Quello che rimane...

di TheGirlNextDoor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nella mente, appena percettibile. ***
Capitolo 2: *** Punto d' origine ***



Capitolo 1
*** Nella mente, appena percettibile. ***


Mi sono sentito dire spesso nella vita che il passato è passato. Dopo dieci anni sono sempre convinto che dipende dal tipo di passato che uno si porta dietro. Perché ci sono alcuni tipi di passati, di quelli importanti, che verso sera, quando la mente è vuota e annebbiata  prendono possesso di ogni cosa. Si insinuano in ogni gesto, in ogni oggetto, in ogni sogno, avvolgono in una morsa fatale che non lascia scampo, almeno fino alla mattina successiva. Con questi spettri ho convissuto molto tempo, probabilmente troppo. Ho cercato di allontanarmi dal punto di origine, eppure loro hanno continuato a seguirmi e il tempo mi ha convinto che forse quella, era la giusta punizione. Per dieci anni ho taciuto la mia colpa, la mia maledizione. Per dieci anni questa mi ha perseguitato. E’ un desiderio egoistico quello di raccontare tutto, svuotarmi fino nelle viscere, avere finalmente un po’ di respiro. L’ ansia mi assoggetta, l’ affanno mi ottura la gola, il dolore mi perfora la pelle.  Ancora oggi la paura prende forma in un viso tondo e pallido, in due occhi neri come il carbone incorniciati da lunghi capelli rossi.  Ancora oggi la paura ha le fattezze di una ragazzina di quindici anni.  Ancora oggi la paura ha il viso di mia sorella. 

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Capitolo 2
*** Punto d' origine ***


La Gerusalemme del 1982 me la ricordo calda. Ottobre. L’ aria consumata e soffocante, quasi palpabile era pressata dalla miriade di stelle che illuminavano la capitale d’ Israele.  La terra rossa si insinuava nei nostri sandali malandati, il cuoio era diventato duro a furia di insudiciarsi di fanghiglia. I vestiti di lana cotta opprimevano anche il cuore. Tenendo saldamente la mano di mia sorella, camminavo a testa alta, il viso sporco e gli occhi socchiusi per l’ intensità del vento notturno.  A pause regolari mi voltavo per guardare quel corpicino magro che mi camminava accanto e sorridevo nella speranza di incutergli un po’ di fiducia. Non serviva a nulla, continuava a fissarsi i piedi e a trascinarsi per non perdere il passo. Non si era mai lamentata, ed ero sicuro che non l’ avrebbe fatto  neppure questa volta. Anche quando la mamma l’ aveva picchiata con un legno da focolare, lei non aveva opposto resistenza e non aveva pianto, si era limitata a pulirsi il sangue con un fazzoletto e ad andare subito a dormire. Era la bambina di cinque anni più forte che avessi mai visto, anzi probabilmente era la persona più forte che avessi  mai visto. Alla mamma non ci somigliava per niente, con quella prostituta non ha mai avuto niente a che vedere. Nostra madre era di una bellezza folgorante, ed era convinta che questo l’ autorizzasse a trascinarsi tutti gli uomini dietro la gonnella. Io e mia sorella non conoscevamo nostro padre, ma i capelli rossi ci indicavano che probabilmente doveva trattarsi di uno straniero, uno dei tanti uomini che si era portata a letto.  Quando io compii sei anni, quella sgualdrina cacciò me e Mali di casa per dedicarsi al suo lavoro. Non che la cosa mi dispiacesse, non vedevo l’ora di sparire da quella dimora lurida, intrisa di odori maschili. Era disgustoso  sentire cigolare le molle del vecchio materasso, immaginando involontariamente cosa stesse accadendo nella stanza accanto. Ma ora alle porte di Gerusalemme, a piedi nel deserto sentivo vagamente la mancanza di casa. Avevo voglia di piangere, sentivo le lacrime salire e  inondarmi le pupille aride. Mi sforzai di tirarle indietro e di soffocare i singhiozzi. Ero il fratello maggiore, dovevo essere forte e sorreggere Mali. Dopo tre giorni di cammino ininterrotto arrivammo alle porte di un orfanotrofio, uno dei tanti della capitale. Le labbra secche e screpolate, le orecchie divampanti di calore e i capelli incrostati. Bussai alla porta di legno, sentii Mali stringermi la mano. Un brivido gelido parti dalla nuca e scese fino ai piedi, attraversando con particolare intensità la schiena. Mi resi conto che non ero io a sorreggere mia sorella, ma il contrario. Forse somigliavo a quella sgualdrina di mia madre più di quanto non immaginassi. 

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