Essere diversi.

di Crylliam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non avrebbero mai dovuto saperlo. ***
Capitolo 2: *** Una strana prima ora. ***



Capitolo 1
*** Non avrebbero mai dovuto saperlo. ***


Non avrebbero mai dovuto saperlo.

Era la mattina del 15 Settembre.
Era piuttosto leggero, quel ticchettìo; la sveglia aveva suonato alle 6 e 45, il che era strano, dato che Mitch era sicuro di averla programmata per suonare alle 6 e mezza. Ma non importava, lui era rimasto sveglio.
Aveva fatto un sogno divertente durante la notte, ma ne  ricordava solo qualche pezzetto.

«Da oggi inizierà tutto, di nuovo.» Questo era stato il suo primo pensiero, la sua prima preoccupazione: Quel giorno sarebbe stato il primo di un nuovo anno scolastico, ma doveva essere perfetto.
Aveva lasciato l'altra scuola perchè non ne poteva più, sperava di recuperare tutta la felicità e il divertimento mai avuti durante gli anni precedenti.
Ma soprattutto non voleva assolutamente ricommettere quell'errore! Era stato la sua rovina! Avrebbe dovuto tacere, se lo ripete sempre; ed ogni volta gli vengono in mente mille scuse verosimili che avrebbe potuto usare per evitare quella situazione e, di conseguenza, quel disastro.
Ma ora non doveva pensarci, doveva solo alzarsi, lavarsi, fare colazione, vestirsi e intraprendere il cammino verso la nuova scuola, padrone di una personalità nuova di zecca: dopo tutto quello che era successo e dopo la decisione di cambiare scuola aveva iniziato molto bene le vacanze estive ed era stato metà del suo tempo davanti al computer, grazie alla quale aveva conosciuto persone fantastiche con la quale chattava e si alzava su il morale.

Era diventato un ragazzo molto divertente, si era tagliato i capelli e stava molto meglio. Aveva iniziato a fare sport, sempre cercando di non ricommettere quell'errore anche con i compagni di squadra. Davanti allo specchio si vedeva totalmente diverso e ogni tanto pensava: "Quei bastardi non sanno cosa si perdono", ma eliminava subito quel pensiero perchè si vedeva troppo sicuro di sè, quasi illuso, come loro.
Aveva iniziato ad ascoltare musica diversa, non più cupa e deprimente, ma energica e motivante.
Dopo tutte queste considerazioni si sentiva sempre più carico e, anche se sembra strano, non vedeva l'ora di andare a scuola.
Si era lavato, vestito, aveva mangiato e stava già camminando sulla via davanti a casa, in direzione della fermata dell'autobus, quando gli sovvenne un pensiero improvviso e doloroso: come si sarebbe presentato ai nuovi compagni? Bè, di certo avrebbe usato il suo umorismo naturale per attirarsi le simpatie... e se non funzionasse? Ma funzionerà di sicuro... E se questi nuovi compagni avrebbero deluso le sue aspettative?

I suoi pensieri si fermarono. Stava esagerando e lo sapeva.

Arrivò l'autobus e si sentì di nuovo più leggero. Entrò, prese un posto e iniziò a srotolare le cuffie dell'mp3. Aveva bisogno di qualche canzone che gli desse molta carica, optò per i Nirvana.
Intanto l'autobus si riempiva sempre di più e i posti erano finiti. La gente che entrava doveva stare in piedi e, data la strada piena di curve, le faccie di queste persone assumevano tutte un'espressione di sfida, come per dimostrare di avere un equilibrio di ferro, e sembravano fare uno sforzo immondo ad ogni curva secca.
La batteria dell'mp3 si era scaricata, «Diamine!» pensò.
Anche se non avrebbe voluto, si rimise a pensare nervosamente all'immediato futuro, a ciò che sarebbe dovuto succedere esattamente 10 minuti dopo.
Pensava a come sarebbero stati i professori, i compagni, le lezioni, e soprattutto se ci sarebbe stato qualcuno con la sua stessa caratteristica... quella di cui tanto si pentiva di aver svelato.
Mancavano solo due fermate, il suo cuore era però stranamente calmo.
Ad una fermata dalla fatidica scuola, salì un uomo molto grasso che, in piedi, si posizionò vicino a lui. Occupava tanto, troppo spazio. Al momento di scendere non riusciva ad uscire e si sentiva rinchiuso dall'uomo.
Forse qualcuno dei suoi vecchi compagni gli avrebbe bestemmiato contro, pensò, ma lui aveva imparato a rispettare gli altri, non solo con le parole ma anche con il pensiero: non aveva fatto caso alla stazza dell'uomo.
Facendosi spazio con i suoi gomiti non più ossuti come una volta, riuscì a scendere dall'autobus.

Entrò dal cancello della scuola e si ritrovò nell'ingresso, guardò l'ora: era in perfetto orario.
Ne approfittò per inquadrare bene l'ingresso della scuola: sarebbe stato qualcosa che avrebbe visto tutte la mattine a partire da quel momento.
C'erano tantissimi cespugli, poco curati e pieni di cartacce e buste di Fonzies, Kinder Bueno, lattine di Coca Cola e chi più ne ha più ne metta. Questi delimitavano il piccolo percorso che partiva dal cancello di entrata e finiva nelle scale che precedevano la porta.
Ad un certo punto si voltò per scrutare altre caratteristiche interessanti, quando, proprio davanti ai suoi occhi, una ragazza bassina e paffuta inciampò sbadatamente su uno di quegli stupidi cespugli e cadde a terra graffiandosi i gomiti e le ginocchia.
Prontamente arrivò un gruppetto di ragazze, tutte con la stessa borsa e vestite tutte con abiti succinti e vistosi. Esse si erano messe a ridacchiare in maniera stupida mentre la sfortunata ragazza cercava di riprendersi dallo shock e pulirsi i pantaloni che si erano sporcati di una polvere grigia, quella che si intravedeva nelle scale. Mitch ebbe pena per lei, ma gli vennero i brividi osservando ciò che era successo.

Una donna magra e anziana spuntò dalle porte d'ingresso e annunciò con entusiasmo l'apertura delle porte e, quindi, l'inizio del nuovo anno.
Con sua grande delusione, il suo entusiasmo non fu affatto ricambiato dagli studenti che, avviandosi verso l'entrata, avevano un portamento simile a quello di una massa di zombie.
La donna rientrò dentro con fare alquanto infastidito, sussurrando "Ogni anno va sempre peggio...". In un certo senso ebbe pena anche per lei.

Con qualche attimo di esitazione entrò nella scuola, senza fare caso al fatto che le ragazzine pettegole di prima lo guardavano con sguardo malvagio e provocatorio: erano sempre più ridicole, ma quegli sguardi facevano quasi sembrare che sapessero del suo segreto.
Guardò i fogli appesi alle porte in cerca del suo nome, per sapere quale sarebbe stata la sua classe.
Dopo qualche minuto di ricerca lesse finalmente il suo nome, si mise poi a scorrere velocemente tutta la lista dei nomi dei suoi nuovi compagni con molta concentrazione per assicurarsi di non avere in classe qualcuno che avrebbe potuto far sì che il suo anno diventasse di nuovo solo una brutta esperienza.
Improvvisamente sentì una mano colpire forte la sua spalla e, in quel momento, ebbe l'impressione di rivivere quell'episodio di paura che aveva determinato la sua vecchia e stupida timidezza.



Bè, che ne pensate? :D
E' la mia primissima fanfic, l'ho scritta tirando fuori un po' di sensazioni ed episodi personali e, per questo, spero solo che vi faccia riflettere:)
Forse è un po' presto per dirlo, questo è solo il 1° capitolo, ma spero che recensirete dicendo sinceramente quello che pensate! *-*
Saluti, Crylliam:)

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Capitolo 2
*** Una strana prima ora. ***


Una strana prima ora.


Dopo quell'improvviso flashback si era quasi pietrificato e impiegò 10 secondi per girarsi a vedere di chi fosse quella freddissima mano pesante.
Troppi, si, perchè appena si voltò non ebbe nemmeno il tempo di prendere fiato che si ritrovò sommerso da una folla di studenti che sembravano voler entrare per distruggere tutto quello che trovavano.
Era questa la realtà di quella scuola: il caos regnava sovrano dalla mattina al pomeriggio e tutto ciò che potevano fare quelli più deboli era arrivare in ritardo alle lezioni per evitare la folla scalmanata; ormai anche i professori capivano e giustificavano tutti coloro che si attenevano a questa regola di vita.
Ma, infondo, Mitch non ne aveva bisogno. Lui non era affatto debole ma solo... impreparato. Si sarebbe aspettato di vedere qualcuno dietro di lui, qualcuno per la quale aveva preso tanto fiato e coraggio in quei dannati 10 secondi.

E fu così che entrò in classe completamente disorientato, come se tutti i suoi ragionamenti precedenti non fossero serviti a nulla.
Durante la classica corsa per gli ultimi banchi i suoi piedi vennero pestati più e più volte.
Aveva preso troppe botte per ricordare anche solo un nome di quelli letti nell'elenco della sua classe.
Appena il suo sedere si poggiò sulla sedia Mitch riprese conoscenza.
Valutò svelto la situazione: Si trovava in un banco in seconda fila, vicino alla finestra. Poteva benissimo vedere l'ingresso della scuola e chiunque vi passasse, un punto a suo favore.
Era dietro una ragazza alta, snella e con i capelli neri come la pece. Questa faceva sì che lui non potesse essere intravisto con chiarezza dalla professoressa, un altro punto a suo favore.
Arrivò ora il pensiero più determinante: chi sarebbe stato suo compagno di banco? Lui era nuovo e, di solito, nessuno si sedeva di fianco ai nuovi. Così fu anche in quel caso.
In realtà questo fatto non lo addolorava molto. Infondo era sicuro di non essere l'unico nuovo e aveva notato altre due persone che erano rimaste sole.

Prima di quanto potesse aspettarsi, entrò una professoressa piccoletta, bassa e di tarda età.
Iniziò frettolosamente l'appello: si intuiva facilmente che aveva tante cose da dire per presentarsi e per esporre il programma.
Fece l'appello con una velocità assurda, probabilmente non scrisse nemmeno tutti i nomi degli assenti.
Poggiò la penna con mano decisa e iniziò il suo discorso.
«Salve ragazzi. Io sono la prof.ssa Armstrong, sarò la vostra insegnante di italiano per tutto l'anno scolastico e anche per quelli seguenti, per chi avrà la fortuna di essere promosso.»
Una risatina a più voci si alzò debole dal fondo della classe.
«Quest' anno abbiamo ben quattro ragazzi nuovi e tre ripetenti. Il resto della classe mi conosce già abbastanza bene.» Accennò un sorriso con la quale mise in mostra i suoi pochi denti.
Mitch era alquanto stupito: erano in tutto altri sei ragazzi che si sarebbero dovuti ambientare come lui. Con lo sguardo fece un veloce giro dei volti dei suoi compagni per farsi qualche ipotesi sui presunti "nuovi arrivati".
Notò che negli ultimi banchi si trovavano tre di quelle ragazze ridicole che aveva visto la mattina, dovevano essere le tre ripetenti.

Si aspettava di essere chiamato alla cattedra a presentarsi rispondendo ad alcune domande della professoressa, come facevano nella vecchia scuola. Ma non fu così.
Furono tutti piacevolmente colpiti dalla decisione della prof. di lasciare la prima ora alla classe per socializzare, tranne lui. Non era preparato nemmeno a questo.
Passati solo cinque minuti ebbe già dimenticato tutto ciò che si era detto, ma fortunatamente gli venne comunque naturale parlare con i suoi nuovi "compagni di vita". Parlò della sua vecchia scuola, e di sè stesso, ovviamente senza fornire troppi dettagli.
Le tre ripetenti ormai sembravano essersi già escluse dal gruppo. Notò però che quelli che si presentarono come "nuovi" erano solo tre, compreso lui. La professoressa aveva detto quattro e non c'era nessuna quarta persona.

Intanto, tra tutti quelli con cui aveva parlato, aveva trovato particolarmente simpatici una ragazza dai capelli lisci e lunghi di nome Megan che faceva amicizia molto facilmente con tutti e un ragazzo con la carnagione nera, probabilmente un sudamericano, dal carattere molto gioviale, si chiamava Josue.
Entrambi sembravano rappresentare il prototipo di classe che Mitch desiderava da tanto, una classe in cui i ragazzi vanno d'accordo, si rispettano tra loro, sanno scherzare e ridere assieme.

Passato un quarto d'ora si udì qualcuno che bussava.
«B-buongiorno, scusate il ritardo..» Disse una voce bella e profonda, offuscata dal fiatone.
Entrò in classe una ragazza bassina e paffuta, quella che era caduta prima.
La professoressa le fece cenno di non preoccuparsi. Ora doveva solo affrettarsi a socializzare con i compagni.
Mitch aveva notato che aveva cambiato i pantaloni, era per questo che era arrivata in ritardo.
La ragazza si avvicinò timidamente agli altri, mentre si alzavano voci deboli da parte delle tre gallin.. ehm, ripetenti.
«Ahahah ma hai visto quella là?»
«Cielo, è oscena!»
Le parole dell'ultima non le trascrivo.
I ragazzi la inondarono di domande ma Mitch non trovò il coraggio di spiccicare parola a proposito di ciò che era successo quella mattina.

Intanto l'ora stava passando.
La professoressa aveva deciso di usare gli ultimi minuti per decidere una sistemazione.
«Signorina Evelyn», così si chiamava la ragazza paffuta, «vicino a Mitch Hudgson».
«Perfetto», pensò Mitch. Sarebbe stata una buona occasione per riuscire a parlarle, Evelyn lo incuriosiva molto. Riusciva a rispecchiarsi in lei e a rivedere un vecchio sè stesso, più debole, più impacciato, più timido.

Suonò la campanella della seconda ora. La sua prima ora in quella scuola era trascorsa come meno lui si sarebbe aspettato! Che strana sensazione che provava. Aveva ancora tutte le altre ore da passare e dopo quell'ora si sentiva già crollare senza un motivo preciso...
Intanto Evelyn aveva già preso la borsa e si apprestava a sedersi nel posto che le era stato assegnato. Un piede si allungò dal banco dietro di lei e, prima che potesse accorgersene, inciampò un'altra volta mentre il professore appena entrato assisteva alla scena. Nel tentativo di reggersi poggiò la mano sulla spalla di Mitch: era così fredda, quella mano.


Ed ecco il secondo capitolo;) Bè... mi rendo conto che è un po' noioso ma non volevo svelare subito troppe cose eheh:D
Comunque volevo ringraziare Pinns e Cost per le loro recensioni super-gradite.
Sono state solo due per il primo capitolo, ma molto significative per me :)

Recensite, recensite e recensite, siate sinceri mi raccomando **
Al prossimo capitolo *che probabilmente tarderà ad essere scritto*.
Saluti, Crylliam:D

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