Moonlight Shadow

di Nanix
(/viewuser.php?uid=35067)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** New life ***
Capitolo 2: *** Lasciate ogni speranza voi ch'entrate ***



Capitolo 1
*** New life ***


Image and video hosting by TinyPic


 

Piove.
Il cielo sopra San Francisco è tetro e ricoperto da nuvoloni minacciosi, come l’umore di una ragazza intenta a litigare col padre in piena notte.
«No. E ancora no. »
«Ti prometto che questa è l’ultima volta»
«Questa è proprio bella. L’ultima volta? Con te non esiste un ultima volta.»
«Vedrai, sarà diverso»
«Anche la volta prima l’hai detto e quella prima ancora. Sono dieci anni che non facciamo altro che trasferirci da un paese all’altro.»
La ragazza guardava fisso negli occhi il genitore che in quel momento considerava come un vecchio irresponsabile incapace di tenersi un lavoro per più di un anno, la rabbia le ribolliva in corpo e non si preoccupava di offendere o mancare di rispetto al padre. Dal altro canto suo padre di tanto in tanto distoglieva lo sguardo avvilito, rimirandosi più volte le scarpe come se fossero più interessanti delle parole della ragazza.
«Faye, sai che ti dico? Fai come vuoi. Io tra 10 minuti parto, servono 8 ore per arrivare a San Diego, se vuoi venire bene, altrimenti resta qui da sola.»
Con o senza di lei sarebbe partito ugualmente, dopo che il contratto come magazziniere era scaduto e il direttore della ditta non gliel’aveva rinnovato era riuscito a trovarsi un buon lavoro come capodormitorio in un liceo. Non avrebbe mai rinunciato a quel posto nemmeno sotto tortura, e con o senza sua figlia, per giunta l’unica parente ancora al suo fianco, sarebbe andato a San Diego.
Faye se ne andò in camera sua. Non aveva molte alternative: partire col padre, per l’ennesima volta, oppure restarsene qui da sola. Certo aveva 18 anni e tecnicamente secondo la legge il padre non era più il suo tutore e volendo poteva andare dove voleva, il problema consisteva nel fatto che non aveva una casa. Non una casa fatta di mattoni, mobili eccetera, non aveva quello che stava dentro la casa. Il solo parente che aveva era quello squilibrato di suo padre e volente o dolente doveva andare con lui.
Prese la valigia che teneva sotto il letto, sapeva che sarebbe partita ma non pensava dopo solo sei mesi. Fortunatamente la scuola era finita e sarebbe iniziato tra un paio di giorni, sperava con tutto il cuore che suo padre si fosse ricordato in tempo dell’iscrizione, non era la prima volta che il padre si scordava d’iscriverla e in quei casi, per giunta non troppo rari, aveva seri problemi a relazionarsi con i suoi compagni.
Non è mai stata una ragazza molto estroversa e per lei fare amicizia era una cosa quasi impossibile, durante i suoi spostamenti erano poche le persone con cui aveva stabilito un rapporto anche fuori da scuola ma infondo la cosa non le dispiaceva più di tanto, in questo modo partire non sarebbe stato cosi doloroso.
La valigia era per metà già pronta, con dentro i suoi libri e i cd, un piccolo ipod regalatole quasi due anni fa dall’unica persona che era arrivata a considerare un amica e il suo piccolo coniglio di peluches. Non aveva idea di chi fosse quel regalo, sapeva solo che l’aveva sempre con se, come una sorta di porta fortuna.
Certe volte si illudeva che quel regalo appartenesse a sua madre, magari quando era piccola le voleva bene e gliel’aveva regalato il giorno del suo compleanno, poi si rendeva conto della stupidità dei suoi pensieri e le veniva da ridere dandosi della stupida.
Sua madre aveva lasciato marito e figlia 12 anni fa, Faye lo ricorda ancora nonostante fosse piccola. L’aveva accompagnata all’asilo come ogni mattina, ma quello era un giorno particolare perché era il suo compleanno e oltre allo zainetto la madre teneva in mano una piccola torta. Qul giorno rimase in asilo più a lungo del previsto e non vedendo arrivare la madre l’accompagnò la sua maestra, una volta a casa vide suo padre con la testa tra le mani mentre fissava un biglietto.
Faye era troppo piccola, a quel tempo, per poterlo leggere ma aveva capito tutto. Sua madre l’aveva lasciata.
Sapeva che sarebbe accaduto prima o poi, più di una volta aveva sentito il padre discutere con lei, e più di una volta aveva sentito la madre dire che Faye era nata per sbaglio, che lei non doveva nascere, era ancora troppo giovane per tenere una bambina. Infondo aveva ragione, aveva 21 anni quando Faye naque, 21 anni e tanta voglia di vivere, tanta voglia di libertà.
Libertà come Saoirse, il nome della madre di origini irlandesi, aveva preso alla lettera il nome vagando in lungo e in largo abbandonando la figlia. Faye non la odiava, non riusciva a darle colpa di nulla, anzi la capiva ma allo stesso tempo non voleva avere più notizie di lei, non le importava sapere se stava bene, se aveva una nuova famiglia, se era felice, no non voleva più sapere assolutamente nulla. Per anni aveva vissuto senza una madre, avrebbe continuato in questo  modo per altrettanti anni.
 
La valigia era pronta, guardò l’ultima volta quella stanza che per sei mesi l’aveva tenuta al sicuro e si avviò alla macchina mentre suo padre l’attendeva speranzoso al posto del guidatore.
Conosceva bene sua figlia, e sapeva che se anche si arrabbiava non l’avrebbe mai lasciato solo come aveva fatto la madre, anche lei aveva provato il senso dell’abbandono e non avrebbe mai abbandonato quel genitore scriteriato.
L’orologio segnava mezzanotte e mezza quando misero in moto la macchina, entro le nove sarebbero arrivati a San Diego.
«Faye, dovresti dormire un po’.»
«Si, forse è meglio »
Il padre, Lucas, osservò la figlia mentre si accoccolava sul sedile accanto a lui. Dimostrava più di 18 anni, per la sua età era molto matura e coscenziosa, l’esatto opposto della madre, eppure Faye aveva molto di quella donna.
Le labbra rosate, che avevano fatto impazzire l’uomo appena conobbe Saoirse, le orecchie piccole e graziose che Faye copriva con i lunghi capelli mossi castani con qualche ciocca rossiccia, esattamente come la madre. Di Lucas aveva preso gli occhi azzurri dolci e sinceri, quegli occhi erano lo specchio della sua anima, la facilità con cui si poteva leggere la ragazza attraverso gli occhi era sorprendente. Quando il tempo cambiava, anche gli occhi subivano lo stesso trattamento, arrivavano dall’essere azzurri cielo a grigi in un tempo quantivamente breve.
Non aveva preso il carattere, ne dal padre e nemmeno della madre, per sua fortuna.
Era molto introversa, faceva fatica a relazionarsi con gli altri, un po’ dovuto alla timidezza e un po’ al fatto che erano perennemente in viaggio e sapeva che se si legava a qualcuno l’avrebbe dovuto lasciare molto presto, ma era anche molto altruista e in certi casi combattiva. Non amava farsi mettere i piedi in testa, e faceva valere le sue idee molto chiaramente. Quando insorgevano problemi li affrontava di petto, contrariamente ai genitori: il padre li scavalcava e la madre scopariva.
Dopo più di otto ore di macchina finalmente arrivarono a San Diego.
Non era come San Francisco, ma tutto sommato non era male.
«Faye, siamo arrivati. Svegliati.»
La ragazza si stropiccio rischiando di cacciare un dito nell’occhio al padre, sbadigliando si guardò attorno, per metà incuriosità e per metà arrabbiata. Quando si svegliava era sempre di pessimo umore, specialmente dopo aver dormito sul sedile di una macchina per giunta scomoda.
Arrivarono al liceo e per poco Faye non le venne un colpo vedendo in che stato pietoso era un lato del liceo.
«Emh, dove siamo?»
«Te l’ho detto no che mi hanno preso come guardiano in questo liceo»
«Si, ma pensavo qualcosa di meglio. È orribile.»
«Solo una metà è orribile, l’altra guarda come è bella»
Si voltò seguendo il dito del padre, l’altra parte del liceo sembrava da poco ristruttatara. Le finestre non avevano la sbarre come nella parte vecchia, il muro era stato sicuramente da poco pitturato, con una tonalità azzurina.
Da entrambe le parti c’erano gli alloggi degli studenti, molti venivano da fuori e per evitare di fare avanti e indietro passavano tutta la settimana al dormitorio, alcuni rimanevano addirittura per tutto l’anno.
Preoccupata di finire nella parte raccapricciante del liceo, scese col padre dall’auto prendendo le valige.
Mentre il padre parlava con la responsabile,giunta da loro subito dopo aver parcheggiato l’auto, Faye si guardò attorno scorgendo di tanto in tanto qualcuno osservarla affacciato alla finestra, per colpa del sole che batteva su quella parte non riusciva a vedere bene il viso del guardone.
« Faye, andiamo.»
Si avvicinò alla donna, una signora dai capelli bianchi raccolti in una morbida treccia, gli occhi verdi emenavano tranquillità per questo a Faye le andò subito a genio.
Padre e figlia preceduti dalla signora andarono verso i loro dormitori, distanti dalla scuola.
 «Venite, questa è la sua stanza» disse indicando una stanza subito dopo le scale appena salite. Il padre la ringraziò portando subito la valiga all’interno. Faye e la donna continuarono a camminare in silenzio fino alla fine del corridoio.
«Mentre questa è la tua stanza. Spero ti piaccia.»
«La ringrazio»
«Ora riposati. Domani mattina iniziano le lezioni anche per te, prima passa dal mio ufficio intesi?»
«Ok, la ringrazio.»
Salutò la signora e con la valigia entrò nella sua piccola stanza. Era abbastanza spoglia, solo un armadio, un letto ad una piazza per giunta, e una piccola scrivania. La cosa bella della stanza era la finestra che dava direttamente sul cortile dove poteva vedere un magnifico salice piangente.
“Chissà se farò presto amicizia con qualche ragazza”
Peccato che non sapeva che quella scuola…
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Lasciate ogni speranza voi ch'entrate ***


Image and video hosting by TinyPic
 

Il mattino seguente Faye si svegliò alle 7 del mattino a causa del forte trambusto proveniente dal giardino, ancora mezza addormentata si affacciò alla finestra e vide alcuni ragazzi intenti a litigare. Per la precisione erano due gruppi composti da 5 ragazzi, il primo gruppo, e da 3 membri il secondo gruppo.
Era troppo stanca per badare a loro, ma allo stesso tempo non poteva di certo tornare a dormire anche perché doveva andare dalla preside prima di iniziare le lezioni.
Si fece una bella doccia rilassante, aprendo alla fine l’acqua fredda per potersi svegliare completamente, per sua sfortuna anche in quella scuola, come l’ultima che ha frequentato, bisogna indossare una divisa.
Se la guarda e riguarda girandosela tra le mani, tante opzioni non ne ha, quindi un po’ riluttante la indossa.
Per sua immensa fortuna la camicia non segna e non mette in mostra il suo seno, la gonna grigia e nera scozzese le arriva a metà coscia, avrebbe decisamente preferito che fosse un po’ più lunga, ma non si può avere tutto ciò che si vuole e lei l’ha imparato già da tempo.
Diede un ultimo sguardo fuori dalla finestra e in quel momento vide uno dei cinque ragazzi alzare lo sguardo e fissarla. Doveva ammettere che quello sguardo le fece venire i brividi lungo tutto il corpo, ma non ci pensò più tanto e con un po’ di ansia andò nell’ufficio della preside.
Dalla sua stanza all’ufficio del preside doveva passare davanti ad altre stanze e attraversare due corridoi, quello che la sorprese particolarmente era la totale assenza di ragazze.
“Probabilmente le ragazze sono dall’altra parte, e io sono stata messa qui perché c’è mio padre”
Infondo come ragionamento non faceva una piega, c’era la possibilità che fosse stata messa li, proprio per poter stare accanto al padre e magari aiutarlo con i controlli.
Arrivò davanti alla porta della preside, nella saletta d’aspetto accanto alla porta notò due ragazzi; uno aveva un occhio nero, mentre l’altro il labbro tagliato. Doveva ammettere che non era proprio una scuola normale, erano solo le 8 e già c’era qualcuno dalla preside, dalla porta dell’ufficio uscì un ragazzo dai capelli biondi e mossi, gli occhi verde smeraldo, carnagione chiarissima e dalle labbra sensuali che vedendola si piegarono in un tenero sorriso che non potè non ricambiare.
«Ciao, sei una studentessa?» gli porse la mano mentre non le staccava gli occhi da dosso.
«Ciao, si sono nuova. Faye» pronunciò il suo nome cosi debolmente che per un attimo ebbe il terrore che il ragazzo non l’avesse sentita.
«Piacere di conoscerti Faye, io sono Morgan. È strano vedere una ragazza in questo istituto»
«Perché?»
Morgan non ebbe il tempo di risponderle, perché Faye fu chiamata dalla preside all’interno del ufficio.
Lo salutò con un sorriso ed entrò, dove ad attenderla dietro alla scrivania c’era la signora di ieri.
Oggi i capelli erano sciolti e nonostante il biancore facevano un certo effetto.
«Buongiorno Faye, dormito bene?»
«Buongiorno a lei, si si dormito bene, il risveglio è stato un po’ brusco ma niente di che..»
«Come mai?»
«C’erano dei ragazzi che se stavano litigando»
«Ah, beh è una cosa quasi normale qui.Dire che è arrivato il momento d’accompagnarti in classe.»
Assieme percorsero il corridoio in silenzio, fa la preside ad iniziare a parlare.
«Purtroppo siccome la tua iscrizione è avvenuta tardi sei finita nella sezione C. Devi sapere che in questa scuola i ragazzi con le stesse capacità scolastiche vengono messi tutti assieme. Nella sezione A ci sono i ragazzi che al test d’ingresso hanno raggiunto il massimo dei voti, nella B ci sono i mediocri, e nella C i ragazzi che sono impossibili da tenere.»
«Capisco e per quale motivo io sono finita nella C?» in fin dei conti Faye era sempre stata brava a scuola e di certo non era nemmeno una ragazza che minacciava la tranquillità scolastica e le pareva strano esser finita proprio in quella sezione.
«Proprio perché tuo padre ti ha iscritto molto tardi.»
«Impossibile, mi ha iscritto a giugno.»
«Mi spiace ma la tua iscrizione è arrivata solo una settimana fa e ormai le classi erano complete, l’unica sezione era la C. In genere verso Gennaio vengono fatti dei test se li superi a pieni voti, cosa che sono sicura capiterà c’è la possibilità di un tuo trasferimento.»
«Ok, grazie»
Il primo pensiero di Faye, dopo quel discorso, fu quello di strangolare suo padre, eppure era sicurissima che le avesse detto d’averla iscritta ancora a Giugno, per sicurezza aveva aggiunto lui.
Guardandosi attorno notò che di ragazze nemmeno l’ombra, si affacciò alla finestra guardando l’altro lato della scuola, per poterne scorgere qualcuna, ma zero. La cosa la stava preoccupando parecchio.
«Preside, mi scusi. Ma le ragazze?»
La preside la guardò come se fosse impazzita.
«Faye, tesoro, ma tuo padre non te l’ha detto che questo è un istituto maschile? Diventerà femminile solo l’anno prossimo, sei stata accettata solo perché serviva urgentemente un guardiano dopo che l’altro è andato in pensione, e tuo padre ha risposto subito all’annuncio.»
Faye rimase a bocca aperta, non aveva ascoltato molto del discorso della preside.
«Una scuola maschile?»
«Si, ma vedrai che ti troverai bene, sono ragazzi un po’ scalmanati ma fondamentalmente sono buoni. Ora vai, siamo arrivate. »
Faye guardò la porta di mogano tutta graffia e piena di disegni raffiguranti teschi, armi e quant’altro inerente alla violenza, la targa della sezione era stata sostituita da una più grande con scritto “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”.
Non prometteva nulla di buono, aveva la mano sulla maniglia della porta, ma l’urlo indistinto di un ragazzo all’interno della classe la bloccò immediatamente, non voleva di certo fare una brutta fine.
Si voltò nella direzione della preside, notando che ormai se n’era già andata, chissà da quanto per giunta.
Bussò leggermente e all’interno si levò un silenzio tombale.
Stava entrando con calma, molta calma, quando all’improvviso fu spinta all’interno da un ragazzo alle sue spalle.
«Vedi di muoverti.»
Non riuscì neppure a vedere il ragazzo perché si ritrovò in mezzo all’aula con 20 ragazzi che la osservavano incuriositi, solo il professore sembrava non dare troppo peso alla cosa, evidentemente era già stato avvertito in precedenza dalla preside. Dopo lo shock iniziale, i ragazzi iniziarono a fischiare ben contenti d’avere una presenza femminile nella loro classe, i fischi terminarono quando il ragazzo alle sue spalle iniziò a parlare.
«Non vi esaltate troppo è solo una ragazzina, non è nulla d’eccezionale. A proposito ragazzina come ti chiami.»
Faye era già parecchia nervosa per quella situazione e quel tipo non le piaceva neanche un po’.
«Faye, e gradirei essere chiamata cosi e non ragazzina. Grazie.»
Il ragazzo la guardava intensamente come a volerle leggere dentro e Faye si sentiva intimorita da quello strano e affascinante ragazzo. Volente o dolente doveva ammettere che faceva un certo effetto, capelli neri come la pece, occhi grigio azzurri che le toglievano il fiato, le labbra piegate in un sorriso diabolico, di uno che la sa lunga.
Non le disse nulla, le passò accanto e andò a sedersi nel banco infondo alla classe accanto alla finestra seguito da altri 4 individui alquanto trani.
La lezione iniziò o quanto meno il professore tentò di iniziarla ma era quasi impossibile riuscire a far star buoni quel branco di animali, in quanto non facevano altro che urlare, picchiarsi, ridere, scherzare, parlare e per concludere in bellezza lanciare pezzi di carta al professore, il quale poveretto non poteva fare altro che ripararsi nel migliore dei modi con il lor registro di classe.
Faye stava perdendo la pazienza, andare a scuola non le dispiaceva e vedere i suoi nuovi compagni di classe avere una totale mancanza di rispetto nei confronti del professori non le piaceva per niente.
Si alzò di scatto sbattendo le mani sul banco, in modo da richiamare su di se l’attenzione dei suoi compagni. Il ragazzo che l’aveva spinta dentro la classe la guardò furibondo ma a Faye non interessava particolamente.
«Siete un branco di animali selvatici, dovresti vergognarvi. Non siete in grado di portare un minimo di rispetto al professore. Non diventerete mai nessuno in questo modo.» sperava d’averli toccati in qualche modo. Il ragazzo prese la parola alzandosi in piedi.
«Diventare qualcuno vuol dire sotto stare alle regole imposte dagli altri o vuol dire far valere le proprie?»
«Che diavolo centra? Tu non stai facendo valere nessun idea. »
«Ci hanno imposto di frequentare la scuola, ci hanno privato della nostra libertà e noi ci vendichiamo. Mi spiace ma se avevi intenzione di frequentare le lezioni dovevi andare dall’altra parte.»
«Non ti preoccupare, starò qui solo per pochi mesi.»
Faye lo guardava inviperita, non sopportava quel genere di atteggiamento, anche perché non minacciava solo la libertà degli altri compagni ma anche la sua e questo non riusciva a mandarlo giù.
«Ryan.»
L’attenzione del ragazzo fu presa da un suo compagno di classe, un ragazzo dai capelli corti e castani, occhi scuri nascosti da un paio d’occhiali dalla montatura fine.
«Che hai Seth?»
«Settimana prossima c’è un test. Non sarebbe male far parlare il professore.»
Seth era l’unico in grado d’addomesticare Ryan, il tono pacato e tranquillo era una sorta di camomilla per tutti quanti. Era il ragazzo più intelligente dell’istituto finito per sbaglio in quella classe e da li non si era più mosso.
Ryan un po’ riluttante acconsentì al proseguimento delle lezioni, e benchè Faye cercava in ogni modo di stare tranquilla e attenta sentiva costantemente lo sguardo del ragazzo su di lei.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=688404