Dangerous love

di Gothicbaby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 la morte di mayko ***
Capitolo 2: *** 2 qualcosa in comune ***
Capitolo 3: *** 3 un giorno come tanti ***
Capitolo 4: *** 4 un giorno d'inverno ***
Capitolo 5: *** 5 un angelo ***
Capitolo 6: *** 6 i suoi occhi ***



Capitolo 1
*** 1 la morte di mayko ***


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Da quando lei non c'è più,la mia vita è giunta ormai al termine. I suoi splendidi capelli castani,i suoi occhi color cioccolato e il suo viso così delicato, che riuscivano a riempirmi di felicità,non c'è più. L'ultima volta che l'ho vista, il suo corpo era sporco di sangue e il suo viso era pallido. Lei era morta a causa mia. Adesso dentro di me c'era soltanto silenzio,un silenzio malinconico che riempiva le mie giornate di furti e di scopate con tante ragazze diverse,di cui non ricordava nemmeno il loro nome. Un nome che ricordavo era solo il suo "Mayko". Quel nome che mi aveva dato la forza di andare avanti quando credevo di non farcela più,adesso quel nome mi aveva distrutto. E adesso senza di lei chi ero?Ero solo un delinquente come tanti altri. Era questo che la gente pensava di me,in fondo era vero. Avevo messo da parte la mia arroganza e ammettevo di essere uno come tanti altri. Questo non mi rendeva felice ma non mi rattristava nemmeno,la cosa che mi rattristava era che Mayko non era più accanto a me. Lei mi facava sentire speciale anche se non lo ero mai stato. Qualcuno bussò,io non risposi. Continuavo a stare seduto sulla sedia bevendo ancora qualche sorso di vino. La bottiglia di vino era ormai vuota.La osservai era una bottiglia come tante altre,nera e vuota. Era vuota come me. Il bicchiere mi finì per terra frantumandosi. La bottiglia di vino vuota e il bicchiere che finiva per frantumarsi.Mi sentivo come quella bottiglia priva di contenuto,io ero privo di gioie ed ero distrutto dal dolore. A volte mi sembrava di vederla, ancora qui accanto a me. lei rideva, ma poi mi accorsi, che era tutto frutto della mia immaginazione. Lei non c'era più, e avrei dovuto accettare la realtà e andare avanti. Qualcuno entrò nella mia stanza,era un uomo con i capelli neri raccolti con una coda,i suoi occhi erano castani e identici ai miei ed era un più alto di me, ma aveva un fisico piuttosto gracile rispetto al mio. Era mio fratello,ci misì un bel ma poi lo riconobbi. Mi guardava preoccupato,non sapendo che dire e che fare. Finalmente si decise. "Kio sei di nuovo ubriaco?!"disse lui serio in viso. ",non si vede"gli dissi io ridendo. Mi stava iniziando a girare la testa e mi veniva pure da vomitare, ma ero contento. Non ero molto cosciente delle mie azioni. Mio fratello capì che da lì a poco avrei vomitato allora mi trascinò in bagno,dove finì per vomitare.Avevo la testa abbassata verso il water e continuavo a vomitare.

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Capitolo 2
*** 2 qualcosa in comune ***


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La sbornia mi era ormai passata. Mi sentivo osservato,mi voltai. Gli occhi di mio fratello erano puntanti su di me. Mi guardava con quello sguardo severo. "Smettila di piangerti addosso, non lo capisci che non ti serve a nulla comportarti così!".disse mio fratello urlando con rabbia. Non lo avevo mai visto così arrabbiato. Lui era sempre stato quello che non perdeva mai la calma,di solito ero io a perdere la calma. Quelle parole che aveva pronunciato erano vere,non mi serviva a nulla piangermi addosso come un bambino ma non riuscivo ad andare avanti. Io non dissi niente,lo guardai con indifferenza e lui uscì dalla stanza più arrabbiato di prima. Lui non poteva campirmi,nessuno poteva capire ciò che provavo. Mi avvicinaì alla finestra,ormai si era fatta sera,il cielo si era ormai fatto scuro e la luna splendeva alta nel cielo. Guardaì il cielo pensieroso,mi ritornò in mente quel giorno. Quel giorno che cambiò per sempre la mia vita. Io stavo camminando per le strade,erano le 5 del mattino,non c'era molta gente per le strade. Qualcuno mi chiamò,era un uomo sulla quarantina. Era il doppio di me e mi puntò una pistola contro. Stava fermo davanti a me e mi guardava con compassione. Sembrava quasi gli diaspiacesse uccidermi. Io non fecì nulla visto che ero disarmato,aspettavo solo il momento in cui si fosse deciso a spararmi. All'inizio non ebbi paura ma quell' attesa stava iniziando a diventare insostenibile. Non capivo se voleva amazzarmi perchè non lo faceva subito?!. Invece di prolungare le mie sofferenze. Purtroppo quando si decise a farlo non colpì me, ma una ragazza che si era messa in mezzo. Mayko era finita per terra e mi guardò per l'ultima volta. Il suo corpo era coperto di sangue e il suo viso era divenuto bianco. Cercava di dirmi qualcosa ma non riuscivo a capirla.La sua voce era molto flebile e confusa. Poi smise di parlare,dalla sua bocca uscì molto sangue e i suoi occhi si chiuserò. L'uomo che le aveva sparato era svanito nel nulla. Dopo aver ricordato ciò che era successo,mi sdraiai sul letto e mi misi a dormire. Il giorno seguente non fecì nulla di speciale,stavo leggendo un articolo sul giornale Tokyo Espress. Parlava di Keitawa,un politico che si era candidato come nuovo presidente. Conoscevo bene quell'uomo,tutti credevano di conoscerlo ma io lo conoscevo veramente. Ero appena uscita per andare a scuola,la mia sorellastra Shizuko era già andata a scuola. Mio padre o meglio il mio padre adottivo mi offrì un passaggio. Aveva una macchina blu molto grande e gli era costata tantissimo, ma per lui i soldi non erano un problema ne aveva in grande quantità. Salì in macchina piuttosto preoccupata,avevo paura delle sue intenzioni. Lui seduto nel posto guida mi guardò malizioso,io guardaì da un' altra parte sedendomi nel posto davanti che era accanto al suo. Accesè il motore e iniziò a guidare. Durante i semaferi e le fermate causate dal traffico, mi guardava io volgevo lo sguardo verso il mio finestrino per non dover incrociare il suo sguardo, che mi incuteva timore. Avevo paura di lui,da quando aveva iniziato a provare un grande interesse verso il mio corpo. Quando sua moglie tornava tardi per questioni di lavoro, ne approffittava per entrare nella mia stanza e violentarmi. Non avevo mai avuto il coraggio di parlarne qualcuno,Rei il mio ragazzo concui c'era stato solamente qualche bacio era sempre molto impegnato. Giocava a basket insieme ai suoi amici, quindi non ci vedevamo molto e quelle poche volte che ci vedevamo non trovavo le parole per raccontargli quello che mi era accaduto. Le mie amiche Yuri e Yamiko non sapevo se mi avrebbe capito e mi mancava il coraggio di raccontarlo a qualcuno. Se lui avesse scoperto che io ne avessi parlato a qualcuno, di sicuro mi avrebbe ucciso. Mi fece scendere dalla macchina, ed io scesì in fretta avendo paura che ci ripensasse. Ero arrivata a scuola,la mia scuola era un istituto privato per gente piena di soldi. Entrai a scuola.percorsi il corridoio che era affollattissimo di ragazzi e ragazze che ridevano fra di loro. Fui costretta a dover spingere un bel di persone e poi finalmente riuscì ad entrare nella mia classe. La prof non era ancora arrivata,i miei compagni erano tutti alzati che parlavano fra di loro. Rei smise di parlare con la sua comitiva e si avvicinò a me. "Ciao Yoko!"disse lui sorridendomi. "Ah,ciao..."dissi io. "ma che hai?!lo sai, sei davvero strana.Ci sono giorni in cui spicchi felicità da tutti i pori e giorni in cui sei di pessimo umore!mi disse lui. "tutti hanno dei giorni neri e giorni in cui si sentono felici!".dissi io. "Rei,Rei!"lo chiamò uno dei miei compagni. "Adesso devo andare"disse lui tagliando corto.

 

 

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Capitolo 3
*** 3 un giorno come tanti ***


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Molto spesso le cose ci capitano all' improvviso.

Un giorno come tanti può cambiare la nostra intera esistenza senza che noi c'è ne rendiamo conto.

A scuola la prof era ormai arrivata,tutti si sedetterò ai loro posti e anch'io lo feci.

 Le lezioni preseguirono come al solito.

Io non seguivo granchè.

 La mia mente vagava fra un pensiero all'altro,quell' uomo che mi aveva adottato che si era rivelata una persona orribile e Rei che sembrava fregarsene di me.

Il mio pensiero più frequente era quell'uomo.

 Era il mio incubo del giorno e della notte.

 Quella situazione era davvero difficile da poter superare.

A ricreazione Yuki e Yamiko mi chiamarono.

 Le raggiunsi correndo verso la mensa della scuola. Mi sedetti accanto a loro,c'erano altre due ragazze. Stavano sbavando sopra una rivista.

Yamiko baciava la rivista mentre Yuki e le altre ci sbavavano sopra.

Ritenevo il loro atteggiamento del tutto stupido però in un certo senso riuscivano a farmi dimenticare i miei problemi almeno per un po'.

Le osservaì volendo capire chi c'era in quella rivista,di sicuro ci doveva essere qualche bel ragazzo. "Ragazze?!ma chi c'è in questa rivista?!"chiesi io. "C'è il ragazzo più bello e affascinante che ci sia!".disse yamiko.

"Ma di chi stai parlando?!"chiesi io,stavo iniziando a incuriosirmi. Yuki mi mostrò la rivista.

C'era un ragazzo molto alto,muscoloso,aveva i capelli castani un po' scompigliati e gli occhi castani che non suscitavano alcuna emozione.

Quel ragazzo era vestito di nero e stava camminando per le strade di shibuya.

Non avevo la più pallida idea di chi fosse, però dovevo ammettere che era davvero un bel ragazzo ma ritenevo esagerato il comportamento delle mie compagne. "E chi sarebbe?!". chiesi io. Le mie compagne mi guardarono sconvolte. "lui è il ladro "Wolf,ma tu vivi proprio in un altro mondo!ma li segui i telegiornali??".mi chiese Yamiko. "Yamiko come mai ti stupisci così tanto?!. fa parte di Yoko essere così disinformata!è ben informata solo su Yuki Kajiura!.disse Yuki.

La campana suonò e uscimmo da scuola dopo un'altra ora di lezione veramente noiosa.

Di pomeriggio non feci nulla di speciale,rimasi a casa a leggere un libro "Dangerous love".

Rimasi a fare le ore piccole su quel romanzo.

Si fece subito sera,uscì dalla mia stanza per cenare. La cameriera non aveva ancora finito di cucinare e Shizuko voleva mangiare e quindi finì per lamentarsi con la cameriera minacciandola. Shizuko era una bella ragazza,aveva i capelli lunghi castani,gli occhi verdi della madre ed era magrissima e bassa.

Peccato che il suo aspetto non era bello quanto il suo carattere.

Era una ragazza frivola, viziata e si credeva superiore a gli altri.

Io e lei non andavamo molto d'accordo e infatti spesso finivamo per litigare. L'unica persona che mi trattava bene in quella famiglia era la signora Keitawa. Mi chiedevo come una persona così potesse stare con un uomo orribile. Lei era una persona straordinaria così genorosa e ingenua non aveva niente a che fare col marito e la figlia.

 Molti suoi gesti mi ricordavano la mia povera madre. Leggevo ancora "il tokyo espress".

Mio fratello entrò nella stanza. "Cosa c'è?!".chiesi io. " credo sia meglio andare".disse lui. Presìla mia giacca nera e me la misì. Arrivati a casa di Kukishi,mio fratello dovette uscire. Kukishi voleva esclusivamente parlare con me. Il suo uffico era enorme e lui stava seduto su una sedia ultra confort con le rottelle. Quella stanza era davvero enorme ed era piena di quadri,la maggior parte di quei quadri li avevo rubati io. Prese un pacco di sigarette e ne sprasse due. Una la lanciò verso di me e riuscì a prenderla. Ci eravamo messi a fumare,poi finite le sigarette lui iniziòa parlarmi. "sai Kio,ho un lavoretto per te!".mi disse lui. "che dovrei fare?!". "devi portare questi sacchi di cocaina ad un certo kimura kyoshi". "mi sembra troppo pericoloso!!la polizia sta tenendo d'occhio tutta Tokyo". "è da quando in qua hai paura delle cose pericolose?!. "dammi qua"gli dissi io facendomi dare i sacchi. Ero già sulla mia macchina nera sportiva insieme a mio fratello. Arrivati a Shibuya,scesi dalla macchina.

Mio fratello non scesè mi avrebbe aspettato in macchina. Camminaiper un bel po' prima di trovare la casa di Kimura. Dopo averla trovata terminaì la mia consegna, ma qualcosa non andò per il verso giusto. Stavo andando da mio fratello e ormai le strade erano deserte perchè si era fatta notte fonda.Le strade però non erano poi così deserte visto che c'erano due poliziotti. Riuscì a scappare in tempo finendo in una strada molto chic. Dopo la cena tutto andò come le altre notti. Quell'uomo aveva ancora abusato di me.

Le sue mani si insinuavano con forza nel mio corpo. Cercavo di liberarmi ma ogni tentativo era vano. Urlai, piansi ma nessuno mi ascoltava. Le mie urlano erano soffocate da quelle quattro mura. Lui dopo aver avuto ciò che voleva mi lasciò sul letto in lacrime. Mi buttai giù dal letto, a causa della disperazione che si era ormai impossessata di me. Il mio corpo nudo toccava quel pavimento gelido. Mi rialzai con il solo sostengo delle mie mani come sempre. Andai verso il mio armadio e mi vestì,mi misi la prima cosa che mi trovai sotto gli occhi. La mia divisa scolastica nera, che aveva la maglietta a mezze maniche con un fiocco rosso al centro, mentre la gonna arrivava fino alle ginnocchia ed aveva tante strisce orizzontali tutte colorate di nero.

Non sapevo bene che fare,l'unica cosa che sapevo che dovevo uscire da quella casa.

Tanta fu la voglia di andare via da quella casa, che uscì senza scarpe. Nessuno si era accorta che ero uscita visto che avevo fatto meno rumore possibile.

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Capitolo 4
*** 4 un giorno d'inverno ***


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Ero ormai giunta fuori da quell' inferno di casa.

Le strade non erano del tutto avvolte dell' oscurità,

c'era sempre della luce che proveniva dai lampioni.

Quei lampioni illuminavano la città con della luce elettrica di colore giallo, che tendeva sul rosso.

Non c'era anima viva,si sentiva solo il rumore dei miei passi.

Quella notte fece molto freddo,il vento soffiava fortissimo, i miei piedi scalzi furono preda del freddo molto più del mio corpo.

E pure eravamo ancora a settembre e già faceva freddo.

Quell' inverno arrivato troppo presto, sembrava volesse dar voce all'angoscia che giaceva dentro di me.

Camminavo senza una meta,non pensavo a niente sembrava che ormai la mia testa fosse vuota.

Volevo non pensare a niente e ci riuscì, fino a quando non mi tornò in mente tutto.

Ero solo una bambina e la mia vita era già distrutta.

Mia madre era povera e non avendo potuto trovare un lavoro onesto,si dovette accontentare del lavoro disonesto,meno gradito dalle donne serie come lei.

Faceva dono agli uomini del proprio corpo per sfamarmi.

Vivevamo per strada e la gente ci guardava con disprezzo.

Poi un giorno mia madre si ammalò gravemente,chiesi aiuto ai passanti ma non sembrava importare a nessuno se una buttana stava male. Mia madre morì a causa del freddo.

Quella notte solo un uomo si avvicinò a me,era un uomo ben vestito non era uno straccione come me.

Aveva una camicia bianca con una cravatta nera,portava una giacca sopra la camicia che era nera e i pantaloni erano anch'essi neri.

 I suoi capelli neri erano perfettamente in ordine,le sue sopraciglia molto arcuate e poco sottili, e il suo fisico robusto sfuocavano quell' immagine di perfezione. I suoi occhi castani erano inaccessibili,non si scorgeva alcun emozione da quegli occhi. Le sue labbra facevano sempre quel dolce sorriso che mostrava alla gente.

Nessuno sapeva che quel sorriso era solo una falsa,nessuno sapeva quanto quell'uomo fosse diverso da quell' immagine che mostrava di . Io ebbi il piacere di scoprirlo ma non fu proprio un piacere anzi tutt'altro. Dopo aver pensato a tutto ciò a cui non avrei voluto pensare in quel momento,decisi di dirigermi a scuola. Volevo salire sul terrazzo della scuola,volevo buttarmi giù da quel terrazzo per lasciarmi alle spalle quella vita piena di amarezza e angoscia. Presi le chiavi della scuola,le avevo perchè ero rappresentante di classe.Tutti i rappresentanti di classe che riuscivano a guadagnarsi la fiducia del direttore le avevano. Io ero una di quei rappresentanti che aveva comprato la sua fiducia, col fatto che mio padre adottivo fosse un politico importante. Infilai la chiave nella serratura,aperta la porta, accesi gli interruttori della luce. Percorsi il corridoio e salì le scale. Finalmente riuscì ad arrivare a quel terrazzo. Mi affacciai e guardai giù dal terrazzo. Le macchine erano più piccole viste da quell' altezza. Mi misi sopra la ringhiera del terrazzo,osservai il cielo. Avevo paura di morire, nonostante la mia vita fosse triste ero molto legata a lei. Non credevo di essere così legata alla vita,credevo che sarebbe stato tutto molto semplice e invece non lo era affatto. Pensai che la mia voglia di vivere fosse solo puro masochismo, che soddisfase qualcuno forse Dio. Dio dov'era lui quando io ne avevo più bisogno?che si divertisse a farmi soffrire?. Quel giorno ero arrabbiata con lui. "Signore io non so se esisti,ma so che esisti non condividerai questa mia scelta e forse non hai tutti i torti,una parte di me mi dice che è una cosa sbagliata quella che sto per fare,ma io non posso continuare a soffrire in questo modo"il mio tono era sereno fino a qui. Poi ci fu una pausa, adesso la mia voce cambiò tono,era furente. "io non c'è la faccio,sono troppo debole per continuare a vivere. perchè signore non mi aiuti?Tu non mi hai mai aiutato!Perchè?Forse perchè non esisti o forse perchè ti piace vedermi soffrire ed è per questo che non vuoi che mi uccida perchè altrimenti ti toglierei tutto il divertimento!. Pronunciai quelle parole con rabbia e disperazione. Nessuno ascoltò quelle mie parole solo  il vento che si era fatto più calmo e accarezzava i miei lunghi capelli neri.

 

 

 

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Capitolo 5
*** 5 un angelo ***


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Quella notte, in quella strada vidi un volto. Quel viso muliebre e angelico attirò subito la mia attenzione. I suoi capelli neri le ricadevano lungo le spalle,i suoi occhi castani erano colmi di angoscia,le sue labbra erano di un rosso sangue. "un angelo",pensai vedendola. Era sopra il terrazzo della scuola che avevo davanti. Stava sopra la ringhiera di quel terrazzo, voleva di sicuro suicidarsi. Dai suoi occhi uscì qualche lacrima. Rimasi del tutto affascinato da quel volto, ma allo stesso tempo provai paura. Dei brividi mi percorsero la schiena e non me ne spiegavo il motivo. Era da molto tempo che avevo smesso di provare paura,questo stato d'animo su di me era sparito e adesso era ricomparso all'improvviso. La mia testa entrò in confusione,tanti flashback disconnessi mi vennero in mente. Una ragazza che urlava "ti prego non mi uccidere!" Il suo volto era sfuocato e si perdeva nel buio,riuscivo solo ad intravedere alcuni tratti del suo viso. E poi le parole di Mayko "perché??!!". Il suo era un perché disperato ma allo stesso tempo colmo di rabbia. Non capivo cosa volessero dire quei ricordi così vaghi. Doveva essere qualcosa che avvenne prima della mia amnesia. Prima della morte di Mayko, avevo avuto un incidente con la macchina. Da quel giorno persi una parte della mia memoria. I dottori avevano detto che il mio desiderio di dimenticare e la mia testa lesionata, facilitarono la perdizione dei miei ricordi. I miei ricordi seppelliti da qualche parte stavano riemergendo. Non sapevo se esserne felice o meno. Sapevo che la mia amnesia celasse qualcosa di oscuro che c'era in me. Non riuscivo ad immaginare cosa fosse e di certo non mi immaginavo che fosse qualcosa di veramente terribile. Da quel giorno iniziò una nuova fase della mia vita. La ragazza che mi aveva fatto ricordare una piccola parte del mio passato,non si era ancora suicidata. Io non volevo che lo facesse,forse per puro egoismo,per soddisfare un mio capriccio ovvero di conoscere il mio passato. Quella ragazza mi forniva una visione del passato molto confusa, ma sapevo accontentarmi. Decisi di andare sopra quel terrazzo. Entrai dentro la scuola con molta facilità,non dovetti forzare neanche un po' la serratura,la porta era aperta. Salì in fretta le scale,sperando che non fosse troppo tardi. Quegli scalini erano molto larghi e sembravano non finire mai. Percorsi scalino dopo scalino, cercando di far in fretta, più andavo salendo e più gli scalini sembravano aumentare. Quegli scalini sembravano non avere fine. Arrivai all' ultimo scalino del tutto sfinito,non avevo più la forza di camminare. Giunto nel terrazzo,vidi quella ragazza che mi dava le spalle. Mi avvicinai a lei cercando di fare meno rumore possibile. Lei non sembrava essersi accorta della mia presenza. Volevo suicidarmi però mi mancava il coraggio per farlo. Continuavo a chiedermi se ciò che stavo facendo fosse giusto o sbagliato, così facendo non riuscivo a prendere una decisione. Alla fine smisi di pormi troppi problemi e decisi di buttarmi. Mi buttai senza rifletterci, non sapendo a cosa andavo incontro. In fondo nessuno sa a cosa va incontro quando muore,mentre stavo per cadere mi chiedevo se esistesse una seconda vita dopo la morte o se in realtà non esisteva un bel niente. Ero convinta che ben presto avrei ricevuto una risposta a quelle domande. Stavo cadendo per sempre,una parte di me sentiva il disperato bisogno di fermare tutto. Qualcuno esaudì quel desiderio,qualcuno fermò tutto. Ero rimasta sospesa tra la vita e la morte. Una mano gelida aveva afferrato la mia. Aprì gli occhi per vedere il proprietario di quella mano. Non riuscì a vederlo bene, perché faceva molto buio. La sua mano sollevò il mio corpo con molta facilità. Ero ormai tornata sopra il terrazzo,fissai il mio salvatore con disprezzo. Una parte di me voleva vivere, ma l'altra che prevaleva sull'altra non voleva continuare a vivere. Proprio per questo mi infuriai. "Si può sapere perché l'hai fatto?!"gli chiesi io con rabbia. Lui non mi rispondeva,rimaneva impalato a fissarmi.

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Capitolo 6
*** 6 i suoi occhi ***


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Mi sentivo i suoi occhi addosso. I suoi occhi sembravano, attraversare i miei pensieri e i miei stati d’animo. Mi mettevano a disagio,volevo che la smettesse di fissarmi o forse no . Quegli occhi sapevano ciò che provavo,loro condividevano la mia angoscia. Quello sconosciuto riusciva a capirmi,provava le mie stesse emozioni. I nostri sguardi solidali, si confortavano. La collera che avevo provato verso quel volto,era svanita, grazie a quello sguardo. Quello sguardo mi faceva provare delle emozioni intense. Non riuscivo a definire perfettamente quelle emozioni,così incomprensibili e mai provate. Mi avvicinai al corpo di quel ragazzo,il mio istinto mi diceva di abbracciarlo. Ascoltai il mio istinto senza rifletterci,lo abbracciai. Stringevo quel corpo estraneo,da cui traevo conforto. Lui non tardò a ricambiare. Le sue braccia forti che mi stringevano,i nostri corpi che aderivano all’un l’altro, tutto questo intensificò ancor di più quelle emozioni. Cercava conforto fra le mie braccia,ma come potevo io confortarla?!io che non ero in grado di confortare neanche me stesso. Io che soffrivo in silenzio,quel silenzio che nessuno sapeva ascoltare. Quella ragazza però aveva ascoltato il mio silenzio,sentiva il mio dolore e la mia rabbia. Era riuscita a vedere cosa nascondevo, dietro i miei occhi privi di emozione. I suoi occhi sembravano conoscermi,ed entravano in sintonia con i miei. Avrei voluto parlargli, ma i suoi occhi mi impedivano di farlo. I suoi occhi mi parlavano,mi dicevano cosa fare. Mi lasciavo manovrare da quegli occhi. Ero ormai divenuto il suo burattino. Esaudivo ogni suo desiderio. I suoi occhi volevano che ricambiassi il suo abbracciò. Ricambiai l’abbraccio,guardando i suoi occhi desiderosi di conforto che mi scrutavano inutilmente. I suoi occhi conoscevano ormai tutto di me. Avevano buttato giù una delle mie maschera che portava da molto tempo. La maschera che nascondeva i miei sentimenti,la maschera che mi faceva apparire privo di sentimenti. Ancora però non sapevo, che ben presto lei avrebbe buttato una maschera che portavo, che neanch’io sapevo di portare. La maschera che aveva creato la mia amnesia,la maschera che mi avevano fatto indossare tutti, nascondendomi la verità. Ancora non ero cosciente di tutto questo,mi facevo comandare da quegli occhi ed ero felice di farlo. Dopo un po’ il mio telefonino squillò,in quel momento quegli occhi smisero d’ipnotizzarmi. Avevo riacquisito il controllo delle mie azioni. Terminai quel lungo abbraccio per rispondere al telefonino. Il mio telefonino era nella tasca dei miei pantaloni neri e squillava ininterrottamente. Infilai una mano nella mia tasca e lo presi. Risposi senza pensarci due volte. Una voce preoccupata parlava,era una voce piuttosto familiare,la riconobbi subito anche se aveva subito qualche cambiamento. Di solito la voce di mio fratello era spensierata e briosa. Invece in quel momento la sua voce suonava ansiosa e piena di angoscia. “kio?!”mi chiamava con ansia. Io risposi con un “si”secco. La sua preoccupazione non mi importava,in fondo lui si preoccupava sempre per niente. “si,può sapere dove sei?!”mi chiese lui infastidito dal mio tono.

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