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“La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro.
Leggerli in ordine è
vivere, sfogliarli a caso è sognare.”
Arthur Schopenhauer
1
“Si avvisano i signori passeggeri che, per motivi tecnici,
il volo AZ1022 per Milano Linate partirà con un’ora di ritardo.”
L’annuncio asettico dell’altoparlante provocò non poco
scontento fra le persone presenti nella sala d’imbarco.
“Non posso crederci” esclamò Myriam controllando il
monitor situato presso il check-in, nel caso, assai remoto, che si trattasse di
un errore. “Avrei potuto dormire un’ora in più.”
Con fare rassegnato, la ragazza prese la
ventiquattro ore che aveva lasciato sulla scomoda poltroncina della sala
d’attesa e se la mise a tracolla.
Avrebbe fatto volentieri a meno delle trasferte
giornaliere a Milano, sopratutto di lunedì. Alzarsi all’alba, uscire alla
chetichella e salire in taxi mentre la città era ancora addormentata la
entusiasmavano quanto un bagno nell’acqua gelata. Purtroppo il volo delle sette
e quarantacinque non le lasciava alternative, unico conciliabile con gli orari
dei suoi referenti a Como.
Era ancora presto per chiamare in ufficio e avvisare del
ritardo: se non dormivano, erano sicuramente sotto la doccia. Non restava che
fare un giro per i negozi del terminal che conosceva a memoria, e cercare
qualcosa di interessante da sfogliare in volo.
Nonostante l’aria seria e il tailleur pantaloni, non
dimostrava i suoi ventisei anni. Il viso acqua e sapone e i capelli sbarazzini
stonavano con la carriera impegnativa che aveva scelto di intraprendere.
Il suo sguardo assonnato cominciò a vagare da una vetrina
all’altra. Le commesse arrivavano verso le sette e diverse saracinesche erano
ancora abbassate.
Mi ci vorrebbe un
buon caffè, penso
fra sé mentre copriva con la mano l’ennesimo sbadiglio. Si diresse flemmatica
verso il bar, quando qualcosa di insolito attirò la sua attenzione.
Un negozio di
giocattoli? Si
chiese con stupore avvicinandosi all’esposizione di peluche e bambolotti che
sembrava spuntata fuori dal nulla.
Felice del diversivo e dimentica del caffè, entrò nel
negozio e cominciò a guardarsi intorno. A Roma posti del genere si contavano
sulla punta delle dita, strano non averlo notato prima. Trovava piacevole fare
un tuffo nel passato, a quando i viaggi con la fantasia la portavano in mondi
esotici e avventurosi. Peccato che, crescendo, si dovesse rinunciare alla
magia.
Si aggirò fra gli scaffali, sorridendo alla vista delle Playstation
e Nintendo di ultima generazione. Non era mai stata un’appassionata di
videogiochi, preferiva di gran lunga i pupazzi raffiguranti i protagonisti dei
suoi cartoni animati preferiti. I nuovi modelli di Barbie destarono in lei seri
dubbi in merito al loro valore educativo. Che fine avevano fatto i Lego?
“Cerca qualcosa in particolare signorina?” chiese una voce
alle sue spalle, facendola sussultare. L’aver girato per strade deserte aveva
provocato in lei un progressivo distacco dal mondo esterno.
Poco più basso di lei, con lunghi baffi bianchi che gli
conferivano un’aria al contempo simpatica e burbera, il signore che aveva
interrotto il corso dei suoi pensieri la fissava con uno strano scintillio
negli occhi. O forse era la mancanza di sonno ad alterare la sua percezione
della realtà.
“La ringrazio” rispose con una punta di imbarazzo, “stavo
dando un’occhiata in giro.”
“Mi è sembrato di capire che stesse cercando i Lego,” insisté lui con fare pacato.
Aveva parlato a voce alta senza accorgersene?
“Mi stavo chiedendo
che fine avessero fatto i giocattoli tradizionali, quelli che hanno
accompagnato la mia infanzia” spiegò Myriam, cercando di non sembrare
inopportuna.
“Quanti anni ha? Venticinque? Ventisei?” le
chiese scrutandola da dietro le lenti spesse.
Annuì con un sorriso. “Probabilmente non è la persona più
adatta con la quale affrontare questo discorso, ma mi chiedo se si possa vivere
un’infanzia allegra e spensierata a suon di Pokemon e Barbie California Girl.”
“Dipende dai punti di vista” ribatté lui. “Più che agli
oggetti lei è affezionata airicordi ad essi legati: persino un giocattolo dall’apparenza
anonima può farci rivivere tante emozioni.”
La ragazza rimase in silenzio. Il suo ragionamento non
faceva una piega, ma ebbe la netta sensazione che credesse poco nella sua
affermazione.
“La vedo perplessa” proseguì lui sistemandosi meglio gli
occhiali sul naso. “Forse ho qualcosa che farà al caso suo. Mi
segua.”
Si diresse verso il retro del negozio. Tirò fuori dalla
tasca un grande mazzo di chiavi, ne scelse una e aprì una vetrinetta dall’aria
vetusta e impolverata. “Questo le dice nulla?” le chiese porgendole un piccolo
albo colorato.
Myriam lo osservò per un attimo. “Non posso crederci”
esclamò quindi, lasciando trasparire una genuina sorpresa. “Il manga di Holly e
Benji in giapponese.”
Uno sguardo compiaciuto accompagnò la sua scoperta. “Non
si tratta di un manga qualunque, bensì del primo numero pubblicato su ShonenJump nel 1982.”
“Il primo numero,” gli fece eco
la ragazza mentre sfogliava le pagine del fumetto in perfetto stato. “Aveva
ragione” aggiunse alzando su di lui uno sguardo meravigliato, “basta un attimo
per tornare indietro di vent’anni.”
Chissà quanto costava. Sarebbe stata felice di portare
quel cimelio con sé, ma dubitava che il prezzo fosse alla sua portata.
“Se vuole posso prestarglielo per un po’.” L’inattesa
proposta la colse del tutto impreparata.
Myriam lo guardò con curiosità. Quell’uomo sembrava
leggerle nel pensiero. “Vuole prestarmelo?”
“Esattamente. Nel caso se lo fosse chiesto non è in
vendita ma, al momento, sembra averne più bisogno di me.”
Averne bisogno? Si chiese per un attimo se non
fosse vittima di una candid camera.
“Non mi guardi con quella faccia” continuò lui con fare
enigmatico, “so benissimo di cosa parlo.”
Di nuovo quel bagliore negli occhi. Non avrebbe dovuto saltare
il caffè.
“Lo porti pure con sé. Le terrà compagnia
in aereo.”
Era tentata di accettare la strana offerta, ma quel tipo
sembrava un po’ svitato. Per non parlare del fatto che accettare prestiti dagli
sconosciuti non faceva parte delle sue abitudini.
“Se lo perdessi, o mi dimenticassi di restituirglielo?”
L’uomo baffuto non fece una piega. Richiuse con calma la
vetrina e si diresse verso il bancone. Prese una bustina da sotto la cassa e la
porse alla ragazza che, non sapendo bene cosa fare, l’aveva seguito in
silenzio.
“Ci metta dentro il fumetto, così in valigia non si
rovinerà.”
La cosa non aveva alcun senso, ma prese la busta e vi
infilò il prezioso albo.
“Non si preoccupi” sorrise nuovamente lui, “quando sarà
giunto il momento troverò il modo di rientrarne in possesso. Ora
si sbrighi o perderà il suo volo.”
Myriam lanciò un’occhiata distratta, poi sbigottita,
all’orologio. Non era possibile che fossero già le otto e trenta.
“Signore la ringrazio molto, in un altro frangente non
avrei accettato,” farfugliò mentre si dirigeva verso
la porta. “La prossima settimana devo tornare a Milano e passerò a trovarla.”
Non ricevette risposta, ma non aveva tempo per sincerarsi
se il negoziante avesse udito o meno le sue parole.
Come poteva essere passata già un’ora? L’area shopping pullulava di passeggeri
e l’imbarco per il suo volo era iniziato da almeno quindici minuti.
Porca miseria, si rimproverò fra sé dirigendosi
di corsa verso il gate.
Fortunatamente nella sala d’aspetto c’erano ancora un paio di ritardatari che,
data l’attesa forzata, si erano sicuramente assopiti.
C’è mancato un pelo, pensò percorrendo il finger (1)a grandi falcate. Un’hostess
l’attendeva sorridente per assegnarle il suo posto.
Una inizio di giornata quanto meno surreale
consideròtra sé, mentre le porgeva la carta
d’imbarco e siavviava verso il
sedile indicatole. Dopo aver inviato un sms in ufficio per avvisare del
ritardo, spense il cellulare e sistemò il bagaglio sotto il sedile di fronte al
suo.
A dir poco incredibile. Conosciuta per la sua precisione e
puntualità, stava per perdere l’aereo. Il tutto per colpa di un bizzarro
signore e di un fumetto giapponese.
Notò con stupore che il volo era quasi vuoto. Il lunedì
mattina erano soliti accalcarsi uomini d’affari alle prese con quotidiani di
alta finanza, computer portatili e palmari di ultima generazione. Era stata
persino spostata in business class.
Forse sono partiti
su Malpensa,
pensò con gratitudine.
Sprofondò nella comoda poltrona e un sorriso le si dipinse
in volto. Si sentiva stranamente felice. La vita frenetica che aveva scelto le
faceva spesso dimenticare le piccole cose importanti, in grado di farla sentire
ancora una ragazzina.
Allacciò la cintura di sicurezza e tirò fuori l’albo di ShonenJump. L’aereo cominciò a
rullare sulla pista. Non vi fece caso, intenta com’era a decifrare qualche
ideogramma giapponese qua e là. I personaggi li conosceva sin troppo bene –
come dimenticarli? – ma non capiva nulla di quanto riportato nelle vignette.
Potrei farne una
copia prima di restituirla, considerò tra sé mentre prendevano quota. La colpiva il forte
contrasto le emozioni evocate da quelle immagini e il numero di anni trascorsi
da allora. Rievocò il ricordo dei pomeriggi trascorsi a giocare con i suoi amici
a Holly e Benji e non poté contenere
un sorriso carico di nostalgia.
Litigavamo sempre
per il ruolo di fidanzatina di Holly ridacchiò fra sé mentre, una decina di minuti dopo,
riponeva il fumetto nella borsa. Appoggiò la testa all’indietro e scivolò
dolcemente nel sonno, l’aspettava una lunga giornata.
“Stiamo per iniziare la procedura di atterraggio: i
signori passeggeri sono pregati di tornare ai loro posti e spegnere ogni
dispositivo elettronico”, annunciò improvvisamente una voce all’altoparlante.
Myriam sussultò: quanto tempo era passato? Aveva l’impressione di aver dormito
per ore, sentiva i muscoli del collo e della schiena più indolenziti del solito.
“L’arrivo all’aeroporto di Narita è previsto fra dieci
minuti circa. Siamo in perfetto orario e le condizioni a terra sono buone.”
Narita? Aveva sentito bene? Myriam si guardò intorno con
fare confuso e intorpidito. L’assistente di volo doveva aver commesso un
errore. Le era già capitato di sentire annunci di
benvenuto sbagliati, tra città italiane poteva capitare. Confondere Milano con
Tokyo era quanto mai bizzarro, eppure nessuno sembrava averci fatto caso.
Fece spallucce, limitandosi a richiudere gli occhi. La
conferenza prevista a Como il mese seguente la stava mettendo a dura prova. Le
sue giornate erano ormai un susseguirsi ininterrotto di incontri e riunioni. Oggi
sarebbe stata la volta delle procedure di sicurezza. L’ospitalità di ministri e
segretari di Stato richiedeva un minuzioso studio del cerimoniale, e un forte
coordinamento logistico fra le parti coinvolte nel progetto.
Mentre era assorta nei suoi pensieri, l’aereo atterrò
dolcemente e si mise a rullare sulla pista fino a fermarsi del tutto. “Alitalia
vi da il benvenuto all’aeroporto di Narita,” riprese
la voce femminile addetta alle comunicazioni di volo. Myriam inarcò un
sopracciglio. Possibile che nessuno le facesse notare l’errore?
“La temperatura esterna è di 22 gradi e sono le quattordici e venti ora locale,” proseguì. “Vi auguriamo
un piacevole soggiorno e arrivederci a presto sulle nostre linee.”
Come potevano essere le due passate se erano decollati da Roma
poco prima delle nove? Slacciò la cintura di sicurezza e allungò il braccio per
recuperare il suo bagaglio. Meglio sbrigarsi e scendere da quella gabbia di
matti.
Il corridoio si era misteriosamente affollato, e dovette
aspettare un paio di minuti prima di raggiungere l’uscita.
Passando di fronte alla cabina di pilotaggio, non poté
fare a meno di lanciare un’occhiata in tralice al personale in piedi vicino al
portellone. Sorridevano candidamente, come se nulla fosse accaduto.
“Sayonara signora” la salutò uno steward biondo dall’aria
simpatica, “buon soggiorno a Tokyo.”
La ragazza preferì non rispondere. Con quell’equipaggio era
fortunata di essere giunta a destinazione sana e salva. Strizzò gli occhi per
abituarsi alla forte luce esterna e per poco non cadde dalla scaletta. Di
fronte a sé non vi era il terminal di Linate, bensì quello che,
presumibilmente, era l’aeroporto di Tokyo.
L’imponente insegna Narita
Airport seguita dall’equivalente giapponese non
dava adito a equivoci. E il bello era che nessuno sembrava aversene a male.
Fece immediatamente dietro front
per chiedere spiegazioni.
“Mi scusi, temo che questo non sia il mio aereo,” disse rivolgendosi allo steward che l’aveva salutata poco
prima. Il ragazzo la guardò meravigliato, non doveva accadere spesso che un
passeggero si lamentasse di aver raggiunto una destinazione imprevista.
“Come dice signora?” le chiese mentre cercava nervosamente
il proprio biglietto nella borsa. “Questo è il volo AZ786 Roma Fiumicino - Tokyo
Narita, è impossibile che sia salita a bordo dell’aereo sbagliato.”
“Le assicuro che è andata proprio così” ribatté lei decisa
a dimostrare il proprio, seppur irragionevole, punto di vista. Finalmente trovò
il biglietto e glielo porse come avrebbe fatto un impiegato di banca con una banconota
falsa da cento euro.
“Mi scusi se insisto signora, ma non
vi è alcun errore.
Il volo corrisponde” confermò lui dando una rapida scorsa al
documento di viaggio, prima di restituirlo con un sorriso divertito.
Myriam fissò prima il ragazzo e poi il biglietto con occhi
sgranati. Si trattava effettivamente di un volo per Tokyo, il nome scritto a
lettere scarlatte sulla ricevuta di viaggio era il suo. Potevano essersi sbagliati
all’agenzia di viaggi? Eppure quella mattina si era imbarcata alla volta di Milano,
impossibile dubitarne.
Sospirò, dirigendosi a passi lenti verso la navetta passeggeri
che l’attendeva, troppo scioccata per formare un pensiero razionale. Senza
passaporto né cambio per la notte, era atterrata in Giappone come una profuga
colta da temporanea amnesia.
C’era molta gente agli arrivi e non le restò che mettersi
in fila. Cosa avrebbe detto quando le avessero chiesto i documenti? La patente che
aveva con sé non era sufficiente per varcare i confini nipponici. Frugò nella
borsa alla ricerca del portafogli quando – perché stupirsene? – si ritrovò fra
le mani il passaporto che lasciava sempre a casa, chiuso a chiave in un
cassetto.
Non le restò quindi che affermare all’ufficiale
dell’immigrazione di essere in Giappone per motivi di lavoro. Un sorriso, un
timbro e via. Solo mentre si dirigeva verso l’uscita si rese conto di aver
appena sostenuto, con la massima naturalezza, una breve conversazione in
giapponese.
Sto delirando considerò fra sé, cercando di
mantenere la calma. Oppure è solo un incubo
e tra poco mi sveglierò. Sembrava tutto così reale, ma era certa che non vi
fosse nulla di cui preoccuparsi. Quel sogno assurdo sarebbe stato interrotto
non appena l’avessero svegliata sul suo volo per Milano.
Mentre si faceva largo fra la folla, chiedendosi se fosse
meglio restare in aeroporto oraggiungere una qualche meta a caso, la sua attenzione fu
attirata da un forte vociare presso l’area del ritiro bagagli. Un nutrito
gruppo di persone si stava accalcando intorno al
primo nastro trasportatore, lo stesso assegnato al suo volo. Alcune ragazzine
urlavano in preda all’isteria, e una mezza dozzina di ragazzi firmavano
autografi lasciandosi immortalare da cellulari e
macchine fotografiche.
“Chissà chi saranno” si chiese Myriam avvicinandosi, per un
attimo dimentica delle sue disavventure.
“Non li riconosce?” Si stupì un ragazzo che aveva udito le
sue parole. “Non c’è ragazza in Giappone che non darebbe un
braccio per uscire con un titolare della nazionale di calcio. Mia
sorella è quella con la maglietta rosa che saltella in preda all’eccitazione,” aggiunse indicando un punto poco lontano da loro.
Un sorriso sgomento le si dipinse in volto. Non solo
continuava a comunicare in una lingua della quale conosceva solo i primi
rudimenti ma, lanciando un’occhiata più attenta ai giocatori, nessuno sembrava
avere sembianze asiatiche.
Qualcuno mi spieghi
cosa sta succedendo
pregò fra sé, sforzandosi di mantenere il respiro regolare.
“Guarda Toshi!” urlò la
ragazzina in rosa in preda alla frenesia. “Sono riuscita ad avere l’autografo
di Oliver Hutton e di Benjamin Price, le mie amiche moriranno
di invidia!”
Per un attimo credé di aver udito male, e sentì la terra
mancarle sotto ai piedi. Doveva assolutamente svegliarsi. Come un automa, si
diresse verso i ragazzi della nazionale. Il drappello che li aveva circondati
fino a qualche secondo prima si stava diradando, e loro conversavano
allegramente aspettando gli ultimi bagagli.
Erano alti, slanciati e uno di loro portava un cappellino
rosso calato sugli occhi.
“Bruce, sei sempre il solito” esclamò un ragazzo molto
carino, dando al vicino una pacca amichevole sulla
spalla. “C’era bisogno di portarsi una valigia tanto ingombrante per una
trasferta di due giorni?”
“Ti stupisci ancora Holly? Dovresti
sapere che Harper è il testimonial ufficiale dell’eleganza Made in Japan” scherzò il ragazzo con il
cappellino, provocando l’ilarità generale.
Bruce? Holly?
Myriam sentì un vago ronzio nelle orecchie e le gambe che
cedevano sotto il suo peso... poi il buio.
Note:
(1) Corridoio di collegamento con il
terminal, attraverso il quale i passeggeri scendono/salgono sull’aereo.
Una voce maschile giunse in lontananza, per poi farsi
sempre più nitida.
Aprì piano gli occhi. Era distesa su uno scomodo lettino e
il volto di un uomo in camice bianco si trovava a pochi centimetri dal suo.
“Cos’è successo?” mormorò a fatica, cercando di mettere a
fuoco la stanza in cui si trovava.
“Ha perso i sensi mentre attendeva i suoi bagagli,” spiegò il medico puntandole contro uno strumento
luminoso. “Le pupille mi sembrano a posto. Come si sente?”
“Bene, credo” rispose cercando di alzarsi.
“Non deve affaticarsi” la ammonì con un gesto fermo della
mano. “Per poco non batteva la testa nella caduta.”
Myriam sentiva la mente ovattata, non le era mai capitato
di svenire. Era come se il suo corpo fosse rallentato.
“Hai sete? Ti porto
qualcosa da bere?” le chiese la voce che aveva parlato per prima.
Myriam si voltò lentamente per capire da dove provenisse.
Un ragazzo molto attraente la stava guardando con fare amichevole. Chi era?
“Un po’ d’acqua grazie,” rispose
schiarendosi la voce. “Ho perso i sensi e sono caduta?” chiese poi rivolta al medico.
“Si è trattato probabilmente di un calo di pressione”
spiegò lui aiutandola ad assumere una posizione più comoda, vedendo che la
ragazza insisteva per mettersi a sedere. “Per sua fortuna ha potuto contare sugli
ottimi riflessi del signor Price e non si è fatta nulla di grave.”
“Il signor Price?” Myriam spalancò gli occhi mentre il
ragazzo rientrava nella stanza.
“In persona” rispose lui porgendole il bicchiere d’acqua.
“Gli amici mi chiamano Benji” aggiunse, sfoderando un caldo sorriso dal quale
traspariva una punta di sollievo.
Myriam sgranò gli occhi, fissandolo in stato di shock.
Invece di svegliarsi da quello strano sogno le cose sembravano peggiorare.
“Grazie Benji” disse, cercando di apparire naturale
nonostante il suo unico desiderio fosse di scappare a gambe levate e prendere
il primo aereo diretto a Roma. “Se non fosse stato per te ora sfoggerei un bel
bernoccolo.”
Sorrise di nuovo. “È sicuramente più piacevole prendere al
volo una ragazza che non un pallone da calcio.”
Myriam non poté fare a meno di arrossire. La situazione,
seppur folle, le metteva di fronte un ragazzo
dall’indiscutibile fascino. Cercò di distrarsi rivolgendosi al medico che stava
scrivendo qualcosa su di un foglio.
“Dottore posso andare?”
“Certo, ma qualcuno dovrà venire a prenderla” precisò lui,
porgendole quella che sembrava una ricetta medica. “E’ probabile che abbia
avuto un leggero attacco di panico, dovrà stare a
riposo per qualche giorno. Prenda queste pillole ricostituenti e non subisca
stress di alcun tipo, mi raccomando.”
Stress? Perché mai?
Mi sembra tutto normalissimo pensò, trattenendo a stento una smorfia incredula.
“Vuoi che avvisi qualcuno?” le chiese Benji mentre
l’aiutava a mettersi in piedi. “La tua famiglia è in città?”
“Non conosco nessuno a Tokyo,”
rispose con il mondo che si ostinava a girarle intorno.
“Se è venuta qui per lavoro dica
ai suoi colleghi che dovranno fare a meno di lei fino a lunedì prossimo,”
aggiunse il medico porgendo a Benji la borsa della ragazza.
“La ringrazio, è stato molto gentile.”
“Dovere” fece il medico con un sorriso, accompagnandoli
alla porta. “Se dovessero farle dei problemi, dica loro di chiamarmi.”
“Lo farò senz’altro,” assicurò
lei mentre rimuginava sul da farsi. Abituata ad affrontare ogni genere di
situazione, quel frangente la lasciava senza parole.
“Te la senti di camminare?” le chiese Benji distraendola
dai suoi pensieri.
“Credo di sì” rispose evitando di guardarlo negli occhi.
Si trovava in una città sconosciuta, in mezzo a giapponesi
che non sembravano tali e senza la minima idea di dove andare. Come se non
bastasse, un personaggio della fantasia le stava cingendo le spalle con un
braccio.
Meglio non pensarci. Se non altro stava riacquistando il
senso dell’equilibrio.
“Prima di proporti un passaggio potrei sapere il tuo
nome?” le chiese con dolcezza, mentre le faceva strada lungo un corridoio semi
deserto.
“Scusami, sono imperdonabile” esclamò arrossendo
nuovamente e discostandosi un poco. Vivere una situazione surreale non
giustificava l’essere maleducata con colui che l’aveva soccorsa in modo così
carino, anche se si trattava di un fumetto. “Mi chiamo Myriam.”
“Un nome molto bello, di origine ebraica se non erro,” commentò lui aprendo una porta e lasciandole il passo.
“Come Benjamin” fece lei di rimando provocando l’ennesimo,
seducente, sorriso.
“Touché.
Eppure non ho nulla di ebreo, mi sono chiesto più volte perché i miei mi
abbiamo chiamato così.”
“Siamo in due” commentò Myriam con una risata. Stavano
flirtando.
L’aeroporto era imponente, a dir poco futurista.
L’andirivieni brulicante di persone era tipico di uno scalo internazionale di
quella portata.
Benji si calò maggiormente il cappellino sugli occhi e le
strinse un braccio intorno alla vita.
“Perdonami” disse notando lo suo sguardo
interrogativo, “ma se vogliamo arrivare alla macchina senza dare troppo
nell’occhio dobbiamo mimetizzarci tra la folla come una coppia qualunque.”
Myriam ripensò all’orda di ragazzine che aveva assalito
lui e i suoi compagni e annuì con un cenno del capo.
“I paparazzi si saranno scatenati su Holly e gli altri, la
situazione dovrebbe essere più tranquilla.”
Si fecero largo nella confusione con fare discreto e
indifferente, riuscendo a raggiungere l’ascensore per il parcheggio multipiano
con relativa facilità.
“Ci siamo quasi” disse Benji mentre si dirigevano verso un
delizioso fuoristrada blu notte. “Che sciocco sono stato” esclamò fermandosi di
colpo. “Non hai altri bagagli?”
Myriam scosse la testa. “Diciamo che si è trattato di un
viaggio imprevisto” aggiunse poi, cercando di essere il più
sincera possibile.
“Dovresti parlare con mia madre” scherzò lui aprendole la
portiera e aiutandola a salire. “Per lei ogni vacanza è una scusa per rifarsi
il guardaroba.”
Myriam sorrise. Anche volendo, non aveva con sé soldi a
sufficienza per fare shopping a Tokyo.
“Dove ti porto?” chiese lui salendo in macchina a sua
volta e mettendo in moto.
La ragazza abbassò lo sguardo con aria scoraggiata. Cosa
poteva dirgli? Che non aveva la più pallida idea di come fosse finita in quel
posto né di come uscirne?
Sembra uno di quei
film degli anni ottanta, in cui il protagonista si ritrova catapultato in una
dimensione parallela pensò
fra sé, cercando una risposta logica da dare al ragazzo.
Vedendola silenziosa, Benji le venne inconsapevolmente in
aiuto. “So che non sono affari miei ma, visto che fino al prossimo weekend devi
stare a riposo, non penso sia il caso che tu raggiunga
i tuoi colleghi in albergo.”
Myriam non rispose, cercando di capire dove volesse
arrivare.
“Potresti stare qualche giorno da me,”
continuò mentre uscivano dal parcheggio e imboccavano una strada piuttosto
trafficata. “E’ vero che ci conosciamo da poco più di un’ora, ma a casa mia c’è
spazio da vendere e avresti modo di conoscere i miei amici e distrarti un poco”
aggiunse, cercando di sembrare disinvolto.
La ragazza non credeva alle proprie orecchie. Se qualcuno
il giorno prima le avesse predetto quanto stava accadendo in quel momento,
l’avrebbe fatto rinchiudere in un manicomio e buttato la chiave in un tombino.
Benji diede al suo silenzio una connotazione negativa. “Sono
stato precipitoso, perdonami. Se vuoi dirmi il nome del tuo hotel ti ci
accompagno subito.”
C’era delusione nella sua voce o anche questo era frutto
della sua immaginazione?
“Certo che no, sei molto carino” si affrettò a
rassicurarlo lei, “accetto il tuo invito con piacere.” E comunque non saprei in quale altro posto andare.
Stupore e soddisfazione si alternarono sul volto di Benji.
“Allora è deciso, sarai mia ospite per il resto della settimana.”
Gli rivolse uno sguardo grato, ormai rassegnata
al fatto che non si trattasse di un sogno. La città era reale, le persone che
passeggiavano per le strade erano reali e il ragazzo che guidava al suo fianco
era decisamente reale.
“Cosa fai di bello nella vita?” le chiese mentre erano
fermi ad un semaforo.
“Lavoro per una società di organizzazione eventi e
pubbliche relazioni con sede a Roma” rispose Myriam in automatico, chiedendosi
cosa stessero facendo i suoi colleghi in quel momento.
“Adoro Roma” commentò Benji ammirato. “Da quando mi sono
trasferito in Germania mi capita spesso di recarmi in Italia, e ogni volta ne
resto incantato.”
“Vivi in Germania?” Myriam ricordava vagamente che, a un
certo punto della serie animata, Benji si era trasferito in Europa.
“Ho come l’impressione che tu non sia un’appassionata di
calcio,” fece lui con una punta di divertimento.
“Gioco nella squadra delBayern
Monaco, ma sto valutando un paio di proposte che mi sono state fatte di recente.
Il mio contratto scade alla fine della prossima stagione”
aggiunse poi, vedendo che la ragazza lo guardava con fare interrogativo.
“Sei anche capitano della nazionale giapponese” aggiunse
lei, evitando di soffermarsi su quanto assurda fosse quella conversazione.
“Esatto. È sempre un piacere giocare con i compagni di
squadra con i quali sono cresciuto, con Holly ci conosciamo da quando eravamo
due ragazzini.”
“Si vede che il calcio è tutta la tua vita” disse lei con
la massima spontaneità, ricevendo di rimando un sorriso silenzioso. Aveva
trascorso interi pomeriggi maledicendo gli infortuni alla gamba che ne
ostacolavano i movimenti durante i campionati con la Newteam. A otto anni si
era presa una cotta per Holly, ed era arrivata al punto di bisticciare con la
sua migliore amica per lui, sognando di entrare nel cartone animato per
potergli stargli accanto.
“Siamo quasi arrivati” fece Benji interrompendo il corso
dei suoi pensieri.
Qualche minuto dopo, Myriam non poté trattenere un “oh” meravigliato alla vista della villa di
Benji, identica a quella del cartone animato. Stesso cancello, stesso ingresso
imponente, stesso piazzale... dove, nel corso del primo episodio, si stava allenando
poco prima di ricevere la sfida di Holly.
Benji le aprì la portiera, assicurandosi che non perdesse
l’equilibrio mentre scendeva dal fuoristrada.
“Sto bene Benji, davvero” disse Myriam, colpita dalle
attenzioni che il ragazzo le dedicava. “Come vi siete conosciuti tu e Holly?”
chiese improvvisamente, non riuscendo a resistere alla tentazione di mettere
alla prova quello strano mondo.
Benji fissò un punto del parco e un’espressione nostalgica
ammorbidì i suoi lineamenti decisi. “Mi stavo allenando con Freddy,
mio preparatore personale e grande amico, quando è piovuto un pallone dal
cielo, calciato con una forza incredibile da quella peste di Holly.” Benji
ridacchiò indicando un punto lontano. “Voleva lanciarmi una sfida in piena
regola e, dalla cima di quella collina, pensò bene che un pennarello e una
palla l’avrebbero aiutato a raggiungere il suo scopo.”
Myriam si sentì stranamente in colpa per avergli fatto
quella domanda. O meglio, per il fatto di conoscere già la risposta. Non era
normale, né giusto. Era al corrente di cose che non la riguardavano, sapeva
tutto dell’infanzia di colui che le offriva ospitalità, rendendola partecipe di
un suo ricordo speciale.
“Tra me e Holly c’è stato un forte antagonismo all’inizio”
continuò Benji, ignaro del turbamento della ragazza. “Diciamo pure che non ci
sopportavamo. Come spesso accade in questi casi, ci siamo dovuti scontrare più
volte prima di diventare amici.”
Le partite tra la Newppy e il Saint Francis. Da non credere.
“Emma, sono a casa” chiamò Benji facendole strada dentro
casa. L’atrio era degno di una residenza hollywoodiana.
“Signorino Benji, bentornato” lo accolse con un caldo
abbraccio un’elegante signora sulla sessantina. “Guardi com’è sciupato. Si vede
che in Europa la fanno lavorare troppo.”
Benji ricambiò la stretta con enfasi, ignorando il
commento tipicamente materno della governante.
“Emma, ti presento
Myriam” disse poi allontanandosi dalla donna.
“È un piacere
conoscerla signora” salutò la ragazza, cercando di mantenere un contegno mentre
veniva squadrata da capo a piedi.
“Il signorino Benji non mi ha avvisata del suo arrivo,” commentò Emma con un forte accento inglese e su di un
tono che non lasciava presagire nulla di buono. “Si tratterrà qui a lungo?”
“Ha appena varcato la soglia di casa e già le chiedi
quando se ne andrà?” intervenne Benji, cercando di stemperare l’imbarazzo che
aleggiava nell’aria. “Volevo mostrarle la sua stanza e farla ambientare un po’ prima
di lasciare che affronti il tuo terzo grado.”
“L’aria di Monaco non le ha fatto perdere il suo senseof humour,” replicò la donna con fare burbero. “La camera azzurra
è stata appena sistemata dalle ragazze.”
“Veramente pensavo alla camera degli ospiti vicino alla
mia,” ribatté Benji mentre salivano i gradini di un
grande scalone. “Non vorrei che si perdesse in giro per la villa,” aggiunse poi con il chiaro proposito di punzecchiarla.
Myriam non poté far a meno di ridere sotto i baffi alla
vista di Emma che, indignata, si fermava lungo il corridoio che stavano
percorrendo. Doveva averla presa per una delle tante che, con ogni probabilità,
cercavano di irretire il suo pupillo.
“Come preferisce signorino” commentò gelida, prima di
allontanarsi. “In ogni caso sa dove trovarmi.”
Riuscì a stento a trattenere una risatina. Se solo avesse
conosciuto la sua reale provenienza avrebbe avuto altro di cui preoccuparsi.
“Non fare caso a Emma” si affrettò a spiegare Benji non
appena il fine udito della donna fu fuori portata. “Mi ha cresciuto come una
madre. Nonostante abbia ventotto anni suonati, continua a comportarsi come se
ne avessi dieci.”
Myriam sorrise all’idea di una tipica nanny inglese che puniva Benji
per le sue marachelle. A quanto pare alcuni aspetti della sua infanzia le erano
ignoti. Se ne rallegrò con un sorriso.
La camera che il ragazzo aveva scelto per lei era a dir
poco splendida. Luminosa, con un grande letto, morbidi tappeti e un armadio a
muro che avrebbe potuto contenere l’intero guardaroba di Jennifer Lopez.
“Questa stanza e la mia hanno la terrazza in comune,” spiegò Benji posando la borsa della ragazza vicino al
letto. “Adoro fare colazione qui fuori” disse, aprendo la portafinestra seguito
da Myriam.
La vista del parco nel quale era immersa la villa la
lasciò di stucco. Seppur in una dimensione parallela, possedere tutto quel
verde nel cuore del Giappone non era cosa da tutti.
“Immagino vorrai farti una bella doccia, il tuo bagno è lì,” continuò lui indicando una porta che dava direttamente
sulla camera. “Dovrei anche riuscire a trovare dei miei vestiti di qualche anno
fa.”
La ragazza lo guardò senza capire.
“Per te, intendo. Non vuoi cambiarti?”
Myriam gli lanciò un’occhiata divertita. “Pensi davvero a tutto eh? Dubito però che tu abbia anche
della biancheria femminile,” lo stuzzicò con fare
malizioso.
Benji volse lo sguardo verso il pavimento, come se un
granello di polvere avesse improvvisamente attirato la sua attenzione. “Vedrò
quello che posso fare,” balbettò uscendo dalla stanza.
“Più tardi se vuoi ti accompagno in centro a fare compere” proseguì da dietro
la porta.
Myriam scoppiò a ridere. L’imbattibile portieredella Newteam e della nazionale giapponese in
imbarazzo per un reggiseno e un paio di mutandine. A dir poco fantastico.
Quello strano mondo cominciava a piacerle, pensò mentre si
spogliava e apriva il rubinetto della doccia. L’acqua tiepida cominciò a
scorrerle lungo il corpo, facendo scivolare via le tensioni accumulate nelle
ultime ore.
No, non è affatto
male.
¨¨¨
Cast della FF
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principali, in ordine di apparizione nella FF, così come li visualizzo nella
mia testolina^^
“Sembro un maschiaccio” fece Myriam guardandosi allo
specchio.
Indossava dei jeans scoloriti, una felpa con cappuccio e
un paio di scarpe da ginnastica che avevano visto giorni migliori.
“Questi vestiti stanno sicuramente meglio a te che a me”
commentò Benji, trattenendo a stento una risata.
Quando era uscita dalla doccia aveva trovato quelle cose
accuratamente piegate sul letto, accanto ad alcuni capi di biancheria intima
sui quali aveva preferito non indagare.
Con sua grande gioia, oltre che sorpresa, nel suo
portafogli aveva fatto capolino niente meno che una American Express Platinum.
Il fatto di non averne mai posseduta una lasciava ad intendere che, in quella
realtà, nulla sembrava lasciato al caso.
In attesa di poter comperare qualcosa di più femminile,
un’idea le balenò nella mente. “Sai cosa potrebbe migliorare il mio aspetto?”
domandò con fare birichino. Cominciava a prenderci gusto.
Benji la guardò incuriosito.
“Il cappellino da portiere della Newteam.” Visto che era
in ballo, tanto valeva ballare no?
Il ragazzo sorrise. “Un vero e proprio tocco di classe”
considerò, facendole segno di seguirlo.
La camera da letto di Benji era ancora più spaziosa della
sua. Incredibilmente ordinata per essere quella di un ragazzo, con trofei e
foto di squadra disseminati ovunque.
“Non so più dove metterle” spiegò lui vedendo che Myriam
prendeva in mano una piccola coppa dorata. “Per fortuna quelle dei campionati
giovanili sono conservate presso la sede della squadra.”
La ragazza stentava ancora a credere che tutto ciò fosse
vero. Avrebbe conosciuto Holly e gli altri, con indosso il mitico berretto con
la “N”!
“Eccolo qua” disse lui dopo aver frugato in un cassetto. Le
si avvicinò e glielo infilò in testa, stringendo un poco la
fibbia sul retro perché le calzasse correttamente. “È stato mio fedele
compagno in tante partite, trattalo con cura” aggiunse con un’espressione dolce
in viso.
Myriam lo fissò trattenendo il respiro. Aveva
l’impressione di conoscerlo da sempre e, in un certo senso, era vero.
“Forza, gli altri ci aspettano” la esortò il ragazzo,
abbassandole la visiera sul naso con fare scherzoso.
Myriam lo seguì a ruota giù per le scale. Non si sentiva
per niente stanca, una doccia rilassante poteva fare miracoli.
“Preparati ad un pomeriggio goliardico” la ammonì Benji
entrando nel garage dove, oltre al suo fuoristrada, erano parcheggiate numerose
macchine. “I ragazzi tendono a lasciarsi andare quando sono in libera uscita.”
Salirono sul suo fuoristrada e lasciarono la villa ad alta
velocità. Si vedeva che Benji era impaziente di giungere a destinazione.
“Siete in vacanza?” domandò poco dopo, curiosa.
“I campionati nazionali si sono conclusi la settimana
scorsa e saremo in vacanza fino al prossimo ritiro” spiegò lui senza prestare
troppa attenzione alla guida. Sembrava conoscere la strada a memoria.
“Quindi vi godrete un po’ di meritato riposo.”
Il ragazzo annuì con il capo. “La partita di qualifica con
la Malaysia è prevista il 10 giugno” aggiunse mentre, qualche minuto dopo, si
fermavano vicino a degli imponenti impianti sportivi.
“Qualifica per cosa?” domandò scendendo dalla macchina.
Benji le dedicò un sorriso comprensivo, con l’aria di chi si
rivolge a un bambino non molto sveglio. “Per i mondiali 2010.”
Myriam deglutì. I mondiali? Gli stessi mondiali per cui si
stava qualificando l’Italia di Marcello Lippi, campione uscente nel 2006?
Si limitò ad assentire debolmente, scendendo dalla
macchina e seguendolo in silenzio. Cercando di distrarsi, si chiese se avrebbe
avuto l’occasione di incontrare l’insopportabile Mark Lenders
e gli altri avversari che la Newteam aveva incrociato
negli anni: Danny Mellow, Ed Warner, Philipp Callaghan, i gemelli Derrick... impossibile
dimenticare le loro performance acrobatiche. Quanti lividi lei e i suoi amici si
erano provocati cercando di imitarli?
“Benjamin Price, non si salutano più le amiche?” chiese
improvvisamente una voce femminile alle loro spalle.
“Patty!” salutò il ragazzo voltandosi. Una bella ragazza
mora gli si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia.
“Come stai campione?”
Myriam osservò divertita la fidanzata storica di Holly,
colei che aveva suscitato la sua gelosia tanti anni addietro.
“Non ci presenti il tuo amico?” chiese una seconda ragazza
giunta nel frattempo, che però Myriam non riconobbe.
“Ciao Susie, di quale amico stai
parlando?” domandò Benji guardandosi intorno.
La ragazza gli diede una leggera gomitata nel fianco in
direzione di Myriam.
“Il mio amico si chiama Myriam” precisò Benji con
un sogghigno malizioso, prima di fare le dovute presentazioni.
Susie la guardò con maggiore attenzione e avvampò. “Devi
scusarmi! Il fatto è che, vestita così...”
“Non preoccuparti” la rassicurò lei, “non è la prima volta
che succede.”
Benji la guardò stupito. “Ti hanno già scambiata per un
uomo?”
Fu la volta di Myriam di arrossire. “Di solito mi capita
quando mi vesto in modo sportivo. L’altezza e i capelli corti non sono
caratteristiche molto diffuse fra noi donne.”
Benji scoppiò a ridere e lei di rimando gli fece la
linguaccia, senza però nascondere una punta di divertimento.
“Non dargli retta” le disse Patty stringendole la mano. “A
quanto ricordi sei la prima ragazza che si degna di presentarci,” ammiccò quindi rivolta a Benji.
“Farò finta di non aver sentito,”
ribatté lui correndo verso il bordo campo.
Patty gli lanciò uno sguardo affettuoso. “Non cambierà
mai” disse rivolgendosi a Myriam. “È più testardo di un mulo.”
“Come vi siete conosciuti?” le chiese Susie mentre si
avvicinavano al campo di gioco.
“In aeroporto, mi sono sentita poco bene e mi ha
soccorso.”
“Che carino!” commentò Susie allegramente. “Se non sapessi
che stiamo parlando di Benji lo definirei un incontro piuttosto romantico.”
Myriam quasi non udì le sue parole. A qualche metro da lei
si trovava la vecchia guardia della Newteam. Riconobbe subito Holly e Bruce. Accanto
a loro si trovavano, presumibilmente, Tom Becker, Paul Diamond, Ted Carter,
Johnny Mason e tutti gli altri... aveva cominciato ad abituarsi alla presenza
di Benji, ma vedere il gruppo al completo faceva un certo effetto.
“Ragazzi!” chiamò Patty a gran voce. “Venite qua per
favore!”
Si voltarono tutti contemporaneamente. Nonostante gli anni
trascorsi, l’ascendente della loro ex manager era rimasto invariato.
“Patty c’è bisogno di urlare a
questo modo?” chiese Bruce avvicinandosi per primo. “Non siamo mica sordi.”
“Non lamentarti Harper” lo rimproverò lei con aria di
finta minaccia. “Volevo presentarvi una persona molto speciale.”
Decine di occhi si spostarono da lei a Myriam, unico
elemento estraneo alla situazione.
“Lei è Myriam, la fidanzata di Benji. Comportatevi bene, o
almeno cercate di non fare gli zoticoni come al solito.”
La ragazza la guardò senza capire, e per un attimo nessuno
disse nulla.
“Non posso crederci” esclamò per primo Holly correndo
verso il portiere che, nel frattempo, si era allontanato per prendere un paio
di guanti. “Finalmente ti sei deciso a mettere la testa a posto!”
Al commento di Holly, condito da un’energica pacca sulla
spalla, si aggiunsero in men che non si dica quelli
degli altri compagni di squadra. Myriam non aveva idea di che pesci prendere e
preferì che fosse Benji a gestire la situazione.
“Ragazzi, calmatevi. Ragazzi!” tentò di
richiamarli all’ordine lui, palesemente in impaccio. Incrociò lo sguardo
di una Myriam paonazza, prima di proseguire. “Non vorrei deludervi, ma ci siamo
conosciuti oggi in aeroporto.”
L’allegro vociare si interruppe di colpo, e tutti gli
occhi puntarono nuovamente la ragazza, il cui unico desiderio era quello di
sprofondare sotto terra.
“Ricordate? Si è sentita male e l’abbiamo
portata in infermeria,” spiegò Benji rivolto a Holly e
Bruce.
“Quella tutta elegante?” chiese quest’ultimo guardandola
meglio sotto il berretto.
“Già” confermò Myriam, cercando di frenare i battiti del
suo cuore. Che situazione delirante. “So che può sembrare strano, Benji mi ha
prestato alcuni suoi vestiti perché non avevo un cambio con me.”
“Piacere di conoscerti,” le
sorrise Holly porgendole le mano con fare cordiale. “Questi simpaticoni sono,
nell’ordine, Bruce, Tom, Paul, Johnny, Ted, Bob e Alan.”
I ragazzi fecero eco con svariati “ciao” accompagnati da
altrettante strette di mano.
“Il piacere è mio” rispose Myriam, felice di non essere
più al centro dello stupore generale. “Mi dispiace di aver interrotto i vostri
allenamenti.”
“Non ti preoccupare” fece Tom strizzando l’occhio, “è
stato un diversivo piacevole.”
“Allora?” li esortò Benji infilandosi i guanti. “Volete
fare due tiri in porta o preferite continuare a spettegolare?”
I ragazzi lo seguirono in campo ridacchiando fra loro. Il
capitano era visibilmente piccato, meglio non infierire. Almeno per il momento.
Le ragazze presero posto sugli spalti cercando un posto
all’ombra, sebbene il sole fosse già basso nel cielo.
“Perdonami Myriam, non volevo metterti in imbarazzo” disse
Patty, posandole una mano sul braccio. Sembrava mortificata. “Il fatto è che
siete arrivati insieme, portavi il suo cappellino e come al solito sono stata
precipitosa.”
La ragazza scosse il capo. “Non preoccuparti, non è
successo nulla.”
“Sai che colpo impalmare Benji?” scherzò Susie. Myriam la
guardò senza capire. “Price è considerato da tutti pressoché inavvicinabile,
come ogni scapolo d’oro che si rispetti. La stampa scandalistica gli attribuisce
continui flirt con donne che spesso nemmeno conosce.”
“Con il passare del tempo ci ha fatto il callo, per quanto
gli capiti ancora di prendersela con qualche
giornalista invadente” proseguì Patty con espressione assorta. “E’ sempre stato
un tipo solitario, ma siamo convinte che prima o poi cambierà idea.”
Myriam le guardò in silenzio. Quelle affermazioni erano
perfettamente in linea con il personaggio, almeno sulla carta. Il ragazzo con
il quale aveva trascorso le ultime ore era stato a dir poco adorabile.
“Posso chiederti una cosa?” chiese rivolta a Patty. La
ragazza annuì. “Poco fa hai detto che, vedendo questo berretto, hai pensato che
stessi con Benji. Come mai?”
Patty sgranò gli occhi, quasi indecisa se risponderle. “Quello
non è un berretto qualsiasi, è il
berretto. Lo riconoscerei fra mille,” aggiunse con
timore quasi reverenziale. “Si tratta di un oggetto al quale Benji tiene
moltissimo. Lo ha accompagnato in tutte le sue traversie con la Newteam e, a
detta di Holly, non l’ha mai abbandonato nel corso dei primi anni in Germania.” Lo sguardo di Patty fissò il vuoto. “Deve essere stato un
periodo difficile per lui, dall’altra parte del mondo, lontano da tutto e da
tutti. All’epoca era poco più di un bambino.”
Myriam si tolse il cappellino e lo guardò con attenzione.
Aveva l’aria un po’ logora, ma il rosso sembrava aver resistito egregiamente
agli innumerevoli lavaggi subiti.
“Gli ho chiesto io di prestarmelo” precisò, incerta sul da
farsi. Conscia di quanto la sua presenza fosse fuori luogo, voleva evitare a
Benji inutili chiacchiere infondate.
“Un dettaglio secondario” replicò Susie ridendo. “Pensa
che una volta ho provato a toglierglielo per gioco e
per poco non ci restavo secca.”
“È vero” fece Patty unendosi all’amica. “Negli anni si è
radicata in noi la convinzione che solo sua moglie sarebbe riuscita nell’impresa.”
Myriam le guardò sbigottita, stringendolo istintivamente
fra le dita.
“Alcune sue fan ucciderebbero pur di averlo” proseguì
Susie. “Ora che ci penso, credo sia la prima volta che
vedo Benji senza.”
“Legge della celebrità” scherzò Patty. “Ora ha il suo
modello griffato, è probabile che la Nike
lo obblighi a portarlo anche sotto la doccia.”
Myriam volse lo sguardo verso il campo e osservò Benji
attentamente. Tra i pali della porta tornava ad essere il protagonista dell’anime che aveva colorato la sua infanzia. Severo e
inflessibile, sebbene si trattasse di una scherzosa partita fra amici.
“Sei mai stata in Giappone prima d’ora?” le chiese Patty
porgendole una bibita presa poco prima dal distributore.
“No, anche se sognavo da tempo di visitare il vostro
splendido paese” rispose Myriam, ringraziandola con un sorriso. Non aveva
mangiato nulla da quella mattina, eppure non aveva fame.
La domanda di Patty le aveva ricordato che quello non era
un viaggio di piacere, e un Giappone ben diverso l’avrebbe accolta se il giorno
prima fosse salita su un aereo alla volta di Tokyo. Era terrorizzata all’idea
di essersi volatilizzata dal volo per Milano. Cosa avrebbero pensato i suoi
colleghi? E i suoi famigliari?
Non avendo alcun potere decisionale in proposito, sperava
con tutta se stessa che la vita proseguisse invariata nella sua dimensione,
come in Ritorno al futuro. Al suo
rientro avrebbe ritrovato una realtà lievemente alterata, ma nessuno si sarebbe
allarmato per la sua assenza.
Si augurava inoltre che, una volta compreso il motivo per cui
era stata trascinata in quel mondo, sarebbe riuscita a tornare a casa. Come da
copione.
“Che ne dite se stasera andiamo a mangiare un boccone
tutti insieme?”
Mentre era immersa nei suoi pensieri, i ragazzi avevano
smesso di giocare. Holly si era avvicinato alle tre ragazze e cercava di
asciugarsi il sudore con un minuscolo asciugamano rosa.
“Dove hai preso quell’affare?” domandò Patty con fare
sospettoso.
“Me lo ha regalato una ragazza mentre venivo qui” rispose Holly chinandosi verso di lei. “Se aspettassi
te farei la fine di un barbone,” aggiunse con aria di
finto sdegno.
Senza farselo ripetere due volte, Patty scavalcò la
ringhiera che la separava dal campo. “Holly se ti prendo...”
“Figuriamoci” la canzonò lui correndo verso gli
spogliatoi.
“Quei due sono incredibili” commentò Paul, passandosi sulla
fronte un asciugamano dalle dimensioni e dal colore del tutto
normali.
“Patty si è innamorata di Holly dal primo momento che lo
ha visto” spiegò Susie rivolta a Myriam, “il che è accaduto più o meno una vita
fa.”
“E lui ci ha messo più o meno una vita per rendersene
conto,” aggiunse Paul divertito.
“Allora, cena tutti insieme?” li
interruppe Bruce togliendosi i parastinchi.
“Mi sembra il minimo, sono mesi che non facciamo baldoria,” rispose Johnny stiracchiandosi, prima di soppesare Myriam
con lo sguardo. “Ho sentito che Benji ti ospiterà nei prossimi giorni.”
“Non so come avrei fatto senza di lui” si affrettò a
rispondere lei, cercando di buttare acqua sul fuoco. “Il medico che mi ha
visitata ha detto che non dovevo lasciare l’aeroporto da sola e lui si è
proposto di darmi un passaggio.”
“Un bel colpo di fortuna” proseguì Johnny con uno strano
tono di voce. “E’ risaputo che a Tokyo non esistono né taxi né alberghi.”
“Johnny che vuoi dire?” domandò Susie, stupita dal
comportamento dell’amico.
“Niente, lascia stare” concluse lui prima di allontanarsi.
“Non farci caso” cercò di sdrammatizzare Susie, “sono
tutti strani oggi, il troppo allenarsi gli da alla testa.”
Myriam scosse lievemente il capo, come a dire che era
tutto ok. La diffidenza del ragazzo era più che comprensibile. Per quanto ne
sapevano poteva essere la spia di qualche squadra avversaria o, peggio ancora,
una giornalista in incognito.
“È bello avere una ragazza in più a cena,”
disse Bruce circondandole le spalle con disinvoltura. “Posso avere l’onore di
farti da cavaliere?”
“Ma se prima non l’hai nemmeno riconosciuta” si interpose
fra loro un Tom fresco di doccia. “Oggi non ero in aeroporto con voi e devo
recuperare il tempo perso.”
Myriam rise alla vista dei due ragazzi che bisticciavano.
Una boccata d’aria fresca per distrarla dai pensieri che le affollavano la
mente.
“Se Benji non ha nulla in contrario” ribatté allegramente,
mentre Tom faceva notare a Bruce che doveva lavarsi prima di provare a corteggiare
una qualunque ragazza.
“A che proposito?” chiese il ragazzo alzandosi in piedi
dopo essersi allacciato le scarpe. Era davvero carino con i capelli bagnati.
Più alto dei suoi compagni di squadra, aveva delle bellissime spalle e
l’espressione del suo viso, solitamente messa in ombra dalla visiera, era acuta
e penetrante.
Si può sapere a cosa
stai pensando? si rimproverò Myriam cercando di riprendere le fila del discorso.
“Holly ha proposto di andare a cena insieme” intervenne
Tom che, nel frattempo, era riuscito a liberarsi di Bruce. “Se per te non è un
problema, mi sarei offerto di accompagnare Myriam.”
Benji li guardò con un’espressione indecifrabile.
“Figurati, se a lei fa piacere.”
“Da Minako come al solito?” propose Bob che, fino a quel
momento, era stato in disparte. “Sono mesi che sogno di mangiare del sushi
preparato come si deve.”
“Ok, prima però dovrei fare un salto a casa” disse Benji,
lanciando una rapida occhiata all’orologio. “Ci vediamo direttamente lì.”
I ragazzi annuirono più o meno tutti contemporaneamente.
“Hai problemi ad andare in moto?” chiese Tom rivolto a
Myriam mentre si dirigevano verso il parcheggio.
Tom Becker? In moto?
“No, figurati” rispose Myriam, stupita all’idea del
ragazzo in versione centauro. Da Mark Lenders se lo sarebbe aspettato, non
certo dal giovane Tom.
“Tieni, metti questo” disse porgendole un casco integrale.
“Grazie” rispose mentre se lo allacciava e infilava il
cappellino rosso sotto la felpa. Cercò di ignorare il vago senso di delusione
provato alla vista di Benji che saliva in macchina senza di lei. Le attenzioni
che Tom le stava rivolgendo non sembravano colpirlo in modo particolare.
“È molto bella” commentò inforcando la Yamaha R1 rosso e argento (2) che doveva avere al massimo qualche mese di vita.
“Nami ringrazia” rispose il
ragazzo sopra il rombo del motore.
“Le hai dato un nome?” chiese Myriam sorpresa. Aveva
penato non poco per convincere il suo ex – all’epoca in cui stavano insieme - a
dare un nome alla sua nuova moto. La profonda convinzione, non molto diffusa,
che anche gli oggetti avessero una loro anima l’accompagnava da quando era
piccola.
“Certamente” gridò il ragazzo abbassandosi la visiera. “Reggiti
forte!”
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principali, in ordine di apparizione: in questo capitolo ci sono diverse newentry^^
“Ho sempre adorato il saké(3).Perché in Spagna
fa schifo?” si lamentò Bruce vuotando l’ennesima bottiglia. Era sbronzo
come una spugna immersa nel vino.
A dirla tutta mezza squadra gli teneva allegramente
compagnia, e le ragazze avevano il loro bel da fare per impedire che
combinassero qualche guaio.
Holly si era persino messo a cantare una
vecchia canzone popolare giapponese, seguito a ruota da Johnny e da uno
stonatissimo Ted.
Non posso crederci, pensò Myriam
fra sé asciugando le lacrime di ilarità che continuavano a imperlarle gli occhi.
“Mi stanno venendo i crampi allo stomaco” cercò di dire a Tom, seduto alla sua
destra.
“Come dici?” le chiese il ragazzo che non aveva afferrato
nulla delle mezze parole pronunciate fra un attacco di risa e l’altro. “Sarai mica brilla?” aggiunse quindi, dandole un affettuoso
colpetto sulla fronte.
La ragazza scosse energicamente il capo. Lungi dall’essere lucida, fece mentalmente spallucce. Quando le
sarebbe ricapitato di ubriacarsi assieme alla Newteam?
“Non riesco a smettere di ridere” riuscì infine a spiegare
tra i sussulti.
Tom sorrise. Ogni cena sfociava immancabilmente nel
delirio collettivo, persino Benji aveva alzato il gomito. Seduto fra Susie e Isabella,
la fidanzata di Paul, sembrava perfettamente a suo agio. Forse fin troppo.
“Credo che dovrai guidare tu fino a casa” disse all’orecchio
di Myriam, mentre quest’ultima cercava di prendere con le bacchette l’ultimo
uovo di salmone che aveva nel piatto.
“Oh Tom” sbuffò questa esasperata, alla vista della minuscola
sfera rosa che le cadeva sul più bello per la millesima volta. “Mi hai
distratta.”
“Non puoi aggrapparti a questa scusa tutta la sera,” scherzò lui. “Guarda, si fa così” spiegò mentre, con
estrema naturalezza, catturava con i suoi bastoncini l’agognato oggetto del
desiderio e glielo porgeva.
“Ti odio Becker” commentò, facendosi imboccare.
“È sempre un inizio” disse lui divertito. Quella ragazza
era particolare. Sicuramente carina e spigliata, ma con qualcosa di insolito.
Oppure era l’alcol a fargli quello strano effetto?
“Cosa dicevi prima?” chiese lei interrompendo il corso dei
suoi pensieri. “Vuoi che guidi la tua moto? Guarda che in mezzo al traffico so
portare a malapena una bicicletta.”
Tom scoppiò a ridere. Meglio che prendessero un taxi.
“Intendevo la macchina di Benji.”
“Ah” fece Myriam con un gesto affermativo del capo. “Basta
che lui mi indichi la strada.”
La testa le girava un po’, aveva abusato dell'ottimo saké di Minako.
“Dopo andiamo a ballare?” chiese Bruce prendendo Bob a
braccetto. Finita la cena, si erano subito adoperati per socializzare con i
presenti.
“Non credo sia il caso” rispose Patty, ridendo alla vista
dei due ragazzi avvinghiati. Gli veniva sempre la sbornia espansiva. “Meglio
rimandare a quando sarete tornati in voi.”
“Sei troppo seria” si lamentò Bob
abbracciandola con fare goffo.
“Credo invece che abbia ragione” commentò Holly
trattenendo a stento un singhiozzo, “possiamo sempre andare domani.”
“Bel gruppo di amici,” si lamentò
Bruce rimettendosi a sedere.
Myriam si voltò verso Benji. Con gli occhi chiusi e la
sedia in bilico appoggiata al muro, sembrava in procinto di addormentarsi.
“Vorrei prendere una boccata d’aria” disse la ragazza
alzandosi in piedi, cercando di non inciampare fra le sedie. Aveva bisogno di
riordinare le idee prima di mettersi al volante di un qualsivoglia mezzo di
locomozione.
“Ti accompagno?” le chiese Tom, alle prese con il conto.
“Forse è meglio.”
Non appena fuori, furono avvolti da una leggera brezza
primaverile.
“Mi ci voleva proprio” fece lei tirando un profondo
respiro, “dentro fa davvero caldo.”
“Questo locale è piccolo, ma ci siamo affezionati,” replicò Tom facendo qualche passo con lei lungo il vicolo.
“È tradizione cenare qui ogni volta che torniamo a Fujisawa.”
Myriam sorrise, sollevata all’idea di ignorare quanto
fosse accaduto loro negli ultimi dieci anni. Stava scoprendo un mondo che
nemmeno YoichiTakahashi(4) avrebbe mai immaginato.
“Trovo divertente che tu sia ospite di Benji” continuò,
parandosi di fronte a lei. Essendo rimasta sul marciapiede, gli occhi del
ragazzo si trovarono all’altezza dei suoi.
“Sono d’accordo,” rispose
infilando le mani in tasca. Era decisa a discostarsi il meno possibile dalla
verità. “La mia partenza per Tokyo è stata improvvisa e non mi aspettavo certo un’accoglienza
del genere.”
“Siamo rimasti tutti stupiti, Benji non è tipo da
smancerie” proseguì il ragazzo, appoggiando la schiena al muro adiacente l’ingresso del ristorante.
Myriam lo imitò, felice di non dover più affrontare il suo
sguardo diretto. “Sindrome improvvisa del buon samaritano?” azzardò buttandola
sullo scherzo.
Per tutta risposta Tom inarcò un sopracciglio. “Quell’orso
di Benji? Secondo te per quale motivo lo abbiamo assalito quando Patty ti ha
presentata come la sua fidanzata?”
La ragazza arrossì al ricordo di quanto accaduto quel
pomeriggio.
“Impossibile resistere alla tentazione. Il nostro misogino
capitano, superiore a tutto e a tutti, che permette a una ragazza di
accompagnarlo agli allenamenti? Con indosso il suo berretto porta fortuna? Inconcepibile.”
Un misto di confusione e imbarazzo l’assalì e non poté far
altro che fissarlo in silenzio, cercando invano una risposta plausibile alle
sue domande.
“Secondo me gli piaci,” concluse
a bruciapelo.
Myriam lo fissò a bocca aperta, mentre Tom si portava ad
un palmo da lei. “Se fossi sobrio è probabile che non ti
parlerei in questo modo, ma non sono sobrio. Conosco Benji da una vita, e
posso dirti che mi avrebbe volentieri tirato un pugno quando gli ho chiesto se
potevo accompagnarti questa sera.”
Non riusciva a credere alle proprie orecchie:
A - era stata catapultata in un mondo parallelo pieno di bei
ragazzi
B - i ragazzi in questione erano i protagonisti di “Holly
e Benji”
C - a detta di Tom, Benji si era preso una cotta per lei
Sento che sta per venirmi un gran mal di testa.
“È stato molto gentile” ribatté lei non appena ebbe
recuperato l’uso della parola, “ma non credo di interessargli in modo
particolare.”
Tom sorrise, appoggiando una mano sul muro a pochi
centimetri dal suo viso e guardandola dritto negli occhi. “Facciamo così” mormorò,
“se entro sabato Benji non avrà provato a baciarti, farai coppia con me al
ballo di primavera.”
Il cuore di Myriam mancò un colpo. Benji che provava a
baciarla? Il ballo di primavera, in coppia con Tom? Quale ballo di primavera?
“Scusami ma non ti seguo.”
“In qualità di capo ufficio stampa della Federazione
Calcio, ogni anno Patty segue l’organizzazione di un’importante gala di
beneficenza,” spiegò lui con una buffa smorfia. “Come
se non bastasse, da qualche settimana mi sono lasciato con la mia ragazza. Se
non andrai con Benji, vorrei che accettassi il mio invito.”
Un sorriso le si dipinse in volto e finalmente si rilassò.
La situazione era surreale al punto che tanto valeva lasciarsi andare e divertirsi.
“Affare fatto” disse allungando la mano destra per
suggellare il patto, “sarò la tua damigella.”
“Sempre che Benji non ti inviti prima,”
precisò Tom stringendole la mano con la sua.
Sempre che prima non venga rispedita a casa, aggiunse lei fra sé.
Rientrarono nel ristorante. Bruce si era sdraiato su di un
divanetto vuoto e russava a più non posso.
Mentre Myriam recuperava il berretto che aveva lasciato
sulla sedia, Benji le si avvicinò con passo malfermo. “Andiamo a casa?” Il suo
alito sapeva di alcol.
“Benji, non credo sia il caso che tu ti metta al volante” si
intromise Tom, vedendolo barcollare.
“Sto benissimo.”
“Se vi precedo fino a casa te la senti di guidare?” insisté
il ragazzo rivolto a Myriam. La ragazza si affrettò ad annuire, prima che Benji
avesse modo di protestare.
Presero le giacche da una sedia e seguirono Benji verso
l’uscita. “Ciao Patty” salutarono entrambi l’amica che cercava di scrollarsi
Holly e Bruce di dosso. “Pensi di farcela a rimetterli in piedi?” aggiunse Tom
divertito.
“Grazie, non ti preoccupare. I taxi dovrebbero arrivare a minuti” rispose
facendo loro cenno di andare.
“Buonanotte allora,” augurò il
ragazzo aprendo la porta e lasciando il passo a Myriam, chesi accomiatò dal gruppo con un piccolo gesto
della mano.
“Buonanotte ragazzi,” risposero
Patty e Susie in coro.
Fuori la temperatura era calata e Myriam si strinse nelle
braccia. L’euforia andava scemando, e cominciava a sentire freddo.
Benji era seduto a terra, con la schiena appoggiata a una
ruota del fuoristrada.
“Forza capitano, sali in macchina” lo esortò Tom
aiutandolo ad alzarsi. Non era da lui ridursi in quello stato.
“Ti ho detto che sto bene.”
Il compagno di squadra gli prese dalla tasca il
portachiavi dell’auto e azionò il comando di apertura delle portiere. Un doppio
“beep” echeggiò nel silenzio della notte.
Myriam salì al posto del guidatore e si assicurò che Benji
allacciasse la cintura di sicurezza.
“Dammi un secondo per mettere in moto,”
le disse Tom da fuori il finestrino.
Seguì con lo sguardo il ragazzo che attraversava la strada
in un paio di lunghe falcate. Pochi secondi dopo Nami
le rombava di fronte.
Girò il contatto e accese le luci. Fortunatamente la
macchina di Benji aveva la guida all’occidentale, se avesse dovuto portarla al
contrario sarebbero stati guai.
Le strade erano deserte, Fujisawa
sembrava dormire sonni tranquilli. Arrivarono a destinazione in pochi minuti. Non
credeva che fossero tanto vicini a casa, il suo pessimo senso dell’orientamento
dava il meglio di sé quando si trovava in una città sconosciuta.
Cercò il telecomando del cancello e lo trovò nel cassetto
del cruscotto. Lanciando un’occhiata a Benji, vide che si era assopito.
“Meglio non entrare con la moto” disse Tom che, nel
frattempo, le si era accostato. “Farei troppo rumore. Vengo in macchina con voi
e ti do una mano a portarlo su.”
“Non penso sia una buona idea” replicò Myriam,
rabbrividendo al pensiero di Emma in veste da camera che li rimproverava per
aver bevuto troppo. “Dovrei farcela da sola.”
“Sei sicura?” chiese Tom alla vista di Benji addormentato.
“Ti lascio il mio numero. Aspetto qua fuori per qualche minuto e, nel caso
avessi problemi, ti raggiungo al volo.”
Myriam rise fra sé, mentre Tom Becker le dettava il
proprio numero di cellulare.
“Perfetto” disse lui, riponendo il telefono nel taschino
della giacca, “se non mi chiami entro dieci minuti vado.”
“Grazie mille Tom.”
“Figurati,” rispose lui
abbassando la visiera del casco.
Qualche istante dopo parcheggiò l’auto nel garage situato
sul retro della villa. Sarebbe statosicuramente meglio passare
dall’entrata di servizio, ma Myriam non avrebbe poi avuto idea di come
raggiungere la camera di Benji.
Dovette scuoterlo leggermente perché desse segni di vita.
“Dove siamo?” biascicò mentre Myriam lo aiutava a scendere
dal fuoristrada e si passava un suo braccio intorno alle spalle.
“A casa” rispose lei. “Cerchiamo di non svegliare tutti,” aggiunse posandogli un dito sulle labbra affinché
afferrasse subito il concetto.
Raggiunsero la porta di ingresso con relativa facilità.
Sebbene Benji non avesse un passo stabile, il suo peso non le gravava addosso
come aveva temuto inizialmente.
“Coraggio, ci siamo quasi,” disse
infilando nella serratura la chiave da porta blindata.
Il grande scalone era l’ostacolo maggiore. Non si sentiva
tuttavia di abusare della disponibilità di Tom. Fece sedere Benji a terra e
mandò al ragazzo un sms per rassicurarlo e ringraziarlo nuovamente.
“Dai Benji, ancora un piccolo sforzo” disse tirandolo su.
Raggiungere la sua camera al buio si rivelò un’impresa
tutt’altro che facile.
La giornata più allucinante della mia vita!esclamò fra sé mentre lasciava finalmente
cadere il pesante fardello sul letto. Era esausta.
Gli si sedette accanto per riprendere fiato. Un energico “ronf” la fece sussultare. Benji russava peggio di Bruce. Si
voltò divertita a guardare il ragazzo che, ignaro di tutto, si grattava la
testa emettendo strani suoni.
Sembrava un bambino dall’aria innocente e indifesa, se
solo lo avessero visto i suoi amici la sua reputazione sarebbe crollata per
sempre. Si chinò per sfilargli le scarpe.
Come diavolo se le è allacciate? Borbottò fra sé mentre cercava di disfare il nodo più intricato
che avesse mai visto.
Liberati i piedi, gli spostò senza troppe cerimonie le
gambe affinché assumesse una posizione più confortevole.
“Non è possibile!” gemette alla vista del ragazzo
incastrato nella sua stessa felpa. Doveva aver provato a togliersela mentre lei
era concentrata sulle scarpe.
“Benjamin Price, se non fossi stato tanto carino con me ti
lascerei dormire così.” Appoggiò un ginocchio lungo il fianco del ragazzo e
cercò di tirare via l’indumento prima che lo soffocasse.
Dopo qualche ingarbugliata manovra, erano rimasti bloccati
solo la testa e il braccio sinistro. “Mannaggia a te Benji” disse mettendosi a cavalcioni su di lui. Avere a che fare con un peso morto
era già faticoso di per sé, senza contare la stanchezza che le era crollata addosso tutta insieme.
“Ci siamo quasi” disse sfilando la manica, “e... fatto.”
Con un ultimo sforzo, la felpa venne via. Si sedette un
attimo sulle gambe di Benji, tirando un sospiro di sollievo. Cos’altro
poteva succedere? Sorrise tra sé. Gli alieni potevano sempre decidere di
invadere la terra in quel momento.
Il suo sguardo tornò sul ragazzo addormentato. L’idea di
non rivederlo più le provocò un vago senso di smarrimento. Per lungo tempo si
era disinteressata ai suo coetanei, e aveva perso
l’abitudine alle scaramucce amorose.
Scrollò le spalle, limitandosi ad archiviare la cosa fra i
problemi senza soluzione accumulati nelle ultime ore.
“Sogni d’oro campione” sussurrò con dolcezza, spostando il
peso del corpo sulla sinistra nell’intento di scavalcarlo.
Un braccio la fermò a mezza corsa, facendole perdere
l’equilibrio. Senza dire una parola,Benji le circondò la vita e la fece rotolare
sotto di sé.
Prima di capire cosa stesse succedendo, le labbra del
ragazzo furono sulle sue. Sbarrò gli occhi, incapace
di muoversi, mentre una sensazione di calore le si diffondeva in tutto il
corpo. Si lasciò trasportare da quel bacio morbido e inatteso senza riflettere,
mentre Benji le passava una mano tra i capelli e l’attirava ancora di più a sé.
La sua riserva di ossigeno era ormai agli sgoccioli
quando, a malincuore, il ragazzo si staccò da lei. Con estrema lentezza, le
fece scivolare l’indice lungo la linea della mascella.
Il buio nascondeva l’espressione degli occhi che la
fissavano, ma i battiti del suo cuore non accennarono a rallentare. Con un
gemito appena percettibile, le affondò il viso del collo.
Myriam riprese fiato, con il respiro lieve di lui che le accarezzava
la pelle. Era piacevole sentirne il peso abbandonato sopra di lei.
“Benji” lo chiamò a bassa voce, senza però ricevere
risposta. Doveva essersi addormentato. Indugiò in quel tepore qualche minuto,
prima di scivolare via e dirigersi furtiva verso la propria stanza.
Si spogliò in un baleno, tenendo indosso solo la maglietta
che il ragazzo le aveva prestato e, finalmente, poté infilarsi nel letto.
Aveva la mente in subbuglio. Benji l’aveva baciata, le era
piaciuto ed era tutto sbagliato. Le leggi stesse del tempo e dello spazio erano
contrarie ad un qualunque legame con quel mondo, senza menzionare il fatto che,
la mattina seguente, si sarebbe potuta risvegliare nella sala d’aspetto di
Fiumicino.
Si girò e rigirò fra le lenzuola alla ricerca di una
posizione comoda, prima di scivolare in un sonno senza sogni.
Note:
(3) Tipico liquore giapponese
(4) Autore di CaptainTsubasa
¨¨¨
Cast della FF
Cliccate
sui link sottostanti e vi si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali, in ordine di apparizione nella FF:
“Lo sapevo” fece Johnny sbattendo un pugno sul
tavolo.
“Non puoi esserne certo” disse Susie, cercando
di non pensare a cosa sarebbe accaduto non appena tutti avessero visto quelle
foto.
Il ragazzo scosse la testa con forza. “Non ti
sembra strano che quella Myriam sia spuntata fuori dal nulla e, come se fosse
la cosa più normale del mondo, abbia convinto Benji a ospitarla?”
“Che io sappia è stato lui a proporglielo.”
“Anche ammettendo che sia andata così. Tu
accetteresti l’ospitalità di uno sconosciuto a meno che non avessi un secondo
fine?”
Susie guardò il ragazzo in silenzio. Non aveva
poi tutti i torti.
“Tra l’altro sostiene di essere partita per il
Giappone all’improvviso,” proseguì lui concitato.
“Conosci molte ragazze che prenderebbero un aereo senza portarsi dietro nemmeno
un trolley?”
La ragazza si limitò a chiudere il giornale
che aveva suscitato la collera di Johnny. In prima pagina troneggiavano due
foto. La prima ritraeva Benji e Myriam abbracciati in aeroporto, nella seconda lei
era appoggiata a un muro e sembrava che Tom stesse per baciarla.
“Un pasticcio bello e buono” sospirò.
* * *
Un sottile raggio di luce la perseguitava da
qualche minuto. Tenne gli occhi ben chiusi, nella vana speranza di
riaddormentarsi.
Si girò nel letto, coprendosi il viso con il cuscino.
Sentiva la bocca impastata e i muscoli delle braccia le dolevano. Cos’era
successo? I ricordi del giorno prima le si riversarono
addosso con la potenza di un fiume in piena, facendola scattare a sedere sul
letto.
La camera nella quale si trovava non era né la
sua, né quella di un albergo.
Escludendo
l’ipotesi del sogno persistente, sembra che debba abituarmi a questa realtà, considerò fra sé
mentre spostava le coperte di lato e si dirigeva verso la portafinestra. Trovò
il comando di apertura della serranda e pochi istanti dopo un caldo fascio di
sole l’abbracciò, facendole strizzare gli occhi assuefatti alla penombra.
Uscì all’aria aperta, stiracchiandosi
voluttuosamente. Era una splendida giornata.
“Buongiorno” disse una voce rauca alle sue
spalle.
Myriam sobbalzò alla vista di Benji che le si
avvicinava, i capelli tutti scompigliati e il viso adombrato da una leggera
barba.
“Dormito bene?” le chiese il ragazzo coprendosi
la bocca per nascondere un largo sbadiglio.
Myriam annuì con un gesto del capo.
“Mi sento come se fossi stato travolto da un
treno” si lamentò lui, sedendosi al tavolo in ferro battuto situato al centro
della terrazza. “Sai dirmi come sono arrivato al mio letto?”
La ragazza gli lanciò uno sguardo confuso. Non
ricordava nulla?
“Abbiamo alzato tutti un po’
il gomito” rispose evitando di guardarlo negli occhi, “e siamo tornati a
casa con Tom.”
Benji la osservò in silenzio, mentre un
sorriso malizioso gli piegava le labbra. “Ieri mi sono dimenticato di darti un
pigiama.”
Myriam lo fissò senza capire poi, guardandosi
i piedi, si rese conto di essere in maglietta e mutandine.
“Potevi dirmelo prima” gridò correndo a
nascondersi dietro a una tenda. “Price, dovresti vergognarti.”
La risata cristallina di Benji la raggiunse mentre
rientrava in casa a ritroso, cercando di non travolgere nulla al suo passaggio.
“E perdermi questo spettacolo mattutino?”
“Molto divertente” rispose lei in preda
all’impaccio più totale. Non pago di averla baciata per poi dimenticarsene, la
prendeva in giro mentre girava mezza nuda sulla terrazza di casa sua. Se aveva
ancora bisogno di prove sulla veridicità di quel mondo, le erano state servite
su un piatto d’argento.
Benji guardò in direzione della stanza della
ragazza e il sorriso che aleggiava sul suo viso si spense. Aveva strani ricordi
riguardo ai trascorsi della notte precedente. Quanto aveva bevuto?
Myriam sosteneva di averlo riaccompagnato con
Tom. Eppure avrebbe giurato che non fosse salito in macchina con loro. Lei lo
aveva portato in camera, e poi? Perché sentiva quello strano nodo allo stomaco?
La ragazza fu di ritorno poco dopo con indosso
i suoi jeans e le scarpe da ginnastica. Gli lanciò uno sguardo torvo e, per un
attimo, ebbe la netta impressione che avrebbe preferito fasciarsi nel piumino
d’oca a due piazze.
“Scusa se te lo chiedo nuovamente” domandò
mentre gli si sedeva di fronte a braccia conserte. “A proposito di ieri sera...”
“Signorino Benji, è permesso?” lo interruppe
una voce femminile.
Il ragazzo si voltò in direzione della donna
che aveva parlato. “Buongiorno Anna.”
“Buongiorno signorino” rispose la donna
facendosi avanti. “Il signor Becker chiede urgentemente di lei.” Non riuscì a
finire la frase che Tom fece irruzione con la stessa foga di un pompiere alle
prime armi.
“Non avete idea di cosa sia successo” disse
tutto d’un fiato. Doveva aver salito le scale quattro a quattro.
Benji gli fece segno di accomodarsi, mentre la
cameriera si allontanava. “No, ma immagino tu stia per dircelo.”
Tom gli porse il giornale che teneva in mano.
“Andrai su tutte le furie.”
Myriam fissò Benji con curiosità crescente
mentre sconcerto e indignazione si alternavano sul suo volto.
“Si può sapere come hanno fatto?”
La ragazza si spostò alle sue spalle per
capire cosa lo irritasse tanto. Alla vista delle foto, la mascella le cadde a
terra. “Quella sono io?” trasecolò.
“Secondo te?”
“Non è colpa sua” la difese Tom. “Sono venuto
prima che ho potuto, volevo evitare che lo scopriste per caso.”
Myriam non riusciva a distogliere lo sguardo
da quelle immagini. Mai avrebbe pensato di finire sulla prima pagina di un
quotidiano scandalistico. La foto con Tom poi lasciava ampio spazio
all’immaginazione, difficile credere che la stesse solo invitando a un ballo di
beneficenza.
“Triangolo rosa per gli assi della nazionale”
lesse a bassa voce. L’autore dello scoop non aveva dato prova di grande
fantasia. “La misteriosa ragazza, in compagnia di Benjamin Price e Tom Becker...” sospese la lettura. Meglio non approfondire.
“Devono averci seguito” sibilò Benji.
“Patty mi ha chiesto se vogliamo fare una
smentita ufficiale” disse Tom, cercando di smorzare la tensione crescente.
Sapeva quanto Benji odiasse i paparazzi, l’ultima volta c’era mancato poco che
colpisse un giornalista con la sua stessa macchina fotografica.
“Non aspettano altro.”
“Preferisci fare finta di nulla?”
Lo sguardo mortificato di Myriam passava
silenziosamente da un ragazzo all’altro.
“Temo che non affronterei di
buon grado domande sul nostro presunto ménage à trois.” Il tono di Benji era
sarcastico e tagliente. “Scusami per prima” proseguì rivolto a Myriam, “ma non
riesco proprio a tollerare queste soap
opera da quattro soldi.”
La ragazza si limitò a rassicurarlo con un
timido sorriso. Tutto sommato l’attacco alieno andava rivalutato.
Tom si appoggiò allo schienale della sedia,
incrociando le mani dietro alla testa. “Il lato oscuro della medaglia, si
finisce per farci l’abitudine.”
“Beato te. Penso che ci
riuscirò mai.”
Myriam tirò un sospiro, con gli occhi fissi
sulla copertina. “E’ probabile che ci abbiano visti in aeroporto, e poi seguiti
al ristorante.”
La realtà colpì Benji come una randellata in
un film muto. In preda alla rabbia, non aveva messo a fuoco l’immagine di
destra, che ritraeva Tom e Myriam in un atteggiamento alquanto intimo.
Ricordò. L’aveva baciata e si era addormentato
con lei.
Perché poi se ne era andata?
Perché
sei un imbecille. La inviti a casa tua
un’ora dopo averla conosciuta e la sera stessa, ubriaco, la trascini nel tuo
letto. Un vero gentiluomo, non c’è che dire.
Tornò a fissare la foto. Anche Tom l’aveva
baciata? Non era abituato a gestire situazioni di quel tipo, e il sottile
veleno del dubbio riuscì agilmente a farsi strada nelle sue vene.
“Complimenti Myriam, hai fatto il tuo ingresso
ufficiale nell’olimpo delle celebrità.”
La ragazza lo fissò attonita e Benji si maledì
subito per il proprio tono di voce. Non aveva alcun diritto di prendersela a
quel modo.
“Che ne dite di una buona colazione?”
intervenne Tom, con il chiaro proposito di allentare la tensione fra i due. “A
stomaco pieno si ragiona meglio.”
Myriam annuì con un debole cenno del capo.
Benji pensava che gli stesse complicando la vita e non
poteva dargli torto. Stava rapidamente scalando la classifica delle donne più fortunate
della storia.
“Sono d’accordo” la distolse
lui dai suoi pensieri, “basterà fare finta di nulla e la cosa si sgonfierà da
sola.” Per un attimo la osservò in silenzio. “Sarebbe anche il caso di
accompagnarti a fare shopping.”
Per poco Tom non cadde dalla sedia.
“Immagini ti sia stufata di andare in giro con
i miei vecchi vestiti” si giustificò lui, con l’intento di farsi perdonare la
battuta di poco prima.
Myriam abbassò lo sguardo su ciò che aveva
indosso. “Quasi me ne dimenticavo,” mormorò.
“Qual è il problema?” chiese Tom non appena le
parole presero forma nella sua mente.
“Nulla che non si possa risolvere” rispose Benji.
“Ieri le ho promesso che l’avrei accompagnata a comprare qualcosa di più
femminile dei miei vecchi jeans.”
L’attaccante abbozzò un sorriso alla vista
della maglietta sgualcita nella quale la ragazza aveva sicuramente dormito.
“Non vorrei sembrarti invadente” le disse con dolcezza, “ma a casa mia avresti
un intero guardaroba a disposizione.”
“Un guardaroba femminile?” azzardò lei
cercando di non essere maleducata.
Tom alzò le spalle con disinvoltura. “Dubito
che Gisèle rivoglia indietro le sue cose. Anche il mio appartamento a Parigi è
disseminato dei regali che riceveva quando stava da me. Se non altro libererò
l’appartamento a Tokyo.”
Myriam colse un velo di malinconia nelle sue
parole e cercò di collegare i puntini fra loro per evitare inutili gaffe.
Gisèle doveva essere la sua ex ragazza. Perché riceveva montagne di regali ai
quali non attribuiva importanza? Era forse una persona famosa?
Un lampo le attraversò la mente. “Non intenderai
mica Gisèle Bundchen?” balbettò (5).
Tom le rivolse uno sguardo mesto. “Pensavo lo
sapessi. Le riviste di tutto il mondo seguivano ogni nostro passo.”
Gli ingranaggi mentali di Myriam si
incepparono per un attimo. In quel
mondo, Tom Becker si era lasciato con una delle modelle più famose del suo mondo. Il che significava che, con
ogni probabilità, vi erano molti più legami fra le due realtà di quanto avesse
immaginato. E se da qualche parte ci fosse stata la sua equivalente?
Preferì ignorare il bizzarro pensiero. “Non
seguo da vicino le vicende dei personaggi dello spettacolo” mentì, temendo che
le si allungasse il naso. “Inutile dire che mi dispiace.”
Tom scosse lievemente il capo. “Il peggio è
passato. Ora che si è fidanzata con il mio omonimo americano i giornali mi lasciano
in pace. Almeno fino a oggi,” aggiunse con un
occhiolino.
La ragazza sentì il rossore salirle alle
guance, trattenendo a stento l’impulso di chiedere se stesse alludendo a Tom Brady(6), il giocatore di football con il quale la Gisèle del suo mondo era in procinto di sposarsi.
“Mi faccio una doccia e andiamo” disse Benji
alzandosi in piedi. “Ti do un’altra maglietta di modo che tu possa cambiarti”
aggiunse con fare neutro rivolto a Myriam. Era lei che preferiva fare finta di
nulla o lui che non aveva il coraggio di affrontarla?
“Ti ringrazio” rispose lei, ignara della
confusione che regnava nella mente del giovane. L’idea di portare gli stessi
vestiti due giorni di seguito l’allettava pochissimo.
Tom lì seguì mentre rientravano in casa.
“Intanto mi avvio, così evitiamo di destare inutili sospetti.”
Myriam lo salutò con un sorriso. Difficile
credere che i giornalisti avrebbero continuato a interessarsi a lei. Come
potevano le star sopportare l’attenzione continua dei paparazzi? Quasi
rimpiangeva la sua vecchia vita. Quasi.
* * *
“Lo sapevo” esultò Tom non appena la ragazza
uscì dal suo bagno con indosso dei pantaloni neri e una camicetta azzurra corta
e avvitata. “Avete praticamente la stessa misura.”
Myriam stentava a capacitarsi di avere libero
accesso al guardaroba di Gisèle Bundchen. E poi le top model
non portavano la taglia quaranta?
Benji sembrò leggerle nel pensiero. “Avrei
scommesso che Gisèle fosse più magra” commentò, sfogliando distrattamente una
rivista che gli era capitata fra le mani.
Myriam scoppiò a ridere. “Solo
più magra? In questo momento mi sento una pallida controfigura. Questi pantaloni dovevano starle larghissimi” borbottò, indicando
il tessuto che tirava al livello dei fianchi.
“A dire il vero l’ho sempre trovata un po’
esile,” ribatté Tom mentre porgeva a Benji una tazza
di caffellatte.
Il ragazzo ne aveva bevuto un sorso al volo e
per poco non si strozzò. “Certo, come no” lo schernì in mezzo ai colpi di
tosse. “Ogni volta che ti invitava alle sfilate eri tronfio come un galletto.
Mi è uscito il latte dal naso, ma direi che ne è valsa la pena.”
Tom preferì trascurare il commento salace.
“Avrai bisogno di una borsa in cui mettere la roba” disse rivolto a Myriam,
ignorando deliberatamente l’amico che sghignazzava alle sue spalle.
La ragazza gli lanciò un’occhiata dubbiosa.
“Non ti dispiace che porti via queste cose?”
“Perché dovrebbe?” domandò lui allungandole un
borsone da palestra. “Ti ho proposto io di prenderle.”
Myriam distolse lo sguardo, indecisa
su cosa dire. “A me farebbe un certo effetto vedere addosso a qualcun’altro i
vestiti del mio ex.”
Tom fece spallucce. “Se è per questo non credo
di averla mai vista due volte con lo stesso abito. Non mi stupirei se molte di
queste cose avessero ancora il cartellino.”
Nel frattempo Benji si era alzato, e stava
dando una rapida scorsa al contenuto dell’armadio. “Vai a capire la vanità
femminile.”
Myriam cominciò a raccogliere le cose sparse
sul letto e rivolse ad entrambi un caldo sorriso. A conti fatti il nervosismo
di Benji era del tutto giustificato, e Tom fin troppo disponibile e premuroso. “Siete
dolcissimi, non so come ringraziarvi.”
Gli occhi dei due giovani si incontrarono, per
poi cambiare subito direzione.
“Ve lo immaginate cosa penseranno i
giornalisti appostati qua fuori quando ci vedranno uscire tutti e tre insieme?” scherzò Tom, cercando di celare il proprio
imbarazzo.
“Sono d’accordo” rispose Benji senza prestare
la minima attenzione a ciò che aveva detto l’amico.
Myriam sorrise, ma fu subito distratta dalla
scoperta di un lungo abito nero protetto da un involucro di plastica
trasparente. “E’ bellissimo” esclamò correndo in bagno. “Ci sono pure le scarpe,
speriamo che mi stia.”
I due amici si guardarono nuovamente.
“Le fanno con lo stampino...”
disse Benji.
“... o siamo noi a non capirle?” proseguì Tom,
prima che entrambi scoppiassero a ridere.
Pochi istanti dopo, Myriam contemplava la sua
immagine riflessa allo specchio. Quel vestito era da togliere il fiato: accompagnava
le sue forme in maniera sobria e sensuale, scendendo fin sotto le caviglie. Una
miriade di cristalli Swarovski ne
impreziosiva il corpetto la cui scollatura, sorretta da un laccio che le si
incrociava intorno al collo, lasciava scoperte le spalle e gran parte della schiena.
Non poté resistere alla tentazione di fare una
giravolta. Si sentiva come cenerentola pronta per recarsi al ballo.
“Il ballo!” esclamò tornando alla realtà. Una
leggera cappa si abbatté su di lei al pensiero delle braccia di Benji che
l’avvolgevano e della scommessa persa da Tom, di cui non avrebbe però saputo
nulla. Quell’amnesia post sbronza la intristiva più di quanto non volesse
ammettere.
“Ho finito” annunciò un paio di minuti dopo
raggiungendo i ragazzi in cucina con il vestito piegato sul braccio, “grazie
per la pazienza.”
“Che ne dite di fare un salto al campo di
allenamento?” propose Tom con un ghigno divertito.
Lo guardò senza capire, mentre Benji passava
oltre e puntava la porta sfuggendo il suo sguardo.
“Cosa succede?”
“Ho detto a Benji che formate una coppia
perfetta,” spiegò Tom mentre si metteva a tracolla
l’ingombrante borsone.
Per poco Myriam non inciampò nel tappeto
dell’ingresso, ma il ragazzo sembrò non farvi caso.
“Ti sei resa conto che ieri, da perfetti
sconosciuti e in meno di dodici ore, vi siete prestati soccorso a vicenda?”
* * *
“Ecco i fantastici tre,”
li accolse allegramente Bruce non appena arrivarono al ritiro della Newteam.
Tom diede all’amico una sonora pacca sulla
spalla. “Non ti si può nascondere proprio nulla, vero Harper?”
Myriam e Benji evitavano accuratamente di
guardarsi negli occhi, la situazione non necessitava di ulteriori
complicazioni. All’uscita da casa di Tom, come pronosticato dal ragazzo, un
paio di paparazzi avevano provato a fermarli, nella speranza di ottenere
commenti a caldo dai due calciatori.
Fortunatamente l’accesso agli impianti
sportivi era per lo più vietato ai giornalisti, e Myriam poté tirare un sospiro
di sollievo.
Corso
accelerato: come passare dalle stalle alle stelle e viceversa in meno di un
giorno,
pensò guardando Benji dirigersi silenzioso verso la porta.
“Tutto ok?” le chiese Patty, vedendola seduta
in disparte.
Myriam pensò che con lei fosse inutile
nascondere il proprio disagio. “Sono stata meglio” fu la semplice risposta.
Ogni altro commento era superfluo, e provare a giustificarsi non l’avrebbe
aiutata a guadagnarsi la loro fiducia. L’occhiata che le aveva lanciato Johnny
era stata più che eloquente.
“Non ti conosco, ma preferisco crederti
estranea a questa storia” disse Patty con fare amichevole. “Vedrai che tra un
paio di giorni sarà tutto dimenticato.”
Myriam le rivolse un sorriso riconoscente,
prima di dirigere la sua attenzione verso Tom. Superati i primi minuti di
scompiglio generale, si era messo a ridere e a scherzare come se nulla fosse
accaduto.
“È un ragazzo veramente in gamba,” disse più che altro rivolta a sé stessa.
“Ho sempre pensato che Gisèle non lo meritasse,” commentò Patty sedendo accanto a lei. “È brillante,
affettuoso e come avrai avuto modo di intuire, vorrebbe liberarsi dall’etichetta
di bello-ricco-e-famoso.”
“Quanto tempo sono stati insieme?”
“Quasi un anno.”
In campo regnava una forte agitazione. Una
trentina di ragazzi era giunta alla fase finale della selezione per la Newteam. Susie stava assegnando ad ognuno il proprio
numero, e gli aspiranti campioncini ingannavano il tempo saltellando sul posto.
“Non so se Benji ti ha parlato del ballo di
sabato” domandò Patty facendola sobbalzare. “Mi è sembrato di capire che lavori
nel settore degli eventi. Ti andrebbe di darmi una mano con l’organizzazione?”
“Allora dopo pranzo vieni in ufficio con me,
così ti faccio vedere un po’ di scartoffie.”
Myriam annuì, sfiorandosi una tempia con due
dita a mo’ di saluto militare. Non aveva mai seguito eventi sportivi, ma non
dovevano essere tanto diversi da quelli ai quali era abituata.
“Quella chi è?” domandò un attimo dopo Patty
alzandosi in piedi.
Myriam si girò per capire a chi alludesse. Una
splendida ragazza bionda si stava dirigendo a passo svelto verso il prato.
“L’accesso alla struttura è vietato durante le
selezioni, ma bastano un paio di belle gambe perché gli addetti alla sicurezza
perdano la testa” sbuffò l’ex-manager contrariata. “Ehi tu, dove stai andando?”
gridò vedendo che questa si accingeva ad entrare in campo.
Myriam la seguì con lo sguardo, imitata dai
ragazzi che nel frattempo avevano interrotto il gioco.
Cosa
vorrà fare? Si chiese divertita, un istante prima di spalancare gli occhi per
lo stupore.
La sconosciuta era corsa incontro Benji
gettandogli le braccia al collo e, mentre quest’ultimo la fissava sbalordito,
aveva incollato le labbra alle sue.
Cliccate
sui link sottostanti e vi si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali, come potete facilmente intuire nel prossimo pubblicherò una newentry^^
Tutti gli sguardi erano fissi sulla strana
coppia. La sconosciuta si era staccata da Benji e lo aveva preso allegramente a
braccetto, mente il ragazzo si era trasformato in una statua di sale.
Fu Bruce a interrompere il silenzio calato sul
campo da gioco. “Il segreto di Benji è tenerci nascoste le sue donne per poi
tirarle fuori dal cappello quando meno ce l’aspettiamo” scherzò, strappando un
sorriso ai propri compagni.
Mentre osservava la scena, Myriam si era
avvicinata a Tom, alla ricerca inconscia del suo sostegno. Sentendosi prendere
per mano il ragazzo si voltò stupito, ma non disse nulla. Visibilmente
disorientata, non sembrava del tutto consapevole dei suoi gesti.
“Benjamin, non mi presenti i tuoi amici?”
chiese la biondina con una forte inflessione anglosassone.
Il ragazzo sembrò scuotersi dal torpore che
l’aveva colpito. “Sì certo” balbettò, sistemandosi nervosamente il berretto in
testa. “Questa è Jennifer, una mia amica di New York.”
“La stampa sarà felice di conoscere meglio
tutte le tue amiche” disse Johnny, non potendo fare a meno di
enfatizzare l’ultima parola.
Benji si divincolò con garbo dalla stretta
della ragazza e si diresse verso il bordo del campo. Quella scena avrebbe
incrementato i suoi crediti presso gli aspiranti giocatori della Newteam, ma
non osava immaginare cosa stesse pensando Myriam in quel momento.
Che non vede l’ora di fare bagagli e
andarsene? Anzi, i bagagli non li ha nemmeno disfatti. Maledizione!imprecò
fra sé, combattuto tra il bisogno di incrociare lo sguardo della ragazza e la
paura di ciò che vi avrebbe letto.
Fu il primo impulso a vincere, ma ciò che vide
non gli piacque affatto. Myriam lo stava sì, fissando, ma la sua mano stringeva
quella di Tom.
“Questa mattina ti ho visto sul giornale”
disse Jennifer seguendolo. “Perché la tua fidanzata si è fatta fotografare con
un altro?”
Nell’udire quelle parole, Myriam sentì un
brivido correrle lungo la schiena. Tom accentuò la stretta, e solo in quel
momento si rese conto di aver cercato conforto in lui, rendendo la situazione
più complicata di quanto già non fosse.
“Non è la mia fidanzata” rispose Benji
asettico, quasi stesso parlando del tempo, “e lui è Tom, mio amico e compagno
di squadra” proseguì indicando il compagno di squadra.
Tom e Myriam non fecero in tempo a scostarsi
l’uno dall’altra, che Jennifer aggiunse con fare birichino. “Ora ho capito, siete
voi a stare insieme.”
Myriam arrossì violentemente mentre Tom le
circondava le spalle fingendo grande disinvoltura. “Siamo una bella coppia
vero?”
“Fidanzatino d’America, forse è meglio se
torni a giocare” disse Patty prendendo Myriam per un braccio e trascinandola
via con sé. “Noi abbiamo del lavoro che ci aspetta.”
***
“So che la cosa non mi riguarda” fece Patty
alzando gli occhi da un preventivo di addobbi floreali, “ma vorresti spiegarmi
cosa sta succedendo?”
Myriam le lanciò un’occhiata imbarazzata. Si
era immersa nei documenti che Patty le aveva dato per evitare di pensare e, soprattutto,
di affrontare l’argomento.
“Non l’ho capito nemmeno io” ammise con un sospiro.
“Sono arrivata ieri e ho l’impressione di essere qui da un mese.”
Patty sorrise. “Da quando è stato ingaggiato
dal Paris Saint Germain e
si è trasferito a Parigi, Tom ha scoperto la sua natura di rubacuori. Le foto
con Gisèle sono state pubblicate dai giornali di tutto il mondo e ci siamo
abituati alle sue scorribande amorose.” Si alzò dalla
scrivania per innaffiare un piccolo bonsai. “Puoi scherzare con lui quanto
vuoi, ma con Benji è diverso. Dietro la sua facciata di duro è molto sensibile
e introverso. Non vorrei che lo facessi soffrire.”
Myriam la fissò in silenzio, stentando a
credere alle proprie orecchie. Anche volendo come avrebbe potuto ferirlo? Non
ricordava nemmeno di averla baciata.
“Ti assicuro che è l’ultima delle mie
intenzioni,” assicurò con slancio. Sorrise all’idea
del capitano della nazionale giapponese, tra i migliori e più affascinanti
giocatori al mondo, che stava male per colpa sua. Quel mondo girava al
contrario rispetto a qualunque logica e buon senso.
Patty la riportò alla realtà mettendole di
fronte un piccolo raccoglitore. “Mi aiuteresti a contattare i VIP invitati al
ballo per verificare che sia tutto a posto?”
“Sicuro” rispose sfogliando le prime pagine,
prima di rivolgere a Patty uno sguardo sbalordito. “Avete ingaggiato Michael Bublé?”
La ragazza annuì facendo l’occhiolino. “Non è
stato facilissimo ma, per mia grande fortuna, è un appassionato di calcio.”
“Non l’ho mai sentito cantare dal vivo” esultò
Myriam battendo le mani, “è fantastico!”
“E molto romantico aggiungerei.”
Un’idea affiorò nella mente di Myriam.
L’atmosfera suggestiva della serata doveva essere sfruttata nel migliore dei
modi. Si mise a picchiettare una matita sul tavolo. “Come
pensate di procedere con la raccolta fondi?”
“I posti a sedere sono a pagamento” rispose
distratta Patty che, nel frattempo, si era rimessa al computer.
Myriam soppesò l’informazione per qualche
secondo scartabellando le schede delle personalità che avrebbero preso parte
all’evento. “Che ne diresti di movimentare un po’ la serata?”
“Cosa intendi per
movimentare? Si tratta di una formula standard, il nostro
margine d’azione è alquanto ridotto” domandò Patty senza distogliere gli occhi
dal monitor.
“Quanto pensi che delle ricche e attempate signore pagherebbero per ballare con Tom o con
Holly?” insisté con fare sbarazzino, riuscendo finalmente a catturare
l’attenzione di della ragazza. “Si potrebbe organizzare una sfilata per mettere
all’asta gli aitanti giocatori della nazionale, e devolvere gli ulteriori
ricavi in beneficenza.”
Sul viso di Patty comparve un’espressione
intrigata. “Sai che non è male come idea? Le moglie
dei politici e degli industriali sono delle viscide incredibili. I ragazzi ci
uccideranno, ma vale la pena correre il rischio!”
***
“Ahi, mi fai male! Susie la
vuoi piantare?”
“Smettila di frignare Paul, ho quasi finito.”
I ragazzi si alternavano da diverse ore nelle prove
degli smoking. La sarta si era sentita poco bene e Susie, fresca di un recente
corso per stilista, cercava di sostituirla alla bell’e meglio.
“Quando glielo diciamo?” bisbigliò Patty
all’orecchio di Myriam. Quest’ultima era intenta a sistemare i completi da un
lato per evitare che si mischiassero fra loro.
“Direi di aspettare la fine delle prove”
rispose togliendosi alcuni spilli dalla bocca, “o rischiano di fuggire prima
che Susie li abbia sistemati.”
Patty soffocò una risatina all’idea della
faccia che avrebbero fatto non appena avessero diffuso la lieta notizia.
“Scusa Myriam, potrei parlarti?” chiese una
voce maschile alle loro spalle. Era Tom, al quale il colletto troppo stretto
aveva alterato il timbro vocale.
“Certo” rispose, seguendo divertita il ragazzo
che continuava a passarsi un dito lungo il collo della camicia per evitare il
soffocamento.
“Odio vestirmi da pinguino” mugugnò non appena
raggiunsero il salone dove si sarebbe tenuto il ballo.
“Però sei molto chic.”
“Ridi pure, ne riparleremo quando avrai i
piedi distrutti dai tacchi alti” fece il ragazzo esasperato, cedendo alla
tentazione di slacciarsi il papillon.
“Cosa volevi dirmi?” chiese lei incuriosita.
Era davvero carino con il cravattino in disordine e la camicia
leggermente sbottonata. Dove erano finiti i ragazzi così dalle sue parti?
Tom si passò una mano sulla nuca e abbassò lo
sguardo, imbarazzato. “Volevo parlarti della foto e di quanto successo con
Benji questa mattina. Mi dispiace per il casino che si è creato.”
Gli sorrise dolcemente,
passandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio. “Non hai nessuna colpa, né ti
devi preoccupare” lo rassicurò, cercando di apparire disinvolta. Era sempre
stato così attraente?
“Di cosa state parlando?” chiese
improvvisamente Jennifer facendoli sussultare. Sembrava capace di
materializzarsi dal nulla nei momenti più inopportuni.
Tom inarcò un sopracciglio, lanciandole una
strana occhiata. “Ho
chiesto a Myriam di depilarmi, però davanti a te mi vergogno. Ti spiace lasciarci soli?”
Con uno squittio indignato Jennifer fece dietro front, mentre Myriam si mordeva la lingua per non scoppiare
a ridere.
“Fino a ieri la vita scorreva tanto tranquilla, ora mi sembra
di vivere in una telenovela.”
“Vedrai che si sistemerà tutto” disse Myriam, cercando di
infondere alla frase pronunciata più convinzione di quanta non provasse in
realtà.
Tom la osservò intensamente, per poi volgere lo sguardo
verso la sala delle prove.
“Abbiamo finito” esclamò da lontano Susie, seguita da un
coro di sollievo generale.
“Torniamo di là?” le chiese, lasciandole il passo con un
gesto della mano.
“Prima però ricomponiti, o Susie se ne avrà a male” lo
ammonì Myriam dandogli un pizzicotto nel fianco, felice di essere tornata in
sé.
“Stai attenta, al ballo avrò la mia vendetta.”
“Ho già i brividi!”
“Io e Myriam dobbiamo farvi un annuncio,”
disse Patty non appena fecero il loro ingresso.
Gli sguardi dei presenti passarono da una ragazza
all’altra.
“Sabato sera ci sarà una sfilata e voi sarete i nostri
modelli.”
“Modelli?” proruppe Benji attonito. Di rientro dai campi
di allenamento e con la tuta sporca di erba, in mezzo agli eleganti compagni di
squadra sembrava il brutto anatroccolo.
“Hai sentito benissimo” ribadì Patty allegramente.
“Dovrete mettervi in bella mostra e far sì che le signore presenti muoiano
dalla voglia di vedervi da più vicino, perché poco dopo andrete all’asta.”
I ragazzi si scambiarono degli sguardi allibiti.
“Non fate quelle facce. Ricordate che è per una buona
causa,” si giustificò Patty avvicinandosi a Myriam per
fare fronte comune.
“Vuoi forse dire che delle signore di mezza età pagheranno
per trascorrere la serata con noi?” domandò Benji cupo in volto.
Patty sfoderò il suo migliore sorriso. “Non esattamente. Ognuno
di voi avrà il suo carnet di ballo (7)
che verrà acquistato dalla miglior offerente.”
Il ragazzo la fissò come se lo avesse appena informato
della data del suo funerale.
“L’idea non è malvagia di per sé” intervenne Tom nello
sbigottimento generale, “ma rischia di essere noioso se ci saremo solo noi
maschietti. Propongo di accettare a condizione che vi mettiate anche voi sul
piatto della bilancia.”
“Sono perfettamente d’accordo,”
fece Bruce incrociando le braccia sul petto. “Se dobbiamo metterci in vendita
lo farete anche voi.”
Myriam e Patty si lanciarono la tipica occhiata di chi
finisce vittima delle proprie macchinazioni.
“Potrebbe essere divertente!” esclamò Jennifer saltellando
sul posto.
“Quella tipa non è normale” mormorò Susie rivolta a Myriam
e Patty.
“Allora?” le incalzò Tom.
“Noi non siamo famose” ribatté Patty cercando di tirare
acqua al loro mulino.
“Sfido uno qualunque dei ricconi che parteciperanno al
ballo a farvi questa rimostranza,” ribatté il ragazzo
spalleggiato dai compagni.
“Temo che non abbiamo scelta” rispose mogia Patty.
Il meno convinto di tutti sembrava Benji. Myriam cercò di
incrociare il suo sguardo, ma lui si ostinava a fissare il vuoto di fronte a
sé.
“Benji mydear!” strillò Jennifer buttandogli le braccia al
collo. “Sabato mi comprerai tu vero?” domandò senza far caso al senso equivoco
della sua richiesta.
Il ragazzo guardò la biondina con imbarazzo, mentre Myriam
sentiva una strana morsa stringerle lo stomaco.
***
“Questo scatolone pesa una
tonnellata. Si può sapere cosa c’è dentro?” domandò Myriam asciugandosi la
fronte con la mano e arrotolandosi le maniche della camicetta.
Era tutto il pomeriggio che armeggiavano con la
preparazione della sala, e i loro sforzi cominciavano a dare i primi frutti.
“Come mai gli operai sono scomparsi?” chiese Susie notando
che erano rimaste sole.
Patty starnutì per la polvere alzata inavvertitamente con
un canovaccio. “Non lavorano mai oltre le sei del pomeriggio.”
“Ottimo. Mancano tre giorni alla festa e loro si rifiutano
di fare gli straordinari.”
“Che belli questi centrotavola!”
Jennifer aveva preso in mano una delle composizioni, girandola sotto sopra per
capire come fossero attaccate le candele.
“Attenta a non farle cadere” la ammonì Patty da lontano,
ma la ragazza sembrò non udirla. “Invece di startene lì impalata perché non ci
dai una mano?”
“Spiacente, i lavori faticosi non fanno per me” rispose
dirigendosi di corsa verso il bar.
“Sono io oppure anche voi vorreste appiccicarla al muro?”
“Dai Patty, è solo una ragazzina”
cercò di calmarla Susie mentre si accingeva a cambiare di posto a una grossa
palma.
“E’ troppo pesante, rischi di farti male alla schiena” la
fermò Myriam guardandosi intorno. “Vado a cercare qualcuno che ci dia una mano.”
Fu delusa nello scoprire che la reception era deserta. Il
salone delle feste era distaccato dal grande albergo dove si trovavano, e
dubitava fortemente che all’ora di cena qualcuno le avrebbe
dato retta per spostare una pianta.
“Posso aiutarla signorina?” disse una voce alle sue
spalle.
Felice si voltò di scatto, ma il sorriso le morì sulle
labbra. Aveva di fronte a sé l’inconfondibile proprietario del negozio di
giocattoli dell’aeroporto.
“Quando ci incontriamo è sempre alla ricerca di qualcosa” commentò
lui con fare allegro. Era vestito da perfetto maître d’hotel.
“S...salve” riuscì a balbettare
lei.
“Come si trova?” domandò candidamente lui.
“Intende dire in questo mondo?”
L’uomo annuì con fare pacato. “Non mi piace quando una
giovane donna si fa prendere troppo dalla carriera. Noto con
piacere che si è subito ambientata” aggiunse lisciandosi i baffi.
“Comunque basta che mi distragga un momento e la ritrovo subito al lavoro.”
Myriam non poté fare a meno di sorridere. Quel signore
aveva il potere di intimidirla e rassicurarla allo stesso tempo. La sua innata
curiosità ebbe la meglio. “Mi scusi, lei chi è in
realtà?”
Si sentì scrutare da dietro gli occhiali da vista. “Chi
sono io? È una bella domanda. Ma, ancora più importante, è capire perché lei è
qui.”
La ragazza lo fissò in silenzio.
“Il fumetto che le ho dato è il suo passaporto per questa
dimensione” spiegò, “e con questo potrà tornare alla normalità.”
Myriam guardò la mano tesa dell’uomo e vide che, al suo
interno, brillava una sottile catena in argento. La prese in silenzio e vide
che vi era appesa una splendida pietra di luna tagliata a goccia (8). “Con questo posso tornare a casa? In che
modo?” domandò incerta.
L’uomo si sistemò gli occhiali sul naso. “Quando sarà
giunto il momento capirà da sola.”
“La mia famiglia sta bene?” domandò lei di getto,
sentendosi in colpa per non averlo chiesto prima.
“Non si preoccupi, stanno benissimo. Mentre lei si trova
qui in visita, nel suo mondo le cose procedono invariate.”
Sebbene la risposta corrispondesse a quanto si era
augurata, Myriam sgranò gli occhi. Una cosa del genere era davvero possibile?
“Vuole dire che c’è un’altra me stessa che sta vivendo la
mia vita?”
“In un certo senso” rispose enigmatico. “Lo scoprirà a
tempo debito.”
“Per quanto ancora resterò qui?” chiese lei, temendo che
l’uomo potesse scomparire da un momento all’altro.
“Lo scoprirà a tempo debito” ripeté. “Guardi, laggiù c’è
un facchino che potrebbe aiutarla,” aggiunse indicando
un punto dietro di lei.
Myriam volse lo sguardo nella direzione indicata e agitò
un braccio per attirare l’attenzione dell’uomo in uniforme da lavoro. “La
ringrazio” disse voltandosi nuovamente, ma il misterioso sconosciuto non c’era
più.
Note:
(7) Al tempo dei grandi balli, ogni
signora aveva il proprio carnet sul quale i potenziali pretendenti potevano
apporre la propria firma e aggiudicarsi una o più danze nel corso della serata.
“Sono in ritardo, sono in ritardo” continuava
a borbottare guardando freneticamente l’orologio. Il taxi in cui si trovava era
stato bloccato nel traffico di Tokyo per più di un’ora e lei si sentiva come il
frettoloso Bianconiglio in ritardo per la festa della
Regina di Cuori(9).
Finalmente l’auto raggiunse il cancello di
villa Price. Se voleva essere puntuale aveva poco più di un quarto d’ora per
prepararsi. Fece irruzione in casa con la delicatezza di un tornado, e nella
fretta urtò una figura maschile che sembrava uscita dal nulla, perdendo
l’equilibrio.
“Ehilà signorina” esclamò Benji trattenendola
per un braccio, “quanta foga.”
“Scusami” mormorò Myriam alzando gli occhi sul
ragazzo. Dovette dar prova di tutto il suo autocontrollo per non rimanere poco
elegantemente a bocca aperta. Vestito di tutto punto e rasato di fresco era
bello da togliere il fiato.
Mentre ammirava inebetita il taglio squadrato
delle spalle fasciate dallo smoking, l’odore pungente del
dopo barba di Benji raggiunse le sue narici facendole provare un leggero
senso di vertigini.
“Alla buon’ora” la riportò bruscamente alla
realtà. “Cominciavo a credere che ti fossi persa per strada.”
Myriam si staccò dal ragazzo. “Sarò pronta per
le otto” assicurò salendo le scale a passo di carica, senza accorgersi del
sorriso che aveva curvato le labbra del giovane.
“Sei convinta di poter operare un efficace
restauro in così poco tempo?”
“Spiritoso” lo rimbeccò Myriam prima di
sparire nel lungo corridoio.
Si buttò sotto la doccia dopo essersi spogliata
alla rinfusa. In quegli ultimi giorni lei e Benji si erano a malapena
incrociati, lui preso dagli allenamenti e lei dai preparativi per la festa.
Ironia della sorte, pur non avendola invitata al ballo le aveva proposto di
recarvisi assieme. Tom avrebbe accompagnato Jennifer e, all’ingresso, le coppie
si sarebbero invertite.
Chiuse il rubinetto dell’acqua, si avvolse in
un morbido asciugamano e mandò il phon
a pieno regime. I capelli corti non richiedevano una messa in piega particolare
e poté quasi subito dedicarsi al trucco. Benedì la sua buona stella per averle
fatto mettere in borsa, prima di partire per Milano, il suo mini beauty con
tutto l’occorrente.
Circa venti minuti dopo prese la borsetta nera
prestatale da Susie e uscì con passo incerto dalla sua camera. Lo splendido
vestito che aveva indosso non mitigava il senso di timidezza che l’aveva colta
improvvisamente.
Raggiunse lo scalone ai piedi del quale Benji
l’attendeva. Il ragazzo era di spalle con le braccia dietro la schiena e
fissava il grande orologio a pendolo dell’atrio. I pensieri di Myriam volarono
alla celebre scena di Titanic, in cui
Kate Winslet raggiungeva Leonardo Di Caprio per recarsi con lui a una vera festa.
Cominciò a scendere i gradini, schiarendosi
leggermente la voce per attirare la sua attenzione.
Benji si voltò di colpo, e un candido stupore
lasciò il posto a un luminoso sorriso.
Pensa a
qualcosa di brillante, di intelligente... a qualunque cosa che interrompa
questo silenzio imbarazzante, annaspò il ragazzo senza raggiungere il
risultato sperato. Myriam si era fermata a qualche passo da lui in attesa che
parlasse, ma tutto
quello che riusciva a fare era rimanere fermo come un idiota. Che gli era
preso? Perché non riusciva a togliersi dalla faccia quell’espressione ebete?
“Il grande Price è rimasto senza
parole?” lo punzecchiò lei divertita.
Benji sembrò tornare finalmente in sé. “Sei bellissima”
disse in un sussurro. “Non pensavoavresti fatto ricorso alla
controfigura” aggiunse facendole l’occhiolino e meritandosi un energico
buffetto sulla spalla.
“Voglio proprio vedere se colui che mi vincerà sarà del
tuo stesso parere,” aggiunse Myriam fingendosi offesa.
“Quel pover’uomo ha tutta la mia compassione” scherzò lui,
aiutandola a salire in macchina.
Myriam gli fece la linguaccia, mentre lui chiudeva lo
sportello con una risata allegra.
Benji ripensò per un attimo agli occhi color ambra che lo
avevano fissato poco prima. Come poteva non averli mai notati? Forse i capelli castani lo avevano tratto in inganno. Forse non
erano mai stati abbastanza vicini. Almeno non alla luce del giorno.
Tornò con la mente alla strada. Myriam aveva rispettato il
suo silenzio e gliene fu grato. Sembrava che riuscisse a capirlo, come se non
ci fosse bisogno di parlare. Eppure si vedevano così poco.
Accese la radio nel tentativo di rianimare la
conversazione e la prima canzone venne accolta da lei con entusiasmo. Noncurante
di essere stonata come una campana, ne seguì il motivo canticchiando
allegramente.
Il ragazzo sorrise fra sé, come gli capitava di rado.
Nonostante il traffico arrivarono puntuali a destinazione.
Scesero dal fuoristrada e la ragazza si fermò in piedi accanto
lui, mentre si chinava a terra per allacciarsi una scarpa. Nel rialzarsi
i suoi occhi incrociarono quelli di lei, ora sulle tonalità del miele, provocandogli
un formicolio nella schiena.
“Sei bellissima” ripeté in un soffio.
“Darling... eccoti!”
esultò improvvisamente una voce femminile alle loro spalle.
Jennifer assalì la coppia con una foga che non aveva nulla
da invidiare alle ultras più scatenate della squadra.
Un poco sgomenta Myriam si allontanò dal ragazzo, cercando
di ignorare la fitta di gelosia che le aveva attraversato il petto.
“Sarei inopportuno se gridassi al mondo la mia felicità?”
le bisbigliò una voce all’orecchio.
La ragazza si voltò, trovandosi di fronte un Tom in
splendida forma. Sebbene l’avesse già visto in smoking l’effetto era più che
notevole.
“Sembri una fata dei boschi” aggiunse sfiorandole la
guancia con un bacio.
“Neanche tu sei tanto male.”
Sensazioni contrastanti si agitavano in lei. Solo un
attimo prima Benji aveva occupato ogni suo pensiero, e ora Tom la faceva
sentire come una scolaretta al primo appuntamento. Aveva bisogno di fermarsi un
attimo e capire.
Benji interruppe il corso dei suoi pensieri. “Dobbiamo sbrigarci, gli altri ci aspettano.”
La vista di Jennifer abbarbicata a lui mo’ di rampicante
le strappò una risatina.
“Madame?” la invitò
Tom porgendole il braccio.
Fece scivolare la sua mano sopra il morbido tessuto,
tirando un profondo respiro. Li attendeva una serata impegnativa.
Il salone delle feste era scintillante, così come Patty,
Holly e Bruce che li accolsero all’ingresso.
“Ce l’avete fatta finalmente” esclamò Holly.
“Questo succede a chi vive in periferia,”
scherzò Bruce rivolto a Benji.
“Dov’è la tua dama? Perché
privarla della tua sfolgorante compagnia?” gli rispose il ragazzo guardandosi
intorno.
“Capitano, non è bello farsi beffe delle disgrazie altrui”
scherzò Bruce fra le risate generali.
Centinaia di persone vestite da gran sera si aggiravano
intorno a loro, facendo brindisi e conversando amabilmente. Stole, broccati e
paillette si confondevano con gioielli e acconciature di ogni tipo.
“Devo farvi i miei complimenti” disse Tom rivolto a Patty
e Myriam, “avete fatto un ottimo lavoro. Ci vorrebbero quasi gli occhiali da
sole.”
Entrambe le ragazze lo ripagarono con un sorriso dal quale
traspariva stanchezza mista a soddisfazione.
“Manca Susie però, devi dirlo anche a lei” disse Patty
prendendo Tom per la mano. “Andiamo a cercarla.”
“Non possiamo rimandare a più tardi?” le chiese prima di
venir trascinato via.
“A vederla vestita così nessuno immaginerebbe che è un
maschiaccio patentato” commentò Holly, prendendo un calice di champagne dal
vassoio di un cameriere che si era avvicinato al gruppetto.
Una calda luce illuminava gli occhi del giovane.
Ogni donna sogna di
essere guardata così dal suo uomo pensò Myriam mentre un velo di tristezza le calava sul
cuore.
“Andiamo a mangiare qualcosa?” domandò Jennifer tirando
Benji per la manica. “Sto morendo di fame.”
Il ragazzo la seguì alzando gli occhi al cielo, suscitando
l’ilarità di Myriam e Holly.
“Che coppia singolare” commentò divertito il ragazzo alla
vista del capitano che, da lontano, mimava una disperata richiesta di aiuto. “Mi
concedi questo ballo?” le chiese posando il calice ormai vuoto.
“Certamente.”
Più alto di lei di quasi una spanna, Holly sembrava più maturo
dei suoi compagni. Per un attimo pensò che sarebbe stato bello immortalare
quella scena e, viaggiando a ritroso nel tempo, farla vedere alla bambina che
era stata. Quella sera ogni cosa sembrava possibile, anche la più irreale.
“Il tuo ciondolo è molto bello” ammirò il ragazzo
facendola volteggiare con grazia.
“E’ una pietra di luna” spiegò sollevandola con le dita
per mostrargliela alla luce. Emanava un gioco di riflessi quasi magico e non
aveva cuore di lasciarla chiusa in un cassetto.
“Non ne avevo mai vista una” proseguì lui riprendendole la
mano destra nella sua. “Potrei regalarne una simile a Patty per il nostro
anniversario.”
Myriam gli sorrise con dolcezza. L’amore
che traspariva nel suo tono di voce non poteva che infonderle fiducia
nell’avvenire. “Trovo sia una splendida idea.”
Poco lontano, Patty e Tom li osservavano in silenzio.
“Persino un cieco si accorgerebbe che Myriam ti piace
molto” disse Patty all’amico, vedendo che non riusciva a distogliere gli occhi
dalla ragazza.
Il giovane fu colto da un leggero imbarazzo. “Mentirei se
ti dicessi che mi è indifferente.” Si infilò le mani in tasca, mentre il suo
sguardo tornava alla coppia che volteggiava sulla pista. “Ma temo che a lei
interessi di più Benji.”
Patty non rispose.
“Ogni volta che il capitano entra in una stanza
l’atteggiamento di lei cambia, seppur impercettibilmente.”
“L’ho notato anch’io” mormorò infine, dispiaciuta all’idea
che Tom potesse rimanerci male.
“Comunque non preoccuparti” la rassicurò, come se le
avesse letto nel pensiero. “Va benissimo così.”
La ragazza lo squadrò con stupore.
“Diciamo che Gisele non è stata definitivamente archiviata”
spiegò Tom con una piccola smorfia, “e in un altro frangente mi sarei infilato
nel primo letto disponibile per dimenticarla. Sono convinto che la presenza di
Myriam in qualità di amica sarà un ottimo rimedio.”
Patty gli lanciò un’occhiata scettica. “Non mi risulta che
tu abbia mai avuto amiche donne.”
“Tu cosa saresti? Un travestito?”
La ragazza non raccolse la provocazione. “Sai benissimo
cosa intendo.”
Tom si guardò i piedi tirando un sospiro. “Prima devo mettere un po’ di ordine nella mia vita. Una
cosa però è certa, non starò a guardare con le mani in mano. Se
Benji non si darà una mossa la nostra diventerà una battaglia senza esclusione
di colpi” continuò, facendo scherzosamente vibrare un pugno in aria.
Patty sorrise, tranquillizzata nel vedere Tom
sdrammatizzare la situazione.
“A proposito” proseguì Tom con fare ammirato, “non ti ho
ancora detto che stasera sei bellissima.”
Patty gli fece l’occhiolino. “Dove non arriva la natura,
arriva il tacco dodici.”
Il ragazzo scoppiò a ridere e il suo sguardo si posò su
Benji, in balia dell’euforia di Jennifer. “A proposito di belle donne, riesci a
immaginarlo alle prese con un corteggiamento in piena regola?”
“Direi di no,” rispose Patty
andando con la mente all’organizzazione della sfilata, le cui prove erano
saltate per l’arrivo posticipato di svariati giocatori. “Mi chiedo se cercherà
di conquistare il carnet di Myriam.”
Tom scosse il capo con rassegnazione. “Quello zuccone non
farà mai niente di così eclatante.”
“Neanche se gli dessimo una mano?”
Tom inarcò un sopracciglio mentre la ragazza si
allontanava facendogli segno di seguirlo. Lo precedette in una piccola stanza
adiacente al salone e chiuse subito la porta alle loro spalle.
“Qualcosa mi dice che dovrei tenere il naso lontano da
questa storia” considerò lui perplesso.
Patty finse di non aver udito. “Per evitare che la serata
si trasformi nel mercato del pesce, abbiamo pensato di procedere con le aste
silenziose.”
Il ragazzo la guardò senza capire.
“Ogni cifra verrà trascritta su un biglietto e mantenuta
segreta fino all’assegnazione dei premi” spiegò.
“Vuoi fare un’offerta falsa a
nome di Benji?”
Patty lo guardò in tralice. “Ho intenzione di fare di
meglio, voglio incrociare la sua con quella di Myriam.”
Un grosso punto interrogativo balenò sulla testa del
ragazzo.
“La tua perspicacia è sconcertante” scherzò lei abbassando
la voce. “Faremo in modo che Benji vinca il diritto di ballare con lei e
viceversa. D’altronde non abbiamo scelta, se vogliamo evitare che si crei una
gran confusione. Lui non può comprare Myriam ed essere comprato a sua volta da
un’altra.”
Frastornato, Tom cercò di seguire il suo ragionamento.
“Oltre a essere un piano contorto, non pensi che qualcuno si stupirà
dell’incredibile coincidenza?”
Patty liquidò la domanda con un gesto della mano.
“Figuriamoci” esclamò. “La stampa andrà in brodo di giuggiole alla vista di
Benjamin Price che si sbilancia pubblicamente per una donna e nessuno ci farà
caso. Si tratta pur sempre di beneficenza.”
Uno strano rumore attirò la loro attenzione.
“C’è qualcuno?” domandò Patty avvicinandosi alla porta di
comunicazione con la sala d’appoggio del catering, prima di aprirla di scatto.
Susie per poco non cadde ai loro piedi.
“Si può sapere cosa stavi facendo?”
“Ehm... senza volere ho ascoltato” bofonchiò cercando di
ricomporsi. “Ok, va bene, ho origliato.”
“Non dovevi occuparti delle mogli dei VIP?” la rimproverò
Patty mascherando un sorriso divertito.
“Mi sono incuriosita vedendovi entrare qui” ammise Susie
con imbarazzo.
“E se mi fossi voluto appartare con lei?” domandò Tom
fingendosi indignato, mentre Patty scoppiava in una sonora risata. “A questo
punto devi darci una mano.”
“Mi sembra ovvio” rispose Susie, felice di essere
coinvolta nell’intrigo. “Sono proprio curiosa di vedere la faccia che farà
Benji.”
“Sentitemi bene” li esortò Patty con aria da complotto.
“Truccheremo le offerte e, prima che io proclami i vincitori, farete entrambi
attenzione a che Myriam e Benji non ci smascherino involontariamente.”
“Complimenti Gatsby, non ti facevo così machiavellica”
ridacchiò Tom mentre tornavano in sala.
***
Myriam si stava divertendo come non mai. Dopo la piacevole
scoperta del ballerino che albergava in Holly, aveva cominciato a guardarsi
intorno alla ricerca del resto della nazionale.
Gli inconfondibili gemelli Derrick le erano stati
presentati da Bruce, assieme a Ed Warner e Danny Mellow,
e aveva osservato meravigliata l’arrivo di Philip Callaghan e dell’imponente
Clifford Yuma. Notò invece con rammarico l’assenza di
Mark Lenders. Era molto curiosa di incontrarlo in carne e ossa, ma nessuno
sembrava avere sue notizie.
Nel turbine mirabolante delle presentazioni, quasi non si
accorse che era giunta l’ora della sfilata. Cercò Patty con gli occhi,
scorgendola sul palco intenta a dare indicazioni a Susie e a Tom.
“Diciamo ai ragazzi di prepararsi?” domandò non appena li
ebbe raggiunti.
Patty annuì, mentre Susie spariva dietro le quinte.
Pochi minuti dopo le luci della sala si abbassarono. Un
potente faro illuminò Patty che, con un microfono in mano, augurava il
benvenuto agli ospiti provenienti da tutto il mondo.
“Rispetto alle edizioni passate,
questa sera c’è una grande novità: i giocatori della nazionale hanno accettato
di mettere all’asta i loro carnet di ballo. Desidero ringraziarli a
nome della Fondazione” annunciò, invitando il pubblico ad applaudirli
calorosamente.
“I nostri campioni sfileranno sotto i vostri occhi con un
numero appuntato all’occhiello” proseguì, “e noi ragazze terremo loro compagnia
in nome della parità dei sessi” aggiunse, suscitando le risate educate degli
astanti.
Alla soave melodia dell’orchestra
che fino a quel momento aveva fatto da sottofondo, si sostituì una canzone
ritmata dalla forte connotazione glamour(10). I riflettori si spostarono da
Patty alla passerella, dove una disinvolta Susie si trovava a braccetto di Paul
Diamond.
Le uscite, improvvisate sul momento, si susseguirono senza
il minimo intoppo. Myriam sfilò sia al fianco di Tom che di Bruce mentre
Jennifer, sfoggiando un evidente passato di modella, si esibì con Benji e
Johnny, alternandosi poi con Philip, Susie e gli altri. Nessuno si prese troppo
sul serio e uno scroscio di applausi seguì infine Holly mentre appuntava il
numero sul vestito di Patty, non avendo lei sfilato per poter presentare gli
amici.
“Hai avuto un’idea grandiosa” disse questa poco dopo
rivolta a Myriam, notando l’andirivieni di persone che presentavano le loro
offerte alle hostess.
La ragazza le sorrise, chiedendosi divertita chi sarebbe
stato il suo compratore.
“Scommetto che farò guadagnare la fondazione più di te,” la stuzzicò Tom per distrarla da Patty che si allontanava
alla chetichella.
“Vedremo” lo sfidò Myriam, ridendo all’idea di quanto
fosse poco probabile che facessero un’offerta importante per ballare con lei.
Sempre che ne facessero una, pensò con un pizzico di timore.
Una decina di minuti dopo Patty fece tornare tutti sul
palco mentre, come convenuto, Tom e Susie si appostavano accanto agli ignari
Benji e Myriam.
“Sono pronte le buste” annunciò al microfono mentre Susie
gliele porgeva. “Per galanteria inizieremo con le damigelle.
Il carnet della nostra manager Susie, colonna portante della
Newteam, viene vinto da... RyoTakeshi,
per duecentocinquantamila yen (11)!” lesse
ad alta voce dopo un attimo di suspense.
La ragazza si fece avanti con un piccolo inchino, cercando
di celare il rossore che le era salito alle guance.
“La sottoscritta invece è stata
vinta da... Hiroshi Masato, per la modica somma di
trecentomila yen!
La ringrazio signor Masato, è molto
generoso da parte sua” disse rivolta ad un simpatico sessantenne che rispose
con un lieve cenno del capo.
“Ora passiamo all’incantevole signorina il cui aiuto è
risultato quanto mai prezioso per l’organizzazione di questa serata,” annunciò Patty rivolta a Myriam.
Aprì la busta, cercando di rimanere impassibile mentre
tirava fuori il biglietto inserito da Susie, sul quale
erano scritti il nome di Benji e l’offerta fittizia.
“Il vincitore è...”
“Un milione di yen” la interruppe bruscamente una voce.
Tutti gli sguardi si voltarono verso Mark Lenders che, fra
lo stupore dei presenti, si era avvicinato alla pedana.
Patty rimase inebetita, mentre l’ex capitano della Toho le sfilava il foglietto dalla mano per leggerne il
contenuto.
“Solo trecentomila yen?” disse con scherno rivolto a
Benji, che lo guardava interdetto in mezzo agli applausi della folla
entusiasta. “Mi deludi Price. La tua ragazza vale così poco
per te?”
Il portiere non colse il significato della strana
allusione, limitandosi a lanciargli uno sguardo torvo e segretamente confuso.
“Un tempismo sorprendente” disse Bruce rivolto al bruno
attaccante, mentre tutti sfoggiavano una finta disinvoltura di fronte ai flash
dei fotografi.
“Un vero campione deve sempre farsi attendere”
rispose Mark fra le labbra.
“Te le scrivono queste battute?”
“Allora diciamo che avevo intenzione di farmi perdonare
per il ritardo,” si corresse avvicinandosi a una
Myriam attonita.
Tom e Susie si scambiarono un’occhiata sbigottita mentre
la tigre, sfoderando il solito sorriso strafottente, cingeva la vita della
ragazza con un braccio.
Note:
(9) Riferimenti tratti da Alice nel paese delle meraviglie (Lewis Caroll)
(10) Memore di un
divertentissimo episodio di Sex and the
City, ho scritto questa scena pensando alle note della canzone GottoBeReal di CherylLynn.
Cliccate
sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali... quanto siete curiose di sapere chi ho scelto per interpretare la
Tigre? Non è stato facile trovare l’attore adatto, lo ammetto... che ne
pensate?^^
“Ora che si fa?” bisbigliò Susie all’orecchio
di Patty.
“Non ne ho la più pallida idea” rispose la
ragazza in preda allo sconforto. Aveva tenuto Benji per ultimo, confidando in
un qualche miracolo. “Ricordi di chi fosse l’offerta più alta?”
Susie scosse penosamente il capo. “Nella
fretta ho visto solo la somma.”
“Questo sì che è un guaio” mormorò Patty con
un sospiro. In realtà non aveva scelta. A meno che una facoltosa signora non
intendesse emulare Lenders, doveva proclamare l’offerta fasulla segnata da
Susie sul cartoncino. Deglutì, sfilandolo dalla busta. “Il nostro capitano
Price è stato vinto da...” disse esitante.
“Chi sarebbe Myriam?” La voce di Mark echeggiò
nella sala. Vedendo che Patty non si decideva a parlare si era inavvertitamente
avvicinato al microfono.
Un brusio attraversò la folla.
“Si tratta di lei” fece Patty, riuscendo a
stento a indicare la ragazza con un gesto della mano.
Myriam sentì le gambe cederle, mentre centinaiadiocchi la osservavano con attenzione.
“Hai comprato tu Price?” domandò Lenders
sbalordito, ricevendo di rimando uno sguardo tramortito. Se avesse avuto una
pala a disposizione, si sarebbe volentieri sotterrata.
“Ho pagato un milione di yen
per dividerti con lui?” continuò a mezza bocca, prima che i flash si scatenassero
accecandoli.
Non rispose. Prima doveva
capire cosa fosse accaduto.
***
“Ti rendi conto del casino che
abbiamo combinato?” domandò Tom rivolto a Patty.
La cerimonia di assegnazione si
era ormai conclusa, ma i giornalisti non accennavano a mollare l’osso.
“Benji ci ucciderà” insisté mentre
l’amica cincischiava il proprio abito con le dita, “e Myriam sarà felice di
dargli una mano.”
“Posso unirmi alla missione omicida?” li investì Bruce.
I due ragazzi lo guardarono
senza capire.
“No dico, avete visto la mia acquirente?”
esclamò lui indicando una buffa signora che doveva avere un pessimo rapporto
con le bilance. “Chiamate Greenpeace,
si sono persi una balena!”
Tom e Patty scoppiarono a
ridere.
“Avrà una forte personalità”
cercò di consolarlo Tom in mezzo alle lacrime.
“C’è poco da ridere Becker, di forte ha solo la taglia.”
“Lupus in fabula” mormorò Tom, mentre la signora in questione si
avvicinava per accampare il diritto regolarmente conquistato.
“Vedrai che riuscirai a
perdonarmi” scherzò Patty salutandolo con la mano, mentre l’amico veniva
trascinato quasi di peso sulla pista da ballo.
“Vado a cercare Benji” disse
Tom non appena si furono ripresi. “Dobbiamo sbrogliare questa matassa prima che
i nostri accompagnatori ci reclamino.”
Patty annuì con un gesto del
capo. Si voltò verso il palco, dove Myriam era assediata da un nugolo di
fotografi.
Una mano le arpionò la spalla.
“Gatsby vuoi spiegarmi il
motivo di questa disorganizzazione?” Approfittando dello scompiglio generale,
Mark era riuscito a svignarsela.
“Ci deve essere stato un errore
nell’assegnazione delle buste” mentì lei. Non era il caso di renderlo partecipe
delle loro innocenti macchinazioni.
Il ragazzo non sembrò
accontentarsi di quella risposta. “Errore un corno. Ho alzato la posta solo per
fare dispetto a Price, vedi di trovare una soluzione.”
Patty aggrottò le sopracciglia.
“La tua nobiltà d’animo mi commuove.”
Lenders scrollò le spalle con indifferenza.
“Risparmiami la tua ramanzina. Pensa piuttosto a risolvere questo pasticcio.”
***
Myriam era in preda al panico.
I giornalisti continuavano a subissarla di domande alle quali non voleva, né
poteva rispondere.
“In che rapporti è con il
Signor Price?” le chiese per la seconda volta una sconosciuta, piantandole un
microfono in pieno viso.
“Sappiamo che vive in casa sua”
aggiunse una reporter lasciando intendere una chiara serie di sottintesi.
Sentì la testa girarle e
un’ondata di calore salirle al viso. Come era finita in quella situazione?
Doveva esserci un modo per uscirne senza peggiorare le cose.
“La signorina non ha
dichiarazioni da fare” li interruppe una voce alle loro spalle.
Lo slancio di gratitudine che
provò per quell’intervento provvidenziale la lasciò senza fiato. Non sarebbe
potuta rimanere in silenzio ancora per molto.
“Signor Price è la sua
fidanzata?” domandarono in vari.
“Si tratta di un’amica” replicò
prendendola per un braccio. “Al vostro posto cercherei di concentrarmi sui fini
perseguiti dalla serata. Ricordate che i fondi raccolti saranno destinati alla
costruzione di scuole e ospedali.”
I giornalisti rimasero per un
attimo senza parole e lui ne approfittò per trascinarla via con sé.
“Grazie per avermi salvata”
disse Myriam a bassa voce, “mi stai facendo male però.” La stretta era
premurosa solo in apparenza.
Benji ignorò la sua protesta,
dirigendosi verso le quinte del palco.
“Se volevi dare spettacolo ci
sei riuscita in pieno” la apostrofò non appena furono lontani da occhi
indiscreti.
Myriam scosse il capo disorientata. “Ti assicuro che sono
stupita quanto te.”
Benji le rivolse un’occhiata
scettica e la sua voce si indurì. “Certo, la tua offerta è finita da sola nella
busta.”
“Di sicuro non ce l’ho messa io.”
Sapeva di essere nel giusto, il problema era dimostrarlo.
Il ragazzo si appoggiò alla
parete, incrociando le braccia sul petto. “Difficile da credere quando lo
stesso Lenders ha letto il tuo nome. Se mi avessi chiesto di farti da accompagnatore
avrei accettato, non c’era bisogno di tanto clamore.”
Lo guardò stralunata, frenando a stento
l’impulso di strappargli quell’aria impertinente dalla faccia. Chi si credeva
di essere?
“Pensa pure quello che vuoi, ma non ero interessata al tuo prezioso carnet” concluse
avviandosi verso l’uscita.
Benji le afferrò un braccio, i
suoi modi privi di una qualunque inflessione amichevole. “Ciò non toglie che
stasera sono il tuo cavaliere.”
“Che rigore morale” commentò,
sarcastica. “Uno di
questi giorni ti faranno santo, vedrai.”
Era così arrabbiata che le ci volle un attimo prima di
riuscire a muoversi. Si liberò con uno strattone, mettendo fine al discorso.
Uscendo dalle quinte, per poco non andò a sbattere contro
Tom che veniva nella direzione opposta.
“Myriam, devo parlarti” cercò di fermarla.
La ragazza lo fulminò con lo sguardo, oltrepassandolo.
“Scusami Tom, non è il momento.”
Pochi istanti dopo incrociò Benji. Nemmeno lui sembrava
divertirsi granché. “Cos’è successo?” domandò temendo il peggio.
Il capitano gli si parò di fronte, le mani nelle tasche
dei pantaloni. “Checché se ne dica, le donne sono tutte uguali.”
Tom lo fissò sbigottito. “Alludi forse a Myriam?”
Benji serrò la mascella e Tom colse la risposta implicita
del suo sguardo fisso sul muro. “Avete litigato per questo?” si affrettò a spiegare.
“Myriam non ha fatto nessuna offerta, è stata un’idea di Patty e...”
Non fece in tempo a finire la frase che Benji lo afferrò
per il bavero.
“Un’idea di chi?”
***
“Eccoti finalmente” si sentì chiamare Lenders da dietro.
Il ragazzo si voltò, e un sincero stupore gli si dipinse
in volto alla vista di Myriam che gli sorrideva. “Mi stavi cercando?”
Lei annuì con un sorriso. “Balliamo?”
Per colpa di tutto quel trambusto si era persa l’arrivo di
Michael Bublé. Non avrebbe permesso alle illazioni di Benji di rovinarle la
serata.
“Come ballerino lascio alquanto a desiderare, ho partecipato
all’asta solo per fare innervosire Price” confessò lui, passandosi nervosamente
una mano sulla nuca.
“Allora abbiamo uno scopo comune” lo rassicurò lei strizzando
l’occhio con aria complice.
Preso alla sprovvista, Mark non capì se stava scherzando. “Pensavo
aveste una storia.”
Myriam scosse energicamente il capo.
“E le foto sui giornali?”
Il sorriso di lei si allargò. “Non dirmi che credi a tutto
ciò che scrivono.”
Il ragazzo si lasciò scappare una risata. “Ovviamente no.”
“Allora diamogli di che sparlare” suggerì lei, indicando
la pista con un cenno del capo.
La voce profonda del cantante jazz l’accompagnò mentre
posava la mano sinistra sulla spalla del ragazzo e gli mostrava a che altezza
tenere la destra.
“Lasciati portare dalla musica” disse piano, pensando a
quanto fosse inverosimile che stesse ballando proprio con la Tigre.
***
“Gatsby i tuoi giorni sono contati” irruppe Benji come una
furia.
Patty si girò in direzione del ragazzo, coprendosi il
petto con una mano. “Sei matto? Mi
hai fatto prendere un colpo.”
“Non ho ancora cominciato.”
Tom era riuscito a stento a seguirlo tra la
folla. L’avevano cercata ovunque, per trovarla infine alle prese con due
camerieri in cucina.
“Capisco che tu sia arrabbiato” disse, non
appena la piccola questione in sospeso fu risolta.
“Oh no, sono incazzato come una iena” sbraitò
lui sbattendo il
pugno su un tavolo. Alcuni bicchieri fecero un balzo e tintinnarono ricadendo.
Tom si schierò a fianco della ragazza. Sebbene
il capitano fosse un tipo irascibile non capitava spesso di vederlo alterarsi a
quel modo.
“Cosa diavolo vi è passato per la testa?”
Patty si sfregò le mani nervosamente. “Mi
dispiace che la situazione abbia preso una brutta piega, ti assicuro che
eravamo animati dalle migliori intenzioni.” Avrebbe voluto dire qualcosa che potesse salvare almeno
in parte la serata, ma non le venne in mente nulla di intelligente.
Benji cominciò a fare avanti e indietro nella
stanza, con la stessa serenità di un leone appena messo in gabbia.
“In fondo non è successo niente di
irreparabile” azzardò Tom, mantenendosi a debita distanza.
“Questo lo dici tu” sibilò Benji prima di lasciarli
soli e sgomenti.
***
“Benjamin darling, dove ti eri nascosto?” Jennifer
lo osservò sgomenta mentre la superava senza degnarla di un’occhiata.
“Capitano, devi aiutarmi” sopraggiunse Bruce,
nascondendosi alle spalle del ragazzo che si era appena fermato sul bordo della
pista da ballo.
“Cosa avete tutti oggi?” esclamò Benji, sempre
più irritato. Non poteva andare peggio di così. Myriam ballava con Lenders che,
per inciso, sembrava averci preso un gusto tutto particolare, e lui si sentiva
un idiota privo del pur minimo intuito.
“Anch’io sarei nervoso all’idea di dividere la
mia quasi ragazza con Mark” considerò Bruce, continuando a farsi scudo con il
corpo del portiere.
“Primo” disse Benji guardando l’amico in
faccia, “tra Myriam e me non c’è nulla. Secondo, si
può sapere cosa stai facendo?”
“Cerco di fuggire dal panda.”
Alla vista dell’affabile signora indicata dal
compagno, Benji non poté fare a meno di sorridere. Harper era unico. “Non farti
ingannare dalle apparenze Bruce, potrebbe avere un fascino nascosto.”
“Ti offri volontario per la ricerca?” lo
rimbeccò lui, tranquillizzato nel vedere la sua predatrice allontanarsi in
direzione della toilette. “Comunque c’è da chiedersi per quanto ancora vorrai
essere amico di tutte
le donne alte e belle che ti circondano.”
Benji volse lo sguardo sulle coppie che ballavano,
fingendo di non cogliere la sua allusione. “Ti riferisci a qualcuno in
particolare?”
“Certo che no, cosa te lo fa pensare?” ironizzò Bruce,
dirigendosi a passi felpati verso il buffet.
***
“Credo di non aver mai visto Benji così furibondo”
disse Patty rivolta a Tom. “Dici che dovremmo parlare con Myriam?”
“Per oggi abbiamo fatto abbastanza” affermò
Tom. “Meglio che se la sbrighino fra loro, a quanto ho capito hanno litigato.”
Patty sgranò gli occhi. “Addirittura?”
Tom annuì con un gesto del capo. “Non so se
c’entra anche Mark.”
La ragazza sospirò mentre osservava da lontano
la coppia ballare. Per quanto strano fosse, sembravano trovarsi a loro agio.
“Patty” la chiamò Tom assestandole una leggera
gomitata nel fianco, “arrivano altri guai.”
La ragazza volse lo sguardo nella direzione
indicatale dall’amico. Benji si stava rapidamente avvicinando a Myriam e
Lenders.
***
“Visto? Non
è poi così difficile” disse la ragazza rivolta a Mark. La situazione era
migliorata già dalla seconda canzone, riuscivano persino a muoversi a tempo.
“Chi l’avrebbe mai detto” considerò lui
guardandosi i piedi. “Sei un’ottima insegnante.”
Myriam scoppiò a ridere. “Un’insegnante
alquanto costosa.”
Piacevolmente sorpreso, Lenders la seguì a
ruota. Oltre a essere carina era anche simpatica. Price non capiva nulla in
fatto di donne.
“Come mai vivi da Benji?” le chiese all’improvviso.
La ragazza sentì scemare il suo buon’umore.
Quella domanda l’avrebbe perseguitata fino alla fine dei suoi giorni e l’ultima
cosa che voleva era parlare di lui. “È una storia lunga.”
Mark ignorò il tentativo di cambiare discorso.
“Abbiamo tutta la sera” insisté con malcelata curiosità.
“Non credo proprio Lenders.”
Si voltarono entrambi di scatto verso Benji, in
piedi accanto a loro. La sua espressione tradiva una rabbia controllata, pronta
ad esplodere di lì a poco.
“Vorrei parlare un momento con la mia dama.”
“Non è la tua dama” puntualizzò Mark serafico,
“al massimo puoi ritenerti il suo cavaliere.”
“Resta il fatto che dobbiamo chiarire alcune
cose.”
“Non mi sembra che muoia dalla voglia di
appartarsi con te.”
Con uno sforzo visibile Benji riuscì a
mantenere il controllo. “Non
trovi sorprendente che riesca a parlare senza muovere le labbra? Può rispondere
da sola, non ha bisogno di un avvocato.”
Myriam gli si piantò di fronte con i pugni appoggiati sui
fianchi. “Il grande Price si
mette in testa una cosa e il mondo intero deve fermarsi?” Il suo sguardo
avrebbe incenerito un iceberg.
Un lampo di rimorso attraversò gli occhi del
ragazzo. “Vorrei solo parlarti.”
Quel tono arrendevole riuscì a fare breccia
nel muro di collera eretto dalla ragazza. “Va bene, andiamo fuori.”
Dopo essersi scusata con un Lenders attonito,
si diresse a passo spedito verso la terrazza dell’albergo.
***
“Capitano, cosa sta
succedendo?”
Danny continuava inguaribilmente a chiamarlo
come ai tempi delle superiori. Lo stupore suscitato dalla vista di Mark che ballava con una ragazza si era
trasformato in irresistibile curiosità dopo l’intromissione di Price.
“Non ci crederai Danny, ma per la prima volta
ho visto Price seriamente preoccupato” rispose Lenders
cercando invano di recuperare il suo piglio disinvolto.
L’amico non poté fare altro che unirsi alla
sua incredulità.
***
Furono accolti da un vento fresco, che aveva dissuaso più
di un invitato dal seguire il loro esempio.
Myriam si lasciò cadere su una panchetta, massaggiandosi
una caviglia. “Maledetti tacchi” borbottò sfilandosi una scarpa. Avrebbe dovuto
ascoltare Tom e comprare dei sandali bassi.
“Posso?” chiese Benji accennando al posto vuoto accanto a
lei.
La ragazza annuì serrando la mascella. Si guardarono in
silenzio, senza tradire alcuna emozione.
“Non so da che parte cominciare” ammise lui con
semplicità. Il suo volto era teso, e per un breve momento le sembrò
vulnerabile.
“Mi permetterei di suggerire un diplomatico ‘scusami per averti
accusata ingiustamente’.” Myriam pronunciò ogni parola con calma, dominando la
sua collera.
“Hai ragione. Perdonami.”
La ragazza scrutò il viso del giovane alla ricerca di un
qualche segno di arroganza. “Come mai questa ammenda improvvisa?”
Benji si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli con
gesto inconsapevole. “Tom e Patty mi hanno raccontato tutto.”
Un genuino stupore le si dipinse in volto. “Raccontato
cosa?”
Le sembrò di udire un sospiro, ma forse era frutto della
sua immaginazione.
“Hanno truccato le offerte per farci trascorrere la serata
insieme” proseguì lui dopo una breve pausa.
La ragazza avvertì un vago senso di panico salirle in
petto. Tom e Patty si erano accorti di qualcosa?
“Per quale motivo?” balbettò.
Benji chinò il busto in avanti, appoggiando i gomiti alle
ginocchia. “Immagino volessero spingerci l’uno nelle braccia dell’altra. Senza
volerlo Lenders ha scombinato i loro piani, mentre io pensavo che avessi
architettato tutto per attirare l’attenzione della stampa.”
“Non è così.” La sua voce suonò più tagliente del voluto.
Benji meritava la sua collera, ma un sottile senso di colpa accompagnò il silenzio
che seguì.
“Perché ti sei messa a ballare con lui?” le domandò a
bruciapelo.
Myriam si irrigidì. “Non sono affari tuoi.”
“Ne sei sicura?”
La ragazza lo squadrò senza capire. Aveva raggiunto il suo
scopo, perché quello strano interrogatorio?
“Immagino di sì” rispose mettendosi in piedi. Le caviglie
le dolevano, ma si limitò a ignorarle. Voleva mettere fine a quel confronto e
tornare alla sicurezza offerta dal salone gremito di ospiti.
Anche il ragazzo si alzò, e due occhi scuri la scrutarono
con attenzione. “Avrei voluto farti da cavaliere.” La voce di Benji, calma e
profonda, non lasciò trasparire alcuna incertezza.
Myriam sentì la vista annebbiarsi per un momento. “Non
capisco” annaspò, “mi è sembrato chiaro sin dall’inizio che saresti venuto al
ballo con Jennifer.”
Il ragazzo scosse il capo lievemente, senza distogliere lo
sguardo. “Jenny è solo un’amica. Ci siamo conosciuti a Londra una decina di anni fa.”
Il cuore di lei mancò un battito. Impossibile. Se si
escludevano le prime ore trascorse insieme, non aveva manifestato il minimo
interesse nei suoi confronti. Eccezione fatta per il bacio. Già, il bacio.
Provò il violento impulso di fuggire, forse più da sé
stessa che da lui, ma Benji la bloccò afferrandola con dolcezza per un polso. Sentì
il calore del suo tocco irradiarsi in ogni fibra del suo corpo.
“Si tratta di Tom?”
le domandò improvvisamente, scuro in volto.
Myriam lo fissò sconcertata, il suo castello di emozioni
che si sgretolava, come fatto di carte. “Cosa c’entra?”
Benji sembrò interpretare la sua domanda come
un’ammissione di colpa. La lasciò andare, con la smorfia di chi si è strozzato
con qualcosa e non riesce a mandarla giù.
“Bravo Becker, mi ha battuto sul tempo.”
La realtà la colpì come uno schiaffo, mentre il braccio le
ricadeva lungo il fianco. Neanche era arrivata e le attribuiva una storia con
Tom? Alle sue spalle, noncurante di condividere il suo stesso tetto? Si morse
il labbro inferiore, sforzandosi di ignorare il groppo che sentiva salirle in
gola.
“Come puoi pensare una cosa del
genere?”
Le labbra di Benji si piegarono a
indicare che la sua supposizione era del tutto plausibile. “In fondo siamo due
estranei.”
Serrò i pugni indignata. Avrebbe voluto trovare la forza di girare
i tacchi e andarsene, ma era sempre difficile fare la cosa giusta. “Hai
ragione, siamo due estranei.”
A Benji
sfuggì una risatina. “Sei sempre libera di fare i
bagagli.”
La forza
che un istante prima le era mancata sembrò
sommergerla. Si voltò, allontanandosi a passi decisi, prima di dire qualcosa
che avrebbe certamente rimpianto.
“Perdonami, non so perché stasera continuo a dire cose
stupide.” Il tono serio la fermò mentre stava per varcare la porta scorrevole.
“Forse
perché le pensi?” esclamò senza girarsi. “Mi chiedo come Tom avrebbe potuto
precederti, non ricordi nemmeno di avermi baciata.” Le parole le erano sfuggite
contro la sua volontà. Si coprì la bocca con una mano, ma ormai era tardi.
Troppo sconvolta per rientrare in sala, si
diresse verso il parapetto poco distante. Cercò di concentrarsi sul panorama luminoso
che si estendeva ai piedi del grattacielo, ma il suo orgoglio ferito le
impediva di coglierne la bellezza.
Un brivido le percorse la pelle. La
temperatura era scesa di qualche grado, e nella fretta aveva dimenticato di
prendere uno scialle.
Fu sorpresa di sentirsi avvolgere da un gradevole
tepore. Benji le aveva sistemato sulle spalle la giacca del suo smoking. “Grazie”
sussurrò, ricacciando indietro lacrime di dispetto.
Il ragazzo le rivolse un debole sorriso. “È il
minimo che possa fare.”
Myriam inspirò a fondo l’aria primaverile che
li circondava, alla quale si stava mescolando il leggero profumo di lui.
“Lo ricordo perfettamente” disse Benji
in un soffio, ricevendo di rimando uno sguardo turbato. “Per quanto non sia
facile ammetterlo, temevo ciò che avresti potuto dirmi.”
Si appoggiò di schiena accanto a
lei e proseguì con tono di voce lieve e misurato. “Non
sono solito ubriacarmi e non ero certo fiero del mio comportamento. Quando poi ho
visto la tua foto con Tom è stato facile trarre conclusioni affrettate.”
La ragazza riandò con la mente alla
sera del suo arrivo. Sembravano trascorsi mesi, non poco più di due settimane. “Tom
non mi ha baciata” replicò monocorde, “siamo stati fotografati mentre
stringevamo un patto.”
Fu la volta di Benji di essere
confuso.
“Era convinto che fossi
interessato a me e che mi avresti invitata al ballo”
spiegò. “Mi fece però promettere che, nel caso non ti fossi fatto avanti, sarei
stata la sua dama. Non chiedermi su cosa basasse le sue teorie perché non ne ho
idea.”
Inspirò a fondo la fresca brezza
notturna. La frittata era fatta e, per quanto ne sapeva, quella stessa notte
sarebbe potuta tornare a casa. Tanto valeva sputare il rospo.
Benji si voltò a guardare le luci
della città, i loro corpi vicini tanto da sfiorarsi. “Avrei dovuto parlarti di
Jennifer, sono stato mille volte sul punto di invitarti.”
Incredula, Myriam si rese conto
che le sue dita stavano stringendo la ringhiera con forza. Allentò subito la
presa.
“Gli uomini sono strani” proseguì
lui ignaro, con l’aria di chi si accinge a svelare un segreto. “Riescono ad
affrontare uno stadio pieno di tifosi inferociti ma non il rifiuto di una
donna. Così mi sono limitato a proporti un passaggio in macchina.” Un sorriso impercettibile gli increspò le labbra. “Sono una frana vero?”
Lo fissò per un attimo, prima di
scoppiare in una risata che lo mise in confusione. “Abbastanza” esclamò con una
punta di divertimento. Persino due adolescenti se la sarebbero cavata meglio di
loro.
Il ragazzo sembrò rilassarsi. “Signora”
disse con un piccolo inchino, “mi concederebbe l’onore del prossimo ballo? Prometto di non pestarle i piedi.”
Il cuore le balzò in gola. “Con
piacere” mormorò appena.
Quando la mano di lei scivolò
nella sua Benji ebbe l’impressione di tornare a respirare liberamente. Le
sorrise e vide con piacere il colore salirle alle guance.
Si diressero in silenzio verso il
centro della pista, mentre le note di What a wonderful world(12)
cominciavano a diffondersi nell’aria. Myriam si abbandonò al cerchio protettivo
del suo abbraccio, facendosi cullare dalla melodia.
“Posso farti una domanda?” le
sussurrò all’orecchio, sfiorandole il collo con il mento.
Con un brivido Myriam sollevò il
capo, e i suoi occhi incontrarono quelli di lui in segno di assenso.
Benji aggrottò le sopracciglia. “Chi
pagherà il mio carnet alla fine della serata?”
Note:
(12) Una canzone un
tantino inflazionata eppure splendida... cantata da Michael Bublé fa venire i
brividi! Vi consiglio caldamente di ascoltarla, rende davvero l’idea^^
“È veramente imbarazzante” considerò Benji mentre
la sua penna si muoveva agile sull’assegno filigranato della DeutschBank.
“Coraggio capitano, c’è chi sta peggio di te”
lo consolò Tom alla vista di Bruce in balia dei saluti della sua accompagnatrice.
La serata si stava avviando verso la
conclusione. Gli invitati, giornalisti compresi, se ne erano andati, lasciando
la sala permeata di quella
strana nostalgia che coglie la fine di ogni festa. Le uniche testimonianze
della baldoria trascorsa erano i piatti e i bicchieri sporchi che i camerieri
si stavano affrettando a raccogliere.
“Anche quest’anno è andata,”
sospirò Patty mentre prendeva il suo scialle da sopra una sedia.
Holly si era messo alle sue spalle e la ragazza gli
rivolse un sorriso stanco.
“Trovo alquanto deprimente finanziare io stesso il mio
carnet di ballo” scherzò Benji, circondando la vita di Myriam con un braccio.
“Avresti forse preferito andare in pasto alle tue fan?” lo
punzecchiò lei con un sorriso.
Holly e Patty si scambiarono un’occhiata di
intesa, accogliendo con piacere il cambiamento di umore del capitano. Persino
un cactus avrebbe colto l’attrazione che scorreva tra i due giovani, e Benji
era solo da molto, troppo tempo.
“Posso dirvi che vi odio tutti ufficialmente?”
intervenne Bruce, finalmente libero.
“Sono desolata” esclamò Patty avvicinandosi all’amico.
“Nessuno poteva immaginare che la signora Akamai fosse peggio di un cane
segugio.”
Bruce scosse il capo, come a cancellarne l’ingombrante
ricordo. “Non vedo Lenders. Ero convinto che nessuno mi
avrebbe risparmiato una sua battuta.” Si guardò intorno alla ricerca del
centravanti. “Chissà cosa starà facendo. Scoprendo il fuoco? Inventando
la ruota?”
“Se ci tieni a saperlo, mi chiedevo quando ti sarebbe
ricapitato di essere inseguito da una donna.”
Bruce si voltò verso il ragazzo che nel frattempo li aveva
raggiunti. “Oggi siamo tutti pronti a dispensare pace e amore, sembra natale” ironizzò, suscitando l’ilarità generale.
“Stasera Mark ci ha lasciati di stucco” aggiunse Ed Warner
appoggiando una mano sulla spalla dell’ex capitano. “Non l’avevo mai visto
ballare prima d’ora.”
Lenders lanciò all’amico uno sguardo tra l’afflitto e il
divertito. “Prima che Price ci interrompesse ho fatto una serie di smorfie che
vi giuro, vorrei tanto poter cancellare, ma purtroppo non si può.”
Myriam gli lanciò un’occhiata divertita. “Hai scoperto lo
splendido ballerino che è in te” aggiunse, strappando a Mark un largo sorriso.
Il ragazzo la fissò in silenzio per un attimo. “Questa battesimo merita di essere ricordato. Che ne dici di una cena a lume di candela per festeggiare?” domandò
con il chiaro proposito di punzecchiare Benji, visibilmente infastidito dal
loro scambio amichevole.
“Scordatelo Lenders” intervenne il portiere, accentuando con
fare possessivo la stretta intorno alla ragazza.
Per un attimo Myriam lo osservò stupita. Benjamin Price
non poteva essere geloso di lei. Forse alcuni frammenti delle antiche rivalità
con Lenders salivano a galla, se provocati. Molto più plausibile.
“Non preoccuparti” scherzò Mark senza distogliere gli
occhi dalla ragazza, “quando Benji ti avrà rinchiusa nella torre del castello
verrò a salvarti.”
Gli amici scoppiarono in un’allegra risata. Non capitava
spesso di vedere Price indispettito per una donna. Né tantomeno Lenders nelle
vesti di romantico contendente.
Benji trattenne a stento una smorfia indignata
per quanto, in fondo, la cosa sembrasse divertirlo. “A quanto pare i miei
sbalzi di umore sono diventati di dominio pubblico.”
Tom gli diede una pacca sulla spalla. “E’ diventata una
cosa intuitiva a un certo punto.”
Il portiere osservò l’amico con una strana espressione sul
volto, ma non rispose. “Andiamo a casa?” domandò infine
rivolto alla ragazza al suo fianco.
Myriam smise di ridere, ma un dolce sorriso continuò a illuminarle
il volto mentre annuiva in segno di assenso.
* * *
“Questa volta non dovrai portarmi su di peso.”
La voce di Benji era scherzosa, il ricordo di quella prima
notte aleggiava nell’aria. Myriam arrossì. Si stavano dirigendo verso l’ingresso
della villa, il cui patio riluceva in maniera insolita. Riflessi argentei si
univano alle loro ombre sui gradini di marmo chiaro. Luna piena, pensò la ragazza volgendo per un attimo lo sguardo al
cielo.
Una miriade di domande le si affollarono
nella mente al pensiero di ciò che l’aspettava aldilà della porta, e sentì i
battiti del suo cuore accelerare a ogni passo.
Non appena furono entrati, Benji si allentò la cravatta,
slacciando i primi due bottoni della camicia. “È stata una giornata lunga” commentò,
posando con gesto automatico le chiavi su un tavolino.
La ragazza gli rivolse uno sguardo silenzioso nella
penombra, prima di allungare la mano alla ricerca dell’interruttore. Riuscì a
muovere un passo appena, quando si sentì avvolgere dall’abbraccio di Benji.
Alle sue spalle, le aveva circondato la vita con tenerezza. La sua guancia era
vicinissima e con il mento le sfiorò la spalla nuda.
“Non mi scappi più” mormorò, provocandole un lungo
brivido.
“Volevo solo accendere la luce” rispose lei sottovoce, le
ginocchia deboli sotto il suo peso.
Benji la fece girare lentamente su se stessa, e affondò lo
sguardo nel suo. Myriam deglutì, grata di essere avvolta nell’oscurità.
“Al buio non riesco a orientarmi” cercò di scherzare,
mentre il viso del ragazzo si avvicinava provocandole un pericoloso senso di smarrimento.
“Ricordami di regalarti una bussola” mormorò lui, facendole
scivolare una mano dietro la nuca.
Si sentì attraversare da una scarica elettrica che la
lasciò senza fiato. Per un lungo istante Benji esitò,
il viso a pochi centimetri dal suo. L’intensità del suo sguardo si unì al
respiro lieve su di lei. Chiuse gli occhi mentre, con misurata lentezza, le
labbra di Benji sfioravano le sue, gentili, tentatrici, poi sempre più
pressanti. Il sangue cominciò a pulsarle con forza nelle vene, una vertigine incandescente
lungo la linea della mascella, sul collo, nell’incavo delicato dietro
l’orecchio.
Milioni di scintille le esplosero nella mente. Intrecciò
le dita nei suoi capelli attirandolo a sé, ansimando, come se la sua stessa
sopravvivenza fosse appesa a quel filo sottile. Se non l’avesse sorretta
sarebbe scivolata a terra con lui, sotto di lui...
Un lampo improvviso. Indietreggiò di un passo, facendo
pressione sul petto di Benji con movimento gentile ma sicuro.
Il ragazzo la guardò confuso, cercando di decifrare la sua
espressione. “Myriam stai bene?” domandò, la sua voce un
dolce un sussurro. Anche se non poteva vederlo, la ragazza intuì il leggero
sorriso che gli aveva curvato le labbra.
“Non lo so” rispose con sincerità. Pensieri disordinati e
incoerenti si univano al violento richiamo del suo mondo interiore.
Benji tirò un debole sospiro e fece scattare
l’interruttore. L’atmosfera che fino a pochi istanti prima li aveva avvolti si
dissolse, lasciandoli soli ognuno con i propri pensieri.
“Temo di aver perso il controllo, perdonami.”
Gli occhi di Benji erano carichi di incertezza e Myriam sentì
lo stomaco chiudersi in una morsa. Non riusciva a trovare le parole, inghiottite
dalle forze contrastanti che si agitavano in lei. Scosse lievemente il capo.
“Vorrei potermi accomiatare con eleganza” proseguì lui
nella lotta impari contro silenzio e imbarazzo, “ma abitiamo entrambi qui.”
Il suo sguardo le sembrò sorprendentemente tenero. Come se
capisse, quando lei stessa stentava a dare un senso al proprio comportamento.
“Perdonami.” Quell’unica parola pronunciata a fatica
rimase sospesa a mezz’aria. “Buonanotte Benji” disse con voce strozzata, prima
di correre su per le scale.
“Buonanotte” rispose lui, troppo piano per essere udito.
Si fermò solo dopo essersi chiusa la porta
della stanza alle spalle. Riprese fiato. Le sembrava di trovarsi di fronte
un’altra sé stessa, non riusciva a riconoscersi in quegli occhi estranei che la
fissavano.
Andò in bagno, si spogliò come un automa.
La sensazione dell’acqua fresca sul viso risvegliò
i suoi sensi intorpiditi, liberandola dallo stato di trance in cui era scivolata. Prese un telo di spugna e si asciugò,
tornando a guardarsi allo specchio. Le guance arrossate, lo sguardo spiritato e
carico di quella luce al contempo sconosciuta e così familiare. Cosa le stava accadendo?
Si diresse a passi lenti verso il letto e cercò conforto fra le morbide
coperte.
Benji era stato in grado di smuovere qualcosa
in lei, di sondare le sue profondità, anche solo per pochi istanti. Respingerlo
le era sembrata l’unica via di fuga alle sue paure, affiorate in superficie in modo
del tutto inaspettato. Eppure voleva quel bacio quanto lui. Se non fosse stato
per il senso di auto conservazione così radicato in lei, si troverebbe nuda
nella stanza a fianco.
Tirò il lenzuolo quasi a coprirsi la faccia. Nel buio della camera, immagini
dal passato sfilarono in un caleidoscopio confuso di dolore. Da tempo aveva
difficoltà ad affrontare un normale rapporto sentimentale, senza contare la
discriminante delle dimensioni parallele.
Si girò nel letto più volte, tenendo gli occhi ben chiusi nella
speranza di addormentarsi. Proprio quando Morfeo sembrava sul punto di prenderla
a compassione, un pensiero le attraversò la mente. Se l’indomani fosse tornata
nel suo mondo, Benji sarebbe rimasto solo con i suoi dubbi. Si sarebbe
interrogato sulla sua sparizione, attribuendosi ingiustamente ogni colpa.
Non se lo sarebbe mai perdonato. Doveva parlargli.
Uscì dal letto, infilò i piedi nelle pantofole
e aprì la porta della sua camera. Affacciò la testa nel corridoio, dove tutto
era calmo e silenzioso. Le gambe tremanti, immise aria nei polmoni per darsi
coraggio.
In pochi passi fu davanti alla porta di Benji.
Accostò l’orecchio al pesante massello ma non udì nulla. Con ogni probabilità
dormiva da un pezzo.
Le farfalle si agitarono frenetiche nel suo stomaco,
tradendo un’agitazione ai limiti del controllo. Avrebbe voluto voltarsi e
tornare da dove era venuta, ma i suoi piedi sembravano incollati al suolo. Perché
era così difficile? Doveva solo parlare. Solo affrontare lo sguardo perplesso
di Benji. Solo dargli un’ulteriore prova di squilibrio mentale. Bagatelle.
Alzò il pugno per bussare ma lo riabbassò subito. Fece
dietro front una, due volte, per ritrovarsi al punto
di partenza.
Non poteva andarsene. Chiuse gli occhi, sentì la gola
serrarsi e bussò. In realtà sfiorò a malapena la porta, ma era già qualcosa.
Nessuna risposta.
Senza pensarci troppo posò una mano sulla maniglia
e spinse verso il basso, accompagnata da un orrendo cigolio. Si fermò, tesa come l’elastico di una fionda carica.
Silenzio.
Aprì la porta quel tanto che le permise di
scivolare all’interno della camera. Era immersa in un buio pesto, e se anche
Benji fosse stato nudo non avrebbe potuto vedere granché. Un motivo in meno dei
centomila per cui provare imbarazzo.
Aguzzò le orecchie alla ricerca di un suono
che tradisse la presenza del ragazzo.
Nulla.
Era entrata in quella stanza solo una volta e
ricordava che il letto si trovava sulla sinistra. Fece un paio di passi in
avanti, tenendo le braccia tese per evitare di andare a sbattere contro qualche
mobile.
“Benji” chiamò piano, ma fu subito interrotta
da una figura imponente che l’assaliva da dietro.
“Che ci fai qui?” esclamò il ragazzo non
appena l’ebbe riconosciuta. Imprecò qualcosa di indistinguibile tra le labbra e
la lasciò andare.
Per un attimo Myriam pensò che il cuore avesse
abbandonato il suo corpo. Si portò le mani al petto, appoggiandosi alla parete
per non cadere.
“Pensavo fosse un ladro” la rimproverò Benji mentre accendeva la lampada sul comodino.
La ragazza strizzò gli occhi per abituarsi
alla luce. “Scusami,
non volevo spaventarti.”
Non l’aveva mai visto in pigiama o, per l’esattezza, in boxer
e maglietta. Distolse lo sguardo, dimentica di essere
vestita nello stesso identico modo.
“Cos’è successo?” le chiese, più calmo.
Si mise a sedere sul letto e batté il palmo della mano sul posto vuoto accanto
a sé, invitandola ad avvicinarsi.
“Sei solita aggirarti per le camere di notte? Se l’avessi
saputo avrei fatto in modo di trarne vantaggio.”
La ragazza sentì un calore familiare salirle alle guance,
mentre Benji tratteneva a stento un sorriso divertito. Come poteva scherzare
quando lei lo aveva respinto senza una spiegazione? Non meritava tanta
indulgenza.
“Prima sono scappata” esordì facendosi coraggio, le lunghe
dita delle mani attorcigliate tra loro. “So che può sembrare tutto molto strano”
proseguì mentre Benji la osservava in silenzio, “ma ci sono alcune cose che
rendono la situazione più complicata di quanto non sembri.”
Il ragazzo le posò delicatamente due dita sotto il mento,
alzandole il viso di modo da incrociare il suo sguardo. Per un lungo istante quegli
occhi scuri furono l’unica cosa al mondo di cui le importasse davvero.
“Non c’è motivo di aver paura.” La sua voce, roca per il
sonno, suonò involontariamente seducente.
Myriam smise di respirare. Poche, semplici parole. Che
male c’era a credergli, non fosse che per una notte?
“Ti andrebbe di dormire insieme?” suggerì con disarmante
semplicità.
Benji continuò a fissarla, un’espressione
maliziosa in volto. “Non temi che possa approfittarne?”
La ragazza sentì la tensione allentarsi insieme ai muscoli
del suo corpo, e i battiti del suo cuore tornare alla normalità. “Mi fido di te”
rispose a tono, ritrovando un pizzico di sicurezza in sé stessa.
Benji le diede un buffetto sul naso, prima di invitarla ad
alzarsi e spostando le coperte di lato. “Non darei tanto per scontato il mio
senso di cavalleria, sei nella tana del lupo ormai.”
Myriam rise fra sé mentre si infilava nel letto ancora
tiepido. Benji la seguì e le circondò le spalle con un braccio. Posò la testa
sul suo petto e lui le premé la guancia sui capelli.
Inspirò profondamente, avvolta nel suo profumo, mentre lui
si arrotolava con fare distratto alcune ciocche tra le dita. “Sei molto comodo”
scherzò, un lampo birichino negli occhi.
Benji le fece l’occhiolino, allungandosi per spegnere la
luce. “A questo servono i duri allenamenti ai quali mi sottopongo ogni giorno.”
Un sorriso carico di dolcezza curvò le labbra della
ragazza. Si concentrò su quella sensazione di perfetta felicità, accogliendola
dentro di sé quale un raggio di sole che piano piano compare in mezzo alle
nuvole.
Rimasero in
silenzio per qualche minuto, lasciando che i loro respiri prendessero lo stesso
ritmo.
“Hai sempre i piedi
così freddi?” domandò lui all’improvviso.
Imbarazzata, Myriam
li allontanò di scatto. “Scusami, ho una pessima circolazione. Nemmeno la punta
del mio naso si scalda mai.”
“Ottimo” la prese in giro tenendola stretta. “Se avessi saputo che eri così...”
“Cosa?” lo
apostrofò lei fingendosi offesa. “Cosa avresti fatto?”
Benji la abbracciò,
facendola rotolare sotto di sé. “Non avrei fatto nulla.
Mi piaci così come sei.” Le stampò un allegro bacio sulle labbra e si scostò di
lato. “Sogni d’oro” aggiunse in un sussurro.
“Anche tu mi piaci
Price” rispose lei riprendendo la sua posizione iniziale.
Cercò di ricordare l’ultima volta che si era sentita così,
coccolata e al sicuro, contro ogni razionale aspettativa. Sentì le palpebre pesanti
e la vista che si affievoliva. Scivolò in un sonno profondo prima di trovare
una risposta.
Fine prima parte
¨¨¨
Cast della FF
Cliccate
sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali, in ordine di apparizione nella FF:
Avevo più caldo del solito. Una strana
sensazione, atmosfere familiari... dove mi trovavo? Le pareti della mia camera
si stagliarono inconfondibili nella penombra. Scattai a sedere sul letto,
stropicciandomi gli occhi per fugare ogni dubbio residuo. Ero di nuovo a Roma.
Infilai la testa sotto le coperte, assalita da
un vago senso di panico. Sapevo che potesse succedere da un momento all’altro,
ma in cuor mio speravo il più tardi possibile. Era davvero tutto finito? Mi
sentii come un bambino a cui il vento ha soffiato via l’ultimo palloncino.
Tirai un profondo respiro e decisi di alzarmi.
Che giorno era? Guardai la sveglia elettronica poggiata sulla scrivania.
Domenica. Avevo guadagnato un mese di emozioni e perso uno qualunque della mia
vita di sempre.
L’orologio segnava le dieci e mezza. Infilai
il morbido accappatoio di cotone dirigendomi verso la finestra. Benji si
sarebbe svegliato solo nel suo letto?
Sentii il respiro mancare e mi misi a sedere.
Qualcosa di soffice mi accarezzò la gamba. La mia gattina. Sorrisi alla vista
della piccola soriana tigrata e la presi in braccio.
“Angelica” mormorai. Fino a quel momento non
mi ero resa conto di quanto mi fosse mancata. Con un sonoro miao la micia si divincolò e sparì sotto
la trapunta. “Dove scappi?” dissi mentre la inseguivo, chiudendo in un cassetto
la tristezza che si era impadronita di me.
Avrei ripreso il solito tran tran quotidiano.
Per fortuna era un giorno festivo, non avrei sopportato l’idea di prepararmi e
uscire come se niente fosse. Le mura del mio appartamento mi avrebbero fatto da
scudo verso il mondo esterno, almeno fino all’indomani. Il tempo di ritrovare
una parvenza di equilibrio mentale.
Mi sentivo stanca e demoralizzata. L’idea che
esistessero altri mondi oltre al mio, che Benji vivesse in uno di questi, mi
avrebbe tormentata per sempre? Sentii gli occhi riempirsi di lacrime e cedetti
alla tentazione di sdraiarmi nuovamente, raggomitolandomi sotto la trapunta.
Inspirai lentamente e chiusi gli occhi. Forse
il peso che sentivo sul cuore sarebbe diminuito con il tempo. Forse si era
trattato di un sogno bellissimo, che rendeva misera e solitaria la vita che
fino a poco tempo prima avevo amato.
Affondai il viso nel cuscino e fui scossa da
un singhiozzo, seguito da un altro, più acuto e profondo. Mi girai nel letto, invocando un silenzioso aiuto a
cui non seguì risposta.
Dopo un tempo che mi sembrò infinito, persi
coscienza di ciò che mi circondava e le mie membra si rilassarono un poco.
Sentivo gli occhi gonfi e la mente ovattata. Volevo solo dimenticare, rifuggire
quel senso di inquietudine che mi stringeva la gola.
Le lenzuola si mossero. Istintivamente
allungai una mano, urtando qualcosa di voluminoso.
“Ma cosa...”
Mi voltai nella penombra. Benji. Nel mio
letto.
Stavo
sognando! O sto sognando ora?
In preda alla confusione, mi alzai su un
gomito e guardandomi intorno riconobbi la sua camera. Ero io a trovarmi nel suo
letto, non il contrario. Eppure prima mi era sembrato tutto così reale. Stavo
forse impazzendo?
Ignaro delle mie giravolte emotive, lui dormiva
tranquillo.
Mi venne quasi da ridere per il sollievo. Gli scostai una ciocca di capelli
dal viso, provando tenerezza per quell’innocente abbandono.
“Benji?” sussurrai. “Dormi?” Una domanda stupida, ma
dovevo assicurarmi che non fosse solo frutto della mia fantasia.
Per tutta risposta, il suo braccio mi circondò la vita
attirandomi a sé. “Uhm...” biascicò, le labbra nei miei capelli.
Immobile, inspirai a fondo il suo odore per imprimerlo
nella memoria. “Benji” ripetei piano, allungando le dita sul suo fianco
sinistro. Forse soffriva il solletico, mi chiesi divertita.
Notai con disappunto la sua totale assenza di reazione.
Visto il personaggio, c’era poco da stupirsi. “Capitano Price” insistei con il
chiaro proposito di smuoverlo dal letargo in cui sembrava immerso.
“Ogni uomo sogna un risveglio come questo.”.
Sorrisi, incrociando due occhi neri nei quali spiccava una
punta di divertimento.
“Ti costava tanto lasciarmi dormire?” Di nuovo quella voce
roca e sensuale.
Birichina, annuii con un gesto del capo. Sarei mai
riuscita a confessargli che in un altro mondo era solo un fumetto? Il
tamburellare del mio cuore tradì la consapevolezza appena acquisita. Non potevo
rinunciare a quello sguardo.
“Quasi quasi mi vendico” proseguì, serio in volto. Fece
scivolare le mani lungo la mia schiena, fermandosi all’altezza della vita.
Chiusi gli occhi, sentendo un calore familiare irradiarsi
in tutto il corpo. Piccoli brividi percorsero la mia pelle e le preoccupazioni
che offuscavano i miei pensieri si dissolsero come per magia.
“Smettila immediatamente!” urlai un istante dopo, mentre
Benji mi bloccava sotto di sé facendomi il solletico. “Ti prego, lasciami
andare!” supplicai in preda alle convulsioni.
“Così impari” mi rimbeccò soddisfatto, mentre cercavo di
riprendere fiato asciugandomi le lacrime con le dita. Si avvicinò nuovamente e
il suo respiro caldo mi sfiorò le mie labbra. “Mi auguro che la prossima volta
che mi pregherai, sarà perché io continui” aggiunse con sguardo eloquente.
Sentii le guance avvampare, arrossendo fino alla radice
dei capelli. Cercai di ricompormi mentre lui si alzava, infilando sopra i boxer
i pantaloni di una vecchia tuta.
“Ho fame” disse aprendo la porta e scomparendo nel
corridoio.
Fissai per un attimo il posto vuoto accanto a me. Si era
forse arrabbiato? Trovai l’idea di un’abbondante colazione improvvisamente
allettante. Senza soffermarmi troppo sulla sua reazione, tornai nella mia
stanza per mettere un paio di jeans e una felpa.
La mia camera era come l’avevo lasciata, in ordine e
pulita. Ciononostante, non riuscivo a togliermi dalla mente il sogno di quella
notte.
Se fosse un segno?
Mentre scendevo le scale, un delizioso profumo raggiunse
le mie narici. Mi fermai per un attimo all’ingresso della cucina. Seduto al bancone
su un alto sgabello, Benji sfogliava tranquillamente il giornale. Sembrava un
ragazzo qualunque. Non un grande campione, né tanto meno un personaggio della
fantasia.
“Oggi avrai l’onore di assaggiare lo strudel di Emma,”
disse mentre il timer del forno mi distoglieva dai miei pensieri.
Lo osservai in silenzio aprire l’imponente forno in inox
ed estrarre la teglia con estrema naturalezza. Nonostante l’abbigliamento
trasandato, i suoi movimenti morbidi tradivano un’agilità fuori dal comune.
Un attraente
ragazzo qualunque, riformulai mentalmente cercando di rimanere impassibile. “Ti
muovi bene in cucina.”
“Le mie fan sostengono che io sia un uomo da sposare”
scherzò, prendendo un coltello affilato e dividendo il tipico dolce austriaco
in minuscole parti uguali.
“Aspetti ospiti per colazione?” domandai, ricevendo di
rimando uno sguardo interrogativo. Indicai con un dito le piccole fette.
“Non aspetto nessuno, in questo modo il ripieno non cade
di lato quando lo addenti.”
Scossi il capo con una risatina. “La Germania ha avuto una
pessima influenza su di te.”
Mi fece l’occhiolino, accompagnato da uno dei sorrisi che
preferivo. “Non dirlo a nessuno però.”
Pochi minuti dopo, nel piatto erano rimaste solo le
briciole. Ci dirigemmo in salotto, dove regnava la tipica calma da domenica
mattina. Con il suo giornale in mano, Benji prese posto su un divano e,
avvicinato un comodo pouf, vi allungò sopra le gambe.
“Cosa farai domani?” domandò mentre mi sedevo accanto a
lui. “I tuoi colleghi ti avranno data per dispersa”.
Trattenni il respiro. “Devo sentire a che punto sono”
mentii, sentendo la bocca dello stomaco chiudersi in uno spasmo.
“Spero che tu non debba rientrare subito in Italia.”
“Lo spero anch’io” risposi in un soffio. “Che ne dici di
andare al cinema questo pomeriggio?” proposi distogliendo lo sguardo e
cambiando argomento.
“Volentieri, se non ti spaventa l’idea di vedermi in
versione incognito.”
Dimentica per un attimo del mio imbarazzo, lo guardai
incuriosita.
“Zuccotto calato sulla fronte, sciarpa e occhiali scuri.
Una sorta di maniaco insomma” precisò, riprendendo la sua lettura. “Ieri ho
avuto la mia dose di giornalisti, direi che può bastare.”
Mi alzai ridendo, grata per quel diversivo. “Meglio che mi
camuffi anch’io allora, così chiamano subito la polizia.”
Benji tornò a guardarmi. “Perché? Sono bellissimo anche
vestito da maniaco.”
“Si, certo.”
Posò il giornale sul divano e mi si parò di fronte.
“Piccola peste” disse abbassandosi e caricandomi su una spalla, senza darmi
modo di reagire.
“Price, non sei normale!” esclamai battendogli i pugni
sulla schiena.
“E tu hai un fondoschiena delizioso” mi canzonò con
un’allegra sculacciata.
Fummo interrotti da un trillo di cellulare. “Credo sia il
mio” disse Benji rimettendomi a terra e tastandosi le tasche dei pantaloni.
Approfittai della sua distrazione per osservarlo con
cautela. Indugiai per un attimo sulla linea della sua mascella, perdendo gran
parte della conversazione. Chissà cosa pensava della notte trascorsa insieme.
Avrei voluto accarezzargli una guancia, chiedergli come si sentisse. Il suo
comportamento non lasciava trasparire nulla che non fosse scherzosa amicizia.
“Volevi andare al cinema?” disse improvvisamente
riportandomi alla realtà. “Siamo stati invitati alla prima di Twilight(13).”
Gli lanciai un’occhiata stupita. “Twilight il film sui
vampiri?”
Benji annuì con aria interrogativa. “Credo di sì. Ma non
erano passati di moda?”
“Le storie d’amore non passano mai di moda” ribattei,
inarcando un sopracciglio. Possibile che il film fosse in uscita anche lì? Si
trattava davvero di un caso
interplanetario.
Per tutta risposta una lieve smorfia gli si disegnò sulle
labbra. “Storia d’amore? Vuoi dirmi che, in un colpo solo, ho vinto una
sessione extra con la stampa e una commedia sentimentale fantasy?”
“Temo di sì capitano. A quanto ne so, i protagonisti sono
due adolescenti innamorati e contrastati, in stile Romeo e Giulietta.”
Accolse la notizia con un sospiro divertito. “Prima di
accettare, la prossima volta chiederò maggiori delucidazioni al mio addetto
stampa.”
“Vedrai che ci
divertiremo” lo rassicurai prendendolo a braccetto, un sorriso nella voce.
Qualche ora dopo parcheggiammo in un multipiano dove ci
attendeva una lussuosa limousine nera.
“Non avevi detto che il cinema era qua vicino?” chiesi un
poco disorientata. Per tutto il pomeriggio Benji era stato l’emblema stesso
della calma e della tranquillità, mentre io non stavo nella pelle all’idea
della serata che ci attendeva. Il ricordo del mio sogno affiorò per un breve
istante in superficie, ma lo ricacciai indietro senza troppi complimenti.
“In effetti si trova a poche centinaia di metri” rispose
lasciandomi il passo mentre l’autista ci apriva la portiera, “ma non possiamo
arrivare a piedi.”
Non impiegai molto per capire cosa intendeva. Un paio di
minuti e le luci della città esplosero intorno a noi. Attraverso i finestrini
scuri potemmo ammirare gli schermi multicolori sui quali si alternavano
messaggi pubblicitari, foto di modelle e videoclip ispirati al film.
“Sembra di essere agli oscar” pensai ad alta voce, mentre
si avvicinavamo al bagno di folla. “Non che ci sia mai stata” aggiunsi
mordendomi il labbro inferiore.
Quella mattina mi ero svegliata convinta di essere tornata
a casa e ora mi trovavo in abito lungo, seduta accanto a Benji su un sedile in
pelle dalle dimensioni imbarazzanti.
La macchina accostò lentamente ai cordoni di sicurezza e
le urla aumentarono, non potendo i fan vedere chi si trovasse all’interno
dell’abitacolo.
La sua mano coprì la mia in una stretta rassicurante.
“Sorridi e andrà tutto benissimo.”
La portiera si aprì su un lungo tappeto rosso e uno
scenario che mi tolse il fiato. Star che firmavano autografi, giornalisti, il
vociare del pubblico. Tutto in perfetto stile hollywoodiano.
Scendemmo cercando di non rimanere accecati dai flash.
Pochi istanti dopo, da una seconda limousine sbarcarono i due protagonisti e
nessuno fece più caso a noi. Centinaia di ragazzine andarono in visibilio,
invocando i loro beniamini a pieni polmoni.
Presi Benji per un braccio. “Se fossi stato un palo della
luce ti avrebbe dedicato più attenzione” non potei resistere alla tentazione di
sussurrarli all’orecchio.
Mi guardò in silenzio per un attimo e scoppiò a ridere.
“Dovrei portarmi quel tipo in giro, sembra un ottimo diversivo.”
Sono così giovani, notai osservando la coppia di
ragazzi con maggiore attenzione. Poco più che adolescenti, Kristen Stewart e
Robert Pattinson si guardavano intorno emozionati. Non sembravano preparati a
tanto clamore.
Benji interruppe il filo dei miei pensieri facendomi
accelerare il passo. Senza che quasi ce ne accorgessimo, i fotografi ci avevano
circondati e quella overdose di pubblicità era del tutto superflua. Le mie foto
con Tom risalivano a poche settimane prima e non era il caso di incentivare le
illazioni dei giornali scandalistici.
Alcuni responsabili della sicurezza ci indicarono
l’ingresso per poi ignorarci, distratti dal continuo flusso di arrivi.
A dispetto delle dimensioni imponenti il cinema era
stracolmo. Dopo una rapida occhiata ai nostri inviti, una hostess ci accompagnò
a una fila situata a pochi metri dal cast, le cui poltrone recavano incisi i
nomi in eleganti caratteri dorati.
Dal mio posto potei guardarmi intorno, ammirando le
eleganti signore accorse alla prima. Sempre
più surreale, pensai nell’istante in cui attori e regista facevano il loro
ingresso accolti da un applauso scrosciante.
Sapevo poco della trama del film, tratto da un bestseller
americano per teenager che sembrava aver rivoluzionato l’idea del mondo sui
vampiri. Una frase della campagna pubblicitaria mi era però rimasta impressa.
Se potessi vivere
per sempre, per cosa vivresti davvero?
Le luci in sala si abbassarono fino a spegnersi del tutto.
* * *
Atmosfere opache e rarefatte. Pioggia.
Calore. Tentazione.
Edward e Bella. Un vampiro, una ragazza. Due anime in
lotta contro istinti primordiali, un amore contrastato dalla natura stessa.
Un brivido mi corse su per la schiena. Protetta dalla
penombra, lanciai uno sguardo fugace verso Benji, seduto alla mia destra.
Anche noi apparteniamo
a due mondi differenti.
Per quanto chiaro sin dal primo istante vissuto insieme
quel concetto prese improvvisamente forma, unito al ricordo di quella mattina,
penetrando i miei pensieri come una lama. Sentii un grande vuoto farsi largo
dentro di me. Suoni e immagini si affievolirono, assorbiti da un silenzio che
cancellava ogni cosa.
Lo amo.
Il mio cuore smise per un attimo di battere, prima di
accelerare con un balzo e ricadere su se stesso.Un tantino ammaccato si rialzò, cercando di
ricomporsi, prese fiato e ripeté: Lo amo.
Potei quasi udirne la voce, limpida e risoluta. Provai una strana
sensazione di sdoppiamento, la mia mente uscì per un attimo dal mio corpo, si
voltò con aria stupita e fronteggiando il mio cuore gli domandò: Lo ami?
Sì, rispose lui con semplicità.
La mia mente non poté trattenersi dal replicare, con
un’ombra di sarcasmo: Sul serio? E da
quando?
Conoscevo già la risposta: da quando ci eravamo baciati la
sera del mio arrivo. Nonostante sapessi, come Edward nel film, di non avere il
diritto di innamorarmi.
Quel pensiero echeggiò nella mia mente, lasciandomi senza
fiato. Quanto ancora avrei potuto nascondere la verità? Per quanto ancora il
ciondolo che portavo al collo si sarebbe accontentato di tenermi discretamente
compagnia?
Il mondo sembrò rallentare fino a fermarsi, tutto si fece
sfocato. Un volo senza paracadute.
Le luci si accesero all’improvviso obbligandomi a
strizzare gli occhi. Frastornata ripresi a respirare, come di ritorno da una
lunga apnea.
Applausi, grida di congratulazioni, ancora applausi. Alle
nostre spalle i due personaggi del film sorridevano soddisfatti, in carne e
ossa, a due passi da noi.
“Tutto ok?”
Mi voltai di scatto. Benji mi osservava preoccupato.
Impiegai un secondo più del dovuto per rispondere. “S...sì”
assicurai in un tremolio involontario.
Benji non sembrò convinto. “Sicura?”
Deglutii, cercando di focalizzare la mia mente su un
pensiero razionale. Erano solo attori su pellicola, tutta finzione ed effetti
speciali.
“Sei pallidissima” insisté.
La nota di apprensione che avvertii nella sua voce ebbe il
potere di riportarmi alla realtà. Sentii le guance riprendere colore e trovai
persino la forza di sorridere.
“Grazie Benji, sto bene.”
“La vista del sangue non ti fa un bell’effetto” scherzò
lui sollevato. Mi cinse la vita con delicatezza, cercando di farsi strada verso
l’uscita. “Immagino tu non abbia fame, forse è meglio se torniamo a casa.”
Annuii con un debole cenno del capo. Stargli vicino
rendeva difficile formulare pensieri coerenti. Ora più che mai.
Note:
(13) Presumo sia superfluo descrivere la trama di
Twilight, ma non si sa mai^^
Dunque, dunque: Bella Swan (Kristen Stewart) è una ragazza
semplice e introversa, riflessiva e sognatrice. La sua vita cambia radicalmente
quando si trasferisce dalla calda Phoenix alla fredda e piovosa Forks, una
cittadina del nord ovest degli Stati Uniti dove vive il padre poliziotto. Qui
incontra nuovi amici e conosce l’enigmatico e misterioso Edward Cullen (Robert
Pattinson). Tra i due si sviluppa una singolare amicizia che ben presto si
tramuta in una irresistibile attrazione. Bella non può fare a meno di lui, e
nemmeno la scoperta della sua segreta natura di vampiro immortale riesce a
dissuaderla.
Diciottenne dal 1918, Edward scopre in Bella ciò che
aspettava da sempre: l’anima gemella. La passione tra i due giovani si sviluppa
in un precario equilibrio tra la vita e la morte. Edward, combattuto tra
l’amore che sente crescere in sé e la sete accecante per il sangue della
ragazza. Bella, irresistibilmente attratta da lui e pronta ad abbandonare le
sue vesti umane pur di potergli vivere per sempre accanto.
¨¨¨
Cast della FF
Cliccate
sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali, in ordine di apparizione nella FF:
Il sole era restio ad affacciarsi al nuovo giorno,
e l’alito caldo e cadenzato dall’incedere dei miei passi si trasformava subito
in leggera brina. Correvo ormai da un’ora senza accusare stanchezza, una strana
energia sembrava essersi impadronita del mio corpo. Vivevo in perenne
movimento, cercando di concentrarmi solo sulla partita imminente. Qualunque
cosa pur di non fermarmi a pensare.
Scorsi in lontananza la familiare gradinata che
aveva accompagnato i miei allenamenti di gioventù. Salii i gradini due a due,
arrivando in cima in pochi minuti. Mi fermai. Fugisawa era ancora immersa nel
sonno.
Piegai il corpo in avanti, toccando con la punta
delle dita il suolo di fronte a me. Ci vuole
un po’ di stretching, pensai. Sentivo i muscoli delle gambe tirare.
Emisi un profondo respiro e rialzai la testa,
passandomi una mano fra i capelli scompigliati dal sudore. Da tempo non mi
sentivo così inquieto.
Avevo perso il conto delle fidanzate, vere e presunte,
che mi erano state attribuite da quando avevo fatto il mio ingresso nell’olimpo
del calcio. I giornali scandalistici di mezzo mondo avevano speculato per anni
sulla mia sfera personale. Ragazze bellissime, eleganti, ero in grado di
elencarle tutte? Ad essere sincero ricordavo a malapena i loro nomi.
Poi è
arrivata Nathalie.
Provai una fitta di rabbia, acuita dal fatto che
mi credevo ormai immune a quel ricordo. Perché era tanto difficile dimenticare
quella sera?
Avevo maledetto per mesi la settimana della moda
a Parigi. Tom mi aveva trascinato a forza e ci eravamo messi nei guai. Prima
Nathalie, poi Gisèle. Eravamo ragazzi semplici, lostar system non faceva per noi. Tutte
quelle luci... difficile resistere. Nathalie era così seducente, il suo spirito
libero di fotografa affermata mi aveva fatto perdere la testa.
Nessun lieto fine ci attendeva al traguardo, la sciocca
proposta di matrimonio organizzata con la complicità di Schneider era fallita
miseramente. Cosa mi era passato per la testa? Far aprire una gioielleria nel
cuore della notte e portarcela con un diversivo? Il tutto per farle scegliere un
anello? Dovevo essere impazzito.
Di fronte al suo rifiuto imbarazzato avevo
provato uno strano senso di calma. In fondo si trattava solo di una sillaba.
Cos’è un semplice no? Non è nulla.
Aveva persino seguito un educato grazie.
Anziché proporle di sposarmi sembrava le avessi offerto un dolce calorico. Lei
era sempre a dieta, tutte lo erano.
In conclusione? Non potendo spazzar via dalla
terra lei e l’intero universo femminile, mi ero giurato di non cedere mai più.
Mai
più e per nessun motivo.
Avevo chiuso con la trappola dei sentimenti. Meglio
qualche avventura di passaggio di stampo meramente
fisico, per ingannare tempo e noia.
Ci si
può fidare solo dei veri amici.
A ventotto anni il cinismo mi calzava già a
pennello.
Tutto mi sarei aspettato tranne l’incontro con Myriam,
sconvolgente nella sua casualità. L’avrei notata in condizioni normali? Una
donna in carriera come tante, tailleur pantaloni grigio scuro e ventiquattrore
a tracolla, fredda e indifferente ai piaceri della vita. Probabilmente no. Anzi, ne ero certo.
Eppure, mentre la soccorrevo, un sentimento che
credevo sepolto da tempo si era fatto strada in me. L’istinto di protezione per
una donna preda di umana debolezza.
Tutti si erano chiesti cosa le fosse accaduto.
L’avevo sollevata fra le braccia e raggiunto rapidamente l’infermeria. Mi ero
persino affrettato a rispedire a casa i ragazzi non appena il medico ci aveva
tranquillizzati.
Perché
volevo stare solo con lei? Perché non vedevo l’ora che si svegliasse?
Nell’orizzonte grigio degli ultimi anni, quella
nota di colore mi aveva colpito in modo insolito. Nel mio personale elenco di
priorità, l’amore a prima vista arrivava dopo la marmellata di fragole e subito
prima dei film di Woody Allen. Ciononostante, senza quasi che me ne rendessi
conto, i lineamenti innocenti di quella sconosciuta si erano insinuati in me,
arrivando dritti al cuore. Volevo vederla sorridere, conoscere il colore dei
suoi occhi.
Occhi
color ambra, sospirai evocandoli nella mia mente.
Uno sguardo all’esile mano sinistra abbandonata
sul lettino mi aveva rivelato l’assenza di legami importanti.
Mi
sarei comportato diversamente se avesse portato la fede o un anello di
fidanzamento? Chissà.
Finalmente aveva ripreso i sensi e, dopo i primi
istanti di smarrimento, si era affidata a me senza porre limiti né condizioni.
Illogico
e avventato, le ho offerto ospitalità. Più folle ancora, lei ha accettato.
Una ragazza misteriosa, che sembrava non avere famiglia
né amici. Qualcosa continuava a sfuggirmi.
Una folata di vento mi raggiunse in pieno viso,
distogliendomi per un attimo dai miei pensieri. Inspirai profondamente e l’aria
fredda mi riempì i polmoni. Avrei continuato ad allenarmi per ore, pur di
sfuggire a quel senso di inquietudine così nuovo per me. Era bastato un mese
perché la mia rassicurante quotidianità venisse stravolta da capo a piedi.
Il ricordo del nostro primo vero bacio mi perseguitava.
Il suo corpo slanciato e femminile si era adattato perfettamente al mio. I
fianchi morbidi, la vita sottile, le lunghe gambe, tutto di lei sembrava
vibrare di attrazione e sensualità.
L’avrei
trascinata con me sul pavimento se solo non mi avesse fermato.
Tanti interrogativi si alternavano nella mia
mente. Perché mi aveva respinto, fuggendo senza dare spiegazioni? Il tutto per tornare
sui suoi passi e propormi di dormire con lei. Superato lo sgomento iniziale, ero
stato felice di assaporare quell’intimità ormai dimenticata.
Ridacchiai al ricordo dell’imbarazzo provato la
mattina seguente. Lungi dal volerle forzare la mano era difficile averla
accanto, mezza nuda nel letto, senza desiderarla. L’unica via di uscita era
stato allontanarmi in maniera quasi brusca. E lei sembrava non aver notato nulla.
Come se non bastasse, la sera della prima di
Twilight si era trincerata in un mutismo inspiegabile.
Cosa
non darei per poter leggere nei suoi pensieri come il vampiro del film.
Mi allungai in avanti una seconda volta, cercando
di liberare la mente. Vano tentativo. Il suo viso cereo a fine proiezione continuava
a tormentarmi. Un altro attacco di panico? La storia non presentava aspetti
scioccanti, né particolarmente violenti. Doveva trattarsi di altro.
Invece di insistere per andare al party
organizzato dalla produzione si era quasi precipitata in macchina, il tragitto
di ritorno era stato un alternarsi di silenzi imbarazzati e commenti
superficiali sul film.
Avrò
detto o fatto qualcosa di sbagliato. Non riesco a capire.
Il casto bacio della buonanotte non era stato di
aiuto alla mia volontà ormai ridotta a uno straccio. Ero ossessionato dal
desiderio di stringerla a me, accarezzare i suoi capelli, respirarne il
profumo.
Invece
sono rimasta fermo in mezzo al corridoio come un idiota. Forse si aspettava che
facessi qualcosa di più.O
forse no. Quella ragazza ha il potere
di confondermi. Devo fare qualcosa.
Mi rialzai e ripresi a correre.
“Buongiorno capitano” mi accolse sorridendo mentre
varcavo la porta di casa.
Anche lei in tuta, mi porse istintivamente il
piccolo asciugamano di spugna che aveva sulle spalle. Lo accettai con gratitudine,
passandolo sul collo in un gesto automatico. Era asciutto e sapeva ancora di
ammorbidente.
Forse
stava per uscire pensai, notando con dispiacere che due profonde occhiaie
le cerchiavano gli occhi. Il sonno sembrava rifuggire entrambi.
“Buongiorno” risposi infine abbassando lo sguardo.
Un vano tentativo di ignorare le sue labbra, che spiccavano nel pallore come
una goccia di sangue sulla neve.
Non
posso continuare così.
“Facciamo colazione insieme?” domandò lei
togliendosi il berretto rosso che l’accompagnava ormai sempre più spesso.
Vederglielo indosso mi rendeva fiero e possessivo, quasi si trattasse di un
marchio impresso con ferro rovente. Per tutta risposta la precedetti in cucina.
Non riuscivo più a essere me stesso e la cosa mi
mandava su tutte le furie. Da sempre abituato a controllare ogni minimo
dettaglio della mia vita, oscillavo tra desideri contrastanti. Mandare tutto al
diavolo e tornare alla vita di sempre? Dubitavo di averne la forza. Spingere
Myriam contro un muro e baciarla fino allo sfinimento? Sarei solo riuscito a
spaventarla di più.
“Cappuccino con tanta schiuma spolverata di
cacao” mi fece sussultare facendo scivolare sul bancone una tazza a forma di
mucca. Gliela aveva regalata Jenny prima di partire, e il manico bianco e nero
maculato mi strappò il primo sorriso della giornata.
“Grazie” risposi lanciandole un’occhiata
distratta solo all’apparenza. Il suo volto tradiva un certo turbamento, come se
fosse persa in chissà quali pensieri. Sembrava così... triste. Ricacciai
indietro il desiderio di stringerla a me per darle conforto, sebbene non avessi
idea di cosa la turbasse. “Sei andata a correre anche
tu?” chiesi mentre ci sedevamo e le avvicinavo la scatola dei biscotti con la
mano libera.
“Ho fatto due passi nel parco.” Sembrava svuotata,
priva della grinta che l’aveva contraddistinta sin dal primo istante in cui i
suoi occhi dorati avevano incrociato i miei. “Non immaginavo che fosse così
grande, in primavera deve togliere il fiato.”
Andai con la memoria alla mia infanzia. Tanto
spazio per un bambino solo, genitori sempre impegnati all’estero, nessun amico che
mi venisse a trovare. Solo Freddy e pochi altri si
erano soffermati sui ciliegi in fiore e le rose cresciute con cura da Emma.
“Questa sera partiremo per la Malesia” proseguii,
cercando di infondere al tono di voce un’allegria che non provavo. “Patty e
Susie verranno con noi e mi farebbe piacere se ci fossi anche tu.”
Notai che Myriam resisteva alla tentazione di
guardare altrove. “Grazie per l’invito, vengo con piacere” rispose sostenendo a
fatica il mio sguardo.
Cosa
ti rende infelice?
Riuscii a stento a trattenere la domanda che
tanto mi bruciava.
“Avremo bisogno di un grande tifo” dissi invece.
Dopo un attimo di esitazione, mi posò una mano
sul braccio. Accolsi con finta indifferenza il brivido provocato da quel
semplice contatto.
“Puoi contare su di me.”
La fissai per un attimo avvicinando il viso al
suo, soppesando la sua reazione. Rigida e composta sullo sgabello, le sue pupille
sembrarono dilatarsi. Aveva forse paura?
“Lo so” mormorai, prima di sfiorarle la fronte
con le labbra.
* * *
“Bruce, nessuno ti ha detto che partiamo solo per
due orni?” scherzò Susie mentre l’amico si trascinava dietro un pesante borsone.
“Potrei sempre incontrare la donna della mia vita”
ribatté lui dirigendosi verso il bancone di accettazione. “Non voglio certo
sfigurare.”
“Il nostro mister eleganza” intervenne Lenders,
assestandogli una sonora pacca sulla spalla.
“Ciao Mark” salutò Myriam rivolta al ragazzo che
non vedevano dalla sera del ballo.
Abbronzato e con l’aria rilassata, sembrava
reduce più da un lungo soggiorno alle Maldive che da una settimana in Giappone.
“Come sta la mia damigella preferita? Ho visto le
tue foto con Price alla prima di un film per ragazzini,”
scherzò rivolgendomi un’occhiata eloquente. “Se me l’avesse chiesto, gli avrei
consigliato un modo migliore per trascorrere il suo tempo con te.”
Decisi di ignorare la poco velata allusione, ma il
sorriso forzato di Myriam non mi sfuggì. Presi con eccessiva forza i bagagli
dal carrello per posarli sul nastro trasportatore del check-in. A un
osservatore esterno potevamo sembrare una coppia qualunque in partenza per il fine settimana. Avevo voglia di urlare.
La mia attenzione fu improvvisamente catturata da
due ragazze che, fra risatine complici e gomitate nel fianco, si erano
avvicinate.
“Signor Price?”
Mi voltai, trovandomi di fronte una splendida
brunetta sui vent’anni. Alta e snella, un manto di capelli corvini le ricadeva morbido
lungo la schiena.
“Potrebbe farci un autografo?”
Quel plurale includeva una biondina dal volto
simpatico. “Naturalmente” risposi prendendo la penna e il blocco che mi
porgevano con malcelata euforia.
“Una fotografia sarebbe chiederle troppo?”
Senza nemmeno attendere la mia risposta, la
ragazza mora mi si piantò accanto mentre l’amica impugnava un cellulare con
fotocamera di ultima generazione.
Le passai con noncuranza un braccio sulle spalle.
Così bella e non mi faceva il minimo effetto. La cosa si faceva sempre più
preoccupante.
“Grazie Benji!” squittì allontanandosi, non prima
di avermi schioccato un bacio sulla guancia.
Giovane
e intraprendente, pensai divertito.
Volsi lo sguardo in direzione dei ragazzi che si
erano allontanati. Myriam era con Mark e mi osservava con espressione
indecifrabile.
Se
solo ci fosse un modo per scuoterla dal suo torpore.
“Il solito fortunato” esclamò Bruce non appena li
raggiunsi. “Ti capitano sempre quelle più carine, non finirò mai di chiedermi come
tu ci riesca.”
Sorrisi all’idea di quanto fosse lontano dalla
verità. “Non prendertela Bruce, se vuoi te le faccio conoscere.”
“Vi siete scambiati i numeri di telefono?”
intervenne Myriam con voce asciutta. Continuava a fissarmi in modo strano. Sentii
il cuore mancare un battito.
“Con lui tutto è possibile” scherzò Mark mentre
si mettevano in fila al metal detector.
Senza dire nulla, tirai fuori dalla giacca un
pezzo di carta colorata e lo sventolai davanti al viso di Harper. “Me lo hanno
infilato in tasca pensando che non me ne accorgessi. Lo
vuoi?”
Bruce spalancò gli occhi e me lo strappò di mano fingendo
disinteresse. “In fondo potrei anche chiamarle, sono pur sempre il miglior
difensore della nazionale.”
“Certo Harper, hanno dato il numero a Benji
sperando che le chiamassi tu” lo canzonò Susie con dei leggeri colpetti sul
capo.
Myriam sembrò ignorare l’allegro scambio di
battute. “Si sta facendo tardi” fece notare al gruppo, evitando ostinatamente
di incrociare il mio sguardo.
Strana
reazione, pensai incuriosito. Lentamente il mio
sopracciglio si inarcò, a metà fra stupore e divertimento. Era forse gelosa?
* * *
“Tieni, questa è la chiave della tua camera” le dissi
qualche ora più tardi. L’avevo preceduta alla reception dell’albergo, sbrigando
le formalità per entrambi mentre si attardava nella hall con Susie e Patty.
Il volo era stato molto piacevole. Ritrovare i compagni
di squadra mi aveva aiutato a distrarmi. Due chiacchiere, un breve sonnellino e
ora vedevo il mondo con occhi diversi.
Mi ringraziò, infilando la tesserina magnetica
nella tasca posteriore dei pantaloni.
“È vicina a quella delle ragazze, un piano sotto
il nostro.”
“Capisco” commentò lei dopo una pausa più lunga
del necessario. “Dovete concentrarvi sulla partita, lontano da donne e
distrazioni.”
La scrutai senza capire, facendomi distrarre per
un attimo dalla piega delle sue labbra.
“Più o meno” risposi sforzandomi di fissarla
negli occhi. Li trovai carichi di domande silenziose. Lo stesso sguardo
incrociato all’uscita del cinema, la stessa espressione che aveva offuscato la
mia vista per giorni.
Le sue guance si colorarono di un delizioso
rossore ma non disse nulla.
“Se vuoi posso darti una mano con i bagagli.”
“Grazie, non preoccuparti” mormorò con tono
formale. Prese il suo trolley per il manico, dirigendosi a passo svelto verso
l’ascensore.
Il mio cuore fece un balzo. Non avevamo scambiato
parola per tutto il viaggio, e avevo finito per credere che la reazione in
aeroporto fosse stata frutto della mia immaginazione. Meglio contrariata che assente, pensaitenendole il passo.
Myriam mi guardò di sfuggita mentre aspettavamo
che la cabina completasse la sua discesa. Sembrava nervosa. Cedetti alla
tentazione di provocarla un po’.
“Se domani non ci fosse la partita ti inviterei a
cena” dichiarai con noncuranza, mentre le porte dell’ascensore si aprivano.
Per poco Myriam non inciampò nella valigia. “A
cena?” Più che una domanda suonò come un’esclamazione.
Trattenni a stento un sorriso. “Certo. Solo che
domani devo alzarmi presto. Peccato.”
Una volta entrati premei in sequenza il pulsante
14 e poi il 15, ignorando deliberatamente il suo sguardo interrogativo, che percepivo
come se mi stesse toccando. “Camera 1435, cerca di non perderti” la punzecchiai
non appena arrivammo al piano, bloccando la cellula fotoelettrica con una
gamba.
Myriam si girò verso di me. Mi avvicinai in modo
da non toccarla, pur restandole vicinissimo.
“Buonanotte” mi salutò con una forte nota di
indecisione nella voce.
“Buonanotte” mi limitai a rispondere facendo un
passo indietro, mentre le porte dell’ascensore si chiudevano su di lei.
* * *
Impossibile rilassarsi. Gli effetti benefici
della lunga doccia calda tardavano a farsi sentire. Myriam sembrava turbata, tutt’altro
che indifferente al mio comportamento. Cosa la preoccupava? Sapevo che una
domanda diretta non avrebbe sortito l’effetto sperato.
Irrequieto, mi girai nel letto. Volevo vederla.
La immaginai nella sua stanza, in compagnia di un buon libro. Non era ragazza da
discoteca. Più volte Susie aveva tentato, invano, di coinvolgerla nelle sue
scorribande notturne.
Diedi un’occhiata alla sveglia: mancavano pochi
minuti alle undici. Sul comodino era posata la busta che contavo di darle la
mattina seguente.
Forse
però... un’idea mi balenò nella mente. Balzai giù dal letto, infilando al
volo un paio di jeans e le scarpe abbandonate sul pavimento.
Uscendo dalla camera vidi con sollievo che il
corridoio e la rampa di scale erano deserti. Non avevo voglia di incontrare nessuno,
né tantomeno di rispondere a domande indiscrete. Scesi di un piano e trovai
velocemente la camera 35. Mi accinsi a bussare ma la mano rimase sospesa a
mezz’aria.
Non era sola in stanza. La voce di un uomo si
alternava alla sua in una conversazione di cui non riuscii a decifrare i
contenuti.
Stavo per fare marcia indietro quando udii dei
passi avvicinarsi dall’interno. Indietreggiai senza pensare, nascondendomi nell’ombra
di un salottino. In quel momento l’ospite misterioso uscì, accompagnato da
Myriam che rimase sull’uscio.
“Buonanotte Tom.” Quelle due semplici parole furono
come un pugno nello stomaco. Mai si era rivolta a me con tale dolcezza. Non
potevo vedere l’espressione dei suoi occhi, ma per un attimo pensai che avrei
potuto strangolare il mio amico di sempre.
“Buonanotte My” fece
lui di rimando, “sogni d’oro.”
Attesi immobile qualche
minuto, respirando a fondo per mantenere il controllo. Quando
avvertii che l’onda omicida si era ritirata, uscii dal mio nascondiglio
improvvisato e bussai con più enfasi del necessario.
“Ti sei dimenticato qualcosa?” La domanda morì
sulle labbra di lei non appena aprì la porta e mi vide.
Sentii il mio corpo diventare freddo come
ghiaccio. Se cercavo una prova di colpevolezza, l’espressione atterrita sul suo
volto era più che sufficiente. Qualcosa si incrinò dentro di me.
“Disturbo?”
Faticai a riconoscere la mia voce.
“No... è che...”
balbettò lei senza venire a capo di nulla.
Sebbene non fossi stato invitato a farlo entrai, dirigendomi
verso il letto disfatto. “Aspettavi forse qualcuno?”
Myriam si limitò a seguirmi con passo
incerto. “Non dovevi andare a dormire presto per essere in forma domani?”
Sentii un sorriso amaro piegarmi le
labbra. “Ero venuto per darti
questa.” Così dicendo, tirai fuori dalla tasca dei pantaloni la busta sigillata,
posandola sul cuscino.
Incrociai lo sguardo smarrito di lei
e ogni tassello andò collocandosi al suo posto. Serrai la mascella, odiandomi
per ciò che provavo. Stava tradendo la mia fiducia con uno dei miei più cari
amici e io provavo solo un disperato bisogno di stringerla a me.
“Hai visto Tom?” Una stilettata più
che una domanda.
Tremò leggermente, il viso pallido
nonostante nella stanza facesse molto caldo. “Perché questo interrogatorio?”
Mi avvicinai continuando a fissarla, vestito
di quella maschera impassibile che mi costringevo a portare. “Voglio solo
sapere se lo hai visto.”
Myriam incollò per un attimo gli
occhi al pavimento. “E’ venuto a trovarmi e abbiamo parlato un po’. Se ne è appena
andato.” Tornò a guardarmi, un vortice di oro fuso che mi lasciò stordito. “Quando
prima hai bussato pensavo fosse lui.”
Trattenni il respiro. “Avresti
preferito che lo fossi?”
Per un breve istante sospeso nel
tempo mi chiesi se volevo davvero che rispondesse alla mia domanda.
Se dicesse di sì?
Mi lanciò uno sguardo sconcertato.
“Come ti viene in mente una cosa del genere?”
Lucido, avrei colto la nota di
apprensione nel tremito della sua voce. Ma il veleno della gelosia aveva preso
possesso nei miei pensieri.
“Sareste una coppia perfetta.” Rimpiansi
subito l’inutile battuta. Che diritto avevo di giudicarla?
I suoi occhi si velarono, cancellando
in me ogni residuo di ostilità.
“Mi accusi forse di qualcosa?”
Una supplica triste, priva
di qualunque rabbia o risentimento. In quel momento mi sembrò che il muro che ci
teneva distanti si fosse inesorabilmente chiuso attorno a lei.
“Non lo so” ammisi. “A volte non so cosa mi
prenda, forse è meglio che vada a dormire” mormorai passandole accanto, i nervi
tesi quasi da spezzarsi.
Myriam rimase in silenzio. Prima di
uscire mi voltai a guardarla, e per un attimo ebbi l’impressione che volesse
dirmi qualcosa. “Cerca di concentrarti sulla partita” mi esortò infine in un
sussurro appena percettibile.
Credimi avrei
voluto dirle, ci ho provato.
E, a
proposito, sono disperatamente innamorato di te.
“Nella busta c’è il tuo biglietto. A domani.”
Con un sospiro, mi tirai la porta alle spalle.
¨¨¨
Cast della FF
Cliccate
sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali... immagino siate curiose di sapere com’è questa Nathalie, ma
dovrete attendere la sua comparsa nella FF per poterla vedere. In compenso mi
sono divertita a trovare la ‘specialguest’ che fa ingelosire Myriam in aeroporto... vi dice
qualcosa? Hihi^^
Il nervosismo di Patty non accennava a diminuire. Quella
mattina una serie di imprevisti continuava a ritardare la loro partenza e
sembrava a un soffio dall’alterarsi seriamente. “Veniamo in pullman con voi o
vi seguiamo in macchina?” domandò infine.
“A questo punto credo sia meglio andare tutti
insieme” commentò Benji con distacco.
Lo sciopero di parte del personale dell’hotel e degli
autisti sembrava lasciarlo del tutto indifferente. Senza contare il gruppo di
fan isteriche che li aspettavano fuori, e i paparazzi che la sicurezza aveva
trovato nascosti nella sala del ristorante mentre facevano colazione.
“Forse hai ragione” convenne Patty con un sospiro, “non
vedo l’ora che arriviamo allo stadio.”
Un paio di minuti dopo, Lenders indicò un uomo vestito di
scuro che faceva loro segno aldilà della porta girevole della hall. “Direi che
possiamo avviarci.”
Presi lo zainetto da sopra un divano e mi calai il
berretto rosso sugli occhi, sperando che nessuno ne notasse il gonfiore. Mi
sentivo infelice, i miei incubi sembravano ormai seguirmi anche di giorno.
Abbassai le palpebre, massaggiandomi le tempie per alleviare la tensione che
temevo si sarebbe presto trasformata in emicrania.
“Tutto ok?” mi chiese Tom con un sorriso complice. “Se sei
pronta andiamo.”
Lo
ricambiai in segno di assenso, contenta di non dover affrontare Benji da sola.
Era
in piedi, poco lontano da noi, appoggiato con le spalle a una colonna di marmo.
Privo di espressione, fissava il vuoto di fronte a sé.
Cedetti
alla tentazione di osservarlo, pentendomene all’istante. Come risvegliato dal
suo torpore, Benji ricambiò il mio sguardo con quella che avrei definito curiosità.
Punta sul vivo, soppesai l’ipotesi di guardare altrove ma la scartai subito.
Era fuori discussione arrendersi a quel modo. Le mani cominciarono a tremarmi e
istintivamente serrai i pugni fino a sbiancarmi le nocche.
“Le fan sono quasi peggio dei giornalisti” proseguì Tom
con aria divertita, interrompendo involontariamente il nostro scambio
silenzioso.
“Hai ragione” dissi pressoché in automatico, senza sapere
a quale domanda stessi rispondendo.
Per tutta la notte mi ero interrogata sui motivi che
avevano spinto Benji a comportarsi a quel modo. Attraversando la porta
scorrevole vidi la mia immagine riflessa nel vetro scuro e provai una fitta al
petto.
Quel fantasma ero io?
Distolsi gli occhi come a cancellarne l’inquietante
visione, aggrappandomi con tutte le forze alla spallina del mio zaino.
Non appena fummo usciti, decine di ragazze urlanti si
riversarono sulla squadra. Accelerai il passo, seguendo Patty e Susie sul
pullman parcheggiato fuori.
“Diventano ogni giorno più insistenti” commentò con finto
dispetto Bruce mentre, qualche minuto dopo, ci raggiungeva e si metteva a
sedere.
“Ma se hai firmato più autografi di tutti noi messi
insieme” lo canzonò Tom prendendo posto accanto a lui.
E’ così dolce, non potei fare a meno di pensare
osservandolo di sfuggita, avrei molto da
imparare da lui.
La sera prima ci eravamo tenuti compagnia parlando a lungo
di Gisèle, di quanto fosse difficile per lui dimenticarla quando ogni città era
tappezzata dei suoi scatti pubblicitari in bikini. Ciononostante era sempre
allegro e incline all’autoironia.
Non appena il discorso si era spostato su di me, rispondere
alle sue domande si era rivelata un’impresa tutt’altro che facile. L’idea di
perdere Benji mi annichiliva, toglieva ogni possibile slancio alla mia naturale
timidezza. Cosa potevo dire? Che ne ero perdutamente innamorata? Che, a conti
fatti, era meglio tenere i miei ingombranti scheletri chiusi nell’armadio a
doppia mandata?
Tirai un lungo sospiro.
“Potevo forse deluderle?” proseguì Bruce allegro, interrompendo
il filo dei miei pensieri. “Mi hanno persino dedicato un sito internet.”
Mark scoppiò in una risata fragorosa. “Un sito internet? A
te? Dovevano essere proprio disperate.”
I ragazzi continuarono a scherzare tra loro e poco a poco mi
estraniai dal loro vociare, immergendomi nel panorama offerto dal finestrino.
Ripensai al fiume di emozioni
che mi aveva travolta poco prima. Non potevo permettere a Benji di avere una
tale influenza su di me, bastava una sua occhiata per farmi perdere la
cognizione della realtà. Era patetico.
Finsi di non notarlo mentre
si sedeva qualche sedile più avanti. Profondamente consapevole della sua
presenza, mi sforzai di focalizzare la mia attenzione sulla partita che sarebbe
iniziata di lì a poco. Si trattava pur sempre del mio debutto da tifosa
giapponese, i miei amici avevano bisogno di me.
Chiusi gli occhi e inspirai
lentamente dal naso, era più semplice pensare a quel modo. Il tempo mi avrebbe
aiutata. Prima o poi avrei ripreso il controllo della mia vita.
* * *
Avevamo da poco varcato la zona destinata alle autorità e
alle mogli dei giocatori. Un ampio salotto era stato allestito per garantire i
massimi livelli di accoglienza, eppure continuavo a ignorare il buffet, lanciando
occhiate frementi verso l’uscita.
Patty si lasciò sfuggire una
risatina. “La prima partita non si scorda mai.”
Cercai di sorridere senza grandi risultati. Nessuno sembrava
accorgersi del mio progressivo distacco dalla realtà. Scoprivo un talento di
attrice di cui non sapevo se rallegrarmi.
Improvvisamente una delle hostess annunciò l’ingresso
delle squadre in campo, e sentii le ginocchia cedere sotto il mio peso. Man mano
che ci avvicinavamo agli spalti, l’eco dei tifosi si faceva sempre più forte. Il
ritmo dei tamburi accompagnava il clamore di migliaia di persone accalcate
sulle gradinate.
“Questo stadio è gigantesco” osservai stupita seguendo le
ragazze verso i posti a noi assegnati. Il prato, di un verde acceso e
immacolato, distava solo poche decine di metri. Il sole illuminava il centro
del campo e il vento accarezzava centinaia di bandiere
multicolore.
“Guarda, eccoli!” urlò Patty ignorando il mio commento.
Susie alzò gli occhi al cielo e scosse il capo con finta
rassegnazione. “Non farci caso, quando gioca Holly non capisce più niente”
scherzò.
Le due squadre si erano disposte in fila verso le tribune
per le foto di rito, seguite dai rispettivi inni nazionali. Con il cuore in
gola, loro così seri e professionali, mi chiesi se quanto accaduto negli ultimi
giorni fosse solo uno scherzo della mia immaginazione.
Benji era brillante, seducente, con un sorriso da togliere
il fiato. Qualunque ragazza sarebbe stata lieta di buttarsi ai suoi piedi e io,
che vivevo in casa sua, sembravo non essere in grado di sostenere una normale conversazione
senza che questa sfociasse in dramma.
Lo seguii con lo sguardo mentre, di spalle, si dirigeva
verso la porta. Senza quasi accorgermene portai la mano alla base del collo
stringendo fra le dita il ciondolo, ormai parte integrante di me. Perché il
pensiero di restargli accanto in silenzio attendendo l’ineluttabile mi sembrava
d’un tratto un’assurdità?
Il fischio di inizio mi colse di sorpresa, facendomi
sussultare. Il sorteggio aveva assegnato il calcio di inizio alla Malesia.
Provai una stretta alla stomaco
alla vista di Benji in posizione fra i pali, intento a dare le ultime
indicazioni ai ragazzi posti in difesa. In ballo c’era la qualifica ai mondiali
del 2010 e io mi trovavo in tribuna d’onore, in un mondo che non era il mio,
intrappolata nel senso di impotenza tipico dei sogni in cui si vuole
raggiungere qualcosa senza riuscirci.
L’incontro di
chiusura del primo girone di qualificazione asiatica è iniziato con la squadra
malese che imposta la prima azione, con una serie di precisi scambi tra i suoi
attaccanti (14).
“Metteteli sotto ragazzi! Cercate di
giocare sulle fasce!” La partita era appena iniziata e già Patty non riusciva a
stare seduta.
Ecco l’ala destra
della Malesia che con una magnifica finta si libera del suo avversario e crossa
al centro. Il capitano Talibva allo stacco aereo e in buona coordinazione colpisce magnificamente
di testa. Price risponde con un balzo felino e riesce a bloccare la sfera
diretta all’angolo basso della porta.
Vedendolo in azione, il petto mi si gonfiò di orgoglio e
un brivido mi percorse la pelle. Come una scolaretta alla prima recita
scolastica, mi limitai a stringere lo zainetto che avevo in grembo, trattenendo
a fatica un urlo entusiasta. Avrebbero vinto, ne ero certa.
Il portiere
nipponico passa il pallone al compagno Hutton. Kong
interviene sull’attaccante e l’arbitro fischia per fermare l’azione.
“Vai Holly, fai vedere a tutti chi sei!”
A Patty mancavano solo la fascia rossa nei capelli e la bandiera
da sventolare per essere la copia perfetta del suo alter ego animato. Io e
Susie non potemmo fare a meno di lanciarci un’occhiata divertita.
“È incredibile, Holly sembra avere il pallone attaccato al
piede, un vero spettacolo.” Fissavo rapita il giovane giocatore, il cui talento
era paragonabile solo a quello di Cristiano Ronaldo. Sorrisi al pensiero che
forse, in quella realtà, la punta del Real Madrid era
un semplice impiegato di banca.
La squadra Malese
non sembra voler subire l’iniziativa nipponica. Un altro fallo sul numero
dieci, ci auguriamo che non sia nulla di serio. Hutton
si rialza, il peggio sembra scongiurato.
In virtù del fallo
subito dal numero dieci la squadra giapponese ottiene un calcio di punizione
sulla sinistra del limite dell’area avversaria. La Malesia mette ben sei uomini
in barriera. Hutton si accinge al tiro con una lunga
rincorsa. Con la sua potenza potrebbe anche tentare un tiro diretto. Finta il
tiro Hutton, ed è Lenders ad effettuarlo. Il pallone
si dirige verso l’area avversaria... ed è rete!
“Hanno segnato! Hanno
segnato!” gridammo alzandoci in coro, trascinate da quella follia che solo i
mondiali di calcio possono scatenare, condivisa dai tifosi accorsi da ogni
angolo del Giappone.
Holly salutò il settore ospiti
con il braccio alzato, prima di essere coperto dalle pacche entusiaste dei
compagni di squadra.
Stanno vivendo la
loro avventura pensai,
sentendo la loro gioia come se fosse mia. Vivono
il sogno che li accompagna da quando erano bambini, senza frontiere né limiti.
“Bravo Holly” commentò Patty con gli occhi rivolti
all’attaccante, mentre io e Susie tentavamo invano di farla sedere. “Oggi mi
aspetto almeno una doppietta.”
I ragazzi ripresero le posizioni iniziali, sempre accompagnati dagli applausi del pubblico in trasferta che
sembrava sovrastare quello malese.
Il gioco riprende con
un passaggio di Kong al compagno di squadra Omar. Becker interviene sul
centrocampista malese e con una finta riesce elegantemente a togliergli il
pallone e a portarlo nel vivo della metà campo avversaria. Passaggio
millimetrico a Lenders che tenta subito la doppietta, ma viene disturbato dal
difensore Yew. La palla torna alla Malesia che cerca
di impostare la sua linea di attacco.
La tensione nell’aria era quasi palpabile. Sebbene il
Giappone fosse in vantaggio, il gioco era pressante e nessuna delle due squadre
sembrava soddisfatta del risultato.
“Non manca molto alla fine del primo tempo” disse Susie
guardando l’orologio, “speriamo che segnino ancora.”
“La vedo dura” fece Patty con una smorfia, “si sono chiusi
a catenaccio.”
Il doppio fischio dell’arbitro segnò poco dopo l’inizio
dei quindici minuti di interruzione, e poté finalmente riprendere posto.
“Credo che le signore dietro di noi abbiamo rinunciato a
seguire il gioco,” osservai indicando discretamente due
signore di mezza età che sventolavano l’aria annoiate.
Patty liquidò la questione con un gesto della mano. “Spero
solo che Holly stia bene” proseguì quindi seria in viso, “non mi piace affatto
come l’hanno preso di mira Kong e Yew.”
Le sue previsioni si rivelarono esatte. Sin dai primi
minuti del secondo tempo, i due marcatori sembrarono non perdere occasione di
ostacolare Holly e il suo gioco, spesso in modo scorretto. Fortunatamente la
presenza di Mark e Tom rendeva loro la vita dura.
I miei occhi si fissarono su Benji, ora più vicino dopo il
cambio di campo. Non riuscivo davvero ad abituarmi alla sua veste
professionale, per quanto stesse giocando da quasi un’ora. La tuta dai colori
improbabili disegnata dallo sponsor non rendeva giustizia al suo fisico,
perfettamente allenato ed elastico. I suoi movimenti erano misurati, precisi.
Cosa non avrei dato per sfoggiare un decimo della sua sicurezza. Lo osservavo
esitante, accompagnata dal timore che potesse scomparire come un miraggio,
troppo bello per essere vero.
Siamo agli sgoccioli
del secondo tempo e il Giappone è sempre in vantaggio. La Malesia centra il
pallone e costruisce subito una nuova azione di attacco. Come avevamo previsto
c’è ancora molto agonismo in campo: il Giappone, ancora carico per il goal
messo a segno da Lenders, cercherà sicuramente di conquistare il pallone per
giocarlo nel miglior modo possibile. Kong per la Malesia perde il controllo di
palla e subito Becker ne approfitta, crossando verso Hutton,
prontamente smarcato in avanti. Lo stop è ottimo. Il centrocampista è
lanciatissimo e sarà difficile fermarlo.
“Dai Holly, dai!” Non stavamo più
nella pelle. Un’altra rete e il Giappone sarebbe stato il primo del suo girone.
Ora Hutton è affiancato da Becker che lo sostiene nell’azione
di attacco, ma i difensori della Malesia non stanno a guardare e sbarrano la
strada al numero undici giapponese. Hutton non vede
compagni liberi a cui passare il pallone. Si ferma aspettando che qualcuno si
smarchi, ma il tempo è praticamente scaduto.
“Non ha tempo per costruire un’azione, deve fare tutto da
solo.” Patty seguiva ogni mossa del ragazzo in campo, cercando di contenere lo
stato di agitazione in cui versava.
Hutton si dirige minaccioso verso l’area
avversaria, ma viene fermato da un pesante intervento di Yew.
Il centrocampista nipponico è a terra... ci chiediamo se l’arbitro tirerà fuori
il cartellino giallo.
“Lo sapevo, lo sapevo... se prendo Yew
gli spezzo le gambe” gridò Patty agitando un pugno in aria, “il ginocchio di
Holly è in piena riabilitazione!”
Notai subito il forte pallore che le si dipinse in viso. Sembrava
più preoccupata che arrabbiata.
Hutton si rialza zoppicando, e il coach
Marshall chiede la sostituzione. Entra in campo il numero quindici Danny Mellow.
“Vado a vedere come sta” disse Patty scappando via.
“Andiamo anche noi?” domandai rivolta a Susie, indecisa se
rimanere o seguire Patty.
“Meglio di no” mi rispose scuotendo lievemente il capo. “In teoria nemmeno lei avrebbe accesso all’area medica. E poi la squadra ha bisogno del nostro tifo” aggiunse strizzando
l’occhio.
Le sue ultime parole di Susie si persero nel vuoto. La trapassai
con lo sguardo, fissando il limite dell’area nipponica dove il numero nove
malese era rovinosamente scivolato a terra. “Si può sapere cosa...”
Una gran confusione regnava nella nostra area di rigore.
Un moto di preoccupazione mi salì fino in gola, lasciandomi senza fiato.
“Sembra si sia scontrato con Johnny” fece Susie voltandosi
di scatto, cercando di analizzare la situazione con occhio imparziale.
Contrasto violento
tra Mason e Kong... l’arbitro assegna un rigore alla
Malesia! Protestano animatamente Mason e Carter.
“Un rigore? Non è
possibile!” Balzai in piedi come se la mia poltrona stesse andando a fuoco.
Come al rallentatore vidi l’arbitro posizionare la sfera sul dischetto, facendo
cenno a tutti di allontanarsi. L’attaccante della Malesia si preparò al tiro, e
potei quasi percepire la trepidazione con la quale più di metà dello stadio
pregustava il pareggio.
Un silenzio innaturale calò tra gli spettatori. Spostai lo
sguardo su Benji, concentrato e pronto a scattare. Doveva parare quel tiro. Oppure Kong doveva sbagliare. Non c’erano alternative plausibili, né tantomeno
accettabili. Benji era un campione, ce l’avrebbe fatta. “Forza, forza...” mormorai non sapendo se tenere gli occhi chiusi o
aperti.
“Capitano sei tutti noi” borbottò Susie con le dita
incrociate davanti alla bocca.
Dopo un attimo di esitazione chiusi gli occhi, cercando di
infondergli tutta l’energia che avevo in corpo. Benji può sentirmi? Domandai in un attimo di lucida follia,
sentendolo tanto vicino da percepirne quasi i pensieri. Tutta la mia vita
sembrava avermi portata a quel momento. Ero certa che ce l’avrebbe fatta, come
se lo avessi già vissuto.
Kong prende la
rincorsa... Incredibile! Con uno spettacolare intervento l’estremo difensore
nipponico blocca il potente tiro mostrando un intuito eccezionale. C’era da
aspettarselo da Benjamin Price, il portiere numero uno d’Asia, che adesso si
accinge a rinviare il pallone con le mani.
“Grande Benji!” urlai con tutta la forza che avevo in
corpo, agitando con enfasi il suo cappellino, dimentica
di trovarmi in tribuna d’onore. Una sensazione di pura felicità e rapimento mi pervase,
non avevo mai provato nulla di simile. Per un istante fui sommersa
dall’irragionevole certezza di poter superare qualunque ostacolo accanto a lui.
Mancano pochi minuti
alla fine e il Giappone si porta nuovamente in avanti. Veloci scambi in
centrocampo, ostacolati dalla difesa malese che sembra decisa a non cedere. Mellow prende la palla e crossa in direzione di Lenders...
ma Yew si fa sotto e destabilizza il numero quindici.
Talib approfitta dell’incertezza nipponica e si fa
subito sotto conquistando la palla. I difensori della Malesia si portano avanti
per aiutare il loro capitano. Talib colpisce il
pallone, ma con grande tempismo arriva Denver, che in scivolata blocca il passaggio
diretto al numero nove malese. Il pallone si impenna, parte in alto sopra i due
contendenti e sembra non voler più ricadere a terra.
“Susie!” esclamai prendendola per una spalla. “Guarda Tom...”
“Cosa, dove?”
Con un balzo il ragazzo effettuò un recupero di palla
spettacolare, salutato con applausi dal pubblico rimasto con il fiato sospeso.
“Forza Tom!” gridai abbandonando ogni pudore residuo, di
nuovo in piedi per seguire meglio l’azione.
La situazione non si
sblocca e il tempo è praticamente scaduto. Ma attenzione, Becker è scattato
come una freccia cogliendo tutti di sorpresa. Tutti i giocatori della Malesia
gli si lanciano addosso per impedirgli il tiro. L’arbitro sta per fischiare la
fine. Il numero undici del Giappone riesce comunque a calciare a rete... il
tiro sembra molto pericoloso... ed è goal!
Una vera esplosione si scatenò tra i tifosi presenti sugli
spalti.
“Sei un mito!” strillai improvvisando un balletto e
abbracciando Susie, che nella foga si era spostata in avanti di un paio di file.
“Abbiamo vinto, abbiamo vinto!” continuammo ad esultare, saltando
come bambine.
Recuperato un briciolo di calma ci girammo verso i ragazzi
che, trionfanti, salutavano la tribuna e il pubblico del settore ospiti. Con il
cuore che mi tamburellava in petto, non riuscivo a staccare gli occhi da Benji.
Per un attimo, ebbi l’impressione che stesse guardando proprio nella mia
direzione.
* * *
Varcai l’ingresso dell’area riservata agli atleti con le
ali ai piedi. Non ricordavo di essermi mai sentita tanto leggera in vita mia. Provavo
il bisogno di vedere Benji e averlo vicino, nulla mi importava più. Dovevo toccarlo,
assicurarmi che ciò che stavo vivendo fosse reale.
Incrociai un paio di persone che non degnai di uno sguardo,
presa com’ero dalla mia ricerca. Un vociare allegro attirò la mia attenzione. Mi
fermai di colpo, vedendo comparire Mark e Bruce con ancora indosso le divise sporche
di erba.
“Complimenti ragazzi!” esclamai abbracciandoli in preda
all’euforia, ricevendo di rimando due sorrisi soddisfatti. “Dov’è Benji?”
“Il nostro apprensivo capitano è con Holly” rispose Mark con
un cenno del capo. “Sai com’è fatto, voleva sincerarsi personalmente delle sue condizioni.”
Prima ancora che il ragazzo finisse di pronunciare le
ultime parole e senza quasi salutarli mi lanciai nella direzione indicatami. Con
forte disappunto, finii in una sala d’aspetto deserta con diverse porte chiuse.
Non volevo però tornare indietro a chiedere indicazioni, rischiando così di
incrociare Benji senza vederlo.
“Cerchi qualcuno?” domandò una voce calda e familiare. Con
il peso dell’ingombrante borsone della nazionale sulla spalla, Benji stava uscendo
da quella che presumibilmente era l’infermeria.
Mi limitai a fissarlo, ammutolita dal tumulto di emozioni che
si agitavano in me. Gioia, orgoglio, incredulità. La vita mi presentava un sogno
aldilà di ogni aspettativa ed ero pronta a correre ogni rischio pur di viverlo.
Senza riflettere, prima che insicurezze e mille dubbi mi assalissero, gli corsi
incontro buttandogli le braccia al collo.
Benji lasciò cadere a terra la borsa e mi strinse a sé
senza dire nulla.
“Vi siete fatti onore” mormorai alzandomi sulla punta dei
piedi e baciandolo lievemente sulle labbra. Gli occhi di Benji si allargarono
per lo stupore e, sempre in silenzio, mi strinse più forte.
“Sei stato grande” dissi in un soffio, tanto che non fui
sicura che potesse sentirmi.
Si scostò da me scrutandomi, serio in viso. Per tutta
risposta mi prese una mano, intrecciando le sue dita alle mie.
“I giornalisti ci aspettano.”
Fummo accolti da innumerevoli flash che si intensificarono
alla vista di Benji che si ostinava a tenermi per mano di fronte a tutti. Sentii
un forte rossore salirmi alle guance mentre si allontanava per andare a sedersi
a fianco di Freddy Marshall e dei compagni di squadra,
al centro del lungo tavolo collocato sul podio. Mi diressi verso il fondo della
sala adibita per la conferenza stampa, tenendo gli occhi incollati al suolo ed esprimendo
il segreto desiderio di diventare invisibile.
“Siete soddisfatti del risultato di oggi?” La retorica domanda
di un giornalista sulla quarantina diede il via alle danze.
“Certamente” rispose Benji serafico, “sebbene alcune
azioni fallose si sarebbero potute evitare.”
“Come sta Oliver Hutton?”
incalzò una giovane donna alzando la mano.
“Non è successo nulla di grave” intervenne Freddy da dietro gli occhiali scuri, “il suo programma di
riabilitazione non subirà variazioni.”
Holly è forte, si
riprenderà in un batter d’occhio pensai, augurandomi che Freddy
non stesse mentendo solo per evitare che la stampa cedesse a inutili
allarmismi.
I ragazzi si alternarono nell’iter delle risposte e il
tutto si concluse in poco più di mezz’ora. Appoggiata nell’ombra contro un
muro, provai un certo nervosismo alla vista di Benji che, alzatosi dal suo
posto, si avvicinava sorridente seguito a ruota da decine di occhi curiosi.
“Vorrei dedicare questa vittoria alla signorina qui
presente,” dichiarò passandomi un braccio intorno alla
vita e sfoderando un sorriso da grandi occasioni. Per poco non mi strozzai con
la mia stessa saliva.
Dopo il primo momento di sconcerto, la stampa si affrettò
a prendere nota della dichiarazione e a immortalarci ripetutamente. E’ molto peggio che alla prima di Twilight, molto, molto peggio. Desideravo sprofondare
sotto terra, sentendo le guance avvampare e l’aria mancarmi.
“Possiamo sapere come si chiama la sua fidanzata?” domandò
una fotografa dall’aria simpatica.
Fidanzata. Quel sostantivo echeggiò nella
mia mente, come un’immagine ripetuta all’infinito tra due specchi posti l’uno di
fronte all’altro.
“Myriam” rispose Benji con una dolcezza che in pochi gli conoscevano.
Provai un lungo brivido. “Ometto volontariamente il cognome perché gradirei che
rispettaste la sua privacy.”
Il tono pacato della sua risposta sembrò soddisfare gli astanti,
visibilmente stupiti da quell’annuncio spontaneo e così poco da lui. La mia
testa si mise a girare.
“Vado a cambiarmi. Ci vediamo
dopo?” mi mormorò Benji all’orecchio trascinandomi fuori con sé e prendendo al
volo uno degli ascensori.
Lo fissai con aria incredula. Un largo sorriso gli si
dipinse in volto e le fossette che tanto mi erano mancate fecero capolino a
loro volta. Difficile credere che fosse reale. Era più probabile che mi
svegliassi all’improvviso, vedendolo scomparire in una nuvola di fumo.
Non feci in tempo ad aprire bocca che le porte arrivarono
al piano e si aprirono con un tintinnio. “A tra poco
allora” mi mormorò Benji all’orecchio, lasciandomi andare a malincuore.
“A tra poco” risposi con voce
strozzata uscendo nel corridoio. Osservai inebetita la mia sagoma riflessa
nell’acciaio satinato delle porte ormai chiuse.
Note:
(14) Questo è l’unico capitolo in cui
si gioca una partita... provate a immaginare i commenti letti dal mitico
telecronista del cartone ^__^
¨¨¨
Cast della FF
Cliccate
sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali... in ordine di apparizione nella FF:
Era
difficile, sotto il getto caldo della doccia, convincermi che non si trattasse
solo di uno scherzo della mia immaginazione. La logica non era dalla mia parte,
né tantomeno il buonsenso. Avevo davvero presentato Myriam alla stampa come mia
fidanzata senza nemmeno consultarla? Mi aggrappai al ricordo del suo profumo, alla
sensazione del suo corpo contro il mio. Non potevo aver sognato tutto.
Chiusi
il rubinetto e rimasi per un attimo a testa bassa, le mani appoggiate alle
piastrelle bagnate di fronte a me, mentre rivoli di acqua mi scorrevano sul
viso. Cosa succederà ora?
Uscii
dalla doccia e scossi il capo nel tentativo di schiarirmi le idee. Alcune
goccioline atterrarono sullo specchio coperto di condensa, che mi rimandava
un’immagine sfocata quanto i miei pensieri. Infilai l’accappatoio bianco appeso
alla porta e presi al volo un asciugamano, passandomelo sul viso.
Ho fatto bene a non seguirla in
camera, avrei finito per perdere il controllo. Idee contrastanti si agitavano
nella mia mente, era successo tutto così in fretta. Se avessi sbagliato a lasciarla sola? Se fosse tornata sui suoi passi?
Maledicendomi
al solo pensiero, aprii la porta del bagno per prendere il rasoio che avevo
lasciato in valigia. Trasecolai. Myriam era seduta sul letto, lo sguardo
birichino.
I
battiti del mio cuore accelerarono. Il ricordo della notte in cui si era
intrufolata nella mia camera da letto balenò nella mente di entrambi, e non
potei trattenere un sorriso alla vista delle guance di lei che si tingevano di
rosso. “Sbaglio o questo mi sembra un déjà
vu?”
“Non
sbagli” rispose, cercando di mantenere la voce calma senza però riuscirci
granché.
Mi
avvicinai, strofinandomi i capelli bagnati con l’asciugamano. “Toglimi una
curiosità” domandai sedendomi accanto a lei. “Come hai fatto a entrare?”
Il
solo pensiero mi recava un senso di sollievo difficile da descrivere, ma dovevo
mantenere un tono sobrio e pacato. Nelle
ultime ventiquattro l’ho spaventata a sufficienza, considerai con una punta
di disagio.
Ignara
di ciò che mi passava per la testa, Myriam tirò un profondo respiro. “Ero un po’ nervosa per quello che hai detto a fine conferenza
stampa e volevo parlarti. Non vedendoti arrivare ho pensato ti fossi
addormentato,” ammise con semplicità.
Faticai
a rimanere seduto. Pensava sul serio che potessi ADDORMENTARMI?Le sorrisi, serrando la mascella per
non lasciar trapelare il mio sgomento.
“Avrei
dovuto aspettare che mi chiamassi ma ero troppo impaziente.” Si morse la punta
della lingua prima di proseguire e per un secondo persi
cognizione del tempo. Possibile che, nonostante la desiderassi con tutto
me stesso, lei non si accorgesse di nulla?
“Ho
convinto una cameriera di essere rimasta chiusa fuori dalla tua stanza e mi
sono fatta aprire con il passe-partout. All’inizio non era molto convinta, poi si
è ricordata di una nostra foto pubblicata sui giornali.”
Abbassò lo sguardo e il suo tono di voce si fece a malapena percettibile. “La
tua dichiarazione di oggi fugherà ogni suo dubbio residuo.”
Oltre
l’imbarazzo mi sembrò di leggere nella sua voce una nota allegra, quasi compiaciuta.
O forse era ciò che volevo sentire. “Perdonami, temo di aver esagerato. Sono
stato presuntuoso e arrogante, hai tutti diritti di essere infuriata con me.”
Mi
fissò in silenzio con sguardo indecifrabile, esortandomi a continuare. Annaspai
alla ricerca delle parole che dessero un senso ad un comportamento che non ne
aveva alcuno. “Negli ultimi giorni sono successe tante cose e ti sembrerà assurdo,
ma sentivo che chiarendo la situazione di fronte agli altri ogni altro problema
avrebbe finito per risolversi.”
La
guardai dritto negli occhi e vi lessi uno strano misto di incertezza unita a determinazione.
Perché a tratti sembrava odiarmi, per poi tornare da me come se nulla fosse
accaduto?
Le
avvicinai la mano al viso senza pensare, accarezzandole la guancia con la
stessa delicatezza che se fosse stata una bolla di sapone. Fermo, pensai senza riuscire a staccarmi da lei. Avrei voluto
avvicinarmi ancora, mille diversi modi di toccarla attraversarono la mia mente
ma li ricacciai indietro. Calma.
“Non
volevo confonderti le idee” mormorai, allontanando il braccio quel tanto che
ero in grado di sopportare. “Magari forzarti un poco la mano...”
lasciai cadere nel tentativo di sdrammatizzare la situazione.
Dopo
un lungo silenzio Myriam piegò il capo di lato, osservandomi con dolcezza.
“Vorrei raccontarti una cosa.” Si alzò dal letto, dirigendosi verso la porta
finestra che dava sul balcone. “L’ultima volta che sono stata con un ragazzo
risale a più di tre anni fa” aggiunse restando di spalle.
Serrai
i pugni impercettibilmente, sorpreso da quell’inaspettata dichiarazione.
“Se ci penso mi sembra passata una vita, mi sento molto
diversa da allora.
In due anni possono succedere tante cose.” Non potevo
vederla, ma ebbi la netta convinzione che non fosse facile per lei rivangare
quei ricordi. Serrai i pugni impercettibilmente, in bilico tra l’urgenza di
capire e un irrazionale moto di gelosia.
“Mi
sono sempre reputata una ragazza misurata e razionale, ma il tempo trascorso
accanto a lui aveva alterato il mio modo di vedere le cose. Ero innamorata e
felice, poco più che adolescente e piena di ottimismo.”
Il suo tono era gentile, quasi un sussurro. “Quando eravamo insieme stentavo a
credere alla mia fortuna, pensavo che un giorno ci saremmo sposati e avremmo
avuto un sacco di bambini felici quanto lo eravamo noi.”
La
sua voce ebbe un tremito, e l’esile mano si mise a giocare con il cordone della
tenda. “Un bel giorno però tutto è crollato, lieto fine compreso. Di ritorno da
una serata trascorsa fuori città avemmo un brutto incidente. In seguito mi
raccontarono che la nostra auto aveva sbattuto con violenza contro il guardrail,
cappottandosi più volte.”
Trasalii,
un sapore metallico sulla lingua. L’immagine di lei ferita e priva di sensi si
fece strada in me, materializzandosi con forza e lasciandomi senza fiato.
Si
voltò a guardarmi per un attimo, il volto livido. “Ricordo l’odore acre che mi
circondava e la sensazione di piccoli pezzi di vetro in bocca,”
riprese dopo un breve esitazione. “Poi il buio. Sono stata in
coma due settimane.”
Non
potei fare a meno di alzarmi e portarmi al suo fianco per darle conforto.
L’abbracciai timidamente da dietro, poggiandole il mento sulla spalla e stringendola
a me.
“I medici erano restii a sciogliere la prognosi e la mia
famiglia era disperata. Mi sento molto in colpa per averli fatti soffrire così.” Qualcosa nella sua voce era cambiato, il tono si era fatto
monocorde.
La feci girare su se stessa, osservandola con espressione cupa. “Sciocchezze.
Ti saresti preoccupata altrettanto se fosse accaduto a qualcuno di loro.”
Chiuse
gli occhi, i lineamenti tirati in un mezzo sorriso. Non era un sorriso felice,
la sua voce era fredda quando riprese a parlare.
“Il
mio ex rimase miracolosamente illeso, tanto che mia madre finì per non
sopportare la sua vista. Come se il destino avesse deciso di risparmiarlo e
portarle via me.”
Provai
empatia per quel sentimento materno così facile da condividere. Con estrema
delicatezza Myriam si staccò da me, tornando a sedersi sul letto. Attesi in
silenzio mentre fissava la finestra. Sembrava stesse cercando di calmarsi.
“Trascorsi
i primi giorni, ammise di non potermi vedere in quello stato. Disse che sarebbe
tornato a trovarmi solo quando mi fossi svegliata.”
Quell’affermazione
mi lasciò di stucco. Vigliacco, oltre che
bugiardo, pensai immaginando senza difficoltà ciò che sarebbe seguito. Nel
vederla così fragile tenni quel pensiero per me,
rispettando la distanza che aveva frapposto tra noi.
Mi
fissò per un attimo prima di inspirare a fondo. “Le sue
telefonate prima insistenti si diradarono e l’unico a mantenere i contatti con
lui fu mio fratello. Ripresi conoscenza dopo quattordici giorni. Ho
ricordi confusi di quel periodo, familiari e amici si alternarono al mio
capezzale in una girandola continua.” Alzò nuovamente
il capo, la sua espressione lontana da me. “Lui non c’era.
Lo feci chiamare, disse che era fuori per lavoro e che non vedeva l’ora di
rivedermi. Tu gli avresti creduto?” mi chiese mentre la
fissavo tramortito.
Annuii
con scarsa convinzione, spaventato dal tono stridente della sua voce.
“Sono
stata un’ingenua, degna protagonista di una telenovela messicana di
terz’ordine.” Sorrise, divertita dalla propria auto valutazione. “Quando venne
a trovarmi mi disse che aveva conosciuto una ragazza.”
Un
epilogo intuibile. Non sapevo se provare pena o sdegno per quello sconosciuto a
cui avrei volentieri spaccato la faccia.
D’un
tratto Myriam sembrò spezzarsi, serrando i denti fra loro. Quando riprese a
parlare la sua voce era diversa, ogni segno di indulgenza era scomparso. “Invece
di urlargli contro rimasi in silenzio. Credo di aver persino sorriso quando,
aggrappandomi a una qualche parvenza di orgoglio, gli ho chiesto di non farsi
più vedere.”
Si
voltò a guardarmi, come se si fosse ricordata della mia presenza. Ero certo che
il mio volto fosse pallido quanto il suo.
Scrutai
smarrito quegli occhi spenti, senza sapere come sfogare l’insopportabile senso
di indignazione che mi stava assalendo. Volevo quel bastardo fra le mani,
fargli passare per sempre la voglia di riprovarci. “Se non ha avuto la decenza
di sparire all’inferno ce lo accompagno volentieri” sibilai.
Myriam
scosse il capo poi, lentamente, la sua espressione si addolcì. “Mi ha cercata
solo una volta, circa un anno dopo, per ammettere il suo errore. Avevo imparato
a mie spese che lo stress post-traumatico può giocare brutti scherzi. Chiedeva
un’assoluzione e gliel’ho concessa, prima di cancellarlo dalla mia vita.” Osservò il vuoto per un momento, tanto distante da
sembrare un’illusione, dimentica di avermi accanto.
Strinsi
le labbra. L’aver perdonato quel figlio di puttana non cambiava nulla. Un
trauma del genere poteva lasciare segni indelebili, non c’era da stupirsi che
ogni tentativo di entrare nella sua sfera intima la gettasse nel panico.
“Stai
bene?”
La
sua domanda giunse da lontano, mi ci vollero un paio di secondi per capire che
era rivolta a me.
Lei voleva sapere se io stavo bene?
“Certo”
mentii.
Come
potevo stare bene? Come potevo accettare che uno sconosciuto l’avesse abbandonata
nel peggiore dei modi, nel momento in cui aveva più bisogno di lui? Sentii una
rabbia feroce pulsare nelle tempie.
Dovette
intuire il mio stato d’animo, perché la sua voce si incrinò.
“Perdonami,
mi sono lasciata trasportare.”
Le
lanciai un’occhiata inorridita. “Perdonarti io? Non
dire sciocchezze.” Rimpiansi subito l’eccesso del mio slancio. Avrei voluto
proteggerla, cancellare quei brutti ricordi. Mi avvicinai con incedere lento,
soppesando le sue reazioni per capire quando fermarmi.
Mi
fissò con espressione indecifrabile mentre, tornato sul letto accanto a lei, le
circondavo le spalle con un braccio.
“Anche
se non sembra ho la pelle dura” annunciò con orgoglio.
Un
gattino arruffato convinto di poter sfoderare gli artigli di una tigre. Se non
fosse stato per la stretta allo stomaco che mi attanagliava sarei scoppiato a
ridere.
Rimanemmo
seduti in silenzio e finalmente sentii i muscoli del suo corpo rilassarsi. Le
sfiorai i capelli con un bacio ad occhi chiusi, cercando di svuotare la mente
alla ricerca di un appiglio al quale aggrapparmi.
“Non
ho mai voluto respingerti” disse in sussurro appena udibile.
Stupito
da quell’ammissione spontanea mi scostai da lei, incontrando i suoi occhi color
ambra. Vorrei poterti dire quanto sei
importante per me.
Qualcosa
mi frenò. Una strana luce vibrava laddove mi sarei aspettato timidezza. Paura?
Senso di perdita? Sembrava lo sguardo di chi si appresta a pronunciare parole
di addio. Avvertii un senso di inquietudine all’idea che potesse ritrarsi
ancora, non sarei riuscito a sopportarlo.
“Myriam, stammi bene a sentire.” Presi
fiato, cercando di ammorbidire il tono della mia voce. “Non so cosa ti passa
per la testa ed è probabile che non lo sappia mai. Di una cosa però sono certo,
non permetterò a un fantasma di renderti infelice.”
Mi
rivolse uno sguardo colmo di gratitudine che forse non meritavo.
“Perché
sei così buono con me?”
Sentii
un velo di tristezza calarmi sul cuore. A tal punto era stato ferito il suo
amor proprio? Meglio che il suo ex non mi
capiti mai fra le mani. Volsi via lo sguardo, temendo potesse leggervi
l’astio che sentivo crescere in me.
“La
cosa ti stupisce? Perché non dovrei tenere a te, o volere la tua felicità?”
Non
rispose subito. Sembrò soppesare a lungo le mie parole.
“Non
so se sono pronta, se lo sarò mai. Trovare nuovamente la forza di affrontare
l’amore? Di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, abbandonando ogni
resistenza e mettendo il mio cuore nelle mani di un altro? Potrei aver persino
dimenticato come si fa. Quando avevo sedici anni ero senza alcun dubbio più
sicura di me.”
“Certo
che lo eri,” dissi scostandole una ciocca di capelli
dal viso. “Eri molto giovane e molto stupida. Solo i giovani e gli stupidi sono
sicuri di ciò che fanno. E’ più facile lasciarsi andare se non si ha cognizione
del rischio che si corre. Pensi davvero che due esseri umani possano amarsi
senza complicazioni? Quando un uomo e una donna cercano di stare insieme è
complicato. L’amore lo è sempre. A volte i nostri cuori si spezzano, ma fa
parte del gioco.”
Stentai
a riconoscermi in quelle parole. Io che dispensavo saggi consigli? Per un
attimo mi sembrò di vedere gli sguardi sconcertati dei miei amici. Eppure non
mi importava. Sorrisi tra me, fissandola dritto negli occhi. “Avere un cuore
spezzato è sempre un buon segno. Significa che perlomeno ci abbiamo provato.”
Myriam
abbassò lo sguardo, titubante. “Il mio cuore si è spezzato così tanto che fa ancora male. Non ti sembra folle? Avere
un cuore spezzato dopo più di tre anni dalla fine di una storia?”
Nonostante
le sue parole ebbi la netta impressione che fosse più leggera, come se si fosse
tolta un peso. Mi concentrai sul suo respiro regolare, suoi tratti distesi del
suo volto. Stava riprendendo colore.
“Ascoltami
bene” dissi tirandole su il mento con delicatezza. I suoi occhi erano scuri, le
pupille dilatate. “Parli con un ragazzo che, fino ad oggi, ha avuto come unico
grande amore un pallone. Chi è il più folle dei due?”
Un
timido sorriso le piegò le labbra.
“Fino
ad oggi?” ripeté, mordendosi il labbro inferiore.
Quella
vista mi distrasse per un momento, ma feci uno sforzo per restare concentrato. Come
suonavano diverse quelle parole, dette da lei.
Le
cinsi con delicatezza la vita attirandola a me. Dovevo sembrare disinvolto, se
le avessi detto ciò che provavo mi avrebbe preso per pazzo. Meglio buttarla sullo scherzo.
“Diciamo
che ve la battete.” Bugiardo.
La
sentii tremare contro di me. Aveva forse freddo? Mi allontanai un poco per
scoprire che stava ridendo, e non potei fare altro che osservarla incuriosito.
“Un
pallone come rivale... viste le premesse, c’era da aspettarselo.”
Non
so perché, la cosa suonò tanto divertente alle orecchie di entrambi che scoppiammo
a ridere come bambini.
Note:
Per questo capitolo ho tratto
ispirazione da “Eppure sentire” di Elisa. Sebbene il capitolo sia visto
attraverso gli occhi di Benji, è un po’ come se la versione silenziosa di Myriam
fosse in parte rappresentata dal testo della canzone (http://www.youtube.com/watch?v=oQCMSBhuMaU)
¨¨¨
Cast della FF
Cliccate
sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali... in ordine di apparizione nella FF:
“Due mesi senza giocare?” esclamarono in coro Tom e Bruce.
La smorfia di Holly parlava da sola, ma lui rispose ugualmente. “Così
hanno detto.”
Il fallo subito il giorno prima aveva in parte compromesso la
riabilitazione del crociato destro, suo flagello da quasi un anno. “Il medico ha
prescritto riposo assoluto per una settimana, o l’infiammazione rischia di cronicizzarsi.”
“Dovrai rimettere le stampelle,” osservò Susie
costernata.
Fortunatamente la prima partita prevista a calendario si sarebbe tenuta
dopo l’estate. “Avrò tutto il tempo di riprendermi, non vi preoccupate.”
Il sorriso tirato di Holly rivelò che aveva bisogno di riposare, il
dolore doveva averlo tenuto sveglio gran parte della notte. I ragazzi si
accomiatarono, lasciandolo alle cure amorevoli di Patty.
“Questa non ci voleva.” Tom serrò la mascella con rabbia. “Per una
partita di qualificazione poi.”
Gli infortuni di gioventù avevano lasciato profondi segni sul fisico
dell’attaccante. Myriam ricordava bene le partite giocate allo stremo delle
forze, con fasciature strette a spalla e caviglia, spesso all’insaputa dei
compagni di squadra.
“Si rimetterà presto, non
temete” intervenne Benji serio, mentre uscivano dal retro per evitare la stampa
accalcata all’ingresso. “Holly non è tipo da rimanere fermo a lungo.”
“Un po’ lo invidio” intervenne Bruce attirandosi una serie di sguardi perplessi.
“Riceverà le coccole delle infermiere più carine del reparto ortopedia.”
Dopo un primo momento di stupore i ragazzi scoppiarono in una risata fragorosa.
“Bruce peggiora sempre” commentò Susie scuotendo il capo.
“Non lo credevo possibile,” scherzò Tom di
rimando.
Cercando di tornare seria, Myriam percepì il clima di serenità
generale. Ormai primi nel loro girone, li attendevano due settimane di vero
relax. Se non fosse stato per l’infortunio di Holly avrebbero sicuramente
passato il giorno a brindare allegramente.
Pochi minuti bastarono invece perché il gruppetto si sciogliesse,
ognuno con i propri impegni per il pomeriggio. La calura estiva si univa
all’umidità, e l’idea di sedersi a mangiare non allettava nessuno.
Benji si avviò in silenzio verso la macchina e lei lo seguì in silenzio.
“Hai programmi per i prossimi giorni?” chiese Benji aprendole
la portiera, prima di fare il giro e salire a sua volta.
Gli lanciò un’occhiata incuriosita. Benji non faceva mai
domande a caso, stava sicuramente tramando qualcosa. Ripensò al loro volo di
rientro e un sorriso le piegò le labbra.
Complice una forte perturbazione, l’aereo sul quale
viaggiavano aveva ballato fino all’arrivo a Tokyo. Mentre il panico dilagava
tra i passeggeri, Benji aveva insistito per tenerla stretta tra le braccia,
giocherellando con i suoi capelli e sussurrandole parole dolci all’orecchio. Tale
l’abitudine a volare trovava quel trambusto esagerato, ma si era presto arresa
alla voce carezzevole del ragazzo.
Come sono sdolcinata pensò tra sé, incrociando due
occhi scuri che la fissavano in attesa di una risposta. “Nessun programma,” si affrettò a negare con un gesto del capo. Era certa che
i battiti del suo cuore fossero udibili a chilometri di distanza ma si rifiutò
di pensarci.
Il ragazzo avviò il motore senza distogliere lo sguardo da lei. Myriam
deglutì abbozzando un timido sorriso, del tutto inconsapevole dell’immagine che
poteva offrire a un osservatore esterno. Irradiava luce interiore. Energia
potente, istintiva.
Benji si schiarì la voce, uscendo dal parcheggio e concentrandosi sulla
strada. “Che ne diresti di una vacanza in barca? Comincia a fare troppo caldo
per i miei gusti.”
“Noi due soli?”
“Sì.”
Il ragazzo trattenne il fiato per un attimo. Si sarebbe lanciato da un
treno in corsa piuttosto che veder spegnersi quel bagliore ambrato negli occhi
che lo osservavano con stupore.
“Ok.”
Semplice e concisa. Nessun cambiamento nel tono di voce, nessun segno apparente
di tensione. Espirò nuovamente. “Ok
per la barca, oppure ok partiamo da
soli?”
“Ok per entrambi.”
“Affare fatto allora” concluse il ragazzo con un sorriso mozzafiato.
Myriam lo guardò senza riuscire ad aggiungere altro. La portata della
decisione appena presa le si insinuò nelle vene. Avrebbero davvero trascorso
più giorni in barca, senz’altra compagnia che il mare? Stentava a crederlo. Il
profilo rilassato di Benji alla guida contrastava con le piroette del suo
stomaco. Forse aveva sognato. “Non ho l’abbigliamento adatto,”
mormorò non appena ebbe recuperato l’uso della parola.
Benji si voltò verso di lei, sembrava divertito. “Dubito che il
guardaroba di Gisèle offra molto in tema velistico, stavolta mi toccherà
davvero accompagnarti a fare shopping.”
La ragazza sprofondò nel sedile lanciandogli uno di quegli sguardi che,
se solo si fosse potuta vedere, avrebbe senz’altro cercato di reprimere.
* * *
Era mattina presto. Il sole si stava arrampicando dolcemente nel cielo,
inondando di luce l’insenatura dove si erano ancorati per la notte.
Benji scese dal letto e si sgranchì le lunghe braccia. Una delle cose
che amava sopra a ogni altra era fare il bagno appena sveglio. Uscì dalla
cabina con passo leggero e si cambiò, indossando il costume messo ad asciugare
la sera prima.
Fuori il silenzio era interrotto solo dallo sciabordio delle onde
contro la chiglia e dallo stridio dei gabbiani che volavano in lontananza.
Si tuffò con una spinta dei potenti muscoli delle gambe, sparendo
sott’acqua per riemergere alcuni metri più avanti. Iniziò a nuotare con lunghe
e possenti bracciate, allontanandosi dalla barca.
L’acqua era fresca e limpida, e Benji si lasciò trasportare dalla
sensazione di incredibile libertà che il mare riusciva a infondergli. Erano
partiti da quasi una settimana e nulla sembrava poter guastare la magia del
tempo trascorso insieme a Myriam. Per quanto condividessero castamente la cabina
di poppa era certo che con un po’ di pazienza tutto sarebbe andato per il verso
giusto.
Nuotò per diversi minuti, prima di scorgere una sagoma familiare che lo
chiamava salutandolo con la mano.
“Buongiorno signorina” rispose poco dopo
mentre, risalito a bordo, si scrollava i capelli passandovi le dita per
riordinarli.
La ragazza gli si avvicinò, sfiorandolo con
un bacio. Reagì al sale senza quasi accorgersene, passandosi la punta della
lingua sul labbro inferiore. “Buongiorno a te.”
Una luce intensa illuminò lo sguardo del
giovane. Noncurante del pigiama della ragazza, le circondò la vita con un
braccio e la attirò verso di sé.
Myriam trattenne a stento una risatina.
“Sto cercando di sedurti, gradirei che prendessi la cosa più seriamente,” commentò Benji senza scomporsi. La ragazza gli passò una
mano dietro l’orecchio, presentandogli con aria divertita un’alga rimasta impigliata
tra i suoi capelli.
Un largo sorriso si fece strada sul volto di Benji. “Basta così poco
per fermarti? Forse sei ancora addormentata, vediamo come rimediare al problema.”
Un che di inaffidabile gli balenò negli occhi e Myriam si sciolse
dall’abbraccio facendo un passo indietro. “Fermo Price,
niente colpi bassi prima di colazione.”
Il ragazzo ignorò il monito e la sollevò da terra senza difficoltà.
“La mattina ti prende sempre così?” protestò lei a mezz’aria. “Sono
ancora in pigiama!” Non fece in tempo a finire la frase che, con un agile
balzo, Benji catapultava entrambi in acqua. “Cavernicolo” annaspò pochi istanti
dopo fra le risate di lui, “quando scendiamo a terra ricordami di regalarti una
clava.”
Benji si arrampicò su per la scaletta, senza smettere di ridere. “Così
impari” la rimbeccò aiutandola a salire. Non appena fu a portata di braccio, la
ragazza lo colpì sulla spalla con finta rabbia.
“Potresti almeno passarmi un asciugamano?” domandò gocciolando sul
ponte.
Mentre aspettava con il braccio teso, notò una trasformazione nell’atteggiamento
di Benji. La spensieratezza era scomparsa, lasciando il posto a un’espressione indecifrabile.
“Tutto ok?”
Le bastò un attimo per vedersi con i suoi occhi. Bagnata dalla testa ai
piedi, la magliettaincollata
alla pelle, praticamente nuda in pieno giorno. Si coprì il petto con le
braccia, mentre il viso le andava a fuoco.
Benji si scosse dal suo torpore e volse via lo sguardo con imbarazzo.
“Scusami, non ci avevo pensato,” ammise porgendole un
ampio telo di spugna.
La ragazza vi si avviluppò a mo’ di mummia, cercando di sembrare meno
stupida di quanto si sentisse in realtà. Lui, abituato a ogni tipo di donna e
avventura, stava dimostrando pazienza e nervi di acciaio. Lei sembrava bloccata
ai pudori dell’adolescenza. Sentì un’onda di frustrazione montarle dentro.
“Sai che appena sveglio mi funziona solo un neurone,”
cercò di sdrammatizzare Benji con una smorfia buffa.
Myriam abbassò gli occhi, e un timido sorriso le piegò le labbra. “Mi
cambio e ti preparo la colazione.”
Scese sotto coperta e infilò un leggero vestito azzurro sopra al
bikini. Si fermò un attimo a guardarsi allo specchio, incrociando lo sguardo
della sconosciuta che solo Benji sapeva evocare. Sparite le occhiaie, il naso
leggermente spellato dal sole e lontano, molto lontano il ricordo delle notti passate
a sognare un futuro che fino a pochi giorni prima sembrava impossibile.
Inspirò a pieni polmoni e aprì la porta, dirigendosi verso la piccola
cucina. Pochi minuti dopo il profumo di caffè arrivò fin sul ponte, decretando
l’inizio della giornata.
“Grazie mille,” disse Benji mentre le prendeva
dalle mani una tazzina fumante e un piatto pieno di biscotti.
Myriam si sedette a poppa accanto a lui. Doveva parlare del più e del
meno e non pensare. Soprattutto non pensare al suo torso
abbronzato e ancora nudo, la linea dei suoi muscoli si perdeva in un
disegno armonico che le toglieva il fiato. “Pensi che andremo in paese a fare
un po’ di spesa?” fu la prima domanda che le venne in mente.
Benji le fece l’occhiolino. “Come preferisci. Tu sei la
mente e io il braccio, tu
comandi nell’ombra mentre io agisco alla luce del sole.”
La ragazza gli lanciò un’occhiata allegra. “Vuoi
vedere cosa sono riuscita a fare ieri sera?” Prima ancora che potesse
risponderle, gli mise in mano un pezzo di cima che aveva tenuto da conto la
sera prima.
“Un nodo da parabordo, complimenti” la
canzonò, divertito dai suoi tentativi andati a vuoto con nodi più difficili. “Sei
quasi pronta per la Coppa America.”
Alla sola idea Myriam scoppiò a ridere e lo sguardo di Benji si
illuminò. Vederla felice gli faceva sciogliere il cuore. Era così espressiva,
così piena di passione. Le circondò la vita con un braccio per darle un bacio,
ma qualcosa attirò la sua attenzione. Alcune nuvole in cielo si stavano
addensando, non lasciando presagire nulla di buono.
Si allontanò da lei con dolcezza. Myriam lo seguì con lo sguardo mentre
raggiungeva agilmente la prua e azionava il comando elettrico per sollevare
l’ancora.
“Prendi il timone e punta verso il
promontorio” le ordinò da sopra una spalla.
Ubbidì, senza capire cosa lo
stesse preoccupando. Cominciava ad avere un po’ di dimestichezza con le manovre
in movimento, ma non era solito lasciarla sola al timone.
Poco dopo le era di
nuovo affianco. “Dannazione,” esclamò azionando a
vuoto il pulsante di accensione del motore. “L’elettrovalvola si è inceppata.”
La ragazza aggrottò le sopracciglia. “Non
parte?”
“Sembra di no” rispose lui serio. “Direi che
siamo nei guai.”
Myriam abbozzò un sorriso incredulo. Il sole
brillava nel cielo e fino a pochi istanti prima il suo unico problema era stato
tenere a bada i propri ormoni impazziti. “Che bello, è sempre un piacere
iniziare la giornata con una buona dose di ottimismo.”
Benji non raccolse la scherzosa provocazione.
In quelle condizioni avrebbero dovuto manovrare a vela fin dentro il porto,
distante diverse miglia. La migliore volontà del mondo poteva non rivelarsi
sufficiente nel caso il tempo fosse peggiorato.
“In marcia” concluse serrando la mascella. “Prima
ci avviamo, prima arriviamo a destinazione.”
Myriam osservò in silenzio l’espressione
indurita sul suo volto, cercando di assimilarne il repentino cambiamento. Provava
fiducia estrema in Benji ed era certa che seguendo le sue istruzioni alla
lettera tutto sarebbe filato liscio.
Rimase al timone mentre il ragazzo eseguiva le
manovre con misurata lentezza, le manitese sotto i piccoli guanti che le
aveva fatto indossare. In meno di mezz’ora il vento si
era alzato di dieci nodi e il cielo si era parzialmente oscurato.
Nonostante il salvagente sentiva freddo e la
salsedine le tirava la pelle, ma la concentrazione necessaria a tenere la rotta
la rendeva immune alle oscillazioni del ponte. Si scambiarono poche parole,
strettamente necessarie, veleggiando con onde sempre più alte fino a un piccolo
villaggio di pescatori.
Sorrise alla vista del porticciolo,
concedendosi un breve momento di relax. Benji lasciò le scotte (15)e le prese il timone dalle mani. Senza che
glielo chiedesse si affrettò a sistemare i parabordi, camminando bassa per
evitare di finire in acqua sul più bello.
Non appena superato il faro, i grandi massi
che delimitavano l’ingresso delle imbarcazioni li accolsero nella loro cerchia
protettiva. Grazie all’aiuto di un solerte ragazzino, poterono ormeggiare senza
troppe difficoltà.
Myriam sentì le ginocchia tremare per la
tensione accumulata, e si lasciò cadere a terra lanciando un sospiro di
sollievo. Le prime gocce di pioggia le bagnarono il viso e le accolse con un sorriso.
“Siamo stati fortunati.”
“Puoi dirlo forte” considerò Benji scivolando
accanto a lei, affatto turbato dalla pioggia che si stava trasformando in
acquazzone. “Senza quel ragazzo e con la tua abilità velistica avremmo girato
su noi stessi per il resto della vacanza.”
“Grazie, non so vivere senza essere trattata
male.”
Per tutta risposta Benji l’attirò a sé. Una folata di vento lì investì
ma non vi fecero caso. “Sei stata bravissima, sono fiero di te.”
Myriam alzò lo sguardo, incrociando quello di lui. Provò un formicolio
allo stomaco, unito a un ormai familiare senso di vertigine. Dopo un primo
attimo di esitazione avvicinò le labbra alle sue, calde e morbide, e chiuse gli
occhi, mentre lui la stringeva tanto da accorciarle il respiro.
* * *
“Fa meno male con uno strappo secco,” insisté
scontrandosi con la diffidenza di Benji. Erano due giorni che doveva togliersi
un cerotto e non c’era modo di convincerlo. La colla nera gli si appiccicava ai
peli e continuava a lamentarsi. “Saresti pronto a giocare una partita con la
spalla lussata e hai paura di un po’ di adesivo?”
Il ragazzo la guardò in cagnesco. “Che c’è di male?”
Myriam provò a non ridere ma fallì. Si era fatto un taglietto mentre
aiutava il manovale a sistemare il quadro del motore e sembrava che avesse
perso l’uso dell’arto. Se fossero stati ancora in porto le avrebbe chiesto di
accompagnarlo al pronto soccorso. “Possibile che voi uomini facciate tante
storie alla vista di una goccia di sangue?”
Visibilmente ferito nel suo amor proprio, Benji le porse il braccio. La
ragazza prese un lembo del cerotto con la punta delle dita e tirò con forza. “Mi
sa che mi sbagliavo” disse con una piccola smorfia, cercando di restare seria
alla vista del polso depilato e di Benji che imprecava tra sé.
“Non dovevo darti retta” disse infine quando il bruciore si attenuò. “Se
ne sarebbe andato con l’acqua di mare.”
“Si, certo” fece lei di rimando. “Magari con
l’aiuto di qualche squalo.” Guardò Benji con un sorriso. Seduti a prua potevano
ammirare il profilo del sole prossimo al tramonto, ma qualcosa sembrava
distrarlo. “Stai bene?”
“Si, perché?”
Gli spostò con le dita un ciuffo di capelli ribelli. “Stai aggrottando
la fronte. Lo fai solo se qualcosa ti preoccupa.”
Le circondò le spalle con un braccio, attirandola ancora più vicina. “Vorrei
che questa vacanza durasse per sempre,” rispose
cogliendola di sorpresa. “Tu hai qualcosa che mi fa sentire a casa” proseguì,
divertendosi a fissarla mentre cercava di vincere l’ennesimo attacco di rossore.
Myriam pensò a qualcosa di brillante da dire ma non le venne in mente
nulla. Con un sospiro si concentrò sul mare e il ragazzo rispettò il suo
silenzio.
Nemmeno lei sarebbe mai voluta scendere da quella barca. Una volta superata
la sua corazza di feroce riserbo scopriva un uomo complesso e adorabile, capace
di scavarle nell’animo e accogliere le sue paure con infinita tenerezza. Al
solo pensiero di perderlo sentì lo stomaco stringersi in una morsa.
La fissò con intensità crescente, prima di aprirsi nel sorriso che
preferiva. “Tutto questo entusiasmo mi commuove.”
“Benji, io...”
“Cosa?”
“Niente.”
“Conosco quel niente. Non è niente,
è qualcosa. Tu cosa?”
Il rollio della chiglia sembrò accentuarsi nella sua mente. Non disse
nulla. Si limitò ad alzarsi, porgendo al ragazzo la mano destra. Benji si mise
in piedi, seguendola nella cabina che avrebbero condiviso per l’ultima notte. Mancandole
il coraggio di esprimersi ad alta voce i suoi gesti avrebbe parlato per lei. Lo
voleva, aveva bisogno di lui.
La luce del tramonto creava strane ombre intorno a loro, tutto era dei
toni del rosa e dell’arancio. Myriam gli prese il viso tra le mani e lo baciò
dolcemente, conscia del desiderio che sentiva crescere dentro di sé.
Sempre in silenzio Benji la strinse fino a che i loro corpi non aderirono
perfettamente. Le sfiorò il collo con tanti piccoli baci, facendole scorrere la
mano sulla schiena, mentre lei gli slacciava uno ad uno i
bottoni della camicia. Un lento sorriso stirò le labbra del giovane allorché
incontrò lo sguardo di lei, perduto di emozione.
Con un brivido Myriam gli scostò il cotone dalla pelle, passandogli le
dita sul petto. Inspirò profondamente. Sapeva di mare.
Si sentiva nervosa, ma non era la stessa sensazione di timore che l’aveva
bloccata tante volte. Un calore irradiava il suo corpo, generando una violenta
sensazione di aspettativa. Trasalì al contatto delle labbra che il suo collo
reclino aspettava inconsciamente e, senza quasi accorgersene, cominciò a
respirare con affanno.
Si sdraiarono, senza staccarsi l’uno dall’altra. Da quel momento Myriam
cessò di appartenersi. Chiuse gli occhi, aprendosi alle emozioni inafferrabili
di una realtà sospesa tra lo spazio e il tempo.
* * *
Scrutò nella penombra il volto della ragazza addormentata al suo fianco.
Mai aveva provato una tale urgenza mista a infinita tenerezza. I primi baci e
le carezze erano stati il preludio di una passione crescente, che li aveva
portati a fondersi nel primo vero abbraccio della sua vita.
Era quello l’amore? Evocò il ricordo di infatuazioni effimere quanto il
battito d’ali di una farfalla. Immagini di volti femminili si confusero tra
loro in un panorama indistinto e lontano. Sorrise.
Le sue labbra si posarono lievi sui capelli di lei. Fu improvvisamente
colto da un timore istintivo, come se potesse sfuggirgli,
quale sabbia tra le dita. Provò un’irrazionale fitta di gelosia e trattenne a
stento l’impulso di svegliarla per riportarla a sé.
“Benji” lo chiamò.
Si bloccò per un attimo, fissando i suoi occhi chiusi. Si era
svegliata? La sua voce cristallina non lasciava adito a dubbi.
Myriam sospirò, muovendosi inconsapevole nel
sonno. “Benji” mormorò dolcemente.
Lo stava sognando. Il cuore gli tamburellò nel petto.
“Resta” sussurrò. “Non andare... ti prego.”
Lo stava sognando e voleva che restasse con lei, nel suo sogno.
Cercò di dare un senso ai sentimenti che d’un tratto lo sommersero, ma
nessuna parola era potente abbastanza da definirli. Per un lungo momento si
lasciò andare, annegando in quel vortice misterioso.
Quando riaffiorò in superficie sentì che non sarebbe mai più stato lo
stesso. Guardò fuori, stupito che fosse ancora buio, che il sole non fosse
sorto insieme a lui.
Pensò ai suoi genitori, all’amore che li aveva sempre uniti. Trent’anni
di matrimonio e ancora si guardavano come il primo giorno. Sarebbe stato così
anche per lui. Avrebbe amato la ragazza stesa al suo fianco per il resto della
vita.
Fissò rapito la sua espressione inconsapevole, sentendo l’amore per lei
fissarsi in ogni fibra del suo essere.
Dormiva più serena ora, un leggero sorriso disegnato sulle labbra.
Note:
(15) La
scotta è un termine marinaresco che designa una cima, ovvero una corda che
permette la regolazione delle vele di un'imbarcazione.
Per
la parte finale di questo capitolo ho tratto ispirazione dalla canzone
dell’ultima scena di Twilight, “Flightlessbird, American mouth”, che
potete ascoltare al link http://www.youtube.com/watch?v=7FddRcJwlT4.
¨¨¨
Cast della FF
Cliccate sui link sottostanti
e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali... in ordine
di apparizione nella FF:
Il volto di Patty era sorridente e rilassato, mentre Myriam
sentiva il mondo intero ruotarle attorno. In giro per fare delle compere, erano
state fermate e fotografate da diversi giornalisti. Non riusciva a crederci. Sembrava
tutto così irreale.
Forse il segreto era farci l’abitudine. Patty era
cresciuta con Holly e il suo amore con lei, trovarsi al centro dell’attenzione sembrava
non farle il minimo effetto.
“Finché siamo tra donne
è tutto ok” proseguì l’amica fermandosi davanti a una vetrina. “I problemi
nascono quando ti fai vedere in compagnia di un uomo. A meno che non si tratti
di un parente stretto si scatenano illazioni di ogni genere.”
Myriam annuì con fervore. “Ricordo bene quando mi hanno
fotografata con Tom.” Sorrise al pensiero di quanto la sua vita fosse cambiata
da quel giorno. Con il campionato alle porte, Benji le aveva proposto di
seguirlo in Germania. Stentava ancora a crederci.
“Hai deciso cosa fare?” sembrò leggerle nel pensiero
Patty.
Arrossì violentemente. “Seguirei Benji in capo al mondo” confessò
senza riuscire a guardarla negli occhi.
Tornare in Europa sarebbe stato un po’ come avvicinarsi a
casa, per quanto l’idea di separarsi dalla New Team le pesasse. Fortunatamente
Tom era di base a Parigi e le occasioni per vedersi non sarebbero mancate. Lanciò
all’amica uno sguardo triste. “Mi mancherete da morire.”
Patty la strinse in un abbraccio affettuoso. “Che ne dici
di un po’ di shopping per consolarci?”
Il suo volto si illuminò. “Direi che è un’ottima idea.”
Entrarono in un rinomato negozio di scarpe senza
accorgersi che un uomo in jeans e occhiali scuri le aveva seguite da lontano.
Con piglio soddisfatto accostò il cellulare all’orecchio e, pochi istanti dopo,
una macchina si avvicinò al marciapiede per farlo salire, prima di allontanarsi
a gran velocità.
* * *
Si sentiva leggera come una piuma. Persino il fumetto di CaptainTsubasa era passato in
secondo piano, nascosto sotto una pila di vestiti nel suo armadio.
Confortata dalla calda intimità della sua stanza si sdraiò
sul letto a pancia in giù, con davanti il portatile prestatole da Patty. Alla
fine dell’anno si sarebbe tenuta un’importante mostra sul calcio giapponese e
si era subito proposta di darle una mano. Abituata alle più noiose conferenze
istituzionali, gli eventi sportivi rappresentavano un piacevole diversivo nel
tempo trascorso da sola.
All’avvio del programma di posta fu accolta da un elenco
interminabile di email.
“Buonasera signorina” la distolse Benji dai suoi pensieri.
Di rientro dagli allenamenti e con i capelli ancora sudati, si sedette sul
letto accanto a lei macchiando il copriletto di verde.
A quella vista Myriam scoppiò a ridere. “Emma ne sarà
felice.”
“Felice di cosa?” Gli bastò seguire lo sguardo della
ragazza per capire a cosa alludesse, prima di scattare in piedi. “Potevi
avvisarmi che avevo la tuta sporca.”
Myriam inarcò un sopracciglio. “Certo... e tu ricordami di
non andare in giro nuda per strada, soprattutto di notte.”
Un lampo divertito attraversò gli occhi del giovane. “Percepisco un leggero tono di sarcasmo, ma non voglio farci caso.
Avevo tanta voglia di vederti che non mi sono nemmeno fatto la doccia,” proseguì avvicinando il viso a quello di lei.
La ragazza lo fissò intensamente mentre le loro labbra si
avvicinavano. “Si sente” non poté fare a meno di burlarsi di lui, meritandosi
una sonora sculacciata.
Benji si fece improvvisamente serio. “Dovrei andare a
Monaco per qualche giorno.”
Il sorriso le morì sulle labbra, mentre il singolare del
verbo dovrei echeggiava nella sua
mente. Cercò di ricacciarlo indietro. “Problemi con la squadra?” domandò
sedendosi accanto a lui.
“Devo incontrare il nuovo allenatore. Ha appena firmato il
contratto e vuole vedermi per discutere la formazione. Abbiamo acquistato
diversi giocatori e sente tutti occhi puntati addosso.”
Si risolse a spegnere il computer, smettendo di fingere un
interesse che non provava. Non si era mai separata da lui per più di un giorno,
e l’idea di saperlo in un altro continente le sembrò d’un tratto insostenibile.
“Fantastico, sarà un’occasione per conoscerlo meglio.” Cercò di sembrare
entusiasta ma non doveva averlo convinto, un sorriso aleggiava sugli angoli
delle sue labbra.
Le sollevò il mento con un dito e la baciò con dolcezza. Myriam
trattenne il respiro, aggrappandosi a quell’istante così perfetto.
“Più di venti ore di volo in tre giorni, mi sento stanco
solo a pensarci” proseguì Benji con una smorfia. Tornò a fissarla negli occhi. “Che
ne dici di una cenetta romantica per farmi perdonare?”
Annuì con il capo. Sono
solo tre giorni pensò tra sé, doveva essere ragionevole. Solo tre giorni.
Myriam fissò l’orizzonte, contemplando la notte scura e limpida.
Benji aveva scelto un ristorante sulla Bulgari
GinzaTower, il cui
tetto a terrazza vantava l’unico giardino all’Italiana di Tokyo.
Vasi profumati di piante aromatiche e luci soffuse rendevano
l’atmosfera raffinata senza eccedere. Ultime pennellate di un quadro già
perfetto, la doppia tovaglia in lino bianco e i candelabri in argento massiccio
non sfuggirono al suo occhio esperto.
Gustarono in silenzio pietanze ricercate della cucina giapponese,
innaffiate da un Chardonnay Livon scelto con cura nella più completa carta di vini
che avesse avuto occasione di scorrere.
“Vedo che la tua abilità con le bacchette è migliorata” le
disse Benji mentre si destreggiava abilmente tra una portata e l’altra.
Sentì le guance avvampare al ricordo della sua prima cena
con lui. “Speravo non te ne fossi accorto” considerò timidamente.
Benji si appoggiò allo schienale
della sedia, sollevando il calice di cristallo in un brindisi silenzioso. “Ero
ubriaco, non cieco.”
La fissava tanto intensamente da provocarle un brivido
lungo la schiena. Avendo perso la voce in un punto imprecisato tra le posate e
il bicchiere, si limitò a seguire il suo gesto.
Un lampo improvviso spezzò l’incantesimo. Una coppia seduta
a qualche tavolo di distanza li stava fotografando come se niente fosse. Benji
si alzò in piedi, dirigendosi verso l’uomo con la macchina digitale. La ragazza
non riuscì a sentire lo scambio di opinioni, ma il diverbio sembrò trovare
facile risoluzione.
“Tedeschi in vacanza, pensavano di aver disattivato il
flash” spiegò tornando a sedersi con calma. I tratti del suo viso non tradivano
il minimo disappunto. Ne fu sorpresa, Benji non era solito concedere immagini
della propria intimità. “Mi dispiace solo che tu debba sopportare queste scene.”
“Figurati, non è colpa tua” lo rassicurò, coprendo una
mano del ragazzo con la sua.
“Prima o poi si stuferanno.”
Myriam inarcò un sopracciglio. “Certo, quando avrai
novanta anni e perso tutti i denti.”
Scoppiarono entrambi in un’allegra risata e gli occhi di
Benji tornarono a posarsi su di lei. “Mi mancherai piccola peste, non sai
quanto.” Una punta roca colorò la sua voce e Myriam non poté far altro che
sorridergli con tutto il cuore.
“Anche tu mi mancherai capitano, vedi di tornare al più
presto.”
* * *
La stanza era immersa nel silenzio. Myriam si alzò,
nonostante il suo istinto le consigliasse di poltrire ancora. L’alone di
severità che aleggiava in casa contribuiva ad alimentare in lei un senso di
soggezione, tutti si alzavano presto e non voleva essere da meno.
Infilò una felpa di Benji che le coprisse almeno in parte
le gambe e lasciò la stanza del ragazzo alla chetichella. Trovava conforto nel
dormire tra le sue lenzuola, ma per nulla al mondo avrebbe voluto che Emma la
scoprisse.
Domani Benji sarà di
nuovo qui pensò
tra sé mentre, pochi istanti dopo, il getto caldo della doccia dissipava i suoi
pensieri nel vapore.
Non appena fu pronta accese il cellulare per chiamare
Patty. Non ricordava il luogo dell’appuntamento fissato in
mattinata. Il display si illuminò, accompagnato dal tono di arrivo di un
messaggio. Tom l’aveva cercata alle sette e trenta. Incuriosita, digitò il
numero e si avviò verso il garage. Il telefono suonò libero per pochi istanti
appena.
“Era ora” esordì senza salutarla, “ti sembra l’ora alla
quale alzarsi?”
Myriam inarcò un sopracciglio. “Buongiorno Tom, anche a me
fa piacere sentirti” rispose salendo in macchina.
Il ragazzo ignorò la sottile ironia. “Sei a casa?”
“Sto andando da Patty” disse cercando di districarsi tra
cintura e auricolare. Guidare seduta dal lato del passeggero era già complicato
senza l’aggravante di una conversazione esterna.
“Fermati alla prima edicola che incontri.”
Perplessa, la ragazza sbatté le palpebre. Non capiva se stesse
scherzando. “Cosa succede Tom? Tutto ok?”
Il telefono rimase muto per un attimo. “Temo di no”
sospirò lui, “ti raggiungo appena riesco a liberarmi.”
Riagganciò senza dare a Myriam il tempo di chiedere
spiegazioni. Non le aveva nemmeno detto cosa comprare in edicola.
Guidò cercando di mantenere la calma, aiutata dal
navigatore che le aveva regalato Benji per evitare che si perdesse nelle
intricate strade di Tokyo. Ferma a un semaforo, tamburellò le dita sul volante,
impaziente che scattasse il verde. Cosa
avrà voluto dire? Si domandò, seguendo con sguardo distratto un gruppetto
di ragazzine che attraversava a pochi metri da lei. Qualcosa attirò la sua
attenzione. Una di loro teneva in mano una rivista.
Accostò al primo parcheggio
disponibile, schizzando fuori dalla macchina come se
stesse andando a fuoco.
“Oh, mio, dio” furono
le uniche parole che riuscì a pronunciare entrando nel chiosco più vicino. Sulla
parete di fronte a lei troneggiava l’ingrandimento della copertina che ritraeva
Benji a tutta pagina e, in più piccolo, al suo fianco la sera di Twilight. “Matrimonio a sorpresa per il capitano della
nazionale” lesse ad alta voce mentre il pavimento la inghiottiva.
“Gatsby è nota per la sua capacità di comprendere e
perdonare il prossimo” cercò di sdrammatizzare Tom senza però sortire l’effetto
sperato.
Myriam si limitò ad alternare lo sguardo dall’uno
all’altra. Faticava a pensare tanto si sentiva disorientata. Patty era l’unica
a sapere, l’unica con la quale si fosse confidata. Nemmeno Benji era a
conoscenza della sua decisione, voleva aspettare il suo rientro per dirgli di
sì, che si sarebbe trasferita con lui a Monaco. Ora tutti i giornali ne
avrebbero parlato. Ci sarebbero state speculazioni di ogni genere e Benji
avrebbe finito per cambiare idea. Un’ondata di panico le salì nel petto.
“A chi lo hai detto oltre me?” proseguì Patty con
veemenza.
Tom sgranò gli occhi. “C’è qualcosa di vero in questa
intervista?”
Nonostante desiderasse solo tapparsi le orecchie e scappare
via, Myriam rimase immobile, lo sguardo perso nel vuoto. “Alcune cose.”
Il ragazzo la squadrò, sempre più incredulo. “Pensate davvero
di sposarvi in segreto una volta arrivati in Germania?”
“Certo che no!” esclamò scuotendo il capo. “Benji mi ha
solo chiesto di seguirlo a Monaco per l’inizio del campionato e non gli ho
ancora risposto.” Non appena il senso di quelle parole raggiunse il suo livello
cosciente si ammutolì. Stava davvero sminuendo la proposta più importante mai
ricevuta?
Patty si lasciò cadere su una sedia e incrociò le braccia
al petto. “Bisogna capire come è avvenuta la fuga di notizie, escludo a priori
che Benji ne abbia parlato con chicchessia.”
“A meno che non ci fossero microspie nella macchina di
Benji non capisco davvero come la stampa lo abbia scoperto.” Myriam ripensò con
rabbia alla foto scattata dal turista tedesco durante la loro cena, in bella
mostra nell’inserto speciale.
“Microfoni direzionali?”
La domanda di Tom rimase per un attimo sospesa nel vuoto.
“Dove eravate quando ne avete parlato?”
“Io e Benji?”
“No, tu e Patty.”
Le due ragazze si scambiarono occhiate sgomente. “In giro
per negozi” rispose Patty per prima. “Secondo te qualcuno ci ha spiate?”
“E’ molto probabile” considerò Tom appoggiandosi allo
schienale della sedia. “Con la giusta attrezzatura sarebbe bastato seguirvi a
una decina di metri di distanza.”
Myriam scosse il capo stordita. Avevano sentito e
trascritto tutto nei minimi dettagli. I suoi pensieri, i suoi dubbi, le sue
speranze. Seguirei Benji in capo al mondo...
ripeté fra sé sentendo un brivido gelido scivolarle lungo la schiena.
“I conti tornano” concluse Patty
con un sospiro, “Benji non la prenderà bene.”
“Magari la rivista non viene distribuita in Europa”
azzardò Tom con una smorfia.
Myriam scosse il capo. “Con la fortuna che ho, gliela
consegneranno all’aeroporto chiedendogli un commento a caldo.”
Tom le si sedette accanto, circondandole le spalle con un
braccio. “Allora il problema, quello vero, sarà come avvisarlo cercando di
evitare troppi danni fisici.”
* * *
Si chiuse la porta alle spalle. Non aveva testa di
mettersi al lavoro e, dopo essere stata riconosciuta più volte in strada, si
era decisa a tornare a casa.
Aveva provato a chiamare Benji ma senza successo. Sebbene
fosse solito alzarsi all’alba per allenarsi, il cellulare risultava staccato e
non aveva idea di come raggiungerlo.
Un macigno le pesava sullo stomaco. Le era bastato
fermarsi a comprare la rivista perché gli acquirenti in fila la additassero
incuriositi, al solo pensiero dell’accoglienza che avrebbero riservato a lui si
sentì mancare.
Salì le scale fino alla camera da letto augurandosi che, a
differenza delle cameriere, Emma non fosse incline ai pettegolezzi.
“Bentornata” fu il saluto che l’accolse mentre poggiava la
giacca sul letto.
Si voltò di scatto. Benji era appoggiato alla finestra e
la fissava con occhi immobili.
“Ti aspettavo domani mattina” fu l’unica cosa che riuscì a
dire. Forse non la migliore a giudicare dall’espressione indurita del giovane.
“Ho pensato che ci fossero validi motivi per anticipare il
volo, non credi?”
Myriam si gelò sul posto. La tensione era tale da sembrare
una terza presenza nella stanza.
“Immagino tu abbia letto l’intervista” concluse
debolmente. Avrebbe voluto provare la sua stessa rabbia ma non ne era capace.
Se solo avesse tenuto la bocca chiusa, la loro intimità non sarebbe stata
violata. “Posso spiegarti.”
Benji strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche.
“Cosa significa tutto questo?”
Solo allora Myriam notò la rivista che teneva controvoglia
tra le mani, come se qualcuno gliela avesse imposta lì per lì. “Posso
spiegarti” ripeté.
Benji ignorò la confusione che albergava negli occhi di
lei e, aprendo una pagina a caso, cominciò a leggerne le prime righe. “Benjamin
Price è l’uomo che aspettavo da tempo. Non vorrei precipitare troppo le cose...
certo, il matrimonio è nel nostro futuro...”
La ragazza boccheggiò. Una cosa era leggere quelle frasi,
un’altra sentirle uscire dalle labbra di lui. “Non puoi pensare che abbia detto
quelle assurdità.”
Le puntò gli occhi addosso. Non c’era indulgenza nella sua
collera, né tanto meno riusciva a controllare il ritmo forsennato delle sue
pulsazioni. Non sapeva se essere più arrabbiato per ciò che aveva letto o per
il fatto che sembrasse così calma.
“Vuoi dire che si sono inventati tutto.”
Sentì il sangue abbandonare il suo corpo. “Quasi tutto”
ammise. “Ho parlato solo con Patty, l’ultima volta che siamo uscite insieme.
Devono averci spiate.”
Per tutta risposta Benji gettò il giornale a terra. “E di
cosa avreste parlato di grazia? Del nostro matrimonio? Dei figli che avremo un
giorno? Avrei gradito essere messo a conoscenza di tali progetti.”
Una viva incredulità si dipinse
sul volto della ragazza. “Perché invece di processarmi non cerchi di capire
cosa sia successo?”
Benji parve soppesare le sue
parole. “Dove si trova la tua famiglia?” domandò con più enfasi del necessario.
“I giornalisti cominciano a credere che tu sia spuntata fuori da nulla, e a
questo punto risulta alquanto difficile dargli torto.”
Le pupille di lei si dilatarono. “Non mi sembra il momento
di affrontare questo discorso.”
“Ti prego, puoi essere un po’ più vaga?”
Myriam gli voltò le spalle, chiudendosi in un silenzio
furibondo.
“Brava, così è più vago.”
“Sento forse una punta di sarcasmo?” sbottò lei tornando a
fissarlo.
Benji inarcò un sopracciglio. “Che donna perspicace.”
La ragazza aprì la bocca per rispondere a tono ma cambiò
idea. “E’ bello sapere che certe cose non cambiano, sono dei punti fermi. La
luce del sole, i pianeti che girano, la tua arroganza.
Fingerò che questa conversazione non sia mai avvenuta, quando vorrai parlarne
con calma sai dove trovarmi.”
Benji le si piantò davanti, vicino quasi da sfiorarla.
“Non guardarmi con quell’aria accondiscendente, come se fossi al di sopra di
tutto.”
Myriam si sentì vibrare dalla collera. “Vuoi sapere cosa
penso?”
“Me lo diresti comunque.”
“Capitano Price, sei talmente incentrato su te stesso da
non vedere a un palmo dal tuo naso” ringhiò. “Pensi davvero che voglia
incoraggiare la fantasia della stampa?” Nulla era più lontano
dalle sue intenzioni, avrebbe dovuto saperlo. Semplicemente, non si fidava di
lei.
Benji non rispose, limitandosi a fissarla. Era splendida,
anche arrabbiata. Un lampo malizioso si accese nei suoi occhi.
Fermamente decisa a chiudere il discorso, Myriam fece per
aprire la porta. Il ragazzo scattò in avanti richiudendola con un tonfo secco. “Si
può sapere perché litighiamo sempre?”
La ragazza sentiva crescere in sé un calore tale da
fondere ogni cosa, mentre lui d’un tratto sembrava divertito. “Non lo so, ma stavolta
è una cosa seria. Avresti fatto meglio a restare in Germania.”
Uscì come un tornado. Benji rimase immobile per un attimo,
consapevole di non poterla seguire senza aggravare ulteriormente la situazione.
Con un sospiro rientrò in stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Appoggiò la schiena al legno massello, battendo un pugno
che gli rimandò un rumore sordo. Il profumo di lei aleggiava nell’aria, la
stanza così vuota ora che se ne era andata.
In aereo si era ripromesso di affrontare il problema con
lucidità e sangue freddo, ma invano. Una scintilla dei suoi occhi ambrati era
sufficiente a farlo cadere nel tranello, trascinato da una collera che stentava
a riconoscere. Scivolò a terra cercando di recuperare la calma, mentre andava
con il ricordo alla mattina del giorno precedente.
Tutto era iniziato con Nathalie.
Se l’era ritrovata davanti alla porta di casa, a quasi due
anni dal loro ultimo incontro. Mentre se ne stava imbambolato a fissare
quell’ospite inattesa, lei si era accomodata sfoggiando la naturalezza dei
vecchi tempi.
“Ciao Benjamin.”
Il suo nome in francese gli era sempre suonato estraneo.
“Ciao Nathalie” l’aveva salutata seguendola in salotto. “A
cosa devo l’onore?”
La ragazza si era seduta sul divano invitandolo a prendere
posto accanto a lei. “Sono arrivata ieri per un servizio fotografico e ho
pensato di approfittarne per vedere qualche amica. Sai che
Heidi è a Monaco?”
“Heidi Klum?” domandò retorico. Aveva temuto per un attimo
che tra le amiche in questione ci fosse Gisèle.
Rimpiangeva ancora di averla presentata a Tom, e si sarebbe risparmiato
volentieri l’ennesimo fashion show in
compagnia delle due avvenenti fanciulle.
La sua ex fidanzata aveva sorriso con candore. “Non
conosco altre Heidi.”
Per la prima volta realizzò quanto lei e Myriam fossero
diverse. Non era amore ciò che aveva provato a suo tempo per la sofisticata
fotografa, solo una mera illusione. Illusione che aveva inseguito a scapito di
ogni logica, pagando a caro prezzo la sua testardaggine.
“Ho chiamato il tuo concierge e mi ha
detto che eri arrivato da poco. Volevo farti gli auguri di persona”
aveva proseguito lei, meritandosi uno sguardo incuriosito.
“Auguri per cosa?”
Nathalie aveva agitato l’aria intorno a sé come se
l’argomento fosse tanto ovvio da non meritare spiegazioni. “Inutile fare il
finto tonto Price, nell’ambiente lo sanno tutti ormai.” Non fece caso allo
sguardo di crescente interrogazione del giovane. “Volevo essere la prima, visto
che domani l’articolo farà il giro di mezzo mondo.”
Per celare il suo sconcerto Benji aveva dato fondo a tutta
la diplomazia acquisita nel corso degli anni. “Ti prego Nathalie, illuminami.”
“Dove pensate di sposarvi?” aveva proseguito imperterrita.
“Se posso permettermi, suggerirei una spiaggia romantica in Indonesia.”
Vedendo che Benji si ostinava a rimanere in silenzio, gli aveva
accarezzato un braccio con fare complice. “Devo ammettere di essere un po’
gelosa, quando ho visto la tua foto con lei ho ripensato a come ci siamo
lasciati. So di aver fatto una stupidaggine, spero tu non ce l’abbia ancora con
me.”
“Ormai è acqua passata” aveva risposto con un sorriso
forzato.
Il resto della conversazione era vago nei suoi ricordi. Il
commiato forzato da Nathalie, la telefonata all’agenzia di viaggi, il rientro
anticipato.
Non c’era voluto molto perché l’iniziale senso di inquietudine
si tramutasse in sconcerto. La locandina che annunciava l’uscita dello scoop campeggiava in tutte le edicole
dell’aeroporto, tradotta in più lingue di quante se ne parlassero sul pianeta.
Devo essere finito
in un incubo
pensò tra sé mentre prendeva posto in prima classe, lontano da curiosi e
ficcanaso.
Cliccate
sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi
principali... finalmente posso dirvi chi interpreta Nathalie, a mio parere tra
le più temibili rivali in amore che si possa avere^^
E così
siamo arrivati all’ultimo capitolo della seconda parte! Inutile dire che nella
terza ne succederanno delle belle... E’ un po’ di tempo che non leggo
recensioni però, la storia non vi piace più?
So di non
essere stata di molte parole recentemente (il tempo purtroppo è tiranno, sorry) ma sappiate che poi mi deprimo e perdo
l’ispirazione... recensite pliz^^
Quasi
dimenticavo... per chi riprende la lettura direttamente da questo capitolo, una
sorpresa a fine pagina!
16
Aveva una pessima cera.
“Capitano, non hai specchi in casa?” ridacchiò Tom invitandolo
a entrare e ricevendo di rimando uno sguardo torvo.
“Molto spiritoso” commentò Benji attraversando l’ingresso
e puntando direttamente la cucina. Aveva i capelli in disordine e profonde
occhiaie gli solcavano il volto. “Non ho chiuso occhio tutta la notte, avrei
bisogno di un caffè triplo.”
“Ok, ok” desisté Tom seguendolo. Era mattina presto, le
vacanze agli sgoccioli, eppure entrambi giravano per le rispettive case già da
un pezzo. Quando Benji lo aveva chiamato per chiedergli se poteva passare aveva
già fatto colazione, una decina di chilometri di corsa ed era fresco di barba.
Benji sembrava invece aver dimenticato l’uso del rasoio. “Caffè ristretto?”
domandò prima di inserire una cialda nella Nespresso nuova di zecca.
“Grazie” rispose l’amico mentre qualche istante dopo gli
porgeva una tazzina fumante.
“Ringrazia piuttosto la mia fan Yoko.”
Benji inarcò un sopracciglio. “Le fan ora regalano
elettrodomestici?” domandò alla vista della tipica schiuma da espresso
italiano.
Tom strizzò l’occhio. “Solo se nelle interviste dichiari
che vai matto per il caffè.”
Resistere alla tentazione di imitare George Clooney nella
famosa pubblicità non fu roba da poco e Benji sorrise, grato per quella
parentesi rilassante. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, di schiarirsi le
idee.
Myriam, Myriam, Myriam. Non riusciva a pensare ad
altro da quando avevano discusso. O forse sarebbe stato più onesto ammettere
che occupava ogni suo pensiero da quando si erano conosciuti.
Ora non solo era scomparsa, ma si ostinava a non
rispondere al telefono.
Perché si comportava sempre come un idiota? Abituato
da sempre a bastare a sé stesso, gli risultava difficile ammettere quanto si
sentisse irrequieto senza di lei.
Ricordava l’espressione sul suo volto quando, in
aeroporto, lo aveva salutato sorridente con la mano. Al di là del vetro, aveva
provato un senso di mancanza fisica quasi dolorosa al pensiero di non vederla
per tre giorni. Se non fosse stato per il proverbiale senso logico che lo
contraddistingueva sarebbe rimasto, mandando al diavolo tutto e tutti.
Una volta preso posto in prima classe aveva
appoggiato la tempia al finestrino, seguendo con sguardo assente le procedure
di imbarco dei bagagli tra i quali spiccavano sempre valigie dai colori
improbabili. Senza che quasi se ne accorgesse i suoi pensieri erano andati
all’inverno precedente, quando Patty aveva fatto il diavolo a quattro perché si
recasse in Giappone per conoscere la primogenita di Julian
e Amy, freschi di matrimonio e già pronti a metter su una squadra di calcetto
targata Ross.
Nel bel mezzo del campionato e privo dell’entusiasmo
che si confaceva a un’occasione del genere, aveva volato da un continente
all’altro per presentarsi alla loro porta con tanto di fiori e cioccolatini. Senza
quasi salutarlo e prima ancora che potesse tirarsi indietro, la
raggiante neo mamma gli aveva messo in braccio una bimbetta di pochi
mesi appena.
Tra le risate di Julian
aveva lanciato uno sguardo perplesso a quel fagottino leggero come una piuma.
Era abituato ad Amy e Julian come coppia, così come
tutti sapevano che prima o poi Holly e Patty si sarebbero sposati, ma un figlio
era un’altra cosa. Un gorgoglio di approvazione aveva accompagnato il suo timido
accenno di ninna nanna, suscitando in lui un irragionevole desiderio di
paternità.
Di rientro in Germania aveva accarezzato il
pensiero di avere un giorno una figlia, e il sorriso gli si era accentuato all’idea
di quanto ne sarebbe stato geloso. La realtà si era però duramente scontrata
con quella nuova ambizione paterna. L’esperienza con Nathalie gli aveva
dimostrato quanto fosse pericoloso illudersi di aver incontrato la persona
giusta, la donna con la quale costruire un futuro luminoso e privo di ombre.
“Terra chiama Benji, terra chiama
Benji” lo chiamò Tom. “Mi senti?”
Tornò in sé, incrociando due
occhi che lo fissavano divertiti. “Forte e chiaro” rispose con un sorriso. Il
cambiamento di umore fu subito chiaro all’amico che si accingeva a preparare un
altro caffè.
“Immagino non abbiate ancora
fatto pace.” Tom non aveva bisogno di spiegazioni per intuire il suo stato
d’animo, e Benji non era tipo da lasciarsi andare a uno sfogo spontaneo.
“In barca siamo stati benissimo,
non capisco.” Scosse la testa, fissando il vuoto per un attimo. “Secondo te perché
discutiamo tanto?”
“Ha passato troppo tempo con te” lo punzecchiò Tom. “Sei
un misogino scontroso e suscettibile, come volevi che si comportasse? Quella
povera ragazza ha tutta la mia comprensione.”
Benji scoppiò a ridere, impossibile non riconoscersi nelle
sue parole. “A mente fredda so cosa dovrei fare, come dovrei comportarmi. Poi
la guardo e mi sento quasi posseduto. Divento irascibile e diffidente. A tratti
persino geloso.”
Tom fece una smorfia divertita. “Perché di solito come
sei?”
“Sfotti pure, un giorno o l’altro capiterà anche a te.” Benji
incrociò le braccia e si appoggiò al bancone. Tom lo fissava, d’un tratto serio
in volto.
“Ti è mai capitato di guardare una donna e vederla come
circondata di luce?”
Benji gli lanciò un’occhiata interdetta, prima di volgere
via lo sguardo. Perché quella domanda? Come poteva sapere? “So che non ha alcun
senso ma... sì, mi è capitato.” Difficile ammettere una cosa del genere, persino
al suo più caro amico.
“Myriam, immagino.”
Un tuffo al cuore. Era così palese? Sono patetico, non poté fare a meno di pensare mentre annuiva in
silenzio, conscio dello spettacolo che offriva all’amico. Sospirò. Era tutto
così complicato. Un tempo bastava così poco per essere felici. “Non so cosa
fare, quando se ne è andata era fuori di sé.”
“Devi avere pazienza, aspettare che sia lei a cercarti” rispose
Tom, affrontando l’argomento con tutta la delicatezza di cui era capace. “Quei
giornalisti vanno senz’altro denunciati, ma non dovresti partire sul piede di
guerra ogni volta che finite in copertina. Dubito sia facile per lei, come per
chiunque, confrontarsi con il tuo mondo.”
Benji tirò l’ennesimo sospiro, giocherellando con il
cucchiaino di acciaio. “Lo so, avrei dovuto affrontare l’intera situazione con più
calma.” Rimase in silenzio per un attimo, osservando la propria immagine
riflettersi sulla superficie opaca. “Sono stato il primo a presentarla come mia
fidanzata, eppure avrei gradito che tenesse per sé certe affermazioni.”
“A quali ti riferisci?”
“Al matrimonio, ai figli. Sebbene le abbia chiesto io di
trasferirsi a Monaco con me, l’idea che potesse condividere con estranei
aspetti intimi della nostra vita mi ha fatto perdere il controllo. Ci ho
provato, non sai quanto, ma non riesco a fare a meno di chiedermi cosa l’abbia
spinta a dire quelle cose.”
Tom soppesò per qualche secondo la domanda che aveva in
mente. “Sei certo che sia stata lei, che non si siano inventati tutto? Ne avete
parlato?”
Dopo un primo attimo di esitazione, Benji negò con il
capo.
“E’ probabile che non le pensi nemmeno. Senza un riscontro
concreto la stampa si arrenderà e tutto tornerà come prima.”
Il portiere ammutolì, come se tanta ragionevolezza fosse
troppa persino per lui. “Secondo te non c’è nulla di vero in quello che hanno
scritto?”
“Puoi scommetterci la prossima Champions League. Dovresti conoscerla ormai, non è tipo da cercare
attenzione, tantomeno a questi livelli.”
Gli occhi dell’amico non mentivano, Benji registrò le sue
parole mentre queste si insinuavano nei dedali della sua coscienza, pronte a
dargli la pace che tanto agognava. Eppure qualcosa continuava a sfuggirgli. Un
ronzio lontano, la sensazione distorta e compagna delle premonizioni
irrazionali che finiscono per rivelarsi fondate.
Cosa non quadrava nel discorso di Tom?
Si sentì attraversare da un lampo, come se ogni elemento
di un quadro astratto, collocandosi al proprio posto, gli avesse presentato
un’immagine del tutto imprevista. “Forse... forse ho capito” mormorò dopo una
lunga pausa.
Si alzò in piedi, muoversi lo aiutava a pensare. Una nuova
consapevolezza si stava facendo strada in lui e voleva coglierne ogni sfumatura.
“Se ti dicessi che non sono le affermazioni dei giornalisti ad avermi irritato?”
Tom lo seguì con gli occhi senza rispondere. Aveva tutta
l’aria di una domanda retorica.
“E’ stato come trovarsi in maniche corte in mezzo a una
bufera” proseguì Benji ragionando ad alta voce. “L’insopportabile senso di
mancanza che ho provato prima ancora di partire, Nathalie che si è presentata a
casa mia per farmi gli auguri.”
“Hai visto Nathalie?”
Benji incrociò lo sguardo dell’amico ignorando la sua
domanda, alla ricerca del filo di un discorso contorto quanto irrefutabile. “Sembra
folle anche a me, ma non è tanto l’idea del matrimonio a sconvolgermi, quanto leggerlo
nero su bianco senza averne prima parlato con Myriam. Che potesse confidare ad
altri i nostri progetti, questo mi ha mandato su tutte le furie.”
Tom faticò a non sorridere di fronte a una così singolare
dichiarazione. “Dove vuoi andare a parare? Non dirmi che stai pensando quello
che credo tu stia pensando.”
Benji scrutò l’amico con aria confusa.
“Ovvero?”
Tom gli si avvicinò,
assestandogli una sonora pacca sulla spalla. “Se non è l’idea del matrimonio a
spaventarti ma una serie di paranoie senza senso, cosa vorrà dire secondo te?”
Il portiere scosse lievemente il
capo. “Non saprei. Non ne ho idea. Dovrei chiederle di
sposarmi?”
Tom non riuscì a trattenere una
risatina.
“E se dicesse di no?” proseguì
Benji, rivolto più a sé stesso che all’amico.
“Vedo che ti piace prevedere il peggio in ogni occasione
capitano. Se vuoi il mio parere non è di questo che dovresti preoccuparti.” Benji abbozzò una smorfia e lo guardò con aria
interrogativa. “Hai affrontato di peggio nella tua vita. Pensa a Mark Lenders, alle partite con la Toho.”
I tratti tesi di Benji si rilassarono. Tom era
incredibile, nulla sembrava buttarlo giù. “Dici che dovrei comprarle un
anello?”
L’attaccante scoppiò in una sonora risata. “In questi casi
è buona usanza non presentarsi a mani vuote. Ti accompagno, in questo stato
finiresti per comprarle un collare per cani.”
* * *
“Anche a te sembrano tutti uguali?”
Una distesa di diamanti di diverso taglio e dimensione
faceva mostra di sé su un lungo ripiano rivestito di velluto nero.
“Conosce la misura della sua fidanzata?” domandò con voce
misurata la commessa che li seguiva da una ventina di minuti circa. Nonostante
li avesse riconosciuti subito, il suo ruolo le imponeva discrezione assoluta.
“Direi proprio di no” rispose Benji con crescente
confusione. “Come faccio a sceglierlo?”
Tom fece spallucce, smarrito quanto lui. “Se chiedessimo
consiglio alle ragazze?”
Benji scosse il capo senza distogliere lo sguardo dagli
anelli. “Diventerei senz’altro lo zimbello della città.”
Uscirono ringraziando e si fermarono su una panchina poco
distante. “Pensavo fosse più facile” considerò Benji con aria mesta. “Non è un
caso che abbia proposto a Nathalie di sceglierselo da sola, non capisco nulla
in fatto di gioielli.”
Quanto tempo sembrava passato da quella sera? Non certo
due anni. Una vita, forse più di una lo separavano da quei ricordi.
Tom sorrise alla vista dell’amico in quello stato per un semplice
anello. Non conoscendo limiti di spesa, la scelta poteva ricadere su qualunque
modello. Ma quale fosse quello giusto, nessuno tranne la destinataria poteva
saperlo.
“Price, Becker, avete un talento naturale per restare
nascosti” li interruppe una voce familiare.
“Gatsby, qual buon vento?” la salutò Benji con un cenno
della mano. La giornata era iniziata male e proseguiva anche peggio. Mancava
solo l’ennesimo reporter a documentare il tutto e avrebbe fatto bingo.
“Myriam è rimasta a dormire da me stanotte. Stamattina
però è uscita senza dire nulla e ora non risponde al cellulare” spiegò,
sedendosi vicino a loro. “Vi siete chiariti?”
Benji le sorrise con gratitudine, sollevato al pensiero
che Myriam non avesse passato la notte in qualche albergo. “Purtroppo non che
io sappia.”
Era molto strano che non rispondesse nemmeno a Patty.
Inutile preoccuparsi,
ha solo bisogno di stare da sola.
Doveva convincersene, non aveva scelta.
“Come mai da queste parti?” domandò Patty incuriosita. Non
erano soliti passeggiare per il centro di Tokyo, meta di fan e paparazzi.
“Potremmo chiederti la stessa cosa.”
“Siamo di fronte al mio ufficio.”
I due ragazzi sollevarono gli occhi, rendendosi conto che
il loro pellegrinare senza meta li aveva portati di fronte alla federazione.
“Non avete risposto alla mia domanda” insisté lei. Patty
non era conosciuta per mollare l’osso facilmente.
“Abbiamo una setta segreta, roba da maschi” rispose Tom
agitando l’aria di fronte a sé, “tu non puoi capire.”
La ragazza lanciò un’occhiata pensierosa a Benji. Non lo aveva
mai visto in quello stato, nemmeno nei momenti più bui. La sua grinta lo aveva
sempre aiutato a superare infortuni e sconfitte, non era da lui starsene con le
mani in mano. Perché non andava a cercarla maledizione?
“In compenso capisco quando non sono gradita” ribatté
calma, “vi lascio alle vostre cose da uomini.”
Mentre si alzava, Tom diede a Benji una gomitata nel
fianco. “Perché non le chiedi di darti una mano?” bisbigliò. “Patty ci sa
fare.”
Un barlume di speranza si accese in lei. Forse non tutto
era perduto.
“Si può sapere cosa state complottando?”
Lo sguardo di Benji passò dalla ragazza alla gioielleria
che si trovava alle loro spalle. Senza pensarci troppo si alzò, prendendola per
un braccio e conducendola di fronte alla vetrina che poco prima aveva attirato
l’attenzione sua e di Tom.
“Price, cerca di essere più chiaro” borbottò lei, guardandosi
intorno senza capire.
Il ragazzo si limitò a indicarle alcuni anelli esposti.
Patty sgranò gli occhi. “Vuoi dire che...” tale lo
stupore, non riuscì a completare la frase.
Benji mise fine alla conversazione con un leggero
strattone. Seguito a ruota da Tom, la trascinò dentro senza ulteriori commenti.
* * *
Il pendolo dell’ingresso suonò le
otto quando entrò in casa. Aveva saltato il pranzo e la sonnolenza da fuso
orario cominciava a farsi sentire. Si diresse in cucina e aprì la porta del
frigo, dove lo attendeva un piatto di lasagne pronto per il
microonde. Grazie Emma, pensò con lo
stomaco che brontolava per la fame.
Cenò rapidamente e si diresse in
camera. Dopo una giornata del genere sognava solo una doccia calda e dei vestiti
puliti.
“Bentornato” lo salutò una voce
familiare.
Si voltò verso la ragazza seduta
sul letto. Gli appostamenti reciproci stavano diventando un’abitudine.
“Bentornata anche a te” si limitò
a salutarla di rimando, contenendo a stento l’impulso di avvicinarsi e
prenderla tra le braccia. “Patty ti cercava, dove sei stata?”
“Volevo starmene un po’ per conto
mio, ma un fotografo mi ha seguita per tutto il giorno” rispose lei senza
scomporsi.
“Davvero?”
“Davvero. Mi ha tallonata finché
non ho perso la pazienza.”
Benji appoggiò una spalla al muro,
osservandola divertito. Sembrava più calma, sebbene il suo sguardo non tradisse
alcuna emozione. “Lo hai affrontato? A mani nude?”
Myriam rispose senza badare allo
scherzo. “Sono riuscita a prenderlo in contropiede, sfilargli di mano la
macchina fotografica e frantumarla a terra. Dice che sporgerà denuncia ma non
mi importa.”
Il ragazzo scoppiò a ridere, mentre
una smorfia soddisfatta aveva la meglio sulla compostezza di lei.
Le si sedette accanto, ben attento a non sfiorarla. “Ho un
ottimo avvocato, nel tempo si è specializzato in cause di questo genere.” Sentì
il cuore scaldarsi alla luce del debole sorriso che le aveva strappato.
Myriam lo fissò in silenzio per un lungo istante. “Perché
non ti fidi di me?” chiese quindi a bruciapelo.
Il portiere spalancò gli occhi, sorpreso da quella domanda
così diretta. “Mi fido di te” rispose con sincerità.
“Eppure dai subito in escandescenza se qualcosa ti irrita,
non provi mai a parlarne.”
Benji ripensò alla sera del ballo, a quando in albergo credeva
di averla colta in flagrante con Tom. Stesso copione, stesse battute. “Non sono
abituato a ragionare in due” ammise.
La ragazza abbassò lo sguardo. “Immagino che la mia
intervista fasulla non sia stata facile da digerire.”
Non poté fare a meno di sorriderle, felice di quella
piccola tregua. “Diciamo che, in una scala da uno a dieci, si è meritata un bel
nove e tre quarti.”
Lei tornò a guardarlo, gli occhi colmi di qualcosa che non
riuscì a decifrare. “Benjamin Price.”
Trattenne il fiato, quando lo
chiamavano con il suo nome completo era sempre un pessimo segno.
“Dovremmo cercare di affrontare
insieme le situazioni difficili,” proseguì Myriam con
tono più dolce di quanto lui avrebbe sperato. Intrecciò le dita fra loro,
rivolgendogli uno sguardo di sincera apprensione. “Non volevo ferirti, sono
mortificata per quello che è successo.”
“Lo stesso vale per me, perdonami” rispose, cercando di assimilare
quanto appena udito. Tra le sue labbra la parola insieme acquisiva un senso del tutto nuovo.
“Mi sono confidata con Patty perché la tua proposta mi
aveva colta di sorpresa, avevo bisogno di parlarne con qualcuno” ammise lei con
candore. “Mai avrei pensato che potessero spiarci con tanta facilità.”
L’espressione del ragazzo si addolcì. “Non
deve essere stato facile nemmeno per te, avrei dovuto pensarci.” Un timido
sorriso le increspò le labbra, ma Benji sentì che
qualcosa non andava. “Cosa succede piccola peste? Non dirmi che sei ancora
triste.”
“Sì,” appena percettibile. “Sono triste.”
“Quanto deve durare questa storia?” sussurrò lui,
accarezzandole i capelli con una mano. “La vita è breve, non dovremmo passarla
a discutere.”
“Forse hai fatto male a chiedermi di seguirti in Germania,” azzardò lei fissando un punto imprecisato del tappeto.
Benji la interruppe con un bacio, al quale lei rispose con
una nota di esitazione. Possibile che non capisse quanto fosse innamorato di
lei?
Glielo hai mai detto
chiaramente? Domandò
una vocina nella sua testa mentre si inebriava del sapore delle sue labbra.
Così dolci, così fresche. Non si sarebbe mai stancato di baciarla, mai.
Avrebbe potuto fare a meno di lei? Vivere senza il suo
sorriso complice, le sue allegre provocazioni?
Il suo cuore mancò un battito.
Ammetterlo a sé stesso era stata una sfida, dirlo ad alta
voce avrebbe reso la cosa assoluta, irreversibile.
Prese il coraggio a due mani, cercando di non pensare alla
prima volta che aveva compiuto quel gesto, al doloroso rifiuto di Nathalie, all’astio
che ne era conseguito. Inspirò profondamente e, parandosi di fronte a lei,
poggiò un ginocchio a terra prendendole la mano sinistra fra le sue. Niente panico Price, cerca di restare lucido.
La ragazza lo fissò interdetta. “Benji ti senti poco
bene?”
La guardò come se si stesse perdendo un concetto ovvio.
“Perché stai per terra?”
Proprio non capiva. Testa dura la sua, per questo era
pazzo di lei. O la va o la spacca
pensò, frugando nella tasca dei pantaloni e volgendo verso l’alto il palmo
della mano.
Alla vista della scatolina scura Myriam ebbe un sussulto. “Cosa
significa?”
Benji sorrise, calmo. “Quello che sembra.”
Dimentica di respirare, il cuore continuò a battere solo
perché non dipendeva dalla sua volontà. Come in trance fece scattare la
chiusura del piccolo involucro, e la luce colpì le faccette del solitario in un
affascinante gioco di rimbalzi, abbagliandola.
“Oh.” Una risposta alquanto inadeguata, ma non le venne in
mente nulla di meglio.
Mai avrebbe immaginato, nemmeno nei sogni più stravaganti,
che Benjamin Price si sarebbe potuto inginocchiare ai suoi piedi per chiederla
in moglie. “Io... non so cosa dire” balbettò, seguendolo istintivamente sul
pavimento. “Sono...” sentì la testa girare mentre annaspava
alla ricerca di una frase dal senso compiuto, “confusa.” Funzionò. Non aveva
senso ciò che stava accadendo.
L’espressione di Benji si fece se possibile più intensa. “Sei
sempre stata brava con le parole, non smettere proprio ora.”
Non poteva accettare, non senza avergli detto la verità.
Che futuro poteva offrirgli? Impossibile. Gli ingranaggi della sua mente si
incepparono, fino a quando non incontrò due occhi scuri che anelavano una
risposta.
“Ti penso anche quando sei con me. Ti guardo e sento
crescere la consapevolezza che in ogni donna ho sempre cercato te. Mi mancavi
ancora prima di conoscerti... Vuoi sposarmi?”
La sua volontà capitolò, ormai priva di forze. Avrebbe
voluto piangere, urlare, fuggire.
Benji non posso,
perdonami.
Era l’unica risposta possibile.
“Sì” fu l’unico suono che riuscì a emettere.
Il ragazzo la scrutò per un attimo trattenendo il fiato. “Scusa,
cos’hai detto?”
Myriam lo fissò in silenzio, la gola bloccata da un nodo
soffocante. Era ancora in tempo per fare la cosa giusta. “Non hai sentito?”
riuscì a mormorare.
Il viso di Benji si illuminò di un sorriso che non
lasciava adito a dubbi. “Ho sentito benissimo, voglio solo fartelo ripetere.”
“Sì” ripeté con un filo di voce. Come poteva fargli
questo? Come? Abbassò gli occhi, sentendosi sprofondare in un abisso di
vergogna. Meritava fiducia, lei, che solo pochi istanti prima aveva osato incalzarlo,
criticarlo?
“Non vuoi aggiungere qualcosa?” le chiese alzandosi e
tirandola su. “Qualcosa di saggio e utile?”
Myriam si limitò a scuotere il capo, le mani fredde come
il ghiaccio.
“Niente? Nessun commento o previsione per il futuro?”
“Perché dovrei?” domandò tornando a guardarlo negli occhi,
nei quali lesse un amore incondizionato che non meritava.
“Perché sei così saggia che non puoi evitarlo.”
Myriam cominciò a tremare, cercando di ignorare il cuore
che aveva ripreso a galopparle nel petto. Il viso di Benji erano così vicino
che ne sentiva il respiro sul volto. “A volte rendi impossibile odiarti.”
Il sorriso del ragazzo si trasformò in una risata allegra.
“Lo so. D’altronde è inevitabile, fa parte del mio fascino.”
Myriam inarcò un sopracciglio. “A volte invece lo rendi molto
facile.”
Per tutta risposta il ragazzo le prese nuovamente la mano
sinistra tra le sue. Sentì il respiro mancarle mentre le faceva scivolare l’anello
lungo l’anulare sinistro. Vedendola così indifesa e incredibilmente bella Benji,
ormai senza parole, si chinò a baciarla con dolcezza.
Devo dirgli la
verità pensò lei pochi
istanti dopo, affondando il viso nella sua spalla. Mentre la cullava sentì le
lacrime imperlarle gli occhi, e la strana sensazione di perdita che accompagna
i perfetti momenti di felicità.
Dunque dunque... diamo inizio alle danze con il primo chappy della terza parte! Sono felicissima delle recensioni
ricevute, spero che questa fase di “riscaldamento” vi
piaccia^^
A fondo
pagina le mie risposte: grazie per il supporto e per i bellissimi complimenti! Mi
rende felice pensare che i miei personaggi regalino emozioni anche a voi^^
Purtroppo non
riesco ad aggiornare quanto vorrei, ma vi assicuro che faccio del mio meglio
per pubblicare solo quando sono veramente convinta... Buona lettura e fatemi sapere
cosa ne pensate!
17
Myriam
Il mondo sembrava rilucere in maniera opaca,
come dopo un’eclisse solare. O forse erano i miei occhi a variarne la
percezione? Figure scontornate, colori incerti. I miei piedi si trascinavano nella
polvere di quello che sembrava un deserto lunare.
Una voce in lontananza. Strizzai gli occhi,
facendomi ombra con la mano. Sentivo la testa ovattata e le gambe pesanti, come
nei sogni in cui vorresti correre per salvarti, per raggiungere una meta lontana,
eppure resti piantato a terra e senti il bisogno disperato di aggrapparti a
qualcosa per andare avanti.
Cercai di avanzare, lentamente. Gocce di
sudore mi imperlavano la fronte. Sentivo caldo, tanto caldo.
La voce chiamò nuovamente. Un suono
famigliare, gradevole.
Posso
farcela,
pensai caparbia.
Un piede dopo l’altro, con forza. Le gambe
sempre più pesanti.
Improvvisamente fui libera.
Buio intorno a me. La voce era scomparsa. Dove
mi trovavo? Boccheggiai, cercando di orientarmi nell’oscurità. Il panico
cominciò a prendere il sopravvento.
“Benji?” Chiamai. Un sussurro appena udibile.
Un istante dopo correvo alla cieca, senza
sapere dove, né perché.
“Benji” chiamai con più convinzione.
Il nulla mi circondava. Sentii una stretta
allo stomaco, mi fermai.
“Benji!” L’urlo mi morì in gola, non riuscivo
a respirare. Mi guardai intorno con frenesia crescente, come presa
in un vortice.
“Shhhh.” Una mano
sul braccio, rassicurante.
Mi voltai a fatica,
le palpebre restie ad obbedire. Tesi le mani in avanti, in cerca del contatto di
poco prima.
“Non mi lasciare” pregai in preda al terrore.
Mi sentii avvolgere in un caldo abbraccio. “E’
solo un sogno” sussurrò una voce rauca e familiare.
I miei occhi si aprirono nella penombra della camera
da letto. La prima cosa che capii è che non ero sola. Mi girai e affondai il
volto nel petto di Benji, sapendo che il profumo della sua pelle avrebbe
allontanato l’incubo meglio di qualunque altra cosa.
“Hai fatto un brutto sogno?” mormorò fra i
miei capelli.
“Sì” bofonchiai, sospirando soddisfatta mentre
le sue braccia si stringevano intorno a me.
“Vuoi raccontarmi?”
Non c’erano parole per descrivere il senso di
smarrimento che faticavo a scrollarmi di dosso. Passai una mano sul cotone
leggero della sua maglietta. Un guizzo appena percettibile dei suoi muscoli mi
fece capire che la carezza era gradita. Insinuai le dita tra il tessuto e la
sua pelle, alla scoperta del fisico atletico e asciutto che sempre mi toglieva
il fiato. Come poteva un ragazzo del genere voler sposare proprio me?
Deglutii a quel pensiero.
“Brancolavo nel buio, ricordo di averti
chiamato.”
Alzai leggermente il capo e i miei occhi
incrociarono quelli di lui.
“Non riesci a fare a meno di pensarmi, ti
capisco.” Mi punzecchiò.
Gli ero troppo vicina per prenderlo sul serio.
Mi accoccolai nell’incavo del suo braccio e lui appoggiò la guancia alla mia
fronte.
“Price, il tuo ego è tanto invadente che
quando dormiamo insieme faccio gli incubi.”
Per tutta risposta mi strinse a sé con forza
e, scivolandomi sopra, tracciò con un dito la curva della mia mascella. Non
riuscii a trattenere un brivido e la pelle d’oca mi tradì. “Ti ci dovrai
abituare,” mormorò soddisfatto accarezzandomi il
fianco con indolenza.
La mia risposta pronta fu coperta dal suo
bacio, leggero e fugace solo in apparenza. Senza che potessi allontanarlo, e
lungi dal volerlo, smisi di respirare mentre le sue labbra giocavano con le
mie, morbide e sensuali. Sentii la mente vacillare nel vuoto.
Due occhi allegri tornarono a fissarmi, mentre
cercavo di riordinare i pensieri senza riuscirci. Un silenzio carico di
emozioni calò tra di noi, e Benji sembrò travisare la mia assenza di reazione.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
Abbassai lo sguardo, sentendo un forte rossore
salirmi alle guance. Fortunatamente al buio non poteva vedermi. Deglutii
nuovamente. “No è che... mi fai impazzire.” Lo avevo detto. Ci ero riuscita.
Per tutta risposta ricevetti un sorriso
compiaciuto. “Davvero?”
Incorreggibile. Non sapevo se baciarlo o picchiarlo.
“Vuoi un applauso?” Domandai cercando di mantenere un minimo di contegno.
Benji rise allegramente. Una di
quelle risate che riempiono il cuore. Amavo quell’uomo, al solo pensiero dei
suoi occhi su di me sentivo lo stomaco riempirsi di farfalle e le gambe farsi
di burro.
“L’idea di farti impazzire mi basta” commentò
tornando serio. Mi
accarezzò la spalla nuda con il dorso della mano, mentre con l’altra scivolava
sotto la maglietta con movenze pigre solo in apparenza.
Avvicinò nuovamente il viso al mio e il lieve
respiro tra le sue labbra cancellò ogni mia razionalità residua. Inarcai la
schiena e, passandogli le mani intorno alla nuca, lo attirai a me con tutte le
mie forze.
“Ti amo Benjamin Price.”
Sentii i suoi muscoli irrigidirsi per un
attimo sotto al mio tocco. Senza pensare, mi ero dichiarata per la prima volta.
Avevo sì accettato la sua proposta di matrimonio, senza però pronunciare le due
paroline fatidiche. Un forte senso di libertà sembrò pervadermi, non diedi alla
paura il tempo di insinuarsi in me. Lo amavo.
Benji immerse i suoi occhi neri nei miei,
rimanendo a pochi centimetri da me. Rimase sospeso così a mezz’aria, per un
tempo che sembrò durare in eterno. “Anch’io ti amo piccola peste. Ti amo da
morire.”
Sorrisi. Benji posò dei lievi baci agli angoli
dei miei occhi che avevano tradito subito le mie emozioni. Scese sulle guance,
delicato come un elfo, e giù fino alla mia bocca. Ricambiai con passione, fino
a perdere cognizione di dove finiva il mio corpo e iniziava il suo.
* * *
“E’ davvero bellissimo.”
Sorrisi provando una punta di imbarazzo. Gli occhi di Tom
avevano un che di indefinito, non avrei saputo dire cosa gli passasse per la
testa. Nonostante avessimo trascorso il pomeriggio insieme era stato di poche
parole, cosa a dir poco strana per il chiacchierone a cui ero abituata.
Non riuscivo ad accettare l’idea di separarmi da lui, al
solo pensiero sentivo qualcosa incrinarsi dentro di me. Vederlo così silenzioso
rendeva tutto ancora più difficile. Non mi importava
cosa pensasse dell’anello, eppure non osavo chiedere altro.
“Grazie, so che hai contribuito alla scelta.”
Scosse il capo e un sorriso più convinto gli illuminò il
volto. Spuntò persino la fossetta alla quale mi ero tanto affezionata. Ce
l’aveva solo da un lato, e doveva aver fatto innamorare più di una ragazza.
“Il merito è di Patty. Ero indeciso quanto Benji, te lo
assicuro.”
Fu la mia volta di sorridere, ma i miei pensieri indisciplinati
volarono al trasloco in corso, al matrimonio che aspettava solo di accompagnarsi
a una data sul calendario. Ogni volta che mi assopivo, o più semplicemente
chiudevo gli occhi per qualche istante, temevo che ogni cosa intorno a me scomparisse,
lasciando il posto alla realtà che tanto più mi perseguitava quanto cercavo di
dimenticarla.
Avevo ripercorso le parole del misterioso vecchietto almeno
un milione di volte, alla ricerca di un qualunque indizio o sfumatura che
potesse guidarmi in quella dimensione.
Quando sarà giunto
il momento capirà da sola, aveva detto. Lo scoprirà a
tempo debito, aveva risposto alla mia domanda diretta su quanto stesse accadendo.
E ora che più avrei avuto bisogno di una bussola nel mare della mia confusione
ero sola, con un diamante da due carati al dito.
“Non è carino fingere di starmi accanto quando la tua
mente è chiaramente impegnata altrove.”
I miei occhi misero a fuoco il viso di Tom, a pochi
centimetri dal mio. Scoppiai a ridere, allontanandomi un poco. “Mi hai
spaventata!”
“Scusami, non era nelle mie intenzioni” rispose serio, anche se l’espressione birichina dei suoi occhi scuri
rivelava esattamente il contrario.
Tom aveva il raro potere di farmi stare bene anche in
situazioni assurde come quella che stavo vivendo. Abbassai lo sguardo per un
momento, un velato senso di colpa nella voce. “Hai ragione, non sono di grande
compagnia.”
Non rispose subito. Il sole era ormai prossimo al tramonto,
e il crepuscolo accarezzava il parco giochi di Fugisawa con i suoi morbidi
giochi di luce.
Tom sembrò assaporarne per un lungo istante il sapore. Alzò
le braccia stiracchiandosi, prima di tornare ad appoggiare la schiena alla panchina
sulla quale eravamo seduti da un po’. Alcuni bambini si stavano attardando e le
mamme facevano non poca fatica a trascinarseli dietro.
“Quanto era più semplice la nostra vita da piccoli?”
La domanda mi sfuggì dalle labbra prima ancora che la mia mente
potesse filtrarla. Non era giusto coinvolgere Tom in riflessioni senza senso
quando qualunque ragazza al mio posto si sarebbe candidata ai cento metri
ostacoli, tali i salti di gioia.
“Noi uomini siamo fortunati” rispose lui senza scomporsi,
ignorando il filo dei miei pensieri. “Ci facciamo meno problemi e affrontiamo
le cose come capitano. In alcuni casi ci basta un pallone per essere felici,” aggiunse facendomi l’occhiolino.
Gli rivolsi uno sguardo divertito. “Solo in alcuni casi?”
Incrociò le mani dietro la testa, tornando serio. “Alle
volte anche a noi capita di voler tornare bambini,”
mormorò fissando un punto lontano nei suoi ricordi. “Tornare ai tempi
dell’innocenza, a quando non vi era nulla che potesse dividere due amici.”
Accolsi quelle parole con un silenzio stupito, come se il
gelo della prima tramontana d’autunno fosse improvvisamente calato tra di noi.
Lo osservai mentre chiudeva gli occhi, perso in chissà
quali pensieri. Il mio Tom era triste per qualcosa che mi sfuggiva. Provai per
un attimo l’irrefrenabile desiderio di abbracciarlo ma rimasi dov’ero, schiacciata
dal peso delle bugie di cui avevo disseminato il mio cammino in quel mondo.
“Si è fatto tardi, è ora di rientrare” dissi infine,
fingendo una leggerezza che ero lungi dal provare.
Tom si passò una mano tra i capelli e tornò in sé, lanciandomi
un’occhiata allegra che mi fece dubitare di aver sognato tutto. “Hai ragione,
se vuoi ti do uno strappo a casa.”
I suoi occhi grandi e dolci mi fissavano, ma rifiutai con
un cenno del capo. “Grazie Tom, preferisco fare due passi.”
“Come vuoi” rispose prima di avvicinarsi e darmi un lieve
bacio sulla guancia. “A domani My.”
Lo seguii con lo sguardo mentre si allontanava,
raggiungendo con lunghe falcate la moto parcheggiata vicino al cancello del
parco. Agitai la mano in segno di saluto mentre si infilava il casco e
accendeva il motore.
Pochi istanti dopo non c’era più.
Alzai gli occhi al cielo e inspirai a fondo l’aria che si
era fatta più fresca. Lassù, tra le nuvole, qualche timida stella teneva
compagnia alla luna nascente.
Cosa avrà voluto
dire? Non potei
fare a meno di chiedermi mentre mi incamminavo verso casa. Con un lungo sospiro
accantonai quel pensiero e tirai su il bavero della giacca, affrettando il
passo.
“I have
nothing, nothing, if I don’t have you...” (16)
Impossibile resistere alla tentazione di canticchiare Whitney
Houston, nonostante il risultato fosse pessimo. Avevo acceso l’ipod per cercare di non pensare troppo e cantare mi aiutava
a svuotare la mente.
La notte era ormai alle porte e con essa le sue ombre, che
contribuivano ad appannare la mia visione del mondo. Villa Price era a poche
decine di metri eppure sembrava irraggiungibile. Mai come il primo giorno mi ero
sentita tanto estranea a quel mondo. Ferma da qualche
minuto sul marciapiede opposto, non avevo il coraggio di procedere.
Abbassai lo sguardo sulla mano sinistra e, senza quasi
pensarci, sfiorai con le dita della destra il ciondolo che portavo al collo. Quei
due gioielli potevano coesistere nella mia vita, nel mio cuore?
Chiusi gli occhi al pensiero di come avrebbe reagito Benji
quando gli avessi detto chi ero, da dove venivo. Inspirai profondamente,
cercando di trattenere le lacrime il cui peso mi soffocava da giorni. Prima o
poi, ne ero certa, avrebbero trovato la strada che negavo loro.
Ripresi a camminare, attraversando il viale deserto. Con
un cenno della mano salutai il custode e varcai il piccolo cancello pedonale.
“In mezzo alle pagine, di questo mio libro ci sei tu...” (17)
Accolsi la canzone successiva senza quasi pensare,
preferendo il sentiero tra gli alberi alla strada asfaltata. Sentii le parole
scorrere sulle labbra come se fossero mie. “Davvero difficile lasciare i
ricordi andare giù, quasi sicuramente tu mi dirai di no... Ti chiedo solo un
istante, ancora un po'...”
Le mie gambe si rifiutarono di procedere. Rimasi in piedi,
lo stomaco in subbuglio. Un forte senso di nausea mi assalì bloccandomi il
respiro, mi piegai in avanti per riprendere il controllo. Il castello di carte che
avevo eretto negli ultimi mesi sembrò crollarmi addosso in quell’istante
sospeso nel vuoto. Delicato equilibrio spezzato da una lieve folata di vento.
Sarei mai riuscita a guardare Tom negli occhi e dire anche
a lui ciò che meritava di sapere? Ripensai al suo sguardo triste e provai una
fitta al cuore.
Perché tutto questo?
Mi chiesi per la
milionesima volta, riprendendo a camminare. Poco dopo sentii la ghiaia
crepitare sotto le mie scarpe. Ero arrivata a casa.
Casa. Strinsi i pugni e, nel profondo del mio essere,
capii che dovevo lottare. Se mi era stata data anche solo una possibilità di
successo l’avrei colta. Un solo modo per sopravvivere, lo avrei trovato.
Cercai invano le chiavi in borsa, forse rimaste in
macchina il giorno prima. Suonai il campanello e attesi qualche istante, ma non
accadde nulla. Benji era sicuramente in camera ed Emma impegnata nei
preparativi della cena. Presi il cellulare ma non feci in tempo a digitare il
numero che la porta si aprì. Sollevai lo sguardo e rimasi pietrificata.
La ragazza più bella che avessi mai visto si trovava in
piedi di fronte a me, e trentadue denti candidi come neve mi abbagliarono mentre
il mio cervello cercava di riattivare le proprie sinapsi inceppate.
“Ciao, devi essere Myriam” mi salutò spostandosi di lato
per farmi entrare.
Appena udii il mio nome uscire dalla sua bocca capii di
essere nei guai. Chi era? Che ci faceva in casa?
“Sì, sono io. Ci conosciamo?”
Appena udii la domanda uscire dalla mia bocca, capii
quanto fossi gelosa.
“Sono Nathalie, una vecchia amica di Benjamin.”
Non potei non notare l’inflessione sulla parola amica. Qualcosa nel suo sguardo lasciò
intendere che erano stati qualcosa di più, molto di più. E quell’accento
francese? L’adrenalina cominciò a scorrermi nelle vene come un ottovolante
impazzito.
Avanzai di qualche passo, posando la borsa sulla consolle
in ingresso. I suoi occhi mi seguirono divertiti.
“Benjamin è al telefono.”
Perché continuava a chiamarlo in francese? E, soprattutto,
perché la cosa mi infastidiva tanto?
“Il tuo anello è molto bello” saltò di palo in frasca,
cogliendomi di sorpresa.
Istintivamente volsi lo sguardo verso il basso e provai un
brivido mentre, con delicatezza, sollevava la mia mano sinistra per metterla
alla luce. “Un diamante purissimo dal taglio perfetto.” Sorrise compiaciuta,
angelo fra i mortali, le ali celate per non essere scoperta.
“Bentornata” chiamò l’unica voce in grado di fermare i
battiti del mio cuore. Mi voltai di scatto e Benji mi circondò la vita con un
braccio, posando le labbra sulle mie in un gesto che mi lasciò senza parole.
Non mi baciava mai
di fronte ad altre persone.
Stooop! Riavvolgiamo
il nastro e ricominciamo per quelli seduti in fondo, pensai sbigottita. Se avessi
avuto il fermo immagine, quello sarebbe stato il momento di usarlo.
“Ciao” balbettai mentre Benji puntava il salotto senza
lasciarmi andare.
Con la coda dell’occhio vidi che Nathalie ci seguiva,
affatto sorpresa del comportamento atipico dell’amico.
Ci sedemmo tutti e tre sul grande divano in pelle, io al
centro. Mancava solo che entrasse la cameriera e il cast della commedia era
completo.
“Com’è andata la giornata, peste?”
Peste? In pubblico?
Potei sentire lo stupore dipingersi sul mio volto mentre vacillavo
sotto il suo sguardo. Se mi avesse strappato i vestiti di dosso e presa così,
senza dire altro, credo che non avrei saputo ribattere.
“Bene” risposi con un filo di voce.
“Hai conosciuto Nathalie” proseguì, come se fossimo soli
nella stanza.
Annuii con un gesto del capo, sempre più confusa. Mi
sentivo parte di un gioco di cui ero l’unica a ignorare le regole.
Accolsi con sollievo il lieve colpo di tosse
di Nathalie, mirato ad attirare l’attenzione su di sé. Finalmente Benji mi
liberò dalla forza del suo sguardo.
“Vorrei farti i miei complimenti Benjamin.”
Fece una pausa, mentre anch’io mi voltavo a guardarla. “Ad essere sincera non
so se a piacermi di più è la ragazza o l’anello.”
Il senso di sollievo si dissolse all’istante.
Benji aggrottò le sopracciglia e fissò le mie mani.
“In entrambi i casi hai dato prova di grande gusto” proseguì
Nathalie con tono pacato. “E’ stata lei a sceglierlo?”
Sentii Benji irrigidirsi impercettibilmente e mi sforzai
di rimanere in silenzio. Due titani si stavano confrontando e io ero il campo
di battaglia.
“No, ho chiesto consiglio a Tom e Patty.”
Semplice e conciso. Mi sarei aspettata un commento
provocatorio, non una risposta che sapeva di giustificazione.
L'espressione di lei non mutò di una virgola, mentre il
mio sguardo passava dall’uno all’altra come in una partita di tennis.
“Buon per te” si limitò a commentare, “e per lei.”
Senza aggiungere altro si alzò, prendendo il soprabito da
una poltrona poco distante. “Non disturbarti” fermò Benji con un gesto della
mano, vedendo che accennava ad alzarsi per accompagnarla. “Conosco la strada.”
Uscì dal salone con passo leggero e potei udire
distintamente la porta di ingresso chiudersi con un piccolo tonfo. Se non fosse
stato per la discreta scia di profumo che si era lasciata alle spalle, avrei
dubitato che fosse esistita davvero.
Benji sembrò finalmente rilassarsi e io recuperai l’uso
della parola.
“Chi era?” Mi sforzai di non suonare petulante.
Scrollò le spalle, guardandomi con una strana espressione
negli occhi. “Una vecchia amica.”
“Non so perché questa risposta non mi stupisce.”
Il mio apparente distacco fu tradito da una nota acuta che
non riuscii a trattenere e la cosa sembrò divertirlo.
“Eravamo fidanzati, circa una vita fa.”
Trattenni il fiato mentre il divano mi inghiottiva. “Fidanzata?”
Nella mia mente esplosero mille immagini di abbracci
infuocati tra Benji e la dea che, in jeans e maglioncino, mi aveva fatta
sentire il più brutto dei brutti anatroccoli.
La
risata di Benji interruppe il corso dei miei pensieri, e non potei trattenermi
dal lanciargli uno sguardo torvo. “La cosa ti fa ridere?”
“Un po’” ammise cercando di tornare serio. “Lo sai che sono
molto immaturo.”
Non potei fare a meno di sorridere. “Se la metti così
Price, io sono molto gelosa.”
“Davvero? Perché
dovresti?” Tornò ad abbracciarmi, percorrendo con il
naso la linea del collo, inspirando il mio profumo e lasciandomi senza parole. “Indubbiamente Nathalie è molto sexy” proseguì, le sue labbra sull’orecchio.
Mi allontanai quel tanto che bastava per assimilare il
concetto. “Molto sexy?”
Di nuovo quelle immagini. Benji e Nathalie
nudi, ansimanti, sudati. Scossi il capo cercando di visualizzare un
prato fiorito, un monastero di campagna, invano. “Scusami, devo andare a
vomitare.” Mi alzai di scatto e per poco non inciampai nel tappeto.
Benji mi afferrò al volo e scoppiò nuovamente a ridere.
Non risposi, limitandomi ad ascoltare il suono della sua
risata, imprimendola nella memoria. Un velo di tristezza mi calò sugli occhi, e
lui sembrò subito accorgersene.
“Peste perdonami, non volevo farti arrabbiare.”
Aveva frainteso, ovviamente.
“Si tratta di una storia che risale a diversi
anni fa, io e Nathalie ci siamo conosciuti a Parigi” spiegò mentre rimanevo in
silenzio, le parole bloccate in qualche remoto angolo della mia coscienza. “E’
un’amica di Gisèle, l’ex di Tom. Siamo stati insieme un paio d’anni, in un’altalena
continua che mi faceva impazzire. Ero molto giovane sai?”
Immaginai un Benji poco più che ventenne,
sedotto dal fascino di una città lontana anni luce da quella in cui era
cresciuto. Mi avvicinai lentamente e gli accarezzai la guancia con il dorso
della mano. Chiuse gli occhi e la strinse con la sua, posandovi una scia di piccoli
baci che accolsi con un brivido.
Tirò un profondo respiro e i suoi occhi
tornarono su di me. “Arrivai persino a chiederle di sposarmi.”
Trasalii, sentendo il cuore mancare un battito.
“Credevo di amarla, ma era solo un’illusione”
aggiunse notando il mio improvviso pallore. “L’ho capito grazie a te.”
Spalancai gli occhi e Benji mi attirò a sé,
cingendomi le spalle con un braccio. Gli posai la testa all’altezza del cuore, concentrandomi
sul suo respiro regolare.
“Ho capito il mio errore quando ti ho stretta
a me la prima volta.”
Sentii
la sua guancia premere contro i miei capelli e mi resi conto che avevo gli
occhi umidi. Lottai contro l’angoscia che si stava impossessando di me,
inutilmente. Il mio conto alla rovescia era iniziato, e nulla avrei potuto fare
per fermarlo.
Bentornata! Grazie per la recensione sempre stimolante, sono
corsa a correggere gli errori che hai segnalato^^
Mi dispiace che il taglio troppo “jet set” della storia non ti
sia piaciuto, ho cercato di rendere la cosa quanto più penosa possibile ai
miei personaggi, e ammetto di essermi divertita non poco :-P
Su un punto hai ovviamente ragione: i calciatori in Giappone
non sono assolutamente VIP, ma nel “mio” mondo, la nazionale giapponese ha
vinto i mondiali del 2002... i nostri beniamini sono campioni apprezzati in
tutto il mondo, un po’ come i calciatori dalle nostre parti (vedi Cristiano
Ronaldo, che cambia donna come cambia vestito... non che mi stia simpatico,
intendiamoci -___-). Se ci pensi Tom è stato
fidanzato con Gisèle Bundchen^^
Per la scena della proposta, ho cercato di pensare a una
proposta di matrimonio coerente con i personaggi, non troppo melensa ma
allo stesso tempo dolce: sono davvero felice che vi sia piaciuta tanto^^
Hahaha... la tua
recensione mi ha fatto morire dal ridere... (è proprio simpatica ^___- ndTom) ^___^ (Buby me la presenti O___o ndBruce)
=___= (preferivo Tom ndKelly ^___-)
Scherzi a parte, sono davvero felice che la mia storia e i
miei personaggi ti piacciano tanto! Se continui a recensire potrei anche
farti conoscere Mark-Colin^___-
Grazie per aver seguito la mia storia, capisco perfettamente
il concetto “gli impegni mi prendono tanto tempo” in quanto il mio lavoro e
gli impegni personali mi lasciano bene poco da dedicare alla mia ff. Ogni
weekend cerco di ritagliarmi qualche ora, ma non sempre ci riesco (e
finisci per trascurarci ;___; ndMyriam/Benji/Tom).
Sempre in tema di personaggi, se ti diverte veder soffrire
Benji (che, detto tra noi, non è che apprezzi più di tanto ^_____^) nei
prossimi capitoli avrai pane per i tuoi denti *___*
Grazieeee!!!!! Grazie davvero per i dolcissimi complimenti^^
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, mi sto
addentrando nella parte più complessa della storia e mi auguro che
l’ispirazione non mi tradisca sul più bello... hehe^___^
Ti sei letta tutti i capitoli di un fiato? E’ il sogno di ogni
autore che pubblica una storia... grazie davvero! Spero continuerai a
seguire i vari aggiornamenti ^__^
Purtroppo per il tanto lavoro vado un po’ a rilento, ma farò
il possibile per aggiornare con regolarità!
Eccoci arrivati al capitolo da me tanto temuto... innanzi
tutto mi scuso per il ritardo nell’aggiornamento, ma oltre alla difficoltà
rappresentata dall’episodio che segue, ho avuto davvero tanto da fare in
ufficio^^;
Un ringraziamento speciale a chi mi ha aggiunta tra le
storie preferite e tra quelle da ricordare. Spero davvero che questa mia ultima “fatica” vi piaccia... mi fate sapere cosa ne pensate
pliiiiz?^^
Buona lettura!
18
Benji
Uno, due, tre, quattro, cinque... Era il terzo ciclo da cento. La corda
vibrava nell’aria, quasi invisibile, e il movimento coordinato di mani e piedi
non richiedeva ormai il minimo sforzo.
Hold me, Thrill
Me, Kiss Me, Kill Me... (18) La musica degli U2 risuonava nelle mie orecchie, accompagnando
con ritmo perfetto l’esercizio che altrimenti mi avrebbe tediato. Quasi
estraneo a me stesso, inspirai a fondo l’aria pungente e carica di umidità del
parco vicino a casa. Gocce di sudore mi scendevano lungo la nuca, fino a
fermarsi nell’asciugamano che tenevo intorno al collo.
Sessanta, sessantuno, sessantadue... Uno squillo persistente si aggiunse alla
chitarra elettrica, irrompendo nel limbo della mia concentrazione. Cercai di
ignorarlo, sperando che chiunque mi stesse cercando desistesse dal suo intento.
Solo un seccatore poteva chiamarmi prima delle otto del mattino, mentre ero nel
pieno del mio allenamento.
Settanta, settantuno, settantadue... Lo squillo insisté, caparbio.
Smisi di saltellare e presi il
telefono dalla tasca, augurandomi che fosse una cosa importante. Inarcai un
sopracciglio alla vista del nome visualizzato sul display.
“Dovresti sapere che a quest’ora
mi alleno” esordii senza troppi convenevoli.
“Buongiorno Benjamin” rispose lei
senza scomporsi. “Sono in aeroporto, volevo salutarti.”
La mia espressione si ammorbidì.
Stava partendo, finalmente. “Rientri a Parigi?”
“Sì” mormorò, e la sentii
sospirare.
“Tutto ok Nathalie?” Non era da
lei comportarsi a quel modo. Negli ultimi giorni mi aveva cercato di continuo,
presentandosi persino a casa senza essere invitata. Avrei fatto volentieri a
meno di presentarla a Myriam, ma non mi aveva lasciato altra scelta.
“Più o meno.” Un secondo sospiro.
“Mi mancherai.”
Lasciai cadere la corda a terra e
mi passai la mano libera tra i capelli umidi. Per due anni mi aveva ignorato nonostante
vivessimo a un’ora di aereo e ora diceva che le sarei mancato? Fu la mia volta
di sospirare.
“Non dire sciocchezze Nathalie. Te la caverai benissimo, come sempre.”
All’altro capo della linea
echeggiò un alto parlante. Ultima chiamata per il volo Air France.
“Questa volta è diverso Benjamin.”
Non riuscii a trattenere un
brivido. Avevo a lungo desiderato che mi dichiarasse il suo amore, trascorrendo
notti insonni e scorgendo il suo volto in ogni ragazza che incrociavo per
strada.
“Sono sempre stato un capriccio Nat, mi vuoi solo perché sai di non potermi avere.”
Un lungo silenzio seguì le mie
parole. Non poteva essere seria, vedeva in me solo il vecchio giocattolo a cui
aggrapparsi perché i genitori si accingono a buttarlo via.
“Chi è quella ragazza? Da dove proviene?”
Fu il suo tono di voce a colpirmi,
più che le parole in sé. “Non vedo perché la cosa debba interessarti. Myriam è
italiana, la sua famiglia si trova a Roma.”
“Ascoltami bene Benjamin, non sono
una delle tante ragazzine che puoi liquidare con un colpo di spugna.” Fece una
pausa e mi resi conto che stavo trattenendo il respiro. “Ho chiesto ai ragazzi
di CondéNast(19) di indagare un po’, e quella ragazza sembra
comparsa dal nulla.”
Il sangue mi si gelò nelle vene. I
ragazzi a cui si riferiva avevano
accesso a un imponente network di giornalisti e informatori, nessun segreto
rimaneva tale se l’obiettivo era di svelarlo. “Sei forse impazzita?”
“Perdonami. Ho ceduto alla
curiosità di saperne di più su colei che ha preso il mio posto nel tuo cuore.”
“Non c’era alcun posto da
prendere, tanto meno il tuo.” Il tono della mia voce stridé come gesso su una
lavagna. “Buon viaggio Nathalie.”
Riagganciai senza aspettare una
sua risposta. Riposi il blackberry in tasca e
raccolsi la corda da terra, mentre un sottile disagio si faceva strada dentro
di me. Non avevo più affrontato l’argomento con Myriam perché sapevo di
metterla in difficoltà, al solo pensiero di elencare gli invitati al matrimonio
si defilava. Persino scegliere la città dove si sarebbe svolta la cerimonia
sembrava un’impresa impossibile.
Mi incamminai verso casa, quando
la tasca vibrò nuovamente.
“Pensavo di essere stato chiaro” risposi
con fare brusco.
“Scusami Benji, non volevo
disturbarti.”
La dolcezza di quella timida voce
mi riportò subito su toni più affettuosi. “Peste non ce l’avevo con te, non mi
disturbi affatto.”
“Meglio così.” Potei quasi vedere
i tratti del suo viso rilassarsi. “Chi ti ha fatto arrabbiare?”
Sospirai, soppesando per un attimo
le mie parole. “E’ una lunga storia, troppo lunga per essere raccontata di
prima mattina. Come mai sei già sveglia?”
Per quanto vaga, la mia risposta
sembrò bastarle. “Emma è in fibrillazione per la nostra partenza. Le ho detto che
potevo fare i bagagli da sola, ma non ha voluto sentire ragioni.”
Scoppiai a ridere, quasi dimentico
del mio malumore. “Per rimanere in tema la mia assistente ci ha prenotato il
volo per Monaco. Partiamo lunedì mattina alle nove, così abbiamo il weekend per
sistemare le ultime cose e salutare tutti,” proseguii
attivando l’auricolare e dando un’occhiata distratta all’elenco di messaggi in
arrivo. “Se preferisci puoi raggiungermi alla fine della prossima settimana,
non c’è fretta.”
“Lunedì va benissimo” si affrettò
a rispondermi con foga, strappandomi un sorriso.
“Se ti faccio una domanda prometti
di non arrabbiarti?” le chiesi a malincuore, tornando con il pensiero alle
parole di Nathalie.
“Dipende.”
“Non vale come risposta, ho
bisogno che tu me lo prometta a prescindere.”
La sentii ridacchiare. “Spara, so
che riuscirai in ogni caso a sorprendermi.”
“E’ una critica o un
complimento?”
“E’ la tua migliore
qualità.”
Trattenni il fiato per qualche
istante, sapendo già che si sarebbe irrigidita. Forse al telefono sarebbe stato
diverso, dovevo tentare. “Quando saremo in Europa vorrei conoscere i tuoi
genitori.”
Un breve silenzio precedette la
sua risposta. “Non è il tipo di domanda che mi aspettavo.”
“Allora è una richiesta. Una
seria, formale, insistente richiesta che sono disposto a fare in carta bollata.
Sono un ragazzo all’antica, e preferirei non dovermi presentare a tuo padre in
chiesa di fronte al prete.”
Myriam sembrò soppesare le mie
parole. “Ne parliamo dopo a casa, ok?”
Di nuovo quel tono spaventato.
“Certo, sarò lì a momenti.”
“Sono in macchina, devo vedere Patty
in ufficio. Ci vediamo tra un paio d’ore.”
“Certo Peste, a più tardi.”
Riagganciai, fissando
il telefono in silenzio. Era imbarazzante vedere quanto il mio mondo
fosse vuoto senza di lei. La mia intera esistenza ruotava intorno alla sua, non
più intorno alla mia.
Scossi il capo, cancellando
senza nemmeno leggerlo l’ultimo messaggio di Nathalie.
Una decina di minuti
dopo varcai la soglia della mia camera, e trovai metà del guardaroba piegato
ordinatamente sul letto. Mi spogliai, infilandomi sotto il getto ristoratore
della doccia.
Era stato un bene che
Myriam fosse uscita così di buon’ora. Sentivo il bisogno di schiarirmi le idee
prima di affrontare l’argomento a quattr’occhi. A tratti la sentivo così
sfuggente da volarmi via di mano, l’idea che nemmeno dei professionisti ne fossero
venuti a capo generava in me un profondo senso di preoccupazione.
Qual era il problema? Cosa la
tratteneva? Forse aveva dei problemi familiari di cui si vergognava e che
preferiva nascondere. Di qualunque cosa si trattasse
dovevamo parlarne e affrontarla insieme. Avrei fatto qualunque cosa pur di
proteggerla, ma avevo bisogno di sapere contro cosa o contro chi combattere.
Chiusi il rubinetto e,
dopo essermi asciugato, infilai un paio di vecchi jeans e un maglione che Emma
cercava di buttare da anni.
Rientrando in camera
la trovai indaffarata con le valigie, neanche dovessi partire per il giro del
mondo. Incrociai il suo sguardo di disapprovazione alla vista dei pantaloni
scoloriti, e il mio sorriso si tramutò in risata.
“Emma è inutile, sai
che ci sono affezionato.”
La governante scosse
il capo, affatto divertita. “Come preferisce signorino Benji, ormai è grande
per decidere come vestirsi.”
Mentre cercavo di
tornare serio, notai una strana busta poggiata sulla scrivania. “Di cosa si
tratta?” domandai prendendola in mano. Era semi trasparente
e conteneva una rivista.
“Le
ragazze l’hanno trovata a terra mentre sistemavano gli indumenti della
signorina Myriam, vedendo che si trattava di una vecchia rivista sportiva hanno
pensato che fosse finita per sbaglio tra le sue cose. Se così non fosse la riporto subito in camera della signorina,” concluse
interpretando il mio sguardo interrogativo.
Scossi il capo,
porgendole la busta. “E’ la prima volta che la vedo.”
Emma si avvicinò con
passo misurato. “Non vorrei sembrare inopportuna, mi ha
incuriosito il fatto che trattasse di calcio a fumetti.”
Abbassai lo sguardo e
capii a cosa si riferisse Emma. “ShonenJump, Gennaio 1982” lessi ad alta voce. Mai sentita
nominare. Nel 1982 avevo meno di un anno e Myriam non era ancora nata. Quella rivista
apparteneva senz’altro a qualche vecchia collezione di mio padre.
“Grazie Emma, puoi
lasciarla a me. Non credo sia nulla di importante.”
La donna annuì, prima
di ritirarsi e lasciarmi solo.
Avevo a disposizione un’ora
abbondante senza impegni e quella rivista sembrava caduta dal cielo per
distrarmi. Sfogliai le prime pagine, scoprendo che si trattava di un fumetto
per ragazzi. Sorrisi all’idea che mio padre, all’epoca poco più che trentenne,
avesse quel genere di interessi. Stavo per chiuderla quando arrivai alla storia
riportata in copertina (20).
Un giovane appassionato di calcio, sai che novità, ridacchiai tra me
leggendo le prime righe. Il protagonista era nuovo in città e si aggirava per le
strade palleggiando con disinvoltura. Proprio
come Holly, pensai per un attimo al ricordo del nostro primo incontro.
Arrivato a fine pagina osservai incuriosito l’ultima vignetta, che riportava
una dicitura singolare. Campo sportivo
della città di Fugisawa.
La storia si snodava
intorno alla disputa per l’unico campo di allenamento disponibile tra due
squadre di calcio giovanile. Proseguii la lettura e, mettendo a fuoco
l’immagine successiva, il sorriso mi morì sulle labbra. Un ragazzo più alto
degli altri, con guanti da portiere e cappellino in testa, sfidava con fare
borioso il gruppo che chiedeva il permesso di allenarsi.
Hai dimenticato il nostro accordo per l’uso di questo
campo? Lessi
con crescente stupore. La squadra
vincitrice dell’ultima partita avrebbe avuto il diritto di usarlo. Vi abbiamo
battuto per dieci a zero, e adesso che cosa volete?
Echi di ricordi
lontani, uniti ad una strana sensazione di déjà vu. Perché la ragazza mora con
la fascia tra i capelli aveva un’aria familiare? Cosa c’era scritto sul
cappellino?
Sgranai gli occhi alla
vista delle iniziali che in un primo momento mi erano sfuggite, e il ricordo di
quel giorno giunse così improvviso da mozzarmi il fiato. Il confronto con i
capitani delle varie squadre della scuola dal quale
ero uscito vittorioso, Holly che mi sfidava calciando il pallone dalla collina,
lasciando tutti con un palmo di naso per la potenza del tiro.
Il tutto raccontato dal
punto di vista di Holly. Villa Price era chiaramente riconoscibile anche
dall’alto, così come Freddy con i suoi inseparabili occhiali da sole, nel parco
insieme a me.
Sfogliai rapidamente
le pagine successive. I miei amici erano lì, disegnati nero su bianco e riconoscibilissimi
nelle espressioni. Eppure nel 1982 portavamo tutti i pannolini. Si trattava forse
di uno scherzo?
* * *
“Sono tornata!” chiamò
una voce allegra dalla mia camera da letto.
Le lanciai uno sguardo
distante, perso nei pensieri che avevano accompagnato le ultime ore.
“Patty mi ha detto che
verrà a trovarci con Holly alla fine del mese” proseguì raggiungendomi in
terrazza. “Sono davvero felice, mi mancherà tantissimo.”
Appoggiò la schiena alla balaustra
e mi rivolse un’occhiata insicura. La mia assenza di reazione doveva aver
colpito nel segno.
“Benji, tutto ok?” Il suo tono di
voce rivelò un’apprensione sincera, ma non mi mossi. Volsi lo sguardo verso il
parco, gli avambracci sul parapetto e il busto lievemente piegato in avanti.
Myriam mi posò una mano sulla
spalla, sempre più colpita. Non ero solito accoglierla con tale freddezza.
“Price, vuoi dirmi cos’è successo?”
Sorrisi tristemente, mentre
rievocavo la scena di quella mattina. “Vuoi dirmelo tu?”
Mi guardò con occhi smarriti, facendomi
vacillare per un istante. “Sei arrabbiato per quello che ti ho detto al telefono?”
Risposi con una
domanda, sapendo che lo avrei subito rimpianto. “Perché non vuoi che conosca la
tua famiglia?”
Myriam si allontanò
leggermente, le labbra contratte come a scacciare un brutto ricordo. “Perché
non capiresti, penseresti che sono matta.”
Il mio cuore mancò un battito. Era la prima volta
che affrontava l’argomento senza deviare. “Posso fare uno sforzo, sai?”
Un debole sorriso
accompagnò il mio goffo tentativo di scherzarci su, suscitando in me un senso
di sollievo difficile da descrivere. “Vorrei saperlo comunque.
Per favore?” Sospirai, in attesa.
Un’ombra le calò sul
volto, quasi
impercettibile. Sostenere il mio sguardo le costava enorme fatica. “Se te lo dico mi odierai.”
Un’angoscia improvvisa
mi strinse il cuore. Attento
Price, attento, ripeté una
vocina nella mia mente. Sentivo che nulla di buono sarebbe emerso da quella
conversazione, e per poco non cedetti alla tentazione di cambiare argomento.
“Pensi che non ti ami
abbastanza da capire?”
Myriam si voltò,
dandomi le spalle e avvicinandosi al tavolo in ferro battuto, alla ricerca di
quelle parole che sembrano sfuggirla. D’un tratto qualcosa attirò la sua
attenzione ed ebbi come l’impressione che il mondo intorno a noi rallentasse.
Fece qualche passo in
avanti e, con mano tremante, prese la strana rivista che era quasi scomparsa
dai miei pensieri.
Mi avvicinai a lei ma
non riuscii a profferir parola. I suoi occhi erano vuoti come il ghiaccio, il
tipo di sguardo di chi ha appena assistito a un terribile incidente. Una delle
sue mani si aggrappò al tavolo in cerca di sostegno.
Preoccupato, le
afferrai un braccio facendola girare lentamente su sé stessa. “Peste, ti senti
bene?”
Sembrò tornare in sé e
mi guardò, il volto di un pallore spettrale. “Devo dirti una cosa. E’ una cosa brutta.”
Un cupo presentimento mi
assalì ma rimasi in silenzio. Se avessi aperto bocca le avrei chiesto di tacere
e non sarebbe stato giusto. Dovevo sapere. Per lei, per noi.
Si staccò da me, inclinando il
capo da un lato. Seguii con lo sguardo la curva del suo collo, quella linea
morbida e delicata in cui amavo perdermi.
“Ricordi il giorno in cui ci siamo
conosciuti?”
Preso alla sprovvista mi limitai
ad annuire in silenzio.
“Ti ho mentito. Non ero in
Giappone per lavoro.”
Aggrottai le sopracciglia, sempre
più confuso. “Non capisco dove vuoi arrivare.”
“Quando quel giorni partii da Roma la mia
destinazione era Milano, non Tokyo.” Deglutì, continuando a fissare il vuoto di
fronte a sé. “Dovevo recarmi a Como per un convegno ma ero molto stanca e mi
sono addormentata in volo. Al mio risveglio mi sono ritrovata qui e, in preda a
un attacco di panico, sono svenuta.”
La presi per le spalle, scuotendola lievemente. “Myriam di cosa
stai parlando?”
I suoi occhi mi guardarono senza
vedermi.
“Dì qualcosa” pregai.
“Benji, noi apparteniamo a mondi
diversi.” Alzò la mano che stringeva ancora la rivista, esortandomi a
guardarla. “La vedi questa? Me l’ha data un misterioso signore prima che
salissi sull’aereo.” Si lasciò sfuggire un singhiozzo e cercò di fare del suo meglio per sorridermi,
ma il suo labbro inferiore stava tremando. “Mi disse che prima o poi sarebbe
tornata a prenderla.”
“Peste, ciò che dici non ha alcun senso, cerca di spiegarti
meglio.” La mia bocca era secca, come se avessi ingerito un pugno di sabbia.
Myriam tirò un lungo sospiro,
portando la mano sinistra al suo inseparabile ciondolo. “Hai letto ciò che c’è scritto? Non ti è sembrato strano che
questo fumetto parlasse di te, di Holly? Si tratta del primo numero della
serie, pubblicato pochi mesi dopo la vostra nascita.”
Non risposi.
“Benji, nel mio mondo tu...” Le parole si fermarono a mezz’aria, come reticenti a compiere
il loro dovere.
“Ti rendi conto di ciò che stai
dicendo?” Urlai quasi, lasciandola andare.
Si
passò velocemente il dorso delle mani sulle guance, cercando di ricacciare
indietro le lacrime. “So
che sembra impossibile, ma vengo da un mondo in cui la fantasia di certe persone
è in grado di dar vita a storie bellissime. Storie di amicizia
tra un portiere invincibile e un grande attaccante.”
Scossi il capo, chiedendomi chi di
noi due stesse perdendo il senno. Ripensai a ciò che aveva detto Nathalie poche
ore prima. Quella ragazza sembra comparsa
dal nulla. Parole che ora sembravano provenire da un sogno lontano.
“Perdonami Benji” proseguì lei posandomi
una mano sul petto. “Ti giuro su ciò che ho di più caro che non ho mai voluto
farti soffrire.”
Il suo sguardo mi fece deragliare.
In quel fumetto erano racchiusi segreti di cui nessuno poteva essere a
conoscenza, lo avevo letto con i miei occhi. Tessere di un mosaico impazzito
rotearono nella mia mente. “Nel tuo
mondo si raccontano storie su di noi?”
Sentii un grande vuoto impossessarsi
di me, prima che la realtà esplodesse come un fuoco di artificio. “Chi sei tu?”
Indietreggiai, spaventato.
La speranza sorta nello sguardo di
Myriam si spense quasi immediatamente. “Sono sempre la stessa Benji, credimi. Ho solo ricevuto un grande dono.”
Cercai di focalizzarmi su un
concetto alla volta. “Un dono?”
“Poterti conoscere, vivere questi
mesi meravigliosi accanto a te, accanto a tutti voi” proseguì con voce rotta. “Non
so per quanto ancora potrò restare.”
Mi sentivo come un motore
ingolfato, la cui batteria ormai scarica esala l’ultimo respiro. Ciononostante
ebbi la netta sensazione che, per quanto inconcepibile, la sua confessione fosse
sincera. Accolsi quella consapevolezza come una condanna a morte.
“Benji” mormorò, avanzando di qualche passo.
La fermai con un gesto secco della mano. “Stai
lontana da me.”
Mi fissò con gli occhi di una bambina che ha
smarrito i propri genitori tra la folla. “Benji ti prego, dicevi che avresti
provato a capire.”
Scoppiai a ridere, una
risata spezzata. “E’ un po’ difficile in queste condizioni, non credi?”
Un moto di nausea mi prese alla
bocca dello stomaco. Rientrai in casa, troppo sconvolto per restarle accanto.
“Ti prego Benji” supplicò quasi
mentre cercava di seguirmi, “parlami.”
“No. No. Non voglio parlare,
capito?” La mia voce non era né un urlo né un rantolo, ma una sorta di
combinazione dei due. Mi aveva mentito sin dall’inizio, ingannato oltre
i limiti dell’immaginabile. “Tu non sei... non fai parte di questo mondo. Non
sei la ragazza che credevo, della quale mi sono innamorato. Niente di tutto ciò
ha senso.”
Le mie mani tremavano incontrollate. Sbattei un
pugno contro la parete, alla ricerca di un dolore fisico che cancellasse
quell’insostenibile senso di irrealtà che pervadeva ogni fibra del mio corpo.
“Non avrei mai voluto mentirti
Benji, devi credermi.” Si aggrappò al braccio che mi era ricaduto lungo il
fianco.
Annaspai, alla ricerca di parole
che potessero descrivere ciò che provavo, ma nulla era abbastanza potente.
“Benji” ripeté cercando di
ricacciare indietro le lacrime, “lascia che ti spieghi.”
Volsi via lo sguardo. Mi sentivo
come di pietra, incapace persino di respirare. “Cosa vorresti dirmi ancora? Che
sono solo un fumetto, un personaggio delle favole?”
“Tu sei molto di più, e lo sai.”
La voce le si spezzò. “Io ti amo.”
Feci spallucce,
il gelo nelle vene. “Non c’è alcuna possibilità per noi, alcun futuro.”
Mi afferrò nuovamente per un
braccio, obbligandomi a voltarmi. “Benji guardami. Guardami
ti dico!” urlò. Sollevai lentamente gli occhi fino a incrociare quelli
di lei, e per un attimo affogai nelle lacrime che le rigavano il volto. “Non ho
idea di ciò che ci aspetta. Sono lontana dalla mia famiglia, dalla mia vita,
dai miei amici. Sono però certa di una cosa, ti amo e voglio starti vicino.”
Per tutta risposta mi limitai a
fissare un punto lontano, ormai irraggiungibile per entrambi. “Non ha più
importanza” dissi con una voce che non riconobbi. “Forse è meglio che tu te ne vada.”
Un silenzio assordante invase la
stanza.
Myriam indietreggiò come se
l’avessi schiaffeggiata, lo sguardo più ferito che se l’avessi fatto. “E’
davvero quello che vuoi?”
Una manciata di parole sospese nel
nulla.
La ragazza che aveva toccato le
corde più profonde della mia anima mi lanciò un ultimo sguardo. Potei quasi
sentire la maschera arida e impassibile di cui mi ero vestito. Era troppo. Più
di quanto potessimo sopportare senza impazzire.
Posò la mano sulla
maniglia e aprì la porta. Un attimo dopo non c’era più.
Fissai lo spazio vuoto lasciato da
lei. Rimasi immobile per un tempo che sembrò infinito, prima di trascinarmi
verso il letto con l’incertezza di un anziano sotto
il peso degli anni.
Spostai un cuscino con
fare meccanico e la mia mente registrò il suo profumo. Se avessi chiuso gli occhi avrei potuto
sentirla ancora accanto a me.
“È solo un incubo e tra poco mi
sveglierò” mormorai in un singhiozzo, mentre mi accasciavo nascondendo il viso
tra le mani. Una lacrima mi inumidì le dita, seguita da un’altra e un’altra
ancora.
(19) Editore noto a livello mondiale
per testate quali Vogue, Glamour, GQ e Vanity Fair.
(20) Non avendo a disposizione il
manga, per questa scena mi sono ispirata al seguente video su youtube (http://www.youtube.com/watch?v=9iaqu8QKgkQ).
Vi prego di perdonare eventuali imprecisioni rispetto alla versione originale^^
Finalmente riesco a pubblicare il capito in pieno stile “The dayafter”, sperando che vi
piaccia!!!
Inutile dire che ricevere ben 7 recensioni in così poco tempo mi ha
resa felicissima, spronandomi a scrivere in ogni momento libero delle mie
giornate (il tempo è sempre tiranno purtroppo) :-(
Ringrazio voi tutte che mi leggete, chi ha inserito la storia tra
le preferite e quelle seguite, con un pensiero speciale a Benji79 che mi ha
segnalata tra le storie scelte (nelle quali sono stata inserita, yuppi!) e per il concorso per il miglior personaggio
originale.
Sono davvero commossa... grazie a tutteeeeeee!!!
Come al solito, buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate... sappiate
che se smettete di recensire poi mi viene l’ansia da prestazione^^
19
Myriam
Il giorno più lungo sembrò allungarsi
ancora. Mi chiesi se sarebbe mai finito.
Era come se sul mondo fosse
improvvisamente calato il silenzio. Rivoli di pioggia mi colavano sul viso, passanti
frettolosi alla ricerca di un riparo incrociavano il mio cammino come fantasmi
nell’oscurità.
Alla fine era arrivato,
l’oceano di dolore. La sponda opposta tanto lontana da non riuscire nemmeno a
immaginarla. Ora che avevo fallito nel mio intento ero come una scatola vuota.
Mi sentivo estranea a me stessa
e provavo un bisogno bruciante di piangere. Eppure se non volevo diventare
vulnerabile dovevo resistere.
Sarei voluta correre via fino a
farmi scoppiare i polmoni pur di sfuggire a quel peso soffocante che mi
opprimeva il petto, ma i piedi mi pesavano come macigni e sentivo il corpo più
stanco di quanto non fosse mai stato. Un passo dopo l’altro mi muovevo verso
una destinazione ignota.
Come, quando ero salita su
quella giostra impazzita? Mi ero illusa che ne sarei uscita indenne,
crogiolandomi in sogni irrealizzabili.
Che ti avevo detto? Domandò d’un tratto la mia
mente al mio cuore in frantumi. Non devi
fare di testa tua, quante volte devo dirtelo?
Osservai la scena dall’alto, come
scissa dal mio corpo. Volsi lo sguardo al mio cuore convinta che si sarebbe alzato,
rispondendo fiero che in ogni caso ne era valsa la pena.
Con mio stupore rimase a terra,
anche lui senza parole.
Avevo perso. Sfiorai con la
mano il ciondolo pietra di luna, unico testimone del mio ridicolo amore. Non
aveva più senso lottare, fingere. Tanto valeva tornare a casa.
Parole sconnesse mi raggiunsero
da una dimensione lontana. Chiusi gli occhi per un lungo istante, cercando di
ignorarle. Ero stanca. Una voce mi chiamava e avrei voluto che tacesse,
lasciandomi vagare sospesa tra i miei pensieri.
“Myriam, Myriam rispondimi!”
Feci uno sforzo e misi a fuoco
la vista.
Ciao Tom pensai, mentre un lieve sorriso mi increspava le labbra. Forse
stavo sognando. Il mio dolce Tom. Sentii che mi prendeva per le braccia,
scuotendomi con forza. Non si trattava quindi di un sogno.
“Mi sono sgolato per chiamarti.
Non mi hai sentito?”
Le sue domande rimasero senza
risposta e qualcosa in me dovette allarmarlo perché spalancò gli occhi
preoccupato. Alzai una mano per accarezzargli il volto, ma la debolezza ebbe la
meglio e il braccio mi ricadde esanime lungo il fianco.
“Cosa ci fai sotto questa
pioggia torrenziale? E’ successo qualcosa a Benji?”
Negai con un gesto del capo,
cercando di ritrovare la voce. Benji stava bene, almeno fisicamente. Ci sarebbe
stato tempo per le spiegazioni.
“Cos’è successo?” Ripeté
prendendomi per le spalle, l’espressione sempre più sconvolta.
Il mio aspetto doveva essere
peggiore di quanto pensassi. “Nulla Tom” mormorai con un fil di voce. “Sta
bene, davvero.”
Mi fissò lungamente prima di annuire.
Doveva essere bastata come risposta.
Trattenni il fiato in attesa della domanda
fatidica sul perché mi trovassi in quello stato pietoso. Invece mi attirò a sé, stringendomi contro il suo petto.
All’inizio fu peggio. Una parte
di me preferiva il silenzio e l’apatia, più semplici da gestire. Quel calore invece
mi reclamava, obbligandomi ad affrontare la realtà. Scoppiai a piangere senza
quasi accorgermene, scossa da singhiozzi tanto forti da spezzarmi. Le braccia
di Tom erano il mio unico contatto con il mondo esterno, dighe di un fiume in
piena che doveva fare il suo corso.
Non so quanto tempo
trascorremmo così, in silenzio. Poi, come in una nuvola, arrivò un dolce
sollievo a calmare il dolore.
“Ha smesso di piovere. Vuoi che
ti riporti a casa?” Mi chiese infine continuando a cullarmi.
Attese con pazienza che
riprendessi coscienza del mio corpo, di ciò che ci circondava. Una strada
anonima, mi chiesi come fosse riuscito a trovarmi. Inspirai a fondo e levai lo
sguardo fino a incrociare il suo.
“Preferirei restare con te.”
Si limitò a sorridermi, uno di
quei sorrisi che ti scaldano nel profondo. Mi prese per mano e, poco più
avanti, vidi parcheggiata la sua macchina. Aprì la portiera e mi aiutò a
salire, come se avesse paura che alla benché minima distrazione potessi farmi
del male.
Guidò lentamente, un braccio
intorno alle mie spalle, mentre con le lacrime finivo di inzuppargli la camicia
già fradicia. Per tutta la strada cercai di riprendere il controllo. All’inizio
sembrò impossibile, ma non mollai. Almeno
per qualche minuto, continuavo a ripetermi. Dovevo farcela.
Riuscii a calmare i singhiozzi,
seppur non a contenerli del tutto. Le lacrime invece non si fermavano, con loro
non sapevo da che parte cominciare.
Persi cognizione del tempo,
fino a quando non ebbi la certezza che ci fossimo fermati.
“Dove siamo?” La mia domanda
poco più di un gemito.
“A casa mia” rispose aiutandomi
a scendere. Barcollai fino all’ingresso, poi fui in grado di camminare da sola.
All’idea di non dover affrontare Benji mi sentii traboccare di riconoscenza e
recuperai un poco le forze.
Puntai direttamente
l’ascensore, ricordando che il suo appartamento si trovava a un piano elevato,
non raggiungibile a piedi. Gli occhi mi bruciavano e la parvenza di controllo alla
quale mi aggrappavo cominciò a vacillare. D’un tratto mi sentii sollevare da
terra e, sotto al mio orecchio, il suono rassicurante di un battito cardiaco. Avvolta
da quel tepore fluttuai nell’aria, finalmente libera dal peso che mi opprimeva.
Poco dopo sentii una superficie
soffice contro la pelle, e la sensazione di sicurezza abbandonarmi. Il panico
recuperò subito terreno, ma un braccio forte mi fece piegare in avanti e
qualcosa di duro e freddo premé contro le mie labbra. Con uno sforzo aprii gli
occhi e vidi che Tom cercava di farmi bere qualcosa.
“E’ un leggero calmante, ti
farà bene.”
Priva della forza di
controbattere, mandai giù l’acqua in cui era stata sciolta la medicina. Non
appena ebbi finito Tom mi aiutò a sistemarmi sul cuscino, prima di coprirmi con
la grande trapunta a due piazze.
“Se hai bisogno di qualcosa
sono di là” mi disse piano all’orecchio.
Senza pensarci gli posai una
mano sul braccio, trattenendolo debolmente. “Resta” pregai in un
sussurro appena percettibile, “per favore.”
Non protestò e si sdraiò
accanto a me. Mi accoccolai sul suo petto e trovai subito conforto nel calore
del suo corpo.
“Dormi ora,” mormorò accarezzandomi
i capelli.
Il calmante cominciava già a
fare effetto, Tom doveva aver sbagliato i dosaggi. Ciononostante vidi con
chiarezza il quadro di tutte le bugie, di ogni errore che avevo commesso, dal
più piccolo al più grande. Avevo sbagliato tutto, mentendo a me stessa e a
coloro che mi volevano bene.
Tom mi avrebbe soccorsa a quel
modo se avesse saputo la verità?
Rimase in silenzio, tenendomi
stretta e mormorando parole di cui non riuscii a cogliere il significato. La
mia testa si fece sempre più pesante, fino a quando il sonno non ebbe il
sopravvento.
Il mattino portò con sé il sole
e una piccola speranza, se non il sollievo che mi auguravo. Aprii gli occhi,
strizzandoli per abituarmi alla luce. Mi girai nel letto e Tom non c’era più.
Sentii il suo odore tra le lenzuola e inspirai a fondo il morbido tessuto che
mi avvolgeva. Senza di lui cosa ne sarebbe stato di me?
Tornai con la mente al giorno
precedente e una fitta lancinante mi attraversò il petto. Benji avrebbe mai
trovato la forza di perdonarmi, di capire?
Il tempo guarisce tutte le ferite,
diceva sempre mio nonno, animo dolce e saggio che aveva accompagnato in maniera
discreta tutta la mia vita e alla cui mancanza non ero mai riuscita ad
abituarmi.
Mi guardai intorno. Era la
prima volta che mi trovavo nella camera da letto di Tom e sorrisi all’idea di
quanto rispecchiasse il suo carattere. Semplice e disordinata, piena di ricordi
e di amore.
Forse è uscito pensai, in risposta al silenzio che aleggiava
in casa.
Provai ad alzarmi ma il
movimento fu troppo brusco, e un forte senso di vertigine mi incollò al letto
per qualche istante. Inspirai e misurai la forza nelle gambe, prima di tentare
nuovamente. Quando fui sicura di potermi reggere in piedi mi avventurai piano
per le stanze adiacenti, ignorando il pavimento freddo sotto i piedi scalzi. Oltre
alla felpa, Tom doveva avermi sfilato scarpe e calzini nel sonno.
“Ciao” lo salutai, trovandolo
finalmente in cucina. La mia voce era rauca e mi schiarii istintivamente la
gola. I miei occhi, finalmente asciutti, incrociarono il suo sguardo inquieto.
Si limitò a versarmi una tazza
di tè, aspettando che fossi io a parlare.
“Sto meglio” lo rassicurai,
“non so come ringraziarti.”
Un sorriso colmo di dolcezza gli
illuminò il viso e dovetti trattenermi dal corrergli incontro e buttargli le
braccia al collo. Mi limitai invece a prendere posto accanto a lui, osservando
con stupore la tavola imbandita in onore di un appetito che ero lungi dal
provare.
“Mi dispiace che tu mi abbia vista
così” dissi accarezzandogli un braccio con la mano, “non volevo farti
preoccupare.”
Tom sospirò, girando il
cucchiaino nella tazza più a lungo del necessario. “Quando ieri ti ho vista
sotto la pioggia ho avuto davvero paura.” Mi fissò, turbato. “Stavo rientrando
a casa e una macchina di fronte alla mia ha inchiodato, clacsonando a più
non posso. Mi sono affacciato per capire cosa fosse successo e ti ho vista. Hai
attraversato senza nemmeno guardare.”
Il tono della sua voce era
carico di apprensione e non potei fare a meno di abbassare lo sguardo per la
vergogna. Con un dito mi sollevò il mento, affondando i suoi occhi neri nei
miei. “Rischiavi di essere investita e quando ti ho chiamata non hai avuto la
minima reazione, sembravi uno zombie. Vuoi dirmi cos’è successo?”
Un groppo in gola mi impedì per
un attimo di respirare. Non avevo la forza di affrontare anche la sua ira,
eppure meritava di sapere.
“Benji mi ha detto andarmene.”
Il solo pronunciare quelle parole mi annientò e sentii il bisogno di chiudere
gli occhi, come se potesse aiutarmi a cancellare i ricordi del giorno prima.
Tom non si scompose, doveva
aver tratto le sue conclusioni e di certo non poteva trattarsi di un semplice
battibecco. “Per quanto sia uno zuccone arrogante, mi riesce difficile credere
che ti abbia cacciata di casa.”
Presi il coraggio a due mani e
tornai a guardarlo. “Ti assicuro che ha tutte le ragioni del mondo, me lo sono
meritato.” La mia affermazione colse nel segno e l’espressione di Tom si
irrigidì per la sorpresa.
“Benji ti ama profondamente,
cosa puoi aver fatto di tanto grave?” Per un attimo rimase in silenzio, come
folgorato da un’improvvisa consapevolezza. “Hai cambiato idea? Non vuoi più
sposarlo?” Scosse il capo senza darmi il tempo di intervenire. “Non avrebbe
comunque senso. Solo se l’avessi tradito potrei spiegarmi un tale
comportamento.”
Scossi la testa lievemente, in cerca delle
parole giuste. “Non si tratta del tradimento che intendi tu, però ci sei andato
molto vicino.” Una sincero stupore gli si dipinse in viso e mi affrettai a
spiegarmi meglio. “Non c’è nessun altro Tom, te lo assicuro.”
Sembrò rasserenarsi, ma non
parlò subito. Per un attimo dimentica dei miei guai mi limitai a osservarlo. Di
nuovo quell’ombra, sensazione astratta che sfuggiva alla mia comprensione e di
cui non riuscivo a percepire il reale significato.
Poi più nulla, la sua adorabile
fossetta fece capolino cancellando quel disagio come se non fosse mai esistito.
Prese le mie mani tra le sue e si accorse che erano gelide. “Immagino non sia
facile, perché non cominci dall’inizio?”
La sua voce carezzevole ebbe la meglio sui
mille dubbi che mi tormentavano. “Non sarà facile per nessuno dei due.” Feci una pausa e il silenzio attento di Tom mi indusse a
continuare. “Prima di iniziare posso chiederti un favore?”
Serio in volto, si limitò ad
annuire.
“Prova a pensare che si tratti
solo di un sogno, dimentica di essere cosciente.” Socchiusi gli occhi
e la mia voce tremò leggermente. “Lasciati andare e pensa
che tra poco ti sveglierai.”
La stretta intorno alle mie
mani si fece più forte e per un istante mi persi nella profondità del suo
sguardo. Avrei dato qualunque cosa purché non smettesse di credere in me, di
volermi bene come io ne volevo a lui.
Tirai un profondo respiro. “Da
quando vi ho conosciuti sono una persona diversa. Prima mi limitavo a
sopravvivere, giorno per giorno, senza quasi accorgermi che la vita mi scorreva
accanto, silente. Ora sono felice, ma non so per quanto ancora potrà durare.” Pronunciai le
ultime parole con un sorriso amaro sulle labbra. Il mio cuore sembrava appeso a
un filo sottilissimo e fragile che ormai solo il dolore teneva legato.
“Vengo da un mondo molto lontano”
mormorai. Tom mi passò con delicatezza il dorso della mano su una guancia, e
solo allora mi accorsi che alcune lacrime mi rigavano il volto. “E’ accaduto
come d’incanto, non ne conosco il motivo. Per quanto sia difficile da spiegare,
non faccio parte della vostra realtà, sono una sorta di aliena in visita.” Cercai di
sorridere, mentre sprofondavo nella consapevolezza che prima o poi mi sarei
risvegliata da quel sogno bellissimo.
“Se tutte le aliene fossero così carine ti
chiederei di invitarmi sulla tua navicella spaziale” mi interruppe Tom, che
fino a quel momento aveva ascoltato senza batter ciglio.
Non potei fare a meno di ridere fra un
singhiozzo e l’altro. “Come farò senza di te? Non voglio lasciarti Tom.”
Quella domanda lo colpì come un colpo in
pieno petto, più di ogni mia precedente dichiarazione. Distolsi
lo sguardo, incapace di sostenere il suo. Le parole di Benji non avevano
smesso un attimo di ossessionarmi ed ero terrorizzata all’idea che anche lui potesse
odiarmi.
“Perché dovresti lasciarmi?”
“So che sembra impossibile, ma sono nata e
vissuta in una realtà diversa dalla vostra. Mi è stata data la possibilità di
viaggiare da una dimensione all’altra, per questo nessuno sa da dove provengo.”
Si passò una mano fra i
capelli, guardandomi con fare incredulo. “Vuoi dirmi che esistono dei mondi
paralleli, come nei film?”
Mi ci volle qualche istante per ritrovare
la voce. “A quanto pare sì, e io ne sono la prova. Immagina che sia salita su
una macchina del futuro, solo che anziché muovermi nel tempo sono giunta sin
qui.”
“Com’è possibile?” Domandò nuovamente,
incapace di assimilare la notizia.
“Ti giuro che se lo sapessi farei di tutto
per restare con voi,” dissi cercando di mandar giù il nodo che mi soffocava. Fu
la mia volta di prendergli una mano e fissarlo dritto negli occhi. “Se mi sarà
data la possibilità di scegliere non esiterò un solo istante, ma temo non
dipenda da me. Potrei dover tornare a casa da un momento all’altro” spiegai asciugandomi
le lacrime con la manica, “per questo Benji ha detto che non vuole più vedermi.”
Tom si alzò in piedi, allontanandosi di
qualche passo. Trattenni il fiato, temendo che fosse sul punto di mandarmi via anche
lui.
“Hai parlato di macchina del tempo” riprese
con tono posato avvicinandosi alla finestra, senza però riuscire a guardarmi.
“Immagino si trattasse solo di un paragone.” Non riuscii a rispondere ma il mio
silenzio fu più eloquente di qualunque parola. “Dobbiamo impedire che il
processo che ti ha portata qui si inneschi al contrario” concluse serio,
tornando a sedersi accanto a me.
Gli rivolsi uno sguardo stupefatto.
“Davvero mi credi, non pensi che sia matta?”
Per tutta risposta si limitò a farmi
l’occhiolino. “Hai detto che si trattava solo di un sogno, quando ci
sveglieremo chiamerò la neuro.”
Stanca di trattenermi lo abbracciai con
tutte le mie forze. Era straordinario, non avrei mai potuto rinunciare a lui e al
suo spirito allegro. Mi abbracciò a sua volta, tenendomi stretta e lenendo
quello che fino al pochi istanti prima mi era sembrato un dolore insostenibile.
Recuperai piano il controllo, cercando con
mani tremanti il fazzoletto che mi aveva dato in macchina il giorno prima. “Mi
dispiace aver atteso tanto per dirti la verità.”
“Non preoccuparti, deve esserci una
soluzione,” disse rivolgendomi un sorrise incoraggiante.
Per tutta risposta mi soffiai il naso. Mi
sentivo come un palloncino pieno di elio, pronto a volar via alla prima folata
di vento.
Con estrema semplicità mi passò un braccio
dietro la schiena, e appoggiare la testa sulla sua spalla sembrò la cosa più
naturale del mondo. “Non ho la minima intenzione di perderti, la vita
tornerebbe a essere noiosa.” Si mise a giocare con una ciocca dei miei capelli
mentre il tono pacato della sua voce colava come balsamo sul mio cuore, i cui
pezzi sparsi cominciavano a ricomporsi. “Potrei anche dimenticarti, ma ci vorrebbe
un po’ e non mi va.”
Scoppiai a ridere e mi allontanai un poco
da lui. “Che carino che sei, quasi commovente.”
“Non ti scaldare, fa parte del programma «aiuta
una donna in difficoltà».”
“Scemo.”
“Correggo, in grossa difficoltà.”
Gli diedi un buffetto sul braccio per poi
baciarlo sulla guancia. “Grazie Tom.”
Mi fissò con finta aria sorniona, dandomi
una leggera schicchera sul naso. “Non ti ci abituare però. Ora raccontami in
dettaglio come sono andate le cose.”
Ci spostammo in salotto e cercai di
fornirgli il maggior numero di dettagli possibili, soffermandomi anche su
aspetti in apparenza trascurabili. Rimasi stupita dal suo approccio razionale,
quando la mia storia di razionale aveva ben poco.
“La chiave di tutto sembra il fumetto” concluse
infine, “il ciondolo serve solo a riportati a casa e non è ciò che vogliamo.”
Portai istintivamente la mano al collo. “Bisognerebbe
ritrovare il signore che me lo ha dato, ma l’ho rivisto una sola volta mentre
preparavamo il salone per il ballo. Disse che a tempo debito avrei avuto le
risposte a tutte le mie domande.”
“Non ci resta che trovarlo. Ricordi cosa
stavi facendo quando è apparso? L’elemento scatenante potrebbe essere un tuo
comportamento.”
Scossi il capo, sforzandomi di ricordare. “La
prima volta mi trovavo in un negozio di giocattoli,” mormorai ripercorrendo a
ritroso i momenti vissuti prima di salire sul volo che aveva stravolto la mia
vita. “La partenza era stata ritardata e per ingannare il tempo ho fatto un
giro dei negozi del terminal. L’unico aperto era proprio il suo, e mentre mi
guardavo intorno fantasticando tra me ha cominciato a farmi domande strane sui
ricordi della mia infanzia, fino a propormi di prendere in prestito il primo
numero della vostra serie.”
Tom sorrise e non ebbe bisogno di dire altro
perché ne capissi il motivo. Non aveva gradito l’idea di essere protagonista di
un cartone animato, avevo dovuto rassicurarlo più volte sul fatto che la storia
si incentrasse essenzialmente sulle partite di calcio, con scarsi riferimenti
alla vita privata. In ogni modo non doveva essere facile da accettare e lui sembrava
riuscirci egregiamente.
“Sono proprio curioso di dargli
un’occhiata, conoscendo il capitano non mi stupisce che l’abbia presa così male.”
Provai una fitta al petto che cercai di
ignorare. Non era quello il momento di auto commiserarsi. “Se Benji non gli ha
dato fuoco, non dovrebbe essere difficile soddisfare la tua curiosità.”
“La risposta potrebbe essere in quelle
pagine, dobbiamo andare da lui.”
Abbassai lo sguardo, il cuore che mi
tamburellava in petto. “E’ stato molto chiaro quando ha detto che voleva avere
più nulla a che fare con me.”
Tom agitò l’aria di fronte a sé con
noncuranza. “Price è sempre stato orgoglioso, con il tempo gli passerà.”
“E’ proprio questo il punto, non sappiamo
quanto tempo abbiamo ancora.”
Si avvicinò, tendendomi la mano. “Allora
sbrighiamoci.”
Note:
Per questo capitolo ho tratto ispirazione
dal tema di Titanic, film bellissimo per quanto un po’ passato di moda...
quante di voi hanno pianto guardandolo?^^ Il tema di Rose è davvero commovente,
spero che piaccia anche a voi: http://www.youtube.com/watch?v=OSZCFFpix2g&feature=related.
¨¨¨
In
risposta alle bellissime recensioni ricevute per l’ultimo capitolo^__^
benji79
Grazie
benji79, per le varie recensioni e segnalazioni. Sono molto felice che la
storia ti piaccia, e devo ammettere che anch’io invidio un po’ Myriam^^;
So che il confronto con Benji è
stato triste e turbolento, però vedrai che avranno tempo per chiarirsi. Ciao
e al prossimo capitolo!
Selanna
Che onore... riportare addirittura un passaggio del capitolo!!!
Grazie davvero, anch’io mi sono commossa descrivendo la scena tra questi due
zucconi^^
Diciamo che con Tom le
cose sono andate meglio, spero che nessuno si sia depresso troppo nel
frattempo^^ Sono molto felice che questa parte della storia vi stia piacendo,
se hai tempo magari fammi sapere cosa pensi di quest’ultimo capitolo. Baciiii!!!
Berlinene
Ora anche Tom sa che se ne dicono di belle su di loro... a
questo punto potrei anche presentartelo :D
Ammetto che la situazione mi diverte un mondo e sono felice che
diverta anche te. Se fosse poi possibile presentare uno dei nostri baldi
giovani ai propri genitori sarebbe davvero il massimo, quasi quasi ci faccio un pensierino e realizzo un seguito della
storia nel nostro mondo... hehe^^
Lady Snape
Sorryyyyyyyy!!! So
che la fine del capitolo 18 è stata terribile, ma non avevo scelta. Spero di
averti consolata un poco con quest’ultimo episodio :-)
Nemmeno io, prima di scrivere questa storia, avevo mai pensato
al lato negativo della faccenda: il fatto è che dopo un po’ i personaggi
prendono vita e fanno un po’ quello che gli pare. Purtroppo è venuto fuori un
bel casino e ora tocca che venirne fuori in qualche modo^^
Grazie mille per i bellissimi complimenti, spero che la storia
continui a piacerti!
Eccomi giunta alla recensione più complicata... Innanzi tutto ti
ringrazio di cuore per i bellissimi complimenti che mi fai, e sinceramente
non ho trovato il tuo discorso confuso. Il semplice fatto che tu ti sia posta
così tante domande mi ha trasmesso un forte “attaccamento” alla storia, il
che non può farmi altro che piacere. Oltretutto ogni opinione mi permette di
arricchire la storia con punti di vista diversi dal mio^^
Ma andiamo per ordine:
1) L’aver dato un volto ai personaggi: mi collego alla risposta
data a Brennan, in cui spiego che la scelta di
pubblicare le foto è stata alquanto travagliata. Mi sono chiesta a lungo se
“imporre” il mio punto di vista alle lettrici, dato che il bello di un
racconto sta proprio nel lasciare ampio spazio alla fantasia. Ho però pensato
che spesso il lato divertente dei film tratti da romanzi sta proprio nel
vedere che volto lo scrittore (o la scrittrice) ha voluto dare alle sue
“creazioni”. So bene che nessuno dei personaggi mi appartiene, se non Myriam
e un paio di new entry, però ho pensato che sarebbe
stato gradito a qualcuno e mettendo le foto in fondo ho pensato che fossero
più facilmente “ignorabili”^^
2) Mischiare il mondo reale con quello del manga: l’idea di
fondo era proprio creare un po’ di confusione, oltre a togliermi qualche
soddisfazione personale (ve la immaginate Megan Fox che viene piantata in
asso dal suo ex? XD). La mia storia non vuole essere una versione realistica
del manga, bensì un piccolo viaggio in una dimensione parallela in cui tutto
è possibile. Se mi fossi attenuta solo ed esclusivamente alla storia
originale, avrei avuto difficoltà a trasmettere il senso di confusione
provato da Myriam nel confrontarsi con questa realtà così diversa eppure in
fondo molto simile alla sua. Se ci fai caso in diverse occasioni lei rimane
stupita dei parallelismi tra il proprio mondo e quello di Benji, e il caso di
Twilight è uno di questi. Così anche voi vi sentite
più vicine a lei, no?
Per quanto riguarda invece l’allusione all’alieno, l’idea mi ha
divertito molto e ti dedico il relativo scambio di battute tra Myriam e Tom^^
Non vorrei invece deluderti quando mi chiedi se ho già pronto il
resto della storia: purtroppo ho alcuni pezzi di capitoli scritti qua e là, ma
non sono sicura al 100% del finale da dare alla storia, essendo ancora in
ballo l’ipotesi di un seguito. Posso però dirti che non escludo nulla a
priori, e che quanto da te suggerito potrebbe anche verificarsi... chi lo
sa?^^
Ciao ciao e a presto!!!
Bex
Grazie Bex, sono onorata di ricevere
tanti complimenti e incoraggiamenti, anche perché mentre scrivevo gli ultimi
capitoli mi ero buttata un po’ giù. Sapere che riesco a trasmettervi le
emozioni che provo nello scrivere mi riempie di gioia, soprattutto se mi dici
che ti viene naturale immedesimarti in Myriam. L’idea era appunto provare a
regalare un piccolo sogno a tutte voi che, come me, avete sognato ad occhi
aperti davanti a uno dei nostri anime preferiti.
Grazie ancora di cuore, spero che continuerai a seguirmi!^^
Brennan
Benvenuta Brennan, è sempre un piacere
sentire il parere di nuove lettrici! L’idea del mondo parallelo mi ronzava in
testa da molto prima che iniziassi a scrivere questa fic.
Come ho detto nel primo capitolo, da piccola ho davvero sognato di fidanzarmi
con Holly, e litigavo con la mia migliore amica per lui!!! Che buffo... Sono
anche molto contenta che ti piacciano le foto dei protagonisti: le ho
selezionate nel tempo e ho dubitato a lungo se pubblicarle o meno. In fondo è
giusto che ognuno immagini ciò che vuole, e non volevo “forzare la mano” a
nessuno. A un certo punto però ho pensato che forse a qualcuno avrebbe fatto
piacere entrare ancora di più nella mia testolina matta^^
Sul fatto del collegamento repentino tra Myriam e Benji, so che
all’inizio possa essere sembrato un tantino forzato. Il fatto è che lei viene
spedita in Giappone per un motivo preciso, si tratta quindi di una sorta di
incontro “pilotato”. Spero di non deludere le tue aspettative!!!
Ok, è ufficiale: i miei protagonisti hanno preso il sopravvento e ormai
fanno quello che vogliono
Ok, è
ufficiale: i miei protagonisti hanno preso il sopravvento e ormai fanno quello
che vogliono. Vi posso assicurare che la trama originale prevedeva un capitolo
molto diverso da quello che vi apprestate a leggere... A questo punto la
domanda sorge spontanea: dove mi porteranno?^^
Complice
una lieve influenza sono rimasta a casa con molto più tempo libero del solito,
riesco quindi a pubblicare in anticipo e sono molto curiosa di sentire cosa ne
pensate. Le recensioni ricevute negli ultimi 2 capitoli mi hanno fatto
riflettere su alcuni aspetti della storia che non avevo colto appieno, vi
ringrazio!
Vediamo se
la piega che stanno prendendo gli eventi vi aggrada... fatemi sapere^^
20
Tom
Quella situazione era a dir poco assurda, del tutto priva
di logica, eppure le credevo. Non aveva alcun senso ma non potevo farne a meno.
Pensiero silente da alcune settimane, nel vederla sotto la pioggia in quello
stato mi ero arreso all’evidenza.
Mi stavo innamorando di lei. O forse ne ero innamorato da
un pezzo ma avevo semplicemente ignorato il problema, convinto che prima o poi
si sarebbe risolto da solo. Qualunque fosse la spiegazione non l’avevo accolta di
buon grado. Che lei venisse o meno da un’altra
dimensione passava in secondo piano rispetto all’essere fidanzata con uno dei
miei migliori amici.
Ero quasi riuscito a prenderla con filosofia,
ritagliandomi a pennello il ruolo di amico perfetto, non potendo in alcun modo rivelarle
la verità. Se l’avessi fatto avrei finito per distruggerla, ne ero certo.
Ora mi stava seduta accanto, rannicchiata in se stessa
come un gattino spelacchiato. Convincerla ad andare da Benji era stato l’unico
pensiero lucido delle ultime ore. Dovevano fare pace, altrimenti sarei
impazzito. Se davvero lui l’avesse lasciata, non avrei resistito oltre. La
tentazione di baciarla mi aveva ossessionato tutta la notte mentre la stringevo
a me, nel mio letto. Era stata senza alcun dubbio la notte più lunga della mia
vita, e forse anche della sua. Respirare il suo profumo, vederla così indifesa
e abbandonata nel sonno mi aveva portato sull’orlo della scissione tra il mio io razionale e quello emotivo.
Lei e Price dovevano fare pace, solo così avrei trovato la
mia.
“A cosa stai pensando?” mi chiese con un debole sorriso.
Potevo percepire fisicamente la sua tensione, una corda di violino avrebbe
vibrato con minore intensità. Provai un stretta allo
stomaco che rispedii subito al mittente.
“Pensavo a quello che mi hai detto prima” mentii,
aggrappandomi all’unico argomento sensato che mi venne in mente. L’assurdità
della sua tesi cozzava con la mia serena accettazione e, per quanto si
sforzasse, non riusciva a farsene una ragione. Erano ben altri i problemi che
mi tenevano impegnato, se fosse venuta da Plutone non avrebbe fatto alcuna
differenza.
“Sei troppo tranquillo” insisté confermando la mia tesi,
“mi fai quasi paura.”
Staccai per un attimo gli occhi dalla strada per posarli
su di lei. Arrossì lievemente, e la fitta allo stomaco si fece se possibile più
intensa. Cerca di contenere gli ormoni Becker,
l’adolescenza è finita da un pezzo. Sorrisi a quel pensiero, prima di
volgere via lo sguardo. “Se preferisci ti porto dritta in ospedale, reparto di
igiene mentale.”
Per tutta risposta mi diede uno
buffetto sulla spalla. “Spiritoso.” Improvvisamente si rabbuiò. “Credi che
Benji vorrà parlarmi?”
Ecco, meglio tornare
su argomenti meno scivolosi. Mi sentii sdoppiare, in un dialogo parallelo condotto dalla mia
mente provata dal sonno e dal suo profumo che mi impregnava i vestiti.
“È semplicemente arrabbiato. Fa un sacco di storie, come
tutti gli uomini. Vedrai che gli passerà.” Deve
passargli, altrimenti non rispondo delle mie azioni. A proposito, vuoi sposarmi?
“Lo credi davvero?”
Fermi al semaforo, feci l’errore di incrociare il suo
sguardo supplichevole. “Ne sono certo.” In
alternativa potrei rapirti e portarti su un’isola lontanissima e deserta.
Due occhi ambrati mi fissarono, colmi di sincera
gratitudine. “Grazie Tom, sarei persa senza di te.”
“Figurati.” Sempre che
quell’idiota del nostro capitano non decida di tornare sui suoi passi. In tal
caso niente isola.
Scossi il capo, cercando di riordinare le idee. Dovevo
calmarmi, o avrei finito per fare una stupidaggine.
Perso nei miei pensieri, guidai fino all’ingresso di villa
Price. Stavo per scendere e salutare il custode quando Myriam mi fermò con un
gesto della mano. Livida in volto, avrebbe preferito entrare in una gabbia di
tigri affamate piuttosto che varcare quel cancello.
Rimasi al mio posto, improvvisamente conscio di quanto
fosse difficile quel momento per lei. Cedetti alla tentazione di accarezzarle
una guancia, provando un brivido al contatto. “Si sistemerà tutto, vedrai” affermai
con assoluta sincerità. Volevo il suo bene, così come volevo che Benji fosse
felice. Mi sarei fatto da parte, a patto che si decidesse a lottare per lei.
Attesi diversi minuti che si calmasse, fino a quando il silenzio
non diventò ridicolo. Non volevo essere il primo a romperlo, ma sembrava non
avessi scelta se volevo che parlasse di nuovo. “Se non te la senti possiamo
sempre fuggire insieme” dissi infine, questa volta ad alta voce.
Riuscii a strapparle un sorriso, e per un attimo fui
tentato di dirle che non scherzavo affatto.
“Attento, se me lo chiedi una seconda volta potrei anche
accettare.”
Aria, ho bisogno di
aria.
“Facciamo una terza e non se ne parla più.”
Scoppiò a ridere, dandomi un bacio sulla guancia. Rimasi
immobile, funambolo improvvisato a venti metri di altezza senza rete. Calma Becker, calma, ripetei come un
mantra.
“Sei pronta?” domandai cercando di riprendere il controllo
delle mie funzioni vitali.
Il suo sorriso si spense. “Non
direi, ma temo di non avere scelta.”
Diedi un colpetto di clacson
rimanendo in macchina, nel timore che se la desse a gambe sul più bello.
Percorremmo il viale interno in silenzio, fino al parcheggio.
Sembrava una statua di cera per
quanto era pallida. “Non dirmi che hai cambiato idea” la pungolai, cercando di
non pensare a come sarebbe stato non averla più accanto. Per un attimo la
immaginai radiosa, percorrere la navata di una chiesa di campagna fasciata in
un semplice abito bianco. Perfetto, ci
mancava solo questa.
Strizzai gli occhi per cancellare
quella visione. “Andiamo?” O andiamo o mi
sposi, deciditi.
Il suo labbro inferiore tremò per un attimo, le ci volle
tutto il coraggio che aveva in corpo per guardarmi negli occhi e rispondermi.
“Ok, ma vorrei che gli parlassi prima tu.”
Io? Dovrei
convincerlo a perdonarti, quando l’unica cosa che vorrei in questo momento è portarti
via con me? Mi sa che non ci siamo capiti.
“Va bene” dissi invece, sapendo che non avrei potuto
negarle nulla, “ma ad una condizione.”
Mi fissò in trepidante attesa.
Se non ti perdona
fuggiamo insieme.
“Cascasse il mondo tra dieci minuti mi raggiungi, non ho intenzione di venirti
a prendere.”
Il suo volto si illuminò. “Affare fatto.”
Scesi dalla macchina senza aggiungere altro, sapendo che
altrimenti le avrei fatto la vera domanda che avevo in mente. La sua risposta
non sarebbe probabilmente stata la stessa, ma forse mi sarei sentito più
leggero.
Mi diressi a passi veloci verso l’ingresso, chiedendomi da
che parte iniziare il discorso. Speriamo
che almeno Price sia in casa. Una giovane cameriera mi aprì la porta con un
sorriso che ricambiai distrattamente, prima di notare un lieve rossore tingerle
le guance. A tratti dimenticavo di sortire un certo effetto sul genere
femminile.
Concentrati Becker,
non è il momento di flirtare con la prima ragazza che incontri.
Chiesi di Benji e mi venne indicata la porta del salone
che dava sul giardino. Ringraziai e mi diressi con discrezione verso l’ampia
veranda dove era solito ritirarsi a leggere nelle giornate di sole.
Lo trovai con una rivista in mano, e per un lungo istante
sembrò ignorare la mia presenza.
“Ciao Benji” salutai con semplicità.
Alzò lo sguardo incrociando il mio, rimanendo seduto.
“Ciao Tom. Qual buon vento?”
Un vento di tempesta, pensai alla vista delle profonde
occhiaie che gli solcavano il volto. Tutte le mie velleità amorose si spensero
come una fiammella esposta a corrente improvvisa. Un dolore profondo albergava
negli occhi del mio amico, riflesso perfetto di quello che tanto mi aveva
spaventato in Myriam la sera prima.
“Da un po’ di tempo a questa parte hai un aspetto
terribile quando ci vediamo.” Benji non raccolse la provocazione. “Pensavo
avessimo superato la parte difficile.”
Immobile, si limitò a fissare il vuoto di fronte a sé. “Lo
pensavo anch’io.”
Mi avvicinai di qualche passo, attratto dalla rivista che
aveva in mano. “Posso?” domandai semplicemente, come se non vi fosse bisogno di
spiegazioni.
“Accomodati” rispose porgendomi il fumetto.
Mi ci vollero alcuni minuti per assimilare le implicazioni
di ciò che stavo tenendo in mano. Immagini e testi scorrevano sotto i miei
occhi increduli. Un conto era sentirselo raccontare, un altro vederlo scritto nero
su bianco. Sfogliai le pagine in trance, quasi dimentico di non essere solo.
“Interessante, non credi?”
La sua domanda mi fece sussultare. Mentre leggevo Benji si
era alzato, e ora mi stava di spalle con le mani incrociate dietro la schiena.
Fui felice che non potesse vedere l’espressione sul mio volto, così come era
probabile che volesse nascondere la propria.
Scossi il capo, con la profonda convinzione che nulla
sarebbe più stato lo stesso. Presi il coraggio a due mani e mi buttai. “Myriam
mi ha raccontato tutto.”
Come immaginavo non si voltò, continuando a fissare il
parco di fronte a sé. “Quello che desidero in questo momento
è non parlare di lei. Sto bene così.”
“Non è possibile
capitano, una cosa del genere devasterebbe chiunque.”
“Ti ha chiesto lei
di curare le sue pubbliche relazioni o ti sei offerto volontario?”
Rimasi colpito
dalla durezza del suo tono di voce, ed ebbi la netta impressione che non fosse nemmeno
in grado di pronunciare il nome di Myriam. “L’ho convinta io a parlarti, è
rimasta in macchina ma tra poco sarà qui.”
In men che non si
dica me lo ritrovai di fronte, e per un attimo ebbi l’impressione che volesse
bruciarmi vivo.
“Come osi
intrometterti?”
Serrai la mascella, sentendo la rabbia montare. “Hai anche
solo la più vaga idea di quello che Myriam ha passato nelle ultime ore?”
Potei quasi percepire la lotta interna che lo dilaniava,
ma la parte oscura sembrò prevalere. “Non mi interessa.”
Lo bloccai per un braccio prima che potesse allontanarsi. “Cosa
pensi di fare?”
Benji si liberò con uno strattone. “Me ne vado.”
“E dove?”
“Non ti riguarda! Voglio andarmene ok? Non so dove, né per
quanto. Non so niente di niente, tranne che non voglio vederla.”
Mi interposi tra lui e la porta. “Non puoi continuare a scappare,
devi parlarle.”
“Becker, togliti di mezzo.”
“Smettila di pensare solo a te stesso” sibilai, fuori di
me.
Strinse i pugni, forse per trattenersi dal colpirmi. Non
avrei chiesto di meglio che rendergli pan per focaccia. “Stai facendo l’errore
più grave della tua vita. Se non la pianti di fare i capricci la perderai per
sempre.”
Con mio estremo stupore riuscii a far breccia nella sua
maschera inflessibile. “Sta davvero così male Tom?”
Abbassai lo sguardo in segno di assenso. Il ricordo del
suo viso stravolto e rigato dalla pioggia mi perseguitava.
Benji mi oltrepassò in silenzio, fermandosi in mezzo alla
stanza. “Dove si trova ora?”
Aveva capitolato. Una parte di me ne
fu felice, ma non potei esimermi dal provare tristezza per ciò che ne sarebbe
conseguito. “In macchina. Le avevo detto di raggiungerci ma temo non ne abbia
avuto il coraggio.”
“Cosa faccio, le dico che ho cambiato idea?” domandò
improvvisamente insicuro.
Mi concessi il lusso di un mezzo sorriso. “Le donne
adorano gli uomini che cambiano idea, come nei film. Perché
credi che gli piacciano tanto?”
Mi rivolse uno sguardo grato prima di uscire. Non ebbi la
forza di seguirlo. Un conto era rallegrarmi per la loro riappacificazione, un
conto assistervi in prima persona. Con il tempo avrei superato la cosa.
Tornai fuori, respirando a pieni polmoni l’aria fresca
dell’autunno ormai alle porte. Ripensai al pomeriggio trascorso con lei solo
pochi giorni prima. La vita è davvero più
semplice quando si è bambini.
“Non la trovo.” La voce allarmata di Benji giunse
inaspettata alle mie orecchie.
“Come sarebbe non la trovi? Era in macchina.”
“A meno che tu non intenda nel bagagliaio, nella la tua Z4 (21) non c’è.”
Lo guardai stupito e la mia espressione sembrò divertirlo.
“Hai una nuova macchina invisibile? Se sei un super eroe
dimmelo, ormai nulla può stupirmi.”
“C’è poco da scherzare Price” ribattei serio, “deve
essersene andata a piedi mentre parlavamo.”
Benji impallidì. “Forse ci ha sentiti.”
“Sei un idiota” lo interruppi. “Se non la troviamo ti
spezzo il collo con le mie mani.”
* * *
Benji
Mi sentivo preda di uno stato di ansia perenne al quale
non ero affatto abituato. Avevamo girato la città in lungo e in largo, invano.
Tom non mi rivolgeva la parola di più di un’ora e potevo anche capirne il
motivo.
Difficile descrivere il senso di colpa che avevo provato
nell’udire il racconto del suo incontro con Myriam. Accecato dal mio amor
proprio, non mi ero soffermato neanche un istante su come lei potesse aver
vissuto gli ultimi mesi accanto a me, sopportando le mie domande, vivendo ogni
giorno come se fosse l’ultimo.
“Se fosse tornata a casa?” La domanda uscì flebile dalle
mie labbra, quasi augurandosi di non ricevere risposta.
“A casa tua no di certo” rispose Tom senza distogliere gli
occhi dalla strada, “e da me abbiamo già controllato.”
Soppesai per un attimo le mie parole. “Intendevo casa
sua.”
Il silenzio che seguì fu tanto pesante da togliermi il
respiro, ed ebbi la netta sensazione che Tom provasse la stessa cosa. Mi
sforzai di reprimere un istintivo moto di gelosia. Se Myriam era ancora tutta
intera lo dovevo a lui.
“Spero di no. Se così fosse non potrei mai perdonartelo.”
Non ebbi la forza di rispondere. Anche Tom l’amava, ne ero
certo. Tenni quel pensiero per me, aggrappandomi alla speranza di poter essere
ancora geloso in futuro, anziché annientato dalla solitudine e dal rimorso.
“Rifletti” domandò, duro. “Dove potrebbe essere?”
“Non ne ho idea, sono ore che ci penso. Abbiamo
rivoltato l’intera città.”
“A meno che non si sia dissolta nel nulla, deve pur
trovarsi da qualche parte. Cerchiamo di ragionarci un attimo. Era sconvolta, si
sarà nascosta in un posto dove si sente al sicuro, dove a nessuno verrebbe in
mente di cercarla.”
“Nemmeno a noi.” Passai velocemente in rassegna tutti i
posti dove eravamo stati insieme, senza grandi risultati.
“Conviene che ci separiamo” concluse Tom
accostando al primo marciapiede.
“Vuoi che scenda?”
“Sì, tanto vale procedere a caso. Chi la
trova per primo avvisa l’altro.”
Feci a malapena in tempo a chiudere lo sportello che
l’auto era già partita. Mi ha
letteralmente scaricato. Se il frangente non fosse stato dei più tragici
avrei riso della mia penosa situazione.
Cercai di orientarmi, guardandomi intorno. Ero lontano dal
centro, in uno dei quartieri nuovi della città. Pensai con amarezza che il
momento più allegro della giornata era stato scoprire in Tom un rivale in amore.
L’idea che potesse essere più adatto a lei, più responsabile e affettuoso, mi
colse del tutto impreparato.
“Peste perdonami” pregai a voce alta. “Prometto che se
riuscirò a trovarti farò di tutto per renderti felice, anche se ciò volesse
dire rinunciare a te.”
Provavo una rabbia sorda al pensiero delle tante occasioni
perse, di come l’avevo cacciata e aggredito Tom quella mattina. Avevo detto
cose orribili, al solo pensiero che Myriam avesse udito ogni cosa sentivo le
ossa liquefarsi.
Così impari Benjamin. La voce di Nathalie echeggiò
nelle mie orecchie. Snobbarmi per una marziana qualunque.
Scossi il capo nel tentativo di zittirla. L’autonomia del
mio equilibrio mentale era ormai agli sgoccioli.
Avrei dato qualunque cosa pur di tornare al nostro ultimo
momento felice, tenerla stretta a me e non lasciarla andare più. Ripensai alla
nostra vacanza in barca, alla prima volta che avevamo fatto l’amore, quando
avevo capito di non poter vivere senza di lei.
Mi colpì, come un fulmine.
Senza quasi ragionare mi guardai intorno alla ricerca di
un taxi. La giornata volgeva al termine e le strade si stavano svuotando. Mi
misi a correre, digitando nel frattempo il numero del servizio informazioni.
Fu il disco di attesa più lungo del mondo, le mie dita
stringevano il telefono come se fosse stato l’unico appiglio in uno strapiombo
di cento metri.
Finalmente il taxi arrivò, e dovetti fare uno sforzo sovrumano
per indicare l’indirizzo all’autista in maniera comprensibile. Il traffico mi
fu amico e arrivai a destinazione in meno di venti minuti, sebbene sembrassero
trascorse intere giornate da quando mi ero separato da Tom.
Pagai la corsa senza nemmeno guardare il tassametro e
schizzai fuori dalla macchina. Il porto era semi deserto e
corsi a pieni polmoni fino al molo dove era ormeggiata la mia barca,
felice di poter sfogare in qualche modo il panico che si era ormai sostituito
al sangue nelle mie vene.
Provai un tuffo al cuore alla vista di Sheelala(22). Potei quasi vedermi, in piedi al
timone accanto a lei, ebbro di ottimismo per il futuro che ci attendeva. Prima
che riuscissi a coglierne le varie sfumature l’immagine si dissolse,
inghiottita dal timore che tutto fosse andato perduto per sempre.
Aprii il tambuccio (23) che mi scordavo sempre di chiudere a chiave e scesi sotto coperta. Il
generatore era staccato e mi ci volle qualche istante per abituarmi al buio.
Era la mia ultima possibilità.
Ti prego, ti prego
fai che sia qui.
Mi avvicinai piano alla cabina che avevamo condiviso poche
settimane prima, e chiusi gli occhi trattenendo il fiato. Posai la mano sulla
maniglia e spinsi piano verso il basso.
* * *
Myriam
Riuscii finalmente a trovare una coperta, raggomitolandomi
nel letto.
Era ancora buio quando mi svegliai. Mi sentivo confusa ma
sapevo che non era ancora mattina. Cercai di allungarmi, voltandomi verso
l’oblò. La notte era scura, le nuvole offuscavano la luna impedendo alla sua
luce di schiarire il cielo.
“Scusami” mormorò così piano che la sua voce rimase parte
dell’oscurità. “Non volevo svegliarti.”
I miei muscoli si contrassero e mi tirai istintivamente
indietro. Si trattava senz’altro di un’allucinazione. Chiusi gli occhi, sperando
che non se ne andasse, finché la mia mente non registrò il suo inconfondibile profumo.
“Benji, sei davvero tu?” balbettai quasi, aspettando che
la furia ci travolgesse. Con mia grande sorpresa la placida atmosfera della cabina
non si alterò, potevo quasi sentire nell’aria la dolcezza del nostro ritrovarsi,
del suo respiro su di me.
Non c’era tensione tra i nostri corpi. Eravamo immobili,
vicini senza toccarci. Il vuoto lasciato dalla sua lontananza aveva un
sottofondo amaro che solo ora avvertivo pienamente.
“Come hai fatto a trovarmi?” domandai cercando di mettere
a fuoco il suo viso.
“Perdonami.”
Cercai la sua mano a tastoni e,
trovandola, intrecciai le dita alle sue. Si avvicinò a me, circondandomi con le
braccia e attirandomi sul suo petto.
“Perdonami” ripeté.
“Non c’è nulla da perdonare” gli sussurrai all’orecchio. Cedetti
alla tentazione di avvicinare le labbra alle sue, sfiorandole piano. Mi sentii
tornare in vita, dolce risveglio dal letargo invernale.
“Quanto siamo stupidi?” domandò staccandosi un poco da me.
Mi accarezzò la guancia con il dorso della mano.
Il mio respiro si era fatto irregolare. “Molto.”
Le sue labbra si spostarono nell’incavo della mia
mascella, proprio sotto l’orecchio. Trattenni a stento un gemito.
“Davvero stupidi” sussurrò contro la mia pelle.
Annuii tra i suoi baci, passandogli le mani sulla nuca,
dimentica dei terribili momenti appena trascorsi.
Mi passò le dita lievi sul braccio, poi sul fianco e
intorno alla vita, tracciando piccoli centri concentrici, giù fino alla coscia.
Senza che potessi reagire passò una mano sotto al ginocchio e mi tirò su la
gamba, sistemandola sopra i suoi fianchi.
Ogni fibra del mio corpo si tese, e un calore familiare si
irradiò sulla pelle sotto le sue dita.
“Perdonami.”
Prima che potessi rispondere, prima che potessi anche solo
concentrarmi per dare un senso alle sue parole, mi fece rotolare su un lato,
salendomi sopra. Piegò leggermente la testa per permettere alla punta della
lingua di scendermi lungo il collo, tracciandone con dolcezza il profilo. Baciò
ogni centimetro della pelle con esasperante lentezza, spostandosi in alto fino
al piccolo punto sensibile alla base dell'orecchio. Cominciai a respirare
forte, al limite del controllo.
“Potrebbe sentirci qualcuno” riuscii a biascicare.
Benji ignorò la mia debole protesta, avvicinandosi di
nuovo e tracciando la linea delle mie labbra con la lingua. Sentivo il suo peso
su di me, leggero perché appoggiato in parte su una gamba. Il mio cuore batteva
tanto forte che temevo potesse esplodere da un momento all’altro.
Inspirai profondamente, cercando di riordinare i miei
pensieri. Cos’era successo? Perché aveva cambiato idea?
Dovette percepire il mio cambiamento di umore perché si scostò
da me, sdraiandosi sulla schiena con le mani dietro alla testa. Riuscivo a
vederlo ora, un raggio di luna attraversava l’oblò e illuminava la parete di
fronte a noi.
“Grazie a Tom ho capito di essermi comportato da perfetto
idiota” spiegò, leggendomi nel pensiero. “Quando sei scomparsa c’è mancato poco
che mi piantasse una pallottola in mezzo agli occhi. Abbiamo messo la città sottosopra
per trovarti.”
Sospirai, appoggiandomi al cuscino e fissando il soffitto.
Non avrei dovuto interromperlo, forse trascorrere la notte insieme avrebbe reso
tutto più semplice. Alla luce del sole i problemi sembrano più facili da
risolvere. O forse no.
Benji si spostò di lato, la
guancia destra nel palmo della mano. Mi sentii catturare dalla forza del suo
sguardo e, senza che mi avesse nemmeno sfiorata, il sangue riprese a pulsare
veloce nelle vene.
“Come ti sei sentita?”
Tornai a guardarlo con curiosità. “A cosa ti riferisci?”
“Al passaggio tra i nostri mondi. Devi aver pensato di
avere qualche rotella fuori posto quando sei arrivata qui.”
Un senso di sollievo mi pervase da capo a piedi. Riusciva
a scherzare, nonostante tutto.
“Mettiamola così, ho vissuto momenti migliori.”
Ripercorsi con la memoria il mio arrivo a Tokyo. Un’altra
me stessa, un'altra vita. “Solo scendendo dall’aereo mi sono accorta che
qualcosa non andava, non avevo certo collegato la cosa al fumetto.” Sospirai al
ricordo, cercando di scrutare la sua espressione nell’oscurità. “Mi trovavo
nell’aeroporto e nel paese sbagliato, parlavo una lingua a me sconosciuta e
nulla aveva senso. A un certo punto vi ho visti, con le fan che si agitavano e
gridavano i vostri nomi. Ho pensato di essere impazzita, poi il mondo ha
cominciato a girarmi intorno.”
“Attacco di panico.” La sua voce mi sembrò così calma.
“Così disse il dottore. Se solo avesse saputo, avrebbe chiamato il primo
psichiatra disponibile.”
Non riuscii a trattenere una risatina. “Forse dovresti
cercarne uno tu, e alla svelta.”
Potei sentire il sorriso nella sua voce mentre mi baciava
la fronte. “Forse.”
Mi strinse nuovamente a sé, con dolcezza.
“Cosa facciamo ora?” trovai la forza di chiedere. Il mio
cuore batté in modo quasi doloroso mentre attendevo la sua risposta.
“Non lo so.”
Provai un brivido lungo la schiena, accompagnato da uno
strano presentimento che scacciai infilando il naso nell’incavo del suo collo. Rimanemmo così abbracciati, in silenzio, in attesa di un
domani che avrebbe portato con sé più domande che risposte.
(22) “Festa di primavera” in lingua elfica. Se siete
curiose di vedere quale barca ho scelto per Benji, cliccate sul link seguente: http://www.x-yachts.com/seeems/3696.asp.
(23) Apertura e relativa porta o
scorrevole per scendere sottocoperta.
Per questo ho capitolo ho tratto ispirazione dalle
seguenti canzoni:
In
risposta alle sempre super-motivanti recensioni
ricevute per l’ultimo capitolo^__^
Bex
Grazie Bex! Questo capitolo arriva
prima del previsto, spero di non aver deluso le tue aspettative^^
Che mi dici di Tom? Non ho potuto farci nulla, mi ha preso la
mano e si è ribellato al ruolo che volevo attribuirgli inizialmente... che
faccio con lui ora? Aiutoooooooo^^;
Cmq anch’io mi chiedo spesso perché ragazzi così scarseggino
nella realtà, quasi quasi organizzo un charter per
il mondo di CT e vi invito tutte con me^^
Grazie ancora per i bellissimi complimenti e a presto!
Fulmy
Grazie a te per gli spunti di riflessione che mi hai dato. Come
detto nell’introduzione, sentire il vostro punto di vista mi aiuta a dare
alla storia migliori sfaccettature^^
Sono molto contenta che la mia risposta sia stata esaustiva, e
che la storia ti abbia appassionata tanto. Se la cosa può consolarti, siamo
in due a non dormirci la notte! Hehe...
Spero che la reazione di Tom non ti abbia sconvolta troppo,
vediamo cosa succede ora. Ciao ciao e a presto!!
benji79
Ciao Benji79! Spero tu sia contenta che Benji e Myriam abbiano
fatto pace... ma con Tom ora come facciamo? Aiutatemi e trovare una soluzione,
non posso mollarlo così che mi viene tristezzaaaaaaa!!! ;___;
Grazie ancora per la bellissima recensione e a presto spero!
berlinene
Dunque dunque... vogliamo iniziare da
Mark? Tra un paio di capitoli ritroveremo un po’ tutti i personaggi, fammi sapere
per tempo che organizzo^^
Scherzi a parte, sarebbe divertente inserirti in un cameo: se mi
dici come ti chiami e mi dai qualche indicazione per descriverti fisicamente
ci provo!
Tornando alla tua recensione, grazie
mille come sempre per i complimenti: in effetti mi sono depressa un po’ a
raccontare il punto di vista di Myriam, spero che il “trittico” di
quest’ultimo capitolo ti sia piaciuto. Spero soprattutto che Tom continui a
piacerti, si è fatto prepotentemente strada nella storia...
Ciao ciao e a presto!
Lady Snape
ROTFL... la tua recensione mi ha fatto sbellicare. E’ VERISSIMO,
Tom ha sempre avuto quella faccia con sorriso fisso, da cui il pensiero “che caxxote ridi?” un po’ alla
Verdone ^__^;;
Digressioni comiche a parte, sono davvero felice che il “mio”
Tom ti sia piaciuto, e spero che anche la svolta di quest’ultimo capitolo sia
risultata convincente. Come detto nell’intro, in
parte la storia è stata sviata dai miei personaggi: per quanto possa sembrare
strano, è stato come se lui non ci stesse a rimanere in disparte e, fino a
quando non gli ho dato il giusto spazio, non sono riuscita ad andare avanti.
Staremo a vedere... se hai qualche consiglio fatti avanti, perché sono un po’
in crisi -__-
Già sento
le proteste per questo capitolo... Vi avevo avvisate quando ho detto che ormai
i personaggi sono fuori controllo e fanno ciò che vogliono, giuro che non è
colpa mia^^;
Info di
servizio: la nota 24 riporta un link importante, non aspettate di arrivare alla
fine per cliccarlo.
Fatemi
sapere cosa ne pensate... sono davvero in ansia!!
Buona lettura^^
21
Myriam
“Pensi sia il caso di rimandare la partenza?”
Sapevo che la mia domanda non aveva una risposta logica, ma
mi era impossibile pensare ad altro. Se fossi salita sull’aereo per Monaco sarei
poi atterrata a Roma, nel mio mondo? Tremai al solo pensiero.
“Non credo” rispose Benji alzando lo sguardo dal suo
portatile, “credi che cambierebbe qualcosa?”
Rimasi in silenzio, indecisa se rispondere o meno.
“Non dirlo perché so che lo pensi” mi anticipò con un
sorriso.
Punta sul vivo, non riuscii a stare allo scherzo. “Non lo
penso perché è del tutto ininfluente.”
Erano ore che navigava su internet alla ricerca di qualunque
informazione sulla teoria dei mondi paralleli, dalla meccanica quantistica ai
romanzi di fantascienza. Dentro di me sapevo che non avrebbe fatto alcuna
differenza, ma capivo il suo bisogno di razionalizzare la situazione in cui ci
trovavamo.
Con mio estremo stupore, Benji sembrava accettare le
conseguenze del mio racconto. Al suo posto forse non sarei stata così
comprensiva. Non senza difficoltà, mi aveva raccontato della notte trascorsa
dopo la nostra separazione. Lunghe ore alternate tra sonno e veglia avevano
messo a dura prova i suoi nervi già scossi dalle mie rivelazioni.
Ero stata più volte sul punto di chiedergli se fosse stato
Tom l’ago della bilancia nella sua indecisione, senza però andare fino in
fondo. Per quanto mi avesse perdonata, qualcosa di impercettibile si era
insinuato tra noi, come se un velo invisibile lo trattenesse dall’avvicinarsi
troppo a me.
Il cellulare squillò improvvisamente, interrompendo il
corso dei miei pensieri.
“Svelta, accendi la tv!” Dovetti allontanare la cornetta
dall’orecchio per non rimanere assordata dalle urla di Patty. “Canale 7, ci
sentiamo dopo.”
Mi allungai per prendere il telecomando e, una volta
acceso, rimasi a bocca aperta davanti allo schermo. Tom era in mezzo ai flash
dei fotografi, in piedi accanto a Giorgio Armani. Re Giorgio, come lo chiamavamo dalle nostre parti.
“Che succede?” domandò Benji senza lasciare il computer al
quale sembrava ormai legato indissolubilmente.
“Tom è in televisione” mormorai mentre cercavo di seguire l’intervista.
Benji non commentò la notizia, di certo abituato
all’attenzione mediatica riservata all’amico. Da parte mia stentavo a
capacitarmi dell’ennesimo parallelismo tra i nostri mondi. Giorgio Armani
sarebbe potuto essere chiunque in quella realtà, un idraulico, un gelataio. Non
poteva fare proprio a meno di essere uno stilista famoso.
Prima che avessi il tempo di interrogarmi su una mia
eventuale versione parallela, il promo dello spot partì. Per poco non mi
cappottai. Tom era il nuovo testimonial della fragranza maschile DiamondsforMen.
I quasi sessanta secondi in bianco e nero sfilarono sotto
i miei occhi allibiti (24). Tom era sempre stato così sexy?
Deglutii alla vista dei suoi addominali scolpiti, subito coperti da una morbida
camicia di alta sartoria. Ripensai per un attimo alla sera del ballo, al
fascino sottile che mi aveva colpito vedendolo in smoking.
La scena finale chiudeva in bellezza. Uno stuolo di ragazze
adoranti, lo sguardo da playboy inconsapevole e seducente. Se si fosse potuta
prendere una licenza dalle leggi della fisica, la mia mascella avrebbe toccato
il suolo.
“Ma quanto è figo?” esclamò
nuovamente Patty alla quale avevo risposto come un automa. “Credo che Susie
stia correndo a casa sua.”
“Ho visto” balbettai senza riuscire a staccare gli occhi
dallo schermo. “Davvero Susie sta andando da lui?” domandai a scoppio
ritardato, chiedendomi perché la cosa mi infastidisse tanto.
“Sì, e ti dirò di più” ridacchiò lei più divertita che
mai. “Se non conoscessi Tom da sempre, Holly avrebbe di che preoccuparsi.”
Faticai a reggere lo scherzo, la mia mente ancora
annebbiata dallo stupore. Hard toresist(25)sosteneva il claim visualizzato
sull’ultima immagine. Come dargli torto.
“Sono sicura che Gisèle rosicherà tantissimo” proseguì
Patty senza far caso alla mia mancanza di reazione. “Sarebbe anche capace,
vedendolo così, di tornare sui suoi passi.”
“Visto il tipo non mi stupirebbe” risposi infine. “Quando
ha girato lo spot? Non me ne ha mai parlato.”
“Credo un paio di mesi fa. Lo conosci, anche se ci ha
fatto l’abitudine non ama mettersi in piazza.”
Sospirai, cercando di dirottare la conversazione sulla
festa prevista per il giorno successivo, ultimo ritrovo collettivo prima della
stagione invernale. L’idea di salutare tutti ufficialmente mi metteva a disagio,
ma rappresentava una valida alternativa agli addominali scolpiti del mio amico
Tom.
“Ci vediamo domani pomeriggio al
locale ok?” si accomiatò Patty con il solito piglio organizzativo.
“Certo, a domani.”
Riagganciai, persa nei miei pensieri. Tom mi aveva evitata
negli ultimi giorni, non lo vedevo dalla mattina in cui ci eravamo recati a
casa di Benji.
Quella che era nata come una vaga impressione stava
prendendo sempre più corpo. Potevo capire il riserbo legato allo spot
pubblicitario, per quanto si trattasse di un’omissione dalle gambe corte, ma
rifiutare tutti i miei inviti? Era diventato impossibile persino parlargli al
telefono.
“Tutto ok peste?”
Senza quasi accorgermene mi ero alzata dal divano, e Benji
mi aveva raggiunta abbracciandomi da dietro. Reclinai un poco la testa,
appoggiandomi al suo petto.
“Lo sai che Tom è il nuovo testimonial della campagna
profumi uomo di Armani?” domandai senza voltarmi. Per un attimo lo sentii
irrigidirsi, ma forse era solo la mia immaginazione.
“Ne avevo sentito parlare. Non sapevo che la trattativa
fosse andata in porto.”
“Mi manca, sai?”
Seppur con delicatezza Benji si
allontanò, avallando l’impressione avuta poco prima. L’argomento Tom era
diventato quasi tabù nelle nostre conversazioni.
“Qualcosa non va?” Scosse la testa, evitando accuratamente
di incrociare il mio sguardo. “Si vede lontano un miglio che stai nascondendo
qualcosa Price, sputa il rospo.”
“Credo che dovresti parlargli” mormorò passandosi una mano
sulla nuca.
Il suo tono di voce mi spaventò. “E’
successo qualcosa a Tom? Sono giorni che mi evita come la peste.” I
nostri occhi si incrociarono, e un lungo brivido accompagnò la strana luce che
vidi riflessa nei suoi.
“Vai da lui.”
Alla vista della sua mascella serrata capii che non
avrebbe approfondito oltre l’argomento. Mi avvicinai, sfiorandogli le labbra
con un bacio. “Ci vediamo più tardi” mormorai in un soffio.
Più preoccupata che mai, presi la borsa sul tavolo in
ingresso e mi diressi in garage senza nemmeno guardarmi allo specchio.
Non appena salita in macchina, avviai il motore e infilai
l’auricolare del telefono con un unico gesto. “Ciao Susie, come stai?” domandai
non appena mi rispose.
“Bene Myriam, grazie. E’ un po’ che non ci vediamo, venite domani?”
La festa di fine estate era diventato l’unico argomento di
conversazione del gruppo, non si parlava d’altro. “Certo, non
mancheremmo per nulla al mondo. Hai visto Tom per
caso?” chiesi con finta leggerezza, per quanto era lampante che fosse il motivo
della mia telefonata.
Perché lo chiedi a
me? Siete stati inseparabili fino a ieri, se non vuole vederti ci sarà un
motivo.
Trasalii, prima che la vera risposta di Susie giungesse
alle mie orecchie.
“Ci siamo sentiti prima, volevo passare a trovarlo ma
stava uscendo.”
“Ti ha forse detto dove era
diretto? Vorrei
fargli una sorpresa.” Bugia, tremenda bugia. Persino un bambino di due anni
sarebbe scoppiato a ridere.
“Al mare mi sembra, credo per un appuntamento” rispose
dopo una breve pausa che la mia immaginazione colorò con tutte le tinte
dell’imbarazzo.
“Grazie mille Susie, ci vediamo
domani.”
Mentre la salutavo i miei pensieri erano già altrove. Quel
debole indizio era quanto di più vicino fossi riuscita ad arrivare a Tom negli
ultimi giorni. Accesi il navigatore e inserii la prima località marina dell’elenco,
in attesa di un’intuizione che prima o poi sarebbe venuta.
Cercai di concentrarmi sulla guida, fino a raggiungere la
super strada che portava fuori città. Nonostante fosse venerdì pomeriggio, la
bella stagione si era ormai conclusa, e il traffico con lei.
Volai con la mente al mese precedente, quando Tom si era
messo in testa di insegnarmi a fare surf, e un sorriso mi piegò le labbra. A
nulla erano valse le rimostranze sul mio scarso senso dell’equilibrio, testardo
qual era Becker l’aveva presa come una sfida personale.
Avevo riso a crepapelle quando si era presentato in
bermuda e camicia hawaiana, improbabile domatore di onde con cd dei Beach Boys al
seguito. Poche ore dopo mi aveva invece sorpreso con una tecnica da manuale, e
diverse ragazze avevano seguito con interesse i suoi disperati tentativi di
tenermi fuori dall’acqua.
Alla strada di fronte a me si sostituirono frammenti delle
nostre risate, degli scherzi e inseguimenti sulla spiaggia. Non avrei dovuto infilargli il granchietto
nel costume pensai, mordendomi la punta della lingua con un pizzico di
rimorso.
Il volto sorridente di Tom mi aveva sempre accompagnata, in
pochi mesi l’attaccamento che provavo nei suoi confronti si era trasformato in
un sentimento indefinibile di dolce possesso. Non era forse gelosia quella che
provavo all’idea che potesse fidanzarsi e allontanarsi da me? Avevo accolto con
gioia il diradarsi delle sue confidenze su Gisèle, ma avrei mentito a me stessa
nel definirmi pienamente altruista. Con i pettorali in bella vista sulle televisioni
di mezzo mondo sarebbe rimasto single per poco, ne ero
certa.
Le immagini della pubblicità fecero capolino nella mia
mente, lasciandomi per un attimo senza respiro. Mi sentivo così strana, gli
eventi degli ultimi giorni avevano alterato la mia percezione della realtà.
Superato lo shock iniziale la verità si era presentata a noi in tutte le sue
sfaccettature, alcune delle quali difficili da digerire.
“Dobbiamo trovare una soluzione Becker, non voglio
perderti” pensai ad alta voce, aggrappandomi al volante.
La voce del navigatore mi riportò con i piedi per terra,
indicandomi di svoltare a destra alla prima uscita. Mi guardai intorno, in
cerca di qualche punto di riferimento. Seduta sul sedile del passeggero non
avevo fatto caso alla strada percorsa con Tom, ma ricordavo un cartello
turistico con una ragazza in kimono che mi aveva colpito per la sua bellezza.
Forza, forza, pregai cercando di non finire
fuori strada. “Eccolo” esultai avvistandolo alcuni minuti dopo. Per mia fortuna
non lo avevano rimosso, né sostituito.
Presi l’uscita successiva e seguii le indicazioni per la
spiaggia. Con Tom avevamo costeggiato il lungomare per un po’, prima di
fermarci in un parcheggio lontano dagli stabilimenti più frequentati. Non si
trattava di una località balneare di grido e il suo travestimento lo rendeva
immune agli sguardi delle fan, ma le precauzioni non erano mai troppe.
Seguii la strada deserta, così diversa nei miei ricordi, e
in pochi minuti raggiunsi la meta. Con un groppo in gola mi arresi
all’evidenza. La sua auto non c’era.
Spensi il motore e rimasi in macchina, indecisa sul da
farsi. Il paesaggio mi era vicino nella sua malinconia. Il cielo plumbeo, il
vento tra i cespugli, tutto sembrava riflettere il mio stato d’animo. Non me la
sentivo di tornare subito a casa, avevo bisogno di camminare e schiarirmi le
idee.
Scesi dall’auto e dovetti alzarmi il colletto della
camicia per ripararmi un poco dal freddo. Nella
fretta ero uscita senza giacca. Avanzai con passo lento verso la
spiaggia e, superata la piccola duna che mi separava dal mare, provai un tuffo
al cuore. La moto di Tom era parcheggiata poco lontano, vicino ad alcuni alberi
che l’avevano inizialmente nascosta alla vista.
Trotterellai per un centinaio di metri, guardandomi
intorno fino a quando non lo vidi.
Era solo e guardava il mare, le mani infilate nelle tasche
del giubbotto, i capelli scompigliati dal vento. Mi fermai a osservarlo da
lontano, come ad imprimere la sua immagine nella memoria. Anche se non avesse più
voluto rivolgermi la parola, sarebbe sempre stato il mio Tom.
Avanzai lentamente, sentendo il cuore stringersi a ogni
passo.
“Ciao Tom” salutai, la voce poco
più di un sussurro.
Pensai che non mi avesse sentito, fino a quando non si
voltò a guardarmi. Per un attimo sembrò non vedermi, anche se mi trovavo a pochi
passi da lui.
“Ciao My” rispose piano, senza
avvicinarsi.
“Finalmente ti ho trovato.”
Fece un passo in avanti, gli occhi socchiusi per il forte riverbero.
“Come sapevi che ero qui?”
“Susie mi ha detto che stavi andando al mare e ho ripensato
alle nostre lezioni di surf” spiegai, sforzandomi di
provare davvero il buonumore simulato. Una scolaretta alla prima recita
scolastica avrebbe tenuto la scena con maggior sicurezza.
Per tutta risposta mi rivolse un sorriso forzato.
“Mi sei mancato Becker.”
“Anche tu mi sei mancata.”
Mi avvicinai ancora, fin quasi a toccarlo.
Senza smettere di guardarmi mi scostò una ciocca di capelli dal viso,
passandomela dietro l’orecchio. Perché era tutto così difficile?
“Perdonami Tom, non volevo farti soffrire.”
Un lungo silenzio. “Non è colpa tua.”
Morivo dalla voglia di abbracciarlo, di dirgli
che sarebbe andato tutto bene, ma qualcosa di profondo mi frenava. Forse non si
trattava di lui, né di Benji, ma della mia paura di superare il punto di non ritorno.
Ora che anche loro sapevano dovevo giocare a carte scoperte, fare i conti con
la realtà.
Mi strinsi nelle spalle, trattenendo a stento
un brivido. Non feci in tempo a ribattere che Tom si era tolto la giacca per
mettermela sulle spalle.
“Così prendi freddo” protestai, mentre il
calore del suo corpo si trasferiva al mio attraverso il tessuto.
“Sono forte, mica uno scricciolo come te.”
Accolsi con gioia la mia fossetta preferita,
nel suo primo vero sorriso dopo giorni di silenzio. “Grazie, non dovresti
essere sempre così buono con me.”
Con mio stupore il sorriso si spense, e nel
suo sguardo tornò la malinconia di pochi istanti prima. “E’ più forte di me.”
Provai un altro brivido, molto diverso dal
precedente. “Non lo merito.”
Si avvicinò un poco, accarezzandomi la guancia
con il dorso della mano. “Non dire sciocchezze.” Prima che potesse allontanarsi
presi la sua mano tra le mie.
“E’ più forte di me” gli feci eco sorridendo
debolmente. Eravamo alla resa dei conti, percepivo il suo dolore e non potevo accettare
che lo affrontasse da solo.
Mi fissò in silenzio. “Siamo due stupidi” disse con lo stesso tono che aveva usato
Benji l’ultima notte in barca. Il parallelismo mi stupì.
“Forse” risposi
avvicinandomi ancora. Tom non si mosse. “Sappi che non ti libererai di me tanto
facilmente.”
Abbassò lo sguardo,
e nonostante mi stesse di fronte lo sentii più distante che mai. “Ho cercato di
non pensarci, di negarlo, ma non ci riesco, non ce la faccio.”
Qualcosa dentro di
me si spezzò. “Non puoi dire sul serio.”
Tornò a guardarmi, negli
occhi un misto di rabbia e disperazione. “E’ più forte di me” ripeté.
Indietreggiai di un
passo, incredula. Davvero lo avrei perso? Scossi il capo, sforzandomi di
mantenere la calma. “Sono io Tom, non una persona qualsiasi. Non punire
entrambi per qualcosa su cui non abbiamo controllo.”
Non rispose,
continuando a fissare l’orizzonte. Sentivo gli occhi bruciare ma mi sforzai di
non cedere alle lacrime, ne avevo versate fin troppe e Tom non meritava di
vedermi piangere ancora.
“Non è come pensi”
mormorò infine. “Negli ultimi giorni c’è mancato poco che impazzissi. Sapevo che
un distacco era necessario, ma a volte mi sentivo morire.”
Sorrise tristemente. “Davvero non capisci?”
Gli rivolsi uno sguardo confuso, non osando
avvicinarmi. Cosa mi sfuggiva? Un’improvvisa consapevolezza mi assalì,
lasciandomi senza fiato. Mi coprii istintivamente la bocca con una mano e Tom tornò
a guardarmi, le labbra piegate in un sorriso amaro.
“Per questo ti ho evitata, per non vedere
quell’espressione sul tuo volto.”
Scossi il capo con determinazione. “Non dire
così Tom, ti prego.”
Si voltò di spalle, avanzando di qualche
passo. “Mi sono chiesto mille volte cosa sarebbe accaduto se ti avessi
conosciuta in un altro frangente. Sarebbe stato diverso?” Si
chinò a raccogliere un sassolino, prima di lanciarlo verso le onde che si
infrangevano sulla riva. “Ti saresti innamorata di me?”
Lo fissai in silenzio per un istante. Avrebbe
meritato il mondo intero, e non un pezzo del mio fragile cuore. Mi avvicinai.
Senza dire nulla gli presi una mano e me la poggiai sul petto, il palmo aperto
perché potesse sentire i battiti del mio cuore.
“Tom Becker, tu sei qui e lo sarai sempre.”
Una lacrima traditrice sfuggì al mio controllo e la sentii rotolare piano sulla
guancia. “Non so cosa ci avrebbe riservato un altro destino, ma sei parte integrante
del mio cuore e della mia vita.”
Le sue braccia mi accolsero nella loro cerchia
protettiva, stringendomi con dolcezza. “Ti amo My”
mormorò tra i miei capelli, “anche se ho fatto di tutto per evitarlo.”
Inspirai a fondo il suo profumo, concedendomi
una parentesi di debolezza. Avevo lasciato una realtà e una vita senza amore,
per esserne circondata oltre ogni ragionevole aspettativa in un mondo che non
mi apparteneva. L’equilibrio dei sentimenti che mi circondavano doveva
ristabilirsi, e il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo.
Mi allontanai quel tanto che bastava per
guardarlo negli occhi, pronunciando le parole senza soffermarmi sulle possibili
conseguenze. “Per un solo istante, in una sola vita, vuoi essere il mio
cavaliere?”
I suoi occhi scuri e profondi si spalancarono
per la sorpresa, rivelando tutto ciò che mai avrebbe confessato a parole e
vincendo ogni mia resistenza residua. Lo fissai a mia volta, del tutto ignara
dell’espressione che il mio volto gli offriva.
Mi sollevai sulla punta dei piedi avvicinando
il viso a quello di lui, e il suo respiro accelerò. In bilico tra sogno e
realtà le nostre labbra si sfiorarono, l’uno alla ricerca dell’altra, finché Tom
non mi strinse fino a farmi aderire completamente al suo corpo. Gli passai le
mani tra i capelli attirandolo a me, fondendo in quell’unico abbraccio che mi
sarei mai concessa e che volevo essere suo.
Il mio cuore apparteneva a Benji, nulla
avrebbe alterato la natura dei miei sentimenti, ma per un secondo che sembrò
dilatarsi all’infinito ebbi l’impressione che io e Tom fossimo una persona sola.
La sua felicità era la mia, così come il suo dolore.
Forse lo amavo anch’io. Per questo non potevo
accettare di perderlo né immaginare la mia vita senza di lui. Lo amavo più di
quanto avrei dovuto, ma non abbastanza. Non abbastanza perché cambiasse qualcosa,
ma sufficiente per far soffrire entrambi. Per ferirlo come mai avrei voluto.
Gioia e dolore si combinarono in un turbine
quasi tangibile, finché le sue labbra non si staccarono dalle mie. Aprii gli
occhi e incrociai i suoi che mi fissavano meravigliati.
“Myriam, io...”
Lo zittii posandogli
l’indice sulle labbra. “Non dire nulla.”
Si chinò per baciarmi ancora,
le mani sul mio volto, le labbra gentili, esitanti. Le sue braccia mi
circondarono e mi tenne stretta a sé mentre mi mormorava all’orecchio. “Un
bellissimo primo e ultimo bacio, non lo dimenticherò mai.”
Contro il suo petto, dove non poteva vederle, due lacrime solitarie si fecero strada sulle mie
guance.
Per scrivere la seconda parte del capitolo ho
ascoltato “She’slike the wind” di Dirty Dancing a
ripetizione (poi ditemi che non è adatta^^)àhttp://www.youtube.com/watch?v=yfg97-5uhFQ
A fine pagina le parole in inglese e a seguire
la traduzione.
¨¨¨
In
risposta alle sempre bellissime recensioni ricevute per l’ultimo capitolo...
grazie come sempre per il supporto morale!!! ^__^
Brennan
Tranquilla, puoi fare tutti i commenti a caldo che vuoi ^__-
Capisco il tuo punto di vista, Benji non è conosciuto per il suo
carattere facile e comprensivo. E’ vero però che la situazione in cui si
trovano non dipende da nessuno, e il pezzo che gli fa Tom è solo la goccia
che fa traboccare il vaso... Non dimentichiamo che ha trascorso tutta la
notte a rimuginare, la sua non è più una reazione dettata dall’istinto. Cmq
all’inizio di questo capitolo si capisce che le cose non possono tornare come
prima, che qualcosa è cambiato. Per quanto triste spero che la parentesi con
Tom ti sia piaciuta, fammi sapere!
Bex
Grazieeeeee!!!
Ce l’ho messa tutta per postare anche stavolta con una certa velocità, appena
riesco a ritagliarmi del tempo per me mi metto a scrivere isolandomi dal
mondo^^
Tom meritava un capitolo per sé, come già detto in precedenza
non mi ha permesso di tenerlo in disparte^^;
Mi sento in ogni caso di rassicurarti: Benji e Myriam sono anime
gemelle e troverò il modo (anche se non so ancora come) per consolare il
nostro Tom (credo che dopo aver visto lo spot non potrai che confermare la
tua candidatura :-P).
Come sempre i tuoi complimenti mi lasciano senza parole, grazie
ancora per aver votato la mia storia: chissà che non passi il 1° turno...
sarebbe bellissimo!!!!
Baci baci e non vedo l’ora di sapere
cosa pensi di quest’ultimo capitolo^^
benji79
Grazie benji! Spero che anche questo
capitolo ti sia piaciuto, sono stata molto un dubbio su come articolare il
chiarimento tra Myriam e Tom... è stato talmente meraviglioso nel capitolo
precedente che dovevo “ricompensarlo” in qualche modo^^
Concordo sul fatto che Benji e Myriam dovrebbero sforzarsi di vivere
giorno per giorno, ma non è facilissimo accettare una situazione del genere. Inizialmente
la storia prevedeva un’evoluzione più rapida degli eventi ma, quando mi ci
sono trovata, ho sentito di dovermi soffermare di più sui loro sentimenti.
Staremo a vedere con il prossimo capitolo... fammi sapere cosa
ne pensi! Ciao ciao!
Fulmy
La mitica Luisa e le sue recensioni chilometriche... davvero
fantastica.
Ebbene sì, il nostro Tom-cotto-bollito-e-stralesso
ha avuto il suo capitolo dedicato, glielo dovevo proprio perché non ha
approfittato della situazione nel capitolo precedente. So che può far ridere,
ma sia lui sia Benji hanno preso forma nella mia mente, e non riesco a fargli
fare niente che vada contro la loro “volontà”. Mentre scrivevo la bozza di
questo capitolo pensavo che Tom, preso dalla passione, avrebbe baciato Myriam
e che lei avrebbe “subito” maggiormente la cosa. Le cose invece sono andate
in maniera diametralmente opposta, e sono stati loro due a portarmi per mano.
Devo ammettere che è stato uno dei capitoli che mi ha emozionato di più scrivere^^
Per quanto riguarda Benji mi ha fatto troppo ridere il tuo
commento sulla territorialità maschile: hai perfettamente ragione... se non
fosse stato per Tom il nostro Price non sarebbe
rinsavito così facilmente ^__-
Ora tocca trovare il modo di consolare il nostro Becker, ma
almeno essendosi chiarito con Myriam non dovrà più far finta di nulla. Ancora
non so cosa succederà nei prossimi capitoli, sono molto indecisa. Magari
chiediamo un suggerimento a tuo marito? ;-) Trovo
cmq che hai interpretato molto bene i caratteri dei personaggi, e il mio modo
di vederli conta ben poco rispetto a come li vedete voi. Sono davvero felice
di averli resi così “comunicativi”, ogni recensione che ricevo mi riempie di
gioia e merita la giusta attenzione.
Grazie ancora e a presto!!
Berlinene
LOL... un sacco di ammmmòre anche in
questo capitolo, per quanto condito con tanta confusione :-P
Benji è super *hot* ma anche Tom non scherza... che ne dici?
Per il cameo ti ho risposto via mail, fammi sapere! ;)
¨¨¨
She’s like the wind
She's like the wind through my tree
She rides the night next to me
She leads me through moonlight
Only to burn me with the sun
She's taken my heart
But she doesn't know what she's done
Feel her breath on my face
Her body close to me
Can't look in her eyes
She's out of my league
Just a fool to believe
I have anything she needs
She's like the wind
I look in the mirror and all I see
Is a young old man with only a dream
Am I just fooling myself
That she'll stop the pain
Living without her
I'd go insane
Feel her breath on my face
Her body close to me
Can't look in her eyes
She's out of my league
Just a fool to believe
I have anything she needs
She's like the wind
(Repeat and fade)
Lo sapevo
che con il mio ultimo capitolo avrei fatto arrabbiare qualcuno... vi assicuro
che il mio intento non era tradire Benji, bensì dare il giusto spazio a
sentimenti contrastanti che non potevo assolutamente ignorare. Ho immaginato il
confronto tra Myriam e Tom tantissime volte, ma in nessuno degli scenari
possibili le cose si risolvevano senza un minimo di complicazioni.
Spero di
farmi perdonare con ciò che segue, anche perché mi sono presa qualche licenza
“birichina” più del solito. Non credo che per questo la storia meriti di
passare al rating rosso, ma non volendo offendere nessuna vi pregherei di farmi
sapere se sia il caso di cambiare il rating a tutta la storia^_^;
Prima di
lasciarvi alla lettura, un ringraziamento speciale a Benji79, Bex, Florence e Brennan che hanno votato Myriam come miglior personaggio
originale. Anche se non ho passato la 1° fase del concorso, la cosa mi ha
riempito di orgoglio! Ringrazio naturalmente anche tutte coloro che mi hanno
recensito – e anche chi mi legge fedelmente in silenzio – rimandando
a fine capitolo per le risposte.
Ora bando
alle ciance e buona lettura!^_^
22
Myriam
Era ufficiale. Avevo fatto un casino. Un
casino di quelli che sembrano irrimediabili ed effettivamente lo sono.
Se avesse fatto una qualche differenza avrei
sbattuto la testa contro il primo muro di casa, nella speranza che vi entrasse
un po’ di buon senso. Cosa mi era preso? Avevo baciato Tom. Non un bacetto
qualsiasi, un bacio vero. Di quelli che ti entrano nell’anima e sono restii ad
andarsene, come gli inquilini morosi che fanno la disperazione dei loro proprietari.
Ero rientrata tardi la sera precedente e, con
mia sorpresa, Benji non mi aveva chiesto nulla. Si era limitato ad
abbracciarmi, quasi timido, come se dubitasse qualcosa e preferisse non sapere.
O forse era solo la mia mente, condita da uno schiacciante senso di colpa, a
giocarmi brutti scherzi.
Quando i suoi occhi avevano incrociato i miei ero
certa che vi avesse letto la verità. Eppure non aveva detto nulla. Il mio cuore
si era fatto piccino piccino, e la mia mente aveva giubilato nell’impartirgli
la solita lezione di morale.
Certo
che sei proprio antipatica, può succedere a tutti di sbagliare.
A me non
succede mai.
Il mio cuore aveva sbuffato incredulo, e non ero riuscita a trattenere un sorriso di fronte a quel battibecco surreale. Le pensi davvero le cose che dici o te le scrive qualcuno?
Forse lui era l’unico a sapere che avevo fatto
la cosa giusta. Non per compassione, ma perché Tom era la persona più
importante per me dopo Benji. Volevo che sapesse che non era solo, che avremmo
trovato una soluzione, anche a costo di apparire volubile e superficiale agli
occhi di Benji.
Nelle ore successive al bacio io e Tom avevamo
parlato a lungo, con la serenità dei vecchi tempi, come se ci fossimo buttati
alle spalle la parte più difficile di una maratona nel deserto. Avrebbe trovato
la donna della sua vita, ne ero certa. Con il mio gesto avevo dimostrato di
essere una ragazza reale, a tratti maldestra, non un miraggio da inseguire.
Forse lo sapeva anche Benji, per questo mi
aveva mandata da lui. Avevamo trascorso la notte abbracciati,
ritrovandoci per la prima volta dalla mia confessione. Mi ero separata da lui
quella mattina con la consapevolezza che se fossi tornata indietro avrei fatto
lo stesso, ripetendo quello che solo razionalmente era un errore.
“Tutto ok My?” La
voce di Patty mi riportò alla realtà. “Hai deciso come ti vestirai stasera?”
Le sorrisi di cuore, grata per quel diversivo.
“Non ci ho ancora pensato.”
“Sei un caso disperato” disse scuotendo il
capo con rassegnazione. “Hai ancora i vestiti di Gisèle?”
Annuii, cercando di celare il mio imbarazzo. Non
mi sembrava il caso di portarli con me a Monaco e avevo preferito lasciarli lì,
vestigia di un allegro passato che mi aveva accolta in quel mondo tanto tempo
addietro.
“Fammi dare un’occhiata.” Non feci in tempo a
fermarla che Patty si lanciò nel guardaroba ormai semi vuoto.
“Vediamo un po’. Che ne dici di questo?”
“Mi sembra un tantino appariscente,” ridacchiai alla vista del profondo décolleté nel satin
rosso scarlatto.
“Questo?”
Negai con il capo, divertita all’idea che
Patty volesse mandarmi in giro vestita come una moderna Marilyn Monroe.
“Ci siamo, ho deciso. A questo non puoi dire
di no.”
Spostai lo sguardo dal vestito al volto
trionfante della mia amica. Teneva in mano un morbido tubino grigio azzurro,
con la scollatura all’americana che lasciava le spalle scoperte.
“Forza, provalo” ordinò spingendomi in bagno
quasi a forza.
Mi spogliai di corsa, spaventata all’idea di
rimanere troppo a lungo sola con i miei pensieri. “Che ne dici?” domandai
rientrando in camera.
“Stai benissimo” rispose una voce familiare.
Alzai lo sguardo, incrociando quello di Benji che sembrava accarezzarmi da
lontano.
Risposi con un sorriso, sentendo il calore
salirmi alle guance.
“Bene, ora che il problema è risolto posso
levare le tende.” Patty raccolse le sue cose, facendomi l’occhiolino prima di
uscire. “Vi lascio piccioncini, ci vediamo più tardi.”
Benji si avvicinò lentamente, prima di prendermi tra le
braccia. Era bellissimo. Il suo sorriso, gli occhi, la linea delle spalle.
Amavo tutto di lui. La sua presenza pervadeva la fibra stessa dell’esistenza,
come se ogni mio respiro nascesse e morisse con lui. Inspirai a fondo, cercando
di recuperare il controllo.
“Questo vestito è troppo corto, sono geloso.”
Il cuore mi batteva forte in petto, ed esitai un attimo
prima di incrociare il suo sguardo. Sapevo che stava scherzando, ma non riuscii
a rimbeccarlo a dovere. “Ti amo Benji, lo sai vero?”
Un attimo di esitazione, non si
aspettava una risposta del genere.
Devi forse dirmi
qualcosa? La mia
mente fresca di medaglia d’oro all’ultimo campionato per suggeritori.
“Sì, anche se adoro sentirtelo dire.”
La sua voce. Oddio, la sua voce. Quella
nota roca e sensuale, ghiaccio sulla pelle accaldata dall’estate.
Deglutii.
“Ti amo più della mia stessa vita.”
Con una forza che lasciò stupiti entrambi mi sciolsi dal
suo abbraccio. Benji sarebbe mai stato veramente mio? Avrei dato qualunque cosa
in mio possesso per non ferirlo ancora, ma era giusto che sapesse. Non tanto
per scaricarmi la coscienza, quanto perché Tom era il suo più caro amico.
Dovevo spiegargli che non aveva alcuna colpa.
Si limitò a guardarmi, con quel suo sorriso
disarmante. “Ti amo
anch’io peste, ma ammetto che sto cominciando a preoccuparmi.”
Avanzai di qualche passo verso la finestra, osservando le
prime foglie degli alberi tinte di rosso. Di lì a un mese il parco di villa
Price avrebbe preso i toni caldi dell’autunno, e non sarei stata lì per
ammirarlo.
“Ieri io e Tom abbiamo parlato a lungo.”
Tornai a guardarlo e con mia sorpresa l’espressione dei
suoi occhi si addolcì, facendomi perdere per un attimo il filo dei miei
pensieri.
“Posso immaginare quale sia stato l’argomento principale
della conversazione.”
Trattenni il fiato. “Davvero?”
Annuì con un gesto del capo, avvicinandosi un poco. “Si è
innamorato di te.” Pronunciò le parole con una calma che per poco non mi stordì.
“Da quando lo sai?”
Si passò una mano tra i capelli, preda di un improvviso
imbarazzo. “L’ho capito il giorno in cui è venuto a parlarmi, con l’intento di farmi
ragionare. Troppa enfasi nelle sue parole, troppo trasporto per un semplice
amico.”
Lo osservai in silenzio, più confusa che mai. “Perché allora
mi hai mandata da lui?”
“E’ un’ottima domanda” ammise più a sé stesso che a me. “Negli
anni Tom mi ha insegnato a essere meno rigido e inflessibile, forse anche meno
egocentrico. Se siamo tornati insieme lo devo in gran parte a lui.”
Non potei fare a meno di fissarlo stupita.
Quando mi ha detto
di andare da Tom, sapeva. Sapeva e non ha detto nulla.
Quasi colpita nell’orgoglio, provai subito vergogna per il
mio egoismo. “Tom merita la gratitudine di entrambi” mormorai con un fil di
voce.
Benji scosse il capo. “Non si tratta
solo di questo. Ho pensato che forse lui ti avrebbe reso felice.” La sua voce non era fredda né distante, ma aveva un
accento solenne.
Rimasi per un attimo senza parole, sentendo un buco nero
farsi largo nel mio petto e assorbire ogni luce. “Come hai potuto anche solo pensare
una cosa del genere?”
“Il pomeriggio in cui sei scomparsa ho davvero temuto di
averti persa per sempre. Ho anche capito che la tua felicità era più importante
della mia, che Tom poteva offrirti una vita più
stabile e serena.” Mi rivolse uno sguardo carico di tenerezza. “Conoscendolo
ero disposto a correre il rischio, anche se ammetto che non è stato facile
saperti con lui.”
Ero senza parole. “Ti amo Price.” Mi avvicinai, e lo
abbracciai passandogli le braccia intorno alla vita.
“Vi siete baciati?” domandò in un soffio.
Una pausa. Il buco sempre più nero, la mia anima persa per
sempre. “Sì” mormorai. “E’ stata tutta colpa mia.”
“Lo immaginavo.” Non un’ombra di rancore nella sua voce,
né di risentimento.
Levai lo sguardo su di lui, senza quasi riconoscerlo.
“Pensi davvero che non abbia notato come lo guardi, quanto
siete legati l’uno all’altra? Un bacio era il minimo che potesse accadere,
anche contro la volontà di Becker.”
Aprii la bocca per parlare ma cambiai subito idea. Benji
aveva ragione.
“Ciò non vuol dire che non ne sia geloso.” Mi sorrise,
stringendomi a sé. “Quando sei tornata ho capito che avevi fatto la tua scelta,
e questo mi basta. Immagino non sia stato facile.”
Mi scostai un poco da lui. “Ti sbagli Benji, l’idea di
lasciarti non mi hai mai nemmeno sfiorata.”
Le sue labbra mi zittirono con un bacio, dal quale
emersi senza fiato. Lo fissai per un lungo istante e capii che non avrebbe
sopportato oltre. Qualunque cosa avessi condiviso con Tom sarebbe rimasta solo
mia e sua, tra un passato ormai chiuso e un futuro parallelo che non ci apparteneva.
“Meglio così” rispose Benji, interrompendo il corso dei
miei pensieri. “Ciò detto, spero che stasera tu non vada in giro a baciare
tutti quelli che ci proveranno con te.”
Spalancai la bocca indignata, prima di lanciargli
un’occhiata che sapeva di armistizio. “Sei incorreggibile.”
Inarcò un sopracciglio. Sembrava divertito. “Abbiamo un
paio d’ore prima della festa, che ne dici di impiegarle in maniera
costruttiva?”
Impiegai un istante di troppo per cogliere il senso della
sua allusione. Non feci in tempo a rispondere che mi aveva presa di peso e
adagiata sul letto poco distante.
“Cosa hai mente di preciso?” lo
provocai cercando di mantenere un tono di voce distaccato, subito tradito dai
battiti accelerati del mio cuore.
“Fammi pensare” mormorò mentre infilava una gamba tra le
mie e mi passava le mani dietro la schiena alla ricerca della
zip. La tirò giù con lentezza esasperante e per un attimo temetti che si
fosse incastrata.
Sentivo il suo respiro caldo su di me, e il mio farsi
sempre più irregolare. Gli sfilai la camicia dai pantaloni e accolsi con gioia
il contatto della sua pelle. Le sue dita scorrevano tentatrici sotto l’abito
che si ostinava a tenermi indosso, come se per lui non facesse alcuna
differenza. Ansimai mentre con la lingua percorreva la linea della scollatura,
anelando un contatto più profondo.
Gli passai le mani sulla schiena, prima di concentrarmi
sui bottoni della camicia che gli avrei volentieri strappato di dosso.
“Piano peste, non ci corre dietro
nessuno” sussurrò nell’orecchio, provocandomi brividi in tutto il corpo.
Sempre più impaziente lo attirai sopra di me, riuscendo
finalmente a liberargli il torace. Fu la mia volta di provocarlo con la punta
della lingua, e il suo respiro affannato mi eccitò ancor più delle sue carezze.
Il suo corpo mi copriva ormai interamente, e ansimai
mentre cercavo di slacciargli la cinta dei pantaloni. Avrei potuto baciarlo all’infinito,
perdermi nel suo sapore così unico e inebriante. Ci allontanammo solo i pochi
istanti necessari per liberarci di jeans e vestito, e fu come tornare a
respirare dopo un’apnea prolungatasi troppo a lungo.
Non riuscii a trattenere un gemito al contatto esteso con
la sua pelle. Avrei voluto liberarmi subito della biancheria intima ma mi aveva
bloccato entrambe le mani sopra la testa, facendomi perdere cognizione dello
spazio e del tempo intorno a noi. Sempre tenendomi stretta tracciò una scia di
piccoli morsi lungo il collo, fino alla bretella del reggiseno, che afferrò con
i denti facendomela scorrere lungo la spalla.
La sua lingua riprese la strada della tortura e per poco
non gridai quando si soffermò sulla linea del seno.
“Ti odio Price” ansimai in preda al piacere più assoluto.
“Lo so.”
Riluttante a lasciarmi andare, continuò a tenermi per i
polsi con una mano, al fine di liberare l’altra e passarla lieve su di me, con
piccoli movimenti verso il basso, fino a soffermarsi sulla pelle elastica e
sensibile intorno all’ombelico. Inarcai la schiena ma sembrò ignorarmi,
proseguendo lungo la coscia per poi risalire e fermarsi sui fianchi.
“Devo forse supplicarti?” mormorai, fissandolo negli occhi
resi ancora più scuri dal desiderio.
“Puoi sempre provare” rispose con voce roca, tradendo la
propria eccitazione.
Strusciai una gamba contro la sua, facendola risalire
lungo il fianco, attirandolo a me. Era al limite, potevo sentirlo.
Con un mugolio molto esplicito mi fece rotolare su un
fianco, liberandomi lentamente degli slip. Le sue dita si insinuarono in me
lasciandomi senza fiato, fino a quando non fummo entrambi sul punto di
esplodere.
Sentivo la sua eccitazione premere contro il mio ventre, e
mi mossi in modo da poterlo accogliere con tutta me stessa.
“Ti amo peste” mormorò mentre mi lasciava andare i polsi,
e mi prendeva per i fianchi entrando piano dentro di me.
Ci unimmo in un abbraccio senza fine, dondolando sull’orlo
dell’abisso con movimenti lenti e profondi, accelerando fino a quando non fondemmo
l’uno nell’altra, prima di ricadere sul letto, ansanti e sconvolti.
“Un giorno o l’altro mi farai morire.” Incrociai il suo
sguardo al contempo languido e divertito, prima che mi coprisse le labbra con
il primo bacio casto della giornata.
“Se la metti così non potremo più giocare insieme, non
vorrei averti sulla coscienza.”
Per tutta risposta gli diedi un buffetto sulla spalla e
Benji scoppiò a ridere. Cercai di trattenere un sorriso ma fallii. Lo amavo davvero
con tutto il cuore.
Poggiai la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi. Ero
cosciente del tempo che scorreva inesorabile, e non volevo
sprecare un solo minuto che mi veniva concesso insieme a lui.
* * *
“Odio avere sempre ragione.”
Sentii un rossore familiare salirmi alle
guance mentre notavo lo sguardo ammirato di Holly su di me. Nonostante Patty gli
stesse vicino, gongolando per l’ennesimo successo di fata madrinache aveva trasformato cenerentola in
reginetta del ballo, non potevo fare a meno di tornare bambina in sua presenza.
“Grazie” risposi timidamente.
“Guarda chi c’è” proseguì Patty allegramente.
“Non pensavo sarebbero venuti tutti quanti.”
Mi voltai incuriosita, e il mio sguardo si
posò sulla Toho al gran completo. “Chi è quella ragazza?” domandai alla vista
dell’unica figura femminile in loro compagnia.
“E’ la sorella minore di Mark” rispose Patty
lanciando un’occhiata nella direzione da me indicata. “Bruce si è preso una
cotta terribile per lei un paio di anni fa, ma non lo ha mai degnato di uno
sguardo. La simpatia deve essere un tratto genetico della famiglia Lenders.”
Sorrisi alla vista di Mark che non vedevo dal
rientro dalla Malesia. “Come stai tigre?” domandai avvicinandomi, non vista.
“Che sorpresa” esclamò voltandosi. “Come sta
la mia istruttrice di ballo preferita?”
“Benone grazie.” Ero davvero felice di
vederlo, mi riportava a quando la mia vita era meno complicata, anche se a suo
tempo avrei stentato a crederci.
“Posso presentarti mia sorella?” domandò
mentre la ragazza mora intravista poco prima si avvicinava.
“Ciao, sono Irene.” Incrociai il suo sguardo
vispo e indagatore. “Mark ci ha parlato molto di te. Sembra che tu sia riuscita,
nell’ordine, a fargli ballare un lento e ad ammansire l’indomabile Price. Non so di quale impresa stupirmi di più.”
Le rivolsi un sorriso allegro, presentandomi a
mia volta. Prima che potessimo riprendere la conversazione, fummo interrotti
dall’irruenza di Bruce.
“Ciao Irene, è una vita che non ci si vede!”
Mark si passò la mano tra i capelli,
nascondendo una punta di divertimento. Non doveva essere nuovo a scene del
genere.
“Ciao Harper, ti sei fidanzato?” rispose lei
prendendo un bicchiere dal vassoio di un cameriere.
Bruce si schiarì la voce, mentre io e Mark
osservavamo la scena come due spettatori al cinema. Mancavano solo i popcorn.
“Diciamo che sono in trattativa,” si barcamenò lui con un certo imbarazzo. “Anche se per te
sarei disposto a cambiare idea. Cosa fai domani sera?”
“Sono impegnata.”
“Dopo domani?”
“Impegnata.”
La ragazza si allontanò verso il bar, seguita
a ruota da Bruce di cui riuscimmo a udire le ultime parole. “Ok
però non supplicarmi, è imbarazzante.”
Fu impossibile trattenersi oltre e scoppiammo entrambi
a ridere.
“Quando Bruce scoprirà che si è fidanzata
ufficialmente con Ed, saranno dolori.”
Ed
Warner!Realizzai divertita che non avevo avuto ancora modo di
conoscerlo. L’imbattibile portiere acrobatico, con la mèche di capelli sempre a
nascondergli l’occhio sinistro.
Lenders si voltò verso di me, le labbra arricciate in una
buffa smorfia. “Si stanno sposando tutti, la cosa mi preoccupa. Persino Price ha capitolato” aggiunse indicando la mia mano
sinistra con l’indice, quasi accusando il mio solitario di brillare in maniera
eccessiva. “Non dirglielo, ma contavo su di lui per mantenere alta la
bandiera di noi scapoli incalliti.”
Mi sforzai di sorridergli mentre il mio umore scendeva in
picchiata. Non poteva sapere che con ogni probabilità i fiori d’arancio ci
sarebbero stati preclusi.
“Scusami, vado a salvare Harper. Irene è sul punto di fargli fare una brutta fine.”
La vista di Mark in veste di fratello
protettivo mi risollevò un poco, e seguii divertita l’ingresso di quello che
era presumibilmente Ed Warner. Mi avvicinai un poco, notando un’incredibile
somiglianza con Johnny Deep. Accanto a lui Danny Mellow e i gemelli Derrick, resi quanto mai riconoscibili
dai prominenti incisivi.
Scossi il capo con un sospiro. Non mi sarei
mai abituata a vederli tutti insieme in carne e ossa.
“La nazionale giapponese al completo, proprio
un bel quadretto.”
Provai un brivido, voltandomi in direzione di
quella voce sconosciuta. Il mio cuore si fermò, ed ebbi la netta impressione
che non avrebbe ripreso a battere mai più.
Il vecchietto dell’aeroporto mi fissava da
dietro i suoi occhiali, reso quasi irriconoscibile dal completo scuro e
dall’elegante papillon di seta nera.
Perdono, non volevo ucciderti! O meglio, Myriam e Tom chiedono
ufficialmente perdono per aver turbato la tua quiete mentale^^
So di aver giocato un po’ sporco con lo spot pubblicitario... il
nostro Tom è uno spettacolo della naturaaaaa!!!! Anche se sono sposata, l’idea di incontrarlo in una
realtà parallela non mi dispiacerebbe affatto^^
Scherzi a parte, spero che quest’ultimo capitolo abbia chiarito
un po’ la situazione sentimentale della storia: non è facile per Myriam
affrontare un futuro perennemente in bilico, e scoprire i sentimenti di Tom
non è stato semplicissimo. Spero a questo punto che il confronto con Benji ti
sia piaciuto!
Grazie come sempre per i meravigliosi complimenti, attendo con
ansia di sapere cosa pensi di queste ultime pagine^^
benji79
Ebbene sì, Tom ha fatto il grande passo... per quanto Myriam ami
Benji indissolubilmente, Tom ha fatto in parte breccia nel suo cuore. La
situazione non è semplice, ma in qualche modo le cose si sistemeranno...
staremo a vedere^^
Ciao ciao e a presto!
Fulmy
Ciao cara! Sono felice di sentirti dire che la pensi
come i nostri personaggi... l’attimo di debolezza effettivamente ci stava,
anche se non viene vissuto con superficialità.
Non è semplice vivere alla giornata, con emozioni e paure sempre
a fior di pelle. Ho cercato di immedesimarmi il più possibile in lei, per
capirla e rendere le sue sensazioni “reali”. Non è facile nemmeno per Tom, né
tantomeno per Benji, e ne deriva un mix di grande confusione. Ora poi le cose
si complicano ulteriormente, e le tue previsioni potrebbero rivelarsi in
parte esatte... quindi basta con la lettura del pensiero, se non vuoi
rovinarti la sorpresa ^__-
Grazie mille per i super complimenti, e chissà che un giorno tu
non trovi il tempo di scrivere una tua storia!
Lady Snape
Mea culpa, mea
culpa, meamaxima culpa.
Lo so, lo so, sono da prendere a calci entrambi, e ti assicuro che ho provato
a fermarli ma non c’è stato verso.
Un bacio è una cosa molto intima, ma è anche vero che la
situazione è tanto assurda da giustificare in parte la debolezza dei due
malcapitati. E il povero Tom... sempre così dolce e presente, potevo forse ridurlo
a semplice tappezzeria? Non mi sembrava giusto tirarlo in causa solo quando
faceva comodo ai nostri due zucconi ^___-
Per il resto spero che tu possa perdonare Myriam, non lo ha
fatto in mala fede (e poi dico, lo hai visto Tom???
:-P)
Scemenze a parte, grazie come sempre della bellissima
recensione, spero di tornare a sentire presto il tuo parere!
Florence
Ciao Flo!!!
Sono stra-felice che tu abbia trovato il tempo di leggere la mia storia, sono
davvero curiosa di sapere cosa ne pensi andando avanti. Ti ringrazio ancora
del voto per il miglior personaggio originale, e che la mia protagonista ti
sia piaciuta, oltre al fatto di trovarla convincente nonostante l’assurdità
di ciò che si trova a vivere.
Un bacio grande e ci sentiamo via gtalk^^
Brennan
Eccomi con il mio ultimo capitolo cara,
sperando che ti abbia rincuorata un po'. Ci ho messo qualche giorno in più a
postare in quanto il confronto Benji-Myriam ha
richiesto un certo impegno (sono ancora tutta sudata... XD)
Scherzi a parte, come hai visto niente paparazzi e niente
triangolo alla Twilight. Benji è l’unico vero amore
di Myriam nonostante la parentesi di debolezza (data la situazione in
continuo divenire e il fisico del nostro Tom... un po’ ci sta, non credi?^^)
Il nostro Tom meritava un po’ di attenzione, gli voglio troppo
bene! E cmq un modo per consolarlo lo troveremo. Sono felice che ti sia
piaciuto come ho definito il suo personaggio, nella mia testa è un ragazzo
talmente delizioso da venirmi più che naturale descriverlo così.
Spero che anche questo capitolo ti piaccia: visto che sei un
filino, ma solo un filino pro-benji, penso proprio
di sì :-)
Dulcis in fundo, un ringraziamento speciale da Myriam, che è un
po’ arrossita per i complimenti e i voti ricevuti. Mi ha detto di dirvi che
ne è lusingata e che l’aiutate con il vostro supporto a vivere questa
situazione difficile che si sta complicando sempre di più ;-)
Insieme al capitolo 18, in cui Benji scopre la verità sulla provenienza di Myriam, questo è quello che mi spaventava maggiormente.
Vi avviso subito: mentre scrivevo ho avuto la vista appannata per tutto il
tempo, il che non depone a favore di una lettura allegra e rilassante ;__;
Non mi dilungo oltre lasciandovi alle righe che seguono...
un abbraccio forte a tutte voi che mi accompagnate in questa bellissima
avventura!
23
Myriam
Lo fissai in silenzio, talmente
spaventata da non riuscire a parlare.
“Una festa bellissima,
i miei complimenti” proseguì lui, quasi distratto. L’angelo della morte nei
panni di un ometto qualunque, con il quale scambiare convenevoli sorseggiando
un aperitivo.
“Perché è venuto?” domandai, un’ottava al di sopra del solito tono di voce.
“Ho pensato fosse
giunto il momento di rientrare in possesso dei miei effetti personali.”
Una lama di
ghiaccio mi trafisse da parte a parte. Non potevo crederci. Ogni luce
intorno a me si spense, lasciandomi sola con lui nella grande sala.
Si avvicinò al mio
orecchio con fare complice, io troppo sconvolta per mantenere le distanze.
“Sono in troppi ormai a conoscere il nostro piccolo segreto, non crede?”
Chiusi gli occhi per
un istante, cercando di mantenere la calma. “Questo cosa
significa?” Le mie labbra si rifiutavano di formulare la domanda che mi
rimbalzava nella testa come la pallina impazzita di un flipper.
Mi fissò da sopra le
lenti, prima di bere l’ultimo sorso di prosecco. “È ora di tornare a casa.”
Strinsi il bicchiere
con forza, se al posto del vetro ci fosse stato cristallo si sarebbe frantumato
in mille pezzi. Come il mio cuore.
“Questa è la mia vita,
non può portarmela via.”
Un sorriso pacato ammorbidì i
tratti del volto segnato dalle rughe. “Fino a che si vive nel presente ci si
illude che le separazioni non esistano. Ha trovato le
sue risposte, il mio compito è terminato.”
Mi sentii vibrare per
l’indignazione. “Non può giocare in questo modo con i nostri sentimenti.”
Chi si credeva di
essere, dio forse?
Per tutta risposta si
arricciò la punta dei baffi con le dita. “Pensavo di essere stato chiaro. Una
visita è per definizione di breve durata e prevede un ritorno alla normalità.
Davvero credeva che ci saremmo dimenticati di lei?”
Dimenticati? Chi siete voi?
Il mondo intorno a me si
tramutò in vortice, come quel lontano giorno in aeroporto. Inspirai a fondo.
Dovevo rimanere lucida, convincerlo a lasciarmi libera di decidere, a non
portare via ogni mia ragione di esistere.
“Benji non accetterà
che me ne vada, vorrà venire con me,” azzardai al
colmo della disperazione. Il sottomarino stava affondando, dovevo uscirne al
più presto se non volevo inabissarmi con esso.
Per un attimo credetti
di scorgere dispiacere nel suo sguardo mansueto. “Non potrà farlo. Nel mondo
dal quale proviene Benjamin Price è un personaggio inventato, se la seguisse
resterebbe intrappolato nel fumetto. Vuole davvero che ciò accada? Fossi in lei
penserei bene a cosa dirgli prima di congedarmi da lui.”
Silenzio intorno a me, dentro di
me. Il nulla mi abbracciava e sentivo che presto avrei risposto al suo
richiamo.
“Mia cara, questo viaggio ha
aperto il suo cuore, risvegliandolo dal suo torpore. Nessuno cancellerà i vostri ricordi,
resteranno sempre con voi. Prima accetterete la
vostra separazione, prima ricomincerete a vivere.”
Avrei voluto urlare, supplicarlo
di cambiare idea. Anche se vicina la sua voce giungeva come ovattata, fuori
campo. Volevo lottare per me, per Benji, ma ero prigioniera di una verità
ineluttabile. La lama penetrò ancora più in profondità, fermando i miei
battiti. Non potevo crederci. Il dolore era tale da sprigionare luce nella mia
mente.
“Sarò sincero, non credevo che la
situazione sarebbe precipitata in questo modo. Purtroppo nessuno può farci
nulla, entro mezzanotte il suo ciondolo spezzerà l’incantesimo, come in tutte
le fiabe che si rispettino.”
Si versò da bere, considerando
chiusa la conversazione.
Sentii il terreno mancarmi sotto i
piedi. Frasi sconnesse urtarono tra loro mentre annaspavo alla ricerca di qualunque
argomento in grado di farlo tornare sui suoi passi. Cosa
sarebbe rimasto di me senza Benji?
Ero sul punto di
gettarmi ai suoi piedi quando una mano si posò sulla mia spalla, facendomi
voltare istintivamente.
“Ciao My, è un pezzo che ti cerco.”
Come inebetita, fissai
Tom per un istante di troppo. Senza rispondergli tornai con lo sguardo al
buffet ma il vecchietto non c’era più. Lo cercai con lo sguardo tra la folla,
in preda al più limpido distillato di terrore.
“Tutto ok? Sembri un fantasma.”
Cominciai a tremare
come una foglia e Tom capì che doveva trattarsi di qualcosa di grave. Mi prese
con delicatezza per un braccio, guidandomi tra la folla fino alla finestra più
vicina. Senza perdermi d’occhio aprì i vetri, esortandomi a respirare una
boccata di aria fresca.
“Vuoi dirmi che
succede?”
Faticai a trovare le
parole. “Il signore del fumetto... era qui” balbettai.
Sgranò gli occhi
incredulo. L’espressione sul mio volto non era certo foriera di buone notizie.
Le parole uscirono
contro la mia volontà. “Ha detto che entro mezzanotte tornerò a casa.” Mi
sentivo priva di forze, ogni mio pensiero schiacciato da una cappa di piombo.
“Ci lascerai?” La
domanda di Tom giunse alle mie orecchie e impiegai un’eternità per elaborarne
il reale significato. “Deve esserci un modo per impedirlo.”
Scossi il capo in
silenzio. “Mi resta poco tempo, devo trovare Benji.”
Tom si limitò ad
abbassare lo sguardo, dal quale traspariva una tristezza infinita. “Capisco.” Leggero
come il tocco di un elfo, mi passò la mano sulla guancia. “Ci incontreremo di
nuovo, ne sono certo.”
Chiusi gli occhi per
non piangere, e quando li riaprii incontrai il suo dolce sorriso. “Lo spero
Becker” gli sussurrai nell’orecchio stringendomi a lui, “lo spero con tutto il
cuore.” Inspirai a fondo, allontanandomi un poco e fissando i
suoi occhi carichi di emozione. “Arrivederci Tom.”
Feci un passo indietro
e trovai la forza di sorridergli, prima di voltarmi in cerca di Benji, la gola
chiusa in un nodo che mai si sarebbe sciolto. Non avevo idea di cosa ci saremmo
detti, né di come lo avrei convinto a lasciarmi andare. Mi guardai intorno, la mente annebbiata ed estranea a ciò che mi
circondava. Suoni e luci arrivavano a me distorti, immagini sovrapposte e
sfocate come in un gioco di specchi, labirinto senza via di uscita.
Finalmente lo vidi e
mi fermai a osservarlo. Era in piedi e sembrava subire amabilmente le
chiacchiere di alcune ragazze sconosciute, forse sue conoscenti o semplici fan.
I tratti del suo volto erano morbidi, il sorriso rilassato e sereno,
gli occhi colmi di un’indefinibile energia. Non lo avevo mai visto così. Le
difese abbassate in quanto, semplicemente, inutili. Avevo di fronte l’uomo
della mia vita e mi apprestavo a lasciarlo per sempre.
Provai un moto di
profonda gelosia per ognuna di loro, che senza rendersene conto avrebbe
continuato a condividere il suo mondo, respirando la sua stessa aria, scaldandosi
sotto i raggi dello stesso sole.
Cosa avrei potuto
dirgli? Che ero sul punto di andarmene? Avremmo vissuto gli ultimi istanti antecedenti
la mezzanotte come due condannati alla ghigliottina?
Non era ciò che volevo. Vedere il dolore dipingersi sul volto che tanto amavo, di
nuovo, per colpa mia. I miei occhi lo abbracciarono in quell’ultimo istante di
serenità inconsapevole. Benjamin Price, inavvicinabile e dolcissimo, aveva
saputo parlare alla mia anima fredda come ghiaccio antartico. Dal gelido blu al
calore del rosso, passando per tutte le tonalità del viola, mi aveva riportata
in vita.
Capii improvvisamente
le parole del mio misterioso carnefice. Il mio cuore era tornato a battere. Per spegnersi subito dopo, si era
scordato di aggiungere. L’esplosione di una Supernova prima di morire.
Avanzai di qualche
passo. Devo trovare la forza, devo, continuava a ripetere una voce estranea
nella mia testa.
Non riuscivo a pensare
a nulla di più insensato del separarmi da lui. Quanto mi apprestavo a compiere
avrebbe distrutto entrambi, ma era l’unico modo perché accettasse la mia
partenza senza ostinarsi a seguirmi.
“Benji, devo parlarti”
dissi sfiorandogli il braccio. Una serie di sguardi infastiditi si posarono su
di me, mentre i due occhi intorno ai quali ruotava il mio piccolo universo cancellarono
per un attimo ogni timore.
“Certo
peste” disse prima di scusarsi e seguirmi in giardino, felice che lo
avessi distolto dalla banalità della precedente conversazione.
Ogni passo mi
allontanava dalla vita luminosa che avremmo potuto condividere. Il rumore dei
tacchi sulla ghiaia ci accompagnò fino a una panchina poco lontana, mentre le
note di La Vie en Rose risuonavano distanti
nella sala.
Des yeux qui font baisser
les miens, un rire qui se perd sur sa bouche, voilà le portrait sans retouche,
de l’homme auquel j’appartient.(26)
Non potei fare a meno
di canticchiare a bassa voce. “Il est entré dans mon cœur,
une part de bonheur, dont je connais la cause... c’est lui pour moi, moi pour
lui, dans la vie. Il me l’a dit, l’a juré,
pour la vie!”
Era tutto vero. Il
ritratto del mio amore per lui, per la vita, per sempre. Gli appartenevo, nulla
e nessuno avrebbe potuto togliermi tale convinzione, né spegnere l’amore che
era sbocciato in me.
“Sei stonata come una
campana, ma le parole sono bellissime.”
Una luce incantevole
brillava nei suoi occhi, e mi limitai a fissarlo in silenzio. Potevo concedermi
ancora qualche istante di felicità.
“Anche tu mi sei
entrata nel cuore. Io e te, insieme, per sempre.”
Una lacrima sfuggì al
mio controllo, e mi passai subito le dita sulla guancia. La vita non sarebbe stata
mai più rosa senza di lui, mai più. Ci sedemmo in silenzio, guardandoci negli
occhi, ognuno cercando di leggere i pensieri dell’altro. Fu lui il primo a
parlare.
“Te ne vai vero?”
Inspirai profondamente, la mente in subbuglio nel tentativo di dargli
una risposta coerente. Pochi istanti gli erano bastati per sondare le
profondità del mio animo spezzato. “E’ giunto il momento.
Non potrò venire a Monaco con te.” Nonostante tutti i miei buoni propositi,
sentii la vista appannarsi.
I suoi occhi si spensero
e un moto di nausea mi salì in gola.
“Torni nel tuo mondo” proseguì, ogni parola separata e distinta dalle altre.
Piccole gocce di una stalattite in bilico sul mio cuore.
Scossi la testa
meccanicamente, cercando di non piangere. Mi ci vollero un paio di minuti prima
che riuscissi a parlare di nuovo. “Sai che non voglio, devo farlo.”
“Vengo con te” disse
con semplicità.
Dovetti dar fondo a
tutta la mia volontà per non rifugiarmi sul suo petto e supplicarlo di tenermi
con sé ad ogni costo. “Non puoi, Benji. Dove sto andando non c’è posto per te.”
“Il mio posto è dove sei
tu.”
Avrei voluto urlare, gridargli
tutto il mio amore. “Nel mio mondo non esisti” dissi invece, pur sapendo che lo
avrei ferito.
“Non dire sciocchezze.”
La voce gli si ruppe per l’emozione. “Sei tutta la mia vita peste.”
“E tu sei solo un
personaggio della fantasia” replicai, odiandomi per ciò che stavo facendo.Era il mio ossigeno, la mia linfa vitale. Se
volevo salvarlo, non avevo scelta.
“Deve esserci un
modo!” implorò come se le parole gli esplodessero nel petto. “Non puoi
lasciarmi così.”
Fissai il suolo per un
momento. Sapevo che, una volta tornata a casa, avrei vissuto solo a metà. Ma
forse lui ce l’avrebbe fatta, con il tempo il mio ricordo si sarebbe sbiadito. Meraviglioso
com’era non sarebbe rimasto solo, nessuna donna sana di mente glielo avrebbe
permesso.
Mi morsi il labbro
inferiore e finalmente alzai gli occhi dall’abisso nel quale stavo per
gettarmi. Qualcosa doveva essere cambiato in me, perché mi rivolse uno sguardo
smarrito.
“Benji, non voglio che
tu venga con me.” Parlai con voce lenta e fredda, osservandolo mentre assorbiva
ciò che gli stavo dicendo.
Un pausa accompagnò le
mie parole sospese nell’aria.
“Non vuoi?” azzardò,
confuso per il suono sconnesso di quella frase contro natura.
Il mio cuore si accasciò,
esanime. Ti voglio più della mia stessa
vita, avrebbe voluto dire, e per
questo devo lasciarti andare. Il pensiero di vedere tutti i suoi sogni
andare in pezzi, che lui stesso potesse spegnersi mi diede la forza di
continuare.
“No” riuscii a dire.
Fu come se una mano si fosse introdotta nel mio petto, soffocandomi
dall’interno e strappando con violenza quel poco che vi era rimasto.
Mi fissò con aria
sconvolta e dovetti volgere via lo sguardo per non cedere. I suoi occhi scuri
erano profondi, colmi di un dolore che avrei voluto riflettere nei miei.
“E le tue parole di
questa mattina?”
Fui sorpresa dalla sua
voce improvvisamente calma. Stavamo superando il punto di non ritorno e nulla
aveva più senso. Per nessuno dei due.
Guardai lontano, i rami di un salice piangente danzavano al ritmo del
vento. Ripensai alle parole di Tom. Forse in qualche luogo lontano ci saremmo
rivisti. In un altro mondo, un’altra vita, saremmo stati felici.
“Ti amo Benji”
continuai, annaspando per non soffocare. “Ma è giunto il momento di tornare a vivere.
Non possiamo rimanere appesi in perenne incertezza, preda dei capricci del
destino. Non vuoi sposarti, avere dei figli?”
“Certo. Li voglio con
te.” La sua voce ormai solo un sussurro. “E’ te che
voglio sposare.”
Incrociai il suo
sguardo, attraverso la maschera di ghiaccio che avevo deciso di indossare. Era
per il suo bene, non dovevo pensare a me. Avrei avuto tutto il tempo per
piangere, ora dovevo essere forte. Per lui.
Con la morte nel cuore
mi sfilai l’anello che mi aveva donato. Presi la sua mano destra tra le mie e
ne aprii il palmo posandovelo all’interno, prima di chiudergli le dita su quel piccolo
tesoro che tanto aveva rappresentato per me.
“Non farlo.” La
consapevolezza del suo dolore fu come acido nelle vene. “Non farmi questo.”
Smisi di respirare, in
bilico tra luce e ombra, la battaglia ormai agli sgoccioli. “Non sei l’uomo
giusto per me. Ho bisogno di certezze che tu non puoi darmi.”
Per un attimo rimasi
stupita che non scoppiassimo entrambi a ridere per la mia affermazione. Non
poteva credere a tali sciocchezze, se solo avessi potuto mi sarei
schiaffeggiata da sola.
Invece accadde
l’impensabile, e il suo sguardo brillò di una luce che aveva ben poco di umano.
“Se è ciò che vuoi.”
Annuii con un gesto
del capo. Il mio intero corpo divenne insensibile, come se mi avessero appena
tagliato la testa e non potessi sentire più nulla dal collo in giù.
“Ti chiedo solo un
favore” disse piano.
“Qualunque cosa.”
“Che porterai questo
anello con te.” Me lo rimise in mano e sentii la mente incrinarsi, i miei occhi
sciogliersi per un attimo, solo un attimo, nei suoi, con un’intensità che mi
sconvolse.
“Va bene” mormorai, un suono appena udibile alle mie orecchie.
Sembrò capire, perché
un debole sorriso gli piegò le labbra, senza però raggiungere i suoi occhi.
“Anch’io voglio farti una promessa. Non ti dimenticherò mai, neanche se dovessi
vivere in eterno.”
Forse la terra si mise
a tremare, perché tutto intorno a noi vacillò, l’aria stessa si fece tremolante.
Il sangue mi pulsava forte nelle tempie e sentii la vista acuirsi, come se ogni
luce si moltiplicasse all’infinito. Cercai di respirare normalmente, invano.
“Non vuoi salutare gli
altri?” chiese con dolcezza, alzandosi lentamente senza toccarmi.
Deglutii, cercando di
mantenere una certa distanza fra noi, almeno nella mia mente. Avevo un’unica
certezza. Se non si trattava di un incubo ero pronta per la camicia di forza.
“E’ meglio di no, gli
addii non sono mai stati il mio forte.” Un debole sorriso si fece largo sul mio
viso. Li avrei portati tutti con me, ci sarebbe sempre stato spazio per loro
nel mio cuore.
“Ciao Benji” salutai
piano, prima di cambiare idea e dirgli tutta la verità. Mi trascinai via,
dilaniata dal senso di perdita, lasciandomi dietro una parte di me, ancora in
piedi accanto a lui. Fissai entrambi per un lungo istante, cercando di
imprimere quell’immagine nella memoria. L’unica foto che avremmo mai avuto
insieme.
Mi sforzai di
sorridere. Per un attimo ebbi l’impressione che si sarebbe avvicinato per
fermarmi ma rimase immobile.
Immersi i miei occhi nei
suoi per l’ultima volta e, sul punto di perdere definitivamente il senno,
strinsi fra le dita la pietra di luna che avevo al collo anche quella sera.
Frammenti dei mesi trascorsi insieme presero forma, spiriti buoni che si accomiatavano
dopo averci tenuto compagnia in silenzio.
“Ti amo.” Allungò una
mano verso di me, come se volesse colmare la distanza che ci separava.
“Ti amo anch’io”
singhiozzai, troppo piano perché potesse udirmi. La mia mano si protese verso
la sua nello spazio che ci separava. Come se fossimo connessi, l’eco del suo
dolore si insinuò profondo dentro di me.
Ci fu una brezza
leggera, innaturale. Spalancai gli occhi, strizzandoli istintivamente per
proteggerli dalla luce del giorno. Il parco in cui avevo trascorso lunghi
pomeriggi della mia infanzia aveva preso il posto del salice piangente. Le
foglie degli alberi si mossero leggermente sotto il soffio gentile del vento
autunnale.
Ero tornata a casa.
Sentii l’erba sotto le
ginocchia e il palmo delle mani, e poi sotto le mie guance. Speravo di svenire,
ma non mi venne concesso. Le onde di dolore che mi avevano sfiorata poco prima
si innalzarono fino a coprire la mia testa, sovrastandomi.
Non riuscii a
riemergere.
Note:
(26) Occhi che fanno abbassare i miei,
una risata che si perde sulle sue labbra, ecco il ritratto senza ritocchi dell'uomo
al quale appartengo [...] E’ entrato nel mio cuore, una parte di felicità, di
cui conosco la causa... è lui per me ed io per lui, nella vita, me lo ha detto,
lo ha giurato, per tutta la vita!”
Un’ultima nota a chiusura: ho
scritto la prima bozza di questo capitolo diversi anni fa, ogni riferimento fatti
e persone esistenti o similari è del tutto fortuito!^__^
In
risposta alle sempre bellissime recensioni ricevute per l’ultimo capitolo... vi
prego, non abbandonatemi in questo momento difficile!
Berlinene
Grazie!!! Mi ritrovo pienamente nelle
tue parole. Non solo la storia, ma tutti i personaggi mi stanno crescendo fra
le mani, acquistando una dimensione sempre più reale e quasi indipendente
dalla mia volontà. Soprattutto Benji. Myriam è una trasposizione di me stessa
nei vari avvenimenti, quindi è abbastanza normale che reagisca come una
persona “vera”. Con Benji è un’altra cosa. Mi sembra quasi di sentirlo, nelle
sue parole, nei suoi sorrisi. La scena in cui Myriam lo lascia è stata quasi
fisica per me, mi sono commossa realmente.
Spero ovviamente che abbia sortito un effetto simile anche su di
voi... *Sadismo allo stato puro* ^__^
Tornando ad argomenti ameni, mi fa piacere che il tuo cameo ti
abbia divertito come a me ha divertito scriverlo. Johnny non è niente male
come fidanzato, e devo dire che si è palesato spontaneamente, non ho dovuto
faticare molto per trovarlo. *Irene chiede che lo mandi da lei* ^__-
Grazie ancora per i complimenti e a presto!
benji79
Grazie come sempre, anche se so che sarai arrabbiatissima per
quanto appena accaduto... se non vorrai scrivere alcuna recensione capirò!
Spero che tu riesca a perdonare questo momento molto triste, nella speranza
che le cose migliorino per i nostri personaggi^__^
Sappi cmq che Benji e Myriam si amano troppo per subire passivamente
il proprio destino... ciao ciao e a presto!!
Brennan
Grazie graziegrazie! Sono felice che la
scena tra Myriam e Benji ti sia piaciuta, ed effettivamente lui ha imparato
molto dal rapporto con lei. Quante di noi non hanno, per amore, smussato
almeno in parte le proprie convinzioni? Questi due si amano sul serio, e tale
sentimento li porta in parte a comportarsi in maniera autodistruttiva. Il
vero amore fa soffrire purtroppo, altrimenti non credo sarebbe tale.
Per quanto riguarda Johnny invece, come detto a Berlinene, è stato frutto di ispirazione repentina.
Cercavo un ragazzo intrigante con i capelli mori e lunghi e ho pensato a
lui... Google immagini ha fatto il resto^^
Irene sembra aver gradito... hehe!
Ciao ciao e a presto!
Bex
Grazie Bex, dolcissima
come sempre! Le tue recensioni mi riempiono il cuore, davvero. Dopo ogni
pubblicazione mi collego ogni due secondi per vedere chi ha scritto... e le
tue parole mi spingono a scrivere con sempre più passione!
So già, purtroppo, che non sarai felice di quanto scritto in
questo capitolo tristissimo ma, come detto a benji79, ho fiducia in Myriam e
Benji e so che in qualche modo ne verranno fuori. Ciò detto, ti prometto che
farò in modo di presentarti Tom, in questo mondo o nell’altro ^__-
Baci baci e alla prossima!!! PS: in bocca al lupo con gli esami!
Eccoci
qui, pronte al confronto con il mondo reale... Scrivere il precedente capitolo
mi ha intristito talmente che mi sono subito immersa
in questo. Intendiamoci, non che sia più allegro, ma avevo un assoluto bisogno
di proseguire la storia rispetto a dove ci eravamo lasciate. Fatemi sapere cosa
ne pensate pliz, mi fa così
strano scrivere un capitolo in cui Benji non è presente... vi manca quanto
manca a me?
Come
sempre grazie mille a tutte voi, a chi legge, recensisce e inserisce la storia
tra le preferite e quelle seguite... grazie di cuore!
Per questo
capitolo mi sono ispirata a delle musiche bellissime di RyuichiSakamoto, provate a cliccare sui link situati
all’inizio di ogni passaggio, accompagneranno la vostra lettura così come hanno
accompagnato me mentre scrivevo... soprattutto la prima e l’ultima, semplicemente
splendide ^__^
Nulla. Non provavo nulla. Il tempo trascorreva
lento, fiocchi di neve nel silenzio del letargo invernale cullavano l’incedere
dei miei giorni.
Vivevo nell’attesa.
Attesa di un domani che portasse petali di
fiori, un soffio di primavera tra le candide nuvole. Attesa dei primi riflessi
di luce sul mare, calore e magia di un sogno che nasce all’alba, ove tutto
sembra possibile.
Quando ti perdi nei boschi impieghi del tempo
per capire cos’è accaduto. Prima cerchi di convincerti
che ti sei allontanato solo di qualche passo, che di lì a poco ritroverai il
sentiero. Poi cala la notte, ancora e ancora, finché giunge il momento di
ammettere che sei tanto lontano da non sapere più da che parte sorge il sole.
Mi chiedevo spesso se il dolore sordo che mi
soffocava sarebbe scomparso, se finalmente avrei iniziato a piangere. Forse
veniva concesso solo un numero di lacrime per persona e io avevo esaurito il
mio. Mi muovevo nel mondo come una scatola vuota, sorridendo ai colleghi, conversando
con parenti e amici, conducendo una vita in apparenza normale.
Un’attrice esemplare.
Ero rientrata al lavoro come se niente fosse
accaduto, ritrovando le stesse facce e gli stessi problemi. Con mio stupore
nessuno aveva notato la mia assenza.
Sei mesi mi erano stati donati in sogno, un solo
giorno di vita mi era stato sottratto.
Con il trascorrere del tempo cose
all’apparenza stupide si erano rivelate in tutta la loro importanza. Non aver
fatto caso al suo gusto di gelato preferito, al dopo barba
posato in bagno. Come in un nuovo rituale, provavo ogni profumo che mi passava
tra le mani alla ricerca della fragranza unica che lo contraddistingueva.
Una sera a casa mi ero sorpresa a rimirare l’anello
che conservavo gelosamente nascosto, unica testimonianza del mio viaggio insieme
al ciondolo e all’abito scelto da Patty. Avevo fissato lo splendido diamante ignorando
come mi fosse finito tra le mani, piccolo tesoro di inestimabile valore.
Pochi ricordi mi rimanevano del giorno che
aveva segnato il mio ritorno nell’Ade. Dopo minuti o forse ore di completa
incoscienza mi ero alzata da terra, pulendo braccia e ginocchia dai fili
d’erba. Fortuna aveva voluto che fossi finita in un angolo remoto del parco,
lontano dai sentieri battuti.
Erano trascorse poco più di due settimane, e già
non ricordavo la strada percorsa per tornare a casa. Quando non ti importa di
ciò che accade, il senso del tempo assume altre forme.
Feci scivolare l’anello lungo l’anulare
sinistro, provando un brivido al pensiero che mai più uomo avrebbe compiuto
quel gesto unico e meraviglioso. Solitario come il mio cuore, brillava inconsapevole
di non poter adempiere il ruolo per cui era stato concepito.
Se solo avessi potuto, lo avrei volentieri
scambiato per una foto che ritraesse Benji, anche di quelle terribili in formato
tessera. Cercai di evocare il suo viso sorridente e una stilettata mi
attraversò il petto piegandomi in due.
Ripresi fiato, attendendo il ritorno dell’apatia.
Perché sarebbe venuta, fedele compagna di ogni giornata. Di notte mi concedevo
uno strappo alle regole che mi ero imposta per non scivolare nel baratro della
follia. Sola nel letto, la testa affondata nel cuscino, andavo incontro ai
ricordi abbracciandoli, davo loro il benvenuto fino a che il mattino non ci avesse
nuovamente separati. Al buio potevo quasi udire la sua voce accanto a me,
sussurrargli parole dolci come se potesse udirmi. Sapevo che mi sarebbe
costato, ma ero pronta a correre il rischio.
Vivevo per quei rari istanti di conforto, in
cui mi rifugiavo evocando piccoli dettagli o intere conversazioni,
accarezzandone la dolce intimità. Così come durante il giorno mi sforzavo di
non pensare a lui, di notte lottavo per non dimenticare l’esatto colore dei
suoi occhi, il calore della sua pelle, il tono inconfondibile della sua voce. Il
mio cuore era l’unico rifugio dal quale nessuno avrebbe mai potuto cancellarlo.
Perché se c’era una cosa che mi teneva in vita
era il pensiero che da qualche parte, sebbene troppo lontano, lui continuasse a
vivere. Ne avevo bisogno più di qualunque altra cosa al mondo. Potevo
sopportare tutto, ma non che il suo ricordo svanisse.
Riposi l’anello al suo posto e mi sdraiai sul
letto, in attesa che il dolore venisse a me. Era una sensazione strisciante,
saliva lentamente fino ad abbracciarmi, togliendomi il respiro. Le mani gelide,
mi raggomitolai sotto le coperte stringendo le ginocchia al petto per non andare
in frantumi.
Era triste pensare di non essere più la
protagonista della mia vita. Forse tra alcuni anni sarei emersa da quel torpore,
guardando ai mesi trascorsi con lui come al periodo più bello della mia vita, a
qualcosa di prezioso che mi era stato concesso e per cui sarei stata grata in
eterno. Forse un giorno avrei trovato la forza.
Per il momento potevo solo aggrapparmi a quell’illusione,
andando avanti e sperando di tornare a piangere.
“Terra chiama Myriam, terra chiama Myriam”
ripeté una voce al mio fianco. “Ci sei?”
Mi voltai bruscamente, lanciando un’occhiata
sgomenta al collega che per un attimo aveva preso le sembianze di Tom.
Mi manchi
da morire Becker.
“Non prendi il tuo trolley?”
Lo fissai senza capire, prima di notare
l’addetto alla sicurezza che mi squadrava con impazienza. Ripresi coscienza di
dove mi trovassi, recuperando il bagaglio dal nastro dei raggi X insieme al mio
computer portatile. Proprio io, da anni abituata a volare, affrontavo ogni
viaggio come una novellina.
“Faccio fatica a riconoscerti” proseguì lui
levando gli occhi al cielo. “Questa tua ansia improvvisa è ridicola, te ne
rendi conto?”
“Hai ragione” mormorai abbassando lo sguardo.
Nessuno poteva immaginare il motivo dell’agitazione che mi coglieva prima di
ogni partenza, nella speranza che la destinazione finale non fosse quella
riportata sulla carta di imbarco.
Avevo perlustrato l’aeroporto di Fiumicino
infinite volte alla ricerca del misterioso vecchietto, senza il minimo
risultato. Nemmeno la mia indagine presso la società aeroportuale aveva dato i
suoi frutti. Nessun negozio di giocattoli aveva mai locato uno spazio presso di
loro, dovevo senz’altro essermi confusa con un altro scalo.
Trascinai la piccola valigia fino alla sala di
imbarco, accogliendo con piacere la stanchezza di fine giornata. Con un po’ di
fortuna mi sarei addormentata in volo.
“Vogliamo dare un’occhiata alla presentazione
per domani?” domandò il mio incubo personale non appena prendemmo posto a
bordo.
Se solo
non avessimo fatto la fila insieme al check-in, pensai con un
sospiro. “Sono stanca Pat, se non ti dispiace vorrei riposare un poco.”
“Sono stanco anch’io, ma domani abbiamo l’incontro con il cerimoniale.” Mi rivolse uno dei suoi
famosi sorrisi. L’invidia nell’aria era stata quasi tangibile quando l’addetto
alle prenotazioni ci aveva consegnato biglietti e voucher alberghieri. Chissà
quante voci avrebbero accompagnato la nostra trasferta in coppia. Italiano di
origini irlandesi, con i suoi capelli corvini e gli occhi verdi Patrick era il
protagonista incontrastato delle fantasie di mezzo ufficio. La
metà femminile più qualche indeciso.
“Ti prometto che domani arriverò presto in
ufficio” risposi nascondendo a stento uno sbadiglio, “e porterò i cornetti per
farmi perdonare” conclusi appallottolando la giacca contro il finestrino a mo’
di cuscino, ignorando bellamente il suo sguardo stupito. Non doveva ricevere
spesso rifiuti da una donna.
Mi lasciai cullare dal rumore dei motori, e
quando l’aereo iniziò a rullare sulla pista persi cognizione
del tempo e di me stessa. Un carosello di immagini accompagnò il mio graduale
abbandono, volti incrociati quel giorno, conversazioni prive di significato.
Era sufficiente chiudere gli occhi per vedere
quelli di Benji, mi appariva spesso in sogno ed era come essere di nuovo al suo
fianco. A tratti cedevo alla parte più oscura della mia mente e lo immaginavo
alle prese con l’inizio del campionato, quasi indifferente alla mia partenza,
circondato da fan ansiose di cancellare il mio ricordo.
Il senso di spossatezza accumulato nel corso
della giornata mi impedì di rilassarmi come avrei voluto. In un’altalena tra
sonno e veglia cambiai più volte posizione, fino a che il rumore del carrello sotto
di noi mi riportò alla realtà. Mi ci volle un attimo per rendermi conto di
avere la testa appoggiata a sinistra anziché a destra, come quando mi ero
addormentata. Quasi al rallentatore tornai in posizione eretta, mettendo a
fuoco due occhi chiari che mi fissavano in silenzio.
Cercai di recuperare un minimo di contegno ma
quasi certamente arrossii, potei capirlo dallo sguardo divertito che mi ero
indubbiamente meritata.
“Scusami, non volevo” borbottai, per niente
contenta della situazione in cui mi ero messa. Cercare rifugio sulla sua spalla
non era stata una gran mossa, per quanto involontaria. Dato il personaggio
avrebbe senz’altro colto l’occasione per fare battute inappropriate.
“Chi è Benji?”
Rimasi per un attimo senza parole, spiazzata
da quella domanda così diretta e inattesa.
“Lo hai nominato più volte nel sonno” spiegò
con una punta di imbarazzo di cui non l’avrei creduto capace.
Continuava a fissarmi e dovetti fare uno
sforzo per riordinare i miei pensieri recalcitranti. “E’ il mio ex ragazzo”
risposi d’un fiato, cercando di ignorare la fitta che mi attraversò tutta. In
fondo era vero, si poteva dire che ci eravamo lasciati. In tutti i sensi
possibili.
“Capisco. Non volevo essere inopportuno.”
Patrick volse via lo sguardo e ne apprezzai
l’improvvisa discrezione. Dovevo avere una faccia davvero terribile perché
capitolasse a quel modo.
In pochi minuti fummo fuori dal terminal e,
con il solo bagaglio a mano, raggiungemmo rapidamente l’area taxi. La fila
avanzò scorrevole e fui grata che abitassimo ai due estremi della città. Avevo
bisogno di stare da sola.
Lo salutai e salii in macchina poco prima che
iniziasse a piovere. Dopo i primi convenevoli l’autista mi lasciò ai miei
pensieri. Appoggiai la fronte al vetro e cercai di svuotare la mente, mentre un
velo di condensa si espandeva e contraeva al ritmo del mio respiro.
Le giornate si stavano accorciando e i fari
delle auto tingevano la strada rosso. Arrivati in
città ci bloccammo nel traffico dell’ora di punta. Sospirai, portando la mano
al ciondolo senza quasi accorgermene, tale era ormai l’abitudine di averlo al
collo. Giocai con la pietra passandomela fra le dita, spostando lo sguardo da
una vetrina all’altra.
Registrai inconsciamente la fisionomia di una
ragazza alta e mora che usciva da un centro commerciale e per poco non mi
strozzai con la catenina. Patty.
“Patty!” chiamai schizzando fuori dall’auto
come un centometrista in falsa partenza. Pagai la corsa senza nemmeno chiedere
la ricevuta e mi trascinai dietro il bagaglio, improvvisamente leggero come una
piuma.
Svoltai l’angolo e nella foga per poco non urtai
contro una signora che veniva in senso opposto. “Patty” chiamai nuovamente e la
ragazza si voltò.
Difficile descrivere la delusione che si
impossessò di me non appena mi accorsi, strano a dirsi, di averla scambiata per
un’altra. Mi squadrò con aria interrogativa mentre le spiegavo l’accaduto,
omettendo alcuni particolari quali la mia incipiente follia.
Mi appoggiai al cofano di una macchina e solo
allora realizzai di essere tutta bagnata, oltre a non avere l’ombrello con me. Non
riuscii a trattenere un sorriso e le parole di una famosa canzone fecero
capolino dalle mie labbra. “Più in basso di così, c’è solo da scavare.” (27)
Ripresi a camminare con calma, ignorando la
pioggia che mi bagnava il volto e i vestiti. Se anche mi fossi raffreddata non
avrebbe fatto molta differenza. Mi fermai a un incrocio, in attesa che
scattasse il verde, per tornare sulla strada principale e fermare un secondo
taxi.
Senza quasi pensare, intonai nella testa il
notturno di Chopin che preferivo (28). Mi capitava spesso quando mi sentivo triste,
il pianoforte era sempre stato uno sfogo alla melanconia.
Potei quasi udire le singole note cadenzare i
miei passi, fin quando levai gli occhi da terra e mi bloccai di colpo,
trovandomi di fronte l’ultimo posto dove avrei mai creduto di entrare. Inspirai
profondamente, indecisa sul da farsi. La tentazione di fuggire era forte, ma
sentivo di dover restare.
Varcai la porta lasciando il trolley
all’ingresso e mi guardai intorno nel negozio quasi vuoto. Alcuni ragazzi
ridacchiavano a pochi metri da me, forse chiedendosi cosa facesse una giovane
donna in completo scuro, fradicia come un pulcino, in una fumetteria.
Me lo chiesi anch’io mentre, come sotto
ipnosi, mi dirigevo verso la sezione dei manga. Scorsi i titoli velocemente,
fino a trovare quello che cercavo. Le mie mani tremarono mentre prendevo l’ennesima
ristampa del primo numero dallo scaffale. Chiusi gli occhi per un attimo, concentrandomi
sulla sensazione della carta sotto le dita.
I brevi dialoghi in italiano avevano sostituito
gli ideogrammi giapponesi, ma le immagini erano le stesse. Senza quasi
accorgermene accarezzai il profilo di un giovane Benji, sentendo lo stomaco
stringersi alla vista del cappellino che aveva finito per regalarmi, tanto me
ne ero innamorata. Se solo avessi potuto scegliere, sarebbe stato quello l’oggetto
che avrei portato via con me.
“Le interessano i
fumetti degli anni ottanta? Posso farle vedere
qualcos’altro” mi interruppe una voce maschile.
Mi voltai verso uno dei ragazzi notati poco
prima. Visto da vicino sembrava più maturo, l’aria simpatica di chi non capisce
come comportarsi con una strana cliente giunta in orario di chiusura.
Abbassai lo sguardo sul fumetto che avevo in
mano, chiudendolo con rispetto. “Grazie, prendo questo.”
“Ma è per ragazzi” protestò amabilmente,
“parla solo di calcio.”
Gli rivolsi un sorriso colmo di dolcezza. “Lo
so.”
Uscii solo dopo aver protetto il mio piccolo
cimelio nella plastica. Non avevo una foto di Benji, ma
quei disegni sarebbero sempre stati miei.
La fortuna sembrò volgere dalla mia parte e
pochi minuti dopo un taxi si fermò, portandomi a casa. Ero esausta ma, a modo
mio, felice. Mi concessi una lunga doccia prima di cena, rendendomi conto di
non avere fame nonostante la lunga giornata. Provai a sforzarmi, in vista del
giorno successivo che prevedeva una serie di incontri a cavallo del pranzo, ma
al primo boccone provai uno spiacevole senso di nausea.
Troppo stanca per insistere infilai il pigiama e per poco
non crollai prima di arrivare al letto.
Se non fosse stato per la sonora gomitata assestatami da
Patrick nel fianco, non mi sarei nemmeno resa conto che si stessero rivolgendo
a me. Non gradivo gli appellativi tipici della pubblica amministrazione, e
faticavo a riconoscermi in quel titolo. I
dottori salvano vite, non organizzano eventi avrei voluto rispondere, ma
non sarebbe stato appropriato.
“Faremo del nostro meglio” rispose il mio solerte collega,
impeccabile nel suo gessato Armani.
Scossi il capo, conscia che quel mondo non faceva più per
me. Se prima sentivo di nuotare nel mio elemento, ora non potevo soffrire le
esteriorità tipiche del nostro ruolo.
“Ci sentiamo la prossima settimana” si accomiatò da noi il
capo della segreteria al quale risposi con un sorriso di circostanza,
consapevole di non aver registrato una singola informazione rilevante in tutta la
conversazione.
“Non so cosa ti sia preso, da qualche giorno sei parecchio strana” mi rimproverò Patrick mentre
recuperavamo i nostri documenti all’ingresso dell’edificio.
“Lo so” risposi appellandomi al sorriso di prima, “non è
un bel periodo.”
Di solito funzionava, lasciar intendere a un uomo di avere
problemi sentimentali era il modo migliore per frenare sul nascere ogni curiosità.
“Mi dispiace vederti così.”
Feci spallucce, sentendomi a disagio. Perché mi scrutava a
quel modo?
“Capita” fu la mia laconica risposta.
“Quel Benji è un idiota.”
Sgranai gli occhi, indecisa se sorprendermi più per
l’espressione del suo sguardo o per il tono della voce, quasi carezzevole. In
ultima istanza potevo sempre dargli una botta in testa per aver parlato a
sproposito.
L’occhiata che gli lanciai non fu delle più tenere, e si
affrettò a ritrattare.
“Scusami, non sono affari miei. Fino a ieri non sapevo
nemmeno che fossi fidanzata.”
Rimasi in silenzio, gli occhi incollati a terra. Non ero
in grado di sostenere una qualunque conversazione su Benji, non ancora. Il solo
pensiero vigile mi scindeva in due, sradicando ogni barlume di normalità che
faticosamente ricostruivo, giorno per giorno.
Patrick vedeva in me una ragazza ferita. Io non vedevo
niente.
Improvvisamente sentii due dita sotto il mento, che con
pressione gentile sollevarono il mio viso verso il suo.
“Mi dispiace” ripeté semplicemente, e potei percepire dal
tono di voce che era sincero. “Non era mia intenzione farmi trasportare, né
tanto meno giudicare una situazione di cui non so nulla.”
Gli sorrisi, incapace di emettere qualunque suono. Se
fossi stata ancora umana una lacrima avrebbe solcato il mio volto, ma non
accadde nulla. Forse era ciò che lo colpiva di più, dato lo sguardo
compassionevole che mi rivolse.
Non ero poi così brava come attrice, e in qualche modo
quel pensiero mi sollevò.
“Ti do uno strappo a casa?”
Gli occhi di Tom si sostituirono ai suoi per un attimo, lo
sguardo di quel pomeriggio nel parco. Un brivido accompagnò la proposta, seppur
priva di qualunque sottinteso e, come allora, rifiutai
con un cenno del capo.
Mi congedai ringraziandolo, dirigendomi a passo svelto
verso la fermata dell’autobus. Poco dopo mi sfrecciò davanti in scooter e ci
salutammo con un gesto della mano.
L’attesa fu più lunga del previsto e mi alzai il bavero
della giacca per proteggermi dal freddo che cominciava a farsi pungente. Finalmente
l’autobus arrivò e fui felice di trovare un posto a sedere. Mi sentivo sempre
più spossata, svuotata di ogni energia. Evitai il riflesso nel vetro di fronte
a me, non avevo bisogno di ricordare quanto le occhiaie segnassero i miei occhi
spenti.
Scesi sotto casa e mi fermai al supermercato per una spesa
veloce, aggirandomi per i reparti riempiendo il carrello alla rinfusa. Il mio
frigo vuoto avrebbe apprezzato comunque.
Di fronte allo scaffale dei cosmetici osservaiincuriosita le maschere per il viso
disponibili, pensando che forse un tentativo mi avrebbe fatto bene. Non avevo
mai indugiato nella cura del corpo, in questo ero decisamente un maschiaccio. Il
ricordo di Susie che mi scambiava per un ragazzo nel nostro primo incontro si
infilò di soppiatto tra i miei pensieri, velando di nostalgia i miei passi
verso la cassa.
Notai con disappunto che la fila si estendeva per diversi
metri. Appoggiai gli avambracci all’impugnatura del carrello, sospirando mentre
il mio sguardo errava distratto intorno a me.
Dopo un paio di minuti la persona che avevo di fronte avanzò.
Ero sul punto di fare altrettanto quando qualcosa attirò la mia attenzione. Un
pensiero piccolo, silente, la cui vocina docile pretendeva di essere ascoltata.
Non ne colsi subito il senso, finché non misi a fuoco le confezioni colorate a
meno di un metro da me, quanto mai riconoscibili agli occhi femminili.
Il sangue mi si gelò nelle vene non appena realizzai quello che la mia mente distratta aveva eluso per
oltre una settimana.
Due
righe.Non una, due.
Due due due. Si trattava di un incubo. Non poteva
essere altrimenti. Semplicemente, non poteva.
Aprii il rubinetto dell’acqua fredda e mi sciacquai il
viso. Chiusi gli occhi. Li riaprii. Lo specchiò mi rimandò un’immagine pallida,
distorta. Guardai nuovamente lo stick di plastica. Due righe.
Appoggiai la schiena contro il freddo muro di piastrelle,
lasciandomi scivolare a terra. Due maledettissime righe. Trattenni il fiato,
cercando di riordinare i pensieri. Doveva trattarsi di un errore.
Tutti i test sono
forniti di una ''finestra di controllo'' che ha la funzione di confermarne la
corretta esecuzione.
La farmacista era stata chiara. Mi abbracciai le gambe,
poggiando il mento sulle ginocchia.
Il risultato è
positivo quando accanto alla linea di controllo ne appare un'altra.
Impossibile, vero?
Il valore di
affidabilità è superiore al 99%.
Credeva forse di rassicurarmi? Sentii lo stomaco contrarsi
in uno spasmo accompagnato da nausea. Mai alzai di scatto coprendomi la bocca
con la mano e avvicinandomi al lavandino. Falso allarme.
Inspirai profondamente e raccolsi la borsa da terra. Dovevo
mantenere la calma.
Cercai le chiavi della macchina e uscii di casa. Avevo
bisogno di prendere aria, di allontanarmi e capire cosa fare.
Cosa dovevo fare?
La domanda echeggiò nella mia testa mentre mettevo in
moto. Era tardi e le strade semi deserte, guidare mi avrebbe aiutato a fare
ordine nella mente. Come se fossi abituata a girare di sera, senza una meta
precisa. Sola.
Non riuscii ad andare lontano prima che guidare divenne
impossibile.
Quando non fui più in grado di vedere, accostai sulla
destra e lasciai che la macchina si fermasse per inerzia. Mi accasciai sul
volante e tutta la debolezza, tutte le incertezze che avevo trattenuto nelle ultime
settimane si riversarono come un fiume in piena la cui diga è stata aperta da
una mano invisibile.
Una parte di me non avrebbe mai accettato la separazione
da Benji, né sarebbe mai guarita.
In
risposta alle sempre bellissime recensioni ricevute... grazie per il supporto
morale in questo momento così delicato!
Bex
Grazie cara, la tua recensione mi ha riempito il cuore.
Non solo per i bellissimi complimenti, quanto per aver colto le emozioni che
ho cercato di trasmettere con parole davvero difficili da scrivere.
Per rendere l’idea del dolore è necessario concentrarsi e farlo
proprio, di modo da comprenderne appieno le piccole sfumature necessarie a
descriverlo.
E’ vero che Myriam avrebbe meritato di poter scegliere, ma non
era previsto che il suo viaggio potesse estendersi oltre la sua naturale
conclusione. Le vie del destino sono però impervie, e staremo a vedere cosa
accadrà... ho piena fiducia nel potere del libero arbitrio che i nostri
beniamini sapranno esercitare al meglio.
Ti faccio intanto una promessa: se alla fine le cose andranno
come spero, ti farò conoscere Tom!
Un bacione e fammi sapere cosa pensi di questo capitolo :-)
Fulmy
Bentornata! Mi sono mancate le tue recensioni, e mi dispiace che
tu sia rimasta senza connessione per più di un mese (al posto tuo sarei
impazzita :-)
Ebbene sì, il cuore di Myriam è sempre appartenuto a Benji, la
parentesi con Tom è stata dettata solo dalla confusione e dall’immenso
affetto che lei prova per lui.
Sono felice che la scena d’amore ti sia piaciuta. Non sono solita descrivere
particolari intimi, ma mi è salita dal cuore, sentivo che era necessaria
prima della separazione.
Sei molto dolce a dirmi che Benji ti ricorda sempre di più tuo
marito, non potresti farmi complimento più bello. Ormai lo sento come se
fosse vero, visualizzando le sue reazioni ed espressioni in maniera
impressionante.
Sul vecchietto stenderei invece un velo pietoso. Nella trama
iniziale non era previsto che si “imbastardisse” in questo modo, è venuto
fuori cattivissimo e io stessa avrei voluto picchiarlo!
Capisco il tuo punto di vista sul sacrificio di Myriam, per cui
proteggere Benji è risultato molto più importante che proteggere se stessa.
Sono personalmente convinta che il grande amore sia questo, nella sua magica
irrazionalità. La storia comunque non è ancora finita, tranquilla... Ciao ciao e a presto!
Benji79
Ciao benji79! Perdonami se ti ho fatto piangere, non volevo. So
che questi capitoli sono molto tristi, ma spesso il buio precede la luce,
dobbiamo avere fiducia nei nostri personaggi e nell’amore che nutrono l’uno
per l’altra :-) A presto!
Brennan
Lo so, lo so... è tutto davvero straziante, forse troppo per i
nostri cuoricini! Il fatto è che quando ti trovi di fronte a un grande amore
tutto diventa difficile, e una separazione del genere non sarebbe stata
realistica se vissuta con grazia e rassegnazione, non credi?
Per chiarire il tuo dubbio più che legittimo (non sei ottusa,
tranquilla!): Myriam vuole evitare a ogni costo che Benji resti intrappolato
nel fumetto, visto che il bastardissimo vecchietto le dice che seguendola
corre questo rischio. Ovviamente lui la ama e cerca di seguirla, e per
dissuaderlo Myriam non ha altra scelta se non quella di fargli credere che
non lo vuole, che non può darle certezze in quanto
possono essere separati da un momento all’altro. Ovviamente è solo una bugia,
però Benji finisce per crederle in quanto anche lui vorrebbe solo renderla
felice e capisce quanto la situazione sia difficile... è un po’ contorto, lo
so, ma se ci pensi Romeo e Giulietta si sono suicidati a turno perché si
credevano morti! (Willie è davvero il migliore :-P)
Non posso svelarti cosa accadrà, ma sicuramente non mancheranno
i colpi di scena!
Lady Snape
BWAAAAAAAAA... sono triste anch’io! E diciamo che non si può
dire che quest’ultimo capitolo metta allegria. Perdonate il momento cupo,
purtroppo non avevo molta scelta per rimanere fedele alla storia e ai nostri
personaggi. In questo capitolo abbiamo visto Myriam, nel nostro mondo, da
sola. Nel prossimo rivedremo Benji... così potrai dirmi per chi ti dispiace
di più ;-)
Concordo sul mettere al rogo il vecchietto ma, così facendo,
rischiamo di cambiare il corso della storia... fidati di me, non si tratta di
un addio per sempre!
Grazie mille per i bellissimi complimenti, spero che anche
quest’ultimo capitolo ti sia piaciuto!
Reki98
Piccola Reki98! Grazie per le tenerissime recensioni, sono
divertentissime! Grazie anche per averne scritte 4 di fila, se continui così
batterai ogni record! Ciao ciao e a presto, sono molto
curiosa di capire a che punto sei nella lettura :-)
Scusate il ritardo di questo
capitolo, negli ultimi tempi ero riuscita ad aggiornare su base settimanale...
Tra lavoro e impegni vari stavolta proprio non ce l’ho fatta anche perché, udite
udite, ho ripreso ad andare a cavallo!!! Il che rappresenta più o meno un avvenimento per la
sottoscritta, in quanto l’ultima volta che ho montato seriamente risale al
lontanissimo 1995 (mi duole un poco pensare che alcune di voi all’epoca erano delle
bimbette^__^)
Tornando a noi, il capitolo
che segue fa sempre parte della triade “Disperazione & Co”, questa volta visto dagli
occhi di Benji (così come penso saranno i prossimi due, mi è mancato tanto che ho voluto
restituirvelo con gli interessi^^).
Prometto che a seguire il tono
si smorzerà un poco, anche perché ho versato fin troppe lacrime
di recente ^__-
Buona lettura e grazie come
sempre a chi mi dedica parte del suo tempo, ho raggiunto quota 127 recensioni e
sono commossa!!! Mi raccomando, continuate così, sono fiera di voi^^
Bacetti a tutte!
25
Benji
“Benji stai bene?”
Sempre la stessa domanda. Tutti
sembravano interessati al mio stato d'animo, manifestando una cantilenante
preoccupazione del tutto priva di senso. In particolare l’alcol, assurto a tema
principe di ogni conversazione. Il nuovo amico con il quale scivolavo giù per
il tunnel della perdita di controllo, l’amore ormai ridotto a un ammasso
informe di dolore.
“Benji stai bene?” ripeté la voce.
La stessa domanda, eppure suonò di una
nota diversa. Alzai la testa dal tavolo sul quale mi ero accasciato dopo l’ennesima
sbronza e notai che, a dispetto di ogni precedente esperienza, il mondo non
giocava alla giostra con il mio senso dell'equilibrio.
Ciononostante faticai non poco nel
mettere a fuoco gli oggetti circostanti. Concentrati
su un punto fisso Price, puoi farcela.
Dopo qualche istante i miei sforzi
vennero ripagati, e una figura dai contorni incerti prese
forma dinanzi a me. Mi stropicciai gli occhi e li riaprii. Per poco non
caddi dalla sedia.
Myriam era in piedi, al centro della
cucina.
Un calore di indescrivibile potenza mi
abbracciò, impedendomi qualunque movimento. Il vuoto che nemmeno l’alcol era
riuscito a colmare si dissolse dolcemente, come se non fosse mai esistito.
Superato il primo momento di shock
riuscii ad alzarmi, avvicinandomi di qualche passo. Qualcosa però non quadrava.
Nonostante mi sentissi improvvisamente sobrio e nel pieno delle mie facoltà
mentali, Myriam sembrava circondata da un alone di luce innaturale.
Allungai la mano verso di lei e, con un
sorriso che mi fece balzare il cuore in gola, lei fece lo stesso. Le nostre
mani si sfiorarono ma non sentii alcun contatto fisico.
“Sei un'allucinazione, vero?” La
domanda sfuggì controvoglia dalle mie labbra, temendo una risposta che mi
avrebbe ucciso per la seconda volta.
Non rispose, avanzando un poco, senza
staccare il palmo dalla mia mano. Non potevo percepirne il calore, eppure
vederla era come un balsamo per le mie ferite, tutto sembrava sopportabile con
lei accanto.
Sorrise di nuovo, e mi sembrò di
scorgere una lacrima sulla serenità del suo volto. “Non preoccuparti, stai solo
sognando.”
La sua voce, la dolce voce della mia
piccola peste. Tirai un sospiro profondo, con il desiderio di non svegliarmi
più.
“Mi manchi” mormorai, temendo che
potesse svanire da un momento all’altro. “La mia vita non ha alcun senso senza
di te.”
Prima che potessi dire altro mi fu
vicina tanto da sfiorarmi. Sembrava così reale. Avrei dato qualunque cosa in
mio possesso, qualunque, pur di stringerla anche solo un istante tra le
braccia.
“Torna da me” dissi in un soffio appena
percettibile.
Alzò il braccio, e con la punta delle
dita mi accarezzò una guancia. Chiusi gli occhi in silenzio, concentrandomi su
quell’unico istante prima di morire. Come quando si era dissolta nel vento,
quella sera di tanti secoli prima, e il nulla mi aveva inghiottito.
La guardai nuovamente, annegando nella
dolcezza di quelle iridi dorate. “Torna da me” ripetei con voce strozzata.
Una seconda lacrima le rigò il volto e
il suo sorriso si spense, insieme all'arcobaleno che aveva invaso la stanza.
“Non posso” rispose senza muovere le labbra.
La sua immagine sembrò vacillare.
“Peste non andare, ti prego."
I suoi occhi si caricarono di emozione
e capii che i granelli di sabbia della nostra clessidra stavano volgendo al
termine. Sfiorai l'aria delle sue labbra con un bacio e il sogno si dissolse
con le mie illusioni, lasciandomi solo al buio, ancora una volta. Per un attimo
accarezzai la tentazione di perdermi in esso.
Peste dove sei?
Ripresi conoscenza, seduto al bancone
della cucina, il capo abbandonato sul braccio. Le palpebre pesavano come
piombo, nella testa una disarmonia di sorde pulsazioni.
“Benji tutto bene?”
Una voce maschile, conosciuta. Il mondo
intorno a me piroettò in una lunga vertigine, fino a fermarsi di colpo. Un déjà vu privo di ogni attrattiva.
“Stai bene capitano?”
Tom mi lanciò un’occhiata preoccupata,
tale da superare i livelli di coscienza che avevo frapposto fra me e il regno
dei vivi.
“No.” La mia voce rauca suonò come
quella di uno sconosciuto.
“Quanto hai bevuto?”
“Quanto serviva per dimenticare.”
“E ha funzionato?”
“No.”
Sentivo lo sguardo perso nel vuoto ma
non avevo la voglia, né la forza di focalizzarmi su un pensiero razionale. Le
allucinazioni erano ormai le rivali incontrastate del vuoto che si estendeva
nella mia anima, falla di una petroliera carica in mare aperto.
Tom si fece avanti, prendendo posto su
uno sgabello di fronte a me. “Non puoi continuare così, finirai per impazzire.”
Il mondo riprese a girare, accompagnato
da una forte sensazione di nausea.
Cercai di mantenere il controllo. “Non
sono affari tuoi Tom. Perché non torni da dove sei venuto e ci resti?”
Mi fissò con espressione
indecifrabile, deciso a mettere alla prova la mia pazienza. “Pensi sul serio di avere il monopolio
della sofferenza umana?”
Gli lanciai uno sguardo torvo, indeciso
se dargli o meno ragione. Provavo il disperato bisogno
di sfogare il senso di rabbia e frustrazione che covava dentro di me. “E tu
pensi di sapere cosa sto provando?"
La mia domanda colpì nel segno. Tom non
aveva mai ammesso i suoi sentimenti per Myriam e, invece di essergliene grato,
mi sentivo preda di un demone interiore ormai votato all’autodistruzione.
"Anche a te sembra di non avere più un cuore da quando se ne è andata?”
Sebbene stesse soffrendo, il che era
palese persino nelle mie condizioni, Tom era in pensiero per me. Avrei dovuto
sentirmi in colpa, provare vergogna per quelle parole così dure. Eppure non
potevo farne a meno. Non ero mai stato il bravo ragazzo io, il
vecchio Price era risorto dalle ceneri del nuovo.
I suoi occhi non tradirono alcuna
incertezza. “Se anche fosse non te lo direi, ti farebbe solo stare peggio.”
“Nulla potrebbe farmi stare peggio di
così.”
Non rispose, limitandosi ad allontanare
la bottiglia di whisky semi vuota. “Non credo che così facendo Myriam tornerà,
anzi."
Lo fissai in silenzio e un barlume di
lucidità mi attraversò la mente. Scossi il capo, scendendo dallo sgabello e
mettendo la testa sotto il rubinetto. I fumi dell’alcol si diradarono un poco,
in parte annegati nello scroscio di acqua ghiacciata. Afferrai un canovaccio abbandonato sul
lavello, passandomelo su viso e collo. Rivoli freddi mi colavano lungo la
schiena ma li ignorai.
Tom si alzò in piedi fissandomi, serio
in viso. “È proprio questo che uccide lentamente. Il non parlare.”
“Dove trovi la forza Becker?” domandai
con sincerità. Non finiva mai di stupirmi, al suo posto avrei sbattuto la porta
da un pezzo.
Un sorriso amaro gli piegò le labbra, e
una fitta molto simile al rimorso accompagnò il ricordo delle parole
pronunciate poco prima. "Avresti fatto bene a prendermi a pugni sin
dall'inizio. Perdonami Tom, come amico faccio schifo.”
Mi fissò con occhi carichi di sfida e
il senso di colpa si acuì maggiormente.
"Per una volta sono d’accordo.
Aggiungerei che non meriti una ragazza come Myriam ma, per motivi a me ignoti,
sembra aver scelto proprio te. Smetti di piangerti addosso e fai qualcosa, o
cederò alla tentazione di prenderti a pugni sul serio.”
Aveva ragione, senza ombra di dubbio.
Il problema è che non sapevo da che parte cominciare.
“Non puoi arrenderti così, devi lottare
per riportarla indietro” proseguì concitato. “Guarda Holly e Patty, negli anni
hanno imparato a superare ogni tipo di ostacolo.”
“Holly e Patty sono i due pezzi
mancanti di un puzzle da duemila, noi i pezzi di due scatole diverse finiti per
sbaglio nella stessa.”
Tom non riuscì a trattenere una buffa
smorfia. Si passò una mano sul mento, come ad accarezzare una barba che non
aveva, al contrario di me. La mia capacità di ridurmi a uno straccio sembrava
non conoscere limiti.
“Non posso darti tutti i torti Price,
la vostra è senz’altro una storia a distanza fuori dal comune. Ciò non toglie
che, così come Myriam è venuta da noi, tu dovresti poter andare da lei. Il
passaggio tra le dimensioni sembra legato a determinati avvenimenti, tutto sta
nel capire quale sia quello più adatto a te.”
Mi limitai a fissarlo in silenzio,
oracolo di Delfi improvvisato al cui cospetto non potevo che inchinarmi.
“Secondo me dovresti fare qualcosa di
eclatante per attirare l’attenzione del nostro misterioso burattinaio. Tipo
buttarti da una scogliera... che ne pensi?”
Inarcai un sopracciglio, e le mie
labbra si piegarono nel primo vero sorriso da settimane. “Cosa c’entra la
scogliera?”
Tom fece spallucce. “Non
saprei, è un'idea che mi è venuta così. Magari per
qualcuno funziona.”
***
Faceva freddo, il vento si infilava fra
i palazzi e non vi era spiraglio che potesse sfuggirgli.
Avevo finito gli allenamenti da un
pezzo eppure non riuscivo a tornare a casa. Persino le fan più accanite avevano
desistito e il campo era ormai deserto.
Mi alzai, prendendo il borsone per i
manici e lanciandomelo dietro la spalla. I compagni di squadra avevano capito
che era meglio lasciarmi solo, e non ero stato più coinvolto nelle cene
organizzate a turno da mogli e fidanzate.
Le prime partite del campionato avevano
segnato una svolta nella monotonia della mia vita. Per quanto paradossale
potesse sembrare, non avevo mai dato prova di tanta concentrazione. Ai nostri
avversari non era rimasto che difendere la propria porta ad ogni costo, essendo
la mia diventata se possibile più inviolabile che in passato.
Sorrisi per un attimo a quel pensiero.
La distanza che separava i pali alle mie spalle era sempre stata lo specchio
della mia vita. Non permettevo a nessuno di avvicinarmi, né tantomeno di
entrare.
La breve visita di Tom si era conclusa
il giorno prima, era rientrato a Parigi solo dopo avermi strappato la promessa
che entro la fine del mese sarei andato a trovarlo. Essendo l'unico a conoscere
il mio segreto si era convinto che parlare con lui mi facesse bene. Strano a
dirsi, avevo finito per dargli ragione.
Non erano stati tutti altrettanto
comprensivi. Dalla sera della festa, Patty era passata dal non darmi tregua per
capire quanto accaduto al non rivolgermi la parola.
Cosa puoi averle fatto per spingerla a scomparire dalle nostre vite
senza nemmeno un saluto?
La sua domanda mi aveva ossessionato
per giorni, sebbene fossi conscio che il vero motivo della nostra separazione
era un altro. I primi giorni avevo odiato Myriam con tutto me stesso per avermi
impedito di seguirla nel suo mondo, per poi capire che anche lei, come Tom,
aveva ragione.
Cosa avevo da offrirle? Un carattere
terribile in bilico tra realtà incompatibili tra loro? Persino tra coppie di
uno stesso mondo un terzo dei matrimoni finiva in separazione, la logica e il
buon senso erano dalla sua parte. Era giusto che avesse dei figli, un avvenire
roseo accanto a un uomo che potesse amarla come meritava.
Purtroppo non sarò mai quell’uomo, pensai mentre l’ennesima fitta mi attraversava il petto.
“Signor Price?”
Mi voltai verso la voce che mi aveva
chiamato, incrociando lo sguardo timido di una ragazzina nascosta nell’ombra di
un lampione, a pochi passi dal cancello di ingresso agli impianti sportivi.
Provai tenerezza nel vederla visibilmente provata dal freddo e dall’attesa.
“Da quanto sei qui?” le chiesi con voce
gentile. I miei compagni erano usciti da almeno due ore, speravo non avesse
atteso tutto quel tempo da sola e con quel vento. Si sarebbe senz'altro buscata
un raffreddore coi fiocchi.
“Un po’” ammise abbassando gli occhi al
suolo. “Ci tenevo ad avere il suo autografo.”
Per un attimo dimentico delle mie
sciagure posai il borsone a terra e lo aprii, tirandone fuori la felpa di
ricambio. Mi avvicinai con cautela, di modo da permetterle di assorbire lo
shock che evidentemente la mia vista le provocava.
“Come ti chiami?” domandai coprendole
le spalle, prima di piegarmi su un ginocchio per chiuderle la
zip sul petto. Sorrisi nel vederla così infagottata, ne sarebbero entrate
comodamente altre due come lei.
“Elisabeth” rispose piano, lo sguardo
incredulo per ciò che stava accadendo. “Ma tutti mi chiamano Lizzy.”
“Non dovresti andare in giro da sola a
quest’ora Lizzy, dove abiti?” Fui il primo a sorridere di quel tono paterno che
così poco si confaceva al mio personaggio.
Indicò un punto poco distante. “La mia
mamma lavora in quel palazzo, tra poco esce e torniamo a casa.”
“Allora va da lei, non mi
muovo finché non ti vedo entrare nel portone. Potrai tornare a
vedere i nostri allenamenti tutte le volte che vorrai" aggiunsi subito,
vedendo quanto fosse reticente a concludere il nostro incontro.
"Parlerò con il responsabile del centro sportivo, te lo prometto."
Un sorriso di genuina sorpresa le
illuminò il volto. I giornali non erano soliti dipingermi come una persona
tenera e accomodante. Portò le mani alla felpa per restituirmela ma la fermai
subito.
“È un regalo, te lo sei meritato.”
Il sorriso si trasformò in pura luce scaldandomi
nel profondo, laddove fino a pochi istanti prima c'era stato solo un gran
vuoto. Ero un bugiardo, il regalo più prezioso lo stava facendo lei a me.
“Davvero posso tenerla signor
Price? Mio fratello non ci crederà mai!”
“Dovrà crederci per forza, questo
modello non è ancora uscito in commercio” la rassicurai facendole l’occhiolino.
“E poi chiamami Benji, il signor Price è mio padre.”
Esitò per un attimo, prima di buttarmi
le braccia al collo e stamparmi un bacio sulla guancia. “Tornerò a trovarla signor
Price!” esclamò ignorando la mia richiesta e facendomi sentire di vent’anni più vecchio.
Trotterellò via felice, avrei potuto
giurare che i suoi piedi non toccassero terra. Attraversò la strada e, prima di
scomparire alla vista, si voltò per salutarmi con la mano.
Ricambiai con un sorriso, grato per
quella piccola parentesi di normalità. Price
l’invincibile, salvatodauna bimbetta allegra e tenace.
Raccolsi nuovamente il borsone da
terra, avviandomi con passo lento al fuoristrada parcheggiato poco distante. Lo
lasciai cadere nel bagagliaio, prima di salire in macchina e bloccarmi per lo
stupore.
Un signore anziano con dei baffi degni
di un generale prussiano se ne stava seduto sul sedile del passeggero,
sfoggiando la serenità di chi è stato invitato per il tè delle cinque.
Lo fissai con aria interrogativa. Tale
la distrazione, mi ero probabilmente dimenticato di chiudere le portiere e
doveva averne approfittato per ripararsi dal freddo.
“Questa è la sera del buon samaritano
signor Price” disse leggendomi nel pensiero. “Come si sente nei panni di
novello benefattore?”
Non potei fare a meno di inarcare un
sopracciglio. “Ci conosciamo?”
“Diciamo che la osservo da un po’”
rispose enigmatico. “Questa è la prima volta che ci incontriamo, ma presumo
abbia sentito parlare di me.”
Come in uno scacchiere all’apparenza
criptico, la chiave per lo scacco matto in tre mosse si delineò d’un tratto
nella mia mente.
“Lei è...”
Annuì prima ancora che potessi
completare la frase.
Digli qualcosa Price, dannazione!
Non riuscivo a spiccicare parola. Avevo
desiderato incontrarlo per settimane e, ora che ce l’avevo di fronte, non
sapevo da che parte cominciare.
Note:
Essendo
Benji appassionato degli U2, ritengo che la canzone più adatta a comunicare il suo stato d'animo in questo capitolo sia la splendida "One" (http://www.youtube.com/watch?v=ftjEcrrf7r0).
In
risposta alle sempre bellissime recensioni ricevute, stavolta sono quasi più
lunghe del capitolo! ^_^
benji79
Il ritorno alla realtà è duro per entrambi, in questo capitolo
abbiamo visto come se la cava Benji (non benissimo direi, per quanto lui non
sia incinto ^_^). Spero di non averti intristito
troppo, anche perché il colpo di scena finale ci da qualche speranza, no?
Ciao ciao e a presto!
Brennan
Non puoi non riprenderti, come faccio poi senza le tue
recensioni? :-)
Benji e Tom mancano a tutte noi, per questo ho fatto in modo di
farli tornare velocemente sulla scena... hehe!
Le tue perplessità sulla gravidanza sono più che legittime, sono
stata a lungo in dubbio se prendere o meno questa
strada. Non volendo spoilerare mi limito a dirti
che già nel prossimo capitolo si intuirà il perché di questa mia scelta per
quanto, ovviamente, ognuno ha la sua opinione e potresti non essere comunque
d’accordo ^__^
E’ carino che ti fossi convinta che Myriam avrebbe trovato il
“suo” Benji, ed effettivamente un eventuale seguito della storia potrebbe
incentrarsi sui vari paradossi spaziali nei quali mi sono infilata...
onestamente non so ancora esattamente cosa succederà, quindi lascio aperta
ogni strada.
Bye bye e alla prossima, sono
curiosissima di sapere cosa pensi di quest’ultimo aggiornamento!
Fulmy
Hehe... lo avevi intuito, eccome se lo
avevi intuito! Quando ho letto quella tua recensione sono stata divisa in
due: una parte di me temeva di aver pensato a una trama scontata, mentre
l’altra era felice di vedere che non ero la sola a pensarla così!
Sul fatto che il futuro nascituro sarà un collegamento tra il
mondo reale e quello di Benji puoi scommetterci, non intendevo certo separarli
per sempre! Resta da vedere come e quando questo accadrà... Come sono kattifa!!!! ^__-
Anche perché, effettivamente, la situazione di Myriam non è
delle più semplici: trovarsi di nuovo nel suo mondo,
da sola e incinta, farebbe disperare chiunque. Però alla fine i vari fili si
intrecceranno, e spero che la storia continui ad appassionarvi come ora!
Sono anche molto contenta che la scelta dei personaggi vi
piaccia (Emma Watson da ragazzina è DOLCISSIMAAAAA!!!)
e che i miei gusti in ambito maschile vi aggradino (se non lo avete
riconosciuto, Patrick è l’attore protagonista di “Prison
Break”).
Ciao ciao e alla prossima!!!
Bex
GRAZIE GRAZIEGRAZIE!
Mi sento ripetitiva nel dire che le tue dolcissime recensioni mi riempiono il
cuore, ma è così!
So bene di aver scritto una serie di capitoli tristi ma,
premesso che non avevo molta scelta se volevo proseguire nella storia in
maniera coerente (pur nella mia follia da dimensioni spazio-temporali-fumettesche), sono felicissima che
il tono dei personaggi vi sia comunque piaciuto.
Per restituirvi Benji e Tom ho dovuto lasciar sola la povera
Myriam... non ve ne abbiate a male, a breve tornerà in scena anche lei :-)
Sulla scena in fumetteria mi sono
intenerita tantissimo, e speravo sinceramente che facesse lo stesso effetto
anche a voi. Ero in dubbio se confrontarla con il fumetto o con il cartone,
ma alla fine ho pensato che fosse più dolce ridarle il famigerato primo
numero che recentemente ha creato tanti problemi a tutti.
Se si tratta o meno di un dettaglio
casuale... sinceramente non saprei, potrebbe anche nascondere qualcosa, ma
non ne sono ancora sicura al 100% ^__^
Sul fatto che la gravidanza sia un legame tra i due mondi posso
invece risponderti che è assolutamente così, nei prossimi capitoli la
questione ovviamente prenderà sempre più forma.
Sono felice che la storia ti appassioni sempre di più, anche
perché conto sul tuo supporto morale a ogni aggiornamento!!!
Baci baci e a presto!
Sany
Ciao Sany, benvenuta
tra noi! Innanzi tutto complimenti per aver letto la storia tutta d’un fiato,
il documento word completo superare le 150 pagine! ^__^
Grazie per il bellissimi complimenti, sono
felice che i miei beniamini ti abbiamo emozionata e persino commossa! A
questo punto mi auguro che il seguito non ti deluda, se ti va fammi sapere
cosa ne pensi ^_^
Ciao ciao e a presto!
Lady Snape
La tua recensione è stata deliziosa... e mi onora che la
gravidanza di Myriam venga considerata la notizia della settimana :-P
Ebbene sì, i pacchetti colorati altro non erano che i classici
assorbenti imbustati, che non ho voluto menzionare chiaramente per non
rovinare l’effetto suspense che ho cercato di tenere alto fino all’ultima
frase del capitolo. Certo l’allusione alle nausee, alla stanchezza e infine
al test lasciano a intendere l’epilogo, ma ci tenevo a mettere il colpo di
scena proprio alla fine.
Confermo che la situazione si andrà un po’ complicando, ma il
bello è proprio questo no? Ammetto anche che un manga non dovrebbe mettere
incinta una ragazza “normale”, ma è anche vero che il mondo che ho “creato” è
vero in tutti i dettagli, con molteplici riferimenti comuni (es. MichealBublé, gli U2, Giorgio
Armani, etc.) quindi diciamo che anche un bimbo concepito con amore ci sta
abbastanza ^__-
Spero che il seguito continui a intrigarvi... Ancora grazie!
Dafny
Benvenuta anche a te! Ebbene sì, incinta... di Benji ovviamente.
C’è chi se lo immaginava, chi è caduto dalle nuvole, chi ha gradito e chi
invece è indeciso. Staremo a vedere se il seguito metterà tutti d’accordo
oppure no :-)
Concordo sul sadismo del vecchietto ma tranquilla: per quanto
abbiano un po’ tutti preso il sopravvento, sono ancora decisa a non far
morire nessuno ^__-
Confermo il lieto fine (non potrebbe essere altrimenti) ma non spoilero nulla per non rovinare la sorpresa. Mi perderò
quindi le tue persecuzioni, anche se mi hai fatto talmente ridere che la
tentazione di farti uno scherzetto c’è stata... hehe.
Baci baci e alla prossima, fammi
sapere cosa ne pensi del finale di questo capitolo...
Florence
Ciao bellissima! Con tutte le tue splendide (e
numerosissime) recensioni mi trovo a dover scrivere un romanzo... perdona se
ti metto per ultima (di solito rispetto l’ordine
cronologico in cui le recensioni vengono inserite) ma quello che segue è un
vero e proprio compendio sulla mia fic!^^
Ma andiamo per ordine, traggo gli elementi salienti di tutte le
recensioni da te scritte:
Capitolo 10
Hehe... lo sapevo che il riferimento a Twilight ti avrebbe stuzzicato! Diciamo che mi è venuto
spontaneo poco dopo aver visto il film, quando ancora non sapevo che si
trattasse di un caso “letterario”. Tant’è che a fine capitolo ho inserito una
breve sinossi, probabilmente superflua per la maggior parte delle lettrici :-)
Mi divertiva il parallelismo tra Edward/Myriam e Bella/Benji:
per quanto basato su presupposti molto diversi, entrambi sono legati
dall’appartenenza a mondi diversi e all’apparenza icompatibili.
Probabilmente avrai notato il velatissimo riferimento a New Moon
presente in questo capitolo... mi sono troppo divertita a scriverlo!
Capitolo 11
Come hai avuto modo di vedere in seguito non si tratta di un
sogno, né lei è in coma. Ho pensato di creare una dimensione parallela
fittizia e al contempo reale, in cui far muovere la nostra Myriam prima su
toni sbigottiti, poi divertiti e via via più seri.
Capitolo 12
La mitica voce del cronista... sempre lo stesso e
misteriosamente onnipresente dalle giovanili agli Europei (che c’entra il
Giappone con l’Europa, ve lo siete mai chieste?) fino ai mondiali!
Certo un incontro Benji vs Buffon/Gilardino non sarebbe male...
quasi quasi ci faccio un pensierino! :-)
Capitolo 13
L’immagine del lettore tonno mi ha fatto morire dal ridere...
diciamo che questo capitolo rappresenta la prima vera svolta di M&B, in cui lei si mette a nudo e lui, da bravo
maschietto impulsivo qual è, cerca di capirla e starle vicino. In fondo è una
prima volta anche per il lettore, che comincia a conoscerla meglio,
comprendendo il perché di tanti suoi atteggiamenti.
Capitolo 14
Sai che mi hai fatto riflettere con la domanda sulla metafora?
Non ci avevo pensato razionalmente, ma sicuramente la barca rappresenta una
sorta di fuga dalla realtà e di intimità pura con la quale confrontarsi. Il
porto sicuro in cui approdano dopo la tempesta è senz’altro un modo per
trasmettere il crescente affiatamento dei due e il fatto di aver superato
insieme diversi ostacoli verso i quali non erano preparati.
Capitolo 16
Hai ragione, solo Patty poteva
risolvere la situazione! Sinceramente ce la vedi a
scegliere un diamantino piccino e discreto? Ovviamente no!
E solo Tom poteva aiutare Benji a capire i suoi sentimenti, così
come quest’ultimo doveva confrontarsi con i suoi dilemmi interiori prima di
capire la vera verità :-)
Capitolo 17
Una sola risposta: abbasso le ex!!!!!!!!!!!!!!
Capitolo 18
Ebbene sì, lo ammetto, sono una scrittrice dagli istinti sadici
:-P
Concordo pienamente con l’elenco di persone da mettere al rogo
(Nathalie indiscutibilmente al 1° posto e con distacco rispetto al secondo
^__^). Sul fatto che Myriam abbia lasciato in giro il manga, ti vorrei
ricordare che lo aveva nascosto tra i vestiti nel suo armadio quasi
dimenticandosene, essendosi ormai abituata alla nuova vita.
Le persone ricche però hanno la servitù che gli prepara i
bagagli, cosa a cui lei non è abituata e... zac!
Succede il fattaccio.
Cmq devi ammettere che è stata una sciccheria dare in mano a
Benji il fumetto incriminato, avrei pagato per vedere le vostre facce quando
la governante glielo consegna e si capisce di cosa si tratta... l’ho detto o
no che sono un po’ sadica? ^__-
Capitolo 19
Ebbene sì, Myriam soffre di foderamentoocchis di prosciuttos,
sindrome propria di chi ama (corrisposta) un tenebroso bonazzo
e ne ha un altro come migliore amico :-P
Diciamo che è un po’ tonta, anche se nel capitolo 21
cerca di dare un senso alla situazione incasinandola ancora di più
(effetto collaterale della sindrome di cui sopra).
Capitolo 20
Mi sono troppo divertita con il trittico amoroso!!! Non vedo l’ora di beccare un capitolo dove poterlo
riproporre. Se devo dirla tutta, il personaggio più divertente dal quale
vedere la storia è Tom, ma purtroppo non posso “utilizzarlo” quanto vorrei.
La tua metafora sulla panatura e
capitan findus mi ha fatto letteralmente rotolare
dalle risate (nel pan grattato^^)
Capitolo 21
Nel caso non si fosse capito, amo
disperatamente JoshHarnett,
con il quale farò fuggire Myriam alla fine della storia. SCHERZOOOOOOO!!!
Lo sbavo ci sta davvero tutto, così come il confronto tra i 2 prosciuttini avallato, seppur controvoglia, da un Benji
che comincia a capire che il mondo non è solo bianco e nero, e che se ami
veramente una persona devi pensare alla sua felicità in maniera altruista. Mi
rendo conto che rappresenta un cambiamento epocale per un maschietto abituato
a mettersi al centro dell’universo ^__^
In effetti la scena ricorda molto quella tra Bella e
Jacob, con la sostanziale differenza che in EclipseJake fa di tutto per convincerla, esponendosi al
punto da baciarla quasi con la forza, mentre qui è Myriam a forzare un
tantino la situazione (come darel torto? :-P).
Capitolo 22
Sono felice di vedere che la pensi come me. La parentesi con
Tom, dettata dalla confusione e dall’affetto che lei prova per lui, mette in
risalto l’importanza dei sentimenti che M&B
provano l’uno per l’altra.
Mark e Bruce poi sono fantastici, se potessi darei loro più
spazio.
Capitolo 23
E’ stato il capitolo più triste scritto ad oggi, mi sono dovuta
dotare di fazzoletto e mio marito si è seriamente preoccupato vedendomi
tirare su con il naso davanti al pc! :-)
Cmq ho risolto il tema della dipartita di Myriam con un
escamotage temporale, per cui i 6 mesi vissuti con Benji sono equivalsi ad un
unico giorno nel mondo reale. Sinceramente non mi sono posta il problema di
lei che non arriva al suo appuntamento a Milano... ooooops!!! Mettiamola così: ho scritto il 1° capitolo nel 2004,
una piccola distrazione ci sta :-P
Capitolo 24
Anche questo capitolo è stato abbastanza tosto, far passare la
tristezza senza essere lagnosi non è stata una passeggiata. Resta il fatto
che lei è disperata, e le DUE linee sicuramente non aiutano!
Spero che anche quest’ultimo aggiornamento ti sia piaciuto,
fammi sapere che sono curiosissima!!!
Ora smetto di blaterare, ti sarai
probabilmente addormentata 5 capitoli fa ^__^
Lo so, lo so, finire il capitolo 25 prima che Benji e il famigerato
vecchietto avviassero la conversazione è stato un colpo basso, ma non ho
resistito alla tentazione di lasciarvi con il fiato sospeso :-P
Lo so, lo
so, finire il capitolo 25 prima che Benji e il famigerato vecchietto avviassero
la conversazione è stato un colpo basso, ma non ho resistito alla tentazione di
lasciarvi con il fiato sospeso :-P
Spero con
questo aggiornamento di farmi perdonare almeno un pochino: ci stiamo lasciando
alle spalle fiumi di lacrime, e le righe che seguono sono state scritte con uno
spirito completamente diverso ^_-
Bacetti a
tutti (ebbene sì, ci sono anche ragazzi fra noi, il che mi riempie di sorpresa
mista ad orgoglio) e grazie come sempre delle splendide recensioni. Leggo e
rileggo ogni cosa che scrivete con grandissima gioia, continuate a scrivere...
continuate pliz! ^_^
26
Benji
Era
come se i muscoli del mio viso fossero preda di una paralisi. Forse per il mio
interlocutore non sarebbe stato un problema, ma saremmo rimasti sospesi in
eterno se non avesse preso la parola per primo.
"Nessuna
domanda o piccola curiosità signor Price? Mi ero preparato a un terzo grado in
piena regola."
Provai
una sorta di scissione dal mio corpo ed ebbi l'impressione di osservare la
scena dall'alto, guardando con stupore l'involucro vuoto sotto di me.
Ti vuoi decidere a parlare o pensi sia meglio che
sparisca di nuovo, magari con la convinzione di avere a che fare con un
minorato mentale?
Nulla.
Ero bloccato in un mutismo ostinato.
"Accettare
la mia presenza non deve essere facile" giunse lui in mio soccorso, forse
mosso a compassione. "Non sono solito palesarmi in maniera così
diretta."
"Chi
è lei?"
Complimenti, non c'è che dire. Di tutte le domande che
potevi fargli hai scelto la più idiota. Che te ne importa sapere chi sia? Tanto
valeva chiedergli quando compie gli anni.
Mi
fissò con aria divertita.
Le cose sono due: o ti sta leggendo nel pensiero,
facendosi grasse risate, o la tua aria imbambolata lo diverte. Più probabile la
seconda. A proposito, chiedigli se ha programmi per Natale, di questo passo rischiate di
trascorrerlo insieme.
Trentatre trentini entrarono a Trento tutti e trentatre
trotterellando.
Rosso di sera bel tempo si spera.
Tanto va la gatta al lardo che... No dico, ci vogliamo
dare una svegliata?
"Non
importa chi io sia" rispose, continuando a ridersela sotto i baffi.
Appunto. Dicevamo?
Fortunatamente
riuscii a rientrare nel mio corpo, recuperando almeno in parte le mie funzioni
cerebrali. "Dove si trova Myriam?"
Ecco, così va meglio. Temevo fossi sul punto di
chiedergli per quale squadra tifa.
"Nella
sua realtà, come può ben immaginare."
BenjaminPrice - Vecchietto malefico: 0 a 2. Vediamo
come te la cavi con la prossima domanda. E se fossero solo tre, come i
desideri? Ne avresti già sprecate due. Tic tac, tic tac, il tempo corre e sei
da punto a capo.
"Posso
vederla?"
Rimasero
entrambi in silenzio. Il mio interlocutore indeciso sul da farsi e la voce
nella mia testa in attesa di aggiornare il tabellone dei punti.
"Dipende."
Il
mio cuore mancò un battito.
Colpo di scena! Il nostro portiere apre una breccia nella
difesa avversaria e si avvia a una rimonta imprevista.
"Da
cosa?"
Il
vecchietto mi fissò in silenzio, d'un tratto serio in volto. "Le sembrerà
banale signor Price, ma dipende da quanto vorrà mettere a rischio la sua vita
corrente."
Un
sorriso incredulo mi piegò le labbra, accompagnato dal timore che stessi
sognando tutto. Per chi mi prendeva?
Tanto valeva consegnarmi le chiavi dell'intera galassia. "Sono pronto a
rinunciare a qualunque cosa, questo lei dovrebbe saperlo."
Siamo ai calci di rigore, basta una distrazione per
compromettere la vittoria.
La smettiamo?
Apostrofai il mio invadente alter ego. Non
è una partita.
Ah no? Scusa allora.
"Non
abbia fretta di rispondere giovanotto."
Mi
limitai a osservarlo, in attesa di capire dove si nascondesse il trabocchetto.
"Nel
mondo da cui proviene Myriam, lei esiste solo nella fantasia come antagonista
storico del suo amico Hutton. Qui è un calciatore di successo, qui vivono i
suoi familiari e amici."
La
tentazione di interromperlo fu più forte dei miei buoni propositi. "Per
quanto assurdo possa sembrare ne sono consapevole, e se me lo permetterà andrò
da lei."
Fu
il suo turno di fissarmi, stirandosi la punta dei baffi tra indice e pollice.
"Come fa a essere certo di poter rinunciare a tutto su due piedi senza
rimpianti?"
Mi
ero posto quella domanda almeno un migliaio di volte da quando Myriam se ne era
andata, e conoscevo la risposta senza ombra di dubbio.
"Ultimamente
ho ripensato a un film visto diversi anni fa e che all'epoca mi aveva annoiato
terribilmente. Solo ora ne colgo appieno il significato."
"Un
film?"
Forse
educazione, forse curiosità. Ciononostante ebbi la netta impressione che mi
stesse ascoltando sul serio.
“City
of Angels.”
Sorrise,
come se non si aspettasse una risposta del genere. “Credo di capire signor
Price.”
Volsi
lo sguardo di fronte a me, colto da un improvviso pudore. “Preferirei un solo
respiro dei suoi capelli, un solo bacio dalla sua bocca, un solo tocco della
sua mano, che un'eternità senza” citai liberamente dal monologo di Nicholas
Cage (29). “Myriam è colei che avrei chiesto se mi conoscessi
abbastanza per sapere cosa chiedere, mi manca più della vita stessa.”
Sembrò
soppesare le mie parole. “Uomo lasciato ingiustamente. Se non erro l’ultimo è
stato il giovane Werther, fine settecento.”
Tornai
a guardarlo negli occhi. “Trova la cosa divertente?”
“Non
mi fraintenda signor Price, mi stupisce vederla così determinato ad abbandonare
una vita ricca di soddisfazioni per rincorrere una chimera.”
Rabbia
e indignazione ribollirono nelle mie vene. “Come osa giudicare ciò che proviamo
l’uno per l’altra? Perché non si trova un altro passatempo e la smette di
giocare con le nostre vite?”
Sicuro di non aver esagerato? Domandò timidamente la voce di prima.
No, è già tanto che non lo abbia scaraventato fuori dalla
macchina.
L’espressione
sul suo volto rimase immutata, e mi convinsi che non fosse in grado di leggere
i miei pensieri.
“Se
Myriam non la volesse più? Se si fosse rifatta una vita e a lei non restasse
nulla se non un fumetto in bianco e
nero?”
Aveva
toccato le uniche corde che potessero alimentare il seme del dubbio, ma dovevo
ad entrambi una scelta che sino ad oggi ci era stata negata. Ripensai alla
scogliera proposta da Tom e, tutto sommato, il mio salto nel buio ci andava
molto vicino. Sorrisi.
“Se
davvero non ha alcun dubbio, possiamo fare un tentativo.”
Quell’improvviso
cambio di rotta mi lasciò senza parole. Inspirai profondamente, incerto se
credergli o meno. Una volta portato a termine il suo piccolo esperimento si
sarebbe rimangiato tutto, riportandomi indietro e distruggendo ancora una volta
le nostre vite?
“Nessun
esperimento signor Price” disse, facendomi ricredere sulle sue presunte
capacità telepatiche. “Sono qui perché qualcosa ha cambiato il corso di eventi
prestabiliti.”
“A
cosa si riferisce?”
“Lo
scoprirà molto presto.”
Prima
ancora che potessi insistere aprì la portiera e scese dalla macchina. Lo seguii
a ruota per chiedergli come e quando sarebbe iniziato il mio viaggio, ma di lui
non vi era traccia.
Risalii
a bordo e guidai sovrappensiero fino a casa, chiedendomi quando la mia vita
aveva preso quell’assurda piega in cui nulla aveva più senso e, soprattutto,
quando ero impazzito al punto da non potervi più rinunciare.
Un
milione di domande mi frullavano per la testa mentre varcavo la porta di
ingresso. Cosa sarebbe accaduto? Avrei continuato la vita di sempre in
attesa di venir trasportato in un'altra dimensione? Myriam mi sarebbe comparsa
davanti, come per magia, o avevo davvero sognato tutto?
Sospirai,
lasciandomi cadere di peso sul letto. Fissai il soffitto rischiarato dalla luce
della luna che filtrava dalla persiana semi chiusa. Per la prima volta da
tanti, troppi giorni, il peso che mi opprimeva il petto sembrò sciogliersi
lasciando il posto a una nuova consapevolezza. Non tutto era perduto, bastava
solo crederci.
* * *
"Come
mai quella faccia Price?"
Mi
voltai sorpreso verso Karl, mi conosceva troppo bene per non accorgersi del mio
strano comportamento. Karl Heinz Schneider, compagno di squadra dai tempi delle
giovanili dell'Amburgo e ora capitano della nazionale tedesca, era uno dei miei
amici più fidati a Monaco. Avrei tanto voluto che conoscesse Myriam, si
sarebbero senz'altro piaciuti.
"Capisco
quando vuoi essere lasciato in pace, il che capita piuttosto spesso da quando
sei rientrato dal Giappone, ma così non ti avevo ancora mai visto.”
Gli
lanciai uno sguardo consapevole, di chi è stato colto in flagrante reato e non
può negare l’evidenza a meno di volersi rendere ridicolo. “Lo so Karl, e posso
farci ben poco.”
Sorrise,
negli occhi azzurri un guizzo di comprensione tipicamente maschile. “Ti va una
birra?”
L’articolo
indefinito una non era propriamente
adatto all’occasione. L’Oktoberfest(30) era iniziata
da poco, e con essa l’invasione di ragazzi provenienti da ogni parte del mondo
volta a prosciugare le riserve idriche della Bavaria. Eravamo soliti darci a
innumerevoli bevute con la squadra e se avessi rifiutato non l’avrebbero presa
bene.
“Qualcuno
deve pur far fronte all’orda di Unni.”
Mi
meritai una sonora pacca sulla spalla e uscimmo dagli spogliatoi per
raggiungere i ragazzi che ci aspettavano fuori. Una serata in compagnia mi
avrebbe fatto bene, ero solo da troppo tempo con i miei pensieri, attendendo
invano che succedesse qualcosa a stravolgere la monotonia dei miei giorni.
Notai
un certo scompiglio all’ingresso del centro sportivo. Avanzai di qualche passo,
storcendo il naso all’idea di una lunga sessione di autografi e fotografie, ma
vidi subito che qualcosa non quadrava. Erano i miei compagni di squadra a
circondare una ragazza, e non il contrario. Mi avvicinai ancora e ne compresi
il motivo, trattenendo il fiato al pensiero della serata che mi attendeva.
“Ciao
Benjamin” mi salutò lei facendosi strada tra i ragazzi, accompagnata da sguardi
attoniti di approvazione. Poco importava che fossero single o meno, Nathalie
faceva a tutti lo stesso effetto.
“Ciao
Nat” risposi volgendole la guancia che le sue labbra sfiorarono con disappunto,
avendo chiaramente mirato alle mie.
Mi scostai un poco, il suo corpo flessuoso sembrava cercare il mio come
attratto da una calamita. Non potei trattenere un sorriso alla vista delle
facce appese dei miei compagni, stupiti nel vedermi tenere a distanza
quell’angelo sexy caduto dal cielo.
“Non
ci presenti la tua amica?” domandò Karl, rinomato playboy dall’irresistibile savoir faire, ravvivando il doloroso
quanto lontano ricordo della presentazione di Myriam alla New Team.
“Ciao,
sono Nathalie” mi anticipò lei calcando l’accento sull’ultima sillaba. Un tempo
il suo francese mi era sembrato seducente quanto ora mi dava sui nervi. Gli
altri sembrarono invece gradire moltissimo, mentre Karl riconosceva
improvvisamente la famigerata ex che si era sempre rifiutata di venirmi a
trovare in Germania.
Cosa ho fatto di male? Il vecchietto non l’avrà mica
confusa con Myriam?
Spaventato,
scacciai quel pensiero in coda agli altri che si avvicendavano numerosi nella
mia mente. Era passata una settimana dalla sua misteriosa visita, eppure la
vita si ostinava a scorrere tranquilla. Se si fosse dimenticato di me? Se,
peggio ancora, si fosse trattato dell'ennesima allucinazione?
“Hai
programmi per stasera Benjamin?”
Mi
voltai verso di lei alzando gli occhi al cielo. Respira Price, respira, puoi farcela. “Stavamo andando a prendere
una birra tutti insieme.” Ringraziai il mio angelo custode per aver accettato l’invito di Karl prima di vederla,
altrimenti non me la sarei scrollata più di dosso.
“Speravo
in una serata più intima” rispose con aria delusa, mentre i miei amici mi
fissavano increduli e i miei crediti personali raggiungevano il loro massimo
storico.
“Non
fare caso al nostro burbero portiere” intervenne Karl prendendola sotto braccio
e allontanandola da me con fare complice, “negli ultimi giorni si è comportato
in maniera alquanto strana.”
Sapeva
che potevo udirlo perfettamente ed ero curioso di capire cosa gli passasse per
la testa.
“Nell’attesa
che torni in sé perché non ti unisci a noi? Sarà una serata simpatica, vedrai.”
Nathalie
ignorò gli sguardi speranzosi che accompagnarono la proposta del centravanti, e
pensai che se avesse rifiutato per loro sarebbe stato solo un bene. Mogli e
fidanzate potevano tollerare una scorribanda tra uomini, ma non se miss
universo si univa a loro.
“Grazie
per il pensiero, ma ho un po’ di mal di testa.”
Si
scostò da lui con una delicatezza che non le conoscevo, tornandomi vicino senza
però stabilire un contatto fisico. “Posso passare la notte da te?”
Inarcai
un sopracciglio, mentre i muscoli mascellari degli astanti venivano messi a
dura prova. Nessuno si era soffermato sulla sottile differenza tra da te e con te, probabilmente nemmeno lei.
“Gli
alberghi di Monaco sono stati presi d’assalto dai turisti, non c’è una camera
libera a pagarla oro” si giustificò con occhi da cerbiatta.
Tirai
un profondo sospiro, sapendo benissimo dove volesse andare a parare. Non c’era
receptionist al mondo che avrebbe resistito a una sua richiesta, ma non volevo
mettermi a discutere davanti a tutti.
“Ok,
solo per questa notte” risposi cercando di ignorare il lampo di soddisfazione
nei suoi occhi verdi. Come si sbagliava, cocciuta di una ragazza. Sarebbe stata
senz’altro l’occasione per farle capire una volta per tutte che non saremmo mai
tornati insieme.
“Grazie
Benjamin” mormorò sfiorando la mia guancia per la seconda volta in pochi
minuti. “Vai con loro e divertiti. Se non ti dispiace mi farò aprire dal tuo concierge.”
"Temo
di non avere molta scelta.”
Senza
quasi attendere una mia risposta si allontanò salutando tutti con la mano,
prima di infilarsi in un taxi che era stato felice di attenderla tutto quel
tempo.
Non cambierà mai,
pensai prima di finire in pasto ai commenti salaci della squadra.
* * *
Parcheggiai
la macchina in garage e, mentre mi dirigevo verso l’ascensore, sentii la tasca
vibrare. Tirai fuori il cellulare e sorrisi alla vista del messaggio di Tom.
Hai fatto male a dirle di sì, come minimo ti starà
aspettando nuda nella doccia.
Becker
aveva dannatamente ragione.
Salii
fino all’attico e uno strano silenzio mi accolse una volta entrato in casa. Per
un attimo pensai che il mal di testa non fosse una scusa, ma rispedii al
mittente quell'impeto di buona fede. Posai le chiavi sul tavolino in ingresso
facendo più rumore del necessario. Nessuna reazione. Che dormisse sul serio?
Mi
affacciai alla camera degli ospiti, dove si sarebbe dovuta trovare, e cercai di
scrutare la sua sagoma nel letto. Faceva buio pesto e le birre bevute resero
l'impresa a dir poco impossibile. La quiete in cui era immerso l'appartamento
deponeva comunque a suo favore.
Pochi
istanti dopo varcai la porta della mia camera e accesi la luce. Tirai un
sospiro di sollievo alla vista del letto deserto. Mi sfilai di dosso il
maglione, dirigendomi in bagno per farmi una doccia.
La
speranza che, prima o poi, si sarebbe aperto un qualche varco dimensionale mi
aveva spinto a riprendere una vita quasi normale. A tratti mi chiedevo se fosse
così semplice abbandonarsi tutto alle spalle, ma il bisogno di rivedere Myriam
era più forte di qualunque dubbio. Lasciai scorrere l'acqua a lungo, svuotando
la mente da ogni pensiero.
Chiusi
il rubinetto e mi passai un asciugamano intorno alla vita e uno sulle spalle,
frizionando i capelli che cominciavano a farsi un po' lunghi e disperdevano
gocce ribelli ovunque intorno a me. Rientrai in camera, ridendo al pensiero di
quello che avrebbe detto Tom quando gli avessi raccontato che aveva preso un
granchio bello e buono.
Ne sei proprio sicuro? Echeggiò la sua voce nella mia testa non appena abbassai mani e
asciugamano che ostruivano in parte la visuale.
Nathalie
se ne stava sdraiata sul letto in tutta tranquillità, come se presentarsi in lingerie firmata fosse la cosa più
normale del mondo.
Poi non dire che non ti avevo avvisato, infierì la voce di Tom con fare canzonatorio.
Perché
Becker aveva sempre dannatamente ragione?
Mi
ci volle un attimo per rendermi conto che eravamo entrambi semi nudi e che il
mio silenzio prolungato, unito allo sguardo fisso su di lei, poteva essere
soggetto a diverse interpretazioni.
"Hai
intenzione di startene lì in piedi per molto?" domandò Nathalie con voce
suadente.
Scossi
il capo, andando ad appoggiarmi alla cassettiera di fronte al letto. "Si
può sapere cosa ti è venuto in mente?"
I
suoi occhi si illuminarono della luce di chi assapora una vittoria imminente.
"Mi sembra piuttosto chiaro."
Si
mosse impercettibilmente, con il chiaro intento di provocarmi. Sospirai.
"Non trovi questa situazione un tantino ridicola?"
Mi
lanciò uno sguardo confuso e la sicurezza ostentata fino a pochi istanti prima
evaporò come neve al sole. Si piegò in avanti, abbracciandosi le gambe e
nascondendo parte del corpo alla vista. "Pensavo ti avrebbe fatto piacere
distrarti un poco, so che Myriam ti ha mollato."
Le
sue parole riuscirono laddove i suoi gesti e l'ostentata nudità avevano
fallito. Sentii il cuore stringersi in una morsa, e distolsi gli occhi da lei
alzandomi in piedi.
"Scusami,
non volevo" mormorò saltando giù dal letto e venendomi accanto.
Provai
una paradossale sensazione di intimità nell'averla quasi nuda, così vicina,
senza desiderarla in alcun modo. Non eravamo mai stati amici io e lei, eppure
sentivo una forma di compassione mista ad affetto per quella strana creatura
alla quale la natura aveva donato così tanto da renderla insopportabile.
Le cose cambiano Price, cambiano davvero.
"Se
mi prometti di rivestirti e limitare le imboscate ti perdono" risposi con
un sorriso.
Mi
rivolse uno sguardo stupito, come se capisse davvero di aver perso ogni potere
su di me.
"L'ami
così tanto?"
Annuii
in silenzio, un debole sorriso sulle labbra.
"Allora
spero che si renda conto del suo errore e torni da te."
La
fissai, colpito da quella frase così poco da lei. Si avvicinò un poco e mi posò
un bacio sulla guancia, questa volta di proposito. "Sono stata una stupida
Benji."
Il
mio sorriso si aprì maggiormente. "Ti sei sempre rifiutata di chiamarmi
con il mio soprannome."
"Le
cose cambiano" sussurrò all'orecchio prima di lasciare la stanza con passo
felino.
Non
la seguii in salotto, rispettando il suo orgoglio di donna respinta, forse per
la prima volta nella sua vita. Infilai un paio di boxer e, non appena sentii il
peso piacevole delle coperte su di me, crollai in un sonno senza sogni.
La
luce filtrava dalla finestra che avevo dimenticato di chiudere la sera
precedente, e i raggi del sole autunnale mi svegliarono con dolcezza.
Nonostante fosse il mio giorno di riposo ero solito fare qualche chilometro di
corsa prima che il traffico invadesse le strade.
Mi
alzai prendendo un paio di jeans e una felpa a caso dall'armadio, e mi diressi
verso la camera degli ospiti convinto di trovarla ancora chiusa. Rimasi invece
stupito nel vedere tutto aperto e in ordine, nessuna traccia residua del suo
passaggio.
"Nathalie?"
chiamai aggirandomi per l'appartamento. Nulla. Possibile che se ne fosse andata
senza una parola? Doveva essersi offesa sul serio.
Tornai
in camera da letto e solo allora notai una strana busta posata sul comodino.
Lettera di addio strappa lacrime? Per quanto fosse cambiata non era da lei. La
aprii strappandone il bordo e ne tirai fuori un cartoncino scritto con grafia
di altri tempi.
Non ha atteso invano signor Price.
Appunto,
non era da lei. Mi guardai intorno confuso, chiedendomi come fosse arrivato fin
lì. Chiamai il numero della lobby ma non rispose nessuno. Presi le chiavi di
casa e infilai l’ascensore al volo, curioso di capire chi si fosse introdotto
in casa senza che nessuno se ne accorgesse.
Arrivai
in breve al piano terra e, vista l'ora, l’ingresso era deserto.
“Ha
trovato il biglietto?”
Mi
voltai, questa volta senza il minimo stupore. Sapevo già chi mi sarei trovato
davanti.
“Le
auguro buon viaggio signor Price, porti i miei saluti alla sua giovane
signora.”
Non
feci in tempo a rispondere al mio baffuto interlocutore che il mondo prese a
vibrare. Prima che potessi pensare a un terremoto gli arredi intorno a me
scomparvero e il mio corpo si fece sempre più leggero, fino a che ogni cosa non
si dissolse nell’aria come lucciole d’estate.
Fine terza parte
Note:
(29)
Immagino conosciate bene il film, purtroppo non ho trovato in italiano la scena
a cui Benji fa riferimento. In compenso il video della colonna sonora è
bellissimo, e Nicholas Cage pronuncia in inglese le parole fatidiche a conclusione
della canzone (http://www.youtube.com/watch?v=FpO9MSEWpxc).
Prima di rispondere alle vostre meravigliose recensioni,
una nota di servizio: dato che Benji è chiaramente sul punto di venirci a
trovare, avrei piacere a presentarvelo... Vi va di fare le guest star nei
prossimi capitoli?
Non posso ovviamente garantire la stessa presenza a
tutti, anche perché chi mi segue con maggiore fedeltà avrà come è giusto che
sia la precedenza, ma se mi date qualche info su di voi (nome, caratteristiche
fisiche principali, etc.) ci proverò senz’altro.
Sono un po’ matta a indire una sorta di casting virtuale,
ma il mondo che ho creato è così divertente che vorrei condividerlo con voi
ancora di più! ;-)
Brennan
Non solo il nostro vecchietto è ricomparso,
ma ha finalmente esaudito le nostre preghiere! Mi hai fatto così ridere con i
tuoi saltelli, è stata una recensione dolcissima! :-)
Che ne dici di questo capitolo? Sono curiosissima
di sentire i tuoi commenti!
Bex
Tesorina grazie! Sono felice che i miei
capitoli ti piacciano sempre di più, anche se ormai rasento l’ansia da
prestazione ;-)
L’amore che prova Benji per Myriam è
davvero immenso e in questo capitolo ne abbiamo diverse prove, una più
importante dell’altra. Anche Tom merita l’amore con la “A” maiuscola, sono
ancora indecisa su come farlo accadere ma ti assicuro che è un mio cruccio
fisso ^_^
La tua domanda sull’amica che Myriam
potrebbe portarsi dietro non è affatto stupida, è una delle opzioni alle
quali avevo pensato ma che ho finito per scartare in quanto difficile da gestire.
Comunque vedremo, se avrai pazienza ho in serbo per te una sorpresa che penso
ti piacerà!
Spero che questo capitolo ti piaccia come i
precedenti, e grazie come sempre per le tue dolcissime parole. Un bacio e a
prestissimo!
Dafny
Un infarto no, ti prego! E allora su
Nathalie in biancheria intima cosa avrai pensato? :-P
Dovevo dimostrare in primis a Benji di
essere pronto a mettersi veramente in gioco, fargli capire che tutto può
cambiare ed essere messo in discussione. Sembrerà buffo ma i miei
protagonisti sono un po’ come persone vere ora, non posso prenderli a
spupazzarli a mio piacimento. Il suo percorso psicologico era importante per
il corretto proseguimento della storia, non sarebbe stato plausibile farlo
comparire al fianco di Myriam senza dargli il tempo di valutare appieno i
rischi di una scelta del genere. In sostanza ha deciso lui, gli ho solo dato
una mano a capirlo :-)
Purtroppo non avevo previsto un
approfondimento del personaggio di Lizzy, ma posso dirti con certezza che suo
fratello ha rosicato un bel po’ ;-)
Comunque nessuno scherzo, tranquilla, i
nostri due protagonisti torneranno insieme, anche se ci sarà da divertirsi
con Benji tra noi.
Ho aggiornato più presto che ho potuto,
spero di averti fatto piacere! Baci e a presto!
benji79
Grazie!!! Sono felice che il capitolo,
sebbene triste, ti sia piaciuto tanto! Spero che questo non sia da meno :-)
La parentesi sull’alcol è stata breve,
tanto per chiarire Benji non diventa un alcolista... hehe! :-)
Mi fa molto piacere che la frase sul puzzle
ti abbia colpito, mi è venuta mentre ragionavo a quali elementi si incastrassero
meglio tra loro (all’inizio ho pensato anche ai lego... :-). Non sono mai
stata brava con i puzzle, e la soddisfazione provata nell’inserire l’ultimo
pezzo mi ha sempre dato l’idea di qualcosa che si completa. Solo dopo mi è
venuta in mente l’idea di pezzi provenienti da scatole diverse, che in teoria
non possono combaciare, ma non si sa mai!
Già che siamo la dico tutta, e condivido
con voi il ricordo di una favola di quando ero piccola, che parlava di un
bambino che aveva un puzzle incompleto in quanto l’ultimo pezzo era di un
colore diverso e non combaciava in alcun modo con il resto. A un certo punto
incontra un altro bambino, mi sembra proveniente da un altro pianeta, che ha
lo stesso suo problema... si scambiano i pezzi “estranei” e si scopre che
combaciano perfettamente con i due spazi mancanti, permettendo così ad ognuno
di completare il proprio puzzle.
Ho trovato carino prendere spunto da questo
racconto, in quanto Myriam e Benji sono così, incompleti nei rispettivi
mondi, e riescono ad amarsi solo saltando da una dimensione all’altra :-)
Fammi sapere cosa ne pensi del vecchietto
misterioso in questo capitolo... Ciao ciao!
Eilis
Benvenuta Eilis! Sono sempre felice di
accogliere nuovi lettori/lettrici che mi leggono in silenzio e a un certo
punto si fanno sentire :-)
Grazie per i bellissimi complimenti, questa
fic è nata come un gioco, fino a prendere sempre più piede nella mia vita. Ci
metto il cuore, davvero, e ogni nuova recensioni mi riempie di gioia, perché
significa che i miei personaggi vi trasmettono le stesse emozioni che danno a
me.
Spero che il seguito ti piaccia, fammi
sapere!
Lady Snape
Ciao Lady! Che bello sapere che riesco a
stupirvi, prima di pubblicare un capitolo lo rileggo talmente tante volte che
finisce per sembrarmi scontato.
Mi diverte anche un mondo giocare con i
vari punti di vista dei personaggi, cambiandone la percezione della realtà a
seconda del carattere. A questo punto sono davvero in dubbio se proseguire
dal POV di Benji o passare a Myriam... mumble mumble. Una cosa però è certa,
Benji sarà presto tra noi ;-)
Bacetti e alla prossima!
ShessomaruJunior
Ciao!! Benvenuto anche a te, sono quanto
mai onorata di annoverare tra le file dei miei lettori un baldo giovane ;-)
Mi commuove sentirti definire la mia fic un
“capolavoro”, spero continui ad appassionarti e che tu voglia seguirla fino
alla fine.
È vero che a Benji gliene capitano di tutti
i colori, d’altra parte una storia piatta non divertirebbe nessuno no? A
breve lo vedremo alle prese con la nostra realtà: mi sto già pregustando
alcune scene...
Fammi sapere cosa ne pensi, un parere
maschile mi interessa tantissimo!
Ciao ciao e a presto^^
Florence
Tesoro!!! Grazie come sempre per il
supporto, era in fremente attesa del tuo giudizio sull’ultimo capitolo, e mi
chiedo cosa penserai di questo sudato aggiornamento (sudato nel senso che ho
fatto i salti mortali per pubblicare velocemente e non tenervi troppo sulla
corda ;-)
Anche a te è piaciuta la metafora sul
puzzle, se leggi la risposta che ho dato alla recensione di Benji79 trovi lo
spunto che mi ha dato l’idea (evito di ripetermi per non allungare troppo il
brodo :-)
Sulla scogliera invece dovrebbe essere
chiaro, in quest’ultimo capitolo, che mi riferissi a una sorta di “salto nel
buio”. A parte il riferimento al famoso salto di Bella in New Moon (pensavo
fosse più palese, invece non sembra averlo notato nessuno :-P), per
convincere il vecchietto Benji è chiamato a dimostrare di essere veramente
cambiato.
Prima c’è l’incontro con Lizzy, in cui
manifesta un istinto paterno del tutto nuovo e dolcissimo, che segue la sua
considerazione sul fatto che non potrà mai essere padre dei figli di Myriam
(non sapendo che lei è incinta, povero, altrimenti come dice Fulmy
impazzirebbe sul serio).
Poi c’è il pezzo in cui cerca di spiegare a
voce le sue motivazioni al vecchietto, fino ad ignorare le avances di Nathalie (alcune ex sono
davvero delle str..ze!) e completare così una sorta di percorso ad ostacoli.
Vedrete presto come Benji e Myriam si
confronteranno con una nuova dimensione del loro rapporto... ci sarà da
divertirsi!
BACISSIMI!!!!!!!
Fulmy
Last but not least, giunge anche la tua
recensione... grazie mille! Povero Benji davvero, dai che ora la situazione
andrà migliorando, non senza un po’ di divertimento da parte mia nel fargli
fare un giro dalle nostre parti (la mia natura di scrittrice sadica fuoriesce
a tratti, è più forte di me! :-P)
Scommetto però che ve lo auguravate anche
voi... chi non ha sognato di veder comparire Price sulla porta di casa?
Per rispondere alla tua domanda, il
vecchietto non appartiene a nessun mondo in particolare, e se la cosa ti può
consolare non è di semplice gestione nemmeno per me che ho la storia abbozzata
in testa da anni!
Vedo con piacere che la frase sui puzzle ha
fatto furore, non pensavo e ne sono felice. Come detto a Florence, la scena
con Lizzy era la prima di una serie di “prove”, alle quali il nostro burbero
portiere è stato sottoposto per capire quanto fosse realmente pronto a
mettere tutto da parte per amore.
Staremo a vedere cosa accadrà... diciamo
che con quest’ultimo aggiornamento abbiamo fatto un bel salto in avanti!
Eccoci qua finalmente,
questo capitolo è importantissimo e sinceramente non pensavo di riuscire ad aggiornare questo weekend. Come noterete mi è venuto più lungo del solito e ho
esitato a lungo se dividerlo in due... poi ho pensato che mi avreste uccisa (giustamente
^_^;) e l’ho tenuto in un blocco unico. A questo punto spero mi ricompenserete
con il doppio delle recensioni, verooooo? ^_-
Scherzi a parte, ho letto
con gioia le varie adesioni alla mia buffa idea del casting, cercherò di
inserirvi tutte in un modo o nell’altro. Vi chiederei solo di portare un po’ di
pazienza, alcune di voi potrebbero tardare ad apparire, il che però non
significa che mi sono dimenticata.
Un’ultima considerazione
prima di lasciarvi alla lettura. Il capitolo è ovviamente ambientato a Roma, in
posti che per me hanno un sapore speciale. Chi conosce bene questa città saprà
orientarsi senza problema, altrimenti le note a fine pagina vi saranno
certamente utili, oltre alla piccola mappa che potete visualizzare al link seguente.
Vi dico solo che l’altro
giorno, passando davanti a Villa Borghese (che si trova vicino a casa mia), ho
visto la fontana di cui parlo e mi sono immaginata la scena che trovate a
seguire... ok, sono ufficialmente pazza!
Ora bando alle ciance, un
milione di bacetti a tutti voi e, come sempre, recensite numerosi! ^__^
27
Myriam
Stava
andando tutto storto.
Come
un incubo che non riesci a scrollarti di dosso, apri gli occhi, ci ragioni su
ma non c’è nulla da fare. Aspettavo un bambino dall’uomo che amavo, che viveva
in un mondo diverso dal mio e non avrei più visto se non in fumetto.
Non disperare, c’è anche il cartone animato precisò una vocina nella mia mente.
Già,
il cartone. La tentazione di scaricare da internet qualche episodio era stata
forte ma mi ero trattenuta, sebbene non vi fosse un motivo apparente, né
tantomeno sensato.
Perché
di sensato, nella mia vita, non c’era più nulla.
Il
giorno dopo il test ero corsa a fare le analisi del sangue, i cui risultati si
trovavano ora sulla mia scrivania, sotto a una pila di estratti conto bancari e
bollette della luce che non mi decidevo ad archiviare.
Forse
un po’ di ordine mi avrebbe fatto bene, in casa e fuori. Tirai un sospiro e
guardai fuori dalla finestra. Le foglie cadevano dai rami trasportate dal
vento, piroettando leggere fino a toccare il suolo. In quei momenti non potevo
fare a meno di chiedermi come stesse Benji, se si sentisse smarrito quanto me.
Con ogni probabilità mi odiava per averlo lasciato a quel modo, e non potevo
certo biasimarlo.
Sorrisi
debolmente al pensiero di quello che avrebbe detto Tom se mi fossi confidata
con lui. Il mio saggio, dolcissimo Becker mi mancava più che mai.
Il
suono del cellulare mi svegliò dal torpore di cui avevo vestito la mia domenica
pomeriggio. Lo presi in mano guardando con curiosità il nome visualizzato sul
display.
“Patrick
tutto ok?”
Non
rispose subito, e provai una sincera preoccupazione all’idea che fossero sorti
dei problemi dopo che lo avevo abbandonato, senza alcun rimpianto, all'ennesimo
evento mondano.
“Diciamo
di sì, anche se non è vero.”
Il
tono scherzoso della sua voce mi tranquillizzò. “È successo qualcosa?”
“La
domanda corretta sarebbe: cos’altro può succedere prima di toccare
veramente il fondo?”
“Non
ti seguo.”
“Certo
che non mi segui, mi hai lasciato in pasto a un gregge di persone noiosissime
con la scusa del mal di testa. Non ti ho mica chiesto di venire a letto con me,
potevi dar prova di maggiore originalità nel mentirmi.”
Non
potei fare a meno di scoppiare a ridere, lui e le sue battute fuori luogo.
“Avevo davvero mal di testa” lo apostrofai. Quanto tempo era che non sorridevo?
Troppo, decisamente.
“Hai
usato l’imperfetto, ti ho sentito. Il che significa che ora stai bene e puoi
venire a darmi una mano.”
Mi
morsi la lingua per aver parlato senza riflettere. “Patrick Shannon, sei
incorreggibile.”
Potei
quasi vederlo, quel suo sorriso di uomo affascinante che sa di esserlo e
andrebbe preso a schiaffi per il solo gusto di levarglielo dalla faccia.
“Lo
so, per questo indosserai un completo con cappello degno del Royal Ascot(31) e
verrai a farmi compagnia. Se mi chiedono ancora perché non monto a cavallo pur
essendo irlandese giuro che mi metto a urlare.”
“Va
bene, ma solo perché non mi lasci altra scelta.”
“Ti
aspetto.”
Riagganciai, il
sorriso ancora sulle labbra. Una boccata d’aria mi avrebbe fatto bene, il tempo
fuori era splendido. Infilai al volo dei pantaloni chiari e una giacca
assortita, il soprabito sul braccio nel caso la temperatura fosse calata dopo
il tramonto.
Il
concorso ippico di Piazza di Siena era solito tenersi a fine maggio, e
quell’anno la Federazione Sport Equestri aveva deciso di organizzare nella
stessa sede un'edizione autunnale il cui ricavato sarebbe stato devoluto in
beneficenza.
Nonostante
amassi molto l’equitazione mal sopportavo l’etichetta legata a quel tipo di
evento, così come il pubblico concentrato più a mettersi in vetrina che non a
seguire la competizione.
Parcheggiai
la macchina vicino all’ingresso su via Pinciana e mi
incamminai a piedi per il viale che portava alla famosa piazza. Villa Borghese (32) era un parco bellissimo, soprattutto quando non era
affollato da turisti e corridori della domenica, come mi divertiva chiamare
coloro che si mettono a dieta un mese prima della prova costume e corrono con
indosso pesanti strati di indumenti nella speranza di sudare e perdere peso.
Inutile
dire che non avevo messo piede in un parco da quando ero tornata nel mio mondo.
Mi rifiutavo di considerarla realtà,
in quanto quella vissuta accanto a Benji mi aveva fatto sentire più viva di
quanto non fossi mai stata. Sorrisi alla vista di alcuni bambini in risciò, a
bordo dei quali avevo trascorso pomeriggi interi della mia infanzia.
Mi
portai istintivamente la mano alla pancia, e provai una fitta al pensiero di
ciò che sarebbe accaduto. Un figlio. Ero davvero pronta a diventare madre?
Assolutamente no, e ancor meno una madre single. Cosa
avrei detto al bambino che sarebbe nato, il giorno in cui mi avesse chiesto del
padre? Che non esisteva, che mai si sarebbero conosciuti?
La
fitta al petto tornò prepotente e trattenni a stento una lacrima. Ci sarebbero
voluti alcuni mesi prima che il mio stato diventasse visibile, nel frattempo
forse un miracolo mi avrebbe strappata alla disperazione.
“Era
ora” mi accolse Patrick vedendomi arrivare da lontano.
Lo
raggiunsi alla fontana dei Cavalli Marini, situata a metà dell'omonimo viale. Stile impeccabile, nonostante fosse
in piedi da ore, e sempre elegantissimo. “Almeno quando dormi ti si
scompigliano i capelli?”
Mi
lanciò un’occhiata divertita. “Che strano modo di provarci.”
Spalancai
la bocca per rispondergli a tono ma la richiusi
subito, era una partita persa in partenza. “Vuoi spiegarmi questo richiamo di
aiuto? Di solito te la cavi benissimo anche da solo.”
Si
incamminò verso l’ingresso alle tribune, prendendomi con noncuranza per la
vita. “Ti spiacerebbe fingere di essere la mia fidanzata?” domandò con la
stessa calma che se avesse chiesto l’ora.“La mia ex mi insegue da questa mattina e non ne posso più.”
Sgranai
gli occhi, incredula. “Tu sei matto come un cavallo.”
“Esagerata.”
Cercai
di divincolarmi senza dare nell’occhio ma lui sembrò non farci caso,
distribuendo sorrisi pacati agli ospiti che incrociavano la nostra strada.
“Scordatelo Pat, lasciami andare.”
Sospirò,
allentando la stretta. “Non ti chiedo mica di fare sesso contro il primo albero
che incontriamo, solo di essere un po’ carina con me. Per
favore?”
Non
riuscii a trattenere un sorriso alla vista di quell’espressione da cane
bastonato. “Va bene, ma tieni giù le mani.”
Trentadue
denti candidi come neve mi abbagliarono, e rimpiansi all’istante di aver
accettato quell’assurda proposta.
“Dai
My, non può essere così terribile trascorrere un
pomeriggio in mia compagnia” disse con dolcezza, facendomi ricredere un poco.
In fondo che male c’era in qualche ora di normalità?
Lo
seguii fino agli spalti riservati agli sponsor e alle personalità. Signore
distinte si sventolavano con ampi ventagli sebbene non facesse così caldo. Le
espressioni annoiate sui loro volti la dicevano lunga, e non potei fare a meno
di chiedermi perché non fossero rimaste a casa con i loro figli o nipoti,
anziché sottoporsi a quella tortura.
L’altoparlante
annunciò l’ingresso in campo di un giovane campione e per un attimo dimenticai
dove ci trovassimo. Erano trascorsi tanti anni dall’ultima volta che avevo
montato a cavallo, e il ricordo della brezza marina tra i capelli mi investì
con tutta la potenza dei brividi provati in adolescenza.
“Perché
hai smesso?”
Volsi
lo sguardo ad incrociare quello di Patrick, stupita dalla sua domanda. “Smesso
cosa?”
“I
tuoi occhi brillano signorina, scommetto che sei stata una splendida amazzone.”
Scoppiai
a ridere per la seconda volta nella giornata. “Come no, avresti dovuto vedermi.
Piccolo maschiaccio con i capelli raccolti dentro a un berretto di cotone,
jeans strappati e stivali sporchi di salsedine. Un’amazzone
con i fiocchi.”
Mi
fissò in silenzio, forse sorpreso dalla mia descrizione.
“Tu
piuttosto, saresti perfetto. I cavalli irlandesi sono ottimi saltatori.”
“Aspetto
la fine della gara per mandarti a quel paese o preferisci andarci subito?”
Sbuffai
divertita, mentre un cameriere mi passava vicino con dei calici pieni di
prosecco.
“Un aperitivo signora?”
Patrick
allungò la mano per porgermene uno con fare galante e accettai senza pensare
che non potevo bere. Una nota di rossore mi salì alle
guance, ma lui parve non accorgersene.
“Ciao
Patrick, finalmente riesco a salutarti.”
Ci
voltammo entrambi, trovandoci di fronte una bellissima ragazza con i capelli
corti e castani.
“Ciao Nicole, come stai?” domandò lui tornando a stringermi la
vita. La storia della ex doveva essere vera quindi.
Se le scelgono tutte francesi?sospirai tra me, il ricordo
dell’incontro con Nathalie più vivo che mai. La mia mente non registrò lo
scambio di battute che seguì, troppo presa a non andare in pezzi al pensiero di
Benji che tornava sui suoi passi e riconsiderava l’ipotesi calciatore e velina.
“Piacere
di conoscerti Myriam” si rivolse a me facendomi tornare con i piedi per terra.
Sorrisi educatamente, in risposta alla stretta di mano più ipocrita della
storia.
“Scusaci
Nicole, ma delle persone ci aspettano” si accomiatò Patrick con eleganza,
stringendomi a sé più del necessario. Gli rivolsi un’occhiataccia che si limitò
a ignorare, trascinandomi verso le gradinate poco distanti.
“Grazie”
sussurrò all’orecchio destro.
“Non
c’è di che tesoro, ti dispiacerebbe
lasciarmi andare ora?”
“Ad
essere sincero un po’ mi dispiace” rispose esaudendo la mia richiesta. Ad occhi esterni avremmo dato l’impressione di due innamorati in tenera conversazione.
Salii
i gradini facendo attenzione a non inciampare, non ero stata particolarmente
intelligente a mettere i tacchi per camminare sulla ghiaia.
“Aspetta
che ti aiuto” mi porse la mano Patrick notando il mio passo malfermo. “Sei già
alta di tuo, perché queste scarpe?”
Levai
gli occhi al cielo, ignorando il suo aiuto proprio perché aveva ragione. Sul
punto di arrivare in cima allentai l’attenzione, compiendo il temuto passo
falso. Sarei finita lunga per terra se due braccia salde non mi avessero presa
al volo.
“Donne”
si limitò a commentare non appena i nostri sguardi si incrociarono.
I
suoi occhi verdi mi fissavano, forse in attesa di un cenno di gratitudine, ma
rimasi muta a osservarlo. Di nuovo quell’impressione di avere Tom accanto.
Provai un incontrollabile moto di affetto nei suoi confronti e, prima che
potessi dare un senso ai miei labili pensieri, lo abbracciai con forza.
Sentii
i muscoli del suo corpo tendersi per la sorpresa, per poi rilassarsi e
ricambiare il mio abbraccio. “Vuoi dirmi cosa ti prende?” domandò tra i miei
capelli. “So di essere irresistibile, ma non è da te buttarti fra le mie
braccia.”
Non
avevo il coraggio di guardarlo in faccia, né tanto meno di dirgli la verità. Mi
allontanai un poco e non fece nulla per trattenermi.
“Ho
capito, mi hai sempre amato in silenzio e non sai come dirmelo.”
Inarcai
un sopracciglio, degna replica dell'espressione tipica di Benji, e gli rivolsi
un sorriso riconoscente. Proprio come Tom, Patrick riusciva a sdrammatizzare
ogni situazione. “Mi hai scoperta.”
“Lo
sapevo” scherzò strizzando un occhio. “Vogliamo fissare la data delle nozze? Purtroppo mi cogli alla sprovvista, ho lasciato l’anello a casa.”
A
quelle parole un lacerante senso di vuoto mi attraversò tutta, lasciandomi per
un attimo senza fiato.
“Che
succede My? Sei pallida come un lenzuolo. Possiamo aspettare, non c’è fretta.”
Mi
sforzai di sorridere, per quanto temessi di non risultare credibile. “Sto bene Pat grazie, ho solo avuto un giramento di testa.”
Uno
sguardo scettico accompagnò le mie parole e mi strinse nuovamente a sé. Non
dovevo piangere, non volevo, eppure l’orlo del baratro era vicino tanto da
inghiottirmi.
“Sempre
quel Benji? Semmai dovessi incontrarlo gli spiegherò un paio di cosette, stanne
certa.”
Levai
gli occhi su di lui, indecisa se ridere o disperarmi di quella situazione
surreale. “Non è colpa sua” dissi infine, “mi ricordi terribilmente qualcuno
che ho perso.”
“La
tua vita è sempre così allegra?” domandò avvalorando ulteriormente la mia tesi.
Patrick doveva essere la reincarnazione di Becker, non vi era altra spiegazione.
Una
scossa elettrica mi trafisse da parte a parte. Contro ogni logica, non potevo
fare a meno di rivedere l’uno nell’altro. Così come Giorgio Armani e Michael Bublé erano presenti in entrambe le realtà, possibile che
Tom e Patrick fossero la stessa persona?
“Dalla
tua faccia direi proprio di sì, è meglio che ti accompagni a casa.”
Scossi
il capo, troppo sconvolta per parlare. “Grazie Pat,
ho la macchina. Tu resta pure, ci vediamo domani.”
Mi
fissò, inamovibile. “Non ti faccio guidare in questo stato.”
“Ti
prego, ho bisogno di stare un po’ da sola. Ti chiamo appena
arrivo a casa.”
Lo
vidi combattuto tra due fronti opposti, quasi si sentisse colpevole del mio
turbamento.
“Sto
bene, davvero” insistetti, sfiorandogli la guancia con un bacio.
Rimase
in silenzio mentre mi allontanavo, e mi sentii un verme a lasciarlo senza una
spiegazione. Avevo percorso appena un centinaio di metri che le gambe
cominciarono a cedere sotto il mio peso. Non ero in condizioni di guidare,
Patrick aveva ragione. Vidi poco lontano una fontana circondata da una seduta
in travertino e pensai fosse meglio fermarmi e riprendere fiato.
Faticavo
a respirare. Se Patrick era Tom allora forse, da qualche parte, anche Benji si
celava sotto mentite spoglie. Inspirai profondamente portando le ginocchia al
petto. Come trovarlo? E se anche lo avessi trovato, cosa gli avrei detto? Per
quanto ne sapevo poteva essere fidanzato, sposato o con figli.
Sospirai.
Stavo impazzendo sul serio.
* * *
Benji
Non
era poi tanto diverso.
Un
mondo intero ci divideva, eppure Roma sembrava quella di sempre.
Certo,
le strade del centro storico non potevano essere comparate a quelle di Monaco,
eppure l’aria era la stessa. Non un’altra atmosfera, altri pensieri, un altro
modo di vivere.
Una
mamma con bambino, capricci per un gelato. Uomini indaffarati al cellulare.
Traffico. Il sole. Nulla di scioccante.
Un’unica,
grande differenza. In questo mondo viveva lei. L’unica senza la quale tutto
perdeva senso. L’unica senza la quale ogni respiro mi opprimeva il petto. La
mia rovina. La mia ragione di vita.
Un
sorriso mi piegò le labbra. Da quanto non sorridevo? Stavo per rivederla.
Una
folata di vento mi accarezzò il volto. Inspirai a fondo, dirigendomi verso il
parapetto del ponte pedonale sul quale mi trovavo (33). Di fronte a
me la cupola di San Pietro. Trattenni una risata al pensiero che forse solo il
Colosseo sarebbe stato più esplicito. Un cliché
con una punta di misticismo pensai, osservando l’acqua del Tevere scorrere
sotto di me.
L’aurea
del crepuscolo conferiva alla scena un’atmosfera dal sapore melanconico, più da
addio che non da riunione. L’imponente figura di Castel Sant’Angelo alla mia
destra mi ricordò che quelle mura, quelle pietre, avevano osservato lo scorrere
dei secoli nei volti di persone comuni quanto lo ero
io in quel momento.
Quelle
stesse pietre ora mi accoglievano a dispetto di tutte le leggi della scienza
conosciute. Cosa le avrei detto quando l'avessi incrociata? Che avevo
rinunciato a tutto per lei? Conoscendola, nella migliore delle ipotesi mi sarei
meritato una ramanzina coi fiocchi.
Levai
lo sguardo al cielo incrociando quello di un angelo. Quasi compassionevole, il
freddo marmo sembrò sondare i miei pensieri più profondi. Rimasi immobile per
un attimo, indeciso se dirigermi a destra o a sinistra. Improvvisamente fui
colto da un ricordo.
La mia scultura preferita è Apollo e Daphne (34), aveva detto un giorno Myriam sfogliando un libro del
Bernini che tenevo in camera. Quando mi
sento sola mi piace fare due passi a Villa Borghese, e se ho tempo entrare in
Galleria a guardarla. È uno dei miei
musei preferiti.
Chi
aveva diretto la realizzazione degli angeli che mi osservavano dall’alto, la
cui immagine aveva accompagnato nei secoli tante anime tristi e votate alla
morte?
“Il
Bernini” risposi con certezza prima di correre alla ricerca di un taxi.
Era
come se i polmoni stessero per scoppiare da un momento all’altro. Non ero mai
stato sul punto di affogare, eppure la sensazione non doveva essere molto
diversa.
Trovare
un taxi in pieno centro all’ora di punta era stata un'impresa impossibile.
Alcuni passanti mi avevano indicato un autobus che mi avrebbe avvicinato a
destinazione, ma dovevo essere sceso alla fermata sbagliata, o più
semplicemente lo avevo preso nella direzione sbagliata.
Avevo
iniziato a correre a perdifiato senza sapere nemmeno il perché. Nessuno poteva
assicurarmi che la mia intuizione fosse corretta, il museo era probabilmente in
chiusura. Eppure avevo fretta, e dare libero sfogo alle energie per troppo
tempo soffocate sembrava l’unica cosa sensata da fare.
Arrivato
alla salita di via Veneto sentii un sapore metallico in bocca, dovevo rallentare.
Finalmente vidi in lontananza l’arco romano, dietro al quale mi avevano detto
estendersi villa Borghese. Attraversai l'incrocio con cautela, evitando di
farmi investire da un’auto sul più bello.
Varcai
l’ingresso del parco, il cuore ormai da buttare. Il sole era scomparso
all’orizzonte e la luce opaca dei lampioni illuminava le vie interne dove
alcuni passanti si attardavano. Deglutii, guardandomi intorno con il fiato
corto. L’avrei trovata lì? Una ragazza non avrebbe dovuto aggirarsi di notte
per le strade.
Il viaggio dimensionale non ha cambiato la mia natura
super protettiva, considerai con un
sorriso mentre percorrevo il viale con lunghe falcate.
Passai
vicino a una giovane coppia seduta su una panchina e provai un irrazionale moto
di gelosia. Per loro era tutto così semplice, mi sarei voluto fermare a spiegar
loro quanto fossero fortunati a potersi amare liberamente.
Tirai
un sospiro, notando con la coda dell’occhio un ragazzo in completo scuro che si
dirigeva verso una delle uscite del parco. Nonostante l’aspetto distinto doveva
avere più o meno la mia età, e certamente sapeva dove si trovasse la Galleria
Borghese.
“Mi
scusi” lo avvicinai, le parole intramezzate dal fiatone.
Si
voltò a guardarmi, visibilmente infastidito per essere stato fermato. L’aria
preoccupata, sembrava andare di fretta. “Si?”
“Cercavo
la Galleria Borghese, saprebbe indicarmela?” Nonostante la drammaticità del
momento sorrisi nell’udire quella frase uscire dalle mie labbra in italiano,
sperimentando sulla mia pelle lo stupore del sentire propria una lingua mai
parlata prima.
Mi
indicò un palazzo dalle mura chiare che si trovava alla fine del viale. “Ce
l’ha di fronte.”
Lo
ringraziai ma sembrò non ascoltarmi nemmeno. Si allontanò rapidamente,
lasciandomi nuovamente solo con i miei pensieri.
Mi
diressi verso la costruzione di imponente bellezza decantata più volte da
Myriam, provando un tuffo al cuore ad ogni passo. Come immaginavo il piazzale
era deserto e il museo chiuso da un pezzo. Mi sedetti su una panchina, appoggiando
i gomiti sulle ginocchia e la fronte sui pugni chiusi. Come trovarla? Non avevo
idea di dove abitasse, in una città con milioni di persone avrei potuto
cercarla all’infinito senza successo.
Inspirai
profondamente prima di alzarmi. Restarmene seduto con le mani in mano era del
tutto inutile. Mi guardai intorno in cerca di un’ispirazione latitante, e decisi
di attraversare il prato in direzione dell’ingresso intravisto poco prima.
Dovevo pur trovare un posto dove dormire.
Portai
istintivamente la mano destra alla tasca posteriore dei jeans e mi accorsi di
avervi infilato il portafogli con le carte di credito. Se non fossero state
valide sarebbe stato un pasticcio bello e buono. Non un giorno della mia vita
mi ero posto il problema del denaro, l'idea di ritrovarmi senza un centesimo
rendeva la situazione ancora più surreale di quanto già non fosse.
Mi
incamminai lentamente, cercando di non dare ascolto al pessimismo della mia
voce interiore. Non avevo viaggiato da una dimensione all’altra per giocare a
mosca cieca, né tanto meno per scervellarmi su questioni economiche. Così come
Myriam aveva incontrato me in aeroporto speravo che il destino, o chi per lui,
la conducesse sulla mia strada.
Perso
tra i miei pensieri, fu il gorgoglio dell’acqua ad attirare la mia attenzione.
Strizzai gli occhi, distinguendo a pochi metri di distanza una fontana circondata
da una sorta di panchina a pianta circolare. Come mosso da una forza invisibile
superai la siepe che avevo costeggiato e avanzai di qualche passo, riuscendo a
distinguere una figura femminile piegata su se stessa.
Avanzai
ancora, finché il mio cuore non smise di battere. Era lì, era lei, in carne e
ossa. Ne ero certo come sapevo che senza aria sarei morto soffocato.
Mi
avvicinai in silenzio, il corpo tramutato in gelatina.
Non sembrò accorgersi della mia presenza e piccoli singhiozzi viaggiarono
nell’aria fino a me. Stava piangendo? Provai un’altra fitta al petto. Ero
ormai certo che affogare fosse meno doloroso.
Mi
fermai a qualche metro di distanza, del tutto privo del coraggio che mi aveva
portato fin lì. Quante volte avevo desiderato quel momento nelle ultime
settimane? Sarei voluto correre da lei e abbracciarla ma il mio corpo era sordo
a ogni richiamo, le parole che avevo immaginato di dirle cancellate per sempre.
Ci
sarebbe stato posto per me nella sua vita, ora? Quale futuro ci attendeva?
Forse avrebbe visto un fantasma in me, persa nel mondo di ombre che aveva
accolto entrambi quando ci eravamo separati.
Strinsi
i pugni e riuscii ad avvinarmi un poco. Alcune foglie secche scricchiolarono
sotto i miei piedi, risvegliandola dal suo torpore. Alzò lo sguardo nella mia
direzione. I suoi occhi, la mia vita. Non potevo scorgerne il colore, eppure
l’oro che aveva accompagnato ogni mio sogno da quando la conoscevo giunse fino
a me.
Rimase
muta, immobile. Per un attimo che si dilatò all’infinito colsi dettagli del suo
viso che temevo di non rivedere più. Le piccole ciocche ribelli che sfuggivano
al suo controllo, le sopracciglia sottili, il mento fiero anche nell’abbandono.
Credeva che fossi uno scherzo della sua immaginazione? Provai una tenerezza
infinita al solo pensiero, eppure non riuscii a profferir parola.
Avanzai
ancora e mi seguì con sguardo incerto mentre mi accovacciavo di fronte a lei.
Una folata di vento portò il suo profumo sino a me e capii che qualunque prezzo
da pagare sarebbe stato nulla in confronto a ciò che la sua mancanza avrebbe
comportato. Non chiedevo altro alla vita che tenerla tra le mie braccia e
renderla felice.
Trovai
la forza di sorriderle, mentre mi fissava con espressione turbata.
“Perché
mi fai questo?”
Colsi
un senso di rabbia nella sua voce, che alle mie orecchie suonò come lo
scampanellio di una chiesetta tra i boschi.
“Perché?”
ripeté senza darmi il tempo di rispondere.
Lentamente,
per non spaventarla, allungai una mano verso il suo viso. Rimase immobile e la
sentii irrigidirsi. Senza parlare, le accarezzai una guancia con il dorso della
mano, trovandola umida al tatto e odiando il mondo intero per ciò che aveva
passato lontana da me. Nessuna parola avrebbe potuto esprimere il dolore
profondo che albergava nei suoi occhi e che era anche il mio.
“Peste
sono io” mormorai infine.
Incredula,
mi guardò per un lungo momento senza capire, gli occhi dilatati per lo stupore.
Note:
(31) Ascot
è la corsa più famosa del mondo, la sua storia risale al 1711, e ogni anno
anche la famiglia reale vi prende parte. È il maggiore evento mondano del
calendario britannico e l'interesse della stampa per ciò che fanno e che
indossano i partecipanti spesso supera l'attenzione dedicata alla gara vera e
propria.
In risposta alle vostre
dolcissime recensioni, tengo a ringraziarvi anche per le adesioni alla mia
pazza idea del casting!!! ^__^
(Nota: ho scritto le risposte velocemente per pubblicare prima di cena,
perdonate eventuali refusi e ripetizioni)
Dafny
Ciaoooo!!! Finalmente si sono
ritrovati, hai visto? Ho tergiversato a lungo sulla reazione di entrambi
quando si fossero visti, e alla fine sono stati loro a guidarmi :-)
Per quanto riguarda i viaggi temporali non temere, l’unica licenza che mi sia
presa riguarda il trascorrere del tempo, a volte simmetrico e altre volte no.
Quindi nessun invecchiamento precoce per nessuno dei due!
Grazie
anche per la dettagliata descrizione che mi hai dato e tranquilla, non verrai
inserita tra le fan sfegatate del nostro campione. Anche perché, se devo
dirla tutta, nel nostro mondo lui non gioca a calcio... almeno non negli
stadi ^__-
Baci baci e sono curiosa di sapere se questo
capitolo ti è piaciuto!
Benji79
Ebbene
sì, i nostri beniamini si sono appena ritrovati, e ne sono felicissima!
Descrivere la loro separazione è stata molto dura da scrivere, te lo
assicuro. Certo Benji ha dimostrato un grandissimo coraggio a rinunciare alla
sua vita, staremo a vedere cosa succederà e cosa ha in mente il famigerato
vecchietto, a cui ho finalmente dato un volto^^
Grazie
mille per i complimenti sul dialogo tra Benji e la sua mente, così come per
le battute di Tom: hanno fatto ridere un sacco anche me!
bex
Tesoroooooo!!! Tranquilla,
siamo in due a fare le deficienti^^
Sono
contenta che l’ultimo capitolo ti sia piaciuto, compresa la mia scelta di far
comparire il nostro Karl... approvi la mia scelta di Paul Walker?
Avevo in mente lui sin dall’inizio e non vedevo l’ora di farlo entrare in
scena.
E così
i nostri due beniamini si sono ritrovati... sono così felice! So che ve la
prenderete un po’ con me per aver chiuso il capitolo nei primi momenti dell’incontro,
ma avevo bisogno di un po’ di tempo per elaborare il seguito. Non è facile
descrivere questo momento sospeso nel tempo, Benji tra di noi è un po’
complicato da gestire, molto più che far interagire Myriam con il mondo del
cartone.
Sono ancora molto indecisa su come fargli scoprire che presto diventerà
papà... vediamo cosa ne pensa Myriam :-)
Tra
l’altro sarà molto divertente inserirvi una ad una nei prossimi capitoli! Non
potevo certo far approdare Benji nella nostra realtà e farlo interagire solo
con sconosciuti ;-) Spero vi divertirete a scoprirlo con me, per quanto tengo
a ribadire che l’ordine di apparizione non è legato a nessuna questione di
importanza, bensì alla logica che darò al proseguire della storia.
Un
bacione grande e grazie come sempre per le tu
dolcissime parole. A presto!!!
brennan
Mi fai
troppo ridere! Quando hai detto “mi sembra uno di quei programmi quando
intervistano quei tipi in discoteca e gli chiedono cose tipo: meglio batman o l'ape maya?” ho ripensato a “The Club”...
conosci? Dai un’occhiata a questo splendido link: http://www.youtube.com/watch?v=GJUyXccpV5M
Tornando
alla tua recensione, sono felice che il riferimento a City ofAngels ti abbia emozionata. In effetti quelle splendide parole pronunciate da Benji
hanno un loro perché :-)
Vederlo
così deciso ha sorpreso anche me, come dicevo nel capitolo precedente, non
potevo catapultarlo in un altro mondo senza che ne fosse prima
realmente convinto. E beh... non mi ha lasciato proprio alcun dubbio!
Il
dialogo a sfondo calcistico è venuto fuori spontaneamente, cercavo un modo
per sdrammatizzare un poco la scena e sembra che ci
sia riuscita. Anche in questo capitolo le battute di Patrick hanno lo stesso
scopo, altrimenti è troppo deprimente :-P
La tua
proposta sul comitato di benvenuto è stata a dir poco esilarante! Ammetto che
non mi dispiacerebbe indugiare in qualche scena surreale tra Benji e le tue
“fan” del nostro mondo, ma al momento il nostro protagonista dovrà affrontare
diverse situazioni non banali, e non vorrei mettere troppa carne al fuoco.
Cmq ho già in mente come inserirti, anche se non posso dirti ancora in quale
capitolo ti si vedrà :-)
Baci e
alla prossima!
Eilis
Grazie Eilis!!! Mi fa così tanto
piacere sentirti definire i miei capitoli “meravigliosi”: troppo buona,
grazie! Sono felice di essermi fatta perdonare con l’ultimo capitolo, così
come spero che l’aver concluso quest’ultimo aggiornamento sul più bello non
vi dispiaccia troppo :-P
Ho scritto
le varie scene a villa Borghese immaginandole come in un film. Quando Benji
percorre il viale verso Galleria Borghese passa a pochi metri da Myriam senza
saperlo... per questo ho inserito la mappetta
guida, così anche chi non è pratico della zona può rendersene conto almeno un
po’. Se solo avessi potuto farvi fare un giro nella mia testolina vi
sarebbero venuti i brividi come a me :-)
Grazie
anche a te per l’adesione al comitato di guest
star, avrei solo bisogno di sapere quanti anni hai per collocarti meglio fra
i vari personaggi. Il fatto che il tuo nome sia irlandese ti avvicina al
personaggio di Patrick... hehe!
Grazie
ancora per i tuoi complimenti e a presto spero!
Fulmy
Ciao cara! Sono felicissima che il capitolo ti sia piaciuto, così
come la scelta di dare tempo a Benji di analizzare bene i propri sentimenti
prima di catapultarsi in un mondo così diverso dal proprio. In fondo Myriam
si è ritrovata nella dimensione del fumetto quasi per gioco, senza valutarne
inizialmente le implicazioni. Per il nostro capitano le cose non sono invece
così semplici... vediamo come saprà cavarsela!
Ho
anche accontentato la tua richiesta sul vecchietto: spero non ti dispiaccia
se non ho optato per il maestro di karate kid (ho
guardato su internet e si scrive “Maestro Miyagi”)
ma, sebbene non abbia mai inserito una sua foto (mi sono focalizzata di più
sui nostri maschietti :-P) ho sempre avuto in testa Anthony Hopkins.
Purtroppo nelll’unica foto con i baffi che ho
trovato ha anche la barba, quindi non corrisponde propriamente alla
descrizione che ne faccio. L’espressione degli occhi e il volto enigmatico
però ci sono tutti ;-)
Grazie
anche per la tua descrizione, non appena possibile inserirò anche te.
Ciao ciao e a prestissimo!
sany
Ciao Sany! Sono contentissima di averti emozionata così tanto,
spero che anche questo aggiornamento sia stato all’altezza.
Ti
assicuro che aggiorno più spesso che posso, è un periodo molto intenso e, con
la bella stagione, passo più tempo fuori casa che non in inverno... ma ce la
metto tutta!
Baci baci e a presto!^^
Florence
Ciccia!
Mi dispiace che il primo tentativo di recensione sia andato a vuoto, e ti
ringrazio per aver insistito.
Sono
così felice che il capitolo ti sia piaciuto tanto, ogni tanto mi chiedo se
riuscirò a tenere vive le vostre aspettative nel seguito della storia…
trasmettere le emozioni di Benji in questo difficile frangente non è stato
banale, spero che anche stavolta i suoi sentimenti risultino veri e
palpabili.
Mi
soffermo sulla virata presa da Nathalie, dicendoti che sì, per come la vedo
io la nostra panterona si è resa finalmente conto
dello spessore di Benji, avendolo lei sempre dato per scontato, un po’ come
un giocattolino. Nel momento in cui la respinge con
dolcezza si rende finalmente conto di averlo perso, e non può fare che buon
viso a cattivo gioco. Cmq si tratta di lei, non del vecchietto trasformato.
Ho pensato, senza dilungarmi troppo sulla cosa, che qualcuno le avesse detto
della partenza di Myriam (Tom incontrandola a Parigi?) e che lei avesse pensato
di cogliere l’occasione per intrufolarsi nella vita di Benji.
Mi fa
anche stra-piacere che il dialogo Benji-Cervello di
Benji ti abbia divertito tanto, come a me ha divertito un mondo scriverlo! Ci
stava un allentamento della tensione, altrimenti ci saremmo tutti un po’
sparati :-P
Mi sono
anche ammazzata nello scrivere la frase del giovane Werther... felice che tu
l’abbia raccolta! Spero che quest’ultimo aggiornamento ti emozioni come i
precedenti, oltre a far vedere che Benji non è stato inghiottito dal
fumetto... che c’entri in qualche modo il pargoletto in arrivo? Hehe... bacioni e alla prossima!
CrImInAlSmOoTh
Hehe... scegliere Mark Lenders non è stato
facile, a un certo punto sono stata colta da folgorazione e ho capito che
solo Colin poteva rendergli giustizia.
Sei
arrivata alla scena in cui compare brevemente Ed Warner? Ha riscosso molto
successo anche lui^^
Che mi
dici degli altri personaggi? Sono curiosa di sapere a che punto della storia
sei arrivata... non sei morta vero? :D
Cmq ti
capisco quando dici che vorresti essere al posto di Myriam, ci sono momenti
in cui guardo lo schermo sospirando, chiedendomi perché è solo una storia di
fantasia! ^___-
Grazie mille per le carinissime recensioni e a presto!
Vi chiedo
perdono!!! Scusate il ritardo, purtroppo si sono susseguiti alcuni eventi che
mi hanno impedito di pubblicare quando avrei voluto. Prima una settimana di
lavoro delirante, poi una trasferta in Svizzera, per concludere con una serie
di problemi di connessione wireless -__-
Mi
perdonate, vero? Spero che questo capitolo così importante, complicato e
divertente da scrivere vi piaccia. Nella stesura iniziale era previsto che, una
volta ritrovati M&B, la storia giungesse più o meno a conclusione (come temuto
dalla nostra Fulmy^^). Negli ultimi capitoli ho invece sentito crescere
qualcosa e la sfida presentata dal mondo reale mi ha stuzzicato non poco, oltre
alle vostre "richieste" di un finale non proprio alle porte.
E sia...
vediamo come se la cavano i nostri beniamini in quella che Nene definisce
giustamente "vile realtà" ^__-
Un bacio
grande a tutti e buona lettura!!!
28
Benji
“Non puoi,
tu... è impossibile” balbettò Myriam in maniera sconnessa.
Mi alzai in
piedi, prendendole una mano fra le mie e attirandola dolcemente a me. Timidi e
impacciati, ci fissammo come se fosse la prima volta per entrambi.
Con estrema
cautela Myriam appoggiò la testa sulla mia spalla e inspirò a fondo, incredula.
Io stesso stentavo a capacitarmi di averla così vicina, dovevo darle il tempo
di assimilare la mia presenza.
Il profumo
della sua pelle entrò in me come un raggio di sole in una casa abbandonata da
anni. Avevo ritrovato il mio posto nel mondo e il cuore continuava a battermi
furiosamente nel petto. La strinsi più forte, posandole piccoli baci tra i
capelli.
“Ho capito”
disse infine con voce calma. “Sto sognando e tra poco scomparirai. Questa è la
mia condanna, nelle vite precedenti devo aver fatto del male a tanta gente. Se
sei un angelo posso esprimere un desiderio?”
L’allontanai
un poco per poterla osservare meglio. Un lieve sorriso ammorbidiva i tratti del
suo volto, gli occhi velati di lacrime.
“Vorrei non svegliarmi più.”
Trattenni
il fiato, cercando di recuperare il filo dei miei pensieri. “Peste non stai
sognando. So che è difficile da credere, ma sono qui con te.”
Scosse il
capo, preda di un timore inconfessabile. “Sto impazzendo, vero?”
Cercai di
trattenere un sorriso ma fallii. Proprio non riusciva a capacitarsi che fossi
lì in carne e ossa, in un mondo diverso seppur così simile al mio. Avvicinai le
labbra alle sue e chiuse gli occhi, immobile. Mi fermai a pochi millimetri da
lei, assaporando quell’attimo per cui sarebbe valso buttarsi da qualunque
scogliera. Capii il perché delle prove imposte ai principi azzurri delle fiabe.
Avevo attraversato i rovi del bosco fatato fino a raggiungere la mia
principessa.
La sfiorai
piano, con estrema delicatezza, il contatto accompagnato da una scarica
elettrica quanto mai familiare. Non appena la sentii rispondere al bacio
premetti con maggiore insistenza e la sua bocca si schiuse accogliendomi in
tutto il suo calore.
Myriam si
aggrappò a me e aumentai la stretta, passandole le mani lungo schiena e fianchi
mentre lei mi attirava sempre più a sé, ansante. Avrei voluto che quel bacio
non finisse mai, e fondemmo l’uno nell’altra finché il bisogno di respirare non
divenne più forte della nostra sete.
“Benji, sei
davvero tu?” domandò con voce flebile. Dovetti sorreggerla perché non cadesse a
terra.
“Si peste,
sono io.”
I suoi
occhi si accesero per lo stupore. “Com’è possibile?”
La presi
per mano, conducendola alla panchina sulla quale l’avevo trovata. Mi osservò
come incantata, docile al mio tocco.
“Il
simpatico vecchietto ha finito per muoversi a compassione, dandomi la
possibilità di venire da te.” Cercai di mantenere un tono leggero, non volevo
si sentisse in alcun modo responsabile della mia scelta.
Myriam
abbassò lo sguardo, continuando a stringere la mia mano. “Lo hai conosciuto?”
Inspirai
prima di rispondere. “Me lo sono ritrovato in macchina una sera mentre tornavo
a casa dagli allenamenti. Si vede che gli piace stupire con le sue
apparizioni.”
Sembrò
rilassarsi un poco, sebbene continuasse a sfuggire il mio sguardo. “Cosa ti ha
detto?”
Soppesai le
parole, conscio che il timore delle mie rivelazioni le impedisse di rilassarsi
e lasciarsi andare. “Ha messo in discussione le mie motivazioni, forse per
mettermi alla prova.” Mi passai la mano libera tra i capelli, spostando il peso
del busto in avanti. “Non ero esattamente un bello spettacolo, dopo che te ne
sei andata la vita ha preso a scorrere in maniera strana, diversa. Credo sia
stata la mia disperazione a chiamarlo.”
I suoi
occhi tornarono a posarsi su di me, colmi di una tristezza dalle insondabili
profondità. “Mi dispiace” disse in un soffio.
Provai ad
abbracciarla ma la sentii subito irrigidirsi. Tutte le mie paure affiorarono in
superficie e il tempo sembrò dilatarsi all’infinito, lasciandomi appeso al filo
sottile dell’incertezza.
Peste, non mi vuoi più?
“La sera
della festa il vecchietto mi ha quasi minacciata, spingendomi a lasciarti e a
dirti quelle cose orribili.”
La fissai
in silenzio, temendo il peggio.
“Disse che
se fossi venuto nel mio mondo saresti rimasto intrappolato nel fumetto”
proseguì con voce tremula porgendomi, inconsapevole, la chiave di tutti gli
interrogativi che mi avevano tormentato nelle ultime settimane. “Sosteneva che
qui sei solo un personaggio della fantasia e seguendomi la tua vita sarebbe
andata distrutta.”
Provai un
moto di infinita tenerezza alla vista dei suoi occhi spaventati. “Sto bene non
vedi? Sono vivo e vegeto e, se devo dirla tutta, ho anche una gran fame.”
Presa alla
sprovvista, Myriam scoppiò in una risata argentina che mi riempì il cuore.
“Price sei
unico” disse lanciandomi un'occhiata affettuosa e arruffandomi i capelli.
“Siamo ai limiti del paradosso cosmico dimensionale e tu pensi al cibo? Non è
da te.”
Sorrisi
curioso vedendole inarcare un sopracciglio, l’avevo contagiata.
“Si può
sapere come mi hai trovata?”
La prima
domanda razionale alla quale potevo fornire un’altrettanto razionale risposta.
“Ricordavo la tua passione per questo parco, me ne hai parlato tanto.”
Tornò a
fissarmi seria, gli occhi lucidi. Mi avvicinai un poco, sfiorandoli con le
labbra come a cancellare ogni brutto ricordo per sempre. “Mi sei mancata da
morire peste. Ti amo, lo sai?”
Il più
meraviglioso dei sorrisi le si dipinse sul volto trasfigurato dalla gioia. “Sei
venuto fin qui per dirmi questo?”
“C’è forse
un motivo migliore?”
Scosse il
capo, senza riuscire a fermare le lacrime. “No” sussurrò dolcemente.
* * *
Myriam
Era come se
un misterioso direttore d'orchestra avesse dato il via e mille stelle si
fossero messe a brillare tutte insieme nel buio delle mie giornate. Non sapevo
se urlare per la felicità o rimanere in silenzio, cercando di non farmi notare
e sperando che chiunque si fosse burlato del mio destino fino a quel momento
dimenticasse la mia esistenza.
Benji era
con me, nel mio piccolo appartamento. Aveva dormito nel mio letto, usato la mia
doccia e guardato la mia tv. Benjamin Price, l’idolo di tutte le ragazze della
mia età cresciute con la passione per il calcio professata da un fumettista
giapponese.
Benjamin
Price.
Inutile
dire che mi ero chiusa un giorno in casa con lui dandomi malata in ufficio, troppo
emozionata per poter anche solo mettere un piede fuori dalla porta.
Fortunatamente la spesa fatta qualche giorno prima era rimasta pressoché
intatta, e avevo riso trovando Benji in cucina, alle prese con i miei fornelli
e il mio frigorifero.
Con il tempo
mi ero abituata a vederlo muoversi nel suo mondo, tra i suoi amici e colleghi.
Ben altra storia averlo accanto a me, nella banale quotidianità. Semplicemente
surreale.
“Hai fame?”
La domanda
giunse inaspettata alle mie orecchie da tempo assuefatte al silenzio. Mi voltai
di scatto, trovandomelo davanti. I capelli ancora bagnati, lo sguardo birichino
e il sorriso mozzafiato che aveva accompagnato ogni notte da quando ero tornata
a casa.
Deglutii,
annuendo con un gesto del capo, sebbene il mio stomaco fosse più chiuso che
mai. Perché mi sentivo così impacciata? Era sempre lo stesso, il ragazzo che
amavo alla follia e credevo perduto per sempre. Eppure non riuscivo a
capacitarmi della sua presenza, nel timore che da un momento all’altro potessi
svegliarmi e rendermi conto di aver sognato tutto.
“Peste stai
bene?”
Mi
abbracciò con dolcezza, e non potei fare a meno di abbandonarmi a quella
cerchia protettiva nella quale ogni altra cosa perdeva importanza. Sapevo che
non avremmo potuto vivere a lungo sospesi, ma ero intenzionata a godermi quei
momenti di assoluta e perfetta felicità senza pensare troppo al futuro.
“Sì”
risposi levando lo sguardo a incontrare il suo. Ci sarebbe voluto del tempo per
abituarci alla nuova dimensione della nostra vita, a gestire le complesse
emozioni che si agitavano in noi. La notte precedente, sdraiati l'uno di fronte
all'altra, ci eravamo limitati a fissarci dolcemente negli occhi fino a che il
sonno non aveva preso il sopravvento.
"Ho
preparato un piatto di spaghetti, spero di non averli scotti troppo." Il
suo sorriso si accentuò, forse in risposta all'espressione ebete che aveva
preso possesso del mio volto. Difficile abituarsi a sentirlo parlare la mia
lingua.
"La
tua voce suona quasi diversa in italiano" mormorai. Decisamente impacciata,
ai limiti dell'involuzione allo stato mono cellulare.
Sveglia Myriam, sveglia. Dov’è finito il tuo spirito
brillante?
Perché, ne ho mai avuto uno?
Benji
ridacchiò, scostando la mia sedia per farmi sedere e mettendosi all'altro capo
del tavolo. "Fa un certo effetto anche a me, dovrò farci
l'abitudine."
"Te la
cavi piuttosto bene per essere solo un fumetto" lo punzecchiai strizzando
un occhio.
Visto? Va già molto meglio!
Ok mi è chiaro il concetto. Puoi andare ora, grazie.
"Ci ho
pensato a lungo, e vorrei chiederti una cosa."
Lo fissai
curiosa, divertita nel vederlo districarsi abilmente con la forchetta. Se
continuava così avrebbe meritato la nazionalità ad honorem, portandoci alla
vittoria nei mondiali 2010. Poco ma sicuro.
"Puoi
farmi vedere un episodio del cartone animato?"
Per poco
non mi strozzai, e il sorso d'acqua appena bevuto mi uscì dal naso. "Stai
scherzando?"
Sgranò gli
occhi con innocenza, preoccupato nel vedermi tossire ripetutamente. "Certo
che no, perché dovrei?"
Le lacrime
agli occhi mi battei il petto, prendendo tempo. "Non ti fa impressione
l'idea di vederti disegnato?"
"Non
credo ci sia molta differenza con il fumetto, sono molto curioso. Vanità
maschile mista a narcisismo?"
"Ok
Price, se lo dici tu. Ti dispiacerebbe se prima sistemassimo qui in
cucina?"
Sentivo il
bisogno di aggrapparmi a un barlume di normalità. Così come la pacata
accettazione di Tom mi aveva a suo tempo messa a disagio, la tranquillità di
Benji mi spiazzava più di quanto avrei voluto. Lui, selvatico e combattivo,
sembrava d’un tratto la versione attraente di un guru tibetano. Erano gli
ormoni a rendermi così apprensiva? Deglutii al pensiero, avvicinandomi al
lavello le spalle rivolte a Benji nel goffo tentativo di nascondere il mio
turbamento.
Avevo
deciso di tacere la gravidanza almeno per qualche giorno. Lungi dall'aver
assorbito io stessa lo shock, non volevo stravolgere il delicato equilibrio
entro cui Benji muoveva i suoi primi passi.
Sebbene
avesse intrapreso consapevolmente un viaggio che avrebbe trovato giusta
rappresentazione solo in un dipinto di Salvador Dalì, l'euforia iniziale
avrebbe presto ceduto il passo a una moltitudine di interrogativi senza
risposta. L’amore e il coraggio dimostrati nel lasciarsi ogni cosa alle spalle
mi avevano scossa profondamente, ed ero intenzionata a concedergli un po’ di
serenità prima di renderlo partecipe di una tale rivelazione.
"Ho
avviato la lavapiatti, ora non hai più scuse" mormorò cingendomi la vita
da dietro e riportandomi alla realtà.
Ruotai di
centottanta gradi, fino a trovarmelo di fronte. "Ne sei proprio certo
Price?"
Mi sfiorò
le labbra con un dito, provocandomi un lungo brivido.
"Assolutamente."
Per quanto
la cosa mi lasciasse perplessa, gli lanciai un'occhiata divertita. In fondo che
c'era di male? Se fosse stato a portata di mano, forse anch'io avrei voluto
conoscere il mio alter ego della fantasia.
"Ok
allora." Mi diressi in camera seguita a ruota da lui. Accesi il computer e
avviai la connessione a internet.
"Non
avevi detto che veniva trasmesso in tv?" domandò candidamente prendendo
posto sul letto accanto a me.
"Certo,
la serie originale è stata trasmessa per anni e credo che la replichino ancora
di pomeriggio, solo che non ne ho nessuna registrazione." Stavo davvero
per guardare un episodio del cartone animato con Price seduto al mio fianco?
"Perché
ridi?"
Scossi il
capo. "Tra poco capirai."
Avviai
Youtube e digitai le parole Holly e Benji
all'interno del campo di ricerca.
"Sono
addirittura nel titolo?"
Annuii,
senza riuscire a guardarlo in viso. Una miriade di risultati comparirono sotto
i suoi occhi increduli e non potei resistere alla tentazione di selezionare il
video Contropiede Benji Price / Newteam -
Muppet(35).
Collocai il
portatile sulle sue ginocchia, pregustando la storica scena che qualunque fan
della serie aveva impressa a ferro e fuoco nella mente.
I primi
fotogrammi rimandarono le immagini di Mark Lenders pronto a chiudere le sorti
di una finale di campionato agli sgoccioli, poco prima che il portiere della
Newteam gli soffiasse la palla nel contropiede più chiacchierato della storia
del calcio.
"Sono
davvero io questo?" domandò Benji osservando il suo omonimo in tuta rossa
e gialla sfrecciare verso la porta avversaria, con tanto di inconfondibile
cappellino e palla ai piedi.
"Chi
altri avrebbe osato un'azione del genere?"
"Ricordo
bene quella partita" mormorò in un soffio, senza riuscire a staccare gli
occhi dallo schermo. "Ci sono tutti! Holly, Bruce, Freddy... come mai il
campo sembra non finire mai? Si direbbe quasi che corro in salita."
Scoppiai in
una risata così forte da meritare il suo sguardo sconcertato. "È la
domanda che si pongono migliaia di ragazzini da generazioni. Se non sai
rispondere nemmeno tu direi che abbiamo un problema."
"La
voce fuori campo da spazio persino ai miei pensieri. A quanto pare ero proprio
convinto di portare la squadra al pareggio.”
Evitai ogni
commento per non distrarlo dalla magia del momento.
“Guarda Ed
Warner! Anche Tom è buffissimo con i capelli da porcospino. Gli occhiali di
Freddy sono perfetti, sebbene non possa dire lo stesso della gestione dei tempi
tra le varie azioni. Passano cinque minuti dal colpo di testa al goal, Holly ha
il tempo di attraversare tutta la metà campo della Muppet."
Lo fissai
affascinata mentre rimandava avanti e indietro la barra di navigazione, come un
bambino alla scoperta degli effetti della gravità terrestre sugli oggetti. Il mio Benjamin Price guardava divertito
uno dei miei episodi preferiti di sempre. Incredibile.
“Chi è
questo in pigiama?”
Mi
avvicinai allo schermo e non riuscii a trattenere l’ennesima risata. “Si tratta
di Julian, seguiva le partite dall’ospedale.”
"Fantastico,
meglio di una soap opera! Posso vederne altri?"
Con quello
sguardo avrebbe potuto chiedermi qualunque cosa, figuriamoci un desiderio così
semplice da esaudire. "Certo Benji, anche tutti."
"Non
avevo notato i commenti in basso, alcuni sono esilaranti."
Seguii con
lo sguardo l’indice puntato a fondo pagina.
"Ma da dove ha tirato, dalla Cina? Hutton è
un monaco Shaolin. Non hanno mica tutti i torti, c'è da chiedersi se
l'autore abbia mai assistito a una partita di calcio. Pensa cosa direbbe Becker
di fronte a uno spettacolo del genere."
Avevo le
lacrime agli occhi. Benji che metteva in discussione l'operato del suo
creatore, per non parlare di un trentennio di elucubrazioni sui limiti fisici
del corpo umano, era la cosa più divertente che si potesse immaginare.
Rimasi al
suo fianco mentre navigava da un video all’altro, fin quando fu impossibile
trattenermi oltre. "Ti prego Benji, toglimi una curiosità."
"No,
non potevamo volare e no, la palla non si è mai trasformata in un fascio di
luce."
"Fammi
parlare" balbettai tra un singulto e l'altro. Benji mi fissò in silenzio,
in attesa della fatidica domanda. "La catapulta infernale è mai
esistita?"
"Ovvero?"
"Le
mitiche acrobazie dei gemelli Derrick."
Benji si
passò la mano sul mento, sforzandosi di ricordare. "Sono sempre stati
molto agili e creativi, ma non ricordo fosse loro concesso di introdurre in
campo oggetti ad uso bellico."
Fui sul
punto di cadere dal letto. In bilico tra delusione e puro divertimento, caricai
un video sulla rinomata evoluzione calcistica degli attaccanti della Hot Dog (36). Per poco
non rimasi assordata dalla fragorosa risata di Benji.
"Parliamo
di un’elevazione superiore ai dieci metri, e il colpo di testa viene fatto a
una distanza angolare dalla quale è impossibile segnare. Voglio conoscere lo
spacciatore di Takahashi (37), ha tutta la mia stima."
Per quanto
fossi felice che Benji unisse il senso dell'umorismo a un ragionevole distacco,
mi dispiaceva veder demoliti i miei sogni di bambina. "Di tutte le
possibili reazioni ai video che abbiamo visto, questa è senza dubbio la più
sorprendente. Non conto le volte in cui io e mio fratello abbiamo provato la
catapulta dei fratelli Derrick" sospirai, quasi tra me e me.
"E non
vi siete rotti l'osso del collo? Ora capisco il motivo di tante tue
stranezze."
Sgranai gli
occhi, fingendomi arrabbiata. "Price tu..."
"Io
cosa?" mi abbracciò facendomi cadere all'indietro sul letto.
Non avrei
saputo dire se fosse stata la vista del cartone animato a distrarmi, ma
bastarono pochi istanti perché dimenticassi ogni cosa, ritrovando la dolce
intimità delle notti trascorse insieme nel suo mondo.
In risposta alle vostre dolcissime e sempre più numerose
recensioni, sono commossa! ^_^
(Nota: anche questa volta sono andata super spedita,
perdonate eventuali refusi e ripetizioni. Ho anche cambiato formato per fare
più in fretta e non ritardare ulteriormente l’aggiornamento^^)
Bex
Grazie tesoro, la
tua recensione è arrivata per prima e mi ha emozionato come sempre! Sono felice
che il capitolo con Patrick ti sia piaciuto, ho fatto del mio meglio per
renderlo più allegro rispetto ai precedenti (non è che ci volesse moltissimo,
hehe^^)
Comunque è chiaro,
di Tom Becker c'e' ne uno solo e insostituibile!!!
E così Benji è
finalmente tra noi, per quanto si dovrà attendere il prossimo capitolo per
vederlo interagire con la nuova realtà che lo circonda. In compenso mi sono dilettata
nel confronto con il cartone, divertendomi UN MONDO nello scrivere gli ultimi
passaggi. Spero che ti piacciano!Grazie come sempre di cuore per le bellissime
parole che mi dedichi, non vedo l'ora di leggere la tua prossima recensione!
Un bacio grande,
grande!
Florence
Bellissima!!!
Immagino che leggerai nottetempo anche questo capitolo, sono curiosissima di
sapere cosa ne pensi^^
Simao passati dal
decadente al surreale alternato al super reale, in un gioco un po' intricato
che ammetto avermi divertito moltissimo. La cosa bella di questi capitoli è
proprio provare a fondere realtà e immaginazione, ragionando al contrario
rispetto a una fic normale.
Spero davvero di
riuscire a divertirvi e appassionarvi anche con i capitoli che verranno, non
vedo l'ora di sentire cosa ne pensi.
Per rispondere
alla tua domanda: non credo che mi addentrerò in dinamiche complesse che
prevedono personaggi doppi (tipo Benji1 e Benji2), a meno che non decida di
scrivere un seguito a questa fic... chi lo sa?^^
In compenso questa
volta sono stata brava e ho completato la scena per bene, senza lasciarvi
troppo con il fiato sospeso. Questo anche perché non so bene quando riuscirò a
pubblicare il prossimo cap, e non volevo essere linciata :-D
Per quanto
riguarda la scoperta di Benji della gravidanza non voglio svelare nulla,
staremo a vedere cosa succederà e come reagirà il nostro super portiere.
Inutile dire che
mi sono annotata la tua candidatura al casting virtuale, per quanto avessi già
in mente di inserirti ^_-
Un super bacio!!
Cià cià
Dafny
Che ridere il tuo
link a topolino! Lo leggevo sempre da piccola, era una vera e propria passione
la mia^^
Capisco le tue
perplessità, ma devi anche renderti conto che nel nostro mondo Benji non
esiste, non posso certo accoglierlo in una super squadra come se niente fosse.
A dire il vero pensavo a un torneo di calcetto aziendale... Vedrete vedrete, ci
sarà da divertirsi.
Sono felicissima
che l'ultimo capitolo ti sia piaciuto molto, e spero che questo non sia da
meno. Sono desolata di aver fatto passare ben 10 giorni tra un aggiornamento e
l'altro, ma ti assicuro che faccio i salti mortali per mantenere una certa
regolarità senza che mio marito mi uccida*Guido lancia a Buby un'occhiataccia e lei tocca ripetutamente le punte
dei 2 indici fra loro*
Mi raccomando
fammi sapere cosa pensi dei miei ultimi deliri, sono curiosissima!
Baci baci!
Benji79
Visto che Myriam
era solo emozionata? Poverina, si credeva vittima dell'ennesima allucinazione!
Il nostro Benji si è dimostrato un vero super eroe, stiamo a vedere cosa
combina ora... Il fatto che si siano incontrati a villa Borghese ovviamente non
era un caso, come non è stato un caso per Myriam conoscere subito Benji in
aeroporto.
Penso che se li
avessi fatti girare in tondo per un capitolo o due non avreste esattamente
gradito...
Ciao ciao e alla
prossima!
Chiaretta78
Benvenuta
Chiaretta mia coetanea! Dire che la tua recensione mi ha commosso è un pallido
eufemismo... Non solo le tue parole mi hanno emozionata tantissimo, ma spero
che nessuno se ne avrà a male se dirò che la tua dolcissima recensione è una
delle più belle che abbia mai ricevuto!
Sono felice di
averti comunicato qualcosa di bello e che i miei personaggi siano entrati in
sintonia con te. Spero davvero che continuerai a seguirmi senza dover fare le
ore piccole, andando avanti da un capitolo all'altro non dovrebbe succedere ;-)
Un bacio grande e
a presto, spero di sentire ancora la tua voce!
Eilis
Piccola Eilis!
Sono felicissima che l'ultimo capitolo ti siq piaciuto tanto, e spero che anche
questo ti emozioni e diverta altrettanto. Certo, la componente drammatica è un
po' venuta meno, lasciando spazio a situazioni e sentimenti più stabili...
spero di annoiarvi con il nuovo ritmo dei prossimi capitoli :-)
Grazie ancora e a
presto!!!
Brennan
Carissima no
preoccuparti, la tua recensione mi ha fatto come al solito scoppiare dalle
risate. Spero davvero di riuscire a rendere questo tuo senso dell'umorismo con
il cameo che ho in mente di dedicarti ^_-
Immagino che fossi
preoccupata che Pat ci provasse, ma non sarebbe stato coerente con la linea che
ho dato alla storia e ai personaggi. Non un solo momento ho pensato di far
ingelosire Benji con un espediente così Biutifullo.
Non avrebbe convinto me come dubito fortemente che sarebbe piaciuto a voi.
Già per il bacio con Tom è scattato il putiferio, figuriamoci con Pat!!!
Grazie come sempre
per i tuoi bellissimi complimenti, spero che questo capitolo ti sia piaciuto
senza metterti ansia ;-)
Alla prossima!
PS: telepatia...
mi sono collegata ora e ho letto del tuo sfogo: sto ancora ridendo... mi sbrigo
subito e pubblico! :-)
Fulmy
Cara! Stavolta non
sei stata l'ultima, tranquilla :-)
Anzi, ti ringrazio
per trovare sempre tempo per me nonostante la bimba e il lavoro! Sono felice
che l'atmosfera di Roma ti sia piaciuta (ponte S. Angelo è il mio preferito e
ho la fortuna di avere l'ufficio praticamente di fronte) e Galleria Borghese è
uno splendore. Anni fa’ ero solita passeggiare per villa Borghese durante la
pausa pranzo, e la conosco come le mie tasche. Spesso con i colleghi ci
portavamo i panini sedendoci a mangiare proprio dove Myriam incontra Benji...
Nulla è lasciato al caso!
Anche nei prossimi
capitoli mi diletterò nel descrivere vari scorci della città, mentre in
quest'ultimo li ho fatti rimanere a casa (al posto loro chi non avrebbe fatto
lo stesso?).
Rispondo alla tua
domanda, alla quale ho risposto in parte nel mio commento alla recensione di
Benjo79. A parte che nessuno si sarebbe divertito granché a vederli girare in
tondo per un capitolo o due, ma preferisco di gran lunga dilettarmi nel
proseguimento della storia, non credi? Non ho intenzione di finirla subito,
anche perché non credere che sarà tutto così semplice.
Lo sforzo che
faccio sin dall'inizio della storia è cercare di dare ai personaggi vesti e
reazioni realistiche, il fatto che Benji abbia rinunciato alla sua carriera non
sarà semplicissimo da gestire... Abbi fede :-)
Grazie anche per i
complimenti sui miei gusti in fatto di uomini! Diciamo vhe quando hai l'intera
Hollywood a disposizione non è difficile trovare baldi giovani, ma per il
vecchietto ho dovuto cercare un po' prima di esserne convinta.
Ciao ciao e alla
prossima!
Berlinene
Ciao Nene! Ti
immagino nel costume ninja appollaiata sui rami di un albero a seguire la mia
storia^^
Ovviamente
tranquilla, anche se recensisci di tanto in tanto mi fa super piacere sapere
che segui la storia con interesse. In effetti al momento sei l’unica a poter
vantare un cameo nel mondo di Benji&C, sebbene io speri di far divertire
tutte comunque! ^__-
Grazie mille per i
bellissimi complimenti, sentir parlare di vette di perfezione mi ha fatto
venire i brividi! Sono anche lieta che l’ironia di cui vesto i miei personaggi
risulti efficace, non riuscirei a farli troppo melensi (già con questo capitolo
dovrò una serie di rimborsi dentistici per carie insorte...^__^;)
Mille bacini anche
a te e a presto!
ShessomaruJunior
Bentornato
Guerriero! Non temere, anche se perdi un capitolo di tanto in tanto non me la
prendo... l’importante è che continui a essere dei nostri, conto su di te!
È vero che di
combattimenti non ce ne sono, però in questo capitolo mi sono dilettata in
diversi riferimenti alla serie che penso ti piaceranno!
Purtroppo sul
fronte della Nera Signora mi tocca deluderti, non morirà nessuno :-P
Alla prossima!
Lady Snape
Lady bentornata!
Mi sei mancata, e sono sempre felice di vederti rispuntare all’orizzonte!
Condivido in pieno il commento sul periodaccio, ti dico solo che ho scritto
pezzi di questo capitolo in macchina, in aeroporto, in aereo e in albergo! Ci
mancava solo qualche parola scritta a testa in giù in posizione yoga e vincevo
il premio per la scrittrice No limits
di EFP :-D
Ovviamente ti
ringrazio per i tuoi carinissimi commenti, oltre al più che esplicito
“aaaaahhhhhhhhhh” ;-)
Il nostro Benji
non poteva certo continuare a soffrire così, per quanto il suo viaggio non sarà
tutto rose e fiori... si vedrà! So di essere stata cattivissima a chiudere il
cap. 27 sul più bello, spero di essermi rifatta con quest’ultimo aggiornamento
che completa la scena senza particolare suspense, se non la curiosità di sapere
cosa combineranno una volta usciti da casa.
Bacini e a
prestissimo!
Sany
Ebbene sì, ci
siamo arrivati finalmente!!! Spero di non aver deluso le tue aspettative, ci ho
messo un sacco a descrivere lo scambio di sguardi, l’incredulità di lei, il
bacio... se penso che per leggere quel passaggio bastano 30 secondi mi prende
male :-D
Scemenze a parte,
spero ti sia piaciuto! Come sempre grazie per le tue dolcissimi parole e fammi
sapere cosa pensi di quest’ultimo aggiornamento... Bye bye!
Kara
Benvenuta Kara!
Sono molto contenta che la storia ti piaccia, e ti ringrazio per la recensione
preliminare.
Spesso si attendo
di leggere fino all’ultimo capitolo disponibile prima di commentare, così
invece posso cogliere le impressioni in itinere e farmi un’idea dei vari punti
di vista sui personaggi.
Con riferimento ai
tuoi commenti, grazie innanzi tutto per i complimenti. Sono quasi più felice di
farvi ridere che quando, ahimè, vi rattristo facendomi magari versare qualche
lacrima. Sono molto curiosa di sapere cosa pensi del resto della storia, se ti
va fammi sapere.
Per quanto
riguarda le caratterizzazioni dei personaggi, così ti lascia perplessa in
Genzo? Ovviamente si tratta della mia personale visione del suo personaggio,
che si basa anche sull’età non più giovanissima che presuppone un atteggiamento
più maturo e forse meno spigoloso alle cose (per quanto fino a metà storia sia
bello tosto...).
Il mio Taro lo amo
alla follia, te ne accorgerai proseguendo la lettura. Ryo è divertentissimo da
scrivere, peccato che capiti di rado in quanto personaggio secondario. Anche
Johnny tenderà un po’ a scomparire dalla trama... spero non ti dispiaccia
troppo!
Grazie ancora per
i complimenti e se ti va fammi sapere del resto :-)
Ragazzi che
dire, sono mortificata per questo imperdonabile ritardo. In parte delusa dal
recente mondiale, in parte esaurita dal caldo e dal troppo lavoro, ho perso
l'ispirazione. Quando ho pubblicato il capitolo 28 tutto avrei pensato (o
perlomeno sperato) tranne che pubblicare questo aggiornamento a fine luglio e con la nostra squadra fuori dai mondiali come ultima del proprio
girone. Non sapete quanto avrei voluto accogliere le vostre richieste e mandare
in campo i nostri beniamini a supporto di quei tonni dei nostri giocatori!
Pazienza,
spero che vi divertiate con questo passaggio di vita 'reale' in cui compaiono
le prime guest star... ovviamente i personaggi sono stati adattati alla trama,
immaginate di interpretare un ruolo nella mia fic^__^
Purtroppo temo
che non potrò aggiornare
prima del ritorno dalle vacanze, quindi auguro a tutti voi una splendida
estate!!! Prima di partire spero che troviate un attimo per recensire, sono
molto curiosa di sapere cosa ne pensate... Un bacio e buona lettura!
29
Myriam
"Vuoi raccontarci cosa è successo o dobbiamo staccare la lampada al neon dal
soffitto e puntartela contro?"
Imbarazzo, imbarazzo, profondo imbarazzo. Florence mi
guardava con l'aria di chi la sa lunga e, dati i miei recenti trascorsi da
zombie, non aveva dovuto ricorrere a tutto il suo acume per notare il sorriso
che mi si era stampato in faccia a mo' di paresi.
Le lanciai uno sguardo di sguincio e il suddetto sorriso
si accentuò.
"Che domande Flo, ha fatto sesso. Anche l'armadio
a muro se ne è accorto" la canzonò
Alessandra, detta Carrie per motivi alquanto ovvi agli amanti della serie TV Sex and the City.
Sentii le guance avvampare, spostando gli occhi da una
all'altra. Amiche, colleghe e compagne di stanza, avrebbero fatto impallidire
Torquemada in persona se avessi tentato di nasconder loro la verità. Beh, tutto
sommato qualche piccolo particolare poteva rimanere segreto, onde evitare il
ricovero psichiatrico.
"Ovvio, tutt'è
capire con chi. So che sei stata a piazza di Siena con Pat, se mi dici che hai
una storia con lui ti uccido a mani nude."
Scoppiai a ridere al solo pensiero. Florence aveva una
cotta per il nostro affascinante collega da tempo ormai immemore. Inutile dire
che l'intero ufficio ne era a conoscenza, eccezion fatta per il diretto
interessato. "Tranquilla, Pat non c'entra nulla."
Mi guardò in
cagnesco, per il puro gusto di marcare il punto. "Allora chi dobbiamo
ringraziare per questo miracolo?"
"Buongiorno carissime" salutò una voce familiare affacciandosi alla nostra porta.
"Vedo che stai meglio My, bentornata. Se ti va più tardi ci prendiamo un caffè così mi
spieghi che fine hai fatto l'altro giorno" aggiunse con un largo sorriso prima di proseguire in direzione della sua stanza.
Lupus in
fabula. Rivolsi un
cenno educato a Pat, mentre con una mano cercavo di scuotere Florence dal suo
torpore. "Se ne è
andato, puoi rilassare il viso."
"Dopo mi spieghi questa cosa del caffè" bofonchiò
Florence poco convinta dal mio sguardo innocente.
Scivolarono con le sedie sul linoleum fino piazzarsi di
fronte alla mia scrivania, gli occhi spalancati in attesa della grande
rivelazione. "Sputa il rospo" dissero in coro.
Abbassai lo sguardo, cercando riparo dietro al monitor del
computer. L’ultima volta che mi avevano vista
lo stato di allerta era sul punto di passare a DefCon 1 (38) e non c’era
da stupirsi che ora fossero tanto curiose. Avrei voluto prepararmi meglio al terzo
grado, ma un'urgenza improvvisa sul progetto che stavo seguendo mi aveva obbligata ad
affrontare la realtà senza pensarci troppo. A
fine mese dovevo pur sempre pagare affitto e bollette.
"È
una storia lunga" mormorai infine.
"Molto spiritosa. Sappi che non uscirai da questa
stanza finché non ci avrai spiegato quello che
ti è preso nelle ultime settimane e chi ti ha presa fino a ridurti in questo
stato."
Fissai prima Carrie e poi Florence, nel tentativo di dare
un filo logico ai pensieri e censurare la componente sovrannaturale prima che
mi prendessero per pazza. "Si chiama Benjamin" mormorai in preda
all'impaccio più totale.
Seppur controvoglia, lo avevo lasciato a casa quella mattina, dopo avergli
messo in mano una guida della città e
il mio numero di cellulare. Per un po' l'avremmo vissuta entrambi come una
vacanza, al momento avevo ben altro di cui preoccuparmi.
"Iniziamo con le basi" scandì Florence come se avesse a che fare con una bambina di
due anni. "È figo? Come vi siete conosciuti?
Quanti anni ha? Cosa fa nella vita?"
"E soprattutto, ha un sacco di fratelli o amici
single da presentarci?" aggiunse Carrie lasciando a intendere che l'ultima
risposta rappresentava il vero ago della bilancia.
Deglutii, lo sguardo fisso sul mouse che agitavo a vuoto
da un paio di minuti ormai. "Ci siamo conosciuti in aeroporto, il sette
dicembre compirà ventinove anni, è figlio unico e gioca a calcio."
"Calcio professionista? La cosa si fa interessante.
Potremmo quasi perdonargli l'assenza di fratelli se ci presentasse i compagni
di squadra."
"Magari troviamo la sua foto su internet"
considerò Florence tornando al suo posto e
digitando qualcosa sulla tastiera. "Cognome?"
"Price" risposi in automatico, pentendomene
all'istante. Tre giorni con Benji mi avevano fatto dimenticare persino come mi
chiamassi, figuriamoci regole elementari quali l'omissione del suo vero nome.
Per poco Carrie non rovesciò la tazza di tè
che aveva in mano. "Ho sentito bene? Benjamin Price? E fa il calciatore?
Certo che i suoi genitori gli vogliono un gran bene, chissà quanto lo avranno preso per i fondelli da piccolo."
Florence fece una piccola smorfia, distogliendo gli occhi
dallo schermo. "Google mi da solo immagini del cartone animato purtroppo, nessuna
traccia del tuo fusto. Per quale squadra gioca?"
Mi morsi la lingua per non rispondere Bayern Monaco. Ci
mancava solo che lo prendessero per un calciatore di fama mondiale.
Non feci in tempo ad accantonare quel pensiero che provai una fitta al petto.
Benji era un calciatore di fama mondiale, nel suo mondo.
"Yuhuuuuuu, c'è nessuno?"
Tornai in me, incrociando due paia di occhi che mi
fissavano con curiosità
crescente. "È una squadra tedesca dal nome
strano, non riesco mai a ricordarmelo." Bingo.
"Ah" commentarono entrambe vedendo sfumare i
propri sogni di gloria. "Almeno è un
figo da paura?"
Ero sul punto di rispondere quando notai qualcosa di
strano nella loro espressione. Fissavano entrambe un punto alle mie spalle,
improvvisamente dimentiche della domanda appena fatta.
"Buongiorno" udii pronunciare dall'unica voce in
grado di scuotermi da capo a piedi. "Disturbo?"
Mi voltai verso la porta, seguendo gli sguardi
imbambolati delle mie amiche. Benji era fermo sullo stipite e sorrideva,
facendomi sentire la donna più
fortunata dell'intero universo, dimensioni parallele incluse.
"Ciao Benji" lo salutai timidamente, alzandomi
per accoglierlo. "Come mai da queste parti?"
"Mi mancavi."
Ok, è ufficiale. Nel viaggio tra i due
mondi ha battuto la testa. "Anche
tu mi manchi" risposi sottovoce, ben sapendo che due radar stavano seguendo
ogni nostra più piccola mossa, "ma sto
lavorando."
"Che stupidaggini, non darle retta" si
intromise Carrie scattando in piedi e allungando la mano per presentarsi. Sono
Alessandra ma puoi chiamarmi Carrie. Sei proprio sicuro di non avere
fratelli?"
Benji le sorrise, presentandosi a sua volta. "Sono
figlio unico perché?"
Beata
ignoranza maschile.
"Nulla, era tanto per fare conversazione. Cosa fai
per pranzo? Voglio sperare che ti unirai a noi."
Nel frattempo anche Florence si era fatta avanti per
presentarsi e, piazzatasi alle spalle di Benji, manifestava la sua evidente
approvazione con i pollici rivolti verso l'alto.
"Molto volentieri grazie" rispose lui ridendo
sotto i baffi. Era palese che si divertiva un mondo nel vedermi arrossire e
quel pensiero bastò per farmi avvampare ancora di più.
"Ottimo, prendo la borsa e andiamo" disse
Carrie seguita a ruota da Florence.
"È
solo mezzogiorno" obiettai senza ottenere il minimo risultato. Le
ragazze presero Benji a braccetto scortandolo verso l'uscita. Che dio ce la mandi buona, pensai fra me
seguendoli giù per le scale.
Lungo la strada notai con sgomento che non vi era donna,
dalla receptionist alla cameriera del ristorante, indifferente al suo fascino.
Dalle sue parti era abbastanza normale, essendo lui un personaggio pubblico, e
avevo quasi dimenticato quanto risultasse attraente agli occhi femminili. Ci
sedemmo a un tavolo situato in fondo alla sala, semi deserta vista l'ora.
"Ok piccioncini, vogliamo sapere tutto" esordì Carrie senza mezze misure, spalleggiata dall'amica Fritz
che annuì ripetutamente a rimarcare
l'interesse condiviso.
Benji scoppiò a
ridere, segno che la trovava molto simpatica. In fondo si assomigliavano,
entrambi irruenti, volitivi e fin troppo diretti. "Non sono solito
lasciarmi andare a confidenze femminili, Myriam saprà senz'altro soddisfare ogni vostra curiosità."
Provai un brivido nell'udirgli pronunciare il mio nome e
il ricordo di quando ci eravamo appena conosciuti mi investì in pieno. "Ok, però
evitate di farmi morire di vergogna" capitolai con sguardo supplichevole.
Subire il loro terzo grado in presenza di Benji era la cosa più imbarazzante che potessi immaginare. Subito dopo veniva
il farlo nuda di fronte al resto dell'ufficio.
"Da quanto vi frequentate?" domandò Florence dopo aver lanciato un'occhiataccia alla
cameriera che continuava a ronzarci intorno sebbene avessimo ordinato da un
pezzo.
"Un po' più di
sei mesi" rispose lui contraddicendo ogni suo buon proposito.
Inutile dire che lo fissammo tutte e tre sconvolte, e gli
ci volle un paio di secondi prima di comprendere la portata della sua gaffe.
"Si tratta di una storia a distanza però"
cercò di rimediare, sebbene fosse ormai
tardi.
"Non ve ne ho parlato prima perché la cosa era piuttosto complicata" mentii, cogliendo
l'occasione per assestare un calcio in direzione della gamba di Benji. Accusò il colpo senza lamentarsi un istante, e dubitai di aver
colpito al suo posto la base del tavolo.
"Posso immaginare" bofonchiò Carrie visibilmente dispiaciuta, mentre Florence
rimaneva in silenzio. Eravamo solite condividere ogni più insignificante messaggio dell'altro sesso, al loro posto
mi sarei sentita senza dubbio tagliata fuori. Difficile spiegar loro che i sei mesi
incriminati si erano ridotti a uno solo dei nostri giorni. Mai avrebbero
perdonato un silenzio così
prolungato, e a ragione.
"Già
ora di pranzo?" domandò
una voce maschile alle nostre spalle. Io e Benji ci voltammo, trovandoci
Patrick davanti. Florence ammutolì
all'istante, avendolo probabilmente visto arrivare, sfogando il proprio turbamento
su un povero tovagliolo che aveva senz'altro visto giorni migliori.
"Vuoi unirti a noi Patrick?" domandò Carrie cogliendo l'occasione con grande maestria. Non capitava
spesso di vederlo solo e lo sguardo adorante di Florence non sfuggì nemmeno a Benji. "Oggi siamo beate fra gli
uomini."
Con nostro stupore accettò l'offerta, mettendosi a sedere a capotavola alla mia destra e sinistra di Florence, in bilico tra tachicardia e soffocamento. "A dire il vero vado un po' di fretta, ma
mangio un boccone volentieri." Come se lo notasse solo ora, rivolse un
cenno di saluto in direzione di Benji.
Mi affrettai a incrociare le presentazioni. "Patrick
lui è Benji. Benji ti presento Patrick,
un nostro collega."
Fu un istante, ma ebbi la netta impressione che si
scrutassero come se si fossero visti in precedenza. Ciononostante Benji
mantenne un'aria rilassata, mentre Patrick assunse un'espressione che avrei
definito quasi di fastidio. Rammentai la sua battuta, quando mi aveva vista
pallida e sconvolta, convinto che Benji fosse colpevole del mio stato e
meritasse una bella lezione. Gli
Irlandesi sono uomini di parola, devo ricordarmi di dirlo a Flo.
"Ciao Patrick" salutò Benji con fare pacifico, "credo tu mi abbia
indicato la strada un paio di giorni fa."
"Vi siete già
incontrati?" non potei fare a meno di domandargli, cercando di non suonare
troppo sorpresa. Come potevano conoscersi?
Benji annuì
con un gesto del capo. "L'altro giorno, mentre ti cercavo a villa
Borghese."
Patrick inarcò un
sopracciglio, e nei suoi occhi balenò
l'ombra di un ricordo. "Mi hai chiesto dove si trovasse il museo. Peccato
non aver saputo allora chi fossi."
Fissai prima l'uno e poi l'altro senza capacitarmi di una
tale coincidenza, cogliendo nel tono di Pat un'evidente provocazione.
"A sentire voi i parchi vanno frequentati di più la domenica pomeriggio" esordì Carrie strappando a tutti un sorriso.
"Cosa fai nella vita Benji?" domandò Pat, pacato solo in apparenza. Lo conoscevo abbastanza
per intuire che qualcosa non andava. Per carattere era solito limitarsi a
ignorare gli esponenti del suo stesso sesso, soprattutto se percepiti come
potenziali rivali.
Benji incrociò il
mio sguardo solo un istante prima di rispondere, e realizzai quanto fossimo
stati ingenui a non concordare le risposte alle domande più scontate. "Gioco a calcio, ma niente di serio."
Sai com'è, dalle mie parti sono un fuori
classe ma sto cercando di smettere per rimanere accanto alla mia ragazza, che
tra parentesi è incinta ma
preferisce tenere la notizia per sé.
Sai per caso se esistono gruppi di sostegno per calciatori anonimi?
Chiusi gli occhi per un attimo, respirando a fondo e
mettendo a tacere la vocina nella mia mente. Avremmo trovato una soluzione,
prima o poi.
"Davvero? Ti andrebbe di unirti al nostro torneo di
calciotto interaziendale?"
Trattenni a stento una risata. Tanto valeva chiedere a Gigi
Buffon di giocare in incognito su una spiaggia del litorale romano.
"Non ho mai giocato a calciotto, in cosa
consiste?"
Mi limitai a osservare entrambi in silenzio, e gli
sguardi incuriositi di Carrie e Florence lasciarono a intendere di aver sospeso
la questione dei sei mesi in attesa di nuovi sviluppi.
"Si tratta di calcio a otto, anziché a undici, con regole semplificate. In che
ruolo giochi?"
Benji sembrò
ignorare il tono di malcelata sufficienza di Patrick. "Solitamente sto in
porta, ma volendo posso improvvisarmi attaccante."
A quelle parole un sorriso si aprì sul mio volto, e incrociando il suo sguardo vi lessi il
ricordo del contropiede visto insieme su youtube.
"Il nostro portiere è molto bravo e la squadra è al completo. Ad alcuni nostri amici manca il terzino
destro, che li ha dovuti lasciare per impegni di lavoro. Ti va di unirti a
loro?"
"Perché
no, sembra divertente."
Florence si risvegliò
dal proprio torpore, lasciando me e Carrie con un palmo di naso. "Possiamo
venire a vedervi giocare?"
Era la prima volta che apriva bocca in presenza di Pat e
lui stesso si voltò a guardarla stupito. L'espressione
sul suo volto mutò e le sorrise con dolcezza, mentre
sulle guance di lei scorrevano tutti i colori dell'arcobaleno.
"Certo, anche se non credo vi divertirete
molto."
"Lo dici tu Shannon, porteremo i pon pon e
organizzeremo una coreografia con i fiocchi."
Lanciai un'occhiata perplessa in direzione di Carrie, le
cui doti di coordinamento lasciavano alquanto a desiderare.
"Non ho mica detto che ballerò, per quello ci siete voi." Florence si unì al mio sguardo perplesso ma lei non si scompose.
"Che gusto c'è ad avere un'idea se non mette in
imbarazzo nessuno?"
* * *
Sempre più
assurdo, eppure il cuore batteva come se fosse la prima volta. La
prima volta che posavo gli occhi su di lui. La prima volta che il suo sorriso,
unica luce nel freddo buio di una caverna, mi scaldava il petto. La prima
volta.
Si muoveva in campo, un banale campo di calcetto romano,
ed era lui. Il mio amore. Non riuscivo a capacitarmi di averlo accanto. Per
quanto ancora sarebbe rimasto? Il solo pensiero mi toglieva il fiato,
lasciandomi priva di forze. Vivere alla giornata sembrava l'unica soluzione
plausibile per non impazzire eppure, prima o poi, avrei dovuto dirgli che
sarebbe diventato padre. E un figlio avrebbe richiesto ogni attenzione, l'amore
più indissolubile e incondizionato.
Non certo un impegno da gestire alla
giornata.
Forse raggiunto dai miei pensieri Benji si voltò a guardarmi, strizzando l'occhio e pregustando il
divertimento che sarebbe venuto. Il cuore mancò un battito. Possibile che una manciata di mesi soltanto
ci separasse dai mondiali e dallo stadio di Kuala Lumpur dove, capitano della
nazionale, aveva disputato la partita contro la Malesia?
Lo osservai palleggiare con scioltezza. Sembrava felice,
nulla del suo comportamento lasciava ad intendere che il mio mondo gli stesse
stretto, che i suoi compagni e gli agi ai quali era abituato gli mancassero.
Possibile che l'amore e una partita tra dilettanti fossero sufficienti? La
logica si scontrava con il fiabesco romanticismo che ammantava la nostra vita
da quando mi era comparso davanti come in sogno. Difficile
non temere che svanisse da un momento all'altro, lasciandomi sola una
seconda volta.
Scossi il capo, cercando di ignorare la violenta stretta
che mi attanagliava il petto e concentrandomi su ciò che gli occhi vedevano e la mente faticava a
razionalizzare. Sarebbe stato così
divertente dire ai ragazzi in campo con chi si apprestavano a giocare, forse più entusiasmante ancora che disquisire sulla catapulta
infernale e la curvatura del campo secondo Takahashi. Sorrisi al pensiero che
Pat aveva negato a Benjamin Price di difendere la propria porta. Se solo avesse
saputo.
"Ciao Myriam" salutò una voce squillante alle mie spalle.
Mi voltai ricambiando il saluto. La sorella minore di Pat
prese posto alla mia sinistra. Era una ragazza deliziosa, anche lei
mora con gli occhi verdi, poco più di
vent'anni e uno stuolo di ammiratori al seguito.
"Come stai Eilis? Non mi aspettavo di vederti qui.
Sei venuta a fare il tifo per Pat?"
"Certo che no" rispose lei con una piccola
smorfia. "Due amici dell'università giocano nella squadra avversaria e, già che ci sono, ne approfitto per dare un'occhiata in giro.
Sai per caso dirmi chi è
quel ragazzo pazzesco? Se scopro che è un
amico di Pat lo uccido per non avermelo presentato."
Non ebbi bisogno di seguire il suo sguardo per capire di
chi stesse parlando. Forte di una nuova quanto inconsapevole dolcezza, Benji
mieteva vittime senza quasi accorgersene. Ciononostante gelosia e possesso
sembravano fuori luogo quanto un sacchetto di plastica nel limpido mare artico.
"Giù le
mani Eilis, Benji è proprietà privata" puntualizzò Carrie con il solito tempismo. Le rivolsi uno sguardo
carico di gratitudine. Di comune accordo con Florence aveva soprasseduto sul
silenzio delle ultime settimane, intuendo che la mia reticenza aveva radici più profonde di quanto non lasciasse trapelare la mia recente
rinascita.
Eilis mi fissò
allibita e per poco non scoppiai a ridere. "Davvero state insieme? Dimmi
che non credete nella monogamia, un tipo così va
condiviso con il genere femminile."
"Mettiti in fila ragazzina" ribatté Carrie lanciandole un'occhiata divertita.
La piccola Shannon mi lanciò uno sguardo di sincera ammirazione. "Complimenti
My, tienitelo stretto. Se lo lasci anche solo un minuto non garantisco il
rispetto del territorio. Più
tardi me lo presenti?"
Annuii con un gesto del capo, volgendo l'attenzione al
campo di gioco. I ragazzi erano schierati nelle rispettive metà campo e sorrisi alla vista di Benji che ricopriva il ruolo
storico di Harper, e a come Bruce avrebbe commentato l'avvenimento. In fondo
era meglio non dare troppo nell'occhio, cosa pressoché impossibile per lui stando in porta.
Pat diede il calcio di inizio e la palla passò da un piede all'altro con un certo disordine. Per un
paio di minuti Benji si limitò a
seguire l'azione dalla sua posizione di difesa. Sebbene si muovesse appena ogni
muscolo era calibrato al millimetro, e la differenza di stile era lampante.
Unico a non stonare con la propria presenza, Pat alimentava la persistente
quanto illogica somiglianza con Tom.
Sospirai. Non solo Becker mi mancava come il sole in
inverno, ma Benji sembrava trarre forza dal suo elemento ancor più che nei tanti momenti in cui avevo avuto modo di
ammirarlo in precedenza. Senza uniforme, con scarpini improvvisati e fuori dai
pali che era solito difendere a costo della propria incolumità, la passione traspariva da ogni suo gesto in maniera
quasi dolorosa. Il calcio era la sua vita, nulla e nessuno avrebbe mutato tale
realtà.
Il cuore si spezzò
alla penosa consapevolezza che tutto l'amore del mondo non avrebbe colmato quel
vuoto a lungo e che, presto o tardi, sarebbe tornato a casa. Senza di me.
"È
davvero carino, dovrebbe fare il modello o l'attore." Le parole di Carrie
si insinuarono tra i miei pensieri e mi resi conto di aver semplicemente smesso
di respirare. "La prossima volta che parti ti accompagno e fingo un
malore, chissà che non capiti la stessa fortuna
anche a me. Flo che ne pensi?" domandò
volgendo la sua attenzione verso l'amica in religiosa contemplazione.
"Florence Maxwell, sei ancora tra noi?"
"La stiamo perdendo" risposi al suo posto,
dandole una pacca sulla spalla e cercando di ignorare il lato oscuro della mia
mente. "Se continua così
non tornerà più allo stato vigile."
"Spiritose. Oggi ho fatto grandi progressi."
Carrie annuì
come una madre rivolta al figlio meno sveglio della prole. "Continua così e forse tra una decina d'anni lo inviterai a
uscire."
Florence fece spallucce. "Nel frattempo mi godo la
partita. Devo ancora decidere se mi piace di più in giacca e cravatta o in calzoncini corti."
"Nessun dubbio a riguardo" sentenziò Carrie autorevole. "Meglio nudo, così sai cosa aspettarti."
Scoppiai a ridere, attirando l'attenzione di Eilis che
seguiva con attenzione l'evolversi della partita. "Di chi state
parlando?"
Florence divenne paonazza e Carrie sventolò l'aria con la mano tesa a minimizzare il discorso.
"Ehi My, lo sai che il tuo Benji non gioca affatto male?" commentò con un tono serio che poco le si addiceva.
Mi voltai in direzione del campo e non potei che darle
ragione. Del tutto ignaro dello spettacolo che offriva ad occhi esterni, Benji
si muoveva come un gatto all'inseguimento di un topo giocattolo, gli occhi
vigili e fin troppo consapevoli. I passaggi di palla si susseguivano morbidi e
precisi, suscitando un inevitabile stupore che in pochi minuti dilagò dal campo agli spettatori.
Solo Patrick sembrava troppo preso dal gioco per
accorgersene. Ogni tentativo di arrivare in porta si infrangeva contro un muro
di gomma, fin quando l'arbitro non fischiò
fallo per un intervento che sembrava dettato più dal nervosismo che da un'effettiva necessità.
"Che razza di modi sono?" si risentì Eilis alla vista del difensore a terra al quale Pat
aveva allungato un braccio per aiutarlo ad alzarsi.
La partita sembrava bloccata su un diplomatico zero a
zero, Benji auto relegatosi in difesa e il resto della sua squadra schierato in
attacco. Gli avversari, Patrick in testa, sembravano aver dimenticato lo
spirito goliardico dell'incontro, e persino dagli spalti potevamo percepire il
crescendo di tensione in campo.
Sullo scadere del primo tempo Pat tentò l'ennesimo dribbling, fermato dall'irresistibile gioco
di gambe di Benji accompagnato dal doppio fischio dell'arbitro. Non c'era da
stupirsi che si sentisse frustrato, chiunque non fosse a conoscenza della sua
reale identità avrebbe provato la medesima
rabbia.
"Si stanno avvicinando, me lo presenti?"
Mi ci volle un attimo per capire a cosa alludesse Eilis.
Alla vista del rossore che le si era dipinto sulle guance provai una gentile
compassione per la sua giovane età,
piena di incanto e aspettative verso il futuro che l'attendeva.
"Benji ti presento Eilis, la sorella di Pat."
"Ciao Eilis, tuo fratello è un osso duro" rispose lui avvicinandosi con aria
divertita. Per un attimo scollegai il cervello, chiedendomi se il suo sorriso
fosse sempre stato così
luminoso.
"Ciao" rispose lei fissando il suolo e
stringendogli la mano, titubante. Non l'avevo mai vista abbassare gli occhi di
fronte a nessuno, e ne attribuii la colpa alla realtà che rendeva il mio capitano più intrigante di quanto non fosse umanamente accettabile.
"A questo punto voglio capire una cosa"
intervenne Carrie smorzando l'atmosfera sospesa che si era andata formando.
"Quando passerai in attacco? Persino un cieco si accorgerebbe che ti stai
trattenendo."
Benji si passò la
mano fra i capelli sudati. "A dire il vero preferisco stare in porta"
ammise con sincerità, e
la morsa allo stomaco reclamò
l'attenzione che cercavo disperatamente di negarle.
"Perché
non chiedi il cambio?" domandò
Pat avvicinandosi alle sue spalle. Tutti gli occhi puntarono il ragazzo, e non
potei ignorare la tensione che albergava in ogni muscolo del suo corpo. Un
cavaliere pronto a difendere il proprio onore e quello del regno, la sua
indolenza un ricordo ormai lontano, al punto che mi domandai se lo avessi mai
conosciuto davvero.
"Non vorrei abusare della gentile ospitalità che mi è
stata riservata" ribatté
Benji serrando impercettibilmente la mascella.
"Se lo dici tu."
Uno scambio di sguardi tipicamente maschile sugellò il rapido scambio di battute, come se un diverso
significato si celasse sotto parole all'apparenza innocue.
"Perché
non vai in porta?" insisté
Eilis unendo i palmi delle mani con un piccolo saltello. "Se la partita
dovesse finire in parità
andreste ai rigori e Pat avrebbe pane per i propri denti."
Incollai gli occhi sul volto di Benji, e potei percepire
la tentazione di raccogliere la sfida resa ancor più esplicita dal silenzio che aveva accompagnato le parole
di Eilis. Forse convinto di dover vendicare chissà quale ingiustizia, Pat puntava allo scontro diretto.
"Dai Benji sarà
divertente" lo esortarono Carrie e Florence quasi all'unisono.
I nostri sguardi si incrociarono e Benji lesse in me il
timore che qualcosa andasse storto, richiamando l'attenzione del nostro amato
vecchietto.
"Va bene" rispose con un mezzo sorriso, rivolto
più a sé stesso che non a me.
Priva del coraggio di dissuaderlo pensai che la medesima
sfida gli era stata fatta da Holly tanti anni prima. I cicli della vita si ripetono, non potei fare a meno di
considerare mentre Benji infilava i guanti prestatigli dal primo
portiere, prima di incamminarsi serio verso la porta.
Note:
(38) DefCon è un acronimo statunitense che significa stato di difesa (Defense Condition)
e indica lo stato di allerta delle Forze Armate degli Stati Uniti. Lo stato di
allarme comprende cinque gradi, dove l’1 è il più elevato, ed è segnalato visivamente nella camera ovale della Casa Bianca e in tutti i
comandi militari.
Per scrivere
questo capitolo ho tratto ispirazione dalla dolcissima "Words don't come
easy" di F. R. David che potete ascoltare al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=nNGWH-bAEuM
Per quanto
concerne il cast, mi sono concessa una divertente ricerca sulle "mie" guest star in versione cinematografica! ^_^
In risposta alle splendide recensioni
ricevute... grazie per seguirmi anche quando non riesco ad aggiornare quanto
vorrei!^__^
(mi si sta
scaricando la batteria del portatile e sto scrivendo più veloce che
posso, perdonate gli eventuali refusi^^)
Eilis
Ciao cara! Non potevi
saperlo ma mi hai fatto compagnia per gran parte del capitolo... Mi sono così divertita a scrivere di te, Florence e Carrie^__^
Sono felice che l'ultimo
capitolo ti sia piaciuto, provavo il bisogno di allentare la tensione e sembra
che vi sia riuscita. Ora sono curiosissima di sapere se ti piace il tuo
personaggio e se l'attrice che ho scelto per interpretarti ti aggrada. Non
conoscendovi sono andata a sensazione^__^
Grazie come sempre per le
tue dolcissime parole e a presto!
benji79
Ciao benji79! Che ridere
leggere i tuoi commenti sull'ultimo capitolo, ero convinta che vi avrebbe
divertito come ha divertito a me scriverlo. Mi sono chiesta a lungo come gestire
il loro incontro e, romanticismo a parte, mi sono chiesta cosa avrei fatto se
mi fosse capitata realmente tale fortuna.
Non ho pensato a fargli
vedere l'episodio del gol in rovesciata, però credo di aver
trasmesso cmq l'idea delle pause infinite e assurde tra un'azione e l'altra :-)
Tocca organizzare un
viaggio in Giappone per intervistare Takahashi o, in alternativa, il suo
spacciatore di fiducia...
Carrie_brennan
Carissima!! Ecco la mia
seconda guest star, anche tu mi hai tenuto un sacco compagnia, aiutandomi a
smorzare la tensione tra i personaggi... Grazie^^
Posso senza alcun dubbio
dire che adoro il tuo personaggio, e spero che la cosa diverta anche te. Mi
sono presa più di una licenza sulla
scelta dell'attrice, non avendo molti elementi fisici dai quali partire. Che ne
pensi?
Sono molto contenta che il capitolo in cui M&B si ritrovano ti sia piaciuto, anche a me mancavano tantissimo le
loro scene dolci, ironiche e divertenti. Sicuramente Benji sta evolvendo,
lontano dalla sua solita vita sta acquisendo una nuova consapevolezza di sé e dei suoi sentimenti, e mi piace davvero tanto scriverlo. Se non fosse
per la mancanza di Tom, la nuova situazione sarebbe quasi perfetta^_^
Mi dispiace solo che la
dose periodica della mia storia si faccia attendere più di quanto vorrei, spero che a settembre riuscirò a riprendere i soliti ritmi. Un bacione!
Fulmy
Ciao Fulmy! Che bello che
il loro incontro ti sia piaciuto tanto, ci ho messo un sacco a scrivere i brevi
paragrafi in cui, increduli ed emozionati, finalmente si ritrovano. Il pezzo
dei video su youtube poi è stato TROPPO
divertente... Continuavo a ridere fra me, e mio marito ha cominciato a pensare
seriamente che fossi diventata matta!^_^;
E così sogni di cantare la sigla del cartone al nostro Benji? Beh... Potrebbe
essere divertente, visto che ho in mente di farti fare la cantante anche nella
mia fic. Staremo a vedere^_-
Per quanto riguarda i
mondiali, purtroppo non ho fatto in tempo a fare avere a Benji e Holly la
cittadinanza italiana... Ma non sarebbe male rivedere i mondiali in chiave
diversa nella storia, che ne dici?
Scherzi a parte, come
dici tu il difficile deve ancora arrivare, per quanto Myriam cominci già a condire i suoi pensieri con le prime paranoie... Come dicevo, staremo a
vedere. Ciao ciao e alla prossima!
Ladyvale
Grazie per la carinissima
recensione, sono felice di sapere che la storia ti appassiona e che l'ultimo
capitolo ti sia piaciuto tanto! Sarebbe molto divertente far venire dalle
nostre parti altri personaggi del manga, ma non vorrei creare confusione e
scadere nel ridicolo.
Al momento temo che
dobbiate accontentarvi di Benji^__^
Grazie ancora per la recensione
e se ti va fammi sapere cosa pensi di quest'ultimo capitolo. Ciao e alla
prossima!
Dafny
Ciao Dafny! Se qualcuno
deve sentirsi in colpa quella sono io, è passato più di un mese dal mio ultimo aggiornamento e mi vergogna come una ladra :-(
In effetti il capitolo 28
è venuto più corto rispetto agli altri, e ho cercato di rimendiare con quest'ultimo che
invece è un pochino più lungo. Spero che, dopo il video del cartone, anche la partita di calciotto
sia di tuo gradimento, colmando almeno in parte la tua "crisi di astinenza"
;-) Baci e a prestissimo!
bex
Tesorina!!! Grazie per le
tue parole deliziose, e perdona il mostruoso ritardo nell'aggiornamento. Non ci
crederai, ma con la pressione bassa che mi ritrovo, il caldo rendeva i miei
personaggi tesoro mosci quanto me. La prima stesura del capitolo era a dir poco
TERRIBILE, con Benji e Myriam pallide ombre di sé stessi. Ammetto che farli interagire con il nostro mondo è stato più difficile del previsto,
in quanto andava costruito tutto da zero, senza nessuno degli
"appigli" soliti a cui si può fare
affidamento nelle fic.
Spero cmq che gli esami
siano andati bene, e che questo aggiornamento rappresenti un diversivo nelle
giornate di ozio estivo ^__^
Come vedi Myriam non ha
ancora trovato il modo di dire a Benji che aspetta un bambino e, ovviamente, la
cosa andrà complicandosi
maggiormente (altrimenti che divertimento c'è ^_-). Come
alla nostra beniamina, anche a me manca tantissimo Tom, solo in parte
"sostituito" da Pat. Purtroppo dovremo portare un po' di pazienza
prima di rivederlo, e ricordo bene che sei disponibile a consolarlo, tranquilla
;-)
Ti mando un bacio
grandissimo e resto intrepida attesa dei tuoi commenti che mi emozionano sempre
tantissimoooooooo!!!!
Lady Snape
Ciao Lady! Sei
carinissima a seguire la storia con pazienza e dedizione, e mi scuso per essere
sparita nel nulla tanto a lungo. Spero che durante le vacanze trovi cmq il
tempo per leggere quest'ultimo capitolo e per dirmi cosa ne pensi! Dopo l'urlo
e la risata, chissà cosa mi dedicherai stavolta
:-)
Lo sai che ai mondiali ho
pensato anch'io divertita che il Giappone era andato più avanti di noi? Non che ci volesse molto purtroppo, ma devo dire che
Casillas mi è sembrato un ottimo
Benji... E il bacio che ha dato alla sua fidanzata in diretta TV mi ha fatto
morire!!!! Che dici se faccio la stessa cosa con Benji e Myriam? Hehe... Ciao
ciao e a presto!
simplyunica
Benvenuta mia nuova
piccola fan! Devo dire che mi dispiace che tu abbia iniziato a leggere la mia
storia proprio nel mezzo del mio blocco dello scrittore (si fa per dire^^),
spero che continuerai a seguirmi nonostante la lunga pausa!
Mi fa sempre stra-piacere
sentire che la si è letta quasi tutta di un
fiato, anche perché si sta facendo piuttosto
lunghetta, e non è un'impresa affatto
banale.
Posso chiederti se
l'evoluzione dei personaggi ti è piaciuta? Sono
cresciuti molto rispetto ai primi capitoli, e sono ovviamente troppo dentro
alla trama per viverla come un lettore esterno che legge tutto con continuità :-)
Mi diverte sentirti pessimista,
gli ho complicato proprio la vita ai nostri poveri personaggi. Posso cmq dirti
con tranquillità e senza guastarti la
sorpresa che ci sarà un lieto fine, per
quanto non so ancora quanto lontano. Spero continuerai a seguirmi, anche solo
per ritrovare il nostro Tom che manca a tutte moltissimo!
In risposta alle tue
domande: no, Myriam non è mai stata in coma, la
sua esperienza, per quanto surreale, è del tutto
vera. Per quanto concerne la scelta di Benji non vorrei rovinarti la sorpresa,
e scoprirai nei prossimi capitoli se si pentirà o meno della sua scelta.
L'attore che lo
interpreta è in realtà un modello brasiliano poco conosciuto in Europa. Per anni è stato il testimonial di Armani in brasile, e purtroppo ora è un poco invecchiato rispetto alla foto che ho scelto. Ora non ricordo il
suo nome, entro il prossimo aggiornamento lo recupero e te lo scrivo.
Un'ultima cosa: non
scusarti minimamente per la vena pessimista né tantomeno per la lunghezza dei tuoi commenti, ti assicuro che mi fanno
piacerissimo e mi spronano a scrivere in ogni mio momento libero! Quando
pubblico un capitolo mi collego ogni giorno nella speranza di trovare una nuova
recensione^__^
Florence
Ciccia!!! Non parliamo di
ritardo che vorrei sotterrarmi... Allora, che ne dici del tuo alter ego
virtual-cartaceo e dell'attrice che ho scelto per te? Sono curiosissima di
sentire i commenti...
Tornando alla tua
precedente recensione, mi hai fatto sbellicare dalle risate, e sono felice che
la mia idea di "fugace contemplazione" su youtube ti sia piaciuta!
Sono anche felice di
leggere che tutte vi aspettavate risposte ai dilemmi che da sempre ci
tartassano, il che vuol dire che il mio Benji è davvero convincente^__-
Per quanto concerne il
tuo dubbio espresso con sintassi da premio nobel della fisica, ti dirò che non sono ancora certa di come far rimanere insieme i nostri
protagonisti... I dilemmi da risolvere, non in ultimo le modalità in cui Myriam svelerà a Benji la sua imminente
paternità, non sono da poco.
Qualche suggerimento? ^__^
Un bacio grandissimo!!!!
AryYuna
Benvenuta AryYuna, e
grazie per la carinissima recensione! Non preoccuparti per aver aspettato un
po' prima di recensire, l'importante è che tu l'abbia
fatto ^__^
Sono felice che il
personaggio di Myriam ti piaccia, cerco di infonderle tutto il coraggio che
posso e di recente, con tutte le cose che le sono capitate, non è stato facile. Ciò detto, credo fermamente
che chiunque di noi farebbe volentieri a cambio con lei, non credi?
Per quanto mi concerne,
non avrei mai potuto usare i nomi del manga, in quanto non li ho mai sentiti
come "miei". L'argomento è stato
dibattuto in diverse recensioni, e sono felice di sapere che la pensi come me
:-)
Come detto a Simplyunica,
mi dispiace solo che la frequenza di aggiornamento abbia recentemente subito
una forte battuta di arresto. Ora con le ferie avrò più tempo ma starò spesso in giro, conto di aggiornare tra fine mese e i primi di settembre.
Cercherò di tornare sul personaggio di Mark, e su tutti i ragazzi che ci siamo
lasciati lontano, non appena possibile. Non temere, anche se non vedranno altri
episodi del cartone non mancheranno altre situazioni divertenti.
Rieccomi, di rientro da una splendida vacanza
in Turchia! In giro per bazar, siti archeologici e calette turchesi sono stata
colta dall'ispirazione per questo aggiornamento più calcistico del solito ma
denso di avvenimenti. Purtroppo, data la piega presa dal capitolo, non mi è
stato possibile inserire nuove guest star. Cercherò di rimediare non appena
possibile.
Spero che le vostre vacanze siano state
spettacolari e che questa lettura vi consoli almeno un po' del rientro a
casa/ufficio/scuola/università^__^
Fatemi sapere cosa ne pensate, nelle ultime
settimane le vostre recensioni mi sono mancate tantissimo! Lady Snape, Fulmy, Sany,
Eilis... se non tornate faccio come la particella di sodio della pubblicità
^__-
Bacini a tutti!^^
30
Benji
Una situazione quanto mai bizzarra. Era un po'
come essere tornati a scuola, quando il calcio era solo un gioco e, per quanta
passione ci mettessimo, si alternava alle nostre vite di studenti. Sebbene non
fossi mai stato un tipo spensierato, mi ero dimenticato cosa significasse
prendere le cose alla leggera.
Mi trovavo su un campetto qualunque, con
avversari la cui preparazione era assimilabile alla Newppy prima
maniera. Eccezion fatta per Patrick che, strano a dirsi, mi ricordava qualcuno
di cui non riuscivo però a cogliere i lineamenti.
La mia piccola peste gli piaceva, era
lampante, e non potevo certo biasimarlo. Probabilmente non aveva gradito il mio
rientro in scena, credendomi forse un ex indeciso e un tantino bullo. Sorrisi
divertito all'idea di quanto, tutto sommato, quel mondo fosse simile al mio.
Volsi lo sguardo agli spalti in attesa
dell'ennesima pausa di gioco. Avevo parato i primi tiri in porta cercando di
non addormentarmi in piedi, nella speranza che Patrick si decidesse a fare sul
serio. Myriam mi fissava intensamente, a tratti preoccupata, nonostante
giocassi ben al di sotto degli standard tenuti in allenamento. Date le
dimensioni ridotte del campo, prevedere le mosse degli attaccanti avversari era
fin troppo semplice. Stare in difesa si era rivelato di gran lunga più
divertente.
Un movimento sulla destra attirò la mia
attenzione. La seconda punta, di cui non ricordavo il nome, si era fatta avanti
smarcando il ragazzo che aveva preso il mio posto sulla fascia arretrata. Bastò
un'occhiata alla posizione del piede e la traiettoria del pallone si delineò
prima ancora che partisse il tiro. Spostai il peso del corpo lateralmente con
ostentata lentezza e fermai il colpo con entrambe le mani, di modo da mantenere
ad occhi inesperti una parvenza semi dilettantistica.
Se Holly e Tom mi vedessero riderebbero a
crepapelle pensai in un lampo divertito, per non parlare di Lenders.
Mi sembrò quasi di udire le parole di scherno accompagnate dalla sua tipica
smorfia beffarda.
Stavo per tornare con l'attenzione agli spalti
quando qualcosa mutò nell'aria. Fu solo un istante, ma sentii un formicolio
diffondersi lungo la schiena e tutti i sensi allertarsi. Mi voltai mentre
Patrick, in un contropiede da manuale, smarcava uno dei difensori come fosse
stato un palo della luce. La gamba destra si liberò agilmente da un mal
riuscito tentativo di scivolata e, con tutto il peso spostato in avanti, tirò
un colpo che mi lasciò di stucco.
La mia presunzione era seconda solo ai duri
allenamenti ai quali mi sottoponevo. Mi tuffai istintivamente in avanti,
bloccando il pallone a meno di un metro dalla linea di porta. Rialzandomi non
potei esimermi dal lanciare un'occhiata ammirata al ragazzo, ricambiata da un
gesto di comprensibile esasperazione. Aveva dimostrato un livello di prontezza
e precisione fuori dal comune. Peccato che un simile talento andasse sprecato.
Rimisi il pallone in gioco con un guizzo di
entusiasmo, ma gli scambi ripresero il solito iter prevedibile e dovetti
trattenere più di uno sbadiglio. Come previsto dalla sorella di Patrick il
risultato rimase in assoluta parità e solo i rigori avrebbero potuto decidere
le sorti della partita. Attesi con pazienza che venisse assegnato l'ordine di
tiro, fin quando l'arbitro non indicò la porta difesa nel corso del secondo
tempo.
Sorrisi al pensiero di non aver mai preso
posto fra i pali con tale tranquillità, provando un bonario senso di colpa nei
confronti del primo avversario intento a posizionare il pallone sul dischetto.
Lanciai uno sguardo in direzione di Myriam e rimasi stupito nel vederla in
piedi. Dopo un primo istante di sconcerto, capii. Non aveva paura che
segnassero, bensì del contrario. Parare cinque rigori su cinque era un'impresa
impossibile per un portiere normale. Forse la cosa migliore per non
destare sospetti sarebbe stato permettere loro di segnare almeno un gol.
Non il primo però pensai lanciandomi
sulla sinistra, direzione intuita fin dalla rincorsa presa dal numero sette.
Un coro di applausi accompagnò la parata da me
enfatizzata in maniera quasi comica. Possibile che nessuno oltre Myriam notasse
le mie movenze grottesche?
La voce di Lenders giunse alle mie orecchie
tanto nitida da sembrare vera. Ti sei ridotto a giocare con un branco di
dilettanti Price, non ti manca il tiro della tigre? Scossi il capo per
respingere la risposta prima che questa si delineasse chiara nella mia mente.
Anche il primo tiro da parte nostra andò a
vuoto, finendo un paio di metri oltre il palo. Sospirai, non potendo certo
permettere che l'altra squadra passasse in vantaggio. Alla mia seconda parata
seguì finalmente il primo gol e, con la morte nel cuore, decisi di permettere a
un emerito quanto inconsapevole ragazzetto di violare la mia rete. Un attimo
prima che questo si mettesse in posizione incrociai lo sguardo di Patrick,
carico di una rabbia che aveva eguali solo nella mia misurata rassegnazione.
Per quanto l'intera situazione fosse contraria a ogni principio sportivo, non
meritava l'affronto di vedere un altro riuscire laddove aveva più volte
fallito.
Ero certo che ci saremmo affrontati per ultimi
e tornai sulla decisione appena presa. Parai il terzo tiro, atterratomi dritto
fra le braccia e, sempre sull'uno a zero, mi limitai a lasciar volare il quarto
sopra la traversa.
Alcuni minuti dopo non potei fare a meno di
associarmi alle lodi espresse da Patrick nei confronti del proprio portiere.
Nervi saldi e riflessi pronti gli avevano permesso di contenere lo svantaggio
che altrimenti ci avrebbe portati a vincere prima che la tornata di cinque
rigori venisse completata.
Il momento tanto atteso da entrambi era
giunto. Con gesto automatico sistemai i guanti intorno ai polsi, cercando con
la punta delle dita il cappellino purtroppo assente. La serenità che fino a
quel momento mi aveva contraddistinto si diluì in tensione controllata.
Tornai nuovamente tra i pali, flettendo le
gambe un paio di volte per ammorbidire le articolazioni, quando la voce di
Patrick interruppe il mio cerimoniale.
"Che ne dici di cambiare un po' le regole
Benji?"
Lo guardai con aria interrogativa. "Cosa
proponi?"
"È lampante che ti stai annoiando, perché
non sostituire il rigore con un vero confronto a due?"
Un brusio percorse la piccola folla di
spettatori mentre un sorriso si apriva sul mio volto. Spavaldo ma simpatico, il
ragazzo. Potevamo così cogliere due piccioni con una fava. Io divertirmi un po'
e lui riuscire a segnare senza che perdessi troppo la faccia.
Che Lenders non lo venga mai a sapere, fu l'augurio che
accompagnò il mio cenno di assenso.
"Perfetto. Parto dal centro campo e ci
confrontiamo in qualunque punto sia di tuo gradimento."
"Ci sto."
Volai con i ricordi al primo incontro con
Roberto Sediño che, tanti anni addietro, mi aveva insegnato a non sottovalutare
nessun avversario. Chissà che Patrick non stupisse tutti con un'impeccabile
rovesciata.
Myriam mi esortò da lontano e percepii nel suo
timbro di voce un timore più che legittimo. Tranquilla peste,
nessun'acrobazia fuori dal comune.
Il mio avversario si posizionò sul dischetto
centrale e poco dopo l'arbitro fischiò, dando inizio alla sfida.
Senza che quasi me ne rendessi conto i
contorni del campo si fecero più nitidi nel mio spettro visivo, cancellando
ogni elemento di disturbo. Seguii i movimenti di Patrick come al rallentatore,
per un attimo indeciso se uscire dall'area di rigore, ma rinunciando subito per
conferirgli un vantaggio che livellasse il confronto.
Si avvicinò con falcate calibrate che non
lasciavano a intendere con quale piede avrebbe tirato e d'un tratto capii chi
mi ricordava. Il fisico e i movimenti flessuosi di Tom sembravano rivivere in quel
ragazzo, sebbene la tecnica dei due attaccanti non fosse in alcun modo
paragonabile.
Quel pensiero mi strappò un moto di
soddisfazione, facendomi accettare di buon grado il gol che mi apprestavo a
subire. Avanzai di qualche metro, le mani protese in avanti e pronto a
lanciarmi in direzione del calcio che credevo imminente, ma Patrick mi prese
alla sprovvista avvicinandosi ancora. Lo fissai stupito accelerare la sua
corsa, fino a puntare la gamba sinistra a terra e prendere lo slancio per
tirare una cannonata con il destro.
Scattai anticipando di una frazione di secondo
il contatto con il pallone, sottovalutando l'effetto che mai avrei creduto
potesse infondere alla sfera un calciatore non professionista.
Vidi la traiettoria variare quel tanto che
bastava per eludere il mio raggio di difesa. Complimenti, Becker sarebbe
fiero della somiglianza pensai un istante prima di toccare l'erba.
L'abitudine più forte di ogni ragionevole risoluzione, senza nemmeno pensare
diedi un impulso con tutta la forza del braccio alla mano sinistra e, quasi mi
apprestassi a fare una capriola al contrario, sentii il peso del corpo tornare
indietro come se da casa avessero attivato il rewind con il telecomando.
Myriam mi ucciderà, pensai sentendo la
punta del piede destro toccare il pallone in corsa, deviandolo verso l'alto.
Non feci in tempo a rialzarmi che Patrick mi raggiunse e spiccò un salto,
pronto a colpire di testa e centrare la porta incustodita.
Siamo in ballo e tocca ballare, perdonami
peste.
Con un istante di ritardo recuperai
l'equilibrio e scattai in aria, il braccio teso per colmare la differenza di
altezza dovuta al contro tempo. Preso alla sprovvista ma senza perdersi d'animo
Patrick si protese in avanti, sbilanciandosi completamente e colpendo il
pallone in malo modo prima di ricadere su di me.
Una violenta fitta al volto precedette il
contatto con il suolo e solo l'esperienza accumulata negli anni mi permise di
scostarmi, evitando così di venir schiacciato dal peso dell'improvvisato
acrobata.
"Scusami Benji, ho perso
l'equilibrio" disse poco dopo con un'occhiata di sincero imbarazzo, e fui
il solo a controllare dove fosse il pallone.
L'orgoglio ferito mi dolse più del colpo
ricevuto. La sfera bianca e nera era ferma sulla linea di porta, persino un
alito di vento avrebbe potuto farla entrare.
"Benji stai bene?"
La voce allarmata di Myriam cancellò per un
attimo la bruciante sconfitta.
"Sì, certo" risposi passandomi
l'avambraccio sulla fronte per detergerla dal sudore. Solo allora notai la
maglia intrisa di sangue.
"Hai preso una botta fortissima, vado a
recuperare del ghiaccio e la cassetta del pronto soccorso" disse Eilis
prima di assestare un sonoro scappellotto a Patrick che continuava a fissarmi
con aria contrita.
Hai avuto la tua vendetta, ora siamo pari fu il muto messaggio
che gli lanciai con lo sguardo, ed ebbi la netta impressione che venisse colto
alla perfezione.
"Siediti Benji. Non è normale che
sanguini tanto, dobbiamo tamponare la ferita."
La voce di Myriam giunse flebile alle mie
orecchie. "Tranquilla peste, mi sono rotto l'arcata ciliare un migliaio di
volte" replicai mentre mi premeva la sua felpa sul volto. Si sarebbe
macchiata tutta e le avrebbe fatto ancora più impressione.
"Allontanati My, non sei famosa per la
tua resistenza al sangue" aggiunse Carrie cercando di prendere il suo
posto. Provò a protestare ma, come predetto da entrambi, la vista del cotone a
chiazze vermiglio le provocò un istintivo moto di panico misto a nausea, resa
quanto mai visibile dall'intenso pallore del viso.
"Carrie ha ragione, allontanati per
favore."
Feci appena in tempo a prenderla per la vita
che mi svenne fra le braccia.
A dir poco frustrante. Per la prima volta
capivo cosa si provasse a vestire i panni di uno sconosciuto qualunque.
Dopo un breve quanto frenetico viaggio in
macchina eravamo arrivati al vicino pronto soccorso, dove un paio di infermieri
avevano preso Myriam in consegna caricandola su una sedia a rotelle che aveva
visto tempi migliori. Se Florence non mi avesse fermato avrei fatto il diavolo
a quattro per portarla dentro io stesso, arrendevolezza che avevo rimpianto non
appena scoperto che in ospedale gli accompagnatori attendono in una squallida
saletta la caritatevole attenzione del primo medico disponibile.
Con rammarico mi ero arreso all'evidenza. Ero
abituato a cliniche immacolate, con personale deferente e pronto a soddisfare
con solerzia ogni mia richiesta. Anche privo della veste di capitano della
nazionale il nome della mia famiglia avrebbe aperto ogni porta e, ora che ne
avevo più bisogno, non potevo contare su alcun ascendente per convincerli a
farmi entrare, o perlomeno a tenermi informato sul suo stato di salute. La
vista delle profonde occhiaie che solcavano il suo volto diafano mi aveva
gelato il sangue, e l'ansia era cresciuta a dismisura quando diversi minuti
dopo aveva stentato a riprendersi.
"Benji, stai facendo un solco nel
pavimento."
Mi voltai verso Carrie e non potei trattenere
un sorriso. Ci conoscevamo appena, eppure aveva il dono di capire come e quando
sdrammatizzare una situazione.
"La nostra My ha la pelle dura, non
preoccuparti" aggiunse Florence forse più per rassicurare sé stessa che
non me.
Seppure con alcune censure difficili da
dissimulare, Myriam mi aveva raccontato le settimane successive al suo ritorno
alla normalità. Rammentai la preoccupazione espressa a suo tempo da Tom
e Karl nei miei confronti e non avevo difficoltà a credere che, volendole molto
bene, fossero entrambe inquiete temendo una sorta di ricaduta.
Feci qualche passo verso l'accesso all'area
medica nella speranza che qualcuno venisse a darci notizie ma non ebbi fortuna.
Tirai un profondo sospiro e mi guardai intorno senza riuscire a sedermi. La
luce al neon si diffondeva conferendo ai muri un'aria verdognola, che ben si
accompagnava all'odore di medicinale di cui persino i vestiti risultavano
pregni.
"Hai una faccia terribile Price"
mormorai incrociando l'immagine riflessa nella vetrata antistante la sala di
accettazione. I pantaloncini sporchi di erba, la felpa infilata al volo sulla
maglietta e tutta macchiata. Per non parlare del sangue rappreso intorno al
sopracciglio e le due farfalle (39) che mi ero sistemato da solo, la fronte abituata a ben
altri infortuni, ormai tinte di rosso. Sorrisi tra me e me, abbassando il capo
al pensiero di cosa avrebbe detto Tom vedendomi in quello stato. Il mio amico
mi mancava, dannazione.
"Un'infermiera, finalmente."
L'esclamazione di Carrie interruppe il filo
dei miei pensieri. Non feci in tempo ad avvicinarmi che la signora sui
cinquanta abbondanti quanto la sua linea scosse il capo con fare risoluto.
"Solo i parenti possono entrare." Nemmeno un picchetto di protesta le
avrebbe fatto cambiare idea, era palese.
"Siamo fidanzati e tra qualche mese ci
sposiamo" dissi tutto d'un fiato. Qualunque cosa pur di farle cambiare
idea.
Tre paia di occhi mi scrutarono alla ricerca
di un'esitazione che evidentemente non trovarono, in quanto l'infermiera si
fece da parte e, con un cenno risoluto, mi esortò a seguirla.
"Ottima idea" bisbigliò Florence con
voce tanto bassa da essere udita da me solo. Tirai un sospiro di sollievo per
essere stato creduto solo in parte, evitando così l'ennesima catastrofe
diplomatica.
Poco dopo arrivammo a una porta socchiusa.
Trattenni il fiato ed entrai. Myriam era stesa su un lettino, e alla vista delle
piccole ventose che le avevano applicato sul petto provai una stretta al cuore,
tenerezza mista a preoccupazione per la fragilità che quel corpo a me così caro
emanava inconsapevole.
Avanzai di qualche passo senza staccare gli
occhi da lei, prima di prenderle una mano con delicatezza. Frammenti di
immagini presenti e passate si confusero tra loro lasciandomi tramortito.
"Non è nulla di grave, stia
tranquillo." La voce dell'infermiera giunse come ovattata e, voltandomi,
ci volle un istante per metterla a fuoco. Mi fissava con gentilezza, più che
mai convinta della mia veste di futuro marito. "Chiamo il dottore così
potrà darle ulteriori delucidazioni."
La ringraziai con un cenno del capo, incapace
di profferir parola.
Non appena fummo soli realizzai che il
silenzio della stanza veniva interrotto da un leggero pulsare elettronico.
Seguii con lo sguardo l'origine del suono e notai l'ECG portatile che tracciava
il battito della mia piccola peste.
Mi stupii a pensare che la vita di entrambi
era appesa a quei timidi beep e trattenni a stento l'impulso di
prenderla tra le braccia e stringerla a me. Con estrema delicatezza, quasi
avessi timore di romperla, mi limitai a sfiorare le sue labbra con le mie.
"Come nelle favole" mormorò
cogliendomi di sorpresa mentre mi allontanavo a malincuore, "svegliata dal
bacio del principe azzurro."
Per poco non scoppiai in una risata
liberatoria. Se era in grado di scherzare voleva dire che stava bene davvero.
"Altro che principe azzurro, la prossima
volta che mi farai prendere un colpo del genere ti do una botta in testa e la
facciamo finita una volta per tutte."
Il tono della mia voce non rese giustizia alla
minaccia appena evocata, tanto che Myriam soffocò a stento una risatina.
"A darti una bella botta ci ha pensato Pat, sembri un pirata."
Sorrisi con dolcezza carica di un sollievo
difficile da descrivere. "Fai bene a ricordarmelo, dovrò quanto prima
chiedergli la rivincita."
Sgranò gli occhi per lo stupore. "È
riuscito a segnare?"
A quella vista non potei trattenere una smorfia
divertita. "No peste, non ha segnato ma ci è andato pericolosamente
vicino. Che un ragazzo, seppur di talento, sia riuscito da solo a mettermi in
difficoltà non può che rendere onore a lui e preoccupare me." Mi feci
involontariamente serio. "Devo appurare se in questa realtà la mia
preparazione atletica ha subito qualche contraccolpo."
Un lampo attraversò gli occhi di Myriam e per
un attimo temetti che stesse per svenire una seconda volta. La fugace
impressione si dileguò subito e, complice la tensione delle ultime ore, mi
convinsi di aver sognato. "Vado a dire alle tue amiche che stai bene,
erano molto in pensiero."
"Come mai hanno fatto entrare solo
te?" domandò con l'aria di chi realizza in ritardo che qualcosa non quadra
e ne intuisce improvvisamente il motivo.
Strizzai l'occhio allontanandomi e, sulla
porta, lanciai con fare birichino. "Ho detto che a breve ci saremmo
sposati."
Mi allontanai prima
che avesse il tempo di ribattere, il sorriso sulle labbra.
* * *
Patrick
Non erano fatti miei, e poco mi si addiceva il
ruolo di cavaliere senza macchia pronto a difendere la virtù della principessa
di turno.
Non erano fatti miei, continuavo a ripetermi.
Che mi era preso di giocare con il fuoco quel
pomeriggio a villa Borghese, facendole una seppure scherzosa proposta di
matrimonio? Il lampo vitreo colto negli occhi di Myriam non mi dava tregua.
Avevo, come tutti, sofferto e causato sofferenze in amore, ma quel distillato
di puro dolore mi era entrato nel cuore come un veleno di cui non conoscevo
l'antidoto.
La trasferta a Milano aveva confermato i miei
dubbi iniziali. Nonostante si sforzasse di apparire normale il suo sguardo
spento errava senza meta, quale uno spettro la cui anima è rimasta imprigionata
tra due mondi. Mi era sempre stata simpatica, forse per la grinta e la
franchezza che la contraddistinguevano, e quando, agitandosi nel sonno, aveva
cercato conforto sulla mia spalla, uno strano senso di protezione aveva preso
il posto della curiosità iniziale.
Sentivo la mancanza dei suoi sorrisi spensierati.
In parte giustificato dal fatto che fosse l'unica in ufficio a non sciogliersi
ad ogni mia parola, mi ero concesso qualche battuta in più del dovuto. Mai
avrei pensato che fosse così vicina al punto di rottura.
Non era stato facile lasciarla andare in
quelle condizioni. Dopo numerose telefonate senza risposta avevo persino
pensato di presentarmi sotto casa e citofonarle per sincerarmi che fosse
arrivata sana e salva.
Quel Benji. Me ne ero fatto un'idea ben
precisa prima di conoscerlo e il nostro breve incontro mi aveva spiazzato. Non
sembrava tipo da sedurre e abbandonare, laddove lo avrei pensato sfuggente, il
suo sguardo era fiero e determinato. Eppure la tentazione di metterlo alla
prova era stata irresistibile.
In campo ce le eravamo date di santa ragione,
e controvoglia dovevo ammettere la sua assoluta superiorità tecnica e fisica. Se
non altro ho lasciato il segno, pensai con un sorriso velato dal senso di
colpa mentre varcavo la porta del pronto soccorso.
Mi guardai intorno alla ricerca di un volto
conosciuto fino a incrociare quello di Florence. Avanzai lentamente, cercando
di non metterla in agitazione. Era molto timida e parlava appena, forse
quell'occasione sarebbe stata utile a rompere il ghiaccio.
"Come stanno Myriam e Benji?"
domandai infondendo al mio tono di voce più dolcezza del necessario.
Sebbene la luce al neon avrebbe fatto
impallidire un cadavere, notai le sue guance prendere colore. "Bene credo,
Benji se l'è cavata con poco. Myriam è ancora dentro ma hanno fatto entrare
solo lui."
Prima di rispondere notai con la coda
dell'occhio Alessandra che, ferma sulla porta, faceva dietro front convinta di
passare inosservata. "Ciao Carrie" salutai deliberatamente ad alta
voce. Ero abbastanza convinto di non godere della sua simpatia, e le mie
recenti azioni non avevano certo migliorato la situazione.
"Shannon" bofonchiò sentendosi
obbligata a prendere posto accanto a noi, "ci hai messo un po' ad
arrivare."
"Ho dovuto sistemare qualche scartoffia
con il responsabile degli impianti sportivi. Le polizze assicurative sono
allucinanti."
"Così impari" mi apostrofò
confermando l'ipotesi di poco prima. “Vedo che hai avuto anche il tempo di
farti una doccia e cambiarti, ma senza dopo barba sei impresentabile.”
Non raccolsi la meritata provocazione. "Florence
mi ha detto che Myriam è ancora dentro. Possibile che non si sappia nulla?"
Un lungo scambio di sguardi accompagnò la mia
domanda, e avrei quasi potuto giurare che Florence fosse arrossita ancora.
"Qualcosa non va? Myriam è grave?"
"No no" si affrettò a negare Carrie,
"Benji è con lei."
Cercai di ignorare quel senso di fastidio
latente che mi accompagnava come una vecchia frattura esposta all'umidità.
"Provo ad affacciarmi anch'io."
"Possono entrare solo i parenti"
puntualizzò Florence con un cenno della mano.
"Non mi risulta che Myriam e Benji siano
sposati."
Le lasciai senza attendere una risposta e,
dopo un breve saluto alla guardia che era intenta a leggere il giornale, mi trovai
in un lungo corridoio con diverse porte chiuse. Non potendo aprirle una ad una,
stavo per fare marcia indietro quando sentii una voce alle mie spalle.
"Il signor Benjamin Price?" Un medico
di mezza età si avvicinò, lo sguardo di chi conta i minuti alla fine del
proprio turno.
No guardi, sono Oliver Hutton fu il rapido pensiero
che mi colse mentre, per un attimo, mi chiesi se stava scherzando.
“In mancanza di un parente stretto le sue
amiche hanno suggerito che parlassi con lei.” Mi resi conto che, non solo non scherzava
affatto, ma con ogni probabilità faceva riferimento a Carrie e Florence. Proseguì
senza convenevoli e non ebbi modo di controbattere. "La sua fidanzata sta
bene, abbiamo quasi completato le analisi di routine e i valori sono nella
norma. Ha solo la pressione un po' bassa, il che è piuttosto comune nella prima
fase della gravidanza. Tenga però presente che dovrebbe evitare di sottoporla a
stress eccessivi."
La mia mente, ancora focalizzata sul nome
esteso di Benji, si bloccò del tutto.
"La cosa la sorprende?" proseguì
rivolgendomi uno sguardo carico di disapprovazione. Nonostante i miei sforzi,
la paresi facciale di cui ero vittima mi rese impossibile sciogliere
l'equivoco.
Il medico continuò a fissarmi da dietro i suoi
occhiali, prima di sfilarli per dare un peso maggiore alle proprie
raccomandazioni. "Sebbene sia molto giovane deve evitare di affaticarsi,
il bambino potrebbe risentirne."
"Capisco" riuscii a biascicare
mentre le sue parole giocavano a ping pong nella mia testa. Myriam era incinta
di Benji che, tra parentesi, si chiamava come un cartone animato degli anni
ottanta. Forse l'imminente paternità era il motivo del suo ritorno. Evviva.
Non so per quanto tempo rimasi imbambolato
senza spiccicare altro che suoni disarticolati.
"Può andare da lei ora. Per sicurezza la
dimetteremo domani, vorrei tenerla sotto osservazione questa notte."
Annuii ringraziandolo. Un pupazzo delle nevi
sarebbe stato più espressivo. Rassegnato, mi indicò una porta vicina e, seguendo con lo sguardo il movimento del braccio, notai che Benji si
trovava a pochi passi da noi.
Ci fissava in silenzio, come pietrificato.
Note:
(39) Piccoli cerotti che avvicinano i lembi
della ferita e possono essere usati al posto dei punti.
In risposta alle
sempre dolcissime recensioni ricevute^__^
Carrie_brennan
Sono felice che il tuo personaggio ti sia
piaciuto! A me diverte un mondo scriverlo, te lo assicuro :-)
E’ chiaro che il carattere sia diverso, anche perché non ti conosco bene, però
ho sempre colto nelle tue recensioni un’irresistibile ironia che ho cercato di
trasmettere alla “mia” Carrie.
Per quanto riguarda i fratelli di Benji,
purtroppo non se ne vedono all’orizzonte... toccherebbe cercare il suo alter
ego nella nostra realtà!^^;
Anche a me lui piace sempre di più, lo sento
crescere come personaggio e spero che il capitolo, con tanto di parentesi
calcistica, risulti convincente. Credevo sarebbe stato molto più difficile da
scrivere, senza venire meno al personaggio né al Benji dell’anime, ma il
risultato non sembra malvagio. Ora sono curiosa di sapere cosa ne pensate!
Che ne dici del finale? Cosa farà secondo te?
Bacissimi!
Florence
Bellissima! Rispondo finalmente alla tua
recensione, sebbene abbiamo già commentato ampiamente sia questo sia il
precedente capitolo ^___-
Sono molto contenta che la “mia” Florence ti diverta,
vediamo come evolverà il suo rapporto con il nostro Shannon, al momento
alquanto confuso per il recente scambio di identità unito alla “lieta”
sorpresa... so che concludere il capitolo così è stato un colpo basso, ma il
ritmo della storia rischiava di calare e ho dovuto rimediare con un colpo di
scena in piena regola:-P
Che ne dici del nostro Benji portiere e di Pat-Tom? Al momento il nostro amato
vecchietto se ne sta buono buono ad osservare l’evolversi degli eventi... e io
passo il tempo a scervellarmi su come gestire, in ordine cronologico:
1) La reazione di Benji
2) La reazione di Pat
3) La reazione di Myriam
4) Eventuali paradossi cosmico-temporali
derivanti dalla presenza del nascituro a cavallo tra i due mondi
Così imparo a non concludere subito la storia
con un bel “e vissero felici e contenti”... ma in fondo ci divertiamo molto di
più così, non credi?
Ti mando un bacio grande e proseguiamo il discorso via chat^^
Dafny
Dolce Dafny! Sono molto contenta di averti
fatto ridere tanto, anch’io mi sono divertita niente male a scrivere il
capitolo 29^^
E’ bellissimo sapere che, per non “offendere i
personaggi”, hai abbassato la pagina mettendoti a ridacchiare fissando lo
schermo vuoto: non sai quanto mi ha fatto piacere la tua recensione!
Mi chiedo cosa penserai di quest’ultimo
aggiornamento, con il nostro Benji alle prese con rigori e avversari “reali”.
Non ho resistito alla tentazione e ci ho messo in mezzo un piccolo infortunio
:-P
Prosegue poi la tua storia? Fammi sapere
quando la pubblichi che ci tengo a commentarla.
Ciao ciao e a presto!
Bex
Tesoroooooooooooooooooooo!!! Grazie, e ben
tornata anche a te! Anche questa volta è passato un po’ di tempo tra un
aggiornamento e l’altro, ma scrivere in vacanza è stato più complicato del
previsto. Come stai? Hai fatto belle vacanze? Non sai che piacere mi ha fatto
leggere la tua recensione scritta dal cell... grazie!!!!!! E complimentoni per
gli esami ovviamente^^
Grazie come sempre per le tue dolcissime
parole, non vedo l’ora di poter inserire anche te come guest. Purtroppo ci
vuole un po’ di pazienza perché, come potrai ben immaginare, ho intenzione di
farti interagire con il nostro Tom... non sai quanto mi manca! E’ come se la
storia fosse incompleta senza di lui, non trovi?
Spero che la partita, così come l’ho descritta
dal punto di vista del nostro campione ti sia piaciuta, fammi sapere cosa ne
pensi.
Un bacio grande alla Tom Becker’s futura
girlfriend!^^
Simplyunica
Ciaoooooo! Sono molto contenta che il cap 29
ti sia piaciuto, e spero che il 30 rappresenti quella “svolta” che ti
aspettavi! Dopo la parentesi allegra la storia torna su temi più seri, e ci
avviciniamo lentamente al finale.
Ti ringrazio per il suggerimento sui provini,
ma prima i due zucconi devono fare un po’ di chiarezza... non dimentichiamoci
che il vecchietto è sempre dietro l’angolo^^
Sono felice che l’evoluzione del personaggio
di Benji ti convinca, con il passare dei capitoli è diventato sempre più reale,
più adulto in un certo senso. In un certo senso è passato dalle vesti di un
cartone animato a quelle di un ragazzo in carne e ossa il che, almeno ai miei
occhi, lo rende ancora più attraente :-P
Tanto per rimanere in tema, l’attore che ho
scelto per interpretarlo si chiama “Reynaldo Gianecchini”, brasiliano e ormai
sui 40... le foto che avevo trovato su internet risalgono a diversi anni fa, ma
è sempre notevole!^^
Ciao ciao e a presto!
Berlinene
Hola carissima! Fa sempre piacere vederti fare
capolino tra le recensioni, mi era mancata! Hai passato buone vacanze? Se hai
qualche minuto fammi sapere cosa ne pensi del nostro Benji in porta nel mondo
reale... ^__-
A bientot!
Benji79
Ciao cara! Vedo che hai centrato in pieno la
situazione delle tre amiche, mi fa molto piacere che le varie scene del
capitolo precedente ti siano piaciute.
Ora sono con il fiato sospeso in attesa di un
tuo giudizio sulla partita vista dagli occhi di Benji... che ne dici?
Per quanto riguarda Patrick, spezziamo una
lancia in suo favore. E’ un po’ confuso, dispiaciuto per Myriam e non ha idea
di chi sia Benji... tra l’altro chi di noi ce l’avrebbe? Io sogno sempre ad
occhi aperti che quanto raccontato nella mia storia possa avverarsi, hehe! ^__^
In risposta ai tuoi dubbi, nel prossimo capitolo vedrai la reazione di Benji e
di Myriam, ma non si saprà ancora in quale realtà vivranno. Per quanto riguarda
il nostro vecchietto, non lo rivedremo prima di un paio di capitoli,
tranquilla.
Ciao ciao e alla prossima!
AryYna
Figurati cara, non scusarti minimamente per il
ritardo. La tua recensione mi ha fatto un mondo di piacere, così come sono
contentissima che i nuovi personaggi introdotti nella storia vi divertano
tanto. Sento molto la mancanza di Tom e Patty, e dovevo creare delle “spalle”
degne per la nostra povera Myriam piena di casini! :-D
Spero non mi uccidiate per come ho fatto
finire il capitolo... si accettano scommesse sulla reazione di Benji ;-)
In bocca al lupo per gli esami, e spero che mi
farai sapere cosa ne pensi del nostro super portiere!
Chiedo umilmente perdono!!!!! Non
avete idea del periodo delirante che sto attraversando, sono stata persino
preda del blocco dello scrittore ;___; D'altronde ci stiamo avvicinando alla
fine della storia... so di avervi tenuti con il fiato sospeso, ma ho riscritto
questo capitolo almeno tre volte. Prima era Benji a non convincermi, poi Myriam
ad essere noiosa, e infine la scena finale mi sembrava già vista.
Ora posso reputarmi soddisfatta e
sono in ansia di sapere cosa ne pensate. Dovrebbero mancare ancora due, tre
capitoli al massimo, e non oso immaginare cosa proverò quando metterò la parola "fine" a questa storia
che mi ha accompagnato per anni. Vabbè, non siamo ancora a questo punto.
Un bacio grande a tutti e spero che
non vi dispiaccia tornare ai toni cupi che ci eravamo lasciati alle spalle.
Spero che i nostri personaggi, ormai più maturi e consapevoli, sappiano comunque
stupirvi!^^
31
Benji
Impossibile.
Inconcepibile.
Inaudito.
Suoni ovattati, tempie pulsanti, eco di un
cuore che non sentivo più mio. Ogni respiro mi allontanava da lei e, per un
attimo, mi chiesi se non fosse solo un brutto sogno.
Myriam era incinta.
Come al rallentatore le luci ondeggiarono,
seguite dal pavimento sotto i miei piedi. Avevo bisogno di fermarmi. Avevo
bisogno di uccidere qualcuno.
Inspirai profondamente, soffocando nella mia
stessa aria. Cosa aveva detto il medico?
Ha la
pressione un po' bassa, non deve affaticarsi. Il bambino... il bambino.
Annaspai alla ricerca di un appiglio sulle
pareti scivolose della mia mente. Sentimenti indefiniti prendevano forma,
confondendosi tra loro un istante prima che riuscissi a coglierne l’essenza.
Non è
possibile. Non è possibile, ripetei come un automa. Fino a pochi minuti
prima ero da lei, con l'unica preoccupazione di vederla tornare in forze, di
riportarla a casa e perdermi tra le sue braccia.
Chiusi gli occhi per un lungo istante. Li
riaprii. Patrick stava in piedi a pochi metri da me, dedito a raccogliere
consigli e del tutto ignaro della mia presenza alle sue spalle.
Immobile, fissavo la scena con crescente
impotenza. Se si fosse trattato di un grottesco equivoco? Se fossi stato io il
padre? Mi crogiolai per un attimo in quel pensiero al contempo dolce e
delirante. Sì, delirante. Perché le leggi dello spazio e della fisica si sarebbero
ribellate a quell’ennesima follia. Perché il silenzio di Myriam era sufficiente
a distruggere ogni mia speranza. Perché Patrick faceva parte del suo mondo. Io
no.
Il tempo si dilatò fino quasi ad
inghiottirmi, una macchia pronta ad oscurare il sole e con esso ogni luce.
Ancora
qui Benji?
Poche, semplici parole pronunciate dal
vecchio me stesso. Potei quasi vederlo, in piedi di fronte a me, fedele
armatura che credevo di aver riposto per sempre. Strinsi i pugni fino a farmi
sbiancare le nocche e abbassai lo sguardo, incapace di sostenere il suo.
Ti
aveva detto che non sei l’uomo giusto per lei, che vuole sposarsi e avere dei
figli. Questo Patrick potrebbe renderla felice, non è poi così male.
Continuò a scrutarmi, compassionevole, e per
un attimo mi sembrò di scorgere l'ombra di un sorriso sul suo volto.
Non è
meglio se torni a casa? Amici come prima, senza rimpianti. Una stretta di mano
e via.
Scossi il capo, la gola bloccata in un
gemito. Forse mosso a pietà si dissolse sotto ai miei occhi, non prima di
avermi dato una pacca amichevole sulla spalla.
Dai
retta a me, torna a casa.
Sentii la mente vacillare. Avevo perso tutto.
“Ciao Benji” mi salutò Patrick dopo essersi
schiarito la voce.
Lo fissai senza vederlo, come si potrebbe
fissare il fantasma di un castello scozzese di cui si è tanto sentito parlare
senza darvi conto realmente. Il medico sembrava essersi volatilizzato,
lasciandoci soli.
“Mi dispiace.”
Un filtro tra me e il resto del mondo. Cosa
aveva detto? Poco a poco le sue parole penetrarono i livelli superficiali della
mia coscienza, ultime gocce di una flebo sul punto di esaurirsi.
Gli dispiaceva?
Lo fronteggiai, un senso di vertigine in ogni
fibra del mio corpo. Fece un passo indietro, intuendo che qualcosa non andava,
qualcosa di serio.
“Ti dispiace?” sibilai, incapace di
ragionare, di dare voce agli ultimi brandelli di umanità che mi erano rimasti.
Myriam era mia, mia.
“Non volevo... non sono riuscito...”
balbettò.
Un lampo nei suoi occhi, forse riflesso dei
miei.
“Myriam è incinta.” Mai avrei pensato di
pronunciare tali parole con acredine. Mai avrei pensato che il mio amore, la
mia vita, potesse un giorno aspettare il figlio di un altro.
Patrick impallidì, passandosi una mano tra i
capelli. Provai un brivido involontario. Possibile che persino in un frangente
del genere mi ricordasse Tom?
“Diciamo che sono capitato nel posto
sbagliato, in un momento sbagliatissimo.”
L'immagine di Becker si polverizzò e sgranai
gli occhi, sentendo il sangue salirmi al cervello. Voleva forse intendere che si
trattasse di un incidente del quale lavarsi le mani?
Rosso. Un drappo rosso nell’arena.
Non ebbi tempo di pensare che lui finì a
terra, scaraventato dalla forza del mio pugno. Si portò istintivamente una mano
al volto, incredulo.
"Si può sapere cosa ti prende
Price?"
Mi voltai, incrociando gli sguardi sgomenti
di Florence e Carrie. "Lungi dal voler interrompere questo allegro scambio
di opinioni, vi esorterei a evitare la corsia di un ospedale. Sempre che non
vogliate finire la serata al commissariato."
La tensione negli occhi di Carrie tradì il
tono leggero delle sue parole. Non risposi, limitandomi a osservare Florence
mentre aiutava Patrick ad alzarsi. Non appena fu in piedi si passò la manica
sul labbro dal quale perdeva sangue.
Occhio
per occhio, dente per dente Shannon.
Si avvicinò di qualche passo, il volto
contratto, lo sguardo percorso da una furia inquieta. "Prima abbandoni
Myriam lasciando che si trasformi nell'ombra di sé stessa per poi ricomparire,
stravolgendola di nuovo. Perché non torni da dove sei venuto?"
Temendo il peggio Florence si interpose tra
noi, frenando sul nascere ogni mia reazione. "Ritieniti fortunato"
soffiai a denti stretti, “un tempo avrei fatto di peggio per molto, molto
meno.”
Inspirai a pieni polmoni prima di dar loro le
spalle e allontanarmi prima che fosse troppo tardi. Mi resi conto che stavo
correndo solo quando i muscoli delle gambe si fecero pesanti per la fatica.
Levai il volto al cielo e alcune gocce di pioggia mi accarezzarono le guance,
unendosi alle lacrime che i miei occhi non potevano più trattenere.
* * *
Myriam
La testa mi girava ma cominciavo a sentirmi
meglio. Il breve scontro calcistico aveva innescato un effetto domino sui miei
nervi già scossi, e il volto insanguinato di Benji era stata la degna conclusione
del nostro primo vero giorno nel mondo reale.
Lo rividi sul campo di calcetto, un leone
fiero chiuso in gabbia. Gabbia di cui ero l’unica ad avere le chiavi. Sentii
una lacrima rotolare leggera sul viso, seguita da un’altra e un’altra ancora.
Non potevo accettare che rinunciasse al suo mondo, tanto valeva sottrargli
l’anima e fare di lui ciò che era stato di me prima che le nostre strade si
incrociassero. Un guscio vuoto.
“Sei proprio una ruba cuori.” Una voce
familiare mi distolse dai malinconici pensieri che avevano accompagnato il mio
risveglio.
“Ciao Carrie.”
“Ciao My” fece lei di rimando prendendo posto
ai piedi del letto, seguita da Florence che si era limitata a sorridermi. “Ci
hai fatte preoccupare.”
Trovai la forza di ricambiare il sorriso. “Mi
dispiace.”
“Capita, anche se con i tuoi recenti
svenimenti faresti invidia a una damina dell'ottocento. Tanto per rimanere in
tema, poco fa abbiamo assistito a un duello in piena regola” aggiunse,
storcendo le labbra in una smorfia che non avrei saputo collocare nella scala
tra divertimento e preoccupazione. “Il nostro Shannon dovrà portare gli
occhiali da sole per qualche giorno. Per sua fortuna spade e pistole sono
passate di moda.”
Le rivolsi uno sguardo interrogativo,
mettendomi a sedere. “Cosa mi sono persa?”
“Benji lo ha steso con un pugno prima di
andarsene di gran carriera” spiegò Florence incrociando le braccia sul petto.
“Ora Pat è in sala d’attesa con una borsa di ghiaccio sulla faccia.”
Sentii un nodo alla bocca dello stomaco. Per
quanto irruento Benji non era tipo da venire alle mani senza un valido motivo.
"Un pugno? Perché?" domandai, la voce appena udibile.
Entrambe fecero spallucce, come se
un’impennata di testosterone fosse quanto di più scontato al termine di
un’amichevole partita di calcetto. Con la differenza che Benji e Patrick
potevano definirsi tutto tranne che amici.
Avvertii uno strano presentimento a cui non
seppi dare un nome. “Devo parlare con Pat.”
Carrie inarcò un sopracciglio. “Parlargli?
Non ne vale la pena, se la sarà sicuramente cercata. Persino Flo lo ha
ridimensionato dopo l'exploit di questa sera.”
“Non esageriamo” si intromise quest’ultima
sentendosi tirare in causa. “È bellissimo anche con un occhio nero.”
Carrie non riuscì a trattenere una risatina,
prima di proseguire. "Non solo la nostra Florence lo ha aiutato ad
alzarsi, tenendolo per mano un'intera manciata di secondi, ma si è frapposta
fra lui e Benji quando ha capito che il tuo portiere voleva rifargli i
connotati."
Florence arrossì violentemente. Avrei dovuto
rallegrarmi per l'avvenimento epocale, ma la leggerezza delle loro parole non
riuscì a contagiarmi. Spostai le gambe e il lenzuolo di lato, apprestandomi a
scendere dal letto. Dovevo scoprire cosa fosse accaduto.
“Dove pensi di andare signorina?” mi fermò
subito Carrie. “Sei svenuta ricordi? Devi stare a riposo, se il medico ti vede
in piedi ci farà una ramanzina. Non dovremmo nemmeno essere qui.”
“Ho avuto un mancamento Carrie, non un
infarto. Devo parlare con Pat.” Ci fissammo per un lungo istante e ciò che
lesse nel mio sguardo bastò a farle cambiare idea. Avvicinò un paio di
ciabatte, sostenendomi per un braccio mentre mi mettevo in piedi. Chiusi gli
occhi ispirando a fondo, fin quando non sentii di avere recuperato un minimo di
controllo. Uscimmo dalla stanza e attraversammo il corridoio senza dare
nell’occhio, complice l’ora tarda.
Semi sdraiato sullo scomodo schienale e in
parte appoggiato al muro alle sue spalle, Patrick era rimasto solo nella sala
di attesa. Feci cenno a Carrie e Florence di lasciarci, certa che la mia
indagine avrebbe avuto maggiori probabilità di successo se condotta a porte
chiuse.
Mi avvicinai lentamente, recuperando a ogni
passo l’equilibrio che sembrava avermi abbandonata. Presi posto accanto a lui
prima di lanciargli una timida occhiata. “Ciao Pat.”
Non rispose subito, limitandosi ad abbassare
la borsa del ghiaccio e assumendo una posizione più rigida. Sussultai alla
vista del livido bluastro che si estendeva dal labbro superiore allo zigomo.
Senza pensarci levai la mano verso di lui, sfiorando la pelle tumefatta con la
punta delle dita. “Ti ha ridotto proprio male.”
Rimase in silenzio, l’aria distante di chi ha
rinunciato a sfuggire ai propri pensieri.
“Cos’è successo?” domandai in un sussurro.
“Non lo so” disse infine, continuando a
fissare il muro di fronte a noi.
Con uno sforzo sovrumano cercai di
sdrammatizzare. "Prova a svuotare la mente Shannon, non dovrebbe essere
difficile per te."
Accolsi con gioia il debole sorriso che fece
capolino, accompagnato da un’occhiata di sguincio che riportò indietro il Pat
che conoscevo. “Fai poco la spiritosa.”
Rinfrancata, sorrisi a mia volta. Forse si
era trattato di una scazzottata come tante, non avevo motivo di preoccuparmi.
“Come mai sei in piedi?” Fu il tono a
stupirmi più che la domanda.
Sospirai. Era evidente che fossi preoccupata
di capire il motivo del loro litigio. “Carrie mi ha detto che vi siete presi a
pugni.”
Profondamente a disagio, si passò una mano
tra i capelli. “Non ci siamo presi a pugni, è stato lui a colpire me.”
Di nuovo quel presentimento sordo e
strisciante. Benji era allegro quando ci eravamo lasciati, quali parole
potevano giustificare un cambiamento tanto repentino? Pat abbassò lo sguardo e
il mio senso di impotenza crebbe a dismisura.
"In parte me lo sono meritato, avrei
dovuto chiarire subito l’equivoco.”
"Non capisco, cosa intendi?"
“Mentre venivo da te ho incrociato il tuo
medico e mi ha scambiato per Benji, mettendomi al corrente di cose che non
avrei dovuto sapere, o per lo meno non scoprire a quel modo.”
Sgranai gli occhi. “Cosa ti ha detto?”
Avvertii il rossore salirgli alle guance, e una timidezza che non gli
apparteneva bloccare le parole sul nascere. “Patrick cosa ti ha detto?”
ripetei, cercando di non alzare la voce.
“Che aspetti un bambino” rispose in un
sussurro, senza riuscire a guardarmi negli occhi. “Mi sono scusato con lui, ma
era fuori di sé.”
“Lui chi?” balbettai in preda al panico. “Il
medico?”
Come temevo negò con un cenno del capo.
“Quando gli ho detto che si era trattato solo di una sfortunata coincidenza mi
ha colpito.”
La gola si seccò e per un lungo istante
pensai che i polmoni si sarebbero rifiutati di ricevere aria, il cuore di
battere, il cervello di funzionare. Per sempre.
“Benji ha sentito tutto?”
“Credo di sì, anche se la sua reazione mi è
sembrata eccessiva.”
Continuò a parlare ma le parole furono
coperte dal sordo pulsare delle mie tempie. Benji sapeva del bambino e pensava
che Patrick fosse il padre.
Scattai in piedi. “Dammi le chiavi della
macchina.”
Mi squadrò da capo a piedi, ignorando la mia
mano tesa. “Hanno versato degli acidi nell’acqua dell’ospedale? Tu non vai da
nessuna parte.”
“Se non vuoi che chiami un taxi e giri da
sola di notte dammi le chiavi della tua macchina,” minacciai ai limiti
dell’isteria. Benji era fuori da qualche parte, sconvolto e convinto che lo
avessi tradito restando incinta, il tutto senza fargliene parola.
Patrick si alzò con un sospiro, lasciando la
borsa del ghiaccio sulla sedia. “Ho la vaga sensazione che non riuscirò a
dissuaderti, né tantomeno a farti notare che non si lascia un ospedale senza
essere stata dimessa.”
Scossi il capo lentamente e lui ebbe la forza
di sorridermi.
"Andiamo allora, ma a una condizione.
Quando sarà tutto finito dovrai spiegarmi cosa ti ha fatto quel Price."
Rimasi in silenzio, limitandomi ad annuire.
Il rumore cadenzato dei tergicristalli
accompagnava il susseguirsi dei miei pensieri, calandomi in uno stato di trance
dal quale avrei preferito non svegliarmi.
Benji poteva essere ovunque. Conosceva poco
la città, con quel tempo potevo solo augurarmi che avesse trovato un riparo
sicuro. Restava da capire quale.
Si
può essere più codardi di così?
La fronte appoggiata al finestrino, mi chiesi
se la mia missione nel mondo fosse provocare confusione e sofferenza a coloro
che amavo. Se solo fossi rimasta al mio posto nulla di male sarebbe accaduto e
Benji avrebbe continuato la sua vita di sempre, da campione qual era, senza le
altalene dimensionali alle quali lo avevo costretto.
Mi voltai verso Pat, il cui profilo si
stagliava contro i fari delle macchine nella corsia opposta. Non una parola era
stata scambiata da quando eravamo saliti in macchina e non potei fare a meno di
pensare al tragitto similare percorso con Tom, in una vita tanto lontana da non
sembrare mia.
Anche in quel frangente avevamo percorso
diversi chilometri senza profferire parola, fino a raggiungere villa Price.
Allora non avrei potuto immaginare una prova più difficile del rifiuto di Benji
ma, come spesso accadeva da quando ci eravamo conosciuti, sembravano non
esserci limiti al peggio.
Ripensai per un attimo al nostro primo
incontro, alla prima sbronza, al primo bacio. Quanta spensieratezza velata di
tensione, quante incomprensioni prima che i sentimenti che provavamo l'uno per
l'altra ci impedissero di continuare la farsa di cui eravamo protagonisti
inconsapevoli. Possibile che fosse trascorso meno di un anno?
Non avevo idea di dove cercarlo, di come
affrontare la confessione che avrebbe cambiato le nostre vite. Perché ero
certa, con ogni fibra del mio essere, che venendo a conoscenza del suo futuro
di padre avrebbe rinunciato a tutto pur di restarmi accanto.
"Non piangere, vedrai che lo
troveremo." La voce vellutata di Pat mi accarezzò con la stessa dolcezza
che se avesse asciugato le mie lacrime con la punta delle dita.
Mi voltai a guardarlo, riconoscente,
passandomi il dorso di una mano sulle guance. "Grazie Pat, davvero."
"Figurati" rispose in un sussurro,
senza distogliere gli occhi dalla strada.
Forse era davvero l'alter ego di Tom, il mio
angelo custode. Come era successo in precedenza con lui, sentivo di dovergli
una spiegazione. "Non è come pensi" mormorai.
Ero un impiastro, il vero Tom mi avrebbe
presa per le spalle e scossa fino a farmi tornare la ragione.
Pat mi fissò per un breve istante. "Come
sai cosa penso?"
"Sai che aspetto un bambino da
Benji" Un brivido serpeggiò lungo la schiena nel pronunciare quelle parole
ad alta voce. "Non mi ha abbandonata, sono stata io a lasciarlo."
Potei quasi percepire le sue mani stringere
il volante più del necessario. "Avrai avuto le tue buone ragioni."
Al ricordo il mio cuore mancò un battito.
"Purtroppo sì, ha sofferto molto a causa mia. Devo trovarlo e dirgli la
verità."
Ci fermammo a un semaforo e il ticchettio
sempre più insistente della pioggia sul parabrezza si unì ai nostri respiri. Mi
voltai verso Pat e ciò che vidi alle sue spalle cancellò ogni pensiero. Diretti
verso casa mia, stavamo costeggiando la parte nord di villa borghese. A un
centinaio di metri da noi, nascosta dal buio e dagli alberi, si trovava la
nostra fontana. Il luogo magico dove Benji era comparso nel mio mondo, quando
avevo creduto che si trattasse dell'ennesima, crudele allucinazione.
"Ti prego Pat, accosta" supplicai
mentre scattava il verde.
Mi lanciò uno sguardo confuso, prima di mettere
la freccia e fermarsi lungo il marciapiede. "Non penserai di uscire sotto
il diluvio in pigiama da ospedale?" Gli bastò un'occhiata nella mia
direzione. "Sì che lo pensi, svitata di una donna."
Sentii le lacrime imperlarmi nuovamente gli
occhi e, per tutta risposta, ottenni un immeritato sorriso. "Presumo tu
sappia cosa stai facendo, ti aspetto qui."
Annuii con un gesto del capo e, mentre aprivo
la portiera mi afferrò per un polso. "Prendi la mia giacca almeno."
Senza attendere una risposta si sfilò il giubbotto e me lo porse con tanto di
occhiolino. "Non
fare sciocchezze ok?"
Trattenni a stento un singhiozzo.
"Grazie Becker." Non ebbe il tempo di reagire che ero già fuori.
Sentivo l'acqua scorrermi lungo il corpo come
in sogno. Attraversai la strada di corsa, varcando il grande cancello in ferro
battuto. I lampioni illuminavano il viale deserto e mille gocce di pioggia
scorrevano nel loro alone di luce. Stranamente non sentivo freddo né paura a
trovarmi in un parco nel cuore della notte. Avanzai di qualche passo,
guardandomi intorno alla ricerca di una figura conosciuta.
Fui sul punto di superare le siepi sulla
destra e tagliare per il prato, ma mi resi conto di avere ancora ai piedi le
ciabattine che Carrie mi aveva fatto indossare in ospedale. Feci il giro lungo
rimanendo sulla parte asfaltata e, nonostante i miei sforzi, la visibilità era
pessima. Se qualcuno mi avesse incrociata, vestita a quel modo e senza nemmeno
un ombrello, avrebbe senz'altro chiamato la polizia. A dare manforte a quel
pensiero ci pensò la pioggia che si intensificò ancora, formando piccoli
ruscelli che mi bagnarono i piedi fin quasi alle caviglie. Tanto valeva
camminare sull'erba.
Una poltiglia fangosa accolse l'idea appena
messa in pratica ma era tardi per tornare indietro. Incespicai fra i ramoscelli
caduti, facendo attenzione a non scivolare sul manto di foglie morte. Se non
fosse stato per la debole luce che giungeva dalla strada avrei perso il senso
dell'orientamento.
Un
ultimo sforzo e ci siamo.
Mi fermai a pochi metri dalla fontana, preda
di un timore improvviso. Se non l'avessi trovato? Se fosse tornato a casa senza
dirmi nulla, senza che potessi dirgli nulla?
Levai il volto al cielo e lasciai che la
pioggia lavasse ogni mia paura. Inspirai a pieni polmoni, tremando con tutto il
corpo. È solo il freddo, cercai di
convincermi avanzando ancora. Non feci in tempo a superare le panchine di
travertino che una voce mozzata giunse alle mie spalle.
In risposta alle ultime super dolcissime
recensioni!!!
(cercherò di essere meno prolissa del solito perché
altrimenti la pubblicazione del capitolo va davvero per le lunghe^^;)
Berlinene
Ciao tesoro! Rileggendo la tua recensione mi sono accorta che l'ultimo
aggiornamento risale a settembre... Che vergogna! Prometto che il prossimo
arriverà prima, mi sento troppo in colpa^^
Grazie come sempre per le tue dolcissime parole. In questo capitolo si
alternano i pov di Benji e Myriam, era diverso tempo che non passavo dall'uno
all'altra in successione. L'idea era fornire il punto di vista di lei sia nel
tragitto in macchina, simile a quello fatto con Tom dopo che gli ha detto la
verità sulle sue origini, sia a villa borghese dove in precedenza eravamo stati
"portati" da Benji. Spero che ti piaccia!
Tanti bacini e spero di beccarti su msn un giorno o l'altro^^
Bex
Tesoroooooooooooooooooooooooo!!!!! Sorry sorry-ssimo, non ho nemmeno
risposto alla tua ultima mail, merito di essere messa in punizione^^
Spero di farmi perdonare un pochino con questo capitolo, per quanto la
fine sia decisamente dispettosa. Prometto che il prossimo aggiornamento sarà
più celere, anche perché il cap 32 contiene lo snodo principale della vicenda.
Inutile dire che, prima della fine, potrai incontrare il tuo Becker...
Non lo diciamo al tuo boy, tranquilla!^__- Grazie come sempre per i dolcissimi
complimenti che mi riempiono il cuore. Un bacione e a prestissimo!!!!
Dafny
Ciao Dafny! Peccato tu abbia deciso di non pubblicare la tua one shot,
chissà che non ti torni l'ispirazione^__^
Siamo quindi giunti al confronto finale tra Myriam e Benji... Perché
ormai i nodi devono venire al pettine, e vanno prese decisioni importanti.
Staremo a vedere.
Dando un'occhiata ad altre fic mi sono resa conto che Benji è sempre
"intoccabile": mi sento quasi in colpa per tutto quello che gli ho
fatto passare, ma sono convinta che ci volesse proprio un bello scossone per
renderlo più “umano”.
Baci baci e alla prossima!
AryYuna
Ciao Ary! Il nostro Benji ne sta passando davvero di cotte e di crude...
Prima il mondo parallelo, poi Myriam che lo lascia e ora questo... Come detto a
Dafny mi sento un po' cattiva, ma vedrete che ne sarà valsa la pena^^
Passando a Pat anche a me piace sempre di più, sarà per la similitudine
con Tom, o per il fatto che cerca di aiutare Myriam difendendola a modo suo.
Cmq non potevo permettergli di segnare, quello no! Mark avrebbe deriso il
nostro Benji per tutta l'eternità!
Sono contenta che la battuta "No guardi, sono Oliver Hutton"
ti sia piaciuta, è stato un suggerimento di Florence e l'ho colto al volo :-)
I riferimenti esterni al cartone sono spassossimi, fanno un po’ da
contrappeso all’assenza di tutti gli altri personaggi di CT nella vita reale.
Ora sono curiosa di sapere cosa pensi di questo ultimo aggiornamento... A
prestissimo!
Eilis
Ciao Eilis, mi fa molto piacere che i pensieri durante la partita e il
colpo di scena finale ti siano piaciuti! Sono desolata di avervi fatto
aspettare così tanto, mi rendo conto che l'effetto suspense decade se passa
troppo tempo, ma sono stata davvero incasinata.
Spero che la descrizione del panico di entrambi ti abbia emozionato. Ora
che Benji ha scoperto la verità vediamo cosa succederà nel confronto con
Myriam^^
Bacio grande e fammi sapere cosa pensi di questo aggiornamento!
Fulmy
Cara come stai? Mi è dispiaciuto un sacco sentire che sei stata poco
bene! Inutile dire che mi sono sentita onoratissima nel leggere che appena ti
sei potuta alzare hai letto gli ultimi aggiornamenti della mia fic! :-)
Spero che questo cap 31 sia all'altezza delle aspettative, ci ho messo
davvero tanto prima di convincermi a pubblicarlo. Come detto nell'intro le
prime versioni erano fredde e poco convincenti, o molto ripetitive rispetto a
scene passate. I miei due protagonisti mi fanno davvero tanta tenerezza, sarà
per questo che li immagino fradici come pulcini sotto la pioggia scrosciante?
Cmq è vero che Myriam nel mondo di Benji era molto più a suo agio, chi
di noi non lo sarebbe? ;-) Vorrei davvero tanto tenermi Benji e far venire
anche Tom ma temo non si possa... Staremo a vedere. Cmq la storia non è ancora
molto lunga, non posso tenere i poveri B&M appesi all'infinito!
Un bacio grande e riguardati, mi raccomando.
Benji79
Ciao Benji79! Sono felice che la partita ti sia piaciuta, non è facile
descrivere scene calcistiche (almeno per me, ci capisco poco purtroppo) e avevo
paura che non risultasse, se non avvincente, credibile. Per rispondere alla tua
domanda Benji si è sentito sconfitto perché Patrick, ai suoi occhi un
principiante, lo ha messo in seria difficoltà, arrivando quasi a segnare.
Diciamo che essendo Pat l'alter ego di Tom, la cosa si giustifica un po', ma
Benji non ne ha la certezza.
Anche a me dispiace molto contenere il talento di Benji, e rifletto
questo disagio nei pensieri di Myriam, quando si sente in colpa per avergli in
un certo senso "rovinato la vita". Cmq povero Pat, non si è spacciato
volontariamente per Benji. Più semplicemente non ha avuto modo di reagire in
tempo e dire al medico la verità. Staremo a vedere quello che succede... Alla
prossima!
Miss Rose
Benvenuta Miss Rose! Sono desolata per questo lungo ritardo, soprattutto
dopo la tua immersione nei 30 capitoli precedenti... Mea culpa! Spero che non
abbandonerai la storia sul finire, sono sempre felice di sentire nuovi pareri e
ricevere recensioni da nuove lettrici :-)
Grazie molte per i bellissimi complimenti che mi fai, non sai che
piacere leggerli! Sentirti dire poi che la trama potrebbe essere un film o
addirittura una saga... Sono arrossita fino alla punta dei capelli XD
Mi auguro che questo ultimo aggiornamento sia all'altezza dei precedenti
e di ritrovarti fra le prossime recensioni. Prometto che pubblicherò il
prossimo capitolo in molto meno tempo!
Florence
Ciccia come stai? Non ti vedo più online, che fine hai fatto? Cmq
quest'ultimo aggiornamento lo dedico a te, a tutto il tempo trascorso a darmi
consigli e a sistemare ciò che non andava.
Spero proprio che il risultato finale ti piaccia, sono curiosissima di
sentire cosa ne pensi.
Cmq tranquilla, la pazienza di Florence verrà ricompensata, nessun
infarto in vista! ^___-
Bacissimi e a prestissimo! ^__^
Scoutina
Benvenuta anche a te Scoutina! Anche a te vanno tutte le mie scuse per
avervi accolte involontariamente con il ritardo di pubblicazione più clamoroso
da quando ho ripreso questa storia in mano. Sono felicissima di sentire che hai
letto tutti e 30 i capitoli di seguito, mannaggia a me e al blocco dello
scrittore. Sembra banale descrivere uno stato di ansia, forse più di uno
gioioso. Invece questi passaggi finali tra Benji e Myriam sono stati
tostissimi... Sarà che ci avviciniamo alla conclusione della storia, o
semplicemente che sono cresciuti, non saprei.
Capisco che la storia fosse più divertente nel mondo di Benji, ma avevo
come obiettivo sfidare lo spazio tempo e vivere anche la nostra realtà. Grazie
ancora per la tua recensione, spero ce ne saranno altre in futuro^^
Carrie_Brennan
Mia piccola Carrie! Ti ho appena scritto in risposta alla tua ultima
recensione. Mi hai fatto morire dal ridere! Come ti dicevo sono scappata con
Benji, lasciando tutti con un palmo di naso... *risata diabolica* Scemenze a
parte, purtroppo si è trattato semplicemente di delirio da ufficio misto a
blocco dello scrittore, forse dovuto al poco tempo per me di questi ultimi due
mesi.
Spero che questo ultimo aggiornamento ti piaccia e valga un pochino
l'attesa... Un bacio grande grande e a presto!
Lady Snape
Ciao Lady! Trovi che la situazione sia abbastanza complicata? Come
prevedevi il nostro Benji ha perso le staffe e, libero dai vincoli
dell'amicizia, si è permesso con Pat lo sfogo rasentato con Tom... Data la
situazione e il caratterino del nostro portiere, direi che un bel cazzotto ci
stava tutto (povero Pat!^^)
Vedo che anche tu condividi il pensiero di molte: la nostra realtà è
davvero troppo stretta per Benji... Cosa succederà ora che scoprirà la verità?
Ricomparirà il vecchietto?
Sorpresa! Eccomi qui un po’ prima di quanto
poteste aspettarvi, con il climax più sospirato della mia storia di
“scrittrice” ^__^
Ho lavorato giorno e notte a questo
aggiornamento, resistendo alla tentazione di intramezzarlo con altri
avvenimenti. Ci tenevo che accompagnaste i nostri protagonisti nel loro
turbinio di paure e scoperte senza distrazioni.
Spero davvero che vi piaccia, è forse l’ultimo
capitolo in cui vi verrà voglia di picchiarmi per sapere come va a finire^^
Una piccola cortesia: prima di iniziare la
lettura potete ripercorrere il passaggio finale del capitolo precedente, da
quando Myriam e Patrick sono in macchina? La scena è unica e se avessi potuto
non l’avrei interrotta a metà.
Attendo con ansia le vostre recensioni!
32
Myriam
"Hai definitivamente perso il lume della
ragione?"
Mi voltai lentamente verso di lui. Sebbene la sua sagoma
fosse tutto ciò che riuscivo a distinguere potevo sentire il suo sguardo
pungente su di me, quasi mi stesse toccando. Avrei voluto dire qualcosa,
qualunque cosa, ma la pioggia e il vento presero il posto delle parole.
Si avvicinò afferrandomi per un braccio, strattonandomi
quasi, con rabbia. Sentivo la forza controllata dei suoi muscoli, avrebbe
potuto spezzarmi senza il minimo sforzo.
"Benji" mormorai cercando di mantenere
l'equilibrio. Lo avevo portato al punto di rottura. Oltre c'era solo la follia,
per entrambi.
"Ragazzina incosciente e sconsiderata, cosa ti passa
per la testa?" Più che una domanda suonò come un'accusa. "Perché mi sono
innamorato di te? Perché?"
Lo fissai senza fiato, barcollando all'indietro mentre mi
lasciava andare. Sembrava odiarmi più di quanto odiassi me stessa, sarebbe
bastata un'unica, piccola spinta per allontanarlo da me per sempre.
Abbassai lo sguardo, incurante dei brividi che mi
scuotevano da capo a piedi. "Hai ragione Benji. Ho rovinato tutto."
Lo sentii gemere, il suo dolore nelle vene, un cuore
spezzato riflesso del mio.
Si voltò di spalle frapponendo una maggiore distanza tra
noi, forse per paura di farmi del male. Riuscivo a stento a intravedere la sua
schiena ma ero certa che fosse scossa dai miei stessi fremiti. Incredibile
quanto due persone potessero amarsi e distruggersi allo stesso tempo.
Mi chiesi come fossimo giunti a quel punto. Immagini
sfocate dei nostri momenti insieme sfilarono di fronte ai miei occhi. Forse
stavo per morire, il mio dolore troppo grande per un fragile essere umano.
Un’unica, piccola spinta mi bisbigliò una vocina all'orecchio. Se ne
sarebbe andato portando la mia anima con sé, nel mondo che tanto amavo. Almeno
lei avrebbe rivisto Tom. Il mio Tom.
Rimase immobile. In bilico sul baratro dell’esistenza
abbassò i pugni, resa di un pugile stanco di combattere.
"Come hai potuto peste?"
Persino la pioggia sembrava condividere la nostra
desolazione. Cosa avrebbe lui fatto al mio posto? Esitai, scissa tra le catene
della verità e la bugia che poteva renderlo libero. Qualcosa si spezzò dentro
di me, prima che un familiare senso di vertigine si impossessasse della mia
mente.
Cercai di restare in piedi, focalizzando ogni pensiero
sulle pulsazioni che mi esplodevano in petto. Chiusi gli occhi e per un lungo
istante ogni cosa intorno a me scomparve. La pioggia, il vento, il dolore. Solo
il silenzio. Inspirai a fondo, alla ricerca di ciò che ero stata, quando il
controllo era tutto e ogni decisione il risultato di scelte ponderate. Ad un
tratto capii.
Quella Myriam non esisteva più. Il motivo per cui l'intero
universo sembrava porci di fronte a un bivio era semplice, cristallino. Non
eravamo più noi a decidere, saremmo diventati genitori e Benji meritava di
sapere la verità.
Un tono di voce saldo che non mi apparteneva sovrastò le
intemperie. "Il bambino che aspetto è tuo Benji, Patrick non c'entra
nulla."
Una semplice dichiarazione volta a cambiare il corso dei
nostri destini, privandolo di tutto ciò per cui aveva sempre lottato. Ero
davvero una ragazzina egoista, eppure al suo posto avrei preteso la stessa
sincerità.
Benji rimase in silenzio. Non ebbi il tempo di dare fiato ai polmoni che mi fu accanto, come pietrificato. Non osavo toccarlo eppure avrei voluto stringerlo a me, ripetergli quanto lo amassi fino a perdere la voce.
"Cosa hai detto?" domandò, quasi a sé stesso, facendomi dubitare di aver sentito bene.
Deglutii. "Sono incinta Benji, aspetto il nostro bambino." Il suono di quelle parole arrivò dolce alle mie orecchie, lasciandomi stordita.
Un susseguirsi di emozioni sul suo volto, così forti e intense da farmi dubitare di aver scelto bene. Avrei forse dovuto mentire, decidere per lui? I battiti del mio cuore rallentarono, come a scandire ogni istante di quel silenzio lungo una vita.
"Nostro figlio?" balbettò infine prendendomi per le spalle, forse più incredulo di quanto fossi stata nel veder comparire sotto ai miei occhi la seconda riga del test, sola nel bagno di casa. "Nostro figlio?" ripeté prima di schiacciarmi contro il petto scosso dai singhiozzi.
Affondai il viso nelle pieghe della sua felpa, cercando di
convincermi che sarebbe andato tutto bene, a scapito di ogni logica. Nulla
poteva colmare il vuoto che il calcio avrebbe lasciato nella sua vita, nemmeno
l'amore più sincero. Noncuranti del futuro le sue braccia mi strinsero con
forza e l'acquazzone sembrò diradarsi.
Mi allontanai un poco, alla ricerca dei suoi tratti nel buio. Zuppo come un pulcino, la fronte non medicata, lo sguardo
spiritato e carico di un dolore tanto profondo da togliere il respiro. Lo
fissai a lungo prima di abbassare gli occhi sul mio pigiama verde e le gambe
coperte dal fango. Un triste spettacolo davvero.
"Com'è possibile?" domandò in un sussurro di
incredulità.
Sentii il suo sguardo su di me e lo caricai di tutte le
accuse che sapevo di meritare. "Me lo sono chiesta un milione di volte,
cercando di capire cosa fosse meglio per te, per lui. Perdonami Benji, sembra che qualunque cosa faccia non riesca a evitare di ferirti."
Scosse il capo, avvicinandosi senza toccarmi. "Quando
il medico ha spiegato a Patrick il motivo della tua debolezza è stato come se
mi strappassero il cuore dal petto. Ho persino ceduto alla tentazione di
credere che anche lui, come Tom, fosse più adatto a renderti felice. È giusto che tu abbia accanto qualcuno del tuo mondo."
Gli lanciai un'occhiata incredula. Sosteneva di non
meritarmi quando ero in grado di portargli solo sofferenza. Diedi fondo a tutto
il mio coraggio e gli sfiorai la guancia con le dita, risalendo fino alla
ferita causatagli da Patrick.
"Mettitelo bene in testa Benjamin Price. Sei l'uomo
più arrogante che conosca e a volte vorrei prenderti a pugni come hai fatto tu
con il povero Pat, nella speranza di far entrare un po’ di sale in quella zucca
dura. Ma sei anche l'unico a conoscere il linguaggio del cuore, del mio cuore.
Hai preso rischi inimmaginabili senza esitare un istante, trascinandomi in un
mondo pieno di luce al quale non potrei rinunciare come non si può rinunciare
al calore del sole." La mia voce tremò. "Ti amo più di ogni altra
cosa ma non posso accettare che il prezzo della nostra felicità siano
tutti i tuoi sogni, la tua vita così come l’hai sempre conosciuta."
Mi osservò a lungo prima di scostarmi con le dita una
ciocca bagnata dalla fronte, le labbra piegate in un sorriso la cui dolcezza
era pari solo a quella dei suoi occhi. "È peggio di una tragedia greca, al
confronto Romeo e Giulietta erano due dilettanti."
Il groppo che avevo in gola si sciolse in una risata alla
quale Benji rispose subito, arcobaleno nel cielo cupo che ci sovrastava.
"È vero peste, prima di incontrarti avevo il pieno
controllo su tutto. Non è sempre facile accettare quanto le cose siano
cambiate, ci sono momenti in cui mi chiedo se l'amore che provo sia normale e
la risposta mi ha spaventato in più di un'occasione." Fece un passo in
avanti e mi circondò la vita attirandomi a sé, cullandomi quasi. "Prima ho
mentito, non c'è giorno che non ringrazi il destino di averti portato sulla mia
strada. Sono anche pronto a ricominciare da capo, con te."
Lo fissai in silenzio, i suoi occhi scuri carichi di una
devozione disarmante.
"Avremo davvero un bambino?"
Per tutta risposta annuii e Benji mi strinse più forte
ancora, appoggiando la guancia sulla mia testa. "Come al solito sono stato
uno stupido, ho tratto conclusioni affrettate e stavo per perderti di nuovo.
Ti amo peste, troveremo una soluzione."
Ero in procinto di sciorinare una serie di banalità
sconnesse sui miei sentimenti per lui quando starnutii violentemente.
"Credo di aver esagerato stasera, sono proprio una ragazzina
incosciente."
"Incosciente e sconsiderata" puntualizzò
sollevandomi da terra. "Ti prenderai una polmonite se continuiamo a
restare qui. Sembra che tu abbia guadato un fiume."
Sorrisi al pensiero che il nostro rapporto non sarebbe mai
cambiato. Eravamo fatti per scontrarci e amarci allo stesso tempo, nulla di ciò
che avevamo condiviso si sarebbe potuto definire noioso.
Ti amo Benjamin Price, pensai tra me mentre cercavo rifugio nella sua
spalla.
Tutta la tensione, tutte le paure accumulate nelle ultime
ore si dissolsero nel calore del suo abbraccio. Avrei voluto fargli tante
domande, assicurarmi che stesse bene e prendermi cura di lui, ma il mio corpo
la pensava altrimenti.
Il battito del suo cuore giungeva pacato attraverso il tessuto fino a me, come una ninna nanna. Sospirai, lottando contro le palpebre che sentivo sempre più pesanti, quasi fossi sotto anestesia. Il dondolio spedito dei suoi passi ebbe la meglio sui miei
sforzi e i contorni del suo viso si confusero tra le lacrime, fin quando la
stanchezza non ebbe il sopravvento.
* * *
Benji
La stringevo fra le braccia, chiedendomi se avrebbe mai
smesso di sconvolgermi con le sue rivelazioni. Tornai sul viale alberato e mi
fermai un attimo a osservare il suo volto rilassato, le gote rosse nonostante
la temperatura fosse calata ancora. Il suo innocente abbandono si mescolò a una
calma interiore del tutto nuova per me, compagna della certezza che si sarebbe
risolto tutto per il meglio.
Sono qui perché qualcosa ha cambiato il corso di eventi
prestabiliti.
Le parole del misterioso vecchietto mi avevano
ossessionato per giorni dopo il nostro incontro in macchina, senza che
riuscissi a decifrarle. Ora capivo il motivo per cui, al passaggio tra le due
realtà, non ero rimasto intrappolato nel fumetto.
Presto sarei diventato padre. Padre di un figlio nato a
cavallo tra due mondi, scherzo del fato che mi aveva permesso di sfidare le
leggi dello spazio tempo e tornare da lei.
Tirai un profondo respiro, cercando con lo sguardo
l'uscita del parco e chiedendomi come fosse riuscita a trovarmi quando io stesso
faticavo a ricordare la strada percorsa sin lì. Fili invisibili sembravano
legarci al di là di ogni logica, forse anche del destino.
L'amore vince su tutto.
Sorrisi tra me, principe azzurro improvvisato. Non
potevamo aver superato tutte quelle prove invano, avrei portato in salvo la mia
principessa e saremmo vissuti per sempre felici e contenti.
"Qual buon vento signor Price?"
Le ultime parole famose.
Serrai la mascella, riconoscendo subito la voce alle mie
spalle. Mentre mi voltavo fui colto da un unico pensiero. La prossima volta
vedi di stare zitto Benji.
"Capisco la sua predilezione per le apparizioni a
effetto ma non le sembra di essere alquanto inopportuno? Myriam ha la febbre
alta, ha bisogno di un bagno caldo e di coperte asciutte."
Fu come parlare al vento. Il vecchietto si avvicinò,
facendomi segno di sedermi su una panchina poco distante e sfoderando un grande
ombrello con la destrezza di un prestigiatore. Prima che potessi protestare lo
aprì e si avvicinò fornendoci un riparo improvvisato. Per quanto fosse un
fardello piacevole Myriam cominciava a pesare e mi arresi al suo invito,
tenendola stretta nella speranza di trasmetterle un po' di calore. Dovevamo
tornare in ospedale al più presto.
"La credevo capace di interrompere la pioggia, un ombrello
è fin troppo umano."
"Preferirei non dare nell'occhio giovanotto, ma posso
esaudire parte della sua richiesta."
Abbassai lo sguardo e vidi con stupore la mia piccola
peste avvolta in una morbida trapunta, i capelli asciutti e lucenti come seta.
Prima di perderla non sapevo cosa fosse la paura ed ero inerme di fronte a
quell’uomo che aveva ogni potere su di noi. Cedetti all’impulso di stringerla a
me, sperando che continuasse a dormire.
"A cosa dobbiamo questa visita? Se fosse comparso
qualche minuto fa avrebbe avuto il piacere di conversare con entrambi."
Dovevo provocarlo, mostrarmi forte e impedirgli di portarmela via. Mi sarei
fatto uccidere piuttosto.
"Signor Price, non sia melodrammatico per
favore."
Strinsi i pugni. Avevo dimenticato le sue capacità
telepatiche. "Lei non mi dia motivo di esserlo. Gradirei inoltre che
uscisse dalla mia testa."
"Mi perdoni, è la forza dell'abitudine."
Appoggiò un braccio sullo schienale della panchina, volgendo lo sguardo alla
mia piccola peste. "Che mi dice di questa recente esperienza? La vita da
queste parti le sembra soddisfacente?"
Preso alla sprovvista, inarcai un sopracciglio.
"Non si può fare conversazione al giorno
d'oggi?"
Faticavo a restare seduto ma, per non svegliare Myriam, mi
limitai a spostare il peso in avanti. "Le sembra il momento di fare due
chiacchiere? La mia fidanzata sta male, è scappata dall'ospedale nelle sue
condizioni pur di venirmi a cercare e, anziché riportarla indietro e
assicurarle le cure necessarie, sono su una panchina a rispondere alle sue
stupide domande."
Il mio interlocutore non diede segni di impazienza.
"Devo darle ragione, la situazione non è del tutto normale."
"No che non lo è. È molto, molto peggio."
"Non si sente forse a suo agio in questo mondo?"
Una sirena di allarme echeggiò nella mia mente. "Non
sta a lei preoccuparsi delle mie capacità di adattamento, sto benissimo."
"Ne è sicuro? Il suo lavoro, i suoi amici e
familiari, il prestigio del suo nome. Nulla di tutto ciò le manca?"
Nonostante fosse trascorsa appena una settimana non potevo
negare l'evidenza, ma vi erano cose per cui valeva il sacrificio, checché ne
pensasse Myriam. Posai gli occhi sul suo volto sereno e inconsapevole.
"Mentirei se dicessi che non mi mancano, ma la mia vita è con lei. Con lei
e con nostro figlio."
Nostro figlio. Ci sarebbe voluto del tempo per abituarmi
all'idea, ma sentii crescere nel petto la consapevolezza che avrei fatto
qualunque cosa in mio potere, qualunque, pur di proteggere entrambi e renderli
felici. Myriam aveva affrontato da sola momenti di sconforto che potevo a
stento immaginare, e io l’avevo ripagata facendo a botte con quello che
presumibilmente era l’unico uomo degno di offrirle una spalla in mia assenza.
Devo convincerlo, devo.
Abbandonato ogni orgoglio permisi alle lacrime che mi
pungevano gli occhi di fare il loro corso. "Sono la mia famiglia ora.
Prenda ciò che vuole ma non me li porti via, la prego. Mi permetta di restare
con lei."
Rimase in silenzio per un attimo, un’espressione
indecifrabile sul volto. "Se le chiedessi di decidere ora, su due piedi,
se tornare nella sua realtà portando entrambi con sé cosa risponderebbe?"
Preso in contropiede sgranai gli occhi, chiedendomi se si
trattasse di una domanda a trabocchetto.
"Nessun tranello, risponda sinceramente."
Abbassai lo sguardo sul mio prezioso fagotto, consapevole
che qualunque mondo sarebbe stato perfetto con lei accanto. "La ringrazio
per la gentile offerta ma, per quanto tentato di accettare, non è una decisione
che posso prendere da solo."
Si stirò i baffi, una strana luce negli occhi. Per un
attimo mi ricordò babbo natale, così come lo aveva sempre dipinto mia madre
nelle fiabe della vigilia. Mi stupii che non si mettesse a nevicare e potei
quasi sentire il tintinnio delle renne intorno a noi.
"Sono felice di constatare che avete imparato la lezione."
Gli rivolsi uno sguardo attonito. "Quale
lezione?"
"Avete messo a repentaglio le vostre certezze, e con
esse il presunto equilibrio al quale vi ostinavate ad aggrapparvi come se fosse
l'unica via percorribile." Avvicinò una mano alla fronte di Myriam e per
un attimo un alone di luce le illuminò il volto. "Senza la giusta dose di
rischio l'amore non può sbocciare, lo avete capito entrambi aprendo il cuore
l'uno all'altra. Mi è dispiaciuto separarvi ma ero certo si trattasse di una
prova necessaria. Non si gioca con le dimensioni parallele a cuor
leggero."
Spalancai la bocca, sempre più incredulo. “Cosa vuol
dire?”
“Che vi siete conquistati la possibilità di scegliere il
vostro futuro.”
Mi ci volle più di un secondo per assimilare la portata
delle parole che accolsi con il sollievo di chi intravede la tanto agognata
oasi dopo mesi nella polvere del deserto. Forse divertito dal mio evidente
stato confusionale, un largo sorriso gli si dipinse in volto.
"Ci siamo chiesti a lungo se lasciare che il destino
seguisse il suo corso, ma la vostra testardaggine ci ha spinti a qualche
licenza poetica." Volse un dito al cielo facendomi l'occhiolino.
"Dubito che qualcuno se ne avrà a male."
Si alzò lentamente, chiudendo l'ombrello per rivelare ai
miei occhi un limpido manto stellato. Quasi non mi accorsi che anche i miei
abiti erano asciutti e puliti, persino le macchie di sangue erano scomparse.
"Quando Myriam si sveglierà potrete decidere in quale
mondo crescere vostra figlia."
Lo fissai per un attimo sgomento, ma non sembrò fare caso
al lapsus rivelatore. Sempre che si trattasse di un lapsus.
"La scelta presenta molte rinunce per entrambi, è
giusto che sia condivisa. Mi duole pensare che non sarò presente per vederla
sorridere ma so che avrà in volto il perfetto riflesso dei suoi occhi,
Benjamin. Le porti i miei saluti e le mie scuse, non avrei mai voluto causarle
dispiacere. Si tratta degli inconvenienti del mestiere."
Non mi aveva mai chiamato per nome ed ebbi la netta sensazione
che non ci saremmo più rivisti. Con estrema delicatezza spostai Myriam da un
lato, adagiandola sulle doghe in legno anch’esse asciutte. Per quanto
frastornato volevo stringergli la mano e dimostrargli in minima parte la mia
gratitudine, ma quando mi voltai era scomparso.
Sorrisi.
Non sapevo che gli angeli avessero i baffi.
Tornai con lo sguardo alla panchina, prima di piegarmi
sulle ginocchia. Myriam dormiva, l’emblema stesso della serenità, e mi sentii
sopraffatto da un dolce senso di protezione misto a possesso. Le accarezzai una
guancia e sentii che la febbre era passata. Sospirai, sollevato, prima di
prenderla nuovamente tra le braccia e dirigermi verso il cancello poco
distante.
La temperatura sembrava più mite, come se l’umidità del
parco fosse evaporata magicamente. Levai il volto al cielo con una risatina.
Trasformare un freddo temporale in una tiepida notte
estiva... non dà nell’occhio questo?
Per tutta risposta una stella cadente attraversò il
firmamento, dandomi il tempo di esprimere il desiderio che più mi stava a
cuore.
Avanzai di qualche passo, prima di notare una figura
maschile dirigersi verso di noi. Nonostante la stanchezza si stesse
impossessando dei miei sensi riconobbi il passo spedito di Patrick. Non mi
stupii che avesse accompagnato Myriam nelle sue scorribande, degno alter ego
dimensionale del mio amico Becker.
Gli rivolsi un sorriso stanco, faticando a mettere a fuoco
i tratti del suo volto mentre si avvicinava. Forse avrebbe soprasseduto sul
nostro ultimo scontro, e l’indomani avrei avuto modo di chiedergli scusa per il
terribile equivoco in cui ero caduto senza dargli modo di spiegarsi.
Quando mi fu di fronte i nostri sguardi si incrociarono
per un lungo istante e, per quanto fisicamente impossibile, potei sentire le
mie pupille dilatarsi per lo stupore.
“Tom?”
Note:
Per scrivere questo capitolo mi sono ispirata,
nell’ordine, a:
- “Sheltering sky” di Ruichi
Sakamoto, colonna sonora del film di Bertolucci “Un tè nel deserto”
(http://www.youtube.com/watch?v=9brZtaBgwQ0)
- “Primavera”, splendida
composizione di Luigi Einaudi che mi fa venire la pelle d’oca ogni volta che la
sento (http://www.youtube.com/watch?v=IYCL8ONwH5M)
- “I don’t wanna miss a thing”
degli Aerosmith, colonna sonora di Armageddon (http://www.youtube.com/watch?v=Vo_0UXRY_rY).
Non faccio fatica a immaginare le
vostre face appese in questo momento... mi perdonate?^^
Un grazie speciale a tutte voi che
mi seguite nei miei altalenanti momenti di ispirazione!
Benji79
Ebbene sì, il nostro tonto portiere ha creduto che Myriam
aspettasse il figlio di Patrick... ma ovviamente gli voglio troppo bene per
farlo soffrire più di qualche ora, così come non ho voluto tenere voi troppo
sulle spine, se non per il tempo fisico di scrivere il nuovo capitolo e
pubblicarlo.
Che ne pensi? Spero di essere riuscita a stupirvi ancora!
^___^
Sany
Mi è dispiaciuto così tanto pubblicare il capitolo e
scoprire poco dopo che non si visualizzava... non ho davvero idea di cosa sia
successo, e spero che questo capitolo non incontri gli stessi problemi.
Tornando alla tua recensione, lo so che Benji è a dir poco
irritante a volte, e mi sono tolta la soddisfazione di far dire a Myriam ciò
che tutte noi pensiamo^^
In compenso è adorabile e spero che i vari risvolti del
capitolo ti siano piaciuti!
Carrie_brennan
Non ti devi preoccupare cara, ti pare che facevo tornare
benji a holly-benjinopoli? Piuttosto ho portato anche qualcun a farci visita...
Come mi diverto, questi ultimi capitoli sono spassosissimi, per quanto molto
difficili da scrivere^^
Stavolta non vi ho lasciate tanto in sospeso, ma lo scotto
da pagare è una fine sempre più vicina... Mi prende il magone solo a pensarci!
Baci baci e a presto!!
Scoutina
Ciao Scoutina! Stavolta ho aggiornato velocemente, spero
di essermi fatta perdonare con il lieto fine zuccheroso -doveroso^^
Che ne pensi dei sali e scendi dei nostri personaggi?
Dalle stelle alle stalle e di nuovo alle stelle in appena due capitoli! Ciao
ciao e sono curiosa di sapere cosa ne pensi.
Dafny
Perdonooooooooo..... So che sono stata bastardissima a
lasciarvi con un palmo di naso all'ultimo capitolo, ma avevo in testa
quest'ultimo aggiornamento e contavo di farmi perdonare a breve^^
Il nostro povero Pat le ha prese di santa ragione, Benji
dovrà fare ammenda e la nostra Myriam smetterà finalmente di friggersi il
cervello con tutte le sue paranoie... Hehe!
Che ne dici? Fammi sapere^^
Bex
Tesorinaaaaaa!!!! La tua recensione mi ha come al solito
riempita di gioia e NON VEDO L'ORA di leggere i tuoi commenti a quest'ultimo
capitolo, non solo per il lieto fine ma per il finale inaspettato (in parte
anche per me, lo giuro^^;)
Sono felice che i miei colpi di scena vi piacciano tanto,
rimugino su ogni capitolo talmente tanto prima di pubblicarlo che finisce
sempre per essere scontato ai miei occhi. Sentirvi dire che non è così mi fa
stra-piacere.
Cmq Benji ha scampato il pericolo di essere ucciso, e ora
vediamo che succede con tutte queste novità sul piatto. Non voglio ancora
pensare all'epilogo, se a te mette tristezza pensa a me! Sob...
Un bacione e a prestissimo!!!
Miss_Rose
Sono felice di sentirti dire che la storia sta mantenendo
un giusto livello di suspence e tensione, ho ragionato talmente tanto su come
farla finire che ogni situazione mi sembra quasi scontata.
Sono curiosissima di sapere cosa ne pensi di questo
aggiornamento, che ho pubblicato in tempi celerissimi considerando il periodo
lavorativo delirante.
Ciao ciao e, se ti va, fammi sapere quali sono i tuoi
pensieri sul finale della storia^^
Fulmy
Sono commossa!!!! Che dire... Anche solo sentirti dire che
potresti chiamare la tua seconda bimba Myriam mi ha fatto venire i lacrimoni di
commozione... Grazie cara, sei a dir poco dolcissima.
Inutile dire che la bimba di B&M è una bimba (e non un
bimbo) in onore alla tua :)
Sono contenta che l'ultimo cap relativi colpi di scena ti
siano piaciuti, così come spero di continuare a stupirti!
Fortunatamente il blocco dello scrittore sembra superato,
e mi sto concentrando sul dare a tutti i miei amati personaggi il finale che
meritano, e non oso pensare a come mi sentirò quando la storia sarà finita...
Sigh!
Un bacio grande e fammi sapere cosa ne pensi :)
Florence
Bellissima! Alla fine ci ho messo un po' di più a
pubblicare, ma ce l'ho cmq fatta prima del weekend :)
Grazie come sempre per la recensione super analitica e
puntuale, sei sempre fonte di grande ispirazione! Alla fine i nodi sono venuti
al pettine, i nostri beniamini si sono chiariti, il vecchietto ha fatto ordine,
magari a seguito di una bella ramanzina ai piani alti come dicevi tu :) E poi è
venuto a trovarci qualcun altro... Cosa succederà ora?
Un bacione e a presto!!
Lady Snape
Ciao cara, hai recensito appena in tempo perché
pubblicassi il cap successivo!
Ebbene sì, c'è stato il cazzotto, l'ennesimo equivoco, il
nostro Benji da prendere a schiaffi, il povero Pat innocente e Myriam che cerca
di mettere la toppa :)
Ora però è tornato il vecchietto, stavolta nelle sue vere
vesti e siamo tutti più felici... Sempre che non mi diciate che il finale è
scontato e stucchevole perché ci resto troppo male ;)
C'è da dire effettivamente che il nostro amato portiere
non può assolutamente vivere un'esistenza normale e andava fatto qualcosa!
Perdonate l'ennesimo ritardo,
siamo quasi giunti alla fine e mi sono ripromessa di pubblicare l'epilogo nel
più breve intervallo possibile per non tenervi troppo sulle spine. Il lavoro
sta assorbendo molto del mio tempo, oltre alla nuova casa nella quale mi dovrei
trasferire quest'estate^^
Pensate che durante le
vacanze di Natale (sembra passata una vita) sono stata
al museo internazionale dei manga di Kyoto e, con un’emozione difficilmente
descrivibile, ho tenuto in mano e sfogliato il primo numero originale di
Captain Tsubasa. Proprio la stessa copia che il vecchietto "presta" a
Myriam nel capitolo che da il via alle avventure dei
nostri beniamini... Mio marito mi ha quasi presa per pazza, lasciandomi sola
alle mie elucubrazioni^^;
Ora il Giappone è in preda
alla più grande catastrofe naturale della sua storia e non posso fare altro che
sentirmi piccola piccola di
fronte a tanto dolore. Spero che questo mio penultimo capitolo vi doni il
sorriso, insieme agli scatti clandestini (fatti con poca luce purtroppo) della
copertina del prezioso cimelio e della sfida tra Holly e Benji in versione
originale.
Buona lettura e fatemi sapere
cosa ne pensate.
Mi si stringe il cuore al pensiero che a breve sarà tutto
finito e le vostre recensioni avranno un sapore ancora più speciale!
33
Tom
Chiave nella serratura, interruttore, luce. Lascio
scivolare il borsone a terra e mi chiudo la porta alle spalle. Ormai la routine
quotidiana è un susseguirsi di gesti estranei ai miei pensieri. Persino sul
campo da gioco sono un automa e, forse per la prima volta, mi trovo a dare
ragione a Price.
Sono più forte di quanto riesca a ricordare. Un super
eroe nei suoi primi giorni di trasformazione, i muscoli carichi di energia sul
punto di esplodere. Comprendo Lenders e la potenza del suo tiro, il controllo
di un corpo più felino che umano.
Sorrido. Un sorriso amaro che non raggiunge gli occhi.
Il led del telefono di casa segnala i messaggi ricevuti
in mia assenza. Mi dirigo in cucina ignorandolo, apro il frigo e stappo una
lattina di birra.Metallo umido sui
polpastrelli. Provo piacere nel sentire il liquido fresco scendermi giù per la
gola.
Benji sarebbe dovuto arrivare ieri sera. Ho provato a
chiamarlo diverse volte ma la linea risulta ostinatamente libera, il che può
voler dire due cose. Si è definitivamente chiuso in sé stesso oppure è riuscito
a raggiungerla.
Questo pensiero mi ronza in testa da giorni, piccolo
tarlo di sottofondo. In macchina, con gli amici, durante gli allenamenti. Sento
che qualcosa è cambiato.
Chiudo gli occhi. È così facile evocare il profumo dei
suoi capelli, la sensazione della sua figura esile contro di me. Accarezzo il
ricordo dei pomeriggi in spiaggia, momenti che hanno scandito l'evoluzione del
nostro rapporto.
Mi mancano le nostre risate.
Dove sei My?
Scuoto la testa, cercando di cancellare pensieri
pericolosi ai quali cedo il passo con crescente facilità. Il tempo sembra
prendersi gioco di me anziché lenire le mie ferite. Stringo i pugni,
dirigendomi in camera da letto. Sebbene non ne abbia alcun bisogno mi infilo
sotto la doccia abbandonando i vestiti sul pavimento.
Ruoto il miscelatore verso destra, i palmi aperti sulle
piastrelle, lo sguardo fisso sui rivoli che mi scendono lungo le gambe. Il gelo
che mi attanaglia si impossessa della mia pelle in uno strano equilibrio che
offusca ogni pensiero.
Trascorrono diversi minuti accompagnati solo dal mio
respiro e dal rumore dell'acqua. Chiudo il rubinetto e prendo un asciugamano a
caso, incurante del marmo che sembra quasi caldo sotto ai piedi.
Cado di peso sul letto, chiedendomi se non sarebbe più
saggio distrarsi in compagnia di qualche bella ragazza. Persino Gisèle si è
fatta viva, suscitando in me una certa ilarità. Lo spot girato per Armani
sembra aver ipnotizzato l'intero genere femminile.
Scuoto i capelli per liberarli almeno in parte
dall'umidità e infilo un paio di jeans sopra i boxer, seguiti dalla felpa di
ordinanza indossata a pelle. Qualche istante dopo mi trovo fuori di casa in
pieno ottobre Parigino, alla ricerca di una sana febbre e un po' di calore.
Il quartiere è stranamente silenzioso, la luce dei
lampioni si riflette sull'asfalto bagnato. Deve aver smesso da poco di piovere.
"Signor Becker?"
Mi volto nell'udire il mio nome, trovandomi di fronte una
ragazza sui vent'anni. Le sorrido, chiedendomi come possa avermi trovato a
quest'ora di notte. Muovo un passo verso di lei e, nonostante il buio, noto un
certo rossore salirle alle guance. Con sforzo evidente, distoglie l'attenzione
da un granello di polvere ai propri piedi e torna a guardarmi.
"Sono una sua grande fan, ho sempre sognato di
poterla incontrare."
Le sorrido, accentuando il suo imbarazzo. "Per favore, chiamarmi Tom e dammi del tu. Non sono
affari miei, ma cosa ci fai in giro da sola in piena notte?"
Ha uno sguardo al contempo dolce e vivace, accompagnato
da un lieve accento straniero, forse italiano. Rimane in silenzio per un lungo
istante prima di prendere il coraggio a due mani.
"Sono a Parigi in vacanza e non volevo perdere
l'occasione di conoscerti” disse tutto d’un fiato. “Mi vergogno un po' ad
ammetterlo ma ho domandato al concierge
dell'albergo dove alloggio se sapesse dove abiti. Mi ha dato il tuo indirizzo
insieme a questo biglietto, chiedendomi di consegnartelo. Deve conoscerti
piuttosto bene, sembrava certo che ci saremmo incontrati."
Incuriosito, abbasso lo sguardo sulla piccola busta che
tiene in mano. Nel prenderla le sfioro le dita e uno strano brivido mi
serpeggia lungo il braccio. "Come ti chiami?" domando estraendo un
cartoncino privo di intestazione.
"Benedetta, ma tutti mi chiamano Bex."
Non rispondo. Le mani iniziano a tremare mentre gli occhi
assimilano gli ideogrammi scritti con calligrafia veloce e sicura. "Hai
detto che è stato il concierge del tuo albergo a darti questo biglietto?"
Bex annuisce, quasi
spaventata dall'espressione dipinta sul mio volto.
"Dove alloggi?"
"All'hotel du
Pantheon" mormora con un fil di voce.
"Grazie Bex, il messaggio
che mi hai portato è molto importante."
Rimane impalata a fissarmi mentre mi avvicino per darle
un veloce bacio sulla guancia. "Spero di aver occasione di rivederti. Ti sono debitore."
Mi allontano di corsa senza darle modo di rispondermi,
devo attraversare la città e ho poco tempo a disposizione.
Rinuncio subito al taxi, troppo lento per i miei gusti, e
corro verso la fermata della metro più vicina. Sebbene indossi per metà la
divisa della squadra nessuno sembra riconoscermi, complice l'ultima corsa della
serata. Una ventina di minuti dopo raggiungo la mia fermata e, saliti i gradini
dell'uscita due a due, non mi resta che percorrere un centinaio di metri per
raggiungere la meta.
Vedendomi passare alcuni giovani in fila davanti a un
bistrot mi chiamano a gran voce, per mia fortuna il vento gelido li dissuade
dal venirmi dietro. Arrivo finalmente sulla piazza e mi soffermo per un istante
sul monumento dall'ampio colonnato che custodisce le spoglie di Victor Hugo.
Ricordo ancora la prima e unica volta che vi sono entrato, quasi per caso,
appena dopo il trasferimento a Parigi.
Cerco con gli occhi l'insegna dell'hotel, notandola
subito sulla destra. Varcato l'ingresso sono quasi stupito di trovare la
reception deserta, sebbene le dimensioni dell'albero non giustifichino un
servizio di portineria notturna. Suono il campanello ma nessuno risponde.
Mi guardo intorno nella penombra alla ricerca di un
qualunque segno di vita. Avrò sbagliato hotel? Avanzo di qualche passo finché noto
una luce provenire dal seminterrato. Scendo le scale, chinando la testa per non
sbattere contro il soffitto basso, e raggiungo quella che si presenta come
un'angusta saletta comune, forse riservata alla colazione.
A volte ci si stupisce di quanto l'immaginazione
superi la realtà. Libri che danno vita a film deludenti, stelle dello
spettacolo che di persona si rivelano in tutta la loro banalità. Mi trovo al
cospetto dell'autore della missiva, chiedendomi se non sia entrato nella mia
mente prima di decidere quali sembianze adottare.
"È un piacere fare la sua conoscenza signor
Becker. Mi duole averla fatta correre fin qui, vuole bere
qualcosa?"
Rimane seduto al suo posto e non posso fare a meno di
inarcare un sopracciglio, ogni presentazione superflua. "Non ho sete,
grazie." Si tratta di una menzogna, persino un bambino se ne accorgerebbe.
"Come preferisce."
Sembra divertito. Appoggio la schiena al muro,
incrociando le braccia sul petto. "Nel biglietto diceva
che avevo tempo fino a mezzanotte per raggiungerla. Perché
mi ha fatto venire fin qui?"
"Provi a indovinare."
Il tono condiscendente è come benzina sul fuoco del mio
nervosismo. Come devo comportarmi? Capisco d'un tratto la confusione descritta
dai miei amici, l'impotenza provata al cospetto di quell'ometto dallo sguardo
pungente e dai lunghi baffi.
Cedo alla tentazione di provocarlo. "Considerando
ciò che ha fatto a Myriam e Benji deve annoiarsi sul serio per tirare in ballo
anche me. Che ne dice di trovarsi un passatempo più adatto a un signore
della sua età? Un bel torneo di bocce?”
Scoppia in una fragorosa risata, senza darmi il tempo di
rimpiangere le mie parole.
"Ho sempre apprezzato il suo spirito di adattamento
signor Becker. Nonostante in questa storia la si possa
definire parte lesa, fino a qualche giorno fa il sorriso non l'aveva mai
abbandonata."
Devo ricorrere a tutto il mio auto controllo per non
tirarlo su per il bavero e appiccicarlo al muro. "Mi prende in giro?"
Per tutta risposta si sistema gli occhiali sul naso. "Checché se ne dica questa situazione non mi diverte affatto.
L'ho chiamata per rimediare almeno in parte a quanto da me, seppur
involontariamente, provocato."
Mi avvicino, stringendo i pugni. "Cosa vuol
dire?"
Sorride, lanciandomi uno sguardo che oserei definire
complice. "Farò l'ennesimo strappo alle regole per permetterle di dare un
senso a ciò che è accaduto e, se necessario, di prendere congedo da colei che
ha scombussolato le vite di noi tutti. Torni pure a casa,
pensiamo a tutto noi."
Rimango senza fiato, pelle di serpente abbandonata dopo
la muta. Vorrei chiedere spiegazioni ma so che sarebbe inutile, così come è
inutile che rimanga imbambolato a fissarlo.
Mi congedo con un breve cenno del capo, silenzio forzato
dall'emozione. Ogni passo verso l'uscita è carico di dubbi, lancio lo sguardo
verso l'orologio della hall che segna l'una esatta. Le porte scorrevoli si
aprono per lasciarmi il passo e infilo le mani in tasca, lo sguardo perso nel
vuoto. Sono fuggito per paura che cambiasse idea?
Il mio sguardo errante si sofferma su una lattina
abbandonata. La centro con un calcio, scagliandola violentemente contro il
muro.
Cosa intendeva perstrappo alle regole? penso tra me seguendone la traiettoria fino al ciglio della
strada.
Levo lo sguardo al cielo e rimango di stucco.
Il Pantheon è svanito, così come il viale che ho percorso
uscendo dalla fermata della metro. La strada è stretta e anch'essa bagnata,
alcune pozzanghere lasciano pensare a un violento acquazzone. Il profilo di un
bosco si staglia a una decina di metri da me. Non ho la più pallida idea di
dove mi trovo, né tanto meno della direzione in cui andare.
Se fosse solo un sogno? Forse
sto più semplicemente delirando nel mio letto. Non ho mai incontrato il
vecchietto, né la biondina sotto casa. Sono capitato in una fiaba e il lupo mi
sta aspettando tra gli alberi.
In poche falcate raggiungo un semaforo e attraverso la
strada, attratto da un imponente palazzo bianco che ho l'impressione di aver
già visto da qualche parte. Il sorriso sulle labbra, trotterello lungo il viale
di ingresso del parco, quando vedo avvicinarsi una figura maschile con un
grosso fagotto in braccio. In preda a uno strano presentimento, sento le
sopracciglia aggrottarsi. Deve trattarsi di un sogno particolarmente realistico
perché potrei giurare che si tratti di Benji.
Rallento il passo fino a fermarmi del tutto. Non faccio
in tempo a chiedermi cosa o chi stia tenendo in braccio che me lo trovo di
fronte, più stupito di quanto non lo sia io.
"Tom?"
* * *
Myriam
Era come se il senso di vuoto provato negli ultimi due
mesi non fosse mai esistito. Fluttuavo in un limbo di calore soffuso, immune a
ogni dolore. Il mio corpo era pura luce e, sebbene non potessi vederlo, sentivo
che Benji era con me.
La sua mano mi accarezzò i capelli. Tocco lieve, quasi
impalpabile, sul quale concentrai tutta me stessa.
Dove sei Benji?
Non rispose e le carezze cessarono, sostituite da un
calore diverso seppur familiare.
Cosa succede?
Aprii gli occhi, improvvisamente conscia del sonno in cui
ero caduta non appena mi aveva accolta tra le sue braccia. Dove mi trovavo? Un
volto mi sovrastava ma avevo difficoltà a coglierne i lineamenti. Contorni
incerti si frapponevano fra il mio stato di coscienza e il mondo circostante.
"Ho sperato tanto di rivederti. Non
pensavo ci sarei riuscito davvero."
Il cuore mi balzò in petto prima ancora che potessi
riconoscere quella voce. Strizzai gli occhi e li riaprii, mettendo a fuoco colui
che mi abbracciava contro ogni ragionevole logica.
"Tom?" balbettai, incredula e riconoscente
anche solo di poterlo incontrare in sogno.
Rimase in silenzio e, di fronte ai suoi dolci occhi scuri
che mi fissavano, capii quanto mi fosse realmente mancato.
"Com'è possibile?" domandai mentre, senza
parole, mi stringeva con forza tale da placarealmeno in parte la frustrazione
generata dalla mia debolezza.
"Non lo so ma va bene così."
La sua voce. Unica, allegra, inimitabile. La voce del mio Tom. Non stavo sognando.
Mi sciolsi dal suo abbraccio quel poco che bastava per osservarlo
in volto. I capelli bagnati e in disordine, la fossetta che adoravo, il sorriso
che mi aveva strappato un pezzo di cuore per sempre.
"Com'è possibile?" ripetei,
i pensieri più sconnessi che mai. Poi un lampo. "Sono forse tornata a
casa?"
Casa. Perché ormai ne ero certa, la mia casa era con
loro. "Benji dov'è?" domandai d'un tratto guardandomi intorno.
Tom scoppiò in una risata allegra. "Siamo
alle solite. Attraverso lo spazio dimensionale per vederti e tu pensi a
Benji."
Provai una stretta al petto, affondando il volto nella
sua spalla. "Hai ragione Tom, perdonami."
Il suo petto vibrò e capii che stava ridendo. Mi passò
due dita sotto al mento, obbligandomi a incrociare il suo sguardo. "Mi sei
mancata My, non puoi immaginare quanto."
Sfiorò la mia guancia con il dorso della mano e mi
sforzai di ricacciare indietro le lacrime che non chiedevano di meglio che fare
capolino copiose.
"Non sono venuto fin qui per farti piangere, che fine
ha fatto il tuo spirito pungente?"
Ero solo una femminuccia, dannazione. Alzai il mento,
cercando di ricompormi. "Scommetti che se mi ci metto riesco a farti
commuovere?"
Tom scoppiò a ridere e lo seguii a ruota, sciogliendomi
dal suo abbraccio e sedendomi accanto a lui. Quella che era nata come una presa
in giro si trasformò in un lungo scambio di sguardi e fui grata per l'assenza
di Benji in un momento che era solo nostro.
"Mi sei mancato Tom" mormorai con voce appena
udibile.
Avvicinò il viso al mio e i nostri nasi si sfiorarono.
Trattenni il fiato.
"Avevo appena cominciato a divertirmi,
le mie fan saranno disperate per questa riconciliazione."
Spalancai la bocca, prima di dargli un buffetto di finta
indignazione sulla spalla.
"Credimi Becker, questo mondo pullula di avvenenti
fanciulle. In men che non si dica avrai frotte di
nuove fan pronte a tutto pur di conquistare la tua attenzione."
Mi voltai in direzione di Benji che sembrava spuntato
fuori dal nulla, riconoscendo d'un tratto l'ingresso e la sala principale di un
pub dove avevo festeggiato il mio compleanno alcuni anni prima.
"Siamo ancora a Roma" mormorai tra me,
ignorando la sua battuta.
"Certo My, dove volevi che fossimo?"
Registrai la terza voce un istante prima che il mio
sguardo si posasse su Patrick, intento a prendere posto al nostro tavolo.
"Pat?"
Tranquilla My, puoi farcela.
Ora arriva il mago Merlino e sistema tutto.
Mi squadrò con una punta di irritazione. "Hai
presente Patrick Shannon, il collega della stanza accanto che si è improvvisato
autista notturno aiutandoti a evadere dall'ospedale? Forse è il caso che ti
riportiamo indietro, reparto amnesie selettive."
Deglutii chiedendomi se l'universo, così come lo
conoscevamo, fosse sul punto di implodere. Il calendario Maya si sbagliava, per
la fine del mondo non era necessario attendere il 2012.
Inconsapevole di trovarsi sull'orlo di un probabile
paradosso cosmico Tom protese la mano nella sua direzione. "Ciao Patrick, in
attesa che Myriam recuperi l'uso delle sue facoltà mentali mi presento. Sono
Tom Becker."
Per poco Pat non si ribaltò, ritraendo la mano che aveva
alzato istintivamente per presentarsi a sua volta. "Se è uno scherzo vi
assicuro che non è divertente."
Benji, che nel frattempo si era seduto al mio fianco,
scoppiò a ridere ricevendo di rimando un paio di occhiate confuse. La
somiglianza tra i due ragazzi era tale che chiunque fosse entrato in quel
momento li avrebbe presi per fratelli.
"Uno scherzo? Perché mai dovremmo scherzare?" Lo stupore genuino
di Tom sembrò non sfuggire a Patrick, che per un attimo dubitò di aver capito
bene.
"Prima Benjamin Price, poi Tom Becker. Manca solo
Oliver Hutton e siamo al completo."
Serrai le labbra tra i denti per non ridere, mentre Benji
mi assestava una gomitata nel fianco. Dal canto suo Tom aveva l'aria sempre più
confusa, forse chiedendosi in quale occasione quel ragazzo avesse conosciuto
Holly.
"Se vuoi possiamo chiamarlo, a San Paolo dovrebbe
essere pomeriggio."
Impossibile resistere oltre. Io e Benji scoppiammo in una
fragorosa risata che venne accolta con la frustrazione tipica di chi non riesce
a cogliere uno scherzo molto divertente.
"È una lunga storia" spiegò lanciando uno
sguardo eloquente all'amico. "Puoi anche non crederci" proseguì
rivolto a Patrick, "ma anche Tom gioca a calcio e abbiamo un amico che si
chiama Oliver, primo attaccante del San Paolo."
Per quanto recasse una verità bizzarra e difficile da
accettare, il tono serio di quella risposta sembrò sedare la curiosità di
Patrick. "I vostri genitori si sono messi d'accordo? Con dei nomi così non
potevate che darvi al calcio."
Per un attimo mi chiesi se non fosse il caso di dirgli la
verità. Era senz'altro più facile accettare uno strano caso di omonimia che non
l'esistenza di dimensioni parallele, ma dopo tutto
quello che aveva fatto per me era giusto svelare almeno in parte l'origine di
tanta confusione.
"È davvero una lunga storia Pat, più lunga di quanto
tu possa immaginare. Benji e Tom sono calciatori professionisti, vivono molto
lontano da qui. Il loro talento è paragonabile a quello dei protagonisti del
cartone animato con cui siamo cresciuti."
Patrick mi fissò con occhi di un verde tanto scuro da
sembrare nero e, con mia grande sorpresa, non rise né mi fissò con aria
stralunata. Forse il duello calcistico di quella sera aveva fatto scattare
qualcosa in lui e, proprio come me quel giorno a Narita,
sembrava volere mettere alla prova quello strano susseguirsi di eventi.
"Esiste davvero un calciatore di nome Oliver Hutton?"
Prima che potessi rispondere abbassò lo sguardo sulla felpa
di Tom e riconobbi a mia volta lo stemma del ParisSaint-Germain. "È la nuova divisa
vero? L'ho notata in partita un paio di giorni fa."
Forse memore dei miei racconti Tom si limitò ad annuire,
lasciando a me la parola.
"Benji gioca per ilBayern Monaco, primo portiere e capitano della nazionale
giapponese."
Pat assimilò le mie rivelazioni in silenzio.
"Immagino ti sarai divertito durante la nostra partita, un gigante in
mezzo ai ragazzini."
Benji lo fermò con un gesto della mano. "Hai un
talento e una forza di volontà fuori dal comune Pat, c'è mancato poco perché
segnassi. Con la giusta preparazione atletica metteresti in difficoltà i
portieri di mezzo mondo."
Tom sgranò gli occhi, forse più stupito di quanto non lo
fossi io nel vedere che Pat, appassionato di calcio sin da bambino, non
accennava a dichiarare i nomi dei veri
giocatori delle squadre da me elencate.
"Ho sentito bene capitano? Ha
quasi segnato mentre tu eri in
porta?"
Che si trattasse o meno di una
partita ufficiale, quando si parlava di calcio i ragazzi erano soliti
rivolgersi a Benji con il suo appellativo professionale.
"Sì Tom e ti dirò di più. Il suo
stile è molto simile al tuo."
Si fosse messo a nevicare nel bel mezzo del locale, Tom
non se ne sarebbe accorto. Mentre cercava di ricomporsi, mi voltai verso Pat
che si gustava la scena con evidente soddisfazione.
"Sarebbe lui l'amico al quale ritenevi assomigliassi
tanto?"
Trattenni una risatina. "Proprio così."
L'attaccante della New Team si barricò dietro a un'aria
di finto distacco. "Non vedo alcuna somiglianza se non per il fatto che,
impegnandomi seriamente, anche io potrei mettere Benji in difficoltà."
Sentendosi chiamare in causa il portiere gli assestò una
sonora pacca sulla spalla. "Tranquillo Becker. Ho detto che Pat ha uno
stile simile al tuo, non che giocate allo stesso livello. Sei cresciuto con un
pallone ai piedi, il paragone non sussiste."
Le parole di Benji sembrarono rassicurarlo e provai una
certa impressione nel vederli entrambi così seri. Erano mesi che non assistevo
ai loro allenamenti, presa com'ero dai miei problemi avevo quasi dimenticato
che il calcio non era certo un gioco per loro.
"Ho detto a Carrie e Florence che stai bene,
volevano raggiungerci ma ho pensato avessi voglia di riposare un poco" cambiò
discorso Pat.
Se non fossi stata seduta tra Benji e Tom gli sarei
saltata al collo per ringraziarlo. Provavo un estremo bisogno di rimanere sola
con loro e valutare il da farsi senza ulteriori complicazioni.
"Vi do uno strappo in ospedale?" proseguì
infilandosi la giacca.
Tom mi lanciò uno sguardo preoccupato ma non chiese
spiegazioni. Forse lui e Benji si erano parlati mentre dormivo.
"Grazie Pat, domani andrò a spiegare l'accaduto. Ora
preferisco tornare a casa."
"Prendiamo un taxi, non preoccuparti" rincarò
la dose Benji, "oggi hai fatto fin troppo."
Con l'eleganza anglosassone che lo contraddistingueva,
Pat intuì che la sua presenza non era più gradita e si alzò con un sorriso. "È stato un piacere ragazzi, spero di aver presto l'occasione
di incontrare anche Holly e perché no, Mark Lenders? A questo punto
presumo esista anche lui." Mentre si avvicinava per salutarmi, i ragazzi
ebbero il buon gusto di non rispondere alla sua domanda.
"Vedi di non fare altri danni My, stasera abbiamo
fatto il pieno" aggiunse prima di accomiatarsi con un gesto della mano.
Benji e Tom lo seguirono con lo sguardo e non potei fare
a meno di cogliere una certa ammirazione nello sguardo di entrambi.
"Andiamo a casa peste?" domandò Benji
porgendomi la mano. "Ho una cosa molto importante da dirti, ma prima devo
far vedere una cosa al nostro Becker."
Sul volto mio e di Tom si dipinse una sincera curiosità e
Benji scoppiò nell'ennesima risata.
"Le puntate della nostra serie animata,
naturalmente."
"Dovete presentarmi il tipo che ha ideato queste
acrobazie, voglio farmi spiegare un paio di cose" ripeté Tom asciugandosi
le lacrime per l'ennesima volta. "Posso scaricare il filmato del doppio
calcio con Holly? Vorrei provare a mandarglielo via mms."
Mi limitai a guardarlo di sguincio. "Nonostante si
dicano meraviglie del nuovo iPhone, dubito che possa
mandare messaggi interdimensionali."
"Si può sempre tentare. Steve Jobs sarebbe felice di
sapere che i suoi apparecchi riescono a comunicare tra mondi differenti."
"Piantala di blaterare Becker e dimmi cosa pensi del
tiro della tigre" intervenne Benji liquidando l'argomento con un gesto
della mano.
Il solo nome sembrò evocare una miriade di immagini
esilaranti e Tom dovette sforzarsi di restare serio. "Dico
che dobbiamo tenere il più assoluto riserbo in proposito. Se solo
Lenders scoprisse che, in qualche luogo remoto dell’universo, i suoi tiri sono
tanto potenti da strappare una rete e bucare un muro avremmo chiuso. Ce lo
ritroveremmo tra i piedi in un batter d'occhio e non sarebbe facile
liberarsene."
Un attimo di silenzio accompagnò l'immagine di Mark alle
prese con sperimentazioni disperate sui campi da calcio nostrani. Difficile
immaginare qualcosa di più comico.
"C'è una cosa che non mi torna" proseguì Tom,
serio.
"Solo una?" domandò Benji inarcando un
sopracciglio.
"Perché hanno dato una voce da donna al mio
personaggio?"
Io e Benji ci fissammo per un attimo cercando di
mantenere il controllo, ma fallimmo miseramente e a Tom non restò che unirsi a
noi.
"Vivi in uno strano mondo My, non c'è che
dire."
Per quanto innocente, la considerazione di Tom ebbe il
potere di riportarmi alla realtà. Il mio sguardo dovette rabbuiarsi perché il
tono della conversazione si fece subito più serio.
"Non ci hai ancora spiegato come sei arrivato fin qui."
Tom sembrò soppesare per un attimo le parole di Benji.
"Il vostro amico comune ha mandato una deliziosa biondina a cercarmi,
prima di lasciare a intendere con tono misterioso che avrei avuto modo di dare
un senso a questa storia." I suoi occhi si posarono su me e non potei fare
a meno di abbassare i miei. "Non capisco però cosa
intendesse quando ha aggiunto che, se necessario, avrei potuto prendere congedo
da te. Ci siamo appena ritrovati."
La sua voce tremò in maniera appena percettibile e provai
una stretta al cuore per il modo in cui lo avevo salutato prima di lasciare il
loro mondo.
In risposta alla tensione che aleggiava nell'aria, Benji
incrociò le dita della mano destra con le mie.
"Ricordi la cosa importante che volevo dirti?"
Un lungo silenzio seguì le sue parole e non potei fare a
meno di trattenere il fiato. Un incipit del genere non
lasciava presagire nulla di buono.
"Non resterai più sola peste" disse con piglio
enigmatico, "questa volta la decisione spetta a te.”
Mi ci volle un attimo per registrare le sue parole e lì
per lì pensai di aver capito male. "Cosa vuoi dire?"
Un dolce sorriso si disegnò sul suo volto e mi resi conto
che la stretta della mia mano si era fatta più forte del necessario.
"Te lo avrei detto prima, ma l'arrivo di Becker mi
ha distolto come al solito dai miei doveri."
Mi voltai istintivamente verso Tom, riflesso perfetto
dello stupore che sentivo crescere sul mio volto. "Spiegati meglio
Price."
"Mentre dormivi il nostro vecchietto è comparso dal
nulla, facendo strane domande sulla mia vita con te, sui nostri desideri. A un
certo punto mi ha spiazzato, proponendomi di portarti con me e tornare insieme
nel mio mondo."
Sentii il sangue defluire dal corpo e trattenni il
respiro, ormai pronta per i mondiali di apnea. "Hai
rifiutato?"
Benji annuì senza darmi il tempo di reagire. "Non
volevo decidere per te."
"Ma è chiaro che Myriam vuole tornare a casa!"
Ci voltammo entrambi in direzione di Tom, il cui
trasporto lasciò subito il posto a un velo di tristezza. "Sapeva che sarei
tornato indietro da solo, per questo mi ha detto che avremmo avuto modo di
salutarci" mormorò, forse pensando ad alta voce.
Benji scosse il capo, un'espressione serena in volto. "Dipende da Myriam. Se lo vorrà resterò qui con lei,
altrimenti potremo tornare a casa tutti e tre."
Lo fissai incredula, preda di un tremore improvviso.
"Ti stai prendendo gioco di me?"
"Non lo farei mai."
I suoi occhi scuri. La mia anima,
la mia perdizione.
"Dipende davvero da me?"
Annuì per la seconda volta con una calma che non gli era
propria. "Ricorda ciò che mi hai detto quando ci siamo ritrovati peste,
non prendere una decisione a cuor leggero. In un modo o nell'altro dovrai
rinunciare a una parte di te, della tua vita."
Mi lanciai tra le sue braccia senza pensare. "Torniamo
a casa Benji."
"Anche se odio ammetterlo, Benji ha ragione. Così
facendo non potrai più vedere la tua famiglia, i tuoi amici."
La voce pacata di Tom attraversò i livelli di coscienza
che mi separavano dal mondo reale, qualunque esso fosse.Osservai prima l'uno, poi
l'altro, senza parole.
"Ora è tutto chiaro. Benji si è rimesso al tuo giudizio, cosa molto strana per lui, e sembra
che tocchi a me aiutarti a prendere la giusta decisione. Sarei lieto che
qualcuno mi spiegasse cosa ho fatto di male nelle mie vite precedenti."
La vena di ironia nella voce di Tom mi scaldò il cuore, d'un tratto freddo come ghiaccio.
"Vogliamo fare testa o croce?" domandò, il tono
più leggero di quanto non lasciassero trasparire i suoi occhi.
Mi sforzai di sorridere, sentendomi scindere in due parti
distinte. La me stessa che avrebbe varcato senza esitazione il portale dimensionale
e colei che, per la prima volta, aveva il lusso di scegliere.
Mi stavo chiedendo una cosa... in questo capitolo posso rispondere alle
recensioni ricevute nell’ultimo (ovvero il 32). Come farò a rispondere a quelle
ricevute per il prossimo, ovvero l’epilogo e conclusione di questa lunghissima
storia?
Si accettano consigli!
PS: come al solito perdonate i refusi, sono ansiosa di pubblicare^^
bex
Tesorinaaaaaaaaaa!!!! Chiedo umilmente
perdono per questo ritardo
imperdonabile (questa frase non si può sentire^^). Ti risparmierò tutte le noie
legate ai miei deliri lavorativi e impegni personali e vado subito al sodo.
Ero convinta di finire la storia con questo
capitolo, ma non mi è stato possibile. Dovevo sistemare un po’ di cosine, e
quindi è venuto fuori un epilogo (34°) inaspettato. Cercherò di pubblicare il
più presto possibile, e comunque di non far passare più di 2 settimane
(altrimenti mi sparo prima che lo facciate voi^^).
Sei contenta di essere comparsa finalmente? Avrei tanto
voluto vedere la tua faccia mentre Tom ti bacia sulla guancia... hehe!!!
Mi ha inoltre fatto stra-piacere che il mio
ultimo cap strappalacrime ti sia piaciuto. Anch’io a
tratti mi chiedo cosa proverò quando mettereò il
punto finale a questa storia che mi ha accompagnata per così tanti anni.
Sicuramente scriverò altro, ti farò sapere^^
Tornando ai nostri beniamini, mi dispiace
averti delusa: non sono tornati nel mondo di Benji e Tom, tutta la scena si è
svolta sempre a Roma (non sai che ridere ogni volta che passo davanti
all’ingresso del parco e immagino i miei personaggi^^)
Grazie come sempre per le tue dolcissime parole
di conforto, non vedo l’ora di sentire cosa pensi di questo
capitolo un po’ di transizione, in cui tutti i nodi cominciano a venire
al pettine. So che probabilmente ci resterete male che la storia non si
concluda subito, ma non volevo tirarla via così, tanto per.
Per quanto riguarda la tua richiesta del
finale, potrò soddisfarti almeno in parte... stanne certa!
Bacissimi!!!
Carrie_brennan
Carrie come stai? Grazie mille per gli auguri,
sono desolata di rispondere con tanto ritardo. Pensa che quando ho letto la tua ultima recensione ero in hotel a Kyoto :-)
Sono felice che il dialogo tra Benji e il
vecchietto ti abbia emozionato, avevo un po’ paura che risultasse troppo
“stucchevole”. Per quanto riguarda il nostro Tom, questo capitolo vi permette
di capire come è giunti sino a loro. E’ un personaggio che adoro, spero
concordi con me che non potevo lasciarlo in disparte sul gran finale!
Un bacione e a prestissimo!!!
benji79
Ciao Benji79! Sono felice che la scena
principale dell’ultimo capitolo ti sia piaciuto. Ormai ci avviamo seriamente
alla fine e i nostri personaggi sono cresciuti, non li sento più come i
“ragazzi” dell’inizio della mia storia.
Spero che la mia decisione di non concludere la
storia con quest’ultimo capitolo non vi dispiaccia, non ho
mai amato i finali troppo veloci, dopo una lunga storia è giusto che i
personaggi trovino tutti un loro equilibrio e si dia un senso anche al loro
finale.
Ancora un pizzico di pazienza e arriveremo
all’agognato epilogo^^
Ciao e alla prossima!
Florence
LOL... la tua recensione mi ha fatto troppo
ridere.
The winneris il vecchietto malefico... chi lo avrebbe mai detto?
Anche in questo capitolo svolge un ruolo quanto mai di rilievo, permettendo
anche al nostro Tom di trovare alcune risposte. Onestamente non mi sembrava
giusto lasciarlo appeso e in secondo piano, dopo tutto
quello che ha passato ho preferito posticipare l’epilogo di un capitolo ma
permettergli di ritrovare Myriam e Benji nel mondo di lei.
Sono felice che l’evoluzione dei personaggi ti
sia piaciuta. Come dicevo a Benji79, in questi 6 lunghi anni (ne è passato di
tempo da quando ho pubblicato il 1° capitolo!) i miei beniamini sono cresciuti
e così la loro percezione del mondo che li circonda. Myriam è diventata più
consapevole, Benji più maturo e Tom... Tom ha il mio amore incondizionato!^^
Rileggendo la tua recensione mi sono soffermata
sul tuo commento relativo al fatto che Myriam dorme durante il confronto tra
Benji e il vecchietto. La mia scelta non è stata casuale, Benji doveva
confrontarsi da solo con i suoi dubbi e capire fino a fondo cosa era disposto a
perdere per lei. Se Myriam fosse stata sveglia, avrebbe risposto subito alla
proposta del vecchietto di rimandarli indietro, mentre entrambi devono
riflettere più seriamente a come costruire il loro futuro di coppia.
O almeno è così che la vedo io, per quanto si
tratti di una semplice fic, ci ho messo talmente
tanto il cuore da non voler buttar giù il finale in maniera “superficiale”.
Riguardo al nostro Tom... spero che tu abbia
trovato in questo capitolo la risposta alle tue domande. Nelle sue varie
scelte, Myriam ha sempre trovato in lui un confidente affettuoso ed equilibrato
(oltre che innamorato), mi sembrava giusto dargli lo spazio che meritava anche
alla fine.
Cmq ci siamo quasi, tra poco scriverò la parola
“fine” a questa storia. Mi commuovo al solo pensiero... un bacione e grazie!
Dafny
Ebbene sì, il nostro Tom è tornato!!! Non hai idea quanto mi sia mancato, non vedevo l’ora che
tornasse. Mentre scrivevo la fine del capitolo 32 mi ha tirato la giacchetta
guardandomi male, e non ho potuto fare altro che rimetterlo in pista^^
Il nostro povero Patrick purtroppo non regge il
confronto, e mi sono troppo divertita a scrivere la scena di tutti e 4 al pub.
Impossibile inoltre resistere alla tentazione di fargli commentare il tiro
della tigre... quanto mi mancherà questa storia.
Non preoccuparti per la lunghezza dei tuoi
commenti, anche poche parole riescono a trasmettermi l’affetto che traspare per
i miei personaggi.
Baci baci e alla
prossima (e ultima... sob!)
Scoutina
Mi fate arrossire con tutti questi
complimenti... e mi viene anche l’ansia da prestazione perché ho sempre paura
che il capitolo successivo non sia all’altezza. In questo momento poi sono
particolarmente fragile, in quanto ci avviciniamo pericolosamente alla fine. Vi
prego, ho bisogno del vostro supporto morale!^^
Apprezzo molto il fatto che tu non dia per
scontato il loro ritorno a casa. Per quanto sia la scelta più naturale, non mi
sembrava giusto darla per scontata. Tutte le scelte comportano delle rinunce, e
proprio per questo ho allungato un pochino questo finale che altrimenti sarebbe
risultato frettoloso.
Farò del mio meglio per pubblicare l’epilogo
entro un paio di settimane.
Baci baci!
Miss_Rose
Ciao Rose! Arrossisco nel sentirti dire che
tutto è perfetto... quest’ultimo capitolo è meno denso di avvenimenti, spero
che ti sia piaciuto comunque!
Come già detto, sentivo il bisogno di mettere
un po’ di ordine prima della scelta finale e definitiva, e il nostro vecchietto
mi ha chiesto di fare un’altra apparizione. Non ho saputo dirgli di no^^...
Fammi sapere cosa ne pensi... Ciaoooo!
berlinene
Ciao tesoro! Questa volta ci ho messo una vita
a pubblicare... sorry! Dopo aver pubblicato 2
capitoli di seguito mi sono bloccata per una serie infinita di motivi. Ma
tant’è, sono davvero felice di sentirti dire che ciò che scrivo ti piace sempre
di più (sto prendendo lo slancio per il gran finale, hehe^^)
Questa volta niente miele, qualche battuta e un
po’ di ordine fra i vari stati d’animo. Staremo a vedere cosa succederà nel
nostro epilogo… Bacissimi!!!
sany
Grazie Sany, spero
che questo capitolo ti sia piaciuto... è un po’ di transizione, e prepara al
gran finale che ho già cominciato a scrivere.
Anche a me dispiace molto che la storia stia per
finire, ma non vedo l’ora di poterla stampare su carta e rileggerla tutta con
calma.
Ciao ciao e a presto!!!
Lady
Snape
Ciao Lady! Tanta azione, molti fatti e una lunghissimaaaaaaaaaaa pausa. Sono tornata, arrivata quasi
alla fine, e pronta per nuove avventure^^
Scherzi a parte, il solo pensiero che il
prossimo capitolo sarà l’ultimo mi fa venire i lacrimoni...
Ma tutte le storie hanno una fine, e questa mia si è protratta molto più a
lungo del previsto.
Spero che il ritorno del nostro Tom sia stato
all’altezza delle tue aspettative, e sono curiosa di sapere cosa pensi
dell’incontro con la nostra Bex: in fondo anche lui
meritava di incontrare una gentil donzella, non credi?
E così siamo
giunti al termine di questa storia che mi ha accompagnata per più di sei,
lunghissimi anni. La maggior parte di voi l’ha
conosciuta solo di recente, se penso che ho pubblicato il primo capitolo nel
2004 devo trattenere qualche lacrimuccia di commozione.
Tutto è iniziato
con un brutto incidente e la ricerca di un senso alla vita così come la
conoscevo. La mia vita da allora è cambiata
e in meglio, forse questa storia mi ha portato fortuna.
Dato che la stiamo buttando sul
melenso (come potrebbe essere altrimenti?^^) vorrei chiedere a tutti voi un
grande favore: ho scritto e descritto i miei personaggi con il cuore,
sentendoli miei e vedendoli crescere nel filo degli anni. Ciò che
avete letto è parte di me e sono felice di averlo condiviso con voi. A fine
lettura vi chiederei di lasciare una recensione, seppur brevissima, per
permettermi di conoscere anche coloro che mi hanno letto fedelmente in
silenzio.
Se i miei personaggi vi hanno
tenuto compagnia, fatto sorridere o emozionare anche solo un po’,
dedicatemi un minuto del vostro tempo di modo che possa, se non darvi un volto,
sapere che mi avete accompagnata con affetto e pazienza.
Do un bacio grande a tutti voi
e, con un pizzico di tristezza, vi lascio alla lettura dell’epilogo e
ultimo capitolo, un po’ più breve
del solito (il mio cuore non ha retto oltre...).
I saluti a fine pagina!
Epilogo
Tom
Il cravattino mi andava stretto, così come il ruolo impostomi da quella coppia di matti. Doppio
testimone di nozze, a dir poco assurdo. Come se fare da testimone normale non
fosse abbastanza.
L'unico aspetto positivo della faccenda era lo spettacolo di un
Benji fuori di sé, tanto nervoso da apparire quasi comico. Persino Lenders si era
limitato a un paio di battute non raccolte e, arresosi all'evidenza, aveva
liquidato come inutile ogni tentativo ulteriore.
"Se guardi un'altra volta l'orologio ti stacco il
braccio" bisbigliai tra i denti, ben consapevole di combattere una partita
persa in partenza.
"Hai ragione Becker" mugugnò il diretto interessato lanciando
un'occhiata al mio polso sinistro.
Scossi il capo divertito. Nemmeno la finale dei mondiali lo
avrebbe ridotto in quello stato, ne ero certo come sapevo che Myriam aveva
fatto la scelta giusta.
I giorni trascorsi nel suo mondo mi erano rimasti impressi come un
lungo sogno molto realistico, vissuto tra il divertimento e la paura che tutto
potesse finire sul più bello. Benji era cresciuto, a tratti quasi irriconoscibile.
Vederlo muoversi in casa di lei come un ragazzo qualunque, in perfetto
equilibrio con sé stesso anche in assenza del calcio, mi aveva fatto capire che ora
era Myriam al centro del suo mondo, insieme alla bimba che presto avrebbero
avuto.
In piedi al centro della cucina, in pigiama con lo spazzolino da
denti in bocca, mi era apparsa radiosa al mio primo risveglio in quella strana
realtà. Camminare per strada senza essere
riconosciuto aveva un sapore speciale, e visitare Roma al suo fianco aveva
agilmente scalato la classifica dei più bei pomeriggi trascorsi insieme.
Come nel migliore degli incantesimi eravamo tornati amici. Potevo
abbracciarla senza sensi di colpa e nel suo sguardo cogliere tutta l’allegria dei primi tempi. Forse il nostro
amico vecchietto ci aveva messo lo zampino... nessuno ci avrebbe mai detto la
verità ma ne ero felice.
Avevo persino avuto modo di conoscere le sue migliori amiche, così simili a Patty e Susie da lasciarmi senza
parole. Mi ero chiesto in più di un’occasione se i diversi mondi non fossero che semplici percezioni
di una medesima realtà, ma mi ero ben guardato dall’esprimere tale pensiero ad alta voce.
Lasciarsi tutto alle spalle era stata per Myriam una prova
durissima, nonostante Benji le fosse rimasto accanto trascurando partite e
allenamenti non aveva aperto bocca per settimane.
“Dove hai messo gli anelli?”
La domanda di Benji mi riportò con i piedi per terra e dovetti trattenere l’ennesimo sorriso.
“Per la milionesima volta Price, sono al
sicuro nella tasca della mia giacca. Devi stare tranquillo.”
Fu come parlare al vento.
“Se fossero troppo stretti? Se durante la
cerimonia non riuscissi a infilarle la fede al dito?”
Mi schiarii la voce, cercando di soffocare una risata. “Il matrimonio verrebbe annullato e non
potreste sposarvi mai più.”
Benji sgranò gli occhi, prima di aprirsi in un largo sorriso. “Perdonami Tom, sono solo un po’ nervoso.”
“Certo Benji, solo un po’.”
Un’elegante figura femminile fece il suo ingresso, dirigendosi verso
la sagrestia e distogliendo la mia attenzione dal futuro sposo.
“Chi è quella ragazza? Non l’ho mai vista, è una tua parente?”
Benji seguì il mio sguardo cercando di capire a chi mi stessi riferendo. “Credo sia la wedding planner che
Patty ha coinvolto nell’organizzazione, se vuoi più tardi te la presento.”
Accolsi con stupore il suo tono leggero, Benji sembrava tornato in
sé.
“Tom, puoi venire per favore?”
Mi voltai incrociando gli occhi seri di Patty. “Certo, che succede?”
“Myriam chiede di te.”
La seguii in silenzio, non prima di aver notato l’immediato irrigidimento di Benji, subito
ricalatosi nelle vesti di pinguino impacciato.
“Ci sono problemi?”
Patty scosse il capo con un sorriso. “Vuole solo parlarti.”
Attraversammo la chiesa fino al portico e, in fondo al vialetto,
intravidi una macchina ferma. Lasciai Patty sulla scalinata e mi diressi a
passo svelto verso il cancello di ingresso.
“Non dirmi che ti è preso il panico pre-matrimoniale” scherzai aprendo lo sportello.
Furono le mie ultime parole.
Fasciata in un lungo abito color avorio, il trucco appena
accennato sul viso in parte coperto dal velo, Myriam era l’emblema stesso della purezza. Ripensai per
un attimo alla visione avuta tanto tempo prima, nella quale lo sposo ad
attenderla all’altare ero io,
e sorrisi. Un sorriso aperto e carico di tutto l’affetto che provavo per lei.
“Grazie per essere venuto Tom” mormorò. “Vorrei chiederti un favore.”
Annuii con un cenno del capo, prendendole una mano tra le mie.
“Ti andrebbe di accompagnarmi in chiesa? Non
ce la faccio da sola.”
Per giorni Patty aveva provato a dissuaderla dal percorrere la
navata da sola ma non c’era stato verso di convincerla. Nessun uomo avrebbe preso il posto
di suo padre in quel momento così delicato della sua vita.
Ora voleva affidarsi a me.
Gli occhi lucidi per l’emozione, dovetti trattenermi dal prenderla tra le braccia. “Sarebbe un onore.”
Un timido sorriso fece capolino sul suo volto. “Grazie Tom.”
Feci cenno all’autista di dirigersi verso l’ingresso dove si era radunata una piccola folla che non vedeva l’ora di accoglierla.
“Sei bella da togliere il fiato My, li
stenderai tutti. Benji è davvero un uomo fortunato.”
Percorremmo il breve tragitto in silenzio, accompagnati dal
crepitio della ghiaia sotto le gomme. Non eravamo ancora scesi dall’auto che Patty si era precipitata ad
assicurarsi che l’abito non si sporcasse al contatto con il suolo.
“È tutto perfetto Patty, grazie.”
“Figurati cara, il merito è anche di Bex.”
Nell’udire quel nome mi voltai, incrociando un paio di occhi azzurri
dall’aria conosciuta.
“Non posso crederci, cosa ci fai qui?”
“Vi conoscete?” domandò Patty distogliendo per un attimo l’attenzione dalle pieghe dello strascico.
“Ci siamo incontrati a Parigi tre mesi fa” rispose lei, rossa come un tizzone.
“Fai la wedding planner?”
“Certo che no Becker” sbuffò Patty. “Bex lavora per la Federazione Italiana ed è a Tokyo per uno scambio internazionale, le
ho proposto di aiutarmi a organizzare alcuni eventi tra cui il matrimonio” proseguì, lanciando un’occhiata eloquente in direzione di Myriam alla quale avrei dovuto
porgere il braccio. “Avrete modo di parlare durante il ricevimento, il futuro sposo e
duecento invitati ci aspettano.”
Sorrisi tra me mentre sentivo la mano di Myriam scivolare sul
tessuto della mia giacca.
Il mondo è davvero piccolo.
Prima ancora che potessimo muovere un passo, le prime note della Romanza
per Violino di Beethoven echeggiarono nell’aria (40).
“Ho sempre trovato la marcia nuziale un po'
stucchevole” mi bisbigliò Myriam all’orecchio mentre, il cuore traboccante di emozione, la guidavo
lungo la navata tra i volti sorridenti dei nostri amici.
Con un ultimo sforzo ricacciai indietro il groppo che mi premeva
in gola e le posai due baci sulle guance, prima di consegnarla al migliore
amico che stentavo a riconoscere nell’uomo commosso ed ebbro di gioia in piedi di fronte a me.
“Auguro a entrambi ogni felicità” fu l’auspicio pressoché silenzioso che mormorai, ricevendo in
cambio i sorrisi più luminosi che si potessero immaginare.
Presi posto al fianco di Benji, mentre dal lato di Myriam si erano
schierati Holly e Patty, anch’essi freschi di nozze.
Udii a mala pena le parole del sacerdote, l'attenzione attirata
dai lunghi baffi dell’organista. Prima ancora che riuscissi a cogliere la sua reale
identità strizzò l’occhio nella mia direzione, l’indice teso sulle labbra protese in un silenzioso “shhhh”.
Era. Tutto. Perfetto.
* * *
Vecchietto Malefico
“Mi sembra di aver sistemato tutto.”
“Quasi tutto.”
La voce filtrava tra le nuvole, sapevo che lo scompiglio da me
creato mi sarebbe valso diversi passi indietro nella gerarchia degli angeli
celesti. Non mi era più dato rivolgermi direttamente al Sommo, troppo adirato per
gli innumerevoli interventi spazio temporali dei quali non mi sarei però mai pentito.
Ero felice dei rischi corsi, l’amore di quei due ragazzi meritava una possibilità. La piccola Charlotte cresceva felice,
amata dai genitori e dai tanti zii che stravedevano per lei.
No, non mi sarei mai pentito delle scelte fatte, avrei avuto tempo
e modo di redimermi.
“Sono certo di non aver tralasciato nulla” insistetti.
“E questo?”
La domanda fu seguita da un breve fascio di luce, al centro del
quale comparve un fumetto la cui copertina conoscevo fin troppo bene.
“Non vi sembra di essere un tantino pignoli?”
Rimasi senza risposta. Lo raccolsi, divertito all’idea che la storia aveva avuto inizio con
il primo volume e stava per concludersi, almeno per me, con l’ultimo. Lo presi in mano e ne sfogliai le
ultime pagine. Trattenni un sorriso divertito mentre cancellavo con l’indice alcune scene, sostituendole con
altre.
Il lancio del riso, il taglio della torta seguito dal primo ballo
dei signori Price. Quasi un album nuziale. La nascita della bimba e il
fratellino in arrivo, futura stella del calcio per la gioia di mamma e papà.
Ora era tutto sistemato, nemmeno Yioichi Takahashi avrebbe notato
la differenza.
FINE
Ragazzi, non potete capire
quanto sia triste... mi fa troppo impressione questa cosa!
Un bacio grandissimo a voi
tutti. Sappiate che porterò tutti
i vostri dolcissimi messaggi nel cuore e chi lo vorrà potrà
contattarmi in privato per commentare e piagnucolare insieme^^
Vi prego consolatemi con le
vostre recensioni, mi farebbe davvero tanto piacere sapere che anche voi vi
siete un pochino emozionati nel leggere queste ultime parole.
Un’ultima
cosa: purtroppo non sono riuscita a inserire Dafny e Fulmy nella trama della
storia. Ragazze perdonatemi, ci ho provato ma rischiavo di perdere un po’ il
senso delle relazioni tra i personaggi. Non per questo la vostra presenza è stata
meno importante nei difficili momenti di blocco, spero che non ve ne avrete a
male e che possa farmi perdonare almeno un pochino inserendo a seguire la
vostra versione “cinematografica” così come
me l’ero immaginata^^
Grazie ancora per avermi
seguito con devozione e pazienza per tutto questo tempo!
Sayonara,
Myriam
(ebbene sì, per
chi non lo sapesse il mio vero nome è
proprio questo)
(si sente in
sottofondo qualcuno che si soffia il naso^^)
Miss Rose
Grazie Rose, la tua dolcissima recensione è stata la prima dopo
tanti mesi di mio silenzio e mi ha fatto un piacere incredibile.
Sei felice che i nostri protagonisti siano tornati a casa? Per me
è un po’ come se mi avessero lasciata, ma sono felice di tutte le emozioni che
hanno saputo regalare a voi, oltre che a me.
Ciao ciao e a presto!
Dafny
Sono contenta che la copertina No. 2 ti sia piaciuta, non puoi
capire che effetto mi ha fatto tenere in mano le copie originali della prima
edizione del manga^^
Alla fine sono tornati nel mondo dei nostri mitici calciatori (come avrebbe mai
potuto essere altrimenti?). Mi mancheranno immensamente, e chissà che in futuro
non scriva qualche capitolo sparso a mo’ di “edizione speciale”.
Mi diverte che consideriate l’omino dei mondi come sempre più
malefico, spero che nel finale si sia fatto definitivamente perdonare.
Ciaoooooooo! :)
Bex
Piccola Bex, mi fai commuovere ancora di più... le tue recensioni
e i tuoi messaggi hanno voluto dire tantissimo per me, grazie ancora.
Ebbene, siamo giunti alla fine. I nostri protagonisti hanno
trovato ognuno la felicità e il proprio equilibrio, e il nostro vecchietto la
pace che merita.
Hai mai pensato che, in fondo, questo omino misterioso potrei
essere io sotto mentite spoglie? La parte finale è proprio mia, l’ho scritta
con l’intento di mettere su carta le mie sensazioni verso la fine di questa mia
storia così bella e importante per me.
Myriam, Benji e Tom mi hanno regalato emozioni bellissime, e forse
è per questo che hanno toccato le corde dei cuori di alcune di voi. Nel corso
del tempo hanno preso vita, interagendo con me quasi come degli amici. Per
questo è così difficile per me lasciarli andare... Come dicevo a Dafny, chissà
che prima o poi io non riprenda il pc in mano per scrivere qualche capitolo
speciale tratto qua e là dal futuro dei nostri beniamini? Al momento è presto
per dirlo, ma “mai dire mai”.
Ancora un bacio grandissimo e spero di continuare a sentirti in
privato via email!
Scoutina
Mi dispiace tantissimo che tu abbia potuto pensare che vi avrei
abbandonate proprio alla fine! Non solo dovevo a voi la fine di questa
lunghissima storia, ma i miei personaggi meritavano una degna conclusione a
tutte le loro avventure! :)
La decisione di Myriam dovrebbe aver reso felici tutte voi, e ho
preferito omettere le difficoltà legate al dover abbandonare i propri cari
lasciandoseli sempre alle spalle. Già vi siete dovute sorbire tutte le paranoie
dal mondo di Benji al nostro... non mi sembrava opportuno ricominciare da capo
al contrario.
Scherzi a parte, anche il nostro Becker troverà la sua dolce metà,
ve lo posso assicurare. Nel caso mi prendesse lo schiribizzo di scrivere
qualche pezzo qua e là, sicuramente lui avrebbe un posto in prima fila^^
E infine grazie piccola Scountina per avermi supportata con le tue
dolci parole. Sentirti dire che la mia storia è la tua preferita mi ha riempito
di orgoglio.
Un bacissimo e a presto!
Benji79
Ebbene sì, siamo giunti alla fine... i nostri tre beniamini sono
tornati nel mondo di CT. Mi fa molto piacere che il mio ultimo capitolo ti sia
piaciuto, era un momento di transizione importante e anche Tom meritava il suo
spazio.
Mi sono anche divertita un mondo a far confrontare anche Tom con
il cartone animato^^ Chi di noi non si è mai chiesta perché gli avessero
affibbiato una voce femminile? Erano forse finiti i doppiatori? Povero il
nostro Taro/Becker...
Carine le copertine vero? Vedere tutti i numeri al completo, con
la carta un po’ invecchiata, sullo scaffale “1981” mi ha fatto venire un colpo
al cuore, un po’ come ora mi sento un po’ triste all’idea di salutarvi.
Ciao ciao e grazie per avermi accompagnata in tutto questo tempo!
DazedAndConfused
Bentornata cara! Carino il tuo nuovo nick, e deliziosa la tua
recensione! Sebbene tu l’abbia lasciata per il capitolo 27 ti rispondo qui,
sperando che ti vada di leggere la storia fino alla fine^^
Grazie per tutti i complimenti che mi fai, sono felice che il mio
personalissimo “casting” ti piaccia! E’ davvero divertente avere tutta
Hollywood a disposizione per interpretare i nostri personaggi, permettersi il
nostro mitivo Johnny Deep per una comparsata non è cosa da poco^^
Cmq tranqui, vai pure serena con il delirio, non ti caccerei mai... anzi! Sono
grandicella assai, eppure mi diverto ancora come una matta a scrivere fic,
quindi comprendo benissimo ;D
Mi dispiace che alla fine la nostra Myriam ti abbia fatto
contenta, ma Benji era sin dall’inizio il suo predestinato. In realtà gli ho
cambiato un po’ il carattere strada facendo, rendendolo meno borioso e più
dolce. Spero la mia versione non ti dispiaccia!
Per quanto riguarda i cuccioli Price, in quest’ultimo capitolo hai
trovato la tua risposta.
Un bacio grande!!!
Berlinene
Ciao bellissima!!! Sono felicissima che il mio stile ti piaccia
sempre di più, devo ammettere che mi risulta sempre più facile scrivere di
getto e mi diletto in esercizi di stile come il passaggio di Tom al presente.
Me lo sono immaginato un po’ Memento, luci fredde e soffuse, molto
introspettivo in termini di sensazioni, per questo al presente anziché al
passato.
L’epilogo invece è quanto di più classico ci possa essere, forse
un pizzico banale e retorico, ma sentivo di dover sistemare tutti i punti
rimasti aperti.
Nell’ultimo passaggio POV vecchietto poi mi sono divertita un
mondo, strizzando l’occhio di autrice a tutti voi^^
Ovviamente i nostri protagonisti sono tornati nel Giappone di CT,
non poteva essere altrimenti. Come ti dicevo via msn al momento mi sto
dilettando in un tentativo di storia originale che non pubblicherò su EFP, ma
chissà che non mi venga voglia di scrivere qualche capitolo qua e là per
raccontarvi come vedo i nostri personaggi qualche mese/anno dopo.
Si vedrà, ora è troppo presto per dirlo.
Un bacio grande e a prestissimo!
PS: grazie del consiglio, sono felice di poter rispondere anche alle recensioni
dell’ultimo cap tramite l'account!