“E cosa credete che dovrei fare? Eh? Ditemelo voi, che avete sempre una risposta a tutto! Ditemi cosa dovrei fare se non togliermi la vita e risolvere tutti i problemi! RIDATEMI QUELL’AFFARE OSCAR! E’ UN ORDINE!” sbraitò Maria Antonietta, con un tono alterato, intriso di sinistra follia.
 
“No Vostra Maestà, non vi permetterò di compiere una tale idiozia!” ribatté fermamente l’altra.
 
La regina si scagliò contro la ragazza.
“Dannazione! Ridatemelo immediatamente! Ridatemelo! Ridatemelo!” gridava, fuori di sé, tempestando di pugni il petto e le spalle di Oscar che, nonostante ciò, non tentò minimamente di fermarla.
 
Inaspettatamente Maria Antonietta le si abbandonò contro.
 
“L’hanno uccisa Madamigella” sussurrò, con il volto nascosto nella camicia della ragazza “L’hanno uccisa. Lei era innocente…lei…ci dovevo essere io su quella carrozza. L’hanno uccisa mentre io…io…giocavo a fare il soldato! Che cosa ho fatto?! Che cosa ho fatto, Oscar?!
 
Scoppiò nuovamente in lacrime, tremando visibilmente.
 
Oscar le accarezzò piano la testa.
Poi si girò verso Andrè, che guardava attonito la scena.
 
“Andrè” mormorò la ragazza, con la voce sovrastata dai singhiozzi della regina “dì a tua nonna di preparare qualcosa…un infuso, una tisana…deve dormire. Poi noi penseremo a…” e, così dicendo, fece cenno alla testa di Nicole Olivier, coperta alla bell’e meglio con la carta che l’aveva avvolta.
 
Andrè annuì e, dopo aver chiuso piano la porta, corse di sotto.
 
Oscar rimase da sola con la Regina.
Quest’ultima era ancora stretta a lei e piangeva convulsamente.
Il suo respiro era spezzato e affannoso: sembrava che i suoi polmoni non riuscissero a trovare ossigeno sufficiente a riempirsi.
 
Oscar la strinse a sé.
 
Quanto dovrà soffrire ancora la mia Regina?
Perché tutto questo male sta capitando proprio a lei?
A lei, che avrebbe diritto ad un po’ di felicità.
Signore, come hai potuto permettere una cosa simile?
 
Andrè fece ritorno.
Tra le mani aveva una tazza colma di un fumante liquido scuro.
 
“Ecco, Maestà. Bevete questo. È per i nervi”
 
La regina la prese, con mano tremante, e ne ingurgitò il contenuto.
Sentì la testa farsi sempre più pesante.
 
“N-no…io..” farfugliò, lottando per tenere gli occhi aperti.
 
Poi la testa le ricadde all’indietro e le gambe le cedettero.
Prontamente Oscar la sostenne.
 
“Che cos’era?” domandò sommessamente la ragazza.
Il ragazzo azzardò un sorriso.
“The corretto al sonnifero”
“Bene. Aiutami a portarla sul letto”.
Dopo averla fatta coricare, e averla coperta con il lenzuolo, i due ragazzi di avvicinarono al tavolo.
 
Oscar scoprì la testa di Nicole.
 
“Povera ragazza” mormorò guardando quegli occhi sbarrati “ancora così giovane…”
“Già. Non sarebbe mai dovuta finire così” disse mestamente Andrè.
“Quello che mi chiedo, Andrè” disse Oscar “è se la marchesa di Lambroux abbia subito la stessa sorte. E che fine hanno fatto i soldati di mio padre? Non riesco a non pensare che siano stati uccisi tutti.”
 
La ragazza tirò un pugno alla parte, sbucciandosi le nocche.
“Maledizione! Chi? Chi può essere stato capace di una simile faida?” sussurrò, ignorando il dolore alla mano.
Chiuse gli occhi e poggiò la fronte contro il freddo muro di pietra.
Poi abbassò il capo e pianse amaramente.
Calde lacrime le scorrevano lungo il viso.
Lacrime di rabbia, di dolore, di angoscia, di disprezzo.
Lacrime di consapevolezza: una vita (o più) era stata distrutta, cancellata.
Un destino era compromesso.
Tutti loro erano in pericolo.
Ci sarebbe stata la guerra?
Che cosa sarebbe successo alla Regina se il suo segreto fosse stato divulgato a corte?
E il re?
Come avrebbe potuto il sovrano difendere la sua consorte?
Come l’avrebbe protetta da sicuro scandalo?
E i nemici di sua Maestà non avrebbero tardato ad agire…
 
Oscar era persa in questi pensieri angosciosi quando Andrè la riscosse.
“Oscar…”
Il ragazzo le posò una mano sulla spalla.
 
“Dimmi Andrè”.
Oscar alzò lo sguardo, incontrando gli occhi smeraldini di lui.
“Oscar noi dovremmo, ecco, liberarci del pacco. E dobbiamo farlo in modo che nessuno lo venga mai a sapere. Se lo trovassero…” Andrè esitò.
“…non oso nemmeno pensare a cosa potrebbe accadere” concluse Oscar, cerea.
 
**
 
Il duca d’Orleans si versò l’ennesimo bicchiere di cognac e lo vuotò in un sorso.
Non era, per indole, un uomo incline al bere.
Ma quel giorno sembrava essersi tramutato nel più accanito dei bevitori.
Era un giorno speciale, da ricordare.
Quel giorno aveva compiuto il primo passo verso il trono di Francia.
Sempre più vicino.
Sì, il duca era decisamente felice, quella sera di inizio Giugno.
Scoppiò in una delle sue terrificanti risate che, in quel periodo, si facevano sentire sempre più di frequente.
Si abbandonò contro lo schienale della poltrona e lanciò un’occhiata divertita alle due persone che erano sedute di fronte a lui.
 
“Insomma Germain! Vedete di rilassarvi un po’. Avete l’aria di un condannato a morte il mattino dell’esecuzione”
 
Il duca di Germain era stato, quella notte del cinque Giugno, inaspettatamente convocato al Palais Royale di Parigi.
 
“Avete ucciso l’impostora?” aveva balbettato, dopo aver ascoltato, attonito, il resoconto dei fatti degli ultimi giorni.
“Già” aveva riposto il duca d’Orleans..
“E avete mandato la sua testa alla Regina?”
“Proprio così”
“E le avete anche inviato un biglietto minatorio?”
“Esatto”
“Voi…voi siete completamente pazzo, amico mio!”
“Può darsi, Germain, può darsi” sospirò il duca d’Orleans.
Poi, chinandosi verso di lui disse “Ma voi dovreste saperlo. Io sono disposto a tutto pur di diventare Re”.
 
Ma non era stata tanto quella conversazione a terrorizzare Germain, quanto la terribile, spaventosa, agghiacciante presenza di Dorian che, in quel momento, era seduto proprio accanto a lui.
 
Il russo aveva, quella sera, un aspetto ancora più temibile del solito.
I lunghi capelli castani gli ricadevano scompostamente sulle ampie spalle. Indossava, nonostante il caldo, una lunga giacca nera con alamari d’argento che, aperti, lasciavano intravedere una camicia candida. Al collo portava un fazzoletto vermiglio. I pantaloni e gli stivali erano neri come la pece. I suoi occhi gialli luccicavano pericolosamente e delle pesanti occhiaie scure accentuavano il pallore del suo incarnato.
Alcuni avrebbero potuto giudicarlo un uomo attraente e dal fascino misterioso, ma al duca di Germain ricordava vagamente un becchino o uno di quei vampiri di cui aveva visto la raffigurazione all’interno di qualche libro. Nell’insieme gli faceva venire la pelle d’oca.
 
Cereo in volto, Germain stava seduto rigidamente sul divano dello studio del duca d’Orleans, quasi fosse appoggiato su una tavola irta di chiodi, e stringeva nervosamente il bicchiere di cognac, senza osare berne un sorso.
 
Alle parole sarcastiche del duca d’Orleans, Germain si sistemò meglio sul divanetto e, rosso d’ira, rispose con parole amare.
“Quel mattino non sarà lontano, d’Orleans! Se ci scoprono, per noi è la fine! Nemmeno la tua arguzia, allora, sarà in grado di salvarci il collo!” sbottò infuriato.
Il duca d’Orleans rise di gusto.
“Non saremo di certo noi a rimetterci la testa, amico mio!”
“E chi allora?”
“La regina, idiota!” ruggì il duca d’Orleans, scagliando il bicchiere lontano da sé, con un gesto di stizza, irritato dall’ottusità dell’amico.
“E quella strana donna che veste da uomo” aggiunse Dorian con voce strascicata e vagamente maliziosa, allungando la mano verso la bottiglia di cognac.
 
Il duca di Germain scattò in piedi.
“Volete uccidere Madamigella Oscar?” domandò con un tono stridulo e gli occhi che parevano schizzare fuori dalle orbite.
“Si, ma dovremo essere molto prudenti. Ho già in mente un piano. Sarà l’ultimo ostacolo tra me e il trono. Sarò bene felice di eliminarla” sorrise diabolico il duca d’Orleans
 
Dorian ridacchiò, alzando il calice.
“Al tu regale futuro, Louis”.

Una risata risuonò, terribile, nell'oscurità.

Continua...

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Capitolo 10
*** {Nomi ***


Eccomi qui! Lo confesso, non ho resistito e ho pubblicato subito un nuovo capitolo (forse per farmi perdonare della brevità del precedente xD). La verità è che in questi giorni ho avuto parecchio tempo per scrivere.
Spero che vi piaccia. Fatemi sapere :D
albazzurra

10
Nomi

 

7 Giugno 1777, Palazzo Jarjayes.
 
Dopo lo shock di alcuni giorni prima, Maria Antonietta era rimasta confinata in casa. Non si era ancora ripresa del tutto e aveva concordato con un’angosciata Oscar che sarebbe uscita solamente quando avrebbe recuperato completamente le forze.
All’interno del palazzo la regina continuava a recitare la parte del conte di Lemaire e trascorreva le giornate a leggere, a tirare di scherma con Oscar (ma solo quando lei non era a Versailles) e ad esercitarsi in giardino con le armi da fuoco.
Molto spesso, sola nella sua camera, scoppiava in lacrime, in preda allo sconforto e ai sensi di colpa, tanto che il suo pallore e i suoi occhi, perennemente rossi e lucidi, le avevano fatto guadagnare la fama di “giovane dalla salute cagionevole” presso la vecchia governante, la quale ogni occasione era buona per prepararle tisane rilassanti e ogni sorta di ricostituenti di sua invenzione, dato che, come sbuffava sempre con tono di disapprovazione, “il dottore non si poteva chiamare”.
 
Quella mattina Oscar si era recata molto presto a Versailles, Andrè era andato a Parigi per alcune commissioni, e la Regina, dopo avere promesso ad entrambi che non sarebbe uscita di casa, era rimasta sola.
Dopo aver indossato un paio di comodi pantaloni e una semplice camicia bianca (ormai si era abituata agli abiti maschili) pensò di allenarsi con la pistola.
Ma quando lanciò un’occhiata fuori dalla finestra dovette desistere: pioveva a dirotto.
Maledicendo il tempo tornò a stendersi sul letto e cominciò a sfogliare, malvolentieri, un libro.
Che noia! pensava.
 
**
 
Quel pomeriggio, la vecchia governante si trovava in cucina, intenta a preparare una torta al cioccolato.
“Oh sì. Questa farà molto piacere ai miei due bambini. Oscar adora la cioccolata e anche Andrè sarà felice di mangiarla. Ne offrirò un po’ anche al signor Conte. Quel povero ragazzo sembra così debole... In questi giorni sono tutti e tre molto pallidi e nervosi. Mah! Questi giovani. Non riesco proprio a capire che cosa stia succedendo in questa casa!” parlottava febbrilmente tra sé e sé.
 
All’improvviso la sua attenzione fu catturata da una carrozza riccamente decorata che aveva appena fatto il suo ingresso in cortile.
Non apparteneva alla famiglia Jarjayes: il blasone rappresentato sulla portiera non corrispondeva.
L’insegna raffigurava tre gigli d’oro su sfondo turchino.
Dopo pochi attimi qualcuno bussò al portone d’ingresso.
 
**
 
Sulla soglia c’era un uomo molto alto, con larghe spalle e ben piantato.
Portava sul capo un cappello a tesa larga, che nascondeva alla vista gran parte del volto. Il corpo era completamente coperto da un lungo mantello, nero come la pece, chiuso sotto la gola da una spilla d’oro a forma di fiordaliso.
Aveva una mano dietro la schiena e l’altra, la sinistra, leggermente appoggiata ad un bastone finemente intagliato.
Tutto, nel suo portamento, lasciava intendere che apparteneva alla migliore nobiltà di Francia.
Questo fu tutto ciò che la vecchia governante poté capire, quando aprì la porta.
 
“Che cosa desiderate, Signore?” domandò l’anziana donna, leggermente intimidita da quella imponente figura che troneggiava su di lei.
“Desidero, Madame, poter parlare in privato, con il Conte Marcel de Lemaire. Si trova in casa?”.
La voce baritonale uscì come un sibilo dalla bocca dell’uomo ed ebbe il potere di spaventare moltissimo la vecchia governante.
“Potrei sapere chi lo desidera?”
L’uomo sogghignò, scoprendo una fila di denti giallastri.
“Il mio nome non ha alcuna importanza per voi, Madame. Per questo motivo lo rivelerò solamente al signor Conte”.
“Come desiderate. Se volete attendere qualche istante…” disse la donna.
Fece per chiudere la porta ma le fu impedito dal piede, calzante una lucida scarpa nera, che bloccò il suo gesto.
“Non mi invitate ad entrare, Madame? Qui fuori piove a dirotto. Sarebbe poco cortese farmi attendere sotto la pioggia battente, non pare anche a voi?”
 
La vecchia governante, molto riluttante, aprì la porta e lo fece accomodare nel grande salotto.
“Molto bene, Madame. Ora vorrei che andaste a chiamare il conte”.
Gonfia d’ira l’anziana donna si diresse su per le scale, diretta al piano superiore.
Ritornò dopo pochi minuti conducendo con sé Maria Antonietta, decisamente stupita.
“Molte grazie, Madame. Adesso vorrei colloquiare privatamente con Monsieur qui presente. Quindi, se non vi dispiace..” e, dicendo questo, le chiuse la porta della stanza in faccia.
 
**
 
Maria Antonietta era in piedi, al centro della stanza, ed osservava il misterioso visitatore.
Provava nel petto una strana sensazione, come se i polmoni fossero stretti in una morsa d’acciaio.
Decise di ignorarla.
“Qual è il vostro nome, signore?” chiese infine, dato che l’uomo non pareva intenzionato a proferire alcunché.
“Questa, mio caro conte” disse allora lo sconosciuto “non è la domanda giusta”
“Prego?”
La regina, confusa, fece un passo indietro e l’uomo, al contrario, ne fece uno verso di lei.
“La vera e corretta domanda da farsi sarebbe qual è il vostro nome” disse, puntando un lungo dito guantato contro di lei.
“Temo di non capire” disse la ragazza che cominciava a sudare freddo.
“Come vi chiamate?” domandò, diretto, l’uomo.
“Il mio nome è Marcel de Lemaire, Monsieur. Ma credo di aver ragione di supporre che voi lo conosciate già, dato che siete venuto qui e avete chiesto di me”
“Avete esattamente ragione dicendo questo. Io sono venuto qui perché conosco il vostro nome. Ma quello che mi avete appena detto non lo è. O forse mi sbaglio…ma chère Antoinette?”
Il volto della regina divenne, se possibile, ancora più pallido.
Sentì che le gambe stavano per cederle e si sedette sul divano per evitare di cadere.
“Voi…siete voi che mi avete mandato quell’orribile messaggio, una settimana fa, non è vero? Voi… voi avete ucciso Nicole? Rispondetemi!”
C’era panico nella sua voce.
“Corretto, mia cara” rispose l’uomo, sorridendo compiaciuto.
La regina cominciò a tremare impercettibilmente.
“Qual è il vostro nome?” ripeté nuovamente la ragazza.
Lo sconosciuto scoppiò in una risata terrificante.
“Oh, ma chère, così mi offendete. Non mi riconoscete? Eppure io vi ho riconosciuto subito anche conciata così!” disse teatralmente.
Dato che la Regina non parlava, proseguì.
“Non vi viene proprio in mente? Sono davvero deluso…”
Si tolse il mantello, scoprendo un panciotto riccamente ricamato.
“Ancora niente?” chiese, ironico “Eppure voi dovreste essere un’esperta in travestimenti”.
La regina taceva. Allora l’uomo si tolse il cappello e si esibì in uno svolazzante inchino.
Quindi alzò la testa e sussurrò.
“Ed ora mia cara? Vi ricordate di me?”
 
**
 
Giardini di Versailles
 
La pioggia aveva smesso di battere e le grosse gocce cadute sull’erba scintillavano come diamanti alla luce del tramonto.
Oscar si aggirava, stanca, all’interno degli enormi giardini di Versailles.
La notte precedente non aveva chiuso occhio. Erano parecchi giorni, in realtà, che trascorreva le notti in bianco. Ma come poteva dormire? Era così terribilmente angosciata e preoccupata che non riusciva a prendere sonno. Non appena abbassava le palpebre la assalivano i tormenti della giornata, e l’inquietudine per tutto quello che stava accadendo la destinava ad ore insonni.
Inoltre, da qualche giorno una nuova, terribile consapevolezza si era abbattuta su di lei: dato che Nicole Olivier era stata uccisa, la “falsa regina” non avrebbe mai fatto ritorno in Francia. Quanto tempo ci sarebbe voluto perché tutta la corte notasse che l’assenza della Regina era più lunga del previsto? Bisognava assolutamente trovare la persona che l’aveva riconosciuta, perché altrimenti c’era il rischio che potesse usare il suo segreto per ricattarla…o peggio.
Rimuginando queste cose, Oscar non si era accorta di essere arrivata davanti al Bacino d’Apollo.
La ragazza si fermò.
Era passato quasi un mese da quando lei e la Regina si erano incontrate davanti a quella fontana, qualche giorno prima del ricevimento per l’anniversario dell’incoronazione. Chi delle due, in quel momento, avrebbe immaginato che sarebbero accadute cose tanto terribili?
Oscar fece scorrere gli occhi sull’imponente statua del dio Sole, ammirandone i tratti scolpiti con cura ed arte.
 
“E’ magnifica, non è vero?”
Una voce musicale alle sue spalle la fece sobbalzare.
Si voltò di scatto. Dietro di lei, appoggiato al tronco di una grossa quercia, c’era un uomo.
Ad occhio e croce sulla trentina, indossava abiti molto raffinati. I pantaloni erano neri, le calze, al ginocchio, bianche. Ai piedi calzava lucidissime scarpe di pelle.
Il petto era nascosto da un’elegante camicia bianca di batista e il collo era coperto da uno fazzoletto dello stesso colore. La giacca nera, lasciata volutamente aperta, dava allo sconosciuto un’aria trasandata, ma decisamente affascinante.
Il volto e le mani erano candide come la neve, i capelli castani gli ricadevano disordinatamente sulle ampie spalle.
Ma quello che incuriosiva di più Oscar erano gli occhi, di un sinistro color zafferano. Occhi di felino.
 
“Come dite?” domandò la ragazza.
“Vi ho chiesto se anche voi la trovate magnifica” sorrise l’uomo, accennando con il capo alla fontana.
“Si. La trovo bellissima” mormorò Oscar.
“Già. Com’è affascinante l’espressione di Apollo! Gli occhi del dio Sole emanano austerità anche se sono scolpiti in fredda pietra. Raramente si riesce a scorgere tanta fierezza in un essere umano” disse l’uomo avvicinandosi al bordo della fontana, dove si trovava la ragazza.
Oscar, dal canto suo, era sbalordita nel sentir pronunciare da quello sconosciuto parole che corrispondevano esattamente ai suoi pensieri di un mese prima.
 
“Chi siete?” chiese la ragazza.
L’uomo puntò su di lei i suoi occhi dorati.
“Che maleducato che sono, vi prego di perdonarmi. Il mio nome è Dorian Milankovic. Sono arrivato in Francia pochi giorni fa. Vengo dalla Russia.”.
“Molto piacere. Il mio nome è Oscar François de Jarjayes, comandante delle Guardie Reali” Oscar allungò verso di lui una mano, perché la stringesse.
Ma il russo, inaspettatamente, si inchinò e la baciò, lasciando la ragazza senza parole.
“Questo nome vi dona molto, Mademoiselle” sussurrò poi, rialzandosi.
“Come…” iniziò Oscar, un po’ stupita.
“Come so che siete una donna? Mademoiselle, lasciate che vi dica che non basta indossare una divisa ed avere un nome maschile per fare di voi un uomo” disse seriamente Dorian, scrutandola negli occhi.
“Se io mi mettessi gonna e corsetto e mi chiamassi Julie voi credereste mai che sono una donna?” chiese poi, semplicemente.
“Immagino che la risposta sia ‘no’..” sorrise Oscar.
“Esattamente”
Tacquero per alcuni istanti e fu l’uomo a rompere nuovamente il silenzio.
“Stavate andando da qualche parte Oscar?”
Oscar sussultò sentendosi chiamare con il suo nome di battesimo da un perfetto sconosciuto. Solo Andrè e la sua famiglia la chiamavano così.
“Ecco io…stavo facendo l’ultimo giro di perlustrazione, prima di rientrare”
“Permettetemi di accompagnarvi allora!”
Oscar annuì.
 
“Come mai siete in Francia, Monsieur?” chiese lei ad un certo punto.
“Vi prego Oscar, con me lasciate da parte certe formalità. Chiamatemi Dorian” la pregò il russo.
“D’accordo…Dorian”
L’uomo le sorrise, socchiudendo le sue iridi da gatto.
Poi si infilò le mani in tasca e rispose.
“Sono giunto fin qui seguendo il mio Maestro nei suoi lunghi viaggi”.
“Il vostro…maestro?”
“Di pianoforte” precisò Dorian “Insieme girammo quasi in tutto il continente. Ci recammo in Austria, in Germania, in Belgio, Olanda, Norvegia, Svezia. A Stoccolma, però, il mio maestro morì e io decisi di proseguire da solo il mio viaggio. Andai in Italia, in Spagna…ed infine, eccomi qui. La mia ultima tappa. La Francia. Il più bel Paese del mondo, a mio avviso. Il paese di mia madre. Mi raccontava sempre delle storie bellissime su questa meravigliosa nazione…”
L’uomo inspirò profondamente la tiepida aria estiva.
Poi si voltò nuovamente verso Oscar.
“Voi suonate il piano, Oscar?” chiese Dorian.
“In effetti sì, lo suono” rispose lei.
“Me lo aspettavo, avete le dita affusolate, da pianista. E, ditemi, vi piace?”
“Molto”
“Incredibile!” esclamò il russo, con un sorriso radioso “Sembra proprio che abbiamo i medesimi gusti”.
Oscar non disse nulla. Dentro di lei, però, si scatenava una tempesta.
Era vero. Avevano parlato solo per alcuni minuti, ma sembrava non solo che avessero in comune non solo i gusti, ma anche i pensieri.
Nel suo piccolo, Oscar sentiva l’impellente bisogno di saperne di più su quel misterioso uomo straniero.
 
Continua…

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Capitolo 11
*** {Complicazioni ***


11
Complicazioni

 
Andrè percorreva con passo lento le strade di Parigi. Aveva svolto tutte le faccende che doveva sbrigare, aveva ritirato tutti i pacchi e li aveva messi a bordo di una carrozza diretta a Palazzo.
Aveva dunque deciso, poiché era quasi il crepuscolo, di andare a rifocillarsi in una qualche taverna.
Imboccando il primo vicolo a sinistra si ritrovò ad attraversare il Pont Neuf.
Giunto circa a metà si fermò e, appoggiatosi alla balaustra di pietra, si mise ad ammirare la Senna che, serena e spensierata, scorreva allegramente sotto di lui.
“Beata lei” sospirò il ragazzo, prendendosi la testa fra le mani.
Cosa non avrebbe dato Andrè per tramutarsi in acqua dolce e scivolare, libero da ogni preoccupazione, trasportato dalla corrente…
Oscar in quel periodo sembrava più distante del solito. Dopo quello che era successo si era chiusa ancora di più dentro la sua corazza impenetrabile. Aveva insistito per tornare subito al lavoro, nonostante fosse rimasta molto scossa dagli avvenimenti recenti.
‘Non posso rischiare che qualcuno sospetti qualcosa, lo capisci?’ gli aveva riposto seccamente, guardandolo negli occhi, quando le aveva avanzato la proposta di prendersi una breve licenza.
Andrè inspirò ed espirò rumorosamente e, con un’ultima occhiata invidiosa alla Senna, proseguì verso la vera e propria Citè.
 
L’osteria in cui era giunto era scarsamente illuminata, e piena zeppa di clienti.
A quanto pareva quella bettola era stata considerata un caldo ed accogliente rifugio, dato l’acquazzone che si era abbattuto sulla capitale qualche ora prima.
L’atmosfera era soffocante. L’aria era così pesante, data l’umidità, il particolare sovraffollamento dell’unica stanza da pranzo e il forte odore di cibo proveniente dalla cucina, che era difficoltoso persino respirare liberamente.
Il chiasso era infernale.  Un numeroso gruppetto di uomini occupava la lunga tavola vicino al muro, e pareva fosse immerso in un'animata discussione.
Andrè si avvicinò al bancone. Fece un cenno all’oste, un uomo basso, tarchiato, completamente calvo e con un paio di grossi baffi che lo facevano assomigliare ad un tricheco, che si avvicinò arrancando. Ordinò un coperto e una caraffa di vino.
Quando si fu allontanato, Andrè si guardò in giro
Due uomini, nel frattempo, avevano dato il via ad una rissa e il caos pareva raddoppiato. La maggior parte dei clienti della locanda accorreva, chi per cercare di sedarla, chi per prendervi parte.
Andrè ridacchiò fra sé e sé, a quella vista.
“Sempre la solita Parigi” sospirò, bevendo una lunga sorsata di vino.
 
**
 
“V-voi” la regina era paralizzata dall’orrore.
Il duca d’Orleans rise fragorosamente.
“In persona, mia cara Antoinette. Posso chiamarvi così vero? In questo momento di certo non pretenderete sciocchi appellativi come ‘Altezza’ o ‘Maestà’, dico bene?”
Maria Antonietta non rispose.  
“Suvvia, mia cara. Non fate la sostenuta con me. Dopotutto dovreste ritenervi fortunata ad avere accanto a voi una persona furba e intelligente come me” le sussurrò il duca all’orecchio, dopo essersi seduto accanto a lei.
La regina scattò in piedi, come disgustata da quella vicinanza.
“State lontano da me. Mi fate schifo” mormorò.
“E perché mai?” domandò l’uomo, fingendosi dolorosamente stupito, ma con un ghigno diabolico dipinto sul volto.
“E me lo chiedete anche? Avete ucciso una ragazza innocente…e la marchesa…e tutti quei soldati. Siete un orribile assassino”.
“Sbagliato” il duca si alzò a sua volta e avanzò verso Maria Antonietta “l’assassina siete voi, mia Regina”
“Ma cosa dite? Siete impazzito?” gridò la ragazza, sconvolta.
“Se voi non aveste avuto la folle idea di travestirvi da soldato, la dolce Nicole non avrebbe dovuto sostenere il gravoso compito di impersonarvi. E io non avrei colto al volo l’occasione per farla fuori. Avete dato inizio voi a tutto, mia cara. Avete causato la morte di quelle persone. Siete voi la vera criminale.”
Quelle parole, pronunciate con gelida e diabolica calma, ebbero il potere di sconvolgere la giovane sovrana.
È vero. È stata tutta colpa mia! pensava Maria Antonietta, e il suo più grande timore, essere lei stessa la responsabile di quel delitto, cosa che si ritrovava a pensare da giorni, pareva farsi realtà.
Maria Antonietta si guardò le mani tremanti, con aria attonita e disgustata, quasi le vedesse coperte del sangue di poveri innocenti. Si sentiva sporca. Una criminale. La peggiore di tutti.
“No” disse poi, come riscuotendosi “voi siete matto. Non cadrò nel tranello che cercate di tendermi con le vostre parole ingannevoli. Io non abbasserò mai la testa davanti a voi, duca!”
Quest’ultimo si limitò a ridacchiare.
“Oh, ma chère, farete questo e altro per me. Lo farete, oppure a pagare, questa volta, sarà la vostra cara Madamigella Oscar”.
Nella stanza cadde il silenzio. Quel poco di colore che era riapparso sulle gote della Regina, sparì del tutto.
“C-cosa?” balbettò.
“Avete sentito benissimo” tagliò corto il duca.
“Ed ora, Madame…” proferì con tono solenne “Vogliate avere la cortesia di venire con me”
Maria Antonietta, come in trance, con gli occhi vuoti, fissi davanti a sé, si alzò ed uscì dalla stanza, seguita dal duca d’Orleans.
L’uomo la condusse fuori, fino alla sua carrozza. Una volta saliti, partirono.
 
**
 
Andrè, maledicendo il suo stomaco per aver brontolato nel momento sbagliato, si dirigeva a rotta di collo verso Palazzo Jarjayes.
Dannazione! Dannazione!  pensava il giovane spronando il cavallo per farlo galoppare più velocemente attraverso le vie sterrate che, dalla capitale, conducevano alla reggia di Versailles perché mi sono attardato in quella locanda? Perché? Oscar sarà furiosa! Con tutte le disgrazie che stanno capitando in questo periodo, io sono capace di perdere tempo prezioso a riempirmi la pancia con del cibo scadente. Stupido, Andrè! Adesso ti subirai una bella ramanzina. Te la sei proprio cercata stavolta!
 
Finalmente vide in lontananza i cancelli dorati di Versailles.
Ecco, ormai sono quasi arrivato.
**
 
Non appena Andrè varcò il grande portone d’ingresso vide sua nonna venire di corsa verso di lui.
Ci siamo!Pensò, preparandosi ad una lavata di testa coi fiocchi.
Ma, inaspettatamente, l’anziana donna aveva un’aria angosciata e per nulla infuriata e, quando lo riconobbe, si fermò di colpo.
“Oh” disse solo, vedendolo sulla soglia.
Andrè era sempre più sbalordito.
Come sarebbe a dire “oh”!? pensò, incredulo.
“Nonna? Va tutto bene?”
La donna lo guardò, con gli occhi colmi di inquietudine.
“Oh Andrè. È successa una cosa terribile!” pigolò.
Il cuore del ragazzo mancò un battito.
“E…che cosa è accaduto?”
La donna scoppiò a piangere.
“Il…il signor conte”
Cosa gli è successo, nonna?” Andrè era in preda al panico.
“E’..è sparito
“Cosa!?!” urlò il giovane “Come ha fatto a sparire?”
“I-io non lo so Andrè” singhiozzò la nonna, disperata “questo p-pomeriggio si è presentato qui un uomo…non mi ha voluto dire il suo nome, vo-voleva parlare con il signor Marcel e…poi si sono c-chiusi in salotto e…e poi non ho più visto né l-lui né quello sconosciuto”
Ad Andrè di era gelato il sangue nelle vene.
Prese la nonna per le spalle e la costrinse a guardarlo.
“Nonna” sussurrò “com’era fatto quell’uomo? Hai notato qualcosa di strano? Un particolare che possa aiutarci a riconoscerlo? Ti prego. Pensaci bene: è di vitale importanza!”
La donna si asciugò le lacrime con il dorso della mano.
“No, niente Andrè. Aveva il volto coperto. Ma era sicuramente un nobile e…mi ricordo che sulla sua carrozza c’era una strana effigie. Tre gigli d’oro su sfondo azzurro. Nient’altro. Tu sai a che famiglia appartiene?”
Andrè non la stava più ascoltando.
Tre gigli d’oro…sfondo azzurro.
Il duca d’Orleans. Maledetto!
“Devo parlare con Oscar, nonna. Subito! E’ in camera sua?” mormorò il ragazzo, cominciando a salire a due alla volta i gradini della grande scalinata.
“Ecco Andrè…veramente Madamigella non è ancora rientrata” lo richiamò la nonna.
Andrè si bloccò a metà della scala.
“Come sarebbe a dire? Sono le otto passate!”
“Lo so Andrè. Infatti mi sembrava strano. Ma pensavo…che avesse avuto un contrattempo a Versailles…”
Andrè non si fermò neanche un secondo per riflettere.
Cambiò direzione, scese di corsa le scale e uscì nuovamente di casa.
La vecchia governante fece appena in tempo ad affacciarsi alla finestra per vederlo partire al galoppo ed imboccare la strada che conduceva alla reggia.
 
**
 
Si sta facendo davvero tardi.
La mia regina sarà preoccupata…e credo che anche Andrè si meriti delle spiegazioni.
Questo pensava Oscar che, finito il giro dei giardini, si stava dirigendo verso le scuderie, accompagnata da Dorian.
Il russo, dal canto suo, non sembrava avere particolare fretta di rientrare.
Camminava al suo fianco, silenzioso come un gatto, con il volto nascosto dai lunghi capelli e le mani infilate in tasca.
Giunti davanti alle scuderie reali Oscar si fermò.
 
“Credo che sia ora che io vada. Mi staranno aspettando, a palazzo” sospirò la ragazza, rivolgendosi più a se stessa che all’uomo di fianco a lei.
“Capisco” mormorò Dorian.
Poi, alzò lo sguardo verso il cielo, avvolto in un’aurea violetta, che preannunciava una magnifica serata.
“Voi siete promessa a qualcuno, Oscar?” disse, all’improvviso.
La ragazza si girò di scatto verso di lui, non riuscendo a credere alle proprie orecchie.
“Prego?”
“Avete già un promesso sposo?” chiese nuovamente Dorian, puntando su di lei i suoi occhi di sole.
Oscar si sentì avvampare.
“No, certo che no..” disse infine, distogliendo lo sguardo.
“Oh bene!” sussurrò il russo, avvicinandosi “quindi, da amico, posso fare questo” e, prima che la ragazza potesse chiedergli spiegazioni, si accostò maggiormente a lei e le posò un bacio sulla guancia.
“Spero di rivedervi presto” disse, voltandole le spalle e incamminandosi di nuovo verso i giardini, lasciando la ragazza sola e più confusa che mai.
 
**
 
Un fruscio fece voltare Oscar di scatto.
“Chi..chi è là?” chiese, cercando di recuperare il suo solito tono sicuro.
Andrè uscì dalle scuderie.
Il suo sguardo era duro, freddo, anche se carico di preoccupazione.
Il ragazzo fece un passo verso di lei.
“Da quanto tempo sei lì?” chiese Oscar, arrossendo.
“Ero appena sceso da cavallo quando siete arrivati. Ero venuto a cercarti.” disse, gelido.
“Andrè io…” cominciò la ragazza, ma fu subito interrotta.
“Adesso non ha alcuna importanza.” tagliò corto il ragazzo, con tono grave “La regina è scomparsa”.
 
Continua…

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Capitolo 12
*** {Menzogne ***


12
Menzogne
 

Cosa?!” domandò Oscar con voce stridula.
Andrè le riferì velocemente le parole della nonna.
“…e sulla sua carrozza c’era un blasone con raffigurati tre gigli d’oro su sfondo azzurro.” concluse il ragazzo.
“Aspetta un momento” disse lentamente Oscar “tre gigli d’oro su sfondo azzurro…Oh Andrè! Ma è…”
“…l’effigie del duca d’Orleans, sì. Adesso sappiamo per certo che è lui che ha scoperto il segreto della regina.” completò Andrè, amaramente.
“Che cosa stiamo aspettando, allora? Andiamo subito al Palazzo Reale di Parigi!” esclamò la ragazza, voltandosi verso le scuderie per prendere il suo cavallo.
Andrè, però, la afferrò per un braccio.
“Lasciami, Andrè! Cosa fai?”
“Sarebbe una follia andare là adesso” mormorò il ragazzo.
“Ma che cosa stai dicendo?! Ti rendi conto che la mia regina, la nostra regina, molto probabilmente si trova là dentro? È in pericolo e noi dobbiamo salvarla!” ringhiò Oscar, cercando di liberarsi dalla stretta di Andrè.
“Ragiona dannazione!” sussurrò lui, irato “Pensi che il duca non abbia previsto questo? Che tu ti saresti precipitata a salvarla? Vuole te come vuole lei, Oscar! Ce la metterà tutta per ucciderti perché sei la persona più vicina alla regina!”
“E con questo?” ribattè Oscar “Credi che mi importi? Che ci provi, ad uccidermi! Troverà pane per i suoi denti!”
“A volte sei così ingenua…” sospirò il ragazzo “Lui non farà del male alla regina finché non vi avrà tutte e due! Lei non è solo la vittima, ma anche un’esca. Lui vi vuole entrambe. Deve eliminarti perché sai troppe cose e perché, ovviamente, ti opporresti a lui con tutte le tue forze. E sta’ certa che ricorrerà ad ogni inganno per farti fuori. Lui ti teme, Oscar! Dobbiamo essere prudenti e recarci a Parigi solo quando sapremo esattamente che cosa fare. Capisci, ora?”
I suoi occhi mandavano lampi di ira e preoccupazione.
“Ti prego Oscar” mormorò poi, lasciandole il braccio “non fare cose avventate.”
La ragazza lo guardò.
“Hai ragione Andrè.” disse “Aspetterò il momento giusto. Ma sappi che io non avrò pace finché la mia regina non sarà salva! Quando ho indossato questa uniforme ho giurato di proteggere Maria Antonietta d’Austria anche a costo della mia stessa vita!”
Dietro l’azzurro dei suoi occhi si poteva scorgere imperversare una tempesta.
 
**
 
Quando tornarono a casa, i due ragazzi trovarono la vecchia governante seduta su una grossa poltrona, in salotto, intenta a ricamare un fazzoletto.
Non appena li vide entrambi, scattò in piedi, lasciando cadere a terra il lavoro, e corse loro incontro.
“Madamigella Oscar! Siete a casa, finalmente! Andrè vi ha detto…?”
“Sono stata informata di tutto.” disse Oscar, sforzandosi di sorridere “Ma non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi. Il conte de Lemaire mi aveva chiesto un breve periodo di licenza per andare a trovare una sua vecchia parente, e io gliel’ho accordato”.
“Oh” sospirò la donna, un po’ sollevata “ E che mi dite dell’uomo che è venuto qui oggi pomeriggio?”
“Sarà stato un membro della sua famiglia, venuto a prenderlo” tagliò corto la ragazza.
“D’accordo” disse la vecchia governante, non del tutto convinta “ Beh, chiunque sia quell’uomo è un vero maleducato! Avreste dovuto vedere come mi ha trattata! Ha usato un comportamento davvero inammissibile e mi stupisco che Monsieur, un ragazzo così dolce e cortese, abbia dei parenti di quella risma!”
Fece per allontanarsi, con aria offesa, ma poi si voltò nuovamente verso di loro.
“Ah, ragazzi. Vi avevo preparato della torta al cioccolato. È in cucina, nel caso aveste fame”.
 
**
 
“Dici che l’ha bevuta?” bisbigliò Oscar.
“Si, stai tranquilla” rispose Andrè, addentando una fetta di torta.
La ragazza giocherellò un po’ con la sua, sospirando.
“Andrè…riguardo quello che hai visto prima, io…”
“Lascia stare Oscar, davvero. Come tu stessa hai detto, qualche tempo fa, non devi rendere conto a me di quello che fai o di chi frequenti. E poi perché dovresti darmi delle spiegazioni? Sono solo un servo, no? Non è affar mio con chi trascorri le tue serate. Comunque puoi fidarti di me: non dirò niente a nessuno. Stai pure tranquilla, Oscar” sbottò Andrè, evitando di guardarla.
Oscar arrossì.
“Andrè! Come ti permetti? Quell’uomo l’ho visto oggi per la prima volta!”
Andrè la guardò di sbieco.
“Ah si? A vedere il suo comportamento non si direbbe proprio…”
“Andrè smettila! Io…”
“Piuttosto” il ragazzo cambiò bruscamente il discorso, non importandogli evidentemente nulla delle conseguenze della sua impudenza “dobbiamo pensare a come tirare la regina fuori di lì. Hai qualche idea?”
La ragazza, dopo avergli lanciato un’occhiata truce, che lasciava intendere la sua collera, scosse il capo, amareggiata.
“No, no Andrè. Non mi viene in mente niente ora…”
“Che strano. Di solito riesci sempre ad escogitare qualcosa di geniale. Beh, può darsi che al momento tu abbia per la testa altro” mormorò il ragazzo, con tono vagamente allusivo.
Poi, alzatosi, le diede la buonanotte e, dopo averle promesso che ci avrebbe pensato su anche lui, se ne andò.
 
Oscar, sola nella cucina semibuia, si prese il volto tra le mani.
Maledizione! Devo smetterla.
Andrè ha ragione. Non riesco a non pensare a Dorian, a quello strano ragazzo russo.
Come mai, durante quel poco tempo in sua compagnia, mi sono sentita così a mio agio? Siamo molto simili e c’è qualcosa, in lui, di misterioso, che non riesco a comprendere.
E quel bacio? Che cosa significava? “Da amico” ha detto… Beh, Andrè è mio amico da una vita intera e non ci siamo mai…semmai ci siamo picchiati.
E ora, quest’uomo che conosco da si e no un’ora si prende una tale libertà? Gettando all’aria tutte le cerimonie e le regole d’etichetta?
Che strano. Eppure non ho fatto niente per respingerlo. Non mi sono opposta. Nulla. Ho lasciato fare.
Non è da me, comportarmi in questo modo.
Che cosa mi succede?
 
Con questi pensieri per la testa e più confusa che mai, Oscar si ritirò nella sua stanza, ben sapendo che, quella notte, avrebbe fatto più fatica del solito a scivolare tra le braccia di Morfeo.
 
**
 
Palazzo Reale di Parigi
 
“Dove mi avete portato, maledetto? Lasciatemi andare! Lasciatemi andare immediatamente!” la Regina soffiava come un gatto arrabbiato, scuotendo le catene che le imprigionavano i polsi.
Il duca alzò gli occhi al cielo.
Era lì solo da poche ore e già desiderava con tutto il cuore non avercela portata.
Ringraziando il cielo che le segrete si trovavano ben lontane dalla sua stanza (la sua inarrestabile vocina lo avrebbe, altrimenti, tormentato a tal punto che non  sarebbe stato in grado di chiudere occhio), sfoderò il più smagliante dei sorrisi.
“Oh, ma chère, ve l’ho già ripetuto almeno trenta volte. La vostra regale Maestà si trova nella prigione del Palazzo Reale di Parigi”.
“Non m’importa! Non m’importa!” strillò la regina, contraddicendo le sue precedenti parole “Vi ordino di liberarmi immediatamente”.
Il duca d’Orleans scoppiò a ridere.
“Non so se avete notato, mia dolce Antoinette, che non siete, come dire.., nella posizione adatta a dare degli ordini, al momento”.
La Regina aprì la bocca per ribattere quando il cigolio della porta catturò la sua attenzione.
Anche il duca si voltò e, quando vide chi era appena entrato nella stanza, il suo ghigno si allargò.
“Eccoti qua, amico mio!”
“Buonasera a voi, Louis” disse Dorian, con voce melliflua.
Maria Antonietta posava i suoi grandi occhi blu prima sull’uno e poi sull’altro.
“E questo adorabile garçon sarebbe la Regina?” ridacchiò il russo, malevolo, accennando agli abiti maschili che la ragazza indossava.
“Proprio così” esclamò soddisfatto il duca “non è davvero graziosa abbigliata in questo curioso modo?”
“Molto…anche se penso che non le rendano giustizia” sussurrò Dorian, avvicinandosi alla regina e passandole una mano sulla guancia. La ragazza gliela morse.
“Ah!” urlò il russo “Mi hai fatto male, maledetta sgualdrina!”.
Infuriato, le diede un violento schiaffo.
“Piano, amico mio. Non deturpare questo bel visino” sussurrò, sogghignando, il duca d’Orleans.
“Dannata cagna austriaca!” ringhiò Dorian.
“Piuttosto, dato che siamo in argomento” cominciò il duca “Com’è andata oggi con Madamigella Oscar?”
“Bene” disse solo Dorian, studiandosi le unghie della mano.
La regina, che fino a quel momento non aveva cessato un secondo di dibattersi, si bloccò di colpo.
“Cosa?” pigolò.
“Vi ha creduto?” proseguì il duca, ignorandola.
“Avevate dei dubbi?” domandò il russo, sfoderando un sorriso seducente.
La regina si mise a scalciare.
“Cosa avete fatto ad Oscar?” urlò con la voce intrisa di panico.
Dorian le rivolse uno sguardo divertito.
“Niente…per ora” rispose, diabolico, passandosi un dito sulle labbra.
 
**
 
8 Giugno 1777, mattino.
Reggia di Versailles.
 
Oscar guardava, con sguardo inespressivo, i soldati che marciavano davanti a lei.
Dall’alto del suo cavallo, ogni volta che le sfilava di fronte una testa bionda, il suo cuore faceva un salto, sperando, tutte le volte, di vedere Maria Antonietta voltarsi a farle l’occhiolino.
La ragazza sospirò.
Mia Regina, Versailles non è più la stessa senza di voi che la illuminate con il vostro sorriso. Resistete, vi prego. Verrò a salvarvi.
 
“Permettete una domanda, comandante?” chiese Girodelle, avvicinandosi.
Oscar sobbalzò.
“Certo, ditemi pure”
“Dov’è Lemaire? È da un po’ che non lo vedo, qui a Versailles”
Oscar deglutì.
“Ecco lui…è in licenza”
“Perdonatemi, Madamigella. Ma sono io che visiono i documenti per le licenze. E non ho visto…”
“Il conte si è rivolto direttamente a me” tagliò corto Oscar, stringendo nervosamente le redini.
“Capisco” mormorò Girodelle “Mi dispiace avervi dato noia”
“No scusatemi voi, tenente io…” Oscar inspirò profondamente “Vi dispiace…potreste continuare voi qui? Non mi sento troppo bene”
“Certamente, però…” provò a dire Girodelle.
Ma Oscar era già partita al galoppo.
 
**
 
Giunta dinanzi al Bacino d’Apollo, Oscar si chinò e si spruzzò dell’acqua sul viso.
Come previsto, quella notte non aveva chiuso occhio, tormentata dai più disparati pensieri, e si sentiva spossata.
Come poteva dormire sapendo che la regina era rinchiusa da qualche parte a Parigi?
E poi, oltre a quello, il pensiero di Dorian continuava a tormentarla.
Oscar alzò la testa e sobbalzò, vedendo i grandi occhi dorati, oggetto dei suoi pensieri, materializzati davanti ai suoi.
 
“Sapevo che vi avrei trovata qui, Oscar” sussurrò il russo, con un sorriso.
“Cosa fate qui?” chiese la ragazza, ancora sorpresa.
Dorian si mise, come sua abitudine, le mani in tasca e scoppiò in una risata cristallina.
Quel giorno era forse più affascinante del solito.
La pesante giacca del giorno prima era scomparsa, il busto del giovane era coperto solo da una camicia scura, in netto contrasto con la sua pelle diafana.
I suoi capelli castani ondeggiavano, leggeri, al tiepido vento pomeridiano e i suoi occhi zafferani brillavano più che mai, quasi fossero oro liquido.
“Noi musicisti abbiamo molto tempo libero, a differenza dei valorosi cavalieri reali” rispose.
Oscar abbassò il capo, sorridendo.
Si sedettero sul bordo di pietra della fontana.
“Posso farvi una domanda?” chiese la ragazza.
Dorian si fece attento.
“Perché vi vestite sempre di nero?”
Il ragazzo sfoderò un sorriso smagliante.
“Si intona alla mia anima” rispose.
Fu la volta di Oscar a ridere.
“Non ci credete?” domandò Dorian.
“No è che…mi riesce difficile pensare a voi come ad una persona malvagia” rispose semplicemente lei, evitando il suo sguardo.
L’uomo non disse nulla, ma Oscar ebbe l’impressione che un lampo di tristezza avesse appena attraversato quegli strani occhi.
Stettero entrambi in silenzio per un po’.
Infine fu Dorian a parlare.
“Siete molto pallida, Oscar. Non avete dormito?”
“In effetti nell’ultimo periodo mi riesce piuttosto difficile” confessò la ragazza.
“E non vi sentite stanca?”
“No” mentì Oscar.
“Non siete molto brava a mentire, Oscar” rise Dorian “Ma fingerò di credervi e vi inviterò a seguirmi: voglio farvi ascoltare un pezzo al pianoforte. Nel caso lo trovaste noioso, potreste comunque schiacciare un pisolino. Prometto di non offendermi”.
L’uomo si alzò e le tese la mano.
“Venite con me” sussurrò, quando lei l’ebbe presa.
 
Continua…

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Capitolo 13
*** {Oblio ***



13
Oblio


Dorian sfrecciava per i corridoi della reggia come se ne conoscesse a memoria ogni singolo anfratto, cosa sorprendente per una persona che si trovava in Francia da poco tempo. Oscar faticava a tenergli dietro e si lasciava trascinare dall’uomo all’interno del palazzo e si stupiva nello scoprire che c’erano certi luoghi, a Versailles, di cui non sospettava nemmeno l’esistenza né aveva mai sentito parlare .
Giunsero infine davanti ad una porticina, alla fine di un corridoio, nell’ala est del palazzo.
Dorian, sorridendo, la spinse.
Era buio pesto. Oscar si ritrovò a tossire, a causa della gran quantità di polvere presente all’interno.
Sentì la mano di Dorian lasciare la sua e un attimo dopo venne investita dalla luce.
Il sole del mattino filtrava attraverso la finestra che l’uomo aveva spalancato e rivelava una stanzetta immersa nel caos. Vi erano mobili di ogni sorta: comodini, un tavolo da biliardo, una credenza contenente alcune tazze sbeccate, alcuni specchi incrinati, pile e pile di libri antichi e un grosso guardaroba con al suo interno qualche dozzina di abiti scoloriti e ormai passati di moda. In un angolino, vicino alla finestra, vi era un ultimo mobile coperto da un lenzuolo bianco, che Dorian si affrettò a togliere.
Il telo si scoprì nascondere uno stupendo pianoforte a coda.
Il russo lo fissò con un’espressione quasi amorevole.
“E’ un po’ vecchio, ma vi assicuro che è accordato a dovere” si giustificò.
Oscar sorrise, guardandosi intorno.
“Ma…che posto è questo? Non ricordo di averlo mai visto in tanti anni qui alla reggia” mormorò.
“La mente vede quello che sceglie di vedere” ridacchiò Dorian.
Poi, infilandosi le mani in tasca puntò sulla ragazza i suoi occhi gialli.
“E’ la vecchia stanza della musica. Dopo che hanno costruito quella nuova, nel 1752, questa è stata abbandonata, e successivamente utilizzata come ripostiglio. Ma, come potete vedere, è rimasto questo pianoforte, e io ci vengo per suonare”.
“Come fate a sapere tutte queste cose? Siete qui solo da pochi giorni” osservò Oscar.
Dorian sfoderò un sorriso smagliante.
“Me l’ha raccontato un collega” rispose, evasivo, rimboccandosi le maniche della camicia.
Oscar si accorse in quel momento che faceva un gran caldo. Prese in considerazione l’idea di tirarsi su anche lei le maniche ma, avendo addosso la rigida giacca della divisa, la cosa le risultava alquanto difficile.
Vedendola agitarsi Dorian scoppiò a ridere.
“Potete anche togliervela, quella giacca. Immagino stiate soffocando, lì dentro”
“Veramente io…” provò a dire la ragazza, a disagio. Senza l’uniforme aveva l’impressione di sentirsi vulnerabile.
Vedendo l’uomo osservarla senza capire dove fosse il problema, e consapevole che aveva ragione, decise di arrendersi e si sbottonò la giacca, per poi appoggiarla allo schienale di una sedia sgangherata che, casualmente, si trovava lì vicino.
 
Dorian si sedette davanti allo strumento, scoprì la tastiera e passò lievemente le dita sui tasti lucidi.
Poi, lanciando un ultimo sorriso ad Oscar, che era in piedi, lì accanto, attaccò a suonare.
Lentamente, una soave, dolce e…struggente melodia prese possesso dell’atmosfera circostante.
Era inverosimilmente bella, le note zampillavano fuori dal pianoforte al pari dell’acqua più pura da una sorgente per poi rimanere sospese, vibranti, nell’aria.
Era un’armonia incantevole, che inebriava come il più stuzzicante dei profumi e quando cessò, Oscar scoprì di avere le lacrime agli occhi.
Dorian alzò gli occhi dai tasti e cercò quelli di Oscar.
“Allora?” domandò sorridendo, avendo capito di essere riuscito a commuoverla.
“Meravigliosa” riuscì solo a dire la ragazza, incapace di esprimere con altre parole l’emozione che quella dolce melodia aveva acceso in lei.
“Beh, dovevo adeguarmi al mio pubblico” si giustificò il russo, con un altro dei suoi smaglianti sorrisi.
Oscar arrossì leggermente e abbassò la testa, imbarazzata.
Sentì Dorian alzarsi dallo sgabello e avvicinarsi a lei.
Con una mano le alzò il viso, costringendola a guardarlo nei suoi occhi zecchini.
“Perché non mi fate sentire voi qualcosa?” sussurrò, a pochi centimetri dal suo orecchio.
La ragazza deglutì. Non riusciva quasi a parlare tanta era la consapevolezza di quanto fosse diventata imbarazzante (almeno per lei) la situazione.
“Non…non è il caso. Non sono neanche lontanamente brava come voi” provò a dire.
“Coraggio Comandante! Prometto di non ridere” scherzò lui, tracciandosi una croce sul cuore.
“Ma…”
“Insisto” ribatté Dorian, spingendola delicatamente verso il pianoforte.
 
Oscar si arrese e si sedette di fronte allo strumento.
Prima di posare le dita sui tasti lanciò un’ultima occhiata preoccupata a Dorian, che si era appoggiato ad una cassettiera impolverata, con le braccia conserte ed un’espressione attenta sul volto.
La ragazza inspirò profondamente e iniziò a suonare.
“Bach!” esclamò piano l’uomo, riconoscendo subito il compositore.
 
La melodia che Oscar aveva scelto era piuttosto diversa da quella lenta e commovente suonata da Dorian. Era, anzi, alquanto allegra. Le note parevano rincorrersi, su e giù lungo le scale musicali, creando un gioco di suoni in perfetta sintonia tra loro.
Sembrava una sorta di ballo.
Mentre la mano destra apriva le danze, la sinistra, ferma, stava a guardare finché non arrivava il suo turno. Quando anche quest’ultima aveva concluso la sua coreografia, insieme, si intrecciavano volteggiando, lasciandosi e riprendendosi.
Oscar suonava speditamente, e si sentiva completamente a suo agio in mezzo a quella melodia.
Ad un tratto, però, si accorse che Dorian si era portato alle sue spalle e si era abbassato in modo che il suo viso fosse all’altezza del suo.
Si interruppe bruscamente.
“Perché vi siete fermata? Vi prego, continuate. Continuate a suonare” mormorò l’uomo al suo orecchio, con tono dolorosamente implorante, e Oscar riuscì a sentire il suo respiro sfiorarle i capelli.
Obbedì, e la danza ricominciò, più bella di prima.
 
Infine il brano si concluse.
Oscar sollevò le mani dai tasti ed esse furono subito catturate da quelle candide di Dorian.
La ragazza si sentì tirare in piedi delicatamente. Quando si voltò, la prima cosa che vide furono gli occhi dorati dell’uomo che la fissavano, e sembravano trapassarla da parte a parte.
Quello sguardo così penetrante e il contatto con la sua pelle gelida la fece rabbrividire.
“Bellissima” mormorò il russo, senza staccare gli occhi da lei.
“V-voi esagerate…io suono solamente per diletto, dopotutto” farfugliò Oscar.
“Beh il brano che avete suonato l’avete eseguito con maestria” disse lui “ma in questo momento io non mi riferivo a quello”.
Oscar taceva.
Voi siete bellissima” sussurrò Dorian prima di posare le sue labbra sulle sue.
 
Oscar era più confusa che mai.
Non riusciva a pensare a niente di sensato mentre Dorian premeva delicatamente il viso contro il suo.
Poi il suo sangue freddo di soldato si fece nuovamente vivo in lei che, con uno schiaffo, lo allontanò da sé.
“Che cosa fate?” domandò, senza fiato e rossa in volto.
Dorian si toccò la guancia colpita, leggermente stupito.
Poi, sorridendo, si avvicinò nuovamente e tornò a baciarla, attirandola a sé posandole una mano sulla schiena, mentre l’altra era affondata tra i suoi ricci biondi.
 
In un primo momento la ragazza rimase completamente immobile, spiazzata da quel suo gesto. Poi, lentamente, chiusi gli occhi e posate le mani sulle spalle dell’uomo, cominciò a rispondere al bacio, sorpresa nel sentirsi scivolare via di dosso tutte le preoccupazioni e le angosce di quei giorni.
La regina, il duca d’Orleans, Nicole Olivier…tutto sembrava far parte di un mondo lontano, in quel momento, durante quel bacio che sembrò durare secoli.
La ragazza si aggrappò a Dorian come un naufrago si aggrappa ad un legno galleggiante, nella speranza di raggiungere salvo la terraferma.
Quando si separarono, Oscar non riaprì subito gli occhi, cercando di imprimere nella mente quella meravigliosa sensazione di oblio.
Sentì Dorian staccarsi da lei e poi un’insolita sensazione di freddo al lato sinistro del collo.
Sollevò di scatto le palpebre e sentì il mondo precipitarle addosso quando si rese conto che Dorian le stava puntando un pugnale alla gola.
Il russo aveva dipinto sul viso un sorriso ben diverso da quelli che le aveva regalato fino a quel momento. La dolcezza e l’allegria che l’avevano sempre contraddistinto erano scomparse, lasciando il posto ad un ghigno.
“Molto bene. E ora che ne direste di venire con me, cherie ?” sussurrò, con una voce tagliente come la lama dell’arma che teneva in mano.
 
**
Palazzo Jarjayes.
 
Andrè, nelle scuderie, spazzolava lentamente la sua cavalla nera.
Era arrivata a palazzo Jarjayes insieme con Cèsar, il cavallo di Oscar, quando loro avevano dieci anni.
Essendo Oscar la figlia del padrone aveva avuto l’opportunità di scegliere quale dei due preferisse e lei, senza una minima esitazione, si era diretta verso il destriero bianco, lasciando a lui l’altro.
Andrè le aveva dato il nome di Cornelia, la prima sposa del grande Cesare.
Si prendeva cura di lei con amore: per lui non rappresentava solo un cavallo, ma era anche una sorta di confidente quando lui si sentiva triste o arrabbiato.
“Amica mia…” sospirò Andrè passandole piano la striglia sul manto d’ebano “sono sempre più preoccupato. La regina è ancora prigioniera e temo per la vita di Oscar. In questo periodo è molto debole e affaticata, e io ho paura che possa fare qualcosa di stupido, o che possa essere facilmente ingannata. Oggi non ha voluto che l’accompagnassi a Versailles, forse è ancora arrabbiata per come le ho risposto ieri… e poi…” il ragazzo strinse con più forza la spazzola “chi quell’uomo? Perché le ha dato un bacio? E perché lei non lo ha respinto? Non è da lei comportarsi in questo modo. Non mi convince affatto”.
 
Alzò lo sguardo e lanciò un’occhiata fuori dalla porta della stalla.
E rimase molto, molto stupito nel vedere il conte Girodelle varcare, al trotto, i cancelli del palazzo. Non era del tutto solo. Conduceva con sé, tenendolo per le redini, un altro cavallo.
 
“Ma…quello è Cèsar” esclamò Andrè, precipitandosi fuori.
 
“Buon pomeriggio Andrè” lo salutò Girodelle “ sono venuto a riportare a Madamigella Oscar il suo cavallo. L’ho trovato accanto al Bacino di Apollo”
“Ma dov’è Oscar?” chiese Andrè, preoccupato.
Girodelle assunse un’aria confusa e sbalordita.
“Non si trova qui?” chiese, stupito “Stamane mi disse di non sentirsi molto bene…credevo fosse tornata a casa. Poi ho visto il suo cavallo. L’ho trovato strano ma ho pensato che avesse preso una carrozza per tornare …”
“N-no. Non è tornata. Sono stato qui tutta la mattina e l’avrei vista rientrare…”
Un terribile pensiero lo colpì.
Oscar non avrebbe mai abbandonato il suo cavallo…
Impallidì improvvisamente.
“Scusatemi tenente” mormorò, prima di precipitarsi di nuovo nelle scuderie per uscirne subito dopo, in groppa a Cornelia.
“Ma…dove andate?” urlò Girodelle, scostandosi per evitare di essere travolto.
“A cercarla!” gli gridò di rimando Andrè.
“Ma quella è la strada per Parigi!” cercò di protestare il conte.
“Lo so! Ho un’idea su dove potrebbe trovarsi”
E spero tanto di sbagliarmi concluse nella sua testa, lasciando alle sue spalle un attonito Girodelle.
 
Continua…

eecco qui! Anche la nostra Oscar è stata catturata e, se quello che Andrè sospetta corrisponde all'effettiva realtà, portata al Palazzo Reale. 
Dorian: finalmente è chiaro il ruolo di questo personaggio misterioso.
Ma la sua sarà davvero una parte "da cattivo"?
Fatemi sapere! 
Un bacio
albazzurra :)

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Capitolo 14
*** {Prigionia ***


14
Prigionia

 
Palazzo Reale di Parigi, segrete.
 
La regina guardava, con aria disgustata, il piatto che le avevano appena posato davanti.
Non appena il duca d’Orleans varcò la porta della sua cella, gli lanciò un’occhiata truce.
“Mi avete dato da mangiare gli avanzi del vostro pranzo come se fossi un cane!” sbottò.
Il duca rise.
“Siete libera di non mangiarlo, se non è di vostro gradimento”
“Infatti non lo mangerò!” replicò lei, incrociando le braccia e storcendo il naso.
“Non avete toccato cibo nemmeno ieri sera, mia cara. Avete intenzione di farvi morire di fame?”
“Sarebbe senz’altro meglio che farmi usare da voi, duca!” ribatté.
“Come volete” disse quello, alzando le spalle.
La regina non sembrava però intenzionata a lasciar cadere il discorso.
“Cos’ha fatto quel vostro gatto a Madamigella Oscar?” domandò.
Il duca ridacchiò.
“Vi riferite a Dorian?” chiese, cogliendo l’allusione agli occhi del russo.
“Mi riferisco a quell’animale che ieri sera è venuto qui a parlare con voi!”
“Vi conviene, mia cara, trattarlo con maggiore rispetto. Lui non è il tipo che si fa insultare impunemente, soprattutto da una donna. Non vorrete fare la fine della vostra amica Nicole, vero?”
Maria Antonietta sgranò gli occhi.
“L’ha uccisa lui?”
“Già” disse il duca, compiaciuto “io ero solo il mandante. Io ho ordinato l’omicidio e lui l’ha eseguito. La sua è una specie di professione”
La regina era sconvolta, nauseata.
“Che…che cosa ha fatto ad Oscar?” ripeté, temendo il peggio.
“Niente di male nel vero senso della parola, ma chère” rispose laconico il duca d’Orleans.
“Che cosa volete dire?”
Furono interrotti dallo scattare della serratura.
 
Qualche attimo dopo Dorian fece il suo ingresso nella cella.
Quando incontrò lo sguardo del duca annuì.
“Lo scoprirete ben presto, mia cara” disse quest’ultimo, in risposta alla regina.
Si rivolse a Dorian.
“Falli entrare”
 
Il russo si diresse nuovamente verso la porta. Da fuori si sentiva un leggero trambusto.
Sulla soglia dell’uscio appena aperto apparve Oscar, con le mani alzate ed un’espressione di puro odio dipinta sul volto.
“Avanti cammina!” ringhiò una voce dietro di lei e alle sue spalle un omaccione dall’aria crudele la spinse all’interno con la canna della pistola.
“Il nostro valente Colonnello ti ha dato problemi Robert?” chiese, divertito, il duca d’Orleans.
“Parecchi, mio signore. Non ne voleva proprio sapere di venire quaggiù. Ha tirato una gomitata nelle costole a Charles e un calcio a Gilbert! È stata una fortuna per lei che voi mi abbiate detto di volerla viva…” ringhiò Robert, lanciando un’occhiata truce ad Oscar, che ricambiò.
“Sei stato molto bravo” lo lodò il duca “adesso puoi andare”.
L’uomo obbedì e se ne andò.
La porta si chiuse alle sue spalle ed Oscar non fece in tempo a guardarsi attorno che la regina le volò al collo.
“Oh Oscar! Cosa vi ha fatto quell’essere?” domandò, alludendo a Dorian “Cosa vi è accaduto? Come mai siete qui? Oh è tutta colpa mia!” Maria Antonietta era scoppiata in lacrime nel vedere la sua amica lì dentro.
“Non preoccupatevi per me, mia regina! Come state? Siete ferita?” domandò angosciata Oscar, ricambiando spontaneamente l’abbraccio della ragazza.
“Ma che quadretto commovente!” sospirò, sarcastico, il duca d’Orleans.
Dorian osservava la scena in silenzio.
 
Oscar lasciò andare la regina.
“Voi! Maledetto! Avrei dovuto immaginarlo fin dall’inizio che c’eravate voi dietro a tutto questo!” sibilò, avanzando verso il duca, alzando una mano, minacciosa.
Dorian si mise in mezzo, bloccandole il polso.
“Controllatevi, Oscar. Un simile atteggiamento e simili parole non si addicono ad una dama” sussurrò il russo.
La ragazza lo guardò infuriata e, con la mano libera, gli diede un sonoro ceffone.
Il russo prontamente glielo restituì, talmente forte che la fece cadere a terra.
La regina urlò.
“E’ il secondo schiaffo che ricevo da voi oggi e non si può certo dire che la cosa mi faccia piacere. State molto attenta, mia cara, perché, come anche la vostra amica Regina sa, io non mi faccio scrupoli a picchiare una donna” ringhiò il russo, guardandola dall’alto.
Il duca d’Orleans ridacchiò, beffardo.
“Eh, caro Dorian. Non sapevate che le ragazze francesi diventano alquanto aggressive quando le si provoca?”
L’uomo gli lanciò un’occhiataccia.
“In Russia se una donna si azzarda a toccare, ma che dico?, a guardare un uomo in una maniera che a lui non piace, essa viene punita come si merita!” sputò fra i denti.
 
La regina, nel frattempo, si era precipitata accanto ad Oscar che, ancora a terra, guardava Dorian con odio, non osando, però, muoversi.
Vedendo Maria Antonietta tamponarle premurosamente con un fazzoletto il sangue che le usciva dal naso, il duca assunse un’aria ironica.
“Vedo che vi prendete molta cura del vostro soldato, Antoinette. Non sarà forse vero quello che si vocifera su voi due?”
La regina era confusa.
“Come?”
Oscar, però, aveva capito fin troppo bene.
“Siete spregevole!” mormorò, irata.
Il duca non ci fece caso e tornò a rivolgersi alla regina.
“Oh…davvero non ne sapete niente? Volete spiegarglielo voi, madamigella Oscar?” chiese, falsamente stupito.
Maria Antonietta rivolse un’occhiata interrogativa ad Oscar, la quale, però, teneva gli occhi rivolti verso il pavimento.
Il duca ridacchiò.
“No, eh? Lasciate allora che vi metta al corrente della depravazione presente alla corte di Versailles” sospirò, con fare teatrale.
Si accomodò su una sedia, gustando l’angoscia nello sguardo della Regina.
“Sarò breve.” iniziò “Corre voce che voi due siate amanti. Insomma, d’altra parte come biasimare chi sparge queste dicerie? La vita di corte è spesso noiosa, si cercano sempre nuove cose su cui spettegolare. E questa volta la scelta è caduta sull’ambiguo rapporto tra la bella regina austriaca e l’affascinante colonnello biondo. C’è inoltre da aggiungere che, dato il vostro comportamento, è facile dare credito a queste chiacchiere. A corte state sempre l’una accanto all’altra e tutti si sono accorti che, quando la vedete, i vostri occhi brillano, Antoinette.”
Il tono del duca d’Orleans era chiaramente derisorio e il suo ghigno si allargò vedendo la regina impallidire ed Oscar arrossire, furiosa.
“E ovviamente voi avete fatto di tutto per alimentare queste sciocchezze, non è così duca?” sbottò quest’ultima.
Il duca non rispose, lanciandole però un’occhiata beffarda che lasciava del tutto intendere una risposta positiva.
 
“Passando invece alle cose serie” esordì poi “vi sarete senza dubbio chieste, mie care, per quale motivo siete state, come dire?, convocate qui. La ragione è molto semplice: io ho intenzione diventare re di Francia: voglio liberare questa grande e bella nazione dall’incompetenza del suo sovrano. Mio cugino è troppo…debole per governare. Non possiede né determinazione, né fermezza, né sangue freddo. Non ha un carattere forte ed è pauroso come un coniglio. Insomma, di reale ha solo il sangue…” concluse, con un’aria sprezzante.
Maria Antonietta e Oscar erano impallidite.
“Voi non potete diventare re.” cercò di replicare la sovrana “Il…il sovrano n-non può essere deposto. L’ufficio che ricopre gli viene direttamente da Dio. E resterà sul trono fino a quando non morirà”
“Centro, mia dolce regina!” disse il duca “Se il re muore, il trono passerà direttamente a me, dato che voi, mia cara, non avete ancora dato un erede alla Francia”
“Volete uccidere Luigi?” gracchiò la regina, talmente pallida che sembrava sul punto di svenire.
“Lo farò solamente in un caso estremo: non voglio altri spargimenti di sangue. Soprattutto di sangue reale. Infatti ci sarebbe un’altra possibile…via” proseguì il duca “Il re può abdicare. In questo modo nessuno si farà del male…”
La regina taceva.
“…ed è qui che entrate in scena voi, Antoinette” schioccò le dita e dalla porta della cella entrò un uomo che recava in mano dei fogli, una penna d’oca e un calamaio.
Li depositò ai piedi della regina e se ne andò.
“Scrivete una lettera a vostro marito. Spiegategli la vostra situazione e ditegli che sarete liberata solo a patto che abbandoni la sua carica.”
La regina lo guardò con disprezzo.
“Non lo farò mai! Non vi aiuterò a raggiungere i vostri scopi.” giurò.
Il duca rise.
“Sapete, mia cara? Mi aspettavo questa risposta. E’ per questo che Madamigella Oscar è qui”.
Prima che Maria Antonietta potesse aprir bocca, Dorian si era portato velocemente alle spalle di Oscar, l’aveva trascinata in piedi e le aveva puntato, per la seconda volta, un pugnale alla gola.
“No! Lasciatela stare! Lasciatela stare!” strillò Maria Antonietta, portandosi le mani alla bocca.
“Sono una persona paziente, mia dolce Antoinette, e vi concedo un po’ di tempo per pensarci. A Madamigella Oscar non sarà torto un capello nel frattempo. Riflettete con attenzione, mia cara!” sussurrò il duca d’Orleans.
Poi fece un cenno a Dorian, che spinse Oscar fuori dalla stanza.
“No! Dove la state portando?!” gridò la regina, in preda al panico.
Prima di chiudersi la porta alle spalle, il duca ghignò.
“Beh, immagino che vorrete stare un po’ sola con i vostri pensieri. Non angosciatevi per il vostro amato soldato: Dorian lo tratterà con molta gentilezza. Non è così?”
“Duca d’Orleans!” gridò Oscar, in collera “vi giuro sulla mia stessa vita che non vi permetterò mai di mettere in pericolo il legittimo re e la legittima regina di Francia!”
Il duca d’Orleans ebbe uno scatto d’ira.
Non sopportava quella ragazza, sempre pronta a difendere i sovrani: ma quella volta non l’avrebbe avuta vinta. Se la sarebbe finalmente tolta dai piedi. Per sempre.
“Portala via!” sbottò, irritato.
 
L’ultima cosa che la regina udì fu la risata sguaiata del russo.
Sola, si accucciò in un angolo della cella buia, e pianse amaramente.
 
 
Continua…


Ok, ok! Capitolo breve, lo ammetto.
Oscar ha ritrovato la regina, ma ora è prigioniera anche lei: disarmata e in compagnia di Dorian. È nei guai, secondo voi? xD
Aspetto di conoscere le vostre idee.
Un abbraccio
albazzurra

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Capitolo 15
*** {Maschere (Credete forse...?) ***


15
Maschere (Credete forse…?)

 
Andrè fronteggiava gli alti cancelli dorati del Palazzo Reale, accigliato.
Scavalcarli sarebbe stato impossibile, e anche passare attraverso le sbarre.
Non posso di certo passare dalla porta d’ingresso pensava, irritato, lanciando un’occhiata verso quella parte in cui i cancelli erano spalancati, invitanti.
Quel che però vide lo lasciò perplesso.
Gruppi numerosi di persone, uomini, donne e bambini, varcavano i cancelli. Erano tutti vestiti in modo più che bizzarro, anzi!, vi erano alcuni unicorni, qualche fata ed bambini abbigliati come tanti piccoli paggetti.
Ma cosa sta succedendo?si chiese, confuso.
All’improvviso sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Spaventato, si voltò di scatto e il trovarsi faccia a faccia con un orso polare non fece che accrescere la sua confusione.
“Ma guarda un po’!” esclamò una voce dall’interno della folta pelliccia candida “Che bel costume, signore! Molto realistico! Interpretate il ruolo di stalliere con una vera e propria maestria! Sembra quasi che non siate travestito!”
“Oh…ehm, grazie” riuscì a dire Andrè.
“Siete davvero calato nel personaggio, Monsieur! Permettetemi però di dirvi che vi manca una maschera da mettere sul viso.” proseguì l’orso.
“Davvero? Oh che disdetta! Devo avere smarrito la mia!” esclamò Andrè, fingendosi preoccupato.
“Non temete! Ecco, prendete questa!”
Lo strano personaggio rovistò per un po’ all’interno del costume e, infine, estrasse una piccola maschera nera.
“Ne porto sempre una di scorta!” disse allegramente “Ve la regalo! Ecco, ora siete proprio perfetto! Adoro le feste in maschera del duca d’Orleans! Si ha sempre l’occasione di conoscere gente nuova! Beh, ci rivedremo dentro, immagino!”
Dopo avergli stretto calorosamente la mano, l’enorme plantigrado, barcollando, varcò l’ingresso del palazzo.
Andrè lo seguì con lo sguardo, attonito. Fissò la maschera che aveva in mano e la indossò.
Beh, tentar non nuoce…si disse fra sé e sé, mescolandosi tra la folla.
Con sua somma felicità, passò inosservato agli occhi delle guardie ed entrò senza problemi all’interno del Palazzo Reale.
 
**
Dorian trascinò Oscar per le scale, sempre più su finché non arrivarono al secondo piano, dove si trovavano le stanze padronali.
Aprì una porta e la spinse dentro.
Dopo essere entrato dietro di lei sbatté l’uscio e chiuse a chiave.
La stanza era molto spaziosa, anche se scarsamente illuminata, dato che le finestre erano sbarrate. La mobilia era molto semplice e ricercata: un letto a baldacchino, un guardaroba in legno massiccio, una specchiera che occupava tutta la parete e, in un angolo, un pianoforte bianco. Una perfetta stanza per gli ospiti.
Dorian, giratosi verso la ragazza, sfoderò di nuovo quel suo smagliante sorriso.
“Mettetevi pure comoda, mia cara” disse, indicando il letto.
Oscar, dopo avergli lanciato un’occhiata sprezzante,  si sedette su una poltrona di velluto rosso, collocata in un angolo, vicino alla finestra.
“Non c’è motivo per cui dobbiate fare l’offesa con me” disse Dorian, infilandosi le mani in tasca.
Oscar lo fissò con uno sguardo omicida.
“Come? Come potete affermare una cosa del genere?” ringhiò.
Dorian la guardò, inespressivo.
“Siete un bugiardo!” continuò la ragazza.
“Il mondo ne è pieno…” mormorò il russo.
“E con questo? Io mi fidavo di voi. E siete una persona del tutto diversa da quella che mi avete fatto credere di essere!”
“Beh, mi stupisce molto che un colonnello delle guardie reali abbia riposto la sua fiducia in un uomo che conosceva da nemmeno un giorno. E poi…non ho fatto nulla che voi non desideravate, o sbaglio?” disse.
Oscar arrossì per un istante.
 “Voi…voi mi avete ingannato!”
Il volto di Dorian fu attraversato da un lampo d’ira. Strinse i pugni, tanto forte che le sue nocche, già candide, sbiancarono.
“E CREDETE CHE MI ABBIA FATTO PIACERE FARLO?” ruggì inaspettatamente, rovesciando un tavolino con un calcio.
Oscar ammutolì di colpo, spiazzata.
“Credete che abbia provato gioia nel puntarvi un pugnale alla gola, sapendo che alla minima pressione vi avrei ucciso? Credete che mi abbia fatto felice picchiarvi senza ritegno poco fa? Credete che mi sia divertito ad ascoltare le ignominiose storie che i cortigiani di Versailles tessono sul vostro conto? Pensate forse che io non abbia tremato d’orrore quando il duca mi ordinò di uccidervi, non appena Maria Antonietta gli avesse consegnato la lettera per il re? Credete forse che sia stato facile, per me, portare sul volto la maschera del freddo assassino?” proseguì imperterrito Dorian, incollerito.
“Credete che non mi sia costato dolore portarvi qui, stasera?” il russo si avvicinò a grandi passi alla ragazza e, poggiando le mani sui braccioli della poltrona su cui era seduta, bloccandole i movimenti.
“Siete davvero convinta di tutto questo?” sussurrò, a ridosso delle sue labbra.
Oscar ancora non parlava. Le parole parevano aver perso ogni forma nella sua mente. I pensieri si accavallavano, furiosi, alla ricerca di una possibile risposta a quella valanga di domande che il ragazzo le aveva vomitato addosso.
Corrugò la fronte, confusa. Non riusciva a ragionare lucidamente: sentiva il respiro di Dorian sul viso e sul collo, le sue ginocchia sfioravano quelle di lui.
I capelli castano chiaro del russo le solleticavano il volto, la camicia, leggermente sbottonata, gli scopriva il collo bianco. La sua pelle profumava di pesca.
E i suoi occhi zecchini la fissavano e sembravano frugarle l’anima.
Oscar rimase immobile, inchiodata allo schienale della poltrona, incapace di compiere qualsiasi movimento, avendo paura quasi di respirare.
Dopo averla osservata per qualche attimo, Dorian si rimise dritto e si allontanò di qualche passo, dandole le spalle.
“Vorrei che voi ascoltaste una storia, Oscar. La mia.”
 
**
 
Andrè si guardava intorno, spaesato.
L’enorme sala da ballo del Palazzo Reale era gremita di ospiti, indossanti i più svariati e buffi costumi. La musica era assordante e il ragazzo si rese conto di trovarsi proprio accanto all’orchestra. Decise di spostarsi, dirigendosi verso la parte opposta della sala, in un angolino buio e vuoto.
Vide il signore vestito da orso che si avvicinava a lui.
Doveva assolutamente evitare qualsiasi conversazione e cercare il luogo dove erano rinchiuse Oscar e la regina.
Troppo tardi.
“Oh! Ecco il nostro stalliere! Come va signore? Vi divertite?”
Andrè cercò di assumere un’aria serena e disinvolta.
“Oh certo Monsieur! La festa è davvero splendida, quasi quanto i balli di Versailles!”
“A quanto ne so, però, a Versailles è da molto tempo che non si danno balli” disse, pensieroso, l’enorme mammifero.
“Ehm…già. E’ a causa del viaggio in Spagna di sua Maestà la Regina…di solito è a lei che piacciono molto le feste danzanti, mentre suo marito il Re predilige ambienti più tranquilli..” Andrè sudava freddo. Il discorso si stava spingendo verso un argomento pericoloso.
“Capisco. Ma la Regina dovrebbe tornare presto credo. E’ passato quasi un mese dalla sua partenza. Sarebbe ora che rientrasse alla Reggia, non pare anche a voi?”
Andrè deglutì.
“Sono sicuro che sua Maestà tenga molto al suo Paese e al suo popolo, Monsieur e credo che presto ritornerà a Versailles, non sopportando di lasciarlo orfano della sua sovrana”
L’orso rise. Una risata bassa e terribile.
“Ah si? E anche Madamigella Oscar la pensa così?”
Andrè sbiancò.
“Non rispondete? Eppure come suo attendente dovreste conoscere il suo punto di vista sulla questione, Andrè Grandier. Oh, che sbadato! Molto probabilmente non vi siete mai posti il problema, dato che la Regina alloggiava a Palazzo Jarjayes, e voi eravate troppo fiduciosi nella buona riuscita della sua messinscena per preoccuparvi di cosa avreste fatto in caso contrario, non è così?”
Andrè era come paralizzato, spalle al muro.
Dopo un’altra breve risata lo sconosciuto rimosse la testa irsuta dell’orso dalla sua.
Il Duca d’Orleans sogghignò di fronte all’espressione atterrita di Andrè.
“E ora seguimi, damerino! E senza fiatare, se non vuoi che sveli il vostro prezioso segreto a tutti i presenti”.
Andrè, con le spalle al muro, obbedì, e precedette il duca verso una porta, lungo delle scale, fino ai sotterranei.
 
**
 
Dorian passeggiava, su e giù per la stanza, in silenzio.
Sembrava cercare le parole adatte per cominciare.
 
“Dovete sapere, Oscar, che io nacqui in uno squallido quartiere di Mosca. Mia madre era tornata nella sua patria dopo aver lasciato il servizio di una delle più prestigiose famiglie francesi. Mi raccontava sempre molte storie sulla casa in cui lavorava e sulla famiglia che serviva. Mi diceva di aver abitato in un grande palazzo dai cancelli dorati, con stanze enormi e soffitti altissimi. Mi diceva che molto spesso si organizzavano grandi balli, in quel palazzo, e che la gente che vi partecipava indossava abiti sontuosissimi. Quando ricordava quel periodo della sua vita, le brillavano sempre gli occhi. Non mi disse mai per quale motivo avesse lasciato la Francia fino al giorno in cui morì. Eravamo molto poveri, i posti di lavoro erano molto pochi. Mia madre guadagnava qualche soldo pulendo i pavimenti dell’ospedale e io ero affidato alle cure di una vecchia vicina. Inevitabilmente, data la scarsissima igiene del luogo in cui lavorava, la penuria di cibo e il rigido clima, mia madre si ammalò gravemente. Ma, sul letto di morte, accarezzandomi piano la testa, mi rivelò, finalmente, il segreto del mio passato. Così scoprii di essere il figlio di un nobile francese, il suo giovane padrone, che, nonostante fosse sposato, si divertiva a frequentare i letti di alcune cameriere. Mia madre rimase incinta e, per evitare lo scandalo, mio padre la scacciò immediatamente  da quella casa e la rimandò in Russia. Poco prima di morire riuscì a sussurrarmi nell’orecchio il nome del mio nobile genitore” Dorian si interruppe.
Oscar lo aveva ascoltato, paralizzata, fino a quel punto. Dato che il silenzio dell’uomo si prolungava e con un orribile presentimento che le gravava sul capo come una spada di Damocle, chiese: “E…qual era il suo nome?”
Lo sguardo di Dorian, che fino ad allora era rimasto fisso sul pavimento, tornò a posarsi su di lei.
“Mi disse: tuo padre si chiama…Philippe, Philippe d’Orleans
 
 
 
Continua…

oook! lasciatemi dire che non sono molto sicura di questo capitolo.
spero che possiate comunque apprezzarlo (anche se un po' breve) ;)
fatemi sapere, come sempre!
albazzurra

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Capitolo 16
*** {Sorprese ***


Premetto che questo capitolo mi convince forse ancora meno del precedente. All'inizio l'avevo ideato diversamente. Poi ho voluto tentare questa pazzia. In questa parte della storia si svela, finalmente, la verità sul conto di Dorian e sull'assassinio di Nicole Olivier. Presumo che molti si saranno chiesti come possa Dorian dichiararsi "buono", avendo ucciso una ragazza innocente. Qui c'è la risposta. Forse vi sembrerà un'assurdità. Può darsi. Ma, d'altronde, già dal titolo la storia si preannunciava folle. :)
Fatemi sapere. E non fatemi rimanere sulle spine. 
albazzurra

16
Sorprese

 

“Andrè! Andrè! Per l’amor del cielo cosa ci fai qui?” squittì Maria Antonietta, quando il duca d’Orleans spinse malamente il giovane nella stretta cella.
“Il nostro prode cavaliere è venuto a salvare la sua bella dalle grinfie del lupo cattivo, o meglio, dell’orso cattivo” disse ironicamente il Duca, indicando la folta pelliccia bianca che aveva ancora addosso.
“Maestà!” esclamò Andrè “State bene? Siamo stati tutti così in pensiero per voi…”
“Io sto bene, Andrè. Ma Oscar…”
Andrè si guardò intorno, cercando, inutilmente, di vedere la chioma bionda della ragazza.
“Cosa è successo ad Oscar? Dov’è?” chiese angosciato.
“Che cosa le avete fatto?” urlò, rivolgendosi al duca d’Orleans.
“Non le ho fatto proprio niente, se proprio vuoi saperlo. C’è Dorian con lei, in questo momento” ripose laconico l’uomo.
“Dorian?”
“Non lo conoscete? Eppure mi ha detto di avervi visto, a Versailles. Disse che vi siete arrabbiato molto quando lo avete visto dare un innocente bacio alla vostra padrona” ghignò il duca.
Ad Andrè fu subito chiara la verità, come se fosse stato appena colpito da un fulmine.
“L’avete mandato voi a Versailles? L’avete mandato appositamente perché vi portasse Oscar?”
“Per essere solamente un servo devo dire che sei astuto” ironizzò il duca “Però, ora che mi ci fai pensare…Dorian non mi ha ancora raccontato nulla. E dire che sono così curioso di sapere come si comporta Madamigella Oscar quando è, come dire?, in intimità con qualcuno. Voi che mi sapete dire, Andrè? Anche in quei casi mantiene quel suo irritante sorrisino altezzoso? Chi lo sa, magari è la volta buona che qualcuno è riuscito a cancellarglielo dalla faccia.”
Andrè si scagliò contro il duca
“Bastardo!”
Il duca d’Orleans, velocissimo, estrasse una pistola da una tasca interna del costume e, con il calcio, colpì il giovane alla tempia.
Andrè rovinò a terra, premendosi una mano sulla parte colpita, che già sanguinava. La regina lanciò un grido terrorizzata.
“Andrè!”
Il duca troneggiava sul ragazzo, terribile.
“Ancora una mossa avventata come questa e diventerai cibo per i vermi, ragazzo. Tu non mi sei di alcuna utilità ed inoltre sei un servo. Quindi sta’ pur certo che non mi farò scrupoli ad ammazzarti!” sibilò l’aristocratico.
“Ed ora, se non vi dispiace, vado a vedere come se la sta cavando il mio protetto con l’audace Colonnello biondo” rise.
Aprì la porta, uscì, e la richiuse dietro di sé.
Poi, affacciatosi alla piccola finestrella sbarrata aggiunse, rivolto alla Regina.
“Ah, Antoinette, dimenticavo…al mio ritorno voglio che voi abbiate preso una decisione riguardo a voi sapete cosa. Ricordatevi questo: a Madamigella Oscar non verrà fatto alcun male se voi farete quello che vi ho chiesto. Dopotutto sono un uomo magnanimo, non vi pare?”
“Duca!” lo richiamò la Regina, afferrando le sbarre della cella “Duca, voi mi garantite…siete pronto a giurare davanti a Dio che ad Oscar non verrà fatto alcun male? Né ad Andrè, né a Luigi…a nessuno, se io scrivo quella lettera?”
“Certo mia cara” sussurrò il duca d’Orleans, prima di allontanarsi a grandi passi.
La Regina, sentendo già le lacrime premerle contro gli occhi, prese con mano tremante la piuma e, dopo averla intinta nell’inchiostro, cominciò a scrivere.
Mon Roi, mon cher Louis…
 
**
 
“Il duca d’Orleans è tuo…padre?” Oscar non riusciva a credere a quello che Dorian aveva appena detto.
“Già” sospirò amaramente il russo “E ha sbattuto mia madre fuori dalla sua casa, in mezzo ad una  strada, a morire. E non gli importava niente di lei, il divertimento di una notte, e di me, una conseguenza inaspettata e sgradita”. Strinse i pugni.
“Ma io gliela farò pagare! Sono venuto in Francia apposta. Dopo la morte di mia madre venni adottato da un musicista di Mosca, il professor Ludmil Milankovic. Un pianista che mi trasmise la passione per la musica – come vedete non tutto quello che vi ho detto era una bugia – e mi portò in giro per le corti d’Europa. Come vi ho già detto, egli morì a Stoccolma e, non avendo eredi né parenti prossimi, lasciò a me tutti i suoi averi. Quel che possedeva non era molto, ma fu sufficiente a permettermi di proseguire il mio viaggio verso la Francia”.
Oscar lo guardava, rapita, nonostante tutto, da quel racconto.
“Ma come sei entrato in contatto con il duca d’Orleans?”
Dorian sogghignò.
“Fu lui ad avvicinarmi, a corte. Mi notò mentre suonavo, un pomeriggio, nella sala della musica. Mi disse che era molto colpito dal mio talento e che mi avrebbe preso sotto la sua ala. Io ero sul punto di rifiutare l’offerta ma, quando mi disse il suo nome, cambiai immediatamente idea. All’inizio non facevo che stupirmi dal colpo di fortuna che avevo avuto. Ma poi capii che avevo commesso un madornale errore. Il duca, apparentemente cortese, man mano che ci vivevo a contatto, si cominciò a rivelare per quello che era veramente: un astuto manipolatore. Mi rivelò i suoi progetti, la sua volontà di detronizzare Luigi XVI. E quando scoprì che sua Maestà la regina si era arruolata nella sua stessa Guardia personale, colse al volo l’occasione per attuare il duo piano. Mi convocò nel suo studio e mi ordinò di recarmi sulla via per la Spagna e di uccidere la falsa regina e il suo seguito. Non potei rifiutare: sapevo troppe cose e se mi fossi tirato indietro mi avrebbe sicuramente ucciso; io non mi sarei potuto vendicare e, per farlo, avrei dovuto aspettare il momento propizio. Così mi mostrai freddo e distaccato, accettai di buon grado il crudele compito che mi aveva affidato (dietro compenso, ovviamente) e partii per la Spagna. Dopo pochi giorni di viaggio avvistai la carrozza della regina. La bloccai al limitare di una foresta e misi fuori gioco i pochi soldati che la proteggevano. Feci scendere la ragazza e…”
“E la uccidesti.” Concluse Oscar, amareggiata.
“No. Non lo feci. Non ne ebbi la forza” Dorian abbassò lo sguardo “All’inizio mi ero convinto a farlo. ‘Il fine giustifica i mezzi’ pensavo. Ma poi ho visto il terrore negli occhi di quella giovane. Sentii il suo urlo terrorizzato, quasi un rantolo. Non ce l’ho fatta. In quell’istante capii che non l’avrei uccisa.” 
“Come!? Ma…ho visto la testa. L’ho vista con questi occhi Dorian, non prendermi in giro!” Oscar era più confusa che mai.
“L’avete toccata? L’avete osservata da molto vicino?” domandò il russo, fissandola.
“No, in effetti no ma...” Oscar rabbrividì, disgustata.
“Era una testa finta, di cera. I capelli erano una parrucca. Gli occhi di vetro” confessò Dorian, con un mezzo sorriso “Ho speso quasi metà dei miei averi per ottenere un’imitazione che sarebbe stata perfettamente credibile”.
“Ma…e il sangue? Ricordo perfettamente che c’era del sangue alla base del collo e sulla carta in cui era avvolta” ribatté la ragazza.
“Era sangue di cervo. La giovane Nicole e la Marchesa di Lambroux si trovano ora in una piccola tenuta al limitare del Paese. Ho detto loro di rimanere nascoste fino a quando non avessi detto loro di tornare a Parigi”
Dorian sorrise, notando l’espressione stupefatta di Oscar.
“Non sono un assassino, Oscar. L’unico sangue che sarò lieto di spargere è quello del duca d’Orleans”.
La ragazza si alzò in piedi e corse incontro all’uomo.
“Ma è magnifico!” esclamò.
Dorian alzò una mano, come per zittirla.
“Vorrei che voi mi ascoltaste ancora per qualche minuto, Oscar” disse e, quando lei annuì, riprese a parlare.
“Quando tornai a Versailles feci credere al duca di aver eseguito alla perfezione ogni suo ordine. Lui ne fu felicissimo e cominciò a fidarsi di me. Ma non era ancora soddisfatto. Gli avevo portato la testa della falsa regina, ora voleva che conducessi voi al suo palazzo. Mi ordinò di sedurvi (non gli importava come) e di portarvi qui. E vi confesso, Oscar, che quello fu l’ordine che eseguii più volentieri. Non una parola che vi ho detto non corrispondeva alla realtà. E questo sono pronto a giurarvelo. Ve lo giuro sulla mia stessa vita.”
Oscar non capiva.
“Ma…perché? Cosa vuol dire tutto ciò?”
Dorian le si avvicinò.
“Non l’avete ancora capito?” sussurrò, a pochi centimetri dal suo volto.
Oscar lo guardò e immancabilmente si perse in quegli occhi colore del sole. Il suo sguardo era incatenato a quello di lui
“Oscar io…” sussurrò Dorian, senza staccare gli occhi dai suoi.
 
Prima che l’uomo avesse il tempo di proseguire, si udirono chiaramente dei passi nel corridoio avvicinarsi alla porta della stanza.
“E’ lui!” sussurrò Dorian, allontanandosi di scatto da lei.
Oscar distolse, a fatica, lo sguardo dal suo.
“Oscar ascoltatemi!” Dorian la scosse, prendendola per le spalle “Io vi giuro che vi aiuterò a liberare la regina. Ma il duca d’Orleans crede che io sia dalla sua parte, capite? Qualunque cosa io faccia, vi prego, fidatevi di me!”
La ragazza lo fissò negli occhi per qualche istante.
“D’accordo” bisbigliò poi.
I passi si fermarono di fronte alla porta chiusa.
Veloce come un fulmine Dorian afferrò la ragazza e la spinse contro la parete, con i polsi imprigionati nelle sue mani sopra la testa.
Ad Oscar mancò il respiro per un istante, schiacciata contro il muro dal corpo pesante dell’uomo.
“Respingetemi” sussurrò lui e, quando udì la porta aprirsi, spinse le sue labbra su quelle della ragazza.
 
**
 
Il duca d’Orleans aprì la porta e rimase piacevolmente soddisfatto della scena che gli si parò davanti agli occhi.
Madamigella Oscar si dibatteva furiosamente, nel tentativo di allontanare da sé Dorian che, bloccandole le mani sopra la testa, le baciava il viso e il collo.
Un calcio della ragazza colpì il russo ad un ginocchio e l’uomo si allontanò bruscamente da lei, con una smorfia di dolore.
“Ah! E’ inutile con te, dannata sgualdrina!” ringhiò Dorian, fissandola con uno sguardo omicida.
Il duca d’Orleans, che si era appoggiato ad uno stipite della porta per godersi la scena, scoppiò in una sonora e bassa risata.
“Amico mio, dovresti legarle mani e piedi per poter agire indisturbatamente” scherzò “Fortunatamente per te era già disarmata!”
Dorian rispose con uno sbuffo e con una serie di imprecazioni nella sua lingua madre.
“In Russia…” cominciò lui.
“…le donne fanno tutto quello che gli uomini desiderano senza fiatare?” completò il duca d’Orleans, sogghignando “Perché se è così parto immediatamente alla volta di Mosca”.
Dorian non rise.
“Suvvia ragazzo!” sbottò il duca, contrariato, dandogli una pacca sulla schiena “Non te la prendere. Non sei tu. E’ che quella lì non la dà a nessuno”
Oscar gli lanciò un’occhiata truce e piena di disprezzo.
“Volevate dirmi qualcosa, Louis?” borbottò Dorian.
“In effetti, ero venuto a vedere come te la stavi cavando con questa indomita leonessa” il duca fece un cenno nella direzione di Oscar “ma, ora che mi ci fai pensare, ritengo opportuno che Madamigella venga ricondotta nelle segrete. C’è una sorpresa per lei…”
Oscar sgranò gli occhi lanciando un’occhiata preoccupata a Dorian.
“Cosa volete dire?” domandò.
“Oh, lo scoprirete ben presto, Madamigella. Molto, molto presto”
Il duca d’Orleans ridacchiò e uscì dalla stanza.
“Portala di sotto Dorian” ordinò, prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
Una volta che fu uscito, Oscar si rivolse al russo.
“Che cosa intendeva per sorpresa? Quale sorpresa?”
Dorian scosse la testa.
“Non ne ho la più pallida idea…Se si tratta di una cosa che aveva già in mente di fare, non ne aveva mai fatto parola con me. Oppure potrebbe essere capitato un imprevisto…”
Oscar annuì. Dorian estrasse la sua pistola, la caricò e, con uno sguardo sofferente, la puntò contro la ragazza.
“Dobbiamo andare”
“Sì” concordò Oscar, alzando le mani e dirigendosi verso la porta.
Uscì, seguita a ruota da Dorian.
 
**
 
Oscar e Dorian camminavano silenziosamente attraverso i corridoi del Palazzo Reale.
La stanza che avevano occupato si trovava al terzo piano e per raggiungere le segrete bisognava recarsi fin nei sotterranei.
Quando passarono accanto a un portone chiuso, attraversando l’ingresso deserto, si udì una forte musica e un gran rumore di voci.
“Il duca ha invitato molte persone al ballo in maschera, questa sera!” osservò Dorian “C’è un rumore insopportabile”.
Oscar rise, senza allegria.
“Molto astuto da parte sua. Più caos c’è, meno si farà caso a rumori sospetti provenienti dal piano di sotto”
Il russo tacque ed Oscar capì che era d’accordo con lei.
Scesero piano le scale. Attraversarono un corridoio lungo ed angusto, sempre in discesa, fino a sbucare in un altro corridoio che era costruito perpendicolarmente a quello che avevano appena attraversato. Una fila di piccole porte si parò davanti a loro.
Dorian spinse leggermente la ragazza verso l’ultima di esse.
Quando furono a pochi passi dall’uscio l’uomo si arrestò, imitato da Oscar.
La ragazza sentiva il suo respiro solleticarle l’orecchio, tanto era vicino.
“Oscar, ascoltatemi. Per un po’ mi dovrò comportare come prima. Dobbiamo aspettare il momento opportuno per colpire il duca d’Orleans. Dobbiamo coglierlo di sorpresa, capite? Fidatevi di me, ancora per qualche minuto…”
Oscar si voltò e gli prese il volto tra le mani, guardandolo profondamente con quei suoi occhi chiari.
“Io mi fido di te, Dorian” sussurrò pianissimo, per non farsi udire al di là della porta.
Dorian ricambiò il suo sguardo. Aveva un’espressione seria, in volto.
“Sono pronto a morire pur di aiutarvi, Oscar” giurò, afferrandole una mano e portandosela al cuore.
Oscar rabbrividì al contatto con la sua pelle.  
“A-andiamo!” Oscar si voltò e ritornò ad alzare le mani.
“Aspettate” la bloccò Dorian e le mise in mano il suo pugnale.
“Per le emergenze” si giustificò.
Lei annuì. Fece per voltarsi ma poi si bloccò.
“Dorian…” iniziò, titubante.
“Si?”
“Cosa volevi dirmi prima?” domandò.
L’uomo la fissò vacuo per qualche secondo.
“Niente…di importante” disse infine “Ora dobbiamo andare”
Lei annuì.
Era un po’ agitata: il duca aveva parlato di una sorpresa. Non le piaceva affatto il tono con cui l’aveva detto. Era sicura che, qualsiasi cosa avesse visto una volta oltrepassata la piccola porta della cella, non sarebbe stato di certo nulla di buono.
Trasse un profondo respiro e, con il cuore a mille, si diresse verso il piccolo uscio.
 
**
 
Quando Oscar entrò, spinta dalla canna della pistola che Dorian le premeva contro la schiena, la prima cosa che notò era che la regina Maria Antonietta non era sola come quando l’aveva lasciata. Al suo fianco, accovacciato per terra, con le ginocchia al petto e le mani legate dietro la schiena, c’era un ragazzo dai capelli corvini e gli occhi verdi. Oscar ci mise meno di un secondo a riconoscerlo, ma quello che la turbò maggiormente fu il rivolo di sangue che, partendo dalla tempia, gli attraversava la guancia e macchiava di rosso il colletto della camicia candida.
La ragazza si precipitò al suo fianco.
“Andrè! Andrè!” urlò, terrorizzata.
“Oscar! Va tutto bene? Sei ferita?” biascicò lui, osservando il volto della giovane, controllando se vi fossero segni di violenza.
“No, no Andrè! Ma cosa ti è successo? Ti hanno colpito! Come mai sei qui?” Oscar si strappò il fazzoletto che portava al collo e cominciò a tamponare il sangue che, ringraziando il cielo, aveva smesso di scorrere.
“Sono venuto a cercarti, ma sono stato preso anche io. Mi dispiace Oscar, Ti avevo raccomandato di agire prudentemente, ma io stesso non ne sono stato capace. Perdonami se puoi” mormorò Andrè, abbassando il volto.
Oscar non rispose, ma si limitò a osservarlo con uno sguardo dolce e apprensivo allo stesso tempo.
Andrè, invece, non la guardava più. I suoi occhi fissavano un punto alle sue spalle.
“Tu!” gridò “Tu! Cosa le hai fatto, bastardo?!”
Dorian rimase immobile, per nulla turbato. Fissava il giovane con aria inespressiva.
Andrè balzò in piedi, ma la testa gli faceva male e la vista gli si offuscò, facendolo barcollare.
Oscar lo costrinse a mettersi di nuovo seduto, e gli accarezzò i capelli.
“Stai calmo Andrè. Va tutto bene!” gli sussurrò all’orecchio, in modo che solo lui potesse udirlo
“Non mi ha fatto nulla!”
Poi si voltò verso la regina che, in piedi, guardava con occhi pieni di lacrime l’amica. Alle sue spalle c’era Robert, l’omaccione che poco tempo prima l’aveva condotta nella cella.
La guardò interrogativa, poi notò il rotolo che teneva stretto nella mano tremante e, ai suoi piedi, la piuma d’oca, sporca d’inchiostro.
Oscar capì al volo quello che era successo.
“No mia Regina! Non potete cedere così. Non è giusto!”
Maria Antonietta cominciò a piangere silenziosamente.
“Mi dispiace…mi dispiace Madamigella Oscar. Ma ho dovuto farlo. Io…io non avrei potuto sopportare che vi facessero del male a causa mia. Nessun altro dovrà soffrire per me”
“Maestà, non fatelo! La mia vita non è nulla paragonata alla terribile sorte che attende la Francia se voi cedete.”
La regina scosse la testa.
“Mi dispiace, mi dispiace tanto. Ma non posso perdervi, Oscar”.
Piangendo, porse la pergamena al duca d’Orleans, il quale la afferrò, con aria trionfante.
“Finalmente!” esultò “Finalmente il grande giorno è arrivato. Quanto ho aspettato questo momento!
Ho tra le mani la chiave per il trono di Francia! Dorian, amico mio, fedele servitore! Gioisci con me!”
Dorian sorrise.
“Ben fatto Louis” sussurrò.
Il duca d’Orleans ripose il prezioso foglio in una tasca della giacca.
Poi, sforzandosi di rimanere lucido, nonostante l’eccitazione del momento, si rivolse alla regina.
“Ottimo lavoro, Antoinette. Devo dire che non mi aspettavo che cedeste con tanta facilità. Non sapevo che Madamigella Oscar valesse quanto la corona di vostro marito. Finalmente la Francia sarà mia! Sarò Re! E, se vorrete, Antoinette, sarete regina, al mio fianco!”
“Preferirei morire!” disse Maria Antonietta, piena di disprezzo.
“Posso senz’altro accontentarvi!” ruggì il duca, adirato per l’impudenza della ragazzina.
“Ma prima” proseguì, suadente “Sarò costretto a togliere di mezzo la vostra cara Madamigella Oscar”
Un silenzio glaciale scese nella stanza. Lo sguardo di tutti i presenti si posò su Oscar che, ancora al fianco di Andrè, guardava il duca con gli occhi spalancati.
“No!” urlò la regina, terrorizzata “No! Avevate giurato su Dio che non le sarebbe stato fatto alcun male se avessi scritto quella lettera! Avete dato la vostra parola!”
Il duca scoppiò in una sonora risata.
“Oh, ma chère. A mio parere non esistono né Paradiso né Inferno, conta solamente quello che in vita si ha, o non si ha. Inoltre, dovreste ormai avere imparato a non fidarvi troppo della mia parola, Antoinette. Madamigella Oscar rappresenta un ostacolo pericoloso, molto pericoloso, per me: sa troppe cose. Non posso certo lasciarla libera di spifferare tutto o, peggio, di mettermi continuamente i bastoni fra le ruote, no?”.
Il duca d’Orleans estrasse la spada dal fodero. Un’arma piuttosto antica che aveva dei rubini incastonati nell’elsa.
“Dorian, vuoi avere l’onore? Credo che tu te lo sia meritato”
D’Orleans porse la spada al russo che l’afferrò e si voltò lentamente verso la ragazza.
“Nooo!” strillò la Regina, trattenuta a fatica da Robert, che bestemmiò per lo sforzo di tenerla ferma.
“Nooo!” urlò Andrè, dibattendosi e cercando, inutilmente, di liberarsi dalle corde che gli bloccavano i polsi.
Il duca d’Orleans si beò di quel terrore e si avvicinò alla regina.
“Ora” le sussurrò all’orecchio “il mio protetto trafiggerà il cuore del vostro amato soldato con questa spada, la stessa che ha reciso il capo di Nicole Olivier”
La regina cominciò a tremare violentemente, dibattendosi come una leonessa in gabbia.
“Oh, non vi angosciate mia cara! È questione di un attimo. Madamigella non sentirà niente. E voi, Antoinette, la seguirete immediatamente, secondo il vostro desiderio. Ma prima voi assisterete alla fine della vostra amica, che muore, per colpa del vostro egoismo e della vostra stupidità” proseguì l’aristocratico.
Il duca poi lanciò uno sguardo di sufficienza in direzione di Andrè.
“Per quanto riguarda te…non c’è bisogno che mi sporchi le mani. Ci penseranno i miei uomini a farti fuori, a suon di pugni. Non è vero Robert?”
L’omaccione che teneva la regina rise sommessamente.
La spada, affilatissima, era a pochi centimetri dal petto di Oscar e la ragazza rivolse uno sguardo di sfida al duca d’Orleans.
“Vedo che mantenete quell’espressione altezzosa anche di fronte alla morte, Madamigella. Molto bene. Vedremo se rimarrete impassibile anche di fronte al dolore” sussurrò quello.
Oscar non batté ciglio. Maria Antonietta, singhiozzando, chiuse gli occhi. Ma prima, rivolse uno sguardo supplichevole ad Oscar.
“Oscar…” riuscì solo a dire la Regina, prima di essere sopraffatta dalle lacrime.
Andrè si dibatteva come impazzito. Scalciava e si dimenava. Tutto inutile.
“Addio, Madamigella Oscar!” disse il duca d’Orleans.
Dorian sollevò la spada, pronto a colpire.
 
Continua…
 

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Capitolo 17
*** {Tale padre, tale figlio? ***


Ciao a tutti! Dunque, ho bisogno di fare una premessa.
Mentre scrivevo questo capitolo ho notato di aver fatto un leggero casino con le date.
In due parole: credevo che nel 1777 il duca d’Orleans fosse più vecchio di quello che in realtà era e mi sono ritrovata, ora, a non “stare dentro ai tempi”.
L’unica cosa che posso fare è chiedere umilmente perdono (xD) e chiedere che mi sia concessa una sorta di “licenza poetica”.
Grazie e scusatemi ancora =)
Buona lettura
albazzurra
 

17
Tale padre, tale figlio?

 
Maria Antonietta pareva sul punto di svenire, tanta era la tensione che aveva accumulato.
Andrè aveva gli occhi così sbarrati che sembrava volessero schizzargli fuori dalle orbite.
L’enorme Robert rimase paralizzato dalla sorpresa.
“Ma cosa..?”
Il duca d’Orleans non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Ma soprattutto non comprendeva assolutamente che cosa avesse spinto Dorian a girarsi all’improvviso e a puntargli la spada alla gola.
“Dorian…ma cosa fai? Toglimi subito..” iniziò il duca, ma non riuscì a finire perchè l’uomo premette maggiormente la lama contro il suo collo.
Il russo sollevò un lato della bocca e sul suo viso si dipinse un ghigno di trionfo.
“Sorpreso Louis?”
“Sei impazzito, ragazzo? Ricordati che ora sono il re di Francia. Devi obbedirmi!” sibilò. Poi, come ripensandoci, si raddolcì “Dai, Dorian..siamo amici, no? Se abbasserai la spada prometto che chiuderò un occhio su questo tuo colpo di testa. Ci stai?”
Per tutta risposta Dorian gli si accostò maggiormente, costringendolo ad indietreggiare un poco per non essere trafitto dall’arma affilata.
“Re? E credete che sareste degno di un così grande titolo?” il russo rise “La verità, Louis, è che voi volevate ottenere questo trono per voi stesso. Non avreste usato questo potere per migliorare la Francia”
Il duca si limitò a guardarlo con occhi gelidi.
“Vuoi la verità, Dorian? Sospettavo che tu fossi un traditore, eppure mi sono fidato di te. Che stolto..”
Il russo aggrottò la fronte e digrignò i denti.
“Oh sul serio? Davvero molto arguto. Vediamo se sospettavate anche questo. Ditemi, duca Louis Philippe d’Orleans. Vi dice niente il nome Garina Sokolova? Era una delle vostre cameriere, molto tempo fa.”
Il duca d’Orleans inarcò un sopracciglio, poi disse “In questo palazzo sono passate centinaia di cameriere. Pretendi forse che me le ricordi tutte? E per giunta, pretendi che mi ricordi il nome di una semplice cameriera che ha servito la mia famiglia anni fa?”
“Davvero? Beh è piuttosto strano. Perché so che voi la apprezzaste molto quella cameriera. Era molto bella. Capelli biondi, pelle chiara…e dei bizzarri occhi gialli.” continuò Dorian, e il suo volto era sfigurato dalla rabbia.
Il duca impallidì improvvisamente.
“Come ho già detto…”
“…non ve la ricordate, capisco. Allora vi rinfrescherò la memoria” il russo, fremente d’ira, puntò i suoi occhi dorati in quelli scuri del duca “Quella cameriera era mia madre. E nelle mie vene, Louis, scorre il vostro stesso sangue!”
 
**
 
Era notte fonda: una notte di inizio dicembre.
I primi fiocchi di neve avevano cominciato a cadere, e i prati della Francia sembravano coperti da un soffice manto bianco. E freddo.
Faceva un dannato freddo quella notte.
Louis e Henri, due amici, entrambi aristocratici, entrambi figli di duchi, erano di ritorno da una lunga serata passata in una taverna parigina. Scesero dalla carrozza, che si era appena fermata di fronte al grande palazzo dei de Germain.
Henri, dopo aver fatto pochi passi, incerto sulle gambe, scivolò su una lastra di ghiaccio e cadde dolorosamente a terra.
Scattò nuovamente in piedi, il volto rubicondo, forse per il troppo vino, forse per il freddo, forse per l’irritazione. Tirò fuori la sua pistola.
“Ah! Chi è ssshtato? Daaannato farabutto io ti…-bestemmia- faccio fuori!”
“Non è stato nessuno Henri. A meno che tu non voglia sparare alla strada ghiacciata, faresti meglio a riporre quell’arma. Per quanto precisa possa essere, amico mio, non ho intenzione di tirarti nuovamente fuori dai pasticci, nel caso ferissi qualcuno” borbottò Louis, sorreggendo l’amico per evitare che cadesse.
“Aaaaaah, sssshta’ zitto Luì!” biascicò quello “Shempre a fare il bbbbravo ragassho! Dovressshti trattenerti qualche volta dal rompere le ssssshcatole e imparare a divertirti anche tu, per Dio!”
“E tu sei un esperto nei divertimenti, eh Henri!?” mormorò sarcasticamente Louis.
“Sheeeeerto! Dico io, amico! Hai vissshto quella baldracca bionda alla taverna? She non mi avesshi allontanato, bashtardo che non sei altro, ti dico io cosha le avrei fatto! Tanto per cominshiare…hai visto che balcone? Eppoii..”
“Sìsì..dai vieni Henri, ti porto in casa. Forza, alza il piede che c’è un gradino.” lo interruppe bruscamente Louis, disinteressato ai discorsi del suo amico sbronzo.
“Naaaa Luììì! Voglio tornare in quella dannatisshima bettola e, per i numi dell’Olimpo, strappare la shottana a…” gli alitò in faccia Henri, cominciando a tirarlo dalla parte opposta, nuovamente verso la carrozza. Cadde nuovamente. Bestemmiò nuovamente.
“Ah! Sei ubriaco fradicio Henri! Sono stanco di venirti dietro per assicurarmi che tu non finisca ammazzato in una rissa da taverna! La prossima volta portati dietro Charles, io ne ho le tasche piene!”
“Ooooh Luì! Io lo fasshio solo per te! Dannazione amico! A volte mi chiedo se non ti piasshiano i maschietti! Eh, Luì? Nnnon ti ho mai vissshto con una donna!” esclamò Henri.
“Ho una moglie, idiota! E ce l’hai anche tu!”
Henri de Germain parve pensarci su un attimo, poi, come ricordandosi improvvisamente della propria consorte, sbuffò sonoramente.
“Eeeeeeeeeh sshi! Ma con lei non è la ssshtessa cosa! Inshomma! L’hai vishta no? Martine* è buona sholo a tenere caldo il letto, in queshte serate fredde. E che diavolo! Ho il diritto a divertirmi almeno la notte, vishto che di giorno devo fare il perfetto damerino!”
“I tuoi problemi di letto non mi interessano, Henri! Voglio solo tornare a casa! Sono dannatamente stanco e…”
“Luì, Luì...non sharai mica impotente eh?Forshe è per questo che non ti ho mai vishto a tuo agio in quei locali. Eh? Dovrò chiedere a tua mmoglie! Daaannashione Luì! She non ti piasche tua moglie ci sono le cameriere! Ho vishto che a casa tua ce ne shono di davvero cariiine! Non ci credo che non te ne shei portata a letto nemmeno una. She è coshì allora o ti piacciono i maschietti oppure shei impotente! Ahahah Luì, perché non me ne hai mai parlato?” biascicò Germain, ridendo follemente.
Louis d’Orleans, fumante di rabbia, consegnò l’amico al maggiordomo e si diresse a grandi passi verso la sua carrozza. Non vedeva l’ora di tornarsene a casa.
Una volta che fu salito, ordinò seccamente al cocchiere di partire.
‘Impotente? Eh? Lo vedremo!’ pensava, stizzito, tra sé e sé.
Sapeva benissimo che non avrebbe dovuto arrabbiarsi, che Henri gli aveva detto quelle cose solamente perché era sbronzo.
‘Già…eppure in vino veritas…’ gli cinguettò nella mente una vocina.
Louis battè un pugno sul sedile e urlò “Più veloce!”
 
Giunse a casa con tutta l’intenzione di dimenticarsi di quella orribile serata.
Si diresse a grandi passi verso la cucina.
Spalancò la porta e, anche nell’oscurità, riuscì ad intravedere una piccola figura muoversi bruscamente e sussultare, spaventata.
“Chi è là?” chiese, sospettoso.
L’ombra si mosse, avvicinandosi a lui.
“Fatti vedere!” ripeté.
E, quando giunse sotto la finestra, la luce della luna illuminò il volto pallido di una ragazza sui sedici anni.
“Monsieur? Siete voi?” bisbigliò la ragazza.
 Louis la scrutò per un istante.
Aveva la pelle bianchissima che il chiarore lunare faceva sembrare trasparente, la vita sottile. Era piuttosto piccola di statura, le sue mani sembravano quelle di una bambina.
Il viso era ovale, il naso dritto.
Lunghe ciocche di capelli biondi e lisci facevano capolino dalla cuffietta che portava sul capo.
Ma quello che colpì maggiormente Louis, furono i suo occhi. Occhi grandi, da cerbiatto..e gialli come il sole.
“Monsieur?” disse nuovamente la giovane, preoccupata che non si sentisse bene.
“Chi sei?” chiese Louis. Era certo che fosse una delle tante cameriere di sua moglie, non era la prima volta che la vedeva in casa.
“Il mio nome è Garina, monsieur” si affrettò a dire la ragazza, facendo un’elegante riverenza.
“Garina? Che razza di nome è Garina?” domandò bruscamente d’Orleans, ancora troppo  arrabbiato per la discussione con Henri per preoccuparsi dell’educazione.
La ragazza arrossì.
“Sono russa, Monsieur” si giustificò, chinando il capo.
“E cosa ci fai qui a quest’ora?” indagò lui.
Garina arrossì ancora di più, ma tacque.
“Ebbene?” insistette d’Orleans.
Lo sguardo gli cadde sul fagotto che la ragazza tentava di nascondere dietro la schiena.
“Avanti, fammi vedere cos’hai lì” sbottò, tendendo la mano.
La ragazza, tremante, posò sul tavolo l’involto, che si scoprì contenere qualche coscia di pollo, qualche pasta e della frutta.
Louis alzò gli occhi su di lei.
“Questa roba è per te? O l’hai rubata per altri?” chiese, calcando l’accento sulla parola ‘rubata’.
“N-no signore..non è per me…”
“E allora per chi?”
“…”
“Rispondi, dannazione! O giuro che ti sbatto fuori di casa!” sibilò.
“E’ p-per un’amica, Monsieur. Lei non è fortunata come me, lei non ha un lavoro. E ha una famiglia da sfamare…vi prego Monsieur, permettetemi di portarle questo cibo…sono la sua unica speranza..deve dar da mangiare a sei figli…” la ragazza cominciò a singhiozzare.
Quelle lacrime infastidirono moltissimo Louis.
Perché se c’era una cosa che non sopportava, erano le lacrime.
“D’accordo, d’accordo! Basta! Smettila immediatamente di frignare ragazzina!”
Garina tacque all’istante.
“Vai, porta questa roba alla tua amica. Ma è l’ultima volta ragazza! Noi lo paghiamo quel cibo. Ed è giusto che siamo noi a mangiarlo!”
“Si Monsieur!” si affrettò a dire la cameriera, e allungò la mano per prendere il fagotto.
Ma, proprio mentre stava per afferrarlo, un bracciale di perle fece capolino dalla manica del vestito.
Louis, afferratole il braccio, lo osservò da vicino, riconoscendolo immediatamente come un dei gioielli di sua moglie.
“Anche questo è per la tua amica?” chiese, gelido.
La ragazza ricominciò a tremare, spaventata.
“Rubi il mio cibo, ti permetto di tenertelo, e scopro che hai sgraffignato anche delle cose della padrona?” ringhiò.
Louis era furibondo.
Beffato dal suo migliore amico…e anche dai domestici? No, questo non l’avrebbe permesso.
Aprì la bocca per ordinare alla ragazza di fare le valigie e sloggiare, quando le parole di Henri gli rimbombarono nella testa
.
‘…She non ti piasche tua moglie ci sono le cameriere! Ho vishto che a casa tua ce ne shono di davvero cariiine! Non ci credo che non te ne shei portata a letto nemmeno una…’   
 
Fissò nuovamente la ragazzina, con uno sguardo di apprezzamento.
Poi, avvicinatosele, le disse: “Sono molto indeciso se farti arrestare oppure no, piccola ladruncola. Ma c’è un modo per salvare questo bel visino, piccolina” le carezzò una guancia. Lei lo fissava, con gli occhi d’oro spalancati.
“Sempre che tu non voglia passare la vita in prigione” le sussurrò all’orecchio.
Sentendola tremare, Louis seppe, gongolante, di aver vinto.
Alla faccia di Henri!
 
**
 
Nessuno si era accorto che aveva iniziato a piovere eppure il lampo che illuminò la notte, e il tuono che seguì sembravano essere parte integrante della scena che si stava svolgendo nelle segrete.
La regina si portò una mano alla bocca.
Andrè lanciò uno sguardo interrogativo ad Oscar, come se non credesse a quello che aveva appena udito.
La ragazza annuì impercettibilmente.
Il duca d’Orleans indietreggiò nuovamente, pallido, portandosi una mano alla fronte, ora imperlata di sudore.
Dorian gli si accostò.
“Ve la portaste a letto e poi l’abbandonaste quando veniste a sapere che era incinta. Sarebbe stato uno scandalo, giusto? Voi eravate sposato e un membro della famiglia reale. Cosa si sarebbe detto a corte? Così la gettaste in mezzo ad una strada. A morire”
“Tua madre era una piccola e sporca ladruncola! E anche una vera sgualdrina! Dovresti ringraziarmi se non l’ho fatta rinchiudere in prigione! Tu ora non saresti nemmeno qui, dannato russo!” sputò il duca d’Orleans.
Dorian  strinse più forte la spada, pallido di rabbia, con gli occhi fiammeggianti.
“Non osate! Utilizzate il poco tempo che vi rimane per raccomandarvi a Dio, duca. Perché oggi” sussurrò Dorian “Oggi lei sarà vendicata!”
Dorian alzò la spada sopra la testa.
“E ora…addio!”
 
**
 
“NO!”
Dorian si bloccò di colpo, all’udire quella voce.
Si voltò lentamente e vide Madamigella Oscar interporsi tra lui e il duca.
“No, Dorian. Non devi ucciderlo” disse la ragazza.
Il russo la fissò, sbalordito.
“Ma cosa dite Oscar? Vi rendete conto che quest’uomo stava per uccidere voi, la regina, il vostro attendente…è responsabile della morte di mia..”
“So perfettamente chi è e che cosa ha fatto!” lo interruppe Oscar, posando lo sguardo sul duca d’Orleans, disgustata “Ma se lo uccidi ora, senza che la verità sulle sue empie azioni sia prima venuta a galla, tu passerai per un assassino e sarai condannato a morte!”
“E pensate che mi importi? La mia vendetta vale più della mia vita!” gridò il russo.
“Per l’amor del cielo, Dorian! Ragiona! Tua madre sarebbe felice di vederti morire per la sete di vendetta? Con un adeguato processo..”
“Quest’uomo” urlò il russo “E’ un membro della famiglia reale. Nemmeno il re in persona può condannarlo a morte! È la legge!”
“Ma ha minacciato la Regina di Francia. E le leggi possono cambiare.” disse una voce flebile, alle loro spalle.
Oscar e Dorian si voltarono di scatto.
La regina, liberatasi dalla presa, ormai debole, di Robert, avanzava verso il duca d’Orleans, con aria sprezzante.
“E state pur certi, Signori, che io non dimenticherò quello che costui ha fatto a me, a voi, e al nostro Paese!” sibilò, minacciosa.
Dorian guardò la donna per qualche istante, poi abbassò l’arma e si inginocchiò.
“Grazie mia regina”
“Vi devo la vita, Monsieur. Non dovete ringraziarmi” mormorò Maria Antonietta.
“E non è tutto Maestà!” si intromise Oscar “Nicole Olivier e la marchesa di Lambroux sono vive. Dorian non le ha uccise. E’ stata tutta una messinscena.”
Gli occhi e il volto della regina si illuminarono di gioia.
“Dite davvero?” esclamò, facendo scorrere lo sguardo da Oscar a Dorian “Oh ma è…semplicemente meraviglioso! Sono così felice, così felice. Voi mi date una grande gioia Dorian! E’ magnifico…”
 
“ATTENTO!” l’urlo di Andrè arrivò troppo tardi e Dorian si sentì scivolare la spada di mano.
 
“E così” una voce baritonale si levò dalle loro spalle “mi hai ingannato fin dall’inizio, Dorian”
Oscar, Maria Antonietta e Dorian si voltarono.
Il duca d’Orleans brandiva contro di loro la lunga spada, che fino a poco prima era puntata alla sua stessa gola.
Il duca emise una delle sue basse, roche risate.
“Sai, Dorian…dopotutto tu non sei così diverso da me. Sei un abile doppiogiochista e faresti di tutto per ottenere ciò che vuoi. E se non fosse per questa tua vergognosa devozione per questa ragazzina…” fece un cenno col capo alla regina “..,saresti stato proprio il figlio perfetto per me. Ti credevo più uomo Dorian…e invece ti pieghi come l’erba di fronte a questa Austriaca….”
Lanciò uno sguardo sprezzante a Maria Antonietta, poi i suoi occhi si posarono nuovamente su di lui.
“Che peccato” disse solo.
Poi, con un movimento fluido, trafisse con la spada il ventre del russo.
“Mi spiace Dorian, ma non ho bisogno di un figlio come te”.
 
Continua…
 
*Personaggio inventato: non so quale fosse il nome della moglie del duca di Germain (né, in realtà, so se abbia effettivamente avuto una moglie). Altra licenza poetica ;)

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