Every little step di JoJo (/viewuser.php?uid=4512)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First sight ***
Capitolo 2: *** Phone talk ***
Capitolo 3: *** Time's a Wastin' ***
Capitolo 4: *** Dance the stress away ***
Capitolo 1 *** First sight ***
(Invisible women/ 3.Memories)
Alaska si rimise a sedere sul sedile, armeggiando poi con la manopola sulla portiera per tirare su il finestrino e fermare l'aria un po' fredda che stava facendo rabbrividire sia lei che il suo compagno di viaggio.
“Tu credi nell'amore a prima vista?” domandò con tono allegro, puntando i propri occhi chiari sull'uomo alla guida.
“Allacciati la cintura.- le ordinò con tono paterno l'agente Bringman- Credo che sia la malattia dell'occhio più comune e pericolosa, anche se non riconosciuta dalla comunità scientifica. Perchè, Ross, ti sei presa una cotta?”
La giovane antropologa gli rivolse un sorriso luminoso, annuendo “Credo di sì.”
“Capisco.- sospirò il poliziotto, ripensando all'incontro che avevano appena avuto con i tre profiler FBI- Scommetto che quell'agente Morgan ne avrà parecchie che gli ronzano intorno, ma non gli permetterò assolutamente di aggiungerti alla sua collezione. Non sei quel tipo di ragazza!”
“Che tipo di ragazza?” domandò innocentemente Alaska, aggrottando le sopracciglia.
“Quella che...insomma quella che si fionda tra le braccia di uno come lui...- borbottò Alan imbarazzato, mentre sentiva un certo calore salirgli alle guance- Una ragazza che...Hai capito, no?”
La ragazza scosse la testa, facendo ondeggiare i propri capelli corvini “In realtà no, ma non stavo parlando dell'agente Morgan, prima.”
“Ti prego dimmi che non è Rossi. Potrebbe essere tuo padre!” sbottò Bringman, togliendo gli occhi dalla strada per lanciarle un'occhiata ammonitrice.
“Intendevo il dottor Reid.” rivelò quindi Alaska, mentre un sorriso dolce le si apriva sul volto al pronunciare quel nome.
“Il dottor Reid?- ripeté l'uomo estremamente stupito- Quel dottor Reid?Magro ai limiti della denutrizione, occhiaie profonde e sindrome del saputello? Quel dottor Reid?”
“Proprio lui.” confermò l'antropologa allegra.
Bringman aggrottò le folte sopracciglia, cosa che gli fece comparire sulla fronte una ragnatela di rughe “Perchè?”
“Non lo so, l'istinto è istinto.- rivelò la giovane stringendosi nelle spalle, prima di aggiungere- Ha gli occhi più espressivi che io abbia mai visto.”
Il poliziotto fece roteare gli occhi platealmente “Mi sembra di sentir parlare mia figlia.”
Alaska non sembrò turbata di essere stata paragonata a una ragazzina che ogni giorno sosteneva di aver trovato il ragazzo perfetto “Sai cos'è il bello dell'amore a prima vista?”
“Scommetto che me lo stai per dire...”
Ross si voltò verso di lui, e sul suo viso era palese che fosse già estremamente coinvolta emotivamente da quel rapporto che non aveva fatto ancora in tempo a sbocciare “E' che ti godi già da subito tutte le fantastiche sensazioni dell'innamoramento ma hai ancora un'infinità di tempo per scoprire tutte le caratteristiche positive dell'altro.”
-
“Io non zoppico.” mise subito in chiaro Spencer Reid, mentre la volante della polizia si allontanava a velocità crescente.
Morgan e Rossi sembrarono ignorarlo mentre si incamminavano verso il Suv nero che era stato dato loro in dotazione all'arrivo a Baltimora.
“Come conosci la dottoressa Ross?” domandò Derek, incuriosito dal fatto che il collega più vecchio sembrava conoscere l'antropologa forense da molto tempo.
“Io non zoppico.” dichiarò nuovamente Reid, affrettando il passo per non essere lasciato indietro.
David si strinse nelle spalle “Un caso, tanti anni fa.”
“Non mi sembra di zoppicare, zoppico?” domandò di nuovo Spencer, abbassando lo sguardo per osservare la propria andatura.
Morgan rivolse al collega un mezzo sorriso “Non aggiungerai altro, vero?”
“Mi state ascoltando?” chiese il giovane genio, leggermente spazientito dal fatto di essere stato ignorato per tutto quel tempo.
“Preferirei di no.” confermò quindi Rossi, e il suo sguardo era talmente carico di emozioni che l'altro decise di lasciar correre, per quella volta.
“Hey?- chiamò di nuovo Reid, cercando di attirare l'attenzione dei colleghi- Avete sentito quello che ho detto?”
Derek e David si voltarono verso di lui “No, non zoppichi Reid!” sbottarono all'unisono.
“E allora perchè mi ha detto quella cosa?” chiese di nuovo il giovane profiler, mentre saliva in macchina.
“E' specializzata in ossa umane, fa parte del suo lavoro vedere certe cose.” gli ricordò Dave, divertito dall'interesse inconsapevole che manifestava per Alaska Ross.
“Ma io non zoppico.” puntualizzò di nuovo il ragazzo.
Morgan fece roteare gli occhi esasperato mentre avviava il motore “Senti, ragazzino, non trovi preoccupante il fatto che l'unica cosa che ti ha colpito di quella ragazza sia stata quello che ti ha detto sulla tua andatura?Insomma, quella tizia sembra venire da un altro pianeta...”
“E' sempre stata così.” lo informò Rossi, puntando gli occhi scuri sulla strada.
“Sì?- continuò Derek, alzando un sopracciglio- Testa fra le nuvole, incapace di gestire conversazioni coerenti, e con un teschio nella borsa?”
Sulle labbra di David comparve un sorriso dolce al ricordo che poco dopo, quando si voltò verso i due colleghi che lo guardavano incuriositi, si trasformò in un ghigno divertito “Il teschio non l'aveva.”
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Capitolo 2 *** Phone talk ***
[post
Invisible
Women]
Spencer
amava il proprio lavoro. Davvero. Solo che, in momenti come quelli,
quando il telefono iniziava a squillare alle due del mattino, non
mancava dal chiedersi perché mai avesse deciso di diventare
un
profiler.
“Pronto?”
mugugnò, portandosi all'orecchio la cornetta.
Al
contrario di ogni sua aspettativa, a salutarlo dall'altra parte del
filo non c'era la voce vellutata di JJ che gli annunciava che
sarebbero dovuti partire immediatamente per chissà quale
Stato per
lavorare a un caso che era stato portato all'attenzione
dell'Unità
di analisi comportamentale.
“Qual
è il tuo colore preferito?”
Reid
allungò la mano verso il comodino e inforcò i
propri occhiali, come
se in questo modo potesse capire meglio quello che gli era appena
stato detto “Come?”
“Il
tuo colore preferito.- ripeté quella voce cristallina e
vivace che
non riusciva ancora a riconoscere- Qual è?”
“Ma
chi parla?”
La
voce ignorò la sua domanda, continuando a chiacchierare
allegra
“Personalmente lo cambio ogni mese ma oggi credo proprio che
sia il
viola. Pensaci bene: è un perfetto mix di colori caldi e
freddi, il
connubio di rosso e blu, che poi erano i miei colori preferiti il
mese scorso. Direi che è il viola, quindi.”
“Sei...Sei
Alaska Ross?” chiese quindi Spencer, sbattendo le palpebre:
aveva
riconosciuto la strana pronuncia eccessivamente secca delle c
e immediatamente l'aveva associata all'unica persona che conosceva
che aveva sentito parlare in questo modo. La dottoressa Alaska Ross,
antropologa forense, aveva mantenuto la sua promessa e l'aveva
chiamato, neanche qualche giorno dopo dal loro ritorno da Baltimora.
“Certo,
non mi avevi riconosciuta?- ribatté la ragazza, mentre uno
strano
senso di realizzazione l'assaliva- Oddio, dimmi che non ho sbagliato
numero. Non posso credere di averlo fatto, non di nuovo!E' che ci
sono quei tre tre di fila e il dito mi va in tilt quando cerco di
comporre il numero e ho già chiamato un ragazzo che studia a
Georgetown e una vecchia signora di...”
“No,
non hai sbagliato il numero.- la interruppe il profiler, leggermente
imbarazzato dall'attenzione che aveva nei suoi confronti Alaska- Sono
io, Reid...uhm, Spencer.”
“Meno
male.- rise la giovane, per poi tornare all'argomento che l'aveva
portata a telefonare- Allora, il tuo colore preferito?”
Reid
aggrottò la fronte, stranito da quella domanda
“Uhm...Non ne ho
uno in particolare, non ci ho mai pensato prima,
però...Sì, credo
che il viola sia carino.”
“Wow!Abbiamo
lo stesso colore preferito!Non è fantastico?”
trillò Ross con un
entusiasmo che il ragazzo non riusciva per niente a condividere.
“Sì...uhm...Sai
che ore sono?”
“Sì.
Le due e venticinque.- rispose Alaska tempestivamente, con tono
gioviale- Oh, adesso ventisei. Ti si sono rotti gli orologi in
casa?”
“No,
è solo che...Non dormi?” domandò quindi
Spencer, sempre più
spiazzato dal comportamento dell'antropologa.
“Dormire
con un tutore al braccio è un inferno. Mi ero addormentata,
ma al
negozio qua sotto è scattato l'allarme e mi sono svegliata
di nuovo
e poi ho iniziato a pensare e mi è venuto in mente che non
sapevo
quale fosse il tuo colore preferito così ti ho
chiamato.”
“Ah.”
fu tutto ciò che riuscì a ribattere, troppo
assonnato per poter
formulare un pensiero coerente.
“E'
stata una bella conversazione.- dichiarò quindi Alaska
soddisfatta-
Ti chiamerò ancora. Buonanotte!”
“Buonanotte...” salutò
Reid, ma la parola risuonò solo all'interno della propria
camera da
letto.
...
Derek
alzò un sopracciglio quando sentì trillare il
cellulare di Reid. Il
suo collega non riceveva mai telefonate. Non al lavoro, perlomeno.
“Pronto?”
rispose Spencer, altrettanto sorpreso da quella chiamata.
“Io
adoro il Natale.- proruppe una voce squillante- Non posso farci
niente, so che può sembrare infantile, ma il Natale
è la mia festa
preferita.”
Reid
fece ruotare la sedia, per nascondere la propria faccia da Morgan
“Alaska?”
“Non
che io non ami le altre festività.- continuò a
chiacchierare
allegra l'antropologa- Adoro anche la Pasqua, ad esempio: la caccia
alle uova in giardino è ancora una delle mie
attività preferite. E
anche il Ringraziamento è molto pittoresco...Ma non
c'è
assolutamente niente di meglio del Natale. Probabilmente è
per via
di Babbo Natale, della neve, gli elfi e i bastoncini di zucchero.
Credo che questo amore incondizionato dipenda anche dal mio ceppo
finlandese. Tu che dici?”
Il
giovane genio sbatté le palpebre più volte,
leggermente confuso da
quella parlantina veloce e dall'argomento assurdo “Sei...sei
finlandese?”
“Per
metà, mia mamma è nata a Lappeenranta e si
è trasferita qui in
America con i miei nonni quando aveva circa quindici anni.-
spiegò
Alaska, prima di tornare a porre la domanda iniziale- Allora, la tua
festa preferita qual è?”
“Direi
Halloween.” convenne Spencer, dopo una breve riflessione.
Dall'altra
parte del filo la ragazza proruppe in un gridolino estasiato
“Oh,
io adoro Halloween: la ricerca del travestimento perfetto, il trucco
variopinto, il tradizionale dolcetto e scherzetto e tutti quei
dolci...Sai una cosa?”
“Cosa?”
“Al
prossimo Halloween dobbiamo assolutamente andare in giro per le
strade a fare dolcetto e scherzetto insieme. Ci divertiremmo molto,
che ne dici?”
“Sarebbe
fantastico.” mormorò Spencer con tono sognante,
prima di
accorgersi che la ragazza aveva già chiuso la comunicazione.
...
Reid
sapeva cosa voleva dire essere un drogato.
Il
modo in cui aspettava le telefonate di Alaska, il modo in cui gli
sembrava che durassero sempre troppo poco e il modo in cui cercava
sempre di trattenerla al telefono con qualsiasi tipo di argomento lo
informavano che quelle chiamate inaspettate e folli erano la sua
nuova droga.
Questa
volta, però, Spencer sapeva che non sarebbe stato in grado
di
disintossicarsi.
Che
non voleva
disintossicarsi.
“Pronto?”
disse, rispondendo al telefono e cercando di sentire quanto gli
veniva detto al di là del chiacchiericcio che rendeva
rumoroso quel
vagone della metropolitana.
“Tu
sei il primo Spencer che conosco.- lo informò Alaska con
tono serio-
Non è una cosa straordinaria?Voglio dire, di tutti gli
Spencer del
mondo io ho conosciuto te. Quindi, d'ora in poi, tu sarai una specie
di metro di paragone verso tutti gli altri Spencer che
incontrerò.”
Reid
non poté impedire a un sorriso di allargarglisi sul volto al
solo
sentire quella voce “Anche tu sei la prima Alaska che
conosco.”
“Davvero?”
domandò stupita la ragazza.
“Già.-
confermò Spencer, mentre si alzava per cedere il posto a
sedere a
una vecchietta dall'aria gentile- E considerando la scarsa diffusione
di quel nome credo che sarai anche l'unica.”
“Non
si può mai dire nella vita.- ribatté invece
l'antropologa, prima di
riprendere le fila del discorso- Emily è stata la mia nona
Emily,
Aaron il quinto Aaron, Derek il settimo Derek e Penelope la mia
seconda Penelope. David è stato il mio quarto David e ha
rivalutato
completamente la categoria perché a quei tempi c'era un mio
compagno
di scuola che si chiamava in quel modo ed era estremamente
dispettoso...”
“Tu
ricordi i nomi di tutti quelli che incontri?” la interruppe
quindi
Reid, sinceramente stupito.
“Certo,
tu no?”
“Non
tutti.”
“Non
hai una memoria eidetica?” si informò quindi
Alaska.
Reid
scrollò le spalle, un po' imbarazzato per quella pecca
“Sì,
ma...a volte i nomi mi sfuggono.”
“L'importante
è che non ti sfuggano le persone.- lo rassicurò
quindi Ross, e lui
non poté impedirsi di immaginarla sorridente- E quelle a
volte
corrono davvero forte, sai?”
...
Spencer
si appoggiò in vita il libro che stava leggendo e
allungò la mano
verso il tavolino da caffè davanti a lui per afferrare il
cordless che squillava.
“Pronto?”
“Sono
ventisette.” disse lapidaria la voce di Alaska, stranamente
priva
della solita vivacità.
“Cosa?”
domandò Reid, raddrizzandosi sulal poltrona e prestando la
massima
attenzione.
“I
cadaveri di cui ho ricostruito i tratti del volto.- continuò
a
spiegare l'antropologa con tono triste- Sono ventisette.”
Il
profiler si morse il labbro inferiore, preoccupato per quanto l'umore
della giovane influisse su di lui “Stai lavorando a un
caso?”
“No,
sono vittime di un'epidemia di polio in un vecchio villaggio che
è
stato riportato alla luce da degli scavi per la costruzione di un
centro commerciale fuori città.- spiegò Ross
prima di affrontare
l'argomento che l'aveva spinta a chiamarlo- Sono ventisette e sono
state sepolte ammassate e senza nome e sono state dimenticate e non
è
giusto.”
“Hai
ragione.- concordò Reid con un sospiro- Non è
giusto.”
La
voce della ragazza diventò leggermente titubante
“Ti va di...stare
un po' al telefono con me?Potrei raccontarti la loro storia.”
“Va
bene, Alaska. Racconta.”
...
Rispondere
al telefono era l'ultima cosa che Reid voleva fare in quel momento.
Tutto
quello che voleva fare era dormire e dimenticare quella terribile
giornata.
Eppure,
con un sospiro stanco, si portò la cornetta all'orecchio
“Pronto?”
“Mi
dispiace davvero tanto, Spencer.” la voce di Alaska era
contrita,
velata da vera tristezza.
Reid
si passò stancamente una mano sugli occhi
“Alaska...”
“Bringman
mi ha parlato del caso di Cincinnati.- spiegò quindi
l'antropologa-
Deve essere stata dura.”
Lo
era stata. Un caso che coinvolgeva dei bambini e che si era concluso
con la morte di un agente di polizia era duro. Troppo.
“Sì...”
esalò quindi Spencer con un filo di voce.
“Siete
già tornati a Washington?” si informò
Ross, con tono premuroso.
“Già.-
borbottò, prima di scuotere la testa, sicuro di non essere
in grado
di tenere alcun tipo di conversazione in quel momento- Senti, mi
dispiace Alaska, ma non sono dell'umore di parlare stasera...”
Se
la immaginò annuire “Ti capisco.”
“Ti
richiamo domani, d'accordo?” propose quindi, sentendosi un
po' in
colpa per averla respinta così.
“No,
non riattaccare.” disse invece Alaska con determinazione.
“Perché?”
“Ti
parlerò finché non ti addormenti.- gli
spiegò quindi la ragazza-
Non mi piace sapere che sei lì da solo dopo una giornata
come
questa.”
Mentre appoggiava la testa sul cuscino, senza mollare
la cornetta del telefono, il primo e ultimo sorriso di quella
giornata gli si allargò sul volto “Grazie,
Alaska.”
“Buongiorno,
Spencer.” quella voce gentile nel suo orecchio era senza
dubbio la migliore sveglia che potesse esistere.
Reid
allungò il collo per sbirciare l'ora sull'orologio
“Sei ancora al
telefono?”
“Volevo
assicurarmi che non ti svegliassi.” spiegò
semplicemente Alaska,
come se stare al telefono per una notte intera con qualcuno per
vegliare sul suo sonno fosse la cosa più normale del mondo.
Spencer
spalancò la bocca, incerto su cosa dire. Tuttavia, non
avrebbe avuto
il tempo di ringraziarla per la sua premura nemmeno se avesse parlato
immediatamente.
“Senti,
mi è venuta un'idea meravigliosa!”
trillò infatti Ross.
“Che
cosa?”
“Che
ne dici di venire a trovarmi qui a Baltimora nel week-end?”
“Sarebbe
fantastico.” rispose sorridendo, felice come non mai per
quella
semplice proposta.
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Capitolo 3 *** Time's a Wastin' ***
[pre Deadly Wrath]
Quando
uscirono dal cancello di quella villa diroccata Alaska aveva ancora
gli occhi spalancati per lo stupore “L'hai
sentita?” domandò,
facendo qualche passo veloce in avanti per superare Reid.
Il
profiler alzò un sopracciglio, mentre la osservava camminare
all'indietro davanti a sé “Cosa?”
“Quella
sensazione.- specificò lei con un tono quasi cospiratore- Di
non
essere soli. Di essere in presenza di un'entità
soprannaturale.”
“No.
Direi di no.” rispose Spencer scuotendo piano la testa.
La
ragazza lo fissò incredula
“Davvero?Strano.”
“Tu
sai che i fantasmi non esistono, vero?” le ricordò
Reid, stupito
da quell'entusiasmo e quell'ingenua fiducia verso ogni parola detta
dall'anziana padrona di casa che sosteneva che quella casa fosse
infestata da numerosi ectoplasmi.
“Certo
che esistono.- ribatté invece Ross con sicurezza- Un sacco
di
persone li hanno visti.”
Spencer
alzò le mani, iniziando a gesticolare come suo solito mentre
parlava
“In realtà nessun fenomeno paranormale si
è mai realizzato in un
ambiente protetto e controllato, quindi, non esistendo alcuna prova
per questi eventi, dubito seriamente siano qualcosa di più
oltre al
frutto dell'immaginazione di persone troppo suggestionabili.”
“Solo
perché una cosa non può essere provata non
significa che non sia
vera.” disse tranquillamente Alaska che, al contrario del
nuovo
amico, era da sempre convinta che ogni cosa fosse possibile.
“Mi
sembra strano sentire una frase del genere da una persona come
te.”
ribadì di nuovo il giovane profiler.
Ross
aggrottò la fronte
“Davvero?Perché?”
“Perché
sei una scienziata e in quanto tale dovresti credere ai fatti e a
ciò che ha una spiegazione scientifica provata.”
rispose Reid
sicuro. Con le sue numerose lauree e l'approccio scientifico che
aveva usato, sin dall'infanzia, per studiare ciò che lo
circondava,
era difficile per lui pensare altrimenti.
“Le
prove sono importanti, ma non sono tutto.- rise l'antropologa, che
non sembrava intenzionata ad abbandonare la propria posizione-
Perché
non dovrei credere ai fantasmi?”
Spencer
rimase leggermente spiazzato da quella domanda che, a suo parere
andava oltre ogni logica “Perché non ne hai mai
visto uno, ad
esempio.”
“Ma
ci sono un mucchio di persone che dicono di sì.”
“Ma
non ci sono prove concrete.- corrugò di nuovo la fronte
Spencer-
Potrebbero essere allucinazioni, bugie inventate per attirare
l'attenzione oppure il frutto della fantasia di una
personalità
suggestionabile. Il più delle volte sono frutto di una
compensazione
sensoriale quando ci si trova in un ambiente in cui non riusciamo a
vedere bene a causa del buio.”
“Oppure
potrebbe essere la verità.- sorrise la ragazza- Mi piace
credere che
esistano i fantasmi, o le fate o il mostro di Lochness o un
leprecauro che custodisce una pentola d'oro alla fine di un
arcobaleno. Ti apre gli occhi su tutte le cose che possono ancora
essere scoperte. È questo che facciamo noi scienziati,
giusto?Scoprire cose nuove.”
Reid
si ritrovò a sbattere le palpebre, riflettendo su quelle
parole “Non
l'avevo mai vista in questo modo.” commentò con un
mormorio, ma
Alaska sembrava stare già pensando ad altro mentre cercava
con foga
qualcosa prima nelle tasche del suo cappotto giallo con maniche a
sbuffo e poi nella sua voluminosa borsa di feltro rosso.
“Ah-ah!Trovata!-
esclamò trionfante, sventolando fra le mani un foglio di
quaderno
stropicciato- Controlliamo la nostra lista.”
Spencer
si ritrovò ad annuire immediatamente. Come aveva scoperto
una volta
sceso dall'aereo, Alaska aveva pensato molto al week-end che
avrebbero passato insieme, tanto che, non appena il profiler gli
aveva annunciato di aver prenotato un volo per Baltimora, aveva
stilato una fitta lista di attività che gli sarebbe piaciuto
svolgere con il suo nuovo amico.
“Colazione
con i muffin migliori della città?”
domandò quindi l'antropologa
con voce frizzante, mentre spulciava l'elenco.
“Fatto.”
confermò Reid, ancora appesantito da quella colazione dato
che
Alaska gli aveva detto che Mangiare solo un muffin quando
erano
così buoni era un crimine contro l'umanità.
“Giro
al mercato dei fiori?” chiese di nuovo la mora, rivolgendogli
un
sorriso radioso.
“Fatto
anche quello, così come la visita alla villa infestata dai fantasmi.” asserì di nuovo Spencer, indicando
con un dito la
margherita gialla che la ragazza aveva ancora fra i capelli.
Ross
tornò a rivolgere lo sguardo cristallino alla propria lista
“E' un
vero peccato che tu non sappia andare in bici, altrimenti avremmo
potuto fare un giro al parco. Ma, questo ci ha dato l'occasione di
aggiungere insegnare a Spencer ad andare in bicicletta
alla lista di domani.- disse soddisfatta prima di domandare- Farci
fare caricature dagli artisti di strada?”
“Fatto.-
annuì Reid, scostandosi dal volto dei ciuffi ribelli- Qual
è la
prossima attività che avevi pensato?”
Alaska
si fermò di botto, fece una piroetta su se stessa e
allargò le
braccia “Questa!”
Il
giovane genio si ritrovò ad aggrottare la fronte, mentre
fissava una
grossa insegna colorata che recitava At Bob's Pet Place
“Che cos'è questo posto?”
“Un
rifugio per cani.” annunciò con estrema euforia la
ragazza.
“Oh.-
fu tutto quello che riuscì a dire Spencer, prima di
aggrottare
ulteriormente la fronte- E cosa dovremmo fare qui?”
Ross
sorrise di nuovo “Facciamo un po' di coccole a quei cuccioli
e ne
portiamo qualcuno a fare un giro!”
Dall'interno
dell'edificio Reid poteva sentire l'abbaiare sporadico di qualche
cane “Non credo che sia una buona idea.”
“Perché?”
“Io
non piaccio molto ai cani.” spiegò, memore di come
gli animali
sentissero sempre il suo disagio in loro presenza.
“Mi
risulta difficile credere che tu possa non piacere a qualcuno: sei
adorabile.”
A
quelle parole Spencer si sentì arrossire fino alla punta
delle
orecchie “Uh, beh...Ecco, io...”
“Dai,
entriamo!” esclamò, tirandolo con sé
oltre il portone rosso rame.
Convincere
Alaska della sua incapacità a trattare con animali di
qualsiasi
genere era stato impossibile: l'antropologa era schizzata da una
gabbia all'altra, con la sicurezza di chi svolge
quell'attività
regolarmente e, dopo aver selezionato i cani che secondo lei avevano
l'aria più triste e quindi il maggior bisogno di un giro
all'aperto,
gli aveva consegnato dei guinzagli fra le mani e lo aveva guidato al
parco più vicino. E così, ora Spencer Reid stava
passeggiando con
un vecchio bulldog dall'andatura ciondolante a un lato, e un cocker
spelacchiato e un cucciolo sovragitato di bastardino dall'altro.
“Visto?-
richiamò la sua attenzione l'antropologa- Questi tesorini
sono degli
angioletti.”
Reid
abbozzò un sorriso tirato mentre osservava uno degli animali
portati
da Alaska strattonarla con forza.
“Sì, certo.- balbettò incerto-
Tu...uhm, tu hai animali?”“Solo un pesce rosso
brontolone.-
sbuffò risentita la giovane- Il mio appartamento
è troppo piccolo
per un cane e io preferisco quelli di taglia grossa.”
“L'avevo
immaginato.” sorrise Spencer, indicando con un cenno del capo
i tre
grossi cani che la ragazza teneva al guinzaglio, tutti molto grandi,
incroci fra terranova, cani lupi e mastini.
Quando
raggiunsero l'area dedicata ai cani del parco e si sedettero una
volta lasciati correre liberamente gli animali, il profiler si
voltò
verso Ross “Perché fai tutto questo?”
“Cosa?”
ribatté lei, mentre guardava ridendo i cani che si
rincorrevano.
“Tutte
queste cose.- specificò quindi Reid- Da quando sei venuta a
prendermi all'aeroporto siamo schizzati di qua e di là come
delle
trottole impazzite senza fermarci un attimo e da come ti comporti
sembra che questa sia la tua routine quotidiana.”
Alaska
si voltò verso di lui di scatto, una luce brillante negli
occhi
color cielo “Facciamo un gioco.”
“Un
gioco?” ripeté il giovane, spiazzato da quel
repentino cambio di
argomento.
“Sì.-
confermò Ross entusiasta- Inizi tu! Devi immaginare che la
tua banca
abbia deciso di premiarti ogni giorno con 86.400 dollari,
però tu
puoi usarli solo nel corso della giornata stessa altrimenti ti
verranno portati via. Quindi, ogni giorno ti ritrovi questi soldi e
devi spenderli immediatamente anche perché non sai quando la
banca
deciderà di smettere di farti questi versamenti. Che cosa
faresti?”
“Metterei
i soldi su un altro conto?” tentò lui, dopo
qualche attimo di
riflessione.
L'antropologa
scosse la testa “Non puoi, sarebbe contro le
regole.”
“Io...uhm...Non
so, suppongo che comprerei cose che non potrei permettermi
altrimenti.- decise quindi Reid, dopo averci pensato un po'- Sai,
cose che facciano felice me e i miei amici o la mia famiglia...E poi
aiuterei delle persone che ne hanno più bisogno, dato che
è
impensabile che io possa spendere tutto quel denaro in un solo giorno
solo per dei capricci personali.”
Alaska
gli rivolse un sorriso raggiante “Ma, Spencer, noi abbiamo
già una
banca che ci offre tutto quel credito.”
“Sì?”
Spencer aggrottò le sopracciglia, non capendo bene cosa
intendesse.
“Il
tempo.- gli rivelò quindi la ragazza- Quelli sono i secondi
che ci
sono dati ogni giorno. E, così, mi ritrovo a pensare: che
senso ha
aspettare per fare qualcosa, oppure fare progetti e non
realizzarli?Per ben due volte nella mia vita ho rischiato che questa
banca mi togliesse questo regalo e quindi so come sia prezioso,
capisci?Come posso non approfittarne ogni giorno facendo tutto quello
che mi passa per la testa?”
Spencer
aprì la bocca per cercare di balbettare una risposta, ma
Alaska
puntò gli occhi cerulei dietro di lui “Bravissimo,
Billie!Hai
trovato uno scoiattolo!”
Anche
lui si voltò, ritrovandosi quindi a guardare il bulldog
inseguire
goffamente il roditore.
Rimasero
in silenzio per un po' dopo quella conversazione, anche se non poteva
dirsi un vero silenzio dato che Alaska continuava parlare con i cani,
di tanto in tanto, incoraggiandoli e sussurrandogli parole dolci e
senza senso. Per tutto il tempo Spencer non poté fare a meno
di
osservarla, incuriosito come quando cercava di comprendere una nuova
equazione particolarmente difficile. Come poteva quella ragazza, la
stessa che era stata rapita e torturata da bambina e che aveva
rischiato di morire per mano di uno psicopatico solo poche settimane
prima, vivere la propria vita con una leggerezza tanto disarmante?Era
davvero possibile che lei, un'antropologa forense che come lui era
sempre in contatto con ciò che di più terribile
poteva offrire il
genere umano, avesse ancora un incommensurabile desiderio di fiducia
nei confronti dell'umanità?
Reid
si morse il labbro inferiore, meditando su quegli argomenti, e a
momenti nemmeno si avvide del telefono della ragazza che aveva
iniziato a squillare e del fatto che lei aveva risposto con un
gioviale “Ross.”
La
osservò ascoltare chiunque l'avesse chiamata con attenzione
e
quando riattaccò non riuscì a frenare la propria
curiosità e
domando “Che c'è?”
“Un
corpo è stato portato a riva dal fiume.”
spiegò quindi Alaska.
Spencer
realizzò immediatamente cosa ciò volesse dire
“Oh. Quindi devi
andare?”
“Già.-
annuì rassegnata l'antropologa- È colpa della
stagione, la neve e
il ghiaccio si sciolgono e vengono a galla i resti che fino a questo
momento sono rimasti sommersi e nascosti.”
“Sembra
che la primavera non sia una bella stagione per gli antropologi
forensi.” commentò quindi il profiler, con un
sorriso educato
sulle labbra.
Alaska
si strinse nelle spalle “Lo sarebbe se la gente smettesse di
uccidere i propri simili.”
“Non
me ne parlare.- borbottò lui, facendo roteare i grandi occhi
scuri-
Allora, sarai impegnata per il resto del week-end?”
“Dipende
dalla gravità del caso, ma Davon ha una stretta politica del
non
rimandare a domani quello che puoi fare oggi.” lo
informò quindi
Ross, mentre si alzava e metteva via le proprie cose.
“Capisco.”
annuì piano Reid, alzandosi a sua volta.
La
giovane sbuffò sonoramente “Uffa, non è
giusto. Volevo portarti in un negozio che ho scoperto, uno che vende
accessori per
prestigiatori: ti sarebbe piaciuto un sacco.”
“Tieni.-
disse subito dopo, quando il ragazzo non aveva ancora ribattuto,
posandogli in mano un enorme mazzo di chiavi e i collari dei cani-
Sai dove abito, vero?”
Spencer
aggrottò la fronte “Sì, ma...”
“Dobbiamo
fare il sopralluogo e l'analisi preliminare la inizieremo domani, non
dovremmo metterci troppo.- spiegò quindi velocemente Alaska,
interrompendolo- Mentre io sto con Davon tu puoi riportare i cuccioli
al canile e poi andare alla biblioteca che ho scritto sulla nostra
lista: l'adorerai, te lo assicuro, è la più
grande e fornita dello
Stato. E quando hai finito puoi tornare a casa mia ad
aspettarmi.”
“A
casa tua?” ripeté stupito il profiler.
Ross
gli sorrise “Certo. Tu credevi davvero che ti abbia invitato
qui
per farti andare a dormire in un'anonima camera d'albergo?Sarei una
pessima persona, se permettessi una cosa del genere. Ho un divano
letto a casa, un sacco di dvd e cibo spazzatura preso apposta per
l'occasione. Ci aspettano dei pigiama party fantastici.”
Lo
stupore sembrò essersi impossessato del giovane genio che
riuscì
solo a balbettare “M-ma io...Non pensavo...Insomma, noi ci
conosciamo da poco e non sai nemmeno se puoi fidarti di me
e...”
“Sei
così buffo, dottor Reid.” disse a mo' di saluto la
ragazza, prima
di avviarsi a passo leggero verso l'uscita del parco con un sorriso
spensierato sul bel volto.
“Tesoro!Sono
a casa!” chiamò Alaska, richiudendosi la porta
alle spalle mentre
scimmiottava una delle tante battute zuccherose che aveva sentito
dire in qualche vecchia sitcom sentimentale.
Dall'interno
dell'appartamento non arrivò alcun suono in risposta al suo
trillo
gioviale così, mentre gettava con poca cura il proprio
cappotto su
una sedia dell'ingresso e le chiavi di casa nella vaga direzione del
tavolino su cui si trovava lo svuota-tasche, l'antropologa decise di
parlare di nuovo “Oh, Spenceeeeeeeer?Vuoi giocare a
nascondino?”
Le
parole le morirono in gola non appena mise piede nel proprio salotto,
per trasformarsi poi sulle sue labbra in un sorriso dolce.
Spencer
era semi-sdraiato sul divano, la testa appoggiata ad un bracciolo.
Una gamba penzolava inesorabilmente, quasi rischiando di
sbilanciarlo, come se si fosse addormentato mentre era ancora seduto
e non avesse avuto nemmeno il tempo di sdraiarsi propriamente. Fra le
mani stringeva ancora possessivamente il libro Elementi di
antropologia forense
che
probabilmente aveva trovato in qualche scaffale e di cui aveva
già
letto più della metà.
Un
sorriso le si allargò sul volto, mentre copriva con una
coperta di
pelo sintetico arancione fosforescente l'esile figura del giovane
profiler. Gli passò una mano fra i capelli, troppo tentata
per
frenare quell'istinto, e sospirò rumorosamente.
“Accidenti,
dottor Reid. Ci metti davvero poco a far innamorare una ragazza di
te.”
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Capitolo 4 *** Dance the stress away ***
[Deadly
Wrath, 3.
Bloody day, post]
Keep
on jumpin' off the floor
Dancin' 'til your feet is sore
Party
hard just like a smarty girl
'Cause
that's what life is for
“Yeah!!”
La
voce di Alaska gli era arrivata forte e chiara alle orecchie,
più
forte del battito ritmato della canzone che rieccheggiava per tutto
il laboratorio. Il dottor Davan Stein non poté frenarsi dal
far
roteare gli occhi in modo plateale, nonostante fosse più che
abituato ormai alla singolare abitudine della giovane antropologa.
And
we don't party hardly
“No!”
We
just party hard
“Yeah!”
And
not because we bored
“No!”
We
party 'cause we born to party
Mentre
avanzava lentamente, le stampelle a sostenere le sue gambe altrimenti
troppo deboli per consentirgli di camminare, il dottor Stein si
ritrovò tuttavia a pensare che era passato del tempo
dall'ultima
volta che la sua giovane assistente si era chiusa in laboratorio
con la musica a palla. In effetti, da quando era stata sequestrata da
quello psicopatico qualche mese prima, Alaska aveva smesso di
utilizzare quello strano metodo di riduzione dello stress.
We
gonna move our bodies
With our hands in the air
And wave 'em
all around
Like we just don't care
Era
sempre stato così, fin da quando lei era semplicemente una
giovane
studentessa smaniosa di imparare: ogniqualvolta si trovava di fronte
a casi particolarmente cruenti, Ross non manifestava la propria
inquietudine ed ansia come ogni altra persona attraverso dei
cambiamenti nel comportamento od una palese variazione delle
emozioni. Alaska, per affrontare lo stress di un lavoro evidentemente
difficile, ballava. Quando il dottor Stein sentiva pompare fra i
corridoi dei suoi laboratori a Baltimora delle musiche ritmate e
coinvolgenti, sapeva per certo che fosse la giovane antropologa la
causa di quel caos e che, con tutta probabilità, l'avrebbe
trovata
in una delle sale di analisi a ballare finché lo stress
della
giornata non fosse sparito.
“Yeah!”
Moto
Moto in the house
“Yeah!”
I'm about to turn it out
“Yeah!”
And you know it's going down
I'm
physically, physically, physically round
Mentre
zoppicava verso la fonte di quel ritmo forsennato, Davon si
ritrovò
a sorridere. La musica era energica, il volume alto e le parole
cantate velocemente: se l'umore di Alaska in seguito a quella seduta
di liberazione emotiva sarebbe stato dettato dalla canzone che aveva
scelto, il vecchio luminare forense non vedeva l'ora di fare una
bella chiacchierata con la sua assistente.
Party
ain't done, party ain't done
Party this belly got started, Act I
It just begun, big action
Pump up the volume, speaker
blastin'
Dalla
parete di vetro che dava sul corridoio dei laboratori forensi di
Quantico, Stein poteva vedere coi propri occhi la nuova performance
di Alaska.
La
ragazza sventolava le braccia in modo sconclusionato, cercando di
tenere il tempo forsennato della canzone che pompava dalle casse del
computer portatile, e con i fianchi eseguiva movimenti secchi che
sembravano quasi casuali. Non era mai stata una brava ballerina,
anzi, non lo era per niente. Eppure, guardarla ballare era davvero
un'esperienza interessante: l'antropologa metteva in
quell'attività
una passione tale da far dimenticare il fatto che ogni suo gesto
fosse sempre troppo anticipato o troppo in ritardo rispetto alla
musica che avrebbe dovuto seguire. Ma, dopotutto, Alaska sembrava
talmente sicura di sé mentre si dimenava da far credere a
chiunque
che fosse la musica ad essere nel torto e non lei.
Shake
up the ground, shake up the ground
Shake like a earthquake quake
up the ground
Play to make a sound, play to make a sound
Play
to make a, play to make a, play to make a sound
Non
era il solo ad osservare la bizzarra esibizione di Ross. Dalla parte
opposta della stanza, appena fuori dalla porta di cui stringeva
ancora in una mano ossuta il pomello di metallo, il dottor Spencer
Reid guardava lo spettacolo che gli si presentava davanti con occhi
spalancati e uno strano sorriso indulgente sulle labbra.
Stain
aggrottò la fronte mentre osservava l'espressione attonita
che
aveva dipinta sul volto il ragazzo. Non c'era dubbio, quel genietto
rachitico si era preso una bella cotta per la sua adorata protetta.
Il vecchio antropologo si spostò leggermente di lato, di
modo che
Reid, che si trovava proprio di fronte a lui, non potesse capire di
essere osservato.
So
I can do my little dance, do my little dance
Do my little, do my
little, do my little dance
Ants in my pants, got ants in my pants
Ants in my, ants in my, ants in my pants
Anche
Alaska si accorse della presenza di Spencer. Senza interrompere i
propri movimenti mal sincronizzati con la musica si allungò
verso il
giovane profiler e con due movimenti decisi riuscì a
trascinare il
ragazzo nella stanza e al contempo chiudere la porta dietro di
sé.
Stein
si lasciò sfuggire un'esclamazione sorpresa, che
mimò perfettamente
quella di Reid.
That's
why I keep on movin'
Yes, that's why I keep on groovin'
Yes,
that's why I keep on doin'
Doin' what I'm doin', y'all
Reid
scosse la testa e Davon capì immediatamente cosa Alaska
avesse
chiesto al dottorino: voleva che ballasse con lei. Il profiler,
però,
scosse la testa con più convinzione.
L'antropologo
sorrise divertito. Come se quel ragazzo fosse davvero in grado di dire
di no a
Ross.
First
name Moto, last name Moto
Here's how you spell it, M-O-T-O
M-O-T-O
When I step in all the girls want a photo
Ya know,
hey, yo
Alaska
aveva afferrato le mani di Reid e continuava a muoverle a tempo con
le proprie, su e poi giù, cercando di convincere il giovane
a
compiere quei movimenti da solo, ma l'unica reazione che
riuscì ad
ottenere fu quella di farlo arrossire vistosamente.
Moto
Moto in the house
I'm about to turn it out
And you know it's
goin' down
I'm physically, physically, physically round
Stava
rispondendo.
Stein
non avrebbe scommesso nemmeno un penny sul fatto che il ragazzo non
sarebbe finito a ballare con Ross. Infatti, eccolo lì:
Spencer Reid
stava mimando, seppur con incredibile rigidità ed imbarazzo,
i
movimenti che Alaska compiva a tempo con la musica.
I
like to party, party
He like to party, party
They like to
party, party
We like to party!
Il
dottor Stein era consapevole del fatto che ciò che stava
facendo era
spiare. Lo sapeva, e la sua morale non protestava affatto a quel
comportamento ritenuto socialmente poco accettabile. Ma, anche se
avesse avuto delle remore etiche a riguardo, le avrebbe accantonate
con facilità. Dopotutto, Alaska era la sua protetta e lui
doveva
assolutamente capire che cosa stesse succedendo fra lei e il giovane
genio. Non si era bevuto affatto la frottola dell'amicizia
incondizionata.
She
like to shake it, shake it
She like to shake it, shake it
He
like to shake it? Yo!
I
due ragazzi si stavano divertendo, questo era certo. Alaska rideva,
lo capiva anche se era voltata e non poteva sentire il suono della
sua risata dato che era coperto dalla musica tenuta eccessivamente
alta. Ma Davon sapeva che quando Ross si piegava in avanti in quel
modo, con la testa leggermente ciondolante sul petto, significava che
l'antropologa si stava abbandonando ad una risata sonora e
liberatoria. E poi, anche Spencer Reid stava ridendo. Certo, in modo
più contenuto, ed era evidente che era ancora molto teso a
causa del fatto
di essersi ritrovato a ballare in un laboratorio forense durante
l'orario di lavoro, ma stava pur sempre ridendo.
Somebody
say ho!
“Ho!”
Say ho ho!
“Ho ho!”
Back
it up, back it up
Back it up, back it up
Back it up
Al
contrario di Alaska il giovane profiler non si cimentava nel
rispondere alle parole cantate, ma era evidente che si divertisse
ad osservare lei farlo. E mentre la guardava, continuava a muoversi
impacciato a tempo di musica.
Yo!
Somebody say yeah!
“Yeah!”
Say yeah yeah!
“Yeah
yeah!”
Back it up, back it up
Back it up, back it up
Back it up, back it up
Alaska
fece una piroetta, aggrappandosi alla mano di Reid per non perdere
l'equilibrio, ma era evidente che il ragazzo non fosse per niente
abituato al ballo, tanto meno ad una mossa del genere. Totalmente
impreparato, la tirò verso di sé, convinto che
stesse per cadere, e
così Ross si trovò in un attimo contro il suo
petto magro.
Stein
trattenne il fiato.
Back
it up, back it up
Back it up, back it up
Back it up, back it
up
Back it up, back it up
Davon
li osservò restare immobili per diversi secondi.
Alaska
aveva alzato lo sguardo verso il volto di Reid, e lui sembrava allo
stesso modo calamitato dai suoi occhi chiari.
La
musica, ormai dimenticata, continuava a pompare il suo ritmo
frenetico.
Keep
on jumpin' off the floor
Dancin' 'til your feet is sore
Party
hard just like a smarty girl
'Cause that's what life is for
(Yeah!)
Si
sarebbero baciati.
Stein
ne era certo.
And
we don't party hardly
(No!)
We just party hard
(Yeah!)
And not because we bored
(No!)
We party 'cause we born to
party
Alaska
alzò una mano verso il volto sbarbato di Reid e
lasciò scorrere una
carezza leggera su quella pelle morbida e chiara.
We
gonna move our bodies
With our hands in the air
And wave 'em
all around
Like we just don't care
Come
un gatto coccolato dal padrone, il profiler seguì il
movimento di
quelle dita affusolate, godendo di quel contatto.
Davon
immaginò anche che stesse facendo le fusa.
(Yeah!)
Moto Moto in the house
(Yeah!)
I'm about to turn it out
(Yeah!)
And you know it's going down
I'm physically,
physically, physically round
Forse
era stata una reazione del tutto istintiva, ma anche Spencer Reid si
mosse verso l'antropologa, allungando un braccio intorno ai suoi
fianchi e facendola aderire ancora di più a sé.
Il
movimento che portò all'avvicinarsi dei due visi
sembrò arrivare
automaticamente, a quel punto.
Party
ain't done, party ain't done
Party this belly got started, Act I
It just begun, big action
Pump up the volume, speaker
blastin'
Si
sarebbero baciati, ovvio.
Era
l'unica cosa logica che potesse accadere.
Shake
up the ground, shake up the ground
Shake like a earthquake quake
up the ground
Play to make a sound, play to make a sound
Play
to make a, play to make a, play to make a sound
Invece,
Stein vide la razionalità impossessarsi di nuovo di Spencer
Reid.
I
suoi occhi ritornarono di nuovo timorosi, quasi terrorizzati, mentre
si rendeva conto di quanto stava per fare.
Lasciò
andare ogni presa che aveva su Alaska e le sue labbra si mossero
velocemente, probabilmente borbottando una scusa di qualche tipo.
In
un attimo, fu fuori dal laboratorio, lasciando l'antropologa sola con
la sua musica.
So
I can do my little dance, do my little dance
Do my little, do my
little, do my little dance
Ants in my pants, got ants in my pants
Ants in my, ants in my, ants in my pants
A
momenti Davon rischiò di essere travolto dal ragazzo
fuggitivo. Lo
vide alzare lo sguardo verso di lui e mormorare una scusa inudibile,
il volto paonazzo e gli occhi pieni di panico, prima di continuare a
correre lungo il corridoio.
That's
why I keep on movin'
Yes, that's why I keep on groovin'
Yes,
that's why I keep on doin'
Doin' what I'm doin', y'all
Il
profiler era già entrato in ascensore e stava schiacciando
forsennatamente il pulsante del piano in cui voleva tornare, quando
Stein si voltò a guardare la reazione di Alaska a quella
fuga
improvvisa.
Al
contrario di ogni sua aspettativa, la giovane stava sorridendo con
aria sognante.
First
name Moto, last name Moto
Here's how you spell it, M-O-T-O
M-O-T-O
When I step in all the girls want a photo
Ya know,
hey, yo
Mentre
puntava con forza le stampelle a terra per entrare finalmente anche
lui in laboratorio, il dottor Davon Stein ricacciò indietro
con
facilità il sorriso che minacciava di sbocciargli sulle
labbra.
In
fondo, Spencer Reid sembrava un bravo ragazzo.
Poteva
darsi che fosse addirittura degno della sua Alaska.
[La
canzone è di Will.I.Am e fa parte della colonna sonora di
Madagascar 2]
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