~ La Viaggiatrice dei Mondi di Pan ~

di Elyse Brunt
(/viewuser.php?uid=76157)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Leadheed ***
Capitolo 3: *** 2. Angelo Ridente ***
Capitolo 4: *** 3. Il Capitano della Poison ***
Capitolo 5: *** 4. I tentacoli di Madame Sugàr ***
Capitolo 6: *** 5. La Profezia della Rinascita ***
Capitolo 7: *** 6. La bottega di Mastro Aggiustatutto ***
Capitolo 8: *** 7. Reuccio Giustappunto ***
Capitolo 9: *** 8. I Pirati di Panthalassa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


LVDMDP

Prologo

 

Tia Lube osservò con molta circospezione villa Brenn, disabitata da anni. La vernice rossa che li ricopriva era stata in parte rovinata dal tempo e dalle forti piogge

estive che non di rado allagavano il crocevia. La villa si componeva di tre piani, più uno scantinato, ed era circondata da un giardino poco curato.

- La rimetteremo noi in sesto – disse la signora Paula Lube trafficando con le chiavi per aprire il cancelletto.

La villa era rimasta vuota per anni. La famiglia che l’abitava era scomparsa a poco a poco, fino alla sparizione dell’ultima proprietaria. Da allora nessuno aveva rivendicato il possesso della casa, almeno fino a quando un loro lontano parente aveva venduto ai suoi genitori la proprietà. Come fossero entrati in contatto, Tia non lo sapeva, ma avrebbe voluto che non fosse mai successo.

La villa la inquietava.

Era grande, bianca, con gli infissi rosso sangue e fin troppe stanze da mettere a posto. Ed era stata la dimora di una famiglia scomparsa.

La signora Lube riuscì finalmente ad aprire il cancello e fece strada verso l’ingresso, dove, dopo altrettanti tentativi di aprire, spalancarono il portone rosso.

- Siamo i primi ad entrare qui da quasi dieci anni, Tia! Non ti elettrizza la cosa? – esclamò sua madre.

- Moltissimo… - rispose sua figlia inarcando un sopracciglio.

- Su, sii più serena. Fra un paio di giorni arriveranno papà e le tue sorelle, la casa deve essere più ordinata.

- Anche se Olly oggi deve andare alla festa di compleanno della sua amica e papà è occupato all’agenzia, almeno Alice poteva venire ad aiutarci!

- E che aiuto può dare una bambina di dieci anni, Tia?

- Un po’…

Paula Lube mise le mani sulle spalle di sua figlia.

- Tia, non fare del nostro trasferimento una cosa tragica. Questa casa è bellissima, il giardino è enorme, il paese è tranquillo, papà verrà trasferito qui e io aprirò un negozietto qua vicino. E’ tutto a posto, per una volta. Tu ti farai nuovi amici. Ora ti dispiacerebbe andare a dare un’occhiata nel giardino? Sinceramente non so dove inizia e dove finisce.

Tia sospirò. Come al solito sua madre cercava di farla sentire in colpa, come se fosse la causa di tutto ciò che capitava nella sua famiglia. Non faceva altro che pretendere ancora, non si accontentava mai. E non riusciva a capire che lei odiava quel posto.

- Vado.

- Bene.

Nemmeno un “grazie”. Tia uscì di casa molto irritata e arrivò al cancelletto d’ingresso. Si voltò per avere una visione d’insieme.

“Dunque…” pensò. “Davanti c’è quello che una volta poteva definirsi un praticello. Circondato da cespugli. A destra c’è un grosso albero. Una magnolia, di fronte all’ingresso. E un abete, e un melograno. Morto, probabilmente. Marcio. A sinistra c’è un altro melograno e un… non – so – cosa peloso. E anche un altro non – so – cosa strano. E lì in mezzo una specie di sentiero che va dietro. Ma non vedo nulla da qui…”

Tia si fece strada tra l’erba alta e raggiunse il melograno di sinistra. Lungo il sentiero c’erano delle betulle dalle chiome colorate di rosso, e le foglie formavano un tappeto sul quale i passi di Tia erano silenziosi. Dietro una betulla più alta delle altre c’era uno spiazzo pavimentato con piastrelle di pietra e sormontato da un gazebo bianco sporco, intorno al quale era cresciuta molta edera. Tia si avvicinò e si mise a sedere nel gazebo.

Era fantastico. Sembrava uscito dal castello delle fiabe! Eppure…

C’era qualcosa.

Qualcosa che non andava, in quel gazebo.

Tia si alzò e guardò più attentamente.

Poi la vide.

C’era un paio di occhiali dalla montatura antiquata posato a terra. Prima non lo aveva notato.

Si abbassò e stava per prenderli quando vide qualcosa in una fessura fra le pietre che pavimentavano il gazebo. Un luccichio sinistro. Come il riflesso di una lama.

O di un occhio.

Scosse la testa e posò gli occhiali su un sedile di marmo, appoggiandosi imprudentemente ad una dei quattro portacandele murati alle colonnette che pensava servissero a contenere torce per illuminare il gazebo. Il portacandele cedette e si ruppe, facendo cadere Tia proprio nel centro del pavimento. Dove c’era quella fessura.

La pietra sotto di lei fece tlack.

Poi anche le altre.

E Tia rotolò per delle scale a chiocciola di pietra.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1. Leadheed ***


LVDMDP

Capitolo 1

 

Era distesa a terra, con la testa dolorante e pulsante. Gli occhi chiari chiusi, i capelli sparsi a ciocche sul pavimento lastricato di mattonelle bianche e grigie. Li toccò con la mano sinistra. Aveva gli stessi capelli di sua madre, come anche sua sorella maggiore Olly. Olimpia Lube però era molto più bella di lei. Era più femminile, aveva i capelli lunghi e le unghie tinte di viola. Olly era l’artista di casa: sapeva scrivere, disegnare e fare fotografie; come sua sorella odiava la danza e la ginnastica in generale, era sensibile e aveva occhi diversi, capaci di giudicare le cose per ciò che sono senza pregiudizi. Ma Tia questo non lo sapeva. Forse perché Olly non parlava mai e con lei litigava soltanto. Oppure perché preferiva evitare i conflitti e seguiva una filosofia di vita tutta sua, per la quale Tia la considerava la solita superficiale. Come considerava tutti in famiglia.

Puntò le mani a terra e si sollevò.

Sua madre era una specie di cane da guardia presuntuoso predica – bene – razzola - male. Facile fare la mamma per svago, fregarsene dei pareri di sua figlia e risolvere i problemi urlando punizioni a raffica a tutti i coinvolti.

Tia strinse i pugni scoprendoli graffiati.

E suo padre non s’interessava a questo. La lasciava fare “per non creare problemi alla famiglia”… E la nonna sempre lì a dargli ragione!

Certe volte Tia si sentiva proprio sola. Anche se non lo sapeva, anche per Olly era così, ma Olly soffriva in silenzio. Tia no. Tia parlava. Tia litigava. E per questo veniva sempre accusata dei problemi in famiglia.

Infine c’era Alice. La piccola Alice coi capelli biondi e gli occhi azzurri di suo padre, con tutta l’ingenuità di una bimba di sei anni. Praticamente la cresceva Olly. Anche se lei e la nonna avevano provato ad istruirla a modo loro – la prima come un maschiaccio e la seconda come una sottospecie di Heidi -, Alice seguiva solo Olimpia. E dopotutto non cresceva male. Era libera ed indipendente come un gabbiano grazie alla sua filosofia di vita, secondo Olly.

Tia si scosse interrompendo il flusso dei pensieri che il torpore della caduta le aveva fatto intessere nella mente appannata. Anche la musica che sentiva in sottofondo aveva contribuito.

“Aspetta… la… musica?”

- Uno, due, due e tre,

Di più triste non ce n’è.

Tre e quattro, quattro e cinque…

La giovane Lube si massaggiò la testa levandosi dai capelli scuri foglie secche e polvere. Era caduta dalle scale che si erano aperte sotto di lei nel gazebo, e ora non le vedeva più. Erano sparite. Intorno a lei c’era solo nebbia e polvere. E quella canzone.

- … dove sei da loro s’evince!
Quattro e cinque, cinque e sei…

Sono i pazzi, sono i rei!

Tia si scrollò dai jeans leggeri e dalla maglietta mimetica azzurra la polvere, poi si guardò attorno, cercando la persona che stava cantando. Non riusciva a capire se fosse maschio o femmina.

- Cinque e sei, sei e sette,

qui sono i folli che rifiutaste!

Sette e otto, otto e nove…

- Ehi… - chiamò Tia. – C’è nessuno? Chi è che canta?
Dalla nebbia la quattordicenne distinse una strana figura, molto piccola e scura in realtà.

- Ehi…

- … Vorrei tanto essere altrove!

Che la luce non arriva,

 a Panthalassa, non arriva!

E se il buio ancor perdura,

la via sarà più insicura,

e per Angelo Ridente,

la fortuna sarà splendente!

Dalle nebbie uscì una testa dalla forma allungata, col la mandibola prominente dalla quale sbucavano due zanne appuntite e un paio di occhietti brillanti e dorati. La seguì un lungo collo squamoso e un corpo tozzo e grassottello sormontato da un paio di ali bluastre.

Un… drago?!?

La ragazza si tirò indietro, strofinandosi le dita sugli occhi, nel tentativo di capire se si trattasse di un’allucinazione. Il bizzarro rettile preistorico volante si avvicinò a Tia borbottando e sbuffando zolfo dalle narici prominenti, spaventandola non poco.

Com’era possibile che ci fosse un drago?

Sto sognando…

-          Ciao cosetto… - balbettò la ragazza. – Sai per caso dove siamo?

Sono pazza. Parlo con un drago! Anzi… con un incubo, una visione, il frutto di un provabilissimo trauma cerebrale successivo alla mia caduta.

Il drago rispose con una sbuffata più forte. Poi squadrò Tia coi suoi occhietti intelligenti e quando decise che si poteva fidare le si posò sulla spalla e con la testa indicò una direzione. Sembrava averla… riconosciuta.

Tia s’irrigidì vedendosi quella creatura buffa e grottesca allo stesso tempo sulla sua spalla, urlò e cercò di cacciarla, ma poi sospirò, arrendendosi. Aveva paura che se avesse reagito male l’avrebbe incenerita.
Il cuore le batteva all’impazzata, ma decise di farsi coraggio e di provare ad interagire con quella sottospecie di follia vivente.

E’ un sogno. Che altro dovrei fare?

-          Bene, animale strano. Mi capisci?

Il drago annuì e le indicò nuovamente la direzione.

Tia si batté il palmo sinistro sulla fronte. Riusciva a capirla! A capirla!
Era davvero impazzita.

- E’ impossibile… tu non dovresti esistere… Tu non puoi esistere!

Il rettile bluastro lanciò una fiammata in aria facendo tacere Tia, poi le gettò un occhiata eloquente e le mostrò ciò che il fuoco aveva liberato dalla nebbia.

Socchiuse gli occhietti dorati minaccioso, e la spinse avanti.

- Un cartello?

Era proprio un cartello. Di legno, con le indicazioni. Delle strane indicazioni.

-          Di là c’è… La casa dell’Angelo Ridente. E il palazzo di madame Sugàr. A destra invece ci sono… la bottega di mastro Aggiustatutto e il castello di Reuccio Giustappunto. Oh, Dio, dove sono finita? Che razza di posto è questo?

Per tutta risposta il drago lanciò un’altra fiammata, stavolta contro il pavimento.

La nebbia si dissolse e mostrò una scritta:

 

Benvenuti a Panthalassa

Altresì detta Sottoscala e Mondo dei Pupazzi

 

- Mm. E’ lontana questa… Panthalassa… Dall’Italia? O è in Italia?

Il drago indicò con una zampa il cartello di sinistra che recava la scritta “Palazzo di madame Sugàr”, azzannò la maglia mimetica di Tia e la tirò in quella direzione.

La ragazza urlò cercando di divincolarsi dalla morsa del drago bisbetico.

- Ehi! Lasciami subito, brutto coso!

Vedendo che quello non accennava a mollare la presa, la piccola Lube decise di seguirlo.

- Tanto indietro non si torna. Le scale sono scomparse e la nebbia non fa vedere nulla…

La ragazza e il drago s’incamminarono per il sentiero.

-          E se ti chiamassi Leadheed, drago? Perché sei un drago… vero? – fece Tia, sospirando. – Leadheed era il nome del mio gatto. Mi piaceva il suono “Lided”. Anche se per regola si dovrebbe leggere “Lidid”.

Dio. Non può essere. Sto parlando con un drago. Un drago! Se è uno scherzo giuro che svengo dalla gioia. Significherebbe che non sono pazza. E se sto sognando devo aver mangiato davvero pesante. Che cosa ho mangiato? Ho mangiato?
Ah, ho capito. Sono in coma.

Tia era davvero confusa. Strinse le mani in due piccoli pugni e li premette contro le tempie, come per comprimere i pensieri che l’opprimevano.

“Uno. Due. Tre. Ok, Tia, fai come quando litighi con tua madre. Riassumi. Rifletti. Oggi io e mamma ci siamo trasferite. Ok. Dove, Tia? In un paese sul mare che si chiama Alba Adriatica. Nella villa dei Brenn che ha un parco meraviglioso. Che è successo poi? Poi ho litigato con mamma. Come sempre, lei non capisce che sono diversa da Alice e Olimpia. Io vedo le cose diversamente e per questo soffro di più. Alice e Olly non pensano che lasciando la nostra vecchia casa lasciamo anche dei luoghi dove siamo cresciute, della nostra infanzia. Sono superficiali. Basta! Sto divagando. Cosa ho fatto oggi? Ho visto il parco e il gazebo. Com’è il parco? E’ grande e bellissimo, le betulle sono neve e sangue. E il gazebo? E’ di marmo e riflette la luce. Ottimo posto per riflettere. Un po’ meno per cadere. Ecco… arriviamo al punto. Dove sei caduta? Non lo so. Sono caduta su una pietra e si è aperta una scalinata. Sono rotolata giù – e mi sono fatta male per la verità – e ho sentito una canzone. Poi è comparso un drago – sì, un drago!. E ho scoperto di essere in un posto chiamato Panthalassa o Sottoscala o Mondo dei Pupazzi. O forse sto impazzendo. Purtroppo non sto sognando, la botta in testa fa malissimo… Nel peggiore dei casi, sono in coma.”
Distratta dai pensieri che le carpivano la mente, non si accorse di stare per sbattere contro uno strano albero.
- AHIA! – strillò quando il suo naso si scontrò con qualcosa di duro e freddo. - Che botta…! Maledetto drago, potevi avvertirmi che c’era un… un…

Come si poteva definire un albero di pietra?

- Alpater, piccola – disse Angelo Ridente.

- Un alpater, appunto!

Tia s’irrigidì.
Chi ha parlato?

Davanti a lei c’era un uomo. O forse un tempo lo era stato. Portava abiti neri e dalla schiena partivano grandi ali bianche, sanguinanti e piene di fasciature. I capelli erano scompigliati e rovinati, gli occhi infossati e circondati da rughe calcate, la bocca solcata da un taglio profondo che partiva da un orecchio e arrivava ad un'altro deformandogli orribilmente il volto in un perenne sorriso.

L’Angelo Ridente!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2. Angelo Ridente ***


LVDMDP

Capitolo Due

 

L’oscura figura dell’Angelo si stagliava nella nebbia, che stava pian piano lasciando spazio ad una landa circondata da alberi di roccia – alpater – e sormontata da un tempio antico e cadente. Il pavimento lastricato aveva lasciato spazio ad un praticello dall’improbabile colorito grigiastro. Tia sentì un brivido percorrerle la magra schiena e il dolore alla testa e al naso accentuarsi.

Quella creatura non era umana.

Cioè, nemmeno Leadhead era umano – o animale, o reale -, ma dopotutto era più… ordinario. Non che un drago potesse essere considerato normale, ma l’Angelo Ridente sembrava l’incrocio tra un anziano cantante punk e Joker di “Batman”. Solo che la sua non era una cicatrice, ma una ferita, assai più spaventosa e ricucita in malo modo. Il drago era impossibile, strano, ma non inquietante. Quell’uomo, quella creatura grottesca, era a dir poco orrenda.

Leadhead sembrava angustiato da quella vista almeno quanto lei. Continuava a sbuffare e a volare nascosto dalla figura di Tia.

L’Angelo le rivolse un elegante inchino e appoggiò una mano sul tronco dell’alpater contro il quale la ragazza del mondo di sopra aveva sbattuto.

- Sono stati pietrificati dal reuccio Giustappunto. Una volta erano belli e rigogliosi, neri e viola come nei migliori incubi!

- I-incubi…? – balbettò Tia. – Scusi, ma lei chi sarebbe?

L’Angelo scoppiò a ridere, aprendo l’enorme taglio sul viso e facendo inorridire la piccola Lube.

- Forse dovresti presentarti prima tu, piccola. Non sono io lo straniero.
Tia si morse il labbro inferiore e guardò negli occhi cerchiati di nero dell’Angelo dal sorriso maledetto. Poteva fidarsi di una creatura così bizzarra?

Leadheed era nervoso e visibilmente inquietato dall’Angelo, ma Tia decise comunque di fidarsi. Dopotutto, lei voleva solo tornare a casa.

- Il mio nome è Tia Lube.

- E da dove vieni, Tia Lube?

- Ecco, io… Sono caduta dalle scale e sono finita qui per sbaglio.

In effetti Tia non riusciva a capire come potesse esistere un paese sotto la sua nuova casa, perciò ritenne che forse c’era qualcosa del suo arrivo lì che non riusciva a ricordare.

- Scale?

- In un gazebo. Nella villa dei Brenn, a Seatdown. Non è qui vicino?

- Sei una del Secondo Piano? Di Pandemos?

- Pandemos…?

- Sì… Il paese degli illusi! Non hai detto che vieni dalla villa dei Brenn?

- Sì, ma...

- Chi sei? L’ultima a venire fu Louise.

Tia si appoggiò ad un alpater e fermò l’Angelo con un gesto. Non riusciva a seguirlo, tutto le sembrava così impossibile!

- Piano…! Non capisco niente. Io mi sono trasferita oggi nella villa. I Brenn non ci sono più… La casa è nostra e io sono finita qui per sbaglio… Non so come ho aperto il passaggio, è stato un errore! Io voglio tornare a casa!

Era confusa. Dov’era? Cos’erano tutte quelle strane creature, l’Angelo, Leadheed? Uno scherzo? E cosa c’entravano i Brenn con tutto ciò?

- Ma allora non sai nulla! – esclamò l’Angelo.

- Nulla di cosa?

L’Angelo scosse la testa e le indicò il tempio nella nebbia. Le bianche colonne erano distinguibili nel buio.

- Vieni con me. Ti spiegherò tutto.

- Tutto di cosa?

- Ma dei mondi di Pan, ovvio!

- I mondi di… Pan…?

L’Angelo Ridente sbuffò e si voltò rigidamente avanzando sull’erba grigia e tra gli alpater verso il tempio.

- Pandemos, Panthalassa, Pangea e…

- E…?

- E Panurania.

L’Angelo Ridente la guidò tra gli alpater e rovine di un edificio che un tempo forse aveva circondato il tempio, poi superò la fila di colonne quasi integre che presidiavano l’entrata e la precedette nella sala antistante.

C’erano quattro panchine di pietra che percorrevano due dei lati della stanza, mentre a nord c’era quella che doveva essere stata la base di una statua, ma che ora era spezzata. Nel centro giaceva una teca coperta da un telo purpureo.

L’Angelo indicò il basamento di marmo spezzato.

- Sai, una volta io ero lì.

Tia lo guardò stranita, ma quello non le diede il tempo di parlare, cominciando a spiegarle la storia dei mondi di Pan.

- Ci sono tre mondi, Tia Lube, oltre a quello che conosci. Il tuo è il mondo “principale” dal quale gli altri hanno avuto origine. Tu lo chiami Terra, noi lo chiamiamo Pandemos: Tutti i Popoli. Il mio mondo, il mondo nel quale sono nato, è Panthalassa – Tutti i mari. La Panthalassa, come avrai sicuramente appreso dall’Incisione all’ingresso ovest, viene detta anche Sottoscala, perché si trova in una dimensione sotterranea raggiungibile solo con le scale. E’ anche chiamato Mondo dei Pupazzi, perché qui vivono gli incubi di tutte le persone del tuo mondo, incubi che in apparenza sono innocui, ma nascondono una natura malvagia. A Pandemos noi non siamo ben accetti, così viviamo qui. Pangea, Tutte le Terre, invece è il Paese del Silenzio. Non so dove sia l’entrata, ma dalla Panthalassa è raggiungibile con una nave speciale dalle vele vive: la Poison. Pangea è abitata da artisti, sogni e persone con sentimenti particolari alle quali piace stare in silenzio, per quel che so. Infine, c’è Panurania – Tutti i Cieli. Di quel mondo non so nulla, nemmeno come ci si arriva. E’ il più misterioso. Penso, comunque, che sia raggiungibile anch’esso con la Poison – quella nave è straordinaria.

Tia rimase un attimo in silenzio. Poi scoppiò a ridere istericamente, sotto lo sguardo stupito dell’Angelo e di Leadheed.
Come poteva credere a tali assurdità? Già il solo fatto di trovarsi in un tempio sotterraneo con una creatura orribile ed un drago era impossibile, oltretutto ora quell’uomo le stava dicendo di essere l’incubo di qualcuno nel suo mondo e che di mondi ce ne erano quattro. Eppure tutto ciò era realtà. Tia era realmente a Panthalassa. Leadheed era realmente un drago e Angelo Ridente era reale. Cosa doveva fare? Alla fine l’unica cosa che desiderava era capire cos’era accaduto e tornare a casa.

- Angelo… Tu sai come posso tornare a… Pandemos? – chiese allora, pensierosa, Tia.

- Per passare dal tuo mondo a Panthalassa ci sono le scale, ma non conosco la via del ritorno… Però so che la nave Poison può viaggiare per tutti i mondi di Pan!

- E quindi? Dov’è la nave?

L’Angelo abbassò il capo dalla chioma irsuta e incrociò le dita insanguinate.

- Ecco, questo è un problema, Tia Lube…

- Perché?

L’Angelo dal volto sfigurato sembrava seriamente in difficoltà.

- Beh… La Poison è una nave dalle vele speciali… vive. È stata costruita col legno di alpater e lapater – che sono speciali alberi di Pangea – mentre le vele sono creature vive di Panurania. Il capitano della Poison è uno di Pandemos, come te, ma… È scomparso. Da almeno cinque anni la Poison è attraccata al molo sul lago Moth. Però potresti parlare con madame Sugàr. Lei forse potrà aiutarti… Rimani qui, a dormire.

Tia scosse il capo.

- Io devo tornare a casa… Mia madre sarà in pensiero, cavoli!

- In ogni caso la ciurma della Poison si è divisa dalla scomparsa del capitano… Quindi non hai altre possibilità temo. Inoltre si è fatto tardi e tu sei stanchissima, Tia Lube. Se vuoi, puoi dormire nel Tempio…

Tia rimase in silenzio. “Non ho altre possibilità.”

- Va bene. Ma tu? Tu dove dormi?

L’Angelo rise e la ferita sul volto sfigurato sanguinò di nuovo.

- Io dormo sulla stele spezzata, fanciulla. Prima che reuccio Giustappunto distruggesse il nostro equilibrio era sempre così… Ora guardami. – disse con la voce spezzata dalla malinconia. – Ero una statua vivente, Tia Lube, l’incubo ricorrente di una vecchia guardia notturna di un museo in Francia. Ma quell’orribile creatura…! Una volta era madame Sugàr a vivere a palazzo. Ora Giustappunto l’ha cacciata ed ha instaurato una monarchia! Perfido essere… Da statua mi ha fatto trasformare in uomo da quel leccapiedi di legno di Mastro Aggiustatutto! Ma la pena non era abbastanza… Ha voluto distruggere tutto, trasformare gli alpater viola e spaventosi in noiosi tronchi grigi di pietra, lasciare la mia ossatura di roccia in modo che come io mi muovo essa si spezza! E poi lo vedi? – sbraitò, indicando il taglio rosso sulla bocca. – Diceva che non gli avevo sorriso abbastanza, quel maledetto BASTARDO!

- Angelo!

L’Angelo Ridente si calmò e portò coperte calde e un cuscino sulla fredda panchina del tempio. Il volto era ancora più spaventoso, trasformato dalla rabbia, e Tia capì che tutte le fasciature e le ferite erano dovute ai suoi movimenti che spezzavano le ossa fragili e rigide. Ossa di pietra.
Eppure ancora non tutto le era chiaro di quello strano mondo, e aveva, se possibile, le idee ancor più confuse di prima.
C’era la magia?

- Dormi, Tia Lube. Anch’io dormirò - disse Angelo Ridente, issandosi sulla stele spezzata. 

La ragazza rabbrividì e sperò di svegliarsi in camera sua, come se fosse stato tutto un assurdo incubo, come quelli che pascolavano nella fantasiosa mente di sua sorella minore.

Tia aggiustò le coperte sulla panca e si distese, lasciando uno spazio per Leadheed, che per tutto il tempo era rimasto in un angolo a sputare fiammate inquieto. Il drago le si accoccolò a fianco e la giovane Lube lo strinse come un’ancora di salvezza.

Strano come avendo constatato le stranezze dell’Angelo pazzo si fosse legata al drago, che d’un tratto le sembrava normale come lo era un micio. Ovviamente non era normale, un drago. Ma era mansueto nei suoi confronti, e per lei che era sempre così incline ad affezionarsi a qualsiasi tipo di animale Leadheed non era che una graziosa lucertola un po' cresciuta. Un po' troppo. E magari, anche un po' poco graziosa, ma quelli erano solo dettagli, in una circostanza tanto assurda.

- Ho paura, Leadheed – sussurrò. – Questo posto, l’Angelo e persino tu non dovreste esistere nella realtà. Eppure questa è la realtà. Ho sempre sognato avventure in mondi strani, sai? Ma non pensavo che lontano da casa e senza  alcuna certezza di poterci tornare mi potessi sentire così... così… Confusa, sola e abbandonata. Vorrei che questo fosse solo un maledetto incubo, ma non è così, Leadheed. E’ reale. E voi, con tutto il rispetto, mi fate un po' paura...

Tia singhiozzò piano, lasciando che le lacrime le scorressero sulle guance pallide, mentre le sembrò di sentire il drago sghignazzare.

- Non piango di solito, drago, quindi chiudi quella bocca e fatti i fatti tuoi. Pensa a dormire. Buonanotte.

E nel silenzio tombale del tempio in rovina Tia si addormentò, sentendo risuonare lontana l’eco di una risata…

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3. Il Capitano della Poison ***


Thesecretdoor

Capitolo Tre

Il Capitano della Poison

 

Quando Tia si svegliò il sole era sorto da poco e l’aria del tempio era gelida ancor più della sera prima. Leadheed non era più vicino a lei e l’Angelo Ridente non era sul basamento spezzato. In un primo momento non si era ricordata di trovarsi nel mondo di Panthalassa, ma quando le tornò in mente si massaggiò le tempie stordita, come chi si sveglia da un incubo strano e poi si accorge che è la realtà.

Si alzò dalla scomoda panca con il fianco dolorante e la schiena a pezzi e andò alla ricerca dell’Angelo e del drago. Il tempio era circondato da colonne e dopo l’entrata ve ne era una fila interna al tempio che percorreva i quattro lati e divideva la zona delle panche da quella dell’altare spezzato e della teca nascosta dal tessuto rosso. Ma sulla parete nord, dietro le colonne parallele all’altare, c’era una porta socchiusa. Tia la raggiunse ed entrò nella stanza dall’altra parte.

Un brivido di orrore percorse la schiena dolorante della piccola Lube.

Le pareti erano segnate da macchie di un colore rossiccio – marrone raccapricciante.

Intuì subito di cosa si trattasse dal mucchio di sporchi e puzzolenti oggetti biancastri ammassati al centro della stanza.

Ossa.

Ossa e sangue, più di quanto il cuore inesperto di Tia potesse sopportare.

L’orrore invase la sua mente.

Era opera dell’Angelo Ridente? Cos’era quel posto? E di chi erano le ossa?

Il nauseante odore di sangue le invase le narici costringendola ad indietreggiare.

Era in pericolo? Cosa avrebbe dovuto fare? Scappare?

- Sì… Devo scappare… via da qui… - sussurrò chiudendo la porta davanti a sé ed indietreggiando fino ad arrivare ad appoggiarsi con la schiena alla colonna dietro di lei.

Pensò al drago che era sparito. Pensò all’Angelo dal passato doloroso. Pensò a Panthalassa, a Pangea e a casa sua.

- Mamma sarà preoccupatissima… - sospirò passandosi la mano destra sul viso.

- Probabile.

Tia Lube trasalì. L’Angelo Ridente era dietro di lei, proprio sull’altare spezzato.

Saltò giù e la raggiunse, mentre il suo cuore batteva all’impazzata.

- Cosa facevi lì, Tia Lube?

Tia rimase muta. Non riusciva ad emettere alcun suono, sentiva solo la gola bloccata dal battito del suo cuore, che sembrava uscire fuori dal petto ad ogni pulsazione. E l’Angelo se n’era accorto?

- Hai visto quella cosa…

Tia tacque ancora. Allora era stato lui! Era lui il mostro. Era lui.

- Mi dispiace… Avrei voluto aspettare, capire come hai riaperto il passaggio, e se sei proprio tu quella che avrebbe dovuto svegliare la Poison… Ma ora che hai visto tutto… Non posso fare altrimenti.

- Cosa sei?!? – gridò Tia tirandosi indietro.

L’ingresso del tempio era dall’altra parte e l’Angelo bloccava l’unica via di fuga. Era in trappola.

- Io? Te l’ho detto. Ero una statua. Il re mi ha trasformato in uomo lasciando però il mio scheletro di pietra, perciò le mie ossa si spezzano di continuo. Non posso muovere le ali o correre o fare movimenti bruschi. Se lo faccio, mi spezzo. Così non ho nulla da mangiare, Tia. Non posso inseguire animali o tenere ferme le piante per tagliarle. Devo pur nutrirmi di qualcosa…

Tia inorridì.

-          Vuoi dire che quelle ossa… La gente...

- Erano incubi da quattro soldi! Volevano la spada del Capitano, ma non sapevano di non poterla usare. Quando sono morti… Li ho mangiati.

Tia si appiattì contro il muro scuotendo la testa dall’orrore.

- No… No… Io non… Non capisco… Spade… Capitano… Statue che diventano uomini… E li hai mangiati! Io…

- Cerca di capire, Tia. Giustappunto voleva che il Capitano della Poison smettesse di viaggiare tra i mondi, anche se non so perché. Gli ha sottratto la spada, che gli dava il potere di guidare la nave, l’ha data a me e mi ha trasformato in uomo perché la proteggessi in caso qualcuno che sapesse usarla giungesse. Mi ha lasciato lo scheletro mutilato perché non potessi muovermi dal tempio. È un bastardo. Eppure fino ad ora non è venuto nessuno di adatto alla spada Volucera. E tutti quelli che la toccano senza essere adatti muoiono. Perché sprecare tanta carne?

A Tia venne da vomitare. Quell’essere era un cannibale e lei non aveva scampo contro di lui. Non poteva fuggire.

- … E ora tu sai il mio segreto, Tia. Cosa pensi io possa fare?

- Non… Non puoi uccidermi. Non ho toccato la… la spada e tu non ce la fai ad inseguirmi… - balbettò.

L’Angelo rise.

- Non credermi così indifeso, ragazzina.

La mano destra, che finora aveva tenuto nascosta dietro la schiena, si mosse verso di lei impugnando un coltellaccio orribilmente sporco di sangue rappreso. Tia urlò scattando verso sinistra. L’Angelo venne colto un po’ di sorpresa, poi si mise ad inseguire la ragazza lanciandole delle punte di ferro affilate.

- Aaah!

Tia aveva quasi raggiunto l’ingresso quando una di queste le si conficcò nel polpaccio, costringendola a fermarsi.

L’Angelo era a pochi metri da lei, e la spinse a trascinarsi verso il centro della sala, nel disperato tentativo di strapparsi dal polpaccio la punta di ferro.

Giungendo nei pressi della teca nascosta, inciampò nel drappo che la copriva e cadde, trascinandoselo addosso e rimanendovi intrappolata. L’Angelo rise e rallentò l’inseguimento. Tia si liberò dalla stoffa e si rialzò appoggiandosi alla teca.

Quando ne scorse il contenuto, si ritrasse improvvisamente.

C’era un ragazzo.

Un ragazzo che stringeva tra le mani una spada dall’impugnatura particolare. Era circondata dalle spire di un serpente, tra le cui fauci sulla sommità stava una pietra di un colore indefinito tra il blu e il viola.

- Ma cosa…

L’Angelo sospirò.

- È il Capitano della Poison. Giustappunto lo ha fatto addormentare… Sono stato costretto a non dirti che si trovava qui, per tenerti buona ancora un po’… Non importa – spiegò, ricominciando ad avvicinarsi.

Tia aggirò la teca, spostandone erroneamente il coperchio di vetro, che si infranse sul pavimento. Uno dei frammenti entrò nell’occhio dell’Angelo. Poteva fuggire!

Scattò verso la porta, ma una mano la fermò.

Tia si voltò indietro certa di trovarsi di fronte la lama del coltello dell’Angelo e il suo orribile sorriso di sangue, ma non fu così.

Davanti a lei c’era un ragazzo dai capelli corvini dai riflessi blu lunghi, lisci e scompigliati, i tratti severi e dei magnifici occhi di un colore tra il grigio, il blu e il viola.

Era il ragazzo che dormiva nella teca.

Il Capitano della Poison.



___________________________________________________________________________________________________________

E questo era il terzo capitolo. Davvero, non vedevo l'ora che il Capitano entrasse in scena. E' uno dei personaggi che preferisco, sebbene non sia nè il più originale nè il più simpatico o potente. Ma lui è l'affascinante Pirata dagli occhi di tempesta che impugna la mitica spada Volucera e controlla la Poison... Non posso fare a meno di essere affezionata a lui!

Mano a mano che scrivo mi appassiono a questa storia, a Tia e a Panthalassa, non vedo l'ora che arrivino i capitoli successivi. Tra il quarto e il quinto prevedo guai. Nel prossimo presenterò il Capitano ed una donna particolare, bellissima e con un sorriso spaventosamente inquietante... In totale (compresi prologo ed epilogo) penso ci saranno circa venti capitoli, che ho già organizzato per bene.

Ringrazio Hellister perchè segue la storia e (dolcissima) commenta sempre - grazie, mi dai la forza per continuare!

Ringrazio anche chi ha messo la storia tra le seguite e chi semplicemente legge.

Mi raccomando, lasciate una recensione, ma soprattutto CRITICATE, perchè ne ho bisogno se voglio migliorare!

Baci e alla prossima,

 

 

Elyse

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 4. I tentacoli di Madame Sugàr ***


Thesecretdoor

Capitolo quattro

I tentacoli di Madame Sugàr

 

L’Angelo era rimasto immobile, con gli occhi feriti dal vetro sgranati a fissare il Capitano. Erano cinque anni che dormiva, senza morire, poiché era immortale, e che la sua spada uccideva chiunque scoprisse la teca e la sfiorasse. La mitica Volucera, forgiata per aprire il passaggio tra Pangea e Panthalassa, ora si ergeva tra le mani del Capitano, con la lama opaca poggiata sulla spalla pallida e l’elsa serpentina scurita dall’energia del suo portatore. Il Capitano indossava una casacca biancastra e logora stretta in vita da una fascia viola e blu, un paio di pantaloni marroni e una bandana rossa sulla chioma corvina.

Lo vide guardarsi intorno stralunato, mentre Tia Lube respirava velocemente, evidentemente spaventata dalla grossa spada del Capitano.

Non era possibile che si fosse risvegliato.

Questo poteva dire solo una cosa.

Che quella ragazza del mondo di sopra fosse destinata alla Volucera?

Il capitano teneva ferma Tia Lube e le aveva puntato contro la spada con un movimento pigro. L’Angelo non osava muoversi in presenza di quel demonio dal potere della morte.

- Chi saresti tu? – esordì il Capitano guardando Tia dall’alto in basso coi suoi occhi di tempesta.

- Tia Lube – rispose quella dopo un attimo d’incertezza.

- Tia Lube – ripetè il Capitano – Mi hai svegliato tu?

Tia tacque.

- Ho detto: Mi hai svegliato tu?

- No. Io non volevo svegliarti. Stavo fuggendo – rispose finalmente la piccola Lube.

L’Angelo inorridì quando il Capitano si voltò a guardarlo con quegli occhi violacei e  terribili.

- Fuggivi da lui?

Tia annuì.

Continuando a puntarle contro la spada il Capitano cacciò una vecchia pistola e puntò l’Angelo Ridente. L’Angelo era steso a terra, con l’occhio destro sanguinante e le ferite tutte riaperte dalla caduta. I vestiti neri erano logori e le braccia troppo lunghe protese verso il Capitano, imploranti.

- Tu non c’eri quando Giustappunto mi ha addormentato. Dimmi da dove viene questa ragazzina e come mi ha svegliato. Ora.

L’Angelo deglutì.

- E’ scesa ieri. Dalle scale di villa Bruni.

- Dalle scale? Royenne chiuse il passaggio!

- Evidentemente si è riaperto. Io… avevo… fame e… volevo mangiarla. Ma ha fatto cadere la teca che ti conteneva e ti ha svegliato.

- Mi ha svegliato quella ragazzina?!?

Tia iniziava ad avere le vertigini e a sentirsi irritata. Di che diavolo stavano parlando? Royenne? Passaggi? Ragazzina??? Non aveva idea di cosa stessero parlando.

Quel ragazzo dall’aspetto stravagante – come ogni cosa a Sottoscala, in ogni caso – era il capitano della Poison. Quindi poteva portarla a casa. Ma perché l’Angelo Ridente ne aveva paura? E perché il Capitano le aveva puntato la spada contro?

- Qualcuno mi spiega cosa succede?!? – esclamò, levandosi di dosso il braccio del Capitano.

L’Angelo la fissò meravigliato, mentre il Capitano si volse verso di lei assumendo un’espressione stupita.
Vi fu un attimo di silenzio agghiacciante.

L’Angelo terrificato passava lo sguardo da lei al Capitano, attendendone una reazione, mentre questi la guardava con occhi di fuoco.

- Cosa… Cos’ho fatto? – chiese Tia, tenendo sotto controllo la spada del ragazzo dagli occhi tempestosi.
Il Capitano scoppiò a ridere e avanzando la fece cadere con la spada, la cui lama le sfiorò nuovamente la gola, disegnandone il contorno delicato.

Il viso pallido e dai tratti regolari del portatore della Volucera risaltava controluce di fronte a lei, semicoperto da ciocche di capelli nero-blu.

- Non provarci più, ragazzina, capito? – disse sorridendo beffardo.

Tia sentiva la rabbia salirle, ma la pericolosa lama affilata le impediva di ribattere.

- Quindi è lei la prossima portatrice – sussurrò tra sé e sé lui – Dovrei preoccuparmi di una bimba?

- S… s… se è stata predestinata ci s… s… sarà qualche motivo… - balbettò l’Angelo.

- Ah-ah – annuì il Capitano, continuando ad osservarla – Avrei preferito ci fosse più difficoltà. E magari se fosse stata più bella, anche…

A quel punto la giovane Lube scoppiò e fregandosene della Volucera puntata alla gola si alzò ferendosi e puntò un dito contro il torace del ragazzo, almeno venticinque centimetri più alto di lei, che era un buon metro e sessanta.

- Senti, tu – esordì rabbiosamente – Io non so chi sei, cosa vuoi da me e perché. Ieri sono caduta da delle scale nella mia nuova casa e sono comparsa qui. Ho incontrato un drago, scoperto l’esistenza di nuovi mondi e sono stata implicata in faccende che non mi riguardano. Oggi sono stata quasi mangiata da un ex-incubo-statua cannibale e ho risvegliato te, che non conosco affatto. Mi vedo puntare una spada alla gola insieme a delle accuse senza senso… E di nuovo mi si vuole uccidere. Per la seconda volta nel giro di quattro ore massimo. Se non ti dispiace, posa quella cavolo di spada strana e spiegami che diavolo succede. Ah, e tieni lontano il cannibale lì. Inoltre se mi ritrovi il drago è anche meglio, è sparito da ieri, e non vorrei che l’Angelo se lo fosse mangiato…

Detto questo, Tia si rigirò incrociando le braccia, lasciando il Capitano con gli occhi sgranati e l’Angelo in preda al panico.

- Certo che hai un bel caratterino, Mia.

- Tia.

- È uguale.

- Non lo è.

- Sta’ zitta e ringrazia se non ti ho uccisa.

- Mi vuoi spiegare perché dovresti uccidermi?!? Io voglio solo tornare a casa, sulla Terra, a Pandemos, o come caspita si chiama!!!

Il Capitano si spazientì e la prese per i capelli bruni, costringendola a guardarlo.

- Ti devo uccidere per non morire, ragazzina.

- Ahi…

- Ti devo uccidere perché quando Giustappunto mi ha addormentato, Madame Sugàr ha predetto che chi sarebbe riuscito a svegliarmi avrebbe avuto il potere di uccidermi e prendere il comando della spada Volucera, della ciurma e della Poison, la mia nave.

Chiaro, zuccherino?

Tia annuì debolmente tentando di divincolarsi dalla stretta del Capitano.

- Se è come dici, Capitano, ti propongo un patto.

Il Capitano rise.

- Tu? A me, il capo dei Pirati di Panthalassa?

- Esatto. Se questa… Madame Sugàr… ha predetto la tua morte, è difficile per te evitarla, giusto? – la stretta del pirata si fece più forte mentre annuiva – Quindi sappi che a me non interessa né la tua spada, né la tua ciurma, né tantomeno la tua nave. Io voglio tornare a cas… Pandemos. Se tu mi ci porti, io non proverò nemmeno a toccarti. In caso contrario… Ho qualche asso nella manica…

E così dicendo tirò fuori dalla tasca del giubbotto l’accendino ed usandolo per bruciare senza farsi vedere qualche foglia dietro di lei. Fu questione di secondi, e il legno del tempio prese fuoco, convincendo il Capitano della concretezza delle doti speciali di Tia.

La lasciò a terra allontanandosi dal fuoco.

- Sta bene, strega. Andremo prima da Madame, però. Voglio parlare con lei di alcune faccende… su di te e su ciò che è accaduto ultimamente. Poi ti porterò al treno, in Pangea, e da lì puoi fare da sola. Ora però usciamo da qui, sta bruciando tutto! – gridò, correndo verso l’unica uscita: l’ingresso del tempio.

Tia annuì soddisfatta, pensando che il fuoco avrebbe almeno dato una sepoltura ai morti che l’Angelo aveva mangiato, poi lo seguì, rabbrividendo nel vedere l’Angelo che le veniva dietro addolorato per la distruzione del tempio.

Tia lo capiva, ma non riusciva a non provare orrore e risentimento verso quella creatura che aveva fatto cose tanto orribili e che per poco non aveva ucciso anche lei.

Una volta fuori, tutti e tre si volsero verso il tempio.

Fiamme rosso sangue si protendevano verso il cielo come anime imploranti.

Tia si lasciò cadere a terra, sporcandosi i jeans e sentendo sotto il sedere la ghiaia tra l’erba grigiastra.

Erano successe così tante cose in poco tempo. Due giorni, due giorni erano bastati per scoprire cose impossibili – e non in senso positivo.

Si voltò verso il Capitano, vedendo il riflesso delle fiamme negli occhi di tempesta di lui.

- Come ti chiami? – gli chiese.

Il Capitano parve riscuotersi da profondi pensieri mentre si girava verso di lei.

- Cosa?

- Come ti chiami, ho chiesto – ripeté Tia.

Lui la guardò dall’alto in basso.

- Nemmeno la mia ciurma sa il mio nome.

- Io non sono una pirata. E nemmeno sono cattiva.

- E’ una questione di onore. Tu non sei una persona di cui mi fido, perché dovrei dirti il mio nome?

- Vuoi dire che non ti fidi della tua ciurma?

- Ovviamente no. Sono pirati.

Tia sospirò.

- Quindi come dovrei chiamarti?

- Io sono il Capitano Nixalma della Poison. Puoi pronunciare il mio cognome, questo va bene, ma non ti dirò il mio nome.

La giovane Lube annuì e i due si lanciarono uno sguardo d’intesa.

Erano davvero simili caratterialmente.

Intanto l’Angelo piangeva in silenzio, poggiato ad un alpater, con il viso deturpato tra le mani.

- Giustappunto mi ucciderà per aver permesso che ti svegliassi! – piagnucolò – E il mio tempio è distrutto!

- Ti sta bene – disse Nixalma – Pensavi di poter impedire il mio risveglio? Illuso. E il tuo tempio faceva schifo. Puzzava di carogna.

Tia rimase stupita da tanta crudeltà, ma tacque. Il risentimento verso l’Angelo non poteva svanire.

- Andiamo, zucchero – le disse il Capitano – Dobbiamo fare una visitina a Madame Sugàr.

La piccola Lube dai capelli bruni annuì e lo seguì verso il sentiero a destra del tempio bruciante che s’inoltrava nel boschetto di alpater, tornando con gli occhi scuri verso l’Angelo.

- Non ti ucciderà, vedrai – disse, poco convinta – Andrà tutto bene.

Nello sguardo insanguinato dell’Angelo si accese una scintilla di follia.

- Va’ via strega! – sbraitò – VA’ VIA!

Tia si allontanò spaventata, abbandonando l’Angelo nella radura illuminata dalle fiamme.

 

Il sentiero era seminascosto dalla nebbia e Tia si chiese perché tutta Panthalassa fosse così oscura e invisibile. “Ovvio, è il mondo degli incubi. No. Ovvio un cavolo. Panthalassa non dovrebbe esistere!” pensò.

Nixalma avanzava rapido con la Volucera appesa alle spalle, protetta da una guaina di pelle. Aveva un passo veloce e silenzioso, mentre Tia arrancava faticosamente respirando con fatica. Per l’ennesima volta da quando un quarto d’ora prima avevano lasciato il tempio e l’Angelo pensò a tre cose. Pensò che aveva paura per Leadheed – e se fosse perito nell’incendio? Eppure non lo aveva visto lì.

Pensò che la strada era troppo lunga quando si è in un posto sconosciuto.

Infine pensò, per la quinta volta in tutto – le aveva contate – che Nixalma era carino. No, non carino, il termine esatto era certamente bono. Alto, più di un metro e ottanta forse, chiaro di pelle sebbene fosse un pirata (forse per la lunga permanenza lontano dal mare?) magro, con i capelli nero – blu e lisci che gli accarezzavano dolcemente il collo scoperto, il viso dai tratti leggermente orientaleggianti e quegli straordinari occhi cangianti. Potevi guardarli da una parte qualsiasi, continuavi a vederli muoversi. Il grigiazzurro assumeva le evoluzioni di colore più strane arrivando ad essere solcato da filamenti violacei come fulmini nelle nubi temporalesche. Era davvero bono, sebbene la parola non riassumesse di certo il concetto reale. Peccato per la bandana, nascondeva solo parte dei capelli ed era inutile, dato la grande illuminazione che vi era a Sottoscala.

Tia rinunciò a rivolgergli la parola – le mancava il fiato dalla fatica di stargli dietro – e cercò di riassumere i dati accumulati sul carattere del Capitano.

Era una sua abitudine, quella di fare il punto della situazione, per tenere tutto sottomano. Ora decisamente non ci riusciva.

“Il Capitano Nixalma è sfrontato, borioso, silenzioso, chiuso e riflessivo. So solo questo, troppo poco per poter definire se è una brava persona o no.”
Tra la nebbia cominciò a delinearsi la sagoma di una staccionata.

Mano a mano che si avvicinavano tutto si faceva più chiaro e riuscirono a vedere una staccionata bianca che circondava una villa all’inglese molto elegante, color albicocca, con un ampio giardino di rose rosa.
- Questo è il palazzo di Madame Sugàr.

Tia guardò prima Nixalma, poi sé stessa, e fermò il Capitano con il braccio.

-          E tu intendi entrare… vestito così?

Quello scoppiò a ridere levandosi di dosso Tia con un movimento fluido.

- Dove credi che siamo, a Pandemos, zucchero? Qui è tutto diverso, piccola.

- Me ne sono accorta – sussurrò Tia Lube – E smettila di chiamarmi così.

- Così come? Zucchero? Piccola? – chiese beffardo il pirata.

- Non trattarmi da ragazzina, razza di babbeo! Non avrai più di due anni più di me!

Ridendo Nixalma la prese per le braccia sollevandola verso di lui, mentre quella cercava inutilmente di divincolarsi e l’avvicinò al suo viso.

- Mi credi un cretino, Tia Lube? Un bimbetto viziato? Io vivo da molto più di quanto lo storico più bravo possa ricordare l’esistenza di un essere umano superiore. Oh, sì, zucchero, sono più grande di un bel po’. Non hai ancora capito come devi comportarti, strega? Puoi avere tutto il fuoco che vuoi. Io non ti lascerò fare la saccente su cose che nemmeno immagini, chiaro?

- Limpido – borbottò Tia Lube – Ma rimane il fatto che più di diciassette o diciotto anni non ne hai…

- Oh, ne ho molti di più… Non li conto più. Ma non invecchio. Mi sono fermato eternamente ai diciassette, in verità. E tu dovresti uccidermi. Potresti, tecnicamente. Ma sono sempre più convinto che tu non ne sia realmente capace… - commentò con un sorrisetto.

Tia s’irrigidì un po’ spaventata.

- C-cosa vuoi dire?

Se non le avesse creduto l’avrebbe uccisa senza aiutarla a tornare a casa! Aveva bisogno che lui la pensasse pericolosa.

- Voglio dire che voglio essere sicuro di poter risolvere la questione senza problemi.

- Cioè?

- Ucciderti, se mi hai mentito. Altrimenti ti porto a Pangea e il caso è chiuso, zucchero.

Tia stava per controbattere, col cuore che batteva forte per lo spavento, ma giunsero all’ingresso della casa, davanti al cancello bianco.

Nixalma lo spalancò e percorse la stradina che portava all’ingresso molto velocemente, lasciando indietro Tia. Bussò forte al portone di legno dipinto di bianco della villa e aspettò, mentre la giovane Lube lo raggiungeva.

Appena si trovò anche lei davanti alla porta, la vide spalancarsi, mostrando una donna davvero particolare…

Era poco più alta di Tia, con i capelli ricci e rosa acconciati come quelli di una dama ottocentesca, la pelle chiara e rosata come un fiore. Indossava un abito chiaro con un’ampia scollatura e la gonna lunga a campana, decorata con rose rosse e foglie verdi. Il suo viso era bellissimo. Era forse la più bella donna che Tia avesse mai visto. Eppure… Forse era quel cuoricino rosso sotto l’occhio sinistro, o forse il sorriso pazzoide, o magari le iridi di due colori diversi – verde e rosso -, ma Madame Sugàr aveva qualcosa che non andava.

Poi vide.

E svenne.

Non aveva i piedi.

Madame Sugàr non aveva i piedi.

Solo un garbuglio di appiccicosi, orribili, spaventosi, matti e sinuosi tentacoli viola al posto delle gambe.



___________________________________________________________________________________________________________

 

Ecco qua il quarto capitolo! Parlare di Nixalma, gente, per me è un piacere ed un onore allo stesso tempo. Per non parlare del suo rapporto conflittuale con Tia, che ha due anni di meno. Ora volevo precisare, anche se il motivo per il quale Nixalma decide di aiutare Tia Lube puà sembrare futile, sappiate che ci sono cose ancora non specificate sul ruolo della ragazza di Pandemos a Sottoscala, cose che diverranno più chiare grazie all'affascinante Madame Sugàr. Dunque passiamo ai ringraziamenti.

Ringrazio Lulabi ed Hellister, che seguono Tia nelle sue avventure e commentano costantemente aiutandomi col loro sostegno... Siete dolcissime e davvero, ci tengo alla vostra opinione.

Ma soprattutto voglio ringraziare Chandrajak. Sono felicissima che la storia ti piaccia e sì, hai capito bene, Elisabetta ha un ruolo importante nella storia. Capisco la tua compassione per l'Angelo Ridente e temo che con questo capitolo sia cresciuta, ma la realtà è che questo personaggio ha una personalità distrutta dalla terribile realtà in cui è costretto a vivere, quindi è decisamente giusta la tua pena, anche a me fa lo stesso effetto! Sono contenta che ti piaccia il nome di Tia e sì, direi che è paragonabile ad Alice, soprattutto perchè io scrivo ascoltando "Alice's Theme" di Danny Elfman. Ma dato cjhe solo una parte della storia si svolge a Panthalassa, questa atmosfera da "Wonderland" scomparirà graduatamente, per lasciare posto a Pangea con la sua solitudine fantastica e a Panurania con le sue nubi di velata malinconia... Comunque, volevo ringraziarti soprattutto per il consiglio. Spero che in questo capitolo le descrizioni siano più frequenti e accurate, perchè fino ad ora, presa dalla foga non vi ho dato molto peso, hai perfettamente ragione! Quindi sono felice che seguirai la mia storia e spero che continuerai a darmi consigli sino alla fine. 

Un enorme bacio a tutti insomma! Alla prossima, 

 

 

Elyse 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 5. La Profezia della Rinascita ***


LVDMDP

Capitolo Cinque
La profezia della rinascita

Madame Sugàr afferrò con un tentacolo la zuccheriera e con un altro una tazzina di tè, offrendoli al ragazzo dai capelli corvini che le sedeva di fronte. Quello rifiutò, preferendo versarsi un bicchierino di rum e Madame Sugàr chiamò il maggiordomo, ordinandogli di svegliare la giovane ospite svenuta. Il maggiordomo, con un’esilarante espressione grave, prese due coperchi di rame dalla cucina e li batté insieme, provocando un rumore assordante che oltre a svegliare l’ospite fece anche innervosire il ragazzo dai capelli neri.
- Finiscila con quel chiasso o ti uccido, cretino!
Tia Lube rinvenne al dolce suono di quelle parole e vide a pochi centimetri dal suo viso la faccia di una donna con gli occhi eterocromatici e un piccolo tatuaggio a forma di cuore sotto l’occhio.
- Ben svegliata, pasticcino! – esclamò Madame Sugàr sbattendo le folte ciglia e sorridendo ancora più pazzamente del solito.
Tia ricordò. Si trovava seduta su una poltrona dall’orribile tappezzeria rosa confetto, in un salottino dalle pareti verde chiaro decorate con ritratti di varie dimensioni con un soggetto comune: Madame Sugàr. Erano nel suo palazzo, e voltandosi verso destra Tia riconobbe Nixalma che ingurgitava una quantità impossibile di liquido color ambra. Suppose che non fosse succo di mela.

- Sono svenuta…- borbottò. In effetti non ricordava perché fosse svenuta.
- Oh, non preoccuparti, pasticcino. Io sono Madame Sugàr e questo è il mio palazzo. Tu sei Tia Lube, no?
Sorrise, porgendole un tentacolo bluastro. Prima di accorgersi di cosa Madame le stava porgendo, la piccola Lube afferrò il tentacolo, per poi urlare al contatto con quella escrescenza umida e flaccida.

- Ma lei ha… i tentacoli!

- Oh, non dovrei? Ih ih ih, che sbadata! – ridacchiò.

- Perché ha i tentacoli? – sussurrò Tia a Nixalma.
- E’ un incubo. Cosa ti aspettavi, unicorni rosa? – le rispose quello, mostrando di non aver affatto perso la lucidità anche dopo una buona bottiglia di rum.
Tia non poteva distogliere lo sguardo da quelle protuberanze violacee e mollicce, che maneggiavano zucchero, teiera, tazzine e cucchiai a velocità supersonica.

- Comunque, ora che sei sveglia, possiamo cominciare. Io direi, pasticcino, che per prima cosa io ti debba spiegare qualcosa – esordì Madame Sugàr, offrendole il tè.

Tia prese la tazzina e lasciò che Madame aggiungesse un paio di cucchiaini di zucchero.

- So già la storia dei mondi… - specificò, mescolando il tè.
- Oh, ma io non mi riferivo ai mondi di Pan, pasticcino. C’è qualcosa che ancora non sai a proposito della tua vecchia casa, ma soprattutto a proposito della famiglia che vi abitava… E non sai nulla della profezia, suppongo.

Tia scosse la testa, rapita dalle parole della strana donna.  

- Di che profezia parla?

- Della profezia della rinascita, ovviamente – specificò Nixalma. – L’ha profetizzata lei.

- Esatto, – assentì Madame. – sono io che ho predetto la rinascita. Devi sapere che una volta nella Villa Bruni viveva una famiglia composta da cinque persone: un ingegnere con sua moglie, le loro figlie Elisabetta e Rossella e la nonna da parte di padre. Rossella era una veggente e predisse, come me, la rinascita. I mondi di Pan, una volta formanti l’unico pianeta Pan, si sarebbero riuniti grazie alla prescelta, ma l’unione dei mondi avrebbe portato ad un grande risorgimento: l’umanità, le costruzioni, gli animali e la flora, tutto sarebbe scomparso con l’unione dei mondi, per dare inizio ad una nuova era. E il fato decise che la prescelta fosse proprio Elisabetta, la sorella maggiore di Rossella, che avrebbe riunito i mondi un volta giunta a Panurania. Sia io che Rossella predimmo che sarebbe morta nell’unificazione, ancora prima di tutti noi. Per impedire che ciò accadesse, Rossella aprì il passaggio tra Pandemos e Panthalassa proprio a Villa Bruni e una volta qui insieme lo chiudemmo per sempre. Questo perché da Pandemos non c’è modo di arrivare a Panurania, Pandemos ha solo il passaggio per Sottoscala. Perciò Elisabetta per compiere il suo destino avrebbe dovuto usare un’altra via: andare a Panthalassa e da Panthalassa a Pangea, poi da Pangea a Panurania, poiché l’unico passaggio per Panurania è proprio a Pangea, così come l’unico passaggio per Pangea è a Panthalassa. Ci vollero anni per bloccare il passaggio, anni durante i quali i genitori di Rossella ed Elisabetta scoprirono il passaggio e finirono qui, seguiti dalla nonna, poi, prima che Elisabetta scoprisse il passaggio, lo bloccammo con un sigillo. Rossella prese il nome di Royenne e insieme a me rimase a palazzo per osservare i cambiamenti del futuro. Purtroppo il futuro non era mutato. E così Royenne, i suoi genitori e sua nonna lasciarono Panthalassa e il Capitano della Poison li portò a Pangea. Di loro non abbiamo più saputo nulla. In compenso, Giustappunto è diventato re e ha addormentato Nixalma – poiché lui non può morire. Ho predetto che una ragazza avrebbe svegliato Nixalma e ne avrebbe preso il posto, e ora eccoti qui. Ma non sapevo che saresti venuta da Pandemos.

Ora, il Capitano mi ha detto del vostro accordo e lo trovo ragionevole, sappi che tu potresti controllare la mitica spada Volucera che comanda la Poison e diventare così l’unica in grado di viaggiare per i mondi di Pan, perciò conviene ad entrambi che tu ritorni a Pandemos, se la Poison non t’interessa.

- Scusi, Madame, ma due cose non sono chiare. Primo: se Elisabetta non ha trovato il passaggio, dov’è ora? Ha abbandonato la casa ed è sparita.
- Non so dove sia. Le visioni non lo mostrano, dolcezza.
- E allora… perché mi ha raccontato questa storia, Madame? Cosa c’entro io?
- C’entri, c’entri… - le interruppe Nixalma, poggiando le gambe sul tavolino da tè.

- C’entri, eccome, pasticcino! – approvò Madame. – Ultimamente il futuro si è fatto più nitido. Non ci sarà nessun olocausto! E i mondi non si riuniranno. Elisabetta ha il compito di separarli del tutto, di cancellare i passaggi, e la prescelta della Volucera soltanto può ritrovare colei che deve compiere il destino! E’ stato predetto: tu troverai Elisabetta e la condurrai a Panurania con la nave e la spada che ora sono di Nixalma. Però se a te la nave non interessa, come ho già detto, sarà il Capitano solo a fare le tue veci nel compiersi della profezia.

Tia Lube si morse il labbro inferiore, passandosi una mano tra i capelli castani e puntando Nixalma con lo sguardo.

- In pratica ci sono dentro fino al collo.

Madame annuì vigorosamente.

- Esattamente, pasticcino!

Tia si prese il viso tra le mani.

- Voglio tornare a casa. Me ne frego di tutto, e basta. Oggi ho rischiato di morire per due volte. Non voglio rimanerci secca. Specialmente non qui.

- E allora ti riporto a casetta, zucchero – concluse Nixalma, ficcandosi un’altra bottiglia di rum nella sacca di pelle appesa al suo fianco. – Louise, tu vieni con noi?
- Se il futuro dovesse cambiare potrei servirvi, quindi, certo che sì, Ully!
- Ully? – chiese la piccola Lube. – Il tuo nome è Ully?
Nixalma scosse la testa nervosamente.

- A Louise piace chiamarmi così, zucchero.

Poi si alzò di scatto facendo cadere una tazza di tè, che il maggiordomo si affrettò a recuperare.

- Dobbiamo andare al lago Moth, alla mia nave. E ritrovare la vecchia ciurma, ovviamente. Una ventina di persone, schifosissimi pirati. Porta più rum, Louise, ce ne vorrà un po’ prima di raggiungere Pangea. E quegli scrocconi sono sempre assetati di rum – disse, per poi rivolgersi a Tia. – Che ne dici di portare qualcosa anche tu, strega? O non vuoi che ti si rovinino le mani?
Madame Sugàr si alzò e Tia la imitò.

- Domani mattina partiamo, Ully, te lo prometto. Ma ora penso che siamo tutti e tre molto stanchi e dobbiamo essere freschi per il viaggio. Per oggi rimarrete qui, nelle stanze degli ospiti, e domani farò portare alla Poison tutto il rum che vuoi, Nixalma. Ora però, direi che per me è ora di riconsultare la sfera e voi non potete assistere, quindi il maggiordomo vi accompagnerà nelle vostre stanze. Più tardi ci organizzeremo per riunire la ciurma e prendere la nave senza che Giustappunto venga a sapere che il Capitano è sveglio – dopotutto penso che l’Angelo non gli abbia detto nulla, dato che se Giustappunto sapesse che ti ha lasciato andare lo ucciderebbe. Il passaggio è lontano, Ully?
- No, – rispose Nixalma – ma credo sia impossibile che Giustappunto non sappia che mi sono svegliato. Dovremo per forza incontrarlo, perché il passaggio è nel suo castello.

Madame sorrise battendo la palpebra destra come in preda ad un sinistro tic.

- Dovremo incontrarlo?

- Temo di sì, Louise.

Tia vide gli occhi di Madame Sugàr diventare entrambi rossi e la donna crescere di altezza fino a toccare il soffitto, coi tentacoli che uscivano dalla veste lunghi il doppio di prima. La pelle rosea di Madame si era fatta più scura e violacea, il viso era illuminato da uno sguardo rosso fosforescente e il sorriso inquietante si era trasformato in una smorfia di orrore, disgusto ed odio. I tentacoli frustavano l’aria, rischiando di ridurre in frantumi l’arredamento del salottino e la stessa Tia.

Nixalma non sembrava affatto spaventato da quella visione demoniaca, e nemmeno aveva messo mano alla Volucera.

- IO NON VOGLIO VEDERE QUEL BASTARDO – urlò Madame con una voce profonda e raschiante, tutta l’opposto dello smielato tono di prima. – MI HA CACCIATA DA PALAZZO PERCHè AVEVA PAURA DI ME! PANTHALASSA ERA MIA, MIA! E LUI L’HA RUBATA, SPORCO LADRO MALEDETTO!
- Sta’ calma, Louise. Non c’è altro modo, e ti prometto che ora che sono sveglio ti aiuterò a farlo fuori, cara.

Madame Sugàr riacquistò il suo naturale colorito e la sua altezza, ma l’espressione e la lunghezza dei tentacoli rimase inalterata.

-          Va bene, Ully. Vedrò quello stronzo e lo ucciderò, stanne certo.

 

 

Sulla capigliatura color confetto ora Madame indossava un bruttissimo cappello fucsia a tesa larga decorato con quanto più di cattivo gusto si poteva trovare. Aveva riacquistato il suo sorriso inquietante e il suo aspetto originale. Nixalma sonnecchiava sul divanetto di qualche ora prima con in mano un’altra bottiglia di rum.

- Allora, ricapitoliamo… - disse Tia, afferrando una fetta di torta al cioccolato. – Ci divideremo: Nixalma va al lago Moth per recuperare la Poison mentre io e Madame andiamo da Mastro Aggiustatutto per sapere dove si trova Giustappunto. Poi raggiungiamo Nixalma e insieme cerchiamo la ciurma in un pub sulle rive del lago. Insieme ci accorderemo per partire. Giusto?

Madame batté le mani e i tentacoli.

- Giusto, pasticcino, faremo così. E dopo aver trucidato Giustappunto partiremo per Pangea!
Nixalma sollevò il braccio con la bottiglia in mano in segno di assenso.

- E ti riporteremo a Pandemos, mentre io e Louise ce ne andremo a cercare con la ciurma la prescelta. Yo-oh! – biascicò Nixalma, dimostrando che dopo due bottiglie e mezza di rum la sbronza si faceva sentire.

- Vedi di contenerti con quella roba se vuoi almeno reggerti in piedi domani – lo ammonì Tia.

- Sta’ zitta, zucchero, il rum per me è acqua.

Tia lo guardò storto.

- Si vede.

- Su, dolcezze, smettetela di litigare. E’ quasi ora di cena e direi che stasera sarà bene andare a letto presto – li calmò Madame Sugàr con il suo solito tono dolciastro.

- Solo una cosa, Madame, - iniziò Tia un po’ preoccupata – Ieri ho incontrato un traghetto blu che mi ha seguito dall’Angelo… Stamattina però era sparito. Ecco, io… sono preoccupata. Lei sa per caso dove si trovi?
Madame sorseggiò il tè e lo posò sul tavolino, poi diede un’occhiata al fondo della tazza.

- Oh, - disse – non c’è nulla da temere, pasticcino, anzi! Il tuo amico drago è precisamente…

Madame si alzò e aprì una finestra. Una piccola macchia di colore blu schizzò a tutta velocità verso la giovane Lube facendo ribaltare la poltroncina dov’era seduta.

-… Qui.

- Leadheed!
Il drago grugnì accoccolandosi in grembo a Tia che l’abbracciò forte.

- Pensavo fossi morto… Come facevi ad essere qui?

- Ti ha seguito per tutto il tempo – rispose Nixalma al posto del drago – Non te n’eri accorta?

Tia diventò tutta rossa e sgranò gli occhi.

- Leadheed non ci ha mai lasciati e tu non mi hai detto nulla?!? Mi sono preoccupata per niente!

Nixalma aprì un occhio rivolgendole un’occhiata sprezzante.

- Io non ti devo nulla, strega, quindi finiscila di fare l’isterica e non ti allargare troppo, mi basta un colpo di spada per farti fuori.

- Veramente, no – precisò Madame Sugàr. – Non puoi ucciderla con la Volucera, perché lei è stata scelta dalla Volucera stessa.

Il Capitano sbuffò.

- Sciocchezze. Comunque io quella lucertola troppo cresciuta non ce la voglio sulla mia nave, quindi salutala.

Leadheed sbuffò forte svolazzando verso Nixalma con intenti tutt’altro che buoni. Tia provò a bloccarlo, ma prima che vi riuscisse il drago sputò una bella fiammata contro il Capitano della Poison, bruciacchiandogli il bordo della casacca sdrucita.

- TU, BRUTTO RETTILE CON L’ALITO PESANTE, COME TI SEI PERMESSO?!? – sbraitò, sguainando la Volucera. – TE LO FACCIO VEDERE IO IL FUOCO…! TI TAGLIO QUELLA LINGUA BIFORCUTA!
Madame Sugàr bloccò il braccio di Nixalma con un tentacolo, che quello prontamente mozzò di netto. Tia trattenne il fiato per la paura.

Inaspettatamente, il tentacolo ricrebbe velocemente, e né Madame né Nixalma ne erano stupiti.
- Sta’ calmo, Ully, non mi pare il caso di mettersi a discutere con un dolce animaletto da compagnia.

- Dolce animaletto da compagnia…?!? MI HA QUASI DATO FUOCO!
- Ssh, abbassa la voce! E poi, sei tu che l’hai insultato. Su, lascialo venire con noi, potrebbe esserci utile…

Leadheed e il Capitano si guardarono in cagnesco. Dopo un po’, con un grugnito, il drago tornò ad acciambellarsi su una ancora molto spaventata Tia e Nixalma si distese nuovamente sulla poltrona, attaccandosi alla bottiglia di rum come il signore degli ubriaconi.

- E va bene. Ma tienilo buono, zucchero.

Tia, pur di non dargliela vinta, tacque, ma sorrise al drago e portò alla bocca l’ennesima sorsata di tè.

 

 

_________________________________________________

E quindi siamo arrivati quasi all’inizio del vero e proprio viaggio. Spero di essere stata chiara nella spiegazione della storia dei Bruni e del ruolo di Tia! Scusate il ritardo, ma il pc si era rotto e aveva cancellato il capitolo (che dovevo solo postare) già bello e scritto. Comunque, il primo nucleo della tragicomica ciurma della Poison è nato: Tia, Nixalma, Madame e Leadheed sono i primi “pirati”, e altri se ne aggiungeranno – principalmente nel prossimo capitolo, ma anche in seguito. Ringrazio fortemente Hellister (dulceee :3) e chi ha messo la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite. 
Alla prossima!
Baci,

 

 

 

Elyse

 

PS: Mi scuso per i caratteri minuscoli, ho qualche problemino con l'HTML >.<

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 6. La bottega di Mastro Aggiustatutto ***


LVDMDP

Capitolo Sei
La bottega di Mastro Aggiustatutto

 

 

La bottega di Mastro Aggiustatutto era null’altro che una baracca di legno sciupata dal tempo con un’insegna che pendeva da un lato.

Madame Sugàr procedeva sul sentiero davanti a lei impugnando un ombrellino da sole rosa confetto bordato di pizzo. Faceva un po’ impressione vederla scivolare con eleganza sui tentacoli violacei come se stesse passando sul ghiaccio invece che sulla roccia viva.

Tia indossava un abito che le aveva prestato Madame, totalmente privo di gusto, fucsia, verde, giallo e azzurro, decorato con fiori finti e abbinato a un cappellino fucsia che sembrava un cesto di frutta per quanto ne era pieno. Frutta finta, ovviamente.

Dalla bottega sul ciglio del sentiero provenivano suoni di risate e rumori di legno spaccato e martelli che battono.

-          Madame, ma che genere di lavoro fa questo… Aggiustatutto…?

-          Te lo dice il nome, sciocchina! Aggiusta! Aggiusta tutto. Aggiusta persino gli incubi di Sottoscala se si rompono, ih, ih, ih!

Tia aggrottò la fronte.

-          In che senso aggiusta gli incubi di Sottoscala?

Madame sorrise enigmaticamente.

-          Ricordi i nomi di Panthalassa, pasticcino?

-          Uhm… Panthalassa, Sottoscala, Paese dei Pupazzi.

-          Esatto. Paese dei Pupazzi. Io, Leadheed, Ully Nixalma, i pirati e i miei servitori sono tra i pochi abitanti “reali” di Panthalassa. Gli altri sono pupazzi. Giocattoli. Oggetti inanimati ma animati. Come lo era l’Angelo Ridente prima di essere trasformato.

-          Oggetti inanimati, ma animati…? – sussurrò Tia, confusa. – In che senso?

-          Ora lo vedrai – rispose Madame bussando alla porta della bottega.

I rumori all’interno della bottega cessarono.

Non una risata, non un suono di legno battuto sfuggiva dalle crepe tra le assi marce.

Poi la porticina rotta, con non poche difficoltà, si aprì cigolando.

Madame si piegò sui tentacoli per passare dalla bassa entrata, e Tia dovette stare attenta a non far incastrare la campana di legno che serviva a tenere larga la gonna.

Dentro, la capanna era occupata da scaffali su tre pareti.

Gli scaffali erano pieni di bambolotti, trenini, giocattoli, biciclette, orologi, occhiali e oggetti di ogni tipo, tutti rotti, usurati o difettosi.

Una lampada a olio posata su una scrivania piena di fogli e pezzi di ricambio diffondeva nella bottega luce soffusa.

-          Oh, Mastro Aggiustatutto! – cinguettò Madame. – Sono Louise Sugàr! La cara Madame, ricorda?

Da una scala che scendeva nel pavimento a partire da vicino alla scrivania, ricominciarono i rumori di prima.

-          E’ lì, Mastro? – chiamò Madame. – Possiamo scendere?

Nessuno rispose.

-          Forse è meglio che scenda solo io, cara Tia. Rimani qui con Leadheed – disse, scivolando lungo le scale, Louise Sugàr. – Torno subito, pasticcino.

Tia Lube annuì e cominciò a guardarsi intorno.

Leadheed sbuffava fumo e svolazzava intorno a Tia nervosamente, gli occhietti gialli intenti a fissare i pupazzi sugli scaffali.

Ad un tratto, si sentì un risolino,

Lieve e soffocato, proveniente dalle loro spalle.

-          Ciaociao, Tia. Ih, ih, ih!

Tia trasalì.

Dietro di loro, un uomo dai lunghi capelli d’argento le cui ciocche sembravano essere appese lungo le pareti (perché scendevano dall’alto), sedeva in un angolo.

Era magro e spigoloso, con addosso un completo scuro e sul cuore un orologio. Sembrava incavato nel petto, al posto del cuore. I capelli viventi che tendevano verso l’alto coprivano parte del viso, lasciando scoperto un occhio molto strano.

Aveva due iridi.

Una sopra, una sotto.

Una rossa, una azzurra.

Una toccava la palpebra inferiore, una quella superiore.

E ruotavano, come se il suo bulbo oculare fosse privo di nervo ottico e quindi libero di muoversi a suo piacimento.

-          Chi sei tu? – chiese la ragazza di Pandemos indietreggiando fino a toccare la scrivania.

-          Truth Untime. Sono il Dio del Tempo di Panthalassa. E’ me che venerano qui, perché qui il tempo non passa mai. Al contrario degli altri mondi. – disse, con quella sua voce bassa, gentile e macabra allo stesso tempo.

-          Untime? Nessuno mi ha parlato di te.

-          Il Capitano non mi ama particolarmente. E la Veggente non riteneva necessario dirtelo.

-          Cosa vuoi?

Truth Untime rise, fermando il ruotare dell’occhio sull’iride rossa.

-          Che ci fai tu qui, TiaLube?

-          Sono caduta dalle scale. E la Volucera mi ha prescelta.

-          Sicura?

-          Certo!

-          Non hai mai pensato che ti abbiano mentito? Che il Capitano, Madame e l’Angelo siano pazzi?

Tia rabbrividì. No, non ci aveva pensato, in effetti.

-          Senti, non so come tu sappia il mio nome, perché io sia qui e tutto il resto, ma ti chiedo di lasciarmi in pace e di andartene.

-          Ohoh! Non ci aveva pensato, TiaLube del mondo di Demos! Cosa sai di Panthalassa? Potrebbe essere un mondo di pazzi.

-          Nixalma non sembra pazzo.

-          Stando coi pazzi si impazzisce.

-          Sto perdendo la pazienza…

-          Ohoh, che caratterino. E se il treno per Pandemos in realtà sia la morte? Nella mente dei malati tutto è possibile… Se ti uccidessero? A Nixalma basterebbe un colpo di spada…

-          Non può, sono la prescelta… Non morirò…

-          Ossì, invece, TiaLube! Tanto è vero che io sono Truth Untime tu morirai prima di compiere il destino.

E così dicendo il Dio del tempo crebbe di statura, riempiendo la capanna di buio e fumo nero. Nel fumo, scomparve, mentre gli oggetti sugli scaffali cominciarono a gridare.

- Arrivano! – gridavano – Arrivano!
Tia strinse al petto Leadheed fissando gli oggetti che si animavano, contorcendosi in spasmi di dolore e urla spaventate. Il vestito non le permetteva di rannicchiarsi in un angolo per nascondersi – e da cosa, poi? – e si trovò a maledire Madame per non averle dato dei pantaloni.

In lontananza, rumore di passi.

E canti.

- Uno, due, due e tre,

Di più triste non ce n’è.

Tre e quattro, quattro e cinque,

dove sei da loro s’evince!
Quattro e cinque, cinque e sei,

Sono i pazzi, sono i rei!

Cinque e sei, sei e sette,

qui sono i pazzi che sconfiggeste!

Sette e otto, otto e nove,

Vorrei tanto essere altrove!

Che la luce non arriva,

 a Panthalassa, non arriva!

E se il buio ancor perdura,

la via sarà più insicura,

e per Angelo Ridente,

la fortuna sarà splendente!
Arrivano i Baiocchi del Re!

A portare l’ingiustizia a morte!

A Giustappunto gloria e onore!

Tia riconobbe in quel canto che si faceva sempre più vicino quello che aveva sentito arrivando a Panthalassa e sentì Leadheed tremare.

-          Chi sono i Baiocchi del Re? – chiese, guardando il drago.

-          Le terribili guardie di Giustappunto! Se ti trova e scopre chi sei ti ucciderà! – gridò una bambola di porcellana senza braccia da uno scaffale.

-          E perché?

-          Odia il Capitano e tu sei sua erede! – rispose la bambola.

-          E poi odia anche Madame, la teme perché è forte! E tu sei con lei! – aggiunse una trombetta.

Tia si ficcò sotto la scrivania, accovacciandosi quanto più la campana di legno della gonna le rendeva possibile. Sperò che Madame stesse finendo con Mastro Aggiustatutto e cercò di calmare il drago spaventato.

-          Arrivano! – gridarono i giocattoli. – Arrivano!

I passi e i canti provenienti dall’esterno si fecero vicinissimi e poi s’interruppero.

Tia sentì qualcuno che apriva la porta della baracca a calci e trattenne il fiato, tenendo buono Leadheed.

I Baiocchi entrarono, e Tia li scorse da sotto la scrivania.

Erano grossi e rotondi.

Erano freddi e lisci.

Erano uova.

Uova dipinte con facce tutte uguali appese da una parte a strani filamenti argentei che le facevano rotolare. Tia si trattenne dallo scoppiare a ridere ed uscì fuori dalla scrivania.

“Delle uova colorate! Tutta questa paura per delle uova colorate!” pensò.

Ma Leadheed non volle uscire allo scoperto.

Tutti i Baiocchi si voltarono verso Tia.

-          Tia Lube? – dissero in coro.

-          Sì, sono io.

-          Sei in arresto per conto del Re.

Tia trasalì.

-          Cosa? Ma perché?

-          Perché Due Non Fa Tre! Così ha detto il Re! – risposero i Baiocchi. – Devi venire con noi. Volente o nolente.

Tia scoppiò a ridere.

-          Altrimenti? Mi rotolate addosso?

I Baiocchi si avvicinarono coi loro testoni rotondi.

-          Esatto!

Le uova accerchiarono Tia rotolandole attorno e la costrinsero a camminare in quel modo.

La portarono fuori dalla Bottega, e nulla servì a Tia invocare Madame Sugàr.

Nessuno la sentì e gli oggetti degli scaffali tacevano.

Tia inorridì al pensiero di essere nelle mani di Giustappunto.

“E adesso?” pensò.

I Baiocchi continuarono a rotolare al suo fianco conducendola verso il Castello di Reoccio Giustappunto.

 

________________________________________________________________________

Capitolo Sesto = Complete! E vi presento Truth Untime e i Baiocchi. Il primo tenetelo a mente, è un personaggio abbastanza importante nella storia…

Scusate il rilento, ma la scuola incombe T__T Comunque, grazie a Hellister – luce dei miei occhi! *___* - dolcissima e costante, e a tutti quelli che seguono la storia. Oggi vado un po’ di fretta ma devo andare assolutameeente a studiare. E sono già le 16.06. Bacionissimi!

 

 

 

Elyse

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 7. Reuccio Giustappunto ***


LVDMDP

Capitolo Sette

Reuccio Giustappunto

 

 

 

 

 

Madame Sugàr batté i pugni sulla scrivania di legno nella bottega di Mastro aggiustatutto.
Il suo corpo aveva di nuovo assunto l’aspetto mostruoso del giorno prima, coi tentacoli che colpivano i giocattoli sulle mensole e gli occhi rossi furenti.
- Quel bastardo l’ha rapita! E la colpa è tutta tua! – sbraitò.

Mastro Aggiustatutto scansò le sue membra legnose dalla scrivania, evitando per un pelo di essere colpito dalla furia di Madame.
- Tu hai chiamato i Baiocchi!
- No, Madame, WIP! Io non ho chiamato i Baiocchi WIP! – disse Mastro, con la sua voce dal tono finto, come se fosse stata emessa da un registratore, ed interrotta da sonori fischi.
- Sta’ zitto stupido burattino. Sei un altro leccapiedi di Giustappunto!
Mastro Aggiustatutto batté le palpebre legnose spalancando gli occhi vitrei e i fili ai quali i suoi arti erano legati lo portarono vicino a Madame.

-          E’ stato Untime WIP!

Madame fece un passo indietro, tornando al suo stato originario.

-          Untime? Truth Untime?

-          Sì, WIP, sì! Il dio del tempo.

-          Chi te lo ha detto?

-          Le bambole, WIP, tutto hanno visto le bambole WIP!

-          Untime ha chiamato i Baiocchi… Perché? Cosa gli importa delle faccende di noi incubi?

-          Si tratta della profezia, WIP! Se si compie lui perderà potere… WIP!

-          E’ vero. Se i quattro mondi sono divisi si generano tre dei del tempo separati. E lui non avrà più potere su Pangea, Pandemos e Panurania… Vuole Tia morta!

-          Oppure a casa, WIP.

Madame afferrò la marionetta di legno dai fili che la guidavano e tirò forte.

-          Ma la profezia si avvererà, maledetto Untime! Mi senti? – gridò, tirando di più i fili – Si avvererà! E noi saremo liberi da te e da Giustappunto!

 

 

 

Ogni sentiero di Panthalassa conduce alla Reggia Incubus.

Il castello, in quello che a Pandemos si sarebbe detto stile gotico molto accentuato, era di un marmo grigio che nel tempo si era annerito, sottoposto agli sbuffi dei draghi che intorno vi circolavano liberamente. Nasceva dalla roccia viva di un enorme scoglio emergente dall’estremità orientale del lago Moth e aveva quattro ingressi, dai quali partivano i principali quattro sentieri di Sottoscala: quello per il Tempio di Angelo Ridente, quello per il Palazzo di Madame Sugàr, quello per la bottega di Mastro Aggiustatutto e quello principale che dalle Scale portava al castello, passando per il percorso più breve lungo le rive del lago, attraverso i villaggi delle streghe e il covo dei pirati.

Camminando senza nemmeno poter scorgere l’orizzonte, accerchiata dalle buffe forme ovoidali dei Baiocchi, Tia Lube era giunta all’ingresso della Reggia Incubus.

Le facciate, come gli ingressi, erano quattro, nere, piene di fregi raccapriccianti e irreali, solcate da lunghe e strette finestre di vetro colorato.

Il portone principale si aprì cigolando, lasciandoli passare.

All’interno, un lungo tappeto di velluto cremisi attraversava la sala dal pavimento a scacchiera bianco e lilla, attraverso una fila di strette colonne rastremate verso una enorme sala centrale coronata da un trono di nero cristallo montato su una costruzione dello stesso materiale molto alta.

I Baiocchi rotolarono via, permettendo a Tia di vedere chi stava seduto sul trono.

“Sono proprio curiosa di vedere questo Giustappunto” pensò.

Quando lo vide, poco mancò che svenisse.

No.

Non era possibile.

Guardò meglio per assicurarsi di non aver visto male.

Neanche. Aveva visto bene.

Si avvicinò per guardare meglio e i suoi passi risuonarono sul pavimento lastricato.

Rivolse di nuovo lo sguardo al trono.

Di nuovo non poteva credere ai suoi occhi.

Seduto sull’alto trono, con la corona sul capo e un mantello d’ermellino, non c’era nient’altro che….

Un coniglietto.

Un dolce, piccolo coniglietto rosa di pezza legato a fili d’argento simili a quelli dei Baiocchi.

 

 

Truth Untime tirò con dolcezza una ciocca brillante dei suoi infiniti capelli e sorrise.

Dalla dimensione Temporexia dove il dio viveva riusciva a vedere tutto ciò che desiderava. Nel buio profondo il portale su Panthalassa gli mostrò Tia Lube, giunta alla Reggia Incubus dopo che lui aveva informato i Baiocchi del re della sua presenza.

Era così… divertente.

Instaurare in lei – già così insicura e incerta – dubbi e paure.

Quella storia, se si fosse conclusa, lo avrebbe rovinato, limitando la sua influenza a Sottoscala.

In verità, ad Untime non era mai passato per la testa di perdere.

Era un dio…!

Quella troupe di pazzi non aveva scampo.

Giustappunto avrebbe ucciso Tia e Nixalma per suo ordine.

Truth Untime aggrottò la fronte.

Nixalma.

Era potente.

Maledettamente potente.

Probabilmente era, dopo di lui, la persona più potente dei quattro mondi.

Era l’unico portatore della spada Volucera e il capitano dell’unico mezzo che potesse viaggiare per i mondi di Pan: la nave Poison.

Inoltre, era spietato.

Di nuovo, il dio rise.

Persino l’adrenalina, il dubbio che magari Tia Lube non fosse debole come sembrava, era piacevole, un passatempo quasi.

Quella storia era una delle poche cose interessanti che era capitata da millenni.

 

 

 

-          E quindi tu sei Tia Lube! – esclamò re Giustappunto, rivolgendo i suoi occhi di bottoni alla ragazza di Pandemos, ancora incredula davanti a quella marionetta rosa.

-          S-sì. Sono io. Tu sei Giustappunto? – balbettò Tia, scostandosi i capelli castani dal viso stanco.

-          Sono il re Giustappunto!

Tia Lube inarcò un sopracciglio.

“Un pupazzo che è un re. Ed è pure permaloso.”

-          Perché mi avete fatta portare qui?

-          Perché Due non fa Tre! Così ordina il Re! – ribatté Giustappunto puntando le braccine morbide.

Tia si spazientì.

Tutto il piano che avevano progettato per riportarla a Pandemos era saltato, e si trovava al cospetto di un re-pupazzo di cui non riusciva ad avere paura – nonostante fosse esplicita la sua ostilità.

-          Ora basta! – gridò. – Io ho il diritto di sapere cosa vuoi!

I Baiocchi stavano rotolando verso di lei, ma Giustappunto li fermò.

- Io ti ammazzo, Tia Lube. Perché Dio me lo ha ordinato, ma anche perché voglio rimanere al trono di Panthalassa, e non permetterò a Nixalma di aprire il passaggio per Pangea!

Tia rabbrividì.

I Baiocchi rotolarono attorno a lei.

- Portatela nelle segrete. Sarà uccisa domani all’alba.

- Perché?!? – gridò Tia, tentando di allontanarsi dai Baiocchi.

Giustappunto sbadigliò.

- Perché fa scena. Buona ultima giornata, Tia Lube.

I Baiocchi si strinsero attorno alla giovane Lube, soffocandola in una morsa di orrore.

 

 

 

 

 

E siamo al… Settimo! Eggià… E qui non c’è presente Nixalma. La cosa mi è un po’ dispiaciuta, perché io adoro il mio pirata blu, ma prometto che nel prossimo capitolo avrà un ruolo fondamentale! Truth Untime ancora non sa quanto questa ciurma di pazzi potrà opporsi a lui… Aspettatevi sorprese in futuro!

Nel prossimo capitolo vi presenterò la Poison, la meravigliosa nave dalle vele speciali, nonché i Pirati di Panthalassa… E poi lascerò per un po’ Panthalassa per tornare a Pandemos a Villa Bruni.

Ringrazio la mia adorata Hellister (meravigliosa e dolcissima)  e tutti quelli che seguono la storia o l’hanno messa tra le preferite e le ricordate =D mi date forza, gente. Molto! Specialmente ora che sono particolarmente giù. Vi mando un bacione grande grande!

 

 

Elyse.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 8. I Pirati di Panthalassa ***


LVDMDP

Capitolo Otto

I Pirati di Panthalassa

 

Nixalma impugnò il timone con decisione.

Quanto gli era mancata quella sensazione di… potenza.

Quel brivido di piacere che gli attraversava la schiena guardando i Pirati di Panthalassa terrorizzati da lui.

Da lui che era il Capitano.

Da lui che aveva un potere così enorme da sfidare chiunque.

Anche un Dio.

I Pirati di Panthalassa si erano riuniti tutti intorno al molo del lago Moth, il lago delle falene, e pochi avevano avuto il coraggio di salire a bordo senza l’indicazione del Capitano.
A tribordo, con un sigaro in bocca, stava un uomo altissimo e muscoloso, con la pelle bruna e scurissima. Stava a petto nudo, e sul capo rapato aveva un gran numero di tatuaggi. Era alto molto più di Nixalma, il quale era già sul metro e ottanta - se non oltre - ed era grosso il doppio. Se ne stava tranquillo e fissava il Capitano, aspettando che parlasse, vicino agli altri pochi Pirati saliti sul vascello.
Nixalma accarezzò la sua nave con lo sguardo, percorrendone poppa e prora, babordo e tribordo, fino a posare lo sguardo sulle meravigliose vele addormentate.
- Non è bellissima, Greywolf? – fece lui, rivolgendosi al gigante a bordo.

- Cosa, Capitano? – chiese il Pirata fissando negli occhi Nixalma.

- La nave, Greywolf. La nave…

Greywolf annuì.

- E’ bellissima, sì. Non riesco a credere che tu sia tornato, Capitano! E ora torneremo a veleggiare… Finalmente. Ma chi ti ha…?

- Svegliato? Una ragazzina di nome Tia Lube… Ci crederesti? La prescelta dalla Volucera per sconfiggermi, una quattordicenne!

Greywolf rise.

- Beh, tecnicamente tu hai diciassette anni. Solo tre di più.
Nixalma fece una smorfia e tirò fuori la borraccia del rum.
- Ne ho molti di più. E poi non è nemmeno bella.
- E’ una cozza?

Il Capitano ci pensò un attimo.

-          Ha i capelli corti e castani, lisci. E gli occhi azzurri.

-          E’ grassa?

-          No, anzi. E’ pure troppo magra. Non è brutta… Però sembra più maschio che femmina!

-          Ah! – rise il Pirata – Ti tiene testa, eh?

Nixalma lo fulminò con lo sguardo e Greywolf tacque.

-          Scusi, Capitano.

-          Lascia stare. Piuttosto, chiama la vecchia ciurma. E sbrigati. Stasera dobbiamo partire.

-          Verso dove?

Il Capitano salì a prua e puntò gli occhi violacei verso un lontano scoglio, sormontato da un’imponente costruzione scura.

-          Verso la Reggia Incubus.

Greywolf s’irrigidì e strinse i pugni.

-          Reggia Incubus, Capitano?

-          Esatto. Paura?

Il Pirata scosse il capo vigorosamente.

-          Riunirò la ciurma. Vedrai, non vedono l’ora di tornare sulla Poison!

Nixalma sorrise e lasciò che il Pirata andasse ad avvisare i suoi compagni.
Sul nero lago Moth la polvere leggera che riveste le ali delle falene scintillava tra le onde. Le vele della nave dormivano ancora, ma al tramonto si sarebbero risvegliate, brune e bellissime come sempre, vive e al comando suo, suo e unicamente suo.

Il Capitano guardò all’orizzonte e vide un piccolo puntino scuro avvicinarsi velocemente.

Mano a mano che si avvicinava, la sua forma era sempre più familiare.

La creatura atterrò sbuffando sulla prua della nave, tentennando sulle zampe spesse e chiudendo le ali bluastre.

-          Leadheed? – scandì Nixalma stupito. – Cosa diavolo fai qui?

Il drago di Sottoscala sbuffò e nel fumo presero forma delle immagini.

La bottega di Mastro Aggiustatutto, Tia Lube, i Baiocchi di Giustappunto e la Reggia Incubus.

-          Dannazione, quella incapace! Si è fatta prendere dai Baiocchi! Farei bene a lasciarla in pasto a Giustappunto. Anzi, pensandoci bene, lo farò!

Leadheed ruggì lanciando una fiammata e il Capitano della Poison sguainò la spada Volucera.

-          Che vuoi, tu? Perché dovrei aiutarla? Di quale utilità mi è Tia Lube? Se non l’avessi portata a casa lei avrebbe potuto sottrarmi la nave e la spada, ma ora che è in mano a Giustappunto posso anche evitarmi il disturbo, non trovi?

Il drago lanciò una lunga fiammata che Nixalma respinse con la spada.

-          No? Ma tu guarda se devo ritrovarmi a discutere con una bestia. Vuoi che ti uccida? Lasciami in pace!

-          Io credo che ti convenga fare come dice, Ully.

Nixalma si voltò verso tribordo, in contemporanea al drago.

Sul pontile della nave stava poggiata Madame Louise Sugàr, con lo sguardo corrucciato e i tentacoli celati dalla lunga gonna.

- Cosa diavolo fai tu qui?

Le iridi eterocrome di Madame si fecero dure e Nixalma percepì che qualcosa non andava.

- Tu pensi davvero di poter prendere il posto di Tia?

- Certo! Sono io il portatore della Volucera.

- Stupido! La Volucera ha scelto Tia Lube per trovare la prescelta e portarla a Panurania, non te.

- Ma se le hai detto che la riporteremo a Pandemos!

Madame sbuffò.

- Non lo faremo. Io so che se glielo avessimo chiesto ora, si sarebbe rifiutata di aiutarci. Sto solo rimandando il momento della verità… Tu sai che il treno per Pandemos è in mano al Druido. Per aprire il passaggio da Pangea a Pandemos dovremmo chiedere a lui, e dati i rapporti non proprio meravigliosi tra lui e la tua ciurma, non ci permetterebbe mai di far salire Tia. E tu sai che è così, perciò non far finta di non aver capito che le stavo mentendo. Lei verrà con noi, perché noi abbiamo bisogno di lei, e anche di te.

Nixalma la guardò dall’alto del suo metro e ottanta e sguainò la Volucera. Il suo volto era una maschera inespressiva, gli occhi violacei erano adombrati ed impenetrabili.

- E allora andiamo a liberare quella rompiscatole. D’altronde, Reggia Incubus è di strada e Giustappunto non può nulla contro di me e i Pirati. Stavolta hai vinto tu, bestiaccia – fece il Capitano, rivolgendosi al drago vittorioso.

Leadheed sbuffò soddisfatto e si posizionò sull’albero maestro, cacciando superbamente una fiammata.

Nixalma rise.

“Non so quanto gli convenga fare lo sbruffone vicino alle vele” pensò.

-          Greywolf! – chiamò il Capitano – Hai radunato la ciurma?

Dal pontile i Pirati risposero chiaro e forte con un urlo.

-          Bene. Salite a bordo con tutte le armi che conoscete, bastardi. E chi di voi è una femminuccia, scenda a terra e si nasconda nella copertina, perché oggi è un giorno speciale ed importante! Il Capitano è tornato e festeggeremo il mio ritorno col sangue! Oggi finiscono i soprusi del Reuccio dei miei stivali. Attacchiamo Reggia Incubus!

Dopo un attimo di stupore, i Pirati di Sottoscala si precipitarono sulla Poison, con sciabole, coltelli, pistole e borracce di rum a volontà.

Madame Sugàr si rifugiò nella cabina interna e Nixalma tirò fuori il rum, portandosi la borraccia alla bocca.

-          Coraggio, ciurma! Svegliate le vele e levate l’ancora. Yo-oh, ritornano i Pirati! – gridò.

 

 

 

Nella buia e umida cella nelle profondità del mare, Tia aspettava la fine.

Che fosse stata la fine di un incubo o la fine della sua vita, questo non poteva dirlo, in ogni caso, farla finita sarebbe stato sempre meglio di rimanere laggiù.

Reggia Incubus era incavata nella roccia di un enorme scoglio nel cupo lago Moth e le segrete erano situate nelle grotte sommerse. L’umidità era insopportabile, e l’oscurità era persino dolorosa per gli occhi della giovane Lube.

Nel buio, le enormi iridi color del mare brillavano. Sembravano due grandi laghi, anche se, mano a mano che il tempo passava, la loro luce si faceva più fioca.

Tia stava seduta in un angolo, sulla nuda roccia, accovacciata col viso poggiato sulle ginocchia e i lisci capelli castani sparsi a coprirle la visuale. In ogni caso, con quel buio non avrebbe potuto vedere nulla.

Tia Lube era certa che nessuno sarebbe venuto a liberarla.

Nixalma non vedeva l’ora di liberarsi di lei, e Madame Sugàr non aveva motivo di doverla cercare. Era un ostacolo, un intoppo, un inutile ‘di più’ che il ridicolo re coniglio avrebbe facilmente fatto fuori… Lei non aveva facoltà speciali come Nixalma.

I Baiocchi erano di guardia e la loro cantilena oscura risuonava nelle profondità della caverna in modo inquietante.

I Baiocchi rotolarono vicino alla cella e aprirono la porta.

Tia sollevò il capo e rabbrividì, con le lacrime agli occhi.

-          Tia Lube deve essere portata al cospetto del Re! Da Giustappunto, per essere giustiziata!

-          Giustizia un corno – balbettò debolmente.

Le grosse uova, appese a quegli strani fili argentati dai quali gli incubi di Sottoscala – escluso Nixalma e la sua ciurma, Leadheed, Madame Sugàr e il suo seguito – pendevano, la condussero per un lungo ed impervio corridoio in salita.

Sbucarono nell’ala orientale del castello, nella grande sala.

Al centro della sala era stato allestito un palco, sul quale il boia stava sistemando dei barili. Il lampadario di cristallo e oro scendeva dal soffitto illuminando tutto con una luce fioca e ovattata, perfetta per un ballo, ma poco adatta ad un esecuzione di quel genere.

Tutt’intorno al palco, gli incubi di Panthalassa erano ansiosi di assistere all’uccisione della giovane Lube, come lupi affamati che attendono la preda. Il soffitto a cupola era occupato da una rete argentata ed intricatissima di fili argentati, ai quali tutti erano attaccati, come marionette.

Giustappunto era seduto su uno sfarzoso ed alto trono di velluto rosso, decorato con oro e pietre preziose, dal quale vedeva tutti e tutti potevano vederlo ed adorarlo. Il peluche rosa reale indossava una corona troppo grande e pesante. Pendeva penosamente da un lato.

La folla d’incubi scoppiò in grida soddisfatte all’ingresso della vittima designata, e i Baiocchi la condussero frettolosamente al palco di legno.

-          GIUSTIZIATELA! – gridò Giustappunto.

Tia salì pietosamente sul palco trascinando le All Star sdrucite.

-          Veloce, ragazzina – fece il Boia.

La ragazza scoppiò a piangere e si rivolse con rabbia al Reuccio Morbidoso.

-          Cosa diavolo volete da me?!? IO VOGLIO TORNARE A CASA! Non c’entro meglio in questo mondo di PAZZOIDI! – sbottò.

-           Ah, sì? Vuoi tornare a casa? Ma non farmi ridere! La Profezia dice che troverai la Prescelta e la condurrai al suo destino. E così sarà! Perciò devi morire.

 

 

 

Sperò che non fosse troppo tardi per quella cretina.

Tia era fin troppo orgogliosa per accettare di morire senza dir nulla a Giustappunto, da quello che aveva capito di lei in quei giorni. E se avesse provocato il re, sarebbe morta più in fretta. Fece forza al timone e virò, conducendo la nave verso la cupola di vetro scuro della Reggia Incubus.
- Ammainate le vele! – gridò.

- Vuoi sfondare la cupola…?!? – gli chiese Greywolf, preoccupato.

- Esatto.

- Ma le vele…

- Ammainatele subito! Le spiegheremo dopo aver sfondato il vetro.

- Agli ordini.

Capitano Nixalma spedì la nave dritto verso la cupola di vetro, senza timore.

E senza timore, la sfondò.

 

 

Quando Tia vide l’enorme vascello pirata incombere sulla cupola, tremò.
Si buttò a terra e urlò sentendolo sfondare il vetro, evitando per poco un enorme frammento di cupola che le si era incagliato vicino.

Il vascello volante era di legno scuro e cupo, la prua somigliava a quella di una nave vichinga, perché terminava con un incisione arricciata, mentre la poppa era quella di un tipico galeone inglese. Ma non era quella la particolarità della nave.
Le vele, ora ammainate, erano qualcosa di straordinario.

Erano nere, velate da uno strato leggero di polvere, con disegni concentrici bruni.

Erano vele davvero speciali.

Non per il colore, né per la polvere o i disegni.

Ma perché non erano di stoffa, e non erano neppure vele.

Erano enormi, meravigliose, spaventose …

Tia sorrise e scosse il capo, interdetta.

Ormai, si era quasi abituata a sorprese del genere, ma quelle vele erano la cosa più bella che potesse immaginare.

Erano Falene.

Moths, come il lago Moth.

Ed erano le vele.

Riusciva persino a immaginare di chi fossero l’incubo, quelle vele.

L’artista Salvador Dalì, che dipingeva navi con vele di fiori e farfalle.

Forse era un veggente e le aveva viste in trance, o in sogno, oppure quella nave era il suo incubo.

In ogni caso, quella nave l’avrebbe riconosciuta tra mille.

Non poteva che essere lei la famigerata nave Poison dalle vele vive del Capitano Nixalma, ne era certa.

Ma allora era venuto a salvarla!

Dopo un minuto di panico, i Baiocchi ristabilirono un minimo d’ordine tra gli incubi e si disposero in circolo al centro della sala, sul palco vicino a Tia, dove, lentamente, la nave stava scendendo. Tia li osservò stranita, sollevandosi in piedi ed evitando i vetri rotti. I Baiocchi si facevano più vicini tra loro.

Ad un certo punto, le uova-soldato cominciarono a battersi l’una contro l’altra, fortissimo, spaccandosi.

La giovane Lube spalancò gli occhi.

Dalle uova rotte, uscirono delle creature immonde.

Orribili, enormi, pelosissimi e scuri ragni dalle zampe oblunghe e gli occhi rossi.

Battevano le tenaglie verso l’alto, protendendosi verso la Poison

A prua, Tia riconobbe la figura del Capitano.

Nixalma si stagliava altissimo, col suo fisico asciutto teso nell’atto di impugnare la Volucera, la bandana rossa allacciata sulla chioma nero-blu e gli occhi tempestosi fissi verso di lei.

-          AVVICINATI E AFFERRA LA CIMA! – gridò dall’alto, mentre uno della ciurma le lanciava una lunga corda.

-          E COME FACCIO CON QUELLE BESTIACCE SECONDO TE?!? – risposte Tia indicando i Baiocchi – ragni.

 Nixalma si morse un labbro e afferrò in fretta una cima, poi chiamò Leadheed.

-          Senti, drago. Noi due non andiamo d’accordo e tu mi fai pure schifo, come bestia, in verità. Però ora dobbiamo recuperare quella rottura della tua padrona, perciò, scendi con me. I Baiocchi hanno paura del fuoco, quindi vedi di dar aria alla tua boccaccia.

Il drago sbuffò in segno di assenso e svolazzò veloce fino a Tia.

Nixalma si appese alla cima e si lanciò addosso ai Baiocchi, conficcando la Volucera nel dorso di uno.

-          Sbrigati, imbranata! – gridò a Tia.

-          Sì, va bene, ma calmati!

-          Facile a dirsi – rispose, infilzando un altro ragno. – Mica li stai affrontando tu, i Baiocchi!

Tia afferrò la cima, con l’aiuto di Leadheed, che teneva lontani i Baiocchi con le sue fiammate.

-          NON FATELI SCAPPARE! – gridò tra la confusione Giustappunto, con la sua vocetta stridula.

Nixalma chiamò gli altri Pirati della Poison, che tennero impegnati i Baiocchi, mentre il Capitano avanzava verso il Reuccio.

-          Non mi scappi, stronzo.

-          TENETELO LONTANO!

Nixalma sferzò un colpo verso sinistra, abbattendo un Baiocco, mentre Giustappunto tentava di fuggire. Il Capitano della Poison si avvicinò pericolosamente ed afferrò per le orecchie il Reuccio.

-          Ciao.

-          BAIOCCHI, VENITE AD AIUTARMI!

-          Inutile, non verranno.

Al centro della sala, i cadaveri dilaniati dei Baiocchi giacevano silenti.

I Pirati tacquero e nella sala riecheggiò un urlo stridulo.

Dalla nave, strisciando velocissima, discese Madame Louise Sugàr. I tentacoli erano lunghissimi e iridescenti, gli occhi enormi, entrambi rossi e demoniaci, l’altezza era raddoppiata e il volto era una maschera d’orrore.

Giustappunto tremava, nel suo corpicino morbido.

-          TI UCCIDO, STRONZO! – gridò ridendo Madame.

Nixalma si parò davanti al Reuccio e gli conficcò la spada nel ventre di stoffa, poi estrasse la spada e corse alla nave, risalendo in fretta e furia.

Madame Sugàr avvolse Giustappunto tra i tentacoli viscidi e ne conficcò un paio nella schiena, strappando con le mani i piccoli bottoni che avevano funzione di occhi.

Poi Nixalma la chiamò forte dalla Poison, e calmandosi leggermente, Madame lasciò andare il Reuccio martoriato e risalì.

Tia aveva assistito alla scena impotente e piena d’orrore e ora vedeva, dallo squarcio nel ventre di Giustappunto, uscire una luce forte e bianca.

Si avvicinò a Nixalma.

-          Ma cosa diavolo succede?

-          Ah, è questo il tuo ringraziamento per averti salvato?

Tia sbuffò e incrociò le braccia.

-          Grazie, va bene? E ora mi dici cos’ha il coniglio nella ferita?

Nixalma sorrise e carezzò la Volucera.

-          Il passaggio tra Panthalassa e Pangea si trova nel corpo di Giustappunto. Ferendolo con la Volucera ho aperto il portale, ed è questo il motivo per cui lui ha paura di me. Quando voglio viaggiare, lo ferisco e passo, e lui soffre orribilmente. Altrimenti, sembrerà strano, ma Giustappunto non può sentire dolore.

-          E quindi noi dobbiamo passare…

-          … In quel fascio di luce. Reggiti forte. Spiegate le vele, babbei! – gridò il Capitano. – Greywolf, aiuta Tia e Madame a tenersi ferme durante il passaggio!

I Pirati di Sottoscala si misero all’opera, e Greywolf legò Tia e Madame in modo da farle rimanere fisse alla nave volante.

Nixalma virò a destra, verso Giustappunto e puntò il cono di luce.

Vedendolo andare a tutta velocità dritto verso il pavimento, Tia tremò dalla paura e chiuse gli occhi.

-          Ci schianteremo, cretino!

-          Sta’ zitta, zucchero.

La Poison entrò nel cono di luce e venne risucchiata nel corpo del Reuccio insieme a tutta la sua ciurma.

 

 

 

 

 

AAAgh, scusatemi per il ritardo xD! Ho poco tempo e per un po’ mi sono dedicata completamente al disegno lasciando la scrittura da parte.

Questo capitolo è l’ultimo ambientato a Panthalassa e nel prossimo lasceremo un po’ Tia e Nix per andare a trovare nuovi personaggi che entreranno nella ciurma e nella storia. Prossima tappa: Pangea! Alla ricerca della Prescelta :D

Ringrazio Hellister e tutti quelli che hanno messo la storia fra le preferite e le seguite (non elenco perché non ho tempo, perdono ç_ç)! Un bacione,

 

 

Elyse

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=630657